Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.
Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.
I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.
Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."
L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.
L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.
Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.
Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).
Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.
Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro.
Dr Antonio Giangrande
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ARTICOLI PER TEMA
Di Antonio Giangrande
INDICE
Una Ballata per l'Italia
Il Poema di Avetrana
Coronavirus. Covid-19. SARS-CoV-2. Lo conosco. Li conosco. Testimonianza dall’inferno della malattia.
Si stava meglio quando si stava peggio.
Si stava meglio quando si stava peggio?
Il segnalatore di illeciti (whistleblower).
Ignoranza e diritto d'autore. Se questi son giornalisti...
Intervista al dr Antonio Giangrande
Violenza ai seggi elettorali.
La Giustizia a Taranto: non solo i Misseri.
Diritto di Cronaca: ricusazione del giudice su cause attinenti pubblicazioni sul sistema giudiziario tarantino.
Ritorsioni: ucciso il cane del presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
Tortora, Sallusti. E Giangrande?
La discriminazione associativa
Puglia. La discriminazione della Giunta Vendola.
Denuncia pubblica sulla destinazione dei beni confiscati alla mafia
Conferenza Provinciale Permanente presso la Prefettura di Taranto.
Antimafia e concorrenza associativa e discriminazione a destra.
L'antiracket di destra.
Mai dire Antimafia
L'Avvocato più giovane d'Italia.
Avetrana non solo Sabrina, cosima e Michele.
Il delitto di Sarah Scazzi, lettera al direttore.
Istanza di Rimessione nel processo Scazzi
Segnalazione attinente i risultati degli esami d’avvocato.
A proposito di liberalizzazioni.
Concorsi pubblici truccati
Risultati esami forensi presso la Corte d’Appello; ennesimo concorso truccato.
Concorso di avvocato ed uso dei cellulari in sede di esame.
Una vittima di un esame statale truccato.
17 anni per dire basta.
Gli anni passano, nulla cambia ed è tutto tempo perso.
Perchè i diversi sono emarginati?
Cosa vorrei?
Gli amici su facebook: Averne migliaia che ti ignorano o averne pochi, ma veri e sinceri?
Ritorsioni e Persecuzione.
Cultura, informazione e Società. A proposito di Wikipedia, l’enciclopedia censoria.
Censura video
Censura da Amazon libri. Del Coronavirus vietato scrivere.
Censura giudiziaria.
Censura e basta.
Cultura e cittadinanza attiva. Diamo voce alla piccola editoria indipendente.
Recensione della collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo”.
Un caso da giurisprudenza.
AAA…avvocato cercasi.
Il Calvario di Antonio Giangrande
Il grido di allarme ignorato: al Tribunale di Taranto condanna certa, perché è impedito difendersi e criticare.
Potenza decide sul diritto di informare
Alza la testa
Intervista al Presidente Antonio Giangrande
5x1000, ma non per tutti
Azione Liberale
La Costituzione che vorremmo
Le Amministrative
Pro Bono Pubblico Obbligatorio
Morire di denti
A promozione del territorio.
Un sito web di promozione turistica dell’Italia.
Campagna per la legalità
Pro Specchiarica
Class Action per Specchiarica
UNA BALLATA PER L’ITALIA
(di Antonio Giangrande)
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Tra i nostri avi abbiamo condottieri, poeti, santi, navigatori,
oggi per gli altri siamo solo una massa di ladri e di truffatori.
Hanno ragione, è colpa dei contemporanei e dei loro governanti,
incapaci, incompetenti, mediocri e pure tanto arroganti.
Li si vota non perché sono o sanno, ma solo perché questi danno,
per ciò ci governa chi causa sempre e solo tanto malanno.
Noi lì a lamentarci sempre e ad imprecare,
ma poi siamo lì ogni volta gli stessi a rivotare.
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Codardia e collusione sono le vere ragioni,
invece siamo lì a differenziarci tra le regioni.
A litigare sempre tra terroni, po’ lentoni e barbari padani,
ma le invasioni barbariche non sono di tempi lontani?
Vili a guardare la pagliuzza altrui e non la trave nei propri occhi,
a lottar contro i più deboli e non contro i potenti che fanno pastrocchi.
Italiopoli, noi abbiamo tanto da vergognarci e non abbiamo più niente,
glissiamo, censuriamo, omertiamo e da quell’orecchio non ci si sente.
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Simulano la lotta a quella che chiamano mafia per diceria,
ma le vere mafie sono le lobbies, le caste e la massoneria.
Nei tribunali vince il più forte e non chi ha la ragione dimostrata,
così come abbiamo l’usura e i fallimenti truccati in una giustizia prostrata.
La polizia a picchiare, gli innocenti in anguste carceri ed i criminali fuori in libertà,
che razza di giustizia è questa se non solo pura viltà.
Abbiamo concorsi pubblici truccati dai legulei con tanta malizia,
così come abbiamo abusi sui più deboli e molta ingiustizia.
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Abbiamo l’insicurezza per le strade e la corruzione e l’incompetenza tra le istituzioni
e gli sprechi per accontentare tutti quelli che si vendono alle elezioni.
La costosa Pubblica Amministrazione è una palla ai piedi,
che produce solo disservizi anche se non ci credi.
Nonostante siamo alla fame e non abbiamo più niente,
c’è il fisco e l’erario che ci spreme e sull’evasione mente.
Abbiamo la cultura e l’istruzione in mano ai baroni con i loro figli negli ospedali,
e poi ci ritroviamo ad essere vittime di malasanità, ma solo se senza natali.
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Siamo senza lavoro e senza prospettive di futuro,
e le Raccomandazioni ci rendono ogni tentativo duro.
Clientelismi, favoritismi, nepotismi, familismi osteggiano capacità,
ma la nostra classe dirigente è lì tutta intera da buttà.
Abbiamo anche lo sport che è tutto truccato,
non solo, ma spesso si scopre pure dopato.
E’ tutto truccato fin anche l’ambiente, gli animali e le risorse agro alimentari
ed i media e la stampa che fanno? Censurano o pubblicizzano solo i marchettari.
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Gli ordini professionali di istituzione fascista ad imperare e l’accesso a limitare,
con la nuova Costituzione catto-comunista la loro abolizione si sta da decenni a divagare.
Ce lo chiede l’Europa e tutti i giovani per poter lavorare,
ma le caste e le lobbies in Parlamento sono lì per sé ed i loro figli a legiferare.
Questa è l’Italia che c’è, ma non la voglio, e con cipiglio,
eppure tutti si lamentano senza batter ciglio.
Che cazzo di Italia è questa con tanta pazienza,
non è la figlia del rinascimento, del risorgimento, della resistenza!!!
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Questa è un’Italia figlia di spot e di soap opera da vedere in una stanza,
un’Italia che produce veline e merita di languire senza speranza.
Un’Italia governata da vetusti e scaltri alchimisti
e raccontata sui giornali e nei tg da veri illusionisti.
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma se tanti fossero cazzuti come me, mi piacerebbe tanto.
Non ad usar spranghe ed a chi governa romper la testa,
ma nelle urne con la matita a rovinargli la festa.
Sono un italiano vero e me ne vanto,
ma quest’Italia mica mi piace tanto.
Rivoglio l’Italia all’avanguardia con condottieri, santi, poeti e navigatori,
voglio un’Italia governata da liberi, veri ed emancipati sapienti dottori.
Che si possa gridare al mondo: sono un italiano e me ne vanto!!
Ed agli altri dire: per arrivare a noi c’è da pedalare, ma pedalare tanto!!
Antonio Giangrande (scritta l’11 agosto 2012)
Il Poema di Avetrana
di Antonio Giangrande
Avetrana mia, qua sono nato e che possiamo fare,
non ti sopporto, ma senza di te non posso stare.
Potevo nascere in Francia od in Germania, qualunque sia,
però potevo nascere in Africa od in Albania.
Siamo italiani, della provincia tarantina,
siamo sì pugliesi, ma della penisola salentina.
Il paese è piccolo e la gente sta sempre a criticare,
quello che dicono al vicino è vero o lo stanno ad inventare.
Qua sei qualcuno solo se hai denari, non se vali con la mente,
i parenti, poi, sono viscidi come il serpente.
Le donne e gli uomini sono belli o carini,
ma ci sposiamo sempre nei paesi più vicini.
Abbiamo il castello e pure il Torrione,
come abbiamo la Giostra del Rione,
per far capire che abbiamo origini lontane,
non come i barbari delle terre padane.
Abbiamo le grotte e sotto la piazza il trappeto,
le fontane dell’acqua e le cantine con il vino e con l’aceto.
Abbiamo il municipio dove da padre in figlio sempre i soliti stanno a comandare,
il comune dove per sentirsi importanti tutti ci vogliono andare.
Il comune intitolato alla Santo, che era la dottoressa mia,
di fronte alla sala gialla, chiamata Caduti di Nassiriya.
Tempo di elezioni pecore e porci si mettono in lista,
per fregare i bianchi, i neri e i rossi, stanno tutti in pista.
Mettono i manifesti con le foto per le vie e per la piazza,
per farsi votare dagli amici e da tutta la razza.
Però qua votano se tu dai,
e non perché se tu sai.
Abbiamo la caserma con i carabinieri e non gli voglio male,
ma qua pure i marescialli si sentono generale.
Abbiamo le scuole elementari e medie. Cosa li abbiamo a fare,
se continui a studiare, o te ne vai da qua o ti fai raccomandare.
Parlare con i contadini ignoranti non conviene, sia mai,
questi sanno più della laurea che hai.
Su ogni argomento è sempre negazione,
tu hai torto, perché l’ha detto la televisione.
Solo noi abbiamo l’avvocato più giovane d’Italia,
per i paesani, invece, è peggio dell’asino che raglia.
Se i diamanti ai porci vorresti dare,
quelli li rifiutano e alle fave vorrebbero mirare.
Abbiamo la piazza con il giardinetto,
dove si parla di politica nera, bianca e rossa.
Abbiamo la piazza con l’orologio erto,
dove si parla di calcio, per spararla grossa.
Abbiamo la piazza della via per mare,
dove i giornalisti ci stanno a denigrare.
Abbiamo le chiese dove sembra siamo amati,
e dove rimettiamo tutti i peccati.
Per una volta alla domenica che andiamo alla messa dal prete,
da cattivi tutto d’un tratto diventiamo buoni come le monete.
Abbiamo San Biagio, con la fiera, la cupeta e i taralli,
come abbiamo Sant’Antonio con i cavalli.
Di San Biagio e Sant’Antonio dopo i falò per le strade cosa mi resta,
se ci ricordiamo di loro solo per la festa.
Non ci scordiamo poi della processione per la Madonna e Cristo morto, pure che sia,
come neanche ci dobbiamo dimenticare di San Giuseppe con la Tria.
Abbiamo gli oratori dove portiamo i figli senza prebende,
li lasciamo agli altri, perché abbiamo da fare altri faccende.
Per fare sport abbiamo il campo sportivo e il palazzetto,
mentre io da bambino giocavo giù alle cave senza tetto.
Abbiamo le vigne e gli ulivi, il grano, i fichi e i fichi d’india con aculei tesi,
abbiamo la zucchina, i cummarazzi e i pomodori appesi.
Abbiamo pure il commercio e le fabbriche per lavorare,
i padroni pagano poco, ma basta per campare.
Abbiamo la spiaggia a quattro passi, tanto è vicina,
con Specchiarica e la Colimena, il Bacino e la Salina.
I barbari padani ci chiamano terroni mantenuti,
mica l’hanno pagato loro il sole e il mare, questi cornuti??
Io so quanto è amaro il loro pane o la michetta,
sono cattivi pure con la loro famiglia stretta.
Abbiamo il cimitero dove tutti ci dobbiamo andare,
lì ci sono i fratelli e le sorelle, le madri e i padri da ricordare.
Quelli che ci hanno lasciato Avetrana, così come è stata,
e noi la dobbiamo lasciare meglio di come l’abbiamo trovata.
Nessuno è profeta nella sua patria, neanche io,
ma se sono nato qua, sono contento e ringrazio Dio.
Anche se qua si sentono alti pure i nani,
che se non arrivano alla ragione con la bocca, la cercano con le mani.
Qua so chi sono e quanto gli altri valgono,
a chi mi vuole male, neanche li penso,
pure che loro mi assalgono,
io guardo avanti e li incenso.
Potevo nascere tra la nebbia della padania o tra il deserto,
sì, ma li mi incazzo e poi non mi diverto.
Avetrana mia, finchè vivo ti faccio sempre onore,
anche se i miei paesani non hanno sapore.
Il denaro, il divertimento e la panza,
per loro la mente non ha usanza.
Ti lascio questo poema come un quadro o una fotografia tra le mani,
per ricordarci sempre che oggi stiamo, però non domani.
Dobbiamo capire: siamo niente e siamo tutti di passaggio,
Avetrana resta per sempre e non ti dà aggio.
Se non lasci opere che restano,
tutti di te si scordano.
Per gli altri paesi questo che dico non è diverso,
il tempo passa, nulla cambia ed è tutto tempo perso.
La Ballata ti l'Aitrana
di Antonio Giangrande
Aitrana mia, quà già natu e ce ma ffà,
no ti pozzu vetè, ma senza ti te no pozzu stà.
Putia nasciri in Francia o in Germania, comu sia,
però putia nasciri puru in africa o in Albania.
Simu italiani, ti la provincia tarantina,
simu sì pugliesi, ma ti la penisula salentina.
Lu paisi iè piccinnu e li cristiani sempri sciotucunu,
quiddu ca ticunu all’icinu iè veru o si l’unventunu.
Qua sinti quarche tunu sulu ci tieni, noni ci sinti,
Li parienti puè so viscidi comu li serpienti.
Li femmini e li masculi so belli o carini,
ma ni spusamu sempri alli paisi chiù icini.
Tinimu lu castellu e puru lu Torrioni,
comu tinumu la giostra ti li rioni,
pi fa capii ca tinimu l’origini luntani,
no cumu li barbari ti li padani.
Tinimu li grotti e sotta la chiazza lu trappitu,
li funtani ti l’acqua e li cantini ti lu mieru e di l’acitu.
Tinimu lu municipiu donca fili filori sempri li soliti cumannunu,
lu Comuni donca cu si sentunu impurtanti tutti oluni bannu.
Lu comuni ‘ntitolato alla Santu, ca era dottori mia,
ti fronti alla sala gialla, chiamata Catuti ti Nassiria.
Tiempu ti votazioni pecuri e puerci si mettunu in lista,
pi fottiri li bianchi, li neri e li rossi, stannu tutti in pista.
Basta ca mettunu li manifesti cu li fotu pi li vii e pi la chiazza,
cu si fannu utà ti li amici e di tutta la razza.
Però quà votunu ci tu tai,
e no piccè puru ca tu sai.
Tinumu la caserma cu li carabinieri e no li oiu mali,
ma qua puru li marescialli si sentunu generali.
Tinimu li scoli elementari e medi. Ce li tinimu a fà,
ci continui a studià, o ti ni ai ti quà o ta ffà raccumandà.
Cu parli cu li villani no cunvieni,
quisti sapunu chiù ti la lauria ca tieni.
Sobbra all’argumentu ti ticunu ca iè noni,
tu tieni tuertu, piccè le ditto la televisioni.
Sulu nui tinimu l’avvocatu chiù giovini t’Italia,
pi li paisani, inveci, iè peggiu ti lu ciucciu ca raia.
Ci li diamanti alli puerci tai,
quiddi li scanzunu e mirunu alli fai.
Tinumu la chiazza cu lu giardinettu,
do si parla ti pulitica nera, bianca e rossa.
Tinimu la chiazza cu l’orologio iertu,
do si parla ti palloni, cu la sparamu grossa.
Tinimu la chiazza ti la strata ti mari,
donca ni sputtanunu li giornalisti amari.
Tinimu li chiesi donca pari simu amati,
e donca rimittimu tutti li piccati.
Pi na sciuta a la tumenica alla messa do li papi,
di cattivi tuttu ti paru divintamu bueni comu li rapi.
Tinumu San Biagiu, cu la fiera, la cupeta e li taraddi,
comu tinimu Sant’Antoni cu li cavaddi.
Ti San Biagiu e Sant’Antoni toppu li falò pi li strati c’è mi resta,
ci ni ricurdamo ti loru sulu ti la festa.
No nni scurdamu puè ti li prucissioni pi la Matonna e Cristu muertu, comu sia,
comu mancu ni ma scurdà ti San Giseppu cu la Tria.
Tinimu l’oratori do si portunu li fili,
li facimu batà a lautri, piccè tinimu a fà autri pili.
Pi fari sport tinimu lu campu sportivu e lu palazzettu,
mentri ti vanioni iu sciucava sotto li cavi senza tettu.
Tinimu li vigni e l’aulivi, lu cranu, li fichi e li ficalinni,
tinimu la cucuzza, li cummarazzi e li pummitori ca ti li pinni.
Tinimu puru lu cummerciu e l’industri pi fatiari,
li patruni paiunu picca, ma basta pi campari.
Tinumu la spiaggia a quattru passi tantu iè bicina,
cu Spicchiarica e la Culimena, lu Bacinu e la Salina.
Li barbari padani ni chiamunu terruni mantinuti,
ce lonnu paiatu loro lu soli e lu mari, sti curnuti??
Sacciu iù quantu iè amaru lu pani loru,
so cattivi puru cu li frati e li soru.
Tinimu lu cimitero donca tutti ma sciri,
ddà stannu li frati e li soru, li mammi e li siri.
Quiddi ca nonnu lassatu laitrana, comu la ma truata,
e nui la ma lassa alli fili meiu ti lu tata.
Nisciunu iè prufeta in patria sua, mancu iù,
ma ci già natu qua, so cuntentu, anzi ti chiù.
Puru ca quà si sentunu ierti puru li nani,
ca ci no arriunu alla ragioni culla occa, arriunu culli mani.
Qua sacciu ci sontu e quantu l’autri valunu,
a cinca mi oli mali mancu li penzu,
puru ca loru olunu mi calunu,
iu passu a nanzi e li leu ti mienzu.
Putia nasciri tra la nebbia di li padani o tra lu disertu,
sì, ma ddà mi incazzu e puè non mi divertu.
Aitrana mia, finchè campu ti fazzu sempri onori,
puru ca li paisani mia pi me no tennu sapori.
Li sordi, lu divertimentu e la panza,
pi loro la menti no teni usanza.
Ti lassu sta cantata comu nu quatru o na fotografia ti moni,
cu ni ricurdamu sempri ca mo stamu, però crai noni.
Ma ccapì: simu nisciunu e tutti ti passaggiu,
l’aitrana resta pi sempri e no ti tai aggiu.
Ci no lassi operi ca restunu,
tutti ti te si ni scordunu.
Pi l’autri paisi puè qustu ca ticu no iè diversu,
lu tiempu passa, nienti cangia e iè tuttu tiempu persu.
Testi scritti il 24 aprile 2011, dì di Pasqua.
Coronavirus. Covid-19. SARS-CoV-2. Lo conosco. Li conosco. Testimonianza dall’inferno della malattia.
Intervista al dr Antonio Giangrande, sociologo storico, autore di “Coglionavirus”, libro in 10 parti che analizza gli aspetti clinici e sociologici del Virus; la reazione degli Stati e le conseguenze sulla popolazione.
Dr Antonio Giangrande, lei stesso è stato vittima del virus, essendo stato ricoverato in gravi condizioni in ospedale. Esprima, preliminarmente, la sua considerazione da vero esperto del virus.
«I nostri professoroni, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, al Consiglio Superiore di Sanità, fino ai componenti dei vari comitati consultivi, saranno titolati, sì, ma sono assolutamente ignoranti sul tema, essendo il Covid-19 un virus assolutamente sconosciuto. A dimostrazione di ciò ci sono i pareri e le direttive espressi nel tempo, spesso in contraddizione tra loro. Si va da “non è epidemia” dell’Organizzazione Mondiale di Sanità, al “le mascherine non servono” del Consiglio Superiore di Sanità. Per non dire delle contrapposizioni tra gli scienziati. Nonostante ciò, i pseudo esperti hanno imposto regole che si sono dimostrati essere protocolli della morte.
Il Contagio avviene per aerosol con insinuazione in ogni orifizio. O si è tutti bardati o ristretti in casa, o si è tutti a rischio di infezione: altro che mascherina e distanziamento di un metro.
La gente non è morta, o ha sofferto per il Covid-19, ma per la malasanità e per i protocolli sbagliati.
I posti letto negli ospedali sono mancanti perchè il ricovero non è tempestivo e con ciò si allungano i tempi di degenza. E le degenze non sono ristrette, usufruendo della terapia domiciliare o dell'assistenza domiciliare Usca per i casi più gravi non ospedalizzabili.
I nostri governanti, poi, da incompetenti in materia, hanno delegato ai sanitari, spesso amici, per pararsi il culo, la gestione della pandemia. Dico amici perché stranamente gli esperti non allarmisti, si trovano tutti dalla parte dell'opposizione politica. La Gestione maldestra della pandemia ha comportato gravi conseguenze economiche, sociali e psicologiche. Scrivere "Coglionavirus" ha comportato la mia rovina economica. Amazon, piattaforma internazionale su cui quel libro ed altri 200 testi tematici, erano distribuiti, stampati e venduti, ha cancellato il mio account e fatto cessare i miei proventi. Un giorno, forse, qualcuno dovrà rendere conto a Dio ed alla giustizia penale e civile per il male fatto alla popolazione».
Cosa pensa dell’allarmismo?
«Quando i numeri si danno a casaccio. La comparazione tra i tamponi effettuati ed il numeri dei positivi non sono veritieri. I dati ufficiali, se da una parte sono carenti, dall’altra parte sono eccedenti:
si prendono in esame i tamponi effettuati da privati, che danno solo esito positivo, escludendo quelli con esito negativo;
per ogni soggetto si effettuano più tamponi procrastinati nel tempo, quindi si rilevano più positività per un singolo soggetto positivo.
Da quotidianosanita.it il 3 novembre 2020. Gentile Direttore, ogni giorno nell’aggiornamento dei dati giornalieri sul Covid-19 tra i dati del Ministero della Salute/Istituto Superiore di sanità costantemente riportati e rielaborati in tutti i sistemi “derivati” di monitoraggio (come quelli utilizzati dai media di settore o “generalistici” o da social molto seguiti come “Pillole di ottimismo” su Facebook) ci sono quelli relativi ai nuovi casi (e quindi il numero di persone trovate per la prima volta positive al tampone riportato nella Tabella originale nella colonna “incremento casi totali”) ed al numero di tamponi effettuati (riportato nella tabella originale nella colonna “incremento tamponi”). Prendiamo i dati di ieri 2 novembre: ci sono stati in Italia 22.253 nuovi casi e 135.731 tamponi. Automaticamente viene calcolato in molti sistemi “derivati” il rapporto positivi/tamponi che sistematicamente cresce (ad esempio ieri è stato di 21,9 contro il 21,7 del giorno prima). E ovviamente questo dato viene assimilato ad un dato negativo che testimonia della maggiore circolazione del virus. In realtà si tratta di un indicatore fuorviante che così com’è non andrebbe usato o comunque molto meglio descritto ed interpretato. Perché mette in un unico calderone dati di diversa provenienza e completezza come evidenzierò tra poco. Premesso che il disciplinare tecnico che regolamenta il flusso dei tamponi è difficile da trovare (e non dovrebbe esserlo), lo si può ricostruire in base ad alcune ricostruzioni empiriche che partono da una analisi del modello organizzativo delle attività di laboratorio che “generano” il dato sui tamponi (ovviamente di quelli ritenuti validabili dai Servizi di Prevenzione e quindi eseguiti con tecnica molecolare in laboratori autorizzati dalle Regioni). I tamponi vengono per lo più eseguiti all’interno di tre percorsi: quello delle nuove diagnosi in persone con sintomi compatibili o contatti di casi, quello del monitoraggio dei casi ai fini del calcolo dei “guariti” e quello dello screening spesso su base volontaria da persone che vogliono sapere se sono infette o meno. I primi due percorsi sono gestiti per lo più da laboratori pubblici, mentre il terzo vede un coinvolgimento imponente dei laboratori privati autorizzati dalle Regioni. Cosa succede? La mia ricostruzione in base alla situazione delle Marche, che conosco bene, è che mentre i nuovi casi positivi diagnosticati dai privati finiscono appunto tra i nuovi casi e confluiscono nel numeratore del rapporto positivi/tamponi, il numero totale di persone esaminato dai privati (che comprende anche i negativi) non entra nel denominatore falsando l’andamento del rapporto. Ma non è finita qui. Il denominatore ha invece dentro anche i dati dei tamponi di monitoraggio che non c’entrano niente coi nuovi casi. Un denominatore (o un suo pezzo) che non genera numeratore non va incluso nel calcolo di un rapporto. Facciamo una verifica coi dati Ministero/ISS del 29 ottobre relativi alla Regione Marche che confrontiamo con l’elaborazione più analitica che ha fatto coi dati dello stesso giorno la Regione Marche. Scegliamo questo giorno perché sta in mezzo alla settimana e rappresenta più fedelmente la situazione. I dati di Ministero e Regione coincidono: 686 casi e 3.915 tamponi. Ma quello della Regione Marche è più analitico e ci dice che in realtà i nuovi casi sono stati “generati” da soli 2.372 tamponi (quelli relativi al cosiddetto percorso nuove diagnosi) e che quel numero 3.915 ha dentro anche i tamponi del cosiddetto percorso guariti ovvero quello che riguarda il monitoraggio dei “vecchi” casi. Ma non è finita qui. I tamponi del percorso diagnosi includono quelli dei laboratori privati solo quando positivi, mentre quelli negativi sempre più numerosi non vengono verosimilmente conteggiati.
Risultato: il rapporto positivi/tampone del monitoraggio ministero/ISS per quanto riguarda le Marche al denominatore conta tamponi in più di un tipo che non ci dovrebbero stare e dall’altra manca dei tamponi dei privati che ci dovrebbero stare. Se non si fa chiarezza è legittimo e credibile pensare che almeno parte dell’incremento quotidiano del rapporto positivi/tamponi sia sovrastimato visto il numero fortemente crescente dei tamponi fatti dai privati. Soluzione: migliore gestione del flusso. Claudio Maria Maffei, Coordinatore scientifico di Chronic-on».
Parli di come è stato infettato.
«Per il mio lavoro e per il mio carattere ho sempre fatto vita riservata, così come mia moglie. Le uniche uscite erano il fare sport da singolo ed isolato ed il fare la spesa, con rispetto delle regole imposte: mascherine e distanziamento e rapportarsi il meno possibile con i genitori anziani. Eppure, questo mio comportamento esemplare, in ossequio alle regole sbagliate, si è dimostrato letale.
L’8 novembre 2020 mio fratello fa visita ai genitori: il giorno dopo ha la febbre.
Il 9 novembre 2020 vado a far visita ai miei genitori ultraottantenni: mascherina e distanziamento. Presente un terzo fratello. Ho notato che avevano il riscaldamento alto.
Il 10 novembre 2020, cioè giorno dopo il malessere dei miei genitori si trasforma in febbre lieve. Per questo motivo tutti i figli, tre maschi ed una donna, con altri familiari ristretti, gli fanno visita con mascherina e distanziamento.
I miei due fratelli dopo pochi giorni hanno evidenziato i primi sintomi, mia sorella asintomatica. Immediatamente, si è coinvolto il medico curante che ha provveduto al tampone per tutti. Alla fine risultano tutti infettati, compresi le loro famiglie. 15 componenti di 4 nuclei familiari. Ai primi sintomi, correttamente, tutti abbiamo adottato il confinamento domiciliare e nessuno ha infettato alcuno. Fortunatamente i genitori anziani sono stati pauci sintomatici, così come gli altri componenti della famiglia. Un fratello ricoverato in modo lieve. Solo io ho subito le conseguenze gravissime, rasentando la morte.
Si è scoperto che mio padre è stato infettato frequentando, con mascherina e distanziamento, un luogo pubblico. Egli pensava che la lieve febbre fosse dovuta al vaccino antinfluenzale.
Questo sta ha dimostrare due cose:
1. Che la mascherina ed il distanziamento non bastano, ma bisogna essere bardati con occhiali e visiera per non essere infettati. Il virus si insinua in ogni orifizio. Il virus è 100 volte più piccolo del batterio e quindi galleggia nell’aria e con essa si muove. Posso prenderlo dopo molti metri e dopo molti minuti;
2. Che spesso sono gli anziani ad infettare i giovani e non viceversa. Perché sono quelli che spesso non rispettano le regole;
3. Molti sono infetti asintomatici e non lo sanno. Ed infettano in buona fede;
4. Molti sono infetti pauci sintomatici o conviventi asintomatici o pauci sintomatici di infetti conclamati. Sanno di essere infetti, ma continuano la loro vita e da criminali infettano gli altri.
5. Ma cosa più importante che ho potuto constatare in seguito, dopo il mio ricovero, è che ci si infetta principalmente in strutture protette. Il degente C.mo C.lò è stato infettato in una RSA, quella di Villa Argento di Manduria e poi trasferito al Giannuzzi di Manduria. Il Degente V.to T.liente di Martina Franca, ricoverato al Santissima Annunziata di Taranto per altre patologie, è stato refertato negativo all’arrivo nel nosocomio e poi infettato in quel reparto. Successivamente trasferito al Giannuzzi di Manduria».
Parli dell’evoluzione della malattia.
«Dal famoso 9 novembre 2020 ho avvertito subito sintomi di malessere e febbre, ma ho continuato a fare i miei 22 chilometri di corsa e bicicletta. Fino a che la febbre a 39 e mezzo, senza sintomi specifici, me lo ha impedito. Pensavo fosse un periodico raffreddore, dovuto alla sudorazione e le temperature anomale, curabile con la tachipirina e gli antibiotici.
Il 15 novembre 2020 chiamo il medico curante chiedendogli un antibiotico più potente, con l’ausilio della penicillina, il cortisone e la protezione. Mi prescrive tutto, meno la tachipirina che è a pagamento. Antibiotico Azitromicina da 500, cortisone Deltacortene da 25, Penicillina, protezione, Eparina e sciroppo per la tosse. Per il proseguo della malattia ha voluto essere informata ed ella stessa si informava. Ha prontamente contattato l’ASL.
Il 20 novembre 2020 il tampone effettuato risulta positivo.
Il 22 novembre 2020 alle 10.30 per il persistere della febbre e per i sintomi di asfissia chiamo il 118. Con l’ossigenazione del sangue a 82, si decide il ricovero immediato».
Parli del suo ricovero e dell’impatto con il sistema sanitario.
«Per questa malattia la tempestività è essenziale. Prima si interviene, prima si impedisce l’aggravamento, prima si guarisce e nessuno muore. Prima si interviene e meno giorni sono di degenza e più posti letto sono a disposizione. Così come più posti letto si ottengono con una degenza limitata sostenuta da assistenza domiciliare Usca. Invece il sistema sanitario, per non ingolfare gli ospedali impedisce il ricovero ai pazienti sintomatici fino a farli diventare critici ed a lunga degenza, o con conseguenze mortali.
Ergo: il protocollo sbagliato porta la morte dei pazienti e la paralisi delle strutture sanitarie.
La saturazione ottimale del sangue deve essere pari a 100 o quasi. Ogni alterazione comporta un intervento immediato. A mio fratello è stato impedito un primo ricovero, dal medico del 118, con la saturazione a 92, chiaro sintomo di sofferenza. Tanto che c’è stato l’inevitabile peggioramento ed il ricovero, con degenza di settimane.
Alle 12 del 22 novembre 2020 inizia la mia odissea.
Dante Inferno, Canto III
"...Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate"...
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave! ..."
Così sen vanno su per l'onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s'auna..."
11 ore in attesa di ricovero Covid: la precisazione del Marianna Giannuzzi. Non ha tardato ad arrivare la replica da parte della direzione medica del presidio ospedaliero “Marianna Giannuzzi” sul caso dell’uomo di Avetrana rimasto ad aspettare in ambulanza per circa 11 ore prima di essere ricoverato. Francesca Dinoi su La Voce di Manduria venerdì 27 novembre 2020. Non ha tardato ad arrivare la replica da parte della direzione medica del presidio ospedaliero “Marianna Giannuzzi” sul caso dell’uomo di Avetrana rimasto ad aspettare in ambulanza per circa 11 ore prima di essere ricoverato. A narrare l’esperienza, era stato il figlio del paziente, l’avvocato Mirko Giangrande in un’intervista rilasciata al Nuovo Quotidiano di Taranto, in cui lamentava, appunto, la lunga attesa a cui erano stati sottoposti a causa di un affollamento di ambulanze nel piazzale dell’ospedale. La direzione medica, in base alle notizie pervenute dal responsabile del Pronto Soccorso, racconta che all’arrivo del signor Giangrande in ospedale, l’assistito era stato visitato, eseguito il tampone naso-faringeo per verificare l’eventuale positività al Covid-19 e somministrata la terapia adeguata. In seguito, all’esito della positività del tampone, veniva fatto accomodare nell’area attrezzata all’osservazione breve fino a 48/72 ore e alle ore14:00 del giorno successivo, ricoverato nel reparto Medicina Covid, occupando il primo posto letto disponibile. «Al signor Giangrande non sono mai mancate le cure di cui ha avuto necessità in una giornata tuttavia congestionata per l’arrivo contestuale di numerose ambulanze del 118.», chiarisce la responsabile, riconoscendo l’imprevisto. Della stessa opinione anche la direzione Asl di Taranto che rivolge le proprie scuse al signor Giangrande ed al figlio, ribadendo che al paziente era sempre stata assicurata la massima sicurezza grazie all’esemplare competenza di tutti gli operatori sanitari presenti. Francesca Dinoi
Parla il figlio dell'uomo rimasto 11 ore in ambulanza prima del ricovero al Giannuzzi. L’avvocato Mirko Giangrande racconta in un’intervista al Nuovo Quotidiano di Taranto il calvario del padre ricoverato al Giannuzzi dopo un’attesa di 11 ore in ambulanza. La Redazione de La Voce di Manduria martedì 24 novembre 2020. Un calvario di 11 ore. Tanto è durata l’attesa in ambulanza di un uomo di Avetrana domenica scorsa. A raccontare l’incredibile vicenda al Nuovo Quotidiano di Taranto è il figlio del povero malcapitato, Mirko Giangrande. I particolari che l’avvocato riferisce hanno dell’incredibile. Il paziente, positivo già da diversi giorni, è stato prelevato dalla sua abitazione dopo aver effettuato una cura anti-Covid domiciliare. Giunto nel piazzale dell’ospedale Giannuzzi, dopo le prime ore, l’uomo - provato dall’attesa ed in evidente stato di agitazione - ha allertato il 112 ed il 113 addirittura dall’interno dell’ambulanza. Le comunicazioni con la famiglia avvenivano tramite whatsapp, visto l’affaticamento respiratorio e la difficoltà nell’effettuare chiamate vocali. Intorno alle 16.30, gli è stato effettuato un prelievo di sangue, ma il povero malcapitato – già da più di 4 ore all’interno dell’ambulanza – non dava segni di miglioramento e la febbre continuava ad aumentare. Il racconto del figlio del pover’uomo si fa sempre più inquietante: «Io vivo fuori, mi sono sentito impotente oltre che angosciato. In più – aggiunge l’avvocato – la cura intrapresa a casa si era interrotta durante le ore in ambulanza. Aveva solo l’ossigeno a sua disposizione e la febbre continuava a salire. Non sapevo cosa fare così, ormai stravolto, ho contattato il consigliere regionale Renato Perrini che si è adoperato a denunciare all’Asl di Taranto quanto stava accadendo» riferisce Giangrande. Stando a ciò che ha raccontato lo stesso avvocato durante l’intervista, sarebbero state ben cinque le ambulanze in coda per ore, così come riferitogli dal padre. L’avvocato non ci sta e promette di andare a fondo sulla vicenda: «Mi preme evidenziare che questo è accaduto ad un uomo di 57 anni in grado di comunicare con l’esterno e di mantenere lucidità. Ma se fosse capitato ad un uomo anziano? Non si può correre il rischio di morire in attesa di essere ricoverati. Questi inconvenienti potevano essere comprensibili a marzo, ma non a novembre perché, come cittadini, ci saremmo aspettati una maggiore organizzazione» aggiunge Giangrande, che poi conclude: «Tenere bloccate le ambulanze per così tante ore è inconcepibile. E se dovessero servire per un’emergenza? Non ho parole».
Verso mezzanotte, dopo la previsione di spostarmi all’Ospedale di Castellaneta, a 100 km di distanza, e la mia forte opposizione (ho preso la valigetta e stavo per scendere dall’ambulanza per recarmi al pronto soccorso), mi introducono in Pronto Soccorso. Qui mi rifanno il tampone e la radiografia. Fino alle 4 nel corridoio, poi in una stanzetta. Il ricovero effettivo in reparto avviene il giorno, 23 novembre 2020, dopo alle 14.00».
Parli della sua degenza in ospedale.
«Traumatica e psicologicamente devastante. Dante Inferno, Canto III
"...Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate"...
Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave! ..."
Così sen vanno su per l'onda bruna,
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anche di qua nuova schiera s'auna..."
Il Reparto. I Reparti Covid si suddividono in: reparto ordinario Covid; reparto Medicina Covid (reparto semi intensivo con gestione diversa del paziente); reparto di terapia intensiva (Rianimazione con assistenza più pregnante per i casi più gravi), reparti post Covid per la rieducazione polmonare. Sono stato ricoverato al Reparto Ortopedia Covid dell’ospedale Giannuzzi di Manduria. Quindi curato anche da ortopedici. Mi portano in una stanza a tre letti. C’è uno di Avetrana che non vuole esser nominato ed il mio amico Damiano Messina, noto per la sua ditta di trasporti, che mi ha autorizzato a citarlo. E’ critico e con criticità, cioè grave e con comorbidità o comorbilità, ossia patologie pregresse. In precedenza i suoi polmoni erano stati colpiti da una malattia simile al Covid 19 dovuta ad un virus trasmesso dai pipistrelli e debitamente curata. Era proveniente dal Moscati di Taranto, di cui racconta tutto il male possibile. E’ stato tra i primi degenti del reparto Ortopedia Covid di Manduria, con altri provenienti dal Moscati di Taranto. Arrivato sabato 14 novembre sera, ha trovato il solito balletto dell’inaugurazione. Però non c’era ancora acqua per lavarsi, né per bere. Così come mancava l’elemento essenziale: l’ossigeno. Elemento essenziale e continuativo. Poi sono sempre state insufficienti le bombolette dell’ossigeno per i degenti sufficienti che dovevano andare al bagno non accompagnati. Avevo il letto numero 2. In quella stanza c’era il letto n. 3. Postazione speciale con ossigenazione fino a 20 litri. Adeguata per necessità dopo un caso di emergenza proveniente dalle altre stanze. Alla dimissione dei miei amici mi hanno spostato nella stanza assieme a mio fratello, ricoverato al pronto soccorso il giorno prima di me, ma saliti simultaneamente in reparto. Poi sono stato spostato in un’altra stanza. Avevo il letto n. 7. Entrambe le stanze avevano un comune denominatore. Le emergenze delle seconda andavano a finire nella prima. E guarda caso solo la stanza numero 2 ha avuto emergenze, risultate, poi, mortali. La stanza è una prigione. Rispetto a noi i reclusi ostativi o del 41 bis del carcere sono in vacanza. Quando non sei costretto a letto, sei comunque costretto a letto. Non puoi aprire le finestre, né aprire la porta di entrata/uscita. Così per settimane. La stanza aveva due telecamere, affinchè i medici avessero la situazione sempre sotto controllo. In questo modo loro sanno tutto quanto succede nelle camere, anche delle emergenze. Non puoi ricevere i parenti, ne la biancheria di ricambio, quindi stesse mutande, stessa maglietta, stesso pigiama per settimane. Se non hai rasoi o strumenti della manicure diventi un licantropo.
La pulizia delle stanze. La pulizia era buona e per due volte al dì.
Il Vitto. Il vitto era decente, ma spesso freddo. Le buste ermeticamente chiuse con l’elenco del contenuto, come previsto dal capitolato d’appalto, erano sempre aperte a rischio di contaminazione e con l’acqua mancante. L’acqua era riservata al buon cuore dei sanitari, su richiesta. La distribuzione del vitto avviene:
Ore 8.00 colazione. Latte macchiato o te, quasi sempre freddo. Biscotti o fette biscottate con marmellata.
Ore 12. Pranzo. Primo, secondo, pane e frutta. Posate. Acqua mancante.
Ore 15.30. Cena. Idem come pranzo.
I pazienti. Paziente inteso come sostantivo si intende una persona affetta da malattia affidata ad un medico. Paziente inteso come aggettivo si intende una persona disposta alla moderazione, alla tolleranza ed alla rassegnata sopportazione. In questo caso verso il Covid e nei confronti dei sanitari.
Per i sanitari la morte di un paziente è sempre certificata come conseguenza di patologie pregresse: falso!
Antonio Calitri per “il Messaggero” il 22 novembre 2020. Nella BAT che i medici chiedevano diventasse zona rossa, una mamma di 41 anni è morta di Covid dopo aver atteso 11 ore al pronto soccorso. Non ci sono posti per i ricoveri all' ospedale di Barletta, capoluogo della provincia Bat in Puglia. E così Antonella Abbatangelo, che soffriva da una settimana di sintomi da Covid-19 sempre più gravi, è costretta ad attendere ben 11 ore prima di essere visitata. Quando finalmente viene presa in carico come recita la nota della Asl, i medici si accorgono subito della gravità della situazione, in due giorni finisce in terapia intensiva ma non ce la fa e dopo altri quattro, muore. E sberleffo finale, il marito e il figlio di appena 14 mesi non possono partecipare al suo funerale perché in isolamento domiciliare nonostante siano risultati negativi al tampone.
LE FALLE. Disorganizzazione, ospedali allo stremo e tanta sfortuna hanno inciso sul destino di una donna, giovane per le statistiche della letalità del virus, ma che si scopre essere stata anche vittima di malasanità. «Ben 11 ore di attesa prima di essere visitata al pronto soccorso», ha denunciarlo il marito Massimiliano che poi ha anche scritto sui social di aver ricevuto pochissime notizie della moglie. «Siamo stati attaccati al telefono da mattina a sera solo per avere spiegazioni confuse e veloci da parte dei dottori». La storia inizia la settimana scorsa quando la donna accusa febbre e tosse che inizia a curare a casa. Quando la situazione diventa più grave, il 12 novembre Antonella si reca all' ospedale di Trani, la città dove vive, ma non essendoci un reparto Covid, viene rimandata a casa. Il giorno dopo viene accompagnata a Barletta, dove attende 11 ore, fino alla presa in carico delle 23.01.
LA NOTA DELLA ASL. Poi, seguendo la nota della Asl, la donna è stata sottoposta a visita medica alle 23.05, sono stati evidenziati dispnea e febbre elevata da due giorni curata a domicilio. Al quadro clinico acuto va aggiunta una grande comorbilità rappresentata da problemi metabolici. È stato immediatamente eseguito tampone che ha dato esito positivo. La signora è stata quindi sottoposta a ossigenoterapia e sono stati immediatamente richiesti esami ematochimici ed emogasanalisi. Poi, prosegue la ricostruzione dell' Asl, il quadro clinico è apparso già molto complesso e compromesso. La situazione è peggiorata nella mattinata del 15 novembre quando sono intervenuti i rianimatori che hanno intubato la paziente in pronto soccorso e poi l' hanno trasferita nel reparto di Rianimazione ma, conclude il comunicato, nonostante tutti gli sforzi dei clinici la paziente è deceduta in data 19.11. Per sapere se abbia inciso anche la lunga attesa prima di accedere alla struttura, il direttore generale della Asl Alessandro Delle Donne ha detto di aver «avviato indagine per verificare tutti i passaggi di quanto accaduto».
Nel reparto normale ortopedia Covid di Manduria venivano ricoverati pazienti critici, ma anche critici e con criticità, cioè gravi e con comorbidità o comorbilità, ossia patologie pregresse, che sicuramente avevano bisogno di altro reparto:
con assistenza specialistica semi intensiva ed intensiva, con interventi invasivi e non invasivi, che un normale reparto non garantisce;
strumenti specifici come per esempio il casco respiratorio per ventilazione polmonare o l’intubazione e non la semplice mascherina polmonare, o l’occhialino polmonare di un normale reparto.
La ossigenoterapia può essere sostenuta da 0 a oltre venti litri di ossigeno. Dipende dagli strumenti di erogazione. E in quel reparto non c’erano. Come non c’erano medici specialistici per ogni patologia riscontrata. Differenze di interventi che possono causare la morte.
Il mio amico Damiano Messina mi parla della sua esperienza traumatica. Ha assistito alla morte di P.tro D.ghia di Monteiasi, 64 anni. Damiano è stato ricoverato sabato 14 novembre, P.tro è portato nella sua stanza 2-3 giorni dopo. Il degente critico e con criticità non è stato ricoverato in un reparto adeguato alle sue patologie: ne prima né dopo l’emergenza. Il pomeriggio del 16 o 17 novembre è stato spostato di urgenza dal posto n. 9 della stanza di ricovero e posto al n. 3 della stanza di Damiano. Il posto è stato adeguato successivamente come postazione speciale. Tutto il pomeriggio P.tro ha sofferto agonizzante con sintomi di asfissia. Sostenuto con il solo ausilio del casco respiratorio con ossigenazione a 20. Spesso i compagni di stanza chiamavano con il pulsante di emergenza, perché il paziente lasciato solo per molto tempo si spostava e si toglieva il casco, perchè non dava il ristoro richiesto. L’intervento dei sanitari non era immediato. L’agonia si è protratta, senza soluzione di continuità, senza che vi sia stato alcun cambio di intervento terapeutico, fino al primo mattino del giorno dopo. La morte è intervenuta per inerzia. Spesso la presenza fisica dell'assistenza dei sanitari non era garantita. Loro hanno visto tutto con le telecamere e non sono intervenuti. Morte di un essere umano senza il sostegno dei familiari. E’ seguita pulizia della salma e composizione della stessa in un sacco di plastica. Un uomo diventato una cosa trasferita in obitorio.
La mia seconda stanza era la camera della morte. Durante la mia decenza, tutti i morti erano ivi ricoverati. C.mo C.lò, infettato alla RSA Villa Argento di Manduria, del letto n.9 ha preso il posto di P.tro D.ghia di Monteiasi. Il degente critico e con criticità non è stato ricoverato in un reparto adeguato alle sue patologie: ne prima né dopo l’emergenza. Ho convissuto con lui per due giorni dal 3 al 4 dicembre 2020. Era un continuo chiamare seguito da non immediata risposta. Per due giorni i parametri erano intorno agli 85-90 per l’ossigenazione e un ritmo cardiaco intorno ai 135 battiti, mai al di sotto dei 125, senza soluzione di continuità. La mascherina con il sacchetto gliela hanno messa quando la saturazione era ad 88, in sostituzione di quella con la proboscide. L’ultima chiamata di allarme da parte nostra (mia e di mio fratello riuniti nella stanza) per l’evidente sofferenza del paziente è avvenuta il 4 dicembre 2020. L’intervento non è stato pronto ed immediato. Loro hanno visto tutto con le telecamere e non sono intervenuti. Saturazione a 85 e 135 battiti e strumentazione impazzita. Il ritardo degli interventi mi ha costretto a filmare gli eventi a fini di giustizia ed informazione. Quando con le telecamere hanno visto che filmavo con il telefonino la situazione, con i parametri anomali e gli allarmi sonori della strumentazione, sono intervenuti a spostare il paziente nella postazione speciale. Subito dopo è intervenuto un energumeno di infermiere, che con fare minaccioso mi ha intimato, su ordine del medico, di cancellare il video dal cellulare. C.mo C.lò successivamente è morto, a 56 anni, ma tutti (dagli Oss, fino agli infermieri ed i medici) omertosamente hanno tenuto nascosto la notizia. Nella postazione n. 8 della mia seconda stanza un degente non autosufficiente è andato al bagno senza bomboletta di ossigeno, mancante, così come senza accompagnamento dei preposti a farlo. Loro hanno visto tutto con le telecamere e non sono intervenuti. Il paziente uscendo dal bagno ha avuto una mancanza d'aria ed è caduto. Si è schiantato al suolo ed è morto.
Omertà o meno, peccato per loro che mi sono trovato sempre nel posto giusto al momento giusto. O sbagliato secondo i punti di vista.
L’assistenza sanitaria. E’ previsto il Bonus Covid per medici e operatori sanitari. Va da 600 euro a oltre mille euro. L’1 dicembre 2020 c’è stata un’infornata di nuove assunzioni e trasferimenti al reparto Ortopedia Covid di Manduria.
Seconda ondata Covid in Puglia, indagine della Procura sulla gestione da parte della Regione. Fascicolo senza indagati né reati: tra gli accertamenti quello sulle assunzioni del personale sanitario. La Repubblica di Bari il 28 novembre 2020. La Procura di Bari ha aperto un fascicolo conoscitivo, cioè un modello 45, senza indagati né ipotesi di reato, sulla gestione della seconda ondata di contagi Covid in Puglia da parte della Regione. Sugli accertamenti in corso gli inquirenti mantengono il massimo riserbo. Il fascicolo è coordinato dal procuratore facente funzione Roberto Rossi. A quanto si apprende, tra gli aspetti su cui si sta concentrando l'attività investigativa ci sono verifiche sull'assunzione del personale sanitario.
Gli operatori sanitari, spesso, denunciano che a loro non viene fatto il tampone di controllo.
Gli operatori della sanità sono considerati degli eroi a torto dall’opinione pubblica, sotto influenza dei media, così come le forze dell’ordine ed i magistrati. I medici, gli infermieri e gli Oss, alcuni sono gentili, altri meno. Alcuni sono capaci, altri meno. Gli infermieri, spesso, passano da un paziente ad un altro per le operazioni di routine (prelievi del sangue, inserimento flebo, ecc.) senza disinfettarsi le mani. Tutti sono corporativi ed omertosi. Ai richiami di allarme non c’è pronto intervento, salvo eccezioni dovuti al buon cuore dell’operatore. Ma quello che turba ed inquieta è il loro distacco ed indifferenza di fronte alla sofferenza ed alla morte. Un giudice che manda in cella un innocente, spesso dovuto ad un suo errore, è indifferente e distaccato. Ma un operatore sanitario, se ha una coscienza, non può avere lo stesso distacco di fronte alla morte, specie se è stata causata per sua colpa o per colpa di un protocollo criminale.
Comunque delle mie affermazioni sugli operatori sanitari vi è ampia cronaca di stampa di conforto.
"Tra dieci minuti muori": così il medico al paziente Covid in fin di vita. Maltrattamenti e furti ai defunti nell'inferno dell'ospedale di Taranto. Gino Martina il 4 dicembre 2020 su La Repubblica-Bari. Sono almeno sette gli episodi che riguardano pazienti ricoverati al Moscati morti dopo giorni. Sarebbero venute a mancare assistenza e condizioni di ricovero umanamente adeguate: indaga la procura e anche l'Asl con un'inchiesta interna. Il sindaco convoca i vertici dell'azienda per un chiarimento. Uno dei racconti più scioccanti è quello di Angela Cortese. Il padre, Francesco, positivo al Covid, la notte tra l'1 e il 2 novembre aveva fatto il suo ingresso all'ospedale Moscati di Taranto. Dal suo ricovero al giorno seguente, l'uomo, 78enne, è rimasto in contatto con la famiglia attraverso il telefonino. Ma ciò che ha comunicato in quelle ore ha allarmato tutti: "Venitemi a prendere, qui muoio". Il 3 mattina, la donna, avvocato, parla con un medico che si trova nell'Auditorium dove il padre era stato sistemato. "Suo padre non collabora, non vuole mettersi la maschera Cpap, fra dieci minuti morirà, preparatevi!". La donna racconta di urla, di una sorta d'aggressione al telefono. "Ci sentiamo piombare addosso d'improvviso queste parole terribili - spiega -, quel medico sembrava una bestia inferocita, contro di noi e mio padre. Ho avuto solo la forza di chiedere della saturazione e per tutta risposta ho ricevuto altre urla: non c'è saturazione, vedrete che fra poco muore!". Cortese domanda se il padre fosse lucido, se stesse lì vicino. "Sì è qui, è qui, mi sta ascoltando, fra poco morirà!". La donna assiste in questo modo alla sua fine. "Neanche i veterinari con i cani si comportano in questa maniera", aggiunge, sottolineando come "Non gli è stata somministrata nessuna terapia, solo ossigeno, solo la Cpap". Affermazioni, quelle di Cortese, che dovranno trovare riscontro nella cartella clinica richiesta all'ospedale e nelle indagini che la procura ha avviato per diversi altri casi di morti nel presidio sanitario a Nord del rione Paolo VI.
Le inchieste. I procedimenti sono più d'uno, fanno seguito alle denunce dei parenti, ma sono volti anche a verificare la corretta osservanza delle misure precauzionali sanitarie da parte della dirigenza ospedaliera. Il sospetto è che l'organizzazione, le attrezzature e il numero del personale tra ottobre e novembre non fossero adeguati ad affrontare la seconda ondata della pandemia, lasciando spazio all'improvvisazione, a Operatori socio sanitari utilizzati come infermieri e personale sotto stress, portando a gravi mancanze. Al di là del lavoro della magistratura, sono almeno sette gli episodi che riguardano degenti del Moscati morti dopo giorni nei quali sarebbero venute a mancare assistenza e condizioni di ricovero adeguati, oltre che telefoni e oggetti di valore, come fedi e collane, non restituiti ai parenti. Su questi ultimi episodi l'Asl ha diffuso una nota nella quale smentisce che ci possano essere stai dei furti, ma fa emergere anche una scarsa comunicazione tra l'organizzazione del presidio e gli stessi operatori. "Nelle singole unità operative coinvolte nei percorsi assistenziali di presa in carico - scrive l'Asl - sono custoditi e repertoriati numerosi piccoli oggetti di valore ed altri effetti personali. Intanto il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha deciso di convocare i vertici Asl: "Se confermati, i fatti sono di una gravità inaudita".
"Attento, tra 10 minuti muori". Il medico rivela: "Perché l'ho detto..." Nessun provvedimento nei confronti del medico dell'ospedale di Taranto, che spiega: "Ho urlato solo per salvarlo, come un padre che urla al figlio, perché non voleva mettersi la maschera Cpap". Federico Garau, Mercoledì 09/12/2020 su Il Giornale. Continua la polemica intorno ai fatti avvenuti all'ospedale Moscati di Taranto, dove sono state denunciate gravi lacune di assistenza ed alcuni pazienti hanno perso la vita dopo essere stati ricoverati per giorni. A finire sotto la lente d'ingrandimento il caso del signor Francesco, finito in ospedale dopo aver manifestato i sintomi del Coronavirus. L'uomo, secondo quanto riferito da "Repubblica", era arrivato al pronto soccorso nella notte fra l'1 ed il 2 novembre, e da subito aveva chiesto aiuto alla famiglia, temendo per la propria vita. A raccontare tutto la figlia del 78enne, Angela Cortese, che ha spiegato come il padre avesse chiesto di essere riportato a casa già dal giorno successivo al ricovero. Parlando con un medici per chiedere conto di quanto stava accadendo al genitore, la donna si sarebbe sentita rispondere: "Suo padre non collabora, non vuole mettersi la maschera Cpap, fra dieci minuti morirà, preparatevi!". Da qui l'allarme lanciato dalla signora Cortese, avvocato di professione. "Ci sentiamo piombare addosso d'improvviso queste parole terribili. Quel medico sembrava una bestia inferocita, contro di noi e mio padre. Ho avuto solo la forza di chiedere della saturazione e per tutta risposta ho ricevuto altre urla: non c'è saturazione, vedrete che fra poco muore!", ha raccontato la donna a "Repubblica". "Non gli è stata somministrata nessuna terapia, solo ossigeno, solo la Cpap". Parole forti, quelle dell'avvocato Cortese, alle quali hanno fatto seguito delle indagini da parte della Procura della Repubblica di Taranto. A dire il vero, le inchieste che riguardano l'ospedale sono più di una, dal momento che sono state diverse le famiglie a denunciare discutibili comportamenti nei confronti dei pazienti. Oltre ad episodi di mancata assistenza, c'è chi parla anche di oggetti rubati, cosa che la Asl ha categoricamente smentito. Per quanto riguarda il caso del signor Francesco, poi deceduto lo scorso 3 novembre, il medico accusato di aver usato parole troppo dure nei suoi confronti ha deciso di parlare. La Asl di Taranto, al momento, non ha preso provvedimenti nei suoi confronti. "Ho urlato solo per salvarlo, come un padre che urla al figlio, perché non voleva mettersi la maschera Cpap che in quel momento era fondamentale ma non voleva indossare", ha spiegato il dottor Angelo Cefalo, medico del 118 di Taranto, nel corso della conferenza stampa organizzata nell'auditorium dell'ospedale Santissima Annunziata di Taranto. "Ho conservato come in una cassaforte i messaggi su Whatsapp con la figlia, perché le ho dato la mia disponibilità per spiegarle cosa fosse accaduto e un conforto per la perdita del padre". Il 78enne, hanno spiegato i medici, aveva un livello di saturazione di ossigeno nel sangue molto basso. In più, era cardiopatico, soffriva di insufficienza renale, diabete e bronchite cronica, oltre ad avere una fistola al braccio. "Se fosse stato intubato non ce l'avrebbe fatta, perciò per convincerlo a mettere la Cpap ho utilizzato un linguaggio trasparente, come siamo abituati a fare noi medici che ci relazioniamo con pazienti e parenti", ha raccontato il dottor Cefalo. "Tra dieci minuti muori glielo dicevo solo per convincerlo a mettere la mascherina, gli ho detto se aveva voglia di rivedere i suoi nipoti. Ovviamente i dieci minuti non erano reali ma era la mia disperazione emergentista, perché il nostro lavoro si basa sui secondi che erano fondamentali per salvare la vita del paziente, che purtroppo non ce l'ha fatta dopo circa due ore", ha concluso.
Maltrattamenti e furti in ospedale a Taranto, il sindaco convoca i vertici Asl: "Fatti di una gravità inaudita". La Repubblica-Bari il 04 Dicembre 2020.
Gli oggetti smarriti. Si segnala, ad esempio, che nella cassaforte allocata nel punto di Primo intervento del 118 del presidio ospedaliero San Giuseppe Moscati, sono custoditi oggetti preziosi, mentre altri effetti personali quali valigie, telefoni e relativi carica batteria, sono conservati in aree dedicate del reparto". Nella stessa nota sono stati pubblicati i contatti e il link dell'ufficio di Medicina legale dell'azienda sanitaria attraverso il quale poter cercare le cose appartenenti ai propri cari. Ma alcuni parenti vanno avanti con la denuncia ai carabinieri, come il caso della famiglia Rotelli, sicura che il telefono del padre sia stato rubato e manomesso. Come affermano anche altri parenti di altri degenti, che parlano di video girati all'interno cancellati dai telefoni dei propri cari. "Mia madre - spiega Tina Abanese, di Massafra - è stata ricoverata in quei giorni per una crisi respiratoria. È stata maltrattata da alcuni addetti che le rispondevano in malo modo. Non è stata cambiata per ore. È rimasta anche senza cibo e dopo due giorni dalla sua morte ci siamo accorti che nella borsa mancavano la fede e un altro anello, che indossava al momento dell'ingresso in ospedale".
Il ricovero nel container. Donato Ricci, imprenditore di Martina Franca, ha perso invece il padre, ex ispettore di polizia. Ha raccolto i primi di novembre il suo grido d'aiuto. "Chiamate la polizia, portatemi via da qui", diceva. L'uomo, in salute prima di aver contratto il Covid, ha anche girato dei video nel container dov'era ricoverato con la biancheria abbandonata per terra in un angolo. Ricci ha raccolto in un gruppo Whats'app i contatti di altri parenti di chi non c'è più dopo esser passato in quei giorni nell'ospedale, durante i quali era anche difficile poter contattare i propri cari o avere notizie dal personale, per mancanza di un numero telefonico apposito (è stato attivato nelle ultime settimane). C'è chi racconta di bagni sporchi, inaccessibili, camere mortuarie con cadaveri sistemati alla peggio, addetti delle onoranze funebri che li prelevano senza alcuna protezione. "Abbiamo denunciato la sparizione di anelli, della fede nuziale e d alcune collane di mio padre - raccontano Mariangela e Pierangela Giaquinto, figlie di Leonardo, paziente Covid ricoverato il 30 ottobre e scomparso il 21 novembre - ci hanno detto che avrebbero richiamato se e nel caso avessero ritrovato qualcosa ma non abbiamo avuto alcune segnalazione. Mio padre è stato intubato e indotto due volte al coma farmacologico. La seconda, però, non ce l'ha fatta". A muoversi ora è anche il Tribunale del malato, che chiede formalmente un intervento della Regione: dall'assessore alla Sanità Pierluigi Lopalco al governatore Michele Emiliano. "La situazione è allarmante - spiega la coordinatrice Adalgisa Stanzione - non solo perché ci sono casi di morti, ma perché c'è stata una sottovalutazione delle autorità competenti. Se non si aveva personale sufficiente per assistere i pazienti bisognava agire prima, non arrivare fino ai primi di novembre, quando c'erano al Moscati 95 persone ricoverate per Covid. Gli Oss hanno dovuto sopperire al lavoro degli infermieri. Ci stiamo muovendo con le nostre strutture legali per fare chiarezza. La situazione è migliorata con l'attivazione dei posti alla clinica Santa Rita e all'ospedale Militare, ma senza personale i posti letto servono a poco. Il diritto alla salute - prosegue Stanzione - va rispettato a partire dalla qualità della prestazione che non può essere soffocata dalla pseudo carenza di infermieri e medici. E poi la gente va trattata con umanità, va ascoltata, e non attaccata come incompetente e sprovveduta, da personale sotto stress. La pandemia - conclude - non può essere affrontata senza mezzi, è come combattere una guerra senza fucili".
In ospedale la morte sospetta di un 68enne. I familiari: «Abbandonato su una sedia». C'è l'inchiesta. Francesco Casula su il Quotidiano di Puglia-Taranto Martedì 8 Dicembre 2020. La procura della Repubblica di Taranto ha disposto l'autopsia sul corpo di un uomo deceduto all'ospedale Moscati per Covid19, ma per cause ancora ignote alla famiglia dell'uomo. È stato il sostituto procuratore Remo Epifani ad aprire un fascicolo contro ignoti e a disporre l'esame autoptico: l'incarico al medico legale sarà affidato domani mattina nel Palazzo di giustizia e subito dopo il consulente eseguire gli accertamenti richiesti dal magistrati per stabilire la reale causa del decesso. Non ci sono, al momento, nomi iscritti nel registro degli indagati, ma il pubblico ministero Epifani ha ipotizzato il reato di «responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario». È stata la denuncia depositata dai familiari, alcuni dei quali si sono rivolti all'avvocato Gaetano Vitale, a spingere la procura a effettuare una serie di approfondimenti. Nella denuncia, infatti, i parenti della vittima hanno raccontato che l'uomo, dopo aver trascorso una degenza burrascosa dovuta al peggioramento delle sue condizioni, sembrava aver ormai superato la fase critica e secondo gli aggiornamenti che il medico di famiglia forniva ai congiunti, sembravano prossime le dimissioni dall'ospedale. Una mattina, però, quelle speranze insieme al resto del mondo sono crollate. I familiari hanno infatti ricevuto la telefonata da un medico del nosocomio tarantino che annunciava la morte dell'uomo. Nessuna spiegazione sulle cause, nessuna comunicazione ufficiale che informasse la famiglia di cambiamenti improvvisi del quadro clinico. Non solo. Secondo le informazioni raccolte da alcuni parenti, l'uomo di 68 anni con problemi di diabete, sarebbe stato ritrovato già cadavere nelle prime ore del 18 novembre, non nel suo letto, ma addirittura seduto su una sedia accanto al suo letto. Un dettaglio che secondo i denuncianti è la dimostrazione dello stato di abbandono al quale sarebbero stati costretti i pazienti nei reparti dell'ospedale ionico. E oltre all'elevato numero di pazienti rispetto a quello del personale sanitario, denunciato anche dai sindacati nelle scorse settimane, i familiari avrebbero anche fatto notare come in quella stessa notte in cui sarebbe avvenuta la morte del 68enne, sarebbero stati registrati anche altri 13 decessi. Per i familiari, quindi, la causa della morte potrebbe non essere stato il virus contratto dall'uomo una decina di giorni prima, ma lo stato di abbandono oppure le negligenze di chi avrebbe dovuto garantire assistenza. E dalle parole dei familiari, inoltre, sarebbero emerse anche accuse circostanziate rispetto alle modalità di sistemazione dei pazienti a cui il personale medico e paramedico è costretto a fare ricorso per affrontare l'emergenza in corso. Sulla vicenda il pm Epifani ha affidato anche una delega di indagini agli investigatori della Squadra mobile di Taranto che hanno acquisito la cartella clinica della vittima. La salma, in attesa dell'autopsia è stata trasferita nelle celle frigorifere di Bari. Gli elementi raccolti dai poliziotti e dal medico legale che sarà nominato come consulente della procura per effettuare l'autopsia, serviranno per ricostruire l'intero quadro della vicenda e poter valutare in modo chiaro e approfondito le eventuali responsabilità del personale che aveva in cura il 68enne.
