Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.

Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.

I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.

Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."

L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.

L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.

Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.

Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).

Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.

Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro. 

Dr Antonio Giangrande  

NOTA BENE

NESSUN EDITORE VUOL PUBBLICARE I  MIEI LIBRI, COMPRESO AMAZON, LULU E STREETLIB

SOSTIENI UNA VOCE VERAMENTE LIBERA CHE DELLA CRONACA, IN CONTRADDITTORIO, FA STORIA

NOTA BENE PER IL DIRITTO D'AUTORE

 

NOTA LEGALE: USO LEGITTIMO DI MATERIALE ALTRUI PER IL CONTRADDITTORIO

LA SOMMA, CON CAUSALE SOSTEGNO, VA VERSATA CON:

SCEGLI IL LIBRO

80x80 PRESENTAZIONE SU GOOGLE LIBRI

presidente@controtuttelemafie.it

workstation_office_chair_spinning_md_wht.gif (13581 bytes) Via Piave, 127, 74020 Avetrana (Ta)3289163996ne2.gif (8525 bytes)business_fax_machine_output_receiving_md_wht.gif (5668 bytes) 0999708396

INCHIESTE VIDEO YOUTUBE: CONTROTUTTELEMAFIE - MALAGIUSTIZIA  - TELEWEBITALIA

FACEBOOK: (personale) ANTONIO GIANGRANDE

(gruppi) ASSOCIAZIONE CONTRO TUTTE LE MAFIE - TELE WEB ITALIA -

ABOLIZIONE DEI CONCORSI TRUCCATI E LIBERALIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI

(pagine) GIANGRANDE LIBRI

WEB TV: TELE WEB ITALIA

108x36 NEWS: RASSEGNA STAMPA - CONTROVOCE - NOTIZIE VERE DAL POPOLO - NOTIZIE SENZA CENSURA

 

L’ITALIA ALLO SPECCHIO

IL DNA DEGLI ITALIANI

 

 

ANNO 2023

L’ACCOGLIENZA

SECONDA PARTE

L’ATTACCO

TREDICESIMO MESE

UN ANNO DI AGGRESSIONE

 

 

DI ANTONIO GIANGRANDE

 

L’APOTEOSI

DI UN POPOLO DIFETTATO

 

Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2023, consequenziale a quello del 2022. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.

Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.

 

IL GOVERNO

 

UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.

UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.

PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.

LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.

LA SOLITA ITALIOPOLI.

SOLITA LADRONIA.

SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.

SOLITA APPALTOPOLI.

SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.

ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.

SOLITO SPRECOPOLI.

SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.

 

L’AMMINISTRAZIONE

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.

IL COGLIONAVIRUS.

SANITA’: ROBA NOSTRA. UN’INCHIESTA DA NON FARE. I MARCUCCI.

 

L’ACCOGLIENZA

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA.

SOLITI PROFUGHI E FOIBE.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.

 

GLI STATISTI

 

IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.

IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.

SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.

SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.

IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.

 

I PARTITI

 

SOLITI 5 STELLE… CADENTI.

SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.

SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.

IL SOLITO AMICO TERRORISTA.

1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.

 

LA GIUSTIZIA

 

SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.

LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.

LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.

SOLITO DELITTO DI PERUGIA.

SOLITA ABUSOPOLI.

SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.

SOLITA GIUSTIZIOPOLI.

SOLITA MANETTOPOLI.

SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.

I SOLITI MISTERI ITALIANI.

BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.

 

LA MAFIOSITA’

 

SOLITA MAFIOPOLI.

SOLITE MAFIE IN ITALIA.

SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.

SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.

SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.

LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.

SOLITA CASTOPOLI.

LA SOLITA MASSONERIOPOLI.

CONTRO TUTTE LE MAFIE.

 

LA CULTURA ED I MEDIA

 

LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.

SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.

SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.

SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.

SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.

 

LO SPETTACOLO E LO SPORT

 

SOLITO SPETTACOLOPOLI.

SOLITO SANREMO.

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.

 

LA SOCIETA’

 

AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.

I MORTI FAMOSI.

ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.

MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?

 

L’AMBIENTE

 

LA SOLITA AGROFRODOPOLI.

SOLITO ANIMALOPOLI.

IL SOLITO TERREMOTO E…

IL SOLITO AMBIENTOPOLI.

 

IL TERRITORIO

 

SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.

SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.

SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.

SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.

SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.

SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.

SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.

SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.

SOLITA SIENA.

SOLITA SARDEGNA.

SOLITE MARCHE.

SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.

SOLITA ROMA ED IL LAZIO.

SOLITO ABRUZZO.

SOLITO MOLISE.

SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.

SOLITA BARI.

SOLITA FOGGIA.

SOLITA TARANTO.

SOLITA BRINDISI.

SOLITA LECCE.

SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.

SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.

SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.

 

LE RELIGIONI

 

SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.

 

FEMMINE E LGBTI

 

SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.

 

 

 

 

 

L’ACCOGLIENZA

INDICE PRIMA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI EUROPEI

Confini e Frontiere.

Quei razzisti come gli italiani.

Quei razzisti come i serbi.

Quei razzisti come i greci.

Quei razzisti come gli austriaci.

Quei razzisti come i croati.

Quei razzisti come i kosovari.

Quei razzisti come gli spagnoli.

Quei razzisti come i francesi.

Quei razzisti come gli svizzeri.

Quei razzisti come i tedeschi.

Quei razzisti come gli olandesi.

Quei razzisti come i danesi.

Quei razzisti come i finlandesi.

Quei razzisti come gli svedesi.

Quei razzisti come i norvegesi.

Quei razzisti come gli inglesi.

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI AFRO-ASIATICI

 

Quei razzisti come i zambiani.

Quei razzisti come i zimbabwesi.

Quei razzisti come i ghanesi.

Quei razzisti come i gabonesi.

Quei razzisti come i marocchini.

Quei razzisti come i tunisini.

Quei razzisti come gli egiziani.

Quei razzisti come i siriani.

Quei razzisti come i libanesi.

Quei razzisti come i giordani.

Quei razzisti come gli israeliani.

Quei razzisti come i turchi.

Quei razzisti come gli iraniani.

Quei razzisti come gli yemeniti.

Quei razzisti come gli afghani.

Quei razzisti come i pakistani.

Quei razzisti come gli indiani.

Quei razzisti come i thailandesi. 

Quei razzisti come gli indonesiani.

Quei razzisti come i birmani.

Quei razzisti come i bielorussi.

Quei razzisti come i russi.

Quei razzisti come i kazaki.

Quei razzisti come i nord coreani.

Quei razzisti come i cinesi.

Quei razzisti come i giapponesi.

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI OCEAN-AMERICANI

 

Quei razzisti come gli statunitensi.

Quei razzisti come i salvadoregni.

Quei razzisti come i messicani.

Quei razzisti come i cubani.

Quei razzisti come i colombiani.

Quei razzisti come i brasiliani.

Quei razzisti come i boliviani.

Quei razzisti come i peruviani.

Quei razzisti come i canadesi.

Quei razzisti come i neozelandesi.

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. UNDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. DODICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. TREDICESIMO MESE. UN ANNO DI AGGRESSIONE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. QUATTORDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. QUINDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. SEDICESIMO MESE

 

INDICE TERZA PARTE

 

SOLITI PROFUGHI E FOIBE. (Ho scritto un saggio dedicato)

Il Giorno del Ricordo.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI. (Ho scritto un saggio dedicato)

I Migranti.

I Rimpatri.

Gli affari dei Buonisti.

Quelli che…porti aperti.

Quelli che…porti chiusi.

Cosa succede in Libia.

Cosa succede in Africa.

Gli ostaggi liberati a spese nostre.

Il Caso dei Marò & C.

 

 

 

 

 

Sommario

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato).

La Guerra Calda. Un Anno di Aggressione. L’Attacco: Tredicesimo mese.

I Pacifondai.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 24 febbraio.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 25 febbraio.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 26 febbraio.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 27 febbraio.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 28 febbraio.

Guerra Ucraina - Russia, le news dell'1 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 2 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 3 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 4 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 5 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 6 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 7 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news dell’8 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 9 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 10 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news dell’11 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 12 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 13 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 14 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 15 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 16 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 17 marzo.

Putin da arrestare. Criminale di Guerra.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 18 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 19 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 20 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 21 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 22 marzo.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 23 marzo.

Proiettili all’uranio.

La pace di Xi sul tavolo di Putin.

Iraq. Le Guerre artefatte.

 

ANNO 2023

L’ACCOGLIENZA

SECONDA PARTE

L’ATTACCO

TREDICESIMO MESE

UN ANNO DI AGGRESSIONE

 

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda. Un Anno di Aggressione. L’Attacco: Tredicesimo mese

Antonio Giangrande: La guerra ed i contemporanei.

Noi, ieri, abbiamo studiato la storia. Oggi la viviamo.

Per questo non bisogna guardare gli eventi bellici periodici con gli occhi di piccoli menti, ma annotare gli eventi per poterli raccontare in modo imparziale ai posteri.

Di personaggi come Putin è subissata la storia e solo loro sono ricordati.

La malvagia ambizione è insita negli esseri normali e di questo bisogna prenderne atto.

Antonio Giangrande: Solo gli imbecilli non cambiano idea.

Questo è il mio post di un anno fa.

Antonio Giangrande: ho scritto il libro work in progress sulla guerra Ucraina-Russia

Il pericolo del pensiero unico omologato e conformato.

La vittima, dico vittima, ha sempre ragione?

Cosa noi proviamo, guardando un film, nel vedere un criminale omicida braccato dalla polizia che si para dietro una vittima indifesa, usandola come scudo umano, e minacciata con un'arma a mo di ritorsione? Credo che molti di noi provino odio profondo.

E che dire di chi fa crollare i ponti prima che la gente possa fuggire dalle città?

Come considerare i carri armati ucraini nascosti tra i palazzi delle loro città? E come considerare i resistenti tra i civili?

Non la resa in una lotta impari, ma si pretende l'aiuto diretto delle nazioni occidentali, nonostante si preveda il loro coinvolgimento in una guerra totale con la morte di gente estranea al conflitto in corso. Quella gente sono i nostri figli o noi stessi.

Non la resa, ma la pretesa accoglienza di profughi ucraini, negata, però da loro stessi, ad afgani, siriani, ecc. ecc.

Quando qualcuno al mare, nonostante l'avviso che è pericoloso fare il bagno, chiede aiuto perchè sta affogando, tu altruista ti tuffi senza analizzare le conseguenze. Quando ti trovi al suo cospetto, la reazione dell'affogando è salvarsi a tutti i costi, aggrappandosi a te, tanto da attentare alla tua sicurezza pur di stare a galla.

I media palesemente anti Putin che per propaganda ci inondano di immagini di bambini profughi e ripetutamente ci raccontano di bambini morti e che inneggiano alla resistenza degli occupati, ci vogliono far entrare in una guerra fratricida e nazionalista non nostra?

Più che filo ucraino sono filo italiano, senza dimenticare, però, che, nelle guerre, solo per la povera gente tutto si perde e nulla si guadagna.

Oggi dopo un anno penso che Putin dica bene: Non è una guerra.

Nella guerra, come in una rissa, ci sono due bulli che combattono, magari per motivi futili.

Bambini morti di qua, bambini morti di là.

In Ucraina vi è solo la vile aggressione di bulli (Putin e tutti i russi che lo appoggiano).

Quindi di vile aggressione si tratta. Appunto: "Operazione speciale".

E vedere solo bambini ucraini morire e nessun bambino russo, esclude ogni giustificazione.

A questo punto i russi e i pacifondai filoputiniani taccino. Questo è il momento, per i contemporanei, di sostenere l'evoluzione della specie umana nella giusta direzione, impedendo, per i vili ed egoistici interessi personali, l'involuzione.

Le culture nel mondo sono diverse, non migliori. Ma la violenza sul più debole va fermata a tutti i costi e con tutti i mezzi. Noi siamo niente rispetto all'evoluzione della nostra specie: dei nostri figli...

Come cambia la prospettiva.

I russi aggrediscono l’Ucraina con crimini contro l’umanità. Il Regno Unito appoggia l’Ucraina e gli ucraini filo-occidentali si chiamano resistenti.

I tedeschi aggrediscono l’Italia con crimini contro l’umanità. Il Regno Unito appoggia l’Italia e gli italiani comunisti si chiamano partigiani.

I piemontesi Savoia con a capo Vittorio Emanuele II aggrediscono il Regno delle Due Sicilie di Francesco II. Il Regno Unito appoggia i piemontesi ed i meridionali resistenti dalla storiografia saranno chiamati: Briganti.

Un secolo di minacce. Per l’Europa dell’Est la cortina di ferro non è mai caduta, si è soltanto spostata. Micol Flammini su Linkiesta il 14 marzo 2023.

L’invasione russa dell’Ucraina ricalca il copione di quella nazista della Polonia, ma gli alleati hanno imparato gli errori di allora e non hanno abbandonato il Paese aggredito. Per Varsavia (e in futuro Kyjiv) l’ingresso nella Nato e nell’Ue è la rassicurazione di non essere mai più soli di fronte alle mire russe

Da qualsiasi parte si guardi la storia dell’Europa, la Polonia è sempre presente, ed è stata costantemente un centro di sofferenza e di indomabile resistenza. […] Per capire la guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina, è il caso di guardare con attenzione a quello che è accaduto in Polonia nel 1939: è un copione con altri personaggi, ma che si ripete, e se l’attacco congiunto di Hitler e Stalin contro Varsavia ricorda quello, iniziato il 24 febbraio 2022, di Mosca contro Kiev è perché le cose in comune non sono poche.

La campagna di Hitler contro la Polonia era iniziata rivendicando la protezione dei cittadini tedeschi rimasti, dopo la Prima guerra mondiale, sotto le autorità polacche, soprattutto di quanti vivevano a Danzica, città libera ma sotto la giurisdizione del ministero degli Esteri di Varsavia.

L’invasione del paese fu preceduta da una delle prime operazioni false flag della storia, un’espressione (falsa bandiera) che indica atti di sabotaggio e macchinazioni per far ricadere su altri la responsabilità del casus belli, divenuta molto nota proprio con la guerra della Russia all’Ucraina, quando si pensava che Mosca stesse cercando di creare un pretesto per invadere Kiev.

I nazisti studiarono a lungo l’operazione false flag da mettere in atto per attaccare la Polonia. Alcuni tedeschi vestiti con uniformi polacche assaltarono la stazione radio di Gleiwitz allora in Germania, oggi Gliwice in Polonia, uccisero alcune guardie di frontiera e dai microfoni dell’impianto diffusero un messaggio alle minoranze polacche, incitandole a prendere le armi contro i tedeschi. Il giorno dopo, 1° settembre, il più potente e moderno esercito dell’Europa dell’epoca entrò in Polonia, con il proposito di portare a termine una guerra lampo.

In due giorni distrusse l’aviazione polacca, e l’esercito di Varsavia che si era ammassato alla frontiera reagì con il suo fiore all’occhiello: la cavalleria. Questo episodio di grande eroismo, pur venato di mitologia, aiuta a capire quanto i polacchi fossero determinati a rischiare il tutto per tutto pur di salvaguardare l’indipendenza appena conquistata. Se poi si siano lanciati con la cavalleria contro i mezzi corazzati nazisti perché effettivamente fossero convinti di avere qualche chance o perché, pur di non perdere la libertà, erano pronti a farsi massacrare, questo non si saprà mai. Fatto sta che questo episodio rimane tra i più memorabili della guerra.

La Polonia inoltre era aggredita da tutti i lati: mentre i tedeschi divoravano l’ovest del paese, annettendo e occupando, i sovietici avevano iniziato la loro avanzata da est adducendo come pretesto la protezione delle minoranze ucraine e bielorusse maltrattate dal governo polacco allo sbando.

Quando Putin ha attaccato l’Ucraina, ha usato una motivazione simile: salvare le minoranze russe, vittime delle violenze del governo di Kiev. I polacchi di allora, però, erano stati abbandonati dai propri alleati, che non avevano ascoltato le richieste di aiuto di Varsavia e avevano sottovalutato la pericolosità e la determinazione del regime nazista. Un errore che non è stato commesso nei confronti degli ucraini. […]

La Polonia è sempre stata certa di essere la frontiera dell’Europa, dell’atlantismo e anche della cristianità, e il fatto che la storia entri anche nelle campagne elettorali, sia materia di dibattito e l’attuale partito al governo, il PiS, la manipoli contro gli avversari indica quanto per i polacchi sia importante.

L’ingresso prima nella NATO e poi nell’Unione europea ha rappresentato per Varsavia la rassicurazione che non sarebbe più stata sola di fronte alla minaccia russa e di essere entrata a far parte del mondo al di là della cortina di ferro, che per i paesi dell’Est europeo non è mai caduta, si è soltanto spostata.

Da “La cortina di vetro” di Micol Flammini, 228 pagine, 14,50 euro.

Dagospia il 13 marzo 2023. Estratto da “La Cortina di Vetro”, di Micòl Flammini (ed. Mondadori - Strade Blu), in libreria da martedì 14 marzo 2023

 Se l'Unione europea si dissolvesse oggi sotto i colpi delle ossessioni centrifughe e delle rivendicazioni nazionalistiche, ne uscirebbero ventisette Stati che dovrebbero reinventare il loro sistema monetario, gli accordi commerciali, i rapporti alle frontiere e che dovrebbero anche gestire le spinte centrifughe interne di movimenti indipendentisti, piccoli terremoti nazionali capaci di far scoppiare dissapori, recriminazioni e persino conflitti.

 [...]

Il nome completo dell'Unione Sovietica era Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, e la sua composizione era complessa.

C'erano quindici repubbliche principali che godevano di un loro grado di autogestione accordato dal potere centrale e si identificavano come Repubbliche socialiste sovietiche: Lituania, Lettonia, Estonia, Bielorussia, Ucraina, Russia, Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan.

 Al loro interno si distinguevano le repubbliche socialiste sovietiche autonome e le oblast' autonome, suddivisioni amministrative, sottorepubbliche, che, contrariamente alle repubbliche socialiste sovietiche, non avevano il diritto di uscire dall'URSS e non avevano un partito comunista locale.

 [...] quando l'Unione Sovietica cadde, [...] ottennero l'indipendenza soltanto le quindici repubbliche socialiste sovietiche, aprendo la strada ad anni di rivendicazioni e conflitti.

Nel ridisegnare i confini nazionali, non si era tenuto conto delle specificità delle oblast' e delle repubbliche autonome, che erano meno grandi delle nazioni principali, ma conservavano un ricco patrimonio di specificità culturali, linguistiche e anche religiose [...].

 Queste terre miste, e sovente di confine, erano disposte a sentirsi sovietiche, ma consideravano inaccettabile essere risucchiate da altre identità statali.

 La fine dell'URSS aveva dissolto i legami, ricordato le diversità e aperto a una stagione di conflitti in cui spesso la nostalgia per i tempi andati, per il mondo perduto, ha creato l'illusione che fosse meglio essere russi che georgiani, o armeni, o moldavi.

Sono nati frammenti di Russia, aspiranti nazioni che si considerano legate a Mosca e che hanno spesso offerto al Cremlino il pretesto per rosicchiare parti di territorio altrui e far sentire che la sua dominazione non è mai finita.

 Se si scava nella storia, c'è sempre un peccato originale e l'inizio dei conflitti di oggi [...] risale a un periodo costruito in fretta e chiuso di corsa, senza guardarsi troppo indietro.

 Quando l'URSS è collassata, in tanti speravano che le linee interne a quel gigantesco territorio, che viste da Mosca sembravano squarci, ferite per infierire sul sogno sovietico ormai sepolto, sarebbero state tracciate tenendo conto delle diversità territoriali.

 Non si ebbe il tempo, né in alcuni casi la voglia di considerare dei distinguo e si ritenne più comodo e veloce ridisegnare lo spazio postsovietico seguendo le linee di confine delle repubbliche socialiste sovietiche, che conservavano un sistema di istituzioni parastatali dalle quali sarebbe stato più semplice ripartire.

 […] Era come se nel corpo in ricostituzione dell'Unione Sovietica fossero rimaste qua e là schegge di Russia, pronte a dichiarare guerra pur di determinare o un ritorno al passato o una nuova divisione territoriale.

 E il Cremlino ha sempre accolto con favore l'opportunità di poter tornare su un territorio che non ha mai smesso di considerare suo e di approfittare di conflitti che gli hanno sempre permesso di insidiare la nuova unità dei suoi vecchi alleati.

 Il tempo immobile della Transnistria

Le prime avvisaglie di questi conflitti si ebbero nel 1991 ai confini dell'Europa, in quella che era stata la Repubblica socialista sovietica moldava e che, come altre, aveva approfittato del colpo di Stato contro Michail Gorbacëv per dichiarare l'indipendenza. Le fu accordata con dei confini che non tutti i cittadini condivisero, ma che corrispondevano pedissequamente a quelli stabiliti all'ingresso del paese nell'Unione Sovietica.

La Moldavia si trovava sui territori che Molotov e Ribbentrop si erano divisi e su cui poi si consumò la rottura tra Mosca e Berlino. Era considerata una terra di confine, posta tra la Romania e l'Ucraina, la sua parte più orientale aveva fatto parte della Repubblica socialista dell'Ucraina con il nome di Repubblica socialista autonoma moldava, quella più occidentale era stata annessa alla Romania per volere dello stesso Parlamento moldavo e fu in seguito occupata da Stalin, poi di nuovo dalla Romania alleata dei nazisti.

Infine, al termine della seconda guerra mondiale, tornò a far parte dell'Unione Sovietica, che ne ridisegnò i confini, decretò la nascita della Repubblica socialista sovietica moldava e assegnò alla nuova regione anche una parte della Repubblica socialista autonoma di Moldavia, che fino ai primi anni Quaranta era stata legata all'Ucraina, e che poi tormenterà la storia del paese con il nome di Transnistria.

Per tutta la sua permanenza nell'URSS, il paese si ritrovò con due anime e altrettante lingue, ma quella più a est, la Transnistria, che aveva come città principale Tiraspol, non sentiva la necessità di aprire un conflitto con i vicini dell'Ovest, con i quali condivideva l'appartenenza alla Repubblica socialista di Moldavia. Dopotutto, quello che contava era essere sovietici.

In Transnistria si sapeva che ogni decisione arrivava da Mosca, inclusi i nomi dei segretari del Partito comunista locale impegnato in una politica di intensa russificazione: Leonid Breznev, ucraino di origine, fece pratica in Moldavia per anni prima di diventare il leader del Partito comunista dell'Unione Sovietica. Le due parti della repubblica erano molto diverse anche dal punto di vista economico: a est erano state concentrate le industrie, che invogliarono altri cittadini sovietici a trasferirvisi, mentre l'ovest era rimasto agricolo e completamente dipendente dall'est per le forniture di energia.

Nel 1987 si fece largo sulla scena politica della Moldavia un comunista fervente e sovietico modello, finito in Transnistria per lavoro. Igor' Smirnov era figlio di un politico e di una giornalista, suo padre era stato arrestato per corruzione e liberato dopo la morte di Stalin, ma neppure la detenzione in Siberia aveva fiaccato la sua fede nel partito, né quella della sua famiglia.

Igor' era cresciuto tra la Russia e l'Ucraina, aveva collaborato alla costruzione della centrale idroelettrica di Nova Kachovka, nella regione ucraina di Cherson e, alla fine degli anni Ottanta venne mandato a lavorare in Transnistria, proprio mentre la Moldavia cercava di tagliare i rapporti con l'Unione Sovietica e la lingua russa, e di unirsi alla vicina Romania. Un sovietico entusiasta come Smirnov non soltanto non poteva accettare, ma non poteva neppure capire come si potessero desiderare dei cambiamenti tanto radicali, delle fughe così brusche dall'URSS.

Non era un politico e dunque si impegnò nell'organizzazione di scioperi che coinvolsero alcune industrie della parte transnistriana per più di un mese, ma che non sortirono alcun effetto. Decise allora di tentare la strada politica per far sopravvivere quel mondo che per lui era anche un'intensa storia di famiglia tracciata dal padre. Smirnov partecipò allora alle elezioni moldave, ma la determinazione della parte occidentale della repubblica era forte, le spinte nazionaliste anche e la furia indipendentista era pronta a farsi violenta.

 Così, incapace di influenzare la politica della nazione che stava per nascere, decise di organizzare nel 1990 un referendum sulla secessione dalla Moldavia e di proclamare la nascita della nuova Repubblica socialista sovietica moldava di Pridnestrovie.

L'Unione Sovietica reggeva ancora, ma si sentivano le scosse, le spinte indipendentiste, e Smirnov cercò il riconoscimento di Mosca. Non si aspettava che il referendum sarebbe stato invece biasimato, e il Cremlino non soltanto non riconobbe la neonata repubblica, ma Gorbacëv, convinto che le cose potessero risolversi in altro modo e che l'Unione Sovietica potesse ancora salvarsi, non interpretò il gesto come una manifestazione di lealtà estrema, ma come un pericoloso sgarbo tra popoli fratelli.

In realtà non c'era nulla da recuperare e l'anno dopo, nei giorni del golpe contro il segretario del Partito comunista dell'URSS, la Moldavia si proclamò Stato indipendente con capitale Chisinau. La parte occidentale del paese voleva liberarsi al più presto di ogni retaggio sovietico, tuttavia sapeva che la Transnistria rimaneva il fulcro prezioso dell'economia nazionale e lasciarla andare era impossibile; quindi, quando dichiarò la nascita della nuova nazione, lo fece prendendo in considerazione i confini di tutta la vecchia Repubblica socialista sovietica, sicché la Transnistria dichiarò a sua volta l'indipendenza dalla Moldavia.

Il primo conflitto postsovietico alle porte dell'Europa scoppiò dopo che la richiesta di Chisinäu di ritirare la XIV Armata di Mosca di stanza in Transnistria non ottenne alcun risultato. La Moldavia prese ad armare un proprio esercito con l'aiuto della Romania, ma si trovò a combattere contro truppe meglio armate e più organizzate, costituite dagli abitanti della Transnistria e da volontari russi e ucraini, forti anche del sostegno della XIV Armata.

Gli scontri iniziarono il 1° marzo 1992, durarono fino a luglio e si risolsero con un accordo di cessate il fuoco firmato da Boris El'cin, che era diventato presidente della Federazione russa, e dal presidente moldavo Mircea Snegur. Venne decisa la creazione di una forza di peacekeeping per il mantenimento del cessate il fuoco e la gestione fu affidata a Mosca.

 La presenza della XIV Armata venne ridotta a 1500 uomini e a tutti gli effetti la Transnistria si considera ancora uno Stato a sé con capitale a Tiraspol, indissolubilmente legato alla Russia. Tiraspol e Chisinãu di fatto sono ancora in guerra e la Transnistria è un parco giochi della nostalgia, scollegato da tutto, anche da Mosca.

Difficile trovare altrove un senso tanto vivo di appartenenza a un mondo che non c'è più, un panorama di edifici brutalisti e statue sovietiche lasciati a farsi consumare dal tempo, non per incuria ma per mancanza di mezzi di manutenzione: sebbene la regione fosse più industrializzata della parte occidentale della Moldavia e sia ancora fonte di energia per tutta la repubblica, ha rapporti commerciali soltanto con la Russia e il suo vivere isolata dal resto del mondo non ne aiuta lo sviluppo economico.

È un non-Stato che utilizza il rublo, ha carri armati dell'Armata Rossa disseminati con orgoglio sul proprio territorio, mantiene nella bandiera la falce e il martello, e vanta nella sua capitale una Casa dei soviet ben tenuta e una statua di Lenin fiera e impettita: qui l'Unione Sovietica esiste ancora. Mosca ha sviluppato un rapporto speciale con la striscia di terra incastonata tra Ucraina e Moldavia, dove ci sono ancora le truppe russe e soprattutto il grande deposito di Cobasna, che contiene circa 20.000 tonnellate di armi della XIV Armata.

 Le contraddizioni in questa regione della nostalgia sono molte: neppure Mosca riconosce la Transnistria, ma ha rapporti con le sue istituzioni. Il deposito e i soldati russi si trovano ufficialmente sul territorio moldavo, che tuttavia chiede lo smantellamento del primo e il ritiro dei secondi e percepisce l'enclave separatista come una minaccia alla sua esistenza, soprattutto dallo scoppio della guerra della Russia contro l'Ucraina.

La Transnistria è stata per Mosca la prima delle schegge rimaste incastrate nel territorio postsovietico ed è proprio da Tiraspol che il Cremlino ha imparato a utilizzare e fomentare le spinte separatiste per influenzare la politica di paesi che non ha mai smesso di considerare suoi. Tra questi Stati, la Moldavia è il più fragile.

 Assieme all'Ucraina ha ottenuto lo status di paese candidato all'Unione europea, rimane dipendente da Mosca a livello energetico, ha un conflitto non risolto sul suo territorio, una politica traballante costantemente esposta alle ingerenze della Russia, ed è talmente vicina all'Ucraina e talmente interconnessa da essere il paese confinante che più subisce gli effetti della guerra: spesso si ritrova al buio insieme a Kiev a causa dei bombardamenti russi contro la rete elettrica ucraina, che rifornisce anche la Moldavia, proprio come quando c'era l'URSS.

Antonio Giangrande: L’OCCIDENTE MOLLICCIO E DEPRAVATO.

Il mondo è diviso in due parti. I cattivi ed i buoni.

Dipende da quale parte lo si guardi. Ogni parte si arroga il diritto di stare dalla parte giusta.

Noi occidentali, sotto giogo culturale, politico ed economico statunitense, giudichiamo tutti gli altri come regimi religiosi fondamentalisti, ovvero regimi autoritari e dispotici.

Gli altri ci considerano pericolosi perché portatori di pseudo democrazie, governate dalla dittatura delle minoranze, e infette dalle tre C: Capitalismo; Caos, Criminalità.

A ciò si aggiunge l’ateismo dilagante e, cosa fondamentale, il culto del singolo individuo e della sua personalità, o della frammentazione dei singoli Stati servi della loro politica economica.

In mano a legioni di imbecilli, diceva Umberto Eco, guidate dal gradimento di un clik.

Noi vediamo la pagliuzza negli occhi altrui, ignorando la trave nei nostri occhi.

Da noi i casi di censura sono sempre più frequenti. A definirne la pericolosità è la natura ideologica, quasi religiosa, attraversata da una spinta revisionista della propria storia e delle proprie origini. Dunque è la censura a essere figlia del politicamente corretto e non l’inverso. La retorica del politicamente corretto divide la realtà, la storia, gli individui tra bene e male, tra luce e oscurità, e queste opposizioni pretendono adesioni unanimi, omologazione, conformismo. Queste radicalizzazioni non concepiscono alcun relativismo, anzi, presentano evidenze che non possono essere negate. Ideologizzazione e sessualizzazione dell’insegnamento ai minori, fin dalle elementari, sono due problemi enormi. Tendono ad ostentare ed imporre le posizioni di infime minoranze, fino a farle sembrare maggioritarie.

Agli occhi delle altre culture sembriamo essere governati dal femminismo e dagli LGBTI.

La “cancel culture”, la “woke revolution” e poi sempre il “politically correct” sono termini inglesi che stanno entrando prepotentemente nel lessico italiano.

Secondo la maggior parte degli opinionisti di sinistra non esiste nulla di tutto ciò: sono solo paranoie.

Sono invece tre aspetti di una rivoluzione culturale in corso.

La definizione la traiamo da un articolo di Stefano Magni su Inside Over.

La “woke revolution” prende il nome dallo slang afro-americano. Woke vuol dire letteralmente “in allerta”.

Nelle università più costose anglosassoni sono gli studenti (molto spesso bianchi) e gli intellettuali che sentono il dovere di restare “in allerta” per scovare ogni traccia di razzismo nel discorso pubblico. Un gesto, una parola, un tono di voce, possono sembrare innocui, ma, secondo gli woke, sono minacce velate o segni di un razzismo residuo.

Il politically correct è il codice che definisce ciò che per un woke è corretto o scorretto. E il razzismo contro cui lottano non è solo quello contro i neri, ma anche contro tutti coloro che sono visti come gli oppressi di ieri e di oggi: omosessuali, donne, difetto estetico (obesità, nanismo, handicap) immigrati, membri di minoranze etniche e religiose, transgender, animali (difesi da umani, in questo caso). Ma le categorie si estendono di continuo e in modi e tempi difficilmente prevedibili, secondo le mode del momento.

La cancel culture è il modo in cui gli woke esercitano la giustizia. Ed è un eufemismo per definire la nuova forma di linciaggio online: il colpevole viene bandito, dopo una campagna di odio in rete, nelle università e in pubblica piazza, dopo il boicottaggio, il ritiro di ogni invito e infine anche il licenziamento. Se l’ingiustizia è un simbolo, come una statua, si chiede la sua rimozione. Se è un film, si chiede la sua cancellazione. Se è un testo, non deve essere più venduto. E così di seguito, fino al reset del passato.

Secondo Bari Weiss, il mostro woke è cresciuto per mancanza di coraggio di chi avrebbe dovuto opporsi: è un atteggiamento infantile a cui gli adulti, i responsabili, gli insegnanti, non hanno mai risposto con un “no”. Ma nessuno, neppure Bari Weiss o Greg Lukianoff, riesce a individuare la radice di questa rivoluzione culturale.

Se tutto ciò vi ricorda il marxismo leninismo applicato in Urss e in Cina, ma anche nei movimenti più violenti del nostro Sessantotto, forse avete ragione. La nuova sinistra non è molto distante dalla vecchia logica della lotta di classe. E se il fenomeno è cresciuto è perché negli Usa, che non sono mai stati comunisti, il marxismo è sempre più di moda nelle università, spesso filtrato attraverso lo studio di Gramsci, il filosofo italiano più influente nella cultura americana da vent’anni a questa parte.

In conclusione bisogna dire che il mondo è contro di noi occidentali perché ai loro occhi ci siamo comunistizzati, ossia siamo molli, effeminati e depravati. E questo stile di vita non vogliono che infetti il loro modo d'essere.

Naturalmente, nessuno dei due mondi scende a compromessi.

Entrambi tendono all'ostentazione ed all'imposizione dei loro difetti.

Gli scontri tra Oriente e Occidente. Ernst Jünger e il "nodo" dell'incontro-scontro tra Oriente e Occidente. La sfida archetipica segna tutta la storia della civiltà: sempre in bilico, mai risolta. Marino Freschi su Il Giornale l’11 Gennaio 2023

Erano passati quattordici anni, non molti, eppure era tutta un'altra storia. Nel 1939 usciva Sulle scogliere di marmo il romanzo simbolico di Ernst Jünger, uno dei racconti più intensi della letteratura del primo Novecento, un puro capolavoro. Nel 1953 lo scrittore pubblica un saggio inquietante e nel medesimo tempo un classico: Il nodo di Gordio, che suscitò una vivace discussione intellettuale. In mezzo c'erano state la guerra, la catastrofe tedesca, la vergogna tedesca, la sconfitta di tutta l'Europa, con i russi a Berlino, pronti ad avanzare ancora: la bandiera rossa sventolava sprezzante sulle rovine del Reichstag «millenario». A pochi metri il bunker sotterraneo con il corpo carbonizzato del Führer. Ernst Jünger era stato coinvolto nell'attentato fallito a Hitler del 20 luglio del 1944. Il suo nome venne depennato dalla lista dei condannati a morte dallo stesso Führer. Lo scrittore dovette immediatamente abbandonare Parigi, sparire in un villaggio tedesco. Con l'arrivo degli alleati fu sottoposto alle aspre pratiche di denazificazione, consistenti per lui nel divieto di pubblicare, che venne ritirato nel 1953. Nello stesso anno usciva un saggio sorprendentemente affine di A. Toynbeee: The world and the West; si era pronti a riaprire una grande discussione sulle rovine dell'Occidente.

La Germania di Jünger era un campo di macerie materiali e ancor più morali e spirituale, il figlio morto in combattimento sulle Alpi Apuane, vittima forse di fuoco amico in quanto dissidente del regime. Malgrado tanto dolore, il saggio Il nodo di Gordio è perfetto come un bassorilievo greco di travolgente bellezza stilistica e densità intellettuale: si avverte già dall'incipit la mano dell'artista e del pensatore. «Oriente e Occidente: negli avvenimenti mondiali questo incontro non è soltanto di primaria importanza, ma rivendica un'importanza tutta particolare. Fornisce il filo conduttore della storia, l'inclinazione dell'asse rispetto all'orbita solare. Balenando sin dagli albori, i suoi motivi si dipanano fino ai nostri giorni. Con tensione sempre rinnovata i popoli salgono sull'antico palcoscenico e recitano l'antico copione. Il nostro sguardo si fissa soprattutto sul fulgore delle armi che domina la scena».

La visione è nitida e riconosce gli antichi attori: i Sarmati, i Persiani, i Tartari, le masse enormi dei popoli dell'Asia, e dall'altro parte i valorosi spartani, greci, romani, crociati e templari: Oriente e Occidente. A leggere oggi quelle pagine di settant'anni fa il pensiero riconosce le tracce visibili della storia negli attacchi notturni dei nuovi Sarmati sugli operosi villaggi della Vodolia, della Galizia fino alle «rive del Dnipro, Muro di Berlino che spezza l'Ucraina» (titolo del quotidiano La Repubblica), mentre Massimo Cacciari apre il primo numero dell'anno de La Stampa con un articolo in sorprendente consonanza con l'intuizione storico-mitica di Jünger: «L'Occidente che non riesce a sciogliere i nodi di Gordio», ma con una curvatura irenica che non è certo la prospettiva di Jünger, la cui forte impressione mitica fa riapparire gli archetipi dello scontro epocale tra due civiltà, tra due antropologie, tra due etnologie. Riaffiora, in Jünger, la grande tradizione culturale tedesca, quella che con Nietzsche aveva fondato l'antinomia cultural-spirituale tra apollineo e dionisiaco che con Thomas Mann e Oswald Spengler si era precisata nel contrasto fondante tra Kultur e Zivilisation, tra spirito e democrazia. Le radici intellettuali di Jünger risalivano al monumentale Matriarcato di J. J. Bachhofen del 1861 in cui il regno, oscuro delle madri è contrapposto al dorico, apollineo sorgere degli Dei luminosi dell'Olimpo, già intuito dai Veda. Il sigillo oriente-occidente era stato affrontato, dalla prospettiva tradizionale, da Réne Guénon nel 1924 in un saggio d'immensa risonanza. In realtà il contrasto era apparente: l'Occidente evocato dal pensatore tradizionalista francese era privo del fulgore olimpio scolpito da Jünger nel suo saggio, cui rispose nel 1955 Carl Schmitt, replica che a appare in appendice a Il nodo di Gordio jüngeriano. Oggi il libro è ripubblicato da Adelphi insieme a un utilissimo aggiornamento sull'intera discussione a cura di Giovanni Gurisatti (che ha anche tradotto con Alessandro Stavru i saggi dei due maestri tedeschi).

Con Il nodo di Gordio Jünger torna alla classica grandezza stilistica delle Scogliere di marmo: nel saggio il mondo confuso barbarico, oscuro, «asiatico» del Forestaro - il principe del caos del romanzo - incarna il polo dell'Oriente, quello di una umanità senza la luce della coscienza, a cui la civiltà d'Occidente è pervenuta con immensi sforzi, ché la storia nulla regala: «Per dimostrare che lo spirito libero domina il mondo si paga il prezzo più alto. Questa è la prova che dev'essere superata nel sacrificio. Con essa bisogna mostrare che il libero governo è superiore ai dispotismi, che i liberi combattenti pesano più delle masse e che le loro armi sono meglio congegnate e di più lunga gittata. Si arriva così ai momenti di svolta, nei quali gli spiriti si gettano nella mischia. Eserciti immensi vengono affrontati, incalzati nelle valli, nelle sacche, nelle gole, ricacciati nei mari o negli stretti. I superstiti fuggono, i loro capi si danno la morte in foreste e deserti». Lo scontro diventa epocale, tra i valori della luce e le forze ctonie dell'oscurità, tra la cultura della forma contro l'amorfo. Il sacrificio di Leonida segna non solo un evento bellico, ma un'illuminazione, l'epifania di un nuovo splendore della coscienza: in questo contesto la lotta si sublima in un evento grandioso, epocale: «Adoperata in questo modo la spada è spirituale; è lo strumento di una decisione libera e risolutiva».

A leggere oggi questo saggio insieme con la risposta di Schmitt - si viene travolti dalla lucente bellezza di ogni classica memoria, ma anche dalla sua travolgente attualità. Pare ma è così! - che l'Occidente sia chiamato a difendere, ancora una volta, la sua identità storica, la sua libertà, sulle mugghianti rive del Dnipro nella reiterazione dell'epocale scontro tra civiltà. Tutto è ancora in bilico, nulla è ancora perduto se l'Occidente saprà elevare al sole i propri vessilli di libertà, ritrovare i valori della propria cultura, e tagliare con decisione l'eterno nodo di Gordio: nell'intramontabile mito «compare un principio spirituale in grado di disporre in modo nuovo e più pregnante del tempo e dello spazio».

"Il Nodo di Gordio", Junger e Schmitt raccontano il rapporto tra Occidente e Oriente. Jünger e Schmitt scrivono un saggio attuale sul rapporto tra Occidente e Oriente, fermandosi più volte sulla sfida tra "democrazia" e "autoritarismo" evocata dal presidente Usa Joe Biden. "Per la storiografia occidentale l'atto di arbitrio è inconciliabile con la dignità del monarca". Roberto Vivaldelli su Il Giornale il 28 Febbraio 2023

Tabella dei contenuti

 Lo storico Franco Cardini racconta Il Nodo di Gordio

 Il rapporto tra Occidente e Oriente

Il Nodo di Gordio, proprio come il nodo che stringeva il giogo al timone del carro consacrato da Gordio a Zeus nel suo tempio, e che Alessandro Magno nel 334 a. C. troncò con un colpo netto di spada, ottenendo così il dominio dell’Asia e del mondo, così come predicava un'antica profezia. Ma Il Nodo di Gordio è anche un'opera monumentale di Ernst Jünger, pubblicata per la prima volta nel 1953, dopo la Seconda guerra mondiale e in piena Guerra Fredda, a cui due anni dopo replicava con uno scritto altrettanto intenso l'amico Carl Schmitt. È un'opera che riflette sulla natura del rapporto-scontro fra Oriente e Occidente.

"Questo incontro", scrive Ernst Jünger in apertura del suo Nodo di Gordio, non soltanto occupa una posizione di primo piano fra gli avvenimenti mondiali, ma "rivendica di per sé un’importanza capitale. Fornisce il filo conduttore della Storia". Un incontro, tuttavia, che nella storia si è spesso trasformato in scontro: "Con tensione sempre rinnovata i popoli salgono sull’antico palcoscenico e recitano l’antico copione. Il nostro sguardo si fissa soprattutto sul fulgore delle armi che domina la scena".

Lo storico Franco Cardini racconta Il Nodo di Gordio

"Il Nodo di Gordio" è stato recentemente ripubblicato dalla Piccola Biblioteca Adelphi con gli scritti originali di Jünger e Schmitt, in un'edizione curata da Giovanni Gurisatti. Saggio fondamentale che è stato raccontato e sviscerato nei suoi punti focali - in occasione di una serata svoltasi lo scorso 28 gennaio al Teatro di Pergine Valsugana (Tn) e organizzata dall'omonimo think-tank - dallo storico Franco Cardini. "La spada è un elemento risolutivo, anche nel suo uso militare. Si usa la spada per stabilire chi vince e chi perde. La spada di Artù dall'incudine, dalla pietra, o dall'albero in cui è infitta, secondo le varianti della leggenda arturiana, è uno strumento che indica il modo in cui l'ordine mondiale sarà ristabilito. Chi estrae la spada è un eletto a ristabilire l'ordine in uno stato di disordine. Il Nodo di Gordio è esattamente la stessa cosa. È un nodo fra due apici di una corda che serve ad aggogiare due bui o due tori ad un aratro, ma il nodo è così intricato che non si può sciogliere".

Alessandro, ha spiegato, "fa una scelta: risolve, non sciogliendo il nodo con pazienza, ma con un taglio netto della spada, ottenendo un risultato, ma a un prezzo. Perché una sezione della corda viene rovinata da questo gesto". Così si ritrova, ha continuato Cardini durante la serata organizzata dal think-tank Il Nodo di Gordio, "sospeso tra l'Oriente e l'Occidente, fra l'Europa e l'Asia". Alessandro, ha sottolineato lo storico incalzato da Daniele Lazzeri e Andrea Marcigliano, "non è considerato un greco dai greci. È considerato un greco dai persiani, e risolve il problema del loro rapporto con un taglio netto e dando avvio a un sistema di governo nuovo".

Il rapporto tra Occidente e Oriente

L'attualità dei due saggi di Jünger e Schmitt sul rapporto fra Occidente e Oriente, sulla sfida tra "democrazia" e "autoritarismo" più volte evocata - con una buona dose di retorica - dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è impressionante. Per la storiografia occidentale, scrive Jünger, l'atto di arbitrio è "inconciliabile con la dignità del monarca", e getta come un'ombra sul carattere di quei pochi cui viene attribuito il titolo di "grande". E ancora: il filosofo tedesco sottolinea come in Oriente l'atto di arbitrio "non pregiudica la grandezza di un principe", ma ne è piuttosto la conferma.

In Oriente è del "tutto nella norma che durante un banchetto Alessandro uccida Clito", che gli aveva salvato la vita. La sentenza del principe "ha valore sia che derivi da una ponderata riflessione", sia che provenga da una vampata di collera. Nel pensiero occidentale e nella relativa storiografia l'atto di arbitrio, soprattutto quando si manifesta in modo brutale, osserva Jünger, "viene considerato una macchia". Anche quando mira al bene, alla giustizia, "come nella lotta contro il drago, getta un'ombra sull'impresa".

A tal proposito, scrive Carl Schmitt commentando l'opera dell'amico, quando si parla di "Nodo di Gordio" ci si immagina perlopiù un groviglio confuso. Il gesto di Alessandro Magno sarebbe stato quello di sciogliere il groviglio, e in modo semplice - pericolosamente semplice - decisionistico: "con un colpo di spada". Ma il libro di Jünger, come spiega bene Schmitt, non rappresenta una condanna del mondo orientale e un'esaltazione occidentalistica: "In realtà -osserva -il libro di Jünger non fa che parlare di polarità e transizione. La sua conclusione non è un aut-aut, ma un et-et, un incontro reciproco, un bussare alla porta, uno scambio e un equilibrio, un ritorno nell'eterno nel tempo e un accenno alle recondite risposte che spettano all'Oriente". Perché senza aver letto questo libro fondamentale, difficilmente si può comprendere il complesso rapporto tra Oriente e Occidente. Scritto 70 anni fa, questo saggio si presenta oggi come un classico: senza tempo.

Putin contro l'Europa. Una guerra cominciata tanti anni fa. Paolo Guzzanti su Panorama il 20 Febbraio 2023

Ecco cosa scriveva nel 2007 sui rapporti, già allora tesi, con il capo del Cremlino

Da Panorama del 13 settembre 2007 La guerra fredda è tornata. Tutto è cominciato il 23 novembre dello scorso anno quando l'Atomic weapons establishment, il laboratorio militare nucleare di Aldermaston nel Berkshire, certificò che un cittadino britannico, Edwin Redwald Carter, era stato colpito e ucciso su suolo britannico dal primo attacco nucleare della storia lanciato da una potenza straniera. L'arma era un isotopo radioattivo, il polonio 210, introdotto violando la sovranità del Regno Unito. L'identità originale di mister Carter è quella dell'ex esule e colonnello russo Alexander Valterovich Litvinenko, colpito in una stanza d'albergo a Londra e morto tre ore prima che l'Awe scoprisse che la causa del decesso era una minuscola bomba atomica che può essere prodotta soltanto da laboratori militari per usi militari. La guerra fredda è cominciata nel momento in cui il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha risposto all'insistente richiesta di estradizione della Procura della Corona britannica per il cittadino russo (ed ex ufficiale del Kgb) Andrei Lugovoy accusato di aver assassinato Litvinenko, facendo alzare in volo i bombardieri Tupolev con testate nucleari che non volavano dal 1992. Poco prima aveva fatto mettere sotto il tiro dei suoi missili alcune città europee e aveva avuto uno scontro aspro con il primo ministro Tony Blair pochi giorni prima che questi lasciasse il suo ufficio: Blair, che aveva sempre parlato di Putin come di un «caro e insostituibile amico», era stato sferzante. Il segretario di Stato americano Condoleezza Rice l'aveva seguito portandosi dietro il presidente francese Nicolas Sarkozy e il Portogallo. Il nuovo primo ministro britannico Gordon Brown non ha esitato a far levare i caccia per contrastare i bombardieri russi. Tutto ciò accade oggi, nel 2007. Vladimir Bukovsky, il celebre esule russo che fu liberato dopo uno scambio con il segretario comunista cileno Luis Corvalan, ha commentato dicendo: «Due sciocchezze sono state credute in Occidente: che la guerra fredda fosse finita e che l'Occidente l'avesse vinta».

Le bugie di Putin prima della guerra nella docu-serie Bbc. Il Corriere della Sera il 22 febbraio 2023.

Per chi non vuole parlare a vanvera dell’invasione russa dell’Ucraina (e scandalizzarsi per le parole che Zelensky ha rivolto a nostri uomini politici), consiglio vivamente di seguire Putin contro l’Occidente, la docu-serie che la Bbc ha dedicato ai tragici eventi dell’«operazione militare speciale» (History Channel, 411 di Sky).

Putin è uno spietato dittatore, un mentitore seriale, ma molti leader occidentali, da Hillary Clinton a Donald Trump, da Emmanuel Macron ad Angela Merkel hanno faticato a capire (o non hanno voluto capire) cosa stesse succedendo. A partire dal ruolo ambiguo di Viktor Yanukovich, ex presidente dell’Ucraina, il documentario in tre puntate di Norma Percy ricostruisce sia i colpi di mano di Putin sia i retroscena delle tattiche fallimentari dell’Occidente. Tra rivelazioni, aneddoti, scene raccapriccianti, filmati d’archivio e lunghe interviste, la serie tratteggia lo scenario del conflitto. Nel primo episodio, per esempio, si ricorda l’invasione russa del 2014 in Crimea e nella regione orientale del Donbass. Quando decine di soldati russi vennero catturati sul territorio, con cartellini identificativi e ordini ufficiali, Putin raccontò che i soldati erano in vacanza o che si erano smarriti lungo il confine.

L’Occidente restò in silenzio. Grandi assenti la Merkel e Obama. Cameron e Hollande appaiono distanti e incapaci di trattare. Barroso racconta di aver ascoltato a bocca aperta Putin che gli diceva che l’Ucraina era una creazione della Cia e della Commissione europea. Quando Putin sta per scatenare l’invasione e Boris Johnson tenta di dissuaderlo, la risposta dello zar russo è: «Boris, non voglio farti del male, ma con un missile ci vorrebbe solo un minuto». Non è un’inchiesta a senso unico: secondo uno stile giornalistico che noi non sempre pratichiamo (o «niputini» di Santoro o Report), ogni affermazione è documentata, ogni descrizione ha un riscontro.

Il monito (inascoltato) di Bush a Obama: "Occhio alla Russia". Francesca Salvatore il 23 Febbraio 2023 su Inside Over.

Quando alla Casa Bianca un inquilino si appresta a lasciare, per fare posto ad un altro democraticamente eletto, il vecchio padrone di casa è solito lasciargli dei memo. Una sorta di guide for dummies nella quale dispensare consigli sebbene non si tratti di documenti di alto rango. Tuttavia, questi appunti del presidente uscente sono ritenuti abbastanza sensibili da venire secretati in attesa di essere, a tempo debito, declassificati.

Quattordici anni fa toccava a George W. Bush Jr. lasciare i suoi appunti al successore Barack H. Obama: l’11 settembre, l’Iraq, l’Afghanistan, tutto era già accaduto. In quaranta note riservate del Consiglio di sicurezza nazionale, Bush segnava il passaggio fra due amministrazioni molto differenti ma comunque legate a doppio filo alla war on terror. Per la prima volta, quei promemoria sono stati ora declassificati, offrendo una vista su come il mondo appariva agli occhi di Bush dopo otto anni durissimi.

I memo di Bush per Obama

Una serie di frasi lapidarie che suonano quasi profetiche: "L’India è un amico. Il Pakistan no. Non fidarti della Corea del Nord o dell’Iran, ma parlare è comunque meglio che non farlo. Attenzione alla Russia; brama il territorio della sua vicina Ucraina. Fai attenzione a non essere intrappolato da guerre terrestri intrattabili in Medio Oriente e Asia centrale. E oh sì, la costruzione della nazione è decisamente più difficile di quanto sembri.". A rileggerlo oggi, quel monito risuona sinistro.

Nel gennaio 2009, dopo l’insediamento, con le truppe statunitensi ancora in combattimento in due guerre, Osama bin Laden ancora latitante, una crisi finanziaria in atto e varie altre minacce alla sicurezza americana incombenti, per Obama si profilava un inizio di mandato difficile. Iraq e Afghanistan riempiono, infatti, righe e righe di queste memorie, ma nonostante ciò Bush raccontava al successore quanto all’epoca la politica estera americana sperasse ancora in relazioni costruttive con Russia e Cina. Il promemoria sulla Cina sollecitava un ampio impegno personale tra i leader, attribuendo alle interazioni di Bush con le sue controparti cinesi la creazione di "una riserva di buona volontà" tra le due potenze. Il promemoria sulla Russia concludeva, invece, che la "strategia della diplomazia personale" di Bush aveva avuto un successo iniziale, ma riconoscendo che i legami si erano inaspriti, soprattutto dopo l’invasione russa della Georgia nel 2008.

Si trattava, dunque, di un promemoria sulle future ambizioni espansionistiche di Mosca. Bush, nei suoi appunti, dichiarava, ancora: "I tentativi della Russia di sfidare l’integrità territoriale dell’Ucraina, in particolare in Crimea, che è per il 59% etnicamente russa e ospita la flotta del Mar Nero della Marina russa, deve essere impedita". Il memo aggiungeva che "la Russia sfrutterà la dipendenza dell’Europa dall’energia russa" e utilizzerà mezzi politici "per creare cunei tra gli Stati Uniti e l’Europa". Ipse dixit.

Obama e Mosca: dal "reset" al blitz in Crimea

Se c’è un’immagine che più di altre racconta la postura americana nei confronti di Mosca in questa fase è quella di Obama e Dmitry Medvedev che discutono davanti a due cheesbruger in quel del Ray’s Hell Burger ad Arlington nel 2010. Nei primi mesi del suo primo mandato, Obama aveva promosso un reset con Mosca destinato a sanare le acredini legate al caso Georgia, con l’obiettivo di assicurarsi l’aiuto di Mosca su questioni chiave per Washington. Questo produsse dei primi successi: il New Start, ormai ridotto in cenere, e una maggiore cooperazione su Iran e Afghanistan.

I progressi rallentarono nel 2011 sul dossier Libia, e nel 2012, il ritorno di Vladimir Putin alla presidenza russa fece presagire un rapporto meno cooperativo, ma sottostimando le ambizioni della Difesa russa. Gli anni delle elezioni, in genere, non hanno mai generato tempi favorevoli per i progressi nelle relazioni Usa-Russia. Nella primavera del 2012, la campagna per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti era in pieno svolgimento. Toccò a Mitt Romney fare la Cassandra: il governatore, che si era assicurato i voti necessari per la nomina repubblicana, citò la Russia come la minaccia geopolitica numero uno per il

Stati Uniti. Obama criticò duramente il commento ma saltò a piè pari la Russia nella sua campagna elettorale e la questione del controllo degli armamenti venne trattata come un tabù. In agosto la Russia aderì al WTO e i funzionari russi riconobbero pubblicamente il sostegno di Washington come la chiave per realizzare l’adesione dopo tanti anni di attesa. Il dossier siriano, unitamente alla chiusura di Mosca sulle attività dell’Usaid in Russia, diedero il la ad un nuovo allontanamento tra le due superpotenze.

L’amministrazione Obama sembrò arrendersi difronte alle secche in cui navigava questo rapporto nel corso del 2013, fino a toccare il minimo storico del 2014, con l’annessione russa della Crimea e l’inizio del caos in Donbass. Un precedente inquietante per il diritto internazionale e per la tenuta democratica dell’Europa, forse sottovalutato, ritenendo che la pretesa sulla Crimea e sul Donbass fossero limitate a quell’area e che non nascondessero l’intento di arrivare a Kiev. Al di là delle dovute rappresaglie diplomatiche e delle sanzioni, Washington optò per una strategia trina, cercando di sostenere l’Ucraina, rassicurando gli alleati della Nato e conducendo una revisione della propria politica estera

Gli errori di Obama

"Leading from behind" era stato uno dei refrain di Obama. Una politica molto ripiegata sul programma domestico e grandi progetti come la riforma sanitaria o i diritti civili, tanto da far pensare ad una probabile rinuncia al ruolo di poliziotto del mondo. Questo apre un interrogativo ulteriore: glissare sul 2014 fu errore di valutazione o fu, scientemente, una strategia di disimpegno? Era chiaro già da allora che l’Europa avrebbe pagato il prezzo più alto se Putin non si fosse fermato alla Crimea. Del resto, l’amministrazione Obama chiudeva i suoi otto anni con i compiti a casa tutto sommato ben fatti: una fittissima agenda interna, due guerre portate a termine, la cattura di Bin Laden, la tempesta della crisi affrontata. Lo spiegò bene Michael Cohen della Century foundation nel bel mezzo della crisi in Crimea: "Quel che c’è di sbagliato in queste analisi è il focus delle critiche. Il cuore del problema non è tanto come Obama deve rispondere ai russi ma perché".

