foto antonio  1.jpgDenuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, calunnia o pazzia le accuse le provo con inchieste testuali tematiche e territoriali. Per chi non ha voglia di leggere ci sono i filmati tematici sul 1° canale, sul 2° canale, sul 3° canale Youtube. Non sono propalazioni o convinzioni personali. Le fonti autorevoli sono indicate.

Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro.

 Dr Antonio Giangrande  

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SARAH SCAZZI: IL DELITTO DI AVETRANA

IL RESOCONTO DI UN AVETRANESE

Di Antonio Giangrande

 

RESOCONTO DI UNA VERGOGNA

LA VERITA' SUL DELITTO LE INTERCETTAZIONI

LA VERITA' SUL DELITTO SINTESI DEL PROCESSO

I LUOGHI ED I PERSONAGGI

Il Pozzo del ritrovamento

Parla Avetrana

Parla Concetta Serrano e Franco Sebastio

Michele Misseri e la Stampa

Taranto: Foro dell'Ingiustizia

I Magistrati: Vendicativi

Magistrati: violazione del segreto istruttorio

I Magistrati: Orrori ed Errori

 Ingiusto Processo e Luci della Ribalta per i Magistrati

Sabrina ed i giornalisti: chi ha usato chi

Le Speculazioni

Lo Sciacallaggio mediatico

Il Massacro mediatico

Scempio, Voyeurismo e Ribellione

Valentino Castriota: il testimone inascoltato

Il giallo delle firme in banca

Il Sogno del Fioraio

I Testimoni coerenti ed attendibili....

Michele Misseri: Le tante verità

 INTRODUZIONE E PREMESSA

SCOMPARSA, RITROVAMENTO ED INDAGINI

26 agosto 2010 ore 14,30, Sarah, 15 anni, per la legge incapace di intendere volere, esce di casa per andare al mare con sua cugina.

27 agosto, stranamente, è iniziato il circo mediatico senza pari, con tv e giornali nazionali e locali.

4 settembre, il procuratore di Taranto Franco Sebastio, per imprimere una svolta alle indagini e cambiarne evidentemente il passo, si è voluto rendere conto personalmente della situazione.

7 settembre, l’Associazione Contro Tutte le Mafie propone a tutti i media di divulgare la possibilità di contattare il suddetto sodalizio

9 settembre, l'Associazione Contro Tutte le Mafie su tutti i media denuncia lo sciacallaggio mediatico a danno di Sarah.

10 settembre, in base alle indagini svolte il dr Antonio Giangrande presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie viene fuori una incredibile verità.

12 settembre, l'apoteosi della disinformazione.

13 settembre, la mamma di Sarah, la sig.ra Concetta Serrano Spagnolo Scazzi, accusa pubblicamente gli inquirenti ed investigatori di incapacità e impreparazione e l'utilizzo di strumenti investigativi obsoleti.

29 settembre, Michele Misseri, padre di Sabrina e Valentina e zio di Sarah, fatalmente trova il cellulare della ragazza scomparsa.

6 ottobre, ore 22,35. Il dramma si chiude con l’epilogo più imprevisto ed infausto.

7 ottobre, la redazione di "Studio Aperto" di Mediaset, prima ed unica, ha fatto ammenda e chiesto scusa a Concetta e soprattutto a Sarah per come è stata dileggiata dai media.

8 ottobre, Interrogatorio di Garanzia a Michele Misseri.

9 ottobre, è giunto il momento. L’ultimo addio a un piccolo angelo, a Sarah Scazzi.

15 ottobre, il Colpo di Scena. Sabrina Misseri, la cugina 22enne di Sarah Scazzi, è in stato di fermo perché, come scrive la Procura in un comunicato stampa, «gravemente indiziata di delitto».

17 ottobre, l'inimmaginabile. Nasce il tour del macabro alimentato dal tourbillon mediatico.

19 novembre. L’incidente probatorio.

22 novembre 2010. Le motivazioni del Tribunale del riesame sulla sua ordinanza di rigetto del ricorso avverso alla misura cautelare nei confronti di Sabrina Misseri.

15 gennaio 2011. La ritrattazione di Michele Misseri.

25 gennaio. Cosima Serrano al contrattacco.

3 febbraio. La revoca di Daniele Galoppa.

23 febbraio. Dopo sei mesi dal fatto, nuovi arresti.

2 marzo. Avvocati interdetti.

10  marzo. Carmine e Mimino non dovevano essere arrestati.

23 marzo. La verità di Cosima.

6 aprile. L’esame del DNA.

8 maggio. Il presunto testimone.

IL “SOGNO DEL FIORAIO” (Interrogatorio davanti ai pubblici ministeri)

17 maggio. La Cassazione sulla carcerazione di Sabrina Misseri bacchetta i giudici di Taranto: "Michele Misseri inattendibile, caso da riesaminare".

23 maggio. L’avviso di garanzia per Cosima.

25 maggio. La notizia dell’arresto di Cosima.

26 maggio. L’arresto di Cosima.

30 maggio. La scarcerazione di Michele Misseri.

Gli strumenti di difesa. Gli interrogatori di garanzia??

1 luglio. Inchiesta chiusa, quindici gli indagati…., anzi di più!!!

29 agosto. La rimessione del processo per incompatibilità ambientale.

5 settembre. Michele Misseri prosciolto dall’accusa di omicidio e luci della ribalta per i magistrati.

La Cassazione annulla le ordinanze di custodia cautelare.

22 settembre. Carmine Misseri e Cosimo Cosma, rispettivamente zio e cugino di Sabrina Misseri accusata dell'omicidio di Sarah Scazzi, non torneranno in carcere.

26 settembre. Sono state annullate con rinvio le ordinanze di custodia cautelare in carcere per Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano.

12 ottobre. Il rigetto dell’istanza di rimessione.

14 ottobre. L’udienza preliminare.

22 novembre. Udienza del Tribunale del riesame in merito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere annullata con rinvio dalla Cassazione per una serie di motivi, tra i quali la carenza di gravi indizi di colpevolezza.

PROCESSO

CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI

 

SCOMPARSA, RITROVAMENTO ED INDAGINI

LA CRONISTORIA

26 agosto 2010 ore 14,30, Sarah, 15 anni, per la legge incapace di intendere volere, esce di casa per andare al mare con sua cugina. 400 metri più in là, da Sabrina, sua cugina, non è mai arrivata. Non aveva soldi ne indumenti di ricambio: solo un asciugamani e il telefonino. Dopo un’ora la denuncia ai carabinieri. I 5 carabinieri di Avetrana si sono subito attivati per le ricerche ed a comunicare il fatto al Magistrato di turno Mariano Buccoliero. Questi apre un fascicolo contro ignoti: «sottrazione consensuale di minore», in quanto si pensa ad una fuga.

27 agosto, stranamente, è iniziato il circo mediatico senza pari, con tv e giornali nazionali e locali. Cose mai viste con scandalosa violazione della privacy, dell'immagine e della reputazione delle persone e del segreto istruttorio. Con una regola fondamentale: mai parlar male dei giornalisti e dei magistrati. Le tv nazionali in modo morboso e strumentale, nei tg e con trasmissioni dal pomeriggio alla notte e dal lunedì alla domenica e con ospiti pseudo esperti per tutte le stagioni sponsor di se stessi e delle loro idee, tanto da influenzare l'opinione pubblica a secondo gli sviluppi successivi e indurla a seguire il caso come una fiction con indici di ascolto elevati. Solo La7 è rimasta sempre muta, salvo che intervenire quando l'audience raccomandava di farlo. Le tv locali, dopo un disinteresse iniziale dovuto alla scarsa attenzione da sempre prestato alla provincia, sono state costrette a dedicare spazi di cronaca sulla vicenda, ovvero a tenere spazi di approfondimento con invitati pseudo esperti mai di Avetrana. Inizialmente tutti hanno pensato alla fuga della ragazza. La madre mai. Tante associazioni si sono improvvidamente avvicinate alla famiglia con i più disparati scopi, tra cui l’associazione “Famiglia Ristretti”, ed un suo sedicente membro, Valentino Castriota di Trepuzzi, nominato portavoce, ovvero l'associazione "Penelope", sodalizio di familiari di persone scomparse. L’Associazione Contro Tutte le Mafie, con competenza e notorietà, invece no. Il suo presidente, dr. Antonio Giangrande è rimasto attivamente dietro le quinte per non essere accusato di sciacallaggio.

4 settembre, il procuratore di Taranto Franco Sebastio, per imprimere una svolta alle indagini e cambiarne evidentemente il passo, si è voluto rendere conto personalmente della situazione. Il capo della procura ha così presieduto nella caserma dei carabinieri di Avetrana una riunione alla quale hanno preso parte il pm titolare dell’inchiesta, Mariano Buccoliero, il comandante provinciale di Taranto dei carabinieri, col. Giovanni Di Blasio, e altri ufficiali dell’Arma. L’ipotesi di reato cambia: “sequestro di persona”, movente ed esito sconosciuto. Cambiano gli strumenti d'indagine: ricerca a tappeto della ragazza o del suo corpo con l'ausilio di elicotteri e cavalli; perquisizioni presso le abitazioni di alcuni ragazzi del posto; accertamenti tecnici su schede telefoniche e computer. In tale occasione solo sulla Gazzetta del Mezzogiorno a firma di Carlo Bollino c’è un appunto condivisibile: Come si è indagato finora? "Che nessuno ce ne voglia ma sappiamo tutti molto bene che per venire a capo di un mistero i primi giorni di indagine sono quelli decisivi. Mentre ricordiamo invece come troppo spesso taluni gialli siano rimasti irrisolti per anni proprio a causa degli errori di valutazione commessi nelle fasi iniziali. E qui basti citare il delitto di Elisa Claps (spacciato per mesi come fuga volontaria) o la scomparsa dei fratellini Gravina Ciccio e Tore, cercati per settimane ovunque tranne che intorno al luogo nel quale erano stati visti per l’ultima volta, e trovati proprio lì - purtroppo ormai morti - solo due anni dopo. Nessuno ce ne voglia, ma apprendere che la scomparsa di Sarah possa essere stata considerata nella prima fase dalla procura solo come fuga volontaria, ci allarma. L’iscrizione nel cosiddetto «modello 44» del reato di «sottrazione consensuale di minore», potrebbe aver infatti impedito agli investigatori per giorni (i primi, quelli cruciali) di effettuare intercettazioni telefoniche e ambientali, inutili (e proibite) per la scappatella di un’adolescente ma decisive per un sequestro di persona. Sappiamo che i 5 carabinieri in servizio alla stazione di Avetrana nelle 48 ore successive alla denuncia (le prime, quelle decisive) hanno cercato con ogni sforzo di ritrovare le tracce di Sarah, ma erano appunto solo in cinque o poco più. Ora finalmente l’aria sembra cambiata, si vede uno spiegamento di forze imponente, e molti investigatori sono rientrati appositamente dalle ferie. Resta un dubbio: non sarebbe stato meglio che tutto questo fosse avvenuto sin dalla prima ora?" Da allora non si è più capito se l’intervento massiccio delle Forze dell’Ordine nelle ricerche e gli interventi istituzionali di Napolitano e Mantovano siano intervenuti per il circo mediatico smosso, ovvero è stato il contrario. Fatto sta che le ricerche si sono concentrate sul territorio di Avetrana o zone limitrofe, (giustificabili in caso di omicidio con la ricerca del corpo, ma inutili se si tratta di sequestro di persona, con la vittima, forse, portata addirittura all’estero), e le indagini si sono arenate.

6 settembre 2010: la scuola senza Sarah

7 settembre, l’Associazione Contro Tutte le Mafie propone a tutti i media di divulgare la possibilità di contattare il suddetto sodalizio, riconosciuto dal Ministero dell’Interno perché iscritto presso la Prefettura di Taranto, per rendere notizie utili alle indagini, rimanendo anonimi. La viltà e il pregiudizio ha reso vano il tentativo. Come la prima genitura degli scoop e la volontà di censurare l'Associazione Contro Tutte le Mafie, dannosa per il sistema.

9 settembre 2010: la Fiaccolata

9 settembre, l'Associazione Contro Tutte le Mafie su tutti i media denuncia lo sciacallaggio mediatico a danno di Sarah. Adottando improvvidamente la tesi della fuga volontaria, dal primo giorno in Tv e sui giornali hanno evidenziato, storcendone il significato, tutti gli elementi atti a dimostrare l’intento della fuga. E il libro (letto per il compito in classe), e il calendario (segnato per data in procinto dell'inizio della scuola), e i profili Facebook (diari collettivi pubblici come li hanno tutti, compreso i media che ne sparlano), e le chat (come fanno tutti i ragazzi), e il diario, e le schede (tante secondo le promozioni), e le confidenze con amici e cugini (voglia di fuga: Sarah, come tutti i pari età, ha contrasti con i genitori e ha voglia di evadere da una realtà falsa e bigotta, che sente stretta). I Media hanno fatto apparire Sarah come una poco di buono.

10 settembre, in base alle indagini svolte il dr Antonio Giangrande presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie viene fuori una incredibile verità. Vi è una forte rassomiglianza tra il portavoce della famiglia e il presenzialista sui servizi di Striscia la Notizia. Fatto che, se risultasse vero, farebbe riconsiderare molti fatti in modo diverso. Per il bene di Sarah e per dare una svolta alle indagini è stato avvisato il Maresciallo Cocciolo di Avetrana. Contestualmente sono stati avvisati i media per approfondire la segnalazione, perchè, dati i precedenti e i non buoni rapporti con la magistratura tarantina, la stessa potrebbe essere stata ignorata. A conferma dei dubbi, il giorno dopo i familiari sono stati chiamati in Caserma dai carabinieri. In seguito è stato tolto l’incarico al portavoce designato. "Blustar Tv" l'11 settembre coglie lo scoop e dipinge il soggetto come noto alle forze dell'Ordine. Questi, sulla stessa emittente, il 12 settembre, dichiara che è intervenuto su incarico della redazione di "Mattino 5" di Canale 5, emittente in cui ci sono le sue comparsate ed accusa qualcuno di aver speculato sulla ragazza, vendendo i diari di Sarah a "Panorama". Gli altri giornali e TV, invece, hanno pensato bene di censurare la loro gaffe, avendo collaborato o utilizzato il portavoce per battere la concorrenza. Strano come gli inquirenti non l'abbiano scoperto, tenuto conto che, a loro dire, le indagini erano svolte principalmente sulla famiglia e sulle persone che vi gravitavano intorno.

12 settembre, l'apoteosi della disinformazione. In diretta su Rete 4 alle 21 si trasmette "Quarto Grado". Lì ci si impegna a far apparire Sarah come una ragazza ribelle e una "poco di buono" ed Avetrana come paesino brutto, arretrato ed omertoso.

13 settembre, la mamma di Sarah, la sig.ra Concetta Serrano Spagnolo Scazzi, accusa pubblicamente gli inquirenti ed investigatori di incapacità e impreparazione e l'utilizzo di strumenti investigativi obsoleti.

29 settembre, Michele Misseri, padre di Sabrina e Valentina e zio di Sarah, fatalmente trova il cellulare della ragazza scomparsa in un uliveto di un amico sulla strada che da Avetrana porta a Torre Colimena e poi svincola per Porto Cesareo-Nardò, lungo la “Tarantina”, in zona “Tumani”. A suo dire, lo trova proprio lui, il giorno dopo aver lavorato lì ed essere ritornato per cercare un cacciavite perso il giorno prima e vicino al ciglio della strada, in una zona battuta a tappeto, (a loro dire) dalle Forze dell’Ordine incaricate per le ricerche e dalla protezione civile. «Ho visto la mascherina del telefonino affiorare dalla cenere del cumulo più vicino alla strada. Ho visto anche la catenina che si era staccata a causa del fuoco, il lucchettino, le linguette delle lattine della Red Bull. E’ quello di Sarah mi sono detto subito. L’ho preso in mano e ho telefonato a casa per chiedere se mi sbagliavo. Sì, papà è di Sarah, mi ha detto Valentina. Lascialo lì, torna e avvisiamo i carabinieri. Lo so che questo fatto può far pensare male la gente. Molti possono chiedersi: ma come proprio a lui doveva capitare di trovare il cellulare di Sarah, allora lo zio nasconde qualcosa, ha a che fare con la scomparsa della nipotina?».

6 ottobre 2010: La confessione di Michele ed il ritrovamento di Sarah

6 ottobre, ore 22,35. Il dramma si chiude con l’epilogo più imprevisto ed infausto. Era il più sospettabile eppure quello apparentemente al di sopra di ogni dubbio. Lo zio di Sarah, Michele Misseri, che per colmo di coincidenza aveva ritrovato il telefonino dell’adorata nipote, ma che sembrava avere un alibi di ferro per il giorno della sua scomparsa, ha infine confessato: «L’ho uccisa io». Convocato sin dalle prime ore del mattino presso la caserma dei carabinieri di Taranto insieme alla figlia Valentina e alla moglie Cosima, sorella di Concetta, madre di Sarah, Michele Misseri è stato interrogato per l’intera giornata. Poi d’improvviso decine di pattuglie hanno lasciato la caserma e la voce è iniziata a circolare tra i giornalisti giungendo alla madre di Sarah, Concetta, mentre si trovava in diretta negli studi di «Chi l’ha visto». Notizie prima contraddittorie poi via via sempre più dettagliate, pur se prive di ogni ufficialità. Infine l’annuncio: lo zio di Sarah ha confessato l’omicidio indicando in un pozzo a ridosso di un casolare di campagna in località «Mosca» tra San Pancrazio e Avetrana (in direzione di Erchie), il luogo in cui si trova il corpo della nipotina. La svolta nelle indagini grazie ad una frase sfuggita alla figlia Sabrina e intercettata dalle cimici della procura. La ragazza, durante una discussione con la madre avvenuta tra lunedì 27 e martedì 28 settembre, avrebbe manifestato i suoi sospetti proprio sul padre: «Lui se l’è portata», avrebbe detto la ragazza, forse alludendo al fatto che Sarah sarebbe stata vista salire sulla macchina del padre. Il giorno dopo Misseri ritrova curiosamente il telefonino della nipote. La fine atroce di un incubo in cui è stata vittima una ragazzina e la sua comunità. Sarah, vittima sacrificale di un gesto insano e da attacchi mediatici tesi a giustificare una sua fuga a causa del paese brutto, retrogrado ed omertoso. Scarnificata fin dentro i suoi più reconditi segreti per buona pace dei media e di una società civile affamata di pettegolezzo, che gode dei guai altrui, pronta a dare giudizi gratuiti e non richiesti fondati su prove artefatte.

7 ottobre, la redazione di "Studio Aperto" di Mediaset, prima ed unica, ha fatto ammenda e chiesto scusa a Concetta e soprattutto a Sarah per come è stata dileggiata dai media. Nessuno chiederà mai scusa ai ragazzi di Avetrana, sottoposti illegalmente a perquisizione, e a tutti quei protagonisti della vicenda, familiari ed amici, vittime della gogna mediatica. Così come anche alla comunità, che ha subito l'orda di giornalisti appostati in un vicoletto in cerca di scoop, pronti ad intervistare miratamente le persone più umili e meno scolarizzate.

8 ottobre, Interrogatorio di Garanzia. Michele Misseri interrogato risponde al gip Martino Rosati, al procuratore aggiunto Pietro Argentino, al pm Mariano Buccoliero, e poi al suo avvocato Michele Galoppa. D’un fiato. «Che volete, confermo quanto detto. L’avevo già toccata un’altra volta, e lei mi aveva respinto. Successe all’ingresso di casa mia, dopo aver allontanato mia figlia con la scusa di prendere un bicchier d’acqua. L’avevo palpata. Anche per questo ero nervoso quel giorno, perché temevo che parlasse, più di quanto non aveva già fatto con mia figlia. Così l’ho invitata a entrare nel garage, le ho detto che non doveva parlare di quelle cose, che non si fa così con uno zio, poi le ho detto ‘guarda che io ti voglio bene’, le ho messo una mano sulla spalla, l’ho tirata a me, lei… aveva i pantaloncini corti… non ho retto e l’ho toccata addosso. Allora lei si è spaventata, si è voltata e ha preso il telefonino dicendo ‘E mo’ basta! Ancora! Ti faccio vedere!’. E così ho staccato la corda dal muro, la prima che capitava, e l’ho rincorsa…». Fa una pausa e aggiunge: «Manco se ne è accorta, sino a che non aveva la corda attorno al collo. E allora era troppo tardi…». Ricostruisce il tragitto in auto con il cadavere nel bagagliaio fermandosi a 300 metri da casa, la chiamata di sua figlia sul cellulare di Sarah, che lui interromperà spegnendolo. E poi la violenza sessuale consumata nel campo, una volta spogliata la povera Sarah (‘l’ho spogliata per bruciare i suoi vestiti e non lasciar tracce, poi mi son lasciato prendere la mano’), e quindi l’occultamento del cadavere nella cisterna. «L'ho strangolata con una cordicella mentre era di spalle e ho abusato di lei dopo che era già morta». È la confessione di Michele Misseri, che ha ammesso di avere ucciso la nipote quindicenne Sarah Scazzi. L'omicidio è avvenuto il 26 agosto 2010 nel garage della casa dell'uomo. Prima di occultare il cadavere gettandolo in un pozzo, l'assassino lo ha denudato e successivamente ha bruciato i vestiti. Ha strangolato la nipote adolescente (come confermato dall'autopsia) dopo aver perso la testa per il rifiuto opposto dalla ragazza alle sue ripetute attenzioni morbose. Il corpo di Sarah è stato poi gettato in una sorta di cisterna piena d'acqua in un podere tra Avetrana e San Pancrazio Salentino, di proprietà della famiglia Misseri, dove è stato trovato in stato molto avanzato di decomposizione. «È trascorso troppo tempo da quando Sarah è stata uccisa e gettata nel pozzo - spiega il professor Luigi Strada, direttore dell'istituto di medicina legale dell'Università di Bari. - Per questo motivo ho fatto alcuni prelievi e alcuni tamponi per chiarire l'aspetto della violenza sessuale. Per quanto riguarda il resto, confermo che sul collo della ragazza abbiamo trovato segni di strangolamento». A una precisa domanda sull'aspetto del corpo di Sarah, il medico aggiunge: «Il volto è sfigurato, sul corpo ci sono segni di putrefazione avanzata. La permanenza nell'acqua ha danneggiato i tessuti, Sarah è irriconoscibile. Per questo ho consigliato, anzi quasi obbligato, la madre a non vederla. Le ho spiegato che la cosa migliore è mantenere il ricordo, l'immagine di sua figlia com'era in vita». Il telefonino era privo di batteria ma aveva all'interno la scheda Sim, contrariamente a quanto si era saputo. L'uomo lo aveva tenuto nascosto nel suo podere vicino al luogo in cui aveva gettato il corpo della ragazza. Successivamente lo aveva abbandonato per circa un'ora vicino a un supermercato presso la caserma dei carabinieri di Avetrana con l'intento di farlo ritrovare. Poco dopo Misseri ha deciso di riprenderlo nascondendolo nuovamente nel suo podere. Poi il 29 settembre la messinscena del ritrovamento. «L'ho sognata queste sere Sarah, due, tre volte di seguito: mi diceva zio coprimi, ho tanto freddo. L'ho sognata così tante volte che ora vorrei morire: non ce la faccio più, basta. - È cominciata così la confessione fiume di Michele Misseri, 57 anni, lo zio, l'assassino di Sarah Scazzi.- Quel giorno - ha spiegato in sintesi, - ero nel mio garage, come sempre. Aggiustavo il trattore che aveva avuto un problema. Ero molto arrabbiato, nervoso perché non riuscivo a metterlo in moto. Saranno state le 14,30 e ho visto Sarah che si è affacciata alla porta del garage. - L'ingresso è venti passi dalla porta di casa: si può accedere o dalla strada oppure direttamente dall'appartamento. - Sarah si era affacciata dall'alto, il pantaloncino e la maglietta rosa, l'infradito, l'asciugamano. Mi ha detto che aspettava Sabrina, era leggermente in anticipo. Mia figlia era ancora in casa, l'amica Mariangela non era ancora arrivata in macchina. Le ho fatto segno di scendere. Non so che cosa mi è scattato, all'improvviso Sarah mi intrigava, è successo tutto in un momento. - Ha provato a toccarla, da dietro, probabilmente le ha sfiorato un seno. Sarah ha reagito immediatamente. Forse lo ha colpito, tanto che il medico legale ha visitato anche Misseri riscontrandogli un ematoma sul braccio che potrebbe essere frutto di quella colluttazione.- A quel punto ho perso la testa.- Ha afferrato una corda che era lì in quella cantina maledetta, dove lui passava le intere giornate, tanto che le ragazzine della strada la chiamano la casa dei fantasmi, "perché è sempre buio e lui è sempre lì sotto, fa una paura". - Ho preso quella corda e ho stretto. Sarah è morta». "Non ha sofferto" spiega il procuratore capo Franco Sebastio. Non è una consolazione. Misseri ha giurato che era la prima volta, che mai in precedenza aveva provato ad abusare della nipote. Il fratello Claudio ha raccontato in televisione che sapeva di precedenti molestie. Ai carabinieri non lo ha mai detto. Così come non ci sono segnali in questo senso sui diari di Sarah, dove invece la ragazza appuntava tutto. C'è però un particolare che aveva messo in allarme gli investigatori. Lo aveva raccontato mamma Concetta il 29 settembre: "Sarah mi ha raccontato che lo zio le aveva regalato cinque euro in due occasioni, non chiedendole nulla in cambio, ma facendole promettere che non avrebbe raccontato nulla né a me né alla zia". Gli investigatori hanno immediatamente obbligato Concetta a non raccontare a nessuno questo elemento, soprattutto con sua sorella, perché avrebbe potuto compromettere le indagini. Concetta ha tenuto il segreto.  «Poco dopo - ha ricostruito ancora l'assassino - questione di minuti, si è affacciata mia figlia Sabrina. Lei era in casa, non ha visto niente. Mi ha chiesto di Sarah, mi ha detto se la vedi dille che la stiamo cercando. È andata via. Sarah era accanto a me, morta. Poco dopo l'ho caricata in macchina, l'ho messa dietro, con una coperta e sono andato verso i terreni a San Pancrazio. - In questo passaggio ci sono due degli elementi che lo hanno inchiodato: ai carabinieri aveva raccontato di essere rimasto tutto il giorno ad aggiustare il trattore. E invece un testimone, un suo parente, ha raccontato di averlo visto in auto intorno alle 17 e soprattutto i tabulati telefonici hanno dimostrato che era nella zona di Nardò alle 16,45. - È vero. Con la macchina sono andato nel campo verso San Pancrazio. Sono arrivato, non mi ha visto nessuno. Ho tirato fuori Sarah, l'ho spogliata: ho abusato di lei, è stato un attimo era nuda e l'ho presa. Soltanto in quel momento mi sono accorto di cosa avevo fatto. - Ha bruciato i vestiti, buttato il corpo nella fossa-cisterna da una fessura strettissima. - L'ho coperto con i filari del vigneto e sono andato via. - Misseri l'aveva fatta liscia. Aveva lasciato poche tracce, difficilmente gli investigatori sarebbero arrivati a lui. Poi, il ritrovamento del telefonino. - In quel periodo l'avevo portato sempre con me. Tre giorni prima del 29, se non sbaglio, lo avevo messo in una campagna nella speranza che lo trovaste voi. Niente. Allora ho pensato di darvelo io». Perché? La risposta è arrivata dalla relazione del Rac, il Reparto analisi criminologiche dei carabinieri: i tecnici dell'Arma hanno delineato già nel pomeriggio di martedì, quando Misseri era solo un sospettato, il profilo di chi avrebbe potuto far ritrovare il cellulare, parlando di un assassino pentito, non di un criminale che si era macchiato di un delitto in prenda a un raptus e che inconsciamente voleva essere scoperto. "Vi ho detto tutta la verità, ve lo giuro. Se volete vi porto anche in quel posto". Sono le 10 e cinque della sera. Il procuratore e il comandante Giovanni Di Blasio saltano su un auto in borghese. Davanti c'è Misseri. Arrivano in campagna, la pozza, "scoprite, scoprite lì", insiste lo zio. Basta accendere una luce e chinare la testa per vedere un pezzo di una vita, quel che resta di Sarah.

9 e 14 ottobre 2010: Funerale e tumulazione di Sarah

9 ottobre, è giunto il momento. L’ultimo addio a un piccolo angelo, a Sarah Scazzi, I funerali si sono svolti alle ore 16.30 presso lo stadio di Avetrana per contenere l'immane folla. Più di dieci mila persone. In paese, ma come nel resto d’Italia, si respira un clima di profonda tristezza. In paese, ma come nel resto d’Italia, si respira un clima di profonda tristezza, ma soprattutto di rabbia e dolore, per una fine talmente ingiusta e così violenta. E’ una storia sconvolgente. Nessuna avrebbe mai osato immaginare tanto. Eppure è successo, eppure Sarah è in quella bara bianca. La salma è giunta presso la camera ardente, allestita nell'auditorium Caduti di Nassiriya di Avetrana. La piccola è stata accolta da infiniti applausi, da tante lacrime. Il Consiglio comunale ha proclamato il lutto cittadino. I funerali con  rito cattolico, la liturgia della parola e il rito delle esequie, con nulla osta arcivescovile per una ragazza non battezzata e l'autorizzazione della madre Concetta, Testimone di Geova. Migliaia di persone e una bara bianca. Tutti hanno partecipato al dolore: le telecamere tv e le penne dei giornalisti hanno raccontato la rabbia del popolino che gridava “morte all’orco”. Quelli che prima hanno dileggiato Sarah, pensando che fosse scappata di casa, poi l’hanno santificata. Ipocrisia all’ennesima potenza. Sarah è stata ammazzata una volta e violentata dai media per 42 giorni. La Sensitiva Rosemary Laboragine aveva preannunciato tutto! "Non avrei potuto salvare Sarah, ma se mi avessero creduta almeno non sarebbe rimasta così tanto tempo lì... sono indignata! ..non ho mai chiesto nessun compenso, ne mai lo farò per questi casi e tantomeno pubblicità, non ne ho bisogno ..me la sono sempre pagata; io e Francesca Palazzotti, appena mi apparve il flash che era stato lo zio ..abbiamo chiesto aiuto a molti che potevano fare qualcosa e non ci hanno aiutate". Esordisce con queste parole dal suo profilo Facebook la sensitiva Rosemary Laboragine, che aveva in tempi non sospetti espresso le sue sensazioni negative riguardo il caso di Sarah. Nelle interviste rilasciate ai media infatti, la donna aveva più volte dichiarato che la quindicenne ragazza pugliese non si era allontanata volontariamente da casa, ma era stata vittima di una violenza, secondo le sue visioni. A confermare il tutto il 9 ottobre è il direttore della testata giornalistica “La Voce di Manduria”. «Vedo la ragazza con gli occhi chiusi, vicino a lei ci sono delle foglie e dell’acqua…». Questa era l’immagine dei flash che lampeggiavano nella mente della sensitiva di Padova, Rosemary Laboragine. E questo noi scrivevamo il 3 settembre scorso. In seguito la stessa veggente, che sin dall’inizio si è appassionata al caso di Avetrana, ci aveva riferito che altre visioni indicavano la zona dove si trovava la ragazza morta: «nelle campagne tra Avetrana e Erchie». E così è stato. Sull’epilogo della storia, Carlo Bollino, direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, è ancora l’unico ad essere controcorrente nell’omologazione generale: la magistratura si osanna, non si critica. Egli si chiede, e noi con lui, con un articolo pubblicato l’11 ottobre 2010: «Se gli investigatori ci hanno messo 42 giorni per venire a capo del giallo, «Saetta» conosceva la verità da subito. Il cagnolino che Sarah accudiva in strada, e che per ricambiare l’affetto la seguiva ovunque, per giorni è rimasto accucciato davanti al garage dell’orrore: attendeva invano che uscisse la padroncina, evidentemente dopo avercela vista entrare. Qualche vicino di casa notandolo gli aveva portato da mangiare, ma l’animale rifiutava il cibo: «Soffre anche lui per la scomparsa di Sarah», dicevano in tanti. Se si fosse prestata maggiore attenzione all’insistenza con la quale quella bestiola restava in via Grazia Deledda, forse il luogo del crimine si sarebbe scoperto prima. Nei manuali del buon investigatore probabilmente non è spiegato che anche i cani a volte possono parlare, ma in quello della logica è certamente scritto che il primo luogo da controllare debba essere lo stesso in cui la persona scompare. E invece, sorprendentemente, si viene a sapere che il garage (e la sua auto), e la casa di Michele Misseri verso la quale Sarah era diretta, non sono mai stati perquisiti. Almeno non prima che l’uomo confessasse il crimine. Lo avevamo scritto, ma speravamo di sbagliarci, e invece fatalmente per Sarah Scazzi si è ripetuto lo stesso identico copione già visto per Elisa Claps e per Ciccio e Tore, i fratellini di Gravina: cercati ovunque tranne che nel posto più ovvio, cioè l’ultimo nel quale erano stati. Nelle indagini sulla tragica fine della ragazzina di Avetrana si continua a parlare di punti oscuri, ma nella confusione che sin dal primo giorno caratterizza questa storia finiscono per confondersi anche i misteri, ignorando quelli veri e coltivandone altri fasulli. La mancata perquisizione nel garage dello zio di Sarah è certamente un’anomalia, e lo sarebbe stata anche se Saetta, il cagnolino che seguiva la ragazza scomparsa, non lo avesse indicato dormendoci davanti. In quello che si è scoperto essere poi il luogo del delitto, non potevano non trovarsi tracce di Sarah, e se la procura ne avesse ordinato un controllo sin dal primo giorno il giallo sarebbe ormai bello e chiarito. E invece le esitazioni (e i ritardi) accumulati all’inizio dell’indagine continuano a mostrare i danni provocati. La sparizione di Sarah Scazzi venne rubricata per la prima settimana come «sottrazione consensuale di minore», insomma una fuga volontaria al seguito di qualche adulto, e questo aveva impedito nei giorni più caldi dell’indagine di ordinare intercettazioni telefoniche e ambientali. Eppure, registrare i discorsi tra Michele Misseri, la moglie e la figlia a poche ore dalla scomparsa di Sarah servirebbe oggi ad allontanare dalla cugina l’orribile dubbio di sapere, ma di aver taciuto. Allo strazio provocato dalla morte della migliore amica, e all’orrore di scoprire che ad ucciderla è stato il padre, per questa giovane donna si aggiunge ora il supplizio del sospetto collettivo. Molto più difficile da sconfiggere proprio perché basato sul nulla. Nella ricostruzione del delitto fornita da Michele Misseri ci sono ancora molti punti da chiarire e tante contraddizioni, probabilmente su alcuni aspetti mente, eppure nulla di tutto questo consente al momento di mettere in dubbio la sua personale colpevolezza, né lascia aperti spazi per collocare Sabrina e sua madre (che si trovavano insieme) sulla scena del delitto. Basterebbe ricordare che la tragedia si è consumata in appena 12 minuti (proprio grazie al tempestivo allarme lanciato da Sabrina) e che mentre Sarah veniva strangolata Sabrina la chiamava al cellulare, e non si è mai visto che la testimone di un omicidio provi a telefonare alla vittima. Nei 42 giorni precedenti al suo arresto, molti in famiglia hanno potuto sospettare di Michele Misseri, e forse persino Concetta, la mamma di Sarah, alludeva a suo cognato, quando implorava gli investigatori di indagare tra i parenti. Ma sospettare è cosa completamente diversa dal sapere, e soprattutto è penalmente irrilevante. E allora invece che concentrarsi nello sforzo di verificare se Sabrina abbia dubitato oppure no di suo papà, bisognerebbe chiarire altri aspetti di questo giallo. A cominciare dalla batteria del telefonino di Sarah, dall’asciugamano e dal suo zainetto: dove sono finiti? Misseri avrebbe detto di averli bruciati. Ma la plastica di uno zaino non scompare nel fuoco, al massimo si trasforma. E un telo da mare per quanto carbonizzato non si dissolve nel nulla, proprio come il costume da bagno o i sandali infradito che la ragazzina indossava al momento della sua scomparsa. Dove sono finiti questi brandelli di verità? E dove è finita la corda con la quale Michele Misseri ha detto di aver strangolato la nipote? E dove il cartone con il quale ne ha coperto il cadavere?» Nessuno si aspetta che i nostri investigatori abbiano l'affilato intuito del tenente Colombo (anche se spesso ne imitano la trasandatezza), nè che abbiano le fulminee deduzioni dei protagonisti del telefilm Csi. Però nemmeno ci aspettiamo che siano maldestri e imbranati come l'ispettore Clouseau della Pantera Rosa. Le indagini sulla scomparsa di Sarah Scazzi sono l'ennesimo episodio di approssimazione e scarso acume investigativo a cui assistiamo. L'aspetto più vistoso di questo torpore è il fatto che lo zio della ragazza aveva detto 10 giorni dopo la scomparsa di aver trovato la sim del telefonino della nipote per terra, davanti all'autoscuola, ma di non ricordarsi bene dove l'aveva messa. «Domani la cerco», ha detto ai poliziotti, che si sono accontentati della promessa. Questo semplice dettaglio avrebbe dovuto far rizzare le orecchie agli investigatori per due ragioni: primo, perchè già di per sè sembrava un ritrovamento anomalo e poi perchè non si capisce come facesse lo zio, noto per la poca dimestichezza coi cellulari, a sapere che quella sim era di sua nipote. Già questo avrebbe dovuto indirizzare le indagini, tanto più che gli inquirenti sanno che - come affermano i criminologi - gli assassini non professionisti spesso vengono presi dalla smania di uscire allo scoperto e, seppur velatamente, di confessare. Michele Misseri aveva cominciato a farlo, peccato che le orecchie degli investigatori fossero foderate e impermeabili e così si sono perse almeno tre settimane a inseguire gli amici della ragazza e a scavare su internet nella speranza di trovare tracce, se non addirittura l'adescatore misterioso nascosto nelle pieghe di Facebook. Solo quando Misseri, praticamente confessando, ha detto di aver trovato anche il telefonino della nipote, quelle aquile degli inquirenti lo hanno messo sotto. Imbattibili. L'FBI ha già chiesto i loro curriculum. «Mi sa che ho trovato la scheda del telefonino di Sarah…». Così disse Michele Misseri ai due poliziotti che aveva di fronte nel salotto di casa sua. Era passata una settimana, al massimo dieci giorni, dalla scomparsa di sua nipote Sarah Scazzi, il 26 di agosto. «Come la scheda di Sarah? E che scheda è?» chiese uno dei due agenti. «Non lo so, non la trovo più. Forse Vodafone o Wind, non so». «Dove l’hai trovata?» chiese a quel punto Sabrina. «Era per terra davanti all’autoscuola qui dietro». «E dove l’hai messa?». «Non so più dov’è perché l’ho messa nel fazzoletto e poi non l’ho più trovata. L’avrò persa in campagna o magari giù, in cantina..». «Allora cercala» fu l’obiezione di tutti. «Domani la cerco, sì». E rivolto a sua figlia Sabrina Misseri disse di nuovo: «Domani andiamo a cercarla assieme in cantina con la torcia, andiamo a controllare…». Uno dei poliziotti (in servizio tutti e due nella provincia di Taranto) informò un suo superiore, ma la questione alla fine rimase senza seguito, uno dei tanti rivoli perduti di questa storia. Del resto né Sabrina né Michele aggiornarono più i due agenti sull’annunciato controllo in cantina e la faccenda finì presto, fra i tanti dettagli dimenticati del caso Scazzi. Michele non era nemmeno lontanamente sospettato, aveva zero dimestichezza con i telefoni cellulari, chissà che scheda avrà raccolto… pensarono i suoi interlocutori. Le attenzioni, in quei giorni, erano tutte per gli amici della ragazzina scomparsa, per eventuali malintenzionati conosciuti via chat, per sconosciuti rapitori, semmai per il maniaco occasionale. Insomma: si sentirono tutti autorizzati a scartare quell’informazione. E invece già allora Michele Misseri stava cercando di fare quello che avrebbe poi tentato a più riprese: farsi scoprire, offrire la pista giusta a chi indagava. Ci provò in quell’occasione, poi di nuovo nelle settimane successive abbandonando il cellulare di Sarah in diversi punti di Avetrana, finanche presso un supermercato vicino alla caserma dei Carabinieri: «Ma purtroppo nessuno l’ha notato» dirà poi lui nella confessione. Ci provò fino al 29 settembre, Michele: alla fine, visto che la gente sembrava ignorare quel benedetto cellulare, fece finta di trovarlo lui (con la scheda inserita, ma senza batteria) e, finalmente, le indagini presero la sua direzione. Della batteria non c’è traccia. Lui racconta di averla buttata in un campo, ma finora nessuno l’ha trovata, come nessuno ha ancora rintracciato il punto esatto in cui lo zio-mostro di Sarah dice di aver «bruciato tutto»: i vestiti, lo zainetto, le scarpe, le cuffiette e tutto ciò che Sarah aveva con sé quando lui la uccise nel suo garage-cantina, strangolandola. La mise in macchina e la portò in campagna dove la violentò per poi spogliarla e buttarla in fondo a una cisterna piena d’acqua piovana.

15 ottobre, il Colpo di Scena. Sabrina Misseri, la cugina 22enne di Sarah Scazzi, è in stato di fermo perché, come scrive la Procura in un comunicato stampa, «gravemente indiziata di delitto». Ad accusarla è il padre, Michele Misseri, già reo confesso che con due dichiarazioni successive, a sorpresa, l’ha tirata in ballo. Fino all’ultima accusa da choc: «Sabrina teneva Sarah mentre io la strangolavo». Sabrina si è sempre professata innocente, ma gli inquirenti hanno comunque firmato il fermo e condotto la ragazza in carcere a Taranto. Le accuse mosse contro Sabrina sono di concorso in omicidio e sequestro di persona. Un nuovo e sconvolgente colpo di scena. I Ris erano tortati a casa di Michele Misseri per ispezionare l'auto con la quale era stato presumibilmente trasportato il corpo di Sarah e il garage dove si sarebbe consumato l'omicidio. «E' un movente intrafamiliare, un fatto che si è sviluppato all’interno della famiglia»: lo ha detto il procuratore della Repubblica Franco Sebastio, in conferenza stampa. Secondo l'accusa il movente sta nelle molestie sessuali che Michele Misseri aveva compiuto nei confronti di Sarah. Sabrina ne era venuta a conoscenza probabilmente proprio dalla stessa Sarah. Sarah Scazzi è stata costretta con la forza a scendere nella rimessa dove è stata uccisa, questo secondo gli investigatori. Sabrina Misseri non avrebbe dunque indotto la cuginetta a scendere, ma avrebbe collaborato col padre a trascinarla giù. Frammenti che potrebbero essere delle cuffiette del cellulare di Sara sono stati trovati tra i resti degli effetti personali e degli abiti che Michele Misseri ha bruciato in campagna. «Le cuffiette - ha detto il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Giovanni De Blasio, nella conferenza stampa – non sono state trovate nel garage. E' stata trovata anche la batteria del telefonino di Sarah. Il recupero è stato possibile sulla base delle dichiarazioni fatte dallo zio Michele Misseri, in un luogo diverso da quello dove l’uomo ha bruciato gli abiti della piccola Sarah e diverso anche da quello nel quale è stato trovato il corpo.» In questo modo si rafforza l’ipotesi del fratello di Sarah che ha ribadito con forza in più occasioni che il giorno precedente all'omicidio, Sarah, la sorella, e Sabrina, la cugina, avevano litigato proprio per le avances che Michele Misseri avrebbe rivolto alla ragazzina.

17 ottobre, l'inimmaginabile. Nasce il tour del macabro alimentato dal tourbillon mediatico. Diritto di cronaca non è assalire mamma Concetta dal ritorno dall'obitorio dove vi era Sarah, o attaccare Valentina, che porta il ricambio in carcere a sua sorella Sabrina Misseri, o intervistare miratamente tutti i meno colti nelle vie per dimostrare che Sarah voleva scappare da un paesino retrogrado ed omertoso, o sentire gli pseudo esperti pagati a gettone nei salotti televisivi, che smentiscono sè stessi a secondo l'evolversi delle circostanze. Il turismo dell'orrore visita i luoghi dello scempio: la fossa dove Sarah è stata per 42 giorni; la casa della vittima; la casa dell'orco; il cimitero. Tutti a verificare se la verità soggettiva del giornalista, esposta con gli occhi di chi pensa di scendere da Marte su Avetrana a dettare etica, morale, cultura ed emancipazione, corrisponda alla realtà. Si è aspettato il "giornalista" non omologato alla menzogna o al clamore, anticonformista e fuori dagli schemi. Ad Avetrana non è mai arrivato. Avetrana, Italia. Questa è l'informazione. Intanto Avetrana non sarà più la stessa. Se prima era la città dell'Avvocato più giovane d'Italia e il paese dell'autore del libro "L'Italia del trucco, l'Italia che siamo", ora sarà il luogo dove vi è stato il delitto mediaticamente più seguito dall'umanità.

19 novembre. L’incidente probatorio. Michele ha detto che il 26 agosto, quando è sceso in garage, chiamato da Sabrina, ha visto Sarah per terra con una cinta al collo, le ha toccato gli occhi e la bocca, ma la ragazzina era già morta ed era fredda, ma non si ricorda l'orario. E ha poi detto di avere sentito Sarah ancora più fredda quando l'ha portata nel pozzo. «Prima di buttarla nel pozzo ho preso la mano di Sarah e l'ho guidata, le ho fatto fare il segno della croce».  Michele Misseri parla. Nell'aula del carcere c'è un silenzio irreale. Lui accarezza il Tau, il simbolo francescano che gli ha regalato il cappellano del carcere e che si è portato in udienza, legato a un dito. «Io voglio bene a mia figlia» dice. «Ma deve prendersi le sue responsabilità». Parla, Michele Misseri. Conferma tutto. Consegna alla procura la prova che incastra sua figlia Sabrina mentre lei lo ascolta dal fondo dell'aula, a tratti soffoca le lacrime. È finito così, quasi a mezzanotte, l'incidente probatorio fissato nel carcere di Taranto per lo zio di Sarah Scazzi. Le tensioni del mattino, l'ipotesi che lui potesse bloccarsi e non dire una parola, sapendo di essere in presenza di Sabrina, si sono rivelati timori ingiustificati: si è dissolto tutto con la prima domanda. Misseri non ha fatto scena muta. Al giudice Martino Rosati ha ripetuto più o meno la versione del suo ultimo interrogatorio, quello del 5 novembre. Quindi la versione data davanti al gip sarebbe questa: a strangolare la sua nipotina quindicenne Sarah Scazzi il 26 di agosto non è stato lui, ma Sabrina, con una cintura, in cantina. Lui ha soltanto fatto sparire il cadavere buttandolo nel pozzo, in cui poi è stato ritrovato. Ha fatto tutto questo per coprire sua figlia «perché io sono ormai vecchio mentre lei ha tutta una vita davanti». E sua moglie Cosima «non ha mai saputo niente». Ci sarebbe un solo dettaglio sul quale la versione di Michele Misseri risulterebbe diversa rispetto al racconto del 5 novembre: gli abusi sessuali su Sarah, sia da viva sia da morta. Lo zio di Sarah stavolta ha negato le molestie del giorno dell'omicidio, quelle della settimana precedente e anche lo stupro sul cadavere. «Non l'ho violentata», «io le volevo bene», «non l'ho mai nemmeno sfiorata, la creatura», ha ripetuto a più riprese al gip Michele Misseri a conferma di quanto il suo avvocato Daniele Galoppa aveva anticipato da tempo. Un particolare, questo, che secondo avvocati e consulenti di Sabrina la dice lunga sulla sua credibilità: prima confessa la violenza sul corpo della ragazzina ormai senza vita, poi il suo legale annuncia che la ritratterà, dopodiché lui viene interrogato e non la ritratta affatto e, adesso, Misseri torna sull'argomento per negarla. Perché ha raccontato la violenza se non è vera? «Perché era meglio per tutti, soprattutto per Sabrina» dice lui.  Francesca Conte ed Emilia Velletri, le due avvocatesse della ragazza, hanno cominciato ad interrogare Misseri alle otto e mezza di sera. Una raffica di domande per cercare di smontare la sua versione e rivelare i passaggi di una strategia processuale che punta a scaricare su Sabrina l'omicidio. «Sono soddisfatta, così cade il movente» dice Francesca Conte riferendosi alla ritrattazione della violenza, che era uno dei reati sui quali si fondava il movente della prima ora, poi superato da quello della gelosia. Se il racconto di Misseri fosse creduto, per lui rimarrebbe in piedi soltanto l'accusa di occultamento di cadavere e dal suo orizzonte scomparirebbe il rischio del carcere a vita, potrebbe perfino sperare in una libertà non troppo lontana. Le sue dichiarazioni sono importanti perché varranno come prova al processo ed è per questo che i magistrati e gli avvocati (c'erano anche i legali della famiglia Scazzi) hanno colto ogni sfumatura. C'è stato un momento, in cui Misseri è sembrato in difficoltà. Quando il giudice Rosati lo ha incalzato: «Possibile che nei 42 giorni prima di trovare il cadavere lei e Sabrina non avete mai parlato di quello che era successo?». Intanto Sabrina resta in carcere.

22 novembre 2010. Le motivazioni del Tribunale del riesame sulla sua ordinanza di rigetto del ricorso avverso alla misura cautelare nei confronti di Sabrina Misseri. Nelle 54 pagine di motivazioni dell'ordinanza emessa il 13 novembre, il Tribunale, ripercorrendo gli atti investigativi, allo stato degli atti, ha sostenuto che Michele Misseri è credibile, anche perché il solo movente dell’uccisione di Sarah è quello della gelosia che Sabrina nutriva per Ivano Russo, il cuoco che temeva di perdere proprio a causa della cugina 15enne. I giudici hanno quindi scartato il movente sessuale, «ovviamente riconducibile alla sola persona di Michele Misseri, il quale ha escluso che la figlia fosse venuta a conoscenza dell’episodio, unico, in cui aveva toccato i glutei della nipote». Il Tribunale del riesame quindi cambia il punto del movente dell’omicidio di Sarah Scazzi e, sposando integralmente le dichiarazioni del padre dell’estetista avetranese, la inchioda a responsabilità ben precise. Infatti il Tribunale riporta alcune affermazioni dell’amica di Sabrina, Stefania De Luca: «In qualche circostanza ricordo che Sabrina ha manifestato il suo disagio - riportano le motivazioni - perché si sentiva eccessivamente robusta e poteva non piacere ad Ivano, che preferiva la cugina».  "Ciao mi chiamo Sarah, in questo periodo sono molto legata ad 1 ragazzo che ha 27 anni, io ne ho solo 15 ma lui è dolcissimo con me e mi coccola sempre, si chiama Ivano, e lui piace anche a mia cugina Sabrina (…)". Era il 27 luglio quando Sarah Scazzi si raccontava, come si stesse mandando un sms, nel suo diario segreto. Non sapeva di raccontare quello che secondo i giudici del Riesame è il movente del suo omicidio: la gelosia di sua cugina nei confronti di Ivano. «Sarah era una sorta di sorella minore di Sabrina, ma questo contesto di normalità è mutato allorchè Sarah da bambina da coccolare era diventata una rivale da controllare» scrivono i giudici Massimo De Michele, Alessandro de Tomasi e Benedetto Ruberto nelle 54 pagine di motivazioni con le quali hanno spiegato il perché Sabrina Misseri deve rimanere in carcere. I giudici sostengono che a carico della Misseri ci siano tutti gli elementi della carcerazione preventiva: "Sabrina è un´assassina" che ha agito d'impeto, anche se non è da escludere la preterintenzionalità dicono i giudici. Che sostengono che la ragazza sia in grado in inquinare le indagini (con la manipolazione dei media, con le pressioni ai testimoni, le false piste offerte agli investigatori "ha offerto un abile e scaltro depistaggio"), di fuggire ma anche e soprattutto di uccidere ancora. Ma soprattutto i giudici non hanno alcun dubbio che Sabrina abbia ucciso sua cugina Sarah con le modalità raccontate dal padre Michele nel suo ultimo interrogatorio. I giudici parlano di "riscontri esterni" alle dichiarazioni di Misseri che arrivano dal racconto di Mariangela e degli altri amici, dai tabulati telefonici e dai racconti della stessa Cosima e di sua sorella Concetta. Tutti piccoli elementi che portano, secondo i giudici, Sabrina ad aver ucciso Sarah tra le "14:28:26 (orario in cui la Scazzi ha inviato lo squillo di conferma) e le 14:35:37" quando Sabrina risponde a un messaggio dell'amica Cimino che ha ricevuto alle 14:31 e 44 secondi. I giudici ritengono inoltre solidissimo il movente, e cioè la gelosia per Ivano. Movente che viene supportato anche in questo caso dai racconti dei testimoni ma soprattutto dal diario della stessa Sarah, che Sabrina aveva tenuto nascosto agli inquirenti per alcuni giorni. Proprio il giorno dell'omicidio Sarah scriveva: "Oggi ho avuto il dolce risveglio con il trapano, ieri sera poi sono uscita un po' con Sabrina e la sua amica Mariangela, siamo andate in birreria x una red bull veloce, poi siamo tornate a casa e Sabrina come al solito si è arrabbiata xk dice ke quando c'è Ivano sto smp con lui, e ti credo almeno lui mi coccola a differenza sua, potexi avere 1 fidanzato così! Mah, vabbè tanto ci sono abituata…".

LA POSIZIONE DI SABRINA - La forte attrazione, scrivono ancora i giudici, «nutrita dalla Misseri per Ivano e il conseguente sentimento di gelosia provato, che vedeva coinvolta la vittima, non lascia dubbi sul movente dell’uccisione della 15enne di Avetrana». «Con dolo intenzionale, plausibilmente d'impeto nel senso che, sebbene non sia possibile escludere aprioristicamente una premeditazione (...)». E' la gelosia il movente del delitto di Sarah Scazzi. Sabrina Misseri – secondo il Tribunale del Riesame di Taranto – era infatti “fortemente innamorata, anzi ossessionata” da Ivano Russo che “temeva di perdere ad opera” della cugina. Ma la “goccia, ovvero il punto di rottura che ha fatto scattare” in Sabrina “una forma di rancore nei confronti” della cugina si è verificata quando Sarah riferì al fratello Claudio la confidenza, che le fece la cugina su un “rapporto sessuale interrotto” avuto con Ivano. A carico di Sabrina Misseri il Tribunale del riesame ha ravvisato tutte le esigenze cautelari che ne giustificano la permanenza in carcere: il «concreto pericolo di fuga», il rischio di inquinamento delle prove e quello che la giovane «commetta delitti della stessa specie per cui si procede». Secondo il tribunale, l’attività di depistaggio comincia con «il messaggio delle 14.35.37 inviato alla Cimino (Angela Cimino, una cliente di Sabrina che in precedenza le aveva fatto una telefonata cui non aveva ricevuto risposta) al fine di suscitare nei terzi un’apparente normalità». Vengono poi ricordati, a titolo di esempio, i colloqui con un’altra sua cliente, Anna Pisanò, «alla quale veniva intimato (stai zitta, non dire niente) di non rivelare ai Carabinieri l’umore della Scazzi la mattina del giorno della scomparsa».E' emerso che la sera della scomparsa della 15enne, Sabrina Misseri andò in birreria "per dimenticare". "Sono in birreria per dimenticare" disse, mentre si cercava Sarah, a Miriam e Tony, una coppia di fidanzati che avevano sentito dei rumori che venivano dal palazzetto dello sport di Avetrana. Ma Sabrina li prese in giro dicendo che i rumori non potevano avere a che fare con la sparizione della 15enne. Questi particolari sono stati raccontati da Anna Pisanò, madre di Miriam. Quella sera, secondo la donna, Sabrina disse anche che gli autori del 'rapimento' di Sarah erano 'quelli di San Pancrazio'. Anna Pisanò ha anche parlato di un'altra corda conservata a casa di Emma Serrano, sorella di Cosima e zia di Sabrina Misseri. "Era a casa sua in una busta prima della scoperta del corpo" di Sarah, ha detto la donna. Emma l'aveva trovata in bocca a un cane e l'aveva conservata. Anna Pisanò è la supertestimone della procura, la donna che ha anche raccontato dello sfogo di Sabrina la sera del ritrovamento del cadavere (la ragazza, ora accusata dell’omicidio assieme al padre Michele Misseri, si sarebbe vantata di non aver ceduto agli interrogatori: «sono stata più brava di papà»). Davanti agli ufficiali di polizia giudiziaria che la interrogano per oltre tre ore racconta anche: «Io chiesi a Concetta perché la sorella non avesse portato la corda ai carabinieri, e lei mi rispose che, per il momento l’avrebbero tenuta loro e che, se avessero ravvisato la necessità, l’avrebbero consegnata agli inquirenti». Ma sempre la stessa teste racconta anche che dopo un po' di tempo «sempre prima del ritrovamento del cadavere di Sarah chiesi a Concetta se avessero consegnato la corda ai carabinieri, ma lei mi rispose che la corda era ancora nella disponibilità di Emma». Chi mente in questa storia, chi dice il vero e soprattutto perché dietro la morte e la scomparsa di questa ragazza ci sono tanti misteri e tante bugie? Un sospetto depistaggio nelle ore immediatamente successive al delitto di Sarah Scazzi. Sarebbe emerso anche questo nel racconto di Mariangela Spagnoletti, l’amica di Sabrina Misseri accusata dell’omicidio della cugina. Con la ragazza è stato ascoltato anche Alessio Pisello, l’amico ventisettenne, che quel pomeriggio aveva partecipato alle ricerche della minorenne scomparsa. Mariangela e Alessio hanno confermato che erano insieme, intorno alle 15,30, quando incontrarono Sabrina e la madre Cosima Serrano. Dalla ragazza ricevettero un preciso invito: «Mi stavano dando informazioni su quello che dicevano i carabinieri… infatti mi ha detto: dici ai due ragazzi di vedere verso la zona dove noi andavamo al mare», racconta Mariangela al pm nell’interrogatorio del 19 ottobre. In effetti così fecero i due amici, spostandosi da Avetrana sino al mare. «Abbiamo girato verso il Villaggio Aurora, quelle zone là (della spiaggia che frequentavano con Sarah), perché avevano detto di vedere quelle zone», completa il racconto Mariangela ricordando poi il successivo incontro con Sabrina quando erano già le 20. Di questo, ma non solo, avrà riferito la testimone chiave le cui dichiarazioni (secretate come le precedenti) contrastano con quelle di Sabrina a partire dalla sua presenza in strada (e non sulla veranda), quando Mariangela la vide sconvolta prima di salire in macchina pronunciando le famose parole, «l’hanno presa ... l’hanno presa».  Sarah Scazzi avrebbe confidato all'amica Francesca "di farle compagnia perché aveva paura della cugina Sabrina". Lo ha rivelato il papà di Francesca, Donato, intervistato dal programma Pomeriggio cinque, che ne dà notizia in un comunicato. In particolare, "una volta uscite da scuola, che avevano perso il pullman e Sabrina voleva accompagnarle - ha detto l'uomo - Sarah disse a mia figlia vieni con me e fammi compagnia". Ma non finisce qui. Secondo Donato,  Cosima e Sabrina temevano che Sarah abbia potuto raccontare qualcosa all’amica. Non  a caso, il 4 settembre, alcuni gironi dopo la scomparsa della piccola, le due erano andate a casa di Francesca e l’avevano incitata a salire in macchina. Ma la ragazzina, impaurita, chiamò il padre e a qual punto le due donne fecero finta di nulla.

