Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.

Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.

I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.

Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."

L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.

L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.

Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.

Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).

Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.

Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro. 

Dr Antonio Giangrande  

NOTA BENE

NESSUN EDITORE VUOL PUBBLICARE I  MIEI LIBRI, COMPRESO AMAZON, LULU E STREETLIB

SOSTIENI UNA VOCE VERAMENTE LIBERA CHE DELLA CRONACA, IN CONTRADDITTORIO, FA STORIA

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L’ITALIA ALLO SPECCHIO

IL DNA DEGLI ITALIANI

 

 

ANNO 2023

LO SPETTACOLO

E LO SPORT

QUINTA PARTE

 

 

DI ANTONIO GIANGRANDE

 

L’APOTEOSI

DI UN POPOLO DIFETTATO

Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2023, consequenziale a quello del 2022. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.

Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.


 

IL GOVERNO


 

UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.

UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.

PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.

LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.

LA SOLITA ITALIOPOLI.

SOLITA LADRONIA.

SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.

SOLITA APPALTOPOLI.

SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.

ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.

SOLITO SPRECOPOLI.

SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.


 

L’AMMINISTRAZIONE


 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.

IL COGLIONAVIRUS.

SANITA’: ROBA NOSTRA. UN’INCHIESTA DA NON FARE. I MARCUCCI.


 

L’ACCOGLIENZA


 

SOLITA ITALIA RAZZISTA.

SOLITI PROFUGHI E FOIBE.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.


 

GLI STATISTI


 

IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.

IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.

SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.

SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.

IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.


 

I PARTITI


 

SOLITI 5 STELLE… CADENTI.

SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.

SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.

IL SOLITO AMICO TERRORISTA.

1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.


 

LA GIUSTIZIA


 

SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.

LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.

LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.

SOLITO DELITTO DI PERUGIA.

SOLITA ABUSOPOLI.

SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.

SOLITA GIUSTIZIOPOLI.

SOLITA MANETTOPOLI.

SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.

I SOLITI MISTERI ITALIANI.

BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.


 

LA MAFIOSITA’


 

SOLITA MAFIOPOLI.

SOLITE MAFIE IN ITALIA.

SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.

SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.

SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.

LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.

SOLITA CASTOPOLI.

LA SOLITA MASSONERIOPOLI.

CONTRO TUTTE LE MAFIE.


 

LA CULTURA ED I MEDIA


 

LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.

SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.

SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.

SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.

SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.


 

LO SPETTACOLO E LO SPORT


 

SOLITO SPETTACOLOPOLI.

SOLITO SANREMO.

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.


 

LA SOCIETA’


 

AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.

I MORTI FAMOSI.

ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.

MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?


 

L’AMBIENTE


 

LA SOLITA AGROFRODOPOLI.

SOLITO ANIMALOPOLI.

IL SOLITO TERREMOTO E…

IL SOLITO AMBIENTOPOLI.


 

IL TERRITORIO


 

SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.

SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.

SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.

SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.

SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.

SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.

SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.

SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.

SOLITA SIENA.

SOLITA SARDEGNA.

SOLITE MARCHE.

SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.

SOLITA ROMA ED IL LAZIO.

SOLITO ABRUZZO.

SOLITO MOLISE.

SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.

SOLITA BARI.

SOLITA FOGGIA.

SOLITA TARANTO.

SOLITA BRINDISI.

SOLITA LECCE.

SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.

SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.

SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.


 

LE RELIGIONI


 

SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.


 

FEMMINE E LGBTI


 

SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.


 


 

LO SPETTACOLO E LO SPORT


 

INDICE PRIMA PARTE


 

SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)

L’Artista.

Il rapper, il trapper oppure del sottogenere dei «gangsta».

L’hip-hop.

L'Autotune.

Si stava meglio quando si stava peggio.

Laureati.

Gli Stadi.

Imprenditori ed Agenti.

Gli Autori.

I Parolieri.

Il Plagio.

Le Colonne Sonore d’Italia.

Le Fake news.

Le Relazioni astratte.

Le Hollywood d’Italia.

Revenge songs.

Achille Lauro.

Ada Alberti.

Adele.

Adriano Celentano.

Adriano Pappalardo.

Ainett Stephens.

Alain Delon.

Alan Sorrenti.

Alba Parietti.

Alberto Fortis.

Alberto Marozzi. 

Al Bano Carrisi.

Al Pacino.

Aldo Savoldello: Mago Silvan.

Aldo, Giovanni e Giacomo.

Ale e Franz.

Alec Baldwin.

Alena Seredova.

Alessandra Martines.

Alessandra Mastronardi.

Alessandra e Valentina Giudicessa.

Aleandro Baldi.

Alessandro Baricco.

Alessandro Benvenuti.

Alessandro Bergonzoni.

Alessandro Borghi.

Alessandro Cattelan.

Alessandro Cecchi Paone.

Alessandro e Leo Gassmann.

Alessandro Haber.

Alessandro Preziosi e Vittoria Puccini.

Alessia Fabiani.

Alessia Marcuzzi.

Alessia Merz.

Alex Britti.

Alex Di Luca.

Alexia.

Alfonso Signorini.

Alvaro Vitali.

Amadeus.

Amanda Lear.

Amara Rakhi Gill.

Ambra Angiolini.

Amedeo Minghi.

Amleto Marco Belelli, il Divino Otelma.

Anastasia Bartoli.

Andrea Bocelli.

Andrea Delogu.

Andrea Pucci.

Andrea Roncato.

Angela Cavagna.

Angela White.

Angelina Jolie.

Angelo Branduardi.

Angelo Duro.

Annalisa.

Anna Chetta alias Linda Lorenzi.

Anna Falchi.

Anna Mazzamauro.

Anna Tatangelo.

Anna Valle.

Antonella Clerici.

Antonella Elia.

Antonella Marino.

Antonino Cannavacciuolo.

Antonio Banderas.

Antonio Diodato.

Antonio Albanese.

Antonio Ricci.

Ariete si chiama Arianna Del Giaccio.

Arnold Schwarzenegger.

Articolo 31.

Arturo Brachetti.

Asia e Dario Argento.

Barbara Bouchet.

Barbara D’Urso.

Barbra Streisand.

Beatrice Fazi.

Beatrice Rana.

Beatrice Venezi.

Bebe Buell.

Belen Rodriguez e Stefano De Martino.

Beppe Convertini.

Beppe o Peppe Vessicchio.

Biagio Antonacci.

Bianca Balti.

Bobby Solo: Roberto Satti.

Brad Pitt.

Brenda Lodigiani.

Brendan Fraser.

Brigitte Bardot.

Britney Spears.

Brooke Shields.

Bruce Willis.

Bruno Gambarotta.

Bugo.

Candy Love.

Carla Signoris.

Carlo Conti.

Carlo Freccero.

Carlo Verdone.

Carlotta Mantovan.

Carmen Russo.

Carol Alt.

Carole Andrè.

Carolina Crescentini.

Cate Blanchett.

Caterina Caselli.

Catherine Deneuve.

Catiuscia Maria Stella Ricciarelli: Katia Ricciarelli.

Cecilia Gasdìa.

Celine Dion.

Cesare Cremonini.

Capri Cavanni.

Charlize Theron.

Cher.

Chiara Claudi.

Chiara Francini.

Chiara Mastroianni.

Christian Clay.

Christian De Sica.

Christina Aguilera.

Christopher Walken.

Chu Meng Shu.

Cinzia Leone.

Cirque du Soleil.

Clara Serina.

Claudia Cardinale.

Claudia Gerini.

Claudia Koll.

Claudia Pandolfi.

Claudio Amendola.

Claudio Baglioni.

Claudio Cecchetto.

Claudio Lippi.

Claudio Santamaria.

Clint Eastwood.

CJ Miles.

Colapesce e Dimartino.

Colin Farrell.

Coma_Cose.

Corrado Tedeschi.

Costantino della Gherardesca.

Costantino Vitagliano.

Cristiana Capotondi.

Cristiano De André.

Cristiano Malgioglio.

Cristina Comencini.

Cristina D’Avena.

Cristina Scuccia.


 

INDICE SECONDA PARTE


 

SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)

Dado.

Dalila Di Lazzaro.

Daniel Craig.

Daniele Luttazzi.

Daniele Silvestri.

Dargen D'Amico.

Dario Farina.

David Lee.

Den Harrow.

Dennis Fantina.

Diana Del Bufalo.

Diego Dalla Palma.

Diego Abatantuono.

Diletta Leotta.

Donatella Rettore.

Dredd.

Drusilla Foer.

Ed Sheeran.

Edoardo Bennato.

Edoardo Costa.

Edoardo Vianello.

Edwige Fenech.

Elena Di Cioccio.

Elena Santarelli.

Elenoire Casalegno.

Eleonora Abbagnato.

Eleonora Daniele.

Eleonora Giorgi.

Elettra Lamborghini.

Elisa Isoardi.

Elisabetta Valentini.

Elodie.

Ema Stockolma.

Emanuela Fanelli.

Emanuela Folliero.

Emanuela Trane: Dolcenera.

Emma Marrone.

Enrica Bonaccorti.

Enrico Bertolino.

Enrico Beruschi.

Enrico Brignano.

Enrico Lo Verso.

Enrico Ruggeri.

Enrico Silvestrin.

Enrico Vanzina.

Enza Sampò.

Enzo Braschi.

Enzo Ghinazzi, in arte Pupo.

Enzo Iacchetti.

Ernia.

Eros Ramazzotti.

Eugenio Finardi.

Euridice Axen.

Eva Elfie.

Eva Henger.

Eva Menta e Alex Mucci.

Eva Riccobono.

Eva Robin’s.

Ezio Greggio.

Fabio Concato.

Fabio De Luigi.

Fabio Fazio.

Fabio Rovazzi.

Fabrizio Bentivoglio.

Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli.

Fabrizio Bracconeri.

Fabrizio Corona.

Fabrizio Moro.

Fanny Ardant.

Fedez e Chiara Ferragni.

Ferzan Ozpetek.

Ficarra e Picone.

Filippa Lagerbäck e Daniele Bossari.

Fiordaliso.

Fiorella Mannoia.

Fiorella Pierobon.

Fioretta Mari.

Francesca Alotta.

Francesca Michielin.

Francesca Neri.

Francesca Reggiani.

Francesco Baccini.

Francesco De Gregori.

Francesco Facchinetti.

Francesco Guccini.

Francesco Leone.

Francesco Nuti.

Francesco Pannofino.

Francesco Renga.

Francesco Salvi.

Francis Ford Coppola.

Franco Nero.

Francois Ozon.

Frank Matano.

Frankie Hi Nrg Mc.

Gabriel Garko.

Gabriele e Silvio Muccino.

Gabriele Salvatores.

Gabriella Golia.

Gabry Ponte.

Gaiè.

Gazzelle, all’anagrafe Flavio Bruno Pardini.

Gegia (Francesca Antonaci).

Gene Gnocchi.

George Benson.

Geppi Cucciari.

Gerry Scotti.

Ghali.

Gianna Nannini.

Gigi e Andrea.

Giampiero Ingrassia.

Giancarlo Giannini.

Giancarlo Magalli.

Gianluca Colucci: Gianluca Fru.

Gianluca Grignani.

Gianmarco Tognazzi.

Gianni e Marco Morandi.

Gigi D'Alessio e Anna Tatangelo.

Gigi Folino e il Gruppo Italiano.

Gigliola Cinquetti.

Gino Paoli.

Gino & Michele.

Giorgia.

Giorgia Surina.

Giorgio Mastrota.

Giorgio Pasotti.

Giovanna Mezzogiorno.

Giovanni Caccamo.

Giovanni Muciaccia.

Giovanni Pietro Damian: Sangiovanni.

Giovanni Scialpi.

Giuliana De Sio.

Giulio Rapetti Mogol.

Giulio Scarpati.

Giuseppe Tornatore.

Gli AC/DC.

Gli Inti-Illimani.

Gloria Guida.

Guendalina Tavassi.

Guillermo Mariotto.

Guns N' Roses.

Gwyneth Paltrow.

Henry Winkler.

Harry Styles.

Helen Mirren.

Heather Parisi.

Eva Herzigova.

Eva Longoria.

Iaia Forte.

Gli Skiantos.

I Baustelle.

I Cccp Fedeli alla Linea. 

I Cugini di Campagna.

I Gialappa' s Band.

I Guzzanti.

I Jalisse.

Il Volo.

I Maneskin.

I Marlene Kuntz.

I Metallica.

I Modà.

I Negramaro.

I Pooh.

I Righeira.

I Ricchi e Poveri.

I Rolling Stones.

I Santi Francesi.

I Sex Pistols.

Ilary Blasi.

Elena Anna, Ilona Staller: Cicciolina.

Irene Maestrini.

Isabella Ferrari.

Isabella Rossellini.

Isotta.

Iva Zanicchi.

Ivan Cattaneo.

Ivana Spagna.

Ivano Fossati.

Jack Nicholson.

Jane Fonda.

Jennie Rose.

Jeremy Renner.

Jerry Calà.

Jo Squillo.

John Malkovich.

Johnny Depp.

Johnny Dorelli.

Joss Stone.

Jude Law.

Julia Roberts.

Justine Mattera.


 

INDICE TERZA PARTE


 

SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)

Kanye West.

Kasia Smutniak.

Kate Winslet.

Ke Hui Quan.

Kevin Costner.

Kevin Spacey.

Kira Noir.

Lady Gaga.

Laetitia Casta.

La Gialappa’s Band.

Lalla Esposito.

Lars von Trier.

Laura Chiatti.

Laura Freddi.

Laura Morante.

Laura Pausini.

Lavinia Abate.

Lazza.

Lella Costa.

Lenny Kravitz.

Leo Gullotta.

Leonardo DiCaprio.

Leonardo Pieraccioni.

Levante.

Lewis Capaldi.

Lia Lin.

Licia Colò.

Liliana Cavani.

Lily Veroni.

Lina Sotis.

Linda Evangelista.

Lino Banfi.

Linus.

Lisa Galantini.

Little Dragon.

Lizzo.

Lo Stato Sociale.

Loredana Bertè.

Lorella Cuccarini.

Lorenzo Cherubini: Jovanotti.

Loretta Goggi.

Lory Del Santo.

Luc Besson.

Luc Merenda.

Luca Argentero.

Luca Barbareschi.

Luca e Paolo.

Luca Medici: Checco Zalone.

Luca Miniero.

Luca Ravenna.

Lucia Mascino.

Luciana Littizzetto.

Ludovica Martino.

Ludovico Peregrini.

Luigi Lo Cascio.

Luisa Corna.

Luisa Ranieri.

Luna Star.

Madame.

Maddalena Corvaglia.

Madonna.

Mago Forest, alias Michele Foresta.

Mahmood.

Malena, all’anagrafe Filomena Mastromarino.

Malika Ayane.

Manila Nazzaro.

Manuel Agnelli.

Manuela Arcuri.

Mara Maionchi.

Mara Venier.

Marcella Bella.

Marco Bellocchio.

Marco Bocci.

Marco Columbro.

Marco Della Noce.

Marco Ferradini.

Marco Giallini.

Marco Masini.

Marco Mengoni.

Marco Predolin.

Marco Risi.

Margherita Buy.

Maria Giovanna Elmi.

Maria Grazia Buccella.

Maria Grazia Cucinotta.

Maria Sofia Federico.

Maria Teresa Ruta.

Marina Suma.

Mario Biondi.

Mariolina Cannuli.

Marisa Laurito.

Marisela Federici.

Martin Scorsese.

Mascia Ferri.

Massimo Boldi.

Massimo Ceccherini.

Massimo Ciavarro.

Massimo Ghini.

Massimo Ranieri.

Matilda De Angelis.

Matilde Gioli.

Mattia Zenzola.

Maurizio Battista.

Maurizio Ferrini.

Maurizio Milani.

Maurizio Potocnik, in arte Reeds.

Maurizio Seymandi.

Maurizio Vandelli.

Maurizio Zamboni .

Mauro Coruzzi alias Platinette.

Mauro Pagani.

Max Felicitas.

Max Laudadio.

Max Pezzali e gli 883.

Megan Daw.

Megan Gale.

Mel Brooks.

Melissa Stratton.

Memo Remigi.

Micaela Ramazzotti.

Michael Caine.

Michael J. Fox.

Michele Guardì.

Michele Placido.

Michele Riondino.

Michelle Hunziker.

Michelle Yeoh.

Mika.

Milena Vukotic.

Mina.

Minnie Minoprio.

Miranda Martino.

Mita Medici.

Monica Bellucci.

Morgan.

Myss Keta.

Mr. Rain.

Nada.

Nancy Brilli.

Nanni Moretti.

Natasha Stefanenko.

Naomi Campbell.

Neri Parenti.

Nicole Doshi.

Niccolò Fabi.

Nina Moric.

Nina Zilli.

Nino D'Angelo.

Nino Formicola: Gaspare di Zuzzurro e Gaspare.

Nino Frassica.

Noomi Rapace.


 

INDICE QUARTA PARTE


 

SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)

Omar Pedrini.

Omar Sharif.

Orietta Berti.

Ornella Muti.

Ornella Vanoni.

Ozzy Osbourne.

Pamela Anderson.

Pamela Prati.

Pamela Villoresi.

Paola Barale e Raz Degan.

Paola&Chiara.

Paola Gassman e Ugo Pagliai.

Paola Perego.

Paola Pitagora.

Paola Turci.

Paolo Belli.

Paolo Calabresi.

Paolo Conte.

Paolo Rossi.

Paris Hilton.

Pasquale Petrolo in arte Lillo; Claudio Gregori in arte Greg.

Patty Pravo.

Patti Smith.

Peppino di Capri.

Peter Gabriel.

Pico.

Pier Francesco Pingitore.

Pierfrancesco Favino.

Pier Luigi Pizzi.

Piero Chiambretti.

Piero Pelù.

Piero Pintucci. 

Pilar Fogliati.

Pino Insegno.

Pino Scotto.

Pio ed Amedeo.

Playtoy Orchestra.

Povia.

Pupi Avati.

Quentin Tarantino.

Quincy Jones.

Raf.

Renato Pozzetto.

Renato Zero.

Renzo Arbore.

Ricky Martin.

Rita Pavone.

Ringo.

Robbie Williams.

Robert De Niro.

Roberta Lena.

Roberto da Crema.

Roberto Vecchioni.

Rocco Hunt.

Rocco Papaleo.

Rocco Siffredi.

Rocío Muñoz Morales e Raoul Bova.

Roman Polanski.

Ron: Rosalino Cellamare.

Ronn Moss.

Rosa Chemical.

Rosalba Pippa: Arisa.

Rosanna Fratello.

Rosario e Giuseppe Fiorello.

Rupert James Hector Everett.

Sabina Ciuffini.

Sabrina Impacciatore.

Sabrina Salerno.

Samuel L. Jackson.

Sandy Marton.

Sandra Milo.

Sara Diamante.

Sara Tommasi.

Scarlett Johansson.

Sean Penn.

Selen.

Selva Lapiedra.

Serena Grandi.

Sergio Caputo.

Sergio Castellitto.

Sergio Rubini.

Sergio Vastano.

Sergio Volpini.

Sharon Stone e Michael Douglas.

Shakira.

Simona Izzo.

Simona Tabasco.

Simona Ventura.

Simone Cristicchi.

Syusy Blady e Patrizio Roversi.

Sofia Scalia e Luigi Calagna, Sofì e Luì: Me contro Te.

Sonia Bruganelli e Paolo Bonolis.

Sophia Loren.

Stanley Tucci.

Stefania Orlando.

Stefania e Silvia Rocca.

Stefania Sandrelli.

Stefano Accorsi.

Susan Sarandon.

Susanna Messaggio.

Sydne Rome.

Sylvester Stallone.

Sveva Sagramola.

SZA, vero nome Solána Imani Rowe.

Taylor Swift.

Tananai.

Terence Blanchard.

Teresa Mannino.

Teresa Saponangelo.

Teo Mammucari.

Teo Teocoli.

Tiberio Timperi.

Tim Burton.

Tinto Brass.

Tiziana Rivale.

Tiziano Ferro.

Tom Cruise.

Tom Hanks.

Tommaso Paradiso.

Toto Cutugno.

Tullio Solenghi.

U 2.

Uccio De Santis.

Ultimo.

Umberto Smaila.

Wanna Marchi.

Will Smith.

Woody Allen.

Valentina Lodovini.

Valeria Golino e Riccardo Scamarcio.

Valeria Marini.

Valeria Rossi.

Valeria Solarino.

Valerio Scanu.

Valerio Staffelli.

Vanessa Gravina.

Vasco Rossi.

Vera Gemma.

Veronica Maya.

Victoria Cabello.

Vincenzo Salemme.

Viola Valentino.

Vittoria Belvedere.

Vladimir Luxuria.

Zucchero Fornaciari.

Yuko Ogasawara.

Xxlayna Marie.


 

INDICE QUINTA PARTE


 

SOLITO SANREMO. (Ho scritto un saggio dedicato)

Sanremo 2024.

Sanremo. Sociologia di un festival.

La Selezione…truccata.

I Precedenti.

Il FantaSanremo.

Gli Inediti.

I Ti caccio o non ti caccio?

Gli Scandali.

La Politica.

Le Anticipazioni. Il Pre-Voto.

Quello che c’è da sapere.

I Co-conduttori.

I Super Ospiti.

Testi delle canzoni di Sanremo 2023.

La Prima Serata.

La Seconda Serata.

La Terza Serata.

La Quarta Serata.

La Quinta ed Ultima Serata.


 

INDICE SESTA PARTE


 

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)

Il Certificato medico sportivo.

Giochi Sporchi del 2022.

Quelli che…il Coni.

Quelli che…il Calcio. La Fifa.

Quelli che…La Uefa.

Quelli che…il Calcio. La Superlega.

Quelli che…il Calcio. La FIGC.

Quelli che…una Compagnia di S-Ventura.

Quelli che…i tiri Mancini.

La Furbata.

Quelli che…il Calcio. Gli Arbitri.

Quelli che…il Calcio. La Finanza.

Quelli che…il Calcio. I Procuratori.

Quelli che…il Calcio. I Tifosi.

Quelli che…il Calcio. I Figli d’Arte.

Quelli che…il Calcio. La Politica.

Quelli che…il calcio. Gli Altri.

Quelli che…il Calcio. Lionel Messi.


 

INDICE SETTIMA PARTE


 

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)

Quelli che…il Calcio. Le Squadre.


 

INDICE OTTAVA PARTE


 

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)

Quelli che…il Calcio. Le Squadre.

Il Calcioscommesse.

Quelli che…I Traditori.

Quelli che…Fine hanno fatto.


 

INDICE NONA PARTE


 

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)

I 10 proprietari più ricchi nello sport.

Quelli che…I Superman.

Quelli che…è andato tutto storto.

Quelli che…la Palla Canestro.

Quelli che…la pallavolo.

Quelli che il Rugby.

Quelli che ti picchiano.

Quelli che…il Tennis.

Quelli che…il pattinaggio.

Quelli che…l’atletica.

Quelli che…i Motori.

Quelli che…la Bicicletta.

Quelli che…gli Sci.

Quelli che…il Nuoto.

Quelli che…la Barca.

Quelli che…l’Ippica.

Quelli che… il Curling.

Il Doping.


 


 

LO SPETTACOLO E LO SPORT

QUINTA PARTE



 

SOLITO SANREMO. (Ho scritto un saggio dedicato)

La 74esima edizione del Festival. Sanremo 2024, Amadeus annuncia l’addio: “Mio ultimo festival, scelti 27 big su 400 canzoni arrivate”. Redazione su Il Riformista il 3 Dicembre 2023

Foto Matteo Rasero/LaPresse02-02-2022 Sanremo, ItaliaSpettacoloFestival di Sanremo 2022, photocall Amadeus e Lorena CesariniNella foto: AmadeusPhoto Matteo Rasero/LaPresse February 02, 2022 Sanremo, Italy Entertainment Festival di Sanremo 2022, photocall Amadeus and Lorena CesariniIn the photo: Amadeus

“Sarà il mio ultimo Festival” annuncia Amadeus subito dopo aver ufficializzato i nomi di 27 big in gara per la 74esime edizione di Sanremo 2024 in programma dal 6 febbraio. E lo fa in un vero e proprio blitz a ‘Domenica In’, la trasmissione condotta da Mara Venier. “Noi ci vediamo a Sanremo perché se non ci sei tu in prima fila per me non è festival. Poi la domenica, siccome è il mio ultimo festival e non sono mai passato da te la domenica, dopo la serata finale verrò a salutarti nella Domenica In dopo il festival”.

Dopo cinque Festival consecutivi, il celebre conduttore e direttore artistico potrebbe fermarsi anche se i rumors dicono che è molto corteggiato per una prosecuzione alla guida della kermesse. In precedenza aveva annunciato al Tg1 i 27 Big in gara a Sanremo 2024. A chi si preoccupa che l’orario del festival possa dilatarsi troppo con 30 Big in gara, rassicura: “Spero vi piacciono i cantanti e poi vorrei tranquillizzare chi è preoccupato per la fine delle serate troppo tardi con 30 cantanti. L’orario non verrà prolungato perché io non ho superospiti: i miei superospiti sono i cantanti in gara”. Mara Venier chiede lumi su Maninni, l’unico che non conosce e Amadeus spiega: “Io amo scoprire dei giovani e portarli al festival. L’anno scorso lui era tra i giovani, così come Big Mama. Poi quest’anno li ho seguiti, ho ascoltato le canzoni che mi hanno proposto, mi sono piaciute e quindi sono direttamente tra i Big”, sottolinea.

I nomi dei 27 big in gara a Sanremo 2024

Da Fiorella Mannoia ai Negramaro, da Loredana Bertè ad Annalisa, passando per il ritorno di diversi vincitori di passate edizioni come Mahmood, Diodato, Il Volo, Renga ed Emma. dal 6 febbraio prossimo proponendo un cast stellare e pieno di novità. Amedeus ha elencato come promesso un roster ricchissimo, stilato dopo aver modificato all’ultimo minuto il regolamento stesso della rassegna variando da 23 a 27 i Big in gara e portando così gli artisti complessivi sul palco da 26 a 30, comprensivi dei 3 artisti vincitori di Sanremo Giovani Edizione 2023.

Questi i nomi big in gara ‘promossi’ da Amadeus: Fiorella Mannoia, Geolier, Dargen D’Amico, Emma, Fred De Palma, Angelina Mango, La Sad, Diodato, Il Tre, Renga & Nek, Sangiovanni, Alfa, Il Volo, Annalisa, Gazelle, Negramaro, Irama, Rose Villain, Loredana Bertè, The Kolors, Big Mama, Ghali, Annalisa, Mr Rain, Mannini e I Ricchi e Poveri. “Ho ricevuto e ascoltato oltre 400 brani, una quantità enorme di proposte che sottolinea ancora una volta l’appeal del Festival per il mercato discografico. La scelta è sempre difficile, ma, mi auguro di ripetere i risultati delle ultime edizioni che hanno visto per mesi i brani di Sanremo in testa alle classifiche di ascolto e di vendita. Quest’anno più che mai i miei super ospiti sono in gara. Viva Sanremo”, ha commentato al Tg1.

Dopo aver annunciato alla Milano Music Week che Paola&Chiara saranno le conduttrici del Prima Festival (arrivano anche i TikToker Mattia Stanga e Daniele Cabras) e dopo aver scoperto i nomi dei co-conduttori – Marco Mengoni, Giorgia, Teresa Mannino, Lorella Cuccarini e Fiorello, si è dunque entrati ufficialmente nel vivo della gara.

Giovanni Gagliardi per “la Repubblica” - Estratti lunedì 4 dicembre 2023.

Musica per tutti i gusti e per tutti i (buoni) sentimenti. Dal rap al rock, dalla tradizione melodica al cantautorato indie, senza punte estreme di trasgressione. Eccolo il cast del Festival di Sanremo 2024, quinto ed ultimo dell’era Amadeus - o almeno lui così dice - che andrà in scena dal 6 al 10 febbraio. 

Come da tradizione, è stato lo stesso conduttore e direttore artistico, impeccabile in smoking, ad annunciarlo al Tg1 delle 13.30. Un cast intergenerazionale, portato in extremis a 27 Big. Altri tre concorrenti saranno selezionati nella finale di Sanremo Giovani il prossimo 19 dicembre. Un totale di 30 artisti, che non dovrebbero — ma, come sempre, il condizionale è d’obbligo — riservare colpi di scena particolari, come le scenografie distrutte nella scorsa edizione da Blanco o il bacio fra Rosa Chemical e Fedez, che ha provocato scandali politici e una quasi crisi coniugale fra i Ferragnez.

E fra debutti e ritorni (più o meno eclatanti) i bookmakers si sono già messi in azione: sul podio, secondo gli allibratori, al momento ci sono Mahmood e i Negramaro, pagati 4 volte la posta, in un testa a testa che vede in piena corsa anche Annalisa, data a cinque. 

Il cast disegnato da Amadeus copre tutto il panorama della musica di casa nostra, per un pubblico multigenerazionale: «Ho ricevuto e ascoltato oltre 400 brani, una quantità enorme di proposte», ha raccontato. «La scelta è sempre difficile, ma mi auguro di ripetere i risultati delle ultime edizioni che hanno visto per mesi i brani di Sanremo in testa alle classifiche di ascolto e di vendita». 

E allora via fra rap, trap, rock, melodie e cantautorato, con tanto di ritorno di diversi vincitori di passate edizioni come Mahmood, Diodato, Il Volo, Ricchi e poveri, Renga ed Emma. E poi ci sono debutti di lusso: Alessandra Amoroso, il rapper Ghali, il cantautore simbolo dell’indie pop Gazzelle, il rapper Geolier. E ancora: Angelina Mango, la rockband milanese La Sad. E altri rapper, come Il Tre, Rose Villain, Big Mama e Fred De Palma. E poi Alfa, che ha trascorso un’estate ad altissima rotazione radiofonica con Bellissimissima.

E a proposito di tormentoni: all’Ariston ci saranno ci sono anche i The Kolors che hanno sbancato con Italodisco . E tanti altri, a comporre una scaletta molto densa, un melting pot di ritmi e stili musicali che agita e preoccupa Fiorello: «Che Cast! Bravo Ciccetto! Sono felice di andare in onda con VivaRai2 alle 6 del mattino!», ha scherzato su X lo showman, con evidente riferimento al timore che, con una schiera simile di cantanti in gara, le serate del Festival potrebbero allungarsi a dismisura e lui, con il suo programma in diretta da Sanremo su Rai 1, potrebbe andare in onda alle prime luci dell’alba. 

Ma su questo Amadeus, che a sorpresa ha fatto la sua apparizione negli studi di Domenica in di Mara Venier ha rassicurato (si fa per dire) tutti: non si sforerà oltre le 2 di notte: «Non avrò superospiti — ha garantito — sono i cantanti in gara i veri superospiti. E poi avrò Fiorello». 

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Andrea Silenzi per “la Repubblica” -Estratti lunedì 4 dicembre 2023. 

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Amadeus, che aumenta a sorpresa di uno il numero dei partecipanti (e questo dei numeri crescenti è un tema ricorrente che meriterebbe un’analisi a parte), affida la sua fotografia dello spirito del tempo a una pattuglia di artisti sostanzialmente allineati a una visione dell’esistenza magari malinconica, sicuramente sentimentale, a tratti arrabbiata e inquieta ma mai violenta. 

Era questo in fondo il tema della vigilia, ma il direttore artistico aveva già preso le distanze dai testi violenti o sessisti. Ha buttato un occhio alle classifiche recenti, chiamando i nomi più cliccati e più amati della scorsa estate (The Kolors, Geolier e Annalisa), ha ripescato le anime più modernamente sentimentali del pop di queste stagioni (due nomi su tutti: Mr. Rain e Sangiovanni) e ha stuzzicato la curiosità dei cacciatori di aneddoti targati Ariston con scelte imprevedibili come Maninni e i La Sad.

 Il resto è roba da big, più contemporanei o più “classici”, tutti sufficientemente popolari per montare un grande spettacolo che appassionerà ancora una volta famiglie e gruppi di ascolto, oltre che i media tutti, e nessuno si senta escluso. Già la scenografia, presentata oggi in versione digitale, preannuncia una confezione grandiosa per questo ennesima gara tra giganti: chi va caccia di campioni dovrà solo scegliere la fascia di età a cui rivolgersi, le rappresentanze di epoche diverse non mancano.

Il colpo a sorpresa potrebbe venire da due artiste che, in modo diverso, sparigliano anche a livello di contenuti: Rose Villain, raffinata e internazionale, e Big Mama, forse l’esponente più sincera e più politicamente tosta della scena rap. Non quote rosa, ma quote di intelligenza e talento. Poi c’è Loredana Bertè, che come sempre farà storia a sé. Una che libertà e consapevolezza le insegnava già quaranta e passa anni fa, e tutte hanno preso un po’ da lei. Amadeus lo sa.

Sanremo 2024, i cantanti big in gara: Maninni, Il Tre, Big Mama, Gazzelle. Renato Franco su Il Corriere della Sera domenica 3 dicembre 2023.

Amadeus ha annunciato la lista dei cantanti in gara al Festival di Sanremo 2024. Tra i cantanti: Fiorella Mannoia, Negramaro, i Kolors, Ghali, Annalisa, Emma, Ricchi e Poveri, Dargen D’Amico, Diodato, Irama

Al Tg1 delle 13.30 di domenica 3 dicembre Amadeus ha annunciato la lista dei cantanti big in gara al Festival di Sanremo 2024.

La 74ª edizione del Festival si terrà dal 6 al 10 febbraio.

Chi sono i big in gara

Ecco la lista dei big in gara:

- Fiorella Mannoia

- Geolier

- Dargen D’Amico

- Emma Marrone

- Fred De Palma

- Angelina Mango

- La Sad

- Diodato

- Il Tre

- Renga e Nek

- Sangiovanni

- Alfa

- Il Volo

- Alessandra Amoroso

- Gazzelle

- Negramaro

- Irama

- Rose Villain

- Mahmood

- Loredana Bertè

- The Kolors

- Big Mama

- Ghali

- Annalisa

- Mr Rain

- Maninni

- Ricchi e Poveri

Le scelte dell’alchimista Amadeus

Un cast trasversale, che mescola generi ed età, carriere affermate e altre in partenza, lanciate o tramontate. L’alchimista Amadeus in queste settimane si è chiuso nella sua bolla musicale, ha ascoltato, vagliato, soppesato, tagliato (non troppo) e deciso: alla fine sono 27 i cantanti in gara nel prossimo Festival di Sanremo (a cui andranno aggiunti i 3 che arriveranno da Sanremo Giovani). In totale fanno 30, un record. Il numero massimo nella storia del Festival era stato 28. Ovviamente sempre Amadeus, un anno fa, che quindi oggi batte — ancora una volta — se stesso. Il format è quello collaudato delle ultime stagioni, un po’ di tutto: i nomi che rassicurano il pubblico meno giovane; i volti che catturano l’occhio e soprattutto l’orecchio di adolescenti e ragazzi. Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, i Ricchi e Poveri, Renga & Nek (in coppia) rientrano nel novero dei cantanti conosciuti anche dalle generazioni più adulte. Il grosso del gruppo è invece composto da artisti che vengono ascoltati da quel magma di persone che va dai 15 ai 45 anni e che vengono definiti comunque ragazzi: Il Tre, Alfa, Geolier, Angelina Mango, Sangiovanni, Irama, The Kolors, Big Mama, Rose Villain, La Sad, Fred De Palma, Gazzelle, Mr Rain (rappresentanti di generi che spaziano su tutto l’arco musicale, dall’emo al reggaeton, dalla trap al pop). Il Volo fa categoria a sé, ex giovani già da giovani che cantano a un pubblico rimasto fermo a sonorità del passato ma famosi in tutto il mondo. La quota «chi è?» è appannaggio di Maninni (di nome fa Alessio), cantautore barese che ha fatto impennare le ricerche online per capire di chi si trattasse (era nella playlist di Spotify Scuola Indie...). Poi ci sono i grandi colpi (Negramaro e Ghali), gli artisti che hanno una carriera lanciata come Diodato e Mahmood (già vincitori del Festival), Emma e Annalisa. Infine quelli che sono un po’ tra coloro che son sospesi come Dargen D’Amico (ora giudice di X Factor) e Alessandra Amoroso: per lei si tratta di una prima volta.

Candidature senza precedenti

Se Big Mama è la a rapper della body positivity, Amadeus non sembra essere stato guidato nelle sue scelte da ragionamenti «furbi» o di convenienza: le donne sono meno di un terzo (8 su 27), al netto che non sappiamo sul totale delle canzoni arrivate quale fosse la proporzione. «Ho ricevuto e ascoltato oltre 400 brani, una quantità enorme di proposte che sottolinea ancora una volta l’appeal del Festival per il mercato discografico. La scelta è sempre difficile, ma mi auguro di ripetere i risultati delle ultime edizioni che hanno visto per mesi i brani di Sanremo in testa alle classifiche di ascolto e di vendita», la riflessione del conduttore e direttore artistico.

I cinque co-conduttori

Quello che è certo è che si farà tardi, perché un treno di 30 vagoni di canzoni accumula inevitabilmente tempi di percorrenza non indifferente. Fiorello ci ha già scherzato su: «Che cast! Sono felice di andare in onda con VivaRai2! Sanremo alle 6 del mattino». Amadeus però ha cercato di tranquillizzare chi ha la palpebra pesante facile: «L’orario non verrà prolungato semplicemente perché non ho i superospiti: i miei superospiti sono i cantanti in gara». Assicura pure che, spente le luci dell’Ariston, saluterà tutti: «Sarà il mio ultimo Festival». Il cast ormai è definito. Perché mercoledì Amadeus aveva chiuso anche la pratica dei conduttori che saranno al suo fianco nelle cinque serate (dal 6 al 10 febbraio). La giornata di apertura tocca al vincitore dello scorso anno, Marco Mengoni. Quindi tre donne: Giorgia, Teresa Mannino e Lorella Cuccarini nelle serate centrali. Il finale non poteva che essere con Fiorello che in questi quattro anni di Festival lo ha sempre sostenuto: due volte come conduttore, due volte con le sue incursioni, a celebrare un’amicizia che nemmeno il lavoro — spesso fonte di stress e discussioni — è risuscito a mettere mai in discussione.

Chi è Maninni, il cantante tra i big di Sanremo 2024. Da Bari alla conquista dell'Ariston. «Ancora non ci credo». Rosarianna Romano su Il Corriere della Sera domenica 3 dicembre 2023.

Il musicista barese si è avvicinato alla musica sin da piccolo imbracciando la chitarra

«Venticinquesimo cantante in gara tra i Big di Sanremo: Maninni». Ad annunciarlo è Amadeus, leggendo l’elenco dei concorrenti del prossimo festival. Ma chi è questo cantante? 

Classe 1997, nato e cresciuto a Bari, Alessio Mininni, in arte Maninni, ama la musica da quando era un bambino: chitarra alla mano e tanti sogni nel cassetto, è cresciuto nel capoluogo pugliese ascoltando i suoi artisti preferiti: dagli U2 agli Oasis, dai Pink Floyd ai Radiohead, passando anche per gli italiani Vasco Rossi, Ligabue, Cesare Cremonini. La musica è la sua ragione di vita e cerca di farsi strada e far conoscere il suo nome nello star system. È per questo che, giovanissimo, prova a farsi conoscere nella scuola di Amici nel 2016. 

L'esordio

Dopo questa esperienza, tra vecchie influenze musicali e il suo brillante estro personale, Maninni nel 2017 esordisce con “Parlami di te”. E, nel 2019, arriva “Peggio di ieri”. Resta in silenzio due anni; poi, nel 2021, il primo singolo del suo nuovo progetto discografico è un successo: il brano “Senza” entra nelle playlist di Spotify Scuola indie e New Music Friday. Ma sono tante le canzoni che brillano nelle classifiche: «Vaniglia», per esempio, resiste otto settimane nella playlist di Spotify Scuola indie e supera i 400 mila stream. 

Gli ultimi brani e l'exploit

Dello scorso anno, invece, è il singolo “Bari NY”, seguito da “Irene” e da “Caffè”. E poi, con “Mille porte” si guadagna un posto tra gli otto finalisti di Sanremo Giovani lo scorso anno. Insomma, una carriera in salita per il ragazzo barese che, dal palco delle promesse arriva a quello dei Big del festival, selezionato tra oltre 400 proposte. «Non ci posso credere, non riesco neanche a scrivere questa descrizione, ma una cosa posso dirla: andiamo a Sanremo 2024», ha scritto il cantante sul suo profilo Instagram, condividendo la sua gioia con i suoi 66 mila follower.

Estratto da davidemaggio.it

(...)

Tra gli artisti scartati, che non parteciperanno al Festival di Sanremo, c’è  Arisa, che poco prima dell’annuncio di Amadeus al TG1 aveva messo una storia con le dita incrociate, che ha prontamente rimosso appena ha scoperto che non rientrava nel cast. Una delusione che è proseguita nelle ore successive: la giurata di The Voice Kids ha postato la frase “E invece me ne frega parecchio“, che sembra riferirsi proprio all’esclusione dalla gara. 

Niente da fare nemmeno per Michele Bravi, che ha postato sui social un video in cui, al termine della lista dei big, si faceva consolare da un’amica sulle note di All by myself.

I Jalisse, scartati per il 27esimo anno di seguito dalla vittoria con Fiumi di Parole, hanno invece postato una loro foto sorridenti, con la didascalia: “27 no! Cadi dalla bici, ti sbucci il ginocchio, ti rialzi togliendo la polvere e riparti“.  No di Amadeus anche per Ermal Meta, che soltanto qualche giorno fa aveva annunciato a Viva Rai2!, da Fiorello, l’invio di un suo brano per partecipare. Nessuna reazione da parte del cantante, così come ha fatto Marcella Bella, che ha preferito promuovere via social il firmacopie di Etnea, il suo nuovo album. 

Atteggiamento elegante anche da parte di Alexia che, pur non essendo stata selezionata, ha abbracciato Amadeus da Fiorello e, intuendo le varie proteste, gli ha detto (come svelato dallo showman siciliano): “Non vorrei essere nei tuoi panni“. 

Era nella shortlist, come vi avevamo anticipato ma non ce l’ha fatta, Patty Pravo. Niente da fare nemmeno per Bresh e, pare, Tedua. 

Tra gli esclusi, come riportato da Il Messaggero, ci sarebbero poi Al Bano, che avrebbe potuto festeggiare i 40 anni dall’unica vittoria nella kermesse  avvenuta nel 1984 con Ci Sarà,  Francesco Gabbani, Malika Ayane, Alan Sorrenti con i Calibro 35 e, per finire, gli Zero Assoluto (con un brano scritto da Franco126).

Dagospia giovedì 7 dicembre 2023. Da “Un giorno da Pecora – Radio1”

«La mia canzone più che esclusa non è stata neanche ascoltata. Onestamente un po’ di dispiacere c’è ma ero già stato avvertito da Amadeus mesi prima che mandassi la canzone, però io non mi arrendo mai. Mi spiace per il brano: è dedicato allo Spallanzani. L’idea è stata dello stesso Vaia, (Francesco Vaia, il direttore generale dello Spallanzani, ndr) che ha partecipato alla creazione.

Secondo me Amadeus non ha neanche ascoltato la canzone perché non mi voleva come concorrente visto il grande successo che ho avuto come superospite nel 2023 con Morandi e Ranieri. Però Sanremo, da sempre, è nato come gara, in gara hai l’adrenalina. A fare il superospite mi sono divertito ma la gara è un’altra cosa. E presentare il festival? Non ho L’età». Così Al Bano ai microfoni di Un giorno da pecora, il programma condotto da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro su Rai Radio1.

Sanremo 2024, lo sfogo di Povia: “Fatto fuori per non disturbare l'equilibrio ideologico”. Il Tempo il 04 dicembre 2023

Non le manda a dire Povia e, in un’intervista con l’Adnkronos, all’indomani dell’annuncio dei big del Festival di Sanremo 2024 fa alcune considerazioni, confermando di essere stato scartato dal direttore artistico Amadeus: «Certo che ho mandato il brano, lo faccio ogni anno. Io sono pronto per Sanremo da 14 anni, ma Sanremo non è ancora pronto per me e per i miei brani sociali. Quest’anno ho fatto più di 110 concerti e il 2024 sarà simile perché ci sono già tante richieste, quindi il gradimento su di me c’è. Tuttavia viviamo un’era dove si devono ascoltare solo canzoni d’amore magari belle ma innocue da non disturbare l’equilibrio culturale e ideologico di nessuno».

«Nei festival viene perdonato tutto a tutti, mentre a Povia che porta messaggi positivi e sempre con rispetto, no - scandisce il cantautore -. Nei quattro festival a cui ho partecipato ho sempre portato argomenti particolari ma appunto positivi e mai trattati da nessuno e hanno sempre avuto successo proprio perché erano incoraggianti e straordinari in mezzo a tante canzoni ordinarie». Il pubblico, spiega Povia «le ha notate subito e ancora oggi le canta e le richiede come bis. Ho sempre partecipato da solo senza appoggi ed è sempre stato difficile entrare, poi dipende dalla volontà delle persone che lavorano al festival». 

Oltre a ciò, «mettici anche che sono un libero battitore, non ho parrocchie e amicizie influenti, non ho potere di scambio, mi autoproduco, non ho mai avuto una major che fa pressioni e neanche la voglio, e infine ho le mie idee e le espongo spesso con canzoni e dichiarazioni quindi capirai... Senza nulla a togliere alle tante canzoni in gara, il ’fattore Povia’, che mi tiene fuori dal festival da quasi 15 anni, non dipende dalla canzone brutta o bella, anche se è più facile far pensare questo», è lo sfogo del cantante. «Sono scelte e le rispetto… Magari ci riprovo il prossimo anno», conclude Povia sorridendo. L’ultima volta che Povia è stato al festival, dopo averlo vinto nel 2006 con ’Vorrei avere il becco’, è stato nel 2009 con il controverso brano ’Luca era gay’.

Jalisse a Sanremo, ancora un altro ‘no’: la coppia esclusa 27 volte dal Festival. A cura della redazione Spettacoli La Repubblica il 3 Dicembre 2023

Quella del 1997, dove ottennero la vittoria, continua a restare la loro unica partecipazione

Ventisette. Tanti sono i 'No' collezionati dai Jalisse per partecipare a Sanremo. Anche l'edizione 2024, infatti, non vede il duo fra i partecipanti, che vinsero il Festival nel 1997 con la canzone Fiumi di parole. A 27 anni di distanza, per Alessandra Drusian e Fabio Ricci, moglie e marito, quella continua a rimanere la loro unica partecipazione nel concorso maggiore. L’anno scorso avevano preso parte a Sanremo Giovani.

Un brano cult

Dal 1997, Fiumi di parole è diventato un brano cult, tanto da diventare nel 2009 protagonista di Ex, il film di Fausto Brizzi nel quale Fabio De Luigi interpreta un fan talmente appassionato dei Jalisse che pur di vederli esibirsi dal vivo inganna la fidanzata e compie un lungo viaggio.

L’isola dei famosi

A nulla sono valsi gli appelli ad Amadeus. E non è servita nemmeno la partecipazione di Fabio e Alessandra al surviving show di Mediaset L'Isola dei famosi. L'anno prima, per i Cugini di campagna il reality aveva ottenuto l'effetto sperato, ma i Jalisse non hanno avuto lo stesso destino. E anche quest'anno, il Festival lo guarderanno dal divano di casa.

Intanto sui social si scatenano i meme sulle possibili reazioni all’ennesima esclusione. Quest’anno le voci si erano fatte più intense che il duo potessero entrare nella lista di Amadeus ma evidentemente erano voci infondate.

Sarà il Festival di Sanremo più innocuo degli ultimi tempi. Dopo le polemiche dello scorso anno, l'annuncio delle co-conduzioni sembra andare in direzione di uno show tutto intrattenimento e poca attualità. E forse è meglio così. Beatrice Dondi su L'Espresso il 30 novembre 2023

Nessuno aveva veramente pensato, dopo le polemiche dello scorso anno, che avevano persino scosso la poltrona di Amadeus, di vedere chissà quali sconvolgenti presenze sul palco dell’Ariston. E la conferma è arrivata dal Tg1 quando il conduttore super star in un annuncio in puro stile hollywoodiano ha svelato i nomi delle co-conduttrici del prossimo Festival di Sanremo. Giorgia, Teresa Mannino e Lorella Cuccarini. 

Tre donne che hanno un mestiere forte sulle spalle rigorosamente inserito nel mondo dello spettacolo. E che in quanto tale almeno sulla carta prevede che l’esibizione dedicata non si azzarderà a sconfinare nel monologo di rito e dei relativi rischi di incursioni nell’attualità.  

Giorgia, la voce più bella d’Italia, che a Sanremo ha partecipato cinque volte (l'ultima nel 2023 con "Parole dette male") e uno l'ha pure vinto (nel 1995 con "Come Saprei"), è plausibile che si esibirà regalando note del suo mirabile repertorio anziché una dolenza al femminile. Lorella Cuccarini, in qualche modo in quota De Filippi (da diversi anni siede al tavolo dei giudici di "Amici"), è una show girl che tanto ha dato al piccolo schermo tutto. Nella scorsa edizione, quando da ospite nei duetti ha ballato tra le piume "La notte vola" con l’intreccio di mani che ha fatto impazzire telespettatori e platee, ha confermato di essere a tutti gli effetti un’inesauribile fonte di spettacolo puro. E nonostante in un recente passato si sia fregiata dell’etichetta di sovranista dell’ultima ora, ha prontamente ritratto la candidatura tornando a essere inquadrata a buon diritto nella splendida cornice del revival anni Ottanta. E poi Teresa Mannino, una comica eccezionale che non ha mai, nella sua lunga e luminosa carriera, inserito una battuta di satira politica in repertorio. Irresistibile e assai amata, l’attrice siciliana usa la sua potenza addentrandosi nelle differenze tra milanesi e palermitani, nelle scaramucce tra mogli e marito e così via. E portandosi puntualmente a casa ovazioni in forma di risata, ha sempre preferito evitare di convertire il suo talento per smuovere le coscienze. 

Quindi, in sintesi, quello che ci si aspetta da questa edizione numero 24 del Festival di Sanremo sarà l’intrattenimento allo stato puro. Si comincia con Mengoni, poi le tre artiste e gran finale con Fiorello a cui toccherà la chiusura, con la proclamazione del vincitore del Festival. A meno che il 3 dicembre quando verranno annunciati i i cantanti non spuntino nomi di ex parlamentari convertiti alla musica, difficile aspettarsi scossoni, polemiche, ire funeste, baci gender, monologhi sul razzismo e altre amenità. E non è detto che sia un male.

Marco Zonetti per Dagospia domenica 3 dicembre 2023. 

Angelina Mango, ex allieva di Amici e artefice della hit estiva Ci pensiamo domani, gareggerà nella 74ma edizione del Festival di Sanremo in onda dal 6 al 10 febbraio 2024. 

E la sua partecipazione al Festival presenta una peculiarità: Angelina è la terza della sua famiglia a calcare da protagonista il palcoscenico dell'Ariston. La giovane è infatti figlia di Laura Valente, cantante dei Matia Bazar, e del compianto Pino Mango. Quest'ultimo partecipò per ben sette volte al Festival di Sanremo, mentre Valente si esibì all'Ariston sia con i Matia Bazar, sia in coppia con il marito Mango nel 2007 con Chissà se nevica. 

Tale peculiarità, tuttavia, non è soltanto appannaggio della famiglia Mango, ma anche del clan Celentano, che ha visto addirittura partecipare a Sanremo tutti i membri del nucleo familiare.

Sia Adriano sia Claudia Mori, vincitori in coppia dell'edizione del 1970 con Chi non lavora non fa l'amore, sia i loro figli Rosita (come presentatrice nel 1989 assieme agli altri figli d'arte Paola Dominguin, Francesco Quinn e Gianmarco Tognazzi), sia Rosalinda nel 1990 e sia Giacomo nel 2002 (questi ultimi come cantanti) hanno infatti partecipato al Festival della Canzone Italiana. 

E non è finita: a Sanremo partecipò anche il nipote di Adriano, ovvero Gino Santercole, che nel 1966 a fianco dell'illustre zio si presentò con la canzone Il ragazzo della Via Gluck. 

E che dire della famiglia Morandi? Gianni vi ha regnato sovrano sia come cantante (per sette volte, vincendolo nel 2007 in trio con Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi) sia varie volte come ospite e co-conduttore. Ma la kermesse canora ha visto anche protagonista l'ex moglie Laura Efrikian, che presentò il Festival nel 1962, e il loro figlio Marco Morandi che vi partecipò per due volte come cantante in seno ai Percentonetto nel 1998 e, come solista, nel 2002, lo stesso anno di Giacomo Celentano.

E il buon Gianni e la ex moglie Laura hanno visto partecipare al Festival di Sanremo non solo il figlio Marco, ma anche il nipote Paolo. Oltre a Marco, infatti, Gianni Morandi e Laura Efrikian hanno un'altra figlia, Marianna Morandi, madre di Paolo Antonacci, che ha partecipato alla kermesse canora nel 2022 come autore della canzone di Tananai, Sesso Occasionale. Brano che quell'anno gareggiava proprio contro quello dell'illustre nonno, Apri tutte le porte.

Sanremo, la Rai multata dall’Agcom per pubblicità occulta a Instagram. Richiamo per l’esibizione di Blanco. Il Domani il 15 giugno 2023

«Le violazioni accertate», si legge in una nota, «riguardano cinque episodi di mancata indicazione dell'inserimento di messaggi pubblicitari e il caso della pubblicità occulta del social network Instagram e del profilo del conduttore Amadeus»

Ricordate la scena dell’ultimo Sanremo, con Amadeus che accetta di aprire un suo profilo su Instagram, seguendo l’invito di Chiara Ferragni? Secondo l’Agcom, la Rai così ha fatto pubblicità occulta al social network e al profilo personale del conduttore (che teoricamente potrebbe sfruttare tanta visibilità e il ritorno in termini di “follower”).

Lo ha sancito l’agenzia, giovedì, in una riunione della Commissione per i servizi e i prodotti. La stessa commissione ha poi deciso di richiamare la Rai per l’esibizione di Blanco: il cantante aveva preso a calci la scenografia, a causa dei problemi audio.

LA MULTA

In una nota, la commissione ha spiegato che per la pubblicità occulta la Rai è stata multata per più di 170mila euro, con un solo voto contrario, «per la violazione delle disposizioni relative alla corretta segnalazione dei messaggi pubblicitari durante il "73mo festival della canzone italiana di Sanremo"».

«Le violazioni accertate», si legge ancora nella nota, «riguardano cinque episodi di mancata indicazione dell'inserimento di messaggi pubblicitari e il caso della pubblicità occulta del social network Instagram e del profilo del conduttore Amadeus».

Egidio Lorito su Panorama l’08 Febbraio 2023.

Come e perché la kermesse sonora, giunta alla 73esima edizione, non conosce i segni della crisi. Parola di studiosi

Ci siamo, anzi ci risiamo. Parte il Festival di Sanremo e per una settimana l’Italia tutta sarà attratta dall’immarcescibile tubo catodico firmato Rai Uno -con il sempre più invasivo corredo social-mediale- a seguire le gesta della musica nostrana: discuteremo di quel testo, di quell’abito di scena, di una battuta poco felice ma, alla fine, ciò che conta è esserci stati, aver iscritto il proprio nome nella lista delle canzoni partecipanti. E cosa vuoi che sia sfiorare l’ultimo posto (chiedetelo a Vasco Rossi di Colpa di Alfredo e Vita spericolata) se poi proprio dalla Riviera dei Fiori parte una carriera sfolgorante. Di sicuro c’è che il Festival fa parte della storia del costume italico, profondamente mutato nell’ultimo settantennio: modernizzazione tumultuosa e crisi politico-economiche hanno accompagnato un Paese da sempre maledettamente diviso su ricostruzione e boom, crisi energetiche e contestazioni, terrorismo e mafia, politica ballerina e rigurgiti anarchici. Ma il Festival per antonomasia ha letteralmente accompagnato il faticoso cammino della nostra Italia, in cui politica, giornalismo, editoria, radio, televisione e social media continuano a plasmare la società: senza dimenticare, almeno una settimana all’anno, la musica. Canzoni o canzonette, testi impegnati o versi scanzonati spiccheranno il volo dalla Riviera ligure, le cui amenità paesaggistiche hanno imparato a fare coppia, nel tempo, con lo spazio culturale che l’appuntamento è riuscito a conquistarsi. Anche con l’immancabile spietata analisi sociologica, tanto da spingere Pier Paolo Pasolini a definire “Il Festival di Sanremo e le sue canzonette (sono) qualcosa che deturpa irrimediabilmente un società (…)”. Altri tempi, altre analisi. Ne siamo sicuri? Panorama.it ha chiesto aiuto a Ercole Parini, sociologo che si occupa dei fenomeni mediali e a Massimo Scaglioni, storico dei media, per cercare di capire perché, tra le incertezze del nostro tempo, il Festival di Sanremo resiste indomito. Al passaggio del tempo, ovviamente…. Professor Parini, “Sanremo è Sanremo”… «Sempre: un’istituzione nazionale che segna un raccordo tra diverse generazioni, capace di cambiare pelle come è cambiata la nostra società, garantendone una sorta di continuità, in particolare tra le generazioni più giovani. In più la kermesse ha contribuito a costruire la memoria, la fisionomia culturale di questo Paese». Una rassegna diventata lo specchio della nostra società, ben oltre la semplice esibizione canora. «La musica c’è, è importante, anche se a fasi alterne. Il drammatico episodio del suicidio di Luigi Tenco, nel 1967, dimostra come, al di là del dato prettamente canoro, questa vetrina canora rappresenti ancora quel grande contenitore medial-culturale capace di assemblare accadimenti ed azioni non direttamente riconducibili alle note musicali. E’ anche un momento per tastare il polso del Paese su temi diversi da quelli musicali. La società italiana non può certamente rimanere sullo sfondo di questo evento». E’ compito dei sociologi indagare in questo senso… «Sanremo si presta all’indagine sociale su come la società italiana si sia rapportata al Festival nei vari anni, quelli della contestazione e quelli del riflusso, quelli dell’avvento della televisione e quelli dell’esplosione dei social media. Si tratta di comprendere la stessa evoluzione del fenomeno musicale in rapporto alle mode e ai gusti sociali, perché -alla fine- tutti finiscono per sbirciare il Festival con diverse modulazioni». Sull’appuntamento canoro sembra focalizzarsi la teoria dei media come agenti della socializzazione. «Il Festival stesso è diventato elemento socializzante. Registro la pratica degli adolescenti che usano ritrovarsi in casa per assistere insieme alle serate canore. Ebbene, il dato è estremamente fecondo per noi studiosi sociali, perché dimostra come la generazione che definisce la propria identità prevalentemente sui social media si ritrovi compatta oggi per Sanremo molto più di quanto non capitasse alla nostra generazione, che mostrava qualche atteggiamento più snob». Il Festival come collante generazionale, allora. «Oltre ad essere intergenerazionale e transgenerazionale, l’appuntamento festivaliero sembra aver assunto proprio la caratteristica di omogeneizzare la nuova generazione, che vive il Festival come un rito, molto più di come l’abbiamo vissuta noi poco più che cinquantenni».

Professor Scaglioni, ci definisca il Festival di Sanremo!

«Senza ombra di dubbio l’evento mediale per antonomasia della televisione italiana. Non solo in termini numerici, come programma più seguito dell’anno, ma anche come capacità di mettersi in connessione col “sentire” del Paese. Lo scorso anno si è superata la soglia dei 13 milioni di spettatori medi, con una share elevatissima, e quest’anno credo che saremo su livelli analoghi (se non superiori almeno per quanto riguarda la share)».

Evento mediale in che senso?

«Si tratta di un’espressione teorica coniata dagli studiosi dei media (in particolare nel famoso testo di Daniel Dayan ed Elihu Katz) per eventi di grande rilevanza per una comunità nazionale, anche in grado di “celebrare” valori comuni, non fosse altro il senso di condividere un grande rituale condiviso. Nel caso di Sanremo la musica è indubbiamente l’ingrediente portante, ma con esso si mescolano costume, moda, politica, attualità…».

Il Festival, nel tempo è divenuto un contenitore, in pratica…

«Sarebbero tali e tanti gli esempi dei casi “politici” in senso largo da ricordare che faremmo fatica a sottolineare come spesso la musica rappresenti un punto di partenza e un ingrediente di un evento mediale».

A proposito, il caso della partecipazione del presidente ucraino Zelensky sembrava andare in questa direzione…

«La partecipazione di Zelensky sarebbe stata sorta di evento mediale nell’evento mediale: certamente uno dei momenti più seguiti e attesi. La scelta poi di fare marcia indietro sulla presenza di Zelensky ha generato confusione, e la scelta della lettera da leggere ha del tutto depotenziato il suo valore». E’ per questo che un appuntamento come Sanremo è destinato a non andare mai in crisi? «Per la sua capacità di rappresentare, anche solo per una settimana, i temi portanti della comunità nazionale: dalla musica all’attualità, dalla moda alla cultura. E’ come un grande contenitore di tante cose, non solo di canzonette, come qualcuno ha detto. Dunque anche un momento per ricordare una guerra nel cuore dell’Europa».

Ercole Giap Parini, calabro-milanese, classe 1968, è professore ordinario di Sociologia generale e direttore del Dipartimento di Scienze politiche e sociali della Università della Calabria, dove insegna, tra l’altro, Sociologia e ricerca sociale presso il corso di laurea in Media e società digitale. Studioso del rapporto tra letteratura e strumenti di comunicazione, ha in uscita con i colleghi Olimpia Affuso e Alfonso Amendola “L’odore della vita. Pier Paolo Pasolini. L’opera, la conoscenza, l’impegno pubblico”. Massimo Scaglioni, milanese, classe 1974, è professore ordinario presso la Facoltà di Scienze Linguistiche e Letterature Straniere dove insegna Storia dei media ed Economia e marketing dei media e delle industrie creative nell’Università cattolica di Milano. Direttore del CeRTA (Centro di ricerche sulla televisione e gli audiovisivi), ha di recente pubblicato “Total tv. Intrattenimento, fiction, informazione e sport frabroadcasting e streaming”, Milano 2022.

Non sono solo canzonette. Storia di Alessandro D’Avenia su Il Corriere della Sera il 12 febbraio 2023.

Festival è l’antico termine francese che indicava un evento sacro e popolare, arricchito da musica e danze. Nasceva dal bisogno di interrompere la fatica del lavoro quotidiano e condividerne i frutti. Dettata dal calendario liturgico e dai ritmi stagionali di terra e cielo, la festa dava senso agli altri giorni: riposare e gioire insieme del lavoro fatto, con musica e danza che sono i simboli umani della libertà dalle necessità dei giorni feriali. I Greci interrompevano anche le guerre per i loro festival. La città pagava il biglietto a tutti, anche ai più poveri, perché potessero partecipare a ciò che permetteva di riposare e di esistere come comunità. La polis, città in greco, da cui «politica», non era un contenitore di corpi, ma un progetto di vita da creare insieme: un’armonia che tutti erano chiamati a realizzare, per andare oltre il mero stato di necessità e vincere un po’ la morte. Il tutto si è poi trasferito nelle feste liturgiche cristiane, qualcosa rimane nei nostri sabati del villaggio, ma nel «villaggio globale» tutto questo accade in tv. Nella cultura secolare e nella società di massa ciò che crea comunità si è trasferito sullo schermo. Il Festival della canzone è infatti un’occasione (un’altra è la Nazionale di calcio) per riposare e rifondarsi come comunità. Ci basta? Funziona?

Per l’evento, famiglie, amici e parenti si radunano in soggiorno e, se non è possibile, in chat. Si commenta, si danno voti, si demolisce, si osanna, in perfetto stile tribale social. Ma da dove viene questo potere unificante? È un rito culturale: riscopriamo la nostra lingua che, con le sue vocali finali e il suo ritmo, è fatta per il canto. È un rito sociale: riesce a unire, come la Nazionale, tutte le generazioni, da Mattarella a Madame. È un rito religioso, dal testo sacro della Costituzione alle omelie nei monologhi, un rito che ha per fortuna anche le sue «eresie»: la profanazione dei Fiori simbolo del festival è stata interpretata dai ministranti come un sacrilegio, ed era invece l’istintivo smascheramento dell’ipocrisia (ipocrita in greco era l’attore), per ricordarsi che è solo una messa in scena, la verità è altro. È un rito politico, con i suoi voti: nei festival antichi l’autore vinceva raccontando Antigone, Prometeo o Alcesti, miti in cui il popolo si riconosceva e grazie ai quali si interrogava sul senso della vita. E i nostri quali sono? Quest’anno si è cantato quasi solo del mito dell’Amore, in tutte le sue declinazioni (famiglia, coppia, amicizia): relazioni spezzate, finte, stanche, tradite, finite, ma anche riparate... Ogni comunità si unisce per curare le sue ferite e in un Paese dalle relazioni (col corpo, con se stessi, con gli altri, con le cose) fragili e frantumate si è levato un canto piuttosto lugubre, una lunga malinconica preghiera perché l’amore torni a darci gioia e non solo fallimenti. La parola (anche quella dei monologhi) non sempre è riuscita a in-carnarsi (farsi carne) e in-cantarsi (farsi canto), ed è suonata a volte artificiosa, in questi casi la musica è diventata un pre-testo, ma è il rischio che l’arte corre quando entra in tv. Ci sono stati però anche momenti in cui gli artisti sono riusciti a tradurre il loro incontro, doloroso o meravigliato, con la realtà, in note originali sgorgate dalla fonte da cui nasce ogni autentico gesto creativo: la vita spirituale, che, comune all’umano di ogni latitudine, è ciò che unisce veramente le persone. La si riconosce quando, ascoltando un pezzo, qualcosa in noi si trasforma, la pelle d’oca lo manifesta, come fa la bellezza se non è un cartonato della vita, una comunicazione senza comunione, un incantesimo senza incanto. Forse è un po’ inevitabile a causa del sistema che mette in competizione e in discussione l’ispirazione artistica: Tenco si è tolto la vita anche per questo, proprio a Sanremo, e del potere della tv di svuotare i linguaggi e falsificare i bisogni della gente ha detto tutto Pasolini negli stessi anni. Comunque sia noi di Sanremo abbiamo bisogno perché è San Remo: se manca il patrono un Paese non esiste, manca ciò che unisce gli uomini, il sacro, cioè, fuor di metafora, ciò che riceviamo dal passato e con cui dobbiamo fare i conti per rinnovarci. Che cosa fonda la nostra comunità e ci fa appartenere a questo Paese tanto da volerlo custodire e far crescere insieme? In un tempo in cui, individualisticamente slegati, ci sembra di non appartenere a nulla e nessuno, abbiamo ancor più bisogno di simboli (parola che significa «unire ciò che è separato»). Quali sono i nostri? Lo sport e le canzoni, in tv. È sempre più difficile trovare unità e gioia negli spazi dove la vita si svolge ogni giorno (città, scuola, cultura...) e non appartenere soltanto a supermercati, piattaforme streaming o social. Sarebbe bello fare città, civitas, comunità e civiltà, in posti in cui ci si trattiene e non solo ci si intrattiene, in cui si costruisce e non solo si consuma. Ma se ci uniamo per qualche sera, disposti a tardare davanti al teleschermo pur lavorando l’indomani, è perché ne abbiamo bisogno, o almeno ne ha avuto bisogno un italiano su sei, gli altri cinque cercano altrove. Ma, quando lo spettacolo è finito, quell’italiano aveva più vita o più sonno? Torna a lavorare, come dice amaramente la canzone dei miei conterranei, «per non stare» con chi ama, o invece ha ricevuto energie nuove per amare meglio chi ha accanto? Abbiamo fatto comunità o solo ascolti? Comunque sia ci aggrappiamo ancora all’arte per sapere se c’è un altro mondo, bello e unito, a cui appartenere, un mondo ancora da fare e in cui si può ancora cantare insieme per spostare la morte più in là.

Sanremo non sono solo canzonette. Lo dicono le neuroscienze. Lorenzo Dornetti su Panorama il 12 Febbraio 2023.

Le neuroscienze dimostrano che la musica ha impatto su molti aspetti della vita quotidiana ed è per questo che ce ne innamoriamo

Le neuroscienze hanno dimostrato l’impatto della musica sulle performance sportive, mentali e persino nel guidare i comportamenti d’acquisto. Iniziamo dallo sport. Nel solo 2020, 139 esperimenti hanno dimostrato che ascoltare musica durante l’attività sportiva cambia la fisiologia, migliorando ossigenazione e resistenza alla fatica. Per questo molti atleti ascoltano musica durante le sessioni di allenamento più intense, per prepararsi al meglio in vista di una gara. Anche i testi hanno importanza, canzoni che contengono parole riguardanti il movimento o affermazioni motivazionali attivano la corteccia prefrontale che è la parte di cervello che determina gli schemi motori. Per questo è vietato ascoltare musica durante maratone ed altre gare agonistiche, è considerata “doping mentale”. La musica ha un impatto sulle performance mentali. Nel 2005 venne realizzato un esperimento passato alla storia della psicologia come “effetto Vivaldi” , anche se lo stesso risultato si è raggiunto con molti compositori. Le persone quando ascoltano canzoni rispetto a quando nella stanza è presente rumore bianco, una specie di suono senza ritmo e melodia, realizzano prestazioni mentali migliori. Quando ci sono note nell’aria si ricorda meglio una lista, si è più veloci nella contabilità mentale e nel recuperare parole specifiche. Cosa si nasconde dietro questa influenza della musica sul cervello? I ricercatori hanno dimostrato che dipende dal tono dell’umore, alcuni generi musicali alzano lo stato emotivo trascinando un miglioramento nelle prove di memoria e concentrazione. Funziona con tutti? Se fosse così, perché non avere una filodiffusione di musica in scuole e uffici? Gli effetti sono molto soggettivi. Le persone distraibili tendono a funzionare meno bene quando c’è musica nell’aria. Al contrario, le persone brave a concentrarsi traggono il massimo dall’effetto Vivaldi. Per la maggioranza delle persone, si può affermare scientificamente che la musica fa funzionare meglio il cervello nelle sue attività complesse. La musica influenza inconsapevolmente anche i nostri comportamenti di acquisto. I BPM (battiti per minuto) della colonna sonora di sottofondo determinano il movimento dei clienti in un negozio o in un ristorante, determinando il tempo di permanenza. Canzoni sopra i 100 BPM, quindi con ritmi sostenuti, tendono a far muovere i clienti rapidamente e realizzare acquisti e modalità di consumo rapide. Musiche sotto i 100 BPM, caratterizzate da una maggiore lentezza, si associano a clienti più tranquilli e tempi di permanenza più dilatati. I brand scelgono la musica in funzione dell’esperienza che vogliono far vivere ai loro clienti. È come se il movimento d’acquisto si allineasse al sottofondo musicale. Le neuroscienze dimostrano che la musica ha impatto in molti aspetti della vita quotidiana. Mina aveva intuito tutto: «la musica, bella o brutta, seria o ignorante non ti abbandona. È il rumore dell’anima. E ti si attacca alla pelle e al cuore per non lasciarti più».

Se il Festival di Sanremo parla a ciascuno di noi. Quest’anno come non si sente che qualcosa è cambiato, che il mito ha voltato pagina e ben poco di sacro è rimasto. Erica Mou su La Gazzetta del mezzogiorno il 12 Febbraio 2023.

Più che un programma televisivo è un rito, più che una gara canora è lo specchio del momento in cui ci troviamo. Sanremo divide sempre ma unisce da sempre. E così oltre le canzoni, gli artisti in gara, gli abiti, i monologhi, i conduttori, quello che si brama per tutta la settimana è una bella polemica che possa consentirci di schieraci l’uno contro l’altro la mattina seguente al bar o istantaneamente commentando sui social.

Scrivo questo articolo quando ancora non so come è andata la finale e chi ha vinto la gara, e ora che lo state leggendo siete senza dubbio voi i più aggiornati sui fatti e sapete in che stanza di albergo il Leone rampante poggiato alla Palma sta dormendo.

In gara ci sono canzoni che mi piacciono, alcune che non capisco, voci stupende e miti della mia infanzia. E, da cantautrice, mi si riempie il cuore a pensare che per una settimana in Italia si parli di canzoni, che le si vivisezioni sui tavoli delle nostre cucine, che si tifi per loro imparandole già a memoria. Ma quest’anno come non mai sento che qualcosa è cambiato, che il mito ha voltato pagina e che ben poco di sacro è rimasto oltre la palpabile emozione degli artisti in gara che comunque hanno, quasi tutti, usato il palco anche per le community del Fantasanremo, come ad esempio con i «cinque» battuti a Morandi, che nella gara parallela portano bonus ai cantanti.

E quanti di noi hanno visto il Festival con il telefono in mano ad aspettare che ogni abito piallettato, ogni espressione, ogni difetto si trasformasse in un meme da ricondividere?

È come se Sanremo avesse paura di essere serio e non credo sia un caso che una delle frasi che abbiamo più ascoltato pronunciata dai cantanti sia stata «mi sono divertito/a», sente il dovere di sdrammatizzare su ogni scala scesa con difficoltà, di «buttarla in caciara» come dicono a Roma, però poi vuole essere serioso nel racconto di sentimenti buoni. La leggerezza e la serietà devono essere per forza dissonanti? Questo, oltre le incursioni pubblicitarie in ogni singolo dettaglio, è ciò che quest’anno mi ha colpito con forza. Perché, come sempre, il Festival parla di noi, è la voce del nostro tempo e, per questo, lo amiamo.

La vera Italia non è quella raccontata a Sanremo. Andrea Soglio su Panorama il 12 Febbraio 2023.

Per 5 giorni sul palco dell'Ariston è stato presentato un paese più vicino ad un regime opprimente che ad una nazione moderna. Colpa di personaggi alla ricerca solo di visibilità che vivono in un mondo a parte

Mentre l’eco delle canzoni va spegnendosi quello che resta, a volume sempre più alto, sono le polemiche politiche per tutto quanto successo al festival di Sanremo. I fatti li conoscete tutti: in prima fila ovviamente Fedez, di certo non nuovo a uscite politiche. Un conto però è farlo sui suoi social, altro invece è utilizzare il palco dell’Ariston, cioè il massimo della visibilità del servizio pubblico che, andrebbe ricordato al rapper, è di tutti, non solo di coloro che la pensano come lui. E su questo i vertici della Rai dovrebbero quantomeno fare delle riflessioni per evitare certe esagerazioni in futuro. Ma andando oltre alle foto di viceministri strappate, agli inviti alla liberalizzazione ed al consumo della cannabis e agli atti sessuali sul palco che fanno arrabbiare la moglie c’è una cosa che non torna dopo queste 5 serate di Festival. A sentire le parole, le dichiarazioni degli ospiti, dei cantanti e delle co-conduttrici saremmo un paese pieno di difetti e problemi. Un paese dove per le donne è difficile fare carriera (Chiara Ferragni); un paese «razzista» (Paola Egonu); un paese dove una madre spererebbe di non avere figli gay «perché avrebbero una vita difficile» (Chiara Francini); un paese dove non esistono libertà sessuali (chiedere a Rosa Chemical); un paese dove sono a rischio le sue stesse fondamenta, la Costituzione (Roberto Benigni). Insomma, siamo in un brutto paese, soffocato da un brutale regime. E, nessuno lo dice ma quello che ne traspare in maniera silenziosa è molto chiara, ovviamente siamo un brutto paese perché siamo governati da un esecutivo di destra. Tutto questo nella settimana di due fondamentali elezioni regionali dove la sinistra parte sfavorita. A tutti coloro che hanno evidenziato i mali ed i difetti, senza evidenziare un pregio che sia uno del Belpaese, si potrebbe ricordare che la sinistra, per cui loro tifano, per cui lavorano, per cui parteggiano, è stata al governo per molto più tempo negli ultimi 30 anni rispetto alla destra e la in Italia le cose vanno davvero così male forse la responsabilità è dei loro politici, quelli che dovrebbero difendere soprattutto quelle da sempre presentate come le loro battaglie. La realtà, semplice, è che non è così. L’Italia non è questa. Chiara Ferragni dovrebbe capire da sola come le donne stanno raggiungendo la parità a grandi passi; basterebbe ricordare alla Regina dei social che a Palazzo Chigi da pochi mesi per la prima volta nella storia della repubblica siede una donna. E, non è un caso, ce l’ha messa la destra, non la sinistra. Paola Egonu dovrebbe capire da sola che in un paese razzista una ragazza di colore non salirebbe sul principale palco della tv pubblica e non sarebbe portabandiera olimpica del suo paese. Chiara Francini dovrebbe capire che una madre, ed un padre, non fanno mai distinzioni pre parto. L’amore per il figlio o figlia sarà totale, a prescindere da tutto quello che succederà prima e dopo. L’amore di due genitori va oltre ogni paura. Roberto Benigni capirà che il Presidenzialismo non significa portare il paese in chissà quale regime, ma solo modernizzarlo, proteggendolo dai mille giochetti della politica e rendendolo addirittura più democratico di quanto sia oggi. Fossimo nel centrodestra eviteremmo voci grosse e proteste ufficiali contro i vertici Rai. Non cadremmo in quella che rischia di essere una trappola. Il silenzio, oggi, è la mossa migliore contro chi è alla ricerca (giocando con i diritti di tutti) solo di visibilità. Persone brave a dipingere l’Italia come un paese nelle mani di chissà quale regime ma che dovrebbero spiegarci cosa sia l’Iran, la Russia, la Cina.

La selezione. Report Rai PUNTATA DEL 22/05/2023 di Emanuele Bellano

Collaborazione di Greta Orsi 

Come si accederebbe veramente a Sanremo?

Il Festival di Sanremo consente ogni anno a otto giovani cantanti di accedere al palco dell'Ariston e di cantare in diretta TV davanti a milioni di spettatori in tutto il mondo. La selezione degli otto talenti avviene attraverso due strade: una organizzata direttamente dalla commissione RAI, l'altra attraverso un concorso chiamato Area Sanremo organizzato dal comune di Sanremo. Come rivela uno dei giudici che hanno fatto parte più volte della commissione giudicatrice di Area Sanremo, le pressioni sui giudici e sull'organizzazione sono molto forti e sarebbero finite anche in tentativi di corruzione. Nel 2014 di fronte all'esclusione dalla fase finale, due concorrenti di Area Sanremo fanno accesso agli atti e scoprono che la loro esclusione è anomala e che ci sarebbero state circostanze oscure nella selezione dei finalisti.

LA SELEZIONE di Emanuele Bellano Collaborazione di Greta Orsi Immagini di Giovanni De Faveri Ricerca immagini di Paola Gottardi AMADEUS Vince Sanremo giovani 2022, con “La città che odi”, Gianmaria!

EMANUELE BELLANO Qual è il percorso per arrivare al Festival di Sanremo per i giovani?

MICHELE MARAGLINO – PROMOTER MUSICALE Un musicista emergente può giocarsi la strada Sanremo attraverso due concorsi, uno è Sanremo Giovani gli altri vengono scelti da un altro concorso che si chiama Area Sanremo.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO I giovani selezionati con questi concorsi partecipano al Festival di Sanremo in gara con i big. Per partecipare ad Area Sanremo è sufficiente avere meno di 30 anni e una canzone inedita da proporre.

LIVIO EMANUELI – PRESIDENTE AREA SANREMO 2019-2020 Diciamo che noi in questo ambito possiamo essere definiti come una costola di Rai, li aiutiamo a selezionare dei ragazzi attraverso un percorso alternativo completamente diverso da quello che si segue con Sanremo giovani.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Ogni anno la Rai acquisisce dal Comune di Sanremo i diritti del Festival per circa 5 milioni di euro. In cambio il Comune organizza le manifestazioni necessarie allo svolgimento dell'evento. Tra queste c’è Area Sanremo. L’Ex discografico Franco Zanetti è uno dei maggiori esperti di rock in Italia e ha fatto parte della giuria di Area Sanremo per quattro volte e, per la prima volta, racconta le pressioni che ha subito.

FRANCO ZANETTI – EX COMPONENTE COMMISSIONE AREA SANREMO Beh, io ho ricevuto un'offerta esplicita, credo fosse il 2007 o il 2008. Uscendo dal luogo in cui si svolgevano le selezioni, mi si è avvicinata una persona mi ha detto ma quell'automobile li, quella sulla quale sta per salire, non è un po' una brutta automobile per uno che ha il suo ruolo, non le piacerebbe avere un'automobile nuova? Ho detto, si mi piacerebbe ma non ne ho bisogno. No, perché sa se lei tenesse d'occhio un ragazzo che volevo segnalarle potrebbe cambiare l'automobile prima di tornare a Milano. Io sono tornato a Milano con la mia automobile di prima che ho avuto ancora per qualche anno… EMANUELE BELLANO È stato proposto un bene in cambio di

FRANCO ZANETTI – EX COMPONENTE COMMISSIONE AREA SANREMO Mi è stato proposto un bene in cambio di un favore sì.

EMANUELE BELLANO Cioè di far passare un concorrente

FRANCO ZANETTI – EX COMPONENTE COMMISSIONE AREA SANREMO Si

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Nel 2015 quando Franco Zanetti torna ad Area Sanremo la situazione che trova è la stessa.

FRANCO ZANETTI – EX MEMBRO COMMISSIONE AREA SANREMO Io ero un giurato, uno dei componenti della Commissione.

EMANUELE BELLANO Lei aveva ricevuto delle pressioni, delle raccomandazioni, delle telefonate?

FRANCO ZANETTI – EX MEMBRO COMMISSIONE AREA SANREMO Telefonate, telefonate di segnalazione, telefonate di raccomandazione.

EMANUELE BELLANO Da quali soggetti arrivano queste pressioni?

FRANCO ZANETTI – EX MEMBRO COMMISSIONE AREA SANREMO Arrivano da persone che ti conoscono perché sono i produttori, perché sono gli autori, perché sono i discografici.

EMANUELE BELLANO Risulta che ci siano pressioni, raccomandazioni sulla giuria e su chi deve selezionare i concorrenti?

ALBERTO BIANCHERI – SINDACO DI SANREMO (IM) Io sono sorpreso e sicuramente se fosse così, se questa è la realtà che non la metto in dubbio però io vado in Procura, faccio un esposto, vado alla Guardia di Finanza, mi tutelo perché sono cose molto gravi.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO E infatti alla fine qualcuno è andato in procura. E allora, se qualche giovane cantante accarezza il sogno di salire sul palco dell’Ariston ha due strade: una è quella di partecipare a Sanremo Giovani che è quello organizzato direttamente dalla Rai, l’altro è quella di partecipare ad Area Sanremo, che è organizzata dal Comune di Sanremo, per conto della Rai. Partecipano alla selezione dai 400 ai 900 ragazzi cantanti da tutte le parti d’ Italia. Ora a prescindere dalle dichiarazioni di Zanetti, che è stato membro della commissione giudicante più volte, anche nel ruolo di presidente della commissione, della giuria, Zanetti è massimo esperto in Italia di Beatles e insomma, a prescindere da tutto questo, nel 2014 qualcosa di anomalo deve essere accaduto se si è mossa la procura di Imperia. Che cosa è successo? Che ci è stata una selezione di cantanti che dovevano accedere alle finali, ch’avevano due giovani, Michelangelo Giordano e Aurora Pacchi, fanno la loro prova, ricevono commenti bellissimi, dei voti altissimi, tuttavia vengono esclusi. Che cosa è successo? Il nostro Emanuele Bellano

INVIATA Che cosa significherebbe per te salire sul palco dell'Ariston?

CANTANTE La realizzazione di un grande sogno.

CANTANTE L'inizio di una di una carriera importante.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Seguito dal Sud America al Giappone, con decine di milioni di telespettatori ogni sera, il Festival di Sanremo è la vetrina perfetta per chi sogna di diventare una stella della musica italiana e iscriversi ad Area Sanremo è il modo per provare ad arrivarci.

ALBERTO BIANCHERI – SINDACO SANREMO (IM) Sino al 2014, il Comune di Sanremo dava un finanziamento, dal 2015 non sono stati più dati contributi e si è sempre mantenuto con le quote di iscrizione dei ragazzi. Dal 2016 mi pare è stato praticamente finanziato dallo sponsor.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Nel 2014 il Comune finanzia Area Sanremo con 65 mila euro altri 100 mila provengono dalle quote dei concorrenti che pagano un'iscrizione di circa 350 euro a testa. La prima prova seleziona 40 finalisti tra i 380 concorrenti iniziali e consiste in un'esibizione dal vivo.

AURORA PACCHI – CANTANTE Naturalmente porte chiuse, roba super segreta, questo brano non si doveva assolutamente sentire né pubblicare. Quindi insomma una cosa seria.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO La Giuria di area Sanremo era composta da cantanti di primissimo piano della musica italiana.

MICHELANGELO GIORDANO - CANTANTE Quell'anno lì era formata dal noto cantante dei Pooh, Roby Facchinetti, che era presidente di commissione, dalla cantante Giusy Ferreri e dal rapper Dargen D'Amico. Durante l'audizione era presente anche il direttore responsabile di Commissione, il giornalista Paolo Giordano.

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Sentiamo molto forte questa responsabilità. Fra l'altro questa mattina che è stata la prima, un primo ascolto, devo dire che ci sono due tre personaggi, abbiamo ascoltato due tre personaggi estremamente interessanti.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Le audizioni a porte chiuse dei concorrenti vanno avanti per tre giorni e a ogni cantante i giudici attribuiscono una votazione segreta.

AURORA PACCHI – CANTANTE I commenti furono molto positivi, la presenza scenica, ah poi finalmente un curriculum di una persona che ha studiato, insomma tanti complimenti che…

EMANUELE BELLANO Da parte della Commissione?

AURORA PACCHI – CANTANTE Da parte la Commissione, soprattutto da parte di Facchinetti.

MICHELANGELO GIORDANO - CANTANTE Il primo commento è stato di Roby Facchinetti e mi disse Michelangelo ci hai raccontato una bellissima favola nera. Non posso fare altro che dirti bravo bravo bravo bravo mi hai fatto venire i brividi

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Tra i 40 concorrenti che vanno alla fase finale, non ci sono né Aurora Pacchi, né Michelangelo Giordano che ricevono per mail la comunicazione dell'esclusione.

AURORA PACCHI – CANTANTE Dopo tre giorni, ricevo la mail con scritto: “Ci dispiace la sua esperienza a Sanremo finisce qui. Un grande in bocca al lupo” E dico, ok va bene, è finita è andata…

MICHELANGELO GIORDANO - CANTANTE “Ciao, siamo spiacenti di comunicati che questa volta non hai superato la fase eliminatoria. Un caro saluto in bocca al lupo Area Sanremo.”

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Come da regolamento l'organizzazione invia a ogni cantante i voti che i tre componenti della giuria hanno assegnato alla sua performance durante le audizioni.

AURORA PACCHI – CANTANTE Da 0 a 10, intonazione voce, presenza scenica, performance, brano, testo e musica, quindi giustamente valutavano anche il brano e il giudizio complessivo.

MICHELANGELO GIORDANO – CANTANTE Il presidente Roby Facchinetti mi aveva dato per tutte le voci presenti in scheda e anche su quella complessiva, sulla voce del complessivo, tutti 10 cioè il massimo. La cantante Giusy Ferreri, intonazione e voce otto e mezzo, presenza scenica nove e mezzo, performance nove e mezzo, brano inedito otto e mezzo. Giudizio complessivo 8 - 9.

AURORA PACCHI – CANTANTE Ho preso 9 intonazione voce, presenza scenica 9, performance 9, brano 9 più, giudizio complessivo 9 più, l'altra scheda intonazione voce 9 e mezzo, presenza scenica 9 e mezzo, performance 9 e mezzo, brano 9 e mezzo. Giudizio complessivo 9 e mezzo.

MICHELANGELO GIORDANO - CANTANTE La domanda ricorrente era: “Ma gli altri 40 concorrenti passati in finale, possibile che abbiano preso voti, tutti quanti voti superiori a questi?”

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Allora due giovani cantanti, Michelangelo Giordano e Aurora Pacchi, sono stati esclusi dalla competizione e, siccome era stata organizzata dalla Sanremo Promotion, società però oggi in liquidazione, hanno chiesto l’accesso agli atti, hanno scoperto che loro avevano raggiunto una votazione più alta di altri cantanti che sono finiti poi in finale. Allora si sono chiesti: ma come funziona la selezione? Hanno chiesto ufficialmente una spiegazione. Cosa hanno risposto?

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Passa alla fase finale chi sommando i singoli voti totalizza un punteggio più alto. E il criterio era stato applicato a partire dalle precedenti edizioni del 2011, 2012, 2013. Ma, quando Aurora Pacchi e Michelangelo Giordano chiedono alla Sanremo Promotion i documenti relativi alla loro gara nel verbale c’è scritto che il criterio adottato per passare alle finali è del tutto diverso, i voti non sono in alcun modo vincolanti per la scelta dei finalisti.

DIRIGENTE SANREMO PROMOTION E allora a cosa servono domanda? Questi verbali qua sono stati fatti ad hoc.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Allora, bentornati. Parliamo di due giovani cantanti che avevano l’ambizione di salire sul palco dell’Ariston a Sanremo, hanno partecipato nel 2014 alla selezione di Area Sanremo, organizzata per conto della Rai da Comune e hanno organizzare una società partecipata, la Sanremo Promotion, che oggi è in liquidazione. I due cantanti sono stati esclusi nonostante avessero raccolto dei voti altissimi e anno fatto accesso agli atti. Perché la società è partecipata e quindi dovrebbe renderli ostensibili. Si sono resi conto i due che avevano voti più alti di altri cantanti che sono andati poi in finale e hanno chiesto spiegazioni. Ecco, secondo un ex dirigente della Sanremo Promotion, ci sarebbe una frase che sarebbe stata inserita ad hoc proprio dopo la richiesta di spiegazioni.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Come ogni concorso pubblico il regolamento prevede la possibilità per i concorrenti di fare accesso agli atti di gara. Sia Aurora Pacchi che Michelangelo Giordano chiedono le schede di valutazione dei concorrenti passati in finale.

AURORA PACCHI – CANTANTE Scopro che persone con il voto più basso del mio hanno avuto l'accesso alla fase successiva.

LIVIO EMANUELI – PRESIDENTE AREA SANREMO 2019-2020 La cosa francamente stupisce anche me, nel senso che non capisco come sia potuta avvenire.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Livio Emanueli, come presidente dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo, è stato per due anni responsabile delle selezioni di Area Sanremo e conosce perfettamente il regolamento del concorso.

EMANUELE BELLANO Queste selezioni come avvengono? Qual è il criterio sul quale, sul quale si basano?

LIVIO EMANUELI – AREA SANREMO 2019-2020 Il criterio è solo uno, è quello legato all'ascolto dei brani da parte di una commissione che è una commissione tecnica, sulla base di queste votazioni, noi facciamo accedere al livello successivo i ragazzi.

EMANUELE BELLANO Cioè quindi la graduatoria viene stabilita sulla base di cosa? Dai voti che hanno avuto?

LIVIO EMANUELI – AREA SANREMO 2019-2020 Dai voti che hanno avuto dai giurati durante le audizioni. Sicuramente quelli che passano hanno dei voti superiori rispetto a quelli che sono stati eliminati.

MICHELANGELO GIORDANO Il senso delle schede di valutazione qual è?

DIRIGENTE SANREMO PROMOTION SRL Le schede di valutazione inventate proprio dalla Sanremo Promotion. Cioè va da sé che se tu prendi totale 40 e io prendo 36, è normale che sei tu quello che va avanti. Perché comunque si creava quell'imparzialità a tutti i ragazzi, a tutti i partecipanti.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Passa alle fasi finali chi sommando i singoli voti totalizza un punteggio più alto. E Il criterio era è stato applicato a partire dalle precedenti edizioni del 2011, 2012 e 2013. Ma quando Aurora Pacchi e Michelangelo Giordano chiedono alla Sanremo Promotion i documenti relativi alla loro gara, nel verbale c’è scritto che il criterio adottato per passare alle finali è del tutto diverso: “I voti non sono in alcun modo vincolanti per la scelta dei finalisti”.

MICHELANGELO GIORDANO Però tu hai visto i verbali?

DIRIGENTE SANREMO PROMOTION SRL I verbali no non li ho letti.

MICHELANGELO GIORDANO Guarda lì. DIRIGENTE SANREMO PROMOTION SRL La Commissione stabilisce che le valutazioni contenute nelle suddette schede non determineranno la classifica finale dei candidati e quindi non saranno in alcun modo vincolanti in ordine alla scelta dei finalisti. E allora a cosa servono, domanda? Questi verbali qua sono stati fatti ad hoc.

DIRIGENTE SANREMO PROMOTION SRL No, ma li è una frase proprio ad hoc

MICHELANGELO GIORDANO Fatta per rattoppare la mia richiesta.

DIRIGENTE SANREMO PROMOTION SRL Fatta per rattoppare la tua richiesta, sì. Quello mi sembra un verbale rifatto.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Il verbale è firmato dai tre membri della giuria, i cantanti Giusy Ferreri, Dargen D'Amico e il presidente Roby Facchinetti.

EMANUELE BELLANO Nel verbale che io vedo di selezione, diciamo di chiusura della selezione, viene detto che i candidati non sono stati selezionati realmente sulla base dei voti che poi voi avete stilato.

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Non mi risulta

EMANUELE BELLANO Non le risulta

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Posso parlare io? È stata fatta una valutazione, dopo di che abbiamo alla fine degli ascolti, abbiamo, ci sono stati dei risultati chi ha avuto più voti sono stati poi selezionati, punto. Questo è stato il criterio che abbiamo adottato, credimi, e non può che essere così. Punto. Credimi.

EMANUELE BELLANO Ecco, invece la Sanremo Promotion ha redatto un documento ufficiale, perché questo qui è stato preso agli atti da uno dei ragazzi che ha fatto il ricorso perché è stato escluso pur avendo dei voti più alti. La Sanremo Promotion dice

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Non mi risulta.

EMANUELE BELLANO Dice, diciamo compila questo documento, io vorrei

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Ma perché se questo ragazzo ha avuto dei voti più alti non è stato selezionato? No no non è così, non è così.

EMANUELE BELLANO Quindi lei mi conferma che voi in realtà avete valutato e fatto, scelto i 40 finalisti sulla base dei voti che sono stati dati alla fine delle audizioni e le schede di valutazione.

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Dei voti che sono stati dati alla fine degli ascolti. Chiaramente c’è stata una classifica in base ai voti, chi ha avuto più voti è stato selezionato.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Invece nel verbale inviato dopo la richiesta dai cantanti esclusi c’è scritto il contrario che i voti non determinano la classifica finale, e sotto c’è anche la firma di Facchinetti.

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Qui c'è la mia firma.

EMANUELE BELLANO Qui c'è la sua firma.

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Ti dico io ho ragionato e mi sono comportato, come del resto tutti i miei colleghi, che hanno che hanno, insieme a me selezionato. Se poi a nostra insaputa sono state fatte altre cose, questo non lo posso dire.

EMANUELE BELLANO Però, se sono state fatte a sua insaputa, forse vale la pena andare a fondo, io vorrei approfondirla con lei questa cosa. Cioè potremmo rimanere in contatto via mail. Io posso mandarle via mail o lasciarle questo documento e lo vediamo insieme.

ROBY FACCHINETTI – TASTIERISTA E VOCE DEI POOH Va bene.

EMANUELE BELLANO FUORI CAMPO Abbiamo contattato gli altri due giudici Giusy Ferreri e Dargen D'Amico che hanno preferito non rispondere. La direzione artistica di Area Sanremo nel 2014 era affidata al giornalista musicale Paolo Giordano. EMANUELE BELLANO Volevo sapere se è possibile avere una mano per capire la questione di questo verbale, il verbale numero 1. Perché nel verbale c’è scritto che la commissione non ha utilizzato i voti che sono stati dati durante le audizioni per definire la graduatoria dei 40 che sono passati in finale. Però io ho parlato con il presidente di giuria che mi diceva tutt’altro cioè che invece si sono basati su questo. PAOLO GIORDANO - GIORNALISTA Non vedo qual è il contrasto, cioè non sono vincolanti perché non viene fatta una somma, è ovvio che sia così, non può essere fatta una somma.

EMANUELE BELLANO Cioè i 40 finalisti sono stati scelti a seguito dei voti che hanno preso in audizione, dei voti che gli sono stati dati o no?

PAOLO GIORDANO - GIORNALISTA No, non è possibile, non è stata fatta, non credo che neanche Roby, magari preso all’improvviso, preso così può aver detto in questo modo ma non credo che abbia detto, abbia sottointeso che sia stato un computo matematico. EMANUELE BELLANO Il fatto che ci siano due concorrenti che abbiano avuti dei voti maggiori ma che sono rimasti esclusi dalla fase finale?

PAOLO GIORDANO - GIORNALISTA Questo non lo so, è una cosa alla quale io non posso rispondere.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Paolo Giordano, che è un bravo collega esperto di musica, è stato nel 2014 il direttore responsabile dell’Area Sanremo. Però dice: non so spiegarmi come mai coloro che avevano avuto i voti più altri non sono passati. Ci ha scritto anche Roby Facchinetti, al quale abbiamo mandato il verbale, come avevamo promesso nel corso dell’intervista, e dice: scusate ho detto una cosa non esatta. Mi sono consultato anche con gli altri membri della giuria, in realtà, dopo aver formulato, dopo aver, un primo ascolto, dopo aver formulato dei voti, siamo stati costretti a risentire, riascoltare tutti i brani e riformulare i giudizi. Insomma, questa è la loro versione, ovviamente. Quella dell’ex dirigente della Sanremo Promotion, l’abbiamo sentita, secondo lei invece quella frase era stata messa ad hoc, quella sui criteri di selezione dove si diceva che i voti alla fine non erano l’unico elemento per valutare, era stata messa ad hoc, dopo che Giordano aveva chiesto spiegazioni. Ora, su questo deciderà la Procura di Imperia. Noi, da parte nostra, non possiamo far altro, come giornalisti, sottolineare come pochi mesi prima della selezione, nel 2014 Area Sanremo aveva messo sul proprio sito i criteri di valutazione e insomma, e si basavano sulle graduatorie dei voti ottenuti nelle prestazioni richieste. Ecco oggi a organizzare Area Sanremo è l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, e ha messo sul sito, in segno di trasparenza tutti i voti dei giudici e si valuta esclusivamente in base a quelli. Viva la trasparenza.

I momenti imbarazzanti.

Chi ha vinto Sanremo Giovani e si è consacrato tra i big.

Le meteore di Sanremo.

Le contestazioni. 

Le più belle.

I Vincitori.

Vittorie sorprendenti e indimenticabili.

Vittorie immeritate.

I Flop.

I momenti imbarazzanti.

Festival di Sanremo: le cadute dalle scale e i momenti imbarazzanti. La farfallina di Belen, l'intervista a Robert De Niro, il volo plateale della Impacciatore: i siparietti incresciosi della storia del Festival. Massimo Balsamo il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Belle canzoni, qualche chiacchiericcio, le solite polemiche. Il festival di Sanremo è uno degli appuntamenti più attesi dell'anno e i perchè sono molteplici. Certo, non sempre è stato un successo. Alcune edizioni sono finite dritte dritte nel dimenticatoio per una qualità imbarazzante, per l'assenza di glamour/vip e così via.

Ma ci sono anche i siparietti imbarazzanti, episodi che hanno segnato - in negativo - la storia della kermesse canora. In questa categoria possiamo sicuramente annoverare le cadute dalle scale, sempre più frequenti e sempre più (in)dimenticabili. Non a caso la scalinata del teatro Ariston è tra i passaggi più temuti da conduttori, concorrenti e ospiti. Per questo e molto altro è arrivato il momento di andare a ricordare i momenti poco edificanti o quantomeno incresciosi della storia del festival di Sanremo.

Non solo Bugo e Morgan: i 5 scandali più famosi della storia di Sanremo

Roberto Benigni marpione

Prima di dedicarsi alla Divina Commedia e al Cantico dei Cantici, Roberto Benigni è stato protagonista al festival di Sanremo con siparietti hot. Dagli assalti a Pippo Baudo al bacio a Olimpia Carlisi, fino alla sbirciatina sotto il vestito di Manuela Arcuri nel 2002. Tempi lontani dal #MeToo...

La caduta di Michelle Hunziker

Una delle cadute più celebri del festival di Sanremo è quella di Michelle Hunziker nell'edizione 2007. Nel corso della serata finale, la conduttrice svizzera viene tradita dal proprio abito, ritrovandosi sdraiata a terra di punto in bianco. Repentino il soccorso del padrone di casa Pippo Baudo, nulla di grave per l'elvetica se non un brutto ricordo.

L'intervista a Robert De Niro

La presenza di un super ospite non sempre coincide con un siparietto stellare. Nel 2011 il big atteso all'Ariston è Robert De Niro, leggenda del cinema. Ma l'organizzazione è tutt'altro che perfetta: intervista di Gianni Morandi e traduzione simultanea di Elisabetta Canalis. Risultato? Domande a dir poco agghiaccianti e dialogo elefantiaco.

La farfallina di Belen

Festival di Sanremo 2012, Belen Rodriguez insieme alla già citata Elisabetta Canalis al fianco di Gianni Morandi. Una bellezza raggelante ma anche al centro della bufera per le mise audaci. Fino ad arrivare al farfallina-gate: in una serata la showgirl argentina sfodera uno spacco a mostrare il tatuaggio sull'inguine. Social impazziti, rete in subbuglio: immagini virali e polemica servita sul piatto d'argento.

Lo scivolone di Bianca Balti

In tema di cadute memorabili, impossibile non citare la disavventura di Bianca Balti nel 2013. Tradita dai tacchi, la modella scivola e si accascia, per poi ritrovare quasi subito l'equilibrio. Nulla di grave, se non l'intervento "simpatico" di Luciana Littizzetto, portavoce della "normalità".

Ornella Vanoni premiata (ma con cosa?)

Festival di Sanremo 2018, Ornella Vanoni tra le grandi protagoniste. Nella serata finale, il padrone di casa Claudio Baglioni consegna il premio come miglior interprete alla cantante meneghina. Ma lei non sembra aver capito molto: "Che premio è? Ma cosa mi state dando?", la sua reazione spontanea e allo stesso tempo incredibilmente divertente.

Il crollo plateale della Impacciatore

Non una caduta dalle scale, ma uno scivolone piuttosto plateale quello di Sabrina Impacciatore nel 2018. Vestita con abito principesco, l'attrice riesce a evitare voli dalla scalinata, ma non evita la gaffe una volta terminati i gradini. Una figuraccia difficile da dimenticare.

Il volo di "Ghali"

C'è chi ha temuto il peggio, giustamente. Al festival di Sanremo 2020 la caduta dalle scale più rovinosa della storia della kermesse, per fortuna senza conseguenze. "Vittima" la controfigura di Ghali in un siparietto organizzato dall'ospite per tenere il pubblico col fiato sospeso. Missione riuscita.

Chi ha vinto Sanremo Giovani e si è consacrato tra i big.

Eros, Gabbani, Ultimo: ecco chi ha vinto Sanremo Giovani e si è consacrato tra i big. Sono diversi i cantanti che hanno vinto tra le nuove proposte del Festival e poi si sono affermati a livello nazionale. Ecco i talenti sfornati da giovani. Luca Sablone il 6 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Tabella dei contenuti

 Eros Ramazzotti

 Marco Masini

 Laura Pausini

 Fabrizio Moro

 Francesco Gabbani

 Mahmood

 Ultimo

 Da Alex Britti a Irama

Per alcuni è stata una semplice tappa di passaggio, per altri invece è stata una vetrina che ha rappresentato la base di partenza della propria esperienza a livello nazionale. Sono diversi i cantanti che prima hanno vinto Sanremo Giovani e poi si sono consacrati tra i big, diventando oggi tra gli artisti più apprezzati e affermati in Italia e non solo. Da Eros Ramazzotti a Ultimo passando per Francesco Gabbani, in molti casi la sezione delle nuove proposte ha sfornato talenti che hanno fatto breccia nel cuore del grande pubblico.

Sanremo 2023: i cantanti in gara che hanno già vinto in passato

Eros Ramazzotti

Nel 1984 Eros Ramazzotti trionfa con il brano Terra promessa e, solamente due anni più tardi, riesce a portare a casa la vittoria tra i big con Adesso tu. Due colonne portanti del suo successo che in seguito hanno consentito di promuovere l'immagine della musica italiana anche all'estero. Il cantautore romano può vantare una serie di collaborazioni di assoluto rilievo, ad esempio con Luciano Pavarotti, Tina Turner, Anastacia, Andrea Bocelli e Ricky Martin. La prossima settimana si esibirà nella serata del cover con Ultimo.

Marco Masini

Ad aver spiccato il volo è stato anche Marco Masini, che nel 1990 vince tra le nuove proposte grazie a Disperato. Il Festival dei grandi riesce a conquistarlo nel 2004, precisamente dopo 14 anni, con la canzone L'uomo volante. Nel suo repertorio rientrano alcuni classici della musica italiana come T'innamorerai e Ci vorrebbe il mare. L'ultima partecipazione a Sanremo risale al 2020 quando portò Il confronto, classificatasi al 15esimo posto nonostante avrebbe meritato un posizionamento ben più alto.

Laura Pausini

Non si può non citare Laura Pausini, che riesce a imporsi tra i giovani nel 1993 con La solitudine. La sua carriera è piena di grandi successi: ha raggiunto il mercato discografico internazionale, ha inciso diversi brani in lingua straniera e ha collaborato con i grandi dell'estero. La sua voce potente è tra le più importanti e apprezzate anche al di fuori del nostro Paese. Tra le altre cose può vantare il Golden Globe del 2021 come miglior canzone originale grazie a Io sì.

Fabrizio Moro

Con il suo Pensa nel 2007 rende omaggio ai tanti uomini e alle donne che si sono sacrificati per ottenere una società più giusta contro la criminalità che dilaga. Fabrizio Moro 11 anni più tardi incassa la vittoria tra i big al fianco di Ermal Meta con Non mi avete fatto niente, brano partorito in seguito ai vari attentati che hanno innescato la comprensibile paura del terrorismo. Nel 2022 prende parte al Festival con Sei tu, collocandosi al 12esimo posto e ottenendo il premio Sergio Bardotti per il miglior testo.

Francesco Gabbani

Un grande successo ha travolto anche Francesco Gabbani, che fin dal trionfo tra i giovani nel 2016 con Amen anticipa la freschezza e la novità che gli hanno consentito di conquistare il pubblico. Non a caso può vantare il premio Emanuele Luzzati, il premio della Critica Mia Martini e il premio Sergio Bardotti per il miglior testo. L'anno successivo si presenta in gara tra i big con Occidentali's karma (6 dischi di platino, oltre 263 milioni di visualizzazioni su YouTube e più di 350mila copie vendute in Italia). Gabbani detiene il primato come unico cantante ad aver vinto per due anni consecutivi il Festival di Sanremo.

Nel 2020 torna in gara con Viceversa, attestandosi secondo e sfiorando dunque il tris. Il suo stile è molto riconoscibile e vincente: scatta una fotografia sulla società attuale e sul tempo di oggi - tra riferimenti culturali, citazioni e provocazioni - spingendo gli ascoltatori a riflettere senza essere mai banale. Il grande pubblico apprezza di lui non solo le melodie coinvolgenti, ma anche le canzoni più intimiste e introspettive.

Mahmood

Nel 2018 Mahmood vince con Gioventù bruciata (ma in quell'anno il concorso a parte sostituisce la sezione Nuove Proposte del Festival). Nel 2019 si classifica al primo posto con Soldi tra i big. Anche il cantautore italiano non delude mai quando torna al Festival: nel 2022 porta a casa il trionfo in accoppiata con Blanco con il brano Brividi.

Le 7 vittorie più immeritate al festival di Sanremo

A colpire è lo stile musicale innovativo che, proprio per la sua particolarità, è difficilmente etichettabile con un genere musicale ben definito. Sperimenta sonorità interessanti con richiami al pop, hip hop, trap e R&B. Non fa mancare frasi in lingua araba. La scrittura usata nei testi è caratterizzata da un lessico accessibile, similitudini e metafore.

Ultimo

Non può mancare assolutamente Ultimo, tra i cantanti più seguiti in particolar modo dai ragazzi. Nel 2018 trionfa con Il ballo delle incertezze tra le vuove proposte e riceve il premio Lunezia "per le parole in perfetto equilibrio con un crescendo musicale che tiene sospesi fino alla fine". L'anno successivo si classifica al secondo posto con I tuoi particolari. Dopo la finale scoppia una lite tra Niccolò Moriconi e alcuni giornalisti presenti in conferenza stampa che fanno polemica poiché il cantautore utilizza la parola "ragazzo" per riferirsi a Mahmood.

Il suo successo è sotto gli occhi di tutti, anche perché è il più giovane cantante italiano di sempre a esibirsi negli stadi. In occasione dei Tim Music Awards 2022 riceve ben quattro premi: disco multiplatino per l'album Solo; singolo multiplatino per Solo; live Diamante per Ultimo Stadi 2022; premio Assomusica. Spicca il biglietto di diamante per gli oltre 600mila spettatori del tour Ultimo Stadi. Quest'anno partecipa a Sanremo con Alba.

Da Alex Britti a Irama

Ovviamente ci sono anche altri artisti che meritano di essere menzionati per il loro successo nella categoria dei giovani. Tra questi rientrano Alex Britti (Oggi sono io), i Neri per caso (Le ragazze), Michele Zarrillo (La notte dei pensieri), Paola & Chiara (Amici come prima) e Anna Tatangelo (Doppiamente fragili). Nel periodo più recente vanno ricordati anche Arisa (Sincerità) e Rocco Hunt (Nu juorno buono). Non hanno vinto tra i giovani ma hanno comunque conquistato il pubblico Irama ed Ermal Meta. Quest'anno i giovani in gara tra i big sono Shari, Colla Zio, gIANMARIA, Sethu, Will e Olly: saranno in grado di seguire le orme dei loro predecessori?

Le Meteore.

Le meteore di Sanremo: da Fran Cionfoli a Joe Chiarello, i cantanti esplosi poi spariti dalla scena. La lista degli artisti finiti nel dimenticatoio, dagli anni 70 ai 90. ALICE PENZAVALLI su Io Donna il 07 Febbraio 2023

Dal 1951 a oggi, al Festival di Sanremo si sono esibiti moltissimi cantanti. Se per un artista già affermato, partecipare, può corrispondere a un revival come a un passaggio tra l’opaco e il medio, spesso senza particolari conseguenze; per un esordiente c’è il rischio di un boom clamoroso duraturo (e contenti tutti), come del resto di un effetto-meteora. Cioè colpire con una canzone e poi scomparire. Addirittura dopo avere conquistato il podio. Ma sparire non vuol dire solo fallire, significa anche fare altro, cambiare, lavorare ancora nella musica con un altro ruolo.

Mino Vergnaghi vinse Sanremo 1979 con Amare. Dopo una parentesi nel Regno Unito perché la sua casa discografica aveva chiuso, tornò in Italia occupandosi di musiche e testi. Lavorando con grandissimi. Per esempio Zucchero e Mina (sua la musica di Diamante e di Succhiando l’uva, 2002) e Giorgia per Di sole e d’azzurro e Via col vento.

Nel 1981 Marinella, all’anagrafe Marinella Bulzamini conquista il settimo posto con Ma chi te lo fa fare, vestita da Sbirulino. Passa poi a firmare la prima sigla di Bim Bum Bam, forse il punto di non ritorno perché si dice sia il momento in cui perda a favore di Cristina D’Avena il ruolo di cantante di sigle dei cartoni animati. Dopo un album uscito nel 1985 se ne perdono le tracce.

Tiziana Rivale, vincitrice di Sanremo 1983 con Sarà quel che sarà, non sparisce, in realtà continua a lavorare in modo continuo in Italia e all’estero ma senza raggiungere la fama del Festival. Spazio anche in generi diversi, dalle colonne sonore alla Italo disco. Partecipa anche a programmi tv, compresi diversi di Rai Notte. Nel 2019 partecipa a Tale e quale show.

Nello stesso anno di Tiziana, a Sanremo partecipano anche Sibilla e Barbara Boncompagni. La prima, nata nel 1954 in Zimbabwe, è in gara con Oppio, canzone prodotta e scritta da Franco Battiato, presente in qualità di corista. L’esibizione è però un disastro per colpa della base preregistrata, che per errore è quella con la voce della cantante. L’effetto è stridente, e piovano le critiche. Ritorno nel 1990 con una collaborazione all’album Parole d’amore di Paolo Conte. Boncompagni, figlia ovviamente di Gianni, partecipa invece con Notte e giorno. Il successo non è quello sperato e successivamente diventa autrice televisiva.

Il debutto di Fra’ Cionfoli

Gli anni 80 sono anche gli anni di Jo Chiarello, al secolo Maria Concetta Chiarello. Dopo aver vinto a 17 anni la fascia di Miss Teenager, l’anno successivo partecipa a Sanremo 1981 con Che brutto affare, scritta per lei da Franco Califano. Esibizione e testo assolutamente camp che e nel periodo del Festival tornano sempre in superficie per la lunarità del risultato. Joe ritorna nel 1989 con Io e il cielo, ma poco dopo la carriera si arena.

Il 1981 è anche l’anno di Sterling Saint Jacques. Dopo una breve carriera da attore, diventa celebre per essere l’unico uomo nero con gli occhi azzurri. In realtà, indossa delle lenti a contatto colorate, ma lo stratagemma gli consente di attirare l’attenzione, diventare modello e ottenere un posto al Festival di Sanremo con Tutto è blu. Anche in questo caso, un paio di anni dopo si perdono le sue tracce e nel 1984 si diffondono voci sulla sua morte.

Tra i cantanti spariti dopo Sanremo c’è anche Giuseppe Cionfoli, in arte Fra’ Cionfoli, frate cappuccino con la vocazione artistica.  Quando debutta all’Ariston è il 1982, porta Solo grazie e si classifica quarto. Torna l’anno successivo con Shalom e nel 1994 con Squadra Italia. La canzone è Una vecchia canzone italiana. Nel 2006 partecipa a L’isola dei famosi e, infine, intraprende la carriera politica. Oggi fa il nonno.

A Sanremo 1982 Gruppo Italiano, dopo il successo di Tropicana 

Nel 1982 esplode Stefano Sani con Lisa. Dopo alcuni album, ritorna sulle scene nel 2018, quando partecipa a Ora o mai più, su Rai 1. Il talent show condotto da Amadeus ha visto nel cast anche Donatella Milani, autrice di Su di noi di Pupo in gara a Sanremo 1983 con Volevo dirti. Successo clamoroso. Giorgia Fiorio – che suona in un gruppo rock da quando aveva 12 anni e ha una voce particolarissima, roca e bassa – partecipa a Sanremo per 3 volte: nel 1983 con Avrò e nel 1984 con Se ti spogli. Nel frattempo è nel cast di Sapore di mare e Sapore di mare 2. Lascia la carriera di cantante dopo l’insuccesso di Io con te, in gara a Sanremo 1988. Oggi è una fotografa affermata e vive a Venezia.

«Mentre la tv diceva, mentre la tv cantava, bevila perché è Tropicana ye». È il ritornello di Tropicana, celeberrima canzone di Gruppo italiano, composto da Roberto Del Bo, Patrizia Di Malta, Gigi Folino, Raffaella Riva e Chicco Santulli. Insieme a Vamos a la playa dei Righeira, conquistano l’estate del 1983. Nel 1984 sbarcano all’Ariston con Anni ruggenti, per poi scomparire negli anni successivi.

Lena Biolcati partecipa a Sanremo nel 1985 tra le Nuove proposte con Innamoratevi come me, nel 1986 è nella stessa categoria ma vince con Grande grande amore. Ritorna nel 1987 con Vita mia e nel 1990 con Amori. Dopo una carriera nei musical, oggi lavora come vocal coach.

Flavia Fortunato e Franco Tozzi

Presenza quasi fissa in tutti gli anni 80, Flavia Fortunato esordisce nel 1983 con Casco blu. Replica nel 1984 con Aspettami ogni sera, nel 1986 con Verso il 2000, nel 1987 con Una bella canzone e nel 1992 con Per niente al mondo. In quest’ultimo caso, partecipa in coppia con Franco Fasano. Successivamente conduce due edizioni di Giochi senza frontiere insieme con Mauro Serio. È ospite fissa di Tappeto volante, programma storico condotto da Luciano Rispoli e, poco dopo, si ritira dalle scene.

C’è anche chi cambia del tutto la carriera. Dopo la gavetta in Inghilterra, John Foster partecipa al Festival di Sanremo 1965 con Cominciamo ad amarci e nel 1966 con Se questo ballo non finisse mai. Qualche anno dopo intraprende la carriera giornalistica con il vero nome, Paolo Occhipinti.

Nel 1965 arriva sul palco anche Franco Tozzi, fratello di Umberto, in coppia con Johnny Tillotson con Non a caso il destino (ci ha fatto incontrare). Ritorna a Sanremo 1966 con Io non posso crederti, eseguita insieme con Bobby Vinton. Continua a pubblicare album, ma non replica il successo di quegli anni.

Annarita Spinaci

Il 1967 è l’anno di Annarita Spinaci. Dopo aver vinto Castrocaro, accede al Festival con Quando dico che ti amo, in coppia con il gruppo Les Surfs. Nel 1968 canta Stanotte sentirai una canzone, riproposta in Francia da Mireille Mathieu. Anni dopo si ritira dalle scene e torna alla sua vecchia professione: insegnante di scuola materna.

Vittorio Inzaina ha partecipato a Sanremo 1965 con Si vedrà, anch’egli in gara con il gruppo Les Surfs. Nello stesso anno ottiene un buon successo con Ti vedo dopo messa, ma poco dopo sparisce. Muore nel 2019 dopo una lunga malattia. Delia Gualtiero, in arte Delia, ottiene un posto a Sanremo 1970 con il brano Per amore ricomincerei. Nel 1978 incontra il bassista dei Pooh Red Canzian, che diventa prima suo produttore e poi suo marito. Negli Anni 80 pubblica quattro album, ma abbandona poco dopo. Ha una figlia, Chiara Canzian.

Nel 1970 il palco accoglie anche i Domodossola, gruppo formato famiglia, composto dai fratelli Laura, Maura e Urbano Miserocchi, Dal cugino Riccardo Miserocchi, dallo zio Franco Bertagnini e da Renzo Reami e Pierluigi Saccani. Partecipano in coppia con Rosanna Fratello e la canzone Ciao anni verdi. Ritornano nel 1974 con Se hai paura, ma la carriera si arresta poco dopo. Urbano Miserocchi prosegue da solista, incidendo le sigle di Anna dai capelli rossi, Hazzard e Ufo Robot.

Emy Cesaroni, Franco Lionello e Daniela Davoli

Nel 1974 Emy Cesaroni arriva a Sanremo con Amore mio, ma scoppia la polemica perché avrebbe portato una canzone non inedita. Viene prima esclusa, poi riammessa, ma la vicenda si conclude solo nel 1981, quando viene effettivamente dichiarata non inedita. Prosegue la carriera di cantante, prevalentemente in Germania, poi torna in Italia e si dedica al teatro, ma alla fine degli Anni 80 si ritira dalle scene. La figlia Tharita Catullé è sposata con l’attore Dermot Mulroney.

Franco Lionello è uno dei cantanti in gara al Festival di Sanremo 1973 con Straniera straniera. Incide album fino al 1975, per poi ritirarsi dalla scene. È scomparso nel 1988. Il 1976 segna il debutto di Linda Lee, all’anagrafe Rossana Maialina Barbieri, con Linda bella Linda, in coppia con i Daniel Sentacruz Ensemble. Tornano insieme nel 1977 con Allah, Allah.

Nel 1980 partecipa come solista con Va’ pensiero, scritta da Pippo Caruso. Successivamente prende parte con Keith Emerson al brano Mater Tenebrarum, incluso nella colonna sonora di Inferno di Dario Argento. A metà degli Anni 80 abbandona la carriera artistica. Daniela Davoli, al secolo Annamaria Fiorillo, partecipa a Sanremo 1977 con E invece con te…, con cui ottiene un discreto successo. Dopodiché lavora all’estero, ma si ritira dalle scene nel 1987.

Alessandro Canino e il tormentone Brutta a Sanremo 1992

Laura Luca, all’anagrafe Laura De Luca, esordisce a Sanremo 1978 all’età di vent’anni. Il brano con cui gareggia si intitola Domani domani. Partecipa come corista al brano Ricominciamo di Adriano Pappalardo e negli Anni 80 lavora all’estero, in particolare negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone. Poi abbandona la carriera artistica per dedicarsi alla famiglia.

Nella lista dei cantanti spariti dopo il Festival di Sanremo rientra anche Luis Miguel. In realtà, si tratta di una sparizione inerente solo alla manifestazione prettamente italiana. Miguel è uno dei simboli della discografia messicana. Arriva nella Città dei fiori nel 1985 con Noi, ragazzi di oggi, scritta da Toto Cutugno e diventata un vero e proprio cult.

Anche gli Anni 90 hanno regalato canzoni cult, eseguite da cantanti diventati famosissimi, ma poi scomparsi dai radar. È il caso di Alessandro Canino, classificatosi sesto tra le Nuove Proposte di Sanremo 1992 con la canzone Brutta. Seguono le partecipazioni nel 1993 e nel 1994 rispettivamente con Tu tu tu e Crescerai. Torna in auge nel 2017 grazie alla vittoria del talent show The winner is, condotto da Gerry Scotti e in onda su Canale 5. Nel 2018 partecipa a Ora o mai più.

La vittoria di Aleandro Baldi e Francesca Alotta a Sanremo 1992

Il 1992 è l’anno della vittoria tra le Nuove Proposte di Aleandro Baldi e Francesca Alotta con Non amarmi. Un vero successo, ripreso anche da Jennifer Lopez e l’ex marito Marc Anthony. Aleandro Baldi vince il Festival di Sanremo 1994 con Passerà e torna nel 1996 con Soli al bar, classificandosi all’ottavo posto. Successivamente si dedica al jazz, alla musicoterapia e nel 2014 è ospite fisso di Domenica in.

Anche per Francesca Alotta i riflettori si sono spenti abbastanza presto. Dopo il successo di Non amarmi, torna a Sanremo nel 1993 con Un anno di noi. Negli Anni 2000 partecipa a Music Farm, a Ora o mai più, fino ad arrivare nel 2021 a Tale e quale show. Infine, Alessandro Mara. Partecipa al Festival di Sanremo 1996 con Ci sarò, cui segue nel 1997 Attimi. Porta avanti in parallelo la carriera forense. Oggi, infatti, svolge l’attività di avvocato in Svizzera.

iO Donna

Le contestazioni. 

Fischi, urla e caos: le contestazioni più forti del pubblico a Sanremo. Da Renato Zero a Loredana Bertè, passando per Noemi e Francesco Renga: ecco le 4 proteste più eclatanti del pubblico dell'Ariston contro la classifica del Festival. Luca Sablone il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Tabella dei contenuti

 1993: Renato Zero con Ave Maria

 2010: Noemi con Per tutta la vita

 2014: Francesco Renga con Vivendo adesso

 2019: Loredana Bertè con Cosa ti aspetti da me

Il dissenso da parte del pubblico contro la classifica finale del Festival di Sanremo è ormai un classico: gli spettatori presenti all'Ariston quasi ogni anno si rendono protagonisti di forme di protesta verso il posizionamento dei cantanti in gara in occasione dell'ultima serata. Nella storia della kermesse della canzone italiana sono state quattro le contestazioni più forti che di certo non sono passate inosservate e che ancora oggi sono bene impresse nelle nostre menti come se fossero avvenute ieri.

1993: Renato Zero con Ave Maria

Nel 1993 a impressionare è la posizione di Renato Zero, che non riesce neanche a imporsi tra i primi tre cantanti che partecipano al Festival. Con la sua sublime Ave Maria gli viene attribuito solamente il quinto posto, scatenando così l'ira del pubblico che non manda giù il risultato e non nasconde la propria disapprovazione. Davanti a lui finiscono i Matia Bazar con Dedicato a te, Rossana Casale e Grazia Di Michele con Gli amori diversi, Cristiano De Andrè con Dietro la porta. Trionfa Enrico Ruggeri con Mistero, canzone che comunque resterà alla storia.

Pippo Baudo annuncia la quinta posizione per Renato Zero e i presenti non ci stanno. Partono fischi indirizzati alla giuria. Qualcuno si alza e grida: "Vergogna". La situazione torna apparentemente calma ma poco dopo, specialmente quando viene svelata la terza posizione occupata dalla coppia Casale-Di Michele, l'Ariston si infiamma di nuovo e a gran voce quasi tutti urlano: "Renato, Renato, Renato!". Il cantautore romano viene acclamato per il brano che poggia su un dialogo con Maria.

2010: Noemi con Per tutta la vita

Tra i Festival più controversi rientra senza alcun dubbio quello del 2010. Antonella Clerici riceve la busta contenente i nomi dei tre finalisti. Prima di renderli noti però vengono proiettati uno dietro l'altro dei frammenti delle esibizioni dei big esclusi dal podio. Fin da subito si capisce che tira un'aria di dissenso molto accentuata. Fuori Povia con La verità e via con i fischi. Idem per i bassi posizionamenti di Arisa (Malamorenò), Irene Grandi (La cometa di Halley) e Simone Cristicchi (Meno male).

Sull'esclusione di Malika Ayane (Ricomincio da qui) anche l'orchestra sbotta e diventa palese la divergenza dei giudizi. "Ha protestato come non mai, sono arrabbiatissimi", afferma incredula Antonella Clerici. L'orchestra, tramite il maestro Marco Sabiu, chiede di rendere pubblico il proprio voto. Tuttavia l'azione non viene contemplata dal regolamento e di conseguenza non si può realizzare.

In realtà tutto ciò è solamente un piccolo antipasto di ciò che sta per avvenire. Infatti l'Ariston viene giù quando si ufficializza la non ammissione di Noemi con il pezzo Per tutta la vita. Il disaccordo è totale. Si scatena il putiferio. L'orchestra non ne può più: accartoccia e lancia gli spartiti per aria. Il caos si prende la scena dell'Ariston. Dalla galleria si alzano in molti per esprimere contrarietà: "Venduti, venduti, venduti!". Infine una valanga di fischi ricopre il codice del televoto per Pupo, Emanuele Filiberto e il tenore Luca Canonici in gara con Italia amore mio.

2014: Francesco Renga con Vivendo adesso

Un altro Sanremo dagli animi turbolenti è stato quello del 2014. Il podio è occupato da Arisa (Controvento), Raphael Gualazzi (Liberi o no) e Renzo Rubino (Ora). C'è un dettaglio che non sfugge: Francesco Renga è solamente quarto. Il brano Vivendo adesso, scritto da Elisa, era considerato il favorito del Festival ma invece clamorosamente finisce fuori dai primi tre.

La questione fa litigare Paolo Limiti e Marco Mangiarotti in occasione della diretta di Domenica in. Del caso si occupa anche Massimo Giletti: "Voi mi potete dire tutto, ma l'avete visto... Renga è stato uno dei più votati in assoluto. Era il candidato alla vittoria e inspiegabilmente non era nella terna dei vincitori". Il cantante accetta l'invito come ospite a L'arena e viene accolto da una marea di applausi e da un boato. Giletti decide di fare un test: "Ve l'aspettavate tra i primi tre o no?". Il pubblico risponde con calore: "Sì!".

2019: Loredana Bertè con Cosa ti aspetti da me

Anche nel 2019 i presenti all'Ariston sono in totale disaccordo con la classifica annunciata. Con l'esclusione di Simone Cristicchi (Abbi cura di me) partono i primi fischi ma la vera rivolta arriva per il quarto posto di Loredana Bertè in gara con Cosa ti aspetti da me. Claudio Baglioni e Virginia Raffaele provano a smorzare gli animi sollecitando l'intervento di Claudio Bisio: "Vai, scatenati!". Ma tutto ciò non placa i bollenti spiriti.

Il pubblico continua a inveire per la mancanza del podio della cantautrice e grida: "Loredana, Loredana, Loredana!". Bisio trova un modo per calmare il pubblico: "Mi assumo personalmente una responsabilità: il Teatro Ariston di questa sera elegge Loredana Bertà. Le daremo un premio". In galleria applaudono. Infine interviene Claudio Baglioni visibilmente irritato: "Un po' di rispetto anche perché i cantanti erano 24, tutti hanno diritto ad essere ascoltati".

Le più belle.

Festival di Sanremo: le 30 canzoni più belle di sempre. Gianni Poglio su Panorama l’1 Febbraio 2023.

I brani dell'Ariston che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica italiana: da Lucio Battisti a Vasco Rossi Festival di Sanremo: le 30 canzoni più belle di sempre

Sul palco dell'Ariston in decenni di Festival si è sentito proprio di tutto: canzoni straordinarie, brani improponibili, veri e propri orrori musicali, e decine, forse centinaia di pezzi totalmente insignificanti.

La stessa cosa si può dire per gli artisti, un mix eterogeneo, tra geni della musica, dilettanti allo sbaraglio, finti cantanti, vecchie glorie alla frutta, giovani talenti e giovani bidoni. Di tutto questo, quel che rimane, per fortuna, sono una manciata di canzoni che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica italiana. Questa è la nostra TOP 30:

1) Luce (tramonti a Est) - Elisa

2) Vita spericolata - Vasco Rossi

3) Nel blu dipinto di blu - Domenico Modugno

4) Lucio Battisti - Un'avventura

5) 4-3-1943 - Lucio Dalla

6) Chi non lavora non fa l'amore - Adriano Celentano e Claudia Mori

7) Spalle al muro - Renato Zero

8) Per Elisa - Alice

9) Ricomincio da qui - Malika Ayane

10) Gli uomini non cambiano - Mia Martini

11) Il cuore è uno zingaro - Nada e Nicola Di Bari

12) Ornella Vanoni - La musica è finita

13) Gianna - Rino Gaetano

14) Un'emozione da poco - Anna Oxa

15) Mina - Le mille bolle blu

16) Ciao amore ciao - Luigi Tenco

17) Jesahel - Delirium

18) Donne - Zucchero

19) Una lacrima sul viso - Bobby Solo

20) Salirò - Daniele Silvestri 21) Perdere l'amore - Massimo Ranieri

21) Chiamami ancora amore - Roberto Vecchioni

22) Fai rumore - Diodato

23) Come saprei - Giorgia

24) E dimmi che non vuoi morire - Patty Pravo

25) Ancora - Eduardo De Crescenzo

26 - La terra dei echi - Elio e Le Serie Tese

27) Marcella Bella - Montagne verdi

28) Una storia importante - Eros Ramazzotti

29) Ti regalerò una rosa - Simone Cristicchi

30) Controvento - Arisa

I Vincitori.

Sanremo 2023. Sanremo, ecco tutte le canzoni che hanno vinto negli ultimi 10 anni. Da "L'essenziale" di Marco Mengoni a "Brividi" del tandem Mahmood-Blanco: dieci anni di successi al teatro Ariston. Massimo Balsamo su Il Giornale l’11 Gennaio 2023

 2013: "L'essenziale", Marco Mengoni

 2014: "Controvento", Arisa

 2015: "Grande amore", Il Volo

 2016: "Un giorno mi dirai", Stadio

 2017: "Occidentali's Karma", Francesco Gabbani

 2018: "Non mi avete fatto niente", Ermal Meta e Fabrizio Moro

 2019: "Soldi", Mahmood

 2020: "Fai rumore", Diodato

 2021: "Zitti e buoni", Maneskin

 2022: "Brividi", Mahmood e Blanco

Vittorie ampiamente pronosticate, vittorie a sorpresa, vittorie sconvolgenti. Negli ultimi dieci anni al Festival di Sanremo ne abbiamo viste di tutti i colori. Abbiamo assistito alla consacrazione di talenti con la purezza di un diamante grezzo come i Maneskin, ma anche al successo di progetti estremamente singolari come i duetti Meta-Moro e Mahmood-Blanco. E, a proposito di Mahmood, abbiamo fatto i conti con una delle vittorie più sconvolgenti della storia della kermesse: quella di "Soldi" nel 2019. Andiamo a ripercorrere, e perchè no a riascoltare, le canzoni premiate all'Ariston negli ultimi dieci anni.

2013: "L'essenziale", Marco Mengoni

Quattordici concorrenti in gara al festival di Sanremo 2013, edizione con un'importante novità nel regolamento: ogni artista ha presentato non un solo brano, bensì due; di questi ne è stato selezionato uno con poi cui l'artista ha proseguito la gara. Non una genialata, insomma. "L'essenziale" di Mengoni ha stregato critica e pubblico dal primo ascolto, superando "La canzone mononota" di Elio e le Storie Tese e "Se si potesse non morire" dei Modà.

2014: "Controvento", Arisa

Anche nel 2014 quattordici artisti in gara, ancora doppia canzone. Un cast discretamente amalgamato tra volti noti e giovani promesse, senza canzoni indimenticabili. Ad avere la meglio "Controvento" di Arisa - a testimonianza del livello medio - seguita da "Liberi o no" di Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots e da "Ora" di Renzo Rubino. Quest'ultima avrebbe meritato molta più considerazione.

2015: "Grande amore", Il Volo

Terminata (per fortuna) l'era Fazio, l'edizione 2015 ha posto la parola fine alla doppia canzone. Venti i Campioni individuati da Carlo Conti, un mix vincente considerando anche la qualità media dei brani portati in gara. Come da pronostico, Il Volo ha avuto la meglio con "Grande amore". Niente da fare per la sorprendente "Fatti avanti amore" di Nek e per "Adesso e qui (nostalgico presente)" di Malika Ayane.

2016: "Un giorno mi dirai", Stadio

Sulla stessa lunghezza d'onda del Festival del 2015, Sanremo 2016 ha coniugato nomi illustri del panorama italiano a scommesse audaci. Il podio a dir poco emblematico: trionfo degli Stadio con "Un giorno mi dirai", poi "Nessun grado di separazione" dell'allora esordiente Francesca Michielin e (inspiegabilmente) "Via da qui" del duo Giovanni Caccamo-Deborah Iurato. Vittoria tutto sommato giusta, ma a dir poco incredibile è stato l'elenco dei brani esclusi dalla finalissima: "Semplicemente" dei Bluvertigo, "Sogni e nostalgia" di Neffa e "Di me e di te" degli Zero Assoluto.

2017: "Occidentali's Karma", Francesco Gabbani

Terzo e ultimo Festival diretto e presentato da Conti, Sanremo 2017 è stata un'ottima kermesse. Canzoni di buona fattura e qualche picco, quasi nessun flop. La classifica finale ha sorpreso tutti: "Occidentali's Karma" di Francesco Gabbani canzone vincitrice, superata la favoritissima "Che sia benedetta" di Fiorella Mannoia. Medaglia di bronzo per "Vietato morire" di Ermal Meta.

2018: "Non mi avete fatto niente", Ermal Meta e Fabrizio Moro

Prima edizione diretta e presentata da Claudio Baglioni, Sanremo 2018 non ha presentato grosse sorprese rispetto ai Festival precedenti. Grandi ritorni - Decibel e Facchinetti&Fogli - ma anche giovani di prospettiva. Nessuna sorpresa sulla canzone vincitrice: "Non mi avete fatto niente" di Ermal Meta e Fabrizio Moro, successo assolutamente meritato nonostante la querelle canzone nuova. Secondo posto per "Una vita in vacanza" de Lo Stato Sociale e terzo posto per "Il mondo prima di te" di Annalisa.

2019: "Soldi", Mahmood

L'edizione 2019 del festival di Sanremo ha avuto un grande cast, buonissime canzoni e parecchie polemiche. Contro qualsiasi aspettativa e contro qualsiasi pronostico, "Soldi" di Mahmood ha superato "I tuoi particolari" di Ultimo e "Musica che resta" de Il Volo, senza dimenticare altri brani di spessore come "Abbi cura di me" di Simone Cristicchi e "Argentovivo" di Daniele Silvestri. Un successo clamoroso (e inspiegabile), reso possibile dal voto della critica e non privo di tensioni, basti pensare alla conferenza stampa a dir poco muscolare di Ultimo.

2020: "Fai rumore", Diodato

Ultima edizione pre-Covid, Sanremo 2020 è stato il primo dell'era Amadeus: 24 Big in gara, canzoni mirate al successo radiofonico e qualche chicca. Tutti ricorderanno il caso Bugo-Morgan, ma anche la canzone vincitrice della kermesse: la bellissima "Fai rumore" di Diodato. Niente da fare per "Viceversa" di Francesco Gabbani e "Ringo Starr" dei Pinguini Tattici Nucleari, rispettivamente al secondo e al terzo posto.

2021: "Zitti e buoni", Maneskin

Il festival di Sanremo 2021 passerà alla storia come l'edizione che ha visto nascere la stella dei Maneskin. "Zitti e buoni" ha superato "Chiamami per nome" di Fedez-Michielin e "Un milione di cose da dirti" di Ermal Meta, ma non solo: ha regalato alla band di Damiano David l'Eurovision Song Contest e il relativo successo internazionale. Una vittoria meritatissima, lapalissiano.

2022: "Brividi", Mahmood e Blanco

L'ultima edizione della kermesse canora in programma all'Ariston ha visto protagonisti grandissimi nomi del mondo della musica: tra grandi ritorni e prime volte, uno dei cast più importanti degli ultimi anni. Fin dall'inizio s'è parlato del duello per la vittoria tra "Brividi" di Mahmood e Blanco e "O forse sei tu" di Elisa: un testa a testa che ha visto prevalere i primi, che torneranno a Sanremo nella prima serata come super ospiti.

Vittorie sorprendenti e indimenticabili.

Lo slalom di Tomba che fermò il Festival di Sanremo. Lo slalom speciale dell'Olimpiade di Calgary ferma il Festival di Sanremo, perché Alberto Tomba può portare a casa un altro oro per l'Italia. Una pagina indimenticabile di sport e tv. Tommaso Giacomelli il 29 Agosto 2023 su Il Giornale.

Tabella dei contenuti

 La scelta coraggiosa della Rai

 Oro per Tomba, vittoria per Ranieri a Sanremo

È il 27 febbraio del 1988, gli italiani sono incollati allo schermo della televisione perché impazza la finale del Festival di Sanremo. Le famiglie si schierano in modalità "curva da stadio" tra chi vorrebbe sul gradino più alto del podio Massimo Ranieri con la sua intensa "Perdere l'amore", e chi vuole l'immortale Toto Cutugno davanti a tutti con il brano "Emozioni". Ovviamente non mancano le frange di tifosi dei Ricchi e Poveri, di Franco Califano, di Raf e, a sorpresa, di Francesco Nuti. L'attore e regista toscano entra in un campo che non gli appartiene con la dolcissima canzone "Sarà per te", ma piace. Certo, a dividere il cuore degli italiani non esiste soltanto la più celebre kermesse della musica leggera, infatti in quei giorni si punta più di un occhio alle Olimpiadi Invernali di Calgary (Canada), in cui la "valanga azzurra" sta facendo faville. Inoltre, tutti quanti hanno scoperto un nuovo idolo da venerare, Alberto Tomba la "Bomba". Nel pomeriggio di quel 27 febbraio si è disputata la prima manche dello slalom gigante, in cui Alberto ha registrato il terzo tempo. La seconda prova, invece, è in concomitanza con le ultime battute della rassegna canora. Come si divideranno gli spettatori?

La scelta coraggiosa della Rai

Lo sci è divenuto sport nazionale e vive in quel momento storico una fase di popolarità enorme, paragonabile a quella del calcio, fenomeno di massa per eccellenza all'interno dello Stivale. La Rai possiede - ovviamente - i diritti sul Festival di Sanremo e trasmette in chiaro anche le gare delle Olimpiadi Invernali, dunque, che cosa fare? Per mettere tutti d'accordo, durante le fasi calde della finalissima canora, Rai 1 manda le immagini da Calgary in cui Alberto Tomba ha una grossa chance di mettere in bacheca un altro oro olimpico. I conduttori di quell'anno, Miguel Bosé e Gabriella Carlucci, fanno il loro annuncio e sospendono per qualche minuto la loro attività e insieme agli altri spettatori dell'Ariston, che esplodono in urlo di frenesia, si godono la discesa di Tomba la Bomba.

Oro per Tomba, vittoria per Ranieri a Sanremo

Il 21enne Alberto Tomba da Bologna, scansonato e smargiasso, è già un divo assoluto. Dietro alle spalle di una giovane carriera ha messo in fila una bella schiera di trofei e riconoscimenti, e a Calgary ha già collezionato un oro. L'Italia tifa per lui e desidera ardentemente che al suo collo venga poggiata un'altra medaglia dal metallo più prezioso. Lo slalom speciale è una disciplina in cui ci vogliono concentrazione, coraggio e un pizzico di follia, che non mancano a Tomba. Quando scende per la sua prova decisiva, l'italiano usa tutta la sua potenza, abbinata a una precisione chirurgica, e sotto al traguardo mette al sicuro almeno il bronzo. Dopo di lui scendono Jonas Nilsson (Svezia) e Frank-Christian Worndl (Germania), che non riescono a scendere sotto al tetto cronometrico fissato dalla "Bomba". È un trionfo, Tomba vince e a Sanremo (come nel resto del Paese) scatta la frenesia collettiva. 

Scelta azzeccata quella della Rai di concedere una decina di minuti per la visione di un evento sportivo così catartico. Un pezzo di storia dello sport e della televisione italiana, senza dubbio irripetibile. Una pagina assolutamente memorabile. Per la cronaca a vincere la 38esima edizione di Sanremo sarebbe stato Massimo Ranieri, con un brano che è ormai una pietra miliare del repertorio romantico italiano.

Sanremo ieri e oggi: i 15 vincitori più sorprendenti e indimenticabili del Festival (e perché). Elisa, Giorgia, ma anche Domenico Modugno e i Jalisse. GISELLA DESIDERATO su Io Donna il 4 Febbraio 2023.

Mentre impazza il toto vincitore di Sanremo 2023 (secondo i bookmaker vince Marco Mengoni seguito da Ultimo, Giorgia e pure Paola e Chiara), facciamo un ripasso dei cantanti che al Festival hanno segnato la storia della nostra musica, a volte con la canzone a volte con una vittoria inaspettata. A volte con tutt’e due insieme al look. Come la Giovane Proposta che nel 1993 ha fatto boom con La solitudine.

Mahmood, Soldi (Sanremo 2019)

Ha vinto per la prima nel 2019 con Soldi, canzone servita anche a spiegare a tutti chi era quel Mahmood, fino ad allora conosciuto solo tra i giovani “di strada”, un po’ arrabbiati con la vita. Perché quel brano racconta lui figlio di un emigrato egiziano (la mamma è sarda), che ha sofferto la distanza dal padre-padrone che pensava solo ai soldi (il brano non è un inno all’avidità, ma al contrario una richiesta disperata e totale di amore, non di denaro).

Da allora Mahmood è uscito dalla nicchia rapper, per entrare nella cultura pop collettiva. L’anno scorso ha replicato la vittoria all’Ariston duettando con Blanco nel bellissimo Brividi. In questo prossimo Sanremo lui e Blanco partecipano in qualità di ospiti.

Eros Ramazzotti, Adesso tu (Sanremo 1986)

Come non ricordare «il ragazzo nato ai bordi di periferia» che culmina con l’acuto «e ci sei, adesso tuuuuuuu». Un brano generazionale che trasuda voglia di riscatto. E che sembra il sequel raffinato di Terra Promessa, in vetta alla Giovani Proposte nel 1984.

A vincere, Eros, ci aveva provato l’anno prima con Una storia importante (scandalosamente solo sesta). Ma nel 1986 sbaraglia tutti conquistando poi di anno in anno una popolarità immensa, soprattutto nel mercato spagnolo (la sua vera terra promessa).

Domenico Modugno, Nel blu dipinto di blu (Sanremo 1958)

Il titolo ufficiale della canzone è Nel blu dipinto di blu, ma tutti nel mondo la conoscono semplicemente come Volare. A interpretarla a Sanremo 1958 è Domenico Modugno in coppia con Johnny Dorelli.

La canzone è diventata un successo planetario, che ancora oggi, all’estero è considerata come uno dei simbolo dell’italianità. All’epoca della sua uscita fu un brano di rottura rispetto alle sonorità tradizionali melodiche che andavano di moda. Fu infatti considerato l’inizio dello stile degli “urlatori”. A rendere celebre il brano ha

Al Bano e Romina Power, Ci sarà (1984)

Erano gli anni della rinascita di Sanremo, degli ascolti mai più come allora. Al Bano e Romina Power sono una presenza fissa.

Riescono a vincere dopo robetta come Felicità con Ci sarà. Canzone di molto successo, inferiore però a Felicità, brano famoso in tutto il mondo che due anni prima arriva secondo dietro Storie di tutti i giorni di Riccardo Fogli. Ma è la vittoria è la consacrazione per la coppia simbolo dell’amore puro con nidiata di figli, tenuta a contatto con la natura e promozione di valori universali.

Alice, Per Elisa (Sanremo 1981)

A Sanremo 1981 (condotto da Claudio Cecchetto), trionfa la voce sofisticata e irruente di Alice.

Per Elisa – musica di Franco Battiato e testo di Alice e Battiato – richiama l’omonima bagatella di Beethoven (che compare nell’incipit) ma si sviluppa per contrasto. Il risultato è una canzone pop-rock irresistibile che ha sorpreso per innovazione e i doppi sensi del testo nati immediatamente. Poi per Alice, modernissima e aliena che relegò Loretta Goggi con Maledetta primavera (brano altrettanto, se non di più, gigante) al secondo posto.

Gigliola Cinquetti, Non ho l’età (1964)

Una ragazza di 16 anni che canta Non ho l’età (per amarti). E vince. La canzone, inno appassionato all’amore “composto”, è diventata uno dei più grandi successi in Europa e nel resto del mondo.

La Cinquetti ha vinto un altro Sanremo, nel 1966 con Dio come ti amo, assieme a Domenico Modugno. Una canzone che non è rimasta nella memoria come Non ho l’età. 

Morandi Ruggeri Tozzi, Si può dare di più (Sanremo 1987)

Gianni Morandi Enrico Ruggeri Umberto Tozzi hanno stili diversissimi, ma hanno in comune la passione per il calcio. E conquistano tutti con una canzone nata nello spogliatoio della Nazionale di calcio Cantanti: Si può dare di più, inno alla solidarietà e alla tenacia.

Il brano, sentito e travolgente, è poi diventato l’inno della stessa Nazionale Cantanti. Ed è entrato nella cultura popolare come esortazione a non mollare mai.

Iva Zanicchi, Zingara (Sanremo 1969)

Nel 1969 una Iva Zanicchi neanche trentenne conquista e convince l’Ariston con Zingara. Il Festival lo vince insieme a Bobby Solo con cui presenta il brano. Ma è soprattutto la sua interpretazione quella che rimane nei cuori.

Ancora oggi, la Zanicchi, che di Sanremo ne ha vinti tre (oltre a quello del ’69, anche nel ’67 con Non pensare a me cantata con Claudio e Villa e nel ’74 con Ciao cara come stai?) è ricordata come la cantante di Zingara.

Povia, Vorrei avere il becco (Sanremo 2006)

La canzone di Povia non rientra tra le migliori della storia della nostra musica, ma merita di essere ricordata per l’effetto sorpresa che ha suscitato.

Provocatorio, dissacrante e disarmante per la sua semplicità, Vorrei avere il becco esalta l’amore fedele, usando il linguaggio “dell’uomo comune”. E per descrivere la fiducia tra partner, fa il paragone con un piccione che si fida di chi gli tira il pane. La vittoria è arrivata, probabilmente anche perché Povia ha sfruttato l’onda lunga della notorietà ottenuta l’anno prima sempre a Sanremo, dove, tra mille polemiche, ha presentato I bambini fanno Ooh…, canzone che ha avuto una grande eco.

Jalisse, Fiumi di parole (Sanremo 1997)

A Sanremo 1997, condotto da Mike Bongiorno, trionfano i Jalisse con Fiumi di parole. Nel corso del tempo, del duo canoro composto dai coniugi Fabio Ricci e Alessandra Drusian, si sono perse le tracce ma non i tentativi annuali di partecipare ancora una volta al Festival. Oltre a quelli di denuncia di una macchinazione per tenerli fuori dalla manifestazione. La canzone è tuttavia rimasta popolarissima.

Un tormentone pop reso ubiquo da Striscia la notizia che, l’anno successivo, lo inserì come sigla interna di una sezione del tg satirico.

Adriano Celentano e Claudia Mori, Chi non lavora non fa l’amore (Sanremo 1970)

Provocatorio, Adriano Celentano si presenta al Festival del 1970 con Chi non lavora non fa l’amore, un brano sostanzialmente di protesta contro gli scioperi che infiammavano gli animi dell’epoca. Manco a dirlo: solleva le ire di tutti, beccandosi ogni tipo di appellativo (tra cui fascista e reazionario).

Fatto sta che il brano convince la giuria di Sanremo che consacra lui e la moglie Claudia Mori (con cui Celentano si è esibito all’Ariston) vincitori. La canzone è stata un trionfo anche all’estero.

Elisa, Luce – Tramonti a nord est (Sanremo 2001)

Nell’edizione condotta da Raffaella Carrà (seconda donna alla guida del Festival dopo Loretta Goggi), trionfa a 24 anni Elisa con un tributo alla sua Trieste, dove è nata. La prima versione in inglese – Come speak to me («Vieni a parlarmi») – diventa Luce – Tramonti a nord est con una traduzione a cui contribuisce Zucchero.

Ancora oggi risulta la canzone più premiata a Sanremo (ha vinto sei premi: oltre a quello dei big, ha ricevuto il premio Critica Mia Martini, quello Volare per la miglior interpretazione, quello Radio e Tv, quello Autori e l’altro per la miglior interprete del Festival istituito quell’anno per volontà di Gino Paoli presidente della Giuria di Qualità).

Giorgia, Come saprei (1995)

Una ballad melodica che mostra tutta la potenza vocale della cantante romana. Difficilissima da eseguire. E la perfezione di Giorgia – 26 anni – le fa conquistare il primo premio, assieme a quello della Critica. La canzone è sua e di Eros Ramazzotti.

In gara con Parole dette male a Sanremo 2023, la speranza è di rimanere folgorati ancora una volta dalla virtuosità di Giorgia.

Marco Carta, La forza mia (2009)

Reduce dalla vittoria ad Amici nel 2008, il giovanissimo Marco Carta si presenta a Sanremo l’anno successivo con La forza mia ed è un trionfo. È il primo cantante proveniente da un talent che vince il Festival.

Il brano piace e ha un consenso enorme. Il cantante ha uno stuolo di fan, e la sua canzone è poi risultata una delle più scaricate nel 2009. Quella stessa edizione di Sanremo viene ricordata anche perché, tra le Nuove Proposte, vince una timida Arisa con Sincerità.

Maneskin, Zitti e buoni (Sanremo 2021)

La rock band stupisce per i look e l’energia che, con Zitti e buoni, sovvertono l’atmosfera pop del Festival.

I Maneskin (Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio) si stavano già imponendo nel panorama musicale (anche per la loro personalità “fuori le righe”), ma con la vittoria di Sanremo sono diventati star assolute. La consacrazione definitiva l’hanno ottenuta vincendo poi anche l’Eurovision (l’ultimo italiano ad averlo vinto prima di loro è stato Toto Cutugno nel 1990).

Laura Pausini, La solitudine (Sanremo 1993)

Non ha vinto il Festival come big in gara, ma è come se l’avesse fatto. Perché con La solitudine Laura Pausini ha conquistato il primo posto tra le Nuove Proposte e una popolarità immensa.

La canzone è ancora il suo brano più conosciuto. E la vittoria a Sanremo fa ancora tenerezza per la sua interpretazione passionale e la timidezza di una giovane ragazza che fino ad allora cantava assieme al papà nei pianobar della Romagna. iO Donna

Vittorie immeritate.

Le 7 vittorie più immeritate al festival di Sanremo. Il dibattito è sempre aperto quando si parla dell'amata kermesse, ma alcuni trionfi hanno scatenato polemiche incredibili. Massimo Balsamo il 25 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Tabella dei contenuti

 1992. “Portami a ballare”, Luca Barbarossa

 1994. “Passerà”, Aleandro Baldi

 1996. “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, Ron e Tosca

 2003. “Per dire di no”, Alexia

 2008. “Colpo di fulmine”, Giò di Tonno e Lola Ponce

 2014. "Controvento", Arisa

 2019. “Soldi”, Mahmood

Sanremo è sinonimo di polemica, questo è ormai noto. Il Festival si conferma sempre l’evento televisivo-musicale più atteso dell’anno, come testimoniato dal battage, e le diatribe non mancano mai. Dalle rivalità ai gesti plateali, passando per gli atti politici: i motivi di contesa non mancano mai. E con l’avvento dei social come dimenticare gli scontri sulla canzone vincitrice della kermesse: pochi brani sono riusciti a mettere tutti d’accordo, il più delle volte abbiamo assistito a discussioni animate.

Da “Non lo faccio più” di Peppino di Capri a “Bella da morire” degli Homo Sapines, gli anni Settanta hanno regalato aspre polemiche. Ma mai come gli anni Novanta, stagioni ricche di vittorie immeritate. Brani anche di buon livello, ma non tale da strappare. Anche negli ultimi anni non sono mancati trionfi discussi, con tanto di dispute a livello politico. Insomma, è capitato più di una volta di dover fare i conti con scelte discutibili e con giurie forse non calibrate: andiamo a scoprire i 7 casi più eclatanti

1992. “Portami a ballare”, Luca Barbarossa

Sanremo 1992 è il classico esempio di Festival ricco di ottime canzoni, ma vinto da un brano piuttosto dimenticabile. “Portami a ballare” non è certamente la migliore canzone di Luca Barbarossa, anzi: insipidi, melensa e piuttosto retorica. Ma a gridare vendetta è il secondo posto de “Gli uomini non cambiano” di Mia Martini, capolavoro.

1994. “Passerà”, Aleandro Baldi

A rileggere la classifica di Sanremo 1994 la sensazione è strana. Vittoria di “Passerà” di Aleandro Baldi, preferita a “Signor tenente” di Giorgio Faletti e a “Strani amori” di Laura Pausini. E ancora, superate “Cinque giorni” di Michele Zarrillo” e “I soliti accordi” di Enzo Jannacci e Paolo Rossi. Inspiegabile.

1996. “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, Ron e Tosca

Vorrei incontrarti tra cent’anni” di Ron e Tosca è una bella canzone, sia chiaro. La vincitrice morale di Sanremo 1996 è però “La terra dei cachi” di Elio e le Storie Tese, frenata da qualcuno per la sua natura anticonformista. Un brano precursore dei tempi, tra l’ironia sulle canzoni sanremesi e la denuncia contro mafia e malasanità. Impossibile non menzionare le mise degli Elii, ogni esibizione un grande show: dai costumi da alieno al braccio finto, spettacolo allo stato puro.

2003. “Per dire di no”, Alexia

Anni Novanta deludenti dal punto di vista del podio, ma anche i primi anni Duemila non scherzano. Nel 2003 ha avuto la meglio “Per dire di no” di Alexia, tutt’altro che indimenticabile. Terzo e quarto posto per due brani di un’altra categoria: “Tutto quello che un uomo” di Sergio Cammariere e “Nessuno tocchi Caino” di Enrico Ruggeri e Andrea Mirò. Incomprensibile.

2008. “Colpo di fulmine”, Giò di Tonno e Lola Ponce

Senza timore di essere contraddetti, Sanremo 2008 è stata una delle edizioni più carenti a livello qualitativo degli ultimi vent’anni. Pochi ricorderanno il brano vincitore: “Colpo di fulmine!” di Giò Di Tonno e Lola Ponce. A dir poco sottovalutate due canzoni: “Eppure mi hai cambiato la vita” di Fabrizio Moro e, soprattutto, “Il solito sesso” di Max Gazzè, rispettivamente terza e dodicesima.

2014. "Controvento", Arisa

La bravura di Arisa è innegabile, ma “Controvento” non rientra esattamente nel novero dei suoi brani migliori. Anzi. Da “Bagnati dal sole” di Noemi a “Nel tuo sorriso” di Francesco Sarcina, sono diversi i brani che avrebbero meritato qualcosa in più.

2019. “Soldi”, Mahmood

Anche in questo caso la precisazione è doverosa: non si tratta di una brutta canzone, anzi. Ma "Soldi" di Mahmood difficilmente può essere definito il brano migliore del Festival del 2019. Perfetta per la radio, trampolino di lancio di un artista con qualità innegabili ma da qui a vincere Sanremo… Esagerata ma comprensibile la reazione di Ultimo, solo secondo con “I tuoi particolari”. Dirla tutta, anche “Abbi cura di me” di Simone Cristicchi e “Argentovivo” di Daniele Silvestri avrebbero meritato più di “Soldi”. Sicuramente, comunque, non si tratta di un trionfo scandaloso: abbiamo visto di peggio.

I Flop.

Sanremo, le 10 canzoni "flop" che poi hanno avuto un grande successo. La lista delle canzoni sottovalutate al festival di Sanremo è piuttosto ricca: brani bocciati ma poi esplosi, anche a livello internazionale. Massimo Balsamo il 14 Gennaio 2023 su Il Giornale.

 “Ciao amore, ciao”, Luigi Tenco

 “Vita spericolata”, Vasco Rossi

 “Almeno tu nell’universo”, Mia Martini

 “Con te partirò”, Andrea Bocelli

 “E dimmi che non vuoi morire”, Patty Pravo

 “Tutti i miei sbagli”, Subsonica

 “Salirò”, Daniele Silvestri

 “Il Paese è reale”, Afterhours

 “Nanì”, Pierdavide Carone e Lucio Dalla

 “Glicine”, Noemi

La storia del festival di Sanremo è punteggiata da canzoni sottovalutate, “bocciate” durante la kermesse ma poi entrati a fare parte della vita di tutti noi. Ci sono brani che avrebbero meritato la vittoria, pensiamo a “Signor tenente” di Giorgio Faletti nel 1994 e a “La terra dei cachi” di Elio e le Storie Tese nel 1996. Oppure brani esclusi a dir poco ingiustamente dal podio finale della competizione: è il caso di “Nessuno tocchi Caino” di Enrigo Ruggeri e Andrea Mirò nel 2003, di “Per tutta la vita” di Noemi nel 2010 o di “Abbi cura di me” di Simone Cristicchi nel 2019. E poi ci sono canzoni incredibilmente sottostimate nella settimana di Sanremo, per poi esplodere in Italia e a volte a livello internazionale.

Ciao amore, ciao”, Luigi Tenco

Ciao amore, ciao” è la canzone tristemente nota per il suicidio di Luigi Tenco, avvenuto il 27 gennaio 1967 a Sanremo, dopo l’esclusione dalla finale del festival di Sanremo. Il brano, tra amore e critica verso la società moderna, ha avuto un grande successo con il passare degli anni e oggi è considerato un punto di riferimento della musica italiana.

Vita spericolata”, Vasco Rossi

Avere lo stesso successo di “Vita spericolata” è l’augurio degli artisti che si piazzano agli ultimi posti della classifica di Sanremo. Il brano di Vasco Rossi si classificò al penultimo posto nell’edizione del 1983, ma ottenne un incredibile boom a livello radiofonico, diventando un inno per migliaia di giovani. Ancora oggi.

Almeno tu nell’universo”, Mia Martini

Solo il nono posto. Sì, solo il nono posto per una delle canzoni più belle della storia della musica italiana. “Almeno tu nell’universo” a Sanremo 1989 fu considerata inferiore alla dimenticabile “Ti lascerò” di Anna Oxa e Fausto Leali e alla ancor più dimenticabile “Le mamme” di Toto Cotugno. Unica magra soddisfazione per Mimì il Premio della critica.

Con te partirò”, Andrea Bocelli

Niente podio per la canzone che ha reso celebre in tutto il mondo Andrea Bocelli. “Con te partirò” si fermò al quarto posto di Sanremo 1995, poco male per l’artista toscano: pochi mesi dopo entrò nel Guinness dei primati come primo cantante ad avere contemporaneamente tra album ai vertici della classifica statunitense.

E dimmi che non vuoi morire”, Patty Pravo

Nell’anno della vittoria dei Jalisse con la contestatissima “Fiumi di parole”, Patty Pravo con un capolavoro come “E dimmi che non vuoi morire” finì ottava. Scritta da Vasco Rossi, è una delle canzoni più belle mai cantate dalla “Divina”, nonché tra le più straordinarie della musica italiana.

Tutti i miei sbagli”, Subsonica

Solo un undicesimo posto a Sanremo 2000 – edizione alquanto obliabile – per “Tutti i miei sbagli” dei Subsonica. Una canzone troppo avanti per quei tempi, almeno per il Festival: il brano è ancora oggi uno dei più grandi successi – anche commerciali – della formazione torinese.

Salirò”, Daniele Silvestri

Poche canzoni di inizio millennio possono vantare l’affetto di “Salirò” di Daniele Silvestri, eppure l’esperienza all’Ariston fu piuttosto negativa. Nonostante il Premio della critica, solo un quattordicesimo posto. Il successo non tardò ad arrivare: tre premi all’Italian Music Awards e un incredibile risultato a livello radiofonico.

Il Paese è reale”, Afterhours

Prima e unica partecipazione degli Afterhours al festival di Sanremo del 2009, con la bellissima “Il Paese è reale”. La canzone si aggiudicò il Premio della critica, ma non arrivò alla serata finale. Ancora oggi, è uno dei brani più belli della straordinaria produzione della band di Manuel Agnelli. Ah, nel 2009 vinse Marco Carta con “La forza mia”…

Nanì”, Pierdavide Carone e Lucio Dalla

Lucio Dalla direttore d’orchestra (e compositore) per Pierdavide Carone e la sua “Nanì”, in gara al festival di Sanremo 2012. L’ultima apparizione alla kermesse per l’artista bolognese, morto poche settimane dopo, per un brano su una prostituta in “un mondo senza eroi”. Solo quinto posto, inspiegabile.

Glicine”, Noemi

Una delle canzoni più sottovalutate della storia della kermesse canora risale ad appena due anni fa. Parliamo di "Glicine" di Noemi, il miglior brano della fase recente della carriera dell'artista romana ma piazzatosi solo al quattordicesimo posto della classifica finale. Per capirci, è finito dietro all’insipida “La genesi del tuo colore” di Irama (quinta!!!) e alla scialba “Combat pop” de Lo Stato Sociale.

Estratto dell’articolo di open.online il 14 gennaio 2023.

 «La pubblicazione di un’opera inedita protetta, senza aver ottenuto idonea autorizzazione dai titolari dei diritti, viola il diritto d’autore come tutelato dalla legge». Gli editori del brano di Giorgia Parola dette male, con il quale la cantante parteciperà al Festival di Sanremo, pubblicano una nota subito dopo la diffusione in rete del testo. 

[…] «Auspichiamo che tale diritto venga rispettato da tutti, su qualsiasi supporto fisico o digitale, anche e soprattutto data l’eccezionalità del momento, a tutela dell’artista, invitando chiunque, nel rispetto dei diritti sopra citati, a cessare la diffusione del testo dell’opera e a rimuovere il materiale protetto illecitamente riprodotto e diffuso», si conclude la nota. 

 La pubblicazione del testo prima dell’esibizione sul palco dell’Ariston è vietata dal regolamento del Festival, pena la squalifica. Ma la cantante non sembra responsabile di quanto accaduto, e già in passato si sono verificati casi simili che non hanno portato alla squalifica degli autori coinvolti. […]

I Ti caccio o non ti caccio? Il caso Madame è antico quanto il Festival di Sanremo. Gino Castaldo su L’Espresso il 16 Gennaio 2023.

Da Claudio Villa a Fedez: una lunga storia costellata di squalifiche eccellenti e soluzioni benevole

Espellere o non espellere, squalificare a norma di regolamento o soprassedere, fare finta di nulla? Se ci si accontenta di questioni di poco conto per distrarsi dagli orrori del mondo, il tema della squalifica dal festival, rilanciato alla grande in questi giorni dal caso Madame, ha il suo fascino e non è affatto nuovo, anzi è antico quanto il festival.

Un esempio, antichissimo: nel 1955, a festival ancora bambino, Claudio Villa inventò un geniale escamotage. Era affetto da forte laringite, la sua ugola dorata era a pezzi, e allora pensò bene di non presentarsi sul palco, ma di fare mettere al suo posto un giradischi con l’ascolto del disco della canzone in gara che era “Buongiorno tristezza”. Visto che, preso alla lettera, il regolamento non proibiva un simile misfatto, l’esperimentò non solo passò, ma fece vincere il festival a Claudio Villa.

Poi corsero ai ripari, corressero l’errore marchiano e quando nel 1964 Bobby Solo, superfavorito, cantò in playback “Una lacrima sul viso”, perché anche lui affetto da pesante laringite, fu squalificato senza pietà, malgrado, almeno a fare finta in scena si fosse presentato, con tanto di ciuffo impomatato e occhio bistrato. Insomma i regolamenti si aggirano, o meglio si aggirano alcune volte e altre no, molto spesso a discrezione degli organizzatori.

Quando Fedez nel 2021 si lasciò scappare su Instagram un frammento della sua canzone in gara scoppiò una bufera, ma la direzione del festival decise che era un peccatuccio veniale, una distrazione, e si poteva perdonare. E del resto perdersi Fedez per strada sarebbe stato disdicevole e poco conveniente.

Al contrario Riccardo Sinigallia nel 2014, quando si scoprì che una volta aveva eseguito la sua “Prima di andare via” in un locale davanti a una ventina di amici si decise di essere inflessibili e di squalificarlo, tranne poi concedergli di cantare il suo pezzo alla finale di sabato, fuori concorso.

Ma il caso più clamoroso e più spettacolare rimane quello del 2020, quando Morgan a sorpresa cambiò il testo della canzone in gara facendo infuriare il suo partner Bugo che scappò via dal palco in preda a incontenibile furore. Furono squalificati perché in quel caso non c’era cavillo a cui appellarsi. Cambiare la canzone in corso d’opera non si può proprio fare. Alcune norme di buon senso vanno seguite: non si possono rubare portafogli al pubblico in sala, non si possono palpare donne fuori e dentro il palco, non si può usare la n-word. Per tutto il resto una soluzione la si trova sempre.

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ROCK

I Baustelle, che sono tornati a fare i Baustelle, ed è già molto di questi tempi, con un pezzo che, udite udite, parla del presente con un ironico e gioioso ritornello che dice «criticare il grande vuoto, la sinistra che non c’è, farsi di yoga e qualche droga, supplicare di esser popolari uh uh uh uh uh».

LENTO

Passi per i self-video da adolescente picchiatella in cui balla e piroetta senza un vero perché, ma se Britney Spears comincia, come ha fatto, a farli col marchio Coca-Cola sul reggiseno, verrebbe da annullare tutte le circostanze attenuanti invocate finora per spiegare la sua confusa condizione esistenziale.

Sanremo 2023. Non solo Bugo e Morgan: i 5 scandali più famosi della storia di Sanremo. Il caso Morgan-Bugo ma non solo: la storia del Festival è costellata da imprevisti, performance oscene e indecenze. Massimo Balsamo il 23 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Tabella dei contenuti

 1. Mise da bufera

 2. Il suicidio (?) sventato da Pippo Baudo

 3. Placebo, fischi e chitarre sfasciate

 4. L'orchestra in rivolta

 5. Il caso Morgan-Bugo

Belle canzoni, sicuramente. Tanto glamour, non c’è dubbio. Ma la storia del festival di Sanremo è segnata anche da tantissimi scandali, tra incidenti imprevisti, gesti plateali discutibili e topiche clamorose. La kermesse in programma al teatro Ariston ha sempre regalato polemiche, aumentate esponenzialmente con il passare degli anni anche grazie all’avvento dei social media. L’edizione 2023 ha già regalato qualche dibattito degno di nota, a partire dal caso Madame: la giovane cantante è coinvolta nell’inchiesta sui green pass falsi dei pm veneti, che l’hanno iscritta nel registro degli indagati per falso ideologico.

Tra gli intoppi più celebri del festival di Sanremo rientra sicuramente quello dell’edizione 1992. “Cavallo Pazzo” Mario Appignani si presentò sul palco dell’Ariston per gridare: “Questo festival è truccato, lo vince Fausto Leali”. Silenzio e panico in teatro. Una profezia poi rivelatasi errata, con la vittoria di Luca Barbarossa con “Portami a ballare”. Altro incidente singolare quello del 1998: a causa di problemi con il traduttore in cuffia, il padrone di casa Raimondo Vianello liquidò in fretta e furia la super ospite Madonna, scatenando le ire dei suoi fan. Anche i comici hanno dovuto fare i conti con polveroni e simili: Roberto Benigni criticato per il bacio alla francese di 30 secondi a Olimpia Carlisi e per le sue prese di posizione discutibili, oppure Maurizio Crozza subissato di fischi per la sua satira. Andiamo ora a scoprire l’elenco dei 5 più grandi scandali della storia di Sanremo.

1. Mise da bufera

Molte le discussioni festivaliere legate alle miss di cantanti, presentatori e vallette. Partiamo da quasi quarant'anni fa: la performance di Loredana Bertè a Sanremo 1986 ha suscitato enorme scandalo. La cantante ha interpretato la sua “Re” affiancata da due ballerine: tutte e tre sul palco con un finto pancione. Nel 1999, invece, è stata la volta di Anna Oxa, nota per i suoi look lontani dal tradizionale: il suo tanga in vista ha suscitato parecchi dibattiti. E come dimenticare invece l’ormai leggendaria farfallina di Belen Rodriguez? L’argentina, valletta nel 2012, ha sfoggiato il suo tatuaggio nell’interno coscia grazie a un abito a dir poco audace.

2. Il suicidio (?) sventato da Pippo Baudo

Pippo Baudo è stato uno dei grandi protagonisti della storia del Festival e diversi imprevisti-incidenti sono stati registrati in una delle sue tredici edizioni. L’episodio più clamoroso risale al 1995: il disoccupato Pino Pagano minaccia di lanciarsi dalla balconata perché disperato e pieno di debito. A evitare il peggio super Pippo, con una trattativa-negoziato da record di ascolti: 17 milioni di spettatori. Un episodio controverso, considerando una dichiarazione dello stesso Pagano di qualche tempo dopo: “Era una messinscena, volevo diventare famoso. Non ero nemmeno disoccupato”. Sceneggiata o meno, intramontabile.

3. Placebo, fischi e chitarre sfasciate

Neanche Ronaldo al derby Inter-Milan del 2007 ha preso i fischi ricevuti dai Placebo all’Ariston nel 2001. Sfasciati chitarra e amplificatori al termine di un’esibizione non apprezzata dal pubblico presente, con il frontman Brian Molko pronto ad affrontare i contestatori con un atteggiamento piuttosto spavaldo.“Cretino” e “buffone”, gli insulti più soft ricevuti. Caustico Piero Chiambretti nel voltare pagina: “Con quella faccia può andare allo Zecchino d’Oro”.

4. L'orchestra in rivolta

Il festival di Sanremo 2010 è passato alla storia come l’edizione della sollevazione dell’orchestra. Scene mai viste prima, con fischi e partiture stracciate e lanciate sul palco in segno di protesta. Una protesta veemente legata alla classifica finale - nel mirino giuria e televoto - con l’esclusione dal podio di Malika Ayane in favore del trio Pupo-Luca Canonici-Emanuele Filiberto, già fischiatissimo nelle serate precedenti. Minuti difficili da gestire, con un’Antonella Clerici visibilmente imbarazzata.

5. Il caso Morgan-Bugo

Le brutte intenzioni, la maleducazione, la tua brutta figura di ieri sera... Il caso dei casi. La bufera delle bufere. Il litigio che diventa arte. Il caso Morgan-Bugo sarà un classico dei racconti della storia di Sanremo e non potrebbe essere altrimenti. Uno scontro frontale, culminato nel corso della diretta dall'Ariston: Morgan che improvvisa una canzone anti-Bugo, quest'ultimo che prende e se ne va. "Che succede?", il colpo di genio di Castoldi, consapevole di averla combinata grossa. Poi l'arrivo di Amadeus e Fiorello, alla ricerca del Bugo perduto. Poesia.

Un Festival Nazional Comunista.

La fluidità.

Il Caso Zelensky.

I Precedenti.

Un Festival Nazional Comunista.

Dagotraduzione da economist.com il 16 febbraio 2023.

Tutti i paesi hanno riti annuali che confondono gli stranieri. Ogni anno, migliaia di uomini seminudi corrono per le gelide strade di Inazawa in Giappone. E ogni anno, più o meno nello stesso periodo, l'Italia ospita il festival della canzone di Sanremo. Per cinque notti, milioni di italiani restano svegli fino a tarda notte per assistere al suo cammino come una lumaca verso il gran finale. E per cinque giorni le provocazioni delle serate precedenti monopolizzano il dibattito sui media, nei caffè e nei bar d'Italia.

Sanremo una volta era solo una competizione canora. Il vincitore continua a rappresentare l'Italia all'Eurovision. Ma nel corso degli anni si è trasformato in qualcos'altro. Intervallato da monologhi, è diventato una piattaforma per la messa in onda di rimostranze per lo più progressiste. Così, il 9 febbraio, Paola Egonu, pallavolista che ha portato il tricolore all'apertura delle Olimpiadi del 2021, ha denunciato il razzismo. La co-conduttrice della serata finale ha indossato un abito appariscente per protestare contro la repressione delle donne. 

Ma quest'anno, con un nuovo governo guidato da Giorgia Meloni e dominato dal suo partito di destra Fratelli d'Italia (Fdi), Sanremo è stata coinvolta nella politica come mai prima d'ora. Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha partecipato alla serata di apertura il 7 febbraio e ha ascoltato un omaggio alla costituzione italiana pronunciato da Roberto Benigni. 

Ma il suo monologo è stato preso male dall'alleato della Meloni, il leader della Lega, Matteo Salvini, il cui partito ha visto le parole di Benigni come un velato attacco ai suoi piani per una maggiore autonomia regionale. La notte seguente, un rapper, Fedez, ha strappato sul palco una fotografia che mostrava un ministro di Fratelli d’Italia vestito da nazista da giovane. Alla fine del festival, membri del governo hanno chiamato i capi della Rai che organizzano l'evento.

Ciò che ha reso la politicizzazione di Sanremo ancora più delicata è che è arrivata nella settimana prima che il governo affrontasse il suo primo test alle urne. Il 12 e 13 febbraio si sono svolte le elezioni nelle due regioni più popolose d'Italia, la Lombardia, che comprende Milano, e il Lazio, che comprende Roma. La destra ha ottenuto vittorie facili in entrambe le gare. Forse questo calmerà i critici.

No, la Rai non è la Bbc e non sarà mai liberata dalla politica. Il caso Sanremo riapre il dibattito. Ma come funziona la governance dell’emittente inglese, ed è vero che è una realtà del tutto autonoma dal mondo politico britannico? Non proprio...Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 13 febbraio 2023.

«Bisognerà compiere una riflessione sulla Rai» hanno tuonato all’unisono Matteo Salvini e Giuseppe Conte al termine di un Festival di Sanremo record di ascolti e di polemiche. Lo hanno fatto per motivi diversi, ma entrambi fedeli alla regola aurea dell’ingerenza politica. Non sono stati primi e non saranno certo gli ultimi a voler imporre lo sgraziato verbo dei partiti tra i corridoi di Viale Mazzini.

Il servizio pubblico televisivo è da sempre terra di conquista e spartizione, un’arena da occupare manu militari e dove sistemare i fedelissimi, spesso con scarsa attenzione alle professionalità. Si chiamava e si chiama ancora lottizzazione, un sistema che raggiunse la “perfezione” negli anni 80 del secolo scorso quando Rai1, Rai2 e Rai3 erano i rispettivi bastioni e ripetitori di Dc, Psi e Pci. La fine della prima repubblica a colpi di avvisi di garanzia e la scesa in campo di Silvio Berlusconi e del suo conflitto d’interessi hanno rotto l’antico equilibrio e sparigliato le carte in tavola, ma la Tv di Stato è rimasta sempre quel campo di battaglia tra le forze politiche. Anzi, nell’ultimo ventennio un clima di isteria censoria e deteriore ha caratterizzato continuamente lo scontro digitale tra destra e sinistra.

Non è un bel vedere e, in forme più o meno ipocrite, in molti nel corso degli anni hanno chiesto alla politica un deciso passo indietro e una riforma complessiva che dia più autonomia alla Rai liberandola dall’abbraccio fatale. Il modello che viene tirato in ballo con ossessiva regolarità è quello della gloriosa Bbc, il servizio radiotelevisivo britannico, noto al mondo per l’imparzialità della linea editoriale e la qualità assoluta dei suoi prodotti. Un’evocazione che fa quasi tenerezza se uno pensa al nostro Paese.

Ma come funziona la governance della Bbc ed è vero che è una realtà del tutto autonoma dal mondo politico britannico?

Non proprio, almeno dal punto di vista formale. Il broadcast è infatti controllato da due organismi, il Trust e l’Executive Board. Il primo stabilisce la linea editoriale in base all’interesse pubblico ed è diretto da ’professionisti che hanno grande esperienza manageriale, giornalistica e artistica nel settore audiotelevisivo e inoltre ha il compito di nominare l’Executive Board. Che si occupa della realizzazione degli obiettivi editoriali e industriali e anche dell’aspetto amministrativo. Ma a nominare i membri del Trust non è un ente autonomo, bensì la stessa Casa reale che tira fuori i nomi sotto suggerimento dei ministri interessati. Applicato al nostro paese questo modello potrebbe mai funzionare? Immaginiamo una sorta di comitato scientifico che abbia gli stessi poteri del Trust britannico nominato dal Capo dello Stato in base alle indicazioni del ministero competente e sovrapponiamo questa configurazione alla situazione italiana. Beh, non cambierebbe assolutamente nulla, i partiti continuerebbero a imperversare mettendo il becco un po’ ovunque, proprio come accade adesso. Tv e radio di Stato britanniche sono indipendenti dal potere politico per propria formazione culturale: mai conservatori e laburisti oserebbero nominare dirigenti e amministratori in base alla loro supposta fedeltà ed è ugualmente impensabile che i membri del governo o dell’opposizione chiedano la sospensione di quel programma, di quel conduttore, di quel giornalista. No, la Rai non è la Bbc e ,lasciate ogni speranza, non lo sarà mai.

Estratto dell’articolo di Giovanni Orsina per “la Stampa” il 13 febbraio 2023.

Non mi pare che il vero problema del Sanremo «politico» stia tanto nel suo esser stato sbilanciato a sinistra. Il mondo dello spettacolo è notoriamente schierato quasi per intero da quella parte, ed era da immaginarsi che lo squilibrio emergesse, tanto più governante Meloni. No, il vero problema del Sanremo «politico» consiste nell'immagine della cultura progressista che ne è uscita fuori. Lamentosa, conformista, stantìa, ripetitiva.

Mi si obietterà che Sanremo non può essere un luogo di produzione di pensiero politico, che al massimo può far da cassa di risonanza a concetti e valori che sono ormai stati metabolizzati dal dibattito pubblico. È vero, ma fino a un certo punto. Perché il pensiero politico si produce ovunque, e l'arte è spesso stata all'avanguardia.

 […] Non siamo di fronte allo specchio popolare nuovo di una produzione culturale vecchia, insomma, ma allo specchio popolare vecchio di una produzione culturale decrepita.

[…] Il discorso di Chiara Ferragni può essere annoverato fra quelle che lo storico americano Daniel Rodgers ha chiamato retoriche alla gabbiano Jonathan Livingston – dal celebre romanzo di Richard Bach, pubblicato nel lontano 1970.

Che in Italia ci sia razzismo è stato detto tante volte, ormai. E le riflessioni delle donne che non hanno figli, in un Paese nel quale un quarto delle donne nate alla fine degli anni Settanta farà quella scelta e che è in calo demografico da più di quattro decenni, assomigliano molto all'accanimento di Maramaldo su un uomo già morto.

 Per non parlare delle trasgressioni a sfondo sessuale, della fluidità di genere, dell'antifascismo a un tanto al chilo: lungi dall'essere épaté, il povero borghese, rotto ormai a tutte le provocazioni, sbadiglia rassegnato. […] è lecito dubitare che la reiterazione di fruste petizioni di principio sia il modo migliore per educare un pubblico […]

È molto probabile, allora, che la ripetizione di quelle parole d'ordine piaccia alla minoranza che già le condivide, accresca ulteriormente l'ostilità della minoranza che le detesta, e finisca per essere […] ignorata da una maggioranza di spettatori agnostici. […] Sono concetti che circolano ormai da decenni […] Cara cultura progressista, prenditi pure tutto il Festival del 2024, 2025 e 2026. Però, per pietà, uno straccio d'idea nuova che sia una, da qui ad allora, prova a tirarla fuori.

Estratto dell'articolo di Filippo Ceccarelli per “la Repubblica” il 13 febbraio 2023.

Ci risiamo, doveva accadere prima o poi e Sanremo era l’occasione perfetta per “cambiare narrazione sulla Rai”, come suggerito dal sottosegretario alla Cultura, fratello d’Italia e manager musicale Gianmarco Mazzi. Ed è un irresistibile omaggio al lessico dei tempi e insieme all’ipocrisia quest’uso di “narrazione” per intendere conquista, predazione, saccheggio, spoglio, razzia - ciò che finora Meloni non ha fatto, ma sta per fare.

 Perché molto semplicemente dalla fine della Prima Repubblica la Rai è bottino di guerra e chi vince se la prende

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Tramanda la più recente storia politica e leggendaria di Sanremo che nel 1981, l’anno più buio della storia del festival, il giovane Berlusconi prese contatto con l’amministrazione comunale per comprarsi, insieme con i diritti televisivi, l’intero baraccone dell’Ariston. Ma i furbi e saggi democristiani, a cominciare dall’indimenticabile sindaco Leo Pippione, gli risposero no, grazie.

 Anche a piazza del Gesù il festival, come del resto la Rai, erano vissuti, più che come un campo di battaglia irti di sterpi, come un vivaio in fiore per alleanze e combinazioni. Ogni capotribù aveva d’altra parte il suo impresario di fiducia della canzonetta, Aragozzini stava con De Mita, Ravera con Forlani, Radaelli con Andreotti, per cui a Sanremo, come negli studi televisivi e nelle case degli italiani, arrivavano misteriosi e ancor più misteriose cantanti, spesso napoletani, di cui s’ignorava il patronage. Durò fino al fatidico 1989. Una volta defenestrato De Mita, in sincronia con il festival Forlani attaccò “la Piovra” - poi venne giù tutto.

Così, oltre che terra di conquista, ora la Rai è scatola nera del potere e theatrum mundi, nel senso che nell’ormai compiuto spappolamento delle culture politiche i vincitori di turno si ritengono in dovere di manifestare il comando attraverso nomine, consacrazioni, promozioni, manipolazioni, omissioni e censure, favoritismi, marchette, sviluppi sentimentali e d’alcova (mai sfuggiti peraltro ai servizi segreti).

 Da tale premessa, ieri e oggi, traggono origine le interviste in ginocchio la domenica pomeriggio, le illustrazioni di grandi opere e firme di contratti in seconda serata, le dirette negate o concesse a quello o a quell’altro evento, gli spazi imposti a reti unificate, a parte qualche flebile lamento in Commissione di Vigilanza, ma quasi sempre con la spontanea complicità di dirigenti e funzionari che, bravi come nessun altro ad annusare il cambio di vento, da un trentennio cercano di indovinare, anticipare o comunque assecondare i desiderata dei nuovi padroni – pur disponendosi a cogliere per tempo l’arrivo dei nuovi.

 Da questo punto di vista un buon metro rivelatore resta la fiction, cui i leader e i loro staff, non di rado piuttosto arruffoni, attribuiscono una specie di potere magico nella costruzione del senso con immediata ricaduta elettorale, per cui eccoti quella sul Carroccio e quella su Di Vittorio, quelle sui santi, i papi e le suore, o sui futuristi, il Risorgimento, Edda Ciano, però anche Nenni, la mafia, l’antimafia, i gay, gli immigrati, le foibe...

 Di tale grossolana impostazione il festival di Sanremo rappresenta la continuazione con fantasmagorici mezzi, più o meno subliminali, dal bacio lesbico al capriccio imperiale di far esibire Apicella, dal Povia di “Luca era gay”, ma è guarito, alle inquadrature di riguardo per Scajola, dall’ostensione della famiglia più numerosa d’Italia (16 figli, 2015) alla richiesta leghista di canzoni in dialetto veneto. Ma poi tutto regolarmente si abbassa e l’addomesticamento della Destra, per dire, si disvelò nel 2003 grazie a supposte raccomandazioni di An proprio a Sanremo e poi a un giro di piccanti interrogazioni che portarono Luca Barbareschi, deputato di quel partito, a riconoscere amaramente: «Siamo stati capaci di portare in video solo delle zoccole».

Per la verità, sempre da quell’area che oggi si scatena contro l’ultimo Sanremo si avvertirono anche le pressioni dei “Tullianos”, cioè dei parenti della donna del capo improvvisatisi produttori. Ma tutto questo è accaduto più o meno anche con Berlusconi, con l’Ulivo e i dalemiani, di nuovo con Berlusconi, di nuovo con l’Unione e poi ancora con Berlusconi, quindi con Renzi e compagnia cantante in un’ininterrotta saga all’italiana che tiene assieme la lobby di San Patrignano e la terrazza gauchiste, l’editto di Sofia e l’imperdibile saga legaiola del “Barbarossa”, coeva al finto spostamento di Rai2 a Milano, fino all’entusiasmo riformatore, all’ottimismo di Stato e al nuovo rinascimento propagato dal giovane premier rottamatore, secondo cui la Rai andava «restituita al paese», figurarsi.

Fedez leader della sinistra. Alza lo share, non i voti. Alessandro Gnocchi il 14 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Fluidità e antirazzismo: a Sanremo l'unica vittoria dei progressisti. Ma il Paese reale è un'altra cosa

La sinistra riparta dal Festival di Sanremo, l'unico luogo dove ha ottenuto una vittoria in questi giorni di tornata elettorale. Ora sulle primarie del Partito democratico aleggia lo spirito di Fedez, a questo punto è il candidato più autorevole, l'unico capace di compattare la sinistra italiana che vanta il più alto numero di scissioni nella storia.

L'agenda dei Ferragnez è perfetta, sembra fatta apposta per gli eredi del comunismo. Abbandonata ogni rivendicazione sociale, il Partito democratico, fedele ai compagni della grande industria e dell'alta finanza, infedele ai lavoratori e agli scocciatori della piccola-media impresa, ha un programma da partito radicale di massa, peggiorato dall'assenza di garantismo e dalla presenza ossessiva del politicamente corretto. Il Partito democratico, ma anche il Terzo polo, vede tutto attraverso il filtro della pattumiera dei social network, che ormai confonde con la realtà.

Fedez, meglio di Elly Schlein e Stefano Bonaccini, incarna tutte le lotte care ai progressisti: la fluidità (capirai che novità, leggetevi Platone, altro che Rosa Chemical), l'antirazzismo (nell'epoca meno razzista della storia d'Italia), l'antifascismo (in mancanza di fascismo, se non come nostalgico folclore). Tutte battaglie giuste, praticamente scontate. Così scontate da non interessare a nessuno, come dimostra il cappotto subito dal centrosinistra dalle politiche alle regionali.

Già, incredibile a dirsi, almeno per i cervelloni del Partito democratico, impegnati a difendere i diritti di Amadeus e Gianni Morandi: la massa o il popolo, come volete voi, ha altri problemi. La bolletta, i trasporti, lo stipendio, le tasse, la sanità. Tutte cose di cui non frega niente ai Ferragnez, che le persone comuni sono abituati a guardarle dall'alto di un grattacielo di City Life a Milano, famoso per costare al metro quadro quanto lo stipendio annuale di un italiano medio. Sanremo dunque non rispecchia altro che le manie di una sedicente élite, a dire il vero tanto ignorante quanto conformista. Sanremo è una rappresentazione lunare del pensiero dominante, ovvero del pensiero che occupa i media e le posizioni di potere nel mondo culturale. Anche se bisogna ammettere che scrivere Sanremo e cultura nella stessa frase è un ossimoro.

I baci tra ragazzi, i monologhi autoreferenziali, le supercazzole sulla complessità, le vecchie foto da stracciare, le libere canne in libero Paese, brutte melodie, brutti testi, i post su Twitter, le storie su Instagram... Se l'Italia fosse quella roba lì, il Partito democratico, che in questa mediocrità ci sguazza, avrebbe dovuto prendere almeno il 66 per cento di share, pardon: di voti e vincere in tutte le Regioni a man bassa.

Invece, guarda il caso, l'elettore, dopo essersi divertito grazie a giullar* e cantant*, va dritto in cabina a votare chiunque ma non i candidati del centrosinistra.

La sinistra è minoranza nel Paese (nonostante Sanremo). Dopo una settimana di Festival, tra fluidità, antirazzismo e femminismo, gli elettori danno una scoppola alla sinistra. Giuseppe De Lorenzo su Nicolaporro.it il 13 Febbraio 2023.

Molte analisi si possono fare sul risultato delle elezioni regionali in Lombardia e Lazio. Si può ragionare sull’affluenza bassissima, ovviamente. Su quanto questo incida o meno nella vittoria del centrodestra. Ma se occorre realizzare una riflessione a “caldo”, sull’unghia diciamo, una considerazione viene in automatico: la sinistra ha perso. E perso male. Perché non è riuscita a mobilitare i suoi elettori, perché è divisa fino alla morte, perché non riesce a intercettare le istanze dei cittadini. E tutto questo nonostante il più grande evento culturale dell’anno, Sanremo, che peraltro andava in onda nella stessa settimana del voto, abbia nell’ordine: strappato la foto di un ministro vestito da nazista, lodato fino allo stremo la Costituzione “intoccabile”, descritto il Paese come razzista, cantato l’amore fluido e il gender.

All’Ariston insomma è andato in scena il solito film, molto chic e molto poco in linea con i risultati delle urne. Sì, è vero: lo share di Amadeus è stato senza dubbio incredibile. Tenere incollati alla tv 10 o 12 milioni di telespettatori (peraltro con musica scandente) non è cosa da tutti. Ma il risultato in Lombardia e Lazio dimostra che poi gli elettori votano con la matita diversamente da come usano il telecomando. Tony Damascelli, sul Giornale, ha definito il Festival un “carnevale” che “ha stretto a coorte milioni di italiani per share” ma “non per condivisione”. Verissimo. E quando Stefano Coletta dice che “la televisione deve rappresentare tutta la società, nella sua interezza” ha ragione, ma c’è un problema: qui si sono dimenticati di una grossa fetta di Italia, quella conservatrice e di destra, che di atti sessuali simulati in prima serata non vuole vederne; che di sentirsi additare come “Paese razzista” ne ha le palle piene; che l’agguato di Fedez a un ministro del governo lo ha trovato sbagliato e non “espressione artistica”; che di generi ne conosce due (maschio, femmina) e non centomila; che di prediche sul femminismo fatte da un’influencer con una vita perfetta ne fa anche a meno, così come di monologhi lagnosi di attrici affermate che non hanno avuto figli.

Insomma: inutile dire che la “narrazione” del Festival non è stata esattamente la narrazione del Paese reale. Ha strizzato l’occhio a sinistra e bacchettato, molto, il centrodestra. Ma come avevamo già avuto modo di dire, alla fine Fedez e Sanremo nuocciono gravemente alla sinistra. E si vede. Il Pd ha preso una scoppola alle politiche, ne ha rimediata un’altra alle regionali e in 6 mesi non è ancora riuscito a darsi un segretario. I rapporti col resto del centrosinistra sono ai minimi storici, tant’è che nelle due regioni si sono presentati con coalizioni differenti. Manca un progetto politico comune tra Pd, M5S e Terzo Polo. I punti di contatto tra queste tre forze sono molti meno di quelli dei tre tenori del centrodestra, al netto delle normali divisioni interne. Alla sinistra manca tattica politica, mancano le alleanze, i leader e pure le proposte politiche. Oltre ovviamente agli elettori. Una situazione disastrosa. E Sanremo non li salverà. Giuseppe De Lorenzo, 13 febbraio 2023

Estratto dell’articolo di Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera” il 12 febbraio 2023.

La ministra Daniela Santanché dice — tra sarcasmo e rassegnazione — che il Festival di Sanremo è un po’ comunista […] Però, calma: non saltare subito alle conclusioni. […] In via Solferino, nella sala Albertini, il Festival di Sanremo è sempre stato […] un evento gestito dagli Spettacoli. Riunione con liturgia classica, tipo: che pezzi scriveranno gli inviati Renato Franco e Andrea Laffranchi, c’è un video di Nino Luca, Aldo Grasso manda un commento. Quest’anno ci siamo dovuti adeguare: avete letto le dichiarazioni di Matteo Salvini? Qualcuno senta Palazzo Chigi, è arrivata una nota del Pd […]

Il rumore della politica ha (quasi) coperto le canzoni. Così, di botto. Con il centrodestra di governo che ha cominciato a guardare il Festival come se fosse una convention dell’opposizione. Cinque giorni francamente pazzeschi. Con le polemiche per la presenza del presidente ucraino Zelensky come sigla di apertura e di chiusura.

 […] Roberto Benigni, magnifico folletto di settant’anni che — con un’esibizione geniale, appassionata, piena di antifascismo, citando l’articolo 21, sulla libertà d’espressione, e l’11, sul ripudio della guerra — celebra tutta la bellezza della nostra Costituzione, mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, appare d’incanto accompagnato dalla figlia Laura.

D’incanto, esatto: la sua presenza così clamorosa — prima volta di un nostro Capo di Stato al concorso musicale — è tenuta infatti nascosta fino all’ultimo; trattative segrete tra il Quirinale, Amadeus e il suo agente Lucio Presta (che oltre agli interessi del direttore artistico, cura pure quelli di Benigni e Gianni Morandi); informato solo l’ad Carlo Fuortes; i consiglieri del Cda Rai eletti in Parlamento (Agnes, Bria, Di Blasio, Di Majo, Laganà), tenuti all’oscuro di tutto, scrivono una rovente lettera di protesta. […] lo sapete che la riforma a cui tiene maggiormente la premier Giorgia Meloni è proprio quella della Costituzione? E che la sua predilezione per il «presidenzialismo» è forte tanto quanto quella di Mattarella per il «parlamentarismo»? Polemiche durissime.

 Alfredo Antoniozzi, vice-presidente dei deputati di FdI: «Benigni non è un costituzionalista, sul palco avrei preferito Sabino Cassese». Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura: «Ricordo solo che Mattarella fu iscritto al Pd, Benigni prese in braccio Berlinguer, Morandi ha sempre votato Pci e Pd». E ancora Salvini, collegato a Rtl 102,5 (ma cinque anni fa al Teatro Ariston con la fidanzata dell’epoca, l’indimenticata Elisa Isoardi, che gli scattava selfie mentre dormiva): «Mattarella? Era lì per svagarsi».

È a questo punto che Amadeus si scoccia di brutto — «Sono quattro anni che Salvini critica il Festival, si guardi un film» — e così ad alcuni osservatori viene il sospetto che le primarie del Pd siano inutili: perché un vero leader, l’opposizione, forse già ce l’ha. E guida un partito televisivo che sta al 66% di share con oltre 11 milioni di spettatori (i dati della serata di venerdì). La politica s’accorge che il simpaticone dai modi cortesi e le occhiate ingenue, capace di indossare giacche terrificanti (Ama, perdoni: ma dove le trova?) e fare umilmente la spalla a Fiorello, è diventato — di colpo — molto sicuro e molto potente.

Non solo ha liquidato Salvini con un sorriso di ferro, ma ha schierato sul palco quattro donne che, con i loro monologhi, sono state capaci di scaldare i cuori di una sinistra da tempo disorientata, remissiva e perdente. Chiara Ferragni: puro femminismo […] Francesca Fagnani: splendida sulle carceri; Paola Egonu: netta sul razzismo, molto meglio lei di certi sinistrorsi alla Nicola Fratoianni, responsabile dell’elezione di Soumahoro, quello che «anch’io ho diritto all’eleganza»; Chiara Francini: coraggiosa sulla maternità. […] i due numeri del signor Ferragni (cioè Fedez) sono stati incendiari. Prima, durante un freestyle, ha strappato la foto del vice-ministro Galeazzo Bignami, il tipo che va alle feste di addio al nubilato vestito da ufficiale delle SS (un altro di FdI, il famoso Giovanni Donzelli, ha raccontato d’essersi travestito da Minnie: e quindi sì, certo, boh). Poi, cantando con gli Articolo 31, Fedez ha urlato: «Giorgia, legalizzala!» (si suppone la droga leggera). […]

Estratto dell’articolo di Adriana Logroscino e Renato Franco per il “Corriere della Sera” il 12 febbraio 2023.

 Sanremo in trincea. I vertici Rai fanno muro agli attacchi della politica. Nel mirino ancora Fedez e il gesto, durante la sua esibizione di mercoledì, di strappare la foto del viceministro Galeazzo Bignami in uniforme nazista. «In Rai sapevano ma nessuno ha fatto nulla, rendendosi di fatto complici del soliloquio politico di Fedez e del suo attacco a un viceministro della Repubblica», è l’attacco sferrato in batteria da tutta la prima fila di Fratelli d’Italia. Il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi, avverte: «Esprimeremo nuovi dirigenti».

Stefano Coletta, direttore intrattenimento Prime Time, però assicura che a Sanremo tutti erano all’oscuro del contenuto dell’intervento del rapper. «Non sapevamo che Fedez avrebbe strappato la foto. Avevamo ricevuto un testo del suo freestyle con largo anticipo ma non era quello che lui ha portato in scena. Abbiamo saputo nell’imminenza della messa in onda che aveva deciso di modificarlo e che si era rifiutato di consegnare il nuovo testo».

 Eppure il rapper era stato avvisato: «Rispetto a tutte le esibizioni — ha sottolineato — il nostro invito è stato sempre di non fare riferimenti politici, pur non essendoci obbligo di par condicio. E questo è il motivo per cui il giorno dopo mi sono dissociato». Le possibilità erano due: «O una censura preventiva o la sollecitazione a evitare qualunque cenno politico, la strada che abbiamo scelto». Poi Coletta sbotta: «Se un dirigente deve rispondere di tutto ciò che accade in diretta, dovremmo dimetterci tutti.

Starei attento a usare un termine come l’omesso controllo in modo strumentale».

Gli argomenti, però, non spengono la polemica a Roma, concentrata soprattutto sull’attacco a Bignami, ma che riguarda anche l’invito a legalizzare la cannabis, lanciato da Fedez dal palco, venerdì. «La pezza è peggio del buco», sostiene il senatore meloniano Marco Lisei. «Coletta non smentisce che durante le prove pomeridiane Fedez aveva già strappato la foto, tenuta a testa in giù, di Bignami, come riferito da La Verità, che avrebbe prove granitiche al riguardo». […]

Estratto dell’articolo di Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera” il 12 febbraio 2023.

Voltare pagina, in fretta e possibilmente senza traumi. Perché i vertici della Rai «hanno passato il segno» e la cautela con cui Giorgia Meloni si era accostata ai piani alti di viale Mazzini, nei giorni di Sanremo è mutata in «stupore». […] La performance di Fedez, con la foto del viceministro Galeazzo Bignami in maschera da nazista strappata in diretta, è giudicata «inopportuna» e anche «pericolosa». «Prima o poi qualche squilibrato potrebbe passare dalla violenza verbale a quella fisica e colpire uno di noi», è il timore condiviso da diversi esponenti della destra di governo.

 […] Il partito della premier rimprovera ai vertici di aver «perso il controllo dell’azienda», violato la pluralità del servizio pubblico e trasformato l’Ariston in «una tribuna elettorale» alla vigilia del voto. Un coro che invoca le dimissioni dell’ad Carlo Fuortes, concertato via chat e rafforzato dalle parole dei due presidenti dei capigruppo di Senato e Camera, Tommaso Foti e Lucio Malan. Segno che la linea è decisa. […] Se dovesse dar seguito alla rabbia di queste ore, Meloni vorrebbe mandar via Fuortes anche subito. Per i messaggi di Fedez su cannabis e governo, per come è stata gestita la presenza di Mattarella, perché «la figuraccia su Zelensky ce la potevamo risparmiare».

Nei mesi scorsi la premier si era mossa con prudenza, sforzandosi di non rompere i rapporti con Fuortes e con la presidente Marinella Soldi. «Ho troppi fronti aperti, in primavera ci sono le nomine, non posso aprire anche il fronte Rai», […] Sul budget Palazzo Chigi avrebbe potuto aprire la crisi, ma ha preferito prendere tempo.

 Ora quel tempo è scaduto. Meloni si sarebbe pentita di aver aspettato troppo e convinta che il momento di accelerare il benservito sia arrivato. E se nel governo molti sperano nel passo indietro di Fuortes, a Palazzo Chigi sembra non crederci nessuno: l’ad ha rifiutato la guida del Maggio Fiorentino e il Teatro alla Scala, dove gli piacerebbe approdare, non è disponibile.

Nelle stanze dove si prendono le decisioni ci sarebbe anche un piano B: non assumersi il rischio di silurare Fuortes, per non farne l’eroe della resistenza anti-governativa e però sfilargli la delega della direzione generale per affidarla a Gianpiero Rossi, fedelissimo di Meloni. Ma è chiaro che sarebbe un pareggio, non una vittoria. […] La questione è squisitamente politica.

 In FdI lamentano che la Rai non abbia dato spazio a Meloni quando era all’opposizione e giudicano «un’anomalia gigantesca» che nella governance della tv di Stato «non ci sia un solo esponente del principale partito di maggioranza». Ovviamente non è tutto. Meloni ha fatto capire pubblicamente quanto seccata sia per il trattamento riservato al presidente ucraino Zelensky, prima invitato a parlare in videomessaggio e poi ridimensionato attraverso la lettera, declamata da Amadeus.

[…] i meloniani, […] credono alla ricostruzione del quotidiano La Verità : la Rai sapeva che Fedez avrebbe fatto a pezzi la foto di Bignami, sapeva perché il rapper «aveva fatto le prove dello show». Secondo i dirigenti di FdI, che avrebbero ascoltato anche delle registrazioni, il rapper aveva deciso di mostrare la foto del viceministro a testa in giù per evocare piazzale Loreto. Ma l’idea non è piaciuta alla Rai e Fedez ha scelto di strappare la foto. […]

La fluidità.

Estratto dell’articolo di Silvia Fumarola per “la Repubblica” il 12 febbraio 2023.

[…] sul caso Fedez il direttore dell’Intrattenimento Prime time Stefano Coletta sbotta: «Non posso rispondere di ogni gesto che fa un artista in diretta. Allora dovrei dimettermi ogni giorno. Non è civile. Stiamo qui solo a parlare di questo, degli attacchi della politica, non di un festival che sfiora il 70% di share. Non è normale». Lavora in Rai dal 1991. Da redattore a inviato a capoprogetto, a direttore di Rai3 poi a Rai 1, è un uomo di prodotto. […]

 […] Dicono che questo sia il festival “più politico”.

«[…] non faccio mai valutazioni di natura politica. Nel momento in cui Amadeus ha la libertà editoriale, che condivide con me, è la libertà assegnata a ogni artista […] a segnare il percorso. […]».

Come mai Amadeus passa per il simbolo dell’opposizione?

«Non ne ho idea. Non ha mai letture politiche del suo lavoro, si è formato con la musica, in radio e in televisione. Una maniacalità ammirevole nell’impegno, sa incarnare il ruolo di direttore artistico: non ha letture ideologiche».

 Lei invece?

«Io penso che la televisione debba rappresentare tutta la società, nella sua interezza. Che sia interessante la complessità».

La destra è sul piede di guerra. Sente la sua poltrona a rischio?

«Rispetto alla mia poltrona mi auguro fortemente che chi fa un discorso tecnico non sia valutato politicamente. Sarebbe un errore per l’azienda perché le persone sanno discernere l’operato di un dirigente: chi conosce la mia storia conosce la mia trasparenza».

 Fratelli d’Italia chiede le dimissioni dei dirigenti per il caso Fedez.

«Allora torno a spiegare. Io e la mia vicedirettrice Lentini abbiamo saputo nell’imminenza della messa in onda che Fedez non avrebbe più portato il testo che ci era stato consegnato da giorni. Il segmento legato alla nave è una parte di sei ore di programma, controlliamo tutto. Abbiamo saputo solo nell’imminenza che si era rifiutato di consegnare il nuovo testo. […] Solo Fedez ha cambiato all’ultimo minuto».

Aveva detto qualcosa agli artisti?

«La mia richiesta era sempre stata quella di non fare riferimenti politici, essendoci domenica due votazioni importanti nel Lazio e in Lombardia. Per questo quando Fedez ha strappato la foto di un viceministro mi sono dissociato il giorno dopo. Un prodotto televisivo non è necessariamente sempre il risultato di strumentalizzazioni politiche».

[…] Cosa l’ha ferita di più degli attacchi subiti?

«Poiché credo non sia stato mai rintracciabile un vulnus nella mia professionalità — e non parlo di perfezionismo, ma di un ruolo che ho cercato di incarnare con imparzialità e impegno — la ferita più grande è essere stato attaccato sul privato, dal punto di vista sessuale. Ho pensato che se fossero stati vivi i miei genitori — che mi hanno educato al rigore, al rispetto, al dialogo, che mi hanno insegnato che bisogna sempre ascoltare tutti — avrebbero sofferto. Essere attaccati per l’orientamento sessuale, per demolire la professionalità con letture omofobe è una ferita e niente ti può risarcire. Tutti gli anni di sacrificio, impegno, di giornate fatte di solo lavoro, saltano in un istante perché nella vita si ha un compagno e non una compagna? […]».

Estratto dell'articolo di Paola Italiano per “la Stampa” il 3 Febbraio 2023.

La deputata di Fratelli d'Italia Maddalena Morgante si dice «sconcertata» dalla notizia che Rosa Chemical in gara al prossimo Sanremo «porterà, e chiedo scusa per i termini che sto per usare, il sesso, l'amore poligamo e i porno su Onlyfans. Trasformare il Festival di Sanremo, un appuntamento che ogni anno tiene incollati allo schermo famiglie e bambini, emblema della tv tradizionale convenzionale, nell'appuntamento più gender fluid di sempre, è del tutto inopportuno».

(...)

 Quella della deputata Morgante è solo l'ultima di una lista di interrogazioni parlamentari lunga quasi quanto la storia del Festival. Curioso: c'era una fiamma tricolore anche nel simbolo del partito del primo parlamentare che nel 1957 apre le danze dei politici indignati, Bruno Spampanato, protagonista del fascismo dalla marcia su Roma alla Repubblica Sociale, e nell'Italia Repubblicana eletto alla Camera per il Movimento Sociale Italiano.

 (...)

Oggi è quasi raccapricciante la richiesta di abolire il Festival avanzata dal democristiano Giovanni D'Antonio nel 1967. È l'anno della tragedia di Luigi Tenco, contro il quale D'Antonio si scaglia, mettendo in mezzo pure Mike Bongiorno, chiedendo di accertare «se il cantante Luigi Tenco fosse dedito agli stupefacenti, se fosse davvero entrato in scena spinto dal presentatore Mike Bongiorno che "pure sapeva che il cantante era drogato"».

Tra la fine degli Anni 80 e l'inizio dei 90 «la questione morale» investe anche la Riviera canterina. Nel 1989 sono ancora dei deputati del Msi-Dn a lamentare la poca trasparenza nei processi di selezione dei cantanti in gara, chiedendo «se risponde al vero che gli organizzatori del Festival patteggiano con le case discografiche il numero dei cantanti, prescindendo dalle qualità degli stessi, che nel patteggiamento risultano merce di scambio i cantanti stranieri e che soprattutto per le nuove leve e per gli emergenti esiste una forte penalizzazione».

 Nel 1993 il bersaglio cambia, non più le case discografiche, ma la Rai: il Msi vuole che si verifichino le affermazioni dell'allora organizzatore Ezio Radaelli che dice che «la Rai comanda e ricatta, e gli organizzatori possono solo dire sì» (questa Rai è già più riconoscibile). A chiederlo è la missina Adriana Poli Bortone, che l'anno dopo, nel 1994, torna alla carica, perché stavolta la politica non può fare finta di niente: perché Franco Simone non è stato incluso nel cast?

Ed è ancora la destra, questa volta An, nella persona di Vito Cusimano, che nel 1999 punta il dito contro i cachet, «vergognoso sperpero di denaro pubblico per scritturare personaggi noti». Per l'onorevole era forse meglio scritturare emeriti sconosciuti.

 La palma della protesta più bizzarra va però all'onorevole Mario Borghezio dell'allora Lega Nord, indignato per una frase nientepopodimeno che di San Paolo. Questa è da spiegare: nel 1999 Fabio Fazio invita Ivano Fossati che canta Mio fratello che guardi il mondo, un inno alla fratellanza e all'accoglienza; per l'occasione manda in onda una frase tratta dalla Lettera di San Paolo agli ebrei: «Non dimenticate di essere ospitali con gli stranieri, perché alcuni hanno ospitato degli angeli senza saperlo». Sospettiamo che a Borghezio non sia mai capitato.

 Come si vede, a portare Sanremo in Parlamento è stata soprattutto la destra, ma anche il Pd ha dato insperati segnali di vita nel 2020, pretendendo spiegazioni sul carrozzone Rai inviato al Festival: 624 dipendenti, un centinaio in più dell'anno prima.

Al seguito però - lamentavano i dem - figuravano anche mogli, figli, accompagnatori.

«Chi li ha autorizzati? Quanto è costata la loro trasferta? Era necessaria la presenza di tutti quei dirigenti?».

 Non potevano mancare i Cinquestelle. Lontani i tempi in cui Beppe Grillo a Sanremo ci andava da comico e se la prendeva con i socialisti, un cavallo di battaglia (1989): vent'anni dopo esatti è l'allora capogruppo Gianluigi Paragone a presentare un'interrogazione parlamentare «sul possibile conflitto di interessi» del conduttore Claudio Baglioni. Il resto è storia recente.

Un anno fa Achille Lauro si autobattezzava sul palco e La Rappresentante di Lista alzava un pugno chiuso a fine dell'esibizione. «Oltraggio alla religione cattolica, inneggio al comunismo» secondo Salvini, e la Lega se la prendeva anche contro «i pericolosi ammiccamenti alla liberalizzazione delle droghe» di Ornella Muti. Ricordate? Probabilmente no, ma così è Sanremo: dal giorno dopo restano solo - se restano - le canzoni. E meno male.

Il Caso Zelensky.

Sanremo, Zelensky e il mistero delle interferenze politiche sul video diventato lettera. Antonella Baccaro su Il Corriere della Sera il 07 Febbraio 2023

In merito alla partecipazione del leader ucraino al Festival di Sanremo, Viale Mazzini sostiene che «non corrisponde al vero che la Rai si è rifiutata di mandare in onda un suo video»

Chi ha deciso che la partecipazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo non consistesse più in un video di due minuti ma in un testo letto da Amadeus? La spiegazione fornita dal direttore del Prime Time Stefano Coletta, che sarebbe stata una scelta di Zelensky riferita all’ambasciatore ucraino in Italia, accrediterebbe la pista diplomatica. E cioè che sarebbe stato davvero il leader ucraino a preferire un’apparizione più discreta in una sede come il Festival, essendo prevista una sua presenza più incisiva a Bruxelles, nel consiglio Europeo, giovedì prossimo.

Ma leggendo tra le righe delle dichiarazioni di giornata emergono quei mal di pancia nella maggioranza, sopiti ma mai placati, che secondo alcuni avrebbero prodotto la decisione comune di «abbassare i toni». Paventa questa interpretazione Maurizio Lupi (Noi moderati) quando dice: «Siamo stupiti da questa scelta che, ci auguriamo, non sia dovuta a motivi “politici” perché, ricordiamolo: in questa guerra c’è un aggressore e c’è un aggredito».

Chi non si nasconde dietro un dito è il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Forza Italia) che sembra proprio rivendicare alla politica decisioni che finora sarebbero planate su altri tavoli: «Sinceramente — dichiara — sarebbe stato meglio che la Rai non si fosse infilata in questa vicenda». E poi: «Non ho capito come sia nata. Forse dalla volontà di qualche autorevole esponente della galassia Rai, più che da una decisione dei suoi vertici, che mi sono sembrati più coinvolti nell’iniziativa altrui, che promotori di iniziative proprie».

Insomma Gasparri rilancia l’interpretazione secondo cui la Rai, ma anche il governo, sarebbero stati travolti dall’altrui attivismo, e poi costretti a gestire un invito che ormai non si poteva più ritirare, alla fine ridimensionandolo . Ma che forse, alla fine, è stato ridimensionato. La decisione finale solleva perplessità, come quella dell’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini: «Credo che Biagio Agnes (ex direttore generale Rai, ndr) si rivolti nella tomba a pensare a come si sia ridotta la tv pubblica».

A sera ce n’è abbastanza per una replica della Rai: «Non corrisponde al vero che la Rai si è rifiutata di mandare in onda un suo video. Al contrario, la Rai si è sempre dichiarata disponibile a raccogliere un intervento in forma video o audio. È stato l’ambasciatore dell’Ucraina a Roma ad avanzare la richiesta di far leggere un testo scritto del presidente».

Zelensky a Sanremo solo con un testo. Il compromesso dopo le polemiche. Giovanna Vitale su La Repubblica il 07 Febbraio 2023

In Rai assicurano che la decisione di inviare una lettera e non un videomessaggio è stata presa dall'Ucraina

In Rai assicurano che no, loro non c'entrano: la decisione di inviare un testo scritto al Festival di Sanremo, anziché il videomessaggio che Volodymyr Zelensky avrebbe dovuto registrare per la serata conclusiva, è stata presa dalle autorità ucraine. Comunicata giovedì scorso dall'ambasciatore in Italia, Yaroslav Melnyk, al direttore dell'Intrattenimento Prime time Stefano Coletta, che con il diplomatico aveva già qualche giorno intavolato una trattativa sul tenore del contributo previsto al clou dell'evento nazionalpopolare più atteso della tv.

"Sono un sostenitore dell'Ucraina, ma non è giusto associare la guerra alle canzonette". Il leader del Terzo polo, Carlo Calenda, a Metropolis precisa la sua posizione sull'intervento a Sanremo del presidente ucraino, che invierà un testo tradotto e letto da Amadeus: "Prima il video sì, poi il video ce lo guardiamo, come se il burocrate Rai potesse tagliarlo, poi il testo. Sconcertante".

Mario Maffucci. Estratto dell'articolo di Alessandro Ferrucci e Stefano Mannucci per il “Fatto quotidiano” il 6 febbraio 2023.

 (...)

Torniamo a Sanremo: lei ha portato Gorbaciov.

Oggi qualcuno potrebbe obiettare: quindi è giusto Zelensky. Peccato per la differenza: Gorbaciov veniva dal Nobel per la Pace e soprattutto a quel tempo non eravamo in mezzo a una guerra sanguinosa.

 Ha conosciuto Gorbaciov...

Non tanto, non parlava neanche inglese, eravamo affidati solo all’interprete e a Giulietto Chiesa (giornalista, ndr), amico dell’ex leader comunista e garante della qualità dell’impegno televisivo; (sorride) quell’anno il direttore del Festival era Fabio Fazio e lo convinsi a prendere Letizia Casta: “Va benissimo, ha un carattere forte, ci stupirà”.

 Ed è andata così.

Peccato che l’anno dopo, Fazio, abbia dato retta alla moglie e abbia scelto Ines Sastre, ragazza bella, ma che non esprimeva nulla, un pezzo di legno. Mica come la Casta.

 Insieme alla Casta c’era il premio Nobel Dulbecco: per molti lo avete svilito.

Lui non si sentiva svilito, era felicissimo; la decisione di coinvolgerlo è nata durante una riunione preliminare, quando uno di noi ha sentenziato: “Il regolamento di Sanremo è talmente complicato che ci vorrebbe un Nobel per capirlo”. “Bene! E allora prendiamo un Nobel”.

 (...)

E la Carrà?

Un anno è stata lei a condurre, ma non è andata bene, era stanca, non aveva preparato bene il Festival; dopo la prima puntata ci riuniamo e Raffaella tenta una carta: “Chiamo Banderas, è un mio amico, verrà”. Lo contatta, ci accordiamo sulla cifra, arriva e si fa accompagnare da uno spilungone vestito di nero, uno che sembrava uscito da una puntata della Famiglia Adams. Baci e abbracci tra Banderas e la Carrà.

Però...

Andiamo sul palco per provare e Iapino propone un duetto tra i due con i brani spagnoli di Raffaella. A quel punto l’uomo nero alza la mano: “Non si può fare e per due motivi. Uno perché non è previsto dal contratto. Due perché è una cagata”.

Lei è svenuto.

Aveva ragione l’uomo nero. E neanche Banderas è riuscito a risollevare la situazione; (pausa) Banderas lo abbiamo pagato bene.

 (...)

 In quanto a super ospite lei ha avuto Madonna...

Nell’anno di Vianello, ma non andò bene; (ride) Raimondo la trattò malissimo, subito dopo la sua esibizione l’ha mandata via dal palco, quando poteva scambiarci due battute.

 Cosa era accaduto?

Non lo so, forse lo aveva infastidito il suo ruolo da mega diva; il bello è che tutti hanno interpretato quel saluto frettoloso come una gag costruita, mentre anche noi rimanemmo stupiti.

 Nel 1989 avete affidato la conduzione ai “figli di...”: Rosita Celentano, Paola Dominguín, Danny Quinn e Gianmarco Tognazzi.

Un disastro, una tragedia.

Senza se e senza ma.

L’anno prima era andata benissimo con Gabriella Carlucci, mentre con quei quattro non è andato bene nulla.

 (...)

L’anno di Bongiorno e il primo con Fazio, mentre ho il rimpianto di non aver lavorato con Renzo Arbore.

Insieme qualcosa avete combinato...

Le otto puntate di Aspettando Sanremo, con anche Lino Banfi e Michele Mirabella; (sorride) una sera, mentre preparavamo il programma, Arbore mi dice: “Dobbiamo prendere uno veramente antipatico”. E allora scegliemmo Mirabella che in realtà è una persona deliziosa.

Arbore è una colonna della tv...

Con lui mi sono divertito da matti: le riunioni preparatorie si svolgevano a casa di Renzo, ed erano il vero show, qualcosa di unico, ancora più divertente del programma stesso.

 Cosa accadeva?

Arbore dava le poche linee dentro le quali ognuno poteva sbizzarrirsi con la sua creatività; il bello è che la fantasia dell’uno stimolava quella dell’altro, e in mezzo a questi fenomeni potevi venir stupito da chi meno te l’aspettavi.

 Come mai Arbore non ha mai condotto il Festival?

Perché certi ruoli non sono compatibili: il comico come Benigni o l’ironico alla Arbore non sono adatti a guidare uno show come Sanremo. Il Festival è una cosa serissima. È sacerdotale.

Il Festival cancella il video di Zelensky: solo un messaggio. Sberleffo di Mosca: "Poteva vincere..." Sanremo Dietrofront. Un mezzo passo indietro. Un po' di Zelensky ma non troppo. Niente video messaggio, ma una letterina letta da Amadeus. Laura Rio il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Sanremo Dietrofront. Un mezzo passo indietro. Un po' di Zelensky ma non troppo. Niente video messaggio, ma una letterina letta da Amadeus. Insomma, la solita soluzione all'italiana. Dopo tutte le polemiche, le prese di posizione, le raccolte di firme, le petizioni di intellettuali contro l'intervento del presidente ucraino al Festival di Sanremo, la Rai ha trovato una soluzione che accontenta tutti e nessuno. Lo ha annunciato ieri mattina il direttore dell'intrattenimento prime time Stefano Coletta nella prima conferenza stampa che dà il via alla settimana festivaliera.

«Siamo in contatto quotidiano con l'ambasciatore ucraino Melnyk - ha spiegato il direttore - Siamo giunti alla definizione dell'intervento del presidente ucraino: non invierà un video, ma un testo scritto» che sarà letto sul palco dal presentatore Amadeus. L'ipotesi iniziale, ovvero che Zelensky intervenisse con un collegamento o con un messaggio registrato come già accaduto in altre occasioni simili (ai Golden Globes, alla Mostra del Cinema di Venezia e a quella di Cannes) e come annunciato da Bruno Vespa che ha fatto da intermediario, è stata quindi accantonata. Secondo la versione ufficiale dei vertici Rai, sarebbe stato il leader in guerra con Putin a preferire inviare una lettera. «Così ci è stato comunicato dall'ambasciatore nel pomeriggio del 2 febbraio», ha precisato Coletta. Ma è evidente, anche se i vertici di viale Mazzini smentiscono, che si è trovato di comune accordo questa soluzione dopo le fortissime polemiche - da Salvini a Grillo a un gruppo di intellettuali che si sono schierati contro - suscitate dall'intervento.

«Quindi Zelensky non vincerà questo concorso con un rap», interviene sarcastica la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Insomma, la guerra tra i due paesi passa anche per le canzoni: il Festival è sempre stato ascoltatissimo in Russia, anche ai tempi dell'Unione Sovietica. E si riesce pure a scherzare su una situazione così drammatica. Amadeus - ribattezzato da Fiorello «lo Swiffer delle polemiche» - commenta la vicenda sorridendo: «Leggerò il testo in ucraino» e aggiungendo che «una lettera è più romantica».

La brutta figura, in tutta questa storia, la fanno i vertici della tv di Stato che per tenersi in equilibrio, cedono alle pressioni. L'impatto di un testo letto e contestualizzato da Amadeus ovviamente avrà un impatto meno violento sul pubblico rispetto al faccione di Zelensky che sarebbe apparso in mezzo alle canzoni a chiedere armi e sostegno all'Occidente.

Su quanto scriverà nella lettera il leader ucraino è ancora riserbo, ma il direttore Coletta assicura che non ci sarà alcun controllo preventivo sul testo inviato, come era stato paventato dopo che i consiglieri del Cda Rai avevano chiesto chiarimenti sulla questione. «Mi sembra complicato poter censurare il presidente - ha risposto a una domanda - Il controllo di noi dirigenti è preventivo alla messa in onda di ogni programma, ma sorrido all'idea di un dirigente Rai che possa censurare un presidente».

Comunque sia, la soluzione non piace a nessuno. «Stiamo parlando di un contesto completamente diverso rispetto a quello dove ha già parlato, cioè il Parlamento, che era la sede più opportuna e giusta», ha commentato il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. «Resto convinto che il massacro degli ucraini non meritava di essere mischiato con il televoto», ha commentato il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.

Non ha dubbi Carlo Calenda: «Capisco la logica dell'invito a Zelensky, ma ci sono luoghi che non si prestano in termini di gravitas. Poi quello che ha fatto la Rai è davvero il peggio. Nel momento in cui dici che lo vuoi a Sanremo, non ti metti poi a fare la censura al presidente di un Paese in guerra».

Il pasticciaccio Rai: lettere, telefonate e lo stupore dell'ambasciata. Dall'annuncio di Vespa a "Domenica in" all'imbarazzato compromesso con Kiev. Laura Rio il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Forse l'ambasciatore d'Ucraina in Italia, Yaroslav Melnyk, sarà rimasto attonito nel vedere le prime pagine dei giornali italiani pieni di articoli sulla presenza del suo presidente a Sanremo piuttosto che sotto le bombe in Donbass. E, invece, da noi accade pure questo: fa molto più clamore scannarsi politicamente sul Festival che sull'opportunità o meno di sostenere con le armi il paese invaso da Putin. Dunque, ecco che, dopo l'annuncio - fatto in diretta da Bruno Vespa a «Domenica In» - di uno spazio nell'ultima serata del Festival concesso al presidente ucraino, scoppia il bubbone, partono le telefonate tra i vertici Rai e l'ambasciata ucraina a Roma. Melnyk, unico referente della televisione italiana, chiede di incontrare nella capitale il direttore dell'intrattenimento Prime Time Coletta e il presentatore Amadeus, che però sono già nella città ligure. Dopo varie chiamate e varie proposte, si giunge alla soluzione di compromesso: evitare il «pericoloso» video messaggio per una più controllabile e tranquilla lettera. E, per salvare la faccia, i vertici Rai sostengono che non si era mai espressamente parlato di un videomessaggio, ma di una «modalità partecipativa» ancora da definire che - secondo le precisazioni di Coletta - sarebbe potuto essere in «video, in collegamento, escludendo invece la presenza fisica sul palco». Peccato, però, che Bruno Vespa - che ha fatto da tramite tra viale Mazzini e il leader ucraino quando è andato a intervistarlo a Kiev - aveva detto tutt'altra cosa nell'annuncio fatto nel salotto domenicale di Mara Venier: «Sapevo che Zelensky voleva venire a Sanremo in collegamento - ha detto espressamente - Dopo aver parlato con Amadeus, gli ho potuto dire: Caro presidente, la aspettiamo nella serata finale'». Insomma, l'idea iniziale era quella addirittura di un collegamento o di un video messaggio, poi per smorzare le polemiche si è passati al più semplice testo scritto che verrà letto da Amadeus sabato dopo che si saranno esibiti tutti i 28 cantanti in gara più i tanti e vari ospiti. Quindi a tarda notte, quando molta parte del pubblico sarà già assopita. E l'altra parte, annebbiata dal sonno, non si renderà ben conto se sta ascoltando qualche brano contro la guerra o un presidente in guerra.