Nella teoria tutto fila, nella pratica un po’ meno. Quasi dieci anni dopo, un presidente americano, tra l’altro ex vicepresidente dello stesso Obama, è fra le macerie di Kiev. Al di là dell’iconografia e degli usi privati del gesto, è il segno più tangibile di un’America che è continuamente tentata dall’isolazionismo, ma che alla fine isolazionista non può e non riesce ad essere. Alla luce di questo, seppur la scelta di Obama fu isolazionista, fu comunque poco lungimirante: nel 2014 le bizze putiniane era già chiare. E in un mondo dominato dall’effetto farfalla era presumibile che una crisi nel granaio d’Europa avrebbe avuto conseguenze economiche, energetiche, geopolitiche spaventose, oltre che umanitarie. E per quanto Washington potesse desiderare di ripiegarsi su se stessa, era già chiaro che quelle conseguenze avrebbero colpito anche gli Stati Uniti. Fu una strategia, non un errore di valutazione, ma una strategia molto, molto miope. FRANCESCA SALVATORE

Lorenzo Cremonesi, diario dalla guerra ucraina. In coda tra i carri armati, quel primo viaggio da Leopoli a Kiev. Lorenzo Cremonesi su Il Corriere della Sera il 22 Febbraio 2023.

Pubblichiamo alcuni estratti dal libro di Lorenzo Cremonesi «Guerra infinita» che a un anno dall’invasione sarà disponibile gratis per abbonati nell’app Corriere Online nella sezione ebook

Di seguito alcuni estratti dal libro di Lorenzo Cremonesi «Guerra infinita» (Solferino, 2022) che sarà disponibile gratis per gli abbonati del Corriere della Sera nell’app Corriere Online nella sezione ebook. Su Corriere.it e nell’app Digital Edition nella sezione «Guide e ebook» fino al primo maggio.

Leopoli, 25 febbraio

Nella notte ho camminato per quattro ore con lo zaino in spalla e la sacca del computer a tracolla per superare le decine di migliaia di profughi che intasavano la strada che da Leopoli porta verso Medyka. Sapevo che stavano cominciando a scappare, ma non pensavo fossero già così numerosi. Bastano pochi minuti tra la folla per immergersi nell’atmosfera dell’emergenza: è gente che fugge, tutti sono stanchi, spaventati, nelle borse lo stretto necessario. Sono quasi tutti donne e bambini: le autorità ucraine impongono che gli uomini tra i diciotto e i sessant’anni restino a combattere. Mi vengono in mente gli scritti di Simone Weil, che nel 1940 osservava sgomenta i parigini in fuga di fronte all’avanzata della Wehrmacht e descriveva in pagine cariche di compassione quanto velocemente un essere umano possa trasformarsi in un relitto alla deriva. Solo poche ore fa questa gente stava tranquilla nelle proprie case, dava per scontato il cibo nel frigorifero, il calorifero tiepido, la luce elettrica, l’acqua corrente; ora è già una schiera di profughi indifesi, alla mercé del caso, affamati, sporchi, tremanti di freddo; le mamme non sanno dove lavare i figli, dalle poche toilette nelle baracche della frontiera, ormai impraticabili, esce un olezzo insopportabile.

Leopoli, 27 febbraio

Provo a prendere il treno per Kiev, ma nella stazione di Leopoli il caos regna sovrano. Gli orari sui tabelloni sono sbagliati, i ritardi sono di giornate intere, nevica fitto e il traffico è rallentato, sotto le pensiline migliaia di disperati intirizziti. Mentre cerco di capire quando potrò partire ricevo un messaggio da Fatima, una poliziotta afghana incontrata lo scorso settembre all’aeroporto di Herat. Mi chiede aiuto, vorrebbe emigrare in Italia con i due figli piccoli, il marito è morto anni fa. Il suo messaggio mi conduce a tracciare un confronto tra queste due crisi. Gli afghani non sono stati capaci di difendersi: il loro fallimento è anche quello dei nostri programmi di addestramento delle loro truppe e adesso stanno collettivamente pagando il prezzo terribile della sconfitta militare contro i talebani. Al contrario, gli ucraini si stanno difendendo con un coraggio e una determinazione che lasciano sorpresi; la loro resistenza sta già creando un nuovo senso identitario nazionale, sarà complicato assoggettarli. Incontro i loro volontari ai centri di reclutamento in città. «Voglio uccidere i nemici che hanno invaso il nostro Paese: devono morire, questi ladri della nostra terra. Non cerco rifugi o aiuti umanitari, dateci piuttosto fucili, missili e munizioni. Lo so che il mio discorso sembra lontano anni luce se ascoltato da Roma o Milano. Ma io credo che in alcuni casi valga la pena di combattere e magari rischiare di morire, ma soprattutto di uccidere per la libertà e la democrazia» mi dice uno di loro, Roman Babiy, che è poco meno che trentenne e per dieci anni ha studiato a Salerno. Mi incanta la sua determinazione, specie per il fatto che Roman è uno di noi. Non ha mai fatto il servizio militare, non ha mai imbracciato un fucile, non c’è in lui nulla che richiami i fanatici jihadisti siriani o la violenza tribale delle milizie libiche. Lui e i suoi amici pianificavano di venire a sciare in Italia, parlano inglese perfettamente, sono connessi col mondo, sono europei. Eppure, sono pronti a battersi. Gli ucraini stanno già elaborando il mito dei caduti, c’è una disposizione alla morte in battaglia che noi non ricordiamo.

Kiev, 28 febbraio

Alla fine, sono arrivato in auto nella capitale. Mi ci ha portato per duecentocinquanta euro Maga Nahsibzade, musulmano trentaduenne del Nagorno Karabach. Ci viene con la sua giovane fidanzata, chiaramente non sa nulla di ciò che ci aspetta sulla strada e io meno di lui. Partendo alle 10 di mattina da Leopoli — troppo tardi, ma lo scopriremo a nostre spese — sostiene che in sei ore percorreremo i seicento chilometri per Kiev: ce ne vorranno più del doppio. All’inizio il viaggio scorre bene, brilla il sole nell’aria limpida, soltanto i posti di blocco ci rallentano un poco, troviamo benzina e persino alimentari ben forniti alle stazioni di servizio. Ma a circa cento chilometri dall’arrivo la situazione si complica. «I russi stanno attaccando per chiudere l’assedio su Kiev, sparano sull’autostrada, dovete prendere le vie secondarie» ci spiegano i soldati. Sul lato della careggiata sono ben visibili alcune auto colpite dai cecchini russi. Si sta facendo sera e noi dobbiamo seguire una lunga serie di straducole secondarie che toccano piccoli villaggi agricoli, fattorie isolate, attraversano campi coltivati e macchie di bosco. Ogni pochi minuti i volontari armati controllano i documenti ai posti di blocco, puntano i fucili, appaiono nervosi. Alle 7 di sera siamo nel centro della battaglia. Poche decine di metri sopra le nostre teste vedo sfrecciare i colpi traccianti, i globi arancioni di tre forti esplosioni illuminano la campagna a meno di mezzo chilometro dalla nostra auto. Vorrei fermarmi per la notte al riparo di una casa isolata. Maga invece insiste per proseguire, la sua fidanzata piange spaventata, lui vorrebbe arrivare al più presto da alcuni amici che abitano vicino a piazza Maidan. «Evita di stare vicino ai mezzi militari: potrebbero venire attaccati dai droni russi» mi limito a consigliare. Ma poco dopo siamo irrimediabilmente imbottigliati nel mezzo di un lungo convoglio di carri armati. È una situazione assurdamente pericolosa, restiamo fermi almeno un’ora, le carreggiate bloccate da un groviglio di bus, mezzi militari con camion al seguito stipati di munizioni e benzina, auto private cariche di civili spaventati, ma anche giovani volontari accorsi per difendere il fronte della capitale e che saranno la nostra fortuna: la città infatti è paralizzata dal coprifuoco, ma loro hanno il permesso di entrare e noi li seguiamo, come fossimo parte della colonna, sino al centro.

Kiev, 5 marzo

Vedo continuamente monumenti e memorie della «Grande guerra patriottica» contro il nazismo. Nella zona delle officine della Antonov è esposto un T-34, il carro armato diventato il simbolo della vittoria sovietica contro gli eserciti di Hitler. In queste pianure otto decadi fa vennero combattute gigantesche battaglie tra mezzi corazzati. Persino all’entrata del villaggio di Irpin, dove i russi cercano di sfondare per raggiungere rapidamente le arterie a quattro corsie che conducono nel centro a Maidan, si trova un monumento con i nomi dei caduti locali nei ranghi dell’Armata Rossa. Proprio qui di fronte, una mattina fredda e umida, ci muoiono una mamma con i due figli. Nella gabbietta dei cagnolini, rimasta sul selciato con gli animali morti, avevano nascosto il denaro e i gioielli di famiglia. Alla stazione ferroviaria, che da Kiev smista le ondate di profughi in fuga verso occidente, ritrovo le memorie dei libri che sin da ragazzino ho letto sulla Seconda guerra mondiale nell’Est europeo, dove i treni erano onnipresenti. Locomotive avvolte nel vapore che corrono nella notte tagliando i campi innevati, vagoni carichi di vite precarie: i treni portavano i soldati al fronte ed evacuavano i feriti, sui treni partivano i deportati per i campi di concentramento, solo i treni garantivano una certa libertà di movimento. In una delle stazioni del metrò, cento metri sottoterra, incontro Raissa Stephana, che ha ben oltre ottant’anni e non nasconde la nostalgia di quando era chiamata «la più bella artista di Kiev», cantava e recitava nei teatri d’opera di tutta l’Urss e si esibì anche al Bolshoi: «Ma adesso sono diventati criminali, mi sento tradita dai russi che ci sparano contro. Ma forse non è colpa loro, Putin li ha come stregati, li ha ubriacati di guerra!» dice mostrando una sua foto in scena, risalente alla metà degli anni Sessanta.

Kiev, 24 marzo

È trascorso un mese dall’inizio della guerra e non so come finirà. Ma è certo che questa prima fase l’hanno vinta gli ucraini. Sono riusciti a bloccare l’offensiva russa, a ora soltanto la città di Kherson è caduta e anche qui la popolazione rimasta scende in strada a protestare. Persino Mariupol, la città martire dove tutti parlavano russo e che Putin considerava sua ancora prima di sparare il primo colpo, continua a resistere. Queste ultime note sono scritte di fretta, la cronaca della guerra cambia di ora in ora. Sospetto che i movimenti nazionalisti ucraini alzeranno la testa, l’eroismo della resistenza alimenterà i loro miti e potrebbero limitare lo spazio di compromesso nei negoziati con Putin. C’è tra loro chi adesso vorrebbe sfruttare il momento propizio per liberare la Crimea e l’intero Donbass. Putin con le spalle al muro però potrebbe ricorrere alle armi non convenzionali e trasformare l’intero conflitto in un braccio di ferro con la Nato. Si ripete una vecchia storia, le guerre spesso generano altri conflitti, chi le comincia s’illude di chiuderle presto, ma è una chimera pericolosa. Tra poco partirò per Kharkiv per cercare di vedere come l’hanno ridotta quattro settimane di bombardamenti. Ancora troverò macerie, molte più che non a Kiev: case sventrate, immondizia, rottami di auto, testimonianze di esistenze spezzate. Al contrario delle popolazioni di molte aree del Medio Oriente, ho scoperto che pochi ucraini si sono attrezzati con i generatori per fare fronte all’emergenza. Forse dovranno pensarci, alla lunga, ma intanto bivaccano nel freddo delle rovine: quando li vedo uscire dalle zone bombardate indossano strati di vestiti sporchi, raccontano di essere rimasti intere giornate nel buio delle cantine e dei rifugi di fortuna dopo che le batterie delle lampade si erano esaurite.

Kharkiv, 1° aprile

Sopravvissuti e profughi che si cercano, famiglie divise, bambini e anziani rimasti soli: giungono notizie drammatiche dai luoghi attorno a Kiev appena abbandonati dai russi. Ancora si parla di violenze sessuali compiute dai soldati invasori, fosse comuni, civili assassinati senza alcun motivo, girano immagini di corpi abbandonati per la strada. Ci sono aree urbane devastate con scene molto simili allo scempio di Mariupol. I russi minimizzano e puntano il dito contro le «falsità» della propaganda di Kiev. Gli ucraini accusano direttamente Putin di crimini di guerra. Sui social compaiono appelli di persone che fanno nomi, vogliono sapere dei loro cari, lanciano richieste di aiuti sulla rete per trovarli. A me ricordano un poco il racconto di mia nonna sulle origini del «Bollettino della Comunità ebraica di Milano», fondato nel 1945 sostanzialmente per raccogliere le liste di nomi degli scampati dall’Olocausto che arrivavano in Italia da tutta Europa e cercavano di capire se i loro familiari fossero ancora vivi, e come trovarli. Nei conflitti ci sono sempre profughi che si cercano.

Ucraina, un anno di guerra: il video tributo di Zelensky. Dal blitz fallito alla perdita di Kherson: 12 mesi di errori di Putin di Lorenzo Cremonesi, inviato a Kiev, su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Quella che doveva essere un’operazione di pochi giorni si trasforma in un disastro già nelle prime ore della guerra. Gli ucraini resistono, contrattaccano e oggi hanno riconquistato molti territori. Ora la sfida decisiva è nel Donbass.

La sconfitta dell’esercito russo si consuma subito, già il 24 febbraio 2022, nelle primissime ore della guerra. Attacca a sorpresa, ha dalla sua il vantaggio di poter dettare la tempistica e il luogo dove colpire, ma incredibilmente fallisce. E quando gli storici nel futuro racconteranno dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina non potranno che caratterizzare la battaglia di Hostomel come il momento cruciale in cui Vladimir Putin e il suo stato maggiore si lasciano sfuggire la supremazia dell’iniziativa, costretti da quel momento a riadattare continuamente i piani le strategie a quelli dei comandi di Kiev. Compiono il primo passo, ma poi sono obbligati a rincorrere. Volevano tutto e subito, ma si erano clamorosamente sbagliati sulla volontà di resistenza ucraina, sull’atteggiamento occidentale, sulle loro armi vetuste e sul loro esercito alla prova dei fatti inadeguato. Gli ucraini si rivelano maestri nelle nuove tecnologie, nell’utilizzo agile dei droni, nel monitoraggio delle comunicazioni nemiche, le loro piccole formazioni veloci agiscono in modo autonomo e disorientano le molto più numerose e lente unità russe.Mariupol, soldati russi nascosti dietro un mezzo militare per non essere colpiti dalla resistenza ucraina

Il sacrificio umano

Si stimano già 350 mila morti

Quello stesso Putin, che sino a pochi giorni prima del 24 febbraio minimizzava parlando di «esercitazioni» di una piccola parte delle sue truppe lungo i confini meridionali sino alla Bielorussia e accusava gli americani di essere «guerrafondai» perché dall’inizio dell’autunno precedente denunciavano che la Russia stava preparando una vera guerra in grande stile, si ritrova a dover combattere con modalità che non aveva seriamente previsto. Così oggi, un anno dopo, le sue truppe stanno dissanguandosi nella cittadina di Bakhmut — un obbiettivo secondario, minuscolo rispetto alle aspirazioni iniziali, dove gli ucraini hanno già comunque costruito altre due linee di difesa fuori dalla zona urbana in caso di ritirata — e dichiareranno vittoria ai quattro venti se dovessero prenderla con la speranza di occupare poi tutto il Donbass, pur sapendo che il conflitto resta del tutto aperto. Difficile prevedere cosa avverrà nel 2023, si stimano a circa 200.000 le perdite militari russe, tra morti feriti e dispersi sino ad ora. Quelle ucraine sarebbero circa la metà, cui si sommano circa 50.000 civili. Certamente gli aiuti militari occidentali saranno fondamentali per aiutare un Paese di circa 40 milioni di abitanti contro un nemico che ne conta quasi 4 volte di più, possiede un territorio immenso ed ormai si dimostra disposto ad impiegare tutte le sue risorse pur di prevalere.

I calcoli sbagliati

Alle 8 è disfatta russa all’aeroporto

Il giudizio è in ogni caso netto: il 2022 rivela al mondo la pochezza delle capacità militari russe, espone gli errori grossolani della loro intelligence, incluso quello imperdonabile della sottovalutazione dell’avversario, e invece mostra il pericolo e l’aggressività delle aspirazioni imperiali di Putin e del suo entourage, che ricorrono persino alla minaccia atomica pur di tentare di rilanciare quell’immagine aurea di superpotenza che vorrebbe nostalgicamente riesumare i defunti fasti dell’Unione Sovietica trionfante contro l’esercito tedesco nel 1945.

Alle 5,30 inizia l’invasione, due ore e mezza dopo una trentina di elicotteri Mi-8s arrivano nel cielo dell’aeroporto di Hostomel, a nord di Kiev, una quarantina di chilometri da Maidan e dai palazzi presidenziali. Gli ucraini li stanno attendendo ed è un massacro. Ce lo mostreranno un mese dopo, ridotto a un gigantesco campo di ferraglia annerita dal fumo e sommerso dai rottami di velivoli mischiati agli scheletri dei blindati. Tra loro anche i resti dei giganteschi Antonov, i cargo più grandi del mondo. «Li aspettavamo. L’intelligence americana ci aveva avvisato, poi siamo stati noi armati di missili terra aria statunitensi Javelin e britannici Nlaw ad annientare i paracadutisti russi. Il peggio per loro è stato quando siamo riusciti ad abbattere tre Iliuscin-76 con a bordo il meglio delle teste di cuoio, circa 600. In un pugno di minuti Putin si è visto annientare il fior fiore del suo corpo d’invasione», raccontava quei giorni un colonnello dell’antiaerea.

Cambio di strategia

Da blitz a guerra patriottica

Doveva essere un blitz velocissimo mirato a uccidere o catturare Volodymir Zelensky e i suoi fedelissimi entro due o tre giorni, quindi occupare i gangli vitali dello Stato nella capitale e infine prendere il Paese intero. Da quel momento sarà però una cosa del tutto diversa: uno sforzo bellico di logoramento prolungato che contempla l’impegno dell’intera comunità nazionale, anche se per mesi a Mosca si continua a ribadire la formula farsa dell’«operazione speciale». L’imbroglio sarà evidente a dicembre, quando il ricorso da parte di Putin alla retorica della «grande guerra patriottica» serve per mascherare lo stravolgimento delle dinamiche e degli obbiettivi del combattimento: si è passati dal Blitzkrieg per «affrancare gli ucraini dal tallone dei nazifascisti» alla mobilitazione generale contro «l’aggressione della Nato».

Nelle prossime settimane potrebbero venire reclutati circa 2 milioni di russi, oltre dieci volte il numero dei soldati mobilitati un anno fa. Già a ottobre il sistematico bombardamento russo contro le infrastrutture civili, le centrali elettriche, le stazioni di pompaggio del sistema idrico mirava a fiaccare la volontà di resistenza della popolazione. Quegli stessi ucraini che prima dovevano essere «liberati dai fratelli russi» vanno adesso collettivamente puniti, fatti soffrire in massa. Magie della propaganda negli Stati totalitari: nella narrativa di Mosca gli aggressori diventano aggrediti, l’attacco preventivo come difesa. Si comprende così quanto anche gli sviluppi più recenti siano la conseguenza diretta di quel «piano B» messo in piedi dal Cremlino dopo i primi insuccessi sul campo e che però non era stato davvero seriamente preparato. Un gigantesco convoglio composto da migliaia di mezzi di ogni tipo con a bordo oltre 60.000 soldati entra in Ucraina dalla Bielorussia a fine febbraio, occupa e supera la centrale nucleare di Chernobyl e mira direttamente sulla capitale. Kiev si trincera, in città s’impone il coprifuoco notturno nel terrore delle cellule di filorussi che si dice siano pronti a compiere attentati e assassini mirati per creare il caos. Il governo distribuisce fucili e munizioni, ovunque vengono costruite trincee e barricate, sui balconi s’impilano le bottiglie molotov.Un soldato ucraino della 14a Brigata meccanizzata Roman il Grande attende la prossima missione di fuoco, è il luglio 2022 nel distretto di Donetsk, Ucraina (Foto Scott Olson/Getty Images)

Resistenza e reazione

Kiev si difende, orrore a Bucha

Ma a questo punto avviene l’inaspettato: mentre tutti i maggiori esperti e commentatori internazionali danno per scontata la vittoria russa entro breve, gli ucraini resistono e contrattaccano. «Non voglio un taxi per scappare, resto qui, combatto e muoio se necessario, piuttosto dateci armi», replica Zelensky a Joe Biden, il quale vorrebbe mandare un commando in elicottero per portarlo in salvo all’estero. Poi la propaganda Usa e di Kiev inizia a parlare di «difficoltà» russe. Ovviamente noi giornalisti non vi crediamo: com’è possibile che i russi non ce la facciano?

Eppure, sono i racconti delle decine di migliaia di sfollati da Hostomel, Bucha, Irpin e dagli altri centri urbani invasi in fuga verso Kiev che nella loro spontanea immediatezza aiutano a far comprendere. Che fanno i soldati russi quando entrano nelle vostre case? Chiediamo. «Si fiondano in cucina, aprono il frigorifero, svaligiano le dispense e mangiano o rubano. Sono affamati, le loro razioni K sono scadute. Poi prendono vestiti e coperte, indossano ancora le uniformi estive, non resistono ai meno quindici delle notti invernali. Li abbiamo visti fermare le auto diesel nelle strade per pompare il carburante dai serbatoi, i loro tank sono a secco», rispondono. Si delinea così il quadro di un esercito che non era affatto pronto ad affrontare ciò che incontra. Dopo la prima sorpresa, la resistenza ucraina entra in azione. Tra i russi è il panico. Avevano spiegato loro che sarebbero stati accolti «con pane e sale», come recita l’antica formula di benvenuto contadina locale, ma adesso dalle case gli sparano contro, cresce la resistenza partigiana. A metà marzo reagiscono: a Bucha si consuma l’orrore con torture, fucilazioni, spari contro chiunque giunga a tiro. Più tardi, troveremo centinaia di auto crivellate dai proiettili cariche di bagagli, vestiti, giocattoli e con i sedili imbrattati di sangue.

Mire su Odessa, Mariupol capitola

A inizio aprile i russi abbandonano la regione di Kiev. La prima fase della guerra — quella decisiva dove Putin voleva tutto per poi andare a minacciare la Moldavia annettendosi la Transnistria filorussa e rilanciare il peso di Mosca sulle regioni europee perse dopo il crollo del Muro di Berlino — può considerarsi terminata. Gli ucraini hanno combattuto praticamente da soli, garantiti dal lavoro capillare e massiccio dei loro volontari, forti dell’esperienza maturata sin dai tempi dell’invasione russa nel 2014 della Crimea e della nascita delle cosiddette repubbliche autonome di Lugansk e Donetsk nel Donbass. Anche allora i soldati di Mosca combattevano in prima linea e furono elementi determinanti per garantire il successo delle milizie locali filorusse: dalla battaglia per il capoluogo del Donetsk a quella per Debaltsevo, nove anni fa senza gli effettivi russi il neonato esercito ucraino avrebbe senza dubbio prevalso.

Intanto, però, i comandi del Cremlino hanno attaccato su più fronti. Nel nord-est minacciano Kharkiv, prendono Izium, occupano tutto il sud sino a Kherson, a ovest del fiume Dnipro, sfiorano il capoluogo di Zaporizhzhia dopo essersi impadroniti della stazione nucleare. Putin vuole a tutti i costi Odessa per impedire l’accesso ucraino al Mar Nero e strangolare l’export del grano, oltreché mettere in ginocchio l’economia nemica. La capitolazione di Mariupol il 20 maggio, con la resa dei suoi 2.500 difensori incluso il meglio del battaglione volontario Azov, segna uno dei punti più difficili per l’Ucraina. Kiev si difende imputando ai soldati russi crimini orrendi: violenze sessuali a ripetizione, bambini torturati in massa, deportazioni forzate. Ma non serve esagerare, se non a indebolire le accuse ucraine, gli orrori russi sono già abbastanza gravi. A fine mese Zelensky decide di licenziare Lyudmila Denisova, la responsabile della commissione parlamentare incaricata di documentare le violazioni dei diritti umani, che mente ed enfatizza i dati, trasformando le atrocità nemiche in vana propaganda.

Il contrattacco

Le armi Nato fanno la differenza

La situazione cambia ancora tra giugno e luglio, quando l’arrivo delle armi occidentali (assieme alle truppe ucraine addestrate al loro utilizzo), specie i lanciarazzi americani Himars, i droni e le artiglierie in dotazione tra i Paesi Nato, aiuta a fare fronte contro le migliaia di cannoni e Katiusce che a questo punto Mosca sta impiegando ovunque in modo massiccio. Anche lo spazio aereo resta conteso: Mosca spara i missili, ma la sua aviazione evita di volare nei cieli avversari. Poche decine di armi Nato mutano le sorti dello scontro, la superiorità tecnologica occidentale è palese.

Le difficoltà di Mosca si evidenziano dalla frequenza con cui Putin sostituisce i generali al comando delle operazioni: tre capi di Stato maggiore si avvicendano in meno di un anno, l’intera catena di comando ne risente e ciò favorisce la crescita d’importanza della Wagner, la compagnia di contractor privati che oggi è forte particolarmente nella zona di Bakhmut. Il suo proprietario, l’oligarca Yevgeny Prigozhin, può aspirare ad un ruolo di maggior influenza militare e politica al Cremlino. La censura sulla stampa russa zittisce gli oppositori alla guerra, però fatica a far tacere le voci dei «falchi», che non nascondono il crescente malcontento nell’esercito specie contro i metodi brutali utilizzati dalla Wagner per reclutare i corpi d’assalto tra i criminali comuni nelle prigioni. Tra luglio e agosto guadagnano punti occupando Severodonetsk e Lysychansk.

L’Ucraina si riprende Kherson

Per gli ucraini i risultati arrivano invece tra settembre e novembre. L’abile capo di Stato maggiore, Valerii Zaluzhniyi, aveva fatto credere di volere cercare di riprendere il mammellone di Kherson nel sud, ma ai primi di settembre lancia le sue truppe nell’est, verso Izium e il Donbass settentrionale. I russi sono colti di sorpresa e abbandonano il territorio lasciando sul campo immense scorte di armi e munizioni. Quindi è davvero la volta di Kherson, che viene liberata l’11 novembre sino al Dnipro. Se inizialmente i russi erano riusciti a impadronirsi di circa il 30 per cento del territorio ucraino, a fine anno sono scesi sotto il 20. Ma la guerra continua. La Russia sta preparando una nuova offensiva in vista della primavera.

Ci sarà l’escalation del conflitto? Andrea Marinelli e Guido Olimpio su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Dodici mesi dopo siamo daccapo alla casella uno. Mosca minaccia di usare il suo arsenale non convenzionale per sbloccare lo stallo, Kiev conta sui nuovi carri armati e aerei dell’Occidente. Ma nel coordinare l’assistenza è cruciale il fattore tempo

L’Ucraina non è crollata «in due settimane», come in molti avevano predetto attribuendo agli invasori capacità che non avevano. Un anno dopo sta ancora combattendo: ha tenuto ed è riuscita a riprendersi città e territori. Con coraggio, determinazione e capacità, uniti al formidabile aiuto occidentale. Sono componenti inscindibili: puoi avere tutte le armi del mondo, ma devi saperle usare. La resistenza lo ha fatto, lasciando però sul terreno molti soldati e tanti civili ghermiti nelle loro case da raid brutali, indiscriminati quanto deliberati.

I russi si sono illusi, convinti di andare a caccia di una preda facile e dimessa, accecati dalla loro presunzione, rallentati da difetti storici negli apparati. Hanno pagato un prezzo spaventoso: in termini di perdite hanno avuto il loro Vietnam — in vent’anni gli americani ebbero 58 mila morti e oltre 300 mila feriti — nell’arco di appena dodici mesi. Non esistono numeri esatti, ma sarebbero 100 mila tra morti e feriti, persino il doppio secondo stime inverificabili. Il comune denominatore è il massacro, reso ancora più grave da tattiche dispendiose, quasi suicide, da primo conflitto mondiale. Il sacrificio di mercenari e regolari non ha indotto Vladimir Putin a fermare la macchina. Non può farlo e non vuole farlo, anzi è pronto a rilanciare per arrivare alla conquista completa delle quattro province annesse tramite «referendum»: Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia.

Un anno dopo siamo di nuovo alla casella uno. Gli occupanti riusciranno a raggiungere le mete indicate dal Cremlino? Kiev potrà incassare un’altra spallata e cercare di ripartire alla riconquista? Zelensky non ha mai smesso di rammentare che la Crimea deve tornare sotto la bandiera nazionale, a patto di disporre dei mezzi necessari. Ma, insieme allo scenario convenzionale fatto di corazzati, cannoni, blindati, bombardamenti persino trincee, c’è quello nucleare. Mosca — è la tesi — potrebbe affidarsi al suo arsenale non convenzionale per spezzare uno stallo e costringere l’avversario a piegarsi alle sue condizioni. Magari facendo detonare un’atomica tattica in mare, in una zona deserta oppure contro un target specifico. Scenari considerati da esperti con valutazioni diverse. In guerra non si può mai escludere nulla: il segretario dell’Onu Antonio Guterres ha di recente espresso tutto il suo allarme.

Al tempo stesso è chiaro che la propaganda russa allude a questa ipotesi per tre ragioni: dimostrare di essere pronta a tutto; rinforzare l’idea all’interno di una sfida all’Armageddon, dove la posta non è Odessa o Mariupol ma l’essenza stessa della nazione; spaventare ancora di più quella parte di opinione pubblica europea che ritiene sia pericoloso o inutile appoggiare la lotta degli ucraini. Questa visione pessimista è respinta da chi ritiene sia troppo rischioso anche per il neo-zar affidarsi alla Bomba, piccola o grande. Intraprenderebbe un sentiero sconosciuto, pieno di incognite, con possibili risposte.

Emorragia arrestata

L’analisi di un domani che speriamo non accada è connessa agli sviluppi più vicini sul terreno. In autunno-inverno gli occupanti sono riusciti a stabilizzare i fronti, arrestando l’emorragia dopo le sconfitte a Kharkiv e Kherson. Il generale Surovikin, poi scivolato nel ruolo di vice, ha costruito linee di difesa, ha arretrato truppe e ha realizzato un dispositivo di contenimento grazie anche alla mobilitazione. Lo Stato Maggiore ha a disposizione un contingente di 220-250 mila militari in Ucraina, più altri 150 mila nelle basi in Russia. Sono tanti e sufficienti per la difesa, ha notato l’esperto Michael Kofman: almeno fino alla prima settimana di febbraio, infatti, l’esercito di Zelensky ha perso l’iniziativa e non aveva più la supremazia numerica. Sono però pochi per spinte massicce e coordinate, non è detto che una nuova chiamata di reclute possa bastare.

Restano poi gli interrogativi sulla qualità. Sono infinite le storie sul materiale scadente, i mezzi non adeguati tirati fuori da caserme lontane, il trattamento brutale dei plotoni, gli ex detenuti della Wagner trasformati in carne da macello e morti a migliaia.

I racconti rispecchiano una parte della realtà, risentono della propaganda e possono portare a sottovalutare gli aggiustamenti adottati dai generali. Nessuno nega l’esistenza di problemi nella logistica russa ma forse non sono sempre così disastrosi e sono stati corretti aggiornando tattiche, spostando più lontano depositi di munizioni e snodi in modo che non siano esposti agli Himars. La produzione bellica tiene il passo, trova rimedi e mette a disposizione degli occupanti altri mezzi. Le munizioni sono consumate a ritmi incredibili ma ne arrivano di nuove, anche dagli alleati. Evidente è il supporto dell’Iran con i droni Shahed, meno chiaro quello della Corea del Nord, segreto quello della Cina.

Non solo i morti

La prova di quale sia l’analisi giusta l’avremo solo attraverso i fatti. Vale per gli aggressori come per i «difensori», impegnati in una lotta dispendiosa. Si calcolano le vittime, ma non va dimenticato l’impatto su quanti sono chiusi in camminamenti e bunker mentre attorno cadono centinaia di proiettili, potenti o meno, in grado di limitare i movimenti basilari, come rifornirsi d’acqua. Ci sono i tiri dei pezzi da 155 millimetri, le salve dei razzi termobarici e le raffiche dei Terminator russi, gli strike precisi degli Himars americani, i colpi dei mortai, i «mille tagli» inflitti da piccoli droni civili riconvertiti all’uso bellico che sganciano ordigni ridotti ma letali, versione rustica rispetto ai droni-kamikaze che uccidono, con le telecamere a filmare fino al momento dell’impatto. La morte in diretta..

Gli arsenali sono in espansione. I paesi Nato hanno promesso a Zelensky alcune centinaia di carri armati Abrams statunitensi, Amx francesi, Challenger 2 britannici, Leopard 1 e 2 tedeschi forniti insieme a partner europei, i blindati Marder, Bradley e Stryker. Sono solo alcuni dei mezzi che gonfiano la Babele degli equipaggiamenti, con le conseguenti difficoltà di gestione e training: ci vorranno mesi per vederli tutti sul campo, ma sono importanti perché gli ucraini sanno di poter rimpiazzare le perdite con nuovi mezzi. Magari arriveranno i razzi con un raggio d’azione da 300 chilometri, per ora sono state garantite le bombe che raggiungono un target a 150 chilometri.

È il braccio che deve incalzare gli occupanti in profondità. Le fabbriche vanno a pieno ritmo, doppio e triplo turno per alimentare la filiera e creare scorte, una mobilitazione senza precedenti. Gli alleati stanno addestrando migliaia di ucraini, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, con la partecipazione di canadesi, australiani, baltici. Da Mosca replicano mettendo «taglie» sui corazzati, annunciando l’invio di robot anti-tank, ipotizzando il battesimo di fuoco per il carro Armata T14, tanto decantato ma rallentato da guai tecnici. In estate potrebbe esserci un nuovo grande duello di tank: per essere efficaci vanno usati in modo integrato con altre componenti delle forze armate, ed è ciò che gli ucraini stanno imparando con i corsi all’Ovest.

Assumere impegni ora

Adesso, accompagnato da tante cautele, c’è un nuovo passo, con la probabile fornitura di caccia a Kiev: si ipotizzano F16 europei/americani, Mirage 2000C francesi, Typhoon britannici. Se gli alleati hanno rallentato su questo dossier è perché c’è sempre il timore dell’escalation, con reazioni ancora più devastanti del Cremlino. Ma dall’altra parte — ribadiscono gli strateghi — serve assumere degli impegni ora perché Putin gioca sul fattore tempo, su una possibile stanchezza occidentale, sul logoramento progressivo del nemico al fronte e nelle aree urbane con le infrastrutture devastate. L’Occidente, sorprendendo anche il neo-zar, ha risposto con grande generosità, tuttavia ha faticato a coordinare l’assistenza all’Ucraina per evitare doppioni, ridurre la dispersione di risorse (manutenzione, pezzi di ricambio, riparazioni, modelli), creare una filiera che non solo eviti la sconfitta degli aggrediti, ma che dia loro anche i mezzi per prevalere.

In prima linea. Lorenzo Cremonesi su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Ore 5,30 del 24 febbraio

L’«operazione speciale» è subito un fallimento. Poi stragi e propaganda. E l’Ucraina ribalta le sorti

Per mesi, prima dell’invasione, la Russia ha ammassato truppe e mezzi lungo i confini dell’Ucraina, smentendo tuttavia di voler attaccare il Paese. Nonostante gli avvertimenti americani, Putin ha sempre sostenuto che si trattasse di esercitazioni

24-2-2022All’alba del 24 febbraio le truppe russe hanno attaccato l’Ucraina via terra, mare e cielo

I soldati inviati dal Cremlino hanno varcato i confini nelle aree di Chernihiv, a nord, vicino alla frontiera con la Bielorussia, di Kharkiv, a est, e di Lugansk, nel Donbass. Le truppe di Mosca sono anche sbarcate da sud via mare a Odessa e Mariupol. Esplosioni sono state registrate nella capitale Kiev e in numerose altre città, da Kharkiv a Mariupol

Al terzo giorno di guerra, nonostante si pensasse a un’operazione lampo, le truppe russe non sono ancora riuscite a prendere il controllo delle principali città ucraine: a Kiev e in molte altre città piovono missili, si combatte a Kharkiv e Mariupol, ma l’avanzata dei soldati di Putin è stata rallentata dagli ucraini e, soprattutto, da problemi logistici

Si tenta una trattativa tra le parti, prima in Bielorussia e poi in Turchia, ma non si raggiunge nessun accordo. Il 9 marzo una bomba russa colpisce l’ospedale pediatrico di Mariupol

24-4-2022All’inizio del mese, mentre gli Usa danno l’ok ai primi invii di armi, vengono scoperti i massacri di civili a Bucha e in altre città vicine. Il 14 aprile l’incrociatore Moskva viene affondato nel mar Nero

24-6-2022Il fronte più caldo da settimane è quello del Donbass: per giorni si combatte sulle sponde del Siverskyi Donets, nel Lugansk. Severo-donetsk e Lysychansk cadono in mano russa

24-9-2022Inizia la controffensiva ucraina a Est e a Sud: viene riconquistata Kharkiv e buona parte del Lugansk. Si svolgono referendum in quattro regioni occupate, dopo la mobilitazione decisa da Putin. Il 27 settembre esplodono i tubi del gasdotto Nord Stream, nel mar Baltico

24-12-2022Il 21 dicembre, dopo 300 giorni di guerra, il presidente ucraino Zelensky esce per la prima volta dal Paese e compie un viaggio lampo a Washington per chiedere più sostegno, ovvero più armi

Le mafie hanno approfittato della guerra? Marta Serafini su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Droga, esseri umani, affari: viaggio nelle nuove rotte della criminalità dopo il 24 febbraio 2022

«Metti le mani bene in vista sul cofano». E’ il 24 agosto 2022, mancano due giorni alla festa dell’indipendenza ucraina, quando sulla Khreshchatyk, la strada principale di Kiev, viene arrestato “Yurk”, famoso narcotrafficante ucraino. E’ a bordo della sua Porsche blu. Appresso, nascosti in un doppio fondo dell’auto, ha 20 chili di cocaina. «Abbiamo dato un altro giro di vite. Almeno che la guerra serva a qualcosa, lo cercavamo da tempo». Sorride il sergente Roda della pattuglia di polizia che ha effettuato l’arresto mentre stringe le manette intorno ai polsi del sospettato. Prima del 24 febbraio, l’Ucraina era uno dei più grandi centri di passaggio dell’eroina afgana delle droghe sintetiche e della marijuana. E non solo. Soprattutto da Kiev e Odessa passava anche il contrabbando di armi verso l’Europa. «Ma ora tutto sta cambiando», spiega Roda prima di far salire in auto il sospettato.

Seduto in un bar del centro, Oleksiy Bobrovnikov, giornalista investigativo ucraino ordina un altro espresso. Prima di incontrarci abbiamo parlato su una chat protetta. Dopo che ha realizzato un’inchiesta sul traffico di droga tra Russia e l’Est dell’Ucraina ha dovuto lasciare il Paese per 5 anni e una sua fonte è stata uccisa. «Con l’invasione russa è come se un terremoto avesse colpito la criminalità organizzata: rotte, attività, rapporti con la Russia, in poche settimane c’è stata una rivoluzione», sostiene. Prende fiato. «Come si dice in Ucraina, tutte le strade portano a Kiev, non a Roma. Se stai seguendo la pista del denaro e le rotte del contrabbando dall’ovest e dal sud dell’Ucraina, è nella capitale che finirai» Come spesso succede, è nella capitale che confluiscono i soldi dei traffici illeciti. È qui che si trovano i politici, la polizia, i servizi segreti e i centri militari. Ognuno di questi centri controlla la propria quota di torta di contrabbando. «Ad esempio, le esportazioni sono solitamente controllate dalla comunità dell’intelligence, ovvero la Sbu (l’intelligence interna, ndr) e il Gur (l’intelligence militare, ndr). Questi includono droghe, legname e armi», spiega ancora. Ora grazie al coprifuoco, introdotto dopo il 24 febbraio, quasi ogni notte gli spacciatori vengono arrestati con ingenti quantità di droga, in particolare droghe sintetiche. Il loro valore varia da mille fino a due milioni di euro. «Ma questo non significa che non ci siano nuovi giocatori, semplicemente è in atto un ricambio».Con l’invasione russa è come se un terremoto avesse colpito la criminalità organizzata: rotte, attività, rapporti con la Russia, in poche settimane c’è stata una rivoluzione

Secondo le agenzie governative europee e mondiali, come EMMCDA e UNODC, è troppo presto per stabilire l’impatto che la guerra sta avendo sul traffico di droga. Ma i segnali in realtà ci sono. «Da quando è iniziata la guerra a Kiev non si trovano più facilmente marijuana o droghe leggere», spiega Boris, seduto in un bar della capitale. Boris è uno studente e vive con i suoi amici alla periferia della città e sa bene come i prezzi degli stupefacenti possano variare. Per capire meglio cosa sta succedendo bisogna andare nella capitale per eccellenza della malavita ucraina, Odessa. Porto più grande dell’Ucraina e del Mar Nero, inevitabile che la città sia stata Regina anche del contrabbando di droga, merci, armi, persone. E’ infatti via acqua che fino al 2021 – secondo quanto conferma UNODC – transitava parte dell’eroina in arrivo dall’Afghanistan e diretta a Ovest.

«Odessa era uno spin off della rotta balcanica», si legge nell’ultimo report dell’agenzia. A causa però del blocco del Mar Nero provocato dalla Russia all’inizio della guerra, il suo ruolo come principale hub del traffico di droga e di armi in Europa è notevolmente diminuito. «Le rotte sono state modificate e potrebbero essere passate alla Moldova e alla Romania», conferma un agente dell’antidroga della città che chiede di restare anonimo. «Tuttavia, con le rotte commerciali del grano ora riaperte, Odessa cercherà sicuramente di tornare al suo status di Regina dei traffici». Troppa posta in gioco in termini di denaro per l’Ucraina. Ma anche per la Turchia da sempre snodo centrale del commercio di eroina afghana. «Se Ankara è infatti una dei più accesi e convinti sostenitori del ripristino del commercio attraverso i porti ucraini del Mar Nero, il grano probabilmente non è l’unico bene che è interessato a trasportare, vendere e acquistare», spiega ancora l’agente.«Odessa era uno spin off della rotta balcanica»

Ad aver guadagnato terreno nel campo dei traffici in seguito all’invasione russa è sicuramente Leopoli. Capitale dell’Ovest, da qui transita la maggior parte degli aiuti umanitari e militari. Sono già numerosi i casi di furto e rivendita di giubbotti antiproiettile e beni a duplice uso - come i droni. Da Leopoli, queste merci viaggiano nell’est e nel sud del Paese, di solito attraverso Kiev. Tra le persone coinvolte, il “re del contrabbando” Ilya Pavlyuk - un uomo d’affari considerato il leader di un gruppo separato di 15-20 deputati del partito presidenziale “Servant of the People” nella Verkhovna Rada, la camera alta del Parlamento ucraina. Un gruppo che vota spesso nell’interesse del più grande oligarca ucraino Rinat Akhmetov, proprietario tra gli altri della principale compagnia elettrica del Paese e presidente dello Shaktar Donetsk, una delle più importanti squadre di calcio ucraine.

Ma l’affare più grande di Leopoli, al momento, è il traffico di esseri umani, compresi uomini in fuga nel tentativo di evitare il servizio militare. Si stima che per uscire sia dal confine con la Polonia che con la Moldavia in media i trafficanti richiedano tra i 5.000 e gli 8 mila euro. Cifre che però sono aumentate da quando la polizia ucraina ha arrestato in giugno un gruppo di uomini che gestiva questa rete di smuggling. Le organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, avvertono anche di una nuova minaccia per le donne e i bambini che lasciano l’Ucraina a rischio di diventare vittime della tratta sessuale in Europa in Medio Oriente. «Ma ancora non ci sono informazioni specifiche sulla partecipazione della criminalità organizzata in Ucraina a questo ulteriore traffico», si legge ancora nei report. Un altro capitolo che presto purtroppo verrà scritto.

Armi: il vero ruolo dell’Italia.  Francesco Verderami su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

A ogni decreto del governo, parte un carico: un pezzo resta top secret. «Facciamo più di quanto appare», dicono i ministri Guerini e Crosetto

È stato calcolato che le forniture militari valgono oltre un miliardo.

E c’è una parte molto preziosa per gli ucraini: il sostegno al sistema satellitare che dà informazioni sui movimenti delle truppe russe

A ogni decreto, per sei volte, un generale segue il carico che parte da Pisa.

Può essere chiamato il Postino. È il capo della logistica.

Ha esperienza in Kosovo, Bosnia, Afghanistan.

Il suo nome è Francesco Paolo Figliuolo: era il commissario del Covid

Da un anno il Postino svolge il suo lavoro senza mai andare nei luoghi di consegna, anche se quei luoghi li conosce alla perfezione. Segue il tragitto del materiale dall’aeroporto militare di Pisa fino alla base Nato in Polonia. Da lì alla frontiera con l’Ucraina. E ancora oltre il confine, nelle zone di guerra convenute per gli scambi. Finché la missione non è completata.

Dal Comando operativo del Vertice Interforze, il Postino ha suonato finora sei volte agli uomini di Volodymyr Zelensky per dotarli delle armi necessarie a contrastare l’invasore russo. Non prima di aver completato il rito che compie da vent’anni: l’esame delle dotazioni, le prove per verificare il loro funzionamento, il carico nelle stive dei B737 Cargo. Ha già operato così in Bosnia, in Kosovo, in Afghanistan. Non è un mestiere facile: a volte ci sono momenti critici che restano «top secret». È il lavoro del generale Francesco Paolo Figliuolo, responsabile per la Logistica, alle dirette dipendenze del Capo di Stato maggiore della Difesa.

Dal giorno in cui Vladimir Putin invase l’Ucraina e Mario Draghi disse in Parlamento che «l’Italia non può voltarsi dall’altra parte», i viaggi verso Kiev si sono susseguiti senza sosta, assecondando per quanto possibile le richieste di chi combatte per la libertà. E non solo per la propria Patria. Così il Postino — su mandato del premier — si è incaricato di consegnare agli ucraini il materiale più disparato: dalle stufe da campo che non rilasciano fumo, all’equipaggiamento per attacchi chimici batteriologici e nucleari; dai giubbotti anti-proiettile ai generatori di energia; dalle tende da campo ai pasti in scatola. Viene garantita anche l’assistenza sanitaria, con una centrale da remoto del soccorso sanitario che s’impegna al trasporto dei feriti per tutte le discipline di emergenza medica: al momento sono quasi 200 i posti letto occupati negli ospedali italiani da «bisognosi di cure».

E poi c’è il resto della posta, che è coperto dal «segreto di Stato»: munizioni di vario calibro, mitragliatrici pesanti, mezzi da trasporto e da combattimento, fino ai sistemi d’arma più sofisticati- È stato calcolato che in dodici mesi le forniture militari offerte a Kiev hanno superato il valore del miliardo di euro. È vero che l’impegno di Washington e Londra è stato di gran lunga maggiore, ma c’è un motivo se Zelensky è grato per lo sforzo di Roma. «Perché facciamo più di quanto appare», hanno spiegato in più occasioni Lorenzo Guerini e Guido Crosetto, che si sono succeduti al ministero della Difesa.

L’occhio dall’alto

Dall’inizio del conflitto l’Italia offre alle Forze armate ucraine un contributo tanto importante quanto discreto sul campo da combattimento. Un sistema satellitare che agisce da una base nel Lazio combina informazioni aeree e di intelligence, fornendo elementi sulla dislocazione delle truppe russe e sui movimenti dei loro mezzi. E dopo un esame dei dati, trasmette le coordinate utili a Kiev per neutralizzarli. Ogni giorno, ad ogni ora, lo Stato maggiore di Zelensky elabora o modifica i piani militari grazie allo sguardo vigile che anche l’Italia mette a sua disposizione.

«Facciamo e faremo ciò che è giusto per il popolo ucraino», ha sottolineato Giorgia Meloni dal giorno in cui è entrata a palazzo Chigi. La linea di continuità tra l’esecutivo delle larghe intese e il governo di centro-destra è insomma assicurata. E lo sforzo che l’Italia sta compiendo è valso il rispetto degli alleati occidentali. Sul suolo nazionale giungono i reparti scelti di Kiev per i corsi di addestramento, così come accade negli altri Paesi della Nato. Ognuno mette a disposizione un «catalogo», come programmi di specializzazione. Gli ucraini scorrono la lista e scelgono i corsi in base ai sistemi d’arma che dovranno poi adoperare: sono strumenti sofisticati e non basta apprenderne il funzionamento, è necessario acquisire dimestichezza e rapidità nell’uso. Gli istruttori italiani fanno la loro parte e l’insegnamento è molto apprezzato. Ecco cosa vuol dire che Roma «fa più di quanto appare».

Il Postino intanto smista il materiale. Ad ogni decreto del governo spedisce munizioni di vario calibro, mitragliatrici leggere Mg, mortai da 120 millimetri, mezzi da trasporto e da combattimento, missili terra-aria. L’Esercito sta dando fondo al suo arsenale: ha donato vecchi blindati Lince ma anche moderni obici semoventi Mlrs e Pzh2000, esemplari di FH-70 da 155 millimetri, batterie di Aspide e di Astrid, lanciarazzi Milan, Stinger portatili per la contraerea, elicotteri da trasporto. Da ultimo, in sinergia con la Francia, ha disposto l’invio del sistema di difesa Samp-T dotato di una ventina di missili. L’Ucraina ne ha bisogno per difendersi dagli attacchi di Putin, soprattutto per proteggere le città e i target civili — dagli ospedali alle centrali elettriche — che non vengono risparmiati dal regime sanguinario di Mosca.

Un sistema satellitare che agisce da una base nel Lazio combina informazioni aeree e di intelligence

Dopo un esame dei dati, trasmette le coordinate utili a Kiev per neutralizzare le truppe russe

Ogni giorno, ad ogni ora, lo Stato maggiore di Zelensky elabora o modifica i piani militari grazie ai dati che l’Italia mette a sua disposizione

Strategia di logoramento

La nuova offensiva a Est dimostra — secondo autorevoli fonti della Difesa — che «il fattore tempo non spaventa i russi», anzi che «questa è la vera sfida portata all’Occidente: loro vogliono capire quanto siamo disposti a resistere a fianco dell’Ucraina in un conflitto di attrito». È una guerra di logoramento, che mette alla prova i Paesi europei alleati di Kiev e stravolge le loro teorie militari. Nessuno prevedeva di ripiombare nel Novecento e tutti avevano aggiornato i loro modelli per rispondere a crisi brevi e circoscritte, con piccoli reparti scelti e altamente tecnologicizzati. Lo scenario odierno, il ritorno alle battaglie di trincea, impone di rivedere i piani a fronte di risorse limitate.Un esemplare del sistema missilistico di difesa Samp-T

Le scorte sono ridotte e il governo italiano — al pari degli altri nel Vecchio Continente — cerca una soluzione rapida, per evitare il rischio di non avere più armi da consegnare agli ucraini, siccome una «riserva» va sempre mantenuta per difendere il suolo nazionale. L’Aeronautica e la Marina militare dispongono di velivoli e navi all’avanguardia, al contrario delle dotazioni dell’Esercito, praticamente privo di carri armati. È una questione che è stata affrontata ai più alti livelli dello Stato maggiore, ce n’è traccia nelle riunioni del Consiglio supremo di Difesa. E anche in quelle dell’Unione Europea.

Appena iniziata l’invasione dell’Ucraina, Bruxelles aveva preso ad utilizzare il fondo Epf, lo strumento finanziario con cui vengono compensati i Paesi che forniscono armi a Kiev: dopo un anno il fondo, dotato di sette miliardi fuori bilancio, è quasi a secco e andrà rifinanziato. L’all-in di Putin nasce dalla convinzione che prima o poi l’Occidente desisterà. L’invio dei tank a Zelensky da parte degli americani e dei tedeschi fa capire che non sarà così«E l’Italia continuerà a fianco degli alleati», assicura Crosetto. Raccontano che al dicastero della Difesa giungano con cadenza regolare richieste di assistenza da parte degli ucraini, «a volte per aumentare le dotazioni e a volte per cambiare la scelta gli armamenti». Ogni volta il ministro dispone e il Postino si attiva.

Va così da quel tragico 24 febbraio del 2022, e andrà così a lungo visto che «al momento non c’è nessun indicatore di pace». Lo si capisce anche dalle attività di aereo-policy delle pattuglie italiane, impegnate nelle zone di confine Nato in prossimità con l’Ucraina. In questo periodo si sono accentuati gli «scramble», cioè le intercettazioni a difesa dello spazio aereo di velivoli russi, che mirano così a saggiare i tempi di reazione delle squadriglie dell’Alleanza Atlantica: fianco a fianco, con le ali a pochi metri di distanza l’una dall’altra, sono divisi da una linea immaginaria che segna il limite tra una postura aggressiva e un ingaggio vero e proprio. Con tutto quello che potrebbe provocare uno sconfinamento. Sono storie quotidiane descritte nei report riservati a disposizione solo dei comandi militari. Sono la prova di un conflitto senza immagini ma non per questo meno drammatico dei bombardamenti trasmessi in diretta tv. È la faccia nascosta della guerra in cui l’Italia è coinvolta anche se non formalmente. Ma gli aiuti all’Ucraina decisi con il sostegno del Parlamento testimoniano quale sia la realtà delle cose e quanto sia alta la posta. In gioco ci sono la democrazia e la libertà: valori inalienabili. È in nome di questi valori che il governo ha appena firmato il sesto decreto. Nemmeno il tempo di avvisare il Postino, che è squillato di nuovo il telefono del ministro della Difesa. Da Kiev hanno chiesto di approntare un altro decreto...Il ministro della Difesa Guido Crosetto a un vertice Nato a Bruxelles il 14 febbraio (Afp)

(ANSA il 24 marzo 2023) - L'Onu ha accusato le forze ucraine e quelle russe di aver eseguito decine di esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra durante l'invasione russa dell'Ucraina.

 "Siamo profondamente preoccupati per l'esecuzione sommaria di 25 prigionieri di guerra russi e di persone fuori combattimento" e per quella di "15 prigionieri di guerra ucraini", ha affermato Matilda Bogner, capo della missione di monitoraggio dei diritti umani.

 Secondo Bogner, l'Onu ha documentato queste esecuzioni di russi da parte delle forze armate ucraine, "spesso" effettuate "immediatamente dopo la cattura sul campo di battaglia".

Il presidente russo Putin può essere processato per il conflitto in Ucraina? Marilisa Palumbo su il Corriere della Sera il 21 febbraio 2023

Cresce il consenso internazionale per un tribunale speciale che giudichi il crimine di aggressione da parte del presidente russo. Philippe Sands, il giurista che un anno fa lanciò l’idea, spiega come potrebbe essere messa in piedi questa corte ad hoc

«A quasi un anno di distanza, la domanda non è più se ci sarà un tribunale speciale per il crimine di aggressione commesso da Putin. La questione è solo come sarà». Il 28 febbraio 2022 Philippe Sands, professore di diritto internazionale all’University College di Londra, scrisse un intervento sul Financial Times per promuovere l’idea che alle indagini sui crimini di guerra della Corte penale internazionale si affiancasse un organo ad hoc per giudicare l’atto di aggressione, definito dalla carta dell’Onu come «l’invasione o l’attacco da parte delle Forze armate di uno Stato sul territorio di un altro Stato, o qualsiasi occupazione militare»: il «crimine internazionale supremo», quello dal quale scaturiscono tutti gli altri. E anche quello più semplice da attribuire a chi le guerre le decide, in questo caso Putin, che invece sarebbe più difficile da processare per crimini di guerra: bisognerebbe in quel caso provare che il singolo soldato o l’unità che ha commesso le atrocità — pensiamo a Bucha — ne abbia ricevuto l’ordine direttamente dal Cremlino.

I grandi aderiscono

Ad aprile, quando il Corriere lo intervistò, Sands raccontò dei primi passi di una campagna che non immaginava sarebbe arrivata così lontano. I primi a contattarlo furono l’ex premier britannico Gordon Brown e il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Con Brown — racconta oggi Sands — formammo una mini coalizione, dai Baltici alla Polonia. Ma ci serviva che si esponesse un Paese più grande. Lo ha fatto la Francia. Poi la Germania, poi il Regno Unito, ora anche gli Usa».

La prudenza italiana

A inizio febbraio, durante una conferenza stampa congiunta con Zelensky, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato la creazione all’Aia di un centro internazionale per le indagini sul crimine di aggressione in Ucraina, che raccoglierà prove per un potenziale futuro processo. L’Olanda si è detta pronta a ospitare il nuovo tribunale. Quanto all’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto di recente che Roma «non è contraria alla proposta di un tribunale ad hoc, ma comunque c’è già l’Aia. Vedremo quello che accadrà».

Le resistenze

La Corte penale internazionale (Cpi), subito coinvolta nell’indagine sui crimini di guerra in Ucraina, non può però perseguire l’atto di aggressione, a meno che non vi sia deferita dal Consiglio di sicurezza, bloccato dal veto russo. E l’emendamento di Kampala, che nel 2010 aggiunse il crimine di aggressione al Trattato di Roma istitutivo della Corte, è stato ratificato solo da 44 dei 123 Paesi dello Statuto. Nonostante questo Karim Khan, attuale procuratore della Corte, è stato duro sulla creazione di un tribunale ad hoc, sostenendo che delegittimerebbe la Cpi e le sottrarrebbe risorse.

Il doppio standard

Anche Emma Bonino, che fu tra le protagoniste della stesura del Trattato e della campagna forsennata per la ratifica – «Ci dicevano che era impossibile, che non ce l’avremmo mai fatta», ricorda – si innervosisce a sentire parlare di un tribunale ad hoc, e non solo per ragioni personali. «Modifichiamo piuttosto lo statuto della Corte penale internazionale», dice, e solleva un’obiezione condivisa da molti: «Allora lo sforzo fu quello di stabilire una corte che non avesse una venatura ultra politica perché decisa dal Consiglio di sicurezza, ora perché tornare indietro?». Il timore è insomma quello di un tribunale troppo «eurocentrico», con gli Stati Uniti che la appoggiano mentre non hanno mai ratificato la Corte penale internazionale.