LA POSIZIONE DI MICHELE - «Può ragionevolmente affermarsi che sono il disagio morale e il dolore infinito provati che hanno determinato la confessione progressiva e graduale di Michele Misseri», sottolinea il Tribunale del Riesame. I giudici spiegano che Michele Misseri, durante gli interrogatori nei quali ha fornito versioni differenti del delitto prima di arrivare a quella definitiva, ha patito un grande 'travaglio'. «Le differenti versioni – si legge nell’ordinanza – non sono sintomatiche di inattendibilità bensì espressione del travaglio necessario per giungere, riferendo la verità dei fatti, ad abdicare all’impegno assunto con la figlia di tenerla immune da ogni responsabilità». Ad avviso dei giudici, se «Misseri fosse realmente il turpe assassino della nipote, volenteroso di restare impunito per quanto fatto», «non è davvero comprensibile perché, invece di rimanere in attesa dell’evoluzione delle indagini (che verosimilmente non avrebbero condotto a nulla) e al contempo di far sparire qualunque traccia che potesse ricondurlo ai fatti, abbia conservato il telefono cellulare e le chiavi di casa di Sarah; si sia spontaneamente offerto agli inquirenti facendolo ritrovare; e, quindi, abbia confessato l’omicidio facendone ritrovare il corpo». Così come, «laddove si voglia ritenere che cerchi l’impunità accusando calunniosamente la figlia, non si capisce in alcun modo perché non lo abbia fatto immediatamente». Secondo il tribunale, la spiegazione è che Misseri – uomo dalla «personalità assolutamente mite» – si era impegnato con la «figlia prediletta» a tenerla «immune da ogni responsabilità». Una tesi sostenuta da «riscontri estrinseci di natura oggettiva», come il fatto che Misseri «non è stato autonomamente in grado di riproporre azioni di strangolamento compatibili con l’impronta-solco riscontrata sul collo della Scazzi», e «riscontri individualizzati», come le dichiarazioni di alcuni testimoni. La confessione di Michele Misseri è un unico discorso, secondo i giudici del Riesame, «alla cui conclusione definitiva costui perviene attraverso un percorso ben preciso connotato da logica e razionalità». Secondo i giudici, inizialmente il suo obiettivo è stato quello di far trovare il cadavere della nipote per un fatto di coscienza, tant’è che lo stesso contadino di Avetrana, nel corso del suo interrogatorio dice: «Perché non me lo potevo tenere dentro, io mi sono scaricato quella sera quando siamo andati là, e siamo andati al pozzo, da allora mi sono scaricato un po’». Michele Misseri era un uomo provato che lottava da giorni e settimane contro questo enorme peso che si portava dentro, tant’è che alla figlia Valentina in più di un’occasione aveva riferito di sognare Sarah che nel sonno gli chiedeva di coprirla perché aveva freddo. Ma lo stesso Michele ha deciso, secondo i giudici del Riesame, autonomamente di addossarsi integralmente la responsabilità dell’omicidio così evitando conseguenze negative per la figlia alla quale, «immediatamente e di sua esclusiva iniziativa», aveva assicurato l’impunità. «È dunque l’istinto immanente - scrivono ancora i giudici del Riesame - ad ogni genitore che lo ha determinato ad assumere questo suo primo comportamento». Questo fatto, secondo il collegio giudicante, è da ritenere spontaneo e non concordato neanche con la figlia Sabrina.

LA POSIZIONE DI COSIMA - Cosima Serrano, la madre di Sabrina Misseri, ha mentito quando ha affermato di non essere in casa la mattina del 26 agosto, il giorno dell'omicidio di Sarah Scazzi, uccisa nel primo pomeriggio. Così affermano i giudici del Tribunale del riesame. Nell'ordinanza infatti si legge che «la presenza di Serrano Cosima all'interno della abitazione la mattina del 26.8.2010 (costei ha sempre negato questa circostanza affermando di essere andata a lavorare nei campi e di essere rientrata per l'ora di pranzo, dopo le 13.00) è confermata oggettivamente dall'acquisizione di documentazione bancaria da cui risulta che costei, alle ore 12.18, aveva effettuato il versamento di due assegni bancari sul proprio conto corrente acceso presso la Banca di credito cooperativo di Avetrana». «In tal senso - prosegue il Tribunale del riesame - convergono anche le dichiarazioni rese in data 2.11.2010 dal funzionario di banca Milizia Angelo Carmelo che ha affermato di ricordare perfettamente tale circostanza, negata dalla ricorrente (Sabrina Misseri) e dalla stessa Serrano, ma che conferma il racconto del Misseri».

LA POSIZIONE DELL’ACCUSA. E' “plausibile ipotizzare”, a carico del professor Luigi Strada, il medico legale che ha eseguito l’esame autoptico sul cadavere della quindicenne Sarah Scazzi, i reati di “abuso di ufficio” e “consulenza infedele” per essersi comportato scorrettamente danneggiando il diritto di difesa di Sabrina Misseri, la giovane in carcere con l'accusa di aver ucciso la cugina minorenne. Lo scrive il tribunale del riesame di Taranto nelle motivazioni della conferma della custodia cautelare a carico di Sabrina Misseri. Il tribunale ritiene che debba essere trasmessa alla Procura di Taranto la richiesta dei pubblici ministeri di approfondire le indagini sulla condotta tenuta da Strada, in base a quanto segnalato nelle “note critiche sulla relazione tecnica di autopsia sul cadavere di Sarah Scazzi” depositate dalla difesa di Sabrina Misseri e firmate dal dottor Enrico Risso, consulente medico del collegio difensivo dell’indagata. Proprio Risso aveva prospettato – rileva il Tribunale del riesame – “una compromissione del diritto di difesa della Misseri posto in atto attraverso un comportamento del prof. Strada malizioso e non accompagnato da correttezza”. Strada, in particolare, avrebbe depositato gli esiti autoptici senza avvertire il consulente della difesa e, dunque, non consentendo a Risso “di esaminare la documentazione in parola”. Risso più volte gli aveva chiesto di essere tempestivamente avvertito del deposito delle risultanze peritali, e Strada si giustificò dicendo di “aver lavorato tutta la notte a seguito delle forti pressioni ricevute dalla Procura di Taranto”. Il riesame ritiene che sia necessario approfondire quanto denunciato da Risso nelle sue note. Se quanto sostenuto dal consulente della difesa di Sabrina Misseri non dovesse risultare vero, sarà lui – allora – ad essere indagato “per calunnia”.

Michele Misseri, oltre che del delitto di Sarah Scazzi e della violenza sessuale ai danni della giovane, risponde anche di sottrazione di cadavere (articolo 411 Codice penale) e non solo del meno grave reato di occultamento, come finora si è detto. Per il primo reato è prevista la misura detentiva, per il secondo no.

15 gennaio 2011. La ritrattazione di Michele Misseri. Ecco il testo integrale della lettera che Michele Misseri ha inviato alla figlia Sabrina per Natale e pubblicata su “Repubblica”. Un'altra missiva l'ha spedita all'altra figlia Valentina. Sono scritte in un italiano incerto, ma il contadino di Avetrana il 15 gennaio 2011 ne ha riconosciuto la paternità davanti ai legali di Sabrina nell'interrogatorio in carcere. "Cara Sabrina, sono io che scrivo, papà. Perdonami se ti ho dato la colpa, ma io non volevo, sono stato costretto a fare la falsa perché io mi sono sentito ricattato. Stavano scrivendo la verità però mi hanno detto che se non faccio quella confessione dovevano arrestare la mamma e zio Carmelo. Per non mettere altri innocenti in mezzo ho dovuto fare la falsa. So che è difficile chiederti perdono, io so che sei innocente. Tutte le sere dico la preghierina per te e per Sarah e io per te e per Sarah ho due pesi sopra lo stomaco che sono così pesanti che non ci riesco più a sopportarli. Spero che finisca tutto in fretta. Ho richiesto ai giudici e ai miei avvocati che a gennaio mi interroghino per l´ultima volta. Sabrina ti chiedo un favore, se vuoi fare colloquio con papà devi fare una domandina e anche io faccio una domandina, così ci fanno fare un colloquio".

25 gennaio. Cosima Serrano al contrattacco. “Cosima Serrano, la madre di Sabrina Misseri, ha mentito quando ha affermato di non essere in casa la mattina del 26 agosto, il giorno dell’omicidio di Sarah Scazzi, uccisa nel primo pomeriggio”. E’ quanto affermano i giudici del Tribunale del Riesame di Taranto. Nell’ordinanza infatti si legge che “la presenza di Serrano Cosima all’interno della abitazione la mattina del 26.8.2010 (costei ha sempre negato questa circostanza affermando di essere andata a lavorare nei campi e di essere rientrata per l’ora di pranzo, dopo le 13:00) è confermata oggettivamente dall’acquisizione di documentazione bancaria da cui risulta che costei, alle ore 12:18, aveva effettuato il versamento di due assegni bancari sul proprio conto corrente acceso presso la Banca di Credito Cooperativo di Avetrana”. “In tal senso – prosegue il tribunale del riesame - convergono anche le dichiarazioni rese in data 2.11.2010 dal funzionario di banca Milizia Angelo Carmelo che ha affermato di ricordare perfettamente tale circostanza, negata dalla ricorrente (Sabrina Misseri) e dalla stessa Serrano, ma che conferma il racconto del Misseri”. Ma non sarebbe riconducibile a Cosima Serrano, la moglie di Michele Misseri, la grafia sui documenti firmati in una banca ad Avetrana il 26 agosto 2010, il giorno della scomparsa e dell’uccisione di Sarah Scazzi. E’ quanto, secondo indiscrezioni, avrebbe stabilito il consulente nominato dalla Procura. Un accertamento che escluderebbe la presenza di Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri, l’agricoltore accusato insieme a sua figlia Sabrina dell’omicidio, nell’istituto di credito intorno a mezzogiorno, due ore prima della probabile morte di Sarah. Cosima Serrano allora passa al contrattacco e denuncia tutti. Per ora la querela è toccata al dipendente della banca di Avetrana che aveva giurato di averla vista al suo sportello il giorno della scomparsa e uccisione di Sarah Scazzi. La moglie di Michele Misseri è intenzionata a fargliela pagare anche al suo datore di lavoro il quale sostiene di non ricordare se quel giorno era andata a lavorare nella sua azienda agricola. A ricevere l’incarico delle denunce, è l’avvocato Francesco De Jaco, del foro di Lecce, il cui nome s’inserisce nel ricco carnet dei legali che a vario titolo si stanno occupando del giallo di Avetrana. «Abbiamo querelato il bancario – spiega l’avvocato De Jaco – e stiamo valutando di fare la stessa cosa con il proprietario dell’azienda agricola dove la signora Cosima Serrano ha lavorato in quel periodo». Secondo il difensore della mamma di Sabrina, la sua assistita «quel giorno è andata in campagna a lavorare» mentre il suo datore di lavoro «ha detto un mucchio di bugie che la giustizia saprà riconoscere e far pagare».  Le due circostanze, il versamento degli assegni in banca e la sua presenza in casa la mattina del 26 agosto, rafforzerebbero la tesi dell’accusa secondo cui la donna sarebbe stata testimone della lite scoppiata la mattina tra Sabrina e Sarah e ripresa nel pomeriggio con l’uccisione della più piccola. La perizia calligrafica sul modulo di versamento dei due assegni, però, ha escluso che a firmare sia stata Cosima. L’impiegato, interrogato dai magistrati, si era detto invece sicuro di averla vista. Convinzione, questa, che gli costerà una denuncia per calunnia. Chissà se mai una querela sarà presentata da Cosima contro i media che l'additano e i magistrati che sospettano di lei, come l’artefice e regista della morte di Sarah e con Valentina, l’altra figlia, dei seguenti depistaggi. Intanto Michele Misseri continua a scrivere alle sue figlie. Un’altra lettera, la quarta, il contadino di Avetrana l’avrebbe scritta il 16 gennaio alla figlia Sabrina. Le missive di identico contenuto ribadiscono la ritrattazione di quanto già confessato ed affermano l’innocenza di Sabrina. Allo stato degli atti non si capisce come un soggetto inattendibile possa essere creduto solo quando fa comodo all’accusa e su tale assunto possa essere fondata la motivazione che inchioda una presunta innocente ad una misura detentiva. Accusa che si fonda anche su testimonianze contraddittorie e su una discutibile acquisizione delle fonti di prova. I magistrati che indagano sull’omicidio di Sarah Scazzi sarebbero venuti in possesso (con estremo ritardo) di un secondo telefonino della quindicenne, uccisa il 26 agosto 2010 ad Avetrana. La notizia è pubblicata dal Nuovo Quotidiano di Puglia e dal Messaggero. Il telefonino sarebbe stato consegnato agli inquirenti dal fratello di Sarah, Claudio, quando è stato ascoltato durante le festività natalizie. Purtroppo le vicende e le anomalie inerenti al caso Scazzi non cessano di finire. Giunge inoltre notizia dalla stampa che sia scomparso il diario di Sarah dalle prove custodite in Procura. Pare che nella Procura di Taranto, mentre riordinavano tutti i dettagli ed i documenti pertinenti alla giovane ragazza, si sono accorti che mancava un diario, scomparso nel nulla. Tutti sono rimasti interdetti e non sanno dare spiegazioni in merito a questa strana scomparsa, di un elemento anche abbastanza importante. Ci si domanda chi possa averlo preso e come sia possibile che in Procura possa scomparire nel nulla un documento, durante un processo anche abbastanza importante. I diari si Sarah dovrebbero essere cinque, elementi fondamentali ove lei scriveva tutta la sua vita. Che probabilmente se analizzati potrebbero nascondere delle prove fondamentali per il caso. Pare che manchi proprio il diario che in precedenza fu sottratto alla giovane vittima dalla cugina Sabrina.

3 febbraio. La revoca di Daniele Galoppa. Daniele Galoppa non è più l'avvocato di fiducia di Michele Misseri. È stato il contadino di Avetrana, in carcere dal 7 ottobre 2010 per l'omicidio della nipote Sarah Scazzi, a revocare la nomina al penalista grottagliese, che lo aveva seguito dalla drammatica notte tra il 6 e il 7 ottobre, quando Misseri decise di confessare, facendo ritrovare il corpo della 15enne. Galoppa fu estratto a sorte dal call center degli avvocati d'ufficio. Nei giorni precedenti Galoppa aveva più volte ripetuto di essere disponibile a restare quale difensore di fiducia di Michele Misseri solo se quest'ultimo avesse continuato il percorso di verità e giustizia. Attività d’indagine questa, però, di pertinenza propria dei magistrati, che ai sensi dell’art.358 cpp  hanno l’obbligo di provare l’innocenza o la colpevolezza dell’indagato. Il difensore deve solo difendere. Forse per questo Cosima e Valentina non vedevano di buon occhio un avvocato ossequioso con la magistratura e avverso alla posizione di Sabrina, tant’è che hanno consigliato la nomina di un altro avvocato, il penalista romano Francesco De Cristofaro. L'avvocato De Cristofaro ha sostenuto che «il fatto che il signor Misseri mi abbia voluto nominare suo difensore non piace ad alcuni personaggi che prestano servizio permanente effettivo in questa immensa quanto arbitraria aula mediatico-giudiziaria. Mi limito – aveva aggiunto l'avv. De Cristofaro - ad informare tutti coloro che hanno osato o in futuro oseranno seminare gratuite insinuazioni sulla rigorosa fedeltà al mandato conferitomi dal signor Misseri, che avranno modo di spiegarsi meglio nelle sedi giudiziarie».

23 febbraio. Dopo sei mesi dal fatto, nuovi arresti. I carabinieri del comando provinciale di Taranto, nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio di Sarah Scazzi, hanno arrestato Carmine Misseri e Cosimo Cosma, fratello e nipote di Michele Misseri, l'agricoltore di Avetrana, che ha confessato il delitto chiamando in correità la figlia Sabrina. L’arresto è avvenuto 6 mesi dopo il presunto reato e il giorno dopo la visita a Taranto del Generale dei Carabinieri. Il Generale di Corpo d’Armata Maurizio Scoppa, Comandante Interregionale Carabinieri “Ogaden”, che guida il comando di vertice dell’Arma con sede a Napoli e giurisdizione sulle Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Abruzzo e Molise, è giunto nella caserma di Viale Virgilio nella prima mattinata, dove è stato accolto dal Comandante Provinciale, Col. Giovanni Di Blasio, alla presenza di tutti gli ufficiali dei reparti operanti in provincia e di una folta rappresentanza di Comandanti di Stazione e militari di ogni ordine e grado. In quella sede, così come riportato nei tg locali, il generale si è soffermato sul caso di Sarah Scazzi e sullo scandaloso trattamento riservato alla vicenda dai media ed in particolare quello riservato alla vittima nei giorni antecedenti il ritrovamento del suo cadavere. I giornali dopo pochi minuti l’arresto già ne avevano notizia e ne hanno dato il resoconto. Gli arrestati sono accusati di concorso in soppressione di cadavere. La misura della custodia cautelare in carcere è stata adottata per esigenze probatorie ed ha una durata di 30 giorni. Al fratello e al nipote di Misseri il gip Martino Rosati ha imposto nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere anche il divieto di parlare con i propri legali sino all'interrogatorio di garanzia. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il 26 agosto 2010, giorno del delitto, il corpo di Sarah venne trasportato dal garage dell'abitazione di Michele Misseri, in via Deledda 20 ad Avetrana, nelle campagne del paese in contrada Mosca e nascosto in un pozzo in un podere appartenuto agli stessi Misseri. A far ritrovare il cadavere fu Michele Misseri, nella sua prima confessione del 6 ottobre 2010. Per gli inquirenti, la prova del tentativo di Michele Misseri di coprire i due parenti che lo avrebbero aiutato nel sopprimere il cadavere di Sarah sarebbe nelle telefonate dell'uomo al fratello Carmine e al nipote, detto «Mimino » contenute nei verbali degli interrogatori. Le due telefonate sono proprio del 26 agosto 2010, giorno dell'uccisione della quindicenne. Alle 15.08, poco dopo l'omicidio di Sarah, Michele Misseri telefonò al fratello Carmine, ma su che cosa si siano detti quel giorno i due hanno riferito cose molto diverse. «Mi ha detto che Sarah non si trovava», ha raccontato Carmine in una deposizione, riferendosi a quella telefonata. Michele invece ha sempre detto di non ricordare quella frase e di aver riferito al fratello che, se lo avesse cercato la moglie, avrebbe dovuto rispondere che era andato in campagna perché «erano scappati i cavalli», motivando questo col fatto che aveva litigato con la consorte. Ma Michele non aveva litigato con la moglie e nessun cavallo era fuggito dalla proprietà di famiglia. La telefonata di Michele Misseri al nipote è delle 18.28 del 26 agosto, peraltro chiamando sull'utenza della moglie di «Mimino». «Per caso da sopra la Riforma (una zona di Avetrana) è passata qualche macchina sospetta che c'era Sarah dentro?» avrebbe chiesto Michele al nipote, secondo il racconto dell'agricoltore. «No, di qua non è passato nessuno» sarebbe stata la risposta. Ma se il nipote, ragionano gli inquirenti, davvero non fosse stato al corrente della scomparsa di Sarah, perché parlare di una presunta auto sospetta con a bordo la quindicenne? In quel momento, Sarah era morta da più di quattro ore e il cadavere era stato già nascosto nel pozzo di contrada Mosca.

Ma a seguito dell’interrogatorio di garanzia, l'attesa svolta in seguito ai nuovi arresti nel caso Scazzi non c'è stata. I magistrati della Procura della Repubblica di Taranto speravano che Carmine Misseri e Cosimo Cosma "cantassero" davanti al gip Martino Rosati, permettendo loro di chiudere definitivamente il cerchio attorno all'omicidio della quindicenne di Avetrana. Ma i due uomini hanno fermamente respinto l'accusa di avere aiutato il congiunto a sbarazzarsi del corpo di Sarah Scazzi - secondo l'accusa uccisa  da Sabrina, la figlia di Misseri. Nell'ordinanza del Gip Martino Rosati che li ha mandati in carcere, Carmine Misseri, 51 anni, e Cosimo Cosma, 45, sono accusati di concorso in soppressione di cadavere in base all'art. 411 del codice di procedura penale che fa distinzione di pena tra chi occulta un cadavere in modo temporaneo e chi lo sopprime facendolo sparire per sempre. Secondo quanto scrive la Procura, al pozzo di contrada Mosca, la gelida tomba in cui i resti mortali di Sarah avrebbero dovuto essere consegnati per sempre all'oblio, c'erano pure il fratello e il nipote di zio Michele. E la tesi della Procura è sostenuta da clamorose intercettazioni telefoniche ed ambientali raccolte dai carabinieri in questi lunghi mesi di indagini.

Per Carmine Misseri, fratello di Michele, le indagini sulla morte di Sarah Scazzi destavano preoccupazione. Una deduzione che gli investigatori hanno elaborato dalle intercettazioni ambientali effettuate sull’auto di Carmine. L’uomo parlando con sua moglie non nasconde una certa apprensione sullo svolgimento delle indagini, soprattutto quando scopre che il nipote di Michele, Cosimo Cosma (figlio di una sorella di Michele e Carmine), si trova a Taranto presso la caserma dei carabinieri per essere interrogato.

Ecco cosa dice Carmine Misseri alla moglie Lucia il 16 novembre 2010, (atti pubblicati da tutti i giornali), temendo che Cosma possa aver detto qualcosa di compromettente:

CARMINE: Cosma ha aiutato zio Michele a buttare la … bambina nella cisterna… Sarah Scazzi

LUCIA: Avevo capito bene allora io… ho capito…

CARMINE: Adesso non sappiamo, non è che lo hanno trattenuto… boh…

LUCIA: Io non vengo più

CARMINE: Nemmeno io…

LUCIA: Però della telefonata ha dichiarato pure lui che ti ha chiamato a te…

CARMINE: e va be’ e lui che cazzo ne sa che mi ha chiamato scusa… sa

LUCIA: Lo hai detto tu?

CARMINE: Eh “lo hai detto tu”… che se stavano parlando quella sera…

LUCIA: Ah, cazzo come escono le cose, hai visto!

CARMINE: …quando stavamo parlando quella sera quando disse: “perché ti hanno interrogato?” E io dissi: “no, per il fatto che quello mi ha chiamato per i cavalli”, che Mimino disse…

LUCIA: E hai parlato pure dei cavalli…

CARMINE: Quando andò la prima volta lui disse “ tutti e due noi teniamo la telefonata a quell’orario”… però se ha parlato dei cavalli e loro hanno… è giusto pure quello che ho dichiarato io.

LUCIA: Quando gli piace a loro scavano … se lo ha aiutato sono cazzi amari per tuo nipote … quello si mette guai sopra guai

LUCIA: Che ha detto?

CARMINE: Ha detto niente… lui a Taranto sta, lo hanno chiamato nuovamente.

LUCIA: Mannaggia e adesso ti chiamano a te nuovamente.

CARMINE: e va bene ho chiamato per i cavolfiori… se lo tengono sotto controllo hanno visto quello che ho detto

LUCIA: Ma si fissano sai

CARMINE: Adesso lo hanno chiamato nuovamente. A Taranto ha detto che sta… “mi devono interrogare oggi”… portava una voce brutta… dice: “io a Taranto sto”.

LUCIA: E adesso ti chiamano a te nuovamente.

CARMINE: per questa chiamata?

LUCIA: No, no...

CARMINE: Ah, si adesso mi chiamano nuovamente… che me ne fotto io… prendo l’avvocato e dico “andiamo”… eh… ha detto: “io a Taranto sto”, va bene, me’… se tengono il numero sotto controllo hanno visto che l’ho chiamato per cavolfiori… per mangiare, insomma per altro

LUCIA: Mannaggia …., ma perché lo hai chiamato, vaffanculo!

CARMINE: Si, ma non fa niente Lucì… che mica l’ho chiamato per caso… cazzo, non hanno chiamato lui e adesso mi chiamano nuovamente a me… adesso mi chiamano nuovamente

LUCIA: Non avresti dovuto chiamarlo proprio per oggi...

CARMINE: Sapevo poco che stava a Taranto...

LUCIA: E vaff….., ti ho detto di lasciarlo andare… (…)

CARMINE: Speriamo che la finiscano al più presto… allora sai quando mi chiameranno a me… venerdì

LUCIA: Si, che come...

CARMINE:… venerdì Michele non deve dire, non deve fare la confessione di fronte alla figlia… e venerdì mi chiamano a me… poi vedi.

LUCIA: Se dice: “come mai questo numero proprio oggi ti ha chiamato nuovamente?

CARMINE: Però se lo tengono sotto controllo hanno visto quello che ho detto, babba.

LUCIA: Ma vaff….., quando si fissa...

CARMINE: Hanno visto quello che ho detto… menchia… hanno visto quello che ho detto...

LUCIA: Non hanno visto proprio niente quelli. Stanno reinterrogando tutti sul percorso di quel giorno.

CARMINE: E adesso mi chiamano nuovamente pure a me allora… perché quel giorno Lucì mi ha chiamato quello stronzo

LUCIA: Tu ti preoccupi?

CARMINE: No… nemmeno per un cazzo...

LUCIA: Però (incomprensibile) sta pizza… loro uccidono e a noi ci devono rompere le scatole… dice che Valentina la andò a prendere l’avvocato Russo o dalla stazione o con l’aereo… fino ad adesso hai fatto il bravo e non chiamarlo mai… ehi, proprio oggi...

CARMINE: Ehi, non ti preoccupare, se lo tengono sotto controllo hanno sentito cosa ha detto, hanno sentito… tutto hanno sentito quello che ha detto. Se avessi preso quei discorsi allora mi avresti potuto dire… ma hanno sentito il discorso e stai tranquilla… non ti mangiare la testa.

LUCIA: Ha bestemmiato?

CARMINE: No.

LUCIA: Mimino…

CARMINE: No, niente ha detto. (incomprensibile) no “che io a Taranto sto, che mi devono interrogare oggi”…. quell’altro, sa che sta così, è recidivo e tutte cose, e non si mette l’avvocato?

LUCIA: Ma se quello abita da quelle parti, no?

CARMINE: Eh, la cellula non deve prendere per forza da là…»

Significativo per gli inquirenti anche il passaggio intercettato in cui la stessa signora Lucia ricorda di aver fornito un falso alibi al marito: “Guarda porto un rancore verso quella famiglia (quella di Michele Misseri, n. d. r)… che mi hanno messa nei guai e meno male che ho detto che stavi con me quel giorno”. Secondo la procura e il gip qualcuno ha aiutato Michele. I due sono proprio Misseri jr e Cosma.

Il primo riceva la telefonata alle 15,08 da parte del fratello, quel 26 agosto. Lui racconterà che gli aveva chiesto che "qualora mi avesse chiamato la moglie Cosima, avrei dovuto dirle che ci trovavamo insieme alla masseria Cuturi perché erano scappati i cavalli che erano rinchiusi in un recinto". Una bugia, secondo gli investigatori che sostengono che in quella telefonata Michele gli chiedesse aiuto. A dimostrarlo, dice il giudice, un'intercettazione ambientale del 9 novembre quando Carmine parlando con la moglie diceva: "Bucco (ndr, il pm Buccoliero) mi ha chiesto, quando ti ha telefonato cosa ha detto?", "che erano scappati i cavalli"... Io lo avevo imparato a memoria".

Il gip cita espressamente una frase di una intercettazione ambientale in cui la moglie di Carmine Misseri, Lucia Pichierri, dice al marito: ''....e meno male che ho detto che stavi tu con me quel giorno''. E in un'altra occasione due giorni dopo aggiunge: ''...ti ho salvato le chiappe...le tue...''.

Il primo ad essere interrogato è stato Cosimo (Mimino) Cosma. "Si è dichiarato innocente - ha riferito uscendo dal carcere il suo difensore di fiducia, l'avv. Raffaele Missere di Torre Santa Susanna (BR) - non ha scaricato la responsabilità su nessuno, non conosce la responsabilità di altri nè in ordine alla soppressione del cadavere nè in ordine ad altri fatti di reato". In parole povere, non sa nulla neppure sulla fase dell'uccisione di Sarah. Per il legale, anche un paio di telefonate 'sospette', citate nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, fatte dalla moglie di Cosma al marito sul cellulare, mentre loro hanno sempre detto di essere rimasti a casa per tutto il pomeriggio, avrebbero una spiegazione. La moglie di Cosma, ha spiegato, spesso chiama il marito quando non lo vede perchè "credo abbia dei dubbi sulla fedeltà" dell'uomo. E poi la casa in campagna in cui vive la coppia ha degli spazi coperti che "non consentono, se una persona sta in casa, di capire se l'altra sia nelle vicinanze".

Il legale ha criticato la motivazione tecnica dell'ordinanza di custodia cautelare (che ha una durata di 30 giorni). Ha chiesto al gip la sostituzione o la revoca del provvedimento e comunque ha depositato ricorso al Tribunale del Riesame. Alla trasmissione RAI “Pomeriggio Sul 2” del 24 febbraio 2011, lo stesso legale si è soffermato sul metodo della Procura sull’uso del “Tintinnio di manette” per costringere qualcuno a confessare colpe proprie o altrui. Anche Carmine Misseri non sarebbe stato da meno nel respingere le accuse. Il fratello non lo avrebbe mai coinvolto nell'operazione di nascondere il cadavere di Sarah nel pozzo, anche se dalle intercettazioni ambientali su Carmine e sua moglie emergono continue apprensioni sull'evolversi dell'inchiesta e soprattutto su quello che Michele Misseri avrebbe potuto riferire nei vari interrogatori agli inquirenti.

Apprensioni, dunque, preoccupazioni ma non timori, avrebbe cercato di spiegare l'indagato, perchè lui, Carmine, non avrebbe da temere nulla. Anche il suo legale, l'avv. Lorenzo Bullo di Manduria (TA) (che non ha voluto fare alcun commento all'uscita dal carcere), ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame, ma non ha presentato alcuna istanza al gip che ha emesso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il giorno dell’arresto su Porta a Porta Bullo rilevava l’inutilizzabilità delle prove acquisite e criticava l'operato della procura al di là delle norme procedurali. In sostanza, sul capitolo d'inchiesta riguardante la soppressione del cadavere di Sarah bocce ferme e posizioni immutate anche dopo gli ultimi arresti.

Dubbi sono sollevati da Cristina Bassi su Panorama. I nuovi arresti del fratello e del nipote di Michele Misseri sono avvenuti quasi quattro mesi dopo la confessione del presunto assassino. E  sei mesi dopo l’omicidio di Sarah Scazzi. L’accusa di «soppressione di cadavere», diversa da quella più comune di «occultamento», permette le misure cautelari come il carcere, se necessarie. Ma in questo caso viene il dubbio che la decisione sia un tentativo (tardivo) di ottenere una confessione.

Gli inquirenti hanno infatti spiegato che Cosimo Cosma e Carmine Misseri sono finiti in carcere sulla base di intercettazioni e contraddizioni nelle testimonianze e perché esiste una «eccezionale intensità del pericolo di inquinamento delle prove». Hanno persino negato ai due arrestati di vedere i propri legali fino all’interrogatorio di garanzia, per impedire che concordino la versione. Ma dal 26 agosto a oggi non avrebbero avuto tutto il tempo di inquinare e concordare? Nella vicenda di Avetrana, nonostante l’eccezionale attenzione mediatica, non è la prima volta che si ha l’impressione che gli inquirenti brancolino nel buio.

Il 7 ottobre 2010, dopo la prima confessione di Misseri, il procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, dichiarò in conferenza stampa che il caso era chiuso «al 95 per cento». Da allora è successo di tutto, Misseri ha chiamato in causa la figlia Sabrina e le carte in tavola si sono rimescolate. Ci sono forti dubbi anche sulla scena del delitto. Sarah potrebbe essere stata uccisa in casa Misseri e non in garage, come ha invece detto zio Michele. E se comunque il garage è la scena dell’omicidio, i sopralluoghi fatti lì con gli inquirenti (come si vede nei video e come ha sottolineato un servizio di Chi l’ha visto?), affollati e senza misure precauzionali come copriscarpe né cuffie, l’hanno irrimediabilmente inquinata. Il caso è più che mai aperto.

E che dire della porta che dall'interno della casa collega l'interno del garage: un po' si può aprire; un po' è impedisce l'accesso.

2 marzo. Avvocati interdetti. Il gip del tribunale di Taranto Martino Rosati ha emesso l'interdizione dall'esercizio della professione di avvocato a carico di Vito Russo, il legale di Sabrina Misseri. La procura aveva richiesto per lo stesso avvocato l'emissione di un ordine di custodia cautelare agli arresti domiciliari per tentato favoreggiamento, minacce a teste, falso ideologico ed altro. Anche l'avvocato Emilia Velletri, moglie di Vito Russo e componente del collegio difensivo di Sabrina, è indagata per falso in sottrazione, uno dei reati contestati al marito. I carabinieri del comando provinciale di Taranto hanno notificato la misura interdittiva. Sono state effettuate perquisizioni, una a casa dei due legali ed una presso lo studio, dove sarebbero tra l'altro stati copiati "importanti" file dai computer dello studio legale. Un'altra perquisizione è stata effettuata presso l'abitazione di una terza persona alla quale sono stati sequestrati i file audio delle indagini difensive che gli stessi avvocati Russo e Velletri hanno compiuto a favore di Sabrina. Gianluca Pierotti è stato nominato difensore di fiducia da parte degli avvocati Emilia Velletri e Vito Russo. In pratica, secondo l'accusa, come riportata da “La Repubblica” l'avvocato Russo con le menzogne e le minacce ha tentato di intimidire il teste Ivano Russo, facendogli dichiarare che a fargli la corte non era Sabrina, ma l'amica Mariangela Spagnoletti, e che per questo motivo la stessa Spagnoletti accusava Sabrina, per la quale si è ipotizzato il movente della gelosia. Secondo il gip, l'avvocato - per assicurare alla ragazza l'impunità, minacciò il giovane - persona già sentita dal procuratore generale e dal pubblico ministero - rivolgendogli queste parole: "Gli inquirenti stanno preparando un provvedimento di fermo nei tuoi confronti. Se tu mi rendi queste dichiarazioni possiamo contrastare". Lo stesso avvocato, in concorso con la moglie, Emilia Velletri, altro difensore di Sabrina, sempre mentre sentiva Ivano, decise di sospendere l'atto, strappando il relativo verbale e cancellando la registrazione audio dicendo che quanto dichiarato dal ragazzo poteva essere controproducente per Sabrina. Inoltre, il legale indagato per aver minacciato il giornalista di 'Matrix' Salvatore Gulisano, facendogli sottoscrivere una dichiarazione con la quale affermava falsamente di non aver mai sentito dire all'avvocato frasi lesive della reputazione dell'avvocato Francesca Conte, con la minaccia in caso contrario di far passare guai allo stesso giornalista e alla sua redazione. Francesca Conte aveva assunto la difesa di Sabrina Misseri, che poi le fu revocata e fu presa da Russo. Sempre Russo con il collega Gianluca Mongelli erano stati iscritti nel registro degli indagati il 6 dicembre 2010 con l'accusa di favoreggiamento e tentativo di alterazione del testimone; sospettati di aver fatto pressione sul fratello di Michele Misseri, Carmine - che lo ha raccontato ai magistrati - per convincerlo a cambiare avvocato. Non è chiaro se la misura dell'interdizione si riferisca a quelle accuse. L'episodio risale al 16 ottobre 2010 quando dallo studio Mongelli venne inviato in carcere a Misseri un telegramma, firmato proprio dal fratello Carmine, con il quale lo si invitava a nominare un legale di fiducia al posto di Daniele Galoppa, dopo 'scaricato' da Misseri. Secondo la procura il tentativo era finalizzato a far cambiare versione a Misseri, in modo tale da scagionare Sabrina. Il tentativo naufragò, ma Galoppa fu revocato e con lui tutta la squadra di esperti cui partecipava anche la criminologa Roberta Bruzzone. Non solo: a Russo venne contestato anche di aver fatto inviare a Sabrina dal suo cellulare un sms ai familiari subito dopo il fermo. Inoltre, ci sarebbero nei suoi confronti sospetti sui tentativi di condizionare la testimonianze delle persone sentite sul caso. Inoltre gli inquirenti dopo mesi tornano sul presunto luogo del delitto. Accertamenti tecnici sono stati effettuati da parte dei carabinieri nell'abitazione della famiglia Misseri, in via Deledda 20 ad Avetrana. Al centro dell'ispezione una piccola macchia di colore rossastro con un leggerissimo gocciolamento sulla porta che dall'abitazione conduce al garage. E' questo particolare l'oggetto dei rilievi svolti da parte dei carabinieri in casa Misseri ad Avetrana. Lo hanno riferito i legali della famiglia Scazzi, Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, poichè l'accertamento, disposto dalla procura della Repubblica di Taranto, è conseguenza del sopralluogo compiuto in casa Misseri il 14 febbraio 2011 dagli stessi legali di parte civile e coordinato dal consulente di parte, generale Luciano Garofano. I legali di parte civile avevano consegnato una relazione sull'esito del sopralluogo sottolineando la presenza della macchia su una porta. Particolare sfuggito agli inquirenti. "Riconoscendo che può trattarsi di qualsiasi cosa - hanno detto i due legali - è preciso dovere nostro non lasciare nulla di inesplorato in un caso di omicidio così grave. Pertanto abbiamo relazionato alla procura quanto rilevato, chiedendo rispettosamente l'accertamento della natura di questa macchia nel contraddittorio tra le parti". Anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto fa dei rilievi. A Daniele Galoppa viene contestata la sovraesposizione mediatica, a Vito Russo e Emilia Velletri anche l'accaparramento di clientela. Per Russo si aggiunge anche la violazione delle norme di correttezza e decoro. In seguito agli eventi su esposti l'avv. Russo e l'avv. Velletri potrebbero lasciare la difesa di Sabrina Misseri. Sicuramente, questi, non hanno l'opportunità, riservata a Galoppa, Biscotti e Gentile, (per questi la sovraesposizione mediatica mai contestata), di presenziare nei talk show televisivi, non invitati da quei media poco inclini a dare spazio alle tesi difensive o a sposare la tesi dell'innocenza di Sabrina o Cosima, ovvero sentire rimostranze contro gli atteggiamenti della procura di Taranto e del GIP Martino Rosati. L'avvocato Vito Russo, difensore di Sabrina Misseri, «ha mostrato di esercitare il suo mandato difensivo con assoluto disprezzo delle fondamentali regole professionali». Così il gip del tribunale di Taranto Martino Rosati motiva l'ordinanza interdittiva. Una scelta di comportamento nell'esercizio dell'attività professionale, scrive ancora il giudice, «pervicacemente improntata alla spregiudicatezza». Il gip, a conclusione dell'ordinanza, invita anche Russo a rivedere i suoi comportamenti per non incorrere in provvedimenti più gravi. «La dimensione pubblica acquisita dalla vicenda - scrive Rosati riferendosi all'omicidio di Sarah Scazzi - nonchè la correlata notorietà assunta dal Russo permettono di confidare che egli, rimeditando sulla sua sciagurata scelta comportamentale, rispetti tale divieto e si attenga volontariamente, in avvenire, da qualsiasi comportamento analogo per cui egli è indagato. Nessuno meglio di lui, in ragione della sua qualità professionale - conclude il gip - è consapevole del fatto che un eventuale violazione di tale divieto lo esporrebbe al serio rischio di una più grave limitazione cautelare». Sulla faccenda bisogna fare chiarezza. Bisogna discernere l’intimidazione giudiziaria per inibire la corretta difesa, dal depistaggio del difensore con azioni di reità. Dalle accuse presentate c’è un po’ di tutto: si contesta anche l’aver chiesto di nominare un avvocato di fiducia al posto di Galoppa, legale d’ufficio, e aver scartato atti che non erano utili alle indagini difensive. A riguardo l’art. 96 c.p.p. recita che l’indagato-imputato ha diritto alla nomina del difensore di fiducia. In questo caso Galoppa è stato nominato dalla Procura. Cioè contro cui doveva battersi. Se l’art. 358 c.p.p. prevede che il P.M. deve svolgere indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale ed altresì svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta ad indagini, per l’avvocato l’art. 88 c.p.c. prevede il dovere di lealtà e correttezza. Lo stesso giuramento è indicativo: "Giuro di adempiere ai miei doveri professionali con lealtà, onore e diligenza per i fini della giustizia e per gli interessi superiori della Nazione". Fine di giustizia è difendere il proprio cliente contro tutti: accusa e parte civile. Come il medico ha l’obbligo di salvare la vita umana, l’avvocato ha l’obbligo di salvaguardare la libertà umana da errori od accanimenti giudiziari. Senza incorrere in azioni illecite. Bene. Escludere atti non compiuti, prevedibilmente sfavorevoli alla difesa, comporta corretto esercizio di difesa, in caso contrario sarebbe infedele patrocinio. Infedele patrocinio è commesso, per esempio, da chi nelle comparsate in tv sbandiera da avvocato la missione di ricerca della verità. Missione, questa, propria della procura, con i mezzi destinati a ciò dallo Stato. Se si adottano atti per indurre alla falsa testimonianza, allora si parla di reato punito dall’art. 377 c.p. (intralcio alla giustizia, che ha preso il posto della subornazione). A riguardo l’avv. Francesco De Jaco, legale di Cosima Serrano, concorda. All'indomani dell'interdizione dalla professione di avvocato di Vito Russo, già legale di Sabrina Misseri, in carcere con l'accusa di aver ucciso la cugina 15enne Sarah Scazzi, parla il suo avvocato. É Franco De Jaco, del foro di Lecce, che già rappresenta Cosima Serrano, moglie e madre dei presunti assassini Michele e Sabrina. Le accuse rivolte al suo assistito sono gravi, ma - ha detto De Jaco il 3 marzo su TRnews - stiamo già dimostrando che il provvedimento si basa su dichiarazioni completamente false. I reati contestati a Russo sono: favoreggiamento, induzione a rendere false dichiarazioni e soppressione di atti. Vito russo avrebbe distrutto i documenti delle dichiarazioni rese da Ivano Russo, amico di Sabrina Misseri e della vittima Sarah Scazzi, in sede di indagini difensive, ovvero le parole che il giovane di Avetrana ha reso alla sola presenza dei legali di Sabrina, Vito Russo e sua moglie Emilia Velletri. Non è stato distrutto nulla ma se così fosse, non sarebbe comunque reato - spiega De Jaco -. La Procura ha agito legittimamente su input ricevuti da qualcuno. Verso quel qualcuno De Jaco procederà con la querela per calunnia. Però guai a farlo sapere in giro. I media hanno pensato bene di non dare spazio a queste dichiarazioni, ospitate solo in una tv, il cui editore e lo stesso avvocato sono accomunati nella battaglia per la realizzazione della "Regione Salento". 

10  marzo. Carmine e Mimino non dovevano essere arrestati. Tornano in libertà per "carenza di esigenze cautelari" Carmine Misseri e Mimino Cosma. Arrestati il 23 febbraio con l’accusa di aver aiutato Michele Misseri - di cui sono rispettivamente fratello e nipote - nell’occultare il cadavere di Sarah Scazzi, la 15enne di Avetrana uccisa il 26 agosto 2010. Lo ha deciso alle 21, dopo quasi sette ore di camera di consiglio, il tribunale del riesame, accogliendo il ricorso formulato dagli avvocati Lorenzo Bullo (per conto di Carmine Misseri), Raffaele e Serena Missere (per conto di Mimino Cosma). Mimino Cosma ha detto: "Mai mi sarei aspettato di finire in carcere per questa storia. E' stata una esperienza iniziata in maniera terribile perché terribile era l'accusa di aver gettato in un pozzo una ragazzina che ha l'età di mio figlio. Spero che ora sia tutto finito". L’udienza al riesame era stata aggiornata dopo che gli avvocati Raffaele e Serena Missere avevano eccepito sulla mancata consegna alla difesa delle intercettazioni ambientali tra Mimino Cosma e la moglie Maria Ferrara depositate dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero direttamente in aula. I legali di Mimino Cosma avevano denunciato la violazione del diritto di difesa. Si tratta di intercettazioni compiute a novembre nelle quali Cosma e la moglie Maria Ferrara commentano l’inchiesta sull'omicidio di Sarah Scazzi e gli interrogatori cui sono stati entrambi sottoposti dai carabinieri quali persone informate sui fatti. I loro colloqui vengono captati da una cimice piazzata nell’auto della coppia. Per i legali di Cosma non solo sono irrilevanti ai fini dell’accertamento della verità - ed in effetti non c’è davvero nulla riguardo il reato ipotizzato - ma sono anche parziali in quanto la Procura non ha provveduto al deposito di tutte le intercettazioni, come previsto dal codice, ma soltanto di quelle ritenute rilevanti ai fini investigativi, impedendo così alla difesa di valorizzare invece i colloqui favorevoli agli indagati. Gli avvocati Missere hanno lamentato anche la mancata trasmissione del verbale relativo all'incidente probatorio del 19 novembre scorso, in cui Michele Misseri fornì la sua ultima versione dei fatti confessando di aver nascosto da solo il corpo della nipote quindicenne, senza aiuto di alcuno. L’annullamento degli arresti costituisce una pesante battuta d’arresto per una inchiesta che sembrava vicina alla sua definizione.

“Sono stato in carcere 16 giorni da innocente. Ora sono felice, ma spero che finisca tutto al più presto. Mi devono spiegare perchè è accaduto tutto questo. Non avrei mai fatto quello che mi contestano, occultare il cadavere di una bambina”. Sono le prime parole – riferisce l'avv. Raffaele Missere – pronunciate dopo la scarcerazione da Cosimo Cosma, detto Mimino, 43 anni. “E' stata – ha aggiunto Cosma – una esperienza terribile. Sono stato diversi giorni in isolamento senza televisione, senza giornali. Spero che sia fatta giustizia”. Ad accogliere Cosma, che è uno dei nipoti prediletti di Michele Misseri, c'erano la moglie e il figlio di 15 anni, che era stato compagno di classe di Sarah Scazzi. Cosimo Cosma, il nipote del presunto omicida della 13enne di Avetrana, Sarah Scazzi, interviene dopo la scarcerazione. "Certo per me è la fine di un incubo", tuttavia "non credo che Michele possa aver ucciso Sarah" dice a Quarto grado su Rete Quattro. Poi torna sul giorno del delitto: "Io quel giorno - spiega - stavo a casa con la mia famiglia. Dormivo". "In questo momento sto bene - prosegue Cosimo - Non mi spiego neanche perché‚ mi hanno arrestato. Non so chi ha ucciso Sarah. Ho saputo che mi scarceravano da una guardia che mi ha detto di preparare le mie cose perché ero libero. Ora sono felice". "Io quel giorno - spiega - stavo a casa con la mia famiglia. Dormivo. Non sono mai andato a trovare Michele in carcere. Per come conoscevo io Michele non credo proprio che possa aver ucciso Sarah. Era tutto casa e lavoro. Michele non si è mai confidato con me". Come mai allora è stato sospettato? "Mia moglie è molto gelosa e alcune sue frasi purtroppo hanno forse tratto in inganno gli inquirenti e mi hanno danneggiato. Sarah la conoscevo bene perché andava a scuola con mio figlio. Era una ragazza dolce e timida. Quando ho sentito della sua morte ho provato terrore. Come si fa a buttare una ragazza in un pozzo? Come si fa! Se avessi visto davvero Michele mentre cercava di occultare il cadavere di Sarah glielo avrei impedito".

«È la fine di un incubo. Non ho fatto niente, sono innocente. Non odio nessuno ma provo rancore per Michele. Non doveva farmi quella telefonata». Lo ha detto Carmine Misseri, fratello di Michele, in un'intervista a Matrix. Nell'intervista Carmine Misseri racconta della mattina dell'arresto. «Non me l'aspettavo proprio. All'alba hanno suonato i carabinieri: mia moglie ha risposto al citofono, i carabinieri sono saliti, mi hanno fatto cambiare e mi hanno portato a Taranto. E solo lì ho capito che mi stavano arrestando. Quel giorno ho pianto, ero preoccupato e avevo paura di non esser creduto». Quanto al fratello Michele, Carmine Misseri aggiunge: «In quei giorni, dopo la scomparsa di Sarah, Michele era tranquillo. E allora gli credevo. Ora non gli credo più».

Intanto al posto dell’avv. Vito Russo ed Emilia Velletri per la difesa di Sabrina Misseri viene nominato Nicola Marseglia, già dominus di Lorenzo Bullo. L’Avv. Lorenzo Bullo, difensore di Carmine Misseri è stato praticante dell’avv. Nicola Marseglia, oggi difensore di Sabrina Misseri.

Inoltre l’amministrazione di Avetrana adotta una delibera in cui si annuncia la costituzione di parte civile nel processo e la contestuale nomina dell’avv. Pasquale Corleto, principe del foro di Lecce.

Intanto lo stesso giorno del 10 marzo Cosima Serrano e la sorella Emma, moglie e cognata di Michele Misseri, si sono recate nella caserma dei carabinieri di Avetrana per sporgere denuncia nei confronti della mamma e la sorella di Cosimo Cosma, nipote dei Misseri. Le due donne che sono assistite dall’avvocato leccese, Franco De Jaco, contestano alcune dichiarazioni rese dalle parenti durante la trasmissione televisiva «Porta a Porta» di due giorni prima. In quell’occasione sia la madre che la sorella di Mimino avrebbero ipotizzato il coinvolgimento nel delitto di Cosima Serrano e della figlia Sabrina.

Qualche giorno dopo, giustappunto il 19 marzo ancora Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri, ha depositato ai carabinieri della stazione di Avetrana una querela per diffamazione nei confronti della giornalista Mariella Boerci e della società editrice 'Anordest', che ha pubblicato il libro della Boerci 'La bambina di Avetrana' inerente all'inchiesta sull'omicidio di Sarah Scazzi. Lo ha riferito il legale di Cosima Serrano, l'avvocato Franco De Jaco. Nella querela Cosima Serrano chiede anche il sequestro del libro su tutto il territorio nazionale. Secondo la donna, conterrebbe valutazioni diffamatorie sulla famiglia Serrano e anche alcuni dialoghi frutto di invenzione.

23 marzo. La verità di Cosima. Per ristabilire la sua verità, oltre alla presentazione delle querele, dopo mesi di silenzio Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri e madre di Sabrina, è tornata a parlare pubblicamente. Lo ha fatto in tre interviste del 23 marzo, una al quotidiano La Stampa con Maria Corbi (forse l'unica che ha difeso Sabrina e Cosima), una al programma di canale 5 Matrix e una al programma Quarto grado su Rete 4.

Cosima è la zia di Sarah, la sorella della madre. Su di lei si è sempre vociferato che non potesse non sapere quello che è accaduto quel 26 agosto in casa sua, quando la piccola Sarah è stata strangolata e uccisa. Il venticello calunnioso soffiato da tutte le tv, che però, queste sì, non sono state investite dalle querele. Non solo, si è anche ipotizzato che Cosima in qualche modo abbia avuto un ruolo attivo nella vicenda, ma la sua posizione finora è sempre rimasta pulita e non è mai stata indagata. Per questo Franco De Jaco si definisce "Legale" e non "Difensore". La donna, poi, ha sempre sostenuto la completa innocenza di sua figlia Sabrina (in carcere perché accusata dal padre) ed è convinta che l’assassino sia suo marito Michele. Per giorni il tam tam delle notizie ha parlato di un suo imminente arresto. E lei, rassegnata al destino che le sta portando via tutto, si era accorciata i pantaloni e preparata la borsa nonostante non sia mai stata nemmeno indagata. Quel tutto che un branco di iene è pronto a divorare. Tutti ricordano l’immagine di lei che tira dentro al garage il marito Michele, e tutti hanno interpretato quel gesto come quello di una donna che comanda con arroganza. E lei vuole partire proprio da questo. Tante volte seduta da sola sul divano di casa sua ha sentito opinionisti definirla in tutti i modi per quel gesto e lei avrebbe voluto difendersi. «Quando scrivono e dicono delle cose devono essere certi», dice con la voce bassa.

Allora Cosima, iniziamo da quel gesto.

«Io l’ho fatto per difenderlo, perché non volevo che parlasse delle cose dette in caserma altrimenti si sarebbe trovato nei guai. I carabinieri sempre ci dicevano che non dovevamo parlare».

Chi è Cosima Serrano?

«Certamente non sono come mi hanno descritta, sono una donna e una moglie come tante altre, forse più di altre. Ho sempre cercato di dare il meglio al marito e ai figli e alla casa. Ho lavorato non molto, moltissimo e ancora oggi lo faccio».

Come è la sua vita oggi?

«Peggio di così è impossibile con tutto il dolore e tutte le calunnie che devo sopportare».

L’hanno definita una donna misteriosa, con dei segreti da proteggere...

«Non so che ci sia di misterioso. Certamente non sono una pettegola, non sono una che si ferma con le vicine, non ne ho mai avuto il tempo, ho sempre lavorato. Di quel maledetto giorno io non ricordo tanto l’ho sempre detto. Il problema è che molti ricordano il falso, non la verità. Per esempio hanno detto che sono andata in banca mentre ero al lavoro. E se non ci fosse stata quella firma falsa a scagionarmi sulla ricevuta della banca io adesso sarei in prigione. Io quelle poche cose che ho detto sono la verità E quando ho detto non ricordo è veramente perché non ricordo».

Cosa ricorda?
«Quando stavo andando a riposarmi dopo pranzo Sabrina era già a letto. Ricordo solo lo squillo del messaggio e che poi Sabrina ha detto “devo avvisare Sarah che dobbiamo andare al mare” e poi lo sbattere della porta e ancora Sabrina che chiede al padre se era arrivata Sarah. In quel momento ho pensato “finalmente posso dormire”. E poi mi sono svegliata quando mi ha chiamata Sabrina».

Lei cosa ha pensato subito dopo la scomparsa di sua nipote?

«Il primo pensiero è stato “forse l’hanno investita mentre veniva e l’hanno portata all’ospedale”. Non ho mai pensato a un rapimento».

Gli investigatori cercano di spostare l’omicidio di Sarah dal garage alla casa e qui entra in ballo la famosa porta, che dalla casa porterebbe al garage e dove hanno trovato una macchia che comunque pare non sia di sangue.

« Io non ho mai pulito quella porta perché sono tranquilla. Altrimenti lo avrei fatto non le pare? Sono 7/8 anni che non è mai stata aperta. Non so come l’abbia chiusa Michele, ma so che non c’era la maniglia e c’erano bidoni di olio, vasetti della salsa vuoti davanti. La tenevamo chiusa perché mettendo in moto il trattore il fumo arrivava fino a dentro, alla dispensa. Se fosse successo qualcosa in casa lo avrei sentito. Se avessi sentito litigare, avrei detto smettetela».

E in casa si sentono le cose che accadono in garage? Se qualcuno urla?

«Io sono sempre con la televisione accesa, anche di notte, e quindi è difficile sentire qualcosa dal garage».

Sarah secondo la ricostruzione degli inquirenti veniva verso casa vostra dalla parte delle scuole e in questo caso arrivava prima al portone di casa che al garage. Si è mai chiesta perché è andata a garage dallo zio invece che suonare al citofono?

«Il campanello del citofono è accanto al mio letto. Io mi lamentavo spesso perché mi disturbava quando suonava a quell’ora. Forse ha visto la porta del garage aperta e si è affacciata aspettando che Sabrina uscisse, avrà sentito le urla di mio marito che gridava contro il trattore che era rotto».

Cosa le ha raccontato suo marito?
«Lui dice che quel giorno stava arrabbiatissimo per il trattore e Sarah gli ha chiesto “zio perché urli? perché sei arrabbiato?” Lui le ha detto “vattene che è meglio”, ma Sarah ha continuato a fare domande. Allora lui l’ha spostata di peso e poi le ha buttato la corda (al collo, ndr)».

Hai mai avuto un sospetto su suo marito?

«Se non avesse fatto ritrovare il corpo non ci avrei mai creduto, mai e poi mai».

E quando ha ritrovato il cellulare di Sarah?
«Ho pensato che era una cosa stranissima. Proprio lui lo doveva trovare? Se fosse stata Sabrina avrebbe fatto ritrovare il cellulare? Invece quando mio marito lo ha trovato ha subito chiamato la figlia per chiedergli come era fatto il cellulare di Sarah e lei ha spiegato come era. Se fosse stata Sabrina a uccidere Sarah gli avrebbe detto: “papà ma sei pazzo?».

Lui le ha spiegato perché lo ha fatto?

«Dice se una cosa non ti capita non ci credi, non sa spiegare perché lo ha fatto. Lui dice che non aveva il coraggio di consegnarsi, se avesse saputo che fosse stata Sabrina, invece avrebbe chiamato i carabinieri. Mi ha detto che si voleva far prendere per questo ha consegnato il cellulare».

Lei subito dopo la confessione di Michele aveva giurato di non volere vedere più suo marito neanche da morto. Invece non è andata così. E in molti pensano che lei ci vada per fare pressioni in modo che ritratti le accuse su sua figlia.

«Se Sabrina fosse colpevole sarei stata la prima io ad andare dai carabinieri. Avevo giurato che non sarei mai andata a trovarlo, è vero. Se avessi voluto coprire Sabrina, come dicono, però sarei andata subito per tranquillizzarlo. E non l’ho fatto. Quando poi ho saputo il motivo per cui ha accusato sua figlia allora mi sono detta: “Non lo abbandonerò”. E poi lo vedo indifeso, ho capito che il suo è stato un gesto da folle e ho pietà per mio marito. Quando ci si sposa si dice nel bene e nel male in ricchezza e in povertà».