Tra l'altro è singolare pure la modalità con cui è stato comunicato l'evento. Vespa lo ha detto mentre scorrevano i titoli di coda di «Domenica In» il 15 gennaio senza avvisare né i vertici di viale Mazzini né Amadeus che lo avrebbe fatto in collegamento in diretta da Kiev con Mara Venier. E il presentatore, nella stessa giornata, poche ore prima, aveva fatto uno dei suoi annunci al Tg1 delle 13 (dove aveva presentato le due co-conduttrici Chiara Francini e Paola Egonu) senza fare alcuna menzione della notizia più importante e clamorosa che in breve ha scatenato una montagna di polemiche. Accadano pure queste cose in una Rai, dove una mano non sa cosa fa l'altra oppure lo sa fin troppo bene. Tanto - come sostiene Amadeus - le polemiche si «sgonfiano» appena parte la prima nota del festival. Che siano stonate o meno, non fa nulla.

Se la tragedia sfocia nell'avanspettacolo. Poteva essere una cosa seria. È diventata una farsa. Amadeus ventriloquo di Zelensky, siamo ai massimi dei minimi, l'appello alla pace si trasforma in una recita a soggetto esterno. Tony Damascelli il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Poteva essere una cosa seria. È diventata una farsa. Amadeus ventriloquo di Zelensky, siamo ai massimi dei minimi, l'appello alla pace si trasforma in una recita a soggetto esterno, nessun video messaggio ma una lettera, scritta dal premier, il testo verrà prima tradotto dall'ambasciatore ucraino e poi letto, con dizione improbabile, dal direttore artistico del festival davanti a spalti gremiti, un teatro scintillante di pubblico pagante e ingioiellato e almeno quindici milioni di italiani davanti al televisore aspettando il nome del vincitore. Peggio di così non poteva finire ma è soltanto l'inizio, la tragedia della guerra trasformata in una gag da avanspettacolo, la sofferenza di un popolo mescolata alle esibizioni dei cantanti, brividi ma non quelli della canzone vincitrice lo scorso anno ma un senso di fastidio e di rigetto a ciò che da dramma viene utilizzato come acchiappo e propaganda. Il capo di Rai 1, Coletta Stefano, ha spiegato che gli sembrerebbe complicato poter censurare il presidente «sorrido all'idea di un dirigente Rai che possa censurare un presidente», in verità ci sarebbe pochissimo da sghignazzare nel caso in cui pungesse vaghezza a Vladimir Putin di mettere giù due righe e spedirle a viale Mazzini perché vengano pubblicamente lette, assieme a quelle del rivale Zelensky, che accadrebbe nei piani alti e nelle parti basse del e dei dirigenti Rai? Applicherebbero la par condicio e si rifugerebbero nel canneto, come per abitudine sanno fare? Tutto ciò conferma come si sia superato il limite, la guerra o invasione è argomento delicato già nei dibattiti politici, figuriamoci quando viene messo in tavola a sera tarda, per di più diffuso da un presentatore che dovrà essere capace di passare dagli inquietanti interrogativi sull'esatta identità dello show Soliti Ignoti, all'annuncio di una canzone per concludere l'impegno contrattuale con i tank Abrams americani arrivati a Kiev. D'accordo, non sono soltanto canzonette ma qui stanno canzonando gli abbonati e i cittadini italiani tutti, riuscendo in quella che sembrava poter essere una mission impossible, rendere ancora più antipatico il premier ucraino e ridurne il messaggio a uno spot tra altri cento magari accompagnato da un restate con noi, non cambiate canale. Ma il peggio è fatto, non si può tornare indietro, il messaggio è stato inviato sulla linea dell'utente desiderato. Verrà l'ora della lettura e improvvisamente le luci del teatro Ariston si abbasseranno, calerà il silenzio, non si percepirà nemmeno il fiato di un cantante, quindi, dopo l'ultima parola, gli spettatori si alzeranno in piedi e scoppierà l'applauso. Coletta e la sua orchestra sperano tuttavia che il premier ucraino possa ripensarci. Volodymyr Zelensky, da attore era anche comico, non poteva però immaginare di finire in una pagliacciata.

Luigi Mascheroni per “il Giornale” il 7 febbraio 2023.

Roberto Dagospia è la coscienza critica di Sanremo. Anticipa le anticipazioni, presenta i presentatori, critica i leccazampe, esalta i critici, dà consistenza al gossip, sgonfia la retorica: sul suo sito Dagospia commenta, beffeggia, spiffera, ci racconta scena, proscenio e retroscena del festival.

 D'Agostino: prima la Rai annuncia un video di Zelensky, poi arriva una bufera di polemiche, adesso non è un video ma una lettera; Mosca che si fa beffe del Festival e una cosa seria come la guerra diventa una mezza pagliacciata Cosa sta succedendo a Sanremo?

«L'ho scritto una settimana fa, il 1° febbraio, sul mio sito. Le demenziali polemiche sull'intervento di Zelensky a Sanremo sono arrivate all'orecchio dei funzionari di Kiev, e il presidente ucraino che pure è un ex comico e conosce le regole dello show è rimasto sbigottito. Nessuno ha mai preteso che il suo discorso fosse sottoposto a lettura da parte di un funzionario televisivo. Ma che roba è?

Si è mai visto un direttore di rete che può esercitare una qualsiasi forma di controllo su un messaggio di un presidente di una nazione in guerra? Zelensky ha parlato all'Onu, alla notte degli Oscar, a Cannes, alla mostra del cinema di Venezia senza colpo ferire; però alla tv di Stato italiana vogliono sapere cosa dirà. Demenziale. Qualcuno dentro la Rai ha voluto sabotare l'evento».

 E perché?

«Perché l'idea di portare Zelensky sul palco dell'Ariston è di un signore che si chiama Bruno Vespa, oggi accreditato come gran consigliori di Giorgia Meloni per le questioni Rai, e qualche nemico interno gli ha voluto fare lo sgambetto».

 E adesso?

«Adesso Amadeus e Stefano Coletta, il direttore della prima serata Rai, invece di avere Zelensky si devono accontentare di Fedez... Il presidente di uno Stato in guerra, invaso e bombardato, aveva la possibilità di fare un legittimo appello in video, in prima persona, per chiedere aiuti militari ed economici, e invece se gli va bene può al massimo mandare una lettera... Dalla tragedia alla barzelletta».

La portavoce del ministero degli Esteri russo ha ironizzando sul mancato video del presidente ucraino. Ha detto: «Peccato per Zelensky, forse poteva vincere Sanremo».

«Siamo a un livello sotto la vergogna. C'è una guerra, neanche a troppi chilometri da qui, ci sono bombardamenti, morti, minacce nucleari, si poteva sfruttare un messaggio di pace, e questi stanno a ballare sul palco... Sembra la repubblica Weimar. Qui cantano, e là arrivano i nazisti... Pensa a Kiev cosa possono pensare... Saranno inferociti».

Amadeus ha detto che è più romantico leggere una lettera di Zelensky anziché mandare un video..

«Romantico?! Ma si rende conto? Ma stiamo parlando di una guerra! Non giochiamo con le parole. Posso farlo io, sul mio sito disgraziato, ma non la televisione di Stato... Senti, io la prima volta che sono andato a seguire il Festival di Sanremo era il 1978, ho fatto persino un Dopofestival... E ho capito una cosa in tutti questi anni. Il Festival peggio è, meglio è. Più riesci ad avere canzoni pessime, macchiette che salgono sul palco, stecche e polemiche, meglio funziona.

 A Sanremo adesso stanno festeggiando. il Festival rappresenta l'identità di un Paese fatto di paesi, dove il divertimento maggiore è lo struscio: c'è chi passeggia e si mette in mostra, e chi guarda e giudica. Il Festival è quello: tu vai lì a farti guardare, io ti guardo e ti sbertuccio, tutto in tre minuti, il tempo di una canzone. Se porti solo belle persone, abiti eleganti e buoni brani, che divertimento c'è? Siamo un Paese di guardoni e pettegoli. E Sanremo è il Festival dei guardoni e dei pettegoli».

"Sabotaggio interno per colpire Vespa". Mister Dagospia: "Mai visto un direttore di rete che censura un leader in guerra". Luigi Mascheroni il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Roberto Dagospia è la coscienza critica di Sanremo. Anticipa le anticipazioni, presenta i presentatori, critica i leccazampe, esalta i critici, dà consistenza al gossip, sgonfia la retorica: sul suo sito Dagospia commenta, beffeggia, spiffera, ci racconta scena, proscenio e retroscena del festival.

D'Agostino: prima la Rai annuncia un video di Zelensky, poi arriva una bufera di polemiche, adesso non è un video ma una lettera; Mosca che si fa beffe del Festival e una cosa seria come la guerra diventa una mezza pagliacciata Cosa sta succedendo a Sanremo?

«L'ho scritto una settimana fa, il 1° febbraio, sul mio sito. Le demenziali polemiche sull'intervento di Zelensky a Sanremo sono arrivate all'orecchio dei funzionari di Kiev, e il presidente ucraino che pure è un ex comico e conosce le regole dello show è rimasto sbigottito. Nessuno ha mai preteso che il suo discorso fosse sottoposto a lettura da parte di un funzionario televisivo. Ma che roba è? Si è mai visto un direttore di rete che può esercitare una qualsiasi forma di controllo su un messaggio di un presidente di una nazione in guerra? Zelensky ha parlato all'Onu, alla notte degli Oscar, a Cannes, alla mostra del cinema di Venezia senza colpo ferire; però alla tv di Stato italiana vogliono sapere cosa dirà. Demenziale. Qualcuno dentro la Rai ha voluto sabotare l'evento».

E perché?

«Perché l'idea di portare Zelensky sul palco dell'Ariston è di un signore che si chiama Bruno Vespa, oggi accreditato come gran consigliori di Giorgia Meloni per le questioni Rai, e qualche nemico interno gli ha voluto fare lo sgambetto».

E adesso?

«Adesso Amadeus e Stefano Coletta, il direttore della prima serata Rai, invece di avere Zelensky si devono accontentare di Fedez... Il presidente di uno Stato in guerra, invaso e bombardato, aveva la possibilità di fare un legittimo appello in video, in prima persona, per chiedere aiuti militari ed economici, e invece se gli va bene può al massimo mandare una lettera... Dalla tragedia alla barzelletta».

La portavoce del ministero degli Esteri russo ha ironizzando sul mancato video del presidente ucraino. Ha detto: «Peccato per Zelensky, forse poteva vincere Sanremo».

«Siamo a un livello sotto la vergogna. C'è una guerra, neanche a troppi chilometri da qui, ci sono bombardamenti, morti, minacce nucleari, si poteva sfruttare un messaggio di pace, e questi stanno a ballare sul palco... Sembra la repubblica Weimar. Qui cantano, e là arrivano i nazisti... Pensa a Kiev cosa possono pensare... Saranno inferociti».

Amadeus ha detto che è più romantico leggere una lettera di Zelensky anziché mandare un video..

«Romantico?! Ma si rende conto? Ma stiamo parlando di una guerra! Non giochiamo con le parole. Posso farlo io, sul mio sito disgraziato, ma non la televisione di Stato... Senti, io la prima volta che sono andato a seguire il Festival di Sanremo era il 1978, ho fatto persino un Dopofestival... E ho capito una cosa in tutti questi anni. Il Festival peggio è, meglio è. Più riesci ad avere canzoni pessime, macchiette che salgono sul palco, stecche e polemiche, meglio funziona. A Sanremo adesso stanno festeggiando. il Festival rappresenta l'identità di un Paese fatto di paesi, dove il divertimento maggiore è lo struscio: c'è chi passeggia e si mette in mostra, e chi guarda e giudica. Il Festival è quello: tu vai lì a farti guardare, io ti guardo e ti sbertuccio, tutto in tre minuti, il tempo di una canzone. Se porti solo belle persone, abiti eleganti e buoni brani, che divertimento c'è? Siamo un Paese di guardoni e pettegoli. E Sanremo è il Festival dei guardoni e dei pettegoli».

Estratto dell’articolo di Silvia Truzzi per “il Fatto quotidiano” il 7 febbraio 2023.

[…] Carlo Freccero […]

 È un compromesso al ribasso per la Rai avere la letterina di Zelensky al posto del consueto video?

[…] per la Rai Sanremo rappresenta un grande bottino di […] introiti pubblicitari: così si evitano potenziali defezioni di pubblico e investitori.

 Secondo la Rai è stata una scelta di Zelensky.

Ho dei dubbi: questa soluzione si risolve in un depotenziamento del messaggio di Zelensky. Sanremo è uno spettacolo televisivo: chiaramente una lettera letta non ha lo stesso impatto di un filmato. […] Sanremo voleva fare C’è posta per te, ma il gioco non è riuscito.

[…] E dal punto di Vespa, il grande regista di quest’operazione?

Vespa ha fatto il Caschetto (Beppe, agente di personaggi dello spettacolo, ndr) di Zelensky, ma gli è andata male. […] Chiaramente una sconfitta, che può anche essere letta come un ridimensionamento di Vespa all’interno della Rai. In qualche modo, con l’invito a Zelensky e l’annuncio fatto personalmente, Vespa si era sostituito all'amministrazione delegato della Rai. Che […] non per nulla sarà a Sanremo. Fuortes batte Vespa sei-zero, sei-zero.

La lettera verrà letta da Amadeus, che di mestiere conduce I soliti ignoti.

[…] C'era molta attesa per il video del presidente ucraino. Dal punto di vista degli ascolti il depotenziamento e un boomerang? Sicuramente. […] Il depotenziamento […] agisce sul messaggio di Zelensky, ma anche sulla protesta contro la guerra. Sabato a Sanremo non ci sarà la tensione che ci sarebbe stata con il video messaggio.

Gio.Vi. per “la Repubblica” il 7 febbraio 2023.

In Rai assicurano che no, loro non c’entrano: la decisione di inviare un testo scritto al Festival di Sanremo, anziché il videomessaggio che Volodymyr Zelensky avrebbe dovuto registrare per la serata conclusiva, è stata presa dalle autorità ucraine.

 Comunicata giovedì scorso dall’ambasciatore in Italia, Yaroslav Melnyk, al direttore dell’Intrattenimento Prime time Stefano Coletta, che con il diplomatico aveva già qualche giorno intavolato una trattativa sul tenore del contributo previsto al clou dell’evento nazionalpopolare più atteso della tv.

[…]

 Matteo Salvini era stato il primo ad augurarsi che «il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica».

Seguito da Carlo Calenda — «Parrebbe molto strano vedere un presidente impegnato a difendere il suo Paese tra una canzone e l’altra» — e pure da Giuseppe Conte: «Non è necessario avere Zelensky in un contesto così leggero». Posizioni ostili, che non sono passate inosservate.

[…]

«Mi sembra complicato poterlo censurare. Il controllo di noi dirigenti è preventivo alla messa in onda di ogni programma», taglia corto Coletta, «ma sorrido all’idea di un dirigente Rai che possa censurare un presidente». […]

 Giovanna Vitale, Tommaso Ciriaco per “la Repubblica” il 7 febbraio 2023.

Alla fine, è l’ambasciata d’Ucraina in Italia a chiudere il caso. E lo fa comunicando ai vertici Rai di aver deciso che la partecipazione di Volodymyr Zelensky a Sanremo si sarebbe risolta con una lettera del Presidente. Questa, confidano fonti diplomatiche ucraine, rappresenterebbe una soluzione condivisa, presumibilmente con il governo di Roma.

Con l’obiettivo, aggiungono le stesse fonti, di evitare di dividere l’opinione pubblica italiana sulla guerra in Ucraina. È l’ultimo tassello di una vicenda che oscilla come un pendolo tra l’incidente diplomatico e il caso politico. Un caso che in alcuni dettagli si tinge di giallo, chiamando in causa i vertici della televisione pubblica, l’esecutivo e le diplomazie di entrambi i Paesi. Vale la pena provare a ricostruirlo.

La versione della Rai ridimensiona l’accaduto a un’interlocuzione senza tensioni o sbavature.

Tutto nasce dalla missione di Bruno Vespa a Kiev, per intervistare il Presidente ucraino. Il direttore e conduttore di Porta a Porta ottiene la disponibilità a un intervento del leader ucraino al Festival. Tornato in Italia, riporta questa possibilità all’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes e al conduttore del Festival Amadeus.

[…] L’opzione su cui si tratta è quella di un video registrato della durata di due minuti. […]

 Nel frattempo, però, in Italia scoppia una polemica politica durissima. Capofila degli scettici è Matteo Salvini, notoriamente vicino alle posizioni di Mosca. Mostrano dubbi anche Carlo Calenda e Giuseppe Conte. E va registrato tra l’altro anche l’intervento di Piersilvio Berlusconi. Finché, il 2 febbraio, la diplomazia ucraina comunica alla Rai che il format dell’apparizione sarebbe stato quello del testo scritto.

Le stesse fonti della tv pubblica sostengono che non sia credibile che dietro alla scelta si nasconda anche un fastidio di Zelensky, culminato nella mossa asettica di una lettera al posto del video, che certamente avrebbe garantito una resa televisiva migliore. A differenza degli ucraini, inoltre, le fonti di Viale Mazzini negano che ci sia stato un intervento della Farnesina per ricomporre il caso.

 Tutte le fonti ufficiali, a sera, si attestano sostanzialmente su questa linea. Palazzo Chigi si tira fuori dalla partita, mentre il ministero degli Esteri è netto: non siamo intervenuti. [...]

Per un giorno intero, si rincorre un’altra ricostruzione dei fatti. La gestione della partecipazione di Zelensky sarebbe stata effettivamente portata avanti dall’ambasciata ucraina. Ma il polverone politico avrebbe fatto inceppare la trattativa. Gli ucraini non avrebbero gradito neanche la pianificazione, fin nei dettagli, dell’intervento del leader, così come l’eventualità di conoscere in anticipo le modalità, la durata e i contenuti dell’intervento.

 Secondo alcune fonti, si sarebbe arrivati vicini alla defezione di Zelensky: non solo niente video, ma anche nessuna lettera. Un passo indietro capace di generare un vero caso diplomatico, soprattutto a pochi giorni dall’annunciata visita di Meloni a Kiev. La premier, d’altra parte, non può certo essere sospettata – a differenza di Lega e Forza Italia - di essere tra quelli che avrebbero frenato l’intervento del presidente ucraino. […]

Estratto dell'articolo di Antonella Baccaro per il “Corriere della Sera” il 7 febbraio 2023.

La spiegazione fornita dal direttore del Prime Time Stefano Coletta, che sarebbe stata una scelta di Zelensky riferita all’ambasciatore ucraino in Italia, accrediterebbe la pista diplomatica. E cioè che sarebbe stato davvero il leader ucraino a preferire un’apparizione più discreta in una sede come il Festival […]

[…] emergono quei mal di pancia nella maggioranza, sopiti ma mai placati, che secondo alcuni avrebbero prodotto la decisione comune di «abbassare i toni». Paventa questa interpretazione Maurizio Lupi (Noi moderati) quando dice: «Siamo stupiti da questa scelta che, ci auguriamo, non sia dovuta a motivi “politici” perché in questa guerra c’è un aggressore e c’è un aggredito».

 Chi non si nasconde dietro un dito è il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Forza Italia) che sembra proprio rivendicare alla politica decisioni che finora sarebbero planate su altri tavoli: «Sinceramente — dichiara — sarebbe stato meglio che la Rai non si fosse infilata in questa vicenda». E poi: «Non ho capito come sia nata. Forse dalla volontà di qualche autorevole esponente della galassia Rai, più che da una decisione dei suoi vertici, che mi sono sembrati più coinvolti nell’iniziativa altrui, che promotori di iniziative proprie».

Insomma Gasparri rilancia l’interpretazione secondo cui la Rai, ma anche il governo, sarebbero stati travolti dall’altrui attivismo […] A sera ce n’è abbastanza per una replica della Rai: «Non corrisponde al vero che la Rai si è rifiutata di mandare in onda un suo video. Al contrario, la Rai si è sempre dichiarata disponibile a raccogliere un intervento in forma video o audio. È stato l’ambasciatore dell’Ucraina a Roma a avanzare la richiesta di far leggere un testo scritto del presidente».

Andrea Parrella per fanpage.it il 7 febbraio 2023.

Il caso Zelensky a Sanremo accende la vigilia del Festival di Sanremo, in partenza martedì 7 febbraio al teatro Ariston, con la conduzione di Amadeus. Nel corso della tradizionale conferenza stampa del lunedì, è arrivato infatti l'annuncio del dietrofront sul video del presidente ucraino trasmesso in diretta nell'ultima serata del sabato.

 Come comunicato nel corso della prima conferenza stampa di lunedì 6 febbraio, l'intervento di Volodymir Zelensky sarà solo in forma scritta, letto da Amadeus proprio nel corso dell'ultima serata. Una decisione che ha alimentato non poche perplessità, presa su richiesta esplicita dell'ambasciatore ucraino.

Tra i fautori di questo intervento, Bruno Vespa, conduttore di Porta a Porta che aveva intervistato Zelensky poche settimane fa e proprio in quell'occasione aveva annunciato la presenza del presidente ucraino a Sanremo. Raggiunto da Fanpage.it, Bruno Vespa ha chiarito come siano andate le cose: "Per chiarezza io ho fatto il postino. Zelensky mi ha fatto sapere che voleva intervenire a Sanremo come in altre occasioni. Ho trasmesso in azienda la richiesta e Amadeus lo ha invitato nella serata finale. Nella fase finale ho messo in contatto Coletta con l'ambasciatore ucraino per trovare la soluzione migliore".

 Vespa, tuttavia, si mostra soddisfatto rispetto al fatto che il messaggio di Zelensky possa arrivare comunque alla platea e al pubblico del Festival: "Mi fa piacere che anche il pubblico sanremese possa essere messo a parte direttamente dell'atroce vicenda ucraina". 

Intervenendo su uno dei temi più spinosi di questo Festival, il responsabile del genere intrattenimento Stefano Coletta ha chiarito che si è trattato diuna richiesta dell'ambasciatore ucraino: “Siamo in contatto con più colloqui al giorno con l’ambasciatore Melnyk. Siamo giunti alla definizione dell’intervento del presidente ucraino ieri. Il presidente non invierà un video ma un testo. Riguardo al controllo preventivo, ci sono sempre degli elaborati rispetto a talune affermazioni che sono vicini a delle boutade.

Ai nostri tempi è complicato censurare un presidente. Il controllo è relativo alla messa in onda di qualsiasi programma televisivo, siamo dirigenti per questo. Visioniamo tutto ciò che va in onda prima della messa in onda. Ma sorrido all’idea che un direttore Rai possa censurare un presidente. Riguardo ai contenuti del testo, saremo più puntuali nei prossimi giorni ma non abbiamo ancora contezza del contenuto e della forma. Sarà letto da Amadeus”. Quindi Amadeus ha aggiunto: "Il contenuto dell’intervento sarà letto esattamente come arriverà".

Giorgio Rutelli per formiche.net il 12 febbraio 2023.

Le 4.15. Era notte fonda a Mosca quando è andata in onda la lettera di Zelensky letta da Amadeus. Da noi erano le 2.15, una buona fetta di spettatori di Sanremo era già crollata. Non solo il tira e molla imbarazzante che aveva portato a cancellare il video del presidente in guerra e sostituirlo con un breve testo scritto (corredato dall’esibizione sul palco, sempre dopo tutti e 28 i cantanti in gara, di una band ucraina), anche lo smacco della collocazione più infelice di tutte, cioè quando il pubblico sopravvissuto vuole solo capire chi ha vinto e andare a dormire, e maledice ogni ulteriore motivo di ritardo.

Programmandolo a quell’ora si è azzerata la possibilità che in Ucraina (dove erano le 3.15) e in Russia qualcuno potesse vedere il più popolare spettacolo televisivo italiano schierato a sostegno di un popolo invaso e massacrato. Lo ha spiegato perfettamente Fulvio Abbate: il Festival in Russia è seguito da milioni di persone, lo adorano, e vedere Zelensky, descritto dalla propaganda putiniana come “a capo di una banda di drogati, satanisti e neonazisti” occupare la prima serata più importante dell’anno avrebbe mandato un messaggio potentissimo anche nelle province più remote dove arrivano solo le trasmissioni del regime.

Invece i vertici Rai sono riusciti a dare nuove munizioni alla disinformazia del Cremlino, con la portavoce fragole-e-limousine Maria Zakharova che ha subito colto l’occasione per fare battute, a riprova di come a Mosca lo spazio dedicato ai nemici fosse un tema cruciale, e abbiano festeggiato il trattamento umiliante riservato al presidente ucraino.

 Ora che si è chiusa la kermesse, per usare un termine caro al direttore dell’Intrattenimento di prime time Stefano Coletta, crolla la scusa imbastita per giustificare l’aver relegato la crisi ucraina nel peggiore momento possibile e con l’immagine più moscia possibile: al Festival si parla di canzoni, non di cose serie come un conflitto in corso.

Un falso storico, visto che Sanremo è sempre stato iper-politico, e un falso pure contemporaneo: nelle cinque serate si è parlato di tutto e affrontato qualsiasi tema, a maggior ragione se in aperto contrasto con le posizioni dell’attuale maggioranza con un forte accento woke, l’aggettivo che connota chi si è “risvegliato” sulle discriminazioni del passato e del presente: Fedez ha strappato la foto di un viceministro, con gli Articolo 31 ha chiesto a Giorgia Meloni cannabis libera, dal rapper Rosa Chemical ha ricevuto una lap dance e un bacio appassionato.

E stiamo parlando del marito di Chiara Ferragni, la co-conduttrice più attesa di questa edizione, azionista di maggioranza di un duo che si muove all’unisono, vale milioni di follower e programma ogni selfie, non di un passante. Oggi Coletta ammette di aver chiesto l’ultima versione del testo di Fedez, e di non averla ricevuta. Quindi il controllo editoriale di Viale Mazzini c’era, ma hanno trovato il modo furbo di non assumersene la responsabilità.

Oltre ai Ferragnez, sul palco sono “passati” tutti i messaggi importanti, delicati, o controversi che ospiti, artisti in gara, monologhiste, hanno voluto far passare: razzismo, detenzione minorile, depressione, diritto alla non-maternità, misoginia e patriarcato, strage delle donne iraniane, poliamore, mafia, aborto, porno, fluidità sessuale (praticamente l’unico non fluido era Al Bano). Un mix tra Pasquino, Hyde Park Corner e open mic nights, il Festival è stata una serie di serate col microfono aperto in cui tutti hanno avuto a disposizione la più sofisticata macchina di produzione di luci, immagini e suoni strabilianti. Tutti, tranne Zelensky e i 44 milioni di ucraini. Un danno alla nostra immagine internazionale i cui effetti si sono visti immediatamente.

Estratto dell’articolo di Renato Franco per il “Corriere della Sera” il 12 febbraio 2023.

 Dopo uno scontro politico che ha tenuto banco per giorni, ieri sera (o meglio ieri notte, quando le 2 erano già passate, televisivamente una follia) si è materializzata finalmente sul palco del Festival di Sanremo la lettera di Zelensky. […] L’attesa è stata lunga, con tanto di giallo in corsa. Perché l’intervento di Zelensky era stato messo in scaletta prima dello spareggio per la vittoria finale tra i cinque finalisti, invece è stato collocato in un secondo momento, più avanti, prima dell’annuncio del vincitore.

A molti la scelta di relegare a notte fonda l’intervento del leader ucraino è parsa un po’ pilatesca […], ma Amadeus ne ha spiegato così il senso: «Avevo detto fin dall’inizio che qualsiasi comunicazione, ben accetta, sarebbe avvenuta a fine gara. Mi è piaciuto mantenere questa scelta, che l’ambasciatore ha condiviso». […]

 Prima della messa in onda e per evitare […] l’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, e l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, hanno voluto precisare congiuntamente che è stata una scelta condivisa. «La cultura non può stare fuori dalla politica in tempo di guerra. […] Il palco dell’Ariston è l’occasione di trasmettere la verità e il messaggio di sostegno di cui abbiamo bisogno perché la pace torni sul territorio europeo».

 Parole che provano a sgombrare il campo dalle illazioni secondo cui l’intervento di Zelensky a Sanremo, con polemiche annesse, sarebbe diventato un caso internazionale in grado di pesare sui rapporti tra l’Italia e gli altri principali partner europei, nei giorni del disappunto della premier Meloni esclusa dall’incontro all’Eliseo tra il presidente Macron e il cancelliere tedesco Scholz con lo stesso Zelensky.

Cari partecipanti, organizzatori e ospiti del festival!

 Da più di sette decenni, il festival di Sanremo si sente in tutto il mondo. Si sente la sua voce, la sua bellezza, la sua magia, la sua vittoria. Ogni anno sulle rive del Mar Ligure vince la canzone. Vincono la cultura e l’arte. La Musica vince! E questa è una delle migliori creazioni della civiltà umana.

Sfortunatamente, per tutto il tempo della sua esistenza, l’umanità ha creato non solo cose belle. E purtroppo oggi nel mio paese si sentono spari ed esplosioni. Ma l’Ucraina sicuramente vincerà questa guerra. Vincerà insieme al mondo libero. Vincerà grazie alla voce della libertà, della democrazia e, certamente, della cultura.

Ringrazio il popolo italiano e i suoi leader che insieme all’Ucraina avvicinate questa vittoria.

 Auguro il successo a tutti i finalisti e dal profondo del mio cuore voglio invitare i vincitori di quest’anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria. Nel Giorno della nostra Vittoria!

Questa Vittoria oggi viene creata e ottenuta in condizioni estremamente difficili. Grazie ai nostri difensori! Grazie al loro coraggio, indomabilità, invincibilità. Centinaia di canzoni sono già state scritte su questo, e ne ascolterete una oggi.

E sono sicuro che un giorno ascolteremo tutti insieme la nostra canzone della vittoria!

 Cordiali saluti, 

 Presidente dell’Ucraina.

Sanremo, la lettera dell’ipocrisia e la vittoria di Instagram. Aldo Grasso su Il Corriere della Sera il 13 Febbraio 2023

Il testo della lettera di Zelensky è stato letto alle 2,15 (era già domenica) dopo l’esibizione di tutti i cantanti in gara.

Peccato, un Festival che era iniziato con l’avallo più prestigioso, la presenza del presidente Mattarella, è finito nel compromesso, nell’ipocrisia, nella pusillanimità. Il testo della lettera di Zelensky è stato letto alle 2,15 (era già domenica) dopo l’esibizione di tutti i cantanti in gara.

In tutta onestà, Amadeus faceva meglio a non leggerlo per non esporre il Festival di Sanremo a una figuraccia internazionale. I messaggi del presidente ucraino, il cui paese è stato invaso da Vladimir Putin, sono stati ospitati da manifestazioni come i Grammy Awards, la Mostra del cinema di Venezia, il Festival di Cannes, i Golden Globes. Il no era venuto soltanto dalla Fifa (nomen omen), durante i mondiali di calcio in Qatar. È finito negli inevitabili scazzi della politica.

Davvero si è deciso di accelerare il cambio della dirigenza di Viale Mazzini per la performance del marito della Ferragni? Perché ha strappato la fotografia di un sottosegretario che si era travestito da nazista? E le grandi richieste di cambiamento non vengono forse dal sottosegretario Gianmarco Mazzi, uno che ha già diretto il Festival di Sanremo, che ha organizzato trasmissioni tv e concerti all’Arena di Verona (persino con il «comunista» Gianni Morandi) senza che nessuno gli abbia chiesto conto della sua appartenenza politica?

Manca poco che contestino alla regia il numero di volte che ha inquadrato la famiglia di Amadeus seduta in prima fila (onestamente, un po’ troppe). Se questo è il modo di governare Sanremo, diventerà il festival dei partiti, dove a ogni apparizione corrisponderà un’interpellanza parlamentare. Oppure una festa di partito, così nessuno più si lamenterà.

Oltre a Mengoni, ha vinto Instagram, il territorio prediletto, la «bottega» di Chiara Ferragni: tramite un tutorial ad Amadeus, il social network ha goduto gratuitamente di una pubblicità che, monetizzata, avrebbe forse salvato i bilanci della Rai.

Zelensky unico senza voce. Ogni tanto viene da chiedersi se il "Made in Italy" sia una realtà culturale o una forzatura commerciale. Paolo Guzzanti il 12 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Ogni tanto viene da chiedersi se il «Made in Italy» sia una realtà culturale o una forzatura commerciale. Purtroppo, insieme a tutto il buono del decantato genio italico c'è anche qualcosa di meno geniale e spesso imbarazzante che non riguarda l'abilità di sfornare cibi e vestiti e lo si è visto con il caso Zelensky a Sanremo. C'era un partito che non voleva offrire una tribuna al presidente ucraino e c'è un partito che considerava dovuto offrirgli quel diritto già avuto in quasi tutti i Paesi europei e negli Usa. Poteva essere detestabile questo il mio punto di vista dirgli semplicemente di no. Sarebbe stata un'idea onesta perché dichiarata di fronte a tutti. Invece non gli è stato detto un vero no, ma è stata trovata una formuletta, penosa per tutti e specialmente per l'onore collettivo: quella di affidare al conduttore Amadeus, con la sua voce e il suo volto le parole che lo stesso Zelensky ha fatto arrivare ovunque con la propria voce e il proprio volto.

Così il presidente ucraino non ha avuto il diritto di apparire, ma quello trascurabile di essere citato all'una di notte. Così si è evitata la responsabilità di dire sì o no alla sua richiesta di parlare del suo Paese che da un anno resiste nel sangue con i propri soldati, i propri morti e le armi inviate anche da noi. Poiché la faccenda era politicamente scomoda e poiché noi italiani siamo stati abituati a illuderci che solo a noi sia consentito svicolare sulle scelte morali perché siamo simpatici. Simpatici al punto di meritare l'esenzione dai doveri etici. Non è stato certamente per questo motivo che Giorgia Meloni non è stata invitata a cena da Macron insieme a Zelensky e al cancelliere tedesco Sholz: quella era infatti una cena gollista in cui Francia Germania proponevano a Zelensky una condotta militare diversa da quella di Stati Uniti e Regno Unito, cui anche l'Italia aderisce. La polemicuzza sul mancato invito non c'entra niente con Sanremo, ma siamo sicuri che l'incontro sul marciapiede tra Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky sia stato poco prestigioso anche a causa della modesta figura che abbiamo fatto. Si dovrebbe a questo punto dire che chi porta la responsabilità di questa scelta dovrebbe pagarne le conseguenze ma sappiamo che sarebbero tempo perso.

Di tutto, di Putin. La Rai merita di essere azzerata per come ha trattato Zelensky, non per i girotondi di Fedez. Mario Lavia su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

La sinistra delle provocazioni fesse ha servito alla destra di Meloni l’occasione per riprendersi la tv pubblica. E le pagliacciate di Berlusconi dimostrano che Viale Mazzini ha fiutato un vento filorusso nella maggioranza di governo

Non si è ancora capito bene perché la lettera di Volodymyr Zelensky sia stata letta sul palco di Sanremo alle due e passa di notte. Non lo si è spiegato perché è inspiegabile oltre che ingiustificabile. Un gesto di inaudita scortesia, relegare un momento così importante del Festival giusto un po’ prima della celebrazione di Marco Mengoni, una presa in giro nella massima opacità.

Poi ieri sera è apparso un improvvido squarcio di chiarezza, con Silvio Berlusconi che ha sostanzialmente preso le parti dell’amico Vladimir Putin e svillaneggiato Volodomyr Zelensky. E viene il sospetto che forse l’anziano padrone di Mediaset fiuti l’aria che tira e conti ancora qualcosa in Rai, nell’azienda pubblica che ha capito che il presidente ucraino non è gradito ai padroni del 25 settembre.

Si è tentato dall’inizio di boicottare il presidente ucraino e la sua battaglia, e infatti è verosimile che appena iniziate le polemiche sulla sua presenza personale al Festival egli stesso abbia chiesto di soprassedere e ripiegare sulla famosa lettera. È la gestione vergognosa di questa vicenda – trattata molto all’italiana, famose du’ spaghi che c’è Zelensky – che obbligherebbe a una protesta contro i vertici della Rai.

Altro che il bacio con la lingua e la foto del sottosegretario Galeazzo Bignami strappata. Il problema di questo Festival non si chiama Fedez, si chiama Zelensky. Se Giorgia Meloni e i suoi boys avessero protestato per questo atteggiamento irriguardoso verso un Paese invaso e massacrato avrebbero meritato un plauso, ma non avendolo fatto si vede che in fondo non gliene importa molto. E, come ha scritto qualcuno, la premier manda le armi ma senza farlo troppo a vedere perché in termini di consenso non rende: quant’è lontano Mario Draghi.

Invece i bravi ragazzi della “nuova” destra si stanno scatenando contro Fedez e Rosa Chemical, i quali come fanno sempre i “girotondini” vecchi e nuovi, con le loro provocazioni non sempre azzeccate non fanno altro che offrire il fianco ai soliti reazionari, anche loro vecchi e nuovi, come se la dannazione delle battaglie di libertà in questo Paese stesse esattamente nell’avvitamento tra lo sberleffo e la reazione, nel perpetuarsi dell’antica tenzone tra Pulcinella e il Gendarme del teatro dei burattini.

Ma certo, nessuno si illude che possa scaturire da un Festival canoro l’elevazione culturale e civile di un Paese, a pensarlo si rischia di fare del sociologismo della domenica, per quanto i nostri governanti dovrebbero riflettere senza stizzirsi su certe opinioni, su certi mutamenti di costume e di mentalità che l’Ariston non ha scagliato sul Paese ma ha recepito dal Paese.

Un Festival è un Festival e Amadeus non è Ferruccio Parri, così come Gianni Morandi non è Sandro Pertini. Che la destra meloniana, con la ruote di scorta portate da Matteo Salvini e Giuseppe Conte, pensi di espugnare la Rai come fosse la Barcellona della guerra di Spagna è penoso, essendo la verità molto più semplice: Giorgia Meloni, autoproclamatasi padrona d’Italia grazie al ventisei per cento del voti, dall’inizio della sua avventura a Palazzo Chigi è convinta che la Rai le spetti, solo che aveva in mente tempi più lunghi e azioni non traumatiche, come quelle che metteva in atto Silvio Berlusconi, per intenderci, un uomo che confondeva Rai e Mediaset.

Matteo Salvini, che come spesso gli accade non ha capito la situazione, agita lo spauracchio del taglio dei fondi con il canone fuori dalla bolletta, senza rendersi conto che per Giorgia la Rai va presa, non distrutta.

Ora, la premier pensava di agire chiane chiane, come si dice a Napoli, un pezzo alla volta. Solo che adesso i girotondini di Fedez le hanno offerto la testa di Carlo Fuortes su un piatto d’argento, e lei ha già l’acquolina in bocca per papparsi la direzione generale e il Tg1. E di Zelensky, nella Grande Commedia Sanremese, chi se ne frega. E meno male che c’era Tananai.

Libertà, fuoco e rabbia. Gli ucraini a Sanremo e lo spirito d’acciaio dei loro cuori. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

La grottesca gestione Rai della presenza di Zelensky commentata dal gruppo degli Antytila che si è esibito al Festival. Con la speranza che le parole del presidente, l’esibizione della band e la canzone di Tananai possano far riflettere chi ancora si proclama neutrale

Il messaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è arrivato sul palco di Sanremo, durante la finalissima, alle 2:12, in piena notte, letto da Amadeus e seguito dall’esibizione dalla band ucraina Antytila. Secondo la scaletta della Rai era lo slot migliore per l’Ucraina, perché dopo cinque ore di diretta tutti comunque avrebbero aspettato il nome del vincitore; secondo i commenti degli spettatori lo era un po’ meno perché dopo cinque ore di diretta si fa fatica a distinguere LDA da Sethu, figuriamoci cogliere il messaggio del presidente di un Paese che da un anno resiste alla barbarica invasione della Russia.

I più coraggiosi hanno resistito, i meno coraggiosi hanno messo la sveglia alle 1:45, quelli ancora meno coraggiosi hanno rivisto tutto la mattina dopo su RaiPlay.

Dopo che Amadeus ha cercato di interpretare Zelensky, finalmente è arrivata la voce degli ucraini, senza la mediazione delle lettere stampate né la partecipazione di terzi. Gli Antytila (gli anticorpi), il gruppo ucraino che si è esibito già sui palchi europei più importanti con Ed Sheeran e Bono, hanno portato a Sanremo la loro canzone appena uscita, “Fortezza Bakhmut”, sulla battaglia che si svolge oggi a Bakhmut, città sulla prima linea che d a mesi resiste a costanti attacchi russi.

«Peccato per la mancanza dei sottotitoli al testo della canzone, per il pubblico in sala e a casa», dice a Linkiesta il frontman del gruppo Taras Topolia, «ogni sillaba della nostra canzone trasuda la resistenza e la rabbia nei confronti dell’invasore russo». Alla fine si sono affidati alla musica, mood e flow, e sono riusciti a trasmettere l’ardore della resistenza del popolo ucraino di questi giorni, quando ormai ci stiamo avvicinando alla tragica data del 24 febbraio, che segna un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

«Siamo arrivati in Italia con molti timori», dice Taras a Linkiesta la mattina dopo l’esibizione, in viaggio da Sanremo verso Nizza, dove la band ha preso il volo per tornare verso l’Ucraina, «abbiamo passato troppo tempo in prima linea e avevamo una visione approssimativa dell’atmosfera in Italia. Sapevamo delle ingerenze russe e della galoppante propaganda russa da queste parti, eppure gli organizzatori e tutta la gente con cui abbiamo avuto a che fare nelle ultime ventiquattro ore esprimevano il loro sostegno all’Ucraina. Sì, a volte dicevano “speriamo che questo incubo finisca presto”, cercando di slittare su una linea neutrale, e noi aggiungevamo ”con la vittoria dell’Ucraina”, e alla fine sembrava che il nostro messaggio arrivasse. Il pubblico ci ha applaudito calorosamente e noi oltre a cantare abbiamo avuto l’opportunità di dire qualche parola. Devo dire che non succede spesso. Capita che gli organizzatori si giustifichino con il format e i tempi stretti per non darti la possibilità di esprimerti, invece a Sanremo ho detto quello che mi sono sentito di dire».

Taras Topolia ha avuto anche l’occasione di ringraziare Tananai, il cantante italiano in gara con il brano “Tango” che racconta con parole e immagini la storia d’amore tra Olha, un’ucraina sfollata in Italia insieme a sua figlia Liza, e suo marito Maksym, che invece è al fronte a difendere il Paese. «Ho ringraziato Tananai da parte di tutti gli ucraini, mi sembrava emozionato, gli ho detto che come artista e come persona poteva rimanere in disparte, invece ha deciso di dare la voce agli ucraini e per noi è stato davvero prezioso».

Gli Antytila tornano in Ucraina per ripartire tra due settimane con i concerti in Gran Bretagna. Hanno prestato servizio in prima linea da febbraio fino ad agosto, prima in difesa di Kyjiv poi in difesa di Kharkiv, arrivando fino alla confine con la Russia. Ad agosto sono stati richiamati nelle retrovie dal generale Zaluzhnyy, ma tuttora sostengono il battaglione con il quale hanno liberato le città ucraine.

Con la partenza degli Antytila rimane un retrogusto amaro sull’intera gestione della presenza ucraina a Sanremo, dalle polemiche sul collegamento di Zelensky alla lettera degli intellettuali italiani contro il collegamento, dai commenti dei politici italiani sul non confondere la guerra con il festival delle canzonette al testo che ha voluto rivedere la Rai, dal messaggio scritto e mandato da Zelensky e letto da Amadeus fino ai sottotitoli mancanti della canzone e al microfono abbassato fin troppo mentre parlava Taras in ucraino sul palco dell’Ariston.

Eppure possiamo ancora sperare che la presenza fisica, la musica, la forza delle parole degli ucraini, come quella degli Antytila, possa cambiare l’ormai palpabile indifferenza (se non altro) verso la guerra, indifferenza che viene mascherata (male) da un’ipocrita neutralità.

Canto della resistenza. Il testo della canzone della band ucraina che la Rai, ops, ha scelto di non sottotitolare. L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

Gli Antytila, ospiti nella finalissima di Sanremo e annunciati dal presidente Zelensky, si sono esibiti con un brano sulla battaglia che si svolge in questi giorni a Bakhmut (e non solo), senza che nessuno ne spiegasse il significato. Bakhmut è la fortezza sulla linea del fronte che ogni giorno regge gli attacchi russi spietati

Fortezza Bakhmut,

Tutte le nostre preghiere sono qui.

Lo spirito d’acciaio dei nostri cuori,

E gli indomiti Eroi della Battaglia di Kruty,

Dal cielo ci mandano forza,

Libertà, fuoco e rabbia!

Bruciano i muri in battaglia,

Mamma, io resisto,

Mamma, mi sono arruolato,

Mamma, io combatto!

Vincerò e tornerò!

Ora arriviamo alla base…

Dimentichiamo il dolore, i vecchi rancori,

Ecco la mia spalla, sono qui, brother,

Eccola di fronte che arriva: la peste.

Arriva di lato, una nuova fase.

Manteniamo la calma,

Come ci è stato insegnato.

Alle nostre spalle, c’è il nostro domani,

I nostri figli, i genitori, le famiglie sono lì,

I fratelli caduti e tornati “sullo scudo”

Anche loro sono alle nostre spalle.

Che salti il ratto cacciato in un angolo,

E che la nostra strada sia luminosa,

Quindi qui c’è lavoro per le nostre mani.

Qui! Qui!

Fortezza Bakhmut,

Tutte le nostre preghiere sono qui.

Lo spirito d’acciaio dei nostri cuori,

E gli indomiti Eroi della Battaglia di Kruty,

Dal cielo ci mandano forza,

Libertà, fuoco e rabbia!

Bruciano i muri in battaglia,

Mamma, io resisto,

Mamma, mi sono arruolato,

Mamma, io combatto!

Vincerò e tornerò!

Adesso arriva il buio.

Il demone insanguinato cade in agonia,

Allora non abbiamo combattuto invano,

Allora non era invano tutto questo ardore.

Allora va tutto secondo i piani, poi arriva il mattino,

E con lui la Vittoria!

Infine dico solo una cosa: avere paura non è un peccato,

Tradire i propri invece lo è.

Fortezza Bakhmut,

Tutte le nostre preghiere sono qui.

Lo spirito d’acciaio dei nostri cuori,

E gli indomiti Eroi della Battaglia di Kruty,

Dal cielo ci mandano forza,

Libertà, fuoco e rabbia!

Bruciano i muri in battaglia,

Mamma, io resisto,

Mamma, mi sono arruolato,

Mamma, io combatto!

Vincerò e tornerò!

 Traduzione presentata dal gruppo Antytila e rivista da Yaryna Grusha Possamai

Non è mai lunedì. La storia della coppia ucraina che ha ispirato la canzone di Tananai. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta l’11 Febbraio 2023

Mentre l’Italia polemizzava su Zelensky a Sanremo, il cantante ha portato all’Ariston Olha e Maksym Rastieriaiev, separati a causa della guerra imperialista russa. La fuga in Italia con la figlia quattordicenne, mentre il marito liberava Kherson. In attesa della vittoria finale

La polemica sull’intervento di Volodymyr Zelensky a Sanremo ha superato qualsiasi limite di logica e di umanità. Mentre il presidente dell’Ucraina raccoglieva applausi in tutta Europa, suscitando emozioni forti dalla Westminster Hall di Londra all’Aula del Parlamento Europeo di Bruxelles, in Italia c’era chi spiega che la guerra non c’entra niente con il festival della canzone, probabilmente nel timore che Zelensky potesse fare, in diretta tra i fiori sanremesi, l’elenco delle armi che servono all’Ucraina per proteggersi da un’altra invasione russa oppure che facesse vedere i video delle vittime dell’invasione barbarica russa, o chissà cos’altro. Sembrava che la voce degli ucraini fosse stata negata su quel palco, con l’eccezione di una lettera del presidente letta da Amadeus. 

Sembrava, ma poi ci ha pensato Tananai con una dolcissima canzone d’amore, Tango, accompagnata da un video che in un solo giorno ha raccolto 750 mila visualizzazioni e che ha fatto assumere un significato del tutto diverso rispetto a una semplice canzone d’amore. 

«Amore tra le palazzine a fuoco / la tua voce riconosco / noi non siamo come loro», incanta il ritornello. A non essere come loro sono una coppia di ucraini, Olha e Maksym Rastieriaiev, della regione di Kropyvnyts’kyy in Ucraina. Olha e Maksym quasi da un anno vivono nel cellulare uno dell’altro a causa dell’aggressione russa. Una delle tante storie d’amore nella guerra e la nuova realtà che tutti gli ucraini si sono trovati a vivere dopo il 24 febbraio 2022. 

Linkiesta ha contattato Olha per farsi raccontare la loro storia, la loro «notte in cui ti ho conosciuta». Maksym Rastieriaiev, marito di Olha, è un militare di professione, già difensore dell’Ucraina durante la prima invasione russa nel Donbas nel 2014, dove ha trascorso un anno e mezzo al fronte. 

Nel febbraio del 2022, l’invasione russa è stata più ampia, più feroce e più crudele. Maksym è stato chiamato alla fine di febbraio a riprendere il servizio e Olha è rimasta da sola a casa con la loro quattordicenne figlia Liza. Alla fine di aprile, la paura ha fatto mettere in moto Olha e sua figlia verso la Toscana e, alla fine di agosto, sono arrivate a Milano, dove Olha ha trovato un lavoro, una sistemazione e la scuola per la figlia. 

Nel video montato dalla squadra di Tananai si vedono le scene della comunità ucraina che a Milano si raduna in piazza Duomo ogni sera e ogni fine settimana non solo per ricordare ai cittadini e ai turisti la grande tragedia che vivono gli ucraini ogni giorno, ma anche per stare un po’ tutti insieme. Lontani da casa, in un paese dove non si conoscono né la lingua né le regole, ritrovarsi in piazza Duomo è una specie di terapia di gruppo necessaria a superare ancora un altro giorno, il giorno che la connessione sul fronte si ristabilisca, il giorno che arriva un messaggio, qualsiasi messaggio, come segno di un altro giorno da sopravvissuti.

Una delle produttrici del video di Tananai è nata a Kyjiv, così la storia di Olha e Maksym è arrivata a Tananai e l’ha aiutato a far nascere un testo molto più profondo di un semplice amore vissuto a distanza. Olha nel frattempo ha lasciato tutte le cose che ha saputo mettere in piedi a Milano ed è tornata a casa sua, perché il marito e l’Ucraina le mancavano tanto, troppo, proprio perché quel lunedì in cui finalmente suo marito tornerà sembra non arrivare mai. 

Dopo sette mesi di vita attaccata a un filo telefonico, dopo la gioia della liberazione di Kherson cui ha preso parte Maksym, finalmente Olha ha rivisto Maksym per 2 giorni. È dovuta andare fino alla più grande città vicina alla linea del fronte, ma è pronta a tutto pur di abbracciare suo marito «lo so quanto ti manco / Ma chissà perché Dio / Ci pesta come un tango». 

La comunità ucraina in Italia ha ringraziato Tananai e la sua squadra per aver dato forma alle emozioni degli ucraini. Su YouTube, Twitter e Instagram, i commenti pullulano di ringraziamenti e cuori gialloblù che si fondono negli sms con il codice 06 assegnato a Tananai nella terza serata del festival di Sanremo. Tananai ha buone prospettive per la serata finale, gli ucraini sicuramente non smetteranno di dargli il sostegno. Sono, siamo, alquanto tenaci nel perseguire i nostri giusti obbiettivi. 

La storia di Olha e Maksym è la tenera illustrazione di una vita bruscamente interrotta, una condizione che tutti gli ucraini vivono ogni giorno ormai da un anno: «È un anno che mi hai perso / E quel che sono non volevo esserlo». 

Nella polemica pompata dalla propaganda russa sull’escalation, sugli ucraini guerrafondai che non vogliono fermarsi né cedere alla Russia le proprie terre, sugli ucraini che chiedono solo più e più armi, l’amore di Olha e Maksym restituisce il volto umano a un intero popolo che ogni giorno combatte insieme e unito per far arrivare quel lunedì.

'Tango', il testo della canzone di Tananai a Sanremo 2023

Alberto Cotta Camusino ha scelto un nome d'arte che, in dialetto bolognese, significa 'fracasso'. E di casino, dalla partecipazione dello scorso anno al Festival (dove è arrivato ultimo) fino a oggi, ne ha fatto parecchio. Star in rete, la sua 'Sesso occasionale' è…

Tango di A. Cotta Ramusino - D. Simonetta - P. Antonacci - A. Raina - A. Cotta Ramusino - D. Simonetta

Non c’è un amore senza una ragazza che pianga

Non c’è più telepatia

È un’ora che ti aspetto

Non volevo dirtelo al telefono

Eravamo da me, abbiamo messo i Police

Era bello finché ha bussato la police

Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta

Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta

Ma ora addio, va bene amore mio

Non sei di nessun altro

E di nessuna io

Lo so quanto ti manco

Ma chissà perché Dio

Ci pesta come un tango

E ci fa dire

Amore tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È bello, è bello, è bello

È bello stare così

Davanti a te in ginocchio

Sotto la scritta al neon di un sexy shop

Se amarsi dura più di un giorno

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Come si salva un amore se è così distante

È finita la poesia

È un anno che mi hai perso

È quel che sono, non volevo esserlo

Eravamo da me, abbiamo messo i Police

Ridevamo di te che mi sparivi nei jeans

Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta

Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta

Ma ora addio, va bene amore mio

Non sei di nessun altro

E di nessuna io

Lo so quanto ti manco

Ma chissà perché Dio

Ci pesta come un tango

E ci fa dire

Amore tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È bello, è bello, è bello

È bello stare così

Davanti a te in ginocchio

Sotto la scritta al neon di un sexy shop

Se amarsi dura più di un giorno

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Ma non è mai lunedì

Qui non è mai lunedì

Amore, tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Ma non è mai lunedì

Ci facciamo sempre riconoscere. Le ore piccole riservate a Zelensky, la Meloni indispettita e il Festival dei farisei. Giuliano Cazzola su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

La scelta della Rai fa il paio con le dichiarazioni della premier, irritata per non essere stata invitata a Parigi da Macron

Prevista per le ore 1:52 del 12 febbraio, la lettura del messaggio di saluto di Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo ha subito il ritardo di una decina di minuti. A quanti hanno criticato l’orario in cui era stata fissata la cerimonia, la direzione aveva risposto che si sarebbe comunque effettuata prima della proclamazione dei vincitori e quindi nel momento clou del Festival.

In verità, con un po’ di malizia e di faccia tosta in più, sarebbe stato “politicamente corretto” sostenere che la scelta dell’ora – nel palinsesto dello spettacolo – teneva conto dei fusi orari che ci separano dall’Ucraina (e dalla Russia) e che pertanto le parole del presidente ucraino – lette da Amadeus, che per l’occasione non aveva indossato lo smoking mimetico – sarebbero arrivate in quelle lande (che sembrano essere molto interessate al Festival) quando la notte era ancor giovane.

Nel frattempo da alcune ore in Italia era aperto un dibattito sui risultati che Giorgia Meloni ha vantato di aver ottenuto nella riunione del Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio, ma soprattutto per l’onta subita dalla presidente di non essere stata invitata a Parigi da Emmanuel Macron alla cena con Zelensky. Indispettita, Meloni si è intrattenuta a lungo sullo sgarbo subito durante la conferenza stampa. Ma è sembrata la volpe della favola che se la prendeva con l’uva acerba soltanto perché non era riuscita a raggiungerne, saltando, i grappoli dorati.

Si dice, negli ambienti informati, che “Io sono Giorgia” si sia posta a lungo, adattandolo alle circostanze, il dubbio di Nanni Moretti: «Mi si nota di più se protesto per l’esclusione dell’Itala o se critico l’esistenza di una gerarchia degli Stati e mi erigo a paladina di tutti quelli che giocano nella serie cadetta?». Ovviamente questa seconda scelta può apparire più generosa, ma ha indotto Meloni a mostrarsi più realista del re, dal momento che nessun altro governo di un Paese di serie B ha protestato per l’iniziativa franco-tedesca, mettendosi a rivendicare – come mai in passato – la regola esclusiva della collegialità.

Meloni poi – per ritorsione? – si è attorniata dei governi del gruppo di Visegrad. Ma questo non è stato un errore, perché la posizione di quei Paesi (tranne l’Ungheria, che comunque fa la sua parte nell’accoglienza dei profughi ucraini) è molto importante per quanto riguarda la partita della vita che l’Unione europea sta giocando con Vladimir Putin. Il ruolo e l’impegno, in prima linea, della Polonia sono fondamentali là dove tuona il cannone; le altre controversie possono attendere.

Poi, la premier ha capito che non avrebbe potuto sottrarsi, in conferenza stampa, a una domanda relativa al caso Sanremo e alla linea di condotta bizzarra della Rai sull’invito al presidente ucraino. «Io avrei preferito che Zelensky fosse stato presente a Sanremo», ha affermato Meloni aggiungendo di aver «apprezzato» la scelta del presidente ucraino di inviare poi la lettera. «Mi dispiace più che altro che si sia creata una polemica: non è mai facile far entrare la politica in una manifestazione come Sanremo, anche se poi ci entra sempre», ha aggiunto.

E, in effetti, incaricare Roberto Benigni di celebrare l’anniversario della Costituzione è stata una scelta politica; non solo per l’impostazione generale della poetica di Benigni («la Costituzione più bella del mondo») quanto piuttosto per una declamazione molto contingente e legata all’attualità; indirettamente anche all’aggressione russa dell’Ucraina.

Se si legge, infatti, solo la prima parte dell’articolo 11 della Costituzione (l’Italia ripudia la guerra) e non si va oltre il punto e virgola, e se non si fa neppure cenno di quanto disposto dal successivo articolo 78 (le Camere deliberano lo stato di guerra), si compie una scelta di campo truffaldina rispetto al conflitto in corso in Ucraina e si valorizzano le tesi immonde dei pacifisti nostrani che da un anno coniugano, come un disco rotto, il verbo ripudiare.

Meloni ha poi insistito su Zelensky: «Credo che fosse comunque importante una sua presenza». Non sappiamo se questa premurosa raccomandazione servisse a sgomberare il campo da un dato di fatto inconfutabile. Sembra un paradosso, ma il presidente Zelensky, ricevuto trionfalmente nelle capitali europee e altrove, sarebbe stato accolto a pernacchie (nella manifestazione annunciata dei farisei pacifisti) soltanto a Sanremo. Ci facciamo sempre riconoscere.

L’alleato che imbarazza. Berlusconi torna a fare il filo-putiniano e Meloni deve mettere l’ennesima toppa. su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

Il Cavaliere ha detto che «a parlare con Zelensky non ci sarei mai andato», provando anche a convincere la premier a non mettersi in viaggio per Kyjiv. Dura la nota di Palazzo Chigi, che ribadisce ancora una volta la posizione atlantista e di sostegno all’Ucraina del governo

«A parlare con Zelensky non ci sarei mai andato». Silvio Berlusconi, dopo aver votato alle regionali lombarde, ha criticato con queste parole la settimana di incontri europei di Giorgia Meloni, reduce dal Consiglio Ue e dal bilaterale con il presidente ucraino in visita a Bruxelles. «Stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese, alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che smettesse di attaccare le repubbliche del Donbass e questo non sarebbe accaduto», ha detto il leader di Forza Italia senza freni, tra i volti preoccupati del suo entourage.

Tra i flash dei fotografi e i fan, l’ex premier ha proseguito. «Giudico molto negativamente il comportamento di questo signore», ha incalzato riferendosi a Zelensky che, a suo parere, dovrebbe arrendersi e ricostruire l’Ucraina con Biden. «Se fossi il presidente Usa, gli direi: “Dopo la fine della guerra sarà a tua disposizione un Piano Marshall da 9mila miliardi di dollari per la ricostruzione. A una condizione: che ordini il cessate il fuoco, anche perché non ti daremo più né soldi né armi”. Soltanto una cosa del genere potrebbe convincerlo».

A stretto giro, è arrivata anche la dichiarazione della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: «Non spetta a me giudicare Berlusconi. Mi limito ai fatti: dal 2014 la Russia ha insistito perché fossero applicati gli accordi di Minsk per la pace in Ucraina. Ma questo non era quello che l’Occidente aveva in mente».

Dichiarazioni che in pochi minuti scatenano giustamente il terremoto politico. La prima reazione della maggioranza – racconta il Corriere – è un rumoroso silenzio, telefoni sempre occupati o staccati ad arte per non parlare con i giornalisti. Con la paura che le parole dell’ex premier possano provocare conseguenze sul voto regionale in Lombardia e Lazio.

Meno di un’ora dopo le parole di Berlusconi, Palazzo Chigi dirama una nota in cui il nome di Berlusconi non compare e che rivela la distanza abissale tra la posizione del capo di Forza Italia e quella del capo dell’esecutivo: si ribadisce che «il sostegno all’Ucraina del governo è saldo e convinto, come previsto nel programma e come confermato in tutti i voti parlamentari della maggioranza che sostiene l’esecutivo». Come dire che, se Berlusconi vuole restare dentro il perimetro della coalizione che ha vinto le elezioni il 25 settembre, deve muoversi nel solco atlantista e deve smetterla di strizzare l’occhio a Putin. «La nostra posizione in politica estera non cambia e il governo non è a rischio», rassicura la premier.

Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente di Forza Italia, chiarisce: «Siamo da sempre schierata a favore dell’indipendenza dell’Ucraina, dalla parte dell’Europa, della Nato e dell’Occidente. In tutte le sedi continueremo a votare con i nostri alleati di governo rispettando il nostro programma».

«Pessimo. Ricomincia con i suoi vaneggiamenti putiniani», twitta il leader di Azione Carlo Calenda. Parole «imbarazzanti», le definisce invece il presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, Pd.

L’ex Cavaliere non è nuovo a simili sortite. Non è il primo incidente. Durante la formazione del governo, lo aveva inguaiato un audio registrato durante una riunione a porte chiuse in cui raccontava la «vera versione» del conflitto secondo cui «Putin era stato costretto a intervenire in Ucraina su richiesta delle repubbliche del Donbass dopo che Zelensky aveva triplicato gli attacchi alle frontiere ignorando i trattati». Pochi giorni dopo quell’audio, aveva raccontato di aver ricevuto come dono di compleanno da Putin «20 bottiglie di vodka e una lettera dolcissima» e di aver ricambiato con del Lambrusco e «una lettera altrettanto dolce», in barba ai divieti internazionali di import-export con la Russia. Dopo aver presentato le candidature per le regionali lombarde, aveva addirittura rimproverato l’Ue per il mancato ingresso della Russia nell’Unione: «Un’Europa forte con l’entrata della Federazione Russa non siamo riusciti a costruirla. Dobbiamo lavorarci».

Secondo quanto riporta il Corriere, la nuova scossa all’unità della maggioranza non arriva del tutto in attesa: per giorni Berlusconi avrebbe provato indirettamente a convincere la presidente del Consiglio a desistere dall’intenzione di mettersi in viaggio verso Kyjiv. Ma a invertire la marcia, rinunciando alla missione, Giorgia Meloni non ci pensa proprio. Ha promesso a Zelensky che andrà in visita nella capitale del Paese martoriato dai russi e vuole fortissimamente mantenere l’impegno di partire «in tempi strettissimi», possibilmente prima del doloroso primo dell’invasione che cade il 24 febbraio.

Sanremo 2023: “Su Zelensky esito salomonico, ora si rifletta su politica e tv”. Marco Follini su Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 12 Febbraio 2023

E’ questo lo sfondo del 'caso' Sanremo. Che non avrebbe meritato tutte le polemiche di questi giorni. Ma che rende ancora più evidente la deriva di una comunicazione politica che non rispetta più i vecchi confini e insiste a mescolare il sacro e il profano in modi che ai più attempati tra di noi suonano lievemente impropri

E’ sembrato quasi salomonico l’esito della presenza di Zelensky al festival di Sanremo. Non più un video per dare voce alla tragedia del popolo ucraino. Ma una lettera più discretamente affidata al conduttore Amadeus. Così da dar soddisfazione a chi riteneva doverosa la sua presenza, sia pure a un evento canoro. E contemporaneamente a chi suggeriva di non far troppa mescolanza tra la guerra e le canzonette.

Ci si potrebbe consolare pensando che le vie di mezzo hanno il merito di accontentare un po’ tutti. Ma è una contentezza del tutto “fasulla”. Salomone infatti in questo caso è stato letteralmente capovolto. Nel senso che alla fine tutti si sono dichiarati insoddisfatti e che il nostro servizio pubblico ha fatto una pessima figura -tirato di qui e di là per giorni e giorni in una contesa che non sembrava avere né troppo capo né troppa coda.

Il fatto è che sono anni e anni che su viale Mazzini si esercita una pressione politica che pretende di farsi sempre più dettagliata e prescrittiva. Chi scrive, sia chiaro, non può professarsi più innocente di tanto, avendo fatto parte in anni lontani del consiglio di amministrazione della Rai in nome e per conto del suo partito, la Dc. Ma temo che da allora ad oggi le cose siano cambiate in peggio, e che magari sia arrivato il momento in cui si possa aprire una riflessione meno ovvia e scontata sul rapporto tra politica e televisione.

Infatti, da quegli anni remoti di perfetta e quasi scientifica lottizzazione (copyright Alberto Ronchey) sono cambiate molte cose. Due in particolare. La prima è che si sono mescolati i generi televisivi fino a farne una gelatina indistinguibile (e anche indigeribile, il più delle volte). La seconda è che l’invadenza dei partiti si è miniaturizzata fino a perdere il senso dei vantaggi che pretende di ricavarne. Così per un verso la politica si è espansa di qua e di là, convinta di ricavare profitto dalle trasmissioni più spettacolari e fantasiose. E per un altro verso la sua influenza si è frammentata in mille e mille schegge rese ingombranti e irrilevanti dalla loro stessa continua e irrefrenabile moltiplicazione.

Un tempo i partiti sceglievano i direttori di rete e di testata. E poi però si affidavano alle loro cure, il più delle volte appagati, qualche altra volta più pretenziosi, talvolta perfino scontenti. Il messaggio politico era scarno, attento a presidiare i confini dell’ufficialità. Poi, pian piano, quei confini si sono dilatati. E la macchina dello spettacolo ha cominciato a macinare argomenti pubblici sempre più vari e sempre più strategici. Se al tempo di Ettore Bernabei la questione poteva essere quella delle gambe delle gemelle Kessler, negli anni seguenti ogni trasmissione di varietà, di fiction, di spettacolo è diventata una sorta di tribuna politica surrettizia. I leader e i loro spin doctor hanno preso atto che la loro influenza faceva meglio a passare attraverso canali inediti. Fino al festival di Sanremo, per l’appunto.

Sono i codici della comunicazione politica moderna, che è sempre più fantasiosa e sempre meno canonica. Un gigantesco e variegato palcoscenico che una classe dirigente più incerta di sé e del suo insediamento nel cuore del pubblico ha preso a calcare con una disinvoltura sempre più intraprendente. Con l’effetto di ampliare ancor più i margini della propria presenza e influenza. Ma senza il ritorno di popolarità che ci si sarebbe aspettati. Il fatto è che quanto meno ci si sente ben accolti nel tinello di casa dei propri elettori, tanto più li si va a cercare con le scuse più varie. E anche magari, con quelle più improprie. Salvo scoprire l’indomani che forse il gioco non valeva la candela.

E’ questo lo sfondo del ‘caso’ Sanremo. Che non avrebbe meritato tutte le polemiche di questi giorni. Ma che rende ancora più evidente la deriva di una comunicazione politica che non rispetta più i vecchi confini e insiste a mescolare il sacro e il profano in modi che ai più attempati tra di noi suonano lievemente impropri. Già, perché tutta quella politica che ai nostri giorni si affanna, e si irradia di qua e di là, e coglie ogni occasione per suscitare la curiosità del pubblico, si rivela infine suo malgrado come un gigante dai piedi d’argilla. Sempre più imponente, ma anche sempre più fragile. Redazione CdG 1947

Il disagio di Meloni per le dichiarazioni di Berlusconi: 90 minuti di tensione, poi Tajani media. Monica Guerzoni su Il Corriere della Sera il 13 Febbraio 2023

Le parole di Silvio Berlusconi su Zelensky — «Da premier non gli parlerei» — sono fonte di tensione per il governo di Giorgia Meloni. Ma la premier assicura che sarà in Ucraina «in tempi strettissimi»

Le pallottole verbali di Silvio Berlusconi contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky piombano su Palazzo Chigi di domenica sera, quando le luci di Sanremo (ma non ancora le polemiche) si vanno spegnendo. La prima reazione della maggioranza è un rumoroso silenzio, telefoni sempre occupati o staccati ad arte per non parlare con i giornalisti. Imbarazzo, tensione, paura che le clamorose parole dell’ex premier possano provocare conseguenze sul voto regionale in Lombardia e Lazio o, ancor peggio, incrinare pericolosamente la stabilità del governo.

Giorgia Meloni è colpita, dispiaciuta a dir poco. A caldo, la premier confida ai ministri che le sono più vicini tutto il disagio nei confronti di un leader della sua maggioranza che sembra, sussurra un esponente di primo piano del governo, «vittima della propaganda di Mosca e delle fake news russe, che riescono a permeare le posizioni di tanti, in Italia e in Europa».

Meno di un’ora dopo che le esternazioni berlusconiane hanno preso a rimbalzare sui siti online, Palazzo Chigi batte un colpo. Una breve nota, in cui il nome di Berlusconi non compare e che in estrema sintesi rivela la distanza abissale tra la posizione del capo di Forza Italia e quella del capo dell’esecutivo. Nel ribadire che il sostegno del governo a Kiev è «saldo e convinto» Meloni mette l’alleato-avversario in fuorigioco, richiamando il programma elettorale e ricordando che la maggioranza si è espressa a favore dell’Ucraina in «tutti i voti parlamentari». Come dire che, se Berlusconi vuole restare dentro il perimetro della coalizione che ha vinto le elezioni il 25 settembre, deve muoversi nel solco atlantista di Washington, Bruxelles e Roma e deve smetterla di strizzare l’occhio a Putin. «La nostra posizione in politica estera non cambia e il governo non è a rischio», rassicura i suoi la premier.

Non è il primo incidente. E a Palazzo Chigi non è certo sfuggito che Berlusconi si era schierato platealmente con Putin già alla vigilia delle elezioni politiche. «Le truppe russe dovevano entrare e in una settimana sostituire il governo di Zelenksy con persone perbene», aveva affermato l’uomo di Arcore il 23 settembre, aprendo una polemica infinita che aveva avuto un’ampia eco anche fuori dall’Italia. Ora ci risiamo. E a quanto rivelano fonti di governo la nuova scossa all’unità della maggioranza non arriva del tutto in attesa: per giorni Berlusconi avrebbe provato indirettamente a convincere la presidente del Consiglio a desistere dall’intenzione di mettersi in viaggio verso Kiev.

A invertire la marcia, rinunciando alla missione, Giorgia Meloni non ci pensa proprio. Ha promesso a Zelensky che andrà in visita nella capitale del Paese martoriato dai russi e vuole fortissimamente mantenere l’impegno di partire «in tempi strettissimi», possibilmente prima del doloroso primo anniversario dell’invasione che cade il 24 febbraio. Affermare, come ha fatto Berlusconi, «io a parlare con Zelensky se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato» è uno schiaffo difficilmente tollerabile. Come è difficile per Meloni digerire l’accusa falsa al leader ucraino di aver attaccato il Donbass, la minaccia di non mandare più le armi e la richiesta a Biden di ordinare a «questo signore» (Zelensky, ndr) di cessare il fuoco. «Il nostro sostegno all’Ucraina è granitico — rimarca il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari dopo aver affrontato la crisi assieme alla premier —. Chiarissimo è il programma di governo, chiarissima la posizione della presidente Meloni, del ministro degli Esteri e di tutti i membri dell’esecutivo».

L’allarme investe anche i ministri azzurri, i quali non si aspettavano un nuovo attacco così diretto del loro leader al capo della resistenza ucraina e alla presidente del Consiglio. Il trambusto dura novanta minuti. Meloni parla più volte con Antonio Tajani, che certo non può rompere con il fondatore di FI. Il ministro degli Esteri si attiva per ottenere il dietrofront dell’ex premier, chiama Arcore, parla con Berlusconi e lo convince a mettere nero su bianco la rassicurazione che il suo «sostegno in favore dell’Ucraina non è mai stato in dubbio».

La fibrillazione è forte, tra gli azzurri, dentro la maggioranza e nel rapporto con le opposizioni. E la sottolineatura che Forza Italia non è mai venuta meno all’adesione alla coalizione di governo — oltre che alla Nato, all’Europa e agli Usa — è la conferma di quanto ieri sera la coalizione meloniana abbia ballato sull’orlo del burrone. Sanremo, Benigni, Mattarella, Zelensky, Fedez, la tensione con i vertici della Rai. «Non ci facciamo mancare nulla», è la battuta amara di un ministro.

Da lastampa.it il 12 febbraio 2023.

«Io parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore». Lo ha detto Silvio Berlusconi dopo aver votato per le regionali lombarde a Milano.

Guerra in Ucraina, Berlusconi contro Zelensky: se fossi premier non parlerei con lui. Il Tempo il 12 febbraio 2023

Silvio Berlusconi attacca Volodymyr Zelensky. Appena uscito dal seggio elettorale, il presidente di Forza Italia si è lasciato andare a un giudizio negativo sul ruolo del presidente dell'Ucraina. «A parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato perchè stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore». Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi non usa mezzi termini parlando con i cronisti all’uscita del seggio, dopo aver votato a Milano per le Regionali. A pochi giorni dall’incontro tra la premier Meloni e il presidente ucraino Zelensky a Bruxelles, il Cavaliere attacca. E suggerisce: nel conflitto russo-ucraino «per arrivare alla pace penserei che il presidente americano dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli che è a sua disposizione dopo la fine della guerra con un piano Marshall per ricostruire l’Ucraina. Un piano Marshall dai 6 ai 9mila miliardi di dollari, a una condizione: che tu (Zelensky, ndr) domani ordini il cessate il fuoco, anche perchè noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi. Soltanto una cosa del genere potrebbe convincere questo signore ad arrivare a un cessate il fuoco».

Berlusconi: «Da premier non avrei parlato con Zelensky». Berlusconi: «Io da premier non avrei mai parlato con Zelensky. Non doveva attaccare il Donbass». Palazzo Chigi: «Convinto sostegno all’Ucraina». Claudio Bozza su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

Il leader di Forza Italia attacca dopo l’incontro tra la premier Meloni e il leader ucraino. Il governo risponde con una nota immediata: «Appoggio confermato da tutti i voti parlamentari della maggioranza»

Silvio Berlusconi vota a Milano per le Regionali in Lombardia. A sinistra: il presidente ucraino Zelensky saluta la premier Giorgia Meloni

Per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina «penserei che il signor presidente americano, Joe Biden, dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli: "È a tua disposizione, dopo la fine della guerra, un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina da 9 mila miliardi di dollari, a una condizione, che tu domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi”». Perché «soltanto una cosa del genere potrebbe convincere questo signore ad arrivare ad un cessate il fuoco». Lo ha affermato oggi il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, dopo aver votato per le Regionali in via Ruffini, a Milano, rispondendo alle domande dei giornalisti in merito alla situazione ucraina.

E dopo l’incontro tra Giorgia Meloni e lo stesso Zelensky al Consiglio europeo straordinario, il leader di Forza Italia va nella direzione politica opposta: «Io parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili». Il motivo? Berlusconi è categorico: «Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore».

Parole che costringono Palazzo Chigi a una immediata nota di precisazione: «Il sostegno all’Ucraina da parte del governo italiano è saldo e convinto, come chiaramente previsto nel programma e come confermato in tutti i voti parlamentari della maggioranza che sostiene l’esecutivo».

Interviene anche Mosca: «Non spetta a me giudicare e dare i voti a Berlusconi, queste sono cose che riguardano gli italiani. Mi limito ai fatti, e i fatti dicono che per otto anni, dal 2014, la Russia ha insistito perché fossero applicati gli accordi di Minsk per la pace in Ucraina. Ma questo non era quello che l’Occidente aveva in mente», dice all’Ansa la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando le dichiarazioni di Berlusconi. E poi: Zelensky «è ormai un’immagine usata per una campagna pubblicitaria» allo scopo di «far vedere che la Russia è cattiva e l’Occidente è buono». Sempre la portavoce di Zakharova ha poi concluso: «Ormai è un’immagine che appare ovunque, dalle partite di calcio al vostro Festival di Sanremo. È una cosa assolutamente ridicola».

Dure le reazioni dell’opposizione: «La premier Meloni è d’accordo con le parole inquietanti pronunciate da Berlusconi sulla guerra in Ucraina? — chiede polemicamente Simona Malpezzi, capogruppo del Pd al Senato —. Oggi di fatto si è schierato ufficialmente con la Russia di Putin. Con questi alleati di governo la premier non si lamenti di come viene trattata in Ue». Mentre il leader di Azione Carlo Calenda va giù duro: «Berlusconi ricomincia con i suoi vaneggiamenti putiniani, in totale contrasto con Ue, il governo di cui fa parte e il ministro degli Esteri che è anche espressione del suo partito. Pessimo».

Berlusconi trova anche il tempo per scherzare: «Ho votato per l’Inter», ha detto dopo mentre imbucava la scheda elettorale al seggio elettorale della scuola Giovanni Pascoli di Milano.

Ma a tarda sera serve una nota ufficiale di Forza Italia per provare a tappare la falla, prima che rischi di diventare una voragine politica: «Il sostegno del presidente Berlusconi in favore dell’Ucraina non è mai stato in dubbio. Ha solo espresso la sua preoccupazione per evitare la prosecuzione di un massacro e una conseguente grave escalation della guerra, senza venire mai meno all’adesione di Forza Italia alla maggioranza di governo, alla posizione della Nato, a quella dell’Europa e degli Stati Uniti».

(ANSA il 12 febbraio 2023) - "Non spetta a me giudicare e dare i voti a Berlusconi, queste sono cose che riguardano gli italiani. Mi limito ai fatti, e i fatti dicono che per otto anni, dal 2014, la Russia ha insistito perché fossero applicati gli accordi di Minsk per la pace in Ucraina. Ma questo non era quello che l'Occidente aveva in mente". Lo ha detto all'ANSA la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

"La questione - ha detto Zakharova - non riguarda l'opinione dei politici italiani, ma quelli che sono i fatti. E i fatti dicono che per molti anni l'Occidente, in particolare gli Usa, hanno interferito in Ucraina per i loro interessi, non per l'interesse del popolo ucraino. Questo ha creato un'enorme crisi che è precipitata a partire dal 2014, con il secondo movimento di Maidan". Dopo di allora, ha proseguito la portavoce, l'Ucraina si è divisa tra "una parte filo-occidentale e un'altra che pensava agli interessi del proprio Paese".

 "Noi russi - ha affermato ancora Zakharova - abbiamo cercato di attirare l'attenzione dell'Occidente sul fatto che il Paese si sarebbe potuto spaccare se fossero continuate le pressioni occidentali su di esso. Per otto anni abbiamo insistito per l'applicazione degli accordi di Minsk". La portavoce ha sottolineato che questa però non era l'intenzione dell'Occidente. E a questo proposito ha citato recenti dichiarazioni dell'allora cancelliera Angela Merkel e dell'allora presidente francese Francois Hollande, secondo i quali gli accordi di Minsk furono appunto un modo per dare all'Ucraina il tempo di armarsi e prepararsi a un eventuale conflitto con la Russia.

Berlusconi e le tappe dell’escalation pro Putin: dagli audio alle casse di Lambrusco. Fabrizio Caccia su Il Corriere della Sera il 13 Febbraio 2023

Prima delle Politiche, il leader di Forza Italia disse: «Il presidente russo è stato costretto a questa “operazione speciale”»

Il suo pensiero su Zelensky e la guerra in Ucraina si era già manifestato chiaramente il 20 maggio scorso, a tavola da «Cicciotto» a Marechiaro, il ristorante con splendido affaccio sul golfo di Napoli: «Io credo che l’Europa unita deve fare una proposta di pace, cercando di far accogliere agli ucraini le domande di Putin», disse Silvio Berlusconi rivolto a Marta Fascina e Licia Ronzulli, in una pausa dei lavori della convention napoletana di Forza Italia, tra un piatto di scialatielli alle vongole e un’insalata di calamari.

Il disagio di Meloni per le dichiarazioni di Berlusconi: 90 minuti di tensione

Allora al governo c’era ancora Mario Draghi e il Cavaliere si mise per la prima volta di traverso: «Per portare Putin al tavolo delle trattative non bisogna fare le dichiarazioni che sento da tutte le parti». Salvo poi, scoppiata la polemica, ribadire la sua fedeltà all’Europa, alla Nato, all’Occidente e agli Stati Uniti e dirsi d’accordo sull’invio delle armi a Kiev. Da quel giorno comunque è stata un’escalation, fino alle parole di ieri a Milano.

Il 22 settembre, alla vigilia delle elezioni che portarono Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, Berlusconi andò ospite da Bruno Vespa a Porta a Porta e rafforzò il concetto giustificando l’amico Volodia. In quell’occasione fornì per la prima volta la sua ricostruzione «revisionista» del conflitto iniziato un anno fa. «Putin è caduto in una situazione drammatica — disse — perché le due repubbliche filorusse del Donbass sono andate da lui dicendo: Zelensky ha aumentato gli attacchi contro di noi, siamo arrivati a 16 mila morti, difendici.

E Putin perciò è stato spinto a inventarsi questa operazione speciale. Ma le truppe dovevano entrare, in una settimana raggiungere Kiev, sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky e poi tornare indietro. Invece hanno trovato una resistenza imprevista poi foraggiata con armi di tutti i tipi dall’Occidente».

Una difesa a spada tratta: del resto, oltre 20 anni di feeling con il capo del Cremlino non si possono cancellare di colpo. Dal vertice di Pratica di Mare, 28 maggio 2002, quando Berlusconi fece stringere la mano a Putin e George Bush, fino alle tante vacanze trascorse insieme tra la Costa Smeralda e la dacia di Zavidovo col colbacco di pelliccia in testa. Ed ecco così che il 18 ottobre scorso, il Cavaliere si mette di nuovo a parlare a ruota libera in una riunione con i deputati di Forza Italia.

Ma l’intervento, che doveva restare riservato, viene registrato da una manina rimasta ignota e l’audio viene poi trasmesso in esclusiva dall’agenzia LaPresse: «Io non vedo come possano mettersi a un tavolo di mediazione Putin e Zelensky. Zelensky, secondo me, lasciamo perdere, non posso dirlo…».

La responsabilità della guerra, secondo lui, ricade tutta sull’uomo di Kiev. E ai deputati confida pure che quel telefono rimasto muto a febbraio, quando provò inutilmente a chiamare Putin dopo l’invasione russa, ora finalmente ha ripreso a funzionare: «Ho riallacciato con Putin che mi considera il primo tra i suoi 5 veri amici», rivela. Poi il dettaglio delle 20 bottiglie di vodka inviate da Mosca per il suo compleanno (il 29 settembre) con tanto di letterina «dolcissima» vergata dal presidente russo in persona. E infine la «dolce» missiva spedita in risposta da Arcore, accompagnata da qualche cassa di Lambrusco.

(ANSA il 13 febbraio 2023) - "Berlusconi è un agitatore vip che agisce nel quadro della propaganda russa, baratta la reputazione dell'Italia con la sua amicizia con Putin. Le sue parole sono un danno per l'Italia".

 Lo dice Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Zelensky, commentando a Repubblica le dichiarazioni di ieri del leader di Forza Italia. "Getti la maschera e dica pubblicamente di essere a favore del genocidio del popolo ucraino", aggiunge Podolyak citato ancora da Repubblica.

Lo scontro diplomatico. Kiev ‘bombarda’ Berlusconi, l’attacco di Podolyak al Cav: “Agitatore per conto di Putin, danneggia l’Italia”. Redazione su Il Riformista il 13 Febbraio 2023

Silvio Berlusconi? Un “agitatore vip che agisce nel quadro della propaganda russa, baratta la reputazione dell’Italia con la sua amicizia con Putin. Le sue parole sono un danno per l’Italia”. Le parole durissime sull’ex premier e leader di Forza Italia arrivano da Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che commenta così l’uscita di domenica sera del Cav sul numero uno di Kiev.

All’uscita del seggio della scuola milanese dove era andato a votare per le elezioni regionali in Lombardia, Berlusconi aveva attaccato duramente il presidente ucraino e di fatto anche la premier Giorgia Meloni e la sua linea schiacciata su Kiev.

“Io a parlare con Zelensky, se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”, erano state le parole di Berlusconi, che hanno provocato un caso e forte imbarazzo nella maggioranza e in particolare a Palazzo Chigi e alla Farnesina, guidata dal suo fedelissimo Antonio Tajani.

A distanza di poche ore arriva dall’Ucraina la risposta al veleno del fidato consigliere di Zelensky. “Berlusconi deve smetterla di mascherare il suo vero desiderio e dichiarare pubblicamente di essere a favore del genocidio degli ucraini. E di considerare possibile, nel 21esimo secolo, guerre di occupazione in Europa“, il commento di Podolyak a Repubblica.

Secondo il fedelissimo di Zelensky, Berlusconi “chiaramente non comprende il contesto della guerra che la Russia ha mosso in Europa e non ha alcuna influenza sull’agenda politica globale. Inoltre le sue parole ripetono il messaggio chiave della propaganda del Cremlino, che è: ‘non interferite con noi russi mentre uccidiamo gli ucraini’. Ogni persona, incluso Berlusconi, che ha il privilegio di vivere in un Paese europeo libero può ovviamente esprimere la propria opinione, persino sostenere la violenza di massa, la guerra, l’autoritarismo russo. E tuttavia penso che la sua visione misantropica causa danni alla impeccabile reputazione dell’Italia. Perché lui baratta la reputazione del vostro Paese con la sua amicizia col dittatore Putin“.

Alla freddezza della Meloni e di Fratelli d’Italia, che si sta spendendo sul campo internazionale su una posizione di deciso atlantismo, si aggiunge l’agitazione e l’imbarazzo del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il braccio destro di Berlusconi in Forza Italia già domenica sera ha provato a “mettere una pezza” alle parole del suo leader con un tweet pochi minuti dopo le dichiarazioni del Cav.

“Forza Italia – scriveva il titolare della Farnesina – è da sempre schierata a favore dell’indipendenza dell’Ucraina, dalla parte dell’Europa, della NATO e dell’Occidente. In tutte le sedi continueremo a votare con i nostri alleati di governo rispettando il nostro programma”.

Ma gli affondi ucraini su Berlusconi non si fermano a Podolyak. Con le “assurde accuse” del leader di Forza Italia al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Berlusconi “tenta di baciare le mani insanguinate di Putin” come fece con Gheddafi e “incoraggia la Russia a continuare i suoi crimini“. Questo il commento del portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko, che invece esprime “apprezzamento per la pronta risposta di Giorgia Meloni” a sostegno di Kiev.

Forza Italia! Berlusconi, Zelensky, il concorso esterno in associazione putinista, e noi. Christian Rocca su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023

Le ripugnanti fandonie dell’ex capo del centrodestra contro il presidente ucraino sono il finale tragico di una storia italiana, cui è arrivato il momento di mettere un punto. Un appello ai figli, agli amici e alle badanti del disorientato ex leader di Arcore 

La Russia è il paese che ama. Lì Silvio Berlusconi non ha le sue radici, ma forse le sue speranze e i suoi orizzonti, perché in fondo soltanto gli amici criminali del Cremlino possono ancora fingere di dargli ascolto. 

Gli occidentali che pendevano dalle labbra della propaganda russa, in Unione Sovietica venivano chiamati «utili idioti», oggi il paradosso è che a guidare questo preciso girone di babbei italiani ci sia l’ex imbonitore della rivoluzione liberale, sceso in campo trent’anni fa perché non voleva vivere «in un paese illiberale».

Conoscere le ragioni della grottesca fascinazione berlusconiana per Vladimir Putin è importante (lettone a parte), ma mai quanto evitare che questo flagrante concorso esterno in putinismo possa creare ulteriori danni alla credibilità internazionale dell’Italia e all’incolumità del favoloso popolo ucraino che si difende con coraggio ammirevole dalle tenebre nazibolsceviche di Putin. 

Le oscene dichiarazioni berlusconiane contro il presidente ucraino Volodomyr Zelensky, indicato come il responsabile della guerra in Ucraina e non come la vittima, sono una tragedia nazionale e un imbarazzo perfino per l’attuale, maldestro, governo di destra (senza considerare quanto le parole di Berlusconi siano diventate indistinguibili da quelle di Travaglio, di Santoro e dei pochi nostalgici del comunismo). 

L’Italia è stata certamente contagiata dal putinismo, una patologia che ci espone alle due grandi tragedie del Novecento, ma non è ancora diventata una distopia prodotta dalla fabbrica dei troll di San Pietroburgo.

Oltre a Retequattro, alle agiografie di Putin firmate per Mondadori dall’attuale ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e alla stravagante università berlusconiana di Villa Gernetto che affida acrobaticamente la lectio magistralis sulla libertà proprio a Putin, esiste anche un’altra Italia. Un’Italia senziente e responsabile che aiuta il governo di Kyjiv a resistere all’aggressione imperialista russa e che lo fa insieme con gli alleati europei e occidentali.

L’Italia non è quella di Berlusconi (o di Salvini o di Conte), l’Italia è quella del ventottenne cantante milanese Tananai che è stato capace di orchestrare una raffinata operazione politica e culturale per portare al Festival che si è reso ridicolo su Zelensky una canzone d’amore dedicata agli ucraini che si battono contro la barbarie russa. «Noi non siamo come loro», canta Tananai in “Tango”. Non siamo come loro, dicono gli ucraini dei russi. Non siamo come loro, come gli «utili idioti» di Putin, nemmeno noi italiani.

I figli, gli amici e le badanti di Silvio Berlusconi intervengano, mettano un punto a questo strazio. Abbiano pietà di lui, e di tutti noi.

Forza Italia!

Baci sinistri in bocca. Storia di Massimo Gramellini su Il Corriere della Sera il 13 febbraio 2023.

Tra i vantaggi del vivere a lungo vi è quello di fare in tempo ad assistere alla propria beatificazione: non da parte degli amici, spesso ingrati, ma dei nemici. Nessuno in Italia ha collezionato più odio di Silvio Berlusconi: a sinistra gli hanno veramente detto e augurato di tutto. Anche la sua amicizia con Putin è stata oggetto di allusioni oscillanti tra l’affaristico e il pecoreccio. Poi è arrivato l’amerikano Zelensky, con quella sua idea assurda di non volersi arrendere alla prepotenza del più forte. E il quadro è miracolosamente cambiato: Santoro, per dire, che contro Berlusconi aveva costruito decine di requisitorie televisive fino a diventarne o comunque a sentirsene una vittima, da quando Silvio fa il portavoce di Putin gli ha riconosciuto un cambio di passo da statista. E l’altra sera, da Giletti, persino un comunista rotto a tutte le intemperie come Vauro, che nelle sue vignette ritraeva Berlusconi nei panni del mafioso, è arrivato a dire che lo avrebbe baciato volentieri sulla bocca come i due cantanti che hanno fatto scandaletto a Sanremo. Ma, almeno nel caso di Vauro, l’amore non c’entra: per lui Zelensky è un nemico di classe ancora più detestabile di Berlusconi. Perciò si fa fatica a vederlo nei panni di Rosa Chemical. Meno a immaginare Berlusconi in quelli di Fedez, trattandosi di due furboni con un talento naturale nel mettersi al centro dell’attenzione pur di oscurare le donne, siano esse la premier o la moglie.

Estratto da liberoquotidiano.com il 13 febbraio 2023.

Vauro, ospite di Massimo Giletti a Non è l'arena, su La7, nella puntata del 12 febbraio, si schiera dalla parte di Silvio Berlusconi: "Tra un po' Zelesnky ce lo troviamo sul citofono. Non perdiamo di vista Berlusconi. Se fosse qui lo bacerei in bocca, perché ha detto la sacrosanta verità. Non so per quale motivo ma ha detto la sacrosanta verità su questa guerra drammatica, tragica.

 Ha detto che sicuramente c'è un invasore da condannare, Putin, ma c'è anche un pupazzo presidente che sta facendo massacrare il suo popolo per gli interessi americani e noi gli andiamo dietro come pecoroni", attacca il vignettista. "E se ci sarà una escalation e si arriverà a usare le armi nucleari tattiche esploderanno nei nostri Paesi", avverte Vauro, "perché noi abbiamo chiuso gli occhi per otto anni sul Donbass". […]

Estratto dell’articolo di Federico Novella per “La Verità” il 13 febbraio 2023.

Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e già segretario di Rifondazione Comunista: che impressione le ha fatto la standing ovation tributata a Zelensky dal Parlamento europeo?

«È stato uno spettacolo un po’ deprimente. L’Europa ha smarrito il senso di sé. Di fronte alla globalizzazione capitalistica, ha perduto quella tensione avuta nel dopoguerra tra l’appartenenza all’Alleanza atlantica e una certa vocazione all’autonomia. Dopo la colpevole invasione russa dell’Ucraina, quest’Europa ha creduto che Mosca fosse isolata, e che il mondo si identificasse nella risposta militare. Ma non è così: tanta parte del mondo la pensa diversamente, e ogni mese si aggiunge un tassello nuovo, nell’area asiatica e in quella africana».

Dunque l’Europa non è autonoma?

«È succube della Nato e della guida americana. Anche questa enfatizzazione di Zelensky la trovo contraddittoria, rispetto a un’istanza di trattativa per la pace che dovrebbe essere il motore dell’iniziativa europea. Insomma, io capisco il tributo di solidarietà a Zelensky: ma questa solidarietà non può trasformarsi in miopia politica. Cioè nell’incapacità di capire che l’unica soluzione possibile in questa contesa è la pace […]».

Però ammetterà che siamo in guerra perché c’è un colpevole: Vladimir Putin.

«[…] Dopo la guerra fredda doveva venir meno la ragion d’essere della Nato. […] è un fatto che la Nato abbia manifestato una tendenza a espandersi fino ai confini della Russia.

Covava nell’impero di Putin un’antica istanza permanente: quella della “grande Russia”, che si esprimeva con la richiesta legittima di essere riconosciuta come una potenza mondiale e non regionale. La strategia del contenimento dettata dall’Alleanza atlantica, invece, generò delle frizioni. Fino alla scelta, sciagurata, di Putin».

[…] Tornando all’oggi: considera il leader ucraino un prodotto mediatico?

«Sì, come tutto, del resto. Zelensky non è l’eccezione, è la regola. Guy Debord parlò tanti anni fa della “società dello spettacolo”. Oggi vi siamo immersi. Persino la tragedia della guerra è raccontata con il linguaggio dello spettacolo».

Sanremo 2023, ecco come la Rai è riuscita a silenziare Zelensky. Daniele Dell'Orco su Libero Quotidiano il 14 febbraio 2023

Chissà quanto volontariamente, il fatto che Amadeus dopo settimane di polemiche e dopo il lento e progressivo ridimensionamento del ruolo svolto dal presidente ucraino a Sanremo (prima doveva comparire in collegamento, poi in video registrato, infine in una missiva letta dal conduttore) abbia riservato a Zelensky la serata finale del festival è stato il modo perfetto per bruciarlo definitivamente. Il suo comunicato è stato letto dopo l’una di notte e soprattutto, come da prassi della finale, soverchiato dalle prodezze dei vari protagonisti che proprio perché all’ultima sera fanno la gara a monopolizzare il dibattito nei giorni successivi.

Lo scettro in questo senso se l’è aggiudicato Fedez e il suo show soft-porn con Rosa Chemical, ancora sulla bocca di tutti. Già di per sé, comunque, seppure fosse stato letto in prime-time, un messaggio scritto trasmesso per interposta persona da un conduttore è molto poco incisivo a prescindere dal contenuto.

MONDO LIBERO - Tra le altre cose, Zelensky ha “fatto dire”: «L’Ucraina sicuramente vincerà questa guerra. Vincerà insieme al mondo libero. Vincerà grazie alla voce della libertà, della democrazia e, certamente, della cultura. Ringrazio il popolo italiano e i suoi leader che insieme all’Ucraina avvicinate questa vittoria. Auguro successo a tutti i finalisti e dal profondo del mio cuore voglio invitare i vincitori di quest'anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria. Nel Giorno della nostra Vittoria! Questa Vittoria oggi viene creata e ottenuta in condizioni estremamente difficili. Grazie ai nostri difensori! Grazie a loro coraggio, indomabilità, invincibilità». Probabilmente gli autori del festival hanno ritenuto che il pubblico a casa non avrebbe colto fino in fondo il senso del testo, inserito in una serata di intrattenimento e spensieratezza, anche perché è noto che non tutti gli italiani approvino le ragioni di questa guerra né la necessità del supporto italiano e occidentale.

Di contro, anche la manifestazione anti-Zelensky organizzata fuori dall’Ariston è stata un mezzo flop. Segno evidente che l'opinione pubblica italiana non vuole essere affatto battagliera. Un concetto ribadito in modo molto esplicito da Silvio Berlusconi, che ieri a margine del voto, ha addirittura rimproverato il premier Giorgia Meloni. «Se fossi stato il presidente del Consiglio a parlare con Zelensky non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili», ha detto. Tanto da costringere Palazzo Chigi a diramare una nota per rbadire «il sostegno saldo e convinto del governo italiano all’Ucraina».

La Rai ha poi lanciato un altro segnale di contenimento, evitanto di sottotitolare l’esibizione della band ucraina Antytila e la canzone Fortezza Bakhmut, il villaggio nel Donbass da mesi nella morsa dei russi. In questo c’è almeno un po’ di coerenza.

PRIMA LINEA - In Italia storicamente all’esercito vengono impedite esternazioni troppo combat nei suoi spot, e per decenni e ancora ogginon è possibile nemmeno parlare della Prima guerra mondiale (vinta) in senso patriottico. La Canzone del Piave non si canta più da una vita e a stento è stata sussurrata in occasione del centenario della vittoria. Il testo di quella canzone, quindi, non fa proprio parte della nostra cultura. E il contesto ancora meno. È stata registrata in prima linea, e mentre gli Antytila cantavano «Lascia che il topo con le spalle al muro salti e il demone insanguinato cadrà in agonia», laddove il topo è ovviamente il soldato russo, nel videoclip c’è un obice occidentale M777 che spara proiettili reali, con i passi del testo scritti sopra, contro obiettivi reali. È la prassi bellica più comune per ogni artigliere: dedicare al nemico messaggi di guerra mentre su di lui piove morte. Insomma, sarebbe stato un inno alla guerra davvero mai visto prima. 

Welfare comunicativo. Sanremo è espressione dello stato sociale ed è ovvio che ci vada Zelensky (lo sa anche Salvini). Guia Soncini su L’Inkiesta il 28 Gennaio 2023.

Il Festival è la più fenomenale cassa di risonanza per paranoici e complottisti, e i paranoici e complottisti non lo capiscono

Sanremo è una forma di welfare comunicativo. Ogni anno garantisce due mesi di carro di visibilità su cui salire per avere il proprio titolo di giornale. Tre anni fa ne approfittarono le femministe dell’Instagram, quando Amadeus disse che la fidanzata di Valentino Rossi stava un passo indietro: poteva non approfittarne Matteo Salvini?

«Poi, se lei mi chiede se guarderò il festival di Sanremo per ascoltare una canzone o per vedere Zelensky, come milioni di italiani se avrò dieci minuti di tempo per guardarmi il festival di Sanremo mi ascolterò Giorgia, Ultimo, Grignani, perché dal festival della canzone italiana mi aspetto delle canzoni».

Di questa frase, che ho trascritto dalla puntata di “Otto e mezzo” di giovedì, vanno chiariti un paio di punti. Il primo è che nessuno glielo stava chiedendo: quando dice ad Alessandro De Angelis «se lei mi chiede», Salvini non sta rispondendo a un intervento su Sanremo, ma a uno sull’eventuale passaggio parlamentare dell’invio di armi. Ma, se Salvini avesse parlato di noiose procedure parlamentari, il Corriere non se lo sarebbe filato; così, invece, ha potuto titolare «Sanremo, il fronte contro Zelensky: da Matteo Salvini a Fabio Volo». Il welfare della visibilità funziona.

Il secondo punto è che la virgola dopo Zelensky l’ho messa io, in un impeto d’interpretazione caritatevole. Si potrebbe metterla dopo «italiani», e il senso diventerebbe che milioni di italiani lo guardano per Zelensky. Ma credo di rispettare le intenzioni comunicative di Salvini mettendola lì: credo che Salvini voglia dire che milioni di italiani aspettano Grignani, e non i vestiti della Ferragni. Credo che Salvini sia disposto a fingersi uno che non capisce Sanremo.

Milioni di italiani hanno le canzoni gratis su Spotify o altrove: non devono neanche comprarsi le musicassette come una volta. Milioni di italiani guardano Sanremo per le ragioni per cui si guarda un vero evento nel secolo che chiama “evento” a sproposito pure l’inaugurazione d’un negozio di frutta e verdura. Milioni di italiani, proprio come Salvini, capiscono Sanremo.

Elenco non esaustivo di momenti che vengono in mente ripensando ai Sanremo degli ultimi quarant’anni. Beppe Grillo che dice che i socialisti rubano. Beppe Grillo che tre decenni dopo, essendo una battuta sui socialisti che rubano una roba per cui la tua carriera di comico in Rai si arena, e avendo quindi montecristicamente dedicato la sua successiva vita a fare la politica del moralizzatore, compra un posto in platea all’Ariston, minacciando di intervenire in diretta per parlare degli sprechi.

Fabio Fazio che ospita Gorbaciov. Paolo Bonolis che ospita Mike Tyson. Carlo Conti che ospita una famiglia di Catanzaro con sedici figli. Pippo Baudo che ospita gli operai dell’Italsider. Pippo Baudo che salva il suicida. Pippo Baudo che scrolla via quello che dice che Sanremo è truccato e lo vince Fausto Leali.

Jovanotti che chiede a D’Alema di cancellare il debito dei paesi africani, assieme a Bono, Bono che poi scende in platea cantando e viene intercettato da Mario Merola, e la sera dopo Teocoli che fa la parodia di Lorenzo, «io mi rivolgo a lei, presidente Berlusconi, l’unico che ha vinto cinque coppe dei campioni».

Certo che Sanremo è fatto soprattutto di dettagli extramusicali, storici o frivoli ma comunque in grado di passare dallo schermo ed entrare nel lessico famigliare del pubblico: Gorbaciov vale quanto Anna Falchi che presenta nell’anno in cui il fidanzato Fiorello è in gara. Vale quello che catalizza l’attenzione del paese, e in questo senso non è affatto detto che un Nobel per la pace valga più che una seconda classificata a miss Italia.

E certo che è normale che Salvini si accolli il ruolo di paranoico complottista che finge di non capire il meccanismo e ne approfitti per far polemica politica: è Sanremo stesso che incoraggia il ruolo.

Nel 2000 ero a Sanremo a fare, nella settimana del festival, un programma per RadioRai. Questo dettaglio mi rendeva una privilegiata: avevo un pass Rai, che diversamente dai pass che hanno quelli dei giornali permetteva di accedere ovunque sempre. Quindi vidi le prove di Teocoli, e il ritornello della canzone in cui parodiava Lorenzo diceva «Gira la ruota» (se non sapete cosa fosse «gira la ruota», ormai per voi è troppo tardi: la cultura popolare del Novecento non la recuperate più).

La sera, «gira la ruota» non c’era. Restai per anni convinta d’una censura Fininvest: è Sanremo, mica accadrà qualcosa per caso. Anni dopo intervistai Teocoli e glielo chiesi. Mi disse che in diretta s’era dimenticato il ritornello. La realtà non è mai ben sceneggiata quanto le nostre paranoie.

Però la realtà imprevista a volte è meglio di quella programmata. Nel 2014, Grillo è su tutti i giornali perché ha comprato il biglietto in platea. È tornato ricco e spietato, come montecristicamente diceva di sé Nino Manfredi in un film (il titolo se l’avete visto lo sapete, altrimenti di nuovo: per voi ormai è tardi).

Quella sera, l’inizio della serata mette a dura prova i nervi di Fabio Fazio. Prima non si apre il sipario, un dettaglio che se lo metti in una commedia te lo bocciano per inverosimiglianza: è la serata più importante della tv italiana, e il sipario s’inceppa. Poi ci sono due millantatori di suicidio che minacciano di buttarsi da una balconata. Fabio Fazio, pur stremato, ha i tempi comici di uno che fa la tv da un secolo. Durante una pubblicità guarda il Montecristo seduto in platea e gli scandisce: «Beppe, puoi tornare a casa».

Quindi, figuriamoci se è un problema che a Sanremo vada un minuto o due di video di Zelensky, tradotto in italiano perché mica vogliamo distrarci dai sottotitoli come durante l’intervista a Letterman. Intervista a Letterman, su Netflix, su cui non c’è stata nessuna polemica giacché gli americani, non avendo Stato, quasi non hanno neppure televisione pubblica, e né i Salvini né le Vongola75 di lì possono recriminare che si faccia propaganda politica coi-soldi-del-canone.

Noi abbiamo il limite dei soldi pubblici e delle annesse polemiche, ma pure parecchi milioni in più di spettatori rispetto a un prodotto che andrà pure in tutto il mondo ma raccoglie le briciole della frammentazione dello streaming. Tra le poche cose rimaste immutate dal Novecento, il fatto che Sanremo e la finale dei mondiali li guardino tutti, li ricordino tutti, li capiscano tutti.

Persino Salvini, che è pur sempre la Ferragni della politica: simile al pubblico, cioè all’elettorato. Lo sa benissimo, che Zelensky a Sanremo è fisiologico quanto lo è Pupo (è come se vedessi le riunioni, «di’ a coso, Zelensky, di non sforare, abbiamo il tassativo»: che tu abbia in collegamento la guerra o i figli di Al Bano e Romina, comunque la pubblicità deve andare a quell’ora).

Lo sanno tutti, Salvini e Fabio Volo e tutti quelli che polemizzeranno nelle prossime settimane. Ma è giusto abbiano la loro risonanza: sono la prova che Sanremo è la migliore e più efficiente espressione dello stato sociale.

L’amore per il Festival. Zelensky a Sanremo è l’occasione per gli ucraini di riappropriarsi della canzone italiana. Yaryna Grusha Possamai. su L’Inkiesta il 28 Gennaio 2023.

L’intervento del presidente ha attirato polemiche inutili da chi non sa che per quel popolo i Toto Cutugno, gli Umberto Tozzi e i Riccardo Fogli sono parte della sua storia e della sua cultura pop

La polemica sulla partecipazione di Volodomyr Zelensky a Sanremo ha quasi superato quelle sulle accise e ha raggiunto il livello di quella sul servizio fotografico del presidente ucraino e della First Lady su Vogue. Tra l’altro l’Italia è stato l’unico Paese che si è indignato grazie al sostegno di troll russi che, con il loro scarso italiano via Google Translate, denunciavano un presidente «che al posto di fare la guerra, posa per un servizio su Vogue».

Zelensky non è un politico di professione, ma un attore, ed è giusto che lui parli anche al pubblico che conosce bene, quello che legge Vogue e quello che guarda Sanremo, per mantenere accesa l’attenzione sul suo Paese che da un anno vive la guerra. Lo ha fatto fin dal primo giorno della guerra con le dirette al festival di Cannes e a Venezia.

Per qualcuno tutto questo è uno scandalo, ma noi ucraini anche durante la guerra, soprattutto durante la guerra, troviamo il tempo per vestirci bene, per truccarci, per andare a mangiare al ristorante, per andare a un concerto del nostro gruppo preferito e allo stesso tempo doniamo soldi e compriamo il necessario per sostenere l’esercito al fronte, per acquistare i generatori di corrente e le connessioni Starlink. Siamo anche consapevoli che potrebbe essere l’ultima volta che lo facciamo ed è giusto sentire questa vita, anche breve, fino in fondo.

Al Trieste Film Festival, dedicato quest’anno all’Ucraina, ho incontrato una mia vecchia collega che mi ha detto che ogni volta che esce fuori dall’Ucraina abbraccia sua madre come se fosse l’ultima volta. Avrebbe preferito rimanere in Ucraina, ma è una brava produttrice cinematografica, quindi deve usare ciò che sa fare meglio per contribuire alla vittoria comune, anche se le costa una fatica morale enorme.

Una fatica morale che provano tutti gli ucraini che salgono sui palchi, che cantano e raccolgono fondi, che giocano a calcio, che scendono ogni giorno nelle piazze europee. Nonostante la stanchezza morale si va avanti proprio grazie a quello che ognuno di noi sa fare meglio.

Il presidente Zelensky è un ottimo comunicatore e anche lui sfrutta le sue doti e la sua esperienza. Da ucraina mi sono rallegrata quando ho saputo di Zelensky a Sanremo: finalmente il Festival di Sanremo sarà anche parzialmente restituito agli ucraini.

Il culto di Sanremo nella vecchia Unione Sovietica è noto. A casa mia ho ancora i vecchi dischi di Al Bano e Romina Power, di Riccardo Fogli, di Umberto Tozzi, di Toto Cutugno e di altre star di Sanremo. Imparavo l’italiano cantando “Felicità” e “Storie di tutti i giorni”.

Dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, la Russia, in quanto centro imperialista, si è appropriata di tutto il patrimonio sovietico oscurando, come il suo solito, gli altri Paesi. Eppure Toto Cutugno veniva a suonare a Kyjiv ogni anno e ogni anno le sale erano piene, anche se le esibizioni davanti a Putin erano più clamorose e meglio pagate.

Nel 2021, un gruppo di artisti russi ha fatto un programma televisivo di fine anno intitolato “Ciao, 2021!”, girato addirittura in lingua italiana, imparata per l’occasione dagli attori, come modo per rinnovare il grande amore dei russi per la canzone italiana. Ne hanno scritto tutti, ripeto tutti, i giornali italiani ed è stata un’ottima operazione mediatica, dobbiamo riconoscerlo. Ora, finalmente, con Zelensky a Sanremo noi ucraini possiamo rinnovare l’amore per la canzone italiana che ha fatto così tanto per le generazioni cresciute negli anni Ottanta. E possiamo infine ribadire che il Festival è stato, ed è, anche un po’ nostro.

I Precedenti.

Zelensky stride col cazzeggio di Sanremo, me se fermiamo lui fermiamo tutti. Francesco Specchia su Libero Quotidiano il 27 gennaio 2023

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Che poi, se proprio vogliamo, il faccione di Zelensky a riempire il palco dell'Ariston nella finale del prossimo 11 febbraio (dopo mezzanotte), be’, lo volevano in pochi.

Dicono che Amadeus se lo sia trovato come pacchetto regalo da Bruno Vespa. E, a quel punto, pareva scortese dire al Volodymyr in mimetica che non ci fosse più posto a tavola. Specie se la tavola è uno show musicale da 10 milioni e passa di spettatori, e tu, l’aggredito, vorresti offrire un vibrato pippone contro la guerra.

Detto ciò, oggi la fronda dei «No Zelensky al Festival di Sanremo» s’ingrossa e il presidente ucraino viene paradossalmente trattato come un invasore (lui!). E i grillini e i putinani d’Italia con Di Battista che lascia le sue partite di padel si preparano a un controfestival, al grido di «No alla propaganda di morte in tv». E molti s’indignano o fingono di farlo, attraverso attacchi assortiti alla Nato, chiedendosi «che cavolo c’entra Zelensky con Sanremo?». Che, poi, il dubbio non è peregrino. Dal servizio in posa con la moglie sulla copertina di Vogue all’ubiquità sugli schermi dell’Onu mentre chiede all’Occidente egoista nuovi Leopard e batterie antiaeree, la parabola dell’ex attore fattosi premier si è stinta un po’ nel narcisismo. Ma sì. Giusto.

Strappiamo via il giullare da quel palcoscenico fiorito. No alla politica in riviera. Mica siamo alla consegna dei Grammy Awards (dove il presidente, tra l’altro, s’è palesato). Eppure.

TUTTI GLI ALTRI Eppure, se vietiamo Zelensky al Festival, in fondo dovremmo anche ripudiare tutti gli altri. Perché, a ben vedere, lì la politica ha spesso fatto capolino. Tv Talk, il programma Rai di analisi del piccolo schermo lo ha ben ricordato in questi giorni. Il democristianone Pippo Baudo, nel 1984, fece salire sul palco i metalmeccanici dell’Italsider contro la chiusura dello stabilimento; e l’anno dopo sventò il leggendario tentativo di suicidio del disoccupato dalla balaustra, roba ben oltre il reddito di cittadinanza. Nel 1999 Fabio Fazio portò Mikhail Gorbaciov e signora – ben pagati- a rimarcare la nostalgia della Perestrojka, la più grande svolta del Novecento.

Nel 2000 Jovanotti con Carlinhos Brown chiese, rappando, di «cancellare il debito», ottenendo udienza dall’allora premier D’Alema. Nel 2016 tutti gli artisti, attraverso proclami o semplici nastri arcobaleno al microfono, spinsero per la volata alla Legge Cirinnà sulle unioni civili. La nostra memoria vaga nell’immemorabile.

Nel 1995 si ricorda una Sabina Guzzanti pepatissima antiberlusconiana che col suo gruppo Riserva Indiana inspiegabilmente piazzato in gara nella “sezione campioni”, aveva richiamato in servizio molti militanti a sinistra da Nichi Vendola, a Daria Bignardi e Mario Capanna; e li aveva sbrigliati in Troppo sole, canzone-protesta a sfondo generico-ecologista di stampo alla Latouche e grillino prima dei grillini. Uno spettacolo tutt’altro che indimenticabile. E, infatti, il carrozzone sanremese se ne dimenticò. Ma fischi, urla, appelli, condanne, pantomime all’insegna dell’impegno civile hanno sempre accompagnato le canzoni. Anzi, a volte le canzoni stesse hanno fatto politica, come nel caso del rapper Junior Cally redattore d’un testo d’attacco contro sia Renzi che Salvini.

E che dire del 2020, edizione in cui una polemicissima Rula Jebreal- ora spara a palle incatenate contro il centrodestra al governo, ma anche prima non scherzava- si produsse in un j’accuse sul tema della violenza contro le donne? E come commentare, ancora, il Sanremo dell’anno scorso, quando, di fatto, la politica irruppe portando davanti alle telecamere Roberto Saviano uno dei commentatori più schierati e faziosi su piazza?

Saviano non era ancora sotto processo per aver vilipeso la Meloni; ma diede il suo particolare tocco al racconto, peraltro sentito, della Strage di Capaci. Senza citare i monologhi del passato (spesso fanno parte delle performance dei comici) o quelli del futuro (non oso pensare quale discorso sull’antirazzismo gli autori metteranno in bocca, alla pallavolista Paola Egonu) la politica scorreva sempre sotto la pelle del Festival. E noi giornalisti- confessiamolo- ci eccitavamo.

CAOS AGLI OSCAR A metà degli anni 2000, il clou fu l’edizione in cui trapelò la notizia dell’arrivo all’Ariston del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Le grandi testate giornalistiche rimodularono i loro inviati al fronte sanremese, mandandovi le grandi firme del politico. E quegl’inviati, all’astuto forfeit del Berlusca si trovarono spaesati a Sanremo come in guerra a Saigon. In realtà, i larghi palcoscenici dello spettacolo sono da sempre megafono della politica; basti pensare alle varie notti degli Oscar: Jane Fonda antnixoniana; Marlon Brando rifiutante il premio a favore della causa pellerossa; l’iraniano Asghar Farhadi in polemica con Trump; Jared Leto contro le forze russe in Crimea. Certo, Zelensky è un elemento stridente nel cazzeggio di Sanremo. Ma se fermiamo lui, in futuro dovremo fermare tutti.

Caso Zelensky a Sanremo 2023, ma quanta politica al Festival. Fischi, uova, appelli (con Gorbaciov sul palco e Salvini in platea). Edoardo Lusena su Il Corriere della Sera il 26 Gennaio 2023.

Le esibizioni, sempre discusse, di Roberto Benigni. Gli appelli ai vari governi per le emergenze. Ma anche i «superospiti» che hanno fatto la storia. La politica ha da sempre un posto d’onore al Festival di Sanremo

Dai comici fischiati per un’imitazione «troppo politica» alle uova promesse contro la satira e poi puntualmente tirate (ma allo schermo della tv). Dai leader sul palco ai leader in platea. Insomma, non è la prima volta che la politica irrompe a Sanremo, con buona pace del coro di no che si è levato contro l’intervento al 73° Festival del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Da nomi che hanno fatto la storia mondiale come il leader della Perestroika Mikhail Gorbaciov a siparietti che, più modestamente, hanno fatto la storia di un evento tv che vive anche - e soprattutto - di polemiche.

Il lunghissimo bacio in diretta tra Roberto Benigni e Olimpia Carlisi a Sanremo ‘80

1980 - Benigni e il «Wojtylaccio» finito in Parlamento

Gli anni Ottanta non hanno neanche fatto in tempo a cominciare che già l’Ariston «brucia». Il 30° Festival (gestione Claudio Cecchetto) ha sul palco un giovane e «indemoniato» Roberto Benigni. A un comico del suo calibro non può bastare un lunghissimo bacio alla francese sul palco e in diretta con l’attrice Olimpia Carlisi. Così finirà in Parlamento - con interrogazioni e discussioni - per aver apostrofato rispettivamente il Papa Giovanni Paolo II e il presidente del Consiglio, Francesco Cossiga con le «storpiature» Wojtylaccio e Kossigaccio.

Baudo con una delegazione dei 2000 metalmeccanici dell’Italsider in protesta davanti al Teatro Ariston contro la chiusura dello stabilimento di Genova

1984 - La protesta dei metalmeccanici dell’Italsider

La crisi dei grandi insediamenti industriali, come tutta l’attualità ha fatto puntualmente in 74 anni di storia del Festival, sale sul palco. Nel 1984 lo fa nelle vesti di alcuni metalmeccanici dell’Italsider di Genova: mentre i loro colleghi protestano in picchetto fuori dal teatro Ariston le tute blu rivendicano in Eurovisione al fianco di Pippo Baudo la loro battaglia contro la chiusura dello stabilimento nel capoluogo ligure.

Pippo Baudo salva, sulla balaustra dei fotografi, il disoccupato Mario Pagano che aveva urlato di volersi buttare in preda alla disperazione

1995 - Il tentato suicidio del disoccupato

La tragedia del lavoro tornerà altre volte a Sanremo: nel ‘95 indimenticabile il salvataggio dello stesso Baudo di un uomo che minacciava il suicidio dalla balaustra della galleria perché disoccupato. Un momento da record di ascolti ( e proprio per questo, secondo qualcuno, parte di un «fake» orchestrato dal Pippo nazionale).

1999 - La storia sul palco: Gorbaciov e signora da Fazio

Amanti dell’Italia, della canzone, ma soprattutto testimoni viventi della più grande svolta del Novecento. Il sì di Mikhail Gorbaciov e della moglie Raissa a Fabio Fazio nel 1999 — per parlare di geopolitica nel tempio della canzone leggera — lanciano il concetto del superospite di Sanremo nella stratosfera. Altro che Madonna e i Take That...

2000 - Jovanotti: «Cancella il debito»

È uno dei Jovanotti più politici quello che va ospite alla seconda serata di Sanremo. Rappa - al fianco percussionista sudamericano Carlinos Brown - e chiede ai governi di «cancellare il debito» dei Paesi del Terzo mondo. Non resterà lettera morta, almeno la richiesta di dialogo: qualche giorno dopo il premier Massimo D’Alema riceverà Lorenzo Cherubini col cantante degli U2, Bono Vox.

L’allora direttore del ‘Foglio’ Giuliano Ferrara lancia uova contro la tv mentre va in onda il monologo di Benigni a Sanremo

2002 - Ferrara e le uova a Benigni (dal salotto)

Torna Baudo e - dopo 19 anni - torna Benigni all’Ariston. Apriti cielo. Il governo Berlusconi II è nel suo pieno vigore e il premier è uno dei «core business» dell’attività comica di Benigni. Il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara si scaglia contro l’ospite annunciato per la serata finale promettendo: «Saremo in platea e gli lanceremo le uova». Manterrrà parzialmente la parola dopo un tam tam di giorni: il lancio avverrà ai danni della tv che trasmette il monologo del comico.

2013 - Berlusconi-Crozza fischiato

Un Maurizio Crozza così in difficoltà difficilmente lo si era visto. Nei panni di un Silvio Berlusconi chansonnier scende dalla scala del Festival di Fabio Fazio con delle banconote nella pochette. Ma dopo settimane di polemiche del mondo politico sull’opportunità della sua partecipazione il pubblico in sala lo fischia: «Basta politica al festival» gli gridano interrompendolo. Dovrà rientrare Fazio sul palco a prendere le difese del comico genovese.

2014 - Grillo: comizio fuori dall’Ariston, spettatore dentro

Nel mirino ha l’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, uno che da sempre - e lo dimostrerà di nuovo una volta lasciato il governo - ha il pallino della tv. Il fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, si presenta a Sanremo. Tiene un comizio fuori dall’Ariston e poi entra a teatro, tra gli applausi, col biglietto regolarmente acquistato. Si siede in diciassettesima fila e si gode la serata. L’incursione che ha allarmato per giorni le forze dell’ordine e la security Rai è tutta qui.

2016 - La volata alla legge Cirinnà

Se a maggio 2016 la prima vera legge italiana sulle coppie di fatto diventa realtà forse un po’ lo si deve anche a loro. Gli artisti che - anche con un semplice nastro arcobaleno al microfono - hanno lanciato un messaggio pro Cirinnà dal palco più importante d’Italia. Da Enrico Ruggeri a Noemi ad Arisa sono in tanti a portare un pezzettino di diritti civili alla seconda edizione condotta da Carlo Conti.

2018 - Salvini (onorevole fidanzato) in platea

È il first gentleman e non gli dispiace. Matteo Salvini, all’epoca leader della Lega all’opposizione di un governo di centrosinistra, è all’Ariston come compagno di uno dei volti di punta della rete ammiraglia Rai. La fidanzata Elisa Isoardi (si lasceranno qualche mese più tardi dopo 4 anni insieme), infatti, è protagonista dell’aspra staffetta con Antonella Clerici alla conduzione de La prova del cuoco.

Giuseppe Candela per Dagospia il 18 gennaio 2023.

Quanto valgono le pagelle dei critici musicali a Sanremo? Poco, sia per le promozioni sia per le bocciature. O comunque è facile notare come i voti bassi siano arrivati per i nomi meno protetti, perfetto il caso Cugini di Campagna bocciati con molti due o addirittura senza voto. Non hanno radio forte alle spalle, non hanno società importante che organizza tour, non hanno ufficio stampa che paga trasferte. 

Non tutti i giornalisti ascoltavano i brani per la prima volta, nei giorni precedenti qualcuno è stato "convocato" da case discografiche o da uffici stampa musicali per far ascoltare in anteprima qualche brano. La ragione? Arrivare a lunedì 16 con un ascolto alle spalle e con un giornalista felice del privilegio.

Sanremo 2023, per i giornalisti vincerà Marco Mengoni. Ecco la classifica completa. DANIELE ERLER su Il Domani il 17 gennaio 2023

I critici hanno ascoltato per primi, e una sola volta, le canzoni del Festival. Abbiamo fatto la media dei voti fra le 17 pagelle pubblicate da altrettanti giornali e siti. E questo è il risultato

Lunedì 16 gennaio i giornalisti hanno potuto ascoltare per la prima volta le canzoni di Sanremo e hanno potuto leggerne i testi. Un ascolto unico, come vuole il regolamento, sulla base del quale poi hanno pubblicato le loro classifiche, dando in genere un voto da 0 a 10. Lo ha fatto per noi Annalia Venezia, ad esempio.

Domani ha confrontato le principali classifiche pubblicate sui giornali e sui siti, per un totale di 17 pagelle. Per ogni concorrente, sono stati tolti il voto più basso e il voto più alto (per cercare di eliminare alcune esagerazioni in un senso o nell’altro).

Poi è stata calcolata la media, che ha portato alla classifica che trovate qui sotto. Secondo i giornalisti, sul podio dovrebbero arrivare dunque Marco Mengoni, Madame e Colapesce Dimartino. Subito dopo: Ariete, Giorgia e Lazza.

I GIORNALISTI

Le valutazioni che abbiamo considerato, oltre ovviamente a quelle di Domani, sono quelle di Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, Sole 24 ore, Gazzetta dello Sport, All Music Italia, DavideMaggio.it, SkyTg24, il Mattino, il Messaggero, Vanity Fair, Ansa, Libero, SuperGuidaTv, Gay.it e Oggi.

Sono state compilate rispettivamente da: Andrea Laffranchi, Ernesto Assante, Luca Dondoni, Francesco Prisco, Elisabetta Esposito, Fabio Fiume, Mattia Buonocore, Fabrizio Basso, Federico Vacalebre, Mattia Marzi, Valentina Colosimo, Claudia Fascia, Fabrizio Biasin, Giulia Bertolini, Giuliano Federico e Dea Verna.

Secondo i risultati, 17 concorrenti su 29 raggiungono la sufficienza. Gli ultimi – Sethu, Will e Olly – sono tre dei giovani che si sono classificati per competere alla vittoria finale.

LA CLASSIFICA COMPLETA

Marco Mengoni – 7,63

Madame – 7,03

Colapesce Dimartino – 6,90

Ariete – 6,75

Giorgia – 6,67

Lazza – 6,63

Levante – 6,60

Coma Cose – 6,58

Ultimo – 6,55

Elodie – 6,50

gIANMARIA – 6,47

Mara Sattei – 6,47

Tananai – 6,42

Rosa Chemical – 6,38

Leo Gassman – 6,33

Gianluca Grignani – 6,15

Paola & Chiara – 6,02

Colla Zio – 5,93

Shari – 5,80

Articolo 31 – 5,62

Modà – 5,60

Anna Oxa – 5,55

Cugini di Campagna – 5,55

Mr. Rain – 5,33

Lda – 5,28

Sethu – 5,25

Will – 5,25

Olly – 5,15

Sanremo 2023, abbiamo ascoltato le 28 canzoni. Ecco la nostra classifica. ANNALIA VENEZIA su Il Domani 16 gennaio 2023

Sarà un festival d’alta qualità, o almeno questa è l’impressione al primo ascolto. Fra testi malinconici e tormentoni, in sala stampa i giornalisti hanno ballato

Si è ballato in sala stampa, e questa è la novità. Alla sede Rai di Milano e Roma, alla presenza di Amadeus, sono stati svelati ai giornalisti i testi dei 28 brani in gara al Festival di Sanremo 2023. E anche se si è trattato di un solo ascolto - “e poi riconsegnateci il tomo coi testi che vi abbiamo dato all’entrata” - alcuni brani li consumeremo, è una certezza.

La qualità è alta, scrittori e arrangiatori sono i migliori sulla scena, per citarne alcuni Dardust, Salmo, Davide Petrella e poi ancora, Damiano David per Mara Sattei e La rappresentante di lista per i Cugini di Campagna. Tanti testi malinconici di quelli che fai tre giri in macchina a cercare parcheggio solo per piangere e altri che appena parte il ritornello rischi di ballare in metropolitana all’ora di punta (non ridete, qualcuno lo farà).

ECCO LA NOSTRA PAGELLA:

GIANLUCA GRIGNANI canta QUANDO TI MANCA IL FIATO (Falco a metà)

La sua voce è sempre quella di Ti raserò l’aiuola quando ritorni da scuola, ma stavolta la canzone la dedica a suo padre, tema perfetto per Sanremo. Grignani è rock’n’roll per davvero e sta provando a rimanere in pista. Questa potrebbe essere la sua buona occasione, abbinata a un po’ di esercizio fisico. Voto 6, d’incoraggiamento.

COLAPESCE DIMARTINO cantano SPLASH (Sony - Numero Uno)

Mentre cantavano mi tornava in mente la serie Love Boat e la canzone Mare profumo di mare. Sono due poeti prestati alla musica e quando pensi si averli capiti, sono già altrove, “travolti dall’immensità del blu”. Balliamo vieni qua, splash è l’ultima frase del testo. Solo per questa, Voto 8.

ARTICOLO 31 canta UN BEL VIAGGIO (Sony Columbia)

Non volevamo crescere ma è successo tutto a un tratto, e poi tutte le cose che giuravi avresti fatto. Il ragazzo di periferia è diventato adulto e dopo aver riempito San Siro con Fedez e aver inanellato vari tormentoni, è ancora vivo e lotta insieme a noi. Mamma mia J-Ax quanta malinconia (forse troppa). Voto 6 e mezzo.

gIANMARIA canta MOSTRO (Sony Epic)

Ha vinto Sanremo Giovani 2022 ma era già molto amato a XFactor 2021, nel team di Emma. Che mi sono perso ero solo distratto, da me. Ma che ti sembro un mostro, guarda che sono a posto. Ci piacerà con l’ascolto. 6 1/2

ANNA OXA canta SALI (Oxarte)

È sempre lei, Anna Oxa, coi suoi acuti che spaccano i vetri. Sali donna e resuscita. 6 per il rispetto.

MR RAIN canta SUPEREROI  (Warner)

Nel testo ci sono supereroi, nuvole e uragani. Chi conosce Mattia, in arte Mr Rain, sa che le sue non sono canzoni ma viaggi mentali. La musicalità è la stessa dei Fiori di Chernobyl, ideale per giornate in cui si desidera fortemente piangersi addosso (che male c’è?). Voto 7 perché lo volevo a Sanremo già due edizioni fa.

ROSA CHEMICAL canta MADE IN ITALY (Universal Music)

Il ministro Lollobrigida potrebbe sceglierla come colonna sonora alle convention europee dell’agricoltura: su Made in Italy si salta, ma proprio di gusto. Manuel Franco Rocati, 24 anni, è tra le rivelazioni del Festival. Tra la frase “Ti piace che sono perverso e non mi giudichi, se metto il rossetto in ufficio lunedì”, e la trombetta finale tipo Capodanno (e poi i suoi look) Voto 7.

GIORGIA canta PAROLE DETTE MALE (Microphonica)

Alla fine eri una bella canzone, che non si può ascoltare a ripetizione, maledizione”. L’ascolterete fino alla nausea se avete un amore finito, che un po’ vi manca ma siete già oltre. Senza voto, a Giorgia che je voi dì. Non si giudica.

LDA canta SE POI DOMANI (Ggd Edizioni)

Luca D’Alessio, ultimo figlio di cotanto Gigi, classe 2003 ci dice “dimmi che mi ami ma non so poi domani”. Ascolto ideale, sotto casa della ex che sperate torni con voi. E comunque “sempre sperando non sia un’altra bugia”. Voto 6, e vediamo.

LAZZA canta CENERE (Universal Music - Island)

È suo l’album più venduto dell’anno, e non stupisce che a scrivere il testo col rapper Lazza ci siano Dardust e Petrella. Insomma, la triade. Si balla come negli anni 90 in discoteca, appena entrava la canzone di Corona The Rhythm of the night. Ma poi ci sono le parole, e sembra di sentirlo al pianoforte, “Aiutami a sparire come cenere”. A quelli che dubitavano di Lazza, troppo presto a Sanremo, io dico vai ragazzo vai, regalaci questo testosterone. Voto 9.

ARIETE canta MARE DI GUAI (Bomba dischi)

Ariete non è più la ragazzina dell’Ultima Notte, anche se la voce rimane inconfondibile. A scrivere c’è anche Calcutta e la musica è di Dardust. “Amore incerto, vorrei sapere se vado o se resto. Mi sa che resto”, Voto 6 e mezzo.

SETHU canta CAUSE PERSE (Carosello)

Quando i Green Day cantavano Basket Case lui, Sethu, al secolo Marco De Lauri, 26 anni, non era ancora nato. Forse neppure i suoi genitori si conoscevano ancora. Eppure lui ci prova, e un po’ li ricorda. Solo per questo, Voto 7

TANANAI canta TANGO (Universal Music)

Dopo essersi classificato ultimo, torna e questa volta lo attende il bagno di folla. Chi non ama Tananai mente. In questo Tango, è romantico ma non malinconico, ascolta i Police con lei ma la storia è finita. “Addio amore mio, tra le palazzine a fuoco” (ma nessuno si farà male). Voto 7.

LEVANTE canta VIVO (Warner)

Dopo la gravidanza torna più sexy che mai e lo dice: “Vivo un sogno erotico, la gioia del mio corpo è un atto magico”. E ci regala un gemito. Che fa dimenticare tutti quei perché (che gli uomini odiano). Voto 6 e mezzo.

LEO GASSMANN canta Terzo cuore (Universal Music - Capitol)

Ci siamo presi e lasciati come i trapezisti del Cinque du solei, ma non ci siamo mai arresi”. E ancora, “Penso di avere talento per trasformare le sfide in sfighe”, Leo Gassman ha lavorato al testo con Riccardo Zanetti dei Pinguini Tattici Nucleari. E la canzone va. Voto 6.

MODÀ cantano LASCIAMI (K1078 Edizioni Musicali)

Ma che giorno è? È il primo giorno senza te. Lasciami con la nostra canzone e un bicchiere con dentro un tramonto”. Non è questione d’amore ma anche di fragilità. Si piange in silenzio, in macchina cercando parcheggio. Ci sei mancato Checco. Voto 8

MARCO MENGONI canta DUE VITE (Sony Music - Epic)

Pensieri notturni, pensando a se stessi e all’altro. Testo di Davide Petrella e Mengoni. Mengoni è sempre Mengoni, come Giorgia. Senza voto.

SHARI canta EGOISTA (Sony Music - Columbia) 

Al primo ascolto ricorda Sabbie d’Oro di Massimo Pericolo ed è il meglio che potrei augurare a Shari, classe 2002 tra le giovani di Sanremo. La musica è di Salmo, la benedizione sembra quella giusta. Voto 7.

PAOLA E CHIARA cantano FURORE (Sony Music - Columbia)

Paola e Chiara (Foto Gian Mattia D'Alberto - LaPresse)

Vamos a bailar, esta vida nueva. In fondo lo sappiamo tutti che rivolevamo solo questo, il testo allegro, le sorelle di nuovo insieme e anche la nostra adolescenza. Si balla, “in questa notte di sole, furore, furore con te”. Anzi, fate attenzione se siete in metro, che è un attimo che vi alzate di scatto e vi trovate a ballare in mezzo alla folla. Voto 6 e mezzo, solo per i ricordi.

CUGINI DI CAMPAGNA cantano LETTERA 22 (Starpoint Corporations)

Io senza di te non sono altro che la parola amore, non lasciarmi solo, non lasciarmi qui”. Ricordano un po’ i Pooh, un po’ i Cugini di campagna della prima ora. Testi e musica de La rappresentante di lista. Li canteremo. Voto 7.

OLLY canta POLVERE (Sony Music - Epic)

Federico Olivieri, rapper genovese del 2001, qui apre con un pezzo dance e un po’ di sano Auto-tune. “Stavo sotto a un nuvolone e poi mi sono accorto che più lontano c’era il sole”. Quell’autocommiserazione che a 20 anni perdoni. Voto 6.

ULTIMO canta ALBA (Ultimo Records)

Testo e musica di Ultimo, molto Ultimo.“Se non dovessimo parlare per conoscersi, se non amassimo solo i nostri simili, perché uno sguardo in fondo basta per dipingerci”. Sarà hit. Voto 7.

MADAME canta IL BENE NEL MALE (Sugar)

Ha fatto casino coi vaccini e questo lo sappiamo. Ma quando si esibisce, alziamo le mani. Madame sarà in gara, stavolta si balla “Tanto tanto tanto tanto”. Voto 8

WILL canta STUPIDO (Universal Music - Capitol)

Arriva da Sanremo Giovani William Busetti, 21 anni. “Siamo ferite che ballano, io non sopporto chi parla no, siamo dolori che canterò e so che se torni non basterò”. A novembre, al suo primo concerto in Santeria, a Milano, nel parterre c’erano le Tik Toker Marta Losito ed Elisa Maino con tutte le rispettive crew. Tutti cantavano a squarciagola Le cose più importanti, Da tenere d’occhio. Voto 7.

MARA SATTEI canta DUEMILA MINUTI (Me Next)

Mara Sattei (Foto Gian Mattia D'Alberto - LaPresse)

Lividi sopra il mio corpo erano solo segni, che quel male che ti porti non andrà più via”. Fa male questa canzone. Testo di Damiano David con la voce unica di Mara Sattei. Voto 9.

COLLA ZIO cantano NON MI VA (Woodworm)

Ricordano Lo Stato Sociale, si balla, poi lo ammetto: dovevo andare alla toilette e li ho sentiti per venti secondi. Ricordo un "quelli che puliscono i cessi” nel testo. Comunque ci piaceranno. Voto 6.

COMA COSE cantano L’ADDIO (Sony Music - Epic)

Se ti ricordi di te com’eri, quando non c’ero tra i tuoi pensieri”. Sono sempre loro, Fausto Lama e California, Le fiamme negli occhi sono insuperabili ma “comunque andrà, l’addio non è una possibilità”. Credo nel secondo ascolto. Voto 6 e mezzo.

ELODIE canta DUE (Universal Music - ISLAND)

Foto Gian Mattia D'Alberto - LaPresse

Dopo essersi affidata ad altre penne, stavolta il testo lo ha scritto lei. "Per me le cose sono due, lacrime mie o lacrime tue”. Qui c’è un amore che finisce, c’è la depressione, c’è subbuglio. Per me racconta la sua relazione con Marracash anche se ora sta con Iannone. "E se a quest’ora mi cerchi, perdonami dimmi, come mai?”. Perché ti ama ancora Elodie, come te lo devo dire? Dai, fateci sognare. Voto 7.

ANNALIA VENEZIA. Giornalista.

Sanremo 2023: le pagelle delle canzoni in anteprima dopo i pre-ascolti. Andrea Laffranchi su Il Corriere della Sera il 16 Gennaio 2023.

Gianluca Grignani - «Quando ti manca il fiato» (Voto 6,5)

Gianluca si mette a nudo con un testo sulla dolorosa relazione con il padre assente. Una telefonata («quando accadrà, verrai al mio funerale?») dopo anni di silenzio scatena un terremoto interiore di riflessioni e commozione, lacrime e dolore e il fiato del titolo lo toglie veramente. Ma alla fine questa power ballad al profumo delle chitarre rock è una dichiarazione d’amore al padre.

Colapesce e Dimartino - «Splash» (Voto 7)

Se «Musica leggerissima» raccontava il «buco nero» della depressione alleggerendola con una chiave da tormentone, anche questa volta siamo nella testa di qualcuno che non sta bene ma gli arrangiamenti e le atmosfere ci portano verso il Battisti dei primi anni Settanta (ma c’è anche con un pizzico di eleganza alla Moroder) : c’è il senso di solitudine della metropoli, il peso delle aspettative , un fallimento personale che porta a lavorare «per non stare con te» e dimenticare una storia finita. E lo splash finale nel mare lascia pensare al peggio.

Articolo 31 - «Un bel viaggio» (voto 6)

La reunion di J-Ax e Dj Jad passa per un brano autobiografico: dagli esordi nel quartiere al successo, dai dissapori alla rottura comprese le meschinità confessate da Ax del godere delle disgrazie dell’altro. Strofa rap e ritornello alla Max Pezzali-883..

gIANMARIA – «Mostro» (6,5)

Al di là della pronuncia sbiascicata - quasi verso il corsivo - che è un codice di riconoscimento per i millennial, il vincitore di Sanremo Giovani centra un altro tema della sua generazione, l’incomunicabilità, il non accorgersi degli altri perché «ero solo distratto da me». Un arrangiamento in cui i vuoti creano atmosfera.

Anna Oxa - «Sali (Canto dell’anima)» (voto 4,5)

E’ tutto troppo: un arrangiamento pomposo e un eccesso di retorica e di spinta nell’interpretazione. Il testo poetico scritto con Francesco Bianconi e Kaballà ne esce appesantito.

Mr. Rain - «Supereroi» (voto 4,5)

Lui è un rapper anomalo, nel senso che è lontano dalla vita di strada e dell’ego trip. Se il racconto a base di droga, brand e donne è banale lo è anche quello di una coppia che si aiuta nel momento della difficoltà che l’unione fa la forza e ci trasforma in supereroi.

Rosa Chemical - «Made in Italy» (voto 7)

Inno alla libertà sessuale, agli uomini col rossetto in ufficio, all’amore «che più siamo meglio è». Cassa dritta e unz unz balcaneggiante, una divertente fuga per una serata alle giostre.

Giorgia: Le parole dette male (voto 6,5)

I bei ricordi di una storia finita, anche, per delle parole dette male. Una ballad in cui Giorgia non esagera (ma sul palco aggiungerà qualcosa) e la riporta in una classicità soul anni Novanta.

Lda - «Se poi domani» (voto 5)

Il figlio di Gigi D’Alessio ha la melodia nel dna. Qui va sul semplice con una ballad al pianoforte in cui anche il testo sta dove l’acqua e bassa.

Lazza - «Cenere» (voto 7)

Guardarsi allo specchio e non piacersi. Anche se sei il rapper con il disco dei record di quest’anno. Lazza molla i cliché della trap (non l’autotune) e va verso un urban sofisticato alla The Weeknd in cui si sente l’esperta mano di Dardust.

Ariete - «Mare di guai» (voto 7,5)

Un elegante racconto minimal, spezzoni di vita quotidiana per una ballad dove la delicatezza di Ariete si appoggia a piano e archi per aprirsi in ritornello romantico. Brano firmato con Calcutta e Dardust.

Sethu - «Cause perse» (voto 5,5)

Anche lui arriva da Sanremo Giovani, impostazione rap, velocità del punk, rabbia post-adolescenziale.

Tananai - «Tango» (voto 6,5)

La sorpresa dell’anno scorso, da ultimo in classifica a tormentone con «Sesso occasionale», mostra il suo lato romantico, quello che in radio lo ha messo al numero 1 dei più trasmessi in questi giorni con «Abissale»): ballad al miele d’orchestra, certe storie d’amore è meglio che non comincino nemmeno.

Levante - «Vivo» (Voto 7)

Cassa dritta da ballare (ma senza spegnere il cervello) per raccontare la gioia della riscoperta del proprio corpo e del sesso dopo il parto.

Elodie - «Due» (voto 8)

Un amore appena nato ma già finito male, delle telefonate interrotte... a qualcuno verrà in mente Mina (o Maurizio Costanzo). Ma qui gli anni 70 restano una suggestione sulla quale portare suoni urban, percussioni pulsanti e un ritornello circolare che ti gira intorno senza mollarti

Modà - «Lasciami» (voto 5,5)

Lo sfogo liberatorio del primo giorno senza di te. Uno pensa a una donna, ma invece è la depressione. Le canzoni non andrebbero spiegate, ma senza l’interpretazione dell’autore il senso sarebbe troppo nascosto.

Mara Sattei - «Duemilaminuti» (voto 6,5)

Una ballad con piano e orchestra che oscilla fra la classicità di Elisa e una metrica contemporanea, quella del fratello thasup che co-firma il pezzo con Damiano dei Maneskin. L’amore non è solo cuoricini o lacrime, qui ci sono anche alcol e lividi.

Leo Gassmann - «Terzo cuore» (voto 6)

Leo, figlio e nipote di, è un bravo ragazzo. Riccardo Zanotti, il front man dei Pinguini Tattici Nucleari che co-firma il brano (e si sentono i suoi giochi di parole), pure. Non ne poteva che uscire una canzone educata e romantica. Però con anche voglia di divertirsi.

I Cugini di Campagna - «Lettera 22» (voto 4,5)

Una melodia da Sanremo 1981 che non fa il paio con la contemporaneità dance del ritornello. Deludente. Ancora di più al pensiero che la canzone è firmata da La rappresentante di lista

Marco Mengoni - «Due vite» (voto 8)

Chi entra Papa esce... e il resto lasciamolo ai gesti scaramantici di Marco. Una ballad classica che dosa bene melodia e ritmo e ci porta in una camera da letto dove i pensieri di uno si rincorrono mentre l’altro dorme. Il ritornello è da cantare a braccia e cuore aperti.

Paola & Chiara - «Furore» (voto 5)

Sei firme più due per la reunion delle sorelle Iezzi. Uno sforzo non proporzionato al risultato… Non bastano la parola «rumore» nel testo e una cassa dritta per essere Raffaella Carrà.

Madame - «Il bene nel male» (voto 7,5)

Un incontro fra una, la parola è nel testo, «puttana» e un cliente fra paure, sentimenti e contatto fisico. Ritmo e metrica con incastri perfetti, autotune e profumi esotici per creare un’atmosfera da club. Amadeus ha confermato che esclude provvedimenti per la sua finta vaccinazione, ma questa è un’altra storia.

Coma Cose - «L’addio» (voto 6,5)

Coppia artistica e nella vita, California e Fausto portano la loro storia, anzi quella della loro crisi. Per fortuna sentimentale e non artistica.

Ultimo - «Alba» (voto 7)

Voce e pianoforte per un racconto cinematografico fra sogno e realtà con una struttura che al classico ritornello preferisce un crescendo intenso sia nell’interpretazione che nell’arrangiamento.

Olly – «Polvere» (voto 5,5)

Anche qui cassa dritta (sembra essere diventata l’unica alternativa alla ballad) e un ritornello dove la melodie è fin troppo elementare.

Will - «Stupido» (voto 5)

Lasciamo la parola testo: «del resto divento un po’ banale»: una ballad più vecchia dei 23 anni dell’interprete

Colla Zio – «Non mi va» (voto 6)

Si sente che arrivano dalla strada, non quella dei rapper ma quella dei busker. La voglia di fare festa e coinvolgere è quella, ma con un tocco contemporaneo.

Shari - «Egoista» (voto 5)

Atmosfere urban e dark per un brano che non trova il gancio per incidere, nonostante la firma di Salmo.

Estratto dell'articolo di Francesco Prisco per ilsole24ore.com il 16 Gennaio 2023.

 Gianluca Grignani, «Quando ti manca il fiato» 5-

Colapesce e Dimartino, «Splash» 6-

Articolo 31, «Un bel viaggio» 5

Gianmaria, «Mostro» 5

Anna Oxa, «Sali» 5-

Mr. Rain, «Supereroi» 4

Rosa Chemical, «Made in Italy» 3,5

Giorgia, «Parole dette male» 6-

ANNA OXA

Lda, «Se poi domani» 3

Lazza, «Cenere» 6,5

Ariete, Mare di guai 7-

Sethu, Cause perse 4-

Tananai, «Tango» 4,5

Levante, «Vivo» 6,5

Leo Gassmann, «Terzo cuore» 6-

Modà, «Lasciami» 5,5

Marco Mengoni, «Due vite» 6-

Shari, «Egoista» 3

Paola e Chiara, «Furore» 4

Cugini Di Campagna, «Lettera 22» s.v.

Olly, «Polvere» 3

Ultimo, «Alba» 6-

MADAME

Madame, «Il bene nel male» 7-

Will, «Stupido» 5-

Mara Sattei, «Duemilaminuti» 7,5

Colla Zio, «Non mi va» 7-

Coma Cose, «L’addio» 6,5

Elodie, «Due» 5,5

 Ci sono i nomi da battere, ma anche alcune possibili sorprese. Abbondano quindi gli «oggetti misteriosi», strane operazioni di commistione che per adesso non sai ma, una volta approdate in Riviera, chissà... Queste le sensazioni che si colgono subito dopo l’ascolto in anteprima delle 28 canzoni in gara a Sanremo 2023, quarta edizione consecutiva diretta da Amadeus, in programma dal 7 all’11 febbraio.

Se guardiamo all’apparato spettacolare, sarà il festival dei vecchi leoni (Morandi, Ranieri, Al Bano, Pooh) e delle influencer (Chiara Ferragni), del ritorno degli ospiti internazionali (Black Eyed Peas) e della parentesi geopolitica (Volodymyr Zelensky in videocollegamento per la finale), poi ci saranno novità anche sul piano del regolamento: al tradizionale ballottaggio a tre della finale si sostituisce un ballottaggio allargato a cinque concorrenti. Ecco l’idea che ci siamo fatti sulla gara, dopo i pre-ascolti stampa effettuati presso la sede Rai di via Mecenate a Milano.

Festival di Sanremo e Rai.

I luoghi del festival.

Dove alloggiano i cantanti?

Le strade che portano a Sanremo.

Le Auto.

Serate, ospiti e conduttori.

La scaletta ufficiale delle serate di Sanremo.

Disturbi ed alterazioni della voce.

La Corruzione simpatica…

I Look.

La Giuria.

Gli Incassi.

Costi.

Festival di Sanremo e Rai.

Una cordata vuole portarlo via alla Rai. Il sindaco: «Valuteremo». Renato Franco, inviato a Sanremo, su Il Corriere della Sera il 9 Febbraio 2023.

«Striscia la notizia» ha rivelato che può esserci questa possibilità

«È arrivata al Comune di Sanremo un’offerta non della Rai per organizzare e gestire il Festival di Sanremo a partire dal prossimo anno». La conferma è arrivata da Giuseppe Faraldi, assessore al Turismo del Comune di Sanremo che ha risposto alla domanda di Pinuccio, inviato di Striscia la notizia. Era stato proprio il tg satirico di Antonio Ricci a rivelare che poteva esserci questa possibilità.

«La valutazione per la gestione di un Festival come questo non può essere fatta a fronte di una proposta arrivata poche ore fa — ha detto l’assessore Faraldi —. È una valutazione da fare al momento opportuno, con gli uffici opportuni, di certo non in questo momento». «Non ho ancora letto la lettera, dopo il Festival la valuteremo nelle sedi opportune», ha aggiunto il sindaco Alberto Biancheri. Insomma siamo solo agli inizi di una possibile trattativa. Certo se succedesse davvero sarebbe un fatto clamoroso. A far gola è anche un marchio (il Festival Sanremo) che oggi alla Rai frutta oltre 50 milioni di euro di ricavi, a fronte di una spesa di organizzazione che si aggira sui 20 milioni.

«Dopo 73 edizioni, quindi, il Festival della canzone italiana potrebbe non essere più trasmesso dalla Rai — spiega in una nota Striscia la Notizia —. Ricordiamo che la convenzione tra Rai e Comune di Sanremo è in scadenza e che una recente sentenza del Tar sollecitata da Afi (Associazione Fonografici Italiani) apre la strada verso il bando pubblico». La proposta è stata protocollata mercoledì e secondo il tg satirico di Canale 5 chi vuole organizzare il Festival di Sanremo il prossimo anno non è un’emittente televisiva, ma un operatore del mondo dello spettacolo.

I luoghi del festival.

Sanremo 2023, tutti i luoghi del festival. Rachele De Cata Panorama il 9 Febbraio 2023.

Il teatro, piazza Colombo, Casa Sanremo, la nave della Costa Crociere. Se non avete rimediato un costosissimo biglietto per l’Ariston niente paura: Sanremo 2023 è diventato un festival diffuso. Da godere, come direbbe Valerio Scanu, in tutti i luoghi e in tutti i laghi

C’era una volta il festival di Sanremo, e c’era il teatro Ariston in corso Matteotti come unica location dell’evento. C’è oggi il festival di Sanremo, edizione numero 73, ma ci sono così tanti palchi, concerti, cantanti e vip di ogni genere e gradi che anche per noi addetti ai lavori è un turbinio. Intervisto il concorrente in gara o l’ospite del Suzuki stage di piazza Colombo (a cento metri dal teatro)? Meglio uno degli ospiti della serata delle cover, o Salmo che si tuffa sulla Costa Crociere? Per fare ordine tra le cose da fare, ecco una mappa dei luoghi del festival, il grande evento diffuso di cui tutta l’Italia sta parlando. Il teatro Ariston È la sede della gara. Qui si stanno svolgendo le cinque serate in programma. Gran finale sabato 11 febbraio, o, vista la ricca scaletta, appuntamento al bar direttamente domenica a colazione. Piazza Colombo A pochi passi dall’Ariston c’è un palco a cielo aperto in cui ogni sera si danno il cambio artisti legati in qualche modo al festival. Un concerto di ripiego per chi non ha l’agognato ticket (abbonamenti da 1.200 euro esauriti in dieci minuti)? Tutt’altro: da Annalisa a Piero Pelù, da Nek ad Achille Lauro, il parterre del Suzuki Stage è da podio Casa Sanremo, l’ospitality del festival

Ancora qualche passo più in là, oltre piazza Colombo, si arriva al Palafiori dove da qualche anno ha sede Casa Sanremo, la casa commerciale del festival. Qui ci sono i corner degli sponsor, qui hanno sede gli studi televisivi di un palinsesto sempre più ricco, qui ci si lascia coccolare tra angoli spa e specialità food. Un luogo di relax, incontri e possibilità. Molti gli eventi aperti al pubblico ma i più esclusivi richiedono un ambitissimo pass (che – per la cronaca - noi abbiamo). La Costa Smeralda Per il secondo anno consecutivo, Costa Crociere ha siglato una partnership con il festival di Sanremo organizzando una kermesse parallela a bordo della nave. Ma se l'idea nel 2022 era nata come ipotetica bolla sanitaria per gli addetti ai lavori, ed era partita in sordina, quest’anno il mood crociera ha invaso Sanremo. E ogni sera ospiti come Fedez, Salmo e Guè fanno da richiamo per gli amanti della musica. L'iniziativa è ancora riservata solo ai soci del club membership, ma non è detto che l’anno prossimo le cose non possano cambiare. Scommettiamo che con i biglietti in vendita ci sarà il boom di viaggi di nozze sulla nave di Sanremo? Altro che crociera ai Caraibi!

Sanremo 2023, dove alloggiano i cantanti?

Rachele De Cata su Panorama l’11 Febbraio 2023.

Hotel ma anche ville private. Con il tutto esaurito per il festival, e grazie agli avvistamenti di fan e camerieri, abbiamo stilato un elenco di buen retiro per degli artisti che calcano il palco dell'Ariston

Dai dati ufficiali Sanremo è un comune da circa 50.000 abitanti. Con una particolarità: ogni anno in occasione del festival di Sanremo la cittadina ligure diventa il centro del mondo. Impossibile parcheggiare, trovare posto in hotel e persino camminare nei pressi del teatro Ariston. A proposito di dormire, anche i cantanti e i loro staff invadono Sanremo. Volete sapere dove si ritirano dopo le loro esibizioni? Ve lo diciamo noi. Hotel Globo, il passaggio verso l’Ariston Come da tradizione, l’hotel Globo è la sede operativa di Amadeus e di Gianni Morandi (e di tanti altri conduttori prima di loro). La location è strategica, perché è situata proprio di fronte al teatro Ariston. Negli anni girava voce di un passaggio sotterraneo che collegasse l’hotel al teatro: si tratta in realtà di attraversare il cortile interno dell’albergo e di sbucare davanti a un’entrata laterale dell’Ariston che durante il festival viene transennata a chiusa alla vista dei curiosi. Insomma, il tunnel vero e proprio non c’è ma il barbatrucco funziona lo stesso. All’hotel Globo alloggiano anche Marco Mengoni e i Modà, e dalla terrazza all’ultimo piano va in onda il podcast Muschio Selvaggio di Fedez. Facile dedurre che qui ci sia la base (e qualche stanza) per il programma. Albergo, sì ma quale? Se volete fare un giro a caccia di vip, ecco qualche dritta. I Coma_Cose sono all’hotel Londra, dove ieri sono arrivate anche Giorgia ed Elisa, sua ospite per la serata delle cover. Lazza è all’hotel de Paris (quello di Blanco e Mahmood dell’anno scorso, dovrebbe esserci anche Elodie), Tananai e Sethu sono ospiti del Royal. J-Ax è al Miramare, mentre Francesca Fagnani, cocondutrrice della serata del mercoledì ha scelto il Grand Hotel del Mare (dove hanno soggiornato anche Celentano e la De Filippi). Al Grand Hotel Des Anglais, infine, si potrebbero incontrare i Cugini di Campagna e Gianluca Grignani (ma anche Alba Parietti e Anna Pettinelli). Le ville in collina Lontano da occhi indiscreti, c’è chi si ritira con lo staff in sontuose ville vista mare. Chiara Ferragni ha scelto Villa Dendi, residenza da 700 metri con otto camere da letto, tre cucine e piscina a sfioro. La residenza è in vendita per cinque milioni di euro, in affitto per una cifra compresa tra i 6000 e gli 8000 euro a notte, a seconda del periodo (e qui febbraio è altissima stagione). La villa però ha anche un valore affettivo per la Ferragni: l’anno scorso fu l’headquarter di Elisa ma nel 2021 fu la casa di Francesca Michielin e Fedez (secondi in classifica con Chiamami per nome). Villa Gioiello è invece la dimora sanremese di Levante. Anche qui lo spazio non manca: 5 camere, 5 bagni, piscina, giardino e barbecue. L’abbiamo visitata qualche giorno fa e ci ha dato delle buonissime sensazioni. Perché, si sa, dormire bene è il primo toccasana per chi deve salire su un palco.

Le strade che portano a Sanremo.

Talent o conservatorio, concerti o Youtube: tutte le strade che portano a Sanremo. Da Shari a Will, da Ariete a Colla Zio, le tappe della carriera dei concorrenti di quest’anno. E i consigli degli esperti del mondo musicale. Per arrivare al Festival senza cambiare personalità. Angiola Codacci-Pisanelli su L’Espresso il 30 gennaio 2023.

La strada che porta a Sanremo passa dai talent televisivi, si sa. Ma, chiederebbe il Nanni Moretti di “Ecce Bombo”, mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Nel senso che il talent show musicale - che sia Amici, saldamente ancorato a Maria De Filippi, o X Factor che cambia giudici ogni anno - se si guarda il curriculum dei finalisti di questa edizione del Festival di Sanremo sembra un jolly che ognuno gioca a modo suo. Per ottenere il risultato migliore in quella che dopo alti e bassi è tornata ad essere, per usare le parole di un decano dell’industria discografica come Lucio Salvini, «la notte che può cambiarti la vita».

Questo era vero almeno finché «si vendevano milioni di dischi e un Sanremo ben fatto poteva cambiare il bilancio di una casa discografica», continua Salvini, che è stato per 17 anni ai vertici della Ricordi e nove alla Fonit Cetra. «Ma ora tutto è diverso perché i dischi non si vendono più». Però proprio quest’anno, risponde Michele Canova, produttore di diversi artisti che sono passati dal festival, «i guadagni fatti con lo streaming sono tornati ai livelli di quando la musica era solo in cd». Da quando la vendita di dischi è crollata, però, il grosso degli incassi si fa con i concerti: in questi giorni vengono annunciati i live dei protagonisti del festival. «Cantare dal vivo è il massimo per un artista», commenta Tosca, che a Sanremo ha vinto un’edizione e partecipato altre volte «e sempre con grande divertimento. Il live è fondamentale», continua, «perché ogni cantante è innamorato del pubblico, e ogni concerto è come un appuntamento con la persona che ami».

Tornando al ruolo dei talent come trampolino per una carriera, a Sanremo dal 7 all’11 febbraio ci saranno Marco Mengoni, lanciato nel 2009 dalla vittoria a X Factor, e gIANMARIA che nel 2021 è arrivato secondo (lo stesso piazzamento degli ormai mitici Måneskin). È arrivata seconda ad Amici Elodie, che a X Factor era stata eliminata in corso d’opera. Sono usciti presto anche Will e Ariete, ma la figura più clamorosa l’ha fatta Mr Rain, che si è ritirato da X Factor subito dopo essere stato selezionato.

Levante al talent di Sky c’è arrivata direttamente come giudice, Madame come ospite. Tananai invece ha partecipato a Top Dj, selezione per disk-jockey, ma del resto la sua strada per Sanremo ha seguito un percorso originale: è passato anche al Politecnico di Milano, dove ha studiato architettura. Inusuale anche il curriculum di Rosa Chemical: pittore di murales e modello per Gucci, ha già cantato a Sanremo l’anno scorso proprio con Tananai.

Per Leo Gassman e LDA, invece, la gara televisiva è servita a rafforzare un’immagine schiacciata sul ruolo di “figlio di papà”. Dai genitori, Alessandro Gassman e Sabrina Knaflitz, entrambi attori, Leo ha ereditato una presenza scenica fuori dal comune. LDA invece deve al padre, Gigi d’Alessio, il debutto nel disco “Buongiorno”, ma la carriera l’ha consolidata grazie ad Amici. Mara Sattei non è “figlia di”, ma sorella: al fratello, Tha Supreme, deve l’inizio di un successo dovuto anche al talent di Mediaset.

«Giorgia e io abbiamo iniziato a cantare insieme nei club: lei cantava in inglese, io in portoghese», ricorda Tosca. Che parallelamente alla sua carriera internazionale, da otto anni è impegnata nella direzione di un Laboratorio di alta formazione artistica della Regione Lazio. «Ai ragazzi di Officina Pasolini consiglio di capire bene chi sono prima di intraprendere una strada, a saper dire di no, di non lasciarsi plasmare. Se si è se stessi, si può andare ovunque, anche a Sanremo. Il miraggio non è partecipare, ma far conoscere il proprio lavoro. In un’industria che oggi vuole prodotti, non progetti, che dà a un giovane solo pochi giorni per giudicare se la canzone che ha inciso funziona oppure no, è molto difficile».

Il caso più famoso di metamorfosi ad uso del mercato lo ha vissuto Caparezza: difficile immaginare il rapper dai ricci selvaggi nelle vesti di Mikimix, cantante pop minimalista atterrato a Sanremo nel 1997. «Io c’ero, me lo ricordo bene», dice Canova. «Però cambiare la personalità di un artista è difficile, e soprattutto non funziona: la cosa giusta è esaltare le sue qualità vincenti. E questo oggi l’industria musicale lo sa fare meglio di vent’anni fa, quando si mandavano allo sbaraglio venti cantanti a Sanremo Giovani sperando che almeno uno funzionasse».

Sanremo Giovani è sempre di più la vetrina del festival: sei finalisti di quest’anno vengono da lì. A Colla Zio, gIANMARIA, Sethu, Shari, Olly e Will è affidata una “mission impossible”: attrarre il pubblico più giovane verso una kermesse che ha 73 anni e fino a pochi anni fa era fuori moda. Sono stati i giovani a decretare la clamorosa vittoria del Måneskin: ma era il 2020, e i ventenni chiusi in casa per il Covid si sono concentrati su Sanremo con una dedizione irripetibile.

«Sanremo l’hanno rovinata gli anni Ottanta, quando si cantava in playback», racconta Canova. «Poi nel Duemila, quando alcuni giovani cantanti italiani hanno sfondato a livello internazionale, è diventato una vetrina per artisti già affermati in un genere che veniva sentito come vecchio. Le cose sono cambiate con Pippo Baudo e Amadeus, che hanno fatto un grandissimo lavoro di scouting». Tra i due c’è stato Claudio Baglioni, che a Sanremo (caso più unico che raro) non ha mai gareggiato ma lo ha diretto nel 2018 e 2019: e con la sua immagine da “cantautore non impegnato” ha fatto molto per richiamare i giovani autori pop che hanno svecchiato la lista dei partecipanti.

Hanno un pedigree da cantautori Colapesce e Dimartino, protagonisti di un duo che l’anno scorso ha conquistato critica e pubblico: il primo ha in curriculum una Targa Tenco, il secondo un premio al Meeting delle etichette indipendenti di Faenza. I Coma Cose invece erano sconosciuti quando furono chiamati a cantare al concerto del Primo Maggio nel 2019. I Colla Zio si sono fatti le ossa nei festival milanesi, e vent’anni fa anche Kekko Silvestre dei Modà ha fatto esperienza direttamente davanti al pubblico, in locali del Nord. Silvestre poi ha consolidato la carriera firmando successi di altri come “Non è l’inferno”, con cui ha vinto Sanremo Emma, che quando non partecipa al festival è sempre una dei “king maker”: concorrente di Amici e giudice di X Factor, conosce tutti e ha contribuito a lanciare, tra gli altri, Elodie. Altro kingmaker ancora determinante è Claudio Cecchetto: Paola e Chiara erano coriste degli 883, fortunata creatura del produttore e dj.

Lanciarsi nel mondo del web è come gettare in mare un messaggio in bottiglia: solo Will deve gli inizi della sua carriera ai video che ha caricato su Youtube, mentre Sethu ha debuttato sul canale Trash Gang. Più facile trovare buoni contatti attraverso le scuole di musica: Gianluca Grignani è andato a Milano alla Cpm di Franco Mussida, uno dei fondatori della Premiata Forneria Marconi, Shari invece alla Groove Factory di Udine. Pochi hanno messo piede in un conservatorio: Leo Gassman ha studiato chitarra, Olly canto, Lazza pianoforte. Ma il giovane rapper più che il conservatorio lo sostiene la scena musicale milanese, una catena umana che va da Ghali a Ernia, da Gué a Dargen D’Amico.

Ha iniziato in conservatorio anche l’artista che ha il record di concerti da tutto esaurito e che ha collezionato due bocciature nei talent, sia a X Factor che ad Amici. Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, torna a Sanremo dopo il doloroso testa a testa nel 2019 quando la vittoria andò a Mahmood. Ultimo può contare sui fan che si piazzeranno davanti alla tv, pronti a votarlo anche a scatola chiusa. Quattro anni fa aveva avuto l’endorsement di Matteo Salvini, allora ministro dell’Interno, e questo non lo aveva aiutato: chissà se questa volta il suo ingombrante fan riuscirà a stare zitto…

Le Auto.

Cantanti, conduttori e ospiti di Sanremo: ecco quali auto possiedono. Molti dei protagonisti del Festival di Sanremo 2023 sono anche grandi appassionati di automobili: dai cantanti agli ospiti, ecco le vetture che guidano e che possiedono. Alessandro Ferro l’8 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Siamo ormai dentro il clima del Festival di Sanremo tra i più attesi di sempre: se già si conoscono i testi delle canzoni, tutti gli ospiti e i vari co-conduttori che affiancheranno Amadeus, in pochi sanno le passioni automobilistiche degli stessi e quali autovetture posseggono o a quali hanno fatto da sponsor. Ecco una carrellata partendo da quello che si sa sui cantanti in gara per poi finire con le vetture sponsor del Festival.

Auto dei cantanti

Presenti in gara ci sono gli Articolo 31: a proposito di auto, fu celebre lo scherzo che J-Ax fece ai propri fan nel 2021 quando, come postato sul proprio profilo Facebook, disse che la Sony gli aveva regalato una Bentley decappottabile mostrandosi stupefatto in una foto con la super auto alle sua spalle. In realtà, però, si trattava di uno scherzo per testare, come disse, "l'invidia sociale". Lo spunto ci dà però modo di parlare di un'auto extra lusso posseduta, tra gli altri, anche dal tennista Djokovic che ha la Continental GTC ideata per lunghi viaggi: decappottabile, ha un motore V8 a 12 cilindri che fa volare il mezzo fino a 318 Km/h grazie ai suoi 550 cavalli. Il prezzo di partenza di questa tipologia è di 230mila euro: i modelli sono numerosi, dalla Bentayga Extended Wheelbase alla Flying Spur fino alla Continental GT, Continental GTC e alla versione Mulliner.

Il rapper Lazza, pseudonimo di Jacopo Lazzarini, possiede invece un'Audi TT che è stata inserita anche su una strofa del testo "Medellin". La versione base della gamma Coupé ha un prezzo base di 53.950 euro: esiste anche nelle versioni Roadster e Coupé TFSI ma anche la TT RS. Dotata di una capacità di partenza di 305 litri, la Coupé ha una motorizzazione TFSI da 2,0 litri con una potenza di 197 CV (145 kW) o 245 CV (180 kW). Nella variante più potente con trazione integrale quattro, l'auto ha un'accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,1 secondi. In base all'impostazione che viene scelta, il sistema con cui è progettata l'autovettura interviene su sterzo, cambio di marcia ma anche sulle caratteristiche del motore.

Auto di conduttori e ospiti

Amadeus, il conduttore della 73esima edizione del Festival di Sanremo possiede un Suv della Mercedes, il classe M che dal 2015 è stato ribattezzato Gle: lungo 478 cm e laargo 191, il serbatoio può contenere fino a 95 litri con il pieno che consente di percorrere anche 1500 km. È tra le autovetture più riuscite del marchio tedesco, monta un motore V6 da 3000 di cilindrata e possiede fino a 612 cavalli. Il prezzo di partenza era di 58mila euro ma con l'aggiunta di accessorri e altri dettagli i costi aumentano.

Co-conduttore assieme ad Amadeus ci sarà Gianni Morandi che possiede lo stesso Suv ma la versione aggiornata, ossia il Gle 300: elegante e possente, raggiunge i 100 Km/h da 0 in 5,7 secondi e possiede fino a 7 sedili all'interno dell'abitacolo a testimoniare la comodità. Gli equipaggiamenti sono di serie o in versione Amg Line. Adesso disponibile anche in versione Plug-in hybrid, è disponibile con motore diesel o a benzina. Con un battery pack di dimensioni maggiorate, Gle Plug-in hybrid ha un'autonomia pari a 100 chilometri in modalità full electric. Nella prima e ultima puntata del Festival sarà presente anche la regina delle influencer, Chiara Ferragni: come abbiamo visto sul Giornale.it, la moglie di Fedez possiede una Bmw X7, uno dei Suv più importanti della multinazionale tedesca. L'auto possiede un motore 6 cilindri benzina che ha una capacità di accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,8 secondi. La vettura ha anche un sistema intelligente di parcheggio, 400 cavalli e un prezzo base di 107mila euro.

Non sappiamo se l'abbia anche in garage ma un'altra ospite di Sanremo, la tanto discussa Paola Egonu, è stata testimonial per la Lamborghini Huracan: con il motore V10 e una tecnologia tra le più avanzate, può offrire un’esperienza di guida impareggiabile in ogni condizione di strada anche grazie al cambio Lamborghini Doppia Frizione (LDF) e il sistema di trazione integrale a controllo elettronico. Eroga una potenza da 640 cavalli, velocità massima 325 Km/h e da 0 a 100 km/h in 3,2 secondi e la sua cilindrata è di 5.204. Infine, l'attrice toscana Chiara Francini, co-conduttrice della penultima serata, nel 2015 fece da testimonial per la Hyundai i10 Sound Edition: l'auto attuale può essere venduta con un motore benzina di i10 dalla potenza di 67 CV e 96.2 Nm di coppia massima. La i10 Sound Edition possiede anche un sistema di riconoscimento vocale così da poter gestire i vari comandi soltanto con l'uso della voce.

Da Mahmood ai Maneskin

Tra gli ospiti della Kermesse figura Mahmood che, nel video del brano "Soldi", si vede distintamente un’Alfa Romeo Giulietta che dal 1977 sostituì l'indimenticabile Alfa Romeo Giulia. Inizialmente la vettura prevedeva due differenti soluzioni entrambe a benzina da 1.300 cc (95 Cv) e da 1.600 cc (109 Cv) a cui poi si aggiunse in seguito anche la versione da 1.8 litri e una ancora più potente (2 litri) nel 1980. La produzione sarebbe durata per altri cinque anni prima di essere sostituita dall’Alfa Romeo 75. Ospite della seconda serata c'è Al Bano che utilizza la sua Range Rover 2.5 TD del 1993. Come ricorda Motorzoom, Albano ha spiegato che l’automobile lo ha accompagnato in lungo e in largo nelle sue tournee in Italia. "Quando io e Romina ci siamo separati, lei ha voluto la Range e gliel’ho lasciata. Però poi quest’auto è stata lasciata ferma all’aperto, anche se sotto una tettoia, per molti anni, e si era ridotta in condizioni pietose", aveva dichiarato in una passata intervista. Successivamente l'auto è tornata in suo possesso e pare che l'abbia rimessa a nuovo.

Arriviamo così a Damiano dei Maneskin, il più "semplice" di tutti: per girare nelle trafficate strade di Roma utilizza una Smart bianca basic nemmeno recentissima. Adesso, la basica coupé elettrica ha un prezzo di partenza di 20mila euro, autonomia fino a 132 km, 40 minuti il tempo di ricarica e 60 Kw la potenza massima. Ospite anche Tom Morello, famosissimo chitarrista americano che come scrivono i media d'oltreoceano è un grande patito di automobili tant'é che possiede una Mercedes Benz classe S, un'Audi Q5, una Range Rover e molte altre auto. La nostra Arisa, invece, nel recente passato ha posato sul suo profilo Instagram con un'Audi Q2 alle spalle che ha definito "il bolide migliore di sempre". Lo ha scelto di colore verde scuro, questo cross-over (o Suv urbano) riuscitissimo dell'azienda tedesca ha un prezzo base di partenza di 29.500 euro.

L'ultima sera c'è il super ospite, Gino Paoli, che si è da sempre dichiarato amante delle quattro ruote: come si legge su Automotorinews, la sua preferita rimane l'Alfa Romeo Giulietta Spider. “Quelli della mia generazione adoravano la Giulietta Spider, non c’è un c...o da fare” dichiarò senza peli sulla lingua. In particolare, il modello realizzato da Pininfarina aveva un motore da 1.290 cc e 65 cv di potenza. Fu la prima auto della sua generazione a raggiungere la velocità massima di 155 km/h. La Giulietta Spider segna un'epoca dell’automobilismo italiano che poi rivelà comunque di avere altre auto tra cui Porsche e Ferrari prima di abbandonarle per vetture meno sportive e più comode. "Ne ho avute tante – dichiarò - Poi, un giorno mi sono stufato, ho pensato che l’auto serve solo per andare da un posto all’altro e ho preso la più comoda che c’era" passando al Range Rover che è "silenzioso e comodo. Puoi fare dei gran chilometri e nemmeno te ne accorgi".

Luisa Ranieri sarà ospite di Amadeus sabato prossimo: nella serie tv in cui interpreta Lolita Lobosco si vede alla guida di una Bianchina, la macchina prodotta da Autobianchi dal 1957 al 1969. "L’auto d’epoca di Lolita è una Bianchina perfettamente funzionante, controllatissima, di un privato pugliese che l’affitta", ha dichiarato a TV Sorrisi e Canzoni. La minicar targata era basata sulla Fiat 500 e disponibile in versione berlina, cabriolet, station wagon e furgoncino.

Auto scelte dal Festival 2023

Per l'edizione di quest'anno, Suzuki si riconferma testimonial del Festival presentando all'esterno del Teatro Ariston due modelli della gamma giapponese: la Vitara Hybrid e S-Cross Hybrid. Nel primo caso si tratta di una 100% ibrida che possiede duna batteria da 140v e un motogeneratore da 24,6kW. Inoltre, il nuovo cambio robotizzato AGS offre una elevata elettrificazione che si traduce in un calo delle emissioni e dei consumi. Prezzo di partenza, promozionale, a 29.400 euro. L'S-Cross Hybrid, con una potenza massima di 75 Kw ha il suo punto di forza nei consumi e, come per la berlina, ha un motore elettrico chiamato generatore di avviamento integrato (ISG) che funziona insieme al motore a benzina per migliorarne l'efficienza in termini di consumi ed emissioni.

Serate, ospiti e conduttori.

Marco Zonetti per Dagospia il 12 febbraio 2023.

Se il palco dell'Ariston di Sanremo è una vetrina preziosa per conduttori, cantanti e ospiti, la prima fila del teatro è la vetrina (e la cartina al tornasole) di chi conta davvero in Rai in un preciso momento storico. Soprattutto nella finale. E ieri sera, ultima e più importante tranche del 73° Festival, le poltronissime lasciavano trapelare molti indizi interessanti.

 La presidente Rai Marinella Soldi sedeva nei posti più importanti accanto all'Ad Carlo Fuortes, e questo è ovvio e giustificato dal loro ruolo di vertici dell'azienda. Ma, orgogliosamente assisa fra l'Amministratore Delegato e il Direttore dell'Intrattenimento Prime Time Stefano Coletta, ecco far bella mostra di sé la conduttrice Mara Venier, confermando così anche quest'anno la sua posizione centrale e d'influenza nella Tv pubblica.

La territoriale Giovanna Civitillo, moglie di Amadeus, restava anch'ella salda in prima fila accanto alla moglie di Gianni Morandi, la più discreta Anna Dan. Quest'ultima, però, vedeva seduto accanto a sé un "nuovo personaggio" della soap sanremese, nonché figura di rilievo nel panorama della Tv di Stato. Alludiamo a Francesca Bria, consigliera di amministrazione Rai in quota Pd.

 Bria, di solito assai defilata e silente tanto che i comunicati da lei diffusi fin dal giugno 2021 quando è stata nominata in CdA Rai si contano sulle dita della mano, non soltanto ieri ha difeso pubblicamente a spada tratta Stefano Coletta dagli attacchi politico-istituzionali di Fratelli d'Italia, ma quella stessa sera è comparsa fisicamente all'Ariston. E in prima fila, come dicevamo.

Trasferta sanremese, quella della consigliera dem, per dimostrare solidarietà a Coletta e a Fuortes in presenza, oppure rivendicazione del proprio ruolo di consigliera Rai e, soprattutto, monito dell'importanza cruciale del proprio voto in CdA? Ricordiamo infatti che, nell'ultima seduta del Consiglio di Amministrazione Rai, l'Ad Fuortes si è salvato solo grazie al parere favorevole di Francesca Bria, che solitamente gli aveva votato contro. Questo solo per sottolineare il rilevante "potere contrattuale" di cui gode al momento la consigliera dem.

Ma ieri sera la prima fila riservava ben altre sorprese. Occorre ricordare che tutta la giornata sanremese era stata monopolizzata da polemiche infuocate, con tutto Fratelli d'Italia (partito di maggioranza in Italia e al Governo) e più o meno l'intero Centrodestra inferociti contro Fedez per aver stracciato la foto del viceministro Galeazzo Bignami e per aver rivolto in diretta su Rai1 nella quarta serata del Festival l'invito a Giorgia Meloni a legalizzare la marijuana.

 Alla luce di tutto ciò e al culmine di una simile giornata campale, non ci saremmo aspettati di vedere lo stesso Fedez campeggiare, come se nulla fosse successo, in prima fila all'Ariston. Una sfida aperta del festival di Sanremo alla maggioranza di Governo, come interpretare altrimenti la presenza in primo piano di Fedez, pietra dello scandalo le cui "intemperanze" antigovernative vengono da giorni cavalcate da FdI per invocare la cacciata dei vertici Rai? E, ulteriore beffa per le rivendicazioni dei "camerati", ecco un importante loro alleato, governatore della Liguria in quota Centrodestra e quindi "padrone di casa" a Sanremo, ovvero Giovanni Toti, fatto arretrare in seconda fila, e in secondo piano, rispetto a Fedez.

La posizione privilegiata del cantante, l'arrivo a sorpresa della consigliera Bria e il predominio di Venier hanno inoltre costretto un altro habituè delle poltronissime, Alberto Matano, a separarsi dall'amica Mara per accomodarsi in "castigo" in terza fila accanto al marito Riccardo Mannino e al compagno di Stefano Coletta, Fabio Cotti Zelati.

 Nelle varie inquadrature della platea, il conduttore de La vita in Diretta non appariva esattamente entusiasta di essere confinato in un punto così poco visibile. Segno evidente che, in azienda, "zia Mara", seduta anche quest'anno accanto all'Ad, conta ben più del buon Matano e di molti altri. 

Da notare poi che, ad applaudire Chiara Ferragni, co-conduttrice della serata, non c'erano solo il marito e la madre dell'influencer, ovvero Marina Di Guardo seduta in prima fila accanto al genero, ma anche la sorella Valentina Ferragni che, inquadrata varie volte, oscurava – seduta alle sue spalle – perfino la dilagante Andrea Delogu, lanciatissima prezzemolina con il dono dell'ubiquità addirittura insignita di un'onorificenza dal Quirinale. Questo solo per sottolineare il potere dei Ferragnez e del loro indotto familiare.

 Quanto ad altre indiscrezioni dall'Ariston, la penetrazione omosessuale mimata da Fedez e Rosa Chemical, e poi il loro bacio gay sul palco – "con tanto di lingua", come hanno sottolineato in molti – pare aver turbato non poco il direttore Coletta che, al primo spazio pubblicitario, è uscito dal teatro, telefono all'orecchio ed espressione tirata, stretto nei fili di una fitta conversazione con un misterioso interlocutore.

Intanto, il 73° Festival di Sanremo  si è concluso e dovremo aspettare fino a febbraio dell'anno prossimo per vedere chi sarà seduto in prima fila all'Ariston nella serata finale. Ci saranno ancora Carlo Fuortes (che finora resiste valorosamente al fuoco concentrico), Marinella Soldi e Francesca Bria, dato che il loro mandato scade naturalmente per tutti e tre nel giugno 2024? Ci sarà ancora Mara Venier? E Stefano Coletta? Ma soprattutto ci saranno ancora i sempre più dilaganti "Ferragnez" con il loro sempre più nutrito codazzo? Nei prossimi giorni, viste le incarognite polemiche di queste ore con tanto di richiesta insistita di dimissioni dei vertici Rai per il "caso Fedez", potremmo già avere una risposta a questa domanda.

Marco Zonetti per Dagospia il 13 febbraio 2023.

1) Anche questo Sanremo se lo semo levato dalle…, come direbbe il filosofo, ovvero l'avvocato Giovanni Covelli-Riccardo Garrone di Vacanze di Natale. Ma riguardando i punti salienti della finale di sabato scorso, alla luce delle polemiche che stanno investendo la Rai dopo il bacio di Rosa Chemical a Fedez reo di aver anche stracciato la foto del viceministro FdI Bignami in divisa da SS, scopriamo ogni volta nuove interessanti presenze.

Seduta in prima fila tra la "gente che conta", abbiamo già indicato la solitamente defilatissima consigliera di amministrazione Rai Francesca Bria, in quota Pd, al cui sostegno in CdA l'attuale governance della tv pubblica resta aggrappata come all'ultimo treno per fuggire da una città in fiamme. Solo il suo voto, infatti, nell'ultima seduta del consiglio, ha permesso all'Ad Carlo Fuortes di restare al proprio posto. E ora che il Centrodestra vuole la testa del vertice Rai l'appoggio di Bria è quanto mai cruciale per garantire la sopravvivenza dell'attuale assetto in azienda.

Ma in prima fila all'Ariston durante la finale, accanto alla consigliera in quota Pd, abbiamo scorto anche un'altra presenza peculiare. Parliamo dell'ancor più defilato consigliere di amministrazione Rai in quota M5s Alessandro Di Majo. Così discreto da non avere neanche un profilo social, se non un poco utilizzato account Twitter.

E così anche Di Majo, che nell'ultimo Cda ha invece votato contro Fuortes, era insolitamente visibile nelle poltronissime durante la finale di sabato scorso. E la sua presenza accanto a Bria sembra avere un significato politico, a parte il desiderio di assistere alla kermesse da una postazione privilegiata. Ovvero un atto di sostegno pubblico a Fuortes in una giornata difficilissima come quella di sabato scorso, sostegno che potrebbe tradursi in un prossimo voto a suo favore in CdA, garantendogli così  la sopravvivenza e sconfiggendo l'offensiva delle Destre contro l'Ad. 

Di Majo, del resto, non sembrava affatto turbato dalle "intemperanze" di Fedez e Rosa Chemical, anzi ne appariva divertito, ed è difficile pensare che il consigliere in quota M5s, paladino come il Pd delle rivendicazioni LGBTQI+, possa partecipare alla detronizzazione di Fuortes sulla base delle richieste "anti-gender" delle Destre scandalizzate.

 Speculazioni a parte, nella serata dello "scandalo gay" non erano soltanto presenti all'Ariston esponenti del M5s e del Pd, ma anche di Fratelli d'Italia e Lega. Il direttore di RaiNews Paolo Petrecca in quota Giorgia Meloni campeggiava infatti in seconda fila, accanto nientemeno che alla direttrice del Day Time Rai in quota M5s Simona Sala.

Mentre in quarta fila, dietro a Serena Bortone fatta arretrare in terza come Alberto Matano per lasciare posto in prima alla regina della Rai Mara Venier seduta accanto a Fuortes, ecco comparire il senatore leghista Giorgio Bergesio, già membro della Vigilanza Rai nella scorsa legislatura. Carica che sarà rinnovata, dicono, non appena ricostituiranno la commissione.

 Nella serata finale, per il Centrodestra, mancava all'appello Forza Italia. Ma dobbiamo ricordare che Simona Agnes, consigliera di amministrazione Rai in quota Fi, aveva già presenziato in prima fila all'Ariston nelle prime serate del Festival di quest'anno, finanche cantando e agitando le mani a tempo di musica.

Questo andirivieni di consiglieri Rai a Sanremo, questo "balletto" di esponenti politici all'Ariston, con Fuortes in bilico dal punto di vista politico ma alquanto rafforzato in seno all'azienda dagli ottimi ascolti del Festival di Sanremo, com'è da interpretarsi per avere un vaticinio sul futuro della governance della tv pubblica? Attendiamo con trepidazione il CdA Rai previsto per dopodomani, 15 febbraio.

 2) Divertente osservare come i "giornaloni" (per dirla con Marco Travaglio), certe autorevoli firme della stampa e dei notiziari televisivi, in primis Alessandra Sardoni del TgLa7, ma anche molti esponenti politici si cimentino a parlare di Rai definendo Stefano Coletta "il direttore di Rai1" dimostrando di non essere molto informati sull'argomento.

Coletta infatti non è più il direttore dei Rai1 fin dall'estate 2022, poiché le "direzioni di rete" sono state eliminate e sostituite dalle "direzioni di genere". Coletta è invece attualmente l'assai più potente direttore dell'Intrattenimento Prima Serata Rai. Ciò significa che egli è responsabile dei programmi in onda su Rai1, ma anche su Rai2 e Rai3, nella fascia di maggior ascolto.

 Basti pensare all'Almanacco del giorno dopo condotto da Drusilla Foer, a Una scatola al giorno con Paolo Conticini, stimatissimo da Coletta, al controverso Muschio Selvaggio di Fedez, a Mi casa es tu casa di Cristiano Malgioglio tutti in onda su Rai2. O a Sex, programma di educazione sessuale presentato da Angela Rafanelli (e passato praticamente inosservato) su Rai3. Ma anche a Non sono una signora, trasmissione condotta da Alba Parietti e dedicata alle drag queen, in onda prossimamente sulla Seconda Rete, che si annuncia assai più "scandalosa" del bacio gay all'Ariston.

I giornali di Destra e gli esponenti della maggioranza di Governo scatenati contro "l'indottrinamento LGBTQI+ del direttore di Rai1" lo sanno che il "colettismo" dilaga non solo sulla rete Ammiraglia ma anche su tutte le reti Rai nella fascia di maggior ascolto? E che, a parte The Voice Senior e il Festival di Sanremo (il cui conduttore Amadeus non è stato scelto da Coletta bensì da Teresa De Santis), i suoi programmi hanno avuto perlopiù ascolti non esaltanti per non dire flop?

3) Fabio Fazio sembra averci preso gusto. In ogni puntata di Che tempo che fa ospita infatti sempre vari colleghi dell'agenzia che lo rappresenta, la Itc 2000 di Beppe Caschetto, e fa promozione ad almeno una serie della concorrenza. Anche ieri sera la "quota Caschetto" era in gran spolvero con Fazio, Luciana Littizzetto, Stefano De Martino e Geppi Cucciari, tutti seguiti dalla Itc 2000.

In studio inoltre sono intervenute Marisa Laurito, Mara Maionchi e Sandra Milo per presentare la nuova stagione di Quelle brave ragazze, serie targata Sky e prodotta dalla Blu Yazmine di Ilaria Dallatana, ex direttrice di Rai2. Ricordiamo che la Blu Yazmine era finita anni fa nel mirino della commissione di Vigilanza Rai, del consigliere di amministrazione in quota dipendenti Riccardo Laganà, nonché di Striscia la Notizia, per i tanti appalti ottenuti nella Tv pubblica in brevissimo tempo, malgrado la società fosse nata solo nel giugno 2020.

4) Giorgia Cardinaletti, mezzobusto del Tg1 promossa al timone dell'edizione più prestigiosa delle 20.00, non è stata reclutata per co-condurre il Festival di quest'anno, a vantaggio di Francesca Fagnani. Ma è stata ricompensata conducendo il Tg1 serale per tutta la settimana sanremese, con collegamenti con l'Ariston, interviste a cantanti,  conduttori, ospiti e così via, nel periodo di ascolto più elevato del notiziario.

 Cardinaletti sostituì anche i colleghi Anzaldo e Zucchini nella puntata in cui Maneskin e Amadeus furono intervistati nello studio del Tg1. Una sostituzione dal peculiare tempismo poiché, quella settimana, la conduzione non sarebbe dovuta toccare a lei.

 Ma la valente Giorgia gode del resto della stima della direttrice del Tg1 Monica Maggioni, che l'ha promossa all'edizione delle 20.00 – al posto di Emma D'Aquino – e che l'ha voluta in seconda serata su Rai1 nel programma sostituto di Sette Storie. E Cardinaletti è anche molto stimata professionalmente dall'ex Dg Rai e attuale direttore del Tg3 Mario Orfeo.

La mezzobusto del Tg1 è poi l’ex compagna di Francesco Caldarola, storico capo autore di Agorà attualmente condotto da Monica Giandotti, moglie di Stefano Cappellini caporedattore di Repubblica, il cui testimone di nozze è lo stesso Orfeo. E Giorgia è anche officiante di nozze del collega Senio Bonini, conduttore di Agorà Extra l'anno scorso e ora al timone di Tg1 Mattina sempre diretto da Monica Maggioni. Ah, che grande famiglia l'informazione Rai!

Un programma settimanale recluta da anni giovani e giovanissimi collaboratori gay, tutti fisicamente affini e genere "orsetto", ai quali viene offerta enorme visibilità nonché un trampolino di lancio per future carriere televisive. Il fatto che il non più giovane conduttore della trasmissione  sia ammogliato e con figli desta qualche perplessità. Di chi parliamo?

La scomparsa improvvisa di un dirigente ha gettato nel panico le tante persone, uomini e donne, che si erano avvantaggiate professionalmente della sua amicizia. "E mo' che facciamo?" ripetevano all'Ariston in questi giorni i vari beneficiati in trasferta sanremese, non esattamente eredi di Enzo Biagi o di Raffaella Carrà. A chi alludiamo?

Sanremo: gli ospiti internazionali che hanno fatto la storia del Festival. Mariella Baroli su Panorama l’08 Febbraio 2023

A poche ore dall’inizio della 73esima edizione di Sanremo, ripercorriamo alcuni dei momenti più indimenticabili del Festival, quando i protagonisti sul palco dell’Ariston erano star internazionali del calibro di Freddy Mercury, David Bowie e Madonna.

Era il 1984, i Queen si esibivano sul palco dell’Ariston con Radio Ga Ga. In quell'occasione, la Rai costrinse un furioso Freddie Mercury a cantare in playback.

Estratto dell’articolo di R. Fra. per il “Corriere della Sera” l’11 Febbraio 2023.

«Non faccio il Festival con la politica, il Festival non è di destra, di sinistra, di centro: Sanremo è patrimonio di tutti. Tutti devono godere di questo spettacolo».

Amadeus si sfila dalla bagarre politica e difendendo il suo Sanremo difende anche se stesso. […] Amedeo Sebastiani ha imparato a scivolare sull’acqua. […] «Non ho mai avvertito pressioni dalla politica, in nessuno dei miei quattro Sanremo», spiega il conduttore. I risultati poi sono uno scudo per difendersi da qualunque attacco.

 «Lo stress fa parte del Festival e viene superato innanzitutto con il gradimento del pubblico perché è normale che gli ascolti abbiano lo loro importanza […] Quando ottieni dei numeri clamorosi lo stress lo avverti meno […] I risultati aggiungono sicurezza e adrenalina. La politica? Non ho mai detto per chi voto e mai lo farò».

[…] La presidente Meloni dice che avrebbe preferito vedere Zelensky in carne e ossa a Sanremo: «La vicenda è chiara a tutti. Avete visto Vespa con la sua intervista al presidente: io ho preso atto del suo desiderio di essere al Festival. Inizialmente l’idea era di mandare un videomessaggio. Poi lo stesso Zelensky, con il quale siamo in contatto tramite l’ambasciata, ci ha fatto sapere di voler intervenire con una lettera. Abbiamo lasciato totale libertà di scegliere la modalità dell’intervento». […] «Non mi piace attaccare o accusare, ma se mi attaccano so come difendermi». […] «Ho fatto judo, un’arte marziale di difesa […] mai di attacco». […]

Estratto dell'articolo di Maurizio Caverzan per la Verità il 14 gennaio 2023.

In realtà, i finti buoni sono tremendi. Furbetti, maliziosi, determinatissimi. Per un punto di share metterebbero il proprio figlio adolescente in prima fila all’Ariston a godersi la pomiciata tra un rapper che viene dai centri sociali e gira in Lamborghini e un ex graffitaro e modello di Gucci che canta vestito da donna.

 E se al ragazzo cresce la disforia di genere, pazienza. Quello che conta è il risultato. Bisogna sempre migliorare. Superarsi. Ama(poco)deus ex-machina lo sa bene. Un Festival dopo l’altro. Il terzo più del secondo e il quarto più del terzo. Purtroppo arriverà anche il quinto. E poi chissà.

 «Nella vita, al di là dei festival, dipende tutto dal risultato», ha teorizzato nella conferenza stampa di chiusura. «Se si ottengono questi risultati hai una forza. Se avessi fatto il 15-20% in meno sarei un allenatore esonerabile. Qualsiasi allenatore è forte finché la squadra vince, se la squadra perde anche i più grandi sono a rischio esonero. Ecco perché devo portare quello che sento, bisogna sbagliare con le proprie idee».

 Il pluridirettore artistico di Sanremo, con moglie perennemente al seguito, non si pone limiti. Colpa anche dei vertici Rai. Se dai troppo potere a un solo artista facile che si pensi un supereroe. Sembra preistoria la perculata di Checco Zalone: «Grazie a nome di tutti gli italiani, tu Amadeus ci fai sentire dei geni».

 Dopo che nel terzo è riuscito a emanciparsi da Fiorello, il quarto Festival di fila ha completato la metamorfosi. Da conduttore a condottiero. Quest’anno Amedeo Umberto Rita Sebastiani da Ravenna, gavetta nelle radio locali e a DeeJay prima di sfiancarsi nella spola Mediaset-Rai, ha replicato senza giri di parole al vicepremier Matteo Salvini, al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ai politici di Fratelli d’Italia, autoinvestendosi di un compito che sarebbe toccato a qualche dirigente. Un cambio di ruolo. Un’autopromozione.

Sul palco, invece, nello spasmodico inseguimento dello share, ha confezionato un Sanremo grondante politica. Infarcito di messaggi obliqui. Come quello ordito la prima sera da Roberto Benigni alla presenza di Sergio Mattarella e indirizzato alla premier: cara Giorgia Meloni, se vuoi fare il presidenzialismo devi passare sul nostro corpo. E di altri più espliciti.

 Come quello che si è inverato nella soave slinguazzata di cui sopra. «Ai bambini va spiegato che esiste una persona diversa da un’altra, un uomo che ama un uomo, una donna che ama una donna: è normale, l’amore non ha etichette. E questo va portato ovunque, anche nello spettacolo», aveva argomentato nei panni di guru del Festival di Zan Remo.

 C’è la fascia protetta per proteggere i minori? Quella vale per impedire ai bambini dell’innocente coro di Mr. Rain di esibirsi dopo la mezzanotte. Non al pubblico infantile di assistere alla twerkata del rapper in abiti femminili sul pacco del marito di Chiara Ferragni.

In realtà, i finti buoni sanno andare al sodo. Le regole sono fatte per essere piegate a proprio piacimento. Se c’è da invitare il capo dello Stato all’Ariston la trattativa la conducono il pluridirettore artistico e il suo agente Lucio Presta (lo è anche di Benigni e Morandi, il prossimo è Mattarella?), scavalcando l’amministratore delegato Carlo Fuortes, la presidente Marinella Soldi, il direttore dell’Intrattenimento prime time Stefano Coletta e il cda al completo.

 Se c’è da lasciare Fedez prendere a pesci in faccia mezzo governo ci si trincera dietro il rispetto della libertà artistica. Infine, a forza di mitragliare Festival, Ama(poco)deus ex-machina ha disimparato anche a fare la scaletta, confinando dopo l’una di notte il monologo di Chiara Francini, il migliore e il più originale tra tutti quelli che, invece, hanno incantato il demi-monde di riferimento.

 (...)

In realtà, i buonisti sono spietati. Con gli altri, s’intende. Quelli che non li elogiano, non li lisciano. Avete presente Fabio Fazio? Più che Baudo, è lui il suo modello. Dietro la patina un po’ untuosa da bravi ragazzi, c’è gelido zinco. Intoccabili.

 Se si dissente, cliccano sulla consolle e parte la recita da martire. «Se mi mandano via me ne vado», ha detto sperando nella sollevazione popolare. Se se ne va, magari l’opposizione trova un leader, i telespettatori ridono, la moglie sempre al seguito piange e in Rai si devono mettere a lavorare. Perché in questi anni gli hanno appaltato mezzo palinsesto.

Le sei anime di Sanremo, dal bianco e nero al miracolo Amadeus. Amadeus un tempo voleva compiacere tutti, oggi bacchetta Salvini: la metamorfosi da democristiano a condottiero. Renato Franco su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Il cambio di passo del presentatore, giunto alla sua quarta edizione del Festival, si vede dalle interviste, dalla sicurezza delle risposte, dalla capacità di placare le polemiche

Difficile cogliere l’esatto momento in cui Amadeus si è trasformato da conduttore in condottiero. Per tanti la battuta di Checco Zalone («Grazie a nome di tutti gli italiani, tu Amadeus ci fai sentire dei geni») nascondeva un pizzico di verità, nel senso che la supponenza di molti vedeva in lui un miracolato, un normal one di successo, un metro di paragone del proprio fallimento («Se ce l’ha fatta lui, posso farcela anche io»). A completare il pregiudizio si aggiungeva una narrazione di comodo: se i Festival di Amadeus sono dei bestseller televisivi è perché al suo fianco ha Fiorello, il vero fuoriclasse della coppia. Anche qui una valutazione affrettata, perché se è vero che Fiorello è un numero 1, guardando però solo la luce emanata dallo showman ci siamo persi che di fianco a lui anche Amadeus si stava accendendo di luce propria.

Le nostre pagelle della seconda serata di Sanremo

Il vero cambio di passo probabilmente risale all’anno scorso. Perché se nei Festival 2020 e 2021 Fiorello si era speso per tutte le 10 serate, nel 2022 aveva salutato l’amico dopo la prima. Così tutto era rimasto in mano ad Amadeus, conduttore di un’edizione in cui aveva dimostrato di saper camminare (anzi correre) da solo, in cui aveva fatto vedere di poter reggere sulle sue sole spalle tutto il peso della più importante manifestazione televisiva italiana. L’autostima di tre Festival di successo ha aiutato la sua consapevolezza e la sua sicurezza, ma non ne ha alimentato (eccessivamente) l’ego. E la presenza di Mattarella nella sera di debutto del suo quarto Festival ha certificato che la sua metamorfosi è probabilmente compiuta. Più che sul palco (che è la sua comfort zone), il cambio di atteggiamento si vede nelle interviste, nelle risposte pronte, nella capacità di smorzare una polemica o di affrontarla senza alimentarla.

L’ultima risposta affilata Amadeus l’ha rifilata a Salvini («Sono quattro anni che attacca il Festival, se non gli piace basta che non lo guardi»), ma era stato efficace anche nello spegnere la preoccupazione della deputata di Fratelli d’Italia Maddalena Morgante che si era detta sconcertata per la piega, a suo dire, «gender fluid» che ha preso Sanremo: «Non sono d’accordo, ma magari il pezzo di Rosa Chemical diventerà il brano preferito dei suoi figli e forse lo ballerà anche lei». Amadeus paladino dei diritti; se non alfiere del cambiamento, comunque partecipe della trasformazione in atto nella nostra società. «Ho sempre un po’ paura del moralismo. Ai bambini va spiegato che esiste una persona diversa da un’altra, un uomo che ama un uomo, una donna che ama una donna: a mio avviso è normale, non ci sono etichette. E questo va portato ovunque, anche nello spettacolo, con il massimo rispetto per tutti. Io educo i miei figli così e non li ho visti mai sconvolti. L’importante è che non si sconvolgano i genitori».

L’evoluzione da conduttore democristiano (un paradigma per sopravvivere in Rai, mai scontentare nessuno) a leader carismatico sta qui, nel non aver paura ad affrontare anche la politica ogni volta che cerca di azzannare il Festival per il ritorno di visibilità che offre. Amadeus ha percorso il suo ultimo gradino forte di numeri che rendono inattaccabile il suo lavoro. Ma forte anche di una certa filosofia zen che sembra essere il suo orizzonte emotivo: «Fiorello dice che sono lo swiffer delle polemiche, ma io non penso a come creare una discussione, non mi interessa, semplicemente accade. Quando succede, le polemiche si affrontano con onestà, con sincerità. Poi che accada sempre con Sanremo è normale: la polemica va dove c’è visibilità, non dove bisogna sgomitare per farsi notare». Apprende svelto: «Io do molta importanza alla libertà di pensiero, l’articolo 21 della Costituzione prevale su tutto». Quindi meglio non sottovalutarlo. Un altro paio di lezioni di Benigni e ce lo ritroviamo statista.

Il Mangiafuoco calabresissimo che fa e disfa i burattini della tv. Luigi Mascheroni il 3 Aprile 2023 su Il Giornale.

È l'agente delle star: Mediaset, Rai e Sanremo sono "cosa sua". Protegge gli amici, la giura ai nemici: critici, ex clienti, giornalisti

Lucio Presta the dark side of the stars, il manager in ombra dei divi più sovraesposti è come un personaggio sorrentiniano della Grande bellezza. «In questo Paese per farsi prendere sul serio bisogna prendersi molto sul serio». E lui si Presta perfettamente alla definizione.

Definizione di Lucio Presta: procuratore, imprenditore, produttore tv. È, o è stato, l'agente, in ordine di cachet, di Benigni, Bonolis, Amadeus, Gianni Morandi, Antonella Clerici (se vuole, mandando tre WhatsApp, può farsi un Sanremo dal vivo in taverna), Venier, Cuccarini, Belén, Teo Mammucari, Ezio Greggio, Michele Santoro, Simona Ventura, Federica Panicucci, Rita Dalla Chiesa, Stefano De Martino, la Palombelli (!), la moglie Paola Perego Ma Lucio Presta definizione per definizione - è anche un Pippo Baudo all'ennesima Cosenza calabresissimo, 63 anni, anelli, riccioli e turdilli - perché come Baudo - così dice - li ha fatti e li ha distrutti tutti lui. «Questo l'ho inventato io!». Da meridionale con complesso di inferiorità e provinciale non risolto, pur assurto alla gloria professionale, Lucio Presta non riesce a godersi fino in fondo il trionfo come un Fiorello qualunque lui sì da Catania all'Olimpo sempre con la soddisfazione sotto i baffi e se ne sta lì, appollaiato sul suo deposito di dobloni, come se fosse un precario del successo con l'ossessione di essere il demiurgo della tivù italiana. Eppure come agente, alla destra di Beppe Caschetto, col quale spartisce la torta degli ascolti e la crème dei teledivi, è bravissimo. Il suo talento è saper riconoscere quello degli altri. Cinico, spiccio, schivo (ma malato di Twitter), vendicativo («Se uno vuole fare a pezzi un mio artista deve pensarci bene perché se lui oggi fa male a me, io domani posso fare male a lui. Voglio che rifletta»), facilmente irritabile (da cui il soprannome «Brucio Presta»), pragmatico da cui la legge economica che regola la sua idea di televisione «Prima di passare alla gloria meglio passare alla cassa» Presta è altrettanto bravissimo a insinuare il sospetto che se in Rai cambia l'Ad, è perché dietro c'è la sua zampa; se uno viene nominato Ceo delle Olimpiadi Milano-Cortina si intesta l'incarico, e se poi la stessa persona viene giubilata ti fa intendere che è stato lui a cambiare le carte; e se adesso il marito della Meloni fa un talk show su Rete 4 qualcuno dice che Presta ha già provato ad attribuirsi il merito

Eccellente uomo di relazioni la moglie lo chiama «Wolf», perché tutti si rivolgono a lui per risolvere i problemi è però negato per la politica. Anni fa a Cosenza si candidò a sindaco, appoggiato dai renziani, ma poi capì che non era aria, e lasciò perdere.

Vincente, consigliere, spin doctor. Lucio Presta è un po' il Richelieu di Matteo Renzi (però il terribile documentario «Firenze secondo me» non è andato molto bene, e neanche secondo i vertici del canale Nove), e un po' Mangiafuoco dei burattini dello star system: crea miti, organizza vite e carriere (pacchetto completo), architetta palinsesti, fa e disfa gli artisti, i programmi, le fasce orarie, determina soprattutto lo share. Se non fosse per lui da Bonolis alla Clerici, da Morandi a Amadues quater, quinquies, sexies - Sanremo sarebbe solo una ridente cittadina della riviera ligure.

Uomo del Sud che ha trovato il suo nord seguendo il movimento delle stelle televisive, una vita da pendolare fra LucioRai e MediaPrest, da Viale Mazzini a Cologno Monzese con un formidabile equilibrismo e un'innegabile abilità nell'antica arte del baratto Io ti do Roberto, tu mi dai il prime time, io ti presto Paolo e tu ti tieni anche Paola Lucius Augustus Presta, Imperatore di Tivulandia, si accontenta di un 12-15 per cento.

Il restante 85-88 per cento è fatto di un'infanzia cosentina fino alle elementari, poi collegio cattolico a mille chilometri da casa per punizione, a La Spezia; una discesa giovanile sulla fascia da mezzala, quando era magrissimo, 64 chili per 1,84, e lo chiamavano «Fogliolina», e oggi è sui cento ed è lo «Squalo» balena; a 14 anni cameriere, da Praia a Mare al demi-monde, cosa che gli insegna come si accontenta sempre il cliente; quindi ballerino, dieci anni di carriera e cinque edizioni di Fantastico e qui Lucio è l'eccezione in assoluto: maschio e non checca e poi la svolta: manager degli artisti tv. Primo cliente una nèmesi, retrospettivamente - Heather Parisi. «Ti pignoro!».

Pignolo, tre ore di sonno a notte, collezionista di orologi senza mai indossarne uno che è un po' come essere l'agente di Benigni senza sentire il bisogno di leggere la Comedìa tre matrimoni, quattro figli in tutto, un culto per la famigghia, «E adesso mi faccio la barca!», un'auto-agiografia (titolo: Nato con la camicia, Mondadori, anche se con il Cav non si sono mai presi), un guardaroba abbastanza basic (Adidas e giubbotto di renna), un debole per il dialetto romagnolo, chissà perché; scaramantico (odia il colore verde, tranne quello dei soldi), ricco sfondato, lui è quello che guida il Porsche portandosi nel bagagliaio un capretto per farlo allo spiedo, devoto di don Bosco, gira col porto d'armi (dice di essere stato aggredito due volte sotto casa quando abitava al Nuovo Salario, ora però non ce n'è più bisogno: vive al Fleming), impone cachet stellari - e la minchia di Ode alla Costituzione di Benigni a Sanremo, con tanto di Mattarella al seguito e caso diplomatico, fu salata assai Lucio Presta crede in due cose. Le querele, che adora. E l'amicizia: da calabro, per gli amici è pronto a tutto. In particolare a giurartela.

Amici (ex amici) con i quali Lucio Presta, uomo di percentuali e contratti, ha conti in sospeso.

Massimo Giletti: parlò male del reality La talpa, condotto da sua moglie, Paola Perego (finì a sputi e denunce). Aldo Grasso: scrisse che Presta imponeva velati ricatti alla Rai, tipo «Vi porto un fuoriclasse ma fai lavorare mia moglie Paola Perego» (controreplica via Twitter di Presta: «Grasso, sei un coglione»). Giancarlo Magalli: parlò pubblicamente della «clausola Perego», cioè «Se vuoi Bonolis prendi anche mia moglie, Paola Perego» (risposta di Presta via intervista: «Magalli è un delinquente»). Barbara d'Urso: lui la chiamò «Suora laica in paillettes che produce orrore in tv», ma adesso hanno fatto pace con photo opportunity su Twitter. E Antonio Ricci: non si sa cosa sia successo ma una volta Lucio Presta ha detto: «Ricci crede di essere il dottore della televisione. Invece è la malattia».

Frase-tormentone di Lucio Presta su Twitter: «Buongiorno a tutti, meno uno».

Frasi che piacciono molto a Lucio Presta. «Io so che gli uomini le cose se le risolvono tra loro, i quaqquaraquà se le risolvono in altra maniera». «Io non attacco mai. Proteggo i miei artisti». «Il mercato è mercato». E comunque sono sempre «Cifre fuori dalla realtà». Ma soprattutto: «Sono salesiano. Prima mi vendico, poi perdono». Del resto, è noto, sono soltanto tre le cose che Dio non conosce. Quanti ordini di suore ci sono. Cosa pensano davvero i gesuiti. E quanto sono ricchi i salesiani.

E per il resto, come dice il proverbio, «Andare a letto presto e alzarsi Presta, fanno l'uomo sano, ricco e potente».

Av salut burdel!

Il gip del Tribunale di Roma archivia l’indagine su Matteo Renzi e Lucio Presta, per finanziamento illecito. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 20 Marzo 2023.

La vicenda era legata ai bonifici fatti dal manager tv per il documentario 'Firenze secondo me', dove il leader di Italia Viva guidava gli spettatori alla scoperta della città

Archiviazione per Matteo Renzi e Lucio Presta. Il gip di Roma ha archiviato l’inchiesta che vedeva indagati l’ex premier e oggi leader di Italia Viva Matteo Renzi, il noto manager televisivo Lucio Presta e suo figlio Niccolò Presta. L’accusa nei confronti dei tre era quella di “finanziamento illecito“. A chiedere l’archiviazione i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Stefano Pesci della procura di Roma.

Il procedimento verteva sui rapporti economici tra Renzi e l’agente televisivo e, in particolare, i bonifici del documentario “Firenze secondo me”, che nel 2019 finirono in una relazione dell’antiriciclaggio della UIF, l ‘ Unità investigativa finanziaria della Banca d’Italia. Il documentario venne realizzato da Renzi con la casa di produzione Arcobaleno ed è andato in onda su Nove, canale del gruppo Discovery Italia, a cavallo tra il 2018 e il 2019. Un flop, con ascolti al 2%, ma evidentemente Discovery non nutriva grosse aspettative visto che pagò appena 20mila euro. L’ex segretario del Pd ottenne invece un cachet di 454 mila euro.

Non so in cosa possa sostanziarsi questo avviso di garanzia: tutte le nostre attività solo legali, lecite, legittime” – aveva dichiarato Matteo Renzi due anni fa quando venne alla luce il procedimento penale nei suoi confronti – “Si parla di una mia attività professionale che sarebbe finanziamento illecito alla politica, cosa che non sta né in cielo né in terra. Quando arriveranno gli atti potremo discutere e confrontarci“. aggiungendo in una videodiretta su Facebook, commentando l’indagine che lo coinvolgerebbe. “Io non ho paura, sono andato contro tutti e contro tutto per fare un nuovo governo. Pensate se possono farmi paura con qualche velato avvertimento e con qualche avviso di garanzia comunicato via stampa in un determinato giorno“.

Parte di quel denaro, secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, sarebbe servito a Renzi per ripagare il prestito di 700mila euro che aveva ricevuto dalla signora Anna Picchioni, vedova dell’imprenditore Egiziano Maestrelli, per comprare la villa di Firenze, costata un milione e 350mila euro (per 285 metri quadrati). Renzi affermò che il prestito era stato ripagato con i suoi guadagni ottenuti come conferenziere e, appunto, grazie alla realizzazione del documentario.

Ad annunciare l’archiviazione è lo stesso Lucio Presta su Twitter. “Desidero ringraziare la procura di Roma che ha svolto le indagini che mi vedevano indagato con il senatore Matteo Renzi, conclusesi con l’archiviazione – scrive Presta – Li ringrazio per aver avuto la professionalità e l’equilibrio che hanno garantito di salvaguardare la mia rispettabilità, la mia professionalità, la vita mia e quella di mio figlio Niccolò. Ringrazio i legali (Cersosimo-Lucarelli) per il grande lavoro svolto“. Redazione CdG 1947

Giovanni Tizian e Emiliano Fittipaldi per editorialedomani.it il 22 marzo 2023.

La vena del politico è sfociata – come è noto - in alcuni format tv da lui inventati, pagati cari e amari da Presta ma mai realizzati; e in un mandato di rappresentanza a Presta «per promuovere nel mondo la mia attività professionale esclusivamente nell’ambito dello spettacolo», costati all’agente ben 300mila euro. A cui vanno aggiunti altri 400 mila euro per l’ideazione e la conduzione del documentario “Firenze secondo me”, mossa economicamente disastrosa per la società Arcobaleno Tre controllata da Presta: costata in tutto quasi un milione, l’opera è stata venduta a Discovery Channel per appena mille euro, ad oggi nemmeno incassati.

La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione degli indagati perché, pur evidenziando come l’investimento fatto da Presta appare «estraneo» a una logica commerciale sensata, secondo la nuova legge Cartabia per chiedere il rinvio a giudizio degli indagati è necessario che esista una «ragionevole previsione di condanna». Tradotto, senza prove solide che garantiscano una buona probabilità di vittoria il magistrato deve archiviare prima ancora di andare in udienza preliminare.

In questo caso, nonostante Presta abbia finora girato a Renzi 700 mila euro attraverso un’operazione che appare come «un mero costo», secondo i pm e il gip che ha accolto la richiesta di archiviazione non ci sono evidenze schiaccianti contro l’agente e Renzi: il documentario è stato effettivamente girato ed è opera «reale» forse vendibile ai posteri, mentre il contratto di esclusiva potrebbe – non è cosa da escludere a priori – portare futuri guadagni alla Arcobaleno Tre.

 Detto questo, le 20 pagine della richiesta di archiviazione descrivono la storia di un’operazione bizzarra tra l’allora segretario del Pd e un potente agente che lavora anche con la tv di Stato, con scritture private abortite, retrodatazioni, curiose trattative con le società del capo di Forza Italia Silvio Berlusconi (Mediaset e la casa editrice Mondadori) in merito all’acquisto dei diritti di “Firenze secondo me”. Con il corollario che alcune giustificazioni di Presta messe a verbale spesso vengono smentite dai fatti e da successive testimonianze di test chiave.

Soprattutto, il dispositivo di archiviazione evidenzia come l’impresa culturale Renzi-Presta sia collegata, temporalmente ed economicamente, all’acquisto di Renzi della casa di Firenze. Come già raccontato da chi scrive sull’Espresso e su Domani, la villa fu infatti acquistata grazie a un prestito (da 700 mila euro) ottenuto dall’anziana madre di alcuni imprenditori toscani amici del senatore, i Maestrelli. Soldi restituiti dal leader del Terzo Polo proprio grazie a parte della provvista ottenuta dall’Arcobaleno Tre, che in tutto ha girato a Renzi esattamente 700mila euro.

Partiamo dall’inizio della vicenda. E dal documentario “Firenze secondo me”. È il 16 giugno 2018, e i coniugi Renzi ottengono da Anna Picchioni (madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli che nel 2015, durante il governo Renzi, era stato nominato nel cda di CpdImmobiliare) il prestito con cui possono comprare la casa dei loro sogni.

Due giorni dopo, il 18 giugno, Renzi si impegna a girare alcune scene dell’opera con specifico riferimento al “Calcio fiorentino”: lo segnala un contratto «non sottoscritto» trovato dagli investigatori della Guardia di Finanza negli uffici dell’Arcobaleno Tre. Passa un mese, e il 27 luglio Renzi apre una partita iva. Gli servirà per firmare il 31 luglio il contratto da conduttore e autore del documentario, per un totale di 400mila euro. Per il film la società di Presta tra troupe e location spenderà altro mezzo milione, con un investimento totale di 920 mila euro.

 Se per gli investigatori il politico ottiene di fatto da Presta «700 mila euro e la produzione di un lungometraggio idoneo a promuovere la propria immagine pubblica», la società dell’agente «è apparsa avere riportato un mero costo».

La richiesta di archiviazione evidenzia poi che le prime trattative per piazzare il documentario in tv iniziano a luglio 2018 con Mediaset, dunque solo dopo che Renzi e Presta hanno già preso i primi accordi per girarlo. Nell’interrogatorio ai pm l’agente di Amadeus segnala come avrebbe raggiunto un accordo con gli alti dirigenti del Biscione Alessandro Salem (da lustri braccio destro di Piersilvio Berlusconi), Giorgio Restelli e Massimo Porta.

 Un patto da un milione di euro non scritto, ma «suggellato da una stretta di mano», ha detto Presta a verbale. «In seguito» scrivono ancora i pm «per via di una asserita divergenza con Salem che avrebbe voluto trasmettere la produzione in prima serata, mentre Presta insisteva per la seconda, il documentario non sarebbe stato mandato in onda. Sarebbe stato comunque pagato, così come da accordi intervenuti». Presta, in effetti, dichiara di non «avere perso nemmeno un euro dalla produzione di Firenze secondo me».

Se in una mail agli atti del 10 ottobre sembra raccontare che è Presta a lamentarsi con Salem per «il venir meno dell’impegno assunto per l’acquisto del documentario», non è chiaro come mai l’agente litighi con i dirigenti di Berlusconi che volevano dare la massima visibilità all’opera.

 La procura di Roma ha poi trovato traccia di un’altra lettera tra Mediaset e Arcobaleno Tre, che fa in effetti riferimento all’acquisto del documentario per soli 300 mila euro, ma che resterà comunque una promessa «non portata a termine». Anche un manager di RTI sentito in procura, Andrea Giudici, ha escluso che Mediaset abbia mai, per quanto a sua conoscenza, «proceduto all’acquisto».

Dunque, Presta non ha incassato un euro da nessun network tv. Da altre aziende dell’universo berlusconiano, invece, qualche denaro è arrivato. L’agente ha detto che l’esclusiva di “Firenze secondo me” «gli avrebbe procurato un contratto con Piemme», editore controllata dalla Mondadori, per pubblicare un libro dal titolo omonimo.

 Mentre i magistrati di Piazzale Clodio hanno scoperto che un contratto tra Renzi e Mondadori originato dal documentario esiste davvero. Ma pure che alla fine i 50 mila euro pattuiti sono stati poi riversati su un altro libro di Renzi, “Controcorrente”.

 Un saggio su Firenze del politico però potrebbe finalmente uscire nel 2024. La Mondadori ha firmato un contratto con Renzi e Presta, che potrebbe recuperare finalmente qualche spiccio: 16.625 euro è la somma corrisposta sul contratto firmato ad ottobre 2021. Quest’anno, invece, la casa editrice di Berlusconi forse darà alle stampe “Almanacco”, sempre a firma Renzi, volume che dovrebbe richiamare un format televisivo “5 minuti”, già venduto nel 2018 dal politico a Presta. «In forza di tale contratto alla Arcobaleno è stata corrisposta, difformemente da quanto dichiarato da Presta nell’interrogatorio, la somma di 10 mila euro, e non 40 mila».

Torniamo al torrido luglio 2018. Il giorno prima di firmare il contratto per il documentario, Renzi sigla con Presta anche una scrittura privata da 200 mila euro, con cui trasferisce al sodale i diritti di due format tv da lui ideati: il già citato “5 minuti” e “Mr Interviste”, entrambi mai realizzati. Non si sa come mai Presta e Renzi decidano improvvisamente nello stesso giorno di firmare contratti su tanti lavori d’ingegno così diversi che sommati insieme arrivano proprio ai 700 mila euro del prestito ottenuto dall’allora segretario del Pd.

Ma durante le perquisizioni gli investigatori trovano «un contratto avente pari data, medesimo oggetto, ma diverso importo di euro 500mila». Si tratta di una scrittura privata che secondo la commercialista di Presta sentita in procura sarà «poi superata», e tagliato ai 200mila euro suddetti.

 La circostanza ha fatto ipotizzare a Piazzale Clodio che il compenso che Presta voleva investire su Renzi non fosse «parametrato al valore della prestazione artistica, bensì a un risultato economico complessivo che si voleva raggiungere; ottenuto il quale (attraverso altri contratti, ndr) si è optato per un compenso inferiore a quello preventivato».

Anche il contratto da 100 mila euro con cui l’ex premier cede a Presta «i diritti di sfruttamento economico di eventuali opere future d’ingegno del senatore» è del 30 luglio 2018. Come gli altri, presenta peculiarità non banali: se «per prassi» è l’artista che paga il suo agente, «nel contratto stipulato da Renzi con l’Arcobaleno Tre invece è quest’ultima che retribuisce il rappresentato».

 Alla fine della fiera, i pm dicono che «dubbi» possono essere sollevati, che alcune affermazioni di Presta (come quelle sui soldi avuti da Mediaset) non sono state «confermate dalle indagini a riscontro», e che non si può dire con certezza se i progetti editoriali con Mondadori «siano o meno fumo negli occhi». Il «mero sospetto» è però irrilevante: piaccia o non piaccia, non essendoci prove decisive per sostenere a processo bisogna archiviare. Cartabia docet, e Renzi e Presta possono festeggiare.

Libri, doc e i misteri Mediaset. Tutti gli affari di Renzi e Presta. GIOVANNI TIZIAN ED EMILIANO FITTIPALDI su Il Domani il 22 marzo 2023

Il senatore e il suo agente sono stati archiviati dalla procura di Roma per il reato di finanziamento illecito. Ma per i pm Presta di fatto ha perso (ad ora) 700mila euro. Usati da Renzi per restituire il prestito per la casa

Matteo Renzi e Lucio Presta sono stati archiviati dalle accuse di finanziamento illecito e sovrafatturazione, in merito ai denari (in tutto 700mila euro) che l’agente delle star ha girato cinque anni fa all’ex premier come compenso per «l’attività artistica del senatore».

La vena del politico è sfociata – come è noto - in alcuni format tv da lui inventati, pagati cari e amari da Presta ma mai realizzati; e in un mandato di rappresentanza a Presta «per promuovere nel mondo la mia attività professionale esclusivamente nell’ambito dello spettacolo», costati all’agente ben 300mila euro. A cui vanno aggiunti altri 400 mila euro per l’ideazione e la conduzione del documentario “Firenze secondo me”, mossa economicamente disastrosa per la società Arcobaleno Tre controllata da Presta: costata in tutto quasi un milione, l’opera è stata venduta a Discovery Channel per appena mille euro, ad oggi nemmeno incassati.

EFFETTO CARTABIA

La procura di Roma ha chiesto l’archiviazione degli indagati perché, pur evidenziando come l’investimento fatto da Presta appare «estraneo» a una logica commerciale sensata, secondo la nuova legge Cartabia per chiedere il rinvio a giudizio degli indagati è necessario che esista una «ragionevole previsione di condanna». Tradotto, senza prove solide che garantiscano una buona probabilità di vittoria il magistrato deve archiviare prima ancora di andare in udienza preliminare.

In questo caso, nonostante Presta abbia finora girato a Renzi 700 mila euro attraverso un’operazione che appare come «un mero costo», secondo i pm e il gip che ha accolto la richiesta di archiviazione non ci sono evidenze schiaccianti contro l’agente e Renzi: il documentario è stato effettivamente girato ed è opera «reale» forse vendibile ai posteri, mentre il contratto di esclusiva potrebbe – non è cosa da escludere a priori – portare futuri guadagni alla Arcobaleno Tre.

Detto questo, le 20 pagine della richiesta di archiviazione descrivono la storia di un’operazione bizzarra tra l’allora segretario del Pd e un potente agente che lavora anche con la tv di Stato, con scritture private abortite, retrodatazioni, curiose trattative con le società del capo di Forza Italia Silvio Berlusconi (Mediaset e la casa editrice Mondadori) in merito all’acquisto dei diritti di “Firenze secondo me”. Con il corollario che alcune giustificazioni di Presta messe a verbale spesso vengono smentite dai fatti e da successive testimonianze di test chiave.

Soprattutto, il dispositivo di archiviazione evidenzia come l’impresa culturale Renzi-Presta sia collegata, temporalmente ed economicamente, all’acquisto di Renzi della casa di Firenze. Come già raccontato da chi scrive sull’Espresso e su Domani, la villa fu infatti acquistata grazie a un prestito (da 700 mila euro) ottenuto dall’anziana madre di alcuni imprenditori toscani amici del senatore, i Maestrelli. Soldi restituiti dal leader del Terzo Polo proprio grazie a parte della provvista ottenuta dall’Arcobaleno Tre, che in tutto ha girato a Renzi esattamente 700mila euro.