Covid, preziosi scomparsi e disumanità, inchiesta sull'ospedale: «Vogliamo la verità». Le testimonianze dei familiari delle vittime: «Quando ci dissero, “faccia poche tragedie”». u il Quotidiano di Puglia-Taranto Sabato 5 Dicembre 2020. «Amore, mi stanno portando in rianimazione, forse m'intubano». È l'ultimo messaggio che Ubaldo, 62 anni, è riuscito a mandare alla moglie prima di morire. Un tenero cuoricino rosso per chiudere la frase. Questo, assieme a tanti altri strazianti messaggi audio e video, farà parte delle denunce, undici sinora quelle previste, che presenteranno i componenti del gruppo «Per i nostri parenti», mogli, figlie e figli di altrettanti pazienti deceduti per Covid nei reparti soppressi dell'ospedale San Giuseppe Moscati di Taranto. Parenti che chiedono giustizia, spinti da cause diverse: la scomparsa di oggetti di valore indossati dai propri cari, ma anche presunti comportamenti dei sanitari al limite del disumano come anche dubbi sul trattamento e sulle terapie praticate sui pazienti. Anelli, fedi nuziali, orologi e telefoni cellulari che appartenevano a pazienti morti per Covid, nell'ospedale Moscati di Taranto, non sono mai più stati consegnati ai parenti che sospettano possano essere stati rubati. La magistratura ha aperto una inchiesta, mentre l'Asl di Taranto ha avviato una indagine interna. Ad alcuni cellulari restituiti - secondo la denuncia dei parenti - sarebbe stata cancellata la memoria che conteneva importanti ricordi. E forse anche qualcosa di strano che accadeva nell'ospedale e che era stata filmata e quindi - secondo i familiari delle vittime - doveva essere cancellata. Tra gli episodi riferiti, quello di un paziente 78enne la cui figlia ha ricevuto la telefonata di una dottoressa che, urlando, si lamentava perché l'anziano non sopportava la maschera per l'ossigeno. Davanti al paziente, che era vigile, la dottoressa avrebbe detto «se non la tiene muore, fra dieci minuti muore». Pochi minuti dopo la stessa dottoressa avrebbe chiamato la figlia del paziente dicendo «gliel'avevo detto che moriva, ed è morto». Nel suo racconto, la figlia di Ubaldo, quello del tenero e drammatico ultimo messaggio con il cuoricino rosso alla moglie, parla di «sgarbatezza e disumanità» nel descrivere le comunicazioni tra la famiglia e il personale dove è stato ricoverato suo padre. La sua storia è simile alle altre del gruppo. «Nostro padre aveva 62 anni, era pensionato Ilva e soffriva solo di pressione che controllava bene con una compressa al giorno». Poi l'incontro con il coronavirus. Otto giorni di cura a casa, il peggioramento dei sintomi e il ricovero al Moscati. «Gli hanno fatto il tampone risultato poi positivo e nell'attesa del referto è stato messo in un ufficio adibito a stanza di degenza dove è rimasto due giorni su una brandina con la borsa degli indumenti sulle gambe». Finalmente viene sottoposto ad esame Tac che rivela una grave polmonite da Covid. Viene così spostato nel prefabbricato della rianimazione modulare e da allora inizia l'odissea della famiglia che non avrebbe avuto notizie per mancanza di interlocutori. Nel bunker schermato il telefonino non sempre aveva la linea. Il seguito del racconto è ricco di telefonate senza risposta o di mezze risposte o di risposte cariche d'astio di chi dall'altra parte del telefono avrebbe dovuto tranquillizzare e informare sulle condizioni di salute del malato. E' ancora a figlia a parlare. «Infine il messaggio di papà alla mamma e poco dopo la telefonata di una dottoressa che c'informa che dovevano intubarlo. La nostra reazione si può immaginare racconta la figlia - io stessa ho richiamato subito dopo per avere più informazioni e la risposta che mi hanno dato non la scorderò mai: "Signora, poche tragedie per favore perché non posso perdere tempo con lei"». Ubaldo non ce l'ha fatta, è morto il 7 novembre scorso nella rianimazione del Moscati. Le cause del decesso, oltre ai comportamenti dei sanitari, saranno i quesiti che i familiari metteranno nella denuncia che presenteranno appena entreranno in possesso della cartella cinica. Intanto su questo e sui presunti casi di furto di oggetti di valore dai cadaveri Covid, il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha convocato il direttore generale Asl, Stefano Rossi. «Si tratta di vicende - commenta il primo cittadino - se confermate, che oltre ad essere di una gravità inaudita, vanificherebbero gli sforzi che l'intera comunità sta compiendo e che, in particolare, stanno compiendo le istituzioni di ogni genere per garantire i diritti fondamentali dei cittadini in questo particolare periodo. Nessuna emergenza, infatti conclude il sindaco - può giustificare abusi, superficialità o deroghe al corretto esercizio di qualsiasi genere di servizio essenziale, a maggior ragione dei servizi di natura sanitaria».
Gli strumenti della cura. Il saturimetro è uno strumento per la misurazione dell’ossigeno del sangue e del battito cardiaco. In ospedale, questo strumento non è ad acchiappapanni, ma è adesivo al dito. Le unghie, il sudore, l'acqua ne minano l'affidabilità, ma sui parametri falsati, spesso si poggiano le terapie.
La Cura. Per i sanitari la morte di un paziente è sempre certificata come conseguenza di patologie pregresse: falso!
Carla Massi per “il Messaggero” il 22 novembre 2020. Il titolo del documento è Decisioni per le cure intensive in caso di sproporzione tra necessità assistenziali e risorse disponibili in corso di pandemia da Covid-19. Tradotto significa ecco quali sono i criteri che i medici, gli anestesisti in particolare, dovrebbero seguire nel caso in cui dovessero trovarsi a scegliere chi ricoverare prima in terapia intensiva. Solo in una situazione di estrema gravità, dunque.
IL PROTOCOLLO. È stato messo a punto dalla Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva e dalla Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni. Un documento secondo il quale dovrebbe essere assistito prima colui che ha maggiori speranze di vita. Come avviene durante le catastrofi. Come sta avvenendo in molte terapie intensive in cui, spesso, ci si trova a dover fronteggiare uno squilibrio tra domanda e offerta di cure. Al paziente, si legge ancora, vanno comunque garantiti i suoi diritti e assicurato che sarà preso in carico con «gli strumenti possibili». «Fermi restando i principi costituzionali (diritto alla tutela della salute e all'autodeterminazione, principio di uguaglianza, dovere di solidarietà - si legge nel testo pubblicato sul sito del Sistema nazionale linee guida dell' Istituto superiore di sanità) - si rende necessario ricorrere a scelte di allocazione delle risorse». Per le due società, vista la situazione, è necessario creare un triage ad hoc negli ospedali. Un centro di valutazione finalizzato a stabilire quali pazienti hanno la priorità per essere assistiti. Che per le rianimazioni, spiegano gli anestesisti, significa accertare chi «potrà con più probabilità o con meno probabilità superare la condizione critica con il supporto delle cure intensive». L' età, dunque, non è di per sé un criterio sufficiente per stabilire chi può beneficiare delle terapie. Ovviamente sono stati individuati anche tutti i parametri, sono dodici ora all' esame dell' Istituto di sanità, e tutte le possibili condizioni da seguire prima di arrivare alla scelta. Scelta che i medici, sempre nel caso di sovraffollamento, quando possibile, intendono sottoporre anche al paziente. Alcuni, come ci ricorda l' ampio dibattito sul testamento biologico, potrebbero anche non desiderare di essere sottoposti a cure intensive. In ogni caso dovrebbero essere rispettate le volontà nel caso il paziente abbia lasciato uno scritto o, in quel momento, informi il medico che lo sta assistendo.
LE RISORSE. «Lo scenario in cui ci siamo trovati a marzo sta purtroppo tornando attuale con un' intensità e una durata ancora non quantificabili - fa sapere la presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva Flavia Petrini - Per questo si è lavorato sui criteri di scelta di fronte a una eventuale mancanza di letti in terapia intensiva. Gli anestesisti-rianimatori sono tra i sanitari maggiormente impegnati, in Italia come negli altri Paesi, nelle cure per i pazienti colpiti dal virus. La scarsità di risorse prodotta dalla pandemia ci coinvolge in modo particolare. Abbiamo fatto e stiamo facendo ogni sforzo per garantire le migliori possibilità di cura in circostanze spesso drammatiche. Come si è visto in tanti filmati». La deontologia medica, come scrive nell' introduzione del documento Carlo Maria Petrini, direttore dell' Unità di Bioetica e presidente del Comitato etico dell' Istituto superiore di sanità, pone al centro il paziente privilegiando il criterio terapeutico. «Tuttavia - sono parole di Petrini - vi sono situazioni in cui è impossibile trattare tutti. In questi casi la sola etica ippocratica risulta insufficiente. Occorre applicare il triage. E come ogni atto medico deve basarsi innanzi tutto sui criteri di appropriatezza e proporzionalità». Si cominciano, intanto, a vedere i primi effetti della generale stretta nel Paese. Frena, infatti, l' incremento dei pazienti ricoverati in terapia intensiva per Covid-19. Secondo i dati di ieri del ministero della Salute: sono dieci le persone entrate nei reparti di rianimazione, che portano il totale a 3.758. Superata invece la soglia dei 34 mila nei reparti ordinari.
In ospedale l’iter giornaliero è questo:
5.30 prelievi di sangue, a volte l’Emogas arterioso. Per sottoporsi a emogasanalisi arteriosa non è richiesto il digiuno, né la sospensione di eventuali terapie in corso. L'esame può essere moderatamente doloroso. E’ estremamente doloroso se fatto da mani incapaci. Spesso analisi dell’urine. Tre volte al giorno misurazione della febbre e misurazione della pressione.
8.30 distribuzione della protezione e del cortisone ed eventuale flebo.
16.30 somministrazione tramite flebo di antibiotici, farmaci sperimentali, liquido di lavaggio.
Si crede che rivolgendosi alle strutture sanitarie ci si possa curare dal covid. Non è così. Spesso si muore. Io posso raccontare la mia esperienza in virtù del fatto di essere Antonio Giangrande. Esperto del Virus, fortemente caparbio ed estremamente rompiballe. Io sono a detta di tutti un miracolato. Ma il miracolo l’ho anche voluto io. Dal primo momento, la degenza in ospedale è stata caratterizzata dall’essere positivo sia dal Covid, sia nello spirito. Il mio principio, data la mia esperienza, le mie traversie e le mie sofferenze, è: me ne fotto della morte. Ed è stato lo spirito giusto. Ho mantenuto il morale alto ai miei compagni ed intrattenuto ottimi rapporti con gli operatori sanitari (meglio tenerseli buoi a scanso di ritorsioni).
La mia cura prima del ricovero era: protezione, antibiotico, cortisone, eparina.
La mia cura in degenza era: protezione, antibiotico, cortisone, eparina. Uguale!
In aggiunta c’era solo l’ossigenoterapia.
Loro curano la polmonite bilaterale interstiziale. La polmonite da Covid-19 è altra cosa. Perché è diversa la causa. Se non combatti la causa, l’infiammazione si aggrava, porta al collasso dei polmoni, in particolare uno, e mina la funzionalità degli altri organi: da ciò consegue la morte.
Negli ospedali si attende. Si aspetta l’evoluzione della malattia. Si aspetta il miracolo. Non c'è evoluzione positiva della malattia se non si effettua la cura adeguata. Le cure ci sono ma non le applicano per protocollo.
L’ossigenoterapia a me applicata era pari a 10 litri, con inalazione tramite mascherina con la bustina.
Tra i medicinali e l’ossigeno, la terapia nel complesso si è dimostrata inadeguata, tanto da causare l’aggravarsi della mia situazione. Hanno portato il livello della mia ossigenazione a 15, il massimo per quel reparto di ortopedia con inalazione tramite mascherina con busta. Sempre lucido e con il morale alto ho imposto la mia volontà e la mia competenza. Farmi somministrare, tramite flebo, il “remdesivir”, adottato contro l’Ebola. Farmaco osteggiato dall’elite sanitaria mondiale e nazionale.
La battaglia sul Remdesivir, il farmaco anti Covid che divide i due lati dell'Oceano. Elena Dusi su La Repubblica il 5 dicembre 2020. Per l'Oms non va usato: benefici inferiori ai rischi. Ma per il prestigioso New England Journal of Medicine a sbagliare è stata l'organizzazione mondiale per la sanità con sperimentazione su dati disomogenei. In ballo, oltre alla salute, c'è una fortuna: ogni ciclo di cura costa 2.400 dollari. C’è un farmaco che funziona in America ma non nel resto del mondo. E’ il controverso remdesivir, antivirale messo a punto per Ebola ma “riposizionato” in regime d’emergenza contro il coronavirus, usato anche per trattare il presidente americano Donald Trump. L’Organizzazione mondiale della sanità a fine novembre ha pubblicato i risultati di uno studio da lei coordinato: i benefici del farmaco non superano i rischi. «L’antivirale remdesivir non è consigliato per pazienti ospedalizzati per Covid-19, a prescindere dalla gravità della malattia, perché al momento non ci sono prove che migliori la sopravvivenza o la necessità di supporto di ossigeno». Anche i risultati dei trial precedenti non erano stati brillanti, ma lasciavano intravedere un qualche beneficio, come la riduzione dei giorni passati in ospedale (cinque in meno, in media, rispetto al placebo, secondo uno studio americano). La pubblicazione targata Oms, avvenuta sul British Medical Journal, ha spinto anche la nostra Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) a riunire un tavolo per riscrivere le indicazioni di questo antivirale, che frutta alla casa produttrice americana Gilead 2.400 dollari per ogni ciclo (5 giorni di trattamento), somministrato via flebo esclusivamente in ospedale. L’articolo del British (che mette insieme i risultati di quattro studi diversi per un totale di 7mila pazienti) ha fatto cadere le azioni dell’azienda farmaceutica, nel giorno della pubblicazione, dell’8%. Da Boston, sede del prestigioso New England Journal of Medicine, è subito arrivata la replica: a sbagliare è l’Oms, scrive la rivista in un editoriale. La sperimentazione dell’Organizzazione di Ginevra, battezzata Solidarity, è stata condotta in 30 paesi, dalla Svizzera alla Germania, dall’Iran al Kenya. Secondo il New England non avrebbe raccolto dati omogenei. “Gli standard di cura in queste nazioni sono variabili, così come la condizione dei pazienti che vengono ricoverati in ospedale”. Il remdesivir – ribadisce l’altra sponda dell’Atlantico – deve continuare a essere somministrato. Di questa opinione era, fino alla scorsa estate, anche l’Europa. Trovatasi a corto di scorte (a luglio la Casa Bianca si è accaparrata tutte le dosi prodotte da lì a settembre), la Commissione ha intavolato in tutta fretta una trattativa con Gilead per una fornitura di 500mila dosi al prezzo di 1,2 miliardi di euro. La casa farmaceutica, secondo un’indiscrezione del Financial Times, conosceva già i risultati scettici dello studio Oms, ma non li avrebbe comunicati agli europei. “L’Italia – prosegue il quotidiano inglese – ha pagato 51 milioni per un ordine di remdesivir quando i casi stavano salendo e le scorte si stavano assottigliando”. Mi hanno fatto firmare la liberatoria con assunzione di responsabilità, previa nota informativa, per l’assunzione di un farmaco, non adottato a Manduria e nella maggior parte degli ospedali italiani. E poi, in previsione di morte certa, perché non tentare con cure che possono essere anche dannose o inefficaci?
Sull’efficacia del farmaco io sono un testimone, vivente, ospedalizzato ed attendibile. Dopo due giorni di cure, sì inefficaci, che mi hanno fatto rasentare la morte con il quadro clinico compromesso ed aggravante, con 15 litri di ossigeno e saturazione insufficiente, dopo tre giorni di infusioni con una dose al dì del farmaco, la mia situazione clinica è immediatamente migliorata. Da 15 litri di ossigeno sono passato a 4, con ossigenazione a 92, e tutti gli altri valori sono immediatamente migliorati. Tanto da che il tampone effettuato il giorno 3 dicembre 2020 è risultato negativo.
Sul costo del farmaco io sono dubbioso. Se si è curata l’Africa infetta da Ebola, non penso non si possa salvare la popolazione dei paesi più ricchi. E poi con tanti soldi buttati al vento tra sprechi, regalie e sostegni economici a pioggia, non penso che si possa far morire la gente per spilorceria.
Michele Bocci per repubblica.it il 28 novembre 2020. Non vanno dati subito e in certi casi non devono proprio essere somministrati. Bisogna valutare bene la situazione prima di scegliere i farmaci per la terapia domiciliare contro il Covid. Il cortisone, ad esempio, si può prendere in considerazione dopo almeno tre giorni di sintomi e se peggiora la saturazione dell'ossigeno nel sangue. L'eparina, che tanti medici invece utilizzano, andrebbe iniettata solo a chi rimane a letto a lungo a causa del virus. Del resto non ci sono prove di un beneficio clinico dal suo uso su chi non è ospedalizzato o comunque immobilizzato. E vitamine e integratori non servono proprio a niente. Sta finendo novembre e finalmente arrivano delle linee guida nazionali per la gestione al domicilio dei malati di Covid. Le ha approvate ieri il Cts della Protezione civile anche se il documento va ancora ritoccato. Ad attenderlo sono tantissimi professionisti. Medici di famiglia (che hanno collaborato a stenderlo) e delle Usca, ad esempio, oltre a tutti gli specialisti che in questi mesi sono rimasti sommersi sotto un gran numero di protocolli. C'è quello dell'ordine dei medici della Lombardia, che ritiene utile il cortisone ma solo con problemi di saturazione e febbre che va avanti da 5-7 giorni, e c'è il primario delle malattie infettive di Genova Matteo Bassetti, che suggerisce di aspettare 4 giorni di sintomi moderati prima di avviare i trattamenti farmacologici. Poi c'è la Simg, la società scientifica dei medici di famiglia, che parla di malattia moderata quando ci sono tre giorni di febbre superiore a 38 gradi o problemi di respirazione non gravi e indica di prendere il cortisone al settimo giorno di sintomi, quando suggerisce di introdurre anche l'eparina. L'Italia è il Paese delle linee guida sanitarie e il Covid non ha fatto eccezione.(…) Il documento del Cts dovrebbe mettere le cose a posto. Intanto sottolinea l'importanza del saturimetro, che in situazione normale segna un dato superiore al 95%: "L'utilizzo diffuso di questo strumento potrebbe ridurre gli accessi potenzialmente inappropriati ai pronto soccorso". Il limite di saturazione accettabile, tenuto anche conto del margine di errore degli strumenti da casa, è comunque quello del 92%. Quando il medico assiste a domicilio persone con pochi sintomi deve appunto far misurare l'ossigenazione di frequente, trattare la febbre con il paracetamolo e assicurarsi che il pazienti si idrati e mangi. Il cortisone a domicilio "può essere considerato in quei pazienti in cui il quadro clinico non migliora entro le 72 ore, soprattutto in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici". Come detto l'eparina non va usata "se non nei soggetti immobilizzati per l'infezione in atto". Poi ci sono gli antibiotici, che vanno dati solo se c'è febbre per oltre 72 ore e il quadro clinico fa sospettare che sul problema virale si sia innestata una infezione batterica. L'idrossiclorochina non va usata, dicono gli esperti, e non vanno fatti farmaci con l'aerosol se ci sono conviventi non colpiti dal virus, visto che quel sistema è molto contagioso. Infine "non esistono a oggi evidenze solide e incontrovertibili di efficacia di supplementi vitaminici o intengratori alimentari, a esempio la vitamina D, la lattoferrina, la quercitina, il cui utilizzo per questa indicazione non è quindi raccomandato".
Bassetti: "Ecco la verità su Remdesivir, eparina e cortisone". Il professor Bassetti intervistato da ilGiornale.it: "Troppa confusione, ora servono linee condivise per fermare il virus". Matteo Carnieletto e Andrea Indini, Lunedì 02/11/2020 su Il Giornale. Professor Bassetti, ad oggi il Covid-19 ha fatto oltre 38mila morti in Italia. C’è chi punta il dito contro i medici di base, che non avrebbero curato a dovere i propri pazienti, preferendo spedirli in ospedale.
È davvero così?
«Innanzitutto non è del tutto vero che i medici non vanno a visitare i pazienti a casa. C’è però una cosa da dire: la nostra organizzazione delle medicina territoriale non è fatta per gestire una pandemia. Un medico arriva ad avere 1500 assistiti. In una città come Milano, dove in questo momento c’è una grande circolazione del virus, è probabile che un medico abbia a casa anche il 10, 15 per cento dei pazienti con i sintomi del Covid-19. Un medico è in grado di gestire 150 persone insieme? Non è un problema dei medici, è un problema di organizzazione e di tagli che sono stati fatti negli ultimi trent’anni. Nessuno se n’è accorto sul momento, adesso però stiamo vedendo i risultati. Ora bisogna imparare la lezione e organizzare il futuro: ci vogliono investimenti pesanti e sostanziosi».
Cortisone ed eparina sono medicinali che potrebbero essere somministrati ai malati che sono a casa. Perché non vengono prescritti?
«Bisogna stare attenti: lo studio “Recovery” dice che il cortisone ha un beneficio nelle forme gravi, in quelle dove il paziente ha la polmonite e un deficit di ossigeno. In questo caso funziona. Nei casi medio-lievi il cortisone potrebbe anche non essere la risposta corretta. Il problema è avere protocolli condivisi. Sapere cioè cosa fare quando un paziente ha la febbre, quando ha anche tosse e sintomi respiratori, se ha una grave (ma ancora non gravissima) insufficienza respiratoria, a chi posso dare l’eparina e a chi no. Sono tutte cose che sarebbe bene fossero in un protocollo nazionale».
Che attualmente però non c’è…
«No, c’è molto disordine. Ognuno fa un po’ come gli pare. Ho saputo anche di soggetti asintomatici che sono stati trattati con eparina, cortisone e antibiotici. La gente sente questa confusione e va in ospedale, dove si presume ci sia un po’ più di ordine».
Arrivata in ospedale, come viene curata la gente?
«Dipende dal quadro che ci troviamo davanti. Entro i dieci giorni dall’emergere dei sintomi si usa il cortisone a dosi sostenute, il Remdesivir che è stato approvato per chi ha deficit respiratori, l’eparina per evitare che si formino trombi e poi, per le forme più impegnative di polmonite, si aggiunge l’antibiotico».
Perché non viene regolarmente somministrato il Remdesivir?
«Ci sono criteri molto chiari definiti dall’Aifa. Va usato solo se i sintomi hanno un esordio da meno di dieci giorni ed è quello che facciamo anche noi seguendo i criteri dell’Aifa».
Quando Trump ha preso il Covid è guarito nel giro di pochi giorni. Eppure era considerato un soggetto a rischio. Perché?
«Hanno usato una cura sperimentale che attualmente non è in commercio - l’anticorpo monoclonale Regeneron - e che probabilmente ha dato buoni risultati. Ci sono dati preliminari che dicono che questo anticorpo potrebbe funzionare. Bisogna aspettare la conclusione dello studio: una volta che ci sarà, potremo dire qualcosa di più. Indubbiamente però uno degli anticorpi monoclonali in studio sembra essere promettente. È probabile che Trump abbia avuto una forma non troppo grave, ma è anche vero che per curarlo sono stati utilizzati il Remdesivir, l’eparina e l’anticorpo monoclonale».
Torniamo alle cure in casa. Il professor Cavanna è considerato il "padre" del modello Piacenza alla base del quale c'è l'uso della idrossiclorochina. Funziona?
«C’è uno studio che dimostra che l’idrossiclorochina non funziona. Fino a che non ci saranno nuovi studi che dimostrano che il farmaco funziona, io non lo utilizzerei. C’è uno studio randomizzato che dimostra come coloro a cui è stata somministrata l’idrossiclorochina non hanno ottenuto alcun beneficio. Bisogna evitare di fare una medicina aneddotica. La medicina si fa con l’evidenza scientifica, che arriva dagli studi. L’unico modo che hai per dimostrarne l’efficacia è quello di fare uno studio randomizzato: se lo fa hai un’evidenza scientifica. Altrimenti hai solo un’opinione».
Si può dunque fare di più nella scelta dei medicinali e così diminuire il numero dei morti?
«Ci sono alcune cose che si sarebbero dovute fare e che non sono state fatte. Primo: creare protocolli condivisi a livello nazionale, una sorta di linee guida italiane a cui le società scientifiche stanno lavorando. Io sono presidente della Società italiana di terapia anti infettiva, e abbiamo messo in piedi un gruppo di studio, insieme alla Società italiana di pneumologia, per stilare delle linee guida di trattamento del Covid. Con questo gruppo di lavoro cercheremo di produrre un documento che spieghi come trattare il Covid: quali farmaci utilizzare e quali no. Secondo: uniformare i criteri di ospedalizzazione. Chi deve essere ricoverato in ospedale? Chi deve essere curato a casa? Chi deve essere ricoverato in una struttura extra ospedaliera? Ci devono essere parametri precisi, che siano utilizzati da tutti. Ci devono essere anche criteri di dimissioni condivisi: una volta che il paziente sta bene, che non ha più bisogno di presidi ospedalieri, quando lo posso dimettere? Questo è importante perché permette un turnover maggiore di posti letto. Se riusciamo a far girare al meglio i pazienti, il sistema può reggere. Terzo: collegare l’ospedale e il territorio. La gente deve sentirsi sicura e sapere che i medici di base sono collegati all’ospedale in un certo senso si porta a casa l’ospedale».
Molti hanno affermato che la lattoferrina può essere un utile alleato contro il Covid. È davvero così?
«Anche su questo non ci sono forti evidenze. La lattoferrina è un farmaco che non ha grandi effetti collaterali, quindi se uno vuole può usarlo, ma non ci sono evidenze così forti a suo favore. Ci sono delle esperienze aneddotiche, ma io lavoro con le evidenze. Se uno la vuole utilizzare può farlo, ma non credo entrerà nelle linee guida come farmaco che cambierà la storia del Covid».
Da leggo.it l'11 dicembre 2020. La III Sezione del Consiglio di Stato ha accolto, in sede cautelare, il ricorso di un gruppo di medici di base e ha sospeso la nota del 22 luglio scorso di AIFA che vietava la prescrizione off label (ossia per un uso non previsto dal bugiardino) dell' idrossiclorochina per la lotta al Covid. «La perdurante incertezza circa l'efficacia terapeutica dell'idrossiclorochina, ammessa dalla stessa AIFA a giustificazione dell'ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati - si legge nell'ordinanza - non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l'irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale». Gli appellanti, nella loro qualità di medici che avevano sino a quel momento prescritto l'idrossiclorochina ai pazienti, hanno proposto ricorso contro la nota di AIFA sostenendo in sintesi che l' idrossiclorochina, sulla base di studi clinici pubblicati su riviste internazionali accreditate, sarebbe efficace nella lotta contro il virus, censurando il difetto di istruttoria che inficerebbe le determinazioni di AIFA, e hanno lamentato la lesione della loro autonomia decisionale, tutelata dalla Costituzione e dalla legge, nel prescrivere tale farmaco sotto la propria responsabilità, ai pazienti non ospedalizzati che acconsentano alla sua somministrazione per la cura domiciliare del SARS-CoV-2. Nella prima fase della pandemia AIFA, così come del resto altre Agenzie nazionali europee ed extraeuropee, ha inizialmente consentito all'utilizzo off label - e, cioè, al di fuori del normale utilizzo terapeutico già autorizzato - dell'idrossiclorochina e ha reso prescrivibili a carico del Servizio Sanitario Nazionale alcuni farmaci, tra i quali la clorochina e, appunto, l'idrossiclorochina. Ma successivamente AIFA ha disposto la sospensione dell'autorizzazione all'utilizzo off label dell' idrossiclorochina per il trattamento del Sars-Cov-2, se non nell'ambito di studi clinici controllati, e la sua esclusione dalla rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale. Alla base di questa determinazione AIFA ha posto alcune evidenze sperimentali che avrebbero rivelato un profilo di efficacia assai incerto del farmaco nel contrasto al virus e un rischio di tossicità, in particolare cardiaca, rilevante ad elevati dosaggi. «La scelta se utilizzare o meno il farmaco, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica, sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia - si legge nell'ordinanza del Consiglio di Stato - deve essere rimessa all'autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico» «in scienza e coscienza» e con l'ovvio consenso informato del singolo paziente. Rimane fermo il monitoraggio costante e attento del medico che lo ha prescritto. L'ordinanza - è la n.7097/2020 ed è stata pubblicata oggi - precisa che non è invece oggetto di sospensione (né a monte di contenzioso) la decisione di AIFA di escludere la prescrizione off label dell' idrossiclorochina dal regime di rimborsabilità
Covid, via libera all'idrossiclorochina: "Irragionevole vietarne l'uso". Colpo di scena in Italia: il Consiglio di Stato accoglie il ricorso dei medici di base. "Dati clinici non univoci". Ma non può essere rimborsato. Giuseppe De Lorenzo, Venerdì 11/12/2020 su Il Giornale. Colpo di scena. Esultano i medici che da tempo sostengono l'uso dell'idrossiclorochina contro la malattia Covid-19. Il Consiglio di Stato, infatti, ha accolto il ricorso di alcuni medici contro la decisione dell'Aifa di vietarne la prescrizione off label, cioè per un uso non previsto dal bugiardino. Il medicinale finito al centro della polemica politica per "colpa" di Trump, Bolsonaro e (soprattutto) dei loro detrattori rientra in campo dalla finestra dopo essere stato messo alla porta senza tanti complimenti. Una decisione, quella dell'Aifa, che aveva diviso (e che ancora divide) la comunità scientifica tra chi ritiene l'Hcq pericolosa e chi la considera una valida arma contro il coronavirus. L'ordinanza del Consiglio di Stato, la numero 7097/2020, è stata pubblicata questa mattina ed è destinata a far discutere. Per i giudici amministrativi l'idrossiclorochina può essere usata come terapia per Covid-19, previa prescrizione di un medico e comunque, come previsto dall'Aifa, senza la rimborsabilità da parte del Servizio sanitario nazionale. La III Sezione ha accolto, in sede cautelare, il ricorso di un gruppo di medici di base e ha sospeso la nota del 22 luglio del 2020 con cui l'Aifa aveva impedito ai medici di prescrivere l'Hcq al di fuori degli studi clinici autorizzati dall'Ente. "La perdurante incertezza circa l'efficacia terapeutica dell'idrossiclorochina, ammessa dalla stessa Aifa a giustificazione dell'ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati - si legge nella corposa ordinanza - non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l'irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale da parte dei medici curanti". E ancora: "La scelta se utilizzare o meno il farmaco, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica, sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia, deve essere dunque rimessa all'autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico in scienza e coscienza". Ovviamente ci deve essere il consenso informato del paziente e il medico deve monitorare il progresso clinico: ma non può essere vietato. La battaglia su questo farmaco è ormai di vecchia data. Come raccontato nel Libro nero del coronavirus, tra i primi ad utilizzarla fu Luigi Cavanna, primario di oncologia e padre del "Metodo Piacenza", decantato anche dai media stranieri. L’Hcq contro il Covid ha dimostrato di funzionare - ci raccontò - Anche tanti medici l'hanno assunta. Non farà testo, ma vuol dire che ci credevano. E poi ci sono centinaia se non migliaia di pazienti che l'hanno presa e sono guariti”. Per un certo periodo l'Aifa ha dato il via libera all'uso dell'Hcq a discrezione dei medici, autorizzando pure il rimborso da parte del Ssn. In fondo si tratta di un farmaco già usato contro diverse malattie. E costa pochissimo. Oggi però la molecola antimalarica è osteggiata e motivo di scontro sia medico che politico. Dopo uno studio pubblicato su Lancet sui rischi cardiaci e l'aumento di mortalità (poi ritirato con non poco inbarazzo), lo scorso maggio sia l'Oms che le agenzie del farmaco mondiali ne hanno sospeso l'utilizzo. Diversi medici ritengono che sul tema non ci sia un sereno dibattito scientifico, probabilmente anche per colpa delle prese di posizione di leader mondiali: diventato il farmaco "sovranista", è stato fatto quasi di tutto per dichiararlo inutile. "Purtroppo gli editori di riviste importanti sono molto riluttanti a pubblicare qualcosa di positivo sull’idrossiclorochina (chiamo questa riluttanza effetto Trump-Bolsonaro), mentre pubblicano immediatamente anche paper deboli quando non funzionano”, disse Antonio Cassone, già direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss e membro dell’American Academy of Microbiology. Certo sull'efficacia dell'idrossiclorochina i dubbi permangono. Alcuni studi randomizzati realizzati, tra cui il "Solidarity" dell'Oms, non hanno trovato effetti benefici, sottolineando pure "un rischio di tossicità, in particolare cardiaca, rilevante ad elevati dosaggi". Per L'Aifa alla base della decisione di bloccare l'Hcq ci sono "evidenze sperimentali, emergenti dagli studi clinici randomizzati e controllati", ma diversi medici ritengono che ancora non si sia arrivati all'ultimo capitolo. “Questi trial - disse Cassone - hanno usato dosi alte di Hcq nell’idea che queste dosi fossero quelle giuste per una diretta attività antivirale”. I favorevoli all'Hcq ritengono infatti che puntando sulla capacità anti-infiammatoria e anti-trombotica del farmaco sia sufficiente usare una dose inferiore, incapace di provocare controindicazioni. A quelle dosi uno studio dell'European Journal of Internal Medicine riteneva che l'Hcq potesse ridurre il rischio morte per Covid del 30%. Chi ha ragione? Il Consiglio di stato, va detto, non dà una risposta a questa domanda. I giudici si sono solo espressi sul ricorso presentato da un folto gruppo di medici di base che "nella prima fase della pandiemia" hanno "esercitato la loro attività somministrando" ai pazienti l'Idrossiclorochina. "Da decenni - si legge nell'ordinanza - l’Hcq viene usata non solo per curare la malaria, ormai debellata in Italia, ma contro l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso in virtù della sua efficace azione di riduzione dei livelli di anticorpi fosfolipidi, tanto da essere somministrato in Italia a circa 60.000 pazienti affetti da tali malattie autoimmuni". I ricorrenti ritengono che le decisioni dell'Aifa siano superate da "studi clinici pubblicati su riviste internazionali accreditate" e che sia stata lesa la loro autonomia decisionale "nel prescrivere tale farmaco, in scienza e coscienza sotto la propria responsabilità" ai pazienti che acconsentono a farsi curare così. Le toghe danno loro ragione: via libera dunque all'uso dell'idrossiclorochina.
Una decisione che scatena polemiche. Idrossiclorochina, il Consiglio di Stato "sospende" l’Aifa e da l’ok al farmaco contro il Coronavirus. Carmine Di Niro su Il Riformista l'11 Dicembre 2020. Una decisione destinata a scatenare sicure polemiche. Il Consiglio di Stato ha dato il via libera all’uso dell’idrossiclorochina per la cura del Covid-19, solo su prescrizione e non rimborsabile. La terza sezione del Consiglio di Stato ha accolto, in sede cautelare, il ricorso di un gruppo di medici di base e ha sospeso la nota del 22 luglio 2020 di Aifa che vietava la prescrizione off label, cioè per un uso non previsto dal bugiardino, dell’idrossiclorochina per la lotta al Covid 19. Si legge nell’ ordinanza che “la perdurante incertezza circa l’efficacia terapeutica dell’idrossiclorochina, ammessa dalla stessa Aifa a giustificazione dell’ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati, non è ragione sufficiente sul piano giuridico a giustificare l’irragionevole sospensione del suo utilizzo sul territorio nazionale da parte dei medici curanti”. “La scelta se utilizzare o meno il farmaco, in una situazione di dubbio e di contrasto nella comunità scientifica – è scritto nell’ordinanza – sulla base di dati clinici non univoci, circa la sua efficacia nel solo stadio iniziale della malattia, deve essere dunque rimessa all’autonomia decisionale e alla responsabilità del singolo medico“, “in scienza e coscienza” e con l’ovvio consenso informato del singolo paziente. Fermo il monitoraggio costante e attento del medico che lo ha prescritto. L’ordinanza precisa che non è invece oggetto di sospensione (né a monte di contenzioso) la decisione di Aifa di escludere la prescrizione off label dell’idrossiclorochina dal regime di rimborsabilità.
LE DIVISIONI SUL FARMACO – Lo sblocco dell’idrossiclorochina sancito oggi dal Consiglio di Stato riapre il dibattito sul farmaco e sui metodi scientifici per contrastare il virus. L’idrossiclorochina, va ricordato, è un farmaco genericamente utilizzato nel trattamento della malaria e di alcune malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso discoide e disseminato. Tra i primi sponsor del suo utilizzo contro il Covid-19 c’era stato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, un entusiasmo che non aveva trovato grande sponda nella comunità scientifica, con più studi che avevano in realtà evidenziato i suoi effetti minimi, se non nulli o dannosi, contro il Coronavirus. Recentemente anche l’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha pubblicato uno studio in cui “boccia” l’utilizzo del farmaco contro il virus, mentre a luglio l’Aifa ne aveva sospeso l’autorizzazione “per il trattamento dell’infezione da Sars-CoV-2, al di fuori degli studi clinici, sia in ambito ospedaliero che in ambito domiciliare”. La decisione odierna del Consiglio di Stato ha provocato la reazione contrariata di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che su Twitter ha attaccato la decisione dei giudici: “Idrossiclorochina: le evidenze confermano che il profilo rischio-beneficio nella Covid-19 è sfavorevole, le linee guida e le autorità sanitarie raccomandano contro il suo utilizzo, il Consiglio di Stato sovverte la scienza”. Di tutt’altro parere uno sponsor "nostrano" del farmaco, il segretario della Lega Matteo Salvini, secondi cui il sì del Consiglio di stato “è una notizia che molti medici stavano attendendo. Tra gli altri, ricordiamo il dott. Luigi Cavanna che a Piacenza somministrando precocemente questo farmaco ha trattato con successo molti pazienti affetti da Covid, casa per casa, riducendo gli accessi all’ospedale e guadagnandosi anche fama internazionale per il suo impegno medico e umano”.
Così l’idrossiclorochina finisce al Consiglio di Stato. Gioia Locati il 7 dicembre 2020 su Il Giornale. Cos’è l’idrossiclorochina? Fa bene o fa male? Come si affronta oggi il Covid? Ci si può curare a casa? Proviamo a rispondere con l’aiuto di un medico, l’oncologo e professore Luigi Cavanna, che ha seguito centinaia di malati di Covid, trattandoli con questo farmaco al loro domicilio. Da maggio però non si può più prescrivere né somministrare idrossiclorochina (vedremo perché). Il 10 dicembre il Consiglio di Stato si esprimerà sull’esposto presentato da alcuni medici che chiedono il via libera al farmaco e di poter prescrivere in scienza e coscienza.
L’ antefatto. L’idrossiclorochina si usa da oltre 50 anni per curare la malaria e alcune malattie autoimmuni. Per le sue proprietà immunomudulanti, anti trombotiche e anti virali è stata impiegata anche per contrastare alcune importanti infezioni, dall’HIV all’Ebola, dalla Sars alla Mers. Costa poco. Durante la prima ondata del Sars-Cov-2, l’idrossiclorochina era presente nelle linee guida dei Paesi occidentali colpiti dall’infezione (approvata, dunque, anche da Aifa ed Ema) per trattare i malati, sia in ospedale che a domicilio. A maggio però esce uno studio su Lancet – rivelatosi poi fallace – che richiama le attenzioni delle agenzie regolatorie. Si afferma che l’idrossiclorochina era stata causa di un aumentato numero di decessi, a riprova si millanta l’analisi di 96mila cartelle di pazienti in 970 ospedali nel mondo. Ma, a una prima seria verifica, le basi di quel lavoro, crollano. Nessuno aveva esaminato quelle cartelle e la società che eleborò i dati falsi finì indagata. Cliccate qui. Tuttavia l’idrossiclorochina è rimasta inaccessibile ai malati di Covid. Sospesa la somministrazione nei Paesi occidentali già a poche ore dalla pubblicazione dello studio fallace. A giustificazione, oggi, Aifa cita la posizione dell’OMS che “per prudenza ne ha sospeso i trial”. Sarebbe pericolosa per il cuore e potrebbe aumentare i decessi. La situazione oggi. In mezzo mondo, i medici che, nei mesi di marzo aprile hanno trattato i malati con quel farmaco, hanno raccolto e pubblicato i loro dati. Secondo chi l’ha prescritta, “soprattutto nei primi giorni di malattia”, l’idrossiclorochina ha contribuito a contenere i decessi. Sono stati fatti numerosi confronti sia con con gruppi di pazienti ricoverati sia con chi si è curato a domicilio. Qui uno studio osservazionale belga su 8.075 partecipanti. Si sono poi studiati i decorsi dei pazienti che non hanno usato quel farmaco e si è giunti alle conclusioni che sintetizza Luigi Cavanna, oncologo, primario all’ospedale di Piacenza e ricercatore: “La mia esperienza con l’impiego di quel farmaco è più che buona, ho seguito personalmente a casa oltre 300 malati, dei quali il 30 per cento con forme severe e un altro 30 per cento con forme moderate. Di questi nessuno è morto e i ricoverati sono stati meno del 5 per cento”. E poi. “Mi sono sentito ringraziare con queste parole, ‘dottore, stavo così male che pensavo di non farcela, dopo 3 giorni di terapia la mia vita è cambiata”. Lo staff del professor Cavanna ha raccolto i dati in due pubblicazioni sui malati di tumore che hanno avuto il Covid e un terzo lavoro verrà spedito nei prossimi giorni per essere pubblicato. Intanto, altre ricerche sono state pubblicate, dapprima una metanalisi, ossia una summa di 26 studi che riferiscono dell’impiego di idrossiclorochina su 44.521 malati di Covid e che mostrerebbero una riduzione di mortalità con il farmaco a basse dosi. Cliccate qui. Poi un altro lavoro tutto italiano che riunisce le esperienze di 33 ospedali della Penisola in uno studio osservazionale multicentrico che trovate qui. Sono stati seguiti i decorsi di 3.451 pazienti non selezionati, ricoverati dal 19 febbraio al 23 maggio. Ed è emersa una mortalità ridotta del 33% in chi ha usato quel farmaco. In luglio, 13 Regioni italiane hanno chiesto di poter usare l’idrossiclorochina off label nei trattamenti domiciliari, cliccate qui. Ma Aifa è rimasta ferma sulla sua posizione. Nel frattempo ci sono stati ricorsi al Tar e si attende il verdetto del Consiglio di Stato del 10 dicembre.
Per l’Ema è un farmaco che “se preso in dosi elevate induce al suicidio”. Il 30 novembre Ema pubblica una nota. Si dice che “a seguito di una revisione dei dati sono emersi 6 casi di disturbi psichiatrici in pazienti Covid a cui erano state somministrate dosi di idrossiclorochina superiori a quelle autorizzate”.
Professor Cavanna ha osservato anche lei la tendenza al suicidio? “Qualsiasi farmaco preso a dosi da cavallo fa male…che dico farmaco, anche la pastasciutta…Penso che ci si debba avvicinare ai dati con umiltà e senza pregiudizi. Invito a guardare a ogni terapia in termini di costi e benefici, tenendo presente gli effetti collaterali e la situazione di ciascuno. A Piacenza ci sono stati oltre 900 morti nella prima ondata, in quel periodo, dei pazienti che noi seguimmo a domicilio trattati con idrossiclorochina – all’incirca 300 – i ricoveri sono stati inferiori al 5% e nessuno è morto”.
Per quanti giorni va somministrata l’idrossiclorochina?
“Per una settimana, non di più. Si ottenevano miglioramenti dopo due-tre giorni. Abbiamo osservato che è importante dare il farmaco ai primi sintomi, ed è sufficiente un basso dosaggio”.
Cosa pensa del fermo divieto delle agenzie regolatorie?
“Che per onestà sia necessario spiegare ai pazienti che hanno ricevuto l’idrossiclorochina nei primi mesi e sono guariti che cosa è successo; se hanno rischiato, che cosa hanno rischiato, e come hanno fatto a rimettersi in piedi. Una spiegazione è dovuta. Prima il farmaco era ammesso e lo è stato per tre mesi, ora è vietato. Perché Aifa non va vedere come stanno queste persone?”.
Aifa sostiene che non esistono studi randomizzati sui pazienti Covid.
“Abbiamo molti dati, non solo noi di Piacenza, ma da tutta Italia, penso alla provincia di Alessandria, a Novara, a Milano, e a Bologna. Sono stati pubblicati gli studi osservazionali (vedi sopra), una metanalisi che mostra la riduzione di mortalità su 40mila malati. Questi report vanno messi sul tavolo. Si tratta di uomini e donne, non di esperimenti in vitro. Sono un sostenitore dello studio randomizzato (si dividono i pazienti in due gruppi omogenei, a uno si somministra la miglior cura esistente più il farmaco da testare, all’altro la miglior cura più il placebo) ma lo studio è sempre un mezzo, non un fine. I malati bisogna guardarli in faccia e, in mancanza di studi randomizzati utilizzare farmaci di provata efficacia ‘sul campo’, di facile somministrazione, di costo contenuto e con pochi effetti collaterali.
Cosa farebbero all’Aifa se qualcuno di loro o dei loro familiari si ammalasse di Covid e si ritrovassero con una febbre alta che non passa dopo tre giorni, tosse e fiato pesante? Si accontenterebbero dell’antipiretico e del saturimetro (sono le indicazioni per curarsi a casa) aspettando forse di peggiorare per essere ricoverati d’urgenza? È come se misurassimo la pressione alta senza dare alcun farmaco ma consigliando di tenere a casa l’apparecchio per la pressione…”
Il Covid si può curare a casa?
“Assolutamente sì, la cura precoce, fatta cioè nei primi giorni di febbre alta, tosse e affanno, consente ai pazienti di evitare il ricovero in ospedale e di guarire. La mia esperienza coincide con quella di centinaia di medici in Italia e migliaia nel mondo che hanno curato a casa i pazienti”.
Cosa prendere ai primi sintomi?
“Chi non ha sintomi o ne ha pochi non deve fare nulla, isolarsi con le precauzioni per non infettare gli altri. Chi ha sintomi può assumere un antinfiammatorio. Se sopraggiunge tosse o se la febbre non passa in 24-30 ore bisogna rivolgersi al medico di famiglia che può attivare le Usca, Unità mediche territoriali che, a domicilio, possono visitare, fare un’ecografia ai polmoni, fare un tampone e valutare il livello dell’ossigeno” (nel Piacentino funziona così).
Insomma, è importante agire subito?
“Sì. Durante la pandemia abbiamo visto arrivare in ospedale persone con alle spalle 10 e più giorni di febbre, tosse, dispnea, non va bene”.
Ma oltre all’antinfiammatorio? Antibiotico o cortisone?
“Decide il medico. Se c’è il sospetto che l’infiammazione abbia intaccato i polmoni l’antibiotico va consigliato. Il cortisone va dato non subito ma nei giorni successivi per evitare il picco infiammatorio. L’eparina se il paziente è allettato o fatica a muoversi. Fondamentale è misurare la saturazione di ossigeno”.
Come mai un oncologo cura i malati di Covid a domicilio?
“L’oncologo ha come background culturale la presa in carico del malato, lo segue nel suo percorso di cura e nei successivi controlli fino alla guarigione o alle cure palliative. Ricordo un paziente che ci disse che avrebbe dovuto interrompere la terapia perché il figlio non lo poteva più accompagnare in ospedale poiché avrebbe rischiato di perdere il lavoro. Era 20 anni fa. Decidemmo di istituire una rete territoriale che funziona ancora oggi: nelle zone senza ospedale ci sono i nostri presidi, portiamo le cure oncologiche vicino al domicilio del paziente e siamo stati i primi in Italia a eseguire le terapie nella Casa della Salute, in una vallata del Piacentino priva di ospedali”.
Con l’inizio del Covid vi siete comportati così?
“Un nostro paziente, malato di tumore, ci avvisò di avere tosse e febbre. Siamo andati a domicilio. È cominciata così…Poi sono stati trattati tanti altri malati, anche, e soprattutto, non oncologici”.
Guariti con idrossiclorochina?
“Esattamente”.
Oggi in ospedale a Piacenza avete tanti malati Covid?
“Molti meno che a marzo, grazie anche alla nostra rete di assistenza domiciliare”.
Ora cosa farete?
“Cercheremo di convincere Aifa a cambiare le linee guida con la forza degli argomenti ma anche con la determinazione che ci trasmettono i malati”.
Ci sono speranze?
“C’è un assoluto bisogno di cure precoci. Ci sono tanti dati, c’è un’interrogazione parlamentare presentata dal senatore Armando Siri che ha a cuore la nostra causa e c’è il Consiglio di Stato”.
Siri: “I farmaci anti-covid fanno paura a chi fa business sulla salute dei cittadini”. Rec News, direttore Zaira Bartucca 1 Dicembre 2020. Il senatore: “Ci si inventa di tutto per non utilizzarli. In atto propaganda strumentale, i medici hanno già salvato un sacco di vite” Idrossiclorochina a 6 euro funziona e fa paura a chi specula e fa business sulla salute dei cittadini. Così, pur di evitare che si utilizzi sui pazienti, ci si inventa qualunque cosa per screditarla. Pongo in premessa che personalmente non ho alcuna passione per l’Idrossiclorochina e che, per me, qualunque farmaco che si riveli utile per la cura a casa dei pazienti dovrebbe avere attenzione e la giusta considerazione da parte delle Autorità Sanitarie, soprattutto se sono i medici a chiederlo”. Mi limito a rilevare il dato, ovvero: il Dottor Cavanna, medico Primario all’Ospedale di Piacenza e con lui la Dottoressa Paola Varese Primario ASL di Alessandria, il Dottor Luigi Garavelli Primario Malattie Infettive Ospedale di Novara e centinaia di altri medici del Territorio hanno salvato centinaia di pazienti curandoli a casa con questa medicina, eppure hanno contro quasi tutta la comunità scientifica e i cosiddetti organi di “controllo” statali che si rifiutano di leggere gli studi nazionali e internazionali sull’efficacia del farmaco (che io ho letto) e insistono con una propaganda strumentale e vergognosa per delegittimarne l’utilizzo. L’ultima trovata propagandistica è quella dell’EMA, l’Agenzia Europea per i medicinali (sostanzialmente la sorella europea dell’AIFA nazionale), che guarda caso, proprio mentre 13 Regioni Italiane chiedono la ripresa dei protocolli sperimentali per le cure domiciliari con Idrossiclorochina, fa uscire una notizia in cui afferma che il farmaco è pericoloso per la salute mentale. Dunque, se quello che EMA afferma fosse vero ne conseguirebbe che tutti i reumatologi del mondo dovrebbero immediatamente sospendere la somministrazione di Idrossiclorochina che da più di 50 anni prescrivono ai loro pazienti visto che l’EMA dice che altrimenti si suicideranno. I medici non hanno mai avuto evidenza di questo grave effetto collaterale? Beh, non importa, vuol dire che non saranno stati attenti. Ora (proprio perché si è scoperto che l’idrossiclorochina è efficace per curare il COVID-19) guarda caso emerge che 6 persone che prendevano il farmaco si sono suicidate (non sappiamo niente di loro, ovvero ad esempio se avessero già problemi psichiatrici). Sappiamo però che hanno abusato del farmaco prendendo dosi superiori a quelle consigliate. E questa vi pare una notizia? Sei persone dal quadro clinico sconosciuto abusano di un farmaco, si suicidano e la colpa è del farmaco? Un farmaco che prendono ogni giorno milioni di persone a cui non è mai successo nulla di tutto questo? Certo che bisogna proprio essere dei mascalzoni, oppure davvero in malafede, per fare una propaganda così smaccatamente strumentale contro una medicina solo perché si è dimostrata, se assunta a basse dosi e all’insorgenza dei sintomi, uno strumento efficace per curare a casa il COVID-19 e costa solo 6 euro. Come si fa ad accettare che Enti istituzionali, che nella coscienza collettiva godono di autorevolezza scientifica, si approfittino della buona fede dei cittadini per diffondere storie artefatte come quella sulla pericolosità psichiatrica di un farmaco che viene utilizzato da 50 anni per la cura di artrite reumatoide e altre importanti malattie del sistema immunitario? Tra l’altro, non si vuole evidenziare che il Trattamento per il COVID-19 è molto breve (massimo una settimana e a dosi molto più basse di quelle già oggi consentite). Possibile che nessun organo di controllo etico della comunità scientifica sollevi il caso? Dov’è finita la serietà di una categoria che fa un giuramento solenne “di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento”? Lo ripeto ancora: il Ministero della Salute e AIFA concedano la possibilità a tutti questi medici che lo chiedono, di poter riprendere la sperimentazione, con tutti i dovuti controlli e verifiche. Perché non si può negare una cura ritenuta efficace dai medici sul campo solo sulla base di storie rivelatesi false come il famoso studio di The Lancet, o suggestioni ai limiti del ridicolo come questa di EMA. Curare a casa il COVID-19 significa scongiurare l’affollamento degli Ospedali e dunque la necessità di DPCM che stanno, questi sì, incidendo negativamente sulla socialità e sulla salute mentale degli individui producendo danni incalcolabili al lavoro e all’economia”.
Coronavirus e vitamina D, l'appello di 61 prof e medici italiani: “Diamola ai soggetti a rischio”. Le Iene News il 10 dicembre 2020. Sono 61 i professori, ricercatori e medici che hanno sottoscritto un appello alle istituzioni per somministrare alle categorie più a rischio per il coronavirus la vitamina D in via preventiva: “E’ stata largamente evidenziata l’utilità della somministrazione ai pazienti di COVID-19”. Una richiesta simile a quella fatta un mese fa dai colleghi inglesi. Un appello di 61 tra professori, ricercatori e medici sul modelli di quello firmato dai colleghi inglesi: “Diamo la vitamina D ai soggetti a rischio per contrastare il coronavirus”. Vi abbiamo raccontato di questo appello oltre un mese fa: un gruppo di scienziati inglesi guidati dal professor Gareth Davies ha indicato come circa la metà della popolazione inglese abbia una carenza di vitamina D, e secondo loro questo basso livello potrebbe comportare un maggior rischio di contrarre il coronavirus. Non solo: se ci si ammala, e si ha poca vitamina D, la possibilità di avere sintomi gravi sarebbe più alta. E per questo il gruppo di scienziati ha lanciato un appello al governo per intervenire, facendo aggiungere dosi di vitamina D ai cibi più consumati come il latte o il pane. Adesso in Italia un documento sottoscritto da 61 tra professori, ricercatori e medici propone alle istituzioni italiane un percorso simile. “Ad oggi è possibile reperire circa 300 lavori con oggetto il legame tra COVID-19 e vitamina D”, scrivono i ricercatori. Gli studi “hanno confermato la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da COVID-19, soprattutto se in forma severa, e di una più elevata mortalità ad essa associata”. Per questo i 61 studiosi suggeriscono, nel documento inviato alle istituzioni sanitarie italiane, di valutare la “somministrazione preventiva” di vitamina D “a soggetti a rischio di contagio come anziani, fragili, obesi, operatori sanitari, congiunti di pazienti infetti, soggetti in comunità chiuse”. Secondo loro non ci sarebbero, in questo contesto, “sostanziali effetti collaterali”. La motivazione di questa richiesta è chiara: “E’ stata largamente evidenziata l’utilità della somministrazione di vitamina D a pazienti COVID-19”. Un tema che noi de Le Iene stiamo approfondendo da tempo: a inizio novembre vi abbiamo raccontato dello stato degli studi sul possibile legame tra vitamina D e coronavirus, dopo che gli scienziati inglesi avevano lanciato l’appello al governo per aggiungere la sostanza al cibo “per aiutare nella lotta contro il Covid”. Una richiesta seguita dall’annuncio del ministero della Salute britannico, che ha chiesto ai propri consiglieri sanitari di fornire linee guida per utilizzare la vitamina D come possibile modo per prevenire e trattare il coronaviurs. Con Giulia Innocenzi poi abbiamo intervistato il professor Giancarlo Isaia dell’università di Torino, tra i 61 firmatari dell’appello e coautore di uno studio secondo cui le regioni italiane che ricevono meno raggi solari UV sono anche quelle dove il coronavirus ha causato più contagi e morti. I risultati dello studio, ci ha detto il professore “sono coerenti con i possibili effetti benefici della radiazione UV solare sulla diffusione del coronavirus e sulle sue manifestazioni cliniche. Risulta infatti che la radiazione UV è sia in grado di neutralizzare direttamente il virus, sia di favorire la sintesi della vitamina D che, per le sue proprietà immunomodulatorie, potrebbe svolgere un ruolo antagonista dell’infezione e delle sue manifestazioni cliniche”. Pochi giorni fa infine vi abbiamo dato conto di una circolare del ministero della Salute, per la quale “non esistono ad oggi evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercetina), il cui utilizzo per questa indicazione non è quindi raccomandato". A quelle parole ha replicato a Iene.it il professor Isaia, che ci ha detto: “La circolare è discutibile perché un nostro nuovo documento riporta nuove evidenze su quanto andiamo dicendo. Chi ha scritto il documento ha accomunato la vitamina D, che è cosa ben diversa, ad altre vitamine e integratori. Le nostre evidenze, che partono dall’inizio del 2020, possono essere discutibili ma meritano almeno un approfondimento”».
Tra il ricovero e la dimissione son passati solo 16 giorni, dal 22 novembre dell'attesa del ricovero, avvenuto il 23, fino al 7 dicembre 2020, data delle dimissioni.
«La mia dimissione. Purtroppo la mia dimissione come il mio ricovero è stato traumatico. Dal 3 dicembre 2020 al 7 dicembre 2020 sono stato costretto a stare da negativo in un reparto Covid. Le linee guida raccomandano il distanziamento tra coniugi, positivi e negativi, e poi le autorità permettono la promisquità negli ospedali Covid. Non è provato scientificamente il periodo di immunità, specie in presenza di carica virale forte, però in reparto per ben due volte hanno introdotto nella mia stanza pazienti di prima positività. La seconda volta, il 5 dicembre 2020 notte, addirittura, V.to T.liente di Martina Franca, poverino, egli stesso infettato in ospedale. Ho consigliato, per impedire la promisquità, l’appaiamento in stanze separate: vecchi degenti, con vecchi degenti, a minima trasmissione del virus; nuovi ricoverati con nuovi ricoverati ad alta carica virale. Risposta: problemi organizzativi. Ergo: troppo lavoro per gli addetti. Ho detto che la mia degenza non era necessaria perché potevo essere curato a casa o tramite Usca. Giusto per liberare il letto per nuove emergenze. Insomma sono stato costretto alla dimissione volontaria, da me imposta ed anticipata da giorni. L’uscita è stata procrastinata fino alle 19.30 della sera del 7 dicembre. E non voglio pensare che sia stata una sorta di ritorsione.
Positivi e negativi insieme al Giannuzzi, è normale? Lavoceassociazioneculturaleasud.it l'8 Dicembre 2020. Finalmente negativo. Antonio Giangrande, il “famoso” paziente dell’attesa di undici ore in ambulanza prima di essere ricoverato all’ospedale Giannuzzi di Manduria , è finalmente negativo. Tutto bene quel che finisce bene, direte voi. Invece no. Dopo 15 giorni di ricovero , la degenza procedeva secondo quanto auspicato, fino all’esito negativo del tampone. A questo punto ci si sarebbe aspettato uno spostamento di reparto per evitare che un negativo restasse in stanza con positivi. Ma niente. E risposta negativa è arrivata neanche alla richiesta del Giangrande di essere spostato almeno in un reparto dove i negativi non fossero “recenti ” e con altissima carica virale. Come noto, anche i negativizzati, specie chi ha avuto insufficienze respiratorie, devono rispettare le solite prescrizioni. La presenza di anticorpi neutralizzanti non d à certezza scientifica di “immunità” e, come già successo, i guariti possono essere reinfettati. Da non dimenticare la possibilità di imbattersi in un tipo di virus mutato contro cui gli anticorpi acquisiti nulla possono fare. A questo punto, data la possibilità di curare i postumi della malattia con cure ordinarie e con assistenza domiciliare, il Giangrande è stato costretto alla dimissione volontaria, per evitare di passare altri giorni da negativo in un reparto di positivi , anche nuovi, con i relativi rischi per la propria salute . Con l’assurdo che, in fase di dimissione, è stato raccomandato di non tornare a casa da coniugi o parenti positivi.
La denuncia di Giangrande: “guarito dal Covid nella stessa stanza con positivi”. Già protagonista della lunga attesa in ambulanza prima di essere ricoverato. La Voce di Manduria mercoledì 9 dicembre 2020. Dopo la denuncia per aver atteso undici ore in ambulanza prima di essere ricoverato in un reparto Covid del Giannuzzi, l’avvocato Antonio Giangrande, di Avetrana, si rende protagonista di un’altra vicenda. Dopo quindici giorni di ricovero, Giangrande si è negativizzato ma, racconta, è rimasto nella stanza con altri pazienti ancora positivi. Alla sua richiesta di essere trasferito in un reparto dove i positivi non fossero recenti e quindi con una carica virale alta, i responsabili del reparto si sarebbero opposti. «A questo punto, data la possibilità di curare i postumi della malattia con cure ordinarie e con assistenza domiciliare – si legge in una nota stampa -, l’avvocato Giangrande è stato costretto alla dimissione volontaria per evitare di passare altri giorni da negativo in un reparto di positivi, anche nuovi, con i relativi rischi per la propria salute». «Con l’assurdo che, in fase di dimissione – concluso il comunicato - è stato raccomandato di non tornare a casa da coniugi o parenti positivi».
Come conclude questa intervista.
«Il virus ha smascherato la vera natura della gente. Conoscenti, amici e parenti che ti allontanano e ti accusano, sol perché ti hanno infettato. I positivi conclamati posti alla pubblica gogna, non sono untori. Essi divenuti negativi, quindi immuni ed in un certo senso vaccinati, proprio loro devono stare attenti agli altri, che possono reinfettarli. E poi di questi tempi un contagio da Covid non si nega a nessuno, specie alla cattiva gente».
Si stava meglio quando si stava peggio.
I miei nonni paterni Giuseppa Caprino e Leonardo Giangrande, democristiani, contadini beneficiari delle terre della riforma fondiaria di stampo fascista e genitori di 8 figli, dicevano che con i democristiani nessuno rimaneva indietro e tutti avevano la possibilità di migliorare il loro stato, se ne avevano la voglia (lavorare e non sprecare). Nonostante gli sprechi a vantaggio di alcuni figli a danno di altri e nonostante il regime cattocomunista, che non riconosce il valore della persona, loro hanno migliorato il loro stato ed hanno avuto la pensione.
Mio nonno materno Gaetano Santo, comunista, povero contadino ed allevatore beneficiario delle terre della riforma fondiaria di stampo fascista, padre di 8 figli cresciuti con l’illusione della loro utilità al suo benessere ed alla sua vecchiaia, tra un bicchiere di vino e l’altro affermava che i ricchi son ricchi perché hanno rubato ed era giusto espropriare i loro beni per distribuirli ai poveri. Nonostante il regime cattocomunista, che non riconosce il valore della persona, lui è morto povero, pur avendo la pensione!
Luigi Malorgio, il nonno materno di mia moglie, prigioniero di guerra e comunista, povero contadino ed allevatore beneficiario delle terre della riforma fondiaria di stampo fascista, padre di 4 figli, tra uno spreco e l’altro affermava, con il solito mantra comunista, che i ricchi son ricchi perché hanno rubato ed era giusto espropriare i loro beni per distribuirli ai poveri. Nonostante il regime cattocomunista, che non riconosce il valore della persona, lui è morto povero, pur avendo la pensione!
Altro mantra dei comunisti era ed è: gli altri vincono perché, essendo ladri, comprano i voti.
E come dire a detta degli interisti e dei napoletani: la Juventus vince perché ruba e quindi ridistribuiamo i suoi scudetti. L’Inter ed il Napoli son morti, comunque, perdenti.
Dopo tanti anni ho constatato che oggi rispetto al tempo dei nonni, nonostante il progresso tecnologico e culturale, non è più possibile migliorarsi ed arricchirsi. Inoltre oggi se si diventa ricchi per frutto della propria capacità e lavoro, non si è più tacciati di ladrocinio, ma di mafiosità. E se prima non c’era, oggi c’è l’espropriazione proletaria antimafiosa, ma non a favore dei poveri, ma solo a vantaggio dell’antimafia di sinistra, sia essa apparato burocratico di Stato, sia essa apparato associativo comunista, sia esso regime culturale rosso.
Dopo tanti anni ho constatato che, nonostante la magistratura politicizzata che collude ed i media partigiani che tacciono, i moralizzatori solidali erano e sono ladri come tutti gli altri, erano e sono mafiosi come, è più degli altri.
Ergo: ad oggi noi moriremo tutti poveri…e probabilmente senza pensione, accontentandoci di un misero reddito di cittadinanza che prima (indennità di disoccupazione) era privilegio solo dei lavoratori sindacalizzati disoccupati.
Di fatto, nel nome di un ridicolo ambientalismo, ci impediscono di farci una casa, ma ci spingono a comprarci un’auto.
Questo non è progressismo politico, ma una retrograda deriva culturale che ti porta a dire che:
è meglio non fare niente, perché si fotte tutto lo Stato con il Fisco;
è meglio non avere niente, perché si fotte tutto lo Stato con l’Antimafia.
Quindi, si stava meglio quando si stava peggio.
Ma lasciate che sia il solo a dirlo, così sanno con chi prendersela ed è facile per loro vincere tutti contro uno. Senza una lapide di rimembranza.
Si stava meglio quando si stava peggio?
Italia, declino inevitabile: dove andremo a finire?
Non capisco chi va a dimostrare. I loro problemi li manifestano in piazza: a chi?
Alla stampa omertosa? Ai politici menefreghisti? Ai colleghi di sventura che pensano a risolvere la loro personale situazione?
Non basta una buona rete sul web per far sentire la nostra voce?
Chi ha votato, si rivolga al suo rappresentante in Parlamento, affinchè tuteli il cittadino dai poteri forti.
Chi non ha votato, partecipi con altri alla formazione di un movimento democratico e pacifista per poter fare una rivoluzione rosa e cambiare l’Italia.
"Io so di non sapere". Il problema è che, questo modo di essere, adesso è diventato: "Io so di non sapere e me ne vanto". Oggi essere ignoranti è qualcosa di cui vantarsi. Prima c’erano i sapienti, da cui si pendeva dalle loro labbra. Poi sono arrivati gli uomini e le donne iperspecializzate, a cui si affidava la propria incondizionata fiducia. Alla fine è arrivata la cultura “fai da te”, tratta a secondo delle proprie fonti: social o web che sia. A leggere i saggi? Sia mai!
A leggere i giornali od a seguire i Tele Giornali o i talk show in tv cerco di carpire qualche notizia che parli di me: di me cittadino. Cerco qualcuno che parli dei miei problemi.
La pagina politica parla delle solite promesse, dei soliti sprechi e dei soliti privilegi.
La pagina della giustizia parla dei soliti morti, dei soliti arresti e delle solite condanne, oltre che della solita mafia: una rassegna dei successi di magistrati e forze dell’ordine, insomma.