E i motivi per cui ha accusato Sabrina ce li può spiegare?

«Meglio di no. Comunque tutto quello che so, che mi ha riferito mio marito l’ho detto ai carabinieri».

In molti dicono che tra suo marito e sua figlia ha scelto sua figlia
«Non è stata una scelta. Io so che non è stata lei».

Secondo gli inquirenti Sabrina avrebbe auto il movente della gelosia nei confronti della cuginetta per le attenzioni di Ivano.

«La gelosia? Ma scherziamo? il più grande castigo per Sarah sarebbe stato quello di escluderla, di non farla più venire a casa».

Sabrina cosa dice?
«E cosa deve dire? E’ arrabbiata con il padre non capisce perché deve rimanere in galera. Se fosse colpevole starebbe più tranquilla. Come il padre che si è liberato la coscienza per Sarah facendola trovare e poi ha chiesto perdono alla figlia che ha accusato ingiustamente. I chili che sta perdendo in carcere mia figlia li sta prendendo mio marito».

Quale delle tante versioni di suo marito pensa che sia quella vera?

«Il racconto vero è quello della prima sera. Quando ha iniziato a parlare, conoscendo mio marito, ha detto tutta la verità. Lui non è tipo da dire mezza verità e mezza bugia».

E’ crollato?

«Si».

Aveva già provato a molestare Sarah?
«Io in casa non mi sono accorta mai di niente, non so se le cose che ha detto sono vere o se le ha dette per incolparsi di più».

Negli ultimi tempi suo marito era cambiato?

«Nei miei confronti era molto cambiato, si arrabbiava subito con me, mai con le figlie però».

Sarah si sarebbe potuta salvare?

«Forse. Se mi avessero detto dei soldi che gli regalava mio marito, cinque euro, lui che non dava mai un centesimo a nessuno. Mi sarei allarmata, mi sarei preoccupata e avrei fatto delle domande. Per tanti anni quando una persona non da mai un centesimo e poi fa regali dicendo di non dire niente...».

Le manca Sarah?
«Manca ed è come se non mancasse, come se non fosse morta. Forse perché non sono ancora andata al cimitero, perché non l’ho vista da morta, me la vedo in casa».

Si sente in colpa?

«Non so» (piange).

Torniamo a quello che hanno detto della vostra famiglia, che Michele veniva trattato male, che mangiava avanzi da solo.

«Michele da solo ha mangiato parecchie volte come del resto io. Quando non lavoravamo mangiavamo tutti insieme. Gli avanzi? Li abbiamo mangiati tutti, a volte cucinavamo di più in modo che restasse per il giorno dopo. Sono state dette tante calunnie».

A un certo punto hanno arrestato suo cognato e suo nipote.

«Altri innocenti in galera».

Come passa la sua giornata? E’ vero che non le danno più lavoro?

«Già c’è poco lavoro figurati se lo vengono a dare a me».

Cosa si augura?

«Della mia vita non mi importa, spero che Sabrina possa rifarsi una vita».

Lei non è mai andata sulla tomba di Sarah perché?

«Perché per me pensarla sotto terra è un dolore troppo forte. Vado e rimango in macchina. Quando verrà Sabrina andrò da Sarah con lei. Sarah è come se fosse sempre in casa, la vedo mentre passa veloce in corridoio in cucina, in camera di Sabrina. Io l’ho sognata due volte sempre dietro il cancello che suonava “Sono io zia, apri, apri”. Ci penso sempre soprattutto quando sono sola a casa sul divano. Sono libera ma è come se fossi in galera anche io».

Cosima a "Matrix", su Canale 5, aggiunge: ''Michele mi dice 'non so cosa mi sia successo, non so perchè…purtroppo se non ti capita non ci credi'. Io molte volte gli chiedo: 'Ma ti rendi conto?' E lui mi risponde: 'Se non ti capita, non ci credi': per esempio, il fatto che ha fatto passare tanti giorni, dice che non aveva il coraggio di consegnarsi, mentre dice che se fosse stata Sabrina i carabinieri li avrebbe chiamati quel giorno stesso, mentre per lui non ha avuto il coraggio. Molte volte voleva andare da un signore, un amico, una brava persona, però, mentre andava poi tornava indietro, non ce la faceva da andare a dire 'portami dai carabinieri che ho fatto tutto questo'''. ''Michele dice che si voleva far prendere, non aveva il coraggio di consegnarsi, però si voleva far prendere, anche quando diceva 'mi sento che Sarah la devo trovare io', aspettava che qualcuno andasse a dirgli 'ma perchè dici così ? Tu sai qualcosa?'… Mi ha detto che si voleva far prendere, portami dai carabinieri che ho fatto tutto questo'. Mio marito è una persona umile, indifesa e poi quando ho saputo il motivo per cui ha accusato Sabrina allora ho detto: non lo abbandonerò''. E sull'innocenza della figlia Sabrina: ''Per quale motivo Sabrina doveva uccidere Sarah? Come dicono, la gelosia? Ma Sarah sarebbe stata più castigata a non farla venire a casa. Ammazzarla non era niente. Il castigo più grande sarebbe stato non farla uscire con lei. Sui 'famosi' 5 euro che Michele dava a Sarah, Cosima racconta: ''E' qui che mi sto smacellando il cervello in questi mesi: forse si sarebbe potuta salvare proprio per quei 5 euro, se quando l'ha detto alla mamma, questa (Concetta, ndr) fosse venuta da me, o da Michele o da Sabrina a dire 'come mai ha dato questi soldi e ha detto di non dire niente'?. Perchè lui non ha mai dato soldi, mai''. Sulla nipote Sarah: ''Manca ed è come se non mancasse, è come se non fosse morta, non lo so, forse perchè non sono ancora andata al cimitero, non lo so. La bara l'ho vista, ma non l'ho vista nella bara. Al cimitero ci sono andata con mia sorella due o tre volte però non sono scesa, non sono entrata; eppure prima ci andavo due o tre volte alla settimana perchè ci sono mio padre e mia madre, però ora no, non ci sono ancora andata dentro. Sarah la vedo sempre bella, sorridente, camminare veloce in casa, che va in cucinino, che va nella stanza di Sabrina. Ho dei momenti di cedimento quando sono seduta e sono sola, quando non sto facendo niente: quelli sono i momenti in cui si pensa di più. E penso a Sarah e non riesco a credere che sia morta, anche se sono passati tanti mesi''. Cosima parla anche di ciò che è stato detto e scritto in questi mesi a proposito della sua vita familiare: ''E' stato detto mio marito dormiva sulla sdraio, che veniva maltrattato, che mangiava avanzi: non è vero. Da solo ha mangiato parecchie volte come anch'io ho mangiato parecchie volte da sola… quando non lavoravo mangiavamo assieme… quelle sono tutte calunnie che hanno detto. Gli avanzi? Li abbiamo mangiati tutti del giorno prima: se li mangia una sola persona sono avanzi, ma se li mangiano tutti non sono avanzi''. ''Ora sono tornata a lavorare in campagna e faccio il lavoro ai ferri, ma per molti mesi è come se fossi stata agli arresti domiciliari: con tutti i giornalisti fuori casa non potevo uscire. Oggi io spero solo per Sabrina, che quando uscirà possa lavorare; la mia vita ormai non è che mi importa tanto, per l'età che ho, Sabrina ha 35 anni in meno e ce ne vuole ancora''.

Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri e mamma di Sabrina, un mese dopo aver aperto le porte di casa alla troupe di Quarto Grado per filmare la porta d’ingresso del garage, sempre il 23 marzo rompe ancora il silenzio e lo fa con Remo Croci sempre su "Quarto Grado". La donna, che anche il giorno prima ha visitato in carcere marito e figlia, ha le idee chiare: sul delitto della nipote Sarah. “Se gli investigatore fanno bene i conti degli orari di quel 26 agosto, capiranno bene che Sabrina non avrebbe mai potuto compiere l’omicidio”Lei si dice sempre più convinta dell’innocenza della figlia: “E’ in carcere ingiustamente perché l’ha accusata mio marito, ma lei non centra nulla. Quando i carabinieri sono giunti a casa per il sopralluogo nel garage, furono loro ad aprire la porta che era bloccata: c’erano attrezzi e recipienti di olio a terra si vedeva bene che la porta era chiusa da molto tempo”. Cosima aggiunge anche che, se qualcuno avesse gridato dal garage, chi era a casa non l’avrebbe potuto sentire e comunque aggiunge: “Avrebbero potuto fare le prove quando sono arrivati a fare i sopralluoghi e potevano verificare che dal garage all’abitazione non si sente nulla”. Nel salone vicino alla cucina Cosima ci mostra la posizione dove suo marito Michele abitualmente riposava: “Dormiva sempre il pomeriggio su questa sdraio e appoggiava i piedi su questa piccola seggiola”. Cosima conclude: “Ora non parlerò più finché mia figlia non tornerà libera”.

Ricordiamo che Cosima, più volte indicata come “custode dei segreti di famiglia“, non è mai stata indagata. Al momento, mentre le indagini proseguono, le uniche due persone accusate del delitto di Sarah Scazzi sono lo zio Michele e la figlia Sabrina.

Nonostante la promessa di non parlare più fino alla liberazione di Sabrina, Cosima rilascia l'ennesima intervista. «Qualcuno in famiglia deve essere forte. Se nessuno si vuole prendere le responsabilità, qualcuno se le deve prendere: a casa mia è successo che me le sono dovute prendere io». Inizia con queste parole l’intervista esclusiva di Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri, accusato insieme con la figlia Sabrina dell'omicidio di Sarah Scazzi, a Massimo Giletti e trasmessa nel corso della puntata di 'Domenica In - L'Arena' su Rai1 il 3 aprile 2011. Cosima ha poi spiegato le ragioni del mutato rapporto con il marito: «C'è stato un pomeriggio che eravamo andati a lavorare nei campi, nel vigneto con il trattore, e gli ho detto di fare questo lavoro e lui subito si è arrabbiato: “qui ti stavo aspettando”, mi disse. Mi ha detto una parolaccia. Mi ha detto: “se continui a parlare ti tiro pure una pietra” e da quel momento lì mi sono sentita molto offesa. Io tutte le altre volte mi sono portata sempre indietro. Quella volta decisi di no. Era già accaduto ma quella volta mi sono rifiutata di piegarmi, ed è per questo che avevo iniziato a dormire sola. Anche lui si deve prendere le responsabilità quando sbaglia o quando non ha ragione, deve dire “ho sbagliato”, ma non è successo. Non l’ho mandato io - ha ribadito Cosima, riferendosi al fatto che Misseri non dormisse più con lei - per lui contava molto l’apparenza, l’essere buono e bravo fuori casa e anche con le figlie - ha proseguito Cosima, spiegando il carattere del marito - una volta ho litigato con mio marito per dire: è possibile che sempre io devo litigare con le figlie perché arrivano tardi o non rispondono al cellulare? Lui mi disse: se magari le rimprovero poi non mi vogliono più bene. Con le figlie è sempre stato un bravissimo padre, le ha sempre accontentate. Con me no, ha fatto sempre diciamo “il duro”, quando aveva qualcosa da dire me la diceva». E per spiegare per quale motivo avesse fatto rientrare il marito nel garage, il giorno del ritrovamento del cellulare di Sarah (gesto immortalato dalle tv ed eletto ad icona per personificarne il carattere), Cosima ha chiarito: «Quel gesto era gesto minimo di protezione. Sempre per proteggerlo. La mattina aveva fatto ritrovare il cellulare, la mattina l’hanno interrogato un’altra volta. Io sapendo che quando siamo andati dai carabinieri hanno detto: “quello che dite qui non deve uscire fuori”, mentre là c’era un casino di giornalisti e lui stava parlando. Gli ho detto “'Michè non parlare troppo”, allora siccome insistevano ho detto: “mettiti dentro che quando se ne vanno esci”. Era per non farlo parlare con i giornalisti, per non fare dire quello che aveva detto ai carabinieri», ha concluso Cosima. L’avvocato De Iaco, legale della moglie, ha chiarito: «Il gesto fu spiegato anche dalla figlia perché i carabinieri avevano sollecitato a non parlare con i carabinieri». In un periodo di disaccordo in cui l’armonia familiare era alterata da questi screzi tra coniugi iniziati con la minaccia della pietra, Michele Misseri, secondo quanto riferito dalla moglie, dormiva sulla sedia sdraio e non in camera da letto non per consuetudine, ma per questioni circostanziali di un piccolo arco temporale. Lo stesso avvocato della donna ha chiarito: «Ero a conoscenza di questo gesto. Io suggerivo di raccontare come era la vita familiare e la signora mi diceva che sono cose che succedono solo da noi e che se no sembrava che volesse accreditare la versione contro il marito. La signora Cosima ha rappresentato la caratteristica del marito e ha voluto spiegare perché il marito dormiva sulla sdraio». Poi sui rapporti con la sorella Concetta Cosima afferma: «A mia sorella Concetta non ho da chiedere scusa di niente. Perché lei pretende scuse per la verità, ma di quale verità parla? Mia figlia Sabrina è innocente, io sono convinta della sua innocenza, mentre per le colpe di mio marito lei mi aveva già abbracciato e perdonato. Non ho motivo di chiedere scusa a mia sorella, si è fatta plagiare da chi l’ha circonda. Noi volevamo bene a mia nipote, era una di famiglia, ancora non realizzo che sia morta tanto da non riuscire ad andare al cimitero, sapendo che non può essere lì..., mi fa male sapere che sia morta per responsabilità di un componente della mia famiglia, ma Sabrina è innocente, di questo ne sono sicura, e mia sorella non ha motivo di credere che ci sia una premeditazione da parte di qualcuno di noi, finanche, mia. Come faccio ad andare da mia sorella se ci ha presi tutti per colpevoli. Anche per rispetto. Secondo me si sta facendo plagiare adesso. Se fosse stata veramente Sabrina non l’avrei coperta. Prima se n’è andata Sarah, poi mio marito, poi Sabrina, poi mia sorella. Si sono persi in troppi». Alla domanda “Chi ha fatto fuori l’avvocato Galoppa”, Mimina risponde con un disarmante: «Bohhhh, chiedetelo a Michele, lui guarda la tv a poi decide tutto da solo, sicuramente non è stata Valentina, che non vedeva il padre da dicembre, mentre l’avvocato è stato ricusato a febbraio, a noi andava bene, l’ho chiesto a mio marito, ma ormai fa tutto da solo». 

6 aprile. L’esame del DNA. Dopo quasi 6 mesi e mezzo da quel 29 settembre 2010, data del ritrovamento del telefonino, è stato disposto dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dal sostituto, Mariano Buccoliero. Gli inquirenti hanno ritenuto necessario prelevare campioni salivari per estrarre da essi tracce del Dna delle persone, al fine di compararlo con quello trovato su mezzi e attrezzi sequestrati nel garage di casa Misseri, e sul telefonino di Sarah Scazzi. Secondo indiscrezioni, i carabinieri del Ris avrebbero isolato un Dna completo e tracce con Dna parziali, ma le notizie non sono state confermate agli avvocati delle persone sottoposte all'esame, che hanno accompagnato i rispettivi clienti nella caserma di Avetrana. L’inchiesta doveva essere alle battute finali. E invece ha ripreso vigore con l'esame del Dna a cui sono stati sottoposti famigliari e amici di Sarah Scazzi, la 15enne di Avetrana uccisa e gettata in un pozzo il 26 agosto 2010. Sarah il 4 aprile avrebbe compiuto 16 anni. Nella caserma di Avetrana sono stati convocati Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri e madre di Sabrina, entrambi in carcere per l'omicidio; Carmine Misseri, fratello di Michele, e Cosimo Cosma, suo nipote; Ivano Russo, l’amico di cui Sarah e la cugina Sabrina si erano invaghite e per il quale avrebbero litigato, e altri familiari. Ha sorpreso proprio la presenza di Ivano Russo, che era finito sulla lista dei sospettati in un primo momento ed era, per così dire, uscito di scena dopo la confessione di Michele Misseri. Gli inquirenti hanno individuato il movente del delitto nella gelosia che Sabrina Misseri nutriva, o meglio avrebbe nutrito, nei confronti di Sarah Scazzi, che negli ultimi tempi si era avvicinata ad Ivano fino ad oscurare la cugina del cuore. Ha rifiutato di sottoporsi al tampone salivare Cosimo Cosma, nipote di Michele Misseri, in quanto non era stata data alcuna comunicazione al suo difensore, avv. Raffaele Missere, e nell’invito a comparire era indicata semplicemente la convocazione nella caserma di Avetrana “per questioni di giustizia”. Carmine Misseri e "Mimino" Cosma sono stati arrestati per concorso in soppressione di cadavere e poi scarcerati per disposizione del tribunale del riesame. I tamponi saranno confrontati con alcune tracce biologiche trovate su attrezzi sequestrati nel garage della famiglia Misseri e nei pressi della cisterna dove fu gettato il cadavere della ragazzina, oltre alle tracce trovate sul telefonino. «Sono turbato per il processo mediatico che si sta attuando in questo momento. Io non sono indagato, io sono un testimone». Lo ha detto alla 'Vita in diretta' su Rai 1 del 8 aprile 2011 Ivano Russo, amico della quindicenne Sarah Scazzi, uccisa il 26 agosto ad Avetrana (Taranto), e di sua cugina Sabrina, in carcere perché accusata, insieme con il padre, Michele Misseri, dell’omicidio della ragazzina. Ivano si è sottoposto spontaneamente alla prova del Dna, così come richiesto dagli investigatori, che stanno compiendo accertamenti sul cellulare di Sarah. “Pensi che ci siano tracce del tuo Dna sul cellulare?”, gli è stato chiesto. «Non lo so - ha risposto- Penso che magari manipolandolo qualche giorno prima, allora ci possa essere. Sono sicuro - ha anche detto Ivano - che non sarò mai indagato perchè non sono stato io». Cosa ti ha fatto più male in questi sette mesi, a parte ovviamente la morte di Sarah? «Se avessi capito prima che c’era gelosia, se è stata Sabrina, forse avrei potuto fare qualcosa. Non mi sento responsabile dell’uccisione di Sarah - ha detto Ivano - ma moralmente ti abbatte tanto perché, se mi fossi accorto di qualcosa avrei potuto aiutare Sarah, ma anche Sabrina. L'altra cosa che ha fatto più male in questi mesi è che si insinuano cose che fanno star male. La mia vita - ha detto Ivano - è cambiata tanto. C'è pressione mediatica, la gente mi riconosce. In questo periodo mi guardano con sospetto. Io ci sto male, io non sono indagato. I dubbi sono nati perchè sta lì, il padre l’ha accusata e io cerco di allontanarmi un attimino per capire. Se è realmente colpevole della scomparsa di Sarah, ha tradito anche me. Io spero che non sia stata lei e che ne esca pulita» Perché - gli è stato anche chiesto nel corso della trasmissione - non hai cercato Sarah sul suo cellulare nelle ore successive alla sua scomparsa? «Che si era intensificato il rapporto telefonico con Sabrina testimonia il fatto che io, proprio per informarmi del fatto di Sarah, andavo a telefonare a Sabrina, che era quella più vicina alla cugina quindi cercavo di tenermi informato tramite Sabrina e sapevo che il cellulare di Sarah era spento», ha risposto Ivano. «Ognuno - ha aggiunto il giovane - ha il suo carattere. Reagisce in maniera diversa. Io ho pensato di comportarmi così perchè trovavo inutile andare a chiamare Sarah. Con Sabrina c'era un’amicizia, però negli ultimi tempi ho capito che non bastava e io ho cercato di allontanarla». Ti eri accorto che Sarah era innamorata di te? - gli è stato anche chiesto. «Sarah - ha raccontato il giovane - è sempre stata una ragazza timida e vedendo questa differenza di età non mi mostrava questo». «Rispetto ai prelievi effettuati non ci è stata fornita alcuna spiegazione - ha spiegato l'avvocato De Iaco - non sappiamo a cosa serva il Dna delle persone convocate, né dove siano state trovate le tracce da comparare». E se Cosimo Cosma, nipote di Michele, ha rifiutato di sottoporsi all’esame ritenendo che la convocazione avrebbe dovuto essere notificata anche al suo legale Raffaele Missere, Cosima Serrano (che pure ha una posizione diversa non essendo indagata) non ha avuto alcun tentennamento. «La mia cliente rispetta totalmente la richiesta della Procura - ha spiegato il suo legale – perché non ha nulla da nascondere e perché ritiene che ogni ulteriore indagine sia utile per accertare la verità, ovvero la non colpevolezza della figlia Sabrina. Inoltre a “La Repubblica” Cosima Serrano racconta di non aver mai disfatto la valigia. Quella che aveva preparato, pronta nel caso in cui dovessero portarla in carcere. "Hanno preso tutti, non vedo perché non potrebbero prendere me". 

8 maggio. Il presunto testimone. Il mistero di Avetrana si è arricchito di un nuovo personaggio. Un supertestimone che avrebbe avvalorato l’ipotesi della Procura che Sarah Scazzi sia stata uccisa in casa. L’uomo sarebbe un fioraio del paese, ma ha rifiutato di confermare la testimonianza davanti ai giudici. A svelare la presunta identità del testimone è stata la tv pugliese “Telenorba”. L’inviato Francesco Persiani, che indicava Giovanni Buccolieri come il testimone, nel procedere all’intervista all’interno del suo locale commerciale, è stato cacciato dallo stesso fioraio in malo modo. Il fioraio avrebbe visto Sarah che cercava di scappare dalla casa degli zii, ma invano perché trattenuta da qualcuno dentro l’appartamento. Secondo le indiscrezioni l’uomo avrebbe raccontato questa versione per la prima volta a una sua commessa, prima di decidere di collaborare con le autorità. Decisione che ha ritrattato. Da Telenorba si apprende: “A lei avrebbe raccontato che il pomeriggio dell’omicidio, intorno alle 14:00, avrebbe visto Sara uscire dalla villa dei Misseri, agitata o addirittura gridando, e che qualcuno della famiglia dello zio Michele l’avrebbe inseguita e riportata in casa con la forza. Il racconto di Buccolieri coincide, a quanto pare, con i riscontri tecnici e scientifici dei carabinieri, che anticiperebbero l’ora dell’omicidio di circa 30 minuti e sposterebbero il luogo dal garage all’abitazione.”

Anche in quest’occasione giornalisti di dubbia deontologia e preparazione si sono sbizzarriti a dare patenti di moralità al paese. E ciò non avviene, come già avvenuto sulle reti nazionali in virtù di pregiudizio o ignoranza, ma addirittura anche su un quotidiano tarantino. Annalisa Latartara (Corrieredelgiorno.com, 6 maggio 2011 20:30. Titolo: caso Scazzi, un uomo accusato di false dichiarazioni al pm. Indagato un testimone chiave): «Sicuramente in questa storia non è l’unico ad aver assunto un atteggiamento reticente considerando l’omertà diffusa ad Avetrana e anche i tentativi di depistare le indagini sull’assassinio della povera Sarah Scazzi.» Tutto ciò è scritto su un quotidiano che, guarda caso proprio in tema di omertà e censura, mai ha pubblicato le notizie riguardanti l’Associazione Contro Tutte le Mafie che denunciava casi di malagiustizia ed illegalità.

Organi di stampa cartacei e televisivi della città di Taranto che in tema di omertà e censura sono maestri. Hanno ben taciuto la notizia che il dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, sodalizio nazionale antimafia e d’informazione e d’inchiesta, con sede legale proprio in Avetrana, nell’inerzia della politica e dell’associazionismo locale, ha prodotto un film documentario su quella città per stabilire una verità storica sull’immagine del territorio, così distorta dai media con un marchio negativo indelebile. Il Trailer è pubblicato sulla pagina di Avetrana di Tele Web Italia. Il documentario è essenziale per far conoscere il paese per quello che è. Questo perché in Italia ogni volta che si pronuncia il nome di Avetrana, inevitabilmente scatta il commento: «ahh, il paesino omertoso dove hanno ucciso Sarah Scazzi !!!».

Molto meglio si sono comportati i giornali Manduria Oggi e la Voce di Manduria.

Per questo bisogna discernere i fatti: supertestimone reticente, come sostiene la procura, o vittima di un terribile equivoco come si sforza di far credere lui? A otto mesi dall’omicidio di Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa e gettata in un pozzo nelle campagne di Avetrana dove viveva con la madre, ecco un altro giallo. Quello di un fioraio che il pomeriggio dell’uccisione della ragazza avrebbe visto l’assassino che la inseguiva. “Era solo un sogno, un brutto sogno”, ha ripetuto l’uomo agli inquirenti che lo hanno interrogato non credendogli. “L’effetto della suggestione di quei giorni in cui televisioni e giornali non parlavano d’altro”, insiste ancora oggi il commerciante. Un racconto troppo ricco di particolari per essere frutto della fantasia onirica, sostengono invece i due magistrati, Pietro Argentino e Mariano Buccoliero che sono convinti della malafede del testimone. Lui ora non intende più ricordare quel sogno che lo avrebbe turbato, non vuole più parlarne soprattutto con i giornalisti ai quali concede solo poche battute. “Magari i sogni servissero a risolvere il caso”, si lascia sfuggire con un sospiro mentre sposta i vasi da uno scaffale all’altro del negozio gestito con la moglie. “Sfortunatamente per me ogni giovedì pomeriggio vado a Leverano per caricare la merce”, dice il fioraio a Nazareno Dinoi, direttore della Voce di Manduria e inviato del Corriere del Mezzogiorno, ricordando quel giovedì del 26 agosto quando Sarah fu uccisa. Quel viaggio nella città dei vivai fu reale, “il resto è stato tutto un sogno”, ribadisce l’uomo rimettendo i vasetti al posto di prima. Percorreva via Kennedy in direzione mare quando da un incrocio che s’interseca con Via Grazia Deledda ha visto Sarah fuggire da qualcuno o più di uno che la inseguiva. Un sogno di quelli che sembrano veri che confida alla moglie, poi a qualche parente e così, di bocca in bocca, l’indiscrezione è arrivata ai carabinieri che hanno voluto sentire con le proprie orecchie. Questa, almeno, è la sua versione perché un’altra lo vuole prima collaborante ma poi, al momento della conferma, l’improvvisa retromarcia con la storia del sogno equivocato. “Se avessi visto qualcosa l’avrei detta da subito”, commenta il fioraio chiedendo di essere lasciato in pace. E’ visibilmente scosso per quel sogno che lo ha sconvolto “ed ha sconvolto anche i magistrati”, conclude a bassa voce quasi a nascondere le parole.

La stampa riporta che il fioraio non abbia comunque firmato il verbale della sua testimonianza e che sia stato iscritto nel registro degli indagati per falsa testimonianza. Il suo legale è l’avvocato Giovanni Scarciglia di Avetrana. Per ora l’avvocato del testimone, Giovanni Scarciglia in attesa di un eventuale nuovo interrogatorio del suo assistito si trincera dietro il segreto istruttorio e spiega solo che il suo assistito «si sente fiducioso nella giustizia perché prima o dopo le verità vengono a galla».

A riguardo c’è anche l’intervento di Tonio Tondo sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 12 maggio 2011. “Giovanni Buccoliero, 42 anni, fioraio di Avetrana, arriva puntuale, alle 16.15, al negozio di via Kennedy. «La mente mi ha ingannato» dice con un filo di voce. Per un attimo trema Buccoliero. «Siamo persone semplici e timide, è una sorpresa trovarsi sotto i riflettori, è la prima volta e non sappiamo come comportarci con voi giornalisti» aggiunge la moglie Giuseppina.

«Sarah l’ho vista in sogno a ottobre, subito dopo il ritrovamento del corpo nel pozzo», rivela il fioraio. La scena o la visione, riferita al primo pomeriggio del 26 agosto, giorno della scomparsa di Sarah, è nitida e annunciatrice di altre sorprese: Sarah che tenta di uscire, anzi di scappare, dalla casa dei Misseri in via Deledda, e una persona che la blocca per riportarla dentro. Questa ipotesi, se trovasse riscontro, porterebbe alla quadratura del cerchio che la procura sta cercando da mesi: la scena del delitto collocata nella abitazione e non nel garage come ha detto Michele Misseri nella prima rivelazione per allontanare i sospetti dalla figlia Sabrina, anche lei in carcere come il padre, e dalla moglie Cosima che ha sempre negato coinvolgimenti nell’omicidio.

Buccoliero è considerato in paese una brava persona. «Tutto lavoro e famiglia» dicono i vicini. Il “Girasole”, in effetti, è un bel negozio e Buccoliero, che vende fiori a metà Avetrana, ha inventato anche il servizio a domicilio: composizioni di ogni tipo e grandezza, piante, bouquet per spose e prime comunioni, centro tavola, consegne in occasioni di compleanni e anniversari. Giovanni si muove in continuazione, sempre puntuale e preciso negli incontri con i clienti: conosce ogni buco e ogni famiglia della cittadina. Facile trovarlo in una strada periferica o in un vico del centro storico. E’ così tutto l’anno, escluso una settimana d’estate quando marito e moglie partono per una vacanza low cost nelle Americhe o in Europa, in base alle offerte via internet. Un uomo affidabile e attendibile. Che Giovanni, quindi, abbia potuto vedere la scena di Sarah sul pianerottolo della villetta dei Miseri, alle 14.30 del 26 agosto, non meraviglierebbe nessuno ad Avetrana. Che tutto questo l’abbia sognato in una visione notturna è un’altra storia che pochi tra i suoi compaesani ritengono plausibile. «Eppure è andata proprio così - sottolinea il fioraio -. E così l’ho raccontata a mia moglie per prima, poi a un amico e alla commessa».

Qui nascono i primi misteri. La commessa, Vanessa, che da due mesi è in Germania con il marito, secondo la famiglia Buccoliero, avrebbe raccontato la storia ai suoi genitori. Vanessa è figlia di Anna Pisanò, la cliente di Sabrina, aspirante estetista, che la mattina del 26 agosto era nella casa dei Misseri e notò la profonda tristezza di Sarah. Ora Anna Pisanò nega con decisione che la figlia abbia raccontato in famiglia la storia del fioraio alle prese con i sogni. «Se ce l’avesse detto l’avremmo portata subito dai carabinieri. Vanessa non ci ha riferito nulla ed è veramente strano che dai Buccoliero vengano queste notizie. Noi stimiamo Giovanni e la moglie, ma questo non significa accettare tutto quello che dicono. E se fosse stato l’amico a parlare? Oppure l’altra commessa che va al negozio quando c’è molto lavoro?». Anna e suo marito fanno parte della congregazione dei Testimoni di Geova, come Concetta, la mamma di Sarah. Avetrana assiste a queste storie con incredulità. Che realtà e visioni facciano ormai parte di una fantasmagoria martellante, fino ad incarnarsi nella vita collettiva e a scuoterla, tanto da confondersi l’una con l’altra, potrebbe essere possibile. Sarah però fa parte della comunità concreta e palpitante. Non è una semplice memoria nè oggetto di sogni inconcludenti. Ad Avetrana si vota. Veleni e schizzi di fango sono inevitabili. Qualche sera fa Giacomo Scazzi, papà di Sarah si è presentato dal candidato del centrosinistra, Conte: «Ci hanno riferito che in caso di vittoria sposterete la tomba di Sarah». Pronta e dura la smentita. Le tragedie non si digeriscono, il loro compito è di unire le comunità. Ma Sarah chiede la verità perché tragedia e verità vanno insieme. Non vuole sogni, ma parole del cuore.”

Versione del sogno che il fioraio ha confermato il 12 maggio ai microfoni di Pomeriggio 5 a Barbara D’Urso. A riguardare il testimone ci sarebbe, secondo il Corriere del Mezzogiorno del 12 maggio, anche un’intercettazione telefonica in cui la madre della commessa del suo negozio, a cui per prima aveva raccontato il presunto sogno, lo esortava a dire quello che aveva visto anche ai magistrati. Cosa che poi ella stessa smentisce.

Sempre su La Voce di Manduria del 14 maggio, a firma di Nazareno Dinoi, i fatti indicati si integrano di ulteriori indiscrezioni fatte trapelare chissà come e chissà da chi. Nel sogno che avrebbe fatto il fioraio Giovanni Buccolieri, è Cosima Serrano, moglie e mamma di Michele e Sabrina Misseri, entrambi in carcere con l’accusa di omicidio volontario, a prendere per i capelli la nipote Sarah Scazzi e trascinarla in macchina, sequestrandola, per portarla a casa in via Deledda da dove la ragazza tentava di fuggire. Nella macchina con Cosima ci sarebbe stata anche un’altra donna, probabilmente Sabrina. Che si sia trattato di un sogno, però, non ne sono convinti i magistrati che indagano l’uomo per falsa testimonianza e reticenza. D’altra parte lo stesso fioraio ad ottobre, subito dopo il ritrovamento del corpo di Sarah in fondo al pozzo in contrada Mosca, aveva raccontato questa scena ad una sua ex commessa come se fosse realmente accaduta. La stessa cosa Buccolieri aveva confermato e sottoscritto ai magistrati che, avendolo saputo da terze persone, lo avevano convocato ad aprile 2011 in procura. Salvo ripresentarsi nello stesso ufficio due giorni dopo dicendo di non essere più sicuro di aver vissuto realmente quelle scene che potevano essere «frutto di un sogno perchè fortemente suggestionato dai racconti delle televisioni e dai giornali».

Questa è la trascrizione dell’incredibile sogno fatto da Giovanni Buccolieri, il fioraio di Avetrana indagato per false dichiarazioni al giudice che a metà di aprile 2011 aveva raccontato l’episodio ai magistrati per poi ritrattarlo tutto dicendo che si trattava di un sogno e non di realtà. Dopo il lungo racconto del testimone, le considerazioni del giudice Martino Rosati.

IL “SOGNO DEL FIORAIO” (Interrogatorio davanti ai pubblici ministeri)

«(… ) Dopo aver finito il pranzo ho salutato mia moglie ed i bambini e sono andato via. Sono quindi sceso dalla scala che direttamente mi porta all’esterno dell’abitazione; potevano essere circa le 13:20. (… ) Sono entrato quindi nel mio furgone ed ho percorso diverse vie di Avetrana sino a raggiungere il luogo dove effettuare lo consegna commissionatami. Ricordo di avere percorso via Verdi (…). Ricordo di avere quindi svoltato in via Umberto I. Nella circostanza, al momento della svolta, ovviamente ho dovuto rallentare all’incrocio con via Umberto I, quasi a passo d’uomo. In quel momento in via Umberto I, a circa 3-4 metri dall’incrocio, ho visto l’autovettura “Opel Astra SW”, di colore azzurro-grigio, vicino alla quale si trovava Cosima Serrano, che si rivolgeva alla nipote Sarah Scazzi, dicendole con tono minaccioso: “mo’ ha ‘nchianà’ intra la machina”,  facendo al suo indirizzo un gesto altrettanto perentorio con il braccio e con l’indice della mano rivolto all’indirizzo di Sarah. Ricordo che Sarah, che conoscevo di vista, era molto turbata e con lo testa chinata. Ricordo anche non solo che Cosima era all’esterno dell’auto, che intimava a Sarah quello che ho già detto, ma anche che lo sportello posteriore destro dell’auto di Cosima Serrano era aperto.

DOMANDA DEGLI INQUIRENTI: I finestrini del suo furgone come li aveva? Erano aperti o chiusi?

RISPOSTA: il finestrino lato guida era sicuramente aperto. Non ricordo se l’altro fosse anche aperto. Voglio precisare che il mio mezzo non è fornito di aria condizionata.

DOMANDA: Di che colore è il suo furgone?

RISPOSTA: il mio furgone è di colore bianco.

DOMANDA: Quale era lo posizione di Sarah sulla strada?

RISPOSTA: Sarah si trovava sul marciapiede destro di via Umberto I, dal lato dell’abitazione della sig.ra Emma Serrano (sorella di Cosima), con direzione via Martiri d’Ungheria, con le spalle quasi appoggiate al muro delle abitazioni.

DOMANDA: Qual era la posizione della sig.ra Cosima Serrano?

RISPOSTA: Cosima Serrano, come ho già detto, si trovava vicino alla sua macchina, non sul marciapiede, ma sulla strada.

DOMANDA: Lei già conosceva l’autovettura di Cosima Serrano?

RISPOSTA: La macchina era quella di Cosima Serrano perché la conoscevo. Voglio precisare che ho notato che nella parte posteriore dell’auto vi era verosimilmente il copri-vano bagagli leggermente sollevato. Preciso, altresì, di avere notato all’interno dell’auto di Cosima, nella parte posteriore, una sagoma che si abbassava. Mentre superavo lo macchina di Cosima ho notato che Cosima era ancora all’esterno dell’autovettura e Sarah che, invece, stava entrando dentro attraverso lo sportello posteriore destro. Ho quindi proseguito per la mia strada recandomi a Leverano.

DOMANDA: Può chiarire meglio le caratteristiche della sagoma di cui ha parlato sopra?

RISPOSTA: Posso dire che la sagoma che ho notato apparteneva ad una persona di sesso femminile e di robusta costituzione.

DOMANDA: Perché lei dice di sesso femminile?

RISPOSTA: Dico di sesso femminile perché ho notato i capelli che erano più lunghi di quelli che porta un uomo e soprattutto erano legati e raccolti all’indietro e di colore scuro.

DOMANDA: Ricorda l’abbigliamento di Cosima Serrano?

RISPOSTA: Ricordo che Cosima era vestita di scuro. Ricordo che quando le sono passato accanto con il furgoncino ho incrociato il suo sguardo ed ho notato che lo stessa ha avuto un sussulto di sorpresa spalancando repentinamente gli occhi. (…)

DOMANDA: Dopo aver assistito a tale episodio che cosa ha fatto?

RISPOSTA: Ho proseguito per Leverano, giungendovi circa un’ora prima dell’apertura del mercato floreale, anche se sull’orario non posso essere preciso. Di solito i tempi di percorrenza sono da 20 a 25 minuti. (…)

DOMANDA: Dell’episodio a cui ha assistito, ne ha parlato con altre persone?

RISPOSTA: Ricordo che di questi fatti ne ho parlato con mia moglie, con una mia ex operaia, di nome Vanessa Cerra.

DOMANDA: Quando ha riferito di questo episodio a sua moglie e alla sig.ra Cerra Vanessa?

RISPOSTA: Ricordo di avere parlato di questi fatti a mia moglie ed alla mia operaia Cerra Vanessa dopo il ritrovamento del corpo della piccola Sarah. Tale ritrovamento mi ha fatto pensare sui fatti a cui avevo assistito ed ai quali fino ad allora non avevo dato una grossa importanza, atteso che tutti pensavamo, come anche si diceva in TV, che Sarah era stata rapita per strada. Successivamente, dopo aver appreso dalla televisione che Michele Misseri aveva fatto ritrovare il cadavere di Sarah, ho iniziato a pensare a quello cui avevo assistito tanto che ho sentito la necessità di parlarne con mia moglie e con lo mia operaia Vanessa, con la quale avevo instaurato un ottimo rapporto di amicizia e con la quale mi confidavo.

DOMANDA: Dello stesso episodio ne ha parlato con qualcun altro? E se sì, quando?

RISPOSTA: Ho riferito tali circostanze anche al mio amico Galasso Michele. A questi avevo detto però, raccontando i fatti, che non ero certo che si fosse trattato di un fatto reale o di un sogno. Tale racconto è avvenuto sempre dopo il ritrovamento del cadavere di Sarah e dopo averne parlato con mia moglie e lo mia operaia Vanessa. Intendo precisare che, quando ho saputo del ritrovamento del cadavere di Sarah, ho anche fatto mente locale alle dichiarazioni rese dai due fidanzatini, avendole sentite in TV, che all’epoca raccontavano di aver visto Sarah intorno alle 14:25 - 14:30; ho quindi compreso che l’orario che indicavano era assolutamente incompatibile con i fatti a cui avevo assistito e che certamente gli stessi avevano visto Sarah molto prima.

DOMANDA: Perché lei è certo che i fatti si riferivano al 26.08.2010?

RISPOSTA: Sono certo che i fatti a cui ho assistito si riferivano al 26 agosto 2010 perché li ho chiaramente associati al giorno della scomparsa di Sarah.

DOMANDA: Quando ha raccontato l’episodio alla Cerra, quest’ultima quale reazione ha avuto?

RISPOSTA: Quando ho raccontato i fatti a Cerra Vanessa, la stessa mi esortava a raccontarli ai Carabinieri. Io le dissi che non mi sentivo di fare questo per evitare che le mie dichiarazioni, in quel momento delle indagini, potessero creare più confusione che chiarezza, anche se dentro di me avevo il dubbio se andare dagli investigatori o meno. Ogni notte pensavo ai fatti ed ero macerato dal dubbio se potesse essere utile che io riferissi i fatti ai Carabinieri. (…) Ricordo che, dopo che Cerra Vanessa era stata ascoltata dall’Autorità Giudiziaria, verso lo fine di ottobre, ebbi un colloquio con la stessa che mi raccontava quello che le avevano chiesto gli inquirenti, che stavano ascoltando tutti i residenti di via Grazia Deledda, nella circostanza, mi esortò nuovamente a raccontare quello a cui avevo assistito ai Carabinieri. Io le dissi, come le avevo già ribadito, che avevo paura che le mie dichiarazioni potessero pregiudicare le indagini in corso e che comunque avrei deciso successivamente se recarmi o meno dagli inquirenti. (…)

DOMANDA: Ci indichi con precisione che cosa ha riferito a sua moglie? E quando?

RISPOSTA: Dei fatti che ho raccontato a voi e sopra meglio descritti ho riferito a mia moglie solo il momento in cui avevo visto Cosima gesticolare verso Sarah e dirle perentoriamente: “mo’ ha ‘nchianà’ intra la machina”. Anche a mia moglie, forse per tranquillizzarla le ho detto che non ero certo se i fatti raccontati erano il ricordo di un sogno oppure la realtà.

DOMANDA: Quando ha raccontato i fatti su descritti a Vanessa e a sua moglie, erano entrambe presenti, ovvero il racconto è stato fatto in tempi diversi?

RISPOSTA: Non ricordo se quando ho raccontato i fatti fossero entrambe presenti oppure ciò è avvenuto in tempi diversi. Posso dire che in qualche occasione in cui abbiamo parlato di tali fatti stavano insieme. Posso dire che dell’argomento ne abbiamo parlato in più occasioni.

DOMANDA: Lei è proprio certo di aver raccontato di detto episodio alla Cerra dopo il ritrovamento del cadavere di Sarah Scazzi oppure ciò è avvenuto verso lo fine di settembre del 2010 e cioè, prima del ritrovamento del cadavere di Sarah?

RISPOSTA: Non posso escludere che io abbia riferito i fatti alla Cerra anche prima del ritrovamento del cadavere di Sarah. In merito non posso essere più preciso. lo ricordo, come già detto, di aver parlato dei fatti dopo il ritrovamento del cadavere. Evento questo che mi aveva portato a meglio riflettere su quello che avevo visto e che sopra vi ho detto.

DOMANDA: Invitandola a ritornare con la memoria al momento in cui ha notato Sarah Scazzi e Cosima Serrano, può dire se lo ragazza, quando è stata da lei notata, era ferma oppure correva?

RISPOSTA: Quando ho visto lo ragazza, la stessa era ferma. (…)

Ecco cosa scrive in proposito il gip Martino Rosati nell’ordinanza di arresto di Cosima Serrano e la figlia Sabrina Misseri:

«E’ un’allegazione, questa del sogno, offensiva per l’intelligenza degli inquirenti, ma, prim’ancora, per la memoria della piccola Sarah e per il dolore dei suoi più stretti congiunti. Le alternative, invece, alla luce di quella verbalizzazione, possono essere soltanto tre: o che i magistrati abbiano verbalizzato in maniera infedele; o che Buccolieri abbia detto il vero; ovvero che egli abbia affermato, in tutto od in parte, il falso. Escludendo la prima, sempre per rispetto alle persone offese ma anche alla dignità degli indagati, rimane da scegliere tra le altre due.

Ebbene, l’allegazione dell’evidente pretesto del sogno, se valutata insieme al lungo tempo durante il quale Buccolieri ha evitato di parlare con gli inquirenti ed all’assenza di altri elementi di riscontro obiettivi alle sue parole, non può che minare dall’interno la credibilità di tale racconto, rendendolo fragile e necessario di robusti sostegni esterni.

Fin quando questi non ci sono, ed in attesa che le indagini sul punto facciano il loro corso, esso non è sufficiente a fondarvi una valutazione di gravità indiziaria.»

A tal fine si allunga la lista delle persone iscritte nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla morte della quindicenne Sarah Scazzi. Gli ultimi in ordine di tempo sono Antonio Colazzo e Anna Scredo, cognati del fioraio Giovanni Buccolieri, l'uomo che avrebbe raccontato di un presunto tentativo di sequestra da parte di Cosima Serrano nei confronti della nipote e che poi ha ritrattato dicendo di aver sognato tutto.

Per l'episodio Buccolieri è indagato per false dichiarazioni, mentre i suoi parenti sono accusati di favoreggiamento personale. Infatti, i due si sarebbero accordati sulle risposte da dare ai pm durante le audizioni come persone informate sui fatti.

Il 20 maggio 2011 i coniugi, Anna Scredo e Antonio Colazzo, cognati del fioraio Giovanni Buccolieri, si recavano a Taranto per essere interrogati. Una cimice montata sulla loro auto intercettava una conversazione. I due che sanno il motivo della convocazione, concordano ciò che dovranno dire ai magistrati.

Anna istruisce il marito Antonio: «Dico: "è stato sempre una persona corretta, non ha mai… anche da fidanzato... nemmeno ... hai capito? ...Tu non sai niente, non hai mai sentito niente prima». Antonio: «Che ne so». Anna insiste: «...soltanto parole, dì "io tramite mia moglie, ho saputo che lo hanno portato un giorno in caserma" ...solamente questo ...poi sempre tramite mia moglie, mi ha detto che era per un sogno". Poi se dicono "mi puoi raccontare i particolari del sogno?", tu dici (incomprensibile) anche perché non mi sono più visto con lui". Capito?». Antonio: «Io, i particolari non li so perché ho dato sempre per scontato che è un sogno». Anna: «Che è un sogno: "non è che pensiamo che può essere la realtà ...poi si sa ho detto che Antonio (incomprensibile) non si ricorda, non è che .., capito?».  L’accusa per Buccolieri e cognati è sostenuta in base a quanto dichiarato da Donato Massari, il 42enne di Avetrana padre di un’amica di Sarah, che quel 26 agosto si è imbattuto nella Opel Astra station wagon condotta da Cosima Serrano. «Ho visto con certezza il 26 agosto, tra le 14 e le 14.20, l’auto di Cosima Serrano in via Michelangelo Buonarroti, quasi all’incrocio con la via per il Mare. L’auto - mette a verbale l’uomo - percorreva la strada ad alta velocità, quasi rischiando di provocare un incidente stradale». Secondo gli inquirenti, e soprattutto stando alla ricostruzione del fioraio, Cosima e Sabrina inseguivano Sarah che probabilmente era scappata dall’abitazione degli zii, per essere raggiunta ad alcune centinaia di metri di distanza dove Cosima avrebbe costretto la nipote a salire sull’auto. Pochi giorni dopo, per ben due volte, Cosima e Sabrina si presentarono a casa Massari per chiedere informazioni sul furgone blu visto dall’operaio quel giorno e sulle sembianze del conducente del mezzo. 

Naturalmente al paradosso non c’è limite. Enrico Risso, medico legale genovese e consulente della difesa di Sabrina Misseri, da quanto riportato dal Secolo XIX sempre del 14 maggio, è stato arrestato dopo una notte brava tra alcol e prostitute e dopo avere reagito in maniera violenta contro la polizia. Risso è stato fermato a Sestri Ponente all’ingresso della Fincantieri, dopo che in via Sampierdarena una giovane cittadina romena aveva segnalato a una pattuglia della polizia di essere stata malmenata «da un uomo sulla quarantina», poi fuggito su un’auto. Di fronte ai poliziotti, come detto, Risso ha reagito, opponendo resistenza. Non solo: l’etilometro ha dimostrato che nel suo sangue circolava troppo alcol, dunque per lui è scattata un’altra denuncia.

 

17 maggio. La Cassazione sulla carcerazione di Sabrina Misseri bacchetta i giudici di Taranto: "Michele Misseri inattendibile, caso da riesaminare". Queste in sintesi le motivazioni con cui è stata annullata una delle ordinanze di carcerazione della figlia Sabrina. La Suprema Corte, che non sostiene l'estraneità della ragazza all'omicidio, bacchetta i giudici che non hanno verificato le dichiarazioni e i comportamenti del contadino e approfondito tre aspetti: le dichiarazioni della sua amica Pisanò, la retrodatazione dell'orario del delitto e il movente delle gelosia. Le sette differenti versione fornite da Michele Misseri in relazione all'omicidio della nipote quindicenne, Sarah Scazzi, sono "tra di loro incompatibili e sovente contrapposte" e ciascuna "porta con sé una totale o parziale, ma sempre significativa, quota di ritrattazione e, con essa, un grave segnale di inattendibilità". Questo uno dei passaggi delle motivazioni, depositate in base alle quali  la Cassazione ha annullato con un rinvio una delle ordinanze di carcerazione di Sabrina Misseri, ordinando al Tribunale del Riesame di Taranto di rivalutare tutto il materiale indiziario e di rispondere a tutte le obiezioni della difesa di Sabrina. La prima sezione penale, pur ricordando che questa decisione non comporta "la rimessione in libertà" di Sabrina, ha disposto infatti un nuovo esame in quanto l'ordinanza del 18 gennaio 2011 ha adottato "la scelta dell'opzione interpretativa sfavorevole all'indagata" senza prendere in alcuna considerazione la "possibilità di letture divergenti e di adeguate risposte alle obiezioni difensive". La Cassazione, nell'accogliere il secondo ricorso presentato da Coppi (il primo presentato da Russo e Velletri è, invece, stato dichiarato inammissibile) dice che non siamo "in presenza di una chiamata in correità che rimane ferma nel suo nucleo essenziale (abbiamo commesso l'omicidio insieme e in questo modo), arricchendosi di dettagli su aspetti collaterali. Si tratta invece di versioni tra di loro incompatibili e sovente contrapposte" che denotano "un grave segnale della inattendibilità" dello zio Michele. In particolare, i supremi giudici, con la sentenza depositata, bacchettano i giudici che hanno confermato la custodia in carcere di Sabrina, non sostenendo l'estraneità della ragazza all'omicidio di Sarah, ma criticando aspramente la circostanza di aver dato retta al racconto di Michele Misseri senza "alcuna verifica dei comportamenti da lui effettivamente tenuti" e soltanto riscontrando il suo racconto con le sue stesse dichiarazioni mentre il procedimento di verifica deve essere "compiuto dall'esterno". La Suprema Corte, inoltre, accogliendo le obiezioni sollevate dalla difesa di Sabrina sui metodi usati dai magistrati nell'interrogatorio di Michele Misseri, rileva che non è stato tenuto nel debito conto la "suggestionabilità" dell'uomo, il quale, ricorda la Cassazione, aveva già ricevuto dal Gip il richiamo "a non mentire". Per la Cassazione, inoltre, il Tribunale del Riesame non ha dato sufficienti spiegazioni agli altri tre elementi in base ai quali, oltre alle dichiarazioni accusatorie del padre Michele, è stata incarcerata Sabrina: le dichiarazioni della sua amica Pisanò, la retrodatazione dell'orario del delitto e il movente delle gelosia. Su questo punto, la Cassazione non ritiene che il movente della gelosia per Ivano Russo sia stato l'elemento scatenante il delitto. Anzi, quello della gelosia non è neppure "un indizio" a carico di Sabrina: "obiettivamente esile", è stato definito. "Il solo movente, per il carattere di ambiguità che è ad esso intrinseco, non è comunque mai di per sè assimilabile ad un grave elemento indiziario - aggiunge la Cassazione - e intanto può fungere da aspetto rafforzativo del quadro probatorio in quanto gli altri elementi siano precisi e convergano a un unico significato". Questi principi della Cassazione, ricorda la stessa sentenza della Suprema corte, sono già stati affermati nella famosa sentenza su Giulio Andreotti, difeso, anche lui come Sabrina Misseri, dal professor Franco Coppi, che, dunque, se ne è 'servito' anche per il 'giallo di Avetrana'. In più, ritengono i giudici, è necessario approfondire meglio l'ipotesi del movente sessuale che potrebbe aver spinto Michele Misseri a uccidere la nipote. In proposito la Cassazione osserva che questo movente è stato ritenuto falso dal Tribunale del Riesame di Taranto, interpretando alcune dichiarazioni di Sabrina Misseri ad un amico, che devono essere nuovamente analizzate come la ritrattazione dello stesso Misseri in quanto "inattendibile". Per quanto riguarda le dichiarazioni con le quali Sabrina esprimeva incredulità questo tipo di movente, la Cassazione osserva che "a seconda del contesto, questa opinione (di Sabrina) potrebbe addirittura validamente essere spiegata con atteggiamenti di incredulità favorevoli alla tesi della innocenza della ragazza". La Cassazione ricorda anche che il tribunale del Riesame "non ha fornito giustificazione congrua sulla piena attendibilità della ritrattazione delle dichiarazioni auto-accusatorie del Misseri". Nonostante tutto ciò, però, Sabrina, pur proclamandosi innocente, resta in carcere. «Cosima - replicano gli avvocati della famiglia Scazzi Nicodemo Gentile e Walter Biscotti - è un fortino da espugnare». Il “fortino” Cosima. La definiscono così da sempre in tutte le sedi Nicodemo Gentile e Valter Biscotti, gli avvocati della famiglia di Sarah. «L'impacciato silenzio e le goffe risposte con le quali Michele Misseri tenta di giustificare il ruolo e i movimenti della moglie in questa ferale vicenda sono indice certo che la verità ancora non è stata pienamente raggiunta e che probabilmente Cosima rappresenta il 'fortino' da espugnare se si vuole raggiungere la vera ricostruzione dei fatti». E su queste dichiarazioni la stampa scandalistica ci marcia. Certo è che nessuno legalmente a questi signori gli chiude la bocca, in quanto non è permesso diffamare chicchessia, specie se i diffamati non sono nemmeno indagati. Purtroppo spesso, però, cane non mangia cane e in questa vicenda ce ne sono a branchi e a pagarne le spese è la comunità di Avetrana. «Sarebbe stato bello - ha detto Cosima Serrano al Tgcom (e ripreso da tutta la stampa) a proposito di quanto stabilito dalla Cassazione - ma ci speravo poco visto che già due volte la richiesta di scarcerazione era andata male. E se volessero arrestare anche me, lo facciano pure. Tanto il carcere di Taranto lo hanno già sistemato, finirò con mio marito e mia figlia». Sulle lettere scritte dal marito Michele in carcere, Cosima ha aggiunto: «Quelle lettere sono come un testamento. Se un testamento deve essere rispettato, lo stesso vale anche per le lettere». L'avvocato di Cosima, Franco De Jaco, è intervenuto successivamente con una nota. «Diffidiamo Mediaset a mandare in onda dichiarazioni non autorizzate e dalle quali la signora Serrano prende assolutamente le distanze in quanto in contesti non coerenti. La signora Cosima - ha aggiunto De Jaco - ha accolto serenamente il verdetto della Cassazione e confida che il tribunale del Riesame possa finalmente dare alla propria figlia una speranza per il suo futuro».

Questa storia, con l'attenzione mediatica eccezionale, sembra un reality show. I protagonisti e gli inquirenti sembrano pedine. I giornalisti e gli pseudo commentatori e pseudo esperti influenzano le scelte ed alimentano i dubbi del pubblico, dando in pasto all'opinione pubblica la privacy e la reputazione del malcapitato di turno. I telespettatori ed i lettori sembrano indicare volta per volta chi deve essere arrestato e condannato, ergendosi a giudice in base alle prove presentate dai media e passate illegalmente da fonti investigative-giudiziarie-forensi. Processo da bar o di piazza, al di là delle norme di rito e quindi senza garanzia di imparzialità e giustizia.

Dall'inizio della vicenda sembra che la "nominata", predestinata ad essere "eliminata", sia Cosima Serrano e si fa di tutto affinchè ciò avvenga, nonostante le "eliminazioni" intermedie". Non mancano tentativi di eliminare l'intera Avetrana, nonostante la reticenza dei suoi amministratori alla tutela dei cittadini, ma sarebbe troppo: sarebbe "game over".