LA TRATTATIVA CON MEDIASET

Partiamo dall’inizio della vicenda. E dal documentario “Firenze secondo me”. È il 16 giugno 2018, e i coniugi Renzi ottengono da Anna Picchioni (madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli che nel 2015, durante il governo Renzi, era stato nominato nel cda di CpdImmobiliare) il prestito con cui possono comprare la casa dei loro sogni.

Due giorni dopo, il 18 giugno, Renzi si impegna a girare alcune scene dell’opera con specifico riferimento al “Calcio fiorentino”: lo segnala un contratto «non sottoscritto» trovato dagli investigatori della Guardia di Finanza negli uffici dell’Arcobaleno Tre. Passa un mese, e il 27 luglio Renzi apre una partita iva. Gli servirà per firmare il 31 luglio il contratto da conduttore e autore del documentario, per un totale di 400mila euro. Per il film la società di Presta tra troupe e location spenderà altro mezzo milione, con un investimento totale di 920 mila euro.

Se per gli investigatori il politico ottiene di fatto da Presta «700 mila euro e la produzione di un lungometraggio idoneo a promuovere la propria immagine pubblica», la società dell’agente «è apparsa avere riportato un mero costo».

La richiesta di archiviazione evidenzia poi che le prime trattative per piazzare il documentario in tv iniziano a luglio 2018 con Mediaset, dunque solo dopo che Renzi e Presta hanno già preso i primi accordi per girarlo. Nell’interrogatorio ai pm l’agente di Amadeus segnala come avrebbe raggiunto un accordo con gli alti dirigenti del Biscione Alessandro Salem (da lustri braccio destro di Piersilvio Berlusconi), Giorgio Restelli e Massimo Porta.

Un patto da un milione di euro non scritto, ma «suggellato da una stretta di mano», ha detto Presta a verbale. «In seguito» scrivono ancora i pm «per via di una asserita divergenza con Salem che avrebbe voluto trasmettere la produzione in prima serata, mentre Presta insisteva per la seconda, il documentario non sarebbe stato mandato in onda. Sarebbe stato comunque pagato, così come da accordi intervenuti». Presta, in effetti, dichiara di non «avere perso nemmeno un euro dalla produzione di Firenze secondo me».

Se in una mail agli atti del 10 ottobre sembra raccontare che è Presta a lamentarsi con Salem per «il venir meno dell’impegno assunto per l’acquisto del documentario», non è chiaro come mai l’agente litighi con i dirigenti di Berlusconi che volevano dare la massima visibilità all’opera.

La procura di Roma ha poi trovato traccia di un’altra lettera tra Mediaset e Arcobaleno Tre, che fa in effetti riferimento all’acquisto del documentario per soli 300 mila euro, ma che resterà comunque una promessa «non portata a termine». Anche un manager di RTI sentito in procura, Andrea Giudici, ha escluso che Mediaset abbia mai, per quanto a sua conoscenza, «proceduto all’acquisto».

Dunque, Presta non ha incassato un euro da nessun network tv. Da altre aziende dell’universo berlusconiano, invece, qualche denaro è arrivato. L’agente ha detto che l’esclusiva di “Firenze secondo me” «gli avrebbe procurato un contratto con Piemme», editore controllata dalla Mondadori, per pubblicare un libro dal titolo omonimo. Mentre i magistrati di Piazzale Clodio hanno scoperto che un contratto tra Renzi e Mondadori originato dal documentario esiste davvero. Ma pure che alla fine i 50 mila euro pattuiti sono stati poi riversati su un altro libro di Renzi, “Controcorrente”.

Un saggio su Firenze del politico però potrebbe finalmente uscire nel 2024. La Mondadori ha firmato un contratto con Renzi e Presta, che potrebbe recuperare finalmente qualche spiccio: 16.625 euro è la somma corrisposta sul contratto firmato ad ottobre 2021. Quest’anno, invece, la casa editrice di Berlusconi forse darà alle stampe “Almanacco”, sempre a firma Renzi, volume che dovrebbe richiamare un format televisivo “5 minuti”, già venduto nel 2018 dal politico a Presta. «In forza di tale contratto alla Arcobaleno è stata corrisposta, difformemente da quanto dichiarato da Presta nell’interrogatorio, la somma di 10 mila euro, e non 40 mila».

SCRITTURE PRIVATE

Torniamo al torrido luglio 2018. Il giorno prima di firmare il contratto per il documentario, Renzi sigla con Presta anche una scrittura privata da 200 mila euro, con cui trasferisce al sodale i diritti di due format tv da lui ideati: il già citato “5 minuti” e “Mr Interviste”, entrambi mai realizzati. Non si sa come mai Presta e Renzi decidano improvvisamente nello stesso giorno di firmare contratti su tanti lavori d’ingegno così diversi che sommati insieme arrivano proprio ai 700 mila euro del prestito ottenuto dall’allora segretario del Pd. Ma durante le perquisizioni gli investigatori trovano «un contratto avente pari data, medesimo oggetto, ma diverso importo di euro 500mila». Si tratta di una scrittura privata che secondo la commercialista di Presta sentita in procura sarà «poi superata», e tagliato ai 200mila euro suddetti.

La circostanza ha fatto ipotizzare a Piazzale Clodio che il compenso che Presta voleva investire su Renzi non fosse «parametrato al valore della prestazione artistica, bensì a un risultato economico complessivo che si voleva raggiungere; ottenuto il quale (attraverso altri contratti, ndr) si è optato per un compenso inferiore a quello preventivato».

Anche il contratto da 100 mila euro con cui l’ex premier cede a Presta «i diritti di sfruttamento economico di eventuali opere future d’ingegno del senatore» è del 30 luglio 2018. Come gli altri, presenta peculiarità non banali: se «per prassi» è l’artista che paga il suo agente, «nel contratto stipulato da Renzi con l’Arcobaleno Tre invece è quest’ultima che retribuisce il rappresentato».

Alla fine della fiera, i pm dicono che «dubbi» possono essere sollevati, che alcune affermazioni di Presta (come quelle sui soldi avuti da Mediaset) non sono state «confermate dalle indagini a riscontro», e che non si può dire con certezza se i progetti editoriali con Mondadori «siano o meno fumo negli occhi». Il «mero sospetto» è però irrilevante: piaccia o non piaccia, non essendoci prove decisive per sostenere a processo bisogna archiviare. Cartabia docet, e Renzi e Presta possono festeggiare.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

GIOVANNI TIZIAN ED EMILIANO FITTIPALDI

Emiliano Fittipladi, nato nel 1974, è vicedirettore di Domani. Giornalista investigativo, ha lavorato all'Espresso firmando inchieste su politica, economia e criminalità. Per Feltrinelli ha scritto "Avarizia" e "Lussuria" sulla corruzione in Vaticano e altri saggi sul potere.

Giovanni Tizian, classe ’82. A Domani è capo servizio e inviato cronaca e inchieste. Ha lavorato per L’Espresso, Gazzetta di Modena e ha scritto per Repubblica. È autore di numerosi saggi-inchiesta, l’ultimo è il Libro nero della Lega (Laterza) con lo scoop sul Russiagate della Lega di Matteo Salvini.

Estratto dell’articolo di Concetto Vecchio per “la Repubblica” il 13 febbraio 2023.

[…] Amadeus dice che se lo cacciano è per le sue idee. «Andrebbe cacciato per la mancanza di idee. Ma lo terranno lì, perché comanda Lucio Presta». […]

Estratto dell’articolo di Tommaso Rodano per “il Fatto quotidiano” il 13 febbraio 2023.

Il vero vincitore di Sanremo non ha dovuto aspettare la finale: Lucio Presta ha dominato il Festival dal principio. Il re degli agenti tv conduce la kermesse tramite il suo assistito Amadeus, ha piazzato Roberto Benigni […] e nella sua scuderia è passato anche Gianni Morandi.

Non bastava: Presta è finito pure nelle foto ufficiali del Quirinale per testimoniare la trasferta sanremese di Sergio Mattarella, di cui è stato regista. Se Sanremo è la gallina dalle uova d’oro della Rai, la Rai è il pollaio di Lucio Presta. […] lui è al di sopra dei capricci politici. […] come ha raccontato a Claudio Sabelli Fioretti nel 2005: “Se un direttore vuole fare a pezzi un mio artista, deve pensarci bene: se lui oggi fa male a me io domani posso fare male a lui. Voglio che rifletta. Non sono uno che vende spazzole”.

[…] il botto arriva nei primi anni 2000, quando Paolo Bonolis diventa il grande mattatore della tv italiana e fa l’elastico tra Rai e Mediaset. Con lui spicca il volo anche Lucio, ex ballerino di Fantastico negli anni ‘80. Sulla pista da ballo non ha lasciato ricordi indelebili, come agente delle star invece è diventato il migliore. Bonolis e Amadeus, appunto, ma pure sua moglie Paola Perego, Antonella Clerici, Marco Liorni, Ezio Greggio, Lorella Cuccarini, i tour teatrali di Checco Zalone e molti altri.

Il cosentino Lucio Presta è persona dai molti vezzi: nella casa di campagna alleva quattro mucche highlander, quelle col manto peloso come yak; ha un rapporto affettuoso anche con le armi perché “ho subito due rapine e sono il miglior deterrente che conosca”. […]  “Prima mi vendico e poi perdono”. […] Chiedere, tra gli altri, a Mario Orfeo e Monica Maggioni: il primo è stato silurato dalla Direzione Approfondimenti, la scorsa estate, anche per la guerra personale che gli ha mosso Lucio, la seconda è finita in black list perché nel 2017 fece chiudere il programma della moglie Perego […]

 Se attacchi Presta, Presta se ne ricorderà. Lo sanno anche giornalisti e critici tv, sottoposti a un regime di monitoraggio quasi militare: chi scrive male di un assistito di Lucio può aspettarsi chilometrici audio whatsapp con le reprimenda di Gina Cilia, la sua più stretta collaboratrice. Forse anche per questo, in genere, la stampa lo tratta con i guanti […] Il prossimo anno è ancora di Amadeus, e quindi ancora di Presta: sarà la decima edizione condotta da un suo cliente. Lui giura che sarà l’ultima, ma qualcuno pensa davvero che si ritiri a pascolare le vacche, lasciando il dominio tv al suo rivale Beppe Caschetto?

Nel frattempo però Presta ha regalato ai figli le quote di Arcobaleno Tre, la sua società storica, e poco dopo anche loro si sono disimpegnati. Poi c’è stato il pessimo affare di Firenze secondo me, il tremendo documentario con Matteo Renzi. Doveva rilanciare la popolarità dell’ex premier, è finito in un’indagine della procura di Roma, con l’ipotesi di un presunto finanziamento illecito: costato quasi un milione di euro – tra compenso per Renzi e costi di produzione – non ha incassato praticamente nulla.

Chi gliel’ha fatto fare? Forse gratitudine e affetto - Presta insieme a Simona Ercolani è stato il produttore della Leopolda nelle stagioni più brillanti, inoltre è conterraneo e grande amico del renziano Ernesto Carbone […] Nel 2017 il tentativo di limitare il suo strapotere - e quello di Caschetto - fece approvare in Vigilanza Rai una risoluzione “contro i conflitti di interessi di agenti, autori e conduttori”, poi recepita nel 2020 con una direttiva dell'ex ad Fabrizio Salini. Formalmente è ancora in vigore, nella sostanza è lettera morta: lavorano sempre, quasi solo, quei due.

Estratto dell’articolo di Leandro Palestini per www.repubblica.it del 11 ottobre 2005

 Massimo Giletti annuncia di voler querelare Lucio Presta, potente manager dei divi dello spettacolo (nella sua scuderia Benigni, Bonolis, Amadeus, Venier, Perego) per l' aggressione subìta domenica in una piazza di Roma, a Domenica in finita. Duplice la versione dei fatti. Secondo il conduttore, il manager lo avrebbe insultato, gli avrebbe sputato e «minacciato pesantemente» per aver parlato male del reality La talpa, condotto dalla ex compagna di Presta, Paola Perego.

 Il manager esclude la premeditazione, dice d'aver «incrociato casualmente» Giletti, ma confessa di avergli detto a brutto muso «che lui va in tv non per fare spettacolo, ma per tre ragioni: per smentire le voci sulla sua omosessualità; per parlare male dei colleghi; per dire che è caduto dal motorino, quando invece è stato preso a schiaffi». Massimo Giletti non entra nei dettagli, la sua versione è più sofferta. «Sono stato insultato pesantemente, minacciato e, quando mi sono girato, Presta mi ha anche sputato. Per fortuna non mi ha preso», racconta il conduttore.

«Sono rammaricato del fatto che uno non possa esprimere in tv i suoi giudizi sul valore morale di certi reality. Non so perché Presta abbia perso la testa: forse non credeva alla coppia Giletti-Baudo, e invece gli ascolti di Domenica in volano. L' altra sera il mio spazio ha fatto il 35% di share, come una volta Bonolis. Ma noi costiamo due lire». E sullo sputo di Presta aggiunge: «Credevo che i lama, quegli animali che sputano sempre, fossero confinati negli zoo». […]

Così Presta ha scavalcato i vertici Rai. Il manager di Amadeus ha trattato direttamente con il Colle. Laura Rio il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

«Invece di ringraziare, ci criticano pure». Arriva durissima la risposta di Amadeus ai consiglieri Rai infastiditi perché non sono stati messi al corrente della presenza del presidente Mattarella nella prima serata del Festival di Sanremo. Insomma - dice il presentatore - invece di festeggiare un avvenimento storico e i risultati di ascolto eclatanti (60 per cento di share), la Rai si spacca. Per questo l'irritazione del conduttore, del suo entourage e del direttore Prime Time Stefano Coletta si tocca con mano nella sala stampa di Sanremo. Irritazione che sale ancora di più quando si fa notare la «preoccupazione» del Cda perché «l'operazione Mattarella» è stata gestita passando sopra i vertici Rai da Lucio Presta, che non ha ruoli ufficiali nella tv di Stato, ma è manager del conduttore, di Morandi e di Benigni (la cui lettura della Costituzione è stata la chiave di volta per convincere Mattarella a venire a Sanremo) e di fatto organizzatore reale del Festival. «Al posto dei consiglieri - attacca Amadeus - direi grazie a qualunque persona abbia fatto in modo che il presidente fosse all'Ariston. Invece di colpevolizzarla andrei a stringergli la mano». E precisa con chiarezza che «la trattativa è stata gestita da Presta con Giovanni Grasso, portavoce del Quirinale, semplicemente perché si conoscono e si stimano da tempo». Ma perché era necessaria tutta questa segretezza? «Per ragioni di sicurezza del presidente stesso, come ci ha chiesto il Quirinale».

Al di là di questa poco convincente spiegazione, le repliche di Amadeus e del direttore Coletta («Io non mi sono per nulla sentito sminuito dall'essere tenuto all'oscuro di tutto») mostrano la totale confusione che regna ora in Rai. Come sempre succede in un momento di passaggio. Il vertice e il cda sono specchio delle larghe intese di Draghi e finché l'attuale maggioranza (leggi Giorgia Meloni, che per ora ha deciso di lasciare Fuortes al suo posto) non deciderà di metterci le mani, la situazione andrà peggiorando. Parte dei consiglieri - quelli di centrodestra - stanno cercando da tempo di buttare l'ad (espressione della sinistra draghiana) fuori dall'azienda, contestando aspetti economici e gestionali, ma lui resiste concedendo spazi e uomini alle istanze dell'attuale Governo. E quanto successo per Mattarella è lo specchio di tutto questo. In nessuna azienda «normale» operazioni come quella di Mattarella sarebbero gestite esternamente. Ma in nessuna azienda «normale» accadrebbe che, proprio nei minuti in cui Mattarella appare sul palco dell'Ariston ed entra Benigni per declamare la Costituzione, il Cda, massimo organo di governo dell'azienda medesima, protesti per quanto sta accadendo. In questa chiave, c'è, addirittura, chi insinua che il Capo dello Stato sia stato «coinvolto» in un'operazione di soccorso «rosso» all'attuale governance per mantenere ai loro posti l'ad e, a cascata, quelli che a lui sono più o meno legati, dal direttore Coletta a tutti i manager interni ed esterni più vicini al Pd. Non per nulla Salvini strepita contro il festival un giorno sì e l'altro pure. Prossimo appuntamento di scontro la presenza-non presenza di Zelensky sabato sera. Anche da questa operazione i consiglieri sono tagliati fuori.

Giacomo Amadori per “La Verità” il 9 febbraio 2023.

Uno dei primi a festeggiare su Twitter lo sbarco del capo dello Stato a Sanremo è stato Matteo Renzi: «Inizio straordinario. Il presidente Mattarella in sala, Morandi che canta l’inno, Benigni show. Chapeau».

 Tanto entusiasmo potrebbe non essere casuale, visto che uno degli organizzatori dell’evento è stato Lucio Presta, l’agente delle star, da Amadeus e Benigni, ma anche e, forse, soprattutto di Renzi. Sui rapporti tra il manager e il politico, vale la pena di ricordarlo, sta indagando la Procura di Roma che nei prossimi giorni dovrà sciogliere il dilemma: chiedere il processo per i due indagati o l’archiviazione. Gli inquirenti contestano il reato di finanziamento illecito di un parlamentare e l’utilizzo e l’emissione di fatture false.

La vicenda ruota intorno a pagamenti per un valore di 700.000 euro effettuati dalla Arcobaleno Tre di Presta a Renzi, esattamente la stessa cifra che il senatore aveva ricevuto come prestito infruttifero dalla famiglia Maestrelli per l’acquisto di una villa a Firenze.

 I pm Alessandro Di Taranto e Gennaro Varone il 30 giugno del 2021 avevano inviato la Guardia di finanza a perquisire Presta e il figlio Niccolò, entrambi indagati, e anche altri soggetti, alla ricerca di materiale utile alle investigazioni.

 I contratti per prestazioni di servizi sotto la lente d’ingrandimento sono tre: uno ha portato alla produzione del documentario in quattro puntate Firenze secondo me, poi venduto al canale Discovery a una cifra molto modesta.

 C’è poi un contratto di cessione di opere d’ingegno per cui sarebbe stato effettuato il pagamento prima della realizzazione dei progetti: uno riguardava una specie di Accadde oggi in pillole di cinque minuti, un altro era, invece, un format in cui Renzi avrebbe dovuto intervistare personaggi famosi; c’era infine un mandato di rappresentanza artistica in esclusiva del fu Rottamatore da parte di Presta.

 Da mesi, però, nessuno parla di questa inchiesta e la Procura da tempo sta riflettendo su come procedere. Forse a causa di questo silenzio tombale sulla vicenda gli uomini del presidente hanno interloquito senza problemi con l’indagato Presta per la parte operativa (per esempio per capire da dove far entrare l’auto presidenziale e dove fare accomodare Mattarella e la figlia). Anche perché il manager si è presentato come responsabile organizzativo dell’evento. Per la parte artistica invece al Colle hanno avuto come interlocutori Amadeus e l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes.

La lunga marcia per portare il presidente a Sanremo è iniziata l’anno scorso quando Amadeus decide di rivolgersi dal palco dell’Ariston al Capo dello Stato, appena riconfermato. Allora il conduttore, dopo avergli augurato buon lavoro, gli fece sapere, «a nome di tutti gli italiani», di considerarlo «un punto di riferimento».

Il conduttore svelò di aver saputo che il capo dello Stato e il fratello Piersanti nel 1978 avevano assistito all’«ultimo leggendario concerto di Mina» alla Bussola domani di Viareggio.

E per questo aveva deciso di dedicargli Grande, grande, grande, suonata dall’orchestra, una canzone «che spiega meglio di ogni cosa di ogni parola quello che pensiamo veramente di lei», aveva detto. A metà novembre Amadeus è tornato alla carica con il portavoce di Mattarella, Giovanni Grasso, chiedendo se fosse impensabile l’idea che il presidente interagisse in qualche modo con Sanremo, magari con un videomessaggio, con un collegamento o con un’intervista da realizzare prima. Grasso ne ha parlato con Mattarella che non ha dato subito l’assenso, ma quando si è orientato verso il sì è stato coinvolto anche Fuortes ed è partita l’organizzazione vera e propria dell’evento.

Dopo aver dato il suo assenso il presidente ha scelto, anziché di esternare, di partecipare da spettatore, seppur eccellente, come del resto ha fatto anche in occasione di altri eventi culturali o sportivi.

 A quel punto, come ci hanno rivelato fonti Rai, la macchina ha dovuto iniziare a lavorare a un piano, a considerare come giustificare la presenza di Mattarella, seppur in visita privata. Dal Quirinale hanno fatto sapere che il presidente stava facendo degli incontri per i 75 anni della Costituzione e hanno chiesto se fosse possibile tenere in considerazione quel tema.

 L’idea di Roberto Benigni è venuta in corso d’opera e molto probabilmente a lanciarla è stato il suo agente Presta. Al Colle era informati del fatto che il comico avrebbe parlato di alcuni articoli della Costituzione e in particolare di quello sull’arte e sulla scienza, ma non sarebbero stati a conoscenza dell’intero monologo.

 Si è a lungo discusso di chi avrebbe dovuto cantare l’inno Fratelli d’Italia. Il sogno inizialmente è stato quello di riuscire a portare al Festival Mina in persona.

Poi si è discusso di Ornella Vanoni e Patty Pravo. Qualcuno aveva pensato anche un omaggio dei Pooh. Si è ipotizzato pure il coinvolgimento di qualche grande direttore di orchestra. Alla fine la soluzione è stata trovata in casa con Gianni Morandi.

Il presidente avrebbe deciso di abbandonare il teatro dopo il preludio per evitare di ascoltare solo alcuni cantanti e lasciare gli altri a fare dietrologie.

La notizia dell’inaspettata visita privata di Mattarella è rimasta riservata sino all’ultimo sia per motivi di sicurezza (in questo periodo sono molto temuti eventuali attentanti degli anarco-insurrezionalisti) che per motivi di organizzativi.

 Infatti se fosse diventata di pubblico dominio, anche solo un giorno prima dell’arrivo del presidente, si sarebbe aperta la corsa all’occupazione di tutte le prime file da parte di ogni genere di autorità, parlamentari, prefetti, generali, sino all’ultimo sindaco ligure.

Il progetto di Bruno Vespa di mandare in onda un videomessaggio del leader ucraino Volodymyr Zelensky ha colto di sorpresa anche il Colle che ha osservato in silenzio l’evolversi del progetto sino al suo naufragio.

Il presidente, quando si è saputo del possibile contributo del capo dello Paese invaso, aveva già dato la sua disponibilità a presentarsi all’Ariston e quindi si è davvero rischiato di avere un ingorgo di capi di Stato nella città dei fiori: Mattarella il primo giorno e Zelensky l’ultimo. Le date non sono mai state in discussione. Al Quirinale hanno solo compreso che gran parte del governo non era favorevole alla carrambata e non si sono certo strappati le vesti dopo aver evitato di essere trascinati in ulteriori possibili polemiche. Che comunque sono arrivate lo stesso. Per fortuna di tutti la Procura di Roma attenderà la fine di Sanremo prima di inviare l’avviso di chiusura delle indagini o di chiedere l’archiviazione del dominus di Sanremo, Lucio Presta.

Il dominio di Presta, l’agente che occupa i vuoti della Rai. GIOVANNA FAGGIONATO su Il Domani il 08 febbraio 2023

Dice il direttore artistico della 73esima edizione del Festival di Sanremo, Amadeus, che la Rai dovrebbe ringraziare Lucio Presta. Cioè il più potente degli agenti televisivi, suo manager e l’uomo che ha organizzato all’insaputa dei vertici Rai la presenza del capo dello stato, Sergio Mattarella, al teatro Ariston.

 Viene il dubbio che il ringraziamento debba essere almeno reciproco, considerato che la Rai tende a  esternalizzare di fatto il suo asset di maggior valore, l’unico che riporta gli italiani di fronte alla televisione, un palcoscenico su cui si tessono oltre che successi anche relazioni di potere.

La Arcobaleno Tre, amministrata dal figlio Niccolò, è tornata ai fasti di una volta, grazie alla produzione di Arena Suzuki, sempre con Amadeus e sponsorizzata dallo sponsor istituzionale di Sanremo. E ha investito nella MK3 entrando nel management musicale.

Dice il direttore artistico della 73esima edizione del Festival di Sanremo, Amadeus, che la Rai dovrebbe ringraziare Lucio Presta.

Cioè il più potente degli agenti televisivi, suo manager e l’uomo che ha organizzato all’insaputa dei vertici Rai la presenza del capo dello stato, Sergio Mattarella, al teatro Ariston, ad applaudire al trittico Roberto Benigni, Amadeus e Gianni Morandi, tutti suoi artisti. Viene il dubbio che il ringraziamento debba essere almeno reciproco, considerato che la Rai continua a esternalizzare il suo asset di maggior valore, l’unico che riporta gli italiani di fronte alla televisione, un palcoscenico su cui si tessono oltre che successi anche relazioni di potere.

Presta è da sempre considerato, assieme a Giuseppe Caschetto, il regista che non appare mai: il primo con un portafoglio di artisti popolari, da Ezio Greggio a Antonella Clerici, alcuni dei migliori autori televisivi e un rapporto storico con Benigni; il secondo che nell’epoca d’oro di Che tempo che fa decideva vita e morte di un prodotto culturale.

A sentire le voci che si rincorrono su di lui Presta è in grado di influire sui palinsesti e pure di influenzare le nomine apicali: gli viene attribuito anche un ruolo da protagonista nel siluramento di Mario Orfeo dalla direzione approfondimenti l’estate scorsa. Ma qui contano i numeri. La Arcobaleno Tre, amministrata dal figlio Niccolò, nel 2021 è tornata ai fasti di una volta anche grazie all’effetto Festival. E cioè a oltre un milione di utili, una soglia che non veniva superata dal 2017 quando aveva registrato 1,3 milioni di utili a fronte di oltre 10 milioni di ricavi. Non è andata sempre così.

All’approvazione del bilancio 2018, di fronte a un calo dei ricavi, la società si riprometteva di «studiare apposite strategie» per «guadagnare ulteriore spazio nel mercato televisivo», eppure l’anno 2019 si era chiuso con un rosso di 131mila euro, e con ricavi pari a 6,9 milioni di euro non in grado di coprire i costi di produzione. Tra gli imperativi, allora, c’era quello di ridurre i costi delle produzioni televisive.

Poi nel 2020 è iniziata la grancassa del Sanremo di Amadeus, la macchina perfetta per aumentare lo spazio vitale. Dopo il Sanremo 2020, nel 2021 Amadeus conduce anche Arena Suzuki, due puntate su Rai2, produzione indicata come l’origine dell’aumento dei ricavi della Arcobaleno Tre. Nel 2022, le puntate diventano tre. Lo sponsor è la Suzuki, da molti anni il marchio automobilistico di Sanremo, che dal 2021 è entrato nella rosa degli “sponsor istituzionali” a fianco di marchi come Plenitude e Costa crociere e che da quest’anno avrà anche un maxi palco in piazza: il Suzuki stage.

Sempre tra 2020 e 2021 cambiano anche le partecipazioni azionarie: nel 2020, secondo il registro delle imprese, viene depositato l’atto per lo scioglimento della Blue Box, la storica società di distribuzione con cui Presta portava in giro, tra gli altri, gli spettacoli di Benigni. Dal 2021 risulta ceduta anche la partecipazione nella Sdl 2005, di Paolo Bonolis e consorte Sonia Bruganelli, e invece entra nel portafoglio delle partecipazioni il 14,38 per cento della Milano K3 srl, cioè la società di music management fondata da Angelo Calculli, ex manager di di Achelle Lauro.

Le svolte degli ultimi anni però sono anche altre. Presta ha ceduto le sue quote nella Arcobaleno Tre a due commercialisti (restano pur ridimensionate quelle dei figli) nello stesso periodo in cui trapelava la notizia di una indagine a suo carico e del figlio Niccolò per presunto finanziamento illecito nei confronti dell’ex premier Matteo Renzi. La procura di Roma sta infatti indagando dal 2021 sui soldi versati a Renzi dalla società in varie forme, tra cui progetti televisivi pagati fuori scala e documentari mai realizzati. Le ispezioni della Guardia di finanza e pure dell’Inps sono citate nei bilanci della società, assieme alla pandemia, come causa della convocazione oltre la scadenza ordinaria dell’assemblea dei soci che ha approvato insieme il bilancio 2019 e 2020. A prescindere dall’esito delle indagini, quella con Renzi è una amicizia di lungo corso, che nel 2016 ha generato persino in una candidatura come sindaco di Cosenza per il Pd.

L’avventura politica è finita in un soffio, con un ritiro per motivi personali, mentre quella televisiva continua e va a gonfie vele.

Chi conosce i meccanismi della Rai dice che sarebbe meglio fare di Sanremo una produzione tutta interna, ma non c’è niente di nuovo sotto il sole: quando l’azienda è debole vince la logica spartitoria e vince il più forte, anche se si tratta di società nemmeno lontanamente comparabili all’ordine di grandezza della Rai.

Ora la più forte è quella di Presta, che deve ringraziare anche la debolezza del servizio pubblico.

Accompagnata da “Nessuno mi può giudicare” per l’ingresso si è presentata con un abito con disegnato il suo corpo: «Il corpo di noi donne non deve generare odio e vergogna», ha detto rivolgendosi a Gianni Morandi e Amadeus. Nel primo monologo di Sanremo 2023, Chiara Ferragni si è rivolta a una «bimba» leggendo una lettera che poi ha detto essere «la piccola Chiara». Sé stessa. Ha raccontato «dei selfie» che le chiedono ma anche del fatto che «non posso piacere a tutti».

In ogni momento, ha proseguito, c’era un pensiero: «Non sentirmi abbastanza». Ma si è invitata a non avere paura e ad andare avanti: «Un amico un giorno mi ha detto che nessuno fa la fila per delle montagne russe piatte. Vivile tutte senza paura, anche se la paura ti accompagnerà tante di quelle volte che perderai il conto, ma se una cosa ti fa paura probabilmente è la cosa giusta da fare». e bisogna procedere per vincere «le insicurezze nella sua testa».

«Abbiamo tutti la scritta fragile». Gli unici che potranno dare il giudizio sull’operato di una vita «sono i tuoi figli».

Molti i passaggi sulla maternità. Dalla gioia di aver avuto dei figli al rapporto con gli impegni: «La nostra cultura ci ha insegnato che una madre ha una identità», e ancora: «Quando diventi mamma però sarai ritenuta solo una mamma, e pensaci: quante volte la società fa sentire in colpa una donna perché per lavorare è lontana dai figli? Sempre. Quante volte succede per gli uomini? Mai». Le donne vengono colpevolizzate perché lavorano, gli uomini no. «Ma se tu fai tutto per i tuoi figli, sei una brava madre, magari non perfetta, ma brava». Poi è tornata sul corpo e sui giudizi: «Se nascondi il tuo corpo sei una suora, se lo mostri sei una troia».

Essere una donna «non è un limite, gridatelo a chiunque e lottate insieme ogni giorno per cambiare le cose. Io ci sto provando, anche in questo momento». Con una stoccata a un uomo che si voleva prendere il merito «di avermi creata». Alla fine, ha concluso, «andrà tutto bene, e sono fiera di te».

GIOVANNA FAGGIONATO. Giornalista specializzata in economia e affari europei. Prima di arrivare a Domani, ha lavorato a Milano e Bruxelles, per il Sole 24 Ore e Lettera43.

Gino Castaldo su L’Espresso il 6 Febbraio 2023.

Si fa presto a dire Festival. Da Mario Merola a Bono la kermesse non è mai stata uguale a sé stessa, sino a riuscire a riportare l’attenzione sulle canzoni. Un critico che lo conosce bene ne ripercorre le evoluzioni

Non fatevi fregare. Se mai qualcuno dovesse chiedervi cosa ne pensate di Sanremo, o peggio ancora: che cos’è Sanremo? Non rispondete, o meglio chiedete di definire meglio. Di quale festival si parla? L’inganno è tutto qui, il nome è sempre quello, ma di festival ce ne sono stati tanti, diversi e spesso neanche tanto conciliabili tra di loro.

C’è quello degli esordi, tutto radio e languide presentazioni dove contavano davvero solo le canzoni e a cantarle erano solo in tre, tanto che nel 1952 fu possibile che Nilla Pizzi si piazzasse ai primi tre posti con tre diverse canzoni, c’è il misero inesistente Sanremo di metà anni Settanta, dimenticato da tutti e perfino dalla Rai. 

C’è la favola degli anni Sessanta, l’età dell’oro, quando c’erano le canzoni migliori, quelle che ancora oggi sono pezzi pregiati del nostro immaginario canoro, c’è quello degli anni Ottanta quando si votava con le schedine del Totip e vincevano sempre Al Bano e Romina e i Ricchi e Poveri. C’è stata l’era del baudismo e prima ancora quella di Mike Bongiorno, c’è stato il festival “modernista” di Fazio, quello distaccato e sarcastico di Raimondo Vianello, c’è stato l’unicum del festival 1967 dove uno dei cantanti in gara, Luigi Tenco, si è ucciso la notte in albergo dopo l’esibizione e la sera dopo la finale si è svolta ugualmente come se niente fosse, tanti diversi, opposti, incomunicabili Sanremo, compreso l’ultimo, quello di Amadeus, quello della missione che sembrava impossibile, ovvero riportare le canzoni al centro dell’attenzione, per assurdo l’unico risultato che ormai sembrava irraggiungibile pur trattandosi del sedicente, autoproclamatosi festival della canzone italiana.

Che questo dato faccia scalpore la dice lunga sulla spuria, ingannevole e camaleontica natura della manifestazione più amata e odiata della storia dello spettacolo. Notiamo alcune coincidenze. Alla fine degli anni Settanta il festival era moribondo, prossimo all’estinzione, poi cominciò gradualmente a risalire, nel 1981, con attenzione ancora scarsa ma più vigile, la Rai ricominciò a investire sul festival, vinse Alice con una canzone firmata da Battiato e si percepì di nuovo il brivido della canzone da amare.

Ma il punto era un altro. La verità è che le canzoni non erano più così decisive. Era partita l’era della concorrenza, erano cominciate le trasmissioni di Canale 5 che iniziò a rubare pezzi pregiati alla tv di Stato. Improvvisamente Sanremo diventò una risorsa da sfruttare e questo spiega perché per molti anni il festival è stato concepito essenzialmente come un programma televisivo.

Di molte edizioni più che le canzoni ricordiamo gli exploit di Benigni, gli scandali, ricordiamo la pancia finta della Bertè, l’arrivo di Madonna, le irruzioni, il trio Marchesini-Solenghi-Lopez. Altri tempi altri Sanremo. Nella sua infinita capacità di adattamento e sopravvivenza il festival è riuscito a mutare, a cambiare per rimanere se stesso, a cambiare ancora, fino a ritornare al punto di partenza.

Al di là delle diverse conduzioni possiamo identificare almeno sei diverse fasi con sei diverse anime, la prima dal 1951 al 1957, ovvero quella melodica e radiofonica; dal 1958 al 1971, più o meno da Volare di Modugno a 4 marzo 1943 di Dalla, è l’età dell’oro; dal 1972 al 1981 la decadenza; dal 1981 al 2000 il festival della televisione; dal 2001 al 2016 gli anni di mezzo, interlocutori; dal 2017 a oggi, il ritorno delle canzoni.

Da quando Amadeus, complice anche il trampolino delle precedenti edizioni firmate Baglioni, è riuscito a concentrarsi sulle canzoni, è successo il miracolo: la mattina dopo al bar ci si accapiglia su chi ha cantato meglio, sulla canzone più interessante e sulla peggiore.

A noi addetti ai lavori ci massacrano di domande. Dal negoziante abituale che conosce la nostra professione ora scatta implacabile la domanda: “dottò, ma che dice, ’sto Achille Lauro è un bluff? E Madame?”. Ovvio direte, e invece no, non succedeva da tempo immemore, casomai si parlava del pettegolezzo, del comico, delle papere, delle gaffe, dei retroscena, magari dell’ospite straniero che piratesco e altero passava e se ne andava senza alcun rischio.

Il festival è impossibile definirlo perché a Sanremo c’è stato tutto e il contrario di tutto, l’unico luogo in cui è stato possibile vedere Bruce Springsteen cantare in penombra The ghost of Tom Joad (era il 1996) e Toto Cutugno a cantare L’italiano col Coro dell’Armata Rossa (nel 2013), l’unico inimmaginabile luogo in cui negli anni hanno potuto convivere il più profondo provincialismo strapaesano ed eventi da leggenda del rock come quando i Placebo senza alcun preavviso si misero a sfasciare gli strumenti mettendo in serio imbarazzo la povera Carrà alla sua prima e unica conduzione.

Solo in quel teatro è stato possibile il verificarsi di un cortocircuito che se l’avesse pensato un fantasioso sceneggiatore gli avrebbero dato del matto, ovvero che Bono cantasse dal vivo accompagnato da The Edge alla chitarra, che decidesse di scendere in platea e attraversare il corridoio centrale cantando, proseguendo fino ad arrestarsi di fronte a Mario Merola che stava arrivando (in ritardo) in quel momento, e poi fargli un leggero inchino, un gesto di pura cortesia dovuto anche al fatto che Bono ignorava nella maniera più assoluta chi fosse lo spettatore ritardatario. Bono e Mario Merola nello stesso punto dello spazio-tempo? Possibile solo perché il festival è tutto e niente, perché è stato talmente tante cose diverse da poter contenere di tutto, festival, antifestival e controfestival e provate voi a metterlo in discussione.

Estratto dell'articolo di Carlo Antonelli per gqitalia.it il 7 febbraio 2023.

Anzitutto lui: Amadeus. Con quel nome spaventoso, come se fosse una cosa normale. Concentriamoci subito su quest’uomo, sull’architrave di questa baracca. Gli altri verranno con calma.

 Porta tutto questo macigno sulla groppa da anni, eppure non si vede. Una forza equina (come le sue origini, in famiglia, cavalli da tutte le parti) e per questo leggiadra e potente insieme. Senza sforzo apparente. Lo intravedi ogni tanto, quando la faccia si contrae per la fatica di un’esitazione, di un imprevisto, poi torna perfettamente bidimensionale e fresca, per essere un 61enne.

 E qui iniziamo a capirci qualcosa. Amadeus in qualche modo è pura voce, e vagamente querula. Il corpo è irrilevante, non lo percepisci se non come gruccia alla quale sono appesi i vestiti da matrimonio che mette al Festival, con variazioni tra il sobrio vellutato e la lieve baracconata.

Cerco di capire -mentre arriva la prima sera di questa Via Crucis di cinque notti- se esistono sue foto in slip almeno, cerco di entrare nella sessualità di questa specie di lemure (parliamoci chiaro). Niente, poca roba. Un servizio al mare venduto in esclusiva a Oggi con la seconda moglie Giovanna Civitillo, carina (attenzione, una ballerina conosciuta in uno show Mediaset, sposata poi in chiesa in seconde nozze col primo matrimonio annullato dalla SACRA ROTA, wow wow wow). È con Fiorello dentro il solito villaggio vacanze, spazio-tempo cristallizzato negli anni Ottanta dal quale i due non si sono mai allontanati, un anfratto psichico eterno (come a San Junipero in quella puntata di Black Mirror) che è come una fonte magica medievale di energia infinita, di eterna giovinezza.

 Altra chiave della faccenda: la demografia reale del Paese. Parliamo di due grandi boomer – tecnicamente - che dimostrano di non sbiadire mai, specchio della maggioranza che hanno di fronte, nel migliore dei casi, e che la presenza anti-machista e mangiatrice di elementi organici sani di Gianni Morandi rafforza in modo identico, nella fascia più alta (“sta sempre bene” “sembra un ragazzino”.. Sanremo in fondo è tutto un grande check-up collettivo). Nelle stesse foto vacanziere Fiorello - che ovviamente è ovunque anche qui, perché di allucinante bromance si parla - ha inaspettatamente dei buoni pettorali, Amadeus ha persino delle cosce tornite. Ma l’energia erotica di entrambi è quasi pari a zero: a-fallica, estremamente sfumata, troppo giuggerellona. Le donne che hanno classicamente affiancato il nostro disk-jockey in questi anni – con il guizzo apparente di Drusilla ok, ma troppo bon ton, per nulla perturbante - sono potenti, dominatrici, se lo magnano, vedi la Fagnani ovviamente. Ferragni se lo potrebbe comprare, ad Amadeus, e portare a casa a intrattenere il figlio già entertainer, già messo sotto a lavorare coi post.

 “Ama” (interessante sub-soprannome, tra l’altro) è un maschio che recede. È una forza-cava. È apparentemente post-patriarcale, come quasi tutte le figure qui, a iniziare dagli avventori del remake di Blade Runner che sono i vari direttori d’orchestra delle singoli esibizioni.

 Ama sembra appunto amare tutti ma non ama nessuno: è e rimane un conduttore radiofonico sempre inizio Ottanta, a Verona, che con un simpatico gioco delle tre carte imbarca Claudio Cecchetto e da lì come un salmone risale il fiume milanese di Radio Deejay e poi il Festivalbar e quindi una sfilza di bestiali show con una tignazza e un entusiasmo da far paura, sempre mascherati dalla timbrica e dalla conduzione “up” da Superclassifica della settinana, “giovane”.

 (...)

  Per questo ci troviamo qui incollati.  E perché non abbiamo un cazzo da fare: abbiamo perso otto punti di potere d’acquisto negli ultimi mesi, che si sommano a quelli persi nel cinquennio precedente; abbiamo ridotto i consumi e le vacanze (tranne la fascia ultraricca, peraltro qui rappresentata). Ci son rimasti i mondiali in Qatar persino senza la nazionale e l’analoga eccitazione di vedere tutti insieme questa enorme messa cantata, lunghissima, e non ci sono spezzettamenti e reazioni da social da scrollare in differita che tengano. Il veneto Ama porta qui la resistenza flessibile ai cambiamenti del mondo della piccola e media impresa delle sue parti, che non molla mai e anzi esporta di più, anche dentro questa ennesima tempesta.

E poi un’ultima cosa ci dice della potenza post-sessuale del nostro: Amadeus è daltonico. La fantasmagoria messa in piedi con sforzo bestiale dai tecnici magnabranzini della Rai, la scenografia del genio assoluto di Castelli (la sua ventunesima per il Festival!) lui la vede tutta distorta, come fosse sotto acido. Ecco perché è tutto contento lì a Sanremo: te credo, sta di fuori.

Sanremo 2023: le conduttrici, gli ospiti, i cachet e le serate, guida al Festival. Francesco Canino su Panorama il 6 Febbraio 2023.

L'ordine di esibizione il martedì e mercoledì, quanto guadagnano gli artisti e i conduttori, quando arrivano i Måneskin e i Depeche Mode, chi sono i favoriti della vigilia. Intanto si sgonfia il "caso" Zelensky: «Nessun videomessaggio, solo una lettera.

Ci siamo. Il sipario sulla 73esima edizione del Festival di Sanremo sta per alzarsi. Poco più di ventiquattrore e si apre la maratona televisiva e musicale più amata e discussa della tv italiana, in scena dal 7 all’11 febbraio su Rai1. L’Amadeus quater ha già il suo tormentone: se lo scorso anno era tutto un “ma Fiorello ci sarà?” , quest’anno l’attenzione (e la polemica politica) è catalizzata dal discorso di Volodymyr Zelensky. E come da tradizione festivaliera, si passa dalla polemica feroce al "tanto rumore per nulla": alla fine il presidente ucraino ci sarà ma sono con un messaggio letto da conduttore. Niente video, dunque, solo una missiva. Si comincia dunque: oggi le ultime prove dei cantanti, martedì la prima diretta. Ecco il programma, serata per serata.

Sanremo 2023, le scalette e le co-conduttrici serata per serata

Mettiamoci l'anima in pace: la durata delle serate si annuncia monstre, con chiusura prevista non prima dell’1.30 fino a venerdì, intorno alle 2 sabato. Roba da nottambuli, sì, ma nulla che il Grande Fratello, non faccia tutto l'anno. E per chi vuole fare ancora più tardi, c'è pure Fiorello che si è inventato ik suo Dopo Festival, un Viva Rai2 speciale Sanremo in onda subito dopo la fine di ogni puntata. Per il resto, la maratona è tutta sulle spalle di Amadeus, che ha voluto condividerla per tutte e cinque le serate con Gianni Morandie con quattro co-conduttrici per tutti i gusti: c'è Chiara Ferragni, che aprirà e chiuderà l’evento, il martedì e il sabato sera; la giornalista Francesca Fagnani, surfando sul successo di Belve, arriva il mercoledì; giovedì tocca alla pallavolista star Paola Egonu; venerdì sarà invece sul palco l’attrice Chiara Francini. Per tutte cambi d'abiti e gara di look, annunci, sketch ad alto tasso di improvvisazione è l'immancabile e temutissimo “monologo” su temi cari o vicini alle loro sensibilità. Stando alle indiscrezioni della vigilia, quello della Ferragni dovrebbe essere sul rapporto con gli haters e l’empowerment femminile.

Chi si esibisce il martedì e il mercoledì

Intanto è stato rivelato chi si esibirà e quando. In rigoroso ordine di uscita, martedì 7 gennaio tocca a Anna Oxa, Gianmaria, Mr. Rain, Marco Mengoni, Ariete, Ultimo, Coma Cose, Elodie, Leo Gassmann, Cugini di Campagna, Gianluca Grinagni, Olly, Colla Zio e Mara Sattei. Mercoledì 8 invece Will, Modà, Sethu, Articolo 31, Lazza, Giorgia, Colapesce e Dimartino, Shari, Madam, Levante, Tananai, Rosa Chemical, LDA, Paola e Chiara. Giovedì sera si esibiranno tutti e 28 i big in gara (qui per sapere in anteprima come sono le canzoni).

Il “giallo” sull’immagine della Ferragni

Tra le indiscrezioni della vigilia, ce n’è una assai gustosa che riguarda Chiara Ferragni,che tiene banco soprattutto tra gli addetti ai lavori. Secondo il sito di tv Davide Maggio, nel contratto dell’influencer ci sarebbe infatti una clausola che prevede per il Festival «un vincolo totale delle immagini». Cosa significa? «Che l’utilizzo di qualsiasi immagine o contributo non è consentito, anzi, è espressamente vietato perché vincolato alla sola messa in onda Rai». Insomma, l’unico modo per vederla all’opera potrebbe essere la diretta.

Depeche Mode, Mäneskin e gli altri super ospiti

Tocca alla coppia Mahmood-Blanco spianare la strada agli ospiti di Sanremo 2023: martedì saranno le prime guest star per celebrare il primato di Brividi, il singolo più venduto dell’anno (che fosse un brano sanremese, non accadeva dal 1958 con Nel blu dipinto di più). Poi andrà in scena la reunion dei Pooh, mentre Elena Sofia Ricci sarà all’Ariston per lanciare la serie Fiori sopra l’inferno. Mercoledì otto la spruzzata di nostalgia è affidata al trio Al Bano-Massimo Ranieri-Gianni Morandi, in quota comici c’è Angelo Duro (campione di sold out teatrali) mentre tocca ai Black Eyed Peas garantire quella internazionale. Giovedì sera si celebra il ritorno dei Måneskin e quello di Peppino Di Capri (tra i recordman di presenze al Festival). Venerdì niente ospiti musicali – vista la parata di big che duetteranno coi cantanti in gara – ma faranno un’incursione sul palco i protagonisti di Mare fuori 3, serie sbanca streaming su RaiPlay che approderà la prossima settimana su Rai2. Per il gran finale, sabato, c’è l’attesissimo ritorno dei Depeche Mode, mentre sul fronte italiano ci saranno Gino Paoli, Ornella Vanoni e Luisa Ranieri.

Zelensky, dal video alla lettera

La vigilia sembrava destinata ad essere bollente a causa del videomessaggio di Zelensky, ma la polemica pare essersi già parzialmente sgonfiata come un soufflé. «Siamo in contatto con l'ambasciatore ucraino e siamo giunti alla definizione dell'intervento: non invierà un video ma un testo», rivela il direttore del Prime Time Stefano Coletta. Ma cosa contiene questa lettera? «Non lo sappiamo. Quando al controllo preventivo, sorrido all'idea che un direttore Rai possa censurare un presidente», replica Coletta a chi ventilava possibili censure. A leggerla sarà Amadeus, che spiega: «Ho chiesto all'ambasciatore di farcelo avere già tradotto. Leggerò la lettera esattamente come mi arriverà. Lo spoiler di Bruno Vespa? Nessun problema. Le modalità non le sapevamo». Poi Amadeus torna sulla questione polemiche («sono lo Swiffer della polemica, le attiro, come dice Fiorello) e non risparmia una stoccata alla politica: «Le polemiche? Storicamente Sanremo attira polemiche perché è la maggiore visibilità che si può avere, anche la politica. Tutti hanno la libertà e il diritto di esprimere una critica, una parola, su Sanremo, come facciamo con il calcio non siamo tecnici, ma discutiamo già sulla formazione.

Il meccanismo delle votazioni e la finalissima a 5

Ma come funziona il meccanismo di voto che porterà al vincitore, sabato sera? Martedì e mercoledì tocca ai giornalisti accreditati in Sala stampa votare (equamente divisi tra web, carta stampata e radio), che valuteranno le 28 canzoni stilando così la prima classifica provvisoria. Giovedì 9 febbraio entra in gioco il pubblico con il televoto e la Giuria demoscopica (300 consumatori abituali di musica) con uguale peso (50% a testa): con una media delle precedenti votazioni, si arriverà ad una nuova classifica. Anche nella serata cover ci sarà un sistema di votazione mista, ripartita così: 33% Demoscopica, 33% televoto, 34% Sala stampa. Si cambia ancora nella finalissima di sabato, col solo televoto in campo a giudicare i 28 in gara: i cinque più votati – non solo i primi tre come in passato – si giocheranno la vittoria ripartendo da zero e a decidere il vincitore saranno ancora una volta televoto (34%), Demoscopica (33%) e Sala stampa (33%). La media delle tre votazioni decreterà il vincitore di Sanremo 2023. Chi vincerà? I pronostici dei bookmakers

Ma chi vincerà quest’anno? I bookmaker sono scatenati ormai da settimane e scommettono quasi tutti sugli stessi “cavalli vincenti”. I super favoriti, pur con quote variabili, restano Marco Mengoni, Ultimo e Giorgia. Ma la storia del Festival insegna che i pronostici sono fatti per essere smentiti e la finale a cinque potrebbe riservare più di qualche sorpresa.

I cachet ai conduttori e i “rimborsi” agli artisti

Quanto guadagnano i conduttori di Sanremo? E i cantanti in gara? Chi prende il cachet più alto? Sono alcune delle chiavi di ricerca più utilizzate in questi giorni su Google. Ecco le risposte, tenendo presente che si parla di indiscrezioni non confermate dalla Rai. Al padrone di casa, Amadeus, andrebbero tra i 350 e i 600 mila euro, cifre in linea con gli anni passati ma più basse di alcuni suoi predecessori (Baglioni ne avrebbe incassati 800 mila nel 2019). Il co-conduttore Gianni Morandi ne incasserebbe 300 mila mentre Chiara Francini, Francesca Fagnani e Paola Egonu tra i 25 e i 30 mila. Discorso a parte per Chiara Ferragni: ne dovrebbe percepire 100mila e ha già annunciato che devolverà il suo compenso all’associazione nazionale Di.Re, attiva con oltre 80 centri antiviolenza in tutta Italia. Quanto ai cantanti in gara, la Rai assicura ad ogni team 50mila euro per ogni progetto presentato, «3mila euro all’artista, altri 5mila servono a finanziare la serata dei duetti con ospiti. Accanto a queste risorse si collocano gli investimenti delle case discografiche a sostegno delle spedizioni sanremesi che, per ciascun artista in gara, possono arrivare fino a 100mila euro», svela Il Sole 24 ore.

Chi canta sulla nave e sul palco di Piazza Colombo

Per la serie “oltre all’Ariston c’è di più” , lo show si snoderà anche su altri due palchi. Ovviamente brandizzati. C’è quello sul mare, con la Costa Smeralda ormeggiata di fronte alla città, dove a gestire i collegamenti e gli ospiti ci sarà Salmo: la line up prevede Fedez, Takagi & Ketra e Guè. Altre star, altro palco: su quello allestito in Piazza Colombo ogni sera ci sarà un artista diverso da Piero Pelù ad Annalisa, da Achille Lauro e La Rappresentante di Lista, poi Francesco Renga e Nek.

Dario Salvatori per Dagospia il 29 gennaio 2023.

Sull’ultimo numero di “Donna” Paolo Conti si chiede se “E’ possibile sopravvivere se non si guarda il Festival di Sanremo?”.  La domanda è retorica, anche perché ci sono altri 25 milioni di italiani che non guardano il Festival, magari guardano altro, vanno al ristorante, viaggiano, fanno l’amore. Nella metà degli anni Settanta l’appuntamento si era quasi dissolto,  basta dare un’occhiata ai vincitori (Gilda, Homo Sapiens, Mino Vergnaghi, ecc.) e la stessa Rai non ci credeva più. Da tre serate, passò ad una serata, non si aspettavano nemmeno le premiazioni ed era il Tg della notte ad annunciare il vincitore, senza riproporre le immagini.

Conti cita un pezzo di  Andrea Laffranchi sul “Corriere della Sera”: “Sanremo è impermeabile al mondo esterno. Anche quello più frivolo delle mode e delle tendenze, non ci entra”.  E’ vero che Laffranchi è l’unico bocconiano della sala stampa, ma nel microcosmo refenziale della gara le tendenze entrano eccome. Pure  troppo. Fulminacci, Tananai, Colla zio, Rosa Chemical e altri cosa sono? Evergreen, standard, vintage? No, sono cantanti del momento, intercettati dagli ultimi tre direttori artistici impressionati dai loro milioni di like e di streaming, i quali, senza studio, gavetta e talento cercano un posto al sole. E non hanno timore di perdere i loro fans di provenienza. Prendete lo Stato Sociale, gruppo noto per il vasto uso del turpiloquio; poi è arrivato Claudio Baglioni, ha fatto un fischio, e loro erano già là.

Il turpiloquio? Noi? Macchè!”. Stesso discorso per i Maneskin. Gli si chiese di ripulire il testo. Rispose Victoria: “Abbiamo vent’anni ma non siamo mica stupidi.”. Testo ripulito. Visto che si proclamano rockers dovrebbero sapere che  quando nel febbraio del 1967  i Rolling Stones vennero chiamati per la quinta volta all’”Ed  Sullivan Show”, (davanti ad una platea di 140 milioni di telespettatori  americani) il conduttore stesso  pretese di purgare il testo di “Let’s spend the night together”, Mick Jagger lo rassicurò. Salvo poi cantare il brano in versione integrale. Cosa che non fece Lucio Dalla nel 1971 con la sua”4 marzo 1943” e cosa che non farà quest’anno Madame per il suo  pezzo “Puttana”, immediatamente cambiato.

Non è nemmeno vero, come aggiunge  Paolo Conti, che i testi delle canzoni degli ultimi anni ascoltate a Sanremo, potrebbero essere di oggi ma anche del 1980. Ma nemmeno per sogno. Lo scorso anno un vecchio leone come Massimo Ranieri portò in gara “Lettera di là dal mare” con un testo di Fabio Ilacqua (lui si un autore di tendenza, disciplinatamente fuori dal coro), l’autore di “Occidentali’s karma”, che confezionò la vittoria a Francesco Gabbani nel 2017. Quest’anno a rifare il make-up hanno pensato gli esagerati Cugini di Campagna  con “Lettera 22” (una citazione vintage andava inserita), scritta per loro la Rappresentante di Lista, ovvero la coppia Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina.

Per i cantanti, più che la vittoria o i piazzamenti, ciò che conta e mettere in piedi dei   tour estivi, possibilmente decorosi e magari con mezzi speciali. Per tutti noi, ciò che vale la pena guardare non è al centro, ma ai margini. Ci sono incongruenze interessanti  a vedere entrambi le parti. Per dirla con Roland Barthes: “Il vecchio binomio romantico del cuore e della testa non ha  però realtà se non  in un’iconografia di origine oppiacea in cui ci si sbarazza degli intellettuali mandandoli a occuparsi dell’emozione e dell’ineffabile.”

Dario Salvatori per Dagospia il 24 gennaio 2023.

Ieri tutti i quotidiani a testate unificate hanno riportato una intervista a Colapesce e Dimartino. Praticamente una velina. Oggetto: la loro prossima partecipazione al Festival di Sanremo, dove saranno in gara con il brano “Splash”. Scontata la curiosità dei cronisti, un po’ meno quella dei due interpreti: “E’ una canzone che ha due livelli  di lettura. Può alludere a qualcosa di brutale, ma che  racconta anche il peso delle aspettative e di come queste influenzino la nostra vita. E’ un brano sulla direzione che pensiamo stia prendendo la nostra vita. Le aspettative logorano l’anima. La canzone è una grande metafora. Per chiunque ascolti  il significato è aperto". Urca.

Una  delle strategie  che propone il brano è di quelle che non si dimenticano: “Come stronzi galleggiare per non sentire il peso delle aspettative.” Beh, a questo punto non è proprio la “musica leggerissima” del 2021 che doveva anestetizzare la pandemia. E le influenze? “Luigi Tenco di –Mi sono innamorato di te-, Domenico Modugno di –Vecchio frac- e –Nel blu dipinto di blu-, Peppino Di Capri di –Mondo crudel-, Lucio Battisti di –Anima latina-“

 Se fossero nati in America Colapesce e Dimartino sarebbero depositari del nuovo easy-listening, di quella musica che piace agli studenti bianchi, provenienti dalla costosissima Juilliard non certo dalla Berklee che invece è frequentata da italiani e latini. Park Avenue e Simon&Garfunkel centrifugati. In Italia il loro genere suggerisce Erasmus, Luiss, aperitivo tutto l’anno, il “corsivo” di Tik Tok, Roma nord.

A pensare che con lo splash c’è chi  ci campa. I Beach Boys, per esempio, da sessanta anni. In Italia e nelle canzoni italiane è un termine proletario, da fagottari con le melanzane alla parmigiana. Però “Domenica d’agosto”(1969), scritta da Gianni Morandi e portata al successo da Bobby Solo, dimostrò che gli steccati ideologici e culturali  poco contavano quando le canzoni avevano gli ingredienti giusti per catturare  il pubblico: “Domenica d’agosto, che caldo fa/la spiaggia è un girarrosto, non servirà/bere una bibita/se in fondo all’anima sogno l’oceano, Splash!”. Brano entrato negli spot televisivi.

 Ancor più proletario il ritornello di “Pinne, fucile ed occhiali”(1962) proposto da Edoardo Vianello: “Con le pinne, fucile ed occhiali/ quando il mare è una tavola blu/ sotto un cielo di mille colori/ ci tuffiamo con la testa all’ingiù. Splash!”. Indispensabile l’armamentario da sub della domenica. Proto  trash la copertina: Vianello con lo smoking, goffo e immerso nell’acqua, a suo agio  Maria Grazia Buccella in versione sirena. Una delle canzoni più campionate del cantante romano.

Tornando in America come dimenticare “Splish splash”(1958), di Bobby Darin (1936-1973), italo-americano (Roberto Cossotto) del Bronx, talmente bravo che l’anno dopo già interpretava Kurt Weil. I fans del rock and roll lo odiavano un po’ perché aveva sposato Sandra Dee(1942-2005), la reginetta dei teen film. Ai teenagers piaceva lei, non Marilyn Monroe, considerata un mito da “adulti”. Non a caso in “Grease” Olivia Newton John per sedurre John Travolta sguaina un’arma infallibile: “Look at me! I’m Sandra Dee!”.

Intanto il termine splash era entrato in tutti i comparti. Anche a Cape Canaveral per esempio. Quando il 23 marzo 1965 decollò Gemini 3, il primo volo spaziale effettuato con una capsula con un equipaggio composto da due astronauti, Gus Grison e John Watts Young, il termine era già in uso. Mentre gli astronauti scendevano cantavano “Blue  moon”, ma da quel giorno non si chiamò più ammaraggio bensì “splash down”.

Dario Salvatori per Dagospia il 23 gennaio 2023.

A Sanremo torna l’Arca! Quella di Anna Oxa. Il titolo della sua canzone  è “Sali”, ma c’è da giurare che il verso di cui si parlerà sarà “L’Arca dell’umanità andata a fondo”. Soltanto un’altra volta questo termine così desueto si fece strada, grazie a Sergio Endrigo che nel 1970 si piazzò al terzo posto con “L’arca di Noè” (in coppia con Iva Zanicchi), scritto in piena solitudine dal cantante istriano. Di questo testo, scritto senza Sergio Bardotti, se ne parlò subito: “Un volo di gabbiani  telecomandati/e una spiaggia di conchiglie morte/nella notte una stella ghiacciata confonde il marinaio/la luna è piena di bandiere senza vento/che fatica essere uomini.”

 E poi  l’estrema cantabilità del ritornello: “Partirà/la nave partirà/dove arriverà questo non si sa/sarà come l’arca di Noè/il cane, il gatto io e te.”. Il testo venne subito fulminato da Lietta Tornabuoni che a quell’epoca seguiva Sanremo per “La Stampa”: “Una rimasticatura di Lorca”.

 A seguire l’ansia di padre Ugolino Vagnuzzi,( dal 1962 guida spirituale di Adriano Celentano): “Questa canzone non lascia nemmeno uno spiraglio alla speranza.” Endrigo fu esortato a spiegare: “E’ molto semplice. I gabbiani telecomandati sono i missili e la luna piena di bandiere senza vento si riferisce alla bandiera di plastica piantata sul suolo lunare dagli americani.” Ma non finì così. Siccome nel testo si accennava al cherosene, gli ambientalisti, non ancora così organizzati, insorsero contro la civiltà della macchina, pesci morti, inquinamento, cancro. Il povero Endrigo fu costretto a ribadire ancora: “Il cherosene è un propellente. Punto. Colleghi più giovani parlano di diesel come il motore del Duemila, però non ve ne siete accorti. Che fatica essere uomo!”.

C’è da credere che l’atteggiamento di Anna Oxa sarà diverso, potente, non certo derivativo. “Sali”(canto dell’anima) è una canzone scritta da Francesco Bianconi (Baustelle) e Kaballà, due autori che già in passato hanno scritto per lei. La sua arca sarà più vicina a quella di Indiana Jones, forse custodirà un tesoro, vocalmente più avventurosa. Altrimenti non si torna a Sanremo dopo dodici anni. Anna Oxa ha sempre diviso: i giornalisti e gli addetti ai lavori che hanno ascoltato il brano si sono espressi dal 3 al 9, dimenticando che la Oxa è una performer a tutto campo.

 Ricordate? Il debutto vestita da punk albanese, in seguito sale sul palco con un tappeto da yoga e ci si sdraia sopra, un’altra volta oliata come un culturista e ancora con il tanga in bellavista. Sono immagini che scorrono puntuali ogni volta che si ripropone la gallery sanremasca. Con questo suo ritorno la Oxa entra nel “Club dei 15”, ovvero gli interpreti che hanno calcato quel palco per quindici volte: Toto Cutugno, Milva, Al Bano, Peppino Di Capri.

Giurie e meccanismi di voto, eventi collaterali, esibizioni; Tutto ciò che c'è da sapere sulla 73 esima edizione del Festival. MARIA ASSUNTA CASTELLANO su Il Quotidiano del Sud il 23 Gennaio 2023

Tutto pronto (o quasi) per il Festival di Sanremo 2023, annunciati già i cantanti in gara (LEGGI LA NOTIZIA), delineate e definiti serate, ospiti e conduttori. Ma vediamo nel dettaglio cosa accadrà dal 7 all’11 febbraio.

LE SERATE

Non si conosce ancora l’ordine di esibizione degli artisti nelle cinque serate del Festival, ma si conosce il numero di cantanti ad esibirsi serata per serata. In apertura (7 febbraio) ascolteremo le canzoni della prima metà dei 28 artisti in gara. Nella seconda serata invece, la metà restante. Tutti e 28 i cantanti si esibiranno poi nella terza sera del festival (9 febbraio). La quarta serata (10 febbraio) è affidata alle cover e duetti e prevede l’esibizione di tutti i partecipanti con i loro ospiti. Stessa cosa per la sera conclusiva in cui tutti gli artisti si esibiranno, stavolta soli e con il loro brano in gara.

CONDUTTORI E CO-CONDUTTORI

Per quest’anno, oltre al già annunciato Amadeus (conduttore e direttore artistico), alla co-conduzione ci sarà Gianni Morandi per tutte e cinque le serate. Sarà poi l’imprenditrice digitale e influencer, Chiara Ferragni, ad affiancare agli altri due nella prima (7 febbraio) e nell’ultima serata (11 febbraio).

Nel secondo appuntamento con il Festival della canzone italiana (8 febbraio), la co-conduzione vedrà protagonista la giornalista Francesca Fagnani. Il 9 febbraio (terza serata), sarà la volta della pallavolista Paola Egonu. In fine, nella penultima sera (10 febbraio), co-condurrà l’attrice Chiara Francini.

GLI OSPITI

Alcuni sono già stati annunciati ma, si sa, Sanremo è pieno di sorprese e alcune arrivano anche in corso d’opera. Quel che è già stato reso noto è che ad aprire il Festival di Sanremo 2023 saranno Mahmood e Blanco con il loro brano vincitore della scorsa edizione, “Brividi”.

Attesa anche la reunion dei Pooh, a sei anni dall’ultima esibizione insieme. Sul palco dell’Ariston ci saranno Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Red Canzian. Accanto a loro anche Riccardo Fogli. Insieme faranno un omaggio a Stefano D’Orazio. Tra gli ospiti, annunciati anche Al Bano e Massimo Ranieri che si esibiranno assieme a Gianni Morandi (già co-conduttore) nella seconda serata.

Annunciati anche gli ospiti internazionali: l’8 febbraio previsti i Black Eyed Peas. Italianissimi ma oramai apprezzati in tutto il mondo, anche i Måneskin saranno ospiti del Festival, nella serata del 9 febbraio. Nella sera conclusiva del Festival, annunciato da Bruno Vespa, sarà presente in collegamento anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

I PALCHI COLLATERALI

Era nato con la 70esima edizione del Festival il grande palco in piazza Colombo per far vivere alla città l’aria della kermesse anche fuori dall’Ariston. E torna anche quest’anno con una serie di ospiti che canteranno. Prevista la presenza di Piero Pelù, Francesco Renga e Nek, Achille Lauro, Annalisa e La Rappresentante di Lista che si esibiranno in collegamento con il Teatro Ariston.

PALCO SUL MARE

Anche quest’anno, partner del Festival sarà Costa Crociere. Per l’occasione, su Costa Smeralda, ormeggiata a largo di Sanremo, ci sarà il “Palco sul mare” con numerosi ospiti che si esibiranno durante le cinque serate del festival. Già annunciata la presenza di Salmo, Fedez, Takagi & Ketra e Guè.

SANREMO 2023, GARA, GIURIA E VOTAZIONI

Nella prima e nella seconda serata (7 e 8 febbraio), a votare sarà la giuria della sala stampa, così suddivisa: un terzo carta stampata, un terzo radio e un terzo web. Nella terza serata (9 febbraio) il voto è affidato ancora alla sala stampa (50%) ala quale si aggiunge il televoto (50%). Il 10 febbraio (quarta serata) a votare saranno ancora una volta sala stampa (33%) e televoto (34%) ma interverrà anche la giuria demoscopica (33%). Nella serata conclusiva (11 febbraio) invece, a giudicare gli artisti sarà solo il televoto che verrà sommato ai voti ottenuti nelle precedenti classifiche.

Al termine della quinta serata, a differenza degli altri anni, non si avrà un podio dal quale scegliere il vincitore, ma verrà stilata la classifica dei primi cinque finalisti, con la somma di tutte le classifiche delle varie serate. A questo punto ripartirà la votazione, alla quale parteciperanno tutte le giurie (televoto, sala stampa, demoscopica) e verrà decretato il vincitore assoluto.

La scaletta ufficiale delle serate di Sanremo.

Gianluca Nicoletti per “la Stampa” l’11 dicembre 2023.

La scaletta ufficiale delle serate di Sanremo circola ogni sera on line. Quello che dovrebbe essere un documento, a esclusivo uso degli addetti ai lavori, è praticamente pubblico da un'ora prima che inizi la diretta della kermesse. Per questa ragione gran parte degli italiani quando Amadeus, con finto stupore, si è chiesto ieri sera: «dove è Gianni?… » Aveva già letto sulla scaletta: «Saluti… A seguire Amadeus si chiede dove sia Gianni che doveva entrare insieme a lui… A schiaffo su stacco audio di Zitti e buoni… Gianni in tenuta da podista entra correndo da platea e raggiunge il palco… Battute…» 

È chiaro che lo zoccolo duro degli abbonati in prima fila conserverà tutto il piacere della sorpresa, si godrà ogni straordinario effetto meraviglia immaginato e scritto dall'esercito di autori. Tutti quelli però minimamente contaminati dall'emanazione del Festival che ha vita autonoma sui social, già dalle 20.00, avranno letto che alle 21:21: «Amadeus lancia ingresso dalle scale della Francini su stacco Orchestra… Chiara non scende e Ama fa alcuni gradini…A sorpresa lei risponde dalla platea (seduta)…» 

Per chi conosce in anticipo una combine, quando la vede in tv pensa a una recita parrocchiale. È lampante che seguire Sanremo con la scaletta in mano è come prendere il bromuro prima di fare sesso. La scaletta è virale nel tam-tam dei social, alcune testate on line l'hanno pubblicata integralmente, chi la trova la condivide subito con amici, millantando amicizie altolocate nell'organizzazione del Festival. 

 Il bello è che ai giornalisti accreditati in sala stampa all'Ariston, almeno ufficialmente, questa scaletta dettagliata al minuto non viene data. La divulgazione della scaletta equivale a uno spoiler, all'uccisione del pathos di tutto il Festival, toglie ogni senso alle gag ai colpi di scena, annulla il senso del tempo liturgico del più sacro dei riti televisivi italiani. Di sicuro, la talpa che la fa trapelare ogni sera, poi dirà che la sua è una battaglia contro il Deep State.

Disturbi ed alterazioni della voce.

Come evitare disturbi ed alterazioni della voce sul palco di Sanremo. Andrea Soglio su Panorama su 12 Febbraio 2023

Cause, sintomi e come prendersi cura dello strumento di comunicazione primaria. Soprattutto nella settimana del Festival Come evitare disturbi ed alterazioni della voce sul palco di Sanremo

Sul palco dell’Ariston, ventotto artisti si sfidano a colpi di gorgheggi e vocalizzi. In palio, uno dei premi più ambiti del panorama musicale nostrano. «Perchè Sanremo è Sanremo» riassume, nella sua semplicità, l’immensa rilevanza e risonanza del Festival della Canzone Italiana, giunto alla sua Settantatreesima edizione senza conoscere stanchezza o cedimento. Una festa che coinvolge la città Ligure e tiene incollato allo schermo il Paese intero, in platea così come sul divano di casa, e che ci ricorda, ancora una volta, il potere straordinario della musica di emozionarci, trasportarci, coinvolgerci. E così come i loro colleghi seduti nell’orchestra, anche i cantanti in gara devono prendersi cura del loro personalissimo strumento: la voce. Ad affiancare molti di loro troviamo validissimi Vocal Coach (uno per tutti, Pachy Scognamiglio. Esperto del mondo musicale, è il celebre vocal coach che “allena” la voce di Elodie, Madame, Mr.RAIN, Gianmaria, Shari, Olly e Sethu, tutti presenti in questa edizione del Festival), il cui lavoro spazia dalla gestione di ansia e stress all’allenamento e defaticamento delle corde vocali, senza trascurare la prevenzione da eventuali fattori infiammatori. La voce come "strumento" musicale e professionale

I cantanti possono andare incontro a frequenti alterazioni della voce parlata (disfonia) e cantata (disodia). La maggior parte degli esperti ritiene che il carico vocale giochi un ruolo significativo nel provocare disturbi della voce e nell'influenzare la risposta al trattamento. Chi deve utilizzare la voce per motivi professionali nel canto va incontro più frequentemente a patologie delle corde vocali, sia organiche che disfunzionali. A questo riguardo, è importante innanzitutto fare chiarezza su quasi siano le cause di possibili alterazioni vocali, e ai rimedi più efficaci. Quali sono le precauzioni per prendersi cura del proprio strumento, le corde vocali? Scopriamolo insieme al Professor Andrea Nacci, Specialista in Otorinolaringoiatria, Dirigente Medico. U.O. Otorinolaringoiatria, Audiologia e Foniatria Universitaria, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana e consulente Schwabe Pharma Italia. La salute vien bevendo: l’importanza dell’idratazione Un elemento che viene spesso trascurato è rappresentato dall’idratazione cordale- spiega il prof. Nacci- consigliata per la buona salute della voce e per prevenire o trattare alcuni casi di disfonia. Le cause di disidratazione delle corde vocali sono rappresentate da disidratazione sistemica, reflusso faringo-laringeo (risalita di contenuto gastrico a livello del tratto aereo digestivo superiore), processi flogistici acuti, fattori emotivi, abuso di caffè, tabacco e alcool, dieta iperproteica ed utilizzo di alcuni farmaci. Le laringiti acute, quindi, che determinano importanti alterazioni della voce, possono riconoscere non solo una etiologia infettiva (generalmente virale) ma possono essere anche una conseguenza di reflussi di materiale acido dallo stomaco.

Un alleato della voce: il farmaco vegetale

Nel primo caso, potranno essere consigliati farmaci vegetali ad azione antivirale- prosegue l’esperto- caratterizzati da rari effetti avversi e nella quasi totalità dei casi di lieve entità, e nel secondo caso antiacidi, citoprotettivi e/o dispositivi barriera come gli alginati. A conferma dell'importanza di una buona idratazione cordale, studi clinici e sperimentali hanno dimostrato che, in caso di disidratazione della laringe, si verificano alterazioni nella espressione di alcune proteine delle corde vocali che determinano in ultima analisi aumento dello sforzo fonatorio, aumento delle perturbazioni della frequenza fondamentale, minore efficienza di vibrazione ed accumulo di muco viscoso sulle corde vocali stesse. Gli stessi studi però concordano nel ritenere reversibili queste condizioni, per cui una adeguata reidratazione permette di migliorare la performance sia della voce parlata sia della voce cantata. Per questo motivo si consiglia di bere almeno due litri di acqua al giorno, ed in caso di disfonia/disodia si consiglia una idratazione locale con fumenti caldo umidi (ad esempio con camomilla) ed aerosol con acido ialuronico (molecola con proprietà idratanti, riparatrici e rigenerative della mucosa cordale). La voce ci mette tutti in “relazione" Attraverso la combinazione di intensità, altezza e timbro la voce riesce a trasmettere una vasta gamma di emozioni quali rabbia, gioia, tristezza e paura, indipendentemente dal significato delle parole. È una forma importante di espressione e prendersene cura nel modo corretto è fondamentale sia per chi usa la voce per ragioni professionali ma anche per tutte le persone. Perché comunicare è un'esigenza universale.

La Corruzione simpatica…

Sanremo 2023: le conduttrici, gli ospiti, i cachet e le serate, guida al Festival. Rachele De Cata su Panorama su 12 Febbraio 2023

Kit antisga, tazze per la colazione e giochini passatempo. Anche quest’anno i cantanti di Sanremo 2023 si sono sbizzarriti con i gadget da regalare in sala stampa. Piccoli doni dal valore simbolico per fare simpatia (e - chissà - addolcire un po’ il voto)

Sanremo 2023, i cantanti a caccia di giornalisti a colpi di gadget

Da quando Sanremo è lo show più chiacchierato d’Italia, si è diusa una pratica di marketing che è già una consuetudine. Ovvero presentare l’artista in sala stampa lasciando sulle scrivanie dei giornalisti un piccolo omaggio. E no, non parliamo di cd e vinili che potrebbero essere considerati strumenti di lavoro. Nella maggior parte dei casi si tratta di gadget ispirati alla canzone, che vengono cercati, barattati (come l’anno scorso con gli occhiali da sole colorati di Dargen D’Amico) o conservati come reliquie. Ovviamente non si tratta di oggetti con un reale valore economico, ma non manca chi se li accaparra per rivenderli su Ebay: successe qualche anno fa con gli occhiali di Ringo Starr dei Pinguini Tattici Nucleari, rivenduti a cinquanta euro, mentre il 45 giri di Musica Leggerissima (un’edizione stampata solo per la settimana di Sanremo) raggiunse la cifra record di 400 euro. Insomma, c’è del business. I gadget di Sanremo 2023 Premesso che ne girano tanti altri, ecco quello che abbiamo inlato nello zaino quest’anno. Iniziamo con lo Skaramantikit griato Tananai: un cofanetto con piccoli amuleti in plastica che diventano charm, dal cornetto al quadrifoglio, dal ferro di cavallo alla mano di Fatima (a lui stanno portando bene, speriamo che valga anche per noi!). E ancora la bag di Paola & Chiara con la Tshirt di Furore (la indosseremo alla nale). Abbiamo anche la mug personalizzata di Ultimo, per aspettare insieme l’Alba; un giochino rompicapo in metallo per dimostrare che a sentirsi Stupido ci vuole poco (è il titolo della canzone di Will); la spilla griffata Colapesce Dimartino; i ori sospesi dei Coma_Cose (mazzi di fiori anche per i fan), il collirio di Elodie (con la frase della canzone Lacrime mie, lacrime tue). Mengoni un passo avanti Ma c’è chi non si è limitato a un gadget. Marco Mengoni per esempio ha riservato il suo Lido Mengoni, uno spazio ricreativo con biliardino, cocktail e musica. Una experience personalizzata alla quale si accede giorno e sera mostrando - chi ce l’ha, noi sì - il braccialetto griato (come quello dei villaggi turistici). Creme di bellezza per le occhiaie da sonno

E ovviamente non mancano gli sponsor, che hanno accesso in sala stampa per lasciare un ricordino. Qualche esempio? Le bevande energizzanti di Red Bull per la serata (un pack con due lattine a testa che viene quotidianamente riassortito), la bag di Sephora per la skin care e i prodotti travel dell’Estetista Cinica. Contro i segni della stanchezza da Festival.

I Look.

Festival di Sanremo, i beauty look più belli di sempre all’Ariston. I beauty look che hanno fatto la storia del festival, dalle cofane anni Sessanta alle extension di Anna Oxa e i cat eye di Patty Pravo negli Eighties, passando per il caschettone anni Novanta di Laura Pausini fino ai glow (e i trasformismi) delle ultime edizioni. REDAZIONE BEAUTY su Io Donna il 7 Febbraio 2023.

Non solo di musica vive il Festival di Sanremo, e da quando è iniziato, nel 1951, è stato capace di regalare anche beauty look indimenticabili, traformati in tendenze se non in storia del costume. Chiara Ferragni conduttrice d’onore, Anna Oxa, Elodie, Giorgia, Paola e Chiara: grande attesa per le protagoniste che animeranno il palco dell’edizione 2023, dal 7 all’11 febbraio. Nell’attesa, rivediamo chi le ha precedute e lasciato un segno, in chiave bellezza.

Era il 1960 quando Mina in abito a palloncino apriva le danze dei trend beauty sanremesi più ammmirati di sempre un caschettone bombato e vaporoso tipico del periodo. La cantante strgava i primi piani Rai anche con il suo iconico eyeliner, altro must copiatissimo. Non che fosse da meno Iva Zanicchi: il suo beauty moment è datato 1968, quando, con Zingara, ammalia con una lunga treccia gipsy chic.

Velocemente saltiamo agli Eighties, quando la bellezza diventa davvero protagonista della kermesse, complici donne consce del potere dello styling. Una su tutte Patty Pravo, con una menzione d’onore all’edizione 1984 animata dalle sue acconciature di ispirazione giapponese, un po’ samurai, un po’ geisha rock, e le mise japan style studiate insieme a Gianni Versace, che firmò l’abito in maglia di ferro indossato nel corso di una delle serate.

I beauty look che hanno fatto la storia di Sanremo, da Anna Oxa a Mina a Elodie (Getty Images).

Come dimenticare quell’edizione, a cui risale anche Ci sarà di Al Bano e Romina: lei incanta l’Ariston con la sua fluttuante chioma a onde botticelliane e un’orchidea appuntata su un lato stile Laguna Blu. L’amore (tra i due) fa il resto. E la canzone tormentone stravince.

I ’90 di Anna Oxa e Laura Pausini

I Novanta fanno rima con hairlook che hanno fatto storia. E di sicuro, costume per le ragazze dell’epoca, come il caschetto vaporoso con frangetta sfoggiato da Laura Pausini nel 1993, anno dell’esordio e della vittoria con La Solitudine. 

Tra le più chiacchierate del decennio c’è poi Anna Oxa, che nel 1999 fece scalpore per le lunghe extension color biondo platino a contrasto nella chioma castano scura, altro che Spice Girls. E Senza Pietà, poi, vinse.

Fino ad oggi

Le edizioni recenti si sono fatte più glamour, senza troppi eccessi, ma comunque specchio delle tendenze beauty del momento. Beach waves da manuale, come sfoggiano Belen Rodriguez ed Elisabetta Canalis, co-conduttrici nel 2011. Raccolti sofisticati, come quelli di Michelle Hunziker, padrona di casa nel 2018 insieme a Claudio Baglioni e Pierfrancesco Favino. Ma anche colpi di testa inaspettati, come il taglio a scodella di Arisa nel 2009, il pixie biondo platino di Elodie nel 2017, la chioma azzurro turchino di Loredana Berté nel 2021.

E poi il trucco, sempre fondamentale sul palco. A dare lezioni, nelle utilme edizioni, Francesca Michielin, con eye look spettacolari fatti di eyeliner fantasiosi e futuristici. I Maneskin, che hanno sdoganato il make up genderless, neo rock e assolutamente glam anche sul palco della musica più storico d’Italia.

Per non parlare del trasformista Achille Lauro, che ha addirittura mandato in scena perfrmance quasi teatrali, basate interamente sul potere del beauty look. Scettro, ora, a Chiara Ferragni. Non resta che attendere il debutto. iO Donna

La moda a Sanremo: i look più indimenticabili delle madrine nella storia del Festival. Griffe importanti, abiti irripetibili, dettagli sorprendenti. I look delle madrine di Sanremo hanno contribuito ha creare la magia del Festival. BARBARA ROSSETTI su Io Donna il 7 Febbraio 2023.

Non chiamatele vallette. Grazie al talento, ma anche ai loro look, le madrine di Sanremo sono presenze storicamente fondamentali sul palco dell’Ariston. Una carrellata di abiti di alta moda e mise sorprendenti, che anno dopo anno ha contribuito a creare il mito e la magia ipnotica nella storia della kermesse.

I look epici delle madrine di Sanremo

Per l’edizione 2023 andranno in scena Chiara Ferragni (la prima serata e la serata finale), Francesca Fagnani (seconda serata), Paola Egonu (terza serata) e Chiara Francini (quarta serata). In attesa di scoprire cosa ci riserva questo nuovo capitolo della moda applicata al Festival, rivediamo alcuni degli abiti più significativi. Dal long dress nero firmato Valentino indossato da Lorella Cuccarini nel 1993, all’abito impero fucsia di Saint Laurent sfoggiato da Laetitia Casta nel ’99, fino a Michelle Hunziker con il look silver di Armani Privé nel 2018. La storia di Sanremo è costellata di look concepiti ad hoc per fare sensazione. E in questa competizione parallela a quella canora, probabilmente vince la coppia Elisabetta Canalis/Belen Rodriguez, andate in scena nella seconda serata dell’edizione 2012.

Le due show-girl danno vita a una delle entrate in scena più indimenticabili e chiacchierate della televisione italiana. L’ex velina di Striscia è splendida nel mini dress nero e oro con frange gioiello firmato Roberto Cavalli, abbinato ai sandali scintillanti con plateau. Ma il vero clamore lo suscita Belen, con l’abito color block fucsia e celeste di Fausto Puglisi dotato dello spacco più alto (e scandaloso) della storia.

Scendendo le scale, l’apertura plissettata del vestito svela un po’ troppo. Ma assicura lei in seguito, per difendersi dal polverone suscitato, il fashion faux pas (ultra sexy) non era intenzionale.

Dieci anni dopo Sabrina Ferilli, l’attrice del film La grande bellezza, è la star della finalissima targata 2022. Uno status sancito già dalla primo look della serata, luminoso e sofisticato allo stesso tempo, firmato N°21 by Alessandro Dell’Acqua. L’abito creato per lei dal suo amico personale e stilista del cuore, è un sogno di chiffon di seta leggero e semi-trasparente. Naturalmente nella tonalità nude caratteristica del brand.

Un capolavoro di minimalismo e sensualità, eleganza raffinata e audacia. In cui lo scollo a V è profondo ma non sfacciato. Mentre le maniche see-through sono lunghe e aderenti, corredate di romantici bottoncini rivestiti di tessuto. La gonna, con vita alta stile impero, scende languida con una lieve svasatura, pronta a fluttuare con grazia al minimo movimento.

Indossato quasi senza sforzo dall’attrice romana all’epoca 57enne, l’outfit si completa con le scarpe décolleté in raso con cinturino alla caviglia sono scelte nella palette del rosa cipria, un modello ballerina – sempre di N°21 – con il tacco alto e punta affilata. L’anello in oro con diamanti firmato Pasquale Bruni è l’accento sparkling, delicato, perfetto per illuminare l’ensemble bon ton. iO Donna

La Giuria.

Tutte le novità della 73esima edizione. Come funziona il regolamento di Sanremo 2023: sistema di voto, giuria e scelta del vincitore. Redazione su Il Riformista l’8 Febbraio 2023

Le novità della 73esima edizione del Festival di Sanremo iniziano dai meccanismi di voto della finale e anche nel numero degli artisti che si sfideranno per conquistare l’ambito premio. La differenza principale riguarda il numero di cantanti in gara, non più 25, ma 28; composti dai 22 big e i 6 vincitori di Sanremo Giovani.

Le canzoni in gara saranno giudicate sia dal pubblico a casa attraverso il Televoto che dai 150 rappresentanti accreditati al Festival della Giuria della sala stampa (tv, radio e web) e, ancora, dalla Giuria Demoscopica ridotta però dai mille dell’anno passato ai 300 dell’edizione corrente, selezionate secondo criteri di età e provenienza geografica. La kermesse durerà complessivamente cinque serate, la prima martedì 7 fino alla finale di sabato 11 febbraio, ognuna con un meccanismo di voto diverso.

Per quanto riguarda la prima e la seconda serata i 28 artisti in gara interpreteranno una volta il proprio brano. A giudicare le loro canzoni, che si dividono egualmente tra martedì e mercoledì, 14 a sera, sarà la giuria della sala stampa. I 150 rappresentanti accreditati si divideranno in tre gruppi autonomi: un terzo per tv e carta stampata, un terzo per la radio, un terzo per la giuria web. Al termine della seconda serata, l’esito della votazione porterà alla prima classifica generale provvisoria degli artisti in gara.

Diverso il giudizio della terza serata in cui si esibiranno in una sola volta tutti i 28 artisti. Giovedì 9 sarà la volta del pubblico da casa e della giuria demoscopica di esprimere il proprio voto. Per entrambi i gruppi di giudici le proprie preferenze avranno un peso del 50 per cento nelle votazioni totali della serata. Al termine delle performance, i voti raccolti dai singoli artisti andranno a fare media con quelli delle due serate precedenti. Così la classifica generale provvisoria dei 28 brani in gara sarà aggiornata.

La quarta serata del Festival che si svolgerà venerdì 10, sarà dedicata anche quest’anno all’interpretazione, da parte di ognuno dei 28 in gara, di una cover eseguita in coppia con altri artisti. I cantanti potranno scegliere brani del repertorio italiano e internazionale pubblicati tra l’inizio degli anni Sessanta e la fine del 2009. Solo per questa serata tutti i sistemi di votazione saranno attivi contemporaneamente e avranno un peso percentuale ripartito così: 34 per cento il Televoto, 33 per cento la Giuria della sala stampa e 33 per cento la Giuria Demoscopica. Al termine delle esibizioni, i voti di ogni artista saranno aggiornati al fine di stilare una nuova classifica.

Nella serata finale di sabato 11 febbraio, tutti gli artisti interpreteranno di nuovo il proprio brano che sarà giudicato dal pubblico a casa attraverso il Televoto. Al termine delle 28 esibizioni, Amadeus svelerà la classifica finale completa. Solo a quel punto, le cinque canzoni in gara con la posizione più elevata in classifica (fino allo scorso anno erano tre) saranno riproposte attraverso l’esecuzione dal vivo o facendo rivedere il filmato dell’esibizione.

Tutti i voti raccolti fino a quel momento verranno azzerati e i cinque finalisti saranno oggetto di una nuova votazione da parte del pubblico, della giuria della Sala stampa e della Demoscopica, ognuna con un peso del 33 per cento sul risultato complessivo. La canzone con la percentuale di voto complessiva più elevata ottenuta in quest’ultima votazione verrà proclamata ufficialmente vincitrice di Sanremo 2023.

Sanremo 2023, Codacons fa ricorso d'urgenza al Tar: "Bloccare giurie demoscopica e sala stampa". Da AdnKronos il 04 febbraio 2023.

Nel testo visionato dall'Adnkronos si contesta "assenza di criteri di nomina dei giurati che garantiscano l’imparzialità e trasparenza rendono nulli gli atti adottati dalla Rai"

Il Codacons ha presentato oggi un ricorso d’urgenza al Tar del Lazio in cui si chiede di sospendere la giuria demoscopica del prossimo Festival di Sanremo e quella della Sala Stampa, Tv, Radio e Web, per obbligare la Rai "ad una nuova nomina delle due giurie sulla base di criteri trasparenti e che garantiscano imparzialità e correttezza". Nel ricorso dell’associazione, che l’Adnkronos ha visionato, si legge: "Nel Regolamento Sanremo 2023, con riferimento alla giuria Demoscopica, si legge unicamente il seguente assunto: ‘La Demoscopica è formata da trecento componenti selezionati che voteranno attraverso un’applicazione ad essi dedicata e realizzata per l’occasione’. Oltre a questo il nulla. Dunque non è dato sapere ai cittadini chi siano i 300 membri scelti di tale giuria e, soprattutto, attraverso quali criteri essi siano stati scelti. I consumatori che andranno a spendere dei soldi per votare con il televoto i propri artisti preferiti, non sanno se i propri voti possano essere vanificati da tale giuria […]".

Per il Codacons dunque "è mancata la predeterminazione dei parametri per la corretta individuazione dei componenti di tale giuria, di guisa che il provvedimento di nomina potrebbe palesarsi illegittimo in quanto sottratto ad una effettiva verifica del rispetto dei suddetti principi di imparzialità, trasparenza e pluralismo. Sia il Tar, sia il Consiglio di Stato, hanno a più riprese chiarito che il provvedimento di nomina di componenti delle commissioni delle pubbliche amministrazioni, se non è preceduto dalla previa predeterminazione dei criteri per procedere alle nomine, è nullo".

Prosegue il documento: "Appare chiaro dunque che è importantissimo che i componenti della Giuria siano stati scelti attraverso specifici criteri che garantiscano il pluralismo partecipativo e l’imparzialità rispetto ai cantanti in gara in modo da garantire che le operazioni di voto siano del tutto genuine ed imparziali e i voti espressi tramite televoto da parte degli utenti non siano vanificati".

Per quel che concerne la Giuria della Sala Stampa, Tv, Radio e Web, "dal Regolamento Sanremo 2023, risulta invece che esistono dei criteri ‘indicati dall’Ufficio Stampa Rai’ -si legge nel ricorso d’urgenza presentato dal Codacons al Tar Lazio visionato dall’Adnkronos- Tuttavia tali criteri, seppur citati, non risultano pubblicati e dunque è opportuno, per le medesime ragioni espresse nel paragrafo precedente, che la Rai li pubblichi sul proprio sito web pena l’inesistenza degli stessi. Anche tale circostanza si palesa incompatibile con i principi di imparzialità, trasparenza e pluralismo che la RAI deve perseguire in virtù degli obblighi assunti con il Ministero dello Sviluppo economico, con la collettività e di Gestore del Servizio Pubblico".

Per tali motivi il Codacons ha chiesto con ricorso d’urgenza al Tar del Lazio "l’emissione di un decreto cautelare prima dell’inizio del Festival previsto per il 7 febbraio con cui si sospendano le due giurie e si disponga a carico della Rai l’obbligo di prevedere i criteri per le nomine dei componenti delle medesime giurie, l’esclusione da qualsiasi giuria dei 15 giornalisti che hanno già ascoltato in anteprima le canzoni in gara, nuove nomine secondo i detti criteri in modo da garantire l’imparzialità, il pluralismo e la trasparenza nelle operazioni di voto".

Gli Incassi.

IL FESTIVAL. Festival di Sanremo, quanto vale dal punto di vista economico? 186 milioni di euro e 1.100 posti di lavoro. Massimiliano Jattoni Dall’Asén su Il Corriere della Sera il 10 Febbraio 2023.

L’impatto totale del Festival di Sanremo è pari a 186 milioni di euro, di cui 71 milioni di valore aggiunto (rapportabile al Pil). È la stima di EY, secondo cui, di questi 186 milioni, gli impatti indiretti e indotti sono pari a circa 113 milioni. Nei giorni del Festival della canzone italiana, quando è l’argomento più discusso, scritto e condiviso sui social d’Italia, e mentre tiene ancora banco l’ipotesi che una cordata alternativa alla Rai possa mettere le mani sull’organizzazione canora, EY ha calcolato l’impatto delle spese pubblicitarie e degli sponsor in 133 milioni di euro, in 41 milioni l’impatto degli investimenti per l’organizzazione e in 12 milioni quello della presenza degli spettatori e dei professionisti. Chi critica, insomma, la manifestazione che ogni anno va in onda dal palco dell’Ariston, forse ignora il giro d’affari che vi si cela dietro. Tutti i costi del Festival vengono infatti ammortizzati grazie a sponsor e pubblicità. Anzi, in realtà, la Rai ottiene importanti guadagni da Sanremo che permettono poi di finanziare altre attività della tv pubblica. Ma Sanremo dà anche lavoro.

Sono oltre 1.100, infatti, i lavoratori a tempo pieno coinvolti nella kermesse, di cui circa 750 impiegati in realtà derivanti dagli effetti indiretti e indotti di Sanremo. I settori maggiormente coinvolti, grazie all’attivazione delle catene di fornitura, sono quelli relativi ai servizi pubblicitari, di food&beverage e hospitality. «L’impatto economico generato dal Festival di Sanremo 2023 è considerevole - spiega Mario Rocco, partner EY, valuation, modelling and economics leader -. Nella nostra analisi abbiamo considerato non solo l’impatto delle spese organizzative, dei ricavi da pubblicità e sponsor, e della presenza sul territorio di spettatori e addetti ai lavori, ma anche gli impatti indiretti e indotti che l’evento è in grado di generare attraverso l’attivazione delle catene di fornitura (circa 113 milioni)». L’effetto moltiplicatore del giro di affari è notevole: per ogni euro investito, l’impatto sull’economia «è pari a circa 2,5 euro», conclude Rocco. E tutto questo prescindendo dagli effetti (difficili da stimare ma importanti) sull’industria discografica nel mercato fisico e digitale.

Estratto dell'articolo di Pietro Saccò per “Avvenire” il 7 febbraio 2023.

Per il piccolo Comune di Sanremo il Festival non è tutto, ma poco ci manca. Tra staff Rai, cantanti e ospiti con relativi entourage, spettatori, giornalisti e semplici turisti in questa settimana arrivano in città più di 40mila persone. E Sanremo, che di abitanti ne ha meno di 55mila, si prepara all’incasso.

 Secondo Banca Ifis, che da tempo approfondisce il ruolo economico della cultura in Italia, il Festival è un ottimo esempio di valorizzazione di un evento culturale attraverso collaborazione tra amministrazione pubblica e operatori privati. La banca, che a sua volta è sponsor di “Casa Sanremo”, calcola ricadute economiche da 18,4 milioni di euro sul territorio ligure.

Cinque milioni di euro sono quelli che la Rai verserà direttamente al Comune, e fanno circa il 5,2% degli incassi del Municipio per l’intero 2023. A questi si aggiungono le spese per hotel e appartamenti (8,8 milioni di euro), quelle per i pranzi e le cene (2 milioni), altri 2 milioni di euro tra shopping e incassi dei biglietti venduti (una poltrona in platea per le cinque serate costa 1.290 euro, che scendono a 672 per un posto in galleria) e 600mila euro per gli spostamenti. È in questa settimana che i bar, ristoranti, gli alberghi e i negozi di Sanremo fanno il grosso degli incassi dell’anno.

 Il Festival è fondamentale anche per i conti della Rai. L’ultimo bilancio approvato dall’emittente pubblica, quello del 2021, mostra incassi pubblicitari complessivi da 590 milioni di euro. Di questi 42 milioni sono arrivati con Sanremo, che è stata la quarta trasmissione più guardata dell’anno, dopo Italia-Inghilterra degli Europei, Italia-Irlanda del Nord delle fallite qualificazioni ai Mondiali, il messaggio del presidente della Repubblica per l’ultimo dell’anno. Gli incassi sono in aumento in parallelo con il successo di spettatori del Festival.

Le stime per questa edizione parlano di entrate pubblicitarie vicine ai 50 milioni di euro complessivi, anche grazie alle «partnership», come ha spiegato Giampaolo Tagliavia di Rai Pubblicità. Tra queste partnership quella con Costa Crociere, con ospiti in collegamento da una nave, con Suzuki, che ospiterà cantanti fuori concorso in Piazza Colombo, e Plenitude Eni, che farà sfilare i concorrenti su un tappeto verde in chiave sostenibile. Tra gli altri partner del festival ci sono anche Poltronesofà, VeraLab e Sephora. Rai Pubblicità conta 161 brand che hanno pianificato investimenti per il Festival sui vari media dell’azienda.

 Sanremo, per chi investe in pubblicità, è il Superbowl italiano: niente costa di più. Il massimo della visibilità strettamente pubblicitaria è offerto dalle telepromozioni, che spesso coinvolgono direttamente i presentatori del Festival: saranno trasmesse alle 23.35 in ognuna delle 5 serate, il prezzo di listino di Rai Pubblicità è di 2.180.000 euro. Costose anche le billboard, cioè le sequenze video da 4 secondi (quelle con la scritta “presentato da”) all’inizio e alla fine del Festival e dell’Anteprima.

Per i 16 passaggi nelle puntate dell’Anteprima, iniziate già sabato e in onda dopo il Tg1, servono 537.900 euro, per le 10 billboard nelle cinque serate del Festival ne occorrono 286.500. Per gli spot durante gli intervalli la tariffa varia in base a serata e orario: si va da un minimo di circa 95mila euro per 30 secondi verso le 23.55 delle serate più “mosce” (mercoledì a venerdì) ai 413.225 euro per due spot da 30 secondi da trasmettere nella serata della finale verso le 22.45 e a mezzanotte. Chiaramente gli spot all’inizio o alla fine dell’intervallo pubblicitario costano di più. Il “pacchetto” più costoso proposto dalla Rai è quello per 2 passaggi da 15 secondi a serata tra le 22.45 e la mezzanotte: fanno 1,8 milioni di euro. Dai numeri comunicati, gli inserzionisti non si sono comunque tirati indietro.

Sommando incassi dalla pubblicità e ricadute sul territorio, Banca Ifis valuta in 60 milioni di euro il totale dei ricavi che il Festival è in grado di generare. Se Sanremo è così “ricco” è perché è la musica italiana quella che gli italiani vogliono ascoltare. 

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Costi.

Sanremo 2023: ecco quanto vengono pagati Amadeus, gli ospiti e i conduttori. Ecco quanto potrebbe spendere la Rai per pagare conduttori, co-conduttrici, ospiti e addirittura cantanti in gara per il festival di Sanremo 2023. Novella Toloni il 28 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Sanremo non è solo musica, spettacolo e gossip. È soprattutto cifre, entrate e uscite. Tema assai caldo e pruriginoso quando si parla di televisione pubblica e canone. Così, alla vigilia dell'inizio della 73esima edizione del festival di Sanremo - la quarta condotta da Amadeus - si torna a puntare l'attenzione sui costi e sui ricavi che la kermesse canora ha.

La macchina organizzativa di Sanremo costa, è indubbio, ma le entrate - negli ultimi anni - sono decisamente lievitate. Grazie al successo della passata edizione viale Mazzini ha messo in banca 42 milioni di euro di ricavi, cifre record rispetto al passato. Ma questo non ha fermato la spending review della Rai, che starebbe vendendo pacchetti pubblicitari con prezzi da 715mila euro (per 15 secondi) a 1,7 milioni di euro, ma punta a sforbiciare le spese dei compensi dei protagonisti con un occhio di riguardo, però, per qualcuno.

Il cachet dei conduttori: Amadeus e Gianni Morandi

Sono tanti i siti di informazione e spettacolo che avanzano ipotesi e sparano cifre sui compensi dei protagonisti di Sanremo 2023. La certezza dei cachet non c'è a causa della privacy, ma secondo il sito Money, uno dei più autorevoli in materia, Amadeus dovrebbe incassare 70mila euro a serata per un totale di 350mila euro. Secondo qualcun altro, invece, il compenso del direttore artistico e conduttore (visto il doppio ruolo rivestito) si aggirerebbe attorno ai 500mila euro. Cifra che comunque rimane abbondantemente inferiore ai compensi degli anni passati, dove si parlava addirittura di 900mila euro. Leggermente ridotto il compenso che dovrebbe percepire Gianni Morandi in qualità di co-conduttore delle cinque serate. Si parla di 60mila euro a serata per un totale di 300mila euro.

Cachet co-conduttrici: Ferragni, Francini, Egonu, Fagnani

Ai quattro volti femminili che si alterneranno sul palco del teatro Ariston dal 7 all'11 febbraio dovrebbero andare i "classici" 25mila euro. Un gettone di presenza simile a quello delle passate edizioni e che sarebbe in linea con la singola presenza di ciascuna co-conduttrice. Discorso a parte, invece, per Chiara Ferragni. Secondo Money, l'imprenditrice digitale dovrebbe incassare un cachet di 50mila euro totali per due serate, ma le voci che in realtà la cifra sia 100mila o poco superiore sono insistenti. Anche perché di mezzo c'è la donazione fatta dalla moglie di Fedez in favore dell'associazione D.i.Re, alla quale la Ferragni ha devoluto per intero il suo compenso.

Le 7 vittorie più immeritate al festival di Sanremo

Cantanti in gara e ospiti

Rimane invece un mistero, almeno per il momento, l'ammontare del compenso che percepiranno gli ospiti nazionali e internazionali, che calcheranno il palco dell'Ariston nelle cinque serate del Festival: dai Pooh ai Black Eyed Peas fino agli artisti che si esibiranno sui palchi esterni (quello sulla Costa Crociera e quello in piazza a Sanremo). Ma è chiaro che non andranno gratis e se per gli ultimi (tra i quali si contano Fedez, Achille Lauro, Salmo e Guè Pequeno) si prevede un gettone di presenza di qualche migliaio di euro, per gli ospiti internazionali si dovrà attendere per conoscere i compensi. Come ogni anno, invece, ai cantanti in gara andrà un indennizzo di circa 48mila euro come rimborso spese.

Sanremo, sul palco Egonu e Francini. Zelensky in video. Poi è arrivato Bruno Vespa a Domenica In che ha presentato l'intervista a Zelensky in onda martedì 17 a Porta a Porta. Paolo Giordano il 16 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Poi è arrivato Bruno Vespa a Domenica In che ha presentato l'intervista a Zelensky in onda martedì 17 a Porta a Porta: «Lui voleva venire a Sanremo, in collegamento naturalmente, così ho parlato con Amadeus, e ho potuto dirgli: Caro Presidente l'aspettiamo per la serata finale del Festival di Sanremo». Zelensky alla finale del Festival (come più o meno si poteva immaginare) ha «sgonfiato» l'annuncio delle ultime due co-conduttrici del Festival fatto da Amadeus al Tg1 di poche ore: al giovedì sera ci sarà Paola Egonu, al venerdì Chiara Francini. Una è il personaggio divisivo tra sport, gossip e polemiche. L'altra è la scrittrice attrice che diventa la candidata più credibile al premio di miglior co-conduttrice di questa edizione. Si aggiungeranno a Chiara Ferragni (martedì e sabato) e a Francesca Fagnani (mercoledì). In più, nell'ormai rituale sosta al Tg1, ieri Amadeus ha anche fatto un annuncio che segna il ritorno al pre Covid, a quando il Festival era anche crocevia di musica straniera e non soltanto liturgia autarchica. Insomma, ci saranno pure i Black Eyed Peas che sono senza Fergie e senza il successo di qualche anno fa, ma restano tra i gruppi più ballabili del mondo e grondano dischi di platino.

In poche parole, Amadeus ieri ha chiuso il primo anello del Festival. Rimangono gli altri super ospiti (molto probabili i Maneskin e qualche altra leggenda italiana), si aspetta il premio alla carriera a Peppino Di Capri (70 anni di musica, se non ora quando), qualche attore in «zona risata» e il cast sarà chiuso. Amadeus ha chirurgicamente chiarito che gli annunci nei prossimi giorni saranno frequenti, sempre durante il Tg1, ma con un rituale che cambia ogni volta. Per il trio AlMoRa (Al Bano, Morandi, Ranieri) era stata pensata la gag nella quale ciascuno credeva di essere l'unico super ospite. Invece ieri per Egonu e Francini ci si è limitati all'auto annuncio tramite clip preregistrata. Tanto poi subito dopo è partita come sempre la gragnuola di dichiarazioni social. La campionessa: «Non vedevo l'ora di condividere la notizia». La candidata a miglior coconduttrice: «È un traguardo incredibile per una ragazza di provincia come me».

Comunque i nuovi annunci confermano l'identikit della settantatreesima edizione del Festival in attesa che si decida sul caso Madame, indagata per i vaccini falsi, autrice di una precisazione poi cancellata, tuttora presa di mira sui social e richiesta da più parti di ritirarsi volontariamente dalla gara. Al di là dei prossimi ospiti e dell'inevitabile vetrina planetaria garantita da Zelensky, ora la vera grana di Amadeus è questa.

Festival di Sanremo: arrivano Al Bano e Ranieri con Gianni Morandi. Renato Franco l’8 Gennaio 2023 su Il Corriere della Sera.

L’annuncio di Amadeus al Tg1: i tre cantanti sul palco dell’Ariston mercoledì 8 febbraio

Un trio inedito, insieme sommano 228 anni e 90 milioni di dischi venduti, sul palco dell’Ariston proporranno i loro successi più noti: Al Bano, Massimo Ranieri e Gianni Morandi saranno i tre superospiti della seconda serata (l’8 febbraio) del Festival di Sanremo. Morandi per altro, già si sapeva, sarà impegnato anche tutti gli altri giorni al fianco di Amadeus. «È un grande evento» ha commentato felice al Tg1 il conduttore e direttore artistico che da qui all’inizio del Festival ha promesso che arriveranno altri annunci. La curiosità maggiore è legata alle due caselle mancanti alla voce «co-conduttrici»: Chiara Ferragni ha già prenotato la prima e l’ultima sera, Francesca Fagnani ha occupato un altro slot (la seconda sera). Per ora filtra poco, ma tra i nomi in attesa alcuni suggeriscono quello di Sabrina Impacciatore.

«Durante questo mese di gennaio potremo vederci più spesso — ha detto Amadeus intervenendo al Tg1 — perché manca poco più di un mese all’inizio del Festival, esattamente il 7 febbraio. Ci sono notizie importanti da annunciare. Avevo detto che tra gli ospiti ci sarebbero stati grandi cantanti italiani e ho combinato un guaio». Dopo le sue parole, ecco tre video. Il primo con Al Bano: «Ad Amadeus dico grazie per avermi invitato come unico superospite nella seconda serata. Mi fa piacere anche per festeggiare i miei 4 volte 20 anni, tanta felicità». Il secondo con Massimo Ranieri: «Sono felice di essere l’unico superospite della serata di mercoledì». E infine Gianni Morandi: «Grazie Ama per avermi voluto con te a condurre il Festival. Ma la mia gioia più grande è di essere anche l’unico superospite della seconda serata».

Estratto dell’articolo di Leonardo Iannacci per “Libero quotidiano” il 15 Gennaio 2023.

[…] Al Bano, appena entrato in un anno particolare, visto che sta tagliando il traguardo degli 80.

 […] Torna all'Ariston con due suoi vecchi compari: un'operazione di marketing?

«Affatto. Gianni e Massimo sono due uomini veri e due amici. E poi il Festival è un'iniezione di adrenalina, regala sempre un brivido speciale, mi fa tornare ragazzo e dà un senso alla vita. Una volta nei camerini ho visto il grande Ray Charles, prima di un'esibizione, tremare come una foglia e dirmi: ho paura, non so cosa mi stia succedendo stasera».

Al Bano-Morandi-Ranieri: i tre tenorini?

«Il progetto è vecchio di 30 anni ma abbiamo sempre rimandato. Merito di Morandi che ci ha riuniti».

 Un giorno Morandi disse: "con quella voce Al Bano mi sfonderà. E con lui, anche Massimo".

«Sciocchezze. Gianni è un grandissimo artista. L'ho sempre ammirato, anche come persona: quando era in crisi negli anni '70 ed ebbe il merito di ricominciare da zero, dimostrò che uno su mille ce la fa davvero».

Cosa unisce un bolognese, un napoletano e un pugliese come siete voi?

«Le nostre origini e le nostre storie. Veniamo da quella sana povertà di un Italia che, negli anni '50, esaltava solo il lavoro e chi aveva voglia di fare». […] «Noi tre abbiamo respirato la stessa atmosfera agra di quel periodo, ma ce l'abbiamo fatta rimboccandoci le maniche: siamo grandi lavoratori e questo deve essere un esempio. Rappresentiamo, fatto importante, anche geograficamente il paese. Gianni figlio di un ciabattino emiliano, io di un contadino del Sud, Massimo di una famiglia povera napoletana».

[…] anche lei è stato un artista impegnato?

«Socialmente sì. Poi, negli anni '70, un certo tipo di potere discografico e politico ha fatto fuori gran parte degli artisti che andavano forte ma non si allineavano. E hanno vissuto anni bui». […] «[…] Ho conosciuto artisti che si schieravano politicamente, in quegli anni, soltanto per vendere dischi. Io mai».

 Il Sanremo più bello?

«Ne ho fatti 15, ma resta speciale quello che ho vinto insieme alla signora Power nel 1984 con Ci sarà: raccogliemmo 3.900.000 voti».

[…] Qual è la vera felicità per lei?

«Svegliarmi all'alba, montare sul trattorino e controllare i campi e i vigneti nella mia tenuta di Cutripritizzi. Sono un contadino. Vengo dalla terra».

Estratto da leggo.it il 22 gennaio 2023.

Dopo il successo di Belve, su Rai2, una delle trasmissioni più seguite degli ultimi anni, Francesca Fagnani sbarca a Sanremo 2023. Da dieci anni legata sentimentalmente […] al direttore del TgLa7 Enrico Mentana, la Fagnani […]  è stata spesso indicata dalle malelingue come raccomandata: ma il suo successo è tutto lì a dimostrare che si tratta appunto solo di malelingue.

 Intervistata da Andrea Scarpa del quotidiano Il Messaggero, Francesca si racconta: «Sono una perfezionista, tignosissima - dice - il ringraziamento più grande lo devo ai miei genitori che mi hanno sempre sostenuta. L'incontro più importante quello con Michele Santoro: ha dato una direzione diversa a tutta la mia vita».

 Su Sanremo, l'idea della co-conduzione è nata - racconta la Fagnani - «due giorni prima che Amadeus la annunciasse da Fiorello. Lui mi ha scritto un messaggio chiedendomi se potevamo sentirci. Io ho pensato subito a Sanremo, ma per un po’ ho temuto che mi cercasse per I soliti ignoti. Quando mi ha detto tutto, ho accettato al volo».

[…] Niente canti o balli però («Sono stonata e non so muovermi»), ma il Festival sarà certamente un modo per consacrarsi, ma senza voli pindarici: «Non credo che Sanremo mi cambierà la vita. Lo vivo come un riconoscimento, e subito dopo tornerò alla vita di sempre».

 […] A chi le dice che è cattiva, dice che non è vero: «Detesto i pregiudizi», poi passa a parlare dei figli mai avuti: «Nessun motivo particolare - spiega - A me non è successo, non mi manca e penso che si possa essere felici anche senza figli».

Quanto al matrimonio, «me l'hanno chiesto un paio di volte ma mi sono data alla fuga. Non ci credo all’amore per sempre». Tradimenti? «Non sono una traditrice seriale, ma non posso dire di non averlo mai fatto. Non sono una santa».

Estratto dell'articolo di Maria Volpe per il “Corriere della Sera” il 10 febbraio 2023

 (...)

 Gianni Morandi era il più restio dei tre. Scherzava (ma non troppo) dicendo: «Quei due lì, con quelle voci che hanno, mi schiacciano». Poi si è fatto convincere ed è stato felicissimo. Commosso Massimo Ranieri: «Tutti mi dicono che è stata una grande emozione ed è quello che volevamo far arrivare al pubblico. La verità di una profonda stima e di tre amici che si sono incontrati dopo 50 anni sul palcoscenico più importante della musica italiana. Non c’era gara e il pubblico penso che lo abbia capito, volevamo che arrivasse quest’empatia , rispetto e profonda stima che c’è tra di noi».

 Aveva visto lungo Al Bano, il più «grande» dei tre, 80 anni a maggio. Lui è da 27 anni che insiste con i due amici. «È capa tosta lui» dice Ranieri.

«Non molla mai» gli fa eco Morandi. Il re dell’acuto aveva intuito che loro tre, insieme, avrebbero toccato i cuori. E ora commenta con gioia: «27 anni di attesa! Finalmente. Io mi trovo da Dio con loro, da sempre. Siamo veri amici, non c’è invidia, mai rancori, ci lega una grande armonia e una profonda ammirazione».

E per l’appunto lui l’aveva previsto e non si era arreso davanti ai no (di Gianni). Insisteva: « Mettiamo insieme le nostre storie. Perché noi tre abbiamo percorsi simili, veniamo dal proletariato, ci siamo fatti un mazzo tanto, abbiamo frequentato l’università della vita». Alla fine ha vinto lui e li ha portati all’Ariston.

 (...) 

«Io e Massimo ci temevamo molto, ma abbiamo imparato a riderci su — racconta Gianni — . Poi nel tempo le nostre vite hanno preso strade diverse: lui si è dedicato al teatro, io più alla musica. Entrambi abbiamo avuto momenti di difficoltà e ci siamo ripresi».

Aggiunge Ranieri: «Cantavamo sul palcoscenico poi ci ritrovavamo a giocare a scopetta in camerino. Il Teatro Delle Vittorie era la nostra casa: prove, dirette, facevamo ipotesi su chi avrebbe vinto. Eterni ragazzini». Come dimenticare che nel ’69, Morandi vince «Canzonissima» con «Chi se ne importa»; l’anno dopo tocca a Ranieri con «Vent’anni»; due anni dopo trionfa ancora Ranieri con «Erba di casa mia», davanti a Morandi con «Il mondo cambierà». E così vanno avanti per anni. Dopo questo successo, Al Bano li convincerà anche a fare un tour insieme? «Io ci spero. Per me sarebbe un tour negli stadio. Le reazione del pubblico sono state incredibili. Possiamo dirlo? Un pizzico di storia ..».

Sanremo 2023, i soldi di Chiara Ferragni? Una scomoda verità. Giordano Tedoldi su Libero Quotidiano il 14 gennaio 2023

Chiara Ferragni, come usa dirsi di quelle persone che, in varie forme e misure, o si amano o si odiano, è divisiva. Di certo è molto amata, dato il suo successo, i milioni di follower, d'altro canto i detrattori (e non sono tutti hater; non è che chiunque muova una critica, anche aspra, diventa automaticamente tale) ci sono, e anche agguerriti. Pochi di questi, anzi forse nessuno - ed è semplicemente una constatazione, che non li squalifica a priori - sono ricchi e famosi quanto lei, e questo naturalmente, nella nostra comunicazione un po' isterica, li fa passare per invidiosi. Il che, del resto, non fa che gettare benzina sul fuoco. L'ultima polemica - polemiche alle quali Ferragni di certo non deve dar più molto peso, altrimenti, vista la loro frequenza, sarebbe già impazzita - riguarda la sua partecipazione a Sanremo, come co-conduttrice della serata inaugurale e di quella finale.

Ieri Ferragni, sfoggiando una maglietta con la scritta "Girls supporting girls", ha annunciato in una conferenza stampa a Palazzo Parigi a Milano, e naturalmente anche su Instagram, che devolverà il suo intero compenso in beneficenza. Il cachet, che sarebbe di 100mila euro, verrà donato all'associazione D.I.Re, donne in rete contro la violenza. «La violenza fisica è più facile da riconoscere, per me è più importante parlare di violenza psicologica, di cui io stessa sono stata vittima», ha detto Ferragni commentando il suo gesto, e ha aggiunto: «ci sono atteggiamenti da non sopportare, che vanno riconosciuti per dire "non me lo merito"», dal momento che «è difficile uscire da queste situazioni se le normalizziamo».

A commento del suo post su Instagram, Ferragni ha ulteriormente motivato la sua scelta e ha parlato dell'associazione cui devolverà il suo compenso: «In Italia, oggi più che mai, c'è bisogno di parlare e di fare qualcosa di concreto contro la violenza maschile sulle donne. Per questo ho scelto di supportare D.i.Re un'associazione italiana che gestisce oltre 100 centri antiviolenza e più di 60 case rifugio in tutta Italia, potete farlo anche voi andando sul loro sito e donando. Ho avuto modo di conoscere la Presidente di D.i.Re e alcune delle operatrici che tutti i giorni lavorano sul campo, sono loro le vere eroine che mi hanno ancora di più convinta a iniziare questo percorso che spero si evolverà nei prossimi anni. Un grazie anche alla Rai e ad Amadeus senza cui questa iniziativa non sarebbe stata possibile». E questo è quanto.

POLEMICA

Il fatto che anche di questo si debba parlare, e anche su questa decisione sia sorta una polemica, conferma due cose: che Ferragni, come dicevamo, è divisiva, e che il discorso pubblico (ma non è una notizia fresca) è sceso ormai a livelli che definire miserabili non è esagerato. Il lato consolante di queste polemiche, che mentre infuriano sembrano scontri culturali e morali di amplissima portata, è che, si sa, durano circa un giorno, alcune meno, presto scavalcate dalle successive, effimere baruffe. Ma che cosa è stato contestato a Ferragni? C’è chi ha da ridire sull’entità del cachet, chi sul fatto che la beneficenza non va sbandierata ma fatta in silenzio, chi vede nel generoso atto una scaltra mossa promozionale: non manca nulla. Noi vorremmo astenerci dal prendere parti limitandoci a ricordare che questa beneficenza nelle partecipazioni speciali a Sanremo non è inedita: nel 2020 Tiziano Ferro, ospite fisso del festival, Cristiano Ronaldo e Georgina Rodriguez versarono a varie associazioni onlus e a un ospedale tutti i loro compensi.

IBRA

L'anno seguente Zlatan Ibrahimovic, stuzzicato sul suo cachet da 250mila complessivi per cinque serate, in conferenza stampa rispose così: «I cachet? I soldi non sono importanti, nel mio mondo non mi serve nulla. Faccio questa cosa con il cuore per far vedere a tutti che sono grato per quello che l'Italia ha fatto per me. I soldi che entrano li diamo in charity, non vi preoccupate». E se ci fosse stato qualcuno che si era preoccupato, con quel chiarimento era tutto a posto. Non sappiamo se e come risponderà Ferragni ai suoi critici, e se riuscirà anche lei, con la tranquillità e l'efficacia di Ibra, a togliere ogni preoccupazione. Dal punto di vista dello spettacolo, che forse è quello che in questo caso è più importante, dobbiamo fare i complimenti ad Amadeus che è riuscito a portare a Sanremo un personaggio che riesce sempre a far parlare di sé, e ad attirare l'attenzione del pubblico. Sarà sicuramente un grande successo. 

Fabrizio Biasin per “Libero quotidiano” il 29 Dicembre 2022.

Se sapete cos' è il FantaSanremo grazie tante e arrivederci, se non sapete cos' è il FantaSanremo prendete e bevetene tutti. Il FantaSanremo è un gioco, oddio, "gioco", non è mica detto. L'ha inventato un gruppo di ragazzi marchigiani nel 2020, poco prima dell'esplosione della pandemia, fate voi. Si ritrovavano al bar durante il Festival e scommettevano su questa e quella cazzata, chi indovinava prendeva punti e alla fine uno e uno solo ha vinto l'unico premio in palio, lo stesso che si vincerà anche adesso che il giuoco è diventato fenomeno di massa: la gloria eterna. 

Nel 2021, in piena pandemia, la versione "casereccia" dell'ambaradan si è trasformata in versione online e le squadre da 50 sono diventate 50 mila. Nel 2022 sono esplose fino a 500 mila. Quest' anno, dopo sole 24 ore dal "via" e a più di un mese dall'inizio del casotto (7 febbraio), siamo già a oltre 200 mila squadre iscritte. Ma forse non ci state capendo una fava e, quindi, andiamo per gradi, ovvero partiamo dal regolamento.

Tu, utente X, ti connetti al portale del FantaSanremo e iscrivi la tua squadra: hai a disposizione 100 Baudi (moneta coniata in onore di Re Pippo) per comporre un team di 5 cantanti (4 + 1 capitano). Ogni artista ha la sua valutazione a seconda della fama, dell'eccentricità, della capacità di mettersi in discussione. Per dire, Tananai è molto quotato. Composta la squadra sai che giocherai nella versione "tutti contro tutti" ma soprattutto all'interno di una o più leghe. 

Ci sono quelle dei "famosi" (Emma Marrone ha fondato la sua), ma tantissimi hanno già varato quelle più casalinghe, tra parenti e amici. Come si acchiappano i punti? Se fino all'anno passato era tutta una questione di "puttanate codificate" che i cantanti dovevano mettere in pratica (l'artista saluta "Zia Mara" = X punti) e di cose da evitare (l'artista canta con gli occhiali = malus di Y punti), quest' anno la palla passa soprattutto a chi ruota attorno ai cantanti: i fan, gli orchestrali, tutti. 

Per dire, se a un bel punto tra il pubblico dovesse partire un trenino si porterà a casa il sontuoso "bonus Maracaibo", ovvero un sacco di punti; se, invece, l'artista citerà la parola "FantaSanremo" causerà danni a chi ha puntato Baudi lui. Bonus e malus sono numerosi e vi invitiamo a prenderne visione online, ché qui lo spazio è poco e tocca dire altro.

Cosa? Beh, intanto che i cantanti hanno preso la cosa sul serio e si sono già messi a disposizione dei loro sostenitori: da Mengoni a Grignani, fino a Giorgia, Ariete e i Coma Cose, sono tutti pronti a fare i minchioni in nome della gloria. Poi c'è la questione «ok, ma a che serve tutto 'sto delirio?».

Ce lo spiega Giacomo Piccinini, uno dei fondatori del "Fanta": «Siamo molto contenti: le iscrizioni volano e c'è davvero grande interesse». Partiamo con le domande a raffica. Qual è l'obiettivo? «Collegare il più grande evento italiano al gioco. Uniamo le famiglie». Chi è il fanta-giocatore tipo? «Le donne e, in generale, il pubblico under 45». Cosa rispondete a chi vi accusa di "imbastardire" la rassegna?

«Siamo i primi a non voler essere invasivi, quest' anno i punti dipenderanno molto meno dalle volontà dell'artista. E comunque Amadeus è un nostro grande sostenitore». I bonus si assegnano solo durante le serate? «No, h 24». Guadagnate miliardi? «Abbiamo sponsor che ci aiutano, da Pandora a Crodino, ma facciamo anche beneficenza: per ogni artista che porterà sul palco un ukulele doneremo strumenti musicali e materiale scolastico alle scuole supportate da Action Aid in Kenya». Sotto con 'sti ukulele, di grazia.

(ANSA il 16 gennaio 2023) - I Pooh ospiti della prima serata del Festival di Sanremo, il 7 febbraio: ad annunciare la reunion dello storico gruppo è Amadeus, in un video mostrato da Fiorello a Viva Rai2!. Sul palco anche Riccardo Fogli, per una performance che, come hanno spiegato gli stessi Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Red Canzian, proporrà le hit della band e sarà anche "un omaggio a Stefano" D'Orazio, morto nel novembre 2020.

Sanremo 2023, Maneskin al Festival: l'annuncio di Amadeus. Da adnkronos.com il 21 gennaio 2023.

I Maneskin a Sanremo 2023. La band romana sarà al festival nella serata di giovedì 9 febbraio. Lo ha annunciato Amadeus intervenendo con i Maneskin nell'edizione del Tg1 delle 20 oggi. "Non vediamo l'ora, per noi è sempre un onore" salire sul palco dell'Ariston, dicono i Maneskin. "Sanremo ha una marcia in più quando ci sono i Maneskin", dice Amadeus.

I Maneskin tornano per la terza volta consecutiva al Festival, l'evento da cui è partita la loro incredibile ascesa verso il mercato internazionale. Dopo aver vinto l'edizione del 2021 con il brano 'Zitti e buoni' ed aver trionfato con lo stesso brano all'Eurovision 2021, che li ha fatti conoscere al pubblico internazionale, i Maneskin sono tornati all'Ariston lo scorso anno per il tradizionale passaggio di consegne (che Amadeus vorrà quest'anno anche da Mahmood e Blanco vincitori del festival dell'anno scorso).

Nel 2022, oltre a 'Zitti e Buoni', la band romana ha eseguito anche 'Coraline', con un Damiano David commosso fino alle lacrime. Quest'anno è probabile che la band farà ascoltare almeno un brano del nuovo album 'Rush!', uscito proprio oggi.

 In America cominciano a stroncare i Måneskin, e per qualcuno era anche ora

Estratto dell’articolo di Patrizio Ruviglioni per esquire.com il 21 gennaio 2023.

Chi è Salmo, il rapper ospite a Sanremo 2023 dalla nave Costa Smeralda. Vito Califano su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Salmo canterà a Sanremo ma soprattutto in collegamento, dalla nave Costa Smeralda, martedì 7 e sabato 11 febbraio. A bordo del “palco sul mare” del Festival, alla 73esima edizione della kermesse, anche Gué Pequeno, Takagi & Ketra e Fedez. Protagonista della scena rap italiana da anni, recordman di vendite e concerti sold out, il rapper originario della Sardegna ha conquistato evidentemente anche Amadeus, direttore artistico e conduttore per il terzo anno consecutivo della kermesse, sarà uno degli ospiti della manifestazione canora.

Classe 1984, ormai milanese di adozione, Maurizio Pisciottu è con la sua crew, il collettivo Machete, una sorta di factory a cavallo tra produzioni e arti diverse animata da rappers, produttori, grafici e videomakers, un’istituzione nell’ambiente del rap e dell’hip hop. Aveva cominciato nell’ambiente metal, punk-rock e hardcore in Sardegna. Prima del rap ha militato in gruppi hardcore, dagli Skasico (con cui ha prodotto 3 album e girato l’Europa) ai Three Pigs ai To Ed Gein, con cui ha partecipato all’Heineken Jammin Festival di Venezia nel 2008.

Al 2011 risale il primo disco solista The Island Chainshaw Massacre: un esordio che lascia il segno nel panorama rap con quel mix di sonorità elettroniche e rap anni ’90. A inizio 2012, dopo essersi trasferito a Milano, con l’etichetta indipendente Tanta Roba pubblica Death USB. Su iTunes fa numeri da record. Del 2013 il disco Midnite, a una settimana dall’uscita Disco d’Oro. Grande successo anche per il “Midnite live session Tour”,

Il progetto discografico Machete Empire viene annunciato nel 2014, con la Lebonski Agency, società di booking e management. Il definitivo salto di qualità, anche oltre il pubblico del rap, arriva nel 2016 con l’album Hellvisback, anticipato dal singolo 1984, ristampato qualche mese dopo con un secondo disco, due inediti e brani in versione live. Il singolo Estate dimmerda, uscito il 21 luglio 2017, supera i sei milioni di visualizzazioni su Youtube in pochissimo tempo. Playlist del 2018 e Flop del 2021 sono gli ultimi due album di inediti che hanno confermato Salmo tra i fenomeni più seguiti di questi anni in Italia.

Le incursioni di Salmo a Sanremo saranno un inedito ma non si fermeranno alla Costa Smeralda: il rapper calcherà anche il palco dell’Ariston perché duetterà nella serata delle cover di venerdì 10 febbraio con Shari in un medley di Zucchero. “Mi ha proposto lui di fare la cover insieme perché io non avrei mai avuto il coraggio di chiederglielo. Credo che essere in gara e duettare come ospite sia diverso. C’è sicuramente meno pressione nel cantare una cover. Salmo segue il mio progetto da tempo, lo considero come il mio direttore artistico”, ha detto la cantante a La Stampa.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di te

Ma chi è Angelo Duro? I pròpo di Coletta, il sabato di Fiorello la voluttà ferragnica dei giornalisti a Sanremo. Guia Soncini su L’Inkiesta il 7 Febbraio 2023.

Con la scusa del dopo Festival (che non è un dopo Festival), Amadeus si è assicurato un vero comico invece di poggiarsi sulle spalle di un Carneade che ha messo su il piglio dello stronzetto di successo (che non ha)

Sono tornati i «pròpo». Avete presente le ricorsive polemiche degli studenti meridionali fuorisede che spendono troppo per tornare dalle famiglie per Natale? Credevo di non capirle, credevo che i concetti di ricorrenza e di festività e di tradizioni mi fossero sentimentalmente alieni, ma ieri ho capito che non è così.

Ieri, quando c’è stata la prima conferenza stampa di Sanremo e Stefano Coletta – direttore delle prime serate Rai, poeta, unica vera star d’un paese senza star system, e mio personale idolo incontrastato – è intervenuto e ha detto che «dev’essere premiante l’onestà della testualità di queste canzoni perché è di chi pròpo ha attraversato un guado e non vuole più rinunciare al dire». Sono andata subito a rivedere i frammenti dell’anno scorso. Dio, come mi erano mancati il suo Dams, le sue testualità, ma soprattutto i suoi pròpo.

Anche per gli altri dettagli, meno ginzburghiani dei pròpo di Coletta, questo quasi Sanremo è uguale ai quasi Sanremo di sempre (Bibi Ballandi, quel signore che si è inventato il Fiorello conduttore di varietà, diceva che la santa messa è sempre uguale da duemila anni: non bisogna mai cambiare niente, se un prodotto funziona; se quelli della Coca Cola lo avessero ascoltato, negli anni Ottanta si sarebbero risparmiati il disastro commerciale della New Coke).

La prima conferenza stampa aveva il solito novero di giornalisti schienadrittisti che chiedevano la parola non per domandare qualcosa che potesse interessare ai loro lettori (parlandone da vivi), ma per lamentarsi perché la nuova sala stampa gli piace meno di quella precedente, o perché non è ancora tornata agibile la sala stampa per le radio private e gli tocca collegarsi con sfondi finti che li fanno sembrare Felice Caccamo.

Poiché niente cambia ma todo cambia, alcuni dei giornalisti presenti giocano in questi giorni sui loro account Instagram alle piccole Ferragni: c’è quello che ringrazia lo sponsor per la macchina con cui va a Sanremo, quello che ringrazia altro sponsor per i vestiti che indossa. Ora, non voglio avere pretese assurde quali il fatto che nel 2023 qualcuno si paghi i vestiti o la macchina, mentre su Instagram c’è chi tagga persino le spugne con cui pulisce il bagno pur di riceverle in omaggio e non spendere due euro al supermercato.

Non voglio pretendere che i giornalisti abbiano meno anima del commercio delle altre categorie, ma ero rimasta che questa assurda pretesa l’avesse l’ordine professionale cui essi sono iscritti. Ero rimasta che il conduttore televisivo che fa uno spot dovesse rinunciare al tesserino, che gli inviati con pretese di giornalismo d’assalto che fanno le pubblicità nel varietà coi balletti non fossero iscritti all’ordine, eccetera. Questa regola evidentemente non vale più, se gli inviati dei quotidiani a Sanremo possono taggare con voluttà ferragnica lo sponsor.

Vi dirò: mi sembra un bene. Era in effetti assurdo un mondo in cui le psicologhe ringraziano per i vestiti omaggio e il cronista si deve invece pagare coi suoi soldi il maglioncino: ci teniamo di più che sia eticamente al di sopra della sponsorizzazione quello da cui ci facciamo curare la psiche, o quello da cui leggiamo a che ora cantano Mahmood e Blanco?

Ma ora basta parlare dei giornalisti, parliamo della domanda più formulata nelle conversazioni degli ultimi giorni tra appassionati, studiosi, intellettuali, e anche solo semplici spettatori della saga «annunci di Amadeus»: chi diavolo è Angelo Duro? Com’è possibile che l’unico comico di Sanremo sia non solo un comico che gli adulti di questo paese non hanno mai sentito nominare, ma pure un comico che quando vai a guardarne i video ti viene quel che a Napoli si chiama fridd’ ’n cuoll’? Non ci ha insegnato il Pintus (chi?) del 2015 che un comico dal mestiere non solido Sanremo lo tritura? Non abbiamo, nel decennale del Crozza 2013, imparato che a Sanremo rischia l’esaurimento nervoso pure un comico solido, figuriamoci un Carneade con uso d’arroganza?

Com’è possibile che là, dove un anno fa c’era Checco Zalone, ora ci sia uno che, quando chiedi chi diavolo sia, i ventenni ti rispondono «è quello che dice “cazzo guardi”»? Considerato che noialtri abbiamo avuto vent’anni con Guzzanti e i nostri genitori li hanno avuti con Totò, finirà che questi derelitti ventenni di oggi chiederanno un’invalidità civile? Con che coraggio negheremo loro un risarcimento per l’handicap d’essere coevi di Angelo Duro (chiunque egli sia)?

Quale crollo di attrattiva del festival (della kermesse, direbbe Coletta) e quale panchina corta dei comici capaci ha fatto sì che a Sanremo ci sia uno che, neanche fosse un nome annunciato per il cast di Lol, il pubblico non ha mai sentito nominare, uno del quale la platea dice «e chi diavolo è questo sconosciuto che mette su il piglio dello stronzetto di successo?» – cosa è andato storto? Mica sarà solo che Duro diverte Fiorello che lo suggerisce ad Amadeus che al mercato mio padre comprò, suvvia.

Poiché quelli che fanno Sanremo sanno fare Sanremo meglio di noialtri che ci diamo un tono osservandoli, a Fiorello hanno fatto un’offerta che non poteva rifiutare. Rosario, qualcosa ci devi, abbiamo pur sempre dato asilo ad Angelo Duro che piace solo a te. Ma certo, Rosario, lo sappiamo che non vuoi fare il dopofestival. Ma mica è un dopofestival, tu stai lì, nella tua scenografia, nel tuo programma, nella tua città, e fai tutto in collegamento.

E mica penseremo che a quel punto non ci sia ogni sera un collegamento dentro al festival, con la scusa di pubblicizzare il Viva Rai 1 a seguire? E così ecco che hai ottenuto Fiorello dentro al festival tutte le sere: hai un vero comico (o qualunque definizione vogliamo usare per Fiorello), e non sei più il Sanremo di Angelo Duro; e hai, a quel punto, Fiorello sul palco il sabato (volete che l’unica sera senza il non-dopofestival non vada lì?), e non sei più il festival che per la comicità s’è affidato a un Carneade con autostima.

E così oltre al livello comico della settimana hai salvato anche la serata di sabato: non sei più solo il sabato in cui il festival legge una lettera di Zelensky – Zelensky che ha fatto un video per chiunque, per programmi televisivi di cani e di porci: Sanremo è forse il figlio della sguattera? La lettera non potrebbe almeno leggerla qualcuno il cui mestiere sia leggere testi dando loro un senso? Favino cos’ha da fare questo sabato? (Ah, dite che uno Zelensky letto dalla Ferragni risuona in tutto il mondo e di lasciarvi lavorare? Scusate, torno in cucina).

E non sei solo il sabato in cui la Vanoni arriva a prendersi metà dei riflettori di Gino Paoli, non sia mai che il povero Paoli riesca a esistere al netto delle smanie della sua ex. Sei il sabato di Fiorello, che già solo quando telefona durante la conferenza stampa per sfottere gli «arriva questo festival nelle piene funzioni che un’espressione artistica finalmente può portare» e «un festival che vuole portare consapevolezza» e «l’urgenza di dire» e «un silenzio relazionale» e «mettersi in relazione con l’altro pròpo dopo un guado che lo ha impedito» di Coletta, già solo telefonando trasforma una conferenza stampa nello stupore della notte spalancata sul mar. Pròpo lui.

Testi canzoni Sanremo. L’Espresso il 9 Febbraio 2023.

'Furore', il testo della canzone di Paola & Chiara a Sanremo 2023

Con l'attacco 'la pista non è più buia/ E l’ansia con te si annulla/ La musica muove/ La sola illusione/ Di averti con me' la ritrovata coppia delle sorelle Iezzi suona già come il nuovo manifesto dance del Festival. Vedremo se faranno ballare anche chi non sarà in pista

Furore di J. Ettorre - A. La Cava - P. Iezzi - C. Iezzi - J. Ettorre - A. La Cava - G. Cremona - F. Mercuri - L. Grillotti - E. D. Maimone

La pista non è più buia

E l’ansia con te si annulla

La musica muove

La sola illusione

Di averti con me

Non dici niente però

Dentro ai tuoi occhi

C’è un fuoco, una strobo

Un riflesso di noi

E tutti i colori di questa città

In questa notte di sole

Furore, furore

Amarsi e fare rumore

Nel mio respiro tu

Senza fermarci più

Ballare, ancora ballare

Come se fosse l’ultima

Se fosse l’ultima canzone

Furore

Con te, con te

Adesso che il cuore scoppia

Per la strada nella folla

È un arcobaleno

Io non so fare a meno

Di averti con me

Non dici niente però

Nei nostri sguardi

C’è un gioco, una strobo

Un riflesso di noi

Che ferma il tempo, che non se ne va

In questa notte di sole

Furore, furore

Amarsi e fare rumore

Nel mio respiro tu

Senza fermarci più

Ballare, ancora ballare

Come se fosse l’ultima

Se fosse l’ultima canzone

Furore

Con te, con te

E due milioni di parole non bastano

Per dirti cosa sei per me

E tutto quello che ci serve è in un battito

Un battito, battito, battito

In questa notte di sole

Furore, furore

Amarsi e fare rumore

Nel mio respiro tu

Senza fermarci più

Ballare, ancora ballare

Come se fosse l’ultima

Se fosse l’ultima canzone

Furore

Con te, con te

 'Se poi domani', il testo della canzone di Lda a Sanremo 2023

Cela le sue radici artistiche (è figlio di Gigi D'Alessio) dietro le iniziali del suo nome e cognome. Per cercare la sua via nel mondo della musica porta una classica dichiarazione d'amore: "Oh oh dimmi che mi ami/ Io non so se poi domani/Verrai da me se verrai da me"

Cela le sue radici artistiche (è figlio di Gigi D'Alessio) dietro le iniziali del suo nome e cognome. Per cercare la sua via nel mondo della musica porta una classica dichiarazione d'amore: "Oh oh dimmi che mi ami/ Io non so se poi domani/Verrai da me se verrai da me"

Se poi domani di L. D’Alessio - A. Caiazza - F. D’Alessio - L. D’Alessio

Circondata dagli specchi

E ti giuro sei bella da ogni prospettiva

Tu che disegni i silenzi a matita è così

Che ti senti capita

Vorrei abbracciarti ma mentre dormi

Così da unire tutti i nostri sogni

Immaginare che le notti insonni

Siano delle ore regalate a noi

Che siamo angeli

Ti prego ascoltami

Quelle immagini

Continuano ad uccidermi

Oh oh dammi le mani

Ma solo se tu rimani

Sai penso a te

Sai io penso che

Io non dormirò più come prima

Oh oh dimmi che mi ami

Io non so se poi domani

Verrai da me se verrai da me

O sarai solo un’altra bugia

E mi manca disegnare con lei sulla spiaggia

Due iniziali in un cuore di sabbia

Che ormai non ci son più

Come non ci sei tu

Eravamo angeli

Ti prego ascoltami

Queste immagini

Continuano ad uccidermi

Oh oh dammi le mani

Ma solo se tu rimani

Sai penso a te

Sai io penso che

Io non dormirò più come prima

Oh oh dimmi che mi ami

Io non so se poi domani

Verrai da me se verrai da me

O sarai solo un’altra bugia

Voglio darti il mio mondo se mi dai un secondo dirò

Solo che in fondo ti amo

E la notte poi piango per riempire il vuoto

Oh oh dammi le mani

Ma solo se tu rimani

Sai penso a te

Sai io penso che

Io non dormirò più come prima

Oh oh dimmi che mi ami

Io non so se poi domani

Verrai da me se verrai da me

O sarai solo un’altra bugia

'Made in Italy', il testo della canzone di Rosa Chemical a Sanremo 2023

Ha affiancato Tananai, lo scorso anno, cantando 'A far l'amore comincia tu' di Raffaella Carrà. Ora è protagonista solista dell'Ariston: "Non faccio solo musica ma arte. Il mio brano? È primordiale: parla di sesso, amore, uguaglianza e libertà".…

Made in Italy di M. F. Rocati - P. Antonacci - O. Inglese - D. Simonetta

Damn, fratello

Ma siamo l’Italia anche oggi, la stiamo salvando

Vai Bdope, fammi sentire quanto sei italiano

Dimmi come si fa

A restare fedeli

Sex boy ma non parlo americano

Per i tuoi sono il tipico italiano

Uh Ah

Tu sai che non è la cosa giusta

Finché la vicina non ci bussa

Finché non sente le urla

Uh Ah

Maaa (ahh)

Le canzoni d’amore

Sono meglio stonate

Te le canto così

Ai ai ai ai Ai

Nel momento piccante

Ti messaggia l’amante

Ma va bene così

Ti piace

Che sono perverso e non mi giudichi

Se metterò il rossetto in ufficio lunedì

Da due passiamo a tre

Più siamo e meglio è

Ci dicono di no

E adesso ci lasciate fare

Il sesso (made in Italy)

L’amore (made in Italy)

Il sogno (made in Italy)

La storia (made in Italy)

Sono un bravo cristiano

Ma non sono cristiano

Tu vuo’ fa l’americano

Io voglio morire da italiano

Io voglio una vita come Vasco

Stringere la mano a Celentano

Ti voglio nuda col calzino bianco

L’uomo vitruviano

Io sono il tuo Leonardo

E a ma ma marama

Sì le piaccio (eh)

E pa pa parapa

Non gli piaccio

A te

Te

Te

piace un altro

E okay

Nel mio letto c’è spazio

Maaa

Le canzoni d’amore

Sono meglio stonate

Te le canto così

Ai ai ai ai ai

Nel momento piccante

Ti messaggia l’amante

Ma va bene così

Ti piace

Che sono perverso e non mi giudichi

Se metterò il rossetto in ufficio lunedì

Da due passiamo a tre

Più siamo e meglio è

Ci dicono di no

E adesso ci lasciate fare

Il sesso (made in Italy)

L’amore (made in Italy)

Il sogno (made in Italy)

La storia (made in Italy)

Ehm ehm

Babababadibubum

Babababadibubum

Badabadabidababa badibubum

Babababadibubum

Hey sexy lady

Babababadibubum

Badabadabidababa badibubum

Ahah

Ti piace

Che sono perverso e non mi giudichi

Se metterò il rossetto in ufficio lunedì

Da due passiamo a tre

Più siamo e meglio è

Ci dicono di no

E adesso ci lasciate fare

Il sesso (made in Italy)

L’amore (made in Italy)

Il sogno (made in Italy)

La storia (made in Italy)

La festa (made in Italy)

La voglia (made in Italy)

I piedi (made in Italy)

L’Italia (made in Italy)

'Tango', il testo della canzone di Tananai a Sanremo 2023

Alberto Cotta Camusino ha scelto un nome d'arte che, in dialetto bolognese, significa 'fracasso'. E di casino, dalla partecipazione dello scorso anno al Festival (dove è arrivato ultimo) fino a oggi, ne ha fatto parecchio. Star in rete, la sua 'Sesso occasionale' è…

Tango di A. Cotta Ramusino - D. Simonetta - P. Antonacci - A. Raina - A. Cotta Ramusino - D. Simonetta

Non c’è un amore senza una ragazza che pianga

Non c’è più telepatia

È un’ora che ti aspetto

Non volevo dirtelo al telefono

Eravamo da me, abbiamo messo i Police

Era bello finché ha bussato la police

Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta

Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta

Ma ora addio, va bene amore mio

Non sei di nessun altro

E di nessuna io

Lo so quanto ti manco

Ma chissà perché Dio

Ci pesta come un tango

E ci fa dire

Amore tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È bello, è bello, è bello

È bello stare così

Davanti a te in ginocchio

Sotto la scritta al neon di un sexy shop

Se amarsi dura più di un giorno

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Come si salva un amore se è così distante

È finita la poesia

È un anno che mi hai perso

È quel che sono, non volevo esserlo

Eravamo da me, abbiamo messo i Police

Ridevamo di te che mi sparivi nei jeans

Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta

Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta

Ma ora addio, va bene amore mio

Non sei di nessun altro

E di nessuna io

Lo so quanto ti manco

Ma chissà perché Dio

Ci pesta come un tango

E ci fa dire

Amore tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È bello, è bello, è bello

È bello stare così

Davanti a te in ginocchio

Sotto la scritta al neon di un sexy shop

Se amarsi dura più di un giorno

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Ma non è mai lunedì

Qui non è mai lunedì

Amore, tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Ma non è mai lunedì

Sanremo 2023: seconda serata

 'Vivo', il testo della canzone di Levante a Sanremo 2023

La neomamma Claudia Lagona canta un inno alla resistenza: dopo la depressione post partum, all'Ariston incalzerà il pubblico con la sua storia personalissima: quella di 'animale stanco' che vive emozioni al limite

Vivo di Levante

O sorrido o piango

Non so fare altro

Mi emoziono con poco

Gioco ancora col fuoco

Bacio rime, bacio bene, ti bacio dopo.

Ho sorriso tanto

Dentro a questo pianto

Ho voglia di credere di poter farcela

A costo di cedere parti di me

Ho voglia di cedere a questa speranza

Per poter credere a tutta la vita che

Vivo come viene

Vivo il male, vivo il bene

Vivo come piace a me

Vivo per chi resta e chi scompare

Vivo il digitale

Vivo l’uomo e l’animale

Vivo l’attimo che c’è

Vivo per la mia liberazione

Vivo un sogno erotico

La gioia del mio corpo è un atto magico.

Vivo un sogno erotico

La gioia del mio corpo è un atto magico.

O respiro o affanno

Come stare al mondo?

Mi sorprendo con poco

Credo nel Dio che prego

Padre nostro, Padre posso andare in cielo?

Ho il destino stanco

Forse ho corso tanto

Ho voglia di prendere tutto il possibile

Non voglio perdermi niente di me

Ho voglia di credere “nulla è impossibile”

Vorrei provarci per tutta la vita che

Vivo come viene

Vivo il male, vivo il bene

Vivo come piace a me

Vivo per chi resta e chi scompare

Vivo il digitale

Vivo l’uomo e l’animale

Vivo l’attimo che c’è

Vivo per la mia liberazione

Vivo un sogno erotico

La gioia del mio corpo è un atto magico.

Vivo un sogno erotico

La gioia del mio corpo è un atto magico.

Addio

A tutti i “dovrei”

A tutti i “se poi”

A tutti i miei “perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché?”

Vivo un sogno erotico

Vivo un sogno erotico

La gioia del mio corpo è un atto magico

'Il bene nel male', il testo della canzone di Madame a Sanremo 2023

Archiviate (forse) le polemiche sul mancato ciclo vaccinale contro il Covid, Francesca Galeano torna all'Ariston dopo aver partecipato all'edizione del 2021 dove si è classificata all'ottavo posto. Per lei, una storia d'amore irrequieta, il cui cultime è: "Ancora …

Il bene nel male di Madame - N. Biasin - I. Sinigaglia - Madame

Ti ho rivisto dopo

Tanto tanto tanto tanto tempo

E come previsto tu eri

Tanto tanto tanto tanto bello come un tempo

Hai cominciato a parlare

Mi aspettavo un “mi mancavi”

Invece hai parlato

Tanto tanto tanto tanto

Tanto amore quello che ti ho dato

Se la memoria non mi inganna

Quanto ti sei ingarbugliato

Nel pensare che ti volessi male

E nelle tue idee

Alla fine hai sbottato, hai detto

Guarda tanto tanto tanto tanto

Amore, tu sei,

Sei l’errore più cattivo che ho commesso nella vita

Amore, tu sei,

Sei lo sbaglio più fatale che ho commesso nella vita

Amore, tu sei,

Sei la prova che gli errori sono fatti per rifarli

Ancora tu sei,

La puttana che ha ridato un senso ai giorni miei”

Nel bene e nel male

Sei bene e sei male

Bebe nel bene e nel male

Fai bene e fai male

Quanto bene e male

Nel bene e nel male

A me resta il bene, a te resta il male

Non male per me

Non sono nemmeno un dolce ricordo

A me è rimasto il rimpianto,

A te soltanto il rimorso

E ho paura di te

Ho sempre avuto paura di te

Non ti ho mai dato il cuore

Già sapevo che sarebbe stato un grosso sbaglio

Il cuore va tenuto dentro al petto

Per potere ancora respirare

L’amore è solamente

Di chi prova amore

Non è di chi lo riceve

E io che l’ho provato ad ogni tocco tuo,

Posso dire che a me è rimasto

Il bene, a te il male

A me il bene, a te il male

Bebe nel bene e nel male

Fai bene e fai male

Quanto bene e male

Nel bene e nel male

A me resta il bene, a te resta il male

Tu mi hai saputo solamente dire

Amore, amore, amore tu sei

Sei l’errore più cattivo

Che ho commesso nella vita

Amore, tu sei,

Sei lo sbaglio più fatale che ho commesso nella vita

Amore, tu sei,

Sei la prova che gli errori sono fatti per rifarli

Ancora tu sei,

La puttana che ha ridato un senso ai giorni miei”

Dopo tanto tanto tanto tanto tempo

Era tanto tanto tanto tanto tempo

Dopo tanto tanto tanto tanto tempo

Era tanto…

L’unico sei tu

Con cui ho fatto l’amore,

Facendo l’amore

Amore tra tutti

Hai pagato il mio corpo a parole, parole dolci

Sarò una puttana

Ma sei peggio di me

Perché di tutto quello che ti ho dato

Potevi tenerti tanto tanto tanto

Di quel bene nel male

Di bene nel male

Bebe di bene nel male

Di bene nel male

Un po’ di bene nel male

Di bene nel male

Da chi ti è dato non è importante

È sempre del bene, nel male

Amore

'Egoista', il testo della canzone di Shari a Sanremo 2023

Shari (è il suo vero nome), venti anni, è tra i sei volti giovani, unica ragazza in un mondo di ragazzi, che quest'anno calcherà l'Ariston con un brano scritto da un fuoriclasse del nostro hip hop, Salmo: "Mi sento un’artista totale", afferma lei. Il cor…

Egoista di S. Noioso - L. Fenudi - R. Puddu - M. Pisciottu - S. Noioso

Forse vorrei una ragazza normale

Che mi guardi e mi sorrida mentre le scrivo canzoni d’amore

Forse vorrei qualcuno da idealizzare

Che mi tenga apposto il cuore

Mentre svuoto la mente e forse

Forse vorrei un uomo che mi ascolti

Parlare dei problemi e dei posti in cui vorrei abitare

Forse vorrei

Solo qualcuno d’amare

Per poi fargli del male

Ci fossi tu qua con me

Mi sentirei un po’ meno egoista

Mentre stappo sta birra che sa di the

Tu qua con me saresti un po’ meno egoista

Prendi in mano la vita un po’ com’è

E sali

Sali per la montagna dei miei pensieri e arrivi in cima

Ti sembra normale guardarmi così

Che neanche mi accorgo e sei dentro i miei jeans

E il weekend passato l’ho passato in prima fila

Dal divano osservavo in silenzio la vita crollarmi davanti

Cerco di distrarmi

Ma mi perdo il film

Siamo distanti

Voci sognanti

Diventano addì

Ho bisogno di qualcuno

Per sollevarmi se mi chiudo

Non mi servisse più il tuo aiuto

Ti avrei mandato già a fanculo

Odio chi non ha mai amato ma dice di averlo fatto (come te)

Odio chi non prova niente e poi gioca col cuore di un altro (come me)

Ci fossi tu qua con me

Mi sentirei un po’ meno egoista

Mentre stappo sta birra che sa di the

Tu qua con me saresti un po’ meno egoista

Prendi in mano la vita un po’ com’è

E sali

Sali per la montagna dei miei pensieri e arrivi in cima

Forse vorrei, vorrei, vorrei, vorrei

Ci fossi tu qua con me mi sentirei un po’ meno egoista, egoista

Forse vorrei, vorrei, vorrei, vorrei

Ci fossi tu qua con me mi sentirei un po’ meno egoista, egoista

'Splash', il testo della canzone di Colapesce e Dimartino a Sanremo 2023

Dopo la loro 'Musica leggerissima' la coppia di cantautori siciliani si riunisce per un brano che è un vero tuffo nella poesia. Un amore corroso dalla frenesia moderna, il sogno caraibico e, nel mezzo, la citazione delle citazioni: Dino Campana

Splash di A. Dimartino - L. Urciullo

Campi sconfinati

Che si arrendono alla sera

Qualche finestra accesa

Mentre il vento arpeggia

Una ringhiera

Tu vivresti qui per sempre

Dici che dovrei staccare

Un po’ la mente

Ma io

Ma io lavoro per non stare con te

Preferisco il rumore delle metro affollate

A quello del mare

Ma che mare ma che mare

Meglio soli su una nave

Per non sentire il peso delle aspettative

Travolti dall’ immensità del blu

Splash

Vorrei svegliarmi più tardi al mattino

Cambiare vita baciarti nel grano

In sudamerica

Ma l’entusiasmo poi se ne va

Questa sera mi nascondo

Mentre i miei pensieri

Vanno per il mondo

Ma io

Ma io lavoro per non stare con te

Preferisco il rumore delle metro affollate

A quello del mare

Ma che mare ma che mare

Meglio soli su una nave

Per non sentire il peso delle aspettative

Travolti dall’ immensità del blu

Splash

Sorrido alle Seychelles

Mi annoio a Panama

La vita è un baccarat

Balliamo vieni qua

Perdonami

Non ci capisco mai

Mi dici lascia stare

Sono qua

Ma io, io

Ma io lavoro per non stare con te

Preferisco il rumore dei cantieri infiniti

A quello del mare

Ma che mare ma che mare

Come stronzi galleggiare

Per non sentire il peso delle

Aspettative

Vado via senza te

Mi tuffo nell’immensità del blu

Splash

'Parole dette male', il testo della canzone di Giorgia a Sanremo 2023

Giorgia Todrani torna al Festival, dove è sempre salita sui primi tre gradini del podio, per la quarta volta. Ma non c'è scampo in questa canzone su una coppia che è svanita non si sa bene come: certamente, è finita molto male

Parole dette male di A. Bianco - F. Roccati - M. Dagani - M. M. G. Fracchiolla - A. Bianco - F. Roccati

Ogni tanto ti vedo in giro

Ma poi non sei tu

E quante macchine come la tua

Dello stesso blu

La mia pelle è il mio foglio bianco

E ci scrivo su

Pensieri brevi lunghi una vita

Forse di più

Non sei più mio ricordo sei un’allucinazione

Chiudo ancora i miei occhi

Quando sento il tuo nome

Il cielo che crolla giù

E io non ragiono più

E tu alla fine eri una bella canzone

La prima fuga al mare in moto d’estate

Le tue risate e fare i cretini nei prati

Andare a dormire ancora bagnati

Alla fine eri una bella canzone

Che non si può ascoltare a ripetizione, maledizione!

Ricordo le ultime parole

Quelle dette male, maledette

Ci sono cose che non ho deciso

Tipo cosa farò

Galleggiare senza direzione

Finché mi ritroverai

Ogni volta che vedo il mare

Io cresco un po’

Qualcuno ha messo il tuo stesso profumo

Cambia il colore al pomeriggio però

È un pensiero profondo

Come un capello biondo

Conficcato là in testa

Che mi dice che il mondo

Ora non esiste più e io non ragiono più

E tu alla fine eri una bella canzone

La prima fuga al mare in moto d’estate

Le tue risate e fare i cretini nei prati

Andare a dormire ancora bagnati

Alla fine eri una bella canzone

Che non si può ascoltare a ripetizione, maledizione!

Ricordo le ultime parole

Quelle dette male, maledette

Non tutto è finto nei film, la realtà forse sì

Non tutto è finto nei film, la realtà forse sì

E tu alla fine eri una bella canzone

Tutta la luce l’alba che brucia le mie paure

Eri una bella canzone, maledizione!

La mia maledizione

E tu alla fine eri una bella emozione

Che non si può provare a ripetizione,

La mia canzone

Ricordo le ultime parole

Quelle dette male, maledette

'Cenere', il testo della canzone di Lazza a Sanremo 2023

Il rapper e produttore Jacopo Lazzarini, 28 anni, da Milano, arriva al suo primo Festival con "un pezzo che parla d'amore in una forma comunque un po' tormentata, un po' turbolenta". Il finale? C'è una (piccola) speranza

Cenere di J. Lazzarini - D. Petrella - D. Faini - J. Lazzarini - D. Petrella

Ho paura di

Non riconoscerti mai più

Non credo più alle favole

So che ho un posto ma non qui

Tra le tue grida in loop

Corro via su una cabriolet

Di noi resteranno soltanto ricordi confusi

Pezzi di vetro

Mi spegni le luci se solo tieni gli occhi chiusi

Mi rendi cieco

Ti penso con me per rialzarmi

Sto silenzio potrebbe ammazzarmi

Aiutami a sparire come cenere,

Mi sento un nodo alla gola,

Nel buio balli da sola,

Spazzami via come cenere,

Ti dirò cosa si prova,

Tanto non vedevi l’ora,

Ma verrai via con me

Ho visto un paio di inferni alla volta

So che vedermi così ti impressiona

Primo in classifica ma non mi importa

Mi sento l’ultimo come persona

L’ultima volta che ho fatto un pronostico

È andata a finire che mi sono arreso

Sai che detesto che citi l’oroscopo

Ma non sai quanto con me ci abbia preso.

Ti prego abbassa la voce

O da sta casa ci cacciano proprio

Ormai nemmeno facciamo l’amore

Direi piuttosto che facciamo l’odio

Ora ti sento distante

Io schifo il mondo e tu guardi

Cercavo una verità che

È sempre in mano ai bugiardi

Aiutami a sparire come cenere,

Mi sento un nodo alla gola,

Nel buio balli da sola,

Spazzami via come cenere,

Ti dirò cosa si prova,

Tanto non vedevi l’ora,

Puoi cancellare il mio nome,

Farmi sparire nel fumo,

Come un pugnale nel cuore,

Come se fossi nessuno,

Via come cenere, cenere

Vorrei,

Che andassi via,

Lontana da me,

Ma sei la terapia

Rinasceremo insieme dalla cenere,

Mi sento un nodo alla gola,

Nel buio balli da sola

Bella che mi sembri Venere,

Scendi che il tempo non vola,

Sono qua sotto da un’ora

Tu sei più calda del sole,

Io invece freddo mercurio

Lasciamo quelle parole,

Dimenticate nel buio

Via come cenere, cenere

'Un bel viaggio', il testo della canzone degli Articolo 31 a Sanremo 2023

J-Ax (Alessandro Aleotti) e Dj Jad (Vito Luca Perrini) debuttano insieme all'Ariston

Un bel viaggio di A. Aleotti - L. P. Aleotti - F. Abbate - V. Perrini - A. Colangelo - W. Perrini - D. Silvestri

Com’eravamo belli

In queste vecchie foto,

Due martelli

Anche se non battevamo chiodo.

Io e te scappati da un quartiere velenoso,

A differenza loro abbiamo trasformato

L’eternit in oro.

Là, dove scegli o lavori per due spicci

O spacci pezzi,

Per noi era una miniera di diamanti grezzi.

Vestiti larghi, amici stretti,

Avevamo la visione anche senza farci i funghetti.

La fantasia viaggiava,

Celebrità da strada,

Ma ai nostri non bastava,

Come la busta paga,

Non volevamo una storia italiana,

Con la prima che ci sta

Che metti incinta

E ci metti su casa.

Non volevamo crescere,

Ma è successo tutto a un tratto

E fai tutte le cose che

Giuravi non avresti fatto.

Anche morire giovani non puoi più perché

Adesso c’hai la family e dipende da te.

Non volevamo crescere,

Che ansia e stress,

Però è un bel viaggio.

Poi ce l’abbiamo fatta,

All’inizio era una pacchia,

Come Frank Sinatra con la Mafia.

Ma poi diventa un lavoro e il lavoro diventa ansia,

Tipo che ti senti solo a mandare avanti la baracca,

Poi darsi il cinque,

Ma senza guardarsi in faccia,

Solo perché squadra che vince non si cambia,

Ma se sei in gabbia prima o poi scoppi di rabbia come un bimbo che si porta la palla,

Vaffanculo basta.

Così che dopo abbiamo scritto il manuale su come trasformare un socio in un rivale.

Su come misurare vita e successo,

Che se a me va male

Godo perché a te va peggio.

Non volevamo crescere,

Ma è successo tutto a un tratto

E fai tutte le cose che

Giuravi non avresti fatto.

Anche morire giovani non puoi più perché

Adesso c’hai la family e dipende da te.

Non volevamo crescere,

Che ansia e stress,

Però è un bel viaggio.

Che viaggio…

E poi

Ci siamo odiati davvero,

Lei t’ha lasciato e ridevo,

Tua mamma è volata in cielo

E al funerale non c’ero.

Un uomo è come il vino

Il tempo lo impreziosisce,

Invece quello cattivo

Invecchiando si inacidisce.

Quindi che l’orgoglio si fotta,

Siamo stati due coglioni infatti funzioniamo in coppia.

Nella vita gli amici li scegli,

Noi siamo quelli

Che si vogliono bene anche quando si fanno la guerra,

Come i fratelli.

Non volevamo crescere,

Ma è successo tutto a un tratto

E fai tutte le cose che

Giuravi non avresti fatto.

Anche morire giovani non puoi più perché

Adesso c’hai la family e dipende da te.

Non volevamo crescere,

Che ansia e stress,

Però è un bel viaggio…

 'Cause perse', il testo della canzone di Sethu a Sanremo 2023

Potrebbe essere archiviato nella lista delle canzoni 'lato selvaggio del disagio giovanile' quella che Marco De Lauri, rapper di Savona, porterà all'Ariston. Strofa cult: "Chiedi scusa anche a papà/ Se mi parli e sto per aria/ Se ho una testa dimmerda/ Ma qua fuori &e…

Cause perse di M. De Lauri - G. De Lauri

Eddai non puoi

Farmi sempre le stesse tre domande

Lo sai che ho

Sogni troppo grandi per queste tasche

Ma

Chiedi scusa anche a papà

Se mi parli e sto per aria

Se ho una testa dimmerda

Ma qua fuori è una guerra

Mollami almeno un momento

E spiegami com’è che si fa

Triste vedere niente cambia col tempo

E io sto da solo con il cuore a metà

Siamo due cause perse

Me Io dicevi sempre

Ho messo i tappi alle orecchie

Siamo due cause perse

Eddai non puoi

Farmi sempre quelle solite facce

Non hai nemmeno detto ciao

Nemmeno detto ciao prima di andartene

E ti sto odiando ma al contrario

Forse sono solo sadico

E ho una testa di merda

Ma qua fuori è una guerra

È una guerra

Mollami almeno un momento

E spiegami com’è che si fa

Triste vedere niente cambia col tempo

E io sto da solo con il cuore a metà

Siamo due cause perse

Me Io dicevi sempre

Ho messo i tappi all’orecchie

Siamo due cause perse

La luce dei bar

Non mi illumina

Paranoia

Se tu non sei qua ma ho

Buchi nei miei jeans dove ho messo i sogni

La testa va in tilt con i tuoi discorsi

Brucio questi anni come se non li avessi

Come siga spente sui polsi

Mollami almeno un momento

E spiegami com’è che si fa

Triste vedere niente cambia col tempo

E io sto da solo con il cuore a metà

Siamo due cause perse

Me Io dicevi sempre

Ho messo i tappi all’orecchie

Siamo due cause perse

'Lasciami', il testo della canzone dei Modà a Sanremo 2023

Il gruppo di Kekko affronta la depressione del suo frontman, raccontandola in un brano come fosse la storia di una separazione, e la porta all'Ariston, dieci anni dopo aver cantato 'Se si potesse non morire'. In bocca al lupo

Lasciami di F. Silvestre - E. Palmosi - F. Silvestre

Lasciami… ma regalami un giorno…

Lasciami… quando poi farà buio e vai via di nascosto…

Lasciami… solo un po’ di profumo e un bicchiere con dentro un ricordo, mettici un bacio e veleno con ghiaccio…

Lasciami… ma fallo in silenzio… lasciami… ma ti prego fai in modo che non me ne accorga…

Ma che giorno è? È il primo giorno senza te… ho bevuto il veleno e ho capito la parte [peggiore di me…

Ma che giorno è? È il primo giorno senza te… ho bevuto il tuo bacio e ho sentito la parte migliore di te…

Quella che mi mancherà… quella che non scorderò.

Lasciami… ma regalami un sogno… lasciami… con la nostra canzone e un bicchiere con dentro un tramonto, mettici un bacio e veleno con ghiaccio…

Lasciami… ma non farmi capire… lasciami… col pudore di chi vuole piangere ore…

Ma che giorno è? È il primo giorno senza te… ho bevuto il veleno e ho capito la parte [peggiore di me…

Ma che giorno è? È il primo giorno senza te… ho bevuto il tuo bacio e ho sentito la parte migliore di te…

Quella che mi mancherà… quella che non scorderò.

Ma che giorno è? È il primo giorno senza te… ho bevuto il tuo bacio e ho sentito la parte migliore di te…

Quella che mi mancherà… quella che non scorderò mai.

'Stupido', il testo della canzone di Will a Sanremo 2023

Si annoiava, chiuso in casa a causa della pandemia, e così ha iniziato a cantare. Una carriera appena cominciata e già, imminente, c'è un palco importante per lui: dopo 'X Factor' (edizione 2020), William Busetti, da Treviso, tenta il colpo grosso

Stupido di W. Busetti - S. Cremonini - A. Pugliese

Ed. Eclectic Music Publishing/Thaurus Publishing/

Starpoint International/Universal Music Publishing Ricordi - Milano - Roma - Milano

La nostra storia non è andata come pensi tu

Ti mentirei se ti dicessi non ti penso più

Io in verità mi sono perso

Per me sei il mare aperto

E l’odio è una corrente che ci tira giù

Ti chiedo scusa se poi annego in una lacrima

Ma non riesco a voltare pagina

Parole parole non bastano, siamo occasioni che passano,

Siamo dolori che canterò, so che se torni non basterò

Siamo ferite che ballano, io non sopporto chi parla no,

Siamo dolori che canterò e so che se torni non basterò

Ma a volte io mi sento stupido

Volevo tutto il pianeta stringerlo in una mano

Volevo fare il poeta, ora l’essere umano

E divento pure un po’ banale

Come dirti che se non ci sei non so che fare

E poi ti chiamo subito

Ma dubito che tu voglia rispondermi

Ora che non sei più parte di me

Ora mi chiedo che cosa farai da grande

Ormai ti vedo andare sempre più distante da me

E so che forse tu lo trovi divertente, ma non mi è rimasto niente,

Se non qualche ricordo di noi

Il tempo può andare all’indietro se vuoi

Anche se

Parole parole non bastano, siamo occasioni che passano,

Siamo dolori che canterò, so che se torni non basterò

Siamo ferite che ballano, io non sopporto chi parla no,

Siamo dolori che canterò e so che se torni non basterò

Ma a volte io mi sento stupido

Volevo tutto il pianeta stringerlo in una mano

Volevo fare il poeta, ora l’essere umano

E divento pure un po’ banale

Come dirti che se non ci sei non so che fare

E poi ti chiamo subito

Ma dubito che tu voglia rispondermi

Ora che non sei più parte di me

E a volte io mi sento stupido, ma ruberò le lacrime che ti porta via il vento

Lo sai come mi sento, perché so che mi senti, nel pieno della notte

Mi tremerà la voce, darò la colpa al freddo

E non tornerò

E divento pure un po’ banale

Come dirti che se non ci sei non so che fare

E poi ti chiamo subito

Ma dubito che tu voglia rispondermi

Ora che non sei più parte di me

 'Duemilaminuti', il testo della canzone di Mara Sattei a Sanremo 2023

L’incontro artistico tra Damiano David dei Måneskin e Mara Sattei diventa 'Duemilaminuti': "Racconta di un amore sbagliato, con lei manipolata", dice la cantante che ha accolto con grande sorpresa la magica alchimia nata con la star internazione del nostro pop rock

Duemilaminuti di D. David - E. Brun - D. Mattei - D. David

Ti chiamerei anche se non prende

Ti cercherei dove non si vede

Dovesse rimanermi niente

Non importa se fa male

A piedi scalzi sulla neve

Non ho paura di cadere

Pensavo di poter guarire il tuo cuore da tutte le voci che senti

Però il risultato non cambia nemmeno se cambi gli addendi

Pensavo di poter usare la voce ma dentro di me ora la voce non c’è

Ed ho usato duemila minuti per capire di me in fondo cosa pensi

Ho trovato solo la rabbia forse siamo troppo diversi

Ho capito che non era amore ma soltanto un gioco che avevi creato per me

E dimmi se c’è stato amore tra quelle parole

E poi dammi duemila minuti anzi duemila ore

Tu che senza volerlo mi hai insegnato a respirare

Poi sei scappato ed hai rubato tutta la mia voce

Tutta la mia voce

Io mi ricordo quando ritornavi a casa stanco

E sotterravi i tuoi problemi dentro fiumi d’alcool

E ogni volta mi dicevi che la colpa era la mia

Non ti importava di distruggere i nostri momenti

Lividi sopra il mio corpo erano solo i segni

Che quel male che ti porti non andrà più via

Pensavo di poter guardare le cose da un punto di vista diverso

Però il tuo riflesso non cambia

Non entri mai nel mio universo

Pensavo di poter usare la voce ma dentro di me ora la voce non c’è

Ed ho usato duemila minuti per capire che in fondo tu eri diverso

Cercassi nel buio le ombre

O l’aria nel mare blu intenso

Ho capito che non era amore ma soltanto un posto che avevi creato per me

E dimmi se c’è stato amore tra quelle parole

E poi dammi duemila minuti anzi duemila ore

Tu che senza volerlo mi hai insegnato a respirare

Poi sei scappato ed hai rubato tutta la mia voce

Tutta la mia voce

Ma dimmi se c’è stato amore tra quelle parole (tra quelle parole)

E poi dammi duemila minuti anzi duemila ore (anzi duemila ore)

Tu che senza volerlo mi hai insegnato a respirare

Poi sei scappato ed hai rubato tutta la mia voce

Tutta la mia voce

 'Non mi va', il testo della canzone dei Colla Zio a Sanremo 2023

Rime folli, come 'bimba, sai che la mia lingua è un mitra/ Parlo male e ti mordi le dita/ Non ho fame finché sei sfinita, minchia/ Ma che sesso mi fai' per il quintetto milanese che ha già all'attivo un ep e una partecipazione al Goa Boa Festival: bella zio?

Non mi va di A. Malatesta - A. Arminio - F. Lamperti - T. Bernasconi - T. Manzoni - A. Malatesta - A. Arminio - F. Lamperti - T. Bernasconi - T. Manzoni - G. Pesenti

Resta qui un’altra notte con me

Resta qui un’altra notte sto male

Non voglio stare male

Cos’hanno più di me?

Non voglio stare male, male

Quelli che puliscono i cessi

Poi c’è chi fa sesso, chi wrestling, gli onesti

Molti che prendono in giro se stessi

Ma tu non sei nessuna di questi

Tu sei come tabacco

Io matto uno scacco

Sai bene che ti chiamo solo quando ho voglia

Ci ripetiamo perché siamo la storia

Dici troppo “che noia” e ti rovini la forma

Faccio la fine del topo

Se gioco e lo sapevo

Ti voglio e non ti chiedo di più, ma come si fa

Mi piace la tua bocca e “La spada nella roccia”

Mi chiamano Artù all’università

Sei la fine ad est

Piazza Tienanmen

Ho una scia di passi sull’oceano

Ogni tanto c’è un altro che sfiora i tuoi sensi

Resta qui un’altra notte con me

Io sto male male male

Se non so dove sei, se mi pensi

Ogni tanto c’è un altro che sfiora i tuoi sensi ma

Non mi va

Il mare ti indirizza alla Savana

Lei mi dice che non vuol dire come si chiama

Mollo solo quando non sono più a mollo

Faccio pause per farmi pensare

Vuoi più fare quella cosa se non puoi, vuoi sapere se non sai

Non mi va

Bimba, sai che la mia lingua è un mitra

Parlo male e ti mordi le dita

Non ho fame finché sei sfinita, minchia

Ma che sesso mi fai, ma che sesso mi fai

Ogni tanto c’è un altro che sfiora i tuoi sensi

Resta qui un’altra notte con me

Io sto male male male

Se non so dove sei, se mi pensi

Ogni tanto c’è un altro che sfiora i tuoi sensi ma

Non mi va

Non voglio stare male

Cos’hanno più di me?

Non voglio stare male, male, male

Non voglio stare male

Cos’hanno più di me?

Non voglio stare male, male, male

Non voglio stare male

Cos’hanno più di me?

Non voglio stare male, male, male

'Polvere', il testo della canzone di Olly a Sanremo 2023

Del suo brano portato all'Ariston lo scorso anni diceva: "Finché l'anima balla, bisogna tirare avanti e non mollare mai". E così Federico Olivieri, genovese di 21 anni e nuovo volto della scena hip hop italiana, non ha mollato: "Scrivo perché non mi basta…

Polvere di F. Olivieri - E. Lovito - J. Boverod - F. Olivieri - E. Lovito

Io

Innamorato

Come i ciechi con gli odori

Come i muti coi rumori

Come gli altri, come noi

Ero distratto

Come un bimbo con un gioco

Come un lupo con il fuoco

Che se lo agiti, scappa via

E stavo sotto a un nuvolone

Poi mi sono accorto che

Più lontano c’era il sole aaaaaa

Stavo in uno scatolone

C’era scritto “fragile”

E sembra facile però

Su di me

Solo polvere

Facciamo un giro

Se piove, piove, fino a che

Non ci si bagnerà il cuore, cuore

Io e te

Ma su di me

Solo polvere

Vuoi sapere che si vede

Qui da sopra a uno scaffale

Io che ho molta fantasia

Vedo mare, mare, mare

Vedo Dio mentre pittura

Che sorride perché sa

Che se fa una sbavatura

Poi non la cancellerà

Io

Davo peso alle parole

Poi mi sono accorto che

Mi coprivano dal sole aaaaaaa

Ho visto uno scatolone

C’era scritto “fragile”

Ma che senso ha?

Facciamo un giro se

Piove, piove, fino a che

Non ci si bagnerà il cuore, cuore

Io e te

Ma su di me

Solo polvere

Facciamo un giro se

Piove, piove uhhhh

E ci si bagnerà il cuore, cuore uhhh

Ma su di me

Solo polvere

Su di me

Solo polvere

Su di me

Solo polvere

Su di me

Solo polvere

Su di me

Solo

'Quando ti manca il fiato', il testo della canzone di Gianluca Grignani a Sanremo 2023

Una vita famigliare difficile, una vita personale dolorosa. Grignani confessa in una canzone l'infanzia vissuta tra l'assenza dei genitori, un padre scostante e una madre asssente: "La cosa più difficile è avere una famiglia", ha confessato

Quando ti manca il fiato di G. Grignani - E. Melozzi

Mio padre tornava la sera

Ed era forte quando era in vena

Questo lo ricordo bene

Sì questo lo ricordo bene

Mio padre era uno dei tanti

Ma era il mio eroe quando mi sorrideva

Vivevamo ancora insieme

Questo lo ricordo bene

E poi… non ricordo più

Dopo vent’anni dalla terra dei ricordi

Mi chiamano

(Mi chiamano)

Spaccando in due il silenzio

Con uno squillo del telefono

Ciao sono papà

Come va Gianluca?

Ma no che non sto male

Ma quando accadrà

Tu verrai o no al mio funerale

Tu verrai o no?

Ed io non ho parlato più

Ho tenuto tutto dentro

E ho messo giù

Poi ci ho pensato su

Sì ci ho pensato su

Ciao papà o addio papà

Io ti perdono

Le mie lacrime sono sincere

Ma c’è chi non lo farà

Tu accettala la verità

E in mezzo a chi finge cordoglio

Sarò il tuo orgoglio

Perché chi ha troppa libertà

Non ha parole,

Quando fa male ma male davvero

Sono coltelli che cadon dal cielo

Fan sanguinare anche l’uomo più duro

Anche se son cresciuto da solo

A modo mio

Sì e tu sai a modo mio

Ciao papà o addio papà

Questa canzone te la canto adesso

Perché tu sappia che ti amo lo stesso

E per il resto ognuno giudichi se stesso

Questa è l’unica legge

Che conosco e rispetto

Ti ricordi quando ti dicevo

Che la vita chiede i conti al passato

Proprio quando ti manca il fiato

E chi sa la verità

Mi dica perché faccio fatica a staccare le dita

Oh oh

A smettere di suonare

Quando la musica è finita

È questo che devo imparare… da te

Forse non volevi o me lo hai insegnato?

Non fare accordi con i ricordi

Quando ti manca il fiato

'Lettera 22', il testo della canzone dei Cugini di Campagna a Sanremo 2023

Per loro, che arrivano per la prima volta in 53 anni di carriera all'Ariston, ha scritto il duo tra i più interessanti emersi dalla nostra recente scena pop: La Rappresentante di Lista. Due generazioni che si incontrano: saranno faville?

Lettera 22 di D. Mangiaracina - V. Lucchesi - F. Gargiulo - D. Mangiaracina - V. Lucchesi

Io non sono altro che un bambino

Che non sa contare

E vorrebbe dirti che gli manchi

Senza le parole

Io non sono altro che un dottore

Che si è fatto male

Io non sono altro che un palazzo

In costruzione e cade

Se mi guardi con quegli occhi amore

Mi farai morire

Io non sono altro che una storia

Che non sa finire

Io non sono altro che un giardino

Senza neanche un fiore

Io senza di te non sono altro che

La parola “amore”

E con questo amore tornerei

A dirti che ci vuole altro

Per convincermi a rinchiuderti

Dentro un singhiozzo

Altro per lasciarmi in un riflesso

Dentro a uno specchio

E non era mai il momento giusto

E non era mai il momento giusto

Per parlare

Non lasciarmi solo

Non lasciarmi qui

Non lasciarmi solo

Non lasciarmi qui

Ora che ho trovato le parole

Già mi salta il petto

Come treni in corsa tra le nuvole

Uno spazio altro

Come due uragani che distruggono

Ma per dispetto

Credo, credo anch’io, che non puoi darmi il mondo

Se non guardi il mondo come lo guardo anch’io.

Non lasciarmi solo

Non lasciarmi qui

Non lasciarmi solo

Non lasciarmi qui

Non lasciarmi solo

Non lasciarmi qui

Non lasciarmi solo

Non lasciarmi qui

'Terzo cuore', il testo della canzone di Leo Gassmann a Sanremo 2023

Figlio d'arte (dell'attore Alessandro), già vincitore nella categoria Nuove proposte nel 2020 con il brano 'Vai bene così', questa volta canterà un pezzo scritto con "l'amico" Riccardo, dei Pinguini Tattici Nucleari

Terzo cuore di R. Zanotti - L. Gassmann - G. Pesenti - M. Paganelli - R. Zanotti

Quando mi hai letto la mano

Ci hai visto mille problemi e mille guai

Dovevi starmi lontano

Ma mi hai risposto che tu non scappi mai

Ci siam lasciati e ripresi

Come i trapezisti del Cirque Du Soleil

Ma non ci siamo mai arresi

Abbiamo contato le stelle come fossero nei

Di una storia straordinaria quanto incasinata

Quando ci concederemo un po’ di acqua passata

Come fanno i buoni amici

O le strade di Parigi

Per sentirsi meglio

So che hai riso quando ho detto che io ho

Tre cuori dentro al petto

Ma ora no, non so quale inseguirò

Perché mi sembra inutile

E sai che uno lo uso per ridere i giorni di festa

Il secondo mi fa tener duro nel mare in tempesta

E l’ultimo mio cuore devo costringerlo a dimenticarsi il tuo nome, non vuole

Maledetto terzo cuore!

Penso di avere talento

Per trasformar le sfide in sfighe ormai

Non so più cosa sento, no

E guardo solamente serie crime

Mi illuderò che ci sia un colpevole per ogni male

Si però è una bugia perché spesso le cose succedono e amen

Era una storia straordinaria quanto incasinata

Quando ci concederemo un po’ di acqua passata

Come fanno i buoni amici

O le strade di Parigi

Per sentirsi meglio

So che hai riso quando ho detto che io ho

Tre cuori dentro al petto

Ma ora no, non so quale inseguirò

Perché mi sembra inutile

E sai che uno lo uso per ridere i giorni di festa

Il secondo mi fa tener duro nel mare in tempesta

E l’ultimo mio cuore devo costringerlo a dimenticarsi il tuo nome, non vuole

Maledetto terzo cuore!

Non mi importa di avere ragione se poi resto sempre da solo

Meglio avere torto con te

Forse voli in un cielo migliore ma giuro che non ti abbandono

Sei il mio terzo cuore

So che hai riso quando ho detto che io ho

Tre cuori dentro al petto

Ma ora no, non so quale inseguirò

Perché mi sembra inutile

E sai che uno lo uso per ridere i giorni di festa

Il secondo mi fa tener duro nel mare in tempesta

E l’ultimo mio cuore devo costringerlo a dimenticarsi il tuo nome, non vuole

Maledetto terzo cuore

'Due', il testo della canzone di Elodie a Sanremo 2023

La storia è di quelle amorose, un amore cantato e ricantato nel pop italiano da sempre, un archetipo insomma: i tormenti di una coppia sempre in bilico sul precipizio della fine. Dove uno piange e l'altro, forse, pure

Due di F. Abbate - J. Ettorre - E. Di Patrizi - F. Catitti - F. Abbate - J. Ettorre

Ed. Universal Music Publishing Ricordi/Dodo Music Italia/Jet Music Publishing/Double Trouble Club - Milano - Bologna

Cosa c’è?

C’è che mi fai agitare

Cosa ti aspetti se

Sai già come va a finire?

Nascoste dal velo più sottile

Tutte le mie paure

Che anche stanotte

Si avvolgono su di te

È solo un brivido a volte

Ma ‘sto periodo non è facile

Tu vuoi una donna che non c’è

E se ci pensi il nostro amore

È nato appena

Ma è già finito male

E se a quest’ora

Mi cerchi, perdonami

Dimmi, come mai?

Baby mi fulmini

Con gli occhi lucidi

Che rumore fa

Il silenzio alla fine

Di tutte le nostre

Telefonate interrotte?

Sapessi dirti basta

Ma il cuore danza

Per me le cose sono due

Lacrime mie o lacrime tue

Le cose sono due

Due

Solamente tu

Una coltellata ogni parola

Solamente io

Nei discorsi sulla bocca della gente

Forse è vero, è tardi adesso

Ma lo rifarei lo stesso

Con gli stessi errori, lo rifarei

Che se ci pensi il nostro amore

È nato appena

Ma è già finito male

E se a quest’ora

Mi cerchi, perdonami

Dimmi, come mai?

Baby mi fulmini

Con gli occhi lucidi

Che rumore fa

Il silenzio alla fine

Di tutte le nostre

Telefonate interrotte?

Sapessi dirti basta

Ma il cuore danza

Per me le cose sono due

Lacrime mie o lacrime tue

Le cose sono due

Due

Ah

Sei il vino che mi ubriaca

La mia nota stonata

Parolacce sotto casa

In questa notte amara

Dagli occhi cade il Niagara

Mi accorgo ancora di te

E se a quest’ora

Mi cerchi, perdonami

Dimmi, come mai?

Baby mi fulmini

Con gli occhi lucidi

Che rumore fa

Il silenzio alla fine

Di tutte le nostre

Telefonate interrotte?

Sapessi dirti basta

Ma il cuore danza

Per me le cose sono due

Lacrime mie o lacrime tue

Le cose sono due

Due

Per me le cose sono due

Lacrime mie o lacrime tue

Le cose sono due

Due

'L'addio', il testo della canzone dei Coma_Cose a Sanremo 2023

Fausto Zanardelli e Francesca Mesiano, coppia sul palco e nella vita, tornano, dove l'edizione del 2021, al Festival. Raccontano della crisi che li ha quasi portati a dire 'addio'. Ma sono ancora qui e ne siamo molto felici

L’addio di F. Zanardelli - F. Mesiano - F. Dalè - C. Frigerio - F. Zanardelli

Essere veri quanto può far male

Quando non è concesso litigare

Per non deludere le aspettative

Dopo sei anni di diapositive

Nel camerino il pianto cola il trucco

Restare zitti per non maledirsi

Come un silenzio che racconta tutto

La cicatrice quando togli il piercing

Davanti al mio cuore c’è una ringhiera

Sul tuo che è sempre stato uno strapiombo

Lo sai che mi è piaciuto anche caderci

Sì, però mica poi toccare il fondo

Magari è solo questa vita strana

Con le valigie sempre mezze fatte

Magari è solo che ci si allontana

Se si vuole ciò che si combatte

E sparirò ma tu promettimi che

Potrò sempre ritornare da te

Se mi dimentico me, com’ero

Quando l’orgoglio era ancora intero

E comunque andrà

L’addio non è una possibilità

E forse arriverà davvero il giorno

In cui diventerai solo un ricordo

O ce ne andremo via come uno stormo

Che con l’autunno poi farà ritorno

Quel tempo trascorso

Non puoi cancellarlo

Ti resta sul volto

Sarò come quel fumo

Che disegna sul muro

La cornice che hai tolto

C’era una foto dove ci guardiamo

Gli occhi felici dopo i giorni brutti

Ed ogni tanto lo dimentichiamo

Ma il nostro fuoco lo hanno visto tutti

Forse diventeremo due stranieri

In viaggio su respiri più leggeri

Chissà se piloti o passeggeri

E sparirò ma tu promettimi che

Potrò sempre ritornare da te

Se mi dimentico me, com’ero

Quando l’orgoglio era ancora intero

E sparirai ma tu promettimi che

Vorrai sempre ritornare da me

Se ti dimentichi te com’eri

Quando non c’ero tra i tuoi pensieri

E comunque andrà

L’addio non è una possibilità

Non è una possibilità.

'Alba', il testo della canzone di Ultimo a Sanremo 2023

Che ci fa una superstar, con fan adoranti, dischi venduti, stadi (sì, stadi, non palazzetti) tutti esauriti all'Ariston? Nel 2018 ha vinto nella categoria delle Nuove proposte, poi è tornato l'anno successivo arrivando secondo. Già, deve proprio piacergli la Città…

Alba di N. Moriconi

Ed. Honiro Publishing/Ultimo Entertainment - Roma

Amo l’alba perché è come fosse solo mia

Mi rilassa respirare l’aria pure tua

Amo l’alba perché è come fosse una bugia

Mi rilassa quanto basta, ma tu poi vai via

E t’immagini se fossimo al di là dei nostri limiti,

Se stessimo di fianco alle abitudini

E avessimo più cura di quei lividi?

Saremmo certo più distanti, ma più simili

E avremmo dentro noi perenni brividi

T’immagini se tutto questo fosse la realtà?

Amo l’alba perché spesso odio la vita mia

Camminando senza meta in questa strana via

Amo l’alba perché è come una sana follia

Puoi capirla se la senti e non mandarla via

E t’immagini se tutto stesse sopra i nostri limiti

E credessimo ai sorrisi come i comici,

Se non dovessimo parlare per conoscerci,

Se non amassimo soltanto i nostri simili?

Forse avremmo gli occhi solo per descriverci

Perché uno sguardo, in fondo, basta per dipingerci

Quando vivi un giorno bello ridi e pensami

Ho ascoltato i miei silenzi e ho avuto i brividi

Perché dentro un mio respiro sei tu che abiti

E quando vivi un giorno bello ridi e pensami

A me basta solo questo per non perderti,

Ma t’immagini se tutto questo fosse la realtà?

'Mare di guai', il testo della canzone di Ariete a Sanremo 2023

La cantautrice, 20 anni di Anzio, debutta al festival con un brano scritto in collaborazione con Calcutta e la produzione di Dardust

Mare di guai di E. D’Erme - A. Del Giaccio - D. Faini - V. Centrella

Tu, tu eri più bella di me

E adesso che il letto è vuoto e la casa in silenzio ho paura a dormire

Perse, noi perse senza un perché

E c’è una torre di piatti che aspetta in cucina

E una foto di te sotto il mio cuscino

E vorrei sapere che si prova se resti

Non voglio più perderti nel chiaro di luna

Ci siamo incontrate dentro momenti pessimi

Tutto ciò che amo mi fa sempre paura

Uniamo i respiri sento caldo la mattina

Tu buttati con me, mare di guai

Non so nuotare in una vasca

Piena di squali, piena di squali

Vestiti da sera c’è il mio pezzo preferito

E buttati, che la notte è solo un giorno che riposa e ci incontriamo

Ci cerchiamo nelle strade e nei silenzi di un cielo blu

Sai, sai, sai prenderti gioco di me

Di quel giardino che ho dentro annaffiavi il cemento

Io ti vorrei dire (io ti vorrei dire)

Che vorrei sapere che si prova se resto

Non voglio più perderti nel chiaro di luna

Ci siamo incontrate dentro momenti pessimi

Tutto ciò che amo mi fa sempre paura

Uniamo i respiri sento caldo la mattina

Tu buttati con me, mare di guai

Non so nuotare in una vasca

Piena di squali, piena di squali

Vestiti da sera c’è il mio pezzo preferito

E buttati, che la notte è solo un giorno che riposa e ci incontriamo

Ci cerchiamo nelle strade e nei silenzi di un cielo blu

È lunedì

La luna sembra un po’ arrabbiata

Come mai

Stanotte non sei più tornata

Sono qui

Con la finestra spalancata

Forse ho perso, forse ho perso

Uniamo i respiri senti che caldo stamattina

Tu buttati con me, mare di guai

Non so nuotare in una vasca

Piena di squali, piena di squali

Vestiti da sera c’è il mio pezzo preferito

E buttati, che la notte è solo un giorno che riposa e ci incontriamo

Ci cerchiamo nelle strade e nei silenzi di un cielo blu

'Due vite', il testo della canzone di Marco Mengoni a Sanremo 2023

Dice di non essere in gara per vincere ma non gli si crede: dieci anni dopo essere salito sul primo gradino del podio dell'Ariston con quella che rimane una delle sue hit, 'L'essenziale', il cantante di Ronciglione (Viterbo) ci riprova: "Se questa è l’ultima/ Canzo…

Due vite di M. Mengoni - D. Petrella - D. Simonetta - D. Petrella

Siamo i soli svegli in tutto l’universo

E non conosco ancora bene il tuo deserto

Forse è in un posto del mio cuore

Dove il sole è sempre spento

Dove a volte ti perdo

Ma se voglio ti prendo

Siamo fermi in un tempo così

Che solleva le strade

Con il cielo ad un passo da qui

Siamo i mostri e le fate

Dovrei telefonarti

Dirti le cose che sento

Ma ho finito le scuse

E non ho più difese

Siamo un libro sul pavimento

In una casa vuota

Che sembra la nostra

Il caffè col limone

Contro l’hangover

Sembri una foto mossa

E ci siamo fottuti ancora una notte

Fuori un locale

E meno male

Se questa è l’ultima

Canzone e poi la luna esploderà

Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai

Qui non arriva la musica

E tu non dormi

E dove sarai

Dove vai

Quando la vita poi esagera

Tutte le corse gli schiaffi gli sbagli che fai

Quando qualcosa ti agita

Tanto lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai

Che giri fanno due vite

Siamo i soli svegli in tutto l’universo

A gridare un po’ di rabbia sopra un tetto

Che nessuno si sente così

Che nessuno li guarda più i film

I fiori nella tua camera

La mia maglia metallica

Siamo un libro sul pavimento

In una casa vuota

Che sembra la nostra

Persi tra le persone

Quante parole

Senza mai una risposta

E ci siamo fottuti ancora una notte

Fuori un locale

E meno male

Se questa è l’ultima

Canzone e poi la luna esploderà

Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai

Qui non arriva la musica

E tu non dormi

E dove sarai

Dove vai

Quando la vita poi esagera

Tutte le corse e gli schiaffi gli sbagli che fai

Quando qualcosa ti agita

Tanto lo so che tu non dormi

Spegni la luce anche se non ti va

Restiamo al buio avvolti

Solo dal suono della voce

Al di là della follia che balla in tutte le cose

Due vite guarda che disordine

Se questa è l’ultima

Canzone e poi la luna esploderà

Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai

Qui non arriva la musica

Tanto lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai

Che giri fanno due vite

'Supereroi', il testo della canzone di Mr. Rain a Sanremo 2023

'L'uomo della pioggia', ispirato alla composizione solo quando diluvia, la cui unica 'eroina' è la madre, racconta della fragilità umana e della necessità di chiedere aiuto: "Ho passato un periodo molto cupo, non uscivo più, non parlavo più…

Supereroi di M. Balardi - L. Vizzini - F. Abbate - M. Balardi - F. Abbate

Non puoi combattere una guerra da solo

Il cuore è un’armatura

Ci salva ma si consuma,

A volte chiedere aiuto ci fa paura

Ma basta un solo passo come Il primo uomo sulla luna,

Perché da fuori non si vede quante volte hai pianto

Si nasce soli e si muore nel cuore di qualcun altro

Siamo angeli con un’ala soltanto e riusciremo a volare solo restando l’uno accanto all’altro.

Camminerò

A un passo da te

E fermeremo il vento come dentro gli uragani

Supereroi

Come io e te

Se avrai paura allora stringimi le mani

Perché siamo invincibili vicini

E ovunque andrò sarai con me

Supereroi

Solo io e te

Due gocce di pioggia

Che salvano il mondo dalle nuvole

Ci sono ferite che non se ne vanno nemmeno col tempo

Più profonde di quello che sembrano

Guariscono sopra la pelle, ma in fondo ti cambiano dentro

Ho versato così tante lacrime fino ad odiare me stesso, ma ogni volta che ho toccato il fondo

Tu c’eri lo stesso

Oh

Quando siamo distanti

Ogni volta che piangi piange pure il cielo

Oh

Non ho molto da darti ma ti giuro che

Camminerò

A un passo da te

E fermeremo il vento come dentro gli uragani

Supereroi

Come io e te

Se avrai paura allora stringimi le mani

Perché siamo invincibili vicini

E ovunque andrò sarai con me

Supereroi

Solo io e te

Due gocce di pioggia

Che salvano il mondo

Mi basta un attimo e capisco che ogni cicatrice tua è anche mia

Mi basta un attimo per dirti che con te ogni posto è casa mia

Perché siamo invincibili vicini e ovunque andrò sarai con me

Supereroi solo io e te

Due gocce di pioggia che salvano il mondo dalle nuvole

Camminerò

A un passo da te

E fermeremo il vento come dentro gli uragani

Supereroi

Come io e te

Se avrai paura allora stringimi le mani

Perché siamo invincibili vicini

E ovunque andrò sarai con me

Supereroi

Solo io e te

'Mostro', il testo della canzone di gIANMARIA a Sanremo 2023

Un brano sull'affetto famigliare è il tema, inusuale per una canzone sanremese, che l'artista vicentino definisce "molto personale". "Penso di aver trascurato i rapporti, ho annullato la condivisione", ha detto con grande sincerità

07 Febbraio 2023

Mostro di G. Volpato - G. Manilardi - V. Centrella - A. Filippelli - V. Petrozzino - G. Volpato - G. Manilardi

Ti ho baciato sulla fronte, sono uscito,

Ho tenuto il bacio che mi hai dato in viso

Per non correre nessun rischio

Ho occupato uno spazio più piccolo

Che mi sono perso? Ero solo distratto, da me

Sono entrato con la macchina in giardino

Perché non vedevo l’ora di tornare

Ora che sorella mia tu sei madre

Dimmi se siamo ancora fratelli

Che mi sono perso? Ero solo distratto, da me

E se correre fuori, mi lascia fermo dentro

Allora spero di stancarmi presto

E se seguendo gli altri, lascio indietro me stesso

Farò di tutto per stare da solo un momento

Ma che ti sembro un mostro?

Guarda che sono apposto

Che mi sono perso, ero solo distratto, da me

Mò che ti sembro un mostro

L’ho pensato pure io un secondo

Che mi sono perso, ero solo distratto,

Stavo pensando a me

Ti ho lasciato sopra il letto un mio libro

Così sai che tornerò

Ma con tutti quanti i letti che ho visto

Con che faccia tornerò?

Voglio entrare nei discorsi deciso,

Ma mi sono perso tanto e che dico?

Se non sai mai di che si parla tanto vale star zitto

E se le stelle fuori mi hanno tenuto sveglio

Vuol dire che ho avuto più di un pensiero

Se per allontanarsi basta prendere spazio

Allora diamogli un senso

Ma che ti sembro un mostro?

Guarda che sono apposto

Che mi sono perso, ero solo distratto, da me

Mò che ti sembro un mostro

L’ho pensato pure io un secondo

Che mi sono perso, ero solo distratto,

Stavo pensando a me

Ma che ti sembro un mostro

Sanremo 2023: seconda ser

 'Sali (Canto dell'anima)', il testo della canzone di Anna Oxa a Sanremo 2023

Quattordici volte al Festival, due volte vincitrice (nel 1989 e nel 1999), un debutto (nel 1978) con il brano-capolavoro 'Un'emozione da poco', testo di Ivano Fossati e musica di Guido Giglielminetti. Dopo l'ultima apparizione nel 2011, Oxa ritenta con un pezzo scritto da Francesco …

Sali (Canto dell’anima) di A. Oxa - F. Bianconi - Kaballà - F. Zanotti

Bocche piene di falsità che nutre il mondo

Mani prive di dignità, votate a Dio

Sali, uomo, sali e dimentica

Sali e ritorna alla (tua) nascita

Occhi dell’ambiguità dei nostri tempi

Vite frammentate senza verità

Sali, donna, sali e resuscita

Sali e ritorna alla (tua) nascita

Libera l’anima

Come rondini la sera

Vola libera

Nitida come il canto dell’anima

Come stella dell’aurora

Di un mattino che non c’è

E che non ha nome

Arca dell’umanità andata a fondo

Cuori puri mangiati dall’avidità

Sali e poi un’altra vita tu

Vivrai, Vivrai, Vivrai,

Vivrai, Vivrai, Vivrai,

Vivrai, Vivrai, Vivrai

Libera l’anima

Come stella dell’aurora

Di un mattino che non c’è

Sali… sali… Rosa… sali

Come stella dell’aurora

Di un mattino che non c’è

E che non ha nome… oh…

Che non ha nome

Oh… oh… oh… oh… oh… oh… oh…

Nitida l’anima

Come stella dell’aurora

Di un mattino che non c’è

E che non ha nome

I RICORDI.

LA SCALETTA.

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

I VOTI.

I CANTANTI.

I RICORDI.

Michele Bovi per Dagospia il 9 febbraio 2023.

Il Festival di Sanremo che in questa edizione sta celebrando tanti storici brani e interpreti italiani non può dimenticare Enrico Caruso, del quale proprio il 25 di questo mese ricorrono i 150 anni dalla nascita” sbotta il maestro Vince Tempera, veterano dei direttori d’orchestra del Festival (la prima volta con Iva Zanicchi e Zingara nel 1969, l’ultima nel 2016 con Francesco Gabbani e Amen) nonché direttore d’orchestra delle varie edizioni del programma Una notte per Caruso su Raiuno.

La Rai ha il dovere di ricordare il tenore dei tenori che per primo ha fatto conoscere la canzone italiana nel mondo, quale interprete di ‘O sole mio. – dice Tempera - Ma soprattutto deve tutelarlo perché Caruso è l’artista più manipolato della storia della musica. Dappertutto circolano e vengono messe in vendita sue opere. Si tratta di clamorosi falsi!”. 

Il maestro Tempera si riferisce a Torna a Surriento attribuita a Enrico Caruso, pubblicata su YouTube con milioni di visualizzazioni e regolarmente venduta dalle più famose aziende di commercio elettronico del mondo: perché quella non è la voce di Caruso. È la voce di Beniamino Gigli. Caruso infatti non interpretò mai la splendida canzone scritta dai fratelli Ernesto e Giambattista De Curtis.

Torna a Surriento non è certo il falso più sfacciato che lo riguarda. Ce n’è uno che circola da 113 anni. Ecco la storia. Enrico Caruso nel 1910 fu denunciato per plagio in Inghilterra. Non per un brano musicale bensì per un manuale di tecnica di canto: involontario protagonista di una lite tra editori londinesi che rivendicavano la proprietà del libro How to Sing pubblicato con la sua firma nel 1910, Caruso dovette a sua volta rispondere con una querela per chiamarsi fuori dalla vertenza.

 A diffondere la notizia in Italia fu nel luglio del 1914 il Corriere della sera. L’artista inviò immediatamente al direttore del quotidiano Luigi Albertini questo telegramma:

«Leggo nel vostro autorevole giornale in data 18 luglio 1914, edizione del mattino, rubrica 'Corriere teatrale', una corrispondenza da Londra, in data 17 luglio, notte, dal titolo 'Un procedimento per plagio contro il tenore Caruso'. Tengo formalmente a dichiarare che la paternità del libro in questione, intitolato Come si canta, non mi appartiene, non avendo mai scritto lavori del genere.

Vedo in questo oggetto di réclame e di speculazione che, mentre procura profitto ad altri, reca a me grave danno morale. Oggi protesto a mezzo del vostro accreditato giornale contro questo sistema di approfittare del mio nome, riservandomi di procedere in Inghilterra contro coloro che mi fanno autore di cose mai pensate e mai dette e che producono, con le loro pubblicazioni, in me dolorose impressioni e forti patemi d’animo. Prego la vostra ben nota cortesia a voler dare pubblicità di quanto sopra. Ringrazio anticipatamente. Firmato: Enrico Caruso».

Al testo del telegramma fu dato ampio risalto il 19 luglio 1914 nella terza pagina del Corriere della sera. I giudici inglesi ordinarono il sequestro e la distruzione delle copie, ma la vicenda in realtà non è stata mai definitivamente chiusa.

 Il libro How to Sing è ancora oggi attribuito alla penna di Enrico Caruso ed è liberamente in vendita sul web, descritto come ristampa di 61 pagine del 1973 a cura di Opera Box in cui è citato quale fonte un manoscritto originale proveniente dall’Università del Michigan.

 “È la conferma che certe contraffazioni hanno resistenza secolare – commenta il maestro Tempera – Solo la denuncia pubblica di Amadeus da una tribuna tanto popolare come il Festival di Sanremo, nella ricorrenza dei 150 anni dalla nascita dell’Artista, potrebbe una volta per tutte mettere freno alla diffusione di queste disonorevoli patacche”.

Michele Bovi per Dagospia il 6 febbraio 2023.

Mi chiedo se nell’edizione 2023 il Festival della canzone italiana ricorderà ‘O sole mio, ovvero la canzone italiana più famosa nel mondo e resa tale principalmente per l’interpretazione di Enrico Caruso, il mio bisnonno tenore che nacque proprio nel febbraio di 150 anni fa”.  

 È quanto si legge nella lettera inviata a Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai, da Riccardo Caruso, pronipote di Enrico e a sua volta con trascorsi di voce tenorile nel coro del Maggio Musicale Fiorentino.

Fuortes s’intende di musica importante. Gli manca solo il Teatro alla Scala di Milano, giacché prima dell’incombenza nella radiotelevisione pubblica aveva per l’appunto ricoperto incarichi di vertice a Roma tra Auditorium Parco della Musica e Teatro dell’Opera, a Bari per la Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e a Verona per la Fondazione Arena.

Per Sanremo 2023, tra tutti i nomi annunciati da Amadeus, quali ospiti o protagonisti di celebrazioni, è mancato finora quello di Enrico Caruso, che il 25 di questo mese verrà altrove ricordato per i 150 anni dalla nascita.  Ed Enrico Caruso, come scrive il pronipote Riccardo, non è soltanto un gigante della lirica italiana ma anche il più famoso esecutore di ‘O sole mio, il brano che grazie a quell’incisione del 1916 è diventato e resta nel mondo l’inno fondamentale della canzone italiana, etichetta che dal 1951 contraddistingue il Festival di Sanremo che ha successivamente prodotto altri popolarissimi motivi quali Nel blu, dipinto di blu e Quando quando quando.

Il rischio che la Rai possa minimizzare l’evento è calcolato. I precedenti in proposito sono a dir poco sconcertanti.  Il 25 febbraio del 1973 la Rai non allestì celebrazioni per i 100 anni dalla nascita dell’artista. Addirittura il Radiocorriere Tv, all’epoca diffusissimo periodico cartaceo dell’azienda radiotelevisiva che ospitava spazi dedicati alla musica lirica, nella settimana dell’anniversario pubblicò un articolo sull’Elisir d’amore, l’opera di Gaetano Donizetti che aveva provocato il clamoroso divorzio tra Caruso e la sua Napoli, dimenticando del tutto però di citare Caruso.

Il fattaccio originario risaliva agli ultimi due giorni del dicembre del 1901. Il tenore ventisettenne arrivò al Teatro San Carlo già forte di una pregevole reputazione: il suo stile di canto era innovativo, virile e passionale. Ma il pubblico, assuefatto alle interpretazioni languide di Fernando De Lucia il tenore che all’epoca dettava legge sui palcoscenici partenopei, non sembrò apprezzare immediatamente il protagonista dell’Elisir d’amore, quel Nemorino impersonato da Caruso.

 Non ci furono fischi, come molti ancora oggi raccontano perpetuando frottole tramandate negli anni, ma solo un’accoglienza inizialmente tiepida, poi nel giro di un’ora convertita in un successo tondo. Caruso non convinse però il critico Saverio Procida che sul giornale Il Pungolo gli rimproverò una voce baritonale non adatta al ruolo di Nemorino e persino una notevole insufficienza tecnica. Ancora più pesante fu il giudizio di Procida sulla Manon Lescaut di Giacomo Puccini che Caruso interpretò subito dopo l’Elisir d’amore: “Gli mancano lo charme del cantante, la finezza dell’artista, l’eleganza dell’attore, la dizione raffinata”.

Una critica in cui Caruso ingiustamente lesse la condanna di tutta Napoli. Ferito nell’orgoglio non si esibì più nella città natale, continuò la sua carriera trionfale altrove, all’estero, soprattutto oltreoceano. Tornò a Napoli nell’estate del 1921, per morirvi all’età di 48 anni.

 Il caso dell’Elisir d’amore fu elemento centrale nella celebrazione del centenario. L’Associazione della stampa napoletana organizzò il 24 aprile del 1973 – due mesi dopo l’esatta ricorrenza - un maestoso concerto al Teatro San Carlo. Con l’orchestra diretta dall’imponente maestro Oliviero De Fabritiis si esibirono, ripercorrendo le tappe obbligate del repertorio di Caruso da l’Elisir d’amore a ‘O sole mio, le più prestigiose voci maschili della lirica mondiale: Mario Del Monaco, Ferruccio Tagliavini, Luciano Pavarotti, il francese Alain Vanzo, il russo Vladimir Atlantov.

Mancarono all’appuntamento lo svedese Nicolai Gedda afflitto da laringite e lo spagnolo Placido Domingo proveniente da San Francisco ma bloccato all’aeroporto di Londra a causa della nebbia. L’autentica perla dell’evento fu la formale riappacificazione tra la Napoli melomane e il suo più glorificato erede.

 Tra interminabili scrosci di applausi il pubblico del San Carlo accolse con commozione l’abbraccio riparatore tra il nipote di Caruso, Enrico junior, e Roberto Procida discendente del critico, che gli organizzatori avevano fatto sedere uno accanto all’altro nel palco reale.

 Lo splendido live dei cinque tenori del 24 aprile 1973 fu inciso in un disco raro, solo recentemente messo a disposizione degli appassionati su youtube dai figli di Mario Del Monaco. Non esistono invece registrazioni della Rai e neanche segnalazioni del Radiocorriere Tv nella settimana di pertinenza.

Una distrazione replicata nel 2021, a 100 anni dalla scomparsa del tenore (Napoli, 2 agosto 1921).

Nel 2020 ci fu la proposta di connettere i due anniversari 2021-2023 attraverso una serie di iniziative patrocinate e coordinate dalla Rai a livello internazionale, dal Centro produzione di Napoli a quello di Milano, fino alla sede di New York - racconta il pronipote Riccardo Caruso – La proposta veniva proprio dal consigliere d’amministrazione della Rai Riccardo Laganà ed era rivolta all’amministratore delegato Fabrizio Salini, al presidente Marcello Foa e ai colleghi consiglieri.

 L’appello di Laganà raccolse l’adesione di noi familiari, di musicisti, editori, giuristi, scrittori, giornalisti, soggetti eventualmente interessati a collaborare in concorso con le istituzioni culturali e musicali che da tempo si occupano di custodire le memorie del nostro bisnonno. Ma rimase lettera morta: il Consiglio di amministrazione Rai non inserì mai all’ordine del giorno la proposta che pure era partita da uno dei suoi membri, tra l’altro quello eletto non dalla politica ma dai dipendenti dell’azienda”.

La disattenzione del servizio pubblico radiotelevisivo è forse scaturita dalla stessa mancanza di incisività da parte della politica nei confronti dell’artista universalmente più celebre di tutti i tempi. Unica eccezione l’entusiasmo dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone che nel 1973 volle personalmente redigere la presentazione dell’opera omnia dedicata al centenario del tenore dalla sua casa discografica americana.

Ma Giovanni Leone era napoletano. In quella stessa circostanza il ministro del turismo e spettacolo Vittorio Badini Confalonieri si limitò a inviare al Teatro San Carlo un telegramma. Badini Confalonieri era torinese. Oggi con Gennaro Sangiuliano, napoletano doc alla guida del ministero della cultura, le aspettative degli appassionati di Enrico Caruso sono molto più ottimistiche. A partire dalla attesa rievocazione in questa edizione del Festival. ‘O sole mio sta ‘nfronte anche a Sanremo?

LA SCALETTA.

 (ANSA l’8 febbraio 2023) Sono stati 10 milioni 757 mila pari al 62.4% di share, i telespettatori che hanno seguito ieri su Rai1 la prima serata del festival di Sanremo 2023 (dalle 21.18 all'1.40). L'anno scorso la prima serata del festival era stata seguita in media da 10 milioni 911 mila spettatori pari al 54.7% di share.

Estratto da repubblica.it l’8 febbraio 2023.

Tensione all'Ariston al termine dell'esibizione di Blanco, che in precedenza aveva eseguito Brividi con Mahmood. Il cantante ha presentato sul palco il suo nuovo singolo L'isola delle rose, ma a causa di problemi tecnici non è riuscito a cantare e si è sfogato distruggendo tutti i fiori del palco.

 Una furia sul palco

Per sfogare la sua frustrazione ha afferrato delle griglie con dei fiori sul palco, lanciandole in aria e distruggendole. Il pubblico ha cominciato a fischiarlo, e il cantante ha provato a giustificarsi: "Non sentivo la mia voce in cuffia e allora ho voluto divertirmi comunque", ha detto Blanco, senza riuscire però a placare gli animi della platea che ha continuato a fischiarlo.

  Come ai tempi di Bugo e Morgan

"Era dai tempi di Bugo e Morgan che non succedeva una cosa così. Ma quando c'è stato il fatto di Bugo e Morgan mi ha aiutato Fiorello", ha aggiunto Amadeus. Poi si è presentato Gianni Morandi con la scopa per togliere i fiori distrutti dal palco, con grande ironia, dicendo "con tutta la bella musica che abbiamo ascoltato questa sera vedrai che domani si parlerà solo di questo".

 (...)

Festival di Sanremo 2023, la scaletta della prima serata: i presentatori, i cantanti e gli ospiti. Elena Del Mastro su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

È tutto pronto per la 73esima edizione del Festival di Sanremo. Dal 7 all’11 febbraio dalle 21 in diretta dal teatro Ariston Amadeus condurrà le 5 serate del festival accompagnato sempre da Gianni Morandi. Co conduttrice della prima serata sarà Chiara Ferragni.

Nella prima serata di martedì 7 febbraio si esibiranno i primi 14 artisti in gara. Mercoledì 8 febbraio poi gli altri 14. Come per l’edizione 2022, l’unica categoria in gara al Festival si chiama “Artisti”: i Giovani si sono sfidati il 16 dicembre nella Finale di Sanremo Giovani e 6 di loro hanno ottenuto un posto in gara tra i Big. I titoli delle canzoni in gara sono stati annunciati da Amadeus durante la serata di Sanremo Giovani.

La scaletta ufficiale della prima serata del Festival di Sanremo con i 14 cantanti in gara in ordine di uscita

Anna Oxa – “Sali (Canto dell’anima)”

Gianmaria – “Mostro”

Mr. Rain – “Supereroi”

Marco Mengoni – “Due vite”

Ariete – “Mare di guai”

Ultimo – “Alba”

Coma_Cose – “L’addio”

Elodie – “Due”

Leo Gassmann – “Terzo cuore”

I Cugini di Campagna – “Lettera 22”

Gianluca Grignani – “Quando ti manca il fiato”

Olly – “Polvere”

Colla Zio – “Non mi va”

Mara Sattei – “Duemilaminuti”

Gli ospiti della prima serata

Come da tradizione ad aprire la 73esima edizione del Festival saranno i vincitori dell’anno precedente, Blanco e Mahmood che canteranno la loro “Brividi”. Durante la prima serata, i super ospiti saranno i Pooh, 6 anni dopo l’ultima esibizione insieme. Sul palco ci saranno Roby, Dodi, Red e Riccardo Fogli. Elena Sofia Ricci presenterà al pubblico la nuova fiction di Rai1 “Fiori sopra l’inferno”. In collegamento dal Suzuki Stage Piero Pelù con “Gigante” e dalla Costa Smeralda Salmo.

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

Sanremo 2023, la scaletta e il racconto della prima serata: Mengoni primo in classifica, Ferragni e il monologo, Blanco impazzisce. Matteo Cruccu su Il Corriere della Sera il 7 febbraio 2023.

Ore 19:04 - Sanremo 2023: si parte

Ore 20:19 - Il debutto del Presidente

Manca meno di mezzora all’inizio di questo Festival così chiacchierato, come poche volte negli ultimi anni, nella fase «pre»: il caso Zelensky ha tenuto banco con il suo enigmatico finale. Ed oggi è arrivata la sorpresa: per la prima volta nella storia un presidente della Repubblica siederà tra le fila del pubblico. E da lì Mattarella assisterà al monologo di Benigni sulla nostra, cara, Costituzione. Un prologo dall’alto profilo istituzionale insomma. E inaspettato.

Ore 20:31 - E il debutto di Ferragni

L’altra attesa protagonista di serata è madame Ferragni: protagonista alla conferenza stampa di oggi, dove ha svariato tra il first husband Fedez, i diritti delle donne ( e qualche incertezza sul dettato costituzionale). E proprio sui diritti dovrebbe essere incentrato l’attesissimo monologo delle 23.30: come anticipato, avrà un abito con incisi sopra i nomi degli hater. E intorno a quello dovrebbero girare le sue parole.

Alle 20.45 circa, su Rai 1, inizia la 73esima edizione del Festival di Sanremo.

Ore 20:50 - Standing ovation per il Presidente

Inizia dunque il 73 esimo festival di Sanremo. E il proscenio, come annunciato, è tutto per il presidente, accolto da un’intensissima stading ovation. E canta Mattarella dal suo palchetto, a lato del gigantesco proscenio, mentre il Gianni nazionale Morandi intona Fratelli d’Italia. Un prologo insomma molto intenso per questa quarta edizione targata Amadeus

Ore 20:55 - Irrompe Benigni

È invece la sesta volta di Benigni all’Ariston: non più sulfureo come un tempo magari, anch’egli più istituzionale, non si risparmia però qualche battuta come in passato, scherzando sull’immarcescibilità di Amadeus, a sua volta al quinto round. Mattarella sorride dal suo ridotto. E ancora mentre Benigni prende ancora in giro il conduttore sull’interminabile durata dei suoi Festival. Meno compassato dunque, il toscano, rispetto a quanto ci si aspettava. Anche quando passa al tema serio di serata, la Costituzione, dove svaria tra Modugno e i padri della Repubblica.

Ore 21:06 - Mattarella si commuove

E il presidente non nasconde un po’ di emozione mentre Benigni ricorda che il padre Bernardo fu uno dei padri costituenti. Ancor più importante è la notazione che, se tutti i Paesi l’avessero importata, non ci sarebbe la guerra, visto che l’Italia, per statuto, la ripudia. Come l’Articolo 21, quello che difende la libertà di espressione. Ricordando che ai tempi del fascismo, sulle macerie del quale la nostra Costituzione è nata, quella libertà non c’era. E non è male, di questi tempi, ribadirlo.

Ore 21:21 - E parte la gara con Anna Oxa

E comincia la gara vera e propria: con una veterana di questo palco, Anna Oxa: la scoprimmo ragazzina, la famosa punk. La vedemmo vincitrice con Fausto Leali. Qui però la sua sempre importante voce diventa quasi ridondante, soffocando le linee melodiche in questa Sali. Non sale molto. O forse troppo. Anche il discinto gIANMARIA, ultima rivelazione di X Factor, indulge in vocalizzi che oscurano un po’ l’identità del brano.

Ore 21:36 - Arriva Chiara Ferragni

È il momento della seconda grande attesa di serata: scende le celebri scale Chiara Ferragni. Sembra disinvolta mentre, con dizione molto lombarda, si complimenta con Amadeus, inneggia alle donne (“Pensati libera”) e presenta con l’altrettanto celebre cartoncino Mr Rain. Il coro di bimbi fa un po’ effetto Povia, mentre incede con il suo rappato.

Ore 21:44 - Tornano Mahmood e Blanco. Poi Mengoni

Le cose migliorano rapidamente con i vincitori dello scorso anno, Mahmood e Blanco che tornano all’Ariston con la loro Brividi. Anche qui giocano con la voce, specie il primo, ma l’effetto è tutt’altro, visto che la potenza del brano rimane inalterata a distanza di un anno. E si danno la staffetta con quello che potrebbe essere il trionfatore di quest’anno, secondo i bookmaker e il sentiment generale: Marco Mengoni. La canzone è classicamente sanremese, scritta per vincere: sicuramente la migliore sentita fin qui. Poi, però, per uscire papi da cardinali (favoriti), bisogna aspettare fino alla fine.

Ore 22:13 - Ariete stecca

Dopo il consueto momento marchetta con la fiction di turno (Elena Sofia Ricci) che ammazza però un po’ il ritmo fin qui invece sospinto, tocca ad un’altra giovane molto attesa, Ariete. Questo palco può giocare brutti scherzi e la povera butta almeno cinque stecche nel suo «Mare di guai». Poi altro momento allungabrodo, anch’esso forse evitabile, con Gianni Morandi che si esibisce con le cosiddette «canzoni» brutte. Tanto che a questo punto, forse era meglio intonare quelle belle, chessò, «Un mondo d’amore» o «C’era un ragazzo».

Ore 22:30 - I nostri voti a cantanti e ospiti

I nostri giudizi sui primi 14 artisti che si sono esibiti nel corso della 73ma edizione del Festival della canzone italiana: qui.

Ore 22:34 - Ultimo, altro favorito di serata

Ecco un altro dei favoriti di quest’ edizione: l’ex arrabbiato Ultimo, anche lui ha scritto un pezzo pensato apposta per la competizione. E se il climax vocale è potente, il testo forse non altrettanto. Poi il Festival va open air. E Amadeus accompagna Piero Pelù al palco esterno. Ruba borse come qualche anno addietro e si dimena come sempre il vecchio lupo di mare dei Litfiba.

Ore 22:47 - Coma Cose, amoreggiante pop

Ed ecco i Coma Cose, ad aprire la quota indie, nel senso che da quel contesto provengono e non dai talent. E anche quest’anno propongono il loro mix di pop sofisticato e armonizzazioni ben fatte, mentre si guardano amoreggianti, Al Bano e Romina 2.0.

Ore 23:06 - Si ricompongono i Pooh

Quindi il grande ritorno: dopo la scomparsa di Stefano D’Orazio, si ricompongono i Pooh. Una sequela di successi inappuntabili, le antiche armonizzazioni (anche se nelle vette più alte non sempre ha eccelso Roby Facchinetti), insomma un usato sicuro. Per quello che a tutti gli effetti è un miniconcerto (forse eccessivamente lungo) in attesa del grande raduno allo stadio previsto per quest’ estate, il 6 luglio a San Siro

Ore 23:26 - Regina Elodie

Ecco un’altra delle regine del Festival, Elodie. Che già ha fatto discutere prima ancora di arrivare sul palco, con alcune dichiarazioni equivoche. Grande presenza scenica, l’approccio è urban soul, la canzone però per ora non prende il volo. Ed ecco Ferragni con l’atteso monologo

Ore 23:34 - Ferragni, l’atteso monologo

Ed ecco uno dei momenti clou della serata: Ferragni si cimenta con una lettera a sé stessa da bambina, sfoderando un abito finto nudo («il vestito senza vergogna» lo definisce lei su Instagram) che farà parlare moltissimo tutti domani. E si commuove mentre racconta le insicurezze e le paure di quand’era piccola. E quelle da adulta. Molti si ritroveranno in queste sue difficoltà: molto duro l’attacco all’ex che sosteneva di averla inventata e molto duro è l’attacco agli hater sessisti. Altri avranno da ridire su qualche passaggio che è sembrato un po’ ovvio. Di sicuro la stilista-influencer ha polarizzato l’attenzione su di sé. Anche perché solo di sé ha parlato.

Ore 23:54 - Si riprende con Gassmann jr, poi Blanco impazzisce

Riprende la gara con l’ultimo erede della saga dei Gassman: Leo aveva impressionato vincendo tra i giovani nel 2020. Sorprende meno tra gli adulti, tre anni dopo con un pezzo à la Gabbani. Poi arriva Blanco che, letteralmente, impazzisce: non riesce a sentire la sua voce e allora, novello Pete Townshend, invece di spaccare le chitarre si mette a rovesciare vasi di fiori tutt’intorno. Robe da matti, verrebbe da dire. E il pubblico non sembra gradire questa intemerata. Quando poi Morandi si mette a spazzare le macerie via dal palco con la scopa, si toccano vette surreali. Alla Bugo-Morgan come giustamente ricorda Amadeus.

Ore 00:23 - Cugini di Campagna vintage e il Grignani sofferente

Ecco la quota vintage del Festival: i Cugini di Campagna. La canzone passa inosservata, si notano di più le Keytar anni Ottanta e la mise sincronizzata grigia metallizzata. Il sofferente Grignani canta il dispiacere della lontananza del padre e viene subito da empatizzare con lui, uno che ne ha viste di tutti i colori, altro che Blanco... Poi l’acerbo Olly, proveniente dalla batteria dei giovani. Una macedonia di stili, suoni, intonazioni in cui non si distinguono i sapori.

Ore 00:48 - Ferragni porta Amadeus nella modernità

Rientra Chiara Ferragni e ci informa di aver traghettato Amadeus nella modernità, facendogli aprire il suo profilo Instagram (quello precedente lo condivideva con la moglie Giovanna Civitillo): centinaia di migliaia di follower in pochi minuti... Riprende la gara con i Colla Zio, buone armonizzazioni, simpatici nel complesso, forse i più riusciti del «gruppo giovani». Ancor più brava Mara Sattei, voce importante, tiene molto bene il palco, tra le cose migliori di serata.

Ore 01:30 - Mengoni primo, come volevasi dimostrare

E dopo il doveroso omaggio a Battisti (presto ricorreranno gli 80 anni dalla nascita), è tempo di classifiche, quella della sala stampa: Elodie si arrampica sino alla seconda posizione, a sorpresa i Coma Cose terzi, Ultimo invece solo quarto. E il primo? Come previsto, Marco Mengoni. Il cardinale mette la prima fiche al conclave verso il papato. Vedremo come finisce. In conclusione di una serata che è trascorsa veloce, più veloce sicuramente degli altri anni.

