RICORSO CONTRO IL GIUDIZIO NEGATIVO ALL'ESAME DI AVVOCATO
COMMISSIONE NAZIONALE D'ESAME PRESIEDUTA DA CHI NON POTEVA RICOPRIRE L'INCARICO, COMMISSARI (COMMISSIONE COMPOSTA DA MAGISTRATI, AVVOCATI E PROFESSORI UNIVERSITARI) DENUNCIATI CHE GIUDICANO IL DENUNCIANTE E TEMI SCRITTI NON CORRETTI, MA DA 15 ANNI SONO DICHIARATI TALI. DEVI SUBIRE E DEVI PURE TACERE, IN QUANTO NON VI E' RIMEDIO GIUDIZIARIO O AMMINISTRATIVO.
Ricorso, n. 1240/2011 presentato al Tar di Lecce il 25 luglio 2011 contro il voto numerico insufficiente (25,25,25) dato alle prove scritte di oltre 4 pagine cadaune della sessione del 2010 adducente innumerevoli nullità, contenente, altresì, domanda di fissazione dell’udienza di trattazione. Tale ricorso non ha prodotto alcun giudizio nei tempi stabiliti, salvo se non il diniego immediato ad una istanza cautelare di sospensione, tanto da farmi partecipare, nelle more ed in pendenza dell’esito definitivo del ricorso, a ben altre due sessioni successive, i cui risultati sono stati identici ai temi dei 15 anni precedenti (25,25,25): compiti puliti e senza motivazione, voti identici e procedura di correzione nulla in più punti. Per l’inerzia del Tar si è stati costretti di presentare istanza di prelievo il 09/07/2012. Inspiegabilmente nei mesi successivi all’udienza fissata e tenuta del 7 novembre 2012 non vi è stata alcuna notizia dell’esito dell’istanza, nonostante altri ricorsi analoghi presentati un anno dopo hanno avuto celere ed immediato esito positivo di accoglimento. Eccetto qualcuno che non poteva essere accolto, tra i quali i ricorsi dell'avv. Carlo Panzuti e dell'avv. Angelo Vantaggiato in cui si contestava il giudizio negativo reso ad un elaborato striminzito di appena una pagina e mezza, perchè, a detta della Corte per il primo: "Infatti, il parere di diritto penale risulta estremamente sintetico, sostanziandosi in una pagina e mezza, limitandosi a riportare gli articoli di legge, relativi ad un solo reato ipotizzabile nella fattispecie in esame, e la relativa giurisprudenza". Oppure per il secondo: "Passando al vaglio della prova sostenuta dal ricorrente, non sono ravvisabili i profili di erroneità della valutazione denunciati in quanto il parere di diritto civile risulta estremamente sintetico tanto che lo stesso ricorrente dichiara di non aver “avuto modo di completare definitivamente l’elaborato” (p. 7 del ricorso); elaborato che si sostanzia in una facciata e mezza e si limita a riportare gli articoli con la relativa giurisprudenza". Solo in data 7 febbraio 2013 si depositava sentenza per una decisione presa già in camera di consiglio della stessa udienza del 7 novembre 2012. Una sentenza già scritta, però, ben prima delle date indicate, in quanto in tale camera di consiglio (dopo aver tenuto anche regolare udienza pubblica con decine di istanze) i magistrati avrebbero letto e corretto (a loro dire) i 3 compiti allegati (più di 4 pagine per tema), valutato e studiato le molteplici questioni giuridiche presentate a supporto del ricorso. Un'attenzione non indifferente e particolare e con un risultato certo e prevedibile, se si tiene conto che proprio il presidente del Tar è stato oggetto di inchiesta video e testuale da parte dello stesso ricorrente. Le gesta del presidente del Tar sono state riportate da Antonio Giangrande, con citazione della fonte, nella pagina d'inchiesta attinente la città di Lecce. Come per dire: chi la fa, l'aspetti!
Alcune puntualizzazioni sul Diritto di Cronaca, Diritto di Critica, Privacy e Copyright.
In seguito al ricevimento di minacce velate o addirittura palesi nascoste dietro disquisizioni giuridiche, al pari loro si palesa quanto segue. Quanto riferito in questa pagina riguarda solo l'inchiesta svolta sull'operato della giustizia amministrativa a Lecce e le sue ricadute sull'esame di abilitazione all'avvocatura, con conseguente danno a scapito degli utenti, in violazione del principio di legalità, imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione. I riferimenti ad atti pubblici ed a persone ivi citate, non hanno alcuna valenza diffamatoria e sono solo corollario di prova per l'inchiesta. Le persone citate, in forza di norme di legge, non devono sentirsi danneggiate. Ogni minaccia di tutela arbitraria dei propri diritti da parte delle persone citate al fine di porre censura in tutto o in parte del contenuto del presente dossier o vogliano spiegare un velo di omertà su come si svolge l'abilitazione forense sarà inteso come stalking o violenza privata, se non addirittura tentativo di estorsione mafiosa. In tal caso ci si costringe a rivolgerci alle autorità competenti.
Come è noto, il diritto di manifestare il proprio pensiero ex art. 21 Cost. non può essere garantito in maniera indiscriminata e assoluta ma è necessario porre dei limiti al fine di poter contemperare tale diritto con quelli dell’onore e della dignità, proteggendo ciascuno da aggressioni morali ingiustificate. La decisione si trova in completa armonia con altre numerose pronunce della Corte. La Cassazione, infatti, ha costantemente ribadito che il diritto di cronaca possa essere esercitato anche quando ne derivi una lesione dell’altrui reputazione, costituendo così causa di giustificazione della condotta a condizione che vengano rispettati i limiti della verità, della continenza e della pertinenza della notizia. Orbene, è fondamentale che la notizia pubblicata sia vera e che sussista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti. Il diritto di cronaca, infatti, giustifica intromissioni nella sfera privata laddove la notizia riportata possa contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti. Il principio di continenza, infine, richiede la correttezza dell’esposizione dei fatti e che l’informazione venga mantenuta nei giusti limiti della più serena obiettività. A tal proposito, giova ricordare che la portata diffamatoria del titolo di un articolo di giornale deve essere valutata prendendo in esame l’intero contenuto dell’articolo, sia sotto il profilo letterale sia sotto il profilo delle modalità complessive con le quali la notizia viene data (Cass. sez. V n. 26531/2009). Tanto premesso si può concludere rilevando che pur essendo tutelato nel nostro ordinamento il diritto di manifestare il proprio pensiero, tale diritto deve, comunque, rispettare i tre limiti della verità, pertinenza e continenza.
Diritto di Cronaca e gli estremi della verità, della pertinenza e della continenza della notizia. L'art. 51 codice penale (esimente dell'esercizio di un diritto o dell'adempimento di un dovere) opera a favore dell'articolista nel caso in cui sia indiscussa la verità dei fatti oggetto di pubblicazione e che la stessa sia di rilevante interesse pubblico. In merito all'esimente del Diritto di Cronaca ex art. 51 c.p., la Suprema Corte con Sentenza n 18174/14 afferma: "la cronaca ha per fine l'informazione e, perciò, consiste nella mera comunicazione delle notizie, mentre se il giornalista, sia pur nell'intento di dare compiuta rappresentazione, opera una propria ricostruzione di fatti già noti, ancorchè ne sottolinei dettagli, all'evidenza propone un'opinione". Il diritto ad esprimere delle proprie valutazioni, del resto non va represso qualora si possa fare riferimento al parametro della "veridicità della cronaca", necessario per stabilire se l'articolista abbia assunto una corretta premessa per le sue valutazioni. E la Corte afferma, in proposito: "Invero questa Corte è costante nel ritenere che l'esimente di cui all'art. 51 c.p., è riconoscibile sempre che sia indiscussa la verità dei fatti oggetto della pubblicazione, quindi il loro rilievo per l'interesse pubblico e, infine, la continenza nel darne notizia o commentarli ... In particolare il risarcimento dei danni da diffamazione è escluso dall'esimente dell'esercizio del diritto di critica quando i fatti narrati corrispondano a verità e l'autore, nell'esposizione degli stessi, seppur con terminologia aspra e di pungente disapprovazione, si sia limitato ad esprimere l'insieme delle proprie opinioni (Cass. 19 giugno 2012, n. 10031)".
La nuova normativa concernente il rapporto tra il diritto alla privacy ed il diritto di cronaca è contenuta negli articoli 136 e seguenti del Codice privacy che hanno sostanzialmente recepito quanto già stabilito dal citato art. 25 della Legge 675 del 1996. In base a dette norme chiunque esegue la professione di giornalista indipendentemente dal fatto che sia iscritto all'elenco dei pubblicisti o dei praticanti o che si limiti ad effettuare un trattamento temporaneo finalizzato esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli saggi o altre manifestazioni del pensiero:
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Solo in data 7 febbraio 2013 si depositava sentenza per una decisione presa già in camera di consiglio della stessa udienza del 7 novembre 2012. Una sentenza già scritta, però, ben prima delle date indicate, in quanto in tale camera di consiglio (dopo aver tenuto anche regolare udienza pubblica con decine di istanze) i magistrati avrebbero letto e corretto (a loro dire) i 3 compiti allegati (più di 4 pagine per tema), valutato e studiato le molteplici questioni giuridiche presentate a supporto del ricorso. Un'attenzione non indifferente e particolare e con un risultato certo e prevedibile, se si tiene conto che proprio il presidente del Tar è stato oggetto di inchiesta video e testuale da parte dello stesso ricorrente. Le gesta del presidente del Tar sono state riportate da Antonio Giangrande, con citazione della fonte, nella pagina d'inchiesta attinente la città di Lecce. Come per dire: chi la fa, l'aspetti!
QUESTO E' L'ESEMPIO DI COME IL TAR PUO' ADOTTARE GIUDIZI ANTITETICI
Accoglimento immediato per tutti, meno che per Antonio Giangrande
ISTANZA DI PRELIEVO
(art. 71, D.Lgs. 104/2010)
ILL.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
SEDE DI LECCE
Sezione Prima
Nella causa R.G. n. 1240/2011
promossa da
Antonio Giangrande,
ricorrente con l’avv. Mirko Giangrande, nato a Manduria (TA) il 26/01/1985 e residente in Avetrana (TA) alla via Manzoni 51 c.f GNGMRK85A26E882V, nel ricorso proposto
contro
Ministro della Giustizia,
Commissione Esami avvocato presso il Ministero della Giustizia,
Commissione Esami avvocato presso la Corte d’Appello di Lecce,
Commissione Esami avvocato presso la Corte d’Appello di Palermo,
resistenti con l’Avvocatura della Stato.
Premesso:
- che il ricorso, depositato il 25.07.2011 è stato iscritto al n. di r.g 1240/2011 ed ha ad oggetto l’annullamento della valutazione negativa data alle prove scritte degli esami per avvocato 2010 e dell’efficacia e degli effetti degli atti propedeutici impugnati;
- che, il ricorrente ha estrema urgenza che il ricorso sia deciso in quanto anche per le prove della sessione d’esame 2011 l’esito è stato segnato da identiche discrasie, così per tutti gli anni precedenti, e una nuova sessione si avvicina. L’urgenza si basa sullo stato di disoccupazione e conseguente indigenza in attesa di un’abilitazione, che ai fatti risulta impedita da giudizi che non rispecchiano il merito delle prove presentate;
- che è trascorso un anno dal deposito del ricorso e della istanza di fissazione.
Il sottoscritto avv. Mirko Giangrande, del Foro di Taranto, nella sua qualità di procuratore del ricorrente così come identificato nella procura alle liti in calce al ricorso promosso per l’annullamento della valutazione negativa data alle prove scritte degli esami per avvocato 2010 e dell’efficacia e degli effetti degli atti propedeutici impugnati, fa istanza di prelievo allo scopo di annullare il giudizio reso dalla Commissione di Esame di Palermo in sede di correzione degli elaborati dello stesso ricorrente. Da quanto analiticamente già espresso e motivato si denota che violazione di legge, eccesso di potere e motivi di opportunità viziano qualsiasi valutazione negativa adottata dalla commissione d’esame giudicante, ancorchè in presenza di una capacità espositiva pregna di corretta applicazione di sintassi, grammatica ed ampia conoscenza di norme e principi di diritto dimostrata dal candidato in tutti e tre i compiti resi. Quanto affermato lo dimostra la mancanza di correzioni, note, glosse, ecc..apposte sugli elaborati. Qui si evince la carenza, ovvero la contraddittorietà e la illogicità del giudizio negativo reso in contrapposizione ad una evidente assenza o rilevanza di segni grafici sugli elaborati, quali glosse, correzioni, note, commenti, ecc., o comunque si contesta la fondatezza dei giudizi assunti, tale da suffragare e giustificare la corrispondente motivazione indotta al voto numerico. Tutto ciò denota l’assoluta discrasia tra giudizio e contenuto degli elaborati, specie se la correzione degli elaborati è avvenuta in tempi insufficienti, tali da rendere un giudizio composito.
Inoltre, il metodo, contestato con i motivi indicati in precedenza, è lo stesso che ha inficiato per 15 anni la vana partecipazione del ricorrente al medesimo concorso concluso con giudizi d’inidoneità fondata sugli stessi motivi illegittimi. La richiesta di annullamento del giudizio contenuta nel ricorso è sostenuta da contestazione attinenti molteplici punti, avallati da pronunce giurisprudenziali indicati in atti.
Tanto premesso l’istante, fa
ISTANZA DI PRELIEVO
del fascicolo suddetto, affinché possa essere fissata il prima possibile l’udienza per il merito.
Tale richiesta è motivata dal fatto che oggetto della presente causa è di acclarare le doglianze di legittimità e di merito su indicate che viziano ed invalidano gli atti adottati dalla Iª Sottocommissione di esame di Palermo. Se da una parte, alcune contestazioni di legittimità riguardante la succinta motivazione numerica e la composizione della sottocommissione e l’incompatibilità del presidente della commissione centrale sono state superate con motivata ordinanza che respingeva l’istanza di sospensiva, (il solo voto numerico come legittima tecnica di valutazione, forte della recente sentenza della Corte cost. 8 giugno 2011 n. 175), dall’altra parte proprio in virtù dei tanti dubbi sollevati e confermati dall’antitetico giudizio reso, che contrasta con la forma e la sostanza dell’elaborato, si è chiesto il sindacato del TAR di Lecce.
Considerato:
- che le prove d’esame del ricorrente evidenziano un contesto caratterizzato dalla correttezza formale della forma espressiva e dalla sicura padronanza del lessico giuridico; anche sotto il profilo più strettamente tecnico-giuridico;
-che anche la soluzione delle problematiche giuridiche poste a base delle prove d’esame evidenzia un corretto approccio a problematiche complesse;
-che, quindi, la motivazione apposta alla valutazione negativa (peraltro caratterizzata dal carattere chiaramente stereotipato e ripetitivo e frutto di attenzione temporale limitata e non approfondita dovuta all’insufficiente tempo prestato) e la complessiva valutazione degli elaborati d’esame da parte della Commissione appaiono essere caratterizzate da evidente irrazionalità e illogicità, rilevabili anche in sede giurisdizionale. Il sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici di esami o concorsi pubblici è legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è affetto da illogicità manifesta o da travisamento del fatto in relazione ai presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto il giudizio sull'elaborato sottoposto a valutazione. Ad affermare l’importante principio di diritto sono le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 8412, depositata il 28 maggio 2012. La Cassazione ammette che ci possano essere commissioni che sbagliano. Il sindacato nel merito è già adottato dal presente TAR Lecce con pronunce su ricorsi analoghi, anche della medesima sessione d’esame, con analisi del merito degli elaborati in presenza di chiare discrasie tra contenuto dell’elaborato e giudizio reso. Interventi nel merito adottati persino in fase cautelare e non in fase di giudizio. Come ad esempio:
sul ricorso numero di registro generale 1601 del 2010, proposto da: Mariangela Gigante, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Ciaurro;
sul ricorso numero di registro generale 1312 del 2011, proposto da: Marco Castelluzzo, rappresentato e difeso dall'avv. Gianluigi Pellegrino;
sul ricorso numero di registro generale 1489 del 2011, proposto da: Francesca Cotrino, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio P. Nichil
Con ossequio.
Lecce, 09.07.2012
Avv. Mirko Giangrande
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA PUGLIA
SEZIONE DISTACCATA DI LECCE
RICORSO PER L’ANNULLAMENTO
della valutazione negativa data alle prove scritte degli esami per avvocato 2010
E CONTESTUALE ISTANZA DI SOSPENSIONE
dell’efficacia e degli effetti degli atti propedeutici impugnati
del dr. Antonio Giangrande, RICORRENTE
INDICE DEL FASCICOLO
A. Ricorso con contestuale istanza di sospensione.
Allegati:
1. Verbale di correzione della Iª sottocommissione di esame di Palermo per la sessione 2010;
2. Elaborati consegnati dal sottoscritto in tema: a) penale; b) civile; c) atto giudiziario;
3. La graduatoria per la lettera G con data di affissione pubblicata dalla Corte d'Appello di Lecce;
4. Verbali e compiti delle sessioni di avvocato: a) 2009, b) 2008, c) 2007.
B. Istanza di fissazione dell’Udienza.
Ai sensi dell’art. 136 del codice amministrativo (D.lgs. 104/2010) si attesta che la copia informatica in formato DVD qui in allegato è conforme al fascicolo cartaceo depositato.
Avv. Mirko Giangrande
Da notificarsi con urgenza
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA PUGLIA
SEZIONE DISTACCATA DI LECCE
RICORSO PER L’ANNULLAMENTO
della valutazione negativa data alle prove scritte degli esami per avvocato
E CONTESTUALE ISTANZA DI SOSPENSIONE
dell’efficacia e degli effetti degli atti propedeutici impugnati
L. 6 dicembre 1971 n. 1034
del dr. Antonio Giangrande, RICORRENTE,
nato ad Avetrana (TA) il 02/06/1963 ed ivi residente alla via A. Manzoni, 51, C. F. GNGNTN63H02A514Q, rappresentato e difeso dall'Avv. Mirko Giangrande, presso lo Studio Legale del medesimo difensore in Avetrana, via A. Manzoni, 51, C. F. GNGMRK85A26E882V, tel/fax 099/9708396 elettivamente domiciliati, come da mandato speciale in calce del presente atto,
contro
Ministero della Giustizia, RESISTENTE, in persona del Ministro pro tempore On. avv. Angelino Alfano;
Commissione centrale Esami di Avvocato c/o Ministero della Giustizia, RESISTENTE, in persona del presidente pro tempore avv. Antonio De Giorgi;
Iª Sottocommissione Esami Avvocato c/o Corte di Appello di Palermo, RESISTENTE, in persona del presidente pro tempore avv. Giuseppe Cavasino;
Iª Sottocommissione Esami Avvocato c/o Corte di Appello di Palermo, RESISTENTE, in persona del presidente supplente pro tempore avv. Mario Grillo;
Iª Sottocommissione Esame di Avvocato c/o Corte di Appello di Lecce, RESISTENTE, in persona del presidente pro tempore avv. Maurizio Villani;
tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Lecce e domiciliati per legge presso gli uffici della stessa Avvocatura in Lecce, via F. Rubichi 23,
per l'annullamento della valutazione negativa data alle prove scritte dell’esame di avvocato,
previa sospensione urgente e necessaria dell'efficacia e degli effetti degli atti propedeutici
impugnati per periculum in mora e per fumus boni iuris,
del verbale n. 20 redatto nella seduta del 19.04.2011 dalla Iª Sottocommissione esame di avvocato presso la Corte di Appello di Palermo, nella parte in cui attribuisce alle tre prove scritte riferite alla busta n. 198 del ricorrente un punteggio insufficiente, rispettivamente 25 per il penale, 25 per il civile e 25 per l’atto giudiziario, pari complessivamente a 75 punti;
del provvedimento recante la valutazione 25 data al parere legale, reso al quesito della traccia n. 2 del compito scritto di diritto civile del 14 dicembre 2010, indicato con il n.198/1;
del provvedimento recante la valutazione 25 data al parere legale, reso al quesito della traccia n. 1 del compito scritto di diritto penale del 15 dicembre 2010, indicato con il n. 198/2;
del provvedimento recante la valutazione 25 data al parere legale, reso al quesito della traccia n. 1 del compito scritto di atto giudiziario redatto in materia di diritto privato del 16 dicembre 2010, indicato con il n. 198/3;
Provvedimenti con i quali la Iª sottocommissione esaminatrice per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Palermo – sessione 2010 – non ha ammesso il ricorrente alle successive prove orali;
del consequenziale elenco degli ammessi alle prove orali, sessione 2010, degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, relativamente alla Corte di Appello di Lecce, pubblicato il 28 giugno 2011, nella parte in cui esclude il ricorrente, in base all’ordine alfabetico, contenuto in pagina 3 e 4 rispetto alla lettera G;
di ogni altro atto o provvedimento preordinato, collegato o consequenziale ed in particolare, dei criteri fissati dalla predetta Sottocommissione con verbale n. 20 del 19.04.2011 per la valutazione degli elaborati.
Con conseguente disposizione,
con ordinanza cautelare di ammissione diretta del ricorrente all’esame orale per la ravvisata esistenza di un pericolo di danni gravi ed irreparabili per il ricorrente derivanti dall'esecuzione dell'atto impugnato, sulla base della rilevazione di gravi vizi di legittimità della costituzione e composizione della Iª sottocommissione di Palermo e della correzione, tenuto conto della rilevanza e palesità dei vizi e dall’obiettiva natura degli elaborati d’esame, che permette di concludere favorevolmente un giudizio prognostico in ordine alla sufficienza complessiva della prova scritta;
nel merito con rito ordinario, dichiarare i gravi vizi di legittimità riscontrati attinenti la costituzione, la composizione e l’attività sindacale della Iª sottocommissione di Palermo, annullando i provvedimenti adottati e procedendo per la nuova correzione degli elaborati del ricorrente, che dovrà eseguirsi d’ufficio, ovvero rivolgersi ad altra sottocommissione d’esame di Palermo, al cui interno non vi facciano parte i Commissari che hanno partecipato al giudizio della prova impugnata.
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FATTO
Il ricorrente partecipava alla sessione 2010 degli esami di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato, presso la Corte di Appello di Lecce, effettuando le relative prove scritte.
1. Nella sessione 2010 del concorso di avvocato, a cui l’istante ha partecipato come candidato, poi escluso, la Iª sottocommissione di esame presso la Corte di Appello di Palermo, competente a correggere i compiti itineranti svolti presso le sottocommissioni di esame della Corte di Appello di Lecce, con atteggiamento proprio delle sottocommissioni del nord Italia, ha promosso un candidato su tre, differenziandosi quanto fatto l’anno prima, sempre sui compiti di Lecce, dalle benevoli sottocommissioni di Salerno, che hanno promosso un candidato su due. Per esempio, sottocommissioni di esame benevole sono state, altresì, nella sessione del 2010 quelle presso la Corte di Appello di Napoli, che hanno corretto i compiti svolti presso le sottocommissioni di esame della Corte di Appello di Bari, promuovendo un candidato su due. Sempre a Bari l’anno prima le sottocommissioni di esame della Corte di Appello di Torino, invece, meno benevoli, promossero un candidato su tre. Questo sistema, poggiato su principi non previsti dalle norme concorsuali, ingiustificati, altalenanti, parziali e discriminatori, è notorio ed è comune in tutta Italia e per tutti gli anni. In questo modo i candidati, in base alle percentuali di ammissione adottate negli anni precedenti dalle sottocommissioni sorteggiate, conoscono percentualmente il loro destino in anticipo, ben prima di sapere i voti resi ai loro pareri scritti.
2. In data 28.6.2011, per pubblicazione effettuata da parte della Corte di Appello di Lecce, l’istante aveva conoscenza della mancata ammissione alle prove orali, per effetto dell’attribuzione agli elaborati d’esame, da parte della Iª Sottocommissione presso la Corte di Appello di Palermo, del giudizio complessivo di 75 (25 per la prova di diritto civile, 25 per la prova di diritto penale e 25 per l’atto giudiziario in diritto civile);
3. a seguito dell’esercizio del diritto di accesso, constatava che la valutazione degli elaborati d’esame fosse stata effettuata in termini puramente numerici e in tempi insufficienti; che il giudizio negativo non era confutato da corrispettivi raffronti di errori indicati negli elaborati con glosse, correzioni, sottolineature con note o spiegazioni a margine, ecc. I compiti immacolati, perfetti dal punto di vista ortografico, con maggior aggravio di tempo, sono stati redatti addirittura in stampatello e non in corsivo per agevolarne la comprensione. Come perfetti sono dal punto di vista sintattico e grammaticale, stante l’assenza di correzioni, glosse, note a margine. Come altresì perfetti sono dal punto di vista tecnico conformandosi il parere reso all’orientamento totalitario.
4. Nel visionare i giudizi degli elaborati si notava la mancanza del voto di ciascun commissario, ovvero il voto riferito a ciascun criterio individuato per la valutazione delle prove, così come la commissione si richiama nell’atto di verbale.
5. Dalla visione degli elaborati e del verbale di correzione redatto dalla Iª sottocommissione di Palermo in data 19 aprile 2011 si rileva che in sottocommissione non vi era il Presidente di commissione centrale; non vi era il Presidente titolare della Iª sottocommissione di Palermo; non vi era il voto di ciascun commissario sulle prove, né vi era il voto riferito a ciascun criterio di correzione. Criteri fissati dalla Commissione Centrale e fatti propri dalla Iª sottocommissione esaminatrice. Nella sottocommissione, altresì, mancava la componente professionale adatta a correggere i compiti dal punto di vista lessicale, grammaticale, sintattico, persuasivo ed ogni altro criterio di correzione riconducibile alle materie letterarie, filosofiche e comunicative. Invece la Iª Sottocommissione di Palermo è composta solo da pratici del diritto e da un’unica figura di professore universitario, Laura Lorello, che ha, però, la qualifica di docente di diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo.
6. I voti resi agli elaborati nella sessione 2010 sono identici ai voti resi nelle rispettive sessioni 2009, 2008, 2007, e con le stesse modalità di correzione (compiti immacolati), come se fosse un modus operandi.