23 maggio. L’avviso di garanzia per Cosima. A forza di evocare la colpevolezza di Cosima, è arrivato l’avviso di garanzia. L'avvocato Franco De Jaco, legale di Cosima Serrano, ha reso noto a Chi l'ha visto? che la sua assistita ha ricevuto un avviso di garanzia per «concorso in omicidio, sequestro di persona e soppressione di cadavere» di Sarah Scazzi. «È un atto dovuto in riferimento alle perizie genetiche in programma il 25 maggio», ha spiegato l'avvocato della moglie di Michele Misseri e madre di Sabrina. Proprio il giorno prima la Serrano era stata in tv, a Domenica 5: «Non soffro la solitudine, soffro per il motivo per il quale sono sola. Sabrina non ha fatto niente e non è giusto che stia dove sta, mentre Michele, se ha fatto quello che ha fatto, è giusto che stia dove sta», aveva detto. Sul verdetto della Cassazione, Cosima Serrano aveva affermato che «è come se si fosse girata la palla… Finalmente hanno visto che era tutto contro Sabrina e che le cose a favore di Sabrina erano state messe da parte. Sicuramente usciranno anche le cose a favore di Sabrina. Io, quel giorno quando sono arrivata a casa, se non fossi stata a casa avrei avuto anche io dei dubbi, non so, ma siccome io l’ho vista a letto, io ho sentito il messaggio, io l’ho sentita quando è uscita sbattere la porta – spiega – Possono dire quello che vogliono. Quello era e quello è. Abbiamo speranza, crediamo nella giustizia, nella vera giustizia, però, non nella giustizia costruita – dice – Spero che si proceda adesso affinchè Sabrina torni al più presto libera. Libera però, libera. Non agli arresti domiciliari, perché non ha fatto niente e non è giusto che sia condannata per una cosa che non ha fatto». Sul fatto che la Cassazione dice che il movente della gelosia di Sabrina nei confronti di Ivano è un movente esile, la madre della ragazza sottolineava: «Anche un bambino lo capirebbe – commenta – Sarah era una sorella per Sabrina, ma una sorella vera non la puoi mandar via, in quella casa ci deve stare. Invece, se Sarah le dava fastidio, sia per Ivano sia per altri motivi, la poteva mandare via in qualunque momento». La Cassazione, in buona sostanza ha bacchettato la procura di Taranto, assieme al Gip ed al tribunale del riesame del posto, ricordando loro che l’art. 358 c.p.p. obbliga il PM a svolgere accertamenti per dimostrare la colpevolezza, ma altresì l’estraneità dell’accusato riguardo i fatti contestati. Sempre a Domenica 5 Alessandra Mussolini ha reiterato imperterrita e senza ostacoli la sua fustigazione sulla famiglia Misseri e evidenziando la correità dei suoi membri. Questo nell’indifferenza di De Jaco, che non ha minacciato querele né per la Mussolini, né per i responsabili del programma. Stesso tono e parole che Alessandra Mussolini ha usato anche nell’ennesima puntata di “Pomeriggio Cinque” del 20 ottobre 2010, quando era invitato Andrea, l’ex fidanzato di Sabrina che non ha evitato le telecamere e si è mostrato per difenderla contro l’accusa di omicidio volontario. La Mussolini che urla: «Sarah Scazzi è da giorni sotto terra e Michele e Sabrina Misseri e tutta la famiglia continuano a mentire, ci vorrebbe un passaggio in carcere per tutti». La curiosità morbosa di Barbaro D’Urso, anziché tacitare la Mussolini va oltre e inizia a chiedere ad Andrea non solo da quanto tempo il loro amore è finito, ma anche se si amavano ancora o se è rimasto dell’affetto. Dopo la pubblicità Andrea non è più stato in collegamento, assalito dagli altri giornalisti ha scelto di andare via, mentre la D’Urso ha confidato che dietro le quinte, qualcuno le ha chiesto il perché non avesse insistito con le domande per sapere, magari, chi dei due aveva lasciato l’altro e così via… Ma questo cosa c’entra con Sarah?

Si tratta dunque di una confronto tra i DNA di tutti i componenti della vicenda fino ad ora tutti possibili indagati, ma nessun reale assassino: Michele Misseri, Sabrina Misseri, Cosima Serrano, Carmine Misseri, Cosimo Cosma, Ivano Russo. L'indagine, diversamente da quello che il bombardamento mediatico vorrebbe farci credere, non sembra essere giunto a nessuna svolta decisiva, sta solo facendo il suo corso. Lo stesso avvocato di Cosima Misseri, Franco De Jaco, ha spiegato che se la Procura avesse considerato la donna "responsabile dei reati contestati anche a Sabrina e agli altri parenti sarebbe già stata fermata"; in merito alle perizie del 25 maggio fa sapere "non saranno nemmeno presenti perché assolutamente tranquilli". Lo stesso legale di Ivano Russo, Enzo Tarantino, ha fatto sapere che si tratta solo di "un avviso di accertamenti tecnici irripetibili"; "questo gli dà la possibilità di nominare consulenti di parte, anche se non è obbligatorio. Ciò non significa che il mio assistito è indagato".

Il gioco delle parti. A questo punto non si spiega perché per Cosima c’è un avviso di garanzia, perché indagata per atto dovuto, e per Ivano un avviso di accertamenti tecnici irripetibili, avendo per quest’ultimo lo stesso risultato dall’esito dell’esame del DNA.

Tante cose in questa vicenda non vanno: inchiesta approssimativa e sotto influenza mediatica; tutti dentro (in carcere) compresi gli avvocati, se possibile, affinchè qualcuno canti; nessun rispetto per le persone; ritardi nelle indagini e nelle ricerche; ecc... Insomma un processo indiziario in cui si va a tentoni, con persone detenute, e in cui gli indizi non sono affatto gravi, precisi e concordanti!!!

«Tutti questi mesi sono stati difficili e dolorosi, ma la cosa che mi fa più male è avvertire l'odio della gente. Essere costretta alle visite in carcere alla propria figlia e al proprio marito. Sono circostanze e momenti dolorosi e molte volte insopportabili». Lo afferma in un’intervista Cosima Serrano a  “Il Corriere della Sera” del 24 maggio. Certe notti qualche scugnizzo di paese passa per via Deledda e tira una sassata: lì, proprio sotto il patio, a sfasciare le ultime lampadine di Mimina. Qualcuno le scrive pezzo di m... sulla fiancata della Opel Astra. Lei sospira e dedica sofferenze e angherie cristianamente sopportate «al buon Dio», dice: «Come penitenza per ciò che ha fatto Michele». Brutte cose. Giusto per tacitare coloro i quali pretendono la cattiveria all’indifferenza, che a Brembate per Yara Gambirasio è citata come riservatezza, mentre ad Avetrana è bollata come omertà.

Certe notti pare che l'inverno non passi mai anche se il calendario certifica che è primavera, in quella villetta al civico 22 che è diventata la casa della morte e dell'orrore nell'immaginario degli italiani; sembra che tutti i lorsignori in toga della città a un'ora da qui ce l’abbiamo solo con te e che tutti i tuoi compaesani ti guardino come un'assassina. Certe notti il corridoio è troppo lungo, la stanza da letto troppo fredda, il tinello troppo vuoto.

Si è mai sentita perseguitata ingiustamente, signora?

«Sa, ormai mi sono abituata a sentire tante cattiverie contro di me! Gliel’ho detto, l'ingiustizia di cui sono vittima la offro al Signore».

Eccola qui, Cosima Mimina Misseri, zia di Sarah, mamma di Sabrina, moglie di Michè, il povero mostro a confessioni alternate. Eccola nel suo giorno più lungo, coi cronisti e le tv di nuovo a premere al cancello: perché se la Cassazione le apriva il cuore alla speranza facendo a pezzi l'inchiesta, che ha fatto a pezzi la sua famiglia («Mi sento come se fosse girata la palla, adesso usciranno cose anche a favore di Sabrina», ha detto a Domenica Cinque), è arrivato quest'avviso di garanzia che certo sarà «un atto dovuto», come sostiene il suo avvocato Franco De Jaco, e tuttavia non è bello leggersi indagati per concorso in omicidio, sequestro di persona e soppressione del cadavere della piccola Saretta; il domani, poi, è in mano al Padreterno. Perché per molti Mimina resta quella che «comandava in casa», quella che «non poteva non sapere», una deviazione noir del familismo amorale che i sociologi si dilettano a descrivere nel nostro Sud. Ciclicamente si leva tra Taranto e Avetrana un vento di voci e vocine, «la arrestano, stavolta la arrestano proprio». Lei non può far altro che tirar giù le serrande. Se è innocente come dice, qualcuno dovrà pur risarcirla, un giorno o l'altro.

Dalla morte di Sarah sono passati quasi nove mesi, quali sono stati i momenti più difficili?

«La morte di Sarah, sicuramente, e poi l’avere appreso dell'accusa a Sabrina da parte di Michele. Quell'accusa che fa rimanere mia figlia in carcere innocente».

Mi riferivo alla vita di tutti i giorni...

«Tutti questi mesi sono stati difficili e dolorosi».

Cosa fa più male?

«Avvertire l’odio della gente. Essere costretta alle visite in carcere alla propria figlia e al proprio marito. Sono circostanze e momenti dolorosi e molte volte insopportabili».

Come immagina il suo futuro?

«Il mio futuro è finito...».

...dicevo: ad Avetrana o lontano da Avetrana?

«...è finito in qualunque luogo io vada. Ho perso una nipote che amavo come una figlia, per mano di mio marito. Ho una figlia in carcere ingiustamente. Cosa vuole che mi interessi il mio futuro?».

Che cosa conta allora per lei, adesso?

«Ciò che conta oggi è che un futuro ce l'abbia Sabrina. Per il resto non posso sapere cosa accadrà».

Da mamma: se Sabrina uscisse prosciolta da questa storia, cosa dovrebbe fare per ricostruirsi una vita?

«Certamente la sofferenza di questi mesi e le accuse ingiuste di cui è tuttora vittima hanno inciso sul suo carattere. Ma sono convita che non debba fare nulla di diverso da ciò che faceva prima di questa drammatica esperienza».

E com'era Sabrina, prima?

«Una brava ragazza e una onesta lavoratrice».

Da moglie: cosa prova oggi quando va in carcere a trovare suo marito?

«Oggi ho compassione per Michele. Ma non posso perdonargli ciò che ha fatto a Sarah e a Sabrina».

Ha qualche rimorso verso Sarah?

«Rimorsi non posso averne in quanto non ho fatto nulla perché si realizzasse un evento così triste».

Pensa almeno che avrebbe potuto fare qualcosa per cambiare il corso degli avvenimenti?

«Forse, se avessi saputo per tempo che Sarah prendeva soldi da Michele e che Michele le aveva detto di non dire niente, mi sarei chiesta perché».

E dunque?

«Mi sarei potuta allarmare e quindi avrei potuto allarmare mia sorella Concetta e Sarah stessa».

Signora, lei è rimasta in quella casa... senza più Michele e senza più Sabrina. Quanto pesa la solitudine?

«Ho la fortuna di avere mia sorella Emma che mi sostiene e mi aiuta».

Ha mai paura?

«Paura? Vede, c'è anche qualche altra cosa che mi sostiene e mi aiuta».
Cosa?

«La convinzione che la giustizia, quella vera e non costruita, riconoscerà Sabrina innocente. Ridandole fiducia nel futuro».

D’altrocanto, però, anche Anna Pisanò si sente tradita dalla giustizia. Nazareno Dinoi sulla Voce di Manduria del 25 maggio e sul Corriere del Mezzogiorno riporta le sue parole. «Sono delusa dalle parole dei giudici della Cassazione che non danno credito alla mia testimonianza» . Anna Pisanò, che non si aspettava un simile trattamento dalla corte suprema che annulla con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame di Taranto sull’arresto di Sabrina Misseri, usa parole forti per descrivere il suo stato d’animo: «Mi sento offesa, se lo avessi saputo prima non mi sarei messa in mezzo a questi casini» .

È pentita di averlo fatto?

«Secondo lei? Chi me l’ha fatto fare? Se me lo permettessero andrei personalmente a Roma per parlare con questi giudici. Gli parlerei guardandoli negli occhi» .

Cosa vorrebbe dire loro?

«Direi ciò che ho visto e sentito quella sera quando Michele Misseri fece trovare corpo di Sarah nel pozzo e sua figlia piangeva disperata sulle mie spalle. Ricordo tutto di quei momenti, anche com’ero vestita io e le altre persone presenti» .

E cosa le disse Sabrina?

“Ma a che serve parlare, serve a qualcosa dirlo se poi nemmeno ti credono?»

In effetti i giudici della Cassazione danno scarsa importanza alle parole riferite a quella sera perché non sono state registrate né trascritte immediatamente.

«Questa è bella! Così avrei dovuto dire a Sabrina: aspetta prima di piangere e di parlare perché devo trovare un registratore oppure un taccuino con una penna? Le sembra normale?» .

Con l’andare del tempo, pensano i giudici, qualche particolare potrebbe sfuggire o essere distorto.

«Le ripeto che ricordo tutto di quella sera e se proprio insiste le ridico parola per parola quello che mi disse Sabrina mentre urlava “lo hanno incastrato, mio padre lo hanno incastrato”. Mi parlò in dialetto: Anna, mi disse, dopo tante ore viene quella cosa di dire la verità… di finire là… Così finisce tutto… Ma io non l’ho fatto, io non sono stupida”. E’ vero, non ho registrato e non ho preso appunti, ma subito dopo raccontai tutto a mio marito (che seduto vicino annuisce, confermando la circostanza, nda). Lo chieda a lui se non è vero, lo chiedano anche i giudici di Roma così diffidenti» .

In compenso i magistrati tarantini la ritengono attendibile.

«E meno male, già ho sofferto e soffro abbastanza. Cosa crede che non mi è costato niente tutto questo? Se non mi avessero chiamato (gli inquirenti, nda), non avrei mai tradito Sabrina che nonostante tutto non riesco ad odiare. Sono una mamma anch’io e non posso non pensare al dramma che sta vivendo, ai progetti che aveva e che sono saltati. Ma c’è di mezzo la morte di una ragazzina e tutti dovremmo offrire il nostro contributo alla giustizia» .

Anche Valentina Misseri si sfoga su “La Stampa” sempre del 25 maggio, intervistata da Maria Corbi, la giornalista che sin dall’inizio è stata l’unica che ha trattato con oggettività la vicenda ed è stata l’unica ad essere stata vicina alle donne Misseri ed a non abbandonarle come hanno fatto altri giornalisti, quando, dopo averle  usate, le hanno attaccate.

«Se quel 26 agosto fossi stata ad Avetrana, invece che a Roma, adesso sarei indagata anche io per la morte di Sarah». Sono parole amare quelle di Valentina Misseri il giorno dopo l’avviso di garanzia a sua mamma Cosima per concorso in omicidio, sequestro di persona e soppressione di cadavere. Ormai è lei l’unica persona della famiglia libera da sospetti e accuse. Ma non dagli insulti. «Sono esterrefatta e schifata dalla cattiveria della gente e di voi giornalisti che avete fatto a pezzi mia sorella, poi mia madre, colpevoli senza che neanche sia iniziato il processo. Ma in Italia esiste la presunzione di innocenza fino a prova contraria?». Una domanda amara che Valentina Misseri, sola nella sua casa romana, si fa leggendo i giornali, ascoltando la televisione. È dispiaciuta di non poter stare vicina a Cosima, perché «la vita va avanti insieme alle bollette». Ha tanta rabbia nel ricordare come tutte loro sono state insultate anche per la loro fisicità. «Ma essere grasse, avere problemi alimentari, non è un reato», sorride. «Come non lo è essere antipatiche, visto che secondo molti, che non ci conoscono, lo siamo». Valentina legge i giornali come un esercizio doloroso ma necessario. Le parole su Cosima le fanno male. «Una donna ha scritto che mia madre non ha mai provato emozione, rimpianto, rimorso per la nipotina. Ma che ne sa lei? Amavamo Sarah e lei amava noi visto che era sempre a casa nostra. Adesso chi non ci conosce scrive quello che gli viene in mente o peggio quello che la gente assetata di sangue vuole sentire. Le parole sono come pietre». E loro, le donne Misseri sono state lapidate. Valentina quando non lavora è sempre attaccata al computer, su Facebook, sui siti dei quotidiani, nel blog dove si discute del caso. «L’altro giorno ho sentito la Mussolini che diceva che siamo tutte colpevoli noi Misseri. Le avrei voluto dire che pensasse a quello che ha fatto suo nonno, alle persone che ha ucciso e fatto uccidere. Con lo stesso ragionamento potrei dire che lei è colpevole per i crimini commessi da suo nonno». Valentina è sola, addolorata: «Quando penso a Sarah e a quello che ha fatto mio padre ho un dolore fisico, al cuore. Ma Sarah deve avere giustizia, non vendetta. C’è bisogno del colpevole e non di un colpevole». «Mia sorella dicono che è antipatica, ma non è un assassina. Se avessi avuto dei dubbi non l’avrei mai difesa, perché per me sarebbe stato più facile sapere lei colpevole invece che papà. Papà è papà, è quello che mi ha cresciuto, portato a scuola. E anche mia madre non la avrebbe mai coperta. Se sbaglia una sorella o una figlia non la abbandoni ma accetti il fatto che deve pagare». Intanto anche Sabrina nel carcere di Taranto ha saputo delle novità sulla madre. «La notizia l’ha avvilita e abbattuta», ha detto Nicola Marseglia che la difende insieme a Franco Coppi. «Non riesce a darsi una spiegazione soprattutto in relazione alla decisione positiva della Cassazione di qualche giorno fa». La scorsa settimana la Suprema Corte ha annullato con rinvio una delle ordinanze del Tribunale del Riesame di Taranto che avevano confermato la detenzione in carcere di Sabrina Misseri demolendo tutto l’impianto accusatorio. Ma la procura non ne ha tenuto conto.

25 maggio. La notizia dell’arresto di Cosima. Una barbarie. Una bestialità. Ancora una volta, non un giornale nazionale, ma un giornale locale, abituato a tenere rapporti stretti con la procura di Taranto, tanto da non eccepire le sue pecche, dà sfoggio delle sue capacità. La Procura di Taranto avrebbe chiesto l'arresto di Cosima Serrano, moglie di Michele Misseri e madre di Sabrina, entrambi in carcere da diversi mesi per l'omicidio di Sarah Scazzi. La notizia viene pubblicata dal Quotidiano di Puglia (Taranto). La notizia, poi, è stata ripresa e riportata su scala nazionale. Nell'articolo, a firma di Lino Campicelli, si parla di due richieste d'arresto. Oltre a quella per Cosima, la Procura avrebbe chiesto anche una nuova ordinanza di custodia in carcere per Sabrina Misseri. Nel dare questa notizia, delle due, una: o è diffamazione commessa dal Campicelli e dal suo direttore; o è violazione del segreto istruttorio commesso dalla Procura. Nella seconda ipotesi, comunque, vi è una chiara discrasia con la pronuncia della Cassazione: più che mettere dentro Cosima, bisognerebbe scarcerare Sabrina, non sussistendone i presupposti, ma tant’è l’Italia e piena di carceri con detenuti innocenti. Tutto ciò nell’indifferenza di una società civile egoista e giustizialista (ma solo quando si tratta degli altri). E i magistrati che compiono tali nefandezze non pagano mai. «Se è una notizia fondata, è una fuga di notizie e quindi un fatto illecito, se invece non è fondata è una calunnia, una diffamazione. Strano che lo sappiano i giornalisti. A me certo non lo dicono». Così l'avvocato Franco De Jaco, legale di Cosima Serrano commenta in diretta alla “Vita in Diretta” dello stesso giorno, senza, però, minacciare azioni di tutela concrete. Di tutt’altro piglio, invece, Maria Corbi di “La Stampa”, che in trasmissione si sforzava, invano, di convincere Mara Venier e gli altri ospiti, omologati ad accusare tutto e tutti, che, quando si parla delle donne Misseri, si tratta della vita di persone, quantunque presunte innocenti, ma sempre persone in carne, ossa e sentimenti e non di personaggi dei fumetti. Intanto nello stesso giorno le fughe di notizie si rincorrono. Il telefono di Cosima Misseri alle 15.25 del 26 agosto 2010, proprio negli istanti in cui veniva uccisa la nipote Sarah Scazzi, si trovava nel garage della sua casa di Avetrana. Un luogo dove lei ha sempre negato di essere stata quel giorno e in quelle ore. Lo rivela, come riporta il settimanale Panorama, il rapporto dei carabinieri del Ros depositato in Procura a Taranto. Per soli 40 secondi, un tempo breve ma sufficiente ai tecnici per rilevarlo, quel giorno il cellulare di Cosima ha agganciato un'altra cella, quella del garage, che non è stata mai captata nella veranda, nel cortile e nell'abitazione. Il garage è posto sotto il livello della strada, e secondo il rapporto in quella zona i telefonini agganciano frequenze diverse da quelle delle altre zone della proprietà. Secondo Panorama, gli inquirenti sospettano ora che la ragazza sia stata uccisa in casa, e che il suo corpo sia stato portato in garage. E gli inquirenti sanno che c'è un buco negli spostamenti di Cosima. Quel buco, rileva il settimanale, coincide proprio con il momento in cui, stando al responso delle analisi tecniche condotte sulle celle telefoniche, il cellulare della zia di Sarah si trovava in garage. Il giorno seguente, il 27 agosto 2010, dalle 10.26 alle 10.40, i telefonini di Cosima Serrano e sua figlia Sabrina Misseri si trovavano invece in un'area rurale compresa tra Avetrana (Taranto) e San Pancrazio Salentino, una zona compatibile sia con la contrada Mosca, dove poi fu trovato il cadavere di Sarah, sia con la zona dove c'è l'albero di fico sotto il quale vennero rinvenuti i resti dei vestiti bruciati della vittima. Come sia stato possibile per Panorama ottenere un rapporto riservato, non si sa: bravi loro e criminali chi lo ha dato. Naturalmente c’è da aggiungere che anche i cellulari di altri indagati sono stati intercettati dalla stessa cella che li poneva sempre in contrada Mosca. Gli esperti indicano questi accertamenti come poco affidabili.

http://www.megghy.com/immagini/animated/bobine/bandes-10.gif26 maggio 2011: l'arresto di Cosima

26 maggio. L’arresto di Cosima. In concomitanza con la sberla ricevuta dalla Cassazione, la risposta della Procura di Taranto e del Gip Martino Rosati. Contestualmente all’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Cosima Serrano e Sabrina Misseri (quest’ultima già detenuta dal 15 ottobre 2010), il gip del Tribunale di Taranto, Martino Rosati, ha firmato anche l’autorizzazione all’interrogatorio di Michele Misseri così come chiesto dai due legali di Sabrina, Franco Coppi del Foro di Roma e Nicola Marseglia di Taranto. All’incontro parteciperanno anche i due pubblici ministeri, Mariano Buccoliero e Pietro Argentino, su richiesta di questi ultimi. «Un fatto anomalo» , l’aveva definito Coppi che rivendicava l’autonomia nell’ottica delle prerogative di atti difensivi. «Che stiano anche loro, così nessuno potrà dire che abbiamo usato domande suggestive per l’indagato», aveva infine dichiarato il penalista noto per aver difeso il senatore vita Giulio Andreotti. In quell’occasione Michele Misseri, su cui pende ancora l’imputazione di omicidio volontario in concorso con la figlia Sabrina, soppressione e vilipendio di cadavere (contestazioni queste che alla luce degli ultimi sviluppi dell’inchiesta dovrebbero essere sostituiti con la sola soppressione del corpo), potrà finalmente riferire la sua nuova versione dei fatti affidata alle numerose lettere inviate alle figlie e al suo legale Franco De Cristofaro. In quelle missive, tutte note tranne l’ultima ancora nelle mani di Sabrina, il contadino di Avetrana smonta completamente l’ultima confessione cristallizzata nell’incidente probatorio nel corso del quale addossava ogni responsabilità dell’uccisione della nipote a sua figlia Sabrina. Versione, questa, che la procura ha sempre ignorato rifiutando qualsiasi confronto che pure l’indagato e i suoi famigliari chiedevano. Un comportamento di chiusura, da parte della Procura di Taranto, stigmatizzato anche dai giudici della Cassazione nella recente sentenza che accoglie con rinvio il ricorso contro l’arresto della ragazza presentato dai suoi legali. È stata fissata invece per il 9 giugno l'udienza del Tribunale del Riesame di Taranto sul ricorso dei difensori di Sabrina, dopo che la Cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza con la quale lo stesso Tribunale, in altra composizione, aveva confermato il rigetto dell'istanza di scarcerazione della ragazza deciso dal gip Rosati.

Su queste basi prettamente giuridiche è arduo dimostrare, anche per Cosima e dopo mesi, il movente, la gravità degli indizi, il pericolo di fuga, la reiterazione del reato e la pericolosità sociale. Ma tant’è. L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Martino Rosati su richiesta del procuratore aggiunto Pietro Argentino e Mariano Buccoliero, ridisegna il delitto di Avetrana. Sabrina Misseri, a cui il provvedimento è stato notificato in carcere, risponde di omicidio premeditato, sequestro di persona e concorso in soppressione di cadavere. Quest’ultima è una accusa nuova mentre l’ipotesi di omicidio diventa aggravata dalla contestata premeditazione. Il gip Rosati a Cosima Serrano contesta il concorso in omicidio, per aver assistito inerme (non impediva l’evento), mentre la figlia Sabrina uccideva Sarah, nell’abitazione di via Deledda e non più nel garage come emergeva sinora dagli atti giudiziari, e il concorso nella soppressione del cadavere. Secondo il magistrato, infatti, Cosima e Sabrina la mattina del 27 agosto si sarebbero recate in contrada Mosca per gettare il corpo di Sarah nella cisterna dove fu ritrovato quaranta giorni dopo grazie alle indicazioni date da Michele Misseri ai carabinieri. Nell’ordinanza si parla anche di Michele Misseri a cui, in questo caso, viene contestato unicamente l’occultamento di cadavere su ordine, una ipotesi di reato che sarebbe legata a quanto successo il pomeriggio del 26 agosto.

Ad accusare Cosima, secondo la procura, ci sarebbe un rapporto dei Ros secondo cui il giorno della scomparsa (e della morte) di Sarah, il telefono di Cosima Misseri alle 15.25 si trovava in garage. Secondo i militari, i telefoni della famiglia Misseri quando sono nell’abitazione agganciano una cella Umts. Cella, questa, che non viene agganciata quando i telefoni si trovano nel garage interrato vicino all’abitazione. In questo caso i segnali dei telefonini vengono ritrasmessi da una cella Gsm che non verrebbe mai captata - ma si tratta di ipotesi investigative - quando i telefoni si trovano sul piano stradale, nella veranda oppure nell’abitazione dei Misseri. I telefonini di famiglia, comunque, non sono dotati di dispositivo satellitare Gps, quindi è estremamente difficile rilevarne con precisione l’effettiva ubicazione. Ora Cosima è accusata di concorso in omicidio volontario, Sabrina di omicidio premeditato e Michele di «occultamento di cadavere in seguito a ordine». Secondo questa ricostruzione, Sarah sarebbe stata uccisa in casa da Sabrina con l’aiuto di Cosima, mentre a Michele sarebbe poi stato ordinato di sbarazzarsi del cadavere.

La costruzione del delitto familiare è l’unico modo che gli inquirenti hanno per incastrare Sabrina sulla scena del delitto. E nonostante la Cassazione con una sentenza durissima abbia bocciato il loro teorema, smontando tutte le ipotesi fatte, continuano per la loro strada. E per «sviare» la Cassazione in procura hanno lavorato per tentare di fare a meno delle parole del padre di Sabrina, Michele, che da mesi, inascoltato, sostiene attraverso delle lettere inviate alle figlie e al suo avvocato di averla accusata falsamente perché ricattato. Così hanno emesso un nuovo ordine di custodia cautelate per Sabrina dove aggravano le accuse contestandogli l’omicidio premeditato. Un giallo che continua ad aggiungere capitoli. Con un grande accusatore (e reo confesso), Michele Misseri, che ha dato in tutto sette versioni diverse del delitto. La difesa di Sabrina aspetta da tempo di poterlo interrogare in carcere, un’autorizzazione che è arrivata contestuale all’arresto di Cosima.

Dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 27 maggio il resoconto secondo i dettami mediatici e giudiziari, che per spirito di verità non vogliamo censurare, anche se per tutti dovrebbe valere sempre il principio della presunzione d’innocenza e per deontologia dare voce anche alla difesa e non essere solo megafono dell’accusa. “Un delitto premeditato per paura di perdere il suo «Dio». Perché Sabrina Misseri, la 23enne in carcere dal 15 ottobre scorso con l’accusa di aver ucciso la cugina Sarah Scazzi, avrebbe sfogato la sua furia omicida, strangolandola con le sue mani secondo l’ordinanza, sulla 15enne in quanto divorata dalla gelosia e dall’invidia per il rapporto nato tra la vittima e Ivano Russo, il suo «Dio», come lo chiamava in alcuni sms finiti agli atti dell’inchiesta. Un delitto compiuto in casa, sotto gli occhi di sua madre Cosima Serrano, finita in carcere, a due passi da Sabrina, con l’accusa di concorso morale in omicidio volontario e concorso in soppressione di cadavere. Gli inquirenti hanno ridisegnato tutta la scena del delitto. Sarah arriva a casa Misseri attorno alle 14 e viene uccisa prima delle 14.20. Il delitto avviene in casa, al culmine di un violento litigio con Sabrina, figlio di una lita iniziata la sera prima e proseguita la mattina, che Sarah trascorre a casa della cugina. Cosima assiste, probabilmente impotente. Il cadavere di Sarah viene portato nel garage utilizzando il varco interno alla villetta di via Deledda, quindi caricato nella Seat Marbella da Michele Misseri e abbandonato, seminudo perché Sabrina Misseri nella sua furia omicida ha strappato i vestiti indossati dalla cugina, sotto un albero di fico poco distante dalla cisterna. L’obiettivo probabilmente era quello di inscenare il rapimento a scopo di violenza ma nessuno si accorge di quel corpo che la mattina dopo viene ritrovato lì dov’era stato lasciato e dunque buttato nella cisterna. Inizia così un depistaggio lungo mesi e mesi che gli inquirenti riescono a smontare con grande fatica, fino all’epilogo. «Continuiamo a lavorare per completare il mosaico di questa vicenda» ha spiegato il procuratore capo Franco Sebastio, aggiungendo che «c'è sempre la presunzione d’innocenza. Abbiamo continuato a lavorare raccogliendo una notevole quantità di nuovi elementi». Sono stati in particolare i carabinieri del Ros a fornire un impulso importante alle indagini, ricostruendo oltre 4mila sms che Sabrina e Ivano si sono scambiati nei quattro mesi precedenti il delitto, messaggi dai quali sarebbe emerso in maniera inequivocabile il movente del delitto, definito esile dalla Cassazione nei giorni scorsi, ma invece ritenuto assai solido e incontrovertibile dal gip Martino Rosati che nelle 90 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare ha anche indirettamente risposto ai rilievi della Suprema Corte. Nel provvedimento ci sarebbero anche i contenuti di alcune intercettazioni ambientali in carcere tra Cosima Serrano e suo marito Michele Misseri, colloqui dai quali, stando a quanto trapelato, sarebbero emerse le pressioni che la donna avrebbe fatto sul contadino riguardo alla versione da fornire al suo nuovo avvocato, un elemento che se confermato si inserirebbe a pieno titolo nella lunga teoria di depistaggi che ha contrassegnato questa vicenda.” Fine del resoconto giornalistico locale, megafono giudiziario.

Per sapere di più sull’arresto e per analizzare la verità contrapposta della difesa, ancora una volta ci rifacciamo al resoconto di Maria Corbi, sul “La Stampa” del 28 maggio. "Quando Sabrina ha saputo che la madre era in carcere ha iniziato a vomitare e non ha più smesso. Sta malissimo e certo non è stata meglio quando ha saputo che la mamma di Sarah, sua zia, ha chiamato Cosima «assassina». Perché? si chiede Sabrina. E la risposta è nelle 90 pagine del gip, anche se non esiste una prova, ma solo indizi.

Scrive il giudice: «Cosima Serrano non è soltanto la moglie di colui che ha fatto ritrovare il corpo della vittima e che - almeno a oggi, poiché con suo marito non si sa mai - si dichiara esclusivo autore dell’omicidio; non è soltanto la madre di colei che, invece, come sin qui detto, risulta raggiunta da una mole impressionante di indizi di colpevolezza per tale fatto. Ella è, soprattutto, per quello che interessa ai fini della ricostruzione degli eventi, la terza persona - senza contare, ovviamente, la povera vittima - presente sul luogo nel momento dell’omicidio».

Dall’esame delle celle telefoniche fatta dai Ros di Roma il gip evince che Cosima era in casa, dunque, e che alle 15,25 sarebbe scesa in garage, mentre lei ha sempre negato. Ed evince anche che Sarah era in casa Misseri perché il suo telefonino aggancia la cella che copre l’abitazione (diversa da quella del garage) alle 14,28, 14,23, 14,25, 14,28 e 13 secondi e 14 e 26 secondi. Prova del fatto, secondo il gip, che il delitto è stato consumato in casa da Sabrina. Ma il gip si dimentica di riportare che i Ros hanno spiegato chiaramente a pagina 3 della loro perizia che quella cella è compatibile «anche con il percorso compiuto dalla vittima tra la propria abitazione e quella Misseri, nonché con l’abitazione della stessa Scazzi Sarah)». Insomma secondo i Ros è ampiamente possibile che in quei momenti Sarah stesse a casa o in marcia verso casa Misseri, ipotesi che smonta la colpevolezza di Sabrina che potrebbe essere inchiodata alla scena del crimine solo anticipando gli orari di uscita da casa e arrivo a casa Misseri di Sarah. Ancora una volta il giudice sceglie l’indizio più sfavorevole all’indagata e non quello favorevole alla sua difesa, come ha invece sollecitato a fare la Corte di Cassazione.

Tornando a Cosima, la sua posizione, scrive il gip «sempre in bilico tra concorso nel reato e favoreggiamento», «si è disvelata» quando è stato chiaro che il delitto è stato compiuto a casa. Cosima quindi poteva benissimo sentire quello che avveniva in casa e anche il citofono «sicuramente suonato da Sarah al suo arrivo». Un «sicuramente» che non è supportato da testimonianze ma solo dalla logica del gip. «Dunque nella migliore delle ipotesi per lei, Cosima Serrano», ... «non può non aver assistito, per lo meno, a un’ampia parte dell’azione omicidiaria protrattasi per vari minuti (che in quel contesto sono un’eternità) e, in una simile situazione, non ha fatto nulla per impedire che siffatta condotta giungesse a termine».

Secondo il gip poi vi sarebbero «buone ragioni per sostenere che Cosima Serrano, in prima persona, non nutrisse sentimenti particolarmente benevoli verso la nipote Sarah». Un soliloquio di Misseri registrato nella sua auto inchioderebbe la donna: «Mi dispiace per la mia famiglia... se vanno (termine incomprensibile) io adesso li scoprirò... cosa vogliono dire, dicano quelli... è andata così, che vogliono fare, fanno a tua figlia... io non li credo (pausa) se uno non fosse voluto andare...».

Il gip interpreta questa folla di parole senza senso come una conversazione con Cosima a cui Michele direbbe «che vogliono fare, fanno a tua figlia». In secondo luogo, dice il gip, appare chiaro che a subire le conseguenze della sua scelta saranno i suoi famigliari. E poi la frase «se uno non fosse voluto andare» con cui Michele Misseri rivelerebbe, sempre secondo questa interpretazione dell’accusa, l’ordine di disfarsi del corpo. Il gip contesta sia a Sabrina che a Cosima il fatto che non abbiano saputo dire cosa abbiano fatto per quasi un’ora dalle 16,19 alle 17,15. In realtà le due donne hanno sempre detto di essere state in giro alla ricerca di Sarah.

E nell’ordinanza entra anche il sogno del fioraio Giovanni Buccolieri, una visione di Cosima che intima alla nipotina di salire sulla sua auto quel pomeriggio del 26 agosto. Il fioraio non ha voluto firmare il verbale che trasformava il sogno in realtà, ma gli inquirenti dicono che mente.

La nuova ordinanza nei confronti di Sabrina Misseri attinge a pieno nell’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame in sede di appello annullata dalla Cassazione.

Niente di nuovo per lei se non la conferma del movente (la gelosia per Ivano Russo) che sarebbe confermata da cinquemila messaggini. Ma la gelosia, ha ricordato la Cassazione, non è un movente e il movente in sé non può essere prova e neanche indizio."

La stampa di Taranto e i corrispondenti locali di testate nazionali, salvo qualche rara eccezione in provincia, sono stati il megafono della procura di Taranto, sposandone in toto la strategia giudiziaria. Sono stati i primi a denigrare Avetrana; i primi a condannare senza processo i protagonisti della vicenda, iniziando proprio dalla vittima: da Sarah Scazzi. Mai una critica ai magistrati su come sono state svolte ricerche ed indagini. Critiche devolute addirittura dal supremo organo di giustizia. Poco spazio alle difese, salvo che non fossero quelle dedicate “alla ricerca della verità” (attività, questa, però, propria della magistratura).

Sin dall’inizio vi sono state indiscrezioni a danno degli indagati, frutto di fughe di notizie.

Nessuno come i giornalisti tarantini hanno violato la deontologia. Si impari da Maria Corbi de “La Stampa” come si redigono i servizi asettici e cos’è la coerenza. Ella non usa e getta.

La vicenda di Sarah Scazzi culmina con la gogna mediatica dell’arresto di Cosima Serrano, con claque a seguito, in concomitanza con la chiusura dei salotti in tv. L’arresto preannunciato per dare tempo alle troupe televisive di ritornare ad Avetrana e stazionare in via Deledda per riprendere in diretta Cosima in manette. Evento atteso da mesi. Anche i mostri, quando sono tali, meritano il dovuto rispetto.

Avetrana non è quella latrante contro Cosima. Avetrana è quella che pretende giusta pena in giusto processo, senza gogna mediatica, né tintinnar di manette.

Ancora Maria Corbi, racconta sulla “La Stampa”, l'aspetto prettamente personale della vicenda. «Che dici, mi daranno il tempo di mettere le ultime cose nella borsa?». Cosima Serrano è rassegnata da giorni, sa che la devono venire ad arrestare. «Mi vogliono prendere», diceva mercoledì 25 maggio, dopo aver letto su un giornale locale la notizia dell’ordine di custodia cautelare pronto per lei. La hanno chiamata la sfinge per quel tenersi tutte le emozioni dentro, ma adesso che sa con certezza che i carabinieri arriveranno per strapparla alla sua vita, non riesce più a celare bene il dolore, l’angoscia, la paura. «Non per me, ma per Sabrina, sarà distrutta quando lo saprà». Ha passato le ultime ore da libera con la sorella Emma, asserragliata in casa con fuori cento telecamere pronte a riprendere le manette. Sciacalli e iene in cerca di carogne. Così appena il suo avvocato Franco De Iaco le comunica che le cose stanno proprio così, che non ci sono più dubbi, lei decide di «consegnarsi». Usa proprio questo termine. «Vado io a Taranto, con la mia macchina, così risparmiano tempo e strada». E lo avrebbe fatto se l’avvocato non l’avesse trattenuta. Vuole farla finita Cosima con quella che definisce tortura: «Da giorni tutti parlano del mio arresto e io aspetto, ogni macchina che si ferma davanti a casa penso: “sono loro”. Adesso il tempo è arrivato. Non ho mai pensato di scappare, e poi dove potrei andare? Il mio posto è qui, nella mia casa con la mia famiglia». Anche se adesso quella famiglia non c’è più. Sabrina è in carcere, Michele anche. Valentina è a Roma che grida come un animale ferito quando le dicono cosa sta succedendo alla madre. «Perché, perché? Non ha fatto niente.. qualcuno deve ascoltarci, voglio parlare con il Presidente della Repubblica, con Berlusconi, con Bersani, tutti devono sapere quello che sta accadendo». Povera Valentina. Non sa che nel momento del bisogno nessuno ti aiuta, specialmente coloro che, sopravvalutati dal popolino, non sono capaci nemmeno di farlo o se ne fottono. Cosima al telefono tranquillizza Valentina, la sua pena è per le ragazze. «Tanto non mi cambierà molto in carcere, è da mesi che sono agli arresti domiciliari, non posso neanche tenere le tapparelle aperte che subito qualcuno mi fotografa, mi riprende».

Cosima parla con l’affanno, combatte con le emozioni, quelle che tanti che non la conoscono sostengono non provi. «Io sono sempre stata riservata, non è vero quello che scrivono che sono fredda. La mia vita è stata solo lavoro e famiglia, non sono abituata alle chiacchiere. Sono così addolorata che la gente mi giudichi senza conoscermi. Perché lo fanno? L’altro giorno una giornalista che non ho mai incontrato ha scritto che non provo emozioni per Sarah, che non le ho mai provate. Ma se io l’ho cresciuta quella bambina, la penso ogni giorno. Quando vado al cimitero non ho la forza di entrare, aspetto mia sorella in macchina per il dolore che provo. Ma ormai la gente ha deciso che sono una strega e vogliono bruciarmi, e per dare soddisfazione a tutti quelli che la pensano così adesso mi arrestano». Cosima è una donna pratica e in attesa dei carabinieri pensa alle cose da fare: «Devo mettere la macchina in casa, prendere i panni che ho steso, chiudere tutto». Parla lentamente Cosima, con le lacrime che si intuiscono dalla voce. Parla con Valentina che si dispera al telefono, così lontana, a Roma, impotente. «Non è giusto, non è giusto», grida. Cosima che cerca di tranquillizzarla. «A me fa male il dolore delle mie figlie, per me non importa». Cosima racconta di questi giorni incollata alla televisione ascoltando pezzo del suo futuro. «Dicevano che mi avrebbero arrestato, che avrebbero perquisito casa, e io pensavo: “Ma cosa devono cercare ancora”? Tutta questa gente che si ricorda cose non vere. C’è anche che ha detto che mi ha sognato mentre trascinavo via Sarah. Ma adesso i sogni sono prove? Me lo chiedo ma non mi arrabbio, tanto hanno deciso che sono colpevole e anche se uscirò per la gente continuerò ad esserlo. La gente non ragiona, vuole scaricare la cattiveria su qualcuno. Mi chiedono perché io difendo Sabrina e non Michele. E la risposta è facile: perché io quel giorno c’ero a casa e ho sentito le ragazze che si mettevano d’accordo per andare al mare, ho sentito lo squillo del messaggino e so che le cose che dice mia figlia sono vere. Non la difenderei mai se fosse colpevole. Io stessa la avrei portata dai carabinieri».

Cosima parla lasciando libero sfogo ai pensieri, sempre gli stessi che ogni giorno le affollano la mente. «Sono pronta», dice. «Forse è meglio che è successo perché aspettare che ti vengano a prendere giorno dopo giorno è una tortura». E la donna che si consegna al carcere, non è una sfinge, ma una mamma piena di dolore.

Nonostante ciò ti scontri con l’Avetrana che non ti aspetti.

La valvola che conteneva la rabbia degli avetranesi è esplosa quando Cosima Misseri è uscita dalla caserma dei carabinieri per essere trasferita in carcere con l’accusa di avere ucciso e soppresso il cadavere della nipote Sarah Scazzi in concorso con la figlia Sabrina, già in galera da sette mesi. Sputi, insulti, mani protratte per sfiorarla, toccarla, aggredirla. Parole di rabbia come «assassina», «maledetta», «devi marcire in galera», «Sarah vuole vendetta», rivolte alla donna che non si è scomposta mentre i carabinieri facevano fatica a proteggerla e strapparla alla folla stizzita, cattiva. Infine il lungo applauso di scherno quando l’auto con le sirene è allontanata dirigendosi a Taranto. Si sono viste anche le lacrime di donne sopraffatte dall’emozione e dalla tensione accumulata in tanti mesi di dubbi. Secondo Nazareno Dinoi su “La voce di Manduria” del 27 maggio Tra la gente c’erano anche alcuni protagonisti della vicenda, la supertestimone Anna Pisanò, ad esempio, come anche Francesca, l’amichetta di Sarah e Virginia Coppola, la nuova fidanzata di Ivano Russo. Era presente anche Mariangela Spagnoletti, la testimone chiave dell’inchiesta, quella che sin da subito aveva fatto sollevare dubbi su Sabrina.

Alla domanda del Tg5 che le chiede se c'è giustizia per Sarah, Concetta replica: «La giustizia umana è inadempiente, purtroppo. Io spero sempre in quella divina, l'ho detto e lo ridico». Ma ora ci siamo? «Sotto certi aspetti sì, poi dobbiamo vedere in futuro», dice Concetta. Ma si aspettava che sua sorella Cosima la tradisse così? «No, per quale motivo mi deve tradire?», si domanda Concetta, che si fidava di Cosima «come una sorella». Ieri l'arresto, quelle terribili accuse di concorso in omicidio e soppressione di cadavere. E oggi, se avesse Cosima davanti cosa le direbbe Concetta? La risposta è secca: «Che è un'assassina».

Per spirito di verità bisogna dire che erano pochi i perditempo sbraitanti assiepati di fronte alla caserma dei carabinieri. Alcuni non erano nemmeno di Avetrana. Tutti, di certo, erano poco scolarizzati e, non per colpa loro, ignoranti di diritto. Facili prede dell’influenza mediatica, pronti a saltare da un carro all’altro. Identica claque festante di manifestanti di associazioni di sinistra che in Sicilia, nelle mediatiche occasioni, inneggiano alla cattura di noti mafiosi. Di tutti loro l’Avetrana onesta si vergogna. Mentre per Concetta c’è fraterna comprensione. Non una parola in più.

«Come possono degli adulti usare violenza e togliere la vita a una bambina? Cosa avrà pensato in quei momenti Sarah? Avrà gridato? A chi avrà chiesto aiuto? Ogni notte queste domande mi assalgono. Solo le belve umane possono ammazzare una ragazzina». Così Concetta Serrano Spagnolo intervistata il 28 maggio da Antonio Tondo della Gazzetta del Mezzogiorno.

Signora Concetta, c’è qualcuno che è stato leale e sincero in questa brutta storia?

Maria, la badante rumena, mi ha detto il primo giorno, dopo la scomparsa di Sarah: stai attenta Concetta, in questa vicenda è coinvolta Sabrina. Forse Sarah le aveva confidato qualcosa. Le ho risposto: stai zitta, stai sbagliando. Era assurdo pensare che Sabrina potesse tradire Sarah, che almeno a parole considerava una sorellina. Lei aveva una fiducia assoluta di Sabrina. Ricordo che nel nostro primo incontro disse: parli con Sabrina, lei sa più di me di Sarah. Sì, Sarah usciva con Sabrina. La casa di via Deledda era per lei una sorta di calamita. Mia figlia era convinta che l’amavano.

Nulla l’ha colpita? Mai ha avuto sospetti?

La sera della scomparsa di Sarah, Sabrina e Cosima vennero da me e mi dissero “apriamo il diario di Sarah, quello con il lucchetto, forse troveremo qualche pensiero utile”. Quella sera appresi la storia di Ivano e i sentimenti di Sarah nei confronti del giovane. Per me fu una sorpresa, Sabrina invece sminuì la cosa. Con il passare dei giorni, nella mia testa aumentava la confusione. Maria ritornava sui suoi pensieri. Lei era attentissima, osservava, ordinava parole e pensieri. Cosima e Sabrina la consideravano un pericolo per loro, tanto che mi dissero: Maria deve badare solo ad assistere zio Cosimo (il padre adottivo di Concetta, poi morto, ndr) e non deve impicciarsi. Il mio appello a indagare tra i parenti serviva a rompere il cerchio che mi stava soffocando. Sentivo che Sabrina nascondeva qualcosa, che a volte sviava l’attenzione, senza però pensare al peggio.

Quali sono stati i veri rapporti tra lei e le sue tre sorelle? E’ possibile che nessuna si sia schierata apertamente con lei?

Io ho vissuto da sola. Una volta adottata da Cosimo Spagnolo, sono cresciuta lontana da loro. Cosima, Emma e Dora sono state sempre unite tra di loro. Cosima e Sabrina sono gelose e invidiose per natura. Adesso addirittura me le vedo nemiche. I magistrati le indicano complici nel delitto. Mia sorella assassina, insieme alla figlia: scioccante, disumano e crudele.

Ed Emma, come si è comportata? L’abbiamo vista sempre in casa Misseri...

Emma qualche volta è venuta, poi sempre più raramente. Lei si atteggia in modo diverso. Mai un’espressione di vero dolore per la morte di Sarah. Da quando Sabrina è stata arrestata non è più venuta a casa mia. Ho perduto mia figlia e le mie sorelle non sono capaci di solidarietà autentica».

Forse c’entra la storia dell’eredità?

No, non credo proprio, sarebbe assurda una cosa del genere. Uccidere una bambina per soldi è fuori da ogni logica. Lei è cresciuta con un suo ordine interiore e con un relativo benessere, non ha fatto la bracciante, come Cosima. Forse il distacco è dovuto al fatto che le sue sorelle hanno sofferto la fame e hanno dovuto lavorare in campagna. È sufficiente questo per odiare e per arrivare ad usare violenza, fino alle conseguenze estreme, contro una bambina? Non credo. Come non credo che sia sufficiente la gelosia per spingere a gesti di male assoluto. A volte penso: forse Sarah era a conoscenza di storie, di relazioni o di episodi di degrado inconfessabili che hanno coinvolto Sabrina, forse Sabrina temeva che Sarah li rivelasse.

Concetta parla anche di Michele, «abituato a subire gli ordini, mai arrabbiato». «Michele non aveva motivi né per molestare né per uccidere». La mamma di Sarah sostiene che ciascuno deve pagare il suo conto con la giustizia in base al grado di colpevolezza. Certo, anche lui è un malvagio per aver sepolta Sarah in un pozzo. Il perdono? «Dio può perdonare. Ma il perdono arriva con il pentimento vero dei cuori. In questa storia, invece, ci sono solo bugie, reticenze, complicità nel male, mai una parola di pentimento».

Zia Cosima non nutriva sentimenti particolarmente benevoli nei confronti della nipote Sarah anche per una storia di eredità. Lo sostiene nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Cosima Serrano ed ha aggravato la posizione della figlia Sabrina, il gip del tribunale di Taranto Martino Rosati. Il marito Michele, più volte nel corso degli interrogatori ha riferito che la moglie mal sopportava la costante presenza della ragazzina a casa loro.

«Sarah, con la sua ancora acerba ma crescente avvenenza - scrive Rosati -, era anche colei che stava creando non pochi problemi alla figlia Sabrina, peraltro in un contesto di esacerbati rapporti familiari». Sarah era la figlia di sua sorella Concetta, ovvero colei che, da piccola era stata data in adozione alla sorella del loro padre, la quale era sposata con un signore piuttosto benestante. La coppia non aveva avuto figli. «Tale adozione, pertanto, aveva determinato che, alla morte dei suoi genitori adottivi, Concetta ereditasse l’intero patrimonio, impedendo, con la sua presenza, la devoluzione quanto meno della quota legittima ai fratelli di Filomena Serrano e ai loro figli, tra cui anche Cosima».

«Questa, a differenza di Concetta - scrive Rosati -, aveva avuto una vita nient'affatto agiata, trascorsa a lavorare nei campi e lontana dal marito immigrato. Peraltro, come se tanto già non bastasse, Concetta, in quanto pur sempre figlia dei suoi genitori naturali, alla morte di questi ultimi, aveva concorso con i propri fratelli alla suddivisione pure di tale asse ereditario, benché non avesse prestato alcuna assistenza alla loro madre, a differenza di quanto compiuto dalle altre sorelle».

«Tutto questo - si legge nell'ordinanza - aveva determinato contrasti mai sopiti in famiglia, come si può desumere a rigore di logica, ma come, soprattutto risulta confermato dalle parole di Valentina Misseri nel corso di una sua conversazione telefonica intercettata durante le indagini: "..mia nonna stava male e non è venuta un giorno ad accudirla però quando ha diviso l'eredità si è presentata la prima"...».

Rosati sposa la tesi dei pm: «Cosima nel rapporto tra Sarah e Sabrina rivedeva un film già visto e per lei molto doloroso: ossia la replica del suo rapporto con la sorella Concetta».

Si è detto che l’uccisione di Sarah Scazzi ha suscitato una così morbosa attenzione nell’opinione pubblica nazionale per le corde profonde (l’adolescenza, la solitudine, la ricerca di affetto, la gelosia) che da sola è riuscita a toccare, ma per quanto atroce possa essere stato il delitto, oggi il suo epilogo lo supera di gran lunga.

Eppure c’è qualcosa che al solo pensiero suscita un’angoscia pari a quella per la morte di Sarah e per lo scoprire quanto le fossero vicini i suoi assassini: è il dubbio che Sabrina e Cosima possano essere le vittime di un errore giudiziario. Ecco perché nel saperle in cella con il loro carico di infamanti accuse, c’è da augurarsi che siano davvero colpevoli.

I dubbi sollevati sono condivisi il 28 maggio dal direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, Carlo Bollino. E’ un processo indiziario questo, di pistole fumanti non se ne vedono e a ben guardare mancano anche in questa ultima ordinanza di custodia cautelare. Ricchissima di dettagli su quello che ragionevolmente sembra essere il movente del delitto (Sabrina non era soltanto gelosa di Sarah, ma ai suoi occhi era colpevole di averne tradito la fiducia, che è ancora più grave); convincente nell’elencare le contraddizioni di Sabrina; puntuale nel ricostruire lo scenario - anche logistico - nel quale il delitto si sarebbe compiuto; accurata nel ricostruire con credibili riscontri tecnologici le posizioni dei protagonisti prima e dopo il delitto; e infine apparentemente implacabile nel concludere che poichè Sarah Scazzi il pomeriggio del 26 agosto raggiunse casa Misseri viva e ne uscì morta, i colpevoli non possono che essere coloro che in quella casa si trovavano: cioè Michele, Sabrina e Cosima. Di indizi per sostenerlo ce ne sono a fiumi, ma poiché manca una prova definitiva e schiacciante, questo teorema rappresenta la sola Verità possibile? Basta dire: «È così perché non potrebbe essere altrimenti» per convincerci della colpevolezza dell’intera famiglia? E reggerà tutto questo alla verifica del processo?

C’è un dettaglio, cruciale e irrisolto, che continua ad impedire alla ricostruzione degli eventi fornita finora dai giudici di apparire totalmente convincente. E’ quello che viene indicato come l’astuto alibi che Sabrina Misseri avrebbe orchestrato dopo aver ucciso la cuginetta, cioè lo scambio di sms tra lei e il telefonino di Sarah che in quel momento si troverebbe ormai nelle sue mani. Immaginiamo la scena evocata dalla procura: è la controra del 26 agosto, l’omicidio è appena compiuto, il cadavere della ragazzina è ancora sul pavimento di casa e sta per essere trasportato nel garage (c’era la porta interna attraverso cui trasferirlo: ora è stato provato pure questo) e Sabrina fa scattare il piano. Tra le 14:25 e le 14:28 invia due messaggini a Sarah invitandola a raggiungerla con il costume da bagno per andare al mare. E poi, digitando sul telefonino della cuginetta, fa partire uno squillo verso il proprio cellulare: segnale convenuto con il quale Sabrina fa dire a Sarah «sono arrivata». Il primo dubbio è questo: quello che a parere degli inquirenti è un alibi, si poggia in realtà sul fatto che Mariangela per prima (alle 14:23) invia un sms a Sabrina dicendole di essere pronta ad andare in spiaggia. A quel punto Sabrina le chiede se può chiamare anche Sarah, e Mariangela risponde «ok». È solo in quel momento che partono i messaggini alla cugina. Ma che alibi avrebbe costruito Sabrina se Mariangela le avesse invece risposto «no», non invitare Sarah? E ancora: perché far partire quello squillo, certificando in questo modo l’arrivo della cuginetta sotto la propria abitazione? Non sarebbe stato più logico, al contrario, tentare di allontanarla dal luogo del delitto, facendo insomma credere che fosse stata rapita lungo il tragitto?

Si può ragionare sostenendo che le mosse di Sabrina furono dettate dalla confusione e dal panico (quindi nessun piano preordinato), e che in definitiva si sono rivelate un errore. Ma in assenza di prove schiaccianti (o di una confessione autentica e liberatrice), può altrettanto correttamente sostenersi che Sabrina non orchestrò proprio nulla, che quello scambio di chiamate con la cugina fu autentico, e che di conseguenza - a questo punto senza incertezze - lei e la madre sarebbero assolutamente innocenti. Perché indispensabile presupposto della loro responsabilità è che il delitto sia avvenuto prima di quell'ultimo squillo. Se invece Sarah era ancora viva alle 14:28 non possono averla assassinata loro per il semplice fatto che non ne avrebbero avuto il tempo.

È solo un dubbio dentro una miriade di indizi che invece depongono per la loro colpevolezza. Ma fino a quando questa ombra esiste si impone per tutti (inquirenti, giornalisti e opinione pubblica) cautela e rispetto. Quindi mai più applausi all’indirizzo degli arrestati, perché anche il solo immaginare Sabrina e Cosima innocenti in carcere è molto peggio che saperle assassine. 

http://www.megghy.com/immagini/animated/bobine/bandes-10.gif30 maggio 2011: liberazione di Michele

30 maggio. La scarcerazione di Michele Misseri. In 236 giorni un orco non si è trasformato in eroe. E forse nemmeno in innocente. Michele Misseri, otto mesi dopo il suo arresto, è tornato però a casa. Alle 19,15 ha varcato da uomo libero insieme con la figlia Valentina la villetta degli orrori di via Deledda dove secondo gli investigatori sua moglie Cosima e sua figlia Sabrina hanno ucciso Sarah Scazzi. A decidere la scarcerazione è stato il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto, Martino Rosati, che ha accolto le istanze della difesa di Misseri, ma anche quella della Procura. Misseri resta indagato per l'omicidio di Sarah (oltre che per il vilipendio e la soppressione del cadavere), ma secondo la Procura non esistono più i gravi indizi. Da qui il parere positivo alla scarcerazione. Il gip ha accolto la richiesta nel giro di poche ore, lasciandogli come unico obbligo quello della firma: dovrà presentarsi ogni pomeriggio alla caserme dei carabinieri per firmare la presenza.

«Mi dispiace per la mia famiglia se vanno... Io adesso li scoprirò... Cosa vogliono dire ... è andata così, che vogliono fare. Se uno non fosse voluto andare...». Il gip riporta questa frase, tratta dall’intercettazione ambientale disposta prima della confessione di Michele, per sostenere la tesi che l’uomo «abbia ricevuto per lo meno la richiesta, se non proprio l’ordine, di recarsi da qualche parte», cioé ad occuparsi «dell’immediato trasporto del povero corpo di Sarah lontano da casa». La custodia cautelare per quel capo d’accusa, così riformulato, è di 6 mesi. E i termini di custodia preventiva sono quindi scaduti.

Michele Misseri ha trovato casa come l'aveva lasciata, assaltata da fotografi, cameraman e giornalisti oltre a tanti curiosi che si sono lasciati andare anche a qualche applauso quando è sceso dall'auto. Tra gli altri c'erano anche due sorelle e una nipote, che lo hanno visto entrare in casa, ma non sono riusciti ad avvicinarlo. Dal carcere era andato a prenderlo la figlia Valentina arrivata da Roma, dove vive, all'alba. La ragazza era stata già nella prima mattinata in carcere a trovare Sabrina insieme con la zia Emma. Nel pomeriggio, a sorpresa, ha ricevuto la telefonata dei carabinieri, che le dicevano che Michele era stato scarcerato e che qualcuno avrebbe dovuto andarlo a prendere dal carcere. "È sempre mio padre" ha confessato Valentina agli amici. La ragazza è però convinta della colpevolezza del padre e dell'assoluta innocenza sia di sua madre Cosima, sia di sua sorella Sabrina. "In galera - ripete da giorni - ci sono due innocenti ed è assurdo che i magistrati continuino a non credere né a loro né a mio padre, che ora sta dicendo tutta la verità".