Perché Sanremo (purtroppo) è sempre Sanremo Valeria Casolaro su L'Indipendente il 10 Febbraio 2023.

Il Festival di Sanremo è quel fenomeno culturale che, vuoi o non vuoi, ci coinvolge tutti. Tra chi «no ma io non lo guardo nemmeno legato alla sedia sotto tortura», chi «ma sì dai una puntata ci sta» e chi «io lo seguo solo per il Fantasanremo», prima o poi passa sulla bocca di tutti. Che piaccia o no quello del Festival è un fenomeno che, in qualche modo, entra nelle case di tutti gli italiani e proprio questa sua pervasività ne fa un polo magnetico di attrazione per la politica e gli interessi annessi. Se poi a farne parte sono personaggi di rilievo internazionale come Chiara Ferragni (il cui monologo della prima serata è stato tradotto in diverse lingue ed è rimbalzato su decine di canali di informazione fuori dal Paese) la portata ne viene ulteriormente amplificata. La musica, probabilmente, è l’ultima delle componenti. Anche in questa edizione il festival della musica nazionalpopolare si conferma una poderosa macchina di indottrinamento ed anche, come ormai altrettanto imprescindibile, una grande operazione autoassolutoria all’insegna di monologhi e presunte battaglie sociali.

Ciò che colpisce, ogni anno, del Festival, è che incredibilmente vi sono sempre gli stessi venti-trenta nomi a prenderne parte. È sorprendente, perché il contesto underground della musica italiana è ricco di artisti di grandissimo talento, eppure il “festival della musica italiana” è un compendio di articoli prodotti in serie e che quindi, per loro stessa natura, si somigliano tutti. I testi sono tutti uguali, le melodie tutte uguali, persino i tagli di capelli sono tutti uguali. Coloro che, fino ad ora, sono saliti sul palco non rappresentano che un terzo della musica in circolazione. Certo, rappresentano il 110% dell’arte mainstream, quello sì. E se non sono gli stessi prodotti in serie, sono nomi vecchi e stravecchi della musica che ancora vengono chiamati a rappresentare la scena dell’arte italiana. Non che non mi sia divertita a cantare a squarciagola (e con l’aiuto della giusta dose di vino) Perdere l’amore eh. Ma nella stessa misura in cui mi sono divertita quando il mio amico, all’ingresso dei Cugini di campagna (i Cugini di campagna, ragazzi, per davvero) ha esclamato «toh, sono arrivati i Maneskin» (e sappiate, perché io non lo sapevo, che se la battuta vi sembra scontata una polemica tra Cugini di campagna e Maneskin per via dei costumi c’è stata per davvero). Però insomma, che amarezza. Sono stata a un concerto di un gruppo napoletano qualche sera fa, i Foja: cinque ragazzi di talento che sono riusciti a produrre dell’ottima musica in quel genere difficilissimo che è il folk-rock. Ma non credo che li vedremo mai mettere piede sul palco dell’Ariston. A dire il vero, non credo che la metà di coloro che leggeranno questo articolo nemmeno sappia chi sono, i Foja.

«Questo contenuto è tutto autoassoluzione» ha detto a un certo punto della terza serata un mio amico. E aveva ragione. Il palco dell’Ariston, oltre che passerella per i suddetti talenti, è vetrina di presentazione di argomenti di rilievo sociale che vengono sciorinati in serie, ricamati, infiocchettati e pieni di strass, ma incapaci di alcuna profondità. Prendiamo Chiara Ferragni. In conferenza stampa, ben prima dell’inizio del Festival, l’occasione per dire qualcosa di veramente femminista l’ha avuta. In conferenza stampa, un giornalista le ha posto una domanda semplice e alquanto prevedibile, una di quelle domande sulle quali avrebbe dovuto essere più che pronta (ricordiamo che stava per salire sul palco del festival più famoso d’Italia per mettere in scena una gigantesca operazione di marketing femminista). La domanda era, su per giù, «cosa ne pensi dei testi misogini e sessisti che Fedez ha scritto in passato?». Panico. Mmmmm, mah, non so, chiedetelo a lui, io rappresento me stessa. Ma appunto, incalza, il giornalista, io sto chiedendo a lei cosa ne pensa. No? Niente? Va beh, grazie. Qualche ora dopo è salita sul palco con un meraviglioso vestito di Dior e uno scialle recante la scritta pensati libera. Fun fact: la scritta è rubata (letteralmente) a un artista bolognese, Cicatrici Nere, street artist e tatuatore, al quale nemmeno a seguito della polemica scoppiata sui social è stato dato credito né dalla influencer, né dal suo team artistico, né da un accidente di nessuno, se non dalle voci indignate degli utenti che ben conoscono il suo lavoro.

Quindi Chiara, che non è riuscita a formulare l’unica vera affermazione spontanea che poteva far credere alla profondità del suo femminismo e del suo sentirsi libera e che ha iniziato la prima serata del festival sentendosi libera di indossare il plagio di qualcuno (il privilegio, si sa, è anche questo: poterti permettere di fare quello che vuoi, senza preoccuparti troppo delle conseguenze), ha sciorinato nel corso della serata una serie di prodotti (leggi letteralmente: merce) che avrebbero dovuto ergersi a una sorta di manifesto femminista ma che, alla luce di quanto detto prima, mi sono parsi più il bel guscio scintillante di qualcosa di vuoto all’interno (e non parlo di Chiara in sé, si badi bene, parlo del manifesto del femminismo che ha preteso di indossare per l’intera serata). Nemmeno il monologo è riuscito ad essere convincente, somigliando più a un compendio di frasi fatte rielaborate nella cornice del prodotto che Chiara sa vendere meglio di tutti: sé stessa. Ma d’altronde è quello il suo mestiere: cosa ci dovevamo aspettare? C’è da dire, perché va detto, che l’intero cachet delle due serate da conduttrice Chiara lo devolverà all’associazione D.I.R.E., che si occupa di violenza di genere. C’è da dire, perché va detto anche questo, che centomila euro di cachet per i Ferragnez sono probabilmente poco più che spicci. In ogni caso, ho un suggerimento per la produzione di Sanremo: la prossima volta, invece di invitare qualcuno che parli poco e male di femminismo, passiamo alle azioni concrete. Lasciamo la conduzione del festival a una donna. Che in 70 anni di Festival di Sanremo, le conduttrici donne si contano sulle dita di una mano, forse una mano e mezza.

Cos’altro vogliamo citare della prima serata, l’amore di Benigni per l’articolo 21 della Costituzione? Glielo avranno ben spiegato che questo mal si combina con le denunce per diffamazione che lui stesso lanciò anni fa contro i giornalisti di Report per aver fatto il loro lavoro, che sfiga vuole riguardasse lui. La furia iconoclasta (i fiori, d’altronde, sono il simbolo di Sanremo), molto di cattivo gusto e poco rock di Blanco? Non ho esattamente capito cosa intendesse fare, se fosse una montatura preparata ad arte o no, ma probabilmente non era ancora nato quando nel 2001 fischiarono persino Molko dei Placebo per aver sfasciato una chitarra sul palco. La piccola (leggi: mastodontica) differenza tra i due episodi è che il gesto di Blanco non era investito di alcun significato artistico. Blanco sfascia i fiori perché non sente la voce in cuffia. E niente, credo che sia già abbastanza deprimente così, senza dover aggiungere altro.

Di rilievo, a parte tutto, è che quanto accade a Sanremo sia di forte interesse per la politica. Perché un programma con una tale platea di spettatori (si è parlato di oltre 10 milioni di persone per la prima serata) è una gigantesca macchina di indottrinamento. Se così non fosse, la discussione sulla rappresentazione del gender non sarebbe arrivata fino in Parlamento, con la surreale polemica di Maddalena Morgante, deputata di Fratelli d’Italia, contro il concorrente Rosa Chemical e il rischio che il festival della canzone diventi «l’ennesimo spot a favore del gender e della sessualità fluida, temi sensibilissimi e che da sempre Fratelli d’Italia contrasta». Come non sarebbe nemmeno stata ipotizzata la possibilità che il presidente ucraino Zelensky potesse fare una comparsata sul palco.

È legittimo, anzi è sano, che i musicisti facciano della loro arte uno strumento politico, come ha cercato a suo modo di fare Fedez, a prescindere che il personaggio piaccia o no. Anzi, è stata una boccata d’aria sentire finalmente un brano che non fosse l’ennesima lagna struggente d’amore. Ma quando ad essere politicizzata è la produzione del programma, allora la storia è ben diversa. Sanremo è lo specchio di una certa parte di società che, come giustamente ha detto il mio amico, «cerca autoassoluzione», ma cerca anche legittimazione. Lo dimostra la presenza di Paola Egonu. La storia di Paola, atleta di formidabile talento, è la prova che l’Italia è ancora una nazione profondamente razzista e che no, non sta migliorando, come ha dichiarato lei in conferenza stampa. Un anno fa, Paola decise di abbandonare la nazionale italiana di pallavolo per via della valanga di commenti razzisti che riceveva costantemente per il fatto di essere un’italiana in un corpo non conforme, un corpo che da scandalo: un corpo nero. Ieri sera, durante il suo monologo, Paola è stata costretta, tra le righe, a scusarsi. «Amo profondamente l’Italia» sono state le parole che ha pronunciato, da italiana nata in Italia. Alla Ferragni (per dirne una) sarebbe stato chiesto di specificare una cosa simile? Io non credo. La valanga di commenti che le ricordano di “provare gratitudine per le possibilità che questo Paese le ha dato”, giunte non solo dagli utenti comuni ma anche dalla politica, a seguito del suo monologo dimostrano che sì, Paola ha ragione, siamo un Paese di razzisti, ma siamo ben lontani dall’intravedere la luce al fondo di questo deprimente tunnel.

Alla fine della fiera, però, mi sono divertita. Non penso, tuttavia, che guarderò altre puntate, per quest’anno va bene così. Di spunti di polemica ve ne sarebbero altri mille e mille ancora, ma direi che può bastare. Me ne torno alla mia musica poco mainstream e molto underground. Però fatevi un favore, ascoltateli i Foja.

[di Valeria Casolaro]

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.CO.

Benigni e l’omaggio a Bernardo Mattarella a Sanremo: chi era il padre del capo dello Stato. Redazione Online su Il Corriere della Sera il 7 Febbraio 2023.

Politico, più volte ministro, antifascista, fu tra i pionieri della Dc e si batté per l’unità d’Italia, contro il separatismo siciliano

Inedito omaggio di Roberto Benigni ai padri costituenti sul palco dell’Ariston: «Tra questi - ha detto -c’era Bernardo Mattarella, il padre del presidente, al quale va il nostro applauso. Lei e la Costituzione avete avuto lo stesso padre - dice il premio Oscar rivolto al capo dello Stato - possiamo dire che è sua sorella». Il Presidente della Repubblica, che ha chiamato uno dei suoi figli Bernardo, si è messo una mano sul cuore e ha sorriso, emozionato.

La scaletta e il racconto della prima serata di Sanremo in diretta

Ma chi era Bernardo Mattarella? Il padre del capo dello Stato, anch’egli politico e più volte ministro, era nato a Castellammare del Golfo nel 1905 ed è morto a Roma il 1° marzo del 1971, a 66 anni. Oltre al presidente della Repubblica, ha avuto altri tre figli dalla moglie Maria Buccellato— Antonino, Caterina, e Piersanti, il presidente della Regione siciliana assassinato da Cosa Nostra il 6 gennaio 1980.

Proveniente da una famiglia storicamente di marinai e navigatori, Bernardo Mattarella scelse la strada del diritto e della politica: si laureò in giurisprudenza nell’agosto del 1929 all’Università degli Studi di Palermo e intanto aderì al Partito popolare di Luigi Sturzo, svolgendo le mansioni di segretario della sezione di Castellammare. Antifascista, contrario al separatismo siciliano, partecipò negli anni tra il 1942 e il 1943 alle riunioni clandestine guidate da Alcide De Gasperi per porre le basi della Democrazia cristiana, e poi fondò la Dc siciliana.

Prima assessore comunale a Palermo, poi sottosegretario alla Pubblica istruzione nei primi due governi del Comitato di Liberazione nazionale, divenne vice segretario della Dc nel luglio del 1945, affiancando proprio De Gasperi. Il 18 aprile 1948, alle elezioni del primo parlamento repubblicano, Mattarella fu eletto alla Camera nella circoscrizione della Sicilia occidentale, nella quale sarebbe stato poi sempre rieletto. Negli anni ha ricoperto diversi incarichi: da ministro della Marina mercantile a ministro dei Trasporti, dal dicastero degli Esteri a quello delle Poste e Telecomunicazioni, dall’Agricoltura al Commercio con l’Estero. Nel terzo governo Moro Mattarella non fu ministro per motivi di equilibrio tra le correnti democristiane, come disse Moro in una lettera con cui ringraziava Mattarella per il lavoro svolto al governo. Mattarella rientrò nella direzione nazionale della DC.

Alle politiche del 1968, a meno di tre anni dalla morte, fu eletto per l’ultima volta alla Camera dei deputati e in quella legislatura divenne presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati. Morì in seguito ad un malore alla Camera, l’esito tragico di una malattia di cui soffriva da alcuni mesi.

Estratto dell'articolo di Augusto Minzolini per “il Giornale” il 9 febbraio 2023.

Per molti il fatto che i consiglieri di amministrazione Rai, cioè i rappresentanti dei partiti, siano venuti a conoscenza della partecipazione del Capo dello Stato solo poche ore prima dell’inizio del Festival di Sanremo significa poco. Una quisquilia, una delle tante querelle che hanno fatto la storia dell’azienda di viale Mazzini.

 In realtà offrono uno spaccato reale su chi conta davvero nella tv pubblica, cioè nella più grande industria culturale del Paese.

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Sono loro che si sono presentati sotto gli occhi benevoli del capo dello Stato come i depositari dello spirito della Nazione, magari - ma questa è solo una suggestione - contro quelli che vogliono modificare la nostra Carta. Come se dopo tanti discorsi sulle riforme ipotizzare qualche cambiamento possa essere considerato un attentato: e pensare che sono stati gli stessi padri Costituenti a dettare le regole per aggiornarla.

Pure la presenza di Mattarella ha avuto una valenza sul piano della comunicazione: è stata - altra suggestione - una risposta indiretta e subliminale a chi aveva criticato la presenza di Zelensky al festival osservando che un capo dello Stato non va ad un festival di canzonette. A questo punto se c’è stato il presidente italiano perché non poteva fare la sua apparizione anche quello ucraino?

 Ecco i Presta e i Beppe Caschetto (per fare un altro nome), con gli artisti, i giornalisti, i cantanti che rappresentano, sono quelli che in fondo hanno le chiavi del cappello culturale del festival come pure della tv pubblica. Sono i padroni di casa coperti dall’anonimato. E possono infischiarsene del cda, del presidente o dell’ad della Rai: quelli passano con le legislature, loro no.

E hanno sostituito il potente «partito Rai» che ha assicurato l’egemonia della sinistra sulla tv pubblica per decenni. Solo che quel partito era dentro l’azienda, ne interpretava lo spirito a suo modo, loro invece ne sono fuori.

 E, al di là della bravura dei nuovi Mangiafuoco dello spettacolo, se giocare un simile ruolo nella tv commerciale è legittimo - ci mancherebbe! - tanta influenza sulla tv pubblica fa sorgere il dubbio che i discorsi in Parlamento sull’imparzialità della Rai e sulle direttive che dovrebbe dare all’azienda la commissione di Vigilanza, siano solo fiato sprecato.

Estratto dell'articolo di Alessandro Sallusti per “Libero quotidiano” il 9 febbraio 2023.

Una volta si diceva “nani e ballerine”, oggi parliamo di “attori e influencer” ma la sostanza non cambia. Ci riferiamo allo spettacolo che si fa politica, ma anche fin qui nulla di nuovo. La cosa però cambia se la politica si affida al puro spettacolo per coprire i suoi vuoti di contenuti e le sue incapacità. Cosa intendo?

Che una volta la sinistra parlava per bocca di Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer mentre oggi fa sue e rilancia in chiave anti destra – non sappiamo quanto autorizzata - le parole pronunciate sul palco del Festival di Sanremo da un attore giullare, Roberto Benigni, e da una star del web esperta in cosmesi e biancheria intima, Chiara Ferragni, il primo a parlare del perché non bisogna toccare la Costituzione, la seconda della libertà delle donne, anche quella di andare in giro seminude.

 Ora, a parte che non risulta da nessuna parte che le destre non amino la nostra Costituzione e tantomeno la libertà delle donne - una di loro, Giorgia Meloni, si è presa addirittura la libertà di diventare Presidente del Consiglio- non è vero che la sinistra, alla pari dei sacri padri costituenti, ritenga “immodificabile” la Costituzione tanto che per ben cinque volte dalla sua entrata in vigore prima il Pci, poi il Pds e infine il Pd hanno provato a cambiarla senza però venirne a capo.

A parte tutto questo è sempre più evidente l’inutilità che il Pd si tormenti a cercare un segretario leader se poi i loro punti di riferimento sono due simpatici e bravi miliardari, Benigni e Ferragni, che dietro lauto compenso si prestano a salire sul palco per recitare la parte di quelli politicamente corretti e quindi per definizione una parte di sinistra.

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Sancalimero. Storia di Massimo Gramellini su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Perché la maggioranza di governo si è messa all’opposizione di ? Perché sussulta ogni volta che sul palco qualcuno elogia la Costituzione o condanna il razzismo, cioè dice cose sacrosante e anche piuttosto ovvie che di sicuro non infastidiscono gli elettori di centrodestra, a meno di non voler supporre che i dieci milioni che guardano il Festival siano tutti orfani del Pd? Eppure Salvini parla di Sanremo come se si trattasse di una succursale della Festa dell’Unità, La Russa sostiene di non averlo ancora visto e il ministro della Cultura Sangiuliano, quasi volesse compensarne l’eccessivo sbilanciamento a sinistra, invoca per stasera un ricordo delle foibe. Ora, lasciamo perdere Fedez, che lo ha esplicitato in modo brutale, stracciando la foto del viceministro travestito da Hitler (anche il viceministro, però…). E ammettiamo che gli «ideologi» del Festival abbiano davvero costruito la scaletta col preciso scopo di dimostrare che i diritti civili sono valori a cui la destra è refrattaria. Ma se era una trappola, perché cascarci dentro così? I vecchi democristiani non lo avrebbero mai fatto: erano più furbi o, forse, più sicuri di sé. Questi invece hanno la sindrome di Calimero e nutrono il loro vittimismo con un costante complesso di inferiorità, peraltro smentito dai successi elettorali. Sono al potere, ma per un riflesso condizionato di comodo continuano a comportarsi come se fossero all’opposizione, oltretutto in un Paese governato non da Togliatti, ma da Amadeus. 

Estratto dell'articolo di Francesco Merlo per “la Repubblica” il 9 febbraio 2023.

Abbiamo, tutti, capito tutto, quando abbiamo visto Amadeus, ieri mattina, mettere in riga Salvini con più fierezza e con più nerbo di Enrico Letta: «Se non le piace si guardi un film».

 Toh, chi l’avrebbe mai detto che questo sarebbe diventato il Festival della Nuova Resistenza, l’opposizione più allegra ma più decisa a Giorgia Meloni: qui c’è il nostro piccolo presidente Mattarella e lì c’è il suo grande presidenzialismo con gli stivali, qui la Costituzione è difesa da Roberto Benigni mentre Giorgia Meloni l’attacca con un progetto affidato, nientemeno, a Maria Elisabetta Casellati.

 (..)

 E resterà nell’iconografia più raffinata del Paese quel Gianni Morandi che lunedì sera ha esibito l’umile saggezza che manca al Terzo Polo di Calenda&Renzi e ha spazzato per terra impugnando la scopa del lavoro socialmente utile, ben più progressista del reddito di cittadinanza di Giuseppe Conte.

 Trionfano dunque sulle bandiere stinte della politica “le magnifiche rose”, direbbe Arbasino, del Festival della Canzone Italiana, e resistono i fiori di Nilla Pizzi al vandalismo anarcoide di Blanco che le ha vilipese a calcioni come il terrorista anarchico Cospito ha vilipeso lo stato ottusamente inflessibile di Piantedosi e di Nordio, lo stato che abusa del 41 bis.

(...)

 La politica, che batte i denti morsa dal freddo e dal gelo, trova a Sanremo, inaspettatamente come accadde al dottor Zivago, la sua casa finalmente calda. E nell’orgia decorativa del teatro Ariston riscrive pure la sua retorica che è ormai inevitabile dovunque: sul palco di Amadeus e al Nazareno, negli interventi in Parlamento e persino nei titoloni dei giornali, nei funerali e nei matrimoni, negli arresti e nei processi.

Ma solo a Sanremo l’iperbole - che emozione pazzesca!, anzi fantastica!, anzi leggendaria! - custodisce la nostra memoria e coltiva la nostra illusione. Forse perché davvero la canzonetta, in Italia, sembra niente ma è tutto, come il fiato e come la malinconia che commuove i più duri. La canzonetta è il fischiettare del solitario, ma è anche la civiltà del coro, del popolo senza populismo e, in nessun altro paese del mondo, diventa come qui la colonna sonora della democrazia.

 Amadeus, che non appartiene alla famiglia degli impegnati di sinistra e non ha neppure mai posato a poeta maledetto, forse quattro anni fa, al suo primo Sanremo, non avrebbe detto di togliersi di mezzo al vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini che contro il suo festival gliene ha rovesciate davvero tante, che «Mattarella ha il diritto di svagarsi ma non si difende la Costituzione dal palco dell’Ariston», che lui non guarderà la lettura del messaggio di Zelensky, e «basta con le tirate antirazziste »…

Magari quattro anni fa, Amadeus si sarebbe lasciato intimidire o non avrebbe trovato il coraggio di permettere a Lucio Presta, che è pure il suo agente, di fare così bene il suo mestiere di “agente” e portare il presidente Mattarella e Roberto Benigni a Sanremo senza informare nessuno, con una trattativa segreta, saltando il consiglio d’amministrazione che è il luogo in cui si articola e si dissipa il potere politico in Rai.

 E siamo arrivati al punto: Amadeus è diventato più potente di qualsiasi potere politico italiano, commissioni parlamentari, Vigilanza e manuali Cencelli, più importante dei ministri Sangiuliano, Roccella, Lollobrigida, e pure di Fazzolari con la pistola, e di tutti quelli che stanno per mettere le mani sulla Rai. Ed è più potente della stessa Rai che, ipertrofica e anacronistica, si tiene a galla solo con Sanremo.

Ebbene, Amadeus, scialuppa di salvataggio del Titanic, è ora pure il leader a sua insaputa della Nuova resistenza, l’eroe per caso, più di lotta di Cuperlo e più di governo di Bonaccini, più uomo di mondo di Calenda, più credibile di Giuseppe Conte. È il partito del 62 per cento. E la sua Sanremo è la nuova Internazionale Situazionista che nacque proprio qui nel 1956. Amadeus è l’incarnazione del leader situazionista come se lo immaginava Guy De Bord che profetizzava “la società dello spettacolo” che è il famosissimo titolo di un libro dimenticato:

 (...)

Perché dunque Salvini lo maltratta come i democristiani e i clerico-fascisti maltrattarono Dario Fo? Quale limite è stato superato, quale regime al tempo stesso fascistoide e mattoide può coprire di bile nera Sanremo che è amato da tutti gli italiani che sono canterini proprio perché sono italiani?

Estratto dell'articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica” il 9 febbraio 2023.

L’insofferenza della destra di governo per il festival che celebra la Costituzione antifascista, davanti al presidente Mattarella, traspare bene da un tweet mattutino di Vittorio Sgarbi. Dice fuori dai denti quello che molti nella maggioranza pensano, a microfoni spenti. «Popolare e populista - cinguetta il sottosegretario alla Cultura - ma indifferente alla volontà degli elettori, Sanremo apre con tre simpatizzanti del Pd: Mattarella che vi fu iscritto, Benigni che prese in braccio Veltroni, Morandi che ha sempre votato Pci e Pd».

 Ospite di Metropolis , il talk del gruppo Gedi, il critico rincara la dose. «Chiara Ferragni - aggiunge - è il vero segretario del Pd». E l’Ariston è il «salotto ordinato» dei dem. Nel partito di Giorgia Meloni nessuno si sogna di muovere rilievi alla scelta del capo dello Stato, come ha fatto invece Salvini, e allora il bersaglio su cui spargere malumori diventa il premio Oscar che sul palco ha citato l’articolo 21 della Carta, ricordando che «durante il ventennio non si poteva pensare liberamente».

Ecco Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e segretario del Consiglio dei ministri. Parla a margine di una cerimonia della fondazione Tatarella a Palazzo Giustiniani. Lodi a Mattarella, ma chiosa malevola su Benigni: «Difende la Costituzione? È solo spettacolo, non mi risulta che Benigni sia un costituzionalista». E quanto al clima ostile che scontenterebbe il governo, aggiunge, «non ci vedo un disegno, ma un riflesso condizionato che dipende dal fatto che non ci si è resi conto del risultato delle elezioni». Che non sia un ragionamento solitario, quello di Mantovano, lo dimostrano le dichiarazioni di altri esponenti di FdI, che si attestano sulla stessa linea.

 (…)

Tra le poche voci ecumeniche, e questa è una sorpresa, Daniela Santanché. Di solito non si sottrae alla stoccata polemica, stavolta invece si sintonizza con l’umore pop festivaliero. La prima serata l’ha vista col cane ai piedi del letto, come da video-tweet pubblicato a mezzanotte. «Sarò poco chic – dice la ministra del Turismo di FdI – ma a me il festival piace. Anche Benigni? Sì, da italiana dico viva Benigni, è pur sempre un premio Oscar».

Estratto dell’articolo di Stefano Feltri per “Domani” il 9 febbraio 2023.

La retorica mielosa di Roberto Benigni è una delle tante minacce che la nostra Costituzione deve fronteggiare ogni giorno da 75 anni. Intanto perché Benigni non riesce neanche a citare correttamente gli articoli che elogia in mondovisione a Sanremo.

 L’articolo 11 dice sì che l’Italia ripudia la guerra, ma solo come strumento di risoluzione delle controversie internazionali […]. Dice anche che la sovranità del paese può essere limitata dall’adesione a organizzazioni internazionali, tipo Nato e Unione europea, allo scopo di assicurare «la pace», certo, ma anche «la giustizia» tra le nazioni. Capite bene le implicazioni diverse nel contesto dell’aggressione russa all’Ucraina dell’articolo 11 inesistente immaginato da Benigni e di quello reale.

[…] L’articolo 21 sulla libertà di espressione, che tanto commuove Benigni, è violato ogni giorno dalle querele temerarie di politici e aziende contro giornali e giornalisti e dai rapporti di forza in un settore ostaggio di precariato e grandi editori  con interessi spesso opachi. Mai ho sentito Benigni spendere una frazione della sua popolarità a difesa di un giornalista minacciato o intimidito.

La stessa forma istituzionale dell’Italia, come «Repubblica una e indivisibile» (articolo 5) è sotto attacco dal disegno di legge sull’autonomia differenziata appena approvato dal governo Meloni: un processo sul quale dovrà vigilare, per fortuna, non Benigni ma il presidente Sergio Mattarella […].

[…]. Negli ultimi trent’anni l’impegno è stato soprattutto a smantellarla. I volonterosi carnefici del centrosinistra hanno fatto più e meglio degli aspiranti secessionisti del centrodestra: prima con la riforma del titolo quinto della Costituzione, nel 2001, poi con il grande pasticcio del referendum renziano nel 2016 (quando Benigni era schierato per stravolgere la Costituzione che oggi celebra) e infine nel 2017, quando il futuro segretario del Pd Stefano Bonaccini ha chiesto anche per l’Emilia-Romagna l'autonomia differenziata […] .

 La retorica sulla Costituzione in stile Benigni non impedisce questo assedio, anzi, lo legittima perché trasmette l’idea (falsa) che nessuno oserà mai mettere in discussione i pilastri dell’ordine democratico.

Benigni a Sanremo, l’attacco di Ranucci e Report: “Per coerenza…” Libero Quotidiano l’8 febbraio 2023

La "coerenza" di Roberto Benigni. Il regista e comico toscano ha appena finito il suo monologo sulla Costituzione, apertura del Festival di Sanremo 2023 sotto gli occhi attenti di Sergio Mattarella seduto in prima fila, e su di lui arriva il fuoco amico di Rai 3. Clamoroso all'Ariston, si direbbe.

Le battute dell'ex Piccolo diavolo hanno addirittura strappato un ghigno al Capo dello Stato, qualcuno parla addirittura di sorriso. Terminato il suo intervento, Mattarella ha poi lasciato il teatro sanremese aprendo virtualmente il balletto dei commenti. Il più piccante arriva da Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. "Molto toccante il monologo di Roberto Benigni al Festival di Sanremo sui 75 anni della nostra Costituzione - scrive su Facebook il giornalista -. Il maestro Benigni ha sottolineato come il suo articolo preferito sia l'articolo 21: 'Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure'.  Sono certo che per coerenza il maestro nei prossimi giorni ritirerà la querela che nel 2017 ha presentato nei confronti del sottoscritto, del collega Giorgio Mottola, della Rai e di Report". Bella buccia di banana per viale Mazzini. 

E' un big della Rai, dunque, a rompere il clima ecumenico e "istituzionale" generato dalla presenza in contemporanea di Benigni e Mattarella. omaggiato dall'inno d'Italia intonato da Gianni Morandi che invita il pubblico a unirsi a lui. L'intervento più propriamente "comico" di Benigni ha avuto passaggi pepati su fascismo e regime ("Le faccio notare che lei è al secondo mandato - dice rivolgendosi al Capo dello Stato -, Amadeus al quarto e ha già prenotato il quinto. Ora mi dica lei: è costituzionale? Bisogna fermarlo"), prima di farsi serissimo tessendo le lodi della Costituzione italiana, che ha festeggiato i 75 anni, con lo stesso entusiasmo con cui racconta la Divina Commedia: "Un'opera d'arte che sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria". E ancora, una puntata sull'Ucraina ("L'Italia ripudia la guerra") e, appunto, sull'articolo 21 sulla libertà di espressione e di pensiero, concluso con un monito: "La cosa migliore per il futuro è ricordarsi di avere il passato bene presente". Il passato, di sicuro, se lo ricorda bene Ranucci. 

(ANSA il 7 febbraio 2023) - "La Rai deve rendere pubblico quanto percepirà Roberto Benigni per il suo intervento al Festival di Sanremo, e in tal senso siamo pronti a presentare una formale istanza d'accesso all'azienda e un esposto alla Corte dei Conti per conoscere i dettagli sul contratto tra la rete e il comico toscano".

 Lo afferma l'Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi, dopo l'annuncio fatto oggi da Amadeus nel corso della conferenza stampa a Sanremo. "Già in passato i maxi-compensi riconosciuti dalla Rai a Benigni sono finiti al centro di uno scandalo - spiega l'Associazione -. In occasione della partecipazione di Benigni al Festival del 2020 si parlò di un cachet, mai confermato, da 300mila euro.

Crediamo sia giusto in questo momento di grande difficoltà economica per il paese garantire massima trasparenza ai cittadini che finanziano la Rai attraverso il canone, e rendere pubblici i compensi che la Rai riconosce ad ospiti di eccezione come Roberto Benigni, e se non otterremo risposta siamo pronti a presentare una formale istanza d'accesso alla Rai e una segnalazione alla Corte dei Conti.

 Anche perché - commenta ironicamente l'Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi - per leggere la Costituzione non serve Benigni, e i cittadini possono provvedere anche da soli, acquistandone una copia a pochi euro".

La furia di Sgarbi su Sanremo: “Ha il marchio della sinistra e del Pd. Di Benigni ci dicano quanto ha preso”. Monica Pucci su Il Secolo d’Italia l’8 febbraio.

E’ durissimo il giudizio di Vittorio Sgarbi sul festival di Sanremo, dopo la prima serata, il sermone antifascista di Benigni e la varie espressioni del politicamente corretto: “Mi pare che sul festival gravi un’ipoteca politica, non si può continuare con i vari Benigni, Mattarella, Ferragni, Morandi, tutte espressioni dell’ideologia di sinistra, tutti esponenti dell’area del Pd. Mi pare veramente scandaloso che non si riesca ad uscire da questo meccanismo”, dice all’Adnkronos il sottosegretario alla Cultura, commentando il 73mo festival di Sanremo. “Perché non hanno invitato il bravissimo Castellitto, o Giuseppe Gibboni (il giovane violinista che nel 2021 ha vinto il 56mo Premio Paganini di Genova, che non veniva assegnato a un musicista italiano da 24 anni, ndr), 22enne musicista bravissimo, perché? Non l’hanno neanche calcolato”, tuona Sgarbi, nel giorno in cui anche il conduttore si sente in dovere di replicare al ministro Salvini.

Benigni nel mirino di Sgarbi: “Chissà quanto lo hanno pagato…”

Sgarbi ha apprezzato lo show “ribelle” di Blanco, molto meno quello politico di Benigni. “Ha proposto sempre la solita solfa sulla Costituzione e che vorrei sapere quanto è stato pagato -prosegue Sgarbi- Insomma, dovrebbero chiamare su quel palco personalità di questa o quell’area, per i loro meriti, non chiamare referenti così evidenti di aree sempre di sinistra”. Il sottosegretario, che ha appena ricevuto una medaglia del Quirinale consegnatagli dal presidente della Repubblica per la mostra sul Rinascimento a Ferrara, ironizza infine: “Benigni non lo inviterei”.

Blanco, invece, “mi è piaciuto molto”. “Ha mostrato una grande autenticità, mi è piaciuto molto”, prosegue all’Adnkronos. “Non avevo visto l’esibizione -dice Sgarbi- Ma oggi mi ha incuriosito perché ne sentivo parlare e sono andato a vedermela su internet. Mi è piaciuta, è significativa: colpisco il cimitero dei fiori per ribadire la vitalità della musica”, spiega.

Perché il festival antifascista di Benigni non parla di Foibe? “Celebriamo a Sanremo il Giorno del Ricordo”. Marta Lima su Il Secolo d’Italia l’8 febbraio.

Il giorno dopo lo show di Roberto Benigni nella serata iniziale del festival di Sanremo, con giusti richiami alla Costituzione e solite suggestioni antifasciste, immediatamente amplificate dai giornali di sinistra, scoppia la polemiche per la mancata previsione del Giorno del Ricordo, che il 10 febbraio viene celebrato nella memoria della tragedia per mano dei comunisti titini. La proposta di parlarne, nella serata di dopodomani, visto che i temi di attualità e di storia non mancano, guerra in Ucraina compresa, arriva in un colloquio con l’AdnKronos dal giornalista Silvano Olmi, presidente nazionale del Comitato 10 Febbraio.

Le Foibe al festival di Sanremo? Perché no

Sarebbe auspicabile, direi assolutamente doveroso da parte del Festival di Saremo, ricordare la tragedia nazionale delle Foibe. Una tragedia che ha riguardato non solo quelli che abitavano da centinaia di anni in quei territori al confine orientale, ma anche moltissimi italiani, carabinieri, poliziotti, finanzieri e così via, che stavano lì per motivi di lavoro e che provenivano da tutte le parti d’Italia e che lì trovarono la morte. Una tragedia nazionale, dunque, che andrebbe ricordata adeguatamente”, dice Silvano Olmi.

Parlare delle Foibe, parlare dell’esodo sarebbe, dunque, doveroso, apprezzabile – osserva Olmi -, almeno ricordarlo, citarlo. Sarebbe bello, perciò, che il 10 febbraio il Festival di Sanremo commemorasse tutti i martiri delle Foibe e l’esodo di 350mila italiani dal confine orientale. Sarebbe auspicabile, doveroso”. “Fra l’altro – prosegue Olmi – sto attendendo fiducioso il 10 febbraio anche perché il 10 gennaio scorso ho scritto a tutti i presidenti di Rai, Mediaset e La7 e ai direttori dei Tg nazionali chiedendo un’adeguata copertura mediatica per questo evento. Pochi l’hanno notato, ma quest’anno ricorrono gli 80 anni dall’inizio degli infoibamenti, che ebbero due periodi: settembre-ottobre del 1943 e poi dal maggio del 1945 in poi. Mi sembra, dunque, una data anche importante da ricordare”.

Il Giorno del Ricordo, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, si celebra il 10 Febbraio con l’obiettivo di conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel dopoguerra e della complessa vicenda del confine orientale. «Il Giorno del Ricordo richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all’esodo, di tutti coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo», dichiarò lo scorso anno il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ieri sera presente al festival di Sanremo. Che aggiunse: “Conservare e rinnovare la memoria di quella tragedia è un impegno di civiltà e il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile”.

DAGO-RETROSCENA l’8 febbraio 2023.

Quando Roberto Benigni è stato arruolato da Amadeus per il Festival di Sanremo, concordando l’intervento per celebrare i 75 anni della Costituzione italiana, il comico toscano, in ragione del suo rapporto personale con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è sentito in dovere di contattare l’entourage politico del Quirinale.

 Benigni voleva dare ulteriori ragguagli al Colle sull’intervento che avrebbe preparato. A quel punto, l'attore premio Oscar ha avvisato l’ad della Rai, Carlo Fuortes che ha colto la palla al balzo e non si è lasciato sfuggire l'occasione di invitare direttamente il Capo dello Stato.

Per evitare inutili polemiche politiche, il monologo di Benigni sulla Costituzione e la stessa presenza di Mattarella sono stati tenuti coperti fino alla conferenza stampa di presentazione della prima serata del Festival.

 E infatti, il cda di Viale Mazzini si è lamentato per non essere stato informato preventivamente da Fuortes, il quale, però, non aveva alcun dovere di comunicare al consiglio l’accordo preso con il Quirinale.

 È una piccola lezione per Bruno Vespa, che avrebbe potuto tenere riservato l’accordo per un intervento di Zelensky a Sanremo. Parlandone a Domenica In, ha offerto in pasto al dibattito politico, e soprattutto ai suoi nemici in Rai, l’opportunità di impallinare lui e il povero presidente ucraino.

La scelta di Benigni di dedicare il suo intervento alle virtù della nostra Carta fondamentale ha incrociato le preoccupazioni di Mattarella sulla riforma costituzionale in senso presidenziale che ha messo in cantiere il governo di destra-centro di Giorgia & i suoi Fratelli.

 Una dichiarazione della Meloni, in particolare, ha colpito il Colle: “il Presidenzialismo è un impegno che vogliamo mantenere. Vogliamo parlare con tutti, ma quel mandato vogliamo onorarlo”. In pratica, la Ducetta ha fatto intendere che coinvolgerà il parlamento e l’opposizione, ma non a tutti i costi.

In sostanza, è disposta anche ad andare avanti da sola. Come ha scritto Tommaso Ciriaco su “Repubblica”, il 3 gennaio, “secondo la leader c'è una precondizione per affrontare questo delicato dossier seguendo la via maestra della bicamerale: deve prima essere evidente la volontà dell'opposizione - o di una cospicua porzione di essa - di procedere assieme alla destra nella direzione di un intervento condiviso sulla Carta. Altrimenti la maggioranza farà da sola, senza commissione e senza mediare con le minoranza”.

Mattarella, a riguardo, è molto preoccupato, e per dare voce alla sua inquietudine, Benigni ha rimarcato lo spirito di collaborazione e di unità nazionale dei “padri e delle madri costituenti” al momento di stilare le norme basilari dell’Italia post-fascista. Tradotto: le riforme costituzionali non si fanno a colpi di maggioranza ma con il più ampio consenso parlamentare possibile.

 Non casuale è anche il riferimento all’importanza dell’articolo 21 e alle censure del ventennio fascista. La sottolineatura che “Robertaccio” ha fatto sulla libertà di espressione e su come la tolleranza del dissenso sia una delle prerogative irrinunciabili della democrazia, risuona perfettamente con il pensiero di Mattarella, preoccupato che il necessario confronto tra maggioranza e opposizione si inasprisca fino alla rottura.

Ps. A proposito di Zelensky: la decisione di “partecipare” a Sanremo attraverso una lettera è una soluzione diplomatica dell’ultimo minuto. Il presidente ucraino si è molto stizzito per la giaculatoria politica intorno alla sua presenza al Festival, al punto da decidere di lasciar perdere.

 Ma un suo passo indietro, avrebbe messo in grande imbarazzo la filo-atlantista e pro-Ucraina Giorgia Meloni, che dall’inizio del suo mandato non ha mai fatto mancare il sostegno italiano a Kiev.

 Per evitare una figuraccia internazionale all'Italia, si sono attivati i canali diplomatici e, attraverso il lavorio di ricucitura dell’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnyk, si è arrivati alla toppa della letterina che sarà letta da Amadeus.

Estratto dell’articolo di Aldo Grasso per il “Corriere della Sera” l’8 febbraio 2023.

La sorprendente presenza a Sanremo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sancito per sempre l’istituzione del Festival come festa nazional-popolare (molto seguita anche in Russia). Mancavano solo il suo sigillo, l’inno di Mameli cantato da Gianni Morandi e la celebrazione della musica leggera e della Costituzione […] da parte di Roberto Benigni per solennizzare una liturgia che da tempo si era conquistato il diritto allo splendore civile.

[…] Con toni magniloquenti, Benigni tesse l’elogio dell’art. 21 […] con i toni di un Paese che in passato ha sofferto, che ora forse sta rischiando qualcosa, all’interno e all’esterno; per fortuna, per il momento, abbiamo solo da fare con gli sbroccati del Web. Comunque, dopo Benigni, sarà dura per gli altri monologanti.

 A cominciare da Chiara Ferragni che si presenta di schiena per esibire una scritta: «Pensati libera». Per quanto molto carismatica, l’imprenditrice digitale non fa della simpatia la sua cifra distintiva. Privata dei suoi cliché espressivi internettiani, incontra la scrittura televisiva. E così si dà al monologo a fin di bene: un po’ predica e un po’ autocompiacimento, un po’ indignazione e un po’ autopromozione, un po’ mozione degli affetti e un po’ mercato degli effetti.

Sanremo coltiva nelle sue serre la «stand up tragedy».  Amadeus […] tira dritto e prosegue con la sua raffinata strategia di annessione di ogni anima del mainstream […].  E poi il Festival è anche il suo contorno, le brutte trasmissioni che lo precedono, quelle che lo affiancano, quelle che lo succhiano, le conferenze stampa, i deliziosi deliri del direttore Stefano Coletta («l’onestà della testualità di chi ha attraversato un guado e non vuole rinunciare a raccontarsi senza pudore»), persino il FantaSanremo: tutto quanto fa Festival, anche chi non lo guarda.

Poco importa se quest’anno le canzoni raccontano di casi clinici, di casi umani, di situazioni problematiche: la letteratura ombelicale ha sedotto anche i parolieri. Perché questo è il segreto gattopardesco di Sanremo: sembrare sempre uguale a sé stesso ma cambiare abito ogni anno, inglobando tutto quello che c’è da inglobare, da «mostro» onnivoro, non facendosi mai mancare nulla.

Estratto dell'articolo di Marzio Breda per il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023.

Onorare la cultura alta, certo, e non a caso lo fa spesso presentandosi alle prime della Scala, ma anche le forme di cultura più popolare, perché no? Sarebbe fuori contesto un presidente della Repubblica che va al festival di Sanremo, il più interclassista degli eventi, in cui l’Italia si riconosce e si riscopre unita dal 1951? Per una buona causa, ad esempio rilanciare con qualche flash la sua pedagogia costituzionale, si può fare. Ecco il ragionamento che ha spinto Sergio Mattarella ad accettare l’invito a esser presente alla prima serata della kermesse canora, cominciata con una celebrazione del 75° anniversario del «patto che ci lega». La Carta, appunto.

(...)

 Ben più coinvolgenti per il capo dello Stato, e lo si è visto, i richiami dell’attore sull’articolo 11 (il ripudio della guerra) e sull’articolo 21 (la libertà di espressione).

 Riflessioni in cui Mattarella si è di sicuro identificato se non altro perché le ripropone di continuo, ad esempio quando parla del conflitto in Ucraina o del rischio di censure ai giornalisti. In questo senso è valsa la pena, per lui, approvare la trasferta sanremese. Un inedito, per il suo modo di stare sulla scena pubblica, anche se in passato non sono mancate inusuali scelte pop dei presidenti. Basti pensare al Pertini che riceveva a Palazzo gli autori della rivista satirica Il Male o il sulfureo fumettista Andrea Pazienza.

Estratto dell'articolo di Renato Franco per il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023.

I due corazzieri — Morandi e Amadeus — sono impeccabili: smoking con paillettes per il conduttore, smoking in velluto bordeaux per il cantante. Solenni. Dritti come due fusi. Gianni le mani dietro la schiena, Ama incrociate davanti. L’emozione — di entrambi — traspare dalla loro solennità, immobili per non rischiare di rovinare il momento. Momento unico.

 Amadeus potrà raccontare che mai prima di ieri si era affacciato un presidente della Repubblica all’Ariston, seduto nel palco di velluto rosso, lassù alla sua sinistra. A Morandi è capitato di tutto nella vita, da ieri anche di cantare l’Inno di Mameli davanti a Mattarella.

Il presidente ha al suo fianco la figlia Laura. Saluta i conduttori e il teatro accennando appena il movimento delle dita, segue l’inno con la mano sul cuore, lo canta sommessamente, il sorriso durante la serata assume diverse sfumature: appena accennato, obliquo in segno di assenso, più libero quando non riesce a trattenersi («colpa» di Benigni, ovvio). La prima — storica — volta di un presidente della Repubblica al Festival di Sanremo è un tessuto fatto di emozione e istituzione, due sentimenti che sembrano in contraddizione, opposti, caldo e freddo. Ma ieri Sanremo respirava in una bolla fuori dal tempo. Festival nazionalpopolare e tricolore, patriottico come non mai con il pubblico in piedi a cantare Mameli. Una miscela in grado di anestetizzare qualunque polemica: altro che Zelensky o il gender fluid di Rosa Chemical. Un Festival con la benedizione di Mattarella diventa inattaccabile.

Sale Benigni e il volto del presidente fa più fatica a mantenere l’aplomb quirinalizio, perché quando il comico inizia a scherzare sui due mandati di Mattarella e i quattro di Amadeus come conduttore di Sanremo, il presidente non riesce a trattenersi. Costretto a sorridere anche quando Benigni parla di «Binocolone» e «Dubbione» come se il presidente fosse uno dei concorrenti dei Soliti Ignoti , il quiz di Rai1 che è il Sanremo quotidiano di Amadeus. Ancor di più ride Mattarella quando Benigni gli spiega che se ne può andare via a metà Festival, ma saranno le tre di notte (in realtà il presidente è tornato a Roma subito dopo l’esibizione del comico toscano).

Dario Salvatori per Dagospia Il 6 marzo 2023.

Nella famiglia Mattarella non c’è stato soltanto il nostro attuale presidente della Repubblica a salire sul palco d’onore di in un teatro riservato alle canzoni. Prima di lui c’è stato Bernardo Mattarella, più volte evocato da Roberto Benigni nel suo monologo. Se Sergio Mattarella è stato il primo presidente della Repubblica ad omaggiare il Festival di Sanremo, a suo padre Bernardo toccò un ruolo altrettanto importante nella storia italiana.

Accadde nell’agosto 1944, a Sicilia già liberata, allorché Bernardo Mattarella, sottosegretario alla Pubblica Istruzione nel governo di Ivanoe Bonomi,  decise di organizzare un festival della canzone, che si sarebbe svolto il 2 settembre al Teatro Massimo di Palermo. In due settimane aderirono molti cantanti, fra dilettanti e semi professionisti, in tutto 140.

 Il concorso venne organizzato in accordo con la Rai, ancora Eiar, e venne denominato “Radio Giovani”. Mattarella nominò direttore artistico della manifestazione il M° Egidio  Araldi, accademico,  a cui toccò il compito di allestire l’orchestra, curare gli arrangiamenti e impostare le voci e tonalità. L’orchestra di venti elementi (il manifesto precisava compresa “arpa” e “timpani”), venne affiancata dal sestetto ritmico-sinfonico di Alfredo Siracusa.

Insomma, per un’Italia ancora bombardata, proprio niente male. Per tutto il mese di agosto si svolsero le prove, con crescente interesse da parte della cittadinanza. Alla vigilia della serata, Bernardo Mattarella, dai microfoni di Radio Palermo liberata, si rivolse ai palermitani,  precisando che la manifestazione aveva alla base la finalità “scuola e famiglia”, con il patrocinio dell’Azione Cattolica, chiarendo: “Data la serietà e l’eccezionalità della manifestazione, nonché gli alti fini educativi ed artistici la serata si colloca in un ciclo che si aprirà a partire dal mese di ottobre.”

 “Il Giornale di Sicilia” affiancò quotidianamente la manifestazione, con articoli, interviste e partecipazioni improvvise. Per esempio quella di Aldo Alvi, cantante palermitano ventenne ma già molto noto alla radio, nonché “guest” in tutte le formazioni di soldati americani che si riunivano in jam session in vari locali del centro storico palermitano.

Venne ingaggiato il comico Chiarini, per lo spazio “scherzo-satirico”. Il biglietto d’ingresso dava luogo a ricevere un coupon per la votazione (magari lo facessero adesso) accanto alla biglietteria un cartello ammoniva: “La manifestazione inizierà alle 20,45. Ogni insistenza per entrare in teatro oltre tale ora non sarà preso in considerazione”. A manifestazione iniziata una voce fuori campò chiarì: “La concorrente Jolanda Pinto, nonché seriamente menomata al malleolo, sarà regolarmente in gara.”

 La Pinto, sfortunata fino alla fine, era in gara con “Mamma voglio anch’io la fidanzata”, una canzone del 1942 portata al successo dal grande Natalino Otto, ripresa al femminile da Nella Colombo con l’azzardato titolo “Mamma mi ci vuole il fidanzato”.  Adottato anche quella sera dalla Pinto. Il loggione del teatro Massimo si scatenò. Alla fine dell’esecuzione la prevedibile voce fuori campo chiarì: “Le richieste del loggione non avevano nulla a che fare con l’aspetto artistico”.

Tutto questo quando si accingeva ad entrare in sala il ministro del Lavoro Giovanni Gronchi, che nel 1955 sarebbe diventato presidente della Repubblica. Qualcuno avvertì la “voce fuori campo”, che il ministro Gronchi si era appena seduto, e dunque la voce si fece sentire nuovamente: “Godere di un sano e disciplinato ambiente, anche se esuberante di vitalità, deve essere affiancata da ricreazione spirituale.”

 A vincere fu Matteo Franco, interprete di “Sera”, un brano scritto e arrangiato dal M° Pippo Barzizza nel 1940. Una pagina melodica del musicista ligure ma anche un moderato swing. Barzizza stesso la utilizzò come sua sigla per tutta la sua carriera. Arrivarono i premi: tre orologi da tavolo.

In oro quello del vincitore, d’argento per Annunziata Passantino e per Jolanda Pinto in lacrime. Il giorno dopo Bernardo Mattarella ringraziò la cittadinanza, l’Eiar e il Teatro Massino, annunciando alla radio che la città di Catania aveva già chiesto di poter ospitare una serata del genere a metà novembre. Palermo avrebbe inaugurato il 30 novembre l’entrata in funzione delle “trasmissioni visive”, in pratica la televisione sperimentale. Sergio Mattarella aveva tre anni, mentre il babbo avrebbe fatto parte di tre governi De Gasperi come sovraintendente dal 1948 al 1953, infine come ministro della Marina Mercantile e nel 1954 nel governo Pella come ministro dei Trasporti.

Lettera di Pupo a Dagospia l’8 febbraio 2023.

Caro Dago ti scrivo, così mi distraggo un po’. Ho seguito la prima serata del Festival di Sanremo e non me ne pento. L’inizio è stato pazzesco! Emozionante! Coinvolgente! La presenza del Presidente della Repubblica, Roberto Benigni con la sua apologia della Costituzione e Morandi che canta l’Inno di Mameli. Nemmeno ci fossero stati al Governo Renzi o il PD! Questa sì che è Libertà! Un altro momento indimenticabile della serata, è stato il monologo di Chiara Ferragni.

 A me questa ragazza piace. Mi fa quasi tenerezza. Ho provato a mettermi nei suoi panni di bambina e adolescente piena di difficoltà e sogni da realizzare e mi sono subito sentito triste ed angosciato. Chissà quanto avrà patito, ho pensato, per arrivare alla veneranda età di 35 anni e ritrovarsi milionaria.

 A volte la vita è davvero ingiusta ed amara. E poi Blanco. Che fine farà! Che mestiere farà questo ragazzo fra qualche anno! La mia preoccupazione per il suo futuro, è pari a quella che ho per i miei nipoti. In fondo i nostri giovani sono dei bravi ragazzi! Se sono un po’ persi o sopra le righe, la colpa è anche nostra. Ed infine le canzoni. Non saprei dirti se sono belle o brutte.

Sono stato così preso da tutto ciò che è accaduto a latere che mi riservo di ascoltarle con calma. I cantanti però mi sono sembrati tutti molto emozionati. Eppure anche io ne ho fatti di Festival, ma non ricordo di essermi mai emozionato così tanto. Le uniche emozioni forti che Sanremo mi ha dato sono state quelle del Casinò e delle partite a chemin de fer contro Mario Merola e compagnia cantante.

 Una volta però sì, qualcosa accadde. Era il 1980 e prima di me si stava esibendo proprio Gianni Morandi. La sua canzone stava finendo ed io ebbi l’esigenza impellente di andare in bagno che, da dove mi trovavo, era impossibile da raggiungere.

Mi guardai intorno e lì, dietro il palco, vidi un cappello posato su una sedia. Non ci pensai due volte. Lo presi e ce la feci dentro.

 Mi risistemai giusto in tempo per salire sul palco e cantare ‘“Su di noi”. In seguito seppi che il cappello apparteneva ad un dipendente del Teatro che, quando andò per indossarlo, non ti sto a dire come reagì.

 Desidero però chiudere questa mia missiva con tre certezze che sono emerse da questa prima serata sanremese. La prima è che Amadeus (lo dico senza nessuna ironia) è secondo me il più grande conduttore e direttore artistico di sempre. Meglio anche di Pippo Baudo.

Ottenere questi risultati attraverso il totale riciclaggio, non è cosa da tutti. La seconda è che il mio fraterno amico Gianni Morandi è davvero un esempio di forza, di valori e di professionalità per tutti noi. Un grande! Fra l’altro ho saputo che per il Festival incasserà trecentomila euro.

 Secondo te, visto che a causa del conflitto fra Russia e Ucraina i miei introiti si sono abbassati parecchio, potrei chiedergli di nuovo un prestito? L’ultima certezza è la reunion dei Pooh. Un appuntamento annuale al quale ci dovremo abituare. Esattamente come facciamo con il raduno degli alpini. Da Ortisei o da dove cavolo vuoi è tutto. Con tanto affetto e anche un po’ di stima (poca eh!), tuo Pupetto.

Sanremo2023, Porro smaschera Benigni: “Dove eri quando ci imponevano green pass e vaccino?”, Il Tempo il 08 febbraio 2023

Il monologo sulla Costituzione recitato da Roberto Benigni nella serata inaugurale di Sanremo2023 non è andato giù a Nicola Porro. Il noto giornalista e conduttore di Quarta Repubblica si è scagliato contro l’attore in un articolo apparso sul suo sito personale, dove fa una doverosa premessa: “Ho sempre trovato Benigni straordinario, la sua presenza sul palco è qualcosa che apprezzo da sempre, indipendentemente dal suo orientamento politico, quindi non mi fa strano dirlo anche oggi”. Poi l’affondo: “Trovo invece ridicole le scomposte reazioni della stampa e dei buonisti ‘de sinistra’. Stamani, infatti, mi sono svegliato leggendo delle lodi a Benigni che non stanno né in cielo né in terra. Quale inno alla libertà e quale coraggio?”

Quando - si domanda polemicamente Porro - la Costituzione è stata violata in ogni suo principio, questi fenomeni dove diavolo erano? Gli stessi che oggi si proclamano fan della Costituzione, quando Conte ci chiudeva in casa a colpi di DPCM, non mi pareva che si strappassero la pelle dall’indignazione. Zitti e muti anche quando il binomio Draghi-Speranza imponeva prima il green pass e poi il vaccino obbligatorio. È curioso che questi si ricordino della libertà solamente quando ne godiamo e non quando invece ci manca. È un po’ come fare gli antifascisti solamente a fascismo finito. La loro retorica sulla libertà mi fa veramente impazzire. Scommetto che se fossimo di fronte ad un totalitarismo (fascismo o comunismo che sia), nessuno avrebbe realmente il coraggio di difendere la Costituzione”.

 Porro è furioso per le considerazioni e gli elogi fatti dopo il discorso di Benigni: “La Costituzione dovrebbe tutelare la libertà degli individui dallo Stato e non limitarla in nome dello Stato come invece, ahimè, è stato fatto negli ultimi anni. Questa cosa, probabilmente, non la si può spiegare al 64% di italiani che ieri sera guardavano Sanremo. Confido però che ci sia almeno una percentuale di commensali che capisca bene come la Costituzione dovrebbe difendere le libertà dei cittadini nel momento in cui vengono violate, non - la chiosa del giornalista - in un momento come questo dove, grazie al cielo, greenpass e lockdown sono solamente un brutto ricordo”.

Sanremo, ipocrisia Benigni: dove era quando ci imponevano il green pass? A Sanremo partono gli elogi alla Costituzione, ma è la stessa che è stata violata durante i tre anni di pandemia. Nicola Porro l’8 Febbraio 2023.

Ho sempre trovato Benigni straordinario: la sua presenza sul palco è qualcosa che apprezzo da sempre, indipendentemente dal suo orientamento politico, quindi non mi fa strano dirlo anche oggi.

Trovo invece ridicole le scomposte reazioni della stampa e dei buonisti “de sinistra”. Stamani, infatti, mi sono svegliato leggendo delle lodi a Benigni che non stanno né in cielo né in terra: “Inno alla libertà Benigni”, “il coraggio di stare con la Costituzione”. Fatemi capire, quale inno alla libertà e quale coraggio?

Quando la Costituzione è stata violata in ogni suo principio, questi fenomeni dove diavolo erano? Gli stessi che oggi si proclamano fan della costituzione, quando Conte ci chiudeva in casa a colpi di DPCM, non mi pareva che si strappassero la pelle dall’indignazione. Zitti e muti anche quando il binomio Draghi-Speranza imponeva prima il green pass e poi il vaccino obbligatorio.

È curioso che questi si ricordino della libertà solamente quando ne godiamo e non quando invece ci manca. È un po’ come fare gli antifascisti solamente a fascismo finito.

La loro retorica sulla libertà mi fa veramente impazzire. Scommetto che se fossimo di fronte ad un totalitarismo (fascismo o comunismo che sia), nessuno avrebbe realmente il coraggio di difendere la Costituzione.

La Costituzione dovrebbe tutelare la libertà degli individui dallo Stato e non limitarla in nome dello Stato come invece, ahimè, è stato fatto negli ultimi anni. Questa cosa, probabilmente, non la si può spiegare al 64% di italiani che ieri sera guardavano Sanremo. Confido però che ci sia almeno una percentuale di commensali che capisca bene come la Costituzione dovrebbe difendere le libertà dei cittadini nel momento in cui vengono violate, non in un momento come questo dove, grazie al cielo, greenpass e lockdown sono solamente un brutto ricordo.

Nicola Porro, 8 febbraio 2023

Salvini fuori dal coro punge Mattarella e lo show di Benigni. La sinistra gliele canta e Amadeus sbotta. Aveva già esibito tutta la sua insofferenza sullo Zelensky sanremese. Ma questa volta, davanti ai microfoni di Rtl102.5, Matteo Salvini proprio non si tiene e bistratta anche il presidente Sergio Mattarella. Stefano Zurlo il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Aveva già esibito tutta la sua insofferenza sullo Zelensky sanremese. Ma questa volta, davanti ai microfoni di Rtl102.5, Matteo Salvini proprio non si tiene e bistratta anche il presidente Sergio Mattarella che l'altra sera si era materializzato all'Ariston. «Se ha scelto di andarci - afferma il leader della Lega - ha diritto di svagarsi anche il capo dello Stato». Parole quasi sprezzanti che il ministro delle Infrastrutture inserisce in un ragionamento in cui ne ha per tutti, dal solito Zelensky, ormai bersaglio fisso, a Roberto Benigni che dal palco aveva difeso la Costituzione: «Non penso che la Costituzione abbia bisogno di essere difesa dal palco di Sanremo che è la storia di Morandi e Ruggeri, di Luigi Tenco. Riempire il Festival - prosegue il numero uno del Carroccio - di contenuti extra festival, dalla guerra ad altro, non mi piace». E poi, per chi non avesse ancora capito, Salvini diventa esplicito: «Che non ci sia la presenza di Zelensky quanto meno non mi dispiace perché portare la guerra fra i Cugini di Campagna, Blanco, Giorgia e Ultimo mi sembra fuori luogo. Ma anche parlare di Mattarella si o no...».

«Sono quattro anni che Salvini se la prende con il Festival - replica asciutto Amadeus - basta non guardarlo. Spero che sabato sceglierà un bel film». Che poi è esattamente quello che il ministro ha intenzione di fare. Il conduttore non va oltre, ma il Palazzo, che aveva appena finito di litigare sul videomessaggio del presidente ucraino, ridotto poi a una piatta comunicazione scritta, si accende come un falò. La predica salviniana è troppo forte e scorretta per non suscitare ondate di critiche e risposte acuminate. «Quando non c'è un Donzelli o un Fazzolari di passaggio - afferma Osvaldo Napoli della segreteria di Azione - ci pensa Matteo Salvini a lanciare qualche palata di fango sulle istituzioni e sui loro rappresentanti. Le parole su Mattarella sono state pronunciate da un esperto di svaghi». Sulla stessa linea l'ex ministra Mara Carfagna: «Solo Salvini poteva banalizzare la presenza di Mattarella. Solo lui poteva dire che il Presidente è andato a Sanremo per svagarsi. Sono parole imbarazzanti».

Insomma, dalle parti del centrosinistra è tutto un coro di voci indignate. «Salvini continua a cercare armi di distrazione di massa dalla sua caduta libera- dice l'eurodeputata del Pd Alessandra Moretti - Lasci stare Mattarella che a Sanremo è andato non certo a svagarsi ma a promuovere il nostro bene più prezioso: la Costituzione».

Dunque, con quei commenti Salvini riesce a inimicarsi mezzo Parlamento. Ma non contento punta il dito anche contro la pallavolista Paola Egonu: «Spero che non faccia una tirata sull'Italia Paese razzista, perché gli italiani possono avere tanti difetti fuorché quello di essere razzisti. Mi auguro che gli italiani, che già hanno tanti problemi, non si sentano colpevolizzati da tizio o caio che usano la tv pubblica per fare la morale a qualcuno».

Questa volta è Pierfrancesco Majorino, candidato per il centrosinistra alla Regione Lombardia, a pungere: «Salvini come al solito ha paura che venga affrontato un tema che lui ha fatto crescere: l'aumento dell'intolleranza verso le persone di origine straniera». Poi l'aspirante governatore torna sul Quirinale: «Salvini che spiega a Mattarella come comportarsi è l'ultima scena a cui avrei immaginato di assistere. Salvini taccia e faccia questo lavoro che da ministro mi pare stia facendo molto poco». Insomma, l'esternazione riesce compattare l'opposizione che si divide su tutto ma ritrova la chimica giusta sul Festival.

Sanremo 2023, Benigni tira in ballo il fascismo e infiamma i social: "Comizio del Pd". Il Tempo il 07 febbraio 2023

La 73esima edizione del Festival di Sanremo parte con Amadeus e Gianni Morandi sul palco dell'Ariston. Dopo un memento di raccoglimento per il terremoto il Turchia e Siria fa il suo ingresso  di silenzio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella su un palchetto accanto alla figlia Laura. "Vorrei che cantassimo tutti insieme", dice Morandi che intona l'Inno nazionale davanti al capo dello Stato al Festival, un inedito assoluto per la kermesse sanremese. Tutti con la mano sul cuore in un patriottismo davvero sorprendente per il Festival. 

"Vederla qui conferma la vicinanza nei confronti dell'arte e della musica", dice il direttore artistico che ricorda il 75mo anniversario della Costituzione "di cui lei è garante". Poi è la volta di Roberto Benigni, chiamato per l'occasione per intervenire sulla "costituzione più bella del mondo". 

Il comico toscano dopo i saluti di rito parte con un monologo che scherza sulla quarta volta di Amadeus: "È al quarto mandato, presidente, lei è al secondo... Ma è Costituzionale? Vuole arrivare a quota 100, è un colpo di Stato, vuole fare la marcia su Sanremo".  Poi la battuta sulla lunghezza delle serate sanremesi consiglia a Mattarella: "Se se ne vuole andare prima...".  Niente battute acuminate, niente satira, niente intemerate come ai vecchi tempi, è il Benigni ecumenico che decanta il valore della musica e, naturalmente, della Costituzione, "un sogno fabbricato da uomini svegli". "L'Italia ripudia la guerra... Se questo articolo lo avessero anche le altre Costituzioni non ci sarebbero conflitti", dice Benigni. L'articolo preferito del comico è il 21: "È così semplice che sembra scritto da un bambino... Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. È l'architrave di tutte le libertà dell'uomo", afferma in riferimento al fascismo: "Allora neanche Sanremo si poteva fare. Potevano portarvi via per aver detto cosa pensavate. L'articolo 21 ci toglie dall'obbligo di avere paura". La libertà però "ci può venire tolta da un momento all'altro", afferma. Salutandolo, Amadeus parla di "regalo bellissimo". Una risposta alle polemiche sulla presenza di un compenso per il comico?

A infiammare i social, intanto, è il riferimento al Ventennio: "Cosa c'entra il fascismo con Sanremo? Che palle!", "Benigni che ha fatto un film come capolavoro, la vita è bella, ancora parla di fascismo, intanto in Italia inflazione e bollette alle stelle, povera Italia e povero menefreghismo", "Figuriamoci se non partiva il solito pippone contro il fascismo", "Benigni è la rappresentazione della sinistra italiana, capace di inserire la critica al fascismo in tutti i suoi discorsi", "Solito discorso buonista al festival della musica, qualcuno dica a Benigni che non è un comizio del PD" alcuni dei commenti su Twitter. 

Testo dell’intervento di Roberto Benigni al Festival di Sanremo 2023 pubblicato da “la Stampa” l’8 febbraio 2023.

Questa edizione di Sanremo è particolarmente bella e importante perché si celebra il 75° anniversario della nostra Costituzione, il 1° gennaio 1947. Si può dire: cosa c'entra Sanremo con la Costituzione? Sanremo c'entra: è il luogo dello spettacolo, della musica e quindi dell'arte, e la Costituzione è legatissima con l'arte, anzi sono quasi la stessa cosa, perché la Costituzione è un'opera d'arte e canta: canta la libertà e la dignità dell'uomo.

 Di più: ogni parola della Costituzione sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria, come le opere d'arte, perché butta all'aria quell'oppressione della libertà, quell'ingiustizia, quella violenza che c'era prima. È uno schiaffo al potere, a tutti i poteri. Ci mostra una realtà diversa da quella che abbiamo davanti agli occhi, ci fa sentire che viviamo in un Paese che può essere giusto e bello; ci dice insomma che un mondo migliore è possibile, senza ingiustizie e senza violenza, un mondo come l'arte ci fa sognare.

È un sogno la Costituzione, un sogno fabbricato da uomini svegli. Se c'è una canzone di Sanremo che possiamo accostarle è la più famosa, l'incipit di Volare di Modugno: «Penso che un sogno così non ritorni mai più». E così è la Costituzione: i nostri padri e le nostre madri costituenti non l'hanno pensata, l'hanno sognata, e chi sogna arriva prima di chi pensa. Infatti l'hanno scritta in pochissimo tempo. Avete visto oggi quanto ci mettono a fare una legge? A volte anni.

 La Costituzione invece è stata una folgorazione, una visione, sono stati dei visionari, ed è stato un miracolo perché erano tanti, tutti di partiti diversi, tutti che la pensavano diversamente, divisi su tutto esclusa una cosa: essere uniti per scrivere la Costituzione più bella che si potesse immaginare (...) famosa in tutto il mondo, ammirata, soprattutto nei suoi diritti fondamentali, gli articoli 1,2 ,3, il 9, l'11. L'11 quasi sono imbarazzato a ripeterlo perché è come il verso di una poesia, come dire M'illumino d'immenso, dice: «L'Italia ripudia la guerra». Una scultura. Pensate la forza, la bellezza e la perentorietà di questa frase meravigliosa.

Pensate se questo articolo lo avessero adottato le altre Costituzioni nel mondo: non esisterebbe la guerra sulla Terra, mai più nessuno Stato potrebbe invadere un altro Stato.

(...) Tra i nostri padri e madri costituenti c'era una persona che vorrei nominare perché ha a che vedere con il nostro Presidente: Bernardo Mattarella. che è il padre di Sergio.

Presidente, lei e la Costituzione avete avuto lo stesso padre: possiamo dire che la Costituzione è sua sorella.

 (...) Il mio preferito è l'articolo 21 con una forza e una bellezza che si rimane stupiti e ci si chiede: ma veramente c'era bisogno di scrivere una cosa così? Dice così: «Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero». Se l'hanno scritto vuol dire che ce n'era bisogno. (...) Perché prima della Costituzione, durante il ventennio fascista, non si poteva pensare liberamente. E non si sarebbe potuto fare neanche il Festival, perché c'era una canzone sola, sempre la stessa, la propaganda: si cantava il capo, il Duce, la guerra, l'esercito, il partito, il potere.

E in quegli anni pensate che mentre voi mangiavate una pizza con gli amici o eravate a casa, a cena con i vostri parenti poteva – ed è accaduto tante volte – arrivare qualcuno, aprire la porta, prendere vostro fratello, vostra sorella o la vostra fidanzata e portarli via perché avevano saputo che avevano detto una cosa libera. Accadeva spesso e queste persone venivano picchiate, a volte sparivano e non si vedevano mai più. L'articolo 21 ci ha liberato dall'obbligo di avere paura. (...)

 Nel mondo intorno a noi e in Paesi molto vicini a noi quelli che pensano liberamente vengono incarcerati, avvelenati, a volte fatti sparire, solo perché a volte mostrano il loro volto e i loro capelli felicemente o perché ballano o cantano o parlano.

 (...) L'unica maniera di fare qualcosa di utile per il futuro è avere il passato sempre presente, e ricordarci una cosa: che tutto ciò che abbiamo ci può venire tolto da un momento all'altro. I nostri padri e le nostre madri costituenti questo lo sapevano, scrivendo la Costituzione come se avessero scritto solo due parole: mai più. E hanno fatto una scommessa ma non fra di loro, con tutti noi: hanno detto ce la potete fare, ce la possiamo fare tutti insieme.

(...) I padri e le madri Costituenti hanno scritto la Costituzione, ma l'ultima pagina l'hanno lasciata bianca. È la pagina più importante, che non potevano scrivere perché sapevano che dovevamo scriverla noi. Noi, con la nostra vita, vivendola. E sono sicuro che la scriveremo bene, ci dobbiamo credere fino in fondo. La Costituzione è stata scritta, ma deve essere attuata, bisogna farla vivere. La costituzione non è solo da leggere, è da amare. Ora voi mi potete dire: sì però è un ideale, è una chimera, è un'illusione, è un sogno. È un sogno, sì, però abbiamo un vantaggio: i nostri padri e le oltre madri costituenti ci hanno tracciato la strada, ci hanno mostrato il cammino, ci hanno fatto vedere la via e a noi hanno lasciato una sola cosa da fare: far diventare questo sogno realtà.

Estratto dell'articolo di Giovanna Vitale per repubblica.it l’8 febbraio 2023.

Incredibile ma vero. “Anch’io ho appreso la notizia stamane in conferenza stampa”. È la risposta che la presidente Rai, Marinella Soldi, ha dato per iscritto ai consiglieri di amministrazione irritati per non essere stati informati della presenza del capo dello Stato a Sanremo. "Organizzata dal Quirinale all’ultimo momento — si giustifica ancora Soldi — in accordo con la direzione artistica del Festival". […]

Dopo l’annuncio a sorpresa di Amadeus, infatti, i cinque membri del Cda eletti in Parlamento (Agnes, Bria, Di Blasio, Di Majo, Laganà) hanno inviato una lettera di fuoco ai vertici dell’azienda, denunciando non solo di essere stati tenuti all’oscuro dell’arrivo di Sergio Mattarella all’Ariston, ma anche la modalità scelta per comunicarla: anziché passare per i canali istituzionali del Servizio pubblico, come sarebbe stato giusto, la notizia è stata diffusa dal conduttore della kermesse […]

 L’ennesimo caso di mancato coinvolgimento del Cda, già verificatosi sul videomessaggio di Zelensky poi declassato a testo scritto, che stavolta l’organismo di gestione ha deciso di far venire allo scoperto.

Ciò che agli occhi di tanti appare inaccettabile è che la trattativa con il Quirinale sia stata condotta in gran segreto da due esterni Rai: Amadeus e l’agente Lucio Presta (che oltre agli interessi del direttore artistico, cura pure quelli di Roberto Benigni e Gianni Morandi, guest star del Festival). Senza che i vertici aziendali ne fossero al corrente. O meglio, l’ad Carlo Fuortes era stato informato […]

DAGOREPORT  l’8 febbraio 2023.

Tutti si aspettavano Zelensky in video e invece stasera sbarca al teatro Ariston Sergio Mattarella in persona. Un segnale politico importantissimo. Non solo perché sarà la prima volta di un Presidente della Repubblica nella storia del Festival di Sanremo.

 Ma perché avviene in un contesto politico che vede Giorgia Meloni pronta per quella che lei chiama “la madre di tutte le riforme”: quel presidenzialismo che cambierà funzioni e modalità di elezione del presidente della Repubblica. Mentre la Lega di Salvini grida vittoria sul disegno di legge sull’autonomia differenziata che polverizzerà ancor di più l’uguaglianza tra le regioni italiane.

Due riforme che sono viste da Mattarella come sabbia negli occhi. Di più: un pericoloso sabotaggio alla Carta Costituzionale della nostra Repubblica da respingere in tutti i modi, ad ogni costo: anche scapicollandosi fino a Sanremo, ultimo rito liturgico nazionale che ci è rimasto, dopo lo stadio.

 Qui entra in ballo l’astuzia di Carlo Fuortes. L’amministratore delegato della Rai che da tre mesi si barcamena tra i marosi di un governo Meloni famelico di sfancularlo e di melonizzare  l’emittente di Stato, ha avuto la brillante idea di proporre alla Mummia Sicula una poltrona al teatro Ariston mentre sul palco Roberto Benigni celebrerà il 75° anno della Costituzione Italiana.

 L’invito di Fuortes a Supersergio è avvenuto una settimana fa nei saloni del Colle in occasione del 30esimo anniversario del Telegiornale scientifico ''Leonardo'’.

Benigni che declama la Costituzione alla presenza di Mattarella, in apertura della messa cantata per antonomasia di questo disgraziato paese a forma di stivale: cosa c’è di più forte e significativo come “no” alle fregole autonomiste di Salvini e alle smanie presidenzialiste della Meloni?

 Il siparietto istituzionale sanremino è quindi un tosto avvertimento a un governo di destra-centro che tre mesi fa era partito bene (atlantismo, europeismo, draghismo) ed ora comincia a claudicare per deficienze culturali e strutturali, tant’è che hanno fatto una legge per assumere i funzionari statali in pensione.

Da una parte. Dall’altra Fuortes fa bingo: con il debutto a Sanremo, Sergione manda un messaggio a Casa Meloni: l’Ad Rai, nominato da Draghi, sta facendo bene il suo lavoro e deve restare in sella fino alla scadenza del mandato, 2024. Un avvertimento che vale anche per i posti apicali in ballo a marzo per le partecipate di Stato (Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna, etc).

Post di Sigfrido Ranucci su Facebook l’8 febbraio 2023.

Molto toccante il monologo di Roberto Benigni al Festival di Sanremo sui 75 anni della nostra Costituzione. Il maestro Benigni ha sottolineato come il suo articolo preferito sia  l'articolo 21 : "  Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure".  Sono certo che per coerenza il maestro nei prossimi giorni ritirerà la querela che nel 2017 ha presentato nei confronti del sottoscritto, del collega Giorgio Mottola, della #Rai e  di #Report

Estratto dell’articolo di Silvia Fumarola per la Repubblica l’8 febbraio 2023.

Sergio Mattarella arriva con la figlia Laura. Per la prima volta un presidente della Repubblica è all’Ariston, per seguire il Festival. L’apertura della 73esima edizione entra nella storia, Amadeus annuncia la presenza dello spettatore più illustre la mattina in conferenza stampa. Una sorpresa. Teatro blindato, dietro le quinte il selfie di gruppo scattato da Chiara Ferragni, Mattarella prende posto sul palchetto di velluto rosso, accolto dall’applauso affettuoso, che sembra non finire più, del pubblico in piedi.

L’arrivo del capo dello Stato segna un prima e un dopo nella storia di Sanremo, la consacrazione per Amadeus; Mattarella alla prima della Scala e alla prima serata del Festival nel segno del tricolore. Gianni Morandi canta l’Inno di Mameli con tutto il pubblico, canta anche il presidente. Amadeus è emozionato: "Averla qui con noi testimonia la sua vicinanza al mondo dello spettacolo e al mondo della canzone di cui Sanremo è la massima espressione popolare. La sua presenza ci ricorda poi che ricorre il 75esimo anniversario della Costituzione di cui lei è nostro amato garante".

 (...)

Poi Benigni dice che il suo articolo preferito è l’articolo 21, «il pilastro di tutte le libertà. Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero. Un linguaggio semplice che sembra scritto da un bambino, di una forza e bellezza che si rimane stupiti. Ma se l’hanno scritto ce n’era bisogno — dice l’artista — prima della Costituzione, nel ventennio fascista non si poteva cantare, non si poteva pensare liberamente. L’articolo 21 ci ha liberati dall’obbligo di avere paura. In Paesi molto vicini a noi gli oppositori vengono carcerati e incatenati, solo perché mostrano il volto o i capelli, o perché ballano e cantano. Quanto è meraviglioso che in Italia tutti hanno diritto di manifestare. La cosa migliore per il futuro è ricordarsi di avere il passato bene presente". Ancora applausi.

"I padri e le madri costituenti hanno lasciato l’ultima pagina bianca perché dovevamo scriverla noi, con la nostra vita. La Costituzione non è solo da leggere, ma è da amare, bisogna farla entrare in vigore ogni giorno. Hanno tracciato la via e ci hanno lasciato una sola cosa da fare: far diventare questo sogno realtà". Standing ovation.

Estratto dell’articolo di Emilio Marrese per repubblica.it l’8 febbraio 2023.

(...)

Vado a lavorare interpretò su quel palcoscenico la prima delle tante volte che l’avrebbe poi calcato, solo cinquantuno anni fa. E l’ha rievocata alla chitarra un’ora e mezza più tardi in un autoironico medley delle sue canzoni più brutte fino a Bella Belinda, sbagliando pure la data dell’esordio sanremese, "nel 1952" . Avrebbe avuto otto anni. Lì Gianni ha definitivamente preso il ritmo giusto per la maratona fino a sabato. Ma all’inizio la tensione c’era stata davvero, come ammette, nelle primissime battute scambiate con Amadeus, un po’ ingessatine, con l’occhio a cercare il gobbo.

 Morandi, quando ha saputo che avrebbe aperto con l’Inno?

«All’ultimo. Era nell’aria che arrivasse una grossa personalità, ma a me mica avevano detto quale. Io pensavo fosse Benigni o magari Celentano, che avevo anche provato a convincere a partecipare. Non credevo fosse addirittura Mattarella».

 (...)

 Emozionante?

«Tanto, anche se ormai ho una certa esperienza alle spalle all’adrenalina del debutto si è aggiunta anche quella per la presenza del Presidente. Sapevo che mi sarebbero tremate le gambe e la voce. Sanremo fa comunque sempre paura a qualsiasi età: se ne parla da mesi, ci lavoriamo da mesi, abbiamo provato tantissimo, siamo qui da tre settimane ma, vuoi o non vuoi, quando arriva il momento di entrare in scena il cuore batte forte e il timore di sbagliare qualcosa c’è sempre. Sapevo anche che potevo appoggiarmi su Amadeus. Lui è più abituato, io mi emoziono di più».

 Subito l’Inno, come per le partite della Nazionale, a rompere la tensione.

«La mia speranza era proprio quella di scioglierci un po’ tutti insieme facendolo cantare a tutto il pubblico».

 (...)

 L’aveva mai cantata prima 'Fratelli d’Italia'?

«All’Arena di Verona per il Due Giugno dell’anno scorso, ma era una registrazione senza pubblico. Poi qualche volta alle partite della Nazionale cantanti insieme ai compagni. Avrei dovuto cantarlo per le celebrazioni al Quirinale dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ma alla fine lo fece Benigni, guarda il caso, con una sua versione molto particolare, molto intima».

Il monologo di Chiara Ferragni a Sanremo 2023. Maria Volpe su Il Corriere della Sera il 7 Febbraio 2023.

L’imprenditrice digitale ha scelto di portare sul palco dell’Ariston un testo scritto da lei

L’atteso monologo di Chiara Ferragni nella prima serata del Festival di Sanremo arriva alle 23.30. «L’ho scritto io da sola» aveva detto. Una lettera a se stessa, alla Chiara piccola. Spesso si commuove e spesso il pubblico applaude e grida «brava».

Arriva vestita d’oro trasparente e precisa: «Non sono nuda, questo abito è un disegno del mio corpo. E il corpo di noi donne non deve mai generare vergogna e odio». La parte finale del monologo è proprio quella legata al corpo, quella a cui Ferragni tiene di più: «Se lo nascondi sei una suora, se lo mostri sei una tro...». La sua battaglia per la libertà delle donne è una battaglia a cui la blogger tiene moltissimo.

Tutto comincia con Ferragni che va al centro del palco, davanti al leggio e declama la lettera che ha scritto a se stessa, a Chiara piccolina. La rassicura, le dà coraggio. «Vorrei dirti che sei abbastanza e lo sei sempre stata. Tutte le volte che non ti sei sentita abbastanza bella, intelligente, in realtà lo eri». «Ferragni si rivolge chiaramente non solo a sè, ma alla figlia, e a tutte le donne, a quelle che si sentono sempre un passo indietro, da tutto e tutti. Inadeguate. Incoraggia a vivere «le montagne russe, vivile tutte senza paura. La paura è una brutta sensazione che ti accompagnerà tante volte». Ma la paura non deve fermarci perché «abbiamo tutti la scritta fragile sulla nostra pelle».

«Ti sentirai in colpa ad avere altri sogni oltre la famiglia perchè la nostra società ci ha insegnato che quando diventi madre, sei solo una mamma. Ti faranno sentire in colpa se stai lontana dai figli. E quando lo stesso trattamento è riservato agli uomini? Quasi mai (ovazione del pubblico)».

Si intuisce che è una sensazione che Ferragni vive quotidianamente nella sua vita: una imprenditrice, molto impegnata, ma legatissima alla famiglia. Soffre quando si stacca dai suoi bambini, Leone e Vittoria, ma sa che sta facendo la cosa giusta. Dice: «Se farai sempre del tuo meglio per i tuoi figli, togliti ogni dubbio: sei una brava madre non perfetta, ma brava abbastanza».

Poi si toglie un sassolino dalla scarpa, del suo passato: «Non sminuirti mai di fronte a nessuno. Noi donne ci facciamo piccole davanti a uomini insicuri, te lo dice una che ha accettato che un uomo mettesse in giro la narrazione che l’aveva inventata lui». Evidentemente l’influencer da 28,5 milioni di follower desiderava davvero far sapere come lei sola e solo lei sia stata l’artefice della sua fortuna. Grazie a talento, costanza, intelligenza. Non certo grazie a un uomo.

E conclude: «Sfida i pregiudizi. Essere una donna non è un limite, dillo a tutte le tue amiche e lottate insieme per cambiare le cose, io ci sto provando anche in questo momento». Dopo mezzanotte scende la scalinata con la Presidente e le volontarie dell’Associazione Dire, contro la violenza sulle donne, a cui Ferragni ha devoluto il suo compenso sanremese.

«Pensati libera»: un artista bolognese rivendica lo slogan di Chiara Ferragni. Vittoria Melchioni su Il Corriere della Sera l’8 Febbraio 2023.

Bologna, l'abito esibito dalla influencer reca lo slogan di «Cicatrici Nere» 

L’intento di Chiara Ferragni di attirare l’attenzione sulla causa femminista è stato raggiunto in pieno. Dalle 21.30 di martedì sera non si parla d’altro del suo vestito manifesto griffato Dior, composto da un abito corolla con bustier senza maniche nero e una lunga stola bianca recante lo slogan "Pensati libera". Frase che per tanti può essere sembrata geniale e originale, perfetta per la causa, ma che i bolognesi hanno riconosciuto immediatamente, in quanto campeggia sui muri della città da tempo. Lo slogan è frutto della creatività dello street artist e tatuatore Cicatrici Nere, il cui account Instagram da ieri sera è stato preso d’assalto da chi ha voluto segnalare la paternità (o maternità) dell’opera. Da qui l’indignazione per una sorta di «appropriazione indebita» di uso senza permesso di una opera con proprietà intellettuale. Attribuita addirittura ad altri pubblicamente, come sostenuto dall’influencer nel testo che accompagna le foto pubblicate sui profili social di Ferragni e del suo manager Fabio Maria D’Amato. «Sentivamo la necessità di portare sul palco più popolare d’italia un messaggio sociale, anche attraverso la moda. 

L'attribuzione a Dior

L’abito manifesto che dà il via alla 73° edizione del Festival di Sanremo è frutto di una conversazione tra noi, Mariagrazia Chiuri direttrice artistica di Dior, Rachele Regini e Fulvia Carnevale del duo artistico Claire Fontaine Foreigners everywhere. Il risultato è un abito a corolla di seta nero ispirato alla tradizione Dior e completato dalla stola-manifesto con ricamato il claim «Pensati libera». Detta così, il duo artistico Foreigners Everywhere, che collabora con Dior da tempo, risulterebbe come l’autore dell’opera di strada (fotografata a Genova ed inserita nella gallery del post dell’influencer a riprova dell’originalità della cosa) e spiegata come una frase trovata su un muro dopo una marcia femminista a Genova.

La replica di «Cicatrici Nere»

Pronta la risposta di «Cicatrici Nere» che ha rivendicato quanto la sua arte sia «Artivismo» e non merce, pubblicando un lungo post a corredo di un reel in cui l’artista rivendica l’originalità della sua opera: «Pensati Libera non è uno slogan. Pensati Libero non è un prodotto. Pensati Libera non è una foto. Pensati Libero non è un post. Pensati Libera non è per una moda. Pensati Libero non è un manifesto. Pensati Libera non è una proprietà di qualcuno. Pensati Libero non è per vendere. Pensati Libera non è mercificare un’idea. Pensati libera è un atto di volontà per liberare le persone dalla superficiale, veloce e soffocante vita moderna. Pensati libera è un respiro tra i rovi degli schedari, delle tabelle e degli ordini. Pensati libera  è dire “ci sono anche io” tra gli sconfitti di tutti i giorni. Pensati libero è là fuori per strada».

Il web contro l'influencer

Tanti anche i post in supporto all’artista, alcuni molto duri contro l’influencer, tacciata di mercificare qualsiasi battaglia ideologica: «Ogni battaglia che Ferragni abbraccia, assistiamo a un tentativo costante di desemantizzazione ideologica: le rivendicazioni diventano un orpello estetico commerciale», scrive @lamacchinacinguettante. @statobradipo sottolinea quanto l’ambiente dell’alta moda sia una sfera elitaria e classista che arriva a mercificare ideali e simboli con messaggi importanti destinati ad altri e non ai fruitori degli abiti di Dior. Sotto la foto dell’abito in questione sul profilo di Ferragni stanno apparendo commenti, con relativo pieno di like, in cui si rivendica l’attribuzione dello slogan a Cicatrici Nere, ma dall’influencer, dal suo entourage e da Dior nessuna replica.

La sua bellezza è l'imperfezione (che le dà forza). Serena Coppetti il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Premessa. Non sono una fan dei Ferragnez. Molto banalmente, per una questione anagrafica, niente a che vedere con la Ferry e il Fedez. Diciamo che sono fuori tempo massimo per essere fan di qualsiasi cosa o persona. Quindi oscillo dietro le loro (spesso valide) iniziative, post, tatuaggi, figli, case, battaglie, inciampi, banalità, marchi, vestiti, risate, dolori, insalate bionde... Il monologo? È arrivato. A chi doveva arrivare. E mi ha fatto capire perché abbiamo bisogno della Ferragni. Per tre motivi. Numero uno. Era chiaro a chi era indirizzato. Spoiler: se avete più di 25 anni o su di lì, non stava parlando a voi. La sé ragazzina è coetanea più o meno di vostra figlia. E se pensate che quel discorso non abbia niente a che vedere con i nostri adolescenti, femmine sì, ma anche maschi, forse dovrebbe semplicemente farci venire un dubbio: sarà giusto lo sguardo che abbiamo su di loro? Ho capito chi ho davanti?

Numero due. Ha avuto il coraggio di mettersi «a nudo» davanti a milioni di persone. Con il corpo ma anche con il suo cervello. «L'ho scritto io» ci ha tenuto a dire. Sorrisetto. Brillantini. Veli. Impavida perché consapevole che sarebbe entrata nel fuoco di fila di chi l'avrebbe crocifissa, con le sue tettine disegnate sui vestiti parlanti e il suo cervello denudato. «Ma perché non te lo sei fatto scrivere da Benigni?», ha commentato qualcuno. Già perché? Facile. E qui arriviamo al punto successivo. Numero tre. Era perfetto il suo discorso? Non lo era. Come non lo era lei. Non troppo bella, non troppo simpatica, non troppo tante cose, forse troppo magra, quello sì, avrà commentato qualcun altro. La sua bellezza è stata la sua grandissima imperfezione. Sfacciatamente vera. Non troppo ideologica. Solo così è diventata credibile per tutte quelle ragazze che si vergognano a scoprire un lembo di ginocchio, che si sentono in colpa ad alzare la mano a scuola, che vivono la timidezza come un difetto, che si chiudono in camera davanti agli insulti sui social. Quindi, efficace. Cioè quello che doveva essere.

Ma ci va bene che l'intimismo diventi un brand? Maria Sorbi il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Sincero? Nessuno lo mette in dubbio. Autoreferenziale? Ovvio, questione di marchio di fabbrica. Il monologo di Chiara Ferragni è ineccepibile per un semplice motivo: ad essere banali non si sbaglia mai, non si pestano i piedi a nessuno, si solletica quel pensiero comune che si impasta alla perfezione con la retorica sanremese. Nulla da dire sul contenuto, l'intimismo ormai è la pratica più pubblica che ci sia, e non sia mai rinunciare a strappare la lacrimuccia in prima serata. Quello che stride è il contenitore: Chiara Ferragni, l'influencer da 10,6 milioni di follower. Fino a ieri ci ha detto cosa è in e cosa è out, quale ombretto usare per spezzare il tono su tono del look, come abbinare il rosso e come infilare la felpa nei jeans per sfinare la figura. E che fa? In cima alla scalinata si presenta con la stola e la scritta «Pensati libera». Bellissimo concetto, per carità, ma un po' ridicolizzato, indossato dall'icona del gusto di massa. Se tutte le sue follower avessero pensato di essere libere, lei non sarebbe Chiara Ferragni. Ma a Sanremo si può tutto. Si predica l'unicità quando si è dettata la moda, si invoca la verità del sé quando tutto è condito da finzione, compreso il seno disegnato sull'abito finto nude look. Detto questo, toccante il discorso alla Chiara-bambina e alle ragazzine di oggi. Peccato che le adolescenti non sappiano chi sia Chiara Ferragni. E non seguano nemmeno il festival. Forse l'imprenditrice digitale avrebbe fatto meglio a parlare alle mamme. Ma vabbè, se lei si è sentita così è giusto così. Quello che lascia perplessi è che in mano a lei ogni concetto diventa brand, diventa claim. Compresa una frase bella come «Pensati libera». Che un conto è leggerla su un muro di Bologna scritta dal suo vero autore - lo street artist Cicatrici.nere - ma un altro gusto ha su un abito di Dior, sulle spalle della re Mida della moda. E speriamo che ora non finisca sulle t-shirt sotto l'occhio azzurro stilizzato.

Ma quante sopracciglia alzate in nome della parità di genere di fronte a Chiara Ferragni! Ilaria Donatio,  

Giornalista freelance, su Il Riformista l’8 Febbraio 2023

Allora, oggi è tutto un florilegio di   articoli e post su quanto Chiara Ferragni sia privilegiata e “grazie che ce l’ha fatta” con quei soldi e le tate e senza gender gap; e poi la solfa della letterina a se stessa recitata con quella voce emozionata e un po’ stridula; e per carità , facile parlare per lei, alta bella bionda e magra: altro che body positivity! Se era brutta, ancora ancora! Mi fermo qui.

Certo, avrebbe giovato alla performance ferragnesca di ieri, sul palco dell’Ariston, un registro un po’ più autoironico, un po’ più “scialla Chia’, anche meno”.  Per non parlare – signora mia – del “tono di voce” con cui ha letto la lettera alla Chiara bambina: quell’emozione fastidiosa che – sovente – provoca a noi donne, piccoli smottamenti nella voce (e nel trucco). E poi, va bene il messaggio di pensarsi fuori dalle gabbie – culturali e non – ma se non hai soldi, come puoi riuscire a essere povera e libera?

Ora, dopo averle fatto le pulci, ricordando alle lettrici e ai lettori critici che, tuttavia, Ferragni è un’imprenditrice, che i soldi non le sono stati regalati, che il privilegio non è nascere in un bel corpo, ma ottenere un riconoscimento immeritato e portarlo a spasso per il mondo con saputa spavalderia, dopo tutto questo, sarebbe bene imparare a prendere consapevolezza che ragionare in questi termini è parte del problema e non la soluzione.

E chiedersi: perché mai gli uomini, su quel palco (e non solo), rappresentano solo se stessi, e nessuno – nessuno – rimprovera mai loro gli enormi privilegi di cui godono da tempo immemore, mentre ogni donna che emerge e ha successo deve contemporaneamente: rappresentare tutte le donne, denunciare privilegi e ingiustizie, essere novelle Wonder Woman, un po’ attiviste e possibilmente graffianti e lucide nel tono di voce, un pizzico politiche, avvocate del popolo e poi , poi, anche una fettina di culo!

L’equità di genere non è il risultato di un processo, ma il processo stesso: che si alimenta di piccoli passi, di palchi dell’Ariston come della spesa al super, della divisione dei compiti a casa, oltre che di indulgente consapevolezza rispetto alle proprie possibilità e ai propri limiti. Non serve fare la voce grossa e arrabbiarsi con chi ce l’ha fatta, mentre noi siamo partite da lontano leggendo bell hooks, e quella si faceva il semipermanente scattandosi i selfie. Non serve alla causa, non serve ad accrescere la parità di genere. E neanche all’elaborazione di un pensiero sensato e realmente equo.

Dagospia l’8 febbraio. Dal profilo Facebook di Selvaggia Lucarelli

Quando mi hanno detto - molto prima che lo dichiarasse - che il monologo Chiara Ferragni se lo sarebbe scritta da sola (cioè col suo manager, che poi è la stessa cosa), ho avuto la conferma di quello che ho sempre pensato di lei: ha un orizzonte emotivo, professionale e culturale che non va oltre le sue ciabatte Gucci. Non conoscendo nulla del mondo, non avendo interessi o curiosità che non siano se stessa e l’immagine di se stessa che arriva agli altri, non è abbastanza modesta e consapevole da comprendere i suoi limiti e i margini di miglioramento.

 Ferragni pensa di non aver bisogno di nessuno se non del suo cerchio magico, abitudine tipica di chiunque miri a conservare il suo status circondandosi di adulatori e parenti, e tenendo lontano chiunque provi a dire “forse su questo puoi lavorare”. Il monologo gliel’ha scritto un uomo-manager-stylst- ghostwriter e ormai qualunque cosa, le amiche più fidate sono le sorelle e la madre, il suo scudo mediatico è la stampa amica e ormai uno stuolo di influencer al suo servizio in cambio di elemosina.

Perché forse negli ultimi tempi i più ingenui si sono bevuti la manfrina furba sulle sue paure e sulle fragilità tatuate sulla pelle, ma non è vero che Chiara Ferragni è insicura. Non ha paura di non essere abbastanza, ha paura di fallire, che è un’altra cosa.

 Il suo non è un problema con se stessa- lei si piace moltissimo- è un problema con l’eventuale dissenso del pubblico. Come tutti i narcisisti patologici ha un’enorme paura di essere smascherata. Da qui il suo terrore, di sempre, delle interviste, perché lei- maniaca del controllo- è l’unica narratrice di se stessa, e assistendo ieri alla conferenza stampa che l’ha costretta per una volta a rispondere con parole anziché con i selfie, viene anche facile capire il perchè.

Tra “Un uomo non deve farci sentire da meno”, la mancata comprensione di semplici domande e una povertà lessicale che nemmeno il concorrente tipo di Temptation Island, la sensazione era quella di vedere il re, anzi, la regina nuda per la prima volta. Tant’è che le sue nudità sul palco non hanno impressionato nessuno. La Chiara senza vestiti era quella che rispondeva ai giornalisti, non quella in un insolitamente brutto abito Dior.

E veniamo alla serata di ieri. 

Con quel monologo cringe che creava un imbarazzo nell’ascolto simile a quello di quando sentiamo i genitori che si accoppiano nella loro camera da letto, non parlava alla sua bambina interiore (magari) ma all’adulta fighissima che pensa di essere.

 Mentre scomodava tutti i problemi del mondo per posizionarsi come ragazza impegnata- mica solo moda e frivolezze- e snocciolava sessismo, hating, maternità, normalizzazione di non so che, bodyshaming, il problema delle falde acquifere tra le fondamenta, la dermatite squamosa e insomma, mancava solo la fame nel mondo ma solo perché madre e sorelle si stavano sconfanando di hamburger per adv, alla fine ti chiedevi: vabbè ma quindi che ha detto? 

In effetti nulla. Non c’era un vero focus, perché il focus era dire fintamente a se stessa -bambina quanto è figa, ricca, con una bella famiglia, sexy, brava madre e dirlo in realtà al pubblico, auto-assolvendosi da qualunque possibile colpa, limite, lacuna, dando l’idea di aver superato ostacoli e combattuto contro mostri e nemici.

In realtà, si tratta di una ragazza di Cremona nata bella, da famiglia agiata in una ricca cittadina di provincia del nord Italia, ma Chiara Ferragni è un’idrovora 2.0 e i posizionamenti li vuole tutti.

Ha arraffato quello delle mamme 2.0 che postano 24 ore su 24 la vita dei figli, quello delle influencer audaci e mezze nude alla Ratajkowski, quello (ormai antico) della influencer di moda, quello della brava ragazza sempre con mamma e sorelle, quello delle milionarie annoiate che esibiscono case e automobili, quello di chi sbatte in faccia il privilegio 24 ore su 24.

 Quando ha capito, da un paio di anni a questa parte, che iniziavano a farsi strada influencer di peso con altri posizionamenti lontanissimi da lei, influencer che parlavano di femminismo, violenza sulle donne e malattie, ha deciso che oltre ad esser la massima rappresentante del privilegio, doveva essere anche quella della sfiga, della bontà, della fragilità, della solidarietà femminile, della cultura del femminismo.

Del resto, l’ha detto molto chiaramente: fino a due anni fa lei che di anni ne ha 35 mica 18, non aveva mai sentito parlare di violenza psicologica, poi un giorno ne ha letto in qualche slide su Instagram.

 Cioè, non ha mai letto non dico un libro sul tema, ma un articolo di giornale, non ha mai visto mezza puntata di Amore criminale, non ha mai frequentato nessuno che gliene parlasse.

 Una roba spaventosa. E quindi improvvisamente inizia a “parlare” un po’ a caso di donne, violenza, fragilità, hater, aborto con la profondità, appunto, di una slide su Instagram, senza mai andare oltre le due righe d’ordinanza della serie viva le donne viva il femminismo, il cachet in beneficenza e tanti cari saluti, ora sono pure attivista 2.0, femminista digitale, Carlotte Vagnoli scanzatevi.

Questo ha profondamente destabilizzato quel mondo che da una parte è ben consapevole dell’operazione scalcagnata e furba di Piccola Kiara, dall’altra se provi a mettere in dubbio la purezza dell’imprenditrice digitale sei brutta e invidiosa e quindi si arriva allo stallo alla messicana di ieri sera, in cui i “brava” sono stati pochini e soprattutto da uomini tranquillizzati dall’inocuità del monologo. Le attiviste- più o meno tutte- tacciono imbarazzate. Perché Chiara-l’idrovora 2.0 s’è acchiappata pure la loro casella. (ora diranno che non ci sono caselle blabla, sì ci sono)

 Ed è stato chiaro quando Amadeus ha chiamato sul palco le rappresentanti di “Dire” presentandole per nome come fossero state sue amiche del liceo e Chiara Ferragni ha taciuto come se sentire delle professioniste chiamate col nome di battesimo fosse normale. Non accorgendosi neppure di quanto fosse stonato quel momento rispetto a quello che lei vorrebbe trasformare in una SUA battaglia.

Tutto questo accadeva mentre afferrava pure il posizionamento tv-delle famiglie, che davvero è l’unico che le mancava e che, ahimè, richiede quel “fattore x” che milioni di follower non possono comprare. No, la tv non è il suo mestiere, non c’è carisma, non c’è manco un accento giusto per sbaglio, non c’è un volto che buca. Ma questo conta poco, forse è vero, su quel palco abbiamo visto anche di peggio.

 La cosa seria è che ieri, in quella operazione, non c’era uno straccio di pensiero femminista. Era tutto immensamente egoriferito e pensato principalmente con due scopi: per far parlare  (la scritta sullo scialle da far diventare un meme, il vestitino fesso con le scritte degli hater, l’abito con le tette disegnate) e per proteggerla il più possibile dalle critiche (dì che hai paura anzi, fai di più, porta la BAMBINA che eri sul palco e non ti colpiranno).

Ed è così che il suo artefatto manifesto del femminismo si è trasformato nell’operazione più anti-femminista che si potesse partorire.

 Quella “nudità” rimetteva il corpo al centro del dibattito e quella fragilità ribadita ogni due secondi con la vocina da bambina lagnosa l’ha messa al centro di una insopportabile nenia paternalistica tra conduttori che continuavano a rassicurarla dicendole “brava”, anche un po’ sorpresi dal fatto che conoscesse i verbi come fosse una bambina scema e “critiche” di giornalisti che “vabbè dai è spigliata”, “pensavo peggio”, “se la cava”.

 Che voglio dire, devi leggere un cartoncino sul palco a 35 anni, peggio che usare l’intonazione da sciura borghese dei Bagni misteriosi e non azzeccare una vocale aperta e chiusa, cosa doveva fare? Vomitare?

 Qualcuno avrebbe dovuto spiegarle che fragilità non è usare la fragilità per costruire uno scudo per le critiche e fottersi pure- tu, privilegiata- lo spazio della (vera) fragilità altrui, ma di fronte ai Ferragnez sono tutti così genuflessi che è inutile cercare di spiegare qualcosa che sia oltre “si è tagliata i capelli”.

Qualcuno avrebbe dovuto spiegarle che femminismo non è quel ruolo da topolino bagnato che “insegnatemi!”, “ho paura!” accanto ai due uomini che sono papà e maestri. Che femminismo non è quei 7 minuti di parole buttate a caso, vuote, con i post scritti sui vestiti anziché su Instagram. 

E taccio sul momento Shakira- perché anche quel posizionamento lì doveva prendersi, quello della donna che lancia la frecciata cattiva all’ex in mondovisione- e “non mi hai creato tu” rivolto al povero Pozzoli che si fa beatamente i fatti suoi. Perché lei è una di noi, non dimenticate anche lei ha l’ex che le ha fatto male (cosa le manca? Forse solo la povertà. Poi?)

 In effetti, qui ha ragione, nessuno ha creato e crea Chiara Ferragni. Chiara Ferragni- e qui sta il problema- non lascia a nessuno la possibilità di creare nulla che non sia ciò che lei vede di sé e pretende da sè. Partorisce se stessa continuamente, sempre uguale ma con una maschera diversa a seconda dell’algoritmo del momento, figlia del suo ego perennemente gravido.

Il tutto scambiando l’egolatria per autodeterminazione. Eppure le basterebbe poco, per essere davvero protagonista di una rivoluzione, era perfino sulla strada giusta.

 Se solo avesse capito che la moda non è frivolezza e che poteva occuparsene con una profondità maggiore che producendo brutte, costose borsette con occhi stilizzati che finiscono in televendite con bambini adultizzati, forse oggi si troverebbe appagata in quel ruolo da leader.

Se solo nella vita avesse capito che la moda è un mondo pieno di significati e la puoi raccontare anziché fare selfie dalla stanza guardaroba; che essere una donna indipendente, che si è fatta da sé, che diventare imprenditrice digitale di successo è già di per sé un manifesto di emancipazione senza doverlo eroicizzare con sfighe, fragilità e ostacoli, forse ieri ci avrebbe risparmiato quel monologo.

 Se solo avesse capito che la sua ambizione, la sua fortuna e pure la sua (non comune) capacità di governarla erano cose preziose da raccontare su quel palco, ieri avremmo visto un’altra Chiara. Quella adulta che parlava a noi, non quella inquietante che parlava all’invisibile gemellina di Shining.

Anzi, dirò di più. Ieri l’avrei preferita senza lezioncine e spiegazioni, con abiti portatori di figaggine e non quella galleria di vestiti scialbi, ornati di inutili, ridondanti messaggi del cazzo.

 Ridateci la Chiara privilegiata che ci sbatte in faccia la sua ricchezza e il suo narcisismo sfrontato senza voler sembrare la piccola fiammiferaia.

Quello, a suo modo, era pensarsi libera.

Ora è piena di catene e il bello è che se l’è messe da sola.

Dagospia l’8 febbraio 2023. Dall’account twitter di Stefano Feltri

Una che ogni giorno parla di sé stessa a 28 milioni di follower va in prima serata davanti ad altri venti milioni e parla di sé stessa (e a sé stessa).  E mostra, su Rai1 come su Instagram, solo sé stessa. Conferma di non avere altri argomenti. #Sanreno2023

 Estratto dell'articolo di Novella Toloni per ilgiornale.it l’8 febbraio 2023.

Chiara Ferragni ha portato l'autocelebrazione di se stessa sul palco del teatro Ariston. Nella prima serata del festival di Sanremo l'imprenditrice digitale ha prima indossato un vestito-manifesto sulla libertà di espressione, poi ha portato in scena l'elogio a se stessa in una lettera che a tratti sembrava poterle fare scendere lacrime, che in realtà non sono mai scese.

[...]

 Il monologo della Ferragni

Conquistato il centro del palco Chiara Ferragni si è lanciata nella sua sterile autocelebrazione piena di stereotipi, con un paio di frasi anticipate già nella conferenza stampa mattutina. [...]

"Forse perché mi manchi o vorrei farti uscire un po' di più. Farti vedere quella che ora è la mia vita". Ma invece di parlare della sua vita tutta social, sponsorizzazioni, passerelle e smartphone, la Ferragni ha puntato sul vittimismo: "Quello che faccio lo faccio per la bambina che sono stata. In qualunque fase della mia vita c’era un pensiero nella mia testa: non sentirmi abbastanza".

 Un discorso egocentrico e vittimista

E poi ancora: "Ogni volta che ho pensato qualcosa di negativo su di me l’ho pensato anche di te e non lo meriti. Voglio dirti che sei abbastanza e lo sei sempre stata. Tutte quelle volte che non ti sei sentita abbastanza bella o intelligente, lo eri". Fino al più scontato dei passaggi: "Solo rischiando si vince contro le insicurezze nella tua testa. Abbiamo tutti la scritta fragile sulla nostra pelle".

Nel suo monologo la moglie di Fedez ha parlato anche dei figli, tornando a puntare l'attenzione sull'argomento delle donne, mamme e lavoratrici: "Spesso ti sentirai in colpa di essere lontana dai tuoi figli. La nostra società ci ha insegnato che quando diventi madre sei solo una mamma. Ti fa sentire in colpa. Un trattamento che non è mai riservato agli uomini che lavorano".

 Alla fine non è mancata neppure la stoccata all'indirizzo dell'ex fidanzato (Riccardo Pozzoli) e alla Chiara bambina, l'influencer ha ricordato: "Hai permesso di dire a altri che ti hanno creato". Che sa tanto di "L'ho inventato io" del ben più celebre Pippo Baudo. Polemiche vecchie, che però la Ferragni ha voluto riproporre sul palco dell'Ariston in mancanza di altri temi, ma la freddezza del pubblico, tiratino in fatto di applausi sul suo monologo, è l'emblema dei suoi dieci minuti di gloria.

IL TESTO DEL DISCORSO DI CHIARA FERRAGNI

«Ciao bimba, ho deciso di scriverti una lettera. Ogni volta che penso a te mi viene da piangere. Forse perché mi manchi o vorrei farti uscire un po’ di più. Farti vedere quella che ora è la mia vita. Tanta gente mi conosce, anche se non piaccio proprio a tutti. Ma piaccio finalmente a me stessa. Vuoi sapere un po’ del tuo futuro? Ho sempre cercato di renderti fiera.

 Quello che faccio lo faccio per la bambina che sono stata. In qualunque fase della mia vita c’era un pensiero nella mia testa: non sentirmi abbastanza.

Ogni volta che ho pensato qualcosa di negativo su di me l’ho pensato anche di te e non lo meriti. Voglio dirti che sei abbastanza e lo sei sempre stata. Tutte quelle volte che non ti sei sentita abbastanza bella o intelligente, lo eri. Ricapiterà altre volte, questo è uno di quei momenti. Le sfide più importanti sono con noi stessi.

Parliamo della tua vita. Crescendo vivrai ogni tipo di esperienza. Goditi il vento, anche i momenti di ansia. Piangi, arrabbiati, urla se devi. Fanno parte di te. Vivi al massimo le montagne russe, sia quando vai giù che quando sali piano piano e la vetta sembra non arrivare mai. Cerchiamo di cacciare via la paura, ma ti accompagnerà spesso. Dovrai buttarti. Ho imparato che se una cosa ti fa paura è quella giusta. Solo rischiando si vince contro le insicurezze nella tua testa. Abbiamo tutti la scritta fragile sulla nostra pelle.

Ho due bambini splendidi.

Di Fede non ti dico nulla, non ti voglio togliere la sorpresa di scoprire l’amore vero. Diventerai una mamma anche tu, ma sarai sempre la stessa persona, con i dubbi e le insicurezze di sempre. Sarà semplice fare il genitore? Mai. Sarà il lavoro più faticoso di tutti. Spesso ti sentirai in colpa di essere lontana dai tuoi figli. La nostra società ci ha insegnato che quando diventi madre sei solo una mamma. Ti fa sentire in colpa. Un trattamento che non è mai riservato agli uomini che lavorano.

Se farai sempre del tuo meglio per i tuoi figli, sei una brava madre, anche se non perfetta. Celebra sempre i tuoi successi, anche quelli piccoli. Non sminuirti mai. Da donna dovrai affrontare tante battaglie, leggerai centinaia di commenti che ti ricorderanno il sessismo normalizzato. Essere una donna non è un limite, lottate sempre per cambiare le cose. Io ci sto provando, anche in questo momento. Ti vorrei abbracciare e dirti che alla fine andrà tutto bene e sì, sono fiera di te».

Estratto dell'articolo di Antonella Ciancia per elle.com l’8 febbraio 2023.

Sanremo è ufficialmente iniziato e la moda è ancora una volta protagonista dell’evento più seguito e commentato dell’anno. La 73esima edizione del Festival della canzone italiana, che quest’anno ci accompagnerà dal 7 all’11 febbraio, non è soltanto all’insegna della musica, ma un vero e proprio concentrato di stile e glamour.

 Come ogni anno, ad attirare l’attenzione del pubblico non sono solo le canzoni portate sul palco dai concorrenti in gara, ma anche (e soprattutto) i meravigliosi look. Scelta per accompagnare Amadeus alla co-conduzione della prima e ultima serata del Festival, Chiara Ferragni scende le scale di Sanremo 2023 e incanta l’Ariston e i telespettatori con una creazione custom e d’alta moda realizzata ad hoc per lei dalla direttrice creativa di Dior, Maria Grazia Chiuri.

Il primo look di Chiara Ferragni a Sanremo 2023: il vestito manifesto

Pensati libera”, la prima creazione haute couture creata dalla maison francese Dior omaggia la bellezza e la presenza scenica di Chiara Ferragni con un abito nero di seta a corolla che celebra la sensualità del suo fascino.

 Lungo e completato dalla bianca stola-manifesto, il vestito della co-conduttrice del Festival di Sanremo 2023, nato da un'idea di Chiara e Fabio Maria Damato, è impeccabile per l’esecuzione del taglio sartoriale, ma soprattutto per il messaggio sociale che manda a tutte le donne che hanno voglia di sentirsi semplicemente libere di uscire dal ruolo che gli è stato imposto dalla società senza essere giudicate […]

Il secondo look di Chiara Ferragni a Sanremo 2023: il vestito senza vergogna

Doppietta di look firmati dalla stilista italiana Maria Grazia Chiuri per Chiara Ferragni che con il suo secondo look ha stupito (per la seconda volta) l’Ariston al fianco di Amadeus e Gianni Morandi. Dopo il primo abito-manifesto realizzato custom made dalla maison francese Dior, il cambio look (e che look) dell’influencer emoziona, incanta e stupisce spettatori e pubblico di Sanremo.

Glamour e disegnato (letteralmente) sul suo corpo, il secondo look di Chiara Ferragni a Sanremo 2023 riporta l’attenzione sui diritti delle donne e il loro corpo ancora, purtroppo, considerato un campo di battaglia. L’obiettivo dietro questo look? Un abito lungo realizzato in tulle color carne che riproduce un ricamo trompe l’oeil del corpo di Chiara liberato da quella vergogna che è stata sempre imposta alle donne, a partire da Eva, la prima donna della storia indotta a provare vergogna per il suo corpo.

 Il secondo look realizzato custom made negli atelier alta moda Dior prende l'ispirazione da un’autocitazione di Maria Grazia Chiuri a sé stessa (reference: il vestito tempestato da un ricamo cristalli che disegna il profilo di un busto femminile di Madame a Sanremo 2021) e Chiara Ferragni attraverso questo “abito senza vergogna” riesce a gridare al mondo un significato che arriva dritto al cuore di tutte noi […]

Il terzo look di Chiara Ferragni a Sanremo 2023: l’abito contro l’odio

Alta scalinata, altro look. Il terzo look custom made della serata firmato Dior porta sul palco della musica italiana alcuni dei commenti degli haters rivolti a Chiara sul suo aspetto, sul suo corpo e soprattutto sulla sua libertà di sentirsi donna oltre che mamma. Le critiche che ogni giorno gli haters rivolgono alle foto postate su Instagram dell’imprenditrice digitale sono ricamate su sfondo bianco, come la pagina di un libro che deve raccontare una storia, con contrasto di perle nere […]

Il quarto look di Chiara Ferragni a Sanremo 2023: l'abito-gabbia

L’ultima scelta stilistica di Maria Grazia Chiuri per la co-conduttrice della prima serata del Festival della musica italiana ha voluto rappresentare con un abito d’alta moda Dior la speranza di rompere le convenzioni imposte dal patriarcato e liberare le nuove generazioni dagli stereotipi di genere imposti dalla società. Il quarto e ultimo look della prima serata di Sanremo 2023, che prende ispirazione dall’opera di Jana Sterbak, è composto da una tuta super glam di jersey ricamata di strass intrappolata in una gonna di tulle. […]

Paolo Giordano per il Giornale l’8 febbraio 2023.

Più che altro c’è da chiedersi perché una risposta così secca. La domanda non aveva secondi fini e posso garantirlo, perché sono stato io a chiedere a Chiara Ferragni, ieri in conferenza stampa che cosa pensasse dei testi misogini di suo marito Fedez.

 Essendo tutto il Festival giustamente volto a limare le differenze e a bloccare le esagerazioni, mi è venuto spontaneo chiedere che cosa pensasse di quei testi (ad esempio Blasfemia). Nessun intento persecutorio, nessun moralismo peloso.

Avrebbe potuto rispondermi con una risata e tutto sarebbe finito lì.

Invece mi ha freddato rimandandomi a Fedez, che peraltro non avrebbe avuto problemi a rispondermi. E mi ha «rimbalzato» lasciandomi in balìa di molti follower non proprio amichevoli.

Peccato.

Paolo Giordano.

Estratto dell'articolo di Fabrizio Biasin per Libero Quotidiano l’8 febbraio 2023.

(...)

Già. Indossa un abito griffato Dior con colossale mantella bianca e scritta evidente “pensati libera” e fa la sua bella figura. Messaggio decisamente “femminista”, ma c’era da aspettarselo. È bellissima- ben truccata, ben “ingioiellata”, elegante al punto giusto - e chissà se nel 2023 si può ancora scrivere senza passare per arrapati.

 Il carattere non le manca, ché in sala stampa aveva chiarito le regole d’ingaggio: «Cosa penso delle vecchie canzoni di mio marito? Chiedetelo a lui, io sono qui per fare il mio percorso». E vabbè, poteva anche osare un filo di più.

 Ma era emozionata, emozionatissima.

E, ok, ci mancherebbe, ma prima di lei su quel palco sono passati cani e porci e non è che hanno menato il torrone così tanto. Si slalomeggia tra un cantante e l’altro, tra una presentazione e una risatina, e alla fine la ragazza se la cava piuttosto bene, ché in fondo mica le hanno chiesto di scindere l’atomo.

 Quando la mezzanotte si avvicina arriva l’immancabile momento del monologo, perché all’Ariston da qualche tempo se non ti presenti con il monologo non sei nessuno.

 E il monologo in genere è sempre quello: io che spiego al mondo quanto sia difficile emergere e stare a galla, perché sono tutti molto cattivi e io ti spiego che però ce la puoi fare come ce l’ho fatta io, forza e coraggio! E infatti anche Chiara segue il canovaccio, legge una lettera molto ben scritta inviata a se stessa, strappa applausi a scena aperta e lancia un messaggio certamente molto vero, ma anche abbastanza prevedibile. E va bene così, per carità, siam mica qui a fare l’analisi logica di stocavolo. Signore e signori Sanremo è iniziato, da adesso in poi è tutto in discesa, spariamo a caso un dato d’ascolto per la prima puntata: 58%. Ma pure di più.

Ferragni e no. Storia di Massimo Gramellini su Il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023.

Dopo avere letto la centesima accusa di banalità rivolta al monologo della Ferragni - per lo più da parte di persone che, come me, ammettevano di averlo soltanto orecchiato - ho preso una decisione rivoluzionaria: sono andato su Raiplay ad ascoltare il monologo della Ferragni. Al netto dell’interpretazione impacciata, si tratta di una sorta di selfie verbale in cui, parlando di sé tra sé e sé, l’imprenditrice digitale più famosa d’Italia finisce per rivolgersi alle tante giovani donne che vorrebbero assomigliarle. Le ha invitate a fare pace con le proprie insicurezze. E ha ricordato loro che, quando una cosa ti fa paura, significa che è quella giusta da fare. Lo aveva già detto Jung, anche se non a Sanremo e senza che nessuno commentasse il suo vestito. Soprattutto lo dicono in continuazione decine di intellettuali, sia pure in modo non sempre altrettanto comprensibile. Ma in un paese di pregiudizi e puzze sotto il naso come il nostro, la rispettabilità di un ragionamento dipende dal pedigree del ragionatore. Certo, qualcuno troverà poco credibile che la Ferragni possa condividere i disagi di persone meno dotate e meno privilegiate di lei. E, se si fosse lasciata aiutare da un autore televisivo, avrebbe reso più efficace la narrazione inserendo qualche aneddoto. Ma le critiche al suo monologo sono la conferma che il mondo, almeno in Italia, si divide ancora tra chi comunica per arrivare a tutti e chi pensa che arrivare a tutti renda banale qualsiasi comunicazione.

Chiara Ferragni, il volto del consumismo illimitato. Ilaria Copeta su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

Senza dimenticare il monologo sanremese scritto non per dire qualcosa agli altri, ma per parlare a sé di sé, quel monologo da diario dei segreti di terza media, che non ha nemmeno voluto far scrivere da un ghost

Quando varco la soglia della classe, il mattino dopo la prima serata del festival di Sanremo, li trovo ad attendermi al varco. La domanda arriva subito, più o meno dopo che ho finito di cincischiare col registro elettronico e devo decidere quale brano di letteratura ripassare insieme. È la settimana del recupero, ogni docente si impegna a rivedere con le sue classi argomenti già trattati nel primo quadrimestre per quegli studenti che sono risultati insufficienti. Questa è una quinta senza infamia né lode. Ci sono solo quattro studenti insufficienti, li ho ben disposti davanti, in una fila da quattro, per dedicarmi soprattutto a loro e rivedere insieme una poesia di Blake dal titolo London. La poesia, scritta nel 1794, riguarda la trasformazione della città dopo la recente industrializzazione. Il poeta vaga per le strade privatizzate, lungo un fiume a sua volta reso navigabile a pedaggio, e osserva volti trasformati da un sistema, quello del profitto, che ha amplificato diseguaglianze e oppressione. Descrive una città incastrata e claustrofobica, in affanno verso la monetizzazione di ogni spazio prima libero.

Blake usa un’ immagine potente; parla di manette forgiate dalla mente. Dice che la gente è così assuefatta al sistema da essersi messa in una condizione di schiavitù. Stamattina però la quinta ha poca voglia di Blake e tenta una carta millenaria per ritardare la lezione: far infiammare me su un argomento che mi sta a cuore. E quindi appena comincio a leggere “I wandered through each chartered street…” attacca. Prof., ha sentito il monologo della Ferragni? Nooo, la Ferragni no, non parlare della Ferragni, mi dice la vocetta interiore. Non fatemi parlare della Ferragni, ragazzi. Copeta, non puoi cadermi sulla Ferragni, è già sui cartelloni di tutte le città, sulle marche dei chewing-gum, sugli astucci e le cartelle. È così pervasiva che non può occupare anche il tuo prezioso spazio consacrato a Blake, ripete la vocetta interiore. Ma niente, è fatta. Quelle faine sanno dove colpire. Incalzano. Perché, non le piace? Ma ha parlato delle donne! Ma vuole sensibilizzare! Addio Blake, penso, benvenuta Chiara.

No, vuole vendere, dichiaro lapidaria. Vende tutto, i suoi vestiti rosa orrendi di plastica che fa pagare troppo cari a ragazzine adoranti, i suoi figli piccoli ritratti mentre dormono, vomitano, fanno la pupù, la famiglia tutta, il marito che non sa cantare. Insistono. Ma si rende conto dell’impero che ha costruito con le sue sole forze? È bella, è brava, è intraprendente, cosa fa di male? mi chiede Carlo come se gli avessi spezzato il cuore. Eh, già, cosa fa di male? Ditemelo voi dove sta il problema, domando loro. Due suoi post su Instagram le fanno guadagnare come lo stipendio annuale di uno specializzato in cardiochirurgia: cosa c’è di sbagliato, mi chiedete? Tutto. Certo non è lei la diretta responsabile. Ma fa parte di un sistema malato, senza controllo, promotore di un consumismo illimitato, caratterizzato da un orizzonte culturale inesistente, dove non conta più quanto sai, quali talenti hai, conta quanto sai guadagnare. Ecco il vero talento accanto al quale ogni altra capacità o conoscenza si fa meno importante. E quel monologo scritto non per dire qualcosa agli altri, ma per parlare a sé di sé, quel monologo da diario dei segreti di terza media, che non ha nemmeno voluto far scrivere da un ghost, per quanto si piace la Ferragni, per quanto mai si metta in discussione , senza che le sue istanze abbiano alcun spessore o argomentazione, alcuna reale consapevolezza, slogan paraculi per far dire agli spettatori che la Ferragni è anche impegnata.

Come mai la Ferragni non parla mai delle diseguaglianze sociali sempre più marcate, ve lo siete chiesto? E mentre parlo avverto il fantasma di Blake, che vaga nella sua Londra di fine Settecento, la sua Londra assuefatta al sistema del profitto, la sua Londra della ricchezza di pochi a scapito della miseria di molti, la sua Londra dei molti che aspirano alla vita dei pochi come unico miraggio di felicità e mi dico che sì, in fondo anche la Ferragni c’entra qualcosa con questa poesia, solo che allora le città erano ricoperte dal grigio fuliggine delle prime fabbriche, oggi sono rivestite dai loghi del suo occhio azzurro e dal rosa glitter delle sue pubblicità.

Perché è fondamentale congedarsi dall’infanzia. Il monologo della Ferragni a Sanremo. La libertà adulta. Lisa Ginzburg su La Gazzetta del mezzogiorno l’11 Febbraio 2023.

La frase più criptica del monologo che l’influencer Chiara Ferragni ha tenuto nella prima serata del Festival di San Remo resta per me quella che recita: «perché quando ho pensato qualcosa di negativo su di me l’ho pensato anche di te, e tu non lo meriti». Il «tu» sarebbe la bambina che la Ferragni è stata, e sulla trovata di rivolgersi a questa immaginaria se stessa in miniatura lei ha impostato l’intero monologo. Ha scelto di parlare alla propria infanzia con i toni di tenerezza e amore che si devono al proprio passato, di rivolgersi alla parte teoricamente più vulnerabile di noi stessi, quella che pertiene a quando eravamo bambini. E così parlandosi, parlare al pubblico, un pubblico già molto bendisposto (inutile dire altro di Chiara Ferragni, giovane donna peraltro molto stimabile specie per l’impegno civile cui ha saputo subordinare la propria visibilità negli ultimi tempi, in diverse occasioni e per diverse cause).

Da parecchi anni, manuali di autostima, trattati di sedicente evoluzione e maturazione psicologica, terapie psicologiche basate sull’ipnosi regressiva, prontuari di tecniche le più varie per stare meglio nel mondo, hanno pagine infarcite del ricorrente tema del «bambino interiore».

L’idea è semplice, e si comprende perché tanto di successo (oltre che semplice, ammantata di dolcezza). Per amarci meglio, volerci più bene e così campare senza troppi patemi, ovvero essere più dignitosi, sereni, sempre dentro relazioni equilibrate e pronti a evitare rapporti tossici, che possono ferirci o danneggiarci, dobbiamo saper riandare all’indietro, in una sorta di auto anamnesi che riportandoci ai primi anni della vita ci renda infine amorevoli nei nostri propri confronti, sorta di accudenti genitori della nostra parte «bambina», quella che nella vulgata comune è parte più ferita, nuda, esposta. Idea semplice quanto fuorviante, perché bambini non lo si è più. Anzi, proprio nel guarire dall’infanzia consiste e si condensa la migliore strada di maturazione di un essere umano. Scrivo «guarire» non perché l’infanzia sia una malattia, giammai: insieme a tante, tantissime infanzie disfunzionali ce ne sono per fortuna molte altre felici, serene, riempite di amore. Piuttosto, «guarire» nel significato di prendere congedo: smettere di riconnettere tutto all’età bambina, e avere il nerbo di trovare e praticare un modello adulto di autostima al femminile (su questo verteva il monologo di Ferragni, sulla fierezza e contentezza di sé e della propria libertà che una donna può e deve provare verso se stessa).

Un modello adulto non ha bisogno di ricorrere a nessuna figura infantile: basta a se stesso. Può rapportarsi transitoriamente all’infanzia, evocarla, ma senza maternalismo, come invece trapela da quel «tu non te lo meriti» nel monologo che concepito per parlare alla supposta Chiara Ferragni bambina. Non è essere bravi genitori del noi stessi che eravamo e non siamo più, il punto. Non è in queste forme di genitorialità surrogata perché inventata che si conquista il traguardo di una sana autonomia e libertà di donna adulta, alle prese con la vita, con il lavoro, l’amore, l’esser madre di figli veri, cioè di bambini in carne e ossa. Piuttosto, l’emancipazione e l’affermazione di sé passano dal contrario, da un congedo dall’infanzia, da un dire a sé stessi: «è andata così, ma vado oltre». I bambini che siamo stati, sapere guardarli con affetto ma senza indugiare. Chissà perché, invece, in nessun manuale psicologico così come in nessun tema ricorrente nella retorica diffusa (compresa quella del Festival della canzone italiana, evento mediatico più importante dell’anno in Italia da molti punti di vista, anche troppi) si parla della vita adulta. Mai, o quasi mai, ci si muove da presupposti maturi, che non conoscono enfasi, sono lucidi, sobri, e in sobrietà e lucidità trovano misura e forma. Mai si dice del valore liberatorio della maturità, età della vita di grande spessore, appesantita da responsabilità e molti obblighi sociali e personali certo, ma anche rallegrata dal sollievo di tanti congedi maturati nel tempo, nell’intimo di sé salutato con molto amore il bambino che si è stati, ma anche mettendolo a dormire, ben rincalzate lenzuola e coperte, riposare il suo sano necessario sonno. Un sonno che è un’uscita di scena, così da lasciar spazio a un’altra età, dove la presa in carico di sé stessi non necessita di figure «altre», metaforiche o salvifiche. E una donna nel 2023 in Italia, come in tutto l’Occidente, dovrebbe «pensarsi libera» senza necessità di mettere in gioco una bambina che è stata, e che in nessun modo è più.

Cartomanzia autoavverante. Il pensiero magico di Chiara Ferragni e la realtà delle donne non privilegiate. Assia Neumann Dayan su L’Inkiesta il 9 Febbraio 2023.

Abbiamo abbassato talmente tanto le aspettative che siamo disposti a percepire come autentico il discorso di una ragazza di successo che ci dice che andrà tutto bene perché a lei è andata bene

Mi sono pensata libera, e non sono divertita. Qualche anno fa stavo lavorando a un programma, e c’era bisogno di mandare in onda le foto dell’infanzia di qualcuno, uno che era stato bambino negli anni ‘60. A quel punto mi è stato detto che c’era bisogno di una liberatoria per i minori, firmata da entrambi i genitori: ho replicato che non si poteva pensare che i genitori fossero ancora vivi, e che soprattutto non eravamo in una seduta di psicanalisi con l’io bambino e l’io adulto che dovevano firmare una manleva. Poi martedì Chiara Ferragni ha fatto il suo monologo e ho pensato che avrebbe dovuto far firmare una liberatoria alla sé stessa bambina per non farsi denunciare per sfruttamento di minore.

Ferragni talks, finalmente, Ferragni che si percepisce giusto un filo sotto le donne iraniane. Aspettavo con una certa emozione il momento maternità, anche perché qua due lire dobbiamo pure tirarle su, e quel momento è arrivato dopo un tempo percepito come infinito passato a sentirmi dire che è sbagliato non sentirsi abbastanza, cosa che evidentemente a un certo punto ti spinge a pensare che scrivere una lettera a te stessa, letta da te stessa, piangendo per te stessa, indossando un vestito pensato da te stessa sia una buona idea. Non c’è niente di male nel non sentirsi abbastanza, anzi, può essere un buon modo per cercare di diventare una persona perbene. In questa seduta di cartomanzia autoavverante adulta Chiara dice a bambina Chiara che anche se avrà dei figli sarà sempre la stessa persona. Sarà.

Poi arriva quello che dovrebbe essere un punto: «Spesso ti sentirai in colpa di essere lontana da loro (i figli) anche solo per andare al lavoro, ti sentirai quasi sbagliata ad avere altri sogni oltre alla famiglia. La nostra società e cultura ci ha insegnato che quando diventi madre hai una nuova identità già prestabilita e identificata: sei solo una mamma. Pensa un secondo a questo: quante volte la società fa sentire in colpa le donne perché lavorando stanno lontane dai figli? Sempre. Quante volte lo stesso trattamento è riservato agli uomini? Mai. Ma ti dico una cosa: se farai sempre del tuo meglio per i tuoi figli, e se loro sono il pensiero principale delle tue giornate, togliti ogni dubbio, probabilmente sei una brava madre, non perfetta, ma brava abbastanza».

Io vorrei innanzitutto tranquillizzare tutti: non è la società che ci fa sentire in colpa se non stiamo con i nostri bambini, è la natura umana. Se a un certo punto non provassi più sensi di colpa spererei che un parente mi facesse internare o arrestare o perlomeno scrivere un monologo psichiatrico.

Pensiamoci libere, pensiamoci mamme, ma pensiamoci anche donne: quindi, dopo averci pensato, che succede? È questo un pensiero magico?

Se ci penso fortissimo troverò gli asili gratis, i centri estivi a Milano, guadagnerò quanto mio marito, non sarò costretta a licenziarmi se non posso permettermi una baby-sitter? Io non credo che queste siano cose che Chiara Ferragni conosce, forse ne ha sentito parlare dal personale di servizio, forse ha letto qualche slide su qualche pagina femminista, tutto qui si muove sul piano delle idee: «Le sfide più importanti sono sempre nella nostra testa», le «insicurezze nella tua testa», la violenza psicologica, il pensarti qualcosa.

C’è la filosofia, poi però c’è la vita, che è perlopiù miserabile con qualche eccezione, ma lei questo forse non lo sa. Il pensiero che le donne possano avere tutto senza rinunciare a niente è un esercizio di malafede: semplicemente, avere un figlio implica fare delle scelte, a meno che non si abbiano abbastanza soldi da non doversi porre il problema, e lei li ha. Come faccio a sentire una vicinanza, una rappresentazione, una solidarietà che non sembri un’elemosina?

Nella descrizione del suo “vestito manifesto” Ferragni ha scritto che «lotta per non essere incasellata in uno spazio identificato per lei dal patriarcato» e che «lotta per non doversi sentire in colpa del suo successo di donna». Innanzitutto: anche meno. Poi va bene, pensiamoci libere, e pensiamo se domani il patriarcato finisse di botto, tipo che il Papa in piazza San Pietro prega contro il patriarcato e questo finisce: mi sembra un desiderio antieconomico, con i monologhisti in Naspi, le attiviste costrette a imparare un mestiere a quarant’anni, i giornali che escono con le pagine bianche, sapete che pena, che cuore piccolo.

Ho letto molte cose in questi due giorni, tra cui svetta il fatto che alla fine dovremmo accontentarci di un discorso scipitino perché è comunque un po’ più di niente: non sarà la rivoluzione, ma a questo punto ci va bene anche un meme. Abbiamo abbassato talmente tanto le aspettative che siamo disposti a percepire come autentico il discorso di una milionaria vestita Dior che ci dice che andrà tutto bene perché a lei è andata bene, che non dobbiamo farci condizionare, ma nessuno si fa condizionare a meno che non voglia.

Le donne, giusto per fare due minuti di retorica e riempirci un punto di scaletta, sono un po’ meno sceme di così. La credibilità è tutto, ma sembra non essere più importante, vittime come siamo di questa allucinazione collettiva che ci fa credere che l’io narrante sia vero per natura. La più grande tragedia che possa capitare a qualcuno è quella di non essere più rilevante, perché poi i vestiti con gli insulti ricamati non puoi più farli se tutti dicono solo cose carine su di te.

Marco Zonetti per Dagospia il 9 febbraio 2023.

"Il profilo Instagram di Amadeus fa il botto". Dai quotidiani più autorevoli ai siti più piccoli, non passa giorno in cui non venga rilanciata la notizia del boom di contatti, follower e visualizzazioni dell'account del conduttore del Festival di Sanremo aperto in diretta televisiva da Chiara Ferragni su Rai1 durante la prima serata della kermesse canora.

 Di fronte a milioni di telespettatori sintonizzati sul Festival, colei che ha costruito il suo successo planetario proprio su Instagram, ha dato vita al nuovo profilo di Amadeus (che non lo possedeva) sulla celebre piattaforma di Mark Zuckerberg, e in pochi minuti ha indotto a collegarsi centinaia di migliaia di utenti per diventare "seguaci" del presentatore.

Seguaci il cui numero veniva costantemente aggiornato nel corso della serata attraverso gli annunci trionfali della Ferragni punteggiati dai commenti meravigliati del conduttore, convinto perfino dall'influencer a fare una "diretta Instagram dalla diretta di Sanremo", mostrando in tempo reale centinaia di migliaia di persone collegate al profilo appena aperto. Con tanto di logo Instagram in sovrimpressione nelle immagini sanremesi riprese e trasmesse da Rai1.

Abbandonando la frivolezza del tutto e riflettendo seriamente su quanto è avvenuto quella sera in diretta all'Ariston, occorre sottolineare che la Rai ha di fatto garantito a una piattaforma social privata, e quindi a un'azienda privata, parecchie centinaia di collegamenti nel giro di pochi minuti, generando lauti profitti per l'azienda in questione. Senza contare poi il rilancio sui giornali e sui siti, che da giorni stanno continuando a portare - grazie alla Rai - ulteriore traffico sul profilo di Amadeus e quindi in ultima analisi su Instagram.

Tutto normale? ci viene da domandare. Quanto sopra può essere ritenuto alla stessa stregua di una televendita per una macchina da caffè o per un mobilificio? In tal caso, come mai le televendite vengono distinte palesemente all'interno di una trasmissione così che il telespettatore non abbia alcun dubbio che si tratti di uno spazio pubblicitario, e invece ciò che è avvenuto all'Ariston era inserito nel contesto della serata senza alcuna soluzione di continuità come se il tutto apparentemente fosse parte di una gag fra i conduttori?

 Per giunta, nel caso della promozione di un mobilificio o di una macchina da caffè, affinché la persuasione della pubblicità possa andare a buon fine lo spettatore deve predisporsi psicologicamente e fattivamente a un acquisto più o meno vicino nel tempo e, nel caso si convinca a effettuare tale acquisto, non può non essere consapevole che si tratta di una transazione economica visto che deve spendere di fatto del denaro per acquistare quel determinato bene di consumo pubblicizzato. L'azione di collegarsi a un social network, o di mettere like a un profilo o di divenirne follower è invece, di fatto, del tutto immediata, non presuppone acquisti di alcun genere, né esborsi di denaro - almeno apparentemente - generando tuttavia un immediato profitto per la società proprietaria di quel social network grazie al collegamento alla relativa piattaforma.

Uscendo per un attimo dal caso specifico e ampliando la questione, noi telespettatori siamo informati che ogni volta in cui alla Tv ci dicono di seguire questo o quel profilo su Facebook o Twitter o Instagram, di mettere like e così via, di fatto si tratta di pubblicità a un'azienda privata, come se ci invitassero a comprare una marca di pasta o uno shampoo? Forse, caso Ferragni-Amadeus a parte, sarebbe il caso che la Tv pubblica spendesse qualche parola sul fatto che, quando qualcosa ci sembra gratis come lo sono apparentemente i social network, è perché in realtà - e in maniera inquietante - il prodotto siamo proprio noi.

Per tornare al punto, Instagram ha pagato la Rai per tutto il traffico ottenuto tramite Chiara Ferragni e Amadeus dal palco dell'Ariston in diretta sull'Ammiraglia del Servizio Pubblico? Se sì, perché non informare più chiaramente i milioni di spettatori che ciò a cui stavano assistendo, e in ultima analisi partecipando di persona, era di fatto la promozione a un'azienda privata, ovvero la Meta di Mark Zuckerberg?

Quanti di quei milioni di spettatori sintonizzati in quel momento su Rai1 si sono resi conto che, seguendo l'invito di Chiara Ferragni e collegandosi in massa a Instagram per seguire il profilo di Amadeus appena creato, o magari creandone uno ex novo appositamente per poterlo fare, stavano portando lauti profitti a Mark Zuckerberg?

O forse, anziché la Rai, era la stessa Chiara Ferragni, la regina delle influencer e di Instagram, nonché quella sera co-conduttrice di un programma da decine di milioni di spettatori, ad avere un accordo con la piattaforma social di Mark Zuckerberg? Sarebbe il caso di fare chiarezza da parte della tv pubblica.

Sabato sera, con la Ferragni di ritorno sul palco dell'Ariston e a fronte della sua promessa (o minaccia, a questo punto?) di aggiornare i telespettatori sulla crescita dei follower di Amadeus (di fatto invitandoli nuovamente a collegarsi e generando così ulteriore traffico a vantaggio di Instagram), ci sarà maggiore trasparenza in merito da parte della Rai? Sarebbe auspicabile di sì.

Blanco distrugge i fiori sul palco dell’Ariston. E risveglia il pubblico di Sanremo. DANIELE ERLER su Il Domani l’08 febbraio 2023

Il primo vero scandalo di quest’anno è inaspettato. Il vincitore in carica distrugge la scenografia e viene preso a fischi dal pubblico. E così ricorda un precedente di più di vent’anni fa

Il primo vero scandalo, e imprevisto, sul palco di questo Sanremo ha come inaspettato protagonista Blanco. E sarà uno di quei momenti iconici che resteranno per sempre nella storia del festival: il vincitore in carica, arrabbiatissimo perché non riusciva a sentire il ritorno della sua voce mentre stava cantando, ha preso a calci i fiori che facevano da scenografia. Regalando l’immagine inedita di un cantante che invece di distruggere gli strumenti ha distrutto i vasi, creando comunque un macello sul palco.

Dopo l’esibizione, Blanco ha cercato di giustificarsi, prendendosi altre critiche: «Non sentivo più la voce, ho deciso di divertirmi comunque». Dalla platea lo hanno riempito di fischi e insulti, come era prevedibile. Il presentatore Amadeus è sembrato altrettanto imbarazzato e in un primo momento gli ha proposto di tornare a cantare in seguito (prendendosi anche lui dei fischi dalla platea).

IL PRECEDENTE

E così torna alla mente un precedente a Sanremo. In quel caso, era il 2001, i protagonisti erano i Placebo. Fecero una scelta molto più classica: distrussero bassi e chitarre contro gli amplificatori. Anche in quel caso il pubblico dell’Ariston non la prese molto bene. Altra strana coincidenza: oggi proprio come allora, dopo il momento d’imbarazzo è stato trasmesso lo spot dedicato alla regione Liguria.

Sono passati più di vent’anni e poco importa se ora ci sono i Måneskin che distruggono le loro chitarre a Las Vegas. Il festival è un tempio, anche un po’ bigotto, che riserva solo fischi a chi prova a violarlo. Blanco lo ha capito sulla propria pelle: l’Italia nazionalpopolare si innamora e disinnamora del rock a ritmo alterno.

DANIELE ERLER. Giornalista trentino, in redazione a Domani. In passato si è laureato in storia e ha fatto la scuola di giornalismo a Urbino. Ha scritto per giornali locali, per la Stampa e per il Fatto Quotidiano. Si occupa di digitale, tecnologia ed esteri, ma non solo. Si può contattare via mail o su instagram.

Blanco si infuria a Sanremo 2023 e distrugge il palco mentre canta «L'isola delle rose». Arianna Ascione su Il Corriere della Sera l’8 Febbraio 2023.

Un problema tecnico fa infuriare Blanco, che interrompe la sua esibizione e distrugge la scenografia. Fischi dal pubblico, e il video diventa subito virale

«Era dai tempi di Bugo e Morgan...» che Amadeus non viveva un momento così imprevedibile. Tornato sul palco dell’Ariston dopo essersi esibito con Mahmood ad inizio serata, Blanco aveva appena iniziato a cantare il suo nuovo singolo «L’Isola delle Rose» quando un problema tecnico (non sentiva la sua voce in spia, ha poi spiegato) l’ha fatto infuriare.

Le nostre pagelle della prima serata di Sanremo

Novello Pete Townshend ha sfogato l’arrabbiatura distruggendo tutti gli arredi floreali sul palco. Il pubblico lo ha fischiato pesantemente e lui ha provato a giustificarsi dicendo: «Non mi sentivo in cuffia e allora ho voluto comunque divertirmi, la cosa bella della musica è divertirsi», ma i presenti hanno continuato a contestarlo.

Morandi pulisce il palco

«Hai combinato un guaio» ha commentato Amadeus, che in un primo momento ha comunque invitato Blanco a tornare a esibirsi in un secondo momento: «Capita, gli è partita la sciabbarabba». Sul palco sono subito intervenuti gli assistenti di palco e anche Gianni Morandi è entrato in scena con in mano una scopa per pulire la strage di fiori.

L’affondo di Frankie Hi-Nrg

«Capita di non avere la voce in cuffia, su una base piena di voci che cantano al tuo posto, facendo una marchetta promozionale, dopo aver vinto la precedente edizione di un festival, capita… ma minchia, gestiscila». Così il collega Frankie Hi-Nrg ha bacchettato sui social Blanco.

La classifica dopo la prima serata: Marco Mengoni primo, ultima Anna Oxa

L'annuncio di Amadeus: «Blanco non tornerà sul palco questa sera»

Nel frattempo a Sanremo, tornato sul palco, Amadeus ha annunciato - tra gli applausi del pubblico - che «Blanco non ricanterà questa sera, non ci sono le condizioni». «Se Blanco veniva a dirti che non sentiva bene e c’erano problemi tecnici, non c’era alcun problema», ha spiegato Morandi. «L’avremmo fatto ricantare subito» ha aggiunto Amadeus.

Il precedente dei Placebo

Nel 2001 tra gli ospiti internazionali del Festival di Sanremo, quell’anno condotto da Raffaella Carrà, c’erano i Placebo, in quel momento sulla cresta dell’onda con il singolo «Special K». Sul finire della performance il frontman del gruppo, Brian Molko, all’improvviso spaccò la sua chitarra sull’amplificatore. La reazione del pubblico non si fece attendere: anche in quel caso la band fu subissata di fischi e cori di protesta.

Da "Striscia la Notizia" l’8 febbraio 2023.

Il pubblico di Striscia aveva sollevato qualche dubbio sulla veridicità della sceneggiata di Blanco di ieri sera al Festival di Sanremo: i fiori già preparati sul palco, il video del suo singolo in cui dà calci alle rose, i (molti) precedenti di sedie spaccate ai concerti etc etc.

Ma Amadeus sapeva o no? L’inviato Valerio Staffelli, per scoprirlo, si è catapultato a Sanremo per chiedergli conto e consegnargli il Tapiro d’oro di Striscia, il secondo della carriera per il direttore artistico del Festival. «Nella sua esibizione, alla fine, Blanco doveva dare un calcio alle rose: c’era un motivo legato al testo della canzone, che evidentemente presupponeva un gesto di rabbia finale. E che lui avrebbe spiegato al termine dell’esibizione», spiega Amadeus. Che aggiunge all’inviato del tg satirico di Antonio Ricci: «Gli è partita la brocca, ma quello che poi è effettivamente accaduto non era affatto preparato, io non sapevo niente. I floricoltori e il pubblico si sono arrabbiati giustamente: lui ha chiesto scusa e si è accorto che non doveva farlo. Non accadrà mai più».

Eppure, a noi qualcosa non torna. Amadeus ha affermato di conoscere molto bene Blanco. Ma, se lo conosceva così bene, come è possibile che non sapesse che il cantante di Brescia è un noto spacca-tutto, come si vede in diversi spezzoni dei suoi concerti? Non immaginava, conoscendolo così bene, che avrebbe potuto scaricare la stessa furia distruttiva anche sul palco dell'Ariston? Insomma, l'ha lasciato agire indisturbato senza premunirsi.

E ancora: il direttore artistico ha detto di sapere che Blanco durante l'esibizione avrebbe dovuto dare solo un "calcetto" alle rose. Ma, se lo conosceva così bene, sapeva anche che nel videoclip ufficiale della canzone che avrebbe dovuto cantare Blanco si accanisce sui fiori distruggendoli. Altro che un “calcetto”.

 In definitiva, il temperamento di Blanco lo conoscevano tutti. Infatti, nella lettera di presunte scuse, il cantante ribadisce di essere così: "Rido rido rido rido rido rido e grido perché non sono perfetto come mi volevi ma finalmente sono me stesso". E queste sarebbero le scuse? Sembra piuttosto una rivendicazione.

Il servizio completo sarà trasmesso stasera a Striscia la notizia (Canale 5, ore 20.35).

 Estratto dell'articolo di Andrea Laffranchi per corriere.it l’8 febbraio 2023.

Le scuse di Blanco e perché ha spaccato tutto sul palco di Sanremo (no, nessuna finta)

«Chiedo scusa alla città dei fiori». Blanco scrive una lettera all’Ariston per fare pace dopo la folle esibizione della prima serata del Festival durante la quale il vincitore della scorsa edizione si è scatenato contro la scenografia distruggendo con furia un tappeto di rose.

[…] L’errore, ha ammesso la Rai, è stata la consegna di un ricevitore sbagliato. Blanco quindi non era collegato alla regia audio. Silenzio. Nella sua mente si era quindi spento tutto e si era scatenata la parte irrazionale.

 […]Una nottata per sbollire, e questa è una mattinata di riunioni e confronti per capire come reagire alla tempesta. Ed ecco il post con la foto del quaderno all’ora di pranzo. […] C’era chi sospettava una scena finta, programmata e provata. Nel suo tour dello scorso anno, tutte le sere c’era un momento simile: lui che immerso nella scenografia di una gigantesca cameretta brandiva una sedia come un’ascia e la spaccava.

Tesi gonfiata anche dal fatto che nel videoclip della canzone («L’isola delle rose») c’è una sequenza in cui il cantautore maltratta dei fiori. Non è così. Amadeus aveva smontato il complotto spiegando che Blanco «doveva fare delle cose con le rose, tipo rotolarcisi sopra, ma non quello che abbiamo visto: non è una gag andata a male». […]

L’aveva presa male anche il sindaco di Sanremo, Alberto Biancheri. Per la città l’industria dei fiori è un pilastro fondamentale dell’economia locale e il gesto è stato preso come uno sgarbo. «I fiori richiedono anni di lavoro e ricerca, è come per scrivere una canzone. Non voglio mettere il dito nella piaga. Siamo stati tutti giovani e tutti abbiamo fatto stupidaggini. Ma se uno fa una cazzata basta chiedere scusa e tutto va a posto».

 Marco Zonetti per Dagospia l’8 febbraio 2023.

Dopo i peana dell'anno scorso a Blanco, quando con Mahmood miagolò Brividi sul palco dell'Ariston, peana nei quali si lodava la fine del maschilismo tossico, della violenza del patriarcato, esaltando la "dolcezza di due uomini che si dichiaravano il proprio amore" e così via, la "sbroccata" del giovane cantante sul palco dell'Ariston con conseguente distruzione delle fioriere tutt'attorno a lui ha lasciato sbigottiti un po' tutti.

 Ma siamo sicuri che non facesse parte della "coreografia"? Guardando infatti il videoclip de L'isola delle rose, la canzone che ieri Blanco non è riuscito a portare a termine sul palco per "problemi tecnici", si vede infatti il cantante distruggere violentemente centinaia di rose, per poi sdraiarvisi sopra con il corpo lacerato dalle spine. 

Il dubbio, alla luce di questo videoclip, è lecito...

Da repubblica.it l’8 febbraio 2023.

Lo show di Blanco era previsto, ma non l'esagerazione dello sfogo. Amadeus era a conoscenza che il cantante si rotolasse nelle rose, ma quello che è successo non era previsto. "Blanco è dispiaciuto e ha chiesto scusa. Da dietro le quinte non ho percepito il problema tecnico, solo che qualcosa non andasse". E ha proseguito: "Non vuole essere capito, ha chiesto scusa"

Estratto da adnkronos.it l’8 febbraio 2023.

Blanco potrebbe essere chiamato a risarcire i danni prodotti alla Rai e a rispondere del reato di danneggiamento. Lo afferma il Codacons, che […] deposita oggi un formale esposto alla Procura della Repubblica di Imperia e alla Corte dei Conti. […]"l’aver distrutto la scenografia del Festival potrebbe realizzare veri e propri reati -spiega il Codacons- L’art. 635 del codice penale stabilisce infatti che ‘Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni"’.

Oltre all’aspetto penale, la distruzione operata ieri da Blanco ha prodotto un evidente danno economico ai cittadini: la scenografia dell’Ariston è infatti pagata dagli utenti italiani che finanziano la Rai attraverso il canone, e il danneggiamento a vasi e fiori ha determinato uno spreco di soldi pubblici che ora l’artista dovrà risarcire".

 Per tali motivi il Codacons chiede oggi alla Procura di Imperia di aprire una indagine su Blanco "alla luce del possibile reato di danneggiamento, e alla Corte dei Conti di avviare le dovute azioni sul piano contabile finalizzate ad ottenere dall’artista il ristoro dei danni erariali", spiega l’associazione.

(ANSA il 16 febbraio 2023) Il cantante Blanco è stato indagato dalla Procura di Imperia con l'accusa di danneggiamento, per il fuori programma avvenuto alla prima serata del 73/o festival di Sanremo, quando ha distrutto a calci il "giardino di rose" allestito sul palcoscenico del teatro Ariston. Blanco era stato invitato per presentare il nuovo singolo "L'Isole delle rose", ma a un certo punto dell'esibizione, dopo la mezzanotte, ha cominciato a dare in escandescenze sferrando calci alla composizione floreale. "Non sentivo in cuffia, non potevo cantare- ha poi spiegato l'artista -. Ma almeno mi sono divertito, la musica è anche questo".

Estratto da iltempo.it il 14 aprile 2023.

Blanco come Prometeo: entrambi costretti a cambiare il proprio destino per un atto di superbia. Una sola differenza: se il primo ha preso a calci le rose nella città dei fiori per un eccesso di rabbia incontrollata e per salvare la sua musica; il secondo ha rubato il fuoco agli dei con la speranza di portare progresso e civiltà agli uomini. A circa due mesi da quel tanto dibattuto Festival di Sanremo ed in occasione dell’uscita del suo nuovo album, “Innamorato”, il cantante ventenne ritorna sul fattaccio di febbraio e non si tira indietro. L’attacco alla Rai non ha il sapore di un mea culpa: “È scivolata di mano la situazione. Hanno giocato su questo incidente. Hanno pensato di buttare me**a”.

(…) Sul tema scomodo della furia distruttrice che ha portato il giovane a devastare la scenografia sul palco dell’Ariston: “Già alle prove avevo segnalato questo problema dell’audio nelle cuffie e mi avevano detto che sarebbe stato risolto la sera stessa. Appena è partita ‘L’isola delle rose’, ho sentito un rumore, così ho tolto la cuffia. Ovviamente mi sono incazzato, mi è partita la brocca. Era già previsto che spaccassi le rose nella mia esibizione, ma non così, poi è scivolata di mano la situazione”. A due mesi dal misfatto, Blanco scarica le responsabilità sulla Rai: “La cosa veramente brutta non è stata quella dei calci alle rose. Ma il fatto che loro – tanti di loro, escluso Amadeus, che è stato buono - hanno giocato su questo incidente che ha fatto una hype incredibile a Sanremo. Hanno pensato di più a buttare me**a su un ragazzo di vent’anni. Però intanto hanno intanto mangiato su questa cosa”.

Blanco indagato dalla Procura di Imperia dopo l’esposto del Codacons per aver distrutto le rose a Sanremo: «Danneggiamento». Redazione Spettacoli su Il Corriere della Sera il 16 Febbraio 2023.

Il cantante aveva dato in escandescenze per un problema tecnico mentre cantava

È indagato dalla Procura di Imperia con l’accusa di danneggiamento Blanco, dopo aver distrutto la scenografia di rose del Festival di Sanremo durante la sua esibizione in diretta all’Ariston. Il cantante ha dato in escandescenze martedì scorso, ospite della prima serata del Festival, a causa di un problema tecnico: aveva smesso di cantare il suo nuovo singolo «L’Isola delle rose» e aveva iniziato a prendere a calci il «giardino di rose» allestito sul palco, facendo a pezzi la composizione floreale: «Non sentivo in cuffia, non potevo cantare - aveva poi spiegato l’artista -. Ma almeno mi sono divertito, la musica è anche questo».

Il pubblico dell’Ariston l’aveva fischiato e molti spettatori, sui social, avevano condannato il suo gesto, considerandolo irrispettoso. Altri invece si erano schierati dalla parte del cantante, ricordando che ha appena 20 anni. Ora però il suo discusso fuoriprogramma è diventato oggetto di indagine da parte della Procura che ha aperto un fascicolo, in attesa che la Rai chiarisca quali fossero gli accordi.

Gli accertamenti partono dalla segnalazione fatta dal Codacons (ma sul caso c’erano stati anche alcuni approfondimenti da parte della Digos la sera dell’esibizione) che aveva subito presentato un esposto alla procura di Imperia e alla Corte dei Conti: «Blanco sarà chiamato a risarcire i danni prodotti alla Rai e a rispondere del reato di danneggiamento - aveva scritto il Codacons in una nota, il giorno dopo l’accaduto -. Oltre all’aspetto penale, la distruzione operata ieri da Blanco ha prodotto un evidente danno economico ai cittadini: la scenografia dell’Ariston è infatti pagata dagli utenti italiani che finanziano la Rai attraverso il canone, e il danneggiamento a vasi e fiori ha determinato uno spreco di soldi pubblici che ora l’artista dovrà risarcire. Per tali motivi il Codacons chiede oggi alla Procura di Imperia di aprire una indagine su Blanco alla luce del possibile reato di danneggiamento, e alla Corte dei Conti di avviare le dovute azioni sul piano contabile finalizzate ad ottenere dall’artista il ristoro dei danni erariali».

Blanco, il giorno dopo l’accaduto, si era scusato sui social, postando una poesia scritta nottetempo, dedicata all’Ariston. Ieri, invece, in occasione di San Valentino, il cantante ha pubblicato la foto di una rosa, scatenando le più disparate reazioni dei suoi follower, divisi fra chi gli esprime sostegno e chi continua a criticarlo per come si è comportato.

Dopo la notizia dell’apertura dell’indagine, il Codacons ha subito espresso soddisfazione in una nuova nota: «La Procura di Imperia ha accolto in pieno l’esposto presentato dal Codacons lo scorso 8 febbraio in cui si chiedeva di procedere nei confronti del cantante Blanco per la possibile fattispecie di danneggiamento - scrive il Codacons -. Nel nostro esposto chiedevamo alla Procura di Imperia di procedere in base all’art. 635 del codice penale secondo cui “Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico è punito con la reclusione da uno a cinque anni”, in relazione al danneggiamento della scenografia che ha determinato anche uno spreco di soldi pubblici».

Il Codacons, però, aggiunge che va accertata anche un’eventuale complicità della Rai: «Oggi la Procura, accogliendo la nostra richiesta, ha deciso di procedere proprio per la fattispecie di danneggiamento da noi denunciata, ma crediamo che l’indagine debba essere estesa anche alla Rai, allo scopo di accertare se vi siano state possibili complicità da parte dell’organizzazione del Festival di Sanremo, in considerazione delle notizie apparse sui mass media secondo cui il gesto di Blanco all’Ariston non sarebbe stato imprevisto».

Estratto dell'articolo di Aldo Grasso per il Corriere della Sera il 30 aprile 2023. 

Di punto in Blanco. Nei giorni scorsi è circolata la notizia che Amadeus sarebbe stato sentito dalla Digos a Milano (notizia confermata dalla Questura). Il conduttore e direttore artistico del Festival è stato ritenuto persona informata sui fatti dalla procura della Repubblica di Imperia. Il cantante Blanco (al secolo Riccardo Fabbriconi) è accusato di danneggiamento aggravato per aver preso a calci, in un momento d’ira, il roseto montato sul palco dell’ultimo Festival per la sua «Isola delle rose».

Di solito, la Digos si occupa di indagini che riguardano reati che possono mettere in pericolo la sicurezza e l’ordine pubblico. Cosa avrà chiesto ad Amadeus? Blanco è un pericoloso sovversivo? La canzone «Brividi» contiene messaggi cifrati? I duetti con Mahmood vanno «attenzionati»? 

In tutta onestà, l’intervento della Digos pare sproporzionato, forse Amadeus poteva essere interrogato in altro modo, con più rose e meno spine.  

(...)

Mattia Feltri per “La Stampa” il 17 febbraio 2023.

Il Codacons, associazione per la difesa dei consumatori, per quanto io ignori quali consumatori abbiano delegato la loro difesa al Codacons, alle sue innumerevoli e quasi cinquantennali battaglie, fra le quali annovera la battaglia ai conflitti d'interessi di Selvaggia Lucarelli, alle minigonne nei tribunali, ai berretti di Fedez, a Mark Zuckerberg per il black out di Instagram, a un calendario di fotomodelle nude, alla santificazione di Maradona, al prezzo delle scarpe della Lidl, a Mario Balotelli e le sue volgarità, ai voti provenienti dalla Spagna per il Grande Fratello Vip, alla pericolosità pubblica dei Pokemon, alle scie chimiche degli aerei, a Francesco Totti e la sua passione per il poker, agli smartphone e il 5G, allo stipendio di Cristiano Ronaldo, a Elon Musk e la guida autonoma, al tabagismo di Tex Willer e Kit Carson, agli occhialini per le proiezioni in 3D, al montepremi del Superenalotto da girare alla pulizia delle strade di Roma, alla partita Milan-Spezia da ripetere perché viziata da un grave errore arbitrale, all'impennata dei prezzi dei gelati, alla pasticceria che ha consegnato una torta a una bambina con sopra Little Tony anziché Little Pony, ecco, alle sue innumerevoli battaglie aggiunge ora quella a Blanco, indagato a Imperia su esposto del suddetto Codacons per aver danneggiato i fiori del palco di Sanremo.

Premesso che trovo ammirevole la sete di giustizia della meritoria associazione, siccome, fra indagini, magistrati, polizia giudiziaria, testimoni, eventuali processi, si spenderà l'equivalente per acquistare una piantagione di tulipani in Olanda, di pagare l'indennizzo mi offro io, giuro.

Estratto dell'articolo di Barbara Visentin per il “Corriere della Sera” il 17 febbraio 2023.

[…] Un caso che sembrava ormai caduto nel dimenticatoio, almeno nel chiacchierio social, sepolto sotto le numerose altre polemiche divampate al Festival nelle serate successive, ma che ieri è tornato ad animare il «tribunale» del web quando è arrivata la conferma dell’apertura del fascicolo: l’hashtag #Blanco è stato per ore tra le tendenze di Twitter, con gli utenti divisi fra chi si dice favorevole all’indagine e tra chi si chiede se la magistratura non abbia cose più gravi a cui pensare.

«Chi sbaglia, paga», scrivono alcuni. «Indagarlo è eccessivo», replicano altri. «Questa è follia, con tutti i problemi del Paese», si stupiscono altri ancora. Mentre secondo tanti suoi fan, quello di Blanco «è stato solo un passo falso».

 Tra i colleghi, Alex Britti sostiene che il raptus sia stato «una mossa geniale» perché «tutta l’Italia ora parla di lui», mentre più severo è Al Bano, secondo cui «non ci sono scuse per certi atteggiamenti». Blanco, dal canto suo, ha scelto di rimanere in silenzio […]

L’associazione ha aggiunto però che va chiarito anche il ruolo della Rai: «Crediamo che l’indagine debba essere estesa anche alla Rai, allo scopo di accertare se vi siano state possibili complicità da parte dell’organizzazione del Festival di Sanremo, in considerazione delle notizie apparse sui mass media secondo cui il gesto di Blanco all’Ariston non sarebbe stato imprevisto». La prima cosa da accertare per la procura è dunque se si sia trattato di una messa in scena o, come spiegato dalla Rai nei giorni successivi, di un gesto non concordato.

 […] Nel riaccendersi della polemica, però, c’è anche chi osserva che in fondo le rose recise sarebbero andate buttate dopo il Festival anche senza l’intervento distruttivo del cantante.

Blanco pubblica una canzone di scuse dopo l’incidente con le rose a Sanremo: «All’improvviso tu sbagli». Storia di Giulia Taviani su Il Corriere della Sera il 17 Febbraio 2023

Una nota audio senza didascalia è apparsa sul profilo Instagram di Blanco. Un paio di accordi al pianoforte e una melodia triste fanno da sottofondo. Il titolo è «Sbagli MASTER». La voce è quella del cantante ventenne mentre intona due minuti e venti di inedito presumibilmente dedicato a Sanremo. «Ma se fosse mattina - canta - / la tua voce non si sentirebbe / l’alba non ti scalderebbe / saresti solo / piangeresti per i tuoi sbagli / all’improvviso tu sbagli».

L’audio segue la notizia del 16 febbraio che la Procura di Imperia ha aperto un’indagine contro il cantante con l’accusa di danneggiamento aggravato a seguito dei calci alla scenografia durante la prima serata del festival di Sanremo. Blanco non scrive nulla. Non aggiunge parole se non quelle che canta nell’audio. La sua voce a un tratto si rompe e sembra sul punto di piangere: «Lo so che ho vent’anni / ma loro no / che scappi dai grandi / ma loro no / che piangi nei bagni / ma loro no». I commenti sotto al post confermano la sensazione che quell’audio sia dedicato a Sanremo e la maggior parte di essi mostra la sua vicinanza al cantante. Tra questi c’è anche un messaggio di Madame, che al festival era presente in veste di concorrente.

Video correlato: Blanco pubblica «Sbagli», la canzone di scuse dopo Sanremo (Corriere Tv)

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«Mollami o no / oppure rovina la vita che ho / ma mollami poi / voglio sentire più forte si può / le colpe che ho / come se avessi più colpe di te / calcio più forte le rose nel cielo / questo mondo finto ora sembra più vero». Come tutti i singoli da lui pubblicati, anche questo vede la collaborazione del produttore e musicista Michelangelo, presente anche lui sul palco durante l’ospitata di inizio febbraio.

Non è la prima apparizione che Blanco fa sul suo profilo Instagram dopo quanto accaduto a Sanremo. Il giorno dopo, l’8 febbraio, aveva pubblicato una lettera di scuse chiedendo pubblicamente perdono alla città dei fiori.

Da adnkronos.com il 17 febbraio 2023.

È stato presentato presso la Procura della Repubblica di Sanremo un esposto per atti osceni in luogo pubblico, in seguito a quanto avvenuto nella serata conclusiva del Festival di Sanremo, sabato 11 febbraio, durante la quale Fedez e Rosa Chemical hanno mimato un rapporto sessuale con relativo orgasmo in diretta televisiva.

 Si tratta di un comportamento di una gravità inaudita, che ha portato a un'ondata di indignazione generale per la vergogna, il disagio e la repulsione provocata dalla volgarità di un comportamento che riguarda la sfera sessuale. Anche a seguito delle oltre 37.000 firme raccolte da una petizione popolare di Pro Vita & Famiglia, è stato presentato un esposto da parte dell'Avv. Luca Ghelfi - sulla base dell'art 529 C.P. (atti e oggetti osceni) e 527 C.P. (atti osceni in luogo pubblico) - per conto della stessa Onlus, dell'On. Carlo Giovanardi, ex Ministro con delega alla Famiglia, e dell'Avv. Valerio Cianciulli, padre di due figli minorenni”. Lo hanno reso noto, in una nota congiunta, Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia, Carlo Giovanardi e Valerio Cianciulli.

"Nessun atto osceno". L'assist delle toghe a Fedez e Rosa Chemical. I magistrati di Imperia hanno chiesto l'archiviazione dell'esposto contro Fedez e Rosa Chemical per atti osceni a Sanremo. La zampata della Lucarelli: "Come corrono queste procure..." Marco Leardi su Il Giornale il 24 febbraio 2023.

La richiesta di archiviazione è arrivata in tempi rapidi. Solo sette giorni dopo che in procura era arrivato quell'esposto contro Fedez e di Rosa Chemical. L'associazione Pro Vita e l'ex ministro Carlo Giovanardi si erano rivolti alle autorità accusando i due artisti di atti osceni in luogo pubblico in riferimento a una loro discussa esibizione al recente festival di Sanremo. L'istanza, in particolare, riguardava un bacio scambiato sul palco e la simulazione di un atto sessuale durante la diretta televisiva. Ma per i magistrati di Imperia il reato contestato non esiste.

Chiesta l'archiviazione per Fedez e Rosa Chemical

Così, la procura del capoluogo ligure ha chiesto l'archiviazione dell'esposto presentato dall’avvocato Luca Ghelfi – sulla base dell'art 529 C.P. (atti e oggetti osceni) e 527 C.P. (atti osceni in luogo pubblico) – per conto della stessa onlus Pro Vita. Secondo l'associazione, Fedez e Rosa Chemical si erano resi protagonisti di un "comportamento di una gravità inaudita", che aveva provocato una "ondata di indignazione generale". A dare impulso all'iniziativa legale contro i due artisti era stata una petizione online che aveva raccolto in poche ore 37mila firme. Una settimana dopo quella mobilitazione, i magistrati della procura ligure non hanno rilevato però la sussistenza dell'ipotesi di reato e hanno quindi avviato il caso verso la sua conclusione sul piano legale.

Pro Vita: "Ci opporremo all'archiviazione"

I presentatori dell'esposto non intendono però demordere e annunciano ricorso. "Pur non essendoci stato notificato nulla, apprendiamo dalle agenzia di stampa che la Procura di Imperia avrebbe archiviato il nostro esposto relativo agli atti osceni compiuti da Fedez e Rosa Chemical durante il Festival di Sanremo. Non appena l'atto ci sarà notificato, presenteremo opposizione al giudice per le indagini preliminari", ha dichiarato l'avvocato Luca Ghelfi per conto di Pro Vita & Famiglia Onlus, dell'onorevole Carlo Giovanardi e dell'avvocato Cianciulli.

"Come corrono le procure", la sferzata della Lucarelli

Per Fedez e Rosa Chemical al momento resta la buona notizia proveniente da Imperia, visto che i due artisti erano stati lì per lì travolti dalle critiche per quel siparietto (che, secondo i rumors, avrebbe peraltro creato malumori di coppia tra i Ferragnez). Al di là dell'aspetto formale, colpisce sulla vicenda la celerità della procura: un dettaglio che sui social ha sottolineato in particolare Selvaggia Lucarelli. "Come corrono 'ste procure quando ci sono lo show dell’anno e le notizie sui giornali di mezzo. E noi scemi che aspettiamo archiviazioni per anni", ha commentato con irriverenza la giornalista su Twitter, facendo riferimento ai tempi di solito dilatati della giustizia italiana.

Ahó, come corrono ‘ste procure quando ci sono lo show dell’anno e le notizie sui giornali di mezzo. E noi scemi che aspettiamo archiviazioni per anni. 

Ma quello contro Fedez e Rosa Chemical non era stato l'unico esposto presentato alla procura di Imperia in riferimento al recente festival di Sanremo. Il Condacons si era infatti rivolto al tribunale dopo la sfuriata del cantante Blanco, che all'Ariston aveva disintegrato la scenografia floreale preparata per la sua esibizione. Per quei fatti ora l'artista bresciano risulta indagato con l'accusa di danneggiamento aggravato. A quanto si apprende, la procura ha chiesto alla Rai se effettivamente ci sono stati dei danni e di quantificarli. In base agli elementi raccolti, i magistrati decideranno poi se l'azione legale necessiti di una prosecuzione o se meriti invece d'essere archiviata.

Dagospia l’8 febbraio 2023. Da “Un Giorno da Pecora - Rai Radio 1”

Dell’allestimento dell’Isola delle Rose, per il pezzo di Blanco a Sanremo, me ne sono occupata io. Avevamo fatto una prova con un mix di rose finte e vere, l’allestimento doveva ricordare l’aiuola presente nel video della sua canzone”. Lo racconta Jessica Tua, la flower stylist che ieri ha allestito a Sanremo il palco per la ‘performance’ di Blanco, intervenuta alla trasmissione Un Giorno da Pecora, su Radio1. Quante rose c’erano in quell’allestimento? “Saranno state circa 300”. Nel video in questione in effetti Blanco prende un po’ ai calci i fiori.

 “Questa cosa qui era preventivata, nel video infatti se la prende un po’ con le rose, nelle prove era una parte integrante”. Quindi era previsto? “Era tutto previsto, ma non la parte finale, doveva essere più soft la cosa. L’intento era quello di riprodurre il video ma poi la cosa è degenerata, doveva essere più soft, non riesco a capire per quale motivo”.

E’ rimasta male dell’ ‘esito finale’, per così dire. “Più che male ero convinta che sarebbe stata una bella cosa se avesse funzionato fino alla fine – ha detto a Un Giorno da Pecora - ed ero preoccupato anche perché sapevo com’era le strutture delle rose, fatta di pannelli di legno”. Che costi hanno le rose in questione? “A San Valentino diciamo tra gli 8 e i 10 euro”.

Alberto Dandolo per Dagospia l’8 febbraio 2023.

Se chi vi scrive non sapesse con granitica certezza che la performance di Blanco di ieri sera è solo la reazione di un ragazzino un po' alterato dalla improvvisa fama e chissà da cos'altro, penserebbe alla più grande, efficace e intelligente operazione di comunicazione per lanciare un prodotto nuovo sul mercato dal titolo "L'isola delle rose". 

 Riccardo Fabbriconi (questo il suo vero nome) , classe 2023 non aveva però né aveva dietro un guru delle media relations e nemmeno gli strumenti culturali e la lungimiranza imprenditoriale vista la sua giovane età. Ha semplicemente, meravigliosamente, incautamente fatto un eccitante (per chi vi scrive, perlomeno) casino.

In realtà oggi si parla solo di lui, il suo singolo è scaricatissimo e di questo Pestival resterà in eterno solo la scena di lui che spacca tutto e sfancula le rose.

In fondo, Blanco ha avuto culo ad avere 3 minuti di egomane e infantile follia: si è risparmiato di pagare a caro euro qualche press agent per lanciare il suo nuovo prodotto attraverso una eversiva strategia di marketing.

 Peccato che il bambino un po' sprovveduto che è in lui abbia ascoltato i consigli provinciali e un filino stolti dei suoi consulenti chiedendo scusa con un post.

Avrebbe dovuto cavalcare l'equivoco. Lasciare nel dubbio. Non far capire se era tutto vero o tutto finto.

 Chiedendo scusa ha rovinato definitivamente la inconsapevole ed eccelsa operazione commerciale andata in scena ieri sera.

(ANSA l’8 febbraio 2023) ''I fiori rendono bella la nostra vita. Il gesto di Blanco non ammette scusanti. Prendendo a calci quelle rose sul palco dell'Ariston di Sanremo ha dimostrato tutta la sua pochezza''. Sono le parole di Vincenzo Malafronte, presidente del consorzio produttori florovivaisti campani nel commentare le gesta del vincitore del Festival di Sanremo, sul palco del teatro Ariston, dove ieri sera ha letteralmente distrutto le composizioni floreali presenti sulla scenografia della prima serata della kermesse canora in segno di protesta per il fatto che non riusciva ad ascoltare bene l'audio.''

Quel gesto - prosegue Malafronte - è un 'calcio' all'impegno quotidiano di tante persone che lavorano nel settore florovivaistico. Blanco non ha compreso minimamente i tanti sacrifici, la devozione e l'amore che occorre per rendere bello un fiore. Se voleva manifestare la sua insoddisfazione per un problema tecnico, avrebbe fatto più bella figura se quelle rose le avesse regalate all'orchestra o al pubblico. Con quei calci ha solo mortificato tutta la nostra categoria e soprattutto un'eccellenza del made in Italy''.

Toti: "Blanco? Nessuno tocchi fiori festival". Estratto da repubblica.it l’8 febbraio 2023.

"Nessuno tocchi i fiori di Sanremo! Caro Blanco, dietro alla scenografia di fiori che ieri sera hai distrutto con leggerezza ci sono la storia di una città intera e l'intenso lavoro dei nostri floricoltori". Così il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti commenta via Facebook il fuori programma del cantante durante la prima serata del Festival di Sanremo.

"Per questo ti voglio invitare personalmente a visitare le nostre serre per vedere con i tuoi occhi lo straordinario impegno e l'eccellenza dei professionisti che portano avanti una tradizione che è diventata patrimonio internazionale e fa parte del Dna della Liguria e di Sanremo, proprio come il Festival. - sottolinea Toti - È il migliore esempio che puoi dare a tutti i ragazzi che ti seguono e amano la tua musica. Alla tua età a volte si fanno degli sbagli ma si può sempre recuperare e anche dagli errori...può nascere un fiore!".

Estratto dell'articolo di Marco Baronti per nicolaporro.it il 9 febbraio 2023.

Se la reazione di Blanco fosse stata come quella di Amedeo Minghi non staremmo qui a parlare di rose prese a calci, inciviltà e cattiva educazione.

 Sanremo 1996. Il noto cantautore fu protagonista di un episodio simile a quello accaduto al giovane artista bresciano, che però si risolse con un semplice “mi dispiace” rivolto al pubblico, nonostante il problema tecnico non dipendesse da lui. Con l’Amadeus di allora, Pippo Baudo, che torna sul palco tranquillizzando l’autore di Vattene amore: “Adesso aggiustiamo tutto.” Pochi minuti dopo l’intervento dei tecnici Minghi riprende a cantare il suo pezzo come se niente fosse.

 Minghi, che ne pensa del comportamento di Blanco?

Non è stata una bella cosa, gli è mancata un po’ di educazione civica. Penso che un’artista debba avere come priorità quella di rispettare il pubblico, non solo chi sta in sala ma anche i milioni di telespettatori che da casa guardano il Festival.

 Anche lei nel ’96 ebbe la sfortuna di incorrere in un problema di audio

Purtroppo sono cose che possono capitare. Iniziai a cantare ma subito mi accorsi di avere un ascolto del tutto sballato, più andavo avanti e più si sommavano i riverberi, non riuscivo a capire dov’ero mentre nel monitor aumentava il ritorno. Ho retto per un minuto e mezzo, poi mi sono fermato e la cosa più naturale che mi uscì dalla bocca fu un “mi dispiace” rivolto al pubblico. Una reazione normalissima nonostante da molti sia considerata eccezionale.

 Nei Sanremo degli anni ‘80-‘90 erano pensabili reazioni alla Blanco?

Figuriamoci, era impossibile potessero accadere episodi del genere in quegli anni. Quello di Blanco lo ritengo un gesto di stizza dovuto a una generazione che sta vivendo un momento di esasperazione, difficile da gestire per un artista giovane come lui.

 C’è chi ritiene sia stato tutto preparato.

Mi sembra fuori luogo pensare che la direzione artistica e la Rai possano mettersi d’accordo su una cosa del genere.

 (...)

 Anticipazione da “Striscia la Notizia” il 9 febbraio 2023.

I dubbi sollevati da Striscia la notizia sulla veridicità della sceneggiata di Blanco al Festival di Sanremo stanno cominciando a diventare certezze. Il tentativo di Amadeus di minimizzare l’accaduto, durante la consegna del Tapiro d’oro da parte di Valerio Staffelli, non aveva convinto il tg satirico di Antonio Ricci (vedi servizio). Ora, a confermare che lo “sbrocco” di Blanco fosse più che previsto, si aggiunge anche Jessica Tua, la flower stylist che ha creato la composizione di rose brutalizzata sul palco dell’Ariston.

«Durante l’esibizione, Blanco avrebbe dovuto muoversi come nel video de “L’isola delle rose” e quindi dare dei calci e dei pugni ai fiori. Prima della puntata è stata fatta una prova, bisognava ispirarsi al video e per questo abbiamo riproposto la stessa aiuola di rose: Blanco stesso era contento», rivela Jessica Tua, intervistata da Valerio Staffelli. Ma durante queste prove all’Ariston era presente anche personale Rai? «Penso di sì: non so chi fossero, ma di gente ce n’era», risponde la flower stylist. Quando l’inviato di Striscia le chiede se pure il materiale in cui erano stati inseriti i fiori fosse stato pensato per non farsi male, rivela: «Era tutto studiato affinché non fosse dannoso. Alle rose stesse, circa 300, sono state tolte tutte le spine».

Estratto dell'articolo di Emilio Marrese per “la Repubblica” il 9 febbraio 2023.

[…] Andato via da trionfatore l'anno scorso Blanco, martedì sera Riccardo Fabbriconi (sempre lui) ha lasciato Sanremo dall'uscita sul retro, manco fosse un latitante, protetto e blindato da famiglia e staff per tutto il giorno. Un biglietto di scuse in rima su Instagram, partorito alle 4.30 del mattino, e via (forse verso la sua Calvagese della Riviera sul Garda), inseguito dal coro di florovivaisti, ministri, assessori, neurologi, abbonati Rai, psicoterapeuti, dotti, medici e sapienti intervenuti nell'inevitabile dibattito lampo […]

Rivediamola un momento al Var. Blanco, vent'anni domani (auguri), non ha interrotto la band perché era un'esecuzione "half playback": cioè lui stava cantando davvero mentre i musicisti facevano finta, e il trucco non andava svelato. Pareva brutto, avrà pensato lì per lì mentre gli saliva il panico, far vedere che si stoppava la musica e gli altri continuavano a suonare. Quello che è seguito, non è stato migliore.

 Inoltre, secondo altre voci di corridoio, the bad guy non ha continuato comunque a cantare ignorando il blocco dei suoi auricolari - proprio suoi nel senso che, come ogni artista, se li era portati da casa, non erano della Rai - perché, tipo airbag, si sarebbe attivato l'Auto-Tune, cioè quella sorta di photoshop della voce che evita le stecche: alcuni cantanti lo vogliono, altri come lui no. Insomma, tecnicamente non c'erano vie d'uscita possibili. E allora Blanco s'è dato al giardinaggio in diretta, fuori di testa, altro che Måneskin.

Non era tutto diabolicamente scritto sul copione. Sì, il finale prevedeva che Blanco tirasse due calci a una rosa e si sdraiasse fetale nell'aiuola, come nel video della sua canzone L'isola delle rose: non che si trasformasse in Balotelli e rizollasse il palco, memore del suo passato da calciatore quando era detto Fabbro. Sarà contento il suo sponsor Adidas, che l'aveva vestito con la maglia azzurra della Nazionale.

 […] Testimoni diretti dell'incidente garantiscono la disperazione autentica dietro le quinte dell'Ariston della delegazione Universal, la casa discografica. E un Blanco contrito e confuso mandato subito a scusarsi nei camerini con autori e conduttori.

"A vent'anni ho fatto anche di peggio, magari non in prima serata..." ha poi detto Morandi. "Chiedo scusa alla città dei fiori" ha titolato Blanco la sua poesiola: "Ti ho messo in lacrime/come la mia mamma, Ariston/Mi hai visto fragile come un bimbo/e qui proprio qui, dove/mi hai insegnato a correre, sono caduto... Non sono perfetto come mi volevi/ma finalmente sono me stesso/Ti voglio bene Ariston/con tutta la mia follia".

"Blanco - ha accettato le scuse Amadeus - è consapevole di aver fatto qualcosa che non avrebbe dovuto. Non ha chiesto di essere capito ma di essere perdonato. Ha sbagliato e lo sa per primo". Nessuna squalifica in vista. Giusto un anno fa, quando c'era invece da celebrare il nuovo golden boy che, pur scartato da X Factor, aveva conquistato la vetta della musica, il padre Giovanni, informatico romano, raccontò che al suo ragazzo "un po' esuberante" piaceva "correre nudo nei boschi: la parte folle di mio figlio si manifesta non raramente". Ecco.

Sanremo, sbugiardati Amadeus e Rai: “Blanco? Avevano fatto pure le prove”. Il Tempo il 09 febbraio 2023.

Altro che raptus, era tutto studiato: Blanco da copione doveva distruggere i fiori del Festival di Sanremo e così ha fatto. L'unico imprevisto è stato il problema tecnico che ha fatto anticipare la distruzione delle rose che circondavano il cantante per la sua esibizione sul palco dell'Ariston. A ricostruire la vicenda, destinata a creare non pochi imbarazzi alla Rai e ad Amadeus, è Striscia la notizia che nella puntata di giovedì 9 febbraio, su Canale 5, propone l'intervista a Jessica Tua, la flower stylist che ha curato l'allestimento della performance di Blanco. Ebbene, l'idea era quella di ricreare il set del video de L'isola delle rose, in cui il vincitore della scorsa edizione del Festival prende a calci i fiori e li scaraventa ovunque. 

"Abbiamo creato questa aiuola fiorita che Blanco avrebbe dovuto prendere a calci e pugni,"  afferma la stilista del fiore che spiega per filo e per segno che era tutto previsto. Le rose erano collocate su tavole di legno per evitare che il cantante si facesse male colpendo i vasi, e in modo che il palco venisse ripulito in poco tempo. Le circa trecento rose, sempre per evitare che Blanco si ferisse, erano state tutte private delle spine... La scena, afferma Tua, è stata provata all'Ariston con grande soddisfazione di Blanco, il tutto davanti a funzionari Rai. D'altronde lo stesso cantante davanti a un - fintamente, a questo punto - imbarazzato Amadeus ha affermato candidamente: "I fiori? Li dovevo spaccare comunque". Perché previsto dal copione... 

La reprimenda del direttore artistico piombato sul palco tra i fischi del pubblico, la telefonata di chiarimento nella notte e le scuse del cantante "dispiaciutissimo", anche Gianni Morandi con la scopa in mano: secondo la ricostruzione di Striscia non resta che pensare che era tutto finto. 

I VOTI.

Sanremo, Day 1. Piccola Chiara, Benigni e la lezione dei professionisti ai mitomani del Festival. Guia Soncini su L’Inkiesta l’8 Febbraio 2023.

Ferragni col vestito nudo alla Carrie Bradshaw, il comico in versione istituzionale e il complottismo su Mattarella nella prima serata sanremese. Le canzoni sono solo per la meritata pausa snack, compresa quella del Johnny Rotten che ci possiamo permettere

Sono passati trentun anni da quando Corrado Guzzanti e i suoi compari di “Avanzi” cantavano «e ora che pure Benigni s’è sposato non ci sta più chi ci bestemmia sul mercato», quindi quando ieri mattina Amadeus ha annunciato che ieri sera ci sarebbe stato Benigni a leggere articoli della Costituzione, Benigni con Mattarella, nientemeno, abbiamo tutti pensato: beh, certo, ormai è venerato maestro, mica più in quota comico. 

Poi Benigni è arrivato e ci siamo ricordati che ci dimentichiamo sempre che è un signore che c’intrattiene da quarant’anni o giù di lì, e insomma non è che proprio lo metti su un palco e non sa cosa fare, non sa farti ridere e poi passare alle cose serie senza farti sentire il passaggio da un registro all’altro, non sa unire gli articoli della Costituzione e le frasi delle canzonette: è Benigni, mica Rula Jebreal. 

Poi Benigni, invece di prendere in braccio Chiara Ferragni (vogliamo, dagli artisti che ci piacciono, che a settant’anni siano uguali a com’erano a trenta; poi, se lo fossero, non ci piacerebbero), ha fatto il lavoro sporco di ricordare che ci sono dei paesi non lontani in cui i dissidenti li avvelenano. Senza il video, la lettera, senza neanche sforare (mica è una qualunque dolente monologhista). Ha detto tutto, fatto tutto, e chiuso in anticipo. Vi faccio vedere come si sta sul palco da professionisti. 

Lucio Presta, noi dobbiamo parlare. Lucio Presta, siediti su quella seggiola e ascoltami senza interrompere. Lucio Presta, tu mi hai rovinato il martedì. Tu indirettamente, e direttamente i molti mitomani televisivi che conosco, quelli che gli anni che Sanremo non lo fanno loro la sanno sempre lunghissima. 

(Lucio Presta, lo dico per chi non ha Google, è il signore che ha organizzato questo e alcuni degli ultimi Sanremo, è anche l’agente di Benigni e soprattutto è la ragione per cui ieri è successa questa cosina: che, per l’esaurimento nervoso di tutti quelli che hanno lavorato in altre danze, in altre stanze, al suo Sanremo c’era Mattarella). 

Insomma, io ieri pomeriggio avrei avuto un sacco di cose da fare. E invece l’ho passato al telefono, ad ascoltare gente certa certissima che questo di Mattarella fosse un precedente assai grave, e vuoi che ora la Meloni non dica sabato voglio esserci anch’io. Ma non mi pare la stessa cosa, balbettavo io incredula di conoscere solo deficienti (poi tutto è possibile, in questo mondo assurdo, e sicuramente verrò a stretto giro smentita e la Meloni andrà all’Ariston e costringerà Amadeus a chiudere la serata prima di mezzanotte perché si porta la bambina e le regole Rai dicono che coi bambini non si può fare più tardi). 

Tu non capisci, dicevano loro. Sanremo mica è la Scala. Nel senso che sono vestiti meno peggio?, chiedevo io. Mi rispondevano come fossi una provocatrice, non avendo evidentemente mai visto come si concia la gente alla prima della Scala, quella sera l’anno in cui Milano pare Vigna Clara. No, ma davvero, spiegatemi perché alla Scala ci può andare Mattarella e a Sanremo no. «Alla Scala ci sono i politici, c’è il sindaco». Ma Sanremo è tutt’un assessore che si lamenta non s’inquadrino i fiori, ma Sanremo non l’avete mai visto? 

Non ho niente contro gli autori televisivi, ho molti amici autori televisivi: non hanno capito come funziona Sanremo. D’altra parte Sanremo ci fa scoprire la diffusione dell’inconsapevolezza in tutte le professioni; la Ferragni ha ventotto milioni di follower e gli unici che non abbiano visto i «mi manchi» ai figli rimasti a Milano sono i giornalisti della sala stampa di Sanremo, che prendono la parola per chiedere: i tuoi figli sono qui con te? L’epoca dei dilettanti, per fortuna sono rimasti i Benigni e i Morandi, dio o chi per lui ci conservi le generazioni meno cialtrone. 

La cosa più struggente di Morandi è che continua a ripetere che finora la Ferragni stava solo nel telefono, e ora finalmente il pubblico la conoscerà: è un uomo così del Novecento che pensa si diventi personaggio pubblico a stare sul palco, mica ad avere una telecamera accesa pure mentre hai le contrazioni. 

Lo so, lo so: sono in ritardo di cinquanta righe sull’unica cosa di cui vogliate sentir parlare. Ma no, quali canzoni: non vi ho ancora detto che io durante Sanremo le canzoni le uso come sosta per andare a prendermi da bere? (Bevo molto). Delle canzoni nulla so, solo che c’è un piano antivaccinaro per far vincere Madame, chiunque ella sia. Non so neanche se sia vero, ma sono sempre a favore del pubblicare la leggenda senza verificarla.

E mi sono accorta solo della canzone di Blanco solo perché ha smesso di cantare e s’è messo a spaccare vasi: il rock italiano di questo secolo ha preso i vestiti da David Bowie e il garbo da Johnny Rotten. Le canzoni da nessuno (gliele potrebbe imprestare Morandi, che essendo un professionista spazza i cocci lasciati da Blanco): faccio bene ad andare a prendermi da bere.

No, quello di cui volete parlare, lo sappiamo sia io sia voi, è Chiara Ferragni. Che compare in cima alla scalinata di spalle, tipo Rocky nei film. Lo fa per mostrare il secondo dettaglio, ma io comincerei dal primo, quello più folgorante: ha un nuovo taglio di capelli. Vi chiederanno cos’è la spericolatezza, rispondete pure: tagliarsi i capelli il giorno in cui presenti Sanremo. 

È di spalle perché Maria Grazia Chiuri, la stilista di Dior che già aveva scritto su magliette da 750 euro che dovremmo tutti essere femministi, le ha messo addosso uno scialle con una scritta. La scritta sulla schiena di Chiara inspiegabilmente non dice che dovremmo tutte poterci permettere magliette da 750 euro. Dice: «Pensati libera». Prontamente compare sull’instagram della Ferragni spiegazioncina contenutista dell’importanza di questo messaggio. 

Ne sarà felice quella che in conferenza stampa le aveva chiesto «Come facciamo noi ragazze a credere di più in noi stesse?» (Ferragni essendo Ferragni, cioè una che fattura dicendoci che ha consumi mediocri come i nostri, desideri mediocri come i nostri, pensieri mediocri come i nostri, non le ha risposto: in voi stesse dovete crederci di meno, non di più. Ferragni, essendo Ferragni, la sera dirà alla sé stessa bambina che sbagliava tutte quelle volte in cui non si sentiva abbastanza brava o intelligente. Piccola Chiara, ma pure Chiara grande: il problema di questo secolo è la mitomania, mica la sindrome dell’impostore). 

Ora, Chiara Ferragni, noi dobbiamo parlare: i messaggi civili vanno benissimo, ottimi i sestessismi, le assoluzioni a te stessa in forma di letterina, bene tutto. Ti dirò di più: fai bene a dire che il monologo te lo sei scritto da sola, perché una mica può dire a un pubblico di analfabeti «porto me stessa» e poi scostare la tenda di Oz svelando l’esistenza degli autori; in ventotto milioni devono poter continuare a credere che una vada in tv e dica delle cose che le son venute in mente. 

Guarda, mi faccio andar bene pure il fantasioso concetto di violenza psicologica, nell’abolizione delle gerarchie dei traumi avviata dal MeToo, per cui «un paio d’anni fa, leggendo su instagram», hai scoperto che se stai con uno che ti guarda la scritta sullo scialle e dice «ma come ti sei conciata» fa punteggio dolenza come stare con uno che ti prende a sberle. 

Ti promuovo il pizzino all’ex fidanzato che ti sei tenuta in tasca fino alla mondovisione generalista; e anche l’apparire vestita di nudità, probabilmente pensando al vestito nudo di Carrie Bradshaw ma facendo ricordare a noi vegliarde i beati anni in cui Alba Parietti si presentava in tv con scollature abissali e poi s’innervosiva perché le guardavano i capezzoli invece del cervello. E amo il lapsus, o colpo di genio, con cui dici che quell’abito è legato «a quello che sto per portare»: consapevole che il tuo dolente monologo fosse quanto di più vicino all’argomento a piacere alla maturità. 

Va bene tutto, chi ha successo ha ragione, e tu per me hai quindi ragione sempre. Ora però, Chiara Ferragni, parliamo di cose serie: da chi vado a farmi tagliare i capelli così? 

Sanremo 2023: il meglio e il peggio della prima puntata. Francesco Canino su Panorama l’8 Febbraio 2023.

Blanco in versione "cavallo pazzo" si arrabbia per un problema tecnico e distrugge i fiori sul palco: una figuraccia da dimenticare. Chiara Ferragni brilla per i look ma il suo monologo non convince. Promossa la conduzione di Amadeus e lo zio Morandi

Quattro ore di diretta senza una sbavatura, scaletta costruita con abilità strategica per solleticare gli ascolti, poi a mezzanotte arriva “cavallo pazzo” Blanco che stravolge tutto e prende a calci il palco. Quattro ore dopo, il poetico omaggio di Benigni alla Costituzione è un solo un lontano ricordo così come la standing ovation per Mattarella. La prima puntata di Sanremo 2023 doveva essere ricordata per il monologo di Chiara Ferragni e invece finirà dritta negli annali festivalieri per il “colpo di testa” di Blanco che s’arrabbia perché non sente la sua voce in cuffia e distrugge l’allestimento floreale. Un dejà vu da rocker, che però sa subito di trasgressione fighetta. È il brutto della diretta, bellezza, con Amadeus reuccio nella gestione dell’imprevisto (vedi BugoMorgan), costretto a placare il pubblico dell’Ariston imbizzarrito contro il cantante che appena un anno fa era stato portato in trionfo proprio su quel palco. Dal monologo della Ferragni al rassicurante Morandi, ecco il meglio e il peggio della prima serata.

UN BENIGNI DA APPLAUSI Roberto Benigni divide sempre, o piace all’ennesima potenza o non conquista. Ma riesce come pochi a mischiare i registri, a ironizzare (lo fa pure sul quarto Festival consecutivo di Amadeus: «Bisogna stare attenti, è una dittatura, bisogna fermarlo. Ma gli si perdona tutto») e poi a far riflettere. Grande affabulatore, parla della Costituzione e fa commuovere anche Sergio Mattarella – presente all’Ariston, prima volta in assoluto nella storia del Festival - quando ricorda Bernando Mattarella, il padre del Presidente, uno dei padri Costituenti: «Lei e la Costituzione avete avuto lo stesso padre. Possiamo dire che è sua sorella», ha detto il premio Oscar. Intervento compatto, senza sbrodolamenti. Bella la chiosa: «Chi sogna arriva prima di chi pensa». VOTO: 8

LA POESIA LEGGERA DEI COMA COSE Per scoprire come hanno cantato, bisogna leggere le pagelle musicali di Panorama. Ma una citazione la merita l’esibizione dei Coma Cose: poetici, emozionati, commoventi. La regia colpisce nel segno e riesce a cogliere anche le piccole sfumature di un’alchimia artistica che sembra di poter toccare con mano. VOTO: 9

IL KARAOKE COLLETTIVO DEI POOH \ Anche se il rischio è quello di perdere il conto delle reunion, quella dei Pooh è il viatico per l’immancabile karaoke collettivo. Si canta e si urla (a proposito: Roby Facchinetti è diventato ormai un generatore automatico di meme virali), che il repertorio è più transgenerazionale che mai. C’è un po’ malinconia quando sul sipario vengono proiettate le immagini di Stefano D’Orazio che canta Uomini soli. VOTO: 6 e 1/2

IL MONOLOGO DI CHIARA FERRAGNI Un po’ lettera auto motivazionale, un po’ summa di frasi ad effetto destinate a diventare virali tra i suoi seguaci. Dentro lo speech di Chiara Ferragni (a chi le chiede se ha chiesto l’aiuto da casa, risponde: «L’ho scritto da sola»; «e si vede», ironizzano sui social) c’è di tutto e di più, come la Rai. Dal “processo a me stessa” di oxiana memoria “alla lettera a me stessa bambina” , che passa in rassegna le lacrime in cameretta e arriva fino a quelle sui red carpet. L’idea di partenza sarebbe stata pure buona, ma finisce per essere un pastone buonista che ingloba tutto, dal vaffa agli haters, al rapporto con paure e insicurezze, il femminismo tendenza il “corpo è mio e lo gestisco io”. Ma la parte più bella e sincera è la stoccata clamorosa all’ex fidanzato che per anni si è preso il merito di averla inventata. Buonista sì, ma pronta a graffiare. VOTO: 4

BLANCO “CAVALLO PAZZO” DISTRUGGE IL PALCO Brian Molko, scansate. C’era una volta il leader dei Placebo che spaccò la chitarra sul palco dell’Ariston (era il 2001), ora c’è Blanco che prende a calci i cespugli di rose allestiti per la sua performance. Qualcosa però va storto – un problema di audio nelle sue cuffie -, il 20enne sbrocca e inizia a distruggere tutto. Il pubblico inamidato dell’Ariston si irrigidisce, lo sommerge di fischi e Amadeus è costretto ad intervenire per placare gli animi. «Hai combinato un disastro figlio mio», dice proponendo di farlo riesibire. Poi la retromarcia tra i boati, dopo che lui peggiora la situazione: «Mi sono divertito lo stesso». Per Blanco uno scivolone epico che fa rimpiangere Bugo e Morgan. Ma i suoi fan già lo assolvono. VOTO: 0

ZIO GIANNI MORANDI, UNA CERTEZZA Prima della vigilia era tutto un “largo a giovani”. Ma alla fine la scelta di Amadeus - che ormai conduce il Festival col pilota automatico - di scegliersi Gianni Morandi come spalla, si rivela giustissima. Perché rottamare quando l’usato è più sicuro che mai? Morandi unisce, da veterano dello spettacolo con l’aria dello zio che al pranzo di Natale vogliono tutti di fianco. Trasversale e multitasking, canta l’Inno per Mattarella e spazza via le rose distrutte da Blanco (subito negli annali festivalieri), rassicura la Ferragni (che se la cava nel complesso molto meglio di altre colleghe co-conduttrici che l’hanno preceduta) e si prende l’Ariston cantando Battisti. VOTO: 9

Quindi, Sanremo...Ferragni è un fallimento, "l'agguato" a Meloni e Blanco: quindi, Sanremo... Giuseppe De Lorenzo l’8 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Ogni mattina il racconto punto per punto del Festival di Sanremo. La prima serata: canzoni bruttine, stonature e Mattarella

- Non c'è niente di più imbarazzante del Primafestival che nei fatti è un enorme marchettificio. Ci sta, è il mercato che lo chiede. Ma bello non è.

- All'Ariston si sono alzati in piedi per Mattarella, ma non per i morti del terremoto. Normale?

- È evidente che cantare l'inno d'Italia ad inizio Festival non era una cosa preparata. Il povero Gianni Morandi ha dovuto improvvisare.

- Poteva forse mancare la celebrazione della "costituzione antifascista"?

- La Costituzione come testo sacro è il grande male della nostra Italia. La si sacralizza per non emendarla mai. Questo Benigni lo sa. E allora mi domando: non è che dietro c'era un messaggio sottinteso, ma manco troppo, al governo? Del tipo: le riforme (autonomia) e il presidenzialismo ve li sognate, la Carta non si tocca. Magari sbaglio, ma sembrava un mezzo agguato alla Meloni.

- Solo per me l'esibizione di Benigni ha fatto flop? Sembrava buttata lì, pensata in poche ore, quasi di corsa. Sbaglio?

- La presenza di Mattarella all'Ariston deve aver rivoluzionato la scaletta. Inno improvvisato. Benigni raffazzonato. Amadeus che non sapeva cosa dire. Siamo sicuri sia stata una grande mossa? Senza contare che né la presidente Marinella Soldi né il CdA della Rai ne sapevano nulla. Un autogol.

- Anna Oxa: canzone interessante, ma non trascina. Voto: 5.

- gIANMARIA deve essersi dimenticato i bottoni della camicia. La canzone bruttina, ma funzionerà: voto 5.

- Ferragni si presenta con la scritta "Pensati libera". Bel vestito. L'emozione ci sta. Però leggere da un cartoncino non è che richieda una laurea in astrofisica. Datti una calmata.

- Mr Rain: bella canzone, semplice e piacevole con la presenza dei bambini (pure quella che piange). Voto: 6.

- Ma perché Mahmood si è messo i tacchi? Perché?? È forse una gara con Rosa Chemical e Maneskin a chi è più fluido?

- Marco Mengoni: può piacere o meno, ma almeno sa cantare dal vivo. Voto: 7-

- La scenetta sulla profiler con Elena Sofia Ricci è stata decisamente indecorosa. Nessuno ha riso. Pochi applausi. Dispiace anche un po' per lei: pessimo lavoro degli autori.

- Ormai nemmeno i direttori d'orchestra si vestono normale. Pare la gara a chi è più strambo.

- Ariete: ha stonato tutto lo stonabile. Farei meno attenzione all'outfit e più alle lezioni di canto. Voto: 2. Avrà preso almeno una nota?

- Le "canzoni brutte" di Morandi sono il momento migliore del Festival. Simpatico. E poi sa cantare, roba decisamente rara a Sanremo.

- 28,5 milioni di follower e mia madre davanti a Chiara Ferragni: "Ma questa chi è?". Spettacolo.

- Coma Cose: molto meglio la canzone dell'altra volta. Voto: 5. Anzi: un voto in più per il bacio eterosessuale. Di questi tempi è rivoluzionario. Voto finale: 6.

- Ormai più che Festival della canzone italiana è il Festival delle marchette. Chissà quanto avrà pagato Poltronesofà per sta schifezza di scenetta con i due "artigiani". Ho i brividi.

- Nel servizio d'ordine c'è il sosia di Bonaccini. O forse è lui? In effetti meglio fare da guardaspalle di Amadeus che il leader di quel bordello che si chiama Pd.

- Mi sa che Roby Facchinetti non si è ancora ripreso dallo choc della rapina. Che fine ha fatto la voce? Pareva una gallina.

- Il regista ha inquadrato una signora in prima fila all'Ariston i cui canotti al posto delle labbra stavano quasi per esplodere.

- Una delle qualità di Elodie è avere un fisico pazzesco, forse qualità superiore rispetto a quelle canore. E come l'hanno vestita? Vabbè. Canzone sottotono. Voto: 6.

- Ferragni: ma poi avere un vestito con disegnate le sue tette o andare tette al vento, cosa cambia?

- Abbiamo scoperto che Chiara Ferragni sa leggere. Bene, brava, bis. Dieci giorni che ci rompe le balle con l'ansia da prestazione e poi deve solo leggere in pubblico?

- La auto-lettera di Chiara Ferragni, in pratica il racconto della sua vita, manco fosse Dante Alighieri, è qualcosa che ci saremmo tranquillamente evitati. Contenuti? Zero. Fluidità di scrittura? Meno di zero. Pure l'audio era fallato. Un condensato di banalità. Che fallimento.

- Vedo Ferragni e penso: ridateci Zelensky.

- Amadeus: "Chiara ha scritto questa lettera da sola". Lo spero: perché se ci fosse stata più di una testa dietro quel testo c'era seriamente da preoccuparsi.

- Scusaci Diletta Leotta. Pensavamo tu avessi prodotto il momento più basso dei Festival, invece poteva accadere di peggio. Ferragni.

- Gassmann: un voto in più per la voce interessante, un altro ancora perché si è vestito come un cristiano normale in giacca e cravatta: 6.

- Blanco: non funziona l'audio e lui non si capisce per quale motivo spacca tutto sul palco. Dispiace, ma poteva tranquillamente continuare a cantare. Altri ne sono in grado, lui evidentemente no. Giusti i fischi dell'Ariston. Voto: 2.

- Almeno, va detto, ha rotto la monotonia di un Festival sin lì noiosetto. La scena migliore è quando Amadeus gli chiede: "Che messaggio c'era dietro a tutto questo"?. E lui: "Niente, mi è partita la brocca e ho spaccato tutto per divertirmi". Magico.

- Dubbio legittimo: quella di Blanco è stata sfuriata vera o sceneggiata preparata? In entrambi i casi anche solo aver pensato per un secondo di farlo ricantare è stato uno scivolone.

- Salmo ha fatto il bagno col microfono, Blanco ha fracassato i fiori. È il festival dello spreco.

- Chiara Ferragni sul terzo abito ha scritto: "Ma perché non ti rifai il seno?". Sarebbero alcuni degli insulti degli hater e bla bla bla. Mia moglie mi dice sempre "perché non ti fai un trapianto di capelli?". Quasi quasi a 'sto punto mi ci stampo una maglietta pure io.

- Al festival avere una bella voce ormai è un optional.

- Cugini di Campagna. Senza verve: 5

- Grignani: ci manca poco che va a "baciare il bambino" scendendo le scale. Poi il titolo della canzone è perfetto: "Quando ti manca il fiato". Ecco. Voto: 4

- Olly: dubito che senza auto-tune sia minimamente apprezzabile. Ma andrà di brutto nelle discoteche. Contenti voi. Voto: 6

- Il quarto abito della Ferragni è a metà tra una campana e una abat jour. La spiegazione suona pure peggio: l'obiettivo sarebbe quello di "liberare le nuove generazioni dagli stereotipi di genere nei quali spesso le donne si sentono ingabbiate" e "rompere le convenzioni imposte dal patriarcato". E pensare che come didascalia sarebbe bastato scrivere: l'abito più brutto della serata.

- Momento selfie tra Ferragni e Amadeus. Ma perché al Festival dovrebbero sponsorizzare il profilo Instagram di Ama?

- Colla Zio: Non classificati.

- Mara Sattei: Canzone che sembra già sentita. Voce decente. Voto: 6

- I vincitori della serata sono Gianni Morandi, unico cantante con una buona voce, e il coro. Pensate come siamo messi.

- Si sono dimenticati di togliere l'audio alla Ferragni durante il ricordo di Battisti. Lucio perdonali, perché non sanno quello che fanno.

Sanremo 2023: le pagelle della prima serata. Gianni Poglio su Panorama l’8 Febbraio 2023.

Mengoni ed Elodie in vetta alla classifica provvisoria. Blanco, ospite del Festival, non sente la sua voce per un problema tecnico e si mette a distruggere i vasi di fiori sul palco. E l'Ariston lo fischia...

Quattordici le esibizioni dei big nella prima serata del Festival in cui non ha votato il pubblico ma la sala stampa.

LE PAGELLE

Anna Oxa - Sali / Voto 5 Un pezzo dall'incedere epico, pomposo, dai colori forti, interpretato in puro stile Oxa. Non parte male, ma poi si ingarbuglia e non decolla nonostante la potenza vocale dell'interprete. Nella sua lunga carriera ha fatto di meglio.

Gianmaria - Mostro / Voto 5 La vena cantautorale non si concilia molto con la cassa in quattro che martella. La voce un po' "trascinata" è quella che piace ai suoi coetanei, ma al di là del ritornello furbo non c'è molto di più.

Mr.Rain - Supereroi / Voto 4,5 Una ballata con poco rap e tanta melodia, anche troppa. Una colata di miele su una coppia che si sostiene: "due gocce di pioggia che salvano il mondo dalle nuvole". Anche no.

Marco Mengoni - Due vite / Voto 8 Ecco cosa succede quando scendono in campo i professionisti. Bel pezzo, grande voce e una melodia potente che arriva forte e diretta. Rispetto a chi l'ha preceduto in gara è come se venisse da un altro pianeta.

Ariete - Mare di guai / Voto 6 Porta la firma di Calcutta e Dardust questo pezzo che parla a un pubblico giovane senza essere pateticamente giovanilistico. Lei ha personalità e uno stile definito. E la canzone gira bene. Funzionerà in radio e nello streaming.

Ultimo - Alba / Voto 6 Ci si aspettava molto da Ultimo con questo pezzo che cresce e che punta tutto sull'interpretazione. Ma qualcosa non ha funzionato. Vedremo se aggiusterà il tiro nelle prossime esibizioni.

Coma Cose - L'addio / Voto 5,5 Una crisi di coppia, la loro, diventa ballad. Il risultato è gradevole anche se non esaltante. Come la loro esibizione.

Elodie - Due / Voto 7,5 Altra categoria. Vale il discorso fatto per Marco Mengoni. Voce, presenza da diva e un pezzo accattivante tra dance, funk e r&b dal respiro internazionale. Tutto perfettamente a fuoco. In viaggio verso il podio...

Leo Gassmann - Terzo Cuore / Voto 5,5 Un pezzo romantico scritto con il contributo del frontman dei Pinguini Tattici Nucleari. Non spiccare originalità ma è più che decoroso. Il momento Asilo

Blanco: a causa di un problema tecnico non sente la sua voce durante l'esecuzione del nuovo singolo e quindi pensa bene di rovesciare i vasi di fiori, prenderli a calci e di non cantare. Voto: 3. L'Ariston non reagisce bene e lo fischia nonostante i tentativi in extremis di Amadeus di calmare le acque. Poi, arriva Gianni Morandi con la ramazza e contribuisce a ripulire il palco. Surreale.

Cugini di Campagna - Lettera 22 / Voto 6 Tutine luccicanti, zeppe e l'inconfondibile quanto altissima tonalità di voce. Dopo cinquant'anni di carriera calcano il palco dell'Ariston per la prima volta con un pezzo pop dance d'altri tempi. Di gran lunga i più simpatici della serata.

Gianluca Grignani - Quando ti manca il fiato / Voto 6 Un pezzo a tinte blues, personale intensissimo dedicato al padre che non vede da molti anni. Il pathos c'è e l'arrangiamento funziona, la voce fa un po' di saliscendi, ma nel complesso risulta una delle esibizioni più vere e sentite del Festival.

Olly - Polvere / Voto 4 Un unico grande martellamento ritmico dall'inizio alla fine. Troppo poco per fare una canzone.

Colla Zio - Non mi va / Voto 5,5 Il tormentone dei prossimi mesi. Si divertono ed evitano di prendersi troppo sul serio. In più hanno il pregio di essere allegri, un dettaglio che non guasta all'una di notte dopo quattro ore di diretta.

Mara Sattei - Duemilaminuti / Voto 6 Una canzone d'amore riuscita e ben cantata. Con una melodia non originalissima ma efficace. Ha il potenziale per diventare una hit dei prossimi mesi.

Questa la classifica provvisoria stilata in base ai voti della sala stampa:

14) Anna Oxa

13) Olly

12) Gianmaria

11) ariete

10) Gianluca Grignani

9) Mr. Rain

8) Cugini di Campagna

7) Colla Zio

6) Mara Sattei

5) Leo Gassmann

4) Ultimo

3) Coma Cose

2) Elodie

1) Marco Mengoni

Pagelle Sanremo 2023 prima serata: i voti a canzoni, cantanti e ospiti. Renato Franco e Andrea Laffranchi, inviati a Sanremo, su Il Corriere della Sera l’8 Febbraio 2023.

I giudizi sui primi 14 artisti che si sono esibiti nel corso della 73ma edizione del Festival della canzone italiana

Anna Oxa, voto: 4

Non riesce a indossare la spiritualità del testo scritto per lei da Francesco Bianconi (Baustelle) e Kaballà. Rende tutto retorico e ridondante. E l’arrangiamento non aiuta. L’unica cosa minimal è lo styling, eleganza orientale.

Qui il racconto in diretta della serata

gIANMARIA, voto: 6,5

La Gen Z in tutto e per tutto: la grafica del nome con maiuscole e minuscole invertite, una pronuncia che scivola verso il corsivo, il non riuscire a guardare oltre lo schermo del cellulare perché distratti da se stessi. Il pezzo funziona, lui ha bisogno di carburare. Al polso ha il nodo blu contro il bullismo.

Mr Rain, voto: 4

Non bastava la banalità del testo – l’amore che rende invincibili come supereroi - e della melodia, pure il coro dei bambini che sembra una trovata per esibirsi tutte le sere prima di mezzanotte. Non semplice, elementare.

Mahmood e Blanco, voto 8

I vincitori dello scorso anno tornano sul luogo del delitto. Brividi metteva assieme la tradizione della melodia e la contemporaneità dell’urban. Non c’è un pezzo con le stesse caratteristiche quest’anno. Il vincitore andrà cercato in un’altra categoria.

Roberto Benigni, voto 9

Un affabulatore straordinario, un giocoliere della parola, un funambolo del verbo; l’unico vero aedo che dall’antica Grecia si è affacciato nel nostro tempo fatto di like. E il segreto della diversità di pensiero lo ha rivelato lui stesso: «Chi sogna arriva prima di chi pensa».

Marco Mengoni, voto 8

Solo la nonna di Fedez non crede nella vittoria di Mengoni. Gli ha fatto le carte durante il podcast del nipote (Muschio Selvaggio, Rai2) e ha detto che arriverà secondo. Lo aveva fatto anche con il nipote e ci aveva beccato… Due vite ha il passo classico delle ballad melodiche ma ha anche la spinta della cassa. L’interpretazione di Marco riesce a cambiare colori e sfumature

Ariete, voto 6

Fa fatica a uscire dalla cameretta e a seguire il suo bedroom pop che si fa le spalle larghe con l’orchestra. Paga l’emozione, non sarà colpa della sua prima senza l’inseparabile capellino?

Elena Sofia Ricci, voto 4

Colpirne una per educarne cento. Quando il Festival di Sanremo uscirà dalla logica della sponsorizzazione per la prossima fiction in arrivo su Rai1 sarà sempre troppo tardi.

Ultimo, voto 7

Punta tutto sull’interpretazione e per la prima serata sceglie di non stare al pianoforte. Spinge sul pathos dell’interpretazione trascinato dal crescendo di una canzone anomala, che non ha un ritornello, ma rischia di perdere il controllo.

Coma Cose, voto 6

La storia della crisi della loro coppia. Perché California e Lama stanno insieme non solo su un palco. Un arrangiamento minimale ed elegante, ci vuole qualcosa in più sul palco, le fiamme negli occhi non si sono viste

Pooh, voto 6

La sufficienza è per la stima e la carriera. La performance è stata in bilico sul dirupo della stecca più di una volta. Prima della reunion (l’ennesima) di luglio a San Siro bisogna fare il tagliando

Elodie, voto 8

Una storia finita male, citazioni per la Mina di «Se telefonando», Elodie si presenta senza giocare la carta della sensualità. E ha ragione, quel ritornello non ha bisogno di altro, ti gira intorno e gioca come il gatto col topo

Chiara Ferragni, voto 5

Finché si tratta di presentare i cantanti niente da dire. Poi arriva il momento del monologo e tutto crolla. Il vestito non è esattamente fine e poi l’ego è in modalità «ciao come sto?». Chiara che parla di Chiara, il selfie di se stessa. Spinoza sintetizza alla perfezione: Chiara Ferragni si commuove leggendo una lettera che si è scritta da sola.

Blanco, voto 4

L’impeto punk e i calci che sfasciano il tappeto di rose ci stanno. Smettere di cantare per un problema tecnico meno.

Gianni Morandi, voto 8

Colpo di fulmine quando aiuta l’incerta Anna Oxa («Ti senti bene?»), colpo da maestro quando si mette a cantare le sue canzoni più brutte, colpo di scopa quando si mette a pulire i resti della scapocciata di Blanco. Numero 1.

Amadeus, voto 7,5

(Ama)deus ex machina di se stesso. Ormai conduce con il pilota automatico e quando si trova in mezzo alla strada il suo cavallo pazzo (la mattana di Blanco) baudizza come se non ci fosse un domani

Leo Gassmann, voto 5

Leggero e fresco, sorriso da preso bene, ma manca qualcosa per far partire il pezzo.

Cugini di campagna, voto 4

L’idea di mettere assieme il trash dei Cugini di campagna con il pop elegante della Rappresentante di lista era intrigante. Il risultato è deludente. Il look è scontato: zeppe argentate, tutone a zampa e paillettes, le tastiere a tracolla. Difficile che i Maneskin copino (loro sono convinti di averli ispirati) pure questo

Gianluca Grignani, voto 5

Sarà stata l’emozione del grande ritorno o quella generata dal racconto sul rapporto con un padre assente, ma il fiato che manca del titolo si è purtroppo avverato

Olly, voto 6,5

Il pezzo diverte: autotune e cassa dritta con archi in stile Viva la Vida dei Coldplay. Lui si lascia trascinare anche se paga qualcosa in concentrazione

Colla Zio, voto 6

Fluidità musicale: un po’ rap un po’ funk. Fluidità ballerina: un po’ coreografie da boyband, un po’ libertà da festa del liceo. Spensierati e freschi, ma i colori pastello no dai…

Mara Sattei, voto 6

Damiano dei Maneskin le regala un testo su amore finito fra i lividi, la musica è firmata dal fratello thasup genio del nuovo hip hop, lei sa come interpretare. C’è tanta classicità, ci sarebbe stato anche un po’ più di slancio innovativo

Marco Zonetti per Dagospia l’8 febbraio 2023.

La prima serata del Festival di Sanremo 2023, per quanto riguarda i look, le mise, o - per non fare gli snob radical chic (cit. Ministro Sangiuliano) - gli abiti indossati sul palco dai vari protagonisti, decreta ancora una volta lo stile incontrastato di "Re Giorgio", riconoscibile al primo sguardo. Il long dress blu notte di Giorgio Armani tempestato di cristalli di Elena Sofia Ricci e l'abito in velluto liscio con scollatura a V targato Armani Privé sfoggiato da Mara Sattei sono stati infatti ieri sera i due più preziosi gioielli nello scrigno dell'eleganza sul palco dell'Ariston.

Griffato Armani era anche Gianni Morandi, con le sue giacche di velluto e da smoking, mentre Amadeus ha sfoggiato i suoi imprescindibili blazer luccicanti, ieri firmati Gai Mattiolo. Nel suo abito lungo monospalla Rossorame, spiccava seduta - come di consueto - in prima fila l'immancabile moglie di Amadeus, Giovanna Civitillo, fasciata in un rosa fucsia così acceso da poter essere avvistata anche dallo spazio profondo. Impossibile non notarla.

 Chiara Ferragni, co-conduttrice della serata, ha affrontato con piglio sicuro l'insidiosa scala dell'Ariston in quattro differenti versioni firmate Dior, ciascuna portatrice di un "messaggio" sociale. "L'abito manifesto", nero con stola bianca fregiata dal motto "Pensati libera"; la mise trompe l'oeil a donare un'illusione di nudo riproducendo il corpo della influencer; il cosiddetto "abito contro l'odio", bianco e dallo spacco diagonale con una serie di scritte che riproducevano gli insulti rivoltigli sui social; la tuta di jersey tempestata di strass con gonna "a gabbia" a simboleggiare le costrizioni dei pregiudizi che imprigionano le donne.

Extensions bionde spettinate, paludata in un lungo abito nero a metà tra Morticia Addams e Juliette Greco, ma con anfibi da marine, Anna Oxa, la prima cantante discesa dalla scalinata dell'Ariston, è stata l'unica a non rivelare dettagli sul suo look. Che pertanto potrebbe essere di altissima moda o comprato all'Ovs, non è dato sapere. Ma ad Anna, anche in versione gattara, si sa, si perdona tutto. 

Il biondo ed efebico Gianmaria, paragonato in rete a Lady Oscar, sfoggiava una trasandata mise stile "poeta maledetto, in camicia e pantaloni griffati Massimo Giorgetti di MSGM. Per chi non se ne fosse accorto, il giovane cantante aveva al polso il "nodo blu", che simboleggia la lotta al bullismo in tutte le sue forme e sfaccettature. Baudelaire avrebbe senz'altro apprezzato.

 L'ossigenato Mr. Rain, dal canto suo, si è esibito sul palco con un completo di tweed e lurex, griffato GCDS di Giuliano Calza. In rete qualcuno lo ha accostato al biondo replicante di Blade Runner, il quale ha tutta la nostra solidarietà dopo le tante "cose che voi umani" eccetera  eccetera che abbiamo dovuto sorbirci ieri sera e che ancora ci attendono…

Blanco e Mahmood, dopo aver vinto con Brividi l'edizione 2022 del Festival di Sanremo, sono tornati a gorgheggiare il loro guaito d'amore anche ieri sera. Il primo, in t-shirt oversize argento e pantaloni neri Dolce & Gabbana, il secondo di nero vestito con blazer trasparente in organza a lasciar intravedere la canottiera in contrasto, tutto firmato Rick Owens. Blanco è poi tornato sul palco a sfasciare le fioriere vestito di bianco virginale con la vita strizzata in un bustino steccato. Senz'altro più elegante di Faye Dunaway-Joan Crawford quando, in Mammina Cara, prende ad accettate le rose in giardino.

Marco Mengoni ha dal canto suo scelto un look piuttosto aggressivo, fasciandosi in pantaloni e camicia in pelle nera firmati Versace. Un mix tra gli indimenticati Village People e le atmosfere del film Cruising con Al Pacino, che ha stuzzicato i tanti estimatori gay del cantante.

 Pantaloni neri, giacca rosso fuoco e camicia bianca, tutto targato Marni, la giovanissima Ariete ha scelto invece un look androgino e, nel suo trucco e nella sua acconciatura, adombrava (forse involontariamente) la diva degli anni Trenta Claudette Colbert, premio Oscar per Accadde una notte. E chissà che anche per la talentuosa Ariete quella della finale di sabato prossimo non si riveli una notte magica…

La creatività di Re Giorgio è di fatto la scelta anche di Ultimo, ma declinata nella linea giovanile di Emporio Armani. Il cantante si è esibito sul palco in nero assoluto, con l'aderente gilet a lasciar scoperte le braccia tatuate. Un differente approccio all'aggressività rispetto a Mengoni.

 Non scontato l'omaggio del duo Coma Cose alla stilista Vivienne Westwood, recentemente scomparsa, e alle tante sfaccettature della sua creatività. Lei fasciata in abito sirena tempestato di paillettes oro, lui in completo tartan. Glamour e tradizione, un connubio stilisticamente vincente per la coppia canora formata da Fausto Zanardelli alias Fausto Lama e Francesca Mesiano in arte California.

Il revival dei Pooh, con il ritorno di Riccardo Fogli al microfono accanto ai tre storici colleghi, li vede declinare in quattro aspetti differenti il completo nero. Roby Facchinetti lo sfoggia impreziosito di paillettes, Dodi Battaglia predilige il velluto, Riccardo Fogli sceglie un tre pezzi con cravatta, Red Canzian il jacquard.

 C'era grande attesa per l'apparizione di Elodie, dopo le dichiarazioni shock di qualche giorno fa, e la cantante romana non ha deluso le aspettative con la sua sontuosa mise targata Maison Valentino. Avvolta in un soprabito piumato effetto "cornacchia" che si apriva su una rapsodia di scollature audaci, "vedo non vedo" e fascianti aderenze,  l'artista si stagliava contro le luci abbaglianti dell'Ariston simile a un sulfureo "cigno nero". Meno tragico, altrettanto scenografico ma senz'altro più seducente di quello che guadagnò l'Oscar a Natalie Portman.

Come Ultimo, anche Leo Gassmann ha scelto Emporio Armani per la sua esibizione. Precisamente una mise composta da completo scuro e camicia bianca fregiata dal profilo della palma, emblema della kermesse sanremese. Ineccepibile.

 Tute argento tempestate di paillettes, scarpe con la zeppa, capelli lunghi e chitarre multicolor stile Mondrian, i quattro Cugini di Campagna hanno riportato gli anni Settanta sul palco di Sanremo. I Rockets che incontrano gli Abba, insomma, scontrandosi però con il parrucchiere. Unici.