La pagina degli esteri parla delle solite guerre e dei soliti cattivi da eliminare.
La pagina finanziaria parla di default, tasse e soldi per lo Stato che non bastano mai e della ovvia evasione fiscale dei soliti ricchi.
Per lo spettacolo e lo sport la solita rassegna di pettegolezzi di star e starlette senza arte né parte.
A parer dei media sembra che la vita scorra monotona lungo questi binari, salvo qualche problema che, però, a parer dei lettori e telespettatori, appare colpire solo gli altri.
Ma non è così. A spulciare nelle notizie, c’è tutta una quotidianità di cui nessuno parla: la lotta alla sopravvivenza delle famiglie italiane nella assoluta solitudine e nel generale sottaciuto abbandono.
Chi ha qualche anno di vita, (chi troppi, chi pochi) ricorda che:
prima il potere era del popolo: oggi non più, il potere è delle mafie, delle caste, delle lobbies e delle massonerie deviate;
prima c’era meno illegalità, meno obblighi, meno sanzioni e c’erano meno leggi da rispettare, specie quelle a carattere emergenziale: oggi anche un giurista insigne pecca di ignoranza giuridica;
prima nel nome della legalità c’era meno illegalità ed iniquità: oggi l’ingiustizia abbonda e gli abusi di potere strabordano;
prima c’era più rispetto e credibilità negli anziani, nei magistrati e nelle istituzioni: oggi non ci sono più esempi degni da seguire e non abbiamo stima nemmeno per noi stessi;
prima pur con tangentopoli, c’era meno ladrocinio e le mafie non avevano invaso l’Italia: oggi la corruzione e l’abuso di potere è la normalità e la mafia è dappertutto;
prima l’usuraio era l’amico: oggi non più, usuraio è lo Stato o le banche;
prima si pagava un decimo di tributi rispetto ad oggi e si otteneva 10 volte tanto in termini di servizi;
prima nella disgrazia potevi parlare con il politico che votavi ed il minimo che succedeva era che ti ascoltava ed il favore lecito, spesso, ci scappava: oggi non è più così, perché i politici sono tutti degli emeriti sconosciuti e se ti rapporti con loro disattendono il loro mandato;
prima nell’errore speravi nella coscienza delle istituzioni e tutto si aggiustava secondo equità: oggi non è più così, perché più che il principiò di legalità vale l’interesse estremo a punire, per salvaguardia finanziaria del proprio status di sanzionatore;
prima c’era più Empatia, ci si metteva nei panni dell’altro, si condividevano sentimenti, emozioni e sofferenze: oggi non più, c’è più Dispatia, ovvero l’incapacità o il rifiuto di condividere i sentimenti o le sofferenze altrui, ovvero più c’è più Alessitimia, ossia il disturbo specifico nelle funzioni affettive e simboliche che spesso rende sterile e incolore lo stile comunicativo delle persone;
prima nell’avversità c’era qualcuno che pubblicamente denunciava sui giornali la tua questione: oggi la notizia è omologata nella censura e se, al contrario, è resa pubblica, lo scandalo non produce effetti;
prima nell’avversità c’era una famiglia, spesso numerosa e con genitori pensionati, che ti sosteneva: oggi siamo soli nell’indifferenza, nell’indisponenza, nell’insofferenza e gli anziani non hanno più figli al capezzale ma solo badanti straniere;
prima si era più ricchi di affetti e di beni materiali: oggi amici non ne hai ed i parenti meglio non averli e se hai un bene materiale te lo toglie la criminalità o lo Stato;
prima nel bisogno il lavoro era tutelato e comunque si trovava, anche negli uffici di collocamento, o addirittura anche a nero o sottopagato: oggi non più assolutamente, nonostante i centri per l’impiego e le agenzie interinali;
prima a veder un clandestino era un’eccezione, oggi è la regola;
prima gli unici ad essere discriminati erano i meridionali: oggi si discrimina tutto e tutti e si uccide per questo (religione, razza, sesso, ideologia politica, tifo sportivo, gusti sessuali, ecc.);
prima si era più sinceri e diretti: oggi si è politicamente corretti, perbenisti e buonisti, ossia più demagoghi, utopistici, falsi e bugiardi;
prima nell’intraprendenza l’agricoltura, l’allevamento, la pesca, nonostante i disastri meteorologici, erano attività in cui si riusciva ad andare avanti: oggi le campagne sono abbandonate, troppi, cavilli, oneri e spese;
prima nel rischio le imprese, grandi o piccole, riuscivano a produrre reddito: oggi non più, perché sono vessate dallo Stato da controlli, oneri, cavilli e balzelli e tributi e comunque da questo Stato non tutelate dalla competitività estera, o taglieggiate dalla criminalità, o sequestrate e portate al fallimento dallo stesso Stato perché accusate di essere colluse con la criminalità, o, seppur operanti da decenni, chiuse ora perché inquinanti;
prima le professioni si potevano esercitare: oggi non più, perché hanno chiuso gli ospedali ed i tribunali ed impediscono di esercitare. Prendiamo per esempio la professione di avvocato. Hanno chiuso moltissimi tribunali. Hanno impedito la tutela legale per i sinistri stradali e le sanzioni amministrative. Settori utili per i neo professionisti. Non sono certo, però, diminuite, come promesso, le polizze assicurative. Hanno eliminato di fatto il gratuito patrocinio, con condanne inevitabili per gli indigenti, ed in generale il ricorso all’autorità giudiziaria, con il contributo unico unificato elevato. Tra Giudici onorari di Tribunale, Giudici di Pace, Conciliazione obbligatoria e Negoziazione assistita hanno eliminato quasi tutto il lavoro dei magistrati togati, impegnati come sono a fare esclusivamente politica, ma la lentezza della giustizia è rimasta. Hanno imposto ai giovani avvocati in tempo di crisi l’iscrizione alla Cassa Forense ed imposto in tempo di vacche magre l’esercizio della professione legale in maniera continuativa e prevalente. Ecco i punti fissati dal Governo:
a) la titolarità di una partita Iva;
b) l’uso di locali e di almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento dell’attività professionale, anche in forma collettiva (associazione professionale, società professionale, associazione di studio con altri colleghi);
c) la trattazione di almeno 5 affari per ogni anno dei 3 presi in considerazione, anche se l’incarico è stato inizialmente conferito ad altro legale;
d) la titolarità di un indirizzo Pec comunicato al Consiglio dell’ordine;
e) l’avere assolto l’obbligo di aggiornamento professionale secondo modalità e condizioni stabilite dal Cnf;
f)la stipula di una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile che deriva dall’esercizio della professione;
g)la corresponsione dei contributi annuali dovuti al Consiglio dell’ordine;
h) il pagamento delle quote alla Cassa di previdenza forense.
Sig. direttore, lei, meglio di me, sa che prima si poteva criticare e protestare: oggi non più perché abbiamo un bavaglio. Tra la legge sulla privacy e lo spauracchio delle norme penali sulla diffamazione tutto ciò è impedito.
Oggi non puoi nemmeno recriminare con una imprecazione: “Italia di Merda” perchè segue una condanna certa.
Allora sig. direttore…si stava meglio quando si stava peggio? E dove andremo a finire? E comunque, per gli italiani perché non vale la teoria sull’evoluzione migliorativa naturale della specie?
Il segnalatore di illeciti (whistleblower).
Io sono il segnalatore di illeciti (whistleblower) più ignorato ed oltre modo più perseguitato e vittima di ritorsioni del mondo. Ciononostante non mi batto per la mia tutela, in quanto sarebbe inutile dato la coglionaggine o la corruzione imperante, ma lotto affinchè gli altri segnalatori, che imperterriti si battono esclusivamente ed inanemente per la loro bandiera, non siano tacciati di mitomania o pazzia. Dimostro al mondo che le segnalazioni sono tanto fondate, quanto ignorate od impunite, data la diffusa correità o ignoranza o codardia.
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta….” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso….” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale.
Non capisco per chi cazzo mi dia da fare e chi me lo faccia fare, subendone le ritorsioni. Lavoro tutti i giorni per dimostrare che chi si lamenta dell’andazzo pubblico non è un mitomane o un pazzo. Integro i miei libri con nuove testimonianze e pubblico i filmati che ne attestano in video la fondatezza per sensibilizzare l’opinione pubblica. Nei video, come nei libri, non parlo di me, ma dei problemi di questi coglioni che delle loro rogne hanno fatto un brand, pretendendone la soluzione, che non ci può mai essere. Nei video, come nei libri, nell’introduzione, mi limito per 20 secondi a presentarmi come autore. Bene. I cialtroni che stanno lì a menarla con i loro problemi in tutti i loro post, mai, dico mai, che abbiano condiviso un mio video che li riguardi, (o abbiano messo un mi piace sulla pagina dei miei libri) giusto per dimostrare che il loro problema non è frutto della loro mitomania e che ci sia qualcuno che si interessa. Qualcuno ha azzardato che parlo solo di me e qualcun altro mi accusa di speculare sulle disgrazie altrui. Qualcun altro ancora, essendo giornalista, anche quelli in disgrazia che hanno ottenuto che parlassi di loro, mai un rigo sul mio lavoro.
Penso che oggi sia arrivata l’ora di mandare un bel vaffanculo a tutti loro.
Dapprima ti ignorano. Poi ti deridono. Poi ti emarginano. Poi ti combattono. Tu sei solo, ma non per sempre. Loro sono tanti, ma non per sempre. Ed allora sarai vincente, ma solo dopo la tua morte. I primi a combatterti sono i prossimi parenti ed i compaesani ed allor "non ragioniam di loro, ma guarda e passa" (Dante Alighieri). “Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi”. Mt 13, 54-58.
Se si disprezza quello che gli altri sono e fanno, perché, poi, si è come gli altri e si osteggiano i diversi?
Si può competere con l’intelligenza, mai con l’idiozia. L’Intelligenza ascolta, comprende e pur non condividendo rispetta. L’idiozia si dimena nell’Ego, pretende ragione non ascoltando le ragioni altrui e non guarda oltre la sua convinzione dettata dall’ignoranza. L’idiozia non conosce rispetto, se non pretenderlo per se stessa.
Certe persone non sono importanti, siamo noi che, sbagliando, gli diamo importanza.
Ignoranza e diritto d'autore. Se questi son giornalisti...
Dr Luigi Amicone, sono il dr Antonio Giangrande. Il soggetto da lei indicato a Google Libri come colui che viola il copyright di “Qualcun Altro”. Così come si evince dalla traduzione inviatami da Google. “Un sacco di libri pubblicati da Antonio Giangrande, che sono anche leggibile da Google Libri, sembrano violare il copyright di qualcun altro. Se si controlla, si potrebbe scoprire che sono fatti da articoli e testi di diversi giornalisti. Ha messo nei suoi libri opere mie, pubblicate su giornali o riviste o siti web. Per esempio, l'articolo pubblicato da Il Giornale il 29 maggio 2018 "Il serial Killer Zodiac ... ". Sembra che abbia copiato l'intero articolo e incollato sul "suo" libro. Sembra che abbia pubblicato tutti i suoi libri in questo modo. Puoi chiedergli di cambiare il suo modo di "scrivere"? Grazie”.
Mi vogliono censurare su Google.
Premessa: Ho scritto centinaia di saggi e centinaia di migliaia di pagine, affrontando temi suddivisi per argomento e per territorio, aggiornati periodicamente. Libri a lettura anche gratuita. Non esprimo opinioni e faccio parlare i fatti e gli atti con l’ausilio di terzi, credibili e competenti, che sono ben lieti di essere riportati e citati nelle mie opere. Opere che continuamente sono utilizzati e citati in articoli di stampa, libri e tesi di laurea in Italia ed all’estero. E di questo ne sono orgoglioso, pur non avendone mai data autorizzazione preventiva. Vuol dire che mi considerano degno di essere riportato e citato e di questo li ringrazio infinitamente. Libri a lettura anche gratuita. Il mio utilizzo dei contenuti soddisfa i requisiti legali del fair use o del fair dealing ai sensi delle leggi vigenti sul copyright. Le norme nazionali ed internazionali mi permettono di manifestare il proprio pensiero, anche con la testimonianza di terzi e a tal fine fare copie singole di parti di opere per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico.
Reclamo:
Non si chiede solo di non usare i suoi articoli, ma si pretende di farmi cambiare il mio modo di scrivere. E questa è censura.
Ho diritto di citazione con congruo lasso di tempo e senza ledere la concorrenza.
Io sono un giurista ed un giornalista d’inchiesta. Opero nell’ambito dell’art. 21 della Costituzione che mi permette di esprimere liberamente il mio pensiero. Nell’art. 65 della legge 53 il legislatore sancisce la libertà di utilizzazione, riproduzione o ripubblicazione e comunicazione al pubblico degli articoli di attualità, che possiamo considerare come sinonimo di cronaca, in altre riviste o giornali. Distinta dalla mera cronaca è l’inchiesta giornalistica, la quale parte da fatti di cronaca per svolgere un’attività di indagine, c.d. “indagine giornalistica”, con la quale il professionista si informa, chiede chiarimenti e spiegazioni. Questa attività rientra nel c.d. “giornalismo investigativo” o “d’inchiesta”, riconosciuto dalla Cassazione nel 2010 come “la più alta e nobile espressione dell’attività giornalistica”, perché consente di portare alla luce aspetti e circostanze ignote ai più e di svelare retroscena occultati, che al contempo sono di rilevanza sociale. A seguito dell’attività d’indagine, il giornalista svolge poi l’attività di studio del materiale raccolto, di verifica dell’attendibilità di fonti non generalmente attendibili, diverse dalle agenzie di stampa, di confronto delle fonti. Solo al termine della selezione del materiale conseguito, il giornalista inizia a scrivere il suo articolo. (Cass., 9 luglio 2010, n. 16236, in Danno e resp., 2010, 11, p. 1075. In questa sentenza la Corte Suprema precisa che “Con tale tipologia di giornalismo (d’inchiesta), infatti, maggiormente, si realizza il fine di detta attività quale prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e alla elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, per sollecitare i cittadini ad acquisire conoscenza di tematiche notevoli, per il rilievo pubblico delle stesse”).
Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."
Io sono un Segnalatore di illeciti (whistleblower). La normativa italiana utilizza l'espressione segnalatore o segnalante d'illeciti a partire dalla cosiddetta "legge anti corruzione" (6 novembre 2012 n. 190). Italia. L'art. 1, comma 51 della legge 6 novembre 2012, n. 190 ha disciplinato per la prima volta nella legislazione italiana la figura del whistleblower, con particolare riferimento al "dipendente pubblico che segnala illeciti", al quale viene offerta una parziale forma di tutela. Negli Stati Uniti la prima legge in tema fu il False Claims Act del 1863, che protegge i segnalatori di illeciti da licenziamenti ingiusti, molestie e declassamento professionale, e li incoraggia a denunciare le truffe assicurando loro una percentuale sul denaro recuperato. Del 1912 è il Lloyd–La Follette Act, che garantisce agli impiegati federali il diritto di fornire informazioni al Congresso degli Stati Uniti d'America. Nel 1989 è stato approvato il Whistleblower Protection Act, una legge federale che protegge gli impiegati del governo che denunciano illeciti, proteggendoli da eventuali azioni di ritorsione derivanti dalla divulgazione dell'illecito.
Io sono un Aggregatore di contenuti tematici di ideologia contrapposta con citazione della fonte, al fine del diritto di cronaca e di discussione e di critica dei contenuti citati.
Quando parlo di aggregatore di contenuti non mi riferisco a colui che, per profitto, riproduce tout court integralmente, o quasi, un post o un articolo. Costoro non sono che volgari “produttori” di plagio, pur citando la fonte. Ci sono Aggregatori di contenuti in Italia, che esercitano la loro attività in modo lecita, e comunque, verosimilmente, non contestata dagli autori aggregati e citati.
Vedi Giorgio dell’Arti su “Cinquantamila.it”. LA STORIA RACCONTATA DA GIORGIO DELL'ARTI. “Salve. Sono Giorgio Dell’Arti. Questo sito è riservato agli abbonati della mia newsletter, Anteprima. Anteprima è la spremuta di giornali che realizzo dal lunedì al venerdì la mattina all’alba, leggendo i quotidiani appena arrivati in edicola. La rassegna arriva via email agli utenti che si sono iscritti in promozione oppure in abbonamento qui o sul sito anteprima.news”.
Oppure come fa Dagospia o altri siti di informazione online, che si limitano a riportare quegli articoli che per motivi commerciali o di esclusività non sono liberamente fruibili. Dagospia si definisce "Risorsa informativa online a contenuto generalista che si occupa di retroscena. È espressione di Roberto D'Agostino". Sebbene da alcuni sia considerato un sito di gossip, nelle parole di D'Agostino: «Dagospia è un bollettino d'informazione, punto e basta».
Addirittura il portale web “Newsstandhub.com” riporta tutti gli articoli dei portali di informazione più famosi con citazione della fonte, ma non degli autori. Si presenta come: “Il tuo centro edicola personale dove poter consultare tutte le notizia contemporaneamente”.
Così come il sito web di Ristretti.org o di Antimafiaduemila.com.
Esercito il mio diritto di cronaca e di critica. Diritto di cronaca, dico, che non ha alcuna limitazione se non quella della verità, attinenza-continenza, interesse pubblico. Diritto di cronaca su Stampa non periodica.
Che cosa significa "Stampa non periodica"?
Ogni forma di pubblicazione una tantum, cioè che non viene stampata regolarmente (è tale, ad esempio, un saggio o un romanzo in forma di libro).
Stampa non periodica, perché la Stampa periodica è di pertinenza esclusiva della lobby dei giornalisti, estensori della pseudo verità, della disinformazione, della discultura e dell’oscurantismo.
Con me la cronaca diventa storia ed allora il mio diritto di cronaca diventa diritto di critica storica.
NB. In dottrina si evidenzia che “per uso di critica” si deve intendere l’utilizzazione oggettivamente finalizzata ad esprimere opinioni protette ex art. 21 e 33 della Costituzione. Con me la cronaca diventa storia ed allora il mio diritto di cronaca diventa diritto di critica storica. La critica storica può scriminare la diffamazione. Cassazione penale, sez. V, sentenza 10/11/2016 n° 47506. L'esercizio del diritto di critica può, a certe condizioni, rendere non punibile dichiarazioni astrattamente diffamatorie, in quanto lesive dell'altrui reputazione. Resoconto esercitato nel pieno diritto di Critica Storica. La critica storica può scriminare la diffamazione. Cassazione penale, sez. V, sentenza 10/11/2016 n° 47506. La ricerca dello storico, quindi, comporta la necessità di un’indagine complessa in cui “persone, fatti, avvenimenti, dichiarazioni e rapporti sociali divengono oggetto di un esame articolato che conduce alla definitiva formulazione di tesi e/o di ipotesi che è impossibile documentare oggettivamente ma che, in ogni caso debbono trovare la loro base in fonti certe e di essere plausibili e sostenibili”. La critica storica, se da una parte può scriminare la diffamazione. Cassazione penale, sez. V, sentenza 10/11/2016 n° 47506, dall'altra ha funzione di discussione: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera".
Intervista al dr Antonio Giangrande
Scrittore, accademico senza cattedra universitaria in Sociologia Storica, giornalista ed avvocato non abilitato. Presidente nazionale dell'Associazione Contro Tutte le Mafie.
“La gente non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla”.
Intervista al sociologo storico Antonio Giangrande, autore di un centinaio di saggi che parlano di questa Italia contemporanea, analizzandone tutte le tematiche, divise per argomenti e per territorio.
Dr Antonio Giangrande di cosa si occupa con i suoi saggi e con la sua web tv?
«Denuncio i difetti e caldeggio i pregi italici. Perché non abbiamo orgoglio e dignità per migliorarci e perché non sappiamo apprezzare, tutelare e promuovere quello che abbiamo ereditato dai nostri avi. Insomma, siamo bravi a farci del male e qualcuno deve pur essere diverso!»
Perché dice che “La gente non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla”.
«Libri, 6 italiani su dieci non leggono. In Italia poi si legge sempre meno. Siamo tornati ai livelli del 2001. Un dato resta costante da decenni: una famiglia su 10 non ha neppure un libro in casa. I dati pubblicati dall’Istat fotografano l’inesorabile diminuzione dei lettori, con punte drammatiche al Sud. Impietoso il confronto con l’estero, scrive il 27 dicembre 2017 Cristina Taglietti su "Il Corriere della Sera". La gente usa esclusivamente i social network per informarsi tramite lo smartphone od il cellulare. Non usa il personal computer perchè non ha la fibra in casa che ti permette di ampliare più comodamente e velocemente la ricerca e l'informazione. La gente, comunque, non va oltre alla lettura di un tweet o di un breve post, molto spesso un fake nato dall'odio o dall'invidia, e lo condivide con i suoi amici. Non verifica o approfondisce la notizia. Non siamo nell'era dell'informazione globale, ma del "passa parola" totale. Di maggiore impatto numerico, invece, è la ricerca sui motori di ricerca, non di un tema o di un argomento di cultura o di interesse generale, ma del proprio nome. Si digita il proprio nome e cognome, racchiuso tra virgolette, per protagonismo e voglia di notorietà e dalla ricerca risulta quanti siti web lo citano. Non si aprono quei siti web per verificare il contenuto. Si fermano sulla prima frase che appare sulla home page di Google o altri motori similari, estrapolata da un contesto complesso ed articolato. Senza sapere se la citazione è diffamatoria o meritoria o riconducibile all'autore da lì partono querele, richieste di rimozione per diritto all’oblio o addirittura indifferenza».
Ha un esempio da fare sull’impedimento ad informare?
«Esemplari sono le querele e le richieste di rimozione. Libertà di informazione, nel 2017 minacciati 423 giornalisti. I dati dell'osservatorio promosso da Fnsi e Ordine. La tipologia di attacco prevalente è l'avvertimento (37 per cento), scrive il 31 dicembre 2017 "La Repubblica". Ognuno di questi operatori dell'informazione è stato preso di mira per impedirgli di raccogliere e diffondere liberamente notizie di interesse pubblico. La tipologia di attacco prevalente è stata l'avvertimento (37 per cento) seguita dalle querele infondate e altre azioni legali pretestuose (32 per cento)».
E sull’indifferenza…
«Le faccio leggere un dialogo tra me e un tizio che mi ha contattato senza conoscermi, nonostante la mia notorietà. Uno dei tanti italiani che non si informa, ma usa internet in modo distorto. Uno di quel popolo di cercatori del proprio nome sui motori di ricerca e che vive di tweet e post. Un giorno questo tizio mi chiede “Lei ha scritto quel libro?” E' un saggio - rispondo io. - L'ho scritto e pubblicato io e lo aggiorno periodicamente. A tal proposito mi sono occupato di lei e di quello che ingiustamente le è capitato, parlandone pubblicamente in modo disinteressato, come ristoro delle sofferenze da lei subite, pubblicando l'articolo del giornale in cui è stato pubblicato il pezzo. Inserendolo tra le altre testimonianze. Comunque ho scritto anche un libro sul territorio di riferimento. Come posso esserle utile?
“Volevo giusto capire, io mi sono imbattuto per caso nell'articolo, cercando il mio nome... E sotto l'articolo ho visto un link che mi collegava al suo saggio...Capire più che altro perché prendere articoli di giornale su altra gente e farne un saggio... Sono solo curiosità”.
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte - spiego io. - I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta...” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso...” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale. In generale. Dico, in generale: io non esprimo mie opinioni. Prendo gli articoli dei giornali, citando doverosamente la fonte, affinchè non vi sia contestazione da parte dei coglioni citati, che siano essi vittime, o che siano essi carnefici. Perchè deve sapere che i primi a lamentarsi sono proprio le vittime che io difendo attraverso i miei saggi, raccontando tutto quello che si tace. "Siccome io le ho detto mi sono solo imbattuto per "caso"... Io ho visto questa cosa e sinceramente l'ho letta perché ho visto il mio nome, ma se dovessi prendere il suo saggio e leggerlo non lo farei mai. Perché: Cerco di lavorare ogni giorno con le mie forze. I miei aggiornamenti sono tutt'altro. Faccio tutto il possibile per offrirmi un futuro migliore. Sono sempre impegnato e non riuscirei a fermarmi due minuti per leggere". Rispetto la sua opinione - rispondo. - Era la mia fino ai trent'anni. Dopo ho deciso che è meglio sapere ed essere che avere. Quando sai, nessuno ti prende per il culo... "Ma per le cose che mi possono interessare per il mio lavoro e il mio futuro nessuno mi può prendere per il culo ... Poi è normale che in ogni campo ci sia l'esperto…"»
Come commenta...
«Confermo che quando sai, nessuno ti prende per il culo. Quando sai, riconosci chi ti prende per il culo, compreso l’esperto che non sa che a sua volta è stato preso per il culo nella sua preparazione e, di conseguenza sai che l’esperto, consapevole o meno, ti potrà prendere per il culo».
Comunque rimane la soddisfazione di quei quattro italiani su dieci che leggono.
«Sì, ma leggono cosa? I più grandi gruppi editoriali generalisti, sovvenzionati da politica ed economia, non sono credibili, dato la loro partigianeria e faziosità. Basta confrontare i loro articoli antitetici su uno stesso fatto accaduto. Addirittura, spesso si assiste, sulle loro pagine, alla scomparsa dei fatti. Di contro troviamo le piccole testate nel mare del web, con giornalisti coraggiosi, ma che hanno una flebile voce, che nessuno può ascoltare. Ed allora, in queste condizioni, è come se non si avesse letto nulla».
Concludendo?
«La gente non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla...e vota. Nel paese degli Acchiappacitrulli, più che chiedere voti in cambio di progetti, i nostri politici sono generatori automatici di promesse (non mantenute), osannati da giornalisti partigiani. Questa gente che non legge, non sa, ma sceglie, decide e parla, voterà senza sapere che è stata presa per il culo, affidandosi ai cosiddetti esperti. I nostri politici gattopardi sono solo mediocri amministratori improvvisati assetati di un potere immeritato. Governanti sono coloro che prevedono e governano gli eventi, riformando ogni norma intralciante la modernità ed il progresso, senza ausilio di leggi estemporanee ed improvvisate per dirimere i prevedibili imprevisti».
Violenza ai seggi elettorali.
Per garantire la regolarità del voto alle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 da irregolarità, impedimenti, brogli e voti di scambio, il Presidente della Corte d’Appello di Lecce ha nominato ad Avetrana presidente di Seggio il Dr Antonio Giangrande alla sezione n. 5 e il figlio Dr Mirko Giangrande alla sezione n. 7. Entrambi apolitici e con comprovata esperienza nell’incarico ed entrambi componenti del direttivo dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
Durante le votazioni regionali del 28 e 29 marzo 2010 nella sezione n. 5 presieduta dal dr. Antonio Giangrande, con premeditazione ed artifici, un rappresentante di lista del PD, spalleggiato da altre persone del suo partito ha cercato di impedire il regolare svolgimento delle operazioni di voto, tentando addirittura di far chiudere il seggio dalla Polizia di Stato con accuse pretestuose di irregolarità poste in essere dal Giangrande. L’aggressione al Giangrande, quale pubblico ufficiale, (art. 24 T.U. DPR 570/60) con violenti insulti, ingiurie e minacce, è avvenuta nell’indifferenza dei cittadini e delle forze dell’ordine presenti. La sua colpa: aver controllato l’identità dell’elettore, controllato la validità della scheda consegnata e poi votata, impedito la propaganda politica durante il voto e la ripresa con cellulari del voto prestato.
La Giustizia a Taranto: non solo i Misseri.
In tempi in cui la magistratura si può accanire contro un Premier e questo, anziché intervenire sulle anomalie del sistema, personalizzando li accusa di essere sovversivi e comunisti, ci si chiede cosa accadrà al povero cristo.
Su Taranto i media curano la vicenda di Sabrina Misseri, in carcere senza prove attendibili, (pur tralasciando la vicenda Sebai, il killer delle vecchiette, con presunti innocenti nelle galere). Stampa e TV da sempre ignorano la vicenda di Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie. Soggetto mai condannato, ma assiduo frequentatore delle aule dei tribunali per l’accanimento giudiziario intimidatorio a suo danno, sol perché il suo sito d’inchiesta è il Wikileaks italiano. Per questo è stato sentito in riferimento all’ennesimo procedimento penale aperto a Catanzaro contro la procura di Potenza, che non ha proceduto sulle denunce presentate contro i magistrati di Taranto, Lecce e Brindisi, che a loro volta hanno abusato od omesso atti del loro ufficio.
Il Dr Antonio Giangrande è sotto inchiesta da parte della Prefettura di Taranto presso cui il suo sodalizio nazionale è iscritto nell’elenco delle associazioni antimafia, in quanto combatte gli insabbiamenti. Le denunce presentate presso le forze dell’ordine contro gli insabbiamenti dei magistrati, sono insabbiate. La polizia giudiziaria, che controvoglia li riceve, per legge collabora con i magistrati denunciati. Le denunce presentate, spesso dalla polizia giudiziaria insabbiate, per legge passano dai tavoli dei denunciati medesimi, che sovente li auto archiviano.
Per gli effetti è sotto processo a Potenza per diffamazione a mezzo stampa, su denuncia degli stessi magistrati denunciati, per un articolo apparso sul Giornale del Sud Africa, da lui non scritto, che riguardava gli insabbiamenti a Taranto. Gli stessi magistrati di Potenza che non hanno proceduto sulle denunce contro i loro colleghi tarantini.
Sotto processo a Taranto per diffamazione a mezzo stampa per aver pubblicato atti pubblici sugli insabbiamenti delle denunce sulle consulenze false a Taranto. Qui denunciato, addirittura, dal suo cliente, vittima e per il quale si era adoperato. E’ stato sentito come persona informata dei fatti, anziché come indagato, senza che fosse informato della denuncia a suo carico.
Sotto processo a Taranto per diffamazione a mezzo stampa e per calunnia per aver pubblicato atti pubblici sugli insabbiamenti delle denunce sui sinistri falsi a Taranto. Qui rinviato a giudizio, addirittura, per calunnia per una denuncia mai presentata e per un articolo mai scritto. In sede di udienza preliminare si ordina al p.m. di produrre le prove a carico. Non si adempie, ma con ciò si rinvia a giudizio. Si saprà in modo informale che l’avvocatessa denunciata è legata sentimentalmente con un sostituto procuratore del foro, egli stesso denunciato per aver auto archiviatosi una denuncia contro se stesso.
Sotto processo a Taranto per violazione della Privacy per aver pubblicato atti pubblici sugli insabbiamenti delle denunce a Taranto. Qui si è proceduto a sequestrare un intero sito web con centinaia di pagine, che nulla centravano con l’inchiesta, da parte di chi era incompetente a farlo.
Sotto inchiesta a Roma per diffamazione a mezzo stampa e per calunnia per aver pubblicato atti pubblici attinenti infiltrazioni camorristiche in provincia di Latina. Qui, addirittura, da parte di foro incompetente e per calunnia per una denuncia mai presentata.
Nei processi è abbandonato dagli avvocati difensori, in quanto, in vece loro che non lo fanno, presenta le istanze di ricusazione nei confronti dei magistrati denunciati che lo stanno per processare. Questo a scanso di certa condanna per grave inimicizia.
I media tacciono questa situazione. Tacendo anche che Luigi De Magistris (europarlamentare dell’IDV) è stato rinviato a giudizio presso il Tribunale di Salerno perché, in qualità di sostituto procuratore a Catanzaro, aveva omesso di procedere nei confronti dei procuratori di Potenza, che a loro volta avevano insabbiato le denunce presentate contro i giudici del distretto della Corte d’Appello di Lecce (Taranto, Lecce e Brindisi), che a loro volta avevano insabbiato le denunce presentate presso di loro da un povero cristo.
Diritto di Cronaca: ricusazione del giudice su cause attinenti pubblicazioni sul sistema giudiziario tarantino.
Il dr Antonio Giangrande, Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, è imputato a Taranto in procedimenti penali attivati a suo carico inerenti la pubblicazione di articoli attinenti la malagiustizia a Taranto: ingiustizia riconducibile ad abusi ed omissioni di magistrati ed avvocati. Il Dr Antonio Giangrande, ha presentato personalmente istanza di ricusazione per grave inimicizia in tre distinti processi contro il giudice del Tribunale penale di Taranto, sezione di Manduria, Rita Romano, perché denunciata alla procura di Potenza e al CSM. In seguito a ciò, gli avvocati difensori di Manduria, Gian Luigi De Donno e Dionisio Gigli, che nei rispettivi processi non hanno presentato l’istanza di ricusazione, hanno abbandonato l’incarico, quando l’istanza è stata presentata dall’imputato. In seguito all’istanza il giudice si è astenuta in due processi su tre. Il processo su cui Rita Romano vorrà decidere, Corte d’Appello permettendo, verte sul procedimento in cui il G.I.P. Martino Rosati (quello del caso Sarah Scazzi e della convalida del fermo e della misura cautelare in carcere per Sabrina Misseri) con proprio ed autonomo decreto ha disposto il sequestro preventivo dell’intero sito web dell’Associazione Contro Tutte le Mafie. Portale d’inchiesta che contiene centinaia di pagine, tra cui la pagina di Taranto. Pagina che parla della situazione a Taranto e che nulla centra con i fatti di causa. Per il sequestro immotivato il G.I.P. e stato denunciato a Potenza per interruzione di pubblico servizio e non vi è stata archiviazione.
Ritorsioni: ucciso il cane del presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
E’ stato avvelenato il cane del presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, dr Antonio Giangrande.
Il labrador bianco, a guardia della sede operativa del sodalizio nazionale, è stato avvelenato. Un messaggio al suo padrone per recedere dalla sua attività di inchiesta e di denuncia, anche in virtù degli sviluppi delle varie indagini, tra cui quelle sul territorio di Lecce, che trattano di usura bancaria e collusioni istituzionali.
Tortora, Sallusti. E Giangrande?
Enzo Tortora, icona dell’ingiustizia in Italia: un esempio per nulla. E poi Alessandro Sallusti esempio inane di ritorsione censoria. Ma perché nessuno parla di Antonio Giangrande?
«Questa è un’Italia ipocrita e dissimulatrice. – spiega il dr Antonio Giangrande, presidente della “Associazione Contro Tutte le Mafie” http://www.controtuttelemafie.it , e scrittore-editore dissidente che proprio sul tema ha scritto e pubblicato “Italiopolitania, Italiopoli allo sbaraglio”. La premessa alla collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo” pubblicata sui propri siti web. Uno tra i 40 libri scritti dallo stesso autore e pertinenti questioni che nessuno osa affrontare. Opere che i media si astengono a dare la dovuta visibilità e le rassegne culturali ad ignorare – Si parla sempre a sproposito di meritocrazia, ma nulla si fa contro le rendite di posizione. Ruoli, funzioni ed incarichi pubblici immeritati? No! Meglio parlare sempre e solo di crisi e di soldi o sparlare di quella politica stantia che gli italioti votano e sempre voteranno. Il solito populismo sempre in cerca di una competenza ed onestà di parte. Periodicamente si parla di Enzo Tortora come icona dell’ingiustizia e di tutti coloro che scontano da innocenti le pene dell’inferno in carcere: “Silvia mia carissima questo, te lo confermo, è un paese infame. Io sono, certe volte, proprio disperato. In questo paese non succede nulla. E’ questo che mi avvelena e mi dispera. Una ad una le speranze di una rigenerazione morale se ne vanno. Una Stampa stupida, serva, incline solo al pettegolezzo ed ai circensi. Aliena ai problemi veri e reali. Uno spettacolo immondo. Sono deluso Silvia. Mi pare di aver gettato via la mia vita e debbo fare anche autocritica. Credevo nella legge, nei magistrati e nelle istituzioni. Quello che non si sa è che una volta gettati in galera non si è più cittadini, ma pietre. Pietre senza suoni, senza voce, che a poco a poco si ricoprono di muschio. Una coltre che ti copre con atroce indifferenza. Ed il mondo gira: indifferente a quest’infamia.” (lettere di Enzo Tortora alla figlia Silvia). Enzo Tortora un martire che illumina le battaglie per la responsabilità dei magistrati, che i manettari non vogliono. Poi si è passati a parlare di Alessandro Sallusti come la vittima esemplare della ritorsione censoria del potere giudiziario. Un esempio per tutti i giornalisti liberi e coraggiosi che scrivono anche contro i magistrati, denunciandone abusi ed omissioni. Ma la Cassazione smentisce sé stessa pur di irrorare una pena esemplare: punire uno per tacitarne mille. La sentenza 19985 del 30 settembre 2011 della terza sezione della Cassazione parlava di «immediata rilevanza in Italia delle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo», di «obbligo, da parte del giudice dello Stato, di applicarle direttamente» e di «tenere presente l’interpretazione delle norme contenute nella Convenzione che dà la Corte di Strasburgo attraverso le sue decisioni». Ma cosa dicono la Convenzione e la Corte Europea si chiede “Il Giornale”? Innanzitutto, stabiliscono un principio cardine e fondamentale: nessun giornalista può andare in carcere per il reato di diffamazione. L’assunto è stato ribadito nella sentenza del 2 aprile 2009 nella quale la Corte di Strasburgo ha condannato la Grecia a risarcire il giornalista Kydonis perché «le pene detentive non sono compatibili con la libertà di espressione» e perché «il carcere ha un effetto deterrente sulla libertà dei giornalisti di informare con effetti negativi sulla collettività che ha a sua volta diritto a ricevere informazioni». Se ciò non bastasse, la Corte di Strasburgo ha anche sottolineato come la previsione del carcere sia «suscettibile di provocare un effetto dissuasivo per l’esercizio della libertà di stampa». Anche la Corte Costituzionale è stata snobbata. Nella sentenza 39/2008, la Consulta aveva stabilito che «le norme della Convenzione europea devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarità, nell’ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione all’interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l’eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati a uniformarsi». Concetto espresso anche dal Consiglio d’Europa. A questo punto, anziché indignarsi contro i magistrati, monta l’antipolitica e lì la stampa a cavalcare l’indignazione sugli sprechi dei politici. Dallo spreco e dall’approfittamento si passa direttamente a parlare di corruzione. I giustizialisti ed i manettari sviano i temi forti e sono sempre lì pronti a crocifiggere tutti coloro che sono, addirittura, colpiti solo da un rinvio a giudizio. Tapini loro che si beano della loro ignoranza o dissimulano la loro malafede. Loro non sanno, o fanno finta di non sapere, che ben pochi sono coloro che hanno il privilegio di subire un giudizio, rispetto a milioni di denunce, che spesso ci si astiene dal presentare per l’improvvida conclusione (insabbiate o archiviate), e che il Gip-Gup non è altro che la “Longa Manu” del Pubblico Ministero. Spesso tali rinvii a giudizio sono per reati bagatellari commessi da poveri cristi o per reati di opinione. Molte volte tali giudizi si risolvono in assoluzioni o proscioglimenti in senso lato. Quasi mai si procede per abuso d’ufficio: il reato dei poteri forti. Ergo: l’arma pretestuosa della giustizia per discernere i buoni (ricchi e potenti) dai cattivi (poveri ed analfabeti); gli amici (di sinistra) dai nemici (di destra). In questo stato di appannamento mentale, influenzato dalla crisi, che addita i politici della fazione opposta come causa di tutti mali, c’è chi racconta una realtà diversa. Antonio Giangrande è il portavoce nel mondo in video ed in testi (non icona, non esempio) di chi in questa Italia bigotta voce non ha. Rappresenta centinaia di migliaia di candidati non idonei ai concorsi pubblici truccati, denunciandone le anomalie: per questo da 15 anni avvocati e magistrati non lo abilitano alla professione forense. Gente, che lui ha denunciato, solo in 2 minuti giudica i suoi elaborati, lasciandoli immacolati ed immotivati. Elaborati tecnici che, a parte le operazioni ante e post, si leggono con la dovuta attenzione in non meno di 10 minuti. Egli rappresenta centinaia di migliaia di innocenti in carcere, raccontando della malagiustizia che rende il sistema inefficiente e facendo conoscere singole storie di ordinaria ingiustizia che altrimenti rimangono nell’oblio. Egli, a parte ciò, racconta l’Italia per quella che è, approfondendo tutte le problematiche che l’attanagliano. Ma non senza, però, dal presentare al mondo con la sua “Tele Web Italia” la bellezza di cui la penisola è composta. Egli discerne l’Italia dagli italiani. Per questo i suoi siti web di informazione vengono chiusi e lui accusato del reato di diffamazione a mezzo stampa. Peccato però, che a differenza di Alessandro Sallusti, egli in sentenza è sempre dichiarato estraneo ai fatti. Non innocente, ma estraneo ai fatti incriminati. Già. Ma, stante l’utilità sociale del suo operato e le ritorsioni subite, perché di Antonio Giangrande nessuno ne parla?»
La discriminazione associativa
LA COMMISSIONE ANTIMAFIA DEL PD DISCRIMINA CHI NON E’ DI SINISTRA
A Taranto, venerdì 16 aprile 2010, una delegazione dei parlamentari del PD della Commissione Parlamentare Antimafia, insieme ad altri parlamentari pugliesi del PD, ha tenuto una serie di incontri con autorità, associazioni ed organizzazioni sindacali e di categoria della provincia tarantina, tra cui i rappresentanti locali di “Libera” e della CGIL.
La delegazione, guidata dall’on. Laura Garavini, presidente della Commissione Antimafia, era costituita dal sen. Alberto Maritati, dall’on. Michele Bordo, dall’on. Ludovico Vico, dall’on. Teresa Bellanova, dall’on. Dario Ginefra, dal sen. Salvatore Tomaselli, dall’on. Cinzia Capano e dall’on. Gero Grassi.
La delegazione antimafia di sinistra non ha voluto incontrare il dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie. Sodalizio nazionale che, purtroppo, proprio presso la Prefettura di Taranto ha la sua iscrizione.
“Non capisco perché quest’ostracismo istituzionale nei nostri confronti – dice il presidente Antonio Giangrande – discriminarci perché non siamo di sinistra e perché non santifichiamo i magistrati, fa apparire la loro lotta alla mafia come lotta di parte o di facciata. Purtroppo per loro e per tutti quelli che ci emarginano noi siamo gli unici ad avere una competenza specifica sul fenomeno mafioso e sul sistema antimafia. I nostri studi ed inchieste sono la fonte di articoli di stampa e di tesi di laurea. I tentativi di emarginare le contro voci, noi come Leonardo Sciascia, dimostrano la malafede di chi li compie e la codardia di chi, mediaticamente, li copre. Noi additiamo il sistema di potere corrotto come madre di tutte le mafie, ma, come diceva Sciascia, lo Stato non può processare se stesso. La gente lo sa bene e, non corrisposta nei suoi interessi, si astiene dal dare un voto inutile a chi si bea di aver vinto, ma, in virtù dell’astensione, solo con il 25-30% dell’elettorato votante. L’informazione pubblica, purtroppo si ostina a dare spazio a questa politica lontana dai cittadini, anziché far parlare le contro voci foriere di rinnovamento.”
Puglia. La discriminazione della Giunta Vendola.
Il dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie denuncia una palese ingiustizia e discriminazione politica che viene perpetrata da parte della Giunta della Regione Puglia guidata da Nicola Vendola e dal suo assessore competente Loredana Capone.
«Sin dal 27 settembre 2008, avendone titolo anche in virtù di una verifica della Guardia di Finanza che ne attesta la reale attività, il sodalizio nazionale riconosciuto dal Ministero dell’Interno ha chiesto l’iscrizione all’Albo Regionale delle associazioni antiracket ed antiusura – dice il dr Antonio Giangrande -. La risposta che è stata data è che l’Albo non è stato ancora costituito, nonostante in pompa magna si sia dato risalto della sua emanazione per legge. Intanto però la Giunta Vendola si prodiga a finanziare ed a promuovere “Libera” e le sue associate in ogni modo, pur non essendo iscritta all’albo non ancora costituito. Ciò che dico è confermato dalle varie determine di finanziamento delle varie convenzioni e così come appare su “Striscia La Notizia”. In occasione del servizio di Fabio e Mingo in tema di favoritismi e privilegi l’assessore alle risorse umane, Maria Campese, pur non essendo competente sulla materia della mafia, in bella vista presso i suoi uffici sfoggiava un muro tappezzato di manifesti di “Libera”, da cui si palesava la scritta “I beni confiscati sono Cosa Nostra”.
Spero che questa ipocrisia antimafia cessi e la Giunta Vendola sia meno partigiana, perché oltre a discriminarle, perché non sono comuniste, nuoce a quelle associazioni che si battono veramente contro le mafie.»
Spero che la redazione dia dovuto risalto alla denuncia, in quanto abbiamo bisogno del sostegno istituzionale per poter continuare a svolgere la nostra attività.
Denuncia pubblica sulla destinazione dei beni confiscati alla mafia
In data 2-3 marzo 2010, il servizio di Stefania Petix, inviata di Striscia La Notizia, per la prima volta in Italia ha sollevato il problema della destinazione clientelare dei beni confiscati alla mafia.
In quel caso si evidenziava che a Palermo la destinazione a fini sociali dei beni confiscati era stata effettuata a favore di associazioni inesistenti o a fini di lucro.
Inascoltata la “Associazione Contro Tutte le Mafie” da sempre ha denunciato che il fenomeno è nazionale.
Si riscontra che l’associazione “Libera” ha un rapporto privilegiato con le strutture Prefettizie a scapito delle tantissime associazioni indipendenti che non fanno capo a quel coordinamento.
In questo caso vi è silenzio assoluto delle Istituzioni e degli organi di stampa su un fatto gravissimo.
Allo stesso sodalizio nazionale denominato “Associazione Contro Tutte le Mafie”, iscritta presso la Prefettura di Taranto al n. 3/2006, è impedita l’iscrizione presso altre prefetture pur operando nel loro territorio, in virtù del Decreto del Ministero dell’Interno n. 220 del 24/10/2007, che prevede l’iscrizione delle associazioni antiracket solo ed esclusivamente presso le prefetture competenti sulla sede legale.
Con la presente si denuncia che a Manduria (TA), in data 3 marzo 2010, anche grazie ad una legge regionale, denominata appunto “Libera il bene”, attraverso la quale la Regione Puglia si assume il 90% dell’onere economico delle spese per la ristrutturazione degli immobili, il commissario straordinario prefettizio di Manduria Giovanni D’Onofrio ha promosso ed ottenuto, con la firma del protocollo di intesa, la collaborazione della stessa associazione Libera (rappresentata da Davide Pati e Annamaria Bonifazi) e della Prefettura di Taranto (rappresentata dalla dott.ssa Distante), finalizzata all’analisi dei beni confiscati agli esponenti mafiosi di Manduria, al monitoraggio delle loro condizioni strutturali, alla verifica del possibile riutilizzo e alla progettazione per la trasformazione in centri di aggregazione o per altro uso (da stabilirsi).
Si denuncia che “Libera” è un coordinamento, non un’associazione, e come tale, in virtù del Decreto citato, non può essere iscritta presso la Prefettura di Taranto, in quanto il coordinamento non ha la sede legale in quella città, ma in via IV Novembre, 98, Roma, per cui il protocollo d’intesa è nullo e la Prefettura di Taranto e il Comune di Manduria, dovrebbero collaborare con le associazioni con sede legale nella provincia di Taranto, e l’Associazione Contro Tutte le Mafie, ha la sede legale in Avetrana, 15 Km da Manduria.
Se passa il principio che chiunque spenda il nome “Libera” possa essere iscritto e privilegiato dagli enti Prefettizi, è normale che in Italia si formi un monopolio illegale delle assegnazioni dei beni, specie se poi questa attività è sostenuta dai finanziamenti pubblici.
E’ ancor più grave se poi i coordinamenti hanno sede presso la CGIL. In questo caso parrebbe un’espropriazione proletaria.
Poi non si capisce come mai la Regione Puglia possa riconoscere finanziamenti solo a “Libera”, escludendo le altre associazioni indipendenti, specie se dopo tanta enfasi, dopo anni non è ancora stato istituito l’albo regionale delle associazioni antiracket, che dovrebbe legittimare gli stessi finanziamenti.
Spero che questa denuncia pubblica sia approfondita, nell’interesse della collettività, delle associazioni antimafia indipendenti e della vera lotta alla mafia e cessi l’ostracismo a danno dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
Conferenza Provinciale Permanente presso la Prefettura di Taranto.
Il 7 giugno 2012 alle ore 10.30 si è tenuta la Conferenza Provinciale Permanente presso la Prefettura di Taranto.
E’ stato invitato il Presidente della Provincia ed i sindaci delle maggiori città, tra cui Taranto. Sono state invitate le massime autorità cittadine, (polizia, carabinieri e Guardia di Finanza). Sono stati invitati i rappresentanti delle associazioni di categoria economica e sociale e di difesa del consumatore. E’ stato invitato il dr Antonio Giangrande, quale presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, iscritta presso alla Prefettura all’elenco antiracket ed antiusura.
Il Prefetto ha aperto ed inoltrato i lavori con una sua relazione sui problemi della Comunità: crisi economica, instabilità e disagio sociale, rischio di usura. Il dr. Antonio Giangrande riguardo agli aspetti trattati ha comunicato ai presenti che, data la sua esperienza nazionale, con Tele Web Italia, la sua web tv nazionale, che ospita tutte le web tv locali, dà visibilità gratuita al territorio ed alle aziende che ivi producono per superare la crisi di mercato; considerando che le vittime del racket e dell’usura non hanno bisogno di visibilità, ha reso noto che ha predisposto uno sportello telematico affinchè le vittime, senza ausilio di intermediari, possano accedere agli strumenti di autotutela più adeguati previa informazione senza filtri sui benefici di legge, questo perché gli sportelli antiracket aperti a Lecce, Taranto e Brindisi sono solo strumenti di propaganda politica e di speculazione economica per attingere ai progetti POR; ha invitato ad una collaborazione reale la Camera di Commercio e le associazioni di categoria attraverso l’accesso ai Cofidi o gli Interfidi per superare l’ostacolo della mancata fruizione di finanziamenti dalle banche, per evitare il fallimento delle aziende o l’accesso al mondo usuraio dei cittadini. Il Prefetto ha replicato che l’intervento non era in tema. Meno male che Giangrande, esperto anche di economia, non ha fatto cenno all’usura bancaria ed all’usura di Stato con i tassi ed emolumenti riconosciuti ad Equitalia; non ha fatto cenno alle cartelle pazze, non ha fatto cenno alle esecuzioni giudiziarie con mancato diritto di reciprocità: cioè le esecuzioni di Equitalia sono reali, quelle contro Equitalia sono bloccate. Certo non per colpa di Equitalia, ma dei parlamentari che approvano norme che dovrebbero rappresentare i cittadini e non i poteri forti.
Dalle prime battute, però, è stato chiaro che la conferenza era solo incentrata, secondo l’intento di stabilire la pace sociale e garantire allo Stato ed agli statali i sovvenzionamenti, sul gettare acqua sul fuoco riguardo i rapporti burrascosi tra il sistema sociale ed economico con Equitalia, che, purtroppo sfocia in vessazioni e disservizi da una parte e suicidi dall’altra. L’esordio del Prefetto è stato: niente polemiche, se no tolgo la parola; per cui il susseguirsi degli interventi è stato sulla falsariga intimata. Gioco facile per i rappresentanti di Equitalia replicare alle inconsistenti contestazioni dicendo che si impegneranno ad aprire centri di ascolto ed ad ampliare e dilazionare le riscossioni. Troppo poco per le aspettative di alcune associazioni presenti, che magari avrebbero voluto parlare delle sofferenze dei loro iscritti. Bene per i soliti personaggi genuflessi che fanno del lisciare il pelo al potere la loro missione quotidiana, anziché tutelare i loro associati. Molto bene per Equitalia che si è sentita a casa sua, ospite tutelato, al di là dei suoi meriti. La conferenza è stata chiusa dal Prefetto, istituzione a difesa di altra istituzione Equitalia con capitale Inps ed Agenzia delle Entrate, con un invito a vittime e carnefici di morandiana memoria: stiamo uniti e niente polemica. Subisci e taci, direbbe qualcuno.
Antimafia e concorrenza associativa e discriminazione a destra.
A Taranto, nella sede di Palazzo Galeota, il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, ha inaugurato lo Sportello comunale antiracket-usura.
In riferimento a tale evento vi è una denuncia pubblica del Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, iscritta presso la Prefettura di Taranto dal 2006.
«Mi vergogno di essere tarantino, Sono queste manifestazioni propagandistiche ed inutili che fanno venir meno la convinzione di continuare a fare volontariato e solidarietà, specie se si rischia la vita propria e dei familiari. Le vittime di tutto hanno bisogno, ma non di visibilità presso sportelli pubblici, a cui può seguire riconoscibilità e ritorsione. Le vittime hanno bisogno solo di magistrati che procedano quando ricevono le denunce e di funzionari prefettizi solerti e capaci che le assistano per gli indennizzi di legge. Le denunce devono essere presentate con cautela, a rischio di calunnia. Le vittime hanno bisogno solo di avvocati, magistrati e burocrati capaci e non di strumentali associazioni politicizzate. Le associazioni tematiche possono solo informare e devono essere sostenute non avversate quando fanno il loro dovere. Da tutta Italia noi riceviamo molte segnalazioni, ma sono molte di più le lamentele circa l’inefficienza del sistema. In Italia con i nostri avvocati abbiamo assistito vittime in zone di “Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corono Unita e Mafia Russa. Lo abbiamo fatto anche in quelle regioni che credono che il fenomeno da loro non sia presente. Abbiamo studiato e combattuto il racket e l’usura in tutte le sue forme. Io, Presidente nazionale di un’associazione antiracket ed antiusura, purtroppo iscritta presso la Prefettura di Taranto, osteggiato proprio a Taranto perché combatto l’usura bancaria e le anomalie della legge sull’usura, che non è per niente equa e giusta, oltre che combattere gli insabbiamenti e gli abusi giudiziari. A Taranto si aprono sportelli antiracket ed antiusura, comitati per la legalità, arriva la commissione antimafia, si affidano i beni confiscati e l’unica associazione locale che è conosciuta in campo nazionale non è mai invitata a partecipare. Ignorata perché non è conforme con il sistema. La Prefettura di Taranto, addirittura, ha chiesto a Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza di effettuare accertamenti sull’associazione. Meno male che la Guardia di Finanza di Manduria ha provveduto con professionalità, accertando chi siamo e cosa facciamo. Sarebbe utile sapere cosa abbiano prodotto le altre istituzioni incaricate, tenuto conto che il sottoscritto non è mai stato chiamato a riferire sulla propria attività. Aggiungo che, anziché tutelare la mia persona, si è già rigettata addirittura la mia richiesta di porto d’armi per difesa personale. Rigetto motivati da accertamenti incaricati alle autorità di cui sopra, mai effettuati, ma dichiarati tali. La lotta alla mafia più che apparire a fini propagandistici, deve anche essere concreta e non ritorsiva nei confronti di chi non si omologa. Certo è che, nonostante le istituzioni e i media che ci avversano e ci ignorano, o i mafiosi che ci minacciano, noi continueremo la nostra attività di lotta per la legalità».
Questo afferma il Dr Antonio Giangrande, Presidente nazionale dell’Associazione Contro Tutte Le Mafie, ONLUS e apolitica. Dai suoi siti si prova come l’associazione operi in modo telematico, (virtuale anziché fisico), agevolando le vittime a rimanere anonime o a non spostarsi per recarsi presso la sede, informando le vittime di racket ed usura su modi e forme di presentazione delle denunce e di accesso ai benefici di legge, oltre che dare voce alle problematiche generali e locali. Dalle varie località si può verificare l’opera prestata.
L'antiracket di destra
L’ANTIRACKET SALENTO PRESENTATA DA ALFREDO MANTOVANO
LA POSIZIONE DELL’ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE
Antiracket Salento. Arrivano con il progetto Pon sulla Sicurezza 2.4 dall’Unione Europea 1.351.000,00 Euro per il Salento. Un contributo per le province di Taranto, Lecce e Brindisi per l’apertura di sportelli comunali antiracket che raccolgano le denunce. “La nostra terra è meritevole di un sostegno” ha spiegato l’onorevole Alfredo Mantovano a Taranto il 22 giugno 2012 in un incontro con la stampa ed il sindaco di Taranto.
Il dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, riguardo agli aspetti trattati da Alfredo Mantovano (ex magistrato, eletto PDL, ex AN) rilascia questa dichiarazione:
«la nostra terra è sì meritevole di un sostegno, ma perché è ritenuta un covo di mafiosi, in quanto così è presentata da chi ha un interesse politico od economico. Per raccogliere le denunce non ci sono già le caserme dei carabinieri, i commissariati o le Procure? Come presidente nazionale, quindi, data la mia esperienza extraterritoriale, ho adottato alcune misure che ho proposte a tutte le Prefetture d’Italia. Suggerimenti divulgabili ed adottabili da ogni ente governativo provinciale, per poterne usufruire ed apprezzare gli aspetti più utili. Il tutto senza alcuna reclame.
L’Associazione Contro Tutte le Mafie:
con Tele Web Italia, la sua web tv nazionale, ospita tutte le web tv locali e dà visibilità gratuita al territorio ed alle aziende che ivi producono per superare la crisi di mercato o il pericolo di usura;
considerando che le vittime del racket e dell’usura non hanno bisogno di visibilità e non vogliono apparire per paura delle ritorsioni, ha predisposto sui suoi siti web associativi uno sportello telematico (VADEMECUM) affinchè le vittime, senza ausilio di intermediari, possano accedere agli strumenti di denuncia e di autotutela più adeguati, previa informazione senza filtri sui benefici di legge, questo perché gli sportelli antiracket aperti a Lecce, Taranto e Brindisi, od in altri posti, pur in apparenza utili, possono sembrare solo strumenti di propaganda politica e di speculazione economica per attingere ai progetti PON o POR;
ha invitato ad una collaborazione reale la Camera di Commercio e le associazioni di categoria attraverso l’accesso ai Cofidi o gli Interfidi per superare l’ostacolo della mancata fruizione di finanziamenti dalle banche, per evitare il fallimento delle aziende o l’accesso al mondo usuraio dei cittadini.
In virtù di tali atti e proposte, quindi, si spera in una collaborazione senza oneri per lo Stato e che non sia solo di stampo burocratico, con la creazione di un Pool informale con il delegato dell’ufficio competente presso la Prefettura territoriale; con il responsabile della locale Camera di Commercio, Industria, Agricoltura ed Artigianato, in rappresentanza delle categorie sociali ed economiche; con il magistrato delegato ai reati specifici; con la presente associazione che telematicamente aiuta i bisognosi sul territorio a trovare una sponda istituzionale per risolvere i loro problemi. Insomma, noi abbiamo bisogno da parte dello Stato di avere un solo nome presso cui convogliare le innumerevoli richieste di aiuto, per ovviare altresì ai disservizi esistenti nel sistema. Quel nome istituzionale, territorialmente, deve garantire: procedibilità della denuncia fondata presentata; immediato accesso ai finanziamenti dei Cofidi e Statali od ai risarcimenti di legge; tempestiva interruzione dei procedimenti giudiziari esecutivi a carico dell’usurato denunciante. Crediamo che la lotta al racket ed all’usura (anche bancaria e di Stato) non debba essere fatta solo di chiacchiere, ma deve essere sostenuta da atti concreti, che a quanto pare nessuno vuole adottare. La Legalità è il comportamento umano conforme al dettato della legge nel compimento di un atto o di un fatto. Se l’abito non fa il monaco, e la cronaca ce lo insegna, nè toghe, nè divise, nè poteri istituzionali o mediatici hanno la legittimazione a dare insegnamenti e/o patenti di legalità. Lor signori non si devono permettere di selezionare secondo loro discrezione la società civile in buoni e cattivi ed ovviamente si devono astenere dall’inserirsi loro stessi tra i buoni. Perchè secondo questa cernita il cattivo è sempre il povero cittadino, che oltretutto con le esose tasse li mantiene. Non dimentichiamoci che non ci sono dio in terra e fino a quando saremo in democrazia, il potere è solo prerogativa del popolo.»
Mai dire Antimafia
MAI DIRE ANTIMAFIA.
«Mai dire antimafia» scrive Antonio Giangrande, il noto autore di saggi sociologici che raccontano di una Italia alla rovescia, profondo conoscitore ed esperto del tema e presidente nazionale di una associazione antimafia.
«Il mio intento è dimostrare che la mafia siamo noi: i politici che colludono, i media che tacciono, i cittadini che emulano e le istituzioni che abusano ed omettono – spiega Antonio Giangrande – Quando Luigi Vitali, noto avvocato brindisino, era sottosegretario alla Giustizia col Governo Berlusconi ed Alfredo Mantovano, noto magistrato leccese, era sottosegretario agli Interni, a loro espressi il mio disappunto su come mal funzionava la giustizia nei tribunali e sull’accesso criminoso alle professioni togate e sulla censura e le ritorsioni operate dai magistrati nei confronti delle notizie a loro scomode e come tante associazioni pseudo antimafia erano sostenute in modo amicale finanziariamente, mediaticamente e politicamente a danno di altre. Addirittura alla regione Puglia è impedita l’iscrizione al registro generale alla Associazione Contro Tutte le Mafie, di cui sono presidente, per poter tranquillamente finanziare le loro associazioni amiche. Mantovano non mi ha mai risposto, Vitali ad un mia telefonata in diretta su TBM, una televisione privata di Taranto, in cui gli chiedevo cosa intendesse per Mafia, mi rispose che certamente non la intendeva come la intendevo io. Questo in modo da crearmi grande imbarazzo ed a palese tutela del sistema di potere di cui egli in quel preciso momento ne faceva parte, salvo cambiar opinione quando vittima ne diventa egli stesso. Da allora ho aspettato di sapere come effettivamente loro intendessero la lotta alla mafia ed essere degno come loro di essere dalla parte dell’antimafia. Dai fatti succeduti ed acclarati, però, penso che io avessi e continuo ad aver ragione».
“Personalmente abolirei l’udienza preliminare che è diventata, col tempo, tutt’altro di quello che aveva immaginato il legislatore. Da filtro rigoroso dei presupposti per un giudizio si è trasformata in una tappa di smistamento per il dibattimento”. Così l’ex deputato del Pdl ed ex sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali commenta in una nota, pubblicata su “La Gazzetta del Mezzogiorno, il rinvio a giudizio deciso dal gup di Brindisi nei confronti dello stesso ex parlamentare e di quasi tutta la maggioranza del consiglio comunale del 2012 di Francavilla Fontana (Brindisi) per presunti vantaggi ottenuti attraverso il piano locale delle farmacie. All’epoca dei fatti anche Vitali era consigliere comunale. “Sono più che sicuro – aggiunge Vitali – che non vi potrà essere nessun giudice che possa condannare i consiglieri comunali per aver esercitato, in piena autonomia e libertà, le loro prerogative. Sarebbe un colpo mortale alla democrazia. Dal fascicolo, infatti, non risulta, nonostante le puntuali, prolungate ed articolate indagini, nessun rapporto e/o contatto tra alcun consigliere comunale ed il presunto favorito dott. Rampino nè con altri farmacisti”. “Nutro massima fiducia nella giustizia e, pertanto, attendo con assoluta serenità il processo” commenta da parte sua il senatore di Forza Italia Pietro Iurlaro, anch’egli rinviato a giudizio per la stessa vicenda. “Sempre nel pieno rispetto del lavoro della magistratura – prosegue Iurlaro – trovo comunque discutibile che si possa contestare ad un consigliere comunale qualsiasi responsabilità di natura penale per aver contribuito, con un voto di natura politica, all’approvazione di una delibera dell’esecutivo che si sostiene. Almeno quando, come poi sembrerebbe che le stesse indagini abbiano appurato, non emergono in alcun modo rapporti tra gli stessi consiglieri e i farmacisti coinvolti nella vicenda”. Iurlaro si dice quindi “ottimista”, confidando che “l’intera procedura possa svolgersi in maniera serena per concludersi, infine, nel più breve tempo possibile”.
Torna la polemica sui professionisti dell’antimafia, scrive Mario Portanova su “Il Fatto Quotidiano”. Non a Palermo, ma – specchio dei tempi – a Milano. La celebre invettiva di Leonardo Sciascia contro Paolo Borsellino, ospitata in prima pagina dal Corriere della Sera il 10 gennaio 1987 è risuonata oggi nell’aula bunker del carcere di San Vittore a Milano, nella terza udienza del “maxiprocesso” alla ‘ndrangheta lombarda scaturito dall’operazione Infinito del 13 luglio scorso. A riesumarla ci ha pensato Roberto Rallo, il legale di Giuseppe “Pino” Neri, il consulente tributario accusato di essere un uomo di vertice della criminalità calabrese trapiantata al Nord. I nuovi “professionisti dell’antimafia”, secondo l’avvocato Rallo, sono le associazioni antiracket che si costituiscono parte civile “di processo in processo”, da Reggio Calabria a Milano, “anche se nessuno dei loro iscritti è stato materialmente danneggiato dagli imputati”. E così facendo “realizzano soltanto l’autoreferenzialità delle loro associazioni, spendendo tra l’altro soldi pubblici”, visto che in genere ricevono finanziamenti. Sono due le sigle attive contro il “pizzo” che si sono costituite al processo milanese: Sos Impresa di Confesercenti e la Federazione della associazioni antiracket e antiusura italiane, di cui è presidente onorario Tano Grasso.