Putin e la guerra esistenziale dalla quale dipende il destino dell’intera Russia: il significato del discorso dello zar

«Condivido questa preoccupazione – ammette Sands – ma serve anche realismo, la consapevolezza di non avere sostegno da parte del “Sud globale”, dall’Africa, dall’Asia, dal Sud America. E allora cosa si fa? Nulla? Sono sempre dell’idea che il meglio sia nemico del bene, ma non è che non veda l’elefante nella stanza». Quell’elefante si chiama Iraq, la cui invasione da parte della coalizione guidata dagli Usa, senza l’avallo delle Nazioni Unite, si avvicina al ventennale. «Quella in Iraq è stata una guerra palesemente illegale. E capisco che irriti i miei amici in Africa e Sudamerica il doppio standard di Gran Bretagna e Stati Uniti che fanno dichiarazioni sull’illegalità di altre guerre. Quindi Emma ha ragione, ma non c’è via di uscita, questa è la situazione che abbiamo davanti».

I valori di Norimberga

Ma quali sono le opzioni concrete sul tavolo per la costruzione di un tribunale ad hoc? «La prima è un tribunale internazionale a tutti gli effetti, creato con un trattato tra l’Ucraina e le Nazioni Unite o l’Ucraina e l’Unione Europea, da un lato, e dall’altro, quello che viene chiamato un tribunale ibrido o tribunale internazionalizzato, creato cioè attraverso l’internazionalizzazione del sistema giuridico ucraino. La seconda è l’opzione più semplice, ma la mia preferenza va a un vero tribunale internazionale». Un accordo con il consiglio di sicurezza dell’Onu è impossibile a causa del veto russo, allora, spiega Sands, «si può provare passando attraverso l’assemblea generale, ma anche lì non è detto che ci sia il sostegno necessario». L’accordo solo con l’Unione europea (secondo il modello del Kosovo), o con un gruppo di Stati individuali, faciliterebbe il percorso ma aumenterebbe i problemi di legittimità del tribunale. «Anche solo una iniziativa europea però — fa notare Sands — sarebbe un modo per segnalare il sostegno ai valori del 1945 e di Norimberga: non c’è più stato un tribunale per il crimine di aggressione da allora». Anche quella fu una corte dei vincitori, ma grazie alla qualità del suo lavoro contribuì alla costituzione di un meccanismo per la responsabilità penale internazionale.

La domanda è semmai come si può, senza un regime change a Mosca, processare Putin. «La common law del diritto britannico (e anche la Corte penale internazionale, ndr) non prevede processi in absentia, al contrario di molti ordinamenti in Europa, e io personalmente sarei sfavorevole», dice Sands, che però non ritiene questo un motivo per arrendersi: «Queste cose richiedono tempo. Quando il tribunale per la Jugoslavia fu creato nessuno pensava che avrebbero messo le mani su Milosevic, ma alla fine successe, e quando i leader dell’Europa occupata si riunirono a Londra nel gennaio 1942 nessuno pensava che i nazisti sarebbero davvero stati portati alla sbarra». Sands si riferisce alla dichiarazione di Saint James, alla quale lavorò anche Hersch Lauterpacht, giurista di Leopoli la cui storia (assieme a quella del conterraneo Raphael Lemkin) il professore racconta nel suo La strada verso Est (Guanda).

Il nodo dell’immunità

C’è poi un altro nodo, quello dell’immunità dei capi di Stato. «Quando si parla dei cosiddetti crimini internazionali, i crimini di guerra, contro l’umanità, genocidio, non c’è immunità per i capi di Stato, per l’aggressione non è chiaro. Ma c’è una norma di diritto internazionale consuetudinario secondo la quale questa immunità non esiste», spiega una fonte che ha lavorato dentro diverse corte internazionali.

L’incriminazione

Una cosa è certa: intanto la sola incriminazione costituirebbe un duro colpo per lo zar e il suo cerchio magico. Nel giro di meno di un anno, ha scritto Gordon Brown i pubblici ministeri di questo tribunale «potrebbero procedere a incriminazioni in contumacia. Ciò garantirebbe la fine della capacità dei funzionari russi di viaggiare all’estero senza temere l’arresto, riducendo probabilmente la cerchia di sicofanti di Putin. Potrebbe anche creare un incentivo per i consiglieri più stretti di Putin ad abbandonarlo».

Violenze, che cosa sappiamo degli stupri? Giusi Fasano su il Corriere della Sera il 13 febbraio 2023

Con il passare dei mesi, nei luoghi liberati dall’occupazione dell’armata russa si moltiplicano le testimonianze. E il commissario per i diritti umani del parlamento ucraino denuncia abusi su bambini rapiti per video pedofili

Dalla chat via whatsapp si capisce che è un bambino piccolo. «Viene da un orfanotrofio dell’Ucraina e non ha parenti», scrive uno degli interlocutori. «Hanno ordinato una serie di video con lui», aggiunge. L’età è sconosciuta ma ci sono indizi in alcuni messaggi: dovrebbe «cominciare la scuola fra poco», oppure: «Non è il primo, stiamo coinvolgendo dei piccoli per questo tipo di lavori».

«Questo tipo di lavori», cioè abusi sessuali secondo Dmytro Lubinets, difensore civico e commissario per i diritti umani del parlamento ucraino.

È stato lui a rendere pubblici nei giorni scorsi questi dettagli, estratti da una conversazione - via whatsapp, appunto - fra due russi. Non ha voluto rivelare come l’ha ottenuta ma si è rivolto alla polizia e alla procura perché prendessero «misure appropriate per trovare e punire i colpevoli». E ha scritto un post per dire di aver appreso «dai canali di Telegram che i russi rapiscono bambini ucraini per realizzare video di sesso con loro». Di più. Ha parlato di prezzi spiegando che per quei video c’è chi «arriva ad offrire 250 mila rubli», più di 3200 euro. Impossibile descrivere quel che ha provato, dice. E conclude: «La Federazione Russa rapisce, uccide, deporta e violenta insidiosamente i nostri bambini. Com’è possibile nel mondo di oggi?!».

Tutto questo (che si spera sia argomento d’inchiesta) è soltanto il più recente dei capitoli scritti sul tema della violenza sessuale nell’Ucraina in guerra. Ma di stupri - e più precisamente di stupri come arma di guerra - si è cominciato a parlare già un mese dopo l’inizio del conflitto. A fine marzo, con la ritirata russa dalla regione di Kiev e dopo il massacro di Bucha, le associazioni umanitarie hanno cominciato a raccogliere testimonianze su quel che i soldati russi si erano lasciati alle spalle. Testimonianze rare, perché è già difficile a prescindere da tutto, ma se sei in guerra e sei sopravvissuta a uno stupro è molto più probabile che il primo desiderio sia fuggire dalle bombe e da tutto il resto piuttosto che correre a denunciare quel che ti hanno fatto.

La narrazione di una violenza, a te stessa e agli altri, ha bisogno del suo tempo. E infatti con il passare dei mesi sempre più donne hanno deciso di uscire dal silenzio; hanno descritto non soldati ma bande di violentatori, assalti sessuali e violenze assortite, spesso di fronte ai mariti poi uccisi o ai bambini.

I dati ufficiali più recenti disponibili sul binomio guerra- violenza sessuale vengono dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani: a inizio dicembre del 2022 aveva documentato 86 casi di abusi sessuali di vario genere, in grandissima parte commesse da uomini dell’armata russa. Sempre a fine 2022 le forze dell’ordine ucraine avevano elementi sufficienti per indagare su altri 43 casi.

Numeri parziali, che riguardano soltanto le storie arrivate all’apertura formale di un fascicolo. Le segnalazioni sarebbero però molte di più e le vittime - secondo la Commissione d’inchiesta internazionale indipendente sull’Ucraina - hanno fra 4 agli 80 anni.

Dieci mesi dopo l’inizio del conflitto il procuratore generale di Kiev, Andriy Kostin, ha parlato di un «drastico aumento» degli stupri come arma di guerra e ne ha fatto cenno di recente anche la stessa first lady, Olena Zelenska: serve una «risposta globale» contro questi crimini, ha detto. Il mondo dovrebbe raccogliere il suo appello, in nome delle donne e dei bambini che portano addosso le ferite, visibili e non, di una violenza.

Putin può cadere? E la Russia può sgretolarsi? Paolo Valentino su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

La possibilità di una storica sconfitta per il Cremlino, lascia aperti molti scenari, anche quello dello sgretolamento della nazione. Giocano a sfavore la mancanza di un’alternativa allo zar e le tensioni con le etnie che stanno dando «carne da cannone» al conflitto

Nel lanciare un anno fa la sua sciagurata «Operazione Speciale» contro l’Ucraina, Vladimir Putin ha sostanzialmente commesso tre cruciali errori di valutazione: si è illuso sulla forza militare della Russia, ha sottovalutato la determinazione e la capacità di resistenza del popolo ucraino, non ha previsto l’unità e la tenuta dell’Occidente nel sostenere Kiev e imporre sanzioni contundenti contro Mosca.

Dodici mesi dopo, nessuno degli obiettivi che lo Zar si era prefissato è stato raggiunto. Anzi, dopo i primi successi, pagati a caro prezzo in termini di vite umane e risorse militari, la Russia ha subito perdite devastanti, è stata costretta a ritirarsi da buona parte del territorio guadagnato nei primi mesi di guerra e si è vista costretta in una guerra di logoramento, il cui esito rimane aperto perfino a una sconfitta definitiva.

Il potere dello Zar appare ancora saldo. Putin ha rafforzato la verticale del potere, completato la trasformazione totalitaria e neostalinista del sistema russo, intensificato la repressione, chiuso il Paese al mondo esterno come ai tempi dell’Urss e avviato la riconversione verso un’economia di guerra autarchica, dove l’intera società è subordinata ai bisogni del complesso militare. Di più, la distribuzione del potere all’interno del Cremlino è tale da escludere alcuna alternativa valida a Putin. Priva di una linea di successione o di un delfino designato, concepita in modo da incoraggiare il conflitto tra le diverse cricche, è stato lui stesso a volerla così, nel segno di una logica imperiale in tutto e per tutto tranne che nel titolo formale.

Eppure, il destino di Putin non è scritto nel marmo. L’incerto finale della partita ucraina, con la possibilità di una storica sconfitta per il Cremlino, lascia infatti aperti molti scenari, alcuni dei quali considerati estremi ma non per questo impossibili o relegabili nel novero delle pure speculazioni. Non solo. Perché il futuro personale dello Zar si intreccia in modo indissolubile a quello della Russia in quanto Stato, che lui ha costruito a propria immagine. Domandarsi quindi se Putin possa cadere e se la Federazione Russa sia a rischio di collasso, non è soltanto un esercizio intellettuale o arbitrario.La Russia frammentata metterebbe a rischio la sicurezza globale per le armi nucleari sparse in tutto il territorio

A renderlo plausibile è in primo luogo la Storia, che non si ripete, ma spesso fa rima. E quella della Russia è costellata di sconfitte in guerra che hanno condotto a un’implosione del regime: successe nel 1598 al Regno di Moscovia dopo la sconfitta contro la Svezia nella Prima Guerra del Nord. Successe di nuovo nel 1917 quando il tracollo delle forze russe nella I Guerra Mondiale innescò la Rivoluzione bolscevica, la guerra civile e la fine del secolare impero zarista. E più di recente, successe nel 1991, con il collasso dell’Unione Sovietica seguito alla sconfitta nella Guerra Fredda. E se poi non vogliamo limitarci soltanto alla Russia, è utile ricordare che nel 1918, altri tre grandi imperi — Ottomano, Austro-Ungarico e Reich guglielmino tedesco — non sopravvissero alla sconfitta militare.

Ma nel caso della Russia, a renderne dubbia la sopravvivenza nel caso di una sconfitta in Ucraina ci sono altre due buone ragioni. La prima è la stessa che oggi rende saldo il potere di Putin, cioè la mancanza di alternative: se Putin uscisse di scena, in seguito a una congiura di palazzo o magari con un colpo a sorpresa sotto la sua regia alla vigilia delle elezioni del 2024 cercando di guidare la propria successione, è infatti più probabile che si scateni una feroce lotta di potere tra gli ultranazionalisti che vogliono continuare lo sforzo di guerra e distruggere l’attuale gerarchia e la fazione autoritaria, disposta a finire la guerra pur di salvare il regime e i propri privilegi. Come sempre nelle vicende russe, un fattore importante in questa equazione è l’incerta salute dello Zar, che ne mina il culto della personalità e l’immagine macho, ormai un lontano ricordo. Un Putin indebolito dalla malattia potrebbe essere costretto a cedere lo scettro.

La seconda ragione sono le tensioni etniche, che la guerra in Ucraina ha esacerbato. Sono state finora le minoranze povere cecene, daghestane, ingusce e così via a pagare il più alto tributo di sangue delle perdite militari di Mosca. Anche la mobilitazione di 300 mila nuovi coscritti è stata fatta lungo linee etniche, per tenere il più possibile fuori i giovani di Mosca e San Pietroburgo dove la guerra deve rimanere un fenomeno astratto e lontano. Detto altrimenti, le etnie non russe sono state usate come carne da cannone. E questo ha fatto crescere in periferia risentimento e rabbia verso il centro, creando un potenziale esplosivo di rivolte ed eventuali secessioni.

Lo scenario di un collasso innescato dalle tensioni etniche evoca quello che portò alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, quando furono le proclamazioni d’indipendenza delle varie Repubbliche (i Baltici, l’Ucraina, la Bielorussia, l’Asia centrale sovietica) a mostrare nudo il potere moscovita e condannare Gorbaciov all’impotenza. In questo caso, il centro di gravità potrebbe essere il Caucaso del Nord. In Cecenia, il sanguinario Ramzan Khadyrov potrebbe approfittare dell’uscita di scena di Putin, che finora ha sostenuto, per rilanciare la battaglia per una totale indipendenza da Mosca, dopo quelle represse nel sangue del 1994-96 e del 1999-2009. Intanto è già in piena fibrillazione il Daghestan, dove le manifestazioni contro la campagna di mobilitazione del Cremlino hanno prodotto scontri violenti con la polizia. Altri candidati potenziali alla secessione sono Tatarstan, Inguscezia e Bashkortostan, che potrebbero cercare di avvicinarsi a Turchia e Kazakhstan. Nell’estremo oriente della Federazione, potrebbero seguire Sakhalin, Primorskiy , Khabarovsk, Kamchatka e Jacuzia, grandi depositi di petrolio, gas naturale, diamanti e oro.

Nelle attuali condizioni, una sconfitta in Ucraina potrebbe fare da detonatore. Non è scontato naturalmente. Un osservatore autorevole come l’ex premier svedese Carl Bildt ritiene improbabile lo scenario di una dissoluzione ed è convinto che «le élite russe stiano già discretamente sondando le possibilità offerte dal dopo-Putin». Per Bildt il collasso della Russia non è negli obiettivi dell’Occidente, che tuttavia dovrebbe lavorare e cercare modi «per creare condizioni e incentivi che facciano emergere e prevalere forze più democratiche».

Ma se così non fosse? Se invece l’implosione della Federazione russa prendesse rapidamente il volo, in che modo avverrebbe? Sarebbe relativamente pacifica, come successe nel caso dell’Unione Sovietica? Ovvero sarebbe destabilizzante e violenta, compreso il rischio di una guerra civile?

Henry Kissinger è convinto di questa seconda ipotesi: «La dissoluzione della Russia o la distruzione della sua capacità di fare politica strategica ne trasformerebbe il territorio, che si estende per 11 fusi orari, in uno spazio contestato», dice l’ex segretario di Stato americano. Gruppi russi potrebbero dar vita a una lotta violenta e senza esclusione di colpi, mentre potenze esterne potrebbero usare la forza per raggiungere i propri obiettivi: «Tutti questi pericoli — continua Kissinger — sarebbero amplificati dalla presenza di migliaia di armi nucleari». Ecco perché il vecchio statista, profeta della Realpolitik, consiglia all’Occidente come migliore linea d’azione di «non rendere impotente la Russia attraverso la guerra» e invece di «includerla in un processo di pace», i cui dettagli e la cui applicabilità al momento rimangono però ancora nebulosi. Ancor più pessimista è la storica Marlene Laruelle, direttrice dell’Istituto per gli studi europei, eurasiatici e russi della George Washington University, secondo la quale un collasso della Russia «produrrebbe diverse guerre civili, con piccoli staterelli in guerra fra di loro per i confini e le risorse economiche» e un centro moscovita che «reagirebbe con violenza a ogni secessione».

Anche senza scenari così estremi, una Russia frammentata metterebbe però a rischio la sicurezza regionale e globale. Poiché, a differenza di quanto avvenne nel 1991 con l’Urss, quando tre dei quattro nuovi Stati che possedevano armi nucleari (Bielorussia, Kazakhstan e in modo più riluttante Ucraina) accettarono di cederle alla Russia e metterle in sicurezza grazie all’aiuto degli americani, oggi anche una secessione localizzata creerebbe una o più entità statali pronte a rivendicare il diritto di tenersi le armi nucleari presenti sul loro territorio.

L’ipotesi più realistica e verosimile è comunque la sopravvivenza del regime. Con o senza Putin, probabilmente sarà ancora una Russia autoritaria, repressiva, militarizzata e chiusa verso l’esterno. Il corollario è che, quando arriverà, la fine della guerra in Ucraina assomiglierebbe tanto a quella della Guerra di Corea: un armistizio senza pace, con l’Ucraina che grazie agli aiuti per la ricostruzione potrebbe seguire lo stesso percorso della Corea del Sud, integrandosi nella comunità occidentale via l’adesione all’Ue e alla Nato. Mentre la Russia diventerebbe una gigantesca Corea del Nord, armi nucleari, economia decrepita e pochi amici nel mondo, di fatto un protettorato cinese. Ma anche in questo scenario, il Cremlino dovrebbe misurarsi con problemi drammatici ed eccezionali: il ritorno a casa delle truppe, le tensioni etniche, la ricostruzione economica in condizioni di autarchia e di introiti ridotti dalle esportazioni di materie prime, non ultima l’ennesima umiliazione agli occhi del mondo. Ci vorranno decenni, ammesso che ci riesca, perché la Russia appaia di nuovo un Paese quasi normale. Nel frattempo, la sua stessa esistenza rimarrà ancora precaria.

Biden promosso sul campo? Massimo Gaggi su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Il confronto con Putin e la difesa dell’Ucraina sono il suo chiodo fisso sin dall’annessione della Crimea nel 2014. Ora il presidente Usa dimostra di saper tenere la barra dritta nel sostegno militare ed economico, nel rapporto con l’Europa, nel contrastare i trumpiani

Un impegno quotidiano, continuo. Decisioni angosciose da prendere cercando di astrarsi dalle feroci battaglie della politica interna Usa. Rischi da calcolare e ricalcolare di continuo. E, di continuo, anche sfilacciature dell’Alleanza atlantica da ricucire. Questo è stato, per Joe Biden, un anno di guerra combattuta nel cuore dell’Europa ma con un sostegno politico, militare ed economico ricaduto in gran parte sulle spalle degli Stati Uniti. I conservatori della Heritage Foundation che lo accusano di aver fatto troppo, pur riconoscendo che l’Ucraina va aiutata almeno militarmente, sostengono che è ora di frenare perché al contribuente americano il conflitto ucraino sta costando quasi cento miliardi di dollari divisi, in parti quasi uguali, tra forniture di armi e aiuti economici.

Per il presidente Usa, quello con Putin è uno scontro micidiale, con conseguenze potenzialmente devastanti che vanno ben oltre i confini ucraini, ma è anche una sfida che esalta le doti politiche di un leader che, nella sua carriera cinquantennale, ha sempre messo le relazioni internazionali in cima alla sua agenda. E proprio il confronto con Putin e la difesa dell’indipendenza dell’Ucraina sono stati il suo chiodo fisso, almeno dal 2014. Quando Mosca decise l’annessione della Crimea e lanciò l’offensiva nel Donbass, Biden chiese a Barack Obama, del quale allora era il vice, di far «pagare cara ai russi col sangue e col denaro» quell’invasione.

Quando salvò il salvabile

L’allora presidente scelse di non intervenire in modo muscolare e mandò Biden a Kiev per salvare il salvabile: riorganizzare il governo ucraino e ripulirlo dalla corruzione dilagante. Costretto a essere l’interprete di una strategia prudente, da allora Biden divenne, comunque, il paladino dell’Ucraina dove, racconta nelle sue memorie, è stato otto volte «per cercare di impedire a Putin di divorare l’intero Paese». A Kiev, oltre a un governo inefficiente e corrotto, trovò anche un esercito con appena 8mila soldati pronti a combattere. Cominciò allora — non alla vigilia dell’invasione del 24 febbraio 2022 — la sua battaglia per la difesa di un Paese che considerava essenziale per contenere le ambizioni imperiali del dittatore del Cremlino. Una battaglia per la libertà e la democrazia che, costringendolo a entrare nei meandri della politica ucraina, lo ha poi esposto agli attacchi politici di Trump, soprattutto per via degli affari che suo figlio Hunter ha gestito in quel Paese.

Il film del conflitto è, ormai, nella nostra memoria: l’intelligence americana che intercetta con largo anticipo i preparativi russi dell’invasione, la scelta di Biden di violare l’abituale segretezza dello spionaggio per mostrare a tutti quello che sta avvenendo e ammonire Putin. Poi l’attacco e i servizi segreti che, dopo l’iniziale successo, sbagliano le previsioni: i russi non riescono ad arrivare a Kiev e Zelensky non fugge per creare un governo in esilio. L’Ucraina resiste e contrattacca, grazie al sostegno militare degli Usa e della Nato che Biden mobilita subito.

L’esercito ucraino resiste ed evita l’accerchiamento, nonostante la sua inferiorità numerica e di armamenti, anche grazie ad anni di riorganizzazione, rinnovamento tecnologico e addestramento condotto con l’aiuto Usa. Poi inizia l’invio di un flusso crescente di armi: prima i razzi anticarro coi quali piccole pattuglie distruggono i tank russi. Insieme a 850 lanciatori dei Javelin e a 1500 razzi Tow, arrivano 1600 Stinger, usati anche per abbattere elicotteri e droni. Poi, quando l’offensiva viene bloccata e inizia una guerra di logoramento, di trincea, arrivano i pezzi di artiglieria pesante: gli Howitzer da 155 mm e gli Himars coi loro proiettili «intelligenti».

Un processo complicato, laborioso, nel quale Biden deve mostrare polso fermo con gli alleati, sollecitando quelli troppo prudenti e frenando chi, come la Polonia, vorrebbe interventi più muscolari che rischiano di scatenare una reazione sproporzionata della Russia: pur sempre una potenza nucleare con un arsenale sterminato. È un gioco di equilibri complesso nel quale Biden cerca di spingere Putin a ritirarsi dall’Ucraina, non solo con le armi ma anche con sanzioni economiche stringenti che dovrebbero mettere alle corde l’economia russa. Al tempo stesso, è chiamato a sostenere gli alleati europei, alle prese anche loro con grossi problemi economici, prima per la moltiplicazione del prezzo del gas, poi per l’interruzione delle forniture di quello russo.

Tutto molto faticoso anche qui: con la tecnologia del fracking gli Usa hanno raggiunto l’indipendenza energetica e potrebbero esportare molto gas, ma le promesse fatte a suo tempo da Obama agli alleati sono rimaste tali. Una cosa sono gli interessi geopolitici, altra cosa i vincoli di mercato: estrarre, liquefare, trasportare per nave e rigassificare costa molto e nessuno ha pensato di agevolare questi processi fino a quando non è partito l’attacco russo. Con Putin convinto di poter ricattare l’Europa chiudendo i rubinetti dei suoi gasdotti.

Mesi di negoziati difficili, momenti di crisi tra gli alleati, ma Biden tiene duro e alza il tono dello scontro col Cremlino a livelli che lasciano attoniti molti: a marzo, un mese dopo l’inizio dell’invasione, va a Bruxelles, sede dell’Unione europea e della Nato, e in Polonia, per mostrare con la sua presenza fisica l’impegno a sostenere fino in fondo l’Ucraina. E in un discorso arriva a dire che Putin non può più restare alla guida della Russia. Fa scalpore, anche perché gli Usa affermano di non puntare a un regime change.Stretta di mano tra Biden e il presidente cinese Xi Jinping durante l’incontro a margine del vertice del G20 di Bali, il 14 novembre 2022 (Foto SAUL LOEB / AFP)

Biden ha esagerato, trascinato dalla sua veemenza. Ma non fa marcia indietro: sa che con Putin il problema non è quello di moderare i toni ma, semmai, di non superare certe linee rosse sul campo di battaglia. Per questo evita di fornire a Zelensky missili a lungo raggio e aerei da caccia coi quali potrebbe portare i suoi attacchi in profondità nel territorio russo. Ma con Putin va giù duro: lo definisce un killer e torna a raccontare che in un incontro faccia a faccia di molti anni prima disse al presidente russo: «Ti guardo negli occhi e penso che non hai un’anima». Biden sostiene che il leader del Cremlino rispose: «Vedo che ci capiamo». I due si capiscono davvero: sono tutti e due figli della Guerra Fredda.

Mese dopo mese, lo scontro è diventato guerra di logoramento con Mosca che, dopo sconfitte e umiliazioni, ha riorganizzato le sue forze e prepara nuovi attacchi, mentre i dati del Pil russo indicano che le sanzioni sono state meno efficaci del previsto: molti Paesi continuano a commerciare col gigante euroasiatico mentre la Cina, se non ha dato armi a Putin, gli ha comunque fornito tecnologie civili e a uso militare molto avanzate.

A questa maggiore complessità del quadro internazionale si aggiungono le difficoltà interne di Biden. Storicamente, i repubblicani Usa hanno perseguito il contenimento della Russia ancor più dei democratici. Ma con Donald Trump, ammiratore di Putin quando era alla Casa Bianca, molte cose sono cambiate. A dicembre Biden ha fatto inserire un maxipacchetto di aiuti all’Ucraina da 46 miliardi di dollari nell’ultimo provvedimento omnibus della legislatura a maggioranza democratica: temeva che la Camera a guida repubblicana che si è insediata a gennaio freni sul sostegno a Zelensky. E i trumpiani, in effetti, hanno già cominciato a proporre di rivedere la materia, chiedendo agli europei di fare di più.

Qualche settimana fa un quotidiano svizzero ha scritto che il capo della Cia, William Burns, avrebbe fatto di recente un viaggio segreto a Mosca per sondare la disponibilità del Cremlino a una fine delle ostilità in cambio della cessione alla Russia di un quinto del territorio ucraino. Tutto smentito seccamente, tanto dal governo di Washington quanto dai russi. Ma la rapidità con la quale questa voce si è diffusa dà l’idea dello stallo di ogni ricerca di soluzioni diplomatiche, mentre Mosca prepara la controffensiva, con Putin convinto che il fattore tempo sia dalla sua parte: le democrazie europee alla lunga faranno fatica ad assorbire le difficoltà economiche e il malumore popolare per i problemi creati da un conflitto scoppiato nel mezzo del Vecchio continente.

L’arma dell’esperienza

In queste acque tempestose Biden cerca di tenere la barra dritta: da un lato continua a dare un sostegno militare tarato sull’evoluzione del conflitto, anche a costo di mettere a tacere il Pentagono, contrario all’invio dei tank M1 Abrams, quando si rende conto che questo è l’unico modo per convincere il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, a inviare in Ucraina i suoi Leopard 2. Dall’altro, il vecchio leader democratico cerca di proiettare anche fuori dall’America quell’immagine di adult in the room che, in politica interna, gli serve per marcare la distanza tra la sua competenza e prudenza e il movimentismo della destra radicale: un presidente «stagionato» ma che conosce bene i suoi avversari e sa come tenere testa a un Putin comunque in grande difficoltà da quando è fallita la strategia della guerra-lampo e un Xi Jinping che ha gestito in modo disastroso la pandemia e ora deve affrontare il malessere di cittadini che, infuriati per i lunghi e ferrei lockdown, stanno scoprendo con costernazione che l’era della crescita economica continua forse è finita.

Zelensky è ancora un eroe senza macchia? Francesco Battistini su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Prima della guerra era precipitato nei sondaggi del suo Paese, oggi è un imperatore del popolo col 94% dei consensi. Ma l’ostinazione contro qualsiasi compromesso e l’attivismo mediatico creano ora anche imbarazzi nel mondo che lo sostiene

Etiopia, qualche mese fa. Scava che ti scava, il paleontologo americano William Ausich trova finalmente il fossile marino che cercava da una vita: una rarissima stella piumata del Giurassico Superiore, un invertebrato di 150 milioni d’anni fa. Lo raccoglie, lo pulisce, lo fotografa, lo studia. E alla fine annuncia al mondo: si chiamerà Ausichicrinites Zelensky. Come il presidente ucraino. Perché questa specie di stella marina, spuntata nel deserto del Tigrai, è famosa per la sua capacità di perdere un braccio e di rigenerarlo dal nulla. E perché Zelensky, spiega, è proprio così: ostinato nel riprendersi le terre perdute, col «coraggio di difendere un’Ucraina libera».

A Star is Born. Da «Ballando con le Stelle» a stella fissa nel De Bello Ucraino. Da Servitore del Popolo a eroe pop. Presidente venuto dal cabaret, protagonista della tragedia. Quando Vladimir Putin l’invase, sicuro d’eliminarlo, il sesto capo dell’Ucraina indipendente era ormai precipitato nei sondaggi e aveva contro due terzi degli elettori: deludente nella lotta alla corruzione e nei negoziati sul Donbass, inconcludente nelle promesse di legalizzare la cannabis e la prostituzione e l’aborto gratuito e il gioco d’azzardo, costretto a rimpastare i ministri, snobbato dai media, sporcato dal Trump dell’Ukrainagate, persino diffamato per via di qualche vizio privato… «Sei un incapace irresponsabile», l’attaccava l’oppositore Petro Poroshenko. «Suona il pianoforte, ché ti vien meglio», lo irrideva l’ex premier Yulia Tymoshenko. Poi, ecco quella notte. Che notte: «Ricordo d’essermi svegliata con rumori strani all’esterno — racconta la moglie Olena — e ho visto che Volodymyr non era accanto a me. Sono andata nell’altra stanza ed era già vestito, senza cravatta. L’ultima volta che l’ho visto in abiti civili. Gli ho chiesto: che succede? E lui: è iniziata».

Un anno di guerra dopo, Volodymyr Oleksandrovyc Zelensky detto «Ze» è un imperatore del popolo al 94 per cento dei consensi. «Un leader spirituale», l’esalta il fidato consigliere Oleksandr Kornienko. «Uno dei più grandi leader mondiali», lo decanta il fedelissimo Andrij Ermak. «È diventato un soldato e siamo tutti con lui», ha cambiato idea Poroshenko. «Siamo un solo popolo e un solo cuore», gli promette adesso la Tymoshenko. Pure all’estero, non solo a Sanremo, è tutt’un grazie dei fiori e un festival degli onori: il premio John Kennedy per il coraggio, la Pergamena della libertà a Filadelfia, la medaglia d’oro Ronald Reagan a Washington, la spilla Churchill a Londra, la targa dell’Ordine del Leon Bianco a Praga, la coccarda dell’Ordine di Viestur a Riga, la catena dell’Ordine di Vytautas il Grande a Vilnius, il cordone dell’Ordine dell’Aquila Bianca a Varsavia, l’onorificenza Dubcek per la speranza a Bratislava… A una conferenza stampa, una giornalista si commuove e gli chiede d’abbracciarlo. In ogni Parlamento sfodera la sua retorica prêt-à-porter — che si parli del Muro al Bundestag, della Shoah alla Knesset, di Pearl Harbor al Congresso, di Churchill a Westminster — e scatena ovazioni minimo di tre minuti. Lui, che è figlio d’un ingegnere cibernetico, ha inventato la guerra online: le centraliniste di Kiev messe a chiamare le mamme russe («lo sa che suo figlio è qui al fronte?»), i video per i red carpet di Cannes e di Venezia, l’infowar su TikTok che rende inutili la Cnn e tutte le Amanpour del mondo. Hashtag la victoria siempre. Col suo autentico kit di magliette militari, i suoi confidenziali selfie dal bunker, la sua (insta)grammatica social, Zelensky ha mummificato di colpo le roboanti parate, le algide posture, gli slogan ingessati di Putin. Secondo Time e il Financial Times, è lui l’uomo dell’anno. Per il Times of Israel, ha in poppa il vento trionfale dell’Elohìm biblico. Per The Hill, è un eroe globale. E se Deutsche Welle lo proclama «praticamente un santo», Der Spiegel lo chiama «eroe in divenire». «La più grande guida dei nostri tempi», dice lo scacchista russo Garri Kasparov. Lo scrittore Jonathan Safran Foer ne esalta «l’irraggiungibile lealtà», l’attore Sean Penn «il coraggio, la dignità, l’amore che emana», Erri De Luca lo paragona al Leonida delle Termopili che oscurò il re dei Persiani… Ze vanta innumerevoli tentativi d’imitazione, segno che piace; una dozzina di tentativi d’omicidio, segno che fa paura; milioni di meme, segno che divide.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky con “lo spirito dell’Ucraina” nominato persona dell’anno di Time per il 2022 (Foto ANSA/TIME)

Heroyam Slava! È vera gloria, naturalmente. Da comico che recitava nei panni d’un finto presidente, a presidente un po’ per caso che impersona un presidente vero: «Uso ciò che lo spettatore ama in un attore, questo sentimento di umanità. È molto facile da fare, perché io rimango me stesso». Salvator Mundi, si racconta uno e trino: è nato attore con la vocazione per entrare in tv, è cresciuto politico con la fissa d’entrare nella Nato, è resuscitato comandante con l’obbligo d’entrare nella Terza guerra mondiale. La mutazione definitiva, alla boa dei 45 anni: il primo Ze ancora vagiva nei suoi studi di Kvartal 95 declamando che «la politica è uguale al cattivo cinema, i politici recitano troppo e io li osservo come può osservarli un produttore televisivo»; il secondo Ze cresceva viaggiando tra Bruxelles e Washington e avvertendo che «se non possiamo stare nella Nato, non chiedeteci d’essere neutrali»; il terzo Ze, quello divinizzato d’oggi, è rinato il 24 Febbraio con la storica risposta agli americani che gli proponevano la fuga da Kiev («ho bisogno d’armi, non d’un passaggio»).

Un tempo doppiava la vocina dell’orsetto Paddington, ora si ritrova a far la voce grossa con l’Orso russo. È il piccolo Chaplin che si fa beffa del Grande Dittatore. Che abbraccia il mappamondo, sogna un’Europa aperta all’EUkraine e una Mosca sigillata per sempre. Su questa russofobia peserà il fatto che da bambino sia vissuto per un po’ nella Mongolia iper-comunista. Conterà che i suoi amici oligarchi, qualcuno anche un po’ corrotto, gli abbiano fatto assaggiare le delizie del mercato occidentale. C’entrerà che pure lui tenga qualche conto off-shore alle Virgin Islands e belle proprietà fra la Georgia e la Versilia. O magari dipenderà tutto da dov’è nato: la ferrosa e cosacca Kryvyj Rih bombardata ogni settimana da Putin, la culla dell’anarchismo contadino di Nestor Machno e del machnovismo rivoluzionario che già sfidava Lenin e i bolscevichi. «Gli ucraini non sono una minaccia per la Russia — spiega lo storico Timothy Snyder —, ma la loro democrazia, sì. Zelensky è giovane, democratico, coraggioso, ebreo, russofono. Non solo smentisce la propaganda di Putin, che vuole i russofoni e gli ebrei perseguitati in Ucraina: mostra come potrebbe essere un nuovo presidente, se in Russia ci fossero libere elezioni». Da attore, Ze non ha mai smesso di recitare in russo. Da presidente, non ha mai smesso di parlare ai russi. E di tutti i video, forse il più duro ed efficace l’ha messo su Telegram lo scorso settembre, 200esimo giorno di guerra, nel mezzo della controffensiva e della battaglia per sbloccare il grano a Odessa: «Pensate ancora che siamo “un unico popolo”? — ha guardato fisso in camera —. Allora non capite proprio nulla. Davvero non capite chi siamo? Che cosa difendiamo? Di che cosa si tratta, per noi? Leggetelo sulle mie labbra. Senza gas o senza di voi? Senza di voi. Senza luce o senza di voi? Senza di voi. Senz’acqua o senza di voi? Senza di voi. Senza cibo o senza di voi? Senza di voi. Perché per noi il freddo, la fame, il buio e la sete non sono tanto terribili e mortali quanto la vostra “amicizia e fratellanza”. Ma la Storia rimetterà tutto al suo posto. Avremo gas, luce, acqua e cibo. E tutto questo, lo otterremo senza di voi».

Li ha fregati tutti, Ze. L’eroe senza macchia — l’hanno capito presto Biden e Draghi, i cinesi e Kissinger — aveva pure il suo bel caratterino. Un giullare che piano piano s’era fatto re, armato fino ai denti, e noi senza troppa fantasia a definirlo ancora il Beppe Grillo di Kiev. O-ne-stà, o-ne-stà? Macché: altolà, chi va là! Un grillo poco parlante, va detto: quando il pericolo s’ammassava ai confini e Joe Biden gli mostrava la luna dell’invasione imminente, sleepy Zelensky guardava solo il dito e temeva soprattutto «l’allarmismo che fa fuggire gli investitori stranieri». Un grillo fin troppo loquace per i pacifisti, che oramai non ce la fanno più a sentirlo esigere armi e soltanto armi; per Papa Francesco, gl’indiani o i sudamericani del Mercosur che vorrebbero allunare su una tregua qualsiasi, ma vengono regolarmente additati come disfattisti: caro mondo libero, ma quale pace, «il tango si balla in due», datemi casomai più Himars e più Gripen, altri F-16 e nuovi Leopard, perché adesso tocca a noi e poi toccherà a voi, perché stiamo difendendo la civiltà di tutti, si vis petroleum para bellum… Diranno gli storici se sia stato il bavaglio troppo stretto che ha messo alle tv filorusse, ad aizzare l’Orso Putin. O la de-russificazione troppo severa che ha imposto al Paese, accelerandola un anno prima dell’invasione. E saranno i futuri mesi di guerra, i prossimi anni di legge marziale a mostrarci quanta democrazia possano ancora permettersi l’Ucraina e il populista Volodymyr, mentre vengono azzannati con tanta ferocia. «Nella vita ho fatto di tutto per farvi ridere», aveva promesso quattro anni fa insediandosi a Palazzo Marinskij, «ora farò di tutto perché non piangiate». Non ci è riuscito. Di lacrime s’è riempito il Dnepr, ma non è colpa sua.Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante una conferenza stampa congiunta con il Segretario Generale delle Nazioni Unite dopo i colloqui a Kiev il 28 aprile 2022 (Foto Sergei SUPINSKY /AFP)

«Come le more selvatiche»: in Ucraina, tra dolore e resistenza. testo e foto di Paolo Giordano su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Il viaggio di Paolo Giordano nei luoghi del dolore e della resistenza ucraina. In uno scenario di devastazioni emergono, attraverso una serie di incontri, la consapevolezza e la determinazione di un popolo nel cacciare l’invasore russo. Il titolo di questo racconto è tratto dai versi di un soldato - poeta: conserva la speranza di libertà nei momenti più bui

Il viaggio inizia dalla fine: dalla chiesa di san Pietro e Paolo, a Leopoli, dove ogni mattina vengono celebrati i funerali dei militari ucraini. Ieri erano tre, oggi due: Bogdan, di quarant’anni, e Ivan, di quarantaquattro. Mentre aspettiamo i feretri al fondo della scalinata, la neve caduta nella notte gocciola dai cornicioni. Da un anno la morte dei soldati sfila nella città più lontana dal fronte, impregnandone la vita quotidiana. I numeri delle perdite fra le forze ucraine sono secretati, ma considerando che Leopoli è solo una delle decine di città dove la morte arriva a getto continuo, è facile estrapolare che parliamo di decine, più probabilmente centinaia di soldati morti ogni giorno. Ciascuna morte contribuisce a solidificare un senso di appartenenza che prima del 24 febbraio 2022 era ancora in lenta formazione. Una nazione si costruisce esattamente così, sulla massa invisibile dei propri martiri.

La consuetudine è ormai tale che tutti, militari e civili, sanno come comportarsi: fuori dalla chiesa, dentro e poi di nuovo fuori, nella piazza del municipio dove viene suonata «Taps». Dalla piazza, una fila di autobus raggiunge infine il cimitero Lychavik. Mentre si svolgono le sepolture, Kateryna e io ci allontaniamo un po’. Camminiamo fra le lapidi del Campo di Marte. Leggo le date di nascita: anni ottanta e novanta per la maggior parte, ma si arriva fino al 2003. Nascoste sotto una corona di fiori, sulla lapide di un soldato ventenne, ci sono una bottiglia di whisky e una di coca cola.

Ho conosciuto Kateryna prima di tutto questo, a un festival di scrittori, ma nell’ultimo anno lei è diventata qualcosa di diverso: una scrittrice attivista, una scrittrice esperta di droni da combattimento e shrapnel. E per me, più specificamente, una scrittrice fixer.

A Natale ha chiesto ai suoi due figli grandi di esprimere un desiderio. Le hanno risposto: Il desiderio è ovvio. Con un po’ di timore Kateryna si è spinta oltre: Ma è che l’Ucraina vinca o anche che i russi muoiano? Entrambi, hanno detto loro freddamente. Mi è dispiaciuto sentirlo, confessa adesso, ma almeno sono stati sinceri. Quanto al più piccolo, che fa ancora la scuola materna, un giorno l’ha trovato che litigava con un compagno sul fatto che il muro di lego che avevano costruito fosse più utile per tenere lontani i russi o i bielorussi. In questo momento i bielorussi preoccupano perfino più della nuova mobilitazione in Russia. Se si aprisse quel fronte l’esercito ucraino sarebbe costretto a disperdere le energie, gli scontri arriverebbero vicino a qui, e ancora una volta addosso a Kiev.Il cimitero Lychavik a Leopoli (Foto P. Giordano)In questo momento i bielorussi preoccupano perfino più della nuova mobilitazione in Russia. Se si aprisse quel fronte gli scontri arriverebbero ancora addosso a Kiev

Per il momento, però, dalla Bielorussia si limitano a decollare i cacciabombardieri. Sorvolano il territorio ucraino, minacciando quel tanto che basta, poi tornano indietro. Solo ieri è successo quattro volte: per quattro volte le sirene hanno riempito lugubri l’aria di Leopoli. La maggior parte delle persone, inclusi noi, ha continuato a comportarsi come se non. Ma, attraverso la recinzione di una scuola, ho visto un gruppo di bambini con sindrome di Down entrare composti, uno dopo l’altro, in cantina. Una di loro rifiutava di muoversi, se ne stava attaccata al muro con le orecchie coperte, paralizzata.

Al cimitero Kateryna si china a pulire una fotografia dalle gocce. Lui è Doc, dice, stasera Artur te ne parlerà di certo. Infatti. Ecco quello che Artur – che in questi giorni si trova a Leopoli del tutto casualmente, perché a inizio gennaio si è congelato l’alluce del piede in trincea – mi racconterà:

All’inizio dell’anno scorso, a ventun anni, Artur studiava giornalismo ed era appena stato assunto nell’ufficio stampa di una casa editrice, dopo mesi di stage sottopagati. Nel tempo restante scriveva poesie, con intenzioni serie. La notte dell’invasione su larga scala, il 24 febbraio, non riusciva a prendere sonno. Ha pregato a lungo. Durante il giorno aveva fatto volontariato in una parrocchia, ma pregando ha capito che il volontariato non sarebbe stato sufficiente per lui. Così, all’alba del 25, senza alcuna esperienza militare, si è messo in coda per arruolarsi nelle Forze di Difesa Territoriali. A marzo si addestrava con altri neofiti come lui, usando dei fucili finti, di legno; ad agosto era in Donetsk a scavare trincee, e a ottobre ha perso il suo primo commilitone: Doc.Vita a Kharkiv che dopo ogni attacco cerca di ripristinare velocemente la normalità. Artur accusa i sintomi di un trauma: dolore alla testa, nausea, tinnito. Ma il dottore, Doc, è appena morto, insieme ad altri due.

Bisogna immaginare un campo rettangolare, vuoto e piatto, profondo circa un chilometro. Lungo tutto il perimetro ci sono delle «posadka», strisce sottili di foresta, tre filari di alberi o poco più. Artur e Cola occupano una buca a un’estremità del campo. Hanno l’ordine di minare il lato adiacente per rallentare l’avanzata dei russi che sono trincerati dalla parte opposta, ma sono bloccati dai colpi di un carro armato che spara ferocemente sulla loro posizione, senza sosta. Per via delle vibrazioni fortissime Artur accusa i sintomi di un trauma: dolore alla testa, nausea, tinnito. Perciò, quando finalmente il carro armato cambia linea di tiro, Artur e Cola ne approfittano per spostarsi nella trincea centrale.

Trovano il comandante impegnato a stabilizzare dei feriti. Artur sta sempre peggio, gli urla che ha bisogno del dottore, di Doc, urla perché è praticamente assordato. Ma Doc è appena morto, insieme ad altri due. Aveva cinquantadue anni e per loro, quasi tutti ventenni, era una figura paterna.

Il carro armato adesso spara al centro, di nuovo su di loro. Finalmente arriva una squadra dal villaggio, ma sono solo in due. Artur e Cola, alla fine, portano via Doc da soli. Quando l’abbiamo sollevato, mi dice, ho sentito il peso dell’amore che aveva per noi, l’ho sentito fisicamente. Poi aggiunge: Era pieno di schegge.

Nei primi otto mesi di guerra Artur non aveva scritto un solo verso, sembrava non esserci più spazio per cose del genere nella sua vita. Ma quella sera, con la testa rintronata dai colpi di carro armato e il morale al minimo, ha buttato giù una poesia intera, che inizia così: «Prima del confine / salva questo Amore / che cresce dappertutto / come le more selvatiche».

L’ultimo giorno a Leopoli, Kateryna e io facciamo scorte. In un negozio di attrezzatura da montagna compriamo decine di pasti liofilizzati: chili con carne, cous cous con pollo, zuppa di funghi, borsch. Questi vanno benissimo, mi spiega, perché l’acqua calda può essere versata direttamente nella confezione, in trincea è molto più pratico. Diciamo sempre «trincee», ma l’immagine non è così precisa: si tratta nella maggior parte dei casi di buche circolari scavate nella terra.A Kramatorsk davanti a una finestra in frantumi (Foto P. Giordano)Quindi cosa ne pensi, mi chiede Kateryna? Non ne penso niente, rispondo. Un po’ è davvero così

Raggiungiamo Sashko, suo marito, che ha già caricato la macchina con il resto degli aiuti per i soldati: sacchi a pelo, calze termiche, un generatore di corrente che da solo occupa metà bagagliaio; giubbotti antiproiettili ed elmetti per noi. Faremo una sola tappa intermedia, per dormire, dalle parti di Vinnitsa, prima di raggiungere Dnipro domani.

Perché proprio Dnipro? Perché il 15 gennaio un missile Kh-22 ha centrato un palazzo residenziale. Il bilancio al momento è di 46 morti, 75 feriti e una trentina di dispersi: la strage di civili più rilevante dell’ultimo periodo. Ho l’impressione che, dopo un anno, i luoghi in cui si sono svolti i passaggi cruciali della guerra si siano incollati fra loro, confondendosi, cancellandosi parzialmente l’un l’altro. Venendo qui sentivo la necessità di distendere questa geografia rappresa.

Ma adesso che ci sono, davanti al condominio bombardato, ai mucchi di cemento e mobili, alle cucine e le camere da letto tagliate a metà, la mia intenzione mi appare astratta. Quindi cosa ne pensi, mi chiede Kateryna? Vuole accertarsi che io comprenda la gravità di quello che ho davanti e per la prima volta il suo incalzare m’infastidisce. Non ne penso niente, rispondo. Un po’ è davvero così. Il palazzo non rimanda a nulla se non al proprio sfacelo, all’inutilità deprimente della propria distruzione. Dopo averlo fotografato da più angolazioni, mi chiedo che cosa aggiunga contemplarlo da vicino a quello che sapevo già (e invece no, ma lo capirò solo più avanti, verso la fine del viaggio: vedere gli edifici e le case in rovina, vederli uno dopo l’altro in una processione tristissima, richiamare di ognuno la dinamica dell’attacco, i morti e i feriti, è un esercizio necessario, una forma di assorbimento diversa, cutanea, della guerra).

Ci rimettiamo in macchina. Altre quattro ore di strada. Parliamo dell’eventualità che Putin muoia o che venga ucciso, di come per noi questo significherebbe la fine immediata della guerra e di come per loro, per gli ucraini, la nostra sia una fantasia ridicola: la guerra in corso è un processo storico più grande di Putin, andrebbe avanti anche senza di lui.Il Donbass produce da solo il numero inconoscibile di cadaveri che ogni giono vengono distribuiti nel paese o che spesso rimangono lì, nei campi

Dalla nebbia si stagliano le sagome scure dei primi «terykon», i cumuli di terra scura estratta dalle miniere. Alcuni solo molto alti, come colline, e striati così di neve non sono privi di una loro tetra bellezza. Segnalano che ormai siamo entrati nella regione di Donetsk, in Donbass, come preferiamo dire noi, sebbene non sia del tutto appropriato. Qui è dove la guerra non è mai cessata, da nove anni. Qui è dove il fronte è tornato dopo la ritirata dei russi dall’area di Kiev, concedendoci l’illusione che la fase attuale della guerra sia più «normale», più sopportabile. Non è così. Il Donbass produce da solo il numero inconoscibile di cadaveri che ogni giorno vengono distribuiti nel paese, o che spesso rimangono lì, nei campi. Qui è dove le ambiguità culturali e linguistiche sono difficilissime da comprendere ed è proprio qui, infatti, che vengono generate le interpretazioni più scivolose, velatamente apologetiche dell’aggressione russa.

Per ricostruire gli ultimi dieci anni dei territori occupati (o forse per evitare di farlo) scelgo di affidarmi a una vicenda singola. Una piccola storia di diaspora famigliare, per nulla rara da queste parti, che potrebbe intitolarsi: «Tre donne di Lugansk».

La protagonista, Nastya, è nata in Russia, suo padre era nell’esercito lì, ha combattuto in Cecenia ed è morto in circostanze mai chiarite, nel 2000, quando lei aveva sei anni. Dopo la sua morte la madre di Nastya, una giornalista, ha deciso di portare lei e la figlia maggiore Katya in Ucraina, a Lugansk, dove vivevano i nonni. Nastya e Katya sono cresciute in Donbass, frequentando una scuola in cui s’imparava anche l’ucraino e partecipando insieme, da adolescenti, a qualche blanda manifestazione pro Ucraina, tutto sommato tollerata dai separatisti. Nella primavera di quell’anno madre e figlie sono andate a Kiev per festeggiare il ventesimo compleanno di Nastya, ma da quella gita è tornata a Lugansk solo la madre, perché nel frattempo c’erano stati i fatti di Maidan e la tensione nel paese era altissima.

Luglio 2014: tutto accelera all’improvviso. Lugansk viene occupata. La madre di Nastya smette di lavorare, tanto è inutile, nei territori non ci sono più le condizioni minime per fare giornalismo, e in effetti nemmeno le condizioni minime per sopravvivere: manca l’elettricità e non ci sono generatori, per di più in un’estate caldissima. Ma lei non può andarsene a causa dei genitori. Le telefonate verso l’Ucraina sono pericolose, così scrive alle figlie degli sms stringati, di notte, solo per comunicare che è viva.

Nastya e Katya, nel frattempo, si sono spostate ancora più a ovest, a Leopoli. Hanno pochi soldi, sono disorientate, ma non è il caso di lamentarsi: a Lugansk va molto peggio. Finalmente il marito di Katya trova lavoro, in Crimea. Ed è lì, in Crimea, che Nastya li ha visti per l’ultima volta, nel 2016, dopo un viaggio complicatissimo.La statua oltraggiata e crivellata di colpi del poeta Taras Shevchenko (Foto P. Giordano)E così Nastya è a Leopoli, dove ormai parla solo ucraino, la sorella Katya in Argentina, a sostenere la guerra di Putin, la madre in mezzo, nella regione di Lugansk occupata e contesa.

A questo punto del racconto Nastya scoppia a piangere. Suppongo che sia perché non ha più potuto incontrare la sorella, ma aspetto che sia lei a dirmelo. Quando si è calmata un po’, pur senza smettere il pianto, prosegue:

Dalla Crimea, Katya e il marito si sono di nuovo trasferiti, a San Pietroburgo stavolta, per via di un’offerta migliore. E lo scorso novembre, dopo che Putin ha ordinato la mobilitazione, sono scappati da San Pietroburgo in Argentina. Ma lei e la sorella non si sono più parlate comunque, nemmeno ora che potevano. L’ultimo messaggio di Katya risale al febbraio scorso e dice più o meno così: «Non preoccuparti Nastya, l’Ucraina verrà divisa a metà, questa è una guerra fra la Russia e l’Occidente, voi avete solo la sfortuna di trovarvi in mezzo». Voi. Voi ucraini. Qualcosa le è successo, dice Nastya, negli anni in Crimea e a San Pietroburgo.

E così, la situazione attuale è la seguente: Nastya a Leopoli, dove ormai parla solo ucraino, la sorella maggiore Katya in Argentina a sostenere la guerra di Putin, la madre in mezzo, nella regione di Lugansk occupata e contesa. Quasi una rappresentazione grafica del conflitto. Eppure, il 24 febbraio scorso, Nastya si è sentita più fortunata di altri, perché era preparata: aveva già vissuto un risveglio simile, aveva già perso la sua vita una volta, la sua vita di Lugansk.

Passiamo la notte nei pressi di Dmytrivka, nella fattoria di Victoria e Bogdan. «Fattoria» dà forse l’idea di qualcosa di più sontuoso di com’è, ma Victoria e Bogdan possiedono quaranta ettari dove coltivano di tutto, in particolare frumento e mais. Li hanno raccolti e venduti anche l’estate scorsa, quando molti agricoltori erano costretti dai russi a lasciar marcire i raccolti, o a vederli bruciare.La mattina del 24 febbraio, quando un’amica le ha detto dell’invasione, Victoria si è rifiutata di crederci. Poi si è trovata a implorare la mucca di non partorire prima che la guerra fosse finita

Victoria ha preparato per noi dei «varenyky», la versione ucraina dei ravioli. Ce li offre insieme a una vodka casalinga, il cui colore rossiccio viene dalla macerazione dei gherigli di noci. All’inizio dell’anno scorso Victoria e Bogdan avevano comprato la seconda mucca, incinta, ed erano al settimo cielo. Tanto che la mattina del 24 febbraio, quando un’amica le ha detto dell’invasione, Victoria si è rifiutata di crederci. Poi si è trovata a implorare la mucca di non partorire prima che la guerra fosse finita. Ma c’è voluto più del previsto.

Quando sono arrivati i primi soldati ucraini, Victoria li ha aspettati lungo la strada con i suoi «varenyky». Erano tutti giovani, dice, tutti belli. Da quel giorno non ha più smesso, anzi ha trasformato quel gesto emotivo dell’inizio in un’attività strutturata, che coinvolge donne del paese di tutte le età. Preparano fino a mille «varenyky» al giorno, li congelano e quando passa un convoglio si fanno trovare all’ora stabilita lungo la strada, con le razioni pronte per i soldati.

Assistono come possono anche i feriti in ospedale, ne arrivano in abbondanza. Non è sempre facile. Il giorno del bombardamento di Sviatohirsk, Victoria era accanto a una donna ferita, si stava preoccupando di procurarle dei vestiti, quando è entrato il figlio adolescente, illeso e in preda all’esaltazione: un amico al telefono gli aveva appena detto che, finalmente, al paese i russi avrebbero ammazzato tutti quei «khokhly», un termine dispregiativo fra i più comuni che i russi riservano agli ucraini. Victoria era scioccata ma è rimasta imperturbabile.

A un certo punto della cena riceve una telefonata, discute a lungo, e quando le chiedo di riassumere a proposito di cosa mi mostra la foto di un attrezzo di plastica: serve ad agganciare le granate ai droni. C’è una trattativa in corso: una fornitura di «varenyky» in cambio di quei pezzi di plastica, che qualcuno in città potrebbe produrre con una stampante 3D.

A letto la vicinanza del fronte mi procura una tensione del tutto particolare. La notte precedente Kramatorsk è stata bombardata, ne hanno parlato anche i media internazionali, ma è stata bombardata a lungo anche Pokrovsk, molto più piccola e di cui non ha parlato nessuno. Mi trovo a pensare a come la casa di Victoria e Bogdan potrebbe essere rasa al suolo in un istante dai missili che piovono di continuo sulla regione.

Il sonno dura comunque poco. Ripartiamo appena c’è luce. A Kramatorsk è difficile trovare una finestra che non sia sigillata. Il bombardamento della stazione, il 22 aprile, ha ucciso sessanta civili e ne ha feriti più di un centinaio. Due giorni fa, invece, un Iskander ha colpito un complesso residenziale con un esito meno eclatante, quattro morti e otto feriti. A differenza del Kh-200 che ha sventrato il palazzo di Dnipro, gli Iskander sono missili di precisione, i russi devono aver inserito male le coordinate. Nel condominio di fronte a quello distrutto, una ragazza è in piedi su un davanzale. Stacca le tende dalla finestra in frantumi, poi raccoglie i detriti con una piccola scopa di saggina. Quando si accorge che la fotografo mi fa ciao, mestamente, con la mano.Una chiesa crivellata di colpi a Irpin (Foto P. Giordano)

Consegniamo il generatore di corrente ad Andryi, un operatore di droni, poi ci lasciamo alle spalle anche Kramatorsk. Sashko ci avvisa che da qui in avanti è meglio tenere le cinture slacciate. I checkpoint s’intensificano, a fine giornata ne avremo attraversati almeno una ventina.