«Sono sconvolta - commenta da casa sua invece Concetta Serrano, la mamma di Sarah, su “La Repubblica. - Non me l'aspettavo che Michele tornasse libero così presto e ora non so se sono pronta per esempio per incontrarlo. Se lo avessi davanti l'unica cosa che potrei dirgli è di dire tutta la verità, perché io sono convinta che in questa storia non è ancora stata detta tutta la verità».

Le prime emozioni nella casa di via Deledda non sono stati facili per zio Michele. Ha lo sguardo fisso e un po' perso, il corpo composto in quella camicia da cowboy di campagna che ormai è diventata il feticcio di questa storia. Guarda dritto e ripete con la voce ferma: «Sono stato io. Ho ucciso io Sarah. Hanno liberato un assassino mentre in carcere ci sono due innocenti». Michele Misseri è seduto nella cucina di casa sua, la stessa dove secondo gli inquirenti è stata uccisa Sarah.

«Sbagliano, i giudici sbagliano – ripete - Io ora sto dicendo la verità e se loro mi credono, io voglio dirla di nuovo, la verità». La verità è quella delle ultime lettere, secondo Michele: Sarah l'ha ammazzata lui nel garage. È stato un raptus, l'ha stretta con la corda del compressore. «Queste immagini del paese sono incredibili: ma come hanno fatto a trattare così Cosima? Perché hanno battuto le mani se arrestavano un innocente? - insiste l'agricoltore. - E poi mi dispiace per Sabrina. Anche lei non ha fatto niente ed è in galera per colpa mia: io ora vorrei chiederle perdono, il perdono di un padre che ha rovinato la vita della figlia. Perdono, Sabrina, perdono. Sono stato io, lei con la morte di Sarah non c'entra nulla».

Frasi ripetute ossessivamente, tanto che qualcuno nella tarda serata ha chiamato un'ambulanza del 118. Il personale medico ha consigliato una visita specialistica, Misseri nella notte è stato accompagnato all'ospedale di Taranto, ma la consulenza ha escluso patologie importanti. Poche ore dopo Misseri è stato riportato nella villa di via Deledda. Pare che le sue condizioni siano buone e che nei suoi confronti non fosse stato emesso il provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio, che sembrava fosse stato assunto dal sindaco di Avetrana per disporre il ricovero in ospedale.

Le circostanze che hanno portato al trasporto in ospedale e alle successive dimissioni di Michele Misseri dalla struttura sanitaria sono abbastanza oscure. A quanto si è saputo, al suo ritorno a casa, Misseri avrebbe parlato con qualche giornalista. Poi, secondo il racconto fatto dalla figlia Valentina, interpellata al riguardo, «sono venuti i medici del 118 dicendo di aver ricevuto una chiamata, ma io non ho chiamato nessuno. Michele stava bene - ha aggiunto Valentina - era meravigliato per essere uscito dal carcere e si è sfogato, ma stava benissimo». Valentina ha detto ancora di aver chiesto perché il padre venisse portato via e di aver ricevuto dai medici la risposta che era stato il sindaco di Avetrana a disporre con un'ordinanza il ricovero.

La scarcerazione di Misseri è arrivata nello stesso giorno in cui sia Cosima, sia Sabrina non hanno voluto rispondere alle domande del gip durante l'interrogatorio di garanzia. "In questo momento non era opportuno che rispondesse" hanno detto i legali di Cosima, che hanno già annunciato ricorso al tribunale del Riesame contro l'ordinanza di custodia, che ha portato in carcere la donna. Sulla stessa linea anche i legali di Sabrina: "A questo punto non c'era alcuna utilità processuale. Non avrebbe avuto alcun senso se avesse risposto" ha detto Nicola Marseglia, uno dei difensori di Sabrina insieme con il professor Franco Coppi.

Maria Corbi de “La Stampa” ha avuto un colloquio esclusivo con Michele nell’immediatezza della scarcerazione. Torna a casa Michele e guarda la foto che all’ingresso lo mostra con la figlia Valentina il giorno delle nozze. Papà orgoglioso. Adesso Valentina lo riporta a casa dopo 8 mesi di galera, 8 mesi di continue versioni sulla morte di sua nipote Sarah: sono stato io, no è stata Sabrina, forse è stato un gioco finito male, e poi ancora: sono stato io. Un altro padre. È spaesato quando entra e muove passi lenti nella sua casa, costruita pezzo a pezzo, col il sudore del lavoro in Germania e nei campi. Piange: «Non dovevo uscire io, ma Sabrina e Cosima che sono innocenti. Se le condannano la mia morte sarà sulla tomba di Sarah». Una vita senza macchie fino a quel giorno, come dice lui, che gli è «andata via la testa», «ho sentito un calore che dalle spalle è salito alla testa» e ha ucciso Sarah. Piange Michele ingrassato in cella «come quando stavo all’estero». «A chi non mi crede quando dico che non so cosa mi sia successo dico che le cose bisogna provarle». Hai fatto tu Michele, sicuro? «Si, tutto io, lo giuro sulle ossa di mia madre». Inizia da qui ancora una volta il racconto minuzioso della sua verità. Michele vuole partire da lontano, da maggio quando è esplosa la sua crisi personale e con Cosima, racconta di quando in campagna stava per tirargli una pietra. «Lei si sfogava con me, ma io mi tenevo tutto dentro. Quel maledetto 26 agosto io stavo arrabbiatissimo perché il trattore non partiva e pensavo che tutti ce l’avevano con me, gridavo e Sarah è venuta a vedere, questo ho pensato. Io gli ho detto vattene, ma lei mi doveva dire qualcosa, allora l’ho sollevata di peso, l’ho girata per cacciarla. E quando mi ha dato un calcio sono esploso, tutta la mia rabbia l’ho messa sopra di lei. Avevo una corda sul parafango del trattore e gliela ho girata due volte al collo. Sarah aveva il telefonino in mano ed è caduto aprendosi in due. Quando l’ho lasciata lei è caduta con il collo sul compressore e quando l’ho presa da terra aveva il collo storto». Non sa dire gli orari: «Non porto orologio, proprio non so dire gli orari».

Dalla sacca che ha portato dal carcere Michele tira fuori un fascio di fogli protocolli: «Qui c’è la verità», dice. È il suo memoriale che tiene stretto, dentro c’è anche il motivo che lo ha spinto ad accusare la figlia. «Adesso non posso dirlo, perché lo devo dire al giudice». Racconta però che solo due giorni dopo l’incidente probatorio si è reso conto che Sabrina sarebbe rimasta in carcere «tutta la vita» e non come gli avevano detto: «Che stavamo due anni tutti e due e poi uscivamo». «Ma da allora nessuno mi ha più voluto ascoltare. L’ho chiesto tante volte». Il memoriale Michele lo voleva dare alla procura: «Ma dopo che ho visto quello che hanno fatto con le lettere non l’ho più dato».

Michele mima con una corda come ha fatto a seppellire Sarah nel pozzo, dice che ha detto di averla violata perché l’aveva spogliata. Piange: «Io sono cosciente che devo tornare in carcere, perché so quello che ho fatto e devo pagare. Volevo ammazzarmi prima di andare in carcere con il veleno che usavo per pompare le olive. E adesso mi ammezzerei, ma non lo faccio perché ci sono due innocenti in carcere». Quando gli hanno detto che poteva uscire ha detto di avere paura. «Ho pianto». «Sicuri?». L’avvocato Francesco De Cristofaro gli ha spiegato che sono decorsi i termini di durata massima di custodia cautelare in carcere alla luce della nuova contestazione di reato, ossia la soppressione di cadavere. Rimane indagato anche per omicidio e vilipendio di cadavere, ma venendo meno i gravi indizi di reato, vengono attenuate le esigenze cautelari. A Misseri rimane l’obbligo di firma ai carabinieri ogni giorno tra le 17 e le 18. Per la procura Michele non è un assassino. «Sono stato io», ripete invece con sicurezza Michele. Piange quando pensa alle immagini dell’arresto di Cosima con i compaesani che esultavano e sputavano come lama. «E molti li ho anche riconosciuti. Non ci ho dormito la notte Perché? Perché?». Stesse domande che si è fatto quando ha visto la gente che lo ha applaudito come un eroe che torna dal fronte: «Non sanno quello che fanno, quelli non sono applausi, dovranno applaudire Sabrina e Cosima quando usciranno». Dice che non è vero che era trattato male a casa, che «gli avanzi li mangiavamo tutti» e che ha denunciato chi ha detto «che stava meglio in cella che in casa». E poi le lettere che secondo i pm sono state scritte sotto dettatura: «Nessuno mi ha detto di scriverle perché alla vigilia di Natale mi ero arrabbiato visto che nessuno mi credeva. Non sapevo nemmeno che a Sabrina potevo scrivere». Non porterà un fiore sulla tomba di Sarah perché non se la sente Michele: «Volevo suicidarmi su quella tomba. Per me era come una figlia. Volevo tirarla fuori da quel pozzo perché due giorni dopo l’ho sognata che diceva “zio ho freddo”. Allora sono andato al pozzo, ho legato la corda a un ceppo per uscirla fuori, ma il pozzo era troppo stretto». Piange ancora Michele quando pensa a Sabrina: «Come potrò mai chiederle perdono?». Di Cosima dice: «La capirò se non vorrà più parlarmi, per colpa mia c’è andata di mezzo. E come lei anche mio fratello e mio nipote. Io ho fatto tutto da solo e cosa ci vuole a sollevare 40 chili, tanto pesava Sarah e a volte la sollevavo con una mano». Sei pentito Michele? «Sì sono pentito e ho già chiesto perdono a Dio, ma non so se me lo ha dato».

Gli strumenti di difesa. Gli interrogatori di garanzia?? Il 30 maggio 2011 si sono avvalsi del diritto di non rispondere: Sabrina Misseri, difesa dall’Avvocato Nicola Marseglia, e sua madre, Cosima Serrano, difesa dagli avvocati, Franco De Jaco e Luigi Rella, Presidente dell'Ordine degli Avvocati della Provincia di Lecce. Da notare che ci sono avvocati di Lecce, De Jaco e Rella, e ancor prima la Francesca Conte per Sabrina. Avvocati extra Foro per dare garanzia di affidabilità. Si ignora che ci sono sempre i rapporti stretti tra avvocati e magistrati di Taranto, Lecce e Brindisi. Il legame stretto che li lega è proprio l’esame di abilitazione forense che si tiene a Lecce e che abilita tutti gli avvocati dei tre Fori. Esame che varie inchieste inducono a dubitarne la legalità e i cui commissari sono gli stessi avvocati e magistrati.

Le due donne non hanno proferito parola dopo che il Gip Martino Rosati le ha interrogate successivamente alla sua ordinanza di custodia cautelare in carcere, motivata con oltre 90 pagine, da cui traspariva la sua piena convinzione della colpevolezza di entrambe.

Comunque bene hanno fatto a stare zitte ed ecco il perchè.

In Italia ogni giorno c’è un innocente che viene incolpato ingiustamente ed un colpevole che riesce a farla franca. E’ in questo dilemma che si opera. In virtù di esso, chi conosce bene la Giustizia in Italia, è abituato a conoscere l’uomo nei momenti più tristi della sua vita: o perché è accusato di aver commesso un crimine o perché lo ha subito. In entrambi i casi, l’uomo della strada deve difendersi in giudizio e quindi si prepara ad andare incontro al calvario giudiziario, che comporta il rischio di un crollo non solo economico, ma anche sociale, familiare e psicologico.
Quanti dicono: “Se sei innocente non hai nulla da temere” sono, a dir poco, ingenui o ignoranti, se non addirittura in malafede, perché la realtà nei nostri tribunali è ben diversa, posto che non basta avere ragione, ma occorre ottenerla. Sorprende l’incredulità o l’indifferenza di quei politici che prima fanno compiere la riforma del codice penale e di procedura penale ai penalisti, senza il supporto di veri esperti, e poi s’indignano quando le storture della procedura penale li colpisce direttamente o da vicino. Consideriamo un attimo lo strumento tecnico del cosiddetto “interrogatorio di garanzia” davanti al Gip (ma un’analoga riflessione la possiamo fare, ancor prima, tra l’avviso di garanzia e l’interrogatorio davanti al Pm). L’arresto in flagranza  o il fermo, tecnicamente misure temporanee e precautelari, sono richieste dalla Pg e dal Pm e convalidate dal Gip, ovvero la custodia cautelare è disposta dal Gip su richiesta del Pm. Per questi istituti fa seguito il cosiddetto “interrogatorio di garanzia”, ma garanzia di cosa? Per chi?

L’arresto è la cosa più grave che può capitare ad una persona, perché lo priva della sua libertà personale e gli fa crollare addosso, in un attimo, tutte le certezze di una vita. Ora, una riforma penale dotata di senso umanitario e disposta secondo una giustizia amministrata in conto del popolo (non solo in nome), disporrebbe l’interrogatorio di garanzia prima dell’arresto, non dopo. Difatti, se il Gip dispone l’arresto oggi, ben motivandolo a pena di invalidità, come può il giorno dopo fare marcia indietro? Non sarà invece psicologicamente interessato (perché predisposto, anche in perfetta buona fede) a cogliere di più gli elementi di colpevolezza che quelli d’innocenza?

Il risultato di chi entra dal Gip con una situazione penalmente rilevante e ne esce con un aggravio di responsabilità (secondo il Gip, ovviamente), può essere causato: uno, dal meccanismo bizzarro dell’interrogatorio di garanzia, come suddetto; due, dalla psicologia del reo, ove questi non è consapevole (anche in buona fede) che determinate condotte corrispondono a determinate fattispecie di reato; tre, dalla “devastazione psicologica” del reo, il quale, tratto in arresto e finito sulla gogna mediatica deve fare i conti con lo stigma della colpevolezza (anziché dell’innocenza) fino a prova contraria. Per la persona accusata ingiustamente di un crimine, non contano tanto i provvedimenti giudiziari (se pur gravi e devastanti), quanto il fatto che nessuno sembra più disposto a credergli, da qui il rischio psicopatologico che col tempo tende ad accettare lo stigma della colpevolezza (ed a comportarsi di conseguenza), pur essendo innocente. Questo fattore trae in inganno molti periti psichiatri e giudici, se non sono esperti di criminologia. Togliere la credibilità al reo è il principale indizio del complotto. Ora, capita spesso che una persona quando è raggiunta da un avviso di garanzia grida al complotto; ma chiunque volesse incastrarlo, come primo atto, farebbe di tutto per togliergli l’attendibilità anche e, soprattutto, sui giornali, con articoli telecomandati. E così è successo!!

1 luglio. Inchiesta chiusa, quindici gli indagati…., anzi di più!!! Notificati gli avvisi di conclusioni delle indagini a 15 persone. Michele Misseri, 57 anni, Cosima Serrano, 56 anni, Sabrina Misseri, 23 anni, Carmine Misseri, 55 anni, Cosimo Cosma, 43 anni, Gianluca Mongelli, avvocato di 38 anni, Vito J. Russo, avvocato di 38 anni, Emilia Velletri, avvocato di 41 anni, tutti di Taranto, gli ultimi due ex legali di Sabrina. E ancora, Giovanni Buccolieri, 40 anni, il fioraio di Avetrana, Anna Scredo, 39 anni, Antonio Colazzo, 39 anni, cognati del fioraio e residenti a Parma (indagati per favoreggiamento personale), Cosima Prudenzano, 50 anni, suocera del fioraio, Francesco De Cristofaro, 45 anni, avvocato romano di Michele Misseri, Giuseppe Nigro, 37 anni, amico del fioraio, e Michele Galasso, 36 anni, parente del fioraio, entrambi di Avetrana. Per la procura, Cosima e Sabrina le assassine: il delitto sarebbe stato compiuto nell'auto della zia. Michele Misseri imputato solo di occultamento di cadavere. Di seguito l’articolo di Mario Diliberto Foschini su "La Repubblica", abbastanza diffamatorio, menzoniero e razzista. Questo la dice lunga sulla professionalità dei giornalisti, che, se e quando ad Avetrana sono venuti, hanno trovato quell’ospitalità, che a Brembate, per esempio, gli è stata giustamente negata. Quei giornalisti, megafono della procura di Taranto e strumento di depistaggio dei protagonisti della vicenda, che hanno pensato bene di mai intervistare il dr Antonio Giangrande, del posto, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, esperto di questioni giudiziarie e in particolare del Foro di Taranto, che bene avrebbe spiegato il modus operandi dei magistrati di Taranto, dati i precedenti. “Quindici indagati, due assassine e una nuova scena del delitto. Sarah Scazzi è stata ammazzata in auto, trascinata da sua zia Cosima e da sua cugina Sabrina. In tanti hanno visto ma nessuno ha raccontato. E quando un uomo - il fioraio Giovanni Buccolieri - ha provato a dire la verità, ha subito ritrattato raccontando che si trattava soltanto di un sogno ottenendo la copertura della sua famiglia e di mezzo paese. Per la procura di Taranto, però, sono finite ufficialmente le indagini sul caso di Sarah. La prossima tappa sarà il processo. La ricostruzione finale è questa: Sarah è stata uccisa da Cosima e Sabrina. Lo zio Michele Misseri ha occultato il cadavere, aiutato da suo fratello Carmine e da suo nipote Cosimo Cosma. Le indagini sono state lunghe e difficili perché ci sono stati tanti silenzi e troppi depistaggi: è quelli che avrebbero provato a fare gli avvocati Vito Russo (il primo legale di Sabrina) e Gianluca Mongelli, facendo pressioni sul fratello di Michele Misseri perché cambiasse legale. Oppure Emilia Velletri, l'altro avvocato di Sabrina, che avrebbe contribuito a distruggere un verbale di Ivano Russo acquisito in sede di indagini difensive. C'è poi il ruolo di Francesco de Cristofaro, il nuovo avvocato di Michele Misseri, accusato sostanzialmente di infedele patrocinio, perché avrebbe spinto Misseri ad accusarsi di un reato (l'omicidio di Sarah), che in realtà non aveva commesso. C'è poi l'incredibile storia dei vicini e dell'omertà. Uno, il fioraio Giovanni Buccolieri, avrebbe visto quella mattina Cosima e Sabrina trascinare Sarah in auto e avrebbe taciuto la circostanza per mesi agli investigatori. Poi gli è sfuggita in un colloquio informale e quando è stato richiamato per metterla a verbale, ha raccontato che si trattava di un sogno. "Una bugia" dicono gli investigatori, che si è sviluppata anche grazie alle complicità offerte all'uomo da amici e parenti: Anna Scredo, Antonio Colazzo, Cosima Prudenzano, Giuseppe Nigro e Michele Galasso sono tutti indagati per averlo coperto.”

Invece questo è il resoconto reale estrapolato dall’atto giudiziario. Sarah Scazzi fu rapita da sua zia Cosima Serrano e Sabrina Misseri e fu strangolata nell’abitazione di via Deledda con una cintura. Lo scrivono il procuratore aggiunto Pietro Argentino e il sostituto Mariano Buccoliero nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato ai 15 indagati nell’inchiesta sul delitto di Avetrana.

Mesi e mesi di lavoro investigativo, fatto spesso in salita alla luce degli innumerevoli tentativi di depistaggio, sono serviti agli inquirenti per fare luce su un omicidio che ha attirato su Avetrana i riflettori mediatici di mezza Italia.

A Sabrina Misseri, in carcere dal 15 ottobre, e a sua madre Cosima, in cella dal 26 maggio scorso, sono contestati, come detto, il concorso nel sequestro di persona e il concorso in omicidio, un delitto che secondo gli inquirenti sarebbe stato determinato da un sentimento di odio e vendetta comune, scaturito da ragioni di gelosia, invidia, tradimento e dal fatto che Sarah aveva reso di pubblico dominio l’esistenza di un rapporto sentimentale e sessuale tra Sabrina e Ivano Russo.

Sono cinque gli indagati per la soppressione del cadavere delle 15enne: si tratta di Sabrina e Cosima che avrebbero ordinato a Michele Misseri di trasferire il cadavere con la sua Seat Marbella nel terreno di contrada Mosca dove si trova il pozzo-cisterno nel quale il corpo sarebbe stato calato con l’aiuto di Carmine Misseri e Cosimo Cosma, rispettivamente fratello e nipote di Michele Misseri.

Al solo Michele Misseri, che, lo ricordiamo, è stato in carcere dal 7 ottobre al 30 maggio con l’accusa di omicidio ora rubricata soltanto alla moglie e alla figlia, ora invece viene contestato il danneggiamento per aver distrutto, incendiandoli, i vestiti e lo zainetto della nipote Sarah. In concorso con Sabrina e Cosima, invece, Michele risponde di furto aggravato per l’impossesamento del cellulare di Sarah.

Esaurita la parte che riguarda direttamente la commissione del delitto, i magistrati inquirenti passano poi in rassegna la lunga teoria di depistaggi che ha contrassegnato l’indagine. Sabrina Misseri è indagata per calunnia per aver accusato, pur sapendola innocente, la badante rumena della famiglia Scazzi Maria Ecaterina Pantir, in un interrogatorio reso l’8 settembre del 2010.

Indagati per tentato favoreggiamento sono gli avvocati Vito Russo e Gianluca Mongelli che, in concorso con Valentina Misseri (non punibile in quanto avrebbe agito per favorire suoi parenti) avrebbe cercato di favorire Sabrina Misseri, difesa all’epoca dei fatti da Vito Russo e da sua moglie Emilia Velletri, portando a Carmine Misseri, fratello di Michele, il testo di un telegramma da inviare in carcere a Michele per invitarlo a nominare quale suo difensore di fiducia, per far decadere l’avvocato d’ufficio, giacché tanto era necessario per «aiutare Michele e anche per aiutare Sabrina». Il telegramma fu in effetti inviato ma il tentativo fallì perché Michele Misseri non effettuò la nomina che gli era stata suggerita.

L’avvocato Vito Russo è indagato anche per subornazione di testi perché, usando minaccia nei confronti di Ivano Russo, avrebbe cercato prima di indurlo a riferire falsamente, in un verbale redatto nell’ambito di indagini difensive, che anche Mariangela Spagnoletti, teste contro Sabrina, era innamorata di lui, e per favoreggiamento perché, avrebbe cercato di gettare discredito nei confronti della stessa Mariangela che aveva già rilasciato ai pubblici ministeri dichiarazioni rilevanti a carico di Sabrina Misseri. In concorso con la moglie Emilia Velletri, infine, Vito Russo è indagato anche per soppressione di atti veri in quanto avrebbe strappato il verbale e cancellato il relativo audio di alcune dichiarazioni rilasciate da Ivano Russo nel corso dell’interrogatorio reso loro il 31 ottobre del 2010 nell’ambito delle indagini difensive. C’è poi un altro avvocato finito nei guai ed è il professionista romano Francesco De Cristofaro, legale di Michele Misseri, indagato per infedele patrocinio perché avrebbe arrecato nocumento agli interessi della parte da lui difesa facendo pervenire lo scorso 9 febbraio alla Procura una lettera con la quale Misseri tornava ad accusarsi dell’omicidio. De Cristofaro avrebbe poi consigliato al suo cliente, per essere più credibile, di confermare di aver abusato del cadavere della nipote: «Pure che non c’è stata violenza, tu hai detto che è stata violentata...che l’ha fatta eh...nuda; devi dire lo stesso - si legge nell’avviso - e poi quando dicono perché hai detto così e poi dopo non l’hai detto più? Che me lo ha detto l’avvocato e la criminologa; di non dirlo più che non è vero».

Nell’elenco degli indagati c’è poi il fioraio di Avetrana Giovanni Buccolieri, indagato per false dichiarazioni al pubblico ministero, e cinque tra suoi parenti (la suocera Cosima Prudenzano, la cognata Anna Scredo, il cognato Antonio Colazzo) e conoscenti (Giuseppe Nigro e Michele Galasso) che avrebbero avallato la tesi del sogno riguardo a quanto visto da Buccolieri il pomeriggio del 26 agosto: Sarah che viene costretta a salire sull’auto di Cosima.

I 15 indagati sono difesi dagli avvocati Francesco De Cristofaro, Massimo Saracino, Francesco De Jaco, Luigi Rella, Franco Coppi, Nicola Marseglia, Lorenzo Bullo, Franz Pesare, Raffaele e Serena Missere, Antonio Raffo, Gianluca Pierotti, Giovanni Scarciglia.

Questi si contrapporranno a agli avvocati delle parti civili. Per la famigli Scazzi la parte civile sarà rappresentata dagli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile. Per il Comune di Avetrana la parte civile sarà rappresentata al processo dall'avvocato Pasquale Corleto del foro di Lecce.

Ed ancora sono apparsi in scena Mariangela Spagnoletti ed Ivano Russo, rappresentati dall'avv. Enzo Tarantino.

Un grande circo. Tutti insieme per godere delle luci della ribalta. Ma a spese di chi ....?

A questi si aggiungono altri indagati. Hanno ricevuto un avviso di garanzia per concorso in falso la deputata del PdL Melania Rizzoli e la giornalista di "Libero" Cristiana Lodi. L’accusa è di essere penetrate in maniera fraudolenta nel carcere in cui si trovava detenuto lo zio di Sarah, Michele Misseri, per un colloquio che sarebbe poi diventato un’intervista non autorizzata. Una vera e propria frode, appunto, con la deputata che usufruisce dei suoi diritti di ispezione alle carceri per entrare nella casa circondariale, portandosi appresso la giornalista del quotidiano di Maurizio Belpietro, presentandola come una sua collaboratrice; in realtà, la Lodi era lì per ascoltare il colloquio fra la Rizzoli e Misseri, trasformandolo in un’intervista mai concessa e però regolarmente pubblicata su Libero del 15 febbraio 2011.

Inoltre, la notizia del rinvio a giudizio della giornalista di Matrix, Ilaria Cavo e dell’ex consulente della difesa di Sabrina, Raffaele Calabrese (saranno processati il 6 dicembre 2011), implicati in una compravendita di foto del garage di via Deledda trasmesse poi da Matrix.

Ancora c’è la posizione del funzionario di banca Milizia Angelo Carmelo della Banca di Credito Cooperativo di Avetrana querelato da Cosima Serrano per la questione della firma sull’assegno versato in banca.

Una querela di Cosima Serrano per diffamazione nei confronti della giornalista Mariella Boerci e della società editrice “Anordest”, che ha pubblicato il libro della Boerci “La bambina di Avetrana” inerente all’inchiesta sull’omicidio di Sarah Scazzi. Cosima Serrano ha querelato anche la madre e la cognata di Cosimo Cosma, nipote di zio Michele, per le dichiarazioni rese in due interviste mandate in onda a 'Porta a Porta'. Ecc. ecc..

L'imputazione di quattro avvocati nelle indagini per l’omicidio di Sarah Scazzi è "sconcertante e inquietante". L’Unione delle camere penali scende in campo contro i pubblici ministeri del caso di Avetrana e chiede al ministro della Giustizia l’invio di ispettori alla procura di Taranto. Lo fa nel silenzio assordante della Camera Penale e dell'intero Consiglio dell'ordine degli avvocati di Taranto, assuefatti o collusi alle anomalie del foro tarantino. Anomalie su cui vi è una coltre di omertà forense e giudiziaria e di censura mediatica.

Per l’Ucpi è “assurdo che nel medesimo procedimento si trattino questioni riguardanti il delitto e questioni relative all’indagine sul delitto stesso”. Ma "ancora più grave è che alcune contestazioni mosse a due avvocati letteralmente s'intromettono indebitamente nelle scelte e nelle strategie difensive, le quali dovrebbero, al contrario, costituire un recinto invalicabile e coperto dal segreto professionale".

C'è dunque una "grave violazione del diritto di difesa" da parte dei pm. E in particolare è “sconcertante quanto capita all’avvocato De Cristofaro, il quale per aver sostenuto l'assunzione di responsabilità del proprio assistito, da quest’ultimo reiteratamente dichiarata, si ritrova indagato per 'infedele patrocinio dai pubblici ministeri che si prefiggono l'obiettivo di provare la responsabilità di altra e diversa persona".

Secondo i penalisti, "si è verificato un 'corto circuito all’interno del quale i pm che sostengono l'accusa hanno elevato un’imputazione, per un reato riguardante in astratto le condotte del difensore che si pongono in contrasto con l’interesse del proprio assistito, che già a una prima lettura appare addirittura paradossale, poiché‚ si fonda su fatti che dimostrano in maniera lampante il contrario, e cioè che il difensore ha viceversa dato seguito alle richieste del proprio assistito.

In realtà, i pm procedenti hanno valutato come contrastante con l’interesse dell’imputato, puramente e semplicemente, una versione dei fatti da questi offerta che confligge con l’ipotesi di accusa e lo hanno fatto sulla scorta della loro ricostruzione dei fatti".

Insomma, "oltre a ergersi arbitri della formulazione dell’accusa, i pm pretendono di determinare anche l’interesse dell’imputato a sostenere l’una o l’altra tesi, e nel far questo criminalizzano l’attività del difensore, il che appare una intollerabile violazione del diritto di difesa oltre che l'espressione di una cultura apertamente inquisitoria. Con il risultato, inquietante e certamente non ignorato, che attraverso la contestazione elevata si vorrebbe determinare, allo stato, un obbligo deontologico di astensione da parte del difensore che, in consonanza con il proprio assistito, ha sostenuto una tesi avversa rispetto a quella caldeggiata dalla Procura".

Non solo: "Nel corso dell’indagine le attività difensive - lamenta l’Ucpi - sono state costantemente oggetto di controllo da parte della autorità giudiziaria, e anche di decisioni assai stravaganti quale quella di autorizzare l’espletamento di un atto di parte, come l’assunzione di informazioni, 'alla presenza dei pm procedenti oppure di imporre il potere di segretazione nei confronti di persone sottoposte alle indagini".

Tutto ciò si riverbera nell'ipotesi di affrancarsi il diritto di poter far scegliere agli imputati i difensori che più aggradano ai Pm. L'avv. De Cristofaro, per forza di cose prenderà in considerazione la concreta possibilità di rilasciare l'incarico trovandosi in una situazione di contrasto con il suo cliente, mentre per i P.M. l'operato del suo predecessore, l'avv. Galoppa era conforme se non strumentale alle loro attività.

Tutto questo lo sa bene il dr Antonio Giangrande di Avetrana, presidente dell'Associazione Contro Tutte le Mafie, che nel denunciare codeste anomalie, viene perseguitato dai magistrati criticati, con il benestare della Corte di Cassazione, che non rileva affatto il legittimo sospetto che i loro colleghi tarantini possano essere vendicativi contro chi si ribella.

http://www.megghy.com/immagini/animated/bobine/bandes-10.gif29 agosto 2011: la richiesta di rimessione

29 agosto. La rimessione del processo per incompatibilità ambientale. «Le lettere scritte da Michele Misseri le abbiamo prodotte perchè‚ sono inquietanti non tanto per il fatto che lui continua ad accusarsi di essere lui l'assassino, ma proprio perchè mettono in luce questo clima avvelenato, in cui i protagonisti di questa inchiesta possono essere condizionati». Lo ha sottolineato alla stampa ed alle TV l’avv. Franco Coppi, legale di Sabrina Misseri riferendosi alle otto lettere scritte dal contadino di Avetrana e indirizzate in carcere alla moglie Cosima Serrano e alla figlia Sabrina, con le quali si scusa sostenendo di averle accusate ingiustamente. «Michele Misseri – aggiunge l’avv. Coppi – afferma che ci sono persone che lo incitano a sostenere la tesi della colpevolezza della figlia e della moglie quando lui afferma di essere l’unico colpevole e avanza accuse anche molto inquietanti. Si tratta di lettere scritte fino a 7-8 giorni fa». «Che garanzie abbiamo – ha fatto presente il difensore di Sabrina Misseri – che quando dovrà fare le sue dichiarazioni avrà tenuta nervosa e morale sufficiente per affrontare un dibattimento?».

«La sera c'è qualcuno che si diverte a sputare addosso ad alcuni colleghi impegnati in questo processo. I familiari di questi avvocati non possono girare liberamente perchè c'è gente che li va ad accusare di avere dei genitori o dei mariti che hanno assunto la difesa di mostri, quali sarebbero ad esempio Sabrina e Cosima. Questo è il clima in cui siamo costretti a lavorare ed è il motivo per cui abbiamo chiesto un intervento della Corte di Cassazione». «E' bene – ha aggiunto l'avvocato Coppi – allontanarci materialmente da questi luoghi. Abbiamo avuto la fortuna di avere un giudice scrupoloso che ha valutato gli atti e ha emesso una ordinanza a nostro avviso impeccabile. La sede alternativa dovrebbe essere Potenza. Non è che il processo si vince o si perde oggi, ma questo è un passaggio che la difesa riteneva opportuno fare e saremmo stati dei cattivi difensori se per un motivo o per l'altro e per un malinteso senso di paura non avessimo adottato questa iniziativa».

Capelli ordinati tagliati da poco, viso rasato e lucido, occhiali con montatura dorata e una spavalda t-shirt modello marinaro a righe orizzontali bianche e nocciola. Così si è presentato Michele Misseri all’appuntamento con la moglie Cosima e la figlia Sabrina che nell’aula delle udienze preliminari, dall’angolo riservato agli imputati reclusi, non lo hanno degnato di un sorriso sbirciandosi di sottecchi a vicenda. Michele ad un certo punto ha avuto uno slancio tentando di avvicinarsi alle due donne separate dal vetro, ma gli agenti di scorta glielo hanno impedito. Pessima è stata anche l’accoglienza del gruppo di curiosi che lo attendeva all’ingresso del palazzo di giustizia e che non gli ha riservato certo parole dolci. «Non parlare che è meglio e fatti chiudere buttando la chiave», urlava un signore distinto mentre zio Michele scompariva schiacciato dalla morsa di giornalisti, fotografi e operatori televisivi che non gli lasciavano spazio.

Ancora più dura è stata l’accoglienza all’uscita del tribunale dove l’attesa e la calura di chi era venuto lì apposta aveva esasperato gli animi ed anche le frasi a lui indirizzate. Qui molte parole non sono ripetibili. «Devi fare la fine che hai fatto fare a Sarah», urlava un giovane condendo la frase con epiteti più colorati. Ancora peggio, ma tutte di questo tono, sono stati altri insulti che lo hanno inseguito sino alla macchina del suo avvocato.

«Michele si sente solo e abbandonato», fanno sapere le persone che lo frequentano. Di questo parlano le sette lettere che ha scritto alla figlia tra febbraio e agosto. Ieri gli avvocati di Sabrina le hanno depositate alla segreteria del GUP rendendole così consultabili tra gli atti del processo. «Tutti mi incitano ad accusare mia moglie e mia figlia, persino le forze dell’ordine», dice Michele in una delle ultime missive dove racconta dell’altarino dedicato alla nipote Sarah costruito nel garage. «Ho ritagliato da un giornale una foto di Sarah dove prego tutti i giorni visto che al cimitero non posso andare», fa sapere alla figlia a cui continua a chiedere perdono per quello che ha fatto. «Sono stato un mostro – scrive – ma adesso non è colpa mia se nessuno mi crede che sono stato io».

In un’altra lettera il contadino esprime l’amarezza perché nessuno lo vorrebbe difendere: «Anche gli avvocati hanno paura». Infine il dispiacere per ciò che ha fatto: «Mi hanno portato dove volevano loro perché sono un debole». Non tutte le lettere hanno un tono di scuse. Altre parlano semplicemente come può parlare un padre che scrive alla figlia lontana. Racconta ad esempio del sussidio di disoccupazione «che è finalmente arrivato», oppure la informa sul precario stato di salute di un parente stretto che ha paura di perdere. La parte che più interessa ai difensori di Sabrina è ovviamente quella in cui Misseri si autoaccusa scagionando la figlia.

Nell'udienza mamma Concetta, papà Giacomo e il fratello Claudio, parenti diretti della vittima, si sono costituiti parti civili chiedendo risarcimenti milionari a ciascun imputato. Il collegio difensivo delle parti civili ha chiesto complessivamente 33 milioni di euro con provvisionale di 300mila euro. La maggior parte delle richieste (27 milioni) è a carico dei tre imputati principali, quote minori (sei milioni) sono stati chieste agli altri due imputati di concorso in soppressione di cadavere e cioè il fratello di Michele, Carmine Misseri e il nipote Cosimo Cosma, detto Mimino. Dei cinque, solo Carmine mancava all'udienza di stamane.

In aula per la prima volta la famiglia si è ritrovata al completo. Da un lato, dietro un vetro, c'erano Sabrina Misseri e Cosima Serrano, arrivate insieme a bordo di un blindato della polizia penitenziaria, dall'altro invece c'era Concetta. Seduto al banco degli imputati zio Michele Misseri. È stato lui il primo ad arrivare in Tribunale questa mattina alle 9.20 scortato dai carabinieri. Ad attenderlo però c'era una folla di curiosi. "Dì la verità" gli hanno gridato i cittadini arrivati appositamente in via Marche, dove si trova il Tribunale, per veder sfilare i protagonisti del delitto Scazzi.

Mamma Concetta, maglia rosa e pinocchietto blu, ha preferito l'ingresso secondario per evitare le telecamere. Nel corso dell'udienza Sabrina ha cercato con lo sguardo il papà. I quattro dopo mesi si sono ritrovati tutti insieme in pochi metri quadrati. Michele ha provato ad avvicinarsi alla moglie e alla figlia ma è stato fermato dagli agenti di polizia penitenziaria. Gli imputati nel processo, per il quale il 29 luglio è stata formulata la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Mariana Buccoliero, sono in tutto 13.

Michele cerca con lo sguardo la figlia Sabrina nella piccola stanza dove si svolge l’udienza preliminare. Sono separati da un vetro, lei è in jeans e maglietta bianca, molto dimagrita, la faccia pallida. Avrebbe voluto guardare il padre negli occhi e chiedergli: «Perché mi hai accusato falsamente?». E gridare la sua innocenza alla zia Concetta. Ma la richiesta dei suoi avvocati di rimessione del processo ad altra sede congela tutto, rimanda anche le dichiarazioni spontanee. Michele Misseri e la figlia non si vedevano dal 5 ottobre scorso. «Non è Sabrina», dice il padre. «Non la riconosco, ha il volto cambiato, è diversa per colpa mia», Piange Michele e va a nascondersi dietro a una colonna per non farsi vedere. Poi torna di nuovo a cercare i volti delle sue donne, di sua moglie Cosima che è impietrita, una maschera di dolore, della sua bambina. «Era lei che mi proteggeva sempre, che stava dalla mia parte, una brava ragazza. Cosa le ho fatto?». Michele sembra non reggere questa emozione. A pochi passi da lui c’è sua cognata Concetta, il cognato Giacomo, il nipote Claudio. Ma non gli parla. Eppure voleva chiedere perdono. «Volevo inginocchiarmi davanti a loro, ma poi quando tutti mi hanno aggredito qui in Tribunale, gridandomi e insultandomi, non ce l’ho fatta più. Il 26 agosto ho visto Giacomo davanti al mio garage in lacrime e anche io mi sono messo a piangere».

I legali della figlia depositano le ultime lettere che lui le ha scritto in cui ancora una volta riafferma di essere l’unico colpevole, come ricorda il professor Coppi. E Claudio, il fratello di Sarah si rivolge allo zio. «Mi ha detto “allora siamo a posto è tutto finito”», ricorda Michele. «Ma io non gli ho risposto, la verità ho detto, solo la verità, prima quando accusavo Sabrina dicevo bugie. Ma io ai medici, allo psichiatra non ho mai cambiato versione, sempre ho detto che sono stato solo io».

Quando il Gup interrompe l’udienza per decidere se sospenderla fino al pronunciamento della Cassazione sulla richiesta della difesa che vuole il processo in altra sede, Michele tenta di nuovo di avvicinarsi alla piccola stanza dove sono Cosima e Sabrina. «Non mi hanno permesso di andare, volevo abbracciarle. Ho potuto salutare con la mano Cosima ma non credo che Sabrina mi abbia visto e comunque so che mi odia e ha ragione. Come può perdonarmi per quello che le ho fatto? Lei è innocente e sta dentro, io colpevole sono fuori. E’ così lo giuro sulle ossa di mia madre».

E’ stata una lunga notte quella prima dell’udienza preliminare per Michele Misseri. «Non ho dormito e alle due di notte sono sceso in garage a pregare e a piangere. Ho costruito un altare per Sarah». Michele scende in quell’antro dove tutto è accaduto e mostra una bacheca di legno alla parete, di fronte al trattore rosso, con al centro una fotografia di Sarah. «L’ho ritagliata dal giornale, perché non ne ho trovate altre. Li, su una mensolina ha anche il libro delle preghiere e gli occhiali. Un piccolo rosario è appeso accanto alle immagini della nipote e della madonna del Rosario. «Questa notte ho pregato Sarah di fare un miracolo, di fare capire ai magistrati che dico la verità, che il colpevole è fuori». Michele racconta a Maria Corbi del “La Stampa” che qualche notte prima quando ha guardato l’immagine della nipote gli occhi si sono mossi. «Lei è ancora qua sotto, perché le anime non battezzate rimangono dove sono morte finché non è arrivata la loro ora». Misseri ricorda ancora una volta quel giorno maledetto: «Ero nervoso perché il trattore non partiva. Quando Sarah è scesa l’ho presa per le spalle e l’ho spostata. Lei mi ha dato un calcio forte dove agli uomini fa più male e io non ci ho visto più e le ho buttato la corda al collo».

Michele non vuole tornare a casa sua assediata dalla gente e dai giornalisti. Ha «fortificato» il portone, innalzandolo e mettendo delle tende, ma non basta. «Mi lanciano oggetti, l’altro giorno una tanica piena di un liquido strano, pietre grosse che possono uccidere. Le vedi? Stanno ancora là, voglio che le vedano i carabinieri. Gli avetranesi mi odiano perché vogliono che io accusi Sabrina, ma non lo posso fare perché è innocente. Se fosse stata colpevole non l’avrei mai coperta. Io non ero lucido quando ho detto quelle cose e si sono approfittati della mia debolezza».

Michele è solo: «Solo mia figlia Valentina ho. E di 8 fratelli solo uno me ne è rimasto, Salvatore, che non mi ha abbandonato. Per fortuna ci sono i gatti che mi fanno compagnia. Io sono abituato a lavorare e faccio tutto da solo, ogni giorno mi lavo i vestiti dei campi per rimetterli il giorno dopo. Non dovrei stare qui, ma in carcere. E invece ci sono due innocenti. Mi vorrei ammazzare ma non posso perché farei un altro guaio. In carcere gli agenti mi dicevano che non dovevo fare sciocchezze se veramente ero solo io il colpevole perché avevo il dovere di salvare mia figlia. E io cerco di farlo. Ma non mi credono».

Vengono alla luce una nuova lettera che Michele Misseri ha scritto il 10 agosto 2011 alla figlia Sabrina. Righe che sono state rese pubbliche nell'udienza preliminare di oggi e pubblicate in esclusiva dal Tgcom. “Cara Sabrina, sono io che ti scrivo, Papà”, così il contadino di Avetrana si rivolge alla figlia, continuando poi ad ad autoaccusarsi dell’omicidio della nipote Sarah Scazzi: “Sto vivendo tristemente. Il diario che sto scrivendo si intitola proprio così ed è il mio diario della tristezza. Sto sempre male perché voi non centrate proprio niente, però io, in quei giorni che ti ho incriminato, ero troppo debole. Il mio legale per me non era un avvocato, ma un giudice. Mi hanno portato dove hanno voluto loro. A me dispiace per quello che ti ho fatto, lo so che ho sbagliato e solo adesso mi rendo conto di quello che ho fatto. Adesso sono diventato molto aggressivo, mi viene da dare le botte a tutti i turisti, che, ogni volta che devo uscire, sono come le formiche che escono da tutte le parti. L’ho detto ai carabinieri ma non fanno proprio niente. Anche loro sono contro di me. Sono preoccupato per il 26 agosto. Perché sicuramente verranno turisti e giornalisti e non potrò uscire di casa, come quando devo andare in caserma. Tanti saluti da papà. Io non mi sento più papà”.

L'ultima mossa per evitare che il rinvio a giudizio di Sabrina Misseri venga deciso in un ambiente nel quale «l'abnorme interesse mediatico» per la vicenda ha contribuito a generare «un pesantissimo condizionamento e inquinamento dell'attività inquirente e giurisdizionale»: è quella che hanno tirato fuori i difensori di Sabrina, gli avvocati Franco Coppi e Nicola Marseglia, nella prima udienza preliminare per l'omicidio di Sarah Scazzi, a poco più di un anno dal delitto. Una richiesta di rimessione per incompatibilità ambientale, con immediata sospensione del processo in corso, che i due legali hanno depositato sul tavolo del gup del Tribunale di Taranto Pompeo Carriere. Il giudice l'ha accolta, ha sospeso l'udienza rinviandola al 10 ottobre ed ha disposto, come da legge, la trasmissione della richiesta alla Cassazione. Sarà la Suprema Corte a decidere se Taranto non è la sede giudiziaria adatta per affrontare serenamente il processo per l'uccisione di Sarah.

Automaticamente, con il deposito della richiesta di rimessione, sono sospesi i termini di custodia cautelare e di prescrizione sino alla decisione della Cassazione. Sabrina, dunque, almeno per ora non tornerà in libertà; per lei i termini di custodia cautelare sarebbero scaduti il 14 ottobre prossimo. È durata un paio d'ore la prima udienza preliminare nella piccola aula al piano terra del Palazzo di giustizia, assediata da giornalisti, fotografi e cameramen ma anche dagli immancabili curiosi. Non tutti i 13 imputati erano presenti, ma i protagonisti dell'inchiesta sì. Tra i primi ad arrivare Michele Misseri, che ha affrontato la ressa passando per l'ingresso principale, accompagnato a braccio dal suo legale, Armando Amendolito; e suo nipote Cosimo Cosma, anche lui insieme al difensore, Raffaele Missere. Tra gli ultimi ad entrare in aula la famiglia Scazzi (Giacomo, la moglie Concetta e il loro figlio Claudio) e le due principali imputate e uniche detenute, Cosima Serrano e Sabrina Misseri, accusate del delitto. 

La famiglia Scazzi e le due detenute sono arrivate in tempi diversi da un corridoio secondario: così è stata evitata la ressa mediatica. In aula la famiglia Scazzi si è costituita parte civile attraverso i suoi legali (gli avvocati Walter Biscotti e Nicodemo Gentile) depositando una richiesta di risarcimento danni di 33 milioni di euro, con provvisionale di 300mila euro: 27 milioni nei confronti della famiglia Misseri, altri sei nei riguardi di Carmine Misseri e Cosimo Cosma. Parte civile sarà anche l'ex badante romena di casa Scazzi, Maria Ecaterina Pantir (assistita dall'avv. Luigi Palmieri): la richiesta di risarcimento sarà quantificata in sede processuale. Pronte le memorie difensive dei legali di Cosma (Raffaele Missere) e Cosima (Franco De Jaco e Luigi Rella), ma non depositate perchè è arrivata la richiesta di rimessione di Coppi e Marseglia, alla quale si sono associati i legali di alcuni imputati. Il condizionamento dei media, hanno scritto i legali di Sabrina, è riferibile al Tribunale di Taranto «in ognuna delle sue componenti», ed è «talmente grave e radicato da non poter essere rimosso se non attraverso la rimessione del processo ad altra sede giudiziaria».

Coppi e Marseglia, nelle 31 pagine della richiesta, aggiungono che la prima confessione di Michele Misseri, quella in cui si accusava di tutto, dal delitto alla soppressione del cadavere di Sarah, era «pienamente lineare e perfettamente plausibile», ma è stata poi sovrastata «da un continuo e perverso scambio di umori della gente, chiacchiere di paese, fughe di notizie in merito alle indagini e incessanti commenti giornalistici su ogni particolare della vicenda» che ha finito con il diffondere la convinzione che Michele non avesse agito da solo. Tutto questo, sostengono i legali di Sabrina, ha avuto «imponenti ed immediati riflessi sull'andamento delle indagini e sulle decisioni di tutte le componenti del Tribunale di Taranto, che ne sono risultate condizionate in modo totale e assolutamente inaspettato». Sarà la Cassazione a stabilire se in questi 11 mesi di inchiesta è andata davvero così.

«Nessuno venga a dire che abbiamo chiesto la rimessione del processo per guadagnare tempo sulla custodia cautelare perchè per il codice l'istanza proposta comporta la sospensione dei termini di custodia cautelare e quindi, verosimilmente, la nostra assistita non potrà essere scarcerata a metà ottobre». Lo ha detto l'avv. Franco Coppi, difensore di Sabrina Misseri, commentando la richiesta avanzata al gup Pompeo Carriere di trasferimento del processo in altra sede per incompatibilità ambientale. «Sabrina - precisa il legale - rimane in cella fino a quando la Corte di Cassazione non deciderà. Solo dopo cominceranno a decorrere i termini, quindi non si possono fare dietrologie su questa iniziativa e non è possibile pensare di aver voluto sgraffignare 10-15 giorni per la scarcerazione». L'avv. Coppi ha parlato di «mancanza di libertà di determinazione delle parti». «Il giudice - ha proseguito - può essere serenissimo, bravo ed imparziale ma il problema è un altro. In che misura - si chiede il legale - le parti che partecipano a questo processo sono libere nella loro determinazione con una oppressione di opinione pubblica come quella che abbiamo registrato? Il problema è proprio la tenuta psicologica e nervosa di soggetti che dovranno rendere dichiarazioni e di coloro che dovranno prendere delle decisioni.

UN ANNO DI INDAGINI

Queste le tappe fondamentali dell'inchiesta relativa al sequestro e all'omicidio di Sarah Scazzi, che approda domani all'udienza preliminare:

26 AGOSTO 2010 - Sarah Scazzi, 15enne di Avetrana, esce da casa per andare al mare con la cugina Sabrina Misseri, che abita a 400 metri di distanza. Scompare nel nulla.

29 SETTEMBRE 2010 - Michele Misseri, padre di Sabrina e zio di Sarah, consegna ai carabinieri un telefonino semibruciato, che risulterà appartenere a Sarah, dicendo di averlo trovato in un podere nel quale stava lavorando nelle campagne di Avetrana.

6 OTTOBRE 2010 - Michele Misseri confessa ai carabinieri, in un interrogatorio a Taranto, di aver ucciso Sarah, strangolandola nel garage di casa dopo un rifiuto alle sue avances, e di aver abusato del cadavere in campagna. Nella notte fa ritrovare il corpo, gettato in un pozzo-cisterna. 

15 OTTOBRE 2010 - In un colloquio in carcere con i magistrati inquirenti, Misseri chiama in correità la figlia Sabrina: lui l'ha strangolata mentre lei la teneva ferma. Nel pomeriggio Sabrina viene interrogata nella caserma dei carabinieri a Manduria: alle 23 scatta il fermo per concorso in omicidio e viene trasferita in carcere. 

19 NOVEMBRE 2010 - Nel carcere di Taranto si tiene l'incidente probatorio sulle dichiarazioni di Michele Misseri: l'uomo conferma le accuse alla figlia Sabrina, ma non parla di avances alla nipote e di vilipendo del cadavere.

VIGILIA DI NATALE 2010 - Michele Misseri scrive le prime due lettere di una lunga serie, scagionando di fatto la figlia e sostenendo che in carcere ci sono “innocenti”.

23 MARZO 2011 - In una lettera inviata al suo avvocato Francesco De Cristofaro e datata 9 febbraio 2011, Michele Misseri si accusa di nuovo del delitto. Dice di aver strangolato Sarah con una corda nel garage di casa durante un raptus scaturito dal fatto che non riusciva a far partire il suo trattore. 

19 MAGGIO 2011 - La Cassazione, su ricorso dei difensori di Sabrina, annulla con rinvio il provvedimento cautelare nei confronti della ragazza. Per i giudici Misseri è inattendibile (ha fornito sette versioni con dettagli diversi) e il movente della gelosia di Sabrina per Sarah non regge.

26 MAGGIO 2011 - Su ordinanza del gip del Tribunale di Taranto, i carabinieri arrestano Cosima Serrano, moglie di Michele e madre di Sabrina, per concorso in omicidio e sequestro di persona insieme alla figlia Sabrina, alla quale viene notificata in carcere un'altra ordinanza di custodia cautelare. 

30 MAGGIO 2011 - Michele Misseri viene scarcerato dal gip su richiesta della Procura. Il giudice gli impone solo l'obbligo quotidiano di firma nella caserma dei carabinieri ad Avetrana. Michele torna a casa con l'altra figlia, Valentina.

1 LUGLIO 2011 - I carabinieri notificano l'avviso di conclusione delle indagini preliminari a 15 indagati, tra i quali quattro avvocati. Per Cosima e Sabrina le accuse di concorso in omicidio e sequestro di persona, per Michele solo di soppressione del cadavere.

29 LUGLIO 2011 - La Procura chiede il rinvio a giudizio per 13 indagati. Cosima e Sabrina sono accusate di concorso in omicidio e sequestro di persona; Michele, insieme alle due donne, al fratello Carmine e al nipote Cosimo Cosma, della soppressione del cadavere. Stralciate, per motivi procedurali, le posizioni di un fioraio, Giovanni Buccolieri (che ha indicato il presunto sequestro in auto di Sarah, dicendo poi che era stato un sogno) e di un suo amico, accusati di false informazioni al pm.

3 AGOSTO 2011 - Il Tribunale dell'appello, esaminando l'annullamento con rinvio del primo provvedimento cautelare nei confronti di Sabrina disposto dalla Cassazione il 19 maggio, conferma la detenzione in carcere per la cugina di Sarah. Nell'ordinanza si giudica inattendibile la nuova autoaccusa di Michele Misseri.

4 AGOSTO 2011 - Il gup del Tribunale di Taranto Pompeo Carriere fissa per il 29 agosto l'udienza preliminare per l'omicidio, facendola precedere da un'ordinanza dichiarativa dell'urgenza del processo. Il 14 ottobre scadono infatti i termini di custodia cautelare (un anno) per Sabrina Misseri.

5 AGOSTO 2011 - Il Tribunale di Taranto accoglie l'appello della Procura che chiedeva di contestare a Cosima e Sabrina anche il reato di sequestro di persona, richiesta rigettata in prima battuta dal gip nell'ordinanza di custodia cautelare del 26 maggio. L'applicazione della decisione del Tribunale resta sospesa in attesa di un eventuale ricorso dei difensori in Cassazione.

29 AGOSTO 2011 –Viene presentata istanza di rimessione.

Riguardo alla richiesta di Rimessione per incompatibilità ambientale presentata ai sensi dell’art. 45 ss C.P.P. dalla difesa di Sabrina Misseri per il processo sul delitto di Sarah Scazzi, il Dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro tutte le Mafie, esperto di cose giuridiche e prassi giudiziaria tarantina e nazionale afferma: «Apprezzo la richiesta fatta dall’avv. Franco Coppi, che delinea bene la sua capacità e il suo coraggio, tenuto conto che nel Distretto di Lecce e Taranto ben pochi avvocati dimostrano tali doti. Lo dimostra anche il fatto che a Roma la Camera Penale è stata pronta a difendere il loro collega inquisito a Taranto, mentre il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Taranto ha pensato bene di non dire una parola a favore dei loro iscritti. A Taranto si parla di “Correttezza nei confronti degli “amici” magistrati”, a Roma, nei corridoi degli uffici giudiziari, si parla di “Codardia”. Bisogna tener presente che nel processo “Sebai, il killer delle 12 vecchiette” nessuno a Taranto ha avuto il coraggio di presentare rimessione per ben più gravi motivi (Foro che ha accusato e condannato dei soggetti e poi lo stesso Foro ha accusato e giudicato colui il quale li dichiarava innocenti con riscontri concreti. Creduto solo per i delitti senza colpevoli). Inoltre c’è da sottolineare che io stesso sono stato promotore a titolo personale di una istanza di rimessione, ma per legittimo sospetto, perché i magistrati di Taranto mi accusano e mi vogliono condannare per averli criticati con denunce penali e con articoli di stampa sul loro modo di amministrare la giustizia. Nessun avvocato mi ha sostenuto, anzi, mi hanno abbandonato nei processi di diffamazione a mezzo stampa quando ho chiesto la ricusazione dei magistrati denunciati. Io il 28 settembre a Roma presenzierò all’udienza sulla mia richiesta di rimessione per farmi giudicare dai Magistrati di Potenza, che ha avuto già il marchio preventivo di inammissibilità. Istanza basata sul fatto che i magistrati di Taranto siano poco sereni nel giudicare colui il quale li ha denunciati per abusi ed omissioni, senza che questi si tutelassero denunciandomi per calunnia. Si può considerare che effettivamente la mia richiesta possa essere infondata ed io essere un mitomane o un pazzo. Ma resta un fatto eclatante, e non voglio essere una “Cassandra”, ma la stessa cosa succederà a Franco Coppi. Si tenga presente che mai una istanza di rimessione è stata accolta dalla Corte di Cassazione, nemmeno per Berlusconi, o Dell’Utri, o per le vittime del terremoto dell’Aquila. L’art. 45 ss C.P.P. è una norma da sempre inapplicata perché delegittima il foro giudicante e questo in Italia non si deve fare: è lesa Maestà di chi effettivamente detiene il potere. La decisione negativa scontata che mi riguarda e che arriverà il 28 settembre, però, darà modo a me di potermi rivolgere alla Corte Europea dei Diritti Umani e presso le Istituzioni dell’Unione Europea perché in Italia, non solo non si applica una norma in vigore che danneggia i magistrati, ma si viola sistematicamente il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, anche tramite stampa, e si violano sistematicamente le norme del giusto processo.» 

5 settembre. Michele Misseri prosciolto dall’accusa di omicidio e luci della ribalta per i magistrati. Il gip del Tribunale di Taranto Martino Rosati ha firmato il decreto di archiviazione nei confronti dell’agricoltore per il reato di omicidio. Era stata la stessa procura della Repubblica di Taranto a chiedere l’archiviazione per questo reato, depositando sul tavolo di Rosati la richiesta alla fine di luglio in contemporanea con quella, consegnata al giudice dell’udienza preliminare Pompeo Carriere, di rinvio a giudizio per 13 imputati. Su zio Michele restano dunque le accuse di soppressione del cadavere (in concorso con la moglie e la figlia, Cosima Serrano e Sabrina Misseri, un fratello, Carmine, e un nipote, Cosimo Cosma), danneggiamento seguito da incendio (la distruzione degli effetti personali di Sarah) e furto aggravato (il telefonino della quindicenne).