Un nuovo scandalo investe i professionisti dell’Antimafia, scrive Angela Camuso su “Il Corriere della Sera”. Dopo i casi clamorosi di Rosy Canale e dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole, arriva la notizia che la Corte dei Conti di Napoli sta indagando su un corposo trasferimento di fondi pubblici a favore di un pugno di associazioni antiracket le quali, secondo i giudici contabili, sarebbero state privilegiate a discapito di altre, in violazione della legge sugli appalti. La posta in gioco è alta: 13 milioni e 433 mila euro stanziati da Bruxelles che fanno parte del cosiddetto Pon-Sicurezza, ovvero il Programma Operativo Nazionale finanziato dalla Comunità Europea con la finalità di contrastare gli ostacoli allo sviluppo del nostro Mezzogiorno. I soldi sono arrivati da Bruxelles solo agli inizi del 2012, ma registi dell’operazione, concepita a partire dal 2008 con l’approvazione dei singoli progetti poi finanziati dal Pon, furono l’allora sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano; l’allora commissario antiracket Giosuè Marino, diventato in seguito assessore in Sicilia della giunta dell’ex Governatore Lombardo indagato per mafia; nonché l’allora presidente dell’autorità di gestione del Pon-Sicurezza e al contempo vicecapo della polizia Nicola Izzo, il prefetto travolto dallo scandalo sugli appalti pilotati del Viminale. Da quanto ad oggi ricostruito dal sostituto procuratore generale della Corte dei Conti della Campania Marco Catalano, fu questo l’asse che selezionò i pochi partners a cui destinare i fondi secondo quelli che sembrano essere criteri arbitrari, visto che molte altre associazioni analoghe – tra cui ad esempio la nota “Libera” – risulterebbero avere i medesimi requisiti di quelle prescelte e dunque avrebbero potuto anch’esse ricevere i finanziamenti su presentazione di progetti, se solo ci fosse stato un bando pubblico di cui invece non c’è traccia. Nell’albo prefettizio, per il solo Mezzogiorno, risultano attive oltre cento associazioni antiracket. Tuttavia i fondi del Pon sono stati destinati soltanto a: “ Comitato Addio Pizzo” (1.469.977 euro); Associazione Antiracket Salento (1.862.103 euro ) e F.A.I. (Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura), che pur raggruppando una cinquantina di associazioni ha ottenuto finanziamenti per 7 milioni di euro in qualità di soggetto giuridicamente autonomo. Altri 3.101.124 euro sono infine andati a Confindustria Caserta e Confindustria Caltanissetta. La F.A.I., il cui presidente è il popolare Tano Grasso, ha sede a Napoli ed è per questo, essendo competente in quel territorio, che il fascicolo di indagine è finito sul tavolo della Corte dei Conti della Campania. L’istruttoria infatti è partita la scorsa estate a seguito di un esposto in cui si evidenziavano le presunte violazioni. Così il sostituto procuratore Catalano ha iniziato a lavorare, prima acquisendo una serie di documenti, presso il ministero dell’Interno e presso la prefettura di Napoli. Successivamente, sono stati escussi a sommarie informazioni diversi funzionari della stessa prefettura a vario titolo responsabili dell’erogazione dei fondi e dei presunti mancati controlli. Alla Corte dei Conti questi funzionari, secondo quanto trapelato, avrebbero confermato di aver agito su indicazione del Ministero e ora l’indagine è nella sua fase conclusiva e cruciale. Si prospetta l’esistenza di un illecito amministrativo che potrebbe aver prodotto un danno erariale sia in termini di disservizi sia in termini di sprechi visto che, paradossalmente, molte delle associazioni escluse dai finanziamenti continuano a svolgere, supportate dal solo volontariato, attività identiche, per qualità e quantità, a quelle messe in pratica da chi ora può contare su contributi pubblici erogati in deroga a ogni principio di trasparenza. Per questi motivi, già a marzo del 2012, le associazioni “La Lega per la Legalità” ed “S.O.S. Impresa” avevano inviato una lettera al ministro Cancellieri, denunciando la “mercificazione” dell’attività contro il pizzo, l’esistenza di una “casta dell’antiracket” e, addirittura, alcuni casi di nomine ‘politiche’ ai vertici di associazioni antimafia diventate a parere dei firmatari della missiva mera merce di scambio, in una logica di premi e promesse elettorali. “Prendiamo il caso di Maria Antonietta Gualtieri, presidentessa dell’Antiracket Salento e già candidata a Lecce sei anni fa nella lista civica di Mantovano…” insinua Lino Busà, presidente di S.O. S Impresa. La lettera al Ministro e le successive polemiche furono oggetto l’anno scorso di pochi articoli comparsi sulla stampa locale ma poi sulla vicenda calò il silenzio. Ora l’indagine della Corte dei Conti sembra dimostrare che la questione va al di là di una lotta fratricida. Le decisioni che presto prenderanno i giudici contabili preludono infatti a nuovi inquietanti sviluppi. Una volta chiusa questa prima istruttoria, gli atti potrebbero essere trasferiti in procura. Se ciò avverrà, sarà il tribunale penale a dover accertare se il presunto illecito amministrativo sia stato commesso per errore o se, invece, nella peggiore delle ipotesi, la violazione della legge sugli appalti sia stata dolosa e dunque funzionale a un drenaggio sottobanco di soldi pubblici, negli interessi di qualcuno.
Antiracket, i conti non tornano scrive Arnaldo Capezzuto su “Il Fatto Quotidiano”. Progetti teleguidati. Bandi sartoriali. Contratti di lavoro per gli amici. Incarichi solo su segnalazione. Consulenze a compagni di merenda. Assegnazione di fondi e finanziamenti pubblici su preciso mandato. Creazione di scatole vuote per l’affidamento e poi il propedeutico assegnazione dei beni confiscati. Centri studi che non si sa cosa studino. Strani consorzi. Associazioni di associazioni. Federazioni di associazioni. Cooperative di associazioni. E’ proprio un vero e proprio guazzabuglio il variegato mondo dei professionisti dell’anticamorra. Per non parlare di sportelli e sportellini, vacue campagne di sensibilizzazione come sagre di paese e poi i dibattiti a chili, le iniziative, gli anniversari con lacrime incorporate, l’editoria di promozione, le segreterie organizzative, gli uffici e le tante sedi distaccate. E’ chiaro che la trasparenza è un termine sconosciuto nel mondo dei professionisti della legalità. Mai e dico mai troverete in questa giungla uno straccio di bilancio, di nota spese, di un computo analitico sulle entrate e uscite, un rendiconto dei contributi pubblici. Impossibile trovarne traccia. Non si conoscono i criteri di come si utilizzino i denari dell’anticamorra. Tutto è nascosto, tutto è segreto, tutto è gestito nell’ombra. Accade a Napoli ma è come dire Italia. Non è la prima volta e non sarà l’ultima che la Corte dei Conti di Napoli, ovvero i giudici contabili, stigmatizzano questo modus operandi o quanto meno una pratica alquanto disinvolta nell’affollato mondo dei professionisti della legalità. I giudici – a più riprese- vagliando corpose documentazioni con atti formali chiedono, interrogano, dispongono approfondimenti, delucidazioni alle pubbliche amministrazioni quali erogatori: dalla Ue, ai Ministeri, alla Regione, alla Provincia, ai Comuni. Capita spesso che i giudici della Corte dei Conti debbano smascherare consulenze ad personam accordate a Tizio, Caio e Sempronio accreditati come esperti di “Camorrologia” come puro scambio di favori. Gli importi sono fissati da un prezzario segretamente in vigore, i zeri sono svariati. Prendo spunto dall’ultimo accertamento della Corte dei Conti di Napoli, di cui ha dato notizia solo Corriere.it. Nel mirino dei giudici partenopei è finito il mondo dell’antiracket e dell’usura. Mi sembra che dopo i casi clamorosi di Rosy Canale e dell’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole mi sembra – a naso – davvero di trovarci di fronte ad un’altra storiaccia. Al centro delle indagini sono finiti i Pon-Sicurezza cioè il Programma Operativo Nazionale finanziato dalla Comunità Europea per contrastare gli ostacoli allo sviluppo del nostro Mezzogiorno. Pare che il F.A.I. (Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura), che raggruppa una cinquantina di associazioni antiracket e facente capo a Tano Grasso abbia ottenuto finanziamenti per 7 milioni di euro. Una cifra – secondo le indagini – sproporzionata in considerazione delle tante realtà operanti in Italia e che si occupano da anni di lotta al racket e all’usura. Il sospetto è che l’iter per l’assegnazione di questa pioggia di denaro pubblico non sia stata molto trasparente. La Corte dei Conti di Napoli insomma sospetta un illecito amministrativo che avrebbe provocato un danno erariale. Gli accertamenti sono stati avviati grazie all’esposto della “Lega per la Legalità” ed “S.O.S. Impresa” dove in una lettera denunciavano la “mercificazione” dell’attività contro il pizzo, l’esistenza di una “casta dell’antiracket” e, addirittura, alcuni casi di nomine ‘politiche’ ai vertici di associazioni antimafia diventate a parere dei firmatari della missiva mera merce di scambio, in una logica di premi e promesse elettorali. C’è un ampio spazio dove Tano Grasso saprà documentare e chiarire la posizione del Fai. Ma desta qualche perplessità – sinceramente – la nascita di una newsletter quindicinale “Lineadiretta” dove il Fai ha stanziato per la copertura di dodici mesi di pubblicazione la somma di centomila euro. L’unica certezza è che i giudici della Corte dei Conti di Napoli sapranno scrivere una parola di verità a tutela dei tanti che lottano in silenzio la camorra.
L'Avvocato più giovane d'Italia.
L’AVVOCATO PIU’ GIOVANE D’ITALIA
E’ di Avetrana (TA) l’avvocato più giovane d’Italia. Il primato è stabilito sul regime dell’obbligo della doppia laurea.
25 anni. Mirko Giangrande, classe 1985.
Carriera scolastica iniziata direttamente con la seconda elementare; con voto 10 a tutte le materie al quarto superiore salta il quinto ed affronta direttamente la maturità.
Carriera universitaria nei tempi regolamentari: 3 anni per la laurea in scienze giuridiche; 2 anni per la laurea magistrale in giurisprudenza.
Praticantato di due anni e superamento dell’esame scritto ed orale di abilitazione al primo colpo, senza l’ausilio degli inutili ed onerosi corsi pre esame organizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
Et Voilà, l’avvocato più giovane d’Italia, stante la formalità del giuramento.
Cosa straordinaria: non tanto per la giovane età, ma per il fatto che sia avvenuta contro ogni previsione, tenuto conto che Mirko è figlio di Antonio Giangrande, presidente nazionale dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, noto antagonista del sistema giudiziario e forense del Foro di Taranto, che gli costa da 13 anni l’impedimento all’abilitazione forense. Dalle denunce penali e i ricorsi ministeriali da questo presentati, rimasti lettera morta, risulta che tutti i suoi temi all’esame di avvocato di Lecce non sono stati mai corretti dalle Commissioni presso le Corti d’Appello sorteggiate, ma dichiarati non idonei e sempre con voti e/o giudizi fotocopia. Nonostante ciò nessuno muove un dito. Inoltre il ricorso al Tar è inibito per l’indigenza procuratagli ed impedito dalla Commissione per l’accesso al gratuito patrocinio.
Tutte le sue denunce penali sono insabbiate senza conseguire accuse di calunnia.
E dire che Antonio Giangrande ha affrontato la maturità statale portando 5 anni in uno e si è laureato a Milano superando le 26 annualità in soli due anni.
Buon sangue non mente.
Avetrana non solo Sabrina, cosima e Michele.
AVETRANA: NON SOLO MICHELE E SABRINA MISSERI
Taranto 1 dicembre 2010, alle ore 08,45 presso il Tribunale di Taranto giuramento di Mirko Giangrande, l’avvocato più giovane d’Italia, 25 anni con doppia laurea.
La primina; la maturità al quarto anno; il regolare corso universitario per la laurea di Scienze Giuridiche e per la laurea di Magistrale in Giurisprudenza; l’abilitazione al primo anno di esame fanno sì che Avetrana abbia l’avvocato più giovane d’Italia.
Volontariato da educatore presso l’oratorio della parrocchia di Avetrana, e volontariato da assistente e consulente legale presso l’Associazione Contro Tutte le Mafie, con sede nazionale proprio ad Avetrana, fanno di Mirko Giangrande un esempio per tanti giovani, non solo avetranesi. Sarebbe gradita e meritoria la diffusione di tale evento, giustappunto per evidenziare una notizia positiva attinente Avetrana, in alternativa a quelle sottaciute ed alle tante negative collegate al caso di Sarah Scazzi.
L’iscrizione all’Albo degli Avvocati, compiuta a dicembre nonostante l’abilitazione presso la Corte d’Appello di Lecce sia avvenuta a settembre, alla cui domanda con allegati l’ufficio dell’Ordine di Taranto non rilascia mai ricevuta, è costata in tutto la bellezza di 650 euro tra versamenti e bolli. Ingenti spese ingiustificate a favore di caste-azienda, a cui non corrispondono degni ed utili servizi alle migliaia di iscritti. Oltretutto oneri non indifferenti per tutti i neo avvocati, che non hanno mai lavorato e hanno sopportato con sacrifici e privazioni ingenti spese per anni di studio.
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto che, come riportato dalla stampa sul caso Sarah Scazzi, apre un procedimento contro i suoi iscritti per sovraesposizione mediatica, accaparramento illecito di cliente e compravendita di atti ed interviste (Galoppa, Russo e Velletri) e nulla dice, invece, contro chi, avvocati e consulenti, si è macchiato delle stesse violazioni, ma che, venuto da lontano, pensa che Taranto e provincia sia terra di conquista professionale e tutto possa essere permesso.
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto, che, come riportato nel suo sito, bandisce un corso di formazione per mediatori per la nuova disciplina processuale civile. Corso dedicato esclusivamente per soli praticanti ed avvocati e non per tutti i laureati alle discipline giuridiche. Corso che dovrebbe essere gratuito per i suoi iscritti che già pagano la loro quota d’iscrizione all’albo, ma che invece costa 350,00 euro. Inoltre l’attività formativa a pagamento si configurerebbe come prestazione di servizi e di conseguenza anche soggetta ad IVA e al versamento IRPEG. Cosa, questa, che nella fattispecie non è contemplata e che, come molti pensano sia fondata, configurerebbe evasione fiscale. Non varrebbe per i Consigli dell’Ordine l’esenzione prevista per le attività didattiche dall’art.10, comma 20, legge IVA, in quanto ciò è riferito solo a scuole ed ONLUS. Lo stesso dicasi per i corsi onerosi ed obbligatori di aggiornamento professionale, per i corsi di preparazione all’esame forense e per i corsi della scuola forense. Scandaloso è anche lo sfruttamento dei praticanti. Ma tant’è tutti tacciono: media ed istituzioni. Meglio sanzionare la mancata emissione di uno scontrino per un caffè al bar che perseguire tutti i Consigli degli Ordini professionali italiani.
Mirko Giangrande non favorito da alcuno. Figlio di famiglia indigente ed oppressa: il padre perseguitato (abilitazione forense impedita da 13 anni perchè denuncia i concorsi truccati nella magistratura, nell’avvocatura e nel notariato; processi (senza mai una condanna) di diffamazione a mezzo stampa per articoli mai scritti e di calunnia per denunce mai presentate in quanto proprio le denunce presentate sono regolarmente insabbiate; dibattimenti in cui il giudice è sempre ricusato per grave inimicizia perché denunciato). Perseguitato perché noto antagonista del sistema giudiziario e forense tarantino, in quanto combatte e rende note le ingiustizie e gli abusi in quel che viene definito “Il Foro dell’Ingiustizia”. (insabbiamenti; errori giudiziari noti: Morrone, Pedone, Sebai; magistrati inquisiti ed arrestati). Perseguitato perché scrive e dice tutto quello che si tace.
Mirko Giangrande non favorito da alcuno, perché è vicepresidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie osteggiata da tutti perché combatte l’usura, ma quella bancaria, e la mafia, ma quella istituzionale e dei colletti bianchi. E’ l’unica associazione nazionale antimafia che non abbia le sue sedi presso la CGIL, come “Libera”, e i suoi componenti sono professionisti, come Magistrati, Avvocati, Giornalisti e Professori Universitari. Ha un difetto: aver sede legale in provincia di Taranto. Libera di don Ciotti con sede a Roma, antagonista dell’Associazione contro Tutte le Mafie, con sede ad Avetrana (TA), ebbe a dire in occasione della riforma dell’assegnazione dei beni mafiosi confiscati: “è roba nostra”. E così è. L’associazione Contro Tutte le Mafie, arcinota sul web con 400.000 mila siti che parlano di essa e del suo presidente, con centinaia di aderenti in tutta Italia, con 5 siti web d’inchiesta, con 5 siti web di agenzia stampa, con spazi in tutti i social network, con una tv web nazionale, con un libro scritto richiesto da comuni, scuole e biblioteche in tutta Italia, con contatti diretti col Commissario Governativo Antimafia, non è sovvenzionata da alcuno. Ad Essa gli è impedito di iscriversi presso tutte le Prefetture; gli è impedito di iscriversi presso la Regione Puglia di Vendola, quella che sovvenziona “Libera”, e presso il Comune di appartenenza; gli è impedito di accedere al 5/1000 ed addirittura l’unica Prefettura dove è obbligata ad iscriversi, a differenza di “Libera” che può iscriversi dovunque, prima destina i beni confiscati proprio a “Libera” e poi anziché onorarsi di averla, chiede conto all’Associazione Contro Tutte le Mafie del suo operato e della sua struttura organizzativa, tramite la Guardia di Finanza. Si è dimostrato che solo ad Avetrana ci sono un centinaio di iscritti e che, nonostante l’ostracismo e i bilanci in rosso, si continua ad operare. Per verificare cosa è e fa l’Associazione Contro Tutte le Mafie, basta che si sia in grado di verificare sul web il lavoro svolto da migliaia di cittadini non omologati al sistema.
Il delitto di Sarah Scazzi, lettera al direttore.
Direttore, vorrei commentare, se permette, quanto sta avvenendo a Taranto nel caso del delitto di Sarah Scazzi. Lo faccio in virtù del fatto che, da avetranese e tarantino e per il ruolo che io svolgo, bene conosco la vicenda e bene conosco i fatti che succedono a Taranto, tanto da aver scritto un libro su Sarah Scazzi e un libro su Taranto. Libri da leggere sul web ed aggiornati periodicamente.
Pur conoscendo bene la vicenda Scazzi, avendola approfondita in testi ed in video, laddove non lo ha fatto certa stampa che da del “tu” ai magistrati tarantini, abbarbicati dietro le porte dei loro uffici, di ciò vorrei parlarne in modo oggettivo.
Quando si parla di vicende giudiziarie, non bisogna mai dimenticare che il Foro di Taranto da me è definito “IL FORO DELL’INGIUSTIZIA”.
Il Foro di Taranto è quello della vicenda di Martino Scialpi, che da 30 anni aspetta che gli venga riconosciuta la vincita del 13 al Totocalcio, per la quale a luglio 2010 la procura di Potenza aprì un fascicolo di indagine sui magistrati di Taranto, che nell’arco di oltre vent’anni si sono occupati della vicenda di Scialpi.
Il Foro di Taranto è quello del caso di Carmela Cirella che volava via, dal settimo piano di un palazzo a Taranto, dopo aver subito violenze ed abusi, ma soprattutto dopo essere stata tradita proprio da quelle istituzioni a cui si era rivolta per denunciare e chiedere aiuto.
Il Foro di Taranto è quello del caso Sebai, il killer delle vecchiette, per il quale Faiuolo, Orlandi, Nardelli, Tinelli, Montemurro, Donvito sono stati condannati, nonostante altri testimoniano la loro colpevolezza. Donvito aveva sempre proclamato, inutilmente, la propria innocenza e si è determinato a togliersi la vita non potendo più reggere il peso di una ingiusta detenzione.
Il Foro di Taranto è quello che ha condannato da innocente Domenico Morrone a più di 15 anni di carcere.
Il Foro di Taranto è quello che ha condannato da innocenti per il caso “Strage della Barberia” Giovanni Pedone, Massimiliano Caforio, Francesco Aiello e Cosimo Bello tra gli 11 e i 30 anni.
Il Foro di Taranto è quello che ha condannato senza processo 292 braccianti agricoli.
Non dimentichiamoci poi che il Foro di Taranto, e colpevolmente la stampa omertosamente tace, è quello che, come molti ricorderanno, arrestò il compianto On. Pietro Franzoso. L’on. Franzoso, tarantino, all’epoca non ancora deputato, ma assessore regionale ai trasporti della Giunta Fitto, a dicembre del 2004 fu arrestato da innocente come un malfattore, rinchiuso in cella per una settimana, accusato di voto di scambio che avrebbe ottenuto attraverso la concessione di non precisati favori a una cosca mafiosa.
Il Foro di Taranto poi è anche quello dove un fallimento può durare anche mezzo secolo !!!
Il Foro di Taranto è anche quello con il rapporto denunce-condanne pari all’11%.
Il Foro di Taranto è quello dei magistrati arrestati.
Il Foro di Taranto è ecc., ecc, . ecc.
Il Foro di Taranto è anche quello che ha disposto il sequestro preventivo d’urgenza del sito web di informazione ed inchieste dell’Associazione Contro Tutte le Mafie. Il sito web oscurato pubblicava, tra le migliaia d’inchieste attinte dai maggiori organi d’informazione, anche quelle attinenti il Foro di Taranto.
Il Foro di Taranto è quello che presso la Sezione distaccata del Tribunale Manduria, il 1 dicembre 2011, procederà alle udienze dibattimentali per 3 distinti processi a carico del Dr Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, per il reato contestato di “Diffamazione a mezzo stampa”. Ossia aver pubblicato inchieste attinenti il Foro di Taranto.
Sarebbe buona cosa che la stampa seguisse i processi in cui il giudice ricusato si è astenuto, con la conseguenza che gli avvocati hanno pur loro abbandonato la difesa. Processi che potrebbe riguardare tutti i giornalisti, se solo facessero identico approfondimento dei fatti.
Quindi quando si parla del caso Sarah Scazzi, bisognerebbe non dimenticarsi, nei servizi e negli articoli, che nella circostanza ci troviamo di fronte a delle persone che, come i magistrati di Taranto, non sono infallibili od unti dal signore, ed ovviamente ci troviamo di fronte a persone come Sabrina Misseri, che hanno già scontato più di un anno di carcere, senza che vi sia alcuna condanna.
Considerazione fatta a prescindere dall’esito finale, che stando allo stato delle carte avrà una stesura differente presso la Cassazione rispetto all’esito della Corte d’assise di Taranto e della relativa Corte d’Appello.
Come già annunciai mesi prima il rigetto dell’istanza di rimessione dei processi ad altro Foro presentata dall’avv. Coppi, per il quale ho presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani per la sistematica disapplicazione di una norma giuridica, oggi conoscendo bene i magistrati di Taranto, inquirenti-requirenti e giudicanti, posso profetizzare la condanna per gli imputati, in 1° e 2° grado, con assoluzione in Cassazione.
C’è da constatare altresì la circostanza del “tutti dentro”, ossia chi si oppone od intralcia la tesi accusatoria, paga fio. Lo sanno bene gli avvocati, i consulenti, i testimoni.
In questa sede non è mio compito criticare forme e tempi delle indagini. Il Prof. Coppi avrà modo di farlo nei modi e nei luoghi opportuni, tanto più che ha molto da insegnare a Taranto, anche nel saper porsi nei rapporti con i magistrati, con rispetto, ma senza sudditanza.
Inoltre oggi, oltre ad avere in carcere presunte innocenti, ci troviamo di fronte al paradosso che in carcere vi sono chi si dichiara innocente (Sabrina Misseri e Cosima Serrano) e libero è chi si dichiara colpevole (Michele Misseri). E questo fatto la gente non solo di Avetrana poco lo capisce.
Invito anche la stampa a non valutare le prove prodotte nella fase delle indagini preliminari e nell’udienza preliminare conformemente con gli occhi dei PM. Per esempio, quando si traduce una conversazione intercettata a strascico, ad essa si deve dare nella traduzione un senso consono al tempo, al luogo, alla volontà ed allo status sociale di chi parla e non solo all’interesse di chi ascolta. Questo per non dare interpretazioni non realistiche, ma foriere di conseguenze interpretative fuorvianti e dannose . Oltremodo i magistrati sono di Sava (Buccoliero) e Torricella (Argentino), a pochi km da Avetrana, quindi il dialetto è identico, salentino e non tarantino, ma spesso si riscontrano valutazioni differenti delle parole dette. Quanto successo a Mohamed Fikri nel caso di Yara Gambirasio dovrebbe fare scuola.
L’invito alla stampa a non conformarsi è per non far passare i giornalisti come altri ad essere semplici passacarte.
«Non vorrei che dietro tutto ció vi sia l’idea che il GIP o il GUP debbano continuare ad essere i passacarte del pubblico ministero o in ogni caso coloro che poi alla fine rinvieranno al giudice del dibattimento l’esame approfondito della vicenda processuale perchè non hanno la necessaria esperienza, perché non conservano piú la memoria storica di ció che é avvenuto e perchè sono da considerare quasi dei giudici di serie B.» Questo ha detto il senatore e magistrato e componente della Commissione Giustizia ed Antimafia Roberto Centaro al Senato Legislatura 13º – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 683 del 5 ottobre 1999 in riferimento alla discussione sui disegni di legge di modifica del Codice di procedura penale.
E se lo dicono loro, c’è da credere.
Istanza di Rimessione nel processo Scazzi
ISTANZA DI RIMESSIONE NEL PROCESSO SARAH SCAZZI
Riguardo alla richiesta di Rimessione per incompatibilità ambientale presentata ai sensi dell’art. 45 ss C.P.P. dalla difesa di Sabrina Misseri per il processo sul delitto di Sarah Scazzi, il Dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro tutte le Mafie, esperto di cose giuridiche e prassi giudiziaria tarantina e nazionale afferma: «Apprezzo la richiesta fatta dall’avv. Franco Coppi, che delinea bene la sua capacità e il suo coraggio, tenuto conto che nel Distretto di Lecce e Taranto ben pochi avvocati dimostrano tali doti. Lo dimostra anche il fatto che a Roma la Camera Penale è stata pronta a difendere il loro collega inquisito a Taranto, mentre il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Taranto ha pensato bene di non dire una parola a favore dei loro iscritti. A Taranto si parla di “Correttezza nei confronti degli “amici” magistrati”, a Roma, nei corridoi degli uffici giudiziari, si parla di “Codardia”. Bisogna tener presente che nel processo “Sebai, il killer delle 12 vecchiette” nessuno a Taranto ha avuto il coraggio di presentare rimessione per ben più gravi motivi (Foro che ha accusato e condannato dei soggetti e poi lo stesso Foro ha accusato e giudicato colui il quale li dichiarava innocenti con riscontri concreti. Creduto solo per i delitti senza colpevoli). Inoltre c’è da sottolineare che io stesso sono stato promotore a titolo personale di una istanza di rimessione, ma per legittimo sospetto, perché i magistrati di Taranto mi accusano e mi vogliono condannare per averli criticati con denunce penali e con articoli di stampa sul loro modo di amministrare la giustizia. Nessun avvocato mi ha sostenuto, anzi, mi hanno abbandonato nei processi di diffamazione a mezzo stampa quando ho chiesto la ricusazione dei magistrati denunciati. Io il 28 settembre a Roma presenzierò all’udienza sulla mia richiesta di rimessione per farmi giudicare dai Magistrati di Potenza, che ha avuto già il marchio preventivo di inammissibilità. Istanza basata sul fatto che i magistrati di Taranto siano poco sereni nel giudicare colui il quale li ha denunciati per abusi ed omissioni, senza che questi si tutelassero denunciandomi per calunnia. Si può considerare che effettivamente la mia richiesta possa essere infondata ed io essere un mitomane o un pazzo. Ma resta un fatto eclatante, e non voglio essere una “Cassandra”, ma la stessa cosa succederà a Franco Coppi. Si tenga presente che mai una istanza di rimessione è stata accolta dalla Corte di Cassazione, nemmeno per Berlusconi, o Dell’Utri, o per le vittime del terremoto dell’Aquila. L’art. 45 ss C.P.P. è una norma da sempre inapplicata perché delegittima il foro giudicante e questo in Italia non si deve fare: è lesa Maestà di chi effettivamente detiene il potere. La decisione negativa scontata che mi riguarda e che arriverà il 28 settembre, però, darà modo a me di potermi rivolgere alla Corte Europea dei Diritti Umani e presso le Istituzioni dell’Unione Europea perché in Italia, non solo non si applica una norma in vigore che danneggia i magistrati, ma si viola sistematicamente il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, anche tramite stampa, e si violano sistematicamente le norme del giusto processo.»
Segnalazione attinente i risultati degli esami d’avvocato.
Come ribellarsi ai concorsi truccati e patirne le ritorsioni.
Antonio Giangrande da Avetrana (TA) dal 1998 affronta gli esami di abilitazione per diventare avvocato. Dal primo anno non ha taciuto le nefandezze compiute dalle commissioni d’esame di Lecce, denunciando il presidente ed i membri delle varie commissioni d’esame. Attività che insieme ad altri auspicava una riforma meritocratica, invece i governanti del 2003 hanno partorito la pseudo riforma dei compiti erranti. Giangrande Antonio vittima di magistrati, avvocati e professori universitari reazionari, presi di mira dal medesimo con le sue inchieste testuali su http://www.controtuttelemafie.it ed inchieste video sul canale youtube Malagiustizia, mirate a smascherare un sistema abilitativo fondato su corruttele ed intrecci d’interesse. Dal 1998 ad oggi non gli fanno superare gli scritti del concorso di avvocato, con metodi contestabili presso il TAR. Il Tar di Lecce gli impedisce la presentazione del ricorso in autotutela. Oggi entrato nel record delle bocciature ritorsive, Giangrande denuncia: «come può essere possibile che a presiedere la commissione centrale sia un già presidente di commissione locale, a suo tempo denunciato, e dalla riforma impedito a ricoprire l’incarico addirittura di semplice commissario? Come può il Tar di Lecce impedirmi l’autotutela amministrativa, nonostante per altri ha accolto le medesime istanze?»
L’Associazione Contro Tutte le Mafie consiglia ai candidati bocciati al concorso forense, tenuto presso la Corte di Appello, di chiedere copia dei propri elaborati e il verbale di correzione. Probabilmente troveranno i compiti immacolati e risulterà che il tempo, intercorso tra l’apertura e la chiusura della sessione diviso i compiti corretti, essere di pochi minuti: insufficiente per effettuare l’apertura della busta, lettura, correzione, commento e consultazione dei commissari, giudizio e verbalizzazione. Ciò prova che si è dichiarato il falso nel attestare che il compito è stato corretto e si è commesso un abuso nel dichiararlo non idoneo. A questo punto si consiglia di presentare una denuncia penale contro i nominativi della commissione correttrice e, contro l’insabbiamento, con la postilla di essere informati della richiesta di archiviazione per presentare opposizione. Contestualmente va presentato ricorso al Tar. Tutto ciò dovrebbe portare all’abilitazione e al risarcimento del danno.
In Parlamento, alla Camera dei Deputati, su istanza del dr Antonio Giangrande, Presidente della “Associazione Contro Tutte Le Mafie”, sono state presentate due distinte interrogazioni parlamentari. La prima al Ministro della Giustizia, n. 4/07953, firmatario l’on. Augusto Di Stanislao, IDV, rilevante l’anomalia dei compiti non corretti, ma dichiarati tali, all’esame forense. La seconda al Ministro dell’Economia e delle Finanze, n. 4/07726, firmatario l’on. Giampaolo Fogliardi, PD, rilevante l’impedimento al beneficio del 5×1000.
Grazie dell’attenzione.
A proposito di liberalizzazioni.
A PROPOSITO DI LIBERALIZZAZIONI E DI TASSE IN CAMBIO DI SERVIZI
Esame di Stato del concorso di abilitazione per diventare avvocato.
Magistrati strabici. L’esempio è il concorso pubblico per direttore generale alla Camera di Commercio di Taranto. Vince un alto dirigente del Tribunale di Taranto, parte l’esposto, il Pm chiede l’archiviazione, il Gip la respinge. Colpo di fortuna per la vittima. Generalmente in Italia il Gip si adegua alle richieste del Pm e le eventuali magagne sono coperte.
La mia testimonianza a futura memoria.
Sono ANTONIO GIANGRANDE, nato in Italia ad Avetrana provincia di Taranto, cittadino italiano di professione Presidente della “Associazione Contro Tutte le Mafie”, sodalizio antimafia riconosciuto dal Ministero Interni, residente in Italia, Avetrana (TA), via Manzoni, 51 (telefono 0039+099 9708396; telefax 0039+099 9708396 cell. 328 9163996 e-mail presidente@controtuttelemafie.it), e per gli stessi motivi della medesima denuncia già ricorrente presso la Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
Il sottoscritto denunciante dal 1998 a tutt’oggi partecipa all’esame di abilitazione forense presso il distretto di Corte d’Appello di Lecce. Da subito ho presentato esposti e denunce contro il concorso che reputo truccato, tanto palesi erano e sono le anomalie e gli abusi nazionali sotto gli occhi di tutti. Attività di denuncia che ha portato alla riforma della legge 180/2003: consiglieri dell’Ordine degli Avvocati cacciati dalle commissioni e compiti locali corretti da commissioni di altri distretti di Corte d’Appello. Da qui la mia notorietà nell’ambiente locale e nazionale. Le mie denunce presentate per abuso d’ufficio, falso in atti pubblici ed associazione a delinquere presso gli uffici giudiziari con competenza diretta (in riferimento alle commissioni d’esame) o indiretta (in riferimento all’interesse nazionale) sono state tutte archiviate o insabbiate senza che sia conseguita calunnia.
Le indagini non sono state svolte per i seguenti motivi:
Nelle commissioni d’esame vi erano gli stessi inquirenti o loro colleghi;
Agli inquirenti non appariva verosimile l’ipotesi di un possibile complotto nei miei confronti o comunque per loro non era possibile che un concorso pubblico tal fatto potesse essere truccato;
Le indagini venivano delegate a Polizia giudiziaria locale che dovevano svolgere indagini contro i loro magistrati di riferimento. Questi non avevano la competenza culturale e professionale a svolgere siffatte indagini o comunque vi era collusione-commistione con gli inquisiti, che poi erano i loro magistrati referenti-deleganti locali. In questo modo la mia audizione avveniva nell’assoluta ostilità.
In rapporto alla mia propensione e capacità a tutelare i miei diritti ed in base alla fondatezza e gravità dei fatti in oggetto sono state presentate delle interrogazioni parlamentari da parte di deputati e senatori di tutti gli schieramenti. Inoltre sono stato costretto a presentare un ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani, per il fatto che in Italia non ho trovato un ufficio giudiziario che svolgesse le doverose indagini, con disinteresse e senza preconcetti e pregiudizi.
Per gli effetti, dal 2004, dopo la riforma, i miei compiti itineranti sono stati valutati presso le commissioni di vari distretti italiani di Corte d’Appello: da Venezia a Torino, da Palermo a Salerno, Da Catanzaro a Reggio Calabria, ecc.. Da sempre mi è stato dato un voto simile a tutti gli elaborati. A decine di prove scritte (3 per 14 anni = 42) riferenti al parere penale o civile o all’atto giudiziario l’identico voto dato è stato “25” senza alcuna motivazione. Con tali giudizi mi si nega l’idoneità alla prova orale e l’impedimento all’abilitazione.
Potrei farmene una ragione per essere causa del mio male, se non fosse altro che vi sia una evidente regia dietro alle mie disgrazie:
di fatto i miei compiti non sono stati mai corretti. Affermazione desunta dalla mancanza di correzioni e dalla mancanza di tempo per farlo;
Il presidente di commissione nazionale della sessione 2010, da me è stato denunciato quando prima della riforma ha ricoperto per 3 anni l’incarico di presidente di Commissione di esame di Lecce, a cui ho partecipato, e contestualmente di presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce. Dopo la riforma del 2003, questi, estromesso dagli incarichi concorsuali, è stato nominato membro del Consiglio Nazionale Forense su incarico istituzionale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce. All’uopo il medesimo è stato nominato addirittura nella sessione di esame 2010 presidente di commissione centrale di esame. Nomina vietata per incompatibilità prevista dalla riforma: i consiglieri dell’ordine locale non possono far parte delle commissioni d’esame. Questìavvocato non è altro che l’espressione a Roma (Longa Manu) del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Lecce. Inoltre quando non è presidente nazionale della sessione d’esame forense è nominato ispettore nazionale. In ogni caso l’avvocato per gli incarichi istituzionali ricoperti ha rapporti con tutti i membri delle commissioni locali, nominati dal C.N.F. in sede di commissione del Ministero della Giustizia, di cui egli fa parte;
Cosa più grave è che il ricorso giudiziario amministrativo, da me presentato nel 2011 avverso il giudizio negativo della sessione 2010 dato dalla commissione d’esame di Palermo ai miei compiti, (metodo di correzione contestato in vari punti in fatto ed in diritto con sostegno giurisprudenziale), è stato rigettato dal Tar di Lecce. Strano, però che per molto meno lo stesso Tar di Lecce ha accolto ricorsi simili, entrando addirittura nel merito, valutando in modo positivo esso stesso l’elaborato. E’ palese la discriminazione attuata in riferimento ai ricorsi sottoposti allo stesso Tar per la stessa sessione e negli stessi giorni.
Da quanto detto si evince, oltre che essere palese la fondatezza delle accuse, si ravvisa anche la extraterritorialità della questione sollevata, in virtù delle tante commissioni coinvolte, compresa quella centrale.
E COMUNQUE SE CIO’ AVVIENE PER ME, NULLA IMPEDISCE CHE CIO’ POSSA SUCCEDERE AD ALTRI.
Ciò rende la presente denuncia non prettamente di competenza territoriale, ma di interesse nazionale.
AI FINI PROBATORI
Tenuto conto che per anni sono stato svenato al fine di produrre in copia migliaia di documenti, senza conseguire risultati, per la presente denuncia si indica esclusivamente come fonte di prova il dossier pubblicato alla pagina web http://www.ingiustizia.info/dossier%20malagiustizia.htm, che tra i suoi allegati raccoglie e contiene tutti i documenti pubblici estrapolati da fonti ufficiali o atti depositati presso uffici pubblici. Documenti non in possesso del denunciante, ma comprovanti nei fatti le mie affermazioni d’accusa. Si va dalla nomina del presidente ai compiti non corretti, dal ricorso al TAR alle sue sentenze contraddittorie e persecutorie, dalle interrogazioni parlamentari al ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani.
Concorsi pubblici truccati
CONCORSI PUBBLICI TRUCCATI
L’Associazione Contro Tutte le Mafie con il suo sito di inchieste (www.controtuttelemafie.it) e la sua Tele Web Italia (www.telewebitalia.eu) continua ad inviare inascoltata news al sistema informativo e comunicativo nazionale e locale per rompere l’omertà e la disinformazione.
CASO GIANGRANDE, MOBBING GIUDIZIARIO E FORENSE
Dopo 13 anni di bocciature all’esame forense il Dr Antonio Giangrande non si arrende.
Dal 1998 ad oggi, dopo 13 anni, il Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie per l’ennesima volta è stato bocciato all’esame forense. “Non mi chiuderanno mai la bocca. Non ho paura delle ritorsioni. Nonostante l’omertà e la censura mediatica continuerò a denunciare le nefandezze giudiziarie a danno dei più deboli – dice il presidente – e a smascherare un concorso forense che era e sarà sempre oggettivamente truccato. Il fatto di essere reiteratamente perseguitato dai magistrati con accuse di diffamazione a mezzo stampa, senza mai essere condannato, per impedirmi di denunciare gli abusi giudiziari, e di essere bocciato dalle commissioni di esame forense per impedirmi di diventare avvocato, nonostante la mia preparazione e competenza, e per impedirmi di divulgare motivi di nullità del concorso, vuol dire che arreco molto fastidio al sistema giudiziario e forense.
Sono conosciuto in tutta Italia per quello che faccio e dico e me la fanno pagare.
Il fatto che l’informazione locale e nazionale ignori il mio caso di “mobbing”, perché vuol stare sempre dalla parte del più forte, mi rende orgoglioso di essere diverso”.
Risultati esame di avvocato. Storia di un concorso pubblico truccato.
Il dr Antonio Giangrande, scrittore, accademico senza cattedra di Sociologia Storica, giornalista ed avvocato non abilitato, presidente nazionale dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ed autore del libro “L’Italia del trucco, l’Italia che siamo”, presenta il “Dossier sui concorsi pubblici truccati”.
Esso è il frutto di anni di ricerche ed approfondimenti su un sistema che sforna la nostra classe dirigente, e per questo, dai risultati che ottiene, la medesima dimostra la propria inadeguatezza.
Antonio Giangrande lo fa in occasione della pubblicazione in estate dei risultati del concorso di avvocato, che si tiene presso la Corte d’Appello, come ogni anno a metà dicembre, e in relazione alla riforma dell’abilitazione forense che imprime maggiori tutele alla lobby, stilata in Parlamento da chi si è abilitato con un sistema truccato.
Lo fa in seguito alla missiva del Governo del 5 ottobre 2009, in risposta alla sua richiesta di intervento per la tutela dei diritti soggettivi su un caso concreto: “esistono concorsi irregolari e violazione della tutela giudiziaria. Provvederemo”. Intervento mai arrivato.
«Nessuno come me conosce il fenomeno ed ha il coraggio di parlarne. Ho partecipato ad un concorso in polizia da incensurato e da parà. – testimonia Giangrande – Ho superato brillantemente i test scritti e le prove psico-fisiche-attitudinali: ero tra i primi, ma altri mi hanno preceduto, estromettendomi dal numero chiuso. Lo stesso dicasi per il concorso di autista dei mezzi speciali del Ministero della Giustizia. Ho partecipato ad un concorso per comandante dei vigili urbani. Lo ha vinto, precedendomi, chi l’aveva indetto e regolato, da comandante pro tempore e dirigente dell’ufficio del personale, trattenendo rapporti professionali con i commissari d’esame. Per aver pubblicato le sue motivazioni sulla stampa di tutto il mondo, sono stato denunciato per diffamazione dal Pubblico Ministero che aveva archiviato il mio esposto penale. Per anni (a due cifre) ho partecipato al concorso forense. Ho visto abilitarsi tanta gente inetta. Ho visto tante illegalità e le ho sempre denunciate. Ho pagato per questo. Il mio nome è conosciuto da tutte le commissioni d’esame ed inserito nella loro lista nera».
Con il discorso ufficiale del Magnifico Rettore, Prof. Ing. Domenico Laforgia, è stato inaugurato a Brindisi il 3/12/2009 l’anno accademico 2009-2010 dell’Università del Salento. Presenti alla cerimonia Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati e diverse altre insigne personalità del mondo politico, economico e culturale della penisola salentina. In quella sede ha palesato una realtà, che molti cercano di ignorare o tacitare. “…..Questo è un altro dato che si presta ottimamente ad una lettura politica. Il familismo non è la ferita pruriginosa di questa o quella Università, ma di tutto il sistema occupazionale italiano. È una malattia endemica del Paese che ha contagiato tutti i campi, dalla politica alle libere professioni, dal giornalismo al mondo dello spettacolo, dall’industria a tutto il comparto pubblico. Familismo, nepotismo e clientelismo non sono le conseguenze di un sistema malato, come spesso si dice, ma sono il segno più evidente di una mancanza effettiva di alternative possibili. Ed è questa povertà di occasioni che mette in moto il meccanismo, che diventa perverso e nocente alla comunità quando non è neppure compensato dal merito.”
In quei mesi di tormenti a cavallo tra il 2000 e il 2001 la Mariastella Gelmini si trova dunque a scegliere, spiegherà essa stessa a Flavia Amabile de “La Stampa.it”: «La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l’esame per ottenere l’abilitazione alla professione». Quindi? «La sensazione era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l’esame. Per gli altri, nulla. C’era una logica di casta». E così, «insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l’esame a Reggio Calabria». I risultati della sessione del 2000, del resto, erano incoraggianti. Nonostante lo scoppio dello scandalo, nel capoluogo calabrese c’era stato il primato italiano di ammessi agli orali: 93,4%. Il triplo che nella Brescia della Gelmini (31,7) o a Milano (28,1), il quadruplo che ad Ancona. Idonei finali: 87% degli iscritti iniziali. Contro il 28% di Brescia, il 23,1% di Milano, il 17% di Firenze. Totale: 806 idonei. Cinque volte e mezzo quelli di Brescia: 144. Quanti Marche, Umbria, Basilicata, Trentino, Abruzzo, Sardegna e Friuli Venezia Giulia messi insieme. Insomma, la tentazione era forte. Spiega il ministro dell’Istruzione: «Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi». E l’esame? Com’è stato l’esame? Quasi 57% di ammessi agli orali. Il doppio che a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Dietro soltanto la solita Catanzaro, Caltanissetta, Salerno. Il sistema di abilitazione truccato riguarda tutte le professioni intellettuali: magistrati, avvocati, professori universitari, giornalisti, ecc.
Risultati esami forensi presso la Corte d’Appello; ennesimo concorso truccato.
Antonio Giangrande, l’alfiere contro i concorsi truccati, che per gli ipocriti è un mitomane sfigato, presenta il conto. Anzi il rendiconto di un’Italia da schifo dove tutti si ergono a benpensanti e poi sono i primi a fottere la legge ed i loro conterranei.
Un giudizio sull’operato di un certo giornalismo lo debbo proprio dare, tenuto conto che è noto il mio giudizio su un sistema di potere che tutela se stesso, indifferente ai cambiamenti sociali ed insofferente nei confronti di chi si ribella. Da anni sui miei siti web fornisco le prove su come si trucca un concorso pubblico, nella fattispecie quello di avvocato, e su come si paga dazio nel dimostrarlo. Nel tempo la tecnica truffaldina, di un concorso basato su regole di un millennio fa, si è affinata trovando sponda istituzionale. Insomma dove prima era possibile contestare ora non lo è più. L’essere omertosi sulla cooptazione abilitativa di una professione od incarico, mafiosamente conforme al sistema, significa essere complici e quindi poco credibili agli occhi dei lettori e telespettatori, che, come dalla politica, si allontana sempre più da un certo modo di fare informazione.
Il fatto che io non trovi solidarietà e sostegno in chi dovrebbe raccontare i fatti, mi lascia indifferente, ma non silente sul malaffare che si perpetra intorno a me ed è taciuto da chi dovrebbe raccontarlo.
Premiale è il fatto che i miei scritti sono letti in tutto il mondo, così come i miei video, in centinaia di migliaia di volte al dì, a differenza di chi e censorio. Per questo è ignorato dal cittadino che ormai, in video o in testi, non trova nei suoi servizi giornalistici la verità, se non quella prona al potere.
Dopo 15 anni, dal 1998 ancora una volta bocciato all’esame di avvocato ed ancora una volta a voler trovare sponda per denunciare una persecuzione. Non perché voglia solo denunciare l’esame truccato per l’abilitazione in avvocatura, di cui sono vittima, ma perché lo stesso esame sia uguale a quello della magistratura, del notariato, dell’insegnamento accademico e di tanti grandi e piccoli concorsi nazionali o locali. Tutti concorsi taroccati, così raccontati dalla cronaca divenuta storia. Per ultimo si è parlato del concorso dell’Agenzia delle Entrate e del concorso dell’Avvocatura dello Stato. A quest’ultimi candidati è andata anche peggio rispetto a me: violenza delle Forze dell’Ordine sui candidati che denunciavano l’imbroglio. Non che sia utile trovare una sponda che denunci quanto io sostengo con prove, tanto i miei rumors fanno boato a sè, ma si appalesa il fatto che vi è una certa disaffezione per quelle categorie che giornalmente ci offrono con la cronaca il peggio di sé: censura ed omertà.
Per qualcuno forse è meglio che a me non sia permesso di diventare avvocato a cause delle mie denunce presentate a chi, magistrato, oltre che omissivo ad intervenire, è attivo nel procrastinare i concorsi truccati in qualità di commissari.
Sia chiaro a tutti: essere uno dei 10mila magistrati, uno dei 200mila avvocati, uno dei mille parlamentari, uno dei tanti professori o giornalisti, non mi interessa più, per quello che è il loro valore reale, ma continuerò a partecipare al concorso forense per dimostrare dall’interno quanto sia insano. Chi mi vuol male, per ritorsione alle mie lotte, non mi fa diventare avvocato, ma vorrebbe portarmi all’insana esasperazione di Giovanni Vantaggiato.
Invece, questi mi hanno fatto diventare l’Antonio Giangrande: fiero di essere diverso! Antonio Giangrande che con le sue deflagrazioni di verità, rompe l’omertà mafiosa.
Direttore, l’appoggio per una denuncia pubblica non lo chiedo per me, che non ne ho bisogno, ma una certa corrente di pensiero bisogna pur attivarla, affinché l’esasperazione della gente non vi travolga, come sedicenti operatori dell’informazione, così come già avvenuto in altri campi. E voi dell’informazione se non ve ne siete accorti, i ragazzi di Brindisi sono stati lì a ricordarvelo. Si è visto la mafia dove non c’è e non la si indica dove è chiaro che si annida.
Concorso di avvocato ed uso dei cellulari in sede di esame.
Sig. Direttore, a lei ed a tutte le redazioni dei giornali di stampa e tv italiane il mio sfogo pubblico a tutela delle decine di migliaia di candidati che ogni anno partecipano all’esame di avvocato, che si svolge presso ogni Corte d’Appello, compresa la sua.
Non capisco l’accanimento di certe “penne e tastiere saccenti”, che parlano di un fenomeno di cui nulla sanno, se non il sentito dire o il luogo comune.
Tanto si parla, in modo interessato, di centinaia di migliaia di avvocati operanti che causano il dissesto della giustizia e per questo se ne chiede la riduzione.
Tanto si è parlato di Catanzaro con i compiti fotocopia.
Tanto si è parlato delle tracce conosciute in anticipo su internet.
Quest’anno queste “penne e tastiere saccenti” hanno pensato bene di montare il caso dei cellulari nelle sedi di esame. Strumento per farsi dettare l’elaborato. Anzi qualcuno si è spinto fino a dire che questo malcostume o lassismo è proprio dell’Italia meridionale.
Se bastasse questo a far passare l’esame !!
Sono rimasto colpito come a Salerno i candidati siano stati trattati da terroristi e sottoposti al controllo del Metal Detector.
Certo è che queste penne saccenti pensano bene di non toccare i poteri forti e, giusto per scrivere, se la prendono con la parte più debole, ossia: i candidati.
Non si sognerebbero mai di scrivere che se trucchi ci sono, essi si annidano nelle commissioni d’esame fatti da avvocati principi del foro, magistrati incorruttibili e dotti professori universitari.
Questi “giornalisti”, bocca della verità, mai direbbero che la Commissione nazionale per l’esame di avvocato del 2010 è stata denunciata, in quanto la presidenza dava adito a dubbi circa la sua nomina. Mai direbbero che la 1ª sottocommissione di esame di Palermo 2010 è stata denunciata per aver dichiarato falsamente che i compiti sono stati corretti, mentre invece questi sono stati resi immacolati. Mai direbbero che il Tar di Lecce è stato denunciato in quanto lo stesso, in presenza di ricorsi simili contro i giudizi negativi dati alle prove scritte, ha adottato decisioni difformi.
Spero che la prossima volta, quando qualcuno oserà scrivere sul concorso di avvocato, si affidi ad un esperto o attinga le notizie da chi ha esperienza acquisita in 15 anni di partecipazione, tramutata in un libro e in un portale web, contenente tutto ciò che riguarda la tematica. Per esempio chiedere al dr. Antonio Giangrande o attingere le notizie sul suo portale web http://www.controtuttelemafie.it o visionare i filmati sul canale you tube “malagiustizia”.
UNA VITTIMA DI UN CONCORSO PUBBLICO TRUCCATO
Sig. Direttore, da 15 anni (dico 15 anni, una vita) partecipo al concorso di avvocato indetto dal Ministero della Giustizia, che ogni anno si svolge presso ogni Corte di Appello, le cui commissioni sono composte da magistrati, avvocati e professori universitari.
Da 15 anni i miei elaborati sono giudicati sempre con identico voto negativo e senza alcuna motivazione. Il fatto certo è che i miei pareri legali non sono corretti (mancanza di correzioni, glosse, ecc.) e sono dichiarati tali in un tempo che il Tar ha dichiarato estremamente insufficiente.
Da 15 anni il presidente, prima locale e poi nazionale, e i componenti della commissione d’esame sono quelli che ho denunciato in questi anni per favoritismi durante e dopo le prove selettive.
Da 15 anni sono disoccupato pur capace di esercitare la professione. Ciò ha influito negativamente sulla vita di tutta la mia famiglia, condannata all’indigenza.
Potevo rassegnarmi ad essere un incapace, ma sono diventato, mio malgrado, un esperto in concorsi truccati. Da 15 anni sono destinatario come presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie della disperazioni di tanti altri come me. Per dimostrare la verità, raccolgo le testimonianze da tutta Italia di centinaia di migliaia di candidati vittime dei concorsi truccati tra i più disparati. Testimoni anche autorevoli come possono essere i magistrati o i professori universitari che ambiscono a ruoli superiori. Testimonianze che si sono estese oltre che ai concorsi come la magistratura, notariato ed avvocatura. Le testimonianze denunciano i concorsi truccati in Italia come regime generale di cooptazione nel sistema della classe dirigente o di livello professionale superiore. Chi detiene una pubblica funzione, anche senza merito in virtù di un concorso truccato, è componente di quelle commissioni d’esame, che reiterano il sistema di cooptazione all’interno del regime.
La Corte Costituzionale mi dice: siamo in Italia, il voto non va motivato e le commissioni sono arbitrarie ed insindacabili.
La Corte di Cassazione mi dice: siamo in Italia, devi essere giudicato (sui concorsi, ma anche sui procedimenti penali a tuo carico per reati d’opinione) dai magistrati che hai denunciato alle procure e criticato sui giornali.
Il Governo mi dice: hai ragione facciamo le riforme. Dal 2003 fa girare i compiti in tutta Italia. Il criterio di correzione diventa razzista. Il presidente locale della commissione 1998/2000/2001 estromesso dalla riforma, diventa addirittura presidente nazionale nel 2010.
Il Tar mi dice: siamo in Italia, ma se la Corte Costituzionale afferma che le commissioni sono insindacabili, la Cassazione mi dice che non vi può essere ricusazione, se il Ministero della Giustizia mi mette come presidente di commissione chi aveva cacciato, io rigetto il tuo ricorso. Ricorso presentato con 1000 euro tra contributo unificato, bolli e spese di notifica. Una tangente a favore di uno Stato che non ti tutela.
Le procure informate con prove e circostanze mi dicono: è impossibile che le commissioni d’esame abusino dei loro poteri contro di te. Resta il fatto che nessun commissario denunciato e criticato mi ha mai denunciato per calunnia o diffamazione.
Ad oggi la mia speranza è la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, se non ci sono italiani di mezzo.
Strano che da 15 anni nessun organo di stampa nazionale ha sostenuto la mia lotta. “Ballarò” di Rai3 ha fatto un servizio mai mandato in onda. “I programmi dell’accesso” della Rai hanno fatto un servizio mai mandato in onda. Soldi dei contribuenti bruciati nel nome della censura.
A lei chiedo: perché la stampa nazionale non si occupa della cooptazione nei concorsi pubblici?
A lei chiedo: nell’omertà, mi devo arrendere, pur conscio del mio valore e consapevole di essere vittima del sistema vendicativo?!?
17 anni per dire basta.
E’ TUTTA QUESTIONE DI COSCIENZA. ESAME DI AVVOCATO. 17 ANNI PER DIRE BASTA!
Antonio Giangrande, orgoglioso di essere diverso.
In un mondo caposotto (sottosopra od alla rovescia) gli ultimi diventano i primi ed i primi sono gli ultimi. L’Italia è un Paese caposotto. Io, in questo mondo alla rovescia, sono l’ultimo e non subisco tacendo, per questo sono ignorato o perseguitato. I nostri destini in mano ai primi di un mondo sottosopra. Che cazzo di vita è?
Perché leggere Antonio Giangrande?
Ognuno di noi è segnato nella sua esistenza da un evento importante. Chi ha visto il film si chiede: perché la scena finale de “L’attimo fuggente”, ogni volta, provoca commozione? Il professor John Keating (Robin Williams), cacciato dalla scuola, lascia l’aula per l’ultima volta. I suoi ragazzi, riabilitati da lui dalla corruzione culturale del sistema, non ci stanno, gli rendono omaggio. Uno dopo l’altro, salgono in piedi sul banco ed esclamano: «Capitano, mio capitano!». Perché quella scena è così potente ed incisiva? Quella scena ci colpisce perché tutti sentiamo d’aver bisogno di qualcuno che ci insegni a guardare la realtà senza filtri. Desideriamo, magari senza rendercene conto, una guida che indichi la strada: per di là. Senza spingerci: basta l’impulso e l’incoraggiamento. Il pensiero va a quella poesia che il vate americano Walt Whitman scrisse dopo l'assassinio del presidente Abramo Lincoln, e a lui dedicata. Gli stessi versi possiamo dedicare a tutti coloro che, da diversi nell'omologazione, la loro vita l’hanno dedicata per traghettare i loro simili verso un mondo migliore di quello rispetto al loro vivere contemporaneo. Il Merito: Valore disconosciuto ed osteggiato in vita, onorato ed osannato in morte.
Robin Williams è il professor Keating nel film L'attimo fuggente (1989)
Oh! Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto,
La nostra nave ha resistito ogni tempesta: abbiamo conseguito il premio desiderato.
Il porto è prossimo; odo le campane, il popolo tutto esulta.
Mentre gli occhi seguono la salda carena,
la nave austera e ardita.
Ma o cuore, cuore, cuore,
O stillanti gocce rosse
Dove sul ponte giace il mio Capitano.
Caduto freddo e morto.
O Capitano, mio Capitano, levati e ascolta le campane.
Levati, per te la bandiera sventola, squilla per te la tromba;
Per te mazzi e corone e nastri; per te le sponde si affollano;
Te acclamano le folle ondeggianti, volgendo i Walt Whitman (1819-1892) cupidi volti.
Qui Capitano, caro padre,
Questo mio braccio sotto la tua testa;
È un sogno che qui sopra il ponte
Tu giaccia freddo e morto.
Il mio Capitano tace: le sue labbra sono pallide e serrate;
Il mio padre non sente il mio braccio,
Non ha polso, né volontà;
La nave è ancorata sicura e ferma ed il ciclo del viaggio è compiuto.
Dal tremendo viaggio la nave vincitrice arriva col compito esaurito,
Esultino le sponde e suonino le campane!
Ma io con passo dolorante
Passeggio sul ponte, ove giace il mio Capitano caduto freddo e morto.
Antonio Giangrande. Un capitano necessario. Perché in Italia non si conosce la verità. Gli italiani si scannano per la politica, per il calcio, ma non sprecano un minuto per conoscere la verità. Interi reportage che raccontano l’Italia di oggi “salendo sulla cattedra” come avrebbe detto il professore Keating dell’attimo fuggente e come ha cercato di fare lo scrittore avetranese Antonio Giangrande.
Chi sa: scrive, fa, insegna.
Chi non sa: parla e decide.
Chissà perché la tv ed i giornali gossippari e colpevolisti si tengono lontani da Antonio Giangrande. Da quale pulpito vien la predica, dott. Antonio Giangrande?
Noi siamo quel che facciamo: quello che diciamo agli altri è tacciato di mitomania o pazzia. Quello che di noi gli altri dicono sono parole al vento, perche son denigratorie. Colpire la libertà o l’altrui reputazione inficia gli affetti e fa morir l’anima.
La calunnia è un venticello
un’auretta assai gentile
che insensibile sottile
leggermente dolcemente
incomincia a sussurrar.
Piano piano terra terra
sotto voce sibillando
va scorrendo, va ronzando,
nelle orecchie della gente
s’introduce destramente,
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo:
prende forza a poco a poco,
scorre già di loco in loco,
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta,
va fischiando, brontolando,
e ti fa d’orror gelar.
Alla fin trabocca, e scoppia,
si propaga si raddoppia
e produce un’esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale
che fa l’aria rimbombar.
E il meschino calunniato
avvilito, calpestato
sotto il pubblico flagello
per gran sorte va a crepar.
E’ senza dubbio una delle arie più famose (Atto I) dell’opera lirica Il Barbiere di Siviglia del 1816 di Gioacchino Rossini (musica) e di Cesare Sterbini (testo e libretto). E’ l’episodio in cui Don Basilio, losco maestro di musica di Rosina (protagonista femminile dell’opera e innamorata del Conte d’Almaviva), suggerisce a Don Bartolo (tutore innamorato della stessa Rosina) di screditare e di calunniare il Conte, infamandolo agli occhi dell’opinione pubblica. Il brano “La calunnia è un venticello…” è assolutamente attuale ed evidenzia molto bene ciò che avviene (si spera solo a volte) nella quotidianità di tutti noi: politica, lavoro, rapporti sociali, etc.
Alla fine di noi rimane il nostro operato, checché gli altri ne dicano. E quello bisogna giudicare. Nasco da una famiglia umile e povera. Una di quelle famiglie dove la sfortuna è di casa. Non puoi permetterti di studiare, né avere amici che contano. Per questo il povero è destinato a fare il manovale o il contadino. Mi sono ribellato e contro la sorte ho voluto studiare, per salire nel mondo non mio. Per 17 anni ho cercato di abilitarmi nell’avvocatura. Non mi hanno voluto. Il mondo di sotto mi tiene per i piedi; il mondo di sopra mi calca la testa. In un esame truccato come truccati sono tutti i concorsi pubblici in Italia: ti abilitano se non rompi le palle. Tutti uguali nella mediocrità. Dal 1998 ho partecipato all’esame forense annuale. Sempre bocciato. Ho rinunciato a proseguire nel 2014 con la commissione presieduta dall’avv. Francesco De Jaco. L’avvocato di Cosima Serrano condannata con la figlia Sabrina Misseri per il delitto di Sarah Scazzi avvenuto ad Avetrana. Tutte mie compaesane. La Commissione d’esame di avvocato di Lecce 2014. La più serena che io abbia trovato in tutti questi anni. Ho chiesto invano a De Jaco di tutelare me, dagli abusi in quell’esame, come tutti quelli come me che non hanno voce. Se per lui Cosima è innocente contro il sentire comune, indotti a pensarla così dai media e dai magistrati, perché non vale per me la verità che sia vittima di un sistema che mi vuol punire per essermi ribellato? Si nega l’evidenza. 1, 2, 3 anni, passi. 17 anni son troppi anche per il più deficiente dei candidati. Ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Compiti non corretti, ma ritenuti tali in tempi insufficienti e senza motivazione e con quote prestabilite di abilitati. Così per me, così per tutti. Gli avvocati abilitati negano l’evidenza. Logico: chi passa, non controlla. Ma 17 anni son troppi per credere alla casualità di essere uno sfigato, specialmente perché i nemici son noti, specie se sono nelle commissioni d’esame. In carcere o disoccupato. Tu puoi gridare a squarciagola le ingiustizie, ma nessuno ti ascolta, in un mondo di sordi. Nessuno ti crede. Fino a che non capiti a loro. E in questa Italia capita, eccome se capita! La tua verità contro la verità del potere. Un esempio da raccontare. Ai figli non bisogna chiedere cosa vogliono fare da grandi. Bisogna dir loro la verità. Chiedergli cosa vorrebbero che gli permettessero di fare da grandi. Sono nato in quelle famiglie che, se ti capita di incappare nelle maglie della giustizia, la galera te la fai, anche da innocente. A me non è successo di andare in galera, pur con reiterati tentativi vani da parte della magistratura di Taranto, ma sin dal caso Tortora ho capito che in questa Italia in fatto di giustizia qualcosa non va. Pensavo di essere di sinistra, perché la sinistra è garantismo, ma non mi ritrovo in un’area dove si tollerano gli abusi dei magistrati per garantirsi potere ed impunità. E di tutto questo bisogna tacere. A Taranto, tra i tanti processi farsa per tacitarmi sulle malefatte dei magistrati, uno si è chiuso, con sentenza del Tribunale n. 147/2014, con l’assoluzione perché il fatto non sussiste e per non doversi procedere. Bene: per lo stesso fatto si è riaperto un nuovo procedimento ed è stato emesso un decreto penale di condanna con decreto del Gip. n. 1090/2014: ossia una condanna senza processo. Tentativo stoppato dall’opposizione.
Zittirmi sia mai. Pur isolato e perseguitato. Gli italiani son questi. Ognuno dia la sua definizione. Certo è che gli italiani non mi leggono, mi leggono i forestieri. Mi leggeranno i posteri. Tutto regolare: lo ha detto la tv, lo dicono i giudici. Per me, invece, è tutto un trucco. In un mondo di ladri nessuno vien da Marte. Tutti uguali: giudicanti e giudicati. E’ da decenni che studio il sistema Italia, a carattere locale come a livello nazionale. Da queste indagini ne sono scaturiti decine di saggi, raccolti in una collana editoriale "L'Italia del Trucco, l'Italia che siamo", letti in tutto il mondo, ma che mi sono valsi l’ostruzionismo dei media nazionali. Pennivendoli venduti ai magistrati, all’economia ed alla politica, ma che non impediscono il fatto che di me si parli su 200.000 siti web, come accertato dai motori di ricerca. Book ed E-Book che si possono trovare su Amazon.it, Lulu.com. CreateSpace.com e Google Libri, oltre che in forma di lettura gratuita e free vision video su www.controtuttelemafie.it, mentre la promozione del territorio è su www.telewebitalia.eu.
Ha la preparazione professionale per poter dire la sua in questioni di giustizia?
Non sono un giornalista, ma a quanto pare sono l’unico a raccontare tutti i fatti. Non sono un avvocato ma mi diletto ad evidenziare le manchevolezze di un sistema giudiziario a se stante. La mia emigrazione in piena adolescenza in Germania a 16 anni per lavorare; la mia laurea quadriennale in Giurisprudenza presa in soli due anni all’Università Statale di Milano, lavorando di notte e con moglie e due figli da mantenere, dopo aver conseguito il diploma da ragioniere in un solo anno da privatista presso un Istituto tecnico Statale e non privato, per non sminuirne l’importanza, portando tutti i 5 anni di corso; tutto ciò mi ha reso immune da ogni condizionamento culturale od ambientale. I miei 6 anni di esercizio del patrocinio legale mi hanno fatto conoscere le macagne di un sistema che non è riuscito a corrompermi. Per questo dal 1998 al 2014 non mi hanno abilitato alla professione di avvocato in un esame di Stato, che come tutti i concorsi pubblici ho provato, con le mie ricerche ed i miei libri, essere tutti truccati. Non mi abilitano. Perché non sono uguale agli altri, non perché son meno capace. Non mi abilitano perché vedo, sento e parlo. Ecco perché posso parlare di cose giuridiche in modo di assoluta libertà, senza condizionamento corporativistico, anche a certezza di ritorsione. E’ tutta questione di coscienza.
E’ TUTTA QUESTIONE DI COSCIENZA.