Il rapper Olly, al secolo Federico Olivieri, è approdato all'Ariston in rosa e nero, con giacca dal collo "a scialle" e scarpe da ginnastica. Un look perfetto per il ventunenne che è.

Gianluca Grignani, per il suo ritorno all'Ariston, ha abbandonato l'aria da "bad boy" e si è presentato con i capelli accuratamente raccolti e un elegante completo "Decor" scelto per lui dallo stylist Marco de Luca.

I giovanissimi componenti del gruppo Colla Zio sembravano usciti da una pubblicità della Benetton degli anni Ottanta, con i loro look multicolore. Ma è stata una ventata di allegria e freschezza, anche nella scelta delle mise, che li ha resi immediatamente simpatici a tutti.

Sanremo 2023, i look della prima serata. Mariella Baroli su Panorama l’08 Febbraio 2023

Inutile dire che l'attesa era tutta per Chiara Ferragni. Ma c'è stato molto di più

Si è conclusa la prima serata del Festival di Sanremo, la più vista dal 1995. Fedeli o meno all’ormai sempre più chiacchierato Fantasanremo, i cantanti si sono sdati sul palco dell’Ariston anche a colpi di look. Ma iniziamo dal presentatore della serata, Amadeus, ancora una volta in Gai Mattiolo (la moglie, Giovanna Civitillo, in prima la, sceglie per il terzo anno Rossorame), mentre il suo coconduttore, Gianni Morandi, opta per un abito in velluto rmato Giorgio Armani. A inaugurare la gara è stata invece Anna Oxa (la cantante ha fatto sapere di non avere uno stylist o stilista di riferimento), in un ampio abito nero e capelli spettinati platino, seguita dal giovanissimo gIANMARIA in un completo camicia e pantaloni realizzato su misura da Massimo Giorgetti di MSGM. Al suo polso un braccialetto con un nodo blu, simbolo della lotta contro il bullismo. Il brand di Giuliano Calza, accompagnato dallo styling di Minina Cornacchia, ha invece vestito Mr Rain in un completo nero custom realizzato in tweed con applicazioni di paillette all over e le scarpe della collaborazione GCDS x Clarks. Ariete ed Elodie (Marni e Ansa) Marco Mengoni - con lo styling di Lorenzo Posocco - stupisce in un completo in pelle ramato Versace, seguito da Ariete (sempre con lo styling di Posocco) in Marni. Ultimo ha invece scelto di calcare ancora una volta il palco dell’Ariston indossano un look total black ramato Emporio Armani.

Il duo Coma_Cose, come anticipato dalla stylist Giorgia Cantarini, si è esibito indossato Vivienne Westwood, lui in un completo tartan, lei in un abito fasciante di paillettes oro. Un omaggio sentito, dopo la recente scomparsa dell’iconica stilista. Trasparenze, piume e seduzione, caratterizzano l’abito di Elodie, rmato Maison Valentino. Anche qui, il tocco magico di Lorenzo Posocco non delude pubblico e critica. A completare il look il make-up di Daniele Lorusso, che per il Festival ha scelto di lavorare con Sephora. Leo Gassman sceglie invece la semplicità del completo giacca e cravatta - firmati Emporio Armani - ma con un firmato omaggio al Festival, la cucitura della simbolica palma sulla camicia.

Non deludono (e come avrebbero mai potuto) i Cugini di Campagna, in un ensemble fatto di tute di paillettes argento e scarpe con la zeppa. Olly indossa un look vibes anni Cinquanta di Çanaku, reso contemporaneo nelle forme, un suit in fresco lana che mantiene invariate le lavorazioni sartoriali e reso divertente attraverso lo styling di Lorenzo Oddo. Gianluca Grignani, con il suo stylist Marco De Luca, sceglie un look total black (con tanto di occhiali scuri) arricchito da dettagli brillanti sulle spalle. Tutto rmato John Richmond. I Colla Zio sono invece coloratissimi nei loro completi Bonsai, curati da Aurora Zaltieri.

Chiude la serata Mara Sattei in un incantevole abito in velluto nero dalla scollatura profonda rmato Armani Prive e accompagnato da gioielli Chopard. Gli ospiti della serata, a partire dal contestassimo Blanco hanno indossato Dolce&Gabbana, Rick Owens (Mahmood), Giorgio Armani (Elena Soa Ricci). Il look dell’orchestra è invece andato ad Atelier Emé. Mahmood e Blanco (Ansa) Ma la protagonista della prima serata è stata senza dubbio lei, Chiara Ferragni, in quattro abiti manifesto, disegnati a quattro mani con Maria Grazia Chiuri (direttore creativo di Dior) e coadiuvati dallo styling e la direzione artistica di Fabio Maria Damato. Il primo look - «The Manifesto Dress» - è composto da un abito corolla in seta nero ispirato alla tradizione Dior e completato dalla stola-manifesto con ricamato il claim «Pensati Libera». A seguire, «The Shameless Dress» riporta l’attenzione sui diritti delle donne, del loro corpo e su come disporre del corpo femminile delle stesse sia, purtroppo, ancora considerato discusso e discutibile. Il vestito in tulle color carne riproduce con un ricamo trompe l’oleil il corpo di Chiara Ferragni senza veli, «naturale e liberato da quella vergogna che hanno sempre imposto a tutte, a partire da Eva, la prima donna della storia indotta a provare vergogna». «The Hate Dress» nasce dai commenti di odio che la Ferragni riceve ogni giorno sui social. Queste parole «nere», ricamate su un peplo bianco raccontano, come la pagina di un libro, quel disprezzo infruttifero contro il quale lottare ogni giorno. L’ultimo abito, «The Cage» nasce per liberare le nuove generazioni dagli stereotipi di genere nei quali spesso le donne si sentono ingabbiate. Si tratta di un abito haute couture composto da una tuta in jersey ricamata di strass, intrappolata in una gonna di tulle che prende ispirazione dall’opera di Jana Sterback. A completare ogni look, il make-up firmato Lancome a cura di Manuele Mameli e il nuovo taglio più corto, merito di Patti Bussa.

I CANTANTI.

Chi è gIANMARIA, il cantante che partecipa con la canzone “Mostro” al Festival di Sanremo 2023. Vito Califano su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

La canzone che gIANMARIA ha deciso di portare a Sanremo “non è una canzone pensata per il Festival, ma nemmeno per le radio: insomma, mi prendo un bel rischio”. Esploso a X Factor, approdato alla 73esima edizione del Festival dopo aver vinto la gara tra i giovani, sul palco della kermesse canterà e gareggerà con Mostro, che parla del senso di straniamento quando ha lasciato Vicenza per vivere a Milano. Alla serata delle cover di venerdì 10 febbraio si esibirà con Manuel Agnelli.

Gianmaria è il nome d’arte di Gianmaria Volpato, considerato uno dei volti nuovi del graffiti pop italiano. Al grande pubblico è diventato noto tramite X Factor. Era considerato “il ritratto della sua generazione. Bella faccia, bella testa, ma sfuggente e introverso. Ha una sua visione del mondo, abbastanza complessa, che si riflette nella sua musica e nei suoi testi”, come si leggeva sul sito ufficiale del talent show dove faceva parte della squadra di Emma Marrone.

Classe 2002, è di Vicenza. Ha raccontato che scrive da quando era poco più di un bambino. Aveva 13 anni più o meno quando, dopo aver visto su Youtube alcuni contest di freestyle, ha cominciato a scrivere pensando alla musica. Il suo primo pezzo lo ha inciso nello studio di registrazione che un amico aveva assemblato in casa. All’inizio il suo nome d’arte era Gianxoxo. Alle selezioni del talent si era presentato con il suo inedito Suicidi. Del 2021 tre singoli: Tutto o niente 2, Mamma scusa e Ascolta.

Parla di come ho trascurato la famiglia e gli amici per pensare ai miei sogni, una scelta che mi ha portato qui ma mi ha fatto sentire anche una carogna, un mostro – ha dichiarato a TV Sorrisi e Canzoni sulla canzone che porterà a Sanremo – Sto vivendo il mio periodo più sano di sempre, ho dato uno stop agli aperitivi, esco poco e ogni tanto mi tiro tre sberle ricordando a me stesso mi vivermela bene”. Alla serata delle cover si esibirà in Quello che non c’è, brano degli Afterhours, con il leader della band Manuel Agnelli, già giudice di X Factor.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Chi è Mr. Rain, il rapper che scrive canzoni solo quando piove: “Supereroi? Chi non ha paura di chiedere aiuto”. Redazione su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

All’anagrafe si chiama Mattia Belardi ma il suo nome artistico è Mr. Rain “perché scrivo le mie canzoni solo nei giorni di pioggia“. Per il rapper 31enne di Desenzano del Garda (Brescia) si tratta della prima partecipazione al Festival di Sanremo dove è in gara con il brano “Supereroi”, una canzone più che un rap dove non mancano, tuttavia, rime e assonanze.

Gli autori del brano oltre a Mr. Rain sono Lorenzo Vizzini e Federica Abbate. I supereroi del titolo sono due persone che scelgono di affrontare le avversità insieme,  provando a sconfiggere le ferite profonde che ti cambiano anche dopo essere guarite, diventando così “due gocce di pioggia che salvano il mondo dalle nuvole”. Belardi spiega così il brano che canterà sul palco dell’Ariston: “Parla di depressione e del coraggio, in certi momenti, di chiedere aiuto. Insomma, racconta difficoltà da cui sono uscito che ho sempre sognato raccontare su quel palco per dare una mano a chi si trova a viverle ora”. “Il mio è stato, infatti, un percorso di crescita iniziato nel momento in cui ho trovato la forza di chiedere un sostegno” chiarisce. “Scelta da supereroe perché, passo dopo passo, ti consente di tornare a vivere”.

La sua carriera musicale di Mr. Rain inizia sulla scia di Eminem, il primo rapper bianco che ha sbancato negli Stati Uniti agli inizi degli anni Duemila. Nel 2009, Mattia Belardi inizia per la prima volta a utilizzare il nome d’arte con cui è conosciuto ancora oggi. Sotto il nome di Mr. Rain, inizia a scrivere le sue prime canzoni e nel 2011 pubblica il primo mixtape: Time 2 Eat.

Nel 2013 approda a X Factor dove però non supera i provini. Ripescato per entrare  nel programma, rifiuta poi la partecipazione. “Facendo i casting mi ero reso conto che non era la strada giusta per me, sono testardo e ho deciso di abbandonare. Ho preso la strada più lunga ma seguendo il mio percorso, senza la scorciatoia di un talent. Non mi sentivo pronto, volevo fare ancora più gavetta” ha poi spiegato.

Nel 2014 il suo primo tour nazionale ottiene un discreto successo: apre infatti numerosi concerti di artisti rap e reggae come Fedez; Emis Killa; Fabri Fibra; Mondo Marcio; Gemitaiz; Toots and the Maytals. Nel 2015 arriva il suo primo disco ufficiale, Memories. Poi l’uscita del singolo Carillon che su Youtube supera le 20 milioni di visualizzazioni (oggi ne ha oltre 44). E’ la consacrazione nel mondo del rap.

Nei suoi brani, Mr. Rain lancia messaggi sociali soprattutto relativi alla salute mentale, incoraggiando i giovani a non crearsi problemi nel ricorrere a un supporto psicologico. Il suo primo incontro con lo psicologo, ha raccontato in passato il rapper, è avvenuto all’età di 5 anni e gli ha permesso di esprimere le sue emozioni ed aprirsi. Oggi Belardi considera la mamma “supereroe”.  Al Festival di Sanremo aveva già provato ad andarci nel 2020 con i “Fiori di Chernobyl”.

Negli ultimi tempi, era finito sulle copertine gossip per un presunto flirt con la showgirl Elisabetta Gregoraci, smentito in una recente intervista a Repubblica: “Mi sono fatto tante risate. In realtà è tutto un disguido. Con Eli siamo amici, lei mi segue, ascolta le mie canzoni, è una persona fantastica. Però, sul flirt non c’è nulla di vero. Io sono fidanzato da più di cinque anni! Era puro gossip, palesemente uno sbaglio”.

Mr. Rain: «I bambini nelle mie canzoni? Nessuna operazione di marketing, è il mio tratto distintivo». Barbara Visentin su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

Il cantante e rapper è arrivato terzo con «Supereroi». Rivelazione del Festival, sta già macinando numeri da capogiro

La rivelazione di questo Festival macina già numeri da capogiro: è il sanremese più visto su TikTok, il suo brano è al secondo posto nella Top 50 di Spotify Italia, è entrato nella Top 100 mondiale e sta spopolando in radio, mentre il tour nei club in partenza il 6 aprile va verso il sold out in tutte le date. Mr. Rain, al secolo Mattia Balardi, 31 anni, cresciuto in provincia di Brescia, con la sua «Supereroi» ha smosso il lato tenero del pubblico, arrivando terzo: «Speravo che la canzone colpisse le persone ed è una cosa stupenda leggere i messaggi di chi sta passando un brutto periodo e mi dice che li sta aiutando a trovare forza».

Il brano, cantato con un coro di bambini, come angeli sul palco, «è un inno al chiedere aiuto in un momento di debolezza», scritto dopo un periodo di depressione: «Ho passato almeno due anni veramente cupi, ero arrivato all’ultima goccia — racconta il cantante e rapper, studi da perito informatico, passato poi alla chitarra e al piano con i tutorial trovati su YouTube —. Ho rivalutato tutto della mia persona e ho capito che c’era qualcosa che non funzionava». La chiave per stare meglio è stata proprio lanciare un segnale: «Sbagliavo l’approccio e mi vergognavo a chiedere aiuto. Sono chiuso e introverso, ma ora sto provando ogni giorno a essere più aperto con le persone che mi vogliono bene e a spiegare come mi sento. Questo mi ha migliorato la vita». E questo è il messaggio che ha voluto portare anche all’Ariston, più importante della gara: «Quando hai un periodo buio ti senti completamente solo, ma quando riesci ad accettarti con le tue insicurezze e paure, ti accorgi che gli altri sono uguali a te».

C’è chi ha visto nel coro un’operazione un po’ ruffiana, ma Mr. Rain ricorda che è dal 2015 che inserisce le voci dei bambini nei brani: «È il mio tratto distintivo perché penso che una cosa detta da un bimbo abbia un peso superiore e amplifichi il messaggio. Se fosse stata un’operazione di marketing sarei stato un genio a lavorarci per 8 anni. È una cosa genuina, io sono quello che avete visto sul palco. E poi i bambini mi hanno aiutato, loro erano quelli forti e io il più teso».

Nel gioco dei ruoli, lui è il rapper buono, agli antipodi del trasgressivo Rosa Chemical: «Certo, è molto lontano dal mio mondo, ma musicalmente mi piace e visto che l’ho conosciuto, posso dire che mi sembra una buonissima persona».

Il suo riferimento artistico, invece, è Eminem, motivo per cui ha i capelli biondi: «Li tingo da 15 anni, assolutamente per quello. Quando l’ho scoperto ho capito che volevo fare quel che faceva lui. La musica era l’unico modo per riuscire a dire quel che tenevo dentro e l’ho sfruttata quasi come una terapia».

Chi è Mr. Rain, la sorpresa di Sanremo: lo raccontano la madre Francy e la sorella. Valerio Morabito su Il Corriere della Sera l’11 Febbraio 2023.

Mattia Balardi è cresciuto tra Carpenedolo e Montichiari, per poi trasferirsi a Brescia e infine a Milano. Ha studiato all’Itis Castelli. Ma la musica è sempre stata la sua passione, fin dai tempi dei poster in camera di Eminem

Pane e musica sono la sua quotidianità. È stato così in passato e lo è anche oggi. Mr. Rain, all’anagrafe Mattia Balardi, che ha raggiunto il grande pubblico calcando il palcoscenico a Sanremo con «Supereroi», è cresciuto in un ambiente familiare stimolante, soprattutto per quanto riguarda la musica. «La musica c’è sempre stata in casa nostra — ha raccontato la madre Francy —. Avevamo, ad esempio, il pianoforte, e io suono più strumenti». La mamma, insieme alle sorelle Kimberly, Katheen e Jennifer (oltre ad altri familiari e amici) sono a Sanremo a sostenere Mattia. «Ritorneremo in giornata — ha aggiunto Kimberly — e nel locale pianobar a Padenghe di mia madre, Luci d’alba, ci sarà il punto d’ascolto dove vedremo la finale». Mattia Balardi, 31 anni, è cresciuto a Carpenedolo (dove il padre ha una forneria e la sorella un bar «E Coffee»), si è trasferito con la famiglia a Montichiari, poi a Brescia e infine a Milano, dove vive.

Ha studiato all’Itis Castelli di Brescia, indirizzo di informatica, ma la sua grande passione è sempre stata la musica. «È un autodidatta — ha aggiunto la mamma — e la musica l’ha creata nella sua stanza, anche condividendo con la famiglia quello che di volta in volta ha realizzato». Per fare felice Mattia era sufficiente regalargli qualcosa che avesse a che fare con la musica. «I regali più apprezzati — ha ricordato Kimberly — sono stati quelli musicali. Dalla musicassetta ai biglietti del concerto di Nek fino agli strumenti». Ed è grazie alla passione, oltre che alla sue doti canore, che Mr. Rain dalla Bassa bresciana è riuscito ad arrivare sul palco dell’Ariston. Una scalata inarrestabile anche se non priva delle difficoltà che tutti quelli con un minimo di ambizione possono incontrare lungo il percorso. Per questo motivo viene in mente la celebre canzone «Lose Yourself» di Eminem. Brano che parla di cogliere le opportunità, una specie di carpe diem in chiave millennial, di fronte alle varie sfide e problematiche della vita. Il riferimento a Eminem non è casuale. Nel pantheon musicale del 31enne bresciano c’è proprio il cantante americano. Come, del resto, ricordato sia dalla madre che dalla sorella: «Nella sua camera c’erano diversi poster di Eminem».

Oggi Mr. Rain, raggiungendo il pubblico di Sanremo, è diventato popolare. Mentre la fama, in realtà, l’ha incontrata già qualche anno fa quando con «Fiori di Chernobyl» aveva ottenuto il disco di platino. Nonostante questo Mattia Balardi non è cambiato. «E’ una persona semplice — ha messo in evidenza la madre — e il successo non l’ha cambiato». Adesso non resta che attendere il responso della finalissima di Sanremo. Per l’occasione non ci sarà soltanto il punto di ascolto al pianobar di Padenghe, ma alcuni ragazzi si riuniranno nell’oratorio di Carpenedolo per sostenere Mr. Rain. Come stanno facendo, tramite i social, i vari gruppi bresciani.

Chi è Ariete, la cantante che partecipa con “Mare di guai” al Festival di Sanremo 2023. Vito Califano su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Ariete dice: “Non vedo l’ora di cantare il pezzo, di farlo conoscere a tutti”. E il pezzo è Mare di guai, quello con cui parteciperà alla 73esima edizione del Festival di Sanremo, in scena dal 7 all’11 febbraio. “È una canzone malinconica, introspettiva, che parla di una storia d’amore finita. È una ballata nelle mie corde, ma la produzione di Dardust mi porta in una nuova dimensione”, ha detto a TV Sorrisi e Canzoni. Alla serata delle cover di venerdì 10 febbraio duetterà con Sangiovanni.

Ariete è il nome d’arte di Arianna Del Giaccio, ispirato dal suo segno zodiacale. “Se devo essere sincera, non avevo altre idee. Ho immaginato: ‘Se dico vado al concerto di Ariete suona bene? Direi di sì’. Preso!”. E così eccola dopo decine Dischi d’Oro e milioni di streaming approdare sul palco del teatro Ariston. Ha 20 anni, nata ad Anzio, Roma, nel 2002. Ha imbracciato la chitarra a otto anni, quindi il pianoforte. Fin da subito, da giovanissima, ha cominciato a comporre i suoi primi pezzi. A 17 anni ha partecipato a X Factor, era l’edizione del 2019, nella squadra del trapper Sfera Ebbasta per la squadra Under Donne, esclusa ai Bootcamp, prima dei live.

Non si chiamava ancora Ariete, allora. È stato nel 2020 che ha debuttato con il nome di Ariete con la canzone Quel bar. Con Bomba Dischi ha pubblicato l’ep Spazio scelto come uno dei Dischi dell’anno dalla testata specializzata Rockit. A fine 2020 ha pubblicato un secondo ep, 18 anni. Ha collaborato con gli Psicologi, Alfa e Rkomi tra gli altri. Del 2021 il suo primo tour in tutta Italia. Il suo ultimo singolo è L, la sua canzone più ascoltata di sempre è Spazio. Alla serata delle cover duetterà con Sangiovanni in Centro di gravità permanente di Franco Battiato.

Mare di guai l’ha scritta con Calcutta ed è prodotta da Dardust. Racconta “di una relazione finita. Nella canzone è come se io cercassi aiuto in questa persona, chiedendole di buttarsi con me nelle cose perché ‘non sono in grado di nuotare con gli squali’. Non è un brano che rinnega il mio passato, anzi. È quasi una lettera verso questa persona e per coloro che l’ascolteranno”. Sul palco “sarò me, anche esteticamente. Nessun trucco eccessivo, nessun vestito o tacco a spillo. Per me è fondamentale portare su quel palco come sono io davvero. Per tanti sarà anti-convenzionale, invece vorrei che passasse che sono una pischella normalissima, a cui non piace vestirsi in quel modo, e va bene così”.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Chi sono i Coma_Cose, duo sul palco e fidanzati nella vita: “‘L’addio’ scritta per superare una crisi di coppia”. Vito Califano su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Lo consigliano come un brano da ascoltare “sul divano e con il giradischi”. Coma_Cose, il duo composto da Fausto Zanardelli in arte Lama e Francesca Mesiano in arte California tornano a Sanremo dopo la prima volta al Festival nel 2021, quando portarono Fiamme negli occhi. Tutt’altra situazione: senza pubblico, restrizioni per il lockdown. Quest’anno un’altra storia. L’addio, la canzone che portano, “l’abbiamo scritta per superare una crisi, anziché andare dal terapeuta di coppia – ha spiegato Lama a Tv Sorrisi e Canzoni – Il tema è il coraggio di lottare per proteggere un rapporto dal tempo che passa e dalle fragilità quotidiane”.

Lama e California sono una coppia nella vita, oltre che sul palco. Hanno raccontato di essersi conosciuti alla festa di inaugurazione di un negozio a Milano, dov’erano arrivati rispettivamente da Salò e da Pordenone. Galeotta fu però una serata a un karaoke. L’ultimo album, pubblicato nel novembre del 2022, è arrivato dopo una pausa di riflessione. Non venivano le canzoni, qualcosa non andava, e si sono separati per qualche tempo, tornando alle proprie città. Lui poi ha mandato una canzone a lei, Sei di vetro, finita nel disco.

Siamo due binari paralleli – ha raccontato a 7 de Il Corriere della Sera – , che sono sempre uniti dalle traversine, questo ci trasforma in noi, ma non un binario unico. La canzone parla del fatto che tu sei una persona che ha valore, bellezza e potere grazie alla tua fragilità, è la tua entità e lo sarà sempre, anche se te ne andrai per il mondo: è una promessa matura di amore”, ha concluso Lama. “”Il brano L’addio dice che in fin dei conti l’addio non è una possibilità. E quindi l’addio è la potenza di evocazione di un luogo, l’addio a quello che eri. Un luogo metaforico di come eri, di come stavi … La caducità della vita è vera, ma è anche una menzogna, tutto è registrato nel cervello, se è stato importante”, ha detto del pezzo che porteranno a Sanremo.

I Coma_Cose sono Fausto Zanardelli e Francesca Mesiano. Il primo, classe 1981, viene da Salò e si fa chiamare Fausto Lama. Prima era conosciuto come Edipo: una manciata di album dal 2010 al 2015. Silenzio fino al 2017, dopo l’incontro con Mesiano, dj nata a Pordenone, anni 32, ma trapiantata a Milano, si fa chiamare California e suonava techno, elettronica, drum’n’bass.

Hanno pubblicato i primi quattro brani, con videoclip annessi, tra febbraio e giugno del 2017. A ottobre dello stesso anno esce il concept EP Inverno Ticinese: tre brani e un tour che va spesso e volentieri sold out. Esplodono nell’ambiente indie con il singolo e il video di Post Concerto del marzo 2018. Il loro mestiere è ritmo, calembour, giochi di parole, significanti più che significati, sound urbano. Uno stile che attira da subito molta attenzione nell’ambiente indie e it-pop. Il loro primo album, Hype Aura, esce a marzo 2019 e raccoglie consensi sia nel pubblico che nella critica. Due dischi d’oro all’attivo per Post concerto e Mancarsi.

Dopo Hype Aura è arrivato il turno di altri due album: Nostralgia del 2021 e Un meraviglioso modo di salvarsi, uscito appena qualche mese fa nel 2022. Dopo Sanremo partiranno in tour, con un giro in diversi club italiani più due tappe all’estero, a Parigi e a Londra, nel loro “Un meraviglioso modo di incontrarsi”. Duetteranno con i Baustelle in Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri venerdì 10 febbraio, nella serata delle cover. Il nome Coma_Cose, hanno spiegato, sfugge a qualsiasi ermeneutica razionale: “Coma” definisce un momento storico difficile, dal quale è il momento di svegliarsi; “Cose” è stato aggiunto, in sostanza, perché suonava bene.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Coma_Cose, dall’addio alle nozze. «È vero, ci sposiamo. Ora o mai più». Simona Marchetti su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Francesca Mesiano e Fausto Zanardelli sono in gara con un brano autobiografico che racconta la crisi sentimentale che aveva messo in discussione i loro progetti amorosi e artistici. Un anello al dito di lei ha svelato il loro segreto

È bastato un anello al dito di lei per far capire tutto. I Coma_Cose (alias Francesca Mesiano e Fausto Zanardelli) si sposano e lo hanno rivelato proprio durante il festival di Sanremo, dove sono momentaneamente sesti con il brano autobiografico «L’addio», che racconta la crisi sentimentale che aveva messo in discussione non solo i loro progetti amorosi, ma anche quelli artistici.

«È vero, abbiamo deciso di sposarci», spiegano i due cantanti. «Io e Fausto stavamo parlando di matrimonio e io gli ho chiesto cosa ne pensasse di sposarci. Poi lui è spuntato con l’anello», aggiunge Francesca. «Ho detto: “ora o mai più”. Appena si placano le acque decideremo tutto. La tradizione dice a casa della sposa, poi vedremo», gli fa eco Fausto. Per i preparativi c’è tempo, ora pensano a godersi il momento.

«Siamo felici del risultato inaspettato del nostro pezzo che è una poesia in musica che cresce pian piano anche dal punto di vista armonico. È stato bello che sia arrivata anche la veste estetica», ammettono i Coma_Cose che, nella serata delle cover, porteranno - guarda caso - il brano «Sarà perché ti amo» insieme ai Baustelle. «L'abbiamo scelta insieme e l'abbiamo arrangiata portandola nel nostro mondo, con un quartetto fatto da noi».

Chi è Leo Gassmann, a Sanremo con Terzo Cuore: “Parla d’amore, ma in un’ottica diversa”. Redazione su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Leo Gassmann è in gara alla 73esima edizione del Festival di Sanremo con Terzo Cuore, brano scritto e prodotto da Gassmann, Paganelli, Pesenti e Zanotti. “Terzo cuore parla del cuore di scorta che ognuno ha e che prende vita nel momento in cui incontriamo qualcuno di speciale che cambia la nostra esistenza. È un brano che parla d’amore, ma credo in un’ottica diversa rispetto a quella alla quale siamo abituati. Lascia presagire un amore eterno che non finisce e non finirà mai” spiega Gassmann.

Per me Sanremo è tutto, sono cresciuto guardando Sanremo e tifando i miei idoli, penso sia un’occasione che pochi hanno per poter portare il proprio messaggio al maggior numero di persone possibili per cercare di rendere il mondo un posto migliore, perché la musica ci salva e ci rende liberi ed è condivisione. Ovviamente il Festival è una competizione, ma tutti quelli che salgono sul quel palco sono vincitori, sono persone che stanno realizzando il sogno che è unico e speciale” racconta il cantautore romano nato in una famiglia di artisti e con un cognome impegnativo.

Gassmann, vincitore a Sanremo tra le Nuove proposte nel 2020, si presenta a Sanremo con un brano inedito scritto insieme all’amico Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari. Quali sono i tre cuori che una persona porta nel petto? Il primo è quello che regala la capacità di ridere, il secondo quella di sconfiggere le avversità. E poi, c’è quello che soffre perché non riesce a dimenticare un amore: “Ci siamo lasciati e ripresi come i trapezisti del Cirque de Soleil” dice a un certo punto Leo. Ed è proprio su questo “Maledetto terzo cuore” che è incentrata questa ballata pop molto radiofonica.

Dopo il successo con il brano Vai Bene così tra le nuove proposte di Sanremo di tre anni fa, quest’anno Leo Gassmann è tra i big. Figlio dell’attore Alessandro Gassmann e nipote del compianto Vittorio Gassman, il giovane artista in gara ce la metterà tutta per vincere il festival della canzone italiana, con un brano sul “maledetto terzo cuore” che esplora il dolore dopo un amore andato male. A X Factor 2018 Gassmann era nella squadra di Mara Maionchi e arrivò alla semifinale.

Ci copiano, giriamo con quel look da prima che Damiano nascesse”. Maneskin e Cugini di Campagna a Sanremo, lo scontro e le accuse: “Ci piacciono i loro vestiti…” Redazione su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Ancora qualche e ora e ci siamo. Torna Sanremo, il festival della canzone italiana è giunto alla 73esima edizione. È la kermesse più chiacchierata che ci sia. E sul palco dell’Ariston quest’anno ci saranno, come ospiti, i Maneskin, ma anche i Cugini di Campagna. Lo scontro generazionale è servito. La storica band si era scagliata con i giovanissimi vincitori di Sanremo 2021.

Ci copiano, giriamo con quel look da prima che Damiano nascesse” aveva tuonato il gruppo di “Anima mia”. I Maneskin avrebbero copiato il loro stile, rock, eccentrico, fuori dagli schemi. Un’accusa di plagio che riguarderebbe solo l’abbigliamento, non certo la musica. La polemica esplose all’indomani di una serata americana. I Maneskin salirono sul palco dell’Allegiant Stadium di Las Vegas i Maneskin per aprire il concerto dei Rolling Stones. Fin qui, nulla da dire se non fosse che indossavano una mise a stelle e strisce che, a detta dei Cugini di Campagna, avrebbero copiato proprio da loro.

Esilarante e ironica la risposta del gruppo rock più amato. Intervistati da Valerio Staffelli, Victoria, Damiano, Ethan e Thomas hanno ironizzato sulle accuse dei loro colleghi: “Come è stato suonare con i Rolling Stones? Difficile, perché non era il nostro pubblico, ma anche molto bello. Mick Jagger è stato davvero carinissimo. Se ci sentiamo più come i Pooh del nuovo millennio o i Cugini di Campagna? Ovviamente i Cugini di Campagna. Sono più wild, hanno uno stile… Diciamo che di loro ci piacciono i vestiti”.

Insomma… ce ne saranno delle belle? Chi può dirlo, sul palco dell’Ariston saliranno entrambi i gruppi, i Maneskin come ospiti speciali mentre i Cugini di Campagna saranno in gara per aggiudicarsi il leone d’oro. Sanremo è Sanremo! Buona visione.

Sanremo 2023, scusate il ritardo: i Cugini di campagna e un palco cercato da 50 anni. Luca Beatrice Libero Quotidiano il 09 febbraio 2023

Questo non è un répechage ma proprio un esordio: con mezzo secolo di ritardo arrivano a Sanremo i Cugini di campagna che sul palco del Festival non avevano mai suonato nonostante il successo di Anima mia che nel 1973 fu il brano italiano più presente in hit parade e almeno un altro paio di 45 giri da ricordare (Un’altra donna, Meravigliosamente). Due di loro, i fratelli gemelli Ivano “Poppi” e Silvano Michetti, sono i componenti originari di questa strana band votata al glam pop, ai travestimenti circensi con tutine in lamé, ad acconciature cotonate e, soprattutto, all’irresistibile falsetto impostasi come cifra stilistica nel loro repertorio.

Anche se autori di prodotti commerciali o comunque non proprio impegnati, i Cugini di campagna appartengono a quel mondo del progressive pop che negli anni ’70 tenne in piedi la musica italiana con una cifra alternativa. Accanto a PFM, Banco, Orme, New Trolls c’erano anche loro, seppur snobbati dalla critica, e a dirla tutta al falsetto ci arrivarono prima dei New Trolls di Quella carezza della sera.

Vederli a Sanremo nel 2023 fa un po’ l’effetto delle storiche trasmissioni di Arbore, soprattutto perché i nostri non hanno rinunciato al look degli anni d’oro, di cui si sentono i depositari al punto da aver accusato i Maneskin, nelle settimane scorse, di averli copiati spudoratamente e dimostrando con tanto di foto che una tutina indossata da Damiano era proprio la stessa di un Cugino quando cantava Anima mia. All’Ariston sono arrivati con Lettera 22, per un momento si pensava alla macchina per scrivere Olivetti disegnata da Marcello Nizzoli e invece loro la fanno più semplice, è soltanto la lettera mancante nell’alfabeto italiano che ne conta 21, e sarebbe la migliore per dirsi ti amo.

Alla prima serata del Festival sono tornati tra gli ospiti anche i Pooh, che Sanremo lo vinsero con Uomini soli nel 1990, con l’aggiunta di Riccardo Fogli che abbandonò il gruppo al culmine del successo. È forse l’antipasto di una reunion dopo la morte del batterista Stefano D’Orazio, o anche soltanto la voglia di dire ancora qualcosa nella nostra musica. Sono stati un gruppo meraviglioso ed emozionante in un frangente storico dove l’asticella qualitativa era davvero alta e il confronto con le proposte inglesi davvero stimolante. In Italia c’è stata un’eccellente stagione progressive e pur tra le evidenti differenze Cugini di campagna e Pooh appartengono alla fortunata filiera barocca. Vero è che negli anni ’70 a Sanremo non ci voleva andare nessuno, ci tornano adesso le band di allora portando la testimonianza un po’ nostalgica di un tempo che, sonicamente parlando, ci manca.

Gianluca Grignani a Sanremo con ‘Quando ti manca il fiato’: la canzone dedicata al padre da figlio. Elena Del Mastro su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Mio padre tornava la sera/Ed era forte quando era in vena/Questo lo ricordo bene/Mio padre era uno dei tanti/Ma era il mio eroe quando mi sorrideva/vivevamo ancora insieme/questo lo ricordo bene/e poi…non ricordo più”. Inizia così “Quando ti manca il fiato”, il brano che Gianluca Grignani porta a Sanremo. Un brano che per il cantante, 50 anni, è importantissimo e racconta di qualcosa che gli sta molto a cuore: suo padre. Una canzone scritta molti anni fa che racconta di suo padre che lo ha abbandonato. Grignani è in gara per la settima volta a Sanremo, la sesta da Big. “Papà vive in Ungheria – racconta al mattino – non sa nemmeno della canzone. Parla di lui, di me, di noi, di padri e figli, ma anche, più in generale, di quelle situazioni, così diffuse e così comuni a tutti noi, per cui ti manca il fiato”.

Grignani è salito sul palco di Sanremo per la prima volta nel 1994, tra quelle che all’epoca si chiamavano Nuove Proposte con il brano “Destinazione paradiso” che lo portò dritto alla fama. L’ultima volta l’anno scorso quando duettò con Irama in “La mia storia tra le dita”, beccandosi critiche e polemiche di tutti i tipi di quanti sostennero che “sembra strafatto”. Lui in un’intervista al Mattino ha spiegato che “ero sotto cortisone, non stavo bene, senza non avrei potuto cantare”.

Il cantante racconta che la canzone che canta a Sanremo l’aveva scritta molto tempo fa, ma solo ora ha sentito che era arrivato il suo momento all’Ariston. “’Quando ti manca il fiato’ parla di questa telefonata in cui mio padre mi chiese se fossi andato al suo funerale. Ma poi racconto anche di me stesso come padre. Infatti, se oggi riesco a cantarla è proprio perché sono diventato genitore a mia volta. Ma più in generale il testo parla di tutte quelle volte che ti manca il fiato perché la vita ti chiede il conto”, ha detto a Tv Sorrisi e Canzoni.

Una storia che parla di perdono anche. “Perdonare lui, me stesso, per le incomprensioni inevitabili tra genitori e figli: bisognerebbe sapere che sono naturali e non farle diventare ostacoli insormontabili. Io ero ragazzo, ribelle, non capivo, lui che non era ragazzo nemmeno sapeva evitare”. Poi il 10 febbraio Grignani si esibirà in un’autocover con Arisa di “Destinazione Paradiso”.

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

Chi è Olly, il rapper genovese a Sanremo con “Polvere”: all’Ariston porterà anche il duetto con Lorella Cuccarini. Redazione su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Dalla scena rap ligure al palco dell’Ariston a soli 21 anni. È il percorso rapidissimo di Olly, il nome d’arte del genovese Federico Olivieri, che farà il suo esordio al Festiva di Sanremo con “Polvere”, canzone che i ‘bene informati’ considerano la possibile sorpresa della kermesse.

Prodotta, scritta e composta assieme a JVLI ed Emanuele Lovito, “Polvere” è secondo Olly un brano in cui racconta “la mia idea che insicurezze, paure, difficoltà e disagi possano essere un modo per farci vedere la realtà in modo diverso, da un punto di vista insolito, non per forza sbagliato”, spiega il giovane rapper a Vanity Fair.

Il suo stile è definito fin dai primi passi da un metodo hip-hop e dalla centralità della parola, che tende a sublimarsi fin da subito in un utilizzo della voce profondamente melodico, a tratti soul”, si legge nella bio di Sanremo 2023

Arrivato tra i big dell’Ariston arrivando tra i primi sei classificati di Sanremo Giovani con “L’anima balla”, Olly sarà protagonista anche di un esplosivo duetto assieme a Lorella Cuccarini, con cui canterà il suo singolo di maggior successo “La notte vola”.

È stata una scelta dettata dalla top line del brano – racconta ancora Federico – che secondo me e JVLI è molto forte e attuale. Mi sono divertito a reinterpretare un pezzo iconico degli anni ‘80 e sono onorato di poter esibirmi sul palco con un’icona dello spettacolo come Lorella Cuccarini, una donna che ha fatto la storia della musica e della tv italiana. Sono felice che si sia fatta trasportare nel mio mondo con entusiasmo”.

Quanto al brano che porterà all’Ariston, Olly rivela che “Polvere” è scritta “direttamente dallo scatolone sull’ultimo scaffale, o meglio ancora da ciò che vi è contenuto al suo interno. La polvere è un materiale di difficile declinazione, di cui però tutti conosciamo la forma e il colore. A mio modo ho individuato la mia polvere e ho forse compreso che essendo parte di me non ho voglia di liberarmene”, ha spiegato il 21enne genovese a Skuola.net.

Quanto al dopo Sanremo, Olly si prepara all’uscita di “Gira, Il Mondo Gira“, repack del suo ultimo EP, e a tornare live con due spettacoli il 6 aprile a Milano e il 16 a Roma.

Chi sono i “Colla Zio”, la band milanese lanciata da Amadeus: la colletta e la canzone d’amore “Non mi va”. Redazione su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Sono nati tre anni fa nel loro punto di ritrovo in “Pizza Leo”, di fronte al Politecnico di Milano. I Colla Zio dove essere arrivati in finale a Sanremo Giovani lo scorso anno, parteciperanno tra i big, scelti da Amadeus, nell’edizione del 73esimo Festival della Canzone italiana. Si chiamano “Colla Zio” perché “è un’asserzione. Quando si vuole fare una colletta, comprare qualcosa insieme, si va uno per uno dai ragazzi e si dice ‘Colla zio’”.

Una prima consacrazione per Tommaso Bernasconi, Andrea Malatesta, Andrea Arminio, Francesco Lamperti e Tommaso Manzoni dopo aver iniziato a cantare nella loro Milano, nei festival musicali della città, con i primi singoli Bibite, Americana, Fuori il petto e Straintra.

Nel 2021 hanno pubblicato il primo EP Zafferano ma è con il singolo Chiara, in collaborazione con il gruppo musicale brasiliano Selton, uscito nell’aprile 2022 che hanno ottenuto successo. L’estate scorsa si sono esibiti come gruppo d’apertura nei concerti dei vari Blanco, Dutch Nazari, gli Psicologi, Rkomi, Lo Stato Sociale e Dola. Sul palco dell’Ariston quest’anno canteranno il brano “Non mi va”, una ballad dall’anima nostalgica e i ritmi serratissimi che racconta il loro tipo di amore. Nel testo tutta una serie di citazioni inaspettate, da La spada nella roccia alle proteste di Piazza Tienanmen in Cina.

Inoltre, nella serata delle Cover, i Colla Zio si esibiranno al fianco di Ditonellapiaga (grande scoperta della passata edizione in coppia con Donatella Rettore), con cui interpreteranno Salirò di Daniele Silvestri.

Chi è Mara Sattei, a Sanremo con “Duemilaminuti”: per il debutto una canzone scritta da Damiano dei Måneskin. Redazione su Il Riformista il 6 Febbraio 2023

Per il suo esordio al Festival di Sanremo si è fatta aiutare da Damiano David, cantante dei Måneskin, e dal fratello minore Davide, più noto come Thasup e ormai affermato trapper e produttore.

Parliamo di Mara Sattei, all’anagrafe Sara Mattei, cantautrice romana 27enne che porterà sul palco dell’Ariston “Duemilaminuti”, brano firmato da Damiano e prodotto dal fratello.

I primi passi arrivano nel 2008 proponendo sul proprio canale YouTube cover di vario genere, quindi nel 2014 ottiene i primi riscontri partecipando alla tredicesima edizione di ‘Amici’, il talent condotto da Maria De Filippi Amici.

La svolta arriva nel 2017, quando il fratello Thasup (all’epoca noto come Tha Supreme) produce per lei il brano “Mama oh”. Proprio la collaborazione col fratello porterà i più importanti successi.

All’Ariston arriva con alle spalle un album d’esordio di successo, “Universo”, lanciato dai singoli “Ciò che non dici” e “Parentesi”, quest’ultimo in collaborazione con Giorgia (a sua volta in gara a Sanremo), e una hit estiva assieme a Fedez e Tananai, il tormentone “La dolce vita”.

Per Sanremo ha abbandonato il suo tradizionale ruolo di autrice per eseguire un brano scritto per lei dal frontman dei Måneskin. “Damiano mi ha scritto perché voleva farmi ascoltare questo pezzo in studio. È stato un incontro genuino, ho sentito il brano e ci ho sentito una forte connessione. È una canzone che racconta una storia vera e propria, questa scelta mi ha colpito”, racconta Sara a Rolling Stone.

Quanto al perché Damiano abbia scelto lei per questo brano, che parla di relazioni tossiche, violenze ed alcolismo, Sara spiega: “Probabilmente conoscendo la mia discografia ha captato alcune sfumature e ha capito che quel brano poteva essere adatto a me. Quando l’abbiamo provato abbiamo visto che aveva ragione, c’era qualcosa di bello da trasmettere. Lui mi ha detto che era fan della mia musica e che voleva far qualcosa con me: un onore”.

Tornando ai temi difficili trattati da “Duemilaminuti”, forse non adatti al pubblico sanremese, la 27enne sottolinea che in realtà il suo brano “parla di qualcosa che tutti conosciamo. È una tematica importante, non dell’amore rosa e fiori ma di un amore complesso”. “Quando capisci che quell’amore non è amore – perché amore non è – prendi coscienza del fatto che tutto era stato costruito attorno a te per far sì che sembrasse bellissimo e perfetto. Quando si fa del male ad un’altra persona, anche solo psicologicamente, non si può definire amore”, racconta Sara.

LA SCALETTA.

I CANTANTI.

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

I VOTI.

LA SCALETTA.

La guida al Festival. Sanremo 2023, la scaletta della seconda serata: le canzoni in ordine di uscita e gli ospiti. Elena Del Mastro su Il Riformista il 7 Febbraio 2023

La gara continua per la seconda giornata del Festival di Sanremo mercoledì 8 febbraio con l’ascolto dell’altra metà degli artisti in gara. Conducono come ogni sera Amadeus e Gianni Morandi, affiancati da Francesca Fagnani. Ospiti della serata saranno Al Bano e Massimo Ranieri con Gianni Morandi, il comico Angelo Duro, Francesco Arca e i Black Eyed Peas.

La scaletta della seconda Serata del Festival di Sanremo

La scaletta ufficiale della seconda serata del Festival di Sanremo con i 14 cantanti in gara in ordine di uscita.

Will – “Stupido”

Modà – “Lasciami”

Sethu – “Cause perse”

Articolo 31 – “Un bel viaggio”

Lazza – “Cenere”

Giorgia – “Parole dette male”

Colapesce Dimartino – “Splash”

Shari – “Egoista”

Madame – “Il bene nel male”

Levante – “Vivo”

Tananai – “Tango”

Rosa Chemical – “Made in Italy”

LDA – “Se poi domani”

Paola & Chiara – “Furore”

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

Il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023. Ore 19:17 - La seconda serata di Sanremo 2023

Sta per iniziare la seconda serata del Festival di Sanremo. Il debutto è stato seguito da 10 milioni e 757 mila spettatori per il 62,4% di share.

Ore 19:28 - La comicità di Angelo Duro spaventa il festival

Ore 20:06 - Dopo Ferragni, tocca a Fagnani

L’attesa protagonista di serata è Francesca Fagnani che si è fatta conoscere con «Belve» e le sue sulfuree interviste. Un monologo che rivaleggerà per forze di cose con quello di ieri sera di Chiara Ferragni, la lettera a sé stessa che ha suscitato emozioni contrastanti, tra chi ha inneggiato al turbofemminismo della influencer e chi invece non ha apprezzato il monologo fai da te

Ore 20:25 - Il caso Blanco

L’altro affaire di giornata è stato il caso Blanco: il ragazzo è sembrato dare di matto ieri sera, prendendo a calci rose rosse sul palco, manco fosse Pete Townshend, davanti a uno sbigottito Amadeus. Una gag programmata? Un attacco di ira? Le ricostruzioni pendono verso la seconda ipotesi. E il ragazzo si è dovuto scusare. E stasera? Cosa succederà?

Ore 20:44 - Grazie dei Fior. E si parte

Ed ecco il secondo round, con un solo minuto di ritardo: Amadeus scende le scale, poi arriva Morandi con la ormai celebre scopa e subito risuona, invero scherzosamente, l’eco delle polemiche di ieri. Tanto più con il successivo omaggio del Gianni Nazionale. «Grazie dei fior». E si parte molto rapidamente, col primo cantante in gara, il giovane Will, un altro devoto al similtrappismo: eppure è sembrato più fresco l’ottuagenario Morandi con la sua scopetta...

Ore 20:59 - Il ritorno dei Modà, dieci anni dopo

E dopo dieci anni si rivedono i Modà: esattamente come li avevamo lasciati, tradizionalissimi, sembrano sempre di più i Pooh. Almeno Kekko Silvestre non stecca, a differenza di Roby Facchinetti ieri sera. Arriva subito il momento marchetta-fiction-Rai, questa volta con Francesco Arca, almeno la pillola indolore è immediata. Anche perché Amadeus trova il tempo di scherzare col piccolo Mario Di Leva sulla rivalità tra Napoli e Inter.

Ore 21:19 - Fagnani, tocca a lei

Ed ecco che debutta la seconda dama della kermesse: l’attesa Francesca Fagnani. L’altrimenti implacabile conduttrice di «Belve» sembra meno ferina su questo palco che può far tremare chiunque, ma alla fine è donna di tv e quindi si muove con nonchalanche tra scale e cartoncini. E tocca a Sethu: taglio alla Giovanna D’Arco, fa molto casino, con quell’autotune a manetta che piace ai giovani. Nel complesso, guazzabuglioso. Il titolo prometteva bene «Cause perse», poi si è persa la linea melodica.

Ore 21:27 - Un trio mai visto

Linee melodiche che non mancano di certo al re delle medesime, Gianni Morandi. Impegnato con un trio inedito, mai visto, Al Bano e Massimo Ranieri. E in un istante, ci perdonino, spariscono incertezze, travestimenti canori e confusioni varie dei concorrenti in gara: i tre che navigano intorno agli 80 sfoderano intatta la loro potenza canora. Molti avevano ironizzato sulla scelta «agée» di Amadeus: ma in questo contesto, il festival della canzone italiana, i tre sono e rimangono i migliori in circolazione.

Ore 22:42 - Due vecchie conoscenze

Il festival ri-esce all’aperto, nel palco esterno per ritrovare altre due vecchie conoscenze di questi dintorni, Nek e Renga. E poi rientra con Fagnani che si divincola bene tra le ironie di Morandi e il robot Amadeus. E tocca al duo rivelazione di due anni fa, Colapesce e Dimartino che incantarono in tanti con «Musica leggerissima». Forse è meno immediata questa «Splash», anche un po’ più scura, però le armonizzazioni sono perfette e al Festival delle tante stecche è già tanta roba, come dicono i giovani.

Ore 21:44 - Gara di bravura

Un gara di bravura insomma mentre sfilano tutti i classici dei tre: «Perdere l’amore», «Felicità», «Uno su mille», tutti a lezione insomma, mentre il pubblico si produce in continue standing ovation. E alla fine non smette di applaudire. E i tre marziani chiudono con «Il nostro concerto» di Umberto Bindi: entusiasmo generale, tutti cantano in platea, un’altra scommessa vinta da Amadeus.

Ore 22:02 - La commozione degli amici ritrovati

Ritorniamo sulla terra e ritroviamo gli Articolo 31: la canzone, «Un bel viaggio» è una sorta di celebrazione in vita del loro rencontre. Se J Ax non l’abbiamo mai perso di vista, l’altro era un po’ sparito: e anche sul palco rimane ornamentale (scratcherà per cinque secondi). Una mozione dei sentimenti e J Ax si commuove alla fine. Quindi Lazza, il re delle classifiche: parla al suo numerosissimo pubblico di teenager, con le sue storie di amori distorti e i suoi ritmi urban molto contemporanei. Chissà se piacerà a una platea più generalista.

Ore 22:15 - Giorgia sotto le aspettative

Morandi si produce poi in un discorso un po’ arcano sul destino di Amadeus. Che glissa e presenta un’altra delle favorite dell’edizione: Giorgia. Non pare corrispondere molto alle aspettative: il testo non sembra irresistibile, ma quel che è peggio, per una superprofessionista come lei, non sembra azzeccare nemmeno la tonalità. L’altro prescelto, Mengoni sogghigna a distanza. Molto intenso il successivo monologo di Pegah, attivista italoiraniana e Drusilla che ritorna dopo i trionfi dell’anno passato, sulla terribile repressione in corso a Teheran.

Ore 23:05 - Con i Black Eyed Peas l’Ariston diventa balera

Il Festival guarda finalmente oltrefrontiera: anche se i primi ospiti sono un po’ delle vecchie glorie del tempo che fu, i Black Eyed Peas. Non c’è più Fergie, ma alla fine alla platea va bene così e l’Ariston si trasforma in un club estivo. Alla fine però l’intermezzo risulta troppo lungo. E quasi ci si sta dimenticando della gara. Che faticosamente ricomincia con Shari, la ragazza di Salmo che le ha scritto la canzone: «Egoista». Sembra aver personalità e anche voce la ventenne, ma la canzone, nonostante la «pesante» collaborazione, non pare avere molta tridimensionalità.

Ad Angelo Duro, il comico di serata, girano un po’ le scatole perché alla fine esce mezzora dopo in questa più frammentaria puntata. La sua comicità diretta, piena di improperi, molto arrabbiata non riscalda molto l’Ariston. La Fagnani entra nel ruolo che le appartiene, quella dell’intervistatrice e chiacchiera con Amadeus e Morandi alla sua maniera. Preludendo alla classifica provvisoria: in quella di serata viene già punita Giorgia, solo quinta, mentre Colapesce Dimartino sono in testa. Ma in quella generale il trionfatore è ancora Mengoni. Il cardinale si avvicina allo scranno più importante

Ore 23:28 - Fagnani e Fedez contro tutti...

Ecco uno dei momenti più attesi di serata: il monologo di Francesca Fagnani. Stasera non ci sono sfoggi autoreferenziali, ma la conduttrice si fa portavoce delle vite senza nome del carcere minorile di Nisida: storie di adolescenze perdute, dove a 15 anni, ossimoro, non sembra esserci futuro. E non manca uno spunto polemico contro Gratteri sulla concezione di chi delinque. Si va sulla crociera di Salmo: e dopo madame Ferragni tocca al regio consorte Fedez che torna al suo mestiere originario, quello del rapper, dopo essersi in tante altre faccende affaccendato. E la fa grossa: strappando la foto del viceministro Bignami, quello che si era travestito da Hitler. E rivendicandolo a fine brano, nell’appellarsi all’Articolo 21 decantato ieri da Benigni.

Ore 23:46 - Madame sulla bocca di tutti

Dunque Madame, sulla bocca di tutti per polemiche assortite e green pass non presentati. E per la canzone che reca la indecente parola: «Puttana». La pronuncia ma non sembra riecheggiare con troppo scandalo all’interno dell’ Ariston. Levante, nella nuova versione Bowiesca, albina, è meno agitata dell’ultima volta, il 2020 del pre-pandemia. E forse questa «Vivo» arriva meno.

Ore 00:15 - Tananai ora sa cantare, Rosa Chemical, novello Lauro?

Poi Tananai, colui che arrivò ultimo l’anno passato e ne ebbe grande beneficio. Accusato di non saper cantare, ha preso lezioni. E gli effetti, in effetti, si vedono in questo «Tango». E c’è Rosa Chemical, finito nel mirino del centrodestra per le sue posizioni gender fluid: ringrazia Amadeus per averlo difeso. La verità? Sembra il nuovo Achille Lauro, la sensazione però è che già l’originale, all’ultimo round sanremese, fosse risultato più scenografico che altro. E qui non ci si discosta di molto.

Ore 00:34 - Nel nome del padre, ma non funziona

Quindi il piccolo D’Alessio. Che si avventura su terreni pericolosi, quelli della melodia pura. E il paragone viene facile e viene male, perché il babbo Gigi sul terreno è un campionissimo. Poi si ritorna agli anni’90 con Paola e Chiara: e siamo sempre sul ballabile, anche se non sembra una di quelle hit che si arrampicheranno nelle classifiche. E a proposito di classifiche, ora si attende quella provvisoria, sempre ad opera della sala stampa.

Ore 00:52 - Duro non riscalda

(ANSA il 9 febbraio 2023) - Sono stati pari 10 milioni 545 mila, pari al 62.3%, gli spettatori che hanno seguito ieri in media su Rai1 la seconda serata del Festival di Sanremo (dalle 21.18 all'1.40). Nel 2022 gli ascolti della seconda serata del festival di Amadeus avevano fatto segnare in media 11 milioni 320 mila spettatori pari al 55.8% di share.

 Gli ascolti del festival sono stabili rispetto al debutto (10 milioni 757 mila spettatori con il 62.4% di media), con una lieve flessione in valori assoluti, fisiologica per la seconda serata. La prima parte della seconda serata del festival (dalle 21.18 alle 23.37) ha raccolto 14 milioni 87 mila spettatori con il 61.1% di share, la seconda (dalle 23.40 all'1.40) 6 milioni 352 mila con il 65.6%. Nel 2022 la prima parte della seconda serata aveva fatto segnare 13 milioni 572 mila telespettatori pari al 55.3%, la seconda 7 milioni 307 mila con il 57.4%.

(ANSA il 9 febbraio 2023) L'Amadeus quater continua a macinare ascolti: la media del 62.3% di share ottenuta dalla seconda serata è la più alta dal 1995, quando il festival di Pippo Baudo, con Anna Falchi e Claudia Koll, centrò il 65.42%.

Lettera di Pupo a Dagospia il 9 febbraio 2023.

Dago, amico mio, non ho mai vissuto il Festival di Sanremo così intensamente come quest'anno. Nemmeno quando ero direttamente coinvolto. Anche ieri sera sono rimasto incollato a Rai Uno fino all'ultimo. Ogni tanto però, lo confesso, ho cambiato canale. È accaduto durante le pubblicità, quando Fedez ha fatto il fenomeno e durante i monologhi. I monologhi non li reggo più. Io li abolirei.

 È tutta roba fine a se stessa che serve a poco. Dopo qualche polemica e un po' di chiasso momentaneo, tutto torna come prima. Sono altre le sedi in cui risolvere i grandi problemi che questi "Pipponi" in genere trattano. A me fanno lo stesso effetto delle omelie che il prete del mio paese, quando ero ragazzino, faceva durante la messa. Lo ascoltavo e mi sentivo una merda. Alla fine, mi hanno fatto allontanare da Dio e dalla Chiesa. Hanno generato l'effetto contrario.

Il Top di ieri sera, per me,  è stata la performance di Albano, Ranieri e Morandi. Mi sono divertito, commosso e anche un po' preoccupato. Soprattutto quando Albano si è steso per terra per fare le flessioni. Lì, ho davvero temuto il peggio. Anche perché, un minuto prima, avevano festeggiato il suo 80mo compleanno che, in realtà, sarà a maggio e tutti sappiamo che, in particolare gli scaramantici, festeggiare il compleanno in anticipo non porta niente di buono.

Ti avevo promesso che avrei ascoltato più attentamente le canzoni, ma non ce l'ho fatta. Ti garantisco che lo farò presto e ti darò il mio giudizio su ognuna di loro. Ti posso però anticipare che non ho sentito niente di sconvolgente. Mi sembra che si assomiglino un po' tutte. Soprattutto nella struttura. L'unica cantante che ieri sera mi ha colpito è stata Levante. Eravamo intorno alla mezzanotte e, mentre la palpebra si stava abbassando, ecco che arriva questa super gnocca con una canzone che paragona la vita ad un sogno erotico e ci invita a viverla pienamente. Nel bene e nel male. Cacchio" ho pensato, "questa qua sta parlando di me"! E così mi sono ringalluzzito. Brava Levante e grazie per avermi dedicato la tua canzone.

Estratto dell'articolo di Stefano Pistolini per ilfoglio.it il 9 febbraio 2023.

Seconda serata (...) Entra Fagnani, non si esime dalla lettura del cartoncino e toppa subito il primo nome - Sethu, uno che somiglia a Ultimo, ma non si capisce bene di cosa canti. È un istante e già si approda al clou vintage della serata, l’invenzione del trio Morandi-Ranieri-Al Bano, età media 76, per cui potevano esserci timori. Miscredenti: una volta Al Bano mi disse giovialmente, indicando le corde vocali, “io qua ciò na canna”. Sante parole. In misura minore vale anche per Massimo, Gianni di suo la porta sempre a casa. Il trio macina, inciampa, riparte, sgasa, insomma va bene, con l’odore di sagra paesana che trasuda dallo schermo, ma stavolta l’aria è questa, quella dell’Italiona-karaoke, lacrimosa, turgida e gradassa.

 Al Bano, con la sua canna s’allarga pure un tantino e gli altri due alzano gli occhi al cielo, ma “Perdere l’amore”, in cui si prendono “a sassate tutti sogni ancora in volo”, è un pezzone che Puccini ci avrebbe messo la firma, per non parlare dell’omaggio a Umberto Bindi, sgangherato ma affettuoso. La serata finalmente s’è alzata da terra. Riparte il concorso con gli Articolo 31 che non ne approfittano, col un nostalgico pezzaccio autoreferenziale, di biancovestiti come i Leftovers (la serie). Molto meglio Lazza, scontroso, estroso, verace, anche se il pezzo è un po’ scorticato. Giorgia invece non funziona e se il virtuosismo è la tua cosa, questo è un guaio - magari si rifarà nelle repliche.

A questo punto d’un tratto, a freddo, ecco calare la testimonianza anti-iraniana di Pegah Moshir Pour, dritta, secca, imprevedibile nel torpore del momento, destabilizzante, non per la sintesi dell’orrore pronunciato con la complicità di Drusilla Foer, ma per lo stile paracadutato che odora d’incidente internazionale dietro l’angolo - e, a peggiorare la situazione ci si mette Amadeus che, per sdrammatizzare, parla di Grammys assegnati alla musica iraniana, come se quella fosse la notizia. Quando, straniti, si ricomincia, per fortuna Colapesce e Di Martino riescono a riscuoterci, azzeccando un nuovo sinuoso tormentone pop che ci accompagnerà fino alle vacanze, in quel mare che loro già evocano con “Splash”.

 (...)

Ma già si torna all’Ariston, parlando di sesso a pagamento nel buon pezzo di Madame e di sogno erotico in quello di Levante, che insegue Madonna ma è destinata a diventare la Bertè. Quindi Tananai, che ha una grazia già un po’ appassita, Rosa Chemical che riduce lo scandalo a marcetta, LDA che per ora è acqua fresca, e Paola e Chiara per le quali l’effetto-scongelamento è fallito. A margine, la Fagnani nel monologo rispolvera un’inchiesta nel carcere minorile di Nisida, e nella ossessiva ricerca della frase memorabile spara un “lo stato deve essere più sexy dell’illegalità” su cui ci stiamo ancora interrogando.

 Morale: Mattarella-Benigni-Ferragni, dream team che vince e non si cambia, solo si potesse. Con le riserva si gioca in difesa e senza guizzi. I migliori dell’intero lotto? Coma Cose, Ariete, Madame, Lazza, Colapesce-Di Martino. Dicono che vincerà Mengoni: pazienza. Dicevamo del senso generale, versione-Amadeus: per lui cantare resta un antico mestiere di radice popolare, che non può permettersi fughe nell’élite. Puoi fare lo strano, ma non farlo strano e i conti canzonettistici devono tornare. Perciò una kermesse ecumenica, con la melodia, il salottino, l’insalatina e giusto mezzo bicchiere di vino rosso. Non di più, sennò viene il mal di testa. L’effetto? Grandi numeri e riflessi di narcolessia. Ma andate in pace, oggi, qui da noi, il catalogo è questo.

La reazione all'indomani della prima esibizione e il chiarimento. Anna Oxa ultima a Sanremo, il post sull’analfabetismo funzionale e la smentita degli insulti ai giornalisti. Antonio Lamorte su Il Riformista l’8 Febbraio 2023

Anna Oxa è ultima, in fondo alla classifica alla fine della prima serata del Festival di Sanremo. La sua Sali (Canto dell’anima) – scritta tra gli altri da Francesco Bianconi, autore e voce dei Baustelle – non sembra aver conquistato i giornalisti. Poco male, per la due volte vincitrice della kermesse – con Ti lascerò, nel 1989, in coppia con Fausto Leali, e con Senza pietà, nel 1999. Sui canali social ufficiali della cantante la reazione al piazzamento con un post diventato in poco tempo molto popolare sui media che ha fatto molto discutere.

Oxa, 61 anni, è stata la prima a esibirsi. La canzone “narra la condizione umana di una società in cui si è persa la centralità dell’essere umano, dove lo stato di coscienza è stato sostituito dall’intelletto – ha detto a TV Sorrisi e Canzoni – Ci si trova ad alimentare delle situazioni false, viene a mancare la dignità” in cui la responsabilità di ciascuno è “scegliere se vuole vivere nella miseria umana o vuole avere altri occhi per vivere la serenità della pace della propria coscienza”. Alla serata delle cover calcherà il palco con Iljard Shaba in una versione di Un’emozione da poco, la canzone con la quale nel 1978 esordì al Festival.

Non ha convinto la cantante pugliese: ultima, in fondo alle valutazioni dei giornalisti – gli unici, quelli della sala stampa, a votare nelle prime due serate per la classifica provvisoria. Poco entusiasmo anche sui social, l’esibizione è stata ripresa quasi esclusivamente per farne dei meme. Questa mattina la replica in un post sui canali social: “La società Oxarte è solidale con coloro che hanno fatto fatica a comprendere il testo e/o il senso del brano Sali (Canto dell’anima). Probabilmente per alcuni è più agevole un testo meno strutturato in italiano. Possiamo consigliare di farsi seguire da esperti o ascoltare altro con strutture di testi alla portata delle proprie abilità. Grazie per l’attenzione”.

Con la replica il post con tanto di schemino sul “problema critico” dell’analfabetismo funzionale che riguarda chi “sa leggere e scrivere, ma non sa tratte da queste abilità informazioni o spunti utili”, ovvero “non comprende il senso di un testo”, “non costruisce analisi articolate” e “paragona il mondo solo alle sue esperienze dirette”. Il post nel giro di poco tempo ha fatto il giro dei media. Sembra intanto altissima la tensione con parte della stampa: sui profili social di Oxa in mattinata è apparso un altro post che riportava i download della canzone alla pubblicazione, alcuni articoli condivisi, il post “LA STAMPA DIVISA SU ANNA OXA. COME È SEMPRE STATO TRA ARTICOLI INVENTATI E INFORMAZIONE. SIAMO CONTENTI CHE SALI (CANTO DELL’ ANIMA) SIA ARRIVATA A TUTTI VOI Il RESTO È LA RIPETIZIONE…“, la smentita di una multa elevata nei confronti della cantante. “Potete constatare la volontà di una parte di Stampa Italiana nel voler pregiudicare, ledere la dignità, il decoro, l’onore della persona ANNA OXA”, si leggeva in quest’ultimo post.

LA SMENTITA – Sugli stessi canali social della cantante e della società Oxarte, è stato pubblicato dopo alcune ore un post di chiarimento: un chiarimento da parte della legale rappresentate dell’artista sull’interpretazione su quel post sull’analfabetismo funzionale.

Carissimi sono Milly Milano legale rappresentante della società Oxarte, per cui ha scelto l’artista Anna Oxa

con cui collaborare fin dal 2014. Mi spiace che nonostante la società Oxarte abbia riportato un dato statistico presente nel web, inerente all’analfabetismo funzionale (dopo aver letto dei commenti con lamentele di non aver compreso il testo del brano “Sali”), alcuni giornalisti si siano sentiti chiamati in causa. Presumibilmente allo stesso modo e per lo stesso motivo (?) Probabilmente da alcuni non è stato compreso il post. Vorrei dire ai giornalisti (alterati) che attribuiscono situazioni mendaci alla signora Oxa che l’artista non vi ha dedicato nemmeno un secondo della sua vita da ieri dopo il canto, ad oggi, perché è stata amorevolmente con i suoi figli, presenti a Sanremo.Quindi questo titolo nell’immagine è l’ennesima bufala che porta il suo nome. Ma fate anche mozzarelle o solo articoli (bufale)? Vi ricordiamo che a tutela di una società civile e a tutela dei diritti Umani Abbiamo i famosi 90 giorni per rivolgerci alle autorità dei territori competenti.

Manager Società Oxarte Milly Milano

P. S. Chi vuole approfondire di più sulla mia identità invece di violare la privacy avrà occasione nelle sedi competenti. Buon festival a tutti

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.

Dagospia il 20 febbraio 2023. Comunicato Stampa

Anna Oxa, tra le cantanti italiane più famose e seguite, ospite in esclusiva a Belve.

Su Sanremo, quando la Fagnani chiede cosa ne pensa della 25° posizione in classifica, la Oxa risponde che non riconosce il voto: «Per me il voto non ha valore, non esiste. Il vero voto è il messaggio che hai trasferito, non è un numero».

 Incalzata dalla Fagnani che le chiede perché si sia sottratta a tutte le interviste risponde sibillina: «Ci possono essere ragioni che ora non posso rivelare». E ancora sull’affaire Madame: «La nostra lite orchestrata ad arte da qualche salottino. Non posso dire altro, abbiamo fatto querela. Ci sarà modo più’ avanti per raccontare».

Quando la Fagnani le chiede perché tutti l’hanno presa subito per vera, la Oxa taglia corto: «Per denigrare qualcuno devi inventare una storia… viviamo in tempi terribili. Non posso aggiungere altro. Ci sarà modo più avanti per raccontare».

Belve è prodotto da Rai-Direzione Intrattenimento Prime Time in collaborazione con Fremantle Italia. Ideato e condotto da Francesca Fagnani, e scritto da Fabio Pastrello, Antonio Pascale e Gabriele Paglino, per la regia di Duccio Forzano.

L’appuntamento con Belve è dal 21 febbraio tutti i martedì in prima serata su Rai2 per cinque puntate; sempre disponile on demand su RaiPlay.

I CANTANTI.

Da X-Factor all'Ariston. Chi è Will, a Sanremo con “Stupido” per cantare le mille sfaccettature dell’amore: la serata dei duetti con Michele Zarrillo. Redazione su Il Riformista il 7 Febbraio 2023

William Busetti, in arte Will, è tra i più giovani tra i partecipanti alla 73esima edizione Festival di Sanremo. Classe 1999, cresciuto nella silente e un po’ monotona provincia di Treviso, trova proprio nella musica e in particolare nello scrivere testi ispirati alla scena rap la sua valvola di sfogo.

La passione si trasforma nei brani pubblicati su YouTube, quindi un primo Ep dai buoni risultati e la scelta nel 2020 di partecipare a X-Factor, prima vetrina per il grande pubblico. La sua esperienza all’interno del talent si blocca durante la fase dei BootCamp (eliminato da Emma).

Alle audition Will canta “Estate”, una delle prima canzoni da lui scritte. L’esibizione diventa subito virale sui social e il brano inizia a macinare stream e condivisioni: liberamente ispirato a “Someone you loved” di Lewis Capaldi, ha superato oltre 40 milioni di stream totali solo su Spotify, conquistando anche un disco di platino.

A giugno 2022 Will, come ricorda la sua bio Rai, pubblica il suo primo Ep “Chi sono veramente” su etichetta Capitol Records (Universal Music Italy) la cui uscita è stata accolta con milioni di views anche su TikTok, mentre a febbraio è atteso il suo primo album ufficiale, “Manchester”.

In gara assieme ai ‘Big’, reduce dalla promozione tra i grandi con la vittoria di Sanremo Giovani, porterà il suo brano “Stupido”, un testo che ruota attorno alle molteplici declinazioni e sfaccettature dell’amore, mentre in occasione della serata dei duetti ha voluto al suo fianco Michele Zarrillo per cantare assieme “Cinque giorni”.

Quanto al brano che porterà all’Ariston, il 23enne spiega che è “un pezzo che avevo chiuso nel cassetto, senza immaginare quando l’avrei potuto tirare fuori. Quando si è manifestata l’opportunità di partecipare al Festival di Sanremo, ho pensato subito a quanto fosse il brano giusto. Parla d’amore in un modo adulto rispetto al mio solito: raccontando le volte che ci sentiamo stupidi davanti alla persona che amiamo. Ma anche di tutte le cose stupide che facciamo per andare oltre le parole, per testimoniare il nostro amore”.

Chi è Tananai e cosa significa il suo nome d’arte: il cantante a Sanremo con la canzone “Tango”. Vito Califano su Il Riformista l’8 Febbraio 2023

Tanani ha raccontato a TV Sorrisi e Canzoni che “per la prima volta ho deciso di immaginare una storia che non mi appartiene, un amore a distanza. L’idea è nata parlando con una persona che sta vivendo una relazione di questo tipo. L’atmosfera è diversa da Sesso occasionale, c’è molto più romanticismo: non avevo voglia di ripetermi”. A Sanremo quest’anno porta Tango, con tutt’altro biglietto da visita rispetto all’anno scorso, quando dopo aver partecipato a Sanremo Giovani si era classificato ultimo tra i Big.

Comunque un portafortuna, perché durante l’anno questo 27enne, all’anagrafe Alberto Cotta Ramusino, prima produttore e dj che autore e cantante, ha inanellato una serie di hit e numeri da big della musica italiana. Con La dolce vita per esempio, il tormentone estivo con Fedez e Mara Sattei. E con la ballad anche quella per qualche tempo in heavy rotation in radio Abissale. Anche per tutto questo, la seconda volta al Festivàl è diversa: “Più bello, perché conoscevo le persone che erano lì, molti volti amici. L’ansia è la stessa, però cambia il mio modo di vivere la situazione. Nel 2022 non sapevo come approcciarmi a nulla di quello che accade a Sanremo. Ora so che cosa succederà ma mi sto preparando meglio. Sto anche facendo una vita più morigerata”.

Tananai l’anno scorso aveva strappato il pass per il Festival dei Big con Esagerata. All’anagrafe Alberto Cotta Ramusino, da Cologno Monzese in provincia di Milano, il suo nome d’arte è quello che il nonno usava per chiamarlo da piccolo: “Significa ‘piccola peste’”. Ha cominciato a farsi conoscere e a pubblicare con questo nome dal 2019. Precedentemente era noto nella scena con il nome Not For Us, un progetto elettronico con testi in inglese uscito qualche anno fa per Universal Music Italia.

Ha pubblicato nel 2019 i singoli Volersi male, Bear Grylls, Ichnusa e Calcutta. A gennaio 2020 il singolo Giugno per Sugar Music contenuto nel primo EP Piccoli Boati. A marzo 2021 il singolo su Polydor/Universal Music Baby Goddamm. Era comparso anche nell’album di Fedez, Disumano, in Le madri degli altri. A Sanremo aveva portato alla fine Sesso occasionale e si era classificato ultimo. Alla serata delle cover di venerdì 10 febbraio duetterà con Don Joe in Vorrei cantare come Biagio di Simone Cristicchi.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Non è mai lunedì. La storia della coppia ucraina che ha ispirato la canzone di Tananai. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta l’11 Febbraio 2023

Mentre l’Italia polemizzava su Zelensky a Sanremo, il cantante ha portato all’Ariston Olha e Maksym Rastieriaiev, separati a causa della guerra imperialista russa. La fuga in Italia con la figlia quattordicenne, mentre il marito liberava Kherson. In attesa della vittoria finale

La polemica sull’intervento di Volodymyr Zelensky a Sanremo ha superato qualsiasi limite di logica e di umanità. Mentre il presidente dell’Ucraina raccoglieva applausi in tutta Europa, suscitando emozioni forti dalla Westminster Hall di Londra all’Aula del Parlamento Europeo di Bruxelles, in Italia c’era chi spiega che la guerra non c’entra niente con il festival della canzone, probabilmente nel timore che Zelensky potesse fare, in diretta tra i fiori sanremesi, l’elenco delle armi che servono all’Ucraina per proteggersi da un’altra invasione russa oppure che facesse vedere i video delle vittime dell’invasione barbarica russa, o chissà cos’altro. Sembrava che la voce degli ucraini fosse stata negata su quel palco, con l’eccezione di una lettera del presidente letta da Amadeus. 

Sembrava, ma poi ci ha pensato Tananai con una dolcissima canzone d’amore, Tango, accompagnata da un video che in un solo giorno ha raccolto 750 mila visualizzazioni e che ha fatto assumere un significato del tutto diverso rispetto a una semplice canzone d’amore. 

«Amore tra le palazzine a fuoco / la tua voce riconosco / noi non siamo come loro», incanta il ritornello. A non essere come loro sono una coppia di ucraini, Olha e Maksym Rastieriaiev, della regione di Kropyvnyts’kyy in Ucraina. Olha e Maksym quasi da un anno vivono nel cellulare uno dell’altro a causa dell’aggressione russa. Una delle tante storie d’amore nella guerra e la nuova realtà che tutti gli ucraini si sono trovati a vivere dopo il 24 febbraio 2022. 

Linkiesta ha contattato Olha per farsi raccontare la loro storia, la loro «notte in cui ti ho conosciuta». Maksym Rastieriaiev, marito di Olha, è un militare di professione, già difensore dell’Ucraina durante la prima invasione russa nel Donbas nel 2014, dove ha trascorso un anno e mezzo al fronte. 

Nel febbraio del 2022, l’invasione russa è stata più ampia, più feroce e più crudele. Maksym è stato chiamato alla fine di febbraio a riprendere il servizio e Olha è rimasta da sola a casa con la loro quattordicenne figlia Liza. Alla fine di aprile, la paura ha fatto mettere in moto Olha e sua figlia verso la Toscana e, alla fine di agosto, sono arrivate a Milano, dove Olha ha trovato un lavoro, una sistemazione e la scuola per la figlia. 

Nel video montato dalla squadra di Tananai si vedono le scene della comunità ucraina che a Milano si raduna in piazza Duomo ogni sera e ogni fine settimana non solo per ricordare ai cittadini e ai turisti la grande tragedia che vivono gli ucraini ogni giorno, ma anche per stare un po’ tutti insieme. Lontani da casa, in un paese dove non si conoscono né la lingua né le regole, ritrovarsi in piazza Duomo è una specie di terapia di gruppo necessaria a superare ancora un altro giorno, il giorno che la connessione sul fronte si ristabilisca, il giorno che arriva un messaggio, qualsiasi messaggio, come segno di un altro giorno da sopravvissuti.

Una delle produttrici del video di Tananai è nata a Kyjiv, così la storia di Olha e Maksym è arrivata a Tananai e l’ha aiutato a far nascere un testo molto più profondo di un semplice amore vissuto a distanza. Olha nel frattempo ha lasciato tutte le cose che ha saputo mettere in piedi a Milano ed è tornata a casa sua, perché il marito e l’Ucraina le mancavano tanto, troppo, proprio perché quel lunedì in cui finalmente suo marito tornerà sembra non arrivare mai. 

Dopo sette mesi di vita attaccata a un filo telefonico, dopo la gioia della liberazione di Kherson cui ha preso parte Maksym, finalmente Olha ha rivisto Maksym per 2 giorni. È dovuta andare fino alla più grande città vicina alla linea del fronte, ma è pronta a tutto pur di abbracciare suo marito «lo so quanto ti manco / Ma chissà perché Dio / Ci pesta come un tango». 

La comunità ucraina in Italia ha ringraziato Tananai e la sua squadra per aver dato forma alle emozioni degli ucraini. Su YouTube, Twitter e Instagram, i commenti pullulano di ringraziamenti e cuori gialloblù che si fondono negli sms con il codice 06 assegnato a Tananai nella terza serata del festival di Sanremo. Tananai ha buone prospettive per la serata finale, gli ucraini sicuramente non smetteranno di dargli il sostegno. Sono, siamo, alquanto tenaci nel perseguire i nostri giusti obbiettivi. 

La storia di Olha e Maksym è la tenera illustrazione di una vita bruscamente interrotta, una condizione che tutti gli ucraini vivono ogni giorno ormai da un anno: «È un anno che mi hai perso / E quel che sono non volevo esserlo». 

Nella polemica pompata dalla propaganda russa sull’escalation, sugli ucraini guerrafondai che non vogliono fermarsi né cedere alla Russia le proprie terre, sugli ucraini che chiedono solo più e più armi, l’amore di Olha e Maksym restituisce il volto umano a un intero popolo che ogni giorno combatte insieme e unito per far arrivare quel lunedì.

LEONARDO DA VINCI. Estratto da “La vita segreta dei colori”, di Lauretta Colonnelli (ed. Marsilio), pubblicate dal “Fatto quotidiano”

 […] Leonardo. Leonardo giovane, che girava in calze rosa e pitocco rosato corto al ginocchio, i lunghi capelli abboccolati che gli ricadevano sulle spalle. […]

Chi è Rosa Chemical, il rapper “gender fluid” a Sanremo con Made in Italy e la polemica con Morgante di Fratelli d’Italia. Vito Califano su Il Riformista l’ 8 Febbraio 2023

Rosa Chemical non è sconosciuto dalle parti dell’Ariston: l’anno scorso aveva cantato nelle serate dei duetti con Tananai, una cover di A far l’amore comincia tu di Raffaella Carrà. Scommette che il suo brano “farà discutere le famiglie riunite a tavola”, ha detto a TV Sorrisi e Canzoni. E perché mai? Rosa Chemical porterà a Sanremo Made in Italy, una canzone che definisce un inno alla libertà, certo la sua partecipazione è diventata argomento di scontro e dibattito politico ben prima l’inizio delle danze al Festival.

Rosa Chemical è lo pseudonimo di Manuel Franco Rocato: unione tra “Rosa”, il nome della madre, e “Chemical”, un tributo alla band My Chemical Romance. È nato a Voghera, in provincia di Padova, ma è cresciuto a Grugliasco, in provincia di Torino. Rapper, esordio nel 2018 con il singolo Kournikova. Ha fatto però anche da modello per la casa di moda Gucci. Del 2019 l’inizio della collaborazione con il produttore Greg Willen: ha pubblicato il singolo Rovesciata e l’ep di sette tracce Okay Okay!!.

Da solista ha pubblicato i videoclip di Scolapasta e ABC e i singoli Facciamolo e Fatass. A scalare le classifiche di Spotify, Tik Tok. Feat nell’album di debutto della FSK, FSK TRAPSHIT REVENGE. Del 2020 il secondo album, Forever. Il singolo britney lo ha pubblicato in collaborazione con MamboLosco e Radical e nello stesso anno, attraverso degli indizi sulla sua pagina Instagram, annuncia l’uscita dell’album Forever And Ever: un repack del precedente album con cinque nuove tracce.

A proposito del brano che porterà a Sanremo ha detto “mai puntare il dito su ciò che ci sembra ‘diverso’. Ci sono tante forme di amore. Chi dice cosa è ‘normale’?”. E però non tutti sono stati d’accordo. Su Rosa Chemical è stata innescata la prima polemica del Festival di Sanremo con la deputata di Fratelli d’Italia Maddalena Morgante che ne ha chiesto l’estromissione. “Franco Rocati, in arte Rosa Chemical, ha intenzione di portare in gara al Festival il sesso, l’amore poligamo e i porno su Onlyfans”, ha detto la deputata veronese di 41 anni, avvocato, sposata e con due figli. “L’ennesimo spot in favore del gender”.

Amadeus aveva risposto in conferenza stampa: “Non sono d’accordo con le critiche, ma il pezzo di Rosa Chemical magari diventerà quello preferito dai suoi figli e dopo tutto questo lo ballerà anche lei”.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Estratto dell'articolo di Stefano Mannucci per “il Fatto quotidiano” il 10 febbraio 2023

Dica la verità, Rosa Chemical: non sarebbe curioso?

Di fare cosa?

 Di poter sbirciare dentro la casa di Maddalena Morgante, la deputata di FdI che in Parlamento l’ha descritta come il male.

Le polemiche sciape e distruttive non mi toccano, ma sono certo che ora i suoi bambini stanno ballando il mio pezzo. E siccome sono certo che la signora sia intelligente, si sarà unita a loro nella danza. 

Lo scenario che ha immaginato ironicamente Amadeus, in risposta alla lunare sortita in Parlamento della Morgante.

Quando l’altra sera sono entrato sul palco ho sentito il dovere di ringraziare Amadeus. Così come sono grato a Chiara Ferragni e Fedez, che hanno preso le mie difese contro chi chiedeva la mia esclusione dal Festival. Per la prima volta mi sono sentito compreso.

 Però Fedez l’ha citata nel suo freestyle non concordato con la Rai, che potrebbe procurarle nuove antipatie. Il suo nome è nella stessa barra in cui si parla del viceministro Bignami vestito da Hitler.

Non penso ad altri attacchi da parte degli ultraconservatori. Fedez ha fatto una scelta coraggiosa, parlando anche per conto dei ragazzi che non dispongono di un palco o di un microfono, ai quali viene negata la libertà di essere come sono.

 A destra l’hanno dipinta come un pornografo che attenta alla morale pubblica.

Mercoledì, subito dopo l’esibizione, i miei social sono stati invasi da commenti positivi. Non solo da parte dei più giovani, ma anche di adulti e perfino di anziani che pensano con la loro testa, e che inorridiscono a sentir certi politici inventarsi la “rivolta gender fluid”.

 (...)

 Definiamo le puttane.

Io lo sono.

 Lei?

Sono una puttana perché faccio tanto sesso, tutto quello che voglio, con chi voglio.

 Il poliamore citato nel testo di Made in Italy.

Qualcuno lo pratica, troppi etichettano.

 (...)

 Stasera sarà in duetto con Rose Villain per America della Nannini.

È tempo di rialzare il volume sul concetto di autoerotismo femminile.

 Ma in Italia perché certe istanze fanno ancora scandalo?

Non ero ancora arrivato io a sistemare le cose.

 È pronto per il tour?

Prima resto concentrato su Sanremo. Voglio amplificare il messaggio senza tentennamenti né blocchi emotivi. Poi arriveranno i primi concerti della mia vita. E vedere ballare tutti. Anche i bambini.

Chi è Lazza, il rapper dei record a Sanremo con la canzone “Cenere”. Vito Califano su Il Riformista il 7 Febbraio 2023

Lazza non sente pressioni: “Non voglio passare per presuntuoso, ma ho già vinto i premi che volevo – ha detto a Tv Sorrisi e Canzoni – : i concerti pieni, le classifiche, il tour nei palazzetti che faremo in primavera. Non vado a Sanremo per arrivare primo, ma perché voglio raggiungere una fetta di pubblico che ancora mi manca”. Al Festival questo rapper che non è solo un rapper porterà Cenere, un brano nato in studio con il Dardust e Davide Petrella.

All’anagrafe Jacopo Lazzarini, 28 anni, di Milano quartiere Calvairate, rapper ma anche pianista: ha studiato per anni al conservatorio Giuseppe Verdi. È stato membro del collettivo Zero Due della Blocco Recordz. Ha attirato l’attenzione per la sua abilità tecnica in Real Talk e nei freestyle pubblicati sul web. Del 2017 l’album d’esordio Zzala per il collettivo di amici 333MOB, con collaborazioni con Salmo e Nitro da cui è stato tratto il singolo MOB con 6 milioni di visualizzazioni.

Il titolo richiama il linguaggio “riocontra”, quello che pratica l’inversione di sillabe per generare rime originali. Dopo pochi mesi l’album è stato certificato disco d’oro. È un successo anche lo “Zzala winter tour”. Escono allora i singoli inediti “IBFM” (assieme all’amico Low Kidd) , “Beyblade” (produzione 333MOB) e “Diablo” (ancora una volta prodotto da Low Kidd) che ha ottenuto la certificazione FIMI disco d’oro. Del 2019 il secondo album, Re Mida, col quale è arrivato per la prima volta primo in classifica.

Del 2022 il terzo, Sirio, uscito lo scorso aprile e certificato quattro volte Disco di Platino, il più venduto del 2022 secondo i dati Fimi. “Tante volte, davanti al successo, si urla ‘venduto’, ma non credo sia il mio caso”, ha detto in un’intervista a GQ. “Il massimo di critica che ha ricevuto il mio ultimo disco è ‘non è il mio genere’. I fan hanno notato un’evoluzione musicale, ma anche l’importanza che hanno per me le radici, una forma di riconoscenza”.

A Tv Sorrisi e Canzoni, a proposito della canzone che porterà al Festival, ha dichiarato: “Il pezzo è nato quando in studio ci siamo ritrovati io, Dardust e Davide Petrella. L’idea iniziale era di fare qualcosa insieme solo a scopo ricreativo. Poi è piaciuto e siamo arrivati a Sanremo. Io avvertivo l’esigenza di far sentire la mia penna che è una cosa a cui tengo molto. Volevo una canzone che facesse passare un messaggio forte”. Lazza duetterà con Emma e Laura Marzadori, primo violino della Scala di Milano, nella serata delle cover di venerdì 10 febbraio in La Fine.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatr

Andrea Laffranchi per corriere.it il 13 febbraio 2023.

Non ha vinto, ma festeggia lo stesso. E a «Domenica In», dove è stato ospite dopo Sanremo, ha dato anche prova di grande professionalità quando non è partita la base della sua canzone e, anziché fermarsi o protestare (come Blanco), ha improvvisato un freestyle per ovviare ai problemi tecnici.

 «Ho organizzato un party a Milano per sottolineare un nuovo disco di platino in arrivo e le 19 settimane al numero 1 in classifica di “Sirio”: ho tanto da celebrare», dice Lazza, il rapper che si è piazzato al secondo posto dietro Mengoni. Il suo ultimo album è stato il più venduto del 2022 secondo le classifiche ufficiali Fimi e per trovare una permanenza così lunga in classifica bisogna risalire a 12 anni fa con «Vivere o niente» di Vasco Rossi.

Con questa partecipazione ha allargato la sua notorietà che è già enorme. E da un pubblico di Gen Z che vive sulle piattaforme streaming e sui social si è fatto conoscere anche dalla platea nazional-popolare di Rai1. Il salto è importante, ma diceva ieri, «cercherò di far diventare anche questo il mio mondo».

 Per un attimo, lì sul palco dell’Ariston con a fianco Mengoni, Mr Rain, Tananai e Ultimo ha accarezzato l’idea di poter vincere. «A un certo punto ho pensato di potercela fare: il pezzo era cresciuto tanto e sentivo sempre più gente presa bene», commenta. Al momento della proclamazione ha sollevato di peso Mengoni: «Trovo giusto che sia finita così perché Marco ha gran pezzo ed è un grande interprete».

Lazza, vero nome Jacopo Lazzarini, è partito dal mondo trap. Rime fulminanti a base di autotune, ego trip e vita di strada. Con «Sirio» ha fatto un passo di lato e ha iniziato a guardare anche ai sentimenti. «Panico» è stata una hit che gli ha aperto una nuova prateria musicale. E con «Cenere» ha spostato ancora di più l’equilibrio verso il mondo urban.

 Nella serata delle cover, assieme ad Emma, ha mostrato anche di conoscere la musica mettendosi a suonare al pianoforte. Lazza ha infatti studiato al Conservatorio, ha pubblicato delle versioni pianistiche dei suoi album e ha un tatuaggio di Chopin, il suo compositore preferito.

Un’altra fotografia del festival di Lazza è stata la discesa in platea nella terza serata alla ricerca di mamma. Voleva regalarle un mazzo di fiori e quando l’ha trovata lei si è nascosta dietro al bouquet per non farsi riprendere. «Lei è il mio contrario, odia telecamere e macchine fotografiche. Dopo 28 anni di disperazione un po’ di riconoscenza mi sembrava doverosa».

 Intanto «Cenere» è in testa alla classifica dei pezzi più ascoltati su Spotify e viaggia a un ritmo di 2 milioni di stream al giorno. Anche le radio, che in genere sono più tiepide nell’accogliere brani che arrivano dal mondo hip hop nella loro playlist, hanno già messo in rotazione Lazza: per ora, secondo i dati EarOne, è al quarto posto fra i più trasmessi.

Chi è Shari, la cantante a Sanremo con “Egoista”: la partecipazione a “Tú sí que vales” e il duetto con Salmo. Vito Califano su Il Riformista il 7 Febbraio 2023

Shari approda a Sanremo dopo aver partecipato a Sanremo Giovani 2022: con il brano Sotto voce si è conquistata un posto tra i primi sei classificati, quelli rientrati nei 28 big in gara al Festival in scena al teatro Ariston dal 7 all’11 febbraio. “Parla di chi cerca l’amore per sopperire al vuoto della sua solitudine: l’ho scritta nella cameretta dove sono cresciuta”, ha dichiarato a Tv Sorrisi & Canzoni la 20enne, all’anagrafe Shari Noioso, della sua canzone Egoista.

Classe 2002, è nata a Monfalcone, in provincia di Gorizia. Ha cominciato a studiare canto e pianoforte all’accademia The Groove Factory quando aveva dieci anni. Aveva soltanto dodici anni quando si è presentata davanti alla giuria del talent show Tú sí que vales, su Canale 5, quando al pianoforte si esibì in una versione di The Sound of Silence di Simon & Garfunkel. “Ero pura, forse la versione migliore di me, quella che oggi voglio difendere”.

Ottenne un contratto discografico con la Warner Music, con cui ha pubblicato le cover di Imagine e The Sound of Silence e il singolo di debutto Don’t You Run. Ha aperto i concerti del trio Il Volo nella tournée L’amore si muove Tour, in cui cantava e suonava Imagine di John Lennon. A Sanremo Giovani aveva già partecipato nel 2019, senza però ottenere il pass per accedere al Festival del 2020.

Questa volta invece l’ha spuntata. La prima cosa che ha fatto dopo aver saputo della sua partecipazione a Sanremo, è stato telefonare alla sua prima insegnante di canto. “Ho sentito il bisogno di fare un passo indietro, riavvicinandomi alle origini del mio percorso”, ha raccontato a Tv Sorrisi & Canzoni. Nel luglio 2022, dopo aver ottenuto un contratto con la Columbia Records, ha pubblicato l’EP d’esordio Fake Music. Alla serata dei duetti parteciperà con Salmo in un medley di canzoni di Zucchero. Salmo è anche tra gli autori e produttori di Egoista.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione

Nel 2021 aveva esordito con Voce. Chi è Madame, a Sanremo con Il bene nel male dopo le polemiche per il falso green pass. Redazione su Il Riformista il 7 Febbraio 2023

Madame, all’anagrafe Francesca Calearo, è una cantante e musicista di 19 anni, nota per aver partecipato a Sanremo 2021 con la canzone Voce. Madame si classifica ottava nella classifica finale del Festival di Sanremo e vince il Premio Sergio Bardotti per il Miglior Testo. La sua musica è stata condivisa anche da Cristiano Ronaldo ed è stata anche ospite per un featuring a X Factor 2020 e ha condotto una puntata de Le Iene. Parteciperà alla 73esima edizione di Sanremo 2023 con la canzone Il bene nel male.

Madame è una giovane rapper di Vicenza già è molto conosciuta nel panorama musicale della musica emergente. Sin da piccola inizia a studiare pianoforte e poi impara a memoria tutte le canzoni di Fedez e Emis Killa. Il suo nome d’arte nasce in modo casuale: a scuola mentre giocava con la sua migliore amici a un generatore di nomi per Drag Queen esce Madame Wild. Da qui l’idea di usare questo nome inizialmente per intero, e successivamente rendendolo più coinciso alla sola Madame.

Madame si definisce una persona sensibile, ama passeggiare con il suo cane nella natura, dipingendo acquerelli e suonando il pianoforte a orecchio. Ama anche scrivere, rime e non, che danno poi forma alle sue strofe. Nello scorso dicembre è stata coinvolta nell’inchiesta della procura di Vicenza su presunte finte vaccinazioni anti Covid, che ha giustificato raccontando la vicenda in un lungo post su instagram. Madame ha parlato di cosa è successo con un lungo post su Instagram.

Grazie alla sua prima canzone Anna è stata scoperta dal rapper Eiemgei e successivamente supportata dagli Arcade Boys è entrata a far parte del panorama musicale italiano. Attualmente con la sua etichetta discografica Sugar supportata da un mini team capitanato da Paola Zakar manager tra gli altri anche di Clementino, Fabri Fibra e Marracash. Nel corso dell’ultimo anno ha collaborato anche Elodie e Ghali, Marracash e Dardust.

I suoi singoli più conosciuti sono Sciccherie, ripostato da Cristiano Ronaldo, che ha raggiunto milioni di visualizzazioni e 17. Il 3 dicembre 2020 è ospite di X Factor 2020 dove realizza un featuring con il concorrente finalista Blind. Il 19 marzo uscirà il suo primo album, intitolato semplicemente Madame dove collabora con Rkomi, Carl Brave, Pinguini Tattici Nucleari, Gue Pequeno, Villa Banks, Ernia, Gaia e Blanco. La giovane rapper ha pubblicato la notizia sul suo profilo Facebook, mentre sul profilo Instagram ha pubblicato il trailer dell’album.

A novembre conduce una puntata de Le Iene nell’edizione che sarà ricordata per l’alternarsi di 10 diverse presentatrici, facendo seguito a Paola Egonu, anche lei presente in questa edizione di Sanremo. Nello stesso mese pubblica il suo primo duetto con il suo amico Sangiovanni: il singolo si chiama Perso Nel Buio ed è la prima collaborazione tra Sangiovanni e Madame. Madame ha fatto coming out già alcuni anni fa: “Sono attratta sia da uomini che da donne. Sono una ragazza che sceglie, a seconda di come si sente, di avere un portamento”. Il titolo della canzone con cui concorrerà in questa edizione di Sanremo è stato cambiato poco prima del festival, doveva chiamarsi Puttana. Nella serata duetti Madame canta con Izi ‘Via del Campo’ di Fabrizio De Andrè. Ha recentemente dichiarato che ad accompagnarla a Sanremo sarà la mamma.

Al Festival con la ballad d'amore Se poi domani. Chi è Lda, il cantante figlio di Gigi D’Alessio in gara a Sanremo: “Papà mi ha detto ‘divertiti’”. Redazione su Il Riformista il 7 Febbraio 2023

L’artista 19enne originario di Napoli parteciperà al Festival con la ballad d’amore Se poi domani e nella serata delle cover si esibirà insieme ad Alex Britti con cui farà Oggi sono io, scritta dal cantautore romano. Il 7 febbraio ci sarà anche Lda tra i ‘big’ di Sanremo 2023. L’ex Amici parteciperà con un pezzo che è nato nel giro di mezz’ora e che da subito il cantante ha immaginato per la cornice del teatro Ariston.

Lda, al secolo Luca D’Alessio, racconta la gioia di esserci a prescindere dal risultato. Una sensazione condivisa anche dal papà, Gigi: “Non mi ha dato consigli tecnici, mi ha detto soltanto ‘divertiti'”. Questa esperienza, dice, “cercherò di godermela, poi il resto viene da sé”. “Io non scrivo subito. Di solito, quando mi succede qualcosa – racconta Lda – la tengo dentro me una settimana, poi quando ce l’ho ben chiara la scrivo. Con questa canzone è stato strano, era successa una cosa la notte prima e l’indomani l’ho scritta. Appena l’ho sentita registrata ho capito subito che era la canzone per Sanremo. Il mio presentimento è stato giusto”.

Nella scuola di Maria De Filippi l’incontro con il cantautore che lo accompagnerà nella serata delle cover: Alex Britti: “È un capolavoro della musica italiana – dice Lda riguardo al pezzo che porteranno ai duetti -, è una canzone che ha fatto, fa e farà la storia della musica italiana. È Una canzone che ha rifatto persino Mina, che è più grande di me. Cantarla è un onore, farlo con Alex di più. Non vedo l’ora”.

Lda pubblicherà subito dopo Sanremo il suo nuovo album Quello che fa bene: “È un disco ricco di canzoni, di melodia e di sound innovativi. Ho sperimentato tanto. Quando dico che è il mio primo disco è la verità. Ci tengo tanto. Sono sicuro che sarà un disco molto importante per me”.

La questione “essere figlio di” è sicuramente spinosa per Lda che per staccarsi dalla fama di papà ha occultato il marchio di famiglia nel suo nome d’arte, con cui ha partecipato ad Amici nell’edizione 2021. Lda riconosce l’eredità del padre che definisce uno dei migliori “non perché è mio padre, ma perché oggettivamente è così”. Tant’è che nel 2020 ha partecipato all’album di Gigi D’Alessio Buongiorno che comprende, oltre al duetto Di notte, la posse track Buongiorno che raduna grande parte della scena napoletana.

Chi è Davide Simonetta, l’autore in gara a Sanremo 2023 con Tananai, Rosa Chemical e Mengoni. Samantha Colombo su Il corriere della Sera l’8 Febbraio 2023

Autore, compositore e arrangiatore, Davide Simonetta firma i brani di Marco Mengoni, Rosa Chemical e Tananai

Il verdetto della scorsa edizione di Sanremo è stato impietoso con Tananai: il suo brano Sesso occasionale si è infatti piazzato ultimo in classifica. Eppure la canzone è diventata in breve un fenomeno: il ritornello «Baby ritorna da me e metti via quella pistola» ha imperversato per mesi in radio e sulle piattaforme di streaming (e di sicuro c’è chi lo ha letto cantando).

Tra le firme del brano che ha incoronato Tananai sovrano degli ascolti — e dei social — c’è anche Davide Simonetta, in arte «Simonetta» o «d.whale», autore, compositore e arrangiatore tra i più prolifici e premiati della scena contemporanea.

Quest’anno Simonetta torna a Sanremo firmando, insieme ad altri autori, «Due vite» di Marco Mengoni; «Made in Italy» di Rosa Chemical; «Tango», di nuovo in formazione con Tananai.

Il legame di Simonetta con l’Ariston è consolidato. Uno dei primi Festival è nel 2015 con «Il mondo esplode tranne noi» dei Dear Jack. Nel 2017 scrive, insieme a Paola Turci, «Fatti bella per te»; l’anno successivo torna con «Il mondo prima di te» scritto insieme ad Annalisa (cui è stato legato sentimentalmente) e «Così sbagliato» de Le Vibrazioni. Insieme alla band milanese è di nuovo sul palco dell’Ariston nel 2020 con «Dov’è». Trascorre un anno ed è la volta di «Dieci» di Annalisa e «Chiamami per nome» di Francesca Michielin e Fedez, che lo vedono per la prima volta in veste di produttore a Sanremo: i due brani nascono nel suo studio di Bagnolo Cremasco, a metà strada tra Milano e Cremona.

Una penna che va a «Mille»

Simonetta è uno degli autori più prolifici e apprezzati degli ultimi anni. Le canzoni che firma entrano in un lampo nelle classifiche e nell’immaginario pop. «Come neve» di Giorgia e Marco Mengoni compare nella colonna sonora di «The New Pope», la serie tv di Paolo Sorrentino; «Mille» di Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti conta decine di milioni di streaming audio e video. Prima di diventare autore e produttore, Simonetta inizia calcando i palchi da musicista. Nei primi anni Duemila, pubblica due dischi con i Karnea, condividendo il palco dell’Heineken Jammin Festival con Placebo e Metallica. È poi la volta dei Caponord, con cui pubblica altri due dischi e diversi singoli. La lista dei nomi con cui ha collaborato è costellata di stelle della musica: Annalisa, Dear Jack, Fedez, Emma Marrone, Tiziano Ferro, Francesco Renga, Paola Turci sono solo alcuni degli artisti per cui ha firmato centinaia di brani, molti trasformati in dischi d’oro e di platino.

C’è anche un sodalizio con il collega autore Paolo Antonacci, con cui scrive brani come «Sceglimi» di Irama, «Finire anche noi» di Francesco Renga, «Bombonera» di Elettra Lamborghini, «Bella storia» di Fedez e il già citato «Sesso occasionale». Sempre con Antonacci firma le canzoni di Tananai e Rosa Chemical in gara quest’anno a Sanremo.

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

Fedez a Sanremo strappa la foto del viceministro Bignami vestito da nazista. Poi spiega: «Non ho chiesto alla Rai». Barbara Visentin e Manuela Croci, inviata sulla nave Costa Smeralda su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Sanremo, freestyle a sorpresa per il rapper che sciorina rime al vetriolo. Cita ministri, il Codacons e Matteo Messina Denaro. Poi chiude con un pensiero per Gianluca Vialli

Freestyle a sorpresa per Fedez collegato dalla nave Costa Crociere durante la diretta di Sanremo: il rapper sciorina rime al vetriolo e poi, dopo aver brandito in mano una foto del viceministro Galeazzo Bignami travestito da nazista, la strappa. «Se va a Sanremo Rosa chemical scoppia la lite / Forse meglio il viceministro vestito da Hitler», canta tra le altre cose Fedez, attaccando la classe politica anche sul tema dell’aborto (il riferimento è alla ministra della Famiglia Eugenia Roccella) e chiudendo il brano con un pensiero per Gianluca Vialli.

«Tornando all’articolo 21 della Costituzione di cui si è parlato ieri sera, volevo dire che mi assumo piena responsabilità di quello che ho detto, il testo non era stato annunciato alla Rai», ha precisato Fedez alla fine, rivolgendosi ad Amadeus. Sul suo account Instagram è subito stato pubblicato il brano «Sanremo freestyle», realizzato, si legge, insieme a Salmo.

Ecco una parte del testo:

Sono Napoleone con la sindrome del nano

decido io quando venire bro me la preparo

come Matteo Messina Denaro

secondo a Sanremo con la vittoria dei Maneskin

free the nipple come Victoria dei Maneskin

frate non sei primo in niente se sei primo in Fimi

che nella vita tutto ha un prezzo pure gli streaming

se va a Sanremo Rosa chemical scoppia la lite

forse meglio il viceministro vestito da Hitler

«purtroppo l’aborto è un diritto»

sì ma non l’ho detto io l’ha detto un ministro

a volte anche io sparo cazzate ai quattro venti

ma non lo faccio a spese dei contribuenti

perché a pestare merde sono un esperto

ciao Codacons guarda come mi diverto

vabbè sdrammatizziamo ho avuto il cancro

e come un vero duro sono andato in tele e ho pianto

se penso a chi mi ha dato la forza guardo in alto

il ricordo di Gianluca che porto su questo palco.

Le nostre pagelle della seconda serata di Sanremo

Dopo il collegamento in diretta con la Rai, Fedez ha proseguito a cantare sul «palco in mare» della nave. Terminata la prima canzone «La dolce vita» è stato avvicinato da una persona della Rai e ha spiegato di essere stato ringraziato per aver mantenuto la parola data e per essersi preso tutta la responsabilità delle parole dette in diretta, di cui Rai e Costa erano all’oscuro.

In un’altra pausa dal suo concerto, si è avvicinato alla madre che era dietro la console e tornato davanti al pubblico ha spiegato di averle chiesto se aveva fatto un gran casino e se volevano linciarlo fuori dalla nave. «Mi ha detto di no», ha concluso Fedez. Quindi ha ripreso a cantare scegliendo la canzone con cui ha conosciuto sua moglie, «Vorrei ma non posto», per poi chiudere con «Senza pagare».

Galeazzo Bignami, chi è il viceministro con la svastica citato da Fedez. Tra omofobia e posizioni anti-aborto. Il politico è stato protagonista della canzone del rapper sul palco di Sanremo. E la sua foto vestito da nazista non è la cosa peggiore della sua carriera politica. Simone Alliva su L’Espresso il 9 Febbraio 2023.

Quando Fedez debuttò nel 2011 con il suo primo album autoprodotto “Penisola che non c'è”, Galeazzo Bignami era consigliere comunale di Bologna e protestava già contro la “Frocessione” (manifestazione organizzata dagli studenti di Bologna insieme alle associazioni Lgbt contro il consumismo natalizio).

Militante politico fin da adolescente, nato nel 1975 a Bologna, è stato consigliere comunale, consigliere regionale e quindi deputato, prima con Forza Italia e poi con Fratelli d’Italia. Avvocato, figlio di Marcello Bignami, punto di riferimento della destra bolognese e componente della segreteria nazionale del Movimento sociale italiano (e lui stesso con trascorsi di militanza nel partito di Almirante e poi in Alleanza nazionale). Nel 2015 dichiara guerra al Cassero di Bologna, casa madre che da 40 anni accoglie le persone Lgbt. Bollandolo come "volgare e disgustoso”. Presenta un esposto alla Procura contro il centro "che continua a usare spazi e soldi pubblici per iniziative volgari che offendono l'intelligenza e il decoro di chiunque abbia un minimo di senso di decenza".

Posizioni, agli atti, antiabortiste: nel 2016 da consigliere regionale in quota Forza Italia, Bignami presenta una risoluzione per chiedere di riformare il sistema dei consultori e di operare per ridurre le interruzioni volontarie di gravidanza. Un anno sotto i riflettori questo: si schierò a favore delle barricate di Gorino contro dodici donne e otto bambini migranti. Barricate di «buonsenso», commentò.

Precursore della più nota crociata contro il cartone Peppa Pig, rilanciata nel 2022 dal collega di partito Federico Mollicone. Nel 2017 chiede da consigliere regionale la cancellazione della serie "A casa dei Loud” con un’interrogazione alla giunta invitata a sollecitare il ministero competente affinché serie tv di questo tipo non siano trasmesse su canali facilmente accessibili. Il cartone animato ha fra i personaggi Clyde, bimbo che vive con due papà. «All’interno della serie - spiega Bignami - pare sia stato rivelato che una delle sorelline di Lincoln è bisessuale». Un pericolo per «modelli che necessitano di una valutazione più ampia sia a livello pedagogico che educativo».

Nel 2017 sostiene l’iniziativa del Family Day di schedare tutte le scuole di Bologna, bollata ciascuna con stigma rosso, giallo o verde a seconda del tasso di “ideologia gender” contenuta nei suoi programmi scolastici, cioè dei corsi contro l'omofobia e il bullismo.

Nel 2018 è senatore per Forza Italia e da Roma continua la sua crociata contro il Cassero di Bologna, nel mirino il Gender Bender Festival. Capofila di un progetto europeo finanziato con oltre un milione e 200 mila euro, è una giostra di eventi spettacolari, legati alla danza e alle arti performative che da due decenni indagano le questioni di genere e di identità. Per l’importanza dei temi e la qualità delle proposte ha il sostegno del Comune di Bologna, della Regione Emilia-Romagna e del Mibact. Per Bignami «si muove sui soliti temi cari a questo tipo di propaganda: smontare la sessualità maschile e femminile, irridere la religione ed esaltare le forme di dominio e di sottomissione gay».

Un parlamentare molto attento al territorio, nel 2019 attacca i Pride di Rimini, Modena e Bologna: «Nessuno mette in discussione la libertà di vivere la propria sessualità, tantomeno il doveroso contrasto alle discriminazioni e alle violenze di genere. Ma i gay pride finiscono, sistematicamente, per rivelarsi manifestazioni di mera ostentazione della propria sessualità, spesso di cattivo gusto». E a distanza di pochi mesi il neo-viceministro finisce sulle cronache a causa di un video che imbarazzerà non poco la leader Giorgia Meloni. À immortalato per il quartiere Bolognina di Bologna mentre legge ad alta voce i nomi degli inquilini delle case Acer (“costruite dai nostri padri e dai nostri nonni”). Tutti cognomi stranieri segno, dunque, che la “sostituzione etnica” era già avvenuta. «Ci diranno che stiamo violando la privacy» dice nel video Bignami, «ma non ce ne frega assolutamente niente. Se è un alloggio popolare, c’è il tuo nome sul campanello, bisogna anche che ti metta nell’ottica che comunque qualcuno vada a vedere».

Prima di applaudire insieme ai colleghi di partito dopo l'affossamento del ddl Zan, resta agli atti il suo intervento più duro contro la legge che voleva contrastare l’omotransfobia: «Cercate di trasformare queste mascherine in bavaglio. L’affermazione secondo cui la famiglia è tra uomo e una donna diventerebbe reato, La rivoluzione non è salire su un carro in perizoma ma unirsi in matrimonio tra uomo e donna». In soffitta la mimetica nazista, oggi indossa quella di vice ministro alle Infrastrutture. Ma quell’immagine (saltata fuori nel 2016, risale del 2005) si sa, era una “goliardia” per il suo addio al celibato. Il resto della sua attività politica, no.

Non è provocazione, solo maleducazione: Fedez bulletto in Rai. Andrea Indini il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Il solito Fedez si prende il palco di Sanremo e lo usa per attaccare il governo. Pensa di provocare ancora, ma fa solo il bullo senza contraddittorio e a spesa di noi contribuenti

No, non cadete nell'errore. È troppo facile sputare su un viceministro del governo in carica, regolare i propri conti (sporchi) nelle nostre case (con la tivù pagata da noi) e giocare a fare il sovversivo a suon di rime, parolacce e fotografie strappate. Troppo facile fare il bulletto su un palco vuoto, senza un briciolo di contraddittorio, senza nessuno che possa dirti che stai stonando. Troppo facile usare il Festival di Sanremo (che cliché) per sparare qualche cagata (scusate il termine) e poi fare l'eroe dicendo "mi assumo tutta la responsabilità". Che pena! Quella di Fedez non è stata affatto una provocazione. Macché! È stata soltanto becera maleducazione. Delle più infami, tra l'altro.

Non è la prima volta che succede. Non bisogna andare troppo indietro per dover subire il Fedez-pensiero (?) sulla televisione pubblica. Anno domini 2021, concertone del Primo maggio, festa dei lavoratori. E sul palco Mister Ferragni a sproloquiare. Al tempo se l'era presa con il leghista Andrea Ostellari, reo di non essere d'accordo con il ddl Zan, e più in generale con tutto il partito di Matteo Salvini. In nome della libertà di espressione aveva poi "svelato" pressioni ricevute da viale Mazzini per edulcorare il testo dell'intervento. "Ovviamente da persona libera mi assumo tutta la responsabilità di ciò che dico e faccio - aveva detto due anni fa - il contenuto di questo intervento è stato definito inopportuno dalla vicedirettrice di Raitre". Stessa scena ieri sera. Con quell'inutile e penoso "il testo della canzone non è stato annunciato allo staff della Rai e voglio assumermi la piena responsabilità di questo". Perché, se anche fosse che viale Mazzini non sapeva nulla, lì davanti a lui era ben presente un Amadeus muto come una mummia. E, a casa mia, se non ti opponi, sei come minimo connivente.

Ma torniamo al maleducato Fedez. Il freestyle, ieri sera, è andato in scena dal palco della Costa Smeralda e non da quello dell'Ariston. Non c'è dunque il pubblico a fischiarlo. E lui va a briglia sciolte: se la prende (nell'ordine) con il viceministro ai Trasporti Galeazzo Bignami ("Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite, forse è meglio il viceministro vestito da Hitler") e il ministro per la Famiglia Eugenia Roccella ("Purtroppo l'aborto è un diritto sì, ma non l'ho detto io, l'ha detto un ministro"). Quindi coglie l'occasione ghiotta per regolare i propri conti col Codacons, con cui litiga e va in causa da anni. "A volte anche io sparo cazzate ai quattro venti, ma non lo faccio a spese dei contribuenti, perché a pestarne di merde sono un esperto. Ciao Codacons, guarda come mi diverto". E infine, prima di ridare la linea a Sanremo, strappa la foto del deputato di Fratelli d'Italia.

Un punto, Fedez l'ha centrato in pieno. Eh sì, spara cazzate ai quattro venti. È un maestro in questo, non c'è che dire. Però, non è vero che non lo fa a spese dei contribuenti. Chi crede che lo paghi il canone Rai per mettere in piedi quel circo mediatico che è il Festival di Sanremo? E, soprattutto, se ha davvero il coraggio di esprimere le proprie idee, perché non sceglie un palco col contraddittorio? Così le persone che lui ama insultare avrebbero la possibilità di rispondergli per le rime. E dimostrargli quello che è davvero: un maleducato senza contenuti.

«Fuori la politica da Sanremo». E va in onda la anti destra. Andrea Soglio su Panorama il 9 Febbraio 2023.

Fedez sul palco con la foto del viceministro Bignami vestito da nazista; Mattarella e Benigni a difesa della Costituzione e oggi la Egonu, paladina del movimento gender fluid e anti razzista

Il coro, unanime, era di pochi giorni fa. Erano i giorni della trattativa per ospitare (via video) il presidente ucraino sul palco dell’Ariston. E al grido appunto di «fuori la politica da Sanremo» Zelensky è sparito dalla scaletta della serata ed al suo posto avrebbe mandato una lettera. Poi però fin dal primo minuto della prima serata ci siamo ritrovati un festival ripieno, strapieno di politica; non solo. Strapieno di politica di sinistra o forse sarebbe meglio dire, contro la destra ed il governo in carica. Si è cominciato subito con la presenza del Presidente della Repubblica, un evento storico, mai avvenuto nelle 73 edizioni precedenti. L’appiglio per l’invito è stato il monologo di Roberto Benigni sulla Costituzione con cui appunto si è aperta la prima serata. Ma è evidente che un fatto di questo livello, unico, non raro, unico, non si spiega per così poco. E lo stiamo capendo serata dopo serata .Portare il Presidente della Repubblica davanti agli attesi 15 milioni di telespettatori, e parlare della nostra Costituzione proprio nei primi mesi di vita di un governo che ha dichiarato di avere tra i suoi obiettivi la modifica di una delle sue parti, a favore del Presidenzialismo; parlare di bellezza e difesa della Costituzione a pochi giorni dal primo voto a favore dell’autonomia delle regioni non è un caso. Non può esserlo. Soprattutto a pochi giorni dal voto per le regionali in Lombardia e nel Lazio, con tutto il rispetto per le altre, le due principali regioni del paese per peso economico, sociale, politico. E lo si capisce ancor meglio se si guarda l’attuale situazione, soprattutto a sinistra. Il Pd è nel momento di maggior debolezza della sua storia, non solo nei sondaggi, intendiamo nel Paese. Dopo gli schiaffi presi alle politiche dello scorso settembre al Nazareno si erano segnati la data delle regionali come l’inizio della riscossa. Volevano vincere, dovevano vincere, ma sono riusciti a presentare due candidati deboli dentro a due coalizioni senza senso logico: con il M5S in Lombardia, e senza il M5S nel Lazio. Lo sguardo è rivolto ormai al vicino congresso come se la scelta tra Schlein e Bonaccini possa risolvere tutti i problemi. La sinistra così è sempre più a tinte grilline, con il benestare di parte della CGIL e di parte del mondo intellettuale. Ma questo è evidente non piaccia al Quirinale. Mattarella dei grillini non si fida e prova così a sparigliare le carte, prendendosi lui la guida di tutto il movimento. Ieri poi la seconda spallata. Fedez durante la sua esibizione in un momento di freestyle rap a sorpresa ha mostrato la foto del viceministro Bignami, vestito da Hitler, strappandola. «Non ho chiesto alla Rai» ha spiegato il comunista col Rolex. Non bastasse poi oggi la co-conduttrice sarà Paola Egonu famosa non solo per essere la pallavolista più forte del mondo ma da anni bandiera del movimento anti razzista e gender fluid. Pochi giorni fa in un’intervista Egonu ha dichiarato di non volere figli per non 09/02/23, 10:42 «Fuori la politica da Sanremo». E va in onda la anti destra - Panorama https://www.panorama.it/news/politica/fedez-politica-sanremo-mattarella-costituzione 4/8 fargli «vivere le schifo» che ci sarebbe in Italia. Ora: in un paese razzista e schifoso, come sostiene lei, difficilmente ad una persona di colore viene dato l’onore di essere portabandiera alle Olimpiadi e altrettanto difficilmente viene dato l’onore del palco della principale trasmissione tv sui canali di Stato. L’importante però sembra essere gridare al mostro, di destra. Difendere la Costituzione dall’assalto, della destra. Benigni nel suo monologo ha raccontato soprattutto l’articolo 21: tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. Parole sacrosante. Chissà però perché a Sanremo 2023 le opinioni che vanno in onda sono tutte e solo della stessa, solita, parte politica.

La foto strappata, l'aborto, il gender: così Fedez ha usato Sanremo per l'attacco choc al governo. Fedez ha utilizzato il suo spazio sanremese a suo uso e consumo per sferrare un violento attacco contro il governo Meloni e non solo. Francesca Galici il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Fedez ha scambiato la Rai con i suoi social, ancora una volta, e ha usato il mezzo pubblico durante l'evento più visto dell'anno per inveire contro chi ha un'idea diversa dalla sua. Certo, si è assunto ogni responsabilità di ciò che ha detto, ma da parte di Amadeus non c'è stata nessuna dissociazione. Il conduttore ha ascoltato le parole della canzone di Fedez? Il dubbio sorge spontaneo, ma probabilmente no, forse era nel suo camerino e non ha avuto contezza di quanto accadeva fuori. Un po' com'è accaduto durante la devastazione di Blanco. "Il testo della canzone non è stato annunciato allo staff della Rai e voglio assumermi la piena responsabilità di questo", ha detto Fedez.

Ora, Fedez e la Rai sembrano essere un cuore e un'anima, tanto che il cantante ci ha tenuto a sottolineare che il suo testo non è passato sotto il controllo di nessun esponente Rai prima di essere trasmesso. Ed era forse la condizione posta dal cantante per esserci, visto il caos sollevato due anni fa per il concerto del Primo maggio. La Rai probabilmente ha accettato confidando nel buon senso del cantante, anche in ragione del fatto che sua moglie è uno dei volti principali di questo Festival. Sicuramente nei prossimi giorni ci saranno sviluppi e discussioni sul tema, sull'uso che Fedez continua a fare della tv pubblica, trincerandosi dietro l'articolo 21 della Costituzione, che ora tutti scoprono e che da come se ne parla sembra sia stato concepito solo in questi ultimi giorni in occasione di Sanremo.

"Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite. Forse è meglio il viceministro vestito da Hitler", canta Fedez. Il riferimento è alla discussione nata attorno alla politicizzazione gender del festival di Sanremo, spesso usato in chiave politica, come dimostra lo stesso Fedez, che ha messo nel suo mirino una foto dei primi anni Duemila del viceministro Galeazzo Bignami. Foto che il cantante, con un gesto dimostrativo, strappa in diretta televisiva sul primo canale della Rai e per quanto il testo della canzone sia provocatorio contro il governo, questo gesto è simbolicamente molto più violento. "Un episodio grave, in quella foto non mi riconosco più", ha detto Bignami in riferimento a quell'episodio.

Ma si sa, gli errori vengono perdonati solo a Fedez, come tutti quei testi misogini, omofobi e violenti sui quali la moglie non sembra avere un'idea. O meglio, ha dichiarato di chiedere a Fedez quale sia la sua idea. Per quei testi Fedez forse si sente inattaccabile ma così non è, basta citofonare a Tiziano Ferro per capirlo. E senza andare troppo lontano, nel 2019 Fedez cantava: "Museruola e collare, lei la tratto come un cane, vuole che le faccio male". Era il 2019, quattro anni fa, ma nessuno ha strappato la sua foto in diretta televisiva durante l'evento più seguito dell'anno. Nemmeno le femministe, che forse non se ne sono accorte abbagliate da Chiara Ferragni.

Nel video pubblicato subito dopo la sua esibizione sui social, compare anche un fotomontaggio in cui la faccia di Silvio Berlusconi viene sovrapposta a quella di Napoleone, quando il rapper canta: "Scendo dal catamarano con la carta in mano in mano, sono Napoleone con la sindrome del Nano. Decido io quando venire bro, me lo preparo, come Matteo Messina Denaro". Quindi, nel suo pezzo tira in mezzo anche il ministro Eugenia Maria Roccella: "Putroppo l'aborto è un diritto, sì ma non l'ho detto io, l'ha detto un ministro. A volte anch'io sparo cazzate ai quattro venti ma non lo faccio a spese dei contribuenti". Nello stesso video, il cantante si fa ritrarre nelle vesti di Gesù Cristo mentre canta "vieniti a prendere il perdono tra le mie braccia".

Sanremo 2023, nostalgia canaglia. Beatrice Dondi su L’Espresso il 9 Febbraio 2023.

Uno strano filo capace di legare passato e presente ha unito la seconda serata del Festival. Tra diritti perduti, musica di ieri e polemiche nuove di zecca

Da “pensati libera” a “Donna vita e libertà”. Sembra ieri, invece è un universo. Quello che come una sberla, dritta e improvvisa colpisce le acconciature in prima fila. “Per ballare nei vicoli. Per il terrore quando ci si bacia. Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle. Per cambiare le menti arrugginite. Per la vergogna della povertà. Per il rimpianto di vivere una vita ordinaria” duettano con dolorosa dignità Pegah Moshir Pour e Drusilla e senza fragore portano la tanto temuta politica sul palco, raccontando quella parte di mondo reale che in quella vita ordinaria non seppelliva le donne uccise per un velo fuori posto.

È il mondo di ieri, anche quello di Francesca Fagnani e dei ragazzi del carcere di Nisida, che hanno gli occhi pieni di vuoto perché il loro recente passato non ha impilato nessun mattone per dargli un muro solido a cui appoggiarsi. Hanno picchiato, rubato e ucciso ma non sanno perché. Per rispondere bisogna andare nella vita del prima, quella che aspettava che lo Stato combattesse per lei e che invece quello Stato non lo ha mai visto. Si dice ieri ma il tempo non si misura sempre allo stesso modo. Soprattutto a Sanremo.

Ieri sono Morandi, Al Bano e Ranieri che come tre Highlander buttano i loro 230 anni alle ortiche e smuovono acconciature e poltrone, godendo nel vedere e immaginare un pubblico in piedi grazie a un repertorio che gli sta addosso come un abito da sera. E si guardano, si abbracciano, complici e intonati da non credere, in un revival struggente che convince con naturalezza. Perché anche oggi si fa la storia dice Amadeus, presentando i tre presidenti in un festival che ha che ha deciso ostinatamente di tenere legate le mani degli applausi col filo della nostalgia canaglia.

Ieri era Fedez in guerra contro la censura del Primo maggio, che torna in Rai con la provocazione in tasca ma i social sono in down, e deve sottolineare le sue parole con l’evidenziatore, come nella scuola di ieri.

Insomma ieri era l’articolo 21, oggi sono gli Articolo 31, ma in fondo va bene così.

Fedez choc, le mutande di Angelo Duro e “l’imprevisto” di Morandi. Tutti i momenti della seconda serata.

Monologo sulle carceri minorili per Francesca Fagnani, standing ovation per Morandi, Al Bano e Ranieri. Amadeus mette in guardia su Angelo Duro. Francesca Galici il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Seconda serata del festival di Sanremo che si apre sull'onda dell'entusiasmo per gli ottimi ascolti registrati ieri. Amadeus, ricordando quanto accaduto ieri, si è presentato sul palco con una scopa. Pubblico in piedi per l'inedito terzetto composto da Al Bano, Gianni Morandi e Massimo Ranieri, che si sono esibiti sui loro principali successi. Applausi a scena aperta per il trio, che ha fatto cantare tutto il teatro. Standing ovation a più riprese, cori e commozione per la prima volta dei tre sullo stesso palco da "alleati" e non concorrenti. Top 5 generale a fine serata composta da: Elodie, Tananai, Madame, Colapesce Dimartino e Marco Mengoni.

"Per la libertà", è questa la frase che Drusilla Foer e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, hanno ripetuto più volte al termine del loro intervento sul palco dell'Ariston a sostegno della lotta delle donne, dei dissidenti e di tutti coloro i quali si battono per sciogliersi dalle catene del regime. Dal palco esterno all'Ariston si esibiranno Nek e Francesco Renga.

Attesissimo, poi, il ritorno di Giorgia a Sanremo dopo 22 anni dall'ultima apparizione e grandi applausi da parte del pubblico, che ha dimostrato di apprezzare la voce della cantante. L'ultima sua partecipazione al festival di Sanremo risaliva al 2001, quando partecipò e vince con Di sole e d'azzurro. Pubblico in piedi per i Black Eyed Peas che hanno portato un medley dei loro successi più noti: il teatro dell'Ariston per alcuni minuti si è trasformato in una discoteca, in una serata che fino al momento della loro esibizione ha regalato pochi momenti di energia.

Il monologo di Francesca Fagnani è stato incentrato sull'incontro fatto dalla stessa nel carcere minorile di Nisida con i detenuti. Un monologo che in questo paerivolare momento storico assume un significato rilevante, perché si inserisce nella polemica recente sulle carceri. Fagnani sottolinea che nel nostro Paese la concezione di carcere è vista in chiave punitiva e non rieducativa, con piena responsabilità dello Stato nei casi di delinquenza minorile.

Dalla nave Costa ha suonato Fedez che ha potuto portare al Festival un testo senza controllo preventivo, unicum nella storia di Sanremo e della Rai, incentrato sull'attacco al governo di Giorgia Meloni e concluso con lo strappo della fotografia del viceministro in diretta tv. La quota del politicamente scorretta è stata affidata ad Angelo Duro con un monologo politicamente scorretto per il quale Amadeus ha messo in guardia il pubblico, chiedendo al pubblico sensibile di cambiare canale prima dell'inizio del monologo.

Francesca Fagnani torna a vestire i panni della "Belva" per un'intervista ai due co-conduttori, durante la quale Gianni Morandi ha ricordato un aneddoto che l'ha visto protagonista da giovane. Erano gli anni Settanta e, mentre cantava sul palco, ebbe un disordine intestinale imbarazzante del quale oggi può ridere.

Angelo Duro si spoglia a Sanremo, Amadeus: “Carriera finita”. Libero Quotidiano il 09 febbraio 2023

Dita medie alzate alla platea, parolacce, pure uno spogliarello. Angelo Duro chiude in bellezza la seconda serata del Festival di Sanremo all'insegna, dice lui, della "vera trasgressione". "Io trasgredisco, non ho tatuaggi e dico ca***te da sobrio perché sono astemio. E le sparo comunque". Quindi, per mostrare il suo corpo coperto "solo dai nei", si slaccia la cintura e sfida: "Non ci credete?". E giù i pantaloni, e su la maglietta. Il comico resta in mutande. 

Amadeus, prima della diretta, aveva avvisato i telespettatori: "Invito a cambiare canale chi si indigna, chi si scandalizza. Cambiate canale e andate a dormire! E' una scelta libera. Non avete cambiato canale? Allora beccatevi Angelo Duro". E così, sul palco dell'Ariston è arrivato, in un orario notturno super 'protetto', il politicamente scorretto dell'auto-definito "comico immorale", anche se il confronto con i giganti della stand-up comedy internazionale come Ricky Gervais, in quanto a immoralità e scorrettezza, è impietoso. 

Duro si scaglia a modo suo contro l'omologazione: "Il vero trasgressivo sono io che non ho nemmeno un tatuaggio. Io non bevo alcol, solo acqua. Questo è trasgressivo", aggiunge. Quindi spiega di aver avuto successo perché secondogenito: "Ho fatto tesoro di tutte le caz***e fatte da mio fratello più grande. Ho avuto la strada spianata", come Amerigo Vespucci che in America ci è arrivato dopo Colombo ma gli ha dato il nome. Poi parla della vita di coppia e consiglia di non essere ipocriti e di "andare a put***e". "Questo salva la coppia. Non quelli che fanno le corna segretamente con l'amica della moglie", sottolinea con tono scostante e voce stentorea, prima di abbandonare il palco alzando il dito medio verso il pubblico. "Forse stasera sarà decollata la sua carriera ma magari è finita la mia", commenta sorridendo Amadeus all'uscita del comico. 

Angelo Duro, un comico fastidioso ma vero a Sanremo 2023. Fiorello: “Chiamarlo comico è riduttivo, è un talento unico”. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 9 Febbraio 2023.

Nel 2010, durante un'esibizione, viene scoperto da Davide Parenti il curatore e responsabile del programma televisivo "Le Iene" che lo vede e lo ingaggia . Dopo aver fatto l' inviato, diventa protagonista degli spazi "Nuccio Vip" e "Il cantante senza pubblico". Angelo Duro si è ritagliato un suo spazio artistico oltre al teatro, anche nell’editoria con il suo primo romanzo "Il piano B", pubblicato nel 2018, che è stato uno dei libri più venduti dalla casa editrice Mondadori

di Alessandra Monti

Annunciato da Amadeus nel programma di Fiorello, Viva Rai 2!, il nuovo ospite della seconda serata non è molto noto a tutti: si tratta di Angelo Duro, comico siciliano classe 1982, lanciato dal programma “Le Iene” che nella serata di mercoledì 8 febbraio è salito sul palco del 73° Festival di Sanremo come ospite. Amadeus lo aveva presentato in conferenza stampa: “Sono felice di fare un annuncio: nella seconda serata ci sarà un comico giovane, fortissimo, simpaticissimo, Angelo Duro“.

Il comico è atteso soprattutto dai più giovani, tra i quali è notissimo. I suoi spettacoli in giro per lo stivale registrano il “sold out” al botteghino; “Chiamarlo comico è riduttivo, è un talento unico”, lo ha definito Fiorello. Angelo Duro come Rosario Fiorello è siciliano, nato a Palermo nel 1982. Dopo aver iniziato il suo percorso artistico sui suoi canali web dove pubblica dei video in cui tratta in modo schietto temi originali. Viene notato per la sua capacità di trovare una chiave di lettura diversa per ogni cosa. In poco tempo i suoi monologhi spopolano, ottenendo milioni di visualizzazioni.

Nel 2010, durante un’esibizione, viene scoperto da Davide Parenti il curatore e responsabile del programma televisivo “Le Iene” che lo vede e lo ingaggia . Dopo aver fatto l’ inviato, diventa protagonista degli spazi “Nuccio Vip” e “Il cantante senza pubblico“. Nel 2017, con il suo spettacolo “Perché mi stai guardando?“, registra il tutto esaurito nei teatri italiani tra i quali il Manzoni di Milano, il Brancaccio di Roma, il Colosseo di Torino, il Bellini di Napoli e il Biondo di Palermo.

Angelo Duro si è ritagliato un suo spazio artistico oltre al teatro, anche nell’editoria con il suo primo romanzo “Il piano B“, pubblicato nel 2018, che è stato uno dei libri più venduti dalla casa editrice Mondadori (presto ne uscirà anche un secondo). È stato definito il comico del momento, il suo tipo di linguaggio è totalmente impopolare, e per questo amatissimo dai giovani.

La caratteristica che differenzia Angelo Duro nel panorama comico nazionale è il suo carattere: sul palcoscenico appare arrogante, scontroso, fastidioso e immorale. Ma in realtà nel privato è una persona semplice, alla mano, gentile ed educato. A prima vista sembrerebbe difficile per lui riuscire empatizzare con una platea ma invece lui ci riesce. Il pubblico lo ama per la sua schiettezza che gli permette di dire qualunque cosa, ma anche di starsene su un palco per dieci minuti in silenzio senza aprire bocca. Ha fatto anche questo, ed è stato un trionfo. Duro sarà in tour nei teatri di tutta la Penisola con lo spettacolo “Sono xambiato“. Si parte il 3 febbraio da Putignano (Bari) per arrivare a Taormina il 7 agosto, passando, fra le altre città, da Roma, Napoli, Ferrara, Genova e Milano.

Cambiate canale ora se non volete indignarvi. Non avete cambiato canale? E allora beccatevi Angelo Duro”. Con queste parole Amadeus ha presentato il comico che non ha smentito la sua fama: “All’una meno dieci mi ha fatto uscire, ‘sto cretino”, ha detto arrivato sul palco. Ad Angelo Duro, il comico di serata, gli giravano un po’ le scatole perché esce sul palcoscenico mezzora dopo del previsto della serata. La sua comicità diretta, piena di improperi, molto arrabbiata non riscalda molto il pubblico del Teatro Ariston composto prevalentemente da presenzialisti alla ricerca di un’inquadratura in televisione, e da funzionari, dirigenti, conduttrice e starlle della tv di Stato.

Angelo Duro ha gelato la platea di Sanremo con un monologo sulla crisi della coppia, tradimento e prostituzione. Il centro del suo monologo il rapporto di coppia: “Il matrimonio di mio nonno è durato 63 anni, sapete perché? Perché andava a puttane. Voi donne siete la causa di tutto questo perché preferite soffrire, dite: ‘Ho scoperto che mio marito ha un’altra’, vi consigliano di fargliela pagare e così sfasciate una famiglia. Non dovreste fare la guerra alle puttane, dovreste piuttosto diventare loro amiche“. Alla fine della sua esibizione Duro è uscito poi dal palco facendo il doppio dito medio alla platea che lo ha applaudito.

Può darsi che la sua carriera inizi ora e che la mia finisca stasera”, ha commentato Amadeus. “E’ stato molto forte Angelo Duro, ci ha fatto riflettere su molte cose”, gli ha risposto divertito Gianni Morandi con la sua nota spontaneità e sincerità. Redazione CdG 1947

Estratto dell’articolo di Aldo Grasso per corriere.it il 9 febbraio 2023.

Nel Sanremo onnivoro […] ci stava anche il momento del politicamente scorretto. Era notte fonda, orario più che protetto, quando con molte cautele Amadues ha presentato il comico Angelo Duro, uno che ha fatto del suo cognome una missione: «Non ho tempo da perdere, sono felice di essere qui, in realtà non mi frega un ca**o, zero.

 Ora finalmente dopo tanti anni ho un lavoro, questo qui, di parlare in pubblico. Bravi, e mi sto prendendo le mie soddisfazioni, quando vado a fare i colloqui li mando a fare in cu** io. Angelo per noi, un mese puoi iniziare. Spero prendiate fuoco. Manchi l’acqua, ci sia vento e non ci siano i pompieri. Ho riempito teatri e ho venduto un sacco di libri. Non mi vanto, è così».

Il «politicamente scorretto» è una questione ambientale, una regola fondamentale del linguaggio, il rapporto che si instaura fra testo e contesto. Il monologo di Angelo Duro fatto in un locale di 40/50 persone […] suscita il riso ma soprattutto la complicità: in quel momento Duro sta parlando a persone che la pensano come lui o che rientrano nello stesso mood. Le stesse cose dette a Sanremo […]  vengono ribaltate e appaiono grevi e fuori luogo. Questione di contesto, appunto. Tanto che sul ruolo della prostituzione si potrebbe persino fare della sociologia: «Mio nonno tradiva mia nonna e andava a puttane e il suo matrimonio è andato avanti per 63 anni di felicità. Non c’è una foto in cui mio nonno non ride. Prima funzionava così: dico delle cose strane?».

Duro più che trasgressivo è aggressivo: se poi uno si misura con modelli troppo alti, tipo George Carlin, poi finisce che dimostri di non essere all’altezza. Un bravo comico […] è uno che sa fare le battute, che sa far ridere senza necessariamente dover ricorrere alla vecchia scorciatoia dell’épater le bourgeois […].

Angelo Duro: «Io a Sanremo? Pensavo di fare peggio, non sono un comico». Renato Franco, inviato a Sanremo, su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Le risposte di Angelo Duro dopo l’esibizione al Festival di Sanremo

Angelo Duro, il suo intervento è stato accolto con una certa freddezza dalla platea dell’Ariston. Come lo ha vissuto?

«Male, molto male. Mi aspettavo più freddezza. Invece niente. In certi momenti c’è stato un accenno di calore che mi ha fatto rimanere di merda».

Ha fatto più ammutolire che ridere le persone: è questo l’obiettivo?

«Mica le dovevo fare ridere. Io non faccio il comico».

Ha lasciato il palco con un doppio dito medio rivolto al pubblico. Lo avrebbe fatto anche se fossero arrivati gli applausi?

«L’ho fatto proprio perché invece mi hanno applaudito. ‘Sti scemi.»

La Rai è stata pilatesca: è andato in onda ma all’una di notte. Non è una sconfitta per lei?

«No. Io esco di casa sempre tardi. Prima non sarei stato disponibile io».

Pentito di aver accettato Sanremo?

«Non posso pentirmi delle buone azioni che faccio. Si dice fai del bene e dimentica».

È un hater di professione. Indisponente. È solo parte del personaggio o è così sempre?

«Si faccia i cazzi suoi».

Lei è sposato. Anche per lei il segreto per un matrimonio duraturo è andare a prostitute ogni mese?

«Assolutamente no. Meglio che vengano loro. È ancora più comodo».

Angelo Duro direbbe che lei ha fatto una performance di merda: soddisfatto?

«Onestamente no. Posso fare di peggio».

Il carcere di Nisida nel monologo di Francesca Fagnani a Sanremo 2023 (con polemica annessa contro Gratteri). Maria Volpe su Il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023.

La giornalista ha deciso di dedicare il suo monologo al carcere minorile di Nisida e attacca «La scuola dovrebbe garantire pari opportunità, almeno ai più giovani e lo Stato dovrebbe essere più sexy dell’illegalità».

«Una belva a Sanremo» così l’ha presentata Amadeus. La seconda co-conduttrice della seconda serata del Festival di Sanremo è la giornalista Francesca Fagnani, conduttrice appunto di «Belve» su Rai2. Uno stile asciutto e ironico il suo, sia quando fa le interviste, sia sul palco dell’Ariston. Il suo monologo comincia alle 23.30 ed è dedicato ai ragazzi del carcere minorile di Nisida, un tema a lei molto caro . «Vogliamo che la gente sappia che non siamo animali, non siamo bestie, non siamo killer per sempre, vogliamo che la gente ci conosca», ha detto citando i minori reclusi.

Fagnani legge qualche frase detta proprio dai ragazzi. «Io mi pensavo che la felicità si comprava» dottoré. Hanno 15-18 anni. Sguardi sfidanti. La giornalista li ha intervistati e tutti loro hanno detto che se avessero potuto, sarebbero andati a scuola. Fagnani punta il dito contro la povertà educativa: «La scuola dovrebbe garantire pari opportunità, almeno ai più giovani e lo Stato dovrebbe essere più sexy dell’illegalità».

Un monologo asciutto, breve, sintetico. Frutto delle sue esperienze, degli incontri della giornalista. Che negli anni ha visitato le carceri, sia quelle degli adulti che quelle dei ragazzi. E ha visto lo stato abietto nel quale vivono. «Il carcere deve rieducare» ribadisce. «Un magistrato ha detto che i detenuti non devono passare per vittima e non devono essere picchiati, ma perché lo Stato non può essere violento come chi arresta. Chi esce dal carcere deve uscire meglio di come è entrato, per rispetto dell’art. 27 della Costituzione. Che uno spacciatore o un ladro che sia, una volta uscito, cambi mestiere». Il riferimento è al magistrato Nicola Gratteri che al festival «Il libro possibile», il 29 luglio dello scorso anno a Vieste, ha detto: «Sono contrario a uno schiaffo in carcere o in caserma, il detenuto non deve essere toccato nemmeno con un dito perché non deve passare per vittima».

I Black Eyed Peas a Sanremo 2023: chi è il gruppo americano superospite al Festival (senza Fergie). Barbara Visentin su Il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023.

La formazione, attiva dal 1995, ha vissuto l’apice del successo nei primi anni 2000 con hit come «I gotta feeling» o «Meet me halfway»

Energia e voglia di ballare irrompono sul palco di Sanremo con i Black Eyed Peas, ospiti internazionali della seconda serata del Festival, mercoledì 8 febbraio. Il gruppo, nato a Los Angeles nel 1995 con il nome poi modificato di Black Eyed Pods, ha sei Grammy Awards all’attivo, ha venduto oltre 35 milioni di dischi e 120 milioni di singoli e nel 2011 è stato headliner dell’half time show del Super Bowl.

Si tratta di un trio formato dai rapper will.i.am, apl.de.ap, Taboo, affiancato nei live dalla cantante J. Rey Soul, anche se l’apice del successo è arrivato nel primo decennio degli anni 2000, quando alla formazione si è aggiunta la cantante Fergie. È di quel periodo la loro prima hit «Where is the love», dall’album «Elephunk» (2003), a cui poi sono seguiti tormentoni come «Pump it», «Don’t phunk with my heart», fino alle conosciutissime «Let’s get it started», «I gotta feeling» o «Meet me halfway». Canzoni che inneggiano all’ottimismo e alla voglia di fare festa, unendo pop orecchiabile, ritmi dance e strofe rap, r’n’b ed elettronica.

Due anni dopo il grande successo e il tour mondiale del disco «The E.N.D.» (uscito nel 2009), arrivato anche il sesto disco «The Beginning», i Black Eyed Peas hanno annunciato che si sarebbero presi una pausa. Sono ritornati sulle scene nel 2015, per festeggiare il 20esimo anniversario, senza però collaborare più con Fergie, fatta eccezione per una nuova versione del brano «Where is the love?», uscita nel 2016, che vede i featuring di tanti artisti e anche la partecipazione della cantante.

Nei dischi successivi, dunque, Fergie non è più presente: la cantante si è concentrata sulla carriera solista e ha scelto anche di prendersi del tempo per fare la mamma. Nel 2013 è nato infatti suo figlio, Axl Jack, avuto con l’attore Josh Duhamel (da cui si è separata nel 2017). Come confermato dai vari componenti del gruppo negli ultimi anni, i rapporti con Fergie sono comunque rimasti buoni: «Le vogliamo bene, ci siamo sempre per lei», ha detto will.i.am, «Fergie è come nostra sorella», ha aggiunto apl.de.ap.

In tempi recenti il gruppo è tornato sulle scene con vari singoli di successo insieme a superstar latine, tra cui «Ritmo» con J Balvin e «Mamacita» con Ozuna e J. Rey Soul. L’ultimo album è «Elevation», uscito a novembre scorso, che include fra le altre cose «Simply the best», con Anitta ed El Alfa, molto passata anche dalle radio italiane, e «Don’t you worry» con Shakira e David Guetta, hit che ha scalato le classifiche.

Estratto dell'articolo di Cristina Somma per fanpage.it il 9 febbraio 2023.

Fergie è stata la voce femminile dei Black Eyed Peas, ospiti a Sanremo 2023, dal 2002 al 2017. Entra a far parte della band invitata da Will.i.am, dopo aver risolto dei problemi di tossicodipendenza, per collaborare alla realizzazione della canzone Shut Up. Il feeling artistico tra i due, dopo quel featuring, è così forte che decidono di continuare il sodalizio artistico e la cantante, il cui vero nome è Stacy Ann Ferguson, sceglie come pseudonimo Fergie. […]

Resta con loro fino al 2013, poi pubblica alcuni album da solista e nel 2017 Will.i.am rivela l'abbandono di Fergie dalla formazione che ritorna a tre elementi. I motivi si scopriranno tre anni dopo, pare volesse stare più vicina al marito e al figlio nato proprio nel 2013. Al suo posto, quindi, nel 2019 subentra la cantante filippina J.Rey Soul che dal 2020 in poi collabora stabilmente con la band. 

[…] L'ultima apparizione di Fergie con la band pare risalga al Coachella 2015. In quegli anni Fergie stava lavorando da solista e pare si volesse concentrare principalmente su quello. Non ha fornito altre spiegazioni alla stampa.

 […] La verità è emersa solo nel 2020 quando il frontman della band ha rilasciato un'intervista a Billboard e ha spiegato cosa li ha indotti a tornare ad essere un trio prima di accogliere J.Rey Soul. Will.i. am ha spiegato che Fergie si stava concentrando sull'essere mamma e non era andata via per altri motivi riconducibili a litigi o altre cose. […] Il figlio di Fergie, avuto con il marito, l'attore Josh Duhamel, si chiama Axl Jack ed è nato a Los Angeles nell'agosto del 2013. La coppia si è ufficialmente separata nel settembre del 2017.

J.Rey Soul, nome d'arte di Jessica Joy Seria Reynoso, è giovanissima, classe 2000. Prima di entrare a far parte dei Black Eyed PEas ha partecipato alla prima edizione di The Voice of the Philippines dove viene scelta da Apl.de.ap e viene eliminata a un passo dalle semifinali. […] Nel 2019 i Black Eyed Peas intraprendono un nuovo tour mondiale e si fanno accompagnare dalla cantante filippina J.Rey Soul che aveva già collaborato con loro per la realizzazione di alcuni brani di "Masters of the Sun Vol.1". Un anno dopo […] diventa componente stabile della formazione durante i live di quello stesso anno. […]

Che fine ha fatto Fergie dei Black Eyed Peas: perché la cantante e frontman è uscita dal gruppo. Vito Califano su Il Riformista l’8 Febbraio 2023

Senza fanno strano: senza di lei non sono gli stessi. Questa sera, alla seconda serata del Festival di Sanremo 2023, i Black Eyed Peas saranno ospiti della 73esima edizione della kermesse. I primi ospiti internazionali dell’edizione e i primi da anni, a causa delle chiusure scaturite dall’emergenza coronavirus. Black Eyed Peas senza Fergie – nome d’arte di Stacy Ann Ferguson – la voce del gruppo dal 2002 al 2017, vera e propria frontman.

L’annuncio era arrivato nel 2017. Quando will.i.am aveva raccontato le ragioni dell’addio la band si stava preparando a pubblicare il suo ottavo album, Translation, ed erano passati tre anni. Nessuno strappo, nessun litigio “Cerchiamo di tenerci in contatto. Ci sentiamo ogni tanto per dirci ‘ciao’, ‘buon compleanno’, ‘buon Natale’ e ‘buona Pasqua’. Lei sa quando siamo in studio. Le vogliamo bene e lei adesso si è concentrata sul ruolo di mamma, che è un duro lavoro. Noi siamo dalla sua parte. Sa come contattarci per una fuga. Rispettiamo il suo desiderio, la amiamo e vogliamo solo che stia bene”, aveva raccontato il leader.

Anche apl.de.ap, altro componente del gruppo aveva definito Fergie come una sorella. “Sfortunatamente la nostra agenda non collima con il suo desiderio di essere una fantastica mamma e si vuole concentrare su quello. Come ha detto Will, la supportiamo al 100%”. La cantante era diventata madre nel 2014. Di Axl Jack, il figlio nato dalla relazione con Josh Duhamel, poi finita. Frontman dal grande impatto, non sarà la stessa cosa per chi è cresciuto con le canzoni del gruppo americano vedere i BEP senza la cantante.

Prima dell’addio Fergie si era giù allontanata dal gruppo nel 2006, quando aveva dato alle stampe il disco solista The Dutchess. Il ritorno alle scene del gruppo senza la frontman era avvenuto nel 2018, con l’album Masters of the Sun Vol.1. L’anno dopo i Black Eyed Peas erano stati impegnati in un lungo tour. Fergie era stata sostituita dalla giovane J. Rey Soul, prima subentrata da turnista e poi entrata a far parte del gruppo come membro ufficiale. La formazione si completa con l’altro membro storico, Taboo.

Mercoledì 8 febbraio faranno ballare e impazzire il teatro Ariston e tutti i telespettatori a casa”, aveva detto il direttore artistico di Sanremo Amadeus annunciando il gruppo a metà gennaio. “Finalmente dopo tre anni Sanremo torna ad ospitare grandi nomi della musica internazionale. Arrivano da Los Angeles, da 25 anni realizzano hit note in tutto il mondo. Parliamo di di 35 milioni di album venduti e 120 milioni di singoli per un gruppo premiato con sei Grammy, gli oscar della musica. Parliamo davvero di un super nome, di un superospite internazionale”.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Tutti pazzi per Bruno Corazza, il vocalist che ha «intervistato» i Black Eyed Peas a Sanremo. Redazione Spettacoli su Il corriere della Sera il 9 Febbraio 2023

Amadeus ha invitato sul palco il corista, Bruno Corazza, fan della band americana . Si è subito calato nel ruolo di conduttore e traduttore, «osannato» dagli ospiti e dal pubblico

Che sia nata una stella? Un nuovo conduttore? Chi è Bruno? È un corista del Festival di Sanremo di nome Bruno Corazza, che Amadeus mercoledì sera (qui gli ascolti della seconda serata) ha chiamato sul palco per fare una domanda ai Black Eyed Peas, ospiti della kermesse. Il ragazzo, che il conduttore ha definito «un grande fan», ha sfoggiato un inglese perfetto e una certa padronanza della scena.

La classifica generale dopo la seconda serata di Sanremo

Si è ritrovato a fare da traduttore, presentatore e tuttofare per la band americana. In realtà Corazza è stato anche un vocalist di altri due programmi di punta di Rai 1, ovvero «Ballando con le stelle» e «Il Cantante Mascherato». Quando la band ha terminato la sua esibizione, infatti, Amadeus è entrato sul palco per salutarli, ma ha voluto al suo fianco il corista: «Ho una promessa da mantenere. Dov’è Bruno? Corista bravissimo della nostra orchestra, mi ha detto che il suo sogno era rivolgere una domanda o salutare i BEP e lo merita, quindi caro Bruno vieni qui».

I voti ai look di Sanremo: le nostre pagelle

A quel punto, Bruno ha smesso i panni del corista e ha vestito quelli del traduttore, aiutando Amadeus con la band americana che lo ha subito «adottato». La band lo ha acclamato «Bru-no, Bru-no» e pure il pubblico dell’Ariston lo ha omaggiato con cori. Non si sa molto su di lui, dai suoi social si capisce che è il secondo festival di Sanremo a cui prende parte.

Il grido di dolore dell’Iran con Pegah Moshir Pouh e Drusilla Foer a Sanremo: «A Teheran mi avrebbero uccisa». Barbara Visentin su Il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023.

L’attivista dei diritti umani ha ricordato che cosa sta succedendo nel Paese da quando sono esplose le proteste

I diritti umani e il sogno di libertà dell’Iran sono stati al centro dei riflettori sanremesi con il monologo di Pegah Moshir Pouh, attivista italiana di origine iraniana che è salita sul palco dell’Ariston per ricordare che cosa sta succedendo nel suo Paese, poi raggiunta da Drusilla Foer. «C’è un posto nel mondo dove non si può amare liberamente, né vivere liberamente, dove i ragazzi muoiono in nome di un ideale chiamato “Donna, vita, libertà”, quel Paese è l’Iran», l’ha introdotta Amadeus.

«In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico perché sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa. E per questo ho deciso, insieme a tanti miei coetanei, che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione cresciuta sotto un regime di terrore», ha esordito l’attivista, classe 1990, lucana di origine iraniana, arrivata in Italia, insieme alla sua famiglia, nel 1999.

«La parola paradiso deriva dal termine persiano “pardis”, giardino protetto. Allora io mi chiedo, esiste un paradiso forzato? Ahimè sì. Come si può chiamare un posto dove il regime uccide persino i bambini? Dal 16 settembre 2022, dalla morte di Mahsa Amini, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso. Io vi ringrazio perché ricordate al mondo che la musica è un diritto umano», ha proseguito.

Pegah ha poi fatto ascoltare le note di «Baraye», la canzone simbolo delle proteste in Iran, per cui il cantante Shervin Hajipour è stato arrestato (e poi rilasciato su cauzione) e con cui appena stato insignito di un Grammy Award. Insieme a Drusilla, l’attivista si è sciolta i capelli e ha ricordato a che cosa vanno incontro i giovani iraniani che vogliono vivere una vita libera, tra intellettuali imprigionati, bambini rifugiati afghani perseguitati, omosessuali che rischiano l’impiccagione per la libertà. Il messaggio si è concluso proprio ripetendo più volte la frase «per la libertà».

I VOTI.

Sanremo, Day 2. I tre vegliardi, la maledizione dei medley e uno su mille ce la fa (ma non è Angelo Duro). Guia Soncini su L’Inkiesta il 9 Febbraio 2023.

Non possiamo accontentarci di pochi secondi di “Se bruciasse la città” o di “Perdere l’amore”, cari autori del Festival siete mai andati a un concerto? I quattordici minuti percepiti cinquanta di un poco comico e l’articolo 21 invocato da Fedez

Sanremo, abbiamo un problema. No, non Angelo Duro. Cioè, sì, anche Angelo Duro, ma quello è un problema minore (poteva mai essere maggiore?). Abbiamo un grave problema. 

No, non sto neanche parlando di Blanco, nemico pubblico numero uno per il quale ho, a un certo punto di ieri pomeriggio, perso il conto delle richieste di testa. Il sindaco di Sanremo voleva le scuse ai floricoltori, il Codacons credo volesse il 41 bis, persino Licia Ronzulli ha rilasciato una dichiarazione (chissà cosa dichiara oggi su un certo marito di conduttrice). 

Sanremo sempre più welfare, ogni giorno fornisce scandaletti attaccandosi ai quali chi ha bisogno di pubblicità possa ottenere il suo bravo lancio d’agenzia, e questo si sa. Ma qui c’è un problema che di Sanremo mina le fondamenta. 

Sanremo, cosa ti avevo detto? Te lo dico tutti gli anni, e poi non hai bisogno che te lo dica: lo sai. Sanremo, noialtre spettatrici non di primissimo pelo ti guardiamo – perdendo una quantità di ore di sonno che io francamente non ho più l’età per – per cinque interminabili e stremanti e perlopiù inutili serate solo perché poi tu il venerdì ci dai le canzoni vecchie. I duetti. Quelli su cui polemizzano gli scemi secondo i quali Anna Oxa non dovrebbe cantare “Un’emozione da poco”. 

E quindi noi, ieri sera, abbiamo acceso non per Angelo Duro. Non per le canzoni nuove (figuriamoci). Non per i monologhi contenutisti. Né per sentir chiedere ai Black Eyed Peas se gli piaccia l’Italia (incredibilmente, non hanno risposto: «No, la pasta al dente è sopravvalutata»). 

Non abbiamo acceso neanche, sebbene sia stato un discreto crescendo, per sentire il marito della Ferragni rappare di Messina Denaro, del cancro, e soprattutto insolentire Eugenia Roccella e Galeazzo Bignami; non abbiamo acceso per pensare: beh, coraggioso Amadeus a fargli cantare ’sta roba irta di querele; non abbiamo acceso neanche per poi invece ascoltarlo manlevare Amadeus e la Rai, e l’articolo 21 e non avevo comunicato il testo e mi prendo ogni responsabilità; anche se forse un po’ abbiamo acceso per vedere Amadeus fare la faccia di chi durante la canzone stava parlando con gli autori e non ha idea di quali rogne scoppieranno ora e sta pensando: ma non potevi prendere a calci delle rose, benedetto figliolo. 

Il «perché lì, dottore’, fanno acchiappanza» con cui la Fagnani racconta che un ragazzino in un carcere minorile le ha motivato il desiderio di andare a “Uomini e donne” era ottimo, ma no, non abbiamo acceso neanche per quello. E neppure per avere la conferma che l’idea occidentale di donna libera è un uomo travestito da donna. 

Noi, ieri sera, abbiamo acceso perché ci avevate promesso i tre vegliardi: Ranieri e Morandi e Al Bano (che noi spettatrici, diversamente da voi, sappiamo scriversi staccato: gli avete mandato in scena quattro torte di compleanno, tutt’e quattro con su scritto «Albano». Li scusi, signor Carrisi, non hanno mai comprato i suoi 45 giri con Romina). 

Sanremo, abbiamo un problema: i medley no, porca zozza. Gente che fa Sanremo, gente che le canzoni le tratta per mestiere e non per costruircisi una biografia sentimentale, voialtri non siete evidentemente mai stati a un concerto di qualcuno che vi piacesse. Sennò sapreste che sleppa di bestemmie parte quando quel qualcuno sacrifica una canzone che vi piace in quaranta secondi di scaldamutandismo dispersi in un medley d’altra roba. 

Ora, Sanremo, guardami negli occhi: ti pare che noialtre sui divani possiamo accontentarci di quaranta secondi di “Se bruciasse la città”? O di quaranta miserrimi secondi di ciunga ciunga ciunga ciù ciunga ciunga ciunga ciù – scusate, volevo dire: di “Andiamo a cento all’ora”? 

Sì, va bene: “Uno su mille”, Morandi l’ha fatta quasi tutta. Quasi, mancava la parte che vi avrebbe fatto capire perché, porco tutto, i medley non li dovete fare: «Tu non sai che peso ha questa musica leggera: ti ci innamori e vivi, ma ci puoi morire quando è sera». Cosa non è chiaro? Per cosa pensate che stiamo davanti al televisore fino a orari mannari: per conoscere i successi della prossima stagione? 

Cioè, voglio dire: quando Massimo Ranieri fa “Perdere l’amore” (c’è stato un tempo in cui le canzoni nuove di Sanremo erano roba come “Perdere l’amore”, poi non so cosa sia andato storto), persino Coletta squarciagola in platea. Non l’avete ancora capito che Coletta è lì in rappresentanza di noialtre del ceto medio televisivo? 

Non siete mai stati al Jova Beach Party a guardare gente dagli otto agli ottant’anni sapere tutte le parole di tutti i pezzi di Gianni Morandi? Non lo sapete che le canzonette vecchie sono lessico famigliare e quelle nuove sono solo bugiardi numeri di streaming? 

E non venite a dirmi che se Los Tres Vegliardos avessero fatto ognuno una canzone intera quel segmento di programma sarebbe durato troppo: volete un elenco delle cose inutili che avreste potuto tagliare? Possiamo stabilire regole d’ingaggio per le scalette, tipo che sono scartabili tutti quelli che arrivati agli ottant’anni di Al Bano non si metteranno a fare le flessioni sul palco? 

(No, non sto facendo un editoriale tardivo su Blanco, e dicendo che da una parte ci sono quelli che hanno il repertorio e pure la prontezza di pulire il palcoscenico, e dall’altra quelli che non hanno nessuna delle due cose. Sto solo ricordando quando Francesca Reggiani, premettendo «questa è una canzone che mi hanno scritto i miei amici filosofi: Nietzsche, Kant e Beckenbauer», procedeva poi a cantare che «ci vuole un fisico bestiale per fare l’intellettuale»). 

Sanremo, non farlo mai più. Che vale come conclusione a questa invettiva contro i medley ma pure come inizio della parte finale di questo articolo, che intitoleremo: ma Angelo Duro serviva a farci apprezzare ancora di più Benigni? A farci rimpiangere Siani? A farci andare a chiedere scusa a quelli di “Lol” di cui neppure so i nomi ma so che non facevano ridere mai ma almeno ci facevano non ridere in orari comodi? Serviva forse a farci chiedere per mezz’ora com’è possibile che abbiano sforato di mezz’ora senza che nessuno prendesse a calci niente e a me tocchi stare sveglia ad aspettare Angelo Duro? 

Va detto, povero Angelo Duro, che neanche uno capace di fare il comico avrebbe saputo superare condizioni di partenza tanto sfavorevoli. Va detto, povero Angelo Duro, che l’anno scorso di mercoledì c’era Zalone che faceva “Poco Ricco”, ed è un po’ come – non lo so come, non ho paragoni di distanze altrettanto abissali. Va detto, povero Angelo Duro, che avere più ambizioni che talento non è una colpa esclusivamente sua, è un malanno di stagione. Va detto, povero Angelo Duro, che l’hanno mandato in onda a un orario in cui la carrozza tornata zucca neanche potevamo farcela al forno: ci sarebbe rimasta sullo stomaco. 

Va detto, povero Angelo Duro, che Amadeus t’ha presentato come fossi George Carlin, invitando i moralisti a scansarsi. Va detto, povero Angelo Duro, che quel minuto di silenzio iniziale, di chi si fida delle proprie pause, se lo può permettere forse Dave Chappelle. Va detto, povero Angelo Duro, che non è colpa tua se nessuno t’ha detto che per fare i comici oltre la terza elementare servono le battute, non bastano le parolacce. 

Va detto, povero Angelo Duro, che salire sul palco dove l’anno scorso c’era Checco Zalone e dire «ho riempito i teatri» dimostra una mancanza di senso del ridicolo afflitti dalla quale si può fare i centravanti, gli avvocati, gli insegnanti di educazione fisica, ma difficilmente si diventa bravi comici. 

Va detto, poveri noi, che in quattordici minuti (percepiti: cinquanta) non c’era una battuta, un’idea, un guizzo, un qualsivoglia talento che baluginasse, e insomma, Sanremo: abbiamo un problema.

Comunicato stampa di “Escort Advisor” l’8 febbraio 2023.

Il Festival di Sanremo influenza anche il sesso a pagamento. Escort Advisor, il primo sito di recensioni di escort in Europa, ha rilevato che i clienti delle escort anche quest’anno hanno preferito la kermesse musicale alla compagnia delle professioniste del sesso proprio negli orari del Festival.

 Normalmente i frequentatori del settore sono costantemente alla ricerca di escort a qualsiasi ora. Questo è dimostrato dai numeri di Escort Advisor: più di 4.800.000 utenti unici mensili e 163.800 nuovi utenti registrati solo nel 2022.

 Il Festival di Sanremo, però, si conferma come uno degli appuntamenti preferiti dagli italiani, clienti delle escort compresi. Infatti, nella prima serata del festival, ieri 7 febbraio, si è registrato un calo di traffico crescente su Escort Advisor tra le 20 e le 2 del mattino.

Rispetto alla media dei martedì precedenti (quelli di gennaio e il 1° febbraio) si può notare che: alle 20 il traffico ha avuto un calo del 5%, mentre tra le 21 e le 22 si è registrato un calo del 7%. Il picco in negativo più evidente si riscontra dalle 23, con un -12% rispetto a tutti gli altri martedì precedenti.

 Questo è segno che la parte finale della prima puntata del Festival e soprattutto il Dopo Festival sono di interesse per i clienti delle escort. Senza dubbio c’è stato "l’effetto Blanco". Immediatamente dopo la reazione del cantante si sono scatenate le ricerche su Google con due picchi: il primo alle 00.20 e il secondo alle 00.36.

Perché il confronto si sviluppa proprio sui martedì e non su altri giorni? Per via delle preferenze di ricerca dei clienti delle escort che risultano essere abitudinarie. Ad esempio, il lunedì alle 14 è il momento di massimo picco delle ricerche su Escort Advisor e mediamente si registra un +10% rispetto a tutti gli altri.

 Se le ricerche online calano in tutta Italia, sicuramente aumentano nella zona di Imperia. Infatti, il periodo del Festival è un momento di grande vivacità per il settore. Come racconta Francesca Italiana, che da circa due anni si pubblicizza su Escort Advisor:  “Sono anni che mi sposto su Sanremo nel periodo del Festival, arrivo in loco un paio di settimane prima, ormai ho i miei contatti e nonostante mi sposti spesso con Escort Advisor riesco a farmi trovare e avvisare “i miei amici” del posto. Infatti, ho molti clienti importanti che ruotano intorno alla kermesse, che mi hanno contattato vedendo il mio profilo sul sito, per necessità di discrezione e professionalità.

 Una professionista del settore che segue il trend e approfitta del periodo con grandi eventi come il Festival. A Sanremo ho iniziato a fare la hostess poi ho affinato i miei contatti, capitalizzato le mie conoscenze e investito nella mia pubblicità e immagine di escort. Ho poco tempo libero soprattutto nella settimana del Festival - continua Francesca Italiana – Adesso, fino a sabato sono all’Ariston ogni sera con un cliente diverso, ma il programma è sempre lo stesso: lo accompagno alla kermesse, facciamo aperitivo in teatro, guardiamo lo spettacolo e dopo andiamo a cena, rimango con loro 6-7 ore circa, compreso il dopo cena.

 La presenza e l’eleganza sono importanti, motivo per cui questo tipo di clientela verifica le informazioni, soprattutto con le recensioni, prima di contattare una escort. Alla fine delle cinque serate avrò guadagnato diecimila euro, senza contare gli impegni extra e le spese aggiuntive.

La concentrazione di una moltitudine varia di turisti, appassionati, tecnici, operatori del settore e artisti arricchisce di molto la platea di possibili clienti.

Quando incontro clienti coinvolti nella manifestazione come tecnici, operatori, a volte anche cantanti attraverso i loro agenti e manager che ci invitano ed agevolano il “passaggio” negli alberghi, dove entriamo senza telefono e nella massima discrezione, sono tutti tranquilli e sereni, ma quando li rivedo a poche ore dall’inizio della serata sono stressatissimi, la tensione è alta e allora il mio lavoro diventa un momento di puro relax per loro – conclude Francesca Italiana.

Da Mattarella a Zelensky Morandi e Mameli, un po’ di Costituzione…Lo chiamavano Sanremo. Redazione su L’Identità l’8 Febbraio 2023

di LORENZA SEBASTIANI

È in onda il festival più democristiano della storia, con la benedizione di Mattarella e un occhio strizzato a quella sinistra, tanto cara alla filosofia direzionale del Prime Time di Rai1, che però smette di essere sinistra appena rischia qualcosa.

Il tanto strombazzato intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky previsto per la finale di sabato 11 febbraio, che ha fatto tremare le gambe a tenenti e soldati Rai (e ha fatto il pieno di polemiche sui social), è stato ridotto a una banale lettura di un testo, una specie di ‘lettera del presidente’. Ma andiamo con ordine. Dal momento in cui Zelensky ha annunciato da Bruno Vespa il suo interesse a parlare agli italiani si è mossa quell’opinione pubblica, al momento in maggioranza, non favorevole all’imperante servilismo filoamericano. E allora ecco, come in una partita a scacchi, un deus ex machina che salva capra e cavoli: la figura dell’ambasciata ucraina a Roma. «L’ambasciatore ucraino il pomeriggio del 2 febbraio ci ha detto che avrebbe preferito inviare un testo da far leggere ad Amadeus invece che un video», ha riferito il direttore del Prime Time Stefano Coletta. Questo declassamento di formula (da video a banale testo da leggere) ha l’aria di un dispetto mirato all’influente Vespa, notoriamente ben ascoltato da orecchie di altre sponde, tipo quelle meloniane.

A uno come Zelensky, invece, la questione non dovrebbe creare troppi mal di pancia. Uno che combatte censure putiniane da mattina a sera, figuriamoci quanto possa dare peso alle volontà di Viale Mazzini.

Non prendere posizione, insomma, diventa l’imperativo di questo Festival. Una noncuranza spacciata per vocazione assoluta all’intrattenimento.

Il Festival non sceglie, insomma. Sceglie senza scegliere davvero. Chiara Ferragni è la diplomazia in persona. «Sono molto onorata di essere qui, sarò me stessa».

Alle spalle vari ‘no’ alla proposta di una conduzione sanremese.

In famiglia una querela al marito Fedez da parte della Rai poi ritirata (due anni or sono) per aver diffuso una telefonata privata con i vertici aziendali, legata alla sua partecipazione al concertone del primo maggio. Quella stessa azienda da lui umiliata via social è oggi pronta a stendere un tappeto rosso a lui e consorte, mentre punta ai loro followers. I due, ovviamente, cercano di prendere il meglio dalla situazione.

Lei, sorriso impostato, mai fuori asse. Confida ai giornalisti di essere emozionata, racconta ancora una volta il suo impegno contro la violenza sulle donne. Ma poi cade il buio più totale sui cachet alternativi, cioè su quanti soldi guadagni da operazioni commerciali o social, collaterali alla partecipazione alla kermesse.

Centrata e lucida, in conferenza ha saputo dribblare domande dei giornalisti (legittime ma scomode) del tipo ‘cosa pensa dei testi sessisti e misogini degli esordi di suo marito Fedez?, ‘Sono qui a rappresentare me stessa, né lui, né la nostra coppia’. E ovviamente, a tale impero, nessuno osa ribattere.

Ma farla franca all’infinito, quando si è così esposti, è dura. Qualcuno in sala stampa chiede ai conduttori quale sia il loro articolo della Costituzione preferito. Amadeus, da sempre re del dribbling, se la cava con “è così bella che si potrebbe prenderne uno a caso” e Ferragni si salva seguendolo a ruota: ‘Idem’.

E ancora, a chi le ha chiesto un parere sulle rimostranze della pallavolista Paola Egonu, co-conduttrice della serata di giovedì 9 febbraio, che ha più volte puntato il dito sul (presunto) feroce razzismo presente nel nostro paese, ha risposto «Paola ha fatto bene a parlare, ma gli haters ci sono ovunque».

È giusto fare battaglie, ma ognuno combatta le proprie, quindi.

Notevole anche un’altra “non scelta” di questo Festival, quella di condividere il palco con Gianni Morandi.

Morandi non è una vera scelta.

A chi non piace Morandi? Una garanzia dell’intrattenimento nostrano, memoria storica del Festival e della musica italiana, che si è esibito persino nell’inno nazionale, su cui siamo tutti d’accordo e che cantiamo tutti in coro. Molti gli interrogativi, invece, sul cachet di Benigni (sempre in forza alla scuderia Presta). Coletta in merito si è nascosto dietro il silenzio: ‘Ho rispetto di qualunque trattativa, di qualsiasi artista si tratti’.

Eppure in questo festival perbenista, al momento, manca il bene vero.

Ossia la volontà di devolvere parte degli introiti commerciali alla terra turca colpita da un atroce terremoto. Ma che ci importa, l’importante per ora è che in Italia le luci reggano. E soprattutto che Mediaset, che ha osato trasmettere la sua solita programmazione anche nella settimana santa di Sanremo, si senta umiliata anche solo dall’averci provato.

L'agguato di Fedez è infame, il Festival degli stonati e Fagnani: quindi, Sanremo... Ogni mattina il racconto punto per punto del Festival di Sanremo. La seconda serata: Angelo Duro Show, pagliacciata di Fedez e...Giuseppe De Lorenzo il 9 Febbraio 2023 su Il Giornale.

- Un po’ di pre puntata. Peccato: Francesca Fagnani avrebbe potuto dire le cose come stanno, ovvero che il monologo di Chiara Ferragni era scritto male. Ha ragione la collega giornalista dagli occhiali rivedibili: sembrava un tema scritto da un bambino di 10 anni, con frasi fatte e retoriche. Non va applaudita per forza. Brava imprenditrice, ma ieri ha cannato. Fine.

- Buona idea di una lettrice di questa rubrica dopo aver visto l’abito di Chiara Ferragni: “Da donna chiedo che questa sera Amadeus si presenti sul palco con una foto dei suoi genitali appiccicata proprio lì... dite che sarebbe di buon gusto?”.

- Via alla diretta. Il Primafestival non solo è un mix di marchette, come dicevamo ieri, ma è pure scritto male e recitato peggio. Gli Autogol che ci stanno a fare li? Mah. Almeno c'è quella bella ragazza che rasserena noi maschietti.

- Vabbè, Morandi è una spanna sopra tutti. Sa cantare. Sa parlare. Porta pure la scopa sul palco. Monumentale.

- Willy. Canzone uguale a tante altre. Però lui ha un viso simpatico. Voto: 4.

- Modà. Kekko non stona, sa il fatto suo, emoziona, un record in un Sanremo in cui la metà degli artisti gara si mangia le parole o stecca come le campane di Notte Dame. Ma che bello è poi vedere cinque uomini vestiti da uomo, senza colori stravaganti né rossetti? Voto: 8

- Le pillole di cui parla Morandi sono quelle di Matteo Messina Denaro?

- Dalla regia mi segnalano: "Non scrivere male di Francesco Arca che è un gran figo!". Eseguo.

- Non voglio infierire sul bambino della fiction. Ma perché tutto deve essere scritto e recitato? Bastava farlo parlare con naturalezza, di quello che voleva, invece hanno finito col faro fare una figura di barbina. Peccato.

- Francesca Fagnani, primo vestito non brutto ma sbagliato. Non le dona, insomma. Non dirò perché altrimenti mi accusano di body shaming ma riguarda il décolleté.

- Allora, la scenetta del "sono emozionata ho paura di sbagliare" ha un po' stufato. Lo abbiamo capito: ve la fate sotto. Amen.

- Sethu. Mia nonna avrebbe detto: "Poverino, ha così pochi soldi che va in giro con la giacca strappata". Invece immagino fosse tutto voluto. La canzone provoca irritazioni intestinali. Senza auto-tune sarebbe perso, credo. Voto: 2.

- Ecco il maggior segnale di distensione inviato dall'Occidente alla Russia dall'inizio della guerra arriva dal Festival: la presenza del loro amato Al Bano.

- Ma Al Bano, Ranieri e Morandi non potrebbero dare un paio di lezioni di canto ai concorrenti del festival? Usiamo una quota del canone, lo mettiamo pure in bolletta se serve. Vi prego.

- Coletta che si sgola per "Rose rosse per te": priceless.

- Al Bano: voto 9. Ranieri: voto 9. Morandi: voto 9. Voci piene, acuti veri, parole che si capiscono, sfumature giuste, sanno stare sul palco senza spaccare interi roseti. Applausi.

- Morandi ha tirato uno sputacchio su "uno si mille CE la fa" che due anni fa Burioni sarebbe morto di infarto sul colpo. Dopo la scopa hanno dovuto tirare fuori il mocio vileda per asciugare la bava.

- "Quasi 240 anni in tre e quanta dignità... altro che un Blanco qualsiasi" (cit.: La stessa madre che ieri non sapeva chi fosse Ferragni).

- Se io mi inginocchio come Albano non mi rialzo più. Eroico.

- Articolo 31. Per i ricordi d'infanzia di chi scrive, partono da 3. Canzone ok, J-Ax non intonatissimo, abito da gelataio. Voto finale: 7.

- Cara Fagnani, ma un poco di suspance quando pronunci il nome del cantante no?

- Lazza. Se è vero che l'auto-tune era al minimo come ha promesso, non è andata affatto male. Voto: 7.

- Giorgia. Una canzone bruttina non supporta una voce stupenda. Peccato, non le rende giustizia. Voto: 5.

- Dopo 73 anni di Festival all'Ariston, ancora non sono riusciti a posizionare il gobbo in modo che i conduttori che lo leggono guardino in telecamera?

- Bello eh, il monologo sull'Iran. Ma vale per l'attivista iraniana ciò che vale per Zelensky: parliamo di musica, grazie?

- A Drusilla Foher hanno messo 4kg di cerone per 10cm di spessore di trucco. Potevano almeno avvertire il regista di non fare inquadrature da vicino. Non so se stanotte dormirò sereno.

- Colapesce e Dimartino. Baffo e pizzetto da 10. Vestiti eterosessuali e semplici. Canzone orecchiabile, intonazione sopra la media di serata. Voto: 7

- Poltronesofà! Ancora loro? Ma perché? Perchè? Perché?

- Subito dopo ci rifilano pure l'improbabile pubblicità di Paramount, con una letterina che legge frasi con la stessa enfasi di un cinghiale romano in cerca di cibo. È chiaro che gli inserzionisti hanno tentato in tutti i modi di risparmiare sui costi dei creativi delle agenzie pubblicitarie.

- I dati dicono che i giovani spettatori di Sanremo sono cresciuti. Ti piace vincere facile: ci ficcano dentro youtuber di dubbio gusto, che sappiano cantare o meno. Come se ai miei tempi avessero portato Beppe Signori all'Ariston. Il Festival me lo sarei sciroccato pure io.

- È tornata Miss Canotto, di nuovo inquadrata. Se si allaga l'Ariston, lei galleggia.

- Black Eyed Peas: beh, che dire? Clap clap.

- Bruno idolo delle masse.

- Shari. Un po' troppo emozionata e la canzone non trasmette nessun tipo di emozione positiva. Voto: 4

- Fagnani porta sul palco le storie dei ragazzi rinchiusi nel carcere minorile. Ecco, Ferragni: si può discutere o meno, può piacere o fare schifo il contenuto, può sembrare appropriato o buonista, bello o brutto, ma è scritto bene. Piacevole peraltro il sottile schiaffone a Nicola Gratteri. Nel complesso paga stato qualche inciampo e forse non colpisce dritto al cuore, ma almeno aveva un senso. Altro che l'auto-psicanalisi egocentrica e pseudo-femminista di Ferragni.

- Libertà di espressione, certo. Ma anche di critica per noi. Fedez scambia la Rai come il palco del comizio conclusivo della campagna elettorale del Pd, sponda Schlein. Tra le altre cose, mostra la foto di Galeazzo Bignami vestito da gerarca nazista dimenticando però di spiegare che si trattava di un addio al celibato, dove la gente si veste di robe assurde. È accettabile che il fan del Ddl Zan, il contestatore di Salvini, il perbenista per eccellenza faccia un agguato a Fdi e al governo in diretta sulla rete ammiraglia?

- Cioè, la domanda sorge spontanea: la Rai ha montato su un cinema enorme per controllare preventivamente, cioè censurare, il testo di Volodymyr Zelensky e a Fedez lasciaa fare cioè che gli pare e piace? Non dico sia giusta l'una o l'altra cosa. Dico solo che stride.

- Quindi Fedez canta una canzone diversa da quella concordata con gli autori e Amades se la cava con un "grazie Fedez per aver precisato che ti assumi tutte le responsabilità"?. Siamo seri? Immaginatevi se Massimo Ranieri, per dire uno a caso, avesse accusato Mattarella di essere un bugiardo patentato per aver escluso più volte il secondo mandato al Colle che poi invece ha allegramente accettato. Cosa sarebbe successo? Ve lo dico io: sarebbe crollato l'Ariston.

- In fondo quello che interessa al marito di Ferragni è far parlare di sé. Al tempo del concertone del primo maggio montò su un ambaradan inutile su un'inesistente censura. Oggi ha piazzato l'imboscata. Funziona, però la sinistra non gioisca: i sondaggi e la realtà dicono che gli effetti sulle urne non se ne vedono. Dal concertone del 2021 ad oggi, parliamo di due lunghi anni, i bersagli di Fedez non sono praticamente cambiati. Unica differenza: i voti del centrodestra sono cresciuti.

- Guarda caso, comunque, Federico Lucia nella sua canzone prende di mira Berlusconi, il viceministro Fdi e il ministro della Famiglia. Le rime sul Pd proprio non gli vengono. Sarà un caso?

- Che fosse un agguato premeditato lo si capisce dal fatto che il video della canzone è già sui social di Fedez, debitamente montato ad arte. Se la Rai non ne sapeva nulla, come appare, forse domani dovrebbe prendere le distanze. No?

- Scriviamo che l'agguato di Fedez è stato infame. Legittimo, ma infame. Tanto c'è l'articolo 21 della Costituzione, no?

- Madame. Forse era meglio se lasciavano la regola del green pass, così ce la risparmiavamo. Alla sala stampa piace, a me no. Voto: 6.

- Comunque i meme sulla postura un po' ingobbita di Ferragni di ieri si sprecano. Mi sa che il messaggio sul body shaming non è arrivato.

- Tananai. Ok. Voto: 6.

- Rosa Chemical. Ha rubato la giacca a Sethu. Ha le unghie realizzate da una estetista strafatta di cocaina. Il look decisamente rivedibile. Magari la canzone sarà pure bella, e devo dire che la musica è ritmata e piacevole, però all'inizio si mangia le parole e non si capisce una acca. A parte questo, lui sul palco ci sa stare. La canzone prende. Funziona. Diventerà l'inno al gender e all'amore misto, perverso, un po' porno. Una hit arcobaleno. Bella, ma troppo fluidisticamente corretta. Voto: 6.

- Ma perché quando cantano stanno tutti ingobbiti come Smeagol?

- LDA. Né carne né Colapesce. Voto: 6.

- Paola e Chiara. Ma cosa diavolo si sono messe in faccia? Voto: 5

- Angelo Duro. Irriverente, un pochino grezzo, ma fa ridere. La differenza tra lui e Fedez sta tutta qui: fanno entrambi uno show un po' demenziale, ma uno fa ridere e l'altro pena. "Io trasgredisco, sono uno dei pochi che non ha tatuaggi. Oggi fanno la gara a essere diversi, ma è solo omologazione". Applausi.

- Puntata più moscia di quella di ieri, ma non tanto per l'assenza delle polemiche (ci saranno). Quanto per la qualità delle proposte musicali e di tutto il resto. Speriamo meglio per domani.

Quindi, Sanremo...

La classifica generale dopo la seconda serata di Sanremo 2023: primo Marco Mengoni. Arianna Ascione su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Ecco le nuove posizioni provvisorie dei 28 cantanti in gara, votati dalla sala stampa

Si è appena chiusa la seconda serata del Festival di Sanremo 2023, che ha visto protagonisti i 14 artisti in gara che non si sono esibiti ieri (qui la classifica dopo la prima serata, con Marco Mengoni in prima posizione, seguito da Elodie e Coma_Cose).

Amadeus, Gianni Morandi e Francesca Fagnani hanno prima letto la classifica parziale di serata, stilata in base ai voti assegnati dalla sala stampa.

1. Colapesce Dimartino

2. Madame

3. Tananai

4. Lazza

5. Giorgia

6. Rosa Chemical

7. Paola & Chiara

8. Levante

9. Articolo 31

10. Modà

11. LDA

12. Will

13. Shari

14. Sethu

Questa invece la nuova classifica provvisoria di tutti i cantanti:

1. Marco Mengoni

2. Colapesce Dimartino

3. Madame

4. Tananai

5. Elodie

6. Coma Cose

7. Lazza

8. Giorgia

9. Rosa Chemical

10. Ultimo

11. Leo Gassmann

12. Mara Sattei

13. Colla Zio

14. Paola & Chiara

15. Cugini di Campagna

16. Levante

17. Mr. Rain

18. Articolo 31

19. Gianluca Grignani

20. Ariete

21. Modà

22. gIANMARIA

23. Olly

24. LDA

25. Will

26. Anna Oxa

27. Shari

28. Sethu

Nel corso della terza serata, giovedì 9 febbraio, tutti i big torneranno sul palco: saranno votati dal pubblico attraverso il televoto e dalla giuria demoscopica. La media tra le percentuali complessive di voto ottenute durante la serata e quelle ottenute nelle serate precedenti determinerà una nuova classifica.

Le nostre pagelle della seconda serata di Sanremo

La seconda puntata (qui il racconto minuto per minuto) si è aperta con l’ingresso di Amadeus e Gianni Morandi che, dopo essere entrato in scena con una scopa (un riferimento a quanto accaduto nel corso della prima serata con Blanco), ha cantato «Grazie dei fiori». Sul palco dell’Ariston, oltre agli artisti in gara presentati dai conduttori e dalla co-conduttrice Francesca Fagnani, sono saliti anche Al Bano e Massimo Ranieri - protagonisti di una apprezzatissima performance insieme a Morandi -, gli ospiti internazionali Black Eyed Peas, il comico Angelo Duro e l’attore Francesco Arca.

Sanremo, la classifica generale dopo la seconda serata del Festival: resta in testa Mengoni, ultimo Sethu. Elena Del Mastro su Il Riformista il 9 Febbraio 2023.

La seconda Serata di Sanremo ha visto tra i protagonisti sul palco il trio di big della canzone italiana Gianni Morandi, (77 anni), Al Bano (79 anni) e Massimo Ranieri (71 anni), che hanno emozionato il pubblico con un madley dei loro brani più famosi. Sul palco anche quattro torte per gli 80 anni di Al Bano, che li compirà il 20 maggio e festeggerà con un concerto all’Arena di Verona. Co conduttrice insieme ad Amadeus e Gianni Morandi, Francesca Fagnani, la giornalista che ha letto il monologo da lei scritto insieme con i ragazzi detenuti nel carcere minorile di Nisida.

Drusilla Foer accompagna l’italo-iraniana Pegah per un messaggio di pace con la canzone Baraye di Shervin Hajipour, simbolo della protesta in Iran e diventata un coro da stadio. Pegah ha ricordato l’uccisione di Mahsa Amini, colpevole di un velo fuori posto.

Poi il momento di Francesco Renga e Nek in collegamento dal palco in una piazza Colombo gremita. A scaldare il palco poi la performance dei Black Eyed Peas. Freestyle a sorpresa in collegamento per Fedez che sciorina rime al vetriolo. Cita il viceministro Galeazzo Bignami travestito da nazista, Salvini, il Codacons e Matteo Messina Denaro. Poi chiude con un pensiero per Gianluca Vialli. Sul palco anche il comico Angelo Duro.

È stata la seconda serata della 73esima edizione del Festival di Sanremo, si sono esibiti i secondi 14 artisti big in gara. Al termine delle esibizioni le canzoni sono state votate solo dalla stampa accreditata al Festival (divisi in carta, radio e web).

La classifica provvisoria della seconda serata:

Colapesce e Dimartino – Splash

Madame – Il bene nel male

Tananai – Tango

Lazza – Cenere

Giorgia – Parole dette male

Rosa Chemical – Made in Italy

Paola & Chiara – Furore

Levante – Vivo

Articolo 31 – Un bel viaggio

Modà – Lasciami

Lda – Se poi domani

Will – Stupido

Shari – Egoista

Sethu – Cause perse

La classifica generale dei 28 big

1. Marco Mengoni – Due vite

2. Colapesce e Dimartino – Splash

3. Madame – Il bene nel male

4. Tananai – Tango

5. Elodie – Due

6. Coma_Cose – L’addio

7. Lazza – Cenere

8. Giorgia – Parole dette male

9. Rosa Chemical – Made in Italy

10. Ultimo – Alba

11. Leo Gassmann – Terzo cuore

12. Mara Sattei – Duemilaminuti

13. Colla Zio – Non mi va

14. Paola & Chiara – Furore

15. Cugini di Campagna – Lettera 22

16. Levante – Vivo

17. Mr. Rain – Supereroi

18. Articolo 31 – Un bel viaggio

19. Gianluca Grignani – Quando ti manca il fiato

20. Ariete – Mare di guai

21. Modà – Lasciami

22. gIANMARIA – Mostro

23. Olly – Polvere

24. Lda – Se poi domani

25. Will – Stupido

26. Anna Oxa – Sali (Canto dell’anima)

27. Shari – Egoista

28. Sethu – Cause perse

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

Pagelle Sanremo 2023 seconda serata: i voti a canzoni, cantanti e ospiti. Renato Franco e Andrea Laffranchi, inviati a Sanremo su Il Corriere della Sera l’8 febbraio 2023.

I giudizi sugli ultimi 14 artisti che si sono esibiti nel corso della 73ma edizione del Festival della canzone italiana

Will, voto 5

Modà, voto 6

Francesco Arca, voto 4

Sethu, voto 5

Morandi, Ranieri, Al Bano, voto 9

Articolo 31, voto 6

Lazza, voto 6,5

Giorgia, voto 5,5

Drusilla Foer e Pegah, voto 10

Colapesce Dimartino, voto 8

Black Eyed Peas, voto 4,5

Shari, voto 4

Gianni Morandi, voto 8

Levante, voto 7,5

Francesca Fagnani, voto 7

Madame, voto 8

Tananai, voto 7,5

Rosa Chemical, voto 7

LDA, voto 5

Paola e Chiara, voto 4

Amadeus, voto 8

Angelo Duro, voto 5,5

Will, voto 5

Tutto troppo semplice. Viene da dire: la saprei fare anche io. E probabilmente non ci sarebbe una gran differenza.

Modà, voto 6

Le canzoni non si spiegano. Dal testo di “Lasciami” non si coglie però che “il primo giorno senza te” è l’uscita dal tunnel della depressione e non l’elaborazione della fine di una relazione. Manca un po’ di coraggio questa power ballad. Non manca a Kekko, il leader della band, che invece sta raccontando il suo buio interiore nelle interviste.

Francesco Arca, voto 4

Il senso di interrompere dopo due canzoni due il Festival per sentire da Francesco Arca che tipo di ispettore sarà nella prossima fiction Rai proprio sfugge. Loro insistono ma noi non ci arrendiamo e continueremo a ripeterlo fino a quando forse nel 2070 questa triste tratta delle fiction finirà.

Sethu, voto 5

Si può dire punk dopo quello che ha fatto Blanco ieri? Vabbè l’ispirazione è quella ma alla fine la causa persa sembra la canzone. Amadeus, ancora convinto che ci volessero proprio 6 concorrenti da Sanremo Giovani?

Morandi, Ranieri, Al Bano, voto 9

I tre tenori pop, il dream team della canzone. Per chi li ascoltava è stato un regalo. Per chi li snobbava è stato un tuffo nella memoria popolare e condivisa. Tre carriere che non si erano mai incrociate. Morandi e Al Bano cantano senza in ear e su “Rose rosse” Amadeus si raccoglie in preghiera.

Articolo 31, voto 6

J Ax e Dj Jad, in total white, lavano i panni sporchi in pubblico. La loro storia, meschinerie comprese. Alla fine si commuovono. Il ritornello sembra firmato da Max Pezzali

Lazza, voto 6,5

Il pezzo sarà un hit e non soltanto perché Lazza è stato il recordman del 2022. Abbandonato temporaneamente il rap, lui fatica a trovare gli spazi giusti per muoversi dentro a un brano che parte da sample alla Moby per andare verso la melodia e la contemporaneità.

Giorgia, voto 5,5

L’acuto finale è tre spanne sopra la performance di qualunque altro cantante sinora. L’attacco della canzone è tre gradini sotto la sua media (che rasenta la perfezione) e a quel punto lei fa fatica a risalire e a incanalare le giuste emozioni. La canzone non l’aiuta.

Drusilla Foer e Pegah, voto 10

La battaglia civile è da 10, ma il dialogo tra Drusilla Foer e l’attivista Pegah per denunciare la repressione del regime in Iran ha una riuscita televisiva fredda. Dieci comunque perché è inaccettabile un Paese dove chi è omosessuale rischia l’impiccagione.

Colapesce Dimartino, voto 8

Hanno eleganza battistiana e con «Splash» portano una visione che va oltre la ricerca dei pelucchi nell’ombelico e raccontano il peso delle aspettative che può diventare tragedia

Black Eyed Peas, voto 4,5

Gli anni d’oro sono passati, J. Rey Soul non ha un decimo del carisma di Fergie… Poi lamentiamoci dei nostri trapper e delle loro imbarazzanti esibizioni su base...

Shari, voto 4

Salmo (che è anche il suo fidanzato) contribuisce a firmare un pezzo che lei non riesce a governare col fiato. Non erano troppi sei giovani?

Gianni Morandi, voto 8

L’incipit da manuale. Imbraccia la scopa a ricordare la «scapocciata» di Blanco e canta «Grazie dei fiori» a ricucire lo strappo con la città che è la capitale italiana del genere. Il resto della serata se la gioca sempre allo stesso livello. Gigante.

Levante, voto 7,5

Il palco dell’Ariston è una fiera mitologica. Levante sa gestirlo come se fosse quello di un concerto, ma con la consapevolezza che ci sono anche le telecamere. Una canzone che canta la forza della riconquista di se stessa – testa e corpo - dopo la maternità.

Francesca Fagnani, voto 7

Nonostante la fama da giornalista con la tempra da Belva come da suo format tv («vengo in pace Amadeus, stai sereno») Francesca Fagnani sa essere ironica («scendere le scale qui è come fare la Parigi-Dakar») ma anche impegnata, vedi alla voce monologo che esce dalla circonvallazione dell’Io di Chiara Ferragni per parlare di temi sociali.

Madame, voto 8

Se guardiamo ancora un film di Woody Allen nonostante le accuse di abusi sessuali, possiamo ascoltare Madame nonostante il presunto falso vaccino. Dialogo fra un cliente una, la chiama lui così, puttana. Dark e profonda, autotune e profumi etnici.

Tananai, voto 7,5

Il primo ologramma in gara al festival. Non può essere lo stesso dell’anno scorso. Il vero Alberto Cotta Ramusino è stato rapito dopo le stecche dell’anno scorso, deportato in sudamerica e sostituito da un clone tecnologico: centrato e romantico.

Rosa Chemical, voto 7

C’è più divertimento che voglia di stupire o scandalizzare. L’amore libero, più si è meglio è, in chiave unz unz balcanica.

LDA, voto 5

Freschezza e ingenuità non bastano. A 19 anni, è il più giovane, bisogna graffiare o essere disperati.

Paola e Chiara, voto 4

La disco anni Settanta, i glitter, l’occhiolino al testo di Rumore, i ballerini in scena: citazioni vuote della Carrà. Non ci siamo proprio.

Amadeus, voto 8

Ormai è pronto a sequestrare la statua del cavallo di viale Mazzini e a piazzarla nel giardino di casa sua. Gigioneggia e baudizza quando calca l’accento sulla voce baritonale. Il palco è definitivamente la sua comfort zone.

Angelo Duro, voto 5,5

«Puoi dire quello che vuoi, grazie al cazzo è l’una meno dieci». Corrosivo e politicamente scorretto, ma il ritmo questo sconosciuto. Un’occasione mancata — peccato — perché qua e là Angelo Duro mostra di avere qualità.

Sanremo 2023: le pagelle musicali della seconda serata. Gianni Poglio su Panorama l’08 Febbraio 2023

Il ritorno di Giorgia all'Ariston, la reunion degli Articolo 31 e Colapesce Dimartino. Trionfo per il trio old school: Albano, Massimo Ranieri e Gianni Morandi.

Al primo posto, nella classifica provvisoria, Marco Mengoni

Abbiamo ascoltato gli altri 14 big che concorrono a formare la prima classifica provvisoria completa (ha votato, come ieri, la sala stampa). Sul fronte degli ospiti Al Bano, Massimo Ranieri Gianni Morandi per la prima volta insieme sul palco hanno puntato sui pezzi forti del loro repertorio. Un medley che ha acceso l'Ariston. Anche gli americani Black Eyed Peas hanno ripescato le hit di una carriera, ma forse sarebbe stato meglio conservare il ricordo di quando nella band c'era Fergie...

Dopo Blanco e i suoi calci alle rose del palco dell'Ariston, scoppia il caso Fedez che a bordo della nave crociera torna a fare il freestyler, e dopo le rime («Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite, forse meglio il viceministro vestito da Hitler»,) straccia una foto del viceministro Bignami travestito da nazista.

LE PAGELLE

1) Will - Stupido / Voto 4,5 Certo che a 23 anni si potrebbe osare qualcosa di più di un ballatone pop con qualche inserto rap. Melodia semplice semplice e niente altro. Passa e va...

2) Modà - Lasciami / Voto 5,5 Ma che giorno è? canta Kekko... E in effetti, come se il tempo si fosse fermato, i Modà tornano e fanno esattamente quello che ti aspetti da loro. Suonano discretamente, hanno un certo gusto per i refrain, ma la formula ha perso smalto. E adesso suona datata.

3) Sethu - Cause perse / Voto 4,5 Un pezzo arrabbiato con un po' di rap e qualche accelerazione ska punk. Storie di adolescenti e di provincia. Non decolla.

4) Articolo 31 - Un bel Viaggio / Voto 5,5 Tanta nostalgia, commozione e antichi ricordi nel ritorno del duo che ha portato il rap in vetta alle classifiche italiane. Peccato che il ritornello della loro canzone suoni come un vecchio pezzo degli 883. Si poteva fare di più...

5) Lazza - Cenere/ Voto 6 Per mesi ha dominato incontrastato le classifiche: il debutto a Sanremo inizia con un gorgheggio alla Gnarls Barkley e prosegue in puro stile urban con qualche concessione melodica furba quanto basta, senza concessioni alla trap. Nelle piattaforme streaming sarà un successo.

6) Giorgia - Parole dette male / Voto 6,5 Esattamente come ieri sera con Mengoni e Elodie, quando scendono in campo i professionisti la differenza si sente. Una ballad riuscita ed interpretata usando tutte le armi del suo repertorio vocale ma senza colpi a effetto. Il ritornello gira bene e ha un discreto appeal radiofonico.

7) Colapesce Dimartino - Splash / Voto 7,5 Difficile non percepire echi battistiani, soprattutto nella prima parte. Indubbiamente uno dei pezzi migliori del Festival, facile all'ascolto, ma tutt'altro che banale. Si balla, si canta e si pensa (per chi ha ancora voglia di leggere tra le righe dei testi). Una boccata d'ossigeno.

8) Shari - Egoista / Voto 4,5 Una ballad insipida che si attorciglia su se stessa senza sussulti. E pensare che tra gli autori c'è anche Salmo...

9) Madame - Il bene nel male / Voto 6,5 In un contesto musicale spesso piatto e incolore, Madame vola alto. Per capacità interpretativa, modernità dei suoni e degli arrangiamenti. A Sanremo presenta un pezzo da club che ha tutto quel che serve per diventare una hit.

10) Levante - Vivo / Voto 6 "Vivo un sogno erotico la gioia del mio corpo è un atto magico" ripete Levante in un pezzo a tutta cassa in quattro quarti. Un inno di liberazione e di riappropriazione di se stessa dopo essere diventata madre.

11) Tananai - Tango / Voto 6 "Eravamo da me, ho messo i Police, era bello finchè non è arrivata la police" non è esattamente una strofa che passerà alla storia, ma con un abile contorno di archi e pianoforte la sua ballad piacerà molto. Soprattutto al pubblico del televoto.

12) Rosa Chemical - Made in Italy / Voto 5 Gianni Morandi gli urla "grande" alla fine dell'esibizione, ma al di là delle polemiche politiche più o meno pretestuose dei giorni scorsi, la canzone è un tormentone dance con echi di sonorità balcaniche. Canta la libertà sessuale e va bene così, ma il pezzo è poca cosa.

13) LDA - Se poi domani / Voto 5 Un giovanissimo (non ha ancora vent'anni) con una canzone pop decisamente più datata di lui. Melodia scontata e nessun guizzo.

14) Paola e Chiara - Furore / Voto 5 Assolutamente coerenti con se stesse e il loro repertorio, tornano con un "furore" dance che non entusiasma. Non bastano i ballerini e le coreografie, la musica è cambiata.

LA CLASSIFICA PROVVISORIA:

28) Sethu

27) Shari

26) Anna Oxa

25) Will

24) LDA

23) Olly

22) Gianmaria

21) Modà

20) Ariete

19) Gianluca Grignani

18) Articolo 31

17) Mr Rain

16) Levante

15) Cugini di Campagna

14) Paola e Chiara

13) Colla zio

12) Mara Sattei

11) Leo Gassmann

10) Ultimo

9) Rosa Chemical

8) Giorgia

7) Lazza

6) Coma Cose

5) Elodie

4) Tananai

3) Madame

2) Colapesce Dimartino

1) Marco Mengoni

Sanremo 2023, i voti ai look: Francesca Fagnani graffia (7), Arca e il mini-me (9), Ranieri metallico (5). Michela Proietti su Il Corriere della Sera l’8 febbraio.

I look della seconda serata all’Ariston: Al Bano fa le flessioni (7), Morandi armaniano (8), Francesco Arca e Mario Di Leva effetto mini-me (9), Kekko Silvestre resiliente (8,5)

Amadeus e Gianni Morandi «riparatori»: 8

Amadeus - da ieri sera per tutti @amadeusonoio , grazie al profilo Instagram aperto per lui da Chiara Ferragni - fa la parte del buon padre di famiglia e riconcilia gli animi del Festival (qui la diretta). Dopo l’exploit di Blanco - che ha davvero messo fiori nei suoi cannoni- , il conduttore cerca di metterci una pezza insieme a Gianni Morandi che, in Armani total black, canta «Grazie dei fior». L’abbigliamento per forza deve essere semi-istituzionale: nero per entrambi, con immancabili inserti di pietre e paillettes, anche nel farfallino. Solo un appello a Gai Mattiolo, stilista di riferimento di Amadeus: pantaloni meno stretti sulle gambe per il bravo conduttore...

Francesca Fagnani graffia: 7

«Una donna che guarda i gradini mentre scende la scala non è degna di quella scala», dice la co-conduttrice Francesca Fagnani, che supera la prova della scalinata più temuta d’Italia con ai piedi un paio di Roger Vivier super chic. Vestita di Armani Privé la giornalista conduttrice di Belve affonda il suo graffio grazie a una super scollatura. A dire il vero non troppo premiante.

Massimo Ranieri metallico: 5

Dopo i Cugini di Campagna in paillettes e zatteroni pensavamo di aver visto tutto: invece Massimo Ranieri alza l’asticella dello stupore con una giacca metallica e immancabile chioma corvina. Ma lo amiamo per aver scritto e riproposto Perdere l’amore, una delle canzoni festivaliere più belle di sempre.

Kekko Silvestre resiliente: 8,5

Bellisisma apparizione di Kekko Silvestre con i suoi Modà: vestito da Emporio Armani dà prova di una eleganza decontratta, con panciotto di rombi paillettati e camicia alla coreana scura. Dopo la coraggiosa confessione di una depressione appena superata, si dimostra resiliente e padrone del palcoscenico. E saluta anche la mamma a casa.

Francesco Arca e Mario Di Leva effetto mini-me: 9

La coppia di uomini più affascinante sul palco dell’Ariston: i protagonisti della fiction Resta Con me conquistano con uno degli stilemi ormai infallibili, quello del mini-me. La domanda è: convince più Francesco Arca in tuxedo o il piccolo attore con mini-smoking?

Al Bano vezzoso: 7

Il cappello è un suo grande classico, come la sciarpetta: la vezzosità di Al Bano si intuisce anche dalla giacca un po’ khomeinista. Comunque un monumento nazionale, anzi, una roccia, come lo chiama Amadeus, mentre lui fa flessioni sul palco dell’Ariston.

Articolo 31 chef pasticcioni: 6

Il bianco in tivù spara, dicevano i vecchi cameramen Rai, e in effetti quello firmato Iceberg degli Articolo 31 è un attentato allo stile: l’effetto chef pasticcione è pericolosamente in agguato....

Giorgia stile (troppo) libero: 5

Un colore che vira pericolosamente al viola, un modello (Dior) a metà strada tra un pagliaccetto e un abitino, con l’aggiunta di uno stivale con tacco da zia che sembra fare a pugni con tutto il resto. Portateci la stylist di Giorgia (se c’è)

Lazza chic-leisure: 8

Il popolo di Twitter lo idolatra («Lazza ci ha regalato la hit») e anche il look si fa largo tra gli altri: Lazza, il rapper milanese in ascesa, è addirittura elegante con la sua tuta Missoni tutta un luccichino. Gli stilisti lo chiamerebbero chic-leisure. Va a finire che i nuovi guru della moda sono quelli che volevano dissacrarla...

Drusilla professorale: 7-

Drusilla Foer e l’attivista Pegah Moshir Pour portano sul palco di Sanremo un bellissimo monologo sull’Iran dei diritti negati: va bene il tema serio ma l’artista en travesti è più che seriosa, quasi severa. E il raccolto dei capelli la fa sembrare un po’ professorale...

Francesca Fagnani porta bene i pantaloni: 7,5

Ci tiene a far sapere che non è una donna (solo) con la gonna e che i pantaloni li porta bene anche lei: sempre in Armani Privé Francesca Fagnani convince di più con questo secondo cambio d’abito, che fa una concessione di femminilità con qualche centimetro di pancia scoperta. Pochi gioielli ma buoni, di Pasquale Bruni.

Levante come Mina: 8

Anche lei, come Kekko Silvestre, rinasce dopo una depressione: Levante neo mamma che ha sofferto di baby blues, ricompare sul palco dell’Ariston più graffiante che mai. E in tante cose ricorda Mina.

Tananai e la gardenia: 8

Che eleganza d’antan quella di Tananai che sfoggia una gardenia all’occhiello della giacca in velluto burgundi. L’anti Blanco, che raccoglie un fiore e se lo mette accanto al cuore

Francesco Renga casual(e): 6

D’accordo l’esibizione al freddo e al gelo, ma Francesco Renga sembra aver dimenticato la liturgia del Festival, che prevede anche un certo stile: con lo sciarpone paisley e il cappotto color mattone fa da perfetto contraltare al Nek perfettino, con cravattina sottile e cappotto da banker della City.

Rosa Chemical bondage: 8

Un bondage punk chic per Rosa Chemical, in Moschino by Jeremy Scott: la giacca squarciata e trafitta da spille da balia è niente rispetto alle unghie laccate e affilate. E dedica il suo Sanremo , messo in forse dai timori di alcuni politici, agli «underdog», gli esclusi. Una ventata di trasgressione in una serata noiosetta, anche in fatto di look.

Fedez mare forza nove: 7,5

Arrabbiato, anzi arrabbiatissimo, Fedez con i capelli platino e trench in pelle a bordo della nave Costa Smeralda non le manda a dire: difende Rosa Chemical, spara a zero sul viceministro Bignami vestito da nazista, tira in ballo il Codacons, rivolge una preghiera a Gianluca Vialli. What else?

Paola e Chiara cugine di campagna: 5

L’apparizione è simile a quella della prima sera di Cugini di Campagna, inguainati in tute di paillettes argentate: ecco Paola & Chiara, più o meno indossare lo stesso look stroboscopico. E scappa subito il gioco del “a chi sta meglio” (o peggio)?

Marco Zonetti per Dagospia il 9 febbraio 2023.

Seconda serata del Festival di Sanremo 2023 e seconda parata di look perlopiù non eclatanti, almeno rispetto allo "scandaloso" abito nudo sfoggiato da Chiara Ferragni nella prima serata. Ieri, perlopiù, anziché indossarle con sicurezza, in molti casi i cantanti sembravano essere fagocitati dalle loro mise. Una distanza siderale insomma, dai tempi dell'edizione 1986 presentata da Loretta Goggi, quando tre grintose primedonne – Anna Oxa in ombelico scoperto, Loredana Bertè con il finto pancione da gravidanza, Rettore vestita da Mazinga – facevano parlare dei loro look estremi per giorni e giorni (e ancora oggi, se è per questo, più di tre decenni dopo).

Ma torniamo a ieri sera, e partiamo dai due conduttori. Amadeus è apparso sul palco dell'Ariston fasciato in un tuxedo nero di Gai Mattiolo impreziosito da disegni floreali realizzati con cristalli ton sur ton, che facevano un po' troppo Castello delle Cerimonie. Glitter e cristalli anche per Gianni Morandi, che però per il suo smoking si affida ancora una volta allo stile di Giorgio Armani riuscendo così a evitare con classe – a differenza del compagno di avventura – l'effetto "comunione della piccola Krystal a Torre Del Greco".

In tre mise firmate Armani Privé si è presentata nel corso della serata la co-conduttrice Francesca Fagnani. Il primo abito tempestato di cristalli, a maniche lunghe con ampia gonna in tulle e scollo profondo. Il secondo, composto da top impreziosito da applicazioni lucenti ton sur ton e pantaloni slim, il tutto completato da pump in satin e broche, ancora una volta, di cristalli griffate Roger Vivier. Per la sua terza discesa dalla scalinata dell'Ariston, Fagnani ha invece sfoggiato un long dress in pizzo floreale con bustier "nude" che le lasciava le spalle scoperte.

Will, il primo cantante esibitosi ieri sera, ha scelto la linea giovane di "Re Giorgio", ovvero Emporio Armani, per il suo look total white (un tempo avremmo detto "da gelataio"), blusa traforata, pantaloni oversize e giacca in tono. Un candore quasi trasparente, tanto che sotto le luci sfavillanti dell'Ariston, si lasciava intravedere la biancheria intima. Effetto voluto o accidentale? Chissà.

Look Emporio Armani anche per Kekko dei Modà, senza giacca (purtroppo) e con gilet fregiato da rombi lucenti, portato su camicia e pantaloni neri. Un "ensemble" che faceva un po' veglione di San Silvestro in crociera aziendale, e che non ha convinto molto.

 Annakiki è invece la scelta di Sethu per il suo esordio sul palco dell'Ariston. Completo oversize e giacca dai decor metallici indossata sul torace nudo con tanto di pantalone irto di punte laterali, poteva essere un fiasco totale e invece il ragazzo ha carisma e finisce per non sfigurare.

 Scesi direttamente anche loro dal carretto dei gelati, gli Articolo 31 per la loro "reunion" scelgono a loro volta il total white in una mise identica personalizzata creata appositamente da James Long di Iceberg. Tutti di bianco vestiti dai cappelli, al completo oversize, alle scarpe, ricordavano un po' due cosplayer di Al Capone finiti per sbaglio in varechina. Ma la simpatia prevale.

Anche il giovane Lazza non resiste ai luccichii e indossa uno sfavillante look Missoni con giacca e pantaloni coordinati e impreziositi da una fantasia a zig zag di cristalli neri. Non male.

 L'attesissimo ritorno di Giorgia, sul palcoscenico che lanciò la sua carriera facendo scoprire la sua voce unica, ha visto la cantante presentare un brano non certo indimenticabile. Così come la sua tutina corta Dior anch'essa sbrilluccicante di cristalli e i suoi stivali stringati. A ridatece Baby Spice…

 Colapesce e Dimartino, rivelazioni assolute nel 2021 con Musica Leggerissima,  scelgono due completi essenziali griffati Gaelle Paris, con scarpe Scarosso e gioielli Damiani. "Du' morticini" come sempre, per dirla in romanesco, ma in ultima analisi sobri ed eleganti.

Shari osa dal canto suo un look animalier con tubino maculato attillatissimo e stivali appuntiti con tacco a spillo. L'effetto è Sheena regina della giungla a cena dai Flintstones, ma evviva l'audacia.

 "Cuissard", ovvero stivaloni, bianchi per Madame sotto un apparente miniabito che in realtà è un blazer bianco ricamato di Off-White. Un po' infermierina sexy, forse omaggio inconscio alla polemica che l'ha investita sui vaccini, ma il look è molto convincente e apprezzato.

 Una irriconoscibile Levante, un tempo corvina, appare con una lunga chioma dagli inquietanti riflessi biondo-aranciato (praticamente come quando ci si sbaglia a decolorare i capelli a casa…). Ma, strizzata in quella tutina in pelle nera di Etro e con le gambe accarezzate da calze velate trasparenti, è per noi la migliore di ieri sera.

Tananai si esibisce in completo Gucci anni Settanta: tuxedo con rever a lancia, camicia cilestrina e fiore all'occhiello a donare un guizzo ulteriore di classe. Il più chic degli uomini.

 Se il giovane LDA sceglie un completo blu elettrico di Marsem tempestato di paillettes ton sur ton con pantaloni oversize sopra le scarpe da ginnastica, ecco che il fluidissimo e chiacchierato Rosa Chemical predilige invece il mitologico Moschino (già "trasgressivo" molti decenni fa prima ancora che esistesse la parola…) con il suo corsetto di pelle nera "sadomaso", con tanto di cinghie e spille da balia (anche un po' Versace anni Novanta, eh). Nulla di così estremo che non sia stato già visto nei programmi del pomeriggio di Rai1. 

Paola & Chiara, ultime a esibirsi, ritrovano la scena sul palco dell'Ariston e le prime quattro file del teatro perdono almeno dieci diottrie, abbacinate da tanto fulgore. Le sorelle Iezzi ricompaiono infatti abbaglianti come due sfere stroboscopiche nei loro tubini lunghi identici ricoperti di paillettes firmati Dolce & Gabbana, con tanto di cinturone metallico a strizzare il punto vita. Du' baraccone, ma avercene!

LA SCALETTA.

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

I VOTI.

LA SCALETTA.

La scaletta e le canzoni della terza serata di Sanremo 2023 giovedì 9 febbraio. Ordine di uscita dei cantanti della terza serata di Sanremo 2023. Il programma del 9 febbraio dal palco del teatro Ariston. Redazione Sorrisi 9 Febbraio 2023

Giovedì 9 febbraio, la terza serata del Festival di Sanremo 2023. Conducono Amadeus e Gianni Morandi, affiancati da Paola Egonu. Ospiti i Måneskin, Peppino Di Capri e Sangiovanni che canta con Gianni Morandi.

La scaletta ufficiale della terza serata del Festival di Sanremo con i 28 cantanti in gara in ordine alfabetico. L'ordine di uscita verrà comunicato più avanti.

Anna Oxa - "Sali (Canto dell'anima)"

Ariete - "Mare di guai"

Articolo 31 - "Un bel viaggio"

Colapesce Dimartino - "Splash"

Colla Zio - "Non mi va"

Coma_Cose - "L'addio"

Elodie - "Due"

Gianluca Grignani - "Quando ti manca il fiato"

Gianmaria - "Mostro"

Giorgia - "Parole dette male"

I Cugini di Campagna - "Lettera 22"

Lazza - "Cenere"

LDA - "Se poi domani"

Leo Gassmann - "Terzo cuore"

Levante - "Vivo"

Madame - "Il bene nel male"

Mara Sattei - "Duemilaminuti"

Marco Mengoni - "Due vite"

Modà - "Lasciami"

Mr. Rain - "Supereroi"

Olly - "Polvere"

Paola & Chiara - "Furore"

Rosa Chemical - "Made in Italy"

Sethu - "Cause perse"

Shari - "Egoista"

Tananai - "Tango"

Ultimo - "Alba"

Will - "Stupido"

Gli ascolti della terza serata di Sanremo 2023. Alice Scaglioni e Danilo Supino su Il corriere della Sera il 12 febbraio 2023

Nel corso della mattinata di venerdì, intorno alle 10, verranno resi noti gli ascolti della terza puntata del Festival di Sanremo .

L’anno scorso la terza puntata della manifestazione canora era stata seguita in media da 9 milioni 360 mila spettatori, pari al 54,1% di share. La prima parte (21:30-23:42) aveva raccolto 12 milioni 849 mila spettatori, con uno share del 53,2%. La seconda parte invece era stata vista da 5 milioni 455 mila spettatori, con uno share del 56,8%.

Nel 2021 la terza serata del festival (dedicata alle cover) targato Amadeus era stata seguita da 7 milioni e 653 mila spettatori, con il 44,3% di share. La prima parte della puntata era stata seguita in media da 10 milioni 113 mila spettatori, pari al 41,2% di share. La seconda parte invece aveva incollato davanti al televisore 3 milioni 966 mila spettatori, con il 45,7% di share.

Il 2020, primo anno con Amadeus al timone del Festival, era sempre dedicata alle cover ed era stata seguita da 9 milioni e 836 mila spettatori, pari al 54,5% di share. La prima parte della serata era stata seguita da 13 milioni e 533 mila spettatori, pari al 53,6% di share. La seconda parte invece da 5 milioni e 636 mila spettatori, con il 57,20% di share.

(ANSA il 10 febbraio 2023) - Sono stati 9 milioni 240 mila, pari al 57.6% di share, i telespettatori che hanno seguito in media ieri su Rai1 la terza serata del festival di Sanremo (dalle 21.25 all'1.59).

In valori assoluti, gli ascolti sono in linea con la terza serata del festival del 2022, che era stata seguita in media da 9 milioni 369 mila telespettatori.

Un anno fa la media di share fu inferiore di oltre tre punti (54.6%). La prima parte della terza serata di Sanremo (dalle 21.25 alle 23.31) ha fatto segnare 13 milioni 341 mila spettatori pari al 57.2%; la seconda (dalle 23.40 all'1.59) 5 milioni 584 mila con il 58.4%. L'anno scorso la prima parte della terza serata del festival aveva fatto segnare 12 milioni 849 mila spettatori con il 53.2%, la seconda 5 milioni 455 mila con il 56.8%.

(ANSA il 10 febbraio 2023) - Ascolti ancora al top per l'Amadeus quater: il 57.6% realizzato ieri dalla terza serata di Sanremo si conferma la media di share più alta dal 1995, quando il festival di Pippo Baudo raccolse il 60.52%.

Sanremo, grandi ascolti (ma attenti al trucco dello share). Laura Rio il 10 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Certo, questa edizione del Festival è un successo innegabile di pubblico. Ma c'è un però

Certo, questa edizione del Festival è un successo innegabile di pubblico. Gli spettatori, di qualsiasi età apprezzano. E giustamente Amadeus e la Rai festeggiano. Però, anche quando va tutto bene, forse non è il caso di esagerare e di fare paragoni impropri con gli anni precedenti. La questione è questa: com'è possibile che lo share (cioè la percentuale di ascolto sulla platea totale che guarda la tv) schizzi così in alto quando il numero degli spettatori diminuisce? La prima serata ha raggiunto il 62,4 per cento di share con 10.757.000 spettatori: 154.000 spettatori in meno dello scorso anno quando il debutto aveva realizzato il 54,7 per cento. Divario ancora più forte si evidenzia nella seconda serata che ha perso 775.000 spettatori rispetto alla stessa serata 2022, ma con uno share che è arrivato ben il 62,3 per cento. Questo scarto è dovuto prevalentemente al fatto che le serate quest'anno sono lunghissime (ancor più del 2022), quindi gli spettatori vanno a dormine e si abbassa la media delle persone che guardano il Festival. Però c'è anche un'altra questione. L'Auditel, la società di rilevazione degli ascolti, quest'anno ha cambiato il metodo di calcolo. Detta in maniera semplice, dalla platea complessiva è stato scorporato il dato delle tv non riconosciute, denominate altre tv. Insomma: usando il vecchio sistema Auditel lo share delle prime due serate sarebbe stato diverso e probabilmente più basso. Dunque non si possono fare paragoni con gli anni passati, dichiarando «che si tratta del migliore ascolto dal 1995», come fatto dai vertici Rai. Grandi ascolti si, ma diciamola tutta.

Sanremo, Day 3. Fatti mandare dai Måneskin a letto presto e dimmi che vuoi sentire Burt Bacharach. Guia Soncini su L’Inkiesta il 10 Febbraio 2023

Nel giorno della morte del leggendario autore americano di successi pop, al Festival si sono esibiti i grandi catturatori di like facendoci venire nostalgia dell’edizione del 1997

Se permettete cominciamo dal 1997. No, non per dire che quello di quell’anno è stato uno dei migliori Sanremo di tutti i tempi (lo è stato). Neppure per dire che quell’anno c’era ospite David Bowie e quest’anno Angelo Duro. 

Cominciamo dall’autunno del 1997, quando una me venticinquenne va a vedere uno dei punti più alti della stagione d’oro delle commedie romantiche di fine Novecento: “Il matrimonio del mio migliore amico“. Cominciamo da quella scena a tavola, che neppure doveva esserci, una scena senza senso in cui, in un film che non è un musical, tutti si mettono a cantare. 

Cominciamo dalla me che esce dal cinema e mica ha Google: c’è solo una cosa che puoi fare, se nel 1997 vuoi sapere da dove vengano le canzoni stupende d’un certo film, ed è andare a comprarti il cd (che costa quel che ora costano tre mesi di streaming di tutte le canzoni del mondo). E, col cd col faccione di Julia Roberts, scoprire Burt Bacharach. 

Cioè: scoprire che, come sempre accade con la cultura popolare, lo conoscevi anche se non lo conoscevi. Che la canzone dello spot del profumo e del film con quei due fighi di Newman e Redford l’aveva scritta lui. Che canzoni sue le avevi sentite ovunque da prima di nascere, nel primo film scritto da Woody Allen e in quella presa per il culo di James Bond che avevi visto prima di vedere qualunque James Bond. 

Avevi venticinque anni, eri scema come i venticinquenni di oggi che scoprono «povero gabbiano» su TikTok. Avevi l’unico vantaggio che nessuno ti prendesse sul serio: potevi esser scema di nascosto. (Quello, di vantaggio, e la resistenza alla privazione del sonno: del Sanremo 1997 montavo un servizio alle sei di mattina per un programma che andava in onda alle sette; considerato che al terzo giorno del Sanremo 2023 sto già morendo di sonno senza che mi sia richiesto di uscir di casa prima dell’alba per andare in montaggio, direi che la geriatria è certificata). 

Avanzamento veloce di ventisei anni (comunque meno della durata percepita d’una serata di Sanremo 2023), ed eccoci a ieri, quand’è morto Burt Bacharach ma a Sanremo c’erano ventotto canzoni nuove da fare e la pessimista in me già borbottava: ecco, Morandi aveva pure inciso una sua canzone, e invece ci toccherà questa gente che per scrivere un testo brutto ci si mette in quattro. 

(La canzone di Tananai è caruccetta, ma a voi pare normale che abbia quattro autori per un testo che Hal David – il paroliere di Bacharach – avrebbe scritto con la mano sinistra mentre con la destra girava il sugo? La canzone di Tananai è caruccetta, ma al Sanremo ’97 c’era “…E dimmi che non vuoi morire“, che per il testo aveva un autore solo e resta insuperata nei Sanremo dei successivi ventisei anni). 

Invece mi hanno sorpresa, e all’una di notte – là, dove ieri c’era Angelo Duro – hanno messo in scaletta ben un minuto di omaggio a Bacharach, quel tizio di cui basta sentire le canzoni per sapere chi fosse: non serve annunciarlo spiegando quanti fantastiliardi di visualizzazioni su YouTube faccia, come si fa con gli irrilevanti contemporanei. Un minuto in memoria di quando le canzoni erano roba che si pagava, e quindi preziose. Bacharach era di quel tempo lì, quello di “Fatti mandare dalla mamma” (che ieri Morandi ha rifatto, con la scusa che è una canzone che compie sessant’anni, mica che ogni tanto ci vuole una canzone così moschicida che non le conti gli streaming). 

Per Bacharach un minuto solo, perché di più avrebbe segnato troppo la differenza coi Måneskin, quella band di cui tutti conosciamo i vestiti e nessuno le canzoni che era sul palco tre ore prima. (Pitchfork, che diversamente da me s’è preso il disturbo di sentirne il disco, ha scritto che non so quale verso di non so quale loro canzone sembra uno di quei commenti che lasci sotto a un post con la certezza che prenderai molti like, ed è una polaroid così a fuoco che è come se avessi sentito anch’io il loro disco. I Måneskin ieri sera hanno fatto un medley, e mi rimangio quanto avevo detto: il medley è l’ideale, se a nessuno frega niente di sentire una tua canzone per intero). 

Lo so, lo so: dovrei parlarvi del discorso della Egonu, che appena entrata ha conquistato l’intera generazione che ha inventato la nostalgia dicendo che ha iniziato a giocare a pallavolo perché guardava Mila e Shiro. Ma non l’ho sentito: ho cinquant’anni, come Gianluca Grignani. 

Mentre cantava del padre che al telefono gli chiede se, dovesse morire, il figlio che non lo vuole più vedere andrà al funerale, Grignani ha fermato tutto, e ci ha fatto vedere come si sta sul palco da professionisti. Si è scusato, ha detto che il fonico è bravissimo ed è colpa sua che gli aveva chiesto di abbassare troppo il ritorno e ora non sentiva più, e poi ha aggiunto un’indulgenza plenaria per il nemico della nazione tutta e dei floricoltori: a cinquant’anni so come gestirla, ha detto, a venti non sarei stato capace. 

Mi sono chiesta per un istante se fosse un gesto di gran generosità verso Blanco, o di gran paraculaggine subito assai applaudita. Mi sono risposta quando a fine canzone Grignani ha preso il mazzo di rose (rosse, come quelle calciate da Blanco) e le ha lanciate in platea tra gli strilli di signore sovreccitate. Vi faccio vedere come si prende il consenso un italiano. 

(L’altra mattina in conferenza stampa qualcuno ha chiesto ad Amadeus se intendesse bandire Blanco da Sanremo come Will Smith è stato messo al bando dagli Oscar. Amadeus, invece di dire che calciare delle fioriere e schiaffeggiare un cristiano son due categorie di teppismo un po’ diverse, ha risposto che, «mio parere personale», l’Academy con Smith era stata un po’ esagerata). 

Ho cinquant’anni come Grignani, e da alcune decine credo che Sanremo dovrebbe essere di quattro serate. Due per sentire le canzoni la prima volta, una per le cover, e la finale. Il giovedì è ridondante, e io ho deciso che dovevo dormire. 

Ho cinquant’anni, e forse sono l’unica italiana che di giorno lavora. Ieri in conferenza stampa comunicavano in toni trionfalistici i dati d’ascolto di Fiorello tra le due e le tre di notte, e io mi chiedevo: ma chi è il pubblico che sta sveglio le notti feriali a guardare Fiorello? Chi è il suo target? Gli Elkann? Angelo Duro? Sono ricchi di famiglia o sono gente che prende il reddito di cittadinanza? 