Arriviamo nei pressi di Chasiv Yar. La cittadina successiva sulla mappa è Bakhmut, da settimane l’epicentro della guerra. Nel momento in cui scrivo non è ancora caduta ma è quasi accerchiata, ormai sembra questione di giorni. Ancora dopo c’è Soledar, già presa dai russi. Da quella direzione mi sembra emanare un’energia oscura, ma so che è solo suggestione. I colpi di artiglieria, in compenso, sono autentici e continui. La neve delle ultime ore assorbe tutti i suoni tranne quelli. Si susseguono a un ritmo regolare, per nulla frenetico, quasi sonnolento invece, come se dovessero durare all’infinito.

Roman si trova qui per questo, per l’artiglieria. Mi porta a visitare il «suo» lanciarazzi mimetizzato tra i rami. Un modello vecchio, di fabbricazione sovietica, scomodo e anche poco protetto, ma si vede che Roman si è affezionato. D’altra parte, nelle prime tre settimane di invasione ha vissuto nell’abitacolo, giorno e notte, insieme ad altri due. Dormivano appiccicati sull’unico sedile. Il problema è che le munizioni per quel tipo di lanciarazzi scarseggiano. Stanno aspettando quelli nuovi che gli alleati hanno promesso, ma chissà quando arriveranno. Aiutandosi con i gesti delle mani, Roman mi spiega che nell’intervallo temporale che va fra la promessa dei mezzi militari e il loro arrivo lì, lui e gli altri come lui muoiono in quantità. Morire, aggiunge con un sorriso, è comunque meglio di essere fatto prigioniero. Il trattamento riservato dai russi agli artiglieri è noto, perché il novanta percento delle loro perdite è causa loro.

Ha fatto preparare un pranzo per noi nel cortile accanto. Per lo meno adesso non dormono più nel lanciarazzi. Occupano case di fortuna, spostandosi all’incirca ogni due settimane per evitare che la posizione venga individuata precisamente. Mangiamo in piedi, mentre Roman mi racconta del lavoro come insegnante che faceva prima del 24 febbraio, e dei foreign fighter che sono stati lì per un periodo: avevano fatto sia l’Afghanistan che l’Iraq, ma hanno detto che il peggio l’hanno visto in Donbass.

Scattiamo delle foto insieme e quando stiamo per andarcene capisco che Roman vorrebbe trattenerci. Dopo undici mesi di questa vita, interrotti solo da quattro giorni di licenza, ha voglia di un’interazione umana diversa. Ma noi abbiamo appuntamento con un soldato di fanteria, a Sloviansk. Fanteria? dice lui. Quelli della fanteria li riconosci dallo sguardo.

Capisco cosa voleva dire appena stringo la mano a Taras. Ha quarant’anni, la mia età, ed esattamente quello sguardo. Prima del 24 febbraio Taras lavorava in una compagnia internazionale, viaggiava, infatti parla inglese. Nel 2012 era stato trasferito a Mosca. Il livello di propaganda antiucraina incontrata lì lo aveva sconvolto, ed era prima della guerra in Donbass, prima della rivoluzione di Maidan, prima di tutto. La tv parlava in continuazione dei nazisti ucraini, al punto che dopo un po’ aveva iniziato ad avere dei dubbi perfino lui. Quando in metropolitana si rivolgeva in ucraino ai suoi bambini, l’insofferenza dei russi era evidente. Stavano già preparando questa guerra, mi dice ora. Mi dice: Non è una questione di russi buoni o cattivi, è che la loro mente è stata avvelenata troppo a lungo.La pulizia delle strade di Kharkiv dopo un bombardamento (Foto P. Giordano)Nel 2012 Taras era stato trasferito a Mosca. Il livello di propaganda antiucraina incontrata lì lo aveva sconvolto. La tv parlava in continuazione dei nazisti ucraini. Quando in metropolitana si rivolgeva in ucraino ai suoi bambini, l’insofferenza dei russi era evidente. Stavano già preparando questa guerra, mi dice ora.

Taras non aveva alcuna attrazione per le armi o l’esercito. Aveva schivato il servizio militare e con tre figli minorenni avrebbe potuto continuare a farlo anche dopo l’invasione su larga scala. Invece la mattina del 24 febbraio era in fila per arruolarsi. Da allora è stato sempre al fronte. Ha ucciso e visto morire i suoi più di quanto una mente solida possa reggere, ed è ancora abbastanza cosciente per riconoscerlo.

Mi racconta di prima mano quello che tutti abbiamo appreso con un po’ di incredulità dai media: delle ondate di soldati russi mandati avanti a farsi trucidare, solo per guadagnare una posizione. Un costo umano al metro lineare che ha precedenti solo nelle battaglie più sanguinarie della storia. Sono stanco di ucciderli, dice Taras con voce spenta. Mi sento almeno dieci anni in più di quando sono partito.

Due giorni fa hanno perso molti dei loro. Non hanno potuto recuperare i corpi perché i russi hanno minato l’area e i cadaveri stessi. Enuncia tutto questo senza traccia di esaltazione bellica o rabbia, solo con grande stanchezza e con un senso cupo di inevitabilità.Ecco un uomo che faceva le sue cose normali nella sua vita normale, e che da un anno vede morire e uccide e dorme dentro buche di fango e ormai ha accettato per intero anche la propria morte. Quando finiamo di parlare non so come congedarmi da lui, non so cosa dire. Ma lui non si aspetta nulla da me. Con il passare dei giorni sarà il suo sguardo terminale a ingombrarmi la mente più di ogni altra immagine incamerata qui.

Lungo la strada per Izyum è tutto distrutto. Carcasse di auto e carri armati bruciati, case senza il tetto, muri crivellati. Ogni centinaio di metri un cartello indica la presenza di mine e di tanto in tanto compare una Z nera disegnata con lo spray, a sfregio. Chilometri e chilometri così. Dopo un po’ che sfila, il paesaggio di devastazione risulta monotono. Mi rifugio nel telefono, la connessione funziona a tratti. Su Telegram vengono lanciate campagne di raccolta fondi per l’acquisto di droni. Su Twitter è in tendenza l’hashtag #Wagner.

Il primo aprile 2022 Izyum è stata occupata ufficialmente dai russi, dopo un mese di battaglia fra le sponde del fiume. Le notizie da quel segmento decisivo di fronte erano poche, frammentarie e paurose. Ma dopo l’occupazione russa era piombato sulla cittadina un buio assoluto, durato per tutta l’estate, fino alla controffensiva di settembre. Yurii è stato fra i primi soldati ucraini a entrare nella Izyum liberata: mi ha detto di aver trovato così tante armi e munizioni abbandonate dai russi da dover scegliere quali prendere e quali lasciare.

Superiamo la parte ancora incredibilmente abitata. Imbocchiamo una strada laterale coperta di neve e parcheggiamo l’auto ai margini di un bosco. Frequentare i boschi è vietato, nonostante la neve intonsa sia così invitante, ma Kateryna mi garantisce che questo è sminato.

Le fosse comuni di Izyum hanno fatto meno scalpore di quelle di Bucha, ma solo perché sono arrivate dopo. Proprio come a Bucha, anche qui sono stati i superstiti a indicare la zona delle fosse, l’unica dove i russi permettevano di sotterrare i cadaveri, alla svelta, avvolti al massimo in una coperta. Ne sono stati riesumati centinaia. Li hanno portati via per identificarli, perciò quello che troviamo adesso nel bosco di pini è una distesa di buche rettangolari vuote, squarci scuri nella neve a perdita d’occhio, ognuno con all’interno una croce di legno numerata. È sera, la luce è appena sufficiente a scattare qualche foto, ma nessuna che renda l’idea dell’estensione del cimitero. Tornati in macchina scrivo solo: «Controllare se a Izyum si sta davvero diffondendo la tubercolosi». I miei appunti si fanno sempre più scarni, stanno sparendo del tutto i commenti. Ormai mi limito a segnare le informazioni nude.

Arrivare a Kharkiv, dopo, sembra impossibile. Troviamo la strada sbarrata all’improvviso, senza un avvertimento, ne prendiamo una laterale e la percorriamo fino a quando capiamo dalla neve e dai detriti che non è affatto una buona idea. Impieghiamo un quarto d’ora solo per fare inversione, perché entrambi i lati potrebbero essere minati.

Sto per avere una crisi di nervi. Ci troviamo intrappolati fra tre checkpoint che ci rimandano uno all’altro, finché riusciamo a trovare la deviazione. Quando entriamo a Kharkiv, circa due ore dopo, non manca molto al coprifuoco. La città è al buio, tanto per cambiare. I monoliti sovietici sfilano uno dopo l’altro, neri, ne intuisco comunque la maestosità. Kharkiv aveva quasi un milione e mezzo di abitanti prima del 24 febbraio, ma si stima che nelle prime settimane l’abbiano lasciata in circa ottocentomila. Qualcuno sarà tornato nel frattempo, ma non abbastanza perché la città non appaia vuota.

Per un soffio riusciamo a comprare del cibo da asporto e recuperiamo le chiavi di un appartamento. Tanya, che ha trovato questa sistemazione per noi, ci raccomanda di non farci spaventare troppo dalle sirene, sono molto forti e potrebbero partire da un momento all’altro: le nove di sera e le quattro del mattino sono gli orari prediletti dai russi per bombardare.

Come aveva previsto, la sirena suona due volte nel corso della notte, ma io vengo a saperlo solo al mattino perché ho abbondato con i sonniferi. Le esplosioni in città alle otto e mezzo, invece, le sento benissimo: due, ravvicinate tra loro e vicine a qui. Un suono che vibra sulle basse frequenze, non solo dello spettro acustico, ma anche – mi viene da pensare lì per lì – dell’anima.

Sashko e io finiamo di preparare il caffè istantaneo, poi ci mettiamo in corridoio con Kateryna, ad aspettare. Sembra il punto più sicuro della casa. Proprio quando serviva, la sirena non è partita. Ecco un altro inconveniente del trovarsi così vicino al confine: spesso le bombe arrivano prima dell’allarme. Sulla mappa delle allerte la regione di Kharkiv è rossa, ma in pochi minuti si accende tutto l’est dell’Ucraina. Per ingannare il tempo scorro le mail: il «New York Times» ha deciso di interrompere la newsletter sulla guerra, perché è già andata più avanti di ogni previsione, e soprattutto non se ne intravede la fine. È arrivato, insomma, il momento di trattarla come qualcosa di normale. E così, noi abbiamo quasi esaurito le scorte di attenzione, l’Ucraina sta esaurendo le munizioni per i lanciarazzi, ma la Russia non ha esaurito le riserve di missili da lanciare e gli uomini da inviare al fronte, né la volontà di farlo.Ecco una differenza sostanziale, dalla quale non dovremmo mai prescindere: l’Ucraina appartiene a quella parte di mondo che vuole mostrarsi, dall’inizio ripete venite a vedere, venite a Mariupol, venite a Bakhmut, venite a Kherson, venite a Bucha. I regimi illiberali, come la Russia, devono mantenere il proprio segreto al di sopra di tutto e di chiunque

I Kh-200 hanno colpito un’università e l’edificio residenziale alle sue spalle. Quando arriviamo sul posto le attività di ripristino sono già in corso. Personale specializzato e civili portano via macerie, spazzano, trasportano pentoloni di zuppa. L’università si trova in una zona centrale, ricca della città: a un isolato, per dire, c’è un negozio di Bang & Olufsen. Per fortuna è domenica, e il bilancio finale sarà di solo cinque feriti. Fra le persone che affollano la scena, intanto, non colgo neppure una manifestazione di rabbia o scoramento, solo un’operosità fuori dal comune, tanto che dopo un po’ mi sento d’intralcio.

Ci rimettiamo in macchina. Fuori città passiamo accanto a un lago ghiacciato, punteggiato di figure che pattinano, giocano, pescano, ma io diffido di quello scorcio rapidissimo di idillio invernale, come se fosse stata la mia immaginazione a fabbricarlo.

A Kiev, nella stanza d’albergo funzionale, accogliente e pulita, mi precipitano addosso le settantadue ore precedenti. Mi precipita addosso, soprattutto, la gratitudine delle persone che ho incontrato, la gratitudine di Roman e Taras e degli altri militari al fronte per il solo fatto che io fossi arrivato lì: un paradosso. Ecco una differenza sostanziale, dalla quale non dovremmo mai prescindere: l’Ucraina appartiene a quella parte di mondo che vuole mostrarsi, dall’inizio ripete venite a vedere, venite a Mariupol, venite a Bakhmut, venite a Kherson, venite a Bucha. I regimi illiberali, come la Russia, devono mantenere il proprio segreto al di sopra di tutto e di chiunque.

La mattina seguente Tanya ci scrive che sulla strada bombardata di Kharkiv è già stato steso l’asfalto nuovo. Decido di restare aggrappato al suo messaggio, alla possibilità di riparazione che trasmette. La ricostruzione in Ucraina sta avvenendo davvero, in modo sparso e disomogeneo, ma sta avvenendo. Il ristorante dove pranziamo, «Otamansha», appare intatto, sebbene i russi avessero portato via tutto: computer, stoviglie, pentole, mobili, televisori, le scorte di cibo, perfino il sale. Ora la guerra non sembra nemmeno passata.

Il ponte saltato di Irpin, da cui a marzo è avvenuta un’evacuazione disperata, è ancora nello stesso stato, ma una compagnia turca ne sta completando uno nuovo accanto. L’intenzione è di ripristinare al più presto il collegamento, lasciando il ponte distrutto come memoriale. Non tutti sono d’accordo, non tutti vogliono avere davanti agli occhi, per sempre, l’inverno del 2022. Tutta l’area a ovest di Kiev si trova su questo crinale fra la conservazione dell’orrore e il ripristino accelerato, qualcosa rischia di andare perduto nel processo, qualcosa andrà di certo perduto. Ma i fabbricati nuovi sono anche una prefigurazione di come potrebbero tornare a essere, prima o poi, i villaggi a est che ho attraversato ieri.

Nonostante gli sforzi, la collezione di palazzi semidistrutti, carbonizzati, è interminabile, mi dà la nausea. Borodyanka ha il primato di devastazione. Nel primo complesso residenziale bombardato, che si erge nei suoi nove piani come un dente marcio e per qualche ragione sembra già un manufatto antichissimo, i russi hanno impedito di soccorrere i superstiti. Chi c’era, dice di averli sentiti chiamare da sotto le macerie per giorni.

La furia dei russi è evidente, abnorme, irrazionale: hanno distrutto anche per il puro gusto di farlo, sparando dai carri armati, incendiando. E tuttavia, nel loro procedere esisteva anche un’intenzione lucida. La si percepisce nell’accanimento specifico contro la casa della cultura di Irpin, con la sua facciata celeste e i fregi e le colonne istoriate – almeno un tempo. Ora il tetto è in pezzi, il palcoscenico denudato, ci sono buchi di proiettili ovunque. Gli ucraini inseguono da mesi il riconoscimento dell’invasione russa come genocidio, si tratta di un riconoscimento difficile da ottenere a livello internazionale, ma è indubbio, venendo qui, che i russi hanno un intento specifico di cancellazione della loro cultura. Altrimenti perché sparare in testa alla statua del poeta Taras Shevchenko? Perché, se non come simbolo dell’esecuzione sommaria di tutta la cultura ucraina? Esiste un nome specifico per questo tipo di crimine?

La categoria dell’oppressione coloniale non ci va a genio per interpretare la storia dell’Ucraina, né tantomeno questa guerra, perché ci mette automaticamente in una posizione morale più scomoda, eppure, con ogni probabilità, è proprio quella da usare.

Anche la sera che lascio Kiev non c’è corrente. Il viaggio sul treno notturno fino a Przemysl, la prima cittadina polacca, dura nove ore, ma ci fanno restare a bordo per altre tre. Un intoppo di frontiera forse. Io fantastico che possa trattarsi del mio vicino, che avrà vent’anni e con la legge marziale non potrebbe varcare il confine. Ha mostrato alle militari di frontiera un plico di documenti bollati. Loro vanno avanti e indietro, forse poco persuase, senza che lui mostri segni di insofferenza.

In men che non si dica sono a Cracovia. Ho davanti molte ore vuote prima del volo. Kateryna mi chiede come va il viaggio proprio mentre sto cercando di negoziare con il senso di colpa per l’essermene andato – un senso di colpa che so riconoscere come infondato e che tuttavia persiste. Le rispondo che è tutto okay. Silenzio i gruppi Telegram degli allarmi aerei, ma senza cancellarli. È ancora mattina, cerco un posto per la colazione. Il compito mi distoglie dal pensiero dei luoghi e delle persone. Mi concedo tutto il tempo di indugiare. Ne ho quanto voglio, di tempo, qui: qui dove il tempo ancora esiste, qui dove tutto è ancora libero.

Come le more selvatiche di Paolo Giordano

Ucraina, un anno di guerra

Progetto di Barbara Stefanelli

A cura di Alessandro Cannavò, Mario Garofalo, Mara Gergolet

Progetto grafico Giovanni Angeli

Hanno collaborato: Francesca Basso, Francesco Battistini, Lorenzo Cremonesi, Andrea Ducci, Giusi Fasano, Samuele Finetti, Federico Fubini, Massimo Gaggi, Marco Imarisio, Andrea Marinelli, Viviana Mazza, Maria Serena Natale, Andrea Nicastro, Guido Olimpio, Marilisa Palumbo, Greta Privitera, Federico Rampini, Simone Sabattini, Giuseppe Sarcina, Marta Serafini, Barbara Stefanelli, Paolo Valentino, Francesco Verderami, Edoardo Vigna, Paolo Valentino

E con un racconto di Paolo Giordano

Sviluppo: Fabio Mascheroni, Stefano D'Angelo, Infografici Corsera, Grafici Online

Cura delle immagini: Antonella Gesualdo, Michele Lovison, Giovanni Angeli

Milano, febbraio 2023

Stasera Italia, Federico Rampini sull’economia italiana: basta piagnistei. Libero Quotidiano il 10 marzo 2023

La guerra tra Russia e Ucraina ha avuto forti ripercussioni sull'economia europea. Ma non così forti come, spesso, ci raccontiamo. Se n'è parlato nel corso della puntata di Stasera Italia in onda il 10 marzo su Rete4. In collegamento c'era Federico Rampini che ha sottolineato le performance positive della nostra economia nel 2022.

"Il vizio italiano del piagnisteo è una cosa insopportabile - ha detto Federico Rampini a Barbara Palombelli - Sembra che la guerra la stiamo facendo noi. Non c'è stata nemmeno una mini recessione. Nel 2022, l'anno in cui le sanzioni economiche dovevano rovinare l'economia italiana, ha visto un boom con un +20% del Made in Italy nel mondo. Anche perché basta fare un po' di conti di aritmetica, l'economia russa è microscopica. vale 1/14 dell'economia degli Stati Uniti e non è neanche tra le prime dieci al mondo. Quindi ci voleva davvero tanta immaginazione per pensare che perdere il mercato russo sarebbe stata una catastrofe per noi".

Estratto dell’articolo di Federico Rampini per corriere.it il 23 Febbraio 2023.

Perché tante previsioni sulla guerra in Ucraina si sono rivelate clamorosamente errate negli ultimi dodici mesi? Ripercorrere le «profezie mai avverate» è utile, in questo tragico anniversario dell’invasione. […] Provo a elencare, per capitoli, le principali smentite che la realtà ha inflitto ai nostri pregiudizi.

 1) Vittoria facile e veloce per Putin.

Questa era l’opinione più diffusa un anno fa. Era una delle ragioni per cui molti leader occidentali erano pronti a concedere di tutto e di più alla Russia: a cominciare da una neutralità ucraina che la consegnava al destino di Stato-satellite di Mosca. Da che cosa nasceva questa previsione, spazzata via dalla resistenza ucraina?

Da una sopravvalutazione delle forze armate russe, legata ad alcuni exploit (Cecenia, Georgia, Siria) studiati poco e male. Da una sottovalutazione del nazionalismo ucraino: in molti hanno creduto alla propaganda di Putin secondo cui l’Ucraina non fu mai stata una vera nazione bensì soltanto una costola della Russia. E quindi avrebbe dovuto accogliere a braccia aperte l’armata di Putin, almeno in alcune regioni.  […]

 2) Apocalisse energetica.

Un anno fa, e per mesi dopo l’inizio dell’invasione, molti descrivevano un’Europa sull’orlo di una terrificante penuria energetica, condannata a un inverno di gelo e stenti. I rialzi delle tariffe energetiche ci sono stati, hanno picchiato duro sui bilanci di famiglie e imprese, ma quella crisi è stata più breve e assai meno tragica del previsto.

 L’inverno abbastanza mite è stato un fattore, ma non il più importante. I paesi europei hanno dimostrato flessibilità nel diversificare le proprie fonti, andando a cercare energia altrove. Il sistema delle imprese ha reagito accelerando i risparmi energetici e l’innovazione. Le fasce sociali più deboli sono state aiutate grazie ai bilanci pubblici. Perché tante previsioni allarmiste e catastrofiste? Perché tendiamo a sottovalutare la ricchezza dei nostri stessi paesi. […]

3) Apocalisse alimentare.

Idem come sopra. A un certo punto del 2022 sembrava che ci fosse la carestia alle porte dell’Italia. Il solito riflesso apocalittico – e forse filorusso – descriveva la produzione di cereali russi come indispensabile a tal punto, che il mondo intero stava scivolando verso la fame. Ma la Russia non aveva interesse a cessare le sue vendite di cereali. E nella misura in cui queste si sono ridotte perché la guerra ha ostacolato la logistica, il mondo annovera tante altre superpotenze agricole in grado di compensare (tra i maggiori produttori figurano Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile, Australia, perfino la sorprendente India).

[…]

 4) Le sanzioni costringeranno la Russia a sedersi al tavolo di negoziato.

È dai tempi di Mussolini in Etiopia che le sanzioni internazionali falliscono. L’Italia fascista non cambiò politica estera perché era sottoposta a un regime sanzionatorio. Lo stesso dicasi per Cuba, Corea del Nord, Iran. Tutti questi paesi hanno trovato anche dei sistemi per aggirare almeno in parte l’embargo, figurarsi se la Russia non si era preparata per fare lo stesso. […] Peraltro il regime di sanzioni contro la Russia oggi vede schierato tutto l’Occidente insieme con alleati importanti come Giappone, Corea del Sud. Ma gran parte del mondo, inclusa una potenza filo-occidentale come l’India, il Golfo Persico, l’Africa e l’America latina, non partecipa al nostro regime di sanzioni. […]

5) La guerra finirà con la mediazione cinese.

Xi Jinping sta con Putin a tutti gli effetti. Lo aiuta in modo sostanziale aumentando i propri rapporti commerciali, da cui lucra anche vantaggi: compra gas e petrolio a prezzi scontati. La Cina vende anche tecnologie “duali” che i russi usano sul terreno militare: droni e semiconduttori.

 

Secondo gli Stati Uniti Xi starebbe valutando la possibilità di fornire apertamente armi vere e proprie, pur di risparmiare una umiliante sconfitta all’alleato Putin. La Cina nel lungo termine colonizzerà la Russia. Anche se questa guerra le ha procurato delusioni e costi, vede la sua utilità in termini di “distrazione” dell’America dall’Estremo Oriente.

6) Putin userà l’arma nucleare.

L’ha minacciata più volte, ma è una minaccia credibile? Fra le contro-indicazioni, gli esperti americani indicano il fatto che le armi nucleari tattiche usate in un campo di battaglia dove le forze sono ravvicinate, possono seminare morte e distruzione anche tra i soldati russi. Alla mercè dei venti, la radioattività può ritornare sul territorio russo. […]

 7) Putin sta per sparire: golpe o malattia terminale.

Altra profezia che circola periodicamente, e altrettanto regolarmente viene dimenticata. Lo abbiamo visto tutti godersi un bagno di folla nel mega-comizio di due giorni fa a Mosca. Non sembrava un uomo malato, né assediato dagli oppositori. Gli unici attacchi visibili contro di lui all’interno della Russia, vengono da falchi della destra nazionalista come il capo della Divisione Wagner.

Il fatto che lui li tolleri lascia aperta una supposizione: che sia lui stesso a voler far credere all’Occidente che una sua caduta sarebbe seguita da un regime ancora più aggressivo. In ogni caso dietro questa profezia (morte o golpe) c’è anche la convinzione, o la speranza, che Putin sia l’unico vero problema. […]

Ucraina, un anno di guerra vista dal Donbass. L’Espresso il 23 febbraio 2023.

Il mondo non è più lo stesso da quando i carri armati russi hanno oltrepassato il confine ucraino. La guerra in Europa è tornata, così come le antiche rivalità che per decenni hanno governato le relazioni internazionali dalla fine del II conflitto mondiale alla caduta del Muro di Berlino. Sono tornate le trincee, i campi minati e le sirene antiaeree a scandire le ore dei civili che hanno scelto di non lasciare le proprie case. Quelle stesse case che da mesi sono vuote, ridotte (nel migliore dei casi) a poco più di un magazzino dove avventurarsi per recuperare qualcosa da portare negli scantinati dove si è costretti a vivere. Al buio, senza né riscaldamenti né acqua corrente, i boati dell’artiglieria in entrata e in uscita scandiscono le ore e riportano la vita quotidiana a una condizione di mera sopravvivenza. Intanto al fronte decine di migliaia di soldati sono morti. La terra di Mariupol, Kherson, Kharkiv e ora Bakhmut si è trasformata in un cimitero a cielo aperto dove i due eserciti si sono massacrati per mesi. Il tutto in nome delle mire espansionistiche del governo di Vladimir Putin che continua ad accusare l’Occidente di voler annichilire la Russia mentre minaccia di usare il suo arsenale atomico. Sul campo lo stato maggiore russo prepara una nuova massiccia offensiva per tentare di spezzare la resistenza delle forze armate ucraine e conquistare almeno tutto il territorio del Donetsk. Ma le forze armate ucraine continuano a resistere, sperano in nuove forniture di armi da parte degli alleati e, dicono i generali, si preparano alla controffensiva. A un anno dal 24 febbraio 2022, la pace resta un miraggio. (di Sabato Angeri)

Ucraina, un anno di guerra: dall’invasione al rischio di conflitto nucleare. Il Tempo il 23 febbraio 2023

È passato un anno dal lancio dell'operazione militare speciale con cui il presidente russo Vladimir Putin annunciava di voler "smilitarizzare e denazificare" l’Ucraina. Un obiettivo che il Cremlino intendeva raggiungere in poco tempo e che, invece, si è trasformato in una lunga guerra di posizione.

Dodici mesi che hanno sconvolto gli equilibri della geopolitica mondiale e causato centinaia di migliaia di morti, militari e civili. L'Ucraina ha avuto fin da subito l'appoggio della Nato e dell'Occidente, trainato dal presidente americano Joe Biden, che alla vigilia del 24 febbraio si è recato in visita a sorpresa a Kiev per ribadire il sostegno al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Proprio il leader di Kiev, fino a un anno fa noto principalmente per il suo passato da attore comico prima di scendere in politica, è diventato 'l'uomo dell'anno' e simbolo della resistenza. La guerra ha nuovamente scavato un solco fra la Russia e l'Occidente, riecheggiando i tempi della Guerra fredda e le minacce sull'uso delle armi nucleari, mentre la prospettiva di un tavolo negoziale sembra ancora lontana. Di seguito le principali tappe di un anno di conflitto.

FEBBRAIO

LA RUSSIA INVADE L'UCRAINA - Il 24 febbraio del 2022, prima dell'alba, il presidente russo Vladimir Putin annuncia di aver deciso di lanciare una “operazione militare speciale” con l’obiettivo di “smilitarizzare e denazificare l’Ucraina” in risposta a una richiesta di assistenza dalle autorità delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, minacciando i Paesi che fossero intervenuti di “conseguenze mai viste prima”. Due ore dopo le truppe russe entrano nel territorio ucraino e raid aerei e missilistici colpiscono tutto il Paese, inclusa la capitale Kiev. Gli attacchi missilistici balistici e da crociera nelle prime 24 ore del conflitto sono 160 e 75 le incursioni aeree. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, risponde promulgando la legge marziale, interrompendo i rapporti diplomatici con la Russia e annunciando la mobilitazione generale. I russi puntano ad accerchiare la capitale Kiev, ma la loro avanzata viene rallentata dalla strenua resistenza delle forze armate ucraine.

MARZO

IL PATRIARCA RUSSO KIRILL AL FIANCO DI PUTIN – Il 6 marzo il patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill si schiera la fianco di Vladimir Putin giudicando l’appoggio all’invasione come un “test di fedeltà al Signore”.

BOMBARDATO TEATRO DI MARIUPOL USATO COME RIFUGIO - Il 16 marzo un attacco aereo russo colpisce il teatro di Mariupol, che era usato come rifugio. Secondo un'indagine condotta da Associated Press, sono circa 600 le persone rimaste uccise, e non 300 come si riteneva in un primo momento.

 "Qualcuno peggiore di Putin?". Ipotesi smembramento Russia, cosa sa Mikhelidze

ZELENSKY INTERVIENE AL PARLAMENTO ITALIANO – Il 22 marzo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky interviene al Parlamento italiano. 'Genova come Mariupol. L’Italia congeli i beni dei russi e chiuda porti”, il suo appello.

MUORE SUL CAMPO DI BATTAGLIA ITALIANO EDY ONGARO – Il 30 marzo muore nel Donbass il combattente italiano Edy Ongaro. Originario del Veneto, combatteva a fianco delle forze filorusse con il nome di battaglia di ‘Bozambo’. Aveva 46 anni.

APRILE

UCRAINA RIPRENDE REGIONE KIEV E SCOPRE GLI ORRORI DI BUCHA - Man mano che i russi si ritirano dalla regione di Kiev, emergono gli orrori. Ne diventa simbolo Bucha, sobborgo di Kiev, le cui immagini scatenano indignazione internazionale e appelli a indagini per crimini di guerra.

AFFONDA NEL MAR NERO INCROCIATORE MOSKVA – L’incrociatore Moskva, uno dei fiori dell’occhiello della marina russa, affonda nel Mar Nero. I militari ucraini rivendicano l’atto dicendo che la nave è stata colpita con missili da crociera antinave, mentre Mosca parla semplicemente di un incendio.

MAGGIO

PARATA PER GIORNO DELLA VITTORIA A MOSCA – Il 9 maggio, in occasione della parata per la vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista, il presidente russo Vladimir Putin tiene un lungo discorso sulla Piazza Rossa. “Combattete per la sicurezza della patria, combattete per la nostra gente nel Donbass”, dice ai soldati, e attacca l’Occidente che “preparava l’invasione” e la Nato che “non ci ha ascoltati sulle garanzie di sicurezza”.

INFURIA LA BATTAGLIA NEL DONBASS, TRUPPE RUSSE AVANZANO – Battaglie sempre più cruenti nel Donbass. La città ‘martire’ diventa Severodonetsk, presa d’assalto dai russi e poi occupata nel mese successivo. Le truppe di Mosca prendono anche il controllo di Lyman e Lysychansk.

GIUGNO

DRAGHI-SCHOLZ-MACRON A KIEV – Il 16 giugno l’allora presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz si recano in Ucraina. I tre leader, che viaggiano insieme in treno nella notte, portano un messaggio unitario nel condannare l'invasione dell'Ucraina, nel sanzionare la Russia e nell'aiutare Kiev. Prima della capitale, i tre si recano in visita a Irpin.

CONSIGLIO UE CONCEDE A UCRAINA STATUS CANDIDATO – Il 23 giugno il Consiglio Ue accoglie la proposta della Commissione di concedere lo status di paese candidato all'Ucraina.

 Fabbri rivela il vero piano di Putin: resa dell'Occidente o terrore nucleare

LUGLIO

ACCORDO SUL GRANO - Il 22 luglio a Istanbul viene firmato un accordo sul grano che impegna Ucraina e Russia, per consentire alle navi di grano di lasciare i porti ucraini del Mar Nero. La firma dell'intesa, raggiunta con la mediazione dell'Onu, avviene alla presenza del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e del segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres.

AGOSTO

UCCISA IN ATTENTATO DARYA DUGINA, FIGLIA DELL'IDEOLOGO DI PUTIN – Il 20 agosto Darya Dugina, figlia di Alexander Dugin, filosofo di estrema destra molto vicino a Vladimir Putin, rimane uccisa in un attentato.

La 29enne giornalista e analista politica è vittima dell'esplosione della Toyota Land Cruiser della quale era alla guida. Si ritiene che il padre fosse il bersaglio dell’attacco, sarebbe infatti dovuto tornare nella capitale russa a bordo della Toyota guidata dalla figlia, ma all'ultimo momento aveva deciso di cambiare vettura.

L’AIEA VISITA LA CENTRALE NUCLEARE DI ZAPORIZHZIA - Il 31 agosto, a seguito dell'intensificarsi degli scontri per il controllo dell'area, una spedizione internazionale dell'Aiea guidata dal presidente dell'agenzia Rafael Grossi raggiunge la centrale nucleare di Zaporizhzhia con lo scopo di valutarne le condizioni e prevenire incidenti. Un gruppo di tecnici resta alla centrale come presidio.

SETTEMBRE

UCRAINI LANCIANO CONTROFFENSIVA NELLA REGIONE DI KHARKIV – Il 7 settembre le truppe ucraine lanciano una controffensiva a sorpresa nella regione di Kharkiv riprendendo il controllo, fra le altre, delle città di Izyum e Kupiansk, importanti siti logistici delle forze armate russe. A fine mese i soldati di Kiev liberano anche Lyman nel Donbass, conquistata dai russi nel corso della primavera.

UCCISO ITALIANO GIORGIO GALLI, COMBATTEVA CON FORZE UCRAINE – Il 20 settembre viene ufficializzata la morte del secondo italiano nel corso del conflitto fra Russia e Ucraina. Si tratta del 27enne italo-olandese Giorgio Galli, combatteva con la Legione internazionale di difesa dell’Ucraina.

PUTIN ANNUNCIA MOBILTAZIONE PARZIALE – Il 21 settembre il presidente russo Vladimir Putin annuncia la mobilitazione parziale. Lo stesso giorno il ministro della Difesa, Serghei Shoigu, ordina il richiamo alle armi di 300mila riservisti.

SABOTAGGIO GASDOTTO NORD STREAM - Il 27 settembre vengono scoperte tre falle sottomarine nelle condotte Nord Stream e Nord Stream 2.

L'ipotesi prevalente che inizia a farsi strada è che si sia trattato di un atto deliberato, finalizzato al sabotaggio. Inizialmente, Germania, Danimarca e Svezia mettono le basi per un'investigazione congiunta, che però non si materializza a causa del rifiuto svedese.

Le autorità giudiziarie svedesi confermano ufficialmente che il danno subito dai gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2 sia stato dovuto a un atto di 'grave sabotaggio causato da una grande quantità di tritolo, quantificabile in centinaia di chili”.

PUTIN ANNETTE 4 REGIONI UCRAINE - Il 30 settembre il presidente russo Vladimir Putin, in una cerimonia al Cremlino, firma l'annessione unilaterale delle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, a seguito di 'referendum' sull'adesione alla Russia orchestrati da Mosca nelle regioni stesse. Dopo i “referendum farsa” e “l'annessione illegale”, l'Ue adotta un nuovo pacchetto di sanzioni.

OTTOBRE

ATTACCO A PONTE KERCH IN CRIMEA - L'8 ottobre un'esplosione avviene sul ponte di Kerch in Crimea, il più lungo d'Europa e rotta chiave per le forniture delle forze russe in Ucraina, provocando il crollo in mare di parte di una sezione e il danneggiamento della linea ferroviaria.

MUORE FOREIGN FIGHTER ITALIANO ELIA PUTZOLU – La terza vittima italiana nel conflitto fra Russia e Ucraina è Elia Putzolu. Il 28enne viveva da tempo in Russia, a Rostov, e si era arruolato con le milizie filorusse del Donbass.

NOVEMBRE

MISSILE CADE IN TERRITORIO POLONIA, 2 MORTI - Il 15 novembre un missile colpisce il territorio della Polonia nel villaggio di Przewodow, vicino al confine con l'Ucraina, causando la morte di due persone. L'incidente avviene durante un attacco alle città ucraine e agli impianti energetici da parte della Russia. Si tratta del primo incidente del genere all'interno del territorio della Nato. Il mondo intero trema per qualche ora, poi, dopo le prime valutazioni, viene appurato che si trattava di un missile di difesa aerea delle forze ucraine lanciato per difendersi da quelli russi.

IL G20 DI BALI CONDANNA GUERRA IN UCRAINA NONOSTANTE DIVISIONI.

ZELENSKY PROPONE PIANO DI PACE – A Bali, in Indonesia, si tiene il G20. Nella dichiarazione finale la “maggior parte” dei membri condanna con forza la guerra in Ucraina, nonostante la vicinana di diversi Paesi a Mosca, sottolineando come il conflitto stia causando immense sofferenze umane e aggravando le fragilità esistenti nell'economia globale. In occasione del vertice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky interviene da remoto proponendo un piano di pace in dieci punti.

DICEMBRE

RUSSIA LIBERA LA STAR DEL BASKET USA GRINER IN CAMBIO DEL RILASCIO DEL 'MERCANTE DI MORTE' VIKTOR BOUT – L’8 dicembre Russia e Usa effettuano uno scambio di prigionieri di alto livello: la cestista statunitense Brittney Griner in cambio del trafficante d'armi russo Viktor Bout.

Griner era stata arrestata all'aeroporto di Mosca pochi giorni prima dell'invasione russa dell'Ucraina, dopo essere stata fermata con l'accusa di detenzione di cartucce per sigarette elettroniche contenenti cannabis. Bout invece è uno dei più noti ‘mercanti di morte’ internazionali. A lui è ispirato il film di Hollywood 'Lord of war' con Nicolas Cage.

ZELENSKY ALLA CASA BIANCA DA BIDEN – Il 21 dicembre visita a sorpresa di Volodymyr Zelensky a Washington. Mantenuto segreto fino all'ultimo, il viaggio del presidente ucraino, il primo fuori dal Paese dall'inizio della guerra, ottiene un importante risultato: la conferma del sostegno americano alla resistenza ucraina, con l'annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti militari da 1,8 miliardi di dollari, comprendente anche la prima batteria di missili Patriot.

GENNAIO

MISSILE RUSSO COLPISCE PALAZZO A DNIPRO, 45 MORTI – Il 14 gennaio un missile russo colpisce un palazzo nel centro di Dnipro. Il bilancio è di 45 morti, fra cui sei bambini, il più piccolo di 11 mesi.

MUORE IN ELICOTTERO MINISTRO INTERNO KIEV – Il 18 gennaio muore il ministro degli Interni ucraino Denys Monastyrskyi. L’uomo era a bordo di un elicottero che si schianta vicino a un asilo a Brovary, nella regione di Kiev. La destinazione finale del viaggio era la zona più calda del conflitto. Tra le vittime anche il suo vice Yevhen Yenin e il segretario di Stato del ministero degli Affari interni. Il bilancio complessivo dell’incidente è di 18 morti, fra loro anche tre bambini.

USA E GERMANIA UFFICIALIZZANO INVIO A KIEV DI CARRI ARMATI ABRAMS E LEOPARD – Il 25 gennaio il presidente americano, Joe Biden, ufficializza l’invio a Kiev di 31 carri armati Abrams.

Contestualmente, dopo aver a lungo tentennato, il cancelliere Olaf Scholz fa altrettanto per 14 tank tedeschi Leopard.

SIGNIFICATIVO RIMPASTO NEL GOVERNO UCRAINO E FRA I GOVERNATORI REGIONALI – Su indicazione del presidente Zelensky avviene un significativo rimpasto nel governo ucraino, in seguito ad accuse di corruzione verso alcuni funzionari. Saltano, fra gli altri, quattro viceministri, cinque governatori regionali e il vice capo della segreteria del presidente, Kyrylo Tymoshenko.

FEBBRAIO

L’ASSEDIO DI BAKHMUT – Sede di feroci combattimenti da mesi, la città di Bakhmut, nel Donbass, è il nuovo epicentro del conflitto fra forze russe, con i mercenari della compagnia Wagner, e ucraine. Si combatte casa per casa per questo centro, snodo cruciale per le linee di rifornimento da una parte e dall’altra.

ACCORDO ITALIA-FRANCIA PER INVIO SISTEMA DIFESA AEREA SAMP-T ALL’UCRAINA – Roma e Parigi annunciano l’accordo per l’invio del sistema di difesa aerea italo-francese Samp-T all’Ucraina.

URSULA VON DER LEYEN E DELEGAZIONE COMMISSIONE UE A KIEV – La presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, e una delegazione di commissari, fra cui anche l’italiano Paolo Gentiloni, si reca in visita a Kiev. “L’Ue sostiene l’Ucraina più fermamente che mai”, dichiara Von der Leyen.

ZELENSKY A LONDRA, PARIGI E BRUXELLES – L’8 febbraio, a sorpresa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky va in visita a Londra, dove incontra re Carlo e il premier Rishi Sunak. Poi pronuncia un discorso davanti al parlamento dove chiede l’invio di aerei da combattimento per difendere la libertà dell’Ucraina. Successivamente Zelensky viene invitato a Parigi per un incontro con Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che scatena l’irritazione italiana. Il 9 febbraio il leader di Kiev arriva a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo e a una seduta straordinaria della plenaria del Parlamento europeo. “La pace sarà possibile solo quando vinceremo”, dichiara.

A MONACO DI BAVIERA LA CONFERENZA SULLA SICUREZZA, CINA PREANNUNCIA UN PIANO DI PACE – Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera la Cina afferma che la guerra in Ucraina “deve finire” e che presto Pechino proporrà una sua iniziativa per superare la crisi. Gli Usa accusano la Russia di crimini di guerra.

JOE BIDEN A SORPRESA A KIEV - Il 20 febbraio Joe Biden si reca a sorpresa a Kiev, in una visita storica e senza precedenti. 'Un anno dopo l'Ucraina resiste, la democrazia resiste', le parole pronunciate dal presidente americano a fianco di Volodymyr Zelensky. Biden attacca poi frontalmente Vladimir Putin, che 'pensava di poterci sconfiggere, ma sta fallendo'. Il presidente Usa annuncia un altro mezzo miliardo di dollari di nuovi aiuti a Kiev.

PUTIN PARLA AD ASSEMBLEA RUSSA E ANNUNCIA SOSPENSIONE TRATTATO START - A 24 ore dalla visita di Joe Biden a Kiev, il presidente russo Vladimir Putin prende la parola davanti all'Assemblea federale e annuncia la sospensione della partecipazione della Russia al trattato Start per la riduzione degli arsenali nucleari. Il leader del Cremlino continua ad attaccare l'Occidente e l'Ucraina, considerati i 'veri responsabili' della guerra in corso, e conferma la 'prosecuzione dell'operazione militare speciale'. Biden interviene da Varsavia rimarcando il sostegno Usa e occidentale a Kiev.

GIORGIA MELONI IN VISITA A KIEV - Il 21 febbraio Giorgia Meloni arriva in visita a Kiev per ribadire 'il pieno sostegno dell'Italia di fronte all'aggressione russa', l'Italia 'non intende tentennare e non lo farà'. Meloni annuncia inoltre di voler lavorare a una conferenza sulla ricostruzione da tenersi in aprile. Nel corso della conferenza stampa congiunta, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky attacca Silvio Berlusconi per averlo criticato: 'Credo che la sua casa non sia mai stata bombardata dai missili e non gli siano mai arrivati i carri armati in giardino'.

La guerra in Ucraina e l’occasione mancata dell’autonomia strategica europea. Marco Carnelos il 24 Febbraio 2023 su Inside Over.

Questo articolo è la traduzione italiana di un articolo apparso sul ventesimo numero del magazine inglese di Inside Over, “The Perfect Storm”, dedicato alle conseguenze di un anno di guerra in Ucraina. Il magazine intero è leggibile a questo link, l’articolo in inglese è invece disponibile qui.

L’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 verrà ricordata tra gli eventi cardine del XXI secolo.

Ad oggi non vi è un aspetto delle relazioni internazionali o dell’economia globale che non sia stato toccato da questo conflitto e dalle reazioni che ha provocato. Appena tre decenni dopo la caduta del muro di Berlino, si prospetta una Guerra Fredda 2.0, con un riallineamento geopolitico globale che avrà impatto su commercio, filiere e reti finanziarie in tutto il mondo.

Il celebre antropologo e storico francese Emmanuel Todd sostiene addirittura che sia cominciata la Terza Guerra Mondiale, aggiungendo che le leadership coinvolte mostrano una preoccupante “vertigine nichilista”.

A Mosca il conflitto viene percepito come una questione esistenziale per la Russia; tuttavia, vi sono segnali che potrebbe trattarsi di una questione esistenziale anche per le democrazie occidentali. Il Segretario Generale della NATO ha persino affermato che il vero rischio non sia un’escalation, ma una vittoria della Russia.

Chiunque sarà a prevalere otterrà un ruolo maggiore nel dettare le regole del futuro ordine mondiale, e in particolare se quest’ultimo continuerà ad essere sotto l’esclusiva leadership statunitense o se si sposterà verso un vero e proprio sistema multipolare.

In seguito a questo conflitto, nulla potrà più essere come prima; ma per le relazioni transatlantiche, l’invasione russa dell’Ucraina è stata una vera panacea.

Nel 2019, l’allora Presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva minacciato di ritirare gli Stati Uniti dalla NATO se i suoi altri membri non avessero incrementato la propria spesa militare. Fece seguito il Presidente francese Emmanuel Macron, il quale sostenne che “Stiamo assistendo alla morte cerebrale della NATO” e che “L’alleato degli Stati Uniti sta voltando le spalle a questioni strategiche”.

Nell’estate del 2021 poi, Stati Uniti e NATO si ritirarono rovinosamente dall’Afghanistan. L’umiliante fuga da Kabul suscitò seri dubbi sull’Alleanza e fomentò forti tensioni a livello transatlantico.

Oggi la situazione è cambiata radicalmente, e per questo dovremmo tutti ringraziare la decisione sconsiderata di Vladimir Putin. Se si dovesse pensare ad un modo per celebrare la rinascita delle relazioni transatlantiche, non ci sarebbe niente di meglio di un busto del leader russo collocato in maniera provocatoria all’interno del salone del Consiglio del Nord Atlantico a Bruxelles, con sotto la scritta “L’uomo che ha salvato l’Alleanza Atlantica”.

Oggi la NATO e l’Unione Europea stanno fronteggiando la Russia in Ucraina in maniera coesa, fornendo enorme sostegno economico e militare, e anche attraverso le sanzioni più dure mai imposte alla Russia. Quest’ultime includono l’interruzione di tutte le forniture di petrolio e gas in Europa, il congelamento di circa 350 miliardi di dollari in fondi russi depositati presso banche occidentali, ed il significativo aumento della spesa militare dei Paesi europei, con la Germania che ha annunciato un aumento senza precedenti di 100 miliardi di euro. Se l’espansione orientale della NATO verso l’Ucraina si è momentaneamente arrestata, quella verso nord sembra proseguire senza intoppi, con gli imminenti ingressi da parte della Finlandia e, se la Turchia acconsentirà, della Svezia.

La coraggiosa visita del Presidente Biden a Kiev il 20 febbraio è stata il momento più iconico di questa sequenza di successi.

Non si dovrebbe sorvolare su come la guerra abbia suscitato reazioni che vanno ben oltre il continente europeo e l’alleanza transatlantica.

Lo scorso maggio, l’Alleanza Atlantica lanciò il suo nuovo Strategic Concept dichiarando che “La Federazione Russa è la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli Alleati, alla pace e alla stabilità dell’area euro-atlantica… [e alle] regole dell’ordine internazionale”.

Anche la Cina è stata inclusa nel Concept per la prima volta, rimarcando come “[le sue] ambizioni 

dichiarate e politiche coercitive sfidano i nostri interessi, la nostra sicurezza ed i nostri valori. […] Tentano di sovvertire le regole dell’ordine internazionale. […] Il rafforzamento della collaborazione strategica tra la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa […] mira ad erodere l’ordine internazionale”.

Un’evoluzione politica radicale: se la Russia era il principale fornitore energetico dell’Europa, la Cina è ancora il più grande partner commerciale dell’Unione Europea, nonché degli Stati Uniti.

Da allora, sia la NATO che l’Unione Europea hanno adottato non solo la posizione degli Stati Uniti verso la Russia, ma anche le loro crescenti preoccupazioni nei confronti della Cina. È tutto costruito sulla narrativa dell’Amministrazione Biden che ha incorniciato l’attuale momento geopolitico come il punto di flesso per un epico confronto tra regimi democratici ed autocratici.

Per fronteggiare le autocrazie di Russia e Cina, la rinnovata collaborazione transatlantica è anche pronta a digerire una maggiore e pericolosa coordinazione tra Mosca e Pechino, come non accadeva dal culmine della Guerra Fredda negli anni ’50 e ’60. Sembra che la NATO e l’Unione Europea stiano abbandonando la globalizzazione per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi trent’anni. Le filiere tradizionali compresa quella energetica stanno cambiando o venendo riconsiderate, le rotte commerciali reindirizzate, ed espressioni come near-shoring, re-shoring e de-coupling vengono ora utilizzate di frequente nel gergo economico e commerciale.

Sebbene sia l’esito che il costo finale di questo cambiamento geopolitico siano ancora incerti, non c’è dubbio sul fatto che l’Europa abbia già pagato il prezzo più caro.

La diversificazione di forniture energetiche da quella russa sta presentando conti salati per i consumatori europei e per la competitività delle loro economie. Le sanzioni ai danni della Russia, insieme a quelle che incombono sulla Cina, rischiano di mettere tutte le filiere sotto forte pressione e di interrompere una relazione commerciale sinora così tanto proficua. In mezzo alle conseguenze involontarie di questo cambiamento politico rientrano anche l’aumento dell’inflazione e quello dei tassi di interesse, che potrebbero entrambi cambiare radicalmente gli schemi economici degli ultimi quattro decenni.

Il Chip Act, adottato dall’Amministrazione Biden lo scorso ottobre per fermare la vendita di semiconduttori alla Cina, potrebbe suscitare una considerevole guerra tecnologica, che in qualche modo potrebbe a sua volta rallentare l’attuale corso della Quarta Rivoluzione Industriale, senza menzionare le crescenti tensioni con Taiwan.

Il cosiddetto IRA (Inflation Reduction Act), recentemente adottato da Washington per spronare la transizione ecologica, sta creando forti tensioni commerciali con l’Unione Europea.

Sfortunatamente, nonostante tutte le previsioni occidentali, le sanzioni non hanno ancora messo la Russia in ginocchio. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2024 si prevede addirittura una crescita dell’economia russa del 2,1%, maggiore rispetto a quella di Germania e Regno Unito.

Inoltre, le sanzioni contro Mosca sono state adottate solo dalle democrazie occidentali e da pochi altri Paesi asiatici che la pensano allo stesso modo.

Al consolidamento dell’alleanza transatlantica non è dunque corrisposto un consolidamento della leadership mondiale da parte del cosiddetto Global West. La convinzione di vecchia data delle democrazie occidentali che il mondo ruoti intorno ad esse è stata messa in discussione, ed un mondo diverso sta prendendo forma. Sebbene in maniera indistinta, è il cosiddetto Global Rest a sembrare in ascesa, sviluppando una propria coscienza geopolitica. Un crescente numero di economie emergenti si stanno estraniando da narrative, visioni e politiche occidentali, nonché dai sistemi finanziari globali strettamente legati all’Occidente; la de-globalizzazione è imminente, e anche la de-dollarizzazione.

Una lunga lista di Paesi — soprattutto tradizionalmente alleati al Global West — non sta più mostrando lo stesso affetto per quell’ordine mondiale a matrice statunitense che dal 1945 ha determinato le politiche globali. Algeria, Argentina, Egitto, Indonesia, Nigeria, Arabia Saudita, Turchia ed Emirati Arabi Uniti, giusto per citarne alcuni, percepiscono tale ordine come fazioso, talvolta ipocrita, e spesso caratterizzato da due pesi e due misure, con regole che sembrano formalmente valide per tutti tranne che per una cerchia ristretta di Paesi occidentali. Queste economie emergenti si stanno mettendo in fila per entrare a far parte del Global Rest, dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), il vero alter ego globale del G7.

Non c’è dubbio che la Russia sia stata efficacemente isolata dal Global West, e nemmeno che l’alleanza transatlantica si sia vigorosamente rafforzata; tuttavia, ci sono anche sconfortanti segnali di come il Global West appaia sempre più isolato dal Global Rest. Per prevalere sulle autocrazie occorre conquistare i cuore e le menti di tutto il mondo, non solo degli elettori in Occidente.

Malgrado la meritata condanna e punizione della Russia, il conflitto avrebbe potuto essere sfruttato meglio dall’Unione Europea come una chance unica per dare contenuto alla propria autonomia strategica ampiamente sostenuta, spingendo di più per delle soluzioni negoziate mantenendo al tempo stesso il supporto all’Ucraina.

L’Unione Europea ha invece optato per essere il junior partner degli Stati Uniti ed un’istituzione di traino nell’area di Polonia e Baltico. È sconcertante quanto persino il Regno Unito, che ha recentemente abbandonato l’Unione Europea, a Bruxelles sembri godere rispetto a prima di un’influenza politica maggiore.

Le relazioni transatlantiche si sono rafforzate con discreto successo; un risultato fondamentale, considerata l’incertezza del futuro che si prospetta.

Forse si sarebbero potute rafforzare in una maniera migliore.

Se il prezzo che l’Europa ha pagato ne varrà la pena lo scopriremo soltanto negli anni a venire.

Dossier: Un anno di guerra in Ucraina. Mauro Indelicato il 20 Febbraio 2023 su Inside Over.

Tutte le fasi della guerra in Ucraina

INDICE DOSSIER

Tutte le fasi della guerra in Ucraina

Cosa succede a est? La guerra nel Donbass

Dall'occupazione alla riconquista: cosa succede a Kherson

Linee rosse e ipotesi di riconquista. La Crimea al centro della guerra

Ecco dove si decide la guerra in Ucraina

Il populismo di guerra di Zelensky

Com'è cambiata la corte di Putin dall'inizio della guerra

Corruzione, purghe e dimissioni: le lotte per il potere in Ucraina

Il volto della guerra: cosa ci ha insegnato

La guerra dei droni nei cieli dell'Ucraina

Missili, tank e jet: così la guerra è diventata un banco di prova per le armi

Eserciti di Russia e Ucraina a confronto: cosa ha insegnato la guerra

L'industria bellica globale dopo la guerra in Ucraina

Le spie anglosassoni al servizio di Kiev

Tutti gli errori e i problemi dell'esercito russo nella guerra in Ucraina

Dalla maskirovka all'impegno del Wagner: un anno di strategie russe in Ucraina

Un anno di guerra in Ucraina: ecco cosa non abbiamo capito

Sabotaggi dietro le linee nemiche. Così Kiev colpisce la Russia

La guerra in Ucraina e la nuova logica dei blocchi

La guerra in Ucraina: rischi e opportunità per la Cina

Turchia, Israele e Vaticano: a che punto è la mediazione tra Russia e Ucraina

La guerra e lo smarrimento Ue: così la Nato si è “ripresa” l’Europa

La guerra in Ucraina e la partita italiana nella Nato

Un anno di guerra: chi ha davvero aiutato l'Ucraina in Italia

Le armi dell'Italia a Kiev: cosa abbiamo inviato

La partita energetica a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina

Con l’Ucraina ma divisa sugli armamenti a Kiev: il paradosso della sinistra in Italia

La guerra in Ucraina inizia il 24 febbraio 2022. Le operazioni militari vengono avviate dalla Russia subito dopo un discorso, trasmesso alla Tv di Stato poco prima dell’alba, pronunciato dal presidente russo Vladimir Putin. È il secondo importante discorso tenuto in quei giorni. Il primo, trasmesso la sera del 21 febbraio, viene visto come vero preambolo del conflitto per via della comunicazione della scelta di riconoscere le due repubbliche separatiste filorusse di Donetsk e Lugansk.

Il discorso del 21 febbraio 2022

Le due entità cioè sorte nel 2014, a seguito dell’arrivo a Kiev di un governo filo occidentale dopo la rivolta di Euromaidan. I separatisti controllano porzioni della regione nota con il nome di Donbass, lì dove la maggior parte della popolazione viene segnalata come russofona. I disordini del 2014 sono parzialmente frenati dagli accordi di Minsk, siglati tra il 2014 e il 2015. Con quel documento, Mosca e Kiev si impegnano nel far rispettare il cessate il fuoco e a lavorare per la creazione di un’Ucraina federale, dove il Donbass è destinato ad avere maggiore autonomia. Con il riconoscimento delle due repubbliche, la Russia rompe la linea tracciata dagli accordi di Minsk. E tre giorni dopo, rispondendo a formali richieste di aiuto da parte di Donetsk e Lugansk, inizia l’operazione militare contro l’Ucraina.

Ore 5:51 del 24 febbraio: Mosca annuncia l’avvio dell’operazione militare

Il 23 febbraio, nel cuore della tarda serata, arriva la richiesta ufficiale, da parte delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, di aiuto alla Russia. I due governi riconosciuti dal Cremlino, in stato di emergenza già dal 17 febbraio, dichiarano di temere un attacco ucraino. Si inizia a capire a livello internazionale che il conto alla rovescia prima dell’attacco russo è prossimo allo zero.