A’ Cuscienza di Antonio de Curtis-Totò
La coscienza
Volevo sapere che cos'è questa coscienza
che spesso ho sentito nominare.
Voglio esserne a conoscenza,
spiegatemi, che cosa significa.
Ho chiesto ad un professore dell'università
il quale mi ha detto: Figlio mio, questa parola si usava, si,
ma tanto tempo fa.
Ora la coscienza si è disintegrata,
pochi sono rimasti quelli, che a questa parola erano attaccati,
vivendo con onore e dignità.
Adesso c'è l'assegno a vuoto, il peculato, la cambiale, queste cose qua.
Ladri, ce ne sono molti di tutti i tipi, il piccolo, il grande,
il gigante, quelli che sanno rubare.
Chi li denuncia a questi ?!? Chi si immischia in questa faccenda ?!?
Sono pezzi grossi, chi te lo fa fare.
L'olio lo fanno con il sapone di piazza, il burro fa rimettere,
la pasta, il pane, la carne, cose da pazzi, Si è aumentata la mortalità.
Le medicine poi, hanno ubriacato anche quelle,
se solo compri uno sciroppo, sei fortunato se continui a vivere.
E che vi posso dire di certe famiglie, che la pelle fanno accapponare,
mariti, mamme, sorelle, figlie fatemi stare zitto, non fatemi parlare.
Perciò questo maestro di scuola mi ha detto, questa conoscenza (della coscienza)
perchè la vuoi fare, nessuno la usa più questa parola,
adesso arrivi tu e la vuoi ripristinare.
Insomma tu vuoi andare contro corrente, ma questa pensata chi te l'ha fatta fare,
la gente di adesso solo così è contenta, senza coscienza,
vuole stentare a vivere. (Vol tirà a campà)
E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta….” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso….” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale.
Le vittime, vere o presunte, di soprusi, parlano solo di loro, inascoltati, pretendendo aiuto. Io da vittima non racconto di me e delle mie traversie. Ascoltato e seguito, parlo degli altri, vittime o carnefici, che l’aiuto cercato non lo concederanno mai. “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”. Aforisma di Bertolt Brecht. Bene. Tante verità soggettive e tante omertà son tasselli che la mente corrompono. Io le cerco, le filtro e nei miei libri compongo il puzzle, svelando l’immagine che dimostra la verità oggettiva censurata da interessi economici ed ideologie vetuste e criminali. Ha mai pensato, per un momento, che c’è qualcuno che da anni lavora indefessamente per farle sapere quello che non sa? E questo al di là della sua convinzione di sapere già tutto dalle sue fonti? Provi a leggere un e-book o un book di Antonio Giangrande. Scoprirà, cosa succede veramente nella sua regione o in riferimento alla sua professione. Cose che nessuno le dirà mai. Non troverà le cose ovvie contro la Mafia o Berlusconi o i complotti della domenica. Cose che servono solo a bacare la mente. Troverà quello che tutti sanno, o che provano sulla loro pelle, ma che nessuno ha il coraggio di raccontare. Può anche non leggere questi libri, frutto di anni di ricerca, ma nell’ignoranza imperante che impedisce l’evoluzione non potrà dire che la colpa è degli altri e che gli altri son tutti uguali. “Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull'animo del poveretto, quello che s'è raccontato”. Citazione di Alessandro Manzoni.
Rappresentare con verità storica, anche scomoda ai potenti di turno, la realtà contemporanea, rapportandola al passato e proiettandola al futuro. Per non reiterare vecchi errori. Perché la massa dimentica o non conosce. Denuncio i difetti e caldeggio i pregi italici. Perché non abbiamo orgoglio e dignità per migliorarci e perché non sappiamo apprezzare, tutelare e promuovere quello che abbiamo ereditato dai nostri avi. Insomma, siamo bravi a farci del male e qualcuno deve pur essere diverso!
Antonio Giangrande, perché è diverso dagli altri?
Perché lui spiega cosa è la legalità, gli altri non ne parlano, ma ne sparlano.
La legalità è un comportamento conforme alla legge ed ai regolamenti di attuazione e la sua applicazione necessaria dovrebbe avvenire secondo la comune Prassi legale di riferimento.
Legge e Prassi sono le due facce della stessa medaglia.
La Legge è votata ed emanata in nome del popolo sovrano. I Regolamenti di applicazione sono predisposti dagli alti Burocrati e già questo non va bene. La Prassi, poi, è l’applicazione della Legge negli Uffici Pubblici, nei Tribunali, ecc., da parte di un Sistema di Potere che tutela se stesso con usi e consuetudini consolidati. Sistema di Potere composto da Caste, Lobbies, Mafie e Massonerie.
Ecco perché vige il detto: La Legge si applica per i deboli e si interpreta per i forti.
La correlazione tra Legge e Prassi e come quella che c’è tra il Dire ed il Fare: c’è di mezzo il mare.
Parlare di legge, bene o male, ogni leguleio o azzeccagarbugli o burocrate o boiardo di Stato può farlo. Più difficile per loro parlar di Prassi generale, conoscendo loro signori solo la prassi particolare che loro coltivano per i propri interessi di privilegiati. Prassi che, però, stanno attenti a non svelare.
Ed è proprio la Prassi che fotte la Legge.
La giustizia che debba essere uguale per tutti parrebbe essere un principio che oggi consideriamo irrinunciabile, anche se non sempre pienamente concretizzabile nella pratica quotidiana. Spesso assistiamo a fenomeni di corruzione, all’applicazione della legge in modo diverso secondo i soggetti coinvolti. E l’la disfunzione è insita nella predisposizione umana.
Gli anni passano, nulla cambia ed è tutto tempo perso.
GLI ANNI PASSANO, NULLA CAMBIA ED E’ TUTTO TEMPO PERSO.
Devo dire, per onestà, che il mio calvario è iniziato nel momento in cui ho incominciato la mia pratica forense. A tal proposito, assistendo alle udienze durante la mia pratica assidua e veritiera, mi accorgevo che il numero dei Praticanti Avvocato presenti in aula non corrispondeva alla loro reale entità numerica, riportata presso il registro tenuto dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto. Mi accorsi, anche, che i praticanti, per l’opera prestata a favore del dominus, non ricevevano remunerazione, o ciò avveniva in nero, né per loro si pagavano i contributi. Chiesi conto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Taranto. Mi dissero “Fatti i fatti tuoi. Intanto facci vedere il libretto di pratica, che poi vediamo se diventi avvocato”. Controllarono il libretto, contestando la veridicità delle annotazioni e delle firme di controllo. Non basta. Nonostante il regolare pagamento dei bollettini di versamento di iscrizione, a mio carico venne attivata procedura di riscossione coattiva con cartella di pagamento, contro la quale ho presentato opposizione, poi vinta. Di fatto: con lor signori in Commissione di esame forense, non sono più diventato avvocato. A dar loro manforte, sempre nelle commissioni d’esame, vi erano e vi sono i magistrati che io ho denunciato per le loro malefatte.
Sessione d’esame d’avvocato 1998-1999. Presidente di Commissione, Avv. Antonio De Giorgi, Presidente Consiglio Ordine degli Avvocati di Lecce. Sono stato bocciato. A Lecce mi accorgo di alcune anomalie di legalità, tra cui il fatto che 6 Avetranesi su 6 vengono bocciati, me compreso, e che molti Commissari suggerivano ai candidati incapaci quanto scrivere nell’elaborato. Chi non suggeriva non impediva che gli altri lo facessero. Strano era, che compiti simili, copiati pedissequamente, erano valutati in modo difforme.
Sessione d’esame d’avvocato 1999-2000. Presidente di Commissione, Avv. Gaetano De Mauro, Principe del Foro di Lecce. Sono stato bocciato. A Lecce le anomalie aumentano. Sul Quotidiano di Lecce il Presidente della stessa Commissione d’esame dice che: “il numero degli avvocati è elevato e questa massa di avvocati è incompatibile con la realtà socio economica del Salento. Così nasce la concorrenza esasperata”. L’Avv. Pasquale Corleto nello stesso articolo aggiunge: “non basta studiare e qualificarsi, bisogna avere la fortuna di entrare in determinati circuiti, che per molti non sono accessibili”. L’abuso del potere della Lobby forense è confermato dall’Antitrust, che con provvedimento n. 5400, il 3 ottobre 1997 afferma: “ E' indubbio che, nel controllo dell'esercizio della professione, si sia pertanto venuto a determinare uno sbilanciamento tra lo Stato e gli Ordini e che ciò abbia potuto favorire la difesa di posizioni di rendita acquisite dai professionisti già presenti sul mercato.”
Sessione d’esame d’avvocato 2000-2001. Presidente di Commissione, Avv. Antonio De Giorgi, Presidente Consiglio Ordine degli Avvocati di Lecce. Sono stato bocciato. A Lecce le anomalie aumentano. La percentuale di idonei si diversifica: 1998, 60 %, 1999, 25 %, 2000, 49 %, 2001, 36 %. Mi accorgo che paga essere candidato proveniente dalla sede di esame, perché, raffrontando i dati per le province del distretto della Corte D’Appello, si denota altra anomalia: Lecce, sede d’esame, 187 idonei; Taranto 140 idonei; Brindisi 59 idonei. Non basta, le percentuali di idonei per ogni Corte D’Appello nazionale variano dal 10% del Centro-Nord al 99% di Catanzaro. L’esistenza degli abusi è nel difetto e nell’eccesso della percentuale. Il TAR Lombardia, con ordinanza n.617/00, applicabile per i compiti corretti da tutte le Commissioni d’esame, rileva che i compiti non si correggono per mancanza di tempo. Dai verbali risultano corretti in 3 minuti. Con esperimento giudiziale si accerta che occorrono 6 minuti solo per leggere l’elaborato. Il TAR di Lecce, eccezionalmente contro i suoi precedenti, ma conforme a pronunzie di altri TAR, con ordinanza 1394/00, su ricorso n. 200001275 di Stefania Maritati, decreta la sospensiva e accerta che i compiti non si correggono, perché sono mancanti di glosse o correzioni, e le valutazioni sono nulle, perché non motivate. In sede di esame si disattende la Direttiva CEE 48/89, recepita con D.Lgs.115/92, che obbliga ad accertare le conoscenze deontologiche e di valutare le attitudini e le capacità di esercizio della professione del candidato, garantendo così l'interesse pubblico con equità e giustizia. Stante questo sistema di favoritismi, la Corte Costituzionale afferma, con sentenza n. 5 del 1999: "Il legislatore può stabilire che in taluni casi si prescinda dall'esame di Stato, quando vi sia stata in altro modo una verifica di idoneità tecnica e sussistano apprezzabili ragioni che giustifichino l'eccezione". In quella situazione, presento denuncia penale contro la Commissione d’esame presso la Procura di Bari e alla Procura di Lecce, che la invia a Potenza. Inaspettatamente, pur con prove mastodontiche, le Procure di Potenza e Bari archiviano, senza perseguirmi per calunnia. Addirittura la Procura di Potenza non si è degnata di sentirmi.
Sessione d’esame d’avvocato 2001-2002. Presidente di Commissione, Avv. Antonio De Giorgi, Presidente Consiglio Ordine degli Avvocati di Lecce. Sono stato bocciato. A Lecce le anomalie aumentano. L’on. Luca Volontè, alla Camera, il 5 luglio 2001, presenta un progetto di legge, il n. 1202, in cui si dichiara formalmente che in Italia gli esami per diventare avvocato sono truccati. Secondo la sua relazione diventano avvocati non i capaci e i meritevoli, ma i raccomandati e i fortunati. Tutto mira alla limitazione della concorrenza a favore della Lobby. Addirittura c’è chi va in Spagna per diventare avvocato, per poi esercitare in Italia senza fare l’esame. A questo punto, presso la Procura di Taranto, presento denuncia penale contro la Commissione d’esame di Lecce con accluse varie fonti di prova. Così fanno altri candidati con decine di testimoni a dichiarare che i Commissari suggeriscono. Tutto lettera morta.
Sessione d’esame d’avvocato 2002-2003. Presidente di Commissione, Avv. Luigi Rella, Principe del Foro di Lecce. Ispettore Ministeriale, Giorgino. Sono stato bocciato. A Lecce le anomalie aumentano. Lo stesso Ministero della Giustizia, che indice gli esami di Avvocato, mi conferma che in Italia gli esami sono truccati. Non basta, il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, propone il decreto legge di modifica degli esami, attuando pedissequamente la volontà del Consiglio Nazionale Forense che, di fatto, sfiducia le Commissioni d’esame di tutta Italia. Gli Avvocati dubitano del loro stesso grado di correttezza, probità e legalità. In data 03/05/03, ad Arezzo si riunisce il Consiglio Nazionale Forense con i rappresentanti dei Consigli dell’Ordine locali e i rappresentanti delle associazioni Forensi. Decidono di cambiare perché si accorgono che in Italia i Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati abusano del loro potere per essere rieletti, chiedendo conto delle raccomandazioni elargite, e da qui la loro incompatibilità con la qualità di Commissario d’esame. In data 16/05/03, in Consiglio dei Ministri viene accolta la proposta di Castelli, che adotta la decisione del Consiglio Nazionale Forense. Ma in quella sede si decide, anche, di sbugiardare i Magistrati e i Professori Universitari, in qualità di Commissari d’esame, prevedendo l’incompatibilità della correzione del compito fatta dalla stessa Commissione d’esame. Con D.L. 112/03 si stabilisce che il compito verrà corretto da Commissione territorialmente diversa e i Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati non possono essere più Commissari. In Parlamento, in sede di conversione del D.L., si attua un dibattito acceso, riscontrabile negli atti parlamentari, dal quale scaturisce l’esistenza di un sistema concorsuale marcio ed illegale di accesso all’avvocatura. Il D.L. 112/03 è convertito nella Legge 180/03. I nuovi criteri prevedono l’esclusione punitiva dei Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati dalle Commissioni d’esame e la sfiducia nei Magistrati e i Professori Universitari per la correzione dei compiti. Però, acclamata istituzionalmente l’illegalità, si omette di perseguire per abuso d’ufficio tutti i Commissari d’esame. Non solo. Ad oggi continuano ad essere Commissari d’esame gli stessi Magistrati e i Professori Universitari, ma è allucinante che, nelle nuove Commissioni d’esame, fanno parte ex Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati, già collusi in questo stato di cose quando erano in carica. Se tutto questo non basta a dichiarare truccato l’esame dell’Avvocatura, il proseguo fa scadere il tutto in una illegale “farsa”. Il Ministero, alla prova di scritto di diritto penale, alla traccia n. 1, erroneamente chiede ai candidati cosa succede al Sindaco, che prima nega e poi rilascia una concessione edilizia ad un suo amico, sotto mentite spoglie di un’ordinanza. In tale sede i Commissari penalisti impreparati suggerivano in modo sbagliato. Solo io rilevavo che la traccia era errata, in quanto riferita a sentenze della Cassazione riconducibili a violazioni di legge non più in vigore. Si palesava l’ignoranza dell’art.107, D.Lgs. 267/00, Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali, in cui si dispongono le funzioni dei dirigenti, e l’ignoranza del D.P.R. 380/01, Testo Unico in materia edilizia. Da molti anni, con le varie Bassanini, sono entrate in vigore norme, in cui si prevede che è competente il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune a rilasciare o a negare le concessioni edilizie. Rilevavo che il Sindaco era incompetente. Rilevavo altresì che il Ministero dava per scontato il comportamento dei Pubblici Ufficiali omertosi, che lavorando con il Sindaco e conoscendo i fatti penalmente rilevanti, non li denunciavano alla Magistratura. Per non aver seguito i loro suggerimenti, i Commissari mi danno 15 (il minimo) al compito esatto, 30 (il massimo) agli altri 2 compiti. I candidati che hanno scritto i suggerimenti sbagliati, sono divenuti idonei. Durante la trasmissione “Diritto e Famiglia” di Studio 100, lo stesso Presidente dell’Ordine di Taranto, Egidio Albanese, ebbe a dire: “l’esame è blando, l’Avvocatura è un parcheggio per chi vuol far altro, diventa avvocato il fortunato, perché la fortuna aiuta gli audaci”. Si chiede copia del compito con la valutazione contestata. Si ottiene, dopo esborso di ingente denaro, per vederlo immacolato. Non contiene una correzione, né una motivazione alla valutazione data. Intanto, il Consiglio di Stato, VI sezione, con sentenza n.2331/03, non giustifica più l’abuso, indicando l’obbligatorietà della motivazione. Su queste basi di fatto e di diritto si presenta il ricorso al TAR. Il TAR, mi dice: “ dato che si disconosce il tutto, si rigetta l’istanza di sospensiva. Su queste basi vuole che si vada nel merito, per poi decidere sulle spese di giudizio?”
Sessione d’esame d’avvocato 2003-2004. Presidente di Commissione, Avv. Francesco Galluccio Mezio, Principe del Foro di Lecce. Sono stato bocciato. A Lecce le anomalie aumentano. I candidati continuano a copiare dai testi, dai telefonini, dai palmari, dai compiti passati dai Commissari. I candidati continuano ad essere aiutati dai suggerimenti dei Commissari. I nomi degli idonei circolano mesi prima dei risultati. I candidati leccesi, divenuti idonei, come sempre, sono la stragrande maggioranza rispetto ai brindisini e ai tarantini. Alla richiesta di visionare i compiti, senza estrarre copia, in segreteria, per ostacolarmi, non gli basta l’istanza orale, ma mi impongono la tangente della richiesta formale con perdita di tempo e onerose spese accessorie. Arrivano a minacciare la chiamata dei Carabinieri se non si fa come impongono loro, o si va via. Le anomalie di regolarità del Concorso Forense, avendo carattere generale, sono state oggetto della denuncia formale presentata presso le Procure Antimafia e presso tutti i Procuratori Generali delle Corti d’Appello e tutti i Procuratori Capo della Repubblica presso i Tribunali di tutta Italia. Si presenta l’esposto al Presidente del Consiglio e al Ministro della Giustizia, al Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia e Giustizia del Senato. La Gazzetta del Mezzogiorno, in data 25/05/04, pubblica la notizia che altri esposti sono stati presentati contro la Commissione d’esame di Lecce (vedi Michele D’Eredità). Tutto lettera morta.
Sessione d’esame d’avvocato 2004-2005. Tutto come prima. Presidente di Commissione, Avv. Marcello Marcuccio, Principe del Foro di Lecce. Sono stato bocciato. Durante le prove d’esame ci sono gli stessi suggerimenti e le stesse copiature. I pareri motivati della prova scritta avvenuta presso una Commissione d’esame vengono corretti da altre Commissioni. Quelli di Lecce sono corretti dalla Commissione d’esame di Torino, che da anni attua un maggiore sbarramento d’idoneità. Ergo: i candidati sanno in anticipo che saranno bocciati in numero maggiore a causa dell’illegale limitazione della concorrenza professionale. Presento l’ennesima denuncia presso la Procura di Potenza, la Procura di Bari, la Procura di Torino e la Procura di Milano, e presso i Procuratori Generali e Procuratori Capo di Lecce, Bari, Potenza e Taranto, perché tra le altre cose, mi accorgo che tutti i candidati provenienti da paesi amministrati da una parte politica, o aventi Parlamentari dello stesso colore, sono idonei in percentuale molto maggiore. Tutto lettera morta.
Sessione d’esame d’avvocato 2005-2006. Tutto come prima. Presidente di Commissione, Avv. Raffaele Dell’Anna. Principe del Foro di Lecce. Sono stato bocciato. Addirittura i Commissari dettavano gli elaborati ai candidati. Gente che copiava dai testi. Gente che copiava dai palmari. Le valutazioni delle 7 Sottocommissioni veneziane non sono state omogenee, se non addirittura contrastanti nei giudizi. Il Tar di Salerno, Ordinanza n.1474/2006, conforme al Tar di Lecce, Milano e Firenze, dice che l’esame forense è truccato. I Tar stabiliscono che i compiti non sono corretti perché non vi è stato tempo sufficiente, perché non vi sono correzioni, perché mancano le motivazioni ai giudizi, perché i giudizi sono contrastanti, anche in presenza di compiti copiati e non annullati. Si è presentata l’ulteriore denuncia a Trento e a Potenza. Tutto lettera morta.
Sessione d’esame d’avvocato 2006-2007. Tutto come prima. Presidente di Commissione, Avv. Giangaetano Caiaffa. Principe del Foro di Lecce. Presente l’Ispettore Ministeriale Vito Nanna. I posti a sedere, negli anni precedenti assegnati in ordine alfabetico, in tale sessione non lo sono più, tant’è che si sono predisposti illecitamente gruppi di ricerca collettiva. Nei giorni 12,13,14 dicembre, a dispetto dell’orario di convocazione delle ore 07.30, si sono letti i compiti rispettivamente alle ore 11.45, 10.45, 11.10. Molte ore dopo rispetto alle ore 09.00 delle altre Commissioni d’esame. Troppo tardi, giusto per agevolare la dettatura dei compiti tramite cellulari, in virtù della conoscenza sul web delle risposte ai quesiti posti. Commissione di correzione degli scritti è Palermo. Per ritorsione conseguente alle mie lotte contro i concorsi forensi truccati e lo sfruttamento dei praticanti, con omissione di retribuzione ed evasione fiscale e contributiva, dopo 9 anni di bocciature ritorsive all’esame forense e ottimi pareri resi, quest’anno mi danno 15, 15, 18 per i rispettivi elaborati, senza correzioni e motivazioni: è il minimo. Da dare solo a compiti nulli. La maggior parte degli idonei è leccese, in concomitanza con le elezioni amministrative, rispetto ai tarantini ed ai brindisini. Tramite le televisioni e i media nazionali si promuove un ricorso collettivo da presentare ai Tar di tutta Italia contro la oggettiva invalidità del sistema giudiziale rispetto alla totalità degli elaborati nel loro complesso: per mancanza, nelle Sottocommissioni di esame, di tutte le componenti professionali necessarie e, addirittura, del Presidente nominato dal Ministero della Giustizia; per giudizio con motivazione mancante, o illogica rispetto al quesito, o infondata per mancanza di glosse o correzioni, o incomprensibile al fine del rimedio alla reiterazione degli errori; giudizio contrastante a quello reso per elaborati simili; giudizio non conforme ai principi di correzione; giudizio eccessivamente severo; tempo di correzione insufficiente. Si presenta esposto penale contro le commissioni di Palermo, Lecce, Bari, Venezia, presso le Procure di Taranto, Lecce, Potenza, Palermo, Caltanissetta, Bari, Venezia, Trento. Il Pubblico Ministero di Palermo archivia immediatamente, iscrivendo il procedimento a carico di ignoti, pur essendoci chiaramente indicati i 5 nomi dei Commissari d’esame denunciati. I candidati di Lecce disertano in modo assoluto l’iniziativa del ricorso al Tar. Al contrario, in altre Corti di Appello vi è stata ampia adesione, che ha portato a verificare, comparando, modi e tempi del sistema di correzione. Il tutto a confermare le illegalità perpetrate, che rimangono impunite.
Sessione d’esame d’avvocato 2007-2008. Tutto come prima. Presidente di Commissione Avv. Massimo Fasano, Principe del Foro di Lecce. Addirittura uno scandalo nazionale ha sconvolto le prove scritte: le tracce degli elaborati erano sul web giorni prima rispetto alla loro lettura in sede di esame. Le risposte erano dettate da amici e parenti sul cellulare e sui palmari dei candidati. Circostanza da sempre esistita e denunciata dal sottoscritto nell’indifferenza generale. Questa volta non sono solo. Anche il Sottosegretario del Ministero dell’Interno, On. Alfredo Mantovano, ha presentato denuncia penale e una interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia, chiedendo la nullità della prova, così come è successo per fatto analogo a Bari, per i test di accesso alla Facoltà di Medicina. Anche per lui stesso risultato: insabbiamento dell’inchiesta.
Sessione d’esame d’avvocato 2008-2009. Tutto come prima. Presidente di Commissione Avv. Pietro Nicolardi, Principe del Foro di Lecce. E’ la undicesima volta che mi presento a rendere dei pareri legali. Pareri legali dettati ai candidati dagli stessi commissari o dai genitori sui palmari. Pareri resi su tracce già conosciute perché pubblicate su internet o perché le buste sono aperte ore dopo rispetto ad altre sedi, dando il tempo ai candidati di farsi passare il parere sui cellulari. Pareri di 5 o 6 pagine non letti e corretti, ma dichiarati tali in soli 3 minuti, nonostante vi fosse l’onere dell’apertura di 2 buste, della lettura, della correzione, del giudizio, della motivazione e della verbalizzazione. Il tutto fatto da commissioni illegittime, perché mancanti dei componenti necessari e da giudizi nulli, perché mancanti di glosse, correzioni e motivazioni. Il tutto fatto da commissioni che limitano l’accesso e da commissari abilitati alla professione con lo stesso sistema truccato. Da quanto emerge dal sistema concorsuale forense, vi è una certa similitudine con il sistema concorsuale notarile e quello giudiziario e quello accademico, così come le cronache del 2008 ci hanno informato. Certo è che se nulla hanno smosso le denunce del Ministro dell’Istruzione, Gelmini, lei di Brescia costretta a fare gli esami a Reggio Calabria, e del Sottosegretario al Ministero degli Interni, Mantovano, le denunce insabbiate dal sottoscritto contro i concorsi truccati, mi porteranno, per ritorsione, ad affrontare l’anno prossimo per la dodicesima volta l’esame forense, questa volta con mio figlio Mirko. Dopo essere stato bocciato allo scritto dell’esame forense per ben 11 volte, che ha causato la mia indigenza ho provato a visionare i compiti, per sapere quanto fossi inetto. Con mia meraviglia ho scoperto che il marcio non era in me. La commissione esaminatrice di Reggio Calabria era nulla, in quanto mancante di una componente necessaria. Erano 4 avvocati e un magistrato. Mancava la figura del professore universitario. Inoltre i 3 temi, perfetti in ortografia, sintassi e grammatica, risultavano visionati e corretti in soli 5 minuti, compresi i periodi di apertura di 6 buste e il tempo della consultazione, valutazione ed estensione del giudizio. Tempo ritenuto insufficiente da molti Tar. Per questi motivi, senza entrare nelle tante eccezioni da contestare nel giudizio, compresa la comparazione di compiti identici, valutati in modo difforme, si appalesava la nullità assoluta della decisione della commissione, già acclarata da precedenti giurisprudenziali. Per farmi patrocinare, ho provato a rivolgermi ad un principe del foro amministrativo di Lecce. Dal noto esponente politico non ho meritato risposta. Si è di sinistra solo se si deve avere, mai se si deve dare. L’istanza di accesso al gratuito patrocinio presentata personalmente, dopo settimane, viene rigettata. Per la Commissione di Lecce c’è indigenza, ma non c’è motivo per il ricorso!!! Nel processo amministrativo si rigettano le istanze di ammissione al gratuito patrocinio per il ricorso al Tar per mancanza di “fumus”: la commissione formata ai sensi della finanziaria 2007 (Governo Prodi) da 2 magistrati del Tar e da un avvocato, entra nel merito, adottando una sentenza preventiva senza contraddittorio, riservandosi termini che rasentano la decadenza per il ricorso al Tar.
Sessione d’esame d’avvocato 2009-2010. Tutto come prima. Presidente di Commissione Avv. Angelo Pallara, Principe del Foro di Lecce. Nella sua sessione, nonostante i candidati fossero meno della metà degli altri anni, non ci fu notifica postale dell’ammissione agli esami. E’ la dodicesima volta che mi presento. Questa volta con mio figlio Mirko. Quantunque nelle sessioni precedenti i miei compiti non fossero stati corretti e comunque giudicate da commissioni illegittime, contro le quali mi è stato impedito il ricorso al Tar. Le mie denunce penali presentate a Lecce, Potenza, Catanzaro, Reggio Calabria, e i miei esposti ministeriali: tutto lettera morta. Alle mie sollecitazioni il Governo mi ha risposto: hai ragione, provvederemo. Il provvedimento non è mai arrivato. Intanto il Ministro della Giustizia nomina ispettore ministeriale nazionale per questa sessione, come negli anni precedenti, l’avv. Antonio De Giorgi, già Presidente di commissione di esame di Lecce, per gli anni 1998-99, 2000-01, 2001-02, e ricoprente l’incarico di presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce. Insomma è tutta una presa in giro: costui con la riforma del 2003 è incompatibile a ricoprire l’incarico di presidente di sottocommissione, mentre, addirittura, viene nominato ispettore su un concorso che, quando lui era presidente, veniva considerato irregolare. Comunque è di Avetrana (TA) l’avvocato più giovane d’Italia. Il primato è stabilito sul regime dell’obbligo della doppia laurea. 25 anni. Mirko Giangrande, classe 1985. Carriera scolastica iniziata direttamente con la seconda elementare; con voto 10 a tutte le materie al quarto superiore salta il quinto ed affronta direttamente la maturità. Carriera universitaria nei tempi regolamentari: 3 anni per la laurea in scienze giuridiche; 2 anni per la laurea magistrale in giurisprudenza. Praticantato di due anni e superamento dell’esame scritto ed orale di abilitazione al primo colpo, senza l’ausilio degli inutili ed onerosi corsi pre esame organizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. Et Voilà, l’avvocato più giovane d’Italia. Cosa straordinaria: non tanto per la giovane età, ma per il fatto che sia avvenuta contro ogni previsione, tenuto conto che Mirko è figlio di Antonio Giangrande, noto antagonista della lobby forense e della casta giudiziaria ed accademica. Ma nulla si può contro gli abusi e le ritorsioni, nonostante che ogni anno in sede di esame tutti coloro che gli siedono vicino si abilitano con i suoi suggerimenti. Volontariato da educatore presso l’oratorio della parrocchia di Avetrana, e volontariato da assistente e consulente legale presso l’Associazione Contro Tutte le Mafie, con sede nazionale proprio ad Avetrana, fanno di Mirko Giangrande un esempio per tanti giovani, non solo avetranesi. Questo giustappunto per evidenziare una notizia positiva attinente Avetrana, in alternativa a quelle sottaciute ed alle tante negative collegate al caso di Sarah Scazzi. L’iscrizione all’Albo compiuta a novembre nonostante l’abilitazione sia avvenuta a settembre, alla cui domanda con allegati l’ufficio non rilascia mai ricevuta, è costata in tutto la bellezza di 650 euro tra versamenti e bolli. Ingenti spese ingiustificate a favore di caste-azienda, a cui non corrispondono degni ed utili servizi alle migliaia di iscritti. Oltretutto oneri non indifferenti per tutti i neo avvocati, che non hanno mai lavorato e hanno sopportato con sacrifici e privazioni ingenti spese per anni di studio. Consiglio dell’Ordine di Taranto che, come riportato dalla stampa sul caso Sarah Scazzi, apre un procedimento contro i suoi iscritti per sovraesposizione mediatica, accaparramento illecito di cliente e compravendita di atti ed interviste (Galoppa, Russo e Velletri) e nulla dice, invece, contro chi, avvocati e consulenti, si è macchiato delle stesse violazioni, ma che, venuto da lontano, pensa che Taranto e provincia sia terra di conquista professionale e tutto possa essere permesso. Figlio di famiglia indigente ed oppressa: il padre, Antonio Giangrande, perseguitato (abilitazione forense impedita da 12 anni; processi, senza condanna, di diffamazione a mezzo stampa per articoli mai scritti e di calunnia per denunce mai presentate in quanto proprio le denunce presentate sono regolarmente insabbiate; dibattimenti in cui il giudice è sempre ricusato per grave inimicizia perché denunciato). Perseguitato perché noto antagonista del sistema giudiziario e forense tarantino, in quanto combatte e rende note le ingiustizie e gli abusi in quel che viene definito “Il Foro dell’Ingiustizia”. (insabbiamenti; errori giudiziari noti: Morrone, Pedone, Sebai; magistrati inquisiti e arrestati). Perseguitato perché scrive e dice tutto quello che si tace.
Sessione d’esame d’avvocato 2010-2011. Tutto come prima. Presidente di Commissione, Avv. Maurizio Villani, Principe del Foro di Lecce. Compresa la transumanza di candidati da un'aula all'altra per fare gruppo. Presente anche il Presidente della Commissione Centrale Avv. Antonio De Giorgi, contestualmente componente del Consiglio Nazionale Forense, in rappresentanza istituzionale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del distretto della Corte di Appello di Lecce. Tutto verificabile dai siti web di riferimento. Dubbi e critica sui modi inopportuni di nomina. Testo del Decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112, recante modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense, è convertito in legge con le modificazioni coordinate con la legge di conversione 18 Luglio 2003, n. 180: “Art. 1-bis: ….5. Il Ministro della giustizia nomina per la commissione e per ogni sottocommissione il presidente e il vicepresidente tra i componenti avvocati. I supplenti intervengono nella commissione e nelle sottocommissioni in sostituzione di qualsiasi membro effettivo. 6. Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni sono designati dal Consiglio nazionale forense, su proposta congiunta dei consigli dell'ordine di ciascun distretto, assicurando la presenza in ogni sottocommissione, a rotazione annuale, di almeno un avvocato per ogni consiglio dell'ordine del distretto. Non possono essere designati avvocati che siano membri dei consigli dell'ordine…”. Antonio De Giorgi è un simbolo del vecchio sistema ante riforma, ampiamente criticato tanto da riformarlo a causa della “Mala Gestio” dei Consiglieri dell’Ordine in ambito della loro attività come Commissari d’esame. Infatti Antonio De Giorgi è stato a fasi alterne fino al 2003 Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce e contestualmente Presidente di sottocommissioni di esame di quel Distretto. Oggi ci ritroviamo ancora Antonio De Giorgi, non più come Presidente di sottocommissione, ma addirittura come presidente della Commissione centrale. La norma prevede, come membro di commissione e sottocommissione, la nomina di avvocati, ma non di consiglieri dell’Ordine. Come intendere la carica di consigliere nazionale forense indicato dal Consiglio dell’Ordine di Lecce, se non la sua estensione istituzionale e, quindi, la sua incompatibilità alla nomina di Commissario d’esame. E quantunque ciò non sia vietato dalla legge, per la ratio della norma e per il buon senso sembra inopportuno che, come presidente di Commissione centrale e/o sottocommissione periferica d’esame, sia nominato dal Ministro della Giustizia non un avvocato designato dal Consiglio Nazionale Forense su proposta dei Consigli dell'Ordine, ma addirittura un membro dello stesso Consiglio Nazionale Forense che li designa. Come è inopportuno che sia nominato chi sia l’espressione del Consiglio di appartenenza e comunque che sia l’eredità di un sistema osteggiato. Insomma, qui ci stanno prendendo in giro: si esce dalla porta e si entra dalla finestra. Cosa può pensare un candidato che si sente dire dai presidenti Villani e De Giorgi, siamo 240 mila e ci sono quest’anno 23 mila domande, quindi ci dobbiamo regolare? Cosa può pensare Antonio Giangrande, il quale ha denunciato negli anni le sottocommissioni comprese quelle presiedute da Antonio De Giorgi (sottocommissioni a cui ha partecipato come candidato per ben 13 anni e che lo hanno bocciato in modo strumentale), e poi si accorge che il De Giorgi, dopo la riforma è stato designato ispettore ministeriale, e poi, addirittura, è diventato presidente della Commissione centrale? Cosa può pensare Antonio Giangrande, quando verifica che Antonio De Giorgi, presidente anche delle sottocommissioni denunciate, successivamente ha avuto rapporti istituzionali con tutte le commissioni d’esame sorteggiate, competenti a correggere i compiti di Lecce e quindi anche del Giangrande? "A pensare male, spesso si azzecca..." disse Giulio Andreotti. Nel procedimento 1240/2011, in cui si sono presentati ben 8 motivi di nullità dei giudizi (come in allegato), il TAR rigetta il ricorso del presente istante, riferendosi alla sentenza della Corte Costituzionale, oltre ad addurre, pretestuosamente, motivazioni estranee ai punti contestati (come si riscontra nella comparazione tra le conclusioni e il dispositivo in allegato). Lo stesso TAR, invece, ha disposto la misura cautelare per un ricorso di altro candidato che contestava un solo motivo, (procedimento 746/2009). Addirittura con ordinanza 990/2010 accoglieva l’istanza cautelare entrando nel merito dell’elaborato. Ordinanza annullata dal Consiglio di Stato, sez. IV, 22 febbraio 2011, n. 595. TENUTO CONTO CHE IN ITALIA NON VI E' GIUSTIZIA SI E' PRESENTATO RICORSO ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI. Qui si rileva che la Corte di Cassazione, nonostante la fondatezza della pretesa, non ha disposto per motivi di Giustizia e di opportunità la rimessione dei processi dell’istante ai sensi dell’art. 45 ss. c.p.p.. Altresì qui si rileva che la Corte di Cassazione, sistematicamente, rigetta ogni istanza di rimessione da chiunque sia presentata e qualunque ne sia la motivazione. Inoltre qui si rileva che la Corte Costituzionale legittima per tutti i concorsi pubblici la violazione del principio della trasparenza. Trasparenza, da cui dedurre l’inosservanza delle norme sulla legalità, imparzialità ed efficienza.
Sessione d’esame d’avvocato 2011-2012. Tutto come prima. Spero che sia l'ultima volta. Presidente di Commissione, Avv. Nicola Stefanizzo, Principe del Foro di Lecce. Foro competente alla correzione: Salerno. Dal sito web della Corte d’Appello di Lecce si vengono a sapere le statistiche dell'anno 2011: Totale Candidati iscritti 1277 di cui Maschi 533 Femmine 744. Invece le statistiche dell'anno 2010: Totale Candidati inscritti 1161 di cui Maschi 471 Femmine 690. Ammessi all'orale 304; non Ammessi dalla Commissione di Palermo 857 (74%). Si è presentata denuncia penale a tutte le procure presso le Corti d'Appello contro le anomalie di nomina della Commissione centrale d'esame, oltre che contro la Commissione di Palermo, in quanto questa ha dichiarato falsamente come corretti i compiti del Dr Antonio Giangrande, dando un 25 senza motivazione agli elaborati non corretti. Contestualmente si è denunciato il Tar di Lecce che ha rigettato il ricorso indicanti molteplici punti di nullità al giudizio dato ai medesimi compiti. Oltretutto motivi sostenuti da corposa giurisprudenza. Invece lo stesso Tar ha ritenuto ammissibili le istanze di altri ricorsi analoghi, per giunta valutando il merito degli stessi elaborati. Antonio Giangrande, l’alfiere contro i concorsi truccati, che per gli ipocriti è un mitomane sfigato, presenta il conto. Anzi il rendiconto di un'Italia da schifo dove tutti si ergono a benpensanti e poi sono i primi a fottere la legge ed i loro conterranei. Un giudizio sull’operato di un certo giornalismo lo debbo proprio dare, tenuto conto che è noto il mio giudizio su un sistema di potere che tutela se stesso, indifferente ai cambiamenti sociali ed insofferente nei confronti di chi si ribella. Da anni sui miei siti web fornisco le prove su come si trucca un concorso pubblico, nella fattispecie quello di avvocato, e su come si paga dazio nel dimostrarlo. Nel tempo la tecnica truffaldina, di un concorso basato su regole di un millennio fa, si è affinata trovando sponda istituzionale. La Corte Costituzionale il 7 giugno 2011, con sentenza n. 175, dice: è ammesso il giudizio non motivato, basta il voto. Alla faccia della trasparenza e del buon andamento e della legalità. Insomma dove prima era possibile contestare ora non lo è più. D'altronde la Cassazione ammette: le commissioni sbagliano ed il Tar può sindacare i loro giudizi. Ad affermare l’importante principio di diritto sono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 8412, depositata il 28 maggio 2012. L’essere omertosi sulla cooptazione abilitativa di una professione od incarico, mafiosamente conforme al sistema, significa essere complici e quindi poco credibili agli occhi dei lettori e telespettatori, che, come dalla politica, si allontana sempre più da un certo modo di fare informazione. Il fatto che io non trovi solidarietà e sostegno in chi dovrebbe raccontare i fatti, mi lascia indifferente, ma non silente sul malaffare che si perpetra intorno a me ed è taciuto da chi dovrebbe raccontarlo. Premiale è il fatto che i miei scritti sono letti in tutto il mondo, così come i miei video, in centinaia di migliaia di volte al dì, a differenza di chi e censorio. Per questo è ignorato dal cittadino che ormai, in video o in testi, non trova nei suoi servizi giornalistici la verità, se non quella prona al potere. Dopo 15 anni, dal 1998 ancora una volta bocciato all’esame di avvocato ed ancora una volta a voler trovare sponda per denunciare una persecuzione. Non perché voglia solo denunciare l’esame truccato per l’abilitazione in avvocatura, di cui sono vittima, ma perché lo stesso esame sia uguale a quello della magistratura (con i codici commentati vietati, ma permessi ad alcuni), del notariato (tracce già svolte), dell’insegnamento accademico (cattedra da padre in figlio) e di tanti grandi e piccoli concorsi nazionali o locali. Tutti concorsi taroccati, così raccontati dalla cronaca divenuta storia. Per ultimo si è parlato del concorso dell’Agenzia delle Entrate (inizio dell’esame con ore di ritardo e con il compito già svolto) e del concorso dell’Avvocatura dello Stato (con i codici commentati vietati, ma permessi ad alcuni). A quest’ultimi candidati è andata anche peggio rispetto a me: violenza delle Forze dell’Ordine sui candidati che denunciavano l’imbroglio. Non che sia utile trovare una sponda che denunci quanto io sostengo con prove, tanto i miei rumors fanno boato a sè, ma si appalesa il fatto che vi è una certa disaffezione per quelle categorie che giornalmente ci offrono con la cronaca il peggio di sé: censura ed omertà. Per qualcuno forse è meglio che a me non sia permesso di diventare avvocato a cause delle mie denunce presentate a chi, magistrato, oltre che omissivo ad intervenire, è attivo nel procrastinare i concorsi truccati in qualità di commissari. Sia chiaro a tutti: essere uno dei 10mila magistrati, uno dei 200mila avvocati, uno dei mille parlamentari, uno dei tanti professori o giornalisti, non mi interessa più, per quello che è il loro valore reale, ma continuerò a partecipare al concorso forense per dimostrare dall’interno quanto sia insano. Chi mi vuol male, per ritorsione alle mie lotte, non mi fa diventare avvocato, ma vorrebbe portarmi all’insana esasperazione di Giovanni Vantaggiato, autore della bomba a Brindisi. Invece, questi mi hanno fatto diventare l’Antonio Giangrande: fiero di essere diverso! Antonio Giangrande che con le sue deflagrazioni di verità, rompe l’omertà mafiosa. L’appoggio per una denuncia pubblica non lo chiedo per me, che non ne ho bisogno, ma una certa corrente di pensiero bisogna pur attivarla, affinché l’esasperazione della gente non travolga i giornalisti, come sedicenti operatori dell’informazione, così come già avvenuto in altri campi. E gli operatori dell’informazione se non se ne sono accorti, i ragazzi di Brindisi sono stati lì a ricordarglielo. Si è visto la mafia dove non c’è e non la si indica dove è chiaro che si annida. Tutti gli altri intendono “Tutte le Mafie” come un insieme orizzontale di entità patologiche criminali territoriali (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita, ecc.). Io intendo “Tutte le Mafie” come un ordinamento criminale verticale di entità fisiologiche nazionali composte, partendo dal basso: dalle mafie (la manovalanza), dalle Lobbies, dalle Caste e dalle Massonerie (le menti). La Legalità è il comportamento umano conforme al dettato della legge nel compimento di un atto o di un fatto. Se l'abito non fa il monaco, e la cronaca ce lo insegna, nè toghe, nè divise, nè poteri istituzionali o mediatici hanno la legittimazione a dare insegnamenti e/o patenti di legalità. Lor signori non si devono permettere di selezionare secondo loro discrezione la società civile in buoni e cattivi ed ovviamente si devono astenere dall'inserirsi loro stessi tra i buoni. Perchè secondo questa cernita il cattivo è sempre il povero cittadino, che oltretutto con le esose tasse li mantiene. Non dimentichiamoci che non ci sono dio in terra e fino a quando saremo in democrazia, il potere è solo prerogativa del popolo. Quindi abolizione dei concorsi truccati e liberalizzazione delle professioni. Che sia il libero mercato a decidere chi merita di esercitare la professione in base alle capacità e non in virtù della paternità o delle amicizie. Un modo per poter vincere la nostra battaglia ed abolire ogni esame truccato di abilitazione, c'è! Essere in tanti a testimoniare il proprio dissenso. Ognuno di noi, facente parte dei perdenti, inviti altri ad aderire ad un movimento di protesta, affinchè possiamo essere migliaia e contare politicamente per affermare la nostra idea. Generalmente si è depressi e poco coraggiosi nell'affrontare l'esito negativo di un concorso pubblico. Se già sappiamo che è truccato, vuol dire che la bocciatura non è a noi addebitale. Cambiamo le cose, aggreghiamoci, contiamoci attraverso facebook. Se siamo in tanti saremo appetibili e qualcuno ci rappresenterà in Parlamento. Altrimenti ci rappresenteremo da soli. Facciamo diventare questo dissenso forte di migliaia di adesioni. Poi faremo dei convegni e poi delle manifestazioni. L'importante far sapere che il candidato perdente non sarà mai solo e potremo aspirare ad avere una nuova classe dirigente capace e competente.
Sessione d’esame d’avvocato 2012-2013. Tutto come prima. Presidente di Commissione, Avv. Francesco Flascassovitti, Principe del Foro di Lecce, il quale ha evitato la transumanza di candidati da un'aula all'altra per fare gruppo con una semplice soluzione: il posto assegnato. Ma ciò non ha evitato l’espulsione di chi è stato scoperto a copiare da fonti non autorizzate o da compiti stilati forse da qualche commissario, oppure smascherato perché scriveva il tema sotto dettatura da cellulare munito di auricolare. Peccato per loro che si son fatti beccare. Tutti copiavano, così come hanno fatto al loro esame gli stessi commissari che li hanno cacciati. Ed è inutile ogni tentativo di apparir puliti. Quattromila aspiranti avvocati si sono presentati alla Nuova Fiera di Roma per le prove scritte dell'esame di abilitazione forense 2012. I candidati si sono presentati all'ingresso del secondo padiglione della Fiera sin dalle prime ore del mattino, perchè a Roma c'è l'obbligo di consegnare i testi il giorno prima, per consentire alla commissione di controllare che nessuno nasconda appunti all'interno. A Lecce sono 1.341 i giovani (e non più giovani come me) laureati in Giurisprudenza. Foro competente alla correzione: Catania. Un esame di Stato che è diventato un concorso pubblico, dove chi vince, vince un bel niente. Intanto il mio ricorso, n. 1240/2011 presentato al Tar di Lecce il 25 luglio 2011 contro la valutazione insufficiente data alle prove scritte della sessione del 2010 adducente innumerevoli nullità, contenente, altresì, domanda di fissazione dell’udienza di trattazione, non ha prodotto alcun giudizio, tanto da farmi partecipare, nelle more ed in pendenza dell’esito del ricorso, a ben altre due sessioni successive, il cui esito è identico ai 15 anni precedenti: compiti puliti e senza motivazione, voti identici e procedura di correzione nulla in più punti. Per l’inerzia del Tar è stati costretti di presentare istanza di prelievo il 09/07/2012. Dall’udienza fissata e tenuta del 7 novembre 2012 non vi è stata alcuna notizia dell’esito dell’istanza, nonostante altri ricorsi analoghi presentati un anno dopo hanno avuto celere ed immediato esito positivo di accoglimento. Ormai l’esame lo si affronta non tanto per superarlo, in quanto dopo 15 anni non vi è più soddisfazione, dopo una vita rovinata non dai singoli commissari, avvocati o magistrati o professori universitari, che magari sono anche ignari su come funziona il sistema, ma dopo una vita rovinata da un intero sistema mafioso, che si dipinge invece, falsamente, probo e corretto, ma lo si affronta per rendere una testimonianza ai posteri ed al mondo. Per raccontare, insomma, una realtà sottaciuta ed impunita. A Lecce sarebbero solo 440 su 1258 i compiti ritenuti validi. Questo il responso della Commissione di Catania, presieduta dall’Avvocato Antonio Vitale, addetta alla correzione degli elaborati. Più di cento scritti finiscono sul tavolo della Procura della Repubblica con l’accusa di plagio, per poi, magari, scoprire che è tutta una bufala. Copioni a parte, sarebbe, comunque, il 65% a non superare l’esame: troppi per definirli asini, tenuto conto che, per esperienza personale, so che alla fase di correzione non si dedicano oltre i 5 minuti, rispetto ai 15/20 minuti occorrenti. Troppo pochi per esprimere giudizi fondati. Da 20 anni denuncio che in Italia agli esami tutti si copia ed adesso scoprono l’acqua calda. E copiano tutti. Si ricordi il “Vergogna, Vergogna” all’esame per magistrato o il “Buffoni, Buffoni” all’esame di notaio, o le intemperanze agli esami per l’avvocatura di Stato o la prova annullata per l’esame di notaio nel 2010 o di magistrato nel 1992. Sarebbe il colmo dei paradossi se tra quei 100 ci fosse il mio nome. A parlar di sé e delle proprie disgrazie in prima persona, oltre a non destare l’interesse di alcuno pur nelle tue stesse condizioni, può farti passare per mitomane o pazzo. Non sto qui a promuovermi, tanto chi mi conosce sa cosa faccio anche per l’Italia e per la sua città. Non si può, però, tacere la verità storica che ci circonda, stravolta da verità menzognere mediatiche e giudiziarie. Ad ogni elezione legislativa ci troviamo a dover scegliere tra: il partito dei condoni; il partito della CGIL; il partito dei giudici. Io da anni non vado a votare perché non mi rappresentano i nominati in Parlamento. A questo punto mi devono spiegare cosa centra, per esempio, la siciliana Anna Finocchiaro con la Puglia e con Taranto in particolare. Oltretutto mi disgustano le malefatte dei nominati. Un esempio per tutti, anche se i media lo hanno sottaciuto. La riforma forense, approvata con Legge 31 dicembre 2012, n. 247, tra gli ultimi interventi legislativi consegnatici frettolosamente dal Parlamento prima di cessare di fare danni. I nonni avvocati in Parlamento (compresi i comunisti) hanno partorito, in previsione di un loro roseo futuro, una contro riforma fatta a posta contro i giovani. Ai fascisti che hanno dato vita al primo Ordinamento forense (R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 - Ordinamento della professione di avvocato e di procuratore convertito con la legge 22 gennaio 1934 n.36) questa contro riforma reazionaria gli fa un baffo. Trattasi di una “riforma”, scritta come al solito negligentemente, che non viene in alcun modo incontro ed anzi penalizza in modo significativo i giovani. Da venti anni inascoltato denuncio il malaffare di avvocati e magistrati ed il loro malsano accesso alla professione. Cosa ho ottenuto a denunciare i trucchi per superare l’esame? Insabbiamento delle denunce e attivazione di processi per diffamazione e calunnia, chiusi, però, con assoluzione piena. Intanto ti intimoriscono. Ed anche la giustizia amministrativa si adegua. A parlar delle loro malefatte i giudici amministrativi te la fanno pagare. Presento l’oneroso ricorso al Tar di Lecce (ma poteva essere qualsiasi altro Tribunale Amministrativo Regionale) per contestare l’esito negativo dei miei compiti all’esame di avvocato: COMMISSIONE NAZIONALE D'ESAME PRESIEDUTA DA CHI NON POTEVA RICOPRIRE L'INCARICO, COMMISSARI (COMMISSIONE COMPOSTA DA MAGISTRATI, AVVOCATI E PROFESSORI UNIVERSITARI) DENUNCIATI CHE GIUDICANO IL DENUNCIANTE E TEMI SCRITTI NON CORRETTI, MA DA 15 ANNI SONO DICHIARATI TALI. Ricorso, n. 1240/2011 presentato al Tar di Lecce il 25 luglio 2011 contro il voto numerico insufficiente (25,25,25) dato alle prove scritte di oltre 4 pagine cadaune della sessione del 2010 adducente innumerevoli nullità, contenente, altresì, domanda di fissazione dell’udienza di trattazione. Tale ricorso non ha prodotto alcun giudizio nei tempi stabiliti, salvo se non il diniego immediato ad una istanza cautelare di sospensione, tanto da farmi partecipare, nelle more ed in pendenza dell’esito definitivo del ricorso, a ben altre due sessioni successive, i cui risultati sono stati identici ai temi dei 15 anni precedenti (25,25,25): compiti puliti e senza motivazione, voti identici e procedura di correzione nulla in più punti. Per l’inerzia del Tar si è stati costretti a presentare istanza di prelievo il 09/07/2012. Inspiegabilmente nei mesi successivi all’udienza fissata e tenuta del 7 novembre 2012 non vi è stata alcuna notizia dell’esito dell’istanza, nonostante altri ricorsi analoghi presentati un anno dopo hanno avuto celere ed immediato esito positivo di accoglimento. Eccetto qualcuno che non poteva essere accolto, tra i quali i ricorsi dell'avv. Carlo Panzuti e dell'avv. Angelo Vantaggiato in cui si contestava il giudizio negativo reso ad un elaborato striminzito di appena una pagina e mezza. Solo in data 7 febbraio 2013 si depositava sentenza per una decisione presa già in camera di consiglio della stessa udienza del 7 novembre 2012. Una sentenza già scritta, però, ben prima delle date indicate, in quanto in tale camera di consiglio (dopo aver tenuto anche regolare udienza pubblica con decine di istanze) i magistrati avrebbero letto e corretto (a loro dire) i 3 compiti allegati (più di 4 pagine per tema), valutato e studiato le molteplici questioni giuridiche presentate a supporto del ricorso. I magistrati amministrativi potranno dire che a loro insindacabile giudizio il mio ricorso va rigettato, ma devono spiegare non a me, ma a chi in loro pone fiducia, perché un ricorso presentato il 25 luglio 2011, deciso il 7 novembre 2012, viene notificato il 7 febbraio 2013? Un'attenzione non indifferente e particolare e con un risultato certo e prevedibile, se si tiene conto che proprio il presidente del Tar era da considerare incompatibile perchè è stato denunciato dal sottoscritto e perché le sue azioni erano oggetto di inchiesta video e testuale da parte dello stesso ricorrente? Le gesta del presidente del Tar sono state riportate da Antonio Giangrande, con citazione della fonte, nella pagina d'inchiesta attinente la città di Lecce. Come per dire: chi la fa, l'aspetti?
Sessione d’esame d’avvocato 2013-2014. Tutto come prima. Presidente di Commissione, Avv. Luigi Covella, Principe del Foro di Lecce. Presidente coscienzioso e preparato. Compiti come sempre uguali perché la soluzione la forniva il commissario, il compagno di banco od i testi non autorizzati. Naturalmente anche in questa sessione un altro tassello si aggiunge ad inficiare la credibilità dell’esame forense. "La S.V. ha superato le prove scritte e dovrà sostenere le prove orali dinanzi alla Sottocommissione". "Rileviamo che sono state erroneamente immesse nel sistema le comunicazioni relative all’esito delle prove scritte e le convocazioni per le prove orali". Due documenti, il secondo contraddice e annulla il primo (che è stato un errore), sono stati inviati dalla Corte di Appello di Lecce ad alcuni partecipanti alla prova d’esame per diventare avvocato della tornata 2013, sostenuta nel dicembre scorso. Agli esami di avvocato della Corte di Appello di Lecce hanno partecipato circa mille praticanti avvocati e gli elaborati sono stati inviati per la correzione alla Corte di Appello di Palermo. (commissari da me denunciati per concorsi truccati già in precedente sessione). L’errore ha provocato polemiche e critiche sul web da parte dei candidati. La vicenda sembra avere il sapore di una beffa travestita da caos burocratico, ma non solo. Che in mezzo agli idonei ci siano coloro che non debbano passare e al contrario tra gli scartati ci siano quelli da far passare? E lì vi è un dubbio che assale i malpensanti. Alle 17 del 19 giugno nella posta di alcuni candidati (nell’Intranet della Corte di Appello) è arrivata una comunicazione su carta intestata della stessa Corte di Appello, firmata dal presidente della commissione, avvocato Luigi Covella, con la quale si informava di aver superato "le prove scritte" fissando anche le date nelle quali sostenere le prove orali, con la prima e la seconda convocazione. Tre ore dopo, sul sito ufficiale corteappellolecce.it, la smentita con una breve nota. "Rileviamo – è scritto – che sono state erroneamente immesse nel sistema le comunicazioni relative all’esito delle prove scritte e le convocazioni per le prove orali. Le predette comunicazioni e convocazioni non hanno valore legale in quanto gli esiti delle prove scritte non sono stati ancora pubblicati in forma ufficiale. Gli esiti ufficiali saranno resi pubblici a conclusione delle operazioni di inserimento dei dati nel sistema, attualmente ancora in corso". Sui forum animati dai candidati sul web è scoppiata la protesta e in tanti si sono indignati. "Vergogna", scrive Rosella su mininterno.net. "Quello che sta accadendo non ha precedenti. Mi manca soltanto sapere di essere stato vittima di uno scherzo!", puntualizza Pier. Un candidato che si firma Sicomor: "un classico in Italia... divertirsi sulla sorte della povera gente! poveri noi!". Un altro utente attacca: "Si parano il c... da cosa? L’anno scorso i risultati uscirono il venerdì sera sul profilo personale e poi il sabato mattina col file pdf sul sito pubblico della Corte! La verità è che navighiamo in un mare di poca professionalità e con serietà pari a zero!". Frank aggiunge: "Ma come è possibile una cosa simile stiamo parlando di un concorso!". Il pomeriggio di lunedì 23 giugno 2014 sono stati pubblicati i nomi degli idonei all’orale. Quelli “giusti”, questa volta. E dire che trattasi della Commissione d’esame di Palermo da me denunciata e della commissione di Lecce, da me denunciata. Che consorteria tra toghe forensi e giudiziarie. Sono 465 i candidati ammessi alla prova orale presso la Corte di Appello di Lecce. E' quanto si apprende dalla comunicazione 21 giugno 2013 pubblicata sul sito della Corte di Appello di Lecce. Il totale dei partecipanti era di 1.258 unità: la percentuale degli ammessi risulta pertanto pari al 36,96%. Una percentuale da impedimento all’accesso. Percentuale propria delle commissioni d’esame di avvocato nordiste e non dell’insulare Palermo. Proprio Palermo. Il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Termini Imerese, in primo grado fu condannato a 10 mesi. L’accusa: truccò il concorso per avvocati. Non fu sospeso. Da “La Repubblica” di Palermo del 10/01/2001: Parla il giovane aspirante avvocato, che ha portato con sé una piccola telecamera per filmare “palesi irregolarità”. «Ho le prove nel mio video del concorso truccato. Ho un’altra cassetta con sette minuti di immagini, che parlano da sole. Oggi sarò sentito dal magistrato. A lui racconterò tutto ciò che ho visto. La giornata di un concorsista, aspirante avvocato, comincia alle quattro e mezza del mattino. Alle sei devi esser in prima fila. Ed è quello il momento in cui capisci come vanno le cose. Tutti lo sanno, ma nessuno ne parla». I.D.B., 38 anni, ha voluto rompere il silenzio. Nei giorni dell’esame scritto per l’abilitazione forense si è portato dietro una piccola telecamera e ha documentato quelle che lui chiama “palesi irregolarità”. E’ stato bloccato dai commissari e la cassetta con le immagini è stata sequestrata. Ma lui non si perde d’animo: «in fondo io cerco solo la verità». Intanto, I.D.B. rompe il silenzio con “La Repubblica” perché dice «è importante cercare un movimento d’opinione attorno a questa vicenda ». E ha già ricevuto la solidarietà dell’associazione Nazionale Praticanti ed avvocati. «Vorrei dire – racconta – delle sensazioni che ho provato tutte le volte che ho fatto questo esame. Sensazioni di impotenza per quello che senti intorno. Ed è il segreto di Pulcinella. Eccone uno: basta comunicare la prima frase del compito a chi di dovere. Io ho chiesto i temi che avevo fatto nelle sessioni precedenti: non c’era una correzione, una motivazione, solo un voto». Il primo giorno degli esami scritti il giovane si è guardato intorno. L’indomani era già dietro la telecamera: «Ho filmato circa sette minuti, in lungo ed in largo nel padiglione 20 della Fiera del Mediterraneo, dove c’erano più di novecento candidati. A casa ho rivisto più volte il filmato e ho deciso che avrei dovuto documentare ancora. Così è stato. Il secondo filmato, quello sequestrato, dura più del primo. A un certo punto una collega si è accorta di me e ha chiamato uno dei commissari. Non ho avuto alcun problema, ho consegnato la cassetta. E sin dal primo momento ho detto: Mi sono accorto di alcune irregolarità e ho documentato. Allora mi hanno fatto accomodare in una stanza. E insistevano: perché l’ha fatto?. Tornavo a parlare delle irregolarità. Poi mi chiedevano chi le avesse fatte. Lo avrei detto al presidente della commissione, in disparte. Davanti a tutti, no!» Il giovane si dice stupito per il clamore suscitato dal suo gesto: «Non dovrebbe essere questo a sorprendere, ho avuto solo un po’ più di coraggio degli altri». Ma cosa c’è in quelle videocassette? L’aspirante avvocato non vuole dire di più, fa cenno ad un commissario sorpreso in atteggiamenti confidenziali con alcuni candidati: «Francamente non capisco perché non siano stati presi provvedimenti per il concorso. Quei capannelli che ho ripreso sono davvero troppo da tollerare. Altro che piccoli suggerimenti!».