Poi è arrivata la direttrice dei programmi diurni a dire che il podcast del marito della Ferragni, che questa settimana va su RaiDue alle sei di pomeriggio, è molto visto dagli uomini «di classe socioeconomica elevata» tra i cinquanta e i sessanta. Ma chi è l’uomo adulto benestante che alle sei di pomeriggio può mettersi a guardare la tv? Gianluca Vacchi? Elon Musk? 

La conferenza stampa è sempre il momento migliore di Sanremo, e quella di ieri mattina era particolarmente soddisfacente, con due colettate: una sul marito della Ferragni con la foto di Bignami (là, dove un tempo c’erano Sinéad O’Connor e il papa), rispetto al quale Coletta spiegava che c’è libertà di testualità ma non di gestualità; e una su Angelo Duro, di fronte al quale secondo Coletta si ravvisava nella platea dell’Ariston «un doppio registro reattivo», sì metà pubblico era raggelato, ma l’altra metà della platea era «adesa» – adesa anche a lei e signora – al «codice irriverente con cui ha raccontato l’ambivalenza», per non parlare della «profonda quota di verità che ha consegnato al pubblico con grande coraggio». 

Il coraggio d’essere un comico che non fa ridere? Non lo sapremo mai, giacché Coletta ha evidentemente visto un Duro diverso dal nostro, e sembra parli di George Carlin in quel monologo su Dio: «Ha creato un interrogatorio interno a ogni identità», spiega. 

La conferenza stampa indica la via. Ieri Coletta si è innervosito per una domanda e, sembrando Salvini quando lamentava d’aver lavorato ad agosto, è sbottato: «Dedichiamo poche ore di sonno a noi stessi». Certo che sarei potuta restare sveglia a vedere Ariete, chiunque ella sia. Ma ho unito l’insegnamento di Coletta e quello di Chiara Ferragni, e mi sono pensata una che si dedicava nove ore di sonno. 

Sanremo 2023, la terza serata: Grignani show, il monologo di Egonu, Mengoni sempre in testa. Matteo Cruccu su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Nella terza serata del Festival di Sanremo, su Rai 1, ad affiancare Amadeus la pallavolista Paola Egonu. Gli ospiti sono i Maneskin. Si esibiranno tutti i cantanti: chiudono Olly, Anna Oxa, Articolo 31, Ariete, Sethu, Shari, Gianmaria, Modà, Will

La terza serata del Festival di Sanremo è la serata di Paola Egonu , e del suo monologo, atteso intorno alle 23.45. Ed è la serata dei Maneskin, che hanno infiammato l’Ariston con il chitarrista Tom Morello. Mengoni verso il trionfo.

I 28 cantanti in gara si esibiranno in questo ordine: Paola e Chiara, Mara Sattei, Rosa Chemical, Gianluca Grignani, Levante, Tananai, Lazza, Lda, Madame, Ultimo, Elodie, Mr. Rain, Giorgia, Colla zio, Marco Mengoni, Colapesce Dimartino, Coma_Cose, Leo Gassmann, I Cugini di Campagna, Olly, Anna Oxa, Articolo 31, Ariete, Sethu, Shari, Gianmaria, Modà, Will. Ospiti i Måneskin con Tom Morello, Sangiovanni e il comico Alessandro Siani.

Ore 19:40 - La terza serata di Sanremo 2023

Giovedì sera il Festival di Sanremo entra nel vivo con la terza serata: si esibiranno tutti e 28 i concorrenti. La co-conduttrice è Paola Egonu, gli ospiti i Maneskin. Voterà anche la giuria demoscopica e ci sarà il televoto.

Ore 20:31 - Stasera c’è il televoto: ecco come funziona

Da stasera, 9 febbraio, anche il pubblico potrà votare per i cantanti in gara a Sanremo 2023. Parte il televoto, tramite sms da smartphone con il codice dell’artista al numero 475.475.1, oppure chiamando dal telefono fisso il numero 894.001. Ogni spettatore ha la possibilità di esprimere al massimo 5 preferenze per uno stesso numero di utenza telefonica. I codici? Si formano seguendo la scaletta dei cantanti, iniziando da 01 fino a 28 (vedi qui tutti i codici).

Ore 20:46 - Coppia d’assi

Alle 20.43 comincia il terzo round di questo fin qui movimentatissimo Festival, tra polemiche d’ordine politico, intemerate sul palco e quant’altro. È Gianni Morandi che doveva essere una sorta di attore non protagonista e si è messo invece al centro della scena a introdurre Amadeus, oramai timoniere saldo (e anche meno indulgente che in passato). Che legge i codici dei 28 cantanti in gara: stasera entra in gioco il televoto. E la sensazione è che potrebbe rafforzare la corsa verso il massimo scranno di Marco Mengoni

Ore 20:55 - La macchina del tempo di Paola e Chiara

E parte la gara: Paola e Chiara dopo aver chiuso ieri, oggi inaugurano. Le due sembrano trasportate da una macchina del tempo danzereccia degli anni’90: ma, come si dice al cinema, questa performance con tanto di ballerini nerboruti sembra mostrare proprio, del tempo, i segni dell’usura.

Ore 21:00 - Elegante Mara

Ecco una delle voci più interessanti di questo Festival, la sorella dell’hitmaker Tha Supreme, Mara Sattei. Ampiezza vocale, presenza scenica, elegante grazia, alla ragazza che venne da Amici, non manca nulla per spiccare il volo definitivo.

Ore 21:05 - Barocco chemical

La quota libertaria del Festival se l’è presa, ancor prima di incominciare, Rosa Chemical: la sensazione però è la stessa del debutto, i rimandi pop, la promiscuità sessuale le abbiamo già viste, altrove, da 50 anni (ovvero da Renato Zero in giù). E su questo palco con Achille Lauro che, alle ultime battute dell’anno passato, già risultava barocco.

Ore 21:13 - Grignani show

Il pacifista Grignani: a differenza di qualcun altro, ha un problema tecnico e non devasta fiori sul palco, ma ammette l’errore: «Anche se a vent’anni non avrei saputo come reagire», in qualche modo strizzando così l’occhiolino al Blanco ribelle. La canzone, disperata storia di padri mancanti, alla fine rimane sullo sfondo, ma, con tanto di abito finale “no war”, è stato uno show.

Ore 21:29 - Egonu subito a suo agio

Scende in campo la tanto attesa Paola Egonu: altissima ed elegante valchiria, sembra subito a suo agio, su questo palco, come e più delle due che l’hanno preceduta, Ferragni e Fagnani. E aspettando il monologo che dovrebbe far discutere assai, lancia l’altrettanto eterea Levante

Ore 21:31 - Tarantolata Levante

Che sembra sempre più una cantante islandese, con questa mise da aurora boreale. Poi però abbandona le lande del nord per esplodere con questo brano appunto trasudante di vitalità. Troppo forse, perché l’incedere finisce per essere tarantolato e si perde la linea melodica del brano.

Ore 21:36 - Le metamorfosi di Tananai

La metamorfosi di Tananai: l’anno scorso un naif stonatissimo che arrivò ultimo ( e poi però scalò tutte le classifiche di gradimento). A questo giro quasi sembra un raffinato crooner, l’intonazione c’è (meglio di altre tanto decantate): s’è fatto grande, insomma.

Morandi cambia partner, dopo il felice rencontre con i coetanei ottuagenari di ieri, Massimo Ranieri e Al Bano, scende di qualche generazione e ingaggia il celebratissimo idolo dei teenager, Sangiovanni per intonare «Fatti mandare dalla mamma» che compie 6o anni proprio ora. Bizzarro ma alla fine riuscito duetto.

Ore 21:43 - Gioca bene Lazza

Ecco il re delle classifiche, l’idolo dei teenager che vuole sfondare anche su questo palco: ironizzando su sé stesso e non rinunciando né alle sonorità urban né agli inserti rappati, Lazza sembra giocare bene anche in questo campionato. Anche perché i fiori dati alla mamma (che si commuove), è coppa dei campioni nazionalpopolare.

Ore 21:52 - Lda imitatore

Su Lda non si cambia idea: il figlio di Gigi D’Alessio si avventura nei territori del padre, il neomelodico puro. Ed è un errore che non avrebbe dovuto fare: perché adesso verrà inchiodato dai paragoni.

Ore 22:03 - Maneskin, ritornare da dove tutto è partito

Ed ecco altri campioni, i Maneskin che proprio da questo palco sono partiti alla conquista del mondo. E intonano proprio «Zitti e buoni», l’intemerata rockettara con cui vinsero qui due anni fa, nel 2021. Poi il medley: è a un certo punto sale Tom Morello, Dio dell’alternative rock con i Rage Against The Machine. Uno che, al netto della sua straordinaria carriera, a Milano si può incontrare in posti come il Conchetta, leggendario centro sociale. Insomma, come se in qualche modo i Maneskin volessero dire: «noi non siamo pop come ci volete voi».

Ore 22:16 - Cresce Madame

Ecco la donna al centro di tutte le discussioni, Madame: al secondo ascolto, la famosa Puttana diventata «Il bene nel male» cresce. Come lei diventata più adulta, rispetto alla teenager impacciata che conoscemmo alle sue prime performance qui, due anni fa.

Ore 22:25 - Morandi cambia partner

Ore 22:38 - Annalisa diventata fatale

Si vede un’altra vecchia conoscenza dell’Ariston, Annalisa, questa volta ospitata all’esterno del teatro: diventata femme fatale anche lei, Emma Stone ligure, la voce però è quella cristallina di sempre, mentre attacca con «Bellissima»

Ore 22:44 - Ultimo, finto giovane

Ecco un altro che partiva dalle prime file della griglia: Ultimo. A livello musicale non si discute, però per approccio e testo sembra molto, ma molto più vecchio dei suoi 27 anni (per dire l’approccio del trio Al Bano- Ranieri- Morandi è sembrato più giovanile). A quale pubblico si rivolge quindi? Non è facile da comprendere

Ore 22:59 - Splendida Elodie, ma il brano...

Tocca alla splendida Elodie, fasciata di nero. Voce sempre splendida, calda, black, arrangiamenti ben fatti, eppure tutto questo sembra sopravanzare la canzone in sé che non vola altrettanto alta.

Ore 23:02 - Non siamo all’Antoniano

Mr. Rain non si discosta dalla scelta (infelice) del debutto, Povia ossigenato con coro di voci bianche che non aiuta il brano, come se fossimo all’Antoniano e non all’Ariston.

Ore 23:09 - Il riscatto di Giorgia

Che impressione al debutto: un’altra campionessa come lei, stonata, tanto che aveva fatto poco apprezzare anche il brano. Stasera è riscatto, Giorgia non sbaglia una nota e anche la canzone è bella come recita il testo. Una standing ovation alla fine che cancella il brutto film di ieri.

 Ore 23:17 - Scanzonati Colla Zio

Gianni Morandi scherza con Paola Enogu, prendendo uno sgabello per mettersi alla sua altezza. E la pallavolista se la cava egregiamente tra una presentazione e l’altra: tocca ai Colla Zio, della banda dei giovani, forse i più promettenti. Belle armonizzazioni, scanzonature al punto giusto, bravi.

Ore 23:28 - Fuga per la vittoria

Ci sono dubbi? Difficilmente qualcuno si potrà interporre tra Mengoni e la vittoria finale: canzone scritta per trionfare, interpretazione impeccabile e da casa non possono che sostenere lui. La tiara si avvicina.

Ore 23:38 - Pop di altissima fattura

Si ritorna sulla nave, ma questa volta Gue, a differenza di Fedez, non fa scherzi. E si rientra all’Ariston con i più autoriali, visti fin qui: Colapesce e Dimartino. Al secondo ascolto, ancora meglio del primo: voci che si fondono, testo finemente cucito, in questo incubo urbanomarittimo. Pop di altissima fattura.

Ore 23:45 - È il momento di Paola

È il momento dell’attesissimo monologo di Paola Egonu. Parole semplici, metafore immediate, qualche incespicatura dovuta all’emozione: ma il messaggio che siamo tutti dello stesso colore, passa diretto. E l’orgoglio di indossare la maglia azzurra chiama la standing ovation. Nulla di elaborato, ma a volte è più importante il contenuto del contenitore.

Ore 00:01 - Al Bano e Romina a tutti gli effetti

L’hanno detto oggi: dopo aver cantato il loro disamore, oggi celebrano l’amore per sempre, con l’annuncio delle loro nozze. Ora sono Al Bano e Romina a tutti gli effetti, i Coma Cose, per inciso bravissimi per testo e armonizzazioni

Ore 00:24 - Né trash né autoriali

Ecco la quota vintage (in gara) del Sanremo 2023: sinceramente più trascurabile rispetto a quella extra (il trio Morandi ecc). Perché tentano la via del nuovo, con l’aiuto del Rappresentante di Lista, perdono la strada del trash. E non sembrano arrivare da nessuna parte...

Ore 00:41 - Troppo autotune ( e troppi giovani)...

Ecco Olly: autotune a profusione, molta confusione, dei giovani quello che ha convinto meno. Ed è forse una delle poche critiche che si possono muovere all’Amadeus quater: era davvero necessario ingaggiare ben 28 concorrenti?

 Ore 00:45 - Anna arrabbiata

Arriva Anna Oxa: non è stato molto rilassato il suo ritorno in Riviera, con rabbiosi attacchi alla stampa ingrata (e smentite su presunte liti a colpi di bicchieri d’acqua nel backstage con altri concorrenti). E sembra arrabbiata anche la canzone che si perde tra montagne russe vocali. Comunque il pubblico dell’Ariston la ama e le tributa una standing ovation

Ore 01:03 - Gli amici ritrovati

Gli Articolo 31 celebrano di nuovo la loro pace, di rosso vestiti come dei rapper americani: niente lacrime oggi, però un omaggio al tempo che fu e all’amicizia ritrovata. Al di là della resa, una pagina da libro Cuore qui all’Ariston

Ore 01:07 - Impeccabile stavolta Ariete

L’abbiamo detto più volte, questo teatro può giocare brutti scherzi. L’altro ieri Ariete ha steccato più volte, come la ben più navigata Giorgia, per dire. E come l’altra, stasera è stata impeccabile, facendo meglio apprezzare anche il brano con le sue inquietanti vasche di squali

Ore 01:11 - Guazzabuglio Sethu

Per Sethu invece vale il discorso di Olly: altro guazzabuglio, un po’ indistinguibile. Con l’aggravante di quel caschetto che viaggia tra Giovanna D’Arco e il Gianduia Vettorello di Teo Teocoli

Ore 01:19 - Shari, meglio al secondo round

Madame Salmo ovvero Shari si muove bene sul palco, è precisa nel canto e il brano che le ha tagliato sul misura il fidanzato funziona ancora meglio al secondo ascolto

Ore 00:08 - Gassmann ora significa cantante

Al secondo ascolto cresce Gassmann Jr: il testo scritto con Zanotti dei Pinguini è ficcante, l’interpretazione anche. La saga di questa grande famiglia italiana ora svolta definitivamente verso il canto? Stasera Leo non è sembrato figlio di (tantomeno nipote di)

Altro giovane in batteria, gIANMARIA: si corre veloce senza interruzioni verso la terza classifica. Anche se la sensazione è, come già detto, che Amadeus si sia reso conto di aver messo troppi esordienti in pentola e quindi li ha un po’ confinati sul finale: anche perché pure lui sembra decisamente acerbo.

Ore 01:23 - Corsa verso il finale

Ore 01:28 - I Pooh (ancora intonati)

Ed ecco i Modà che si riaffacciano dopo essere caduti nel gorgo della depressione, come ci ha raccontato lo stesso Kekko. Al netto dell’empatia umana, peccato però che la proposta sia stravecchia, come già detto, dei Pooh ancora intonati.

Ore 01:36 - Si chiude con Will e Siani

Su Will non ci ripeteremo: rileggersi quando detto per Sethu, Gianmaria, Olly. Si corre verso le classifiche finali. Sarà ancora Mengoni il Papa (provvisorio) del Festival? C’è spazio per un intermezzo con Siani

 Ore 02:02 - Sorpresa al terzo posto

Nessuna sorpresa dunque nella classifica finale, almeno per quanto riguarda la vetta. Mengoni è sempre più primo: quel che colpisce è il podio semmai. Ultimo risale tantissime posizioni e si piazza secondo. Ma soprattutto è Mr.Rain il vero coup de theatre: coi suoi bambini arriva terzo. Chissà se resisterà anche domani sera

Sanremo 2023: la terza serata tra Maneskin, “bicchiere-gate” e giallo Morandi. Standing ovation per Giorgia e Mengoni, al momento tra i preferiti del pubblico. I Maneskin infiammano l'Ariston. Francesca Galici il 10 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Terza puntata della 73esima edizione del festival di Sanremo. Sul palco del teatro Ariston si esibiranno tutti i 28 cantanti in gara e ci sarà spazio anche per gli ospiti musicali. Per un calo di voce dovuto al forte freddo di questi giorni a Sanremo, l'esibizione di Peppino di Capri, atteso al Festival come super ospite stasera, slitta a domani. Al fianco di Gianni Morandi e di Amadeus, questa sera c'è Paola Egonu, che durante la conferenza stampa ha confermato che l'Italia è un Paese razzista e che questo è stato uno dei temi del suo monologo. A fine serata, la top 5 è composta da Tananai, Lazza, Mr Rain, Ultimo e Marco Mengoni.

Pronti via, Gianluca Grignani sale sul palco e a metà dell'esibizione è costretto a fermarsi. Con un ritorno in cuffia molto basso, il cantante non è riuscito a portare a termine la canzone. "A 50 so come si fa, a 20 non lo avrei saputo", ha detto Grignani, con un velato riferimento al caos scatenato da Blanco sul palco per un problema simile. A fine esibizione, Lazza scende dal palco per consegnare il mazzo di fiori di Sanremo alla sua mamma in platea tra gli applausi del pubblico.

Applausi a scena aperta per i Maneskin, che per la terza volta di seguito sono saliti sul palco del teatro Ariston di Sanremo. Breve medley delle canzoni più note per il gruppo romano, che ha portato a Sanremo anche l'ultimo singolo, Gossip. Con loro sul palco anche Tom Morello, il leggendario chitarrista dei Rage Against the Machine che duetta con loro proprio nell'ultimo singolo.

Confronto generazionale riuscito tra Gianni Morandi e Sangiovanni sul palco dell'Ariston sulle note di "Fatti mandare dalla mamma" nell'anno del suo sessantesimo anniversario. Annalisa, invece, con la sua "Bellissima", ha infiammato la piazza di Sanremo dal palco esterno al teatro Ariston.

È giallo sull'esibizione di Gianluca Grignani nella terza serata di Sanremo. Qualcuno ha insinuato sui social che l'artista avrebbe bestemmiato alla fine della sua performance. Ma il cantante ha smentito, sottolineando, attraverso il suo entourage, di aver detto "porto via", prendendo i fiori che vengono regalati ad ogni cantante. Intanto dall'Ariston arrivano indiscrezioni circa una lite tra due artisti in gara.

Momento di imbarazzo durante un intermezzo tra Gianni Morandi e Paola Egonu. Uno dei siparietti tra i due prevedeva che ballassero un lentro ma mentre i due erano impegnati nella danza, con Morandi sopra uno sgabello per raggiungere l'altezza della pallavolista, lei lo ha rimbrottato. "Gianni però non puoi toccare", ha detto la Egonu al cantante. Morandi ha preferito sorvolare, facendo cadere il discorso, ma sui social è scoppiata la polemica tra chi considera la pallavolista esagerata e chi attacca il cantante.

Momento monologo di Paola Egonu molto meno incisivo rispetto a quanto ci si aspettava alla vigilia. Dopo le interviste di fuoco rilasciate nei giorni precedenti, che lei definisce come "decontestualizzata", i toni del suo monologo sono stati moderati, incentrati sulle sue emozioni sportive e private. In tanti sui social hanno notato la lunga assenza di Morandi e di Paola Egonu dopo il rimprovero della pallavolista e una certa tensione al ritorno. Il cantante di Monghidoro è stato assente dal palco per oltre un'ora, non uscendo nemmeno quando sarebbe stato previsto in scaletta, idem la pallavolista.

La lezione di Sanremo: il quotidiano che diventa effetto speciale. Aldo Grasso su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Di fronte all’avanzare minaccioso delle piattaforme streaming, il festival ci dice che la tv generalista sarà sempre più ripartita tra una centauresca miscela di quotidianità e l’evento mediale

Ci sono alcuni momenti del Festival di Sanremo che sono davvero imperdibili. Per esempio, se solo la regia ci desse una mano, starei ore a osservare la prima fila dell’Ariston, dove i posti sono rigorosamente riservati. Fra quei volti si gioca il destino del Paese: c’è il direttore semiologo Stefano Coletta che, invece di seguire quanto succede sul palco, strapazza di continuo il suo telefonino. Poi ci sono, ovviamente, Giovanna Civitillo e figli, Paola Perego, Simona Ventura e molte altre persone che non riconosco e che, però, vorrei loro assegnare un nome, tanto per avere un’idea dell’attuale nomenklatura. La prima fila riservata di Sanremo meriterebbe uno studio approfondito per dare un volto a questa nuova «riserva» della repubblica. E la mezz’ora di karaoke che ci hanno regalato i «grandi vecchi» di Sanremo?

A parte l’esibizione (a 80 anni, o quasi, cantano meglio di molti giovani, persino dei Pooh) la partecipazione collettiva al canto tramite medley è condivisione, è lingua comune, è il vecchio festival, è il popolo (che sta sul pezzo) prima del populismo (che sta sul pazzo). Come ricordava Edmondo Berselli, «il karaoke è un esercizio altamente pedagogico, altro che fonte di ansie, angosce e frustrazioni come sostengono gli psicologi». Se al posto di Amadeus ci fosse ancora Pippo Baudo, so per certo come avrebbe risolto le polemiche create dal fronte anti-Zelensky. Avrebbe invitato sul palco Franco Cardini, Carlo Freccero, Moni Ovadia, Beppe Grillo, Vauro, Fabio Volo, Alessandro Orsini, Tomaso Montanari, Ale Dibba e tanti altri e li avrebbe fatti cantare in coro. Che poi è la loro profonda aspirazione. Di fronte all’avanzare minaccioso delle piattaforme in streaming, Sanremo ci dice che la tv generalista sarà sempre più ripartita tra una centauresca miscela di quotidianità (una folta trama di segni banali) e l’evento mediale, cioè il quotidiano che diventa effetto speciale.

Lazza scende dal palco di Sanremo e porta i fiori alla sua mamma: «È una persona speciale». Chiara Maffioletti su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Il cantante ha voluto fare un omaggio pubblico alla mamma, dicendo che doveva ringraziarla. Figlio unico, in passato l’aveva fatta salire sul palco in un suo concerto

Se fino a poco fa Lazza era l’idolo dei ragazzi, adesso lo è perlomeno anche di tutte le mamme. Almeno di quelle che lo hanno visto nel corso della terza serata del Festival. Dopo aver cantato la sua «Cenere», il rapper ha infatti ricevuto — come tutti gli artisti in gara — il bouquet di fiori da parte di Amadeus. Ma anziché ringraziare e uscire di scena, Lazza ha sentito il bisogno di fare un gesto che ha annunciato cosi: «Devo ringraziare una persona importante, la più importante di tutte. Mamma dove sei?». Il cantante è quindi sceso in platea per consegnare il mazzo di fiori alla sua mamma. «Ci tenevo a dare dei fiori speciali a una persona speciale», ha aggiunto il cantante prima di raggiungere la donna, timida e commossa.

Un abbraccio in cui si sono sciolti loro e tutte le persone che li hanno guardati. Il cantante — figlio unico — ha un rapporto molto stretto con la mamma, che in passato ha fatto anche salire sul palco durante un suo concerto. Studi al conservatorio ma pieno di tatuaggi, Lazza in passato ha anche raccontato la reazione di sua mamma ai tatuaggi sul viso: «Quando mi ha visto mi ha detto: che bello, quasi quasi me lo faccio anche io». Insomma, in grande sintonia.

Estratto da fanpage.it il 10 febbraio 2023

Il Festival di Sanremo 2023 è giunto alla terza serata, gli spettatori hanno già avuto modo di ascoltare le 28 canzoni dei Big. Fanpage.it ha chiesto a Luca Jurman, vocal coach, musicista, produttore, nonché ex professore di canto di Amici di Maria De Filippi, di dare un parere tecnico su alcuni dei brani in gara. Ecco cosa ne pensa di Giorgia, Marco Mengoni, Lazza, Ultimo, Cugini di Campagna, Anna Oxa, Elodie, Madame, Mr. Rain e Paola e Chiara.

 Partirei da un'artista a cui sei molto legato, Giorgia, che canta Parole dette male. 

Voglio iniziare col dire che tra le cantanti note, Giorgia è la numero uno in Italia, l'unica in grado di togliere il trono a Mina. Ieri sera, per quanto mi riguarda, sono rimasto malissimo, mi sono imbarazzato per quello che è successo con Giorgia. Cantava tra Levante e Ponente e non stava in centro. Non riesco a capire cosa sia successo. A livello di intonazione, a livello di suono, quell'acuto strano…magari stava male e non l'ha dichiarato. Non è da lei. Ha un'esperienza del palco, che non posso pensare che si sia emozionata. Non ha avuto timore neanche davanti a Pippo Baudo.

Non un po', molto imprecisa. L'intonazione precaria, a volte calante, altre crescente. Il timbro, quando è andata sull'acuto, era strano, schiacciato. C'è stato un grosso problema. Lei è una che ha studiato, in questo mondo in cui ci si crede dei fenomeni perché si seguono dei tutorial. Io mi aspettavo da Giorgia, la sberla. Che arrivasse lei e mandasse tutti a casa. E invece no. Spero di ricredermi stasera, sarà una serata lunga, ho già preso un ricostituente (ride, ndr).

Ci saranno i Maneskin a tenerci svegli in questa lunga notte sanremese.

Ma guarda, in quel momento credo che andrò a bermi un caffè. Non sono un sostenitore dei Maneskin per un semplice motivo: sono sopravvalutati, li stanno dipingendo come i fenomeni del mondo, ma non è così. Magari, rispetto a quello che c'è in giro, di loro possiamo dire "ok, interessanti, bene", ma non possiamo definirli l'evento musicale del secolo.

 Cosa ne pensi del modo in cui Fedez ha usato la musica per mandare un messaggio politico?

Non mi è piaciuto. Non mi piace neanche l'apparizione di Zelensky in questo Sanremo. Non va bene. Questo è il festival della musica italiana, lasciamolo fuori da questi discorsi. Evitiamo di usare certe cose per fare ascolti. Non contaminiamo il Festival con la politica. È come quando Maria De Filippi ha invitato Matteo Renzi ad Amici.

 Tornando ai Big, cosa ne pensi di Marco Mengoni in gara con la canzone Due vite?

Marco a un certo punto ha strafatto, come al solito. Lui inizia sempre bene, poi si mette a urlare ed esagera. Ma perché? Sei andato bene fin lì, fermati. È il favorito? Ci dimentichiamo che Sanremo è il festival della canzone italiana, non del cantante. Il brano di Marco Mengoni secondo te è un evergreen? Te lo ricordi? E non è vero che ci vuole più di un ascolto. Quando Mia Martini è salita sul palco e ha cantato Almeno tu nell'universo, abbiamo dovuto ascoltarla tre volte per capire se l'esibizione fosse buona? Quando ascolti il pezzo di Mengoni, non pensi di avere sentito un brano pazzesco. 

Allora, dimmi, c'è una canzone che ti è rimasta impressa tra quelle dei Big di Sanremo 2023?

Il brano di Paola e Chiara, Furore, mi è rimasto in testa per un momento, poi è sparito. Ma perché è radiofonico. Distinguiamo il bello dal commerciale, dalla cosa facilotta.

Mr Rain ha cantato Supereroi accompagnato da un coro di bambini.

Nazionalpopolare! Quella roba è una manovra di un paraculo… Senti, Povia c'è già stato. Di cattivissimo gusto per quanto mi riguarda.

 Ultimo, con la canzone Alba, ti è piaciuto?

Per me è Ultimo di nome e di fatto. No, non mi è mai interessato più di tanto. Anche lui è sopravvalutato, super pompato, tutti che parlano di lui ma ogni volta che lo sento dico boh. No, non è un prodotto discografico che mi sconvolge. Lo trovo anche abbastanza banale.

Anna Oxa meritava di stare in fondo alla classifica? 

Diciamo che quest'anno è un po' come cercare il cioccolato sopraffino tra quello a basso costo. Non c'è una canzone che valga veramente il festival della canzone italiana. Ad Anna Oxa, a un certo punto, le è presa la Mengonite e ha cominciato a urlare anche lei e a fare delle cose assurde.

 Madame e Elodie godono di grande seguito. Al Festival di Sanremo cantano le canzoni Il bene nel male e Due.

Madame non mi piace, mi ha stufato questo fatto che non si capisce mai niente di quello che canta. Sopravvalutata anche lei. Elodie ha un pezzo articolato da cantare e se l'è cavata bene, ma non la vedo da podio.

(…)

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

Paola Egonu a Sanremo 2023, chi è la co-conduttrice della terza serata del Festival. Pierfrancesco Catucci su Il Corriere della Sera il 10 febbraio 2023.

Paola Egonu a 24 anni è la pallavolista più forte d’Italia, stella della Nazionale e del Vakifbank Istanbul. Nata a Cittadella da genitori nigeriani, si definisce «afroitaliana» e «libera» sessualmente

Dici Paola Egonu, dici una delle giocatrici di pallavolo più forti al mondo. Ma anche molto di più. Perché non c’è solo il volley nella vita della 24enne nata a Cittadella (in provincia di Padova) da genitori nigeriani e cresciuta più in fretta che poteva. Lei, che da bambina si vedeva suora come la zia e che a un tratto si è ritrovata campionessa. A 12 anni non le piaceva la pallavolo, tra compagne che non conosceva e qualcuno sempre lì a dirle cosa fare. A 15 anni è la promessa del Club Italia, a 18 gemma di Novara che costruisce attorno a lei (e alla veterana Francesca Piccinini) una squadra per vincere in Italia e in Europa, a 20 diamante di Conegliano che domina la scena internazionale, a 23 stella tra le stelle del Vakifbank Istanbul. Senza dimenticare l’azzurro, di cui è già passato, presente e futuro (si spera, ma questo è un altro capitolo).

Lei che ama definirsi «afroitaliana», forte e pragmatica quando c’è da attaccare 40, 50, 60 palloni e caricarsi la squadra sulle spalle, fragile quando non ci riesce e finisce sul banco degli imputati. Lei, ragazza con tutte le contraddizioni di chi vive da una vita sulle montagne russe e il peso della responsabilità di chi deve per forza lanciare un messaggio. Lei, sessualmente fluida, o meglio «libera», come rivendica ad alta voce, e fiera portavoce di chi ancora si sente discriminato.

C’è tutto questo, ma anche tanto altro nella Paola Egonu che stasera affianca Amadeus sul palco dell’Ariston di Sanremo. Alla conferenza stampa di oggi ha detto senza mezzi termini che l’Italia «è razzista», anche se «sta migliorando». E a chi le ha chiesto se nel suo monologo avrebbe parlato anche di razzismo — come paventato dal ministro Salvini — ha risposto così: «Mi racconterò, quindi sì affronterò anche questo tema».

Dal monologo, aveva spiegato, «vorrei che venisse fuori una piccola parte di me, quella più emotiva, più nascosta». Emotiva come la Paola che, dopo la finale per il bronzo dell’ultimo mondiale, scosse il mondo del volley con un addio alla Nazionale tra le lacrime dopo alcuni messaggi razzisti ricevuti sui social. «È una decisione che non ho ancora preso — ha chiarito nei giorni scorsi —. Non vorrei dare risposte incerte, sto provando a metabolizzare tutto quello che è successo». E stamattina ha aggiunto: «Se ci dovesse essere la possibilità, tornerei in Nazionale». Per ora, se da un lato il presidente della Federvolley Giuseppe Manfredi è fiducioso di riavere la migliore Egonu per l’Europeo (che si gioca anche in casa e si aprirà all’Arena di Verona a Ferragosto) e la qualificazione olimpica, dall’altro il commissario tecnico Davide Mazzanti rinvia ogni discorso convocazioni: «Sarà un nodo che scioglieremo più avanti. C’è accordo di non parlarne. Tutto quello che uscirà si saprà a maggio». L’allenatore con cui sembra l’opposto abbia avuto qualche frizione al Mondiale, però, offre subito l’elogio dell’azzurra: «Paola ha tanti talenti e sa gestire tanti palcoscenici in modo autentico. Dirà le cose in modo molto netto, come lei è».

Come fece in occasione della sua prima apparizione televisiva alle Iene, a ottobre 2021, quando raccontò la difficoltà di doversi svegliare ogni giorno e caricarsi tutta una serie di responsabilità, non necessariamente legate alla pallavolo: «La pressione può schiacciarti — disse in quel monologo — ovviamente questo fa parte del gioco: trasformare la difesa in attacco. Questo mi piace. Quello che non mi piace sono le etichette che la gente mi appiccica addosso. Chi preferisce giudicarmi per chi amo, per il colore della mia pelle, per il mio passaporto. Se proprio volete giudicarmi, fatelo con l’unica etichetta che mi appartiene: libera». Come i protagonisti del film d’animazione Soul (Pixar e Disney) a cui prestò la voce nel 2020. Libera di amare una donna, come raccontò al Corriere nel 2018 (all’epoca era fidanzata con la collega polacca Kasia Skorupa), o un uomo, come nell’ultima storia — finita da qualche mese — con un altro collega polacco, lo schiacciatore Michal Filip. Anche i genitori hanno accettato: «Quando ci si sente diversi si tende a nascondersi, ma mio padre ha capito».

Una «diversità» che Egonu ha scoperto a 4 anni, quando ha vissuto le prime discriminazioni all’asilo, raccontate nei giorni scorsi in un’intervista a Vanity Fair: «Se mai dovessi avere un figlio di pelle nera — spiega — vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?».

Ora Paola veste la maglia del Vakifbank Istanbul, uno dei club più ricchi al mondo, ma il futuro è ancora nebuloso. Il suo contratto scade al termine di questa stagione e la società ha tempo fino al 31 marzo per esercitare l’opzione per il rinnovo. Alcuni siti specializzati turchi sono sicuri che non lo farà per ingaggiare la grande rivale di Paola, quella Tijana Boskovic campione del mondo con la Serbia che si libera a fine stagione dall’Eczacibasi, l’altra formazione di Istanbul che veleggia in testa alla classifica del campionato. E che il Vakif affronterà dopodomani pomeriggio, con una Egonu appena rientrata da Sanremo. C’è chi sostiene sia tutta una mossa del club (che non avrebbe fatto i salti di gioia per questa serata mondana) per spronarla a fare quel salto di qualità che ci si attende da una giocatrice del suo calibro e trascinare la squadra verso i successi a cui è abituata. E chi invece è sicuro che il suo futuro sarà sempre a Istanbul (sponda Eczacibasi) o addirittura di nuovo in Italia (con Milano e Scandicci che già stanno sondando il terreno).

Paola Egonu, d’altronde, ha sempre guardato più all’oggi che al domani. Nello sport, come nella vita: «L’idea del grande amore non mi fa impazzire: mi interessa ciò di cui ho bisogno in una certa fase della mia vita, non deve per forza essere per sempre». È cresciuta così, con i genitori partiti presto per Manchester e lei in giro per l’Italia e per il mondo a dover dimostrare di essere la più forte, tra record e qualche caduta. Dalla bandiera olimpica portata con fierezza alla cerimonia inaugurale di Tokyo alle lacrime per la delusione a cinque cerchi, dall’esaltazione per l’Europeo vinto qualche settimana più tardi alla disperazione per un Mondiale «fallito» a un passo dalla finale . Quando i beceri messaggi ricevuti sui social le portarono alla mente le cattiverie piovute dagli spalti di una palestra ai tempi delle giovanili da genitori di altre bambine che la insultavano per il colore della pelle.

Nello spogliatoio azzurro è una risorsa imprescindibile, ma anche una campionessa da gestire. Un talento puro che va maneggiato con cura. Lo sanno tutti gli allenatori con cui ha lavorato, tutte le compagne con cui ha condiviso un pezzo di percorso. Ma Paola Egonu, ormai, non è più solo una giocatrice di pallavolo. E stasera proverà a raccontare la persona che c’è dietro al personaggio.

Calderoli: «Paola Egonu dice che l’Italia è razzista? Vorrei incontrarla e capire perché». Cesare Zapperi su Il Corriere della Sera il 10 Febbraio 2023.

Il ministro commenta le parole di Paola Egonu a Sanremo e le sue riflessioni sul razzismo in Italia: «L’atleta si sarà imbattuta in qualche stupido»

Ministro Roberto Calderoli, cosa pensa delle accuse di razzismo che Paola Egonu rivolge agli italiani?

«Vorrei parlarle per capire le ragioni di quel che dice. Per me l’Italia non è razzista» risponde l’esponente leghista che finì sotto processo per un epiteto rivolto all’ex ministro Cécile Kyenge («di questo, però, non voglio più parlare»).

Come fa a dirsi così sicuro?

«Se si parla di un Paese intero non si può lanciare un’accusa del genere. Può essere, invece, che l’atleta si sia imbattuta in qualche stupido che ha avuto nei suoi confronti un comportamento assolutamente da condannare. Fare differenze sulla base del colore della pelle non è ammissibile».

Voi leghisti, specie agli inizi, siete stati accusati di razzismo, magari più nei confronti dei meridionali che delle persone di colore.

«Questa è un’accusa che sento fare da quando la Lega è nata. Guarda caso, però, proprio noi abbiamo avuto un amministratore locale, che poi è stato eletto senatore (Toni Iwobi, bergamasco d’adozione, a Palazzo Madama nella scorsa legislatura, ndr), di origine nigeriana. Alle chiacchiere noi rispondiamo con i fatti».

Beh, però sull’antimeridionalismo avete puntato molto in passato.

«È sempre stata una narrazione alimentata ad arte per cercare di contrastarci visto che avevamo argomenti validi. La contrapposizione fra Nord e Sud era funzionale a sbarrarci la strada. Ma anche qui, con i fatti, abbiamo dimostrato che perseguiamo una battaglia perché tutto il Paese cresca pur nelle sue differenze».

Si sta riferendo alla battaglia per l’Autonomia differenziata?

«Con quella e con il federalismo fiscale daremo ad ogni Regione la possibilità di svilupparsi secondo le proprie peculiarità e i propri bisogni».

L’accusano di voler spaccare l’Italia. Anche questa una forma di «razzismo» dei ricchi verso i poveri.

«Anche questa la sento dalla prima volta che sono diventato ministro, nel 2004. Vorrei rispondere dicendo che non puoi rompere ciò che è già rotto in almeno 3-4 parti. Ma non mi interessa polemizzare. Lavoro perché il divario si restringa».

Eppure, c’è chi non apprezza lo sbarco della Lega a Sud.

«Sì, qualche borbottio di pancia lo avverto quando vado nel Mezzogiorno. Ma è una visione assolutamente minoritaria e miope che non rappresenta nulla».

Sanremo 2023: Paola Egonu, non siamo razzisti, ma. Beatrice Dondi su L’Espresso il 10 Febbraio 2023.

Le gettano fango, insulti e accuse surreali di ingratitudine. E alla fine la campionessa co-conduttrice (si fa per dire) sul palco dell’Ariston recita un monologo che ha il doloroso sapore delle scuse: «Amo l’Italia e vesto con onore la maglia azzurra che è la più bella del mondo»

Io sono Paola, sono una donna, sono italiana. E sono alta. No, non lo ha detto ma a un certo punto lo avrà pur pensato visto che tutta la sua presenza sul palco della terza serata si sarebbe potuta riassumere con una radiografia del suo metro e novantatrè di splendore con e senza tacchi. Paola Egonu, co-conduttrice, si fa per dire, della terza serata del Festival, è stata presa ed esibita come una statuina, fatta cantare, ballare, giocare, perché incredibile, Paola sei bravissima, Paola non hai sbagliato, Paola, ma come sei bellina, alta e serena, alta e compita, alta e diligente. Una solfa ormai incancrenita con cui generalmente si avvolgono le donne, donne a caso, donne a prescindere, donne come “ci vorrebbe un presidente donna”.

Così dopo scenette varie mal costruite arriva il temuto monologo sui gradini dell’Ariston. Che avrebbe potuto essere contro il becero razzismo di cui questo Paese ancora ostinatamente non si vergogna. E che invece è diventato un messaggio di scuse. «Amo l’Italia e vesto con onore la maglia azzurra che è la più bella del mondo» dice Egonu e pazienza se dopo aver dimostrato di essere la più forte giocatrice del globo se ne è dovuta andare in Turchia. Pazienza se dopo l’annuncio della sua presenza al Festival si è vista tirare addosso una tale cascata melmosa da far piegare le spalle anche alle menti più solide.

«Spero che non venga a fare una tirata sull’Italia razzista, perché gli italiani sono un popolo che accoglie e che allunga la mano a tutti», aveva dichiarato con il consueto interesse sulle questioni festivaliere Matteo Salvini, omettendo che Paola Egonu è italiana quanto lui, nata a Cittadella, nel profondo Veneto, talmente italiana che ha persino ringraziato mamma e papà.

I commenti dopo la conferenza stampa del mattino, poche ore dal debutto, recitavano cose come «Sciacquati la bocca», o meglio ancora «Accusi gli italiani però poi vai a Sanremo con i soldi nostri», che poi sarebbero anche soldi suoi, visto che da buona italiana il canone tocca anche a lei. Fino alla perla del consigliere di Sangiuliano Francesco Giubilei, che dandole del tu con l’eleganza che contraddistingue questo tipo di esternazioni aveva twittato: «Amare l’Italia significa rispettarla e non attaccare la nazione che ti ha offerto molte possibilità tra cui essere a Sanremo quando potrebbero esserci tanti altri atleti di valore al tuo posto. Un po’ di riconoscenza farebbe bene». Riconoscenza, Paola, ingrata che non sei altro.

Dopo alzate di questo tipo poteva schiacciare, potente, come solo lei sa fare. Invece col foglietto stretto tra le mani, l’emozione legittima dei suoi 24 anni ha dovuto giustificare le sue insofferenze, perché è stata fraintesa, non è vero che non vuole avere figli in un Paese razzista, che crescerebbero discriminati, non è vero che non ha rispetto per l’Italia, sono solo accuse di chi crede che il bicchiere colorato contenga acqua da un gusto diverso rispetto a quello trasparente e non è vero che è un’ingrata, anzi, «Ho un profondo senso di responsabilità per questo Paese su cui ripongo le speranze di domani».

Tutto questo con l’emozione stanca, di chi ha dovuto imparare a non mettere le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusato di furto. Perché alla fine come si dice, “non siamo razzisti, però”. E forse, dovremmo chiedere scusa a Paola Egonu per aver dovuto chiedere scusa.

La co-conduttrice della terza serata del Festival.Paola Egonu, il monologo a Sanremo e le smentite sui bimbi neri e Meloni al governo: “Italia razzista ma esagerazioni su di me”. Redazione su Il Riformista il 9 Febbraio 2023

Smentisce di aver mai detto che “se mai dovessi avere un figlio di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io”, così come quella che non avrebbe più messo piede in Italia se Giorgia Meloni avesse vinto le elezioni. A poche ore dalla terza serata del Festival di Sanremo dove sarà co-conduttrice con Amadeus e Gianni Morandi, la pallavolista Paola Egonu chiarisce alcune forzature dei media ribandendo che “l’Italia è un paese razzista” ma questo “non vuol dire che sono tutti razzisti”.

Nella conferenza stampa odierna, la campionessa di volley che oggi milita nella squadra turca del Vakik Bank Istanbul, ha contestualizzato la frase riportata nei giorni scorsi dal settimanale Vanity Fair, spiegando di “non aver mai detto quella frase” riconducibile “a un episodio che posso raccontare”, relativo a “prima della pandemia” quando “c’erano un sacco di casi in America, quando è nato il movimento Black Lives Matter. Io e mia sorella ne abbiamo parlato preoccupate: caspita, ci siamo dette, un domani potrebbe essere mio fratello, mio figlio. Era una preoccupazione, non ho detto che far nascere un bimbo di colore in Italia sarebbe stato condannarlo all’infelicità. Io non sono infelice, anzi sono molto felice. Quella frase è una esagerazione“.

Egonu, che ha 24 anni ed è nata a Cittadella (Padova) da genitori nigeriani, chiarisce un altro concetto ‘travisato‘ dai media dopo l’addio alla Nazionale di pallavolo, nell’ottobre 2022, e il successivo trasferimento in Turchia: “Non ho mai abbandonato l’Italia. Ho deciso di andare in Turchia per crescere. Sul fatto di tornare a giocare in Nazionale sto metabolizzando tutto. Se ci dovesse essere la possibilità sì, tornerei”. Così come spiega di non aver “mai detto una cosa del genere, non sono parole mie” rispondendo a chi le chiedeva se avesse detto che non avrebbe più messo piede in Italia se Giorgia Meloni avesse vinto le elezioni.

Una serie di rettifiche, prima di ribadire che in Italia il razzismo c’è “però questo non vuol dire che tutti sono razzisti, o tutti cattivi o ignoranti. L’Italia è un Paese razzista, ma sta migliorando. Non voglio sembrare polemica o fare la parte della vittima ma semplicemente dire come stanno le cose. Nel mio monologo mi racconto, quindi ci sarà una parte dedicata a questo”.

Monologo dove “mi racconto” e dove “ci sarà una parte dedicata al razzismo. L’ho scritto io facendomi aiutare. Ho voluto dire chi sono a 360 gradi, senza prendere spunti da episodi particolari”. Egonu non risponde invece alle parole, rilasciate ieri, da Matteo Salvini. Il leader delle Lega e vicepremier del governo Meloni aveva elogiato la pallavolista (“è una grande sportiva”), auspicando però “che non venga a fare una tirata sull’Italia paese razzista. Gli italiani hanno tanti difetti ma non sono razzisti. Mi auguro che non si sentano colpevolizzati da chi usa la tv pubblica per fare la morale”.

La scorsa settimana, nell’intervista pubblicata da Vanity Fair, Paola Egonu ricorda che “a quattro anni ho capito di essere diversa. Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso. Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: “Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!”. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia”.

Sono cresciuta – ricorda -in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo”.

Per la schiacciatrice in Italia oggi non c’è meno razzismo rispetto a venti anni fa. “Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei” denuncia Egonu che lo scorso ottobre 2022 ha detto addio, per il momento, alla nazionale dopo lo sfogo, al termine della finale per il terzo posto vinta contro gli Stati Uniti nei Campionati del Mondo, con il suo procuratore Marco Reguzzoni: “Mi hanno chiesto anche se fossi italiana … questa è la mia ultima partita in Nazionale, sono stanca. Non puoi capire. Vinciamo grazie a me, ma soprattutto quando si perde è sempre colpa mia …”.

La pallavolista co-conduttrice a Sanremo. Chi è il fidanzato di Paola Egonu, il gossip con Michal Filip: “Meglio non sportivi: tradiscono”. Vito Califano su Il Riformista il 9 Febbraio 2023

Non sono più due cuori nella pallavolo: quelli di Paola Egonu e Michal Filip. Relazione finita, frequentazione terminata, come ha raccontato la pallavolista, sportiva tra le più mediatiche e influenti degli ultimi anni, in un’intervista a Vanity Fair,. “Ci siamo frequentati per un po’. È già finita”. E aveva anche ammesso di cercare “una persona sicura di sé, che mi sappia stare accanto senza paura. Possibilmente non uno sportivo”, perché “tradiscono. Sono tutti sposati con figli, poi vai in trasferta e li becchi a fare serata con altre ragazze. Inconcepibile: investi del tempo per creare un legame con una persona, poi ti viene voglia di sc…re e butti tutto nel cesso? È un inferno per noi donne”.

Egonu sarà questa sera protagonista a Sanremo, dove farà da co-conduttrice. È nata a Cittadella, in provincia di Padova, padre camionista e madre infermiera, entrambi nigeriani. Soltanto lo scorso luglio Egonu ha trascinato l’Italia allo storico, primo trionfo delle azzurre in Nations League. Lei premiata come migliore giocatrice del torneo. Dopo l’addio al Conegliano, aveva ricominciato la stagione in Turchia, nel VakifBank Istanbul. Proprio in Turchia dove gioca Filip: opposto classe 1994, polacco, maglietta del Develi Belediyespor. I media aveva parlato parecchio la scorsa estate della vacanza della coppia in Sardegna con gli amici e del viaggio a Varsavia della coppia.

Relazione finita: adesso la sportiva è single. Qualche anno fa la pallavolista era stata legata a una compagna di squadra, Kasia Skorupa. “A me piacciono le persone, il genere conta poco”. E poi aveva aggiunto. “Ho ammesso di amare una donna – a Il Corriere della Sera – e lo ridirei, non mi sono mai pentita. E tutti a dire: ecco, la Egonu è lesbica. No, non funziona così. Mi ero innamorata di una collega ma non significa che non potrei innamorami di un ragazzo o di un’altra donna. Non ho niente da nascondere però di base sono fatti miei”.

Stasera a Sanremo porterà un monologo che parlerà anche di razzismo. “L’Italia è un paese razzista, ma non tutti sono razzisti o tutti cattivi, ma se mi chiedete se c’è razzismo la risposta è sì – ha detto in conferenza stampa – L’Italia sta migliorando da questo punto di vista e non voglio fare la vittima, ma dico come stanno le cose”. La campionessa ha anche preso le distanze dalle dichiarazioni riportate in un’intervista a Vanity Fair – “se mai dovessi avere un figlio di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io” – e ha detto di non aver “mai detto quella frase” e che si trattava di un episodio preciso: “Prima della pandemia, c’erano un sacco di casi in America, quando è nato il movimento Black Lives Matter. Io e mia sorella ne abbiamo parlato preoccupate: caspita, ci siamo dette, un domani potrebbe essere mio fratello, mio figlio. Era una preoccupazione, non ho detto che far nascere un bimbo di colore in Italia sarebbe stato condannarlo all’infelicità. Io non sono infelice, anzi sono molto felice. Quella frase è una esagerazione”.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Il monologo di Paola Egonu a Sanremo 2023. Chiara Maffioletti su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Paola Egonu ha preso la parola durante la terza serata del Festival di Sanremo

Elegante, spigliata e completamente a suo agio in un debutto non semplice, quello sul palco dell’Ariston, Paola Egonu, 24 anni, pallavolista dei record, ha gestito con grande naturalezza la serata in cui ha co-condotto il Festival. Ha presentato, sceso le scale con disinvoltura, ballato con Gianni Morandi sistemato su un gradino portatile per raggiungere i suoi 193 centimetri d’altezza.

La terza serata del Festival di Sanremo, in diretta

Era molto atteso anche il suo monologo. «Che emozione, spero di trasmettervi amore e empatia. Questa sera non sono qui a dare lezioni di vita perché alla mia età sono più le cose che posso imparare di quelle che posso insegnare», ha esordito.

«Io sono la prima di tre fratelli e devo tutto a mamma e papà sono loro che mi hanno sostenuto e insegnato che se vuoi qualcosa devi guadagnartelo senza temere i sacrifici... non sono madre ma sogno di diventarlo ma sono certa che nessun genitore sia felice di veder un figlio andare via, ma sapevo che questa era la mia strada».

Quindi una riflessione: «Perché mi chiedono se sono italiana, perché mi sento diversa? Con il tempo ho capito che questa mia diversità è la mia unicità. Perché io sono io? Perché io sono io».


 

Nello spiegare a modo suo il concetto del razzismo, ha usato una metafora dei bicchieri d’acqua: «Tra tanti bicchieri colorati tutti scelgono quello trasparente, ma poi scopri che se bevi l’acqua il contenuto è uguale».

«Come tutti ho dovuto affrontare dei momenti brutti... sono stata accusata di vittimismo e di non aver rispetto del mio paese e questo solo per aver mostrato le mie debolezze: amo l’Italia e vesto con orgoglio la maglia azzurra che per me è la più bella del mondo. Sono quella che spesso ha sbagliato gli appuntamenti importanti: sono più le finali che ho perso di quelle che ho vinto ma questo non fa di me una perdente così come non lo è chi prende un brutto voto a scuola e nemmeno chi arriva ultimo in classifica qui, a Sanremo».

Quindi la citazione del suo brano preferito di uno storico ultimo del Festival: Vasco. Vita spericolata. Quindi un sorriso a concludere il discorso. Applausi.

Paola Egonu. Estratto dell'articolo di Nina Verdelli per vanityfair.it il 3 Febbraio 2023.

A quattro anni ho capito di essere diversa. Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso.

 Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: “Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!”. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia».

Italiana di Cittadella, in provincia di Padova, figlia di genitori nigeriani, pallavolista di punta della squadra turca VakfBank e, forse, pallavolista più forte al mondo, la 24enne Paola Egonu sceglie con cura le cose da evitare, nel linguaggio e nella vita. Con il razzismo, però, non sempre ci riesce: non vuole nominarlo, perché «quando ne parli qualsiasi cosa dici ti si ritorce contro», ma poi in quella parola inciampa e finisce per snocciolare aneddoti di crudeltà.

Come quello capitato l’estate scorsa quando, al termine di una partita con la Nazionale, si è sfogata con il procuratore minacciando di lasciare le Azzurre: «Mi hanno chiesto perché sono italiana. Sono stanca». Potrebbe succedere ancora a Sanremo, dove sarà co-conduttrice insieme a Chiara Ferragni, Chiara Francini e Francesca Fagnani, qualora sul palco dell’Ariston decidesse di alzare la voce.

 Ci sta pensando?

«Preferisco usare quello spazio per parlare di sensibilità, di empatia, per raccontare chi sono fuori dal campo».

 E non subisce atti di razzismo fuori dal campo?

«A noi atleti conviene essere diplomatici per non infastidire i club, per non creare tensioni nella squadra. Forse quando smetterò di giocare potrò dire tutta la verità».

Quando smetterà di giocare, qualsiasi cosa dirà farà meno rumore.

«Lo so».

 Vuole provare a dirla ora la verità? Per esempio, rispetto a quando è stata maltrattata all’asilo, oggi c’è meno razzismo in Italia?

«No. Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei».

 Come è possibile, scusi?

«Sa che in alcune filiali si entra attraverso porte girevoli, aperte e chiuse dagli impiegati all’interno? Ecco, a lei non la aprivano. La cosa che mi fa più male è che non si arrabbia neanche: “È normale”, mi dice».

 Qualche anno fa ha raccontato che i suoi genitori raccomandavano a lei e ai suoi fratelli: «Vi diranno che i neri puzzano, voi fatevi trovare puliti».

«Ci hanno anche insegnato a non mettere mai le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusati di furto. Ancora oggi, se ho il cellulare in tasca e devo mandare un messaggio, aspetto di uscire».

 Mai una reazione impulsiva?

«Alle medie una ragazzina continuava a prendermi in giro perché ero nera. Un giorno l’ho afferrata per i capelli e le ho urlato: “Dillo un’altra volta e ti metto le mani addosso, non ho paura di te”».

 Di questo governo ha paura?

«Più che altro mi suscita una domanda: perché all’apice ci sono persone insensibili che agiscono per il proprio interesse e non per quello del popolo? Quando ho letto alcune dichiarazioni dei sodali di Giorgia Meloni sull’aborto non ci potevo credere. Se un partito guidato da una donna non hai il coraggio di difendere le altre donne, allora non ci sono speranze».

Se la incontrasse, che cosa le vorrebbe dire?

«La stessa cosa che direi a tanti potenti: quando vedete la vostra gente soffrire, come fate ad andare a dormire sereni?».

Lei ci va a dormire serena?

«Più o meno».

[...]

Chi non apprezza?

«Per esempio quelli che mi insultano chiedendo perché sono italiana. Non sanno niente di me, di noi atlete. Non sanno quanto fatichiamo, quanto siamo stanche, quanto non ci sentiamo all’altezza, quanto a volte vorremmo solo prenderci una pausa da tutto, ma non possiamo. Non ho nemmeno il tempo per godermi una vittoria che arriva la sfida successiva: dopo lo scudetto c’è la Champions, e l’Europeo, la Super Coppa, le Olimpiadi. Allora poi succede che qualcuno mi dice la frase sbagliata e io mi domando: perché mai dovrei rappresentare voi?».

[...]

Si vede anche mamma, un giorno?

«Assolutamente sì. Il desiderio ce l’ho da quando sono piccola, ma solo recentemente ho capito che è realizzabile».

In che senso?

«Prima non riuscivo a immaginare che qualcuno potesse volere un figlio con me: non mi vedevo attraente».

 Prego?

«Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo».

Ora invece?

«Sto imparando che diverso non vuol dire brutto e che, sì, sono un’atleta ma sono anche una donna e che, come tale, posso essere sensuale. Me lo sono persino tatuata sulla coscia, guardi».

 [...]

E del suo fidanzato, il pallavolista polacco Michal Filip, è innamorata?

«Non è il mio fidanzato: ci siamo frequentati per un po’. È già finita».

Adesso è single?

«Sì. Spesso le persone con cui esco mi dicono: “Non sono abbastanza per te”. Ma come, scusa, secondo te io sprecherei il mio poco tempo libero con qualcuno che non è abbastanza? Sarei scema».

[...]

Che cosa cerca in amore?

«Una persona sicura di sé, che mi sappia stare accanto senza paura. Possibilmente non uno sportivo».

Perché?

«Perché gli sportivi tradiscono. Sono tutti sposati con figli, poi vai in trasferta e li becchi a fare serata con altre ragazze. Inconcepibile: investi del tempo per creare un legame con una persona, poi ti viene voglia di sc...re e butti tutto nel cesso? È un inferno per noi donne».

 Anni fa aveva trovato conforto proprio tra le braccia di una donna, la pallavolista Katarzyna Skorupa. I suoi come l’avevano presa?

«Malissimo. Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Certe cose capitano e basta».

Dalla società, invece, si è sentita più accettata?

«Mica tanto: io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali? È un mondo di m...da, me lo lasci dire. Spero che presto arrivi l’Apocalisse».

 Non le sembra di essere un po’ catastrofica?

«Sa che a volte con mia sorella ci chiediamo se sia opportuno per noi mettere al mondo dei bambini?».

 Che cosa intende?

«Io so già che, se mio figlio sarà di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?».

 Da ilnapolista.it il 3 Febbraio 2023.

A noi atleti conviene essere diplomatici per non infastidire i club, per non creare tensioni nella squadra. Forse quando smetterò di giocare potrò dire tutta la verità“. Paola Egonu tra pochi giorni co-condurrà il Festival di Sanremo. E’ è una delle più forti giocatrici di pallavolo del mondo, è nera, è italiana ed è “diversa da quando avevo 4 anni, da quando l’ho capito”. Egonu parla di razzismo (anche) in una lunga intervista concessa a Vanity Fair.

Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei. Sa che in alcune filiali si entra attraverso porte girevoli, aperte e chiuse dagli impiegati all’interno? Ecco, a lei non la aprivano. La cosa che mi fa più male è che non si arrabbia neanche: è normale, mi dice. Ci hanno anche insegnato a non mettere mai le mani in borsa dentro a un negozio per evitare di essere accusati di furto. Ancora oggi, se ho il cellulare in tasca e devo mandare un messaggio, aspetto di uscire”.

 “Prima non riuscivo a immaginare che qualcuno potesse volere un figlio con me: non mi vedevo attraente. Non mi vedevo attraente in un contesto in cui lo standard di bellezza è essere bianca.  Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E, sa, i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo”.

Mi chiedo a volte se sia il caso di mettere al mondo dei bambini. Se mio figlio sarà di pelle nera vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?”.

Egonu qualche anno fa ha avuto una relazione con la pallavolista Katarzyna Skorupa. Racconta che i suoi l’hanno presa “malissimo. Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Certe cose capitano e basta. Io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali? È un mondo di merda, me lo lasci dire. Spero che presto arrivi l’Apocalisse”.

Se l'Italia fosse davvero razzista, la Egonu non sarebbe la Egonu. L'atleta: «So che se il mio bimbo sarà di pelle nera affronterà lo schifo che ho vissuto io» Ma è proprio in questo Paese che la sua famiglia ha trovato accoglienza e lei il successo. Francesco Specchia su Libero Quotidiano il 05 febbraio 2023

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Aveva ventitrè anni Jesse Owens nero dell’Alabama, quando alle Olimpiadi del ‘36 divenne il lampo nel cielo oscuro della Berlino nazista, vincendo quattro medaglie d’oro in un oceano di teste ariane sotto choc. Aveva 24 Jackie Robinson, primo nero della Major League americana di baseball, quando veniva preso a pallate dai lanciatori anche della sua squadra; e, vincendo tutto s’infilò nei libri di storia come il «più grande sportivo americano di sempre». Paola Egonu padovana di genitori nigeriani ha la loro stessa età ma un approccio alla vita più catastrofico.

Paola è probabilmente la più grande pallavolista che l’Italia abbia mai prodotto, vanta una classe agonistica innaturale quanto il palmarès. Ed è ovvio che la sua intervista-provocazione a Vanity Fair,  rimbalzata su tutti i ntg e rotocalchi, astutamente uscita a margine del Festival di Sanremo di cui è una delle conduttrici, stia sollevando sdegno e solidarietà di fan e lettori.

Paola, richiesta di commento su una sua eventuale gravidanza si è pregiata di rispondere, di non volerlo, un figlio in Italia: «Se mio figlio sarà di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all'infelicità?».

Che è, ovviamente, una domanda retorica.

IL TRAUMA E LA MAESTRA Vale sempre la pena, L’insicurezza sociale di Paola, campionessa dal sorriso carsico, è inversamente proporzionale alla sua altezza (1,93!). Nell’intervista la ragazza racconta il trauma della maestra che alle elementari le impedì di andare in bagno portandola a farsela sotto (e accaduto anche a mio figlio, bianco e biondo, ma finora nessun trauma); per poi darle, con cattiveria della «puzzona, fai schifo» rovinando il suo rapporto con le toilette. E poi, Paola spiega che gli italiani sono inevitabilmente razzisti: «Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei».

O parla delle reazioni feroci nei corridoi scolastici: «Alle medie una ragazzina continuava a prendermi in giro perché ero nera. Un giorno l'ho afferrata per i capelli e le ho urlato: “Dillo un’altra volta e ti metto le mani addosso, non ho paura di te”». E, per inciso, Paola ha fatto benissimo: io consiglio sempre ai figli in difficoltà, di assestare ai bulli una testata secca sul setto nasale.

Dopo, però, Egonu carica il racconto. Narra degli estremi sacrifici sportivi a cui è sottoposta, non pensando che c’è pure chi –bianco come un cencio- fa la colf, sta in coda alla Caritas o lavora in miniera. E c’è perfino una discriminazione estetica: «Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l'essere bianca. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo» continua lei «a un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo». Certo, osservate dalla visuale dell’adolescente cresciuta in una famiglia di migranti nel profondo nord, le denunce sono comprensibili, e stringono il cuore. Come quando Paola evocò, tra le lacrime, l’episodio in cui un branco di tifosi sbagliati le urlarono di non esser degna di vestire la maglia azzurra. Dolore su dolore. A cui s’aggiunge anche la morte delle sua prima allenatrice Fabiola Bellù. Insomma, sfighe sempre all’orizzonte.

Noi tifosi capiamo tutto. E la abbracciamo dell’abbraccio eterno di quando vinse il suo primo scudetto, o il titolo di miglior giocatrice del continente. Epperò vorremo anche sgravarla di tutto questo dolore. Sottolineando qualche piccolo dettaglio che ne ridimensioni il dramma. Innanzitutto Egonu fa un’intervista a Vanity Fair, una delle riviste più fighette e patinate del mondo; e concede interviste a quotidiani come il Corriere della sera dall’età di 17/18 anni. E le sue speculazioni non riguardano la tecnica del bagher, il cambiopalla o la classifica dei play off. Sono opinioni richiestele in quanto opinion leader, in grado di modificare carichi pubblicitari ed etica delle aziende. Paola, meno di Fiona May (che prima di diventyare una star tv denunciò anche lei epoisodi di razzismo) ma come Andrew Howe, Fausto Desalu e soprattutto Marcel Jacobs, è un’italiana di seconda generazione perfettamente integrata in Italia; e anche la sua famiglia ha avuto identica accoglienza.  E spesso, come lei stessa ammette, per i ragazzini Egonu appare come modello di vita e di sport.

RESPIRO D’ORGOGLIO Pur avendo buttato lacrime e sangue, Egonu non se la passa male. Gli idioti razzisti esistono in ogni dove, cara Paola, basta ignorarli e non farsi sottomettere dalle patetiche minoranze, specie nei social. Quando farai un figlio, instillagli gli stessi respiri di orgoglio, di gioia e di coraggio che ti hanno spinto fin qui. (E se lo fai nascere nel mio Veneto, quei respiri saranno ancor di più i miei...)

Paola Egonu ha veramente rotto le balle. Cara pallavolista: un po’ meno selfie, pianterelli, interviste a Vanity Fair e un pochino più di realtà. Nicola Porro il 4 Febbraio 2023.

Nel giorno in cui l’Economist ci spiega che la nostra democrazia è diventata più fragile per colpa del governo Meloni, dobbiamo sorbirci anche l’intervista di Paola Egonu. La pallavolista, infatti, racconta in prima pagina della sua infanzia tremenda e di come una maestra cattiva le fece fare la pipì addosso: insomma, la sua intervista a Vanity Fair è una lamentela continua.

Egonu dice di aver vissuto di merda in questo Paese: “L’Italia è razzista” e ovviamente la colpa è della Meloni e dei leghisti. Ma l’eroina della sinistra non si ferma qui: dice che non vuole fare un figlio in Italia perché se nasce nero sarebbe un disastro e se invece nasce mulatto non verrebbe considerato fico né dai neri né dei biacchi.

Ragazzi, in un Paese che non vuole avere figli i problemi sono altri. Non una signora di grande successo che fa il suo pianterello su Vanity Fair e tutto il mondo le sta al cospetto.

Ieri, ad esempio, sono andato a presentare il mio libro a Sovico e ho incontrato una signora che mi ha detto che suo figlio invalido al 100% prende €385 al mese di accompagnamento. Ci sono persone che hanno situazioni di disagio mostruose, ma i giornali dedicano le loro prime pagine alla lagna della campionessa Egonu che dice di non volere un figlio nero o mulatto. Ma di che cazzo stiamo parlando?

E nessuno provi a dire che questa signora ha un problemino, perché ogni critica diventa un presupposto per dire che l’Italia è un paese razzista. Qui l’unica cosa razzista è non riconoscere il fatto che, in Italia, ci sono bambini che non sono né neri né mulatti e hanno, ahimè, situazioni disastrose. Eppure i loro genitori sono ugualmente felici della loro esistenza e orgogliosi di averli messi al mondo.

Cara Egonu, un po’ meno selfie, pianterelli, interviste a Vanity Fair e un pochino più di realtà. Per carità, lo dico io che sono completamente scollegato dalla realtà, ma di certo non a questi livelli.

Nicola Porro, 4 febbraio 2023

I Måneskin e il miracolo di portare Tom Morello, re della chitarra underground, all’Ariston: «una leggenda». Barbara Visentin su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

La rockband romana torna al Festival con il chitarrista dei Rage Against the Machine e un medley dei loro successi

Ormai accolti come delle star internazionali (Amadeus l’aveva detto in conferenza stampa, «per me sono dei superospiti a tutti gli effetti»), eccoli anche quest’anno a prendersi l’applauso del palco che ha portato loro fortuna due anni fa: i Måneskin, freschi di cerimonia dei Grammy a Los Angeles, sono atterrati all’Ariston con un medley dei loro successi.

«I nostri quattro fantastici ragazzi», come li ha chiamati il conduttore, entrano dalla platea con il pubblico in piedi che li applaude, vestiti di nero con dettagli pitonati, Victoria in body succinto (con collant strappati sul retro) e stivaloni, Damiano con una giacca aperta che lascia fuori la pancia e che poi leva per restare a petto nudo: il palco si fa rock con «I wanna be your slave», «Zitti e buoni», «The Loneliest» e «Gossip». Con loro per quest’ultima arriva «la leggenda Tom Morello», come lo presenta Damiano, il super chitarrista dei Rage Against the Machine con cui hanno collaborato per il nuovo singolo.

Il pubblico del Festival li osanna e Amadeus consegna loro il Premio città di Sanremo, prima di ricordare il tour italiano imminente che culminerà con gli stadi, «un concerto che nella vita dobbiamo vedere», ha detto. Non c’è spazio per altre dichiarazioni, né per due chiacchiere col conduttore. Il gruppo ringrazia e senza altro aggiungere saluta. «Ciao belli. Feels sooooo good to be back home, GRAZIE @SanremoRai! Loove you!!» hanno scritto sui social subito dopo la loro esibizione: rieccoli a casa.

Chi è Tom Morello, sul palco di Sanremo con i Maneskin. Il musicista americano suonerà al Festival insieme alla band romana. CorriereTv su Il Corriere della Sera il 9 Febbraio 2023.

(LaPresse) Nato ad Harlem da madre di origini italiane, attivista politica, e padre kenyota, si è laureato in Scienze Politiche all’Università di Harvard. A Los Angeles con il cantante Zack de la Rocha fonda i Rage Against the Machine, la band rap metal barricadera, schierata contro le multinazionali. Simboli del movimento No Global, i Ratm ebbero grande successo negli anni '90 con dischi come «Evil Empire» e «The Battle of Los Angeles». Nel 2000 De la Rocha lascia e nascono gli Audioslave. Insieme ai tre membri rimasti alla voce c'è una star del grunge come Chris Cornell.

Ad Harvard con Morello c'era Carolyn Bertozzi, futuro premio Nobel per la chimica, che suonava le tastiere in una band con il chitarrista. Fan di Springsteen, ha coronato un sogno nel 2013 suonando con la E Street Band nel tour australiano, al posto di Little Steven. Su Instagram ha postato una foto della sua chitarra con il messaggio «Fuck Trump». Una scelta criticata da un utente. Fulminante la replica. «Non serve essere laureato in Scienze politiche all'Università di Harvard per rendersi conto della natura disumana di questa amministrazione, ma io lo sono».

Ha collaborato con i Maneskin . «Vederli suonare dal vivo mi ha sconvolto», ha detto Morello. Negli ultimi anni il chitarrista ha collaborato con molti artisti come Ozzy Osborne e Ice Cube e ha pubblicato tre dischi solisti. Il 9 febbraio sera suonerà al fianco della band romana come ospite della terza serata del festival di Sanremo 2023. Tra gli ospiti della serata ci sarà anche Peppino di Capri, che ha detto: «I Maneskin hanno aperto per i Rolling Stones, io ho suonato prima dei Beatles». (LaPresse)

I VOTI.

Sanremo 2023: il meglio e il peggio della terza serata. Francesco Canino su Panorama il 10 Febbraio 2023.

Serata con poco show e tanta musica. I Måneskin "spettinano" l'Ariston, che regala a Mengoni una standing ovation che sa di ipoteca sulla vittoria. Non convince il monologo della Egonu. E sui social sbanca la fake news sulla rissa tra due cantanti all'Ariston (smentita dalla Rai)

Alla faccia di quelli che “eh, ormai al festival le canzoni sono solo un contorno” , la terza serata di Sanremo 2023 è un’abbuffata di musica con pochi sprazzi di spettacolo e zero un intoppo. Niente “maledizione di mezzanotte” per Amadeus che, dopo il colpo di testa di Blanco e il caos Fedez, questa volta non è costretto a fronteggiare imprevisti e scivoloni vari (e avariati). Il vero imprevisto si è consumato tutto sui social, lontano dall'Ariston, con una presunta rissa tra due cantanti nel backstage del Teatro Ariston: una fake news in grande stile, che la Rai è costretta a smentire a metà serata. Ecco il meglio e il peggio della puntata di giovedì 10 febbraio.

LA LEZIONE DI GRIGNANI A BLANCO Un piccolo imprevisto arriva con l’esibizione di Gianluca Grignani, che a metà esibizione stoppa l’orchestra per un problema di audio. «Ho chiesto al fonico di abbassare il volume e adesso non mi sento. L'ho imparata a 50 anni questa cosa: a 20 anni non avrei saputo farlo», dice tra gli applausi. Il riferimento a Blanco, che due sere fa ha smontato mezzo palco con una scena dimenticabilissima, è chiaro. A proposito di Grignani, può piacere o meno, ma in un mondo di fintissima perfezione almeno lui non ha paura di mostrare la sua fragilità. VOTO: 7

LA FAKE NEWS SULL’ACQUA “GATE” «Due big hanno litigato dietro le quinte e sono volati bicchieri d’acqua addosso a qualcuno». È bastato questo incipit – lanciato attraverso un paio di stories su Instagram – per innescare un gossip diventato in un manciate di ore un racconto parallelo montato con un clamoroso “effetto valanga” sui social. La rissa dietro le quinte è un grande classico festivaliero, un po’ lucherinata un po’ vecchie ruggini tra dive. In questo caso, quelle coinvolte sarebbero state Madame e Anna Oxa. Tutto falso però. Il caso esplode a tal punto che la Rai è costretta a smentire tutto: «Coletta e la Oxa sono in camerino». Surreale. VOTO: 3

AMA-MORANDI LA COPPIA DI FATTO Amadeus mette il turbo per portare a casa una serata super affollata e lo fa con l'ormai consueta abilità e tanto mestiere. E Gianni Morandi gli sta dietro, con l’aria del gatto sornione. Canta, presenta, duetta, porta fiori, si mette a disposizione dello spettacolo. Come sempre generoso, lo zio d’Italia. VOTO: 8

IL MONOLOGO DI PAOLA EGONU Che tassa i monologhi all’Ariston. Soprattutto se hanno il sapore del compitino un po' retorico e poco appassionante. «Non sono qui a dare lezioni di vita», premette Paola Egonu, che in mattina si era lasciata sfuggire in conferenza stampa un “l’Italia è un paese razzista” , innescando polemiche varie (anche politiche). In diretta ripercorre la sua storia di donna e di atleta e conclude con una dichiarazione d'amore al suo paese: «Amo l’Italia, vesto con orgoglio quella maglia azzurra che per me è la più bella del mondo e ho un profondo senso di responsabilità nei confronti di questo Paese in cui ripongo tutte le mie speranze di domani», dice. L'intenzione c'era, il contenuto (scritto come un temino), meno. Molto meglio quando “presenta”: sorridente, spigliata, elegante in Armani. VOTO: 4 P

I MÅNESKIN SPETTINANO L’ARISTON I Måneskin sono tornati lì dove tutto è cominciato, l’Ariston. E lo hanno spettinato per bene con la complicità di Tom Morello e i loro successi. Damiano e Victoria giocano a rubarsi la scena, un palleggio da vero show. Ed è un trionfo, con l’Ariston in piedi. Altro che le platee inamidate di qualche anno fa, coi signori annoiati e sbadiglianti inquadrati dall'indimenticato regista Paolo Beldì e le signore in pelliccia che non applaudivano neppure sotto tortura. Oggi è tutto un altro mondo. E non solo perché la Parietti non è più in prima fila. VOTO: 8

LA STANDING OVATION A MENGONI Un Ariston particolarmente generoso, applaude a scena aperta Anna Oxa - che, piaccia o meno la canzone, resta una delle grandi personalità di questa edizione - e tributa una standing ovation a Marco Mengoni che sa di ipoteca sulla vittoria. Per la serie: "non succede, ma se succede". VOTO: 7

La classifica generale dopo la terza serata di Sanremo 2023: primo Marco Mengoni. Barbara Visentin su Il Corriere della Sera il 10 febbraio 2023.

Ecco le nuove posizioni provvisorie dei 28 cantanti in gara, con i voti della giuria demoscopica e del televoto sommati a quelli della sala stampa

Si è chiusa la terza serata del Festival di Sanremo 2023 durante la quale tutti e 28 i cantanti in gara si sono esibiti con i loro brani. Amadeus, Gianni Morandi e Paola Egonu hanno letto la classifica generale provvisoria, data dalla somma della classifica di questa sera (con i voti della giuria demoscopica e del televoto), più quella di mercoledì sera della sala stampa:

1 - Marco Mengoni

2 - Ultimo

3 - Mr Rain

4 - Lazza

5 - Tananai

6 - Madame

7 - Rosa Chemical

8 - Colapesce Dimartino

9 - Elodie

10 - Giorgia

11 - Coma Cose

12 - Gianluca Grignani

13 - Modà

14 - Paola & Chiara

15 - LDA

16 - Ariete

17 - Articolo 31

18 - Mara Sattei

19 - Leo Gassmann

20 - Colla Zio

21 - Levante

22 - Cugini di campagna

23 - gIANMARIA

24 - Olly

25 - Anna Oxa

26 - Will

27 - Shari

28 - Sethu

Nel corso della quarta serata, venerdì 10 febbraio, i big torneranno sul palco per i duetti, cantando delle cover o, in molti casi, dei medley, accompagnati dagli artisti ospiti. L’attrice Chiara Francini sarà co-conduttrice insieme ad Amadeus e Gianni Morandi e oltre ai cantanti arriveranno al Festival anche le attrici e gli attori della serie tv «Mare fuori».

La terza puntata (qui il racconto minuto per minuto) ha visto il ritorno sul palco dei Måneskin, accolti come veri superospiti dopo i successi internazionali e accompagnati dal chitarrista Tom Morello. Sul palco dell’Ariston è tornato anche Massimo Ranieri, dopo l’applauditissima performance insieme ad Al Bano e Gianni Morandi del giorno precedente. Momento comicità, ormai nelle prime ore del giorno, con Alessandro Siani e il suo monologo.

Pagelle Sanremo 2023 terza serata: Mr. Rain, la banalità del bene (voto 4); Elodie, salto di qualità (8); Morandi sul piedistallo (8). Renato Franco e Andrea Laffranchi, inviati a Sanremo, su Il Corriere della Sera il 9 Febbraio 2023.

I giudizi agli artisti che si sono esibiti nel corso della 73ma edizione del Festival della canzone italiana

Paola e Chiara, voto 4

Un’occasione sprecata. Una reunion attesa da dieci anni buttata via con una canzone che non c’è e una performance vocale traballante. Manca pure un’idea di coreografia da rendere virale su Tik Tok.

Mara Sattei, voto 6

Elegante nell’abito, elegante nella voce che la metrica mette alla prova con ricami complessi (è l’imporonta del fratello thasup). Con le parole di Damiano dei Maneskin la storia racconta di una storia finita male con i segni dei lividi e annegata nell’alcol

Rosa Chemical, voto 7

È il pezzo più divertente del Festival con il suo unz unz che inneggia all’amore libero in un’atmosfera da balera

Gianluca Grignani, voto 5

Almeno non ha distrutto i fiori come Blanco e, anzi, li ha omaggiati lanciando il mazzo in platea. Il problema era lo stesso. Non sentiva bene la voce (errore suo nella regolazione dei volumi ha ammesso) ha iniziato a deragliare ma si è fermato per far ripartire l’orchestra da zero. La storia è straziante, il testo profondo, e al secondo tentativo l’emozione passa anche con le tante imperfezioni

Levante, voto 7,5

Lei è sempre più dentro alla canzone. Testa e corpo. Del resto è così che lei si racconta nella canzone, una donna che si è ricostruita nell’anima e nel fisico dopo una depressione post partum

Tananai, voto 7

Lo aveva promesso dopo le stecche dell’anno scorso: “Prenderò lezioni di canto”. Promessa mantenuta. Un pezzo così tradizionale che rischia di suonare nuovissimo alla Gen Z. Di sicuro non arriva ultimo questa volta

Lazza, voto 7,5

Oh bro, Lazza clamoroso. Ha spaccato i cooli. Che hit (recensione da Gen Z) Che funzionasse si era capito dagli ascolti. Ora Lazza ha trovato il suo spazio anche dal vivo. Da tenere d’occhio (versione boomer)

Maneskin, voto 8

Dieci minuti di rock ci stanno eccome. L’energia di «I Wanna Be Tour Slave»; la celebrazione di «Zitti e buoni» che vinse il Festival; la dolcezza di «The Loneliest»; il regalo a chi era teen negli anni 90 con l’assolo di Tom Morello (ex rage Against the Machine Audioslave) su «Gossip».

LDA, voto 5,5

Cresce la sicurezza sul palco, il problema resta la canzone che cerca troppo le soluzioni semplici

Madame, voto 8

Si vede che sta bene su un palco. I problemi ce li ha altrove, ma non è tema da pagella

Ultimo, voto 7

Niccolò torna al pianoforte, che è la sua tana. Il crescendo della canzone è difficile da gestire perché parte scavando in basso, ma quando arriva la parte esplosiva diventa trascinante.

Gianni Morandi, voto 8

Sempre più gigante. Morandi sale su un piedistallo e guadagna i 20 centimetri che gli mancano per raggiungere Paola Egonu e ballare con lei sulle note del «Tempo delle mele». Uomo di spettacolo come pochi

Elodie, voto 8

C’è stato il Sanremo di Andromeda, quello del cambio di direzione. Questo è quello del salto di categoria. Il salto ce l’ha nelle gambe e nella canzone che ha classe vintage e sensualità contemporanea

Mr Rain, voto 4

La banalità del bene. I bambini sul palco, l’unione di noi due che contro il mondo siamo come supereroi. Una melodia che ti entra nell’orecchio per semplicità e che si consuma subito

Giorgia, voto 6,5

Ok, anche Giorgia è arrivata al Festival. Un paio di ricami per far capire dove sta la classe.

Paola Egonu, voto 6

Al terzo monologo si inizia sentire il peso di un format narrativo che ha rotto le scatole. I temi sono sempre lodevoli, la resa lascia a desiderare. Tolto questo sul palco fa il suo.

Colapesce Dimartino, voto 8,5

Il lupo travestito da pecora. La canzone profonda, che parla solo al cervello… Macchè, «Splash» arriva anche alla pancia e alle gambe. Si può scegliere dove farsi colpire

Mengoni, voto 8,5

Un’esibizione senza sbavature fotografata da due punti di vista diversi. Sospiro finale e occhi lucidi per Marco. Standing ovation per il pubblico.

Leo Gassmann, voto 6,5

Un cuore per ridere, uno per soffrire e uno per (non) dimenticare. Una sera per prendere le misure, la seconda per ambientarsi e la terza potrebbe sorprendere. Sono aperte le votazioni sul look canotta e catenazza.

Coma Cose, voto 7,5

Coppia nella vita, nell’arte e a breve anche «nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia» visto che hanno annunciato il matrimonio proprio oggi. Più che le fiamme negli occhi questa sera erano cuoricini. Propongo una multa per chi li definisce i nuovi Al Bano e Romina della canzone italiana.

Fiorello, voto 8

Sarebbe da 4 perché almeno un giro sul palco dell’Ariston dovrebbe farlo (la speranza è che si presenti sabato, così il Festival finisce alle 4 di notte). Però è unico per come sa accendere risate appena appare nel buio di via Asiago vestito

Cugini di campagna, voto 5

No, La Rappresentante di lista e i Cugini di campagna non possono stare nella stessa frase. E non solo perché sarebbe troppo lunga

Amadeus, voto 7

Al suo primo Sanremo era un po’ Willy il coyote che rimane con la dinamite in mano. Ma dopo quattro anni non si fa più fregare dallo struzzo

Anna Oxa, voto 6

Una canzone con un testo così poetico e fragile non può essere schiacciata da un’interpretazione retorica come nel debutto. Questa sera c’era rispetto

Articolo 31, voto 5

La didascalia è più grande della fotografia. Non lascia spazio all’immaginazione. Perfetta per un duetto con Max Pezzali

Ariete, voto 7

Anche il palco dell’Ariston può essere un mare pieno di squali. La prima volta fa paura. Poi ci si abitua

Colla Zio, voto 6

Rap, funk e armonizzazioni vocali. Forse non sono da Festival ma una serata con loro può essere divertente

Shari, voto 4

Non è pronta per il Festival. Hanno sbagliato Amadeus a scegliere sei giovani e Salmo (suo discografico) a mandarla. E anche gli stylist: dopo l’animalier ecco il latex rosso

Modà, voto 6

La depressione mascherata (fin troppo) da storia d’amore. Una power ballad fra rock e melodia

Will, voto 4,5

Una canzone che assomiglia a mille altre ma non è quell’una su mille che -morandianamente – ce la fa

Sanremo 2023: la maratona della terza serata stravolge la classifica Ansa. Gabriele Antonucci su Panorama il 10 Febbraio 2023.

Dopo Mengoni e Ultimo, sale al terzo posto Mr.Rain, mentre Rosa Chemical è settimo. Troppe canzoni, troppi artisti "replicanti" e giovani troppo acerbi per competere con i Big

La terza serata del Festival di Sanremo, di una lunghezza estenuante, si è conclusa poco dopo le 2, dopo che tutti gli artisti in gara si sono esibiti. A differenza delle prime due puntate, caratterizzate dal solo voto della Sala Stampa, nella terza serata di Sanremo le 28 canzoni in gara sono state giudicate per il 50% dal televoto e per l’altro 50% dalla giuria demoscopica (nella quarta e nella quinta serata la votazione sarà tripartita: il 34% affidato al televoto, il 33% alla giuria sala stampa -tv-radio, web e il 33% alla giuria demoscopica). La classifica, naturalmente, è stata stravolta, con Mister Rain che è salito a sorpresa al terzo posto e con Rosa Chemical che è arrivato al settimo. Marco Mengoni è stabilmente primo, tallonato al secondo posto da Ultimo, il suo rivale più agguerrito: Lazza al quarto posto e Tanani al quinto chiudono la Top Five della terza serata (la classifica completa la trovate alla fine dell'articolo). Non c'è due senza tre (partecipazioni consecutive), e così i Maneskin, che hanno raggiunto l'incredibile risultato dei 7 miliardi di streaming, dei 18 dischi di diamante e dei 253 dischi di platino, hanno fatto la figura dei superospiti internazionali con un mini concerto al Teatro Ariston nel quale hanno alternato le adrenaliniche I wanna be your slave e Zitti e buoni, la power ballad The Loneliest e l'ultimo singolo Gossip insieme al leggendario chitarrista americano Tom Morello: grande energia e grandi applausi per un gruppo che, piaccia o meno, ha raggiunto risultati che nessun altro artista italiano aveva mai nemmeno sfiorato. Uno dei temi che è emerso dalla terza serata è che Sanremo 2023 è diventato il festival dei replicanti, o, se preferite, degli alias. Rosa Chemical, nel suo divertente brano electroswing da giostra balcanica, Made in Italy, indossa i panni freak dell' Achille Lauro dance dell'album 1990 (ed è surreale che le sue trasgressioni da assemblea di istituto abbiano richiamato le attenzioni di un deputato della repubblica italiana). Levante, che sembra una Patty Pravo fine anni Sessanta vagamente survoltata, occupa la casella lasciata vacante da La Rappresentante di Lista in Vivo, un brano electropop anni Ottanta con un tema sociale sullo sfondo (la depressione post partum). Ariete fa la Madame di Voce, ovvero la ventenne fluida e problematica che ha come orizzonte la sua cameretta, mentre gli acerbi Olly e Sethu si ispirano fin troppo, nel loro pop-punk innocuo, martellante e zeppo di autotune, allo stile canoro di Blanco (senza prendere a calci le rose, però). Gli Articolo 31 portano un brano interlocutorio anche per chi li ha amati negli anni Novanta, Un bel viaggio, che sembra una B-side poco ispirata degli 883, mentre LDA canta un brano tipicamente alla Ed Sheeran (sostituite la chitarra al pianoforte in Se poi domani e il gioco è fatto).

I Colla Zio, infine, rappresentano la band indie-pop giovane, simpatica e irriverente, un ruolo già ricoperto in precedenza da Lo Stato Sociale e dai Pinguini Tattici Nucleari. Insomma Amadeus, sempre più autoreferenziale, da quattro anni celebra Amadeus, invitando i vincitori delle ultime edizioni come superospiti o i concorrenti degli anni passanti che si esibiscono nelle piazze di Sanremo, sfidando i rigori invernali con sciarpone & cappottoni o nella tamarrissima cornice della nave Costa Crociere, un mix lisergico tra la scena della festa kitsch de La grande bellezza e Vacanze di Natale 1995 (ma stasera Gué ha ben figurato con il brano Mollami Pt.2). Anche la scelta di unificare, per il secondo anno consecutivo, la gara dei Giovani a quella Big, appare del tutto errata: nessuno dei sei giovani è sembrato all'altezza di un palco così impegnativo, né dal punto di vista della canzone, né soprattutto dell'interpretazione: mettere insieme Sethu e gIANMARIA con Mengoni e Giorgia produce una macedonia senza senso, che rischia solo di evidenziare maggiormente i limiti dei giovani (Will e LDA ci sono sembrati, comunque, quelli che hanno delle qualità che possono essere sviluppate meglio nei prossimi anni). Negli ultimi tempi c'è un ritorno trionfale degli anni Novanta, sia nella moda che in televisione e nelle serate a tema nei locali. Non fa eccezione la musica, così Amadeus ha pensato bene di portare sul palco dell'Ariston quattro artisti-simbolo di quel decennio: Giorgia (diretta da Big Fish dei Sottotono), Gianluca Grignani, Paola e Chiara e gli Articolo 31. Tutti e quattro, da esperti professionisti delle sette note, si sono difesi bene, anche se da J Ax e Dj Jad ci aspettavamo un brano più incisivo, mentre Paola e Chiara si sono rilanciate alla grande, in Furore, come seducenti dive italiane della disco dance: facile prevedere che i loro concerti saranno una grande festa per vecchi e nuovi fan. Grignani, che ha portato un brano importante e intenso dedicato al padre dagli echi "vaschiani" , ha chiesto di cantare da capo il brano per un problema con l'auricolare e ha mostrato la scritta "No War" dietro la schiena, anche se la sua interpretazione vocale non è stata del tutto impeccabile, mentre Giorgia si è confermata un'interprete di caratura superiore, sebbene la canzone che ha presentato in gara, Parole dette male, non è immediata e ariosa come i suoi più grandi successi sanremesi, però cresce ascolto dopo ascolto. Troppe, infine, le 28 canzoni in gara, che appesantiscono eccessivamente la serata, e troppa la differenza tra i 10 brani più forti e gli altri: è assai probabile che le prime cinque posizioni, che si giocheranno il tutto per tutto negli ultimi minuti della serata di sabato, saranno una competizione tra Mengoni (oggi salutato dalla standing ovation dell'Ariston), Ultimo, Giorgia, Colapesce Dimartino, Elodie, Coma Cose, Madame, Tananai, Lazza e Mr.Rain. Gli altri 18 concorrenti, pur con le dovute differenze, non sembrano in grado di risalire posizioni ed entrare nella cinquina finale. Amadeus ha sempre dichiarato urbi et orbi che le canzoni da lui scelte per Sanremo 2023 dovevano avere un forte appeal radiofonico, ma dubitiamo fortemente che sentiremo spesso in radio i brani sanremesi di Anna Oxa, Cugini di Campagna e Modà. Appuntamento a domani sera, con l'attesa competizione delle cover.

LA CLASSIFICA PROVVISORIA:

1) Mengoni

2) Ultimo

3) Mr. Rain

4) Lazza

5) Tananai

6) Madame

7) Rosa Chemical

8) Colapesce Dimartino

9) Elodie

10) Giorgia

11) Coma Cose

12) Gianluca Grignani

13) Modà

14) Paola & Chiara

15) LDA

16) Ariete

17) Articolo 31

18) Mara Sattei

19) Leo Gassman

20) Colla Zio

21) Levante 2

2) Cugini di campagna

23) gIANMARIA

24) Olly

25) Anna Oxa

26) Will

27) Shari

28)

"Testi mediocri e senza ispirazione Che noia..." I brani sono miseri per struttura linguistica e sentimentale: un flusso logorroico di parole, come sui social e nei reality. Giuseppe Conte il 10 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Devo dirlo con franchezza brutale: i testi dei giovani poeti che mi arrivano ogni giorno via mail o WhatsApp, per quanto possano apparire acerbi, sono migliori, per struttura linguistica e sentimentale, e per necessità di ispirazione, dei testi delle canzoni in gara al Festival di Sanremo. Li ho letti senza pregiudizi, cercando anzi di trovarci qualcosa di buono. Conto che la musica li riscatti dalla loro desolante mediocrità, in fondo è la musica, la più dionisiaca tra le arti, che vale in una canzone.

Speravo di trovarvi almeno le rime sparate a raffica dai rapper, che mi sono spesso piaciute e mi hanno divertito, quelle di Jovanotti, perfino quelle di Fedez prima maniera, figuratevi un po'. Qui divertimento zero e noia abissale. Leggo un flusso logorroico, solipsistico, narcisistico di parole, neppure provocatorie, a meno che non si voglia vedere provocazione nel testo di Rosa Chemical: la fluidità (oggi così di moda, ma la bisessualità è sempre esistita sin dai tempi del mito, di Ermafrodito) è nel personaggio, in come si atteggia e si propone.

L'equivoco spaventoso è che tutti, le ragazze soprattutto, credono che sia interessante esprimere quello che hanno dentro, senza bisogno di disciplina formale. Mi ha stupito per fragilità il testo di Madame, mi aspettavo chissà che dopo averla vista intervistata su ben due pagine di un supplemento letterario.

Dicono che le canzoni di Sanremo rispecchiano la società. I testi delle canzoni rispecchiano più che altro come si sia diffuso nella società, attraverso i social e i reality, un egotismo di massa e la devastante concezione grillina per cui chiunque può fare qualunque cosa senza tradizione, professionalità e competenza.

Tutti proni a magnificare Amadeus. Benissimo. Ma professionalmente è un dj, ragazzi, promosso direttore artistico sul campo. Magari a lui i testi sembrano importanti, ma non c'è nessuna oggettività nel suo giudizio, nessuna cultura linguistica lo suffraga.

Alla fine, tra tanti che hanno abolito il nome di battesimo e di famiglia per scegliere balbettanti, fumettistici, post umani pseudonimi, Sethu, Shari, Olly, Lazza, Lda, mi sono imbattuto in Leo Gassmann: nel testo della sua canzone, i primi otto versi sono due perfette quartine a rime alternate, di cui una persino preziosa, forse memoria di quando il nonno, il gigantesco Vittorio, recitava in teatro le strofe eloquenti dell'Adelchi di Manzoni. Che tempi, quelli! Ma non stiamo a rimpiangerli: chiediamo piuttosto per i nostri tempi qualcosa di meglio e di più.

Sanremo, la classifica dopo la terza serata del Festival: Mengoni favoritissimo, Ultimo rimonta. Redazione su Il Riformista il 10 Febbraio 2023

Alla terza serata della 73esima edizione del Festival di Sanremo hanno cantato tutti i 28 cantanti Big in gara. È stata anche la serata dei Maneskin, superospiti di nuovo sul palco dell’Ariston, della co-conduttrice Paola Egonu, dell’omaggio a Fatti mandare dalla mamma di Gianni Morandi. Alla fine della maratona la classifica riporta un podio inedito: con Marco Mengoni, super favorito, seguito da Ultimo e Mr Rain.

Alla serata di ieri hanno votato la giuria demoscopica e il televoto. L’orchestra ha reso omaggio a Burt Bacharach, geniale compositore e autore di canzoni pop morto mercoledì scorso all’età di 94 anni, suonando I say a little prayer. Questa sera, la quarta serata, sarà il momento dei duetti e delle cover. Gli artisti hanno potuto scegliere brani del repertorio italiano e internazionale pubblicati tra l’inizio degli anni Sessanta e la fine del 2009. I voti saranno ripartiti in percentuale: 34% Televoto; 33% Giuria della sala stampa; 33% Giuria Demoscopica.

Alla fine della serata sarà stilata una nuova classifica dei cantanti in gara.

La classifica alla fine della terza serata:

MARCO MENGONI – Due vite

2. ULTIMO – Alba

RAIN – Supereroi

LAZZA – Cenere

TANANAI – Tango

MADAME – Il bene nel male

ROSA CHEMICAL – Made in Italy

COLAPESCE E DIMARTINO – Splash

ELODIE – Due

GIORGIA – Parole dette male

COMA_COSE – L’addio

GIANLUCA GRIGNANI – Quando ti manca il fiato

MODÀ – Lasciami

PAOLA e CHIARA – Furore

LDA – Se poi domani

ARIETE – Mare di guai

ARTICOLO 31 – Un bel viaggio

MARA SATTEI – Duemilaminuti

LEO GASSMANN – Terzo cuore

COLLA ZIO – Non mi va

LEVANTE – Vivo

I CUGINI DI CAMPAGNA – Lettera 22

gIANMARIA – Mostro

OLLY – Polvere

ANNA OXA – Sali (Canto dell’anima)

WILL – Stupido

SHARI – Egoista

SETHU – Cause perse

Redazione

Sanremo 2023, i voti ai look: Elodie femminista nude look 9, Rosa Chemical innocuo 6,5, Enogu scesa dall’Olimpo 8. Maria Teresa Veneziani su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

I vestiti della terza serata: le pagelle ai look: da Morandi e Amadeus fluidi 7 a Colla zio da vestire, 4/5, Måneskin da rodeo, 7

Gianni Morandi e Amadeus fluidi? Voto 7

Nei record di Amadeus capitalizzati a Sanremo, c’è anche il numero di giacche indossate: 45 in quattro anni. Ormai è chiaro che ci ha preso gusto e sfoggia smoking tutti un luccichio, un decoro. Li crea ad hoc il suo amico Gai Mattiolo che sdrammatizza il lavoro di 2 mesi: lui è una 50 perfetta. Ad aprire la terza serata della 73ma edizione del festival della canzone italiana però è Gianni Morandi nel suo elegante velluto armaniano effetto polvere di stelle. A modo loro boomer e super boomer contribuiscono allo spostamento verso un mondo fluido. Il voto? 14 (7 parimerito). Intanto, le ragazze sul palco fanno tornare i vestiti una bandiera del nuovo canto di libertà del corpo.

Paola impigliata nella rete, voto 5

Paola e Chiara fanno Raffaella Carrà con abito in pizzo dipinto sul corpo, ma nessuna come Raffa. Alla fine dello stacchetto a Paola resta impigliato il tacco nella rete. Per fortuna c’è superman Amadeus che si inginocchia e la libera. Voto 6

Mara Sattei, lo smoking sexy, voto 7

Mara Sattei canta Demilaminuti, la ballad di Damiano David dei Maneskin su un amore malato («E dimmi se c’è stato amore tra quelle parole e poi dammi duemila minuti, anzi duemila ore») e in Armani Privé mostra il concetto di smoking sexy. Voto 7

Rosa Chemical innocuo, voto 6,5

Rosa Chemical canta «T i piace Che sono perverso e non mi giudichi Se metterò il rossetto in ufficio lunedì Da due passiamo a tre Più siamo e meglio», ma è innocuo, anche dal punto stilistico. Mezzo secolo fa David Bowie o Renato Zero erano molto più trasgressivi, commentano sui social. Voto 6, 5

Egonu, scesa dall’Olimpo, voto 8

La pallavolista Paola Egonu ha l’atteggiamento di chi scende dall’Olimpo e si fa un giro all’Ariston. In abito mono spalla Armani da statua greca Giorgio Armani. Voto 8

Tananai gentiluomo, voto 6

Tananai in doppiopetto scozzese con i bottoni dorati più che per l’Ariston sembra pronto per il matrimonio del fratello. Elegante lo è senza dubbio, un gentlemen anche se ha un po’ esagerato con la piega. Voto 6

Levante, la gioia del corpo, voto 7

«Vivo un sogno erotico. La gioia del mio corpo è un atto magico», canta Levante scatenandosi su zatteroni con short micro operato e tuta in voile. Un’altra versione contemporanea di Raffaella. Voto 7.

Måneskin da rodeo, voto 7

I Måneskin modello rodeo in Gucci (Damiano David ,voce, Victoria De Angelis, basso, Thomas Raggi, chitarra, ed Ethan Torchio, batteria) danno la scossa alla platea dell’Ariston un po’ ingessata. Alla fine Damiano toglie il giacchino, resta a torso nudo tatuato e la temperatura sale. voto 7

Sangiovanni e Morandi, fratelli diversi, 7

Sangiovanni rivoluzionato sembra il fratello diverso di Morandi. Duetta «Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte», si diverte e conferma il suo talento.Voto 7

Madame tra il bene il male, voto 7

Madame ha il coraggio di cambiare e il suo look iper femminile tra gli anni Settanta e i Novanta la premia. Canta Il bene e il male, ma per il look è promossa. Voto 7

Lazza fa jogging, voto 5/6

Lazza è l’unico che Gianni Morandi saluta con Hey Bro. Indossa completo di maglia burgundi Missoni ed è decisamente a suo agio; peccato per le scarpe da running. Voto 5/6.

Elodie, nude look femminista, voto 9

Elodie alla terza serata è già la vincitrice assoluta, almeno per quanto riguarda il look. Disinvolta, chic in qualsiasi grado di trasparenza (è in Attico). «Canto un pezzo sui diritti, in qualche modo è un pezzo femminista - dichiara -.Sono sempre stata una eterna seconda, ma va bene così. Intanto indosso bei vestiti, mi trucco e mi diverto». Da 9 (Peccato per l’eccesso di gel e spalmatura oro).

Giorgia perfettina, voto 7

Giorgia è il simbolo della raffinatezza, scende le scale in total black stile Audrie Hepburn. Un po’ perfettina, ma Giorgia è Giorgia. Voto 7

Marco Mengoni romantico rock, voto 8

Marco Mengoni struggente con Due vite strappa la standing ovation. E noi gliela facciamo anche per il look romantico rock Versace (e gioielli Tiffany). Voto 8

Egonu, le phisique dul role, voto 8

Gianni Morandi e Paola Egonu si scambiano età e altezza in diretta mondiale. «Sono alta 1 metro e 93 e ho 24 anni» dice la campionessa. Io sono a 78 e arrivo a 173 cm. Ecco pronto un gradino, espediente per stringersi in un lento. La pallavolista è la musa di Giorgio Armani per Emporio. Del resto ha le phisique dul role. Voto 8

Colla Zio, da ri-vestire, voto 4/5

Il gruppo musicale hip hop Colla Zio canta «Non mi va». E forse lo hanno pronunciato anche quando qualcuno ha cercato di vestirli da festival. Voto 4/5

Coma Cose, da ravvivare, voto 5/6

I Coma Cose cantano «L’addio non è una possibilità» e annunciano che si sposeranno. Lo stile un po’ Addams family necessita di essere ravvivato, almeno in quell’occasione. Voto 5/6.

Leo Gassman in canottiera, voto 5

Leo Gassman canta Terzo cuore in canottiera, ma sembra uscito da una pubblicità degli Anni 80 e nei panni del modello edonista è poco credibile. Voto 5

Rocìo Munoz Morales osa, voto 7

Rocìo Munoz Morales arriva insieme a Massimo Ranieri vestito da cameriere per presentare lo spettacolo «Gli italiani hanno sempre ragione». Lei è in Armani Privé con abito scultura e l’immancabile scollatura a vita ormai un classico di questo festival. Voto 7

I cugini di campagna da Las Vegas, voto 5

I Cugini di campagna replicano per quattro lo stesso look brillantato da varietà e sono già pronti per uno show a Las Vegas. Voto 20 (5 parimerito)

Anna Oxa homless di lusso, voto 5/6

Cappottone esagerato metal, pantalonacci, scarpe grosse e pure la coppola in testa: Anna Oxa vestita da homless di lusso con la sua lunghissima chioma ghiaccio canta Sali e conquista la platea. Voto 5/6 al new grunge

Ariete, garçonne, voto 6

Ariete cante un Mare di guai scritta con il re dell’indie Calcutta sul tema dell’amore tra due giovani donne. Melodia pop e stile garçonne con coppola. Non è da Festival, ma da Ariete sì. Voto 6

Gianmaria cherubino scapigliato, voto 6

Gianmaria canta «in corsivo» e per i non coetanei è una barriera, scrivono sui social. Per cantare Mostro si è vestito da Cherubino (scapigliato). Voto 6

Articolo 31, diavoli mansueti, voto 5/6

Un bel viaggio (nell’amicizia) è quello che fanno a Sanremo gli Articolo 31. Di rosso vestiti da capo a piedi, ma sono diavoli mansueti. Voto 5/6

Shari, Eva Kant in bilico sui plateaux, voto 6

Shari si è vestita di vinile e fa la Eva Kant in rosso. Del resto canta Egoista, ma poi indugia sui plateaux tacco 13. Voto 6

Mr. Rain, supereroe in gessato, voto 6-

Mr. Rain con i suoi Supereroi conquista il secondo posto in classifica nella terza serata. Capelli platino e gessato over, in quanto a stile non è sul podio. Voto 6. Per la cronaca, è ingioiellato Damiani

Marco Zonetti per Dagospia il 10 febbraio 2023

Terza serata del Festival di Sanremo 2023 e quindi lunga maratona canora di rito con le esibizioni di tutti i cantanti in gara, che più o meno hanno mantenuto lo stesso stile sfoggiato nelle due tappe precedenti, confermando in alcuni casi i guizzi di eleganza e in altri le cadute di tono.

 Partiamo come sempre dai conduttori. Amadeus, ahinoi, ha perseverato con le sue giacche sbrilluccicose di Gai Mattiolo, che adombrano quelle ostentate da Ezio Greggio in versione "imbonitore" nella sua asta tosta al Drive In, mentre il compagno di avventura Gianni Morandi è rimasto come al solito impeccabile nei suoi look Giorgio Armani.

Il re degli stilisti è stato scelto anche dalla co-conduttrice della serata Paola Egonu che, assai più disinvolta di Francesca Fagnani la sera precedente, ha calcato inaspettatamente il palco dell'Ariston come se vi fosse nata. Il primo look targato Giorgio Armani è stato un abito monospalla bianco perla effetto "divinità" greca che ricordava molto le creazioni di Madame Grès. Di meglio, la pallavolista non poteva scegliere per la sua prima apparizione. La seconda mise, nera e luccicante di paillettes, era griffata invece Emporio Armani, e composta da giacca morbida e pantaloni oversize. Il terzo abito, sempre Emporio Armani, è invece in velluto nero con una scollatura profonda, questa volta poco donante per l'atleta.

 Paola e Chiara, di nuovo in Dolce & Gabbana, abbandonano i look da "sfere stroboscopiche" della sera prima e si fasciano questa volta in aderenti abiti di pizzo nero dalle sensuali trasparenze e impreziosite da glitter, che luccicano in concerto con le collanone di Swarovski. Il pubblico approva.

 Mara Sattei in Giorgio Armani Privé è nuovamente una delle protagoniste più eleganti della serata con i suoi gioielli Chopard a ornare il completo di taglio maschile in velluto nero, e il top con cristalli dalla sfumature blu sotto la giacca con i rever in satin. Promossa a pieni voti.

 Rosa Chemical (pseudonimo di Manuel Franco Rocati) resta fedele alla griffe Moschino e, top in vinile rosa sotto un completo viola strizzato in vita da una cintura/corsetto nera in tono con guanti lunghi in vernice nera, ha interpretato con la solita verve il brano dal titolo "Made in Italy". Un po' geisha, un po' Willy Wonka, dubitiamo che il ministro Urso di Fratelli d'Italia lo chiami mai come testimonial del suo dicastero…

Gianluca Grignani in John Richmond si presenta in giacca bianca, pantalone aderente nero e camicia bianca fregiata dalla scritta No War (no alla guerra). Non esattamente la mise più glam che ci sia, ma Gianluca ha l'eleganza di chi riprova ad alzarsi dopo una caduta ed è di classe a prescindere. Trenta e lode con abbraccio accademico.

 Levante (al secolo Claudia Lagona) torna sul palco dell'Ariston con i capelli, un tempo corvini, decolorati biondo-arancio e le sopracciglia scomparse, simile a una Lady Gaga agli esordi. Ma con quelle sue culotte con cristalli, i sandaloni in velluto e la camicia dalle strategiche trasparenze, tutto griffato Etro, ancora una volta è una delle più carismatiche ed eleganti del Festival 2023. Dove si firma per averla presentatrice il prossimo anno?

Tananai (vero nome Alberto Cotta Ramusino) firmato Gucci sembra ispirarsi ai cantanti americani degli anni '50 con il suo completo doppiopetto a quadri dai bottoni dorati, e se l'anno scorso si piazzò ultimo nella classifica canora, quest'anno è ai primi posti di quella dell'eleganza. Ci piace.

 Sempre per la serie "ma come ca… spita te chiami?", il giovane Lazza (alias Jacopo Lazzarini) si esibisce tutto di bordeaux vestito, completo, T-shirt, scarpe, finanche gli occhiali. E con tanto di gioielli Cartier, a dimostrazione che i diamanti non sono migliori amici soltanto delle donne. Il look è piuttosto impegnativo ma il ragazzo ha carisma e lo indossa con sicurezza. Come dicono a Roma, J'ammolla.

LDA, ovvero Luca D'Alessio figlio di Gigi, è simpatico ed educatissimo. Il completo scelto, blu con gli immancabili  cristalli, sempre di Marsem, è però troppo simile a quello della prima esibizione e non convince. Peccato perché la sua presenza scenica meriterebbe di essere maggiormente valorizzata.

I Maneskin tornano per la terza volta consecutiva a Sanremo, i maschi in completi identici dai dettagli pitonati e Victoria con body scosciato e stivaloni anch'essi pitonati, tutti (s)vestiti Gucci. Nulla per cui strapparsi i capelli.

 Madame ricompare sul palco dell'Ariston nuovamente griffata Off-White e ancora una volta non passa inosservata. Top asimmetrico, hot pants e stivaloni, tutto d'un suggestivo color blu elettrico, il look è quasi un ossimoro come il titolo della sua (bella) canzone "Il bene nel male". La si odi o la si ami, la ventunenne Francesca Calearo in arte Madame si staglia nella banalità dilagante e rimane impressa. Nel bene e nel male, qualunque cosa si metta addosso, c'ha ragione lei.

Per duettare con Morandi in Fatti mandare dalla mamma, Sangiovanni – ovvero Giovanni Pietro Damian, già protagonista di Amici – lascia a casa felpe e bandane, s'infila in un completo da sera di Giorgio Armani e fa un gran figurone. È inutile: Maria De Filippi ci vede lungo.

 Ultimo - Niccolò Moriconi - abbandona (finalmente) il look "mai uscito da San Basilio" e sceglie un completo in pelle di Emporio Armani. Come Rossella O'Hara con le tende, a prima vista pare essersi messo addosso un divano di Poltrone e Sofà (sponsor di Sanremo), ma l'effetto in fin dei conti non stona. Ed è senz'altro un passo avanti rispetto allo smanicato tristarello della prima esibizione…

Che dire di Elodie (Di Patrizi) se non che ogni volta è sempre una "strafiga"? Dopo il look "cigno nero" della prima esibizione, ieri è apparsa strizzata, le spalle nude, in un tubino sopra il ginocchio dalle audaci trasparenze con scarpe dal tacco "scultura". La griffe? The Attico. I gioielli? Tiffany. Chapeau, direbbe Loretta Goggi. Non si è capito però perché Giorgia, che vedremo più avanti, è stata ripresa da più angolazioni e invece per Elodie, che avrebbe meritato, le riprese sono rimaste statiche. In ogni caso, come al solito, una delle più eleganti.

Mr. Rain, alias Mattia Balardi, con la chioma decolorata (meglio di Levante…) stile Rutger Hauer di Blade Runner, si è presentato con un gessato oversize firmato GCDS, sfoggiando gioielli Damiani. Bene le maxi scarpe a sdrammatizzare la seriosità del completo. Un look interessante che ieri sera "non si è perso nel tempo come lacrime nella pioggia". Attento però ai bambini che finiscono sempre per rubare la scena.

 Giorgia (Todrani) abbandona la mise da Baby Spice fuori tempo massimo e questa volta sceglie uno splendido abito nero di Dior in velluto, senza spalline. Elegantissima. Peccato però che la banalità della canzone strida con la sua voce fantastica e che paradossalmente infici anche l'effetto del vestito. Per motivi ignoti poi, a differenza della ripresa statica usata per Elodie, Giorgia è stata seguita dalle telecamere con movimenti di macchina che neanche Stanley Kubrick in Barry Lyndon. Ma così, annoiati dalla canzonetta, almeno ci siamo potuti godere lo splendore della creazione Dior in tutte le sue angolazioni.

I Colla Zio, vestiti Iuter, Arthur Arbesser, Marcelo Burton e Huf, hanno portato tutto l'anticonformismo dei loro vent'anni sul palco dell'Ariston riuscendo in un primato assoluto: ovvero presentarsi con le Crocs. Praticamente in ciabatte, e con il loro "pugno in un occhio" di colori, i cinque giovanissimi membri del gruppo - Tommaso Bernasconi, Andrea Malatesta, Andrea Arminio, Francesco Lamperti e Tommaso Manzoni - sembravano usciti da un pigiama party. Ma viva la simpatia.

 Marco Mengoni ci ha preso gusto e, diabolicamente, persevera. Dopo aver sfoggiato nella prima esibizione un look "gay leather" a metà tra i Village People e le atmosfere del film Cruising con Al Pacino, ieri si è ripresentato in scena vestito di pelle con un capo della collezione Primavera/Estate 1993 di Versace. Gilet e pantaloni borchiati, rievocava il periodo sexy macho di George Michael, con un look senz'altro divisivo nella sua audacia. In finale si presenterà forse in harness, la classica imbracatura in pelle e borchie sfoggiata dai macho barbuti nei locali hard gay? Al pensiero, gli illustri omo-estimatori che popolano le prime file dell'Ariston già si leccano i baffi…

Lorenzo Urciullo e Antonio di Martino in arte Colapesce Dimartino si ripresentano all'Ariston con i loro sobri ed eleganti completi Paul Smith e l'adorabile aria stralunata di due "creativi" meridionali imbucatisi in un cocktail di lavoro milanese. E ancora una volta se la cavano alla grande.

 Nella loro seconda esibizione i "gotici" Coma Cose riportano a Sanremo la creatività della compianta Vivienne Westwood, entrambi in un "funereo" nero malgrado abbiano annunciato le loro nozze imminenti. Si preparano forse per un matrimonio celebrato a casa Addams? Pure il titolo della canzone, "L'addio", non è certo di buon auspicio per una coppia in procinto di convolare. Ma a parte gli scherzi, Francesca Mesiano e Fausto Zanardelli sono ancora una volta fra i più eleganti – e amabili – di questa edizione di Sanremo.

Secondo indiscrezioni dietro le quinte, prima di salire sul palco Leo Gassmann è stato costretto a sfilarsi la giacca del completo Givenchy poiché fregiata da un logo troppo vistoso. Di conseguenza il virgulto romano ha fatto la sua apparizione in canotta bianca, pantaloni, catenona al collo e braccia scoperte. E contemplando quel giovane "Stanley Kovalski de Trastevere", sempre nelle prime file dell'Ariston sono stati in molti – maschi e femmine – a prendere "un tram chiamato desiderio"…

 Rocío Muñoz Morales, che nel 2015 condusse uno dei Festival targati Carlo Conti, è ricomparsa sul "luogo del delitto" in un elegantissimo abito nero di Giorgio Armani Privé che lasciava scoperte le braccia, e illuminata dai gioielli di Pasquale Bruni. Che dire? Un momento di assoluto splendore.

In completo gessato e camicia in satin rosa confetto griffati Canaku, Olly - alias Federico Olivieri - si sentiva probabilmente troppo "in-gessato" e in men che non si dica si è sbarazzato della giacca. Non male però il look, prima e anche dopo.

Capelli arruffati, cardiganone in lana consumato, pantaloni logori, l'aria trasandata di chi per vestirsi ha forzato un contenitore di abiti usati, Anna Oxa persevera nel suo look da "gattara" e lo porta a nuove vette (o abissi). Il voto potrebbe essere dieci e al tempo stesso zero… Anche il titolo della canzone, "Sali", è ambiguo. È da intendersi come imperativo del verbo salire o come sostantivo, ovvero quelli che dovremmo prendere per riaverci dal mancamento ogni volta che arriva lei sul palco? Nel dubbio amletico, come per i testi delle sue più recenti canzoni e le sue ultime dichiarazioni, abbandoniamo ogni tentativo di comprendere e possiamo solo prendere atto della nostra limitatezza.

 Dopo essere caduti in candeggina nella prima serata, gli Articolo 31 (J-Ax ovvero Alessandro Aleotti e DJ Jad al secolo Vito Luca Perrini) alla loro seconda esibizione sembravano scappati dal set di un film di Tarantino con i loro completi oversize di Iceberg rosso sangue. Ma, simpatici e auto-ironici, sono risultati anche eleganti. Evitino però di presentarsi così acchittati in Spagna nei pressi di una corrida onde evitare pericolosi incontri ravvicinati con i tori.

E dopo i tori, ecco giustamente arrivare Ariete, pseudonimo di Arianna Del Giaccio. La giovanissima interprete ha abbandonato la giacca in vernice della prima esibizione e si è presentata sul palco in giacca oversize e bermuda "con tagli a vivo", il tutto impreziosito da una catenona al collo con ciondolo metallico gigante a cuore. Con quella sua aria da Betty Boop uscita dritta da un fumetto, la ragazza non dispiace. Anzi.

 Nel Festival dei nomi più astrusi, non poteva mancare Sethu che per la terza serata del festival ha sfoggiato una mise bianco e nera di DROMe, con spillona di Radà, guanti firmati Annakiki e i piedi calzati in Sonora Boots. Con il suo taglio di capelli "a scodella" (che lo rende molto somigliante all'ex social media manager di Salvini, Luca Morisi), il savonese Sethu, al secolo Marco de Lauri, ha un look singolare e insolito che denota gusti non banali. Benché risulti al momento ultimo in classifica, insomma, è da tenere d'occhio.

Shari, dal canto suo, lascia a casa la mise leopardata stile Sheena regina della giungla della prima esibizione e si presenta, con altrettanta audacia, strizzata in un abito di Dolce & Gabbana in vernice rossa sopra i collant neri. Può permetterselo, e Shari Noioso - questo il suo vero nome - è tutto fuorché noiosa. Specie per i maschietti etero che hanno articolarmente apprezzato. 

 L'efebico e diafano Giammaria (Volpato) torna sul palco dell'Ariston con una mise total white di MSGM. T-shirt a maniche lunghe e pantaloni a vita bassa, lasciando strategicamente a vista l'elastico dei boxer, è il lato opposto della mascolinità rispetto a Mengoni. Perfetto per gli estimatori di Tadzio di Morte a Venezia.    

 I Cugini di Campagna sono immutabili per definizione ed eccessivi per antonomasia: stile anni Settanta, capelli lunghi, zeppone, sbrilluccichii di paillettes, colori sgargianti. Pare che James Cameron, avvertito da un amico italiano, abbia guardato le loro esibizioni e li voglia ingaggiare come protagonisti di Avatar 3 così da risparmiare sugli effetti speciali. A parte l'ironia, come non amarli?

Emporio Armani è di nuovo la scelta di Kekko dei Modà (alias Francesco Silvestre), che insiste però con il gilet senza giacca, questa volta indossato su camicia bianca e cravatta scura. Come per la prima esibizione, l'effetto fa molto veglione di fine anno in crociera aziendale. Sul Titanic, però.

 Anche il quasi 24enne Will, al secolo William Busetti, sceglie Emporio Armani e precisamente una camicia scollata a V blu scura con pantaloni cargo oversize. Non male ma niente di che, e tuttavia il ragazzo è giovane e gli si perdona una mise non indimenticabile. 

LA SCALETTA.

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

I VOTI.

LA SCALETTA.

Sanremo 2023, la scaletta della quarta serata: l’ordine di uscita dei cantanti, cover e duetti, gli ospiti. Vito Califano su Il Riformista il 9 Febbraio 2023

Quella di venerdì 10 febbraio sarà la serata dedicata alle cover e ai duetti al Festival di Sanremo. Penultima serata della cinque giorni di kermesse, si esibiranno tutti i 28 cantanti Big in Gara. Sul palco con il direttore artistico Amadeus, il co-conduttore Gianni Morandi e Chiara Francini. Atteso sul palco il cast della serie tv fenomeno del momento, Mare Fuori, che canterà la canzone-sigla della fiction.

Per quanto riguarda la gara: ogni cantante si esibirà in una canzone pubblicata tra il 1960 e il 2009, anche in lingua straniera, con la possibilità di accompagnarsi ad altri artisti. Per l’occasione le votazioni funzioneranno con un sistema misto: il Televoto avrà un peso del 34%, i giornalisti del 33% e la Demoscopica del 33%. Anche la serata delle cover, quindi, peserà sulla classifica finale: la nuova classifica di fine serata farà media con le precedenti.

La lista dei duetti dei cantanti in gara (l’ordine di uscita sarà ufficializzato nelle prossime ore):

Anna Oxa & Iljard Shaba – “Un’emozione da poco” (Anna Oxa)

Ariete & Sangiovanni – “Centro di gravità permanente” (Franco Battiato)

Articolo 31 & Fedez – Medley Articolo 31

Colapesce Dimartino & Carla Bruni – “Azzurro” (Adriano Celentano)

Colla Zio & Ditonellapiaga – “Salirò” (Daniele Silvestri)

Coma_Cose & Baustelle – “Sarà perché ti amo” (Ricchi e Poveri)

Elodie & BigMama – “American woman” (Lenny Kravitz)

Gianluca Grignani & Arisa – “Destinazione paradiso” (Gianluca Grignani)

Gianmaria & Manuel Agnelli – “Quello che non c’è” (Afterhours)

Giorgia & Elisa – “Luce (Tramonti a nord est)” (Elisa) / “Di sole e d’azzurro” (Giorgia)

I Cugini di Campagna & Paolo Vallesi – “La forza della vita” (Paolo Vallesi) / “Anima mia” (I Cugini di Campagna)

Lazza & Emma & Laura Marzadori – “La fine” (Nesli, reinterpretata da Tiziano Ferro)

LDA & Alex Britti – “Oggi sono io” (Alex Britti)

Leo Gassmann & Edoardo Bennato & Quartetto Flegreo – Medley di Edoardo Bennato

Levante & Renzo Rubino – “Vivere” (Vasco Rossi)

Madame & Izi – “Via del campo” (Fabrizio De Andrè)

Mara Sattei & Noemi – “L’amour toujours” (Gigi D’Agostino)

Marco Mengoni & Kingdom Choir – “Let it be” (The Beatles)

Modà & Le Vibrazioni – “Vieni da me” (Le Vibrazioni)

Mr. Rain & Fasma – “Qualcosa di grande” (Cesare Cremonini)

Olly & Lorella Cuccarini – “La notte vola” (Lorella Cuccarini)

Paola & Chiara & Merk & Kremont – Medley di Paola & Chiara

Rosa Chemical & Rose Villain – “America” (Gianna Nannini)

Sethu & Bnkr44 – “Charlie fa surf” (Baustelle)

Shari & Salmo – Medley di Zucchero “Hai scelto il diavolo in me”

Tananai & Don Joe & Biagio Antonacci – “Vorrei cantare come Biagio” (Simone Cristicchi)

Utimo & Eros Ramazzotti – Medley di Eros Ramazzotti

Will & Michele Zarrillo – “Cinque giorni” (Michele Zarrillo)

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Sanremo 2023, la quarta serata: Mengoni vince la serata delle cover e rimane in testa nella classifica generale. Matteo Cruccu, inviato a Sanremo Il Corriere della Sera il 10 febbraio 2023.

Nella quarta serata del Festival di Sanremo duetti e cover, su Rai 1, ad affiancare Amadeus la co-conduttrice Chiara Francini

La quarta serata di Sanremo è dedicata a cover e duetti. La co-conduttrice che affianca Amadeus e Gianni Morandi è l’attrice Chiara Francini ha fatto il suo monologo sulla maternità mancata. E Marco Mengoni si è aggiudicato anche la serata delle cover , oltre a consolidare il primo posto nella classifica generale

Ore 19:31 - Pacco bomba vicino alla stazione

Allarme a Sanremo prima dell’inizio della quarta serata: un pacco bomba è stato ritrovato nei pressi della stazione intorno alle 17. Il pacco conteneva proiettili, ma non aveva innesco ed è stato esaminato dalle forze dell’ordine. La zona è stata brevemente isolata. Potrebbe trattarsi di un’azione dimostrativa, le indagini sono in corso

Ore 20:12 - L’Ariston non è più un’isola

Allarme rientrato, l’atmosfera di Sanremo volge dunque di nuovo al festoso. Anche se rispetto ad altre edizioni, questa è stata intensamente politica: a partire dal prima video poi lettera, le contromanifestazioni annunciate, il duello Salvini-Amadeus, le bordate di Fedez. L’Ariston non è più un’isola a sé ma viene traversato anch’esso dalle inquietudini del Paese reale

Ore 20:31 - Un superfestivalbar

Ma ora si torna alla gara, in quella che, ormai tradizionalmente, è una delle serate più divertenti del Festival. Perché scorrono i brani della nostra storia, i cantanti lasciano le tensioni in camerino, si divertono con i loro ospiti e la musica diventa decisamente protagonista. E poi, via, ci saranno Ramazzotti, Elisa, Manuel Agnelli, Carla Bruni: Sanremo diventa una sorta di superfestivalbar

Ore 20:35 - Il dominatore Mengoni

Ed è anche tempo di classifiche: lo diciamo dall’inizio, il candidato Papa di questo Festival rimane il cardinal Mengoni. Che ha superato anche le forche caudine del televoto, dove, per carità, anch’egli poteva contare su una nutritissima fanbase, ma per esempio Ultimo e il sorprendente Mr.Rain hanno scalato numerose posizioni. Però il primo è sempre lui

Alle 20.45 parte dunque il quarto round del Festival, quest’anno meno sbrodolamenti rispetto che in passato, anche se difficilmente si è chiuso prima delle due. Poco male, il Morandi sempre più centrale nella narrazione di questo Sanremo, col suo non prendersi mai troppo sul serio, arriva in tenuta da footing. E si comincia per davvero.

Ore 20:44 - Il corridore Morandi

Ore 20:55 - A confronto con i monumenti

Hanno meno di vent’anni entrambi e si cimentano subito con un gigante che, ahinoi, ci manca tantissimo: Franco Battiato. Ariete e Sangiovanni: la prima non sfigura al confronto, il secondo sì, con due o tre stecche. Però alla fine quel che conta è la scelta dei numi tutelari. E quindi, dai, perdonabili

Ore 21:01 - Il ritorno di Zarrillo (barricadero)

Il giovane Will chiama un veterano di questo palco, Michele Zarrillo, che lo accompagna al piano. E quando si alza in piedi, un po’ lo sovrasta con la celebre ugola urlante e l’altro finisce sullo sfondo. Tutto sommato però s’intendono. E Zarrillo si rivela perfino barricadero quando sul finale invita «tutti a lottare per i diritti».

Ore 21:07 - Non si scherza più

Un aggressivissima Elodie mette in campo esplosività e voce nerissima, come una vera soulwoman della Motown, in una versione azzeccata dell’American Woman che in molti abbiamo conosciuto attraverso il testimone di Lenny Kravitz. Big Mama è ottima comprimaria. Qui insomma non si scherza più.

Ore 21:15 - Eterno Peppino

Ed è il momento di un nostro grande chansonnier, Peppino Di Capri che, per quindici volte, è venuto da queste parti, vincendo due volte. Pare non in ottima forma, gli 83 anni si fanno sentire ( e pare abbia avuto anche un malore in questi giorni), ma il pubblico si scioglie di fronte all’eterna Champagne e tributa una standing ovation al grande artista napoletano.

Ore 21:27 - La quarta dama

E tocca alla quarta dama del Festival, Chiara Francini: dopo Ferragni, Fagnani ed Egonu tocca all’attrice toscana. Che ha decisamente un altro passo rispetto alle tre: si prende subito il palco giocando a fare la carampana. Ofelee fa el to mestee, si dice, sempre, a Milano. E la ragazza il ritmo lo sa tenere.

Ore 21:34 - Cuccarini ineccepibile

Era caduta la Cuccarini durante le prove? Non ce n’eravamo accorti. E lei è ineccepibile nella performance e nel canto. Meno comprensibile la scelta, di lui, di usare e abusare di questo benedetto autotune, messo sempre un po’ a casaccio, anche dove non serve.

Ore 21:37 - Dalla periferia al centro

Arriva uno dei momenti più attesi della serata: Ultimo incontra Ramazzotti ed è la celebrazione delle periferie romane che si fanno centro, a distanza di generazioni. Potrebbe sembrare un combo un po’ telefonato, ma i due si trovano alla perfezione. Anche quando Eros dimentica un passaggio di «Un’emozione per sempre» e l’altro lo sostiene.

Ore 21:51 - Emma concitata

In gara ha impressionato per come ha saputo cambiare registro l’hitmaker Lazza, cercando di conquistare pubblici diversi dal suo, con il suo urban rap: meno convincente la scelta della cover, un trascurabile Nesli, dove la sempre concitata Emma non sembra aggiungere molto

Ore 21:59 - Antonacci sfotte Antonacci

Quanto è cresciuto Tananai, dal pulcino nero dell’anno passato: ironizza su sé stesso e riesce a convincere anche Biagio Antonacci a farsi prendere in giro con quel vecchio brano sfottente di Cristicchi. Poi quando il più anziano cante le sue, di canzoni, il ragazzo si mette al servizio. E la barca va.

Ore 22:10 - L’altra coppia

Francini torna sul palco, canticchiando e ironizzando sulla chiamata di Amadeus. Poi scende in campo la seconda coppia di questo Festival, dopo i promessi sposi Coma-Cose: Salmo smette i panni del rapper brutto e cattivo e guarda negli occhi la sua bella , Shari, sfoderando un’attitudine soul che non gli conoscevamo.

Ore 22:18 - Una simpatica gazzarra

Ecco un altro protagonista di questo Festival, il Grignani allegro, triste, pacifista, grande vecchio. Si porta Arisa sul palco e rispolvera il sommo Vessicchio (accolto da standing ovation) e la sua «Destinazione paradiso»: lei sembra un po’ prenderlo per mano con la sua voce perfetta, mentre la sua svaria, non sempre con successo, da una tonalità all’altra, da un umore all’altro. Insomma, una simpatica gazzarra.

Ore 22:24 - Il dramma delle foibe

Archiviata la sarabanda Grignani, Amadeus si fa serio e legge un testo sul dramma delle foibe, la tragedia degli italiani in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia per la giornata del ricordo. La storia con le sue ferite attraversa ancora il palco dell’Ariston

Ore 22:36 - Leo porta Bennato

Dopo il momento Suzuki con i Rappresentante di Lista, primattori in questi ultimi anni anche dentro l’Ariston, arriva uno dei nostri grandi cantautori, Edoardo Bennato, portato da Leo Gassmann. Inni antimilitaristi, isole che non ci sono, capitani coraggiosi: ogni tanto forse ci siamo dimenticati quanti sogni ci ha regalato Bennato. E quindi bravo Leo.

Ore 22:59 - Gli amici ritrovati

Torna Fedez, dovrebbe limitarsi a inscenare la saga degli amici ritrovati: Dj Jad che si riconcilia con J Ax che fa la pace con Fedez.. Scorre il cazzeggio in rap degli Articolo 31, generazionale per molti e sono tutti contenti. Ma poi non resiste e sulle note di Maria grida «Giorgia Legalizzala» riferendosi alla premier e alla cannabis.

Ore 23:04 - Un’altra gara di bravura

Al giro seguente, si gioca facile. Perché due delle voci più importanti degli ultimi venticinque anni s’incontrano su questo palco: Elisa e Giorgia è una gara di bravura, esattamente come l’altro giorno con Al Bano- Morandi- Ranieri. Ed è, obbligatoria, standing ovation.

Ore 23:11 - Regina Carla

E pure quello successivo è un momento da ricordare. Non per le doti canore, ma per l’eleganza eterna della Premier Dame di Francia Carla Bruni ( si apprenderà poi che l’ex presidente Sarkozy l’ha accompagnata all’Ariston). E intorno alla regina Colapesce e Dimartino sembrano due valletti, anche quando cercano di sfuggire alla loro condizione, issandosi sulle poltrone.

Ore 23:26 - Un falsetto di troppo

Dopo il lancio di «Mare fuori » (questa volta l’effetto marchetta non c’è per niente, perché la serie racconta il dramma del carcere minorile) e i gigioneggiamenti di Chiara Francini, la gara riprende. E sinceramente «La forza della vita» col falsetto dei Cugini di Campagna è un’esperienza che si poteva anche non fare. Il classic «Anima mia» non cancella l’imbarazzo precedente.

Ore 23:36 - Non ne sbaglia una, Mengoni

Qui nessun inutile falsetto, questo Mengoni vuole proprio sbancare: non sbaglia nemmeno nella serata delle cover, sfoggiando virtuosismi a ripetizione in una curiosa versione gospel di Let It Be insieme al coro britannico Kingdom Choir . E corre a gonfie vele verso il traguardo finale.

Ore 23:51 - Ritorna Manuel

L’altra volta aveva benedetto i Maneskin nella loro corsa verso l’empireo del mondo. Ritorna Manuel Agnelli e ritenta l’operazione con il giovane gIANMARIA, regalandogli questa volta la sua «Quello che non c’è». La sensazione però è che questa volta il ragazzo sia un po’ più acerbo dei fantastici quattro.

Ore 23:57 - Nulla si aggiunge, nulla si toglie

Il pubblico l’ha premiato issandolo al terzo posto e quindi il pubblico ha sempre ragione. Ma come la canzone con i bambini non sembrava entusiasmante, tanto meno questa versione che nulla aggiunge e nulla toglie al «Qualcosa di grande» del fu giovane Cremonini avvince. Anche se al pubblico piacerà.

Ore 00:05 - Delicata Madame

La tanto discussa Madame man mano che passa il Festival si lascia alle spalle tutte le ombre (compresi i fantomatici bicchieri d’acqua): questa versione delicata di «Via del campo» che evidentemente rimanda al brano in gara è piacevole. E dà l’opportunità a noi, come a casa, di riascoltare l’eterno refrain dei “diamanti da cui non nasce niente e del letame da cui nascono i fior»

Ore 00:12 - Niente effetto sorpresa

Qual era l’idea dietro a questa interpretazione di «Sarà perché ti amo»? Quella di stupire perché i Coma Cose e i Baustelle vengono da tutt’altro pianeta rispetto agli originali Ricchi e Poveri? L’effetto sorpresa, rispetto invece alla bellezza del brano in gara, non c’è e la cover lascia poco traccia

Ore 00:17 - Brava Rose Villain

Ecco un altro che ha voluto stupire in questo Festival e forse c’è riuscito fino a un certo punto: Rosa Chemical inneggia alla libertà, al sesso (e alla fine mostra pure un vibratore) , ma forse la cosa migliore che ci regala con questa versione della Nanniniana «America» è farci apprezzare la voce importante di Rose Villain

Ore 00:27 - Palco affollatissimo

Il palco si affolla all’inverosimile quando i Modà invitano le Vibrazioni al completo per cantare la di loro «Vieni da me». Francesco Sarcina e Kekko Silvestre si sfidano con le loro vocalità importanti e l’orologio torna indietro di almeno vent’anni. Il pubblico gradisce. E canta

Ore 00:38 - Levante vascorossiana

Levante, eccola. Porta il suo iperattivismo sul palco dell’Ariston anche stasera. E a differenza del sovraeccitato brano in gara, qui ben si sposa con la «Vivere» vascorossiana che si presta ai climax tanto cari all’ex giudice di Factor. Per chi ascolta è sì, parafrasandola.

Ore 00:43 - Ricordi di gioventù

Al netto di qualche divagazione barocca, il merito di Anna Oxa che coverizza sé stessa è di ricordarci le canzoni splendide, come «Un’emozione da poco» che ci ha regalato in gioventù, a differenza delle montagne russe di quella presentata in gara. E dopo di lei gli Autogol, i ragazzotti pavesi che a suon di sfottò e imitazioni calcistiche, dopo aver conquistato i social con i loro video si sono presi anche il Prima Festival

Ore 00:53 - Si corre verso il finale

In questa maratona si bypassano velocemente la teenband bnkr che danza intorno a Sethu e il giovane D’Alessio che ,di fatto, si mette di lato per dare a Britti il centro della scena. E la brava e bella Mara Sattei non sbaglia nemmeno qui, interpretando senza nei con Noemi il classicone fine anni’ 90 del povero Gigi D’Agostino (anche se sembra in ripresa) «L’amour toujours», oggi diventato coro da stadio.

Ore 01:21 - Quando si ballava

Paola e Chiara: il brano alla Carrà non ha molto entusiasmato, il tentativo di rinverdire i fasti anni’ 90 non sembra riuscito. E allora quei fasti ce li riportano nella sera delle cover. E per chi amò quel genere danzereccio è un bagno di gioventù

Ore 01:25 - Ditonellapiaga via Colla Zio

Chiara Francini riscende le scale (ma quanto è in ritardo il suo monologo) e presenta gli ultimi del lotto: i Colla Zio, in testa nel lotto degli altrimenti deludenti giovani, ci fanno risentire un’altra pietra miliare di inizio secolo, la «Salirò» di Silvestri. Ma soprattutto riportano sul palco la vocalità avvolgente di Ditonellapiaga, una delle novità più interessanti dell’anno passato.

Ore 01:39 - Le maternità altrui

Come una sentenza, arriva il momento del monologo. Chiara Francini sceglie di dedicare il suo spazio alle maternità altrui, prendendola alla lontana e andando a pescare tra i suoi ricordi di gioventù. Ma in realtà, ricorrendo al registro dell’ironia, in qualche modo parla del proprio disagio. Al di là del contenuto, qui, rispetto agli altri giorni, funziona anche il contenitore: è una signora attrice Chiara Francini

Ore 01:52 - I verdetti

E siamo ai verdetti: come volevasi prevedere Mengoni sbanca pure la serata delle cover, con la sua Let It Be piacevolmente trasfigurata . Una vittoria di tappa che significa il consolidamento in vetta alla classifica generale, sempre di più, mentre lo insegue Ultimo e Lazza scavalca Mr.Rain al terzo posto: il cardinal Mengoni è ormai a un passo dal Pontificato

 (ANSA il 10 febbraio 2023) Un borsello con all'interno dei proiettili, forse polvere da sparo e una sorta di miccia o di innesco, a cui mancava una componente per renderlo esplosivo, è stato trovato nel pomeriggio in una strada a Sanremo, non distante dal Teatro Ariston dove si svolge il Festival di Sanremo.

    Una fonte qualificata ha confermato che sono in corso accertamenti per verificare il potenziale esplosivo del pacco.

    Gli artificieri della polizia hanno già prelevato il pacco. A trovare il borsello sarebbe stato un agente di polizia di un commissariato che si trova a circa duecento metri. Il pacco era a terra in una traversa di via Fiume, a circa 500 metri dall'Ariston, una strada stretta dove erano parcheggiati dei motorini. La procura è stata avvertita ed è in attesa di una prima relazione degli artificieri.

   Nei giorni precedenti il Festival della Canzone le forze dell'ordine avevano predisposto un aumento della sorveglianza in città con un rinforzo degli organici per timore di eventuali azioni degli anarchici che protestano contro il 41 bis a Cospito.

    La via in cui è stato trovato il borsello è fuori dalla ziona rossa allestita come ogni anno intorno al Teatro Ariston dentro la quale si può accedere solo dopo controlli di sicurezza delle forze dell'ordine (ANSA).

  Marco Zonetti per Dagospia il 10 febbraio 2023

Durante le dirette sanremesi dall'Ariston, i balli e i canti dei dirigenti Rai nelle prime file del teatro, stile villaggio vacanze a Mykonos, sono ormai un (triste) spettacolo nello spettacolo che anima le varie tappe della kermesse canora. Sbracciandosi come capistazione su un binario fantasma, e sgambettando come anchilosati eredi di Don Lurio, direttori, vicedirettori, assistenti, consiglieri di amministrazione, conduttori e così via, stipendiati dalla Tv pubblica e quindi in ultima analisi dai cittadini, paiono non aspettare altro che trasferirsi in massa all'Ariston per fare le "pazze" in diretta televisiva.

Peccato però che, discutibili esibizioni a parte, tali transumanze costino, e pure care nel momento in cui risultano essere oceaniche. Nel 2020, l'ultimo Sanremo pre-pandemico quando l'Ad era Fabrizio Salini, la trasferta della miriade di dipendenti Rai, che allora ammontava a ben 500 risorse di cui 44 dirigenti, era divenuta oggetto di un'interrogazione parlamentare del commissario della Vigilanza Michele Bordo (Pd) sullo spreco di denaro pubblico e di una conseguente inchiesta interna a Viale Mazzini. Il tutto finì però a carte e quarantotto allo scoppio della pandemia di lì a poche settimane, con conseguente e provvidenziale insabbiamento.

I due Festival successivi, quelli del 2021 e del 2022, erano ancora soggetti alle misure restrittive anti-Covid e quindi le trasferte erano giocoforza notevolmente ridimensionate. E invece quest'anno, è il caso di dirlo, hanno riaperto le gabbie.

Tenetevi forte, infatti, perché i dati che per l'appunto ci provengono dalla Rai e relativi all'attuale festival in onda in questi giorni sono ancor più raccapriccianti di quelli del 2020. Pare infatti che al momento attuale in trasferta nella località ligure vi sia la cifra spropositata di 1100 dipendenti Rai (dei quali 80 dirigenti, dirigenti-giornalisti). 

Ma l'affare si complica ulteriormente. Non soltanto, infatti, i numeri rispetto al 2020 sono spaventosamente più inquietanti se pensiamo ai costi di tale transumanza a carico nostro (e per giunta in un periodo di crisi nera e di sacrifici), ma a differenza di tre anni fa questo è il primo Festival della storia senza la Commissione di Vigilanza Rai, non ancora ricostituitasi dopo le elezioni del 25 settembre scorso.

Ciò significa che, se i numeri di cui sopra fossero confermati, non vi sarà alcun organo istituzionale a poter chiedere chiarezza sull'ammontare delle spese, con i nostri soldi, destinate quest'anno alla trasferta monstre dei dipendenti Rai. Per il momento, sgomenti, possiamo solo attendere sviluppi e sperare in una smentita.

Estratto dell’articolo di Aldo Grasso per il “Corriere della Sera” il 10 febbraio 2023

 Ci sono alcuni momenti del Festival di Sanremo che sono davvero imperdibili. Per esempio, se solo la regia ci desse una mano, starei ore a osservare la prima fila dell’Ariston […]. Fra quei volti si gioca il destino del Paese: c’è il direttore semiologo Stefano Coletta che, invece di seguire quanto succede sul palco, strapazza di continuo il suo telefonino.

Poi ci sono, ovviamente, Giovanna Civitillo e figli, Paola Perego, Simona Ventura e molte altre persone che non riconosco e che, però, vorrei loro assegnare un nome, tanto per avere un’idea dell’attuale nomenklatura. La prima fila riservata di Sanremo meriterebbe uno studio approfondito per dare un volto a questa nuova «riserva» della repubblica. E la mezz’ora di karaoke che ci hanno regalato i «grandi vecchi» di Sanremo?

 A parte l’esibizione (a 80 anni, o quasi, cantano meglio di molti giovani, persino dei Pooh) la partecipazione collettiva al canto tramite medley è condivisione, è lingua comune, è il vecchio festival, è il popolo (che sta sul pezzo) prima del populismo (che sta sul pazzo).

[…] Se al posto di Amadeus ci fosse ancora Pippo Baudo, so per certo come avrebbe risolto le polemiche create dal fronte anti-Zelensky. Avrebbe invitato sul palco Franco Cardini, Carlo Freccero, Moni Ovadia, Beppe Grillo, Vauro, Fabio Volo, Alessandro Orsini, Tomaso Montanari, Ale Dibba e tanti altri e li avrebbe fatti cantare in coro. Che poi è la loro profonda aspirazione. […] Sanremo ci dice che la tv generalista sarà sempre più ripartita tra una centauresca miscela di quotidianità (una folta trama di segni banali) e l’evento mediale, cioè il quotidiano che diventa effetto speciale.

Estratto dell’articolo di Gianni Barbacetto per “il Fatto quotidiano” il 10 febbraio 2023

[…] Si può fare l’elogio della Costituzione, davanti al padre dell’unità della Nazione arrivato a Sanremo (ora manca solo Papa Francesco), ma non appare un po’ stonata la celebrazione dell’articolo 11 (“L’Italia ripudia la guerra… come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) mentre infuria un conflitto fatto anche con armi italiane?

 Belle le affermazioni di libertà in freestyle, ma come non notare che sono fatte – per fortuna! – non a costo del carcere e della morte, come in Iran, ma dietro fattura allo sponsor Costa Crociere. […]

Al FantaSanremo andrebbe aggiunto ora il FantaGovernodeiFiori, per stabilire chi fa il presidente del Consiglio (Amadeus), il sottosegretario alla presidenza del Consiglio (Lucio Presta), il ministro degli Esteri (l’artista Bruno Vespa, quello che tratta con Zelensky), il ministro dell’Interno e della sicurezza (Blanco), il ministro della Giustizia (Francesca Fagnani), il ministro dell’Istruzione (Roberto Benigni), la ministra della Famiglia con delega alle Pari opportunità (Chiara Ferragni), il ministro delle Politiche sociali e della coesione sociale (Gianni Morandi).

[…] non prendiamolo troppo sul serio: Sanremo è divertente e serve a scatenare ottimi dibattiti politici e sociali, a patto che lo si prenda con ironia e non lo si sostituisca al mondo (della politica, della cultura, della vita) che comunque fa di tutto per non essere meglio di Sanremo.

Estratto dell’articolo di Silvia Fumarola per “la Repubblica” il 10 febbraio 2023

«Penso che sia un festival che tiene insieme tante cose diversissime, un perfetto meccanismo a orologeria. Ci sono i diritti ma non solo quelli». Linus, direttore artistico e conduttore di Radio DeeJay,direttore editoriale delle radio del gruppo Gedi, analizza il festival dei record e delle polemiche.

 Perché fanno così paura i diritti in prima serata?

«Fanno paura ai superficiali. Ma onestamente penso che sia un po’ patetico che si cerchi di affibbiare un’etichetta “di sinistra” a argomenti infilati in questo evento. Il festival è una gigantesca ammucchiata di cose».

 (...)

Però ha senso anche affrontare temi importanti, c’è un pubblico giovane davanti alla tv.

«Certo, indubbiamente: ma è l’onda social che ha travolto anche l’Ariston, e l’Ariston surfa. Parlare di certi argomenti la trovo una scelta che non ha colore. Le dico di più: a me non piace questa cosa cominciata con Fabio Fazio 20 anni fa, che poi è diventata obbligatoria, di portare l’attualità stretta dove si canta. I macro argomenti della nostra esistenza e civiltà non hanno bisogno di essere ospitati ovunque, se non per attirare attenzione. Il fatto che siamo qui a parlarne lo dimostra» .

 Non lo definirebbe il festival dei diritti?

«Tolga una i, è il festival dei dritti. Non è una lettura cinica, la mia. Ma questa è un’operazione fatta col righello, molto misurata, perfetta, dove funziona tutto» .

 Non sarà contrario a parlare in un contesto seguitissimo di argomenti importanti?

«Certamente meglio farlo che non farlo, non voglio passare completamente dall’altra parte. Portare Paola Egonu sul palco è giustissimo, una bellissima cosa. È un personaggio positivo che porta la sua storia, ma non mi pare ci sia un’emergenza» .

Veramente ha detto che l’Italia è razzista.

«Ha ragione, ma sono cose che non cambiano drasticamente: stiamo crescendo e cresceremo» .

 (...)

«Amadeus è diabolico» .

In che senso?

«Lui fa un po’ quello che fa Maria De Filippi: mette insieme tutti gli argomenti, la scaletta è costruita alla perfezione. L’esibizione del trio Morandi Al Bano Ranieri è stata un trionfo, quello era vero sentimento popolare. Amadeus ha ritmo radiofonico, incastra tutti i pezzi. È molto meno egocentrico rispetto a Fiorello o Bonolis. Ed è bravo a fare un passo indietro».

(..)

Molti dicono: Amadeus è il nuovo leader dell’opposizione.

«Amadeus leader della sinistra mi sembra una barzelletta non degna neanche di Salvini». Che ne pensa del momento fuori controllo di Blanco?

«L’indignazione nei confronti di Blanco è una cosa da branco. Ha fatto una gigantesca stupidaggine, voleva fare un richiamo al suo video, poi è venuta fuori una scena fantozziana di cui si pentirà per sempre. Ma è pur sempre un ragazzo. Qualcuno ha cominciato a dire “vergogna” e tutti dietro a infierire».

Sanremo, Day 4. Le canzonette vecchie sono biografia della nazione, ascoltarle non è un’emozione da poco. Guia Soncini su L’Inkiesta l’11 Febbraio 2023

La canzone di Anna Oxa del 1978 e la cover di questa edizione, il lessico famigliare del Festival funziona sempre, anche quando i cantanti scelgono i brani più brutti (figuriamoci quando ripresentano il capolavoro di Fossati)

È il 1978. Anna Oxa è minorenne, è punk, è meno bella di come diventerà da grande. Ma, soprattutto, ha una canzone della madonna. “Un’emozione da poco” l’ha scritta Ivano Fossati, che per una ventina d’anni scriverà le più belle canzoni cantate da femmine in questo derelitto paese: da “Non sono una signora” a “Vola”, da “Dedicato” a “Traslocando” a “Pensiero stupendo”. Se fossi un autore di canzoni ventisettenne, e sapessi che c’è uno che alla mia età, nello stesso anno, scrisse “Pensiero stupendo” e “Un’emozione da poco”, forse farei il concorso alle poste. 

È il 1984. Eros Ramazzotti appare al suo primo Sanremo. Sono seduta sul tappeto in camera dei miei, mio padre è seduto su una Eames nera, guarda il tizio nel televisore e il suo giubbotto sformato, e s’indigna: ma questo pensa d’esser spiritoso, a vestirsi così? Sono ragionevolmente certa che quando, due Sanremo più tardi, Ramazzotti portò una canzone che principiava con «Nato ai bordi di periferia», si stesse giustificando con mio padre perché non aveva messo lo smoking per andare alla televisione. 

È il 2016, vincono gli Stadio col televoto, col mio televoto, unica volta che voto a Sanremo (seconda volta che voto per un programma televisivo, la prima volta era stata per far uscire Adriano Pappalardo dall’Isola dei famosi). Mi ricordo la canzone degli Stadio? Certo che no. Li ho votati perché sono un gruppo di vegliardi e io pure vegliarda? Certo che sì. Ma soprattutto: li ho votati perché la sera delle cover hanno fatto una canzone di Dalla. “La sera dei miracoli”, la più brutta dal suo più bel disco, ma comunque: tu fai un pezzo del disco della mia infanzia e io ti voto.  

La sera delle cover è, ve l’ho già detto troppe volte, la ragione per cui io mi sorbisco Sanremo. A Sanremo lo sanno, e hanno spalmato la serata delle cover ovunque. Che cos’era, giovedì, Morandi che faceva “Fatti mandare dalla mamma”, se non serata delle cover? Che cos’erano, mercoledì, Los Tres Vegliardos, che facevano “Rose rosse” o “Scende la pioggia”, se non serata delle cover? Poiché ogni sera Morandi ruba un pezzetto del sé stesso al Duse, nello spettacolo teatrale in cui raccontava la sua storia, martedì ha anche fatto il pezzo sulle sue canzoni più brutte, e quindi anche lì: serata delle cover. 

Le canzonette, ve l’ho già detto troppe volte, sono lessico famigliare. Ma anche, scusate la banalità, sono biografia d’una nazione. Le canzonette vecchie funzionano quasi sempre. Le eccezioni sono pochissime. La moratoria necessaria sulle cover di De André (direi una ventina d’anni, forse trenta). E, Gianni Morandi, guardami negli occhi: Dalla fatto a medley no. “Piazza grande” è la canzone che mi fa più piangere di tutti i tempi, tu devi farmela intera. 

Per il resto, le canzoni vecchie sono un problema solo se non hai un repertorio. Se non sei non dico venerato maestro ma almeno solito stronzo. Le brillanti promesse, nella serata delle cover, partono svantaggiate. Se non sei Anna Oxa e non hai “Un’emozione da poco” da portare, farai meglio ad affidarti ai classici. 

Ultimo lo sa, e quindi si affida ai bordi di periferia dove i tram non vanno avanti più. Sarebbe il duetto più riuscito della serata, se fosse un duetto. Invece è Eros che divora Ultimo, l’Ariston che si ravviva (e chi c’è stato sa quant’è difficile) e squarciagola «grazie di esistere», io che mi ricordo di quando venti e spicci anni fa “Più bella cosa” la mettevo alla radio, ma in spagnolo: ancora più burina, ancora più squarciagolabile. 

Colapesce e Di Martino lo sanno, e all’esame delle cover portano “Azzurro”, e portano Carla Bruni. (È il 1999, e sul palco dell’Ariston c’è Gorbaciov. È il 2023, e dietro le quinte dell’Ariston c’è Sarkozy che ha accompagnato la moglie). Carla Bruni, che ha lo sprezzo per l’era della suscettibilità che può avere solo una che vive a Parigi, appare – bella com’è sempre – in una tutina Versace di raso di velluto di quelle che devi pesare un chilo e mezzo da bagnata per potertele mettere. E infatti la mattina ha scritto su Instagram: «Ho digiunato due settimane solo per entrarci dentro». Le adulte che la vedono, la sera, pensano: ne è valsa la pena. Ma le militanti dell’indignazione intanto gliele hanno cantate, ah sì, è inaccettabile che una mangi o non mangi un po’ quel che le pare per entrare in un vestito. 

«Non si dice. Anche fosse vero, e spero proprio di no, non si dice!» (l’ha scritto tutto in maiuscole, per meglio veicolare indignazione). «È bizzarro che tu debba adattare il tuo corpo a un capo d’abbigliamento, perché non l’hanno fatto della tua taglia?» (questa mi gioco un McQueen vintage che non è mai andata in tv). «Volevo ricordarle signora Bruni che i disturbi alimentari sono una delle piaghe di maggior rilievo in questo periodo storico» (le mistiche che digiunavano nel Cinquecento in effetti non avevano Instagram; non avevano neppure Versace: chissà cosa digiunavano a fare). 

Lo sa pure Will, chiunque egli sia, che si porta Zarrillo che voi non pensate sia vostra biografia, voi negate d’essere state ventiequalcosenni che squarciagolavano «in me, non cicatrizzi mai», voi siete di squisita busciardìa. Olly, chiunque egli sia, lo sa, e si porta la Cuccarini, con quel motivetto moschicida di cui non siamo mai riuscite a imparare il balletto che è “La notte vola”. E Mr. Rain, un altro di quelli che non so chi siano e son troppo vegliarda per imparare, chissà se sa che “Qualcosa di grande” non è solo una canzone dei Lùnapop: per noialtre vegliarde, è la colonna sonora della storia di non amore tra Cristina-la-bagnina e Pietro Taricone. 

Poi arriva Anna Oxa. Non è più minorenne, è sempre bellissima, forse è anche ancora punk (punk è per sempre, no?). È fatta a forma di leggenda: l’altroieri nessuno pensava alle canzoni in gara ma tutti a un pettegolezzo su lei e una giovane inutile che dietro le quinte si sarebbero tirate i bicchieri. In caso di rissa, io tengo per lei. 

Ho consumato in vinile “A lei“ e “Quando nasce un amore”, considero “Senza di me” un sommo capolavoro, e se non fosse stato per una musicassetta in cui la Oxa cantava i cantautori non avrei mai scoperto “Prendila così” o “Anima“. 

Tengo per la Oxa del 2023 perché tengo per la me dodicenne che venne sgridata, da un prete sul pullman in gita per Parigi, perché stava trascrivendo sul diario quel verso di “A lei” che diceva «facendole l’amore, togliendole il bicchiere». Tengo per Anna Oxa che rifà “Un’emozione da poco” pur avendo l’età della ragione in cui sai di non essere il recriminatorio io narrante, ma quel farabutto che «non si è mai sentito finito, che non ha mai perduto». Tengo per Anna Oxa che quarantacinque anni fa già sintetizzava un Sanremo da sei ore: la netta differenza tra il più cieco amore e la più stupida pazienza.

Sanremo, guida semiseria alla serata dei duetti. UBALDO BERTI su Il Domani il 10 febbraio 2023

Tutto raddoppia: i cantanti, gli orchestrali, gli Amadeus, anche i punti della nostra guida per entrare nei meandri del Festival ed uscirne non solo illesi ma forse addirittura migliori.

Serata duetti, tutto raddoppia a Sanremo 2023: i cantanti, gli orchestrali, gli Amadeus, anche i punti della nostra guida per entrare nei meandri del Festival ed uscirne non solo illesi ma forse addirittura migliori.

Come si compongono i duetti? Per affinità artistica ma soprattutto per compatibilità di gruppo sanguigno, metti succeda casino.

Manuel Agnelli è qui all’Ariston per duettare con gIANMARIA. Oggi alle prove esibendosi nel suo caratteristico vortice col filo del microfono ha rovesciato la Fanta del biondo dei Cugini di Campagna ed è stato piuttosto imbarazzante vederlo a petto nudo con lo scottex in mano a tamponare il palcoscenico dicendo “se poi c’è da pagare qualcosa tranquilli vi faccio un Paypal”.

Un po’ di cifre: per realizzare il Festival ci vogliono 120 attrezzisti, 1000 mazzi di fiori, 14 autotreni, un conduttore, un teatro, 20 fucili ad aria compressa, un secchio di Lorazepam, 28 cantanti di cui almeno 3 bravi, un tribuno della plebe.

Sethu duetterà con i bnkr44 con un brano dei Baustelle che a loro volta duetteranno con i Coma_Cose con un brano dei Ricchi e poveri che invece sono rimasti a casa perché stasera ci sono Le Iene.

Con tutta questa gente i camerini non bastano più e in cambio dell’ultimo disponibile Elodie ha chiesto a Giorgia il suo talento, ma Giorgia ha declinato dicendo “Amo ma quale talento io tutta fortuna”.

Fantasanremo chissà stasera quante ne succederanno ahahah divertentissimo ma noi del settore preferiamo il giro di allibratori – alcuni armati – che prendono scommesse sulla probabilità che Giovanna Civitillo irrompa sul palco sconvolgendoci con la scossssssa. Io ci credo.

Beppe Vessicchio non dirige più l’orchestra perché negli ultimi anni, dopo aver visto i primi due Harry Potter nel 2019, prima di ogni canzone agitava la bacchetta e lanciava un piccolo “avada kedavra” al direttore di rete, che lì per lì ci rideva ma poi la notte chiamava la moglie piangendo e ripetendo “non capisco perché ce l’abbia con me”.

Anna Oxa duetterà con iLjard Shaba, che per comodità lei chiama “dottore”. 

Apprendo dal capo della sicurezza che la parola d’ordine per sgombrare l’Ariston in caso di incendio o attentato terroristico è “Alessandro Cattelan”.

La quarta serata è un po’ il 15 agosto del Festival, si inizia a realizzare che anche questo Sanremo prima o poi dovrà finire. Leo Gassmann, che è sensibile, se n’è accorto per primo e ha iniziato a chiedere un contatto agli altri concorrenti, “così almeno ci si sente”. Alle 11 e 30 di stamani ha ottenuto tre numeri che iniziano per 199 e due indirizzi di seconde case.

Ieri i fan di Gianluca Grignani hanno esposto uno striscione con scritto “Gianluca lo Springsteen italiano”. Lui lo ha letto e si è messo a ridere ma sotto sotto mi sa che un po’ ci ha creduto tanto che stamani accapigliandosi per l’ultimo cremino al bar ha urlato “lei non sa chi sono io sono lo Springsteen italiano”, ma io ho fatto zumba due anni e non mi faccio intimorire facile, sicché l’ho mangiato lo stesso.

Dopo quattro anni Fiorello continua a scrivere San Remo e quando lo correggono dà la colpa al fallimento del sistema scolastico italiano nel Meridione.

Se il giovane José Amadeus vi sembra avvilito è perché il padre per convincerlo ad accompagnarlo a Sanremo gli ha detto “macché Festival, si va al mare” e lui ha tolto la Nintendo Switch dalla valigia per farci entrare tre Sundek e gli occhialini.

Eros Ramazzotti appena arrivato all’Ariston ha finito il credito e ha chiesto al suo compare di duetto Ultimo di fare l’hotspot, guarda tranquillo controllo le mail e chiudo, e invece gli ha seccato 120 giga per riguardare tutti i video di Marco Montemagno.

Al Bano è due giorni che piange e si rifiuta di uscire dal bagno del suo camerino perché mercoledì sera nel fare quelle cinque flessioni gli si è strappata la maglia termica di Sergio Tacchini, suo talismano dal ’74.

A noi che non siamo giornalisti iscritti all’albo la produzione mette a disposizione per gli appunti una Bic senza cappuccio, un porta-badge del Motor Show 2002 e un blocchetto per appunti ricavato dai copioni scartati. In quello che ho io si ipotizzava un conflitto a fuoco tra Amadeus e il direttore di rete.

Quando Carla Bruni ha incontrato Colapesce e Dimartino ha detto “ma allora questo non è un duetto è una tripletta” e ha fatto il gesto del mitra come faceva Batistuta.

Si stima che nell’arco della loro esistenza Paola e Chiara abbiano congiunto i palmi delle rispettive mani destre guardandosi negli occhi con simulatissima complicità sororale un milione e settecentomilatrecentododici volte, metà delle quali alla cassa della Pam per confondere il cassiere ed estorcergli un bollino in più per il set di asciugamani.

Che non vi capiti di aggiungere il melograno nella poké di Anna Oxa. Perde la testa.

Da ieri sera, nel camerino 17, sul lembo di parete tra specchio e interruttore BTicino, si legge la scritta “9/2/2023 – Damiano”. A fianco, aggiunto a lapis in un secondo momento, “dei Maneskin”.

UBALDO BERTI

"Abbiamo fatto un casino Gianlu..." Arisa e Grignani travolgono l'Ariston. Sulle note di "Destinazione Paradiso" Gianluca Grignani e Arisa hanno travolto l'Ariston con una performance a tratti fuori tempo e caotica, che però ha infiammato il pubblico in sala (e sui social). Novella Toloni il 10 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Le esibizioni migliori, alle volte, sono quelle imperfette, spontanee e anche un po' caciarone. E Gianluca Grignani di performance "particolari" all'Ariston ne ha portate più di una. Lo scorso anno, ospite di Irama, Grignani seminò il panico in platea, costringendo il cantante in gara a seguirlo e riportarlo sul palco. Ma il suo show entusiasmò il pubblico. Era il 2022 e un anno dopo l'episodio si è ripetuto, ma questa volta in gara al festival di Sanremo c'è lui e al suo fianco non c'era Irama ma bensì Arisa.

"Non me la ricordo...". Eros Ramazzotti e l'esitazione sul palco con Ultimo

Nella serata dedicata ai duetti Gianluca Grignani ha portato sul palco del teatro Ariston la sua "Destinazione Paradiso" in una versione rivisitata con Arisa, che ha sostituito Piero Pelù all'ultimo momento dopo la collaborazione saltata tra i due cantanti. Prima di cominciare, però, Grignani ha fatto una gradita sorpresa ai telespettatori, riportando in teatro il maestro Beppe Vessicchio, che quest'anno non è presente al Festival. Accolto da un'ovazione, Vessicchio ha inscenato una gag insieme al direttore Enrico Melozzi, simulando una lite per la bacchetta. Poi l'esibizione di Grignani è cominciata e subito si è capito che sarebbe stata fuori dai canoni.

"Ca**o, fammi passare". La gag di Gianni Morandi finisce male

Il cantante ha raggiunto Arisa sulla scalinata e insieme l'hanno discesa intonando "Destinazione paradiso", cannando qualche nota e perdendo il ritmo della musica. Ma il pubblico non ha badato ai dettagli e neppure Gianluca Grignani, che ha fatto il suo show percorrendo in lungo e in largo il palco e scendendo addirittura tra il pubblico delle prime file tralasciando il canto. Il testo si è perso, gli acuti si sono moltiplicati e il caos è stato totale, proprio come era successo con Irama nella passata edizione. Arisa ha addirittura cercato di fare cantare il direttore di Rai 1, Stefano Coletta, che impietrito testeggiava e nel risalire sul palco, la cantante ha ammesso candidamente: "Abbiamo fatto un casino Gianlu...". E sui social l'esibizione ha raccolto solo consensi: "Dite quello che volete ma secondo me Destinazione Paradiso va cantata esattamente così, senza regole, caotica e urlata", "Arisa e Grignani i migliori. Che casino, divertentissimo. Puro show", "Grignani simply the best".

"Non me la ricordo...". Eros Ramazzotti e l'esitazione sul palco con Ultimo. L'emozione ha giocato un brutto scherzo a Eros Ramazzotti, che nella serata dei duetti si è scordato le parole della sua canzone mentre si esibiva sul palco con Ultimo. Novella Toloni l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Dopo Gianluca Grignani - costretto a bloccare la performance nella terza serata del Festival - è toccato a Eros Ramazzotti fermare l'esibizione per un problema più di memoria che tecnico. Il cantante è stato chiamato da Ultimo per duettare nella serata del Festival dedicata alle cover, ma non aveva certo messo in conto di dimenticarsi le parole di una delle sue canzoni più popolari.

Sul palco dell'Ariston Ultimo e Eros Ramazzotti hanno portato un medley di tre successi di Eros -"Adesso tu", "Un'emozione per sempre" e "Più bella cosa" - ma se sul primo testo tutto è filato liscio, il problema si è presentato sull'attacco del secondo brano. Eros avrebbe dovuto cantare la prima strofa del testo ma ha dimenticato le parole della sua stessa canzone. "Vorrei...Sai che non me la ricordo?", ha detto guardando Ultimo, che stupito e divertito si è avvicinato a lui e lo ha "guidato" per riprendere il filo. "Vorrei poterti ricordare così con quel sorriso acceso d'amore come se fosse uscita di colpo lì un'occhiata di sole", hanno così cantato all'unisono i due artisti, scambiandosi occhiate divertite.

Alla fine del medley, prima di ricevere i fiori da Amadeus, Ramazzotti ha scherzato sull'accaduto: "È l'emozione". E il pubblico gli ha perdonato la dimenticanza con un lungo applauso. La défaillance di Eros è stata ampiamente commentata dal popolo dei social, che ha condiviso a più riprese lo spezzone del video dell'esibizione con Ultimo: "È stato strano vedere Eros dimenticarsi le parole visto che di solito è Nic a farlo, però che energia pazzesca questa esibizione", "Io so solo che Eros ha dimenticato la sua stessa canzone...e questa la dice lunga", "Quando ti ferma la stradale e ti chiede "stasera hai bevuto?". Ironia di una serata piena di musica, grandi ospiti e qualche inconveniente sempre gradito per non cedere al sonno.

Filippo Facci per “Libero quotidiano” l’11 dicembre 2023.

Andavo a fare una fisioterapia (gran notizia) quando alla radio ho sentito la voce del cantante Olly (boh) che a Sanremo canta la canzone «Polvere», e a proposito il conduttore gli chiedeva sarcasticamente: «Di che di tipo di polvere si tratta?». Domanda sarcastica posta a una generazione che la mena tanto con le parole (corrette) ma poi non sa pronunciarle senza paraculismi. Precedenti: la «coca cola» di Vasco Rossi, «Lilly» di Venditti, «Per Elisa» di Alice.

 Anche Enrico Ruggeri, a un altro festival nel 1983, cantò la bellissima «Polvere» che ufficialmente parlava «del tempo che passa e logora persone e cose», ma non eravamo deficienti allora e non lo siamo oggi: Ruggeri poi ammise che la polvere era cocaina e che ci infilò il naso a inizio carriera.

Ora: al Festival dei buonisti senza paura - contro il sessismo, razzismo, fascismo, alfabetismo passa invece relativamente inosservato l’amico Olly con la sua polvere, che tutti, proprio tutti, soprattutto i giovani, hanno chiaramente inteso essere «la metafora della mia vita come uno scatolone pieno di polvere... uno scrigno pieno di bei ricordi». Sembra Mastroianni, o «Il vecchio e il mare»: invece Olly ha ventun anni, e ha ancora il moccio al naso, oltreché polvere. Ma che generazione provocatoria. Al prossimo festival: «Erba» (inno ecologista), «Eroina» (la Ferragni, ovvio) e «Crack» (default finanziario ai danni dei poveri).

Marco Zonetti per Dagospia l’11 dicembre 2023.

Quarta serata del Festival di Sanremo 2023, e quindi dedicata - come per tradizione - ai duetti dei partecipanti alla kermesse con artisti di loro scelta più o meno noti. Fra i momenti degni di nota: il duetto di Ultimo ed Eros Ramazzotti con un medley delle canzoni di quest'ultimo (perdonate il calembour); l'accoppiata glam-rock Elodie-BigMama, la gara di bravura tra Giorgia ed Elisa che hanno interpretato assieme due dei loro successi sanremesi (Luce e Di sole e d'azzurro), e soprattutto l'apparizione di Carla Bruni in Sarkozy a fianco di Colapesce Dimartino.

 Ma vediamo di seguito tutti i look della serata.

Partiamo come al solito dai conduttori, con Amadeus e le sue solite giacche "oro e metallo" di Gai Mattiolo, che non stonerebbero addosso a un conduttore della Tv russa in una parodia degli show italiani anni Ottanta.  Il suo compagno di avventura Gianni Morandi insiste invece con la classe delle mise Giorgio Armani ed è, come al solito, d'ineccepibile eleganza.

Che dire di Chiara Francini, la co-conduttrice della serata? L'attrice toscana è stata non soltanto la migliore delle tre colleghe che l'hanno preceduta facendo letteralmente sparire Francesca Fagnani che la intervistò qualche tempo fa a Belve, ma è stata l'autentica rivelazione del Festival di quest'anno. In tono perfetto con la sua verve artistica e teatrale, e con la sua autoironia, da segnalare anche la scelta della maison Moschino per i quattro abiti da sera, impreziositi da gioielli Crivelli, sfoggiati dall'attrice sul palco dell'Ariston.

 Mantella chiusa con cuore rosso lacca e borsetta a foggia di cuore coordinato per la sua prima apparizione, mentre per il suo secondo ingresso in scena Chiara ha indossato un "cencino", per dirla con le sue parole, in realtà uno splendido abito lungo a sirena in velluto blu, che sarebbe tanto piaciuto a David Lynch, con manicotti a sbuffo.

Alla sua terza discesa della scalinata dell'Ariston, ha poi reso omaggio alle dive dell'epoca d'oro di Hollywood strizzata in un abito attillato rosso dal bustier scultoreo, con guanti lunghi e fiore tra i capelli. Un po' Jessica Rabbit un po' Gilda, Francini non ha sbagliato neanche questa volta. La quarta e ultima mise, un abito lungo nero tempestato di cuori d'oro, ci ha rubato definitivamente il cuore – è il caso di dirlo – e ha chiuso in bellezza la parata sanremese di Chiara Francini, che speriamo di vedere più spesso nei programmi d'intrattenimento di Rai1, alquanto poveri di elegante femminilità e soprattutto di autoironia…

Il primo duetto, quello della giovanissima Ariete con Sangiovanni, fa rivoltare nella tomba il povero Franco Battiato con la distruzione sistematica del suo Centro di gravità permanente. Difficile concentrarsi sui look con le orecchie lacerate dal sacrilegio, ma ignoriamo il dolore atroce e diciamo soltanto che l'idea del "twinerismo", ovvero lo sfoggio di due abiti identici da gemellini, con i loro ampi pinocchietti, le nere giacche da smoking e le doppie cravatte, nere e fucsia, è irriverente quanto basta. Non certo per farci perdonare lo scempio inflitto a Battiato, (giammai), ma almeno per spezzare una lancia sulla scelta stilistica dei due ragazzi, in linea con la loro età.

Michele Zarrillo, veterano del Festival di Sanremo, torna per duettare con Will sulle note della sua Cinque giorni. Zarrillo sceglie il total black, con smoking nero, cravatta e camicia nera, mentre Will opta per un doppiopetto blu. Non certo ineleganti, ma senza infamia e senza lode.

 Su Elodie siamo di parte, perché qualsiasi cosa decida di mettersi addosso è sempre una gioia per gli occhi. Per la serata dei duetti sceglie nientemeno che un brano di Lenny Kravitz, a sua volta icona di sessualità maschile, e – sfilandosi la pellicciona marchio di fabbrica del cantante – la nostra Elodie Di Patrizi sprigiona sensualità da tutti i pori restando in miniabito in seta trasparente con lingerie a vista e stivaloni in pelle. Completano questo ancora una volta meraviglioso ensemble i gioielli Tiffany. Fantastica.

Non sfigura, anzi, la sua talentuosissima compagna di esibizione Bigmama, strizzata invece in un audacissimo abito in latex nero dai decori rossi stile vedova nera. Due diverse fisicità femminili ma del tutto complici che si fondono in una mirabile sintesi dal grande impatto scenico. A quando un tour assieme?

Per la serata dei duetti, Will sceglie invece La notte vola e si fa spalleggiare dall'interprete stessa, ovvero Lorella Cuccarini, che ricompare alla Rai sul palco dell'Ariston dove fu già presentatrice e poi cantante in gara. La showgirl, in abitino nero CHB Christian Boero, tripudio di glitter e piume, è come il vino buono e, malgrado le 57 primavere, è ancor più bella rispetto al suo esordio nel 1985. Will, dal canto suo, insiste nei suoi look rosa confetto firmati Canaku. La rivisitazione del brano non soddisfa molto, ma le mise passano l'esame.

Ultimo decide di rendere omaggio alla periferia di Roma dov'è nato (e che ce lo rende simpatico a prescindere) e chiama come suo compagno di duetto chi cantò con successo proprio la periferia sul palco dell'Ariston, ovvero Eros Ramazzotti. Per il loro medley delle canzoni di Eros, i due artisti vestono entrambi Emporio Armani ed entrambi di nero. Non esattamente la scelta più fantasiosa di tutte per quanto riguarda il look, ma la complicità fra Ultimo e il suo idolo sul palco dell'Ariston fa dimenticare tutto il resto.

 Lazza recluta Emma Marrone per interpretare La fine di Nesli nella versione di Tiziano Ferro. Emma si presenta in nero assoluto, con giacca oversize e leggings in pelle, Lazza opta per jeans e giubbotto denim coordinato by Missoni. Anonime le mise, ma il duetto piace al pubblico.

Tananai è uno degli uomini più chic del Festival 2023 e fa centro anche nella quarta serata. Vorrei cantare come Biagio Antonacci è il brano che sceglie per la serata cover e chi chiamare al suo fianco se non Biagio Antonacci stesso? Per l'occasione, Tananai si fascia in uno sbrilluccicante completo Gucci stile anni Settanta mentre Biagio si paluda in un completo doppiopetto grigio Giorgio Armani con camicia in fantasia coordinata. Elegantissimi.

 Dopo il look animalier della prima esibizione e la vernice rossa della seconda, Shari si fascia in un tubino Dolce & Gabbana con bustino tempestato di maxi cristalli ma purtroppo casca sugli anfibioni da parà. Il suo compagno di duetto Salmo compare in completo nero con camicia bianca e Dr. Martens ai piedi. Lui più elegante di lei.

 Il duetto di Gianluca Grignani con Arisa dà una scossa alla serata. Per la loro interpretazione di Destinazione Paradiso, lui sceglie T-shirt e pantaloni aderenti neri con sopra un giubbotto di pelle borchiato, tutto John Richmond, lei si strizza in un abito nero strapless in pelle di Rick Owens evidenziando le sue forme prorompenti (molto apprezzate in rete). Da notare che lo stesso identico modello di abito di Arisa era già stato indossato poco prima sul palco dalla violinista di Lazza, Laura Marzadori. Non essendo il ballo della rosa di Montecarlo, dell'incidente diplomatico non ce ne po' frega' de meno, Grignani non si tocca a prescindere e quindi sono promossi per direttissima lui e la sua compagna di avventure all'Ariston.

Il giovane Leo Gassman ci ha preso gusto a presentarsi "smanicato", per la gioia dei tanti – più o meno attempati, ma assai rapaci - omo-estimatori Rai nelle prime file dell'Ariston e non solo. In gilet Neil Barrett, Leo ha cantato i successi del mitologico Edoardo Bennato facendosi affiancare proprio da quest'ultimo, rimasto uguale a vent'anni fa. Dateci la ricetta del suo elisir di giovinezza…

 Per la serata cover, gli Articolo 31 appena ritrovatisi dopo una separazione durata anni chiamano a raccolta Fedez con cui invece aveva bisticciato J-Ax e fumano tutti assieme il calumet della pace cantando i successi del gruppo, fra cui – visto che siamo in tema di fumo – anche Ohi Maria. "Giorgia, legalizzala!" gridano i tre artisti rivolti alla presidente del consiglio Meloni, ovviamente riguardo alla "Maria" della canzone. Dove c'è Fedez c'è sempre un casino politico-istituzionale, ma ben venga. Il signor Ferragni è uno dei più eleganti della serata con il suo smoking nero Dior mentre gli Articolo 31 fanno troppo rapper americani "ghetto style" con le loro tute di Iceberg pied de poule paillettate. Ma l'esibizione è piacevolmente casinara quanto basta.

Giorgia ed Elisa seppelliscono l'ascia della presunta rivalità artistica e sfoggiano invece la loro sincera amicizia interpretando sul palco, assieme, i loro successi sanremesi. Giorgia si fascia in un completo Dior con pantaloni ampi, Elisa si presenta in abito da sera Stella McCartney. Mise non eclatanti per entrambe, ma l'unione delle loro voci è toccante e riscatta, almeno per una sera, Giorgia dall'aver scelto una banalissima canzone per la gara.

 Sia lode a Colapesce Dimartino nei secoli dei secoli per aver ricreato sul palco dell'Ariston le atmosfere delle sfilate anni '90 del mai troppo compianto Gianni Versace. L'idea di chiamare per la serata dei duetti Carla Bruni in Sarkozy è stata di fatto geniale, e la discesa della scalinata dell'Ariston da parte dell'ex supermodella in forma smagliante è stata incantevole. Cantare dopo Giorgia ed Elisa non è esattamente un viatico per il successo quando si è svociati come "Carlà", ma la silfide italiana naturalizzata francese con la sua Combi Versace disegnata per lei dalla stessa Donatella è rimasta splendida come ai tempi d'oro delle passerelle, e il duo Colapesce Dimartino sempre impeccabile nei loro completi Paul Smith. I migliori della serata per quanto riguarda lo stile.

Solita mise sgargiante per I cugini di campagna, che ci stanno tanto simpatici d'accordo, ma tutte quelle paillettes abbinate ai colori accesi e non coordinati, ai limiti del daltonismo, stancherebbero anche il più fanatico cultore degli Abba. Il loro compagno di duetto, il desaparecido Paolo Vallesi, torna all'Ariston con i capelli accorciati ma, in completo nero, viene inghiottito suo malgrado nell'abbacinante indigestione di colori dei cugini.

 Marco Mengoni accantona per una sera i look omo-leather, con somma delusione da parte degli allupati mariti borghesi nelle prime file dell'Ariston, gay e cripto-tali, e restando sempre in casa Versace nasconde le sue grazie virili in un look assai meno sexy. Tuttavia la mise personalizzata Atelier Versace con cui canta Let it be assieme al Kingdom Choir, cappotto doppiopetto bianco, stivaletti a punta quadrata dello stesso colore, canotta lamè e pantaloni argentati, non delude.

Il giovanissimo ed efebico gIANMARIA si accompagna con Manuel Agnelli per la serata dei duetti ed entrambi scelgono le linee giovanili di Emporio Armani, con due completi doppiopetto oversize (nero per Agnelli e bianco per gIANMARIA) senza camicia. Promossi.

Mr. Rain lascia a casa i bambini che lo accompagnano in gara, assieme ai consueti gessati doppiopetto, e s'infila in un giubbotto extralarge anni Ottanta griffato GCDS, dimostrandosi sempre stiloso. Il suo compagno di duetto Fasma in camicia a pois, no.

 Per cantare in duetto con Izi la cover di Via del Campo di Fabrizio De Andrè, Madame si ripresenta ancora una volta in uno dei suoi non scontati look Off-White e ancora una volta fa pieno centro. Piedi scalzi come l'indimenticata Sandie Shaw, abito bianco con ampie maniche provviste di balze così come la gonna asimmetrica, è ancora una volta impeccabile. Sia per il look sia per le scelte musicali.

 I Coma Cose scelgono come compagni di duetto i Baustelle per interpretare Sarà perché ti amo dei Ricchi e poveri. Scelta bizzarra che tuttavia, "indossano" con eleganza come i loro abiti. Ieri – abbandonando il nero - due completi coordinati scozzesi azzurro e viola, ancora una volta firmati Vivienne Westwood. La classe non è acqua.

Innesto canoro di "rose" nere tra Rosa Chemical in Moschino e Rose Villain in CHB di Christian Boaro. Pelle, borchie, cinghie, zeppe e perfino sex toys, le atmosfere sadomaso prendono esplicitamente possesso dell'Ariston e della Tv italiana. E voi, siete slave o master?

 Kekko dei Modà, sempre in Emporio Armani, abbandona grazie al Cielo il gilet e, per cantare Vieni da me con Le Vibrazioni, s'infila la giacca. Che però è troppo appariscente e fa troppo "Amadeus (non un complimento dal punto di vista dell'eleganza...). In finale riuscirà finalmente ad azzeccare un look?

 Nelle sue due precedenti apparizioni, la neo biondo-aranciata Levante ci ha stupiti per le sue apprezzatissime scelte "glam-shock", e anche questa volta il mini-abitino Etro e i sandali con le "zeppone" non deludono le aspettative. Arriva Levante sul palco e, non c'è storia, non si riesce a "levare" lo sguardo. Un'artista di estro e di talento.

Anna Oxa non abbandona il look gattara-clochard ma questa volta parrebbe prepararsi per una trasferta al freddo perché, sopra la solita rapsodia di sbrindellature e sfilacciature varie, s'infila pure  un cappottone. Sbrindellato e sfilacciato anch'esso, inutile dirlo. Autoreferenziale come sempre, l'enigmatica Anna canta, assieme a Iljard Shaba, la sua Un'emozione da poco. Viste però le peculiari scelte di look, più che "da poco" sembrerebbe un'emozione "di seconda mano" tanto cara ad Arnold Gehlen. Essendo lei anche filosofa e dotta, apprezzerà senz'altro la citazione, ferma restando la nostra umilissima insipienza rispetto alla sua.

 Per cantare Charlie fa surf dei Baustelle, Sethu chiama a raccolta bnkr44, che non è una password ma l'abbreviazione del nome del gruppo Bunker44, e sfoggia una mise nera griffata Meriisi. Tra borchie, pizzi, trasparenze e fiocchi, ancora una volta Sethu dimostra di avere gusti niente affatto scontati per quanto riguarda la moda, oltre che musicali. Da tenere d'occhio.

Luigi D'Alessio alias LDA duetta con Alex Britti e si ripresenta con un completo oversize di Marsem turchese impreziosito da cristalli. Bello il colore, per carità, ma ancora una volta il ragazzo sembra "fagocitato" dal vestito e dimostra di aver urgente bisogno di qualcuno che gli curi l'immagine.

 La diafana Mara Sattei si esibisce con Noemi omaggiando Gigi D'Agostino e la dance anni '90 con L'amour toujours. Ma questa volta la pur elegante Mara, in top con frange gioiello Giorgio Armani Privé, viene messa in ombra dalla compagna di avventura. Splendida nel suo abito nero con corpetto trasparente di Alberta Ferretti stile "Mercoledì Addams", anche Noemi è forse fan della serie?

 Paola & Chiara scelgono ancora Dolce & Gabbana per la serata dei duetti che condividono il palco dell'Ariston con i deejay Merk&Kremont (alias Federico Mercuri e Giordano Cremona). Interpretando un medley dei loro successi, sfoggiano pantaloni di pelle tempestati di cristalli e canotte "Paola per sempre" e Chiara per sempre" come fece Madonna anni fa, omaggiando però le "rivali" Britney e Kylie. La "baracconata" autoreferenziale delle due sorelle Iezzi è però spettacolo puro e ancora una volta fa centro.

I Colla Zio tornano a calcare l'Ariston con le Crocs ai piedi e, per cantare Salirò di Daniele Silvestri, chiamano l'amica Ditonellapiaga. I cinque ragazzi sfoggiano un look denim casual, perfetto per la loro età, mentre lei ostenta un miniabito nero tempestato di cristalli su collant rossi e zeppe dello stesso colore. Il contrasto "colla e collant" in fin dei conti diverte molto. Una ventata di allegria su un palco dove troppe persone si sono prese e si prendono ancora troppo sul serio…

Giuseppe Candela e Alberto Dandolo per Dagospia l’11 dicembre 2023.

Sorpresa a Sanremo. Dietro le quinte del Festival è stato avvistato in serata un divertitissimo Nicolas Sarkozy. L'ex presidente francese è sbarcato in Riviera in per accompagnare sua moglie Carla Bruni, la fu top model e cantante ha partecipato alla serata duetti affiancando Colapesce e Dimartino. Sul palco si sono esibiti con "Azzurro" di Adriano Celentano.

 Ricordate Fabrizio Gatta? Il conduttore di Unomattina e Linea Verde da qualche anno ha cambiato vita ed è diventato prete. E dove dice messa? A Sanremo! Così il Don gira per la città, qualcuno lo ferma per strada, altri dopo aver fatto serata magari passano proprio da lui per una benedizione. Gatta conduceva in coppia con Sonia Grey che intanto ha aperto un profilo su OnlyFans. Lui si occupa del Signore, lei fa sognare i signori.

1) Il video di Tango, il brano con cui Tananai partecipa a Sanremo 2023, è virale. Racconta l'amore durante la guerra in Ucraina. Quello che pochi sanno è che la regia è di Olmo Parenti, figlio di Davide Parenti, papà de Le Iene.

2) Nella serata duetti Paola e Chiara si sono esibite con un medley delle loro hit, affiancate da Merk & Kremont, duo di dj e produttori di successi internazionali formato da Federico Mercuri e Giordano Cremona. Quest'ultimo è figlio del comico e illusionista Raul Cremona.

State pensando a Zelensky e alle polemiche? I russi continuano a pensare e ad amare il Festival! Il prossimo 25 maggio il Teatro del Cremlino di Mosca organizzerà un vero e proprio evento: "Felicità-Sanremo, le hit d'oro". Una manifestazione con i brani che hanno fatto la storia della manifestazione.

Avvisate Serena Bortone e Jessica Morlacchi che a Sanremo è sbarcato anche Memo Remigi! Non una partecipazione al Festival e nemmeno in un programma Rai del daytime, ha ricevuto il "Premio Virgo Novella 2000 SanremoSol". Evento collaterale che si è tenuto in città giovedì scorso.

Il 73esimo Festival della Canzone Italiana si avvia alla conclusione e per gli esperti Sisal è Marco Mengoni lo strafavorito alla vittoria finale (quotato a 1.40) seguito da Ultimo a 4 e Mr.Rain a 5. Quarta posizione per Lazza a 7.50. Più distaccata Giorgia a 20.

1) Avvertite Bruno Vespa che la "sua" Vittoriana Abate è diventata la nuova iconica star di uno Stato straniero. La poliedrica e storica collaboratrice di Porta a Porta sta infatti spopolando su Rai San Marino con il programma quotidiano "Salotto Sanremo". Per partecipare in qualità di opinionisti nel talk show festivaliero condotto dalla bella Vittoriana stanno facendo la fila i mejo celebrolesi della intera Penisola. Gira voce che per la Abate sia alle porte anche una importante onorificenza: a breve infatti le verrà, dicono, conferita la cittadinanza onoraria della piccola e ricca Repubblica che la sta ospitando.

2) Avvisate Milly Carlucci che il suo Guillermo Mariotto in Riviera si lascia andare a confessioni hot. Nel corso di una diretta con il giornalista Davide Maggio ha dichiarato: "Mi piacciono i Maneskin, mi piace Damiano, mi piace Victoria. Mi faccio anche delle fantasie con loro due in camera in albergo. Una fantasia di una cosa a tre. Lui, lei e la chitarra".

 3) Mara Venier sta apparecchiando per domani dal teatro Ariston una "Domenica In" coi fiocchi. Oltre a fior fior di giornalisti e opinionisti italici la Venier potrebbe ospitare anche il più grande hair stylist in circolazione per commentare le "chiome" delle star sanremesi. Trattasi del suo famosissimo parrucchiere meneghino Mauro Situra di Coppola. Una vera e propria istituzione nell'universo del capello.

1) Strane manovre, stream sospetti, voti in massa al televoto. Alcuni si chiedono se dietro il noto artista in gara ci siano manovre ad hoc per farlo esplodere o se si tratta solo di una casualità? Di chi stiamo parlando?

 2) A Sanremo i nottambuli si divertono e si scatenano, bevendo anche più del dovuto. Un volto del daytime con grande imbarazzo ha dovuto accompagnare sotto braccio il suo partner che faticava a reggersi in piedi. Chi è?

Paolo Di Stefano per il “Corriere della Sera” l’11 dicembre 2023.

Se si dovesse indicare una figura retorica trionfante del Festival di Sanremo, questa sarebbe l’iperbole. La retorica dell’eccesso. Gli aggettivi non conoscono più il grado positivo («bravo») né il comparativo («più bravo di…»), ma solo il superlativo: assoluto («bravissimo», «magnifico», «splendido», straordinario» eccetera) e relativo («il migliore»). Non un tatuaggio (sulla mano, sul collo, sulla caviglia) ma mille tatuaggi (ovunque). Non un piercing, ma cento (ovunque). L’importante è che siano ben visibili, altrimenti dove sarebbe l’esagerazione? Il festival della canzone è diventato il festival dell’enfasi e dell’outfit purché esagerato.

Per avvalorare un ospite straniero a rischio di «e questo chi lo conosce!?», bisogna sventagliare i milioni di dischi venduti e i bilioni di followers. E tanto basta. Il record di audience di ieri deve essere superato oggi da un nuovo record, quello di oggi domani. Se ieri le serate erano tre oggi sono cinque e domani (statene certi) saranno sette e dopodomani (state certi) dodici. Le canzoni si sono moltiplicate e si sono moltiplicate le ore di diretta televisiva, per non dire delle rubriche di contorno.

Perché con la retorica dell’eccesso c’è quella dell’accumulo. Se gli ospiti erano cinque adesso sono cinquanta o giù di lì, tutti con il loro messaggio all’umanità, tutti pazzeschi, stupendi, meravigliosi, eccezionali, straordinari, tutti sono i più straordinari di tutti. Nei suoi primi studi semiologici sulla comunicazione di massa Umberto Eco distingueva tra luogo della qualità e luogo della quantità come strategie della politica e della pubblicità per accalappiare l’elettore e il fruitore.

Non sapeva ancora che il luogo della quantità avrebbe surclassato quello della qualità. Dopo la stagione del superlativo, arriverà la stagione del super-superlativo assoluto-relativo: l’anno prossimo avremo l’edizione di Sanremo più straordinaria delle stra-stra-straordinarie edizioni che si siano mai viste (e mai ascoltate?). Intanto accontentiamoci della più pazzesca delle pazzesche, che è questa.

Estratto dell’articolo da ilmessaggero.it l’11 dicembre 2023.

«Ho digiunato due settimane per entrare in quell'abito». No, a dirlo non è la vostra amica in ansia per la serata dell'anno, ma Carla Bruni, super top e cantautrice che ha partecipato alla serata duetti insieme ai favoritissimi Colapesce e Dimartino.

Carla Bruni e il look della serata 

[…] Carla Bruni, che l'ultima volta scese le scale dell'Ariston nel 2013 ha intonato Azzurro di Adriano Celentano indossando Versace: precisamente una tuta, iconico look del marchio firmato Donatella, da lei molto amato. Tanto che, come spiega su Instagram con il brano di Rosalìa che si chiama proprio "Combi Versace" in onore della famosa jumpsuit, sono 30 anni che la indossa.

E visto il suo passato da modella, il digiuno prima degli eventi o sfilate che siano non deve essere una cosa nuova: la novità è invece il divulgarlo sui social, particolarmente apprezzato da noi comuni mortali. 

[…]

Da notizie.virgilio.it l’11 Febbraio 2023.

È iniziata la serata delle cover al 73° Festival di Sanremo. Sul palco non si alternano solo i cantanti in gara ma anche gli illustri ospiti chiamati a cantare con loro alcuni celebri pezzi della musica italiana e internazionale. Tra loro anche Michele Zarrillo, che ha interrotto Amadeus per lanciare un messaggio.

 Il messaggio di Zarrillo a Sanremo 2023

Zarrillo ha accompagnato il giovane Will per cantare con lui ‘Cinque giorni’, pezzo dello stesso cantante  nato a Roma nel 1957. L’esibizione è piaciuta molto alla platea dell’Ariston, che ha acclamato il suo nome finita la performance.

Durante i ringraziamenti e i saluti con Amadeus, però, Michele Zarrillo prima di essere congedato ha stoppato il conduttore per dire alcune parole per lui molto importanti: “Posso dire una cosa di cui mi assumo la responsabilità?” ha iniziato a dire.

 Poi ha aggiunto: “Noi dobbiamo avere paura quando la libertà, i diritti civili e i diritti umani non vengono difesi”. Un chiaro riferimento alle tante situazioni attuali nel mondo, dalla protesta civile in Iran alla Guerra in Ucraina, entrambe protagoniste sul palco di Sanremo.

 Dopo Fedez anche Zarrillo “si prende la responsabilità”

Quelle specifiche parole dette da Michele Zarrillo durante la serata delle cover faranno suonare un campanello nella testa dei telespettatori. Durante la seconda serata, infatti, le ha pronunciate anche Fedez.

Pupo per Dagospia l’11 Febbraio 2023.

Amato Dago, più ascolto le canzoni del passato e più mi convinco che la musica leggera italiana, quella classica, quella che potrebbe ancora avere delle chance di sfondare nel mondo ( e non farmi l’esempio dei Maneskin che con la musica italiana c’entrano come il cavolo a merenda) si sia fermata intorno alla fine degli anni 90. Da allora in poi sono cominciate le repliche. Repliche che funzionano e garantiscono sempre gradimento e successo. 

 Prova ad immaginare alcune delle più importanti e seguite trasmissioni televisive senza l’utilizzo dell’immenso repertorio della musica popolare italiana del passato. Non le guarderebbe più nessuno. Stessa cosa successe circa due secoli fa con la cosiddetta, musica “colta”.

 Pensa, ancora oggi ascoltiamo ed apprezziamo le musiche e le opere composte nel 1700 e nel 1800, quando a teatro ci si andava a cavallo. E adesso ti chiederai se, nel 2070 o nel 2100, si ascolteranno ancora i brani di Ariete, Will, Rosa Chemical, Fedez , Articolo 31 e compagnia bella. Non credo proprio. È più facile che si continui ancora a cantare “Azzurro” e “Nel blu dipinto di blu”. 

Ma veniamo alle esibizioni di ieri sera. La serata, musicalmente parlando, non è partita benissimo. Ariete e Sangiovanni hanno involontariamente “straziato” Franco Battiato. Meno male che ogni tanto entrava il coro. Azzeccatissima invece la coppia Ultimo/Ramazzotti. Due ex coatti diventati ricchi e famosi che cantano insieme l’inno delle periferie romane. E quando ci ricapita. Mi sono piaciute anche Elodie e Big Mama con la mitica “American Women”. Molto sexy. 

Mengoni ha una voce capace di valorizzare anche un rutto ma, la sua versione di “Let it be” , che alla fine ha vinto, a me è sembrata un po’ troppo natalizia. Avrei preferito ascoltarlo accompagnato solo da una chitarra ed un pianoforte.

 Che dire di Gianluca Grignani e Arisa. Solo una parola: peccato. Vogliamo invece parlare dell’assolo vocale che Carla Bruni ha imbastito nel finale di Azzurro? Se prima i rapporti fra Italia e Francia erano tesi, adesso sono irrecuperabili. Anna Oxa, oramai lo abbiamo capito, ha accettato di partecipare al Festival per comunicare a tutti la sua decisione di cambiare mestiere. 

Insomma, amico mio, nessuna cover presentata ieri sera passerà alla storia. Nemmeno quella dei Coma Cose con i Baustelle che hanno cantato la mia “Sarà perché ti amo” e che comunque ringrazio. Chiara Francini, la meno conosciuta e la meno attesa, alla fine è stata meglio della Ferragni, della Fagnani e della Enogu. Ah, dimenticavo! Amadeus e Morandi sempre al top ma, per Peppino Di Capri, potevano scegliere una modalità di partecipazione diversa. A domani per le conclusioni finali.

"Maleducata...". Fedez attacca la Oxa: il nuovo dramma dietro le quinte. Il rapper sui social punta il dito contro Oxa: "Durante le prove ha saltato la scaletta prevista, non ci si comporta così". Lite sfiorata dietro le quinte dell'Ariston. Marco Leardi l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

"È stata davvero molto maleducata". Il siluro di Fedez contro Anna Oxa è arrivato durante una diretta Instagram. Sui social il rapper si è pubblicamente lamentato con la cantante barese per un episodio consumatosi nelle scorse ore dietro le quinte dell'Ariston. Secondo quanto raccontato dall'influencer, durante le prove pomeridiane per la quarta serata della kermesse, Oxa sarebbe arrivata in teatro saltando la scaletta prestabilita per l'accesso degli artisti al palcoscenico. L'accaduto ha infastidio e non poco il marito di Chiara Ferragni, che lo ha denunciato con toni accalorati agli utenti web.

Fedez contro Anna Oxa

"C'era una scaletta di artisti che dovevano fare le prove, lei è arrivata e ha saltato la scaletta. Noi eravamo lì che stavamo aspettando da due ore, c'erano altri artisti che stavano aspettando... è stata veramente maleducata", ha lamentato Fedez durante una diretta Instagram sul profilo di Trash Italiano. Il rapper, che nel pomeriggio aveva provato all'Ariston il duetto con gli Articolo 31, ha anche aggiunto: "Ero molto tentato dal dirglielo, poi l'ho vista e ho lasciato perdere. Ora lo saprà? Non me ne frega un c... Non ci si comporta così".

Il nuovo "dramma" sanremese

Uno sfogo in piena regola, che ha svelato un nuovo sfiorato "dramma" sanremese avvenuto dietro le quinte. Come a ogni festival che si rispetti, infatti, è proprio nel backstage che avvengono gli episodi più curiosi e gli scambi di battute tra gli artisti. In questo caso, stando a quanto raccontato da Fedez, si sarebbe praticamente evitato uno scontro. Al momento però non si registrano reazioni di Anna Oxa sul caso, né sue versioni dei fatti. La cantante, peraltro, già nelle scorse ore era finita al centro di indiscrezioni e chiacchiericci che lei stessa aveva poi smentito.

Nella serata sanremese del giovedì si erano infatti diffusi rumors su una lite presunta avvenuta tra due artisti dietro le quinte, subito ribattezzata ironicamente sul web come "bicchiere-gate" (sembrava infatti che fossero volati bicchieri pieni d'acqua). Qualcuno sui social aveva ipotizzato che la stessa Oxa ne fosse stata coinvolta. Lo staff della cantante aveva però smentito tutto, parlando di "notizie diffamatorie" circolate sull'artista.

Sanremo 2023: sex toys, inni alla droga, polemiche. Cosa è successo nella serata dei duetti. Serata duetti per i cantanti prima della finale di sabato di Sanremo. Vince Mengoni e si conferma in testa alla classifica generale. Francesca Galici l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Quarta serata del festival di Sanremo dedicata ai duetti per i 28 cantanti in gara. Come dichiarato da Amadeus, la serata è più snella del solito, con meno ospiti e scaletta incentrata principalmente sulle esibizioni degli artisti. Il clima a Sanremo è di festa ma l'attenzione per la sicurezza è altissima. Dopo il rifiuto di Nordio di revocare il 41 bis per Alfredo Cospito e l'avvicinarsi del weekend e delle manifestazioni, il rischio di azioni dimostrative è elevato. Lo dimostra l'ordigno rudimentale ritrovato questa sera in via Fiume a Sanremo a circa 700 metri dal teatro Ariston. Secondo quanto si apprende, nel pacco c'erano delle cartucce, una miccia e polvere da sparo, il tutto non collegato e quindi non in grado di provocare una esplosione. Mr Rain, Giorgia, Lazza, Ultimo e Marco Mengoni: questa è la classifica finale della serata cover. La classifica generale vede Giorgia, Mr. Rain, Lazza, Ultimo e Marco Mengoni.

Standing ovation per un veterano del festival come Peppino Di Capri, che ha partecipato a quindici Festival, vincendone due. Ha eseguito il suo classico "Champagne" e ricevuto il premio "Città di Sanremo" alla carriera dal sindaco e dall'assessore alla Cultura della località ligure. "Meglio tardi che mai", è stato il suo commento.

La gara riserva delle sorprese, come Eros Ramazzotti che durante il duetto con Ultimo ha dimenticato le parole della sua canzone. Ingresso inaspettato, invece, durante il duetto di Tananai, che ha visto la presenza non annunciata di Biagio Antonacci, accolto dagli applausi del pubblico. Per il duetto di Gianluca Grignani, con Arisa in un'esibizione caotica ma divertente, il ritorno di Beppe Vessicchio, accolto dalla standing ovation dell'Ariston. Subito dopo, Amadeus nel Giorno del Ricordo ha letto le parole di Egea Haffner, la "bambina con la valigia", in ricordo alle vittime delle foibe.

Applausi a scena aperta per Elisa e Giorgia, con un medley che ha emozionato il pubblico a casa. Applausi a scena aperta per il gospel di Marco Mengoni su Let it be mentre Fedez e gli Articolo 31 sono saliti sul palco per politicizzare ancora la kermesse con un appello alla legalizzazione della marijuana. Menzione per la partecipazione di Carla Bruni nel duetto con Colapesce e Dimartino, mentre il marito Nicolas Sarkozy si trovava nel dietro le quinte dell'Ariston. Madame ha omaggiato Fabrizio De Andrè e poi in chiusura di duetto la frase inaspettata: "Grazie alla libertà".

Inno all'amore e al sesso per Rosa Chemical, con tanto di dildo anale, e dichiarazione d'amore per i Coma Cose, che si sono esibiti sulle note di "Sarà perché ti amo". California cambia il celebre verso "Se cade il mondo, allora ci spostiamo" in "allora ci sposiamo" e si gira verso Fausto.

Giorgia, legalizzala”. Fedez all'Ariston inneggia alla droga e sfida ancora il governo. L'appello alla legalizzazione della marijuana durante la gara di Sanremo in piena campagna elettorale dalla prima rete Rai: Fedez esagera ancora. Francesca Galici il 10 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Ancora una volta il palco del teatro Ariston durante il festival di Sanremo è stato utilizzato da Fedez a fini politici. Il marito di Chiara Ferragni oggi è stato sbarcato dalla nave Costa Smeralda e ha fatto il suo ingresso sul palco principale per la serata dei duetti con gli Articolo 31 con un medley dei più famosi successi del gruppo rap milanese degli anni Novanta e Duemila. Tra le canzoni portate dal gruppo anche "Ohi, Maria", brano notoriamente dedicato alla marijuana.

Scelta prevedibile, nessuno stupore per la scelta di questo brano. Ma forse per loro non era abbastanza: non avrebbe creato abbastanza clamore portare all'Ariston una canzone dedicata a una droga. Quindi, per sollevare un polverone e far ancora parlare di loro cosa hanno fatto? Durante il brano J-Ax e Fedez hanno gridato "Giorgia legalizzala". Ovviamente, il riferimento è a Giorgia Meloni e al suo governo, invitando a legalizzare le droghe leggere. Giunti a questo punto, avendo esaurito le sue esibizioni a Sanremo, un dubbio si fa largo tra il pubblico: il marito di Chiara Ferragni è andato a Sanremo solo per provocare e mettere in difficoltà la Rai? Il dubbio è lecito e non è forse nemmeno troppo distante dalla realtà, se si considerano i precedenti e quanto accaduto appena due anni fa con il concerto del Primo maggio, quando Fedez accusò la Rai di aver cercato di censurarlo. Ma c'è anche l'aggravante, visto che siamo in piena campagna elettorale e domenica si apriranno i seggi per eleggere i nuovi consigli regionali di Lombardia e Lazio.

Ora, considerando anche che l'esibizione degli Articolo 31 e di Fedez concorre alla classifica finale per la vittoria del Festival, appare quanto meno inopportuno che dal palco del teatro Ariston, davanti a una media di oltre 10 milioni di persone, si inneggi alla cannabis con un appello alla legalizzazione. Fedez probabilmente, davanti alle critiche, si trincererà dietro quell'articolo 21 della Costituzione che sembra aver appena scoperto e che secondo lui fa da scudo a ogni sua esternazione. A seguito dell'esibizione sulla Costa Concordia, Stefano Coletta ha dovuto chiedere scusa e si è dovuto dissociare per il gesto di Fedez.

Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano” il 10 febbraio 2023

Fra le mille cose da cui la Rai poteva dissociarsi […] ha deciso di farlo da Fedez. Cioè da un rapper che, diversamente da Benigni, capisce la Costituzione e la usa per il verso giusto: per dissacrare il potere in base all’articolo 21, anche se l’aveva fatto molto meglio al concertone del 1° maggio […] Nessuna dissociazione invece da Lucio Presta, indagato col cliente Renzi per 700 mila euro di finanziamenti illeciti: anzi a lui fanno organizzare direttamente Sanremo, da cui volevano cacciare Madame, l’artista migliore.

Così questo si conferma il festival degli ex comici: Zelensky, Benigni e il futuro ex comico Angelo Duro, che Amadeus annunciava così scomodo da invitare ai telespettatori più impressionabili a cambiare canale: manco fosse tornato Luttazzi, o Grillo. Invece è arrivato uno che parlava di tatuaggi, mogli, mignotte e, siccome non rideva nessuno e nessuno aveva pregato il pubblico di ridere (come i claqueur per Benigni) s’è calato i pantaloni. […]

Il monologo al Festival. Bello il monologo di Benigni a Sanremo, ma si è perso un pezzo…Piero Sansonetti su Il Riformista il 10 Febbraio 2023

Roberto Benigni ha entusiasmato Sanremo e una parte della stampa nazionale, e della politica, svolgendo un monologo di grande intensità sulla Costituzione repubblicana, dal palco dell’Ariston. Un’altra parte della stampa, e del mondo politico, ha polemizzato invece con Sanremo e con Benigni, sostenendo, forse con qualche ragione – forse no – che quello è un festival di canzoni in gara tra loro e non è una sede politica. Non entro in questa discussione. Mi limito a riflettere su alcuni passaggi – e su alcuni non passaggi – del discorso di Benigni.

Quello che mi ha colpito di più, perché lo condivido profondamente, era racchiuso in questa frase brevissima e icastica: “La Costituzione è uno schiaffo al potere. A tutti i poteri”. Fantastica, vera. E Benigni ha sviluppato questo concetto spiegando (a proposito dell’articolo 21, quello sulla libertà di pensiero e di opinione) che quella affermazione di libertà era soprattutto una denuncia dei vent’anni che precedettero il varo della Costituzione, devastati dal regime fascista, il quale, a differenza della Costituzione, aveva come massimo dei suoi valori il potere e il conformismo. Il potere e il conformismo – io credo, e forse anche Benigni lo crede – sono due espressioni della stessa idea. E sono indissolubilmente legati.

Però non sono convinto che il bel monologo di Benigni fosse completo. E neppure che fosse attualissimo. La Costituzione – ha detto – non va solo letta, va rispettata e realizzata. Già, però Benigni ha voluto sorvolare su un articolo decisivo della nostra Costituzione che è in discussione proprio in questi giorni. Parlo dell‘articolo 27, che io credo sia importante proprio come l’articolo 21. Benigni ci ha spiegato come i padri Costituenti ritennero decisivo quell’articolo 21, perché rappresentava, e rappresenta, una vera e propria dichiarazione antifascista. I padri costituenti, divisi su molti aspetti della politica, erano uniti dall’antifascismo.

Anche perché – aggiungo io – molti tra di loro, e forse anche i più autorevoli, dal fascismo erano stati messi in prigione. Per molti anni.

Perciò vollero scrivere quell’articolo 27, riferito alle prigioni, che recita così: “La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Bene, è un articolo che da anni viene violato dalla stampa, dall’establishment ed è sottoposto a un violento attacco da parte della magistratura e dello Stato. Nei giorni scorsi Giorgia Meloni ha dichiarato che lo Stato è sotto un attacco da parte degli anarchici. Non è vero. E’ vero invece che la Costituzione è sotto attacco da parte dello Stato. Nessuno può sostenere in buonafede che la stampa e la magistratura rispettino il secondo comma di questo articolo 27 (l’imputato non è considerato colpevole…).

Nessuno, in buona fede, può sostenere che nelle carceri italiane sia rispettato il terzo comma che proibisce pene contrarie al senso di umanità. Più di settecento detenuti, tra i quali Alfredo Cospito, sono tenuti nel regime di carcere duro (anche i magistrati chiamano così il 41 bis) cioè violando il senso di umanità. Alcuni detenuti sono stati tenuti in isolamento anche per trent’anni. Soli in cella. Senza radio, senza Tv, senza giornali, senza poter scegliere i libri, senza poter cucinare, senza poter dividere l’ora d’aria con altri detenuti, senza permessi per uscire, senza possibilità di accarezzare la moglie o figli, almeno una volta al mese, coi colloqui centellinati e a distanza, con le telefonate rarissime… Spesso in celle piccole piccole e l’ora d’aria da soli, o in compagnia di un solo detenuto scelto dalla polizia, in un cortiletto minuscolo e con altissime mura di cemento armato. In violazione dei trattai internazionali e del cosiddetto codice Mandela che considera questi comportamenti degli Stati come equivalenti alla tortura.

Benigni su questo non ha detto niente. Non ha accennato al fatto che Alfredo Cospito sta morendo perché lo Stato gli nega i diritti costituzionali. E non mi pare che il Presidente della Repubblica abbia detto una sola parola per salvargli la vita. Benigni è un attore molto bravo e più coraggioso dei suoi colleghi. Ma non è abbastanza coraggioso da sfidare il senso comune. E forse non riesce a vedere che il caso Cospito mostra che non ci siamo affatto liberati, con la Costituzione, del conformismo e dei poteri. Forse neanche del fascismo. Noi restiamo vittime del potere del pensiero unificato, e alcuni nostri fratelli restano vittime della ferocia dello Stato, fino a morirne.

Piero Sansonetti. Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.

Avete rotto!”. L’ira di Cruciani su Sanremo che ci dipinge razzisti e sessisti. Il conduttore de La Zanzara senza filtri: “In due giorni di festival è emerso un Paese che non esiste”. Giuseppe Cruciani, su Nicolaporro.it il 10 Febbraio 2023.

Il festival della canzone italiana, meglio conosciuto come Festival di Sanremo. In due giorni cosa è venuto fuori da due pesi massimi di questa kermesse, da alcuni invitati, insomma dalla creme de la creme?

Che l’Italia è un Paese razzista: lo ha detto una persona portata in palmo di mano sul palco. La signora Egonu, portabandiera olimpica, omaggiata e riverita dalla maggior parte delle persone. Sostiene che l’Italia è un Paese razzista.

Ci hanno raccontato da quel palco, che dovrebbe essere un palco nazional-popolare e non raccontare minchiate, che l’Italia è un Paese sessista dove le donne sono considerate più come mamme che come persone e lavoratrici: lo ha detto la signora Chiara Ferragni.

E il marito invece, il signor Fedez, ha esposto la fotografia di un viceministro vestito da nazista, dipingendo il governo come un branco di fascisti.

Abbiamo anche capito che abbiamo una Costituzione da difendere contro i barbari, che non esistono, e che la vogliono cancellare. Il signor Benigni.

Avete rotto il cazzo. È questo il punto: non c’è nulla di vero in tutto questo: è un racconto, ridicolo, penoso e patetico di tutto quello che non è l’Italia.

Giuseppe Cruciani, 10 febbraio 2023

Linus affonda Amadeus: "È diabolico, colpa di Fazio". Libero Quotidiano il 10 febbraio 2023

Piovono critiche sul Festival di Sanremo. "Penso che sia un festival che tiene insieme tante cose diversissime, un perfetto meccanismo a orologeria. Ci sono i diritti ma non solo quelli". La stoccata arriva da niente di meno di Linus. Il direttore artistico e conduttore di Radio DeeJay contesta "la gigantesca ammucchiata di cose" portare in scena sul palco dell'Ariston. Complice il conduttore di Rai 1 e direttore artistico, Amadeus.

Ma non solo, perché tutto è iniziato 20 anni fa: "Non mi piace questa cosa cominciata con Fabio Fazio che poi è diventata obbligatoria, di portare l’attualità stretta dove si canta. I macro argomenti della nostra esistenza e civiltà non hanno bisogno di essere ospitati ovunque, se non per attirare attenzione. Il fatto che siamo qui a parlarne lo dimostra". Per Linus, dunque, si tratta "di un’operazione fatta col righello, molto misurata, perfetta, dove funziona tutto". L'esempio? Paola Egonu: "Portarla sul palco è giustissimo, una bellissima cosa. È un personaggio positivo che porta la sua storia, ma non mi pare ci sia un’emergenza". E in questo - spiega a Repubblica, "Amadeus è diabolico".

Linus non ci va per il sottile nel raccontare la tecnica del volto di Viale Mazzini: "Lui fa un po’ quello che fa Maria De Filippi: mette insieme tutti gli argomenti, la scaletta è costruita alla perfezione. L’esibizione del trio Morandi Al Bano Ranieri è stata un trionfo, quello era vero sentimento popolare. Amadeus ha ritmo radiofonico, incastra tutti i pezzi. È molto meno egocentrico rispetto a Fiorello o Bonolis. Ed è bravo a fare un passo indietro". Eppure le polemiche per la 73esima edizione non sono mancate. Basta pensare a Blanco: "L'indignazione è una cosa da branco. Ha fatto una gigantesca stupidaggine, voleva fare un richiamo al suo video, poi è venuta fuori una scena fantozziana di cui si pentirà per sempre. Ma è pur sempre un ragazzo. Qualcuno ha cominciato a dire 'vergogna' e tutti dietro a infierire".

Da Benigni al monologo di Fagnani sulle carceri, Sanremo fa saltare i nervi alla maggioranza. Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 9 febbraio 2023.

Gli esponenti del centro destra hanno ragione: il festival di Sanremo non è affatto uno show bipartisan e, attorno alla sarabanda delle canzonette, è stato costruito uno spettacolo che è l’esatto opposto della loro cultura politica.

Costituzione antifascista, diritti delle donne, questioni di genere, migranti, detenuti e antirazzismo, mai menù fu così indigesto per un nazional-conservatore: non è questa l’Italia uscita dalle urne lo scorso 25 settembre, non è questo il Paese che vive nel loro immaginario.

Comprensibile il disagio di sentirsi quasi in terra straniera nell’assistere ai monologhi di Benigni, Fedez, Ferragni, Egonu con quel testo e sottotesto polemico costantemente ostile al governo di Giorgia Meloni. Nulla di sovversivo e peraltro condito con la sua buona dose di conformismo, ma quanto basta per far saltare i nervi al ministro della cultura Sangiuliano che chiede agli organizzatori del festival di dedicare uno spazio ai martiri delle foibe: «Rispetto la loro autonomia, ma sarebbe importante». Roba da non crederci, il governo vuole un intervento riparatorio per rimettere in pari il counter dei morti (le vittime del fascismo e quelle dell’antifascismo) in una surreale par condicio figlia soltanto del suo smarrimento culturale. E perché no Marinetti e il futurismo, Indro Montanelli e Ezra Pound?

A salvare la digestione c’è stata la presenza del presidente Mattarella al teatro Ariston con tanto di inno di Mameli eseguito dall’orchestra, anche la “prima” di un Capo dello Stato a Sanremo è stata architettata con sottile crudeltà nei confronti della maggioranza politica che controlla il cda della Rai il quale non è stato avvertito.

Ha fatto tutto Lucio Presta, il supermanager e produttore che cura l’immagine del conduttore e direttore artistico Amadeus (ma anche di Benigni e Gianni Morandi), e molto vicino a Matteo Renzi.

Uno sgarbo senza alcun dubbio premeditato, ma anche una prova di forza per sbattere in faccia alla destra che Sanremo “non è cosa loro”, che il mondo dello spettacolo e della cultura in senso lato è quasi un contropotere e che il festival dei fiori è un po’ la nostra Hollywood, la “fabbrica dei sogni” americana che nel tempo è diventata una roccaforte progressista con le sue star, attori, attrici e registi, sempre pronte a polemizzare con i repubblicani e a intervenire su qualsiasi questione, dai diritti civili all’ambiente, dalla guerra all’economia.

Certo fa sorridere pensare che il pacato e misuratissimo Amadeus, che è la prosecuzione di Pippo Baudo con altri mezzi, possa vestire i panni dell’antagonista al governo di centrodestra, ma tant’è.

E quando Matteo Salvini ha voluto spiegare a tutti che lui il festival non lo guarda perché è il trionfo della sinistra radical chic e che ha di meglio da fare. Amadeus ha risposto con una freccia intinta nel veleno durante la conferenza stampa di mercoledì scorso: «Sono quattro anni che Salvini critica Sanremo, se non gli piace può tranquillamente cambiare canale e guardarsi un bel film con i ragazzi, lo dico senza polemica e gli auguro una buona serata.

In uno slancio di fierezza forse dovuto alla trance agonistica di questi giorni il conduttore ha replicato anche al pur bravo direttore di Rai 1 Stefano Coletta che si era dissociato dal monologo in cui Fedez aveva attaccato il viceministro delle infrastrutture Galeazzo (sic) Bignami, mostrando una foto in cui è vestito da ufficiale delle SS, «È importante assumersi la responsabilità di quel che si dice, ma sono un difensore della libertà di parola come spiega l’articolo 21 della nostra Costituzione».

È davvero curiosa l’evoluzione del festival nel corso dei decenni: negli anni 70 veniva snobbato dai cantautori impegnati, De Gregori, Guccini, De André mai avrebbero partecipato a quel carrozzone nazionalpopolare, decisamente qualunquista e inevitabilmente governativo.

Una kermesse strapaesana lontana dalla musica “colta”, ma anche dalle tendenze musicali dei giovani. Poi le cose sono cambiate, in una dissolvenza incrociata il festival ha mantenuto parte delle sue vecchie caratteristiche provinciali ma si è aperto sempre di più alla cosiddetta modernità.

L’edizione del 1999 condotta da Fabio Fazio ha segnato una cesura, con tematiche e ospiti di sinistra come il regista Michael Moore o l’ex presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov. Ma quella sembrava una specie di festa dell’Unità in versione patinata, con la chiara impronta dei Ds di Massimo Dalema, all’epoca presidente del Consiglio. Mai avrebbe potuto tenere banco un monologo come quello della bravissima Francesca Fagnani che ha portato sul palco dell’Ariston le voci dal carcere minorile di Nisida, lanciando una stoccata al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. «Un autorevole magistrato ha detto che è contrario a uno schiaffo in carcere o in caserma, il detenuto non deve essere toccato nemmeno con un dito. Sapete perché? Non deve passare per una vittima. Ma non è così, perché non va picchiato perché lo Stato non può applicare le leggi della sopraffazione e della violenza che usano le persone che lei arresta”

Estratto dell'articolo di Luca Dondoni per “La Stampa” il 10 febbraio 2023

«Quando ha preso la parola alla fine del pezzo, Federico si è preso tutta la responsabilità per quanto cantato e non concordato con gli autori e i vertici dell'azienda di Stato - sottolineano dallo staff di Fedez-. Lo ha fatto per salvaguardare tutti i lavoratori a bordo della Costa Smeralda, che diversamente avrebbero potuto essere considerati conniventi».

 E se il direttore Coletta si dissocia, Amadeus assicura che Fedez è «assolutamente confermato nella serata dei duetti di quest'oggi insieme agli amici Articolo 31». I quali sottolineano: «Fedez ha fatto semplicemente quello che deve fare un rapper: esprimere la sua opinione, provocando. Bisogna che tutti imparino cosa è il rap, che serve proprio a questo.

 (...)

Estratto dell'articolo di Andrea Laffranchi per il “Corriere della Sera” il 10 febbraio 2023

Fedez, la censura, la Rai. Un triangolo esplosivo. Il detonatore è stato il Concerto del Primo Maggio 2021. Fedez denunciò il tentativo della Rai di censurare il suo intervento in cui sottolineava l’opposizione del centrodestra ai temi dei diritti civili recitando violentissime frasi omofobe prese da dichiarazioni di esponenti della Lega.

 La Rai gli aveva chiesto di poter leggere il monologo preventivamente, lui aveva pubblicato la registrazione delle telefonate con la trattativa in cui gli veniva chiesto di «adeguarsi al sistema» e non fare cose inopportune in un contesto di musica e festa. Curioso che con questo precedente anche la tv di Stato non si sia voluta tutelare per questo Sanremo in cui Fedez è presente in multipla veste: come conduttore del podcast Muschio Selvaggio in onda in versione speciale su Rai2, come ospite degli Articolo 31 oggi nella serata delle cover e come ospite sulla nave da cui ha lanciato l’inedito freestyle con delle barre contro il viceministro Bignami e la ministra Roccella.

(...)

C’erano anche altre ferite da rimarginare. Come la lite con la giornalista Eleonora Daniele che aveva criticato Chiara accusata di non aver mai sensibilizzato i giovani sul Covid. Fedez si era imbufalito ricordando il reparto di terapia intensiva costruito in pandemia grazie a una campagna lanciata dai Ferragnez.

 Dagospia il 10 febbraio 2023Da “La Zanzara – Radio 24”

Rotondi a La Zanzara su Radio 24: “Fedez che strappa la foto? È una istigazione all’odio, è lui il fascista, non Bignami. Fedez parla con i nostri soldi, la Rai riprende le cazzate che dice. Se c’è un pericolo fascista in Italia è dall’altra parte, non al Governo. Bignami vestito da nazista? È autoironia, io mi vestivo da cardinale. L’opposizione si riunisce solo con Fedez e Cospito”

 Il deputato di Fratelli d’Italia Gianfranco Rotondi è intervenuto a La Zanzara parlando dell’esibizione di Fedez a Sanremo: “Strappare la foto di Bignami? Gesto violento che esprime una metafora: ti faccio vedere una faccia e poi la straccio. Che significa? Lui uomo a colpire io lo faccio a pezzi. è una istigazione all’odio. E’ l’indicazione di un bersaglio. E questo nella storia chi lo fa? I fascisti”.

Quindi quando si dice che in Italia c’è pericolo fascista - continua Rotondi a La Zanzara su Radio 24 -  sì dice la verità. Ma non bisogna guardare verso il governo ma dall’altra parte. Fedez parla con i soldi nostri, perchè la Rai riprende le cazzate che dice. Fa un gesto violento verso una persona ritratta ad una festa in maschera. Io ci andavo vestito da cardinale. Il fascismo è questo, un sentimento violento, l’intolleranza per il nemico parlando al sentimento nazionale prevalente.

 “Oggi - conclude Rotondi a La Zanzara - il sentimento prevalente è il politicamente corretto e nel nome di questo si può costruire un nuovo fascismo. Ti vestiresti da nazista? Uno in maschera si può vestire da quello che non è. Ci si può vestire anche da qualcosa che non si condivide, è autoironia”.

"Fedez mente sull'aborto". Roccella smonta le accuse del cantante. Il ministro per la Famiglia e le Pari opportunità risponde alle accuse di Fedez: "A volte dire una cosa di semplice buonsenso diventa un gesto rivoluzionario". William Zanellato su Il Giornale il 10 febbraio 2023.

Purtroppo l’aborto è un diritto. Non l’ho detto io l’ha detto un ministro. A volte anche io sparo cazzate ai quattro venti ma non lo faccio a spese dei contribuenti”. Questa la strofa incriminata della performance di Fedez sul palco della nave Costa Smeralda, succursale dell’Ariston. Uno spettacolo che si è trasformato, fin da subito, in un banale e tedioso comizio politico anti-governo. Il tutto, al contrario di quanto millanta il cantante, “a spese dei contribuenti”.

Il ministro per la Famiglia e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, non vuole alzare i toni dello scontro e si limita a smontare le accuse del cantante milanese. “Quelle che passano per contestazioni oggi – spiega Roccella a LaStampa – sono spesso il massimo del conformismo. Mentre a volte dire una cosa di semplice buonsenso diventa un gesto rivoluzionario”.

La replica di Roccella

Il comizio di Fedez, seppur apprezzato dalla sinistra, non trova riscontro nella realtà. Inutile aggrapparsi all’articolo 21 per criticare le posizioni del governo di centrodestra sul diritto di aborto: “La citazione di Fedez è inesatta – spiega il ministro – e per capirne il senso basta ascoltare la fresa intera: il ‘purtroppo’ era riferito alla sofferenza delle donne che decidono di abortire per evitare una maternità non voluta”. Una frase tanto semplice quanto veritiera con cui, purtroppo, Fedez non vuole fare i conti. Un po' per motivi politici, un po' per tornaconto personale.