7. A presiedere la Commissione centrale d’esame è l’Avvocato Antonio De Giorgi, componente del Consiglio Nazionale Forense indicato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce. Egli ha già presieduto le sottocommissioni di esame di avvocato presso la Corte di Appello di Lecce come presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce nel periodo ante riforma del 2003. Riforma che di fatto ha criticato l’operato di tutte le sottocommissioni d’Italia, estromettendone, per mala gestio degli esami, proprio tutti i consiglieri dell’ordine degli avvocati.
I provvedimenti meglio specificati in epigrafe sono impugnati dal ricorrente per: violazione art. 3 L. 241 del 1990, difetto assoluto di motivazione; violazione delle norme in materia di valutazione degli elaborati nelle prove concorsuali; violazione dei criteri generali stabiliti dall'articolo 1-bis, comma 9, della legge 18 luglio del 2003 e fissati nella seduta del 09.12.2010 dalla Commissione centrale presso il Ministero della Giustizia, di recepimento della circolare ministeriale del 8 novembre 2010; eccesso di potere per errore nei presupposti; difetto di istruttoria; illogicità, contraddittorietà, parzialità dei giudizi.
Tutto ciò lede il principio costituzionale di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione.
Il ricorrente da 13 anni subisce le conseguenze negative di questo sistema illegittimo di correzione degli elaborati. All’uopo si portano in visione gli atti concorsuali degli ultimi 3 anni, da cui si evincono, oltre le invalidità meglio di seguito specificate, anche le “stranezze” nel rendere il giudizio: per tutti i compiti resi nei vari anni si appalesa quel 24/25 uguale per tutti gli elaborati; i giudizi illogici, tenuto conto che i compiti sono immacolati e i giudizi numerici identici tra loro, senza soluzione di continuità; i compiti immacolati e giudizi mancanti di ogni indicazione logica che possa far inquadrare al ricorrente le manchevolezze, a cui porre rimedio nelle sessioni successive.
Il ricorrente ha diritto di conoscere le lacune che, in tutti questi anni, sono stati causa di inidoneità e se tali lacune siano fondate. I giudizi resi, non sopportati da elementi concreti (correzioni, glosse, note e spiegazioni, ecc.), fanno sì che la commissione correttrice, venendo meno ai suoi doveri di trasparenza, correttezza ed equità, impedisce, di fatto, la conoscenza dell’errore, non indicato palesemente, il quale può essere senza colpa reiterato dal ricorrente.
DIRITTO
I provvedimenti de quo impugnati devono considerarsi illegittimi per i seguenti motivi di diritto, indicati per economia processuale in modo sintetico e con riferimento alla giurisprudenza domestica più recente.
In premessa alle contestazioni soggettive rilevate e sollevate, si presenta all’attenzione della S.V. una questione che, di per sé in modo oggettivo, invaliderebbe tutte le prove scritte svolte presso ogni Corte di Appello, sede d’esame di concorso di avvocato. Ma che, per forza di cose, ne si chiede applicazione unicamente all’interesse dell’istante, qui rappresentato.
Qui si evince un fatto, da sempre notorio su tutti gli organi di stampa, rilevato e rilevabile in ambito nazionale: ossia la disparità di trattamento tra i candidati rispetto alla sessione d’esame temporale e riguardo alla Corte di Appello di competenza. Diverse percentuali di idoneità (spesso fino al doppio), per tempo e luogo di esame, fanno sperare i candidati nella buona sorte necessaria per l’assegnazione della commissione benevola sorteggiata. Nel Nord Italia le percentuali adottate dalle locali commissioni d’esame sono del 30%, nel sud fino al 60%. Le sottocommissioni di Palermo sono come le sottocommissioni del Nord Italia.
I Candidati sperano nella buona sorte dell’assegnazione.
La Fortuna: requisito questo non previsto dalle norme.
E’ illegittimo, agli occhi dell’art. 3 e dell’art. 97 della Costituzione, il fatto che ogni candidato di debba affidare ogni anno alla benevolenza della commissione di esame estratta per la correzione dei compiti itineranti. In particolare i candidati di Lecce si sottopongono al giudizio di commissioni che adottano percentuali di idoneità che vanno dal 30% di Palermo e Torino, al 60% di Salerno e Reggio Calabria. L’idoneità non può essere riconducibile a fattori estemporanei temporali o territoriali, come anno e luogo di nascita. Tra i requisiti richiesti per il superamento dell’esame non vi è, né vi potrebbe mai essere indicata “la Fortuna”. Tali percentuali, adottati al di là di ogni ragionevole logica, inficiano in modo grave il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione pubblica, oltre che a ledere il diritto di uguaglianza dei candidati partecipanti ai medesimi esami, ma giudicati da commissioni diverse. Non solo. Adottando improvvidi atteggiamenti la Commissione giudicatrice, impedendo l’accesso all’abilitazione ai candidati “sfortunati” , lede l’art. 4 della Costituzione: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”
Tutto questo sotto l’aspetto oggettivo, rilevabile d’ufficio, in quanto il giudizio reso agli elaborati della odierna sessione 2010 del ricorrente è stato viziato dalla “Sfortuna” di trovare una sottocommissione, quella di Palermo, poco incline alla benevolenza, la quale ha reso idonei pochi candidati di Lecce, rispetto a quella di Salerno dell’anno precedente, che ne ha resi idonei il doppio.
Uno studio della Fondazione Rodolfo Debenedetti sugli Ordini professionali, pubblicato sul Corriere della Sera del 4 luglio 2011 parla di risultati riconducibili in prevalenza al familismo, ovvero all’impedimento della libera concorrenza da parte di chi, avvocati in commissioni d’esame, ha tutto l’interesse a limitare l’accesso a nuovi professionisti.
Qui si contesta la competenza dei commissari a poter svolgere dei controlli di conformità ai criteri indicati: capacità pedagogica propria di docenti di discipline didattiche non inseriti in commissione.
Qui si contesta la mancanza di motivazione alle correzioni, note, glosse, ecc., tanto da essere contestate dal punto di vista oggettivo da gente esperta nella materia di riferimento.
La commissione di esame di avvocato presso il Ministero della Giustizia, sessione 2010, ha definito i seguenti criteri per la valutazione degli elaborati, stabiliti dall'articolo 1-bis, comma 9, della legge 18 luglio del 2003 e fissati nella seduta del 09.12.2010 dalla Commissione centrale presso il Ministero della Giustizia, di recepimento della circolare ministeriale del 8 novembre 2010:
1. Chiarezza, logicità e metodologia dell’esposizione, con corretto uso di grammatica e sintassi;
2. Capacità di soluzione di specifici problemi;
3. Dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati e della capacità di cogliere profili interdisciplinari;
4. Padronanza delle tecniche di persuasione.
L’esame scritto di avvocato presenta insidie particolari. Infatti è ben diverso dagli esami universitari ed allo stesso tempo è molto lontano da ciò cui abitua la pratica: si trova in un limbo in cui si chiede al candidato di riesumare le nozioni istituzionali dei manuali universitari ed allo stesso tempo di superare l’astrattezza della teoria con applicazione a tracce d’esame che, pur se tratte dalla giurisprudenza, non possono che essere stilizzate. Di conseguenza generalmente manca nel candidato una preparazione specifica ad un simile genere di prova.
Così come tale preparazione specifica manca al singolo commissario d’esame.
Sul punto si può osservare che il parere non è un atto, in cui si perorano le ragioni dell’assistito, prendendo in considerazione le argomentazioni della controparte solo per contestarle. Tale differenza emerge chiaramente dalla lettura della lettera e) del prima riportato art. 1 comma 9, allegato della legge 180/2003, per cui le tecniche di persuasione sono elementi rilevanti solo ai fini della valutazione dell’ultima prova d’esame.
Il parere però non è nemmeno una mera rassegna degli orientamenti giurisprudenziali esistenti, di cui riportare acriticamente la massima. Infatti il semplice collage dei dicta pretori non dimostra capacità alcuna, soprattutto se si tiene conto che il candidato si avvale di un codice commentato.
Il candidato, quindi, ha diritto ad essere giudicato, da una commissione che garantisca l’effettiva competenza a poter svolgere il suo compito. Questa certezza la può dare solo una commissione in cui vi facciano parte esperti di discipline che possano verificare e giudicare l’elaborato del candidato, al di là di ogni ragionevole contestazione. Tenuto conto altresì che si chiede al singolo candidato di avere una sorta di competenza tale da soddisfare le verifiche di più commissari esperti nelle varie materie.
Ma proprio questo è il punto: i commissari d’esame non hanno la preparazione professionale per poter svolgere il ruolo di cui sono incaricati. Anche perché c’è una lacuna di fondo.
Si insiste nel dire sulla necessità di ≪formare i formatori≫. Alcuni Consigli dell’Ordine degli Avvocati hanno previsto espressamente nello Statuto delle erigende scuole la presenza obbligatoria di un ≪modulo≫ di metodologia giuridica accanto alle materie istituzionali. Modulo il cui insegnamento è stato affidato a studiosi e docenti di filosofia del diritto. La metodologia, infatti, comprende (secondo la prospettiva classica) lo studio delle discipline finalizzate a produrre ≪chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione […] capacita di soluzione di specifici problemi […] padronanza delle tecniche di persuasione≫ (si cita dall’art. 1 bis, 9° comma, della L.180/2003 sui criteri di valutazione della prova scritta all’esame di Stato per la professione d’avvocato). In questo senso, dunque, l’inserimento a Statuto di un modulo didattico di metodologia risponde ai precisi requisiti del legislatore circa le abilità richieste al principiante avvocato.
Molto più di questo, però, vale l’osservazione per cui la metodologia giuridica non può limitarsi a rappresentare una fra le materie impartite nella scuola, poiché, se quest’ultima vuole davvero ispirarsi al modello non occasionale del ≪ginnasio forense≫, dovrà assumere la metodologia come struttura e non soltanto come contenuto inserito in un contesto ancora ‘tradizionale’ (sostanzialmente mutuato dalle Facoltà giuridiche). Il che significa che il “frame” delle diverse unità didattiche (di civile, di penale, di amministrativo ecc.) dovrà avere natura metodologica (questione della ≪formazione dei formatori≫ e della meta-didattica).
Per quanto riguarda la corretta applicazione di sintassi e grammatica, oltretutto, si abbisogna di un docente delle discipline umanistiche, nel campo delle lettere, competente specificatamente su vari ambiti: analisi logica; conoscenza e comprensione delle varie funzioni logiche; comprensione e riconoscimento delle diverse funzioni logiche nella frase semplice e nel discorso; ortografia e punteggiatura; conoscenza morfologica delle regole ortografiche e di punteggiatura, padronanza dell’ortografia e della punteggiatura nella scrittura; viaggio tra forma e significato delle parole; conoscenza delle forme di derivazione e alterazione delle parole; conoscenza e comprensione del vocabolario; conoscenza delle varie relazioni di significato tra le parole; abilità di base della scrittura di un testo e tecniche narrative essenziali; abilità di preparazione, organizzazione coerente di idee su un determinato tema, abilità di espressione chiara e pertinente, abilità tecniche narrative essenziali, abilità essenziali di generi narrativi diversi, abilità essenziali di descrizione e riflessione.
La commissione di esame, così come è composta, fatta esclusivamente da soggetti pratici, più che teorici, oltretutto elementi formatisi con discipline giuridiche, non garantisce la totale efficienza ed attendibilità nella verifica degli elaborati.
I Commissari che hanno corretto i compiti dell’istante sono 2 magistrati e 2 avvocati ed un professore di diritto costituzionale.
I Commissari nominati soddisfano solo le aspettative dei principi indicati al punto 3, (attinenza agli istituti giuridici), restando sguarniti i restanti punti, propri dei professori di lettere, filosofia e in discipline della comunicazione.
Nel caso di specie i commissari nominati, alla mancanza di tali soggetti professionali, figure indispensabili, hanno ovviato, intervenendo con giudizi impropri e spesso errati.
Con la metodologia adottata ogni errore evidenziato deve essere motivato, per poter essere verificato da personale esperto. Qui non vi è alcun errore né vi è alcuna motivazione per poter vagliare il grado di incisività e fondatezza dell’emendamento.
Il recente intervento della Corte Costituzionale, che abilita il solo voto numerico in virtù del “Diritto Vivente”, non intacca un approccio diverso al problema. Il giudizio sintetico, abilitato dalla Corte, impedisce l’indagine nel merito della decisione definitiva presa, che diventa sunto delle risultanze rese per i vari criteri di valutazione, ma non può mancare la motivazione agli emendamenti ed i rilievi che toccano la stessa prova scritta. Si deve valutare la competente Commissione, nei casi di valutazione negativa, ove non sussista l’obbligo della motivazione finale, la quale è costretta ad un più attento esame degli elaborati, al fine di giustificare in maniera adeguata e puntuale il proprio operato, suscettibile di essere sottoposto al vaglio dell’Autorità giurisdizionale, il che sicuramente rafforza l’osservanza del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Costituzione.
Qui si evince la carenza, ovvero la contraddittorietà e la illogicità del giudizio reso in contrapposizione ad una evidente assenza o rilevanza di segni grafici sugli elaborati, quali glosse, correzioni, note, commenti, ecc., o comunque si contesta la fondatezza dei rilievi assunti, tale da suffragare e giustificare la corrispondente motivazione indotta al voto numerico. Tutto ciò denota l’assoluta mancanza di motivazione al giudizio, didattica e propedeutica al fine di conoscere e correggere gli errori, per impedirne la reiterazione.
Per la Corte Costituzionale, con sentenza 175 del 2011,“buon andamento, economicità ed efficacia dell’azione amministrativa rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni sottese ad un giudizio di non idoneità, sia per i tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia per il numero dei partecipanti alle prove”. Così la Corte Costituzionale ha sancito, il 7 giugno 2011, la legittimità costituzionale del cd. “diritto vivente”, secondo cui sarebbe sufficiente motivare il giudizio negativo, negli esami di abilitazione, con il semplice voto numerico. La Corte osserva come non sia sostenibile – come spesso affermato – che il punteggio indichi soltanto il risultato della valutazione: “esso, in realtà, si traduce in un giudizio complessivo dell’elaborato, alla luce dei parametri dettati dall’art. 22, nono comma, del citato r.d.l. n. 1578 del 1933, suscettibile di sindacato in sede giurisdizionale, nei limiti individuati dalla giurisprudenza amministrativa”. Il che vale a dire che “il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di non ammissione, in presenza dell’ampio potere tecnico-discrezionale spettante agli organi preposti alla valutazione, può avvenire soltanto in caso di espressione di giudizi discordanti tra i commissari o di contraddizione tra specifici elementi di fatto, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto”.“…il punteggio espresso deve trovare specifici parametri di riferimento nei criteri di valutazione ….ed è soggetto a controllo da parte del giudice amministrativo che, pur non potendo sostituire il proprio giudizio a quello della commissione esaminatrice, può tuttavia sindacarlo, nei casi in cui sussistano elementi in grado di porre in evidenza vizi logici, errori di fatto o profili di contraddizione ictu oculi rilevabili, previo accesso agli atti del procedimento”.
La Corte Costituzionale per ragion di Stato (tempi ristretti ed elevato numero) afferma piena fiducia nelle commissioni di esame (nonostante la riforma e varie inchieste mediatiche e giudiziarie ne minano la credibilità), stabilendo una sorta d’infallibilità del loro operato e di insindacabilità dei giudizi resi, salvo che il sindacato non promani in sede giurisdizionale. I candidati, quindi, devono sperare nel Foro presso cui vi sia tutela della meritocrazia ed un certo orientamento giurisprudenziale a favore dei diritti inviolabili del candidato, che nella massa è ridimensionato ad un semplice numero, sia di elaborato, sia di giudizio. Giudizi rapidi e sommari, che spesso non valorizzano le capacità tecniche e umane che da un’attenta lettura dell’elaborato possono trasparire.
Fatto assodato ed incontestabile il voto numerico, quale giudizio e motivazione sottesa. Esso deve, però, riferire ad elementi di fatto corrispondenti che supportino quel voto.
Elementi di fatto che qui mancano o sono insussistenti.
Ai fini della ricorrezione degli elaborati, il provvedimento di mancato superamento delle prove scritte privo di motivazione e di segni grafici sugli elaborati, va sospeso. E’ questo il principio con cui il TAR Genova con ordinanza n. 380/2010 ha accolto l’istanza di sospensiva connessa al ricorso principale finalizzato all’annullamento del provvedimento di non ammissione alle prove orali per l’abilitazione forense privo di alcuna motivazione. In particolare, per il Tar Ligure va ordinata la ricorrezione degli elaborati “Rilevato che la mancanza di correzioni o glosse e, soprattutto, l’assoluta identità del voto - finanche nelle valutazioni espresse su ogni singolo elaborato da ciascun commissario - conseguito in tre distinte e differenti prove, costituiscono spie dell’eccesso di potere, sotto il profilo della carenza di istruttoria”.
Conforme è T.A.R. Puglia, Bari, Sezione II, Sentenza 28 ottobre 2008, n. 2401: Rileva il Collegio che, dall'esame dell'art. 23 comma 3 R.D. 37/1934 e successive modificazioni, emerge con chiarezza che la Commissione esaminatrice è tenuta nella valutazione degli elementi a svolgere un doppio procedimento: a) di lettura e correzione; b) di giudizio, entrambi a tradursi nei relativi verbali. Deve evidenziarsi che le fasi anzidette, imposte per legge, sono autonome, distinte e non sovrapponibili, investendo la prima un'operazione di stretta rilevazione di errori, difetti, inesattezze, quale risultante della correzione (v. dizionario della lingua italiana); riguardando, invece, la seconda fase, un'operazione di vera e propria attribuzione del punteggio, quale risultante del giudizio. Più in particolare, mentre l'operazione di correzione rappresenta uno strumento tipico ed essenziale di emersione dei profili di criticità/carenza/positività delle tesi esposte, l'operazione di giudizio costituisce più propriamente l'attribuzione del punteggio. Osserva il Collegio che, dall'esame degli atti depositati in giudizio, si evince, invece, che il verbale di correzione riporta semplicemente i punteggi attribuiti al candidato nelle tre prove scritte, punteggi che compaiono, poi, in ripetizione nel verbale di giudizio, sicchè l'operazione di correzione risulta pretermessa e/o comunque assorbita in quella di giudizio. Operando in tal modo la Commissione esaminatrice ha posto in essere un'attività difforme dal paradigma legale, omettendo di svolgere l'operazione preliminare di correzione degli elaborati che, costituisce la fase più importante dell'attività valutativa a motivo della trasparenza ad essa connaturata essendo volta a rendere intelligibile la misura della professionalità espressa. Occorre, per ragioni di estrema chiarezza, quindi rilevare che, nella specie, si fa questione di profili di violazione di legge (art. 23 comma 3 R.D. 37/1934 e successive modificazioni) che investono, come s'è detto, la fase della correzione degli elaborati, e non, invece, la fase del giudizio che, ancorché sintetico (per attribuzione di punteggio numerico), si attesta come eloquente e, quindi, idoneo ad esprimere la professionalità di ogni singolo candidato (in tal senso questa Sezione è allineata alla giurisprudenza costante e ferma del Consiglio di Stato). Rileva, altresì, il collegio che ricorre nella specie il dedotto vizio di eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità. Ed invero, occorre premettere che la Commissione per l'esame di avvocato ha approvato all'unanimità i criteri direttivi per la correzione degli elaborati scritti ai sensi della legge 180/2003. La stessa Commissione, tra l'altro, "… invita ad indicare sull'elaborato il punto o il punto che eventualmente si ritengano non conformi alla direttive sopraindicate" …"sollecita le sottocommissioni ad attenersi ai predetti criteri"; prevedendo espressamente che ciascuna Sottocommissione trasmetta alla Commissione centrale "… “copia del verbale della riunione nella quale saranno esaminati e recepiti i criteri valutativi sopra riportati ed assunti come riferimento per l'assegnazione del punteggio”. Gli atti di cui sopra, espressione dei poteri autorganizzativi della Commissione e della sua autonomia nell'espletamento del compito demandatole, integrano evidente autolimitazione e vincolano la Commissione medesima, nonché le sottocommissioni, che ne costituiscono articolazioni interne, all'osservanza dei criteri medesimi. Rileva pertanto il Collegio che ricorre nelle specie non già vizio di motivazione, bensì eccesso di potere per contraddittorietà rispetto a precedenti atti e provvedimenti della stessa Commissione, di carattere vincolante, atteso che gli elaborati scritti in atti evidenziano la pressoché totale assenza di segni e indicazioni grafiche.
L'esecuzione della sentenza comporterà l'obbligo della Commissione di procedere senza indugio alla correzione degli elaborati , con conseguente formulazione di un nuovo giudizio in coerenza con il dettato di legge in uno con i criteri fissati dalla Commissione medesima, con l'effetto che, in sede di rinnovazione delle operazioni di correzione (e quindi di giudizio), la Commissione debba riesaminare gli elaborati secondo una tecnica di rilevazione degli errori e delle inesattezze giuridiche di cui resti traccia evidente nel verbale di correzione.
Il precedente del TAR Puglia Lecce sez. I 23 aprile 2009, n. 746 - (3519) definitivamente pronunciando sul ricorso, attinente i motivi de quo, lo accoglie, come da motivazione e, per l'effetto, dispone l’annullamento degli atti impugnati.
“Ormai da lungo tempo (ed in particolare, da T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 14 giugno 1996, n. 510), la giurisprudenza della Sezione segue un percorso argomentativo che ritiene la valutazione degli elaborati d’esame o di concorso in forma meramente numerica assolutamente insufficiente ad integrare l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241, nelle ipotesi in cui i criteri generali di valutazione degli elaborati siano stati predeterminati in maniera tale da attribuire alla Commissione un rilevante spazio di apprezzamento (spazio di apprezzamento che manca, ovviamente, nelle ipotesi di criteri di valutazione formulati con riferimento a questionari a risposta predeterminata o ad altri sistemi “vincolati” di valutazione) che deve poter essere “controllato” dai partecipanti alla procedura selettiva ed in definitiva, dall’intera collettività.
Dopo l’intervento di una importante decisione della Corte costituzionale (Corte cost. ord. 14 novembre 2005 n. 419), l’orientamento è stato riaffermato da sentenze più recenti della Sezione (T.A.R. Puglia Lecce sez. I 20 novembre 2008 n. 3375; 21 dicembre 2006 n. 6055 e 6056), sulla base di una struttura argomentativa estremamente aggiornata che può essere richiamata anche in questa sede, in funzione motivazionale della presente decisione: all’udienza del 21 gennaio 2004 il T.A.R. sospendeva il giudizio e rimetteva gli atti alla Corte costituzionale, così motivando:
1. – L’illegittimità dell’impugnato giudizio negativo viene denunciata nel ricorso sotto molteplici profili; ritiene il Collegio che tra questi debba essere prioritariamente definito quello concernente il difetto di motivazione. Ciò in quanto il fine perseguito dalla ricorrente è, insieme alla caducazione degli atti impugnati, la rinnovazione del giudizio sulle sue prove scritte; rispetto a tale obiettivo, la decisione sulla censura relativa al profilo motivazionale risulta centrale, non solo ai fini dell’invocato annullamento del giudizio negativo già formulato (stante il carattere tipicamente assorbente, rispetto alle altre censure, del vizio di carenza di motivazione), ma anche e soprattutto ai fini conformativi dell’attività che la Pubblica Amministrazione sarebbe chiamata a svolgere nell’eventualità di un accoglimento del gravame, essendo evidente che, in tale ipotesi, la Commissione dovrebbe, in diversa composizione, procedere ad un nuovo esame delle prove scritte della ricorrente, fornendo congrua motivazione del nuovo giudizio, esplicitata da significative formule verbali; e ciò a prescindere da eventuali lacune degli elaborati, poiché l’enunciazione, ancorché sintetica, delle ragioni di un giudizio non positivo corrisponde al generalissimo precetto di clare loqui, (costituente di per sé un preminente valore fornito di garanzia costituzionale ex artt. 97 e 2 della Carta Fondamentale), consentendo al candidato un adeguato riscontro tra il contenuto della prova svolta e la sua negativa valutazione: il che può alternativamente condurre ad una consapevole reazione in sede giurisdizionale ovvero all’accettazione dell’esito negativo, visto anche in funzione di aiuto e di indirizzo per le scelte future.