Sessione d’esame d’avvocato 2014-2015. Tutto come prima. Presidente di Commissione, Avv. Francesco De Jaco, Principe del Foro di Lecce. Presidente coscienzioso e preparato. Compiti come sempre uguali perché la soluzione la forniva il commissario, il compagno di banco od i testi non autorizzati. Sede di Corte d’appello sorteggiata per la correzione è Brescia. Mi tocca, non come il ministro Gelmini che da Brescia ha scelto Reggio Calabria, dopo ben 12 anni dalla laurea conseguita a Milano. In quei mesi di tormenti a cavallo tra il 2000 e il 2001 Mariastella Gelmini si trova dunque a scegliere tra fare l’esame a Brescia o scendere giù in Calabria, spiegherà a Flavia Amabile: «La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l'esame per ottenere l'abilitazione alla professione». Quindi? «La sensazione era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l'esame. Per gli altri, nulla. C'era una logica di casta, per fortuna poi modificata perché il sistema è stato completamente rivisto». E così, «insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l'esame a Reggio Calabria». I risultati della sessione del 2000, del resto, erano incoraggianti. Nonostante lo scoppio dello scandalo, nel capoluogo calabrese c'era stato il primato italiano di ammessi agli orali: 93,4%. Il triplo che nella Brescia della Gelmini (31,7) o a Milano (28,1), il quadruplo che ad Ancona. Idonei finali: 87% degli iscritti iniziali. Contro il 28% di Brescia, il 23,1% di Milano, il 17% di Firenze. Totale: 806 idonei. Cinque volte e mezzo quelli di Brescia: 144. Quanti Marche, Umbria, Basilicata, Trentino, Abruzzo, Sardegna e Friuli Venezia Giulia messi insieme. Insomma, la tentazione era forte. Spiega il ministro dell'Istruzione: «Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi». Del resto, aggiunge, lei ha «una lunga consuetudine con il Sud. Una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento». Certo, è a quasi cinquecento chilometri da Reggio. Ma sempre Mezzogiorno è. E l'esame? Com'è stato l'esame? «Assolutamente regolare». Non severissimo, diciamo, neppure in quella sessione. Quasi 57% di ammessi agli orali. Il doppio che a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Dietro soltanto la solita Catanzaro, Caltanissetta, Salerno. Così facevan tutti, dice Mariastella Gelmini. Io dal 1998 ho partecipato all’esame forense annuale. Sempre bocciato. Ho rinunciato a proseguire nel 2014 con la commissione presieduta dall’avv. Francesco De Jaco. L’avvocato di Cosima Serrano condannata con la figlia Sabrina Misseri per il delitto di Sarah Scazzi. Tutte mie compaesane. La Commissione d’esame di avvocato di Lecce 2014. La più serena che io abbia trovato in tutti questi anni. Ho chiesto invano a lui di tutelare me, dagli abusi in quell’esame, come tutti quelli come me che non hanno voce. Se per lui Cosima è innocente contro il sentire comune, indotti a pensarla così dai media e dai magistrati, perché non vale per me la verità che sia vittima di un sistema che mi vuol punire per essermi ribellato? Si nega l’evidenza. 1, 2, 3 anni, passi. 17 anni son troppi anche per il più deficiente dei candidati. Ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Compiti non corretti, ma ritenuti tali in tempi insufficienti e senza motivazione e con quote prestabilite di abilitati. Così per me, così per tutti. Gli avvocati abilitati negano l’evidenza. Logico: chi passa, non controlla. Ma 17 anni son troppi per credere alla casualità di essere uno sfigato, specialmente perché i nemici son noti, specie se sono nelle commissioni d’esame. A Bari avrebbero tentato di agevolare la prova d'esame di cinque aspiranti avvocati ma sono stati bloccati e denunciati dai Carabinieri, scrive “La Gazzetta del Mezzogiorno”. È accaduto nella Fiera del Levante di Bari dove è in corso da tre giorni l'esame di abilitazione professionale degli avvocati baresi. In circa 1500 hanno sostenuto le prove scritte in questi giorni ma oggi, ultimo giorno degli scritti, i Carabinieri sono intervenuti intercettando una busta contenente i compiti diretti a cinque candidati. Un dipendente della Corte di Appello, con il compito di sorvegliante nei tre giorni di prova, avrebbe consegnato ad una funzionaria dell'Università la busta con le tracce. Lei, dopo alcune ore, gli avrebbe restituito la busta con all'interno i compiti corretti e un biglietto con i cinque nomi a cui consegnare i temi. Proprio nel momento del passaggio sono intervenuti i Carabinieri, che pedinavano la donna fin dal primo giorno, dopo aver ricevuto una segnalazione. Sequestrata la busta i militari hanno condotto i due in caserma per interrogarli. Al momento sono indagati a piede libero per la violazione della legge n. 475 del 1925 sugli esami di abilitazione professionali, che prevede la condanna da tre mesi a un anno di reclusione per chi copia. Le indagini dei Carabinieri, coordinate dal pm Eugenia Pontassuglia, verificheranno nei prossimi giorni la posizione dei cinque aspiranti avvocati destinatari delle tracce e quella di altre persone eventualmente coinvolte nella vicenda. Inoltre tre aspiranti avvocatesse (una è figlia di due magistrati), sono entrate nell’aula tirandosi dietro il telefono cellulare che durante la prova hanno cercato di utilizzare dopo essersi rifugiate in bagno. Quando si sono rese conto che sarebbero state scoperte, sono tornate in aula. Pochi minuti dopo il presidente della commissione d’esame ha comunicato il ritrovamento in bagno dei due apparecchi ma solo una delle due candidate si è fatta avanti, subito espulsa. L’altra è rimasta in silenzio ma è stata identifica. Esame per avvocati, la banda della truffa: coinvolti tre legali e due dirigenti pubblici. Blitz dei carabinieri nella sede della Finanza. E la potente funzionaria di Giurisprudenza sviene, scrive Gabriella De Matteis e Giuliana Foschini su “La Repubblica”. Un ponte telefonico con l'esterno. Tre avvocati pronti a scrivere i compiti. Un gancio per portare il tutto all'interno. Sei candidati pronti a consegnare. Era tutto pronto. Anzi era tutto fatto. Ma qualcosa è andato storto: quando la banda dell'"esame da avvocato" credeva che tutto fosse andato per il verso giusto, sono arrivati i carabinieri del reparto investigativo a fare saltare il banco. E a regalare l'ennesimo scandalo concorsuale a Bari. E' successo tutto mercoledì 17 dicembre 2014 pomeriggio all'esterno dei padiglioni della Guardia di finanza dove stava andando in scena la prova scritta per l'esame da avvocato. Mille e cinquecento all'incirca i partecipanti, divisi in ordine alfabetico. Commissione e steward per evitare passaggi di compiti o copiature varie. Apparentemente nulla di strano. Apparentemente appunto. Perché non appena vengono aperte le buste e lette le tracce si comincia a muovere il Sistema scoperto dai carabinieri. Qualcuno dall'interno le comunica a Tina Laquale, potente dirigente amministrativo della facoltà di Giurisprudenza di Bari. E' lei a girarle, almeno questo hanno ricostruito i Carabinieri, a tre avvocati che avevano il compito di redigere il parere di civile e di penale e di scrivere l'atto. Con i compiti in mano la Laquale si è presentata all'esterno dei padiglioni. All'interno c'era un altro componente del gruppo, Giacomo Santamaria, cancelliere della Corte d'Appello che aveva il compito di fare arrivare i compiti ai sei candidati che all'interno li aspettavano. Compiti che sarebbero poi stati consegnati alla commissione e via. Ma qui qualcosa è andato storto. Sono arrivati infatti i carabinieri che hanno bloccato tutto. Laquale è svenuta, mentre a lei e a tutte quante le altre persone venivano sequestrati documenti e soprattutto supporti informatici, telefoni in primis, che verranno analizzati in queste ore. Gli investigatori devono infatti verificare se, come sembra, il sistema fosse da tempo organizzato e rodato, se ci fosse un corrispettivo di denaro e la vastità del fenomeno. Ieri si è tenuta la convalida del sequestro davanti al sostituto procuratore, Eugenia Pontassuglia. Ma com'è chiaro l'indagine è appena cominciata. Per il momento viene contestata la truffa e la violazione di una vecchia legge del 1925 secondo la cui "chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l'abilitazione all'insegnamento ed all'esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, è punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non può essere inferiore a sei mesi qualora l'intento sia conseguito". È molto probabile infatti che l'esame venga invalidato per tutti. Certo è facile prendersela con i poveri cristi. Le macagne nelle segrete stanze delle commissioni di esame, in cui ci sono i magistrati, nessuno va ad indagare: perché per i concorsi truccati nessuno va in galera. Concorsi, i figli di papà vincono facile: "E noi, figli di nessuno, restiamo fuori". L’inchiesta sul dottorato vinto dal figlio del rettore della Sapienza nonostante l'uso del bianchetto ha raccolto centinaia di commenti e condivisioni. E ora siamo noi a chiedervi di raccontarci la vostra storia di candidati meritevoli ma senza parenti eccellenti. Ecco le prime due lettere arrivate, scrive Emiliano Fittipaldi su “L’Espresso”. A chi figli, e a chi figliastri: è questa la legge morale che impera in Italia, il Paese della discriminazione e delle corporazioni. Dove va avanti chi nasce privilegiato, mentre chi non vanta conoscenze e relazioni rischia, quasi sempre, di arrivare ultimo. Alla Sapienza di Roma l’assioma è spesso confermato: sono decine i parenti di professori eminenti assunti nei dipartimenti, con intere famiglie (su tutte quella dell’ex rettore Luigi Frati) salite in cattedra. A volte con merito, altre meno. La nostra inchiesta sullo strano concorso di dottorato vinto dal rampollo del nuovo magnifico Eugenio Gaudio, al tempo preside di Medicina, ha fatto scalpore: la storia del compito “sbianchettato” (qualsiasi segno di riconoscimento è vietato) e la notizia del singolare intervento dei legali dell’università (hanno chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato, che ha invitato la Sapienza a “perdonare” il candidato ) hanno fatto il giro del web. Il pezzo è stato condiviso decine di migliaia di volte, con centinaia di commenti (piuttosto severi) di ex studenti e docenti dell’ateneo romano. Tra le decine di lettere arrivate in redazione, due sono metafora perfetta di come la sorte possa essere diversa a seconda del cognome che si porta. Livia Pancotto, 28 anni, laureata in Economia con 110 e lode, spiega che la storia del pargolo di Gaudio le ha fatto «montare dentro una rabbia tale da farmi scrivere» poche, infuriate righe. «Nel 2012, dopo la laurea, decisi di partecipare al concorso per il dottorato in Management, Banking and Commodity Sciences, sempre alla Sapienza», scrive in una lettera a “l’Espresso”. «Dopo aver superato sia l’esame scritto che l’orale ricevetti la buona notizia: ero stata ammessa, sia pure senza borsa». Dopo un mese, però, la mazzata. «Vengo a sapere dal professore che il mio concorso è stato annullato, visto che durante lo scritto ho utilizzato il bianchetto. Come nel caso del figlio del rettore Gaudio, nessuno aveva specificato, prima dell’inizio del compito, che il bando prevedesse che si potesse usare solo una penna nera». Se per il rampollo dell’amico che prenderà il suo posto il rettore Frati mobiliterà i suoi uffici legali, la Pancotto viene silurata subito, senza pietà. Oggi la giovane economista vive in Galles, dove ha vinto un dottorato con borsa all’università di Bangor. Anche la vicenda di Federico Conte, ora tesoriere dell’Ordine degli psicologi del Lazio, è paradossale. Dopo aver completato in un solo anno gli esami della laurea specialistica nel 2009, la Sapienza tentò di impedire la discussione della sua tesi. «Mi arrivò un telegramma a firma di Frati, dove mi veniva comunicato l’avvio di una “procedura annullamento esami”: il magnifico non era d’accordo nel farmi laureare in anticipo, ed era intenzionato a farmi sostenere gli esami una seconda volta». Conte domandò all’ateneo di chiedere un parere all’Avvocatura, ma senza successo. Il giovane psicologo fu costretto a ricorrere al Tar, che gli diede ragione permettendogli di laurearsi. «Leggendo la vostra inchiesta ho la percezione di un’evidente diversità di trattamento rispetto al figlio del rettore. Provo un certo disgusto nel constatare come le nostre istituzioni siano così attente e garantiste con chi sbianchetta, mentre si accaniscano su chi fa il proprio dovere». Magari pure più velocemente degli altri. Ma tant’è. Nel paese dove i figli “so’ piezz’ e core”, la meritocrazia e l’uguaglianza restano una chimera. Anche nelle università, luogo dove - per antonomasia - l’eccellenza e il rigore dovrebbero essere di casa. Se poi l’Esame di Avvocato lo passi, ti obbligano a lasciare. Giovani avvocati contro la Cassa Forense. Con la campagna "'Io non pago e non mi cancello". I giuristi più giovani in rivolta sui social network per la regola dei minimi obbligatori, che impone contributi previdenziali intorno ai 4 mila euro annui alla cassa indipendentemente dal reddito. Così c'è chi paga più di quello che guadagna. E chi non paga si deve cancellare dall'Albo, venendo escluso dalla categoria, scrive Antonio Sciotto su “L’Espresso”. Chi pensa ancora che la professione di avvocato sia garantita e ben retribuita dia in questi giorni uno sguardo attento ai social network. Twitter e Facebook da qualche giorno sono inondati da 'selfie' che raccontano tutta un'altra storia. "Io non pago e io non mi cancello" è lo slogan scelto dai giovani legali per la loro rivolta contro i colleghi più anziani e in particolare contro la regola dei "minimi obbligatori", che impone di pagare i contributi previdenziali alla Cassa forense in modo del tutto slegato dal reddito. Molti spiegano che la cifra minima richiesta – intorno ai 4 mila euro annui - è pari o a volte anche superiore ai propri redditi. E visto che se non riesci a saldare, devi cancellarti non solo dalla Cassa, ma anche dall'albo professionale. Il risultato è che ad esercitare alla fine restano tendenzialmente i più ricchi, mentre chi fa fatica ad arrivare a fine mese viene di fatto espulso dalla categoria. E' vero che per i primi 8 anni è prevista una buona agevolazione per chi guadagna sotto i 10 mila euro l'anno, ma al pari le prestazioni vengono drasticamente ridotte. Per capirci: è come se l'Inps chiedesse a un operaio e a un dirigente una stessa soglia minima di contributi annui, non calcolata in percentuale ai loro redditi. Mettiamo 5 mila euro uguali per tutti: salvo poi imporre la cancellazione dall'ente a chi non riesce a saldare. "Dovrei salassarmi oggi per ricevere un'elemosina domani – protesta Antonio Maria - mentre i vecchi tromboni ottantenni si godono le loro pensioni d'oro, non pagate, conquistate avendo versato tutta la vita lavorativa (ed erano altri tempi) il 10 per cento ed imponendo a me di pagare il 14 per cento". "Il regime dei cosiddetti minimi è vergognoso – aggiunge Rosario - Pretendere che si paghi 'a prescindere' del proprio reddito è una bestemmia giuridica. Basta furti generazionali. Basta falsità". Uno dei selfie addirittura viene da un reparto di emodialisi, a testimoniare la scarsa copertura sanitaria assicurata ai giovani professionisti. La protesta si è diffusa a partire dal blog dell'Mga - Mobilitazione generale avvocati , ha un gruppo facebook pubblico dove è possibile postare i selfie, mentre su Twitter naviga sull'onda dell'hashtag #iononmicancello. La battaglia contro le casse previdenziali non è nuova, se consideriamo gli avvocati una parte del più vasto mondo delle partite Iva e degli autonomi: già da tempo Acta, associazione dei freelance, ha lanciato la campagna #dicano33, contro il progressivo aumento dei contributi Inps dal 27 per cento al 33 per cento, imposto dalla legge per portarli al livello dei lavoratori dipendenti. Il regime dei minimi obbligatori della Cassa forense non solo darebbe luogo a una vera e propria "discriminazione generazionale", ma secondo molti giovani avvocati sarebbe anche incostituzionale, come spiega efficacemente Davide Mura nel suo blog: "E' palesemente in contrasto con l'articolo 53 della Costituzione, che sancisce il principio della progressività contributiva. Ma si viola anche l'articolo 3, quello sull'uguaglianza davanti alla legge, perché le condizioni cambiano a seconda se stai sopra o sotto i 10 mila euro di reddito annui". La soluzione? Secondo l'Mga sarebbe quella di eliminare l'obbligo dei minimi e passare al sistema contributivo, come è per tutti gli altri lavoratori. Vietando possibilmente agli avvocati già in pensione di poter continuare a esercitare. Un modo insomma per far sì che i "tromboni" lascino spazio ai più giovani.
Perchè i diversi sono emarginati?
LETTERA AL DIRETTORE ED ALLA REDAZIONE. PERCHE’ I DIVERSI SONO EMARGINATI E PERSEGUITATI ??
Sig. Direttore, mi rivolgo a lei ed alla sua redazione.
1 web tv nazionale fatta da centinaia di web tv locali con servizio gratuito di pubblicazione dei filmati per gli aderenti, in cui ogni paese o città si presenta al mondo per incentivare sviluppo economico e sociale per battere l’illegalità: eventi rappresentativi, attività di enti pubblici ed associazioni, aziende, video denunce;
5 siti web associativi, con centinaia di contatti al giorno, in cui si riportano, in modo analitico ed imparziale, per argomento e per territorio, le illegalità impunite e sottaciute, affinché non si ignori o non si dimentichi;
5 siti blog di agenzie stampa a cui accedono centinaia di giornalisti per i loro articoli;
2 social network, in cui è inibita la partecipazione a chiunque usi lo strumento a fini di propaganda politica o diffamatoria;
1 libro denuncia di inchiesta sociologica, sunto dei siti web, richiesto da tante biblioteche comunali e scolastiche.
Tutto ciò non basta per avere visibilità, notorietà e sostegno.
Oscurati dai media, pur essendo un sodalizio nazionale, perché non faziosi e non asserviti alla magistratura ed a questa politica di destra, di centro, di sinistra. Per i giornalisti è meglio il gossip o la faziosità, ovvero leggere le veline giudiziarie e dare la parola ai soliti “parrucconi”.
Ridotti alla fame e all’emarginazione. Decine di processi pretestuosi e ritorsivi a carico per reati di diffamazione a mezzo stampa, sol perché si riporta quanto pubblicato da altre fonti note e credibili. Per il potere devi subire e devi tacere.
Penso di fare la mia parte per cambiare la nostra Italia, ma l’Italia, si lamenta, ma non vuol essere cambiata.
Per questo ci ritroviamo da soli a portare avanti una battaglia di civiltà.
Oggi, impotenti, elemosinando visibilità e solidarietà dalle vittime del sistema, possiamo solo riportare ai posteri una realtà ed una verità che non devono essere dimenticate.
Comunque, noi siamo orgogliosi di essere diversi in una omologazione imperante, dove ognuno è clone di un modello istituzionale destinato all’estinzione.
L’Italia è un caos organizzato, dove la giustizia, si prevede, sia amministrata solo in nome del popolo, ma si omette di legiferare, affinché essa sia amministrata anche per conto ed interesse dei cittadini.
L'Italia dove mai nulla cambia e, semmai succedesse, cambia solo in peggio.
Gli anormali non siamo noi, ma lo è chi accetta tutto ciò, con codardia tacendo.
Grazie dell’attenzione.
Cosa vorrei?
Vorrei una Costituzione, architrave di poche leggi essenziali, civili e penali, che come fondamento costitutivo avesse il principio assoluto ed imprescindibile della Libertà e come obiettivo per i suoi cittadini avesse il raggiungimento di felicità e contentezza. Vivere come in una favola: liberi, felici e contenti. Insomma, permettere ai propri cittadini di fare quel che cazzo gli pare sulla propria persona e sulla propria proprietà, senza, però, dare fastidio agli altri, di cui si risponderebbe con pene certe. E per il bene comune vorrei da cittadino poter nominare direttamente governanti, amministratori e giudici, i quali, per il loro operato, rispondano per se stessi e per i propri collaboratori, da loro stessi nominati. Niente più concorsi truccati…, insomma, ma merito! E per il bene comune sarei contento di contribuire con prelievo diretto dal mio conto, secondo quanto stabilito in modo proporzionale dal mio reddito conosciuto al Fisco e da questi rendicontatomi il suo impiego.
Invece...
L'influsso (negativo) di chi vuole dominare l'altro. Ci sono persone che sembrano dare energia. Altre, invece, sembra che la tolgano, scrive Francesco Alberoni, Domenica 01/07/2018, su "Il Giornale".
Ci sono persone che sembrano darti energia, che ti arricchiscono.
Altre, invece, sembra che te la prendano, te la succhino come dei vampiri. Dopo un colloquio con loro ti senti svuotato, affaticato, insoddisfatto. Che cosa fanno per produrre su di noi un tale effetto? Alcune ci parlano dei loro malanni, dei loro bisogni e lo fanno in modo tale che tu ti senti ingiustamente privilegiato ed è come se avessi un debito verso di loro.
C'è un secondo tipo di persone che ti sfibra, perché trasforma ogni incontro in un duello. Non appena aprite bocca sostengono la tesi contraria, vi sfidano, vi provocano. Lo fanno perché vogliono mostrare la loro capacità dialettica ma soprattutto per mettersi in evidenza davanti agli altri. Se gli date retta, vi logorano discutendo su cose che non vi interessano.
Ci sono poi quelli che fanno di tutto per farvi sentire ignoranti. Qualunque tesi voi sosteniate, anche l'idea più brillante e ragionevole ecco costoro che arrivano citando una ricerca americana che dice il contrario. Magari qualcosa che hanno letto in un rotocalco, ma tanto basta per rovinare il vostro discorso. Ricordo invece il caso di un mio collega che, per abitudine, nella conversazione, faceva solo domande. All'inizio gli raccontavo le mie ricerche, gli fornivo i dati, gli mostravo i grafici, le tabelle, mi sgolavo e lui, dopo avere ascoltato, faceva subito un'altra domanda su un particolare secondario. E io giù a spiegare di nuovo e lui, alla fine, un'altra domanda...
Abbiamo poi quelli che, quando vi incontrano, vi riferiscono sempre qualche cosa di spiacevole che la gente ha detto su di voi: mai un elogio, mai un apprezzamento, solo critiche, solo pettegolezzi negativi. E, infine, i pessimisti che quando esponete loro un progetto a cui tenete molto, vi mostrano i punti deboli, vi fanno ogni sorta di obiezioni, vi fanno capire che sarà un fallimento. Voi lo difendete ma loro insistono e, alla fine, restate sempre con dei dubbi. Un istante prima eravate pieno di slancio, ottimista, entusiasta e ora siete come un cane bastonato. Cosa hanno in comune tutti questi tipi umani? La volontà di competere, di affermarsi, di dominare, di opprimere.
Gli amici su facebook: Averne migliaia che ti ignorano o averne pochi, ma veri e sinceri?
Un antico detto dice: Chi trova un amico, ha trovato un tesoro. Oggi, nel tempo delle contraffazioni tutti voglion diventare ricchi. Succede, quindi, nel mondo virtuale dei social network che si hanno amici di cui si detesta e si contesta ogni post pubblicato, o che distribuiscono pillole di idiozie, specie quelli distinti ideologicamente da destra come da sinistra, passando dai 5stellati, o che ignorano quello che sei o che fai, se non addirittura ti detestano o travisano ogni tua opinione e, per sminuirti, non condividono i tuoi post, ma pubblicizzano il prodotto dei tuoi concorrenti. Amici, meglio perderli che trovarli, ma ce li si tiene comunque per far numero. Spesso gli stessi amici virtuali, per strada ti incontrano e non ti salutano. Io, di mio non ho mai chiesto l’amicizia a nessuno in un mondo omologato, ma ai miei amici faceboocchiani, che hanno chiesto ed ottenuto la mia amicizia, do il beneficio della verifica di solidità e sincerità ed attuo il controllo della strumentalità della loro richiesta. Al termine dell’anno amicale li cancello. Se rinnovano la richiesta di amicizia, chiedendomi il perché, si palese il loro interesse ad avermi come amico. Ergo: a quel punto ho trovato un tesoro.
Avevo migliaia di amici FB, la maggior parte di sinistra. Quelli che coltivano odio, non proposte. Li ho cancellati. Non capiscono che chi attenta alla libertà di stampa sono proprio i giornalisti. Parlare sempre di Berlusconi, significa tacere i problemi reali e l'incapacità di risposta di Governo ed opposizione. Nessuno si è scandalizzato per Carlo Vulpio, Incriminato dai PM e cacciato dal suo giornale.
Art. 21 della Costituzione: diritto di manifestare il proprio pensiero. Diritto di critica e di cronaca; diritto di informare ed essere informati. C'è qualcuno che crede, invece, che sia diritto al villipendio e alla diffamazione, nascondendosi dietro l'anonimato. Più io cerco di cancellare questi pseudo amici infiltrati per fare propaganda politica, più loro si moltiplicano.
Io non capisco chi critica o ignora la condivisione di una mia opera nel diario della mia pagina e nel gruppo di cui sono fondatore ed amministratore.
Quando si parla di mafia ognuno pensa che basti proferire il nome e di colpo saperne tutto di essa.
La mafia è una coltura che rigoglisce in una apposita cultura. Io studio la cultura per conoscere meglio la coltura. Quell’aspetto della cultura che nessuno fa conoscere.
Mi presento. Dr Antonio Giangrande. Scrittore (scrivo saggi letti in tutto il mondo e studiati come testi in tesi universitarie). Sociologo storico (studio i comportamenti umani correlati tra loro rispetto a tempo, spazio e tema), Giurista (competenza legislativa e verifica anche sull’operato dei magistrati). Blogger e Youtuber (uso di tutti i sistemi contemporanei tecnologici per divulgare le mie opere e promuovere i territori. Chi fa parte della mia cerchia di amici o iscritti ai miei canali youtube lo fa per essere aggiornato). Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ONLUS (inserito nel sistema dell’antimafia per conoscere e per sapere. Ma sono quel tipo di antimafia che sta dalla parte del torto, perchè i posti della parte della ragione son tutti occupati). Assolutamente Libero (non foraggiato o promosso da alcuno).
Se si pensa che nei miei post io promuova me stesso e non si capisce il senso dell’oggetto in promozione, vuol dire che, in mala fede o per ignoranza, si guarda il dito e non si attenziona la luna.
Non ho bisogno di promuovermi attraverso i miei post. Basta digitare il mio nome sui motori di ricerca e compariranno 200.000 siti web che parlano di me. Ogni giorno 10.000 lettori aprono un mio libro e leggono gratuitamente su “Google Libri” centinaia di migliaia di pagine. Altrettanti sono gli utenti che vedono i miei video ogni giorno.
Dopo Twitter e Linkedin, Facebook è il più fallimentare dei miei canali di divulgazione. Lì la gente parla, ma non ascolta, né impara. I miei amici sono pochi e selezionati e dopo un anno sono cancellati. Li seguo e mi seguono. Imparano da me ed io imparo da loro. I veri amici, dopo essere stati cancellati, richiedono l’amicizia con ostinazione. I veri amici sostengono e perdonano…
Sono presuntuoso ed arrogante? No! Sono diverso? Sì e ne sono orgoglioso.
Per il fatto di essere conosciuto ed apprezzato, pur non potendo risolvere alcun problema, sono destinatario di tantissime storie e preghiere d’aiuto e richieste di consigli. Queste storie mi rendono conoscitore e sapiente. Queste storie mi fanno conoscere tutte le mafie. Se un’opera da me prodotta, è da me promossa per essere conosciuta, è per far capire che tutte le storie sono collegate tra loro: tutto è frutto del sistema marcio.
Ma c’è sempre chi è, per egocentrismo o per ignoranza, refrattario alla verità. Come si dice, non c’è più sordo di chi non vuol sentire.
Chi chiede la mia amicizia è perché ha letto quello che io ho scritto per esempio sulla sua regione o città, oppure sulla sua professione o stato sociale, o addirittura ha letto il suo nome perché io disinteressatamente mi sono interessato alla sua storia e ho raccontato quello che, fino ad allora, non si era detto.
Quello della biografia fatta da Giangrande è cosa che ambiscono in tanti, troppi…fino a creare astio quando l’ambizione non si realizza.
Comunque, per chi non mi conosce: piacere, sono Antonio Giangrande.
Se qualcuno si è accorto di aver sbagliato persona può togliermi l’amicizia da subito, senza aspettare la naturale scadenza dell’anno.
Sui post che i miei cosiddetti amici di facebook pubblicano vedo citazioni e condivisioni di ogni risma ed argomento. Non si fa mai cenno a note o citazioni di frasi o periodi tratti dai miei libri. Nonostante vi sia attinenza. A questi amici chiedo: avete mai letto un mio libro, o almeno scorso i titoli dei capitoli, per capire di cosa si tratti, nonostante lo si possa fare gratuitamente su Google libri?
E se non avete mai letto un mio libro o guardato un mio video, perché avete chiesto la mia amicizia?
Ritorsioni e Persecuzione.
Vorrei comunicare agli amici che il 19 aprile 2016 ed il 19 maggio 2016, in due distinti procedimenti penali contro il sottoscritto promossi da un sostituto procuratore presso il Tribunale di Taranto, il primo, e da un giudice monocratico, il secondo, il Tribunale di Potenza mi ha assolto. Processato per aver pubblicato fatti di ingiustizia a Taranto e per aver ricusato un giudice che voleva giudicarmi a Taranto in tre processi pur da me denunciato. Processi promossi da avvocati e periti la cui condotta è stata da me criticata. Assoluzioni a Potenza che si assommano a quelle decine su Taranto. Manco fossi Riina o Berlusconi. Ma questo non fa notizia, perché non sono comunista. Mica sono Saviano. Decine di processi per reati di opinione a mio carico è il costo di essere Liberi, ossia non amico di “Libera” e di questa antimafia, non amico dei magistrati che delinquono, non amico dei politici corrotti. Se fossi diverso, forse, sarei amico dei giornalisti…
Cultura, informazione e Società. A proposito di Wikipedia, l’enciclopedia censoria.
Wikipedia, secondo la presentazione contenuta sulla sua home page web, è un’enciclopedia online, collaborativa e gratuita. Disponibile in 280 lingue, Wikipedia affronta sia gli argomenti tipici delle enciclopedie tradizionali sia quelli presenti in almanacchi, dizionari geografici e pubblicazioni specialistiche. Wikipedia, a suo dire, è liberamente modificabile: chiunque può contribuire alle voci esistenti o crearne di nuove. Ogni contenuto è pubblicato sotto licenza Creative Commons CC BY-SA e può pertanto essere copiato e riutilizzato adottando la medesima licenza. La comunità di Wikipedia in lingua italiana è composta da 771.190 utenti registrati, dei quali 8.511 hanno contribuito con almeno una modifica nell’ultimo mese e 105 hanno un ruolo di servizio. Gli utenti costituiscono una comunità collaborativa, in cui tutti i membri, grazie anche ai progetti tematici e ai rispettivi luoghi di discussione, coordinano i propri sforzi nella redazione delle voci. Quello che non si dice di Wikipedia, però, è che, pur lagnandosi essa stessa del pericolo della censura, i suoi utenti con ruolo di servizio svolgono proprio un’attività censoria. Non tutti i contenuti inseriti, nuovi o di rettifica, sono pubblicati sulla cosiddetta enciclopedia libera. Wikipedia ha una serie di regole e di linee guida per la pubblicazione, ma poi ti accorgi che sono puri accorgimenti per censurare contenuti e personaggi non aggradi all’utente di turno con mansioni di servizio. Censura dovuta ad ignoranza o mala fede. Un esempio: provate a cercare Antonio Giangrande, o i suoi 40 libri, o Associazione Contro Tutte le Mafie. Non troverete nessuna pagina a loro dedicata, e si potrebbe capire non reputandoli degni di attenzione, ma non troverete anche alcun riferimento a contenuti attinenti ed esistenti ed inclusi in altre pagine. Per esempio, alla voce mafia tra le associazioni antimafia non vi è l’Associazione Contro Tutte le Mafie. Addirittura hanno tolto il riferimento bibliografico al libro con il titolo “Sarah Scazzi, il delitto di Avetrana. Il resoconto di un Avetranese”, scritto da Antonio Giangrande e da tempo inserito alla pagina “Il Delitto di Avetrana”. Ognuno, comunque, può verificare da sé con i propri contenuti. Alla fine ti accorgi che, mancando alcune opere, fatti, personaggi o contenuti nuovi o di rettifica, dovuti al fatto perché vi è impedimento al loro inserimento, Wikipedia proprio un’enciclopedia libera non è.
Censura video
INVITO ALL’APPROFONDIMENTO: LA RAI, YOUTUBE E LA CENSURA.
Può la Rai, servizio pubblico di un’azienda di Stato, finanziata con il canone e le tasse dei cittadini, vantare diritti esclusivi di diritto d'autore su fatti di cronaca ed impedire la divulgazione di notizie di interesse pubblico e violare le norme internazionali del fair use o del fair dealing ai sensi delle leggi vigenti sul copyright?
Tutto inizia e finisce con una E-mail.
Venerdì 18/05/2018 19:40 da YouTube <accounts-noreply@youtube.com> ad ANTONIO GIANGRANDE <presidente@ingiustizia.info>: [Avviso di rimozione per violazione del copyright] Il tuo account YouTube verrà disattivato tra 7 giorni.
Salve ANTONIO GIANGRANDE, In seguito a una richiesta di rimozione per violazione del copyright siamo stati costretti a rimuovere il tuo video da YouTube: Titolo del video: Sarah Scazzi. Il processo. 1ª parte. La scomparsa.
Rimozione richiesta da: RAI. Questo significa che non sarà più possibile riprodurre il video su YouTube. Hai ricevuto un avvertimento sul copyright. Al momento hai 3 avvertimenti sul copyright. Per questo motivo, è prevista la disattivazione del tuo account tra 7 giorni. Il tuo canale rimarrà pubblicato per i prossimi 7 giorni per consentirti di cercare una soluzione e mantenerlo attivo. Se ritieni di non essere in torto in uno o più casi sopra descritti, puoi fare ricorso inviando una contronotifica. Durante l'elaborazione della contronotifica, il tuo account non verrà disattivato. Tieni presente che l'invio di una contronotifica con informazioni false può comportare gravi conseguenze legali. Puoi inoltre contattare l'utente che ha rimosso il tuo video e chiedergli di ritirare la richiesta di rimozione. Durante questo periodo, non potrai caricare nuovi video e gli avvertimenti sul tuo account non scadranno.
Risposta: Il mio utilizzo dei contenuti soddisfa i requisiti legali del fair use o del fair dealing ai sensi delle leggi vigenti sul copyright. Le norme nazionali ed internazionali mi permettono di fare copie singole di parti di opere per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. Infatti sono autore del libro che racconta della vicenda. A tal fine posso assemblarle o per fare una rassegna stampa. In ogni caso le immagini sono di utilizzo pubblico così come stabilito dal tribunale di Taranto in virtù del decreto dell’autorizzazione esclusiva alle telecamere di “Un Giorno in Pretura” con obbligo di condividere i filmati con gli altri media. Su questo filmato altre rivendicazioni analoghe sono state ritirate in seguito alla stessa contestazione. E comunque, stante che il filmato è già stato rimosso da youtube, si chiede alla signoria vostra di ritirare l’avvertimento, affinchè l’intero canale “Antonio Giangrande” con 387 video di Pubblico Interesse non venga disattivato.
Insomma non si presenta la contronotifica, per minaccia di azioni legali del colosso Rai e si genuflette per un diritto.
Ma Youtube non si ferma qua. Già, sul portale di informazione ed approfondimento in oggetto, pagava solo 1 decimo di tutti i video di cui si era chiesto la monetizzazione. E non solo a quel portale.
California, a sparare una youtuber: «Era arrabbiata perché la società le aveva sospeso i pagamenti». Il padre della donna che ha aperto il fuoco, Nasim Aghdam: «Odiava la società». Aghdam, 39 anni scriveva: «Non c'è libertà di parola», scrive Marta Serafini il 4 aprile 2018 su "Il Corriere della Sera". Era arrabbiata perché «YouTube aveva smesso di pagarla per i video che pubblicava sulla piattaforma». Gli investigatori scavano nel passato di Nasim Aghdam, 39 anni, attivista vegana e animalista residente a San Diego, che ha fatto fuoco nel campus di San Bruno ferendo tre persone per poi togliersi la vita. A confermare l’ipotesi che la donna fosse furibonda con YouTube, il padre Ismail Aghdam che in un’intervista ad un giornale locale ha spiegato come la figlia fosse sparita lunedì e non rispondesse al telefono da due giorni. «Era arrabbiata perché YouTube aveva sospeso tutto, li odiava», ha dichiarato l’uomo. L’ipotesi è la società avesse sospeso i pagamenti o a causa dei contenuti inappropriati dei filmati postati dalla donna o a causa di un calo dei follower. Secondo la Nbc un suo filmato era stato censurato da YouTube e secondo il New York Times tutti i suoi canali erano stati rimossi martedì notte. Il 20 febbraio YouTube ha stabilito nuove regole che escludono dalla monetizzazione i canali con meno di 10.000 abbonati e meno di 4.000 ore di visualizzazione e probabilmente i filmati di Aghdam sono rientrati in questo giro di vite.
Cos'è accaduto e chi era la donna. Aghdam, di origini iraniane, aveva una presenza sul web «rilevante», un sito internete postava video dal 2011 con il nickname di Nasim Wonderl e sul suo sito. Il contenuto variava: dalle ricette vegane, passando per le parodie musicali, fino ai commenti contro la violenza sugli animali e gli esercizi di bodybuilding. «Tutti i miei video sono autoprodotti senza l'aiuto di nessuno», scriveva orgogliosa. Aghdam si sarebbe lamentata più volte pubblicamente perché alcuni suoi post erano stati vietati ai minori, un trattamento che la stessa youtuber aveva denunciato non essere applicato a filmati dai contenuti più espliciti come i video clip di Miley Cyrus. «Non c’è libertà di parola nel mondo e verrai perseguitata per aver detto la verità», scriveva. Su Instagram il 18 marzo si lamentava di nuovo della censura di YouTube. La donna era anche un’attivista della Peta e manifestava a favore dei diritti degli animali. «Per me gli animali devono avere gli stessi diritti degli esseri umani», diceva a Los Angeles Times nel 2009.
YouTube sta rendendo più restrittive le regole che consentono agli iscritti di inserire pubblicità nei propri video e di guadagnare soldi. Lo scopo principale dell’iniziativa è quello garantire agli inserzionisti che i propri spot non finiscano all’interno di contenuti inappropriati o con immagini disturbanti, come avvenuto in passato.
La novità è stata annunciata dalla stessa azienda con un post sul blog “YouTube creators”: a partire da ieri, per iscriversi al “Programma partner” sono necessari almeno 1000 iscritti al proprio canale e 4000 ore di visualizzazione nell’arco degli ultimi 12 mesi.
“Le nuove regole ci permetteranno di migliorare in maniera significativa la nostra capacità di individuare i canali che contribuiscono positivamente alla nostra community e ci aiuteranno a generare maggiori entrate pubblicitarie per loro (e a tenerci lontano dai "cattivi attori"). Questi standard più elevati ci aiuteranno anche a evitare che i video potenzialmente inappropriati possano monetizzare, danneggiando i ricavi per tutti”, hanno spiegato Neal Mohan, chief product officer e Robert Kyncl, chief business officer. In precedenza, il requisito minimo per accedere al programma era quello delle 10mila visualizzazioni complessive. La differenza sembra sostanziale: a pagarne le conseguenze saranno sicuramente i canali più piccoli, che non attraggono un pubblico vasto ma che fino due giorni fa potevano guadagnare e perlomeno sostenere la realizzazione dei propri video. Prima di diventare famosi e raggiungere i requisiti richiesti, adesso gli aspiranti Youtuber dovranno trovare delle strade alternative per finanziare i propri progetti. YouTube pensa ovviamente ai propri interessi: un paio di mesi fa, aveva perso milioni di dollari di ricavi, in seguito alla decisione di alcuni inserzionisti – tra i quali Adidas, Mars, Deutsche Bank – di lasciare la piattaforma dopo essersi ritrovati la propria pubblicità sui dei video disseminati di commenti pedofili.
Come sottolinea il sito d’informazione The Next Web, l’approccio sembra contraddittorio: i nuovi criteri rendono la vita più difficile ai canali con pochi iscritti e visualizzazioni, lasciando tuttavia uno spiraglio ai trasgressori che distribuiscono contenuti inappropriati, ma che hanno successo. YouTube pensa di risolvere la questione affidandosi non solo alla metrica quantitativa, ma anche alle segnalazioni che arrivano dalla community e a metodologie di rilevazione di spam o altri abusi più efficaci.
L’annuncio arriva a distanza di una settimana della vicenda che ha coinvolto Logan Paul: il famoso Youtuber, apprezzatissimo tra i teenager, aveva condiviso il video di un suicidio avvenuto in Giappone. A rimuovere il contenuto però non era stato YouTube, bensì il suo stesso creatore. Con le identiche modalità era scomparso il video caricato qualche mese fa da PewPewDie – che con i suoi 12 milioni di dollari è tra le 10 star più pagate del Tubo nel 2017 – nel quale comparivano due uomini a petto nudo che avevano in mano un cartello con la scritta “Death to All Jews”. I due episodi, in particolare, hanno spinto YouTube a modificare anche le regole di Google Preferred, la soluzione di advertising dedicata ai canali più popolari (circa il 5% del totale): tutti i contenuti del programma saranno valutati da un moderatore e approvati manualmente. Se da un lato le mosse appaiono logiche e sensate, soprattutto per non perdere la fiducia degli inserzionisti e milioni di ricavi dalla pubblicità, dall’altro non si può fare a meno di notare che che la nuova policy, rischia di stroncare sul nascere i sogni di migliaia aspiranti youtuber e di rendere esclusiva una piattaforma che ha fatto invece dell’inclusività uno dei fattori chiave del suo successo.
Le migliori alternative a YouTube, scrive "1and1". YouTube è il campione indiscusso tra i portali video e può tranquillamente essere definito come il leader del settore. Con oltre un miliardo di utenti, secondo i dati forniti dalla compagnia stessa, quasi un terzo di tutta l’utenza Internet naviga su YouTube. È indubbio che la piattaforma da tempo sia stata riconosciuta anche come un efficace strumento di marketing. I video sono caricabili con pochi click e tramite la generazione automatica di un codice HTML sono facilmente postabili su siti web esterni. Inoltre, dal 2010, quando YouTube e SIAE hanno firmato un accordo riguardo ai video musicali e ai proventi generati dalle visualizzazioni di questi, è diventato ancora più difficile per la concorrenza. Dunque è lecito porsi la seguente domanda: quali alternative ci sono a YouTube?
Le alternative attive a YouTube presentate in questo articolo sono cinque e sono Vimeo, Dailymotion, Veoh, Vevo e Flickr. Questi quattro servizi offrono agli utenti privati ed a coloro che li utilizzano per lavoro molte possibilità diverse, come guardare e mettere a disposizione contenuti eccezionali.
Dailymotion è un portale video di origine francese, che rappresenta una delle migliori alternative a YouTube in termine di numero utenti, soprattutto nel suo paese di origine. Nel 2015 il servizio ha registrato una utenza attiva del 23%. Comparando a livello internazionale, nessun altro servizio raggiunge un valore simile. In Francia infatti Dailymotion si trova secondo solo a YouTube, che ha una utenza attiva del 57%. Ad ogni modo, anche in altri paesi Dailymotion si trova al secondo posto dietro a YouTube. La compagnia calcola i suoi utenti in giro per il globo attorno ai 300 milioni. Mensilmente vengono visualizzati 3,5 miliardi di video su Dailymotion. In Italia Dailymotion riceve 6 milioni di unique viewers al mese, registrando un totale di circa 65 milioni di visualizzazioni tra tutti i tipi di dispositivi. Dailymotion punta principalmente sulle specifiche di upload: con file video fino a 2GB e 60 minuti di durata. Vengono supportati numerosi formati video e audio, così che è possibile scegliere tra file con estensione .mov, .mpeg4, .mp4, .avi e .wmv. Come codec video e audio vengono consigliati rispettivamente H.264 e AAC con un frame rate di 25FPS. La risoluzione massima possibile è 1080p (Full HD). In questo modo il portale si confà anche agli uploader più esigenti; i file di grandi dimensioni sono ben accetti tanto quanto lo è una qualità convincente dell’immagine. Il layout, di colore blu e bianco, è semplice e comodo da utilizzare. L’ordine degli elementi è decisamente orientato a quello di YouTube, che ha il vantaggio, che anche i principianti riescono a raccapezzarci qualcosa sin da subito. Anche l’integrazione e la condivisione dei video su piattaforme esterne è semplice; con un click il codice HTML corretto viene automaticamente generato. Ci sono inoltre ulteriori funzioni per i cosiddetti partner, i quali hanno la possibilità di guadagnare soldi con Dailymotion esattamente come su YouTube. Anche con Dailymotion si può monetizzare con i video, personalizzare il player e controllare i proventi attraverso il tool di analisi. Perciò Dailymotion è una delle migliori alternative a YouTube particolarmente per i blogger, che vogliono mettere i propri contenuti a disposizione solo a pagamento o che vogliono offrire dei contenuti premium separati. Chi ad esempio vuole usufruire della monetizzazione offerta da Dailymotion per un sito web, può sia attivare il proprio sito sia incorporare un dispositivo speciale del provider. Alcuni partner rinomati hanno già preso parte a questo programma, e tra questi vi sono ad esempio la CNN, la Süddeutsche Zeitung e la Deutsche Welle. Anche la vasta scelta di App di Dailymotion risulta piacevole. L’alternativa a YouTube è presente con apposite App su molte Smart TV, set-top box o sulla Playstation 4 della Sony, e può essere guardata comodamente dal divano di casa. Il servizio può essere utilizzato anche da dispositivo mobile con applicazioni iOS, Android o Windows.
Censura da Amazon libri. Del Coronavirus vietato scrivere.
"Salve, abbiamo rivisto le informazioni che ci hai fornito e confermiamo la nostra precedente decisione di chiudere il tuo account e di rimuovere tutti i tuoi libri dalla vendita su Amazon. Tieni presente che, come previsto dai nostri Termini e condizioni, non ti è consentito di aprire nuovi account e non riceverai futuri pagamenti royalty provenienti dagli account aggiuntivi creati. Tieni presente che questa è la nostra decisione definitiva e che non ti forniremo altre informazioni o suggeriremo ulteriori azioni relativamente alla questione. Amazon.de".
Amazon chiude l’account del saggista Antonio Giangrande, colpevole di aver rendicontato sul Coronavirus in 10 parti.
La chiusura dell’account comporta la cancellazione di oltre 200 opere riguardante ogni tema ed ogni territorio d’Italia.
Opere pubblicate in E-book ed in cartaceo.
La pretestuosa motivazione della chiusura dell’account: “Non abbiamo ricevuto nessuna prova del fatto che tu sia il titolare esclusivo dei diritti di copyright per il libro seguente: Il Coglionavirus. Prima parte. Il Virus.”
A loro non è bastato dichiarare di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio account Amazon.
A loro non è bastato dichiarare che sul mio account Amazon non sono pubblicate opere con Kdp Select con diritto di esclusiva Amazon.
A loro non è bastato dichiarare altresì di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio account Google, ove si potrebbero trovare le medesime opere pubblicate su Amazon, ma solo in versione e-book.
A loro interessava solo chiudere l’account per non parlare del Coronavirus.
A loro interessava solo chiudere la bocca ad Antonio Giangrande.
Che tutto ciò sia solo farina del loro sacco è difficile credere.
Il fatto è che ci si rivolge ad Amazon nel momento in cui è impossibile trovare un editore che sia disposto a pubblicare le tue opere.
Opere che, comunque, sono apprezzate dai lettori.
Ergo: Amazon, sembra scagliare la pietra, altri nascondono la mano.
AMAZON. CENSURA LA CONTRO-INFORMAZIONE SUL COVID. Cristiano Mais su La Voce delle Voci il 7 Ottobre 2020. La scure della censura contro le verità che danno fastidio. L’oscuramento di tutto coloro i quali, in modo autonomo e indipendente, con i propri mezzi e sforzi personali, cercano di fare autentica controinformazione. Succede adesso, è il caso di dirlo, ad un pioniere della comunicazione, Alberto Contri. Proprio come è successo, alcuni mesi fa, ad un pioniere nel campo dei vaccini, Giulio Tarro, con il suo “Covid, il virus della paura”. Allievo di Albert Sabin che scoprì l’antipolio, per ben due volte nella cinquina del Nobel per la Medicina, Tarro è l’autore di un libro che ha subito cercato di far luce sul bollente tema del Coronavirus e la disinformazione imperante. Incorrendo subito negli strali di Amazon, che ha inserito il volume nella sua vetrina virtuale, impedendone però l’acquisto. La strategia di Amazon era il fresco frutto avvelenato di un accordo per la “non informazione” siglato addirittura con l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, il super organismo internazionale controllato da Bill Gates. L’OMS, infatti, non gradiva tutto ciò che avrebbe potuto aprire gli occhi a tanti cittadini. Costretti invece ad ingurgitare montagne di fake news propinate dai media di regime. Lo stesso copione, adesso, per l’altrettanto scomodo “La sindrome del criceto”, firmato da Alberto Contri ed edito da “La Vela”, piccola casa ma coraggiosa casa editrice guidata da David Nieri. Denunciano Contri e Nieri: “Abbiamo fatto in estate una intensa campagna social per promuovere il libro, con buoni risultati di vendita. Ma non con Amazon: sappiamo che ha ricevuto molte richieste alle quali non ha dato e non dà seguito, perché dicono che stanno ristrutturando i processi di acquisizione e vendita e poi hanno problemi di algoritmo”. Un modo come un altro per boicottare in modo palese l’uscita del Criceto. Sottolineano ancora Contri e Nieri: “I monopolisti della distribuzione, oltre a distruggere intere filiere concorrenti, intervengono sulla libertà di pensiero, agevolando od ostacolando la presenza di prodotti e di libri nei loro scaffali virtuali. Semplicemente vergognoso. Ricordiamo che il nostro libro si può ordinare direttamente andando sul sito edizionilavela.it”. Contri è stato il fondatore e per anni animatore della Federazione Italiana della Comunicazione, quindi presidente di Pubblicità Progresso.
Amazon denunziata per la censura di libri sul Coronavirus. su La Voce delle Voci il 30 Giugno 2020. Amazon nega anche ad un giornalista italiano, Francesco Amodeo, la vendita on line di un libro sul coronavirus. Lo scrittore non si arrende e decide di chiedere alla giustizia l’autorizzazione alla vendita del suo testo e il risarcimento danni subiti rispetto ad altri autori, preferiti da Amazon, conferendo mandato all’avvocato Angelo Pisani di trascinare in tribunale il colosso commerciale del web per combattere ogni forma di censura. L’avvocato Angelo Pisani, nel denunciare all’Autorità Giudiziaria ogni violazione in danno del giornalista censurato e la arbitraria e fuorviante strategia commerciale di Amazon, chiede anche l’immediato intervento dell’Antitrust e massima tutela per le vittime indifese del sistema Amazon. Il caso del giornalista Amodeo non è l’unico. Anche il professor Giulio Tarro ed altri autori sono stati esclusi dalla piattaforma Amazon per il mancato gradimento da parte di qualcuno dei loro iscritti, ma non è possibile giustificare simili violazioni dei fondamentali principi di informazione legalità e democrazia. Insomma, esplode una guerra legale contro il colosso del web per porre freno a censure e discriminazioni e comprendere il perché di tanto interesse e volontà di indirizzamento. Questo l’attacco di Pisani. «Ingiustificabile e discriminatoria la strategia della società Amazon, che la comunica al giornalista Amodeo il rifiuto di vendere il suo libro-inchiesta “31 coincidenze sul coronavirus e sulla nuova Guerra Fredda USA-Cina” sulla loro piattaforma kindle, perché violerebbe le loro linee guida, spiegando che a causa del rapido cambiamento delle condizioni relative al Virus Covid19, si sarebbe deciso di indirizzare la clientela verso fonti ufficiali per ottenere informazioni sul virus, proponendo pertanto all’autore del libro l’assurda scelta di valutare la rimozione dei riferimenti al Covid19, affinchè lo stesso possa vendersi sulla piattaforma Amazon». Pare che l’algoritmo censuri in automatico i libri che fanno riferimento alla parola “coronavirus” nel titolo. Non sembra però un’ipotesi plausibile, dal momento che sul portale Amazon sono in vendita libri che contengono nel titolo la parola “coronavirus”, come il libro di Roberto Burioni, intitolato: “Virus, la grande sfida: Dal coronavirus alla peste: come la scienza può salvare l’umanità”. «Purtroppo – denuncia l’avvocato Pisani – risulta chiaro che se il libro è in linea con una certa versione sul virus, non esistano linee guida né algoritmi capaci di intercettarne le parole. Se in fase di revisione i libri fossero letti si sarebbero accorti che nel libro inchiesta di Amodeo sono pubblicate 150 foto tratte solo da fonti ufficiali, analizzando oltretutto il coronavirus non dal punto di vista sanitario, ma dal punto di vista giornalistico e geopolitico. Non vi era quindi alcuna ragione di censurarlo, ma il sistema preferisce imporre un altro sapere». Di fronte a queste condotte, al di là degli approfondimenti e di indagini su tematiche delicate e stravolgenti come quelle su mondo del coronavirus – dichiara l’avvocato Pisani – non si può far finta di nulla e non chiedere tutela per l’autore discriminato Francesco Amodeo vittima di illegittima censura e discriminazione ingiustificabile da parte del sistema Amazon che, in barba ai fondamentali principi di trasparenza, correttezza e buona fede non può escludere libri non graditi accettando invece il libro di Burioni (sul quale invece il reportage delle Iene ha dimostrato il conflitto di interessi con le case farmaceutiche). Oltre a presentare ricorso cautelare e richiesta risarcitoria alla Magistratura, ricorriamo anche dell’Antitrust e dell’Ordine dei giornalisti per la tutela dei diritti di tutti noi e la difesa del diritto di informazione, in uno alla corretta concorrenza commerciale. Dalle prime indagini emerge in realtà che proprio l’Organizzazione Mondiale della Sanità non voglia vedere in giro tesi contrarie sul coronavirus. Stavolta però si mina la libertà d’informazione, in combutta con Amazon. Per la serie: i due big boss a stelle e strisce Bill Gates, fondatore di Microsoft e grande finanziatore dell’OMS, e Jeff Bezos, in sella al colosso della distribuzione, sono oggi uniti nell’indirizzamento dei lettori e negano la commercializzazione e diffusione di altri testi, generando anche ingiustificabile disinformazione. Così si impedisce ai cittadini di farsi una propria idea e di comprendere la vera storia del coronavirus e quali sono i motivi e gli autentici responsabili della pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo. «Pochi lo sanno – attacca Pisani – ma già ad inizio febbraio 2020 OMS, Amazon e altri book store a livello internazionale hanno deciso di indirizzare i lettori a fonti preferenziali tramite un accordo che va sotto il nome di “Covid Policy”, con lo scopo dichiarato di “bloccare la vendita di libri che avrebbero, a dire del sistema dominante, l’obiettivo di fomentare la paura o, peggio, di diffondere teorie di cospirazione sul Covid”. Con queste ultime, strategiche parole, in pratica viene attuata una politica di vendite editoriali che nessuno mai in democrazia si sarebbe mai sognato di mettere in atto: meglio, a questo punto, bruciarli, quei libri scomodi, invece che vigliaccamente impedirne la diffusione». «Pare che a qualcuno dia fastidio la conoscenza di quanto è successo per la tragedia del coronavirus: non si devono ricercare colpevoli della strage e capovolgimento del mondo in corso, ma fortunatamente noi continueremo sempre a scrivere per l’amore della verità e dell’informazione, garantisce l’avvocato al giornalista oscurato da Amazon».
AMAZON. BLOCCA l’USCITA DEL LIBRO-ACCUSA DI TARRO SUL COVID. Paolo Spiga su La Voce delle Voci il 20 Giugno 2020. L’Organizzazione Mondiale della Sanità colpisce ancora. Stavolta la libertà d’informazione, in combutta con Amazon. Per la serie: i due big boss a stelle e strisce Bill Gates, fondatore di Microsoft e grande finanziatore dell’OMS, e Jeff Bezos, in sella al colosso della distribuzione, sono oggi uniti nella lotta per la disinformazione. Impediscono ai cittadini di conoscere la vera storia del coronavirus e quali sono gli autentici responsabili della pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo. Pochi lo sanno, infatti, ma già ad inizio febbraio 2020 OMS, Amazon e altri book store a livello internazionale hanno sottoscritto un patto che va sotto il nome di “Covid Policy”, il cui scopo dichiarato e basilare è stato ed è quello di “bloccare la vendita di libri che hanno l’obiettivo di fomentare la paura o, peggio, di diffondere teorie di cospirazione sul Covid”. Con queste ultime, strategiche parole, in pratica viene attuata una politica di vendite editoriali che neanche i nazisti si sarebbero mai sognati di mettere in atto: meglio, a questo punto, bruciarli, quei libri eretici, invece che vigliaccamente oscurarli e con sotterfugi impedirne la diffusione. E soprattutto la conoscenza di quanto è successo per la tragedia del coronavirus: dove ci sono nomi, cognomi e indirizzi dei colpevoli della strage, fino ad oggi impuniti, a piede libero. E guarda caso, i colpevoli si possono rintracciare proprio sotto i vessilli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Bill & Melinda Gates Foundation, come abbiamo documentato nell’inchiesta del 19 giugno. Ovvio, quindi, che killer e mandanti si siano ben attrezzati e premuniti – come testimonia la “Covid-Policy” – per nascondere le verità, per affossare quella contro-informazione, quei libri che spiegano e documentano la scientifica strage del Covid-19, ottimamente studiata a tavolino, mossa per mossa, azione per azione. Un esempio fresco e lampante? Amazon ha appena bloccato la vendita del libro firmato dal più autorevole virologo italiano, Giulio Tarro, intitolato “Covid, il Virus della paura”, che fa luce su una serie di fatti e vicende che la dicono lunga sulle responsabilità di Big Pharma nella coronavirus-story, su quelle dell’OMS, della Fondazione Gates, e – sul fronte di casa nostra – del governo e di tanti, troppi cialtroni travestiti da scienziati. Evidentemente un pugno nello stomaco per amici & sodali di Amazon, come appunto sancito dalla “Covid-Policy” ammazza libertà e democrazia. Così dichiara Tarro. “Invece di indossare i panni del martire, preferisco evidenziare come i condizionamenti posti dalla "Covid-Policy" stanno facendo perdere credibilità soprattutto alle riviste scientifiche. Mi riferisco alla planetaria figuraccia della rivista ‘The Lancet’ sulla idrossiclorochina. Se "The Lancet" ha dovuto ritirare il suo articolo è solo perché centinaia di medici, tra i quali molti che avevano pazienti in cura con idrossiclorochina, si sono dovuti mobilitare contro quell’articolo che aveva immediatamente fatto sospendere la vendita di un farmaco efficace. Una mobilitazione che spero segni l’inizio di una presa di coscienza politica in una categoria, quale quella dei medici, che non brilla certo per coraggio. Basti pensare, ad esempio, alle vaccinazioni alle quali, come è noto, la stragrande maggioranza dei medici non si sottopone (e molti, addirittura, arrivano a redigere falsi certificati di vaccinazione per i propri pazienti). Ma quando si trattò di prendere posizione contro la radiazione del medico Roberto Gava, "colpevole" di esternare pubblicamente alcune sacrosante considerazioni sui vaccini, tra i 400mila medici italiani iscritti all’Ordine, solo pochissimi hanno sottoscritto una lettera di protesta”. Aggiunge Tarro: “Sembra normale che ‘The Lancet’, considerata la Bibbia della Medicina, non si sia degnata di verificare che gli strampalati dati sui quali si basava l’articolo erano falsi? Ma cosa c’era davvero dietro la pubblicazione di quell’articolo destinato a togliere di mezzo un farmaco che faceva svanire i guadagni legati al vaccino anti-Covid? Ma quali intrallazzi si nascondono dietro tanti articoli che pubblicati su autorevoli riviste scientifiche spianano ai loro autori una carriera accademica? Basta leggersi il libro di Marcia Angell, già direttrice del "New England Journal of Medicine", ovvero "Farma&Co. Industria farmaceutica: storie di straordinaria corruzione". Che ovviamente non è disponibile su Amazon”.
PER IL NUOVO COLOSSO MONDADORI-RIZZOLI IN ARRIVO L’ANTITRUST. MA ECCO COSA SUCCEDE NEGLI USA CON IL CASO AMAZON. Paolo Spiaga su La Voce delle Voci il 24 Ottobre 2015. Mondadori ingoia Rizzoli, un affare da 127 milioni di euro. Dopo sette mesi di tira e molla, di trattative, di “si dice”, manifesti anti fusione, esternazioni anti berlusconiane da parte di un nutrito gruppo di autori, ai primi di ottobre il matrimonio si fa e nasce il nuovo colosso che sfiora il 40 per cento del mercato dei libri, mettendosi alle spalle – iperdistanziate – le altri sigle (Gems al 10, Giunti al 6, Feltrinelli col 5 e De Agostini con il 2 per cento). Sconto da circa 8 milioni sulla base iniziale della trattativa, perchè Mondadori si “accolla” il rischio Antitrust: vale a dire cosa dirà, a questo punto, l’autorità di controllo circa la legittimità o meno di un colosso del genere, che – secondo alcuni addetti ai lavori – in qualche comparto (ad esempio i tascabili), arriva addirittura a detenere l’80 per cento del mercato. Minimizzano il rischio alla Mondadori: “nella scolastica – osservano – non superiamo il 25 per cento mentre nel commerciale in senso ampio non andiamo oltre il 35 per cento: quindi quote compatibili in un libero mercato”. Le cifre dei fatturati, comunque, sono elevatissime: ai circa 240 milioni di introiti della divisione libri della Mondadori, infatti, si sommeranno gli oltre 220 che arrivano dalle entrate di Rcs Libri (ossia i nuovi marchi Bompiani, Fabbri, Sonzogno, Marsilio e la stessa Rizzoli). Un’operazione fortemente voluta da Ernesto Mauri, convinto che la nascita del nuovo colosso possa dare impulso al mercato del libro in Italia, allineandoci ai trend dei paesi esteri (e anche per fronteggiare l’assalto di Amazon). Di parere opposto, ad esempio, un altro Mauri, Stefano, al timone di Gems dalla sua nascita (in tandem con Spagnol), tra i parti più riusciti quello di Chiarelettere. Ai microfoni di Lilli Gruber per Otto e mezzo, Stefano Mauri ha espresso i suoi dubbi circa la nascita del colosso-competitor: e ha denunciato l’esistenza di un vero e proprio “monopsonio”. Tecnicamente si tratta della presenza, sul mercato, di “un solo acquirente a fronte di una pluralità di venditori” (mentre il monopolio è caratterizzato da “un unico venditore che offre il suo prodotto”). E’ la stessa accusa che negli Stati Uniti tre storiche e agguerrite sigle associative – American Bookseller Association, Authors United e Authors Guild – hanno formulato nei confronti di Amazon a metà luglio, chiedendo un pronunciamento da parte dell’Antitrust a stelle e strisce, in particolare al “Justice Department of the Antitrust Division”. I promotori chiedono di verificare l’esistenza di una “posizione dominante” nel mercato editoriale ormai detenuto da Amazon, che “ha ottenuto una posizione di monopolio nella vendita dei libri e di monopsonio nell’acquisto di libri”. Il gruppo di Seattle – spiegano alcuni esperti – sarebbe cioè “venditore unico o quasi nel primo caso, compratore unico o quasi nel secondo caso”. Se il buongiorno si vede dal mattino, Amazon ha buone chance per farla franca, o quasi. Il numero uno dell’Antitrust, William J. Baer, ha “esternato” a giugno in modo “leggermente” inappropriato, celebrando – scrive il New York Times – il modello economico “selvaggio” di Amazon nel campo degli e-book: “è servito ad alimentare la competizione”, “a ravvivare il mercato”, è il parere di Baer. Qualche “conflitto” in vista anche negli Usa e nelle “sentenze”? Di parere opposto – cita ancora il New York Times – una nota firma statunitense, Peter Meyers, fresco autore di “Breaking the Page” sul passaggio dalla stampa al digitale: “Il successo di Amazon – sottolinea Meyer – ha schiacciato la competizione”. Insomma un Golia senza alcun Davide all’orizzonte capace di intimorirlo. Ma vediamo, più in dettaglio, le principali accuse contenute nel documento (24 pagine) inviato al Dipartimento di giustizia dalle tre sigle associative, “gruppi che rappresentano – scrive ancora il New York Times – migliaia di autori, agenti e librai indipendenti”. In primo luogo, viene sottolineato, “Amazon ha usato la sua posizione dominante in modi che secondo noi danneggiano i lettori americani, impoveriscono l’industria editoriale nel suo complesso, danneggiano le carriere di molti autori (generando paura fra di essi) e impediscono il libero scambio delle idee nella nostra società”. Bordate da non poco. “Non esiste un solo esempio, nella storia americana, dove la concentrazione di potere nella mani di una sola compagnia abbia alla fine portato benefici ai consumatori”. Ecco alcune fra le pratiche più “distruttive” adottate da Amazon nella sua politica iperaggressiva: “vendere alcuni libri e non altri sulla base di precise tendenze politiche; vendere alcuni libri sottocosto in modo tale da mettere in serie difficoltà, fino ad estromettere, le aziende editoriali dotate di minori mezzi economici; bloccare o ridurre la vendita di alcuni libri (per milioni di copie) per esercitare pressione sugli editori; esercitare la sua posizione dominante per ottenere una percentuale sulle vendite superiore rispetto agli altri editori”. Pratiche e tattiche commerciali che “minano alla base l’ecosistema dell’intera industria del libro negli Stati Uniti”, in una misura che risulterà molto dannosa anche per gli autori della “mid list”, quelli emergenti, le “voci delle minoranze”. Ci voleva la guerra con Amazon (che oggi controlla un terzo del mercato dei nuovi prodotti stampati e i due terzi delle vendite di e-book) per riuscire a riunire sigle storicamente mai gemellate, come ad esempio la Bookseller Association e Author Guilds, che mettono insieme 9000 autori e 2.200 punti vendita. “I nostri punti di vista fino ad oggi sembra siano stati ignorati”, lamentano, ma confidano nel fatto che “il clima sta cambiando”. E, a quanto pare, sperano (sic) nell’Europa. “Ci sono dei grossi sforzi all’interno dell’Unione Europea – Germania e pochi altri Paesi – per esaminare con più attenzione il dossier Amazon. Ciò può avere dei positivi riflessi in quello che accade qui da noi”. Nota il sito “Consumerist”: “a giugno l’Unione Europea ha annunciato che aprirà formalmente una pratica di Antitrust per quanto riguarda i particolari contratti di vendita stipulati da Amazon sul fronte degli e-book”. Saranno allora curiosi, negli States, di conoscere gli sviluppi del nostro Antitrust alle prese con la patata bollente del nuovo colosso “Mondazzoli”?
Censura giudiziaria.
LETTERA APERTA AL DIRETTORE: CENSURA GIUDIZIARIA.
E’ possibile esercitare il diritto di cronaca, oltretutto riportando esclusivamente gli articoli dei maggiori quotidiani nazionali, quando l’oggetto riguarda l’operato dei magistrati?
Già da Brindisi hanno oscurato un sito web contenente centinaia di pagine, sol perché si riportava un articolo de “Il Corriere della Sera” sul caso del giudice Forleo e il presunto complotto della Procura di Brindisi.
Già a Potenza si è aperto un procedimento penale per aver riportato sul sito web un articolo del “La Gazzetta del Sud Africa” sugli insabbiamenti a Taranto.
In un’inchiesta sui magistrati di Trani e Matera sulle pagine dei siti web istituzionali dell’Associazione Contro Tutte le Mafie si sono riportati i seguenti articoli:
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, Scontro tra magistrati per un caso di molestie si finisce a carte bollate;
Da “La Repubblica”, Trani, lite fra giudici gup trasferita dal Csm;
Da “Il Giornale”, Insulti e gossip a luci rosse: a Trani le toghe fanno a botte; Botte da orbi tra magistrati dietro la guerra contro il Cav; Botte e minacce tra giudici dietro la guerra contro il Cav; La gip e quei rapporti “particolari” al Csm.
Si è omesso di citare il nome della protagonista, appuntando le iniziali.
Eppure la signora in questione ha minacciato di adire le vie legali nel caso in cui io non adempia alla sua diffida: ossia, eliminare gli articoli in questione dalle pagine riferenti Matera e Trani. Diffida rivolta al sottoscritto e non agli autori degli articoli ed alle testate di riferimento.
Debbo pensare che sia un tentativo di intimidazione per tacitarmi?
In Italia è impedito il libero esercizio di esprimere la propria critica, ma è inibito altresì, riportare l’opinione altrui?
Censura e basta.
Censura. Lettera al Direttore.
In tempo di crisi economica e di sistema che attanaglia la nazione; in un paese dove la verità è travisata o censurata per ideologia o per interesse economico; qualcosa di eccezionale dirompe sul web. Quaranta libri web e 3 canali video You Tube con centinaia di filmati che esplicano in immagini esemplificative quanto scritto nei testi. Opere che attirano l’attenzione di centinaia di migliaia di visitatori da tutto il mondo. Ricerca e didattica di Sociologia Storica per spiegare chi è l’italiano, le sue istituzioni e la sua classe dirigente.
Ma tutto ciò non è fruibile per tutti perché la censura di stampa e tv è imperante.
Perché tanta indifferenza od oscurantismo da parte di istituzioni, stampa e TV nei confronti della collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo”?
Perché un trattamento diverso rispetto a quello riservato ad altri saggisti o romanzieri, sicuramente non di maggior talento?
Verità che nessuno dirà mai, possono spiegare tanta avversione e censura o è colpa solo del gap culturale socio-mafioso?
Queste sono le domande che si pone l’autore delle opere letterarie, Antonio Giangrande, che si rammarica solo della mancata divulgazione delle opere presso i ceti sociali meno acculturati che non conoscono internet. Conoscenza che potrebbe influenzare le loro opinioni.
Cultura e cittadinanza attiva. Diamo voce alla piccola editoria indipendente.
Collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo”. Una lettura alternativa per l’estate, ma anche per tutto l’anno.
L’autore Antonio Giangrande: “Conoscere per giudicare”.
"Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Dante, Inferno XXVI.
La collana editoriale indipendente “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo” racconta un’Italia inenarrabile ed inenarrata.
Intervista all’autore, il dr Antonio Giangrande. Scrittore, sociologo storico, giurista, blogger, youtuber, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
Cosa racconta nei suoi libri?