Del delitto sono accusate Cosima Serrano e Sabrina, le sole persone attualmente detenute. Con l’archiviazione, per lui, dall’accusa di omicidio, Michele Misseri può davvero considerarsi «una figura di secondo piano nel panorama istruttorio» del procedimento, così come aveva già scritto il gip Rosati nell’ordinanza di custodia cautelare firmata nei confronti di Cosima e Sabrina il 26 maggio scorso. Nel decreto di archiviazione il gip sottolinea che zio Michele non ha saputo indicare con esattezza l’arma del delitto, nè l’ha fatta ritrovare, al contrario di gran parte degli effetti personali di Sarah. L’agricoltore inizialmente aveva detto agli inquirenti di aver strangolato la nipote con una corda; poi aveva parlato di una cintura, fino a tornare ad indicare, più di recente, ancora una corda. Ma né questa né la presunta cintura sono state trovate.

Il gip fa proprie anche le motivazioni contenute nella richiesta di archiviazione depositata oltre un mese fa dalla Procura. Tra queste, il luogo presunto del delitto (la casa dei Misseri e non il garage, come indicato dallo stesso Misseri nella sua prima confessione), l’ora in cui sarebbe stato commesso il delitto (poco dopo le 14 e non tra le 14.28 e le 14.42, arco di tempo ipotizzato nella prima fase delle indagini preliminari), le frasi pronunciate da Misseri, da solo in auto, il 5 ottobre 2010, oggetto di intercettazione ambientale, nelle quali preannuncia la confessione che farà il giorno dopo ai carabinieri in caserma («Mi dispiace per la famiglia...io mò li scoprirò...») e altre intercettazioni. Michele Misseri, insomma, si sarebbe addossato la responsabilità del delitto solo per proteggere i famigliari e non avrebbero credito le lettere, scritte negli ultimi mesi, nelle quali si accusa nuovamente dell’omicidio.

«Dopo 40 giorni, avevamo un colpevole bello e pronto. Il caso dell'anno sembrava risolto, potevamo sembrare dei mattacchioni quando abbiamo deciso, avendo come unico scopo quello di accertare la verità, di andarci a complicare la vita, ma non era così».

Dopo un anno di silenzi parla per la prima volta Martino Rosati, giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto, che dopo aver archiviato l'accusa di omicidio per Michele Misseri ed aver così compiuto l'ultimo suo atto nell'inchiesta sul delitto di Sarah Scazzi, ha accettato l'invito di Gazzetta del Mezzogiorno e Tg1, e racconta una esperienza umana e professionale probabilmente irripetibile.

Lunedì 29 agosto gli avvocati Franco Coppi e Nicola Marseglia, legali di Sabrina Misseri (in carcere assieme alla madre con l'accusa di omicidio e sequestro di persona) hanno presentato alla Cassazione tramite il gup Pompeo Carrieri richiesta di rimessione del procedimento, sostenendo che nel tribunale di Taranto non ci sono le necessarie condizioni di tranquillità e imparzialità a causa del condizionamento che i magistrati hanno subito e ancora subirebbero da parte dell'opinione pubblica. Una istanza che censura pesantemente l'operato dei giudici che si sono occupati dell'inchiesta, a partire proprio dal gip Martino Rosati.

«Nella richiesta di rimessione, lasciatemelo dire, vengono scritte, come peraltro è già avvenuto in altri atti prodotti dalla difesa di Sabrina Misseri, parole gravi - commenta il magistrato - parlare di annullamento di capacità critica da parte del gip, parlare di singolari reazioni del gip, incapace al pari degli altri magistrati di prendere acriticamente le distanze dall'opinione popolare.... francamente mi sembra che si sia andati oltre le legittime critiche».

Eppure il 7 ottobre, con Michele Misseri in carcere e il corpo di Sarah finalmente ritrovato, il caso sembrava davvero risolto.

«Capisco che la difesa di Sabrina Misseri, in altri suoi atti, ha definito stravaganti e frutto di capziose illazioni alcuni miei provvedimenti, ma se noi non avessimo avuto la convinzione che quello che ci diceva Michele Misseri non bastava, non ci saremmo inutilmente complicati la vita. Già nella prima ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Michele Misseri, scrissi che c'era la confessione ma che permanevano aspetti ancora nebulosi nelle sue dichiarazioni. Era una confessione che lasciava delle ombre su molti aspetti. Ecco perché duole leggere nella richiesta di rimessione che i magistrati, ma io parlo sempre per me, hanno deciso di indagare su Sabrina sull'onda del chiacchiericcio popolare o addirittura, ho letto, dei pettegolezzi pubblicati su Facebook».

Lei ieri ha archiviato l'accusa di omicidio per Michele Misseri, accogliendo la richiesta formulata dalla Procura mentre lui si continua a professare colpevole. Ma ha mai avuto dubbi su di lui?

«I dubbi che fosse davvero lui l'assassino li ho avuti sin dal momento in cui l'ho interrogato nell'udienza di convalida del fermo. E i dubbi che ho avuto io, li hanno avuti, penso, tutti coloro che erano presenti. Davanti a me, l'8 ottobre, si è presentato un uomo che, può essere una curiosità, non aveva nemmeno il coraggio di chiedere di spostarsi dal punto in cui arrivava il getto di aria fredda del condizionatore che si trovava nella stanzetta del carcere dove ci trovavamo, e congelava, fino a quando non l'ho invitato io a spostarsi. È lo stesso uomo che raccontava quelle nefandezze e che alla fine dell'interrogatorio ha esitato a porgermi la mano per salutarmi. Non è vero, come sostiene la difesa di Sabrina Misseri, che Michele aveva già parlato del movente sessuale sin dal primo interrogatorio, quello svoltosi al comando provinciale, quando fece ritrovare il corpo di Sarah. Michele Misseri ha affacciato il movente sessuale soltanto davanti a me, a seguito, me lo lasci dire, delle mie vibranti obiezioni. Lui è venuto davanti a me cercando di convincermi di aver ucciso Sarah perché il trattore non partiva. Visto che insisteva, gli dissi: signor Misseri, facciamo una cosa, cambiamo posto. Lei si mette in quello mio e mi dice se crede ad una versione simile. Lui mi guardò e allargò le braccia. Allora gli dissi, mi dica la verità, per quale ragione ha ucciso Sarah. Mi raccontò la storia della mano tesa verso le parti intime di Sarah. Gli chiesi di mimare il gesto ma lo fece in una maniera così innaturale che subito apparve non credibile a me e a tutti coloro che si trovavano con me». 

Cosa risponde a chi sostiene che tutti i magistrati di Taranto sono appiattiti alla vulgata popolare che vuole Sabrina Misseri colpevole? 

«Guardi, questa indagine rappresenta l’esempio dell’applicazione del famoso articolo 358 del codice di procedura penale, che obbliga il pubblico ministero a raccogliere prove anche a favore dell’indagato. Non so se lo hanno fatto raccogliendo le mie titubanze, i miei dubbi - certamente i pubblici ministeri hanno fatto uno splendido lavoro - ma lo ribadisco: pur avendo un colpevole dopo 40 giorni, i pubblici ministeri e la polizia giudiziaria hanno insistito e hanno fatto ulteriori accertamenti, ovviamente non conoscendo quale poteva essere l’esito di questa attività. È brutto leggere in certi atti, soprattutto da parte di difese così qualificate, che le indagini sono state fatte sull’onda del chiacchiericcio popolare. Non è vero, non è vero, e quella frase mi auguro che sia dovuta ad una lettura parziale degli atti anche perché gli attuali difensori di Sabrina Misseri sono subentrati nell’inchiesta più tardi, mentre chi legge l’intero fascicolo, non può fare tali valutazioni».

Faccia un esempio... 

«Per esempio il ritrovamento del cellulare di Sarah da parte di Michele, e che avrebbe costituito la svolta nell’indagine. Non è così. Almeno da una settimana prima avevamo concentrato le nostre attenzioni sulla famiglia Misseri, mi dispiace segnalare questa ulteriore inesattezza presente nella richiesta di spostamento del processo. Quanto al presunto appiattimento mio sul lavoro svolto dalla Procura, vorrei ricordare che io sono stato il primo a non credere al racconto del fioraio riguardo il sequestro di persona. Il gip non si è mai ripiegato sulle richieste dei pubblici ministeri, anche nel corpo delle motivazioni dei provvedimenti, come si può evincere per esempio dalla lettura dell’ordinanza a carico di Carmine Misseri e Cosima Cosma. Io, peraltro, sono stato cassato più volte dal tribunale del riesame ma questo rappresenta la fisiologia del processo e dunque dispiace leggere certe cose sulla richiesta di rimessione presentata dalla difesa di Sabrina Misseri. Non può passare il messaggio all’opinione pubblica che quando una vicenda giudiziaria non va bene, è possibile prendere a male parole i giudici. Non mi interessa l’opinione sulla mia persona, ho però l’onore di svolgere una funzione importante e credo che tra i doveri del pubblico funzionario ci sia anche quello di proteggere la sua funzione, perché abbiamo fatto tutto in piena coscienza».

Eppure c’è ancora qualche ombra su tutta la vicenda, la verità non sembra emersa del tutto.

«Probabilmente sì. Qualche riserva su alcuni aspetti rimane. L’ho scritto nell’ordinanza di custodia cautelare firmata il 26 maggio nei confronti di Sabrina Misseri e sua madre, ho invitato ancora una volta Michele Misseri a sciogliere i suoi dubbi e a parlare, a dire tutto. Altrimenti deve tacere, tacere per sempre, fermando questo stillicidio di dichiarazioni e lettere, in alcuni casi, duole dirlo, anticipate prima alle telecamere e poi consegnate all’autorità giudiziaria. La mediatizzazione del processo ha danneggiato in primo luogo l’inchiesta, questo vorrei sottolinearlo, e quanti si stavano adoperando per cercare la verità».

Perché non ha disposto un nuovo interrogatorio con Michele Misseri e non ha sequestrato le sue lettere o il suo memoriale?

«Michele Misseri il modo per presentarsi in Procura e dare ai pubblici ministeri e alla polizia giudiziaria i suoi documenti, poteva farlo anche il suo difensore ma nulla di tutto ciò è stato fatto. Michele Misseri per i pubblici ministeri è ormai una figura istruttoria di secondo piano, così come emerso grazie alle attività tecniche svolte. Vorrei ricordare che l’8 ottobre, quando firmai l’ordinanza di custodia cautelare per Michele Misseri, quel signore era per tutta l’Italia lo zio orco, nessuno sospettava della figlia o della moglie, eppure scrissi che la sua versione era piena di ombre. Mi ha sorpreso che una difesa così capace come quella di Sabrina non lo abbia compreso ma sono convinto che presto tutto rientrerà nel solco di un giusto e sereno processo, come è giusto che sia».

Non le pare che in tutta questa vicenda spesso si sia dimenticata la vittima, Sarah «Quando ho visto per la prima volta le immagini della cisterna, del pozzo dove era stato gettato il cadavere di Sarah, pur avendo fatto per dieci anni il giudice di corte d’assise e dunque pur avendo visto le immagini di decine di cadaveri, ecco quel corpicino abbandonato così, faceva rabbia e faceva rabbia ascoltare dalle intercettazioni una certa reticenza, una certa diffidenza verso gli inquirenti. E questo dispiace molto, moltissimo». 

Che impressione le ha fatto Sabrina?

«Mi è parsa una personalità forte, strutturata. Anche se vista dal suo lato si tratta di una terribile tragedia, perché se emergerà che è stata lei ad uccidere Sarah, la sua vita sarà irrimediabilmente segnata. Non troverete mai nei miei provvedimenti gratuite affermazioni nei suoi confronti, ho sempre avuto ben chiaro che si tratta di una tragedia anche per lei. Mi auguro che il tempo spinga anche coloro che non hanno ancora detto tutto, a farlo nel processo, se saranno chiamati. Dalle intercettazioni, si evince che molti non hanno detto tutto quello che sanno e alla fine vorrei che per rispetto di Sarah ma anche di Sabrina, l’omertà sia sconfitta. La ricostruzione a cui sono giunti gli inquirenti mi sembra molto plausibile e soprattutto non mi sembra allo stato adeguatamente contrastata da ricostruzioni alternative: non dico abbastanza, ma neanche minimamente plausibili. Io non sono depositario di verità, ma vorrei che fosse riconosciuta la buonafede. Mi dispiace che venga insinuata la malafede, soprattutto perché viene da una difesa dotata di considerevoli mezzi intellettuali e dunque certamente in grado di comprendere appieno il lavoro che è stato fatto in 10 mesi di indagine. Me lo lo lasci dire: vorrei che fosse consegnato alla opinione pubblica un messaggio rassicurante. Dopo questa vicenda tornerò nel mio silenzio ma non poteva passare un messaggio di questo tipo a conclusione di una indagine scrupolosa e corretta: si figuri cosa poteva capitarmi se fossi stato io a definire un atto della difesa stravagante, o frutto di un disastro logico. Quella emersa finora è la verità».

Al lettore bisogna spiegare che il giudice per le indagini preliminari non ha autonomi poteri di iniziativa probatoria, ma provvede solo su istanza di parte. Il GIP è anche privo di un proprio fascicolo, a differenza del giudice del dibattimento, che ha a disposizione il fascicolo per il dibattimento. Gli atti conosciuti dal giudice per le indagini preliminari sono solitamente quelli che il pubblico ministero decide di allegare all'istanza che presenta. Mancano gli atti delle difese. Il GIP deve controllare l’attività del PM.

Quel NOI ripetuto sta ad indicare che non vi è autonomia e distinzione di funzioni tra PM e GIP: commistione che la casta dei magistrati si ostinano a negare, nonostante l’evidenza.

Il GIP è colui che ha svolto l’interrogatorio di garanzia per Sabrina Misseri e Cosima Serrano: GARANZIA DI CHE ?!?

Non ci dimentichiamo che un punto fermo in un mare di indizi è Michele Misseri, perché lui ha fatto trovare il cadavere di Sarah e, si presume, che lui l’abbia occultato. E non è cosa da poco il gettare in un pozzo il corpicino della ragazza, che mai si sarebbe trovato, se Michele non avesse indicato il punto. Il paradosso è che dobbiamo ringraziarlo per questo. E non ci dimentichiamo che da sempre si dichiara colpevole.

Dall’intervista, invece, appare un povero cristo in balie di streghe. In libertà: nonostante sia accusato di azioni inumane riprovevoli.

Questo è che non si sopporta: la supponenza prevale sulla logica.

La Cassazione annulla le ordinanze di custodia cautelare.

22 settembre. Carmine Misseri e Cosimo Cosma, rispettivamente zio e cugino di Sabrina Misseri accusata dell'omicidio di Sarah Scazzi, non torneranno in carcere. Lo ha deciso la prima sezione penale della Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Taranto, che chiedeva invece il ripristino della custodia cautelare. Accolto, invece, il ricorso dei parenti di Sabrina accusati di avere aiutato Michele Misseri il 26 agosto 2010, a introdurre il corpo di Sarah nel pozzo cisterna dove poi è stato ritrovato.

Adesso il tribunale del Riesame di Taranto dovrà riesaminare la posizione dei due indagati. La Cassazione ha «annullato con rinvio» la parte dell’ordinanza con la quale il tribunale del Riesame di Taranto, il 23 marzo, aveva confermato la sussistenza dei «gravi indizi» di colpevolezza. Sarà dunque il Tribunale di Taranto a dovere riesaminare le accuse nei confronti dei parenti di Sabrina che, in Cassazione hanno lamentato con successo che nei loro confronti non c'erano "gravi indizi" e che non erano stati valutati tutti gli "elementi a loro discarico".

"Una debacle completa per i pm di Taranto". Così l'avvocato Franco Coppi, difensore di Sabrina Misseri commenta la decisione della Cassazione. "Poco a poco si sta tornando - ha detto Coppi - alla prima versione del delitto fornita da Michele Misseri, che si è autoaccusato dell'omicidio della nipotina Sarah Scazzi". "Certamente questa decisione sui due parenti che avrebbero, secondo l'accusa, aiutato Michele Misseri a far scomparire il cadavere della povera giovanissima vittima, è un punto a vantaggio anche per la difesa di Sabrina". Secondo l'impostazione accusatoria - ha ricordato Coppi - "Michele Misseri non poteva aver fatto tutto da solo, e si sarebbe servito dell'aiuto dei due parenti: ma la Cassazione dimostra, con questa decisione, di non credere a questa versione". Infine il difensore di Sabrina ha sottolineato come "questo ennesimo insuccesso dei pm di Taranto dimostra il loro accanimento miope: hanno un uomo, Michele Misseri, che si dichiara colpevole dell'omicidio e si ostinano a tenere in carcere la figlia Sabrina e la moglie Cosima, che si dichiarano estranee al delitto". Il prossimo lunedì Coppi discuterà in Cassazione, innanzi alla Prima sezione penale, la stessa sezione che ha emesso il 'verdetto sui due presunti complici di Michele Misseri, il ricorso con il quale si chiede la scarcerazione di Sabrina.

Nell'udienza sarà fatto valere anche il dispositivo depositato.

La Cassazione, dicendo no al riarresto dei parenti di Sabrina Misseri, nelle motivazioni depositate il 22 dicembre 2011 che seguono la decisione del 21 settembre, ha bacchettato il tribunale del Riesame di Taranto colpevole di "non avere esaminato" i presunti "gravi indizi" nei confronti degli indagati accusati di soppressione del cadavere di Sarah Scazzi e di avere così dato vita ad una serie di "incongruenze con il racconto dell'unico reo confesso del delitto Michele Misseri". In particolare, la Prima sezione penale ha bacchettato il tribunale del Riesame di Taranto perchè, il 10 marzo 2011, "pur dilungandosi nella confutazione dei ritenuti falsi alibi che sarebbero stati indicati" da Carmine Misseri e da Cosimo Cosma, rispettivamente zio e cugino di Sabrina Misseri, accusati di aver soppresso il cadavere di Sarah Scazzi insieme a Michele Misseri, non ha esaminato "con il doveroso impegno gli elementi che, ove ritenuti fondati e non smentiti da elementi di forza maggiore, sarebbero idonei a giustificare un serio dubbio, ancorato a dati temporali e spaziali oggettivi, in punto di concorso materiale degli indagati, in ausilio a Michele Misseri, nella soppressione del cadavere della Scazzi secondo le modalità indicate nell'ordinanza genetica, corrispondenti a quelle indicate dall'unico reo confesso del delitto, Michele Misseri, e confermate dal Tribunale".

Nel dettaglio, la Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso della Procura di Taranto che chiedeva il riarresto dei parenti di Sabrina Misseri, e accogliendo i ricorsi presentati dai difensori di Cosimo Cosma e di Carmine Misseri, ha evidenziato come "le incongruenze spazio-temporali segnalate dal Cosma non sono state affatto valutate dal tribunale, che ha ignorato le mappe con la topografia dei luoghi prodotte a sostegno del suo assunto di non essere stato raggiunto dallo zio Michele prima della soppressione del cadavere e di non avere partecipato all'azione criminosa, come del resto costantemente sostenuto dallo stesso Michele Misseri, non trovandosi la casa del Cosma sul percorso descritto dallo zio e non essendo il tragitto ipotizzato dagli inquirenti, incrociante l'abitazione dell'indagato, quello più breve per raggiungere da Avetrana la contrada Mosca". Stessa sottovalutazione, lamenta la Cassazione, è stata commessa nei confronti di Carmine Misseri nei cui confronti "le incongruenze spazio temporali evidenziate sono state sbrigativamente liquidate dal tribunale come indicative di tempi di percorrenza tra l'abitazione dello stesso Carmine Misseri, in Manduria, e il pozzo in contrada Mosca, non dissimili da quelli che sarebbero stati calcolati dalla polizia giudiziaria come compatibili con la partecipazione al fatto dell'indagato". Sarà ora il Tribunale di Taranto a dovere riesaminare le accuse nei confronti dei parenti di Sabrina e in particolare a "procedere ad una rinnovata valutazione degli elementi indiziari e, segnatamente, di quelli addotti a propria difesa dai ricorrenti, di sicura rilevanza probatoria, che sono stati illegittimamente trascurati dal Tribunale del riesame".

26 settembre. Sono state annullate con rinvio le ordinanze di custodia cautelare in carcere per Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano. Lo ha deciso la Cassazione, che ha disposto un nuovo esame, da parte del tribunale della Libertà di Taranto, della posizione e delle accuse a carico delle due imputate per l'omicidio e il sequestro della quindicenne Sarah Scazzi uccisa ad Avetrana il 26 agosto del 2010. Le due donne, nel frattempo, rimangono in carcere. La Suprema Corte, dopo una lunghissima camera di consiglio, ha deciso di rinviare la vicenda al Riesame sia relativamente all'ordinanza di custodia cautelare per l'uccisione di Sarah Scazzi, sia relativamente all'accusa di sequestro di persona. Le difese di Sabrina e della madre Cosima sono state presentate contro il provvedimento del Tribunale del Riesame di Taranto, che il 20 giugno aveva confermato la custodia cautelare emessa dal gip nei confronti delle due donne che sono detenute a Taranto nella stessa cella. L'accusa di sequestro di persona riguarda invece l'episodio riferito e, poi ritrattato, dal fioraio Giovanni Buccolieri, che disse di aver visto Cosima costringere la nipote Sarah a salire nella sua macchina con la forza per riportarla nella casa di via Deledda.

«L'alibi di Sabrina è consacrato da una serie di telefonate che lei aveva in corso per organizzare una gita al mare - aveva sottolineato l'avvocato Franco Coppi al termine dell'udienza in Cassazione - :i tabulati certificano queste chiamate nei momenti in cui, secondo l'accusa, veniva uccisa la povera Sarah Scazzi». E poi ha aggiunto, dopo la sentenza: «Cosa volete che vi dica, siamo tornati in Cassazione ed è la seconda volta che i Supremi giudici annullano, se pur con rinvio, un provvedimento emesso dall'Autorità giudiziaria di Taranto...». Sabrina Misseri è in carcere dal 15 ottobre del 2010. Il 19 maggio, sempre la Cassazione, aveva annullato con rinvio una ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Sabrina Misseri ritenendo inattendibile il padre Michele che la accusava di aver ucciso la cugina quindicenne Sarah Scazzi, e ritenendo troppo debole il movente della gelosia.

«Finalmente la serenità di un giudice terzo ha saputo analizzare con assoluto equilibrio una vicenda tristissima - ha invece sottolineato l'avv. Francesco De Jaco, uno dei difensori di Cosima Serrano - che nel corso di questo ultimo anno è stata appesantita da scelte che probabilmente la Suprema Corte ha ritenuto non consone al reale svolgimento dei fatti». «Siamo comunque sereni - ha aggiunto De Jaco - perchè riteniamo, così come lo ritiene la nostra assistita, che il sistema giudiziario italiano alla fine trovi i giusti parametri per arrivare non ad una verità, ma alla verità».

12 ottobre. Il rigetto dell’istanza di rimessione. La prima sezione penale della Cassazione ha infatti respinto la richiesta di rimessione del processo per incompatibilità ambientale, con conseguente trasferimento di sede a Potenza, avanzata il 29 agosto 2011 dai difensori di Sabrina Misseri, gli avvocati Franco Coppi e Nicola Marseglia.

Eppure la stessa Corte ha reso illegittime tutte le ordinanze cautelari in carcere emesse dal Tribunale di Taranto.

La Corte di Cassazione critica il lavoro svolto dai pm e soprattutto fa notare che non ci sono gravi indizi contro Cosima Serrano e Sabrina Misseri, in carcere per l’uccisione della ragazzina. Prima di entrare nel merito della mancanza dei gravi indizi, i giudici della Cassazione hanno bacchettato la procura di Taranto, avvertendo i pm che tenere in piedi due ordinanze di custodia cautelare (con due versioni alternative riguardanti lo stesso delitto: prima Sabrina in concorso con il padre e poi con la madre) crea un problema “di tenuta logica” e contrasta con uno dei principi cardini del nostro ordinamento processuale.

Per quanto riguarda Cosima e Sabrina, invece, secondo i giudici della Cassazione gli indizi raccolti sono “insussistenti” per quanto riguarda la parte relativa ai “reati di omicidio volontario e sequestro di persona”; permane invece l’accusa di concorso in soppressione di cadavere. Questo vuol dire che mentre è stato accuratamente ricostruito che cosa madre e figlia fecero nelle ore precedenti il delitto, manca invece ogni riferimento a quanto accaduto tra le 14:00 e le 14:42 del quel 26 agosto, lasso di tempo fondamentale, perché in esso si colloca la consumazione dell’omicidio.

La Cassazione, poi, dà ragione alla difesa anche per quanto riguarda “l’omessa valutazione critica”, sempre da parte dei giudici di merito, delle “diverse dichiarazioni rese da Michele Misseri” nell’ambito degli interrogatori e delle lettere che ha scritto.

E una ulteriore bacchettata ai giudici di merito, arriva per non aver preso in considerazione le perizie della difesa sui tabulati telefonici. In sostanza quel che rimane in piedi, delle ordinanze di merito, sono gli indizi che sostengono l’accusa di soppressione di cadavere e che, al momento, sembrano le uniche a sorreggere la custodia in carcere di Sabrina e Cosima.

«Decidetevi» sembra suggerire la Cassazione ai giudici di merito del caso Scazzi, la ragazzina di Avetrana uccisa e gettata in un pozzo il 26 agosto 2011: o Sabrina ha ucciso Sarah in concorso con suo padre oppure l'ha fatto con sua madre.

Così, tanto per cominciare. Ma la lista delle «inconciliabilità logiche», delle «omissioni», delle questioni «non affrontate espressamente» va ben al di là di quell'esortazione. I magistrati della prima sezione della Corte Suprema hanno depositato le motivazioni che li avevano convinti, il 26 settembre scorso, ad annullare e rinviare al Tribunale del riesame l'ordinanza che teneva e tiene ancora in carcere Sabrina Misseri e sua madre Cosima Serrano. Sono 44 pagine di critiche all'impianto accusatorio e, soprattutto, sono 44 pagine che attaccano i «gravi indizi» raccolti contro le due donne: «Insussistenti», dicono i giudici della Cassazione, nella parte che riguarda «i reati di omicidio volontario e sequestro di persona», mentre resterebbe in piedi l'accusa di concorso in soppressione di cadavere.

La prima confessione di Michele Misseri. Il padre di Sabrina disse di aver ucciso Sarah da solo, in garage per uno scatto d'ira. Poi i continui cambi di rotta: da «Sabrina la teneva, io la strangolavo» fino all'ultima, tenace, versione e cioè «ho fatto tutto da solo, lei e Cosima non c'entrano nulla». Nel frattempo lui è uscito dal carcere e il giudice delle indagini preliminari lo ha prosciolto dall'accusa di omicidio mantenendo, anche nel suo caso, la sola accusa di soppressione di cadavere. Ora, il problema è che fra ricorsi e controricorsi la vecchia ordinanza con la quale Sabrina finì in carcere per aver ucciso Sarah assieme al padre non è ancora uscita di scena.

Ma le cose sono cambiate: Sabrina è stata accusata con una nuova ordinanza di aver ammazzato la cuginetta non più assieme al padre ma in concorso con la madre. Da qui il rimprovero della Suprema Corte: se ci sono «elementi probatori nuovi» si può «o riversarli nel procedimento in corso» oppure inserirli in una nuova richiesta. «Ma una volta effettuata la scelta non si può coltivare anche l'altra iniziativa». Ricostruendo «l'assenza del quadro di gravità indiziaria» i giudici bacchettano i colleghi del Tribunale di Taranto che hanno «omesso ogni riferimento a quanto accaduto fra le 14 e le 14.42 del 26 agosto 2010, lasso di tempo fondamentale perché in esso si colloca la consumazione dell'omicidio».

Ci sono «discrasie», secondo la Suprema Corte, anche sul luogo esatto della morte, individuato in un'ordinanza all'interno del garage, nell'altra all'interno dell'abitazione e, nel racconto di una testimone, anche dentro l'auto di Cosima. C'è altro: una «omessa valutazione critica» delle «diverse dichiarazioni rese da Michele Misseri», scrivono i giudici, e sulle accuse a Cosima parlano di «erronea applicazione» della legge con «riflessi sulla completezza e sulla logicità» del provvedimento. «Non è stato in alcun modo specificato», si legge, che «tipo di apporto» la donna avrebbe dato all'uccisione della nipote, se «materiale o morale». I giudici rimproverano i colleghi di merito perfino sulla mancata risposta a una memoria presentata dalle difese delle due indagate. Riguardava una consulenza dei Ris sulle celle telefoniche di Avetrana. «Una rilevante carenza argomentativa su un aspetto importante» scrivono.

La decisione della Cassazione ha in un certo senso sorpreso, dopo che, in camera di consiglio, anche il Pg della Suprema Corte Gabriele Mazzotta aveva appoggiato la richiesta dei difensori di Sabrina, sostenendo che a Taranto c'era troppa “emotività ambientale” in grado di alterare l’acquisizione delle prove. Tutto ciò citando circostanze (intimidazioni nei confronti di persone coinvolte nel procedimento, lancio di pietre durante l'arresto di Cosima Serrano e intimidazioni nei confronti di Michele Misseri, che si è dovuto anche chiudere in casa), che avrebbero dovuto indurre, a suo parere, a trasferire il processo. Il sostituto procuratore generale Gabriele Mazzotta è chiarissimo: «Una serie di indicatori consentono di individuare un'emotività ambientale tale da contribuire all'alterazione delle attività di acquisizione della prova».

Ma la Cassazione ha stabilito che il processo si terrà a Taranto, sua sede naturale.

Il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, resta imperturbabile e accoglie il provvedimento senza battere ciglio. Ma non risparmia comunque una stoccata agli avvocati che auspicavano un trasferimento del giudizio a Potenza. «Alla base della richiesta di rimessione del processo – dichiara il magistrato – c'era una sorta di offesa alla popolazione locale che, si diceva, avrebbe potuto interferire sulle decisioni; con questo – prosegue Sebastio – non voglio muovere critiche a nessuno e non entro nel merito della questione, qui nessuno ha fatto un gol o lo ha subito, è il processo che segue il suo iter: ricordiamoci – aggiunge – che c'è sempre la presunzione di innocenza e che quelli adottati sono provvedimenti interlocutori e non sentenze». «In un processo penale non esistono soddisfazioni o insoddisfazioni, tutti gli attori svolgono il loro ruolo in maniera seria e professionale» ha detto a chi gli chiedeva con quale stato d’animo aveva appreso la lieta notizia. Più pungente la risposta alla domanda successiva. «Se ci facciamo influenzare? Nel nostro lavoro di magistrati cerchiamo di lavorare degnamente magari commettendo degli errori com’è insito nella natura umana a qualunque livello. Però in tutto questo – ha aggiunto – non c’è emotività e non ci deve essere altrimenti è un lavoro che non si potrebbe fare». Infine una difesa rivolta alla popolazione dipinta come un’orda di giustizialisti privi di sentimenti. «Forse – ha concluso Sebastio – certe accuse di qualcuno si potevano evitare, risparmiando pareri così negativi alle civilissime popolazioni del tarantino». E ancora. «Addebitare ad un’intera popolazione – ha aggiunto il procuratore – atteggiamenti esasperati e arrivare al punto di dire che non si può tenere un processo qui perchè chissà cosa può essere commettere, tanto da deciderne lo spostamento, beh, oltre che senza precedenti – ha concluso Sebastio – sarebbe stato ingiusto nei confronti di quella stessa popolazione».

Anche il sostituto procuratore, Maurizio Carbone, presidente della sottosezione tarantina dell’Associazione nazionale magistrati, difende la categoria. «Conoscendo la preparazione e la serietà dei miei colleghi – ha dichiarato – non ho mai avuto dubbi sulle loro decisioni e sul fatto che mai sarebbero stati influenzati da pressioni esterne di chicchessia». Il rappresentante dell’Anm si è detto soddisfatto della decisione della suprema corte che ha impedito così lo scippo del processo.

Segue la solita litania. «Vogliamo ribadire la nostra fiducia – ha aggiunto Biscotti - anche a nome della famiglia Scazzi, sull'autorità giudiziaria di Taranto, che ha sempre saputo svolgere il proprio dovere nel pieno rispetto delle regole del diritto con la massima serenità».

Ognuno sventola la bandiera avetranese come più gli fa comodo.

Avetrana è omertosa, anzi no; è giustizialista, anzi no; civilissima, anzi no!!!

Gli avetranesi sono relegati a semplici comparse, pronti a muoversi sotto il ciak del regista di turno.

È dal 1989, fanno notare i difensori, cioè dall'introduzione del nuovo Codice penale, che la Cassazione non dà il “disco verde” al trasloco di un processo. Questa volta, se la prima sezione avesse detto sì, «sarebbe la prima senz'altro a partire dal 1989 - ha rilevato Marseglia - ma per trovare un trasferimento, anche con il vecchio codice, bisogna fare ancora più strada indietro». Proprio l’assenza di precedenti in materia, rischia di rendere il caso di Avetrana ancora più unico di quanto non lo sia, perché un eventuale spostamento del processo per condizionamento ambientale potrebbe aprire le strade a numerose istanze di questo tipo (basti pensare ai procedimenti per i morti all’Ilva di Taranto, senza spostarsi dal capoluogo jonico, ma ovviamente di esempi se ne possono fare a centinaia).

Più pragmatica è la famiglia Scazzi. «Ad Avetrana - ha detto invece Claudio Scazzi, ospite di una trasmissione Mediaset - c’è un po’ di agitazione, dirti che vai a fare il processo a Potenza rispetto a Taranto può avere tante sfaccettature, per mia madre e mio padre vuol dire farsi tre ore e passa per un’udienza che può durare anche solo 10 minuti. Dal punto di vista giuridico credo che tutti i tribunali siano validi».

Intanto Sabrina Misseri si sente come Amanda Knox. Era inevitabile che la ragazza americana, assolta dall’accusa di omicidio di Meredith Kercher dopo quattro anni di carcere, sarebbe diventata il simbolo dell’accanimento giudiziario. Tutti coloro che pensano di trovarsi in prigione ingiustamente usano lei come termine di paragone. L’ha fatto Sabrina Misseri, in carcere per l’altro delitto mediatico italiano, quello di Sarah Scazzi. Sabrina, dal carcere di Taranto, ha detto: “Mi sento come Amanda“. La ragazza di Avetrana, come l’americana e come l’italiano Raffaele Sollecito, sostiene di essere innocente e di essere stata arrestata ingiustamente: “Sono in carcere da innocente, ma io quattro anni qui dentro non resisto”.

Censurato dalla stampa è che la Corte di Cassazione, di fatto, a vantaggio della magistratura disapplica una legge dello Stato. L’art. 45 c.p.p. parla di Rimessione del processo in caso di emotività ambientale che altera l’acquisizione della prova o ne mina l’ordine pubblico, ovvero per legittimo sospetto che l’ufficio giudiziario non sia sereno nel giudicare, anche indotto da grave inimicizia. Di fatto la legge Cirami non è mai stata applicata, nonostante migliaia di istanze, anche di peso: Craxi, Berlusconi, Dell’Utri.

Rigetto ad oltranza: sempre e comunque. Nel novembre del 2002 fu approvata la legge Cirami che riformulò i criteri del legittimo sospetto ampliando le possibilità di togliere un processo al suo giudice naturale. Da allora non sono stati registrati casi di legittima suspicione. I più noti riguardano trasferimenti ottenuti con la vecchia legge:

*       Piazza Fontana, il processo non si tenne a Milano, luogo della strage del 1969, ma a Catanzaro. La Suprema Corte temeva che a Milano fosse a rischio la sicurezza: il Palazzo di giustizia sarebbe stato assediato dalle contestazioni di piazza. Per Piazza Fontana, in cui vi era sospetto che fosse una strage di Stato: è il primo e più famoso caso di "rimessione". Tutti i processi collegati furono trasferiti a Catanzaro a partire dal 1972, proprio mentre i magistrati milanesi D'Ambrosio e Alessandrini imboccavano la pista della "strage di Stato". Curiosità: il primo dei ricorsi accolti dalla Cassazione fu proposto dall'imputato Giovanni Biondo, che dopo l'assoluzione diventò sostituto procuratore.

*       Per il Generale della Guardia di Finanza Giuseppe Cerciello, le cui indagini contro la Guardia di Finanza furono svolte dai propri commilitoni: il 29 novembre 1994 la Cassazione ha spostato da Milano a Brescia il processo per corruzione contro il generale Cerciello. L'avvocato Taormina aveva messo in dubbio tutte le indagini sulle tangenti ai finanzieri, in quanto svolte dai commilitoni. Quella rimessione è però rimasta un caso unico, poi citato da Di Pietro tra i motivi delle sue dimissioni.

*       Vajont. Il processo per il disastro del Vajont (nel 1963) fu trasferito da Belluno all'Aquila. La Cassazione vide pericoli, anche qui, per l' ordine pubblico.

*       Salvatore Giuliano. Il bandito accusato di essere l' esecutore della strage di Portella della Ginestra (1947) fu rinviato a giudizio a Palermo, ma poi la Cassazione spostò il processo a Viterbo.

Da dire che il 28 settembre 2011 anche allo stesso dr Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, di Avetrana, è stata rigettata l’istanza di rimessione. I magistrati di Taranto sono stati denunciati a Potenza e criticati sui giornali per i loro abusi ed omissioni. Per la Corte di Cassazione è giusto che siano gli stessi a giudicare, nei processi penali per diffamazione a mezzo stampa e nel concorso pubblico di avvocato, chi li denuncia e li critica. Oltre al rigetto è conseguita sanzione di 2 mila euro, giusto per inibire qualsiasi pretesa di tutela.

Questa di Avetrana è sempre più una storia difficile da raccontare. È infatti una storia senza punti e piena invece di virgole, parentesi e soprattutto di punti interrogativi. Per esempio: i carabinieri dei Ris hanno depositato una relazione sostenendo che non c'è alcun riscontro scientifico all'omicidio di Sarah. Niente tracce della ragazza nel garage. Niente tracce nella macchina, niente sulla corda con la quale Misseri ha raccontato di averla calato nel pozzo, niente nemmeno sulle cinture, presunte arme di delitto. È una storia così complicata, questa, che si arriva al paradosso costruito involontariamente dalla Cassazione che disegna tre "soppressori" di cadavere (Michele Misseri, Sabrina Misseri e Cosima Serrano), ma nemmeno un assassino come se la povera Sarah si fosse ammazzata da sola e poi gli zii e la cugina l'avessero calata nel pozzo. Pozzo che appare un po' una metafora di tutto il resto: questa di Avetrana è sempre più una storia piena di buchi neri.

La procura è convinta che a uccidere Sarah siano state Sabrina e Cosima. In realtà, però, come ha sottolineato la Cassazione, Sabrina è in carcere anche per aver ucciso Sarah insieme con il padre Michele: quella ordinanza non è mai stata annullata.

Non solo. Non c'è nessuna traccia che inchioda madre e figlia: manca l'arma del delitto. Non ci sono testimoni. L'unico, il fioraio Buccolieri, ha raccontato prima informalmente di aver visto Sarah mentre veniva trascinata nell'auto di Cosima. E poi però ha smentito tutto: "Era solo un sogno". In compenso, però, c'è zio Michele, che mentre si infuria a mezzo stampa con la moglie ("quando ero in carcere ha tagliato male tutta l'uva, ha combinato un disastro"), continua ad autoaccusarsi dell'omicidio di Sarah. Ma non gli crede nessuno. "Il soffocamento avviene ora in casa Misseri, ora nel garage, ora nella macchina di Cosima" scrive la Cassazione. Ed effettivamente non è chiaro dove Sarah sia stata ammazzata, visto che le ricostruzioni si sovrappongono tra loro, ma spesso non combaciano. La mazzata è arrivata poi dai rilievi dei Ris che - seppur in alcuni casi effettuati tre mesi dopo l'omicidio - non hanno dato alcun risultato: non ci sono tracce di Sarah a casa Misseri e in nessuno dei presunti luoghi del delitto. E soprattutto non ci sono tracce della ragazza sulle armi del delitto possibili sequestrate nel corso dei mesi. Le cinquanta cinture di Sabrina, la corda di Michele, il compressore del garage: è stato tutto analizzato senza alcun esito. La procura colloca l’ora del delitto tra le 13.55 quando Sarah viene vista per strada e le 14,25 quando a casa Misseri arriva Mariangela Spagnoletti. Lo stesso fa la Cassazione ritenendo genuina la testimonianza di un uomo che è sicuro di aver visto Sarah poco prima delle 14 passeggiare verso casa Misseri. "La ragazza è arrivata lì e ha trovato la morte: Sabrina ha poi aspettato per strada l'amica Mariangela per evitare che si accorgesse dei movimenti in macchina e ha mentito alla zia Concetta, quando è andata a chiedere di Sarah, sostenendo che i genitori non erano in casa", dice in sintesi la Procura. La difesa fa notare, però, che c'è stato uno scambio di squilli e sms tra Sarah e Sabrina intorono alle 14,30 quando la ragazza secondo questa ricostruzione avrebbe già dovuto essere morta. "Ha fatto tutto Sabrina - risponde l'accusa - per depistare e avere un alibi". "Ciao mi chiamo Sarah, in questo periodo sono molto legata ad un ragazzo che ha 27 anni, io ne ho solo 15 ma lui è dolcissimo con me e mi coccola sempre, si chiama Ivano, e lui piace anche a mia cugina Sabrina". Sarah appuntava queste parole sul suo diario qualche giorno prima di essere ammazzata. Mentre Sabrina tempestava Ivano di sms e scenate di gelosia. Sono le prove inoppugnabili, secondo la procura, che sta nella gelosia il movente dell'omicidio. La tesi però non convince la Cassazione che ha chiesto al Riesame di Taranto di rimotivare meglio anche questo punto.

«Lotterò sempre per farle scagionare, ma se non riuscirò a farle uscire, la farò finita perché non riesco ad andare avanti così». Intervistato dalla trasmissione Mediaset Domenica Cinque, solitamente affollata di reduci del grande Fratello, Michele Misseri si rammarica per non aver lasciato tracce evidenti della sua colpevolezza. «Mi pento di non aver lasciato nessuna traccia del delitto. La corda l'ho buttata insieme alle scarpe nel bidone della spazzatura». E ancora: «Gli abitanti di Avetrana vogliono che io dica che sono state Sabrina e Cosima ad uccidere Sarah. Soffro per la mia famiglia perché quella poveretta di Sarah non riposerà mai in pace».

Questo è il paradosso tutto italiano: da una parte Michele Misseri, un reo confesso di omicidio in libertà che, se pur considerato inattendibile, da lui si prendono per buone solo le versioni che fanno comodo alla tesi della procura; da l’altra parte Cosima Serrano e Sabrina Misseri, che professano la loro innocenza, ma sono in carcere senza prove.

Prove che nemmeno la polizia scientifica ha trovato.

Se fosse per le serie televisive come i "Ris" o "La Squadra" l'Italia sarebbe la patria dei casi risolti. Ma purtroppo qui stiamo parlando solo di fiction e la realtà ci racconta ben altre storie. Partiamo proprio dal Reparto Investigazioni Scientifiche, i famigerati carabinieri dei Ris. La letteratura e la televisione (programmi, film, ecc..) li hanno reso imbattibili, mentre invece sul campo spesso e volentieri banali errori commessi da questo reparto compromettono l'arresto o la detenzione del colpevole.

L'omicidio Meredith Kercher, ma soprattutto l'assoluzione per non aver commesso il fatto di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, è solo l'ultimo dei casi irrisolti.

I "delitti imperfetti", da cui prendono il nome sia i libri dell'ex comandante Luciano Garofano che la famosa serie televisiva, diventano perfetti proprio a causa di grossolani errori degli inquirenti. Tutto è iniziato quando i Ris sono diventati famosi all'opinione pubblica durante il caso del duplice omicidio di Novi Ligure nel 2001. Per tutti fu un vero e proprio successo, nato dall'ottimo lavoro del reparto dei carabinieri. Ma non va dimenticato, però, che a mettere sulla pista giusta gli investigatori fu proprio Erika, che quando era ancora solo sospettata di aver ucciso madre e fratellino venne filmata in una stanza della caserma dei carabinieri mentre mimava ad Omar, fidanzatino e complice, come avesse pugnalato la donna. Quindi la chiave di volta di questo caso furono le intercettazioni ambientali. Forse possiamo considerare proprio delitto di Novi l'ultimo delitto risolto senza che ci fossero ombra di dubbi. Tracce, arma del delitto, confessioni: insomma, tutti i tasselli del mosaico al loro posto.

Lo stesso non si può dire di Cogne. Nonostante la condanna di Anna Maria Franzoni per l'omicidio del piccolo Samuele ancora oggi l'Italia è divisa in due, innocentisti e colpevolisti. Infatti, seppure ci siano degli indizi manca l'arma del delitto e l'assassina, in questo caso la madre della vittima, tutt'altro che reo confessa. Molti sono stati gli errori degli inquirenti sul caso Cogne che hanno portato a un ritardo di anni sulla verità che ancora oggi, come detto, può avere dei punti deboli e traballa.

Vi ricordate dell'omicidio di Garlasco della giovane Chiara Poggi? Tanti sospetti sul fidanzato Alberto Stasi e i pochi indizi raccolti facilmente smontati dalle perizie di parte. Anche qui errori di chi dovrebbe essere (o si considera) infallibile. Basti pensare che dopo il delitto la "scena del crimine", come ormai siamo abituati a chiamarla dopo essere stati influenzati dai Csi vari, venne addirittura inquinata da un gatto, che la scientifica chiuse dentro la villetta per un giorno intero a scorrazzare! Anche qui nessun elemento valido per trovare l'assassino. Un esempio: la prova ferrea data da una macchia di sangue della vittima sul pedale della bici di Stasi venne facilmente smontata dai difensori del ragazzo, che riuscirono a dimostrare che si poteva trattare benissimo di macchie di flusso mestruale calpestate accidentalmente giorni prima del delitto dal giovane. Ad oggi nessuno è riuscito a respingere la tesi difensiva seppur a prima vista improbabile.

L'omicidio di Perugia è ormai noto a tutti. In molti nonostante la sentenza della corte d'appello sono convinti che Raffaele e Amanda non fossero estranei all'assassinio di Meredith. Ma anche qui i Ris e affini non sono riusciti a dimostrare nulla e per i periti è stato facile evidenziare i loro errori, smontando così la tesi accusatoria. Unico colpevole Rudy Guede (difeso guarda caso dagli avvocati mediatici Gentile e Biscotti).

Nel caso della piccola Yara Gambirasio, invece, ci troviamo di fronte a una vera e propria sfida da parte dell'assassino, o assassini, agli inquirenti, i quali stanno facendo di tutto per perderla: ritardi nelle indagini, auto e furgone dell'unico sospettato, il marocchino Mohamed Fikri, non perquisito, etc, etc. Si è preferito schedare tutto il dna degli abitanti di Brembate e dintorni, ma non degli operai o di chi ha lavorato nel cantiere che potrebbe essere la vera scena del crimine, come viene suggerito dalla polvere di calce nei polmoni della piccola vittima e dalla presunta arma del delitto (un utensile da lavoro utilizzato nel campo dell'edilizia).

E arriviamo al caso del giorno. Fino a ieri tutti eravamo convinti che i magistrati avessero in mano dei saldi indizi sulla colpevolezza di Sabrina Misseri e Cosima Serrano, madre e figlia, nell'omicidio della piccola Sarah Scazzi, ad Avetrana. Invece, anche questa volta le granitiche prove appaiono argillose. Addirittura si parla di elementi inconsistenti, che potrebbero alla prossima udienza del Tribunale del Riesame portare alla scarcerazione delle uniche due accusate dell'omicidio, dopo il proscioglimento di Michele Misseri (prima reo confesso poi scagionato e ora nuovamente reo confesso, ma non creduto).

Nel caso di Melania Rea ci sono tutti gli elementi del vecchio "delitto all'italiana": lui, lei, l'altra, quattrini. Parolisi è in galera (difeso guarda caso dagli avvocati mediatici Gentile e Biscotti), ma anche qui come in quasi tutti i casi che abbiamo elencato si rischia di andare ad un processo indiziario e quindi a tenere aperte le porte del dubbio. Negli ultimi decenni nel campo investigativo la scienza ha dato una grossa mano. Però a volte è proprio la certezza scientifica o l'ossessione di trovarla che conduce, come abbiamo visto, a degli errori in cui spesso il fiuto del vecchio investigatore non incappava. Uno su tutti negli anni Settanta l'indimenticabile commissario della squadra mobile di Torino Giuseppe Montesano, uno "sbirro" alla vecchia maniera che ispirò registri e scrittori grazie ai suoi successi. Tutti veri.

14 ottobre. L’udienza preliminare. Nell'aula Alessandrini del Palazzo di giustizia di Taranto è cominciata l'udienza preliminare dinanzi al gup Pompeo Carriere per l'omicidio di Sarah Scazzi, avvenuto il 26 agosto 2010. Tredici gli imputati. La Cassazione ha stabilito che il processo si terrà a Taranto, rigettando la richiesta di rimessione del processo e trasferimento a Potenza avanzata dai difensori di Sabrina Misseri.

L'udienza preliminare si svolge - come di norma a porte chiuse. In aula ci sono Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano, entrambe detenute e accusate in concorso tra loro di omicidio volontario, sequestro di persona e soppressione di cadavere. Presenti anche Michele Misseri, il fratello Carmine e il nipote Cosimo Cosma, tutti e tre accusati con le due donne della soppressione del cadavere di Sarah. Non c'è Concetta Serrano, madre di Sarah: i legali della famiglia, Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, hanno annunciato una conferenza stampa di Concetta ad Avetrana, una volta conclusa l'udienza odierna.

Sapientemente, come una partita a scacchi, che non si gioca nelle aule dei tribunali, ma nei salotti mediatici. Poi ci si lamenta che il popolino, ingenuo, ne venga influenzato.

Stretta ai lati dai suoi avvocati, Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, abili registi di un processo mediatico, e assediata da giornalisti e telecamere che ha accolto nella sua casa, Concetta Serrano Spagnolo, la mamma di Sarah Scazzi, ha voluto sfogarsi come non faceva da tempo. Sotto il fuoco incrociato delle domande dei cronisti la donna dai capelli rossi e lo sguardo senza pianto né sorrisi ha voluto puntare subito sulla nipote Sabrina: «Dico a Sabrina che se dice la verità, starà bene lei stessa. Se la verità non continua a dirla, sono certo che Dio Geova farà parlare persino le pietre per far uscire fuori la verità. Perché se Sarah ha sofferto pochi istanti, la sofferenza che lei potrà provare a non dire la verità sarà un tormento senza pace. Mia figlia ha sofferto pochi minuti, ma se lei non parla e dice la verità vivrà nel tormento per tutta la vita». Ricordando i tempi in cui sua figlia frequentava chi l’avrebbe poi uccisa, mamma Concetta ha parlato di una Sabrina diversa da come lei stessa si vuole presentare. «Mia figlia si lamentava per come Sabrina la usava e la chiamava solo quando voleva aiuto mentre spesso la lasciava a casa da sola». Parole dure anche nei confronti della sorella Cosima. «Non riesco ancora ad inquadrare il suo ruolo. Lei che non parla mai – ha detto Concetta – sarebbe ora che parlasse e che dicesse finalmente quello che certamente sa. Se è vero che mamma e figlia hanno aiutato Michele a gettare Sarah nel pozzo, vuol dire che hanno anche ucciso. Provo tanta rabbia per loro e non riesco a capacitarmi di come abbiamo potuto uccidere una bambina per di più loro parente». A proposito della sorella Cosima, poi, la mamma di Sarah ha ricordato un episodio accaduto il giorno della scomparsa di sua figlia: «Eravamo in caserma per la denuncia e ricordo che trattenendo le lacrime disse così: “questa volta Sarah l’ha fatta veramente grossa”. Fu allora che cominciai a pensare che mia sorella sapesse qualcosa». Parole di sdegno anche per il cognato Michele. «Prima mi faceva solo pena ora mi fa schifo lui e la sua famiglia; mio cognato ha sempre fatto quello che hanno voluto gli altri ed ora è un bugiardo; se deve venire a parlarmi per dire le sciocchezza che sta dicendo è meglio che resti dov’è, perché quando dice quelle cose mi fa schifo». La donna non ha risparmiato accuse «a certi giornalisti – ha detto – che invece di concentrarsi sulla giustizia e sulla verità, si concentrano su altro, per esempio quando sono andati a casa di Michele quando è stato scarcerato: quella è stata una cosa di pessimo gusto». Come «squallida – ha aggiunto – è stata la messinscena dell’altarino di mia figlia sotto al garage dove è stata uccisa. Tutta l’attenzione ora è rivolta a queste persone squallide mentre di mia figlia che non c’è più sembra se ne siano dimenticati. Provo rabbia e dolore quando sento che Michele parla e piange parlando di mia figlia. In questo modo non fa che infangare il suo nome e il suo ricordo». Dopo mesi di silenzio è tornata a parlare Concetta Serrano Spagnolo, la madre di Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa ad Avetrana (Taranto). La donna ha incontrato i giornalisti, perché «voglio conoscere la verità, voglio sapere chi ha ucciso mia figlia. Se non ci fosse stata la stampa Sarah non sarebbe stata mai trovata. Ma non tutti i giornalisti fanno il loro lavoro con coscienza. Certi giornalisti li disprezzo, perché invece di ricercare la verità si concentrano su altro. Si concentrano tutti su questi possibili criminali, sembrano dei miti, mentre Sarah viene dimenticata da tutti. La sogno spesso come se fosse viva. Tutti la conoscevamo come una ragazza allegra, solare, sorridente. Questa tragedia mi ha lasciato sinceramente allibita: chi si aspettava una cosa del genere da familiari? C’è tanta rabbia perché non riesco a capire come siano riusciti a uccidere una bambina, dei familiari poi!?! Mi rendo conto che sono state delle persone che non solo hanno ucciso Sarah, ma hanno ingannato anche me con la loro presenza. A tante domande devono rispondere loro. Per questo dico sempre che devono dire la verità, una verità che ancora non è venuta fuori. Io mi faccio mille domande, penso a tante cose. Non posso escludere che Sarah abbia sentito discorsi o visto quello che facevano in casa». Quanto a ricucire i rapporti con la famiglia Misseri? «Questo sarà difficile che avvenga. Loro non hanno mai detto la verità, nemmeno ai giudici. Hanno paura che esca fuori la verità. Michele mi faceva pena prima, oggi mi fa schifo come il resto della sua famiglia. Lui ha un suo bagaglio di bugie e si carica anche di quelle di moglie e figlia. Mia figlia non sarebbe mai entrata nel garage, perché Sarah ha paura del buio. Michele fa quello che gli dicono di fare. Sta recitando solo una parte per compiacere i suoi famigliari. E' un uomo che non ha il senso della giustizia, della moralità. Quell'altarino nel garage è una cosa squallida. Vuole chiedermi perdono? Che la smetta di dire tutte quelle cretinate e racconti solo come è morta mia figlia».

Dopo circa tre quarti d’ora di domande e risposte Concetta ha chiuso l’incontro con un desiderio: «Voglio che sia fatta giustizia, ma non voglio un colpevole – ha detto – ma il vero colpevole che ha ucciso mia figlia».

«Mia figlia ha ragione: sono un vigliacco. Contro di me non ci sono riscontri, ma anche contro di lei e contro mia moglie non ci sono prove» Atteso da un plotone di telecamere e reporter, Michele Misseri si è affacciato sulla rampa sopraelevata che conduce i disabili nel tribunale e, da quel palco un po’ improvvisato, con occhiali dorati indosso, ha arringato i giornalisti. È stata la fine di una giornata da disastro.

«Nessuno mi crede, ma io ho ucciso Sarah», ha affermato lui in aula, riconfermando il racconto standardizzato della sua ricostruzione del delitto. Non mancava nulla, dal «caldo alla testa», fino alla ipotetica «caduta sul compressore». Al termine della sessione del 18 ottobre dell’udienza preliminare, zio Michele da Avetrana ha chiesto di potersi avvicinare alla figlia che, per inciso, in aula non lo ha degnato di uno sguardo. «No, non può farlo», gli ha risposto inflessibile il gup rifilandogli l’ennesimo «ceffone» della giornata. Ma il lunedì nero del «confessatore» seriale non era ancora finito. Michele ha chiesto al suo legale, Armando Amendolito, di poter incontrare la stampa dopo l’udienza preliminare. La richiesta ha rischiato di trasformarsi in ammutinamento. Tra i giornalisti, più di qualcuno ha storto il naso di fronte all’ipotesi di fare da cassa di risonanza per Michele. Ma non hanno resistito alla tentazione. Per tenere fede alla loro personale deontologia, i rappresentanti di carta stampata e tv hanno risposto all’appello di Misseri. La conferenza non è andata oltre la seconda domanda. «Il Ris non ha trovato tracce di Sarah sulla corda? Non hanno trovato nemmeno le mie, quindi la corda volava» ha risposto pronto. Ma quando la giornalista di Quarto Grado, Filomena Rorro gli ha chiesto se l’arma del delitto fosse la cintura dello zainetto di Sarah, così come aveva detto qualche giorno prima Misseri in una precedente intervista, la risposta è stata raggelante: «Tu sei una cretina! Prima cosa. Non hai capito niente ... Prove non ce ne sono, né per mia figlia, né per mia moglie» Poi ha spiegato meglio cosa intendesse dire nella precedente intervista, parlando di azione simultanea di corda e cintura. «E allora Misseri - ha domandato Rorro - chi ha ucciso Sarah?». Nella risposta, Michele è stato bruciato sul tempo da un curioso, che attratto dalla ressa, si era fermato ad ascoltare: «Sarah ha preso la corda e si è uccisa da sola, no Miche’?».

«Mi aspettavo che Sabrina dicesse di essere stata accusata ingiustamente, ma questa parola, vigliacco è stata pesante». Intervistato da "Pomeriggio Cinque", Michele Misseri ancora una volta racconta la sua verità e decide di rispondere a sua figlia che, nel corso dell'udienza preliminare a Taranto, ha dato del vigliacco al padre. «La reazione quando ho visto mia figlia - aggiunge Michele Misseri – è che mi sono scappate le lacrime ma ci sono rimasto male quando ha detto che lei è stata incolpata dal vigliacco di suo padre, certamente non posso dire altro. Per questo mi sono alzato e sono andato al microfono con il memoriale che pensavo me lo sequestrassero in carcere, cosa che non è mai successo, e così l'ho dato al giudice e non agli inquirenti. Io dovevo esplodere. Ho raccontato tutto, come è andata tutta la storia - continua Michele - il trattore che non partiva, che ero nervoso, che mia moglie era a letto con Sabrina, non è sfuggito niente, anzi c'è stato più di quello che dovevo dire. Mi sento più libero. Non so se sono convinti ma questa è la verità».