Alcune cose – aggiunge Roccella –che un tempo erano ovvie, scontate, oggi è diventato difficile dirle. Come il fatto che le donne che abortiscono non sono contente di farlo”. La posizione del governo sull’aborto, con o senza le sparate di Fedez &Co, non cambia: “Nessuno mette in discussione la legge 194, lo abbiamo detto e ripetuto allo sfinimento”. Parole nette che ricordano quelle che William Shakespeare definiva“delle risposte date da un sordo a delle domande che nessuno gli pone”.

Archiviata la questione che più le sta a cuore, il ministro Roccella, coglie l’occasione per smontare la seconda balla colossale del cantante engagé: “Non ho visto l’esibizione di Fedez, vorrei ricordargli che anche la Rai, che gli ha offerto il palco è a spese dei contribuenti”.

Il femminismo di destra

A chi la critica di non essere dalla parte delle donne il ministro risponde così:“Chi lo fa spesso non conosce il femminismo e la sua storia. Il femminismo non ha come obiettivo la perfetta uguaglianza tra uomini e donne, ma al contrario alla valorizzazione della differenza di genere”. Le parole del ministro per la Famiglia sono un inno femminista: “Il femminismo – sottolinea Roccella – non è di destra o sinistra però ritengo molto significativo che sia stata la destra ad esprimere la prima vera leader donna”. Giorgia Meloni, leader del principale partito di destra italiano, giova ricordarlo a Fedez, è la prima inquilina donna di Palazzo Chigi.

Estratto dell’articolo di Giancarlo Mazzuca per “Libero quotidiano” il 10 febbraio 2023

 […] Ecco perché, a questo punto, sarebbe opportuno riequilibrare subito i vertici Rai in modo da tener conto dei nuovi assetti politici: basti pensare che nell’attuale cda non siede alcun membro indicato da Fdi.

 Ma, a proposito di cambiamenti, c’è sul tappeto anche il problema del canone annuale Rai che è inserito nella bolletta elettrica: considerando l’emergenza energetica, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sta ora studiando soluzioni diverse scorporando il canone.

Attenzione, però, a non fare riemergere il vecchio problema che aveva favorito l’ultima soluzione: l’altissima evasione che si stava registrando sulla tassa di quella tv pubblica oggi ben rappresentata dalla statua del cavallo agonizzante davanti alla sede di viale Mazzini, a Roma. Con il passivo che l’ente si ritrova sulle spalle, l’evasione del canone sarebbe il colpo di grazia finale anche per il cavallo già mezzo morto.

Estratto dell’articolo di Maurizio Belpietro per “La Verità” il 10 febbraio 2023

Rieccoli. Sono passati vent’anni, ma la musica non è cambiata. Infatti, lo spartito che suonano è sempre lo stesso: il fascismo, il razzismo, il sessismo, il luogocomunismo. In una parola, la destra: a cui la compagnia di giro di intellettuali e cantanti riserva da tempo i propri allarmati sermoni.

 Nel 2001, in piena campagna elettorale, fu Roberto Benigni a inaugurare la stagione degli attacchi al candidato del fronte moderato, ovvero Silvio Berlusconi. Enzo Biagi, che all’epoca aveva una rubrica su Rai 1 subito dopo il tg della sera, gli fece da spalla, lasciando al comico tutto lo spazio per dir male del Cavaliere. Non contenti, Michele Santoro, in onda in prima serata nel giorno che anticipava il silenzio elettorale, replicò, riproducendo gran parte dello sketch a uso e consumo di chi se lo fosse perso.

[…] Dunque, con la scusa dell’intrattenimento, già all’epoca la sinistra usava il servizio pubblico per colpire gli avversari. Di nuovo oggi c’è che sono cambiati i volti degli allarmati speciali. La Guzzanti ha smesso da un pezzo di far ridere e Luttazzi, il cui programma dopo la vittoria del Cavaliere fu sospeso, anche.

 In compenso, resta sempre Benigni, che un giorno si spertica in lodi della Costituzione, definendola la più bella del mondo, e un altro invita a cambiarla, salvo poi pentirsi appena passato il renzismo e tornare a cantarne i pregi dal palco di Sanremo in ossequio a Mattarella. Tuttavia, a sparare a zero a pochi giorni dall’apertura dei seggi per i governatori di Lazio e Lombardia, non c’è solo il Pinocchio toscano.

In diretta dall’Ariston abbiamo già potuto assistere allo spettacolino di Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, il quale per far parlare di sé e finire in prima pagina sui giornali non ha trovato di meglio che attaccare il viceministro dei Trasporti Galeazzo Bignami, reo di aver indossato 20 anni fa, durante una festa goliardica, una divisa nazista. Credo che fino a prima della messa in onda, la maggior parte degli italiani neppure sapesse dell’esistenza di Bignami, figurarsi quella di una sua immagine in camicia bruna.

Però il cantante aveva bisogno di usare l’onorevole di Fratelli d’Italia per contrapporlo a Rosa Chemical, il rapper di cui una deputata ha chiesto l’esclusione dalla competizione canora per il testo della sua canzone, giudicata troppo gender fluid.

[…] Eh già, questa è la democrazia a trazione progressista, che consente anche a una campionessa che in Italia ha trovato l’America di poter dire che l’Italia è razzista e attaccare il Paese che l’ha ospitata e nel quale ha trovato il successo e perfino un palco da cui sputare in faccia agli italiani. Siete stupiti? Io no, ho già assistito 20 anni fa alla passerella dei partigiani con la chitarra in mano, pronti a suonarsela e a cantarsela, ma senza mai rinunciare ad alcun privilegio del servizio pubblico. È per questo che sostengo che la Rai, con le sue camarille radical chic, è irriformabile. Non c’è da scandalizzarsi, c’è da venderla, perché soltanto così sarà possibile far scendere il sipario su uno spettacolo indecoroso pagato con i soldi pubblici.

Da “Posta e risposta – la Repubblica” il 10 febbraio 2023

Caro Merlo, altro che prime donne! Sanremo sembra il luogo deputato a dare spazio ai “primi uomini”. Dopo i vari Mike e Pippo, neppure il simil-bonario Amadeus è riuscito a sottrarsi alla “baudizzazione” del palco, al punto da trattare il povero Morandi da vero (ininfluente) valletto. Spero che le co-conduttrici sapranno prendersi il loro spazio, mi sembra che Chiara Ferragni ci sia riuscita. Io tifo per Paola Egonu.

Amanda Rovi

Risposta di Francesco Merlo:

È ovvio che lei veda Pippo Baudo in Amadeus perché Baudo è il modello di stile e di ritmo che a Sanremo sono naturali e necessari. Artista vincente in tutti i registri, dalla recitazione alle letture, dalla barzelletta all’impegno, dal passo di danza alla politica, dal travestimento al pianoforte, Baudo è l’unità di misura della bravura, dell’eccellenza, del talento e dunque del successo dei conduttori di Sanremo che sono tutti Baudo senza Baudo. Allontanandosi dalla professione e dall’industria dello spettacolo, Baudo ha fatto la muta e ha lasciato a Sanremo la sua pelle. Dunque Baudo a Sanremo è come Shakespeare secondo Borges: “somigliava a tutti… tranne nel fatto che somigliava a tutti”.

Pd, Sallusti: "La sinistra si prende Sanremo, la destra Lazio e Lombardia". Alessandro Sallusti su Libero Quotidiano il 10 febbraio 2023

D’accordo, va bene ci arrendiamo. La sinistra politica e salottiera ha preso il controllo del Festival di Sanremo con i suoi giullari miliardari, per la verità meglio sarebbe dire che ha mantenuto l’occupazione illegale di suolo e spazi pubblici. Pazienza, ce ne faremo una ragione se domani sera la sinistra sarà proclamata vincitrice della settantatreesima edizione del festival della canzone italiana grazie alle performance anti destra dei vari Benigni, Ferragni, signor Ferragni (in arte Fedez), Paola Egonu (la pallavolista di colore che dopo aver scalato il successo grazie all’accoglienza dell’Italia ora sostiene che l’Italia è razzista) e grazie alla furbizia interessata (nel senso di compenso) del conduttore Amadeus, detto Ama, che ieri Repubblica in un pomposo quanto ridicolo articolo ha proclamato «capo della nuova resistenza alle destre nata su quel palco».

Domani sera andrà così, certo. Ma c’è un piccolo particolare, cioè che trentasei ore più tardi le odiate destre, dicono gli ultimi sondaggi, saranno proclamate vincitrici dell’undicesima edizione delle elezioni regionali lombarde e della diciannovesima edizione di quelle laziali. Milioni di ascolti per Sanremo anti destra immaginaria e milioni di voti nelle urne per la destra reale. Che dire: lunga vita alla resistenza targata Ama e Fedez. La sinistra ha superato anche il concetto della “Costituzione nata dalla resistenza” per planare alla “Resistenza nata dal festival delle canzonette”.

Vivono nel mondo virtuale di Chiara Ferragni, si abbeverano all’ignoranza crassa di suo marito, si esaltano per le parole di una campionessa irriconoscente ma come si spengono i riflettori sono solo tranvate (direi ovviamente). Passeranno i prossimi cinque anni a twittare tra di loro mentre i colleghi di destra costruiranno nuovi ospedali, nuove strade, aiuteranno i cittadini più disagiati a uscire dalla povertà, le donne a difendersi e le aziende a crescere in due tra le più importanti regioni del Paese. E loro saranno lì, a esibire Benigni come si fa con i panda al circo, a mostrare agli italiani finte tette di finte donne, a bruciare in piazza le foto dei loro rivali. Del resto, già oggi, la sinistra parla solo con Ama, la Meloni anche con Zelensky. Ho detto tutto.

Amadeus ricorda le Foibe, "il fucile...": l'orrore della sinistra al Festival. Libero Quotidiano il 10 febbraio 2023

Il ricordo delle Foibe di Amadeus, stringato ma commosso, genera commenti sarcastici e velenosi tra il "popolo della sinistra" riunito su Twitter per seguire in diretta il Festival di Sanremo 2023. "Il 10 febbraio, come sapete, è la giornata del Ricordo, istituita per tenere viva la memoria di una delle pagine più tragiche della nostra storia: l'eccidio di migliaia di nostri connazionali gettati nelle foibe dalle milizie del Maresciallo Tito e l'esilio di centinaia di migliaia di italiani costretti a lasciare la loro terra e i loro averi", ricorda Amadeus che per celebrare la triste ricorrenza legge un brano del libro di Gigliola Alvisi, La bambina con la valigia dove sono raccolte le testimonianze di Egea Haffner, definita dal conduttore, "una delle testimonianze più autentiche della tragedia vissuta da migliaia di italiani di Istria, Dalmazia e Venezia Giulia nel Dopoguerra".

Nelle parole lette da Amadeus il momento in cui il padre di Egea venne portato via da casa per non tornare più. "La sera del quattro maggio mamma stava trafficando ai fornelli, papà era appena tornato dalla gioielleria e si stava lavando prima di sedersi a tavola. Poi, ecco tre colpi imperiosi alla porta. Io ero già a letto o forse ero rimasta a dormire da nonna Maria, non l'ho mai saputo, ma ho immaginato tante volte la scena. Quella visita a un'ora così inconsueta poteva significare una sola cosa: l'arrivo della polizia del maresciallo Tito, i titini".

"Una vicenda a lungo dimenticata - conclude Amadeus - che appartiene all'epoca oscura delle dittature e ci fa riflettere sul valore della Memoria e soprattutto della verità. Perché la libertà non si conquista dimenticando o rimuovendo, ma ricordando. Sempre". Eppure c'è chi ride e la butta in politica, inventandosi "minacce" ricevute da Amadeus da parte del governo di centrodestra.

"Il premio? Era...": Peppino Di Capri gela il sindaco di Sanremo. Libero Quotidiano il 10 febbraio 2023

Tutti in piedi all'Ariston per Peppino Di Capri che questa sera ha ricevuto il premio "Città di Sanremo" alla carriera dalle mani del sindaco di Sanremo Alberto Biancheri. Il cantante che ha all'attivo 15 Festival e due vittorie ha eseguito uno dei suoi pezzi più noti, Champagne.

Nel commentare il premio, Peppino Di Capri ha notato con perfida ironia: "Era da tempo che aspettavo questo premio, meglio tardi che mai". Alla standing ovation è cosi seguito un certo gelo tra i presenti sul palco, tra Amadeus e le istituzioni sanremesi. Su Twitter, invece, tripudio per la battuta e per l'eleganza di un mito della musica leggera italiana in un periodo forse irripetibile come quello a cavallo tra anni Sessanta e Settanta. 

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

Il monologo di Chiara Francini a Sanremo 2023: «Non sono madre: a noi donne il senso di colpa rimbomba dentro». Redazione Online su Il Corriere della Sera il 10 febbraio 2023.

L’attrice Chiara Francini porta il suo monologo sul palco dell’Ariston nel corso della quarta serata del Festival di Sanremo, quella dedicata ai duetti

L’attrice Chiara Francini porta il suo monologo sul palco dell’Ariston nel corso della quarta serata del Festival di Sanremo, quella dedicata ai duetti.

«Cercherò innanzitutto di divertirmi e di portare tutta la Chiara che ho. Sono molto felice, molto riconoscente ad Amadeus di essere qui. Mi sento fortunata. L’argomento sarà un qualcosa che riguarda strettamente il mio percorso umano. È un monologo che ho scritto con grande verità e cercherò di portare tutte quelle che sono le mie sfaccettature. Ci saranno dei momenti ironici e delle altre tinte di questo arcobaleno» ha anticipato Francini in conferenza stampa, che non ha iniziato il suo Festival scendendo la scalinata, ma «siccome sono una ragazza umile, di provincia, preferisco guardare Sanremo dalla platea». Chiara Francini, 43 anni, attrice toscana con accento al quadrato che usa come arma spargi simpatia, ha voluto fin da subito lasciare la sua firma. Monologo compreso. Molto personale. «Arriva un momento della vita in cui è chiaro che sei diventato grande: quando hai un figlio — ha esordito l’attrice —. Ora, io, Chiara, un figlio non ce l’ho, però credo sia una cosa dopo la quale è chiaro non potrai più essere più giovane come lo eri a sedici anni, col motorino, la discoteca e il liceo. E c’è un momento, nella vita, in cui tutti intorno a te cominciano a figliare. È una valanga. Ma… inizia sempre da una che lo sapevi sarebbe diventata mamma prima di tutte. Nel mio caso, la Lucia. C’è stato un giorno, qualche anno dopo il liceo, che la Lucia mi ha chiesto di vederci. Eravamo sedute al bar della piscina, lei mi guardava tutta emozionata... e a un certo punto, con una faccia che non le avevo mai visto mi fa: “ODDIOOOOO!!! Finalmente posso dirtelo! Sono incinta!”. Incinta. Quando qualcuno ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata, non sai mai che faccia fare».

E ancora: «Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata c’è come qualcosa che ti esplode dentro. Una specie di buco che ti si apre, in mezzo agli organi vitali, una specie di paura, stordimento, e, mentre accade tutto questo, tu devi festeggiare, perché la gente incinta è violenta e vuole solo essere festeggiata. E non c’è spazio per il tuo dolore, per la tua solitudine. Tu devi festeggiare. Come l’albero di Natale che tengo acceso tutto l’anno in salotto, un albero di Natale assolutamente insensato che continua ad accendere le sue lucine, anche a luglio, fuori tempo massimo. Una festa continua senza nessuna natività. E io ho festeggiato. “Ma Lucia, ma è stupendo!” … E poi, non sapere più cosa dire. Ed era solo l’inizio, perché di lì a poco mi sembrava che tutti intorno a me avessero avuto, stessero avendo, avrebbero avuto un figlio. Passeggini, passeggini ovunque. Un esercito di donne coi capelli corti e di maschi stempiati con la panza che spingono passeggini con dentro neonati mostruosi e pieni di amore. E io, io che continuavo a fare le mie cose sempre meglio, con sempre più persone che mi guardavano e mi amavano».

«E poi. E poi a un certo punto io mi sono accorta che il tempo passava e che se non mi sbrigavo io, forse, un figlio non lo avrei mai avuto. E se anche mi sbrigavo, poi, non era mica detto. Perché anche quando ti decidi che è il momento giusto poi, magari, il corpo ti fa il dito medio e tu, allora, rimani col dubbio di aver aspettato troppo, di essere una fallita. La parte più difficile di fare un figlio è immaginarlo. Immaginarsi come sarà. E se poi non condivido niente di quello che fa nella sua vita? E se viene troppo diverso da me? Nel mio caso di sicuro verrà diverso da me! Ma io vorrei sapere come faccio con te, bambino? Ancora non sei nato e già non ci capiamo. Essere figlio di una madre come me ti causerà solo dei problemi. Se sarai maschio io so e, quasi spero, che sarai gay e t’amerò così tanto. Però forse preferirei non lo fossi, perché sarà più difficile e io vorrei che per te fosse facile. Ti prego vienimi su brillante, con la battuta pronta. Odia, odia, odia ciò che si deve odiare, il male, l’ingiustizia, perché è con quell’odio che si fanno le cose. Non è vero che si fa con l’amore. Sì, con l’amore si fanno delle cose, ma il grosso si fa con quell’odio lì. Profondo, viscerale, instancabile. Ti prego non essere una di quelle creature indifese, troppo buone. Perché poi dovrei cercare di difenderti tutto il tempo. E c’è il rischio che tu venga su meno capace di guardare, di camminare. Io vorrei fare come mia madre che non mi ha mai preso nel suo lettone. Piangerai nel tuo letto. Devo essere abbastanza forte da lasciarti piangere. Non devo essere debole».

Quindi l’introspezione è proseguita: «Ma lo vedi come parlo? Sembra che tutto dipenda da me, come se tu non esistessi già da prima di esistere. Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, perché non mi sono sposata e perché non ho avuto figli. Razionalmente so che non è così, ma da qualche parte, dentro di me, c’è questa voce, esiste, e io, alla fine, penso che abbia ragione lei, che io sia sbagliata. E io già lo so, bambino, tu mi porterai via tutta la creatività, tutta la luce, ci sarai solo tu al centro della scena e io sarò una semplice comparsa e poi diventerò grande e poi vecchia e non potrò più fare finta che il tempo non stia passando, perché ci sarai sempre tu, lì, a ricordarmi in ogni momento che la mia gioventù è finita. E io penso che mi farai così felice, che poi non mi farai davvero così felice, perché è così che funzionano le cose della vita: non sono mai come te le eri aspettate. E io ti aspetto e ti desidero così tanto che sarai per forza una delusione. Ma come parlo…? Ma che mamma sono? Non ancora non sono una mamma… Ma quanto mi è costato diventare come sono? Quanto costerà a te? E in mezzo a tutto questo bisogno di arrivare, in mezzo a tutta questa rabbia, a questo amore, io, ora, non so dove metterti. O, forse, sei proprio tu che non vuoi venire da me, perché credi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita. Ma io volevo solo essere brava, io volevo solo essere preparata, io volevo che tu fossi fiero di me. Anche se ancora non ci sei. Forse, perché ci sei sempre stato».

Sanremo 2023, la comparsa Chiara Francini. Beatrice Dondi su La Repubblica l’11 Febbraio 2023.

Nella serata dei duetti finalmente un’attrice capace di tenere il palco. Ma a cui non viene concesso nessuno spazio. E il suo importante monologo sulla maternità relegato a notte fonda

Sarà perché si chiama Sanremo e che il suo patrono di riferimento è San Romolo sta di fatto che anno dopo anno lo schema si ripete. Maestri d’orchestra, conduzione, regia, autori, nella stragrande maggioranza, portano, come si diceva un tempo i pantaloni.

In 73 edizioni una sola donna ha assunto la direzione artistica, le signore che hanno gestito il palco in solitario sono una manciata così come sono troppo vicini gli anni in cui si ci si divideva tra valletta bruna e valletta bionda. Adesso c’è la co-conduzione, che ha rivoluzionato il Festival. Ovvero anziché scendere dalla scala in abito da sera e affiancare il conduttore in modalità silente per tutta la serata, la co-conduttrice scende la scala in abito da sera, legge un cartoncino e lascia la scena di frequente. Come si dice, un gran passo avanti. Poi basta però, che la rivoluzione è al di là da venire. Neppure quando si ha l’occasione di avere un’attrice iconica come Chiara Francini, che ha una risata capace di animare velluti e coscienze, e che si presenta subito con il suo cencino addosso come una protagonista. «La scala è qualcosa di sacro, ma io son profana», dice, e sale direttamente dalla platea. Ma evidentemente non basta essere capaci di tenere la scena, avere il senso del ritmo e persino quello dell’ironia: il copione è quello e anche se stucca come i consigli non richiesti, va rispettato alla lettera.

Così la sua presenza si riduce a due gag di risulta, rapide che è meglio perdere tempo a festeggiare i novelli follower di Amadeus, qualche sguardo di troppo sulle sue mise e nulla più. Però sei brava continuano a dire i due conduttori, sei molto brava, anzi sei bravissima. Talmente capace che il monologo, implacabile come un’interrogazione programmata, che le cose importanti è bene che le dicano le donne, arriva solo a notte scandalosamente fonda, così il pubblico assonato può dimenticare più in fretta e ricominciare con scioltezza a indossare i malcostumi d’ordinanza.

Francini parla all’1.40, praticamente quasi nella serata finale e con un fenicottero rosa dialoga di maternità e di tempo che scorre, orologi biologici e inadeguatezza. Tagliente come una lama, dolorosa e consapevole. «Se sarai maschio io so e, quasi spero, che sarai gay e t’amerò così tanto. Però forse preferirei non lo fossi, perché sarà più difficile e io vorrei che per te fosse facile.» recita tenendo una carrozzina mentre il pubblico in sala sonnecchia. «Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare non mi sono sposata e non ho mai avuto figli. Sono sbagliata bambino, mi porterai via tutta la luce e io sarò solo una semplice comparsa. Ma io ti aspetto e ti desidero così tanto che sarai per forza una delusione». Praticamente come la sua partecipazione a Sanremo, che l’ha considerata, come direbbe Anna Oxa, un’emozione da poco.

Il monologo di Chiara Francini a Sanremo: «Penso di essere una donna di merda perché non ho avuto figli». VANESSA RICCIARDI su Il Domani l’11 febbraio 2023

Durante la quarta serata di Sanremo ha dovuto aspettare fino all’1:39 per fare il suo monologo sulla maternità. Non ha mostrato scoraggiamento, e ha parlato come promesso a partire da sè stessa

«Da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, non mi sono sposata e non ho avuto figli». Chiara Francini durante la quarta serata di Sanremo ha dovuto aspettare fino all’1:39 per fare il suo monologo sulla maternità. Non ha mostrato scoraggiamento, e ha parlato come promesso di sé stessa, o meglio ha attinto da sé, per raccontare cosa vuol dire arrivare in quell’età in cui una donna non sa più se potrà essere madre, adesso che ha 43 anni.

A un certo punto «mi sembrava che tutti intorno a me avevano avuto o stessero avendo figli». E poi « mi sono accorta che se non mi sbrigavo un figlio non lo avrei avuto» poi tu «pensi di aver aspettato troppo, di aver fallito». 

IL DIALOGO IMMAGINARIO

Il monologo, mentre sul palco è arrivata una carrozzina, è diventato un dialogo con un bambino immaginario: «Vorrei sapere come faccio con te bambino, ancora non sei nato e non so se ci capiamo, spero che se sarai maschio sarai gay, e sarà un amore senza fine, oppure no perché per te non sarà facile». E la raccomandazione: «Odia il male perché è solo con quella cosa lì che si fanno le cose». E ancora: «Non essere una di quelle creature troppo buone o dovrò stare lì a difenderti». La realtà della maternità: «Ti desidero così tanto che sarai una delusione», per poi pentirsi di averlo solo pensato. E la conclusione: «Vorrei che tu fossi fiero di me anche se non ci sei, forse perché ci sei sempre stato».

VANESSA RICCIARDI. Giornalista di Domani. Nasce a Patti in provincia di Messina nel 1988. Dopo la formazione umanistica tra Pisa e Roma e la gavetta giornalistica nella capitale, si specializza in politica, energia e ambiente lavorando per Staffetta Quotidiana, la più antica testata di settore.

Sanremo 2023, Chiara Francini: “Sono una donna di me***”. Libero Quotidiano l’11 febbraio 2023

"Io da qualche parte penso di essere una donna di me*** perché non so cucinare, perché non mi sono sposata e perché non ho avuto figli". Comincia così il monologo di Chiara Francini nella quarta serata del Festival di Sanremo. Un discorso forte, profondo, sull'essere donna e sull'essere madre. Una madre mancata. E forse c'è anche un velato messaggio al ministro Eugenia Roccella e al premier Giorgia Meloni, per le politiche sulla famiglia. "Razionalmente so che va bene così, ma da qualche parte, dentro di me, c’è questa voce, esiste, e io, alla fine, penso che abbia ragione lei, che io sia sbagliata". "Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata c’è come qualcosa che ti esplode dentro", dice, sottolineando che "mentre accade tutto questo, tu devi festeggiare, perché la gente incinta è violenta e vuole solo essere festeggiata. E non c’è spazio per il tuo dolore, per la tua solitudine".

E io, io che continuavo a fare le mie cose sempre meglio, sempre guadagnandoci di più, con sempre più persone che mi guardavano e mi amavano. E poi. E poi a un certo punto io mi sono accorta che il tempo passava e che se non mi sbrigavo io, forse, un figlio non lo avrei mai avuto. E se anche mi sbrigavo, poi, non era mica detto. Perché anche quando ti decidi che è il momento giusto poi, magari, il corpo ti fa il dito medio e tu, allora, rimani col dubbio di aver sbagliato, di aver aspettato troppo, di essere una fallita", continua l'attrice. Così arriva "il senso di colpa" che "rimbomba dentro, come un eco".

Poi c'è la paura che la maternità possa cambiarla: "E io già lo so, bambino, tu mi porterai via tutta la creatività, la luce". "Ti aspetto e ti desidero così tanto che sarai per forza una delusione. Ma come parlo…? Ma che madre sono? Non sono una madre, intanto…". "Forse, sei proprio tu che non vuoi venire da me, perché credi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita. Perché avevo troppo da fare. Ma io volevo solo essere brava, io volevo solo essere preparata, io volevo che tu fossi fiero di me. Anche se ancora non ci sei. Forse, perché ci sei sempre stato", conclude l'attrice tra gli applausi dell'Ariston.

Da video.corriere.it l’11 Febbraio 2023.

«Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, perché non mi sono sposata e perché non ho avuto figli. Razionalmente so che va bene così, ma da qualche parte, dentro di me, c'è questa voce, esiste, e io, alla fine, penso che abbia ragione lei, che io sia sbagliata»: Chiara Francini porta sul palco del Teatro Ariston, a tarda notte, tutti i dilemmi della maternità mancata (finora). Un monologo intenso dedicato a tutte quelle donne che un figlio non lo hanno avuto, per scelta o meno, poco importa. E’ diretta quando mette a nudo sul palco più seguito d’Italia uno dei tabù più difficili da demolire. Aveva anticipato che sarebbe stata un’esperienza personale. E la racconta con forza, a tratti ironica, sempre spigliata

Il Monologo di Chiara Francini è una brutta e tetra parodia di un capolavoro di Oriana Fallaci. Rec News - Articolo del 11 Febbraio 2023 di Zaira Bartucca

Nel 1975 la grande giornalista Oriana Fallaci scriveva un libro che ormai è un classico della contemporaneità. “Lettera a un bambino mai nato” è un libro diventato negli anni la pietra miliare dell’analisi introspettiva sulle donne che non sono madri, sul dramma dell’aborto, sulla famiglia e sui legami sentimentali. Un diario vero, convincente, doloroso e genuino che ha contribuito a dare spessore alla figura della nota editorialista e inviata di guerra. Oggi, nel 2023, cosa avrebbe pensato la grande Oriana del monologo di Chiara Franchini presentato a Sanremo? Come avrebbe commentato – lei che ha sondato il tema per necessità non per committenza politica – un soliloquio in cui si sente la forzatura di doversi appellare per forza all’universo lgbt (“Se sarai maschio io so e, quasi spero, che sarai gay”). Arrivando a discriminare gli eterosessuali e perfino a insultare la vita appena nata con un discutibile “neonati mostruosi”? Oriana che un figlio non lo ha mai avuto ma – dopo l’esperienza drammatica dell’aborto – lo ha desiderato più di prima, non si è mai sentita “una fallita” per non aver potuto generare altra Vita (forse perché aveva fatto tante altre cose importanti), né ha mai scritto parole di odio e d’invidia verso chi questa fortuna l’ha avuta, e non per questo deve essere messo alla berlina in prima serata.

Ma tanto Sanremo ormai è solo questo, e dopo l’uscita infelice di Paola Egonu è anche il luogo dove si tenta d ridicolizzare le famiglie italiane: “Un esercito – per dirla alla Francini – di donne coi capelli corti e di maschi stempiati con la panza”, colpevole di volersi bene, di stare insieme felicemente e di aver voluto perpetuare un legame sentimentale con una nascita, che è la gioia più grande che può essere concessa a un uomo e a una donna che si amano. Ma in quel di Sanremo non c’è spazio per valori come questi, per carità. Anzi. “Odia, odia, odia ciò che si deve odiare”, rimarca una Francini che appare, oltre che teatrale, tetra, “perché – continua l’attrice – è con quell’odio che si fanno le cose. Non è vero che si fa con l’amore. Sì, con l’amore si fanno delle cose, ma il grosso si fa con quell’odio lì. Profondo, viscerale, instancabile”. Parole che Oriana Fallaci – pur nota per il suo carattere burbero e a volte solitario – non avrebbe di sicuro mai detto né scritto. Anzi, forse avrebbe fatto perfino una delle sue strigliate di testa epocali a certi ipocriti che un giorno lottano contro i discorsi d’odio e il bullismo, e il giorno dopo invitano ad odiare, come se l’essere disumani fosse ormai la cosa più naturale de mondo. “Lettera a un bambino mai nato” – assieme a tutta l’esistenza della Fallaci – è stato invece un inno all’Amore e alla Vita, non una tirata a favore dell’abbruttimento morale e della denatalità. Un inno alla lotta per determinati valori che, in fondo, non è altro che una lotta per la gente, per persone che ci circondano e che – proprio come chi deve nascere – non conosciamo ancor eppure siamo legati a loro, in perfetto equilibrio, attraverso dinamiche insondabili.

Da today.it il 21 febbraio 2023.

Ottobre 2022, Gabrielle, la moglie dell'ex compagno di Ferragni scriveva una lettera a se stessa bambina parlando di fragilità superate e montagne russe. Vi ricorda qualcuno, 4 mesi dopo?", queste le parole di Selvaggia Lucarelli che vogliono instillare il dubbio nei suoi follower e non solo. 

 Al Festival di Sanremo si è molto parlato del discorso di Chiara Ferragni, che si è scritta da sola: una lettera indirizzata a se stessa da piccola. […] Secondo Lucarelli l'ispirazione di Ferragni sarebbe nata leggendo un'altra lettera: quella della moglie del suo ex Riccardo Pozzoli, Gabrielle Caunesil. E proprio a Pozzoli sarebbe indirizzata la frecciata che Ferragni ha scritto proprio nel suo monologo.

La prima parte del discorso di Chiara Ferragni al Festival di Sanremo: "Ciao bimba ho deciso di scriverti una lettera, ogni volta che penso a te mi viene da piangere e non so bene neanche il perché. Forse perché mi manchi, forse perché vorrei poterti fare uscire fuori un po’ di più, farti vedere quel che è ora la mia vita. Sai, la gente mi conosce e tanti mi chiedono un selfie, è una bella sensazione essere apprezzati da milioni di persone. Poi sai, non piaccio proprio a tutti ma penso finalmente di piacere a me stessa. E questo è un buono, anzi ottimo inizio. Vuoi sapere del tuo futuro, voglio farti una premessa"

"Lettera ad una bambina timida - così inizia la lettera che Gabrielle Caunesil ha condiviso su Instagram -. Oggi compio 32 anni e ho voluto dedicare questa giornata a questa bambina che era io. A te, che arrossivi ogni volta che qualcuno ti guardava, a te piccola introversa piena di luce. A te, che hai prosperato nella perdita più grande, a te che hai sempre mantenuto il sorriso nel momento più difficile, a te che sei cresciuta troppo in fretta, hai perso troppo. A te che sei una bambina coraggiosa che hai perso tutto. Oggi voglio dirti che andrà meglio, che crescerai e imparerai, che supererai tutti i traumi, le perdite..."

Sanremo, Nicola Borghesi l'autore con Chiara Francini del monologo sulla non maternità: «Non ho figli, un problema anche mio».  Massimo Marino su Il Corriere della Sera il 14 Febbraio 2023.

L'attore e regista bolognese: «Ho 36 anni ed è un nervo scoperto. Mi ha confidato che viene da un quartiere popolare e che per emergere ha dovuto sacrificare il desiderio di diventare madre. E oggi non sa se ci riuscirà»

«Ieri notte, a tarda ora, ho vissuto un’esperienza singolare: alcune parole che ho scritto insieme a Chiara Francini sono finite sul palco dell'Ariston».  Lo annotava sul suo profilo Facebook  Nicola Borghesi, dopo il monologo sulla non maternità di Chiara Francini andato in onda al festival di Sanremo. Borghesi aveva scritto con l’attrice l’assolo Una ragazza come Io, presentato al Campania Teatro Festival nel 2022. Attore e regista bolognese, fondatore del Festival 20 30 e della compagnia teatrale Kepler-452, amico di Lodo Guenzi dello Stato Sociale, che più volte ha coinvolto in propri spettacoli, lui ama lavorare sulle biografie, andando a fondo delle crisi sociali, come nel recente Il capitale, con in scena un gruppo di operai della GKN di Campi Bisenzio, una fabbrica in smantellamento. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente mentre viaggia attraverso la Spagna. 

Borghesi, sapeva che sarebbe andato in onda quell’estratto dallo spettacolo? «Sì, me l’hanno anticipato Chiara e la produzione. Ho atteso la trasmissione con un misto di emozione, di dubbio e di spavento, pensando che il contesto avrebbe potuto snaturare il testo. E invece…». 

E invece?

 «… sono stato contento, perché mi è sembrato che sia apparsa una cosa insolita. Non è stato come quando arriva uno che fa un monologo e di solito ti dice: questo è quello che penso. In quel brano ci sono varie voci in conflitto: una afferma una cosa e l’altra la contraddice, va da un’altra parte…». 

Come è nata la collaborazione con Chiara Francini? 

«Mi ha invitato l’Infinito Produzioni, con cui avevo fatto qualcosa con Lodo. Lei non la conoscevo, ma ci siamo intesi subito. Si trattava di scrivere uno spettacolo biografico su di lei».

Come avete proceduto? 

«Col mio solito metodo: le ho fatto molte interviste, lei ha improvvisato, all’interno della drammaturgia abbiamo cercato di tirare un filo, quello del fatto che il rapporto controverso con la maternità ha a che fare con un problema di classe. Chiara è nata nella cintura fiorentina, proprio a Campi Bisenzio, il luogo della GKN. Ha cercato un riscatto prima di tutto economico e nel progettare di diventare qualcuno la maternità è stata sacrificata, riemergendo come ferita».

 Come è venuto fuori, con Chiara, il tema della maternità mancata?

 «È emerso tardi. Prima mi ha raccontato della nascita in un quartiere popolare e del bisogno di affrancarsi dalla sua condizione sociale, di emergere. Poi un giorno chiacchieravamo di alberi di Natale e lei ha confessato che lo tiene in salotto tutto l’anno, come dice nel monologo. Ha iniziato a ragionare sul suo rapporto con l’infanzia e da lì a riflettere sulla fase della vita che sta attraversando, del fatto che avrebbe voluto fare dei figli, ma non sapeva se ci sarebbe riuscita. Così è nato il testo». 

Come è stato per lei, uomo, scrivere di maternità? 

«È una pratica artigianale di scrittura drammaturgica. Ascolti l’artista e cerchi di riportare quello che emerge nel dialogo. Ma il tema era comune. Io ho 36 anni e non ho figli. È da qualche tempo che il problema, diversamente, inizia a bussare anche alla mia porta. Sentire raccontare che il tempo è passato e non te ne sei accorto – come nel Giardino dei ciliegi del mio amato Čechov – ha toccato un nervo scoperto che è anche mio».

Avere figli è diventare grandi, uscire dalla gioventù, condizionare la propria creatività, recita Chiara nel monologo. Lei cosa ne pensa? 

«È una paura anche mia. Non particolarmente originale: caratterizza tutta la mia generazione. In questa situazione di capitalismo e di contrazione delle possibilità economiche non vedo prospettive rosee. È più facile sguazzare in una tarda adolescenza che rimanda di un giorno, di un mese, di un anno il diventare grandi. E quando arriva un figlio sei grande, non puoi più scappare». 

Cosa pensa del fatto che il monologo a Sanremo sia slittato di circa un’ora? «Non so se si sia trattato di una questione di opportunità o semplicemente sia stato causato dalla confusione abituale del festival. Ci ho lavorato due volte, facendo il ghost writer e le pubbliche relazioni per lo Stato Sociale, e posso testimoniare che è davvero un gran caos». 

Spostare dalla concentrazione del palcoscenico alla televisione il monologo per lei è stato positivo o negativo?

 «Secondo me è stata un’opportunità. Come scrivo nel post, quando mi sono addormentato mi è apparso in sogno Gramsci. Nel senso che dove si può, mantenendo la propria coerenza, se ti capita una vasta platea, uno spazio grande, non bisogna rifiutarli a priori. Può essere un’altra sperimentazione: vedere la reazione chimica che scatta in quei luoghi, davanti a un ampio pubblico». 

Cosa sta facendo in Spagna? 

«Con Enrico Baraldi stiamo andando al festival “Miss You” di Valladolid a portare presso il teatro Calderon i nostri Comizi d’amore. Abbiamo conosciuto questo festival grazie ad Emilia Romagna Teatro, che ci mandò un paio di anni fa a partecipare a un progetto europeo. Vi rappresenterò, inoltre, il mio monologo Gli altri. E questo mi dà ansia: devo recitare tutta quella roba in spagnolo».

Una lunga storia d’amore tra film e libri. Chi è il fidanzato di Chiara Francini, Frederick Lundqvist: le curiosità, i film e i libri della co-conduttrice di Sanremo. Elena Del Mastro su Il Riformista il 10 Febbraio 2023

Giunti alla quarta serata di Sanremo 2023 è il turno della terza co-conduttrice Chiara Francini, attrice, conduttrice e scrittrice dall’allegria pungente. Nata il 20 dicembre 1979 a Firenze, ha mosso i primi passi nel teatro. Da circa 17 anni è fidanzata con lo svedese Frederick Lundqvist, ex calciatore oggi imprenditore. I due non sono sposati ma hanno una duratura e stabile relazione. “Viviamo insieme da 16 anni, ma il matrimonio è un giorno in cui ci si sente principessa… però io mi sento principessa tutti i giorni”, ha raccontato tempo fa al Corriere della Sera.

Poco si sa della loro relazione: lui è nato il 3 agosto 1976 a Lulea. È stato un calciatore svedese arrivando a indossare per qualche tempo anche la malia della nazionale. Attualmente è un imprenditore nel settore della sicurezza. La stessa attrice lo definisce “un fidanzato estremamente ironico, silenzioso, molto attento, sarcastico, riservatissimo”. “E’ la persona che mi ha reso libera e sicura e che ogni giorno mi ama dandomi la possibilità di fiorire”, ha detto in un’intervista a Vanity Fair.

I film e la carriera Tv di Chiara Francini

Approda in televisione grazie a Marco Giusti, che le offre due ruoli fissi nei suoi programmi BlaBlaBla e Stracult; vengono poi Radio Sex, di Alessandro Baracco, e Le ragazze di San Frediano, per la regia di Vittorio Sindoni; infine nel 2007 è “Marzia Meniconi”, una delle protagoniste di Gente di mare 2. Tra il 2007 e il 2008 è impegnata in quattro film: Leonardo Pieraccioni la vuole nel ruolo di “Giustina” in Una moglie bellissima, in cui canta due canzoni del musical Grease, facenti parte della colonna sonora del film; Francesco Patierno la sceglie per Il mattino ha l’oro in bocca; Spike Lee le affida il ruolo di “Fabiola”, una delle vittime della strage nazista di Sant’Anna di Stazzema nel film Miracolo a Sant’Anna. Nel 2009 partecipa alla miniserie Le segretarie del sesto, per la regia di Angelo Longoni, e al film Feisbum – Il film, episodio Gaymers, diretto da Emanuele Sana. Nel 2010 compare ancora sul piccolo schermo nella serie tv Tutti pazzi per amore 2, per la regia di Riccardo Milani.

È una delle protagoniste del film per il cinema Maschi contro femmine nel 2010 e di Femmine contro maschi nel 2011, entrambi per la regia di Fausto Brizzi, in cui interpreta “Marta”, una ragazza omosessuale. Nel 2011 co-conduce il programma televisivo Colorado; al cinema recita nel film La peggior settimana della mia vita, per la regia di Alessandro Genovesi; in televisione ritorna su Rai 1, col personaggio di “Bea”, in Tutti pazzi per amore 2. Partecipa inoltre al film C’è chi dice no, per la regia di Giambattista Avellino, e all’opera prima Cacao, per la regia di Luca Rea. Vince il Premio Guglielmo Biraghi nel 2011, come attrice rivelazione dell’anno, assegnatole dal sindacato giornalisti cinematografici, nell’ambito del 68º Festival Internazionale del cinema di Venezia. Nel 2012 torna in tv, su Sky Cinema, con Un Natale per due, dove interpreta anche la Carmen di Bizet, per la regia di Giambattista Avellino. Sempre nel 2012 torna al cinema con Buona giornata per la regia di Carlo Vanzina. Nel 2013 è una delle protagoniste del film per il cinema Pazze di me, di Fausto Brizzi. Nel 2013 è protagonista del film Ti sposo ma non troppo, opera prima di Gabriele Pignotta. Nel 2014 è fra i protagonisti del film corale Soap opera, di Alessandro Genovesi. Sempre nel 2014 conduce in prima serata Colorado su Italia 1, insieme a Diego Abatantuono. Nel 2015 è una delle protagoniste della fiction Matrimoni e altre follie, per la regia di Laura Muscardin. Nel 2016 interpreta il personaggio di “Perla” nella fiction, di Rai 1 Non dirlo al mio capo, per la regia di Giulio Manfredonia. Sempre nel 2016 viene scelta da Pippo Baudo per co-condurre con lui Domenica in. Nel 2021 è una delle protagoniste della commedia Addio al nubilato, per regia di Francesco Apolloni, trasmessa su Amazon. Al cinema nel 2021 è “Annalisa”, protagonista di Altri padri, opera prima di Mario Sesti, pellicola drammatica, che affronta un tema di grande attualità: quello dei padri separati. Il film viene presentato fuori concorso al 39º Torino Film Festival. Dal 2021 riveste il ruolo di giudice nella prima edizione di Drag Race Italia, in onda sulla piattaforma streaming Discovery+, e in chiaro, in prima tv assoluta su Real Time, a partire dal 9 gennaio 2022. Nel 2022 è una delle protagoniste di Tre sorelle, trasmesso il 27 gennaio sulla piattaforma Amazon per la regia di Enrico Vanzina.

Ha scritto quattro romanzi tutti editi da Rizzoli. Non parlare con la bocca piena (2017), Mia madre non lo deve sapere (2018), Un anno felice (2019) e Il cielo stellato fa le fusa (2020).

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

"Giarrusso attaccato alla poltrona. Prendiamo quelle della Azzolina..." Luca Sablone il 10 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Il comico Alessandro Siani, ospite della terza serata di Sanremo, ha ironizzato sulla giravolta di Giarrusso: "Sapevo che uno era attaccato alle poltrone, ma che erano pure girevoli mi pare esagerato"

Al centro del monologo di Alessandro Siani è finito il rapporto tra l'uomo e la tecnologia, che ormai ha un impatto nella vita di tutti i giorni e che modifica i nostri corpi. Il comico napoletano, al termine del proprio intervento nella terza serata del Festival di Sanremo, ha tirato una stoccata al mondo della politica e ad alcuni suoi rappresentanti. Nello specifico ha punzecchiato Dino Giarrusso, anche se in realtà non lo ha mai nominato. Comunque il riferimento, seppure implicito, è apparso abbastanza evidente.

La classifica della terza serata: Mengoni resta al primo posto, Sethu ultimo

Siani punzecchia Giarrusso e Azzolina

Il suo nuovo film, Tramite amicizia, uscirà nelle sale a partire dal 14 febbraio. A tal proposito Amadeus ha chiesto a Siani di spiegare chi a suo giudizio sono gli amici che si sostengono sempre. "Sono quelli che si vogliono bene. Un esempio? I politici, sono sempre amici tra di loro. Sono amici degli amici", ha subito risposto l'attore. Che poi si è lasciato andare alla battuta prima di lasciare il palco del Teatro Ariston.

Siani non ha fatto un nome ben preciso ma in molti hanno associato la frecciatina all'ex grillino Giarrusso, che di recente ha manifestato la volontà di approdare nel Partito democratico. "C'è stato il caso meraviglioso di un politico che era nel Movimento 5 Stelle, poi è passato al Gruppo Misto, poi agli Europeisti, poi è tornato di nuovo nel Misto e ha chiuso nel Pd", ha aggiunto il comico. Che ha concluso la battuta alla luce delle infinite polemiche sui banchi a rotelle dell'epoca Lucia Azzolina, ex ministro dell'Istruzione: "Sapevo che uno era attaccato alle poltrone, ma che erano pure girevoli mi pare esagerato. Prendiamo le sedie della Azzolina, almeno le utilizziamo".

Il caos nel Pd

L'ipotetico ingresso di Dino Giarrusso nel Partito democratico è stato un argomento di forte imbarazzo all'interno della galassia dem. Sulla questione ha preso posizione Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria del Pd, secondo cui un atto indispensabile per il suo arrivo sarebbe quello di chiedere scusa per i forti attacchi sganciati negli anni scorsi: "Se vuole far parte di una comunità democratica deve scusarsi per le parole utilizzate in passato".

"Non può tesserarsi". Nel Pd scoppia il caso Giarrusso

L'eventuale arrivo di Giarrusso ha fatto storcere il naso alla base del Partito democratico: gli elettori hanno palesato anche sui social il loro disappunto, facendo notare che in effetti si tratterebbe di uno scarso innesto. Anche perché non possono essere cancellati in un secondo tutti i toni al veleno indirizzati al Pd da parte dell'ex 5 Stelle. Per quale motivo i dem dovrebbero imbarcarlo? Evidentemente è forte l'infatuazione per il grillismo.

Alessandro Siani il monologo a Sanremo 2023. Tag24 il 10 Febbraio 2023

Alessandro Siani monologo Sanremo 2023 su smartphone e l'invito a godere la vita fuori dagli schermi nella realtà.

Alessandro Siani monologo Sanremo 2023. Il comico napoletano è protagonista sul palco dell’Ariston ad un orario improbabile e che sicuramente non valorizza l’ospite più importante di questo genere, non ce ne voglia Roberto Benigni con il mongolo sulla costituzione ma Alessandro Siani oggi è un artista che vince il biglietto d’oro, capace di riempire i cinema quanto i teatri. Farlo esibire all’Ariston ad un’orario del genere, cosa mai accaduta per un ospite di questo calibro in questi quattro anni è al limite della mancanza di rispetto.

Alessandro Siani monologo Sanremo 2023 sugli smartphone, l’attore pronto a tornare con “Tramite Amicizia”

L’attore ha regalato risate a coloro che erano ancora svegli compresi i giornalisti della sala stampa: “Gianni non è più la fisarmonica che suona per te, ma è la sveglia, a quest’ora i maestri vogliono suonare il citofono per dormire. Amore o amicizia? Dura di più il mutuo”, scherza duettando con Amadeus. L’attore continua: “Questo è il festival del selfie, anche fuori dal teatro qui c’è gente che fa fotografie con chiunque: dal portiere dalla reception fino al barman dei Cugini di campagna. Io ho visto uno che si faceva la foto con uno che si era fatto la foto con Mengoni. Un signore per mezz’ora mi ha chiesto come mi chiamavo e quando ho detto Alessandro Siani mi ha detto hai ragione bravo. Uno mi ha detto di parlare con la moglie e lei mi doveva riconoscere. Quando ho parlato con lei mi ha detto non so chi sei passami quello scemo di mio marito”

La mania degli smartphone ovunque

Qui inizia il vero monologo in cui Alessandro Siani sceglie di parlare a Sanremo 2023 della dipendenza dagli smartphone: “La prima cosa che facciamo quando arriva il cibo fai la fotografia. Una volta avevo la spigola sul piatto gli ho fatto dieci fotografie e quando me ne sono andato lei mi ha detto me ne fai un’altra che so venuto con gli occhi chiusi”, poi continua “A quest’ora va bene tutto. Con il telefono vediamo i film, quello sarebbe bello guardare al cinema. Anche a casa è complicato perché con il telecomando devi scegliere la piattaforma, poi devi scegliere le categorie, poi i film scelti per te, quelli che vuoi, quelli più visti, poi quando lei esce in pigiama dice non ho messo niente e si è messo il pigiama per andare a dormire. Io non posso vedere 200 puntate per vedere chi è l’assassino, dopo 200 puntate non me ricordo manco chi è il morto

Siani parla di cosa rischiamo con gli smartphone

Mio padre non mi diceva niente, solo spegni la luce perche la bolletta la pagava lui. Una volta chiesi dove avea conosciuto il tirchio di papà e lei mi disse a una cena a lume di candela e risposi ci credo” poi racconta una sua massima “La felicità nasce dal movimento, non dall’inerzia. L’amore è una corsa ad ostacoli, la luce la vedi in fondo al tunnel. Sono arrivato nel tunnel, poi mi hanno spento la luce”. Arriva a questo punto il monito: “Hanno studiato il nostro corpo e l’uso dello smartphone ci sta cambiando fisicamente. Questa è l’immagine di come saremo nel 3000 mentre nel 4000 diventeremo il genio di Malgioglio. Lo salutiamo con affetto”.

Ho letto un articolo dove una persona diceva di aver spento il telefono e in quel momento si è accesa la sua vita. È stato un caso anche che quando si era bloccato whatsapp siamo impazziti tutti. Un ragazzo in una piazza disse al poliziotto venitemi a prendere ho paura, quando il poliziotto gli chiese dove lo trovava rispose nella realtà”. L’attore ha poi dato appuntamento al cinema dal 14 febbraio con il suo film “Tramite Amicizia”

I VOTI.

La classifica generale dopo la quarta serata di Sanremo 2023: primo Marco Mengoni che vince anche per la cover. Barbara Visentin su Il Corriere della Sera il 10 febbraio 2023.

Ecco le nuove posizioni provvisorie dei 28 cantanti in gara dopo la serata delle cover e dei duetti

La quarta serata del Festival di Sanremo 2023 ha visto i 28 concorrenti impegnati con cover e duetti e ha visto trionfare Marco Mengoni insieme al Kingdom Choir con «Let it be». Amadeus, Gianni Morandi e Chiara Francini hanno poi letto la nuova classifica generale provvisoria, in attesa della finale di sabato 11 febbraio. Eccola di seguito:

1 - Marco Mengoni

2 - Ultimo

3 - Lazza

4 - Mr Rain

5 - Giorgia

6 - Tananai

7 - Madame

8 - Rosa Chemical

9 - Elodie

10 - Colapesce Dimartino

11 - Gianluca Grignani

12 - Coma Cose

13 - Modà

14 - Articolo 31

15 - LDA

16 - Leo Gassmann

17 - Paola & Chiara

18 - Ariete

19 - Mara Sattei

20 - Colla Zio

21 - gIANMARIA

22 - Cugini di campagna

23 - Levante

24 - Olly

25 - Anna Oxa

26 - Will

27 - Shari

28 - Sethu

Manca ormai solo il gran finale, sabato 11 febbraio, quando verrà decretato il vincitore del Festival. Tutti e 28 i big torneranno sul palco riproponendo il loro brano e verranno votati esclusivamente dal pubblico a casa. Sarà elaborata una ulteriore media con le votazioni precedenti, per ottenere una classifica definitiva delle 28 canzoni. Le prime cinque (e non più tre come in passato) con il punteggio più alto saranno riproposte e si procederà poi a una nuova votazione, ripartendo da zero. A decidere il vincitore saranno il televoto con un peso del 34%, la sala stampa con il 33% e la giuria demoscopica con il 33%.

Al di là della gara, uno dei momenti più attesi della finale è la lettura del messaggio del presidente ucraino Zelensky da parte di Amadeus. Torna Chiara Ferragni co-conduttrice, mentre arrivano anche i superospiti Depeche Mode.

Le nostre pagelle della quarta serata di Sanremo

Nel corso della quarta puntata (qui il racconto minuto per minuto), hanno sfilato gli ospiti invitati dai concorrenti per la serata delle cover. Peppino di Capri, 83 anni, ha ricevuto il Premio Città di Sanremo alla carriera e Chiara Francini, proprio sul finale della serata, è stata protagonista di un monologo molto personale sul non essere madri.

Estratto dell’articolo di Fabrizio Biasin per “Libero quotidiano” l’11 dicembre 2023.

Cos’è successo nella serata di ieri? Ben lo sapete, ci hanno proposto 28 “cover”, che poi non sono cover ma vabbé, ci siamo capiti. Ci è piaciuto il tutto? Tanto, tantissimo e, oggi, vedrete che il dato auditel dirà che il popolo ha gradito e goduto a piene orecchie. In fondo è quel che chiede la gente, il popolo, mia zia, pure la tua: meno manfrine e monologhi, meno simposi, meno processi alla nazione- laddove forzati - e più “fatti”, ovvero brani vecchi e nuovi del bel canto tricolore. Del resto trattasi di festival della canzone, pensa te. Ecco, in attesa della finale di oggi cosa ci rimane dentro la capoccia?

Cosa è destinato a conquistare un posto di rilievo nelle mitiche Teche Rai? Cosa vedremo a Techetecheté 2050? Chiara Ferragni che legge la letterina precotta, ci racconta come è riuscita a superare le avversità della vita, come ha fatto i miliardi e “io, io, io” fino allo sfinimento? Suvvia, dai. Semmai ci riproporranno all’infinito le esibizioni dei tre micidiali tenori tricolori che hanno okkupato il palco dell’Ariston mercoledì sera e sono già diventati “leggenda” […]

Prendete la performance del Gianni Nazionale dell’altra sera con “il Gianni Morandi del 3000”, che poi è Sangiovanni: i due si esibiscono in Fatti rimandare dalla mamma, rivisitazione del grande classico morandesco, e tu pensi “Ma questi che c’azzeccano? Vengono da galassie e epoche decisamente diverse”. E invece no, i due nonostante i duecento anni di differenza incastrano con maestria le loro voci e così facendo completano una piccola magia: uniscono ben tre generazioni in un colpo solo. […]

Morale: più flessioni di Al Bano, più Morandi/Sangiovanni, più esperimenti musicali - al direttore artistico riescono alla perfezione - e meno lezioni di vita, a meno che non arrivino da chi ha realmente l’urgenza di dirci qualcosa e non debba semplicemente rispettare un copione. Per intenderci, da quando il monologo è diventato parte del regolamento? Piuttosto dateci qualche comico divertente in più. […]

Lettera di Pupo a Dagospia il 10 febbraio 2023

La nostra liaison epistolare, amico caro, sta diventando per me quasi una dipendenza. Chissà come farò quando il Festival sarà finito. Ma veniamo alla serata andata in onda ieri. È filata via liscia anzi, a tratti un po' noiosa. Nessuna polemica e nessun fuori programma degno di nota. Non mi sono entusiasmato nemmeno con I Maneskin.

 Perciò, visto che hanno cantato tutti i cantanti in gara, mi sono concentrato, come ti avevo promesso, nell’ascolto delle canzoni. Premetto che non darò nessun voto, ma mi avvarrò della saggezza e l'ironia degli antichi. Per ogni canzone userò una locuzione o un proverbio latino più o meno famosi. Sarò un Pupo colto che credo sia il Top degli ossimori. Secondo me, meglio chiarirlo subito, nessuna canzone del Festival di quest'anno rimarrà nella storia o varcherà la frontiera.

 Ecco la mia analisi.

1-Marco Mengoni-Due vite "Ad hoc"

2-Ultimo-Alba "Pecunia non olet"

3-Mr. Rain-Supereroi "Memento audere semper"

4-Lazza-Cenere "Carpe diem"

5-Tananai-Tango "Multi multa, Nemo omnia novit"

6-Madame-Il bene nel male "Bona mors est homini,vitae quale extinguit mala"

7-Rosa Chemical- Made in Italy "Alea iacta est"

8-Colapesce Dimartino-Splash "Repetita iuvant".

9-Elodie-Due "Bis dat qui cito dat"

10-Giorgia-Parole dette male "Nemo est perfectus"

11-Coma_Cose-L'addio "Malum est mulier sed necessarium"

 12-Gianluca Grignani- Quando manca il fiato "In vino veritas"

13-Modà- Lasciami "Ab uno disce omnis"

14-Paola e Chiara-Furore "De gustibus non est disputandum"

 15-LDA- Se poi domani "Talis pater,talis filius"

16-Ariete- Mare di guai "Gutta cavat lapidem"

17-Articolo 31- Un bel viaggio "Memento mori"

18-Mara Sattei- Duemilaminuti "Fiat lux"

19-Leo Gassmann- Terzo cuore "Cogito ergo sum"

20-Colla Zio-Non mi va "Fate vobis". Il macellaio del mio paese avrebbe detto "Fate bovis"

21-Levante- Vivo "More ferarum"

22-Cugini di Campagna- Lettera 22 "Morituri te salutant"

23-gIANMARIA-Mostro "Vade retro Satana"

24-Olly-Polvere "Memento,homo,quia pulvis es, et in pulverem revertis"

25- Anna Oxa- Visto il momento di smarrimento che, a mio avviso, sta attraversando, ho pensato di adattarle una locuzione. "Errare humanum est,  perseverare è a ovest"

26-Will- Stupido "Risus abundat in ore stultorum"

27-Shari- Egoista "Ego sum, qui sum"

28-Sethu-Cause perse "Nomen omen"

Per il momento è tutto. Ad maiora.

Le pagelle della quarta serata dei duetti di Sanremo 2023, live: Grignani cult con Arisa (ma è un 5), Mengoni da 9,5\. Matteo Cruccu, Renato Franco, Andrea Laffranchi, inviati a Sanremo su Il Corriere della Sera il 10 febbraio 2023.

I giudizi agli artisti che si sono esibiti nel corso della 73esima edizione del Festival della canzone italiana

Ariete con Sangiovanni, voto 5,5

La Gen Z si abbevera alla fonte della saggezza con Centro di gravità permanente di Battiato. Si apprezza lo sforzo più del risultato. Abiti abbinati ed elementi di scenografia che omaggiano la cover di La voce del padrone.

Will con Michele Zarrillo, voto 5

Will parte con difficoltà e quando entra Zarrillo lo usa come colonna e si rimette in linea. Anche così si fa esperienza

Elodie con Big Mama, voto 7

Il rock non è il mio mondo, aveva detto Elodie. Però il passaporto ce l’ha. Big Mama non è solo body positivity, ci mette del suo. P.s. Sicuri che fosse Elodie e non Zoe, la figlia di Lenny Kravitz

Peppino di Capri, voto 9

La salute è un po’ malferma, gli 83 anni si fanno sentire, ma quando attacca l’eterna Champagne il pubblico si scioglie. E parte la standing ovation: perché Peppino non è solo un monumento della canzone italiana, ma, memento pdf Maneskin e dintorni, il rock’n’roll, in Italia ce l’ha portato con lui, con pochi altri coraggiosi, nei lontanissimi anni 50

Olly con Lorella Cuccarini, voto 6

La media è tra l’8 di lei che alle prove è caduta per terra e si è rialzata come se nulla fosse ( e stasera è ineccepibile nella danza e nel canto) e il 4 di lui che, in mancanza d’altro, usa (e abusa di) questo benedetto autotune che, qui, centra come i cavoli a merenda

Ultimo con Eros Ramazzotti, voto 7,5

Dalle periferie al centro, San Basilio chiama Cinecittà e con i due, storie simili a distanza di generazioni, Sanremo è un ridotto di Roma. Alchimia telefonata che però funziona, anche quando il giovane soccorre il “vecchio” mentre dimentica un passaggio di “Un’emozione per sempre”

Lazza con Emma, voto 5,5

In gara aveva impressionato con le sue sonorità urban, la scelta della cover di Nesli invece appare trascurabile e la concitata Emma non aggiunge molto

Tananai con Biagio Antonacci, voto 8

Il pulcino nero dell’anno scorso è definitivamente sbocciato: l’intelligenza di sapersi sfottere e l’ardire di convincere anche Antonacci a sfottere sé stesso con la famosa canzoncina di Cristicchi. E l’umiltà di mettersi poi al suo servizio quando l’altro canta le sue

Shari con Salmo, voto 6

Shari con Salmo 6 L’altra coppia del Festival ci consente di scoprire un Salmo souleggiante fin qui ignoto. Anche se l’equilibrio dei Coma_Cose qui non c’è: lei finisce per rimanere sullo sfondo

Grignani con Arisa, voto 5

Uno dei protagonisti sicuri ci regala un altro momento cult: Arisa cerca di prenderlo per mano, ma lui viaggia da una tonalità all’altra senza azzeccarne una: una simpatica gazzarra. E per la simpatia meriterebbe un 7, ma siamo pur sempre al Festival della Canzone.

11 di 31

Leo Gassmann con Edoardo Bennato, voto 8

A volte ci dimentichiamo quanti sogni e utopie ci ha regalato Edoardo Bennato, grazie a Leo Gassmann per avercelo ricordato

Articolo 31 con Fedez, voto 6

C’era più voglia di fare casino che precisione. Ma del resto si celebra una reunion di due (J-Ax e Jad) che se ne sono dette e fatte di veramente brutte. E anche fra Ax e Fedez la pace – anche qui dopo colpi bassi – è recente

Giorgia con Elisa: voto 9

Alzare il braccio, arrotolare la manica, i peli sono dritti? Se non è stato così siete senza cuore. E senza orecchie.

Colapesce- Dimartino con Carla Bruni, voto 7,5

L’idea di vedere l’iconica top model, la ex première dame, il simbolo della femminilità sofisticata (ci vorrebbe l’imitazione di Fiorello a questo punto) interpretare il brano più nazional popolare del nostro canzoniere è un colpo di genio

Cugini di campagna con Paolo Vallesi, voto 4

Non c’è limite al trash. Uno pensa che i Cugini di Campagna siano il benchmarch e invece…

Marco Mengoni con Kingdom Choir, voto 9,5

Avete appena assistito a una prova tecnica per il funzionamento dell’audio del vostro televisore

gIANMARIA e Manuel Agnelli, voto 8

Sono tuo padre”

Mr Rain con Fasma, voto 5

Un pezzo generazionale con un tentativo di dargli una nuova collocazione contemporanea senza troppa fortuna

Madame con Izi, voto 8

Autotune, orchestra e chitarra acustica. Il primo che dice che è una idea sbagliata va dietro la lavagna

Coma Cose con Baustelle, voto 6,5

L’operazione funziona a metà. Prendo un pezzo trash, gli cambio vestito e gli do una dignità che non si poteva immaginare. Se Bianconi c’era riuscito in maniera magistrale con La playa di Baby K, qui l’operazione sui Ricchi e poveri di Sarà perché ti amo funziona a metà

Rosa Chemical con Rose Villain, voto 7,5

America della Nannini, canzone che parla di masturbazione, in versione glam rock che vira fetish con leccata di stivale e sex toy in mano.

Modà e Vibrazioni, voto 6

La riserva indiana delle band. Gli estremi del rock melodico, quello che guarda al pop e quello che guarda agli anni 70.

Levante con Renzo Rubino, voto 6,5

C’è rispetto, c’è sofferenza perché di quello cantava Vasco, c’è Rubino soltanto al pianoforte, ma non c’è il guizzo

Anna Oxa e Iljard Shaba, voto 7

Dopo Chiara Ferragni, anche Anna Oxa si rivolge alla se stessa del passato e rifà Un’emozione da poco. La prova vocale, anche se fin troppo carica, è dimostrazione di forza

Amadeus: voto 7

A volte deve pensare: chi me lo ha fatto fare. Rosa Chemical canta con un sex toy in mano, Fedez e gli Articolo 31 si appellano alla premier («Giorgia, legalizzala!»). Lui ormai ci ha fatto il callo e fa finta di niente. Rassegnato, sa che tanto ogni giorno c’è una polemica Rispetta l’ambiente: se non ti è necessario, non stampare questa mail. Respect the environment: if it is not necessary, don’t print this email.

Gianni Morandi: voto 7

Maratoneta (anche delle ore piccole) e scopatore (ma solo metaforicamente, copyright Chiara Francini), cantante e conduttore, ospite e padrone di casa. Altra categoria

Sethu con Bnkr (voto 5)

Visto che si parla di adolescenza con lo sguardo dei Baustelle, ci rivediamo a settembre.

Carolina Crescentini, voto 4

La protagonista di «Mare Fuori» Carolina Crescentini (quanto dolore bocciare la cagna maledetta), l’omaggio alla fiction, la noia che avviluppa e uccide lo spettatore in un abbraccio soporifero e mortale

Fiorello: voto 8

La dance italiana che ha spaccato nel mondo. E due voci che le hanno dato un’eleganza e un che di sognante

Paola e Chiara con Mark Kremont: voto 7

Ci sono più idee in pochi secondi del mash up delle loro hit sulle basi di Madonna, Kylie e Gloria Gaynor che in tutto il pezzo in gara

Sanremo, le pagelle della serata cover: Mengoni potrebbe anche ruttare, vincerebbe lo stesso. GIULIA PILOTTI, editor, su Il Domani il 10 febbraio 2023

I Cugini di campagna cantano Anima mia con Paolo Vallesi, che purtroppo non coglie l’occasione per vestirsi come loro. 7-; Manuel Agnelli e gIANMARIA fanno piangere e arrapare contemporaneamente, 10; Fedez sembra un titolare delle pompe funebri, però è un bel momento, 8. Tutte le pagelle

«E sono ancora qui e non mi sembra vero», cantava Mina. Io pure sono ancora qui, anche a me non sembra vero, solo che a differenza di Mina non canto. A malapena parlo. Rantolo più che altro, annichilita come sono dal reflusso gastrico e dal drammatico debito di sonno di questi ultimi giorni. Ho bisogno di una flebo e di una blefaroplastica. Chi siamo? Da dove veniamo? Quanto pantoprazolo posso assumere in una sola sera? Queste e altre domande scandiscono i minuti che ci separano dalla quarta serata di Sanremo. In fondo al tunnel un bagliore di speranza: stasera ci sono le cover e domani non si va in ufficio, non mollare adesso. Continua quindi questa esperienza immersiva e allo stesso tempo extracorporea della visione integrale del festivàl di Sanremo 2023. Ricominciaaamooo…

MARCO MENGONI – Vabbuò Mengoni, pigliati sta palmetta d’oro e facci andare a letto presto domani, tanto abbiamo capito come va a finire. Canti il tuo pezzo e ti prendi le standing ovation, fai la cover di Let it be con un coro gospel di cinquanta persone e vinci la serata dei duetti (vai a chiedere scusa immediatamente a Giorgia e Elisa, per cortesia). A questo punto per la finale divertiti: fai un rutto nel microfono e vediamo cosa succede. Voto 22, gli anni che avevo quando ho iniziato a fare queste pagelle.

CHIARA FRANCINI – Siccome questa è una pagella a tema Boris, non posso esimermi dal ricordarvi che i toscani hanno rovinato questo paese. E infatti a me Chiara Francini urta un po’ i nervi come tutti i toscani che ho conosciuto, compreso il mio fidanzato. Mi urta particolarmente i nervi quando mi fa la lettera a un bambino mai nato alle 2 di notte, ma di questo non ha colpa. Siccome sono carica di pregiudizi nei confronti suoi, della Toscana e dei monologhi tutti, voglio anche spezzare una lancia in suo favore: almeno questa era una cosa. Non era una cosa bella, ma era una cosa scritta e aveva almeno 6 vocaboli in più dei temini dei giorni scorsi. 7, perché sono felice di andare a letto.

COLLA ZIO – Colla Zio ultimi della scaletta, ma non del mio cuore. Fanno Salirò insieme a Ditonellapiaga e anche se sento svanire il potere del pantoprazolo riescono a non farmi incazzare a quest’ora della notte. Grazie. 8

PAOLA E CHIARA – E le droghe salgono subito con il medley di Paola e Chiara, una roba così meravigliosamente gay che riesce ad annullare le energie negative di Modà e Vibrazioni che ancora aleggiavano sul palco come una nube di testosterone. Non ho capito con chi duettassero e non mi interessa. Percepisco una Chiara un po’ scoglionata, ma come darle torto dopo tutti questi giorni. 9

MARA SATTEI E NOEMI – Vista l’ora, cantano L’amour toujours di Gigi D’Agostino, pezzo di chiusura di tutte le discoteche del mondo. Dopo questa infatti o mi date delle droghe oppure vado a letto. 7

SETHU - Aveva i Baustelle dietro le quinte ma si è trovato incastrato a cantare Charlie fa surf con un gruppo che credo non esistesse fino a questa sera. Il nome infatti è chiaramente un numero seriale, Bnkr44, e hanno prestato i loro servigi per poi tornare nel magazzino di Imperia dove stasera andranno a dormire insieme a tutti gli altri Bnkr, compresi i leggendari Bnkr01, che vivono lì dentro dal lontano ‘84. Il voto è un codice a barre.

LEVANTE – Ok Madame, ma qualcuno ha controllato le vaccinazioni di Levante? È una che canta da sola alla serata dei duetti, chissà quali altre regole ha ignorato. C’era in realtà tale Renzo Rubino ad accompagnarla al pianoforte su Vivere di Vasco Rossi, ma nessuno se n’è accorto. Cover bella però, sono troppo stanca per impuntarmi sui dettagli. 8

ANNA OXA –  la vedo lanciata a velocità supersonica in direzione Giovanni Lindo Ferretti. Come Levante anche alla Oxa hanno chiesto “chi vuoi per il duetto?” e lei ha risposto “no”. Per cantare Un’emozione da poco si è portata giusto un violoncellista X, che presto si occuperà di dar da mangiare le capre nella casa sull’Appennino che vedo all’orizzonte. 8

MODA’ E LE VIBRAZIONI – Avendo io passato tutto il 2003 a farmi cantare Dedicato a te (“immensamente Giulia”) da perfetti sconosciuti, con Le Vibrazioni ho un rapporto di amore e odio. Stasera più amore che odio, mentre cantano Vieni da me con i Modà (creando un assembramento di maschi tossici che andava regolamentato prima), forse perché Sarcina, che condivide con Grignani l’odore di ascella e posacenere, stasera è Stefano Accorsi nel biopic di Luciano Ligabue in Call My Agent Italia. Che magnifica matrioska. 7

COMA_COSE – I Coma_Cose cantano Sarà perché ti amo con i Baustelle (o Baustèl, come ha deciso di rinominarli Amadeus) e tutti e quattro insieme sono contemporaneamente i fighi del liceo classico a cui vuoi piacere a tutti i costi, ma anche i punkabbestia col cane che alla stazione di Rogoredo ti chiedono un eurino per il biglietto del treno. 7

ROSA CHEMICAL E ROSE VILLAIN – Con chi dovevo parlare per far cantare Rosa Chemical col principe Emanuele Filiberto? Va bene anche questa cosa qui di fare l’America con una giovane donna che non conosco di nome Rose Villain, ma volete mettere il duetto su Italia amore mio? Domani scoppiava la guerra civile. 6

MR RAIN E FASMA – Sono nata nel 1992, il che significa che non ho una stabilità economica e che difficilmente non mi entusiasmo quando suona una canzone dei Lùnapop, ma Mr Rain e Fasma (che almeno del Cremonini Anni 90 ha i capelli rosso Vespa) sono riusciti a togliermi anche questa piccola gioia. Scusali Cesare, so’ ragazzi. 5

MADAME – Madame e un giovane uomo che non conosco di nome Izi, fanno una bella cosa con Via del Campo, senza che De André debba bestemmiare nella tomba, cosa che temo gli tocchi fare spesso. L’hanno sfangata. 8

GIANMARIA – Assolutamente favorevole alle giacche a pelle di gIANMARIA e Manuel Agnelli che cantano Quello che non c’è, cercando di farmi piangere e arrapare contemporaneamente. Missione compiuta, 10.

I CUGINI DI CAMPAGNA – I Cugini di campagna cantano Anima mia con Paolo Vallesi, che purtroppo non coglie l’occasione per vestirsi come loro. 7-, per l’occasione mancata.

COLAPESCE E DIMARTINO CON CARLA BRUNI – L’ingrato compito di seguire Giorgia e Elisa tocca a Colapesce Dimartino, che cantano Azzurro con Carla Bruni. Lì per lì a qualcuno dev’essere sembrata una buona idea, ma a parte Carla Bruni che fa Carla Bruni sussurrando cose e facendo quelle che Stanis La Rochelle chiamerebbe “smorfie francofone”, non funziona niente. È tutto moscissimo. 5

CAROLINA CRESCENTINI – Appena viene evocato Stanis La Rochelle, compare Carolina Crescentini (la cagna maledetta di Boris) a promuovere Gli occhi del cuore. 10, così de botto senza senso.

ELISA E GIORGIA – Per la sorpresa di nessuno, Elisa e Giorgia smontano la moquette dell’Ariston cantando Luce e Di sole e d’azzurro, con cui arrivarono prima e seconda al Sanremo del 2001 (prima edizione che seguii con reale interesse). Si guardano come due amanti che dopo una vita a fingere la serenità nei loro matrimoni infelici, finalmente hanno trovato il coraggio di lasciare i mariti e si sono comprate una piccola casa sul mare solo per loro due. Spiace per chi deve cantare dopo. Pazzesche. 10

ARTICOLO 31 E FEDEZ – Continua l’operazione nostalgia degli Articolo 31 che fanno un medley di canzoni degli Articolo 31, insieme a Fedez. Sono esteticamente incongrui: Fedez sembra il titolare delle pompe funebri, gli altri due invece ti fanno il motorino appena giri l’angolo. Però è un bel momento, Giovanna balla molto. Ha diritto anche lei a divertirsi. 8

GASSMAN E BENNATO - Ognuno ha le proprie idiosincrasie, io purtroppo ho un rifiuto per Edoardo Bennato. Non mi ha fatto niente di male, pover’uomo, ma mi fa prudere le mani. Questa cosa con Leo Gassman mi fa prudere le mani più di quando canta da solo. 4

GRIGNANI E ARISA – Grignani e Arisa vengono annunciati e io so già che sarà la mia cosa preferita di tutto il festival. E infatti è il remake della Pazza gioia che desideravo. Lui parte dal palco, abbastanza composto, lei inspiegabilmente da in cima alle scale. Dico inspiegabilmente perché ai piedi Arisa ha due incudini di Willy il Coyote e riesce a scendere un gradino ogni 30 secondi. Grignani la raggiunge per accompagnarla e così, in questa lenta discesa carica di tensione, se ne vanno le prime due strofe di Destinazione paradiso, di cui ci regalano una versione della durata di Sister Ray, perché a Grignani parte il neurone e continua a cantarla ben oltre la fine, trascinando Beppe Vessicchio fuori dal meritato pensionamento e Arisa per tutto l’Ariston. È lei alla fine, stremata, che con un fil di voce gli dice: abbiamo fatto un casino Gianlù. Tutto stupendo. Voto 118, chiamate l’ambulanza.

TANANAI – Tananai si presenta con tale Don Joe e l’Italia si chiede in coro: ma chi è? Ma non c’era un big vero per Tananai? Lo odiano? È uno che non canta, peraltro, ma fa delle cose con dei tasti alle spalle di Tananai, che inizia con Vorrei cantare come Biagio Antonacci di Cristicchi. E chi mi compare subito dopo a sorpresa? Biagio Antonacci! Insieme cantano Sognami e vincono il Nobel per la pace terminando i conflitti tra madri e figlie di tutto il paese. Madri innamorate di Biagio, figlie di Tana, ormoni pazzi per tutte. 8

SHARI E SALMO – Salmo canta un medley di Zucchero mentre Shari fa ye ye yeah. Stasera fra l’altro elegantissima, per un attimo pensavo ci fosse Audrey Hepburn all’Ariston. 5

LAZZA ED EMMA – Anche se io vorrei istituire una regola che nella serata cover obblighi gli artisti a cantare pezzi che potrebbero bere in America (ventun’anni di età o più), Lazza ed Emma Marrone cantano La fine di Nesli e fanno il primo vero duetto di questa sera. Bravi, 9

ULTIMO ED EROS RAMAZZOTTI – Il medley di Eros Ramazzotti, che dev’essere atterrato a Malpensa di ritorno dalle Maldive mezz’ora fa a giudicare dall’ottima abbronzatura, mi riempie il cuore di gioia. Ultimo ci prova a rovinare tutto con la sua negatività, ma non ci riesce. Gli hanno staccato il microfono? Si sente solo Eros, ed è giusto così. 8

OLLY E LORELLA CUCCARINI – Da qualche parte, in un corridoio della Rai, c’è un ritratto di Lorella Cuccarini che se la passa malissimo. Lei invece sta una crema, mentre canta e balla con Olly (o Will? Per me sono la stessa persona) la peggior versione di La notte vola che sia mai stata prodotta. 6, se togli l’audio alla tv.

ELODIE – Elodie è qui per rubare i nostri uomini. Canta American Woman con alcune signore che non conosco e tale Big Mama, di cui voglio elogiare l’autostima: io non vorrei essere ripresa neanche a 10 chilometri di distanza da Elodie, figuriamoci sullo stesso palco. I capelli ormai Elodie se li lava alla fine del festival, non ha sbatti di farsi neanche lo shampoo secco. A che pro lavarsi i capelli quando si è il sesso in persona? Voto 115, chiamate i pompieri.

WILL E MICHELE ZARRILLO – Qualcuno ha mai visto Michele Zarrillo e Bret Easton Ellis nella stessa stanza? Ad ogni modo lui e Will cantano Cinque giorni, Zarrillo ovviamente bene essendo la sua canzone, Will con la voce di C3PO di Guerre Stellari. Qualcuno ha mai visto Will e Emiglio Robot nella stessa stanza? 6

ARIETE E SANGIOVANNI – La serata è partita con Ariete e Sangiovanni vestiti da adorabili funzionari di banca, lei sempre con l’abito del papà, che cantano Centro di gravità permanente. Esiste il romanesco corsivo? Credo che Ariete lo parli fluentemente. Un buon karaoke. 6-

GIULIA PILOTTI,editor. Nata a Roma nel 1992, cresciuta a Parma, ora vive a Milano. Ha studiato comunicazione e editoria, lavora in un’agenzia letteraria

Sanremo 2023, le pagelle dei duetti nella quarta serata. Gianni Poglio su Panorama il 10 Febbraio 2023.

Una lunghissima maratona di cover vinta da Marco Mengoni che è ancora al primo posto nella classifica generale provvisoria Sanremo 2023, le pagelle dei duetti nella quarta serata

Vince la serata delle cover Marco Mengoni con il Kingdom Choir. La loro Let It Be ha avuto la meglio sul duetto tra Eros Ramazzotti e Ultimo. I voti della quarta serata del Festival hanno contribuito alla classifica generale provvisoria. Questa la Top Five: 5) Giorgia 4) Mr. Rain 3) Lazza 2) Ultimo 1) Marco Mangoni

LE PAGELLE DEI DUETTI: Ariete e Sangiovanni – Centro di gravità permanente di Franco Battiato Non mai è una buona idea coverizzare il Maestro. A parte le stonature, la versione è incredibilmente piatta e noiosa. Da dimenticare. Voto 4

Will con Michele Zarrillo – Cinque giorni di te e di me di Michele Zarrillo Funzionano insieme. Il pezzo è un classico della discografia di Zarrillo: lo eseguono bene e con una certa intensità. Voto 6

Elodie & Big Mama - American woman dei The Guess Who Non un semplice remake ma una vera rilettura, tra rock, hip hop e orchestra, del brano cult della band canadese reso famoso nel mondo da Lenny Kravitz. Sensualità e grande senso dello show. Voto 7,5

Olly e Lorella Cuccarini – La notte vola di Lorella Cuccarini Autotune, cassa in quattro e nostalgia anni 80. Un mix micidiale. Tanto voleva che la Cuccarini la ricantasse come ce la ricordavamo. Voto 4

Ultimo con Eros Ramazzotti – Medley di Eros Ramazzotti In una dinamica da allievo e maestro ripercorrono la carriera di Eros in un rapido medley e mandano in visibilio l'Ariston.Il momento cult? Quando Ramazzotti dimentica le parole di Un'emozione per sempre. Voto 6

Lazza con Emma e Laura Marzadori – La fine di Nesli L'originale è un gran bel pezzo e loro lo omaggiano con un'intensità che va al di là del compitino sanremese. Bravi. Voto 6,5

Tananai con Biagio Antonacci e Don Joe – Vorrei cantare come Biagio Antonacci di Simone Cristicchi Divertono e si divertono con il supporto di Don Joe. E il pubblico in sala gradisce. Anche loro vanno oltre la "missione cover". Voto 6,5

Shari con Salmo – Diavolo in me, medley di canzoni di Zucchero La dimostrazione che rifare Zucchero non è una passeggiata. Non sfigurano in senso assoluto, ma forse l'asticella era un po' troppo alta. Voto 6

Gianluca Grignani e Arisa – Destinazione Paradiso di Gianluca Grignani Vince l'effetto caos, le voci si incrociano, a volte virtuosamente a volte no, poi la strana coppia (lei ha un'intonazione perfetta, lui è totalmente imprevedibile) chiude con un coinvolgimento infinito del pubblico in sala. Voto 6

Leo Gassmann e Edoardo Bennato con il Quartetto Flegreo – Medley di Edoardo Bennato Bravo Gassmann a portare all'Ariston il grande Edoardo. Il rock di Capitano Uncino e L'isola che non c'è sono storia della musica italiana. Roba seria. Voto 7

Articolo 31 con Fedez – Medley degli Articolo 31 Adrenalina punk, grandi vecchi successi e la provocazione all'urlo di "Giorgia legalizzala" sulle note di Ohi Maria. Voto 6

Giorgia e Elisa - Luce (tramonti a Nord Est) e Di sole e d’azzurro Uno dei rari momenti veramente ispirati di questa lunga notte dei duetti. Pezzi splendidi e voci superlative. Standing ovation obbligatoria. Perfette. Voto 8

Colapesce e Dimartino con Carla Bruni – Azzurro di Vito Pallavicini e Paolo Conte Nessun sussulto a parte l'eleganza di Carla. Una versione elementare che non decolla. Si poteva fare meglio. Voto 5

I Cugini di Campagna e Paolo Vallesi – La forza della vita, Anima mia Il trionfo del falsetto e del vintage. Voto 5,5

Marco Mengoni con il Kingdom Choir – Let it be dei Beatles È proprio l'anno di Mengoni: riesce pure a rifare un classico che più classico non si può con il piglio e la forza del grande performer, accompagnato da un coro di fuoriclasse. Voto 7,5

gIANMARIA e Manuel Agnelli – Quello che non c’è degli Afterhours Uno sprazzo di vibrante potenza rock e una canzone bellissima. Insieme Manuel e gIANMARIA funzionano alla grande. Voto 7,5

Mr. Rain e Fasma – Qualcosa di grande di Cesare Cremonini. Un classico del pop italiano riletto senza infamia e senza lode. Voto 5

Madame e Izi – Via del Campo di Fabrizio De André Madame è brava, ma De Andrè è una montagna troppo difficile da scalare E Izi non fa la differenza. Voto 5,5

Coma_Cose e Baustelle - Sarà perché ti amo (Ricchi e Poveri) Vista la scelta del brano avrebbero potuto osare un pò di più e provare a stupire. E invece dall'unione tra le due band nasce una versione di maniera. Voto 5

Rosa Chemical e Rose Villain – America di Gianna Nannini Tra total black e pose fetish si trovano perfettamente sul palco. Ne nasce una performance che se non altro ha il merito di essere viva. Voto 6

Modà e Le Vibrazioni – Vieni da me de Le Vibrazioni Fusione riuscita tra i due gruppi su un pezzo che regge all'usura del tempo. Un lampo di rock a mezzanotte e mezza. Voto 6,5

Levante e Renzo Rubino – Vivere di Vasco Rossi Il senso delle cover è quello di vestirla con il proprio stile e la propria sensibilità artistica: Levante e Rubino centrano l'obiettivo. Voto 6,5

Anna Oxa con il dj Iljard Shaba – Un’emozione da poco di Anna Oxa Una canzone stupenda e un'interpretazione potente con un finale pirotecnico dal punto di vista vocale e degli arrangiamenti. Voto 6,5

Sethu e bnkr44 – Charlie fa surf dei Baustelle Effetto boyband su un brano alternative. Niente, ma proprio niente di entusiasmante. Voto 4,5

LDA e Alex Britti – Oggi sono io di Alex Britti. Fa piacere rivedere Alex Britti e riascoltare il suono della sua chitarra. Insieme funzionano. Voto 6 Mara Sattei e Noemi – L’amour toujours di Gigi D’Agostino Un pezzo fondamentale nell'evoluzione della musica della dance coverizzato con passione e tanta voce. Voto 6

Paola e Chiara - Medley Un tuffo nel passato per chi "bailava" negli anni Novanta. Oltre al consueto contorno di ballerini, anche Merk e Kremont. Voto 5

Colla Zio e Ditonellapiaga – Salirò di Daniele Silvestri La hit di Silvestri in versione disco funk. Non male. Se non altro serve a tenere le palpebre aperte alla una e mezza. Voto 6.

Sanremo 2023: il meglio e il peggio della quarta puntata. Francesco Canino su Panorama l’11 Febbraio 2023.

Chiara Francini conquista tutti con un monologo sulla maternità e dimostra il suo talento trasversale. Nella lunga notte dei duetti, vinta da Marco Mengoni, applausi a scena aperta per il ritorno di Vessicchio mentre Elodie "ruba" per gioco la borsetta alla Bortone.

Brividi, pochi imprevisti e qualche grande certezza. A cominciare dal fatto che il pubblico dell’Ariston ha smesso di essere inamidato e ci ha preso gusto a regalare standing ovation e applausi a scena aperta. E lo ha ribadito nella quarta serata di Sanremo 2023, la “lunga notte dei duetti” di venerdì 10: tutti in piedi per Beppe Vessicchio, Giorgia ed Elisa – due fuoriclasse assolute – poi per Marco Mengoni che si porta a casa anche il primo premio per il suo duetto. Se è vero che un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, la terza (domani sera), rischia di essere la prova che lo porterà alla vittoria. Televoto permettendo. Ecco il meglio e il peggio della prefinale.

LA “MINA VAGANTE” CHIARA FRANCINI Chiara Francini non è la rivelazione di Sanremo semplicemente perché, chi la conosce e la segue, sa bene quanto il suo talento sia clamoroso, trasversale e imprevedibile. All'Ariston ha portato un personaggio un po' alla Franca Valeri, un po' alla Anna Marchesini. Brillante, colta, preparata. Molto bello anche il suo monologo che parte dalla maternità, attraversa la questione diritti civili, surfa su un'ironia agrodolce, feroce, sfacciata e intelligente, poi torna alla maternità e al figlio che vorrebbe, che ancora non è arrivato e forse non arriverà mai. O forse sì. Peccato vada in onda alle due del mattino. VOTO: 9

TUTTI PAZZI PER VESSICCHIO Era il grande assente, il “convitato di pietra” di questa edizione di Sanremo (per via di una causa in corso con la Rai). Ma quando Beppe Vessicchio si è palesato sul podio per dirigere la “strana coppia” Grignani-Arisa, il pubblico è letteralmente esploso. Ormai un totem festivaliero come la scritta Teatro fuori dall’Ariston e le copertine di Sorrisi. I simboli non si toccano. VOTO: 10

ELODIE LA RUBABORSETTE È la bomba sexy di questa edizione, senza se e senza ma. Elodie ha infiammato l’Ariston anche con American Woman, duettando con BigMama (una delle icone della body positivity). Ma ieri si è fatta notare per aver “rubato” la borsetta a Serena Bortone, seduta in prima fila, bissando la scena dello scippo di Pelù a una sciura seduta in platea. VOTO: 7

AMADEUS E IL GIORNO DEL RICORDO Amadeus ha voluto dedicare un momento al Giorno del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo istriano, fiumano e dalmata. «Una delle pagine più tragiche della nostra storia: l’eccidio di migliaia di nostri connazionali gettati nelle foibe dalle milizie del Maresciallo Tito e l’esilio di centinaia di migliaia di italiani costretti a lasciare la loro terra e i loro averi», spiega seduto tra il pubblico. Molto intenso il passaggio finale: «La libertà non si conquista dimenticando o rimuovendo, ma ricordando. Sempre».

LORELLA CUCCARINI IS BACK Era reduce da un incidente durante le prove, nel pomeriggio (provando con Olly La notte vola, è caduta di faccia sul palco), ma Lorella Cuccarini si è rialzata e ha portato a casa una performance impeccabile. Passano gli anni ma lei sale in scena e spiega a tutte e tutti cosa vuol dire essere una grande showgirl. E una vera professionista. Gli aspiranti famosi e famose prendano appunti. VOTO: 8

CHE SPETTACOLO LE CONTRODIRETTE DI FIORELLO Fiorello uno di noi. Si fa le sue controdirette su Instagram, in attesa di andare in onda nel post Festival con Viva Rai2 su Rai1 Speciale Sanremo e ne combina di tutti i colori. Imprevedibile, non si smentisce mai: commenta con i suoi autori, sbadiglia, quasi si addormenta, poi si ripiglia in vista della diretta e butta lì frasi come "hanno trovato un pacco sospetto a 500 metri dall'Ariston? Ma no, era la borsa dei trucchi di Rosa Chemical". Mattatore vero, anche all'una del mattino. Sperando, chissà, nell’incursione nella finalissima di sabato. VOTO: 9

"Incidente" di stile all'Ariston con lo stesso abito: ecco chi ha copiato chi. Ritrovarsi a un evento con lo stesso abito? È successo a Arisa e alla violinista di Lazza, che sono salite sul palco dell'Ariston con lo stesso vestito di pelle e il web si è infiammato. Novella Toloni l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

"Arisa vestita come la violinista o la violinista vestita come Arisa". È il dubbio che ha assalito i telespettatori che hanno visto salire sul palco dell'Ariston Arisa e la violinista Laura Marzodori a pochi minuti di distanza l'una dall'altra con lo stesso abito. L'incubo di ogni personaggio soprattutto se la serata richiama milioni di spettatori attenti a ogni tipo di dettaglio.

Eppure, nella terza serata del festival di Sanremo, quella dedicata ai duetti, si è consumato quello che in molti hanno definito un vero e proprio "dramma di stile" e il popolo dei social c'è andato a nozze. "Ma Arisa ha strappato il vestito di dosso alla violinista che si è esibita sul palco prima di lei?!?", ha scherzato un utente su Twitter, mentre un'altra replicava: "Arisa e la violinista di Lazza con lo stesso vestito! L'incubo di ogni donna". Decine di cinguettii ironici e meme, nei quali le due artiste sono state messe a confronto e gli sfottò si sono decisamente sprecati.

"Non me la ricordo...". Eros Ramazzotti e l'esitazione sul palco con Ultimo

Sulle prime i telespettatori non si sono accorti di niente visto, che tra l'esibizione di Lazza, Emma Marrone e la violinista e quella di Gianluca Grignani e Arisa sono trascorsi venticinque minuti. Ma quando le foto sono iniziate a circolare sul web il "dramma" si è consumato: l'abito lungo in pelle con il profondo scollo firmato Rick Owens era lo stesso. Entrambe hanno portato il vestito con il proprio stile ma di certo l'inconveniente le ha messe in difficoltà soprattutto per il clamore scatenatosi in rete. "Ma possibile che non si siano incontrate nel backstage?", ha commentato una fan di Arisa sui social network. Ma anche se fosse, poco avrebbero potuto fare Arisa e la violinista. Cambiarsi all'ultimo minuto sarebbe stato impossibile. Meglio portare con dignità l'abito della discordia.

Francini e le altre. Egonu la migliore. Ferragni si segnala per il "nude look". Oggi ancora la influencer. Fagnani un po' spaesata. La pallavolista vince e convince. Laura Rio l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Sanremo. Gara di scollature e di intelligenza. Perché mica si può essere solo vallette, per l'amore del cielo.. Ma chi ha vinto la gara tra le quattro co-conduttrici del Festival?

FRANCINI UNA NE FA CENTO NE PENSA

Eccola la Jessica Rabbit di Campi Bisanzio. Chiara Francini è un concentrato di simpatia dirompente e femminilità traboccante. Con una lista lunga così di film, spettacoli teatrali, serie... è una che una ne pensa e cento ne fa. Racconta come dal contado di Firenze, figlia di una famiglia normale, anzi «figlia di na mignotta» come la chiamava suo papà quand'era piccola, sia arrivata ad diventare un'attrice di successo. «Una parvenu, un'arricchita che però a merenda mangia ancora pane e olio». Insomma una ragazza che sale le scale, non le scende, come ha fatto per tutta la sua vita.

FERRAGNI DA INFARTO

Roba da crepacuore. Da chiamare un dottore in platea. Quel suo nude look resterà nella storia del Festival. Quasi come la farfallina di Belén tatuata proprio lì. Più delle foto dei ministri vestiti da nazisti strappate da suo marito Fedez. Quando Chiara Ferragni è scesa dalle scale con il seno e tutto il resto in mostra è calato il silenzio all'Ariston. Pochi secondi di stupore, «tranquilli, è solo un abito disegnato». Certo in questo Festival, l'influencer più influencer che ci sia ha vinto il premio effetto sorpresa. Per il resto, la letterina a Chiara bambina è stato un bel compitino (che, incredibile, ha scritto tutto da sola, Amadeus dixit), un inno alle donne cinguettato - e speriamo impresso - nella mente di 28 milioni di ragazze/followers. «Pensati libera», Chiara, anche di rispondere alle domande sui testi misogini di tuo marito giovane scapestrato. Stasera ritocca a lei per il gran finale. Chissà come ci stupirà.

FAGNANI SENZA ARTIGLI

Riposti gli artigli in borsetta, Francesca Fagnani smette i panni della giornalista che fa le domande scomode e si accomoda in abitini da sera con scollature vertiginose non supportata da un décolleté adeguato (al vestito s'intende). Cerca di fare la simpatica, la gigiona, la compagnona di «Ama» e Gianni, ma non le riesce poi così bene. Per il momento monologo propina un sermone sul dovere dello Stato di «essere seducente come la criminalità» e sull'importanza della scuola per togliere i bambini dalla delinquenza. Colpisce nel segno, però, quando legge le parole dei ragazzi detenuti nel carcere di Nisida: «Non siamo animali, non siamo bestie, non siamo killer per sempre», dice uno di loro. Chissà se «Ama» le perdonerà mai di aver definito sua moglie «la Yoko Ono italiana», insomma la donna più odiata al mondo dal popolo della musica.

EGONU MAGLIA AZZURRA

Il suo eloquio non è dei più semplici. Risponde a monosillabi, non precisa, non si spiega. «Lo so, sono ermetica». Per questo spesso può essere fraintesa. Anzi, tutti si sentono in dovere di interpretare il suo pensiero. La super schiacciatrice Paola Egonu è una ragazza giovane ed emotiva, che deve ancora imparare a gestire il mondo dell'informazione. Arrivata a Sanremo sull'onda delle polemiche sulle sue affermazioni sul razzismo degli italiani («Sì, lo sono, ma non tutti»), sul palco dell'Ariston si è rivelata più simpatica, sorridente, semplice e a suo agio delle colleghe co-presentatrici che l'hanno preceduta. Il balletto con Morandi arrampicato su una scatola per raggiungere la sua altezza è stato uno dei momenti più esilaranti di questa edizione. Indossa la maglia azzurra, Paola.

Vestiti Sanremo 2023, le pagelle ai look: Carla Bruni spaesata 4/5, Olly e Cuccarini volano 7, Ariete e Sangiovanni, calanti 5. Gian Luca Bauzano su Il Corriere della Sera il 10 Febbraio 2023.

Duettoni e cover protagonisti della quarta seratona sanremese. E i look in tandem hanno subito dimostrato la loro difficoltà nel funzionare o meno. Calanti, distopici, ma anche molto intonati

Ariete & Sangiovanni: gemelli calanti, 5

«Thank God It’s Friday»: penultima serata sanremese. Invece. Dopo essersi ripresi dall’inizio distopico del lancio della trasmissione da parte di Gianni Morandi e Amadeus, distonici, il primo effetto cipolla con felpa da atleta (con tanto di T-shirt bianca in vista), con sopra la giacca dello smoking, mentre Amadeus con tuxedo oro e ramage floreali neri, stile paravento giapponese, si è capito che aria tirava i questo venerdì Seratona dei Duettoni e delle Cover. E così ecco Ariete e Sangiovanni alla ricerca del loro «Centro di stile permanente», parafrasando il brano di Battiato interpretato, apparire come Tweedledum e Tweedledee, ovvero i gemelli Pincopanco e Pancopinco di Alice di Carroll. Total look by Marni un po’ troppo calante nelle proporzioni su di loro, così come l’intonazione (Battiato era cattivello nelle sue tessiture vocali). E la pennellata fucsia Think Pink delle cravatte ha fatto il resto. Ma «The Show must go on».

Gianni Morandi & Amadeus: perché?

Dovere di cronaca stilistica (ma che voto dare?), ecco l’immagine della vestizione in diretta di Gianni Morandi aiutato dall’«arbiter dis-elegantiarum» Amadeus. A Milano c’è uno storico bar, conosciuto non solo in Italia, il Bar Basso ed ha creato un cocktail unico (sperimentato per voi): il Negroni Sbagliato. Ora che dire. Serviva o era già stato gustato per darsi coraggio e forse era un po’ troppo forte?

Will & Michele Zarrillo: Donna Imma arriviamo, 5

Deliziosi assieme Michele Zarrillo e Will. Generazioni affiancate. E forse questo ha creato confusione nell’abbinamento dei look. Così non si capiva chi avesse rubato a chi. Alla fine l’effetto era quello dei brillanti chansonnier ospiti al Castello delle Cerimonie capitanato dalla mitica Donna Imma Polese. Qualcosa ci dice che con questi look i saloni partenopei trionfo di marmo e oro li attendono a finestre aperte.

Elodie & BigMama: women in black & latex, 5

Serata di duettoni, e quindi si va di medie matematiche. Ed ecco le due signore in black Elodie & BigMama lanciarsi on stage all’Ariston. Elodie si presenta da vera dark lady con occhiale da sole, cuissard da dominatrice e pelliccia rigorosamente eco by Gucci. E conquista il palco. La raggiunge BigMama in abito in latex red/black un po’ stile Avangers. Singolarmente potevano funzionare, anche più della sufficienza. Ma l’abbinamento duettante fa un po’ confusione.

Olly & Lorella Cuccarini: colpo d’ala, 7

Rischiosissimo. Ma chi di noi non ha ballato e cantato (non sono ammesse bugie del tipo: «Io no!!!»), «La notte vola» by Lorella Cuccarini. Quindi vederla on stage a Sanremo con Olly poteva essere davvero una gran buccia di banana. Invece. Un vero colpo d’ala. In armonia hanno duettato. Lorella mantiene la verve di una volta benché oggi bionda signora, sfoggia senza problemi l’abitino scollato e sbracciato con gonna mini in plumage di struzzo evocazione charleston, mentre Olly con il suo abbinamento pink & black di Emporio Armani è ben intonato alla sua Generazione Z. Duetto di stile azzeccato.

Chiara Francini: diva birignao, 6/7

L’entratona nella seratona dei duettoni, Chiara Francini l’ha fatta sudare, eccome. E prima sta in platea vestita da suorina con borsetta a cuore (bella, sarà un must have!), poi ci spiega come crescere grazie ai consigli non di nonna Abelarda, bensì di sua nonna Orlanda nota (a chi?), come nonna Orlanda Furiosa. Il tutto condito con un birignao che Franca Valeri se lo poteva sognare (fortuna nostra). Esce di scena e poi finalmente per un attimo silente appare in cima allo scalone. Il look da gran sera di Moschino le dona. Eccome. Bravo Jeremy Scott! Ci fa ricordare gli anni di Pat Cleveland, super top sulla passerella di Moschino. Poi il birignao riprende il sopravvento e il look non ne gode certo.

Ultimo & Eros Ramazzotti: equilibrati, 7

Duetto generazionale tra Eros Ramazzotti e Ultimo. Hanno tenuto banco on stage con un album dei ricordi ramazzottiani. I successi di Eros a due voci. Devono averlo provato davvero bene il duetto, visti i risultati. Equilibrio e intonazione. Come per i look. Entrambi by Armani, total black e per la precisione dalla collezione Emporio. Eros in giacca, Ultimo solo camicia ed esibizione di tattoo. Platea in piedi e standing ovation canora e di stile.

Gianluca Grignani & Arisa: mi sento bene, 7

Qui non si tratta di intonazione e di farsi sentir bene, ma di sentirsi bene nella seconda pelle da esibizione. Nel 2019 Arisa a Sanremo cantava «Mi sento bene». A vederla ora in duetto con Gianluca Grignani si può dire si senta davvero bene. Come look. Gonna lunga in pelle/nappa/latex, dalle citazioni anche in questo caso da dominatrice (le women in black trionfano in questo Sanremo), la rende quel giusto aggressiva, nonostante qualche incertezza nell’incedere da sopra i plateau trampolati con tacco in plexi. Il capello biondo, il make up marcato e la scollatura armaturata e illuminata dai diamanti di un collier Damiani hanno fatto il resto. Con Sincerità Arisa piace.

Biagio Antonacci & Tananai: nuvolosi, 6,5

Lo si è detto, duettare è difficile. Duettare anche con i look, forse ancor di più. Così ecco Tananai (a destra) con Don Joe, cimentarsi con Biagio Antonacci, nell’encomiastico «Vorrei cantare come Biagio» brano di Cristicchi. Hanno trovato lo stesso punto di blu nuvolosa, un carta da zucchero per presentarsi all’Ariston. Smoking by Armani per Antonacci, total look by Gucci per Tananai. Doveroso fare una media giusta. Anche se la bilancia pende più verso il giovin cantante. Ogni età ha il suo look più appropriato. Altrimenti si rischia di fare le scelte con la testa tra le nuvole. Azzurre.

Giorgia & Elisa: classicone, 6,5

Certo colpi di scena, no. Però Giorgia ed Elisa hanno scelto due look classici. Formali. Ma che dire nella loro classicità, tuxedo con pantalone quasi gonna per Giorgia e abito nero a tunica in viscosa sostenibile con collier de chaine applicato di Stella McCartney autunno ‘23 per Elisa, le due artiste anche amiche nella vita, schierate assieme in tante cause sociali e ambientali, e per la prima volta assieme on stage, non si può dire altro che abbiano fatto il loro figurone. Non solo vocalmente.

Carla Bruni: spaesata, 4/5

Qualcuno prima o poi glielo deve dire che il calo di zuccheri fa male. Lo ha detto lei sui social, sì, sì madame l’ex première dame (qualcuno le deve dire anche questo) Carlà Brunì in Sarkozy ha digiunato due settimane per entrare nella sua tuta Combi Versace. Che le stava benissimo. Nulla da dire. Ma, con un passato da top model, donna bella e ancor prima bellissima, con la possibilità di indossare tuttora l’impossibile per altre, perché mettere una tuta cosi sensuale e scendere lo scalone come se ne avesse paura, facendo passare la discesa come calcolata? Muoversi come alla moviola e rendere la sensualità versaciana così castigata? Forse ha confuso Sanremo con Saint-Honoré, quello del Faubourg parigino dove si erge l’Eliseo. Ora è libera da qualunque obbligo. E con venerazione la guardavano anche Colapesce Dimartino che l’avevano invitata a duettare con loro.

Chiara Francini 2: chiamatemi Carmen (Miranda), 6

Scaltra la nostra co-co conduttrice Chiara Francini. Lo scalone lo fa sempre scortata dai due boys Gianni & Ama. Così la sfanga (quasi) senza problemi. Altro modello da sera by Moschino di grande impatto. Ma l’uscita da mannequin anni ‘50 in cima alle scale, con tanto di fiori esotici (macro orchidee) nei capelli per la serie: «Chiamatemi Carmen, Miranda», restando poi lì statica a sorridere, forse era davvero il minimo che si poteva proporre. Così al look rosso fuoco e passione, cara Chiara poco ha giovato.

Edoardo Bennato & Leo Gassmann: l’isola (di stile) che c’è, 6/7

Come tutte le Fashion Week anche quella sanremese (per chi non lo sapesse ancora, la presenza in Riviera di guardaroba griffati, stylist & make up artist ha trasformato la kermesse canora anche in una vera e propria Sanremo Fashion Week), ha avuto il suo «look gate». La canotta bianca indossata da Leo Gassmann durante la terza serata. Lui dice essere stato un problema di loghi e quindi una scelta dell’ultimo, la stylist invece si dissocia. Quindi? Quindi questa sera nel duettone con Edoardo Bennato, emozionante per chi ha vissuto il debutto negli anni ‘80 di «Sono solo canzonette», album ispirato a Peter Pan, il bel Leo ha indossato un’altra (quasi canotta), ma in nero. Che dire. Saranno anche solo canzonette, ma un volo di stile nell’Isola creativa che c’è si è visto.

Fedez & Articolo 31: bilanciati, 6,5

Quando la si sa ben l’arte del look. Fedez e gli amici J-ax & DJ Jad in un tour de force di successi degli Articolo 31 hanno giocato sui contrasti creando un giusto bilanciamento. Il consorte di Chiara Ferragni, ora con capello platinato ha indossato un tre pezzi nero ed ha lasciato ai suoi compagni di palcoscenico, tuta e cappellino. Ma tute laminate fantasia pied de poule. E il trio ha duettato con stile.

Anna Oxa: la signora Gandalf, 5

Quella di questa sera è stata un’altra emozione delle sue. Anna Oxa in duetto con il violoncellista albanese Iljard Hava ha riproposto in chiave totalmente nuova la sua storica «Un’emozione da poco». Sarà stata la nuova versione un po’ straniante a spingerla a trasformasi nella versione femminile e contemporanea di Gandalf, il mago prodigioso del «Signore degli Anelli». Cappello a punta sostituito dalla coppola, manto fatato da maxi cappotto costruito con mix di tessuti. E sotto il cappello, capelli lisciati come quelli di Gandalf. Restano le armonie di cello e vocalità.

LDA & Alex Britti: contrapposti 6,5

Stupire può servire. Ed ecco un’altra versione totalmente nuova di «Oggi sono io» di Alex Britti e con la quel vinse Sanremo Giovani. E Britti è sempre lui, anche nella scelta del look. Anche a volte un po’ azzardato. Così il bomber floreale su pantalone morbido e sneaker poteva essere un rischio. Ma contrapposto al completo (camicia compresa) over size di LDA, con ricami asimmetrici ha funzionato.

Sethu & Bnkr44: questione di tagli, 6,5

Black & white per l’incontro tra Sethu & i Bnkr44, i sette giovani boys toscani con i quali il cantante ha interpretato «Charlie fa surf». E la differenza l’hanno fatta i dettagli dell’hair stylist. Sethu con il suo caschetto bombato si è affidato a Marco Steri del salone milanese Gum, hair stylist anche dei Maneskin, comprese le mise en tête sfoggiate dal gruppo al loro promo-matrimonio romano.

Marco Mengoni & Kingdon Choir: infreddolito 6,5

Versione «silver man»Marco Mengoni, incorniciato dai componenti del Kingdom Choir si è confrontato con il mostro sacro dei Beatles, il brano «Let it be». Standing ovation. E per fortuna il brano l’ha riscaldato. Perché Mengoni è apparso in scena non solo con un due pezzi argento by Atelier Versace, un top in cristalli Swarovski su un pantalone laminato in eco pelle e come dettaglio finale anche una parure by Tiffany. Sopra, appoggiato sulle spalle un cappotto bianco lungo con grandi revers a lancia sempre logato Medusa, tanto bon ton look. Non era forse meglio entrare solo con il top canotta e stop? L’effetto sorpresa di scoprire i bicipiti scoperti se l’era già giocato le sere precedenti.

Noemi e Mara Sattei: trasparenze, 6,5

Seducenti nei loro look neri perché, come hanno cantato Noemi e Mara Sattei, L’amour toujours. Trasparenze e frange: Noemi in un Alberta Ferretti giocato su un body in tullee e una lunga in satin, mentre Sattei illuminata da orecchini in diamanti Chopard a forma di cuore.

Paola e Chiara: auto celebrative 6,5

La scelta di autocelebrarsi ci può anche stare. da sempre loro sono in due: le Paola 6 Chiara. Così con un mix di loro successi si sono scatenate on stage. Canotta top su T-shirt in tulle con guanti su pantaloni ricamati tutto by Dolce & Gabbana e gioielli in cristalli Swarovski creati da Giovanna Engelbert. E per confermare la forza canora delle due sorelle sui top bianchi la scritta celebrativa Chiara e Paola per sempre in fucsia a ricami e cristalli. Come ne potremmo fare a meno.

Chiara Francini 3: ricamata, 6/7

La Francini Chiara che più è risultata se stessa è stata quella finale. Abito sireneggiante by Moschino con ricamati a mano cuori oro, tra cui ex voto, scelto per il momento più riflessivo della sua presenza nel palinsesto sanremese, il suo monologo. Argomento, quello della donne che non sono madri e vivono questa condizione con senso di colpa. Questa volta la sua cadenza è servita ad ammorbidire la tensione del momento carico di pathos.

LA SCALETTA.

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

I VOTI.

DONNE E FEMMINISMO.

LA SCALETTA.

Sanremo, la scaletta della finale: l’ordine di uscita dei cantanti, ospiti e regolamento del voto della quinta serata. Vito Califano su Il Riformista il 10 Febbraio 2023

Sanremo, la scaletta della finale: l’ordine di uscita dei cantanti, ospiti e regolamento del voto della quinta serata

È la serata interminabile, quella della verità, del verdetto finale. La quinta serata del Festival di Sanremo, in scena sabato 11 febbraio dal Teatro Ariston. Si esibiranno tutti i 28 cantanti Big in gara. Altra articolazione della serata, diverso meccanismo di voto, altri ospiti per una serata infinita, le ore piccole sicuramente a coronare questa 73esima edizione condotta per la quarta volta consecutiva da Amadeus.

A co-condurre anche questa sera Gianni Morandi. Con i due Chiara Ferragni, l’imprenditrice e influencer che torna sul palco dell’Ariston dopo la prima serata. Gli ospiti saranno due icone della musica: della musica italiana, Gino Paoli, e della musica internazionale, Depeche Mode. Sul palco anche Luisa Ranieri, che parlerà del successo della fiction Rai Lolita Lobosco. Dalla nave da crociera Costa Smeralda in collegamento Salmo. Durante la serata la lettura del messaggio dal presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky.

Per quanto riguarda la gara ci sarà un meccanismo tutto nuovo a dettare i passaggi fino alla proclamazione del vincitore. I 28 in gara saranno votati esclusivamente dal pubblico a casa. La classifica sarà stilata in una media con le votazioni precedenti. Le prime cinque canzoni saranno riproposte sul palco con una nuova votazione che non farà media con le precedenti. A decretare il vincitore una votazione mista: 34% Televoto, 33% Sala Stampa, 33% giuria Demoscopica. Chi avrà ottenuto la percentuale di voto più alta in questa singola votazione vincerà Sanremo 2023. Verranno proclamate anche le canzoni classificatesi seconda e terza oltre ai premi speciali.

I 28 cantanti big in gara:

Anna Oxa – Sali (Canto dell’anima)

Articolo 31 – Un bel viaggio

Ariete – Mare di guai

Colapesce e Dimartino– Splash

Colla Zio – Non mi va

Coma_Cose – L’addio

Elodie – Due

gIANMARIA – Mostro

Gianluca Grignani – Quando ti manca il fiato

Giorgia – Parole dette male

I Cugini di Campagna – Lettera 22

Lazza – Cenere

LDA – Se poi domani

Leo Gassmann – Terzo cuore

Levante – Vivo

Madame – Il bene nel male

Mara Sattei – Duemilaminuti

Marco Mengoni – Due vite

Modà – Lasciami

Mr. Rain – Supereroi

Olly – Polvere

Paola & Chiara – Furore

Rosa Chemical – Made in Italy

Sethu – Cause perse

Shari – Egoista

Tanai – Tango

Ultimo – Alba

Will – Stupido

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Sanremo 2023, la finale. Vince Marco Mengoni. Matteo Cruccu su Il Corriere della Sera il 12 dicembre 2023.

Il racconto della finale di Sanremo, che ha visto il ritorno di Chiara Ferragni alla co-conduzione. Ospiti i Depeche Mode, Ornella Vanoni e Gino Paoli

Il racconto della finale di Sanremo 2023.

Ore 19:44 - La finalissima

La finale di Sanremo 2023 vede il ritorno di Chiara Ferragni alla co-conduzione: l’imprenditrice digitale affiancherà Amadeus e Gianni Morandi. I superospiti internazionale della serata sono i Depeche Mode. Ci sono anche Ornella Vanoni e Gino Paoli. All’1 e 15 verrà letta la lettera del presidente ucraino Zelensky.

Ore 20:34 - Tra poco la lunghissima maratona

Tra pochi minuti dunque la conclusione di una delle edizioni più «controverse» degli ultimi anni, dove la politica è entrata in modo invadente nelle dinamiche del Festival. Amadeus ha resistito, forte anche dei successi negli ascolti. Vedremo cosà succederà a sipario chiuso. Intanto, venendo alla serata Mengoni rimane il favorito: ha vinto tutte le gare di tappa, gli manca solo l’alloro finale. L’unico che potrebbe contendergli la piazza suprema è Ultimo, forte del suo grande seguito al televoto. Per saperlo, dovremmo aspettare quasi le tre, maratona lunghissima. Forse troppo

Ore 20:42 - L’Inno come all’inizio e l’amico Lucio

E si parte come si era cominciato: l’Inno di Mameli risuona dentro l’Ariston. Non è più Morandi ad intonarlo, ma la banda dell’Aeronautica Militare: il piglio insomma è molto istituzionale, fin da subito. E introduce poi Gianni Morandi, da comprimario a vero attore protagonista dell’edizione: questa volta imbraccia la chitarra e, in mezzo al pubblico omaggia l’amico Lucio Dalla con un medley. E alla fine si emoziona, mentre gli viene tributata una giusta standing ovation.

Ore 21:03 - Elodie non sbaglia mai

Dopo aver «aggredito» con foga e bravura l’Ariston con una versione perfetta di «American Woman», Elodie si presenta con un abito di trasparenze. Il brano, dalle sonorità moderne ma non artefatte, è cresciuto ascolto dopo ascolto. E poi lei al di là dell’esito finale, non sbaglia mai: al Festival della stecca facile, non è scontato.

Ore 21:08 - I migliori dei giovani

I fratellini minori dei Pinguini Tattici Nucleari alla fine della corsa, rimangono i più bravi del lotto-giovani, al contrario assai acerbo, com’è stato ribadito più volte: scanzonati il giusto, si danno il passo alla voce in modo armonico, faranno qualcosa anche usciti da qui. E comunque di fronte a quel deferente «signor Morandi» non si può che sorridere

Ore 21:13 - La scoperta Sattei

Brava, di presenza sicura e pure bella. È una delle più piacevoli scoperte, almeno per quanto riguarda questo genere di pubblico, Mara Sattei, la sorella del mangia classifiche Tha Supreme, essa stessa le ha dominate a più riprese. Ma il Festival può rappresentare sempre un boost non indifferente

Ore 22:18 - Lazza rossonero

Ed ecco un altro sul fronte dei «moderni», Lazza, anch’egli dominatore delle classifiche che prova a giocare il diverso campionato dell’Ariston ( a proposito, di rossonero vestito perché tifosissimo del Milan, infatti Leao ha invitato a votare per lui). Se pare fuori dalla precedentemente menzionata battaglia in testa, con le sue sonorità molto urban ha conquistato sicuramente nuovi adepti.

Ore 22:15 - Ettore Ultimo

Ed eccolo l’Ettore (per ora) di quest’edizione, l’Ultimo che sta provando a contrapporsi all’Achille (per ora) Mengoni. Di origini non dissimili, ma di proposte diverse: più ieratico, quasi compassato, pur se tecnicamente perfetto, il primo. E, sostenuto però da un’enorme fanbase che potrebbe dargli la spinta finale per un incredibile sorpasso.

Ore 21:27 - Staffetta pro Ucraina

Ed è di nuovo Chiara Ferragni: anche questa volta sceglie di parlare col corpo, indossando un abito blu sormontato da una scultura dorata. I colori dell’Ucrainaa sembrerebbero insomma, anche se dallo staff smentiscono. La solidarietà per Kiev sicuramente è esplicita per il quarto concorrente in gara: l’ex Calimero Tananai con in mano due fiori dalle stesse tonalità cromatiche. E della tragedia a est, parla anche il brano, di una coppia divisa dalla guerra, come si è appreso dal video e come racconta egli stesso a fine canzone. È diventato grande, sì, Tananai

Ore 21:37 - Per le giungle urbane di Colapesce e Dimartino

La canzone più autoriale del Festival: Colapesce e Dimartino, serata dopo serata, conducono l’ascoltatore in una giungla urbana e alienante, con ampia coloritura di immagini, dalle Seychelles al Baccarà. E poi, armonizzano alla perfezione come usava fare negli anni’70. Insomma, bravi davvero.

Ore 21:45 - Il recupero di Giorgia

E Giorgia:è partito malissimo, stonando, proprio lei, è risalita al secondo round, ha sbancato con Elisa nella sera dei duetti, anche se non incoronata alla fine. E l’operazione recupero si compie alla fine: perché a riascoltarla, questa canzone bella alla fine un po’ lo è.

Ore 21:51 - I nuovi Pooh

I Modà di ritorno ci lasciano con la sensazione che siano loro i veri Pooh: la metamorfosi di Kekko Silvestre in Roby Facchinetti è completa ( e anzi sicuramente più intonato, vista la ultima claudicante performance del papà di Francesco). Il pezzo però lascia poca traccia. Ma alla fine Kekko ringrazia Amadeus «come uomo» per averlo aiutato riportandolo qui.

Ore 22:05 - La messa elettronica dei Depeche Mode

Ci bastano (e avanzano) i «vecchi» Depeche Mode: finalmente una band internazionale di gran respiro torna a calcare il palco dell’Ariston, dopo l’esibizione un po’ raccogliticcia dei Black Eyed Peas. E se sul nuovo brano «Ghost Again» bisogna prenderci ancora la mano, sulla messa elettronica di «Personal Jesus» («Lift up the receiver/ I’ll make you a believer”: solo per questi due versi meritano l’eternità, i Depeche) il pubblico dell’Ariston non può che alzarsi in piedi. Fasti antichi, insomma

Ore 22:22 - Achille Mengoni

Ed eccolo Achille Mengoni , non ha sbagliato un colpo fin qui: vincitore di tutte le tappe (ancora nelle orecchie abbiamo la bizzarra eppure suadente versione gospel di Let It Be ai duetti) con questa canzone scritta apposta per trionfare è a un passo dal successo finale, se non si frappone Ettore Ultimo. Già, l’intero sbarco all’Ariston è stato congegnato a questo scopo: difficile intravedere il tallone fatale, per ora.

Ore 22:36 - Gino per sempre

Ed ecco un altro momento che resterà: l’88enne Gino Paoli torna all’Ariston e strega il pubblico cantando le sue canzoni accompagnato da Danilo Rea. Dando a ragione ad Amadeus e torto ai detrattori che parlavano di «Festival dell’Ospizio»: la classe, l’eleganza non hanno né tempo né età. Anche se, certo, Gino si lascia un po’ andare quando racconta di corna antiche, dimenticando di trovarsi di fronte a una platea di milioni di telespettatori. Ma poi parte «Il cielo in una stanza». Ed è subito magia.

Ore 22:53 - Novello Lauro

Ed ecco Rosa Chemical: ormai la strada è segnata, vuole impressionare più con gesti situazionisti che con la canzone, oramai sullo sfondo delle sue provocazioni. L’ultima è quella di chiamare sul palco Fedez, dopo aver mimato un amplesso, e alla fine baciarlo, letteralmente, con la lingua. Il brano? Ah già, ce lo siamo dimenticato. Un film che abbiamo già visto molto di recente, quello di Achille Lauro. Che guarda caso sale subito dopo sul palco.

Ore 23:08 - I Cugini di Campagna e la sfida (persa) del contemporaneo

Hanno provato invece a rinnovare sé stessi i Cugini di Campagna, facendosi scrivere il brano da una delle realtà più sperimentali dell’ultimo pop italiano, i Rappresentante di Lista: ma l’operazione non sembra riuscitissima, non riescono a tirarsi via di dosso l’alone trash di sempre.

Ore 23:10 - Madame, lentezza e forza

Ecco Madame: il codazzo delle polemiche no vax oramai è lontano (e pure quello di presunte liti in camerino). Questa storia di amori sbagliati è entrata nelle orecchie con lentezza, ma con forza. E alla fine, Madame, tra mille voci, la riconosci sempre con evidenza. E alla fine ringrazia Amadeus per averla sostenuta.

Ore 23:17 - Ariete si è rimessa in carreggiata

Era un’altra finita alla berlina all’inizio, per le stonature a ripetizione. Si è rimessa in carreggiata la giovanissima Ariete e canta l’amore tra donne con delicatezza e nessuna sguaiataggine. E quel «non saper nuotare in una vasca di squali» sarà uno degli incisi che resterà di questo Festival

Ore 23:32 - Fiorello mette alla berlina la Rai, poi Mr. Rain e lo Zecchino d’Oro

Fiorello sfotte Amadeus e l’emittente di Stato, ricordandogli che dopo le boutade di stasera «i dirigenti Rai» se ne andranno «tutti a casa, però è stupendo» mentre Ferragni invoca «un bonus limone» dopo il bacio alla francese tra il marito e Rosa Chemical. E poi tocca a Mr. Rain: ha un incredibile seguito sui social e i suoi supereroi abbinati al coro di voci bianche si sono rapidamente issati in testa alle classifiche. A molti altri però questo approccio molto Zecchino D’Oro non ha del tutto convinto. Chi avrà ragione?

Ore 23:49 - Paola e Chiara e Levante non fanno troppa impressione

Le Paola e Chiara di ritorno se ne vanno senza aver impressionato molto con il loro tentativo di risorgimento dance (meglio l’originale ieri, con il medley anni’90 alla serata delle cover) e nemmeno Levante, con le sue mise da circolo polare artico, apparsa ormai prigioniera del suo esagitatissimo personaggio.

Ore 00:05 - Vanoni: anche la tecnica, sempre sopraffina

A chiudere il cerchio dei nostri «grandi vecchi» ci pensa Ornella Vanoni . E che chiusura in bellezza con «L’appuntamento», «Eternità» o «Una ragione di più»: rispetto ad alcuni altri «anziani» Ornella non conserva solo l’evocatività dei testi, ma anche la tecnica, la voce sempre sopraffina. Di nuovo, un’altra standing ovation.

Ore 00:19 - Lda inadeguato e i promessi Coma Cose

Prosegue la gara con Lda: lo si è detto, il giovane D’Alessio ha provato a seguire le orme del padre, addentrandosi nei terreni della melodia, ma il confronto è ovviamente impari. Passa Luisa Ranieri, sempre più primadonna del nostro cinema e poi il testimone va ai Coma Cose, promessi sposi su questo palco e alfieri di un pop ricercato e sospeso

Ore 00:41 - Olly autotune e sentimentali Articolo 31

Il devoto dell’autotune Olly lascia il Festival con la sensazione che senza quella diavoleria elettronica poco potrebbe fare e gli Articolo 31 giocano con le mozioni dei sentimenti, ritrovandosi dopo tanti anni e dopo tantissimi litigi. E questo finisce per bastare

Ore 01:04 - Giovani e poco più

Corre verso il traguardo finale la gara, tra i (troppo) giovani Will e e gIANMARIA ( lo si è ripetuto alla nausea, la scelta di inserire gli esordienti tra i big ha fatto saltare il banco, rendendo troppo sfilacciata la gara), il poco più anziano Leo Gassmann, ma decisamente più formato (del resto lui un Sanremo Giovani l’ha vinto). E come si è detto anche qui più volte, il ragazzo si è levata di dosso l’ombra di favoritismi dovuti al cognome invero ingombrante.

Ore 01:18 - Oxa confusionaria, Shari intensa

Anna Oxa, la vulcanica Oxa di questi giorni che ha litigato scende la scalinata con un’acconciatura che ai più cattivelli ricorderà quella di Nonna Addams. Al di là delle facezie, il brano, confusionario e barocco, non ha preso quota nel corso delle serate. Meglio Shari, la non più fidanzata di Salmo a differenza di quanto si vociferava, c’è personalità e intensità nella sua «Egoista»

Ore 01:23 - Pasticcione Grignani

Vogliamo bene a Grignani, di cuore e pasticcione, idealista e maledetto, però mentre espone questo dramma familiare viaggia decisamente per conto suo nel senso che neanche stasera imbrocca una-nota-una, esattamente come nella simpatica gazzarra di ieri con Arisa. Su Sethu non indugiamo oltre, vale il discorso più sotto per Will e gIANMARIA

Ore 01:39 - La cinquina decisiva

Ritorna Ferragni, un’altra gag sui meme e parte la prima classifica di serata, dal 28 al 6 posto: tutti i giovani sono sotto il ventesimo posto, a sorpresa rimangono fuori dalla cinquina che si giocherà il Festival Giorgia e Colapesce Dimartino. Quindi in lizza rimangono Mengoni, Ultimo, Tananai, Lazza e Mr. Rain. Intanto però la lettura della famosa lettera di Zelensky è in ritardo. E riascoltiamo i cinque.

Ore 02:14 - La lettera di Zelensky

Ed è il momento della famosa, attesissima, lettera di Zelensky: Amadeus legge le parole del presidente che invita i vincitori del Festival a venire in Ucraina quando a sua volta il Paese si libererà dai russi. Pronuncerà diverse volte la parola vittoria, Zelensky per bocca di Amadeus, applausi alla fine per una lettura che dura giusto tre minuti e poi tocca alla band di là, gli Antytila.

Ore 02:24 - Ed è tempo di premi

Quello della critica, il «Mia Martini» se lo aggiudicano Colapesce e Dimartino che si aggiudicano anche quello della sala stampa. Il premio per il miglior testo va invece ai Coma Cose. E l’ultimo dei minori quello per l’arrangiamento musicale va a Mengoni. È countdown dunque per l’ultimo atto

Ore 02:29 - Trionfo Mengoni

E siamo al momento decisivo: è andata come si aspettavano. Vince con merito Marco Mengoni: ha dominato dall’inizio alla fine del Festival, con una canzone azzeccata e con delle perfomance perfette. Semmai è sorprendente il quarto posto di Ultimo, dato fino alla fine come l’avversario numero uno. Al suo posto Lazza, già re delle classifiche, a dimostrazione che il Sanremo di oggi sa leggere anche quanto accade nella società. Ma ora la festa è tutta per Marco.

Gli ascolti della finale di Sanremo 2023. Redazione Online su Il Corriere della Sera il 12 dicembre 2023.

Nella mattinata di domenica verranno resi noti gli ascolti tv della finale di Sanremo 2023, vinta da Marco Mengoni .

L’anno scorso l’ultima serata era stata seguita da 13 milioni 380 mila spettatori, pari al 64,9% di share. La prima parte della serata (21:22-23.54) era stata seguita da 15 milioni 660 mila spettatori, con uno share del 62,1%. La seconda parte (23:58-1:48) invece aveva ottenuto uno share del 72,1% con 10 milioni 153 mila spettatori. Si trattava del dato migliore da quando Amadeus ha preso le redini del festival e in generale di tutti gli altri festival dal 2000.

Nel 2021 la finale era stata seguita da 10 milioni e 715 mila spettatori, pari al 53,5% di share. La prima parte della serata ha raccolto davanti al teleschermo 13 milioni e 203 mila spettatori, con il 49,9% di share. La seconda parte invece 7 milioni 730 mila persone, con il 62,5% di share.

Nel 2020 invece l’ultima serata del festival di Sanremo era stata seguita da 11 milioni 476 mila spettatori, con il 60,6% di share. La prima parte della finale che vedeva Amadeus per la prima volta come direttore artistico della gara canora aveva incollato alla tv 13 milioni e 638 mila spettatori con il 56,8% di share. La seconda parte con 8 milioni e 969 mila spettatori, pari al 68,8% di share.

I dati degli ascolti della finale di Sanremo 2023: 12.256.000 spettatori per il 66% di share. Alice Scaglioni, inviata a Sanremo, e Danilo Supino su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

Gli ascolti della finale: a seguire l'epilogo di Sanremo 2002 e la vittoria di Marco Mengoni , sono stati 12.256.000 spettatori per il 66% di share.

La prima parte (21:25-23:54) ha ottenuto 14.423.000 spettatori per il 62,7% di share. E la seconda (23:58-1:59) 9.490.000 spettatori per il 73,65%.

L’anno scorso l’ultima serata era stata seguita da 13 milioni 380 mila spettatori, pari al 64,9% di share. La prima parte della serata (21:22-23.54) era stata seguita da 15 milioni 660 mila spettatori, con uno share del 62,1%. La seconda parte (23:58-1:48) invece aveva ottenuto uno share del 72,1% con 10 milioni 153 mila spettatori. Si trattava del dato migliore da quando Amadeus ha preso le redini del festival e in generale di tutti gli altri festival dal 2000.

Nel 2021 la finale era stata seguita da 10 milioni e 715 mila spettatori, pari al 53,5% di share. La prima parte della serata ha raccolto davanti al teleschermo 13 milioni e 203 mila spettatori, con il 49,9% di share. La seconda parte invece 7 milioni 730 mila persone, con il 62,5% di share.

Nel 2020 invece l’ultima serata del festival di Sanremo era stata seguita da 11 milioni 476 mila spettatori, con il 60,6% di share. La prima parte della finale che vedeva Amadeus per la prima volta come direttore artistico della gara canora aveva incollato alla tv 13 milioni e 638 mila spettatori con il 56,8% di share. La seconda parte con 8 milioni e 969 mila spettatori, pari al 68,8% di share.

Le 5 giornate di Sanremo: il rumore della politica (quasi) copre le canzoni. Fabrizio Roncone su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023.

Dall’omaggio alla Costituzione alle polemiche del centrodestra

La ministra Daniela Santanché dice — tra sarcasmo e rassegnazione — che il Festival di Sanremo è un po’ comunista (i russi, in effetti, vanno pazzi per quel palco: e Putin è un noto fan scatenato di Al Bano. Che, infatti, anni fa, pregò Romina di dimenticare per una sera la Lecciso e tornare a cantare insieme a lui, sulla gelida Piazza Rossa, Felicità — Al Bano, mitico, indossava un colbacco).

Però, calma: non saltare subito alle conclusioni.

E niente teoremi, ma fatti.

Anche nostri (così ci capiamo meglio).

In via Solferino, nella sala Albertini, il Festival di Sanremo è sempre stato — per 72 edizioni — un evento gestito dagli Spettacoli. Riunione con liturgia classica, tipo: che pezzi scriveranno gli inviati Renato Franco e Andrea Laffranchi, c’è un video di Nino Luca, Aldo Grasso manda un commento. Quest’anno ci siamo dovuti adeguare: avete letto le dichiarazioni di Matteo Salvini? Qualcuno senta Palazzo Chigi, è arrivata una nota del Pd, si potrebbe intervistare anche Ignazio La Russa, no? Certo se mettiamo in pagina La Russa, poi dobbiamo far saltare Mengoni.

Il rumore della politica ha (quasi) coperto le canzoni. Così, di botto. Con il centrodestra di governo che ha cominciato a guardare il Festival come se fosse una convention dell’opposizione. Cinque giorni francamente pazzeschi. Con le polemiche per la presenza del presidente ucraino Zelensky come sigla di apertura e di chiusura. Compatto e trasversale il fronte dei contrari. Dal vignettista Vauro Senesi a Carlo Freccero, da Moni Ovadia a Salvini che, delicatissimo, sintetizza per tutti: «Ho sempre pensato che, in un contesto di musica popolare, di svago, di gioia, di paillettes e di luci, portare Zelensky fosse fuori luogo: sia in presenza, sia in video, sia con un messaggio». Il Pd insinua che questo, più o meno, è lo stesso pensiero di Putin: ma siamo alle supposizioni inverificabili, perché — come sapete — attualmente il dittatore russo preferisce non farsi intervistare, ma bombardare.

Comunque: cronaca battente fin dalla prima sera.

Ricordate?

Roberto Benigni, magnifico folletto di settant’anni che — con un’esibizione geniale, appassionata, piena di antifascismo, citando l’articolo 21, sulla libertà d’espressione, e l’11, sul ripudio della guerra — celebra tutta la bellezza della nostra Costituzione, mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, appare d’incanto accompagnato dalla figlia Laura. D’incanto, esatto: la sua presenza così clamorosa — prima volta di un nostro Capo di Stato al concorso musicale — è tenuta infatti nascosta fino all’ultimo; trattative segrete tra il Quirinale, Amadeus e il suo agente Lucio Presta (che oltre agli interessi del direttore artistico, cura pure quelli di Benigni e Gianni Morandi); informato solo l’ad Carlo Fuortes; i consiglieri del Cda Rai eletti in Parlamento (Agnes, Bria, Di Blasio, Di Majo, Laganà), tenuti all’oscuro di tutto, scrivono una rovente lettera di protesta. Però, vabbè: Morandi attacca a cantare l’Inno di Mameli e il Presidente Mattarella gli va dietro. Standing ovation, brividi, dietrologie: lo sapete che la riforma a cui tiene maggiormente la premier Giorgia Meloni è proprio quella della Costituzione? E che la sua predilezione per il «presidenzialismo» è forte tanto quanto quella di Mattarella per il «parlamentarismo»? Polemiche durissime.

Alfredo Antoniozzi, vice-presidente dei deputati di FdI: «Benigni non è un costituzionalista, sul palco avrei preferito Sabino Cassese». Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura: «Ricordo solo che Mattarella fu iscritto al Pd, Benigni prese in braccio Berlinguer, Morandi ha sempre votato Pci e Pd». E ancora Salvini, collegato a Rtl 102,5 (ma cinque anni fa al Teatro Ariston con la fidanzata dell’epoca, l’indimenticata Elisa Isoardi, che gli scattava selfie mentre dormiva): «Mattarella? Era lì per svagarsi».

È a questo punto che Amadeus si scoccia di brutto — «Sono quattro anni che Salvini critica il Festival, si guardi un film» — e così ad alcuni osservatori viene il sospetto che le primarie del Pd siano inutili: perché un vero leader, l’opposizione, forse già ce l’ha. E guida un partito televisivo che sta al 66% di share con oltre 11 milioni di spettatori (i dati della serata di venerdì). La politica s’accorge che il simpaticone dai modi cortesi e le occhiate ingenue, capace di indossare giacche terrificanti (Ama, perdoni: ma dove le trova?) e fare umilmente la spalla a Fiorello, è diventato — di colpo — molto sicuro e molto potente. Non solo ha liquidato Salvini con un sorriso di ferro, ma ha schierato sul palco quattro donne che, con i loro monologhi, sono state capaci di scaldare i cuori di una sinistra da tempo disorientata, remissiva e perdente. Chiara Ferragni: puro femminismo, Elly Schlein — quella notte — non ha chiuso occhio; Francesca Fagnani: splendida sulle carceri; Paola Egonu: netta sul razzismo, molto meglio lei di certi sinistrorsi alla Nicola Fratoianni, responsabile dell’elezione di Soumahoro, quello che «anch’io ho diritto all’eleganza»; Chiara Francini: coraggiosa sulla maternità.

Capita l’atmosfera, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano detta un passaggio della scaletta: «Credo che il Festival, nell’anniversario del 10 febbraio, debba dedicare un ricordo all’orrore delle Foibe». Amadeus (furbissimo) accetta subito il consiglio.

Ma i due numeri del signor Ferragni (cioè Fedez) sono stati incendiari. Prima, durante un freestyle, ha strappato la foto del vice-ministro Galeazzo Bignami, il tipo che va alle feste di addio al nubilato vestito da ufficiale delle SS (un altro di FdI, il famoso Giovanni Donzelli, ha raccontato d’essersi travestito da Minnie: e quindi sì, certo, boh). Poi, cantando con gli Articolo 31, Fedez ha urlato: «Giorgia, legalizzala!» (si suppone la droga leggera).

C’è un altro articolo in cui leggerete tutti i dettagli della baruffa. Comunque la cosa più gentile che gli hanno urlato dal governo è stata: «Comunista con il Rolex!». Un grande classico. Anche Ernesto Che Guevara detto «Il Che», quando fu ucciso, ne aveva uno al polso: il Gmt Master ref. 1675, con bracciale Oyster e ghiera nera.

Con la vittoria di Marco Mengoni si chiude questa edizione trionfale del festival senza scossoni. Che relega a notte fonda il tanto temuto messaggio di Zelensky. La Repubblica il 12 Febbraio 2023.

Alla fine il pericolosissimo messaggio di Zelensky, quello che ha tenuto alta la bandiera delle polemiche per settimane, è stato letto alle 2.14 della notte, mentre le dita distratte correvano sui cellulari per portare al legittimo trionfo di Marco Mengoni e le sue “Due vite”.

«Auguro il successo a tutti i finalisti e dal profondo del mio cuore voglio invitare i vincitori di quest’anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria. Nel Giorno della nostra Vittoria!» ha recitato Amadeus diventando la voce del presidente per ben quattro minuti, cordiali saluti compresi. Praticamente un attimo prima che canti il gallo, una lettera che diventa solo una visione fugace ed elegante in cui l’unico scossone che regala all’abbonato in prima fila è forse quella punta di vergogna per aver lasciato al buio della notte l’immagine buia di un Paese in guerra. Meglio andare in fretta all’improvviso nella serata che ha fatto della lentezza la sua cifra, meglio fare l’amore, che alla guerra ci si penserà poi.

Ci ha provato Tananai, un nome da passato remoto che ha il sapore di futuro, a portare il dramma ucraino su quel palco, stringendo due rose gialle e blu e sussurrando la struggente storia di un legame “tra le palazzine a fuoco”. Ma arriva solo quinto, dietro a Ultimo che con il suo amore per l’alba sconfigge la maledizione da secondo arrivando quarto, e poi gli angeli con un’ala sola di Mr Rain e la cenere di Lazza.

Come da copione si conferma il podio della vigilia, cinque maschi, fuori Giorgia, Madame, Elodie, e anche questo rispetta il copione visto che l’ultima cantante a vincere Sanremo è stata Arisa nell’ormai lontano 2014.

Così con le dolci lacrime di Mengoni, che ringrazia, almeno lui, tutte le donne non presenti alla volata finale e vista l’ora intona “Siamo i soli svegli in tutto l’universo”, si chiude l’edizione più trionfale di sempre, che permette ad Amadeus di gonfiare a buon diritto il suo ego da imperatore dell’Ariston, al punto che presenta la marginale presenza di Chiara Ferragni come colei «che passerà alla storia per avermi convinto ad aprire un profilo Instagram». E mentre l’attenzione sui follower in aumento occupa uno spazio ostinato della maratona elettorale, si corona un sogno d’amore tra il pubblico fedele che non molla sino alla fine e fa fatica a lasciare andare un momento lungo cinque giorni, tutti insieme, tutti uniti a commentare una vaporosa bolla di sana inutilità.

È il festival dell’amore tra sussurri e poche grida, di Anna che si commuove per Gianni, delle promesse di nozze regalate e dei mazzi di carciofi come omaggi a una Signora come Ornella Vanoni che l’amore lo continua a cantare. È il festival dell’amore che scopre che un bacio è un apostrofo Rosa Chemical sbucato all’improvviso che finalmente trasforma il fantomatico spettro gender in solida realtà, come i divani dello sponsor. E nonostante tutto a questo Sanremo dell’amore un po’ ci abbiamo creduto. Se poi alla fine era solo un calesse pazienza, vorrà dire che sarà per il prossimo anno.

Sanremo 2023: il testo della lettera di Zelensky al Festival. Il Tempo il 12 febbraio 2023

"Abbiamo ricevuto una lettera dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e ve la leggo come mi è arrivata, tradotta dall'ambasciata ucraina". Lo ha detto il direttore artistico del Festival di Sanremo, Amadeus, prima di leggere il testo inviato dal presidente ucraino. Ecco il testo completo: "Cari partecipanti, organizzatori e ospiti del festival! Per più di sette decenni, il festival di Sanremo si sente in tutto il mondo. Si sente la sua voce, la sua bellezza, la sua magia, la sua vittoria. Ogni anno sulle rive del Mar Ligure vince la canzone. Vincono la cultura e l'arte. La Musica vince! E questa è una delle migliori creazioni della civiltà umana".

"Sfortunatamente - prosegue - per tutto il tempo della sua esistenza, l'umanità crea non solo cose belle. E purtroppo oggi nel mio paese si sentono spari ed esplosioni. Ma l'Ucraina sicuramente vincerà questa guerra. Vincerà insieme al mondo libero. Vincerà grazie alla voce della libertà, della democrazia e, certamente, della cultura.

Ringrazio il popolo italiano e i suoi leader che insieme all'Ucraina avvicinate questa vittoria".

"Auguro successo - conclude la lettera - a tutti i finalisti e dal profondo del mio cuore voglio invitare i vincitori di quest'anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria. Nel Giorno della nostra Vittoria! Questa Vittoria oggi viene creata e ottenuta in condizioni estremamente difficili. Grazie ai nostri difensori! Grazie a loro coraggio, indomabilità, invincibilità. Centinaia di canzoni sono già state scritte su questo, e ne ascolterete una oggi. E sono sicuro che un giorno ascolteremo tutti insieme la nostra canzone di vittoria!".

La lettera di Zelensky a Sanremo: «L’Ucraina sicuramente vincerà questa guerra insieme al mondo libero». Arianna Ascione su Il Corriere della Sera l’11 dicembre 2023.

È stato Amadeus a dare voce alle parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky sul palco di Sanremo

Dopo giorni di polemiche durante la finale di Sanremo 2023 Amadeus ha letto (molto tardi, intorno alle 2.15) un messaggio inviato da Volodymyr Zelensky, il presidente dell’Ucraina . Una lettera indirizzata a tutti i protagonisti del Festival.

«Cari partecipanti, organizzatori e ospiti del Festival. Da più di sette decenni il Festival di Sanremo si sente in tutto il mondo. Ogni anno sulle rive del Mar Ligure vincono le canzoni, la cultura, la musica e l’arte. Oggi nel mio Paese si sentono spari ed esplosioni, ma l’Ucraina vincerà questa guerra insieme al mondo libero, grazie alla voce della libertà, della democrazia e della cultura», si legge nella missiva.

«Ringrazio il popolo italiano e i suoi leader, auguro successo a tutti i finalisti e voglio invitare tutti i vincitori a Kiev nel giorno della vittoria, della nostra vittoria. Questa vittoria viene ottenuta in condizioni estremamente difficili, grazie ai nostri difensori. Centinaia di canzoni sono già state scritte su questo. Sono sicuro che un giorno ascolteremo tutti insieme la nostra canzone di vittoria».

Dopo il messaggio di Zelensky è salita sul palco dell’Ariston una band ucraina, gli Antytila: «Vogliamo ringraziare se siamo qui, su questo palco, a rappresentare come una città non tanto grande in Ucraina sta combattendo e non si arrende e come tutto il nostro Paese, l’Ucraina, sta combattendo la guerra che non abbiamo iniziato noi - ha detto il gruppo dopo l’esibizione -. Stiamo combattendo per il nostro futuro, la nostra libertà e per i nostri ideali e principi che abbiamo in comune con voi. L’Ucraina combatte, resiste, l’Ucraina vincerà. Grazie per il vostro sostegno Italia, Grazie mille Sanremo (ringraziamento pronunciato in italiano, ndr.)».

La scelta di leggere un testo (al posto di proiettare un videomessaggio) è stata una proposta di Kiev. A precisarlo sono stati sia l’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, sia l’ad della tv pubblica, Carlo Fuortes, in una breve comunicazione in sala stampa.

«Il palco dell’Ariston è l’occasione di trasmettere la verità e il messaggio di sostegno di cui abbiamo bisogno perché la pace torni sul territorio europeo. Una incredibile opportunità per lanciare un messaggio di unità intorno alla difesa dei principali valori congiunti. Un’opportunità per ringraziare anche tutto il popolo italiano per il sostegno ricevuto fin dai primi giorni della guerra della Russia contro il mio Paese», ha fatto sapere l’ambasciatore Melnyk.

L’ipotesi di una presenza video di Zelensky aveva suscitato diverse reazioni politiche. Molti si erano interrogati sull’opportunità di un’incursione così netta del tema della guerra all’interno della cornice festivaliera. Tra i contrari, anche Matteo Salvini: «Se avrò dieci minuti di tempo per vedere il Festival di Sanremo, vedrò le canzoni, non Zelensky», aveva detto il ministro delle Infrastrutture. Perplesso anche il leader di Azione Carlo Calenda: «Ci sono pochi dubbi sulla nostra linea di sostegno all’Ucraina. Ritengo tuttavia un errore combinare un evento musicale con il messaggio del Presidente di un paese in guerra».

Quando Stefano Coletta ha reso nota la decisione finale — e dunque la partecipazione di Zelesnsky solo attraverso un testo scritto — non sono mancate le reazioni. Essendo il Festival di Sanremo molto seguito anche in Russia — fin dai tempi dell’Urss: non va dimenticato che lì cantanti come Al Bano, Pupo e Toto Cotugno sono leggende — la notizia del cambio di programma ha provocato la risposta ironica della portavoce del ministero degli Esteri russo: «Peccato, Zelensky avrebbe anche potuto vincere questo concorso con un rap».

Estratto dell’articolo di Adriana Logroscino e Renato Franco per il “Corriere della Sera” il 12 Febbraio 2023

Sanremo in trincea. I vertici Rai fanno muro agli attacchi della politica. Nel mirino ancora Fedez e il gesto, durante la sua esibizione di mercoledì, di strappare la foto del viceministro Galeazzo Bignami in uniforme nazista. «In Rai sapevano ma nessuno ha fatto nulla, rendendosi di fatto complici del soliloquio politico di Fedez e del suo attacco a un viceministro della Repubblica», è l’attacco sferrato in batteria da tutta la prima fila di Fratelli d’Italia. Il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi, avverte: «Esprimeremo nuovi dirigenti».

Stefano Coletta, direttore intrattenimento Prime Time, però assicura che a Sanremo tutti erano all’oscuro del contenuto dell’intervento del rapper. «Non sapevamo che Fedez avrebbe strappato la foto. Avevamo ricevuto un testo del suo freestyle con largo anticipo ma non era quello che lui ha portato in scena. Abbiamo saputo nell’imminenza della messa in onda che aveva deciso di modificarlo e che si era rifiutato di consegnare il nuovo testo».

Eppure il rapper era stato avvisato: «Rispetto a tutte le esibizioni — ha sottolineato — il nostro invito è stato sempre di non fare riferimenti politici, pur non essendoci obbligo di par condicio. E questo è il motivo per cui il giorno dopo mi sono dissociato». Le possibilità erano due: «O una censura preventiva o la sollecitazione a evitare qualunque cenno politico, la strada che abbiamo scelto». Poi Coletta sbotta: «Se un dirigente deve rispondere di tutto ciò che accade in diretta, dovremmo dimetterci tutti.

Starei attento a usare un termine come l’omesso controllo in modo strumentale».

Gli argomenti, però, non spengono la polemica a Roma, concentrata soprattutto sull’attacco a Bignami, ma che riguarda anche l’invito a legalizzare la cannabis, lanciato da Fedez dal palco, venerdì. «La pezza è peggio del buco», sostiene il senatore meloniano Marco Lisei. «Coletta non smentisce che durante le prove pomeridiane Fedez aveva già strappato la foto, tenuta a testa in giù, di Bignami, come riferito da La Verità, che avrebbe prove granitiche al riguardo». […]

Estratto dell’articolo di Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera” il 12 Febbraio 2023

Voltare pagina, in fretta e possibilmente senza traumi. Perché i vertici della Rai «hanno passato il segno» e la cautela con cui Giorgia Meloni si era accostata ai piani alti di viale Mazzini, nei giorni di Sanremo è mutata in «stupore». […] La performance di Fedez, con la foto del viceministro Galeazzo Bignami in maschera da nazista strappata in diretta, è giudicata «inopportuna» e anche «pericolosa». «Prima o poi qualche squilibrato potrebbe passare dalla violenza verbale a quella fisica e colpire uno di noi», è il timore condiviso da diversi esponenti della destra di governo.

 […] Il partito della premier rimprovera ai vertici di aver «perso il controllo dell’azienda», violato la pluralità del servizio pubblico e trasformato l’Ariston in «una tribuna elettorale» alla vigilia del voto. Un coro che invoca le dimissioni dell’ad Carlo Fuortes, concertato via chat e rafforzato dalle parole dei due presidenti dei capigruppo di Senato e Camera, Tommaso Foti e Lucio Malan. Segno che la linea è decisa. […] Se dovesse dar seguito alla rabbia di queste ore, Meloni vorrebbe mandar via Fuortes anche subito. Per i messaggi di Fedez su cannabis e governo, per come è stata gestita la presenza di Mattarella, perché «la figuraccia su Zelensky ce la potevamo risparmiare».

Nei mesi scorsi la premier si era mossa con prudenza, sforzandosi di non rompere i rapporti con Fuortes e con la presidente Marinella Soldi. «Ho troppi fronti aperti, in primavera ci sono le nomine, non posso aprire anche il fronte Rai», […] Sul budget Palazzo Chigi avrebbe potuto aprire la crisi, ma ha preferito prendere tempo.

 Ora quel tempo è scaduto. Meloni si sarebbe pentita di aver aspettato troppo e convinta che il momento di accelerare il benservito sia arrivato. E se nel governo molti sperano nel passo indietro di Fuortes, a Palazzo Chigi sembra non crederci nessuno: l’ad ha rifiutato la guida del Maggio Fiorentino e il Teatro alla Scala, dove gli piacerebbe approdare, non è disponibile.

Nelle stanze dove si prendono le decisioni ci sarebbe anche un piano B: non assumersi il rischio di silurare Fuortes, per non farne l’eroe della resistenza anti-governativa e però sfilargli la delega della direzione generale per affidarla a Gianpiero Rossi, fedelissimo di Meloni. Ma è chiaro che sarebbe un pareggio, non una vittoria. […] La questione è squisitamente politica.

 In FdI lamentano che la Rai non abbia dato spazio a Meloni quando era all’opposizione e giudicano «un’anomalia gigantesca» che nella governance della tv di Stato «non ci sia un solo esponente del principale partito di maggioranza». Ovviamente non è tutto. Meloni ha fatto capire pubblicamente quanto seccata sia per il trattamento riservato al presidente ucraino Zelensky, prima invitato a parlare in videomessaggio e poi ridimensionato attraverso la lettera, declamata da Amadeus.

[…] i meloniani, […] credono alla ricostruzione del quotidiano La Verità : la Rai sapeva che Fedez avrebbe fatto a pezzi la foto di Bignami, sapeva perché il rapper «aveva fatto le prove dello show». Secondo i dirigenti di FdI, che avrebbero ascoltato anche delle registrazioni, il rapper aveva deciso di mostrare la foto del viceministro a testa in giù per evocare piazzale Loreto. Ma l’idea non è piaciuta alla Rai e Fedez ha scelto di strappare la foto. […]

Caso Fedez a Sanremo, quello che non torna sulla versione della Rai. Fedez si è sottratto al controllo editoriale della Rai e ha contravvenuto alle regole a differenza dei suoi colleghi: l'organizzazione non è intervenuta. Francesca Galici l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Il caso Fedez a Sanremo è aperto. Ora, la Rai è chiamata a dare spiegazioni su quanto accaduto sul palco della nave Costa Smeralda durante la seconda serata, quando il rapper, oltre a esibirsi con un brano freestyle con tanto di dissing contro parte del governo Meloni, ha strappato la foto di Galeazzo Bignami. Subito dopo l'esibizione, il rapper milanese ha dichiarato: "Il testo della canzone non è stato annunciato allo staff della Rai e voglio assumermi la piena responsabilità di questo". Nelle dichiarazioni di Stefano Coletta emergono anche ricostruzioni differenti, anche a quanto da lui stesso affermato quando, prima dell'inizio della kermesse, dichiarò di conoscere tutto quello che sarebbe accaduto.

Il giorno successivo in conferenza stampa, avvalorando la tesi di Fedez, Stefano Coletta in conferenza stampa dichiarò: "Confermo che non eravamo a conoscenza della performance, l'artista come ha dichiarato ce ne aveva comunicata una dicendoci poi che l'avrebbe cambiata". Quindi, difendendo la libertà d'espressione degli artisti, ha anche aggiunto: "Non è più libertà e non più un diritto quando si tramuta in un attacco personale". Tuttavia, il quotidiano La Verità ha rivelato che la Rai fosse in realtà a conoscenza della perfomance di Fedez, anche che avrebbe portato la foto di Galeazzo Bignami durante l'esibizione. Foto che durante le prove era stata addirittura capovolta.

In conferenza questa mattina, Coletta è tornato sull'argomento: "Solo nell'imminenza della messa in onda abbiamo saputo che Fedez non avrebbe più portato il testo che ci era stato consegnato da giorni, rifiutandosi di consegnare il nuovo". Invece di bloccare l'esibizione di Fedez, che ha di fatto contravvenuto alle indicazioni Rai, a differenza dei suoi colleghi, gli è stato comunque concesso di esibirsi. "Avremmo potuto non mandarlo in onda ma si sarebbe configurata un'ipotesi di censura", ha aggiunto Coletta, ammettendo tra le righe che la Rai ha avuto paura della reazione di Fedez, che avrebbe potuto metter su un teatrino come quello di due anni fa per il concerto del Primo maggio.

"L'indicazione per tutti era di non fare mai riferimenti politici, seppure non ci fosse una par condicio nazionale, ci sono elezioni regionali. Motivi per cui mi sono fortemente dissociato fin dall'inizio dall'azione di Fedez. Non ero a conoscenza che avrebbe strappato la foto di un viceministro", ha proseguito Stefano Coletta. Le due versioni mostrano evidentemente una discordanza: infatti, in un primo momento Stefano Coletta dichiara che Fedez aveva informato la Rai che avrebbe cambiato il suo testo ma nelle dichiarazioni di oggi dice che solo nell'imminenza hanno saputo che "saputo che Fedez non avrebbe più portato il testo che ci era stato consegnato da giorni".

Il deputato di Fratelli d'Italia, Gaetana Russo, infatti dichiara: "Il direttore Coletta cambia versione rispetto a qualche ora fa e, diversamente da quanto detto precedentemente, affermerebbe ora che 'sapeva', prima che Fedez salisse sul palco, che non avrebbe seguito il testo noto alla Direzione della sua 'esibizione', ma nonostante ciò non avrebbe ritenuto di chiedere nulla al sig. Lucia". Quindi, Russo aggiunge: "Non smentisce poi che nel pomeriggio si fossero tenute prove con tanto di foto, cosa che spiega la ragione per la quale il cantante si è presentato dinnanzi alle telecamere con tanto di immagine da strappare. Delle due l'una: o i vertici Rai sapevano, o la Rai è nel caos, e non ha controllo su quanto accade. L'esito è comunque lo stesso: dimissioni dei responsabili".

Estratto da repubblica.it l’11 dicembre 2023.

Cannabis e foto strappata di Bignami. Gli show di Fedez diventano un caso politico. FdI parla di "killeraggio politico" e parte all'attacco chiedendo verifiche e dimissioni dei responsabili Rai che avrebbero autorizzato gli interventi del rapper. Il Pd parla di Minculpop.

 "Il nostro governo non legalizzerà mai la cannabis e nessun tipo di droga", afferma Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, replicando all'appello rivolto dagli Articolo 31 e Fedez ieri sera a Sanremo al presidente del Consiglio Giorgia Meloni. "Riteniamo che la cannabis sia una droga a tutti gli effetti e che possa provocare seri problemi a chi la consuma. Troppi ragazzi - prosegue Antoniozzi - la usano abitualmente, persuasi da un mondo culturale e artistico che la dipinge ingiustamente come una sostanza innocua. Molti esponenti della nostra maggioranza, come Maurizio Gasparri, sono impegnati anche con associazioni che si battono contro ogni dipendenza".

 "Non regge nemmeno il discorso della sottrazione di un business alle mafie - insiste il parlamentare di FdI - sia perché esse sono attive soprattutto nel mercato della cocaina e delle droghe sintetiche, sia perché le organizzazioni criminali sarebbero pronte ad abbassare i prezzi in qualsiasi momento. Il costo delle droghe è diminuito tristemente nel tempo e le mafie hanno operato scelte strategiche soprattutto sulla cocaina. Il nostro compito è difendere i giovani da queste sostanze che sono nocive - conclude Antoniozzi - mentre ovviamente altro aspetto è il loro uso terapeutico che è già presente, come nel caso degli oppiacei, in medicina".

 Diversi esponenti di Fratelli d'Italia chiedono un chiarimento ai vertici Rai. Sotto accusa lo show in cui il rapper ha strappato una foto del viceministro Bignami travestito da Adolf Hitler.

 "Killeraggio politico"

"Il doppiopesismo della Rai non è più accettabile. Gli  attacchi di Fedez ad un viceministro, con tanto di foto stracciata in diretta, non sono stati una spiazzante improvvisata, ma un vero killeraggio politico di cui i vertici Rai erano consapevoli e che, con compiacenza, hanno permesso". Così Manlio Messina, vice capogruppo vicario di Fratelli d'Italia alla Camera.

"In Rai sapevano ma nessuno ha fatto nulla, rendendosi di fatto complici del soliloquio politico di Fedez e del suo attacco ad un viceministro della Repubblica. Secondo quanto riportato oggi da La Verità, il suo show sarebbe stato provato prima della ufficiale messa in onda. Dettagli inquietanti che stanno venendo fuori e che, se confermati o meglio non smentiti, dovranno necessariamente portare ad un immediato chiarimento. Allo stato, emerge che il palco dell'Ariston si è trasformato, con il consenso e beneplacito proprio della Rai, in una tribuna elettorale". Lo dichiara Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera.

 "Chi in Rai ha acconsentito allo show di Fedez deve lasciare il proprio posto", così Elisabetta Gardini, vicecapogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera. La deputata Alice Buonguerrieri parla di "squallido attacco".

Il Festival e le polemiche. Chiara Ferragni e il “pensati libera”: ma il femminismo è prendere coscienza di tutte le “illibertà”. Lea Melandri su Il Riformista l’11 Febbraio 2023

Mentre il mondo ci crolla addosso, che senso ha continuare a discutere del Festival di Sanremo? E’ una domanda più che comprensibile e la risposta non può essere che dubbiosa. Ma se sui media e sui social l’interesse non accenna a diminuire, non è inutile cercarne le ragioni. Non poco ha sicuramente influito l’annunciata presenza di Zelensky, ma sono stati soprattutto i “monologhi” su importanti temi culturali e politici a portare sullo spettacolo musicale più noto in Italia attenzione, dibattito di idee, e, come sempre, pettegolezzi e divagazioni.

Si è parlato, a questo proposito, di “festival dei diritti”, dell’importanza che rivendicazioni, progetti politici e iniziative di solidarietà contro la violenze a cui stiamo assistendo, vengano portate a conoscenza di milioni di persone, soprattutto ragazze e ragazzi che li ignorano o che, come ha scritto Angela Azzaro su questo giornale, “arrivano a loro distorti, talvolta manipolati, piegati a logiche che sfuggono completamente alla consapevolezza, alla cultura, alle lotte che ci sono dietro.” In particolare, non poteva non attirare curiosità, sorpresa e divergenze di opinione l’intervento di una imprenditrice, blogger nota, come Chiara Ferragni, accompagnata dalla presidente, Antonella Veltri e altre rappresentanti della rete nazionale Di.Re di cui fanno parte molti centri contra la violenza sulle donne.

Tante, e in alcuni casi decisamente divergenti, sono state le reazioni tra femministe, imbarazzante e faticoso esprimersi pubblicamente con sincerità rispetto a tematiche e ad amicizie, pratiche collettive condivise per tanti anni. Io stessa, dopo aver scritto dei miei dubbi e interrogativi su una scelta che ho trovato quanto meno discutibile, ho sentito di dover precisare, per timore di aver ferito donne che stimo e che mi sono care, che il coraggio di confrontare idee, sostenere conflitti, è l’eredità più preziosa che ci ha regalato il femminismo. Quali sono allora le mie riserve e le ragioni per cui non sono riuscita a rallegrarmi di un avvenimento che tocca così profondamente quello che posso considerare l’impegno di una vita? Non dovrebbe farmi piacere che l’associazione nazionale dei centri antiviolenza abbia ricevuto in donazione da Chiara Ferragni il compenso che riceverà come co-conduttrice del Festival, e soprattutto che abbia potuto prendere parola su quel palcoscenico prestigioso?

Non posso dire di non provare interesse per il Festival di Sanremo -non fosse altro che per il ricordo di quando adolescente negli anni cinquanta, dato che non c’era la TV nelle case contadine, si andava a vederlo al bar arrampicati sulle biciclette. Mi è sempre piaciuto il canto e ascoltavo con piacere una madre intonatissima che il giorno dopo già canticchiava le canzoni vincenti. Non posso neanche dire che non amo la performance, quel corpo-teatro che come dice un amico attore e critico teatrale, siamo tutti/e noi. Ma il Festival di Sanremo è un vero teatro, dove si “rappresenta” qualcosa, e dove la “scena” è andata via via cambiando, fino a diventare il sostituto, inevitabilmente ambiguo, a volte grottesco e comunque discutibile, di una politica in evidente declino, e, a differenza del Festival, sempre meno “popolare”.

Di qui alcuni miei dubbi e interrogativi difronte al posto che è stato dato a temi che interessano oggi la politica: la guerra, l’antifascismo, il disagio e il carcere per minorenni, la scuola, la repressione della rivolta delle donne in Iran, la libertà di pensiero negli articoli della Costituzione citati da Benigni, la violenza della cultura patriarcale misogina, l’azione dei centri di accoglienza delle donne maltrattate. Non posso non tenere conto che siamo in un paese dove duecentomila giovani femministe – la rete Nudm -, che riempiono le piazze da anni, non fanno notizia, dove i femminicidi sono ancora casi di cronaca, dove è ancora dominante una cultura fascistoide, dove è passata anni fa una legge sulla violenza sessuale e di genere, che cancellava di fatto l’autonomia dei centri antiviolenza e la cultura femminista da cui provengono.

Mi chiedo che cosa possa restare in mente agli spettatori televisivi, impazienti di ascoltare i loro cantanti preferiti, delle poche parole concesse a donne, interpellate dal conduttore col solo nome, a confronto col lungo monologo di Chiara Ferragni, capace di emozionare anche solo per il fatto di rivolgersi a una se stessa bambina, alle ferite della cultura patriarcale che abitua le donne a vergognarsi dei loro corpi? Per non parlare di un abito che può essere visto come provocatorio solo dove manca la consapevolezza delle costruzioni di genere, o degli stereotipi del maschile e femminile che abbiamo ereditato.

A quanti uomini non piace vedere un corpo nudo femminile giovane e ben fatto? E a quante donne che magari lo hanno desiderato e sognato per sé? Le donne non restano così “essenzialmente corpi”, a cui altri hanno dato forme, identità e ruoli? Non considero l’esposizione del corpo femminile nella sua nudità – così come nel suo nascondimento- un’azione liberatoria. Usare la maternità – come ha fatto l’emancipazionismo del primo Novecento – e oggi la seduzione o l’erotismo come un “requisito” per far riconoscere la libertà delle donne, è una contraddizione che non porta a grandi cambiamenti: non si può pensare di uscire dalla sottomissione al dominio e alla visione maschile del mondo, con un semplice capovolgimento, impugnando come un’arma quelle che sono stati i fondamenti ideologici dell’asservimento: l’ identificazione della donna con il corpo erotico e procreativo.

E inoltre, cosa vuol dire la scritta che campeggiava sull’abito, “Pensati libera”? Molte donne si pensano libere anche quando non lo sono. Importante, come diceva Rossana Rossanda, e come abbiamo detto fin dagli inizi del femminismo negli anni Settanta, è prendere coscienza di tutte le “illibertà” che ci portiamo dentro, così come da tanti pregiudizi antichi, come quello che ci vuole per un verso deboli e bisognose d’amore e per l’altro “salvatrici” del mondo. Come interpretare diversamente il fatto che i monologhi politici confortanti, che abbiamo ascoltato in queste prime sere siano affidati quasi esclusivamente a donne? Non disprezzo la cultura popolare, vengo da lì, ma il Festival di Sanremo sembra essere diventato sempre più il circo mediatico del declino della politica. Il femminismo voleva ripensarla, non ridurla a uno spettacolo, per altro abbastanza avvilente, almeno ai miei occhi. Lea Melandri

Il caso dell'artista. Rosa Chemical, a Sanremo un bel vaffa al “Made in Italy”: le nuove generazioni sono già da un’altra parte. Angela Azzaro su Il Riformista l’11 Febbraio 2023

Ha ragione Luigi Manconi quando, a proposito di Sanremo, scrive che “la rassegna canora andrebbe imposta come materia di studio obbligatoria a quanti rivestono qualsiasi mansione pubblica”. Nell’articolo per Repubblica dice anche che guardando Sanremo il ministro della Cultura Sangiuliano “avrebbe scoperto che lo scacco culturale della destra non si deve al fatto che la sinistra abbia ostacolato la pubblicazione delle opere di Benedetto Croce perché ritenuto troppo conservatore. La marginalità della destra si deve, piuttosto, alla sua estraneità ai grandi processi di trasformazione culturale del Paese”.

Siamo nella zona del concetto di nazional-popolare “ancorché abusato – dice Manconi – si confà perfettamente al Festival…”. Una lettura, quella dell’ex senatore, più che condivisibile. Basti pensare alle polemiche di questi giorni, ma soprattutto a quello che è successo nel mondo della comunicazione. Se la politica si è fatta spettacolo (per esempio nei vari talk show) lo spettacolo si fa politica e diventa luogo del conflitto. Debord spiegava negli anni ‘70 come, con il tempo, il conflitto di classe si sarebbe spostato nell’immaginario.

E niente è più immaginario di Sanremo. Questo vuol dire che siamo nell’Olimpo del sapere? Che Sanremo è da osannare? No, in quanto specchio della società, ci spiega meglio di tanti saggi quello che sta accadendo: immobilismo, trasformazioni, stereotipi e nuove identità, tutto si mescola e deve essere interpretato. Nessuna esaltazione, ma uno sguardo che possa e sappia leggere quello che sta accadendo. Comprese le novità, come quelle incarnata da Chiara Ferragni che ha portato per la prima volta sul palco i centri Di.Re. Di violenza si parla spesso, ma sempre puntando sulle vittime, sul momento della fragilità. Questa volta davanti al pubblico invece ci sono state le donne che combattono contro la violenza. È stata messa in scena la loro forza.

La vittoria dei Fratelli d’Italia alle scorse elezioni non può esaurire il discorso su che cosa sia diventato questo Paese. In scena a Sanremo c’è una realtà che contrastata con quella vittoria e quella cultura. La rabbia di Salvini si spiega anche così. Lui non guarderà oggi la puntata finale ma la guarderanno molti ragazzi e molte ragazze – il numero dei giovanissimi in questa edizione è aumentata anche per il massiccio uso dei social – e tra i cantanti sentiranno e vedranno per esempio Rosa Chemical, che propone una sonora presa in giro del cosiddetto Made in Italy (titolo della sua canzone) a cui contrappone la libertà di mettersi il rossetto anche se “maschi” e di essere perversi. Le nuove generazioni sono già da un’altra parte. Angela Azzaro

Vicedirettrice del Riformista, femminista, critica cinematografica

La canzone, per una storia sentimentale. Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico, su L'Indipendente l’11 Febbraio 2023.

Marcel Proust ha scritto che le canzoni hanno un posto immenso nella storia sentimentale della società.

Per questo motivo vorrei riproporre le parole di  una celebre canzone presentata al Festival di Sanremo nel 1967, senza aggiungere nulla.

Proposta (Mettete dei fiori nei vostri cannoni). Brano di I Giganti, Festival di Sanremo 1967.

Tu, come ti chiami? Sei molto giovane

Qual è la tua proposta?

Me ciami Brambilla e fu l’uperari, lavori la ghisa per pochi denari

Ma non c’ho in tasca mai la lira per poter fare un ballo con lei

Mi piace il lavoro, ma non sono contento, non è per i soldi che io mi lamento

Ma, questa gioventù, c’avrei giurato che m’avrebbe dato di più

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Perché non vogliamo mai nel cielo

Molecole malate, ma note musicali che formino gli accordi

Per una ballata di pace, di pace, di pace

Tam, tam, tam

Anche tu sei molto giovane

E di che cosa non sei soddisfatto?

Ho quasi vent’anni e vendo giornali, girando i quartieri fra povera gente

Che vive come me, che sogna come me, io sono un pittore che non vende quadri

Dipingo soltanto l’amore che vedo e alla società non chiedo che la mia libertà

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Perché non vogliamo mai nel cielo

Molecole malate, ma note musicali che formino gli accordi

Per una ballata di pace, di pace, di pace

Tam, tam, tam

E tu chi sei? Non sembra che tu abbia di che lamentarti

La mia famiglia è di gente b-bene, con mamma non parlo, col vecchio nemmeno

Lui mette le mie camicie e poi critica se vesto così

Guadagno la vita lontano d-da casa perché ho rinunciato ad un posto tranquillo

Ora mi dite che ho degli impegni che gli altri han preso per me

Mettete dei fiori nei vostri cannoni

Perché loro non vogliono nel cielo

Molecole malate, ma note musicali che formino gli accordi

Per una ballata di pace, di pace

Mettiamo nei fiori nei nostri cannoni perché non vogliamo mai nel cielo

Molecole malate, ma note musicali che formino gli accordi

Per una ballata di pace, di pace, di pace

Tam, tam, tam

Compositori: Augusto Martelli / Giordano Bruno Martelli / Alberto Carish© Emi Songs Do Brasil Edicoes Musicais Ltda, Emi Music Publishing Italia Srl.

I Giganti: Sergio e Giacomo Di Martino, Checco Marsella e Enrico Maria Papes.

[di Gian Paolo Caprettini – semiologo, critico televisivo, accademico]

Fra tante voci è mancata la voce della vera cultura. Così la televisione tradisce il proprio ruolo. Perché non chiamare scrittori, registi, poeti e autentici musicisti? Avrebbero dato un contributo nobile e formativo: quello dell'esempio, non del potere arrogante. Vittorio Sgarbi il 12 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Va bene la scuola, va bene il museo, va bene il Ministero della Cultura, ma lo strumento più formidabile di educazione e diseducazione, a partire dalla lingua, dagli accenti, dai neologismi, dagli anglicismi, è la televisione. La televisione ha, ed è, memoria storica. Rappresenta la cronaca del mondo, ci informa, ci disinforma e ci fa conoscere. Per avere la certezza che una cosa fosse vera un tempo si diceva: «l'ha detto la Televisione». Il Presidente della Repubblica fa il discorso di fine anno a reti unificate in televisione. Le mode, il costume, la pubblicità, il turismo, passano attraverso la televisione. E il Festival di Sanremo ne è la sintesi suprema.

Lo avevano capito negli anni '60, quando si cominciava a unire l'Italia con l'Autostrada del Sole, e quando Alberto Manzi aveva iniziato il suo corso di istruzione popolare per il recupero dell'adulto analfabeta, con il programma Non è mai troppo tardi, condotto in collaborazione con il Ministero della pubblica istruzione (allora non esisteva il Ministero della Cultura). Adesso è troppo tardi. Da troppi anni la televisione favorisce soltanto la diseducazione; e il Festival di Sanremo, nel quale tanto si investe, ne è la massima espressione. Intanto per ciò che non propone sul piano musicale, con l'offerta sempre più miserabile di cattiva musica e di cattive parole, ma per la moda (umiliata all'inverosimile), per la letteratura, per l'arte, per il cinema, per il merito ottenuto ed espresso da grandi italiani sistematicamente ignorati.

Nessun esempio se non di modelli di consumismo estremo, dei cosiddetti influencer rappresentati dalla coppia Fedez/Ferragni, pronti a promuovere qualunque prodotto con la sola concorrenza del montone di Matteo Messina Denaro. Nessun recupero non per l'adulto, ma per il giovane analfabeta. Che rimane tale. Ne avevo scritto in passato: «L'influencer è un pirla sfaticato che lucra su dei pirla danarosi incapaci di scegliersi da soli un paio di scarpe da pirla». Ora leggo il sacerdote dei culti inutili, Stefano Coletta, insediato alla Rai da protettori perduti e irrecuperabili, rispondere alla mia proposta di concordare gli «ospiti culturali» con il Ministero della Cultura: «Ci mancherebbe altro». Gli rispondo: Ci mancherebbe altro che il luogo di maggiore diffusione della cultura, da tutti riconosciuto in Sanremo, avesse come unico titolare delle scelte Stefano Coletta, che mostra un evidente disprezzo per la musica e la poesia.

Inutile parlare di musica se la televisione è affidata ai Fedez e ai Benigni! Io ho trovato scandaloso il rifiuto alla proposta del sindaco di Genova, Mario Bucci, di invitare il vincitore del Premio Paganini, Giuseppe Gibboni, virtuoso e colto giovane di ventidue anni, primo italiano a vincere il concorso dopo ventiquattro anni. Mi chiedo: si tratta di un festival della musica o degli interessi della famiglia Fedez/Ferragni per indurre i giovani a comprare e a consumare gli oggetti e i dischi da loro proposti? Tutto questo concepito nell'anno di celebrazione del centenario di Pier Paolo Pasolini. L'omologazione non è in atto, è compiuta. E Coletta ne è il sacerdote.

Quando indicavo il Ministero della Cultura come referente non pensavo al potere, ma all'esempio. Pensavo a Liliana Cavani, della quale abbiamo celebrato il novantesimo compleanno, o a Giancarlo Giannini, del quale onoreremo presto la carriera con una affettuosa iniziativa. Pensavo a Franco Zeffirelli, a Giovanni Testori, a Giorgio Albertazzi. Ma, per restare nel campo della musica e della letteratura, come ignorare Mogol, Edith Bruck, Patrizia Valduga, Vivian Lamarque, Giorgio Montefoschi, Sandro Veronesi, nomi non difficili, e anche Morgan, o Massimiliano Parente? Le loro parole, rispetto alla povertà lessicale dei testi delle canzoni che abbiamo ascoltato quest'anno a Sanremo, potrebbero arrivare a stimolare l'intelligenza dei giovani che sono indotti a sostituire la parola «teatro» con «location», e «acclamazione» con «standing ovation».

La televisione deve educare senza imporre. E quella di Coletta e Amadeus impone senza educare. Ho ricordato il caso del violinista Gibboni. Vedo con soddisfazione il suo intervento preciso e generoso: «Pochi giorni fa, il sottosegretario alla Cultura, il professor Vittorio Sgarbi, che ringrazio per l'attenzione e la stima rivoltami, ha rilasciato alcune interviste facendo notare la disattenzione che il Festival di Sanremo e la direzione artistica dello stesso hanno avuto nei confronti di una proposta mossa dal sindaco della città di Genova Marco Bucci e dal Presidente del premio Paganini Giovanni Panebianco. La proposta riguardava la partecipazione del sottoscritto come ospite al Festival, a rappresentanza del Premio e della vittoria, dopo 24 anni, di un italiano al concorso. Sarebbe stato bello un incontro tra il Premio Paganini (internazionalmente riconosciuto per il suo prestigio) ed il Festival della canzone italiana... Ma, a quanto pare, questa vicinanza rimarrà solamente geografica, trattandosi di due eventi che si svolgono rispettivamente a Genova e Sanremo.

Un lamento che inquieta. Sanremo umilia il merito, e chi lo guida se ne compiace. E io dico ad Amadeus, a Morandi, a Coletta: dov'è Matteo Mancuso? Non ve ne siete accorti? E come lo spiegate a Stefano Bollani? E dove avete lasciato Paolo Fresu? Siete distratti dai veri musicisti? Siete lì per scoprire Al Bano? E qualcuno ha ricordato che il sicuro vincitore, che ora coccolate per i suoi primati, Marco Mengoni, è una scoperta di Morgan, alla terza edizione di X Factor, nel 2009? Qual è la vostra scoperta? Capisco che il merito disgusti chi non ce l'ha.

Il mistero della pubblicità selvaggia a Instagram: bufera sul Festival. Perché la Rai ha autorizzato tutta quella pubblicità gratuita in favore di Instagram da parte di Chiara Ferragni, Amadeus e Gianni Morandi? Francesca Galici il 13 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Chiara Ferragni viene da più fronti considerata come una visionaria dell'imprenditoria digitale italiana. Non c'è dubbio che negli anni abbia saputo sfruttare le opportunità che le sono arrivate, creandosene altre, per costruire quell'impero che i suoi ammiratori usano per dimostrare la sua bravura. Benché venga idolatrata in tal modo per la sua straordinaria capacità imprenditoriale è stato imbarazzante vederla evidentemente impacciata nel reggere il dissacrante intervento di Fiorello in videochiamata (su Instagram) l'ultima sera di Sanremo e usare gran parte del suo tempo per insegnare allo zio boomer (Amadeus) a usare Instagram. Sì, perché dal palco del teatro Ariston è stata fatta una pubblicità smodata e gratuita al social network di Mark Zuckerberg, che è una vera e propria azienda, senza che questa risultasse tra gli sponsor.

Partiamo dal principio. La Ferragni era sul palco del teatro Ariston, osannata con tutti i crismi, solo in ragione dei suoi milioni e milioni di follower. Posto questo assunto fondamentale, appare scontato il motivo per il quale sia stato dedicato tutto quel tempo a Instagram: metterla a proprio agio. Ma questo ha aperto a scenari discutibili, sui quali qualcuno dovrà necessariamente interrogarsi per capire se siano state compiute violazioni nei termini di servizio. Infatti, nel nostro Paese esiste una legge che vieta qualunque tipo di sponsorizzazione, anche implicita, a un prodotto senza che vi sia un regolare contratto. In ogni caso, tutte le pubblicità devono essere regolamentate.

La maxi-operazione pubblicitaria a beneficio di Instagram fatta in prima serata sulla televisione pubblica non è stata in alcun modo segnalata. E il colosso dei social network non compare tra i partner commerciali della kermesse al pari di Costa Crociere, Suzuki e Poltrone e Sofà, che per avere i loro spazi all'interno del Festival hanno sborsato non pochi milioni di euro. A Instagram è stato dedicato molto più spazio, diluito in tutte le puntate e in vari momenti delle stesse, senza un tornaconto economico per la Rai: perché?

Amadeus ha fatto live Instagram durante la diretta del Festival, il suo nome utente è stato addirittura mandato in sovraimpressione e ripetuto più volte, così come quello di Gianni Morandi. Addirittura il conduttore ha fatto il suo ingresso in teatro con il telefono in mano, mentre era live sul social di Zuckerberg. Considerando il peso che Chiara Ferragni ha sulla piattaforma social, l'idea che tutto potesse essere estemporaneo e una mera parentesi di intrattenimento all'interno dello show non sembra plausibile.

Ma c'è anche un altro aspetto da non sottovalutare. Ad Amadeus è stato aperto un profilo social poche ore prima del festival di Sanremo e quando questo è stato mostrato in diretta durante la prima puntata, aveva già la spunta blu di verifica. Chi conosce il meccanismo di ottenimento del riconoscimento d'autenticità sa che la trafila non è cos rapida, a meno che non si abbia accesso a canali preferenziali. Al di là di questo, il profilo appena aperto del conduttore ha raccolto oltre 1.8 milioni di follower: numeri monstre che dal punto di vista di Instagram vogliono dire grandi possibilità di guadagno. Infatti, più follower si hanno e più la propria immagine è in evidenza, maggiori sono gli introiti per un post pubblicizzato, gli adv. Quindi, ciò significa che la Rai gli ha permesso di fare gratuitamente pubblicità a qualcosa che lui può potenzialmente utilizzare per avere un ritorno economico enorme. Stesso discorso per Gianni Morandi, al centro delle gag con Amadeus, che è cresciuto di quasi 480mila follower. Tutto questo mentre i partner commerciali hanno pagato per avere quella stessa pubblicità, se non meno.

Marco Zonetti per Dagospia il 14 gennaio 2023.

Archiviato finalmente Sanremo 2023, e con esso il gorgo di distrazione di massa che per una settimana intera pare ipnotizzare l'intero Paese, ecco che qualcuno inizia ad accorgersi della questione segnalata giorni fa, e prima di tutti, da Dagospia, ovvero la massiccia – e inquietante – promozione di Instagram da parte del Festival di Sanremo 2023, direttamente dal palco dell'Ariston.

Ha iniziato Chiara Ferragni, durante la prima serata, aprendo davanti a milioni di spettatori il profilo di Amadeus sulla piattaforma social di proprietà della Meta di Mark Zuckerberg ed enfatizzando subito a spron battuto il numero esorbitante di "followers" che si aggiungevano immediatamente al neonato account del conduttore. Generando così – come sottolineato da Dagospia, per l'appunto – un preziosissimo volume di traffico a favore di Instagram (e dei suoi proprietari).

La promozione capillare è continuata poi in tutte le trasmissioni "satellite" del Festival di Sanremo, e ovviamente è proseguita all'Ariston con continui e reiterati riferimenti – spesso imbarazzanti – alla quantità di seguaci di Amadeus che seguitavano ad aggiungersi via via, fino a oltrepassare di molto il milione.

 A parte quindi il suddetto traffico generato dalla pubblicità fatta a Instagram da Rai1 di fronte a una decina di milioni di spettatori ogni sera, ora il conduttore vanta un suo seguitissimo profilo su Instagram. E a questo punto occorre fornire qualche dato sui guadagni che può realizzare il titolare di un account sulla suddetta piattaforma social.

I titolari possono essere "nano influencer" con un numero di seguaci che vanno tra i 50 e i 550mila,  "macro influencer" quando superano i 500mila follower, e infine "celebrity" dal milione di affezionati in su. E quanto guadagnano? Un nano influencer può arrivare a una trentina di euro a post, uno medio-piccolo a 100-200 euro ma può raggiungere anche i 500. E poi ci sono le "celebrity" che possono ottenere guadagni anche molto importanti per singolo contenuto. Per esempio Chiara Ferragni e Fedez guadagnano rispettivamente 50mila euro lei e 30mila euro lui per ogni post. 

I numeri dei seguaci di Amadeus, per il momento, non sono al livello di quelli dei Ferragnez, ma senz'altro grazie alla promozione di Sanremo (e della Rai, pagata da noi) ora egli può iniziare a guadagnare cifre considerevoli.

 E ovviamente anche gli altri conduttori di Sanremo, in primis Ferragni e Gianni Morandi, grazie al massiccio battage effettuato dall'Ariston, hanno aumentato il numero già nutritissimo dei loro follower.

Generando complessivamente un volume di traffico incommensurabile per Meta (traducibile in lauti ricavi per Mark Zuckerberg) e incrementando il valore commerciale dei loro post futuri. Quanto ricaveranno ulteriormente su Instagram, grazie al Festival di Sanremo e alla Rai, Amadeus, Morandi e la Ferragni? Tutto normale? Tutto regolare?

E c'è un altro aspetto da considerare, meno commerciale, ma più sociale. Ovvero l'insistita esaltazione del "numero di follower su Instagram" da parte della Tv pubblica nel suo programma più visto e seguito anche da moltissimi giovani e giovanissimi. L'ostentata rincorsa a sottolineare l'importanza di vantare sempre più seguaci sui social, come se fosse un aspetto imprescindibile della vita, come se fosse per l'appunto il "numero dei follower su Instagram" a definire la dignità di una persona, e perfino la sua identità. 

I siparietti imbarazzanti con Morandi e la conduttrice di turno a prendere in giro Amadeus per la sua scarsa dimestichezza con le piattaforme social, e la "gara" a chi fosse più seguito sui social, come se – ribadiamo – fosse l'obiettivo definitivo al quale ambire. Un messaggio subliminale fortemente negativo, soprattutto per le generazioni più giovani, vulnerabili e nella fase delicata della crescita, quando si ricerca spasmodicamente l'approvazione della società e dei propri pari e molto spesso ci si sente inadeguati e fuori posto. Ci siamo passati tutti.

Amadeus ha superato il milione di follower in pochissimi giorni poiché è un conduttore celebre ma soprattutto perché ha goduto di un'imponente promozione pubblicitaria del suo account davanti a milioni e milioni di spettatori. Siamo sicuri che il ragazzino o la ragazzina con i suoi cento, mille, diecimila ma anche centomila follower non si senta inadeguato rispetto a quelle cifre esorbitanti strombazzate a ogni piè sospinto, per una settimana tutte le sere nella fascia di maggior ascolto?

 E, in ultima analisi, davvero la Rai – pagata dal canone e quindi tenuta ad assolvere un contratto di servizio e a seguire un codice etico, svolgendo se vogliamo anche un ruolo "pedagogico" – si è ridotta così? Dai tempi dell'encomiabile maestro Manzi che insegnava l'italiano ai cittadini analfabeti o di scarsa scolarizzazione, siamo finiti alla Ferragni che pontifica sul numero di follower su Instagram osannando alla Tv pubblica l'importanza di "avere successo" su una piattaforma social privata?

Piattaforma che peraltro, nel frattempo, grazie ai sermoni della signora di fronte a mezza Italia, si è arricchita ulteriormente?

 Quando si placheranno le polemiche sul "bacio gay", qualcuno prenderà in seria considerazione ciò che è avvenuto nei giorni scorsi – questo sì, davvero inquietante – sul palco dell'Ariston di Sanremo?

Oltre 5.000 euro a post: ecco quanto può guadagnare Amadeus da Instagram. Massimo Balsamo il 19 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Complice la presenza di Chiara Ferragni, il social media ha avuto grande spazio al festival di Sanremo. E l'account aperto dal conduttore già sfiora i due milioni di follower

La visibilità gratuita a Instagram durante il festival di Sanremo non è passata inosservata. Il Codacons e l'Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi hanno presentato oggi ad Antitrust e AgCom al fine di verificare se vi sia stata pubblicità occulta o indiretta del celebre social media. La presenza di Chiara Ferragni in qualità di co-conduttrice ha sicuramente accentuato lo spazio dedicato al mondo delle piattaforme, ma a trarne vantaggio sono stati anche Amadeus e Gianni Morandi. Se il cantante può vantare circa 500 mila follower in più, il conduttore della kermesse canora ha fatto jackpot.

Amadeus e il boom su Instagram

"Io non sapevo neanche postare una foto. È stato un tentativo di Chiara e di Gianni di sboomerizzarmi, di portarmi in quel mondo lì", l'ironia di Amadeus nella conferenza stampa di sabato scorso. Sì, perché il deus ex machina di Sanremo ha aperto il suo profilo personale durante il Festival, anzi, proprio dal palco dell'Ariston, e ha raccolto migliaia e migliaia di seguaci nel giro di poche ore. Ad oggi, può contare 1,8 milioni di follower: numeri impressionanti. Foto, video, siparietti e gag: Amadeus ha tra le mani una macchina in grado di macinare molti, molti soldi.

Il meccanismo è ormai noto a tutti: più seguaci si hanno, più importanti sono gli introiti per i post pubblicizati, gli adv. Un ritorno economico a dir poco considerevole: secondo quanto stimato dall’Instagram Money Calculator di InfluencerMarketingHub.com, Amadeus potrebbe guadagnare tra tra 3.684 e 6.140 dollari a post. Cifre esorbitanti: come evidenziato dal Corriere della Sera, con la media di 4.583,5 euro a post e un ritmo di 21 post ogni dieci giorni, il conduttore di casa Rai potrebbe mettersi in tasca più di 3,5 milioni di euro nel giro di un anno.

Sono molte le variabili di cui tenere conto, a partire dal tipo di contratto stipulato con i vari brand. Il guadagno che deriva dai profili Instagram dipende da una serie di fattori: dal numero di seguaci al numero di interazioni, passando per i commenti e così via. La Ferragni ne sa qualcosa - ogni suo post vale circa 50 mila euro - ma lei lo fa di professione. Resta da capire se anche "Ama" deciderà di tuffarsi nel mondo delle piattaforme in pianta stabile e, soprattutto, se proverà a monetizzare il boom legato al Festival.

Estratto dell'articolo di Giovanna Vitale per “la Repubblica” il 2 marzo 2023.

Potrebbe costare caro alla Rai il mancato controllo sul Festival di Sanremo. Nel mirino dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non c’è solo l’ affaire Instagram, ovvero la grande vetrina offerta (gratis?) al social di Meta.

 Sarebbero una decina i casi sospetti di pubblicità occulta sui prodotti più vari: auto, gioielli, vestiti, crociere. Reclamizzati, stando all’indagine in corso, in violazione del Testo unico dei servizi radiotelevisivi. Che prevede sanzioni pesanti: da 10 mila a 258 mila euro per ogni singolo caso.

Al prossimo consiglio dell’Agcom in programma l’8 marzo si attende la relazione del direttore Servizi media, Giorgio Greppi: è lui ad avere in mano la pre-istruttoria avviata all’indomani della rassegna canora. […] anche se gli uffici decidessero di archiviare, il consiglio potrebbe infatti chiedere di procedere lo stesso.

E poiché il mandato del governo sulla Tv di Stato è chiaro, ciò si tradurrebbe nella classica goccia in grado di travolgere sia il direttore dell’Intrattenimento, Stefano Coletta, accusato dalla destra di omessa vigilanza sullo show, sia l’amministratore delegato Carlo Fuortes, da tempo sulla linea del fuoco della maggioranza che avrebbe voluto destituirlo già da un po’.

 […]

Da open.online 16 Marzo 2023

L’Autorità Garante delle Telecomunicazioni è pronta a multare la Rai per Sanremo 2023. Lo fa sapere oggi Il Messaggero, che anticipa la decisione dei commissari sull’accusa di pubblicità occulta. Oggi si riunirà coordinata da Giacomo Lasorella per ascoltare il risultato delle istruttorie avviate dagli uffici interni. Poi arriverà la multa, che si preannuncia salata.

 Secondo il Testo Unico dei Servizi Audiovisivi la forbice è tra una sanzione di 10 mila e una di 253 mila euro. Ma secondo il quotidiano chi ha seguito il dossier già pronostica che «sarà più massima che minima». La contestazione più importante riguarda la pubblicità occulta per Instagram con le dirette di Chiara Ferragni e Amadeus. Il profilo aperto in diretta e arrivato quasi a 2 milioni di followers è il caso sotto la lente.

Le multe

Per l’Agcom si tratta di un indebito spazio pubblicitario di fronte a 12 milioni di telespettatori. Siccome non c’è alcuna traccia di contratti di sponsorizzazioni si rischia anche la contestazione di danno erariale nei confronti della Rai. C’è poi il caso delle riprese di una nave di Costa Crociere. Andate in onda senza la scritta “contratto promozionale”. La Rai avrà trenta giorni di tempo per le controdeduzioni...

 (...)

Due vite, tante storie Mengoni ha vinto Sanremo, ma il festival l’ha stravinto a sorpresa, e a gratis, Instagram. Guia Soncini su L’Inkiesta il 12 Febbraio 2023.

Incomprensibilmente, la Rai ha fatto una telepromozione gratuita per la piattaforma di Mark Zuckerberg (e tra due settimane non monetizzerà nemmeno più su RaiPlay). Sono i misteri misteriosi di questa edizione, con Fedez che ha rubato ancora una volta la scena a Ferragni e con gli ucraini fuori dalle rilevazioni Auditel

Sì, poi parliamo di tutto il resto: il vincitore (per quei quattro che considerano Sanremo una gara di canzoni); tutti che allungano il loro tempo di permanenza sul palco con «saluto i miei genitori a casa» e «la pace nel mondo» assortiti, e poi quando arriva Gino Paoli e racconta una cosa stupenda i Bibì e Bibò alla conduzione vogliono andare avanti; il tizio con l’anello al naso che limona il marito della Ferragni; Fiorello in vestaglia; l’Ucraina fuori dalle rilevazioni Auditel. 

Poi parliamo di tutto il resto, ma prima tocca soffermarsi sulla più invadente telepromozione del Sanremo 2023, che incredibilmente non è quella del divano portato in platea. Prima tocca parlare del lodo ChumHum. 

Tutte le televisioni hanno una rigida regolamentazione delle inserzioni di prodotti, persino quando non sono televisioni fatte coi soldi pubblici. È per quello che gli autori di “The Good Wife” s’inventarono ChumHum: perché la Cbs non permetteva loro di dire «Google», senza che ci fosse un accordo commerciale con Google, e scrivi tu una serie nel ventunesimo secolo senza metterci dentro un motore di ricerca. 

Poi, siccome gli sceneggiatori erano molto bravi, ChumHum è diventato un pezzo di trama, il suo proprietario cliente dello studio legale, eccetera. In Italia, quando la Rai dice allo sceneggiatore d’un teleromanzo che non si può nominare Facebook, quello perlopiù se la cava facendo dire al personaggio «L’ho contattato sui social». 

Che Instagram sia un prodotto è evidente anche ai meno esperti del settore: la Ferragni ha condotto le due serate più importanti di questo Sanremo perché ha successo su quel prodotto lì. In un certo senso, è stato come farsi imprestare una conduttrice da Mediaset (parlandone da viva). 

E Instagram non ha un accordo commerciale con la Rai, l’hanno confermato sabato mattina in conferenza stampa, a specifica domanda. Quindi, perché dalla prima sera – in cui Chiara Ferragni ha fatto aprire ad Amadeus un account – Instagram sul palco di Sanremo viene nominato assai più spesso degli sponsor paganti, anche le sere in cui la Ferragni non c’era? 

Addirittura, venerdì sera la Rai ha mandato in diretta un pezzo di serata sul canale Instagram di RaiPlay. Cioè: hanno regalato delle visualizzazioni a Zuckerberg, privandone la loro stessa piattaforma. 

Aggiungiamo un altro elemento a questo già delirante quadro. Nella conferenza stampa di venerdì, un giornalista ha chiesto quando sarebbe finita l’usanza assurda di lasciare Sanremo disponibile su RaiPlay per due settimane e poi cancellare tutto. Cioè, traduco: può un’azienda dei media non avere sulla propria piattaforma digitale il proprio prodotto più importante? 

La direttrice di RaiPlay ha detto che «Rai lavora ogni anno» per allungare questi termini, ma ci vuole il consenso delle case discografiche. Il che fa già molto ridere, essendo nel 2023 il potere contrattuale delle case discografiche pari a quello dei maniscalchi e di MySpace. E fa doppiamente ridere perché qualunque pezzo di qualunque Sanremo sta su canali YouTube privati, dai quali in genere i filmati coperti da diritti vengono fatti rimuovere velocissimamente: tutti, tranne quelli di Sanremo. 

Riepilogando: la Rai non riesce ad avere su RaiPlay Alice che canta “Per Elisa”, Alice che però sta sul canale di Vongola75 su Youtube, che quindi monetizza l’Alice non monetizzata dalla Rai; già che c’è, la Rai rinuncia a monetizzare anche Carla Bruni che fa “Azzurro”, lasciando che la gente la guardi in diretta su Instagram. Tutto bellissimo, ma torniamo a «Instagram», parola più pronunciata su quel palco. 

Mi pare evidente che la Rai non può aver mentito sull’inesistenza d’un accordo commerciale: i bilanci Rai sono pubblici, nessuno sano di mente mentirebbe su una cosa del genere. È altresì inverosimile persino ai più innocenti occhi della più ingenua Pollyanna che una multinazionale venga pubblicizzata sul palco del più importante programma italiano senza investire nulla. 

Mi pare assurdo anche ipotizzare che sia un accordo di Chiara Ferragni, che sul monetizzare è maestra, e che il resto di coloro che fanno Sanremo le siano andati indietro a causa della diffusa illusione di noialtri vegliardi che parlare di social network ci faccia sembrare moderni. Lei fattura, e noi prendiamo i cuori. Non può essere, su. Quindi qual è la spiegazione? 

Venendo ai più gravi scandali: sia Morandi sia Paoli hanno commesso la grave infrazione etica di ridurre “Piazza grande” e “Una lunga storia d’amore” a medley; Chiara Ferragni ha omaggiato d’uno scialle Dior la moglie di Morandi, e niente alla moglie di Amadeus (che già s’era presa della Yoko Ono dalla Fagnani tre sere prima); Madame non s’era messa le scarpe; la Oxa non s’era pettinata; il marito della Ferragni le ha come tutta la settimana arrubbato la scena. 

Gli altri giorni il signor Ferragni aveva strappato foto, chiesto alla Meloni di legalizzare l’erba, bisticciato con la Oxa; alla finale, porello, non è stata colpa sua: un concorrente gli si è andato a strusciare addosso mentre cantava, l’ha prelevato dalla platea e portato sul palco, e poi limonato. Per bilanciare in favore della famiglia tradizionale, è toccato annunciare dal palco l’imminente matrimonio dei Coma Cose. Per bilanciare l’oscuramento della moglie in quella che doveva essere la di lei settimana, il marito della Ferragni non si è alzato quando la Vanoni ha detto che doveva parlargli, lasciandoci con la curiosità di cosa dovesse mai dirgli. 

Curiosità che ci leveranno sicuro (in un documentario, in una storia su Instagram, da qualche parte: non è che ’sta gente abbia una vita privata, solo pubblicazioni diversificate). Sappiamo aspettare. Per esempio, che share faccia l’Ucraina lo sapremo lunedì: la giornata Auditel finisce alle due di notte, e la lettera di Zelensky e gli Antytila sono andati in onda alle due e un quarto. 

Sappiamo invece già tutto ciò di cui non ci importa niente: Sanremo l’ha vinto Marco Mengoni. La canzone già non me la ricordo più, i vestiti purtroppo sì, il coro gospel della sua serata delle cover era lo stesso del matrimonio di Meghan e Harry.

Sanremo 2023, polemiche fino all’ultimo giorno. Rachele De Cata su Panorama su 12 Febbraio 2023

A poche ore dalla finale del festival di Sanremo, c’è ancora tempo per qualche frecciatina

A poche ore dalla finale del festival di Sanremo, c’è ancora tempo per qualche frecciatina. Tra concorrenti, dirigenti e addetti ai lavori. Ecco che si dice all'Ariston Fedez contro Anna Oxa e Anna Oxa contro tutti In una diretta Instagram dopo la serata delle cover, Fedez se la prende con Anna Oxa: “È arrivata alle prove e ha saltato la fila. Noi eravamo lì ad aspettare da due ore” , ha detto il rapper, “e c’erano anche altri artisti. Ma lei ha saltato la fila, è stata maleducata”. Da parte sua, la Oxa dopo la smentita del bicchieregate (era circolata voce che a causa di un diverbio avesse gettato dell’acqua addosso a Madame), conferma scarsa fiducia nei giornalisti presenti al festival. L’artista non parla direttamente con la stampa ma sui profili della società che la rappresenta sono apparsi dei post che parlano di analfabetismo funzionale. In soldoni: chi non ha capito il testo di Sali (compresi i giornalisti che hanno scritto le pagelle) rientrerebbe - forse - nella categoria (si ironizza su bufale e mozzarelle). Morale della favola: diamoci una calmata. Chi vuole la testa di Coletta Tornando a Fedez, il testo del suo freestyle a bordo della Costa Smeralda tiene ancora banco e c’è chi vuole la testa dei dirigenti Rai che hanno approvato l’esibizione (per non contare la richiesta di legalizzazione della cannabis fatta nella serata delle cover). Il direttore Stefano Coletta ribadisce di non aver ricevuto il testo da Fedez e alla fine, insediato dalle domande dei giornalisti, insorge in conferenza stampa: “Dimissioni io? Non è civile che debba rispondere di omesso controllo degli artisti. La diretta non è controllabile”. Coletta rifiuta la strumentalizzazione politica. “Il festival di Sanremo è solo un programma televisivo”. Amen. È la moda, bellezza! Ha suscitato interesse l’uscita di Leo Gassmann in canotta bianca (nella serata di mercoledì). Un omaggio a nonno Vittorio? No, un errore di styling. Pare che la giacca in programma (Givenchy) avesse troppi loghi in vista, da qui la scelta di toglierla all’ultimo secondo. Ma la stylist di Gassmann non ci sta: "Mi dissocio completamente dal look di Leo di questa sera” ha scritto sui social. “Non avrei mai mandato un artista in canotta sul palco e lo sapete. C’era una bellissima giacca originariamente e tanti altri look”. Precisazioni di cui sentivamo il bisogno.

GLI OSPITI E CO-CONDUTTORI.

Estratto dell’articolo da repubblica.it l’11 dicembre 2023.

[…] Fedez ha voluto complimentarsi pubblicamente con la moglie, Chiara Ferragni[…]nel corso di una diretta Instagram. 

 Lei dapprima lo ha ringraziato, poi, però, ha voluto interrompere il collegamento in diretta quando si è resa conto che il marito era "un po' brillo", come lui stesso ha ammesso, e stava per raccontare qualcosa di personale sulla coppia. "Oggi ci siamo rivisti dopo qualche giorno...", aveva iniziato a dire lui ma lei lo blocca: "Non raccontare questa roba".

Il bacio in bocca, poi la lite: il video svela cosa è successo tra i Ferragnez. Chiara Ferragni sembra non avere preso bene il bacio a sorpresa tra Fedez e Rosa Chemical. Sui social il video della discussione nel backstage tra i Ferragnez è diventato virale. Novella Toloni il 12 Febbraio 2023 su Il Giornale.

L'ultimo episodio delle serie "The Ferragnez" è andato in onda nella serata finale del festival di Sanremo. (Metaforicamente). Il bacio che Rosa Chemical ha rubato a Fedez in diretta durante la sua esibizione ha messo nei guai il rapper e la telenovela si è consumata sul palco dell'Ariston. Chiara Ferragni non ha affatto gradito il fuori programma intimo e tra moglie e marito è esplosa la lite davanti al pubblico in teatro.

Quello che i telespettatori hanno visto in televisione è solo una parte di quanto successo tra i Ferragnez sul palco. Durante la sua performance, Rosa Chemical è sceso tra il pubblico e prima si è strusciato sensualmente addosso a Fedez poi lo ha trascinato sul palcoscenico, baciandolo con trasporto (e tanto di lingua). Il rapper è rimasto stupito dall'accaduto, ma più che altro preoccupato dalla possibile reazione della moglie, che dietro le quinte ha assistito al fuori programma. E in effetti, quando l'influencer è tornata davanti alle telecamere ha scherzato sull'accaduto: "Ora avrò anche io il Bonus limone!". Tutto risolto, hanno pensato i telespettatori e invece no.

Subito dopo la replica della Ferragni, sul web è iniziato a circolare un video, che mostra cosa è successo negli attimi successivi alla risposta ironica dell'influncer. Nelle immagini, pochi secondi rubati dall'obiettivo di uno fotografo nella pausa pubblicitaria, si vede Fedez raggiungere la moglie sul palco prima della diretta per spiegargli l'accaduto. Ma l'espressione di Chiara Ferragni è tutto un programma. Occhi sgranati, pura sorpresa e qualche gesto stizzito a dire "lasciamo perdere". Nel video si vede la Ferragni tornare nel backstage a passo spedito con Fedez, che la segue con fare mesto di chi sa di averla combinata grossa.

Le lacrime e il dito al cielo: Morandi si commuove per l'omaggio a Dalla

Scene di una lite familiare che hanno scatenato i tweet ironici del popolo dei social e i meme sulla stola-manifesto - sfoggiata dalla Ferragni nella prima serata del Festival - si sono moltiplicati: "Pensati libero", "Pensati single", "Pensati fuori di casa", "Pensati divorziato". E alla fine tanti sono stati assaliti da un dubbio: la Ferragni sarà stata più arrabbiata per il bacio o perché Fedez le ha rubato la scena nella finalissima? Chissà. Tant'è che alla fine il rapper si è pure assentato dall'Ariston. I motivi non sono chiari, ma la tattica di sparire per un po' per fare calmare le acque di solito funziona, soprattutto in casa Ferragnez.

Mi è preso l’amore”. Rosa Chemical e il bacio choc a Fedez. Esibizione con "limone" tra Rosa Chemical e Fedez al festival di Sanremo: l'artista in gara ha anche simulato un atto sessuale col rapper. Francesca Galici l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Esibizione con fuori programma per Rosa Chemical durante la finale del festival di Sanremo. L'artista, tra i più contestati alla vigilia per il messaggio trasmesso dalla sua canzone e per l'ostentazione di una fluidità di genere che, a detta di alcuni, favorisce la propaganda a senso unico, ha deciso di alimentare le polemiche sul suo personaggio. Al di là dell'outfit con gonna di pelle portato sul palco del teatro Ariston, Rosa Chemical verso la fine ha deciso di infrangere ogni regola ed è sceso in platea per "strusciarsi" contro Fedez.

Etero, gay, trans...”. Il trapper Rosa Chemical tra Sanremo e Onlyfans

Dopo il furto delle borsette agli sconosciuti, quindi, a Sanremo sembra essere arrivata la moda dei "limoni" al pubblico. Il marito di Chiara Ferragni per la prima volta si trova in platea ad assisterà allo spettacolo, a differenza della prima puntata in cui era rimasto nella sua villa sulle colline. Insieme a lui, anche una schiera di parenti della coppia, accorsi al teatro Ariston per sostenere Chiara Ferragni nella sua seconda uscita sanremese.

In un primo momento, quindi, Rosa Chemical, mentre intona la sua "Made in Italy", nell'ultima strofa si avvicina al rapper si siede su di lui per mimare le movenze di un atto sessuale. Ovviamente, Fedez è stato al gioco e ha continuato nella simulazione. Certo, non avrebbe potuto sottrarsi al gioco erotico di Rosa Chemical, ma probabilmente non gli è comunque dispiaciuto diventare protagonista, seppure per qualche secondo, della finale del festival di Sanremo. Finita questa performance esplicita in platea, Rosa Chemical ha poi trascinato Fedez sul palco. Qui, il rapper ha atteso la conclusione della canzone dell'artista in gara.

Caso Fedez a Sanremo, quello che non torna sulla versione della Rai

A quel punto ecco il secondo momento hot dell'esibizione di Rosa Chemical, che senza preavviso bacia Fedez, con tanto di lingua. Un vero e proprio limone in diretta televisiva su Rai Uno, che non fa altro che confermare quanto lamentato nei giorni precedenti, ossia l'utilizzo del palco del teatro Ariston in modo strumentale per la propaganda di genere. "Mi è preso l'amore, mi è scattato all'improvviso", ha detto Rosa Chemical dopo essersi staccato da Fedez, che è poi tornato a sedersi o in platea. Ovviamente, non prima che il padre della Ferragni finisse di riprendere quella scena.

Estratto da leggo.it il 12 febbraio 2023.

(...)

Alcuni giorni prima la finale, durante una puntata di Muschio Selvaggio (podcast in diretta su Rai2 in occasione della settimana sanremese), Rosa Chemical avrebbe detto che quanto accaduto sul palco di Sanremo tra lui e Fedez (il gesto erotico mimato con il rapper e poi il bacio appassionato sulla bocca) era tutta una farsa: tra i due, infatti, pare ci sia stato un accordo durante la puntata di Muschio Selvaggio. Prima di salutarsi, Fedez ha comunicato al cantante che durante l'ultima serata sarebbe stato in prima fila: «Vieni a salutarmi mentre canti. Ci possiamo dare un bacino? Con la lingua, con la lingua».

 Rosa Chemical a quel punto della podcast ha fermato Fedez: «Si, ma non raccontare tutto adesso».  Così si era concluso lo scambio di battute, lasciando quindi perplessi i fan che hanno poi ottenuto la risposta durante l'esibizione della finale di Made in Italy.

I due ne avevano scherzato durante una puntata di “Muschio Selvaggio”. Rosa Chemical e il bacio a Sanremo con Fedez: “Non era preparato”, la verità in un video. Rossella Grasso su Il Riformista il 12 Febbraio 2023

Sto ancora pensando a quel bacio, se basta così poco per far parlare solo di quello, direi che ho fatto benissimo a farlo”. Così Rosa Chemical ai microfoni di Rtl 102.5 ha commentato il bacio con Fedez in diretta sul palco di Sanremo mentre si esibiva nel suo brano “Made in Italy” classificatosi ottavo. Poco prima aveva pescato Fedez seduto in prima fila nella platea dell’Ariston e simulato un atto sessuale. Una performance che ha scatenato le critiche del web e non solo.

Ecco cosa è successo: Rosa Chemical ha iniziato la sua performance sul palco. Mentre cantava si è avvicinato a Fedez seduto in prima fila tra i suoceri nella platea del teatro. Lo ha raggiunto e ha mimato un atto sessuale su di lui e poi la trascinato sul palco, chiudendo la canzone dandogli un approfondito bacio sulla bocca. Se il rapper è apparso stupito, oltre che divertito, subito dopo sul palco è salita la co-conduttrice Chiara Ferragni , moglie di Fedez, che sorridendo ha detto di essere “senza parole”. Guardando al sua espressione non era chiaro se Fedez fosse o meno al corrente di quanto sarebbe accaduto, certo è che non si è negato al gioco.

Eh lo so, mi è preso l’amore. Questo è il Festival dell’amore”, si è giustificato Rosa Chemical, vestito con una gonna nera in pelle e con una camicia bianca corredata di due buchi per lasciare in vista i capezzoli contornati di strass. Esilarante il commento di Fiorello: “Vi siete guadagnati la prima pagina sull’Avvenire. Sarebbe stato stupendo se Rosa Chemical avesse fatto quella cosa là con gli artigiani della qualità. Fedez, che ti ridi, si è vista pure la lingua”, ha detto.

Un video “rubato” dal dietro le quinte, diventato virale in poche ore, si vede Chiara Ferragni bacchettare il marito per l’accaduto e lui rispondere di non avere colpa. Ma in fin dei conti sembrano tutti divertiti. Lei lo sgrida con un “Ma cosa hai combinato?” e lui fa spallucce come a dire “Io non c’entro niente”.

Non ci siamo messi d’accordo, nulla di preparato in quel bacio – ha proseguito Rosa Chemical, rispondendo a chi si chiedeva che la scena fosse stata concordata con Fedez -. Era una perfomance, siamo artisti e facciamo anche quello. Io al Festival volevo mandare un messaggio di amore, di libertà e di uguaglianza. Se sono arrivato ottavo dopo tutte quelle polemiche, significa che mi hanno capito e che il messaggio è arrivato”. Ma un video smentirebbe la versione dell’artista: Fedez e Rosa Chemical ne avevano scherzato durante una puntata di “Muschio selvaggio”.

Il video podcast di Fedez e Luis Sal che nella settimana del Festival si è trasferito a Sanremo ed è andato in onda su Rai 2, l’ospite era proprio Rosa Chemical. Parlando della finale, Fedez gli dice: “Io sarò in prima fila patato eh, vieni a salutarmi mentre canti”. E Rosa Chemical gli risponde: “Ottimo, buono a sapersi, assolutamente, sarà fatto”. “Facciamo un bello show allora”, commenta Luis Sal. “Ci possiamo dare un bacino, con la lingua”, propone Fedez. “Tira fuori i piedi”, aggiunge Luis Sal. E Rosa Chemical esclama: “Eh se dici tutto qua…”. Dunque forse Fedez non era proprio all’oscuro di tutto.

Resta che nella settimana in cui tutta l’attenzione doveva essere per Chiara Ferragni, Fedez si è preso la scena a più riprese. “Non mi sono confrontato con lei, spero che non sia arrabbiata”, ha commentato Rosa Chemical. E poi c’è un’altra verità dell’artista: “Hanno parlato di me in politica, la canzone è piaciuta tanto, c’è stata tanta libertà, quindi ho vinto io il Festival”.

Rossella Grasso. Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.

Estratto dell'articolo di Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera” il 13 febbraio 2023.

Sul palco di Sanremo, in diretta tv, davanti a 12 milioni e 256 mila italiani, hai pomiciato con uno carico di piercing e rossetto che si fa chiamare Rosa Chemical.

 Questo Rosa Chemical, pseudonimo di Manuel Franco Rocati, è un rapper — diciamo così — fluido. Chicchissimo, ha fornito dettagli: «Io ho messo la lingua... e lui c’è stato».

Non si capisce ancora bene se lo stupore di tua moglie, Chiara Ferragni, sabato notte, sotto lo sguardo soddisfatto di Amadeus — «Che hai combinato?» — fosse sincero. Sappiamo che siete spregiudicati, formidabili nella cura dei dettagli, capaci di apparecchiare qualsiasi scena. E comunque al Festival è difficile che accada qualcosa di non previsto.

 Il punto è un altro.

 È che questa 73esima edizione doveva essere la sua. E, invece, adesso è ufficiale: te la sei presa tu.

Fedez, mi sa che hai un problema. Dentro casa.

 (...) 

Invece hai pensato a tutto tu, Fedez.

Hai fatto tutto da solo.

Ragazzaccio.

Avevano scritto che, in fondo, per Chiara sei un po’ il terzo figlio. Ingenuo, spontaneo, un Gongolo di Buccinasco.

 Che perfidi. Non hanno capito chi sei davvero. Di che astuzia feroce sei dotato.

Per cominciare: hai intortato alla grande i dirigenti Rai facendoti invitare nonostante il bordello che gli avevi scatenato al concerto del Primo Maggio 2021, quando denunciasti un loro tentativo di censurare il tuo intervento, in cui accusavi il centrodestra, e la Lega in particolare, di essere ostile al tema dei diritti civili. Quando mercoledì sera sei comparso in collegamento dalla nave Costa Smeralda, ormeggiata davanti a Sanremo, pensare che l’avresti fatta grossa è stato automatico. E infatti: durante la tua esibizione in freestyle, oltre a martellare con frasi toste, hai pure strappato l’ormai celebre foto del vice-ministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami, il tipo di Fratelli d’Italia che va alle feste di addio al celibato vestito da ufficiale delle SS. Li hai fatti saltare sulla poltrona. Hai costretto Stefano Coletta, il responsabile del Prime Time, a dissociarsi con parole di ghiaccio. L’ad Carlo Fuortes aveva sul volto una disperazione caravaggesca. Eri già dentro molti editoriali e sull’orlo di un’interrogazione parlamentare. E ti saresti potuto accontentare. Invece, venerdì, duettando con gli Articolo 31, ti sei rivolto direttamente alla premier. E le hai urlato: «Giorgia, legalizzala!».

La polenta? Ti sei fatto prendere la mano, ti sei messo — di nuovo — a fare politica. Quelli del Pd, dopo aver pensato che Amadeus potesse essere il vero leader dell’opposizione, tutti un po’ ringalluzziti, dettavano dichiarazioni a tuo sostegno: «Fedez dev’essere libero di esprimersi...». E anche di baciare. La pomiciata con Rosa Chemical l’avevi preparata, puoi dircelo (tra l’altro, gira un video in cui ne parlate durante una puntata del tuo podcast «Muschio Selvaggio»). Perché la verità è che volevi stravincere: ma non a Sanremo, dentro casa. Con tua moglie. Che è un brand mondiale, un media, un canale, una notizia vivente. Volevi dimostrarle che ci sei pure tu. Che se vuoi, se decidi: beh, insomma, no? Ci sei riuscito. Però, adesso, non fare lo stupido. Fatti perdonare. E dai un bacio anche a lei.

Estratto dell'articolo di Barbara Visentin per il “Corriere della Sera” il 13 febbraio 2023.

Forse non era un bacio concordato, ma era di certo un bacio di cui avevano già parlato. Sulla scia del clamore destato per aver trascinato Fedez sul palco di Sanremo, baciandolo appassionatamente, Rosa Chemical […]prima, ospite di Rtl 102.5, ha risposto […]«Non ci siamo messi d’accordo e non c’era nulla di preparato».

 Poi, però, è spuntata una clip di «Muschio Selvaggio» (il video-podcast di Fedez e Luis Sal che nei giorni del Festival è andato in onda su Rai 2) in cui il cantante era ospite e in cui già si scherzava su come scuotere la platea: «Io sarò in prima fila patato, vieni a salutarmi mentre canti», gli dice Fedez. E Rosa Chemical risponde: «Ottimo, buono a sapersi, assolutamente, sarà fatto». […]«Ci possiamo dare un bacino, con la lingua», propone Fedez. […].

[…]Così poi ieri, durante «Domenica In», Mara Venier ha chiesto ulteriori spiegazioni: «[…] Io e Federico siamo amici, abbiamo parlato a “Muschio Selvaggio” nel pomeriggio e per gioco ci siamo detti “ma perché non ci divertiamo un po’?” […]. Era per gioco, ma poi alla fine è successo veramente perché l’ho visto lì in prima fila e io sono un performer».

 La performance, fa notare sempre lui, è in effetti riuscita, visto quanto se ne è discusso: «Se basta così poco per far parlare solo di quello, direi che ho fatto benissimo a farlo». […]

Ottavio Cappellani per mowmag.com il 12 febbraio 2023.

Bonus limone” ‘sta minchia. E’ così che ha risposto Chiara Ferragni dopo il bacio tra suo marito – ripetiamo, suo marito – e Rosa Chemical, al commento di Fiorello (che sa nascondere dietro la leggiadria bombe atomiche: “Ma che te ridi, s’è vista la lingua”.

 Sì, dopo il bacio Chiara è salita sul palco, neanche così furiosa, ha allargato le braccia, e i due se ne sono andati nel retropalco, dal quale non è volato neanche una padella, neanche un materasso, neanche un vaso cinese: mi sembra un po’ poco per parlare di scenata, perché se è vero che le scenate, buona creanza vorrebbe, non si fanno in pubblico è anche vero che le corna, Fedez, a sua moglie, nonché madre dei suoi figli, gliele ha stampate in diretta televisiva e non una diretta qualsiasi: la diretta di Sanremo.

E in questo caso la Ferragni sarebbe dovuta salire sul palco, infilare a pedate l’anal-plug così caro a Rosa lì dove va posto abitualmente (gli piace, non è violenza) poi prendere per un orecchio Fedez (non è violenza, da dove lo vuoi prendere Fedez?) portarlo a casa e come minimo rompere tutti i piatti di design.

 Ora, adesso è vero che Fedez ha fatto tanto (a parole, certo) per la causa dell’identità di genere, per il ddl Zan e tutto quello che volete, ma il bacio con Rosa Chemical e l’alzata di spalle di Chiara Ferragni portano indietro di anni queste battaglie.

Come se l’omosessualità, come si diceva una volta, fosse nient’altro che un “vizietto” (vederlo, a proposito, “Il vizietto”, con Ugo Tognazzi e Michel Serault, titolo originale “Le cauge of follex”, tradotto appunto ne “Il vizietto”, perché era così che all’epoca si chiamava l’omosessualità). Un’alzata di spalle, “sono senza parole” (con un sorriso), “bonus limone” sono reazioni che si manifestano, appunto, di fronte a un “vizietto”, tipo “vabbè stava mbriaco” oppure “e gnente s’era fatto un pippotto, non lo fa quasi mai”.

Perché di temi da sollevare a partire dal gesto (sia chiaro, parliamo del gesto, della sessualità di Fedez non me ne può fregare di meno, come della sessualità di nessuno, se non per difenderla ove fosse sotto attacco) ce ne sono parecchi: essere sposati con un gay o essere sposati con un bisessuale, che rappresentano problemi (e a volte tragedie) reali, il poliamore, la “coppia aperta” e via discorrendo.

Dice: non sono problemi da Sanremo. Bé, se a Rosa Chemical gli scatta la “botta d’amore” e si limona tuo marito, che ci sta, in diretta Sanremo, direi che sì, sono problemi da Sanremo. Liquidare il tutto come una “monelleria” mi sembra grave. A meno che non si voglia tornare all’epoca de “Il vizietto” che sì, era un film divertente e delicato, ma il 1978 non era proprio un’epoca che brillava per la libertà dell’identità sessuale.

Perbenisti del c…”. Così i social asfaltano Monica Cirinnà sul bacio a Fedez. L'ex senatrice esalta il bacio a Fedez come "inno alla bellezza" ma il web non è d'accordo, anche perché Fedez non sarebbe stato consenziente. Francesca Galici il 12 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Rosa Chemical ha baciato Fedez sul palco del teatro Ariston e per la sinistra è come se fosse successo chissà quale evento trascendentale. Ma come, loro non solo quelli della "normalizzazione"? Esaltare nel 2023 qualcosa come questo, quando ormai dovrebbe essere considerato normale, o utilizzarlo come arma politica e pietra dello scandalo, la dice lunga sull'ipocrisia di una certa corrente di pensiero, soprattutto di quelli come Monica Cirinnà che si è precipitata a commentare su Twitter quanto accaduto.

Mi è preso l’amore”. Rosa Chemical e il bacio choc a Fedez

"Il bacio di Rosa Chemical a Fedez sul palco di Sanremo2023 farà scatenare oscurantisti, bigotti e moralisti. Mentre in tanti siamo felici per questo inno alla bellezza e alla richiesta di dignità di ogni diversità", scrive Monica Cirinnà. Ora, però, occorre fare una doverosa contestualizzazione del tutto. Prima del bacio, Rosa Chemical è sceso in platea per simulare un atto sessuale con Fedez. Era stato previsto, quindi c'era il consenso di Fedez? Perché se così non fosse trattasi di molestia.

Perché in nome della parità sessuale, così come viene giustamente considerata molestia una mano sul sedere di una donna, allo stesso modo quanto fatto da Rosa Chemical si inserisce in questo contesto. E non si accettano contestazioni in tal senso, adducendo come giustificazione il fatto che Fedez ci sia stato. Davanti alle telecamere, preso alla sprovvista, non ha avuto altre reazioni. E stupisce che mentre Gianni Morandi si sia preso del "viscido" dalle femministe social per aver toccato la schiena di Paola Egonu mentre ballavano un lento, quando lei stizzita gli ha chiesto di togliere la mano, per Fedez e Rosa Chemical non c'è la stessa polemica.

"Non puoi toccare...". La Egonu sgrida Gianni Morandi

E lo stesso vale per quel bacio che Monica Cirinnà esalta a "inno alla bellezza". Fedez era consenziente? A guidicare dalle immagini non sembrerebbe. E non ci può essere goliardia che tenga, perché imporsi così non è più dignitoso per chi lo subisce. Fedez è un uomo sposato, padre di due figli con una moglie sul palco, e quanto meno, se vogliamo dirla tutta, c'è stata una mancanza di rispetto. Essere felici per tutto questo, appare perlomeno incoerente.

E infatti dai social non mancano le critiche. "Perbenisti del c...", scrive un utente. e ancora: "Posso dire che preferisco essere rappresentato dalla canzone di Ariete, che racconta un amore omossessuale con la normalità che gli compete, piuttosto che da questi gesti di spettacolarizzazione o passo per bigotto?". E poi: "Un bacio a freddo non vuol dire niente. Bellezza?".

Così Fedez ha oscurato la stella di Chiara Ferragni a Sanremo e si è preso la scena. Fabrizio Roncone su Il Corriere della Sera il 13 Febbraio 2023

Lei emozionata e a tratti impacciata, lui tra politica e provocazioni si è fatto prendere la mano gettando i dirigenti Rai nella disperazione e ha lasciato il segno

Sul palco di Sanremo, in diretta tv, davanti a 12 milioni e 256 mila italiani, hai pomiciato con uno carico di piercing e rossetto che si fa chiamare Rosa Chemical.

Questo Rosa Chemical, pseudonimo di Manuel Franco Rocati, è un rapper — diciamo così — fluido. Chicchissimo, ha fornito dettagli: «Io ho messo la lingua… e lui c’è stato».

Non si capisce ancora bene se lo stupore di tua moglie, Chiara Ferragni, sabato notte, sotto lo sguardo soddisfatto di Amadeus - «Che hai combinato?» - fosse sincero. Sappiamo che siete spregiudicati, formidabili nella cura dei dettagli, capaci di apparecchiare qualsiasi scena. E comunque al Festival è difficile che accada qualcosa di non previsto.

Il punto è un altro.

È che questa 73esima edizione doveva essere la sua. E, invece, adesso è ufficiale: te la sei presa tu.

Fedez, mi sa che hai un problema. Dentro casa.