«Sono un centinaio di saggi di inchiesta composti da centinaia di pagine, che raccontano di un popolo difettato che non sa imparare dagli errori commessi. Pronto a giudicare, ma non a giudicarsi. I miei libri raccontato l’indicibile. Scandali, inchieste censurate, storie di ordinaria ingiustizia, di regolari abusi e sopraffazioni e di consueta omertà. Raccontano, attraverso testimonianze e documenti, per argomento e per territorio, i tarli ed i nei di una società appiattita che aspetta il miracolo di un cambiamento che non verrà e che, paradosso, non verrà accettato. In più, come chicca editoriale, vi sono i saggi con aggiornamento temporale annuale, pluritematici e pluriterritoriali. Tipo “Selezione dal Reader’s Digest”, rivista mensile statunitense per famiglie, pubblicata in edizione italiana fino al 2007. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi nei saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali di distribuzione internazionale in forma Book o E-book. Canali di pubblicazione e di distribuzione come Amazon o Google libri. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche. I testi hanno una versione video sui miei canali youtube».
Qual è la reazione del pubblico?
«Migliaia sono gli accessi giornalieri alle letture gratuite di parti delle opere su Google libri e decine di migliaia sono le pagine lette ogni giorno. Accessi da tutto il mondo, nonostante il testo sia in lingua italiana e non sia un giornale quotidiano. Si troveranno, anche, delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato».
Perché è poco conosciuto al grande pubblico generalista?
«Perché sono diverso. Oggi le persone si stimano e si rispettano in base al loro grado di utilità materiale da rendere agli altri e non, invece, al loro valore intrinseco ed estrinseco intellettuale. Per questo gli inutili sono emarginati o ignorati. Se si è omologati (uguali) o conformati (simili) e si sta sempre dietro alla massa, non si sarà mai primi nella vita, perché ci sarà sempre il più furbo o il più fortunato a precederti. In un mondo caposotto (sottosopra od alla rovescia) gli ultimi diventano i primi ed i primi sono gli ultimi. L’Italia è un Paese caposotto. Io, in questo mondo alla rovescia, sono l’ultimo e non subisco tacendo, per questo sono ignorato o perseguitato. I nostri destini in mano ai primi di un mondo sottosopra. Che cazzo di vita è? Si nasce senza volerlo. Si muore senza volerlo. Si vive una vita di prese per il culo. Dove si sentono alti anche i nani e dove anche i marescialli si sentono generali, non conta quanti passi fai e quali scarpe indossi, ma conta quante tracce lasci del tuo percorso. Il difetto degli intelligenti è che sono spinti a cercare le risposte ai loro dubbi. Il pregio degli ignoranti è che non hanno dubbi e qualora li avessero sono convinti di avere già le risposte. Un popolo di “coglioni” sarà sempre governato ed amministrato da “coglioni”».
Qual è la sua missione?
«“Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente…Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati. Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili”. Citazioni di Bertolt Brecht. Rappresentare con verità storica, anche scomoda ai potenti di turno, la realtà contemporanea, rapportandola al passato e proiettandola al futuro. Per non reiterare vecchi errori. Perché la massa dimentica o non conosce. Denuncio i difetti e caldeggio i pregi italici. Perché non abbiamo orgoglio e dignità per migliorarci e perché non sappiamo apprezzare, tutelare e promuovere quello che abbiamo ereditato dai nostri avi. Insomma, siamo bravi a farci del male e qualcuno deve pur essere diverso!»
Perché è orgoglioso di essere diverso?
«E’ comodo definirsi scrittori da parte di chi non ha arte né parte. I letterati, che non siano poeti, cioè scrittori stringati, si dividono in narratori e saggisti. E’ facile scrivere “C’era una volta...” e parlare di cazzate con nomi di fantasia. In questo modo il successo è assicurato e non hai rompiballe che si sentono diffamati e che ti querelano e che, spesso, sono gli stessi che ti condannano. Meno facile è essere saggisti e scrivere “C’è adesso...” e parlare di cose reali con nomi e cognomi. Impossibile poi è essere saggisti e scrivere delle malefatte dei magistrati e del Potere in generale, che per logica ti perseguitano per farti cessare di scrivere. Devastante è farlo senza essere di sinistra. Quando si parla di veri scrittori ci si ricordi di Dante Alighieri e della fine che fece il primo saggista mondiale».
Dr Antonio Giangrande. Scrittore, sociologo storico, giurista, blogger, youtuber, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie.
Recensione della collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo”.
Decine di saggi di inchiesta suddivisi per tema o per territorio dove la cronaca diventa storia e dove luoghi e protagonisti sono trattati allo stesso modo e sullo stesso piano.
Vi siete mai chiesti perché non conoscete Antonio Giangrande? Perché egli, pur avendo scritto di Mafia, Massoneria e Lobbies, non abbia la notorietà generalista di Roberto Saviano, lo stesso che a Scampia gli hanno dedicato un motto: “Scampia-moci da Saviano”? Vi siete mai spiegati il motivo sul perché, avendo Antonio Giangrande scritto decine di saggi di inchiesta e ben due libri sul delitto di Sarah Scazzi ed essendo egli stesso avetranese, mai sia stato invitato nei talk show televisivi a render presente la posizione anti giustizialista, a differenza della Roberta Bruzzone che presenzia in qualità di esperta in conflitto di interessi essendo ella autrice di un libro su Sarah Scazzi ed allo stesso tempo presunta parte offesa in un procedimento connesso?
Il motivo è chiaro. Egli non è allineato, conforme ed omologato e scrive fuori dal coro sistematico ed ideologico. Di fatto è stato estromesso dai salotti buoni e di conseguenza ignorato dal pubblico generalista.
La sua storia è paradigmatica dell’imbecillità italiana, dove il tuo valore si misura non per ciò che fai, bensì dalla consorteria cui appartieni e dove dipende tutto dai momenti della convenienza. Devi per forza dare il senso di appartenenza a sinistra, difendere lo status quo ed osannare i magistrati. Non puoi dire il contrario rispetto alla vulgata sinistrorsa. I cittadini devono essere imbottiti non di informazioni ma di suggestioni.
Come dire: sui social network girano le foto di otto cadaveri appesi a testa in giù ad una struttura metallica di Hawija, nella provincia di Kirkuk, allora si parla di barbarie dell’Isis , come è giusto che sia. Quando i comunisti appesero Mussolini e la Petacci in piazzale Loreto o infoibarono gente innocente nel carso, si parlò di atti di eroismo dei partigiani.
Se qualcuno racconta la verità e presto tacciato di mitomania o pazzia. Quando non dici più quello che piace al sistema, composto da amici e compari, ti relegano tra i reietti della penna o della tastiera, se non addirittura dietro le sbarre di una prigione: Così va questa Italia!
Questa recensione non è un tentativo di promuovere uno spot gratuito per interessi economici.
I libri di Antonio Giangrande li trovi su Amazon.it o su Lulu.com o su CreateSpace.com o su Google Libri. Ma si possono leggere parzialmente free su Google Libri ove vi sono circa 60.000 mila accessi al dì, come si possono leggere gratuitamente anche su http://www.controtuttelemafie.it , il sito web della “Associazione Contro Tutte le Mafie”, sodalizio nazionale antimafia antagonista a Libera di Don Ciotti e della CGIL.
Si provi a leggere solo l’articolato dei capitoli per rendersi conto che in quei libri si troveranno le malefatte della mafia, ma anche gli abusi dell’antimafia. In quei libri si parla dell’Italia e degli italiani e di tutti coloro che a torto si mettono dalla parte della ragione e si lavano la bocca con la parola “Legalità”, pur vivendo nell’illegalità. Si troverà per argomento o per territorio quanto si fa fatica a scrivere. Si provi a leggere quanto nella propria città succede ma non si dice.
Fino a che la maggior parte di giornalisti, scrittori, editori, saranno succubi dell’ignavia, della politica e dell’economia, ci sarà sempre bisogno di leggere i saggi di Antonio Giangrande, giusto per conoscere una versione diversa dei fatti, così come raccontati da quelle solite esposizioni omologate che si vedono in tv e si leggono sui libri, o sui giornali, o sui siti web o blog dei soliti noti.
Un caso da giurisprudenza.
Difesa della Libertà di Stampa. Magistrati criticati che processano per diffamazione a mezzo stampa: ricusazione dei giudici e richiesta di rimessione dei processi per legittimo sospetto.
Antonio Giangrande, direttore del portale web d’inchiesta ed informazione testuale http://www.controtuttelemafie.it e video http://www.telewebitalia.eu, processato perché pubblica notizie attinenti la malagiustizia a Taranto. Antonio Giangrande prima alla Corte d’Appello di Taranto presenta ricusazione per grave inimicizia contro il giudice togato di Taranto, che procede per 3 processi attinente la pubblicazione di atti pubblici, e, (contro ogni precedente), obbliga il magistrato all’astensione per non patire la ricusazione. Poi alla Corte di Cassazione inoltra istanza di rimessioni per quei tre processi che si tengono presso la sezione staccata di Manduria del Tribunale di Taranto. Processi attinenti la diffamazione a mezzo stampa, di cui è accusato senza prove. Richiesta di Rimessione per legittimo sospetto che il Foro di Taranto possa essere persecutorio nelle sentenze da emettere su cause viziate da anomalie procedurali ed attinenti critiche sull’operato della stessa magistratura tarantina, requirente e giudicante.
L’iniziativa giudiziaria: è esemplare; è rara per l’Italia; è interessante da seguire per la categoria.
Un faro mediatico sulla vicenda sarebbe utile per costringere la Corte di Cassazione a creare un precedente che vada al di là del foro tarantino e per non condannare all’oblio l’istanza di rimessione a scapito di chi fa veramente libera informazione.
L’istanza di rimessione, presentata il 28 marzo 2011 nel pubblico processo, per la stampa è disponibile per e-mail su richiesta.
AAA…avvocato cercasi.
AAA…avvocato cercasi per discutere presso la Corte di Cassazione, a Roma il 28 settembre 2011, l’istanza di Rimessione del processo per legittimo sospetto, il cui relatore ha già emesso giudizio preventivo di inammissibilità per motivi manifestamente infondati.
Il Dr Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, denuncia: «Nel momento in cui ho ricusato personalmente il magistrato, da me precedentemente denunciato per abusi ed omissioni, che voleva giudicarmi in numerosi processi per fatti da me non commessi istruiti dai PM di Taranto, i miei difensori hanno rinunciato alla difesa. Inoltre il magistrato ricusato è stata costretta dopo anni a denunciarmi per calunnia per potersi astenere da quei processi, in quanto per la Cassazione se è il cittadino a denunciare il magistrato non vi è motivo di astio e quindi di ricusazione, se invece è il magistrato a denunciare il cittadino, allora sì che vi è motivo di astensione!!
In quei processi per trovare un difensore sono stato costretto a rivolgermi al di fuori del circondario di Taranto.
Lo stesso avvocato mi assisterà al mio ricorso al Tar di Lecce per l’esame di avvocato, per contestare il fatto che per la 14ª volta i giudizi resi dalla commissione d’esame sono viziati in numerosi punti. Ricorso per gli stessi punti inibito dal Tar negli anni precedenti. L’avvocato locale, però, non può presenziare a Roma alla concomitante udienza in Camera di Consiglio della Cassazione per la discussione della mia istanza di rimessione per legittimo sospetto che i magistrati di Taranto possano essere vendicativi. Ho avuto difficoltà a reperire un avvocato per l’imminente appuntamento in Cassazione. All’uopo mi sono rivolto al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, avv. Antonio Conte, e per conoscenza a quello di Taranto ed ai Presidenti delle rispettive Camere Penali, oltre che al Presidente del Consiglio Nazionale Forense. Per essere assistito da personalità tanto forti da sostenere pressioni e ritorsioni. Tutto è rimasto lettera morta. Basta evidenziare il centinaio di denunce presentate a Potenza che coinvolgono la maggior parte dei magistrati tarantini e la loro inerzia o impossibilità a reagire per calunnia nei miei confronti. Ciò dovrebbe bastare a sostenere il fatto che, non dico grave inimicizia, ma poca serenità ci sia da parte loro a giudicare me che li denuncio o li critico sulla stampa. O comunque lo faccio con i loro colleghi. Poi, se il relatore avesse letto l’istanza e i documenti allegati, si sarebbe accorto che effettivamente atti di ritorsione ci sono:
sia per l’impedimento alla professione da 14 anni con adozione di giudizi nulli;
sia per l’infondatezza dei procedimenti penali nei miei confronti per reati d’opinione.
La ritrosia a difendermi probabilmente è perché non che abbia ragione, ma perché la Cassazione non applica mai l’art. 45 ss. c.p.p., né per me, né per nessun altro.
Anzi solo 2 volte: per Piazza Fontana, in cui vi era sospetto che fosse una strage di Stato; per il Generale Cerciello, le cui indagini contro la Guardia di Finanza furono svolte dai commilitoni.
Una norma inapplicata perché delegittima i magistrati. E questo non si deve fare.
In queste avverse circostanze è fondamentale e coraggioso l’aiuto che l’Avv. Marinelli di Roma mi presta. Solo ed unico a difendere un amico, tanto più in un momento in cui il recente grave lutto ha colpito lui e la sua famiglia.»
L’avv. Vittorio Amedeo MARINELLI, Presidente di European Consumers, ha accolto la richiesta d’aiuto e ha dichiarato: «Lo difendo gratuitamente e con piacere in Cassazione. Devo chiaramente studiare le carte, che sono copiose. Tuttavia rilevo che, se fosse vero che nessun altro avvocato, dei tanti contattati, si è offerto di difendere il Presidente dell’Associazione contro tutte le mafie, la cosa sarebbe grave e stonerebbe con la storia millenaria dell’Avvocatura, sempre pronta a difendere i diritti e a tutelarli, a qualsiasi costo. La nostra associazione – ha proseguito l’Avv. Marinelli – è sovente stata impegnata a difendere questioni di principio e anche questa volta, sembra sussistere questa necessità.»
Il Calvario di Antonio Giangrande
MAI DIRE MAFIA: IL CALVARIO DI ANTONIO GIANGRANDE.
Guerra aperta contro alcuni magistrati di Taranto: denuncia per calunnia e diffamazione alla Procura di Potenza, richiesta di ispezione ministeriale al Ministro della giustizia e richiesta di risarcimento danni per responsabilità civile dei magistrati al Presidente del Consiglio dei Ministri.
«Non meditar vendetta! Ma siedi sulla riva del fiume e aspetta di veder passare il corpo del tuo nemico! Ed io ho aspettato…..affinchè una istituzione, degna dell’onor di patria, possa non insabbiare una mia legittima ed annosa aspettativa di giustizia. Perché se questo succede a me, combattente nato, figuriamoci a chi è Don Abbondio nell’animo. Già che sono in buona compagnia. Silvio Berlusconi: “Venti anni di guerra contro di me. In Italia giustizia ingiusta per tutti” ». Così afferma il dr Antonio Giangrande, noto saggista di fama mondiale e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, sodalizio antimafia riconosciuto dal Ministero dell’Interno. Associazione fuori dal coro e fuori dai circuiti foraggiati dai finanziamenti pubblici.
«Puntuale anche quest’anno è arrivato il giorno dedicato all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Un appuntamento che, da tempo immemore ripropone un oramai vetusto ed urticante refrain: l’aggressione virulenta ai magistrati portata da tutti coloro che non fanno parte della casta giudiziaria. Un piagnisteo continuo. Un rito liturgico tra toghe, porpore e carabinieri in alta uniforme. Eppure qualche osservazione sulle regole che presidiano e tutelano l’Ordine giudiziario italiano dovrebbe essere fatta. Faccio mie le domande poste da L’Infiltrato Speciale su Panorama. Quale sistema prevede una “sospensione feriale” per 3 mesi filati? Quale organizzazione non prevede un controllo sul tempo effettivo trascorso in ufficio ovvero regola e norma ogni forma di…telelavoro da casa? Quale altro ruolo istituzionale prevede l’impunità di fatto per ogni atto compiuto nell’esercizio del proprio magistero? Quale altro organo dello Stato è il giudice di se stesso? Ma, soprattutto, può il dovere di imparzialità del giudice sposarsi con lo svolgimento di vera e propria attività politica entro le varie “correnti” interne alla magistratura? Qualcuno potrà negare che diversi esponenti di magistratura democratica abbiano rivendicato apertamente le radici nel pensiero marxista leninista della propria corrente? Dico questo senza alcun pregiudizio e, anzi, con il rispetto che devo ad amici e magistrati che stimo ed ai quali questa percezione, che non credo sia mio esclusivo patrimonio, non rende il giusto merito.
Detto questo premetto che la pubblicazione della notizia relativa alla presentazione di una denuncia penale e alla sua iscrizione nel registro delle notizie di reato costituisce lecito esercizio del diritto di cronaca. La pubblicazione della notizia relativa alla presentazione di una denuncia penale e alla sua iscrizione nel registro delle notizie di reato, oltre a non essere idonea di per sé a configurare una violazione del segreto istruttorio o del divieto di pubblicazione di atti processuali, costituisce lecito esercizio del diritto di cronaca ed estrinsecazione della libertà di pensiero previste dall’art. 21 Costituzione e dall’art 10 Convenzione europea dei diritti dell’uomo, anche se in conflitto con diritti e interessi della persona, qualora si accompagni ai parametri dell’utilità sociale alla diffusione della notizia, della verità oggettiva o putativa, della continenza del fatto narrato o rappresentato. (Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza del 22 febbraio 2008, n. 4603).
Ed allora ecco alcuni brani dell’atto presentato alle varie istituzioni.»
“Si presenta, per fini di giustizia ed a tutela del prestigio della Magistratura oltre che per tutela del diritto soggettivo dell’esponente, l’istanza di accertamento della responsabilità penale ed amministrativa e richiesta di risarcimento del danno, esente da ogni onere fiscale, in quanto già ammesso al gratuito patrocinio nei procedimenti de quo. Responsabilità penale, civile ed amministrativa che si ravvisa per i magistrati nominati per azioni commesse da questi in unione e concorso con terzi con dolo e/o colpa grave. Elementi costitutivi la responsabilità civile dei magistrati di cui alla Legge 13 aprile 1988, n. 17:
a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;
b) l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;
PER IL PRIMO FATTO
L’Avv. Nadia Cavallo presenta il 10/06/2005 una denuncia/querela nei confronti di Antonio Giangrande, sottoscritto denunciante, per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in unione e concorso con Monica Giangrande, con denuncia-querela presentata all’A.G., incolpato Cavallo Nadia Maria del reato di truffa e subornazione, pur sapendola innocente. La denuncia di Cavallo Nadia Maria è palesemente calunniosa e diffamatoria nei confronti di Antonio Giangrande in quanto la denuncia di cui si fa riferimento e totalmente estranea ad Antonio Giangrande e non è in nessun modo riconducibile ad egli.
Insomma: la denuncia a firma di Antonio Giangrande non esiste.
Pur mancando la prova della calunnia, quindi del reato commesso, comunque inizia il calvario per il dr. Antonio Giangrande.
La dott.ssa Pina Montanaro apre il fascicolo n. 5089/05 R.G. notizie di reato. Non espleta indagini a favore dell’indagato, ai sensi dell’art. 358 c.p.p., e nel procedimento Gip n. 2612/06, pur non supportato da alcuna prova di accusa, in quanto la denuncia contestata in capo ad Antonio Giangrande non esiste, chiede comunque in data 20 aprile 2006 il rinvio a giudizio di Antonio Giangrande in concorso ed unione con Monica Giangrande.
Il Dr Ciro Fiore nel procedimento Gip n. 2612/06, pur non supportato da alcuna prova di accusa in quanto la denuncia contestata in capo ad Antonio Giangrande non esiste, dispone comunque in data 02 ottobre 2006 il rinvio a giudizio di Antonio Giangrande in concorso ed unione con Monica Giangrande.
Il processo a carico di Antonio Giangrande in concorso ed unione con Monica Giangrande contraddistinto con il n. 10306/10 RGDT si apre con l’udienza del 06/02/07 presso il Tribunale di Manduria – Giudice Monocratico, sezione staccata del Tribunale di Taranto, ma la posizione di Antonio Giangrande è stralciata per vizi di notifica.
Il Dr Pompeo Carriere il 28/04/2010 riapre il procedimento Gip n. 2612/06, dopo lo stralcio della posizione di Antonio Giangrande rispetto alla posizione di Monica Giangrande per vizi di forma della richiesta di rinvio a giudizio. Su apposita richiesta della difesa di Antonio Giangrande di emettere sentenza di non luogo a procedere per il reato di calunnia ove ritenga o accerti che ci siano degli elementi incompleti o contraddittori riguardo al fatto che l’imputato non lo ha commesso, il dr. Pompeo Carriere, il 19 luglio 2010, disattende tale richiesta e dispone nei confronti del Pubblico Ministero l’ulteriore integrazione delle indagini e l’acquisizione delle prove mancanti per sostenere l’accusa in giudizio contro Antonio Giangrande. All’udienza dell’8 novembre 2010, il Pubblico Ministero non ha svolto le indagini richieste, anche a favore dell’indagato, e non ha integrato le prove necessarie. Ciononostante in tale data il dr. Pompeo Carriere, pur non supportato da alcuna prova di accusa, in quanto la denuncia contestata in capo ad Antonio Giangrande non esiste, dispone comunque il rinvio a giudizio di Antonio Giangrande per il reato di calunnia.
Il nuovo processo a carico di Antonio Giangrande contraddistinto con il n. 10346/10 RGDT si apre con l’udienza del 01/02/11 presso il Tribunale di Manduria – Giudice Monocratico, sezione staccata del Tribunale di Taranto. In quella sede ai diversi giudici succedutisi, in sede di contestazioni nella fase preliminare, si è segnalata la mancanza assoluta di prove che sostenessero l’accusa di calunnia.
Solo in data 23 gennaio 2014, nonostante l’assenza alla discussione con l’arringa finale dell’imputato (in segno di palese protesta contro l’ingiustizia subita) e del suo difensore di fiducia e senza curarsi delle richieste del Pubblico Ministero togato, che stranamente per questo procedimento è intervenuto di persona, non facendosi sostituire dal Pubblico Ministero onorario, ed a dispetto delle richieste dell’imperterrita presenza della costituita parte civile, l’avv. Nadia Cavallo, che ne chiedeva condanna penale e risarcimento del danno, il giudice Maria Christina De Tommasi, pur potendo dichiarare la prescrizione non ha potuto non acclarare l’assoluzione di Antonio Giangrande per il reato di calunnia per non aver commesso il reato, in quanto non vi era prova della sua colpevolezza. Per la seconda accusa dello stesso procedimento penale riguardante la diffamazione, ossia per il capo B, la De Tommasi ha pronunciato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione, nonostante avesse anche qui dovuto constatare che il fatto non era stato commesso, per la mancanza di prove a carico di Antonio Giangrande, in quanto l’articolo incriminato era riconducibile a terze persone, sia come autori, che come direttori del sito web.
Declaratoria di NON AVER COMMESSO IL REATO. Dopo 8 anni, un pubblico Ministero, due Giudici per l’Udienza Preliminare, tre Giudici monocratici, di cui una, dr.ssa Rita Romano, estromessa con istanza di ricusazione, sostituita dalla dr.ssa Vilma Gilli ed a sua volta sostituita da Maria Christina De Tommasi.
Rita Romano ricusata per essere stata denunciata da Antonio Giangrande proprio per la sentenza di condanna adottata nei confronti di Monica Giangrande. Sentenza del 18/12/2007 con processo iniziato il 06/02/07. Esito velocissimo tenuto conto dei tempi medi del Foro. Nel processo nato a carico di Antonio Giangrande e Monica Giangrande su denuncia di Nadia Cavallo e poi stracciato a carico di Monica Giangrande, la stessa Monica Giangrande era accusata con Antonio Giangrande di calunnia per aver accusato la Cavallo Nadia di un sinistro truffa. Monica Giangrande affermava nella sua denuncia che la stessa Avv. Nadia Cavallo accusava lei, Monica Giangrande, di essere responsabile esclusiva del sinistro. In effetti Rita Romano stracciava la posizione di Antonio Giangrande per difetto di notifica del rinvio a giudizio e dopo l’espletamento del processo a carico di Monica Giangrande condannava l’imputata. Ciononostante lo stesso giudice riconosceva nelle sue motivazioni che la stessa Giangrande Monica accusava la Nadia Cavallo sapendola colpevole, perché proprio lo stesso giudice riconosceva tal Nigro Giuseppa come responsabile di quel sinistro che si voleva far ricondurre in capo alla Giangrande Monica, la quale, giustamente negava ogni addebito. L’appello contro la sentenza a carico di Monica Giangrande è stata inspiegabilmente mai impugnata dai suoi difensori, pur sussistendone validi motivi di illogicità della motivazione.
L’inimicizia dei magistrati di Taranto nei confronti di Antonio Giangrande è da ricondurre al fatto che lo stesso ha denunciato alcuni magistrati del foro tarantino, anche perché uno di loro, il sostituto procuratore Salvatore Cosentino, ha archiviato una denuncia contro il suo ufficio, anziché inviarlo alla Procura di Potenza, Foro competente. Inoltre l’avv. Nadia Cavallo è molto apprezzata dai magistrati Tarantini e da Salvatore Cosentino, ora alla procura di Locri. In virtù della sentenza di condanna emessa contro Monica Giangrande l’avv. Nadia Maria Cavallo ha percepito alcune decine di migliaia di euro a titolo di risarcimento del danno morale e oneri di difesa. Evidentemente era suo interesse fare la stessa cosa con il dr. Antonio Giangrande, con l’aiuto dei magistrati denunciati, il quale però non era di fatto e notoriamente autore del reato di calunnia, così come era falsamente accusato. Innocenza riconosciuta ed acclarata dal giudice di merito, però, dopo anni.
PER IL SECONDO FATTO
In questo procedimento risultano esserci due querelanti e quindi due persone offese dal reato:
Dimitri Giuseppe querela in data 19/07/2004 Corigliano Renato perché si ritiene vittima di Falsa Perizia giudiziaria. Corigliano Renato controquerela Dimitri Giuseppe per calunnia e diffamazione per aver pubblicato la querela, in cui si producevano le accuse di falsa perizia contro il Corigliano ledendo il suo onore e la sua reputazione. Corigliano Renato non querela Antonio Giangrande. Dimitri Giuseppe per la diffamazione subita dal Corigliano controquerela Antonio Giangrande, pur non avendo il Dimitri Giuseppe legittimità a farlo, non essendo egli persona offesa.
Insomma: la querela di diffamazione da parte della persona offesa contro Antonio Giangrande non esiste.
Pur mancando la prova della diffamazione, quindi del reato commesso, comunque inizia il calvario per il dr. Antonio Giangrande.
Il Dr. Enrico Bruschi apre il fascicolo n. 3015/06 R.G. notizie di reato. Non espleta indagini a favore dell’indagato, ai sensi dell’art. 358 c.p.p., e decreta egli stesso la citazione a giudizio saltando l’Udienza Preliminare.
Il processo a carico di Antonio Giangrande contraddistinto con il n. 10244/10 RGDT si apre con l’udienza del 05/10/2010 presso il Tribunale di Manduria – Giudice Monocratico, sezione staccata del Tribunale di Taranto, ma la posizione di Antonio Giangrande è inviata al Giudice per le Indagini Preliminari per l’Udienza di Rito.
Il Dr Pompeo Carriere il 26/11/12 apre il procedimento Gip n. 243/12. Sostenuto dalla richiesta del PM Enrico Bruschi il dr. Pompeo Carriere, ciononostante non vi sia la querela di Corigliano Renato contro Antonio Giangrande e pur non supportato da alcuna prova di accusa, in quanto la denuncia contestata in capo ad Antonio Giangrande non esiste, dispone comunque il rinvio a giudizio di Antonio Giangrande per il reato di Diffamazione.
Il nuovo processo a carico di Antonio Giangrande contraddistinto con il n. 10403/12 RGDT si apre presso il Tribunale di Manduria – Giudice Monocratico, sezione staccata del Tribunale di Taranto. In quella sede ai diversi giudici succedutisi, in sede di contestazioni nella fase preliminare, si è segnalata la mancanza assoluta di prove che sostenessero l’accusa di Diffamazione.
Solo in data 18 aprile 2013 Corigliano Renato è stato sentito ed ha confermato di non aver presentato alcuna querela contro Antonio Giangrande. Corigliano Renato e Dimitri Giuseppe hanno rimesso la querela, il primo perché non l’aveva presentata e comunque non aveva alcuna volontà punitiva contro Antonio Giangrande, il secondo non aveva addirittura la legittimità a presentarla. Il giudice Giovanni Pomarico non ha potuto non acclarare il non doversi procedere nei confronti di Antonio Giangrande per remissione delle querele.
Declaratoria di NON DOVERSI PROCEDERE PER REMISSIONE DI QUERELA. Ma di fatto per difetto di legittimazione ad agire. Dopo 4 anni, un pubblico Ministero, un Giudice per l’Udienza Preliminare, tre Giudici monocratici, di cui una, dr.ssa Rita Romano, estromessa con istanza di ricusazione perchè denunciata da Antonio Giangrande, sostituita dalla dr.ssa Frida Mazzuti ed a sua volta sostituita da Giovanni Pomarico.
L’inimicizia dei magistrati di Taranto nei confronti di Antonio Giangrande è da ricondurre al fatto che lo stesso ha denunciato alcuni magistrati del foro tarantino, anche perché uno di loro, il sostituto procuratore Salvatore Cosentino, ha archiviato una denuncia contro il suo ufficio, anziché inviarlo alla Procura di Potenza, Foro competente.
PER IL TERZO FATTO
L’avv. Santo De Prezzo, in data 06 novembre 2006, denuncia e querela il dr. Antonio Giangrande per violazione della Privacy per aver pubblicato sul sito web della Associazione Contro Tutte le Mafie il suo nome, nonostante il nome dell’avv. Santo De Prezzo fosse già di dominio pubblico in quanto inserito negli elenchi telefonici, anche web, e nell’elenco degli avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi, anche web.
La dr.ssa Adele Ferraro, sostituto procuratore presso il Tribunale di Brindisi apre il proc. n. 9429/06 RGNR, non espleta indagini a favore dell’indagato, ai sensi dell’art. 358 c.p.p., ed il 1° ottobre 2007 (un anno dopo la querela) decreta il sequestro preventivo dell’intero sito web della Associazione Contro Tutte le Mafie, arrecando immane danno di immagine. Il Decreto è nullo perché non convalidato dal GIP ed emesso il 19 ottobre 2007, successivamente al sequestro. Il decreto è rinnovato il 09/11/ 2007 e non convalidato dal giudice Katia Pinto. Poi ancora rinnovato il 28/12/2007 e convalidato da Katia Pinto il 26/02/2008, ma non notificato.
La dr.ssa Katia Pinto apre il proc. n. 1004/07 RGDT e il 19/09/2008, dopo quasi un anno dal sequestro del sito web con atti illegittimi dichiara la sua incompetenza territoriale e trasmette gli atti a Taranto, ma non dissequestra il sito web.
In questo procedimento non risulta esserci il fatto penale contestato eppure si oscura un sito web di una associazione antimafia e si persegue penalmente il suo presidente, Antonio Giangrande.
Insomma: il fatto non sussiste. Pur mancando la prova della violazione della privacy, quindi del reato commesso, comunque inizia il calvario per il dr. Antonio Giangrande.
Il Dr. Remo Epifani sostituto procuratore presso il Tribunale di Taranto apre il fascicolo n. 8483/08 RGNR, non espleta indagini a favore dell’indagato, ai sensi dell’art. 358 c.p.p., e decreta il rinvio a giudizio per ben due volte: il 23/06/2009 e difetta la notifica e il 28/09/2010, rinnovando il sequestro preventivo del sito web, mai revocato.
Il Dr. Martino Rosati, Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Taranto apre il proc. n. 6383/08 GIP e senza indagini a favore dell’indagato, ai sensi dell’art. 358 c.p.p., dispone con proprio autonomo decreto il 14/10/2008 il sequestro preventivo del sito web.
Il processo a carico di Antonio Giangrande contraddistinto con il n. 10329/09 RGDT, si apre il 03/11/2009, ma viene chiuso per irregolarità degli atti. Il nuovo processo contraddistinto con il n. 10018/11 RGDT si apre il 01/02/2011.
Solo in data 12 luglio 2012 lo stesso Pm dr. Gioacchino Argentino chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste ed in pari data il giudice dr.ssa Frida Mazzuti non ha potuto non acclarare l’assoluzione di Antonio Giangrande perché il fatto non sussiste. Il Dissequestro del sito web http://www.associazionecontrotuttelemafie.org non è mai avvenuto e l’oscuramento del sito web è ancora vigente.
Declaratoria di ASSOLUZIONE PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE. Dopo 6 anni, due pubblici Ministeri, un Giudice per l’Udienza Preliminare, tre Giudici monocratici, di cui una, dr.ssa Rita Romano, estromessa con istanza di ricusazione perchè denunciata da Antonio Giangrande, sostituita dalla dr.ssa Frida Mazzuti.
L’inimicizia dei magistrati di Taranto nei confronti di Antonio Giangrande è da ricondurre al fatto che lo stesso ha denunciato alcuni magistrati del foro tarantino, anche perché uno di loro, il sostituto procuratore Salvatore Cosentino, ha archiviato una denuncia contro il suo ufficio, anziché inviarlo alla Procura di Potenza, Foro competente.”
« Pare evidente la tricotomia della responsabilità penale: il movente, il mezzo, l’opportunità. Per questo si chiede la condanna per reati consumati, continuati, tentati, da soli o in concorso con terzi, o di altre norme penali, con le aggravanti di rito, e attivazione d’ufficio presso gli organi competenti per la violazione di norme amministrative. Altresì si chiede il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, liquidato in via equitativa dal giudice competente, per la sofferenza che si è riservata al sottoscritto ed alle persone che mi stimano per la funzione che io occupo e l’umiliazione e, soprattutto, per il dolore difficilmente immaginabili da parte di chi non vive l’incubo di essere accusato di calunnie tanto ingiuste quanto infondate. Nessuna Autorità degna del mio rispetto ha tutelato la mia persona. Le mie denunce contro queste ed altre ingiustizie sono state sempre archiviate. E’ normale allora che io diventi carne da macello penale. E’ normale che io sia lì a partecipare da 16 anni all’esame forense, sempre bocciato, se poi i magistrati, commissari di esame, contro di me fanno questo ed altro.»
Il grido di allarme ignorato: al Tribunale di Taranto condanna certa, perché è impedito difendersi e criticare.
La rivelazione di Antonio Giangrande.
Dalla relazione fatta per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 dal presidente vicario della Corte d’Appello di Lecce, Mario Fiorella, il numero di processi proprio a carico di magistrati, anche tarantini, sono ben 113. Il dato ufficiale si riferisce ai procedimenti aperti nel 2013 ed il Distretto di Corte d’Appello comprende i Tribunali di Taranto, Brindisi e Lecce. Come riporta Chiara Spagnolo su “la Repubblica”, sono stati infatti quelli i numeri degli iscritti nel registro degli indagati, inchieste poi trasferite per competenza a Potenza, mentre 92 sono i magistrati che risultano parti offese. I dati sono fuorvianti, in quanto, a ben vedere si scoprirà, che le accuse agli imputati magistrati si tramuteranno in archiviazioni tacite, mentre le accuse in cui i magistrati sono parti offese si trasformeranno in condanne certe e roboanti: perché così va il mondo. Magistrati giudicandi, ma ingiudicati!
Per esempio, il 5 marzo 2015 si tiene a Potenza l’ennesima udienza contro Antonio Giangrande, presieduta dal giudice monocratico Lucio Setola, già sostituto procuratore di quel Foro. Processo per diffamazione e calunnia su denuncia del giudice di Taranto, Rita Romano, persona offesa costituita parte civile.
La colpa di Antonio Giangrande è di aver esercitato il sacrosanto diritto di difesa, per non vedersi esser condannato ingiustamente, e per gli effetti aver presentato 3 richieste di ricusazione contro la Rita Romano, perché questa non si era ancora astenuta nei tre processi in cui giudicava il Giangrande, nonostante nel procedere in altri processi collegati già si era espressa in sentenza addebitando la responsabilità all’imputato, sebbene questi non fosse sotto giudizio, e contro il quale già aveva manifestato il suo parere in sentenze di altri processi definendolo in più occasioni, di fatto, soggetto testimonialmente inattendibile. La ricusazione oltre che fondata era altresì motivata con una denuncia allegata presentata contro la stessa Rita Romano ed a Potenza risultata archiviata, nonostante la fondatezza delle accuse e delle prove. Inoltre gli avvocati difensori De Donno e Gigli per la ricusazione presentata hanno rinunciato alla difesa. Fatto sta che i processi ricusati, con la decisione di altri giudici, però, hanno prodotto il proscioglimento per l’imputato. Sulla attendibilità di Antonio Giangrande, poi, parlano le sue opere ed i riscontri documentali nelle cause de quo.
Altro esempio è che il 30 aprile 2015 si tiene l’ennesima udienza contro Antonio Giangrande, presieduta dal giudice monocratico Natalia Catena. Processo per diffamazione su denuncia presentata da Alessio Coccioli perché la Gazzetta del Sud Africa, e non Antonio Giangrande, pubblicava un articolo in cui si definiva il Tribunale di Taranto il Foro dell’ingiustizia, elencando tutti i casi di errori giudiziari, e per aver pubblicato l’atto originale della richiesta di archiviazione, poi accolta dal Gup, e le relative motivazioni attinenti una denuncia per un concorso truccato per il quale il vincitore del concorso a comandante dei vigili urbani di Manduria era colui il quale aveva indetto e regolato lo stesso concorso.
Come si vede le denunce a carico dei magistrati di Taranto sono 113 quelle presentate in un solo anno a Potenza e di seguito archiviate, e non sono di Antonio Giangrande, però Antonio Giangrande è uno dei tanti imputati su denuncia dei magistrati di Taranto a sottostare a giudizio, e sicuramente a condanna, per aver esercitato il suo diritto di critica e o il suo diritto/dovere di difesa. Diritti garantiti dalla Costituzione ma disconosciuti sia a Taranto, sia a Potenza.
Potenza decide sul diritto di informare
TRIBUNALE DI POTENZA. SI DECIDE SUL DIRITTO DI CRITICA, MA ANCHE SUL DIRITTO DI INFORMARE.
Le maldicenze dicono che i giornalisti sono le veline dei magistrati. Allora, per una volta, facciamo parlare gli imputati.
Tribunale di Potenza. Ore 12 circa del 21 aprile 2016. All’udienza tenuta dal giudice Lucio Setola finalmente si arriva a sentenza. Si decide la sorte del dr. Antonio Giangrande. Scrittore, sociologo storico, blogger, youtuber, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, conosciutissimo sul web. Ma noto, anche, agli ambienti giudiziari tarantini per le critiche mosse al Foro per i molti casi di ingiustizia trattati nei suoi saggi, anche con interrogazioni Parlamentari, tra cui il caso di Sarah Scazzi e del caso Sebai, e per le sue denunce contro l’abilitazione nazionale truccata all’avvocatura ed alla magistratura. Il tutto condito da notizie non iscritte nel registro dei reati o da grappoli di archiviazioni (anche da Potenza), spesso non notificate per impedirne l’opposizione. Fin anche un’autoarchiviazione, ossia l’archiviazione della denuncia presentata contro un magistrato. Lo stesso che, anziché inviarla a Potenza, l’ha archiviata. Biasimi espressi con perizia ed esperienza per aver esercitato la professione forense, fin che lo hanno permesso. Proprio per questo non visto di buon occhio dalle toghe tarantine pubbliche e private. Sempre a Potenza, in altro procedimento per tali critiche, un Pubblico Ministero già di Taranto, poi trasferito a Lecce, dopo 9 anni, ha rimesso la querela in modo incondizionato.
Processato a Potenza per diffamazione e calunnia per aver esercitato il suo diritto di difesa per impedire tre condanne ritenute scontate su reati riferiti ad opinioni attinenti le commistioni magistrati-avvocati in riferimento all’abilitazione truccata, ai sinistri truffa ed alle perizie giudiziarie false. Alcuni giudizi contestati, oltretutto, non espressi dall’imputato, ma a lui falsamente addebitate. Fatto che ha indotto il Giangrande per dipiù a presentare una istanza di rimessione del processo ad altro Foro per legittimo sospetto (di persecuzione) ed a rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Rigettata dalla Corte di Cassazione e dalla Cedu, così come fan per tutti.
Per dire: una norma scomoda inapplicata.
Processato a Potenza, secondo l’atto d’accusa, per aver presentato una richiesta di ricusazione nei confronti del giudice di Taranto Rita Romano in tre distinti processi. Motivandola, allegando la denuncia penale già presentata contro lo stesso giudice anzi tempo. Denuncia sostenuta dalle prove della grave inimicizia, contenute nelle motivazioni delle sentenze emesse in diversi processi precedenti, in cui si riteneva Antonio Giangrande una persona inattendibile. Atto di Ricusazione che ha portato nel proseguo dei tre processi ricusati all’assoluzione con giudici diversi: il fatto non sussiste. Questione rinvenibile necessariamente durante le indagini preliminari, ma debitamente ignorata.
Ma tanto è bastato all’imputato, nell’esercitare il diritto di difesa ed a non rassegnarsi all’atroce destino del “subisci e taci”, per essere processato a Potenza. Un andirivieni continuo da Avetrana di ben oltre 400 chilometri. Ed è già una pena anticipata.
L’avvocato della difesa ha rilevato nell’atto di ricusazione la mancanza di lesione dell’onore e della reputazione del giudice Rita Romano ed ha sollevato la scriminante del diritto di critica e la convinzione della colpevolezza del giudice da parte dell’imputato di calunnia. La difesa, preliminarmente, ha evidenziato motivi di improcedibilità per decadenza e prescrizione. Questioni Pregiudiziali non accolte. L’accusa ha ravvisato la continuazione del reato, pur essendo sempre un unico ed identico atto: sia di ricusazione, sia di denuncia di vecchia data ad esso allegata.
Il giudice Rita Romano, costituita parte civile, chiede all’imputato decine di migliaia di euro di danno. Imputato già di per sé relegato all’indigenza per impedimento allo svolgimento della professione.
Staremo a vedere se vale la forza della legge o la legge del più forte, al quale non si possono muovere critiche. Che Potenza arrivi a quella condanna, dove Taranto dopo tanti tentativi non è riuscita?
Dicono su Avetrana accusata di omertà: “Chi sa parli!” Se poi da avetranese parli o scrivi, ti processano.
Alza la testa
“ALZA LA TESTA, INUTILE NEGARE L’EVIDENZA”
“L’Associazione Contro Tutte le Mafie, nell’ambito dell’iniziativa nazionale denominata “ALZA LA TESTA, INUTILE NEGARE L’EVIDENZA”, chiede ai giornalisti ed ai cittadini attivi di segnalare le video inchieste pubbliche presenti sul web, attinenti il degrado sociale e le disfunzioni pubbliche, conosciute dall’ampio panorama mediatico, che riguardano fatti nazionali e locali e che, catalogati per argomento e per territorio sui siti associativi, siano meritevoli di essere visionati nel tempo e nello spazio.”
L’Associazione Contro Tutte le Mafie, in collaborazione con i media amici di tutta Italia, inaugura una nuova stagione nazionale denominata: “ALZA LA TESTA, INUTILE NEGARE L’EVIDENZA”, al fine di evidenziare l’inadeguatezza del nostro apparato gerarchico burocratico pubblico, in tutte le sue componenti, e l’inettitudine della nostra classe politica che, malgrado le promesse elettorali, non vi pone mai rimedio.
Da sempre, ogni giorno della nostra vita, assistiamo ciclicamente a casi di malagiustizia, malasanità, malapolitica, ecc.. Ne restiamo indifferenti, quando le disgrazie capitano agli altri, fino a quando gli altri siamo noi. Solo allora ci rendiamo conto che c’è un muro di gomma che inibisce la soluzione ai nostri problemi. Spesso, censura ed autocensura ne sono corresponsabili.
Per questo si è concepito un contenitore universale neutro delle video inchieste giornalistiche, specie in una società civile, che o è schierata politicamente, o non legge e non si informa. La “Informazione” non deve essere esclusiva o alternativa, ma sussidiaria, complementare ed agevolativa.
A tal fine, con il presente appello si invitano tutti i giornalisti e i cittadini a segnalare all’associazione tutte le video inchieste dell’immenso panorama mediatico nazionale, riguardanti fatti locali o nazionali, meritevoli di essere portate alla ribalta nazionale e mondiale e degne di essere riviste nel tempo, affinché queste, una volta trasmesse dalle emittenti nazionali e locali, non siano abbandonate nell’oblio.
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Le video inchieste che dimostrano in modo oggettivo, a prescindere dagli esiti giudiziari od amministrativi, le manchevolezze e l’inadeguatezza del sistema pubblico, o il degrado della società civile, verranno catalogate per argomento e per territorio sui siti web.
Siti web con centinaia di accessi e contatti giornalieri da tutto il mondo, da parte di cittadini che vogliono conoscere la realtà del loro territorio d’origine.
Ogni cittadino del mondo, senza censure e faziosità e senza bisogno di traduzione, potrà accedere alla loro visione tramite l’accesso della pagina attinente una specifica provincia, ovvero alla pagina relativa al tema: mafia, giustizia, politica, amministrazione, sicurezza, informazione, economia, lavoro, istruzione, walfare, viabilità, ambiente, lavoro. Il tutto senza costringere l’utente ad una ricerca spasmodica nell’immenso panorama mediatico, spesso dispendiosa o infruttuosa, per verità che meritano di essere conosciute.
Noi, testimoni del nostro tempo, dobbiamo lasciare ai posteri la conoscenza della nostra realtà, come dobbiamo divulgare all’esterno le problematiche territoriali.
Una parziale o difforme rappresentazione della realtà inibisce l’intervento necessario delle istituzioni, ovvero dà all’esterno una immagine territoriale non veritiera.
Tutto ciò per smuovere le coscienze al fine di rinnovare una classe dirigente inetta ed inadeguata al passo con i tempi e promuovere una politica fondata sul merito che dia fatti, non cloni o parole.
Grazie dell’attenzione.
Presidente Dr Antonio Giangrande
Scrittore, accademico senza cattedra di Sociologia Storica, giornalista ed avvocato non abilitato, presidente nazionale dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ed autore del libro “L’Italia del trucco, l’Italia che siamo”.
Egli è testimone del suo tempo. Egli rappresenta la realtà, spesso ignorata o rifiutata dai contemporanei, per riportarla a conoscenza dei posteri.
I suoi siti riportano i dossier su tutte le tematiche sociali e territoriali, con scritti, immagini e filmati. Gli uffici stampa riportano gli articoli attinenti le risultanze dei dossier.
Sig. Direttore, con preghiera di diffusione. Presidente Dr Antonio Giangrande ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE
Intervista al Presidente Antonio Giangrande
INTERVISTA ALL'ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE E AL SUO PRESIDENTE
D. - Perché l’Associazione (storia, motivazioni)?
R. - "In Italia urge il bisogno di ribellarsi alle ingiustizie. Si ha l'esigenza di trovare qualcuno che ti ascolta e che sia dalla parte del più debole. Oggi non esiste Istituzione o Associazione, che, di fatto, tuteli, contro tutti i poteri forti, i diritti dei disabili, dei disoccupati, dei carcerati, delle vittime dei reati. In questa Italia, dove nulla è come appare, dietro alla falsa realtà propinata dai Media foraggiati dalla politica e dalla economia, ci sono milioni di storie di cittadini che devono subire e devono tacere. Vero è che anche le stesse vittime sono colluse o codarde. Pronti a pretendere aiuto per sé stesse e non disposti ad aiutare gli altri. In Italia c’è una maggioranza parlamentare, che non ci rappresenta, ma parla di libertà. In Italia c’è un’opposizione parlamentare, che non ci rappresenta, ma parla di libertà. In Italia tutti rappresentano i poteri forti, non i cittadini deboli. Quindi in Italia non c’è Libertà, Uguaglianza e Solidarietà. Il primo a parlare di questi ideali fu Gesù Cristo. Furono ripresi dalla rivoluzione francese. Oggi ci ritroviamo una Costituzione comunista e clericale, scritta da una sola parte di Italiani, invece, che fonda l’Italia sul Lavoro, non sugli ideali di cui sopra. Oltretutto con parlamentari senza vincolo di mandato e con magistrati che, unici, non pagano per i loro errori ed abusi. Art. 1 della Costituzione “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro (non sulla libertà e la giustizia). La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” (I limiti al potere popolare stabiliti da principi catto-comunisti, indicano una sudditanza al sistema di potere. Il potere popolare è delegato ai Parlamentari e agli organi da questi nominati: Presidente della Repubblica, Governo, organi di Garanzia e Controllo. La Magistratura è solo un Ordine Costituzionale: non ha un potere delegato, ma una funzione attribuita per pubblico concorso. In realtà la Magistratura si comporta come Dio in terra: giudica, ingiudicata.) Pur vigendo l'art. 3 della Costituzione, che rende i cittadini tutti uguali davanti alla legge, sia nei diritti che nei doveri, i magistrati hanno sviluppato un potere, incontrastato e squilibrato fin anche nei confronti degli altri poteri istituzionali. Sono gli unici a giudicare se stessi e per gli effetti ad essere impuniti. E allora, i papaveri in televisione di cosa parlano? Come vede, nulla è come appare. L'associazione è nata con un centinaio di iscritti nel 2004 per questo: denunciare penalmente i responsabili delle sopraffazioni e denunciare pubblicamente le omissioni e le omertà. Tutto questo senza favoritismi ed impunità. Sempre e comunque a favore delle vittime. Oggi siamo tantissimi in tutta Italia. Molti sono rappresentanti di associazioni o comitati tematici territoriali. L’Associazione, per le sue degne finalità, ha valenza istituzionale, perchè ai sensi dell’art. 21 e 118, comma 4, della Costituzione, svolge attività di interesse generale e di pubblica utilità, essendo iscritta presso la Prefettura di Taranto come associazione antimafia. Il suo simbolo è la stretta di mani. Il suo sito internet è www.controtuttelemafie.it dove vi sono tutte le inchieste sugli scandali italiani, spesso sottaciuti ed impuniti. Il sunto di queste inchieste è riportato sul libro che ho scritto: “L’Italia del trucco, l’Italia che siamo”, un saggio di denuncia civile senza peli sulla lingua, che nessun editore ha voluto pubblicare. Gli altri scrivono di singoli scandali. Il mio libro li contiene tutti. Ne viene fuori un’Italia da schifo, che nessuno vuol cambiare. Il libro è richiesto da molti istituti scolastici o amministrazioni civiche per farlo leggere nelle loro biblioteche".
D. - Da chi è composta l’associazione?
R. - "Dell'associazione fanno parte Magistrati, Professori Universitari, Avvocati, Giornalisti e cittadini di ogni censo. Si sono associati per divenire una unica forte voce di ribellione. Nel denunciare da soli i soprusi subiti sarebbero stati considerati, a torto, pazzi o mitomani. Se nessuno ci rappresenta, saremo noi stessi a rappresentarci e, conoscendo i problemi, a trovare le soluzioni. Non ci sono formalità per l'adesione, anche perchè nulla si guadagna. Basta sposare la causa e divulgare il messaggio di libertà e verità".
D. - Quali sono i riconoscimenti ricevuti?
R. - "Il miglior riconoscimento ricevuto è il ringraziamento da parte del Commissario Governativo per le iniziative contro la lotta alla mafia e all’usura, il quale mi ha invitato, anche, a partecipare all’incontro tenuto a Napoli con i Prefetti del Sud Italia per parlare di Sicurezza, mafia ed usura. Ciò significa considerarci degni interlocutori, mentre le Autorità locali ci ignorano, ci emarginano, ci perseguitano."
D. - Il suo scopo: ottenuto e da ottenere?
R. - "In seguito alla mia attività ho ricevuto solo ritorsioni: impedimento al lavoro e persecuzioni per reati inesistenti e con violazione del diritto di difesa. Il mio scopo è l'adozione delle nostre proposte di legge, tra cui spicca la modifica dell’art. 1 della Costituzione, in cui si prevede l’Italia come una Repubblica federale fondata sulla Libertà, Uguaglianza, Solidarietà, con rappresentanza parlamentare con vincolo di mandato e responsabilità per i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari. Altra proposta di legge è la previsione obbligatoria del difensore civico amministrativo e del difensore civico giudiziario. Figure, queste, che servirebbero a difendere i cittadini da lobby e caste."
D. - Quali sono le ritorsioni?
R. - "Sono scrittore, accademico senza cattedra di Sociologia Storica, giornalista ed avvocato non abilitato, presidente nazionale dell’Associazione Contro Tutte le Mafie ed autore del libro “L’Italia del trucco, l’Italia che siamo”. Il sistema mi impedisce: di pubblicare i miei libri; di insegnare nelle università ciò che ho scoperto in 20 anni di studi sulla società italiana; di pubblicare i miei articoli; di esercitare la professione di Avvocato per potermi sostenere economicamente e per poter difendere nelle aule dei tribunali chi non può; di operare come associazione antimafia, perchè non di sinistra; di far conoscere la mia opera letteraria. A causa della mia attività, per anni, con due cifre, sono stato vittima di bocciature ritorsive al concorso forense, che tutti ritengono truccato. Da ciò è scaturita la mia disoccupazione ed indigenza. Addirittura, ho ritenuto maturo ed opportuno tutelare i miei diritti. In presenza di innumerevoli irregolarità commesse a mio danno dalla Commissione di Reggio Calabria, competente a correggere i compiti della sessione 2008 del concorso forense dei candidati di Brindisi, Lecce e Taranto, (elaborati non corretti, commissione illegittima, ecc.) e in virtù della consapevolezza delle mie ragioni sostenute dalla folta giurisprudenza, ho presentato, senza l’ausilio dei baroni del Foro, l’istanza per poter accedere al gratuito patrocinio per presentare il ricorso al Tar. Pur essendoci i requisiti di reddito e nonostante le eccezioni presentate fossero già state accolte da molti Tar, la Commissione presso il Tar di Lecce mi nega un diritto palesemente fondato e lo comunica, malgrado l’urgenza, un mese dopo, a pochi giorni dalla decadenza del ricorso principale. Hanno rilevato una mancanza di fumus, con un sommario ed improprio giudizio di merito senza contraddittorio e su elementi chiarissimi ed incontestabili. E’ stato fatto da chi, direttamente o per colleganza, avrebbe deciso, comunque, il proseguo, nel caso in cui il ricorso al Tar sarebbe stato presentato in forma ordinaria, inibendone l’intenzione. Per dire: subisci e taci. Lo hanno comunicato dopo un mese, nel pieno delle ferie e a 15 giorni dalla decadenza del ricorso principale al TAR, impedendo, di fatto, anche la proposizione del ricorso in forma ordinaria. Mi sono rivolto al Governo per l’insofferenza delle istituzioni rispetto alle segnalazioni dei concorsi pubblici truccati, impuniti e sottaciuti, specialmente accademici, giudiziari, forensi e notarili, e ho segnalato la collusione della giustizia amministrativa per l’impedimento al ripristino della legalità. Fenomeno seguito dall’indifferenza, spesso indisponenza dei media. Il Governo mi ha risposto: hai pienamente ragione, provvederemo, stiamo già lavorando. Provvedimento mai arrivato. Il prezzo per la propria libertà è alto. Le ritorsioni non finiscono qui. Sono stato prontamente imputato a Potenza per diffamazione a mezzo stampa perché sul web e sulla stampa nazionale ed internazionale (La Gazzetta del sud Africa) ho riportato le prove che a Taranto, definito Foro dell’Ingiustizia, vi sono eccessivi errori giudiziari ed insabbiamenti impuniti: Magistratura che, in conflitto d’interessi, non si astiene dall’accusare e dal giudicare in processi, in cui si palesa la loro responsabilità inerente ad errori giudiziari; Forze dell’ordine che denunciano i reati e solo il 10% di questi si converte in procedimento penale. Potenza ha reiteratamente archiviato ogni denuncia presentata contro gli abusi e le omissioni della Procura di Taranto, compresa quella inerente una richiesta di archiviazione in cui essa stessa era denunciata e nonostante le varie interrogazioni dei parlamentari: Patarino, Bobbio, Bucciero, Lezza, Curto e Cito e nonostante gli articoli di stampa sugli innumerevoli errori giudiziari: caso on. Franzoso, caso killer delle vecchiette, caso della barberia, caso Morrone, ecc. La denuncia a Potenza è stata presentata da un Pubblico Ministero di Taranto, che ha chiesto l’archiviazione per un procedimento, in cui si era denunciato il fatto che presso il comune di Manduria non si rilasciavano legittime ricevute all’ufficio protocollo e che il comandante dei vigili urbani era vincitore del concorso da lui indetto, regolato e con funzioni di comandante pro tempore e di dirigente dell’ufficio del personale. La stessa procura di Taranto ha già cercato, non riuscendoci, di farmi condannare per abusivo esercizio della professione forense, pur sapendo di essere regolarmente autorizzato a patrocinare; ovvero di farmi condannare per calunnia per la sol colpa di aver presentato per il mio assistito opposizione provata avverso ad una richiesta di archiviazione infondata, tant’è che il vero responsabile è stato accertato nel dibattimento che ne è seguito; ovvero di farmi condannare per lesione per essermi difeso da un’aggressione subita nella propria casa al fine di impedirmi di presenziare all’udienza contro l’aggressore; ovvero farmi condannare per violazione della privacy e per diffamazione per aver pubblicato atti pubblici nocivi alla reputazione della stessa procura e di un avvocato che vinceva le cause, in cui a giudicare era un suo ex praticante. Procedimenti a mio carico sempre con impedimento alla difesa. Potenza. Foro in cui lo stesso Presidente di quella Corte di Appello aveva più volte chiesto conto alle procure sottoposte sulle denunce degli insabbiamenti a Taranto, rimaste lettera morta. Potenza, più volte sollecitata ad indagare sui concorsi forensi truccati, in cui vi sono coinvolti magistrati di Lecce, Brindisi e Taranto. Potenza, foro in cui è rimasta lettera morta la denuncia contro alcuni magistrati di Brindisi, che a novembre 2007 hanno posto sotto sequestro per violazione della privacy un intero sito dell’Associazione Contro Tutte Le Mafie composto da centinaia di pagine, effettuato con atti nulli e con incompetenza territoriale riconosciuta dallo stesso foro. Il sito conteneva, alla pagina di Brindisi, le notizie di stampa nazionale riguardanti il presunto complotto della medesima procura di Brindisi contro l’ex Giudice di Milano, Clementina Forleo. Da questa acclamata incompetenza territoriale il fascicolo è passato a Taranto. La procura di quel foro, reitera il sequestro dell’intero sito, in cui, alla pagina di Taranto vi era un corposo dossier sull’operato degli stessi uffici giudiziari. Da un conflitto d’interessi ad un altro. Potenza, foro in cui non si è proceduto contro un giudice del tribunale di Manduria, sezione distaccata di Taranto, che pensava bene di dare un esito negativo a tutte le cause in cui compariva Giangrande Antonio, come imputato o come difensore di parte, nonostante le ampie prove dimostrassero il contrario. Ma le ritorsioni non si fermano qui. A Santi Cosma e Damiano (LT) un Consigliere Comunale, adempiendo al suo dovere di vigilanza e controllo sulla legittimità degli atti amministrativi degli enti territoriali, con altri associati dell’Associazione Contro Tutte Le Mafie del posto, ha presentato vari esposti alle autorità competenti laziali. Esposti circostanziati e provati. Da questa meritoria attività è conseguita una duplice Interrogazione Parlamentare e un intervento da parte del Direttore Regionale del Dipartimento del Territorio della Regione Lazio. Dalle risposte istituzionali è scaturita una vasta infiltrazione mafiosa e ripetute illegittimità perpetrate a danno del territorio locale e dei suoi abitanti, in particolare sul territorio del basso Lazio, in provincia di Latina, da qui la richiesta di scioglimento dei Consigli Comunali di Santi Cosma e Damiano e di Minturno. Pur palesandosi la fondatezza delle accuse e il diritto-dovere costituzionale di informare i cittadini, oltretutto riportando fedelmente il contenuto di atti pubblici sui siti associativi, la reazione è stata la presentazione di una denuncia per calunnia e diffamazione a danno del Consigliere Comunale e del Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, dr Antonio Giangrande. Denuncia infondata in fatto e in diritto, ma per la quale la Procura di Roma si è dichiarata competente e pronta a procedere. Roma e non Latina o Taranto (foro del reato o dei presunti responsabili). Da tutti questi tentativi, atti ad intimorire ed ad indurre alla tacitazione, nessuna condanna è scaturita. Anzi, molti procedimenti penali sono rimasti nel limbo, spesso fermi per anni per pretestuosi errori formali: insomma nel dibattimento non si voleva che uscisse la verità o che si presentasse istanza di ricusazione. La Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo su mia istanza ha aperto un procedimento (n. 11850/07) contro l'Italia, per l'insabbiamento di 15.520 (quindicimilacinquecentoventi) denunce penali e ricorsi amministrativi, alcune a carico di magistrati e avvocati per associazione mafiosa e voto di scambio mafioso. Si rileva non solo l'immenso numero di procedimenti, a cui nulla è conseguito, pur con obbligo di legge, ma, addirittura, spesso e volentieri, colui il quale si era investito della competenza a decidere sulla denuncia penale, era lo stesso soggetto ivi denunciato. Da qui scaturiva naturale richiesta di archiviazione, poi prontamente accolta. Ogni tentativo di coinvolgere le istituzioni italiane preposte ha conseguito ulteriore insabbiamento. L’Associazione Contro Tutte le Mafie, ai sensi degli artt. 21 e 118, comma 4, Cost., svolge attività di interesse generale e di utilità pubblica di informazione, di denuncia e di proposta, sulla base del principio di sussidiarietà. Nonostante ciò non percepisce alcun finanziamento, né affidamento dei beni confiscati alla mafia, né alcuno spazio mediatico: solo perché non è di sinistra. Tutte le Tv locali non offrono spazi nei loro programmi di approfondimento, nonostante l’apporto di competenza e di audience. Tutte le tv nazionali non si avvalgono degli spunti esclusivi sulle tematiche nazionali. Ballarò di Rai tre, invia una troupe da Roma, per un servizio sui concorsi truccati: servizio mai andato in onda. RAI 1 stravolge il palinsesto per censurare lo spazio dedicato ad una associazione riconosciuta dal Ministero dell’Interno e che combatte in prima linea tutte le mafie. 10 minuti, il programma dell’accesso, previsto il 23 novembre 2007 alle 10.40, non è andato in onda. Nessun avviso, o comunicato, o motivazione è pervenuto alla sede dell'associazione, nè da parte della RAI, nè dalla Commissione di Vigilanza. Da qui l'interrogazione parlamentare del senatore Giovanni Russo Spena, per chiedere perché è stato censurato il servizio, ovvero perché si è inviata la troupe da Roma per un servizio mai trasmesso, con aggravio di costi per l’azienda RAI. Tutto questo, e anche peggio, succede a chi, non conforme all’ambiente colluso o codardo, non accetta di subire e di tacere".
D. - Il finanziamento dell’Associazione?
R. - "L'associazione è ONLUS. A differenza di tutte le altre associazioni, non riceviamo finanziamenti da nessuno, né gli aderenti pagano alcunché. Le spese e le attività sono tutte a carico del Presidente, pur nella sua indigenza, aiutato dai suoi familiari. A suo carico sono anche le responsabilità per le cose sacrosante che denuncia e che, per molti, devono essere sottaciute."
D. - Cosa chiede?
R. - "Ai media chiedo di aiutarmi a denunciare una realtà che ai più è sconosciuta, alla politica chiedo l'adozione delle mie proposte di legge, affinché si lasci una società migliore ai nostri figli, ai magistrati chiedo di essere giusti ed equi, rispettosi dei cittadini e della legge, senza impunità per nessuno."
D. - Quanto costa, a livello personale, non tacere su tutti i torti e le ingiustizie? E da dove nasce questa sua determinazione, nonostante il prezzo che si presume stia pagando per questa scelta?
R. - “Vivere in un ambiente dove tutti non vedono, non sentono, non parlano delle ingiustizie, che ci sono, ma che non vengono conosciute, significa essere emarginato ed essere accusato di devianza dalla conformità imperante. A livello personale costa l’essere indicato come mitomane o calunniatore pazzo, da parte di chi combatto e da parte di chi non conosce me e la mia attività. Costa l’essere impedito alla professione forense che si merito di svolgere, o costa l’essere perseguito per reati inesistenti, con impedimento alla difesa, sol perché si combattono i poteri forti. Costa l’essere ignorato dalla maggior parte dei media salentini, quando molti direttori di testate giornalistiche in tutta Italia hanno aderito alla mia associazione e la sostengono dandole la visibilità che si merita. Molti mi dicono perché lo faccio e perché non mi disinteresso delle vittime delle ingiustizie, che spesso sono irriconoscenti. In questo modo, guadagnandoci. Tra le mie inchieste, visibili su www.controtuttelemafie.it ho provato, tra le altre cose, che tutti i concorsi pubblici sono truccati o truccabili, che in carcere ci stanno i presunti innocenti e che in Italia vi sono stati 4,5 milioni di errori giudiziari. Io rispondo che lo faccio per i miei figli. Mio figlio con 2 lauree a 22 anni non deve chiedere la raccomandazione per vincere un concorso pubblico e chi è innocente deve esserlo fino a sentenza definitiva, previo giusto processo, che oggi, attraverso gli intrecci perversi tra avvocatura e magistratura non è assicurato. Per questo ho fondato l’Associazione Contro Tutte le Mafie, iscritta presso la Prefettura di Taranto: per informare i cittadini, con fatti provati ed incontestabili, che questa Italia è alla rovescia. Ognuno fa ciò che vuole, con l’aggravante dell’impunità.”