Sono le ore 3:51 del 24 febbraio in Italia, le 5:51 a Mosca, quando Vladimir Putin ricompare in tv. Lo scenario è lo stesso del discorso del 21 febbraio, per molti la televisione russa sta solo trasmettendo un altro stralcio del video registrato pochi giorni prima. Uno stralcio però destinato a cambiare la storia. Putin infatti annuncia ufficialmente di aver iniziato un’operazione militare in Ucraina, volta a preservare la sicurezza della popolazione russofona del Donbass.

Il discorso del 24 febbraio

Ma negli obiettivi si spinge anche oltre: il presidente russo parla anche di demilitarizzazione e soprattutto “denazificazione” dell’Ucraina. Ammonendo l’occidente di non intromettersi, pena “una risposta ancora mai vista nella storia”. Mentre Putin è in onda, a Kiev si sentono le prime esplosioni. La città non comprende subito di essere in guerra: fino alla prima mattinata del 24 febbraio il traffico è ancora intenso, gli uffici sono aperti. Il suono delle sirene antiaeree riporta tutti alla realtà. Il conflitto è appena iniziato.

Le prime operazioni via terra

Le prime immagini che arrivano dall’Ucraina mostrano soprattutto dei bombardamenti. Vengono attuati a Kiev, a Kharkiv, a Odessa, a Mariupol, persino a Leopoli, principale città della parte occidentale del Paese, lontana geograficamente e non solo dal Donbass. Video ufficiali russi, ma anche video amatoriali ucraini mostrano le esplosioni e le deflagrazioni provocate dai raid. Anche i giornalisti presenti in Ucraina annotano i continui allarmi aerei e la presenza di mezzi russi sui cieli del Paese.

Ma dopo le prime luci dell’alba si capisce subito che l’operazione russa non è solo aerea. Il ministero della Difesa ucraino denuncia l’ingresso di truppe russe dal confine con la Bielorussia, dalle frontiere orientali e dalla Crimea. Un attacco a tutto tondo quindi da nord, da est e da sud. Si parla anche di un possibile sbarco anfibio a Odessa e Mariupol, ma la notizia viene smentita.

 Le forze russe ai confini dell’Ucraina prima dell’attacco (Gennaio 2022)

La prima vera operazione militare segnalata è quella di Gostomel, lì dove sorge il principale aeroporto a nord di Kiev. I russi inviano qui paracadutisti, l’obiettivo sembra essere quello di conquistare subito lo scalo e farne una base per i soldati entrati dalla Bielorussia e proiettati verso la capitale ucraina. A metà mattinata l’aeroporto viene dato per conquistato dalle forze di Mosca. In realtà ne nasce una cruenta battaglia dall’esito incerto: per giorni le due parti rivendicano il controllo della zona. Ad ogni modo, i russi sembrano sorpresi dalla reazione ucraina a Gostomel. Ai parà russi non riesce infatti l’effetto sorpresa, mesi dopo viene rivelato da alcun fonti di intelligence che gli Usa, a conoscenza dei piani di Mosca, avvisano il governo ucraino dell’operazione attorno lo scalo.

Contestualmente, a poco più di 100 km di distanza verso nord, i russi entrati dalla Bielorussia marciano verso Kiev. Nella serata del 24 febbraio viene conquistata l’ex centrale nucleare di Chernobyl, aprendo così la strada verso l’area a nord della capitale ucraina.

Da est invece i russi premono subito su Kharkiv. La seconda città del Paese ha al suo interno un’importante presenza di popolazione russofona. Mosca spera di fare leva su questo per avere dalla propria parte i cittadini. I soldati inviati dal Cremlino non puntano solo su Kharkiv, ma anche sulle ampie zone di campagna dell’oblast di Lugansk, considerato dall’omonima repubblica separatista come parte integrante del proprio territorio.

L’altra direttrice di attacco segnalata il 24 febbraio è quella meridionale. Le truppe di Mosca entrano dalla Crimea, penisola annessa nel 2014 subito dopo la rivolta di Piazza Maidan. Si dirigono verso nord conquistando subito Nova Kakhova e spingendo a est verso Melitopol e Mariupol e a ovest verso Kherson. Qui l’avanzata russa è più lineare e importante che altrove. Il 3 marzo la bandiera russa sventola già su Kherson, primo capoluogo di regione conquistato dalle forze di Putin.

L’assedio di Kiev e i tentativi di prendere Kharkiv

Anche se il fronte più importante, sotto il profilo politico, sembra quello del Donbass, in realtà i russi provano da subito ad arrivare nella capitale ucraina. L’obiettivo, mai ammesso ufficialmente dal Cremlino, è mozzare la testa allo Stato ucraino. E quindi mettere i piedi a Kiev e porre fine all’esperienza politica del governo guidato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Quest’ultimo, a partire dal 24 febbraio, si presenta costantemente in video su Telegram e sui social con una maglietta che ricorda l’uniforme militare. Zelensky chiarisce di non voler lasciare Kiev e di continuare a guidare il governo e le istituzioni ucraine assieme ai suoi fedelissimi.

La capitale viene bersagliata dai raid, soprattutto in periferia. Via terra, avanzano le truppe entrate dalla Bielorussia e dal nord, tramite le regioni di Sumy e Chernihiv. I militari di Mosca provano una manovra a tenaglia: dal lato nord occidentale si prova ad avanzare dal quadrante di Gostomel, Bucha e Irpin, mentre dal lato nord orientale l’obiettivo è avanzare da Sumy e prendere Brovary.

Nel primo caso, i russi non riescono a raggiungere il centro di Irpin, ultima località prima dei confini amministrativi della città di Kiev. Nel secondo, le truppe inviate da Putin hanno difficoltà nella gestione delle retrovie per via del mancato pieno controllo del territorio, caratterizzato da foreste che appaiono terreno fertile per le imboscate ucraine. È in questo settore che i russi subiscono le prime importanti perdite della guerra.

Occorre poi considerare anche la reazione popolare. Nonostante una popolarità calante per Zelensky prima del conflitto, l’attacco russo determina l’appoggio incondizionato della popolazione all’esercito e alle istituzioni ucraine. A Kiev vengono organizzate barricate in attesa dell’arrivo dei russi, il parlamento autorizza l’applicazione della legge marziale con conseguente inizio della mobilitazione. In molti si arruolano e vengono creati anche gruppi di difesa territoriale.

Emblematica la situazione a Kharkiv. La presenza di una grande comunità russofona non coincide con l’appoggio della popolazione all’operazione militare russa. Il 27 febbraio le truppe di Mosca sono alle porte della seconda città ucraina, ma vengono respinte dopo una feroce battaglia in periferia. Nessuno tra i cittadini dà manforte ai soldati del Cremlino, non c’è alcun appoggio popolare verso le truppe avversarie. Kharkiv rimane in mano a Kiev e viene costantemente bombardata anche in centro. Circostanza che amplifica il sostegno dei cittadini ai soldati ucraini. E che crea forse per la prima volta una forte identificazione della città con la causa ucraina.

Le truppe russe avanzano però a sud di Kharkiv. Tra febbraio e aprile vengono prese alcune località strategiche, considerate come via di accesso al Donbass. Tra queste figurano Kupyansk, Izyum e Lyman.

Mappa di Alberto Bellotto

30 marzo: Mosca annuncia il ritiro dall’area di Kiev

Dopo un mese di guerra, la situazione sul campo vede le truppe russe avanzare soprattutto a sud. La presa di Kherson e dell’area compresa tra la Crimea e il fiume Dnepr, permette a Mosca di dilagare verso Melitopol e Berdiansk. In questo modo l’intera costa del Mar d’Azov è in mano russa e i soldati iniziano ad assediare Mariupol. Ossia uno dei principali obiettivi militari e politici, essendo la città inclusa all’interno dell’oblast di Donetsk e rivendicata dai separatisti.

A Kiev invece i russi vanno incontro a un pesante stallo. Le vie di comunicazione tra il confine ucraino e l’area della capitale sono di difficile controllo: saltano i rifornimenti, vengono uccisi diversi importanti generali, oltre che a numerosi soldati. Molti di questi, come ricostruito inseguito con il ritrovamento dei documenti, sono giovanissimi.

Nel frattempo, anche con la mediazione della Turchia, si apre un canale di dialogo. Il 30 marzo due delegazioni russe e ucraine si incontrano a Istanbul, alla presenza del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Proprio quel giorno Mosca annuncia un riposizionamento dei soldati. Alle proprie truppe viene dato l’ordine di lasciare l’area a nord di Kiev, comprese le proprie postazioni nelle regioni di Chernihiv e Sumy. Se il Cremlino parla di riposizionamento, l’Ucraina invece usa il termine ritiro e parla di prima vittoria contro il nemico.

Tra la fine di marzo e i primi giorni di aprile, i soldati russi rientrano nelle postazioni in Bielorussia e in territorio russo. Gostomel, Bucha, Irpin, Brovary, Borodyanka, Chernobyl, vengono evacuate e ritornano nel pieno possesso delle forze ucraine. Kiev denuncia massacri e fosse comuni, soprattutto nella località di Bucha. Zelensky accusa la Russia, alcune inchieste giornalistiche curate anche dal New York Times parlano di uccisioni contro civili effettuate da alcuni battaglioni provenienti dall’oriente russo. Mosca smentisce e parla di mera propaganda ucraina.

La città di Kiev intanto ad aprile riesce a tornare lentamente alla normalità. Molte barricate vengono tolte, molti cittadini rientrano a casa ed escono dai rifugi di fortuna. La presenza della guerra però è resa palese dai continui allarmi aerei che scuotono la metropoli.

Gli occhi si spostano su Mariupol

Nel secondo mese di guerra tutte le attenzioni sono su Mariupol. La città costituisce il principale porto ucraino sul Mar d’Azov ed è uno degli obiettivi principali della campagna avviata dai russi. Già nel 2014 il suo territorio è passato di mano più volte tra Kiev e i separatisti, fino alla definitiva riconquista da parte ucraina. Anche per questo Mosca punta molto sulla presa della città.

Mariupol risulta circondata già dai primi giorni del conflitto e questo grazie alla rapida avanzata delle truppe russe sul fronte meridionale. Inoltre, separatisti e regolari russi riescono tra febbraio e marzo ad avanzare da est stringendo i soldati ucraini in una morsa. Tra le forze di Kiev, figurano i combattenti del Battaglione Azov. Si tratta di uno dei gruppi nazionalisti più noti nel Paese, attivo già dal 2014 e formato da movimenti che spesso non hanno nascosto simboli neonazisti. Mosca, così come anche alcune organizzazioni internazionali, accusano il gruppo di azioni criminali compiute a danno dei separatisti nel 2014.

Il Battaglione ha sede proprio a Mariupol e anche se dal 24 febbraio i comandanti iniziano a inviare propri membri in altre regioni dell’Ucraina, è in questa città che Azov mantiene il più solido radicamento territoriale. L’impressione quindi è che all’interno della città ci si prepari a una cruenta resa dei conti.

La Russia, oltre ai propri soldati regolari e ai separatisti, schiera a Mariupol anche i combattenti ceceni inviati dal presidente ceceno Ramzan Kadyrov. Presenti anche a Kiev, dopo l'abbandono delle aree attorno alla capitale i ceceni vengono dirottati sulle sponde del Mar d'Azov. La loro esperienza nei combattimenti urbani da subito appare decisiva.

La vera battaglia ha inizio il 18 marzo, quando i russi conquistano l'aeroporto. Ma già da prima Mariupol capisce di essere destinata al ruolo di vera martire del conflitto. I bombardamenti sono infatti incessanti e il 12 marzo un raid colpisce il teatro dell'opera, uno dei simboli della città e in quel momento rifugio per tante famiglie scappate da casa. La situazione umanitarie scivola velocemente verso il collasso. Manca l'acqua, manca la luce, il cibo arriva a singhiozzo. Si prova a far evacuare i civili, ma i corridoi umanitari concordati tra Kiev e Mosca spesso falliscono con accuse reciproche da entrambe le parti.

È in questo terribile contesto che dalla seconda metà di marzo e fino all'intero mese di aprile va avanti la battaglia urbana. I russi avanzano quartiere per quartiere e isolato per i solato. I ceceni conquistano ogni singolo palazzo delle zone nevralgiche, a volte anche entrando negli edifici con grandi scale di legno. Tanto è vero che viene coniato il termine di “battaglia medievale” di Mariupol.

La svolta arriva il 21 aprile. Quel giorno Putin e il ministro della Difesa, Sergej Shoigu, si incontrano al Cremlino con il titolare del dicastero che annuncia al presidente la conquista della città. Manca però soltanto una zona: è quella delle acciaierie Azovstal. Di proprietà dell'oligarca ucraino Rinat Akhmetov, l'impianto prima della guerra era il più grande nel suo genere in Europa. Al suo interno si trincerano gli ultimi combattenti del Battaglione Azov decisi a non arrendersi. Putin dispone l'accerchiamento dell'acciaieria e la sospensione dei combattimenti. Una situazione destinata ad andare avanti per un mese.

Dopo molteplici trattative, mediate dalle Nazioni Unite e soprattutto dalla Turchia, si decide per l'evacuazione dei membri di Azov all'interno dell'acciaieria. Le loro condizioni sono al limite, molti sono feriti e ustionati, senza cure e senza cibo da giorni. Mosca parla di resa, Kiev di azione volta a limitare i danni. Il 22 maggio l'evacuazione viene completata: i combattenti ucraini vengono portati nel territorio di Donetsk in attesa di processi o di scambi di prigionieri. Mariupol viene considerata definitivamente conquistata dai russi.

Dalla conquista di Mariupol alla presa di Severodonetsk e Lysychansk

La presa della città sul Mar d'Azov è un punto importante per Mosca. Il prezzo pagato è però salato: sono morti migliaia di combattenti, la città è in rovina e soltanto il 10% degli edifici è agibile. Ad ogni modo, nei piani del Cremlino c'è adesso l'avanzata in altre parti del Donbass. A partire dalla città di Severodonetsk e della “gemella” vicina Lysychansk.

Severodonetsk, in particolare, rappresenta l'obiettivo politico più importante. Con la caduta di gran parte dell'oblast di Lugansk in mano ai separatisti nel 2014, è qui che Kiev ha spostato il capoluogo regionale. È quindi una delle città più strategiche del Donbass in mano all'Ucraina.

L'avanzata verso Severodonetsk ha luogo tra fine febbraio e aprile. I 30 km che separano la città dalla linea di contatto con i separatisti vengono lentamente conquistati dai russi, i quali avanzano sia da Lugansk che dai propri confini. A fine aprile viene conquistata la città di Rubizne, vera porta di accesso verso Severodonetsk. La caduta di questa località, segna l'inizio della prima fase di assedio del capoluogo provvisorio dell'oblast di Lugansk.

Tuttavia con le proprie truppe ancora impegnate a Mariupol, Mosca decide di rinviare l'assalto finale. A dare manforte ai soldati del Cremlino, ci sono sia i separatisti che ancora una volta anche i ceceni. Così come vengono segnalati mercenari della Wagner, l'agenzia di contractors di Evgenij Prigozin. Per gli ucraini, oltre ai soldati regolari, ci sono membri del Battaglione Donbass e alcuni combattenti stranieri.

Nove giorni dopo la definitiva caduta di Mariupol, inizia la battaglia urbana per la presa di Severodonetsk. Ad annunciarlo è lo stesso governatore ucraino di Lugansk, Sergy Hayday. I combattimenti vanno avanti per l'intero mese di giugno, ma già entro la prima decade si intuisce che la battaglia volge nettamente a favore dei russi. Oltre che per Severodonetsk, si combatte anche per la vicina Lysychansk, strategica in quanto situata su una collina da cui si può avere il controllo del fuoco delle zone limitrofe.

Il 20 giugno i russi annunciano la presa del centro di Severodonetsk, alcuni combattenti ucraini sono rifugiati e assediati all'interno dello stabilimento chimico Azot. Da Kiev il 24 giugno arriva l'ordine agli ultimi soldati ucraini rimasti di indietreggiare ed evitare ulteriori perdite. Severodonetsk cade quindi definitivamente nelle mani di Mosca, sorte toccata il 2 luglio successivo a Lysychasnk.

Lo stallo estivo

A quel punto Mosca sembra nelle possibilità di attaccare gli ultimi due grandi obiettivi del Donbass: Kramatorsk e Slovjansk. Si tratta delle ultime due grandi città della regione in mano a Kiev. L'avanzata da Izyum e Lyman da nord e da Severodonetsk da est, pone i russi nella possibilità di oltrepassare il fiume Siversky Donetsk e proiettarsi verso le due località.

Tuttavia l'avanzata russa si arresta. Le forze russe e filorusse sembrano voler in questa fase consolidare le proprie conquiste a est e rinforzare le proprie linee di rifornimento. Si parla più volte di una possibile offensiva su Odessa, città pesantemente bombardata già da febbraio ma mai raggiunta né via mare e né via terra. L'offensiva di Mosca si arresta infatti poco più a ovest di Kherson e non riesce a sfondare a Mykolaiv.

Anzi, gli ucraini più volte durante l'estate parlano di un possibile contrattacco in questo settore. Il governo di Kiev più volte annuncia di essere pronto a passare da un'azione meramente offensiva a una offensiva. I raid su Kherson e l'arrivo di truppe nella zona sembrano confermare questa intenzione. Per tutta l'estate tuttavia non avvengono importanti cambiamenti sul fronte.

Il primo vero contrattacco ucraino

Con l'arrivo di settembre tuttavia, Kiev prova una manovra a sorpresa nell'est del Paese e non a Kherson. Le informazioni ricevute dai servizi segreti occidentali, così come gli aiuti militari di molti Paesi della Nato, permettono all'Ucraina di pianificare un'azione nell'area a sud di Kharkiv. Tra il 7 e l'8 settembre i militari ucraini si muovono in direzione di Balakleya, prendendo il centro della cittadina. Da qui poi, i soldati si spingono sempre più verso est riconquistando Kupiansk e costringendo i russi a ripiegare a est del fiume Oskil.

Il contrattacco ha successo: Kiev è a conoscenza delle scarne difese russe nell'area e l'effetto sorpresa riesce pienamente nel suo intento. Gli ucraini avanzano così anche verso Izyum e Lyman, città riconquistate nel giro di pochi giorni. Contestualmente, le truppe di Kiev si muovono anche attorno Kharkiv, allontanando definitivamente i russi dalla seconda città del Paese. In 5 giorni, gli ucraini riprendono l'intero oblast di Kharkiv e allontano i russi da Slovjansk e Kramatorsk. Per Mosca una disfatta che costringe, da qui a poche settimane, il presidente Putin ad annunciare una mobilitazione parziale.

Gli ucraini riprendono Kherson

I piani per l'attacco su Kherson non vengono però accantonati. Sfruttando l'inerzia del momento e l'inferiorità numerica dei russi nella regione, il 4 ottobre i soldati di Kiev sfondano il fronte a nord del capoluogo e, in particolare, nella parte a ovest del Dnepr. I russi preparano una lenta e ordinata ritirata, con gli ucraini che avanzano verso Kherson per tutto il mese di ottobre.

Non si hanno grandi combattimenti in questo settore, proprio perché Mosca opta per un ritiro sapendo di non poter difendere a lungo il capoluogo dell'oblast. Una provincia, è bene ricordare, da alcune settimane considerata dalla Russia annessa al proprio territorio assieme a quelle di Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk. Il 12 novembre, le truppe ucraine entrano così nel centro di Kherson, riprendendo ufficialmente la città.

I bombardamenti russi sulle centrali elettriche

La risposta russa alla controffensiva ucraina arriva con dei massicci bombardamenti su tutto il Paese. Il principale dei quali è del 10 ottobre, quando tutte le province dell'Ucraina sono bersagliate da un continuo lancio di missili che va avanti per diverse ore. La stessa Kiev viene colpita con dei raid più intensi della prima parte di guerra. Il bombardamento in questione appare come una risposta al sabotaggio che l'8 ottobre porta al parziale danneggiamento del viadotto sullo stretto di Kerch, ossia la principale infrastruttura di collegamento tra la Crimea e la Russia continentale.

I danni sono ingenti, soprattutto perché a essere prese di mira sono le centrali elettriche. Si calcola che più della metà delle infrastrutture energetiche ucraine risulta seriamente o parzialmente danneggiata. Nei giorni seguenti vanno avanti altri bombardamenti, sempre contro le centrali elettriche. Il governo di Kiev viene quindi costretto a razionare la distribuzione di energia elettrica e a ricorre a frequenti blackout. Per diverse settimane, nella capitale e nelle città principali l'energia viene erogata solo per due o tre ore al giorno.

L'Ucraina affronta così l'inverno al buio e con pochi riscaldamenti. La strategia dei raid contro le centrali si attenua solo con l'avvento del nuovo anno. I tecnici ucraini provano a riparare quanto possibile, ma la logistica civile risulta al momento ben lontana da livelli normali.

La battaglia di Bakhmut

Nel 2023 per il momento l'unico fronte dove si combatte in modo intenso è quello di Bakhmut, nell'est del Paese. La città dell'oblast di Donetsk non è lontana da Kramatorsk. Una sua conquista permetterebbe di avanzare nel cuore dell'ultima parte del Donbass rimasta in mano a Kiev.

Per provare a smuovere la situazione, i russi hanno premuto sull'acceleratore nel quadrante di Soledar, cittadina conquistata a metà gennaio. Qui a entrare in azione sono soprattutto i contractors della Wagnar. La battaglia è ancora in corso e sta causando un numero elevato di vittime. Un inferno capace di travolgere tanto gli ucraini quanto i russi. MAURO INDELICATO

Cosa succede a est? La guerra nel Donbass. Paolo Mauri il 20 Febbraio 2023 su Inside Over.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia cominciata il 24 febbraio 2022 che ha aperto il conflitto ancora in atto ha visto tra i vari obiettivi delle operazioni terrestri una regione di confine che da tempo è percorsa da instabilità e scontri armati: il Donbass.

In quella regione orientale dell’Ucraina il conflitto non è cominciato la notte di quel giorno di febbraio, bensì nell’ormai lontano 2014. Un conflitto che ha provocato, secondo le stime dell’Onu, quasi 15 mila morti su entrambi i fronti e che è stato determinato dal fallito tentativo di effettuare un “colpo di mano” sul modello di quello avvenuto in Crimea più o meno nello stesso arco temporale di quell’anno.

Le manovre di Mosca prima della guerra

Se infatti la tattica russa per annettere alla Federazione la penisola crimeana – sede di un’importante base navale della Flotta del Mar Nero – impiegando gli strumenti dell’Hybrid Warfare è stata un pieno successo, così non è avvenuto per il Donbass (nella fattispecie nelle regioni di Donetsk e Luhansk) per via della rapida reazione dell’esercito ucraino, che non si è fatto cogliere alla sprovvista come accaduto in Crimea.

I moti popolari filorussi, eterodiretti da Mosca, hanno fornito il pretesto ai separatisti armati sostenuti dalla Russia per occupare gli edifici del governo ucraino in tutto il Donbass, dichiarando la nascita delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk (Dpr e Lpr) e innescando quindi la reazione delle forze governative ucraine. La Russia ha sostenuto segretamente i separatisti con truppe e armi pesanti, ammettendo solo in seguito di aver inviato “consiglieri militari”.

Dopo un anno di combattimenti, il conflitto si è trasformato in una guerra di trincea diventando a tutti gli effetti uno dei tanti “conflitti congelati” dell’intorno russo nonostante i tentativi di pacificazione tramite mediazione internazionale (gli accordi di Minsk I e II).

Il Donbass dopo il 24 febbraio 2022

Questo breve riassunto di 8 anni di combattimenti nel Donbass serve per individuare il leitmotiv delle operazioni belliche russe in quella regione da febbraio del 2022: un lento, sanguinoso, avanzamento spesso dagli esiti alterni, determinato proprio dal fatto che in quell’area si combatte dal 2014, quindi i due belligeranti – soprattutto gli ucraini – hanno avuto anni per trincerarsi in modo efficace.

È risultata infatti evidente la tattica dell’esercito di Kiev per resistere all’avanzata russa: una difesa in profondità che ha sfruttato la conoscenza del terreno, la sua stessa morfologia, l’impiego di tattiche di guerriglia (tanto che si è potuto parlare nei primi mesi di guerra di conflitto “semi-simmetrico”) rese efficaci soprattutto dalla fornitura di armamenti occidentali, come gli Atgm (Anti Tank Guided Missiles).

Più in generale, questi fattori sono validi per spiegare la capacità di resistenza ucraina in tutti i fronti del conflitto, senza dimenticare la possibilità per gli ucraini di avvalersi delle informazioni dell’intelligence occidentale (soprattutto statunitense e britannica), che ha rappresentato forse la chiave dell’efficacia del contrasto all’invasione russa.

Le 3 fasi del conflitto

A un anno dall’inizio del conflitto, è possibile individuare 3 macrofasi delle operazioni belliche: la prima, da febbraio sino ad agosto, in cui l’iniziativa è stata saldamente nelle mani russe nonostante il ritiro dalle regioni di Kiev e Chernihiv; la seconda, durata da agosto sino a fine settembre, in cui abbiamo assistito all’esito positivo di due controffensive ucraine, una su Kharkiv (ma che probabilmente è stata il felice e inatteso esito di un’ampia manovra di alleggerimento), e una su Kherson; infine la terza, da ottobre sino a oggi, in cui si è stabilita fondamentalmente una guerra di posizione caratterizzata però da piccole avanzate russe lungo quasi tutto il fronte.

La rotta russa nella regione di Kharkiv ha interessato marginalmente anche il Donbass settentrionale, coi russi che si sono ritirati su linee più sicure e meglio difendibili a nord di Lyman. Proprio questa parte del fronte è quella che nel momento in cui scriviamo vede i combattimenti più cruenti, con gli ucraini che sono solo stati capaci, nelle prime settimane di gennaio, di effettuare un attacco di alleggerimento verso Kreminna, ma che non ha portato alla liberazione della cittadina.

Questa zona è stata al centro di aspri combattimenti nel corso dei mesi passati, soprattutto nella prima macrofase del conflitto: gli attacchi principali russi, benché non condotti in forze, si erano concentrati nell’area di Izyum, Rubizhe, Popasna e Lyman dove le truppe russe avevano conquistato Kreminna. Proprio Lyman e Izyum formano la base di un triangolo, che ha il vertice a Kramatorsk, che risulta essenziale per sigillare il Donbass, che comunque è stato conquistato per la maggior parte con l’oblast di Luhansk occupato al 97% dopo che è stato eliminato il “saliente di Severodonetsk”.

Sulla strada per Kramatorsk c’è la città di Sloviansk, la cui difesa è quindi strategica, e prima di essa troviamo proprio Lyman, che recentemente risulta essere proprio uno degli obiettivi dell’avanzata russa. Se ci spostiamo leggermente verso sud, i combattimenti, dopo la caduta di Soledar, si sono concentrati sulla più grande Bakhmut (o Artemovsk), che però, come già detto, non ha un importante peso strategico nel quadro del conflitto in Donbass in quanto le linee vitali linee di comunicazione nord-sud ucraine possono passare per Kramatorsk anche qualora la città dovesse cadere in mani russe.

Una guerra lenta ma d’attrito

Nell’area della città di Donetsk il fronte è rimasto sostanzialmente invariato lungo tutto il corso della guerra: qui infatti gli ucraini risultano essere trincerati meglio e, in questa fase del conflitto, la morfologia del terreno e la scarsa copertura boschiva permettono all’artiglieria a razzo di Kiev (dotata di moderne armi occidentali come gli M-270 e soprattutto gli M-142), di colpire efficacemente le truppe e i mezzi russi. In ogni caso anche in questa parte del fronte, in particolare a sud di Donetsk, nell’area della cittadina di Vuhledar, i russi stanno lentamente avanzando probabilmente per cercare di ammorbidire le difese ucraine nel capoluogo dell’oblast‘.

In linea generale, come già detto, tutto il fronte è in lento movimento coi russi che guadagnano terreno non senza dispendio di risorse, ma in un confronto di attrito, in questo momento, sono gli ucraini a trovarsi più in difficoltà non potendo ancora contare su rifornimenti di armi pesanti come i carri armati.

Vale la pena ricordare che il ritiro russo da Kherson su linee stabilite lungo la sponda orientale del fiume Dnepr ha permesso a Mosca di alleggerire la pressione sulle sue forze, in modo da poterle ricostituire con le riserve recentemente mobilitate, e avere una barriera naturale difficilmente attraversabile senza perdite ingenti da parte degli ucraini.

Da tenere sotto osservazione è anche il settore del fronte da Zaporizhzhia a Donetsk, dove si stanno sviluppando piccoli attacchi simultanei russi: questa parte del meridione ucraino è infatti vitale per la Russia, in quanto attraverso di essa passano le linee di comunicazione e rifornimento verso la Crimea. PAOLO MAURI

Dall’occupazione alla riconquista: cosa succede a Kherson. Federico Giuliani il 20 Febbraio 2023 su Inside Over.

L’11 novembre 2022 l’esercito di Kiev è rientrato a Kherson per la prima volta dall’inizio della cosiddetta operazione militare speciale russa. Da quando, cioè, l’intero, omonimo, oblast’ meridionale ucraino era finito sotto il controllo di Mosca.

Le forze del Cremlino avevano appena proclamato la città, situata nel sud dell’Ucraina, capitale amministrativa della regione, facendo seguito all’annessione unilaterale di Zaporizhzhia, Lugansk, Donetsk e Kherson. Dopo un’occupazione andata avanti otto mesi, la Federazione russa ha invece annunciato di aver completato il ritiro da Kherson dei suoi uomini. 

Il centro urbano, che prima dello scoppio della guerra contava poco meno di 300 mila abitanti, ha continuato a esser colpito da ingenti quantità di bombe e missili (80, ad esempio, nelle 24 ore intercorse tra il 2 e il 3 gennaio 2023).

La decisione russa di ritirarsi in posizioni difensive sulla riva sinistra del fiume Dnipro è stata guidata da una solida logica militare, visto che il controllo della città poteva essere mantenuto solo a fronte di un carissimo prezzo da pagare in termini di truppe e materiale bellico. Se da un punto di vista operativo, dunque, il ritiro dovrebbe aver aiutato i russi a stabilizzare le loro posizioni difensive durante l’inverno, strategicamente parlando ha avuto la stessa valenza di una sconfitta.

Ovviamente l’allontanamento del Cremlino da Kherson non è figlio del caso o della fortuna. Dall’estate, infatti, gli ucraini hanno alzato la pressione, lanciando addirittura una controffensiva alla fine di agosto. Gli uomini di Volodymyr Zelensky sapevano di non essere in grado di prendere d’assalto la città, eppure gli attacchi sferrati sui ponti, sul Dnipro, hanno limitato considerevolmente le capacità nemiche di rifornire le loro truppe con attrezzature pesanti. Allo stesso tempo, il fiume ha protetto le forze di Kiev dalla replica militare russa.

In definitiva, questa favorevole geometria del campo di battaglia ha consentito all’Ucraina di creare una zona d’azione all’interno della quale la sua artiglieria riusciva ad infliggere pesanti perdite alle unità più motivate e competenti della Russia.

La ritirata russa è un’enorme battuta d’arresto per il sogno di Mosca di impadronirsi del porto di Odessa e isolare l’Ucraina dal Mar Nero. 

Dalla conquista russa alla riconquista ucraina

Kherson è stata conquistata poco dopo lo scoppio della guerra, avvenuto il 24 febbraio 2022. È stata l’unica capitale provinciale ucraina a cadere sotto il controllo di Mosca. Unità dell’esercito, con supporto aereo, sono entrate nella regione dal territorio della Crimea e, quasi senza resistenza, sono avanzate di 100 chilometri a nord e nord-ovest.

Nella notte tra il 28 febbraio e il 1 marzo, i russi hanno circondato la città, oltre ad aver occupato i villaggi circostanti e l’aeroporto di Cornobaivka. Il 3 marzo hanno fatto il loro ingresso in città incontrando poca resistenza. Il 4 marzo Kherson è passata sotto il controllo russo. Ci sarebbe rimasta, come detto, fino al novembre 2022.

Procedendo con ordine, il Cremlino ha annesso unilateralmente l’intero oblast di Kherson e altre tre regioni alla fine di settembre, dichiarando che sarebbero rimaste russe per sempre. Le cose non sono fin qui però andate secondo i piani di Putin. L’esercito ucraino, equipaggiato con artiglieria e razzi occidentali, ha infatti trascorso mesi a martellare le posizioni nemiche e demolire ponti sull’ampio fiume Dnipro, rendendo sempre più difficile per i russi rifornire i militari sulla sponda occidentale del fiume.

Il ritiro russo da Kherson è arrivato dopo un’altra fuga, molto più precipitosa, riguardante la regione di Kharkiv, avvenuta due mesi prima. 

Il futuro di Kherson

La perdita di Kherson ha di fatto lasciato la Russia con pochi guadagni territoriali dall’offensiva del 24 febbraio. Per l’Ucraina la liberazione della città meridionale è una vittoria importante. Ha permesso a Kiev di concentrare le sue forze nel nord-est e ha dimostrato agli alleati occidentali che combattere astutamente può portare alla liberazione del territorio, senza la necessità di assaltare deliberatamente ogni città occupata dai russi. 

Allo stesso tempo, il ritiro della Russia pone l’Ucraina di fronte ad alcune sfide. Come ha sottolineato il Guardian, la Russia ora ha un fronte più ristretto da difendere, mentre l’Ucraina non ha più l’opportunità di uccidere un gran numero di nemici dotati di una capacità limitata di contrattaccare. Anche se combattere attraverso le nuove linee di difesa russe rischia di esaurire le unità ucraine, per Zelensky è fondamentale che le truppe russe non abbiano la possibilità di riprendersi durante l’inverno.

La riconquista ucraina di Kherson è inoltre fondamentale per almeno tre ragioni. Dal punto di vista strategico, Kiev intende fare leva sulla presunta fragilità del controllo russo sulle aree occupate da Mosca. Dopo di che, l’Ucraina intende rimettere in discussione il controllo della Russia sulla Crimea e blindare la sponda occidentale del Dnper. Così da recuperare energie in vista di possibili, nuove offensive.

Nel frattempo l’esercito russo si è ritirato attraverso il citato fiume Dnper, prendendo di mira Kherson con i suoi cannoni pesanti. Per oltre due mesi, il Cremlino ha bombardato la città con l’artiglieria. L’amministrazione locale ha spiegato che più di 1.700 razzi sono stati lanciati contro Kherson negli ultimi due mesi, causando 74 morti e 207 feriti. Sono stati colpiti appartamenti, case, scuole, ospedali ed edifici governativi. Un chiaro segnale di come il pericolo non è ancora passato. FEDERICO GIULIANI

Linee rosse e ipotesi di riconquista. La Crimea al centro della guerra. Lorenzo Vita il 20 Febbraio 2023 su Inside Over.

La Crimea è uno dei grandi epicentri della guerra in Ucraina. Perché se è vero che l’invasione russa è iniziata ufficialmente il 24 febbraio 2022 con l’annuncio della “operazione militare speciale” di Vladimir Putin, è altrettanto vero che sarebbe impossibile parlare di un conflitto iniziato esclusivamente lo scorso anno. La guerra in Ucraina dell’ultimo anno si può infatti descrivere come la più drammatica espressione di un conflitto che fino a più di un anno fa era ritenuto di “bassa intensità” e che aveva avuto, come questa volta, due grandi teatri: il Donbass e la Crimea. Con quest’ultima a essere stata annessa alla Russia da un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale ma ritenuto valido da Mosca. Stesso metodo utilizzato nei territori occupati dopo febbraio 2022.

Proprio per questo motivo, e naturalmente per la sua ben nota importanza strategica, la Crimea viene considerata una sorta di ipotetico spartiacque della guerra. Il presidente russo Vladimir Putin la ritiene forse la principale linea rossa: dal momento che quel territorio è annesso da otto anni, quello è considerato ormai parte integrante della Federazione Russa e non può essere messo in discussione. Da parte ucraina, invece, il presidente Volodymyr Zelensky ha fatto più volte capire che la penisola sul Mar Nero non può considerarsi definitivamente persa, ma anzi è messa in cima alla lista delle possibili controffensive di Kiev.

La posizione dell’Occidente sulla Crimea

Sul punto, i recenti dibattiti in sede occidentale, tra i sostenitori della causa ucraina, confermano che la Crimea, nonostante lo stallo sul fronte ucraino, non è passata affatto in secondo piano. Dagli Stati Uniti, sono arrivate indiscrezioni che certificano un grosso dibattito in seno alla Casa Bianca, al Pentagono e al dipartimento di Stato sulla possibilità ma anche sulla opportunità di dare il via libera a un attacco ucraino alla Crimea. A un certo punto, Washington sembrava essersi convinta sulla possibilità che Kiev iniziasse le operazioni per riprendersi la penisola, in particolare tagliando i collegamenti con il Donbass.

Alcuni analisti hanno tirato il freno a mano, ricordando il rischio di andare a colpire un territorio che per il Cremlino è inviolabile con conseguente pericolo di una escalation dai contorni oscuri. Altri ritengono invece che l’ingresso delle truppe ucraine nella penisola di Sebastopoli sarebbe il vero “big bang” del conflitto, un momento decisivo e rivoluzionario per le sorti della cosiddetta operazione militare speciale.

Poi, negli ultimi giorni, è apparso un articolo di Politico in cui si sottolinea che fonti della Difesa degli Stati Uniti ritengono che l’esercito ucraino non sia in grado di riconquistare la Crimea, almeno in questa fase della guerra. Il punto di vista del Pentagono sarebbe arrivato durante un’audizione riservata della commissione Servizi armati della Camera dei rappresentanti Usa. Non c’è modo di conoscere le basi di queste affermazioni, tuttavia Politico ha scritto che all’incontro avrebbero preso parte Laura Cooper, vice assistente segretaria alla Difesa per Russia, Ucraina ed Eurasia, e il tenente generale Douglas Sims, direttore delle operazioni dello Stato maggiore congiunto Usa.

Il botta e risposta tra Mosca e Kiev

In attesa degli sviluppi sul campo di battaglia, le due parti in conflitto continuano intanto a parlare della penisola e del suo destino. Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ed ex presidente della Federazione, Dmitry Medvedev, ha come al solito utilizzato i suoi toni più incendiari per ribadire quanto espresso già da tempo da Mosca. “La Crimea è Russia. Attaccare la Crimea significa attaccare la Russia e un’escalation del conflitto” ha scritto l’ex delfino di Putin, dicendo che in caso di attacco sono “inevitabili ritorsioni con armi di qualsiasi tipo”.

A rispondere a Medvedev è stato il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, che con un messaggio molto netto ha scritto su Twitter: “Il diritto internazionale parla chiaro. L’Ucraina può liberare i suoi territori utilizzando qualsiasi mezzo. La Crimea è Ucraina”.

Il Cremlino ha parlato attraverso il portavoce Dmitry Peskov, che parlando del proseguimento della guerra per garantire la “sicurezza del Donbass”, ha fatto riferimento a quella della Crimea come qualcosa di “garantito”. Ribadendo quindi l’idea che per Mosca quella penisola sia ormai qualcosa di irrinunciabile.

Il nodo dell’offensiva contro la penisola

La possibilità di una nuova offensiva verso la Crimea da parte delle forze ucraine è in ogni caso reale. Se infatti le forze russe hanno cercato di rafforzare le posizioni nell’area di Kherson per blindare la penisola, è altrettanto vero che la convinzione di Zelensky e degli apparati ucraini si unisce all’invio di nuove armi e mezzi dall’Occidente a supporto di Kiev. Il nuovo pacchetto di armi Usa da 2,2 miliardi di dollari prevede anche bombe GLSDB che possono viaggiare fino a 150 chilometri, quindi potenzialmente in grado di colpire almeno il nord della Crimea.

Inoltre, da tempo la penisola è oggetto di attacchi e sabotaggi che hanno confermato le capacità dell’intelligence ucraina e delle forze speciali di penetrare oltre le linee nemiche proprio nel cuore del territorio occupato dalla Russia. Per mesi, tutto il territorio ha assistito a esplosioni, incendi, raid più o meno rivendicati, con incendi e attacchi che hanno raggiunto anche Sebastopoli. Intorno al porto della Flotta russa del Mar Nero è stato anche trovato un misterioso (e tecnologicamente avanzato) drone dalla forma di un barchino che sembrava il preludio a un possibile attacco su vasta scala dalla costa ucraina. E l’intelligence britannica, a metà gennaio, ha segnalato che diverse unità della Marina di Mosca si erano spostate da Sebastopoli verso Novorossiysk probabilmente per timore di un’operazione di Kiev.

Dall’altro lato, la Russia sembra propendere per il rafforzamento della presenza militare nella penisola e soprattutto per un rafforzamento di quello che appare come uno dei principali obiettivi strategici della guerra: la realizzazione del corridoio terrestre che unisca la Crimea alle regioni del Donbass. Molti osservatori, ma anche i servizi ucraini, sostengono che Mosca voglia blindare quei territori attraverso una nuova avanzata che, pur non essendo in grande stile, possa comunque rafforzare l’idea di un Mar d’Azov completamente in mano russa. In questo senso, le testimonianze di migliaia di nuovi soldati arrivati nella provincia di Mariupol confermerebbero la volontà di Serghei Shoigu e Valerij Gerasimov di aumentare la presenza e l’area dei territori conquistati. Mentre i più recenti attacchi a Kherson sembrerebbero certificare il desiderio russo di allontanare il più possibile l’ipotesi di una controffensiva ucraina attraverso il fiume Dnipro. LORENZO VITA

Ecco dove si decide la guerra in Ucraina. Paolo Mauri il 20 Febbraio 2023 su Inside Over.

A un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina, Kiev ha perso circa il 20% del proprio territorio nazionale a seguito dell’invasione russa cominciata il 24 febbraio 2022.

Guardando la mappa del fronte, possiamo osservare notevoli variazioni rispetto ai primi mesi di guerra: l’esercito russo dapprima si è ritirato spontaneamente dalla regione di Kiev e Chernihiv in quanto il fallito tentativo di decapitazione del governo Zelensky ha consigliato di ridimensionare l’area delle operazioni di guerra in modo da razionalizzare le – esigue – truppe impiegate; inoltre la controffensiva ucraina dell’estate scorsa ha portato alla liberazione della regione intorno a Kharkiv e a Kherson, e negli ultimi mesi l’evidenza ha dimostrato che quei settori sono rimasti più o meno inattivi, eccezion fatta per azioni di sistemi d’artiglieria o attività di bombardamento missilistico.

Come è cambiato il fronte

Il fronte ora è più corto, e parte di esso è rappresentato da quella barriera naturale data dal fiume Dnepr, che difficilmente può essere oltrepassata senza la perdita di un cospicuo numero di uomini e mezzi, entrambi preziosi per Kiev soprattutto in questa fase del conflitto. Le azioni offensive russe, lente, difficoltose, ma più o meno costanti fatto salvo alcune controffensive di alleggerimento ucraine nel Donbass settentrionale, si sviluppano lungo l’intera linea del fronte che va da Zaporizhzhia sino all’oblast di Luhansk. Prima di ipotizzare dove, in questo smisurato terreno di battaglia, potrebbe decidersi la sorte del conflitto, è bene fare alcune puntualizzazioni di tipo politico.

La questione politica per Mosca

Il Cremlino è arrivato al punto di considerare l’esito della guerra in Ucraina vitale per i propri interessi: la sola decisione di intraprendere l’invasione, nonostante 8 anni di sanzioni internazionali scaturite dalla destabilizzazione del Donbass e dall’annessione della Crimea nel 2014, è indice dell’importanza dell’azione bellica attualmente in corso. Anche dal punto di vista della politica interna, la dirigenza russa si trova nella non felice condizione di dover riuscire a concludere il conflitto in modo “onorevole” per la Russia, pena il sovvertimento dell’attuale regime, in quanto l’andamento altalenante, e financo disastroso se pensiamo a quanto successo questa estate, delle operazioni militari ha risvegliato le frange nazionaliste della politica russa, che potrebbero venire catalizzate da figure scomode ma in questo momento utili per il Cremlino come il capo del Gruppo Wagner – Evgenij Prigozhin – o il leader ceceno Ramzan Kadyrov.

Il rischio è doppio: non solo per la tenuta del potere politico attualmente a capo della Russia, ma anche per la stessa unità della Federazione: un’eventuale sconfitta militare, con conseguente ridimensionamento della potenza dell’esercito russo (strumento principe della proiezione politica della Russia nel suo intorno), potrebbe facilmente solleticare più di una velleità indipendentista di alcune repubbliche, come la stessa (un tempo) turbolenta Cecenia. Da questo punto di vista anche il CSTO (Collective Security Treaty Organization), il trattato di sicurezza collettiva che lega a Mosca le ex repubbliche sovietiche ora Paesi sovrani, è stato messo in discussione da alcuni suoi membri: dall’Armenia, che, avendo richiesto l’intervento della Russia in concomitanza con la ripresa di scontri armati con l’Azerbaigian si è vista rispondere un secco “niet” per via dell’onere bellico in Ucraina, e dal Kazakistan, che ha espresso inizialmente l’intenzione di abbandonarlo salvo poi ritrattare. Una questione di sicurezza ma anche di immagine, interna ed esterna, per la Russia che non deve essere sottovalutata in analisi di tipo meccanicistico.

I nodi della Nato

Sul fronte opposto, più che l’Ucraina la quale, per ovvi motivi, vede in gioco la sua stessa esistenza come entità autonoma, è la Nato (e partner) ad avere in gioco più di una semplice vittoria sull’orso russo: in ballo c’è infatti la questione del rispetto del diritto internazionale, soprattutto perché legato a un Paese – la Russia – dotata di un arsenale nucleare importante.

Un esito infelice del conflitto, con la sconfitta ucraina determinata dal disimpegno occidentale, porterebbe con sé la possibilità di vedere ulteriori guerre (pensiamo allo scacchiere indo-pacifico) e soprattutto una corsa agli armamenti nucleari, visti come assicurazione per il non intervento della comunità internazionale.

Siamo davanti, quindi, a un rebus di difficile soluzione che potrebbe facilmente risolversi, secondo chi scrive, in uno dei tanti conflitti congelati della periferia russa stante la scarsa probabilità che Mosca decida di impiegare l’intera sua potenza militare (incluso il ricorso al nucleare tattico) per vincere la guerra.

Dove può essere deciso il conflitto

Dopo questa lunga premessa introduttiva cerchiamo di rispondere alla domanda che dà il titolo alla nostra trattazione: dove si deciderà il conflitto in Ucraina? Tralasciando il tavolo della diplomazia, che riteniamo ancora valido e capace di trovare una soluzione di pace secondo un meccanismo di “congelamento” dello status quo ante guerra (l’unico che potrebbe essere accettato da Mosca e fatto digerire a Kiev), proviamo a dare una risposta dal punto di vista strettamente militare.

Escludendo che la Russia possa mettere in atto una vasta operazione anfibia per aggirare il fronte lungo il fiume Dnepr e puntare su Odessa e sulla Transnistria – il potenziale navale da sbarco è fortemente menomato dalla perdita di alcune navi da guerra e dall’utilizzo dei fanti di marina in operazioni terrestri – e tralasciando anche la possibilità di una nuova invasione da nord, passando anche dalla Bielorussia (non si commette lo stesso errore due volte), restano solo tre opzioni sul tavolo: un nuovo attacco sulla direttrice Kharkiv/Dnepropetrovsk, uno sforzo per completare la conquista dell’intero Donbass, infine un’avanzata da sud verso nord nel settore che va da Zaporizhzhia a Donetsk per aumentare lo spessore di quella fascia costiera che collega la Crimea al territorio della Federazione.

1 – Attacco sulla direttrice Kharkiv/Dnepropetrovsk

La prima opzione è quella meno plausibile: il territorio non è dei migliori come hanno scoperto i russi durante i primi mesi di guerra, e gli ucraini potrebbero facilmente far affluire rinforzi dall’ovest del Paese. Un’azione simile, poi, richiederebbe una lunghissima preparazione e l’impiego di un potenziale bellico tale da richiedere una mobilitazione molto più vasta, senza considerare il rischio di lasciare sguarniti altri settori dalle forze corazzate necessarie per l’operazione, essendo queste non infinite.

2 – Conquista del Donbass

Restano le altre due possibilità, che potrebbero ugualmente valere la dichiarazione del termine del conflitto. La conquista dell’intero Donbass permetterebbe al Cremlino di avere un’importante leva sul fronte interno stante la campagna propagandistica degli ultimi 8 anni. Un Donbass “messo in sicurezza”, l’aver “salvato” la popolazione russofona dai “nazisti” ucraini, potrebbe essere sufficiente per gli scopi del Cremlino.

3 – L’avanzata nel settore tra Zaporizhzhia-Donetsk

In secondo piano, ma non così lontano dagli stessi schemi di ragionamento, c’è la conquista dell’intero oblast di Zaporizhzhia: come già detto, allargherebbe la fascia costiera occupata rendendo sicure le linee di comunicazione con la Crimea, e potenzialmente potrebbe portare anche al ritiro delle forze ucraine da parte dell’oblast di Donetsk.

Si tratta solo di ipotesi, che potrebbero verificarsi solo con un importante sforzo bellico complessivo da parte della Russia, che dovrebbe comprendere anche la conversione di parte della sua economia da una civile a una di guerra: in questo momento Mosca non ha le risorse per effettuare operazioni di ampio respiro, e forse non ne ha nemmeno l’intenzione in quanto il conflitto di attrito che si è stabilito le permette di erodere lentamente il potenziale bellico ucraino stante le difficoltà incontrate da Kiev a ottenere armamenti pesanti e a lungo raggio dagli alleati occidentali o anche solo il munizionamento per la propria artiglieria. PAOLO MAURI

Il populismo di guerra di Zelensky.

Gianluca Lo Nostro il 21 febbraio 2023 su Inside Over.

“Sai perché facciamo una vita da cani? Perché noi la nostra scelta la facciamo nelle cabine elettorali, capito? Ma non abbiamo tra chi scegliere! Se ci sono due merde, noi scegliamo solo la meno peggio, ed è così da 25 anni, cazzo. E vuoi sapere una cosa? Non cambierà neanche questa volta e sai perché? Perché tu, mio padre e io sceglieremo una di queste merde di nuovo. E diremo: sì, in effetti è una merda anche lui, ma forse un po’ meno”. Questo turpiloquio qualunquista è lo sfogo del professore di storia Vasilij Petrovyč Holoborodko, al secolo Volodymyr Zelensky, protagonista della prima puntata di Servitore del Popolo, la serie Tv più guardata in Ucraina nell’ultimo decennio.

Holoborodko, doppiato in lingua italiana da Luca Bizzarri, non sa che mentre discute con tono rassegnato della situazione politica nel Paese, uno studente lo sta riprendendo. Il filmato viene pubblicato in rete e viene visto da tutte le famiglie ucraine, mentre il professore resta all’oscuro dell’enorme notorietà raggiunta, salvo poi ignorarne le reali conseguenze. Nel giro di alcune settimane, quasi per scherzo e senza neanche candidarsi ufficialmente, viene proclamato vincitore delle elezioni presidenziali, diventando capo di Stato della seconda nazione più vasta d’Europa, dopo la Russia, e imbarcandosi in una folle avventura alla guida del suo Stato.

Una parabola incredibile per chiunque, eppure è quello che, con i dovuti distinguo, è successo a Volodymyr Zelensky. Colui che ha inventato quest’avvincente trama televisiva è stato eletto presidente dell’Ucraina il 21 aprile 2019, conquistando oltre 13 milioni di voti e la percentuale record del 73,22% in un impari battaglia contro l’uscente Petro Poroshenko. Se Holoborodko è un prodotto del guizzo comico di Zelensky, Zelensky è un Holoborodko più furbo e meno squattrinato che ce l’ha fatta dopo mille peripezie. E con cui, prima o dopo, bisognerà fare i conti.

Il comico imprenditore

Nato a Kryvyi Rih, Zelensky è cresciuto tra la Mongolia e l’Ucraina insieme alla famiglia. Di origine ebraica e bilingue (ma russofono), vanta una laurea in legge di cui davvero poco, se non quasi nulla, è stato scritto. Prima di intraprendere la carriera nel mondo dello spettacolo, prima di Kvartal 95 Club (la società di produzione cinematografica fondata nel 2003) e prima di Servitore del Popolo, il presidente ucraino si è specializzato in diritto costituzionale, studiando per diventare avvocato. Da questa passione giovanile, evidentemente mai sbocciata ma rivelatasi utile in futuro, deriva l’eccellente abilità oratoria di Zelensky.

Tuttavia, come mostrato pocanzi, sono gli anni del cabaret e della commedia a trascinarlo nell’arena politica. Perché oltre alla fama pregressa e alla spigliatezza c’è anche uno spirito imprenditoriale che si nasconde dietro la personalità della persona dell’anno secondo il Time Magazine. Un tratto, quello del self-made man nazionalpopolare, che ha permesso a Zelensky di penetrare nelle coscienze critiche di chi lo ha fatto entrare nelle stanze del potere a Kiev.

“Zelensky veniva dal mondo dell’imprenditoria e gli ucraini erano stanchi delle élite che non potevano offrire altro che corruzione e nepotismo, quindi cercavano qualcosa di nuovo“, racconta a InsideOver Iuliia Mendel, portavoce del Presidente fino al 2021. “Ha voluto introdurre la meritocrazia nella lentissima macchina del governo, ma le istituzioni ucraine non sono così solide come nel vostro Paese, quindi si è sforzato di renderle più flessibili. È stato il primo presidente a introdurre la concorrenza per le nomine politiche più importanti e una di queste era la mia carica di portavoce”.

Mendel racconta anche un aneddoto sulla sua assunzione, una novità assoluta per un Paese abituato a raccomandazioni e clientelismo. “Mise l’annuncio su Facebook e non ero sicura di candidarmi perché c’erano migliaia di persone in lizza. Tutti i presidenti precedenti sceglievano persone che già conoscevano senza trasparenza. Ho avuto un colloquio con lui e mi ha chiesto quale fosse la mia motivazione”, prosegue. “Che cos’è se non il sogno ucraino, quando ognuno può realizzare ciò che vuole? Zelensky ha fatto appello alle emozioni della gente, capisce la politica dal punto di vista delle emozioni e i suoi discorsi e video sono realistici perché cerca di capire la psicologia delle persone”.

Il nuovo populista che avanza

La vita politica di Zelensky si può suddividere in tre fasi comunicative. La prima, quella del debutto, è iniziata nel giorno di Capodanno del 2019, quando annunciò la sua discesa in campo. Fu una scelta maturata dopo mesi di riflessioni su sondaggi d’opinione che non facevano altro che ribadire la popolarità dell’allora comico. Secondo alcune rilevazioni effettuate nel 2018 dal Kiev International Institute for Sociology (Kiis), Zelensky aveva tassi di approvazione superiori a quelli dell’allora presidente ucraino. Ma il passaggio dalla satira politica alla politica autentica non è stato privo di ostacoli.

La campagna elettorale fu condotta solo online e nessun giornalista poteva sognarsi di intervistarlo. Lo scontro coi media era perlopiù alimentato dai finanziatori della campagna elettorale, i mitologici e onnipresenti oligarchi, e meno dal candidato, che credeva in una maggiore disintermediazione con gli elettori, evitando di passare dal filtro della stampa. Lui era un tutt’uno coi suoi sostenitori, che vivevano sul web, e sul web lui comunicava. I giornali narravano la sua ascesa, ma faticavano a comprenderlo. Chi sta leggendo questo articolo avrà in mente una sorta di Beppe Grillo slavo: non è un accostamento così avventato, a essere sinceri.

Ad ogni modo, la vecchia politica rappresentata dall’establishment lo attaccava con pretesti assurdi: Poroshenko e il suo team, responsabili in quegli anni di una controversa stretta sulle popolazioni di lingua russa, arrivarono a definire Zelensky un traditore filorusso che faceva il gioco di Putin. Ovviamente non funzionò, non solo perché Zelensky non era mai stato pro-Putin (preso di mira varie volte nei suoi spettacoli), ma perché la strategia comunicativa usata per diffamarlo venne facilmente smentita sui social.

Poroshenko invitò Zelensky a un dibattito prima del ballottaggio, ma il suo sfidante gli rispose ponendogli le seguenti condizioni: “Ti aspetto allo stadio Olimpico di Kiev. Il dibattito si terrà qui, di fronte al popolo ucraino. Tutti i canali potranno acquistare i diritti per trasmetterlo in diretta e tutti i giornalisti avranno diritto di essere presenti. Tutti i candidati dovranno sottoporsi a un controllo medico e dimostrare di non essere alcolizzati o drogati. Il Paese ha bisogno di un presidente in salute”.

Soprendentemente, Poroshenko accettò (“Stadio? E stadio sia”) e i due fecero persino il test antidroga, ma alla fine non si trovò un’intesa sulla data e il presidente uscente, in svantaggio nei sondaggi, si presentò al dibattito da solo davanti allo stadio Olimpico a pochi giorni dal voto. A nulla valse la buona volontà: il destino di Poroshenko era già segnato.

Zelensky il riformatore

Una volta presidente, l’outsider non più outsider ha dato in pasto ai suoi sostenitori altre perle di saggezza dal sapore genuinamente populista. Questa, estrapolata dal suo discorso inaugurale, riguarda l’affissione della sua foto negli uffici pubblici: “Io non la voglio la mia foto nei vostri uffici”, ha detto rivolgendosi ai funzionari e ai parlamentari presenti alla Verchovna Rada. “Il presidente non è un’icona, un idolo o un ritratto. Appendete la foto dei vostri figli invece e guardateli ogni volta che dovete prendere una decisione”, ha ammonito.

Sulla scia di quel dirompente successo, Zelensky ha sciolto il parlamento e ha stravinto le elezioni legislative, superando peraltro le sue modeste aspettative che lo vedevano fermarsi a un’ottantina di seggi. D’altronde, Servitore del Popolo, il nome del suo partito, era un soggetto politico giovanissimo e senza radicamento sul territorio. Nonostante questo, gli ucraini hanno consegnato al partito di Zelensky 259 seggi, un’inaudita maggioranza che ha comportato non pochi problemi al Presidente.