Prima uscita

Chiara, la mamma di Leone e Vittoria - okay, certo: ci farete presto vedere su Instagram come avete subito ricominciato a giocare felici tutti insieme nel salone tra orsi di peluche e libri di fiabe: ma stavolta non ci caschiamo, eh - Chiara è arrivata a Sanremo, per la sua luccicante e attesissima prima uscita televisiva, portandosi addosso ventotto milioni e mezzo di follower, 27 tatuaggi, 35 anni e una storia da imprenditrice semplicemente pazzesca: cominciata facendosi chiamare Diavoletta87 su Flickr - paleozoico del web - e finita per essere studiata alla Business School di Harvard. Con la Mattel che decide di produrre una bambola a sua immagine - «Beh, è un sogno che si avvera: mi sono sempre sentita una Barbie» -, con Forbes che la definisce «l’influencer di moda più autorevole del pianeta» e Amazon Prime che le dedica una docu-serie, con tre aziende di proprietà e un impero economico stimato intorno ai 50 milioni di euro (secondo stime attendibili, per ogni post sponsorizzato guadagna 82 mila dollari).

Bionda, francamente bellissima dentro una famiglia di belle (la madre Marina e le sorelle Valentina e Francesca), notevolmente sexy (verificare in rete le foto di quando posa in intimo), tutti abbiamo aspettato di vederla agire dal vivo, senza alcun paracadute, sul palcoscenico più temuto d’Italia, per accertare se fosse in qualche modo sbagliata la convinzione che non sa fare fondamentalmente niente, ma che quel niente lo fa con grandiosa bravura.

L’abito e il monologo

Ora, restando alle cronache delle sue due serate sanremesi: martedì era comprensibilmente emozionata. La voce, un certo impaccio nei movimenti, seguo Morandi o Ama, qual è la telecamera che mi sta inquadrando? Ma ci sta. Subito, durante le presentazioni dei cantanti, in abito lungo e nero, scialle bianco con la scritta: «Pensati libera». Poi, per il monologo, un lungo aderente color carne con sopra disegnato il suo corpo. Ecco, il monologo: «L’ho scritto io, da sola». Una lettera alla Chiara piccola, cioè a se stessa. Con botte di femminismo che sono piaciute molto a sinistra (su dove sia, su cosa sia poi la sinistra in questo Paese, magari, ne parliamo in un altro articolo). Però le frasi erano tipo: «Essere donna non è un limite. Dillo a tutte le tue amiche e lottate insieme per cambiare le cose, io ci sto provando anche in questo momento».

Poteva lasciare il segno una roba così?

Con un po’ di onestà intellettuale: anche sabato Chiara avrebbe potuto osare di più, e sorprenderci, e spaccare.

Il ragazzaccio

Invece hai pensato a tutto tu, Fedez.

Hai fatto tutto da solo.

Ragazzaccio.

Avevano scritto che, in fondo, per Chiara sei un po’ il terzo figlio. Ingenuo, spontaneo, un Gongolo di Buccinasco. Che perfidi. Non hanno capito chi sei davvero. Di che astuzia feroce sei dotato.

Per cominciare: hai intortato alla grande i dirigenti Rai facendoti invitare nonostante il bordello che gli avevi scatenato al concerto del Primo Maggio 2021, quando denunciasti un loro tentativo di censurare il tuo intervento, in cui accusavi il centrodestra, e la Lega in particolare, di essere ostile al tema dei diritti civili.

Quando mercoledì sera sei comparso in collegamento dalla nave Costa Smeralda, ormeggiata davanti a Sanremo, pensare che l’avresti fatta grossa è stato automatico. E infatti: durante la tua esibizione in freestyle, oltre a martellare con frasi toste, hai pure strappato l’ormai celebre foto del vice-ministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami, il tipo di Fratelli d’Italia che va alle feste di addio al celibato vestito da ufficiale delle SS.

Li hai fatti saltare sulla poltrona. Hai costretto Stefano Coletta, il responsabile del Prime Time, a dissociarsi con parole di ghiaccio. L’ad Carlo Fuortes aveva sul volto una disperazione caravaggesca. Eri già dentro molti editoriali e sull’orlo di un’interrogazione parlamentare. E ti saresti potuto accontentare. Invece, venerdì, duettando con gli Articolo 31, ti sei rivolto direttamente alla premier. E le hai urlato: «Giorgia, legalizzala!». La polenta?

Il bacio

Ti sei fatto prendere la mano, ti sei messo - di nuovo - a fare politica. Quelli del Pd, dopo aver pensato che Amadeus potesse essere il vero leader dell’opposizione, tutti un po’ ringalluzziti, dettavano dichiarazioni a tuo sostegno: «Fedez dev’essere libero di esprimersi…».

E anche di baciare.

La pomiciata con Rosa Chemical l’avevi preparata, puoi dircelo (tra l’altro, gira un video in cui ne parlate durante una puntata del tuo podcast «Muschio Selvaggio»). Perché la verità è che volevi stravincere: ma non a Sanremo, dentro casa. Con tua moglie. Che è un brand mondiale, un media, un canale, una notizia vivente. Volevi dimostrarle che ci sei pure tu. Che se vuoi, se decidi: beh, insomma, no?

Ci sei riuscito. Però, adesso, non fare lo stupido. Fatti perdonare. E dai un bacio anche a lei.

Da volocom.it il 15 febbraio 2023.

Doveva essere la consacrazione di Chiara Ferragni come volto televisivo dal palco più importante dello showbiz italiano. Il Festival di Sanremo, al di là della prova di co-conduzione superata, rischia invece di essere ricordato dalla nota influencer milanese come l’evento in cui il marito Fedez si è progressivamente “rubato” la scena. Tanto che, una volta calato il sipario sulla kermesse, la coppia più social d’Italia sembra essere sparita dai radar: post ridotti all’osso e soprattutto senza le consuetissime storie insieme.

Del resto, i numeri rivelati da Volocom – azienda leader nel monitoraggio dei media - parlano chiaro. Nella settimana di Sanremo sui social - il regno di Chiara Ferragni - si è parlato più del marito che di lei. 217mila post contro 184mila. Dell’imprenditrice e influencer, infatti, si è scritto di più solo il 7 (il giorno in cui ha esordito sul palco) e l’8 febbraio. Da giovedì in poi, però, la scena è stata tutta del marito Fedez e da quel momento i “rapporti di forza” non sono più cambiati.

Ma andiamo con ordine. Dalla prima apparizione sul palco di Sanremo al “day after”, la Ferragni è letteralmente sulla bocca “social” di tutti: il suo nome compare addirittura in oltre 55mila post al giorno. Passano 24 ore e il volume di conversazioni sulla influencer “crolla” ad appena 16mila. Tutta “colpa” del marito e della controversa esibizione sulla Costa Smeralda ormeggiata al largo di Sanremo con annesso strappo della foto del viceministro Bignami. Inevitabili le polemiche così come il boom di attenzioni del popolo social, anche a discapito della moglie. È qui infatti che le gerarchie dei Ferragnez si invertono. Su Fedez, il 9 febbraio, si scrivono circa 49mila post contro i 16mila della ormai ex protagonista del Festival.

Incidente di percorso” che potrebbe agevolmente essere archiviato: l’11 febbraio c’è la finalissima e Chiara Ferragni torna sul palco pronta a riprendersi la scena. Come sappiamo, così non è stato. Il bacio a favor di telecamere tra il cantante Rosa Chemical e Fedez ha di nuovo scatenato i social e, probabilmente, il risentimento della moglie.

 Risultato? Lo scorso weekend, per ogni post su Chiara Ferragni ne sono stati pubblicati almeno due su Fedez, divenuto indiscusso protagonista della settimana sanremese. Per una coppia che ha nei social una delle principali fonti di popolarità, non una cosa da poco. Almeno nei numeri, c’è abbastanza per ipotizzare qualche malumore tra i due che, dopo tanto rumore, potrebbero aver optato per uno dei più classici “silenzi social”.

Filippo Facci per “Libero Quotidiano” il 15 febbraio 2023.

L’ultima volta avevo telefonato a Fedez per complimentarmi dopo che aveva donato dei soldi al San Raffaele (periodo Covid) fottendosene dei no vax che lo insultavano: aveva un senso, perché la penultima volta era stata quando Fedez mi aveva fatto una querela e aveva vinto, con pignoramento del mio stipendio e altri guai. La terz’ultima volta, del resto, era stata quando l’avevo insultato per radio e gli avevo dato appuntamento in Piazza della Scala per un confronto virile, degno di un rapper e non di una donnicciola.

 Ah, non era ancora sposato. Mentre la quart’ultima volta, dopo che dei malfattori black bloc avevano danneggiato il centro di Milano, e dopo che Fedez aveva detto che «era poca cosa in confronto alle infiltrazioni mafiose e alle speculazioni economiche», era stata quando gli avevo risposto che allora potevo tirargli un paio di sberle perché «era poca cosa in confronto alla fame nel mondo».

Ma conta solo il presente. Un’altra volta (non so più quale) avevo scritto che ormai io ero un fallito perché ero costretto a occuparmi di un truzzo di Buccinasco che mostrava gli addominali via Twitter, mentre i quotidiani, un tempo, mi inviavano all’estero e un mio articolo poteva fare casini veri. Conta solo il presente, e alzo bandiera bianca. Fedez, hai vinto. La scena è tutta tua (tu e Mattarella frequentate gli stessi posti) e il problema è solo quanto tu debba dividerla con tua moglie.

Da whoopsee.it il 15 febbraio 2023.

Ecco Chiara Ferragni e Fedez insieme, nel pieno centro di Milano. “Tutto nella norma” dovremmo dire, se non fosse che il Festival di Sanremo si è concluso pochi giorni fa ma i riflettori sulla coppia non si sono decisamente mai spenti. Tutto il web parla di loro e questo clamore continua ad aumentare anche a causa dell’assenza dai social di Fedez.

 Whoopsee però è in grado di mostrarvi in esclusiva queste immagini dei Ferragnez, scattate ieri martedì 14 febbraio, nel tardo pomeriggio, poco prima che i due entrassero in un portone, in una delle vie del centro città meneghino.

Estratto dell’articolo di Maria Francesca Troisi per mowmag.com il 16 febbraio 2023.

Fedez bacia tutti. Dall'incolpevole limone in mondovisione col recidivo Rosa Chemical (ben due volte che slinguazzano), che avrebbe fatto incazzare la mogliettina Chiara Ferragni, con tanto di crisi di stato sviscerata in tutte le salse solo ed esclusivamente nella nuova serie The Ferragnez (i soldi so soldi!), negli anni il caro rapper ha messo in fila una carrellata di baci con gli uomini che Tiziano Ferro scansati. […]

 Il tuo bacio è come il rock. Così, tanto per riempire il silenzio social inflittogli dall'imprenditrice digitale - invece che tirarsi i piatti come le oneste coppie non si scambiano like - il nostro ha pubblicato una serie di foto dei suoi momenti a Sanremo (dove ne ha fatte più di Gian Burrasca), senza esimersi dalle frasi di circostanza. E pure Marco Mengoni e Salmo acchiappa, questa volta con ingenuo bacetto sulla guancia. Chi dimentica è complice.

Negli scatti anche Tananai, suo protetto (uno dei tanti), con cui meno di un anno fa (maggio 2022), pomiciava nel bel mezzo di un live. Altro che ship con Rosa Chemical. Chiamalo scemo!

 E ancora, a rinvangare i trascorsi sanremesi, che dire del bacio sulla bocca con J-Ax prima dell’esibizione festivaliera? Alla faccia della riappacificazione. Legalizzalo.

 Finita qui? Giammai, la collezione di baci si allarga, e infila dentro altri pezzi da novanta. Dalla cima delle classifiche con Mille alle vacanze insieme in Sardegna, Fedez si sbaciucchia persino Achille Lauro. A riprendere il tutto? Una divertita Ferragni, a dimostrazione che ci stanno perculando da giorni. Ci son cascato di nuovo (oh si si).

Ultimo, ma non ultimo, altro kissino sulle labbra (per via di una sfida) con il fedele amico Luis Sal, nel corso di una puntata di Muschio Selvaggio (aprile 2021). E adesso, chi sarà il prossimo? Sotto a chi tocca. Un indizio lo lancia lo stesso cantante. A quanto pare, nei suoi sogni erotici ci sarebbe nientemeno che il dirigente e direttore di Rai1, Stefano Coletta. […]

 Estratto dell'articolo di ilnapolista.it il 16 febbraio 2023.

Rosa Chemical è uno dei personaggi più discussi del Festival di Sanremo 2023. Si è preso la scena con il bacio a Fedez, sul palco dell’Ariston, nella serata finale della kermesse.

 Diego Bianchi, alias Zoro, lo ha intervistato per Propaganda Live. Rosa Chemical parla del suo amore per i piedi, si definisce un podologo. E ovviamente spiega anche il suo punto di vista, quello che ha voluto portare a Sanremo. Il suo vero nome è Manuel Franco Rocati, ha 25 anni.

«Sono artista, writer, tatuatore, grafico, direttore artistico, cantante, podologo. Studio il piede, sono uno scienziato del piede. È arte anche quella».

 Rosa spiega che, al Festival, non ha voluto portare alcuna protesta.

«Sdoganiamo: la mia non è una protesta, non lancio nessun messaggio, io do il mio punto di vista. Penso che sia legittimo che una persona dica la propria. La gente è brava ad additare ciò che non conosce come sbagliato, tutto ciò che è diverso viene considerato sbagliato, questo è il problema. Le persone non mi conoscono, vedono una persona tatuata. Vedono una persona un po’ diversa dall’ordinario, non etichettabile, uomo o donna?

Nel senso che a volte mi vesto in un modo altre in un altro… ciò che non si capisce del tutto è difficile da accettare, c’è un po’ di ignoranza, nel senso che si ignora ancora la mia persona. Non conoscendo è facile dire: ‘ah guarda quello lì è pazzo, chissà cosa vuole fare, una guerra’. Ma io sono totalmente pacifista, non voglio fare la guerra a nulla né far partire la rivolta del gender fluid. Io sono così  e racconto il mio punto di vista. Chi ci si ritrova sono felicissimo, chi non lo fa mantenga la propria idea».

 Sulla canzone portata a Sanremo: Made in Italy:

«Con la mia canzone porto il sesso, l’amore, il sogno e la storia, la festa, la voglia, i piedi e l’Italia. Made in Italy è un’accezione superlativa. Uso l’italianità come aggettivo superlativo. Faccio un esempio: vado a mangiare un sushi? Se ne mangio uno buono devi dire sushi italiano. Stai leccando un piede? Quando finisci, se ti è piaciuto, dici piede italiano. Tu lo stai etichettando come nazionalità, come provenienza, non è patriottica, è un aggettivo e basta, come bello. È bello ciò che è italiano».

 Rosa Chemical torna a parlare di piedi.

«Impazzisco per i 35. Una volta mi è capitato di fare sesso con una modella alta 1,95, aveva 42 e mezzo, ma è una questione di proporzioni. L’importante è il sapore, la consistenza, l’odore, il piede non deve sapere di sapone, è meglio il piede camminato».

[…]

Ferragni e Fedez verso la separazione? Tutto quello che sappiamo sulla presunta crisi (e pure la fede è sparita). Redazione Spettacoli e Federica Bandirali su Il Corriere della Sera il 18 Febbraio 2023.

Tutta colpa del Festival di Sanremo. Chiara Ferragni doveva essere la sola protagonista, ma Fedez l’ha oscurata con le sue polemiche politiche. Per giorni lontani, anche se ieri sono stati avvistati da Cannavacciuolo

Tutto comincia da Sanremo 73. Chiara Ferragni protagonista sul palco come co-conduttrice per due serate (la prima e l’ultima), ma il marito Fedez la oscura. Lei fa un monologo su di sé, ma tiene banco lui con le sue polemiche. Ne piazza una dietro l’altra, che fanno scendere in campo la politica. Inizia con la foto strappata del viceministro Bignami in tenuta nazista; prosegue con la canzone con J-Ax in cui invita Giorgia, ovviamente Meloni, a legalizzarla, ovviamente la marijuana; conclude con il gran finale in cui è stato tirato in mezzo da Rosa Chemical con il bacio con la lingua sul palco.

Questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Circolano i video in cui la coppia si incontra nel backstage del palco dell’Ariston e Chiara Ferragni non sembra contenta: «Ma cosa hai combinato?», gli chiede con le braccia allargate in segno di sconforto. «Non è colpa mia, è lui che mi ha limonato», prova a giustificarsi Fedez. Qualche minuto dopo il marito cerca di entrare nel camerino della moglie ma una guardia del corpo lo ferma davanti alla porta («ha detto che non puoi entrare»).

Ma a fare rumore è il silenzio social dei due. Fedez ha smesso di pubblicare storie su Instagram, Ferragni si limita a post con amici e figli, dimenticando volutamente il marito. Insomma non sembra un caso. Anche perché il rapper, ospite da Cattelan qualche tempo fa, lo aveva detto in modo chiaro: «Se io e mia moglie non postiamo nulla sui social è perché abbiamo litigato».

Il silenzio va in pausa ma solo per un attimo. Fedez venerdì ha pubblicato una Story sul suo profilo Instagram. Una frase tratta dalla sua canzone «Favorisca i sentimenti» (cantata insieme a J-Ax) e dedicata alla moglie Chiara Ferragni. «Tu la mia calamita Io la tua calamità». Dopo pochi minuti però ha cancellato la Story. Insomma un altro giallo. A cui si aggiunge un dettaglio importante: in un selfie l’imprenditrice digitale non indossava più la fede.

A tutto questo si aggiunge un altro possibile fronte di scontro tra Chiara Ferragni e Fedez che stanno registrando la seconda stagione dei «Ferragnez», la docu-serie di Amazon che racconta il dietro le quinte della loro vita. L’uscita era programmata per il prossimo maggio, ma – stando alle ultime indiscrezioni – la data della messa in onda rischia di slittare proprio a causa degli sbalzi di umore che starebbero attraversando. Crisi vera o strategia di marketing?

Ma, mentre continua il silenzio sui social ufficiali dei Ferragnez, qualcosa tra i due si sta muovendo. Su Tik Tok infatti è comparso un video inequivocabile che li vede arrivare insieme a Villa Crespi al ristorante di Antonino Canavacciuolo, sulla porta ad attenderli. Dopo la bufera innescata durante il Festival di Sanremo, eccoli per la prima volta insieme. sicuramente si tratta di un video delle ultime 24 ore perché ai follower più attenti non è sfuggito che l’outfit indossato da Chiara, lo stesso sfoggiato in uno scatto pubblicato qualche ora prima che il video diventasse virale su Tik Tok. un altro indizio che aveva portato tutti a pensare a un riavvicinamento tra i due è l’anello di lei: ora è ricomparso al dito. A sera poi Fedez è intervenuto prendendosela con una trasmissione di Rete 4, ma nessun accenno alla sua vicenda sentimentale.

Amazing Chiara. La seconda (vera) crisi dei Ferragnez, Gone Girl e i capelli che non mentono mai. Nessuno dei coniugi è andato a dormire in albergo, per ora. Ma entrambi hanno chiesto a Prime una settimana di sosta nelle riprese. Guia Soncini su L’Inkiesta il 16 Febbraio 2023.

Uno dei problemi del fare della tua vita il tuo lavoro, e del farlo non essendo Marcel Proust ma un’abitante di questo secolo, è che poi la vita da esibire ogni tanto non ti va di esibirla. Uno dei problemi del fare della tua famiglia un pezzo della tua vita esibita è che poi non puoi sfancularla quando vorresti, la famiglia.

Quindi i coniugi Ferragni tornano da Sanremo – dopo il conteggio dei passi, e l’incolpevole limone, e la povera guardia del corpo – e fanno alcune cose pubbliche e alcune private. Partiamo da quelle pubbliche.

Lui condivide su Instagram un vecchio tweet – della prima serata sanremese – in cui aveva scritto «Sono fiero di te. Ti amo», e per il resto solo cose neutre e diplomatiche sul successo dei cantanti suoi amici che hanno concorso a Sanremo. Lei posta solo foto con amici e bambini; ma a lei arriviamo dopo.

Lui, un paio di settimane fa, era ospite al programma di Alessandro Cattelan, e una delle poche cose che aveva detto (era un’ospitata strutturata perché non fosse costretto a parlare, non essendo lui un formidabile oratore) era, cito a memoria: a volte io e mia moglie non postiamo e la gente pensa che è perché abbiamo litigato, e abbiamo in effetti litigato.

Quindi, possiamo dire che la narrazione della crisi è alimentata da lui (da loro)? Sì e no. Sì perché far parlare di loro è il vero prodotto dell’azienda di famiglia dei Ferragni, e certo che alimentano la macchina, chi altro dovrebbe farlo. No perché quelli che pubblicano foto dei due che entrano nello stesso portone come a dire ah!, avete visto, è tutto finto, quelli non so bene a che matrimoni siano abituati.

Secondo loro quando si litiga si va a vivere in città diverse? Secondo loro due coniugi con figli si bloccano su WhatsApp come nei litigi liceali col moroso che si è dimenticato di san Valentino? (Ne approfitto anche per rispondere al giornale che ieri, nel riprendere la vicenda della guardia del corpo e del camerino, chiosava che a loro – a loro di quel giornale – risultava che alla fine la porta si fosse aperta: ma giura, io pensavo la Ferragni fosse ancora chiusa in un camerino dell’Ariston e il marito accampato in corridoio).

Rassicuriamo coloro per cui è crisi solo se fai le valigie: nessuno dei coniugi Ferragni è andato a dormire in albergo, per ora. Ma entrambi hanno chiesto a Prime una settimana non prevista di sosta nelle riprese. La seconda stagione della serie The Ferragnez non può non contenere la crisi di stato di cui tutti parlano, i prodotti Prime hanno lavorazioni lunghe (vanno sottotitolati per tutto il mondo, e resi legalmente inattaccabili per i diversi luoghi) e – visto che a loro ora non va di filmare e di tirarsi i piatti a favor di camera – la piattaforma ha quindi spostato l’uscita: prevista per maggio, ora sarebbe a settembre.

Nel frattempo, Chiara Ferragni ha migliorato il panorama della sua pagina Instagram: non segue più, e ha anzi bloccato, le rappresentanti del femminismo social che hanno osato criticare il suo discorso di Sanremo, anche (specialmente) quelle che grazie a sue condivisioni e incoraggiamenti avevano aumentato la loro platea. Ingrate. Segue ancora quelle che su Sanremo hanno taciuto – Giorgia Soleri – e quella che non ha certo bisogno di lei: Michela Murgia. 

La crisi di stato d’un anno fa nessuno se la ricorda, un po’ perché non c’era di mezzo Sanremo a rendere pubblico ferragnico anche chi si vanta di non aver mai capito che lavoro faccia Chiara, un po’ perché le crisi coniugali sono come i dolori del parto: si dimenticano i propri, figurarsi quelli altrui (cosa ne saprà questa qui che chiede l’anestesia per la pulizia dei denti, si domanderanno giustamente i miei piccoli lettori). 

Era andata col solito schema: marito capriccioso, moglie insofferente. Lei, dicono alcuni, era già andata dall’avvocato. Lei, dicono altri, era innamorata di [omissis]. La prima stagione di The Ferragnez era su Prime da pochissimo, e da pochissimo i due avevano firmato per la seconda. A quel punto avrebbero cercato di recedere dal contratto, ma le penali dei contratti di Prime pare siano piuttosto alte e i coniugi giustamente attenti al denaro.

Ci fu il bracciale di Cartier, e la cena da Cracco, e la crisi rientrata (come quasi tutte le crisi coniugali della storia d’Italia, in genere per molto meno d’un bracciale di Cartier). Tra l’altro Dinner Club (la seconda stagione parte domani), la miglior produzione italiana di Prime, lo conduce Carlo Cracco, e io quindi vorrei sapere: se uno showman di Prime organizza una cena riparatrice nel ristorante d’un altro showman di Prime, ha diritto a uno sconto aziendale?

Rientrerà questa seconda crisi con analogo materno perdono di Chiara nei confronti del presunto marito ed effettivo primogenito che con la paghetta le compra un brillocco e si mostra contrito fino alla prossima scemenza? Forse sì, dicono quelli che raccontano che lei alla fine lo perdoni sempre perché troppo innamorata; ma c’è un dettaglio pubblico che racconta una storia promettente.

Come ricorderete, nove giorni fa Chiara ha interpretato due ruoli. Il primo è quello di Maria Cristina Palma, protagonista dell’ultimo Ammaniti, La vita intima. Maria Cristina si taglia e si tinge i capelli alla vigilia d’un’importantissima intervista televisiva; Chiara Ferragni si taglia i capelli il giorno del suo debutto sanremese. Maria Cristina, vile, rinuncia al biondo a poche ore dall’intervista: torna com’era, teme l’effetto della sorpresa sul pubblico. Chiara, coraggiosissima, va sul palco con un taglio non collaudato.

Ma l’altro ruolo, il più importante, non è sfuggito alle osservatrici più attente: Chiara non si era fatta fare un taglio di capelli qualsiasi, Chiara si era fatta fare il taglio di capelli di Amy Dunne nella versione cinematografica di Gone Girl – L’amore bugiardo.

Riassunto per coloro che non sono convinti che non solo character is plot, ma pure hair is plot. Amy, prima di sposare Nick Dunne, era stata Amazing Amy, la protagonista d’una serie di libri per bambini scritti dai suoi genitori. Sì, Amy era stata una Ferragni prima della Ferragni: una per cui la bionditudine familiare era fatturato. E poi era andata così: che aveva sposato quel povero coglione di Nick Dunne, si era scocciata di lui, e aveva inscenato la propria morte per farlo condannare alla sedia elettrica. Nessuno aveva sospettato niente, perché come fai a non credere a una bionda ligia che mette in atto un piano impeccabile?

Guardo Chiara Ferragni, negli autoscatti col nuovo taglio di capelli che posta con voluttà in questa settimana d’inaspettata vacanza dalle riprese di Prime. La guardo, Amazing Chiara, guardo come si piace e com’è convinta della propria nuova personalità, e penso: se fossi suo marito, mi sentirei più al sicuro in albergo.

La verità sulla crisi di Stato. Cosa è successo davvero tra Ferragni e Fedez (e una guardia del corpo). Guia Soncini su L’Inkiesta il 15 Febbraio 2023.

L'unico modo per far tornare produttiva l'Italia che passa le giornate a immaginare il dietro le quinte tra i coniugi più famosi di questo decennio è dirglielo: c'entrano un limone, delle bottigliette, e una porta chiusa

Voi lo sapete – voi che siete abitudinari di questa paginetta, intendo. Voi lo sapete: io non do notizie. Mi fanno schifo, mi annoiano, trovo ciò che serve per procurarsele – fare domande – volgare e poco interessante. Però.

No, prima del però un’altra premessa: l’Italia dovrebbe occuparsi d’altro – del non imprevedibilissimo risultato elettorale, delle non imprevedibilissime dichiarazioni su Berlusconi di Zelensky – e invece, se prendiamo come campione statistico il mio telefono, si occupa solo del matrimonio Ferragni. Più del solito, intendo.

Da quando sono uscite le immagini del marito che sale sul palco dopo essersi lasciato strusciare da un cantante, e della moglie apparentemente non serena. Da quando poi i due hanno smesso di mettere in scena su Instagram la coppia: lui quasi silente sul loro mezzo d’elezione, lei solo in foto coi bambini o con amici.

Da quando una persona che ha lavorato al festival ha fatto un lungo post, ripreso da giornali smaniosi di agganciarsi ai clic ferragnici, dicendo io c’ero, io so cosa si sono davvero detti durante la pubblicità, non chiedetemi il video perché l’ho cancellato subito dal telefono (scaldamutandismo senza limitismo).

Da quando, soprattutto, io ricevo messaggi deliranti in cui si interpretano gli sfondi: questa in cui si è fotografata con le amiche è una stanza d’albergo, Chiara non ha dormito a casa. Non potevo lasciare che fiorissero le leggende metropolitane. Mi è toccato fare domande.

Per capire il contesto della forse crisi in casa Ferragni bisogna immaginarsi Chiara Ferragni che arriva a Sanremo. L’organizzatore del Super Bowl racconta che, quando lo chiamò lo staff di Springsteen, dopo anni d’inviti rifiutati, per dire «L’anno prossimo viene», lui poi si prese mezza giornata di vacanza per la soddisfazione. Forse l’ha fatto anche Amadeus, quando al quarto invito la Ferragni ha infine detto sì. Ma non aveva mai avuto la Ferragni in casa, lui e soprattutto i suoi.

Per capire l’impatto della Ferragni bisogna sapere cos’è una produzione sanremese. Basta un solo aggettivo: romana. Prendi un gruppo di romani che devono mettere insieme cinque ore di televisione al giorno per cinque giorni, e fai calare tra di loro una reginetta del perfezionismo.

Che, in previsione della prima serata e di quel monologo provato sette volte solo sul palco e chissà quante a casa, manda qualcuno a contare quanti passi ci siano tra il suo camerino e il palco, acciocché non esistano sorprese, neanche quella di dire «ma pensavo il sipario fosse più vicino». Contati i passi, si contano le bottigliette d’acqua: dove vanno posizionate, e quante devono essere, dimodoché, in ogni istante in cui alla Ferragni dovesse venir sete, ella non debba mai aspettare.

Essendo i romani quelli del racconto di Flaiano, Chiara è una marziana. Essendo lei una abituata a lavorare in un certo modo (tra i post senza marito di questi giorni, quello in cui ringraziava il suo coach – insegnante sarebbe parsa una parola provinciale – di presenza sul palco), i romani che vedono contare i passi che dovrà fare pensano una sola cosa: tu vuo’ fa’ l’americana.

In questo tentativo di controllo maniacale di una situazione perlopiù incontrollabile qual è una diretta televisiva lunga come Heimat, ci sono alcuni elementi imprevisti che ci sono tutti gli anni, in questa repubblica fondata sulle scemenze: la politica deve agganciarsi alla visibilità del festival. In questo caso, quello dell’edizione 2023, c’è un’aggravante.

L’aggravante si chiama Gianmarco Mazzi: attualmente sottosegretario alla cultura, fino a tre quarti d’ora fa nel gruppo di lavoro di questo Sanremo qui, quello di Lucio Presta, quello di Amadeus. Quando Mazzi dichiara ai giornali «noi abbiamo dei valori in cui anch’io credo, valori tradizionali molto importanti», quando dice che una volta a provocare c’erano Carmelo Bene e Pasolini e ora «c’è un marketing delle provocazioni, non è che sono storie artistiche così importanti», quando butta lì che cambieranno i vertici Rai perché la nuova maggioranza politica «può decidere di esprimere dei propri dirigenti», quando Mazzi si attacca alla foto strappata di Bignami, non è uno che è impazzito e non si ricorda che nei programmi (nei Sanremo, pure) di quel gruppo dirigente e di quella direzione artistica lì ci lavorava pure lui: è uno cui il partito di riferimento ha detto «com’è possibile che non sapessi di Mattarella, ti sei fatto coglionare dai tuoi sodali».

L’aggravante si chiama Federico Lucia: il problema è che a fornire ganci a Mazzi e al governo per chiedere teste è stato il marito di Chiara Ferragni, la quale aveva contato i passi e le bottigliette e s’illudeva di riuscire a controllare anche l’abitudine del marito di piantare casini. Lo strusciamento di Rosa Chemical arriva dopo la foto stracciata del viceministro, dopo il «Giorgia: legalizzala!» durante il duetto con gli Articolo 31, dopo che il marito (che dalla dinamica parrebbe più: il figlio capriccioso) aveva combinato un casino al giorno.

Arrivi a Sanremo preparatissima, pretendi di provare sette volte il monologo (forse non era mai successo che in una produzione televisiva italiana qualcuno provasse sette volte qualcosa: non siamo mica gli americani, che loro possono sparare agli indiani), credi di avere tutto sotto controllo, e poi tuo marito ti manda a meretrici l’attenzione del pubblico e la calibratura degli interventi. Ti tocca dire che hai un bonus limone anche tu, e non l’avevi preparata, e tu sei calvinisticamente contraria all’improvvisazione.

Quindi il marito sale sul palco, precettato dalla moglie. È la foto che avete visto, ma alla foto mancava l’audio. Chiara Ferragni non dice parolacce, quindi immaginate il tono: nel tono con cui io e voi tireremmo giù tutti i santi, lei dice al teoricamente coniuge e praticamente primogenito «Me ne hai combinata un’altra».

Lui, a quel punto, risponde col tono di tutti i bambini che hanno rotto il vetro col pallone o hanno bigiato la scuola: «Amore, non è colpa mia, è lui che mi ha limonato». (Poiché vivo in mezzo alla demenza postmoderna, quando mi riferiscono questa frase penso solo: ma Rosa Chemical non è fluido? «Lui» non è misgendering?).

Avanzamento rapido di qualche ora, il festival finisce. Chiara è in camerino. Il marito va dietro le quinte. Davanti alla porta c’è l’abituale guardia del corpo, che guarda il tapino limonato e rinnegato con la pietà con cui il personale di servizio guarda le vite dei ricchi, e gli dice: «Ha detto che non puoi entrare».

Il resto, come tutti, non lo so. Non so se davvero siano ancora litigati o se abbiano solo colto questo spunto per girare puntate della seconda stagione del loro documentario Prime (il cui autore era a Sanremo: immagino, per logica, non a comprare petunie; spero, per voluttà di spettatrice, a insufflare un litigio che è perfetto per una serie in cui i due vanno in terapia di coppia).

So che l’Italia dovrebbe occuparsi d’altro, o forse no. In fondo, anche quando eravamo una nazione meno disgraziata mia nonna leggeva dei bisticci tra la principessa Carolina e Junot. Oggi questi qua abbiamo, in quanto a case regnanti e star system, e con questi qua ci balocchiamo.

Estratto dell'articolo di Guia Soncini per linkiesta.it il 17 febbraio 2023 , pubblicato da "Anteprima. La spremuta di giornali di Giorgio Dell'Arti"

Un paio di settimane fa, Fedez era ospite al programma di Alessandro Cattelan, e una delle poche cose che aveva detto (era un'ospitata strutturata perché non fosse costretto a parlare, non essendo lui un formidabile oratore) era, cito a memoria: a volte io e mia moglie non postiamo e la gente pensa che è perché abbiamo litigato, e abbiamo in effetti litigato [...]

Estratto dell'articolo di Marzia Nicolini per vanityfair.it il 17 febbraio 2023.

Che cosa sta succedendo in casa Ferragnez? La crisi presunta tra Chiara Ferragni e Fedez (grande assente da giorni su Instagram) troverebbe conferma nell'articolo di Linkiesta nel quale la giornalista Guia Soncini conferma lo stop alle riprese della stagione numero 2 di The Ferragnez. Più precisamente si tratta di uno slittamento. La fortunata serie dedicata alla famiglia più in vista d'Italia sarebbe dovuta ripartire a maggio, ma sembra che il tutto sia stato posticipato al dopo estate.

[...] A cosa si deve il gelo calato tra Fedez e Chiara Ferragni? Sembra che l'episodio incriminante, la classica goccia che fa traboccare il vaso, sia stato il bacio che Fedez e Rosa Chemical si sono scambiati sul palco di Sanremo. Chiara Ferragni non avrebbe gradito affatto la sorpresa del rapper, impedendo al marito di raggiungerla in camerino a festival concluso. Ieri il sito Whoopsee ha pubblicato alcune foto che ritraggono la coppia in centro a Milano, ma le espressioni neutre di entrambi lasciano troppi pochi indizi per dedurre il loro stato emotivo.

 Quanto ai profili social dei due, Fedez resta inattivo, non pubblica più stories da diversi giorni (un record, per uno come lui). Quanto a Chiara Ferragni, lei si limita a condividere foto e video di Leo e Vitto e degli outfit sfoggiati a Sanremo e nelle ultime ore. 

(ANSA l’11 dicembre 2023) - Ringrazia Amadeus, Gianni Morandi e il suo team, ma J-Ax a poche ore dalla finale non perde occasione per fare polemica. Con un video da Sanremo, la metà degli Articolo 31 riuniti per l'occasione dice: "Io e Jad, essendo due tamarri che hanno vissuto tra gli zanza tutta la vita non abbiamo potuto fare a meno di notare una cosa: ci era stato detto dalla nostra casa discografica a noi come a tutti gli altri cantanti in gara che avremmo avuto tutti le stesse possibilità di visibiità, una serata cantavi con il panettiere che infornava la ciabatta un'altra con il pr che si alza e ha fame – 

 ha detto toccandosi il naso - ora, ad eccezione della prima sera, da quando è aperto il televoto, ci è toccata la concorrenza dei porno sulle tv regionali che come sappiamo è l'unica che può portare via share a Sanremo. Sanremo è una gara, è wrestlemania della musica italiana ma la cosa più importante per noi, è vedere come il pezzo piaccia, questa è la vera vittoria. Poi come Articolo 31 abbiamo esperienza di essere considerati 'uncool' e messi da parte per chi viene considerato 'presentabile'. Accadeva nel 1993, accade nel 2023, non è servito a fermarci allora non ci fermeranno adesso".

Morandi: «Scopare per terra? Ho improvvisato. E non volevo dare lezioni a Blanco: a vent’anni ne ho fatte tante». Renato Franco su Il Corriere della Sera il 12 dicembre 2023.

«Mai su un piedestallo. Il momento più emozionante? L’Inno per Mattarella»

Qual è l’immagine che porterà dentro di questo Festival?

«Più di una. L’Inno con il presidente Mattarella è stato molto emozionante perché non mi sarei mai aspettato che nella mia vita potesse accadermi una cosa del genere. Cercavo di guardarlo — non proprio fissarlo, perché non si fa — e vedevo che seguiva le parole muovendo leggermente le labbra». Gianni Morandi è uno dei tanti vincitori di questo Festival di Sanremo.

L’altra immagine?

«Mi sono commosso anche quando ho cantato insieme ai miei due compagni di viaggio, Massimo (Ranieri) e Al Bano».

Non eravate rivali?

«Con Ranieri sì. Quando da ragazzi ho visto che si stava affermando ed era veramente forte mi sono innervosito. La rivalità c’era ma faceva bene a tutti e due. È sempre stato così, da Coppi e Bartali a Baggio e Del Pi ero. Adesso invece siamo molto amici e legati; Al Bano ci ha già detto che dobbiamo girare il mondo tutti e tre insieme. Ha il calendario pronto in testa».

Per noi spettatori l’immagine più forte è stata quella di lei con la scopa in mano che spazza l’Ariston.

«Ah già, me l’ero dimenticata. È stata una mossa estemporanea, nata casualmente. Ho visto queste tre ragazze che pulivano e mi è venuto naturale chiedere una scopa per aiutare. Un gesto che poi è diventato simbolico».

La metafora dei saggi che sistemano le intemperanze dei giovani...

«Sapesse quante cose ho fatto io a 20 anni! Anche peggio. Ma non avevo l’amplificazione di milioni di persone che mi guardavano. È stata letta così, però non volevo sembrasse una lezione, non ho mica pensato: adesso devo insegnare a Blanco come si vive».

È stata anche l’immagine di una leggenda della musica che non se la tira...

«A volte i giovani per timidezza e inesperienza compiono azioni di cui non si rendono conto. L’aspetto più bello per chi fa questo mestiere è avere un rapporto con la gente, senza filtri, senza paura di incontrarsi e scambiare una parola. Senza mettersi su un piedistallo. Facciamo questo mestiere mica solo per noi, ma per la gente. La mia generazione la pensa così; i ragazzi di oggi forse lo capiranno più avanti».

Festival anche delle polemiche. Quale le ha dato più fastidio?

«In realtà noi non sentiamo più di tanto questo aspetto, davvero. Sanremo è una vetrina importante, serve per avere visibilità, sappiamo che fa da cassa di risonanza a ogni dichiarazione».

Fedez ha chiesto di rendere legale la cannabis. È d’accordo?

«Io porca misera ‘sta cannabis non l’ho mai provata. La devo provare — scherza —. Davanti casa mia c’è una coltivazione di canapa da cui arriva un buon profumo... In realtà non so rispondere sulla legalizzazione, mi sembra però che — legale o meno — chi la vuole sa dove trovarla».

Per Paola Egonu l’Italia è un Paese razzista. È vero?

«Io penso di no, ma probabilmente lei ha avuto delle esperienze che le hanno dimostrato che è così, ha sofferto da bambina, si è sentita emarginata e presa in giro. Sa come si dice: non siamo razzisti ma... Io però penso di no».

Amadeus le ha attribuito il merito del successo di questo Festival.

«Ma vaaa. Lui è generoso, non è vero niente... Tutta l’atmosfera di questo Festival è stata festosa. Ho un bellissimo rapporto con Amadeus, è un compagno straordinario perché è uno che risolve qualsiasi problema, è uno che smussa gi angoli, ti mette a tuo agio...».

Ha 78 anni, l’età che avanza fa girare le scatole?

«Eh, che dobbiamo fare? Finché ho fiato trovo l’energia per correre e la voglia di stare sul palco. Quando sarà, mi piacerebbe che tutto finisse o con una corsa o su un palcoscenico. Adesso ho in programma una serie di concerti nei palasport in giro per l’Italia. Mi piace quest’idea, anzi prendo tanti appuntamenti avanti nel tempo come sprone. Mi dico: dai che ci devo arrivare».

Estratto dell’articolo di Renato Franco per il “Corriere della Sera” il 12 febbraio 2023.

[…] Gianni Morandi […] «Mi sono commosso anche quando ho cantato con i miei due compagni di viaggio, Ranieri e Al Bano».

 Non eravate rivali?

«Con Massimo sì. Quando da ragazzi ho visto che si stava affermando ed era veramente forte mi sono innervosito. La rivalità c’era ma faceva bene a tutti e due. È sempre stato così, da Coppi e Bartali a Baggio e Del Piero. Adesso invece siamo molto amici e legati; Al Bano ci ha già detto che dobbiamo girare il mondo tutti e tre insieme. Ha il calendario pronto in testa».

Per noi spettatori l’immagine più forte è stata quella di lei con la scopa in mano che spazza l’Ariston.

«Ah già, me l’ero dimenticata. È stata una mossa estemporanea, nata casualmente.

Ho visto queste tre ragazze che pulivano e mi è venuto naturale chiedere una scopa per aiutare. Un gesto che poi è diventato simbolico».

La metafora dei saggi che sistemano le intemperanze dei giovani...

«Sapesse quante cose ho fatto io a 20 anni! Anche peggio. Ma non avevo l’amplificazione di milioni di persone che mi guardavano. È stata letta così, però non volevo sembrasse una lezione, non ho mica pensato: adesso devo insegnare a Blanco come si vive».

 È stata anche l’immagine di una leggenda della musica che non se la tira...

«A volte i giovani per timidezza e inesperienza compiono azioni di cui non si rendono conto. L’aspetto più bello per chi fa questo mestiere è avere un rapporto con la gente, senza filtri, senza paura di incontrarsi e scambiare una parola. Senza mettersi su un piedistallo. Facciamo questo mestiere mica solo per noi, ma per la gente. La mia generazione la pensa così; i ragazzi di oggi forse lo capiranno più avanti».

[…] Fedez ha chiesto di rendere legale la cannabis.

«Io porca misera ‘sta cannabis non l’ho mai provata. Lo devo fare — scherza —. Davanti casa mia c’è una coltivazione di canapa da cui arriva un buon profumo... In realtà non so rispondere sulla legalizzazione, mi sembra però che — legale o meno — chi la vuole sa dove trovarla».

 Per Paola Egonu l’Italia è un Paese razzista. È vero?

«Io penso di no, ma probabilmente lei ha avuto delle esperienze che le hanno dimostrato che è così, ha sofferto da bambina, si è sentita emarginata e presa in giro. Sa come si dice: non siamo razzisti ma... Io però penso di no». […]

Ha 78 anni, l’età che avanza fa girare le scatole?

«[…] Mi piacerebbe che tutto finisse o con una corsa o su un palcoscenico. […]».

 Sul palco si è commosso per Lucio Dalla.

«Di Lucio mi manca tutto».

Chi è Anna Dan, la moglie di Gianni Morandi. Maria Volpe su Il Corriere della Sera il 12 dicembre 2023.

Nel ‘94, il colpo di fulmine tra il ragazzo di Monghidoro e Anna: la nascita del figlio Pietro e le nozze nel 2004. Una coppia affiatatissima che condivide tutto

Ormai le mogli sono vere celebrità. Da anni, Giovanna Civitiello, sposa di Amadeus, è imprescindibile al Festival. E ora è «esplosa» anche Anna Dan, moglie di Gianni Morandi. Merito di Chiara Ferragni che dal palco dell’Ariston ha ringraziato la signora Morandi per il supporto, e ha pubblicamente elogiato la donna dicendo a Gianni: «Sei molto fortunato ad averla sposata». E le ha fatto una sorpresa: le ha regalato una stola (come quella bianca indossata da lei la prima serata del Festival con scritto «Pensati libera»), ma con la frase che Gianni aveva dedicato alla moglie, tempo fa su Facebook «Ti risposerei altre 100 volte». Anna si commuove, Gianni scende e si baciano.

Da tempo, Gianni, 78 anni e Anna, 65 anni, formano una coppia affiatatissima. Lei è la seconda moglie del ragazzo di Monghidoro (la prima è stata Laura Efrikian): una donna bella, elegante, semplice. Classe 1957, Anna Dan era una dirigente di una società informatica. Si sono sposati il 10 novembre 2004, sotto la neve, con una cerimonia intima a Monghidoro, paese natale del cantante, alla quale hanno partecipato parenti e amici più stretti.

Il loro amore è nato nel 1994, dieci anni prima delle nozze, durante una partita di calcio a Bologna: Gianni era sul campo a giocare e Anna in tribuna. Lui ha raccontato così il loro primo incontro: «Aveva una macchina fotografica al collo e una gonna a fiori. Era veramente splendida! In quel periodo lavoravo molto, avevo appena concluso una lunga tournée nei teatri e stavo pensando a nuove canzoni da incidere. Eravamo entrambi liberi sentimentalmente, lei usciva da una breve relazione e io pensavo soprattutto alla musica. Ero separato già da diciotto anni e avevo avuto qualche storia, ma evidentemente non quella giusta. Quell’incontro fu fatale, ci innamorammo e oggi continuiamo a essere felici insieme».

Innamorati e felici . Nel 1997 dopo soli tre anni di passione, nasce il figlio Pietro. I due vivono in una bella casa in campagna, condividono viaggi e tante passioni. E Anna è anche la sua social manager. Lei lo ha avvicinato al mondo di Instagram dove Gianni è seguitissimo. E lui le è grato per tutto. Ripete spesso che Anna è stato un regalo della vita, così come la nuova paternità dopo i 50 anni. E due anni fa , quando Gianni è stato vittima di un brutto incidente domestico che gli ha procurato pesanti ustioni, lei gli è stata accanto come un’ombra. Non lo ha mai lasciato, lo ha curato e sostenuto, ogni istante. «Mia moglie mi ha accudito per tutta la riabilitazione» ha confessato.

I ricordi di Gino Paoli sul palco dell'Ariston tra Gianni Morandi quindicenne e Little Tony. Storia di Arianna Ascione su Il Corriere della Sera l’11 Febbraio 2023.

Super ospite della finale di Sanremo 2023, Gino Paoli ha fatto commuovere il pubblico dell’Ariston: il cantautore 88enne, con camicia scura e giacca bianca, accompagnato al pianoforte da Danilo Rea ha cantato prima «Una lunga storia d’amore». Poi, dopo essere stato raggiunto sul palco da Amadeus e Gianni Morandi, si è lasciato andare ai ricordi del passato.

«Sono felice di essere qui, anche se è una gabbia di matti», ha scherzato Paoli prima di lanciarsi nel racconto di aneddoti dei tempi della RCA, «quando Morandi quindicenne mi seguiva ovunque per imparare non si sa cosa». In un altro ricordo ha tirato in ballo Little Tony: «Era venuto a fare il Cantagiro, poi era tornato a casa e la sua donna di allora era stata con tanti amici».«Ma non si possono dire queste cose», ha commentato Morandi ridendo, invitando il cantautore a riprendersi il palco per un paio di altri successi, «Sapore di sale» e «Il cielo in una stanza».

Estratto dell’articolo di Arianna Ascione per corriere.it il 12 febbraio 2023.

 I ricordi di Gino Paoli sul palco dell'Ariston tra Gianni Morandi quindicenne e Little Tony

Super ospite della finale di Sanremo 2023, Gino Paoli […] si è lasciato andare ai ricordi del passato.

«Sono felice di essere qui, anche se è una gabbia di matti», ha scherzato Paoli prima di lanciarsi nel racconto di aneddoti dei tempi della RCA, «quando Morandi quindicenne mi seguiva ovunque per imparare non si sa cosa». In un altro ricordo ha tirato in ballo Little Tony: «Era venuto a fare il Cantagiro, poi era tornato a casa e la sua donna di allora era stata con tanti amici». «Ma non si possono dire queste cose», ha commentato Morandi ridendo[…]

Estratto da liberoquotidiano.it il 13 febbraio 2023.

Ospite di Eleonora Daniele a Storie italiane, su Rai 1, la figlia del grande artista romano, Cristiana Ciacci, non nasconde la sua grande amarezza: "Ci sono rimasta molto male. Non capisco perché Gino Paoli, che è un grande artista, abbia detto una cosa simile. Che poi all'inizio ha detto la moglie, poi ha voluto aggiustare il tiro e ha detto la compagna, ma il riferimento era chiaro". "Lo ha fatto nei confronti di una persona che non c'è più e non si può difendere. Non so se sia vera o meno la cosa, non penso, ma qualora lo fosse, l'ho trovato molto indelicato".

 La figlia di Little Tony ha quindi concluso: "Io vorrei delle scuse pubbliche. Quella che è stata fatta sul palco dell'Ariston, che si vede in tutto il mondo, è un'offesa pubblica a tutti gli effetti e io chiedo da parte mia della mia famiglia e di tutti i fan di papà delle scuse pubbliche". Il corna-gate minaccia di durare ancora qualche giorno.

Da fanpage.it il 17 febbraio 2023.

Ha dato del cornuto a mio padre e della poco di buono a mia madre. Un'offesa bruttissima, fuori luogo, fuori contesto, inopportuna, indelicata e anche ignorante, perché offende la memoria dei miei genitori morti, che non possono replicare in alcun modo. Che mia madre se la siano ripassata tutti, sono sicura che non sia mai successo, conoscendo bene com'era fatta. Poi, che nei 12 anni in cui i miei genitori sono stati insieme, si possano essere traditi a vicenda, è probabile ma non nel modo in cui lo ha detto lui. Comunque anche se fosse, non spettava a Gino Paoli dirlo, dopo la morte di mio padre e sul palco dell'Ariston.

 Non sono arrivate le scuse: “Né pubbliche e né private e già so che non arriveranno mai. Chiedo scuse pubbliche, perché pubblica è stata l'offesa. Serve una presa di coscienza, avere le pall di dire: "Ho detto una caz*ata, ho sbagliato, chiedo scusa". Se non hai le pall per fare le scuse pubbliche, falle almeno private. Trova il mio numero, chiamami e scusati”.

Cristiana Ciacci valuta iniziative legali: “Sto consultando un legale, devo decidere se querelare Gino Paoli. Mi prendo qualche giorno per riflettere, è stata una settimana frenetica. Intanto continuo ad aspettare, ma so che non arriveranno le scuse né pubbliche, né private. Deciderò cosa fare. Sento la responsabilità di dover difendere due persone che non ci sono più, i miei genitori. Non consento a nessuno di gettare fango su di loro. Questo è certo. Capirò come fare”.

La figlia di Little Tony, Cristiana Ciacci, contro Gino Paoli: "Valuto l'ipotesi di una querela". A cura della redazione Spettacoli su La Repubblica il 18 Febbraio 2023.

La donna aveva chiesto le scuse dopo le parole pronunciate dal cantautore durante la serata finale del Festival, quando aveva usato parole pesanti nei confronti della moglie del cantante e madre della donna 

"Gino Paoli ha dato del cornuto a mio padre e della poco di buono a mia madre. Un'offesa bruttissima, fuori luogo, fuori contesto, inopportuna, indelicata e anche ignorante, perché offende la memoria dei miei genitori morti, che non possono replicare in alcun modo". Cristiana Ciacci, la figlia di Little Tony torna alla serata finale del Festival di Sanremo e alle parole pronunciate da Gino Paoli, superospite di Amadeus e a Fanpage dichiara: "Che mia madre se la siano ripassata tutti, sono sicura che non sia mai successo conoscendo bene com'era fatta. Poi, che nei dodici anni in cui i miei genitori sono stati insieme, si possano essere traditi a vicenda, è probabile ma non nel modo in cui lo ha detto lui. Comunque anche se fosse, non spettava a Gino Paoli dirlo, dopo la morte di mio padre e sul palco dell'Ariston".

Il riferimento della donna è all'"aneddoto" raccontato da Paoli sul palco: "Little Tony era venuto a fare il Cantagiro - ha ricordato Paoli - poi è tornato a casa e la moglie, cioè la moglie... la donna che aveva, gli amici li aveva fatti tutti, in casa di Tony. Lui prende, viene a Viareggio dove cantavo, e mi chiede: 'Come si fa, quando una donna ti tradisce?'. Io avevo scritto una canzone, Anche se, e lui mi diceva: tu hai scritto questo, devi sapere come si fa quando una donna ti fa fesso. Venne da me a chiedermi una cosa così".

Cristiana Ciacci in una foto da bambina con suo padre Little Tony, appassionato di auto sportive Continua Cristiana Ciacci: "Non sono arrivate le scuse, né pubbliche né private e già so che non arriveranno mai. Chiedo scuse pubbliche perché pubblica è stata l'offesa. Serve una presa di coscienza, avere le palle di dire 'Ho detto una cazzata, ho sbagliato, chiedo scusa'. Se non hai le palle per fare le scuse pubbliche, falle almeno private. Trova il mio numero, chiamami e scusati". La donna starebbe valutando  iniziative legali: "Sto consultando un legale, devo decidere se querelare Gino Paoli. Mi prendo qualche giorno per riflettere, è stata una settimana frenetica. Intanto continuo ad aspettare, ma so che non arriveranno le scuse né pubbliche, né private. Deciderò cosa fare. Sento la responsabilità di dover difendere due persone che non ci sono più, i miei genitori. Non consento a nessuno di gettare fango su di loro. Questo è certo. Capirò come fare".

La figlia di Little Tony assolve invece i conduttori Amadeus e Gianni Morandi: "Si sono trovati in pieno imbarazzo. Morandi stesso ha detto 'non si possono dire queste cose'. E' caduta una tegola in testa a tutti e due. Cosa avrebbero potuto fare? Sgridarlo? Non ho nulla da ridire su di loro, solo su Gino Paoli. Morandi credo si aspettasse un aneddoto di diverso tipo, un ricordo simpatico, visto che in quella settimana cadeva anche il compleanno di papà. Sono certa che mai si aspettasse che Paoli se ne uscisse con una roba del genere".

Nanni Delbecchi per “il Fatto quotidiano” il 15 febbraio 2023.

Una dice non sono nuda, ma mi penso libera, uno canta e intanto sfascia il palco, un altro strappa la foto di un costume di carnevale, un altro ancora si cala le braghe e rivendica le mutande; uno va in platea e bacia sulla bocca quello di prima, un’altra dice l’Italia è un paese razzista (applausi), però sta migliorando (applausi), un’altra ancora davanti a una carrozzina vuota dice che ogni donna senza figli ha il complesso di non averli avuti (non volerli, no?)… Numeri nemmeno da teatro, magari.

 Numeri da circo, nient’altro che numeri di un circo truccato da astronave, piccole pagliacciate truccate da eventi, il Bianco e l’Augusto con le barbe finte.

Ma adesso, direbbe Mina, arriva lui. Giacca crema da anziano gangster, baffo spiovente da bandolero stanco, passo incerto, occhiale azzurro fumé. Lui: Gino Paoli. “Gino, Gino, evviva, è arrivato il maestro di tutti noi! Ti ricordi quando eravamo dei ragazzini alle prime armi quante cose ci hai insegnato?”. Lui, per sicurezza, si appoggia al pianoforte. “Certo che mi ricordo. Ah ah ah! Mi ricordo soprattutto quella volta che Little Tony al ritorno da una tournée scoprì che la ragazza con cui stava si era fatta tutti i suoi amici. Allora venne da me disperato e mi chiese Gino, cosa bisogna fare quando scopri che la tua donna ti ha fatto fesso? Venne da me a chiedermelo, capito?

Ah ah ah!”.

Silenzio. Gelo in sala. Sapore di sale. Occhi sbarrati. Sorrisi emiparetici. Cos’era successo? Era passata la vita. La bastarda, infame, meravigliosa vita vera. In quel lampo della memoria c’era una goccia di vera vita, solo una goccia, ma basta una goccia di vita vera per sciogliere tutta la cartapesta del mondo, figuriamoci di Sanremo. “Gino, Gino, lasciamo perdere i tempi andati!” “Ma non ero il vostro maestro?” “Sì, sì, ma ora cantaci Il cielo in una stanza”. E lui, sempre appoggiato al pianoforte, la canta. La canta di malavoglia, di straforo, mezzo brillo e mezzo stonato; ma la canta davvero. La vita in una stanza. Grandioso.

"Ma non fa il dj?". La gustosa gaffe di Gino Paoli con Amadeus. Il video registrato nel backstage, dove Gino Paoli scopre che a condurre il Festival è Amadeus, è diventato virale sui social network. Ecco perché. Novella Toloni il 13 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Nel corso dell'ultima edizione del festival di Sanremo se ne sono viste di tutti i colori. E l'ospitata di Gino Paoli è tra gli episodi che hanno lasciato il segno. L'artista, uno dei cantanti più rappresentativi della storia della musica italiana, è tornato sul palco dell'Ariston con qualche acciacco e vuoto di memoria, ma la sua voce ha comunque incantato. Il suo ritorno in riviera sarà, però, ricordato per un paio di siparietti avvenuti prima e durante la sua esibizione sul palco.

"Non c'era, complimenti...". L'imbarazzante retroscena su Eros e Ultimo

Gino Paoli è stato uno degli ospiti italiani della serata finale del Festival. Il cantautore, 88 anni, si è esibito a metà serata e sul palco si lasciato prendere la mano, raccontando un piccante aneddoto legato a Little Tony. Per evitare il peggio, Gianni Morandi e Amadeus sono dovuti intervenire per fermarlo prima che il racconto degenerasse. "Sono felice di essere qui, anche se è una gabbia di matti", ha detto Paoli prima di cantare "Il cielo in una stanza".

L'attenzione del popolo del web è stata però catturata da un retroscena filmato poco prima dell'ingresso di Gino Paoli sul palco. Nel video, che sta circolando da ore in rete, si vedono Gianni Morandi e Paoli nel backstage durante una pausa pubblicitaria. Amadeus saluta l'ospite e poi torna al centro del palco per annunciare il suo ingresso ed è qui che si consuma il siparietto tragicomico. "Anche lui non è mica sano?", afferma il cantautore rivolgendosi verso Gianni, che gli risponde: "Ma lui è Amadeus".

"Siamo tutti stanchi". La stoccata della Venier ad Anna Oxa

L'età sembra giocare un brutto scherzo a Paoli in quanto a memoria recente e al co-conduttore bolognese chiede: "Ma lui non faceva il disc jockey. E che fa qui?". Chiaro il riferimento al passato di Amadeus, quando lavorava in radio. Morandi imbarazzatissimo e sorpreso dalla domanda di Paoli, spiega: "Come che ci fa? Ma è lui che conduce il Festival". E la risposta di Gino Paoli rimarrà negli annali della storia della kermesse canora: "Davvero?". Poi l'artista ha fatto il suo ingresso e davanti al pubblico ha portato in scena un revival della musica italiana.

Estratto dell’articolo di Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera” il 3 aprile 2023.

Ore 22.50: farlo per finta a Sanremo non è reato. A quell’ora non ci sono, o non dovrebbero esserci, bimbi a guardare in tv Fedez e Rosa Chemical che mimano un amplesso. Dopo le polemiche per la performance dei due cantanti all’ultima serata del Festival, finisce archiviata l’inchiesta che vedeva entrambi accusati di atti osceni.

Probabilmente lo show di Rosa Chemical, al secolo Manuel Franco Roncati, non era previsto e forse neppure Fedez sapeva che sarebbe stato coinvolto. […] Terminato il brano gli stampa un bacio sulla bocca. […] alcuni esposti arrivano al pm di Imperia Barbara Bresci che, però, ne chiede l’archiviazione ritenendo che l’accaduto non ha offeso «il senso comune del pudore» ed aveva «finalità di puro spettacolo».

 Anche l’Agicom archivia in quanto la scena era «abbondantemente al di fuori della fascia oraria protetta», che va dalle 16 alle 19, e perché «il registro creativo e la tonalità emotiva» del contesto sono «idonei a stemperarne le criticità» impedendo che «assuma contorni morbosi o scivoli in una volgarità fine a sé stessa».

La stessa canzone, sottolinea l’Authority, a dire di Rosa Chemical, veicola amore e sesso «in una ottica di libertà» come avviene in «numerose performance artistiche» con «allusioni sessuali». Può non essere di buon gusto, ma va ricondotta «nel diritto di espressione artistica quale corollario della libertà di manifestazione del pensiero».

 […] i legali di Fedez […] hanno affermato che le immagini apparse in tv non possono essere considerate «una volgarità fine a sé stessa» contraria al comune senso del pudore perché questo concetto si è evoluto nel tempo e oggi un adolescente trova online canzoni e video sessualmente spinte […] I legali hanno prodotto un video di Fantastico 10 del 1989 in cui anche Renato Zero aveva fatto twerking su uno spettatore senza che accadesse nulla. Il gip ha archiviato perché le immagini sono state trasmesse in fascia non protetta.

Ma quale trasgressione: Ornella Vanoni e Gino Paoli erano molto più avanti di Rosa Chemical e Fedez. Aldo Cazzullo su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

Facciamocene tutti una ragione, anziani e giovani, maggioranza e opposizione: l’arte e lo spettacolo sono da sempre promiscui, fluidi, peccaminosi, poco edificanti

Le cose che canta e fa Rosa Chemical , Renato Zero le cantava – a un livello imparagonabile – e le faceva quarantacinque anni fa: il Triangolo è una canzone del 1978, e se davanti alla tv i miei nonni più incuriositi che scandalizzati mi chiesero se Renato Zero fosse un maschio o una femmina (domanda cui neppure lui avrebbe saputo dare una risposta secca: quando si schiantò in Via Veneto con Roberto D’Agostino su una 500 decapottabile, al Policlinico lo portarono nel reparto femminile, con Dago che urlava: c’è un errore!), già allora qualcuno fece notare che prima di Renato Zero c’era stato David Bowie.

Sabato sera all’Ariston la quota tradizione, già magistralmente interpretata dal trio Morandi-Ranieri-Al Bano, era affidata a Gino Paoli e a Ornella Vanoni. Gino Paoli ha un proiettile conficcato nel cuore: si sparò quando scoprì che l’amata Stefania Sandrelli aveva una storia anche con il suo amico Luigi Tenco, cui purtroppo il suicidio – per altri motivi – riuscì; altro che prendere a calci i vasi di fiori, come ha fatto Blanco replicando casualmente il proprio videclip. Ornella Vanoni ai tempi dell’amore tormentato con Giorgio Strehler ha combinato – e poi raccontato – cose al cui confronto il bacio Rosa Chemical-Fedez è una canzone da oratorio, tipo quella con il coro dei bambini che ha portato Mr Rain a un inatteso terzo posto.

Quanto a Fedez, non ci viene in mente una famiglia più tradizionale della sua con la Ferragni: matrimonio in bianco, subito i bambini, iniziative economiche in comune, e ora mano nella mano tra i fiori di Sanremo. Facciamocene tutti una ragione, anziani e giovani, maggioranza e opposizione: il mondo dell’arte e dello spettacolo è da sempre promiscuo, fluido, peccaminoso, poco edificante. È dall’amore e dalle sofferenze dell’amore che nasce l’arte: anche per questo le canzoni e le storie di Paoli e della Vanoni fanno impallidire quelle dei presunti trasgressivi apparsi al festival, che alla fine hanno fatto la figura di quelli che sono: bravi ragazzi, forse soltanto un po’ tutti uguali come testi, musiche, vestiti. Il pubblico sceglierà.

Per il momento ha scelto il festival di Amadeus – la serata “amarcord” di venerdì ha fatto segnare lo share più alto da quando esiste l’Auditel – e ha scelto un grande artista come Marco Mengoni. Nella cui vita e nella cui musica si intravede anche il dolore; ma nulla in confronto alle figure gigantesche e a lungo incomprese cui sono dedicati oggi la sala stampa e il premio della critica, Lucio Dalla e Mia Martini. Nell’Italia del 1958, uscita dalla ricostruzione e dall’epoca dei papaveri e delle papere, il grido di Modugno apparve trasgressivo. Così come suonò rassicurante che nel 1964, quando l’Italia del boom si preparava a cedere il passo a quella della contestazione, Gigliola Cinquetti cantasse di non avere l’età, e riceveva lettere di ringraziamento per la sua resistenza alla “degenerazione dell’arte musicale e canora imperante in questo avvilente dopoguerra” e alle “molteplici aberrazioni dell’odierna squinternata gioventù”.

Era il tempo in cui Gianni Morandi cantava “C’era un ragazzo che come me”, contro la guerra in Vietnam. “Anch’io sono stato un ribelle” ha ricordato nell’intervista a Renato Franco del Corriere; ma non ribelle abbastanza, negli anni 70 Morandi era considerato un vecchio reazionario, anche se Sgarbi oggi gli rinfaccia di aver sempre votato comunista, cosa a cui storicamente pochi hanno fatto caso. Siccome la lettura della Costituzione davanti al presidente della Repubblica non può essere considerata un caso politico, l’unico momento che può essere seriamente contestato – l’hanno fatto diciotto parlamentari di Fratelli d’Italia – è Fedez che strappa la foto del viceministro Bignami vestito da nazista. Un gesto sbagliato, in un Paese che è sempre esposto al rischio della violenza politica: ieri l’assalto alla Cgil, oggi i cortei anarcoidi. Qualcuno obietterà che pure il viceministro avrebbe fatto meglio, sia pure in gioventù, a non farsi fotografare vestito da nazista; sono quelle cose per cui si finisce per pagare pegno, come sa bene pure il principe Harry.

C’è però una cosa seria. Il caso Zelensky. Bisognava gestirlo meglio. La Rai è stata incerta. Ma è lo stata pure la maggioranza: troppo Zelensky (linea Salvini) o troppo poco (linea Meloni)? E lo è stata pure l’opposizione: Conte contrario, Calenda favorevole, Pd in altre faccende affaccendato. La sensazione è che in realtà uno Zelensky in collegamento in prima serata non lo volesse quasi nessuno. Il suo messaggio è stato giusto ma duro. Ha nominato sei volte la parola vittoria, e mai la parola pace. Anche qui, non facciamo né gli ipocriti né gli ingenui: sui confini orientali del nostro continente infuria una guerra senza tregua, che finirà se e quando gli Stati Uniti d’America porteranno Zelensky e Putin al tavolo delle trattative. L’Italia, come ricorda la Costituzione, è una democrazia, e quindi non può che stare al fianco della democrazia ucraina. Se le parole di Zelensky dovevano servire a riportarci alla gravità e alla serietà del tempo che ci è dato in sorte, allora sono servite, sia pure alle 2 di notte. Sanremo, purtroppo, è finito. Se la maggioranza deciderà – come si è sempre fatto – di esprimere i propri vertici Rai, sarebbe saggia a non usarlo come pretesto.

(ANSA il 12 febbraio 2023) Il talento, la bellezza e l'eleganza di Luisa Ranieri che scende le scale con un abito nero lungo sexy e uno spacco vertiginoso che lascia intravedere la biancheria intima non lascia indifferente il web. Qualcuno paragona la scena a quella iconica di Belen con la farfallina in vista. "Ma guarda che bella ragazzona", esclama Gianni Morandi. Luisa Ranieri, 49 anni, protagonista della fiction di Rai1 'Lolita Lobosco' nei panni di una commissaria barese si lancia in una gag con Morandi e Amadeus giocando con il dialetto. Secondo molti è pronta per co condurre la prossima edizione di Sanremo.

Alberto Dandolo per Dagospia il 12 febbraio 2023.

- Una scatenatissima Serena Bortone si è concessa feste e uscite a tarda notte. La conduttrice di "Oggi è un altro giorno" è apparsa spesso in giro "scortata" da Alessandro Egger, ex concorrente di "Ballando con le Stelle", ora tra gli affetti stabili. Tra i due è nata una bella amicizia, che feeling!

 - Ma Shari e Salmo sono una coppia? Le voci circolano ormai da mesi. Lei tra i big in gara, dopo un passaggio a Sanremo Giovani, lui al Festival nella serata duetti e per ben due volte si è esibito sulla nave Costa Smeralda. Sono spesso insieme, c'è chi assicura l'esistenza di una relazione ma loro non forniscono commenti. Mistero irrisolto. Per ora.

- Le notizie che non vi cambieranno certamente la giornata. Quest'anno a Sanremo hanno letteralmente riaperto le gabbie. C'erano una volta i sosia di Pavarotti e Liz Taylor, ora la città è stata invasa da prezzemoloni del piccolo schermo e dei social. Alla lista aggiungete anche Donna Imma Polese del "Boss delle Cerimonie" e l'Uomo Gatto fu protagonista di "Sarabanda".

- Elena Sofia Ricci, Francesco Arca, Luisa Ranieri, Carolina Crescentini e il cast di Mare Fuori. Tutti attori delle fiction Rai che sono sbarcati in Riviera per ragioni promozionali, proprio per questo motivo non hanno percepito alcun cachet.

- La scalata per un posto in prima fila per Alba Parietti non è andata in porto. Non ci sono più i Festival di Sanremo di una volta, questa volta si è accontentata di qualche quarta fila ma anche di una seconda. Caro Amadeus, per il 2024 organizzati: abbiamo bisogno di certezze!

- "No oggi in culo no. Non posso. Stasera mi devo esibire e non voglio deambulare male". Questa la lapidaria frase che la famosissima cantante ha detto al suo ex e dotato fidanzato incontrato a Sanremo e col quale tutt'ora intrattiene ottimi rapporti e che ogni tanto incontra per qualche sex session. Di chi stiamo parlando?

- Gira voce che Rosa Chemical, promotore del sesso libero, abbia ben poco da condividere con Francesco Gabbani o Rocco Siffredi. A sostenerlo è una sua ex amante. Chi è questa esuberante donzella?

 - In gara a Sanremo c'era un cantante molto amato, uno che riempie gli stadi. Peccato che le ex fidanzate la pensino tutte allo stesso modo. “Riempie, si..ma alla velocità della luce! Fa solo canzoni brevi". Cosa mai vorranno dire? Ah, non saperlo...

 - Cosa e chi c'è "dietro" la svolta birichina di Levante? Un uomo o una donna? Chi vivrà vedrà...

Pupo per Dagospia il 12 febbraio 2023.

Una volta a Sanremo cantavamo "Grazie dei fiori", oggi cantiamo "Grazie del fioraio". Che vincesse Mengoni era chiaro, ma che la cinquina finale fosse composta da soli uomini (I Pooh direbbero "Uomini soli") non era prevedibile. E così, amico caro, anche questo Festival se ne è andato o meglio, come dici sempre tu, ce lo siamo levati dalle palle. Si parla già però del prossimo, ma devo dire con meno curiosità ed attesa del solito.

 Sicuramente perché già sappiamo che alla guida ci sarà sempre lui, il Re Mida Amadeus. Sono sicuro che è già al lavoro per individuare il sostituto di Gianni Morandi. Non sarà facile trovare un artista "vivente" con le sue caratteristiche ed il suo livello perciò, qualcuno già ipotizza un Morandi bis.

Si parla anche di Adriano Celentano e, udite udite, di un possibile ritorno di Mina. D'altronde, dopo Sergio Mattarella, niente per Amadeus sembra impossibile. Di certo non sarà Memo Remigi. Troppo rischioso. Hai saputo che anche in Russia, grazie al satellite Hot Bird (Uccello Caldo), il satellite preferito da molti artisti e dirigenti presenti quest'anno a Sanremo, hanno potuto seguire il Festival?

 Chissà cosa avranno pensato quando Amadeus ha letto (io non lo avrei mai fatto) il discusso messaggio di Zelensky. Ho trovato molto interessante la dichiarazione della Ferragni, quando ha detto che è molto più rilassante guardare il Festival da casa, in pigiama, con su una maschera anti-age, seduti sul divano con la famiglia (magari con in mezzo anche Rosa Chemical), che stare lì sul palco. Sticazzi!!!! Ma vogliamo parlare di Gino Paoli e di Ornella Vanoni?

Queste, come quella di Peppino Di Capri il giorno prima, non sono celebrazioni, ma cannibalizzazioni televisive! Secondo me più adatte a Barbara D'Urso che al Festival di Sanremo. È chiaro che la gente rimanga incollata al video! Le canzoni (spesso eseguite in maniera imbarazzante) anche se leggendarie, in questo caso passano in secondo piano. La vera attesa la creano le loro esternazioni prive di filtri ed i loro racconti quasi sempre sopra le righe o addirittura deliranti. Perciò, imperdibili.

Comunque, voglio sapere il nome del chirurgo estetico che ha trasformato la Vanoni nella nonna di "Joker". Devo chiedergli un consiglio per me. Ti confermo infine che, nessuna canzone di questo Festival rimarrà nella storia. Attenzione,  questo è solo il mio parere. Potrei tranquillamente sbagliarmi.

 È già successo. Ricordo che un giorno, insieme a Umberto Tozzi e Gianni Morandi, ascoltai in anteprima la canzone che Tozzi doveva portare a Sanremo nel 1991: “Gli altri siamo noi”. Anche in quell' occasione dissi convinto che per me era una cagata pazzesca. Morandi era dell'idea opposta e così scommettemmo dei soldi. La canzone ebbe un successo enorme ed io persi la scommessa e feci una figura di merda. Perciò, amici cantanti del Festival, non prendetemi mai troppo sul serio. Comunque, sempre lunga vita a Sanremo che, oltre a farci divertire, sfama anche un sacco di famiglie. Pupus in fabula te salutant.

I VOTI.

(ANSA l’11 Febbraio 2023) Colapesce Dimartino, con il brano "Splash", vince il Premio della Critica "Mia Martini". Alla coppia 29 voti dei giornalisti accreditati presso la Sala Stampa. Al secondo posto Gianluca Grignani con 23 voti, al terzo Coma_cose con 11. Cinque preferenze per Marco Mengoni e per Tananai. In totale sono stati espressi 92 voti, tutti validi.

Colapesce Dimartino si aggiudicano con il brano Splash il Premio della Sala Stampa Lucio Dalla. Alla votazione hanno partecipato i colleghi di 70 testate accreditate presso la medesima sala stampa.

(ANSA il 12 Febbraio 2023) - SANREMO, 12 FEB - Sono i Coma-Cose per il brano L'addio a vincere il Premio "Sergio Bardotti" per il miglior testo, assegnato dalla Giuria degli esperti.

(ANSA il 12 Febbraio 2023) - SANREMO, 12 FEB - E' Marco Mengoni per il brano Due vite a vincere il Premio "Giancarlo Bigazzi" per la miglior composizione musicale, assegnato dall'Orchestra del Festival.

Sanremo 2023, ecco i premi speciali. Il Domani il 12 febbraio 2023

Il premio alla carriera è stato assegnato a Peppino Di Capri venerdì sera, sabato sono arrivati tutti gli altri

Al Festival di Sanremo 2023 sono stati assegnati anche i premi speciali. Il premio alla carriera è stato assegnato a Peppino Di Capri venerdì sera, sabato sono arrivati tutti gli altri.

Il Premio Lucio Dalla è assegnato dalla sala stampa: Colapesce e Dimartino con Splash

Premio Martini della Critica: Colapesce e Dimartino

Premio Sergio Bardotti per il miglior testo: Coma_Cose con L’Addio

Premio Giancarlo Bigazzi per la musica: Marco Mengoni, Due vite

Sanremo 2023: chi ha vinto per il televoto, la sala stampa e la giuria demoscopica. I dati spacchettati. Redazione Online su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

Cosa dicono i dati relativi alle votazioni delle tre categorie coinvolte

Marco Mengoni non ha vinto. Ha stravinto il Festival di Sanremo. Lo confermano i dati spacchettati relativi ai voti della stampa, della giuria demoscopica e del televoto.

I suoi rivali, al contrario, cambiano posizione in ogni graduatoria: Tananai, per esempio, è terzo per i giornalisti, ultimo per la giuria demoscopica e per il televoto; Ultimo, invece, sarebbe arrivato secondo considerando solo il televoto, mentre la sala stampa lo ha relegato al quinto posto.

Sala stampa, tv, radio e web hanno votato così nella seconda fase della finale (1:46-02:21):

1 Marco Mengoni

2 Lazza

3 Tananai

4 Mr. Rain

5 Ultimo


 

La giuria demoscopica ha votato così:

1 Marco Mengoni

2 Mr. Rain

3 Lazza

4 Ultimo

5 Tananai


 

Per il televoto:

1 Marco Mengoni (32,31%)

2 Ultimo (20,38%)

3 Lazza (18,27%)

4 Mr. Rain (17,87%)

5 Tananai (11,15%)


 

FINALE

1 Marco Mengoni (45,53%)

2 Lazza (16,64%)

3 Mr. Rain (14,42%)

4 Ultimo 12,24%

5 Tananai 11,15%

Ci sono però altri dati interessanti nel report completo diffuso dalla Rai.

La prima parte della serata finale, prima che i voti venissero «azzerati» per il voto ai 5 «superfinalisti», vede una classifica diversa : primo è sempre Mengoni, con il 21,19 per cento dei voti, seguito però da Ultimo (15,67 per cento) e da Mr.Rain (14,8 per cento). Lazza e Tananai erano, rispettivamente, quarto e quinto, con Madame sesta.

E ancora: Mengoni ha vinto tutte le serate tranne una, la terza, in cui è stato sopravanzato da Ultimo. Dietro i due, si era piazzato Mr. Rain, con Lazza e Tananai ai piedi del podio.

Infine, nella serata dei duetti, Giorgia è stata a un passo dalla vittoria: l'artista , che ha duettato con Elisa, era prima per la giuria demoscopica (Mengoni secondo, terzo Lazza) e prima anche per la sala stampa (con Mengoni sempre secondo ed Elodie terza). A determinare la vittoria di Mengoni - e un podio clamorosamente senza Giorgia, finita al quarto posto - è stato il televoto: Mengoni è risultato primo, con il 20,58 per cento, tallonato da Ultimo (che ha cantato con Eros Ramazzotti), con il 20,55 per cento; al terzo posto Lazza (11,88 per cento), e «solo» quarta Giorgia, con il 7,8 per cento. La classifica finale della serata dei duetti ha visto quindi la vittoria di Mengoni, seguito da Ultimo e da Lazza.

Marco Mengoni ha vinto il Festival di Sanremo. DANIELE ERLER su Il Domani il 12 febbraio 2023

Era il favorito della vigilia e si è confermato vincitore. Secondo Lazza. I cinque finalisti sono tutti maschi e lui se ne accorge: «Dedico questo premio a tutte le cantanti donne che hanno partecipato al fesival», ha detto

Il cantante Marco Mengoni, di 34 anni, ha vinto il 73° festival di Sanremo con la canzone Due vite. Lo ha fatto rispettando perfettamente i pronostici della vigilia e al termine di una cavalcata senza intoppi. È rimasto primo dal martedì al sabato e, per non farsi mancare nulla, ha vinto anche la serata dei duetti e il premio Giancarlo Bigazzi per la musica. Ha dedicato il premio a tutte le donne del festival, sottolineando che i cinque finalisti erano tutti maschi (secondo si è classificato a sorpresa Lazza, terzo Mr. Rain).

Per Mengoni è il secondo successo all’Ariston, dopo quello del 2013 con L’essenziale. Non sono molti gli artisti che possono vantare lo stesso titolo di bi-vincitore fra i big di Sanremo: da oggi lui è il decimo e si affianca, fra gli altri, a Nilla Pizzi, Anna Oxa e Matia Bazar. Solo in tre hanno fatto di meglio: Iva Zanicchi (tre volte), Domenico Modugno e Claudio Villa (quattro volte).

L’EMOZIONE DELLA VITTORIA

L'annuncio è arrivato intorno alle due e mezza di notte. Già al mattino della finale, durante la conferenza stampa in cui era stato accolto da gran favorito, Mengoni aveva dimostrato la sua emozione.

«Questo Sanremo me lo sto godendo tantissimo e vorrei mollare ancora di più le redini», aveva detto scoppiando a piangere. «Uno dei miei difetti è però che sono molto emotivo». In realtà il pubblico italiano non sembra disprezzare questa emotività.

In ordine di classifica, dopo Mengoni sono arrivati Lazza, Mr. Rain, Ultimo e Tananai. Tutti uomini appunto, come ha detto Mengoni.

DUE VITE

In un’intervista a Domani, Mengoni ha spiegato che Due vite, la canzone che ha vinto Sanremo, è una condivisione di ciò che ha vissuto negli ultimi anni. «Anche se all’interno ha un’apocalisse lunare, qualcosa di lontano e di notturno».

È una sorta di viaggio introspettivo, in cui ha imparato ad accettare ogni aspetto della sua esistenza. «E ci siamo fottuti ancora una notte/ fuori un locale/ E meno male/ Se questa è l’ultima/ canzone e poi la luna esploderà/ Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai».

DANIELE ERLER. Giornalista trentino, in redazione a Domani. In passato si è laureato in storia e ha fatto la scuola di giornalismo a Urbino. Ha scritto per giornali locali, per la Stampa e per il Fatto Quotidiano. Si occupa di digitale, tecnologia ed esteri, ma non solo. Si può contattare via mail o su instagram.

Il legame con il nonno, il lavoro come barista, il trionfo nel 2013: tutto su Marco Mengoni, il vincitore di Sanremo 2023. Barbara Visentin su Il Corriere della Sera il 12 dicembre 2023.

Il cantautore, 34 anni, ha trionfato di nuovo all’Ariston 10 anni dopo la vittoria con «L’essenziale»

Era arrivato all’Ariston da favorito e aveva provato a stemperare il peso delle aspettative dicendo di volersi divertire senza pensare troppo alla gara: «Se si vince bene, sennò l’importante è partecipare», aveva commentato nelle interviste della vigilia, ribadendolo anche sabato mattina nell’ultima conferenza stampa, quando si era anche commosso.

Ma non c’è mai stata gara, e fin dalla prima sera, il Festival di Sanremo 2023 è sempre stato di Marco Mengoni. Una vittoria annunciata , arrivata 10 anni dopo il suo primo trionfo sanremese con «L’essenziale» nel 2013, per un’edizione che l’ha visto sempre in testa alle classifiche provvisorie, sia nelle serate in cui proponeva il suo brano «Due vite» sia nella serata delle cover, dove è arrivato primo con la sua interpretazione di «Let it be» in chiave gospel.

Tutto il racconto della finale di Sanremo

Il cantautore di Ronciglione (in provincia di Viterbo) ha così aggiunto un nuovo trofeo alla sua collezione di premi, inaugurata alla fine del 2009 quando ha vinto la terza edizione di «X Factor», concorrente della squadra di Morgan nella categoria 16-24 anni, presentatosi ai provini con una voce e un’estensione a cui era impossibile rimanere indifferenti.

Classe 1988, nato il giorno di Natale («Non ho mai avuto la festa di compleanno. Da bambino avevo un po’ di invidia per gli altri amichetti... Adesso festeggio quando mi pare, invito gli amici e cucino io», ha raccontato in un’intervista a 7), Marco cresce con il nonno paterno, Sestilio, perché i genitori sono molto impegnati con il lavoro: «Stavo con lui nell’orto e in campagna», dice. Da ragazzino racconta di aver sofferto di dismorfismo: «Pesavo quei 106 chili, avevo i capelli lunghi che mi coprivano gli occhi quasi a non voler far individuare il mio stato d’animo. Più avanti ho fatto fatica a capire il confine fra bellezza oggettiva e soggettiva proprio per il dismorfismo, che è una patologia, e così ho iniziato a lavorare su me stesso.

Prima di approdare a «X Factor» Marco studia canto: da adolescente si fa le ossa nei locali con un quintetto vocale e poi a 16 anni si lancia come solista, cantando nei piccoli club, ai matrimoni, in ogni situazione gli si presenti davanti. Per comprarsi microfoni e attrezzature musicali, fa il barista e poi il barman, ma anche lavoretti «tipo pulire i cessi dei ristoranti di qualche amico di famiglia durante l’estate», racconta. La passione gli arriva dalla mamma, Nadia Ferrari, che ha un negozio, ma nel tempo libero canta nei pianobar: «Alle medie mi obbligò a prendere lezioni di pianoforte. Non sopportavo i solfeggi...», dice ancora.

Appassionato di equitazione e di pittura, a 19 anni si trasferisce a Roma, iscritto a Lingue, e lavora come fonico negli studi di registrazione. Quando approda a «X Factor» ha 20 anni: vincendo il talent si aggiudica un contratto discografico e anche l’automatica partecipazione a Sanremo, nel 2010, dove arriva terzo dietro a Pupo, Luca Canonici & Emanuele Filiberto e a Valerio Scanu (il vincitore). La sua carriera decolla, tra premi, album e decine di dischi di platino: è il primo italiano a vincere il «Best European Act» agli Mtv Europe Music Awards (lo vince nel 2010 e nel 2015), il primo italiano a cantare alla Billboard Film & Tv music conference di Los Angeles... e la lista è lunga.

Oggi la sua voce riempie gli stadi (lo scorso anno ha debuttato a San Siro con un sold out da 54mila persone e quest’anno si replica, tra Bibione, Padova, Salerno, Bari, Bologna, Torino e Milano) e la sua creatività si lancia in progetti anche eclettici: gli ultimi due album fanno parte di una trilogia, «Materia», che contiene contaminazioni e sperimentazioni, in attesa del prossimo capitolo.

La classifica finale di Sanremo 2023: vince Mengoni, ecco il podio e tutti gli altri premi. Marco Leardi il 12 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Mengoni trionfa, Ultimo beffato: è giù dal podio. Giorgia solo sesta, Elodie soprassata da Rosa Chemical. La classifica finale completa del festival di Sanremo

Il gradino più alto del podio l'ha conquistato Marco Mengoni, seguito da Lazza. Terzo classificato Mr. Rain. Beffato nel finale Ultimo, solo quarto. Ecco svelata la classifica finale del festival di Sanremo 2023. Il podio lo ha designato la sfida finale a cinque, iniziata dopo che all'Ariston erano state svelate le posizioni dalla 28esima alla sesta. Ha sorpreso il sesto posto per Giorgia, penalizzata forse da alcune dinamiche di voto. Solo nona Elodie, sorprassata da Rosa Chelical (ottavo posto). ventunesimi i Cugini di Campagna. Ultimo posto per Sethu.

Il Premio della critica Mia Martini e il Premio della Sala Stampa Lucio Dalla è stato assegnato al duo Colapesce e Dimartino. Il Premio Sergio Bardotti per il miglior testo è stato invece conquistato dai Coma_Cose con L'addio. Premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale, assegnato dall'orchestra, a Marco Mengoni.

Sanremo 2023, ecco la classifica finale

1) Marco Mengoni - Due vite

2) Lazza - Cenere

3) Mr. Rain - Supereroi

4) Ultimo - Alba

5) Tananai - Tango

6) Giorgia – Parole dette male

7) Madame – Il bene nel male

8) Rosa Chemical – Made in Italy

9) Elodie – Due

10) Colapesce Dimartino – Splash

11) Modà – Lasciami

12) Gianluca Grignani

13) Coma_Cose – L’addio

14) Ariete – Mare di guai

15) LDA – Se poi domani

16) Articolo 31 – Un bel viaggio

17) Paola e Chiara – Furore

18) Leo Gassmann – Terzo cuore

19) Mara Sattei – Duemilaminuti

20) Colla Zio – Non mi va

21) Cugini di Campagna – Lettera 22

22) Gianmaria – Mostro

23) Levante – Vivo

24) Olly – Polvere

25) Anna Oxa – Sali

26) Will – Stupido

27) Shari – Egoista

28) Sethu – Cause perse

Cosa è successo durante la serata finale di Sanremo 2023

L'inno d'Italia ha aperto la serata finale del festival 2023, come da tradizionale sanremese. Poi il commovente ricordo di Lucio Dalla affidato alla voce di Gianni Morandi. Spazio quindi alle 28 canzoni in gara per l'ultimo giro di valzer: l'ultima esibizione di questa kermesse. Tra le esibizioni più applaudite, quella di Marco Mengoni, Giorgia, Lazza. Ovazione anche per Madame. Da segnalare il siparietto osé improvvisato da Rosa Chemical con Fedez. E alla fine, a giocarsi il podio sono stati Mengoni (poi risultato vincitore), Ultimo, Tananai, Lazza e Mr Rain. Durante la serata si sono anche esibiti, come super ospiti, i Depeche Mode. E nella parte finale è arrivata all'Ariston anche la tanto attesa (e discussa) lettera del presidente ucraino Zelensky.

Dagospia il 12 dicembre 2023. Marco Mengoni vince la 73esima edizione del Festival di Sanremo.

 Questa la classifica finale

1 Marco Mengoni

2 Lazza

3 Mr Rain

4 Ultimo

5 Tananai

Il premio della critica «Mia Martini» se lo aggiudicano Colapesce e Dimartino che conquistano anche quello della sala stampa. Il riconoscimento per il miglior testo va invece ai Coma Cose. E il premio per l’arrangiamento musicale va a Mengoni.

Da repubblica.it l’11 dicembre 2023.

Durante la sua esibizione in gara con Made in Italy Rosa Chemical ha "prelevato" Fedez dalla platea e lo ha portato con sé sul palco e gli ha stampato un bacio sulle labbra alla fine della canzone. "Questo è il festival dell'amore!", ha esclamato, prima di uscire di scena.

Estratto da fanpage.it l’11 dicembre 2023.

(...) Dopo aver parlato del rapporto con Gianni Morandi, Gino Paoli ha atteso qualche minuto prima di cominciare il brano Sapore di sale. Il cantante ligure ha infatti cominciato a raccontare alcuni segreti sul passato di Little Tony, collega nell'etichetta RCA: "Il migliore è stato Little Tony: era venuto a fare il canzoniere e la sua donna gli aveva fatto le corna con un paio di uomini in casa di Tony". La sorpresa del pubblico e il fervore dei minuti seguenti è stato subito messo a tacere dei conduttori, che hanno accompagnato Gino Paoli vicino al microfono per esibirsi con Sapore di sale, ma soprattutto Il cielo nella stanza.

Da adnkronos.com l’11 dicembre 2023.

"Domani i dirigenti andranno tutti a casa, però è stupendo". Sul palco dell'Ariston nella serata finale di Sanremo 2023 arriva via diretta Instagram l'ironia graffiante di Fiorello. "Devo dire che è una puntata tranquilla, serena. Vi siete guadagnati la prima pagina dell'Avvenire domani", dice riferendosi al bacio tra Rosa Chemical e Fedez. "Pensate se Rosa Chemical avesse fatto la scena che ha fatto con Fedez con gli artigiani della qualità seduti sul divano", aggiunge tra le risate dell'Ariston.

 Poi Fiorello chiede ad Amadeus notizie del direttore dell'Intrattenimento di Prime Time, Stefano Coletta, costretto in sala stampa a rispondere alle domande sul rap politico di Fedez. "Inquadratemelo. Fatemelo vedere per l'ultima volta. Hai controllato i testi di Gino Paoli?", chiede riferendosi alle polemiche sul testo del freestyle di Fedez. "Comunque dopo Rosa Chemical, Achille Lauro sembrava Cristina D'Avena". Poi il giudizio definitivo sul festival 2023: "Neanche il bar di guerra stellari".

La classifica definitiva di Sanremo 2023 e tutti i premi. Arianna Ascione su Il Corriere della Sera il 12 dicembre 2023.

Ecco le posizioni dei 28 cantanti in gara al 73mo Festival della canzone italiana, vinto da Marco Mengoni

Marco Mengoni è il vincitore del Festival di Sanremo 2023. Amadeus, Gianni Morandi e Chiara Ferragni hanno annunciato tutta la classifica definitiva dei 28 cantanti in gara, dopo che i primi cinque si sono ri-esibiti e sono stati rivotati da pubblico e giurie.

IL PAGELLONE FINALE DI SANREMO 2023

GLI ASCOLTI DELLA FINALE

LA CLASSIFICA E TUTTI I PREMI

L’IRA DELLA PREMIER MELONI E IL CASO FEDEZ

1. Marco Mengoni

2. Lazza

3. Mr. Rain

4. Ultimo

5. Tananai

6. Giorgia

7. Madame

8. Rosa Chemical

9. Elodie

10. Colapesce Dimartino

11. Modà

12. Gianluca Grignani

13. Coma Cose

14. Ariete

15. LDA

16. Articolo 31

17. Paola & Chiara

18. Leo Gassmann

19. Mara Sattei

20. Colla Zio

21. Cugini di campagna

22. gIANMARIA

23. Levante

24. Olly

25. Anna Oxa

26. Will

27. Shari

28. Sethu

Il premio della critica Mia Martini (così come quello della Sala stampa Lucio Dalla) è andato a Colapesce e Dimartino con «Splash». Mengoni —vincitore di Sanremo 2023 — si è aggiudicato anche il Premio «Giancarlo Bigazzi» per la miglior composizione musicale, assegnato dall’Orchestra del Festival. Il premio Sergio Bardotti per il miglior testo, assegnato dalla commissione musicale, è stato assegnato infine ai Coma_Cose, in gara con «L’addio».

La classifica è stata ottenuta azzerando il televoto dopo quella parziale elencata fino al sesto posto e riaprendolo per i cantanti nelle prime cinque posizioni che hanno anche ricantato la loro canzone: la cinquina à stata rivotata da televoto (che pesa sulla classifica per il 34%), demoscopica (33%) e sala stampa (33%).

Le pagelle della finale di Sanremo 2023, live: Madame universale (8), Cugini di Campagna zavorrati dalle paillettes (4). Renato Franco e Andrea Laffranchi, inviati a Sanremo, su Il Corriere della Sera l’11 dicembre 2023.

I giudizi ai protagonisti della 73esima edizione del Festival della canzone italiana: Paola e Chiara da 4, Tananai da 7,5

Marco Mengoni, voto 9

Ha centrato le performance, sia vocale che fisica, sin dalla prima esibizione. La voce senza sbavature che sembra un test per calibrare i livelli audio del televisore. Mengoni — che ha trionfato, al Festival — è stato l’unico fra quelli in gara che ha interpretato il palco televisivo con un’attitudine da show live, come se l’Ariston fosse immerso in uno di quegli stadi che affronterà la prossima estate. La cover con cui ha vinto anche la serata dei duetti («Let It Be») è stata la ciliegina sulla torta.

Mara Sattei, voto: 6. Leo Gassmann voto 6,5

Mara Sattei, voto 6

Qualche imperfezione nella performance della finale non cambia il giudizio sulla sua voce elegante. Con il fratello thasup e Damiano dei Maneskin a firmare il pezzo ci si poteva aspettare qualche rischio in più, invece sta nel classico.

Leo Gassmann, voto 6,5

Ha fatto un passo avanti ogni sera. E ogni passo lo libera anche dal peso del cognome

Tananai, voto: 7,5

Senza tirare in ballo le sacre scritture... Ultimo lo scorso anno, colpa anche delle stecche, con l’autoironia aveva trasformato la sconfitta di «Sesso occasionale» in tormentone. Ha preso lezioni di canto, con «Tango», che parla di relazioni a distanza, ha mostrato un lato romantico. La sorpresa è il video: un collage di immagini private (dallo spensierato al drammatico) prese dai cellulari di una coppia ucraina: Maxim richiamato al fronte, Olga sfollata in Italia.

Colapesce e Dimartino, voto: 8

Il cantautorato profondo, sentimentalmente impegnato, radical chic... Altro che musica leggerissima... «Splash» invece non è una canzone che parla soltanto al cervello, ma arriva anche alla pancia e alle gambe. Si può scegliere dove farsi colpire da questo che è pop nel senso più nobile del termine. Lo «splash» finale è un gesto tragico del protagonista schiacciato dalle aspettative o una fuga da una realtà alienante?

Elodie, voto: 7,5

Ha dimostrato di non avere bisogno di spingere sulla sensualità. Misurata, elegante, precisa vocalmente. Una storia finita male, le citazioni per la Mina di “Se telefonando”, un ritornello che ti circonda come gli indiani con la carovana. Sei spacciato.

Lazza, voto: 7,5

Lazza è arrivato qui con il titolo di fenomeno trap e 18 settimane al numero 1 con Sirio. Ha cambiato pelle e Cenere lo porta verso un urban dance che ne allarga l’orizzonte. Primo risultato, la 19esima settimana in vetta classica, record di Vasco uguagliato.

Giorgia, voto: 6,5

Ha affrontato Sanremo come un diesel, partenza ingolfata, a regime nello straordinario duetto con Elisa (chi non ha avuto i peli dritti non ha un cuore), in crociera controllata nella finale. “Parole dette male” è un pezzo non all’altezza della sua storia.

Depeche Mode, voto: 8

Finalmente dei superospiti internazionali degni del superlativo. Presenza che diventa ancora più preziosa visto che è la prima volta in assoluto senza Andy Fletcher, il tastierista scomparso a maggio. Dave Gahan e Martin Gore portano le atmosfere dark di «Ghosts Again» dal nuovo album «Memento Mori« (esce il 17 marzo) e rispolverano quel capolavoro di «Personal Jesus».

Madame, voto: 8

Uno storytelling che abbraccia una storia universale, quella di una puttana e di un suo ex cliente. Una scrittura difficile da ritrovare negli artisti della generazione Z che preferiscono perdersi nel conteggio dei pelucchi dell’ombelico, ma contemporanea

nel suono e nell’arrangiamento con l’autotune (ha funzionato anche su De André nel duetto con Izi) e un ritmo tribale. Non è questo il posto per discutere di falsi vaccini.

Gino Paoli, voto: 6

In quota padri della patria. E’ fuori forma. Sono cose che fanno male alla memoria di tutti e gli applausi sono solo al ricordo delle canzoni.

Rosa Chemical, voto: 8

Vede Fedez in platea e gli scatta la scintilla: scende dal palco e lo trasforma nel suo sex toy, ci si struscia twerkando e poi scatta un limone vero. Questo sì che è punk...

I Cugini di Campagna, voto: 4

Per fiducia nella Rappresentante di lista che firma il pezzo abbiamo sperato che la canzone potesse crescere, ma era zavorrata da zeppe e paillettes.

Paola e Chiara, voto 4

La reunion delle sorelle Iezzi attesa per dieci anni dai fan si è trasformata in un’occasione buttata via. «Furore» vorrebbe citare Raffaella Carrà, ma siamo distanti anni luce dal mito. La performance vocale traballante non ha aiutato. È pure mancata un’idea di coreografia da rendere virale su TikTok. C’erano più idee nella serata cover dove hanno proposto un mashup delle loro hit con gli Abba, Kylie Minogue, Gloria Gaynor...

Al Bano, Morandi e Ranieri, voto 9

I tre tenori pop, il dream team della canzone italiana. Per chi li ascoltava nell’epoca d’oro è stato un regalo. Per chi li snobbava in nome della purezza angloamericana è stato un tuffo nella memoria popolare e condivisa. Tre carriere che non si erano mai incontrate, al massimo scontrate (e un po’ di competizione si vedeva nello sguardo dei tre l’altra sera). Adesso bisogna solo che aprano le agende per mettere in piedi un tour.

Francesca Fagnani, voto 6

Nonostante la fama da giornalista con la tempra da Belva come da suo format tv («vengo in pace Amadeus, stai sereno») Francesca Fagnani sa essere ironica («scendere le scale qui è come fare la Parigi-Dakar; una donna che guarda i gradini non è degna, io però li ho guardati tutti») ma è anche impegnata, vedi alla voce monologo che esce dalla circonvallazione dell’Io di Chiara Ferragni per parlare di temi sociali.

Paola Egonu, voto 6

Al terzo monologo si avverte il peso di un format narrativo che sta diventando ripetitivo, una scorciatoia per mancanza di idee. I temi sono sempre lodevoli, la resa lascia a desiderare. Nel caso di Paola Egonu poi si capisce poco lo scarto tra le dichiarazioni pubbliche («l’Italia è un Paese razzista») e le parole in scena («amo l’Italia»). Il pregiudizio si conferma: i campioni sul campo non è detto che lo siano anche sul palco.

Chiara Francini, voto 7

Sul palco non porta se stessa ma la sua versione da attrice, interpretando il ruolo di una donna (forse) troppo artatamente naif e (sicuramente) troppo ridanciana. Il suo monologo però è il migliore di tutti e affronta un tema (la maternità mancata) che tocca molte donne ma che si preferisce sottacere in nome di un entusiasmo immotivato che, come dice Sorrentino, è il sentimento più orrendo dell’essere umano.

Ariete, voto 6,5

Ha faticato a prendere confidenza con il palco, sentiva gli squali del mare che conta girarle intorno, ma la canzone è una perla

Levante, voto 7

A un anno dalla nascita di sua figlia, Levante si guarda dentro e descrive il ritorno, fisico e mentale, dopo il baby blues. Lei domina il pezzo, lo porta come e dove vuole

Mr Rain, voto 4

Una narrazione banale per un tema importante come quello della depressione: dai momenti bui si esce facendo squadra come i supereroi. Che c’entra con questo un coro di bambini?

Ultimo, voto 7

Il crescendo della canzone è difficile da gestire perché parte scavando in basso, ma quando arriva la parte esplosiva diventa trascinante

Ornella Vanoni, voto 6,5

Stralunata come sempre, ma al netto di qualche incertezza ha ancora una voce sensuale. E il suo repertorio è di tutti

Anna Oxa, voto 4

La voce, il look da film sci-fi, l’arrangiamento ridondante… tutto con una carica retorica che schiaccia la canzone

Fiorello, voto 8

A differenza di Nanni Moretti, Rosario Fiorello si nota uguale sia se viene sia se non viene. Era qui ogni sera (o meglio notte) con un collegamento di cinque minuti che da solo vale il prezzo della bolletta della luce. La battuta da incorniciare è quando chiede ad Amadeus dell’allarme bomba legato alla scoperta di una borsa abbandonata con cartucce e polvere da sparo: «Era la borsa dei trucchi di Rosa Chemical». Genio.

Gianluca Grignani, voto 5,5. Articolo 31, voto 5. Modà, voto 6

Gianluca Grignani, voto 5,5

Ha esposto le sue fragilità, passate e presenti. La canzone c’era, non sempre c’è stato lui.

Coma Cose, voto 7,5

Sul palco si sente l’intesa, sia artistica che di coppia. La canzone che racconta una crisi che hanno attraversato e superato è un concentrato di emozioni e dolcezza

Amadeus, voto 8

Al suo primo Sanremo era un po’ Willy il coyote che rimane con la dinamite in mano. Ma dopo quattro anni non si fa più fregare dallo struzzo. La sua metamorfosi da conduttore democristiano (un paradigma per sopravvivere in Rai) a condottiero senza macchia («nessun politico deve dirmi cosa devo fare») è completa. I numeri sono la sua forza, lo spettacolo funziona, per una settimana non si è parlato d’altro.

Gianni Morandi, voto 8

L’immagine con la scopa in mano a spazzare il palco dell’Ariston è la cartolina di questo Festival. Un uomo (udite udite) che fa quello che in casa per stereotipo si lascia fare alle donne. Non solo. Per di più un uomo famoso che però non ha dimenticato l’umiltà delle sue origini. Cantante e conduttore, ospite e padrone di casa, piazza il colpo da maestro quando si mette a cantare le sue canzoni più brutte. Uno su mille ce la fa. Ed è lui. Un gigante.

I sei giovani, voto 5; LDA, voto 5,5

Pagella cumulativa per i sei che Amadeus ha voluto portare in gara da Sanremo Giovani. Ne bastavano due come in passato: gIANMARIA (7 pieno, si sente che ha dentro un mondo da raccontare. E lo fa con una profondità e complessità che lo staccano dal linguaggio da social della Gen Z. E sul palco ci sta con un’ingenuità che non è un limite) e Olly (6,5). Il Festival ne avrebbe guadagnato in qualità media delle canzoni e durata. Will, Sethu, Colla Zio e Shari (foto), nonostante lei abbia Salmo come autore e discografico, si sono persi negli ingranaggi. Il pubblico fatica già ad elaborare così tanti brani nuovi, figuriamoci se nuovi sono pure gli artisti.

Sanremo 2023, trionfa Marco Mengoni: le pagelle della finale. Gabriele Antonucci su Panorama il 12 Febbraio 2023

Vittoria ampiamente prevista del cantante di Due vite. Al secondo posto Lazza seguito sul podio da Mr. Rain.

Più che una finale di Sanremo, un vero e proprio sequestro di persona, visto che soltanto alle 2.35 è stata decretata la vittoria (ampiamente prevedibile) di Marco Mengoni con Due Vite, che conquista il festival della canzone italiana a 10 anni esatti dal primo posto con L'essenziale.

Alla finale sono arrivati anche Ultimo, Lazza, Tananai e Mr.Rain.

Lazza si è classificato secondo, Mr.Rain terzo, Ultimo quarto e Tananai quinto.

Il Premio della critica Mia Martini e il Premio della Sala Stampa Lucio Dalla sono andati a Colapesce Dimartino, il Premio Sergio Bardotti per il miglior testo ai Coma Cose, il Premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale a Marco Mengoni.

Di seguito la classifica finale e tutte le pagelle della serata.

LA CLASSIFICA FINALE DI SANREMO 2023

1) Marco Mengoni - Due vite

2) Lazza - Cenere

3) Mr.Rain - Supereroe

4) Ultimo – Alba

5) Tananai - Tango

6) Giorgia - Parole dette male

7) Madame - Il bene nel male

8) Rosa Chemical - Made in Italy

9) Elodie - Due

10) Colapesce e Dimartino - Splash

11) Modà - Lasciami

12) Gianluca Grignani - Quando ti manca il fiato

13) Coma_Cose - L'addio

14) Ariete - Mare di guai

15) LDA - Se poi domani

16) Articolo 31 - Un bel viaggio

17) Paola e Chiara - Furore

18) Leo Gassman - Terzo cuore

19) Mara Sattei - Duemilaminuti

20) Colla Zio - Non mi va

21) Cugini di Campagna - Lettera 22 22) gIANMARIA - Mostro 23) Levante - Vivo

24) Olly - Polvere

25) Anna Oxa - Sali

26) Will - Stupido

27) Shari - Egoista

28) Sethu - Cause perse

Marco Mengoni - Due vite/Voto 8,5

Fin dalla prima serata, nella quale era evidentemente emozionato, era chiaro a tutti che Marco Mengoni aveva già vinto il festival con Due Vite per manifesta superiorità. Da un punto di vista vocale, l'unica che poteva contrastare il Re Matto era Giorgia, che però non ha lo stesso appeal social e la stessa pletorica fanbase di Mengoni, con un pubblico che varia dai 18 ai 60 anni che riempie immancabilmente i suoi concerti negli stadi. Due Vite è un brano che ha una costruzione atipica, che richiede un grande sforzo interpretativo: una ballad scritta dallo stesso Mengoni con Davide Petrella e Davide Simonetta, dalla struttura non classica, sia dal punto di vista strumentale, sia di sviluppo e arrangiamento vocale, questo ancora una volta curato da Marco stesso, mentre la produzione del brano è di E.D.D. e Simonetta. «Questa canzone racconta molto di me in questo momento, è un viaggio intimo ma anche un invito a tutti noi ad accettare tutto quello che la vita ci offre, senza pensare a cosa dovrebbe o potrebbe essere. Tutto quello che viviamo ci serve per crescere, anche i momenti di noia ci insegnano molto e ci fanno evolvere». Mengoni e Petrella, durante la fase di scrittura del brano, hanno ascoltato tanta musica di Lucio Dalla: «Ci siamo lasciati ispirare da Lucio, per quanto ci si possa ispirare a un genio come lui. Così, un po' alla volta, è nata la struttura del brano: prima poco fiato, tante parole, molta tensione, fino allo special, nel quale rischio di strapparmi le corde vocali. Probabilmente le ritroveranno sul palco dell'Ariston».

Lazza - Cenere/Voto 7

Lazza arriva a Sanremo da trionfatore del 2022 con l'album multiplatino Sirio, mette temporaneamente da parte il rap e si reinventa convincente cantante r&b in Cenere, arrivando secondo in classifica. La produzione di Dardust è davvero eccellente: molto suggestivo il campionamento house anni Novanta, anche se il brano ricorda non poco le atmosfere di Territory di The Blaze. La frase "ormai nemmeno facciamo l'amore/direi piuttosto che facciamo l'odio" è già un tormentone.

Mr.Rain - Supereroe/Voto 6

Insieme a Rosa Chemical, Mr.Rain (nome d'arte dovuto al fatto che scrive solo quando fuori piove) è la vera sorpresa di Sanremo 2023, anche se è l'opposto speculare del pittoresco cantante torinese. Supereroe è una pop-rap delicato e intimista, sorretto furbescamente da un coro di simpaticissimi bambini, sul delicato tema della depressione. Mr.Rain, dopo Sanremo, è diventato il rapper più amato dalle mamme e dai bambini: due target mica male.

Ultimo - Alba/Voto 6

Caro Ultimo, in quanto romano e romanista sei già simpatico a chi scrive, oltre a essere sicuramente bravo, ma queste canzoni tutte in crescendo (dalle note bassissime dell'inizio fino a quelle fortissime del finale) e tutto pathos, senza sfumature e sottigliezze, hanno un po' stancato. Magari prova a portare la prossima volta all'Ariston un pezzo con una struttura diversa, così, per vedere l'effetto che fa.

Tananai - Tango/ Voto 6,5

Scordatevi il Tananai scanzonato e casinista che mandava gioiosamente in vacca il brano Sesso occasionale a Sanremo 2022, festeggiando subito dopo l'ultimo posto sui social, di cui è diventato ben presto un beniamino: quello di quest'anno è un artista completamente diverso, più maturo, più intonato e misurato, con una canzone delicata ed emozionante come Tango, caratterizzata da una bellissima linea melodica: un brano che, per il suo testo malinconico, è da evitare assolutamente se siete stati appena lasciati da lei/lui, a meno che non vogliate piangere anche l'acqua del battesimo.

Depeche Mode - Ghosts Again,Personal Jesus/Voto 10 alla carriera

Non possiamo che applaudire Amadeus per aver fatto il colpaccio di portare per la quarta volta i Depeche Mode sul palco di Sanremo (la prima senza il compianto Andy Fletcher), dove hanno presentato live il nuovo, accattivante singolo Ghosts Again, che ha tutte le caratteristiche tipiche di Depeche Mode: le parole evocative di Dave Gahan, come “wasted feelings, broken meanings… a place to hide the tears we cry” , e il sound ipnotizzante della chitarra di Martin Gore. L'iconica Personal Jesus, poi, è stata la ciliegina sulla torta di un'esibizione che resterà negli annali del festival.

Gino Paoli - Medley/Voto alla carriera 10

Le sue canzoni romantiche, raffinate e senza tempo hanno fatto innamorare almeno due generazioni di ascoltatori. Invece di adagiarsi sui successi del passato, Gino Paoli, a partire dal fortunato Milestones: un incontro in jazz del 2007, si è regalato una seconda giovinezza musicale come cantante confidenziale da jazz club, anche grazie al fenomenale pianista Danilo Rea, che lo ha accompagnato anche stasera sul palco dell'Ariston. Un monumento della canzone italiana, che è stato salutato da una meritata standing ovation.

Ornella Vanoni - Medley/ Voto alla carriera 10

Vale per lei lo stesso discorso fatto per Paoli: un monumento della musica italiana.

Elodie - Due/Voto 7,5

Ormai è chiaro a tutti: Elodie(hanna), un'artista dal profilo sempre più internazionale, è ormai pronta per l'halftime show del Super Bowl. La cantante romana, come conferma anche il nuovo album Ok.Respira, ha tutte le qualità per affermarsi anche al di fuori dei nostri confini: voce, presenza scenica, capacità performativa, il sound giusto e i giusti collaboratori. Due, scritta con Federica Abbate e Jacopo Ettorre, ha un sapore speciale per Elodie, visti anche i riferimenti autobiografici sulla relazione conclusa con Marracash. La sua frase "Per me le cose sono due: lacrime mie o lacrime tue" è ormai già di culto sui social.

Colla Zio - Non mi va/ Voto 6

I Colla Zio rappresentano plasticamente la band indie-pop giovane, simpatica e irriverente di Sanremo 2023, un ruolo già ricoperto in precedenza da Lo Stato Sociale e dai Pinguini Tattici Nucleari. Non mi va è un brano pop-funk gradevole e divertente, interpretato con il giusto piglio, che però lascia ben poco nell'ascoltatore.

Mara Sattei - Duemilaminuti/Voto 6

Dopo il clamoroso successo de La dolce vita con Fedez e Tananai, Mara Sattei conferma di avere doti tecniche e presenza scenica nell'intensa ballad Duemilaminuti: sinceramente, però, da un brano co-firmato da Damiano David dei Maneskin e dal fratello Thasup, ci aspettavamo maggiore freschezza e originalità.

Colapesce Dimartino - Splash/ Voto 7,5

Unpopular opinion: Splash, con il suo testo intelligente in perfetto equilibrio tra ironia e dramma, è perfino superiore a Musica Leggerissima del 2020, tra echi del Battisti degli anni Settanta, il Modugno di Vecchio frack e il Battiato electropop dei primi anni Ottanta. Colapesce Dimartino sfruttano ancora volta alla grande la prestigiosa vetrina di Sanremo, dimostrando di non sbagliare mai un appuntamento importante.

Giorgia - Parole dette male/Voto 7

Basta un solo gorgheggio di Giorgia per mandare a casa tutti i cantanti(ni) che bofonchiano terzinati monotoni con l'autotune. La cantante romana si è confermata a Sanremo 2023 un'interprete di caratura superiore, sebbene la canzone che ha presentato in gara, Parole dette male (ispirata alla tragica fine del suo rapporto con Alex Baroni, morto in un incidente di moto a soli 35 anni) non è immediata e ariosa come i suoi più grandi successi sanremesi, però cresce ascolto dopo ascolto, grazie anche alla sapiente produzione di Big Fish dei Sottotono, che ha dato al pezzo un sapore r&b anni Novanta.

Modà - Lasciami/Voto 5,5 I

Modà presentano è una power ballad tipicamente in stile Modà, sul tema della depressione: però siamo nel 2023 e non nel 2012, quando Kekko & co.spopolavano alla radio, così la canzone, pur se ben eseguita e arrangiata, scorre via senza troppi sussulti, nonostante l'inciso enfatico.

Rosa Chemical - Made in Italy/Voto 6,5

All'inizio del festival tutti abbiamo paragonato Rosa Chemical ad Achille Lauro, ma in realtà Manuel Franco Rocati(questo il suo vero nome) canta meglio ed è più ironico dell'ex trapper romano, che tende a prendersi troppo sul serio, come si è visto anche stasera: è lui una delle rivelazioni di Sanremo 2023 (anche se il bacio in bocca a Fedez è apparso abbastanza forzato), e il suo divertente electroswing Made in Italy da giostra balcanica avrebbe fatto furore in una competizione tamarra come l'Eurovision.

I Cugini di Campagna - Lettera 22/Voto 6

Deliziosamente fuori tempo, e quindi paradossalmente sempre attuali, i Cugini di Campagna fanno i Pooh nella strofa e La Rappresentante di Lista(autori del brano) nell'inciso disco anni Settanta: Lettera 22 è un brano gradevole e ben costruito, che si lascia ascoltare volentieri.

Madame - Il bene nel male/Voto 7,5

Madame è una delle artiste più interessanti della sua generazione e Il bene nel male rappresenta un'interessante evoluzione del suo stile in chiave electropop, con una produzione internazionale e un testo non banale sulla relazione tra una prostituta e un suo cliente. Il refrain "Nel bene e nel male/Sei bene e sei male" , ripetuto ad libitum dalla cantante vicentina, è un hook che si stampa in testa e non se ne va più.

Ariete - Vasca/Voto 5

Ariete interpreta perfettamente il ruolo della ventenne fluida, introversa e problematica che ha come orizzonte la sua cameretta, ma la tecnica vocale è da serata karaoke in un pub con gli amici il sabato sera. Non ci siamo, almeno se avete più quattordici anni.

Paola & Chiara - Furore/Voto 6

Paola e Chiara, dopo anni di progetti separati, si sono rilanciate alla grande nella tradizionale versione duo con Furore, una canzone dalle sonorità dance martellanti che ricordano i brani che si ballavano in discoteca nel 1993, tra Madonna e Kylie Minogue: facile prevedere che i prossimi concerti delle dive italiane del pop-dance saranno una grande festa per vecchi e nuovi fan

Levante - Vivo/Voto 5,5

Levante, che sembra una Patty Pravo fine anni Sessanta vagamente survoltata, occupa la casella lasciata vacante da La Rappresentante di Lista in Vivo, un brano electropop anni Ottanta con un tema sociale sullo sfondo (la depressione post partum). Solo che Vivo non invita troppo al ballo, né emoziona quanto dovrebbe: insomma, un'occasione persa.

LDA - Se poi domani/ Voto 5,5

D'Alessio Jr. porta un brano non originalissimo, tipicamente alla Ed Sheeran (sostituite la chitarra al pianoforte e il gioco è fatto), però ha una buona intonazione e sembra uno dei giovani più preparati per fare il salto di categoria.

Coma Cose - L'addio/Voto 6

I Coma Cose hanno creato negli anni uno stile precipuo, tra pop,rap ed elettronica, ricco di giochi di parole. Sul palco dell'Ariston raccontano con grande delicatezza e sincerità una crisi di coppia che per fortuna loro, si è risolta brillantemente (si sposeranno a breve). La canzone, sebbene non originalissima, è valorizzata da una performance molto riuscita da un punto di vista visivo, nonostante qualche imperfezione vocale. "E comunque andrà/L'addio non è una possibilità" è un'altra frase che resterà di questo festival.

Olly - Polvere/ Voto 4,5

Non basta una cassa dritta che fa unz unz, il fin troppo abusato autotune e un inciso epico alla Coldplay per fare una canzone riuscita: infatti di Polvere resta ben poco, anche se potrebbe funzionare in radio e nel fiorente mercato dello streaming under 18.

Articolo 31 - Un bel viaggio/Voto 5

Gli Articolo 31 presentano un brano che non convince né chi li ha amati negli anni Novanta, né potenziali nuovi fan: Un bel viaggio è un pop-rap spuntato e senza guizzi, che sembra una B-side poco ispirata degli 883: sinceramente, ci aspettavamo molto di più dal ritorno di Dj Jad e J Ax. Will - Stupido/Voto 5 Will è un ragazzo giovane e di talento, ma Stupido è davvero una canzone insipida e superflua, in stile Disney Club, che scivola via come l'acqua. Gli auguriamo di interpretare brani migliori in futuro.

Leo Gassman - Terzo cuore/Voto 5,5

Gassman Jr. si affida alla fervida penna di Riccardo Zanotti per trovare un brano in grado di fare breccia nei cuori del pubblico sanremese e per trovare un'identità musicale: Terzo cuore è un pezzo ben costruito, ma l'interpretazione vocale è troppo forzata e priva delle necessarie sfumature.

Gianmaria - Mostro/Voto 5

Il dinoccolato vincitore di Sanremo Giovani, dagli accenti spostati in modo rapsodico e dallo sguardo smarrito, interpreta una canzone che punta tutto sulla cassa dritta dell'inciso: oltre al ritmo martellante, resta ben poco. Anna Oxa - Sali, canto dell'anima/Voto 5 Anna Oxa è una veterana del festival, con quattordici partecipazioni complessive, ma le sperimentazioni solipsiste e i barocchismi di Sali, canto dell'anima mal si conciliano con una gara che cerca, fondamentalmente, un brano da canticchiare sotto la doccia la domenica mattina

Shari - Egoista/Voto 4,5

Abbiamo imparato, in questo festival, che Shari è la fidanzata di Salmo, uno degli autori di Egoista: è l'unica cosa che ricorderemo del suo festival.

Gianluca Grignani - Quando ti manca il fiato/Voto 6,5

A prescindere dal piazzamento finale, uno dei vincitori morali di Sanremo 2023 è sicuramente Gianluca Grignani, che ha portato un brano importante e intenso dedicato al padre, dagli echi "vaschiani". Anche se la sua interpretazione vocale non è stata impeccabile, la musica italiana ha ancora bisogno della sua penna e della sua visceralità.

Sethu - Cause perse/Voto 4,5

Sethu si ispira fin troppo, nel suo pop-punk innocuo e martellante, allo stile canoro di Blanco, però non ha distrutto alcun bouquet di rose a Sanremo: un merito, questo, che gli va riconosciuto.

TDam. per “il Giornale” il 12 febbraio 2023.

William Shakespeare? Un dilettante. Il monologo di Amleto aveva almeno un dubbio. Al Festival, soltanto certezze. E, soprattutto, un monologo a sera, essere senza essere, questo è il problema. Il teatro di Sanremo ha avuto grandi attori dinanzi ai quali si è compresa, infine, una provocazione di Carmelo Bene: «Non sono mai nato».

Sul palco è invece nato un nuove genere letterario, ipocrisia allo stato puro, pensieri deboli addobbati dalla scenografia, mezze luci, contrita l’espressione del volto, tormentato il respiro, mesto il tono, si passa dalle auto-celebrazioni che nemmeno Narciso davanti allo stagno, alla dolci parole copiate da qualche foglietto dei Baci Perugina, assente la felicità, presente la sofferenza, però quella altrui spacciata per comune, antirazzismo a gettone e/o preelettorale, Ferragni-Fagnani-Egonu-Francini-Siani, scivolando verso l’ora tardissima, dopo aver annusato l’odore della noia e del già sentito.

Due monologhi non fanno un dialogo (cito Bloch), un tot di monologhi fanno Sanremo. L’all you can read and eat servito ogni sera dallo chef Amadeus. Si va di conformismo acuto, memori della Lettera a un bambino mai nato della Fallaci abbiamo pagato il francobollo con la Ferragni e la lettera a se stessa bambina. Dopo l’applauso commosso le è stato chiesto se fosse stata lei a scrivere quelle righe, riducendo ai minimi le capacità della stessa, la fashion blogger ha ammesso la firma autentica.

Cose che lasciano il segno, esempio numero due: Paola Egonu, altissima, bellissima, bravissima, corregge a sera quello che al mattino aveva denunciato, il monologo smentisce il dialogo, contrordine compagni, il monologo è la cassazione, il timbro su metoo, libertà, costituzione, razzismo, foibe (nota bene: non pronunciare l’aggettivo «comunista», mai!), guerra, terremoto. Un bignamino delle banalità. Alle due di notte, risento la voce di Amleto: «Morire, dormire. Dormire, forse sognare...».

Claudia Rossi per ilfattoquotidiano.it il 15 febbraio 2023.

C’è un tale, Arturo Bandini, che scrive pagelle sanremesi per FQMagazine e lo fa da tempo. Nel caso di Ultimo, il suo pensiero dopo l’esibizione in finale era abbastanza chiaro: “Sono abbastanza stupito dalle svariate critiche lette su Ultimo. Perché ho un certo rispetto per chi sa suonare, cantare, scrivere canzoni, conquistare un pubblico gigantesco (quello che non lo critica ma lo vota, lo segue, lo canta). Non è la mia tazza di tè, ma da lì a ingiustificati attacchi di isteria perché al televoto spacca c’è il gran Lago degli Orsi in mezzo”.

 Non è per dire “noi di FQMagazine l’avevamo detto” ma è per dire “noi di FQMagazine l’avevamo detto prima che in sala stampa scoppiassero gli applausi all’annuncio della quarta posizione del cantautore“. Fiorello ha pensato la stessa cosa di Arturo (e Arturo gongola): “Non ho capito la gioia della sala stampa per il 4º posto di Ultimo”, ha detto. Per poi aggiungere che probabilmente si tratta di “un’antipatia personale” e chiosare con “non è stata una bella cosa“.

Ha ragione (dicono che lo showman si sia scusato con la Sala Stampa, dicono. E qui ci teniamo a dire che in Sala Stampa ci sono tantissimi giornalisti e ovviamente si parla di alcuni, alcuni, alcuni). Davvero c’è qualcuno che ancora ce l’ha con Ultimo per la reazione alla vittoria di Mahmood nel 2019? Il temperamento del cantautore ha infastidito o infastidisce al punto da gioire se le cose, per lui, non vanno nel modo migliore?

O forse – per ipotesi – non è ruffiano proprio con chi è abituato alla ruffianeria? Perché Arturo, pur giovane, conosce i famosi non meno delle strade polverose che portano al suo bar preferito, e mi ha raccontato che sono molti gli artisti ruffiani, da pranzi e cene. Pranzi e cene che finiscono con salamelecchi salvo poi alzarsi da tavola e in una reciprocità che sa di contrappasso, sentire i commensali – artista da una parte, giornalista o addetto ai lavori dall’altro – bofonchiare. Voci, niente di più. Arturo va di realtà e fantasia, d’altronde vive nei romanzi di John Fante.

Un’altra ipotesi sull’astio che genera Ultimo potrebbe essere il suo sfuggire ai meccanismi di promozione e marketing per cui uno non percepisce la sua presenza – a meno di non essere un suo fan – salvo poi vederlo riempire stadi su stadi. Dà fastidio questo? Dà fastidio il fatto che Ultimo abbia la cosa più preziosa di tutte, una fanbase affezionata che se ne frega dell’essere “cool” (che aggettivo orrendo eh?), dell’andare alle feste giuste con le persone giuste?

Chissà cos’è, che spinge a esaltare nenie entrate nel podio e a bistrattare uno dei pochi giovani cantautori (cantautori) della scena. Da che il fair play ha lasciato questo mondo per andare a vivere su Alpha Centauri siamo tutti un po’ più soli. E sì, la canzone di Ultimo era meno bella di quella di Mengoni (c’è chi dice che non era alla sua altezza, e sbaglia: un pezzo classico costruito scritto molto molto bene) o di quella di Colapesce Dimartino (la vera chicca del Festival). Lui, per altro, se ne frega. Chissà se ci ripenserà mai o si farà bastare l’immagine di 80 mila persone che cantano all’unisono il pezzo di Sanremo.

Da corrieredellosport.it il 16 febbraio 2023.

Clamorose le indiscrezioni che giungono da Sanremo a pochi giorni dalla chiusura della 73esima edizione del Festival: uno dei rumors che sta facendo discutere avrebbe a che fare con i due cantanti più amati del panorama musicale italiano: il vincitore Marco Mengoni e il quarto classificato, Ultimo.

 Secondo quanto trapela da alcune fonti, sembrerebbe che tra i due ci sia astio e, durante il Festival, non si sarebbero nemmeno salutati dietro le quinte, come sottolineato dall'opinionista Andrea Venza, durante una diretta sul profilo di Casa Pipol: "Ultimo non ha salutato mezza volta Mengoni". Voce confermata dal giornalista Gabriele Parpiglia: "Anche a me risulta che non ci siano rapporti tra Ultimo e Mengoni".

Frizioni Mengoni-Ultimo: i motivi

Il motivo della presunta frizione tra Mengoni e Ultimo sarebbe sconosciuto ai più. Molti utenti sui social hanno ipotizzato che le frizioni tra i due siano nate per la kermesse canora: entrambi erano infatti i favoriti della 73esima edizione del Festival. "Tra i due è stata una guerra all'ultimo sangue", si legge tra i commenti sui social. Un'indiscrezione, quella relativa ai due colossi della musica italiana, destinata a far discutere.

Da corrieredellosport.it il 16 febbraio 2023.

Gelo totale tra Elodie e Emma Marrone al Festival di Sanremo 2023. Le due si sono incontrate nella città dei fiori: la prima era in gara mentre la seconda ha cantato nella serata delle cover e duetti con Lazza. Ma, come racconta il settimanale Chi, le due ex amiche non hanno trascorso del tempo insieme. "Dietro le quinte non si sono frequentate. E durante la finale Emma ha invitato i follower a votare Lazza o Tananai ma non Elodie", si legge sulla rivista.

Emma Marrone ha conosciuto Elodie Di Patrizi ad Amici e ha deciso subito di supportarla nel suo percorso musicale. È diventata la sua produttrice e ha anche scritto delle canzoni per lei. Poi, ad un certo punto, Elodie ha preferito interrompere questo sodalizio artistico. Una scelta che ha avuto delle ripercussioni anche sul rapporto umano.

 Elodie: "Ho deluso Emma Marrone"

"L'ho delusa - ha raccontato la fidanzata di Andrea Iannone in un'intervista - Quando qualcuno fa tanto per te e poi dici 'io voglio fare un'altra cosa'...Io volevo lavorare da sola. Avevo un mio modo di vedere le cose, molto diverso da quello che lei aveva in mente".

Sanremo 2023: il meglio e il peggio della finale (e di tutto il Festival). Francesco Canino su Panorama su 12 Febbraio 2023

Il messaggio di Zelenskyletto poco prima del trionfo annunciato di Marco Mengoni, che batte Lazza. Dalle co-conduttrici, all'effetto Ferragni, dai monologhi da dimenticare agli ascolti record e alle polemiche politiche, ecco che cosa resta di questo Festival Sanremo 2023: il meglio e il peggio della finale (e di tutto il Festival).

Rischiava di essere un testa a testa di quelli clamorosi con Ultimo (finito solo quarto) invece Marco Mengoni ha battuto tutti: è entrato all’Ariston da vincitore in pectore con settimane di anticipo e ha confermato tutte le previsioni e le scommesse: è lui il vincitore di Sanremo 2023. Ma cosa resterà di questo Festival? Ecco il meglio e il peggio di questa edizione.

IL MESSAGGIO DI ZELENSKI Settimane e settimane di polemiche sul messaggio di Volodymyr Zelensky. Doveva essere un video, poi è diventata una missiva tradotta dall’ambasciata ucraina in Italia. «La musica vince! E questa è una delle migliori creazioni della civiltà umana. Sfortunatamente, per tutto il tempo della sua esistenza, l'umanità crea non solo cose belle. E purtroppo oggi nel mio paese si sentono spari ed esplosioni. Ma l'Ucraina sicuramente vincerà questa guerra», legge Amadeus. Un messaggio doveroso per alcuni, innocuo per altri, ma televisivamente poco efficace. Tanto rumore per nulla.

MORANDI, MONUMENTO NAZIONALE «Potenza della lirica. Dove ogni dramma è un falso». Giù lacrime quando Gianni Morandi in apertura di finale omaggia Lucio Dalla, tra i momenti più intensi di questo Festival. Come durante l’attacco di Uno su mille ce la fa (“se sei a terra/non strisciare mai”), da pelle d’oca, qualche sera fa con l’Ariston che ha portato in trionfo lui, Al Bano e Ranieri. 50 sfumature di Morandi: zio bonario, motivatore, sornione, maratoneta dello show, spalla di Amadeus. Che l’ha scelto come volto rassicurante e transgenerazionale – anche per bilanciare un cast di giovani sconosciuti al pubblico più agée – e ha fatto la mossa giusta. VOTO: 9

CHE NOIA LE LEZIONI DI INSTAGRAM Tutto è cominciato con la Ferragni in versione prof. di Instagram. Ha fatto aprire un profilo ad Amadeus (il quale ha finalmente abbandonato quello di coppia con la moglie), che in una manciata di giorni è arrivato a 1,6 milioni di followers. Da quel momento, non hanno più smesso: selfie in diretta (avanguardia pura, eh!), dirette social, meme, appelli ironici per incrementare i seguaci. Divertente la prima volta, noioso riempitivo la seconda, da sbadiglio la terza conta consecutiva dei follower. Si salvano solo le incursioni di Fiorello. VOTO: 3

FERRAGNI E LE ALTRE CONDUTTRICI DI SANREMO Promosse e bocciate. Una cosa va detta: rispetto allo scorso anno, il livello complessivo di scioltezza e presenza scenica è più alto. Ma ve le ricordate la Muti e la Cesarini, lo scorso anno? Chiara Ferragni parte frenata poi si scioglie: dallo schermo di uno smartphone alla tv, il salto era un triplo carpiato invece le è riuscito al primo colpo. Stratega com’è, difficilmente cederà alle lusinghe del piccolo schermo, almeno non nel breve periodo. Ma le va riconosciuto di aver fatto ciò che tutti si aspettavano da lei: fatto parlare, discutere, polarizzare la discussione. Un “effetto accerchiamento” perfettamente riuscito. Buona la prima per Francesca Fagnani: la “belva” è uscita dalla confort zone e non si è fatta fagocitare dal palco più temuto, portato una dose del suo sarcasmo sofisticato. Se l’è cavata ma senza brillare Paola Egonu, lei sì completamente digiuna di tv, mentre per Chiara Francini Sanremo ha il sapore dello switch definitivo: un po’ Franca Valeri, un po’ Anna Marchesini, la consacrazione è strameritata. VOTO: 7

BASTA MONOLOGHI, BASTA! Il virus del monologhismo si è abbattuto con forza sull’Ariston anche quest’anno. Una tassa per tutte le co-conduttrici con un risultato quasi sempre dimenticabile dal retrogusto di riempitivo inutile (qualche volta pure scritto male). Non fanno eccezione quello di Chiara Ferragni, una lettera buonista ed egoriferita alla “piccola Chiara” (VOTO: 4, è più efficace con gli adv), e quello di Paola Egonu sul razzismo (VOTO: 5). Nessun passo falso per Francesca Fagnani, dritta e perfetta nel dare voce ai giovani detenuti e l’importanza dell’istruzione (VOTO: 9). Fa emozionare Chiara Francini, con un pezzo raffinato sulla maternità sognata e i figli che non arrivano (VOTO: 9).

LA METAMORFOSI DELL’AMADEUS DEI RECORD La politica ha bussato alle porte del Festival prima, durante e probabilmente lo farà anche dopo Sanremo. L’obiettivo non era Amadeus, piuttosto i vertici Rai, basta poco per capirlo. Lui però ha tirato dritto e se l’è cavata col solito pilota automatico – ormai padroneggia i meccanismi festivalieri come il Baudo dei tempi d’oro –, puntellato da ascolti da brividi. Nel frattempo, c’è stato un passaggio non da poco: ha cambiato pelle e tirato fuori le unghie. Ha replicato a tono alle polemiche, ha tenuto testa al cda Rai (che lamentava di non aver saputo dell’invito a Mattarella), ha difeso le sue scelte anche quando sarebbe stato più comodo scaricare Blanco, Fedez & co. ai loro destini. Il mediano di successo ormai è un big della tv. VOTO: 9

FEDEZ IL PREZZEMOLINO Muschio Selvaggio su Rai2, il freestyle della discordia contro Bignami e Roccella, il bacio in bocca con Rosa Chemical, le telecamere di The Ferragnez in giro per Sanremo a tutte le ore. Doveva essere il Festival della moglie ma lui sembra aver fatto di tutto – quanto consapevolmente e quanto per un giro di troppo del caso – per rivendicare la sua quota di riflettori. Profilo basso, questo sconosciuto. Ma il passo di lato è complicato: del resto, business is business. VOTO: 3 SU E GIÙ Tra i momenti da ricordare: la lezione di Roberto Benigni sulla Costituzione («chi sogni arriva prima di chi pensi» vale tutto l’intervento); il karaoke collettivo con i “tre leoni” Al BanoMengoni-Ranieri (karaoke a squarciagola con picchi di nostalgia); il messaggio dell’attivista iraniana Pegah Moshir Pour. Da dimenticare, invece, lo show di Blanco che distrugge mezzo palco; i comici all’una di notte (Angelo Duro e Alessandro Siani non hanno lasciato il segno); le ospitate promozionali degli attori delle fiction Rai: un riempitivo inutile.

Sanremo, i voti ai look: Chiara Ferragni scolpita (9), Elodie vampira (6,5), Giorgia sbiadita (5). Michela Proietti su Il Corriere della Sera l’11 dicembre 2023.

Le pagelle ai look dell’ultima serata all’Ariston: l’abito scultura di Chiara Ferragni, Tananai eleganza poetica (8,5), Amadeus l’uomo dai mille smoking (7)

Chiara Ferragni e l’elogio del corpo femminile: 9

Chiara Ferragni continua a veicolare il suo messaggio femminista attraverso la moda e per l’ultima serata lo fa con gli abiti di Elsa Schiaparelli, la stilista, costumista e sarta italiana naturalizzata francese. L’abito-scultura scelto dalla imprenditrice digitale ripercorre gli stilemi del marchio, in cui il trompe-l’œil la fa da padrone: taglio bias in raso di seta blu elettrico, un busto trompe l’œil in resina metallizzata arricchito da una collana lucchetto. Il direttore creativo Daniel Roseberry, scelto anche da Lady Gaga per l’insediamentto di Biden, non è in sala all’Ariston, ma benedice da Parigi la Chiara nazionale: «Schiaparelli ha sempre celebrato la bellezza del corpo femminile – così come il diritto delle donne di esprimersi e mostrare il proprio corpo. Sono orgoglioso di continuare questa

Elodie vampira: 6,5

Che trasformismo Elodie, strepitosa interprete di canzoni e di moda. Ma in questo ultimo cambio d’abito Versace c’è qualcosa di troppo: splendido l’effetto tatuaggio della manica in pizzo che diventa un guanto, ma il resto è eccessivamente dark, a partire dallo stivale cuissardes che Elodie deve tirars su come una autoreggente e il rossetto vampiresco.... Dalla platea qualcuno soccombe al morso di Dracula e grida: «Elodie mi vuoi sposare»?

Amadeus, l’uomo dai mille smoking: 7

Tutti a interrogarsi sui cambi d’abito delle co-conduttrici, ma nessuna ha raggiunto il livello di vanità di Amadeus, che ha cambiato abiti al ritmo di Arturo Brachetti, l’uomo dai mille volti che cambia costume a ogni battito di ciglia. In questo caso più che l’uomo dai mille volti, l’uomo dai mille smoking , che Gai Mattiolo ha realizzato a profusione per lui (oltre 20 per 5 serate).... Impeccabile lavoro di sartoria, ma rilanciamo un appello: pantaloni meno stretti, please

Colla Zio, bella zio!: 7

Colla" sta per "collettivo", zio” è un appellativo ormai classico. Con il loro entusiasmo e questo look perbenino si meritano un’’altra tipica espressione milanese: Bella zio!, che significa aver colto nel segno

Giorgia «smorta»: 5

E niente, Giorgia anche nell’ultima serata non convince: l’abito a sacchetto non è premiante e termina proprio sopra al ginocchio, una parte sempre controversa da esibire, specie se accentuata dallo stivale vagamente fetish. Inspiegabile la faccia «smorta»: Sanremo val bene un rossetto!

Tananai che stile: 8,5

Decisamente l’artista più chic dell’Ariston, Tananai per la finale percorre deciso una eleganza classica e poetica, con tuxedo Gucci nero con giacca con revers sciallati in raso, camicia bianca con plastron, papillon in velluto nero. Tocco di classe la gardenia all’occhiello, come in alcuni romanticissimi blind date... o come un ultimo tango a Sanremo.

Ultimo è ultimo (per stile): 4

Ma ad Ultimo qualcuno ha detto che la finale di Sanremo non è la finale dell’NBA? La canotta Emporio Armani mette in evidenza i troppi tatuaggi, che secondo il Deboscio, progetto di antropologia urbana degli anni Zero, saranno il motivo di ilarità nelle case di riposo del futuro...

Dave Gahan iconico: 8

Dave Gahan ha la presenza scenica delle grandi popstar e anche questa volta non delude, con un mix di stili tra l’audace e il dandy. Ennesima prova di stile di uno dei cantanti più influenti della sua generazione, anche in fatto di stile

Lazza inquietante: 5

Passi per il profondo rosso Missoni che neppure Dario Argento oserebbe, ma i guantini in pelle nera fanno pensare a un incontro poco tranquillizzante per le vie di Sanremo... Lazza riduce con il suo look tutti in cenere.

Gino Paoli, il solito grazie: 6,5

Sembra uno di quei rassicuranti direttori di albergo - o di sala ristorante - il Gino Paoli nazionale, che malconsigliato indossa la giacca bianca da barman con la camicia blu. Però quando canta Una lunga storia d’amore gli si perdona anche questo

Chiara Ferragni dipinta a mano: 8

«Liberate il vostro corpo e fatene ciò che volete»: con questo messaggio Chiara Ferragni giustifica il cambio d’abito, in perfetto stile surrealista Elsa Schiaparelli, che trasforma parti del corpo umano in gioielli e dipinge con graffi dorati la silhouette. L’abito questa volta è una colonna in raso blu con un motivo originale dipinto a mano in oro da Daniel Roseberry.

Rosa Chemical scatenato: 7

Non c’è dubbio che seno e capezzoli sono i grandi protagonisti dei look più provocatori di questo Festival: ma Rosa Chemical, una delle presenze più significative di questo Festival, non stupisce tanto per il look (con tanto di gonna a portafoglio in pelle nera) ma per l’entusiasmo alle stelle: si lascia prendere la mano e alla fine arriva a prendere il braccio di Fedez, che bacia in mondovisione.

Madame in negligé: 5

Come certe sposine birichine Madame si consegna al pubblico di Sanremo in negligè da luna di miele. Trasparenze, ruches, guanti in pizzo ma con la sorpresa del tatuaggio al centro del cuore e i piedi scalzi. Che mancanza di quelle ciabattine con mezzo tacco e piuma di struzzo delle nubende anni Settanta!

Ariete, Tempi moderni: 6

Con il suo completo un po’ boysh Ariete sembra una Charlie Chaplin 2.0: in tuxedo nero oversize, sdrammatizzato da cristalli termostrass, cravatta in seta nera e un beanie ci riporta a Tempi Moderni.Alle sue spalle la catena montaggio del Festival: corsi e ricorsi della storia.

Marco Mengoni biker: 7

Marco Mengoni in Versace mostra il bicipite, ma con dolcezza: il suo look è a metà strada tra quello dei Village People e l’archistar Peter Marino. Ma la durezza si scioglie come uno zuccherino quando inizia a intonare il suo inno romantico all’amore

Paola e Chiara perseveranti: 5

Prosegue la liason che lega Paola e Chiara e i Cugini di Campagna, pericolosamente sempre affini nel look. Per la finale ancora un abito strobo, con maglia a rete, nonostante Chiara sia già inciampata nelle trame dell’abito qualche sera fa. Perseverare è diabolico...

Ornella Vanoni, c’è una ragione in più: 8

Come dice il titolo di una delle sue canzoni più belle, «c’è una ragione in più» per vedere questo Festival, ed è l’apparizione di Ornella Vanoni. Reduce dal suo tour appare più radiosa che mai, in rosso Dior da testa a piedi. E per marcare la differenza con le altre non chiede rose, ma carciofi («qui sono buoni, a Milano fanno schifo!»)

Chiara Ferragni e la collana con un segreto: 8

La maternità, da Chiara Francini a Chiara Ferragni, ispira le co-conduttrici del Festival: per il terzo abito l’imprendtrice digitale sceglie un abito custom Schiaparelli Haute Couture in crêpe di lana con scollo profondo e una collana dorata impreziosita da strass, con un pendente trompe l’œil raffigurante l’utero

Luisa Ranieri indagini aperte: 5

Bisognerà affidare a Lolita Lobosco, l’investigatrice da lei interpretata, una indagine per capire chi ha disegnato l’abito picaresco indossato dalla divina Luisa Ranieri.

Coma Cose, quasi all’altare: 7-

Anche loro si baciano - come Rosa Chemical e Fedez - e con gli abiti fanno quella prova generale di matrimonio che hanno promesso di celebrare dopo il Festival. Un matrimonio ovviamente in stile Coma Cosa, con California in abito bianco, tatuaggi e biker neri ai piedi. E un tocco punk tra i capelli

Gianmaria viscontiano: 8

Eleganza innata per Gianmaria spilungone chic, che ricorda moltissimo l’efebico Tadzio di Morte a Venezia di Luchino Visconti. Esordiente con un tocco in più

Anna Oxa come Ophelia Addams: 4

Deve essere l’onda lunga della fortunata serie Mercoledì con protagonista Jenna Ortega: ecco Anna Oxa, candidata a interpretare il ruolo di Ophelia Addams....

Marco Zonetti per Dagospia il 12 febbraio 2023.

Quinta e ultima serata del Festival di Sanremo 2023 e nuova parata di look sul palco dell'Ariston. Partiamo come di consueto dai conduttori: Amadeus non si schioda dalle solite giacche glitterate o tempestate di cristalli stile Castello delle Cerimonie firmate Gai Mattiolo, creando in ultima analisi - nel bene e nel male - uno "stile" a sé, mentre Gianni Morandi è come sempre impeccabile nei suoi completi Giorgio Armani.

 Ad affiancarli per la finale è tornata Chiara Ferragni sfoggiando ben quattro mise griffate Schiaparelli Haute Couture. La prima composta da un'armatura dorata che riproduceva le forme del seno e che si stagliava su una sottoveste azzurra. Se qualcuno vi ha visto un messaggio dedicato alla "sacralità della maternità", non sono stati pochi a scorgere invece in quell'accostamento oro-azzurro i colori della bandiera ucraina,  guarda caso nella "serata Zelensky".

Accostamento di colori replicato poi dalla conduttrice anche alla sua seconda apparizione, questa volta in abito lungo azzurro senza maniche e fregiato, in oro, dall'immagine stilizzata di un corpo femminile che strizzava l'occhio all'artista Yves Klein. Per il terzo ingresso in scena, la bionda imprenditrice ha scelto invece un long dress nero scollatissimo, impreziosito da una collana con maxi ciondolo dorato che riproduceva un utero femminile. In realtà un trompe-l'oeil: nel disegno del ciondolo si potevano infatti scorgere anche due occhi – logo del marchio Ferragni… – e, di nuovo, un corpo femminile stilizzato. La quarta e ultima mise, la meno donante, ha visto Chiara strizzarsi la vita in un corsetto bianco con perline e fasciarsi in un paio di pantaloni neri dal taglio maschile sotto una giacca "crop" sempre nera.

 La prima cantante a esibirsi è stata Elodie e la sua apparizione sulla scala dell'Ariston ha lasciato tutti di stucco . (S)vestita Atelier Versace, ha infatti mandato in visibilio uomini e donne nel suo abito "double" con spalle asimmetriche, in un sensuale connubio di trasparenze e nudità ad accarezzarle il corpo perfetto. Gli stivaloni e i gioielli Tiffany & Co. completavano la mise più sensazionale di quelle – tutte azzeccate – indossate dalla cantante romana in questa sua avventura sanremese, nonché una delle più sexy, ma con eleganza, della storia di Sanremo. Da sturbo.

A fare da contraltare alle nudità di Elodie, ecco poi arrivare Mara Sattei in Giorgio Armani Privé, fasciata in un abito lungo a collo alto tempestato di cristalli dalle nuance viola, verdi, blu, nere a ricordare il manto di un animale mitologico. Mara Sattei è stata una delle più chic di questo Festival, ma in questo caso l'effetto non era uno dei migliori. Elegante, sì, ma "non ballava".

 Per la finale, i cinque ragazzi dei Colla Zio lasciano in cameretta "Crocs" e denim colorati e si vestono a festa tutti in smoking nero, camicia compresa. L'allegria che portano sul palco dell'Ariston rimane immutata. Ci piacciono.

Colapesce Dimartino rispediscono in Francia l'mpegnativa signora Bruni in Sarkozy e tornano da soli in scena, uno vestito di bianco e l'altro di nero, sfoggiando completi di Sartoria Tranchese. Le camicie sono di Galle Paris, le scarpe di Scarosso e i gioielli di Damiani. Sobri, impeccabili e fra i più eleganti di questa edizione del Festival.

 Marco Mengoni teme che Ultimo gli rubi la vittoria in extremis e si gioca nuovamente la carta "testosterone" scoprendo bicipiti e tricipiti grazie al gilet smanicato in satin, portato sopra un paio di pantaloni sempre in satin. Un total black Atelier Versace su cui spiccavano i bottoni dorati cari alla maison. Le signore in platea e a casa, ma anche parecchi signori, hanno come sempre apprezzato.

Ultimo insiste con Emporio Armani ma, per l'ultima serata, dimentica i toni scuri e opta per il total white. In sneakers, gilet smanicato a mostrare i tatuaggi, e pantaloni fascianti, il ragazzo ahilui "va in bianco" anche per quanto riguarda la classifica, arrivando solo quarto. 

 Il giovane Lazza, classificatosi secondo, accantona per una volta i denim e i cristalli delle serate precedenti e si presenta con un look "milanista": completo rosso Missoni arricchito da guanti e cravatta in pelle neri. Sulla giacca appariva ricamata la parola JEFE, titolo di un suo brano. Sia chiaro, "eleganza" è tutt'altro, ma il ragazzo ha carisma e funziona. Non solo musicalmente

Giorgia, dal canto suo, sembra aver affrontato questo Sanremo con svogliatezza. A parte la canzone non esattamente brillante, tanto da arrivare sesta, anche i look – tutti Dior – sono stati perlopiù deludenti a parte uno. Quello scelto ieri, ovvero il minidress informe sopra il ginocchio abbinato agli stivali stringati, paradossalmente indossato per la Finale, è stato il più deludente di tutti. Peccato: la voce più bella di tutte merita ben altro.

 Ultimamente sembra non esistere Sanremo senza Achille Lauro, ospite ieri sera dal Suzuki Stage. Top in velluto dai guanti incorporati e pantaloni in lana, il cantante romano è una "visione" rossa fuoco nella mise realizzata per lui dallo stilista Christian Boaro.  Un po' diavolo, un po' "angelo caduto dal cielo" come cantava Nada, e sempre di grande impatto scenico.

Tananai è stato uno degli uomini più eleganti dell'edizione 2023 di Sanremo, e anche nell'ultima serata si è mantenuto fedele alla linea. Smoking nero Gucci anni Settanta con il consueto fiore sul bavero, perfetto per un party dopo Oscar a Hollywood. E una statuetta se la merita anche lui per la classe. Piccolo particolare: in mano aveva due rose, una blu e una gialla, in omaggio all'Ucraina.

 La discesa (dall'Olimpo) di Dave Gahan dei Depeche Mode sul palco dell'Ariston ha rappresentato lo spartiacque storico della serata. Dopo di lui il diluvio. Completo tre pezzi nero con ricami luccicanti, gilet indossato sul torace nudo, sexy, virile ma al tempo stesso etereo, con Personal Jesus ha catapultato l'Ariston in un'altra dimensione spazio-temporale. Eterno e senza età come solo i veri artisti e le icone di stile, quelle autentiche, sanno essere.

Nelle sue varie esibizioni, Madame si è spogliata sempre un po' di più. Per la finale ha osato il tutto per tutto e si è presentata scalza, in lingerie e veste da camera, tutto Off-white bespoke. Non esattamente lo stesso effetto del bikini argentato che sfoggiò su quello stesso palco Sabrina Salerno nel 1991, ma il look di Madame è ancora una volta una piacevole sorpresa. Genio artistico e sregolatezza. E classe.

 Leo Gassmann abbandona il look "Stanley Kovalski de Trastevere", scende dal tram chiamato desiderio e lascia in albergo la canotta, optando però per una sexy-mise firmata Alessandro Vigilante che gli lascia nuda la schiena. Come di consueto, bava alla bocca nelle attempate prime file dell'Ariston...

 La giovanissima Ariete sceglie un completo sartoriale nero Marni tempestato da quelli che sembrano strass e che invece sono frammenti di dischi, in omaggio alla musica. Un look perfetto per ingannare gli autovelox sull'autostrada.

Rosa Chemical, in Moschino, si esibisce in camicia di cotone bianca tagliata strategicamente sui capezzoli lasciandoli scoperti, indossata sopra una gonna a portafoglio in pelle nera. A completare la mise, cravatta, guanti e anfibi da combattimento. Come se non bastasse il suo abbigliamento fluido e multigender a sconvolgere le acque già politicamente tempestose nelle quali si agita Sanremo 2023, il malandrino corre in platea, mima un rapporto anale con Fedez e poi lo trascina sul palco baciandoselo con tanto di lingua. E fa perdere ai vertici Rai seduti in prima fila almeno dieci anni di vita…

 Mr. Rain, fino a ieri sconosciuto ai più, si è fatto il suo bel Sanremo e si è classificato terzo battendo perfino Ultimo, uno dei favoriti. Per la Finale che l'ha consacrato sul podio, il biondissimo cantante ha scelto un elegante completo Total White GCDS, dimostrando ancora una volta ottimi gusti in fatto di moda.

Paola & Chiara continuano nella loro opera di accecamento delle prime file dell'Ariston, con i loro abbacinanti completi Dolce & Gabbana tempestati di cristalli, onuste di gioielli Svarowski e glitterate finanche sul viso. Kitsch come poche, certo, ma la loro reunion "sfavillante" non è passata senz'altro inosservata. Scopo raggiunto.

 Per la sua apparizione finale sul palco di Sanremo, Anna Oxa ha finalmente riposto in valigia i cenci sfilacciati da "gattara-clochard" e, calzando un paio di anfibi senza tacco, si è paludata in una tunica nera oversize lunga fino ai piedi, in contrasto con i capelli biondi platino. Un po' "sorella fatale" nel Macbeth, un po' regina guerriera di Game of Thrones, un po' gotica creatura della notte, ma anche un po' 'sciamannona de paese', alla fine ci prende sempre per incantamento e ultima analisi ci conquista. Per citare il titolo di un suo album: "Anna non si lascia".

Anche nella sua ultima esibizione in questo Festival, Levante si è confermata una delle donne più eleganti di Sanremo 2023. Trucco e parrucco a metà tra Lady Gaga e Ava Max, mini abitino stile baby doll di Etro a lasciar scoperte le gambe, anche in finale è stata esempio di stile e carisma.

 L'intramontabile Ornella Vanoni, ospite d'onore, ha giocato a fare la "signora in rosso" con il suo long dress Dior che le lasciava scoperte le belle spalle. Eterno emblema di eleganza, la favolosa Ornella sia da esempio a certe colleghe coetanee ma anche a tante ventenni.

 Con l'ormone ancora sconvolto dall'apparizione di Elodie, ecco che il maschio etero ha rischiato infine l'infarto quando dalla scala dell'Ariston è scesa Luisa Ranieri. In tacchi alti Jimmy Choo e abito nero di Versace con generosa scollatura e spacco vertiginoso che quasi lasciava intravedere "lobosco", l'investigatrice più amata della Tv ha dimostrato ancora una volta che la sua prorompente sensualità è rimasta immutata dai tempi di "Anto' fa caldo", lo spot pubblicitario che la rese celebre. Corpo per il peccato, talento artistico, cervello da vendere… Luca Zingaretti non è mai stato così invidiato come ieri sera. 

Sanremo 2023 si è appena concluso, con la vittoria di Marco Mengoni. Un Festival pieno di musica, di momenti importanti e di colpi di scena. Chiara Nava su Notizie.it il 13 Febbraio 2023

È stato un Festival ricco di colpi di scena, di bella musica e di momenti da ricordare.

Sanremo 2023: il riassunto delle prime due puntate

La 73esima edizione del Festival di Sanremo ha preso il via martedì 7 febbraio, con la conduzione di Amadeus e Gianni Morandi, affiancati da Chiara Ferragni. Un inizio segnato dalla presenza di Sergio Mattarella e da un monologo dedicato alla Costituzione di Roberto Benigni, prima dell’inizio della gara.

La serata è stata segnata dalle esibizioni dei primi 14 cantanti in gara e dagli outfit particolarmente significativi sfoggiati da Chiara Ferragni, come l’abito con il suo corpo disegnato, indossato in occasione del suo monologo, e quello con le frasi ricevute da parte degli haters. Ci sono stati tanti bei momenti, come il ritorno di Mahmood e Blanco, la presenza di Elena Sofia Ricci, l’esibizione di Piero Pelù, e il concerto dei Pooh.

Non sono mancati i colpi di scena, come l’esibizione di Blanco, durante la quale ha distrutto il palco dell’Ariston, scatenando accese polemiche.

Durante la seconda serata si sono esibiti gli altri 14 cantanti in gara. Amadeus e Gianni Morandi sono stati affiancati da Francesca Fagnani e ci sono stati molti ospiti, come Francesco Arca e Mario Di Leva, l’attivista Pegah Moshir Pour, Drusilla Foer e i Black Eyed Peas.

Interessanti anche i momenti musicali tenuti da Gianni Morandi, Al Bano e Massimo Ranieri, da Nek e Francesco Renga e da Fedez e il monologo del comico Angelo Duro. Molto interessante il discorso di Francesca Fagnani sui diritti dei giovani detenuti del carcere minorile di Napoli.

Sanremo 2023: riassunto della terza e quarta puntata

Durante la terza puntata del Festival di Sanremo, che ha visto le esibizioni di tutti e 28 i cantanti in gara, ad affiancare i conduttori è stata la pallavolista Paola Enogu.

Ad infiammare il palco dell’Ariston ci hanno pensato i Maneskin, insieme a Tom Morello, leggendario chitarrista dei Rage Against The Machine. Apprezzati anche i momenti musicali di Sangiovanni, Annalisa e Gué Pequeno. Massimo Ranieri è tornato sul palco per presentare il nuovo singolo e il nuovo varietà che condurra con Rocio Munoz Morales. Molto apprezzato anche il momento comico di Alessandro Siani.

La quarta serata, dedicata ai duetti, è stata presentata da Chiara Francini, che ha affiancato i due conduttori. I cantanti in gara hanno duettato con moltissimi artisti, intrattenendo il pubblico con cover davvero molto belle. Molto apprezzati i momenti musicali di Peppino Di Capri, La Rappresentante di Lista e Takagi e Ketra. Tra i momenti più amati in assoluto, soprattutto dai più giovani, quello in cui sono saliti sul palco i protagonisti dell’amatissima serie televisiva Rai Mare Fuori, con Carolina Crescentini, che hanno cantato la sigla sul palco dell’Ariston.

Sanremo 2023: riassunto della finale

La finale di Sanremo, condotta da Amadeus e Gianni Morandi, insieme a Chiara Ferragni, si è aperta con la presenza della Banda dell’Aeronautica Militare, seguita da un omaggio di Morandi al cantante Lucio Dalla. Sono stati molto apprezzati i momenti musicali degli ospiti, Gino Paoli, Ornella Vanoni, Salmo, Achille Lauro e i Depeche Mode. In occasione della finale, Amadeus ha letto una lettera scritta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Si sono esibiti tutti i cantanti in gara e a vincere questa edizione è stato Marco Mengoni, con il brano Due Vite. Al secondo posto Lazza, con Cenere, al terzo posto Mr.Rain, con Supereroi, al quarto posto Ultimo, con Alba, e al quinto posto Tananai con Tango.

Da leggo.it il 13 febbraio 2023.

Selvaggia Lucarelli per tutta la durata del Festival di Sanremo ha commentato le canzoni, gli abiti e gli outfit dei cantanti in gara e soprattutto i Ferragnez. Fedez e Chiara Ferragni sono stati i "bersagli" preferiti della giornalista che si è concentrata soprattutto sul monologo dell'influencer. Nelle scorse ore però, Selvaggia ha pubblicato un post sui propri social, tutto dedicato al rapper.

 Selvaggia Lucarelli nel suo lungo post scrive: «Un giorno qualcuno dovrà studiare il morbo Federico Lucia, ovvero questa preoccupante attitudine che ha nell’arrivare a una festa sempre con un unico scopo: diventare il festeggiato. Prendersi festa, regali, cori di buon compleanno e andare via, puntando la festa (altrui) successiva. Doveva essere il Sanremo di sua moglie e dopo la prima serata in cui la moglie ha avuto la sua luce, ha rimesso subito le cose a posto: gossip sulla maleducazione di Anna Oxa e canzone per creare il caso politico. Doveva essere il Sanremo dei cantanti, compreso il suo amico J-Ax, e il palco se l’è preso lui col bacetto da meme e da aperture giornalistiche su Sanremo.

Doveva essere il Sanremo della moglie e è arrivato pure lui a ruota con il podcast, la canzone sulla nave da crociera, il duetto con J-Ax. Ha voluto essere tutto, come sempre, pure l’abbonato in prima fila. Il risultato è che ha vampirizzato come sempre la festa, togliendo luce ai cantanti, ai conduttori, ad Amadeus, togliendo magia allo show e attaccando il governo con un gesto che era poco più di un meme, con un argomento che aveva lo spessore di un post di Lorenzo Tosa.

 Fessa la Rai che ancora una volta ha ceduto la festa al bambino che va lì solo per fare casino e mangiarsi tutta la torta. Nel frattempo, la Chiara Ferragni che ci raccontava la favola femminista s’è fatta rubare la scena dal marito incapace di rimanere a casa e lasciare che gli altri si vivano il loro successo, senza che arrivi lui a succhiare il sangue dalle giugulari altrui. Un contrappasso che non meritava neppure lei. Voto 0».

Ivan Rota per Dagospia il 13 febbraio 2023.

Con quella faccia da bravo ragazzo, nessuno avrebbe mai detto di un suo video che spunta dal passato. Olly,in gara a Sanremo con il brano Polvere, nel video freestyle dice: “Tu sei una cecca però con un H in più, non ti f0tterei la tipa non mi piace l’HIV. Alla tv ti fai tante s3ghe che beh non ti prendi l’AIDS ti prende l’ADSL“. E poi ha chiosato: “Fra me e Rosa Chemical c’è attrazione, di qualsiasi tipo, anche sessuale“.

  E Rosa Chemical ha portato la trasgressione a portata di grandi e piccoli: la sua Made in Italy é cantata da tutti e ieri da Mara Venier a Dominica in é stato il più applaudito con Mengoni, Madame, Paola e Chiara. Per gli altri solo briciole. Il fluido performer ha cancellato le sue “esibizioni” su Only Fan quasi sempre in compagnia di un’amica asiatica.

 E poteva mancare Cristiano Malgioglio? Da Carla Bruni, che ha incontrato a Montecarlo. a Rose Chemical il passo non é breve, ma il cantautore se ne fa un baffo. Ieri ha sentito il collega per un progetto: ci sono in cantiere due canzoni cantate ai tempi dalle mogli di due famosissimi cantanti. Non possiamo dire di più, ma sarà una cosa da “sturbo”.

Madame a smentire la voce del bicchiere lanciato da Anna Oxa:”Comunque con Anna non è successo niente, non ci siamo neanche mai viste, erano tutte voci inutili messe in giro a chissà che fine. Mi spiace rompere il sogno del gossip, mi stavo divertendo anche io. Anna solo amore per te e il tuo pezzo è una preghiera magnifica“. Davvero una preghiera magnifica.

 Fedez senza la moglie Chiara Ferragni a una festa a Sanremo come sottolineato Novella 2000. Chiara Ferragni invece ha postato su Instagram una foto di lei nel lettone con il piccolo figlio Leone, mentre Fedez é tornato sui sociali solo oggi. Ha pubblicato un post con tutte le foto che ha scattato al Teatro Ariston insieme ai cantanti e poi ha condiviso un tweet dedicato proprio alla moglie. Lui le ha rubato spazio e lei sembra essersela presa. Aria di crisi?

E a Che tempo che Fa, persino il composto Fabio Fazio é rimasto “basito” all’apparizione di Simona Ventura e della Signora Coriandoli nelle vesti di Paola e Chiara. Il loro balletto é stato da antologia del trash. Ormai Simona Ventura crede di essere la nuova Mina. Guardate il video per (non) credere…

  Arisa ha sbroccato ad Amici dopo una sua esibizione non riuscita e ha detto di aver fatto una figura di merda: “Le mode vanno e vengono e si passa di moda, poi in Italia si passa di moda prima. La carriera è fatta di alti e bassi? Eh, mi avete beccato in un periodo di bassa”. Quando Maria De Filippi le ha detto: “Non ti abbiamo beccato, ti abbiamo cercato”, Arisa ha risposto: “Sta di fatto Maria che sono due anni che Amadeus non mi prende a Sanremo. Sono due anni!”.

 Chiara Francini, oltre che ad aver avuto un successo personale a Sanremo, é una battutista unica nella vita e al cinema. Da Soap Opera: “Sai che sei una brava attrice”, e lei: “Non sono io che sono brava, sono le altre che sono cagne.”

Grande Fratello Vip - Mentre i gieffini erano alle preso con i preparativi di una festa,Oriana Marzoli ha preso una foto di Antonino Spinalbese e ci ha sputato sopra. Poi l’ha ridotta in mille pezzi, l’ha buttata a terra per poi calpestarla agitata oltremodo . Ad assistere all’episodio c’erano Luca Onestini e Giaele De Donà che non riuscivano a capacitarsi dell’accaduto.

  Lite al GF Vip tra Luca Onestini e Ivana Mrazova perché lei in un gioco ha baciato Andrea Maestrelli mentre lui si é rifiutato di baciare Nicole Murgia. Ecco cosa gli ha detto Ivana: “Tu hai scelto di non baciare Murgia e io scelto di baciare Andrea. E quindi? Non ci sono problemi. Luca non è che mi sono messa a limonare con un’altra persona, a provocarti. Era un gioco, si sono baciati anche fra le coppie. Sarà stato il fatto che era la prima volta che mi hai visto che mi sono baciata con un’altra persona e ti ha dato fastidio.” In fondo lei é solo la sua ex…

 I nomi delle griffe sono un must tra i cosiddetti vip. Dopo che Francesco Totti e Ilary Blasi hanno chiamato la loro figlia Chanel, ora arriva il turno di due ex gieffini: Sophie Codegoni avrá la sua bimba, Céline. Incinta di 7 mesi la Bonas di Avanti un altro, ha sfilato con il fidanzato Alex Basciano sul tappeto rosso del party al Victor Morgana Bay a Sanremo. Un red carpet non si nega a nessuno…

  Su Truth Social ieri sera Donald Trump ha distrutto Rihanna che tempo fa lo aveva sfanculato Questa volta l’ex Presidente si é incazzato per lo spettacolo di Rihanna al Super Bowl, che secondo lui è stato vomitevole (lo hanno detto tutti comunque). A onor di cronaca, Donald ha dichiarato che quello di Rihanna è stato il peggior Halftime Show della storia.

  Una nuova santona é spuntata dietro le quinte del Festival di Sanremo ed é una storia che si ripete nel mondo dello spettacolo. Ha convinto una cantante di essere sopra tutti e la sta rovinando..

Estratto dell’articolo di Andrea Andrei per “Il Messaggero” il 13 febbraio 2023.

Il Festival di Sanremo che si è appena concluso è stato un esempio perfetto di come i social abbiano definitivamente invaso lo spazio dei media tradizionali […]

 La presenza stessa di Chiara Ferragni come co-conduttrice ne è il segnale più importante, ma ancor di più lo è stato quello che è successo sul palco. Perché il vero superospite del Festival, anche se non invitato, è stato lo smartphone.

 Non solo per i look a favor di meme di Ferragni, ma anche per il prolungato siparietto Amadeus-Morandi che facevano a gara di follower scattandosi selfie e dandosi del boomer a vicenda con toni giovanilistici, mentre Chiara gongolava e dava ordini al suo popolo virtuale di seguire questo o quell'altro. […]

Il tutto mentre più volte si assisteva a un fulgido esempio di meta-televisione, in cui il servizio pubblico ha mandato in mondovisione le dirette Instagram dei conduttori dal palco in un gigantesco spot (gratuito) alle piattaforme di Zuckerberg.

 E la cosa che fa riflettere è che in alcuni momenti si aveva la sensazione che la diretta vera, quella più importante, fosse quella sul display del telefono. Il che è stato come dare le chiavi di casa a Ferragni, la quale non se l'è fatto dire due volte e ha monopolizzato lo show portando, fisicamente e non, tutta la sua famiglia, cioè il suo business, all'Ariston. Come una sorta di bonus ulteriore al cachet sanremese.

Antonio Bravetti per “la Stampa” il 13 febbraio 2023.

I vertici Rai «devono andare a casa» perché questo Sanremo «è stato un fallimento culturale totale». Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, boccia il Festival appena concluso: «Non puoi lasciare la più grande azienda culturale italiana in mano a Presta, Coletta, Amadeus e due capre come Fedez e Ferragni, che non sanno parlare». Ora, dice, «serve una svolta di carattere».

 Come giudica questo Sanremo?

«Miserabile, insensato, insignificante, infantile. Niente musica né canzoni, non resta in mente nulla».

Un comizio di sinistra, come denuncia FdI?

«La destra dovrebbe dire "quello che abbiamo visto non era contro di noi, era inadeguato".

Pessimo».

 Eppure gli ascolti...

«Basta con dirigenti che misurano soltanto in termini consumistici, di ascolti. Come se il capolavoro di un grande scrittore fosse tale solo per le copie vendute. Manca un amministratore, un presidente, un direttore di rete».

Vanno cambiati i vertici Rai?

«Devono andare a casa perché è stato un fallimento totale. Serve una svolta culturale. I vertici hanno mancato alla funzione di controllo: non è censura per impedire quello che è accaduto, ma per impedire che il livello sia così basso».

 La destra è furibonda per la foto di Bignami?

«Un attacco infantile, andrebbe impedito sul piano deontologico dalla Rai. Perché consentire che un uomo di governo sia irriso da Fedez? Un livello di politica troppo basso».

 Sicuro non sia censura?

«Macché, non puoi avere un editore che non vigila su quanto accade, non in senso censorio ma qualitativo. Di questo Festival non ti ricordi un gesto, una strofa, una canzone, solo i vestiti. Non si può scambiare la cultura con Benigni, Fedez e Ferragni. Serve una direzione di carattere. Dov'è oggi un Angelo Guglielmi?».

 Perché Benigni non piace alla destra?

«Vuoi fare cinque minuti di Costituzione? Fallo davvero, con Cassese, non una caricatura».

 Chi vedrebbe ai vertici Rai?

«Per la direzione del festival Morgan, un ponte fra musica classica e contemporanea: meglio un vero stravagante come lui che uno finto come Fedez. Per la presidenza Paolo Mieli, un uomo che abbia equidistanza. Al posto di Fuortes bisogna puntare in alto: Corrado Augias, Geminello Alvi, Roberto Andò, Emma Dante, Toni Servillo, Giorgio Montefoschi...».

 Dia i voti. Amadeus?

«Sette e mezzo, sobrio ed elegante. Un buon presentatore, quello che non è Ferragni. Potrebbe fare coppia con Morgan. Morgan fa il ricercatore musicale e lui che non conosce una nota fa il presentatore».

Chiara Ferragni?

«Due. Analfabetismo funzionale. Una inetta. Una capra, goffa. Leggeva dei foglietti in una lingua improbabile che non è l'italiano. Mai visto niente di simile. Sarebbe stata meglio Elly Schlein».

 Fedez?

«Buono come spalla. Il bacio non si può giudicare negativamente: è il modo in cui Rosa Chemical è esistita. Fra il 5 e il 6. È pessimo ma non è un incapace totale, come la moglie».

 Una canzone da salvare?

«Ornella Vanoni e Gino Paoli, due mostri sacri, da dieci. E Al Bano: otto, un presidente della Repubblica di destra».

 Nulla di più contemporaneo?

«Vanoni e Paoli sono stati i punti più alti, canzoni che hanno ancora un senso, un mondo che non c'è più. Mostri sacri, non mostriciattoli».

 Nemmeno il vincitore?

«Mengoni è una scoperta di Morgan a X Factor 2009. Vede che faccio bene a puntare su Morgan?».

 E Berlusconi su Putin e Zelensky, l'ha sentito?

«Lui è intimamente ammirato di Putin e quando si sfoga non riesce a trattenersi».

Dagospia il 13 febbraio 2023. Da “Un Giorno da Pecora – Rai Radio1”

Che voto darei all’ultimo festival di Sanremo? “Zero…” A parlare è Marco Castoldi, in arte Morgan, intervenuto alla trasmissione di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora.  “Ho visto solo le prime due serate, tutto l’insieme del festival l’ho trovato stucchevole. Le canzoni fondamentalmente non c’erano, erano carenti da molti punti di vista, soprattutto quello armonico. E senza accordi tutto diventa noioso”.

Possibile non le sia piaciuto nemmeno un brano? “Forse giusto il pezzo di Anna Oxa aveva un gusto armonico anni ’80”. Almeno le liriche le sono piaciute? “I testi in gara mi sono sembrati nulli, scritti da qualcuno che non è un vero autore, non c’era invenzione linguistica, non c’era nulla”. Neanche il brano vincitore, quello di Marco Mengoni? “Mengoni figuratevi, era nella mia squadra…la sua canzone l’ho udita ma non l’ho sentita. Un voto? Non è valutabile”. E il pezzo di Lazza? “Non so chi sia, forse quello che somigliava a Macario?  Non so, non riesco a distinguerli uno dall’altro”.

Sgarbi l’ha proposta come prossimo direttore del Festival. Le piacerebbe? “Ha detto una cosa intelligente, mi piacerebbe”.  Con quale ruolo, conduttore, direttore artistico o entrambi? “Non capisco perché conduttore e direttore artistico debbano esser ricondotti alla stessa figura. Pippo Baudo aveva Sergio Bardotti dietro, ad esempio”. Quale conduttore sceglierebbe il Morgan direttore artistico?

“Il mio Sanremo lo farei condurre a Piero Chiambretti”. E chi porterebbe come cantanti? “De Gregori, Guccini, Fossati e poi le nuove generazioni, che non sono per forza quelli delle major – ha concluso Morgan a Un Giorno da Pecora - perché la musica è ovunque”.

Classifica Fantasanremo 2023: chi è il vincitore, i punteggi ottenuti da tutti i cantanti. Michela Rovelli su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023.

Trionfa anche al Fantasanremo Marco Mengoni. Tanti fantapremi per i migliori partecipanti al campionato mondiale

Ci siamo. Quasi 24 ore dopo la conclusione di Sanremo - dove ha trionfato Marco Mengoni - è stato svelato anche il vincitore del fantacampionato che ha accompagnato il Festival (i suoi spettatori così come i suoi cantanti) per tutta la settimana. Il Fantasanremo si è chiuso ufficialmente alle 21 di domenica 12 febbraio. Ma niente paura: gli organizzatori sono già pronti per mettere giù le regole del Fantaeurovision.

Il vincitore del Fantasanremo

Con una diretta Instagram nella serata di domenica - seguita da oltre 20mila persone - gli organizzatori del Fantasanremo hanno annunciato l'artista che ha accumulato il punteggio più alto: è Marco Mengoni. Ancora lui. Che si aggiudica il premio dei premi: la gloria eterna. Mengoni è riuscito a scalzare dal primo posto Sethu grazie ai tanti, tantissimi punti, presi grazie alla sua posizione nella classifica finale di Sanremo - è il vincitore, e corrisponde a cento punti - ma anche grazie ad altri premi paralleli: 50 per il premio Bigazzi alla migliore composizione musicale, 50 perché «Due vite» è stata la canzone più trasmessa da Radio Italia durante il Festival, 20 per la pioggia di coriandoli che l'ha festeggiato dopo la vittoria, 30 per aver fatto alzare tutta l'orchestra in una standing ovation. 

La classifica finale del Fantasanremo

1) Marco Mengoni - 670 punti

2) Sethu - 500 punti

3) Rosa Chemical - 460 punti

4) Cugini di Campagna - 455 punti

5) Colapesce Dimartino - 396 punti

6) Gianluca Grignani - 380 punti

7) Lazza - 359 punti

8) Coma_Cosa - 351 punti

9) Mr. Rain - 330 punti 

10) Ultimo - 328 punti

11) Tananai - 325 punti

12) LDA - 313 punti

13) Paola e Chiara - 296

14) gIANMARIA - 281

15) Ariete - 278 punti

16) Will - 276 punti

17) Elodie - 268 punti

18) Levante - 265 punti

19) Olly - 263 punti

20) Madame - 223 punti

21) Giorgia - 205 punti

22) CollaZio - 202 punti

23) Articolo 31 - 189 punti

24) Mara Sattei - 178 punti

25) Modà - 176 punti

26) Shari - 165 punti

27) Leo Gassman - 128 punti

28) Anna Oxa - 64 punti

I premi «extra»

Il team del Fantasanremo ha anche distribuito premi extra - che attenzione però non danno punti aggiuntivi - per ringraziare gli artisti che hanno partecipato più attivamente al fantacampionato.

- Premio romanticismo: Coma_Cose. I loro sguardi e la proposta di matrimonio detta in coro al bar di Papalina ricostruito a Sanremo ha col

- Premio Papalina: Cugini di Campagna. Che dire, i più divertenti partecipanti, si sono messi in gioco in tutti i modi. L'età, al Fantasanremo, non conta.

- Premio Sogno: Gianluca Grignani. Ci ha fatto effettivamente sognare riuscendo a riportare Beppe Vessicchio a capo dell'orchestra. Sembrava quasi impossibile conquistare quel Bonus, ma lui ce l'ha fatta

- Premio Fair Play: LDA. Giocatore attivo ma soprattutto molto corretto.

- Premio Fantasista: Olly, per aver infilato nel taschino del suo direttore d'orchestra Benji. Nonostante fosse impossibile duettare con il suo compagno di corse nei campi di calcio infiniti del cartone animato, è riuscito comunque a portarlo in qualche modo sul palco.

- Premio epicità: Rosa Chemical. Non servono altre precisazioni.

- Premio Tananai: Sethu. Grandissimo giocatore, attivissimo, la sua ultima posizione - nel Fantasanremo - è solo un onore.

- Menzione d'onore «cappello» ad Ariete: ha messo in discussione il Malus cappello indossandolo con eleganza. Vedremo se riuscirà a trasformarlo in Bonus il prossimo anno.

- Menzione d'onore per la cultura a gIANMARIA. Sapeva tutto, ma proprio tutto, del Fantasanremo.

- Menzione d'onore crescendo a Levante. Nel corso della settimana la sua sapienza del Fantasanremo è cresciuta sempre più, imparando regole e divertendosi ad accumulare Bonus.

- Menzione d'onore per la coreografia a Paola e Chiara. Il loro balletto è finito su tutti i social ed è stato un successo. Non poteva che andare a loro.

- Menzione d'onore per il coraggio a Will. L'unico ad aver osato tuffarsi in mare di notte. 

- Il Bonus Gubbio è stato svelato:  l'artista entra sul palco in bicicletta vestito da Don Matteo. Se lascia la sgommata, raddoppia. Nessuno l'ha ovviamente ottenuto.

Le squadre che hanno vinto il campionato mondiale

Il Fantasanremo si è fatto sentire non poco sul palco dell'Ariston e fuori. Tra dichiarazioni di matrimonio a tutto spiano, batti cinque a Gianni Morandi e alla statua di Mike Buongiorno, caffè sospesi, dirette Instagram, annunci di tour, i cantanti hanno fatto di tutto per accaparrarsi Bonus. Anche senza «osare» come Will - col bagno notturno in mare - e Rosa Chemical, con il bacio a Fedez. Poi gli abiti, quasi sempre bianchi o illuminati di paillettes: gli stylist di Sanremo hanno dovuto piegarsi al Fantasanremo. A proposito, se abbiamo visto chi è il cantante ad aver conquistato la gloria eterna, vediamo anche quali sono le squadre ad aver scelto la combinazione vincente di cantanti. Nel campionato mondiale (in cui noi ci siamo posizionati solo 922esimi) hanno trionfato 14 team. Eccoli:

- The Cat King

- Lanciafiammeeee

- Pipoli Roventi

- MAAARC verso la vittoria

- PARKOUR!

- Sdraiati

- Ikapi

- TEAMc**o

- Amazeus lovers

- Pupoteam

- Cugini di Champagne

- la_ivan

- Vance Refrigeration

- I cugini di Champagna

Tutti hanno scelto come capitano Marco Mengoni.

Paolo Zaccagnini per mowmag.com il 14 gennaio 2023.

Paolo Zaccagnini, storico critico musicale, ci spiega perché Sanremo, nonostante Al Bano, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Ornella Vanoni, Peppino Di Capri, Gino Paoli, Tom Morello (al quale dovremmo delle scuse) e i Depeche Mode è stato "noia, solamente noia". Molto meglio ascoltare il nuovo album di Edgar Winter, dedicato al fratello scomparso Johnny Winter, che ha vinto un Grammy come miglior album blues contemporaneo. Altro che Maneskin...

 Ma veramente? Ma veramente il Festival è l'Italia odierna? Detto del "partigiano Amadeus" - è pronto a lasciare, dopo 4 anni, la direzione artistica e conduzione del Festival, bontà sua - e di Fedez e del fluido Rosa Chemical, di Chiara Ferragni, rarissimo esempio di salmone affumicato meneghino - e del ciarpame orrendo mostrato in cinque giorni, viene da far proprio il grido di Germana "cervellofino". Aridatece Pippo. Un signore competente, colto, preparato, simpatico.

Non a caso due persone che conosco assai bene - di una sono stato il vice per 12 meravigliosi anni - vale a dire Roberto D'Agostino e Marco Molendini ne hanno scritto una sola volta lasciando l'onore di discettare a tutti e il contrario di tutti. Come si diceva una volta, a "cani e porci". L'ultimo album degli U2, e quello soul di Bruce Springsteen, no, proprio no. Non si può. Capisco l'amore e la fede...Capisco che è difficile smettere di stare su un palco dopo tanti decenni, ma bisogna farlo pena il ridicolo che ormai li ammanta sempre più strettamente?

 Non a caso il batterista, e fondatore del gruppo, Larry Mullen non andra' a suonare a Las Vegas, si deve operare alle mani. Suoneranno in un'enorme, costosissimo tendone tecnologico facilmente raggiungibile. Finalmente capito l'annoso mistero. Risolto. Le strade non hanno nome ma quello della città sì. Las Vegas. Slot machines & canzonette. È finita E anche quest'anno, come dice il mio grande amico Roberto d'Agostino, "il festival ce lo siamo levato dalle palle". Non credo. Perché', non potendo risolvere i centenari problemi italiani, ora ci si avventa contro Sanremo. E lo fa uno come il parlamentare di Fratelli d'Italia, già Comunione e Liberazione, il signor Gianmarco Mazzi che il Festival lo ha organizzato per qualche anno.

Cospito Alfredo, anarchico, intanto è la causa di tutti i mali del Paese, può morire in pace, ora occorre spazzar via i bolscevichi, i rossi, le "zecche" che hanno organizzato e gestito l'ignobile kermesse. Coletta omosessuale? Che orrore e che vergogna. Al rogo! Ma per il cattivo gusto dispiegato a piene mani. A parte il meritatissimo premio a Marco Mengoni da Ronciglione, deliziosa cittadina della provincia di Viterbo, cosa è stato per me, vecchio rompiscatole, il Festival? Al Bano Carrisi, Gianni Morandi, anche come co-presentatore, Massimo Ranieri, Ornella Vanoni, Peppino Di Capri - fece da spalla ai Beatles, ignoranti! - Gino Paoli, il chitarrista Tom Morello - ex Rage Against The Machine, Audio Slave e Bruce Springsteen & The E Street Band - e i Depeche Mode che hanno fatto ballare il teatro Ariston e l'Italia che li vedeva in tv. Tutto il resto, come diceva il maestro Franco Califano da Tripoli - è "noia, solamente noia".

Ora tutti, e dico tutti, mi dicono cosa ne penso di Sanremo, come se 19 anni di sonori schiaffoni e calci non fossero bastati, ma io non mi presto al gioco onnicomprensivo e onnivoro, dove a tutti serve a fare polemica. Basta. Parliamo di musica.

E scusiamoci con Tom Morello - straordinario chitarrista per averlo portato sul palco insieme ai Maneskin per suonare i loro perdibili "successi", e i due Depeche Mode rimasti - alt, il tastierista scomparso è defunto per un attacco cardiaco – che hanno proposto loro successi, quelli sì imperdibili, del passato e il nuovo, bellissimo singolo Ghosts Again, e poi parliamo, finalmente, di musica visto per il Festival della Musica Italiana di Sanremo di Musica Italiana non tratta più. Da anni. Parliamo di Brother Johnny. Cd che il fratello minore di Johnny Winter, il sassofonista e multistrumentista, Edgar, ha dedicato al fratello maggiore, morto nel sonno nel luglio 2014, mentre era in tour in Europa. Un lutto pesantissimo.

Per anni Edgar aveva rifiutato l'idea di fare un disco che omaggiasse il fratello, albino e tatuatissimo come lui, però visto il numero di persone, soprattutto musicisti, che gli chiedeva di fare qualcosa per ricordarlo, ha ceduto. Ha fatto qualche telefonata ed ecco Brother Johnny, con cui ha vinto recentissimamente un premio Grammy (miglior album blues contemporaneo), clamorosamente non vinto dal futuro del rock, vale a dire i romani Maneskin. Il lunghissimo preambolo - si intitola The story - scritto da Edgar è bello e toccante quasi quanto i brani suonati in seguito, è la storia di due fratelli cresciuti nel profondo Sud degli Stati Uniti d'America che si riscattarono della loro condizione attraverso la musica, nella fattispecie il blues. John Dawson Winter III era nato a Beaumont,in Texas, il 13 febbraio 1944 e, come detto, è scomparso nel sonno il 16 luglio 2014 a Zurigo, in Svizzera. Questi brani, e tutti i musicisti che li suonano, gli rendono onore. Un grande onore. 17 brani ma non saprei dirvi quale per me è il migliore.

Pezzi di Johnny tutti. E allora via con i titoli e i principali musicisti. Mean town blues con Joe Bonamassa, Still alive an well con Kenny Wayne, Sheperd One star blues con Keb' Mo', I'm yours and I'm her con Billy Gibbons e Dereck Trucks, Johnny Be Good con David Grissom e Joe Walsh, Stranger con Michael McDonald Joe Walsh e Ringo Starr, Highway revisited con Kenny Wayne Sheperd e John MCfee Rock'nd'roll, Hoochie koo con Steve Lukather, When you've got a good friend con Doyle Bramhall II, Jumpin' Jack Flash con Phil X, Guess I'll go away con Taylor Hawkins e Doug Rappporort Drown in my own tears con Edgar Winter, Self distructive blues con Joe Bonamassa, Memory pain con Warren Haynes, Stormy monday blues con Robben Ford, Get my mojo workin' con Bobby Rush, End of he line con David Campbell Strings. Devo dire altro? No. Scusa, Festival, scusate, festivalieri, ma questa è Musica, questo è Blues. Da qui nasce tutto. Sanremo? Per cortesia. Sarà una risata che li seppellirà.

Estratto dell'articolo di Alessio Mannino per mowmag.com il 14 gennaio 2023.

(...)

Ringo, partiamo dal protagonista assoluto della prima serata, almeno quanto a polemiche: Blanco che strapazza a calci i fiori, simbolo di Sanremo, sul palco dell’Ariston, come nel video della sua canzone "Ladro di fiori". Una mossa finta, pre-concordata, o gli è saltato l’embolo?

Ma va, quale concordata. Si vede che ha perso la brocca. Non ti funziona l’in-ear, le cuffiette che ti permettono di sentire la musica prima di tutti, così da farti sentire parte integrante del suono? Se sei un cantante vero, li togli e canti. Ma siccome tutta questa gente che va a Sanremo con questo mestiere non ha niente a che fare, non è abituata a cantare dal vivo, non ha fatto i bar, le cantine, i garage…

È questo manca a questi ragazzi! I cantanti facevano anni di gavetta, tutta la trafila che oggi non c’è più. Prendono un computer, sono belli, hanno Instagram, e partono con la carriera. Ci sono anche i reality che li aiutano, come X Factor, e si creano dei surrogati da marketing.

 Però appena c’è il primo problema tecnico, vanno in tilt. Sto facendo un’analisi tecnica, non li voglio accusare. Se uno è capace veramente di cantare dal vivo, se ne fotte dell’in-ear, tira fuori la voce e canta. Poi  sul fatto personale che abbia sbroccato così, poteva chiedere scusa subito, sarebbe bastato secondo me. E al mio collega Amadeus dico: cazzo, riprendilo! Sei il padrone di casa.

 Amadeus ha preferito abbozzare facendogli una battuta con il sorriso.

Non me ne voglia, ma visto che ha la mia età, sessant’anni, e visto che è il padrone di casa, al suo posto a Blanco avrei detto: senti, sei alterato (perché era alterato, si vedeva), vattene lì dietro, io faccio pulire e poi torni a cantare. Sono sicuro che il pubblico avrebbe applaudito, e lui la ramanzina l’avrebbe capita.

 Quando tornava fuori, chiedeva subito scusa. E invece no, ha preferito le scuse via Instagram. Ma no! No! Chiedi scusa al pubblico che ti ha fischiato! Sei un artista sul palco, rispetta il pubblico e quelli a casa! Hai perso la brocca? Capita a tutti nella vita. Ma non questa storia di scrivere su Instagram… Che palle!

 Anche per questo uno può pensare sia stata una trovata per far discutere il giorno dopo.

Ma no, uno non va a giocarsi l’immagine e la carriera per una cosa così. I commenti di questi giorni erano tutti insulti. Un massacro.

 (…)

Tornando al piano più tecnico-musicale, la dimensione live com’è stata?

Ho sentito delle stecche allucinanti…

Ovvero?

Ho visto la Oxa, e anche Facchinetti dei Pooh… Ragazzi, immaginiamo un evento così a Los Angeles: ma li hai sentiti i cantanti americani? Perché fanno paura dal vivo e noi invece non riusciamo a uscirne fuori?

(…)

 Allora parliamo dell’altro personaggio chiamata da Amadeus per richiamare il pubblico più giovane, la top influencer italiana, Chiara Ferragni.

Chiara Ferragni secondo me era in imbarazzo. Hanno chiamato una che non fa questo mestiere, non ha la disinvoltura di una Brigitte Bardot. Sembrava la zia di provincia che vuol fare la trasgressiva in balera.

 Non è una polemica la mia, ma lei è una ragazza che ogni giorno parla di sé a 28 milioni di followers: bene, va in prima serata su Rai 1 e ha davanti 10 milioni di spettatori, e parla di sé stessa e a sé stessa, con quella lettera. Si mostra quindi come se fosse su Instagram, con un monologo alla lei bambina. Cazzo, ma non argomenti! Non ha argomenti! Ma attenzione, non voglio fare polemica, la mia è un’analisi. E anzi devo dire che fra tutti è stata una delle poche persone spontanee, e io apprezzo la spontaneità.

 Di rock ci sarà stato almeno il giubbotto di Piero Pelù con le toppe dei Dead Kennedys, dei Dri, la spilletta dei Mötorhead. Un omaggio al punk.

È un amico, Piero. Non ne parlo.

 Ma stiamo parlando di una giacca, in fondo.

Caro Piero, se porti le giacche punk a Sanremo lì non c’entri una mazza. Io avrei messo un bel frac o un tight. È il festival della musica italiana, se mischi le carte e parli di altro, non va bene. E vale anche per la politica. Benigni è un mostro, ma cosa c’entra il monologo sulla Costituzione a Sanremo? Personalmente non l’ho capita. Si potrà dire, no? Non lo sto mica offendendo. Mi sono sforzato, da direttore artistico, di capire perché, prima che andasse sul palco la prima canzone, siano passati 40 minuti. Amadeus deve fare i numeri, e li fa, e gli faccio i complimenti perché ha trovato la chiave, però è obbligato a questi sotterfugi. Siccome, secondo me, con la musica italiana non fai quegli ascolti, deve escogitare queste trovate, e mi scuso se uso questo termine riferendomi a Benigni che è un genio.

La canzone al Festival della Canzone aveva qualche chances di essere protagonista?

Macché. Noi italiani siamo gli spioni che guardano alla finestra che macchina usa la moglie del vicino. Siamo trash, di base. Altrimenti non si spiegano gli ascolti per il Grande Fratello Vip, per dire.

 Il festival però ha dato modo all'altro mattatore, diciamo così, di lanciare i suoi abituali messaggi a favore dei diritti lgbtq, (con il bacio concordato con Rosa Chemical), contro la destra e per la cannabis libera, cioè Fedez.

Ma qual è il messaggio, che non l’ho capito? Sull’omosessualità in Italia? Mi pare che sia più che normale. Fanno pure le pubblicità dove si vedono i modelli che si baciano. Ormai è sdoganata, mica aspettiamo Fedez per capire se un uomo può baciarsi con un altro uomo in Italia. Fra l’altro, ha anche tolto visibilità a sua moglie. E sulla cannabis... Ma come si fa ad andare in tv a dire una cosa del genere?

Non ho nulla contro la cannabis, ma è droga. Se è vietata, perché devi dire in tv di legalizzarla? Per me uno può fumare quanto vuole, però ripeto, perché Sanremo deve essere una piattaforma di propaganda? E poi, si parla tanto di donne, e attacchi proprio ora la prima donna capo del governo? Finalmente abbiamo una donna che ce l’ha fatta, e invece la massacrano con il festival.

 Fedez ha anche strappato la foto del viceministro Galeazzo Bignami da giovani con la svastica al braccio.

Ma aveva più senso Sinead ‘O Connor quando ha strappato la foto del Papa, aveva più senso! Qui c’è un politico che a una festa ha fatto una cazzata vestendosi così, ma se dovessimo tirar fuori le foto di tutte le minchiate che abbiamo fatto nella nostra vita andiamo alla gogna tutti. Mi chiedo: è la sede adatta per proteste del genere? Sentendo la vox populi, non è piaciuto. La stessa Egonu è partita in quarta dando dei razzisti a tutti quanti e poi ha dovuto un po’ fare marcia indietro.

(…)

Tornando alle scelte: tu avresti relegato il messaggio del presidente ucraino Zelensky a un'ora impossibile, a notte fonda?

Non ho capito: vogliamo parlare di pace? Io lo avrei fatto parlare, è un leader di un Paese aggredito da un altro. Questo è un messaggio: se sono tutti liberi a Sanremo, tutti per la fraternità e l’amore e l’inclusione, perché non hanno fatto parlare Zelensky? Leggere un suo scritto a quell’ora è stata una forzatura. Amadeus ha fatto risultati enormi, peccato non con la musica ma con una pagliacciata.

 Alla fine il vero vincitore è Marco Mengoni, o Lucio Presta, il manager di Amadeus e di Benigni che è stato un po' il regista-ombra dietro le quinte?

È un manager che ha piazzato bene i suoi colpi. Bisogna vedere altri cosa avrebbero fatto al posto suo. Io pensavo però ci fosse un controllo in Rai, sul conflitto d’interessi, no? Io metterei dei controlli pubblici, visto che la Rai è pagata dagli italiani. Comunque, hanno fatto i risultati Amadeus e company? Hanno vinto loro, punto. È un dato di fatto. Poi possiamo criticare la parte artistica, ci sono tanti che non sanno cantare e usano l’autotune, ma se la Rai voleva i numeri, li ha avuti. Poi ho letto una dichiarazione di Mengoni che non ho capito molto bene.

 La dedica alle donne, visto che i primi posti nella classifica finale vedono solo uomini?

C’è una giuria, c’è un voto telefonico, il popolo ha votato. Non si deve fare una menata su questo.

 Troppa retorica?

Tantissima. È il festival della retorica. Oserei dire che è il festival dell’Unità.

Magari non proprio quella del vecchio Partito Comunista.

Siamo lì, dai. È una battuta. La sinistra si è impossessata di alcuni spazi e ha fatto un po’ di propaganda. Mi sarebbe piaciuto vedere più costume e più canzoni, anziché un festival politicizzato. Personalmente sono anche per il sociale. Per esempio era il momento di lanciare un messaggio contro il bullismo e il femminicidio. Accadono cose terrificanti, con ragazzini che picchiano altri ragazzini a sangue. Hanno cantato trapper giovani, perché non hanno parlato di questo

Almeno Gianluca Grignani resta una certezza come persona vera, musicista autentico?

Lui è vero, è così. Forse è stato uno dei pochi veri talenti della musica italiana degli ultimi anni. E se l’è bruciato a modo suo per sue scelte che io rispetto, è adulto e fa quel che vuole. Ma lui poteva dare molto di più

 a una sola cosa decente, una sola?

Ho visto un pezzetto di canzone di Mr Rain, non era malvagia, mi sembrava un bel pezzo. Ma in realtà ho visto il festival fra una pubblicità e l’altra della partita della Juve, eh. Mi è capitato di vedere anche Tanatai. Non male il ragazzo. Per lo meno era senza autotune! Era ben intonato, vestito bene, mi ha fatto una bella impressione. Un bel dandy, professionale.

 Insomma, mi sembra che il tuo messaggio sia: bravo Amadeus per lo share, però troppa politica e troppa retorica. E per giunta ora la destra al governo ha facili argomenti per cambiare la musica, dall'anno prossimo a Sanremo.

La destra non aspettava altro. Le hanno prestato il fianco. Ma alla fine nessuno parla di musica. Amadeus ha fatto dei grandi ascolti e rinnovo i miei complimenti, ma ha snaturato quello che era l’antico spirito di Sanremo, cioè la musica italiana.

DONNE E FEMMINISMO.

Estratto dell’articolo di L.Don. per “la Stampa” il 13 febbraio 2023.

Tra i cinque finalisti mancava una donna, prima notizia.

Tra i cinque finalisti mancava Giorgia, tornata dopo oltre vent'anni al Festival, ed è un'altra notizia. Ferma a un passo, sesto posto. Lei lo aveva detto, non si aspettava nulla dalla gara, non correva per vincere e c'è da crederci: avrebbe potuto scegliere un pezzo più ruffiano per far esplodere la sua voce, ma Giorgia non ne ha bisogno, non più. Una delle poche artiste italiane che può permettersi il lusso di fare quello che vuole, quello che sente. Intanto però la polemica sulle donne l'ha innescata il vincitore.

Giorgia, cosa pensa della dedica di Mengoni alle donne del festival e del rammarico per le cantanti fuori dal podio.

«Le dediche fanno sempre piacere e se poi a fartele è Marco, che non è solo un bravissimo artista, ma è anche una persona meravigliosa e un amico, è un regalo. Riguardo al discorso sulla mancanza di donne mi sento di dire però che si tratta di cicli storici. Ci sono meno donne in classifica e allora significa che se non siamo arrivate nella cinquina il problema riguarda le canzoni e non il genere. O almeno io credo sia così.

Probabilmente doveva andare così, il pubblico da casa ha ritenuto opportuno votare chi è arrivato lassù».

Quindi non ne fa una questione italiana, non c'è una certa disattenzione nei confronti delle donne?

«Annalisa è stata una delle cantanti più strimmate di quest'anno e il suo successo è davanti agli occhi di tutti; vogliamo parlare di Elodie che solo con la sua presenza riempie qualsiasi palco e ha canzoni che vannò fortissime alla radio?

 Ma potrei andare avanti facendo altri nomi. E poi, ripeto la forza deve stare nelle canzoni alle quali toccherà di vivere la loro vita e staremo a sentire come andrà già nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi».

 A proposito di cicli: nel 2001 presentò Raffaella Carrà, Elisa vinse e lei arrivò seconda, i Matia Bazar terzi con Silvia Mezzanotte, quarto Zarrillo e quinta Paola Turci. Un'altra storia rispetto a oggi.

«Effettivamente è così, ma vede che quello che ho detto ha un senso, si tratta di periodi storici che torneranno certamente e per questo non lo sento come un affronto nei confronti delle donne che hanno partecipato quest'anno. I nomi che mi ha fatto me li ricordo tutti molto bene e con Elisa quest'anno i siamo anche ritrovate, due donne, sulla vetta nel 2001».

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Estratto dell'articolo di Barbara Visentin per il “Corriere della Sera” il 13 febbraio 2023.

A farlo notare, nonostante la gioia della vittoria, è stato proprio Marco Mengoni: «Nella top five siamo arrivati in cinque ragazzi», ha detto a caldo dedicando il premio alle colleghe rimaste fuori dal podio. La vetta di Sanremo tutta al maschile — con lui Lazza, Mr Rain, Ultimo e Tananai — ha riaperto il dibattito non nuovo sul gender gap che riguarda la musica, così come tutte le sfere delle società: d’altra parte il Festival è uno specchio del Paese, il palco in cui accade «tutto grazie a due uomini speciali» (parole di Chiara Ferragni nel ringraziare Amadeus e Gianni Morandi) e in cui le co-conduttrici turnano al loro fianco ogni sera.

 (...)

L’anno scorso Elisa era arrivata seconda e per una vincitrice solista bisogna tornare indietro di nove anni: l’ultima è stata Arisa nel 2014, poi riavvolgendo ancora troviamo Emma nel 2012.

C’è un problema di genere o la questione è ridondante perché a vincere sono le canzoni? Allargando la fotografia, il panorama è palesemente sbilanciato: nella classifica Fimi/Gfk, tra i 100 dischi più venduti in Italia nel 2022 quelli di donne soliste sono solo nove, cioè meno del 10%, quattro italiane e cinque straniere. Per imbattersi nella prima (Elisa) occorre andare alla 33esima posizione, segue Madame, 39esima. In radio va un po’ meglio: nelle rilevazioni di EarOne, la top 10 dei brani più trasmessi del 2022 è abbastanza equilibrata, tra Lizzo ed Elodie (presenti con due brani) fino alla stessa Elisa.

 Le protagoniste di quest’anno, però, non sembrano molto preoccupate: «Non credo che la gente scelga pensando “ti voto perché sei una donna”, la musica non va vista come al maschile o al femminile — commenta Giorgia —. Ci sono sempre più donne e oggi fanno cose che negli anni 90 non facevano». Anche Elodie, arrivata nona, non bada troppo alla classifica: «Ho apprezzato tantissimo che il primo pensiero di Marco sia stato dedicato a noi — ha detto a “Domenica In” —. Ma della classifica non me ne è mai fregato niente, non ho mai vinto eppure riesco a fare il mio mestiere bene e con professionalità. 

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 Estratto dell'articolo di Ernesto Assante per “la Repubblica” il 13 febbraio 2023.

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 Mentre le donne del festival non premiate sul palco lo sono però, da subito, dagli ascolti. Le classifiche certificano che Madame avrebbe meritato di essere nella cinquina di punta, visto che con la sua Il bene nel male, settima nella finale, è nella Top 5 di tutte le piattaforme, Spotify, Apple Music e Amazon Music, mentre su YouTube è nella Top 5 dei video di tendenza.

Vivo di Levante è al 17esimo posto su Spotify, Paola e Chiara con Furore hanno già conquistato le playlist delle radio. Generazioni diverse e consumi musicali diversi: Giorgia con Parole dette male è già prima nelle radio, mentre Mare di guai di Ariete ha già collezionato 5 milioni di stream sulle piattaforme, cifra superata da Elodie. Insomma, donne nella musica italiana ce ne sono: dive e cantanti, autrici e star, musiciste e coriste. Tante, brave e, per fortuna, cresciute numericamente negli ultimi vent’anni. Ma il dato di fondo è che quello della musica è un mondo di uomini.

(...) L’arte non ha bisogno di quote, ma di certo il mondo della musica tutto ha bisogno di più donne.

Marco Mengoni ha ragione: se sei maschio, vincere Sanremo è più facile. DANIELE ERLER su Il Domani il 13 febbraio 2023.

Il vincitore del festival ha criticato il fatto che nella top five quest’anno non ci fossero donne. In realtà è un risultato coerente con tutta la storia di Sanremo. Nelle quattro edizioni di Amadeus, solo Elisa, Francesca Michielin e Victoria De Angelis dei Måneskin sono arrivate nei primi cinque posti

Subito dopo la premiazione, il cantante Marco Mengoni ha dedicato la sua vittoria a tutte le donne che hanno partecipato a questa edizione del Festival di Sanremo. Anche nelle ore successive ha ribadito lo stesso concetto: il fatto che nelle prime cinque posizioni non ci fossero donne sarebbe sintomatico dell’arretratezza del nostro paese sul concetto di uguaglianza. Ma è davvero così? O quanto meno: da questo punto di vista, il festival di quest’anno è un’eccezione o la conferma di una tendenza? 

Il tema generale è molto complesso. A essere raffinati, e anche più precisi, bisogna superare il concetto quantitativo e passare a quello qualitativo, valutando il ruolo delle donne a Sanremo in uno specchio più ampio. Banalmente: non basta dire quante donne ci sono, ma anche il ruolo che rivestono e di quale immaginario sono espressione (ed è quello che qui ha fatto Jonathan Bazzi). Un conto è dire che quest’anno Sanremo ha avuto numericamente più conduttrici donne (Chiara Ferragni, Francesca Fagnani, Paola Egonu e Chiara Francini) che conduttori uomini (Amadeus e Gianni Morandi) e un altro è contestualizzare la differenza di ruolo e potere che hanno avuto.

Affidarsi solo a una sensazione istintiva o aneddotica, come sembra aver fatto Marco Mengoni, può d’altronde essere altrettanto pericoloso. Giorgia è arrivata sesta in quanto donna o per un giudizio sulla sua canzone, giusto o sbagliato che sia? E soprattutto: Sanremo è davvero una bella competizione canora nazionalpopolare italiana, in cui alla fine vincono più facilmente i maschi?

Per farsi un’idea, abbiamo sfogliato la storia del Festival e preso i dati dei vincitori e dei primi cinque classificati nelle 73 edizioni. In effetti, il teorema di Mengoni sembra avere un certo fondamento nei dati, o quanto meno rispecchia una tendenza diffusa sul lungo periodo. Sulla vetta di Sanremo nella storia, e anche più di recente, ci sono finiti soprattutto i maschi.

MENGONI PRESO SERIAMENTE

Ovviamente un confronto su larga scala deve tenere conto di varie differenze che ci sono state nel tempo. I primi anni pochi interpreti si dividevano le canzoni. Nella prima edizione, nel 1951, hanno partecipato Nilla Pizzi, il duo Fasano e Achille Togliani che si sono divisi le 20 canzoni proposte.

Nella seconda edizione, Nilla Pizzi è arrivata prima, seconda e terza (ed è un caso unico). Si è diffusa poi l’abitudine di affidare le canzoni a due diversi interpreti, spesso (ma non sempre) affiancando un artista internazionale a quello italiano. In altri casi la classifica si è limitata al podio, come nel 1974 quando – dietro Iva Zanicchi, Domenico Modugno e Orietta Berti – sono arrivati gli altri, tutti a pari merito.

Nel tempo sono cambiate anche le modalità di voto. Dalle giurie di qualità al voto popolare, espresso prima con le schedine del Totip e infine con gli sms. Ma – prendendo seriamente Mengoni e verificando l’idea che la società sia talmente pervasa dalla disuguaglianza da lasciarne traccia nella classifica di un concorso canoro –, ci aspetteremmo che questo sia successo spesso, soprattutto quando l’impostazione patriarcale in Italia era un assunto con pochi oppositori. E, spoiler, in effetti c’è qualcosa di vero.

I RISULTATI

Cosa abbiamo fatto? Abbiamo schedato i primi cinque classificati di ogni edizione, contando pure i secondi interpreti quando presenti. E li abbiamo divisi fra uomini o gruppi esclusivamente maschili; donne o gruppi esclusivamente femminili; gruppi misti, con componenti di entrambi i generi. Nella storia del festival non esiste, finora, la vittoria di una persona dichiaratamente non binaria.

Secondo i nostri calcoli, nella storia del festival i vincitori maschi sono stati la grande maggioranza (64 per cento, rispetto al 30 per cento femmine e 6 gruppi misti). Se si considerano i primi cinque classificati, cambia poco (62, 34 e 4 per cento).

Si potrebbe supporre che le edizioni del passato abbiano influenzato il dato finale. Prendiamo allora solo le ultime venti, le più moderne. La situazione peggiora sia fra i vincitori (83 per cento maschi, 13 per cento femmine e 4 per cento gruppi misti) sia nella top five (73, 25 e 2 per cento).

E nelle quattro edizioni di Amadeus? Il risultato è ancora più netto. Zero vincitrici donne, quattro maschi (Diodato, Mahmood, Blanco e Marco Mengoni) e un gruppo che ha una grande maggioranza maschile (Måneskin, con la bassista Victoria De Angelis). In quattro anni, nelle top five, ci sono state solo due donne: Francesca Michielin che nel 2021 ha cantato con Fedez ed Elisa nel 2022.

TUTTI MASCHI

In effetti l’edizione del 2023 non è affatto un caso isolato. Esistono anche precedenti di segno totalmente opposto, ma sono molto rari: nel festival del 1975, le prime cinque classificate sono state tutte donne. Nell’ordine: Gilda, Angela Luce con Rosanna Fratello, Valentina Greco e Laura. Nel 1998 le prime cinque sono state Annalisa Minetti, Antonella Ruggiero, Lisa, Paola Turci e Silvia Salemi

Nel 1976, la top five è stata invece quasi solo maschile, con Peppino di Capri, Sandro Giacobbe, gli Albatros (il gruppo di Toto Cutugno) e Paolo Frescura. Ma terza è arrivata Dori Ghezzi (in coppia con Wess, un cantante, maschio, statunitense).

Nel 1977, in piena epoca di successo dei gruppi musicali, la classifica si è limitata al podio: nell’ordine gli Homo Sapiens, i Collage e i Santo California hanno solo componenti maschili. Così anche nel 1980 (Toto Cutugno, Enzo Malepasso e Pupo). Tutti maschi anche nel 1979 (con Mino Vernaghi, Enzo Carella, i Camaleonti e i Collage). E nel 1982 (Riccardo Fogli, Drupi, Giuseppe Cionfoli e Christian), con la sola Romina seconda insieme ad Al Bano per Felicità.

Stesso caso nel 1987, tutti maschi (Gianni Morandi, Enrico Ruggeri, Umberto Tozzi, Toto Cotugno, Fausto Leali e Peppino di Capri), tranne Romina con Al Bano. Top five maschile ancora nel 1991 (Riccardo Cocciante, Renato Zero, Marco Masini, Umberto Tozzi, Pierangelo Bertoli e Tazenda). E nel 2007 (Simone Cristicchi, Al Bano, Piero Mazzocchetti, Daniele Silvestri e Mango). E nel 2009 (Marco Carta, Povia e Sal Da Vinci). E nel 2010 (Valerio Scanu, Pupo, Emanuele Filiberto, Luca Canonici e Marco Mengoni). E nel 2020 (Diodato, Francesco Gabbani, Pinguini Tattici Nucleari, Le Vibrazioni e Piero Pelù).

Nel 1992 Mia Martini (seconda con Gli uomini non cambiano) è la "quota rosa" fra i maschi (Luca Barbarossa, Paolo Vallesi, Pierangelo Bertoli e Massimo Ranieri). E così succede anche molte altre volte, quando capita che ci sia un’unica donna a fare da eccezione in un caleidoscopio maschile.

OLTRE I DATI

I dati ovviamente non danno da soli l’interpretazione. Se ci ostinassimo a negare l’evidenza, potremmo dire che in 73 anni le canzoni più belle sono state, per puro caso, quelle degli uomini (ma sarebbe poco credibile). O potremmo sostenere che è naturale che ci siano più vincitori maschi, se nella storia ci sono state meno donne a Sanremo (ma questo sarebbe comunque parte del problema).

La realtà potrebbe essere invece influenzata dal fatto che il mestiere di cantante, in Italia, è come altre professioni caratterizzato da un diffuso “gender gap”. Sul finire dell’anno scorso, avevamo raccontato come nei festival musicali estivi la presenza femminile fosse praticamente un’eccezione.

Infine, c’è l’idea di Mengoni: che comunque, quando c’è una competizione, si tende in genere a preferire gli uomini alle donne. 

In realtà, Sanremo sembra uno specchio della società anche in questo. Nonostante le sue pretese di grande innovazione, è ancora influenzato da retaggi del passato. Per cambiare le cose difficilmente si può partire dal problema specifico (non avrebbero senso le “quote rosa” nella top five). Si potrebbe però fare un gesto simbolico.

Nel 2024, Amadeus potrebbe lasciare la conduzione e la direzione artistica a una donna e limitarsi al ruolo di co-conduttore. Potrebbe farsi attendere e scendere dalla scalinata, partecipando al Festival una sera soltanto. Potrebbe essere giudicato sulla sua prestanza fisica e valutato per il vestito. Potrebbe persino fare un monologo alle due di notte. Magari sulla paternità.

DANIELE ERLER. Giornalista trentino, in redazione a Domani. In passato si è laureato in storia e ha fatto la scuola di giornalismo a Urbino. Ha scritto per giornali locali, per la Stampa e per il Fatto Quotidiano. Si occupa di digitale, tecnologia ed esteri, ma non solo. Si può contattare via mail o su instagram.

Le donne nella musica: solo 9 in top 100 e l’ultima che vinse Sanremo fu Arisa nel 2014. Barbara Visentin su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

La top 5 del Festival riapre il dibattito sul gender gap fra gli artisti, ma le protagoniste non sembrano preoccupate. Giorgia: «La musica non va vista al maschile o al femminile»

A farlo notare, nonostante la gioia della vittoria, è stato proprio Marco Mengoni: «Nella top five siamo arrivati in cinque ragazzi», ha detto a caldo dedicando il premio alle colleghe rimaste fuori dal podio. La cinquina di Sanremo tutta al maschile - con lui Lazza, Mr Rain, Ultimo e Tananai - ha riaperto il dibattito tristemente non nuovo sul gender gap che riguarda la musica, così come tutte le altre sfere delle società: d’altra parte il Festival è uno specchio del Paese, è il palcoscenico in cui accade «tutto grazie a due uomini speciali» (parole di Chiara Ferragni nel ringraziare Amadeus e Gianni Morandi) e in cui le co-conduttrici turnano al loro fianco ogni sera, come accessori meravigliosi.

«Le donne in questo Sanremo avevano canzoni incredibili, sono figure mitologiche e sono rimasto molto male che non ce ne sia stata neanche una nella cinquina finale. Dobbiamo ancora andare avanti in questo senso e cambiare le cose. Sarebbe stato bellissimo aver almeno una donna sul palco con noi», ha detto sempre Marco Mengoni. Per trovare la prima cantante in classifica bisogna scorrere fino al sesto posto con Giorgia. L’anno scorso Elisa era arrivata seconda e nel 2021, oltre alla bassista dei trionfatori Maneskin Victoria De Angelis, al secondo posto c’era Francesca Michielin in coppia con Fedez. Per la prima vincitrice però bisogna tornare indietro di nove anni: l’ultima ad arrivare prima è stata Arisa nel 2014 e riavvolgendo ancora troviamo Emma, nel 2012.

C’è un problema di genere o la questione è ridondante perché a vincere sono le canzoni? Le protagoniste di quest’anno non sembrano particolarmente preoccupate: «Non credo che la gente scelga pensando “ti voto perché sei una donna”, la musica non va vista come al maschile o al femminile e c’è tanto movimento - commenta Giorgia -. Ci sono sempre più donne e oggi fanno cose che negli anni 90 non facevano». Anche Elodie, arrivata nona, non bada troppo alla classifica: «Ho apprezzato tantissimo che il primo pensiero di Marco Mengoni sia stato dedicato a noi - ha detto a “Domenica In” -. Ma della classifica non me ne è mai fregato niente, non ho mai vinto in vita mia e comunque riesco a fare il mio mestiere bene e con professionalità. Non è detto che sia una cosa di genere, magari le canzoni sono piaciute meno».

Allargando la fotografia, però, il panorama è palesemente sbilanciato: tra i 100 dischi più venduti in Italia nel 2022 della classifica Fimi/Gfk quelli di donne soliste sono solo nove, cioè meno del 10 per cento, quattro italiane e cinque straniere. Per imbattersi nella prima artista (Elisa) occorre andare alla 33esima posizione, segue Madame, 39esima. In radio va un po’ meglio: nelle rilevazioni di EarOne la top 10 dei brani più trasmessi è popolata di donne, da Lizzo a Elodie (entrambi presenti con due brani) fino a Elisa. Guardando il bicchiere mezzo pieno, anche al Festival quest’anno c’erano più artiste dell’anno scorso: 9 soliste su 28 concorrenti cioè circa un terzo (senza contare California dei Coma Cose) rispetto alle 7 su 26 del 2021. La top 5 sanremese di trionfatori maschi, però, è saltata all’occhio subito, ed evidenzia che le artiste, al momento dei voti, vengono penalizzate, spesso giudicate più per come si vestono che per come cantano. Perché è vero che le cose cambiano, ma molto lentamente.

Soncinisplaining. Le cinque scemenze delle femministe dolenti su Sanremo (e sul Super Bowl). Guia Soncini su L’Inkiesta il 14 Febbraio 2023

I finalisti maschi, la ricchezza di Chiara Ferragni, la riserva femminile dei monologhi e altre bestialità che ho letto in giro (mentre Rihanna s’arrampica gravida su una piattaforma)

Domenica saranno sessant’anni dal 19 febbraio 1963, quando venne pubblicato in America “La mistica della femminilità”. Il che mi fornisce l’occasione per dirvi che, anche quando perorata dalle più intelligenti autrici del Novecento, il femminismo è comunque un’ideologia a tendenza paranoica; figuriamoci quando lo affidiamo a Instagram o a Sanremo.

La quantità di scemenze che ho letto in questi giorni sulla questione donne-a-Sanremo mi ha fatto tornare in mente quel passaggio in cui Betty Friedan dice che la lavatrice ha imprigionato la donna illudendola di non fare un lavoro da schiava ma di essere invece un’esperta che sa come dosare l’ammorbidente e come separare i colori. Eravamo più libere quando lavavamo i panni al fiume, come no.

(Betty Friedan non era mica scema, e conosceva l’uso delle iperboli. Ma il problema delle ideologie di massa è che le masse prendono tutto alla lettera. Se avete mai fatto una battuta su un social, provate a pensare che un’idea contenuta in un saggio incontri nelle sue lettrici la stessa stolidità, e quando avete finito di spaventarvi uscite dal bunker in cui vi siete rinchiusi e venite a finire l’articolo).

L’evoluzione della critica sedicente femminista a questo Sanremo, sviluppatasi negli ultimi dieci giorni, ha avuto tappe molto interessanti.

Prima obiezione: c’è una donna diversa tutte le sere perché i veri conduttori sono i maschi che non permettono a una vera conduttrice di far loro ombra.

Seconda obiezione: Chiara Ferragni è ricca e quindi non può mica essere femminista; un’editrice (un’editrice, non una che vi schiuma il cappuccino) ha sostenuto che i recenti (recenti) governi Thatcher e Reagan ci hanno fatto capire che il neoliberismo non può mai essere femminista. (Potrei fare questo articolo solo con le affermazioni altrui, non sentireste la mancanza dei miei commenti).

Terza obiezione: i monologhi li fanno fare alle femmine perché le femmine devono giustificarsi d’essere lì, e li mettono a mezzanotte perché le donne nessuno deve ascoltarle.

Quarta obiezione: non c’era neanche una donna tra i primi cinque classificati, non c’è una donna vincitrice di Sanremo da anni, le donne nella musica italiana sono invisibili.

Quinta obiezione: avete parlato tanto di donne, a Sanremo, e non avete mai detto che abbiamo la prima donna presidente del Consiglio (d’accordo, questa l’ha formulata solo Elisabetta Franchi, ma vi vieto di dedicarle una cover intitolata “Un’obiezione da poco”: Elisabetta Franchi è, per chi perde tempo su Instagram, un’intrattenitrice di persino maggior portata rispetto a Chiara Ferragni).

Cominciamo dalla prima obiezione. Cominciamo da sabato sera, quando Luisa Ranieri esce su quel palco a promuovere una serie che ha interpretato, e io non so niente: non so se Amadeus stia pensando «Ecco a chi faccio fare il Sanremo 2024» o se stia pensando «Certo che sei stronza, potevi accettare di venire a condurre quando te l’ho chiesto». So però che sta pensando qualcosa perché, là dove altre si baloccano con le prese di posizione, io conosco le leggi dello spettacolo e ve ne farò dono.

Legge dello spettacolo vuole che chi fa lo spettacolo voglia innanzitutto fare il miglior spettacolo possibile, e se non si mette Liza Minnelli giovane sul palco non è perché vuole rifulga la primazia del patriarcato: è perché Liza Minnelli giovane non c’è. (Lo so che avete il vostro nome femminile cui solo voi siete state abbastanza brillanti da pensare: ci hanno pensato, lo hanno scartato, hanno avuto buone ragioni per farlo).

Certo che ci sono donne che sanno fare spettacolo, ma non è detto che vogliano fare Sanremo (da cui una delle ipotesi interpretative rispetto a Luisa Ranieri). Certo che ci sono donne che sanno fare spettacolo ad altissimi livelli, ma non è che siano tante, per una ragione banale: non ci sono neanche tante donne che sappiano fare i cento metri in tempi olimpionici, e non ci sono neanche tanti uomini che sappiano condurre Sanremo – perché pensate che Gianni Morandi torni ciclicamente su quel palco, perché pensate Amadeus ci sia ormai residente?

Per ogni Rihanna che a gravidanza avanzata s’arrampica su una piattaforma e canta vestita di lattice, siamo in milioni ad aggrapparci al corrimano già solo per la vertigine del primo piano di scale, e a metterci a letto col ciclo mestruale (questo è il punto in cui le giovani che scambiano l’avere una personalità col lamentarsi strepitano che loro hanno l’endometriosi e io non posso capire, e io sono costretta a dir loro di tacere: ho l’endometriosi da molto prima che avesse un nome, da molto prima che rompere i coglioni con le proprie cartelle cliniche fosse considerato socialmente accettabile, anzi incoraggiato).

L’amica vostra che è spigliata nel suo programmino registrato e soprattutto di cui avete il numero di telefono (come molte ideologie, allorché divenuta pratica, il femminismo diventa: se la tizia che conosco si aggiudica un ruolo, ci scappa qualcosa anche per me) probabilmente avrebbe un attacco di panico al primo dei cinquecento imprevisti di una diretta da cinque ore.

La seconda obiezione la tralascio per manifesta inadeguatezza, della terza ho solo da dire: si vede che Pierfrancesco Favino è una donna, si vede che la Ferilli è un uomo. Si può andare lì sopra e fare un monologo che dica ma che è ’sta scemenza dei monologhi, si può andare lì sopra e srotolare un carattere, una carriera, un carisma – certo, bisogna averceli. (Sì, lo so che ora direte: e perché non Sabrina Ferilli cinque sere? Le ha già fatte, con Baudo, quand’era ventisettenne: incredibilmente, il mondo non è iniziato quando vi siete messe lo streaming sul telefono).

La quarta obiezione è uno stupendo virtuosismo maschile: Mengoni ci si è fatto bello, saranno felici quelle che lo hanno votato di sentirsi dare delle maschiliste perché non hanno invece votato per Giorgia (la cantante, non la Meloni). Ho un’informazione dirompente per il vincitore del festival: gli uomini sono le nuove donne. Per mandarne uno sul palco di Sanremo con una giacca e un pantalone ci vogliono cinque stylist, due truccatori, due parrucchieri. Tra un po’ ci chiederete di aprirvi le bottigliette d’acqua perché avete le mani deboli: dovevamo riscattare le femmine, abbiamo rammollito i maschi. Li votiamo perché ormai ci rispecchiamo più in loro che in noi.

L’unica obiezione sensata l’ho vista formulare a Cristina Fogazzi in un’intervista su Repubblica. Ha detto che le sarebbe piaciuto vedere un discorso sui corpi delle donne, in una rassegna di taglie sì e no 40 (e qualche obesa per fare colore) quale è stata Sanremo e quali sono tutti i palcoscenici. C’erano la madre e la non madre, la bianca e la nera, la tettona e la piatta, ma neanche una che avesse mezzo chilo di troppo.

(Trent’anni fa Camille Paglia diceva che l’unico paese in cui erano abbastanza malate di mente da far di tutto per avere cosce sottili era l’America, che le francesi e le italiane mica perdevano tempo a inseguire la magrezza. Non so se fosse vero allora, di sicuro non è vero adesso che è sopraggiunta l’americanizzazione dell’occidente).

Gli uomini possono essere cessi, per le donne è invece sempre un concorso di bellezza. «Non siamo a miss Italia», dice Fogazzi, chiedendosi che fine abbiano fatto le donne normali, quelle 44 che non arrivano ai saldi perché nei negozi le donne realmente esistenti quelle si comprano, lasciando invendute le 38 che se una guarda la televisione sembrano la norma.

È un’obiezione sensata ma non ha soluzioni. Perché non c’è nessuna che guardandosi in tv non si veda vescica di lardo e non smetta di mangiare (Carla Bruni lo dice – magari senza farlo – perché è nata abbastanza ricca da esser spiritosa; le altre digiunano in silenzio). Perché alle donne non è dato d’esser Gino Paoli, che compare ottantottenne e pensiamo solo: che canzoni meravigliose; alle donne è dato solo d’esser la Vanoni, o Madonna, o un’altra qualunque di quelle che guardiamo mentre cercano d’essere all’altezza del nostro esigente sguardo con tutti i mezzi che la modernità consenta, e pensiamo solo: oddio com’è ridotta.

Perché c’è una cosa che è rimasta uguale nel tempo trascorso tra Betty Friedan che raccontava l’America dei primi anni Sessanta in cui le donne avevano in media perso quattro taglie rispetto al 1939, e il duemilaventitré (che a Sanremo chiamano ventiventitré perché il doppiaggese ha vinto): «Sono le donne che devono andar bene ai vestiti, e non viceversa».