2. – Sostiene, in proposito, il ricorrente che il detto giudizio negativo, espresso esclusivamente in forma numerica, attraverso voti, contrasta con il principio generale enunciato dall’art. 3, comma 1, della Legge 7 agosto 1990, n. 241, a tenore del quale: “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria. La questione dell’integrale applicabilità della norma citata agli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense è stata oggetto di ripetuto esame da parte del Consiglio di Stato il quale ha elaborato in proposito un orientamento secondo cui, anche dopo l’entrata in vigore della l. n. 241 del 1990, l’onere di motivazione dei giudizi concernenti prove scritte ed orali di un concorso pubblico o di un esame di abilitazione è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio alfanumerico, configurandosi quest’ultimo come formula sintetica, ma eloquente, che esterna adeguatamente la valutazione tecnica della commissione e contiene in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti. Si è inoltre precisato che l’art. 3, comma 1, della l. n. 241 del 1990 si riferisce all’attività amministrativa provvedimentale e non all’attività di giudizio conseguente a valutazione, quale è, appunto, quella relativa all’attribuzione di un punteggio alla preparazione culturale o tecnica del candidato. Detti principi possono dirsi assolutamente pacifici nella giurisprudenza del Giudice di Appello, essendo stati ribaditi, da ultimo, tra le tante, dalle seguenti decisioni: C.d.S., IV Sez., 1 febbraio 2001, n. 367; id. 12 marzo 2001, n. 1366; id. 29 ottobre 2001, n. 5635; id. 27 maggio 2002, n. 2926; id. 1 marzo 2003, n. 1162; id. 8 luglio 2003, n. 4084; id. 17 dicembre 2003, n. 8320; id. 4 maggio 2004, n. 2748; id. 4 maggio 2004, n. 2745; id. 7 maggio 2004, n. 2881; id. 7 maggio 2004, n. 2863; id. 7 maggio 2004, n. 2846; id. 19 luglio 2004, n. 5175. A scalfire tale consolidato orientamento non vale la diversa tesi sostenuta dalla Sesta Sezione del Consiglio di Stato, secondo cui le commissioni esaminatrici, in mancanza di criteri generali di valutazione sufficientemente puntuali ed analitici, sono tenute a rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, se non attraverso diffuse esternazioni relative al contenuto delle prove, quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica (cfr. Sez. IV, 30 aprile 2003, n. 2331; id. 13 febbraio 2004, n. 558; id. 22 giugno 2004, n. 4409; si veda anche, Cons. Stato, Sez. V, 28 giugno 2004, n. 4782). Ed invero, a parte il rilievo che nessuna delle pronunce da ultimo citate riguarda l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, osserva il Collegio che trattasi di precedenti isolati e comunque non univoci, essendo stati smentiti da coeve decisioni della medesima Sezione Sesta (cfr., Sez. VI, 17 febbraio 2004, n. 659); onde, allo stato, non è possibile sostenere un “revirement” in materia del Consiglio di Stato, come dimostrato anche dalla circostanza che la questione circa la sufficienza del punteggio numerico per gli elaborati relativi alle prove scritte dell’esame di avvocato non è stata deferita all’Adunanza Plenaria ex art. 45, comma 2, R.D. 26 giugno 1924, n. 1054; di talché deve escludersi che sul punto che qui interessa siano sorti apprezzabili contrasti giurisprudenziali, tali da incrinare il pacifico orientamento di cui si è detto. Si deve, dunque, riconoscere che, in seno alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, si è affermato il principio per cui l’art. 3, comma 1, della l. n. 241 del 1990 (alla luce del quale vanno interpretate le disposizioni sull’esame di avvocato contenute nel R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 e, in particolare, quelle di cui agli artt. 17 bis e 23 che utilizzano il termine “punteggio”) esclude dall’obbligo di puntuale motivazione i giudizi espressi in sede di valutazione delle prove dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense; e che tale principio giurisprudenziale si è così stabilmente consolidato da acquisire i connotati del “diritto vivente”, nel senso che le norme suddette vigono nel nostro ordinamento nella versione e con il contenuto precettivo ad esse assegnato dalla su riferita giurisprudenza del Consiglio di Stato, al punto che non ne è ipotizzabile una modifica senza l’intervento del Legislatore o della Corte Costituzionale. A tale proposito, osserva il Collegio che in data 3 luglio 2001 è stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge (contraddistinta dal n. 1160, ed oggi assorbita dall’approvazione del più organico disegno di modifica ed integrazione della L. n. 241 del 1990 di cui al progetto di legge n. 3890 – B) che intendeva modificare il testo del comma 1 dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 (secondo l’interpretazione offertane dal Consiglio di Stato) in modo da estendere anche alle commissioni di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense “l’obbligo di motivare per iscritto le valutazioni degli elaborati”; ciò che, evidentemente, conferma la natura di “diritto vivente” acquisita dal su riferito orientamento del Giudice di Appello.
3. - L’interpretazione del citato art. 3 seguita dal Consiglio di Stato appare sospettabile di illegittimità costituzionale, per cui non resta al Collegio che prospettare ex officio tali dubbi alla Corte Costituzionale, conformemente a quel consolidato indirizzo della giurisprudenza del Giudice delle Leggi, secondo cui, in presenza di un diritto vivente non condiviso dal Giudice a quo perché ritenuto costituzionalmente illegittimo, questi ha la facoltà di optare tra l’adozione, sempre consentita, di una diversa interpretazione, oppure –adeguandosi al diritto vivente- la proposizione della questione davanti alla Corte Costituzionale (cfr., ex plurimis, Corte Cost., sentt. n. 350/1997; 307/1996; 345/1995). Nel caso in esame il Collegio dubita della conformità a determinate norme costituzionali dell’indirizzo interpretativo dell’art. 3 della legge n. 241/1990 uniformemente seguito dal Consiglio di Stato in rapporto alla formulazione ed alla motivazione dei giudizi relativi ad esami di abilitazione professionale (con specifico riguardo agli esami per accedere alla professione di avvocato). In particolare tali dubbi si prospettano:
3.1 – in relazione all’art. 3 della Costituzione perché non appare ragionevole, nel contesto della legge generale sul procedimento amministrativo, una disposizione normativa che, mentre consacra il generale principio dell’obbligo di motivazione, tra l’altro facendo specifico riferimento a “lo svolgimento dei pubblici concorsi”, ne esclude, al contempo, l’applicazione a categorie di atti (nella specie i giudizi nell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense) rispetto ai quali l’esigenza dei destinatari di conoscere, attraverso un’idonea motivazione, le concrete ragioni poste a fondamento della loro adozione non è diversa, né minore di quella dei soggetti interessati agli altri atti e provvedimenti amministrativi; se del caso egualmente esprimenti valutazioni di natura tecnica, sicuramente vincolati all’osservanza della norma, atteso che il diritto alla trasparenza dell’agire amministrativo e la garanzia di effettività del sindacato giurisdizionale non variano certo in funzione della tipologia di atto adottato dalla pubblica amministrazione;
3.2 – in relazione agli art. 24 e 113 della Costituzione; ed invero le valutazioni affidate dalla legge alle commissioni esaminatrici in subiecta materia, si risolvono in una attività che, pur comportando scelte discrezionali su base tecnica, si atteggia non diversamente da qualunque attività valutativa che debba fondarsi su parametri prestabiliti (nel caso di specie di natura giuridica) ed è suscettibile, quindi, di essere sindacata, in sede di legittimità, da parte del Giudice Amministrativo, sia per vizi logici sia per errore di fatto, sia per travisamento dei presupposti, sia per difetto di istruttoria sia, infine, per cattiva applicazione delle regole tecniche di riferimento.
Orbene il controllo della ragionevolezza, della coerenza e della logicità delle valutazioni della commissione d’esame risulta precluso (o quanto meno reso sommamente difficoltoso) di fronte al mero dato numerico del voto ed in assenza, quindi, di una sia pur sintetica esternazione delle ragioni che hanno indotto la Commissione alla formulazione di un giudizio di segno negativo, tenuto anche conto dell’estrema genericità che, di prassi, connota i criteri di valutazione che vengono stabiliti dalle commissioni esaminatrici; ne consegue che la tutela così consentita dall’ordinamento all’aspirante avvocato si riduce al solo riscontro di profili estrinseci e formali, quali quelli inerenti al rispetto delle garanzie connesse alla collegialità dell’organo giudicante ed alla sua composizione, con una cospicua riduzione del tasso di effettività della tutela giurisdizionale in sede di giudizio di legittimità davanti al Giudice Amministrativo;
3.3 – in relazione all’art. 97 della Costituzione poiché la sottrazione di una categoria di atti all’obbligo di motivazione appare confliggente sia con il principio di imparzialità (evidentemente meno garantito da un giudizio espresso in forma soltanto numerica), sia con il principio di buon andamento dell’amministrazione, che in un ordinamento modernamente democratico postula anche la piena trasparenza dell’azione amministrativa; né le esigenze di snellezza e di speditezza del procedimento di correzione degli elaborati, pur riconducibili al principio di buon andamento ex art. 97 della Costituzione, possono essere ritenute prevalenti rispetto all’inderogabile necessità di assicurare il più corretto rapporto tra il cittadino e l’amministrazione pubblica, essendo esse diversamente tutelabili attraverso un’applicazione del principio dell’obbligo di motivazione ragionevole e proporzionata alla tipologia delle prove di esame per l’accesso alla professione forense: ed invero, la mera sottolineatura dei brani censurati o l’indicazione succinta delle parti della prova contenenti lacune, inesattezze o errori non paiono rappresentare, anche nell’esame d’avvocato, solitamente caratterizzato da un elevatissimo numero di candidati, un comportamento inesigibile da parte dei componenti delle (sotto) commissioni giudicatrici.
4. – In subordine, ove si ritenga conforme al dato normativo l’interpretazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990, quale risulta dal “diritto vivente” formatosi attraverso le decisioni del Consiglio di Stato rese sulla questione che riguarda il presente giudizio, il Collegio prospetta l’illegittimità del medesimo art. 3, in rapporto ai parametri costituzionali più sopra richiamati e per le ragioni già illustrate.
5. – Le questioni che precedono appaiono al Collegio non manifestamente infondate e sicuramente rilevanti nel presente giudizio, perché dalla loro risoluzione dipende l’accoglimento o meno del ricorso sotto il denunziato profilo del difetto di motivazione (ord. n. 1051/04.
4.- La Corte, tuttavia, con ordinanza n. 419/05, dichiarava la manifesta inammissibilità della questione di legittimità dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sollevata in relazione agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, con la seguente motivazione: “Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, alla luce dell’interpretazione di detta disposizione fornita dalla giurisprudenza amministrativa in pronunce, che il rimettente reputa “diritto vivente”, che hanno escluso l’obbligo di esplicita motivazione per i giudizi espressi in sede di valutazione degli esami di abilitazione professionale;
che il Tribunale amministrativo regionale chiede sostanzialmente una pronuncia sulla conformità a Costituzione di tale indirizzo interpretativo, con riguardo ai principi costituzionali di cui alle disposizioni sopra indicate;
che i giudizi, aventi ad oggetto identica norma, vanno riuniti e decisi con unica pronuncia;
che identica questione è già stata ritenuta manifestamente inammissibile da questa Corte, con l’ordinanza n. 466 del 2000, “perché essa non è in realtà diretta a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale, ma si traduce piuttosto in un improprio tentativo di ottenere l’avallo di questa Corte a favore di una determinata interpretazione della norma, attività, questa, rimessa al giudice di merito”;
che, successivamente, questa Corte, con ordinanza n. 233 del 2001, ha nuovamente dichiarato manifestamente inammissibile la stessa questione, in considerazione del fatto che il rimettente avrebbe voluto “estendere l’obbligo di motivazione ai giudizi espressi in sede di valutazione delle prove d’esame per l’iscrizione all’albo degli avvocati”, ma non avrebbe tratto “le conseguenze applicative dell’interpretazione che egli considera conforme ai parametri costituzionali, deducendo l’esistenza della giurisprudenza del Consiglio di Stato, che segue l’interpretazione da lui non condivisa”, osservando come “nulla impedisce al rimettente di adottare l’interpretazione da lui ritenuta corretta alla luce dei parametri costituzionali”;
che non sussistono ragioni per discostarsi dal richiamato orientamento, tenuto conto che nel frattempo la giurisprudenza amministrativa ha mostrato di fornire un panorama ulteriormente articolato di possibili soluzioni interpretative, spaziando dalla tesi che esclude l’applicabilità del censurato art. 3 alle operazioni di mero giudizio conseguenti a valutazioni tecniche, in quanto attività in tesi non provvedimentali, a quella che invece ritiene applicabile l’obbligo di motivazione previsto dalla disposizione censurata anche ai giudizi valutativi;
che all’interno di tale ultimo indirizzo possono poi individuarsi tre diverse posizioni, a seconda che si ritenga l’attribuzione di un punteggio numerico una valida ed idonea espressione motivatoria del giudizio valutativo, ovvero che si escluda tale idoneità, o ancora che si rifiuti una prospettiva aprioristica, per risolvere la questione in relazione alle peculiarità della singola fattispecie, e segnatamente alla relazione intercorrente fra l’estensione dei criteri valutativi prestabiliti dalla commissione esaminatrice ed il carattere più o meno analitico del giudizio sulle prove di esame.
A sostegno della tesi dell’obbligatorietà della motivazione del giudizio numerico si prospetta un esplicativo resoconto da parte della sentenza del 14/10/2010 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) N. 04204/2010 REG.SEN. ,N. 02177/2010 REG.RIC.
“Visti l’art. 23, comma 7, l’art. 24, comma 1, e l’art. 17 bis, comma 2, del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, come novellati dal D.L. 21 maggio 2003 n. 112, nel testo integrato dalla legge di conversione 18 luglio 2003, n. 180, in base ai quali, nel valutare le prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato, la Commissione giudicatrice assegna dei voti numerici ai singoli elaborati;
Visto l’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, in base al quale “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti ... lo svolgimento dei pubblici concorsi ... deve essere motivato ... La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.
Viste le ordinanze 14 novembre 2005, n. 419 e 27 gennaio 2006 n. 28, con le quali la Corte costituzionale, nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale rispettivamente dell’art. 3 della L. n. 241/1990 e degli artt. 23, comma 5, 24, comma 1 e 17 bis, comma 2, del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37 e successive modificazioni (in quanto volte ad ottenere l’avallo della Corte ad una certa interpretazione delle disposizioni impugnate, piuttosto che a sottoporre alla stessa un dubbio di legittimità costituzionale), ha tuttavia esplicitamente escluso che “la tesi dell’inesistenza di un obbligo di motivazione per gli esami di abilitazione e in generale per i concorsi costituisca <<diritto vivente>>, suggerendo di fatto ai giudici remittenti di optare per una soluzione ermeneutica conforme ai principi costituzionali di cui artt. 3, 24, 97, 98 e 113 Cost., dei quali era stata denunciata la lesione.
Visto l’art. 11, comma 5, del Decreto Leg.vo 24 aprile 2006 n. 166 che, nel disciplinare le modalità di correzione delle prove scritte del concorso notarile, prescrive testualmente: “Il giudizio di non idoneità è motivato. Nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione”.
Visto altresì l’art. 12, comma 5, dello stesso Decreto Leg.vo che, nel disciplinare le modalità di svolgimento delle prove orali del concorso notarile, così dispone: “La mancata approvazione è motivata. Nel caso di valutazione positiva il punteggio vale motivazione”.
Rilevato che le due norme da ultimo riportate, ancorché riferite al concorso di notaio, debbono essere considerate come espressione del principio di trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione, sancito, a livello normativo, dall’art. 3 della Legge n. 241/1990 e, ancora prima, dall’art. 97, comma 1, Costituzione, la cui valenza dev’essere estesa a qualsiasi procedimento concorsuale.
Ritenuto, alla luce di tale recentissimo intervento del Legislatore e delle puntualizzazioni della Corte Costituzionale prima richiamate, di poter superare l’orientamento della giurisprudenza prevalente (Cfr. ex multis, Cons. Stato, IV, 1 febbraio 2001 n. 367; Cons. Stato, VI, 29 marzo 2002 n. 1786; Cons. Stato, VI, 10 gennaio 2003 n. 67; Cons. Stato, V, 21 novembre 2003 n. 7564; Cons. Stato, IV, 5 agosto 2005 n. 4165; Cons. Stato, V, 15 dicembre 2005 n. 7136) la quale, mossa dalla preoccupazione di garantire la speditezza e l’economicità dell’azione amministrativa, ha sempre affermato che, anche dopo l’entrata in vigore della L. n. 241/1990, nelle procedure concorsuali l’attribuzione del punteggio numerico soddisfa l’obbligo della motivazione.
Rilevato che la giurisprudenza citata, alla quale questa Sezione nel passato ha aderito (Cfr. Tar Catania, Sezione IV, 15 settembre 2005 n.1379), ha tuttavia omesso di considerare che la valutazione di una prova ha natura composita, in quanto essa:
- costituisce l’espressione di un giudizio tecnico – discrezionale, che si esaurisce nell’ambito del procedimento concorsuale, allorché tale giudizio è positivo, di modo che essa può essere resa con un semplice voto numerico;
- rappresenta al tempo stesso, oltre che un giudizio, un provvedimento amministrativo che conclude il procedimento concorsuale, tutte le volte in cui alle prove di un candidato venga attribuito un punteggio insufficiente, donde la necessità, in tale ipotesi, che all’assegnazione del voto faccia seguito l’espressione di un giudizio di non idoneità, con il quale vengano esplicitate le ragioni della valutazione negativa, conformemente al disposto di cui all’art. 3 della L. n. 241/1990, ove questo venga interpretato – conformemente all’orientamento prevalente - nel senso che la motivazione è necessaria solo per gli atti aventi contenuto provvedimentale.
Rilevato che la soluzione prospettata è coerente con le ripetute affermazioni giurisprudenziali secondo cui (Cfr. Tar Toscana, Sezione II, 4 novembre 2005 n. 5557), “in tema di prove scritte concorsuali, al candidato deve essere assicurato il diritto di conoscere gli errori, le inesattezze o le lacune in cui ritiene che la commissione sia incorsa, sì da potere valutare la possibilità di un ricorso giurisdizionale e che, conseguentemente, il rispetto dei principi anzidetti impone che alla valutazione sintetica di semplice <<non inidoneità>> si accompagnino quanto meno ulteriori elementi sulla scorta dei quali sia consentito ricostruire ab externo la motivazione del giudizio valutativo; tra questi, in specie, in uno alla formulazione dettagliata e puntuale dei criteri di valutazione fissati preliminarmente dalla commissione, elementi e dati che consentano di individuare gli aspetti della prova non valutati positivamente dalla commissione (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2004 n. 974)”.
Rilevato altresì che, nei casi di valutazione negativa, ove sussista l’obbligo della motivazione, la competente Commissione è costretta ad un più attento esame degli elaborati, al fine di giustificare in maniera adeguata e puntuale il proprio operato, suscettibile di essere sottoposto al vaglio dell’Autorità giurisdizionale, il che sicuramente rafforza l’osservanza del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Costituzione.”
Detto ciò, pertanto, va confermato il richiamato orientamento di questa Corte, tanto più in presenza delle riportate evoluzioni del panorama giurisprudenziale, che consentono al giudice di adottare una delle (plurime) interpretazioni che ritenga conforme agli invocati parametri costituzionali.
Altresì qui si contesta la mancanza del voto di ciascun commissario, ovvero il voto riferito a ciascun criterio individuato per la valutazione delle prove.
Dal combinato disposto degli articoli 17 bis e 30, r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, si desume che l'obbligo di verbalizzazione di tutte le operazioni concorsuali deve essere ritenuto comprensivo anche dell'attribuzione del voto (e, quindi, dei voti attribuiti a ciascun commissario), a differenza della previsione dell'articolo 24, r.d. n. 37 cit., che si riferisce al solo "voto - risultato". Nessun argomento in contrario può, infatti, essere tratto dalla natura collegiale dell'organo deputato alle valutazioni non essendo possibile, nel sistema di cui alla L. 7 agosto 1990 n. 241, postulare zone di segreto amministrativo, peraltro non espressamente riferibili alle ipotesi previste dal menzionato articolo 24 (Tar Puglia, sez. I Lecce, 27 marzo 1996, n. 120; Parti in causa Messuti c. Min. giust.; Riviste Foro Amm., 1996, 3464, n. Colzi; Rif. Legislativi RD 22 gennaio 1934 n. 37, art. 17, RD 22 gennaio 1934 n. 37, art. 24; RD 22 gennaio 1934 n. 37, art. 30; L 7 agosto 1990 n. 241).
Poiché funzione del verbale è documentare le operazioni fondamentali del procedimento, esso deve raccogliere - trattandosi di una componente essenziale, ai fini della formazione del giudizio complessivo – anche la dichiarazione di voto del singolo commissario; al riguardo, non osta alcuna particolare esigenza di riservatezza rinvenendosi, anzi, nell'ordinamento, l'opposta esigenza di pubblicità e trasparenza (Tar. Molise, 26 novembre 1998, n. 386; Parti in causa: Mozzetti c. Commissione esami avv. anno 1997 A. Campobasso e altro; Riviste: Foro Amm., 1999, 1325).
Il giudizio finale di una prova concorsuale (nella specie, esame di avvocato), non perde la sua riferibilità all'organo collegiale se le espressioni di voto dei singoli membri sono rese pubbliche; appartengono, infatti, al novero degli atti collegiali tanto i provvedimenti per i quali il diritto positivo prevede la segretezza delle singole espressioni di voto, quanto le deliberazioni per cui vige la regola opposta della pubblica esternazione del voto dei singoli componenti (Tar Molise, 26 novembre 1998, n. 386; Parti in causa Mozzetti c. Commissione esami avv. anno 1997 A. Campobasso e altro; Riviste Foro Amm., 1999, 1325).
Con una recente pronuncia del 2008 il Tar della regione Lombardia, ponendosi nel solco del Tar Sicilia - Catania, Sez IV, 14 settembre 2006, n 1446 e discostandosi dalla prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cds , sez IV, 7 aprile 2008, n 1455 e Cds, Sez IV, 10 aprile 2008 n 1553) ha affermato, con riferimento al voto numerico assegnato per la prova scritta dell'esame di abilitazione forense, l'insufficienza dello stesso ad assolvere all'obbligo di motivazione di cui all'art. 3 della L. n. 241 del 1990 ritenuta norma applicabile attesa la natura provvedimentale della valutazione degli elaborati comportanti l'esito negativo dell'esame. A parere del Tar, posto l'obbligo di stabilire una griglia di criteri per la valutazione delle prove d'esame nella prima riunione utile della Commissione ai sensi dell'art. 1 del d.p.r. n 487 del 1994, sarebbe necessario che le valutazioni non si estrinsecassero in un voto sintetico ma in una pluralità di voti con riferimento a ciascun criterio individuato. Ciò nel solco dei principi generali esposti dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento al voto numerico, ritenuto motivazione sufficiente della valutazione di prove concorsuali soltanto in presenza di una precisa griglia di criteri cui riferire il voto assegnato. In presenza di una molteplicità di criteri, il voto sintetico non dovrà essere altro che una media ponderata dei voti assegnati con riferimento a ciascun parametro essendo altrimenti preclusa ogni valutazione sulla rispondenza del voto ai criteri prestabiliti.
T.A.R. Milano Lombardia sez. IV del 29 maggio 2008 n. 1893
Il giudizio di non idoneità del candidato partecipante all'esame per
l'abilitazione alla professione di avvocato deve esprimersi attraverso una
griglia di punteggi dove i singoli parametri, predeterminati dalla commissione
esaminatrice come criteri di valutazione in sede di prima riunione ai sensi
dell'art. 12 d.P.R. n. 487 del 1994, abbiano avuto il loro peso specifico nella
correzione dell'elaborato. Tale ulteriore onere motivazionale non costituirà un
gravoso aggravio dei lavori delle commissione con il rischio di un abnorme
allungamento dei tempi di correzione, poiché sarà sufficiente esprimere una
pluralità di voti che altro non sono che la scomposizione del voto complessivo
finora sinteticamente espresso e la cui media stabilirà il voto finale
attribuito dalla commissione stessa. Solo osservando tale accorgimento il
candidato avrà modo di conoscere su quale particolare profilo valutativo
l'elaborato è stato ritenuto non sufficiente.
Altresì qui si contesta l’assenza ingiustificata del presidente della Commissione d’esame centrale e contestualmente l’assenza del presidente della Iª sottocommissione di Palermo.
La Iª sottocommissione di Palermo non era presieduta dal legittimo Presidente con nomina ministeriale: non vi era presente l’avv. Antonio De Giorgi, Presidente di commissione centrale, né vi era l’avv. Giuseppe Cavasino, Presidente titolare della Iª sottocommissione di Palermo. Tale sottocommissione nella seduta del 19 aprile 2011, sessione in cui si sono corrette le prove del ricorrente, è stata presieduta dl supplente vice presidente avv. Mario Grillo.
L'assenza ingiustificata del Presidente della commissione di esame centrale inficia i lavori della sottocommissione da lui non presieduti (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 22 maggio 1997, n. 312; Parti in causa Tartaro c. Min. giust.; Riviste Foro Amm., 1998, 55).
In base al comma 6 art. 22, r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 (aggiunto dall'art. 2 l. 20 aprile 1989 n. 142) le sottocommissioni per gli esami di procuratore legale sono costituite - e possono disporre con efficacia provvedimentale - soltanto con la presenza del presidente della commissione centrale, il quale riveste la qualifica di presidente effettivo di tutte le sottocommissioni; l'unicità del presidente è funzionalmente preordinata non già ad una mera titolarità formale dei lavori delle diverse sottocommissioni, ma ad imprimere a tutte ed a ciascuna di esse la medesima regolazione procedurale che disciplina i lavori della commissione originaria (T.A.R. Calabria, Catanzaro, 22 maggio 1997, n. 312; Parti in causa Tartaro c. Min. giust.; Riviste Foro Amm., 1998, 559; Rif. legislativi RDL 27 novembre 1933 n. 1578, art. 22; L 20 aprile 1989 n. 142, art. 2).
Possono essere esaminate congiuntamente le questioni attinenti alle effettive modalità di funzionamento delle sottocommissioni, con particolare riguardo alla sostituzione dei componenti effettivi con quelli supplenti, alla qualificazione dei membri delle sottocommissioni e all’unicità della funzione del presidente della commissione stessa.
Occorre al riguardo osservare che ai sensi del terzo comma dell’art. 22 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 le commissioni sono nominate dal Ministro di grazia e giustizia e sono composte da cinque membri, di cui due titolati e due supplenti sono avvocati (iscritti da almeno otto anni ad un ordine del distretto di corte d’appello sede dell’esame); due titolari e due supplenti sono magistrati dello stesso distretto (con qualifica non inferiore a consigliere di corte d’appello) e un titolare ed un supplente sono professori ordinari o associati di materie giuridiche presso un’università della Repubblica ovvero presso un Istituto superiore.
Il successivo quinto comma stabilisce che i supplenti intervengono nella commissione in sostituzione di qualsiasi membro effettivo.
Il successivo comma 5, con lo stabilire che i supplenti intervengono nella commissione in sostituzione di qualsiasi membro, ha codificato il principio della fungibilità di ogni membro effettivo della commissione con qualsiasi membro supplente (Cons. giust. Amm. Sicilia, 11 ottobre 1999 n. 473) ma, appare chiaro che, peraltro, è in contrasto col precedente comma 3.
Inoltre il comma 6 enuncia che “Qualora il numero dei candidati che abbiano presentato la domanda di ammissione superi le duecentocinquanta unità, le commissioni esaminatrici possono essere integrate, con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi prima dell'espletamento delle prove scritte, da un numero di membri supplenti aventi i medesimi requisiti stabiliti per i membri effettivi tale da permettere, unico restando il presidente, la suddivisione in sottocommissioni, costituite ciascuna di un numero di componenti pari a quello delle commissioni originarie e di un segretario aggiunto. A ciascuno delle sottocommissioni non può essere assegnato un numero di candidati superiore a duecentocinquanta”.
L’unicità della figura del presidente della Commissione “si sostanza nella più rilevante funzione di coordinamento dei lavori delle varie sottocommissioni” (sentenza 6160 della IV sezione del CdS) al fine di “salvaguardare la par condicio degli esaminandi attraverso la permanenza di un soggetto particolarmente qualificato nel contesto di tutte le sottocommissioni” (sentenza 1855/2000 della IV sezione del CdS). Un filo lega le due sentenze nel senso che, comunque, il presidente, anche se non presente alle adunanze delle sottocommissioni, svolge un ruolo che punta a garantire la par condicio tra i candidati.