Ritrovare la pace in Donbass era uno degli obiettivi principali di Zelensky dal suo insediamento. La guerra con le truppe separatiste sostenute dal Cremlino aveva causato almeno 10 mila morti e per il nuovo capo di Stato la priorità era ritrovare la pace attraverso le miracolose vie della diplomazia, bilanciando l’esigenza di porre fine al conflitto con il sentimento nazionalista di chi gli chiedeva la difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina a tutti i costi. Ma la diplomazia così tanto miracolosa non è stata.

Tra il 2020 e il 2021 sono state denunciate migliaia e migliaia di violazioni del cessate il fuoco bilaterale previsto dagli Accordi di Minsk e in trincea non si è mai smesso veramente di combattere. Zelensky, comparso ogni anno sul fronte per dare manforte ai suoi soldati, ha pagato il mancato accordo con Putin promesso in campagna elettorale, perdendo le elezioni locali nel 2020. Lo smacco più doloroso è stata la sconfitta a Kryvyi Rih, sua città natale, dove il partito filorusso Piattaforma di Opposizione – Per la Vita (oggi messo al bando) si è preso l’amministrazione comunale.

Zelensky però è un uomo parecchio determinato e malgrado la mentalità aziendalistica che mette l’efficienza al primo posto è anche un inguaribile idealista. Il piano di un negoziato con il Cremlino non è mai stato abbandonato completamente e barcamenandosi tra problemi di natura interna e nuove, inaspettate alleanze (la Francia di Macron), il presidente ucraino ha voluto puntare sulla pace finché ha avuto senso farlo, perfino quando l’allarme dell’invasione lanciato dalla Cia è cominciato a circolare in Europa a fine 2021.

Come la guerra cambia un uomo

È con la guerra che lo Zelensky politico ha subito la sua più recente e notevole mutazione. E stavolta a cambiare non è stato soltanto il linguaggio o il carattere, ma l’aspetto fisico. La giacca e cravatta rimpiazzate dalla mimetica, le guance glabre e rasate ora coperte da una barba minuziosamente curata, il volto prima sollevato e solare che adesso ha lasciato spazio a una fronte corrucciata e tribolante, ma che sa comunque trasmettere empatia: sono i sintomi di un invecchiamento precoce. Questa piccola ma significativa rivoluzione ha avuto luogo nei giorni e nelle settimane successive all’invasione, dunque tra febbraio e marzo del 2022, mentre Zelensky dava ordini dal suo bunker inespugnabile a Kiev, lontano per mesi dalla sua famiglia e minacciato dagli assassini di Putin che lo cercavano nella capitale.

Qui il Presidente ha smesso di avere respiro nazionale. I suoi messaggi pubblicati sui suoi canali social sono stati letti e ascoltati da milioni di persone in tutto il mondo. Il suo account Twitter è passato nottetempo da 500 mila a un milione e mezzo di follower in 24 ore. Oggi è seguito da 7 milioni e 100 mila profili, a cui vanno aggiunti i quasi 17 milioni di Instagram e i 3 milioni di Facebook. Un leader globale di uno Stato in guerra, affermatosi sulla scena internazionale come player e interlocutore fondamentale per gli equilibri del pianeta, ogni giorno sulle prime pagine di tutti i giornali. Un capo che non comunica più soltanto con i suoi concittadini, ma sfrutta il piedistallo su cui è poggiato per mandare richieste pubbliche di aiuto agli altri Paesi, mettendo una pressione che rischia di risultare stucchevole nel lungo periodo, specie se l’inerzia del conflitto dovesse spostarsi in favore di Mosca.

C’è una domanda però che merita una risposta: come ha fatto un politico inesperto, dilettante e per certi versi inconcludente a guadagnarsi la fiducia di 40 milioni di persone mentre il suo Paese è sotto attacco da un’opprimente superpotenza nucleare? Secondo Iuliia Mendel, c’entra la decisione di restare a Kiev nei primi giorni della guerra.

“Quando è scoppiata la guerra, la gente si sentiva smarrita e si chiedeva: ‘Cosa devo fare se all’improvviso tutta la mia vita viene distrutta?’. I primi giorni furono i più importanti, quando andò dalla gente e disse: ‘Restiamo qui e combattiamo‘. Questa era in realtà l’identità degli ucraini”, osserva la giornalista. “Non ha detto ‘ci arrendiamo’ o ‘ci stiamo pensando’. Ha detto ‘stiamo combattendo'”. E perché gli ucraini gli hanno creduto? “Perché in quel momento ha fatto appello al cuore di ogni ucraino, perché questo è il nostro Paese, perché questa è la nostra casa”, conclude.

Zelensky in strada a Kiev insieme al primo ministro ucraino e i suoi consiglieri rassicura la popolazione 24 ore dopo l’invasione: “Tutti noi siamo qui per proteggere l’indipendenza del nostro Paese”

I suoi oppositori lo accusano di aver forzato l’Ucraina a entrare in questa insulsa guerra, di aver introdotto la legge marziale e di aver continuato con la repressione anti-russa voluta dai suoi predecessori, vietando tutti i partiti schierati con l’aggressore. Le suppliche ai partner occidentali, che secondo Zelensky dovrebbero incrementare le forniture militari per consentire a Kiev di sconfiggere la Russia sul campo, causerebbero inevitabilmente una guerra mondiale, si legge spesso. Ma forse la sua è soltanto retorica che genera velleità esternate in un plausibile delirio di onnipotenza. Chi, al suo posto, non chiederebbe più carri armati e cacciabombardieri all’America se avesse un assegno in bianco illimitato a disposizone? Ma soprattutto, siamo sicuri che al popolo ucraino non faccia piacere il sostegno a oltranza della comunità internazionale e che effettivamente Zelensky sia apprezzato in patria per questo?

Che si ami o che si odi, che si esalti o che si irrida, Volodymyr Zelensky sta segnando questa epoca e lo sta facendo in un lasso di tempo troppo corto per elaborare il vero valore e l’eredità storica della sua testimonianza. Dunque esprimere un giudizio netto, buono o cattivo, bianco o nero, potrebbe essere un esercizio mentale pericoloso. E intellettualmente disonesto. Un fatto è nondimeno innegabile. La sua figura rimarrà scolpita, nel bene o nel male, sulla pietra angolare della nazione ucraina che sta cercando di risorgere dopo questa traumatica guerra. GIANLUCA LO NOSTRO

Com’è cambiata la corte di Putin dall’inizio della guerra. Lorenzo Vita il 21 febbraio 2023 su Inside Over.

L’invasione dell’Ucraina è iniziata ufficialmente il 24 febbraio 2022 con un discorso del presidente russo Vladimir Putin. Da quel momento, la storia dell’Ucraina, della Russia e del mondo è cambiata forse definitivamente. Ma è cambiata inevitabilmente anche la vita all’interno del Cremlino, che, dopo l’inizio di quella che è stata chiamata “operazione militare speciale” (e non guerra), ha inevitabilmente modificato il modo di gestire il potere di Putin e la rete di personalità influenti e burocrati intorno alla figura del presidente.

La guerra è infatti diventata uno spartiacque per Mosca e per la stagione di potere del leader russo, e questo ha fatto sì che all’interno dello Stato sono state la conduzione del conflitto e la fedeltà o meno alla linea del presidente a fare la differenza anche nell’autorità del singolo individuo del “cerchio magico“ moscovita.

I primi segnali

Un primo clamoroso assaggio di questo nuovo corso del potere russo lo si è visto proprio nelle primissime fasi della guerra, anche poco prima che essa deflagrasse con l’invio delle truppe russe in territorio ucraino. L’episodio è quello del rimprovero pubblico da parte di Putin nei confronti di Sergei Naryshkin, capo dello Svr, l’intelligence esterna russa.

La scena, per certi versi drammatica, vedeva il vertice dei servizi esterni di Mosca balbettare di fronte all’incalzante voce del presidente che quasi lo derideva per parlare della futura annessione delle regioni occupate (cosa poi avvenuta) e sull’ancora possibile negoziato con l’Occidente.

Per molti osservatori, quell’immagine sarebbe stata la condanna all’oblio di Naryshkin, uno dei “fantasmi di Leningrado”, tra gli uomini più vicini a Putin. Non è nemmeno da sottovalutare il fatto che Putin, attraverso quella sconfessione coreografica, abbia in realtà salvato il suo vero delfino nell’intelligence per un eventuale ruolo da successore. In ogni caso fu il simbolo di un cambiamento in corso in tutti i palazzi del potere in Russia.

Il ruolo di Lavrov

In questo sommovimento interno alla Federazione va poi anche osservato il ruolo del ministro degli Esteri, Sergej Lavrov. Fino a poche settimane prima della guerra, il capo della diplomazia russa era considerato non soltanto la parte più razionale e diplomatica della leadership moscovita, ma per certi versi anche la voce più lucida per un dialogo con l’Occidente. La guerra ha enormemente scalfito l’operato di Lavrov, che non è apparso solo in balia delle scelte di Putin, ma anche provocatorio nelle sue affermazioni.

Molte delle sue mosse sono apparse inutili o del tutto scenografiche. Alcune affermazioni si sono rivelate invece del tutto contrarie a quello che sarebbe avvenuto successivamente. Infine, è stato costretto anche a modificare il suo tradizionale distacco per piegarsi a un meccanismo di accuse violente e propaganda.

Lavrov è rimasto alla guida degli Esteri, come tutti i ministri più influenti sono rimasti al loro posto, ma senza particolare entusiasmo. Il conflitto ha del resto condannato la sua figura al pari di quella del suo lavoro diplomatico, relegandolo al rango di esecutore diplomatico di una strategia che probabilmente non ha mai considerato utile.

Il “contrappeso” a Putin

La guerra ha poi modificato anche la percezione del ruolo dei due principali vertici della Difesa russa: il ministro Sergej Shoigu e il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov. I due uomini – nella lettura di molti media occidentali – sono spesso stati visti come una sorta di contrappeso alle scelte di Putin. L’immagine dei due uomini che osservavano con preoccupazione il presidente russo durante un incontro all’inizio della “operazione militare speciale” venne letta da molti come una sorta di distacco pessimistico tra i militari e il Cremlino.

Poi, a marzo, qualcuno iniziò anche a parlare di misteriosa scomparsa e di ipotesi di rimozioni: non apparendo più in immagini pubbliche, sia Shoigu che Gerasimov erano dati come spacciati, lontani dai radar perché avevano fallito nei piani bellici. Qualcuno addirittura parlava di un grave problema di salute o di possibili morti di entrambi.

Tra un susseguirsi di cambi nella gerarchia militare e soprattutto tra chi comandava le operazioni in Ucraina, la guerra è andata parallela al coinvolgimento diretto dei due vertici militari nel conflitto e nella propaganda putiniana. La loro scomparsa è stata spesso assimilata alle sconfitte, mentre ora, per esempio, con una Russia che appare in grado di infliggere di nuovo colpi all’Ucraina, Shoigu appare sempre più spesso, mentre Gerasimov, da gennaio, è addirittura al comando della “operazione militare speciale”.

Questo potrebbe essere visto come un nuovo tentativo di rafforzare le forze armate in una fase in cui apparivano enormemente indebolite le figure apicali, quasi a salvarne la faccia dopo mesi di rischio di defenestrazione.

Kadyrov e Prigozhin, mine vaganti

Un cambiamento che per il Cremlino serve soprattutto in un’ottica politica: valorizzare il ruolo dei capi delle forze armate russe aiuta infatti a frenare le ambizioni di due uomini che durante la guerra sono stati ritenuti fondamentali, e cioè il ceceno Ramzan Kadyrov e il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin. I due capi militari, esterni alle forze regolari di Mosca, rappresentano da un lato i vertici di feroci milizie che hanno fornito a Putin le vittorie di cui aveva bisogno per confermare all’opinione pubblica il momentaneo successo dell’invasione.

Dall’altro lato, va anche considerato che un ceceno troppo esuberante e violento e un privato che gestisce una legione di mercenari più preparata dei reparti dell’esercito al fronte hanno influito in modo negativo sia sulla percezione delle forze armate della Federazione sia sulla capacità della Russia, e quindi di Putin, nel gestire un conflitto.

I due uomini, leader politici e in un certo senso anche carismatici, sono stati addirittura inseriti nella lista dei potenziali successori di Putin in caso di golpe dei cosiddetti “falchi”. E il rischio di uno strisciante golpe di boiardi o di rinascita dei secessionismi non ha certamente rafforzato la loro posizione nel cerchio magico di Putin dopo che invece per anni (e nel primo anno di guerra) sono apparsi tra i fedelissimi dello “zar”.

Intorno alla figura di Putin, si riconoscono poi una serie di personalità sempre meno fondamentali nelle logiche pubbliche del potere. La narrazione dei fedelissimi si è andata perdendo nel corso del conflitto lasciando in disparte personaggi che invece avevano un peso politico – più o meno pubblico – anche rilevante.

I falchi e l’intelligence dello zar

Abbiamo parlato del caso di Naryshkin, primo grande campanello d’allarme per la cerchia di potere del presidente. Ma all’interno di quel circuito misto di intelligence, oligarchia e amici di Putin, un altro ad avere assistito ad ascesa e declino all’interno del Cremlino è Nikolaj Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza, un uomo considerato tra i più vicini al leader e che addirittura dopo alcuni mesi dall’inizio dell’invasione era visto come il successore designato dallo stesso Putin alla guida della Russia. Il “falco” è apparso con alcune interviste, ma lavora di nuovo nell’ombra, forse anche lui punito per non avere dato le risposte attese dal capo di Stato.

Una sorte simile sembra essere toccata anche al direttore del Servizio federale di sicurezza (Fsb) Aleksandr Bortnikov. Da tempo di lui si sono perse le tracce. Continua il suo lavoro come vertice del potentissimo Fsb, ma mentre prima anche la stampa occidentale ne parlava come consigliere fidatissimo e potenziale leader in caso di regime change soft tra le mura del Cremlino, ora è quasi scomparso. E di recente, la Stampa ha anche parlato dell’ipotesi della sua sostituzione con Sergei Korolev, uno dei vice di Bortnikov. Secondo il quotidiano torinese, il fatto che Korolev sia in quarantena preventiva a Mosca potrebbe confermare un incontro con Putin nei prossimi giorni: cosa che alimenta l’ipotesi di un cambio della guardia nelle gerarchie dello Fsb. Questione che rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione per un sistema, quello dei servizi, dove tutto è ancora fortemente ancorato alla figura di Putin e ai suoi fedelissimi del fu Kgb sovietico.

In tutto questo, una serie di altre personalità politiche hanno modificato la loro posizione all’interno della guerra. L’ex presidente Dimitri Medvedev, per esempio, ha assunto il ruolo di megafono delle forze più oltranziste e nazionaliste della Russia dopo essere stato ritenuto, nella sua breve stagione presidenziale, il delfino moderato di Putin. Anche lui, al pari di altri, ha visto nella guerra un’occasione di rivalsa pubblica, diventando a tutti gli effetti il leader carismatico dei falchi e di chi vuole colpire l’Ucraina e la Nato.

Con i suoi canali social, l’ex presidente alimenta una narrazione bellicista che serve soprattutto a rafforzarlo nei circoli di potere intransigenti e nell’opinione pubblica nazionalista. Ma anche in questo caso, la sua figura appare ben lontana da quello di consigliere fidato di Putin, apparendo semmai come un uomo interessato semplicemente a rafforzarsi in vista di un possibile mantenimento della leadership di Putin (o anche solo delle elezioni).

L’imbarazzo dei tecnici e la solitudine di Putin

Accanto a queste figure più “pubbliche”, esiste poi un insieme di personalità tecniche che appaiono sempre meno influenti nel cerchio magico di Putin. Da tempo il primo ministro Mikhail Mishustin ha aumentato la retorica antioccidentale, ma appare fondamentalmente lontano dal sistema dei fedelissimi, legandosi in realtà al blocco dei pragmatici. I ministri più tecnici del governo non sembrano allineati alle decisioni di Putin. Mentre la direttrice della banca centrale, Elvira Nabiullina, ha già fatto intendere di avere perplessità sul futuro della Russia e di volere trasparenza verso imprenditori, cittadini e mercati finanziari rispetto alle conseguenze delle sanzioni, della guerra e dell’isolamento internazionale.

In tutto questo meccanismo di allontanamenti e di prove di convivenza con questo nuovo sistema di potere di guerra, appare fondamentale quanto scritto di recente su Limes da Orietta Moscatelli, e cioè che “nella notte del Natale ortodosso al Cremlino è stato celebrato il funerale del ‘Putin collettivo'”. La scelta comunicativa del presidente di apparire da solo nella chiesa dell’Annunciazione con pochi monaci (e neanche con il patriarca Kirill) sembra confermare l’immagine di un leader volutamente solo, unico e senza altri corresponsabili o complici.

Il Consiglio di sicurezza della Federazione russa, una sorta di collegio dei più importanti uomini del potere russo, è ormai distante dal capo del Cremlino. E, come ricorda Limes, il fatto che la maggioranza dei russi sia ancora saldamente fiduciosa in Putin, non abbia negato sostegno alla guerra in Ucraina e appaia soprattutto desiderosa di non perdere, in qualche modo alimenta l’idea che l’uomo solo al comando sia ancora la scelta politica migliore per il capo dello Stato.

La guerra ha stravolto il sistema di potere. E in questo senso sarà essa, come appare ormai chiaro, a decidere le sorti del putinismo. E con esso di un cerchio magico che ha già cambiato pelle e in cui tutti i personaggi più influenti hanno paura di essere considerati troppo vicini o troppo lontani dal presidente, nell’incertezza del destino di Mosca. LORENZO VITA

Corruzione, purghe e dimissioni: le lotte per il potere in Ucraina. Andrea Muratore il 21 febbraio 2023 su Inside Over.

Il potere in Ucraina è stato radicalmente trasformato dalla guerra d’aggressione scatenata dalla Russia il 24 febbraio 2022. Volodymyr Zelensky, divenuto icona della resistenza di Kiev, ha beneficiato dell’effetto rally’ around the flag della popolazione e delle istituzioni. E ha radicalmente modificato il suo approccio al potere.

Prima del conflitto Zelensky e il suo partito, Servitore del Popolo, vivevano la classica situazione della formazione di rottura giunta al potere e costretta a scontrarsi col crollo di molte illusioni di trasformazione radicale della società. L’evento straordinario della guerra ha dato alla presidenza poteri pressoché illimitati nella gestione dei gruppi di influenza, dei rapporti tra lo Stato e gli apparati economici, nella conduzione del conflitto. A cui nel corso dei mesi sono però subentrati altri centri di potere a partire dall’intelligence militare, ghiandola pineale dello Stato e perno del rapporto securitario con l’Occidente, e delle forze armate.

Quel che è certo è che il percorso del potere ucraino verso il crescente accentramento delle funzioni attorno la presidenza non è stato, come si è visto, indolore. E la gestione della catena del comando e dei rapporti politici più strutturati è passata attraverso incidenti, scandali e rese dei conti.

Sono almeno tre gli eventi chiave del percorso di sviluppo del potere in Ucraina dallo scoppio della guerra in avanti. Il primo è legato alla ridefinizione del rapporto tra Zelensky e gli oligarchi di Kiev. Il secondo all’onda lunga dello scandalo corruzione che ha colpito diversi ministeri. Il terzo alle dimissioni di Oleksij Arestovych, consigliere strategico numero uno di Zelensky. A cui si aggiunge il tema del misterioso incidente d’elicottero di Brovary, a Kiev, del 18 gennaio che ha decapitato i vertici della sicurezza interna.

Come cambia il potere degli oligarchi con la guerra

Tenersi vicini gli amici e ancora più vicini i propri nemici. Questa la logica che Zelensky ha seguito nel contesto della gestione dei rapporti di potere tra Stato e oligarchi a partire dall’invasione.

A luglio Zelensky è arrivato a inserire il suo storico patron Igor Kolomoisky nella lista di dieci figure a cui è stato tolto ogni diritto di cittadinanza per presunte attività sovversive. Kolomoisky, editore delle Tv dai cui canali “Servitore del Popolo” divenne da serie Tv con Zelensky protagonista un partito con l’ex comico come leader, si trova ora in Israele.

Tra gli oligarchi invece è diventato sempre più potente Rinat Akhmetov, patron dello Shaktar Donetsk e storico avversario del presidente, che a novembre 2021 lo aveva addirittura accusato pubblicamente di trame golpiste. Akhmetov, magnate della metallurgia e patron dell’Azovstal di Mariupol, ha perso due terzi del suo patrimonio con la guerra, ma con circa 4,5 miliardi di dollari è ancora l’uomo più ricco del Paese e tra i 700 più facoltosi del pianeta. Ha finanziato attivamente la guerra di resistenza dell’Ucraina e le sue proprietà, assieme a quelle appartenenti all’ex primo ministro ucraino Arseniy Yatsenyuk, sono state sequestrate dai russi in Crimea.

Akhmetov ha negoziato il ritorno nell’alveo dei buoni rapporti col potere in cambio dell’uscita dal business dei media proprio per sottrarsi alla formale etichetta di “oligarca” prevista dalla legge contro gli oligopoli dalla dubbia legittimità democratica prevista dal governo di Kiev per accelerare la lotta alla corruzione e varata nel 2021. Mano libera al presidente sulla comunicazione e sostegno fermo a Zelensky, tregua con il potere sulle ambizioni politiche, difesa del business industriale e finanziario della sua System Capital Management (Scm): questa la terna di priorità su cui Akhmetov ha patteggiato il suo riconoscimento dell’autorità presidenziale, al contrario di quanto fatto da Kolomoisky. Zelensky ha così trasformato un suo strenuo oppositore in un fedele e indispensabile alleato.

Al contempo, l’ex presidente Petro Poroshenko, sconfitto da Zelensky nel 2019, appare rientrato a fianco dell’esecutivo dopo anni di braccio di ferro col suo successore. Ha lealmente sostenuto la difesa ucraina, si è prestato a consigliare Zelensky su come chiedere all’Occidente spingere sulle sanzioni alla Russia per colpire l’economia russa e si è rilanciato per un futuro imprenditoriale e politico. Sfuggendo alla mannaia anti-corruzione dell’esecutivo.

Lo tsunami corruzione

La corruzione si conferma un tarlo nel Paese. La Corte dei Conti Ue a fine 2021 scriveva che “in Ucraina la corruzione rimane presente ad ogni livello dello Stato” e rappresentava una minaccia al processo di adesione europea di Kiev. L’Unione europea, scriveva la Corte, “ha cercato di combattere il fenomeno nel Paese, convogliando fondi e interventi in svariati settori, dalla concorrenza al sistema giudiziario, ma il sostegno fornito e le misure attuate non hanno prodotto i risultati attesi”.

Zelensky è stato eletto anche con l’obiettivo di ripulire il Paese dalla corruzione, ma la guerra ha fatto venire alla luce i problemi endemici dei profittatori di guerra e dello sciacallaggio. Il 21 gennaio il viceministro per lo Sviluppo delle infrastrutture, Vasyl Lozynski, è stato arrestato e silurato dal governo nel quadro di un’inchiesta che lo ha visto indagato per presunte manipolazioni di bandi per l’acquisto di generatori elettrici per garantire la sicurezza di Kiev contro i raid russi invernali.

A cascata, il sottogoverno del Paese è stato falcidiato. Tra fine gennaio e inizio febbraio si sono dimessi o sono stati rimossi il vicecapo dell’Ufficio presidenziale, Kyrylo Tymoshenko, altri quattro viceministri (dalla Difesa, Vyacheslav Shapovalov, dalle politiche sociali Vitaliy Muzychenko, dallo Sviluppo delle Comunità, Ivan Lukerya e Vyacheslav Negoda), il procuratore generale in seconda Oleksiy Simonenko e i vicecapi del Servizio statale dei Trasporti Marittimi e Fluviali, Anatoliy Ivankevych e Viktor Vyshnyov.

Ora su questi fatti indaga la magistratura interna. Zelensky ha preso al balzo la palla per ripulire l’amministrazione centrale dell’annoso radicamento di sistemi di corruttele interne agli apparati. E a rischiare di cadere è stata anche la testa del ministro della Difesa Olekseij Reznikov, colpito dalle accuse di omessa vigilanza sulle mosse del suo vice per presunte manipolazioni al rialzo di commesse per le forniture dell’esercito e retrocesso all’Industria. Si è detto per diversi giorni che Reznikov avrebbe perso la guida della Difesa venendo sostituito da Kyrylo Budanov, già capo dell’intelligence militare. Ma a quanto sembra Zelensky avrebbe optato per non muovere troppe pedine.

La militarizzazione del potere

Budanov, giovane maggior generale, ha comunque in questa fase contribuito alla militarizzazione del potere di Kiev. Sempre più marziale e oltre la linea della gestione diplomatica del conflitto. La Difesa e l’intelligence sono ad oggi le centrali più importanti vicine alla presidenza, mentre il ministero degli Esteri è oggigiorno in declino. E Dmitry Kuleba, titolare del dicastero, subisce le intemperanze e le gaffe del “falco” suo vice, Andriy Melnyk.

A contribuire a questo processo anche la morte, nella caduta dell’elicottero a Kiev del 18 gennaio scorso, del ministro dell’Interno Denys Monastyrsky, del suo vice, Yevhen Yenin, e del segretario di Stato del ministero, Yurii Lubkovich. Al cui posto è stato chiamato Igor Klymenko, ex capo delle polizia e militare di carriera, “falco” antirusso come Budanov e Melnyk. La cui ascesa ha seguito di poco l’uscita dal governo del consigliere militare più ascoltato da Zelensky, Oleksij Arestovych, l’uomo che aveva previsto la guerra, “reo” di aver aperto all’ipotesi di una soluzione diplomatica del conflitto.

Le stelle polari? Zaluzhny e Podolyak

Chi invece è rimasto stabile nella sua posizione e intoccabile è il duo che guida la resistenza operativa di Kiev. Da un lato, il generale Valery Zaluzhny, comandante in capo delle Forze Armate. Uomo pragmatico e soldato tutto d’un pezzo. A cui si aggiunge lo stratega della guerra-ombra ucraina, Mykhalio Podolyak, tra i capo-consiglieri del presidente, regista della guerra asimmetrica condotta dalle spie ucraine contro Mosca e in sostegno all’Occidente. Punto di convergenza tra politica, diplomazia e intelligence, il cui ufficio è la camera di compensazione tra desideri di Zelensky, richieste occidentali e appunti degli apparati riguardo la gestione del conflitto.

Zelensky, Zaluzhny, Podolyak: questo il triumvirato di testa del potere ucraino. Un triangolo, più che un cerchio magico, attorno cui la sfera del potere di Kiev ruota vorticosamente.

Tra militarizzazione, purghe, tragedie e lotte tra clan di potere il conflitto è un acceleratore. E il sistema di potere di Zelensky si accorge del fatto che il suo equilibrio interno è ad oggi legato alla guerra stessa, mentre le prospettive per il post-conflitto appaiono ad oggi assai incerte. ANDREA MURATORE

Il volto della guerra: cosa ci ha insegnato. Paolo Mauri il 22 febbraio 2023 su Inside Over.

L’invasione russa dell’Ucraina cominciata il 24 febbraio 2022 ha riportato lo spettro della guerra in Europa dopo più di venticinque dal termine delle ostilità nei Balcani determinate dallo sfaldarsi della Jugoslavia. Quel conflitto aveva caratteristiche però diverse da quello attualmente in corso: era caratterizzato infatti da una forte componente indipendentista, e sebbene combattuto “convenzionalmente” (se pur con la presenza di milizie paramilitari volontarie) si può ascrivere nel campo dei conflitti etnici/religiosi.

Come il terrorismo ha cambiato gli eserciti

Una guerra di conquista in Europa non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale, il cui termine ha portato la divisione del mondo in blocchi contrapposti e una frontiera impenetrabile in Europa che ha separato il continente sino al 1989: la Cortina di Ferro. Questa spartizione, in funzione degli accordi di Jalta, ha garantito una pace armata in Europa durata decenni – la Guerra Fredda – e il collasso dell’Unione Sovietica del 1991 ha determinato la nascita di un mondo unipolare che si credeva falsamente stabile.

La fine delle dinamiche di opposizione tra due sistemi diversi (capitalismo e socialismo), ha generato l’insorgenza del terrorismo internazionale di stampo religioso e consequenzialmente la necessità del suo contrasto attivo anche al di fuori dei confini nazionali dei Paesi vittima delle sue manifestazioni. Pertanto lo strumento militare è radicalmente cambiato nel corso del decennio 1990/2000, e gli eserciti (non solo occidentali) hanno sviluppato dottrine di counterterrorism e counterinsurgency che hanno portato con sé l’accantonamento del warfighting tradizionale, ovvero le operazioni belliche tra enti statuali.

Riduzione del personale, fine della coscrizione, ridimensionamento delle forze pesanti e di quelle aeree sono i principali effetti di questa conversione che ha portato con sé anche la rimodulazione del complesso militare industriale, non più chiamato a soddisfare ordini per centinaia o migliaia di mezzi ed equipaggiamenti destinati alle forze armate.

In particolare lo stato delle forze pesanti è emblematico di questo passaggio epocale: il numero di Mbt (Main Battle Tank) presenti negli eserciti europei è drasticamente diminuito in quanto era venuta a cessare la minaccia convenzionale data dall’URSS e dai Paesi del Patto di Varsavia.

Lo choc della guerra in Ucraina

Il conflitto in Ucraina, da questo punto di vista, è stato uno choc: improvvisamente la minaccia di un’invasione in grande stile, in Europa, si era fatta reale. Eppure segnali in questo senso c’erano già stati nel corso dei vent’anni precedenti: prima ancora del colpo di mano russo in Crimea e della destabilizzazione del Donbass nel 2014, la Federazione si era impegnata in una campagna militare contro la Georgia per ottenere il controllo dell’Ossezia del Sud nel 2008.

Una prima lezione che è stata appresa dalla guerra in corso è stata quindi la necessità di rimodulare le forze armate, in particolare quelle terrestri, al warfighting convenzionale e simmetrico, quindi dando importanza all’addestramento in tal senso, all’acquisizione di nuovi/ulteriori sistemi d’arma di tipo pesante per l’esercito (Mbt e artiglieria), al potenziamento dello strumento aereo, alla capacità di interdizione e attacco marittima, e al mantenimento di un’elevata prontezza operativa – il che richiede che tutte le unità siano alimentate al 100% con personale pronto a muovere.

Il sostegno militare dei Paesi della Nato e partner a Kiev, poi, ha mostrato sia le carenze delle scorte di munizioni ed altro equipaggiamento sia i limiti dell’industria bellica, che a fatica riesce a sostenere i ritmi imposti dalla guerra. Pertanto questo conflitto sta mutando le politiche industriali di alcuni Paesi occidentali, da troppo tempo abituati a una condizione di “pace” che erroneamente si pensava duratura, o comunque essere una condizione quasi perpetua in prossimità dei propri confini.

Il ritorno della competizione tra Stati

L’invasione russa dell’Ucraina ha infatti mostrato che il paradigma di riferimento nell’escalation dei rapporti tra Stati, ovvero il modello “competizione-crisi-conflitto”, sebbene sia obsoleto, è ancora possibile nonostante l’introduzione del concetto di “concorrente” che spiega a livello macro quanto sta accadendo in Europa e in altri scacchieri mondiali. I rapporti tra potenze globali (e relative alleanze) sono passati a uno stato di “competizione duratura” (continuum competition), ovvero di tensione internazionale permanente in cui diventa sempre più complesso tutelare i propri interessi, che può anche sfruttare attori minori, secondari o partner. Questa situazione è destinata a perdurare e acuirsi in futuro generando una ricorrente instabilità (pervasive instability) contraddistinta da fenomeni imprevedibili e dinamici, spesso con azioni condotte nella “zona grigia” (gray zone) e quindi al di sotto del livello di innesco di un conflitto aperto. I concetti di “competizione duratura” e “ricorrente instabilità” non sono del tutto nuovi: circolano negli ambienti della Difesa da tempo.

La guerra in Ucraina ha anche riproposto l’importanza dei sistemi unmanned non solo espressamente costruiti per le forze armate: piccoli droni facilmente reperibili in commercio sono stati usati per la ricognizione sul campo, per dirigere il tiro di artiglieria e anche come strumenti di attacco al suolo improvvisati montando artigianalmente piccole bombe di mortaio o Rpg (Rocket Propelled Grenade). Qualcosa che si era già visto nel teatro siriano ma che si pensava fosse limitato ai conflitti asimmetrici.

Sono state fatte anche importanti valutazioni dello strumento aereo in considerazione dell’attività di soppressione/distruzione delle difese aeree nemiche effettuata dalla Vks (Vozdushno-Kosmicheskiye Sily), che hanno dimostrato – soprattutto per via della dottrina russa di impiego dell’aviazione – l’importanza del decentramento, l’efficacia dei sistemi standoff, e la necessità di limitare l’uso di moderni vettori di precisione per mantenere la capacità di deterrenza.

Ancora una volta è apparsa evidente la caratteristica “multidominio” di un conflitto, in quanto le operazioni militari vere e proprie sono state anticipate da attacchi cibernetici e da una pesante campagna di disinformazione (dominio informativo), senza dimenticare la centralità dello spazio come evidenziato dall’assistenza fornita all’Ucraina da partner occidentali civili e militari nei settori delle comunicazioni, navigazione e intelligence.

La fine dell’illusione unipolare

Passando a un’analisi politica, la guerra ha sancito la fine dell’illusione dell’unipolarismo. La Russia ha avviato il conflitto declinando in modo hard la contestazione delle regole del diritto internazionale (ritenute dal Cremlino plasmate dall’Occidente per proprio tornaconto) per i propri interessi strategici. La stessa visione è declinata in modo soft – per ora – dalla Cina che comunque osserva con vivo interesse quanto sta accadendo in Ucraina perché avrà riflessi nel suo futuro agire all’interno dello scacchiere del Pacifico Occidentale.

Da ultimo il conflitto ha evidenziato come i metodi sanzionatori in ambito commerciale ed economico sono solo parzialmente efficaci per erodere il potenziale bellico di una nazione che può contare su vaste risorse, e soprattutto se protratti per lungo tempo, permettono una rimodulazione del tessuto economico avversario e la ricerca di canali di approvvigionamento alternativi per i beni necessari colpiti da embargo; infine la stessa capacità di deterrenza delle sanzioni appare del tutto inefficace se si considera che la Russia non ha abbandonato l’idea di attaccare l’Ucraina nonostante la minaccia di ulteriori pesanti sanzioni dopo quelle elevate nel 2014.

Vogliamo però concludere questa trattazione, per una volta, con un aspetto umano: la guerra in Ucraina ci ha insegnato ancora una volta che, nonostante i missili ipersonici, i droni, l’intelligenza artificiale, la guerra elettronica e tutto quanto di più moderno e “asettico” possa essere schierato da un esercito, un conflitto è ancora un affare di uomini che combattono sul campo, e che l’uomo, oltre a essere la risorsa più preziosa per un esercito, è anche il fattore capace di generare le più efferate violenze anche senza l’uso di strumenti bellici avveniristici. PAOLO MAURI

La guerra dei droni nei cieli dell’Ucraina. Davide Bartoccini su Inside Over il 23 febbraio 2023.

La guerra moderna, quella che si sta combattendo sul fronte ucraino tra eserciti convenzionali che mettono in campo ogni strategia e tecnologia, dalla guerriglia alla guerra ibrida, dal vecchio fucile d’assalto sovietico Ak-47 ai nuovi droni da battaglia mai in impiegati su così vasta scala e da ambo le parti, ci ha mostrato, in questo ultimo sofferto e sanguinoso anno di guerra, come i conflitti e il loro svolgimento sul campo siano in procinto di mutare per sempre. Se un secolo fa gli uomini assistevano con stupore ai primi “duelli” del cielo tra pionieri dell’aviazione che si misuravano nelle prime manovre di combattimento, scambiandosi “bordate” di pallottole da pistole automatiche come fossero fregate di marina; nei cieli dell’Ucraina che lambiscono l’Europa posta sotto l’ombrello difensivo della Nato, dove ogni giorno centinaia di droni da ricognizione e d’attacco portano a termine la loro missione, abbiamo assistito – per la prima volta – ad un combattimento aereo tra Uav (unmanned aerial vehicle): gli aeromobile a pilotaggio remoto che fino ad ora non aveva mai trovato un pari avversario nell’aria.

Si è registrato pochi mesi fa, nell’ottobre del 2022, e non si può avere un dato certo su quale sia stato il primo – come non si è ancora accertato veramente quali sono stati i primi piloti a combattere da un aereo all’altro – ma è stato confermato da un video, seguito da molti altri simili, come i droni dell’eterogenea flotta pilotata in remoto dagli ucraini abbia speronato un drone russo provocandone lo schianto. Provocando l’immediata “emulazione” da parte degli avversari per quello che è un nuovo e inatteso capitolo della guerra aerea.

La nuova guerra dei droni

Mentre a terra i carri armati e le batterei di razzi martellano i trinceramenti dei soldati che patiscono il gelo dell’inverno in attesa delle offensive e controffensiva di primavera, nemmeno stessimo leggendo un passo del libro di Erich Maria Remarque, in cielo piccolo prodigi della tecnologia svolgono un ruolo fondamentale in un conflitto che fornirà a strateghi, analisti e storici, le basi per studiare la misura nella “guerra del futuro” che si sta combattendo davvero, sul campo.

Se nei conflitti contemporanei, i droni considerati come “nuova” piattaforma da battaglia (sebbene siano impiegato con successo già dalle guerre balcaniche, che video il battesimo dell’aria dei primi Predator, ndr) erano principalmente impiegati in teatri dove si combatteva una guerra asimmetrica, per individuare e solo insieme seguito eliminare con il loro carico di missili guidati – pensiamo ad Afghanistan e Siraq – nel conflitto tra si sta consumando tra Russia e Ucraina, per la prima volta entrambe le parti sono dotate di questo tipo di arma e dei sistemi anti-aerei/di disturbo per sventare rispettivamente la minaccia. Motivo per il quale siamo assistendo ad un affinamento della strategie per il loro impiego, o forse, considerando che abbiamo appena parlato di uno speronamento, di “futuristiche” quanto efficaci regressioni.

Appare chiaro come questo nuovo approccio possa cambiare del tutto le strategie per l’impiego operativo degli Uav che sono esposti ad una nuova minaccia e non possono più essere piattaforme costose, delicate e incapaci di difendersi autonomamente. 

Attualmente l’impiego di droni da parte di Kiev, che ne affida l’utilizzo alle forze speciali, è comunque incentrato sull’osservazione del campo di battaglia. Piccole unità dotate di droni da ricognizione che hanno preso il nome di “Ochi” (Occhi, ndr), che raggiungono varie posizioni sul fronte e liberano i loro droni per seguire gli spostamenti dall’alto,  ed individuare l’avversario per poi mandare le coordinate di postazioni di comando russe, batterie d’artiglierei e sistemi da guerra sofisticati che “meritino” l’impiego di munizionamento guidato fornito dagli Occidentali. 

Accanto agli “aerei in miniatura” noti come i droni Punisher di progettazione ucraina – i preferiti dalle forze speciali ucraine poiché “incaricato” di recapitare piccole munizioni con un carico esplosivo di poco superiore ai 2 chilogrammi per un raggio d’azione di poco inferiore ai 50 chilometri – vengono impiegati prevalentemente droni di dimensioni ridotte, economici, del tipo para-commerciale (perché sicuramente vengono apportate più modifiche). Stiamo parlando di quadricotteri Matrice 300 o Mavic, entrambi prodotti in Cina ma acquistati su canali paralleli dal momento che ogni azienda produttrice cinese ha preso le distanze dalla guerra.

Piccoli “giocattoli della domenica” che come spiegato in dettaglio sul Washington Post, una volta in prima linea vengono commutati in armi da battaglia per la guerra moderna. Qualcosa di mai visto, solo teorizzato. Le forze speciali ucraine impiegano i Mavic con  piccole “lattine di Coca-Cola” inzeppate di esplosivo e collegare ad un sistema di “sgancia” per farle cadere sui campi minati e aprire dei varchi, ma anche per colpire il nemico e sottoporlo ad una nuova sorta di “guerra psicologica”, dato che le lattine esplosive vengo impiegate anche sugli accampamenti russi, e ormai sentir ronzare un piccolo drone “della domenica” potrebbe equivalere a saltare in aria per una lattina carica di tritolo o simili.

Dall’altra parte del fronte, i russi si affidando all’Orlan-10, il principale drone da ricognizione dell’esercito di Putin che vanta anche capacità di guerra elettronica – che gli consente acciecare i droni avversari – ma ci ricorda una delle più grandi problematiche di Mosca: la carenza di componenti microelettroniche, essenziali per sistemi più avanzati che la Federazione Russa ha sempre acquistato all’estero, senza farne sufficiente incetta prima della rafforzamento delle sanzione che le impediscono di acquisirli. Secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, il ministero della Difesa russo avrebbe riconosciuto ufficialmente questo suo deficit. Svelando il secondo grave “problema di approvvigionamento“ dopo quello dei sistemi di guida del munizionamento intelligente che già da mesi si è ipotizzato inizi a “scarseggiare” negli arsenali di Mosca, o almeno in quelli ai quali si è attinto fino ad ora per le operazioni militari in Ucraina. Secondo le fonti ucraine, sarebbero 580 Orlan-10 abbattuti durante quest’anno. Un numero enorme per un’arma di questo tipo.

I principali droni stranieri sul fronte ucraino 

Bayraktar Tb2 di fabbricazione turca. Kiev ha acquistato i primi nel 2019, utilizzandoli principalmente come droni da ricognizione nel conflitto mai cessato con i separatisti filo-russi attivi sulla quella che era la linea di demarcazione nel Donbas. Nell’ottobre 2021 un TB2 ha effettuato il suo primo attacco da “drone armato”, il suo bersaglio era un obice nemico. I TB2 turchi, che hanno un costo unitario di cinque milioni di dollari possono essere considerati come piattaforma UAV più potente della flotta aerea di Kiev, essendo capati ci trasportare e sganciare sul bersaglio quattro missili a guida laser – MAML o anticarro UMTAS, entrambi prodotti dall’azienda turca Roktsan – nelle sortite che possono durare fino a 24 ore, tenendo un’altitudine oltre i 7.000 metri. Praticamente capacità analoghe ai Predator RQ-1 statunitensi. I Bayraktar hanno avuto un posto di rilievo nei conflitti in Libia e Siria, svolgendo un ruolo non meno decisivo nei combattimenti tra Azerbaigian e Armenia nel Nagorno-Karabakh. L’esercito di Kiev ha usato i TB2 per attaccare le basi e le navi russe sull’isola dei serpenti nel Mar Nero, da cui le forze di Mosca si sono ritirate abbandonando un presidio che si credeva perso per sempre.

Per parte sua la Russia – che pure ha sviluppato negli anni diversi programmi per l’ottenimento e dispiegamento di droni da battaglia – ha acquistato, e impiegato per bersagliare obiettivi di ogni tipo, sia militari che civili, centinaia di droni di fabbricazione iraniana Shahed-136. Droni kamikaze basati sul concetto di ala volante capaci di trasportare con un carico esplosivo di oltre trenta chilogrammi per un raggio d’azione di 2.500 chilometri.

Utilizzati, come opzione a basso costo che oltre a supplire la carenza di munizionamento di precisione russo, ha attirato i missili terra-aria come ucraini come gli S-300 e i Buk che erano preposti alla soppressione della minaccia aerea. Un genere di armamento che non manca nell’arsenale fornito alle truppe di Kiev, che hanno ricevuto le loitering-munition Switchblade gentilmente concesse dagli Stati Uniti.

Si tratta di un piccolo Uav killer lanciabile da un dispositivo portatile simile a un mortaio, con una tangenza di 15,000 piedi ed è stato impiegato con successo in Afghanistan contro quelli che gli americani classificano come “high value targets”, generalmente leader e personalità influenti delle organizzazioni terroristiche ma anche postazione trincerate come un nido di mitragliatrici.

Un duello tra droni

Entrambe le parti belligeranti continuano a impiegare droni secondo l’uso convenzionale che se ne è fatto fino ad ora: compiere voli di ricognizioni per acquisire informazioni e localizzare bersagli sui quali guidare il fuoco dell’artiglieria. L’uso dei droni kamikaze da parte dei russi, che hanno messo nel mirino la rete elettrica ucraina, è una nuova declinazione dell’impiego del drone, ma non essenzialmente una “novità” dato che i droni kamikaze o “suicide drone” sono stati sviluppati proprio per questo genere di azione. Ciò ha anche fatto luce sulla difficoltà d’intercettazione di questi piccoli oggetti volanti che non vengono individuati dai radar e in ogni caso richiederebbero l’impiego di costosi missili dei sistema di difesa aerea Patriot o Nasams, senza costringere l’avversario a sacrificare o mandare a vuoto un sistema d’arma altrettanto costoso. La guerra, come ben sappiamo, è fatta anche di economia.

I duelli tra droni, che come abbiamo detto incentrano le loro tattiche su manovre di speronamento, stanno già assistendo ad un affinamento della tecnica, vedendo gli attaccanti ucraini compiere dei “tuffi” sui droni russi piombandogli dall’alto e sfruttando il loro “punto cieco” e mirando, da una parte come dall’altra ai rotori dei quadricotteri che perdendo anche una singola lama di uno delle pale, perdono il controllo schiantandosi a terra, potrebbero però passare in secondo piano grazie a una nuova tecnologia che come le altre potrebbe mostrarci – sul campo – un’altro scenario delle guerra del futuro: i droni intercettori.

Proprio per ovviare alle letali incursioni dei droni kamikaze iraniani impiegati dai russi, Kiev sta pensando – con il supporto di quelli che ormai sono a tutti gli effetti i suoi “consiglieri” occidentali – all’impiego su vasta scala del sistema Marss. Fabbricato da una startup attiva nel settore della difesa con sede a Monaco, tale sistema si basa su una nuova tipologia di drone che utilizzando l’intelligenza artificiale identifica, traccia e attacca autonomamente i suoi obiettivi in aria.

Ma questa, come al solito è soltanto la punta dell’iceberg. Se fino a dieci anni fa – quando le tensioni tra Russia e Ucraina manifestavamo le avvisaglie di un conflitto che ancora oggi si combatte – il “drone” era considerato come un’arma pionieristica, maneggiata da pochi ed estremamente “solitaria” – i primi Uav infatti venivano mandati a combattere in territori distanti e ostili, contro gruppi di guerriglieri armati al massimo di Rpg, e mitragliatrici leggere incapaci di abbatterli – oggi chi ne sa più di noi ipotizza già “flotte di droni intercettori” a caccia di formazioni di “droni bombardieri” che potrebbero ricevere a loro volta la copertura di droni da combattimento posti a protezione. Insomma, lo stesso scenario delle battaglia aeree del passato, quelle della seconda guerra mondiale, con le stesse tattiche, ma con un piccolo non trascurabile dettaglio a fare la differenza: l’assenza dell’essere umano in quel vortice di manovre di combattimento che l’asso da caccia francese Pierre Clostermann chiamava ai suoi tempi “Le grand cirque“. DAVIDE BARTOCCINI

Missili, tank e jet: così la guerra è diventata un banco di prova per le armi

Paolo Mauri su Inside Over il 23 febbraio 2023.

Il conflitto iniziato il 24 febbraio 2022 con l’invasione russa dell’Ucraina, ha permesso di schierare nuovi sistemi d’arma e utilizzare nuovi concetti di impiego di armamenti e mezzi mai usati prima in un reale ambiente bellico.

L’Ucraina è quindi diventata un laboratorio per le armi come avviene per ogni conflitto, in ogni tempo, da parte di ogni Paese. Per l’esercito statunitense e per quello russo, ma anche per le forze armate degli altri alleati della Nato, il conflitto è un’incredibile fonte di dati sull’utilità dei propri sistemi.

La parte occidentale

Da parte occidentale, ad esempio, abbiamo visto in azione la loitering munition “Switchblade”, che nonostante sia uno degli ultimi ritrovati della tecnologia bellica, non ha trovato il favore delle truppe ucraine che hanno preferito affidarsi ad altri sistemi simili, anche di produzione locale.

Come non ricordare, poi, il sistema Mlrs (Multiple Launcher Rocket System) M-142 Himars, che sino a questo conflitto non si era mai confrontato con un avversario “di pari livello” rappresentato da un esercito regolare che utilizza tattiche di guerra convenzionali come quello russo, essendo stato impiegato solamente in Afghanistan precedentemente. Proprio gli Himars, quando sono arrivati in numero adeguato, hanno dimostrato tutto il loro effetto dirompente grazie alla loro gittata (circa 70 chilometri col munizionamento M30 ed M31) e alla loro precisione, data da un sistema di guida Gps/inerziale. Gli M-142 sono stati fondamentali per il buon esito delle controffensive ucraine della scorsa estate, ed il loro successo è dimostrato anche dai nuovi ordini che sono arrivati alla Lockheed-Martin e dalla decisione di aprire uno stabilimento produttivo in Europa. Gli osservatori statunitensi, poi, grazie all’impiego intensivo di questo Mlrs da parte degli ucraini, hanno potuto apprendere preziose lezioni sulle tempistiche di riparazione e di manutenzione degli Himars.

L’alta mobilità degli M-142 insieme alla velocità di lancio/ricarica, è servita anche a effettuare nuove valutazioni sulla classica artiglieria trainata: gli obici M-777, benché siano strumenti di ottimo livello, hanno dimostrato i loro limiti dati dall’usura della canna (più colpi si sparano più se ne consuma l’anima, soprattutto se rigata) e dalla scarsa mobilità, in quanto una batteria di questo tipo di artiglieria richiede tempo per essere messa “in linea” e per essere successivamente spostata. Qualcosa di già noto agli eserciti di tutto il mondo, ma che è emerso in modo molto evidente nella guerra in Ucraina, caratterizzata da un fuoco di controbatteria molto rapido ed efficace.

Restando tra gli obici, primo impiego in un conflitto simmetrico anche per il semovente francese Caesar e per il tedesco Pzh-2000, anch’essi utilizzati prima di questa guerra solo nella lunga campagna afghana. Debutto anche per i sistemi da difesa aerea land based Iris-T, forniti dalla Germania all’Ucraina, anche se al momento non sono stati resi noti dati riguardanti il loro impiego bellico, e sempre restando nel campo della missilistica, presto arriveranno i sistemi italo-francesi Samp-T e i razzi del sistema statunitense Glsdb.

Dal punto di vista tattico, l’esercito ucraino ha impiegato una nuova tattica di combattimento organizzando squadre/plotoni di fanteria armati di Atgm (Anti Tank Guided Missile) anche di fabbricazione occidentale come i Javelin o gli Nlaw, per contrastare le colonne corazzate e meccanizzate russe con tattiche di guerriglia, sfruttando soprattutto l’assenza della fanteria russa di supporto ai carri armati. Un errore costato caro all’esercito di Mosca. Medesima tattica usata anche utilizzando Manpads (Man Portable Air Defence System) come i missili spalleggiabili “Stinger”.

Soprattutto gli ucraini, prima dei russi, hanno introdotto un uso molto particolare dei droni di tipo commerciale, dimostrando anche una notevole capacità di adattamento/inventiva modificandoli, in alcuni casi, in modo da poter trasportare munizionamento o mitragliatrici. I piccoli quadricotteri sono stati usati per dirigere il tiro di artiglieria, oppure come strumenti di ricognizione sul campo, ma soprattutto sono stati usati come piccola artiglieria volante aggiungendo meccanismi auto-costruiti di sgancio di granate o bombe da mortaio di piccolo calibro. Non si tratta solo di una mossa frutto della disperazione: l’idea infatti è stata ripresa a livello industriale da alcuni costruttori di sistemi d’arma, come dimostrato dalla vietnamita RT Robotics.

La sperimentazione russa

Anche dal lato russo si è dato ampio spazio alla sperimentazione di nuovi sistemi d’arma, sebbene alcuni di essi già visti in altri teatri asimmetrici come quello siriano.

Risulta infatti che anche nei cieli ucraini si sia visto il caccia di quinta generazione Sukhoi Su-57, che, secondo i russi, avrebbe effettuato alcune missioni a fuoco. Sul terreno, ad aprile, si è visto l’Ugv (Unmanned Ground Vehicle) sminatore Uran-6 e il 3 febbraio sono comparse immagini che ritraggono il primo sistema da combattimento terrestre senza pilota “Marker” schierato nell’area di operazioni. L’ex direttore di Roscosmos, Dmitry Prigozin, ha affermato che il “Marker” verrà testato in combattimento armandolo con missili anticarro.

Primo impiego in combattimento anche per il Bmpt-72 “Terminator”, un veicolo corazzato di supporto per gli Mbt (Main Battle Tank) ma che può anche essere usato in appoggio alla fanteria come dimostrato dalle immagini giunteci dal fronte. Il Bmpt-72 è basato sullo chassis del carro T-72 e nella sua prima versione era armato con un singolo Atgm 2A42, quattro Atgm “Kornet” e una mitragliatrice Pktm da 7,62 millimetri come armamento secondario. Un ulteriore sviluppo ha visto la comparsa di una coppia di cannoni automatici da 30 millimetri, ed il “Kornet” è stato sostituito coi più moderni Atgm “Ataka-T”.

 Tornado nei cieli, l’Ucav (Unmanned Combat Air Vehicle) “Orion” ha effettuato le sue prime missioni operative, sebbene, dopo alcune settimane di guerra, non risulti che sia stato più utilizzato ed è probabile che questi droni siano stati messi a terra per carenza di parti di ricambio, preferendo affidarsi a quelli di fabbricazione iraniana.

Il conflitto ha decretato la fine prematura della carriera di un’intera classe di unità navale in forza nella marina russa: le sei corvette (pattugliatori) della classe project 22160 sono state ritirate da compiti di prima linea a causa delle scarse prestazioni dimostrate nel conflitto, e la Vmf (Voenno-Morskoj Flot) ha deciso lo scorso giugno di rinunciare alla consegna del secondo lotto di sei unità.

Passando al campo della missilistica, i russi hanno utilizzato per la prima volta il vettore ipersonico Kh-47M2 “Kinzhal” e il sistema per missili balistici a corto raggio (Srbm) Iskander-M. Il “Kinzhal” è un missile balistico aviolanciato (viene agganciato a una versione speciale del MiG-31, la K) che risulta essere stato utilizzato diverse volte in questo conflitto, mentre il missile 9M723-1 dell’Iskander-M ha avuto un ruolo centrale insieme ai missili da crociera nel colpire obiettivi di elevata importanza o che necessitavano di una particolare precisione. Sembra inoltre che siano stati usati anche i vettori da crociera 9M729 lanciati dall’Iskander-K, prodotti in violazione del defunto Trattato Inf, ma attualmente non c’è certezza.

Per le loitering munitions russe, i Lancet e Kub, vale lo stesso discorso fatto per gli obici semoventi occidentali o per gli Himars: si tratta del loro primo impiego in un conflitto simmetrico, essendo già stati usati in Siria. Anche per i droni iraniani usati dall’esercito di Mosca, in particolare le loitering munitions Shahed-136 (ridesignate Geran-2 dai russi), i Mohajer-6, insieme ai Shahed-129 e 191 questo è il primo conflitto simmetrico, e l’Iran – con la Russia – potrà fare attente valutazioni della loro efficacia sul campo di battaglia oltre sfruttare l’occasione per piazzare eventuali ordini dall’estero. PAOLO MAURI

Eserciti di Russia e Ucraina a confronto: cosa ha insegnato la guerra. PAOLO MAURI  su Inside Over il 23 febbraio 2023.

Nella notte del 24 febbraio del 2022 un intenso attacco missilistico ha dato inizio al conflitto in Ucraina. L’esercito russo ha invaso il Paese dopo che per mesi Mosca aveva accumulato truppe e mezzi lungo tutto il confine orientale e settentrionale ucraino, compreso quello con la Bielorussia.

L’invasione si è sviluppata lungo cinque direttrici principali (sei se consideriamo doppia quella su Kiev effettuata da nord-est e nord-ovest) con lo scopo di provocare il collasso dell’esercito ucraino e di arrivare rapidamente alla capitale per rovesciare il governo Zelensky ed instaurare un regime fantoccio.

La consistenza delle forze russe

La Russia ha impiegato, nella fase iniziale dell’invasione, complessivamente un numero compreso tra i 100 e i 120mila uomini (alcune fonti riportano 150mila) suddivisi principalmente in circa 120 Btg (Batallion Tactical Group), l’unità base di manovra dell’esercito russo composta da circa 700 uomini (per i reparti meccanizzati).

La mobilitazione russa ha riguardato anche l’aeronautica e la marina militare: le Vks (Vozdushno-Kosmicheskie Sily), le forze aerospaziali russe, disponevano in totale di 1434 velivoli da caccia e bombardieri di cui la componente da attacco al suolo è composta da 234 Sukhoi Su-24, 192 Su-25 e 125 Su-34 a cui si aggiungono 22 bombardieri Tupolev Tu-22M, 42 Tu-95 e 15 Tu-160. Sono stati impiegati anche un certo numero di Su-30SM per il lancio di missili da crociera. In totale, risulta che circa 350 velivoli siano stati usati nelle operazioni in Ucraina. La Vmf (Voenno-Morskoj Flot), la marina russa, ha utilizzato l’intera componente della Flotta del Mar Nero rinforzata con unità prelevate da altri distretti (navi da assalto anfibio della classe Ropucha, Ivan Gren e minori) fatte giungere nelle settimane antecedenti l’inizio dell’invasione per poter oltrepassare gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli successivamente chiusi dalla Turchia al transito di unità navali belligeranti come da Trattato di Montreux.