D. – Perché lo fa?
R.- A chi mi chiede perché lo faccio, io rispondo: « Ognuno pensa che le disgrazie colpiscano solo gli altri, senza tener conto che gli altri siamo anche noi. Sono il virus della verità che infetta le coscienze. Verità nascoste o dimenticate che rappresentano un'Italia tenuta al guinzaglio da un sistema di potere composto da caste, lobby, mafie e massonerie: un'Italia che deve subire e deve tacere. La “Politica” deve essere legislazione o amministrazione nell’eterogenea rappresentanza d’interessi, invece è meretricio o mendicio, mentre le “Istituzioni” devono meritarlo il rispetto, non pretenderlo. Il rapporto tra cittadini e il rapporto tra cittadini e Stato è regolato dalla forza della legge. Quando non vi è cogenza di legge, vige la legge del più forte e il debole soccombe. Allora uno “Stato di Diritto” degrada in anarchia. In questo caso è palese la responsabilità politica ed istituzionale per incapacità o per collusione. Così come è palese la responsabilità dei media per omertà e dei cittadini per codardia o emulazione. Chi si ribella come me ad uno stato di cose, in cui il vincente è destinato ad esserlo ancora di più ed il perdente è condannato ad esserlo ancora di più, è emarginato, condannato, affamato o ucciso. Non è sbagliato quello che dico, ma è sbagliato il posto in cui lo dico. Purtroppo qualcuno lo deve fare, perché il male vince dove il bene rinuncia a combattere. Solo i combattenti le battaglie giuste in una esistenza utile prestata ad aiutare gli altri, diventano eroi. Se soccombono sono Martiri. In una moltitudine di esistenze omologate, colluse o codarde, fotocopia di un modello comune imposto dal potere mediatico genuflesso a quello politico ed economico, il martirio rende immortali e indimenticati ».
D. - Ma chi è realmente la mafia? Solo chi è prepotente? O anche chi è potente? Oppure ancora per mafia deve intendersi anche chi, col silenzio o a causa del timore, potrebbe finire per essere in un certo senso colluso?
R. - "La mafia non è una entità astratta da usare a fini politici. Cominciamo a combattere il mafioso della porta accanto, quello con il colletto bianco, e non solo il bombarolo, esecutore dei suoi ordini. L’art. 416 bis c.p. rileva che mafiosi sono coloro che associandosi al fine di trarre vantaggio economico o politico, con strumenti illegali attuano la sopraffazione e l’omertà. I Riina, i Provenzano, ecc, sono personaggi che qualcuno ha ingrassato e protetto. Non posso credere che in Italia, personaggi che non sanno scrivere e leggere, possano agire indisturbati nel paese tra i più progrediti al mondo. L’estorsione attuata dai soggetti privati o l’omissione o l’abuso di potere dei soggetti pubblici attua la sopraffazione. I media codardi per paura delle ritorsioni, spesso collusi con questo sistema, attuano l’omertà. Il Presidente Forgione della commissione antimafia e l’alto Commissario Antimafia accusano le banche di essere il collettore delle attività di mafia ed usura. A Catanzaro sono stati promossi il 99% dei candidati agli esami forensi con il Commissario d’esame che dettava la prova scritta. Tutto è rimasto impunito perché i commissari d’esame erano magistrati, avvocati e professori universitari. Da sempre si diventa avvocati con i concorsi truccati, poi si scandalizzano dei test truccati a Bari. Di questo nessuno ne parla, perché tutti i giornali sono sovvenzionati da contributi pubblici elargiti dai politici, che rappresentano le lobby in Parlamento, compresa la lobby bancaria. giudiziaria e forense. A Taranto nessuno parla delle interrogazioni parlamentari presentate circa l’operato della magistratura in quella città, o come sia potuto succedere che si faccia fallire una città, avendo dato il tempo per farlo.”
D. - Ma lo Stato combatte veramente la mafia?
R. - “No, altrimenti dovrebbe rivolgere l'attenzione sui propri apparati. Pensate veramente che lo Stato non sappia acciuffare uno o più criminali, la maggior parte di loro semi analfabeti ? E' troppo facile fare la lotta alla mafia come lotta di parte o di facciata. Basta accusare l'avversario politico di essere mafioso, per prendere il potere. Ma questo cosa centra con usura ed estorsione? La cultura socio-mafiosa è insita nelle organizzazioni criminali, come lo è in certi apparati istituzionali o politici, come lo è nella società civile. Le istituzioni inefficienti e i media, loro servi, accusano i cittadini di essere omertosi. Nessuno si chiede qual'è il grado di legalità che vige nel paese o il grado di fiducia che i cittadini hanno nei confronti dello Stato. Non basta pretendere rispetto, bisogna meritarlo".
D. - Nei nostri piccoli comuni, crea più fastidi la mafia o chi combatte la mafia?
R. - “Nei piccoli comuni, come nei grandi centri vi è un agglomerato di interessi politici ed economici, che non vanno assolutamente toccati. Chi ne fa parte usa ogni mezzo per tutelare il sistema, spesso con l’illegalità e la violenza. Chi rimane fuori cerca di denunciarlo al mondo, ma rimane inascoltato ed emarginato. Ignorato da tutte le istituzioni e da tutte le forze politiche. Si combatte contro un muro di gomma.
D. - In questi anni in cui ha fondato l'associazione, quali sono state le soddisfazioni più grandi che ha avuto?
R. - “Nel mio paese e nel suo circondario sono rimasto il personaggio anonimo ed insignificante di sempre, invece: alla mia associazione hanno aderito magistrati, avvocati, professori universitari, giornalisti, ecc, molti di questi con fama e notorietà; alla sede dell’associazione vengono da tutte le parti d’Italia per chiedere assistenza e consulenza, che nella loro città non hanno potuto trovare; in moltissimi portali nazionali ed internazionali di informazione on line o cartacea parlano della mia associazione e pubblicano i miei articoli; molte radio e televisioni da tutta Italia mi chiedono di pubblicare gli spot dell'associazione o mi chiedono interviste telefoniche o interventi in studio. Addirittura il Comitato Parlamentare di Vigilanza sulla Rai ha autorizzato uno spazio speciale per l’ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE”; molti Istituti scolastici mi invitano per incontrare gli studenti per parlare di legalità; l’Alto Commissario del Governo per la lotta alla Mafia mi invita alla conferenza interregionale dei Prefetti del sud Italia. In definitiva posso dire, meglio vivere un giorno da leoni che cento da pecora, specie se per una giusta causa. Possono sopprimermi fisicamente o moralmente, ma la mia esistenza lascerà comunque traccia, avendo inculcato il principio che, ribellarsi alle ingiustizie, si può, stante le ritorsioni che provocano pari onore.”
5x1000, ma non per tutti
5x1000: BENEFICI, MA NON PER TUTTI
Il trucco del 5x1000: beneficio, ma non per tutti.
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2010 si è previsto per il 2010 la possibilità per i contribuenti di destinare una quota pari al 5 per mille dell'Irpef a finalità di interesse sociale. Associazioni ed enti pronti a rimpinguare le loro misere casse con l'adesione di cittadini seguaci delle loro attività. Sarebbe bello se non fosse tutto un trucco, così come ha constatato l'Associazione Contro Tutte le Mafie, che avrebbe investito quei contributi nei suoi siti web: d'inchiesta www.controtuttelemafie.it e di promozione del territorio www.telewebitalia.eu .
L’Agenzia delle Entrate ha imposto la presentazione delle richieste di ammissione al beneficio entro il 7 maggio 2010 e solo in forma telematica, nei modi e nelle forme previste dall’ufficio. Per farlo vi è l’obbligo dell’abilitazione ai servizi telematici.
Dal 23 aprile al 7 maggio ci sono 14 giorni, di cui solo 10 lavorativi.
In questi 10 giorni, molti richiedenti hanno provato ad inoltrare la richiesta, ma il sistema non ha riconosciuto la password e il pincode dell’anno precedente.
I contatti telefonici con l’agenzia (a pagamento) sono stati impediti dalla lunga lista d’attesa, (fino a 70 contribuenti).
La richiesta del nuovo pincode e password è rimasta disattesa nei termini, se non riceverla dopo 12 giorni dall’istanza. Le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate non hanno alcuna data, per cui inutile contestare il ritardo, non avendo prova, né te la fornisce il servizio postale, che interpellato sull’apposizione della data di ricezione, ti dice: “noi non mettiamo alcuna data, altrimenti i ritardi dell’Agenzia delle Entrate ricadono su di noi”. In questo modo gli enti pubblici fanno ricadere le colpe sui contribuenti, che non possono provare il disservizio.
Comunque, se pur in palese ritardo, la richiesta del beneficio non si può inoltrare, in quanto avere il pincode e la password non basta. Dopo tutto il casino, nel momento in cui attivi i servizi telematici, ti comunicano sul portale web dell’Agenzia che bisogna rivolgersi ad un incaricato terzo abilitato (a pagamento). Cosa che a saperla, si sarebbe potuta fare dall’inizio, senza aver percorso tutta la trafila burocratica inutile.
Risultato: in tempi ristretti e per i disservizi dell’Agenzia delle Entrate non tutti hanno potuto accedere al beneficio. Ed è solo una semplice istanza.
Il problema è che la prassi si ripete ogni anno e nessuno vi pone rimedio, mentre i contribuenti ignari pensano di aver donato una quota di tasse alla loro associazione, mentre i contributi, in realtà, vanno ad altri sodalizi.
Nonostante un'interrogazione Parlamentare nessun ristoro vi è stato per il diritto leso.
Ma non è tutto. Il dr Antonio Giangrande, Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, fino a quando gli è stato permesso di esercitare la professione forense, ha presentato presso il Giudice di Pace di Manduria una richiesta di risarcimento danni a favore dei cittadini contro il Comune di Avetrana, in quanto l’Ente li aveva diffamati ed arrecato danno economico per la tutela, contestando loro l’evasione fiscale in cartelle di pagamento. Credito attestato essere inesistente. Il giudice rigettò con sarcasmo la particolarità della richiesta. Peccato che in altri fori molte associazioni dei consumatori hanno ottenuto numerose condanne al risarcimento del danno esistenziale e personale provocato ad alcuni cittadini vittime di cartelle pazze.
Sulla scia del fenomeno denunciato è scandaloso quanto succede a Taranto.
L’avv. Patrizio Giangrande, fratello del presidente Antonio Giangrande, e l’avv. Giancarlo De Valerio vincono la causa contro Equitalia Spa per risarcimento danni, sulla base di ipoteche su immobili emesse da detta società senza alcun avviso e per importi milionari attinenti presunti crediti, risultati inesistenti. Il Tribunale ha riconosciuto il risarcimento di svariate migliaia di euro liquidati in via equitativa.
La cosa scandalosa è che, purtroppo, sono migliaia i casi in cui avvengono invii di cartelle talvolta recanti debiti anche estinti e con scadenze decennali. Il sistema permette al Fisco di effettuare sequestri di immobili o fermo amministrativo di auto, senza aver verificato, come nel caso di causa, la effettiva esistenza debitoria applicando interessi e spese che spesso superano l’importo del debito stesso, stranamente somme non calcolate come usuraie.
Allucinante è il fatto che gli avvocati, in virtù della sentenza di condanna, recatisi unitamente all’ufficiale giudiziario per rendere ad Equitalia il torto subito ed eseguire il pignoramento presso la loro sede a Taranto, gli è stato comunicato dalla stessa Equitalia spa che non intende pagare, ritenendo i beni e i fondi insequestrabili.
Pazzesco è che solo il Quotidiano di Puglia, alla pagina interna su Manduria, a firma di Gianluca Ceresio, si è occupato della vicenda che interessa tutti i cittadini, non solo tarantini, per la disparità di trattamento dei diritti lesi.
Azione Liberale
“Azione Liberale”. Nato un coordinamento politico tra associazioni apartitiche. Con questa politica la misura è colma.
Nasce un nuovo movimento politico, AZIONE LIBERALE, costola della “Associazione Contro Tutte le Mafie”. Lo presenta il presidente del sodalizio nazionale dr Antonio Giangrande: «Noi siamo vittime dei problemi, noi proponiamo le soluzioni. Se nessuno ci rappresenta, ci rappresentiamo da soli.
Sono il dr Antonio Giangrande, presidente nazionale della “Associazione Contro Tutte le Mafie” riconosciuta dal Ministero degli Interni. Nata come sodalizio nazionale antimafia ed antiusura al di fuori dell’influenza della sinistra e del coordinamento di “Libera” e poi sviluppata come gruppo con interessi pluritematici. Questo, tenuto conto della restaurazione dello status quo e la correlazione tra criminalità e gruppi di potere istituzionali, economici e mediatici. L’associazione collabora con tante altre associazioni tematiche e territoriali. Ciò per conoscere meglio i problemi e proporre le soluzioni. Da questa competenza fattuale sono nati i saggi d’inchiesta. L’associazione ha i suoi siti web di denuncia ed ha una televisione web nazionale di promozione del territorio. Ha contatti con oltre 2000 redazioni giornalistiche in tutta Italia che pubblicano i suoi articoli. L’associazione per l’attuazione delle finalità statutarie ha sentito l’esigenza di formare un movimento politico nazionale, apartitico, chiamato “Azione Liberale”. La persistente vecchia classe politica dirigente non può essere smantellata da un gruppo disomogeneo di cittadini senza alcuna competenza specifica sui temi da trattare. Il collante del “Movimento 5 Stelle” è un’azione utopica ed illiberale di sfaldamento del sistema, senza alcuna proposta politica di vera riforma. Per questo il movimento “Azione Liberale” coadiuva altri movimenti politici apartitici locali. “Azione Liberale”, in virtù della conoscenza dei problemi, non protesta. Essa conosce le soluzioni ed ha le sue proposte normative da attuare o far attuare in Parlamento. Non siamo conosciuti a livello mediatico istituzionale, perché vogliamo rivoltare l’Italia come un calzino. Non siamo spinti dall’odio verso il potere, né siamo giustizialisti. Noi non protestiamo, ma proponiamo.
Noi inconsistenti come gli altri ed in cerca di facile e gratuita pubblicità? No!! Siamo presenti, attivi e noti. Per questo siamo osteggiati dal potere e dai suoi servi mediatici. Noi diciamo che se il debole grida nessuno lo ascolta. Se i deboli gridano all’unisono i loro problemi, fin qui inascoltati, il loro boato farà scuotere le coscienze.
La deflagrazione non avviene con un corteo di protesta diretto a chi non ti ascolta, ma con un invito mirato a tutti quegli italiani sfiduciati e traditi che mai più votano e con l’indirizzo rivolto alla punta della matita sulle schede elettorali. Votare chi rappresenta. Il nostro movimento, per il momento, non ha mai avuto sbocco in Parlamento per il semplice fatto che troppe “prime donne” ed il primato della vanità e del pavoneggiarsi dell’apparire dei presidenti dei sodalizi gemellati ha inibito ogni forma di reale collaborazione. L’interesse privato prevarica l’interesse collettivo. L’Io più del Noi. L’ambizione più della ragione. Un male endemico italico.
Oggi è l’ora di cambiare. Invitiamo tutti alla moderazione ed all’unità. Contano i programmi e non gli uomini; le idee non i nomi. Chiunque può far parte del nostro movimento a condizione che, conoscendole, approvi e divulghi le nostre proposte frutto di ricerche, approfondimenti e comparazione dei Diritti esteri. Sono idee che camminano, non chiacchiere da raccontare.
La Costituzione che vorremmo
“LA COSTITUZIONE CHE VORREMMO”
Proposta di legge di iniziativa popolare. Sottoscrizione e formazione di comitati.
Con invito ad aderire e diffondere.
“LA COSTITUZIONE CHE VORREMMO”
1. L’Italia è una repubblica democratica e federale fondata sulla libertà. I cittadini sono tutti uguali e solidali.
2. I rapporti tra cittadini e tra cittadini e Stato sono regolati da un numero ragionevole di leggi, chiare e coercitive.
3. Le pene sono mirate al risarcimento ed alla rieducazione, da scontare con la confisca dei beni e con lavori socialmente utili.
4. E’ libera ogni attività economica, professionale, sociale, culturale e religiosa. Il sistema scolastico o universitario assicura l’adeguata competenza. Le scuole o le università sono rappresentate da un preside o un rettore eletti dagli studenti o dai genitori dei minori. Il preside o il rettore nomina i suoi collaboratori, rispondendo delle loro azioni presso la Commissione di garanzia.
5. Lo Stato assicura ai cittadini ogni mezzo per una vita dignitosa.
6. Il lavoro subordinato pubblico e privato è remunerato secondo efficienza e competenza. Le commissioni disciplinari sono composte da 2 rappresentanti dei lavoratori e presiedute da un dirigente pubblico o aziendale.
7. Lo Stato chiede ai cittadini il pagamento di un unico tributo, secondo il suo fabbisogno, sulla base della contabilità centralizzata desunta dai dati incrociati forniti telematicamente dai contribuenti, con deduzioni proporzionali e detrazioni totali. Agli evasori sono confiscati tutti i beni.
8. Lo Stato assicura a Regioni e Comuni il sostentamento e lo sviluppo.
9. E’ libera la parola, con diritto di critica, di cronaca, d’informare e di essere informarti.
10. L’Italia è divisa in 30 regioni, comprendenti i comuni che ivi si identificano.
11. Il potere è dei cittadini. Il cittadino ha il potere di autotutelare i suoi diritti.
12. I senatori e i deputati, il capo del governo, i magistrati, i difensori civici sono eletti dai cittadini con vincolo di mandato. Essi rappresentano, amministrano, giudicano e difendono secondo imparzialità, legalità ed efficienza in nome, per conto e nell’interesse dei cittadini. Essi sono responsabili delle loro azioni e giudicati da una Commissione di garanzia centrale e regionale.
13. Gli amministratori pubblici nominano i loro collaboratori, rispondendone del loro operato.
14. La commissione di garanzia, eletta dai cittadini, è composta da un senatore, un deputato, un magistrato, un rettore, un difensore civico con incarico di presidente. La Commissione centrale giudica in secondo grado e in modo esclusivo i membri del governo. Essa giudica, anche, sui contrasti tra leggi e tra funzioni.
15. Il difensore civico difende i cittadini da abusi od omissioni amministrative, giudiziarie, sanitarie o di altre materie di interesse pubblico. Il difensore civico è eletto in occasione delle elezioni del parlamento, del consiglio regionale e del consiglio comunale.
16. I 150 senatori sono eletti proporzionalmente, con liste regionali, tra i magistrati, gli avvocati, i professori universitari, i medici, i giornalisti.
17. I 300 deputati sono eletti, con liste regionali, tra i restanti rappresentanti la società civile. Il Parlamento vota e promulga le leggi propositive e abrogative proposte dal Governo, da uno o più parlamentari, da una Regione, da un comitato di cittadini. Il Governo, entro 30 giorni dalla legge, emana i regolamenti attuativi di carattere federale. Le regioni, entro 30 giorni dalla legge, emanano i regolamenti attuativi di carattere regionale.
18. La presente Costituzione si modifica con i 2/3 del voto dell’assemblea plenaria, composta dai membri del Parlamento, del Governo e dai presidenti delle Giunte e dei Consigli regionali. Essa è convocata e presieduta dal Presidente del Senato.
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PERCHE’ I DIVERSI SONO EMARGINATI E PERSEGUITATI ??
February 22, 2010 — controvoce
1 web tv nazionale fatta da centinaia di web tv locali con servizio gratuito di pubblicazione dei filmati per gli aderenti, in cui ogni paese o città si presenta al mondo per incentivare sviluppo economico e sociale per battere l’illegalità: eventi rappresentativi, attività di enti pubblici ed associazioni, aziende, video denunce;
5 siti web associativi, con centinaia di contatti al giorno, in cui si riportano, in modo analitico ed imparziale, per argomento e per territorio, le illegalità impunite e sottaciute, affinché non si ignori o non si dimentichi;
5 siti blog di agenzie stampa a cui accedono centinaia di giornalisti per i loro articoli;
2 social network, in cui è inibita la partecipazione a chiunque usi lo strumento a fini di propaganda politica o diffamatoria;
1 libro denuncia di inchiesta sociologica, sunto dei siti web, richiesto da tante biblioteche comunali e scolastiche.
Tutto ciò non basta per avere visibilità, notorietà e sostegno.
Oscurati dai media, pur essendo un sodalizio nazionale, perché non faziosi e non asserviti alla magistratura ed a questa politica di destra, di centro, di sinistra. Per i giornalisti è meglio il gossip o la faziosità, ovvero leggere le veline giudiziarie e dare la parola ai soliti “parrucconi”.
Ridotti alla fame e all’emarginazione. Decine di processi pretestuosi e ritorsivi a carico per reati di diffamazione a mezzo stampa, sol perché si riporta quanto pubblicato da altre fonti note e credibili. Per il potere devi subire e devi tacere.
Penso di fare la mia parte per cambiare la nostra Italia, ma l’Italia, si lamenta, ma non vuol essere cambiata.
Per questo ci ritroviamo da soli a portare avanti una battaglia di civiltà.
Oggi, impotenti, elemosinando visibilità e solidarietà dalle vittime del sistema, possiamo solo riportare ai posteri una realtà ed una verità che non devono essere dimenticate.
Comunque, noi siamo orgogliosi di essere diversi in una omologazione imperante, dove ognuno è clone di un modello istituzionale destinato all’estinzione.
L’Italia è un caos organizzato, dove la giustizia, si prevede, sia amministrata solo in nome del popolo, ma si omette di legiferare, affinché essa sia amministrata anche per conto ed interesse dei cittadini.
L’Italia dove mai nulla cambia e, semmai succedesse, cambia solo in peggio.
Gli anormali non siamo noi, ma lo è chi accetta tutto ciò, con codardia tacendo.
Le Amministrative
AMMINISTRATIVE
L’Associazione Contro Tutte le Mafie con il suo movimento politico, “AZIONE LIBERALE”, per le amministrative 2011 offre un’opportunità di riscatto a tutti quei giovani che sono impediti o disgustati da questa politica: ossia a quel 40/50 % di elettorato che non va a votare, perché non si sente rappresentato.
Oggi, nel guardare al futuro, vediamo il passato. Liste per le elezioni amministrative con gli stessi nomi, sempre uguali a se stessi per decenni.
Da una parte i “comunisti” con i loro alleati. Si considerano da sempre i migliori dal punto di vista intellettuale: o sei con loro o sei nulla. Invece sono ignoranti perché si nutrono solo con cultura sinistroide. Efficienti dal punto di vista amministrativo per favorire al meglio i loro amici a scapito degli altri, creando consenso. Gli avversari non li combattono, li distruggono con la violenza, spesso giudiziaria. Inquadrati ed omologati ad un “Kapo” e alla sua idea conforme e retrograda, che non si discute, ma si impone agli altri. Con le primarie, spesso, l’ala più oltranzista, fondamentalista ed organizzata si impone con il solo 10% di tutto l’elettorato di sinistra.
Dall’altra parte un’accozzaglia di partiti estinti, non certo liberale, eterea, improduttiva ed interessata solo al profitto.
Tra di loro e con loro, partiti cattolici o forcaioli, pronti a saltare sul carro dei vincitori.
Per i cittadini, comunque, nulla cambia: incompetenza, clientelismo, inefficienza e sprechi.
“AZIONE LIBERALE” in un contesto coordinato extraterritoriale e con strumenti collaudati offre l’opportunità di comporre liste alternative a tutti quei giovani, professionisti, imprenditori, studenti e dipendenti, che vogliono cambiare la loro città con la propria competenza, ma non sono inquadrati nella vecchia politica.
Ciò non sarà vincente nel presente, ma sicuramente nel futuro. Sarà un segnale di speranza di cambiamento per quel 40/50 % di non votanti e per mandare a casa tutti coloro i quali pensano che la politica sia solo “Roba Loro”.
Saremmo grati per la divulgazione di questa pubblica comunicazione.
Pro Bono Pubblico Obbligatorio
PRO BONO PUBLICO OBBLIGATORIO.
«Non è possibile che nel 2014 gli indigenti muoiano per i denti o sono detenuti pur innocenti. Se i comunisti da 70 anni non lo hanno ancora fatto, propongo io la panacea di questi mali.»
Così afferma il dr Antonio Giangrande, noto saggista di fama mondiale e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, sodalizio antimafia riconosciuto dal Ministero dell’Interno. Associazione fuori dal coro e fuori dai circuiti foraggiati dai finanziamenti pubblici.
«Al fine di rendere effettivo l’accesso ai servizi sanitari e legali a tutti gli indigenti, senza troppi oneri per le categorie professionali interessate, presento ai parlamentari, degni di questo incarico, questa mia proposta di legge:
PER LA TUTELA DEI DIRITTI DEGLI INDIGENTI
PRO BONO PUBLICO OBBLIGATORIO
“Per tutelare i diritti dei non abbienti si obbliga, a mo’ di PRO BONO PUBLICA, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, ai sensi dell’art.359 c.p., a destinare il 20 % della loro attività o volume di affari al servizio gratuito a favore degli indigenti.
E’ indigente chi percepisce un reddito netto non maggiore di 1.000 euro, rivalutato annualmente in base all’inflazione.
L’onere ricade sulla collettività, quindi, ai fini fiscali e contributivi, ogni attività pro bono publica, contabilizzata con il minimo della tariffa professionale, è dedotta dal reddito complessivo.
Sono abrogate le disposizioni di legge o di regolamenti incompatibili con la presente legge.”
Morire di denti
A.D. 2014. MORIRE DI DENTI, MORIRE DI POVERTA’, MA I DENTISTI SI SCAGLIANO CONTRO ANTONIO GIANGRANDE.
«Siamo un paese di gente che, presi uno ad uno, si definisce onesta. Per ogni male che attanaglia questa Italia, non si riesce mai a trovare il responsabile. Tanto, la colpa è sempre degli altri!». Così afferma il dr Antonio Giangrande, noto saggista di fama mondiale e presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, sodalizio antimafia riconosciuto dal Ministero dell’Interno. Associazione fuori dal coro e fuori dai circuiti foraggiati dai finanziamenti pubblici.
«Quando ho trattato il tema dell’odontoiatria, parlando di un servizio non usufruibile per tutti, non ho affrontato l’argomento sulla selezione degli odontoiatri. Non ho detto, per esempio, che saranno processati a partire dal prossimo 6 marzo 2014 i 26 imputati rinviati a giudizio dal gup del Tribunale di Bari Michele Parisi nell’ambito del procedimento per i presunti test di ingresso truccati per l’ammissione alle facoltà di odontoiatria e protesi dentaria delle Università di Bari, Napoli, Foggia e Verona, negli anni 2008-2009. Ho scritto solo un articolo asettico dal titolo eclatante.»
LA LOBBY DEI DENTISTI E LA MAFIA ODONTOIATRICA.
In una sequela di corpi nudi, da quale particolare tra loro riconosceresti un indigente? Dai denti, naturalmente! Guardalo in bocca quando ride e quando parla e vedrai una dentatura incompleta, cariata e sporca.
In fatto di salute dentale gli italiani non si rivolgono alla ASL. I dentisti della ASL ci sono, eppure è solo l’8% degli italiani ad avvalersi dei dentisti pubblici. Nel 92% dei casi gli italiani scelgono un dentista privato. Più che altro ad influenzare la scelta per accedere a questa prestazione medica è perché alla stessa non è riconosciuta l’esenzione del Ticket. Ci si mette anche la macchinosità burocratica distribuita in più tempi: ricetta medica; prenotazione, pagamento ticket e finalmente la visita medica lontana nel tempo e spesso a decine di km di distanza, che si protrae in più fasi con rinnovo perpetuo di ricetta, prenotazione e pagamento ticket. La maggiore disponibilità del privato sotto casa a fissare appuntamenti in tempi brevi, poi, è la carta vincente ed alla fine dei conti, anche, la più conveniente. Ciononostante la cura dei denti ci impone di aprire un mutuo alla nostra Banca di fiducia.
Il diritto alla salute dei denti, in questo stato di cose, in Italia, è un privilegio negato agli svantaggiati sociali ed economici.
LA VULNERABILITA’ SOCIALE. Può essere definita come quella condizione di svantaggio sociale ed economico, correlata di norma a condizioni di marginalità e/o esclusione sociale, che impedisce di fatto l’accesso alle cure odontoiatriche oltre che per una scarsa sensibilità ai problemi di prevenzione e cura dei propri denti, anche e soprattutto per gli elevati costi da sostenere presso le strutture odontoiatriche private. L’elevato costo delle cure presso i privati, unica alternativa oggi per la grande maggioranza della popolazione, è motivo di ridotto accesso alle cure stesse anche per le famiglie a reddito medio – basso; ciò, di fatto, limita l’accesso alle cure odontoiatriche di ampie fasce di popolazione o impone elevati sacrifici economici qualora siano indispensabili determinati interventi.
Pertanto, tra le condizioni di vulnerabilità sociale si possono individuare tre distinte situazioni nelle quali l’accesso alle cure è ostacolato o impedito:
a) situazioni di esclusione sociale (indigenza);
b) situazioni di povertà:
c) situazioni di reddito medio – basso.
Perché il Servizio Sanitario Nazionale e di rimando quello regionale e locale non garantisce il paritetico accesso alle cure dentali? Perché a coloro che beneficiano dell’esenzione al pagamento del Ticket, questo non è applicato alla prestazione odontoiatrica pubblica?
Andare dal dentista gratis è forse il sogno di tutti, visti i conti che ci troviamo periodicamente a pagare e che non di rado sono la ragione per cui si rimandano le visite odontoiatriche, a tutto discapito della salute dentale. Come avrete capito, insomma, non è così semplice avere le cure dentistiche gratis e spesso, per averle, si devono avere degli svantaggi molto forti, al cui confronto la parcella del dentista, anche la più cara, non è nulla. E’ però importante sapere e far sapere che, chi vive condizioni di disagio economico o ha malattie gravi, può godere, ma solo in rare Regioni, di cure dentistiche gratuite a totale carico del Sistema Sanitario Nazionale. Diciamo subito che non tutti possono avere questo diritto: le spese odontoiatriche non sono assimilabili a quelle di altre prestazioni mediche offerte nelle ASL, negli ospedali e nelle cliniche convenzionate di tutta Italia. Inoltre, qualora si rendano necessarie protesi dentarie o apparecchi ortodontici, questi sono a carico del paziente: vi sono però alcune condizioni particolari che permettono, a seconda dei regolamenti regionali, di ottenere protesi dentali gratuite e apparecchi a costo zero o quasi. Le regioni amministrano la sanità, e dunque anche le cure dentistiche, con larghe autonomie che a loro volta portano a differenze anche sostanziali da un luogo all’altro. Bisogna, quando si nasce, scegliersi il posto!
Alla fine del racconto, la morale che se ne trae è una. E’ possibile che la lobby dei dentisti sia così forte da influenzare le prestazioni sanitarie delle Asl italiane e gli indirizzi legislativi del Parlamento? In tempo di crisi ci si deve aspettare un popolo di sgangati senza denti, obbligati al broncio ed impediti al sorriso da una ignobile dentatura?
Questo articolo è stato pubblicato da decine di testate di informazione. E la reazione dei dentisti non si è fatta attendere, anche con toni minacciosi. Oggetto degli strali polemici è stato, oltre che Antonio Giangrande, il direttore di “Oggi”.
«I Dentisti non sono mafiosi bensì gli unici che si prendono cura dei cittadini». ANDI protesta con Oggi per una delirante lettera pubblicata. Così viene definito l’articolo. Il 14 gennaio 2014 sul sito del settimanale Oggi, nella rubrica “C’è posta per noi”, è stata pubblicata una missiva del dott. Antonio Giangrande presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie dal titolo “La lobby dei dentisti e la mafia odontoiatrica”. Nella nota Giangrande analizza il bisogno di salute orale e le difficoltà del servizio pubblico di dare le risposte necessarie chiedendosi se tutto questo non è frutto del lavoro della lobby dei dentisti talmente potente da influenzare le prestazioni sanitarie delle Asl e le decisioni del Parlamento. ANDI, per tutelare l’immagine dei dentisti liberi professionisti italiani, sta valutando se intraprendere azioni legali nei confronti dell’autore della lettera e del giornale. Intanto ha chiesto di pubblicare la nota che riportiamo sotto. La Redazione di Oggi ha scritto il 24.1.2014 alle 16:59, Il precedente titolo della lettera del Dottor Giangrande era fuorviante e di questo ci scusiamo con gli interessati. Qui di seguito l’intervento dell’Associazione Nazionale Dentisti italiani, a nome del Presidente Dott. Gianfranco Prada, in risposta allo stesso Dottor Giangrande. «A nome dei 23 mila dentisti italiani Associati ad ANDI (Associazione Nazionale Dentisti Italiani) che mi onoro di presiedere vorrei rispondere alla domanda che il dott. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro tutte le Mafie ha posto sul suo giornale il 14 gennaio. “E’ possibile che la lobby dei dentisti sia così forte da influenzare le prestazioni sanitarie delle Asl italiane e gli indirizzi legislativi del Parlamento? In tempo di crisi ci si deve aspettare un popolo di sgangati senza denti, obbligati al broncio ed impediti al sorriso da una ignobile dentatura?” La risposta è no. No, dott. Giangrande non c’è una lobby di dentisti così forte da influenzare le scelte della sanità pubblica. La causa di quanto lei scrive si chiama spending review o se vogliamo utilizzare un termine italiano dovremmo dire tagli: oltre 30 miliardi negli ultimi due anni quelli per la sanità. Poi io aggiungerei anche disinteresse della politica verso la salute orale che non ha portato, mai, il nostro SSN ad interessarsi del problema. Vede dott. Giangrande lei ha ragione quando sostiene che un sorriso in salute è una discriminante sociale, ma non da oggi, da sempre. Ma questo non per ragioni economiche, bensì culturali. Chi fa prevenzione non si ammala e non ha bisogno di cure. Mantenere sotto controllo la propria salute orale costa all’anno quanto una signora spende alla settimana dalla propria parrucchiera. Ed ha anche ragione quando “scopre” che le cure odontoiatriche sono costose, ma non care come dice lei. Fare una buona odontoiatria costa e costa sia al dentista privato che alla struttura pubblica, che infatti non riesce ad attivare un servizio che riesca a soddisfare le richieste dei cittadini. Inoltre, oggi, lo stato del SSN quasi al collasso, non consente investimenti nell’odontoiatria: chiudono i pronto soccorso o vengono negati prestazioni salva vita. Ma le carenze del pubblico nell’assistenza odontoiatrica non è neppure di finanziamenti, è di come questi soldi vengono investiti. Qualche anno fa il Ministero della Salute ha effettuato un censimento per capire le attrezzature ed il personale impiegato da Ospedali ed Asl nell’assistenza odontoiatrica e da questo è emerso che i dentisti impiegati utilizzano gli ambulatori pubblici in media per sole 3 ore al giorno. Ma non pensi sia per negligenza degli operatori, molto spesso è la stessa Asl che non può permettersi di attivare il servizio per più tempo. Non ha i soldi. Però poi succede anche che utilizzi le strutture pubbliche per dare assistenza odontoiatrica a pagamento e quindi per rimpinguare i propri bilanci. Come mai non ci indigna per questo? Il problema non è di carenza di attrezzature (mediamente quelle ci sono) sono i costi per le cure. Una visita odontoiatria è molto più costosa di una visita di qualsiasi altra branca della medicina. Pensi quando il suo dermatologo o cardiologo la visita e poi allo studio del suo dentista in termini di strumenti, attrezzature e materiali utilizzati. Anche con i pazienti che pagano il ticket l’Asl non riesce a coprire neppure una piccola parte dei costi sostenuti per effettuare la cure. Da tempo chiediamo ai vari Ministri che negli anni hanno trascurato l’assistenza odontoiatrica di dirottare quegli investimenti in un progetto di prevenzione odontoiatrica verso la fasce sociali deboli e i ragazzi. Una seria campagna di prevenzione permetterebbe di abbattere drasticamente le malattie del cavo orale, carie e malattia parodontale, diminuendo drasticamente la necessità di interventi costosi futuri come quelli protesici. Invece nelle nostre Asl e negli ospedali non si previene e non si cura neppure, perché costa troppo curare, così si estraggono solo denti… creando degli “sdentati” che avranno bisogno di protesi. Dispositivo che il nostro SSN non può erogare. Ma molto spesso lo fa a pagamento. Pensi, dott. Giangrande, siamo talmente lobbie che l’unico progetto di prevenzione pubblica gratuito attivo su tutto il territorio nazionale è reso possibile da 35 anni dai dentisti privati aderenti all’ANDI. Stesso discorso per l’unico progetto di prevenzione del tumore del cavo orale, 6 mila morti all’anno per mancata prevenzione. Per aiutare gli italiani a tutelare la propria salute orale nell’immediato basterebbe aumentare le detrazioni fiscali della fattura del dentista (oggi è possibile detrarre solo il 19%) ma questo il Ministero dell’Economia dice che non è possibile. Però da anni si permette ai cittadini di detrarre oltre il 50% di quanto spendono per ristrutturare casa o per comprare la cucina. Come vede, caro dott. Giangrande, il problema della salute orale è molto serio così come molto serio il problema della mafia. Ma proprio perché sono problemi seri, per occuparsene con competenza bisogna sforzarsi di analizzare il problema con serietà e non fare le proprie considerazioni utilizzando banali lunghi comuni. In questo modo insulta solo i dentisti italiani che sono seri professionisti e non truffatori o peggio ancora mafiosi. Fortunatamente questo i nostri pazienti lo sanno, ecco perché il 90% sceglie il dentista privato e non altre strutture come quelle pubbliche o i low cost. Perché si fida di noi, perché siamo seri professionisti che lavorano per mantenerli sani. Aspettiamo le sue scuse. Il Presidente Nazionale ANDI, Dott. Gianfranco Prada».
Antonio Giangrande, come sua consuetudine, fa rispondere i fatti per zittire polemiche strumentali e senza fondamento, oltre che fuorvianti il problema della iniquità sociale imperante.
Palermo. Morire, nel 2014, perché non si vuole – o non si può – ricorrere alle cure di un dentista. Da un ospedale all’altro: muore per un ascesso. Quando il dolore è diventato insopportabile ha deciso di rivolgersi ai medici, ma la situazione è precipitata, scrive Valentina Raffa su “Il Giornale”, martedì 11/02/2014. Una storia alla Dickens, con la differenza però che oggi non siamo più nell’800 e romanzi sociali come «Oliver Twist», «David Copperfield» e «Tempi difficili» dovrebbero apparire decisamente anacronistici. Eppure… Eppure succede che ai nostri giorni si possa ancora morire per un mal di denti. Un dolore a un molare che la protagonista di questa drammatica vicenda aveva cercato di sopportare. Difficile rivolgersi a un dentista, perché curare un ascesso avrebbe richiesto una certa spesa. E Gaetana, 18enne di Palermo, non poteva permettersela. Lei si sarebbe dovuta recare immediatamente in Pronto soccorso. Quando lo ha fatto, ossia quando il dolore era divenuto lancinante al punto da farle perdere i sensi, per lei non c’era più nulla da fare. È stata accompagnata dalla famiglia all’ospedale Buccheri La Ferla, di Palermo, dove avrebbe risposto bene alla terapia antibiotica, ma purtroppo il nosocomio (a differenza del Policlinico) non dispone di un reparto specializzato. Quando quindi la situazione si è aggravata, la donna è stata portata all’ospedale Civico. Ricoverata in 2^ Rianimazione, i medici hanno tentato il possibile per salvarle la vita. A quel punto, però, l’infezione aveva invaso il collo e raggiunto i polmoni. L’ascesso al molare era divenuto fascite polmonare. L’agonia è durata giorni. La vita di Gaetana era appesa a un filo. Poi è sopraggiunto il decesso. Le cause della morte sono chiare, per cui non è stata disposta l’autopsia. Nel 2014 si muore ancora così. E pensare che esiste la «mutua». Ma Gaetana forse non lo sapeva. Sarebbe bastato recarsi in ospedale con l’impegnativa del medico di base. è una storia di degrado, non di malasanità: ci sono 4 ospedali a Palermo con servizio odontoiatrico. Ma nella periferia tristemente famosa dello Zen questa non è un’ovvietà.
Morire di povertà. Gaetana Priola, 18 anni, non aveva i soldi per andare dal dentista scrive “Libero Quotidiano”. La giovane si è spenta all’ospedale civico di Palermo, dove era ricoverata dai primi giorni di febbraio 2014. A ucciderla, un infezione polmonare causata da un ascesso dentale mai curato. All’inizio del mese, la giovane era svenuta in casa senza più dare segni di vita. I medici le avevano diagnosticato uno choc settico polmonare, condizione che si verifica in seguito a un improvviso abbassamento della pressione sanguigna. Inizialmente, Gaetana era stata trasportata al Bucchieri La Ferla e, in seguito, era stata trasferita nel reparto di rianimazione del Civico. Le sue condizioni sono apparse da subito come gravi. I medici hanno provato a rianimarla ma, dopo una settimana di cure disperate, ne hanno dovuto registrare il decesso. Disperazione e dolore nel quartiere Zen della città, dove la vittima risiedeva insieme alla famiglia.
All’inizio era un semplice mal di denti, scrive “Il Corriere della Sera”. Sembrava un dolore da sopportare senza drammatizzare troppo. Eppure in seguito si è trasformato in un ascesso poi degenerato in infezione. Una patologia trascurata, forse anche per motivi economici, che ha provocato la morte di una ragazza di 18 anni, Gaetana Priolo. La giovane, che abitava a Palermo nel quartiere Brancaccio, non si era curata; qualcuno dice che non aveva i soldi per pagare il dentista. Un comportamento che le è stato fatale: è spirata nell’ospedale Civico per uno «shock settico polmonare». Le condizioni economiche della famiglia della ragazza sono disagiate ma decorose. Gaetana era la seconda di quattro figli di una coppia separata: il padre, barista, era andato via un paio di anni fa. Nella casa di via Azolino Hazon erano rimasti la moglie, la sorella maggiore di Gaetana, il fratello e una bambina di quasi cinque anni. Per sopravvivere e mantenere la famiglia la madre lavorava come donna delle pulizie. «È stata sempre presente, attenta, una donna con gli attributi», dice Mariangela D’Aleo, responsabile delle attività del Centro Padre Nostro, la struttura creato da don Pino Puglisi, il parroco uccisa dalla mafia nel ’93, per aiutare le famiglie del quartiere in difficoltà. L’inizio del calvario per Gaetana comincia il 19 gennaio scorso: il dolore è insopportabile tanto da far perdere i sensi alla diciottenne. La ragazza in prima battuta viene trasportata al Buccheri La Ferla e visitata al pronto soccorso per sospetto ascesso dentario. «Dopo due ore circa, in seguito alla terapia, essendo diminuito il dolore, – afferma una nota della direzione del nosocomio – è stata dimessa per essere inviata per competenza presso l’Odontoiatria del Policlinico di Palermo». Dove però Gaetana non è mai andata. Si è invece fatta ricoverare il 30 gennaio al Civico dove le sue condizioni sono apparse subito gravi: in seconda rianimazione le viene diagnosticata una fascite, un’infezione grave che partendo dalla bocca si è già diffusa fino ai polmoni – dicono all’ospedale -. I medici fanno di tutto per salvarla, ma le condizioni critiche si aggravano ulteriormente fino al decesso avvenuto la settimana scorsa. Al momento non c’è nessuna denuncia della famiglia e nessuna inchiesta è stata aperta. «È un caso rarissimo – spiega una dentista – ma certo non si può escludere che possa accadere». Soprattutto quando si trascura la cura dei denti. Ed è questo un fenomeno in crescita. «L’11% degli italiani rinuncia alle cure perchè non ha le possibilità economiche, e nel caso delle visite odontoiatriche la percentuale sale al 23% – denuncia il segretario nazionale Codacons, Francesco Tanasi – In Sicilia la situazione è addirittura peggiore. Chi non può permettersi un medico privato, si rivolge alla sanità pubblica, settore dove però le liste d’attesa sono spesso lunghissime, al punto da spingere un numero crescente di utenti a rinunciare alle cure».
“È un caso rarissimo – spiega una dentista – ma certo non si può escludere che possa accadere”, scrive “Canicattiweb”. Soprattutto quando si trascura la cura dei denti. Ed è questo un fenomeno in crescita. Il Codacons si è schierato subito al fianco dei familiari e dei cittadini indigenti. “Il caso della 18enne morta a Palermo a causa di un ascesso non curato per mancanza di soldi, è uno degli effetti della crisi economica che ha colpito la Sicilia in modo più drammatico rispetto al resto d’Italia”. “L’11% degli italiani rinuncia alle cure mediche perché non ha le possibilità economiche per curarsi, e nel caso delle le visite odontoiatriche la percentuale sale al 23% – denuncia il segretario nazionale Codacons, Francesco Tanasi – Ed in Sicilia la situazione è addirittura peggiore. Chi non può permettersi cure private, si rivolge alla sanità pubblica, settore dove però le liste d’attesa sono spesso lunghissime, al punto da spingere un numero crescente di utenti a rinunciare alle cure. Tale stato di cose genera emergenze e situazioni estreme come la morte della ragazza di Palermo. E’ intollerabile che nel 2014 in Italia si possa morire per mancanza di soldi – prosegue Tanasi – Il settore della sanità pubblica deve essere potenziato per garantire a tutti le prestazioni mediche, mentre negli ultimi anni abbiamo assistito a tagli lineari nella sanità che hanno prodotto solo un peggioramento del servizio e un allungamento delle liste d’attesa”.
Bene, cari dentisti, gli avvocati adottano il gratuito patrocinio, ma non mi sembra che voi adottiate il “Pro Bono Publico” nei confronti degli indigenti. Pro bono publico (spesso abbreviata in pro bono) è una frase derivata dal latino che significa “per il bene di tutti”. Questa locuzione è spesso usata per descrivere un fardello professionale di cui ci si fa carico volontariamente e senza la retribuzione di alcuna somma, come un servizio pubblico. È comune nella professione legale, in cui – a differenza del concetto di volontariato – rappresenta la concessione gratuita di servizi o di specifiche competenze professionali al servizio di coloro che non sono in grado di affrontarne il costo.
A promozione del territorio.
Avetrana, il film – documentario. Omaggio dedicato ad Avetrana, ma non agli avetranesi. La visione integrale e gratuita per chi ama il piccolo paese e vuol farlo conoscere agli altri. Dopo il libro sul delitto di Sarah Scazzi, un’altra opera da visionare gratuitamente. Lo si può trovare sul canale you tube “malagiustizia” o su telewebitalia.eu alla pagina di Avetrana o su controtuttelemafie.it alla voce territorio. Altresì, per le festività, si può chiedere il dvd per regalarlo agli amici. Contro l’emarginazione dei media e delle istituzioni e la ritorsione dei magistrati di Taranto è gradito un sostegno economico per continuare a combattere censura ed omertà.
Il dr. Antonio Giangrande, presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie, sodalizio nazionale antimafia e d’informazione e d’inchiesta, con sede legale in Avetrana, nell’inerzia della politica e dell’associazionismo locale, ha prodotto un film documentario su quella città per stabilire una verità storica sull’immagine del territorio, così distorta dai media con un marchio negativo indelebile. Il Trailer è pubblicato sulla pagina di Avetrana di Tele Web Italia. Il documentario è essenziale per far conoscere il paese per quello che è. Questo perché in Italia ogni volta che si pronuncia il nome di Avetrana, inevitabilmente scatta il commento: «ahh, il paesino omertoso dove hanno ucciso Sarah Scazzi !!!». Il DVD del Film può essere richiesto così come da indicazioni sul trailer inserito su youtube.L’Associazione Contro Tutte le Mafie, con il suo canale you tube “MALAGIUSTIZIA”, i cui filmati sono stati visti da 65.000 utenti ed i suoi siti web d’inchiesta testuale e la sua Web Tv di promozione del territorio visitati all’anno da almeno 100.000 persone (da Google analytics), che hanno avuto accesso da tutto il mondo a centinaia di pagine, contenente le inchieste oggetto di 26 libri, vi presenta le ultime inchieste video che potete inserire gratuitamente nei vostri canali informativi.
Gli editori censori non pubblicano i suoi libri?
I giornali e le TV nazionali lottizzate e faziose non promuovono le sue inchieste?
Bene. Lo scrittore Antonio Giangrande, noto per scrivere “senza peli sulla penna”, ha inventato i N.E.I.
Egli pubblica sul proprio portale web i suoi libri da far leggere gratuitamente in tutto il mondo. Su www.controtuttelemafie.it ci sono le sue opere di inchiesta sociale: dalla malagiustizia alla malasanità; dalla disinformazione al malgoverno, fino al delitto di Sarah Scazzi ad Avetrana. Un modo alternativo per battere censura ed omertà.
Il Libro evento “L’Italia del trucco, l’Italia che siamo”. Un capitolo anche sulla vicenda di Sarah Scazzi.
Il Dr Antonio Giangrande, avetranese doc, conosciuto in Italia come il presidente nazionale della Associazione Contro Tutte le Mafie e come autore del film e del libro scritto in itinere, sempre aggiornato, “L’Italia del trucco, l’Italia che siamo”, continua a battersi per affermare, oltre che la legalità in Italia, anche la verità su Sarah Scazzi e su Avetrana. Dopo il docu-film di presentazione del territorio (il cui trailer è visionabile sul canale youtube “malagiustizia” con contestuale poesia descrittiva), egli presenta il capitolo sulla vicenda di Sarah Scazzi. Resoconto storico cronologico prodotto da un vero avetranese, che vive quotidianamente una vicenda sotto i riflettori del gossip e trattata con ignoranza e pregiudizio. Resoconto contestualizzato in un ambiente mediatico giudiziario, di cui si bada bene di occultarne gli aspetti negativi, tipici, d’altronde di tutti i fori italiani.
Il libro, anche web, scritto in itinere ed aggiornato sugli sviluppi, è leggibile sui portali web dell’associazione, tra cui http://www.controtuttelemafie.it.
Un sito web di promozione turistica dell’Italia.
Serve un sito internet all’altezza dell’Italia, scrive Gian Antonio Stella su “Il Corriere della Sera”. Antonio Giangrande: il sito web c’è http://www.telewebitalia.eu , oltretutto senza oneri per lo Stato, ma tutti lo ignorano.
Secondo il giornalista del Corriere cinque mesi abbondanti non sono bastati alla squadra del ministro del Turismo, Piero Gnudi, per rimuovere certe macerie del sito «italia.it», il portale da tempo immemorabile messo in cantiere prima dal governo Berlusconi, poi dal governo Prodi (memorabile lo spot in english-romanesco di Francesco Rutelli di invito agli stranieri: «Pliz, vizit Italy»), poi ancora dal nuovo governo Berlusconi e da Michela Vittoria Brambilla. La quale, dopo avere cambiato il logo scelto dal predecessore perché le pareva un errore la forma della «t» di Italia (titolo del Giornale : «La Brambilla cancella il “cetriolo” di Rutelli») aveva portato a compimento il faticosissimo cammino del sito web, costato ai vari governi nel complesso l’enormità di 35.451.355 euro, con alcune scelte contestate. Basti ricordare la home page della versione cinese dove spiccavano le foto prese col copia-incolla dal sito cinese dell’Emilia Romagna con il risultato che pareva che non solo la capitale fosse Bologna (con tanto di mappa con le freccette e di panoramica della città) ma che l’intero nostro Paese fosse riassumibile così: parmigiano, prosciutto, Ferrari e Ducati. Una «svista» che, dopo le pubbliche denunce, è stata rimossa. «Per favore – dice Stella – vista l’importanza di Internet per il turismo (il solo sito TripAdvisor ha 35 milioni di recensioni e 29 milioni di visitatori al mese ) potremmo una buona volta metterci una pezza?»
«Basterebbe – risponde Antonio Giangrande, autore della collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo” con 40 libri all’attivo, e presidente di Tele Web Italia – non essere altamente autoreferenziali e prestare maggiore attenzione a ciò che vi è sul web e che non sia a se stessi o al sistema di potere riconducibile. Essere slegati dal sistema editoriale od istituzionale, con oneri per lo Stato, non vuol dire non produrre prodotti di alta qualità. Il nostro portale turistico ha ampi consensi e visite da tutto il mondo. In Italia per essere credibile e pubblicizzato devi per forza allattare dalle mammelle statali».
Campagna per la legalità
CAMPAGNA PER LA LEGALITA' E LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO
TELE WEB ITALIA, la web tv dell'Associazione Contro Tutte le Mafie è vista in tutto il mondo e i suoi filmati sono visibili a tutte le ore.
TW ITALIA promuove il territorio e la sua comunità per la legalità e lo sviluppo economico. Ogni città o paese ha la sua pagina, in cui vi sono i video di enti pubblici, associazioni, aziende e cittadini attivi.
L'impresa che non paga il "pizzo" presenta la propria azienda.
I sindaci, gli enti pubblici e le associazioni che si dissociano dalla cultura socio mafiosa, presentano la loro attività, il loro territorio e gli eventi più importanti.
Gli istituti scolastici presentano i loro indirizzi e i loro programmi di studio e i loro sbocchi professionali.
Le società sportive presentano le loro squadre.
I cittadini attivi denunciano disservizi e sprechi.
Il servizio è gratuito, basta aderire all'associazione; filmare o fotografare i luoghi o gli eventi e montarli in un video; pubblicare il filmato su you tube o similare, comunicare il codice di riproduzione.
A norma di legge della Privacy, del diritto d'autore e del codice penale, il filmato deve contenere contatti e dati identificativi dell'ente o azienda; contenere come sottofondo midi scaricabili; non deve proferire frasi diffamatorie; le immagini delle persone devono essere autorizzate al trattamento e sono vietate le immagini dei minori.
Il video sarà riportato sulla pagina territoriale della web tv, nell'apposita sezione, sino al termine dell'adesione, valida fino al 31 dicembre.
Le emittenti tv possono convenzionarsi ed usare gli spot delle aziende reclamizzate, che aderiscono al progetto, per farle conoscere al di là del loro raggio di trasmissione.
L'adesione comporta la compilazione del modello e il versamento della quota associativa.
Per info visionare www.telewebitalia.eu
Un sito web di promozione turistica dell’Italia.
Serve un sito internet all’altezza dell’Italia, scrive Gian Antonio Stella su “Il Corriere della Sera”. Antonio Giangrande: il sito web c’è www.telewebitalia.eu , oltretutto senza oneri per lo Stato, ma tutti lo ignorano.
Secondo il giornalista del Corriere cinque mesi abbondanti non sono bastati alla squadra del ministro del Turismo, Piero Gnudi, per rimuovere certe macerie del sito «italia.it», il portale da tempo immemorabile messo in cantiere prima dal governo Berlusconi, poi dal governo Prodi (memorabile lo spot in english-romanesco di Francesco Rutelli di invito agli stranieri: «Pliz, vizit Italy»), poi ancora dal nuovo governo Berlusconi e da Michela Vittoria Brambilla. La quale, dopo avere cambiato il logo scelto dal predecessore perché le pareva un errore la forma della «t» di Italia (titolo del Giornale : «La Brambilla cancella il "cetriolo" di Rutelli») aveva portato a compimento il faticosissimo cammino del sito web, costato ai vari governi nel complesso l'enormità di 35.451.355 euro, con alcune scelte contestate. Basti ricordare la home page della versione cinese dove spiccavano le foto prese col copia-incolla dal sito cinese dell'Emilia Romagna con il risultato che pareva che non solo la capitale fosse Bologna (con tanto di mappa con le freccette e di panoramica della città) ma che l'intero nostro Paese fosse riassumibile così: parmigiano, prosciutto, Ferrari e Ducati. Una «svista» che, dopo le pubbliche denunce, è stata rimossa. «Per favore - dice Stella - vista l'importanza di Internet per il turismo (il solo sito TripAdvisor ha 35 milioni di recensioni e 29 milioni di visitatori al mese ) potremmo una buona volta metterci una pezza?»
«Basterebbe – risponde Antonio Giangrande, autore della collana editoriale “L’Italia del Trucco, l’Italia che siamo” con 40 libri all’attivo, e presidente di Tele Web Italia – non essere altamente autoreferenziali e prestare maggiore attenzione a ciò che vi è sul web e che non sia a se stessi o al sistema di potere riconducibile. Essere slegati dal sistema editoriale od istituzionale, con oneri per lo Stato, non vuol dire non produrre prodotti di alta qualità. Il nostro portale turistico ha ampi consensi e visite da tutto il mondo. In Italia per essere credibile e pubblicizzato devi per forza allattare dalle mammelle statali».
Presidente Dr Antonio Giangrande ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE
Pro Specchiarica
“PRO SPECCHIARICA”
Si è costituita formalmente l’associazione di promozione sociale “PRO SPECCHIARICA”. Essa ha un suo sito web http://www.specchiarica.altervista.org . E’ stato nominato presidente l’avv. Mirko Giangrande. Essa è gemellata con il sodalizio nazionale “Associazione Contro Tutte le Mafie” e promossa sul web da “Tele Web Italia”. L’ambito di operatività è il territorio di Manduria (Ta) nel Salento, ma l’associazione è composta dai cittadini di Manduria, Avetrana, Erchie, Torre Santa Susanna e da tutti coloro che in migliaia hanno le loro proprietà in quella zona o ivi vi soggiornano, specie di estate.
Alla redazione una preghiera: accendete il faro dell’attenzione mediatica su una zona abbandonata e degradata, priva delle più elementari strutture urbanistiche, che impediscono lo sviluppo urbanistico, sociale ed economico del territorio, nonostante i cittadini paghino ed abbiano pagato milioni di euro al fisco statale e comunale, compresi gli oneri concessori con vincolo di destinazione.
SPECCHIARICA
Specchiarica è Salento. Specchiarica è un territorio costiero posto sul lato orientale della marina di Taranto. E’ una lontana frazione decentrata di Manduria, provincia di Taranto, attigua al confine territoriale di Porto Cesareo, provincia di Lecce. Specchiarica confina con altre frazioni manduriane: ad est con Torre Colimena; ad ovest con San Pietro in Bevagna. Specchiarica è meno nota delle precedenti località pur se, in periodo estivo, ospita il doppio dei loro villeggianti. Le sue spiagge sono alternativamente sabbiose e rocciose ed il mare è incontaminato. Specchiarica è delimitata da due importati risorse ambientali. Sul lato est di Specchiarica vi è la Salina dei Monaci, sul lato ovest vi è il fiume Chidro. Specchiarica è formata da 5 contrade: quota 10; quota 11; quota 12; quota 13; quota 14. Le contrade non sono altro che delle strade di campagna comunali perpendicolari alle parallele strade provinciali e statali: la litoranea Salentina e la Tarantina. Le strade contradaiole oggi asfaltate alla meno peggio, sono bucate da tutte le parti. Ai lati di queste strade comunali da sempre si è lottizzato e costruito abusivamente. Prima a ridosso della litoranea e poi man mano, fino all’interno senza soluzione di continuità. Migliaia di case e decine di strade che da private sono divenute pubbliche. Gli organi preposti giudiziari ed amministrativi, anzichè regolare questo scempio, lo hanno agevolato.
A Specchiarica è quasi impossibile arrivarci: non ci sono vie di collegamento degne di un paese civile. Non vi è una ferrovia: i treni si fermano a Taranto. Non vi è un aeroporto: gli aerei si fermano a Brindisi. Non vi sono autostrade: l’autostrada si ferma a Massafra. Non vi sono porti: le navi si fermano a Taranto o Brindisi. Non vi sono autolinee extraurbane: gli autobus si fermano a Manduria o ad Avetrana.
Di questo diciamo grazie a chi ci amministra a livello provinciale, regionale, statale.
Percorrendo la litoranea Salentina, Specchiarica, a guardarla dal lato del mare è un paradiso vergine ed incontaminato, ma volgendo gli occhi all’interno ci si trova un ammasso di immobili, per lo più seconde case, costruite tutte abusivamente nell’indifferenza delle istituzioni. L’urbanistica del posto non esiste, e quello che c’è, di fatto, è mancante di qualsivoglia servizio civico. Mancano: acqua potabile e sistema fognario, la cui mancanza incide sull’inquinamento della falda acquifera; percorsi di viabilità pedonale ed automobilistica; illuminazione pubblica e luoghi di svago e di ritrovo. Assurdo, ma manca addirittura una piazza. Tempo fa a Specchiarica vi era un luogo di ritrovo. Un bar-ristorante-pizzeria con annesso parcheggio roulotte e sala da ballo all’aperto. Vi era movimento, luci, suoni, svago, intrattenimento. Svolgeva altresì la funzione di ufficio informazioni. Un giorno d’inverno qualcuno appiccò il fuoco alla struttura. Un avvertimento del racket a chi non voleva pagare il pizzo. L’amministrazione pubblica non ha più dato modo ai proprietari di ricostruire quello che la mafia aveva distrutto. La mafia ti rovina la vita; lo Stato ti distrugge la speranza. Le rovine di un passato sono ancora lì a ricordarci l’incapacità degli amministratori pubblici di governare e gestire un territorio.
L’amministrazione comunale di Manduria è incapace di dare un’immagine ed una regolamentazione affinchè il territorio sia una risorsa economica e sociale per il territorio. Specchiarica è un luogo desolato ed abbandonato a sè stesso. Posto nel limbo territoriale e culturale tra i comuni di Avetrana e Manduria è un luogo di vacanze. Ambìto da entrambi i Comuni, il territorio è oggetto di disputa sulla sua titolarità. Avetrana ne vanta l’autorità per precedenti storici e per l’infima prossimità. I proprietari delle case o i locatari che li occupano temporaneamente (pagando affitti in nero) sono gente di varie origini anche estere o extra regionali o provinciali. I specchiarichesi per lo più sono di origini autoctone, ossia sono cittadini di Avetrana, ma anche di Erchie, Torre Santa Susanna, Manduria e di altri paesi pugliesi limitrofi che si affacciano sulla costa ionica.
Specchiarica ha un solo ristorante, un solo bar, un posteggio per roulotte: troppo poco per sfruttare economicamente la risorsa del turismo. I saccenti amministratori locali ed i loro referenti politici provinciali e regionali, anzichè impegnarsi a porre rimedio ad un danno economico e d’immagine incalcolabile, nel deserto hanno pensato bene di progettare lo sbocco a mare del depuratore fognario di Manduria e Sava (paesi lontani decine di chilometri), arrecando addirittura un probabile danno ambientale.
Un comitato si è formato per fermare quello che si vuol fare; nessuno, invece, ha mai alzato la voce per obbligare a fare quello che si ha sacrosanto diritto a pretendere di avere come cittadini e come contribuenti che sul posto pagano milioni di euro di tributi.
Insomma, con l’accidia e la negligenza si fa di tutto per impedire il turismo e con l’illogica inerzia si frena la volontà imprenditoriale che crea lavoro ed investimenti.
Di certo è che se Specchiarica a vederla così è una vergogna, la colpa è tutta dell’ignavia e l’accidia di chi la abita, che supinamente subisce l’abbandono e la mala amministrazione della cosa pubblica, nonostante gli stessi cittadini abbiano pagato gli oneri concessori urbanistici (con vincolo di destinazione urbanistica) e paghino regolarmente tutti i tributi.
Per questo è nata l’Associazione “Pro Specchiarica”. Per dare vita al territorio e per dare una speranza di progresso sociale ed economico ad una comunità.
L’Associazione non ha scopo di lucro. Gli utili di gestione non possono essere ripartiti tra i soci anche indirettamente, ma l’eventuale avanzo di gestione deve essere reinvestito a favore delle attività istituzionali previste dal presente statuto e di seguito elencate.
Scopo dell’associazione è:
– Promuovere la cultura e la tutela del patrimonio storico, artistico ed ambientale;
– Promuovere gli interessi e i bisogni del territorio;
– Promuovere le attività sportive, ricreative e del tempo libero.
– Agire in giudizio per la tutela degli interessi sociali e collettivi.
Questa iniziativa no profit dell’Associazione “Pro Specchiarica” mira a promuovere ed a tutelare il territorio. Si dà spazio, anche, alle problematiche territoriali.
Class Action per Specchiarica
CLASS ACTION PER SPECCHIARICA
“L’associazione “Pro Specchiarica” promuove una “Class Action” contro il Comune di Manduria per l’abbandono della sua marina orientale. A tal fine invita tutti i cittadini interessati che ivi hanno terreni, suoli, case, aziende, ad aderire all’azione civile di risarcimento per danno di immagine e svalutazione della proprietà, oltre che per danno esistenziale dovuto al degrado ed all’abbandono cinquantennale, in aggiunta alle privazioni subite per omesso investimento di opere primarie e secondarie in zona densamente edificata. Abbandono, degrado e disservizi nonostante milioni di euro incassati da Manduria in un territorio dove ci sono pochi manduriani. Milioni di euro incassati tra oneri concessori, ici, addizionale irpef, tarsu, quota enel, ecc. Il tutto con destinazione vincolata, ma impiegati altrove e per altri scopi.”
Tutto ciò è uno scandalo ed un abuso che non deve dare assuefazione, ma va denunciato.
L’Associazione “Pro Specchiarica” in base al suo statuto, dove si prevede la promozione, lo sviluppo e la tutela del territorio, propone una “Class Action” contro il Comune di Manduria per l’abbandono della sua marina orientale. L’invito è rivolto a tutti i cittadini che hanno una loro proprietà in tutte le contrade di “Specchiarica”, anche se residenti a Manduria, Avetrana, Erchie, Torre Santa Susanna od in altri comuni anche extraprovinciali, extraregionali o extranazionali.
Tenuto conto del disinteresse mostrato dai giornalisti per questo argomento, si invitano le redazioni di stampa e tv a divulgare tale nota stampa ed altresì a documentare e denunciare finalmente e mediaticamente lo stato di abbandono della costa manduriana, affinchè vi sia maggiore attenzione dedicata sul territorio. Territorio ove vale più la tutela della Macchia mediterranea, che infesta ogni terreno incolto, che i diritti dei cittadini che abitano la zona.
Fatto questo che obbliga od agevola l’abusivismo e costringe i pochi operatori economici ad operare in modo illegittimo. D’altronde ogni iniziativa culturale o ludica, o comunque di spettacolo od intrattenimento, che si vuol organizzare in loco per la delizia dei turisti è impedita per mancanza di posto idoneo dove svolgerla.
Inoltre siamo al paradosso. L’associazione non può essere iscritta all’albo delle associazioni di Manduria, che dista circa 20 Km da Specchiarica, in quanto opera nel territorio manduriano, ma ha sede legale nella limitrofa Avetrana, posta a 6 km dalla stessa Specchiarica. L’associazione non può essere iscritta ad Avetrana in quanto ha sede ivi, ma non opera per quel territorio. L’associazione non può trasferire la sede a Specchiarica, in quanto la zona è mancante di qualsivoglia struttura urbanistica: toponomastica, numeri civici, acqua, fogna, illuminazione pubblica, piazze, marciapiedi, strade, ecc. Cosa questa che inibisce qualsiasi sede fissa.