Considerato che, ai sensi dell'art. 22 comma 5, r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, da ultimo modificato con l'art. 1, l. 27 giugno 1988 n. 242, la commissione esaminatrice negli esami da avvocato non ha natura di collegio perfetto, e che, tuttavia, la partecipazione ai lavori della commissione costituisce preciso obbligo d'ufficio, ai sensi dell'art. 84, r.d. 31 agosto 1933 n. 1592, e dell'art. 1, l. 18 marzo 1958 n. 311, l'esaminando ha una mera chance di essere valutato da un collegio composto secondo i criteri ordinariamente contemplati dalla norma; la fungibilità dei membri dimissionari deve però avere carattere occasionale e contingente, e non strutturale: pertanto, la circostanza che nessuno dei professori universitari nominati membri della commissione, ovvero nessuno dei magistrati, ovvero nessuno degli avvocati, ha partecipato alla preventiva formulazione dei criteri di valutazione di massima e, solo in minima parte, alle operazioni di correzione degli elaborati, rende illegittimo il singolo provvedimento di non ammissione agli orali e gli atti presupposti, nei limiti in cui questi ultimi hanno compromesso detta chance di ciascun interessato, di talché l'annullamento non coinvolge posizioni antitetiche di terzi (Tar Veneto, sez. I, 17 ottobre 1998, n. 1695; Parti in causa Rosato e altro c. Comm. esami avv. App. Venezia e altro; Riviste Foro Amm., 1999, 1555; Rif. Legislativi RD 31 agosto 1933 n. 1592, art. 84; RDL 27 novembre 1933 n. 1578, art. 22; L 18 marzo 1958 n. 311, art. 1; L 27 giugno 1988 n. 242, art. 1).
La commissione d’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, che ha natura di collegio perfetto con funzione decisoria e, quindi, con un proprio quorum essenziale ai fini del funzionamento, è illegittimamente composta non solo nel caso in cui alle sedute non vi sia il plenum dei componenti, ma anche se, pur essendo presenti tutti e cinque i suoi membri, manchi in blocco, a tutte o quasi tutte le sedute, il rappresentante di una delle tre categorie individuate (avvocati, magistrati, docenti universitari, ndr) dall’articolo 22 del Rd 1578/1933. È pertanto illegittimo l’operato della commissione ove risulti che essa si sia riunita senza che fosse mai presente la componente rappresentata dai professori universitari (Tar Basilicata, sentenza 83/2000, in www.giust.it-rivista internet di diritto pubblico).
Sentenza 1855/2000 della IV sezione del Consiglio di Stato: il presidente della Commissione principale è presidente effettivo “di tutte le sottocommissioni in ossequio al principio della par condicio degli esaminandi”. Si riporta un passaggio centrale di questa sentenza:
Con ricorso notificato il 9 settembre 1997 la dott.ssa Daniela Daniele ha chiesto al Tar Calabria (sede di Catanzaro) l’annullamento del provvedimento di mancata ammissione alle prove orali dell’esame di procuratore legale per l’anno 1996, deducendo tra i motivi anche la violazione dell’articolo 22 (comma 6) del Rdl n. 1578/1933 nella parte in cui afferma la unicità del presidente sia rispetto alla commissione principale sia rispetto alle sottocommissioni. Il Tar Calabria (con la sentenza n. 178/1998) ha accolto il ricorso, che è stato impugnato dal Ministero della Giustizia (il quale ha denunciato la violazione e la falsa applicazione dello stesso articolo 22). Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (IV sezione) ha respinto il ricorso del Ministero della Giustizia.
Si legge nella sentenza del Consiglio di Stato:
<…L’appello è infondato. Il thema decidendum riguarda l’interpretazione dell’articolo 22 (comma 6), Rdl 27 novembre 1933 n. 1578, come modificato dalla legge 20 aprile 1989 n. 142, concernente gli esami di abilitazione all’esercizio della professione di procuratore legale, che così dispone: "Qualora il numero dei candidati che abbiano presentato la domanda di ammissione superi le duecentocinquanta unità, le commissioni esaminatrici possono essere integrate, con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi prima dell'espletamento delle prove scritte, da un numero di membri supplenti aventi i medesimi requisiti stabiliti per i membri effettivi tale da permettere, unico restando il presidente, la suddivisione in sottocommissioni, costituite ciascuna da un numero di componenti pari a quello delle commissioni originarie e di un segretario aggiunto. A ciascuna delle sottocommissioni non può essere assegnato un numero di candidati superiore a duecentocinquanta".
Il Tribunale amministrativo calabrese ha ritenuto che la disposizione non consenta, se non per giustificato motivo, di cui sia data congrua e puntuale motivazione nei verbali, la sostituzione del presidente della commissione esaminatrice dell'esame di stato per l'abilitazione alla professione di procuratore legale, fondando le proprie conclusioni su un duplice ordine di rilievi: a) la lettera della legge sopra trascritta, che specifica “unico restando il presidente", anche quando siano costituite sottocommissioni; b) l'esigenza di salvaguardare la par condicio degli esaminandi attraverso la permanenza di un soggetto particolarmente qualificato nel contesto di tutte le sottocommissioni.
Nel caso di specie è, per contro, avvenuto che il presidente ha delegato in modo ampio e permanente ai vicepresidenti delle varie sottocommissioni la partecipazione alle relative sedute, di fatto alterando l'unico elemento di sicura conformità dei giudizi, senza che fosse evidenziata una specifica esigenza di sostituzione.
L'appello dell'Amministrazione tende a una esegesi finalistica della norma in esame, sostenendo che la ratio sottostante la disposizione preordina l'articolazione in sottocommissioni per consentire una maggiore rapidità delle operazioni d'esame, che risulterebbero necessariamente appesantite se a presiedere i lavori fosse unico soggetto.
Osserva la Sezione che, pur rispondendo la norma suindicata a un'istanza di accelerazione delle operazioni d'esame, la stessa non può comunque essere interpretata al di fuori del chiaro significato letterale e logico delle espressioni in essa contenute. Ora è non dubbio che la norma si è preoccupata di mantenere l'unicità della figura del presidente, pur in presenza di sottocommissioni. La formulazione letterale della norma è sostanzialmente univoca e non lascia spazio a interpretazioni finalizzate a superarne il dato formale.
Infatti, se è pur vero che la finalità di accelerare le operazioni d'esame risponde a un'esigenza di speditezza e economicità dell'azione amministrativa, è altresì incontestabile che, in presenza di una attività di giudizio di particolare rilievo e, per definizione, soggetta al principio della par condicio, le modalità di svolgimento di dette operazioni vanno comunque articolate in relazione al precetto normativo così da impedire che la predetta finalità, per quanto genericamente preordinata all'interesse pubblico di celerità dell'attività amministrativa, finisca per fare premio sull’interesse pubblico primario e specifico così come presidiato dal precetto stesso. In sintesi, l'interpretazione finalistica proposta dall'Amministrazione non trova adeguato riscontro nella fonte normativa invocata”. In ossequio al principio della par condicio dei concorrenti, allorquando la commissione esaminatrice per gli esami di abilitazione alla professione di avvocato è articolata, in ragione del numero dei candidati, in sottocommissioni, solo al presidente della commissione medesima, spetta l’effettiva presidenza di tutte le sottocommissioni (Cons. Stato, sentenza n. 1855/2000; riviste: Guida al Diritto n. 17/2000).
Le sottocommissioni nelle quali si suddivide la originaria commissione giudicatrice designata per l'esame di abilitazione alla professione di avvocato devono necessariamente essere presiedute dall'unico presidente (nella specie, il collegio ha ritenuto illegittima la delega generalizzata conferita dal presidente ai vicepresidenti delle varie sottocommissioni) in ossequio al principio della par condicio degli esaminandi (Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 2000, n. 1855; Parti in causa Min. giust. c. Daniele; Riviste Foro It., 2000, III, 243).
Altresì qui si contesta la correzione degli elaborati in tempi insufficienti, tali da rendere un giudizio composito.
Una volta verificati, sulla base delle attestazioni contenute nei verbali dei lavori della commissione giudicatrice di un pubblico concorso, i tempi medi utilizzati per la correzione e valutazione dei singoli elaborati, qualora il tempo impiegato risulti talmente esiguo da far dubitare che sia stato materialmente impossibile l’adeguato assolvimento dei prescritti adempimenti e dell’espressione ponderata dei giudizi sulla valenza delle prove, l’operato dell’organo di esame va ritenuto illegittimo (Cons. Stato, sez. IV, decisione 7 marzo – 22 maggio 2000, n. 2915, in Guida dir., 1 luglio 2000 n. 24, con nota dì G. Manzi. E' superato così un precedente orientamento contrario, ancora affermato da Cons. Stato, sez. IV, 09.12.1997, n. 1348).
A sostegno di tale affermazione interviene il Consiglio di Stato, Sezione IV , sentenza del 22 maggio 2000 n. 2915 sulle modalità di correzione degli elaborati relativi al concorso per uditore giudiziario. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione IV), respinge l'appello proposto dal Ministero di Grazia e Giustizia avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. 1", n. 2112 del 4 novembre 1996, confermandola, salvi gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione.
La correzione delle prove scritte di un concorso pubblico si fonda su di un apprezzamento squisitamente tecnico-discrezionale. L'apprezzamento del contenuto dell'elaborato implica la sua attenta lettura da condursi sulla base di due parametri l'uno oggettivo, dato dalla traccia della prova da svolgere, l'altro soggettivo, dato dalle conoscenze tecniche e professionali che si presume debba possedere il candidato. Sulla base di tali presupposti ogni singolo commissario in ragione della sua peculiare professionalità deve valutare criticamente la prova esprimendo il giudizio. Evidentemente, quanto più approfondite sono le conoscenze tecnico-professionali che si presume debba possedere il candidato e quanto più specifiche e complesse sono le tracce predisposte per lo svolgimento delle prove scritte, tanto più attenta approfondita e rigorosa deve essere la lettura dell'elaborato alfine della correzione, trattandosi – com’è facilmente intuibile - non di una mera operazione meccanicistica di lettura di un testo ma di una operazione complessa di `comprensione' e di valutazione del testo elaborato dal candidato. La delicatezza di una simile operazione, raggiunge il suo culmine proprio quando si tratta della correzione delle prove scritte di particolari concorsi pubblici quali quelli per l'accesso alle magistrature, alla professione forense, al notariato, in cui si devono valutare elaborati di candidati che si presume già in possesso di approfondite conoscenze, tecniche e professionali, in rapporto a tracce di lavoro specifiche ed altamente selettive, implicanti soluzioni di problematiche giuridiche non necessariamente certe ed univoche. Sulla base di tali considerazioni, se effettivamente non può essere sindacato il merito della valutazione di idoneità o non idoneità espressa dalla commissione, altrettanto evidentemente l'esiguità del tempo medio impiegato per la correzione degli elaborati, in mancanza di altri elementi di valutazione, appare ragionevole sintomo di una lettura non particolarmente approfondita degli elaborati di esame (Cons. Stato, sez. IV, decisione 7 marzo – 22 maggio 2000, n. 2915, in Guida dir., 1 luglio 2000 n. 24, con nota dì G. Manzi. E' superato così un precedente orientamento contrario, ancora affermato da Cons. Stato, sez. IV, 09.12.1997, n. 1348).
Dagli atti in esame si desume infatti (v. l'allegato verbale delle relative operazioni concorsuali) che la sottocommissione ha atteso alla correzione di ciascun elaborato in poco più di 5 minuti. (15.30 – 19.25 = 235 minuti : 14 candidati : 3 compiti). Al computo temporale non sono contemplate le pause, in quanto non indicate. Ritiene il Collegio che tale tempistica, avuto riguardo alle singole operazioni propedeutiche ed assolutamente necessarie ai fini della valutazione degli elaborati (apertura delle buste, lettura collegiale ed interpretazione calligrafica delle tracce, correzioni, espressione del giudizio critico da parte di ciascun commissario etc.), sia da ritenere assolutamente incongrua ed incompatibile con la formulazione di un giudizio corretto particolarmente complesso, quale è quello cui deve attendere la Commissione d'esame nel valutare le capacità teorico-pratiche del candidato. In tal senso d'altronde è il recente orientamento del Consiglio di Stato (sez. IV sent. 7 marzo-22 maggio 2000, n. 2915) che in una fattispecie consimile ha ritenuto illegittimo l'operato dell'organo d'esame che ha proceduto alla correzione degli elaborati in un tempo medio di pochi minuti per ciascuno. Per vero, la dedotta inconciliabilità di ordine temporale relativa alle operazioni di correzione si traduce in un indice esterno di irragionevolezza, sindacabile ab extra e di per sé viziante il giudizio conclusivo espresso dalla Commissione sugli elaborati del ricorrente (Tar Catanzaro, sezione I, 14 luglio 2000).
La “verificazione” dei tempi di correzione degli elaborati. La terza sezione del Tar Lombardia, con la sentenza 617/2000, ha annullato il giudizio di non ammissione alle prove orali (dell’esame di avvocato 1998-1999) di una candidata milanese i cui tre elaborati erano stati corretti ciascuno in pochi minuti. Sulla commissione esaminatrice “discende l’obbligo di ripetere le operazioni di valutazione, rinnovando ora per allora il già espresso giudizio”. La decisione del tribunale è sorretta da una "verificazione" dei tempi di correzione ordinata dal presidente del Tar. Sono stati acquisiti, per la perizia, 60 compiti, che hanno richiesto, per la correzione, sei ore e 39 minuti, contro due ore e 25 minuti impiegati dalla commissione. Ponendo a raffronto i suddetti dati temporali emerge che la sola lettura di essi ha richiesto, invece, mediamente 6 minuti e 33 secondi per ciascun elaborato. La perizia è stata eseguita dal presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, Paolo Giuggioli, che si è avvalso della collaborazione di altri professionisti (Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2000).
Altresì qui si contesta, acclarandone la nullità, la nomina del presidente della Commissione centrale, Avv. Antonio De Giorgi.
Inopportuna è anche la nomina del Presidente della Commissione Centrale Avv. Antonio De Giorgi, contestualmente componente del Consiglio Nazionale Forense, in rappresentanza istituzionale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del distretto della Corte di Appello di Lecce. Tutto verificabile dai siti web di riferimento. Dubbi e critica sui modi inopportuni di nomina. Testo del Decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, recante modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense, è convertito in legge con le modificazioni coordinate con la legge di conversione 18 Luglio 2003, n. 180: “Art. 1-bis: ….5. Il Ministro della giustizia nomina per la commissione e per ogni sottocommissione il presidente e il vicepresidente tra i componenti avvocati. I supplenti intervengono nella commissione e nelle sottocommissioni in sostituzione di qualsiasi membro effettivo. 6. Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni sono designati dal Consiglio nazionale forense, su proposta congiunta dei consigli dell'ordine di ciascun distretto, assicurando la presenza in ogni sottocommissione, a rotazione annuale, di almeno un avvocato per ogni consiglio dell'ordine del distretto. Non possono essere designati avvocati che siano membri dei consigli dell'Ordine…”. Antonio De Giorgi è stato a fasi alterne fino al 2003 Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce e contestualmente Presidente di sottocommissioni di esame di quel Distretto. Antonio De Giorgi non è più Presidente di sottocommissione, ma addirittura presidente della Commissione centrale. La norma prevede, come membro di commissione e sottocommissione, la nomina di avvocati, ma non di consiglieri dell’Ordine. Come intendere la carica di consigliere nazionale forense indicato dal Consiglio dell’Ordine di Lecce, se non la sua estensione istituzionale e, quindi, la sua incompatibilità alla nomina di Commissario d’esame? E quantunque ciò non sia vietato dalla legge, per la ratio della norma e per il buon senso sembra inopportuno che, come presidente di Commissione centrale e/o di sottocommissione periferica d’esame, sia nominato dal Ministro della Giustizia non un avvocato designato dal Consiglio Nazionale Forense su proposta dei Consigli dell'Ordine, ma addirittura un membro dello stesso Consiglio Nazionale Forense che li designa. Come è inopportuno che sia nominato chi sia l’espressione del Consiglio di appartenenza. Come è inopportuno nominare chi sia stato estromesso dalla riforma, per gli incarichi già svolti da presidente di sottocommissione locale.
Per quanto detto il dr. Antonio Giangrande, ricorrente, così come rappresentato e difeso, adotta le seguenti
Conclusioni
Da quanto analiticamente già espresso e motivato si denota che violazione di legge, eccesso di potere e motivi di opportunità viziano qualsiasi valutazione negativa adottata dalla commissione d’esame giudicante, ancorchè in presenza di una capacità espositiva pregna di corretta applicazione di sintassi, grammatica ed ampia conoscenza di norme e principi di diritto dimostrata dal candidato in tutti e tre i compiti resi.
1. Qui si evince un fatto, da sempre notorio su tutti gli organi di stampa, rilevato e rilevabile in ambito nazionale: ossia la disparità di trattamento tra i candidati rispetto alla sessione d’esame temporale e riguardo alla Corte d’Appello di competenza. Diverse percentuali di idoneità, (spesso fino al doppio) per tempo e luogo d’esame, fanno sperare i candidati nella buona sorte necessaria per l’assegnazione della commissione benevola sorteggiata. Nel Nord Italia le percentuali adottate dalle locali commissioni d’esame sono del 30%, nel sud fino al 60%. Le sottocommissioni di Palermo sono come le sottocommissioni del Nord Italia. I Candidati sperano nella buona sorte dell’assegnazione. La Fortuna: requisito questo non previsto dalle norme.
2. Qui si contesta la competenza dei commissari a poter svolgere dei controlli di conformità ai criteri indicati: capacità pedagogica propria di docenti di discipline didattiche non inseriti in commissione.
3. Qui si contesta la mancanza di motivazione alle correzioni, note, glosse, ecc., tanto da essere contestate dal punto di vista oggettivo da gente esperta nella materia di riferimento.
4. Qui si evince la carenza, ovvero la contraddittorietà e la illogicità del giudizio reso in contrapposizione ad una evidente assenza o rilevanza di segni grafici sugli elaborati, quali glosse, correzioni, note, commenti, ecc., o comunque si contesta la fondatezza dei rilievi assunti, tale da suffragare e giustificare la corrispondente motivazione indotta al voto numerico. Tutto ciò denota l’assoluta mancanza di motivazione al giudizio, didattica e propedeutica al fine di conoscere e correggere gli errori, per impedirne la reiterazione.
5. Altresì qui si contesta la mancanza del voto di ciascun commissario, ovvero il voto riferito a ciascun criterio individuato per la valutazione delle prove.
6. Altresì qui si contesta l’assenza ingiustificata del presidente della Commissione d’esame centrale e si contesta contestualmente l’assenza del presidente della Iª sottocommissione di Palermo.
7. Altresì qui si contesta la correzione degli elaborati in tempi insufficienti, tali da rendere un giudizio composito.
8. Altresì qui si contesta, acclarandone la nullità, la nomina del presidente della Commissione centrale, Avv. Antonio De Giorgi, in quanto espressione del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Lecce. Nomina vietata dalle norme.
Inoltre, il metodo, contestato con i motivi indicati in precedenza, è lo stesso che ha inficiato per 13 anni la vana partecipazione del ricorrente al medesimo concorso concluso con giudizi d’inidoneità fondata sugli stessi motivi illegittimi.
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P.Q.M
Si chiede e conclude: voglia Codesto Ecc.mo Tribunale Amministrativo Regionale, contrariis reiectis, previo accoglimento dell’istanza di sospensione con ordine alla Sottocommissione di Lecce di far svolgere nella sessione corrente gli orali al ricorrente, annullare i provvedimenti impugnati, come in epigrafe indicati, con vittoria di spese competenze ed onorari di lite.
Si chiede di acclarare le doglianze di legittimità e di merito su indicate che viziano ed invalidano gli atti adottati dalla Iª Sottocommissione di esame di Palermo.
Si chiede di ordinare alla Sottocommissione di esame di Palermo di procedere, se non si ritenga di procedere d’ufficio, al riesame delle prove scritte in tempi congrui, corredando il giudizio con congrua motivazione, con l’osservanza di ogni modalità utile a garantire l’anonimato degli elaborati, e, in ogni caso, con una composizione diversa rispetto a quella della Sottocommissione che ha effettuato la prima valutazione e con il rispetto delle regole di composizione della stessa commissione.
Circa l’istanza di sospensione cautelare: per quanto attiene il “periculum in mora” è per la ravvisata esistenza di un pericolo di danni gravi ed irreparabili per il ricorrente derivanti dall'esecuzione dell'atto impugnato data l’evidente ed immediato procrastinarsi della nuova sessione d’esame, che in quanto tale fa perdere un altro anno da aggiungersi ai 13 precedenti. Per quanto attiene il “fumus boni iuris”, i provvedimenti impugnati, come in epigrafe indicati, appaiono illegittimi sotto differenti profili, ampiamente illustrati nei punti precedenti.
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Si depositano i seguenti atti e documenti:
5. Verbale di correzione della Iª sottocommissione di esame di Palermo per la sessione 2010;
6. Elaborati consegnati dal sottoscritto in tema: a) penale; b) civile; c) atto giudiziario;
7. La graduatoria per la lettera G con data di affissione pubblicata dalla Corte d'Appello di Lecce;
8. Verbali e compiti delle sessioni di avvocato: a) 2009, b) 2008, c) 2007;
Con espressa riserva di proporre motivi aggiunti.
DICHIARAZIONE DEL VALORE DEL PROCESSO AI FINI DEL CONTRIBUTO UNIFICATO
Al fine del versamento del contributo unificato per le spese di giustizia si dichiara che il valore del contributo unificato è di 600 euro per i ricorsi proposti presso il Tribunale amministrativo regionale.
Lecce, lì 20 luglio 2011
Avv.............................. Sig.........................................
Per autentica Avv. .......................................
MANDATO DI DIFESA E PROCURA GENERALE E SPECIALE ALLE LITI
Io sottoscritto Antonio Giangrande, nato ad Avetrana (Ta) il 02/06/1963 e residente ad Avetrana, via Manzoni, 51 , c.f. GNGNTN63H02A514Q nomino, quale mio difensore e procuratore generale, l’avv. Mirko Giangrande, del Foro di Taranto, con Studio Legale in Avetrana, alla via Manzoni, 51, c. f. GNGMRK85A26E882V, per rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio e nelle fasi connesse ed espressamente: opposizione ed esecuzione ed eventuale appello ed altri giudizi di impugnazione, con sua facoltà di nominare altri avvocati e procuratori, ovvero di transigere o rinunciare agli atti del giudizio e con tutti i poteri per il migliore svolgimento delle stesse.
Con la presente firma ratifico il suo operato discrezionale ed eleggo domicilio nel suo Studio Legale.
Avetrana, lì 20 luglio 2011
Firma cliente firma dell’avvocato per autenticazione
Dichiaro di essere stato informato dettagliatamente sui miei diritti secondo le norme sulla Privacy ed aver autorizzato il trattamento dei miei dati.
Dichiaro, altresì, di essere stato informato su facoltà e/o obbligo di accesso alla mediazione per la conciliazione.
Firma cliente firma dell’avvocato per autenticazione
RELAZIONE DI NOTIFICA
Ad istanza dell'Avv. Mirko Giangrande, io sottoscritto Assistente U.N.E.P., addetto alla Corte di Appello di Lecce, ho notificato simile copia del presente atto a:
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore On. avv. Angelino Alfano, domiciliato per legge presso gli uffici dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Lecce, via F. Rubichi 23, ed ivi consegnandone copia come per legge.
RELAZIONE DI NOTIFICA
Ad istanza dell'Avv. Mirko Giangrande, io sottoscritto Assistente U.N.E.P., addetto alla Corte di Appello di Lecce, ho notificato simile copia del presente atto a:
Commissione centrale di esame di Avvocato c/o Ministero della Giustizia, in persona del presidente pro tempore avv. Antonio De Giorgi, domiciliato per legge presso gli uffici dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Lecce, via F. Rubichi 23, ed ivi consegnandone copia come per legge.
RELAZIONE DI NOTIFICA
Ad istanza dell'Avv. Mirko Giangrande, io sottoscritto Assistente U.N.E.P., addetto alla Corte di Appello di Lecce, ho notificato simile copia del presente atto a:
Iª Sottocommissione di esame di Avvocato c/o Corte d’appello di Palermo, in persona del presidente pro tempore avv. Giuseppe Cavasino, domiciliato per legge presso gli uffici dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Lecce, via F. Rubichi 23, ed ivi consegnandone copia come per legge.
RELAZIONE DI NOTIFICA
Ad istanza dell'Avv. Mirko Giangrande, io sottoscritto Assistente U.N.E.P., addetto alla Corte di Appello di Lecce, ho notificato simile copia del presente atto a:
Iª Sottocommissione di esame di Avvocato c/o Corte d’appello di Palermo, in persona del presidente supplente pro tempore avv. Mario Grillo, domiciliato per legge presso gli uffici dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Lecce, via F. Rubichi 23, ed ivi consegnandone copia come per legge.
RELAZIONE DI NOTIFICA
Ad istanza dell'Avv. Mirko Giangrande, io sottoscritto Assistente U.N.E.P., addetto alla Corte di Appello di Lecce, ho notificato simile copia del presente atto a:
Iª Sottocommissione d’esame di Avvocato c/o Corte d’appello di Lecce, in persona del presidente pro tempore avv. Maurizio Villani, domiciliato per legge presso gli uffici dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Lecce, via F. Rubichi 23, ed ivi consegnandone copia come per legge.