Le fregate, le corvette e i sottomarini russi della classe Kilo presenti in quello specchio d’acqua sono stati impiegati (e lo sono tutt’ora) per il lancio di missili da crociera tipo Kalibr, mentre la nave ammiraglia della Flotta del Mar Nero, l’incrociatore della classe Slava “Moskva” aveva compiti di scoperta, protezione antinave/antiaerea e centro di comando, controllo e comunicazione (C3) sino al suo affondamento avvenuto lo scorso aprile.

L’esercito russo prima del conflitto aveva una forza totale di circa 280mila uomini a cui si aggiungevano 17mila elementi degli Spetsnaz suddivisi in sette brigate indipendenti, e 45mila truppe aviotrasportate divise in due divisioni aviotrasportate, due da assalto aereo e quattro brigate indipendenti da assalto aereo più un reggimento da ricognizione di Spetsnaz distaccato. La Russia disponeva di circa 2700 Mbt (Main Battle Tank) in servizio attivo (su più di 12mila totali) composti per la maggiore parte da T-72 (in varie versioni), T-80 e T-90. Da sottolineare che la Federazione mantiene ancora un’importante aliquota di personale coscritto (circa il 30% del totale).

Le operazioni terrestri sono cominciate quasi contemporaneamente alla campagna aerea e hanno puntato su Kiev partendo dalla Bielorussia, su Chernihiv/Kharkiv, sulla regione del Donbass ancora controllata dall’Ucraina, su Mariupol, su Kherson e Melitopol partendo dalla Crimea occupata nel 2014. Abbiamo la conferma del tentativo russo di effettuare un blitz sulla capitale ucraina per cercare di catturare/eliminare il governo Zelensky in quanto nelle prime ore del conflitto è stata tentata un’operazione elitrasportata sull’aeroporto di Gostomel (circa 30 Km a nord-ovest di Kiev) che avrebbe dovuto essere il preludio allo sbarco di forze aviotrasportate da usare per avanzare verso i palazzi governativi, insieme a un’altra presumibilmente sull’aeroporto di Vasylkiv, situato a sud-ovest della capitale.

Queste operazioni sono fallite per l’immediata reazione avversaria, in quanto gli ucraini sono stati preventivamente avvisati dall’intelligence occidentale (probabilmente statunitense e britannica).

Come hanno risposto le forze ucraine

L’esercito ucraino poteva contare, prima del conflitto, su circa 145/150mila uomini (incluse le forze aviotrasportate/paracadutisti) e su approssimativamente 50mila effettivi della Guardia Nazionale, a cui si aggiungevano 10mila della difesa civile, entrambi però alle dipendenze del ministero degli Interni di Kiev. Da non dimenticare i riservisti, stimati, nel novembre 2018, in 178mila unità. L’esercito rappresenta la fetta maggiore delle forze armate ucraine (12mila uomini facevano parte della marina e 40mila dell’aeronautica).

Con l’inizio del conflitto il governo ucraino ha stabilito la mobilitazione generale di tutta la popolazione maschile di età compresa tra i 18 e i 60 anni in successive ondate, ma l’addestramento procede a rilento. A luglio 2022 il governo di Kiev riferiva che erano circa 700mila le persone mobilitate per le forze armate, fino a 60mila per la Guardia di Frontiera, fino a 90mila per la Guardia Nazionale e fino a 100mile per le forze di polizia.

L’esercito ucraino, prima dell’invasione, aveva in totale 2590 Mbt di vario tipo (T-64, T-72, T-80 e T-84) di cui la maggior parte, 1790, erano vecchi T-64. Le condizioni generali dei carri armati ucraini riflettevano quelle dell’esercito ucraino: nonostante una grande industria della difesa e vaste scorte di armi, gran parte dell’equipaggiamento era obsoleto oppure non più aggiornato o comunque abbisognava di riparazioni significative. La marina ucraina è praticamente inesistente, fatta eccezione per una vecchia fregata di fabbricazione sovietica classe Krivak III, andata perduta nelle prime fasi del conflitto, è costituita da poche decine di unità sottili o piccole navi da sbarco che comunque hanno avuto un ruolo nella battaglia per l’Isola dei Serpenti. L’aeronautica ucraina disponeva, prima della guerra, di 43 Sukhoi Su-27, 27 MiG-29, 17 Su-25 e 12 Su-24M, insieme a una dozzina di Ucav (Unmanned Combat Air Vehicle) di fabbricazione turca Bayraktar TB2. Per quanto riguarda l’ala rotante Kiev poteva contare su solamente su 35 elicotteri da attacco Mil Mi-24 e su 65 multiruolo Mi-8. Difficile stabilire, invece, il numero degli elicotteri usati dai russi, ma sappiamo che sono stati usati Kamov Ka-52, Mil Mi-24/35,e Mi-28 da attacco insieme a Mi-8/17 da trasporto.

Errori e limiti dell’esercito russo

L’operazione militare russa ha fallito i suoi obiettivi originari perché, oltre a carenze strutturali (corruzione endemica, carenze logistiche, catena di comando macchinosa che lascia poco spazio all’improvvisazione sul campo di battaglia), c’è stata una sottovalutazione del potenziale bellico e del morale avversario, determinata principalmente da alcuni fattori.

Innanzitutto la propaganda russa, che ha dipinto il governo di Kiev come “nazista” e inviso alla popolazione e la narrazione dei “popoli fratelli”, è stata fallimentare sia sul fronte interno sia su quello esterno. Internamente, infatti, nei comandanti locali (e non solo a quanto sembra), c’è stata la convinzione di aver intrapreso una “guerra di liberazione” che avrebbe avuto il sostegno del popolo ucraino e di ampie fette delle sue forze armate.

Questo, come sappiamo, non è avvenuto e, al contrario, l’invasione ha coalizzato la popolazione ucraina intorno alla dirigenza politica nazionale con anche la minoranza russofona al di fuori dalle regioni occupate dai russi nel 2014 diventata ostile alle forze russe.

L’ampiezza del fronte e le numerose direttrici di avanzata molto distanti tra loro hanno disperso le esigue forze dell’esercito di Mosca che hanno dovuto affrontare anche enormi difficoltà logistiche date inoltre dall’esigua rete stradale in alcuni settori invasi. Non è infatti un caso che, dopo alcune settimane di attacchi infruttuosi verso la capitale e nella regione di Chernihiv, sia stato dato l’ordine dallo Stato Maggiore russo di ritirarsi.

La stessa tattica di impiego delle forze corazzate, probabilmente per via della carenza di personale, è stata erronea: i carri armati molto spesso sono stati fatti avanzare senza il supporto della fanteria (anche nei centri abitati, vere e proprie trappole per i tank), diventando facile bersaglio per le truppe avversarie armate di Atgm (Anti Tank Guided Missile) forniti in gran numero dall’Occidente e altri sistemi anticarro. Si calcola, infatti, che alla fine di gennaio l’esercito russo abbia perso 1579 Mbt confermati da fonti Osint (Open Source Intelligence). Cattiva intelligence, sottovalutazione dell’avversario, difficoltà logistiche e mala gestione del personale a disposizione sono quindi le cause principali del fallimento della “operazione militare speciale” di Mosca ed il motivo principale per cui, a un anno di distanza, l’Ucraina non è crollata sotto il peso dell’attacco russo.

Gli errori dell’Ucraina

Spostandoci sul lato ucraino, l’esercito, nonostante gli sforzi adottati dal 2014 al 2022 per adeguarlo agli standard occidentali anche tramite attività di addestramento, non è paragonabile come livello a quelli dei Paesi più moderni: la corruzione, infatti, è presente anche in Ucraina e soprattutto vengono utilizzati quasi esclusivamente armamenti obsoleti di fabbricazione sovietica/russa, i cui pezzi di ricambio hanno cominciato a scarseggiare quasi dalle prime battute del conflitto in quanto era impossibile accedere ai ricambi in Russia, e i mezzi rimasti negli ex Paesi del Patto di Varsavia ora passati nell’Alleanza Atlantica sono ormai pochi rispetto a due decenni fa, essendo stati sostituiti per la maggior parte da mezzi moderni di fabbricazione occidentale.

Dal punto di vista tattico, lo Stato Maggiore ucraino ha commesso qualche errore potenzialmente disastroso nel corso del conflitto. Se il decentramento di sistemi da difesa aerea e cacciabombardieri ha relativamente funzionato, l’esercito ucraino non ha distrutto i vitali ponti nel sud del Paese, trovandosi così con le formazioni corazzate e meccanizzate russe saldamente a ovest del fiume Dnepr dopo pochissimi giorni di guerra. Un secondo errore ucraino, imputabile però alla stessa natura dell’esercito che risente ancora dell’impronta sovietica, è stato lo scarso coordinamento (in numerosi casi del tutto assente) tra le unità nei primi mesi del conflitto, almeno sino ad agosto. I contrattacchi ucraini, infatti, sono stati isolati, spesso ad opera di formazioni ridotte e mal gestite, e se in alcuni settori sono stati efficaci ricacciando indietro i russi, lo si deve più alla scarsa reazione nemica che all’effettiva capacità dei comandanti, che anche qui sono apparsi isolati gli uni dagli altri.

Scarso coordinamento che, nella prima settimana di guerra, ha colpito anche le unità della difesa aerea le quali, benché decentrate, spesso sono rimaste inattive (anche per via del primo colpo russo alle infrastrutture C3) costringendo l’aeronautica ucraina a intervenire subendo perdite.

Siamo in una situazione in cui la Russia non ha vinto la guerra ma l’Ucraina non l’ha persa: attualmente si prospetta uno scenario in cui il conflitto, diventato una guerra d’attrito, assorbirà sempre più risorse senza che nessuno dei due belligeranti possa ottenere i propri obiettivi strategici (per Kiev è la liberazione dei territori occupati, Crimea e Donbass compresi), pertanto è facilmente destinato a diventare uno dei tanti “conflitti congelati” dell’intorno russo. PAOLO MAURI 

L’industria bellica globale dopo la guerra in Ucraina. LORENZO VITA su Inside Over il 23 febbraio 2023.

Quando si parla di armi e mezzi al fronte, i due temi principali di cui si discute sono il ruolo che questi strumenti possono avere nel conflitto e il loro peso dal punto di vista della diplomazia. Ma nella guerra in Ucraina, la quantità e la qualità delle armi richieste e usate da Kiev e quelle fabbricate e utilizzate da Mosca sono tali da far sì che vi sia un altro elemento da tenere in considerazione: e cioè l’impatto che questo conflitto ha avuto e può avere sull’industria bellica.

Dal punto di vista economico, è chiaro che l’aumento della domanda di armi per l’invasione russa ha innescato un meccanismo di guadagno da parte delle aziende produttrici. Questo è un tema che risulta connaturato al fatto che vi sia stato un picco nella domanda di armi, mezzi e munizioni. Ma la guerra in Ucraina, per l’industria della difesa, è soprattutto una sfida: si è trattato infatti di reagire non solo all’aumento degli ordini, ma anche a come gestire il rispetto delle consegne dei vari clienti, a come rimpiazzare negli arsenali occidentali le armi o i mezzi inviati a Kiev e soprattutto di come controllare l’intera catena logistica già messo sotto pressione per altri ostacoli globali.

Se infatti da anni si assiste, a livello globale, a un aumento della produzione di armi e soprattutto a un riarmo che indica che diversi Paesi stanno aumentando la propria capacità militare e modernizzando le proprie forze, il conflitto russo-ucraino arriva dopo un periodo pandemico in cui la catena di approvvigionamento di materie prime e prodotti lavorati o semilavorati si è spesso inceppata, o comunque rallentata. Questo quindi ha comportato due condizioni di partenza già difficoltose: problemi nel rifornimento dei materiali (in particolare di materie prime e semiconduttori) e una quantità di ordini già avviati e che dovevano essere necessariamente rispettati.

La duplice sfida dell’industria bellica

La guerra ha comportato poi non solo un’impennata della domanda, ma ha anche costretto molto spesso a rimodulare l’offerta dell’industria bellica a seconda delle rinnovate esigenze del mercato delle armi. Lo spiega la Repubblica in un’interessante analisi. “Nel 2021 la richiesta era concentrata su sistemi hi-tech: aerei da combattimento, elicotteri, fregate, sottomarini” scrive Floriana Bulfon, “la guerra in Ucraina ha cambiato le priorità: si cercano cannoni, droni, mezzi corazzati e soprattutto munizioni”. Questo cambiamento nella richiesta da parte dei Paesi implica una duplice sfida.

Da un lato c’è un problema di un’industria che si è ritrovata sotto pressione in modo repentino e spesso senza adeguate coperture di materie prime e di manodopera. Inoltre, c’è anche un problema legato al fatto che non tutti i Paesi che hanno le capacità industriali per produrre armi sono ora in grado di produrre quanto richiesto. E questo proprio perché il mercato, finora, ha avuto un altro tipo di domanda. L’Europa appare in ritardo in diversi segmenti fondamentale delle varie difese. Altri Paesi si sono attrezzati in tempo riuscendo a colmare solo in parte le richieste del mercato, con un cambiamento fondamentale anche nella stessa geografia delle partnership e dei flussi finanziari.

Se questo era lo stato all’inizio del flusso di armi verso l’Ucraina, il sostegno reso ancora più evidente attraverso l’ok alla cessione di tank, sistemi lanciamissili, antiaerei e mezzi è possibile che provochi un nuovo cambio di passo già quest’anno. Perché non c’è solo necessità di rifornire Kiev, ma, come detto, anche di colmare il vuoto lasciato (o che sarà lasciato) negli arsenali occidentali. I Paesi occidentali, infatti, hanno già fatto capire di dovere necessariamente evitare di rimanere indeboliti dalla vendita di tank e missili, e, in attesa di capire se mai si sbloccherà la partita degli F-16, intanto molti hanno già fatto comprendere di volere rimpiazzare armi e mezzi inviati in Ucraina con elementi nuovi e tecnologicamente avanzati. Quindi che devono essere prodotti.

Le ripercussioni della guerra in Ucraina

Su questo punto, la guerra in Ucraina può innescare altri processi da tenere in considerazione. Il primo riguarda il livello prettamente legato alla produzione. L’interruzione dei rapporti economici con la Russia e le sanzioni per chi opera con essa costituiscono ostacoli quasi insormontabili al flusso di materie prime provenienti dal territorio di Mosca. Questione cui si aggiunge anche il dato dell’aumento esponenziale di produzione di armi e mezzi militari da parte della Russia per far fronte alle esigenze dell’invasione, e che potrebbe quindi comportare un’ulteriore diminuzione della quantità disponibile nel mercato.

Lo spiega un rapporto del Sipri, che sottolinea (citato da Deutsche Welle), come questo “potrebbe ostacolare gli sforzi in corso negli Stati Uniti e in Europa per rafforzare le proprie forze armate e ricostituire le scorte dopo aver inviato miliardi di dollari di munizioni e altre attrezzature in Ucraina”. Naturalmente è una situazione che vale anche per il Cremlino, che ora deve fare i conti con il blocco da parte dell’Occidente, con aziende internazionali preoccupate dalle sanzioni occidentali e soprattutto con il rischio che molte materie prime e molti elementi fondamentali per la produzione siano destinati ad altri clienti.

Oltre a questo, la produzione aumentata per l’inizio della guerra ha già fatto capire i gravi problemi legati alla catena logistica nella produzione delle armi, con la conseguenza che accorciarla porterà inevitabilmente a un costo in termini economici e di distribuzione della manodopera. Il Financial Times, in un’inchiesta sull’effetto della guerra per l’industria bellica americana, oltre a descrivere il boom di introiti legato alle vendite, segnala un dato su cui vale la pena riflettere: quello della rete di imprese piccole, medie e grandi che collaborano nell’assemblaggio di una sola arma. L’esempio citato dal quotidiano finanziario è quello di Himars, Gmlrs e Javelin: i primi due assemblati in 141 diverse città degli Stati Uniti, mentre i Javelin addirittura realizzati in 16 stati diversi.

Il secondo processo che potrebbe innescarsi con il conflitto ucraino è invece legato alle modifiche delle esigenze di tutti i Paesi, non solo occidentali, per il prossimo futuro. Il confronto diretto tra sistemi e armi del blocco Nato e quelli prodotti dall’industria russa rappresenta, infatti, un enorme test in grado di poter dare indicazioni molto precise sull’efficacia di certi elementi. L’industria bellica non deve pertanto solo rispondere alla domanda di ora, ma anche rimodularsi in base alle esigenze future, dal momento che la guerra in Ucraina, oltre a sconvolgere il panorama politico, può certamente influire sul modo in cui sono valutate l’importanza di certe commesse e la loro utilità. Inoltre, la natura del conflitto e le reazioni innescate a livello politico possono anche far perdere appeal a certi sistemi o alcuni prodotti di determinate industrie belliche, rischiando quindi di far deviare alcuni investimenti su altri fronti in base alla natura degli scenari che vengono realizzati da strateghi militari e politici. LORENZO VITA 

Le spie anglosassoni al servizio di Kiev. ANDREA MURATORE su Inside Over il 23 febbraio 2023.

I servizi segreti occidentali hanno sostenuto attivamente la resistenza ucraina all’invasione russa intensificando dal 24 febbraio 2022 l’appoggio già attivo prima dell’aggressione di Mosca.

Tra i Paesi più coinvolti in questa partita, Stati Uniti e Regno Unito sono apparsi in prima fila nel garantire un consistente appoggio alla resistenza di Kiev. Gli occhi e le orecchie dell’intelligence anglosassone hanno permesso all’Ucraina di ottenere informazioni privilegiate, conseguire successi e rafforzare la sua posizione difensiva. L’altra faccia della medaglia di questa vicenda è stata la progressiva dipendenza dell’Ucraina dalle informazioni privilegiate dell’Occidente. Un processo graduale, a cui ha partecipato anche l’Italia, che ha visto Londra e Washington diventare le centrali di elaborazione del pensiero strategico ucraino.

Ukusa e Five Eyes, cuore del sostegno all’Ucraina

Intelligence su fonti aperte (Osint), sostegno alla diplomazia, trasferimenti protetti di armamenti, osservazioni satellitari, controspionaggio in Ucraina e nei Paesi Nato, attività di tutela dai cyberattacchi: il coinvolgimento dei servizi d’informazione e sicurezza dell’Anglosfera è stato a 360 gradi.

Il nucleo stretto del sostegno d’intelligence a Kiev è stata l’alleanza Ukusa espansa all’Australia oltre a Londra e Washington. Canberra ha contribuito a fornire siti e infrastrutture per espandere la rete strategica alle spie di Londra e Washington, prima fra tutte quella di Pine Gap da cui la Cia, la Nsa, il Mi6 britannico e l’australiano  Defence Signals Directorate (Dsd) hanno seguito per mesi la mobilitazione russa nell’Ovest del Paese prima e gli spostamenti in Ucraina poi.

Attorno al terzetto, si sono posizionati Canada e Nuova Zelanda, che con i tre Paesi costituiscono la rete spionistica dei Five Eyes. E in parallelo una serie di intelligence amiche e di sostegno: Israele, Polonia, Germania, Italia e Paesi baltici. Con le quali il coordinamento è stato costante per garantire ai servizi segreti e alle forze armate di Kiev sostegno costante.

Moore e Burns, i diplomatici che guidano la guerra delle spie

Al centro di tutto, due uomini: William Burns e Robert Moore. Due diplomatici diventati “zar” delle rispettive intelligence. Due uomini dall’elevata cultura strategica trovatisi a essere comandanti in guerre-ombra senza essere bellicisti, al servizio di governi che hanno oscillato al loro interno tra spinta anti-russa e reticenze (Usa) o sono stati sconvolti da cambi ai vertici (Usa).

Burns, direttore della Cia, e Moore, direttore dell’MI6, hanno coordinato le strategie e soprattutto i ritmi e i tempi della guerra-ombra. Parte più efficace di una guerra per procura ove ai più alti livelli, con l’impegno di armi pesanti occidentali contro la Russia, l’escalation è dietro l’angolo. E sostanziatasi anche per mezzo del sostegno al controspionaggio che sta portando alla scoperta di spie russe ovunque, dall’Estonia alla Germania.

Come ha operato l’intelligence

L’intelligence anglosassone ha avuto anche i suoi fedelissimi per i flussi di informazioni e i dettagli operativi. In Ucraina la catena del contatto con Volodymyr Zelensky è stata costruita passando per Kyrylo Budanov e col consigliere presidenziale Mykhalio Podolyak. Il sostegno operativo si è sostanziato in almeno tre direttrici.

La prima è quella della divulgazione massiccia tramite fonti aperte delle mosse russe, dalla manovra per creare confusione informativa nel cerchio magico di Vladimir Putin al massiccio passaggio di informazioni alla stampa. Il New York Times in America e il Times nel Regno Unito sono diventate centrali informative che hanno passato in continuazione le veline dei servizi segreti. In un contesto di coordinamento totale che dice molto sulla gestione degli arcana imperii in era di “guerra senza limiti”.

Le seconda dimensione è quella del sostegno diretto alle operazioni ucraine. La sorprendente manovra con cui i russi sono stati inchiodati a Gostomel nelle prime ore del conflitto, frenando l’operazione aviotrasportata per prendere Kiev, è stata favorita dalle informazioni di intelligence Usa e britanniche. La Cia ha sostenuto Kiev con le informazioni necessarie a colpire l’incrociatore russo Moskva e ad affondarlo a maggio. E il coordinamento tra spie occidentali, informazioni satellitari e fonti aperte ha favorito i continui bombardamenti ucraini su centrali operative russe che hanno causato una moria di alti ufficiali. Ma la svolta più importante si è avuta ai tempi della controffensiva autunnale nell’Est dell’Ucraina. Di particolare valore le operazioni di signal intelligence che hanno consentito l’intercettazione di flussi dati provenienti da e verso i comandi militari di unità e armate russe per indicare i punti focali delle offensive ucraine. Una vera e propria “intelligence in tempo reale” a sostegno delle forze di Volodymyr Zelensky. 

Ultima, ma non meno importante questione, è quella della postura diplomatica. Le spie e gli ambasciatori alla loro guida hanno giocato un ruolo decisivo nella diplomazia atlantica favorendo sia le strategie a tutto campo della Nato per mantenere la coesione interna sia gli abboccamenti con terze parti come la Turchia per organizzare tregue diplomatiche, tenere aperti ponti negoziali e evitare il precipitare della situazione. Dall’ombra gli 007 anglosassoni non cercano la guerra a ogni costo. Piuttosto, vogliono governarne le conseguenze più imprevedibili. Sostenendo l’Ucraina evitando salti nel vuoto all’Occidente. Per mantenere la presa su un conflitto che possono governare solo finché non arriverà alle estreme conseguenze. Che non convengono a nessuno, nemmeno alle spie dell’Anglosfera, chiamate a combattere con la loro intelligenza prima ancora che con le loro strategie. E messe alla prova con buoni successi nella tempesta d’Ucraina. ANDREA MURATORE

Tutti gli errori e i problemi dell’esercito russo nella guerra in Ucraina PAOLO MAURI su Inside Over il 23 febbraio 2023.

L’invasione russa dell’Ucraina cominciata nella notte del 24 febbraio 2022, avrebbe dovuto portare, secondo i piani del Cremlino, alla rapida caduta di Zelensky, alla demilitarizzazione del Paese e all’allontanamento di Kiev dall’orbita occidentale, determinando una sorta di neutralità forzata dal sapore di un controllo da parte di Mosca.

La “operazione militare speciale”, così è stato chiamato il conflitto dalla propaganda governativa russa, ha dimostrato diverse lacune strutturali nelle forze armate russe, e palesato alcuni grossolani errori tattici che hanno contribuito a determinare il fallimento del raggiungimento degli obiettivi originariamente prefissati dallo Stato maggiore russo.

Gli errori di valutazione

Mosca ha sottovalutato la capacità di reazione e resistenza dell’esercito ucraino perché la sua intelligence è stata scarsamente efficace nel valutare sia il potenziale bellico di Kiev, sia la volontà di combattere e di opporsi all’invasione del popolo e delle forze armate ucraine. Testimonianze di fonti russe giunteci nel corso della guerra dimostrano che i comandi russi si aspettavano di trovarsi davanti a una popolazione amichevole e che l’esercito ucraino si sfaldasse sin dalla prime fasi delle operazioni, in quanto si riteneva, erroneamente, che il governo Zelensky fosse inviso alla maggior parte del popolo ucraino. Avrebbe quindi dovuto essere una guerra di liberazione, secondo Mosca, ma come abbiamo visto così non è stato se non per alcune regioni del Donbass, più per motivazioni determinate da un conflitto che perdura dal 2014 che per reale parteggiamento per la causa russa. Da notare, a tal proposito, che anche le popolazioni russofone degli oblast’ occupati durante l’invasione dello scorso febbraio, si sono dimostrate ostili alle forze di Mosca una volta finite sotto il fuoco russo.

Un altro errore di valutazione commesso da Mosca è stato l’aver sottovalutato l’aiuto occidentale, che si è palesato non solo attraverso l’invio di armamenti, munizioni e aiuti economici, ma anche con la condivisione di preziosi dati di intelligence raccolti principalmente da Stati Uniti, Regno Uniti e alcuni altri Paesi dell’Alleanza Atlantica. Difatti è stato possibile neutralizzare il tentato blitz russo sull’aeroporto di Hostomel, situato a circa 30 chilometri a nord-ovest della capitale ucraina, effettuato nelle prime ore del conflitto, grazie alle informazioni raccolte e condivise in tempo reale dall’intelligence statunitense e britannica.

Cattiva intelligence, per i russi, ha significato anche non poter eliminare completamente la minaccia della difesa aerea ucraina: l’attività di soppressione/distruzione delle difese aeree (Sead/Dead) effettuata nei primi giorni della campagna, sebbene abbia portato all’eliminazione di un centinaio di sistemi avversari, non ha completamente disarticolato l’architettura difensiva ucraina, che in buona parte era stata decentrata nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti l’inizio del conflitto. Questo fattore, insieme alla stessa dottrina russa di impiego dello strumento aereo, ha comportato l’impossibilità per le forze aerospaziali russe (le Vks – Vozdushno-Kosmicheskie Sily) di ottenere la superiorità aerea se non localmente e per un limitato arco temporale. La Russia, difatti, non postula il dominio dei cieli come lo intendiamo in Occidente, ma si limita a usare lo strumento aereo in funzione delle operazioni terrestri, quindi a supporto delle direttrici di avanzata delle forze meccanizzate/corazzate. Da notare che anche l’attività di interdizione deputata ai missili (siano essi da crociera o balistici) non ha colpito pesantemente le infrastrutture strategiche ucraine (porti, aeroporti, snodi ferroviari, reti elettriche e di comunicazione), forse perché Mosca era convinta di poter conquistare rapidamente il Paese con un regime change, quindi senza spargere troppa distruzione.

Le scelte sbagliate sul campo

Passando alle operazioni terrestri, un grossolano errore, ma ancora una volta ascrivibile all’erronea valutazione sulla rapida caduta del governo di Kiev, è stato quello di invadere l’Ucraina da troppe direttrici con un numero di uomini e mezzi non sufficiente: si contavano infatti sei linee di avanzata principali (cinque se consideriamo doppia quella sulla capitale) molto distanti tra di loro e utilizzanti circa tra i 140 e i 200mila uomini (di cui buona parte tenuta a guardia dei confini). Questa tattica ha avuto il risultato di disperdere le esigue forze su un territorio molto vasto, lasciando “le punte di lancia” russe in balia di loro stesse, non avendo forze di copertura ai fianchi.

Un altro errore fatale, anch’esso dovuto alla scarsità di personale impiegato, è stato quello di far avanzare le colonne corazzate e meccanizzate senza un adeguato numero di fanteria di supporto. In questo modo i fondamentali Mbt (Main Battle Tank) sono stati facile preda delle truppe ucraine organizzate in piccoli gruppi di fuoco (dell’ordine di grandezza plotone o compagnia) utilizzanti tattiche di guerriglia e impieganti i micidiali Atgm (Anti Tank Guided Weapon) forniti in buona parte dagli alleati occidentali (Javelin, Nlaw e altri).

A tal proposito, alle unità russe, organizzate in Btg (Batallion Tactical Group), nei primi mesi del conflitto è mancata una capacità di Counter-Uas (Unmanned Air System) leggera che potesse essere efficace contro i piccoli droni di derivazione commerciale utilizzati dagli ucraini per attività di ricognizione, controllo di fuoco d’artiglieria e come loitering munitions improvvisate.

Se questi sono stati i principali errori tattici commessi dai russi, come detto esistono anche carenze strutturali nell’esercito di Mosca che hanno avuto un pesante effetto sulle operazioni belliche.

Il punto debole di Mosca: la logistica

Innanzitutto la capacità logistica russa ha dimostrato tutta la sua macchinosità e inefficienza: il sistema di approvvigionamento russo si base su grossi centri di smistamento collegati alla rete ferroviaria da cui partono camion pesanti che devono per forza utilizzare una rete stradale efficiente. L’Ucraina, in vasti settori del fronte, non ha né una rete ferroviaria adatta, né una stradale diffusa, pertanto i camion si sono a volte trovati in pericolosi “ingorghi” e anche impossibilitati a raggiungere i centri logistici più avanzati, in quanto lontani da strade percorribili.

Non va nemmeno dimenticato che la capacità logistica russa è fortemente menomata dalla corruzione, che nel Paese è endemica e diffusa a tutti i livelli delle forze armate: pertanto abbiamo assistito a mezzi che restavano senza benzina, con le ruote sgonfie, oppure molto più semplicemente fermi per problemi meccanici.

Lo stesso organigramma dell’esercito ha influito sull’esito dei combattimenti: sebbene la Russia, nel 2008, abbia lanciato una riforma delle forze armate (voluta da Anatoly Serdyukov), essa è rimasta incompiuta e ora l’esercito russo si trova composto da unità livello battaglione insieme a quelle di livello divisione, mancando, in numerosi casi, di unità intermedie (le brigate), che sono fondamentali per il coordinamento sul campo di battaglia. Inoltre, è rimasto l’impianto gerarchico di stile sovietico, che lascia poco spazio di manovra ai comandanti sul campo, per cui ogni variazione sui piani di battaglia originari in base alle nuove informazioni raccolte durante le operazioni viene attuata con molte ore di ritardo (in alcuni casi sino a 24) per seguire la scala gerarchica.

Il personale e l’equipaggiamento

Un altro fattore limitante e derivante sempre dalla mancata riforma delle forze armate, è la presenza di una buona fetta di personale di leva nelle unità combattenti (circa il 30% degli effettivi). Si tratta di soldati ufficialmente non impiegabili in guerre all’estero secondo la legislazione vigente in Russia, e soprattutto molto meno addestrati e motivati rispetto ai professionisti.

Sempre dal punto di vista strutturale, ma determinato da cause contingenti, tra i problemi delle forze armate russe troviamo la carenza di equipaggiamento da alta tecnologia. L’embargo a cui è sottoposta la Russia sin dal 2014 ha bloccato la possibilità di accedere liberamente ai microchip di fabbricazione occidentale che andavano a equipaggiare i sistemi di navigazione (e altri) dei velivoli o dei missili da crociera e balistici russi. La produzione locale, come abbiamo visto, non è ancora in grado di poter rimpiazzare i chip costruiti in Occidente (sia per mancanza di adeguati finanziamenti, sia per gap tecnologico) e pertanto Mosca ha dovuto usare con parsimonia il proprio munizionamento di precisione affidandosi per lo più a quello non guidato a caduta libera. Dal punto di vista missilistico, proprio per evitare di consumare le scorte di vettori ad alta precisione e quindi non intaccare la capacità di deterrenza missilistica nei confronti dell’Alleanza Atlantica, Mosca ha dovuto ricorrere ai sistemi obsoleti (come il Kh-22 o AS-4 “Kitchen” in codice Nato) oppure non nati per l’attacco al suolo (i missili del sistema di difesa aerea S-300).

Da ultimo, passando al settore navale il conflitto ha evidenziato come alcune unità della Flotta russa (anche non obsolete) siano di fatto inadatte ad ambienti contestati (nemmeno altamente) come la piccola “bolla” A2/Ad stabilita dagli ucraini nell’area di Odessa utilizzando sistemi missilistici (Neptun ma più probabilmente gli Harpoon), Ucav (Unmanned Combat Air Vehicle) come i Bayraktar TB2 e unità sottili veloci. L’affondamento dell’incrociatore Moskva, la fine di ogni tentativo di rioccupare l’isola dei Serpenti ma soprattutto lo spostamento delle operazioni navali più a est col trasferimento degli assetti più preziosi (i sottomarini classe Kilo) da Sebastopoli a Novorossiysk è lì a dimostrarlo. PAOLO MAURI

 Dalla maskirovka all’impegno del Wagner: un anno di strategie russe in Ucraina EMMANUEL KARAGIANNIS su Inside Over il 23 febbraio 2023.

Dopo un anno di guerra è possibile valutare la strategia militare della Russia in Ucraina. Il Cremlino aveva inizialmente messo in pratica l’arte dell’inganno (maskirovka) a livello strategico, sostenendo che non avrebbe attaccato l’Ucraina, con gli ufficiali russi che per diversi mesi hanno respinto con fervore i report delle agenzie di intelligence occidentali che presagivano apertamente un’invasione. Dal punto di vista operativo, l’invasione è cominciata con un’avanzata delle truppe motorizzate che hanno attaccato allo stesso tempo da tre direzioni: nord, est e sud.

L’aeronautica militare russa ha distrutto infrastrutture chiave (quali centrali elettriche) per gettare il Paese nel caos. In aggiunta, la flotta del Mar Nero ha bloccato i porti ucraini per interrompere qualsiasi rifornimento da Paesi terzi. A livello tattico, le forze speciali russe hanno cercato di creare teste di ponte impadronendosi di aeroporti e compiendo atti di sabotaggio all’interno delle città. Di fatto, il Cremlino aveva lanciato una guerra lampo contro l’Ucraina.

Il rischio della guerra urbana in Ucraina

La forte resistenza degli ucraini ha colto il Cremlino di sorpresa. Mosca aveva sottovalutato la dottrina militare ucraina, che prevede la mobilitazione di massa della popolazione nell’eventualità di un’invasione straniera. La leadership ucraina ha inizialmente spostato la guerra nei pressi delle aree popolate, dove chi difende gode di un vantaggio tattico. All’interno dell’ambiente urbano, piccoli gruppi possono tendere imboscate con facilità e colpire i bersagli avversari con missili anticarro. La guerriglia urbana è infatti l’incubo di ogni esercito tradizionale, e dal lato ucraino ci si ricordava benissimo quanto Mosca fosse ancora perseguitata dalla “sindrome di Grozny”, con la prima guerra in Cecenia (1994-1996) che si concluse con un’umiliante sconfitta per l’esercito russo, dopo che piccoli gruppi di combattenti determinati avevano distrutto intere colonne di carri armati russi entrati nel centro e nelle periferie della capitale cecena.

Eppure ci si aspettava che le forze russe sovrastassero le postazioni ucraine in meno di una settimana. L’esercito marchiato dalla guerra di Putin godeva di superiorità numerica e tecnologica. In seguito alla guerra in Georgia del 2008, le riforme militari del Ministro alla Difesa Anatoly Serdyukov cambiarono la struttura dell’esercito russo. La creazione del gruppo tattico di battaglione (in inglese BTG) serviva ad aumentare la potenza di fuoco e velocità delle forze armate russe: ciascun BTG dispone infatti di un battaglione di fanteria motorizzata con carro armato ed elementi di artiglieria, per un totale di 600-800 ufficiali e uomini. Tuttavia, lo svantaggio principale dei BTG è il numero relativamente scarso di truppe di fanteria leggera (attorno ai 200 uomini), che li rende vulnerabili alle imboscate, e durante i primi tre mesi di questa invasione, i BTG russi sono diventati un bersaglio facile per i combattenti ucraini.

Il test per l’esercito russo

Apparentemente, le forze armate russe non erano preparate ad un’invasione su così larga scala. A causa di una scarsa pianificazione militare, l’esercito di Putin ha fallito nel condurre operazioni di armi combinate, il che non avrebbe dovuto destare stupore: nella guerra contro la Georgia del 2008 la performance dell’esercito russo, il cui coinvolgimento fu limitato in termini di tempo e spazio, venne definita dagli esperti come piuttosto carente; sei anni dopo, l’annessione della Crimea ebbe luogo con operazioni ibride e senza spargimenti di sangue; nella guerra civile siriana, per supportare il regime di Assad il Cremlino fece principalmente leva su aeronautica, forze speciali e mercenari. In altre parole, questa è la prima volta dall’invasione dell’Afghanistan nel 1979 che l’esercito russo è chiamato a sottomettere un grande Paese con una popolazione ostile. Andrebbe notato come vi fosse stata un’insurrezione nell’Ucraina occidentale dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale che durò dieci anni.

Nella primavera ed estate 2022, i militari russi hanno utilizzato fuoco di artiglieria indiretto e missili balistici per sconfiggere gli ucraini. Questa non è stata la prima volta nel corso della storia recente in cui Mosca ha fatto ricorso a tali tattiche: durante la seconda guerra cecena (2000-2002) il Cremlino bombardò Grozny a tappeto, senza alcun riguardo per il diritto internazionale dei conflitti armati; la leadership russa ha scelto di intraprendere la stessa tipologia di guerra d’assedio anche in alcune parti dell’Ucraina.

Dopo tre mesi di assedio, le forze russe sono riuscite ad impadronirsi della città di Mariupol nella regione di Azov. Tuttavia, gli invasori non sono riusciti a conquistare Kiev e Kharkiv, le due città più grandi del Paese. Secondo il Prof. Louis DiMarco, due sono i fattori che potrebbero giocare un ruolo decisivo nell’attacco ai centri urbani: la dimensione della popolazione e quella del territorio. Più grandi sono, più forze occorrono per occupare una città. Il professore americano ha messo in dubbio la regola del 3:1 in favore di chi attacca e sostiene una proporzione di 6:1 per lanciare un attacco in aree urbane.

Il ruolo delle forze mercenarie

Una sorpresa, forse, è stato l’outsourcing delle operazioni militari russe a mercenari. A partire dall’estate 2022, un numero sconosciuto di mercenari russi e stranieri è entrato a far parte regolarmente dell’esercito russo, combattendo quello ucraino nel Donbass. La parziale “privatizzazione” della guerra è un’innovazione di per sé: durante il periodo zarista, l’esercito veniva posto sotto stretta sorveglianza, in quanto gli ufficiali erano gli unici a poter sfidare il regime; in era sovietica, il ruolo del commissario politico era di esercitare il controllo politico sulle forze armate con presenza a livello sia strategico che operazionale. L’utilizzo di forze militari private, come il famigerato Gruppo Wagner, si contrappone alla cultura militare russa che mette al primo posto il controllo politico dell’esercito. Tuttavia, la mobilitazione di massa non sarebbe né opportuna né fattibile in un Paese di ceto medio come la Russia. L’impiego di mercenari consente a Mosca di nascondere le perdite di guerra all’opinione pubblica russa che non appoggia del tutto la guerra in Ucraina, ed il Gruppo Wagner funge da piccolo esercito in grado di fornire supporto operativo e tecnico al momento del bisogno.

Mappa di Alberto Bellotto

La guerra è entrata in una nuova fase dal settembre 2022: la controffensiva ucraina ha avuto successo nella riconquista di territori nell’est e sud del Paese; ciononostante, le forze russe sono riuscite a fermare l’offensiva ucraina prima di Natale. Al momento, sul confine orientale aleggia una fase di stallo e di guerra di trincea. Il Cremlino ha mobilitato risorse umane e materiali per una nuova offensiva nel Donbass in primavera, e l’Europa e gli Stati Uniti devono fare tutto il necessario per fermarla prima che abbia inizio. EMMANUEL KARAGIANNIS 

Che cos’è il Gruppo Wagner. Lorenzo Vita su Inside Over il 27 Febbraio 2023

Uomini pronti a tutto, addestrati alla guerra, quasi sempre ex militari dell’esercito russo che, dietro lauto compenso, offrono i propri servigi al Paese attraverso un’impresa privata. Sono questi i componenti del Gruppo Wagner. Dalla Siria all’Africa fino alla prima linea del fronte russo in Ucraina, la compagnia di mercenari ha assunto negli anni un ruolo di primo piano nelle operazioni occulte e pubbliche della Russia nel mondo, diventando talmente importante da essere considerato una sorta di apparato all’interno dello Stato russo. Fino a puntare a un ruolo politico e sfidare anche le gerarchie delle forze armate di Mosca

La nascita del Gruppo Wagner

Il Gruppo Wagner nasce almeno ufficialmente nel 2014 per mano di Dmitriy Valeryevich Utkin, ex colonnello delle forze speciali russe nato nel 1970 in Ucraina e di Evgheny Prigozhin, lo “chef di Putin”, nato a San Pietroburgo (allora Leningrado) nel 1961.

Da tempo sotto la scure delle sanzioni del Dipartimento del Tesoro americano, Utkin è un uomo misterioso, di cui si sa pochissimo. L’unica certezza è che viene considerato da più parti come un uomo legato a doppio filo con il presidente Vladimir Putin al punto che Utkin ha anche partecipato al ricevimento offerto dallo stesso capo del Cremlino ai reduci della guerra in Siria. Il Consiglio dell’Unione europea lo definiva, nel 2021, come il fondatore della Wagner e “responsabile del coordinamento e della pianificazione delle operazioni per lo schieramento dei mercenari del Wagner Group in vari paesi”. Di qui l’accusa sull’essere artefice di numerose violazioni di diritti umani nei teatri dove è stata impiegata negli anni la compagnia privata, dalla Siria ai Paesi dell’Africa fino all’Ucraina.

Ma Putin non è il solo uomo a cui sarebbe legato l’ex colonnello degli Spetsnaz. Ce n’è un altro, in particolare, che è considerato il fulcro dell’enorme quantità di denaro e potere che ha assunto nel tempo il gruppo Wagner, ed è appunto Prigozhin. L’uomo, uno dei più ricchi di Russia. è a capo di decine di società inserite nell’ambito del catering e dei ristoranti stellati. Il suo nome è apparso anche nel filone di indagini del Russiagate. Secondo le accuse dei federali americani, l’impero di Prigozhin sarebbe stata la base delle interferenze russe nelle elezioni del 2016 con cui Donald Trump ha battuto Hillary Clinton.

Per molti anni, la fondazione del gruppo è rimasta un mistero. Non solo la Federazione Russa ha sempre negato di fatto un coinvolgimento nelle mosse della compagnia di sicurezza, ma addirittura lo stesso Prigozhin aveva sempre smentito un suo ruolo nell’origine del gruppo. Le cose sono cambiate con l’invasione dell’Ucraina nel 2022, quando la Wagner, dopo anni di accuse e di indagini, è diventata talmente centrale nelle logiche operative di Mosca che lo stesso “chef” ne ha compreso il potenziale politico oltre che militare.

Ecco allora che a settembre del 2022, il concittadino di Putin svela per la prima volta le carte: è lui la mente dietro Wagner. E attraverso i suoi canali racconta i dettagli sulla nascita del gruppo. “Ho pulito io stesso le vecchie armi, ho sistemato io stesso i giubbotti antiproiettile e ho trovato specialisti che potevano aiutarmi. Da quel momento, il 1 maggio 2014, è nato un gruppo di patrioti, che in seguito è stato chiamato il battaglione Wagner”, ha detto Prigozhin. E con quelle frasi ha confermato quanto prima veniva solo sussurrato in Russia o reso evidente dalle inchieste giornalistiche. La nascita viene quindi fatta risalire a una data precisa a quelle operazioni russe in Ucraina orientale durante quella che poi sarebbe diventata la guerra del Donbass. Un supporto alle unità filorusse, ma anche una sorta di legione straniera nelle mani di Putin per evitare di essere considerato “boots on the ground” nel delicato e complesso fronte europeo.

Il nome del gruppo Wagner

A creare una vera e propria mitologia della Wagner non è solo il mistero sulla nascita, ora certificata dalla dichiarazione di Prigozhin, ma anche quella sull’origine del nome. Un’inchiesta di Foreign Policy del 2021 spiegava come di questo gruppo non solo non si potesse accertare davvero nemmeno l’esistenza, ma che sull’origine del nome, che di certo tutto è meno che russo nonostante l’ideologia nazionalista nei suoi ranghi, vi fossero solo dei sospetti.

Secondo molti analisti, Wagner deriverebbe dal nome di battaglia di Utkin ai tempi del Gru. Non sappiamo però quale motivo abbia scelto il nome del noto compositore tedesco spesso associato alla visione distorta che ne fece il nazismo. Secondo alcuni potrebbe trattarsi proprio di un tributo di Utkin a questa vicinanza ideale di Adolf Hitler con il musica wagneriana, cosa che si unirebbe all’ideologia che animerebbe proprio l’ex agente di servizi russi, vicina alle teorie neonaziste. Sul punto va però detto che non esistono conferme ufficiali: lo stesso Prigozhin non ha fatto riferimento all’uomo del Gru quando ha parlato della fondazione della Wagner, quasi a escludere un ruolo nella nascita della compagnia di mercenari.

Dov'è impiegato il Gruppo Wagner

La storia di Utkin aiuta in ogni caso a capire il ruolo di questo esercito di contractors che, negli anni, è diventato uno strumento fondamentale della politica di Putin in molte crisi in cui non poteva far intervenire le forze armate russe.

Dopo aver abbandonato le forze speciali, il leader di Wagner ha lavorato per la società di sicurezza Moran. Quest’impresa è un po’ il nucleo da cui è partita l’idea di Wagner. Fondata da veterani delle forze armate di Mosca per contrastare la pirateria, i suoi vertici sono stati poi coinvolti in un’altra operazione: la nascita dei “Corpi Slavi”. Quest’altra organizzazione, registrata inizialmente a Hong Kong, ha avuto un ruolo fondamentale in quanto probabilmente primo embrione dell’esperienza Wagner. Infatti, la società apparve nel 2013 con annunci con cui si reclutavano uomini per la Siria in supporto delle operazioni del governo di Damasco.

In quello stesso periodo inizia a circolare il nome del Gruppo Wagner. Le prime notizie parlano di un impiego dei contractors in Donbass, a sostegno della causa separatista. Poi, nel 2015, iniziano ad arrivare le prima informazioni sull’impiego di questo gruppo in Siria, nodo della politica russa in Medio Oriente. Dal dicembre del 2015, la società inizia a contare i suoi primi morti: i media riportano l’uccisione di una decina di civili russi a Latakia durante gli scontri con i gruppi armati ribelli. Civili che in realtà sarebbero appunto contractors impiegati al fronte ma che ufficialmente non risultano in alcun modo militari.

I numeri del loro impiego in Siria sono difficili da reperire attraverso fonti ufficiali. I media parlano di circa 5mila uomini inviati nel tempo in tutto il territorio siriano. Molto spesso come gregari delle forze di Assad, diventando in pratica il contatto fisico fra le forze armate russe e quelle di Damasco. Di loro si parla come i veri artefici della riconquista di Palmira contro i terroristi dell’Isis.

Altre volte, i loro impiego è stato quello di una vera e propria polizia militare che ha sostituito le truppe regolari. Si tornò a parlare di loro in Siria dopo il bombardamento Usa a Deir Ezzor in cui si ritiene siano morti molti di questi uomini. E i reporter della Reuters individuarono in particolare a Rostov sul Don uno dei principali punti di partenza e di arrivo del traffico di contractors.

I contractors in Africa

Non ci sono però solo Siria e Donbass al centro delle loro operazioni. Il terreno di caccia più importante della società di Prigozhin, che ha potuto così sfruttare la sua compagnia anche per proteggere gli affari del proprio impero economico, è diventata nel tempo soprattutto l’Africa.

L’operazione più importante e risalente nel tempo per la Wagner in Africa è stata certamente quella che in Repubblica centrafricana. Nel 2018, la Russia inviò il primo contingente di “consiglieri militari” nel Paese per sostenere il governo nella guerra contro i ribelli. Tra gli obiettivi della missione vi era però anche la protezione dei beni di Prigozhin, che aveva già investito nel territorio soprattutto per l’estrazione mineraria.

Il ministero della Difesa russo non ha mai negato la loro presenza, ne ha solo ridotto il numero o al limite non confermato mai che fosse impiegato nel dettaglio quella compagnia privata. A marzo, il portavoce del ministero degli esteri russo Artyom Kozhin, dichiarò che “su richiesta del presidente della Repubblica Centrafricana, la Russia ha deciso di fornire al paese aiuti militari gratuiti”, e tutto con il pieno consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, avvertito dell’operato di Mosca. Il ministero della Difesa russo consegnò in quel caso armi e munizioni alle forze armate della Repubblica centrafricana e inviò cinque militari e 170 istruttori civili per addestrare i militari locali. Istruttori civili, ossia contractors, confermati anche dalla portavoce Maria Zakharova mentre parlava della morte dei tre giornalisti russi uccisi in Repubblica centrafricana. Un primo elemento che certificò l’utilizzo della Wagner da parte del Cremlino.

Successivamente, fu il turno del Sudan, dove anche in questo caso i contractors di Prigozhin arrivarono parallelamente agli interessi dello “chef” di Putin nel Paese e alle nuove direttrici della politica estera di Mosca. Come racconta Formiche, “Wagner ha iniziato a operare in Sudan nel 2017, fornendo addestramento militare a forze speciali e di intelligence e al gruppo paramilitare noto come Rapid Support Forces”. Quest’ultime, guidate dal  generale Mohammed Hamdan Dagalo, hanno ottimi rapporti con le monarchie del Golfo e rappresentano la spina dorsale delle forze di Khartoum post-colpo di Stato. Anche in questo caso, numerose inchieste hanno mostrato i profondi legami tra Prigozhin, i suoi mercenari, gli interessi nell’oro e le forze armate locali, al punto che anche l’Unione europea ha di recente sanzionato una controllata della Wagner che opera in Sudan dopo che la Cnn ne ha scoperto la rete di interessi.

Particolare importanza ha poi avuto il ruolo della Wagner in Libia, il grande “buco nero” del Mediterraneo centrale. Nel 2020, il comando Usa per l’Africa (Africom) ha pubblicato un report in cui si affermava di avere prove crescenti dell’impiego della compagnia di contractors in Cirenaica per sostenere gli interessi del Cremlino. In quell’occasione, Africom segnalò anche il supporto di Mosca alle operazioni della società di Prigozhin con forniture di mezzi e armi, segno di un interesse russo per la Libia che aveva in Khalifa Haftar il principale intermediario in loco. Le Nazioni Unite parlavano di circa un migliaio di uomini della compagnia utilizzati su diversi fronti della guerra libica.

A conferma del problema rappresentato dalla Wagner in Libia, il direttore della Cia, William Burns, è volato a gennaio del 2023 a Tripoli per ribadire l’interesse di Washington riguardo la presenza russa nel Paese e nell’area nordafricana. Il vertice con il primo ministro Abdul Hamid Dbeibeh è servito a confermare la linea Usa sulla road-map per le elezioni e la pacificazione: ma il fatto che ad andare nella capitale sia stato il direttore dell’agenzia di intelligence sottolinea che la preoccupazione principale riguarda la sicurezza dell’area e le possibili infiltrazioni di avversari degli Stati Uniti.

Più di recente, è il Mali a essere al centro dell’interesse russo in Africa, in particolare in Sahel, e quindi anche della Wagner. Da quando il governo locale ha preteso che le truppe francesi si ritirassero dal Paese, a sostituire le unità di Parigi sono stati proprio i mercenari russi. Gli uomini dello “chef” sono già sotto la lente delle Nazioni Unite e degli Stati occidentali, preoccupati dall’instabilità della regione africana ma anche dalle accuse di crimini commessi dai combattenti al soldo di Prigozhin. E con un cambiamento per certi versi radicale della politica di Mosca, è stato lo stesso ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, a confermare la presenza di quelle forze irregolari dicendo che le autorità di transizione del Mali si erano “rivolti ad una società militare privata russa perché la Francia vuole ridurre significativamente il suo contingente militare schierato nel paese”.

 La Wagner in Ucraina

Con l’invasione di febbraio 2022, il ruolo della Wagner è cambiato in modo sostanziale, rivoluzionando non solo la sua percezione pubblica, ma anche il ruolo politico di Prigozhin e il rapporto con le forze armate.

Dall’inizio dell’invasione, i mercenari del gruppo si sono sempre più palesati nelle maggiori battaglie del fronte dell’Ucraina orientale, con il loro impiego in diverse battaglie del Donbass tra cui spiccano quelle di Popasna, Svitlodarsk, Sievierodonetsk e Lysychansk e più di recente nei “tritacarne” di Bakhmut e Soledar (dove Prigozhin ha voluto a ogni costo conquistare l’enorme miniera di sale). Insieme al loro utilizzo al fronte sono cresciute le accuse di crimine di guerra commessi dagli uomini di Prigozhin. Molti hanno accusato la compagnia Wagner di avere avuto un ruolo fondamentale nei fatti di Bucha, mentre nello stesso tempo sono aumentati i video che mostravano esecuzioni da parte dei combattenti. Una di queste, la più nota, è quella dell’ex combattente Evgenij Nužin, giustiziato a colpi di mazza sulla testa per avere tradito la compagnia e avere scelto di vivere in Ucraina.

Nel frattempo, i numeri degli uomini usati dalla Wagner in Ucraina sono aumentati non solo attraverso il reclutamento di uomini di altri Paesi, ma soprattutto attraverso la concessione della libertà a tutti i detenuti delle carceri russe che sceglievano di arruolarsi nel gruppo di Prigozhin. L’amnistia in cambio di sei mesi di guerra al fronte è stata una delle armi più importanti nelle mani della compagnia privata per ingrossare le file dilaniate dalle varie battaglie. Reclute che in ogni caso non hanno rappresentato un vero rinforzo, dal momento che la maggior parte di essi è totalmente priva di addestramento e fondamentalmente inadatta a essere irregimentata in una compagnia strutturata in larga parte attraverso i modelli delle forze armate russe. A conferma di questo, secondo gli Stati Uniti soltanto nella battaglia di Bakhmut sarebbero morti circa mille contractors di cui la maggior parte ex detenuti. Sulla stessa linea l’intelligence britannica.

L’impiego così massiccio – e a volte essenziale – della Wagner in Ucraina orientale ha però reso possibile a Prigozhin non solo uscire allo scoperto, ma anche aumentare le sue richieste nei confronti di Mosca. Putin, che per anni ha sfruttato i servizi della compagnia di sicurezza senza rendere mai pubblico questo impiego, si è trovato quindi a gestire una situazione inusuale, e cioè la presenza di un uomo ricco, potente, fondamentale nelle “operazione militare speciale” ma sempre più percepito come una minaccia dalla stessa Difesa russa. Le offese rilanciate attraverso i canali Telegram della Wagner contro il ministro Sergei Shoigu e il capo di Stato maggiore Valerij Gerasimov sono state seguite anche dalle accuse di incapacità verso i ranghi dell’esercito e di tradimento per negare le munizioni ai contractors lasciandoli morire al fronte.

Questa guerra intestina ha spesso provocato imbarazzo al Cremlino ma anche una certa preoccupazione, dal momento che molti sottolineano che il potere mediatico e militare ottenuto dallo “chef” di Putin durante il primo anno di invasione ha fato ipotizzare un suo possibile ruolo politico di primo piano. Qualcuno ha anche sostenuto che il capo della Wagner potesse tentare la scalata a Mosca sfruttando l’eventuale crollo del sistema putiniano. LORENZO VITA

Un anno di guerra in Ucraina: ecco cosa non abbiamo capito. ALDO GIANNULI su Inside Over il 23 febbraio 2023.

Siamo al primo anniversario della guerra in Ucraina, e sembra che l’opinione pubblica (tanto occidentale quanto dell’est) dia segni assuefazione, ma ancora non pare che abbia capito l’importanza del fatto. È strano, veniamo da un trentennio nel quale si è fatto abbondante uso ed abuso del termine “epocale”, speso anche per cose di rilievo modesto, ed ora, che ci troviamo davvero a una svolta che cambierà il mondo, l’aggettivo è scomparso dai media.

Ci limitiamo ad aspettare che la guerra si concluda per riprendere a fare quello che facevamo prima. Ad esempio, i tedeschi sperano di riprendere a fare affari con la Russia, i russi pensano che quello che conta è la quantità di terreno strappato all’Ucraina e gli ucraini pensano che dopo sarà inevitabile il loro ingresso nella Nato. La Nato pensa che sarà restaurata la gerarchia mondiale con in testa gli Usa, che a loro volta pensano che la globalizzazione a trazione americana riprenderà.

Ma la globalizzazione ci sarà ancora? Sì, ma come? È poco probabile che avrà le stesse modalità di prima. E dell’Onu che ce ne facciamo? Può continuare così o, dopo la guerra, saremo costretti a prendere atto che, così come è, possiamo anche farne a meno? O proveremo a rifondarla? E della crisi finanziaria (sempre in agguato), che ne sarà? Pandemia e guerra, paradossalmente, l’hanno procrastinata, grazie alla alluvione di liquidità che esse hanno comportato ma che non può durare all’infinito e sarà seguita da una perturbazione senza precedenti. E il dollaro sarà sempre moneta mondiale?

Potremmo proseguire con gli intrecci di queste dinamiche con il mutamento climatico, con le alterazioni demografiche, ecc. A ogni svolta dobbiamo aspettarci che si accendano nuovi conflitti anche armati. Alla guerra seguirà un dopoguerra non meno conflittuale ed anzi più drammatico.

Verso il crollo dell’ordine mondiale

Quello che dobbiamo capire e a cui dobbiamo prepararci è che questa guerra sta facendo crollare l’Ordine Mondiale che c’era (ed era giù in crisi almeno dal 2008) ma non ne produrrà un altro, che verrà dopo un lungo periodo di crisi e scontri sanguinosi. Il primo bacino che esploderà è già pronto: l’Africa, dove si profila un conflitto generalizzato a livello continentale, con dietro, la Cina, gli Usa, la Francia, forse India e Giappone, quanto alla Russia dipende da come uscirà dalla guerra.