«Sai dov’è che abbiamo sbagliato? Quando è successo il fatto avremmo chiamato i carabinieri … il pronto soccorso… e allora era successo un incidente, una roba del genere. Invece noi abbiamo fatto i furbacchioni… i furbacchioni e mo vedi come ti trovi. Perché la condanna come la prendo io… la prende pure lei». Era l’8 novembre del 2010 quando Michele Misseri confidava queste cose alla nipote Maria Greco che era andata a trovarlo in carcere. Erano passate circa tre settimane da quando il contadino di Avetrana aveva raccontato la versione dell’omicidio in due: «Sabrina teneva ferma Sarah, mentre io la uccidevo». Il 5 novembre aveva cambiato versione: «È stata Sabrina ad ucciderla, io ho solo portato il corpo nel pozzo». Tre giorni dopo la nipote Maria lo va a trovare in carcere: «Certamente Sabrina deve fare la parte sua… non è che sono solo eh … cioè siamo stati incolpati tutti e due…se noi invece avessimo chiamato un dottore», ripete Misseri alla nipote che è convinta della sua innocenza e cerca di consolarlo. Così prosegue quel drammatico colloquio ripreso anche dalla telecamera nascosta dietro lo specchio del parlatorio. «Perché ti volevi avvelenare?», chiede la nipote. «Che Sarah chi l’ha messa dentro il pozzo? Chi l’ha messa? Chi tiene la colpa, eh? Chi l’ha portata la ragazza in campagna? Mica l’ha portata Sabrina. Io l’ho portato il cadavere…». L’interlocutrice tenta di confortarlo. «Si però la cosa più brutta, secondo me, è quando l’ha uccisa…». Michele scuote la testa e dice: «La stessa cosa è…». Più esplicita la confessione contenuta al 34esimo minuto della conversazione. «Purtroppo la versione mia la devo fare… l’ho già fatta… la devo fare, per forza hai capito? La verità che l’ho portata io nel pozzo… che ho bruciato le robe… il telefonino… tutte queste cazzate qua tutte io le ho fatte».

Non è ancora il tempo delle lettere in cui si accusa nuovamente del delitto. Le visite in carcere della moglie Cosima e dell’altra figlia Valentina, che secondo gli inquirenti influenzeranno l’agire di Michele, non sono ancora così frequenti. Il suo difensore è ancora Daniele Galoppa. L’incontro con la parente a cui è affezionato e che ha battezzato diventa occasione di sfogo e pentimenti. Si tormenta per aver lasciato il corpo della nipote per 42 giorni nell’acqua, racconta di averla sognata spesso. La nipote continua a dire di credere alla sua innocenza e lo invita a dire tutta la verità. Misseri a questo punto è come se parlasse da solo: «…tu non devi dire chi è stato … sono stato io… chi l’ha portata …(a bassa voce)… se stavamo tutti e due… diciamo che stavamo tutti e due». A questo punto la nipote Maria lo incalza: «Si lo so che stavate tutti e due, però l’importante zì è che non l’hai uccisa… che a quella bambina sono state spezzate le ali della vita… L’unica cosa è che chiunque l’avrebbe fatto al posto tuo… ma pure io se una figlia mia avesse fatto una cosa del genere, nascondevo… tu quante volte hai detto, preferisco soffrire io anziché la famiglia mia… l’hai detto sempre… però non è giusto perché chi ha fatto quella cosa a Sarah, cioè almeno deve essere punito, no?». Michele è attonito e con il capo chino chiede di Sarah: «Dice che gli hanno fatto una tomba bella, non so se è grande o è piccola». «Quando esci la andiamo a vedere», risponde la nipote.

«Come deve finire. Che tu esci prima di quella. Tu sei il santo e quella è l'assassina»: così Cosima Serrano al marito Michele Misseri, in un colloquio avvenuto il 3 marzo 2011 nel carcere di Taranto, nel quale lo zio di Sarah Scazzi era detenuto, e che è stato intercettato a loro insaputa. L'"assassina" alla quale fa riferimento è la figlia Sabrina. Ma il tono con il quale Cosima dice quella frase lascia intendere l’esatto contrario. Ossia che Sabrina è innocente e zio Michele colpevole. Il colloquio è stato trasmesso dal Tg1 delle 13.30 del 18 ottobre 2011. «Stai scrivendo ancora il memoriale?» - chiede Cosima a Michele, riferendosi al documento che proprio l'uomo ha consegnato al Gup e nel quale si dichiara unico colpevole dell'omicidio di Sarah. «Sì, sempre scrivo» - risponde il contadino di Avetrana, che poi aggiunge - «dobbiamo vedere come finisce». «Certo, come deve finire - gli dice la moglie - che tu esci prima di quella. Tu sei il santo e quella è l'assassina. Così è, così hai detto tu. E così stanno facendo, come hai detto tu, stanno facendo. Gli assassini fuori e gli innocenti stanno dentro. Che situazione, che situazione... Una vita di fatica, una vita di fatica... Quella ragazza tolta di mezzo, quell'altra dentro. Mamma che disastro». A questo punto Michele chiede se Cosima abbia parlato con l'altra figlia, Valentina, ma la moglie invece di rispondere continua a lamentarsi: «Sarebbe stato meglio se un fulmine fosse caduto sulla casa e ci avesse fulminati tutti quel giorno».

Tutta la verità di Michele Misseri, circa l'omicidio della nipote Sarah Scazzi, raccontata, per filo e per segno, in una ventina di pagine, consegnate, durante l'udienza preliminare, al gup Pompeo Carriere.

Da aggiungere quaranta pagine trascritte delle dichiarazioni spontanee rese da Michele Misseri nell’udienza preliminare. Niente di diverso dal memoriale di venti pagine che aveva consegnato ad inizio seduta (tutte incentrate sull’innocenza delle figlia Sabrina), con delle varianti non contenute nel testo, che rimettono in piedi scenari accantonati del tutto: le presunte avance sessuali nei confronti della nipote che in questo nuovo racconto riprendono tragicamente forma. Con molta chiarezza lo si legge a pagine 32 del verbale. «Della mano era vero, ma ho fatto così (probabilmente Michele mima la pacca sul sedere della ragazza), e Sarah aveva detto: «non lo devi fare più sennò lo dico a Sabrina». E si ritorna quindi alla prima versione contenuta nel suo interrogatorio di garanzia, quando ammise di aver toccato il sedere della nipote il giorno prima che la ragazza si trasferisse a San Pancrazio e quindi a cinque giorni dal suo assassinio. Dubbi anche sul vilipendio del cadavere, anche questo confessato la notte del suo arresto e ritrattato sinora. «Poi quando io ho detto del fatto della violenza - racconta Misseri - Galoppa (il suo ex avvocato) diceva a me: «Ma io lo so che non è vero, perché lo dici, non lo devi dire» ed infatti quella sera prima dell'incidente probatorio io l'avevo detto di nuovo che l'avevo violentata, perché lui mi aveva detto di non dirlo più e l'avevo detto di nuovo e lui mi ha detto: "Ti raccomando, nell'incidente probatorio questa parola non la voglio sentire più" ed io sono stato attento attento a non dirlo».

Ed ecco il memoriale di cui si è parlato. 'Zio Michele', in un italiano molto stentato e a tratti incomprensibile, ricostruisce l'intera giornata di quel tragico 26 agosto, fino ad arrivare al pomeriggio in cui Sarah, in vista di una gita al mare insieme alla cugina Sabrina e all'amica Mariangela, si reca nella villetta di via Deledda. Michele si accorge che il trattore “non partiva” e che quindi non poteva andare a lavorare. Di lì a pochi minuti arriva Sarah, che gli chiede perchè stesse “cridando” e lui le intima “vattene”, ma la ragazzina rimane in garage. Zio Michele sente “cuesto calore alla testa” e con “tutta la sua forza” strangola Sarah con una corda. Misseri fa seguire la descrizione della soppressione del cadavere, nascosto nel “cofano” della Seat Marbella e poi buttato nel pozzo, dopo essersi fatto il segno della croce. Riferisce di aver detto “unaltra bugia”, alla moglie Cosima, a cui dice di dover andare all'azienda del fratello perchè sono scappati i cavalli e la finzione “di interessarsi” con i parenti alla scomparsa di Sarah. Segue il racconto dei pomeriggi successivi, quando Misseri si reca al pozzo “per pregare” per l'anima di quella bambina che in sogno gli dice “di sentire freddo”. Altre pagine, dalla scrittura sempre più incomprensibile, fino al pentimento: “Io sono pentito” perchè “le volevo bene: nessuno saprà mai perchè lofatto”.

Ma nel memoriale Michele Misseri, oltre a descrivere la dinamica dell'omicidio, chiama in causa anche il suo ex difensore, l'avvocato Daniele Galoppa, e la consulente di parte Roberta Bruzzone: «Non sono mai arrivato alla verità perchè con il mio avvocato Galoppa tutte le volte che è venuto a trovarmi in carcere che io dicevo che ho ucciso la povera Sarah, il mio avvocato Galoppa non mi ha mai creduto, ma mi ha solo ubriacato, che mi diceva 'ma perchè dici così'?». Michele, rivolgendosi ai pm, aggiunge di non essere mai riuscito a convincere il suo avvocato e che questo gli avrebbe detto «tanto gli inquirenti non ti credono e nemmeno io ti credo». Per questo «io mi sono sentito depresso - continua Michele - perchè quando dicevo che io ho ucciso Sarah, il mio avvocato mi ha fatto piangere tutte le volte che veniva a trovarmi. Io ho sbagliato quando il mio avvocato mi ha detto 'facciamo venire la dottoressa di Roma', mi sono pentito perchè stavamo scrivendo la vera verità sui fatti. Non sono riuscito perchè erano 2 contro 1. Io non sono mai creduto, come dovevo arrivare alla verità. Tutti quelli dell'opinione pubblica dicevano che io stavo coprendo Sabrina e io avevo perso le speranze». Poi dopo l'incidente probatorio «io mi sono ricordato del compressore » e «avevo detto al mio avvocato di fare una richiesta ma non è stata mai fatta», per questo «ho cominciato a capire che per me non era un bravo avvocato, lui doveva fare il giudice per questo l'ho revocato».

“Cari inquirenti, (comincia così) se ho fatto la farsa e non sono arrivato alla verità perchè con il mio avvocato Galoppa tutte le volte che è venuto a trovarmi in carcere che io dicevo che ho ucciso la povera Sarah, il mio avvocato Galoppa non mi ha mai creduto ma mi ha solo ubriacato, che mi diceva ‘ma perchè dici così, al di là del cancello ti vogliono tutti bene’ e non sono mai riuscito a convincere il mio avvocato mi diceva tanto gli inquirenti non ti credono e nemmeno io ti credo’. Poi per questo mi sentivo depresso. Michele spiega perchè ha revocato l’incarico a Galoppa: “Io ho detto sempre la verità ma l’avvocato Galoppa non mi ha mai creduto per questo l’ho mandato a casa perchè quando non mi crede non mi serve”. Dopo l’incidente probatorio, prosegue il testo, “io mi sono ricordato del compressore e avevo detto al mio avvocato di fare una richiesta ma non è stata mai fatta, per questo ho cominciato a capire che non era un bravo avvocato lui doveva fare il giudice per questo l’ho revocato perchè era diventato il più famoso del mondo”. Della criminologa Roberta Bruzzone non fa il nome ma la chiama “la dottoressa di Roma”, il riferimento a lei è chiaro: “Io ho sbagliato quando il mio avvocato mi ha detto se facciamo venire la dottoressa di Roma mi sono pentito perchè stavamo scrivendo la vera verità sui fatti non sono riuscito perchè erano due contro uno”. Nelle venti pagine prive di punteggiatura, lo zio di Sarah scagiona Sabrina “che è innocente”. Adesso scrive, “sono lucido e ricordo bene mentre prima non ero cosciente e mi hanno portato dove hanno voluto loro”. Al memoriale gli inquirenti non attribuiscono alcun valore, altrimenti lo avrebbero acquisito alcuni mesi fa. Dal punto di vista processuale, per gli inquirenti le uniche dichiarazioni di Michele, che hanno rilevanza sono quelle contenute nel verbale dell’incidente probatorio. Un interrogatorio di dieci ore, tenuto col contraddittorio delle parti, in cui accusa Sabrina. Mentre lui continua a sostenere di essere l’unico responsabile dell’omicidio e della soppressione del corpo della nipote, il suo avvocato Armando Amendolito precisa: «Lo difenderò dai capi d’imputazione che gli vengono contestati».

In questo modo da parte della difesa di Michele Misseri non vi è l’interesse a far rendere interrogatorio in contraddittorio, a scanso di infedele patrocinio. Interrogatorio che, invece, Michele vuol rendere.

Dall’altra parte, le difese delle altre parti imputate possono solo appigliarsi a quanto rende Michele senza il doveroso contraddittorio, per smontare quanto dichiarato nell’incidente probatorio.

Avvocati e magistrati. Tutti impegnati a dimostrare la loro personale verità processuale.

Michele Misseri ha elencato le sue accuse nei confronti di Galoppa, chiamato giudice e non avvocato perché secondo lui faceva unicamente gli interessi degli inquirenti. Misseri ha raccontato di averlo messo alla prova per due volte, allo scopo di capire se si poteva fidare. La prima quando gli raccontò che gli avevano tolto il televisore: non era vero, ma poi sentì che il legale aveva riferito questa circostanza ai giornalisti, pur avendo promesso di non farlo. L’altra quando raccontò all’avvocato che non gli era più permesso coltivare l’orto del carcere, altra circostanza che doveva restare segreta e che invece fu divulgata ai mass media.

«Sabrina non l’ho mai potuta sopportare, non mi piaceva come persona, aveva un modo di fare che mi dava fastidio». Parola di Maria Ecaterin Pantir, l’ex badante rumena della famiglia di Sarah Scazzi che è tornata a lavorare ad Avetrana, dopo un breve periodo di ritorno in patria, e che ha seguito come parte civile, tramite l’avvocato Luigi Palmieri, l’udienza preliminare a carico di 13 imputati. La Pantir è parte civile in quanto Sabrina Misseri risponde di calunnia nei suoi confronti per aver detto ai carabinieri, nel corso di un interrogatorio, che proprio la rumena poteva aver svolto un ruolo nella scomparsa di Sarah.

L’8 settembre 2010, una decina di giorni dopo la scomparsa della 15enne, Sabrina fu convocata dai carabinieri, ai quali disse, tra l’altro: «Mi viene da ricondurre, quale altra persona ipoteticamente coinvolta nella scomparsa di mia cugina, la badante rumena di nome Maria e già nota a voi carabinieri. Tali mie personali considerazioni scaturiscono da un radicale cambiamento comportamentale della predetta, in quanto prima della scomparsa di mia cugina, si intratteneva continuamente in conversazioni telefoniche di cui sconosco gli interlocutori, trascurando il proprio lavoro di assistenza a persona disabile, mentre attualmente avuta notizia e contezza della scomparsa, ha ridotto al minimo indispensabile il suo tempo trascorso al telefonino. A rafforzare questa mia ricostruzione mentale, è proprio una esternazione rivolta all’indirizzo della mamma di Sarah, ed in mia presenza, con la quale la badante rumena si preoccupava della possibilità, in virtù delle indagini, di essere anche lei sotto intercettazione telefonica. Non solo - proseguì Sabrina - ma lei era una delle poche persone, escluse io, Sarah e Mariangela, compresi i genitori di Sarah, a sapere che avevamo intenzione di recarci al mare il giorno della scomparsa, e soprattutto era certa del momento dell’uscita di Sarah dalla propria abitazione. Non solo: la badante è talmente tanto informata delle faccende domestiche della famiglia di Sarah, che anche mia zia, per ricordarsi i dettagli dei momenti salienti della scomparsa di Sarah, chiedeva alla ragazza rumena».  «Mi hanno provocato una sofferenza incredibile - dice Maria alla Gazzetta del Mezzogiorno - perché tutti hanno cominciato a sospettare di me, la gente mi guardava con disprezzo e sui giornali e nelle televisioni si parlava di questa fantomatica pista rumena. Quando è morto lo zio di Concetta, e dunque ho perso il lavoro, ho deciso di tornare in Romania anche se Cosima, la mamma di Sabrina, insisteva perché restassi. Mi aveva offerto di andare a lavorare con lei in campagna, ma non ho mai accettato. C’era qualcosa dentro di me che mi spingeva a non farlo. Mi sono costituita parte civile perché voglio essere riabilitata». La badante ricorda con affetto e commozione Sarah. «Parlavamo e giocavamo spesso assieme, lo abbiamo fatto anche poche sere prima dell’omicidio. Mi vedeva come una sorella maggiore. Io la sfottevo, le chiedevo se aveva un fidanzato ma lei mi rispondeva con forza: “Maria, ma che dici? Sono ancora una bambina”. Mi manca Sarah, mi mancano i suoi sorrisi. Per fortuna con Concetta si è tutto chiarito e dunque sono tornata a vederla, a salutarla».

A Pomeriggio Cinque del 14 ottobre la testimonianza della psicologa Cinzia Gimelli: «Sabrina sa delle cose ma non le può dire». Il “ Caso Scazzi” si arricchisce della testimonianza fornita dalla psicologa Gimelli, che in passato ha fornito un parere psicologico-giuridico nell’interesse della difesa di Sabrina Misseri.

La psicologa Cinzia Gimelli ospite in studio a “Pomeriggio Cinque” e che in passato ha fornito un parere psicologico-giuridico nell’interesse della difesa della cugina di Sarah afferma: «Sabrina sa, sa delle cose come anche Cosima, ma queste cose che sa non sono dirette a se stessa, alla sua famiglia. Lei sa delle cose ma non le vuole dire o non le può dire e queste sono le parole di Sabrina»”. La psicologa continua affermando che le indagini devono essere allargate. E lei, in studio dice inoltre che sono state fatte delle trascrizioni dalla procura e ne sono state tralasciate altre, e lei si riferisce a intercettazioni telefoniche anche tra altre persone che non sono Sabrina, Cosima e Michele.

Anche l’ex fidanzato di Sabrina, Andrea Merico, ha commentato in diretta le dichiarazioni di Concetta Serrano, affermando prima di tutto di essere sempre «convinto dell’innocenza di Sabrina. Ho sempre creduto che una delle prime confessioni fatte, sia più vicina alla realtà, tante persone la pensano come me e che sia stato Michele e non Sabrina a uccidere la piccola Sarah».

La villetta di via Deledda è un bunker avvolto da teloni verde cupo. di quelli che non fanno passare neanche i raggi del sole. Si è chiuso nel buio Michele. Dentro i muri di casa, ma anche quando sta nel giardino è perso nel buio della sua anima. «Nessuno di noi lo ha mai disturbato - dicono i vicini di casa -. Anzi, abbiamo capito il dramma di questa famiglia disgraziata e abbiamo cercato di mantenere un profilo di silenzio e rispetto». Ma il comportamento del contadino non è piaciuto. Un vicino di casa, un suo amico vero, che lo ha difeso più volte, è rimasto male quando ha scoperto che Michele non è stato sincero con lui. La richiesta dei difensori di Sabrina di spostare la sede del processo da Taranto è stata accolta male anche in via Deledda. «Mai abbiamo dato fastidio ai Misseri, mai una parola fuori posto». È vero invece che in via Deledda continua un via vai di persone strane. Sono arrivati due ragazzini, due studenti di Nardò, a bordo di una minicar. «Abbiamo marinato a scuola - hanno detto - per vedere la casa dei Misseri». Poi, una decisione improvvisa. I due hanno scavalcato il muro, sono scesi dall’altra parte nel giardino della villetta, hanno strappato qualche mela cotogna da un albero e sono poi velocemente tornati per strada allontanandosi con la minicar. Un contadino di Sannicola, un paesino vicino a Gallipoli, ha abbandonato il suo campo per arrivare in via Deledda alle 12. «Sono venuto nella speranza di incontrare Michele» ha detto. «Anzi, vorrei fargli una foto». Perché? gli abbiamo chiesto. «La voglio come ricordo». Nel garage di via Deledda Michele ha allestito un altarino con la foto della nipote. «Così posso dire una preghiera» ha detto tempo fa. «Quando uscirà il colpevole andrò al cimitero» ha aggiunto.

Alla sesta sessione dell’udienza preliminare, il 24 ottobre, Cosima Serrano, accusata insieme alla figlia Sabrina Misseri dell’omicidio della nipote Sarah Scazzi, ha reso dichiarazioni spontanee dinanzi al gup del tribunale di Taranto Pompeo Carriere, parlando per circa 30 minuti e ribadendo la propria innocenza. La donna inizialmente ha fatto riferimento all’intercettazione di un colloquio in carcere tra lei e il marito, all’epoca detenuto, nella quale aveva detto, riferendosi alla vicenda di Sarah, che sarebbe stato meglio quel giorno che sulla loro casa fosse caduto un fulmine. L’espressione, ha spiegato Cosima, era legata al fatto che in quel periodo sia la figlia sia il marito erano finiti in carcere. Rendendo dichiarazioni spontanee al gup dinanzi al quale si celebra l’udienza preliminare, Cosima Serrano ha ricostruito anche la giornata del 26 agosto 2010, giorno in cui Sarah Scazzi venne uccisa. La donna ha detto in particolare di essere rientrata dal lavoro tra le 13,30 e le 13,40 e che ci sarebbero testimonianze al riguardo. Ha quindi mangiato qualcosa, si è "rinfrescata" ed è andata a letto, dove era la figlia Sabrina. Dopo un pò di tempo ha sentito la figlia che si alzava e poi sbattere la porta quando Sabrina è uscita. Quindi, ha udito la figlia chiedere al padre se avesse visto Sarah. Cosima si sarebbe svegliata, secondo quanto da lei dichiarato, quando Sabrina l’ha chiamata al telefono per dirle che Sarah non si trovava. La donna avrebbe consigliato alla figlia di recarsi dai carabinieri.

«Tutto quello che si è venuto a realizzare nell’inchiesta è avvenuto sulla base di alcune testimonianze che si sono modulate nel tempo senza poi arrivare a costituire una prova. L’attendibilità dei testimoni dell’accusa si mette in discussione da sola». Lo ha dichiarato alla stampa e a “Pomeriggio 5” di Mediaset l'avv. Franco De Jaco, che insieme all’avv. Luigi Rella difende Cosima Serrano. «Questi testimoni – ha proseguito De Jaco – hanno rilasciato decine di interviste, hanno partecipato al bailamme indegno che c'è stato all’uscita dalla caserma e all’arresto della signora Serrano gridando e applaudendo, e già questo mina la loro credibilità. Non dimentichiamo che molti di questi soggetti hanno ricevuto compensi ogni volta che andavano in televisione». «Noi chiediamo il proscioglimento di Cosima Serrano – ha concluso il legale – a cui farebbe seguito ovviamente la scarcerazione. Sosteniamo l’assoluta estraneità della signora Serrano all’omicidio e che quindi debba essere assolta, così come Sabrina è assolutamente innocente rispetto all’atto che le viene contestato».

«Abbiamo depositato delle intercettazioni di alcuni testimoni che contrattavano apertamente con le varie emittenti televisive le loro presenze in trasmissioni e non mi riferisco ai programmi di Mediaset». A parlare è Franco de Jaco avvocato di Cosima Serrano che ha raccontato ai microfoni di “Pomeriggio cinque” di aver chiesto il proscioglimento di Cosima perché «le testimonianze si sono evolute nel tempo e inquinate da comportamenti non condivisibili come quello che alcuni dei testimoni si sono prestati a interviste dietro pagamento. Se la signora Cosima ha probabilità di uscire dal carcere? Noi ce lo auguriamo – continua l’avvocato – Perché tutti le ritengono Sabrina e Cosima colpevoli? Perché si genera un’antipatia mediatica, e la gente si fa un’idea senza aver le carte processuali davanti.»

Intanto dal “Il Corriere della Sera” si viene a sapere una cosa sconcertante: c'è un’altra verità nelle foto di Sarah. Un’immagine mostra i lividi ai polsi della ragazza. Il medico legale Strada: «Io non l'ho mai vista».

La foto per intero non è stata proposta per la crudezza delle immagini. È stato ritenuto necessario invece mostrare il particolare dell’avambraccio sinistro (quello destro non è visibile) che presenta, proprio al di sopra dei polsi, delle evidenti ecchimosi con la caratteristica forma a «bracciale» o «manetta». I segni sembrerebbero quelli tipici di legacci o da ammanettamento o da forti strette con le mani. «Sembrerebbe», perché l’autopsia fatta dal professore Luigi Strada, incaricato dalla procura di Taranto, non ha evidenziato «nulla di vistoso» sul corpo sottoposto ad esame. Il fotogramma ingrandito che farebbe invece credere il contrario, è stato scattato la mattina del 7 ottobre del 2010, quando, dopo dieci ore di lavoro con l’escavatore e i badili, le forze dell’ordine e i sommozzatori del nucleo carabinieri di Taranto riuscirono a tirare fuori il corpo martoriato di Sarah Scazzi, rimasto per 42 giorni sommerso nel pozzo-cisterna dove l’avrebbe gettata lo zio Michele Misseri. Dopo circa otto ore da quello scatto, la salma diventerà oggetto di esame sul tavolo operatorio dell’obitorio dell’ospedale Santissima Annunziata a disposizione del medico legale Strada. La foto, una tra tante di quelle scattate lo stesso giorno e depositate agli atti dell’inchiesta, prende una strada diversa e finisce tra i reperti doppioni oppure di scarso interesse per le indagini. A distanza di un anno, la testimonianza fotografica ricompare in qualche modo nel palazzo di giustizia e cattura l’attenzione della procura. Che cautamente smentiva la circostanza facendo rilasciare dichiarazioni stringate del tipo: «Non stiamo compiendo accertamenti su altre foto del cadavere di Sarah». Anche Strada è di poche parole: «Dall’esame autoptico - dice - non è emerso nulla che potesse preoccuparmi». In merito alle indiscrezioni di una sua presenza in procura a Taranto, dovuta proprio al ritrovato reperto, il medico legale taglia corto: «Se qualcuno ha altre foto non lo so e se la procura riterrà di farmele esaminare, ovviamente lo farò». Intanto c’è chi comincia a chiedere di più, addirittura di esumare il corpo per farlo nuovamente esaminare con una nuova autopsia. È il caso dell’avvocato Raffaele Missere che nella sua relazione depositata alla segreteria del gup, Pompeo Carriere, motiva così la necessità di una nuova perizia autoptica: «Non parliamo di fratture macroscopiche - ha precisato il legale - ma anche di segni da ricollegare a traumi ante mortem o post mortem».

La posta in gioco è molto alta (la dimostrazione che Sarah sia stata uccisa da almeno due persone). E già questo è motivo di prudenza e discrezione degli inquirenti consapevoli del delicato momento della vicenda giudiziaria giunta alle battute finali e molto vicina alla fine della decorrenza dei termini dell’imputata principale, Sabrina Misseri, che tornerebbe libera se alla data del 27 novembre il giudice non deciderà per il rinvio a giudizio. A dare importanza al nuovo scenario aperto da questi segni sui polsi, è lo psichiatra Alessandro Meluzzi, consulente di parte della famiglia Scazzi. «Non ho visto le foto, ma ne ho sentito parlare e mi sono state descritte da chi le ha potute visionare e questo - dice - conferma la mia tesi secondo cui si è ancora lontani dall’individuare le modalità e il luogo in cui la ragazza è stata uccisa». Per lo psichiatra, notoriamente convinto della non colpevolezza di Sabrina Messeri e della madre Cosima Serrano, la figura oscura di questa vicenda è proprio Michele Misseri. «Nei suoi racconti - dice - ci sono troppe cose che non tornano, il suo è il ruolo di Igor il becchino, che continua a depistare e a nascondere la verità e complicità diverse».

Meluzzi attribuisce importanza ai segni riportati nella foto tanto quanto ne assegna all’assenza di cibo nello stomaco di Sarah. «Sono i due gravi deficit che nessuno vuole affrontare e risolvere: lo stomaco senza tracce di cibo e quindi la prova che la ragazza è morta almeno quattro ore dopo la tesi della procura e i segni sui polsi (che secondo me sono dei legacci e non impronta di mani) che se confermati disegnano uno scenario del tutto nuovo ancora pieno di colpi di scena». Una strada alternativa al delitto di famiglia che portava ad investigare luoghi lontani da via Deledda, l’avevano tracciata anche gli ex avvocati difensori di Sabrina Misseri, Vito Russo e Emilia Velletri, prima della loro uscita di scena per le note vicende giudiziarie che, ironia della sorte, li vedono tra gli imputati della stessa inchiesta.

Il gup del Tribunale di Taranto, Pompeo Carriere, il 7 novembre ha rigettato la richiesta di riesumazione del cadavere di Sarah Scazzi e di nuovo esame autoptico avanzata in udienza preliminare dall’avvocato Raffaele Missere, difensore di Cosimo Cosma, nipote di Michele Misseri, imputato con lui di concorso in soppressione di cadavere.

Intanto sono stati chiamati tre testimoni: sono la psicologa e lo psichiatra del carcere di Taranto, Dora Chiloiro e Giovanni Primiani, e il cappellano del carcere, don Saverio Calabrese. Tutti hanno avuto modo di parlare nei mesi scorsi con Michele Misseri quando questi era detenuto. L'audizione di psicologa e psichiatra era stata chiesta in una precedente udienza dall’avvocato Franco Coppi, difensore di Sabrina Misseri, accusata con la madre Cosima Serrano dell’uccisione di Sarah. L’audizione di don Saverio era stata chiesta invece dal pm Mariano Buccoliero. Quella di Michele Misseri è stata disposta dal gup Pompeo Carriere in relazione all'imputazione di infedele patrocinio di cui risponde il suo ex difensore di fiducia Francesco De Cristofaro.

Il cappellano del carcere di Taranto, don Saverio Calabrese, citato come testimone, si è avvalso del segreto confessionale e quindi non ha riferito nulla circa i colloqui avuti con Michele Misseri quando questi era detenuto nella stessa casa circondariale.

Lo psichiatra Giovanni Primiani ha testimoniato che Michele Misseri gli ha riferito di essere l’unico colpevole dell’omicidio della nipote Sarah Scazzi.

La psicologa del carcere di Taranto, Dora Chiloiro, ha testimoniato che Michele Misseri avrebbe ritrattato la prima confessione dell’omicidio della nipote Sarah Scazzi, accusando del delitto la figlia Sabrina, perchè "consigliato" da qualcuno.

«Psicologo e psichiatra hanno confermato in linea di massima ciò che Michele Misseri ha detto loro sin dall’inizio, quando ha detto che è stato lui» ad uccidere Sarah. Lo ha dichiarato l’avv. Franco Coppi, difensore di Sabrina Misseri, al termine dell’udienza preliminare.

Nell’udienza preliminare per l'omicidio di Sarah Scazzi, Michele Misseri ha detto di non ricordare che il suo ex difensore di fiducia, l'avvocato Francesco De Cristofaro, in un colloquio in carcere gli avrebbe suggerito di accusarsi anche della violenza sessuale ai danni del cadavere di Sarah e di dire che la precedente versione in cui negava questa circostanza gli sarebbe stata suggerita dal precedente legale e dalla criminologa. Misseri ha riferito questo in relazione alla imputazione di infedele patrocinio per la quale è imputato lo stesso De Cristofaro. Era stato il gup Pompeo Carriere a disporre l'audizione di Michele Misseri su questo particolare dell’inchiesta.

«Cosa sta nascondendo Sabrina?». è la domanda che Michele Miseri rivolge in dialetto alla figlia maggiore Valentina in un colloquio nel carcere di Taranto intercettato il 22 ottobre 2010. Una settimana prima, il 15 ottobre, Michele ha accusato dell’omicidio di Sarah la figlia più piccola Sabrina, ritrattando la prima confessione.

Michele Misseri il 15 ottobre 2010, alcune ore prima di esser interrogato dagli inquirenti nel giorno in cui accusò la figlia Sabrina dell’omicidio di Sarah, avrebbe assunto farmaci che gli avrebbero provocato una temporanea perdita di lucidità. E’ quanto lo stesso Misseri ha riferito allo psichiatra del carcere, Giovanni Primiani. La circostanza è stata riferita da Primiani nell’udienza preliminare. La circostanza della presunta assunzione di farmaci da parte di Michele Misseri era già emersa nel corso dell’inchiesta, riferita al periodo nel quale era detenuto: come risulta dagli atti, quattro testimoni, tra i quali due infermieri del carcere di Taranto, hanno detto che Misseri aveva rifiutato qualsiasi assunzione di farmaci tranquillanti, firmando per il rifiuto.

Michele Misseri allo psichiatra Giovanni Primiani e alla psicologa del carcere Dora Chiloiro avrebbe sempre detto di essere stato l’unico colpevole, solo lui avrebbe ucciso Sarah, esattamente come aveva spiegato nella prima confessione, quella del 6 ottobre. E anche quando davanti ai pm ritrattava accusando la figlia, nella sua cella, agli operatori del carcere, ribadiva la sua responsabilità esclusiva.

La psicologa Dora Chiloiro, incalzata pesantemente dagli inquirenti (apparsi molto nervosi) ha detto che dalle sue sedute con Michele Misseri è emerso che qualcuno lo ha aiutato ad accusare la figlia. «Non so se volontariamente o no», ha spiegato. «Misseri mi diceva sempre: "mi hanno consigliato». I due professionisti hanno anche detto di aver appreso dal loro paziente del «movente sessuale», ossia delle molestie che lui avrebbe fatto alla nipote i giorni precedenti l’omicidio. Michele Misseri ha poi sempre detto che quel 9 ottobre quando è stato portato in garage per un sopralluogo, data di inizio delle sue accuse alla figlia, non era in condizioni di intendere e di volere. E lo psichiatra ha confermato che quel giorno era stato svegliato alle tre di notte e gli era stata data una doppia dose della sua terapia, a digiuno e dopo solo cinque ore invece delle dodici disposte dal medico.

Ed è stato sentito anche il cappellano del carcere, don Saverio, chiamato dai pm Pietro Argentino e Mariano Buccoliero, che però ha preferito mantenere il vincolo del segreto: «Per mantenere il segreto della confessione sono pronto al martirio». Non c’è stato bisogno, anche perché è stato lo stesso Misseri in un certo modo a sciogliere questo vincolo raccontando al Gup i contenuti delle sue chiacchierate con il sacerdote e anche perché dopo l’incidente probatorio (in cui Misseri ha detto che la morte della nipotina era stata causata da un gioco, «il cavalluccio», che le due cugine stavano facendo in garage) non è più andato a confessarsi. «Perché avevo detto una bugia su mia figlia e mi vergognavo che a lui avevo detto una cosa e al giudice un altra», avrebbe spiegato Misseri. E il prete mentre ascoltava sorrideva muto.

Soddisfatta la difesa. Il professor Franco Coppi, legale di Sabrina insieme a Nicola Marseglia, spiega: «i testimoni hanno confermato che Michele Misseri ha a loro confidato fin dal primo momento della sua detenzione di essere l’unico esecutore dell’omicidio e della soppressione del cadavere».

«Io a loro, allo psichiatra, alla psicologa e al cappellano ho sempre detto che sono l’unico colpevole», ripeteva Misseri che è stato ascoltato dal Gup Pompero Carriere anche in merito alla vicenda che vede il suo ex legale accusato di infedele patrocinio. Ma Misseri non ha avuto dubbi, difendendo l’operato dell’avvocato, Francesco De Cristofaro e spiegando che è sempre stato solo lui a insistere perchè facesse conoscere ai pm la sua versione dei fatti. Con una lettera visto che i magistrati si rifiutavano di ascoltarlo di nuovo. E inoltre ha spiegato il contenuto di un’intercettazione con sua moglie Cosima da cui i pm hanno dedotto l’infedele patrocinio. Sempre difendendo l’operato del suo ex legale. E questa è un altra sconfitta per l’accusa che vede pian piano crollare il castello accusatorio con il Gup Pompeo Carriere.

Depositate anche alcune intercettazioni, tra cui quella del primo colloquio in carcere tra Valentina Misseri e suo padre che aveva da poco accusato Sabrina. Misseri non sa che la figlia è stata arrestata dopo le sue accuse. E, secondo la lettura che di queste frasi in dialetto fanno i colpevolisti chiederebbe alla primogenita: «Che cosa ha da nascondere Sabrina?» Ma il ricordo di Valentina è diverso così come riferito a Maria Corbi de “La Stampa”: «Papà non mi ha mai fatto quella domanda. Mi ha detto invece: "che cosa ho detto io di Sabrina? Per quale motivo sta qua?". E io gli ho risposto: "non so se te lo posso dire". Quel giorno non glielo ho detto. Non avevo intenzione di andare in carcere, ma quando ha accusato Sabrina volevo vederci chiaro, ero sicura dell’innocenza di mia sorella perché avevo vissuto con mia sorella la notte dell’arresto di mio padre quando non voleva credere che papà fosse colpevole. Io gli dicevo:« E’stato lui». E lei mi diceva. "No, me lo deve dire lui in faccia"».

Inoltre da Il Corriere della Sera si viene a sapere di un altro fatto sconcertante. Lo strano caso della cocaina rinvenuta nelle casa al mare della famiglia Scazzi.

Il 6 settembre 2010, dieci giorni dopo la scomparsa della 15enne, i carabinieri trovarono un coltello e un bilancino di precisione nel ripostiglio della villetta.

Il 6 settembre del 2010, dieci giorni dopo l'uccisione di Sarah Scazzi, tra i tanti luoghi battuti per cercare la quindicenne scomparsa, i carabinieri del nucleo investigativo di Taranto visitarono anche la villetta al mare della famiglia Scazzi. E lì fecero una scoperta che per i giorni successivi diede una piega differente alle indagini: in un ripostiglio della casa, i militari trovarono un coltellino, delle tracce di polvere bianca («presumibilmente cocaina» scrivono nel rapporto) e un bilancino di precisione di quelli utilizzati per suddividere le dosi.

Ecco cosa scrivono in quell'occasione gli investigatori del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Taranto nella relazione trasmessa alla Procura della Repubblica: «Trattavasi di un'abitazione di circa 80 metri quadrati, con un giardino pertinenziale su tutti i lati completamente recintato da un muro di cinta in tufo calcareo alto circa 2,20 metri. Nel corso della ispezione di detta abitazione - si legge nell'informativa -, veniva rinvenuto in un vecchio comò tutto il materiale in oggetto indicato il quale appariva intriso di una sostanza stupefacente verosimilmente cocaina». Si trattava di questo: «un coltello da innesto, un bilancino di precisione marca Digitai - New pocket scale - l,ti - I8, un sacchetto per la spesa a cui sono stati praticati alcuni fori di forma tondeggiante della dimensione oscillante di circa 8-10 centimetri».

I reperti raccolti furono poi inviati ai laboratori della sezione scientifica dei carabinieri di Taranto che diedero questi risultati: «Le analisi chimiche e gas cromatografiche condotte sul materiale sequestrato hanno permesso di accertare che nei campioni analizzati (bilancino e coltello) è stata riscontrata la presenza in tracce di cocaina». In seguito al ritrovamento i carabinieri vollero approfondire la vicenda sottoponendo a sommaria informazione i componenti della famiglia i quali esclusero di essere a conoscenza di quella presenza affermando di non usare la casa da diversi anni perché fatiscente. Una sola visita fugace, ammisero gli stessi, fu da loro fatta in occasione del ferragosto di quello stesso anno.

Acquisite queste informazioni gli investigatori dell'arma non hanno ritenuto di andare oltre classificando il reato «a opera di ignoti - si legge ancora - non potendo al momento ipotizzare responsabilità a carico di nessuno, essendo detta abitazione praticamente alla mercé di tutti una volta scavalcato il muro di cinta». L'abitazione in questione che era intestata al Cosimo Spagnolo, zio e papà acquisito di Concetta Serrano, mamma di Sarah, si trova nella vicina località balneare di Torre Colimena. Al sopralluogo dei carabinieri il 6 settembre prese parte Giacomo Scazzi che si recò per indicare il posto alle forze dell'ordine.

Nelle 103 pagine del verbale di udienza del 7 novembre, c’è anche un passaggio che riguarda un episodio rimasto sempre molto misterioso, ovvero il trasferimento di Michele Misseri nell’ospedale Nord il 30 maggio, giorno della sua scarcerazione. Michele si trovava in casa sua da alcune ore, era in compagnia della figlia Valentina dopo aver rilasciato una intervista a due giornaliste di Matrix e della Stampa, quando in via Deledda arrivò un’ambulanza. A parlare del fatto, sollecitato dall’avv. Nicola Marseglia, che con Coppi difende Sabrina Misseri, è stato il dottor Primiani, che proprio quella notte era di turno nel reparto di psichiatria.

«Verso le 0.30 arrivò in ospedale il signor Misseri con una ordinanza firmata di trattamento sanitario obbligatorio. Non avendo però visto nessun certificato medico, perché normalmente quando noi chiediamo o la proposta o la convalida ci vogliono normalmente i soliti due certificati, di due medici diversi. Uno deve proporre e l’altro convalidare la precarietà tale del soggetto e del cittadino che può essere addirittura ricoverato contro la volontà. Chiesi - ha detto Primiani - alla collega del 118 se avesse fatto la proposta di trattamento sanitario e lei mi disse di no. Chiesi se avesse effettuato qualche trattamento farmaco terapeutico e disse di no, perché lei lo aveva trovato abbastanza calmo e tranquillo. Personalmente non ho ritenuto opportuno il ricovero, non ho neanche somministrato farmaci, ho ritenuto che tornasse a casa perchè non ce n’era motivo».

Eppure secondo quanto ha riferito la figlia Valentina, l'ordinanza per il «Tso» (trattamento sanitario obbligatorio) sarebbe stata firmata dal sindaco di Avetrana. Subito dopo la scarcerazione, Michele Misseri era stato portato in ospedale, si era detto su ordine del sindaco il quale aveva disposto un Tso (Trattamento sanitario obbligatorio). Il primo cittadino di Avetrana, il giorno seguente, ha smentito la circostanza, spiegando di non aver emesso alcuna ordinanza. Ma ora spuntano i documenti che lo contraddicono pubblicati sulla pagina web del TGCOM del 1 giugno 2011. Nel documento, su carta intestata del comando di polizia municipale del comune di Avetrana, si legge chiaramente che "il sindaco, vista la proposta" avanzata dal maresciallo dei carabinieri che richiedeva l'emissione di un Tso per zio Michele, "considerato che dalle informazioni assunte dai medesimi carabinieri occorre effettuare, con estrema urgenza, l'accertamento delle condizioni sanitarie sotto il profilo psicologico, nonché la presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici", "dispone il trattamento sanitario obbligatorio". Firmato, il sindaco avvocato Mario De Marco.

E' stata violata la legge nel richiedere per Michele Misseri, uno dei protagonisti del giallo di Avetrana, il trattamento sanitario obbligatorio (tso) il 30 maggio, qualche ora dopo la sua scarcerazione? L'interrogativo è posto ai ministri della Salute, della Giustizia e della Difesa dalla deputata radicale Rita Bernardini, la quale ipotizza che si sia trattato di una ''procedura gravemente irregolare''.

A tal riguardo, la deputata radicale Rita Bernardini, membro della Commissione giustizia alla Camera, ha depositato un’interrogazione parlamentare ai Ministri della Salute, della Giustizia e della Difesa in funzione di sindacato ispettivo.

Interrogazione 4-12248. Degenza ospedaliera di Michele Misseri.

Di seguito il testo dell’interrogazione: Atto Camera, legislatura XVI, Interrogazione a risposta scritta 4-12248, presentata da RITA BERNARDINI, mercoledì 8 giugno 2011, seduta n.483.

Al Ministro della Salute, Al Ministro della Giustizia, Al Ministro della Difesa Per sapere

- Premesso che:

il Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.), istituito dalla legge n. 180/1978 e attualmente regolamentato dalla legge n. 833/1978 (articoli 33 - 35), è un atto composito, di tipo medico e giuridico, che consente l’effettuazione di determinati accertamenti e terapie ad un soggetto affetto da malattia mentale che, anche se in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, rifiuti il trattamento;

il concetto di T.S.O. è basato su valutazioni di gravità clinica e di urgenza ed è quindi inteso come una procedura esclusivamente finalizzata alla tutela della salute e della sicurezza del paziente;

dal punto di vista normativo, il Trattamento Sanitario Obbligatorio viene emanato dal Sindaco del Comune presso il quale si trova il paziente, su proposta motivata del medico. Qualora il trattamento preveda un ricovero ospedaliero, è necessaria inoltre la convalida di un secondo medico, appartenente ad una struttura pubblica;

il Sindaco può emanare l’ordinanza di Tso nei confronti di un libero cittadino solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;

che gli interventi proposti vengono rifiutati e che non è possibile adottare tempestive misure extra ospedaliere;

le tre condizioni di cui sopra devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico (che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi esercente la professione medica) e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica;

le certificazioni oltre a contenere l’attestazione delle condizioni che giustificano la proposta di Tso, devono essere motivate nella situazione concreta. In altre parole non dovrebbero essere ammesse certificazioni che si limitano alla mera enunciazione delle tre condizioni sopra indicate, né tanto meno prestampati. Così come non dovrebbero essere prese in considerazione certificazioni che si limitano alla sola indicazione della diagnosi;

in data 30 maggio 2011 il Sindaco di Avetrana, avv. Mario De Marco, ha disposto “il trattamento sanitario obbligatorio in considerazione di degenza ospedaliera del Sig. Michele Misseri da effettuarsi presso una struttura ospedaliera idonea mediante trasporto con unità di pubblico soccorso 118”;

il provvedimento del Sindaco di Avetrana è stato adottato, contrariamente a quanto stabilito dalla legge n. 833 del 1978, non su proposta motivata di un medico né su domanda del medico curante del Sig. Misseri, ma sulla base di una richiesta formulata in data 30 maggio 2011 dal Comandante della Stazione dei Carabinieri di Avetrana, Maresciallo Fabrizio Viva, e, quindi, sulla scorta di non meglio precisate informazioni assunte dai medesimi carabinieri in base alle quali, a parere del Primo Cittadino di Avetrana, si rendeva necessario effettuare, con estrema urgenza, l’accertamento delle condizioni sanitarie del Sig. Misseri sotto il profilo psicologico;

peraltro il Tso disposto nei confronti del Sig. Misseri prevede il ricovero ospedaliero, sebbene non risulti esservi agli atti la convalida del provvedimento da parte di un secondo medico appartenente ad una struttura pubblica così come previsto dalla normativa di settore;

l’articolo 33 della legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, stabilisce che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari;

qualora previsti, i trattamenti sanitari obbligatori devono comunque rispettare la dignità della persona, i diritti civici e politici, compreso, per quanto possibile, il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura;

l’articolo 33, comma 3 della legge n. 833 del 1978 aggiunge inoltre che gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato.

- quale sia stata l’esatta dinamica degli avvenimenti che hanno portato alla degenza ospedaliera coatta del sig. Misseri, e per quali motivi il Maresciallo dei carabinieri di Avetrana abbia proposto il Tso nei confronti del signor Misseri e il Sindaco di Avetrana lo abbia disposto;

- se non si ritenga opportuno che siano resi pubblici tutti gli atti in base ai quali è stato attuato tale provvedimento (compresi i verbali dei carabinieri);

- si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda fare chiarezza sulla vicenda, verificare la regolarità della procedura e appurare se vi era la necessità di sottoporre il Sig. Michele Misseri al Tso. 

A tale interrogazione è stato inoltrato sollecito di risposta il 06/07/2011, il 21/09/2011, il 11/10/2011. Tutto lettera morta. Se non si rende conto ai parlamentari interroganti, figuriamoci ai poveri cristi.

Comunque tanto si è fatto per rinchiudere Michele Misseri in ospedale, ma le medesime istituzioni nulla hanno fatto per proteggerlo dalle cosiddette persone “normali”.

«Devo rimanere ad Avetrana per difendere la mia casa». Ormai da settimane, Michele Misseri sostiene che la sua abitazione sia diventata una sorta di bersaglio. Nel giardino vengono lanciate pietre, bottiglie, lattine e altri oggetti. Quanto pare, in giardino, gli è stato fatto trovare anche un cappio. Un invito molto esplicito ed allo stesso tempo macabro. E dopo giorni di allarmi segnalati ai carabinieri la premonizione di Michele si è concretizzata. Una bomba carta è stata lanciata nel giardino della villetta di via Deledda ed è esplosa provocando danni ad una fioriera in cemento collocata vicino alla veranda. L’episodio si è verificato mentre Michele non era in casa. Si era recato in caserma per ottemperare all’obbligo di firma a cui è stato sottoposto a partire dal 30 maggio, giorno in cui ha lasciato il carcere di Taranto. Il botto è stato udito da alcuni vicini di casa che hanno allertato immediatamente i carabinieri. Sul posto sono intervenuti i militari della locale stazione, diretti dal maresciallo Fabrizio Viva, per effettuare un accurato sopralluogo alla ricerca di tracce utili per l’attività investigativa. Stando ai primi accertamenti, gli ignoti autori del gesto, hanno utilizzato un ordigno rudimentale. Una delle ipotesi al vaglio degli investigatori dell’Arma, è che si sia trattato del gesto di un teppista. Quest’ultimo come i precedenti episodi sono stati segnalati ai carabinieri. Per proteggersi da curiosi e vandali, Michele, ad agosto, ha ricoperto la recinzione e il cancello con un telo scuro e spesso. A quanto pare, adesso si annota i numeri di targa delle auto di coloro che si soffermano per guardare con insistenza o che gli sembrano sospetti e li consegna ai carabinieri. A suo dire, si tratta di individui che lo perseguitano. Segnalazioni e denunce inutili. Ormai per i “normali” si tratta di Michele Misseri: sub-persona indegna di protezione, destinata alla punizione che si merita.

Inoltre si viene a sapere che non era di Sarah Scazzi la macchia rinvenuta sul sedile posteriore della Opel station wagon di sua zia Cosima Serrano, in carcere con la figlia Sabrina Misseri con l’accusa di aver sequestrato e ucciso la 15enne di Avetrana. sono stati resi noti gli esiti della perizia, conferita tramite incidente probatorio dal giudice per l’udienza preliminare Pompeo Carriere alla biologa Paola Montagna della terza sezione del dipartimento investigativo della polizia scientifica di Roma.

Non mancano, però altri colpi di scena. Questo a dimostrare l’assunto che chi si mette contro i magistrati paga fio. Fin ora la strategia dei Pm di Taranto è stata “tutti dentro” poi si vedrà, perché qui chi comanda detta legge.

Il procuratore aggiunto Pietro Argentino, in particolare, ha chiesto al gup Pompeo Carriere la trasmissione degli atti riguardanti la deposizione della psicologa del carcere Dora Chiloiro per verificare la possibilità di contestarle la falsa testimonianza. La dottoressa Chiloiro, in particolare, nel corso della sua deposizione, sollecitata dalla difesa di Sabrina Misseri, ha detto, come risulta dal verbale, di aver avuto diversi colloqui con Michele Misseri («all’inizio della detenzione con più frequenza, poi successivamente sono divenuti più radi»), aggiungendo di averlo rivisto dopo l’incidente probatorio del 19 novembre, di aver saputo che verso Natale stava scrivendo lettere alle figlie e stava preparando il memoriale che poi ha consegnato al dottor Carriere nel corso dell’udienza preliminare. Testualmente la dottoressa Chiloiro ha detto: «Nelle lettere scriveva alle figlie e chiedeva perdono. Poi le lettere non venivano lette da noi. Il memoriale era invece la sua versione dei fatti, la sua confessione».

La Procura, però, ha dimostrato, depositando un accertamento effettuato dal nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri, che, registri dei colloqui del carcere alla mano, in realtà risultano tre soli incontri tra Michele Misseri e la psicologa Chiloiro (il 10, il 13 ed il 17 ottobre) e che gli stessi sono avvenuti quando il contadino di Avetrana non solo non era stato ancora sottoposto a incidente probatorio, ma non aveva nemmeno iniziato a scrivere le lettere alle figlie e il memoriale. A difendere la psicologa è subito intervenuto il professor Franco Coppi, legale di Sabrina Misseri, il quale ha detto che non è possibile sollevare dubbi su una professionista per un colloquio in più o in meno, aggiungendo (accusando velatamente i magistrati) che «mancava ancora qualcosa per completare una corona, la richiesta di incriminazione di un'altra persona».

Intanto si viene a sapere da TeleNorba che Michele ha denunciato l’avvocato Daniele Galoppa, anche all’Ordine degli avvocati. Secondo l’esposto scritto a mano da Michele, il suo primo avvocato, appunto Galoppa, rilasciava alle tv l’oggetto delle dichiarazioni rese dal suo cliente.

Nella moltitudine di storie, vicende e retroscena che caratterizzano il caso che ruota attorno all’omicidio di Sarah Scazzi, arriva anche quella dell’avvocato che denuncia il suo ex assistito. Daniele Galoppa ha infatti denunciato Michele Misseri per diffamazione: ad essere contestate le parole con le quali lo zio di Sarah ha detto di aver accusato sua figlia Sabrina su “consiglio” proprio del penalista grottagliese. A stretto giro Galoppa sporgerà denuncia anche per calunnia. Lo stesso Galoppa aveva presentato denuncia anche nei confronti del colonnello Luciano Garofano, consulente della famiglia Scazzi, del giornalista Paolo Liguori e del suo collega Francesco De Cristofaro. Da quanto si è appreso, il legale ha depositato tre esposti in Procura a Taranto. Due di essi sono stati firmati insieme alla criminologa Roberta Bruzzone, ex consulente della difesa, dimessasi insieme al medico legale Umani Ronchi dopo la revoca dell’incarico a Galoppa da parte di Michele. Galoppa e la Bruzzone hanno deciso di sporgere querela nei confronti dell’ex capo del Ris e del giornalista di Mediaset per le dichiarazioni rilasciate in alcune trasmissioni televisive. Un tempo erano codifensori di Michele Misseri, ma procedevano in totale autonomia. Oggi, fra l’avvocato Francesco De Cristofaro, difensore di Misseri, e l’avvocato Daniele Galoppa, che lo fu inizialmente d’ufficio e poi di fiducia prima di essere revocato, è guerra dichiarata. Secondo quanto è stato possibile sapere, l’avvocato De Cristofaro ha infatti a sua volta presentato denuncia contro Galoppa, in riferimento alle dichiarazioni fatte dall’avvocato Galoppa a «Quarto grado», trasmissione delle reti Mediaset. A ravvisare gli estremi della denuncia sarebbero state le riserve mostrate dall’ex difensore di Michele Misseri sulla condotta dell’avvocato De Cristofaro. Quest’ultimo aveva ricevuto dal suo cliente la lettera in cui Michele Misseri si autoaccusava, ancora una volta, dell’omicidio di Sarah Scazzi. Quella lettera fu consegnata dal legale alla procura per le determinazioni del caso. Secondo l’avvocato Galoppa, quella condotta non sarebbe stato in linea con i criteri di deontologia professionale di un difensore di fiducia. Le critiche larvate mosse dall’avvocato non sarebbero affatto piaciute al collega che, appunto, ha inteso tutelarsi con una denuncia. Sin qui le vicende collaterali al procedimento sull’omicidio.

Nel contempo vengono pubblicate le motivazione della Corte di Cassazione del rigetto dell’istanza di rimessione. Pur condannando «la celebrazione di processi virtuali» paralleli a quelli naturali, l’«eccezionale rilevanza mediatica attribuita alla vicenda di Sarah Scazzi» non può avere una «incidenza causale sul sereno e obiettivo esercizio della funzione giudiziaria». Ad affermarlo sono i giudici della Cassazione che motivano così il provvedimento del 12 ottobre 2011 che respingeva la richiesta della difesa di Sabrina Misseri di spostare l’inchiesta da Taranto per incompatibilità ambientale. Riconoscendo, comunque, la difficoltà di un’inchiesta così complessa, «gli ermellini» invitano ad una maggiore attenzione alle singole acquisizioni processuali, comprese le dichiarazioni dei testimoni «e le diverse versioni di Michele Misseri», da cui «potranno essere dedotte eventuali invalidità» per «l’inosservanza delle regole processuali da parte del pubblico ministero».