N. 00679/2011 REG.PROV.CAU.
N. 01240/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1240 del 2011, proposto da:
Antonio Giangrande, rappresentato e difeso dall'avv. Mirko Giangrande, con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato Presso La Corte D'Appello di Lecce, Commissione Esami Avvocato Presso Corte D'Appello di Palermo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Lecce, via F.Rubichi 23;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del verbale n. 20 redatto nella seduta del 19 aprile 2011 dalla I^ Sottocommissione esame di avvocato presso la Corte di Appello di Palermo - sessione 2010-, nella parte in cui attribuisce alle tre prove scritte riferite alla busta n. 198 del ricorrente un punteggio insufficiente, rispettivamente 25 per il penale, 25 per il civile e 25 per l'atto giudiziario, pari complessivamente a 75 punti; del consequenziale elenco degli ammessi alle prove orali, sessione 2010, degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, relativamente alla Corte di Appello di Lecce, pubblicato il 28 giugno 2011, nella parte in cui esclude il ricorrente; di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale ed in particolare, dei criteri fissati dalla predetta Sottocommissione con verbale n. 20 del 19 aprile 2011 per la valutazione degli elaborati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Commissione Esami Avvocato Presso La Corte D'Appello di Lecce e di Commissione Esami Avvocato Presso Corte D'Appello di Palermo;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2011 il dott. Luigi Viola e uditi per le parti i difensori De Nuzzo Pietrantonio, in sostituzione di Giangrande Mirko e Tarentini Antonio;
Considerato:
-che la valutazione negativa degli elaborati d’esame del ricorrente appare sinteticamente motivata, mediante utilizzazione del sistema del voto numerico che costituisce una legittima tecnica di motivazione delle valutazioni amministrative (Corte cost. 8 giugno 2011 n. 175, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità degli artt. 17 bis, commi 1, 23, comma 5 e 24, comma 1, r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 che hanno sostanzialmente previsto la valutazione in forma numerica delle prove d’esame di avvocato);
-che la composizione della Sottocommissione d’esame che ha proceduto alla correzione degli elaborati del ricorrente, appare legittima, alla luce delle previsioni normative (che non prevedono la presenza di soggetti in possesso di competenze in materia letteraria o umanistica, ma solo di giuristi di diversa estrazione) e della più recente giurisprudenza (Cons. Stato sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3114) che ha rilevato come le Sottomissioni d’esame non debbano essere necessariamente presiedute dal Presidente della Commissione, essendo, al proposito, sufficiente la presenza del VicePresidente con funzioni di Presidente di ogni singola Sottocommissione;
-che la censura di incompatibilità sollevata dal ricorrente con riferimento alla nomina del Presidente della Commissione centrale non sussiste perché il detto Presidente non risulta più ricoprire la qualità di Presidente del Consiglio dell’Ordine di Lecce;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima Respinge la suindicata istanza cautelare.
Compensa le spese della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 00288/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01240/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 1240 del 2011, proposto da:
Antonio Giangrande, rappresentato e difeso dall'avv. Mirko Giangrande, con
domicilio eletto presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;
contro
Ministero della
Giustizia, Commissione Esami Avvocato Presso la Corte D'Appello di Lecce,
Commissione Esami Avvocato Presso Corte D'Appello di Palermo, rappresentati e
difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliati presso la sede
di quest’ultima in Lecce, via F.Rubichi 23;
Commissione Centrale Esami Avvocato c/o Ministero della Giustizia;
per l'annullamento
del verbale n. 20 redatto nella seduta del 19 aprile 2011 dalla I^ Sottocommissione esame di avvocato presso la Corte di Appello di Palermo - sessione 2010-, nella parte in cui attribuisce alle tre prove scritte riferite alla busta n. 198 del ricorrente un punteggio insufficiente, rispettivamente 25 per il penale, 25 per il civile e 25 per l'atto giudiziario, pari complessivamente a 75 punti; del consequenziale elenco degli ammessi alle prove orali, sessione 2010, degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, relativamente alla Corte di Appello di Lecce, pubblicato il 28 giugno 2011, nella parte in cui esclude il ricorrente;
di ogni altro atto
presupposto, connesso e/o consequenziale ed in particolare, dei criteri fissati
dalla predetta Sottocommissione con verbale n. 20 del 19 aprile 2011 per la
valutazione degli elaborati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e di Commissione Esami Avvocato presso la Corte D'Appello di Lecce e della Commissione Esami Avvocato Presso Corte d'Appello di Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2012 la dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti gli avv.ti Mirko Giangrande e Giovanni Pedone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso all’esame il ricorrente ha impugnato innanzi a questo Tribunale gli atti, in epigrafe indicati, con i quali la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di appello di Palermo, sessione 2010, ha valutato insufficienti i tre elaborati (venticinque/ cinquantesimi per la prova di diritto penale, e venticinque/cinquantesimi per la prova di diritto civile e 25/cinquantesimi per l’atto giudiziario) determinando la sua inidoneità a sostenere gli esami e, per l'effetto, l'ha escluso dalle prove orali.
Il ricorrente deduce la disparità di trattamento tra i candidati rispetto alla sessione d’esame temporale, contestando altresì la competenza dei commissari a poter svolgere dei controlli di conformità, la mancanza di motivazione alle correzioni, la contraddittorietà e illogicità del giudizio reso e la fondatezza dei rilievi assunti, la mancanza di voto di ciascun commissario ovvero il voto riferito a ciascun criterio individuato per la valutazione delle prove, l’assenza ingiustificata del Presidente della Commissione e contestualmente l’assenza del Presidente della I sottocommissione di Palermo.
Con atto depositato in data 1 agosto 2011 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato.
Con ordinanza depositata in data 29 settembre 2011 la sezione ha respinto l’istanza cautelare richiesta dal ricorrente.
Nella pubblica udienza del 7 novembre 2012 la causa è stata introitata per la decisione.
2. Il ricorso è infondato.
2.1. Secondo consolidata giurisprudenza anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, i provvedimenti della commissione esaminatrice che rilevano l'inidoneità delle prove scritte e non ammettono alla prova orale il candidato agli esami per l'abilitazione alla professione di avvocato devono ritenersi adeguatamente motivati quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti. Siffatti voti esprimono un metodo di valutazione rispondente al criterio di cui all'articolo 97 Cost. e rappresentano la compiuta esternazione dell’ attività di verifica dell'idoneità del candidato svolta a seguito della lettura dei suoi elaborati, demandata alla commissione esaminatrice.
La Corte costituzionale, con le sentenze 30 gennaio 2009 n. 20 e 8 giugno 2011, n. 175, ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, nono comma, del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36, poi sostituito dall'art. 1 bis, del D.L. 21 maggio 2003, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2003, n. 180, nonché degli articoli 17 bis, 22, 23 e 24, primo comma del R.D. 22.1.1934 n. 37 (Norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento della professione di avvocato e di procuratore), sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 41, 97, 111, 113 e 117 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono l'obbligo di giustificare o motivare il voto verbalizzato in termini alfanumerici in occasione delle operazioni di valutazione delle prove scritte d'esame per l'abilitazione alla professione forense.
2.2. Inoltre, quanto ai rilievi in ordine alla composizione della sottocommissione d’esame, come già rilevato in sede cautelare, la stessa è legittima alla luce delle previsioni normative (che non prevedono la presenza di particolari soggetti in possesso di competenze in materia letteraria o umanistica ma solo di giuristi di diversa estrazione) e della più recente giurisprudenza (Cons. di Stato sez.IV 12 giugno 2007 n.3114) che ha rilevato come le sottocommissioni d’esame non debbano essere necessariamente presiedute dal presidente della Commissione, essendo al proposito, sufficiente la presenza del Vice Presidente con funzioni di Presidente di ogni singola Sottocommissione.
Con riferimento alla censura riguardante l’assenza del Presidente della I sottocommissione di Palermo, nella seduta del 19 aprile 2011( nella quale sono state corrette le prove del ricorrente), va rilevato che la stessa risultava presieduta dal Vice Presidente avv. Mario Grillo sicchè tale presenza esclude la illegittimità rilevata.
Infatti, l’istituzione ad opera dell'art. 1 bis D.L. 21 maggio 2003 n. 112 della figura del Presidente e del vice Presidente per ciascuna delle Sottocommissioni operanti nel distretto di Corte di appello ha comportato il superamento dell’orientamento giurisprudenziale che escludeva, sulla base di un interpretazione meramente letterale dell'art. 22 R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, come modificato dalla L. 20 aprile 1989 n. 142, la possibilità per il Presidente di essere sostituito nell'esercizio delle sue funzioni da un commissario con le funzioni di vice Presidente.
A seguito della riforma del 2003 e della istituzione della figura del vice Presidente, la giurisprudenza è ormai ferma nell'affermare che quest' ultimo può legittimamente presiedere i lavori dell'organo collegiale senza necessità che il verbale della seduta rechi la specifica indicazione delle ragioni che avevano reso necessaria la sostituzione del titolare (Cons. Stato, IV Sez., ord. 9 aprile 2002 n. 1353 e 28 ottobre 2003 n. 4674; dec. 17 settembre 2004 n. 6155, 5 agosto 2005 n. 4165, 6 settembre 2006 n. 5155, 3 dicembre 2006 n. 6511 e 5 dicembre 2006 n. 7126).
Per quanto attiene al ruolo e alle funzioni proprie dei membri supplenti l'art. 22, co. 5, R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, nel testo sostituito dall'art. 1 bis D.L. 21 maggio 2003 n. 112, afferma che essi intervengono alle sedute della Sottocommissione "in sostituzione di qualsiasi membro effettivo"; da ciò deriva che i componenti dei singoli collegi possono, in caso di assenza o impedimento, essere legittimamente sostituiti dai membri supplenti attesa l'assoluta parità esistente, sul piano funzionale, fra le due categorie (C.d.S. 23 dicembre 1999 n. 692) e il principio di fungibilità fra membri effettivi e membri supplenti (C.d.S.. 9 giugno 2003 n. 223).
2.3. Non coglie nel segno neppure la censura con la quale si deduce l’incompatibilità del Presidente della Commissione Centrale in quanto componente del Consiglio Nazionale Forense non risultando in proposito prevista alcuna incompatibilità da parte del legislatore (art.21 R.D.L. 27-11-1933 n. 1578).
2.4. In ordine al merito dell’attività di valutazione, va evidenziato che, in una procedura per l'accesso a una professione, non rileva solamente l’esattezza delle soluzioni giuridiche propugnate e prescelte, ma anche la modalità espositiva, l’organizzazione complessiva del discorso, le capacità di sintesi e di compiuta argomentazione.
Ove così non fosse, dovrebbe ammettersi che tutti i candidati estensori di elaborati recanti soluzioni corrette debbano necessariamente superare la prova, il che non può sicuramente avvenire, posto che il superamento dell’esame di abilitazione permette l’accesso alla professione forense, sicchè vengono in rilievo – oltre alla esattezza delle conclusioni - la modalità espositiva, l’organizzazione complessiva del discorso, le capacità di sintesi e di compiuta argomentazione, cioè tutte le componenti che garantiscono l’adeguatezza della difesa tecnica.
Nella specie basti rilevare che il ricorrente non ha in effetti dimostrato una personale e adeguata capacità di argomentazione e riflessione limitandosi ad esporre principi di carattere generale e richiamando asetticamente il contenuto di pronunce giurisprudenziali senza alcun approfondimento, tanto più necessario, in considerazione delle modalità di svolgimento dell’esame (che consentiva l’uso di codici commentati con la giurisprudenza) e dell’assenza di particolari difficoltà interpretative e argomentative nella tematiche trattate.
In sintesi i compiti, in considerazione delle modalità di svolgimento dell’esame (che consentiva l’uso di codici commentati con la giurisprudenza) e dell’assenza di particolari difficoltà interpretative e argomentative nella tematica trattata, appaiono privi di approfondimenti degni di nota.
Tali considerazioni consentono quindi al Collegio di condividere il giudizio espresso dalla Commissione.
2.5. Infine quanto alla dedotta impossibilità di conoscere il voto dei singoli commissari “legittimamente la sottocommissione esaminatrice, in assenza di una norma o di un principio che disponga l'obbligo della esplicitazione dei vari momenti di formazione della volontà collegiale, si limita a verbalizzare, in sede di valutazione delle prove scritte, il solo voto complessivo risultante dalla somma dei singoli voti assegnati e non anche i voti attribuiti da ogni singolo commissario. Le disposizioni di cui all'art. 17-bis, R.D. n. 37 del 1934 danno, infatti, rilevanza, ai fini della valutazione di idoneità del candidato, al solo "punteggio complessivo" conseguito, non occorrendo riportare nel verbale il voto assegnato da ciascun membro della commissione d'esame” ( C.d.S. Sez. IV, sent. n. 7116 del 05-12-2006).
Peraltro, non vengono in luce circostanze concrete dalle quali possa desumersi che il voto complessivo non costituisca la somma dei voti individuali o che tra un voto e un altro possa esserci un discostamento tale da far ravvisare un’intrinseca contraddittorietà nella valutazione complessivamente effettuata.
2.6. Infine è anche infondata la censura attinente all'insufficienza del tempo speso dalla Commissione nella lettura e valutazione degli elaborati, considerato che non è possibile escludere che gli scritti del ricorrente siano stati oggetto di puntuale e attenta disamina alla luce dei criteri di valutazione confezionati dalla stessa Commissione. Il tempo di correzione di un elaborato, infatti, non assurge a dignità di elemento sintomatico di valutazione superficiale da parte della Commissione esaminatrice poichè è ben possibile che uno scritto sia di piana e facile lettura, sicchè non rende necessario il protrarsi dell’attività valutativa.
3. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Sussistono nondimeno giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Patrizia Moro, Consigliere, Estensore
Roberto Michele Palmieri, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
ACCOLTI
N. 00990/2010 REG.ORD.SOSP.
N. 01601/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1601 del 2010, proposto da:
Mariangela Gigante, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Ciaurro, con domicilio eletto presso Francesco Flascassovitti in Lecce, via 95 Rgt.Fanteria 1;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Lecce, domiciliata per legge in Lecce, via Rubichi;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dei provvedimenti di non ammissione alla prova orale degli esami di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato per la sessione 2009, rilevabili dalla non inclusione nell'elenco degli ammessi depositato nella Segreteria della Sottocommissione degli esami detti presso la Corte di Appello di Lecce in data 16 giugno 2010 e successivamente pubblicato mediante affissione nella sede del Tribunale di Taranto; di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali ed, in particolare, del verbale della Sottocommissione degli esami detti presso la Corte di Appello di Salerno, riportante le operazioni di correzione degli elaborati della ricorrente e l'attribuzione del relativo punteggio; delle valutazioni, analitiche e numeriche, espresse in termini di insufficienza in calce a ciascuno dei tre elaborati di esame corrispondenti al numero d'ordine progressivo 593.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 il dott. Luigi Viola e uditi per le parti, l’Avv. Nicola Flascassovitti, in sostituzione di Ciaurro e l’Avv. dello Stato Invitto;
Considerato:
-che l’esame delle prove d’esame della ricorrente evidenzia un contesto caratterizzato dalla correttezza formale della forma espressiva e dalla sicura padronanza del lessico giuridico; anche sotto il profilo più strettamente tecnico-giuridico;
-che anche la soluzione delle problematiche giuridiche poste a base delle prove d’esame evidenzia un corretto approccio a problematiche complesse, come l’equilibrio delle prestazioni contrattuali (prima prova d’esame), la responsabilità ex art. 586 c.p. (seconda prova) o l’impossibilità sopravvenuta dell’obbligazione contrattuale (prova pratica);
-che, quindi, la motivazione apposta alla valutazione negativa (peraltro caratterizzata dal carattere chiaramente stereotipato e ripetitivo) e la complessiva valutazione degli elaborati d’esame da parte della Commissione appaiono essere caratterizzate da evidente irrazionalità e illogicità, rilevabili anche in sede giurisdizionale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima Accoglie e per l'effetto:
a) sospende gli atti impugnati, come da motivazione;
b) fissa per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica del 23 marzo 2011.
Compensa le spese della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Carlo Dibello, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 01837/2011 REG. PROV. COLL.
N. 01312/2011 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1312 del 2011, proposto da:
Marco Castelluzzo, rappresentato e difeso dall'avv. Gianluigi Pellegrino, con
domicilio eletto presso Gianluigi Pellegrino in Lecce, via Augusto Imperatore,
16;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato Lecce, Commissione Esami
Avvocato Palermo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Dello Stato,
domiciliata in Lecce, via Rubichi;
per l'annullamento
nei limiti dell'interesse del ricorrente, dei provvedimenti di giudizio analitici e sintetici con cui la Sottocommissione distrettuale per gli esami di Avvocato, presso la Corte d'Appello di Palermo per la sessione 2010, ha annullato gli elaborati del ricorrente, determinando, di conseguenza, la sua inidoneità a sostenere le prove orali; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ed in particolare del verbale 24 marzo 2011 della Sottocommissione presso la Corte di Appello di Palermo, nel quale sono riportate le operazioni di correzione degli elaborati del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Commissione Esami Avvocato Lecce e di Commissione Esami Avvocato Palermo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011 il dott. Luigi Viola e udite altresì l’Avv. Valeria Pellegrino in sostituzione di Gianluigi Pellegrino per il ricorrente e l’Avv. dello stato Libertini per le amministrazioni resistenti;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Il ricorrente partecipava alla sessione 2010 degli esami di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato, sostenendo le prove scritte prescritte dalla legge.
A seguito della mancata inclusione del proprio nominativo nell’elenco dei candidati ammessi a sostenere le prove orali, apprendeva di non essere stato ammesso alle prove orali, per effetto dell’annullamento del terzo elaborato d’esame (relativo all’atto giudiziario in materia penale), da parte della II Sottocommissione presso la Corte d’Appello di Palermo; in particolare, l’annullamento dell’atto giudiziario in materia penale (ritenuto sufficiente come, del resto, gli altri due elaborati) era motivato sulla base della rilevazione di <<reiterati e significativi elementi di identità con l’elaborato del candidato n. 404, successivamente esaminato>>.
I provvedimenti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dal ricorrente per violazione art. 13, 4° comma d.p.r. 487 del 1994, violazione art. 23 r.d. n. 37/1934 per come modificato dal d.l. 112/2003, conv. in l. 180/2003, violazione art. 3 l. 241 del 1990, eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione e per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., nonché per manifesta irrazionalità ed illogicità.
Si costituivano in giudizio le Amministrazioni intimate e la Sezione disponeva l’acquisizione <<degli elaborati d’esame contrassegnati dal numero 404, che hanno portato all’annullamento della terza prova d’esame>> (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, ord. 30 settembre 2011 n. 1696).
La prima parte del ricorso è infondata e deve pertanto essere rigettata.
Contrariamente ad altre vicende già decise dalla Sezione (in particolare, quella decisa con la sentenza 21 ottobre 2010 n. 2147), deve, infatti, rilevarsi come l’elaborato relativo alla terza prova d’esame del ricorrente rechi alcuni segni grafici (forse non adeguatamente evidenziati, ma pur sempre presenti) che evidenziano efficacemente le parti dell’elaborato che dimostrano qualche concordanza con la terza prova d’esame del candidato contrassegnato con il numero n. 404; nella vicenda che ci occupa, deve pertanto ritenersi che sia stata adeguatamente rispettata la previsione dell’art. 23, ult. comma del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 che impone, secondo costante giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. IV, 17 febbraio 2004, n. 616 che si pone nel solco di una giurisprudenza assolutamente consolidata), l’individuazione, da parte delle Commissioni, delle parti dell’elaborato che possano giustificare l’applicazione delle sanzioni previste per l’ipotesi del plagio.
A ben guardare però le parti dell’elaborato che hanno portato all’annullamento della prova d’esame, più che alla fattispecie del plagio, sembrano riportabili all’esposizione di principi giurisprudenziali consolidati o dello stesso contenuto di previsioni normative fondamentali, come l’art. 56 c.p.
Deve pertanto trovare applicazione l’altro principio già affermato dalla Sezione (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 21 ottobre 2010 n. 2147) e relativo all’impossibilità di considerare come espressione di univoca corrispondenza con altri elaborati l’utilizzazione di formulazioni presenti in giurisprudenza (sempre possibile, in considerazione dell’utilizzazione di codici commentati) o la mera “copiatura” della formulazione delle norme; è, infatti, possibile presumere, come spesso avviene in procedure d’esame o concorsuali, che i passi “incriminati” possano trovare giustificazione nel ricorso a fonti (leggi, giurisprudenza) comuni o nelle <<ordinarie capacità mnemoniche>> (Consiglio Stato, sez. VI, 28 aprile 2010 n. 2440) dei candidati, che indubbiamente utilizzano testi di studio diffusi e comuni.
Del resto, in un’ottica sostanziale, l’elaborato del ricorrente e quello contrassegnato con il numero n. 404, al di là del necessario e inevitabile riferimento all’istituto del tentativo, sono caratterizzati dall’utilizzo di tentativi ricostruttivi talmente divergenti (nel caso del ricorrente, il riferimento alla possibile mancanza dell’elemento soggettivo e, nel caso dell’elaborato contrassegnato con il numero 404, all’accordo non punibile ex art. 115 c.p.) da portare a ritenere non credibile l’ipotesi del plagio che, si esaurirebbe, in buona sostanza, nella semplice parafrasi della formulazione e dell’elaborazione giurisprudenziale dell’art, 56 c.p.
Il ricorso deve pertanto essere accolto e deve essere disposto l’annullamento degli atti impugnati; sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, come da motivazione e, per l'effetto, dispone l’annullamento degli atti impugnati.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Claudia Lattanzi, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/10/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 00753/2011 REG.PROV.CAU.
N. 01489/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1489 del 2011, proposto da:
Francesca Cotrino, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio P. Nichil, con domicilio eletto presso Antonio P. Nichil in Lecce, viale Leopardi, 151;
contro
Commissione Esami Avvocato c/o Corte Appello di Lecce, Ministero della Giustizia, Commissione Esame Avvocato c/o Corte di Appello di Palermo, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata per legge in Lecce, via F.Rubichi 23;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
dei provvedimenti con cui la Sottocommissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Palermo per la sessione 2010 ha valutato insufficienti due dei tre elaborati della ricorrente e, in particolare, del provvedimento di non ammissione della ricorrente alle prove orali, provvedimenti pubblicati in data 28 giugno 2011; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, e in particolare del verbale della medesima sottocommissione del 23/3/2011 n. 14 nel quale sono riportate le operazioni di correzione degli elaborati in questione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Commissione Esami Avvocato c/o Corte Appello di Lecce e di Ministero della Giustizia e di Commissione Esame Avvocato c/o Corte di Appello di Palermo;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011 il dott. Carlo Dibello e uditi per le parti i difensori Nichil Antonio, Pedone Giovanni.;
Considerato che gli elaborati redatti dalla ricorrente sembrano soddisfare i parametri predeterminati dalla Commissione centrale in quanto garantiscono una trattazione essenziale ma sufficientemente esaustiva degli istituti dei quali i candidati sono stati chiamati a fare applicazione;
considerato che la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali costituiscono, se accompagnate – come nella specie- all’esaustività della trattazione un obiettivo da perseguire , come è stato sottolineato di recente dall’articolo 3, comma secondo, C.P.A
rilevato che gli stessi elaborati appaiono meritevoli di diversa valutazione;
ritenuto opportuno concedere la tutela cautelare attraverso l’ammissione della ricorrente con riserva alle prove orali dell’esame di abilitazione in argomento;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
Accoglie la suindicata domanda cautelare e per l'effetto:
a) ammette la ricorrente con riserva al sostenimento delle prove orali dell’esame di abilitazione ;
b) fissa per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica dell’8 febbraio 2012 .
Compensa le spese della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Carlo Dibello, Primo Referendario, Estensore
Massimo Santini, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 01915/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01455/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc.
amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1455 del 2012, proposto da:
Sperti Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Tommaso Millefiori, con
domicilio eletto presso lo studio in Lecce, via Mannarino n. 11/A;
contro
Ministero della
Giustizia, Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte
d’Appello di Lecce e Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso
la Corte d’Appello di Salerno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi n. 23;
Commissione Esami di Avvocato – Sessione 2011 presso Ministero della Giustizia,
n.c.;
per l'annullamento
nei limiti dell'interesse del ricorrente, dei giudizi analitici e sintetici sui suoi elaborati indicati nel verbale di adunanza del 20/04/2012 della II^ Sottocommissione per gli esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Salerno, sessione 2011, individuata per la correzione delle prove scritte degli elaborati provenienti dalla Corte di Appello di Lecce, nonché del consequenziale provvedimento di non ammissione del ricorrente alle prove orali degli esami di Avvocato, sessione 2011, e di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia, Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Lecce e Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti l'avv. Tommaso Millefiori e l'avvocato dello Stato Giovanni Pedone;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- Il dott. Sperti ha partecipato alla sessione di esami per l’iscrizione nell’Albo degli Avvocati presso la Corte di Appello di Lecce, sostenendo le prove scritte.
Pubblicati in data 18-20 giugno 2012 gli esiti della correzione degli elaborati, effettuata dalla II Sottocommissione istituita presso la Corte di Appello di Salerno, ed a seguito di accesso agli atti, il ricorrente ha appreso di aver riportato il giudizio complessivo di 84 nelle tre prove scritte, inferiore al minino richiesto di 90 e, quindi, senza essere ammesso alla prova orale.
In particolare, sono stati giudicati insufficienti due dei tre compiti svolti, essendo stato assegnato il punteggio di 26/50 al parere in diritto civile (con la motivazione: “Soluzione poco convincente e non adeguatamente motivata. Non pertinente il richiamo a Cass., 13 ottobre 2011, n. 21907”), ed il punteggio di 28/50 all’atto giudiziario in materia di diritto penale (con la motivazione: “Atto generico e del tutto insufficiente. Carente la motivazione”).
Avverso i giudizi riportati è stato proposto il presente ricorso, denunciando con un unico motivo la violazione degli artt. 3 e 12 della legge n. 241/90 e dell’art. 12 del D.P.R. n. 487/94, nonché l’eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, travisamento del fatto, manifesta illogicità, contraddittorietà ed irrazionalità delle valutazioni rispetto ai criteri (generali ed astratti) predeterminati.
Si afferma che la motivazione dei giudizi è resa con formulazione stereotipata (che impedisce di comprendere i rilievi critici operati), senza apporvi correzioni o segni grafici, ed è sostanzialmente errata, considerando che gli elaborati redatti si mostrano corretti quanto alla forma espressiva e al lessico giuridico, con contenuti corrispondenti al compiti da svolgere; si contesta poi che i compiti siano stati esaminati, assieme a numerosi altri scritti, nella seduta in cui è stato impiegato un insufficiente tempo medio per ciascuno di essi (4,37 minuti).
L’Amministrazione si è costituita in giudizio ed ha chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile e, gradatamente, rigettato, depositando documentazione in data 18/10/2012.
Il ricorrente ha prodotto note d’udienza alla Camera di Consiglio del 24 ottobre 2012, nella quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cpa.
2.- Il Tribunale intende premettere che l’operato delle commissioni di abilitazione o di concorso ha natura mista, contenendo un aspetto “provvedimentale”, con riguardo all’ammissione alla fase successiva, ed uno prettamente di “giudizio”, circa la preparazione del candidato (cfr., da ultimo, Cons. Stato – Sez. IV, 6 giugno 2011 n. 3402).
Essendo i due aspetti strettamente congiunti, il generale sindacato del Giudice Amministrativo sull’attività provvedimentale della P.A. (al fine di assicurare pienezza ed effettività della tutela, secondo il fondamentale canone ora codificato dall’art. 1 cpa) non può essere limitato e, quindi, coinvolge l’attività valutativa della Commissione, verificando la coerenza e logicità del risultato finale raggiunto, rispetto agli elementi che emergono dalla prova oggetto di valutazione e che il Giudice ben può apprezzare, pur con una certa prudenza nell’evitare che la propria valutazione si sovrapponga a quella operata dall’Amministrazione.
A tal fine, soccorre l’esame dei criteri che vengono predeterminati ed a cui deve attenersi la Commissione, i quali costituiscono la base per la verifica del Giudice sulla correttezza del suo operato.
Passando al caso di specie, si è detto innanzi che le valutazioni negative hanno riguardato l’elaborato consistente nel parere di diritto civile (che ha conseguito la votazione di 26/50, con la motivazione: “Soluzione poco convincente e non adeguatamente motivata. Non pertinente il richiamo a Cass., 13 ottobre 2011, n. 21907”), ed il compito riguardante un atto giudiziario in materia di diritto penale (che ha riportato il voto di 28/50, con la motivazione: “Atto generico e del tutto insufficiente. Carente la motivazione”).
Con riguardo al primo, il Collegio evidenzia che lo svolgimento del compito denota una buona conoscenza del tema ed una apprezzabile articolazione degli argomenti trattati, poiché:
- il tema è introdotto con efficace sintesi espressiva (“La questione proposta riguarda la vexata quaestio delle obbligazioni solidali e in particolare il principio di solidarietà passiva con riferimento alle obbligazioni condominiali”);
- fanno seguito, in buon ordine, l’esposizione del risalente orientamento di dottrina e giurisprudenza, l’intervento di Cass., SS.UU., 8 aprile 2008 n. 9148 (riassunto sinteticamente e senza errori), il riferimento alla opposta giurisprudenza di merito e alla ratio sottesa di tutela del creditore, l’indicazione degli articoli del codice civile e la spiegazione degli istituti dell’obbligazione solidale e indivisibile e del requisito della indivisibilità della prestazione;
- chiudono il tema il riferimento al caso concreto (prestazione chiesta dal fornitore del combustibile al Condominio) e la soluzione proposta al supposto cliente.
A questo punto, è necessario precisare che gli indirizzi forniti dalla Commissione Centrale richiedevano ai candidati “chiarezza, pertinenza e completezza espositiva, capacità di sintesi, logicità e rigore metodologico delle argomentazioni ed intuizione giuridica (vedi la lett. b) dei criteri del 5/12/2011), oltre alla dimostrazione “della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, nonché degli orientamenti della giurisprudenza” e “di concreta capacità di risolvere problemi giuridici anche attraverso riferimenti alla dottrina e l’utilizzo di giurisprudenza” (lettere c) e d) degli stessi criteri).
In relazione ad essi ed alla stregua di quanto osservato, deve reputarsi illegittimo il giudizio negativo assegnato, poiché il candidato palesa una sufficiente padronanza del tema e la buona articolazione degli argomenti (in forma priva di errori grammaticali e con lessico giuridico corretto).
Non assume, infatti, carattere decisivo che il richiamo alla sentenza della Cassazione del 13 ottobre 2011 n. 21907 non sia pertinente, atteso che tale richiamo è contenuto a pag. 2, tra parentesi e in un contesto in cui è citata anche la giurisprudenza di merito, per cui trattasi di errore lieve (incidente sul voto da assegnare), ma certamente non significativo nell’economia del discorso.
Anche l’ulteriore connotato negativo rinvenuto dalla Commissione, secondo cui la soluzione è poco convincente, non osta ad un giudizio favorevole, stante l’espressa previsione della possibilità, per il candidato, di trarre conclusioni difformi dall’indirizzo giurisprudenziale o dottrinario, purché motivate (v. il punto g) degli indirizzi diramati dal Ministero della Giustizia in data 5/12/2011).
Nella specie, il dott. Sperti ha consigliato all’ipotetico cliente di “mettersi al riparo da un’eventuale azione esecutiva” provvedendo al pagamento dell’intera fornitura e agendo in regresso verso gli altri condomini, prospettando una soluzione che può dirsi frutto di eccessivo timore ma che non è solo per ciò censurabile (e che appare, peraltro, plausibile con riguardo alle oscillazioni registrate in giurisprudenza).
Quanto all’atto giudiziario in materia penale (dichiarazione di appello avverso sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 314 c.p.), il candidato rappresenta bene e sinteticamente le proprie tesi, in forma corretta e con adeguato ordine espositivo, esordendo con l’illustrazione del convincimento del Giudice di prime cure, per poi passare a descrivere il delitto di peculato e gli orientamenti formatisi in dottrina e giurisprudenza, richiamando il carattere dell’offensività della condotta, per escludere infine la ricorrenza del reato nella specie (collegamento a siti non istituzionali, da parte di dipendente pubblico, avendo l’Ente un contratto di utenza onnicomprensivo di spese).
Appare dunque il sufficiente possesso delle nozioni giuridiche, unitamente (come richiesto dalla lettera h) degli indirizzi ministeriali citati) alla capacità di compiere una scelta difensiva e alla padronanza delle tecniche di persuasione.
In tal senso, le conclusioni rassegnate sono infatti chiare e coerenti: “Posta in questi termini la questione, è del tutto evidente che la condotta del pubblico dipendente Caio, non avendo arrecato alcun danno patrimoniale alla Pubblica Amministrazione, è priva dell’elemento offensivo e quindi, scevra di disvalore penale (in tal senso Cass. Penale Sezione VI 19 ottobre 2010, n. 41709)”.
Ne discende che il compito, sebbene sintetico, non può dirsi generico né, soprattutto, “del tutto insufficiente” (avendo peraltro conseguito il voto di sufficienza di tre commissari), e neppure carente quanto alla motivazione, che invece risulta rassegnata dal candidato.
Per le suesposte ragioni, sono illegittimi e vanno conseguentemente annullati i censurati giudizi degli elaborati del ricorrente, unitamente al provvedimento di non ammissione alle prove orali.
Sussistono tuttavia giusti motivi, considerata la natura della controversia, per compensare tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i giudizi ed il provvedimento impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario, Estensore
Claudia Lattanzi, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 02021/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01406/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1406 del 2012, proposto da:
Cavaliere Fabrizio, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani,
con domicilio eletto presso lo studio in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria 9;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Lecce e Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Salerno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi n. 23;
per l'annullamento
del provvedimento di non ammissione alla prova orale degli esami di abilitazione all'esercizio della professione di Avvocato, sessione 2011, rilevabile dalla non inclusione dello stesso nell'elenco degli ammessi pubblicato in data 20/06/2012 sul sito della Corte di Appello di Lecce;
dei provvedimenti valutativi sintetico (78) ed analitico (in particolare 25 all'elaborato di diritto civile e 23 per la predisposizione dell'atto giudiziario), con i quali è stata ritenuta complessivamente insufficiente la prova d'esame scritto sostenuta dal ricorrente, con conseguente inidoneità a sostenere le prove orali;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale ed, in particolare, ove occorra, del verbale con il quale sono stati determinati i criteri generali di valutazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, della Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Lecce e della Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2012 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti l'avv. Ernesto Sticchi Damiani e l'avvocato dello Stato Simona Libertini;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- Il dott. Cavaliere ha partecipato alla sessione di esami 2011 per l’iscrizione nell’Albo degli Avvocati presso la Corte di Appello di Lecce, sostenendo le prove scritte.
Pubblicati gli esiti della correzione degli elaborati, effettuata dalla IV Sottocommissione istituita presso la Corte di Appello di Salerno, ed a seguito di accesso agli atti, il ricorrente ha appreso di aver riportato il giudizio complessivo di 78 nelle tre prove scritte, inferiore al minino richiesto di 90 e, quindi, senza essere ammesso alla prova orale.
In particolare, sono stati giudicati insufficienti due dei tre compiti svolti, assegnando il punteggio di 25/50 al parere in diritto civile (con la motivazione: “Compito incoerente con la traccia assegnata e non sufficientemente motivate risultano, altresì, le conclusioni proprie”), ed il punteggio di 23/50 all’atto giudiziario in materia di diritto civile (con la motivazione: “Scarsa conoscenza degli istituti giuridici trattati e degli orientamenti della giurisprudenza. Insufficiente padronanza delle scelte difensive e delle tecniche di persuasione”).
Avverso i giudizi riportati è stato proposto il presente ricorso, deducendo:
I- violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 ed eccesso di potere per difetto di motivazione;
II- eccesso di potere per perplessità, incongruenza, grave contraddittorietà, illogicità ed ingiustizia manifesta.
Si afferma che i provvedimenti impugnati sono insufficientemente motivati, poiché da essi non si evince alcun elemento da cui possa desumersi l’iter logico-valutativo seguito dalla Commissione, che non vi ha apposto correzioni o glosse a margine ed ha fatto ricorso a generiche clausole di stile, senza riferirsi dettagliatamente ai criteri di massima adottati a livello ministeriale.
In relazione ad essi, le censurate valutazioni si mostrano illogiche, atteso che la Commissione ha riconosciuto al candidato, nella seconda prova, il possesso delle capacità richieste, che non subiscono oscillazioni per l’uno o l’altro elaborato e che sono state manifestate dal ricorrente anche nella redazione degli altri compiti, che denotano chiarezza espositiva, buon lessico giuridico e rigore metodologico, tanto da essere meritevoli di un giudizio di sufficienza, come riscontrato nell’allegato parere pro veritate.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio ed ha chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile e, gradatamente, rigettato, depositando documentazione in data 19/10/2012.
Alla Camera di Consiglio del 21 novembre 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cpa.
2.- Il Tribunale intende premettere che l’operato delle commissioni di abilitazione o di concorso ha natura mista, contenendo un aspetto “provvedimentale”, con riguardo all’ammissione alla fase successiva, ed uno prettamente di “giudizio”, circa la preparazione del candidato (cfr., da ultimo, Cons. Stato – Sez. IV, 6 giugno 2011 n. 3402).
Essendo i due aspetti strettamente congiunti, il generale sindacato del Giudice Amministrativo sull’attività provvedimentale della P.A. (al fine di assicurare pienezza ed effettività della tutela, secondo il fondamentale canone ora codificato dall’art. 1 cpa) non può essere limitato e, quindi, coinvolge l’attività valutativa della Commissione, verificando la coerenza e logicità del risultato finale raggiunto, rispetto agli elementi che emergono dalla prova oggetto di valutazione e che il Giudice ben può apprezzare, pur con una certa prudenza nell’evitare che la propria valutazione si sovrapponga a quella operata dall’Amministrazione.
A tal fine, soccorre l’esame dei criteri che vengono predeterminati ed a cui deve attenersi la Commissione, i quali costituiscono la base per la verifica del Giudice sulla correttezza del suo operato.
Nella specie, la Commissione Centrale presso il Ministero della Giustizia ha predisposto in data 5/12/2011 i criteri per la valutazione degli elaborati scritti (che, come espressamente stabilito, sono stati recepiti dalle Commissioni istituite nei Distretti di Corte d’Appello), i quali tra l’altro richiedevano che i compiti rispondessero ai seguenti parametri:
“b) chiarezza, pertinenza e completezza espositiva, capacità di sintesi, logicità e rigore metodologico delle argomentazioni ed intuizione giuridica”;
“c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, nonché degli orientamenti della giurisprudenza”;
“d) dimostrazione di concreta capacità di risolvere problemi giuridici anche attraverso riferimenti alla dottrina e l’utilizzo di giurisprudenza …”;
“f) coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata ed esauriente indagine dell’impianto normativo relativo agli istituti giuridici di riferimento”;
“g) capacità di argomentare adeguatamente le conclusioni tratte, anche se difformi dal prevalente indirizzo giurisprudenziale e/o dottrinario”;
“h) dimostrazione della padronanza delle scelte difensive e delle tecniche di persuasione per ciò che concerne, specificamente, l’atto giudiziario”.
3.- Come detto innanzi, le valutazioni negative dei compiti del ricorrente hanno riguardato il parere di diritto civile, al quale è stato assegnato il punteggio di 25/50 (con la motivazione: “Compito incoerente con la traccia assegnata e non sufficientemente motivate risultano, altresì, le conclusioni proprie”), ed il compito consistente nella redazione di un atto giudiziario, che ha riportato il punteggio di 23/50 (con la motivazione: “Scarsa conoscenza degli istituti giuridici trattati e degli orientamenti della giurisprudenza. Insufficiente padronanza delle scelte difensive e delle tecniche di persuasione”).
3.1- Con riguardo al primo, la Commissione ha evidentemente riscontrato il deficit dell’elaborato, con riguardo ai punti f) e g), sopra riportati (“coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata”; “capacità di argomentare adeguatamente le conclusioni tratte”).
Il compito riguardava la formulazione del parere, quale legale del condomino Caio, in ordine alla pretesa della Ditta Gamma di rivalersi interamente su di esso per la fornitura del combustibile utilizzato nell’impianto di riscaldamento centralizzato.
Ad avviso del Collegio, sotto entrambi gli aspetti rilevati deve reputarsi illegittimo il giudizio negativo poiché, per un verso, il candidato si è attenuto alla traccia assegnata e, per altro verso, ha rassegnato le proprie conclusioni in maniera sufficientemente argomentata.
Per il primo aspetto (coerenza con la traccia), il compito è connotato da una successione corretta degli argomenti esposti, senza discostarsi dall’esigenza di dare risposta al quesito sottoposto.
Difatti, l’elaborato esordisce con l’illustrazione del precetto dell’art. 1123 c.c., concernente la ripartizione delle spese condominiali, richiamando poi i termini della questione e ponendosi il “problema di accertare se l’obbligazione vantata dalla ditta Gamma nei confronti del condominio sia solidale o parziaria”; dopo di ciò, sono stati indicati gli orientamenti contrastanti della giurisprudenza ed è stato affrontato il tema dell’obbligazione divisibile ed indivisibile, connettendolo alla norma dell’art. 1294 c.c. sulla solidarietà tra condebitori.
Ciascuno degli elementi individuati dal candidato è organico allo sviluppo della traccia e, pertanto, il tema nel suo complesso non può dirsi incoerente con essa.
Per l’altro aspetto (argomentazione delle conclusioni), il candidato ha sostenuto il principio della parziarietà, in base alla pronuncia delle Sezioni Unite dell’8 aprile 2008 n. 9148 secondo cui, in tema di condominio degli edifici, è retta dal criterio della parziarietà l’obbligazione che ha per oggetto una somma di denaro dovuta a terzi, essendo essa divisibile e mancando un’espressa previsione di legge nel senso della solidarietà.
Anche se il compito si chiude con la riproposizione pedissequa della tesi esposta dalla Cassazione, ciò non di meno il candidato dimostra di aver argomentato in proprio sulla validità della conclusione resa, poiché è innestato, tra la citazione della sentenza e le conclusioni, un passo da cui, con efficace sintesi, è ripercorso il ragionamento svolto per pervenire al parere da rendere (fondato, in successione, sui seguenti passaggi: l’obbligazione di una somma di denaro è divisibile; manca una disciplina normativa che stabilisca la solidarietà passiva tra condomini; per aversi quest’ultima non basta la pluralità di debitori, ma occorrono l’identità della causa dell’obbligazione e l’indivisibilità della prestazione comune; se quest’ultimo requisito difetta, prevale la parziarietà della prestazione).
Anche sotto questo aspetto è pertanto erronea la valutazione della Commissione.
3.2- Passando al giudizio negativo sul compito consistente nella redazione dell’atto giudiziario, si deve evidenziare in tal caso che la Commissione ha ritenuto insufficiente l’elaborato, basandosi sui suesposti criteri di cui alle lettere c) (“dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, nonché degli orientamenti della giurisprudenza”) e h) (“dimostrazione della padronanza delle scelte difensive e delle tecniche di persuasione”).
Al compito, infatti, è stato assegnato il punteggio di 23/50, con la motivazione: “Scarsa conoscenza degli istituti giuridici trattati e degli orientamenti della giurisprudenza. Insufficiente padronanza delle scelte difensive e delle tecniche di persuasione”.
Il Collegio ritiene che nel compito non sono riscontrabili le deficienze ravvisate.
Con esso è stata richiesta la redazione di un opportuno atto giudiziario nell’interesse della Ditta edile Gamma, convenuta in giudizio da Tizia e Sempronio i quali, dopo aver versato € 140.000 per l’acquisto di un immobile, hanno richiesto la ripetizione della differenza eccedente l’importo di € 95.000 indicato nell’atto.
Nella traccia vien fatto considerare che la Ditta adduce la simulazione dei contratti successivi, rispetto ad un precedente preliminare di compravendita che recava il prezzo effettivo, adducendo di poter fornire prova testimoniale di tale simulazione.
Ciò posto, al candidato era quindi richiesto di illustrare gli istituti e le problematiche sottese alla fattispecie.
Il ricorrente ha proceduto redigendo una comparsa di costituzione e risposta con la quale, già nell’incipit, la tesi difensiva è rappresentata con chiarezza, mediante l’enunciazione dei tre passaggi su cui essa si fonda, esposti nel paragrafo “In punto di fatto”: a) il preliminare a cui gli attori fanno riferimento è preceduto da un altro contratto, recante il prezzo riscosso; b) nella situazione di causa rileva che i successivi contratti erano simulati; c) di ciò è possibile dare dimostrazione con l’escussione di testimoni “in grado di far emergere la divergenza della volontà delle odierne parti in causa”.
Così impostata la strategia difensiva, era logico attendersi che il candidato – come infatti avvenuto – si ponesse sopra ogni altra cosa il problema dell’ammissibilità della prova testimoniale, riguardo alla quale egli esordisce convincentemente con il riferimento all’art. 2724 c.c. (per il quale, tra l’altro, la prova testimoniale è ammessa quando il principio di prova è costituito da uno scritto proveniente dalla persona contro cui la domanda è diretta, che faccia apparire verosimile il fatto), correlandolo col contrapposto limite dell’art. 2722 c.c. (che non ammette la prova per testimoni su patti aggiunti o contrari al documento e stipulati prima o in contemporanea).
A tal riguardo, giova porre in rilievo che la dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, di cui al punto c) dei criteri, può ritenersi comunque assolta allorquando dallo sviluppo dell’elaborato sia evincibile la padronanza della tematica trattata, ancorché il candidato non abbia proceduto secondo l’usuale schema, descrivendo l’istituto e commentandolo.
In effetti, il dott. Cavaliere ha avuto di mira l’obiettivo di far respingere la domanda, per cui la sua trattazione si incentra sull’esigenza di provare il fatto addotto (com’è, del resto, connaturato ad un atto giudiziario), ma al tempo stesso non può dirsi che egli ignori i connotati degli istituti che vengono in rilievo e, principalmente, della simulazione del contratto, come può evincersi dai riferimenti di volta in volta elaborati (ad esempio, indicando che la pattuizione che cela una parte della somma, in quanto priva di autonomia, può essere assimilata alla simulazione negoziale: cfr. pag. 3 dell’elaborato).
Ne discende che non può essere condivisa la valutazione della Commissione, secondo cui il compito svolto denota scarsa conoscenza degli istituti giuridici trattati, la quale traspare invece tenendo conto dell’impostazione adottata, incentrata sulla prova della simulazione; nello stesso senso, gli orientamenti della giurisprudenza sono adeguatamente posti in rilievo, con i riferimenti alla “soluzione restrittiva” della Cassazione del 2007 (a cui è dedicato un appropriato commento) ed alla successiva sentenza delle Sezioni Unite del 2011 (benché, al proposito, appaia poco accurato, ma comunque di non decisivo rilievo, l’appellativo – “gli ermellini” – riservato al Giudice di legittimità).
In ordine alla padronanza delle scelte difensive e delle tecniche di persuasione, il candidato mostra di possedere in buon grado la capacità di convincimento, laddove induce l’organo giudicante a sussumere la fattispecie nell’ambito dell’art. 2724, n. 1), c.c. (che ammette la prova testimoniale in base al principio di prova, come sopra detto), escludendo di converso la limitazione allo stesso mezzo processuale, di cui all’art. 2722 c.c.
Conseguentemente, anche la valutazione negativa dell’elaborato consistente nella redazione dell’atto giudiziario deve ritenersi erronea.
Per le suesposte ragioni, sono dunque illegittimi e vanno conseguentemente annullati i censurati giudizi degli elaborati del ricorrente, unitamente al provvedimento di non ammissione alle prove orali.
Sussistono tuttavia giusti motivi, considerata la natura della controversia involgente un’attività valutativa, per compensare tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i giudizi ed il provvedimento impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario, Estensore
Claudia Lattanzi, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 02020/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01645/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1645 del 2012, proposto da:
Ratti Patrizia, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Pomarico, con
domicilio presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Lecce e Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Salerno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi n. 23;
per l'annullamento
del provvedimento analitico e sintetico, di cui al Verbale della Adunanza del 25 maggio 2012, con cui la II Sotto-Commissione per gli esami di Avvocato, presso la Corte d'Appello di Salerno per la sessione 2011, competente per l'esame degli elaborati degli iscritti presso la Corte di Appello di Lecce, valutando insufficiente l'elaborato di diritto penale redatto dalla ricorrente, ha determinato di conseguenza la sua non idoneità a sostenere le prove orali, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, della Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Lecce e della Commissione Esami di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte d’Appello di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2012 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti l'avv. Luca Pedone, in sostituzione dell'avv. Giovanni Pomarico, e l'avvocato dello Stato Simona Libertini;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- La dott.ssa Ratti ha partecipato alla sessione di esami 2011 per l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte di Appello di Lecce, sostenendo le prove scritte (la cui correzione è stata effettuata dalla II Sottocommissione istituita presso la Corte di Appello di Salerno).
Non essendo il suo nominativo incluso tra gli ammessi a sostenere la prova orale, ed seguito di accesso agli atti, la ricorrente ha appreso di aver riportato il giudizio complessivo di 85 nelle tre prove scritte, inferiore al minino richiesto di 90.
In particolare, è stato giudicato insufficiente il compito consistente nella redazione di un parere in materia penale, al quale è stato assegnato il punteggio di 25/50 (con la motivazione: “Forma non scorrevole; assenza di motivazione; errori grammaticali”), mentre ha conseguito la sufficienza (30/50) nelle altre due prove (parere in materia di diritto civile e redazione di un atto giudiziario).
Avverso il giudizio riportato è stato proposto il presente ricorso, deducendo:
- violazione degli artt. 21 e 22 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 e degli artt. 17-bis e 34 R.D. 22 gennaio 1934, n. 37; contraddittorietà: dagli elaborati non è possibile evincere la valutazione espressa da ogni componente (ad eccezione del compito giudicato insufficiente), non consentendo al candidato di rendersi conto della qualità del proprio scritto;
- violazione del giusto procedimento, in particolare degli artt. 7 e 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 12 del D.P.R. n. 487/94; violazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per illogicità manifesta: su due degli elaborati è riportato esclusivamente il voto numerico, non sono apposti segni grafici o note a margine da cui si evincano gli aspetti della prova valutati negativamente, né vi è collegamento ai criteri di giudizio predeterminati;
- violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere per illogicità manifesta: il voto espresso non è corroborato da motivazione e non è attinente alla realtà degli elaborati, avendo la ricorrente utilizzato un pregevole ordine sistematico nell’esporre le tematiche, individuato le disposizioni normative applicabili, mostrato maturità nel rappresentare le strade percorribili ed adottato una soluzione corretta.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio con atto del 7/11/2012 ed ha chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile e, gradatamente, rigettato, depositando documentazione in data 16/11/2012.
Alla Camera di Consiglio del 22 novembre 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cpa.
2.- Occorre evidenziare che, dal tenore dell’impugnativa, appare che la ricorrente intende sottoporre al sindacato giurisdizionale la valutazione di tutte le prove sostenute, anche di quelle che hanno riportato un giudizio di sufficienza.
Sennonché, in relazione a queste ultime difetta il suo interesse alla decisione, non avendo la stessa minimamente dimostrato quale utilità conseguirebbe da una diversa e migliore valutazione, mentre è evidente che la dott.ssa Ratti vanta la pretesa ad essere ammessa a sostenere la prova orale.
Essendo tale pretesa preclusa dal solo voto negativo riportato nello scritto di diritto penale, l’esame devoluto al Tribunale va ad esso circoscritto.
Tanto evidenziato, il Tribunale intende premettere che l’operato delle commissioni di abilitazione o di concorso ha natura mista, contenendo un aspetto “provvedimentale”, con riguardo all’ammissione alla fase successiva, ed uno prettamente di “giudizio”, circa la preparazione del candidato (cfr., da ultimo, Cons. Stato – Sez. IV, 6 giugno 2011 n. 3402).
Essendo i due aspetti strettamente congiunti, il generale sindacato del Giudice Amministrativo sull’attività provvedimentale della P.A. (al fine di assicurare pienezza ed effettività della tutela, secondo il fondamentale canone ora codificato dall’art. 1 cpa) non può essere limitato e, quindi, coinvolge l’attività valutativa della Commissione, verificando la coerenza e logicità del risultato finale raggiunto, rispetto agli elementi che emergono dalla prova oggetto di valutazione e che il Giudice ben può apprezzare, pur con una certa prudenza nell’evitare che la propria valutazione si sovrapponga a quella operata dall’Amministrazione.
A tal fine, soccorre l’esame dei criteri che vengono predeterminati ed a cui deve attenersi la Commissione, i quali costituiscono la base per la verifica del Giudice sulla correttezza del suo operato.