A Taranto non c’è un clima ostile nei confronti delle Misseri e il clamore del caso non ha condizionato le decisioni dei magistrati. E’ infondata, secondo la Cassazione, la richiesta di spostare il processo presentata dalla difesa di Sabrina e Cosima. Nelle motivazioni della sentenza di rigetto depositate il 15 novembre 2011, la Prima sezione penale “scagiona” magistratura tarantina e stampa locale responsabili, secondo la difesa di Sabrina, dell’asserito clima locale avverso su cui si basava la richiesta di rimessione. Le due donne, è la tesi difensiva, sarebbero state arrestate sull’onda di una volontà popolare giustizialista da giudici “inconsapevolmente influenzabili” dal clamore mediatico e dalla stampa locale, definita nella memoria integrativa degli avvocati Franco Coppi e Nicola Marseglia, una paladina dell’autorità giudiziaria tarantina, oltre che la principale causa del clima ostile. Il pg aveva chiesto l’accoglimento della richiesta, ma il collegio l’ha rigettata. Sul delitto di Avetrana, attraverso la “celebrazione di processi virtuali paralleli a quelli in corso di trattazione” è stata “alimentata una morbosa ed esasperata attenzione” che “ha mortificato il principio di pari dignità di ogni persona”. Su questo non ha dubbi la Prima sezione penale (relatrice Margherita Cassano) che in 13 pagine spiega perchè il 12 ottobre 2011 ha detto no al trasferimento del processo in corso a Taranto per l’omicidio di Sarah. Secondo gli “ermellini” manca, però, il presupposto della “grave situazione locale” tale da determinare la rimessione del processo. La Suprema Corte riconosce che “l’eccezionale rilevanza mediatica attribuita alla vicenda in alcune occasioni, ha travalicato le esigenze di una doverosa informazione su un fatto di incontestabile gravità per dare luogo alla celebrazione di processi virtuali paralleli a quelli in corso di trattazione nell’unica sede deputata”, alimentando “una morbosa ed esasperata attenzione che ha mortificato il principio di pari dignità di ogni persona solennemente affermato dall’articolo 2 della Costituzione”. Ma, fa notare la Cassazione, “la dimensione non locale bensì nazionale delle campagne di stampa e televisive riservate alla vicenda processuale” su Avetrana porta a ritenere che quand’anche il processo fosse stato spostato “in altre parti del territorio” non avrebbe in alcun modo “eliminato l’eccezionale clamore mediatico nazionale nell’interesse dell’opinione pubblica da esso alimentato”. A modo di vedere della Suprema Corte, che il 13 ottobre aveva respinto i ricorsi presentati dai difensori di Sabrina, avvocati Franco Coppi e Nicola Marseglia e della madre Cosima, avvocati Luigi Rella e Franco De Jaco, “non è in alcun modo comprovato che la massiccia campagna mediatica sviluppatasi su tutto il territorio nazionale abbia in alcun modo influito, menomandola, sul sereno e imparziale esercizio delle funzioni giudiziarie da parte dei magistrati di Taranto e abbia condizionato le loro scelte processuali o il contenuto dei provvedimenti di loro rispettiva competenza”. Mentre in altre sentenze i giudici della Suprema Corte avevano riservato qualche bacchettata alla magistratura tarantina, in quest’ultima difendono l’operato della pubblica accusa ritenendo i comportamenti e le scelte del pubblico ministero censurati dalla difesa di Sabrina e di Cosima, non “il riflesso di una grave situazione locale determinata da una abnorme pressione mediatica” ma “fatti interni alla dialettica processuale”. In questa ottica spiegano gli “Ermellini” che “le progressive acquisizioni investigative, la plurima assunzione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti, la valutazione della loro credibilità intrinseca ed estrinseca, l’approfondimenti degli accertamenti medico-legali in base all’evoluzione degli accertamenti disposti”, come pure “la scelta dei tempi degli interrogatori di Michele Misseri, la valenza e gli elementi raccolti a carico di Sabrina Misseri e Cosima Serrano rispondono alla finalità di ricostruzione del fatto e delle singole responsabilità e non possono, invece, essere lette come l’espressione di un patologico condizionamento della imparzialità e serenità della funzione giudiziaria ad opera di una massiccia campagna mediatica nazionale con riflessi anche in ambito locale”. In ogni caso, la Cassazione ricorda che “le singole acquisizioni processuali, comprese le dichiarazioni rese dalle persone informate dei fatti e le diverse versioni dell’accaduto fornite nel tempo da Michele Misseri, dovranno formare oggetto delle doverose e approfondite verifiche giudiziali nel contraddittorio fra le parti e che in tale sede potranno essere dedotte eventuali invalidità degli atti causate dall’inosservanza delle regole processuali da parte del pubblico ministero”. Quindi, secondo la Suprema Corte, i provvedimenti adottati dal gip e dal Tribunale di Taranto “non costituiscono il frutto del condizionamento operato da una grave situazione locale ma rappresentano l’espressione fisiologica dell’esercizio della funzione giudiziaria”. Infine, secondo la Cassazione, è “indimostrata la negativa incidenza causale sul sereno e obiettivo esercizio della funzione giudiziaria e sull’adozione dei singoli provvedimenti dei commenti proliferati sui social network aperti ai commenti e ai contributi di una pluralità di persone dislocate in varie parti del territorio nazionale”. Tutte queste opinioni, è la conclusione dei giudici, “non consentono di prevedere reali ostacoli al corretto svolgimento del giudizio o di formulare fondatamente dubbi sulla imparzialità dei giudici tarantini e sull’esito non imparziale e sereno del giudizio”.

Intanto nuovi elementi emergono dagli atti dell'inchiesta sulla morte di Sarah Scazzi. In particolare vien fuori come il traffico telefonico dal cellulare di Sabrina Misseri la notte tra il 6 e 7 ottobre 2010 quando suo padre confessò l’uccisione della nipote facendo ritrovare il corpo nel pozzo in contrada Mosca. «Papà, perché non me lo hai detto prima?» chiede Sabrina al genitore. Sono le ore 3 e 47 minuti di quella notte. Zio Michele si è liberato di un peso e attende di essere trasferito in carcere. Ha ancora il telefono in tasca. Il numero che compare è sempre quello di Sabrina che lo ha chiamato più volte, una ventina nelle ultime 3 ore. I militari fanno finta di non vedere il reo confesso che afferra l’apparecchio e risponde alla chiamata (le utenze sono intercettate). La voce della ragazza è pacata. La risposta di papà Michele alla domanda di Sabrina è un addio. «Si, non mi aspettare più». Ma Sabrina vuole sapere. «Si, va bene no… papà, io ti voglio parlare però poi…». E lui: «Ma chissà quando». La figlia lo incalza ancora. «No ma chissà quando…vedi che puoi decidere quando vuoi tu per parlare con noi». Il contadino che poco prima si era accusato di terribili reati come l’aver strangolato la nipote quindicenne e di avere approfittato del suo corpo senza vita, pecca d’ingenuità: «Si, però il telefono se lo lasciano a me». La ragazza dice che ci penseranno gli avvocati a farlo parlare con i familiari. Poi la domanda a cui l’uomo non sa rispondere: «Però, papà, perché lo hai fatto? Io non me lo so spiegare proprio… tu non hai mai fatto niente di male… perché in quel momento… cosa ti è venuto?». «Non lo so», dice Michele che sente i saluti della figlia: «Poi parliamo, ciao». In effetti quelle sono state le ultime parole che si sono dette padre e figlia.

Quel "Papà perché l'hai fatto? Ti voglio parlare" detto a caldo potrebbe dare una doppia lettura:

Perché lo hai fatto (cioè confessare)?

Perché lo hai fatto (cioè uccidere Sarah)?

A questo punto è interessante il reportage con l’album della famiglia Misseri che Raffaella Fanelli fa su Panorama. «L’ho uccisa io… l’ho uccisa io». Michele Misseri quasi lo sussurra davanti al portone in ferro del garage di via Deledda. A pochi metri da quella villetta al civico 22 che è diventata la casa dell’orrore e della morte, lì dove venne uccisa la piccola Sarah Scazzi, due ragazzini giocano a pallone e urlano: Assassino! Lo fanno prima di scappare e di sparire dietro l’angolo che incrocia la via Sanzio.

«C’hanno ragione, c’hanno… vabbanni», un “vattene” quasi urlato, e in un dialetto che chi scrive conosce benissimo. Forse è per questo, per l’inaspettata chiacchierata in pugliese, che zio Miché si ferma davanti alla villetta trasformata in bunker, con reti in metallo e un’impenetrabile copertura in tela verde: «Mi buttavano dentro di tutto… pure due bombe carta mi hanno lanciato in giardino. Ma me lo merito, è niente per ciò che ho fatto». Sospira, Michele Misseri, mentre spinge la sua vecchia bici all’interno del garage. Chiedo di entrare, di vedere l’altarino che ha fatto in ricordo di Sarah. Ma niente. Il portone si richiude per riaprirsi pochi minuti dopo. La domanda: «Lei si fa pagare per le interviste?» lo fa reagire stizzito. «Mai preso soldi».

Sarah è stata strangolata con la fascetta dello zaino? «Basta con questa storia dello zaino… è una cretinata di voi giornalisti». Lei tornò al pozzo dopo l’omicidio? «Ci tornai perché mia nipote, in sogno, mi aveva detto che aveva freddo. Portai la corda che avevo usato per metterla dentro al pozzo, la legai al vigneto per tirarla fuori ma non si vedeva niente. Era tutto buio. E nel pozzo io non c’entravo, era troppo stretto». Il flash della macchina fotografica di chi mi accompagna lo spinge all’interno del garage. Il portone si richiude. Senza più riaprirsi.

Inutile l’attesa, anche il campanello viene staccato. Michele Misseri non ha altro da dire. Resta barricato in quella villetta dove ormai tutto è troppo grande. Anche il tinello. La casa è vuota. Vuota la stanza da letto, vuota la camera di Sabrina. C’è solo lui in quei duecento metri quadrati. Valentina è tornata a Roma. Da lì sono partiti i messaggi che Virginia Coppola, la nuova fidanzata di Ivano Russo, il ragazzo conteso e preteso da Sabrina Misseri, dice di aver ricevuto su Facebook. «Mi ha scritto che sua madre e sua sorella sono innocenti… che ama Avetrana ma che qui ce l’hanno anche con lei, e che tutti i compaesani la guardano con disprezzo». Ma è stata minacciata da Valentina? «Minacce a me? Non si deve permettere, vado a Roma a prenderla per i capelli… non possono incriminarla perché è parente, ma se lo meriterebbe. Lei sapeva tutto fin dall’inizio». Un messaggio di minacce sarebbe invece arrivato ad Ivano Russo, l’oggetto del desiderio di Sabrina, che, forse, a causa sua avrebbe ucciso la cugina quindicenne Sarah.

Il bell’Ivano, ribattezzato “l’Alain Delon di Avetrana”, avrebbe trovato, stando alle dichiarazioni della giovane Virginia, un messaggio di minacce fuori dal cancello di casa. «Mi sono arrabbiata con lui, gli ho detto: “che me lo porti a fare? Devi darlo ai carabinieri…”, ma Ivano non ha voluto». Cosa c’è scritto sul quel biglietto? «Solo una frase, “Basta Ivà, adesso dovete stare zitti”… e l’hanno attaccato al cancello di casa». Dovete… perché al plurale? «Non lo so, ma di certo chi l’ha scritto non può essersi riferito a me». E allora a chi? La bella mora che ad Avetrana fa l’assicuratrice giura di non saperlo. Sapeva, invece, Valentina. Per Virginia sapeva tutto.

Ribattezzato dai rotocalchi pomeridiani come l’Alain Delon di Avetrana, Ivano sembra essersi legato stabilmente ad una bella mora avetranese. La «lei», che vanta amicizie con i cronisti che si sono occupati del caso Scazzi con le corrispondenze da Avetrana, si chiama Virginia Coppola, ha 32 anni e fa l’assicuratrice.

La notizia della coppia, passata di bocca in bocca, è arrivata addirittura sulla «home page» del sito internet di gossip più informato d’Italia, «Dagospia», che ha battuto queste poche righe: «Ivano Russo, uno dei principali testimoni del caso Sarah Scazzi, nonché ex flirt di Sabrina Misseri, si è innamorato. Ad Avetrana tutti parlano della sua nuova fidanzata».

Il sentimento, secondo i bene informati di Avetrana, è ampiamente ricambiato. Virginia non fa certo mistero del suo amato bene. Lo ha piazzato in bella vista nella foto del suo profilo di «Facebook» e scriveva ai suoi amici: «Quando meno te lo aspetti... senti il cuore che arriva a mille appena lo vedi... in quel momento capisci che sei perdutamente innamorata».

Anche Cosimo Cosma, nipote di Michele Misseri, accusato di soppressione di cadavere insieme al fratello di zio Michè, Carmine Misseri, ne è convinto: «Sono rimasti in quella casa per 42 giorni, insieme. Qualcosa sapeva». Cosimo Cosma si dice “innocente”. Non avrebbe mai aiutato suo zio ad occultare il corpo della piccola Sarah: «Andava a scuola con mio figlio, aveva la sua stessa età.

Come avrei potuto fare una cosa del genere? Non sapevo neanche dov’era quel pozzo… la contrada Mosca sì, ci passo due volte all’anno… Mi hanno indagato per una telefonata, perché mio zio, quel giorno, mi cercò sul cellulare di mia moglie dopo aver trovato spento il mio».

http://www.megghy.com/immagini/animated/bobine/bandes-10.gif21 novembre 2011: il Rinvio a Giudizio

Il 21 novembre 2011 Il gup Pompeo Carriere, dopo undici udienze preliminari, finalmente e scontatamente si è pronunciato.

Assoluzione dei tre imputati che hanno chiesto ed ottenuto il rito abbreviato. Per Emilia Velletri accusata di soppressione di atti veri in concorso con il marito Vito Russo. Come per lei, sono cadute le accuse degli altri due avvocati Francesco de Cristofaro, del foro di Roma, ex legale di fiducia di Michele Misseri (era accusato di infedele patrocinio) e Gianluca Mongelli (tentato favoreggiamento personale). La procura aveva chiesto un anno di reclusione per Velletri e De Cristofaro, sei mesi per Mongelli.

Proscioglimento per Anna Scredo, cognata del fioraio Giovanni Buccolieri, presunto testimone oculare del sequestro di persona, accusata di favoreggiamento personale. Prosciolto per non luogo a procedere anche l’avvocato Vito Russo, ma solo per due imputazioni su tre: di tentato favoreggiamento personale e di soppressione di atti veri, quest'ultima in concorso con la moglie. Questi ultimi due avevano scelto il rito ordinario.

Rinvio a giudizio, che ha fissato per la prima udienza il 10 gennaio 2012, di 9 su 10 imputati giudicati con il rito ordinario. Sabrina Misseri e Cosima Serrano, rispettivamente cugina e zia materna della vittima, hanno ascoltato in aula il verdetto. La procura contesta loro le accuse più pesanti: concorso in omicidio volontario, sequestro di persona e soppressione di cadavere. Per quest'ultima accusa, oltre a Michele Misseri, padre e marito delle due donne, sono chiamati a giudizio anche due suoi parenti: Cosimo Cosma e Carmine Misseri, rispettivamente nipote e fratello del contadino di Avetrana. Secondo l'accusa, i tre uomini avrebbero contribuito a far scomparire il corpo della ragazzina calandolo in fondo al pozzo di contrada Mosca, nelle campagne di Avetrana, dove poi fu trovato 42 giorni dopo l'omicidio. Michele, zio della vittima, e' accusato anche di furto, danneggiamento seguito da incendio e ricettazione del telefonino della vittima. Per Sabrina confermata anche l’imputazione di calunnia ai danni della ex badante di casa Scazzi, Maria Ecaterina Pantir. Rinviato a giudizio anche l'avvocato Vito Russo, ex difensore di Sabrina Misseri, che non ha optato per il rito abbreviato: è accusato di intralcio alla giustizia. Gli altri imputati sono tutti presunti favoreggiatori del fioraio di Avetrana Giovanni Buccolieri: si tratta del cognato Antonio Colazzo, la suocera dello stesso Buccolieri, Cosima Prudenzano, e l'imprenditore turistico Giuseppe Nigro.

Sarà la Corte di Assise di Taranto a decidere il loro destino.

Posizioni stralciate invece per Giovanni Buccolieri, del suo amico Michele Galasso e di un anziano di Manduria. L'uomo avrebbe negato di aver parlato telefonicamente con un testimone, conversazione che era agli atti degli inquirenti, finendo così indagato, come Buccolieri e Galasso, per false informazioni al pm.

Dei nove imputati che andranno a processo, solo Cosima e Sabrina sono in carcere. Quest'ultima, in particolare, è detenuta dal 15 ottobre del 2010, ovvero da quando il padre la accusò di aver avuto un ruolo nell'omicidio di Sarah. Cosima è in carcere dal 26 maggio 2011. Michele Misseri è invece tornato libero il 30 maggio 2011.

A questo punto l’autore del libro, Antonio Giangrande, vorrebbe commentare, se glielo si permette, quanto sta avvenendo a Taranto nel caso del delitto di Sarah Scazzi. Lo fa in virtù del fatto che, da avetranese e tarantino e per il ruolo che svolge, bene conosce la vicenda e bene conosce i fatti che succedono a Taranto, tanto da aver scritto un libro su Sarah Scazzi e un libro su Taranto. Libri da leggere sul web ed aggiornati periodicamente.

Pur conoscendo bene la vicenda Scazzi, avendola approfondita in testi ed in video, laddove non lo ha fatto certa stampa che da del “tu” ai magistrati tarantini, abbarbicati dietro le porte dei loro uffici, di ciò si vorrebbe parlarne in modo oggettivo.

Quando si parla di vicende giudiziarie, non bisogna mai dimenticare che il Foro di Taranto dall’autore è definito “IL FORO DELL’INGIUSTIZIA”.

Il Foro di Taranto è quello della vicenda di Martino Scialpi, che da 30 anni aspetta che gli venga riconosciuta la vincita del 13 al Totocalcio, per la quale a luglio 2010 la procura di Potenza aprì un fascicolo di indagine sui magistrati di Taranto, che nell’arco di oltre vent’anni si sono occupati della vicenda di Scialpi.

Il Foro di Taranto è quello del caso di Carmela Cirella che volava via, dal settimo piano di un palazzo a Taranto, dopo aver subito violenze ed abusi, ma soprattutto dopo essere stata tradita proprio da quelle istituzioni a cui si era rivolta per denunciare e chiedere aiuto.

Il Foro di Taranto è quello del caso Sebai, il killer delle 15 vecchiette, per il quale Faiuolo, Orlandi, Nardelli, Tinelli, Montemurro, Donvito sono stati condannati, nonostante altri testimoniano la loro colpevolezza. Donvito aveva sempre proclamato, inutilmente, la propria innocenza e si è determinato a togliersi la vita non potendo più reggere il peso di una ingiusta detenzione.

Il Foro di Taranto è quello che ha condannato da innocente Domenico Morrone a più di 15 anni di carcere.

Il Foro di Taranto è quello che ha condannato da innocenti per il caso “Strage della Barberia”  Giovanni Pedone, Massimiliano Caforio, Francesco Aiello e Cosimo Bello tra gli 11 e i 30 anni.

Il Foro di Taranto è quello che ha condannato senza processo 292 braccianti agricoli.

Non dimentichiamoci poi che il Foro di Taranto, e colpevolmente la stampa omertosamente tace, è quello che, come molti ricorderanno, arrestò il compianto On. Pietro Franzoso. L’on. Franzoso, tarantino, all'epoca non ancora deputato, ma assessore regionale ai trasporti della Giunta Fitto, a dicembre del 2004 fu arrestato da innocente come un malfattore, rinchiuso in cella per una settimana, accusato di voto di scambio che avrebbe ottenuto attraverso la concessione di non precisati favori a una cosca mafiosa.

Il Foro di Taranto poi è anche quello dove un fallimento può durare anche mezzo secolo !!!

Il Foro di Taranto è anche quello con il rapporto denunce-condanne pari all’11%.

Il Foro di Taranto è quello dei magistrati arrestati o inquisiti.

Il Foro di Taranto è ecc., ecc, . ecc.                                                          

Il Foro di Taranto è anche quello che ha disposto il sequestro preventivo d’urgenza del sito web di informazione ed inchieste dell’Associazione Contro Tutte le Mafie. Il sito web oscurato pubblicava, tra le migliaia d’inchieste attinte dai maggiori organi d’informazione, anche quelle attinenti il Foro di Taranto.

Il Foro di Taranto è quello che presso la Sezione distaccata del Tribunale Manduria, il 1 dicembre 2011, procederà alle udienze dibattimentali per 3 distinti processi a carico del Dr Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, per il reato contestato di “Diffamazione a mezzo stampa” o “Violazione della Privacy”.

Ossia aver pubblicato inchieste attinenti il Foro di Taranto.

Sarebbe buona cosa che la stampa seguisse i processi in cui il giudice ricusato si è poi dovuto astenere, con la conseguenza che gli avvocati hanno pur loro abbandonato la difesa. Processi che potrebbe riguardare tutti i giornalisti, se solo facessero identico approfondimento dei fatti. 

Quindi quando si parla del caso Sarah Scazzi, bisognerebbe non dimenticarsi, nei servizi e negli articoli, che nella circostanza ci troviamo di fronte a delle persone che, come i magistrati di Taranto, non sono infallibili od unti dal signore, ed ovviamente ci troviamo di fronte a persone come Sabrina Misseri, che hanno già scontato più di un anno di carcere, senza che vi sia alcuna condanna.

Considerazione fatta a prescindere dall’esito finale, che stando allo stato delle carte avrà una stesura differente presso la Cassazione rispetto all’esito della Corte d’assise di Taranto e della relativa Corte d’Appello.

Come già Antonio Giangrande annunciò mesi prima il rigetto dell’istanza di rimessione dei processi ad altro Foro, presentata dall’avv. Coppi, per il quale rigetto lo stesso Giangrande ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani per la sistematica disapplicazione di una norma giuridica, oggi conoscendo bene i magistrati di Taranto, inquirenti-requirenti e giudicanti, può profetizzare la condanna per gli imputati, in 1° e 2° grado, con assoluzione in Cassazione. 

C’è da constatare altresì la circostanza del “tutti dentro”, ossia chi si oppone od intralcia la tesi accusatoria, paga fio. Lo sanno bene gli avvocati, i consulenti, i testimoni.

In questa sede non è compito di nessuno criticare forme e tempi delle indagini. Il Prof. Coppi avrà modo di farlo nei modi e nei luoghi opportuni, tanto più che ha molto da insegnare a Taranto, anche nel saper porsi nei rapporti con i magistrati, con rispetto, ma senza sottomissione.

Inoltre oggi, oltre ad avere in carcere presunte innocenti, ci troviamo di fronte al paradosso che in carcere vi sono chi si dichiara innocente (Sabrina Misseri e Cosima Serrano) e libero è chi si dichiara colpevole (Michele Misseri). E questo fatto la gente non solo di Avetrana poco lo capisce.

Si invita anche la stampa a non valutare le prove prodotte nella fase delle indagini preliminari e nell’udienza preliminare conformemente con gli occhi dei PM. Per esempio, quando si traduce una conversazione intercettata a strascico, ad essa si deve dare nella traduzione un senso consono al tempo, al luogo, alla volontà ed allo status sociale di chi parla e non solo all’interesse di chi ascolta. Questo per non dare interpretazioni non realistiche, ma foriere di conseguenze interpretative fuorvianti e dannose . Oltremodo i magistrati sono di Sava (Buccoliero) e Torricella (Argentino), a pochi km da Avetrana, quindi il dialetto è identico, salentino e non tarantino, ma spesso si riscontrano valutazioni differenti delle parole dette. Quanto successo a Mohamed Fikri nel caso di Yara Gambirasio dovrebbe fare scuola.

E proprio per questo che la scaramuccia tra accusa e difesa sul caso Scazzi nasce sull’interpretazione del dialetto avetranese parlato dai protagonisti. Su una intercettazione, in particolare, si è concentrata l’attenzione della difesa di Sabrina Misseri che ha consegnato alla cancelleria del dottor Carriere una lettera scritta da Valentina Misseri, sorella di Sabrina, diretta al professor Franco Coppi, uno dei legali della 23enne di Avetrana. Stando a quanto si è appreso, Valentina contesta la trascrizione del colloquio fatta dagli inquirenti, sostenendo che l’interpretazione del dialetto di Avetrana porta a conclusioni diametralmente opposte. Secondo la pubblica accusa, Michele Misseri, incontrando per la prima volta la figlia Valentina - 15 giorni dopo il suo arresto - usa espressioni inequivocabili: «Ce sta mùccia la Sabrina? Cu ni parla». Ovvero, secondo una traduzione in italiano condivisa anche dal giudice: «Che sta nascondendo Sabrina? Che ne parlasse». Michele parla con le mani giunte, piangendo. La figlia, forse intuendo (secondo il giudice) che il padre stava per dire cose compromettenti, lo abbraccia e cambia discorso. La scena è la seguente. Valentina Misseri fa il suo ingresso nella sala colloqui del carcere di Taranto e appena vede il padre Michele, piange e lo saluta con due baci sulle guance. 

VALENTINA: Papà, papà, io guarda che ti voglio bene lo stesso sai, pure la Sabrina ti vuole bene... certo adesso non può venire, lo sai che sta qua no?

MICHELE: Lu fattu sì. Ce sta muccia la Sabrina? Cu ni parla....(il fatto sì. Che sta nascondendo Sabrina? Che ne parlasse ovvero che ce ne parlasse).

VALENTINA: Beh, mettiti così... vedì papà che io venerdì stavo venendo insieme alla Sabrina, stavo venendo qua, poi hanno fatto l’ispezione e non siamo potuti venire più, poi la Sabrina è stata arrestata e non è potuto essere. Io a tutti sto dicendo che tu hai fatto una cosa così, tu sei stato sempre bravo.

MICHELE: Invece non mi credono che sono stato io e mi stanno tenendo ancora cussì.

VALENTINA: Ah, senti per l’avvocato, tu tieni l’avvocato di ufficio, non tieni l’avvocato di fiducia.

MICHELE: No, ma l’avvocato che tengo è buono...

Padre e figlia parlano del legale e Michele conferma pienamente la fiducia in Daniele Galoppa, l’avvocato d’ufficio estratto a sorte dal call center la notte del suo arresto, fiducia invece poi revocata a febbraio 2011 quando accusa Galoppa di essere responsabile della decisione di avergli fatto accusare la figlia Sabrina.

Ma veniamo alla frase in dialetto contestata dalla difesa. Per Valentina Misseri, il padre non dice «Ce sta mùccia Sabrina?» ma, piuttosto, perché mi accusano di nascondere - mucciare in dialetto - Sabrina? Stessa frase insomma, ma significato ribaltato.

Il gup Carriere ha utilizzato anche questa intercettazione per motivare il «no» alla scarcerazione di Sabrina Misseri e Cosima Serrano, sostenendo che «è estremamente significativo - come si vede benissimo nel video - che la figlia Valentina, avendo compreso al volo ciò cui intende alludere il padre, cambia completamente e repentinamente atteggiamento, gli aggiusta il collo del maglione, smette all’improvviso di piangere e si siede, portando subito il discorso su altri argomenti.

In relazione all’audio, bisogna tener conto che non è nitido, quindi non solo la traduzione, ma anche la percezione può essere disturbata.

L’invito che si rivolge alla stampa a affinchè essa non si conformi alle tesi accusatorie è per non far passare i giornalisti, come altri, ad essere dei semplici passacarte.

«Non vorrei che dietro tutto ció vi sia l'idea che il GIP o il GUP debbano continuare ad essere i passacarte del pubblico ministero o in ogni caso coloro che poi alla fine rinvieranno al giudice del dibattimento l'esame approfondito della vicenda processuale perchè non hanno la necessaria esperienza, perché non conservano piú la memoria storica di ció che é avvenuto e perchè sono da considerare quasi dei giudici di serie B.» Questo ha detto il senatore e magistrato e componente della Commissione Giustizia ed Antimafia Roberto Centaro al Senato Legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 683 del 5 ottobre 1999 in riferimento alla discussione sui disegni di legge di modifica del Codice di procedura penale.

E se lo dicono loro, c’è da credere.

Si sa quello che la legge dice. Che siamo presunti innocenti fino a sentenza definitiva. Che al processo, di regola, dovremmo andare senza i ferri ai polsi, senza inutili umiliazioni, in una condizione di vera parità con l’accusa. So che il giudice dovrebbe essere terzo, dovrebbe dare del lei al pm e non soltanto all’avvocato della difesa. Dovrebbe. Già dovrebbe!

Nelle esplosive carceri italiane il 42% dei detenuti è in regime di custodia cautelare, quindi presunta innocente. La media europea è del 25. Oltre ventottomila persone in attesa di giudizio. La metà di queste sarà dichiarata innocente. Ci sono i Naria, i Tortora, i Sollecito, a ricordarcelo, ma i magistrati hanno la memoria corta. Meglio un innocente in galera che un colpevole a piede libero. “Pochi, maledetti e sicuri” (i giorni in galera), questa la regola d’oro. La carcerazione preventiva è divenuta uno strumento di anticipazione della pena, il calmiere dell’allarme sociale. I processi vanno per le lunghe? Allora anticipiamo. Tanto in caso di errore paga lo Stato, paga il cittadino, paghiamo noi. La shakespeariana libbra di carne per saziare la sete di (in)giustizia. Di vendetta. Fino a quando?

22 novembre. Udienza del Tribunale del riesame in merito all’ordinanza di custodia cautelare in carcere annullata con rinvio dalla Cassazione per una serie di motivi, tra i quali la carenza di gravi indizi di colpevolezza.

Dinanzi al Riesame (presidente Michele Petrangelo, relatrice Rita Romano e Luca Ariola) in diversa composizione, tornano in discussione gli indizi per il reato di omicidio, ma non la ricostruzione cronologica dell’accusa (l’arrivo di Sarah e la consumazione del delitto sarebbero avvenuti fra le 14 e le 14.42).

I giudici di merito dovranno approfondire alcuni punti indicati nella sentenza:

*       colmare le carenze nelle motivazioni relative al ruolo di Cosima;

*       dirimere la questione delle due ordinanze di custodia cautelare (quelle del riesame del 20 giugno e del 4 agosto) con due versioni alternative dello stesso delitto, che, secondo la Cassazione, crea un problema di “tenuta logica” e contrasta con uno dei principi cardine dell’ordinamento processuale (il ‘ne bis in idem’);

*       valutare più approfonditamente le argomentazioni della difesa.

Mentre, sulla parte della sentenza relativa al ricorso dei magistrati inquirenti, il Riesame dovrà affrontare la questione della qualificazione giuridica dell’episodio  contestato alle due donne, ossia  Sarah costretta dalla zia a salire a bordo dell’auto in cui c’era anche Sabrina. L’attendibilità del fioraio Giovanni Buccolieri non è stata messa in discussione, ma i giudici di merito del tribunale di Taranto dovranno stabilire in quale fattispecie di reato sia da inquadrare: sequestro di persona o violenza privata. Blindata, invece, l’imputazione di soppressione del cadavere. La decisione della Cassazione sul presunto coinvolgimento delle due donne forma ormai il giudicato cautelare. Su questo gli Ermellini non hanno avuto dubbi.

I giudici del Riesame hanno esaminato il provvedimento della Corte di Cassazione che il 26 settembre ha annullato con rinvio due precedenti ordinanze, sempre del Tribunale del Riesame del 20 giugno e del 12 luglio 2011 relative agli arresti di Sabrina e della madre Cosima eseguiti il 26 maggio. L'unica udienza del Riesame si è tenuta il 22 novembre. Poi i giudici si sono presi 10 giorni per pronunciarsi. L'ordinanza depositata il 2 dicembre è lunga 258 pagine. Il Tribunale del Riesame di Taranto, oltre a rigettare l'istanza di scarcerazione nei confronti di Cosima Serrano e Sabrina Misseri, ha accolto il ricorso della procura che aveva chiesto l'arresto delle due donne anche per il reato di sequestro di persona, che il gip non aveva invece accolto in maggio. C’è da far riflettere il fatto che a Taranto tutti i magistrati del foro, nei vari gradi e nelle relative impugnazioni, hanno deciso in conformità tra loro e con i PM, pur in contrasto con l’unica voce stonata che per loro è quella della Corte di Cassazione.

L'omicidio di Sarah Scazzi è stato compiuto "in un arco temporale non superiore ai dieci minuti quando con assoluta certezza Sarah era in compagnia di Cosima e Sabrina", ed è quindi "chiaro che lo strangolamento di Sarah era opera delle due donne". Lo scrivono il procuratore aggiunto di Taranto, Pietro Argentino, e il sostituto procuratore Mariano Buccoliero in una memoria di 71 pagine depositata al tribunale del Riesame che ha discusso l'ordinanza di custodia cautelare per omicidio e sequestro di persona emessa nei confronti di Cosima Serrano e della figlia Sabrina Misseri il 26 maggio 2011. L'ordinanza, poi confermata dal Riesame, su ricorso dei legali delle due imputate, era stata annullata con rinvio dalla Cassazione per una serie di motivi, tra i quali la carenza di gravi indizi di colpevolezza. Sabrina, è scritto nella memoria, aveva "un movente forte (la gelosia per Ivano Russo) e in tal senso riconosciuto anche dalla Suprema Corte; Cosima, altrettanto, avendo condiviso quel movente di cui era perfettamente al corrente", come emergerebbe dall'interrogatorio di Cosima del 6 ottobre 2010. "La povera Sarah è stata uccisa senza opporre alcuna resistenza", emerge dalla consulenza del medico legale Luigi Strada citata nella memoria. "Uno strangolamento solitario - è scritto - avrebbe consentito certamente alla vittima il pieno movimento di mani e piedi che nel caso di Sarah non vi è stato. Nessun segno di reazione. L'unica spiegazione possibile era che Sarah era stata bloccata da due persone. Una la teneva e l'altra la strangolava".

Per la Procura era maturato "un grave risentimento di Cosima nei confronti di Sarah, colpevole di aver da un lato mostrato interesse per la persona amata dalla figlia, Ivano Russo, interesse che era causa della rottura del rapporto sentimentale di questa; dall'altro divulgato i particolari intimi del rapporto tra Ivano e Sabrina idonei a screditare, nel contesto del piccolo paese di Avetrana, la famiglia Misseri. Effettivamente, e purtroppo per la povera Sarah - sostiene la Procura - tale 'maturazione' era avvenuta in un contesto familiare non proprio sereno che investiva Concetta e le sue sorelle, Cosima compresa". In un altro passaggio la Procura si sofferma sull'assenza di tracce di Sarah all'interno dell'abitazione di Misseri, nonostante le ricerche dei Ris, per sottolineare come i Misseri si siano dati da fare per cancellare le prove della presenza della ragazza. "La cosa appariva alquanto strana - scrivono i magistrati - atteso che Sarah frequentava abitualmente l'abitazione dei Misseri e addirittura dalla mattina fino alle 12-12.30 del 26 agosto 2010 era stata lì. Era verosimile ricondurre l'assenza di tracce di Sarah a un'attività di 'bonifica' del luogo del delitto a opera dei Misseri". Questi ultimi avevano avuto a disposizione quei luoghi per 42 giorni, dalla scomparsa di Sarah fino al ritrovamento del cadavere. "Era evidente che nulla poteva essere ritrovato dai Ris - scrive ancora la Procura - nemmeno le tracce che naturalmente dovevano esserci indipendentemente dal loro legame con l'omicidio". "Non può seriamente affermarsi che Sarah Scazzi e il suo cellulare siano mai entrati dentro casa Misseri e, anzi, è assolutamente possibile che la ragazza, ove sia mai giunta nei pressi dell'abitazione del Misseri, sia rimasta tutta il tempo in garage (proprio come dichiarato dal Misseri nella prima versione resa dallo stesso)". Lo scrivono gli avvocati Luigi Rella e Francesco De Jaco, difensori di Cosima Serrano nella memoria difensiva depositata al tribunale del Riesame di Taranto. Secondo i legali di Cosima, di conseguenza, "non vi è stato alcuno spostamento del corpo della vittima dalla casa nel garage.

Nel corso dell'udienza i difensori di Sabrina hanno inoltre depositato le trascrizioni delle audizioni avvenute in udienza preliminare dello psichiatra e della psicologa del carcere di Taranto, Giovanni Primiani e Dora Chiloiro, i quali hanno dichiarato di aver incontrato numerose volte in carcere Michele Misseri, quando questi era detenuto, e che l'uomo avrebbe sempre detto di essere l'unico colpevole dell'omicidio. Le dichiarazioni della psicologa, però, vengono contestate dalla Procura che ha già chiesto la trasmissione degli atti relativi all'audizione perché dalla documentazione carceraria risulterebbe che la stessa psicologa ha avuto solo tre colloqui con Michele Misseri nel mese di ottobre 2010. Di certo, però è che le accuse contro la Serrano ruotano intorno a quello che il fioraio Buccolieri dice di avere visto mentre dormiva: Sarah prelevata in mezzo alla strada da Cosima e Sabrina che la costringono a salire in macchina. Quando viene ascoltato dagli inquirenti lui chiarisce che è un sogno, ma questa precisazione non compare nel verbale. Sarà lui, il giorno dopo, quando si accorge dell’errore (questa la sua versione) a pretendere di firmare un verbale diverso. Scelta che lo porta diretto all’accusa di false dichiarazioni al pm. Stessa sorte per tutti i familiari e gli amici (quattro persone) che dicono di aver sempre saputo che quel racconto era in realtà un sogno. Solo una di loro, Anna Scredo, è stata prosciolta. Assolta anche Emilia Velletri, ex difensore di Sabrina, dall’accusa di aver distrutto un verbale di Ivano Russo assunto durante le indagini difensive. Anche l’ex legale di Misseri, Francesco de Cristofaro costretto ad abbandonarlo dopo l’accusa di infedele patrocinio formulata nei suoi confronti dai pm, è stato prosciolto. Le accuse sono state considerate talmente abnormi dalle camere penali di Roma (il foro di De Cristofaro) da portare a uno sciopero, il 19 luglio 2011, con proteste formali inviate al ministro della Giustizia. La notizia dell'assoluzione di Francesco De Cristoforo, difensore di Michele Misseri, conferma che i penalisti hanno fatto bene a scioperare a tutela della funzione difensiva. E' quanto sostiene l'Unione delle camere penali commentando le decisioni del gup nell'ambito del processo per l'omicidio di Sarah Scazzi: ''L'avevamo pubblicamente denunciato - si legge in una nota dell'Ucpi - ed era uno dei motivi dell'astensione dalle udienze. Ora l'accusa di patrocinio infedele a carico di un difensore che segue una linea sgradita all'accusa è caduta per mano del giudice''. ''L'avvocato De Cristoforo, reo d'aver depositato in atti una lettera del proprio cliente che si attribuisce responsabilità che il pm ritiene essere della figlia, è stato assolto all'esito del giudizio abbreviato - spiegano i penalisti - Con lui sono stati assolti o prosciolti anche altri avvocati inopinatamente travolti dal processo in cui prestavano la propria attività difensiva, secondo uno schema che l'Unione aveva fortemente criticato''. E però  ''sbaglierebbe chi pensasse di cavarsela dicendo 'c'è un giudice a Berlino' - avvertono i penalisti - perche' rimane la valenza intimidatoria di improvvide iniziative del genere, così come l'atteggiamento culturale che ad esse inevitabilmente conduce''. Insomma, ''la notizia dell'assoluzione conferma che l'astensione non era pretestuosa, ma il problema dell'attacco alla difesa non è superato: anzi, è più che mai attuale''.

Il fatto che sia stato considerato estraneo alla ritrattazione di Misseri, poteva far pensare a un indebolimento della tesi accusatoria secondo cui il contadino di Avetrana si autocalunnia per salvare la figlia. Come sembravano farlo pensare le parole dello psichiatra e della psicologa del carcere che hanno ribadito come Misseri abbia sempre detto loro di essere l’unico colpevole, anche quando tirò in ballo Sabrina. O ancora le tre sentenze della Cassazione secondo cui non esistevano agli atti gravi indizi di colpevolezza tali da far presagire una futura condanna. Ma tutto ciò non ha pesato abbastanza, per il gup, che ha deciso: solo un processo potrà sbrogliare la complicata matassa. Da far notare ai lettori però l’evidente incoerenza dell’azione degli uffici giudiziari. Qui ognuno dice la sua, alla bisogna, certo di avere sostegno dal collega magistrato di turno, che convalida qualsiasi tesi accusatoria che gli venga promanata.  

Cosima Serrano passa da concorrente morale, a concorrente materiale. Il gip nell'ordinanza di custodia cautelare del 26 maggio 2011  parla di concorso morale per la madre di Sabrina e scrive «Cosima Serrano ha avuto un nitido e decisivo concorso morale nel delitto, sotto il profilo del rafforzamento del proposito omicida della figlia Sabrina». Per il giudice Sabrina «confortata, se non altro, dall'inerzia della madre, presente al fatto e non intervenuta in alcun modo per impedirlo, ha tratto da ciò quel sostegno morale decisivo per insistere in un'azione così drammatica per tutto quel tempo, fino a condurla a termine». Cosima Serrano, dunque, «ha offerto alla figlia - scrive ancora il Gip - un contributo, quantomeno agevolatore, nella realizzazione dell'omicidio, e va perciò ritenuta concorrente in tale reato».

LA RICOSTRUZIONE - Secondo la ricostruzione del gip Martino Rosati Sarah Scazzi venne strangolata con una cintura il 26 agosto 2010 nell'abitazione dei Misseri tra le 14 e le 14,20. A quell'ora nell'edificio, cioè tra abitazione e garage, c'erano Michele Misseri, sua moglie Cosima Serrano, e la loro figlia Sabrina, ritenuta dagli inquirenti autrice materiale del delitto. Dopo il delitto, Sabrina Misseri e Cosima Serrano, insieme con Michele Misseri, avrebbero soppresso il cadavere, aiutando l'agricoltore a portare via il cadavere e nasconderlo nell'auto Seat Marbella di Michele Misseri. Il cadavere venne poi trasportato in contrada Mosca, nelle campagne tra Avetrana (Taranto) e S.Pancrazio Salentino (Brindisi), per essere gettato in un pozzo-cisterna che venne poi chiuso.

IL MOVENTE - «Per uccidere occorre avere un motivo, e anche piuttosto cogente»: lo sottolinea il gip nell'ordinanza di custodia cautelare per Cosima Serrano e Sabrina Misseri. E il movente «cogente» è - secondo il gip - la gelosia che Sabrina nutriva per il suo amico Ivano Russo del quale era invaghita, ma che però frequentava Sarah Scazzi. Nei confronti di Ivano Sabrina Misseri provava una forte attrazione tanto da definirlo «dio» in tantissimi sms rintracciati dagli inquirenti.

Secondo l'ultima versione dei magistrati inquirenti, che sono giunti ad una nuova ricostruzione dell'omicidio, il 20 agosto 2010 Sarah Scazzi sarebbe giunta a casa della cugina e dopo poco si accende la lite fra lei e Sabrina, che la aggredisce fisicamente. Sarah riesce a divincolarsi e a fuggire, e a quel punto, Sabrina e la madre la raggiungono con la macchina di quest'ultima, la costringono a salire a bordo e la riportano indietro. Nuovamente in casa Misseri, la lite si riaccende, e pare che Sabrina abbia afferrato il collo della cugina con una cintura mentre la madre Cosima la teneva ferma. Nello spazio di un paio di minuti tutto finisce, e Sara è morta.

Secondo la ricostruzione, è a questo punto che le due donne fanno entrare in scena Michele Misseri, obbligandolo a fare sparire il cadavere. Mentre Michele Misseri getta il corpo di Sarah nel pozzo dove poi viene ritrovato, Sabrina e Cosima ideano la messinscena e cominciano a diffondere la notizia della misteriosa scomparsa della ragazza.

I pm spiegano perché vi sarebbe la certezza che le due donne avrebbero agito insieme nel compiere l'omicidio: uno strangolamento eseguito da una sola persona avrebbe consentito, per istinto di salvezza, che la vittima agitasse mani e piedi, lasciandone le relative tracce, cosa che nel caso di Sarah Scazzi non è avvenuto. Di conseguenza è evidente che mentre una agiva strangolando la ragazza, l'altra la teneva bloccata perché non si agitasse e non fuggisse una seconda volta.

Sono alcuni frammenti della relazione depositata agli atti, in 71 pagine complessive, da parte del pm di Taranto Pietro Argentino e del sostituto procuratore Mariano Buccoliero, sulla ricostruzione del delitto di Avetrana, che non ha ancora finito si stupire. Tale relazione è stata presentata al Tribunale del riesame, che ha respinto l'istanza del collegio difensivo. Le accuse sono basate principalmente su reperti fotografici effettuati sul corpo della giovane vittima e sui particolareggiati esami autoptici, ed indicano come movente del delitto la gelosia di Sabrina nei confronti della cugina a causa dell'interesse da quest'ultima suscitato in Mariano Russo, un ragazzo per il quale entrambe avevano un particolare interesse ed evidentemente un movente che anche Cosima Serrano condivideva a favore della propria figlia.

Intanto nell’attesa della decisione del Tribunale del Riesame di Taranto, Michele Misseri mercoledì 23 novembre 2011 va in TV, direttamente ospite in studio.

L’avevamo lasciato in carcere dove si confessava colpevole dell’omicidio della nipote, Sarah Scazzi, morta il 26 agosto 2010.

L’avevamo lasciato dietro le sbarre a ricostruire gli eventi con la lucidità di una persona estranea ai fatti.

L’avevamo lasciato a testimoniare la sua colpevolezza al Tribunale di Taranto o nella sua villetta di via Deledda o nel suo scantinato-garage.

L’avevamo lasciato il giorno prima da Bruno Vespa a “Porta a Porta” in una puntata dedicata interamente a lui, collegato da casa.

Adesso lo ritroviamo protagonista addirittura in uno studio televisivo di una puntata intera dedicata interamente a lui, quella di Matrix, in onda su Canale 5, in cui Alessio Vinci, conduttore del programma, lo fa parlare, gli fa confessare quell’omicidio che ha fatto parlare costantemente italiani, giornalisti, esperti e non. Ed è record stagionale per "Matrix". Il programma, che vedeva ospite in studio Michele Misseri, si aggiudica la seconda serata con 1.455.000 spettatori e il 15.67%di share sul target commerciale. Michele Misseri è al centro di uno show, e come in ogni spettacolo che si rispetti, è stato lanciato anche un RVM per ricordare le sue “imprese” nella descrizione dei fatti, per far riaffiorare alla mente, come in un reality, la sua quotidianità tra interviste, dichiarazioni di colpevolezza.

Forse si è confusa la realtà con la finzione, forse qualcuno ha dimenticato il significato di dignità, sta di fatto che ormai il grande compito affidato alla TV negli anni ’50, quello di istruire, è rimasto nel dimenticatoio e si fa sfoggio di scoop, scordando il “contegno” e inseguendo lo share. Michele Misseri, allora è colpevole e innocente allo stesso tempo? L’”omicida” dichiarato diventa eroe, la televisione assiste il personaggio, collabora alla sua confessione e quasi mostra pietà nei suoi confronti, dandogli la possibilità di parlare, di raccontare la sua “Verità”, quella di “Zio Michele” che dichiara: “in carcere ci sono 2 innocenti, io sono un uomo libero e non me la sento. Prima avevo solo un peso sullo stomaco, l'Angelo biondo (Sarah Scazzi) ora ne ho tre". Queste parole, sono le parole di un uomo ferito, che soffre, e vedere la sofferenza in TV, adescare gli spettatori con i sentimenti, è ormai cosa facile e risaputa. Si è iniziato un’anno prima con l’immagine inespressiva di Concetta Serrano su “Chi l’ha visto?” di Rai tre, a cui gli veniva comunicato il ritrovamento del corpo della figlia Sarah. Oggi si da voce al confessante carnefice. Il signor Michele Misseri ha abbandonato tra i campi i vestiti sporchi da contadino, quelli che abbiamo visto in centinaia di interviste, per ritornare ad essere, almeno nell’estetica, una persona decente. In TV ha l’occhialino da erudito, la faccia pulita ed è vestito in modo decoroso. Accusa il suo ex legale, Daniele Galoppa e la criminologa Roberta Bruzzone, : "Non mi hanno mai creduto io non ho mai cambiato versione, me l'hanno fatta cambiare […] Io dovevo fare quello che mi diceva il mio avvocato. Due volte la Bruzzone si è stesa per terra per farmi vedere come dovevo mettere la cinta, e una volta Galoppa disse: forse è meglio con la testa in alto”.

Sono dichiarazioni che creano confusione. Eroe o omicida? Colpevole o innocente?
Ma si sa, la Tv distorce e travisa e come extrema ratio resta solo la moralità di ogni singolo, sia esso omicida dichiarato, che butta in un pozzo la vittima, ovvero ragazzi senza arte, né parte, pagati nei seguitissimi reality show, che insegnano a vivere ai loro coetanei, ovvero Istituzioni mafiose e corrotte che pretendono rispetto, senza meritarlo.

E per la comparsata in TV ecco pronta la censura.

Il pm Mariano Buccoliero e il procuratore aggiunto Pietro Argentino hanno chiesto gli arresti domiciliari per Michele per presunta violazione dell'obbligo di firma. L'uomo, mercoledì 23 novembre 2011 si sarebbe presentato, in anticipo alla caserma di Avetrana insieme al suo difensore, di circa un quarto d'ora. Il gup il 28 novembre ha invece deciso per una misura più lieve e cioè per l'obbligo di dimora nella cittadina per tutta la giornata e per l'obbligo di non allontanarsi dalla sua abitazione dalle 19 alle 7 del mattino. «Mi sembra una misura esagerata», rileva l’avvocato Armando Amendolito, difensore dell’agricoltore, che ha appunto spiegato la natura del provvedimento adottato dal gup dottor Pompeo Carriere. «Il mio assistito non ha mai violato l’obbligo di firma, tranne che in due occasioni; ma era impegnato nell’udienza preliminare ed ha dato subito comunicazione ai carabinieri. Formalmente, neanche queste circostanze possono essere interpretate come violazioni. L'anticipo con il quale il mio assistito si è presentato in caserma giovedì non è dovuto a ragioni particolari, ma al fatto che quella sera su Avetrana pioveva a dirotto», sottolinea l'avvocato Amendolito.

Il 23 novembre Michele Misseri doveva essere ospite di Matrix e così è andato dai carabinieri, accompagnato dal suo avvocato Armando Amendolito, una manciata di minuti prima del previsto (l’obbligo doveva essere rispettato dalle 17 alle 18, è arrivato in caserma alle 16.40). Amendolito ha detto ai militari di aver anticipato un pochino l’orario della presentazione per portare Michele a Taranto allo scopo di fargli trascorrere una serata di relax, piccola quanto grossolana bugia scoperta dopo qualche ora vista la presenza a Roma di Misseri e del suo legale per partecipare alle diretta su Canale 5.

Per il dottor Carriere - che il 21 novembre aveva rigettato la richiesta di revoca dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria sostenendo l’esistenza di un pur tenue pericolo di fuga - tale condotta viola le prescrizioni a cui Misseri era sottoposto, violazione oltretutto aggravata dall’aver offerto ai carabinieri una giustificazione falsa e ingannevole. E dunque, mentre la richiesta di arresti domiciliari presentata dalla Procura è parsa eccessiva, il gup ha disposto nei confronti del contadino l’obbligo di dimora nel territorio di Avetrana, l’obbligo di non allontanarsi da casa dalle 19 alle 7 di ogni giorno, l’obbligo di presentarsi dai carabinieri dalle 12 alle 13 e dalle 17 alle 18, e infine ha inviato gli atti al consiglio dell’ordine degli avvocati per le valutazioni in ordine alla condotta dell’avv. Armando Amendolito, riguardo in particolare alla violazione del codice deontologico.

Sembra evidente però, che più che ad una bugia, tuttalpiù ci troviamo di fronte ad una giustificazione gratuita, perché non richiesta. Essa ha valore di peccato veniale. I Carabinieri di Avetrana dovevano far rispettare le regole. Il fatto che Misseri dia la sua versione sull’omicidio a tutte le ore e su tutti i canali mediatici è una situazione che i PM non avevano tenuto in conto ed oggi non possono porre rimedio. Naturalmente nessuna sanzione è stata elevata ai carabinieri che hanno permesso l’anticipazione della firma.

Ma quella dei Magistrati è una sanzione vana, oltre che insussistente. Le interviste possono essere rilasciate in casa. Tranquillamente. Comunque le restrizioni vanno date nei vincoli di legge, (pericolo di fuga, inquinamento delle prove, reiterazione del reato), non per tacitare qualcuno che grida una verità scomoda. Quella sua comparsa televisiva aveva provocato la reazione di Concetta Serrano, mamma della ragazza uccisa il 26 agosto 2011, che aveva scritto  in una lettera alla stampa tutta la sua indignazione. Concetta Serrano che non è disposta a perdonare, nonostante sventoli ai quattro venti la sua appartenenza ai Testimoni di Geova. Inoltre odia tutta la famiglia Misseri, forse mal consigliata da qualcuno che ha tutto l’interesse ad istigare all’odio. Odio mal riposto, in quanto al momento non si sa chi sia il vero colpevole.

E’ da vivere e da ridere, però, la pantomima dei giornalisti a dare la notizia, anche quelli di Mediaset che si sono avvantaggiati dell’esclusiva con Misseri in studio.

TG com : Punito per l’ennesima bugia. Sarah, nuove misure cautelari per Misseri.

Il Corriere della Sera: Nuove restrizioni per Michele Misseri. Basta uscite dalle 19 alle 7 del mattino.

La Repubblica: Michele Misseri fa il divo in tv, la procura ne chiede l'arresto.

Libero News: Zio Michele fa ancora la Star: mente alle autorità per Matrix.

La Stampa: Michele Misseri in tv, il giudice impone doppia firma dai carabinieri.

La Gazzetta del Mezzogiorno: Omicidio di Sarah, per Misseri «televisivo» «restrizioni cautelari»; Dopo il Matrix-show «arrestate Misseri».

Nuovo Quotidiano di Puglia: Misseri, stop alle interviste in tv. Per lui obbligo di dimora ad Avetrana.

La Voce di Manduria: Stop agli show televisivi per Misseri domiciliari per 12 ore al giorno.

E giù di questo passo.

Nessuno di questi scienziati dell’informazione, però, ha sollevato il dubbio che a causare la costernazione pubblica dovesse essere non la firma anticipata, e favorita dai carabinieri, ma il fatto che i magistrati tengano libero colui il quale ha infilato una bambina in un pozzo e comunque, dichiarandosi lui colpevole anche di omicidio, si tengano in prigione due presunte innocenti.

Tant’è vero che le intercettazioni spesso dimostrano che nulla è da dare per scontato. 

«Se fossi un carabiniere o poliziotto, sapendo queste cose, i sospetti li avrei … visto che lui (Michele Misseri) stava sotto il garage a quell’ora, alle due e mezza, possono pensare pure che se l’è tirata dentro la cantina (Sarah Scazzi)». Era il 3 ottobre del 2010 quando per la prima volta il garage - cantina viene indicato come luogo del delitto. A farlo, quando nessuno ancora sospettava tanto e dimostrando un’inspiegabile preveggenza, fu proprio Cosima Serrano, moglie di Michele, parlando con le figlie Sabrina e Valentina. Il colloquio tra le tre donne, intercettato da una cimice montata nella Opel Astra di Cosima, è trascritto nei brogliacci che fanno parte dei faldoni dell’inchiesta. Si parla del telefonino che Misseri ha fatto trovare cinque giorni prima nell’uliveto. Valentina dice che il padre «non è intelligente…. se lo fosse stato allora tutto si era macchinato». La moglie cerca di difenderlo. «Non sto dicendo proprio che non è intelligente», dice Cosima. «Se era intelligente, non avrebbe toccato il telefonino», commenta la ragazza. Poi le tre parlano di una scheda sim che Michele avrebbe trovato e di un poliziotto. «Però un poliziotto che sa della sim, della carta, del telefonino, se fanno… ohi mamma, mamma», dice preoccupata Cosima. Poi Valentina che chiude il discorso: «Vabbè… di questa sim non ne deve uscire proprio». Altre intercettazioni ambientali come questa sono state oggetto di discussione nell’udienza del tribunale del riesame, i cui giudici si dovevano esprimere sulla richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Sabrina e Cosima. Ad insistere sulle presunte verità contenute nelle numerose intercettazioni è stato il pm Mariano Buccoliero, che ha rispolverato vecchie trascrizioni focalizzandone alcune di particolare interesse probatorio. Tra queste, quella del colloquio in carcere tra Misseri e la nipote Daniela Greco. «Abbiamo fatto i furbacchioni a non chiamare il 118 o i carabinieri e i furbacchioni vanno sempre fiacchi», si sfogava il contadino con la nipote che l’8 novembre lo andava a trovare in carcere. Singolare un'altra registrata nella sala colloqui del penitenziario di Taranto tra Michele, sua moglie Cosima e la figlia Valentina. È il 27 dicembre del 2010, le due donne si fanno raccontare gli attimi in cui Michele porta via il cadavere di Sarah dal garage. La moglie vuole sapere dove ha poggiato il corpo della nipote. «Sul terriccio, se vedono non trovano niente, poi l’abbiamo pulito». La moglie non è d’accordo. «E no, possono fare le analisi». Il marito insiste e rassicura: «Che se abbiamo pulito, pure…». Da un altro colloquio tra i tre Misseri svolto il 7 febbraio scorso, la pubblica accusa tira fuori un’altra incongruenza. Le due donne incalzano l’uomo, vogliono conoscere anche i particolari macabri dell’occultamento. Qui Michele Misseri parla di una rigidità del corpo della bambina uccisa: «Le braccia quasi non si chiudevano più», dice il contadino aggiungendo altre specifiche. Considerando i tempi brevi intercorsi tra la morte e la sepoltura, il pm non si spiega come mai l'uomo descriva una rigidità cadaverica che dovrebbe presentarsi dopo diverse ore.

Si limita il diritto di parola a Michele Misseri, ma non si può fermare il fenomeno che i media hanno creato e per ovviare a questo problema, Checco Zalone ha in serbo nuovi personaggi, fra cui salta all’occhio un Michele Misseri trapiantato dalla tragedia di Avetrana, agli studi di Cotto e Mangiato, «dove cambia idea sugli ingredienti ogni due secondi». Lo vedremo in prima serata, su Canale 5, nei due speciali del Resto umile world show  andati in onda il 2 e il 9 dicembre 2011 e che riportano sul piccolo schermo il comico pugliese, dopo il boom del suo secondo film "Che bella giornata" e della tournée teatrale. La gag su Misseri «verrà fatta in chiave intelligente, con una satira sociale e della tv che elimina ogni riferimento al fatto delittuoso e che si appella invece a Gaber e alla spettacolarizzazione della tragedia – precisa Zalone, all’anagrafe Luca Medici -. Mi ritengo meno sfigato di chi strumentalizza questi eventi».

Ma la detenzione domiciliare parziale  non è il solo problema di Misseri:  Michele Misseri non può beneficiare del patrocinio a spese dello Stato. Lo ha deciso il gup del Tribunale di Taranto Pompeo Carriere, rigettando l'istanza presentata il 10 ottobre 2011 dall’agricoltore di Avetrana, il quale sosteneva di non essere in grado economicamente di pagarsi un avvocato. Nell’istanza Misseri precisava che, pur vivendo con i familiari, bisognava tener conto solo del suo reddito personale, cioè poco o nulla, poichè c'era una situazione di conflitto di interesse processuale con la moglie Cosima Serrano e la figlia Sabrina. Secondo il giudice, invece, il conflitto di interesse potrebbe configurarsi solo nei riguardi di Sabrina, ma non tra Misseri e la moglie «non avendo il primo mai reso dichiarazioni accusatorie nei confronti della seconda, ed essendovi, allo stato attuale, una coincidenza di versioni difensive». Di conseguenza, conclude il giudice, l’istanza va calcolata in relazione al reddito di due componenti familiari, e non deve superare la somma di 11.661,07 euro. Ma nel 2010, secondo quanto accertato dalla Guardia di finanza delegata ad hoc dal gup Carriere, la somma dei redditi della famiglia Misseri è stata pari a 15.277,00 euro. Dunque, Michele Misseri dovrà pagarsi il suo difensore di fiducia, Armando Amendolito.

Naturalmente ciò vale per il solo 2010. Per il resto si vedrà.

PROCESSO