Nella specie, la Commissione Centrale presso il Ministero della Giustizia ha predisposto in data 5/12/2011 i criteri per la valutazione degli elaborati scritti (che, come espressamente stabilito, sono stati recepiti dalle Commissioni istituite nei Distretti di Corte d’Appello), i quali tra l’altro – per quanto direttamente interessa in questa sede – richiedevano che i compiti rispondessero ai seguenti parametri:
“a) correttezza della forma grammaticale, sintattica ed ortografica e padronanza del lessico italiano e giuridico”;
“b) chiarezza, pertinenza e completezza espositiva, capacità di sintesi, logicità e rigore metodologico delle argomentazioni ed intuizione giuridica”;
“g) capacità di argomentare adeguatamente le conclusioni tratte, anche se difformi dal prevalente indirizzo giurisprudenziale e/o dottrinario”.
Come detto innanzi, la valutazione negativa dei compiti della ricorrente ha riguardato il parere di diritto penale, al quale è stato assegnato il punteggio di 25/50, con la motivazione: “Forma non scorrevole; assenza di motivazione; errori grammaticali”.
Al Collegio è noto che la traccia assegnata richiedeva di esprimere parere in veste di legale di Caio, che – dopo aver consegnato a Tizio della merce in conto vendita (per esporla nel negozio di questi e venderla al prezzo determinato entro 4 mesi, oppure restituirla) – non riceveva notizia del fatto che la merce era rimasta invenduta, ma apprendeva detta circostanza a distanza di tempo dalla segretaria di Tizio, risolvendosi allora a tutelare le proprie ragioni in sede penale; in particolare, era richiesto al candidato di analizzare “la fattispecie configurabile nel caso di specie, soffermandosi in particolare sulle problematiche correlate alla procedibilità dell’azione penale”.
Ciò posto, da quanto riportato risulta che la Commissione ha ravvisato nell’elaborato deficienze di carattere esteriore (relative alla forma e alla presenza di errori) e contenutistiche (mancando un’appropriata spiegazione al tema trattato).
Nessuno di questi aspetti negativi è rinvenibile nell’elaborato.
Per ciò che concerne la forma (ritenuta “non scorrevole” dalla Commissione) la stessa si dimostra sostanzialmente corretta ed è tutto sommato agevole la lettura del compito, in quanto:
- la ricorrente ha sviluppato l’argomento esponendo in buon ordine la successione dei passaggi (riferimento alla normativa applicabile; citazione e commento delle norme, descrizione dell’elemento materiale del reato e dell’elemento soggettivo; procedibilità dell’azione penale; conclusione);
- nei paragrafi più lunghi la punteggiatura separa i periodi, che ove necessario sono introdotti dall’avverbio “inoltre”.
Quanto agli errori grammaticali, gli stessi non appaiono commessi: a tal proposito, è opportuno chiarire che manca qualsivoglia tratto di penna che li metta in evidenza, come sarebbe stato necessario in quanto, seppure l’annotazione di segni grafici non è necessaria per la valutazione del compito (potendo le singole parti essere esaminate in connessione tra loro e con riguardo all’intero sviluppo del tema), lo stesso non può dirsi allorché si riscontrino errori grammaticali che, come d’abitudine, sono segnalati almeno con la sottolineatura.
In ordine all’assenza di motivazione, non può dirsi che la ricorrente non abbia argomentato il proprio parere, come si evince dalla (seppur sintetica) esposizione conclusiva, avendo in essa qualificato il rapporto tra le parti come di prestazione d’opera, considerato che, se v’è l’elemento fiduciario, ricorre l’aggravante ex art. 61, n. 11, c.p. (abuso di relazione di prestazione d’opera) ed, infine, espresso l’avviso che il reato è perseguibile d’ufficio (mentre deve ascriversi a scrupolo difensivo, nell’interesse del cliente, la precisazione della possibilità di procedere a querela di parte, “non essendo trascorsi più di tre mesi dalla conoscenza del fatto costitutivo di reato”).
Per le suesposte ragioni, è dunque illegittimo e va conseguentemente annullato il giudizio negativo (25/50) assegnato all’elaborato della ricorrente, unitamente al provvedimento di non ammissione alle prove orali che ne è conseguito.
Sussistono tuttavia giusti motivi, considerata la natura della controversia involgente un’attività valutativa, per compensare tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il giudizio ed il provvedimento impugnati, come chiarito in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario, Estensore
Claudia Lattanzi, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
RIGETTATI
N. 00179/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01561/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex
art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1561 del 2012, proposto da:
Eva Astore, rappresentata e difesa dall'avv. Alfredo Matranga, con domicilio
eletto presso Vincenzo Matranga in Lecce, via Monti, 40;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato Corte Appello Lecce, Commissione Esami Avvocato Corte Appello Salerno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, Via F. Rubichi 23;
per l'annullamento
dei provvedimenti di giudizio con cui la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno, per la sessione 2011, ha valutato insufficienti due dei tre elaborati della ricorrente, determinando, di conseguenza, la sua inidoneità a sostenere le prove orali; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ed in particolare del verbale 16/5/2012 della II Sottocommissione presso la Corte di Appello di Salerno, nel quale sono riportate le operazioni di correzione degli elaborati della ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Commissione Esami Avvocato Corte Appello Lecce e di Commissione Esami Avvocato Corte Appello Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2012 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Marinosci Maria Grazia, in sostituzione di Matranga Alfredo, Pedone Giovanni;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale la 2° Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno ha disposto la non ammissione della ricorrente alla prova orale dell’esame per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione forense, sessione 2011, per avere riportato il complessivo punteggio di 83 (e segnatamente: 30 nel parere di diritto civile; 25 nel parere di diritto penale; 28 nell’atto giudiziario in materia penale), inferiore alla soglia minima, pari a 90, richiesta per superare la prova scritta.
All’udienza del 7.11.2012, fissata per la decisione sulla domanda cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, ha definito il giudizio in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a.
2. Con il primo motivo di ricorso, variamente articolato, deduce la ricorrente il difetto di motivazione dell’amministrazione, per avere quest’ultima espresso, in relazione alla seconda e terza prova (rispettivamente: parere di diritto penale; atto giudiziario in materia penale), giudizi di inidoneità del tutto sganciati dalla obiettiva realtà degli elaborati.
Il motivo è infondato.
2.1. E’ ben noto, da un punto di vista generale, il risalente e pacifico orientamento del Consiglio di Stato, secondo il quale: “negli esami di abilitazione alla professione di avvocato il punteggio assegnato alla prove sostenute è pacificamente sufficiente ad esprimere in forma sintetica il giudizio tecnico discrezionale demandato alla Commissione esaminatrice, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti” (C.d.S, IV, 24.4.2012, n. 1609. In termini confermativi, cfr. altresì, ex plurimis, C.d.S, IV, 18 febbraio 2010 n. 953; Id, 17 febbraio 2009 n. 855; Id, 10 gennaio 2012 n. 63; Id, 5 marzo 2008 n. 924; Id, 3 marzo 2009 n. 1223; Id, 4 maggio 2010 n. 2543).
Ed è appena il caso di osservare che tale orientamento è passato indenne dalle varie censure di incostituzionalità sollevate al riguardo. Invero, la Corte costituzionale, con sentenza 8 giugno 2011, n. 175, ha definitivamente chiarito, in parte motiva, che il punteggio numerico (peraltro diffusamente adottato nelle procedure concorsuali ed abilitative) rivela una valutazione che, attraverso la graduazione del dato numerico, conduce ad un giudizio di sufficienza o di insufficienza della prova espletata e, nell'ambito di tale giudizio, rende palese l'apprezzamento più o meno elevato che la commissione esaminatrice ha attribuito all'elaborato oggetto di esame.
Pertanto, non è sostenibile che il punteggio indichi soltanto il risultato della valutazione. Esso, in realtà, si traduce in un giudizio complessivo dell'elaborato, alla luce dei parametri dettati dall'art. 22, nono comma, del citato r.d.l. n. 1578 del 1933, suscettibile di sindacato in sede giurisdizionale, nei limiti individuati dalla giurisprudenza amministrativa. Il tutto senza trascurare che il criterio in questione risponde ad esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97, primo comma, Cost.), che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità, avuto riguardo sia ai tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia al numero dei partecipanti alle prove.
2.2. Ciò premesso, e venendo ora al caso di specie, rileva il Collegio che la II Sottocommissione non si è limitata – come pure avrebbe potuto – ad esprimere una valutazione in termini esclusivamente alfanumerici, ma l’ha corredata di giudizi espressi in forma sintetica. Precisamente, il giudizio espresso in relazione alla prova di diritto penale è il seguente: “Contenuto involuto con interpretazioni giuridiche errate”, mentre quello apposto in calce alla prova “pratica” (la redazione dell’atto giudiziario) è: “Tema eccessivamente sintetico e povero di contenuti”.
Orbene, avendo la Commissione ritenuto di aggiungere al voto di esame (già di per sé idoneo a ritenere assolto l’onere motivazionale) un giudizio – sia pur sintetico – in ordine alla prova svolta dal candidato, occorre che detto giudizio da un lato sia coerente con l’indicato voto numerico, e sotto altro profilo possa dirsi scevro da errori e/o travisamento dei fatti.
E nel caso di specie, non si rinviene nei due suddetti giudizi di inidoneità alcuno di quei profili di illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti, che consentono di ritenere viziate le valutazioni finali espresse dalla II Sottocommissione. Invero, con riferimento alla seconda prova (parere di diritto penale), emergono ictu oculi dall’elaborato sia una certa sconnessione ed elementarità dei vari concetti giuridici espressi dalla ricorrente, e sia, per quel che attiene al merito, alcuni non trascurabili errori giuridici.
2.2.1. In particolare, per quel che attiene al primo aspetto (esposizione dei concetti giuridici), è evidente anzitutto, nel periodo iniziale, una certa sconnessione sintattica, espressa dal participio “inteso” (terzo rigo, seguito da “… in termini di rappresentazione dell’evento”) che non concorda in alcun modo con la prima parte della proposizione.
Inoltre, sempre nella prima pagina, e segnatamente nella seconda e terza alinea dell’elaborato, la ricorrente esprime concetti giuridici relativi, rispettivamente, al tentativo (art. 56 c.p.), nonché all’abuso di ufficio (art. 323 c.p.), in termini assolutamente elementari, tali da escludere che la stessa abbia maturato una sicura comprensione degli stessi.
Per tali ragioni, del tutto coerente con le obiettive risultanze fattuali è la valutazione in termini di “contenuto involuto”, espressa dalla II Sottocommissione. Ne discende che l’operato di quest’ultima si sottrae, sotto questo aspetto, alle censure lamentate dalla ricorrente.
2.2.2. Venendo ora alla seconda parte del giudizio, espresso dalla II Sottocommissione con la formula: “interpretazioni giuridiche errate”, rileva il Collegio che la ricorrente commette un errore a pag. 3 dell’elaborato, attribuendo al concetto di “univocità”, rilevante ai fini della configurabilità del tentativo (art. 56 c.p.), il significato che è invece proprio dell’” idoneità”, e viceversa. Ciò denota evidentemente la non esatta comprensione di concetti fondamentali dell’istituto del tentativo, sicché per tali ragioni il giudizio di erroneità di interpretazione giuridica formulato dalla II Sottocommissione deve ritenersi corretto.
2.2.4. Pertanto, in relazione alla 2° prova (parere di diritto penale), vanno senz’altro disattese le censure formulate da parte della ricorrente.
2.2.5. Alla stessa stregua, in relazione alla 3° prova (atto giudiziario in materia penale), sebbene non vi siano errori giuridici, è evidente dalla mera lettura dell’elaborato una certa povertà di contenuti dello stesso. Invero, la ricorrente descrive la fattispecie di peculato (art. 314 c.p.) - che costituisce la ratio essendi della prova di esame – in termini del tutto elementari, denotando in tal modo insufficiente conoscenza dell’istituto. A ben vedere, ella si limita a tratteggiare l’istituto alla luce dei dati provenienti dalla traccia, evitando di aggiungervi un qualche apporto personale degno di rilievo.
Per tali ragioni, del tutto coerente con tali premesse, e con il relativo voto alfanumerico, deve ritenersi il giudizio sintetico finale espresso dalla II Sottocommissione. La quale, è appena il caso di aggiungere, non aveva l’onere di indicare con glosse, segni grafici, etc, i passi dei due elaborati da cui evincersi gli elementi presi in rilievo ai fini del giudizio sintetico, trattandosi di elementi così palesi, ed emergenti in maniera così puntuale e precisa dai relativi elaborati, da non richiedere ulteriori e più approfondite specificazioni.
2.2.6. Alla luce di tali considerazioni, il primo motivo di ricorso è infondato, e va pertanto rigettato.
3. Va infine rigettato il secondo motivo di gravame, con cui la ricorrente si duole della sottoscrizione del verbale ad opera dei soli Presidente e Segretario, nonché della mancata indicazione dell’orario di inizio e termine delle operazioni di correzione.
3.1. Invero, quanto alla prima censura, è sufficiente osservare che, ai sensi dell'art. 24, comma 1, R.D. n. 37 del 1934, "il voto deliberato deve essere annotato immediatamente dal segretario, in tutte lettere, in calce al lavoro. L'annotazione è sottoscritta dal presidente e dal segretario".
All’evidenza, a garantire la collegialità e contestualità di valutazione dei candidati è sufficiente la sottoscrizione del verbale ad opera del Presidente e del Segretario, e non anche di tutti gli altri membri della commissione. Sicché è evidente, sotto questo aspetto, l’inconferenza dei rilievi di parte ricorrente, pretendendo ella, inammissibilmente, un tipo di verbalizzazione delle operazioni di correzione dei suoi elaborati, diversa da quella prevista dalla legge.
3.2. Similmente, nessuna conseguenza giuridica è collegata alla mancata indicazione, da parte della commissione d’esame, degli orari di inizio e termine delle operazioni di correzione, trattandosi di adempimenti non imposti dalla normativa vigente in tema di esami da avvocato.
4. Conclusivamente, il ricorso è infondato.
Ne consegue il suo rigetto.
5. Ricorrono giusti motivi, rappresentati dalla natura del giudizio e dalla qualità delle parti, per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Patrizia Moro, Consigliere
Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 02037/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01647/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod.
proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1647 del 2012, proposto da:
Feliciano Braccio, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Panzuti, con domicilio
eletto presso Antonio P. Nichil in Lecce, viale Leopardi, 151;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato c/o Corte Appello di Lecce, Commissione Esami Avvocato c/o Corte Appello di Salerno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23;
per l'annullamento
del provvedimento, di data e numero ignoti, di non ammissione del ricorrente alla prova orale degli esami di abilitazione alla professione di avvocato presso la Corte di Appello di Lecce - sessione 2011, rilevabile dalla non inclusione nell'elenco degli ammessi pubblicato presso la Corte di Appello di Lecce;
del provvedimento, di data e numero ignoti, di approvazione dell'elenco degli ammessi pubblicato presso la Corte di Appello di Lecce;
dei provvedimenti di giudizio (valutazioni) sintetico (85) ed analitico (in particolare, 30 al parere di diritto civile, 25 al parere di diritto penale e 30 all'atto giudiziario in materia di diritto civile) espressi nel verbale senza numero del 29/5/2012 dalla II Sottocommissione d'esame istituita presso la Corte di Appello di Salerno, con cui è stata ritenuta complessivamente insufficiente la prova d'esame scritta sostenuta dal ricorrente, con conseguente inidoneità a sostenere le prove orali e dello stesso verbale del 29/5/2012;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale ed, ove occorra, del verbale n. 2 del 5/12/2011 della Commissione per l'esame di avvocato - sessione 2011 presso il Ministero della Giustizia con il quale sono stati approvati i criteri di valutazione; del verbale senza numero del 13/1/2012 della Commissione per l'esame di avvocato - sessione 2011 presso la Corte di Appello di Salerno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Commissione Esami Avvocato c/o Corte Appello di Lecce e di Commissione Esami Avvocato c/o Corte Appello di Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2012 il dott. Claudia Lattanzi e uditi l’avv. Carlo Panzuti, per il ricorrente, e l’avv. Simona Libertini, per l’Avvocatura dello Stato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento di giudizio con cui la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno, per la sessione 2011, ha valutato insufficiente uno dei tre elaborati, con la conseguente determinazione di inidoneità a sostenere le prove orali.
Il ricorso è infondato.
È da ricordare anzitutto che la Corte costituzionale, con la sentenza 8 giugno 2011, n. 175, ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli art. 17 bis, comma 2, 23, comma 5, 24, comma 1 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, come novellato dal d.l. n. 112 del 2003, nella parte in cui essi, secondo il diritto vivente, consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense possano essere motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico. La Corte ha precisato che “la graduazione del punteggio numerico, infatti, da un lato, consente alla commissione esaminatrice di esprimere, sia pure in modo sintetico, un giudizio complessivo dell'elaborato; dall'altro, risponde ad esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità”.
La giurisprudenza amministrativa ha altresì chiarito la non necessità, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, della apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi; la sufficienza, ai fini della motivazione ed esternazione delle valutazioni compiute dalla sottocommissione esaminatrice degli esami di avvocato sulle prove d'esame, del voto numerico, attribuito in base ai criteri da essa (o comunque dalla competente Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia) predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti; la inammissibilità della pretesa di ricavare dalla diversa e migliore opinione, espressa sulla "qualità" dei singoli elaborati redatti dall'originario ricorrente ad opera di autorevoli esperti di diritto, l'erroneità del giudizio sugli stessi formulato dalla Commissione, trattandosi di tesi che, lungi dall'evidenziare macroscopiche incongruenze di questo giudizio (tali cioè dal far presumere un esercizio non corretto del potere con esso esercitato), mira a sostituire la valutazione dell'originario ricorrente (pur corroborata da quella di "esperti") a quella effettuata dall'Amministrazione: laddove, invece, com'è noto, i giudizi espressi dalle Commissioni esaminatrici hanno carattere tecnico-discrezionale e devono ritenersi insindacabili in sede di legittimità, salvi i limiti propri della manifesta contraddittorietà, illogicità o irrazionalità. (Cons. St., sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2166; Cons. St. sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 61; Cons. St., 6 dicembre 2011, n. 6402; Cons. St., sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5832; Cons. St., sez. IV, 18 giugno 2009, n. 3991 ).
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno poi precisato l’ambito del sindacato del giudice amministrativo: “Il sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici di esami o concorsi pubblici (valutazioni inserite in un procedimento amministrativo complesso nel quale viene ad iscriversi il momento valutativo tecnico della commissione esaminatrice quale organo straordinario della pubblica amministrazione) è legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è affetto da illogicità manifesta o da travisamento del fatto in relazione ai presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto il giudizio sull'elaborato sottoposto a valutazione” (Sez. Un., 28 maggio 2012, n. 8412).
La verifica, dunque, concernente la eventuale sussistenza (o meno) del vizio di eccesso di potere, si inserisce all’interno dell’iter logico seguito (ed esposto) dall’autorità emanante l’atto impugnato, ma non deve e non può sostanziarsi in una giustapposizione (o sostituzione) della valutazione del giudice rispetto a quella dell’amministrazione, unica titolare del potere amministrativo.
Nella specie è da rilevare anzitutto che il giudizio impugnato è accompagnato dalla motivazione con cui la Commissione ha esternato le ragioni della valutazione negativa, ravvisando che il parere di diritto penale è incompleto nei contenuti in fatto e in diritto e che le motivazioni sono insufficienti..
Tale operato della Commissione si dimostra corrispondente ai criteri fissati dal Ministero in data 5/12/2011, essendo chiaramente evincibile da quanto riportato il contrasto con gli elementi ivi individuati, tra cui la “dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici” e la “coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata” (lett. a), c) ed f) dei citati criteri).
Quanto all’apposizione di segni di correzione o glosse, la condivisibile giurisprudenza ha da tempo affermato che, in tema di esami per l’abilitazione alla professione forense, tale attività non è richiesta alla Commissione, non essendo prevista dalla legge e potendosi dedurre, dal voto assegnato, le ragioni della valutazione (cfr., da ultimo, Cons. St, Sez. IV, 16 aprile 2012 n. 2166).
Per di più, come detto, nella specie il giudizio negativo è accompagnato dall’indicazione degli elementi valutati negativamente.
Passando al vaglio della prova sostenuta dal ricorrente, non sono ravvisabili i profili di erroneità della valutazione denunciati.
Infatti, il parere di diritto penale risulta estremamente sintetico, sostanziandosi in una pagina e mezza, limitandosi a riportare gli articoli di legge, relativi ad un solo reato ipotizzabile nella fattispecie in esame, e la relativa giurisprudenza.
Questo risulta altresì confermato anche dal parere che il ricorrente allega al proprio ricorso, nel quale è stato evidenziato sia che lo svolgimento dell’elaborato non è “del tutto esaustivo” (p. 18 ) sia che l’elaborato non ha affrontato “le problematiche relative alla configurabilità dei delitti di falso ideologico e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico” (p. 17 ), sostanzialmente confermando così il giudizio della Commissione che, si ripete, ha valutato l’elaborato incompleto e con motivazione insufficiente.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto con compensazione delle spese di giudizio per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario
Claudia Lattanzi, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 01931/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01469/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1469 del 2012, proposto da:
Giancarlo Sparascio, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Vantaggiato, con
domicilio eletto presso Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli 7;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Lecce, Commissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Salerno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23;
per l'annullamento
del provvedimento analitico e sintetico, di cui al verbale della adunanza del 14 maggio 2012, con cui la quarta sottocommissione per gli esami di avvocato, presso la Corte di Appello di Salerno per la sessione 2011, competente per l'esame degli elaborati degli iscritti presso la Corte di Appello di Lecce, valutando insufficiente l'elaborato di diritto civile dello stesso, ha, per l'effetto, determinato la sua non idoneità a sostenere le prove orali, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Commissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Lecce e di Commissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 il dott. Claudia Lattanzi e uditi l'avv. A. Vantaggiato, per il ricorrente, e l’avv. G. Pedone, per l’Avvocatura dello Stato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento di giudizio con cui la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno, per la sessione 2011, ha valutato insufficiente uno dei tre elaborati, con la conseguente determinazione di inidoneità a sostenere le prove orali.
Il ricorso è infondato.
È da ricordare anzitutto che la Corte costituzionale, con la sentenza 8 giugno 2011, n. 175, ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli art. 17 bis, comma 2, 23, comma 5, 24, comma 1 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, come novellato dal d.l. n. 112 del 2003, nella parte in cui essi, secondo il diritto vivente, consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense possano essere motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico. La Corte ha precisato che “la graduazione del punteggio numerico, infatti, da un lato, consente alla commissione esaminatrice di esprimere, sia pure in modo sintetico, un giudizio complessivo dell'elaborato; dall'altro, risponde ad esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità”.
La giurisprudenza amministrativa ha altresì chiarito la non necessità, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, della apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi; la sufficienza, ai fini della motivazione ed esternazione delle valutazioni compiute dalla sottocommissione esaminatrice degli esami di avvocato sulle prove d'esame, del voto numerico, attribuito in base ai criteri da essa (o comunque dalla competente Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia) predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti; la inammissibilità della pretesa di ricavare dalla diversa e migliore opinione, espressa sulla "qualità" dei singoli elaborati redatti dall'originario ricorrente ad opera di autorevoli esperti di diritto, l'erroneità del giudizio sugli stessi formulato dalla Commissione, trattandosi di tesi che, lungi dall'evidenziare macroscopiche incongruenze di questo giudizio (tali cioè dal far presumere un esercizio non corretto del potere con esso esercitato), mira a sostituire la valutazione dell'originario ricorrente (pur corroborata da quella di "esperti") a quella effettuata dall'Amministrazione: laddove, invece, com'è noto, i giudizi espressi dalle Commissioni esaminatrici hanno carattere tecnico-discrezionale e devono ritenersi insindacabili in sede di legittimità, salvi i limiti propri della manifesta contraddittorietà, illogicità o irrazionalità. (Cons. St., sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2166; Cons. St. sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 61; Cons. St., 6 dicembre 2011, n. 6402; Cons. St., sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5832; Cons. St., sez. IV, 18 giugno 2009, n. 3991 ).
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno poi precisato l’ambito del sindacato del giudice amministrativo: “Il sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici di esami o concorsi pubblici (valutazioni inserite in un procedimento amministrativo complesso nel quale viene ad iscriversi il momento valutativo tecnico della commissione esaminatrice quale organo straordinario della pubblica amministrazione), è legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è affetto da illogicità manifesta o da travisamento del fatto in relazione ai presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto il giudizio sull'elaborato sottoposto a valutazione” (Sez. Un., 28 maggio 2012, n. 8412).
La verifica, dunque, concernente la eventuale sussistenza (o meno) del vizio di eccesso di potere, si inserisce all’interno dell’iter logico seguito (ed esposto) dall’autorità emanante l’atto impugnato, ma non deve e non può sostanziarsi in una giustapposizione (o sostituzione) della valutazione del giudice rispetto a quella dell’amministrazione, unica titolare del potere amministrativo.
È da rilevare anzitutto che il giudizio impugnato è accompagnato dalla motivazione con cui la Commissione ha esternato le ragioni della valutazione negativa, ravvisando, tra l’altro, che il parere di diritto civile non argomenta sufficientemente le conclusioni prospettate e non ha una sufficiente completezza espositiva.
Tale operato della Commissione si dimostra corrispondente ai criteri fissati dal Ministero in data 5/12/2011, essendo chiaramente evincibile da quanto riportato il contrasto con gli elementi ivi individuati, tra cui la “dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici” e la “coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata” (lett. a), c) ed f) dei citati criteri).
Quanto all’apposizione di segni di correzione o glosse, la condivisibile giurisprudenza ha da tempo affermato che, in tema di esami per l’abilitazione alla professione forense, tale attività non è richiesta alla Commissione, non essendo prevista dalla legge e potendosi dedurre, dal voto assegnato, le ragioni della valutazione (cfr., da ultimo, Cons. St, Sez. IV, 16 aprile 2012 n. 2166).
Per di più, come detto, nella specie il giudizio negativo è accompagnato dall’indicazione degli elementi valutati negativamente.
Passando al vaglio della prova sostenuta dal ricorrente, non sono ravvisabili i profili di erroneità della valutazione denunciati in quanto il parere di diritto civile risulta estremamente sintetico tanto che lo stesso ricorrente dichiara di non aver “avuto modo di completare definitivamente l’elaborato” (p. 7 del ricorso); elaborato che si sostanzia in una facciata e mezza e si limita a riportare gli articoli con la relativa giurisprudenza .
In conclusione, il ricorso deve essere respinto con compensazione delle spese di giudizio per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario
Claudia Lattanzi, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 02016/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01388/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1388 del 2012, proposto da:
Alessandro Antonaci, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Mormandi,
domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esame Avvocato Presso Corte D'Appello di Lecce, Commissione Esame Avvocato Presso Corte D'Appello di Salerno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliati presso la sede di quest’ultima in Lecce, via F.Rubichi 23;
per l'annullamento
dei provvedimenti di giudizio con cui la Prima Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno per la sessione 2011 ha valutato insufficienti due dei tre elaborati del ricorrente, determinando, di conseguenza, la sua inidoneità a sostenere le prove orali;
del conseguente elenco degli ammessi alle prove orali, sessione 2011, degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, relativamente alla Corte d'Appello di Lecce;
di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi compresi i criteri per la valutazione degli elaborati scritti definiti, ai sensi dell'art. 1 bis, comma 9, della l. n. 180/03, dalla commissione per l'esame di avvocato, sessione 2011, nominata presso il Ministero della Giustizia e il verbale della riunione del 13 gennaio 2012 delle sottocommissioni c/o la Corte di Appello di Salerno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e della Commissione Esame Avvocato presso Corte d'Appello di Lecce e della Commissione Esame Avvocato presso la Corte d'Appello di Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2012 la dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti gli avv.ti G. Calabro in sostituzione dell’avv. G. Mormandi, A. Tarentini;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. Con il ricorso all’esame il ricorrente ha impugnato innanzi a questo Tribunale gli atti, in epigrafe indicati, con i quali la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di appello di Salerno, sessione 2011, ha valutato insufficienti due dei tre elaborati (venticinque/ cinquantesimi per la prova di diritto civile, e venticinque/cinquantesimi per l’atto giudiziario in materia penale) determinando la sua inidoneità a sostenere gli esami (con l’attribuzione del seguente punteggio: 25 per l’elaborato in diritto civile, 30 per quello in diritto penale e 25 per l’elaborato relativo all’atto giudiziario in materia di diritto penale) e, per l'effetto, l'ha escluso dalle prove orali.
Sono dedotte le seguenti censure:
Eccesso di potere per inadeguatezza della motivazione, erroneità dei presupposti – manifesta irragionevolezza e contraddittorietà con i criteri per la valutazione degli elaborati scritti definiti, ai sensi dell’art.1 bis, comma 9, della L. 180/2003, dalla Commissione per l’esame di avvocato sessione 2011.
Violazione dell’art. 23 R.D. n.37/1934.
2. Il ricorso è infondato e va respinto.
2.1. Secondo consolidata giurisprudenza anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, i provvedimenti della commissione esaminatrice che rilevano l'inidoneità delle prove scritte e non ammettono alla prova orale il candidato agli esami per l'abilitazione alla professione di avvocato devono ritenersi adeguatamente motivati quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti. Siffatti voti esprimono un metodo di valutazione rispondente al criterio di cui all'articolo 97 Cost. e rappresentano la compiuta esternazione dell’ attività di verifica dell'idoneità del candidato svolta a seguito della lettura dei suoi elaborati, demandata alla commissione esaminatrice.
La Corte costituzionale, con le sentenze 30 gennaio 2009 n. 20 e 8 giugno 2011, n. 175, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, nono comma, del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36, poi sostituito dall'art. 1 bis, del D.L. 21 maggio 2003, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2003, n. 180, nonché degli articoli 17 bis, 22, 23 e 24, primo comma del R.D. 22.1.1934 n. 37 (Norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento della professione di avvocato e di procuratore), sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 41, 97, 111, 113 e 117 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono l'obbligo di giustificare o motivare il voto verbalizzato in termini alfanumerici in occasione delle operazioni di valutazione delle prove scritte d'esame per l'abilitazione alla professione forense.
2.2. In ordine al merito dell’attività di valutazione,va evidenziato che, in una procedura per l'accesso a una professione , non rileva solamente l’esattezza delle soluzioni giuridiche propugnate e prescelte, ma anche la modalità espositiva, l’organizzazione complessiva del discorso, le capacità di sintesi e di compiuta argomentazione.
Ove così non fosse, dovrebbe ammettersi che tutti i candidati estensori di elaborati recanti soluzioni corrette debbano necessariamente superare la prova, il che non può sicuramente avvenire, posto che il superamento dell’esame di abilitazione permette l’accesso alla professione forense , sicchè vengono in rilievo – oltre alla esattezza delle conclusioni - la modalità espositiva, l’organizzazione complessiva del discorso, le capacità di sintesi e di compiuta argomentazione,cioè tutte le componenti che garantiscono l’adeguatezza della difesa tecnica.
2.3.Nella specie basti rilevare che, quanto alla prova inerente il parere di diritto civile, il candidato non ha effettivamente dimostrato una sufficiente padronanza del lessico italiano e un’ adeguata capacità costruttiva; inoltre non risulta: a) affrontata la tematica delle obbligazioni interne ed esterne al condominio,b) del tutto sviluppato l’esame della natura giuridica delle obbligazioni solidali e degli elementi costituivi dell’istituto (eadem res debita, eadem causa obbligandi, idem debitum), della differenza rispetto alle obbligazioni parziarie, c) approfondito il dibattito giurisprudenziale creatosi sul punto.
In sintesi il compito, in considerazione delle modalità di svolgimento dell’esame (che consentiva l’uso di codici commentati con la giurisprudenza) e dell’assenza di particolari difficoltà interpretative e argomentative nella tematica trattata, appare privo di approfondimenti degni di nota.
Tali considerazioni consentono quindi al Collegio di condividere il giudizio espresso dalla Commissione.
3. L’acclarata legittimità del giudizio espresso in ordine al parere di diritto civile è sufficiente al fine di ritenere l’infondatezza del ricorso il quale non può, pertanto, essere accolto.
Sussistono nondimeno giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Patrizia Moro, Consigliere, Estensore
Roberto Michele Palmieri, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 01930/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01405/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1405 del 2012, proposto da:
Maria Rosaria Orlando, rappresentata e difesa dall'avv. Valeria Pellegrino, con
domicilio eletto presso Valeria Pellegrino in Lecce, via Augusto Imperatore, 16;
contro
Ministero della Giustizia, Sottocommissione Esame Avvocato presso Corte di Appello di Lecce, Sottocommissione Esami Avvocato presso Corte Appello di Salerno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23;
per l'annullamento
dei provvedimenti di giudizio con cui la sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno per la sessione 2011, ha valutato insufficienti due dei tre elaborati della ricorrente, determinando, di conseguenza, la sua inidoneità a sostenere le prove orali; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ed in particolare del verbale 28/4/12 della IV sottocommissione presso la Corte di Appello di Salerno , nel quale sono riportate le operazioni di correzione degli elaborati della ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Sottocommissione Esame Avvocato presso Corte di Appello di Lecce e di Sottocommissione Esami Avvocato presso Corte Appello di Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 il dott. Claudia Lattanzi e uditi l'avv. A. Cursi, in sostituzione dell'avv. V. Pellegrino,per la ricorrente, e l’avv. G. Pedone, per l’Avvocatura dello Stato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
La ricorrente ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti di giudizio con cui la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno, per la sessione 2011, ha valutato insufficienti due dei tre elaborati, con la conseguente determinazione di inidoneità a sostenere le prove orali.
Il ricorso è infondato.
È da ricordare anzitutto che la Corte costituzionale, con la sentenza 8 giugno 2011, n. 175, ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli art. 17 bis, comma 2, 23, comma 5, 24, comma 1 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, come novellato dal d.l. n. 112 del 2003, nella parte in cui essi, secondo il diritto vivente, consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense possano essere motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico. La Corte ha precisato che “la graduazione del punteggio numerico, infatti, da un lato, consente alla commissione esaminatrice di esprimere, sia pure in modo sintetico, un giudizio complessivo dell'elaborato; dall'altro, risponde ad esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità”.
La giurisprudenza amministrativa ha altresì chiarito la non necessità, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, della apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi; la sufficienza, ai fini della motivazione ed esternazione delle valutazioni compiute dalla sottocommissione esaminatrice degli esami di avvocato sulle prove d'esame, del voto numerico, attribuito in base ai criteri da essa (o comunque dalla competente Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia) predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti; la inammissibilità della pretesa di ricavare dalla diversa e migliore opinione, espressa sulla "qualità" dei singoli elaborati redatti dall'originario ricorrente ad opera di autorevoli esperti di diritto, l'erroneità del giudizio sugli stessi formulato dalla Commissione, trattandosi di tesi che, lungi dall'evidenziare macroscopiche incongruenze di questo giudizio (tali cioè dal far presumere un esercizio non corretto del potere con esso esercitato), mira a sostituire la valutazione dell'originario ricorrente (pur corroborata da quella di "esperti") a quella effettuata dall'Amministrazione: laddove, invece, com'è noto, i giudizi espressi dalle Commissioni esaminatrici hanno carattere tecnico-discrezionale e devono ritenersi insindacabili in sede di legittimità, salvi i limiti propri della manifesta contraddittorietà, illogicità o irrazionalità. (Cons. St., sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2166; Cons. St. sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 61; Cons. St., 6 dicembre 2011, n. 6402; Cons. St., sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5832; Cons. St., sez. IV, 18 giugno 2009, n. 3991).
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno poi precisato l’ambito del sindacato del giudice amministrativo: “Il sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici di esami o concorsi pubblici (valutazioni inserite in un procedimento amministrativo complesso nel quale viene ad iscriversi il momento valutativo tecnico della commissione esaminatrice quale organo straordinario della pubblica amministrazione), è legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è affetto da illogicità manifesta o da travisamento del fatto in relazione ai presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto il giudizio sull'elaborato sottoposto a valutazione” (Sez. Un., 28 maggio 2012, n. 8412).
La verifica, dunque, concernente la eventuale sussistenza (o meno) del vizio di eccesso di potere, si inserisce all’interno dell’iter logico seguito (ed esposto) dall’autorità emanante l’atto impugnato, ma non deve e non può sostanziarsi in una giustapposizione (o sostituzione) della valutazione del giudice rispetto a quella dell’amministrazione, unica titolare del potere amministrativo.
È da rilevare anzitutto che il giudizio impugnato è accompagnato dalla motivazione con cui la Commissione ha esternato le ragioni della valutazione negativa, ravvisando, tra l’altro, che il parere di diritto penale non argomenta sufficientemente le conclusioni prospettate e non ha una sufficiente completezza espositiva.
Tale operato della Commissione si dimostra corrispondente ai criteri fissati dal Ministero in data 5/12/2011, essendo chiaramente evincibile da quanto riportato il contrasto con gli elementi ivi individuati, tra cui la “dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici” e la “coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata” (lett. a), c) ed f) dei citati criteri).
Quanto all’apposizione di segni di correzione o glosse, la condivisibile giurisprudenza ha da tempo affermato che, in tema di esami per l’abilitazione alla professione forense, tale attività non è richiesta alla Commissione, non essendo prevista dalla legge e potendosi dedurre, dal voto assegnato, le ragioni della valutazione (cfr., da ultimo, Cons. St, Sez. IV, 16 aprile 2012 n. 2166).
Per di più, come detto, nella specie il giudizio negativo è accompagnato dall’indicazione degli elementi valutati negativamente.
Passando al vaglio delle prove sostenute dalla ricorrente, non sono ravvisabili i profili di erroneità della valutazione denunciati in quanto sia nel parere di diritto penale che nell’atto giudiziario non risulta esservi un approfondimento delle conclusioni prospettate, così come indicato nel giudizio espresso dalla Commissione.
Il parere di diritto penale si dimostra poco rispondente, nella sua articolazione e con riguardo al suo contenuto, ai requisiti richiesti.
Il compito è svolto con uno schema semplicistico.
Le difficoltà riscontrate nello sviluppo della traccia sono evidenziate dal fatto che la ricorrente ha sorvolato su precipui aspetti della questione sottoposta, per cui si ricava effettivamente un’insufficiente capacità di discernere il fondamento teorico degli istituti (trattati in modo oltremodo discorsivo), l’assenza di un appropriato rigore metodologico (che consenta di passare dalle premesse alle conclusioni in maniera stringente) e l’incoerenza dell’elaborato rispetto alla traccia (mancando la specifica risposta alla richiesta di affrontare le problematiche della procedibilità dell’azione penale).
L’atto giudiziario, in relazione alle questioni proposte, non approfondisce gli istituti, limitandosi al richiamo della giurisprudenza della Corte di cassazione, e non individua in modo chiaro e preciso la tesi difensiva.
Alla stregua di quanto osservato, i giudizi negativi sono stati quindi correttamente formulati.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto con compensazione delle spese di giudizio per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario
Claudia Lattanzi, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 01929/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01404/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1404 del 2012, proposto da:
A. R., rappresentata e difesa dall'avv. Valeria Pellegrino, con
domicilio eletto presso Valeria Pellegrino in Lecce, via Augusto Imperatore, 16;
contro
Ministero della Giustizia, Sottocommissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Salerno, Sottocommissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Lecce, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23;
per l'annullamento
dei provvedimenti di giudizio con cui la sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno per la sessione 2011, ha valutato insufficienti uno dei tre elaborati della ricorrente, determinando, di conseguenza, la sua inidoneità a sostenere le prove orali; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ed in particolare del verbale 01/02/2012 della IV sottocommissione presso la Corte di Appello di Salerno, nel quale sono riportate le operazioni di correzione degli elaborati della ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia, di Sottocommissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Salerno, e di Sottocommissione Esami Avvocato presso Corte di Appello di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 il dott. Claudia Lattanzi e uditi l'avv. A. Cursi, in sostituzione dell'avv. V. Pellegrino, per la ricorrente, e l’avv. G. Pedone, per l’Avvocatura dello Stato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
La ricorrente ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti di giudizio con cui la Sottocommissione per gli esami di avvocato presso la Corte di Appello di Salerno, per la sessione 2011, ha valutato insufficiente uno dei tre elaborati, con la conseguente determinazione di inidoneità a sostenere le prove orali.
Il ricorso è infondato.
È da ricordare anzitutto che la Corte costituzionale, con la sentenza 8 giugno 2011, n. 175, ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli art. 17 bis, comma 2, 23, comma 5, 24, comma 1 r.d. 22 gennaio 1934 n. 37, come novellato dal d.l. n. 112 del 2003, nella parte in cui essi, secondo il diritto vivente, consentono che i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense possano essere motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico. La Corte ha precisato che “la graduazione del punteggio numerico, infatti, da un lato, consente alla commissione esaminatrice di esprimere, sia pure in modo sintetico, un giudizio complessivo dell'elaborato; dall'altro, risponde ad esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità”.
La giurisprudenza amministrativa ha altresì chiarito la non necessità, per la legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, della apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsiasi tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi; la sufficienza, ai fini della motivazione ed esternazione delle valutazioni compiute dalla sottocommissione esaminatrice degli esami di avvocato sulle prove d'esame, del voto numerico, attribuito in base ai criteri da essa (o comunque dalla competente Commissione istituita presso il Ministero della Giustizia) predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti; la inammissibilità della pretesa di ricavare dalla diversa e migliore opinione, espressa sulla "qualità" dei singoli elaborati redatti dall'originario ricorrente ad opera di autorevoli esperti di diritto, l'erroneità del giudizio sugli stessi formulato dalla Commissione, trattandosi di tesi che, lungi dall'evidenziare macroscopiche incongruenze di questo giudizio (tali cioè dal far presumere un esercizio non corretto del potere con esso esercitato), mira a sostituire la valutazione dell'originario ricorrente (pur corroborata da quella di "esperti") a quella effettuata dall'Amministrazione: laddove, invece, com'è noto, i giudizi espressi dalle Commissioni esaminatrici hanno carattere tecnico-discrezionale e devono ritenersi insindacabili in sede di legittimità, salvi i limiti propri della manifesta contraddittorietà, illogicità o irrazionalità. (Cons. St., sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2166; Cons. St. sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 61; Cons. St., 6 dicembre 2011, n. 6402; Cons. St., sez. IV, 28 settembre 2009, n. 5832; Cons. St., sez. IV, 18 giugno 2009, n. 3991 ).
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno poi precisato l’ambito del sindacato del giudice amministrativo: “Il sindacato giurisdizionale di legittimità del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche delle commissioni esaminatrici di esami o concorsi pubblici (valutazioni inserite in un procedimento amministrativo complesso nel quale viene ad iscriversi il momento valutativo tecnico della commissione esaminatrice quale organo straordinario della pubblica amministrazione), è legittimamente svolto quando il giudizio della commissione esaminatrice è affetto da illogicità manifesta o da travisamento del fatto in relazione ai presupposti stessi in base ai quali è stato dedotto il giudizio sull'elaborato sottoposto a valutazione” (Sez. Un., 28 maggio 2012, n. 8412).
La verifica, dunque, concernente la eventuale sussistenza (o meno) del vizio di eccesso di potere, si inserisce all’interno dell’iter logico seguito (ed esposto) dall’autorità emanante l’atto impugnato, ma non deve e non può sostanziarsi in una giustapposizione (o sostituzione) della valutazione del giudice rispetto a quella dell’amministrazione, unica titolare del potere amministrativo.
È da rilevare anzitutto che il giudizio impugnato è accompagnato dalla motivazione con cui la Commissione ha esternato le ragioni della valutazione negativa, ravvisando, tra l’altro, che il parere di diritto penale non argomenta sufficientemente le conclusioni prospettate e non ha una sufficiente completezza espositiva.
Tale operato della Commissione si dimostra corrispondente ai criteri fissati dal Ministero in data 5/12/2011, essendo chiaramente evincibile da quanto riportato il contrasto con gli elementi ivi individuati, tra cui la “dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici” e la “coerenza dell’elaborato con la traccia assegnata” (lett. a), c) ed f) dei citati criteri).
Quanto all’apposizione di segni di correzione o glosse, la condivisibile giurisprudenza ha da tempo affermato che, in tema di esami per l’abilitazione alla professione forense, tale attività non è richiesta alla Commissione, non essendo prevista dalla legge e potendosi dedurre, dal voto assegnato, le ragioni della valutazione (cfr., da ultimo, Cons. St, Sez. IV, 16 aprile 2012 n. 2166).
Per di più, come detto, nella specie il giudizio negativo è accompagnato dall’indicazione degli elementi valutati negativamente.
Passando al vaglio della prova sostenuta dalla ricorrente, non sono ravvisabili i profili di erroneità della valutazione denunciati, in quanto il parere di diritto penale si dimostra poco rispondente, nella sua articolazione e con riguardo al suo contenuto, ai requisiti richiesti.
Il compito è svolto con uno schema semplicistico.
Le difficoltà riscontrate nello sviluppo della traccia sono evidenziate dal fatto che la ricorrente ha sorvolato su precipui aspetti della questione sottoposta, per cui si ricava effettivamente un’insufficiente capacità di discernere il fondamento teorico degli istituti (trattati in modo oltremodo discorsivo), l’assenza di un appropriato rigore metodologico (che consenta di passare dalle premesse alle conclusioni in maniera stringente).
Alla stregua di quanto osservato, il giudizio negativo è stato quindi correttamente formulato.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto con compensazione delle spese di giudizio per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario
Claudia Lattanzi, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
N. 01916/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01470/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1470 del 2012, proposto da:
Durante Marcello, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Vantaggiato, con
domicilio eletto presso lo studio in Lecce, via Zanardelli 7;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione Esame di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte di Appello di Lecce e Commissione Esame di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte di Appello di Salerno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23;
per l'annullamento
del provvedimento analitico e sintetico, di cui al Verbale della Adunanza del 2 aprile 2012, con cui la IV Sotto-Commissione per gli esami di Avvocato, presso la Corte d'Appello di Salerno per la sessione 2011, competente per l'esame degli elaborati degli iscritti presso la Corte di Appello di Lecce, valutando insufficiente l'elaborato di diritto penale dello stesso, ha, per l'effetto, determinato la sua non idoneità a sostenere le prove orali, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia, Commissione Esame di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte di Appello di Lecce e Commissione Esame di Avvocato – sessione anno 2011 presso la Corte di Appello di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti l'avv. Angelo Vantaggiato e l'avvocato dello Stato Giovanni Pedone;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- Il dott. Durante ha partecipato alla sessione di esami per l’abilitazione all’esercizio della professione forense per l’anno 2011 presso la Corte di Appello di Lecce.
Dopo aver sostenuto le prove scritte, non è stato incluso nell’elenco dei candidati ammessi a sostenere la prova orale.
Ha quindi formulato istanza di accesso agli atti, ottenendo copia dei propri elaborati ed il verbale in epigrafe, apprendendo così di aver conseguito il punteggio complessivo di 85 nelle tre prove scritte (30 per il parere di diritto civile; 25 per il parere di diritto penale; 30 per l’atto giudiziario), inferiore al minino richiesto di 90.
Avverso la valutazione negativa dall’elaborato di diritto penale ed il conseguente giudizio di non ammissione all’esame orale è stato proposto il presente ricorso, denunciando i seguenti vizi:
- difetto di motivazione e violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90: benché la votazione numerica sia accompagnata dalla motivazione, la stessa si concreta in una mera formula di stile, lacunosa sotto il profilo argomentativo, erronea nel merito ed irrazionale;
- irragionevolezza della motivazione e contraddittorietà: il giudizio espresso non è aderente ai criteri predeterminati dalla Commissione Centrale presso il Ministero della Giustizia in data 5/12/2011;
- irrazionalità manifesta e contraddittorietà sotto altro profilo: traspare dall’allegato parere motivato l’incoerenza fra le motivazioni addotte dalla Sottocommissione e i riferiti criteri fissati dalla Commissione Centrale presso il Ministero della Giustizia;
- erroneità e contraddittorietà dell’azione amministrativa ed eccesso di potere: sulla scorta dell’esame del testo dell’elaborato e della valutazione resa su di esso dal parere pro veritate prodotto, si censura la valutazione espressa dalla Sottocommissione, avendo il ricorrente illustrato il tema in maniera coerente rispetto alla traccia assegnata, individuando correttamente gli istituti e traendo conclusioni congrue.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio ed ha chiesto che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile e, gradatamente, rigettato.
Nella Camera di Consiglio del 24 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 cpa.
2.- Il Tribunale intende premettere che l’operato delle commissioni di abilitazione o di concorso ha natura mista, contenendo un aspetto “provvedimentale”, con riguardo all’ammissione alla fase successiva, ed uno prettamente di “giudizio”, circa la preparazione del candidato (cfr., da ultimo, Cons. Stato – Sez. IV, 6 giugno 2011 n. 3402).
Essendo i due aspetti strettamente congiunti, il generale sindacato del Giudice Amministrativo sull’attività provvedimentale della P.A. (al fine di assicurare pienezza ed effettività della tutela, secondo il fondamentale canone ora codificato dall’art. 1 cpa) non può essere limitato e, quindi, coinvolge l’attività valutativa della Commissione, verificando la coerenza e logicità del risultato finale raggiunto, rispetto agli elementi che emergono dalla prova oggetto di valutazione e che il Giudice ben può apprezzare, pur con una certa prudenza nell’evitare che la propria valutazione si sovrapponga a quella operata dall’Amministrazione.
A tal fine, soccorre l’esame dei criteri che vengono predeterminati ed a cui deve attenersi la Commissione, i quali costituiscono la base per la verifica del Giudice sulla correttezza del suo operato.
Passando al caso di specie, l’esclusione del ricorrente dall’esame orale per l’abilitazione all’esercizio della professione forense è stata determinata dal voto negativo (25/50) alla prova concernente la redazione di un parere motivato di diritto penale, assegnato con la seguente motivazione: “Scarsa conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati nonché elaborato poco coerente con la traccia assegnata. Insufficiente rigore metodologico”.
La traccia assegnata richiedeva di esprimere parere in veste di legale di Caio, che – dopo aver consegnato a Tizio della merce in conto vendita (per esporla nel negozio di questi e venderla al prezzo determinato entro 4 mesi, oppure restituirla) – non riceveva notizia del fatto che la merce era rimasta invenduta, ma apprendeva detta circostanza a distanza di tempo dalla segretaria di Tizio, risolvendosi allora a tutelare le proprie ragioni in sede penale.
Il compito assegnato esigeva che il candidato analizzasse “la fattispecie configurabile nel caso di specie, soffermandosi in particolare sulle problematiche correlate alla procedibilità dell’azione penale”.
A questo punto, è necessario precisare che gli indirizzi forniti dalla Commissione Centrale richiedevano ai candidati “chiarezza, pertinenza e completezza espositiva, capacità di sintesi, logicità e rigore metodologico delle argomentazioni ed intuizione giuridica (vedi la lett. b) dei criteri del 5/12/2011), oltre alla dimostrazione “della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, nonché degli orientamenti della giurisprudenza” e “di concreta capacità di risolvere problemi giuridici anche attraverso riferimenti alla dottrina e l’utilizzo di giurisprudenza” (lettere c) e d) degli stessi criteri).
Il Collegio osserva che l’elaborato del ricorrente si dimostra poco rispondente, nella sua articolazione e con riguardo al suo contenuto, ai requisiti richiesti.
Il compito è svolto con uno schema semplicistico, descrivendo il reato di appropriazione indebita con la mera trascrizione dei tre commi di cui si compone l’art. 646 c.p. e senza approfondire i concetti, passando in succinta rassegna i dati di fatto proposti e concludendo con il consiglio a Caio di diffidare Tizio a consegnare la merce, proponendo poi querela ma, nel contempo, “tenendo, quindi, ben presenti tutte le circostanze aggravanti che ammettono la procedibilità d’ufficio”.
A fronte delle difficoltà riscontrate nello sviluppo della traccia, il ricorrente ha sorvolato su precipui aspetti della questione sottoposta, per cui si ricava effettivamente un’insufficiente capacità di discernere il fondamento teorico degli istituti (trattati in modo oltremodo discorsivo), l’assenza di un appropriato rigore metodologico (che consenta di passare dalle premesse alle conclusioni in maniera stringente) e l’incoerenza dell’elaborato rispetto alla traccia (mancando la specifica risposta alla richiesta di affrontare le problematiche della procedibilità dell’azione penale).
Alla stregua di quanto osservato, il giudizio negativo è stato quindi correttamente formulato.
Il ricorso va dunque respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi, considerata la natura della controversia, per compensare tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente
Giuseppe Esposito, Primo Referendario, Estensore
Claudia Lattanzi, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)