Altrettanto ragionevole è attendersi una nuova rivoluzione di intelligence; tanto i russi quanto gli americani in questa guerra hanno fallito completamente per la raccolta informativa e l’analisi facendo previsioni totalmente sbagliate. E sappiamo per esperienza che ogni mutamento nel mondo dell’intelligence comporta le sue sperimentazioni che raramente sono indolori per gli altri. Per esempio, mettiamo nel conto la probabilità di una forte destabilizzazione monetaria.

Tutte cose non inevitabili se si avrà la saggezza di pensare a un nuovo ordine più cooperativo e un po’ meno competitivo, con camere di compensazione, organismi internazionali di mediazione più efficaci di quelli esistenti. Ma a tutto questo si oppone una visione basata sul primato imperiale nel quale contano solo gli equilibri di forza e la capacità di un soggetto di imporre la sua volontà agli altri. Non che si possa sognare un ordine mondiale non competitivo e nel quale non contino gli equilibri di forza, questo ci sarà sempre. Il problema è che questa situazione considera esclusivi questi elementi e cancella ogni possibile mediazione e cooperazione. Decisamente, dopo la guerra, verrà il dopoguerra. Che sarà peggiore. ALDO GIANNULI

Sabotaggi dietro le linee nemiche. Così Kiev colpisce la Russia. LORENZO VITA su Inside Over il 23 febbraio 2023.

La guerra in Ucraina, oltre a combattersi sulla prima linea del fronte, si combatte anche dietro le linee nemiche. Questo vale in particolare per Kiev, che dall’inizio dell’invasione ha progressivamente aumentato la propria capacità di penetrare in territorio russo e nei territori occupati da Mosca per colpire in profondità gli avversari.

Questa capacità delle forze ucraine è andata generalmente aumentando con l’avanzare del conflitto e quindi con il miglioramento della capacità di reazione da parte di Kiev. Lo dimostrano il miglioramento delle capacità tecnologiche, la letalità degli attacchi, ma anche l’aumento dell’importanza degli obiettivi russi così come la loro lontananza dal fronte. Un complesso meccanismo di attacchi e sabotaggi che si è sempre più spostato dal campo di battaglia per riuscire a infliggere colpi all’interno del territorio russo e in grado non solo di incidere sull’esercito, ma anche a scalfire quella sicurezza manifestata da Mosca sin dall’inizio dell’invasione.

Scalfire la sicurezza di Mosca

L’idea di Vladimir Putin, dall’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale”, è stata infatti sempre quella di mantenere la Federazione Russa in una sorta di bolla protettiva. Il conflitto doveva rimanere circoscritto all’Ucraina, mentre il Paese dello “zar” doveva rimanere sostanzialmente inattaccabile, dando così l’immagine di una fortezza in grado di proteggere la popolazione durante tutta la guerra.

La conferma di questo processo di ampliamento della capacità di attacco in profondità da parte di Kiev è data quindi non soltanto dall’evidente ampliamento della portata delle armi date all’esercito ucraino, ma anche dalla scelta dei “target” prescelti dall’intelligence ucraina (con l’ausilio o meno della Nato e in particolare di Regno Unito e Stati Uniti).

La Crimea sotto tiro

I primi esempi di questa nuova campagna ucraina si sono osservati in estate con le esplosioni in Crimea. Le colonne di fumo apparse nel sito militare di Novofedorovka hanno evidenziato, come poi confermato dal ministero della Difesa russo, le esplosioni di un “deposito di munizioni”. Per Kiev e per l’intelligence britannica si trattava di aerei, e non di semplici depositi. A essere stati distrutti, infatti, sarebbero stati Su-24MR, tre Su-30SM e probabilmente almeno un Il-76. Per molti analisti, l’attacco era probabilmente dovuto a un sabotaggio di forze speciali ucraine dietro le linee russe, dal momento che non sembrava verosimile un bombardamento aereo o con armi che ancora non facevano parte degli arsenali ucraini. Ma in tanti hanno ipotizzato l’utilizzo di droni in grado di perforare le difese aeree russe.

Successivamente, altre misteriosi esplosioni (misteriose perché mai rivendicate né definite nelle modalità) hanno coinvolto un deposito di armi a Maiske, a nord della Crimea, e si è parlato anche di un sabotaggio nella base di Hvardiiske, non lontano da Sinferopoli. Su tutti questi casi, Kiev non ha mai dato una risposta alle domande su un possibile coinvolgimento di forze speciali o sabotatori, ma molte fonti anonime hanno riferito anche ai più importanti media americani che si trattava di azioni messe in atto dalle unità ucraine o di “partigiani“. E in quello stesso periodo, anche Sebastopoli, la grande base della Flotta del Mar Nero, è stata presa di mira diventando il bersaglio di quella che tutti si attendono come possibile grande controffensiva ucraina nella penisola.

Un altro esempio è stato l’incendio del ponte di Kerch, simbolo dell’annessione della Crimea alla Russia e dell’unione definitiva della penisola del Mar Nero alla nuova madrepatria. All’alba dell’8 ottobre 2022, un’esplosione ha causato il crollo di due campate del ponte uccidendo quattro persone e andando a colpire un’infrastruttura fondamentale per il rifornimento della Crimea. L’episodio, avvenuto il giorno del 70esimo compleanno di Putin, non è stato rivendicato ufficialmente dall’Ucraina. La stessa Russia, specialmente all’inizio, aveva parlato di incidente e non di sabotaggio. Kiev ha tuttavia dato immediata visibilità all’esplosione esultando per quanto accaduto. Infine, le inchieste di diversi giornali hanno parlato in maniera sempre più netta di un camion bomba (il New York Times ha poi riferito della regia dei servizi segreti ucraini), mentre Mosca ha poi annunciato l’arresto di alcune persone, tra cui cittadini ucraini, come artefici del sabotaggio.

La campagna segreta

A novembre, invece, diverse fonti parlavano di un attacco condotto da alcuni sabotatori ucraini presso la base aerea di Veretye, nella regione occidentale russa di Pskov. In base alle informazioni dei media, l’attacco avrebbe messo fuori uso almeno due elicotteri da combattimento KA52 Alligator. In quell’occasione, Kiev non rivendicò ufficialmente l’attacco, anche se i media ucraini riportarono le dichiarazioni della Direzione dell’intelligence della Difesa che sostanzialmente certificavano l’avvenuto sabotaggio.

A dicembre, altre esplosioni, questa volta all’interno dei confini russi riconosciuti dalla comunità internazionale. In pochi giorni, a essere colpiti sono stati gli aeroporti militari di Dyagilevo, nella regione di Ryazan e quello di Engels, nella regione di Saratov. Circa una settimana dopo quegli attacchi, era stato segnalato poi un ulteriore attacco, questa volta nel distretto di Kursk, tramite un drone. E alcune fonti ucraine avevano parlato di un raid, sempre con un velivolo senza pilota, contro un sito industriale nell’oblast di Bryansk. Sempre al New York Times, un funzionario ucraino aveva detto che “almeno uno dei due attacchi – quelli di Dyagilevo e Engels ndr – è stato completato con l’ausilio di forze speciali che si trovavano in prossimità dell’aerodromo e che hanno guidato i droni verso il bersaglio”.

Un’informazione che aveva confermato non solo la capacità ucraina di manovrare i droni centinaia di chilometri dentro il territorio russo, ma anche, se non soprattutto, di sapere muovere le proprie unità speciali nel cuore della Federazione. Tre settimane dopo, sempre la base di Engels era stata oggetto di un attacco con un drone in cui rimasero uccisi tre soldati russi. E sempre in quel periodo, come scriveva Adnkronos, i servizi di sicurezza russi dello Fsb hanno annunciato di avere “liquidato” un “gruppo di sabotatori” che il 25 dicembre cercavano di entrare nella regione di Bryansk.

Dopo questa lunga scia di esplosioni, a intervenire è stato poi Vadym Skibitsky, vice capo dell’intelligence militare ucraina, che ha di fatto ribadito la regia di Kiev sulle esplosioni e rilanciato sul piano di colpire in profondità la Russia. “Se possiamo raggiungere Engels, possiamo raggiungere anche il Cremlino“, ha detto Skibitsky, sottolineando come sia lecito pensare di colpire i campi d’addestramento e le basi in territorio russo poiché “presto o tardi, da queste caserme, andranno al fronte ad attaccare i nostri villaggi e le nostre città”.

Un avvertimento che serve soprattutto da un punto di vista politico: colpire la Russia significa scalfire quel senso di inattaccabilità con cui Putin ha voluto colpire l’intero Paese. Sentirsi vulnerabili è un problema enorme per il presidente russo, il quale però potrebbe anche essere rafforzato dalla possibilità che Kiev decida di colpire in modo più netto sul territorio dell’avversario. Certificare il senso d’assedio accusando l’Ucraina di volere colpire la Russia è un elemento tipico della narrazione putiniana, specialmente ora che vuole far vedere all’opinione pubblica di essere ancora saldamente alla guida del Cremlino. LORENZO VITA

“Dai russi una manovra a tenaglia”. Ma è ancora un mistero su dove arriverà Putin. FAUSTO BILOSLAVO su Inside Over il 23 febbraio 2023.

Buongiorno, Fausto. Dove ti trovi?

Sono nel Donbass, in zona di guerra, a pochi chilometri dal fronte, proprio nell’area di Luhansk dove le truppe russe stanno attaccando.

Proprio questa notte è iniziata l’operazione militare della Russia. Abbiamo visto code di civili che da Kiev stanno lasciando il Paese. I russi dicono che i bombardamenti sono mirati e che hanno colpito solamente basi militari e luoghi strategici. E’ davvero così?

Quello che posso mostrarvi è la lunga coda di automobili in attesa di fare benzina. Danno solo 20 litri di benzina. Anche questi ucraini vogliono scappare dal Donbass e dalle zone di guerra. Il problema è anche il carburante.

Ti trovi molto vicino alla linea del fronte…

Siamo a una decina di chilometri dal fronte e, fino a poco fa, si sentiva sia l’artiglieria da destra e da sinistra. Suppongo fosse l’artiglieria ucraina che cercava di fermare l’avanzata russa. Credo però che sarà una missione impossibile, anche perché dalle informazioni che ho i russi stanno cercando di avanzare a tenaglia e, probabilmente, non si fermeranno al Donbass. Carri armati russi sono stati avvistati alle porte di Karkiv, a tre ore di macchina da qui, e che è la più grande città ucraina nel nord est del Paese, a 39 chilometri dal confine con la Russia, un milione e 400mila abitanti. Anche lì temo stia scoppiando il panico.

Gli ucraini temono operazioni su larga scala oppure credono che Putin a un certo punto si fermerà?

Sono tutti sorpresi da questo attacco che sembra essere su larga scala. Si pensava al Donbass, al porto strategico di Mariupol, sul fronte sud del Donbass, il porto sul mare d’Azov che è strategico per gli ucraini. Sono scattati anche i primi bombardamenti su Mariupol sulle batterie anti missilistiche e anti aerei. Non si capisce se c’è una colonna russa che sta scendendo dalla Bielorussia verso Kiev. L’unica certezza è che già lunedì, quando Putin aveva riconosciuto le repubbliche separatiste, le unità di artiglieria dell’esercito ucraino avevano ricevuto l’ordine di muovere a nord di Kiev, più o meno nella zona di Chernobyl, proprio perché temevano un attacco russo anche da quella direttrice. L’importante ora è capire, soprattutto dove mi trovo in questo momento, quale sarà la manovra a tenaglia delle forze corazzate russe. Questa notte, proprio a fianco del nostro albergo, sentivo i carri armati ucraini che venivano trasportati in prima linea durante tutta la notte. Evidentemente, gli ucraini avevano informazioni di intelligence e hanno cercato di fare una barriera attorno a questa città. Anche gli operatori dell’Osce, che ho incontrato poco fa, temevano anche loro di rimanere tagliati fuori dalla manovra a tenaglia russa. FAUSTO BILOSLAVO 

La guerra in Ucraina e la nuova logica dei blocchi.  Emanuel Pietrobon il 25 Febbraio 2023 su Inside Over.

Guerre, disastri e pandemie: acceleratori di tendenze. Non creano e neanche distruggono nulla: provocano catalisi, accompagnano nella fossa ciò che era morente, fanno germogliare ciò che era quiescente. Sprigionano forze sino all’istante precedente della loro comparsa trattenute dai katéchon dell’epoca.

Il terzo decennio del XXI secolo è profeticamente iniziato con una pandemia e una guerra, due degli eschaton più potenti e trasfiguranti, con la seconda che ha amplificato l’impatto globale della prima, la quale, a sua volta, aveva accelerato dei fenomeni in moto da tempo. Riglobalizzazione. Redistribuzione e dispersione del potere mondiale. Ricompartimentazione del sistema internazionale in blocchi.

La guerra in Ucraina e la pandemia di COVID19, in estrema sintesi, hanno liberato quelle forze rivoluzionarie e destabilizzanti, a lungo e duramente trattenute sotto la soglia della pericolosità dai katéchon dalla superpotenza solitaria, gli Stati Uniti, che invocano il superamento del Momento unipolare e, dunque, la fine della bellicosa Pax americana. E la ristrutturazione della geografia di poli e poteri a livello internazionale comporterà inevitabilmente il ritorno all’età dei blocchi.

Il mondo in blocchi, di nuovo

Il sistema internazionale si trova in una situazione che mescola elementi del dopo-Bismarck, cioè il collasso progressivo delle architetture multilaterali e concertative, e del dopo-Hitler, ovvero la trasformazione di una guerra mondiale in frammenti in una guerra mondiale fredda. È una situazione che rende il presente molto simile, ma non interamente uguale, al passato.

Oggi è un insieme di ieri accaduti tra il 1884 e il 1939, un déjà-vu. L’amicizia senza confini sino-russa in chiave antiamericana è l’attualizzazione eterodossa dell’Intesa amichevole franco-britannica in funzione antitedesca. L’AUKUS e i vari patti tra la sorelle dell’anglosfera sono gli equivalenti contemporanei del Grande riavvicinamento. Il Sogno cinese di Xi Jinping è il remake giallo della Weltpolitik di Guglielmo II. La Russia è l’insofferente erede di un vinto umiliato da una sconfitta totale, della quale vorrebbe riscrivere una parte dei termini, che a tratti ricorda il revisionismo dell’asse Roma-Berlino.

Oggi è un insieme di ieri accaduti tra il 1946 e il 1954, durante l’ottennato di transizione che ha traghettato il mondo verso la Guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Guerre per procura, colpi di stato e insorgenze a spianare la strada al grande scontro egemonico. Patti, alleanze, progetti di integrazione economica e infrastrutturale, conferenze internazionali a preludiare alla partizione del mondo in tre sottomondi, popolarmente noti come blocchi.

Le funzioni dei blocchi

Blocchi. Le guerre interstatali non avrebbero modo di investire l’intero sistema internazionale se non esistessero dei blocchi, cioè delle alleanze di mutuo soccorso e dei sistemi-mondo strutturati, traversanti i continenti e le ideologie.

La funzione dei blocchi, in ogni epoca, è sempre la stessa: essere scudo e lancia dell’egemone che li comanda. Essi sono stati la ragione, ma non l’origine, delle tre guerre mondiali del Novecento – due calde e una fredda.

Oggi, su impulso della pandemia di COVID19 e della guerra in Ucraina, la litosfera sta nuovamente sperimentando una frammentazione in placche. I due eschaton hanno aggravato straordinariamente la competizione tra grandi potenze, come emblematizzato dall’accelerazione di fenomeni pre-esistenti come il friend-shoring e il disaccoppiamento sinoamericano, dando una spinta determinante alla regressione globale all’epoca dei blocchi. Che sono tre, per la precisione, ovvero il redivivo Occidente, il rinato Movimento dei non allineati e l’emergente coalizione antiegemonica sino-russo-iraniana.

Occidente, un gigante dai piedi d’argilla

Gli Stati Uniti possono vantare il controllo su di un blocco omogeneo, l’Occidente, che si caratterizza per l’alto grado di coesione politica, le familiarità culturali, lo sviluppo economico, la superiorità tecnologica e una sistematizzazione militare senza pari nel mondo – dalla NATO agli accordi bilaterali di mutua difesa e cooperazione militare.

L’Occidente è un blocco multilivello, transcontinentale, baricentrato tra America settentrionale ed Europa occidentale, ma esteso fino a Tokyo e Buenos Aires, la cui unità interna è garantita e consolidata dalla condivisione di catene del valore, mode, tendenze, cultura pop, social network, nonché dalla presenza di suballeanze di natura variegata. L’Occidente è un blocco politico, militare, economico, ma è anche una forma mentis, uno stile di vita. Identità e consumo.

All’apparenza impenetrabile, perché fondato su valori non negoziabili, l’Occidente è un blocco afflitto da limiti e debolezze, che il blocco sino-russo in divenire ha aggredito a cadenza crescente a partire dagli anni Dieci, la cui coesione politica è superficiale. Inimicizie e rivalità ne minacciano l’integrità, in primis la guerra sotterranea tra Washington e Berlino, e attori autocentrati, come Budapest e Ankara, si prestano, quando nel loro interesse, al gioco dell’asse Mosca-Pechino.

Riunione del G7 il 16 novembre 2022. (Foto: ANSA/Filippo Attili – Uff stampa Palazzo Chig)

Il blocco che non vuole esserlo

Il cosmo del Movimento dei non allineati, oggi come ieri, sarà il principale campo di battaglia dei due blocchi, che proveranno a corteggiare, a destabilizzare, o a satellizzare, periferie, paesi geostrategici e mercati-chiave per il destino della nuova guerra fredda.

Il blocco dei neutrali ha storicamente rivestito la funzione di mercato acquisti dei blocchi in guerra. Ché il non allineato altro non è, in molti casi, che un allineato nell’attesa della giusta offerta. Fu strappando alle grinfie del non allineamento socialisteggiante paesi come l’Indonesia che gli Stati Uniti poterono vincere la competizione con l’Unione Sovietica.

La multivettorialità delle piccole e medie potenze del Sud globale alla ricerca di maggiore autonomia dai vecchi padroni può essere considerata il non allineamento 2.0. Arabia Saudita, Azerbaigian, Egitto, India, Kazakistan, Serbia; lunga è la lista dei giocatori che provano a dribblare il dilemma dell’allineamento scegliendo di non scegliere: dialogo con tutti, alleanza con nessuno.

Alcuni soccomberanno alle pressioni degli scomodi vicini, taluni percorreranno la rischiosa via dell’allineamento con sponsor remoti e altri ancora potrebbero tentare la strada innovativa di un nuovo blocco, autocentrato e identitario, a fare da contraltare ai tre dominanti – da non sottovalutare il potenziale del panturchismo, simbolizzato dal Consiglio Turco, del latinoamericanismo e di panarabismi in miniatura.

Il grande ritorno del Movimento dei non allineati

L’erede del Secondo mondo

Russia, Repubblica Popolare Cinese e Iran, i tre principali sfidanti degli Stati Uniti (e del loro blocco), non hanno nulla di simile all’Occidente. Hanno delle sfere di influenza, punti di partenza per la costruzione di blocchi, e dei progetti di integrazione e coordinamento aperti quando al loro estero vicino e quando ad altre forze interessate al superamento del Momento unipolare a guida occidentale.

L’epigono eterodosso del Secondo mondo è rappresentato dall’insieme dei satelliti e degli organismi dell’asse Mosca-Pechino, cui potrebbe aggiungersi la propaggine iraniana. A differenza del Secondo mondo di guerrafreddesca memoria, però, trattasi di un blocco a doppia regia, internamente disunito, scarsamente vertebrato, culturalmente diviso e privo di un cianoacrilato identitario.

Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin durante un vertice diplomatico del 15 September 2022. (Foto: EPA/ALEXANDR DEMYANCHUK/SPUTNIK/KREMLIN)

L’esacerbazione della competizione tra grandi potenze e il rafforzamento del contenimento duale hanno facilitato la caduta di diffidenze di fondo e ostilità ancestrali tra Russia e Cina, spronandole ad amalgamare Unione Economica Eurasiatica e Belt and Road Initiative, a rivitalizzare e ad espandere il formato BRICS – forse destinato a diventare l’antitesi del G7 –, a dare manforte all’Iran – aspirante aiuto regista a lungo bistrattato, rivelatosi leale, però, al momento del bisogno – e ad investire maggiormente nell’internazionalizzazione della loro causa in comune: la riforma strutturale del sistema internazionale.

La guerra fredda 2.0 e i destini del mondo

Conservatorismo sociale – lotta all’universalismo occidentale –, antiamericanismo – dedollarizzazione –, e revisionismo politico – ricerca della transizione multipolare – sono i motivi conduttori del germogliante e confuso Blocco sino-russo-iraniano, che la crescente assertività del sempreverde Primo mondo sta incoraggiando a farsi reincarnazione pantocratrice del defunto Secondo mondo.

L’incubo della geopolitica anglosassone di una grande alleanza tra le potenze egemoni dell’Eurasia in funzione anti-atlantista sta lentamente facendosi realtà. L’antiamericanismo è il collante che ha unito le differenze di Mosca, Pechino e Teheran, e che un giorno potrebbe essere il casus foederis di un blocco formale, antagonistico all’Occidente, volente e in grado di combattere come un tutt’uno indistinto la battaglia per la transizione multipolare.

Potrebbe mancare un minuto alla mezzanotte. L’Iran ha contezza del profondo significato degli accordi di Abramo, sorti sulle ceneri dell’abortita NATO araba. L’AUKUS, la radicalizzazione della questione taiwanese e il progressivo spostamento a Oriente del focus geostrategico dell’Alleanza Atlantica stanno incoraggiando Pechino a premere l’acceleratore sull’evasione dalla catena di isole. La Russia ha detto definitivamente addio alla stagione dei compromessi a perdere invadendo l’Ucraina.

Potrebbe mancare un minuto alla mezzanotte. La mezzanotte del ritorno ufficiale all’età dei blocchi formali e formalmente contrapposti, in guerra mondiale fredda, iniziata nel 1955 con la conferenza di Bandung e con la nascita del Patto di Varsavia. Nell’attesa del rintocco, che il Primo mondo proverà a ritardare e/o ad impedire, nel mondo è ancora il 1954. EMANUEL PIETROBON

La guerra in Ucraina: rischi e opportunità per la Cina. Federico Giuliani il 25 Febbraio 2023 su Inside Over.

Nell’”amicizia senza limiti” siglata da Vladimir Putin e Xi Jinping ci sono numerose zone d’ombra che devono essere chiarite per capire il reale peso della partnership sino-russa. Innanzitutto, a differenza di quanto non si possa pensare, quella tra Russia e Cina non è affatto un’alleanza né intende in alcun modo avvicinarvisi.

La prova più evidente sta nel fatto che la Cina ha scelto di non seguire la Russia nella guerra in Ucraina. Non solo: a Pechino più di un alto funzionario è rimasto sorpreso, se non in certi casi contrariato, per la piega presa dagli eventi sul fronte, per le minacce nucleari, per la distruzione totale di un Paese, l’Ucraina appunto, che nei piani cinesi avrebbe dovuto far parte della Belt and Road Initiative (BRI). Ma anche per tutte le conseguenze indirette dell’escalation ancora in atto, in primis una maggiore assertività della Nato nell’Indo-Pacifico.

Certo, al governo cinese non può che far piacere osservare da lontano, a debita distanza di sicurezza, il rivale statunitense impantanato nel nodo ucraino e impegnato a rifornire di armamenti Volodymyr Zelensky. Anche perché, banalmente, più armi e attenzioni americane sono dirette verso l’Europa orientale e meno spazio di manovra ha Washington per ragionare sull’Asia.

Allo stesso tempo, tuttavia, l’aggressività di Putin rischia di creare una spaccatura insanabile tra il blocco occidentale e quello formato da Mosca e dai governi non allineati o in posizione ambigua. La Cina, a differenza della Russia, non ha infatti intenzione di ritrovarsi chiusa in un angolo, demonizzata o peggio esclusa dal commercio globale.

Dal canto suo, Xi ha più volte auspicato la risoluzione del conflitto mediante colloqui di pace ma non è mai davvero sceso in campo per impedire al Cremlino di continuare a sferrare offensive contro Kiev. Il perché è semplice: Pechino non controlla in nessun modo le azioni di Putin. È vero che la partnership sino-russa pende nettamente in favore della Cina ma, a quanto pare, la Russia gode di ampissima autonomia. Giusto per capirsi, il capo del Cremlino non avrebbe neppure avvertito il suo omologo cinese dell’intenzione di lanciare una simile “operazione militare speciale” in Ucraina, lasciando perplessa la leadership del Partito Comunista Cinese.  

Una posizione difficile

È sempre più difficile per Xi rapportare costi e benefici della guerra in Ucraina. Toppe le variabili impazzite sul tavolo: su tutte l’imprevedibilità di Putin, che non sembrerebbe intenzionato a mollare la presa nel suo ormai personalissimo testa a testa con il blocco occidentale.

E pensare che in un primo momento, prima del 24 febbraio 2022, la Cina non poteva che nutrire aperto interesse nei confronti di un leader che stava picconando a suo modo il potere degli Stati Uniti e, al tempo stesso, mettendo a dura prova le alleanze statunitensi in Europa, il tutto quasi senza alcun costo per Pechino. Nella migliore delle ipotesi, intervenendo sull’Ucraina, Putin avrebbe forse persino spianato la strada a Xi per raggiungere il suo principale obiettivo in politica estera: riannettere Taiwan alla Cina continentale.

Quando il presunto piano di Putin per far cadere il governo di Zelensky è fallito – e probabilmente, come detto, la Cina lo ha scoperto in differita come il resto del mondo – è apparso evidente che la missione russa in terra ucraina si sarebbe trasformata in una guerra di logoramento.

Da quel momento in poi per Pechino sono iniziati i dolori. Come giustificare il fatto che l'”amico senza limiti” di Xi metta a ferro e fuoco un Paese indipendente, per altro contraddicendo il solido principio cinese di non interferenza negli affari degli altri governi? Come ignorare gli ingenti danni causati dalle bombe russe ai costosissimi investimenti cinesi in Ucraina? Come lasciar perdere lo choc energetico innescato dal conflitto, con l’aumento del costo di elettricità e petrolio in Europa, con ricadute nel business globale, ovvero la piscina prediletta del Dragone cinese?

Anche potendo rispondere a tali domande, la Cina non può rimproverare apertamente Putin, pena il prestare il fianco alla narrazione statunitense e rischiare di perdere un amico che, tutto sommato, fa ancora comodo alla causa cinese.

Finora, Pechino ha insistito sul fatto che la sua amicizia con Mosca è “solida come una roccia”, ma la sensazione è che Xi aiuterà il Cremlino finché ciò non comprometterà l’agenda cinese. È quindi probabile che il matrimonio tra Xi e Putin rimanga un matrimonio di convenienza. 

Indipendentemente dall’esito della guerra in Ucraina, la coppia potrà ancora causare molti problemi agli Stati Uniti e ai suoi alleati, ma potrebbe avere grandi difficoltà a raggiungere una vera alleanza (per intendersi, come quella che Washington ha con il Giappone o la Gran Bretagna).

Intanto, ad un anno esatto dallo scoppio della guerra, la Cina ha presentato una proposta formata da 12 punti per porre fine al conflitto. Il documento è stato pubblicato sul sito del ministero degli Esteri ed è, di fatto, una sintesi approfondita degli appelli fin qui lanciati da Pechino. “Il conflitto e la guerra non giovano a nessuno. Tutte le parti devono restare razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni per impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura vada fuori controllo“, si legge nel paper. La proposta della Cina include la richiesta di un cessate il fuoco e colloqui di pace, oltre alla fine delle sanzioni occidentali contro la Russia. Sottolinea che “i Paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali” e “fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina”. Tra le linee troviamo una critica rivolta agli Stati Uniti (la necessità di archiviare la “mentalità da Guerra Fredda”) ma anche un flebile richiamo alla Russia (basta bombardare strutture civili e non usare armi nucleari).

Opportunità da sfruttare

La guerra in Ucraina offre però alla Cina anche diverse opportunità da sfruttare. Pechino può aiutare Mosca a eludere le sanzioni statunitensi, privare Washington di qualsiasi leva finanziaria e costringere il Cremlino a perdere la sua indipendenza economica. In altre parole, Putin ha un cappio attorno al collo che potrebbe stringersi sempre di più in base alle necessità di Xi.

Il presidente cinese ha definito il capo del Cremlino il suo “migliore amico” e, in effetti, molti fattori li stanno avvicinando. Economicamente, ad esempio, Cina e Russia sono partner complementari. Per i cinesi, la Russia è un fornitore di importanti materie prime, mentre i russi hanno bisogno degli investimenti della Cina e dei suoi prodotti ad alta tecnologia. Il commercio tra i due governi continua a crescere, mentre non mancano neppure esercitazioni militari congiunte.

In ogni caso è inutile girarci attorno: per il Dragone la guerra in Ucraina rappresenta prima di tutto un evento inatteso che potrebbe contribuire ad indebolire gli Stati Uniti e modificare l’attuale ordine globale. Il punto è che, mano a mano che Pechino diventerà più potente, il divario tra Cina e Russia si amplierà sempre di più. Putin sarà disposto a diventare l’amico subordinato di Xi? FEDERICO GIULIANI

Turchia, Israele e Vaticano: a che punto è la mediazione tra Russia e Ucraina. Mauro Indelicato il 25 Febbraio 2023 su Inside Over.

Quando l’ora “X” è scaduta e le prime esplosioni hanno illuminato il cielo di Kiev, una parte della comunità internazionale ha subito provato a intavolare una mediazione tra Russia e Ucraina. Un modo per fermare da subito il conflitto ed evitare di prolungare le azioni militari. Tentativi importanti sono stati perpetuati da Israele, dalla Turchia, in parte anche dal Vaticano. Al momento, nessuno di questi tentativi è stato coronato da successo. Ma le mediazioni stanno comunque proseguendo, così come i contatti politici tra alcuni degli attori internazionali direttamente o indirettamente coinvolti nel dossier.

La mediazione turca

Il presidente turco Erdogan ha subito condannato l’intervento russo in Ucraina. Poche ore dopo l’annuncio di Vladimir Putin sull’inizio delle operazioni militari, il governo di Ankara ha espresso profonda condanna per quanto avvenuto. Tuttavia, né alla vigilia del conflitto e né in seguito all’inizio della guerra, Erdogan ha sposato in toto le misure degli altri Paesi Nato relative alle sanzioni contro Mosca e alla quasi totale rottura dei rapporti diplomatici.

Al contrario, la Turchia ha continuato ad avere ottimi rapporti con la Russia. E questo soprattutto perché i due Paesi già da anni appaiono come tra i principali attori dei vari dossier che seguono in comune. Ankara e Mosca ad esempio sovrintendono al rispetto del cessate il fuoco nel nord della Siria. Appaiono inoltre i due protagonisti principali nello scacchiere libico. Dalla Turchia passano poi fondamentali snodi energetici per il gas e il petrolio russi. Tanti interessi quindi, impossibili da tranciare improvvisamente.

Allo stesso modo però, Erdogan negli anni ha intessuto importanti rapporti anche con Kiev. Ankara non ha mai riconosciuto l’annessione russa della Crimea e si è anzi fatta portavoce delle istanze della comunità tatara. Inoltre, la Turchia ha venduto agli ucraini decine di esemplari di Bayraktar, i droni tra i più richiesti in ambito difensivo e con i quali l’esercito di Kiev ha potuto da subito bersagliare le postazioni russe.

Alla luce di queste posizioni, la Turchia si è ritagliata un ruolo di primo piano nei tentativi di mediazione tra le parti. Ankara è stata percepita da entrambi gli attori contendenti come un Paese affidabile a cui affidare le proprie istanze diplomatiche. C’è la mano turca dietro i primi incontri avvenuti in Bielorussia tra le delegazioni russe e ucraine. Il 30 marzo forse l’evento più importante: a Istanbul, sotto lo sguardo dello stesso Erdogan, delegazioni di Mosca e Kiev si sono parlate affrontando alcuni dei punti principali del conflitto. A partire dal ritiro dei russi nelle posizioni antecedenti al 24 febbraio e al non ingresso nella Nato dell’Ucraina. Le fosse comuni apparse a Bucha nei primi giorni di aprile, hanno stroncato il percorso inaugurato a Istanbul.

Tuttavia la diplomazia turca è rimasta molto attiva nella mediazione. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha più volte incontrato funzionari russi e ucraini. Ankara e Istanbul hanno inoltre più volte ospitato delegati da Kiev e Mosca, seppur in separate sedi. E sempre in Turchia si sono tenuti incontri tra vertici della sicurezza russa e omologhi statunitensi. Ad oggi, il tentativo di mediazione turco è quello più importante in campo e il più accreditato a essere preso in considerazione nel caso di ridimensionamento dello sforzo bellico di entrambe le parti in guerra.

Il tentativo israeliano

Quella turca è la mediazione più attiva, ma quella israeliana è stata la prima in assoluto a essere stata tentata dopo lo scoppio del conflitto. Lo Stato ebraico ha ottimi rapporti con Mosca e Kiev. Con la Russia, già da diversi anni, Israele ha costanti relazioni per via del dossier siriano. Inoltre, i rapporti diplomatici tra i due paesi sono stati cementificati dalla vicinanza tra Putin e Netanyahu. Con l’Ucraina i rapporti sono sempre stati buoni, per di più il presidente ucraino Zelensky ha origini ebraiche e questo ha contribuito ad avvicinare le due sponde.

A febbraio al timone di Israele c’era il premier Naftali Bennett. È stato lui il primo leader straniero a recarsi a Mosca dopo l’inizio della guerra per provare una mediazione. Il tentativo però non è andato a buon fine. E ad oggi le mediazione israeliana sembrerebbe poco tenuta in considerazione.

I motivi sono da ricercare nel progressivo disallineamento tra lo Stato ebraico e il Cremlino. La fuga da Mosca del capo della comunità ebraica, reo di non aver appoggiato pubblicamente la guerra, la minaccia dell’ex presidente russo Medvedev di interrompere ogni rapporto diplomatico e le tensioni sulla Siria, hanno inclinato l’asse tra i due Paesi.

Tuttavia né Bennett e né il successore Netanyahu, tornato in sella a gennaio dopo le elezioni, hanno per adesso messo in discussione la neutralità. Israele infatti non ha fornito aiuti militari all’Ucraina, eccezion fatta per elmetti e caschi girati all’esercito di Kiev. E ha sempre risposto negativamente alle richieste di Zelensky. Fonti diplomatiche hanno parlato di recente circa una maggior pressione degli Usa su Israele per aiutare concretamente l’Ucraina, la posizione però del governo è rimasta invariata. Segno che ancora forse gli israeliani credono in una propria mediazione.

Bennett e Putin nel 2021. Foto: EPA/Yevgeny Biyatov/Sputnik

L’attivismo del Vaticano

Papa Francesco ha subito condannato l’attacco russo contro l’Ucraina. Il Pontefice ha dedicato dalla prima ora di guerra discorsi e parole favorevoli a un repentino ritorno al dialogo. Una posizione, quella della Santa Sede, in linea con quella presa in altre crisi internazionali passate. Basti pensare, ad esempio, all’opposizione di Giovanni Paolo II sia alla prima che alla seconda guerra del Golfo. Tuttavia il richiamo alla pace da parte del Vaticano non era affatto scontato e ha posto la Chiesa Cattolica su un piano molto diverso rispetto a quella ortodossa russa, con cui Papa Francesco negli ultimi anni ha stretto molti più legami.

Gli ortodossi russi infatti, guidati dal patriarca Kirill, hanno subito sostenuto l’azione di Putin. Anzi, più volte il patriarcato di Mosca ha invitato i fedeli a sostenere l’operazione in Ucraina, indicata come “giusta” sia per la difesa della patria e sia per l’attacco contro un occidente considerato oramai lontano dai veri valori cristiani. Parole a cui il Pontefice romano ha risposto ricordando l’essenzialità della pace.

Un gesto molto significativo Papa Francesco lo ha promosso in occasione della via crucis del Venerdì Santo, quando due infermiere, una ucraina e una russa, hanno portato per un tratto assieme la Croce. Gesto non ben visto da Kiev, con la tv ucraina che ha censurato la processione.

Ad ogni modo, al fianco dei richiami alla pace il Papa ha anche avviato un’intensa opera diplomatica. Francesco ha promosso l’invio di aiuti umanitari in territorio ucraino ma, allo stesso tempo, ha anche parlato in un’intervista al Corriere della Sera di una guerra non esplosa improvvisamente. “L’abbaiare della Nato alle porte della Russia – ha dichiarato il Pontefice in quell’occasione – probabilmente ha scatenato l’ira russa”.

La Santa Sede quindi ha espresso una posizione di netta condanna all’operazione, senza tuttavia scontrarsi con Mosca e anzi provando a rinforzare il canale diplomatico. Il segretario di Stato Pietro Parolin, a dicembre ha ufficialmente dichiarato il Vaticano pronto a farsi mediatore tra le parti. Contatti tra Vaticano e Mosca sono stati segnalati soprattutto nella seconda metà del 2022. A dicembre un incidente diplomatico ha rischiato però di comprometterli: il ministero degli Esteri russo ha infatti espresso condanna e perplessità per le parole del Papa su presunti crimini attuati in Ucraina da buriati e ceceni. Ad ogni modo, i canali ad oggi risultano ancora aperti e praticabili.

I contatti tra russi e statunitensi

Occorre infine tenere in considerazione i contatti diretti tra Mosca e Washington. Contatti mai chiusi, come confermato nei mesi scorsi dal consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan. Statunitensi e russi, anche nella fase più critica, hanno continuato ad avere canali preferenziali aperti. Un dialogo che ha avuto come snodo fondamentale la sicurezza nucleare ma che, al tempo stesso, ha riguardato direttamente la guerra in Ucraina.

Del resto, l’obiettivo di Mosca è quello di parlare da pari a pari con la Casa Bianca prima ancora che con Kiev. Ottenendo quindi in tal modo il riconoscimento del suo status di potenza dagli Stati Uniti. Sul finire del 2022, la stampa turca ha riferito di incontri ai massimi vertici della sicurezza tra delegazioni statunitense e delegazioni russe. Si tratta di uno dei tanti segnali emersi circa il costante contatto tra le due parti. Ed è forse su questo canale che, nel prossimo futuro, potrebbe svilupparsi il reale incontro diplomatico capace di far arrivare almeno a un cessate il fuoco.

I colloqui in Svizzera

Alla vigilia del primo anniversario della guerra, nel febbraio 2023 il ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassus ha rivelato l’esistenza di colloqui svolti a Ginevra tra alcune delegazioni. In un’intervista al quotidiano Le Temps, il titolare della diplomazia elvetica ha sottolineato che i negoziati si stanno svolgendo tra rappresentanti non di massimo livello. Tuttavia, le trattative in corso riguarderebbero punti importanti ed è per questo che vige un certo riserbo.

Cassus ha anche specificato che la Svizzera si è offerta, in qualità di Paese neutro, a “offrire tutti i propri servizi a favore di una trattativa”. Nei mesi precedenti, Kiev aveva proposto a Berna di rappresentare i propri interessi in Russia, ma l’eventualità era tramontata dopo il diniego di Mosca. MAURO INDELICATO

La guerra e lo smarrimento Ue: così la Nato si è “ripresa” l’Europa.  Lorenzo Vita il 25 Febbraio 2023 su Inside Over.

La guerra in Ucraina ha avuto un impatto sensibile sulla politica europea. Il Vecchio Continente è stato infatti tramortito da un conflitto che non solo ha modificato la percezione della Russia, ma che ha anche radicalmente mutato il quadro strategico europeo. Tutto questo ha innescato, rallentato o anche accelerato dei processi che erano già in corso da diversi anni e che hanno riguardato non soltanto l’Europa intesa come insieme di Stati geograficamente presente nel continente, ma anche l’Europa intesa come costruzione comune, e quindi l’Unione europea.

Dalla “morte cerebrale” alla resurrezione

Per comprendere questo complesso meccanismo politico avviato con l’invasione, va compreso innanzitutto il periodo precedente a essa. Dal punto di vista strategico, il continente europeo arrivava da una fase di profondo ripensamento rispetto alla concezione stessa dell’Alleanza Atlantica. Va ricordato, infatti, che appena pochi mesi prima delle grandi esercitazioni russe al confine con l’Ucraina, il veloce e confusionario ritiro dall’Afghanistan aveva messo ancora più in dubbio la leadership di Joe Biden così come la sinergia tra partner Ue e Nato. Emmanuel Macron aveva definito il blocco euro-atlantico in “morte cerebrale” già dai tempi della guerra in Siria. E nel frattempo, il dibattito sull’autonomia strategica europea (insieme a quello sulla difesa comune) sembrava essere una forma di espressione di desiderio di essere potenza da parte di un’Unione europea che aveva assaggiato una parvenza di unità successivamente al trauma del coronavirus.

Molti Paesi, inoltre, temevano che le richieste di aumento del budget per la Nato fossero eccessive per le proprie casse, esangui da una stagione di profonda crisi economica. Infine, si notavano forti divergenze in seno alla stessa Alleanza sia per i rapporti dei singoli Paesi rispetto alla Russia, da molti vista come un partner imprescindibile, sia per i dossier ritenuti prioritari. Questa contrapposizione interna tra alleati si univa, inoltre, a un complesso sistema di rivalità tra i partner che aveva in qualche modo scalfito la sinergia all’interno dell’Alleanza. I vari blocchi che compongono l’Europa e le singole più importanti potenze hanno sempre gestito in modo molto diverso la politica estera. E questo ha comportato inevitabilmente agende diverse sia nei rapporti con le alleanze di cui si fa parte, sia verso i partner continentali sia nei confronti delle superpotenze.

Dal punto di vista europeo, la scelta di Putin di avviare la sua “operazione militare speciale” ha quindi rappresentato una sorta di vaso di Pandora e allo stesso tempo un cambio di rotta di fondamentale. Sotto il primo aspetto, l’attacco russo all’Ucraina ha palesato quelle “ambiguità” strategiche che da tempo gli Stati Uniti riteneva prioritario ridurre. Washington non ha mai nascosto l’enorme difficoltà nel vedere gli idrocarburi russi arrivare in Europa mentre la Nato costituiva l’ombrello a protezione proprio di un’eventuale escalation con Mosca, né ha mai digerito i rapporti privilegiati di alcune potenze Ue con la Russia in una fase di notevole distanza tra le due superpotenze. E questa concezione era condivisa anche da diversi alleati nella Nato e della stessa Bruxelles.

I limiti dell’Ue

Contemporaneamente a questi problemi strategici, si univa poi un altro tema, che poi è palesato in modo evidente sin dalle prime fasi dell’escalation tra Russia e Ucraina, e cioè la debolezza strutturale dell’Unione come soggetto politico in grado di incidere sui destini del continente. Va infatti ricordato che, mentre gli Stati Uniti e il Regno Unito avevano continuato a lanciare allarmi sull’invasione ormai prossima negando fondamento alle proposte russe, Francia e Germania, le due “superpotenze” Ue, hanno provato fino all’ultimo a far desistere Putin dai suoi propositi. Macron e Olaf Scholz hanno anche fatto visita al presidente russo a Mosca per cercare di trovare una mediazione, ma il risultato è stato sostanzialmente un nulla di fatto, lasciando anzi intendere che gli Usa erano di fatto stati gli unici a capire la situazione e a evitare di rimanere “appesi” al dialogo con il Cremlino. In quel momento dunque si mostravano due debolezze: quella dei singoli Paesi, incapaci di dialogare con Mosca, e quella dell’Europa intesa nel suo insieme, lacerata da diverse visioni e soprattutto mai considerata davvero come un interlocutore né come un “game changer”.

Ecco dunque che con la guerra in Ucraina, la debolezza di questi soggetti e le diversità di vedute, unita all’inevitabile riconquista di leadership da parte degli Stati Uniti hanno fatto sì che l’Ue, di fatto, uscisse di scena come soggetto capace di incidere. Washington, e con essa la Nato, avevano dimostrato di sapere comprendere prima degli “europei” il destino dell’Ucraina, e la guerra scatenata a febbraio 2022 aveva invece portato a cancellare ogni ipotesi di dialogo e di collaborazione con Mosca.

Incontro virtuale tra Macron e Putin nel 2020. Foto: ANSA/Michel Euler.

Questo ha costretto l’Ue e con essa i singoli Paesi a compiere una serie di modifiche ai propri piani. Innanzitutto il dibattito sull’autonomia strategica si è di fatto annullato per via dell’evidente forza diplomatica e bellica rappresentata da Oltreoceano. Il vento atlantico ha surclassato le aspirazioni europeiste e ha rafforzato chi, all’interno dell’Ue, non vi aveva mai creduto: a partire dalla Polonia e dagli altri membri del gruppo di Visegrád fortemente antirussi (a eccezione della sola Ungheria). Lo confermano anche le iniziative militari e politiche sul fronte orientale, che hanno certificato una sorta di cesura tra un passato distensivo e un presente, e probabilmente un futuro, in cui la Nato ha assunto un peso estremamente rilevante sia sotto il profilo infrastrutturale (Trimarium docet) che sotto quello delle nuove forniture militari a tutti i Paesi coinvolti nel sostegno militare all’Ucraina.

Dal punto di vista energetico, le sanzioni contro la Russia e il graduale stop agli accordi sulle forniture hanno inoltre condotto a un enorme cambiamento strategico di tanti Paesi che avevano fatto affidamento, in larga parte, sulle garanzie fornite da Mosca. La modifica delle rotte del gas e del petrolio ha riacceso il dibattito sull’autonomia strategica ma solo in chiave energetica. E, immediatamente dopo lo scoppio della guerra, l’impressione che si è avuta è che l’unica vera carta europea da giocare nel conflitto sarebbe stata quella energetica. Oltre a spezzare l’asse che legava i partner continentali alla Russia, le rotte del gas e del petrolio sono mutate contestualmente a sanzioni e stop alle forniture. I Paesi europei più dipendenti da Mosca hanno modificato – almeno parzialmente – le proprie importazioni, tanti hanno virato sul Gnl e su altri fornitori per colmare il vuoto russo.

l simbolo di tutto questo è quanto avvenuto nel Baltico: la fine del Nord Stream 2, le falle nelle condutture, la virata verso il gas naturale liquefatto di tutti i Paesi della regione e l’attivazione del gasdotto Baltic Pipe dalla Norvegia alla Polonia. Una rivoluzione dell’area che però può essere letta anche come cartina di tornasole di tutto quanto avvenuto in Europa, con nuovi grandi fornitori di gas, nuove rotte e nuove difficili sfide per quanto riguarda il costo dell’energia, soprattutto legato alla stagnazione economica in corso e alla crisi dell’industria (già colpita dalla pandemia, dalle restrizioni e dai problemi alla catena di approvvigionamento).

La supremazia americana

In tutto questo, il corso della guerra ha anche prodotto due altri processi all’interno dell’Europa. Se infatti tutti i Paesi si sono resi conto dell’importanza ancora fondamentale della Nato rispetto alle aspirazioni continentali, questo ha significato d’altro canto un evidente spostamento del baricentro europeo verso occidente. Un cambiamento che ha reso sempre più chiaro come nessuno degli Stati membri potesse fare più finta di non vedere quanto accaduto in Ucraina ma nemmeno tergiversare sulle richieste di Usa e Nato, oltre che di Kiev. I tentennamenti, pur con vari negoziati, si sono sempre risolti nel graduale e progressivo sostegno militare all’esercito ucraino, e lo conferma anche la decisione di inviare i carri armati alle truppe di Volodymyr Zelensky nonostante all’inizio vi fossero addirittura dubbi se inviare o meno semplici mezzi per evitare l’escalation con Mosca. La trattativa tra Scholz e Biden per l’invio dei Leopard è stata in questo senso esemplare.

Infine, un secondo processo è stato di fatto l’esautoramento delle forze europee come interlocutori per la Russia o come eventuali mediatori. Al netto della volontà delle parti in guerra di giungere a un negoziato – cosa che al momento appare molto remota – va sottolineato che tutti i Paesi che si sono proposti di intercedere tra Kiev e Mosca e che hanno agito come potenziali ponti anche nei confronti del Cremlino sono sempre stati esterni all’Ue. Escludendo l’Ungheria di Viktor Orban, che non ha mai avuto un ruolo realmente da protagonista, gli unici Stati a svolgere un ruolo riconosciuto in qualche modo anche dallo stesso Putin sono stati Israele, Turchia, Città del Vaticano, India o al limite la Cina.

L’Unione europea, schierata apertamente a favore dell’Ucraina, si è di fatto inevitabilmente posta in una posizione di piena sintonia con gli Stati Uniti, rendendo in sostanza la Nato il vero contenitore della strategia europea. I singoli Stati membri, per errori, ambiguità, inadeguatezza o anche semplicemente per difficoltà oggettive nel parlare con la Russia, non hanno mostrato alcun tipo di reale peso diplomatico. Lo confermano le inutili, lunghissime ed estenuanti telefonate di Macron con Putin, così come in vani tentativi di Scholz, su cui pesa anche la pensate (e criticata) eredità merkeliana. E anche il fatto di dipendere dall’esterno sotto il profilo energetico, prima con la Russia e poi con altri partner, si è tradotto in un pesante fardello diplomatico, tagliando larga parte dell’autonomia rimanendo invece in balia dell’evoluzione bellica. Lorenzo Vita

La guerra in Ucraina e la partita italiana nella Nato. Lorenzo Vita su Inside Over il 26 Febbraio 2023

Con l’attacco della Russia all’Ucraina, la Nato ha ricevuto un impulso non indifferente per quanto concerne la sua importanza nel quadro di sicurezza europeo ma anche la sua proiezione strategica. Il fronte orientale è diventato in modo inequivocabile come il vero baricentro delle azioni Nato. E il possibile ampliamento dell’Alleanza a Finlandia e Svezia ha acceso i riflettori anche sul fronte del Baltico e dell’Alto Nord, sottolineando quindi una complesso politico-militare che, almeno al momento, appare incentrato verso nord-est.

Le sfide dell’Italia nella Nato

L’Italia, da sempre in prima linea nelle varie missioni Nato in Europa, Iraq e Mediterraneo, si trova quindi al momento coinvolta in quella che è una duplice sfida. Da una parte sottolineare la propria fedeltà alla linea euro-atlantica dopo un periodo in cui è apparsa tentennante nei rapporti con i due grandi avversari Nato: Cina e Russia. Dall’altra parte, far sì che la naturale attenzione di Bruxelles e Washington verso est non faccia perdere di vista l’importanza del fronte meridionale, che per l’agenda di Roma rappresenta una questione di natura essenziale. Se non esistenziale.

Sotto il primo aspetto, l’Italia, sin dall’inizio della guerra in Ucraina, ha impostato una rotta profondamente ancorata alle linee euro-atlantiche. I governi di Mario Draghi prima e di Giorgia Meloni poi hanno dimostrato una netta continuità strategica e diplomatica, confermando la presa di posizione a favore di Kiev e di condanna a Mosca, ma anche stabilendo pacchetti di aiuti militari in linea con la maggior parte degli alleati e le richieste di Usa e Nato.

Per il Belpaese si tratta di prove di sinergia da non sottovalutare, specialmente perché negli esecutivi precedenti vi erano stati molteplici avvertimenti di Washington su alcune mosse diplomatiche ritenute estranee alla fedeltà atlantica. Inoltre, il tradizionale e profondo legame economico (e non solo) tra Mosca e Roma, specialmente sul fronte del gas, era visto con sospetto da molti apparati d’Oltreoceano ed europei che vedevano nell’Italia una sorta di punto interrogativo europeo al pari della Germania, ritenute troppo divergenti sul rispetto della linea dell’intransigenza verso la Russia. E questo era stato percepito non solo da Washington, ma anche dalle varie cancellerie dell’Europa orientale, che hanno spesso evidenziato difficoltà nella convivenza tra le strategie di alcuni Paesi dell’Europa centrale e meridionale rispetto alle esigenze di chi vive fronte est dell’Alleanza Atlantica.

L’Italia e le missioni dell’Alleanza atlantica

Questa impostazione strategica italiana è andata in ogni caso sempre parallela a una piena fedeltà e a un continuo ed efficiente coinvolgimento in tutte le missioni Nato, in cui Roma, come detto in precedenza, non ha mai fatto mancare il proprio sostegno. Anzi, la partecipazione attiva e fondamentale dei militari italiani nelle più importanti operazioni euro-atlantiche è sempre stata la più chiara certificazione del peso e della piena adesione della nazione al sistema politico-militare occidentale. E questo si è visto non solo in precedenza nelle varie missioni Nato (tra cui l’Afghanistan), ma anche ora nei Balcani, in particolare in Kosovo, in Iraq, nel Mediterraneo, in Lettonia, e nelle varie missioni di air policing in Europa orientale. Operazioni cui si devono naturalmente unire quelle sotto il cappello Onu e Ue pur sempre legate al sistema occidentale.

Se questa è la premessa, va anche detto che l’Italia, come sottolineato in precedenza, si è spesso trovata a dover districarsi fra il proprio interesse e quello di altri Paesi Nato che, nel corso degli anni, hanno spesso dimostrato di potere spostare il baricentro dell’Alleanza verso est dimenticandosi delle conflittualità e delle instabilità del fronte meridionale, in particolare quello africano. Sul punto, è importante sottolineare che la posizione dell’Italia è sempre stata quella di ribadire che per Bruxelles e Washington quanto accade a sud delle frontiere euro-atlantiche non è meno importante e urgente di quanto accade a oriente, soprattutto perché i fattori di insicurezza molto spesso convergono. Roma ha più volte sostenuto, in diversi summit atlantici, la necessità di far sì che le forze dell’Alleanza fossero anche in grado di sostenere la sicurezza del lato meridionale del blocco, e se questo risulta chiaro anche dalle responsabilità di Roma su questo fronte (basti pensare al Kosovo e al comando della missione in Iraq), va altresì detto che molto spesso l’attenzione di Bruxelles è stata minima rispetto alle richieste.

Il nuovo baricentro della nato dopo la guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina – spostando di nuovo il focus dell’Alleanza a est e a nord-est – sembra avere nuovamente messo a repentaglio il piano italiano. Tuttavia, in questo anno di conflitto è altrettanto evidente che l’aumento del protagonismo e dell’impegno in questo frangente può essere per l’Italia una carta da giocare nel futuro riequilibrio del blocco. Il summit di Madrid ha confermato che la Nato, pur ritenendo la Russia la “minaccia più diretta e più significativa” alla sicurezza degli alleati e inserendo la Cina come rivale, ha dato risalto alla situazione del fianco sud facendo riferimento ad Africa e Medio Oriente.

Al punto 11 del nuovo Concetto Strategico si legge infatti che “i conflitti, la fragilità e l’instabilità in Africa e nel Medio Oriente incidono direttamente sulla nostra sicurezza e su quella dei nostri partner”. Inoltre, si fa riferimento ai vicini meridionali della Nato che devono “affrontare sfide interconnesse in materia di sicurezza, demografiche, economiche e politiche” in una situazione che “offre un terreno fertile per la proliferazione di gruppi armati non statali, comprese le organizzazioni terroristiche. Consente inoltre interferenze destabilizzanti e coercitive da parte di concorrenti strategici”. L’Italia ha interesse affinché questo punto del nuovo “programma” Nato si concretizzi nel prossimo futuro.

In tutto questo, pesa anche la scelta del futuro segretario generale dell’Alleanza. Jens Stoltenberg ha confermato che lascerà l’incarico in autunno e non intende prorogare ulteriormente il mandato. La partita è aperta ed è chiaro che quella che si gioca in Ucraina è anche una sfida politica su chi ha la capacità di imporre una propria guida al blocco euro-atlantico. Nei mesi scorsi si era parlato dell’ipotesi di Draghi alla guida della Nato, visto anche il favore di cui gode Oltreoceano. Per Roma sarà un banco di prova non indifferente. LORENZO VITA

Un anno di guerra: chi ha davvero aiutato l’Ucraina in Italia. Massimo Balsamo su Inside Over il 26 Febbraio 2023

È trascorso un anno dalla guerra voluta da Vladimir Putin, dall’invasione del territorio ucraino, dall’inizio di morti e scie di sangue. Migliaia di vittime innocenti, soldati uccisi ed esecuzioni truculente. Nessun segnale degno di nota dalle trattative per il cessate il fuoco, riflettori accesi sulle dinamiche a livello internazionale con protagonisti anche Stati Uniti e Cina, senza dimenticare l’Europa. L’Italia ha sempre mantenuto la barra dritta, nonostante il cambio di governo e di maggioranza. Il passaggio da Mario Draghi a Giorgia Meloni non ha visto scossoni per quanto concerne il sostegno a Kiev: totale e incondizionato.

L’esecutivo di unità nazionale fatto cadere dal Movimento 5 Stelle ha interpretato un ruolo importante a livello europeo nel sostegno al Paese di Volodymyr Zelensky. Draghi si è esposto in prima persona con gli altri leader, ribadendo l’importanza di individuare spiragli di pace e mediazione ma allo stesso tempo rimarcando l’imperativo di ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina. In altre parole, di garantire il rispetto di un popolo aggredito.

Come anticipato, il risultato delle elezioni del 25 settembre non hanno segnato svolte o passi indietro sul sostegno a Kiev. Anzi, hanno rafforzato le garanzie di sostegno. Le perplessità appartengono sono alla sinistra: il Movimento 5 Stelle si è reso protagonista dell’ennesima capriola firmata Giuseppe Conte, un riposizionamento ultra-pacifistica per una logica elettorale. No convinto all’invio di armi da parte dei grillini, ma anche di Verdi e Sinistra Italiana, alleati del Partito Democratico.

In politica, come in molti altri ambiti della vita, contano i fatti più delle parole. E i fatti sono noti a tutti, a prescindere dalle fake news: il centrodestra ha sempre votato in maniera compatta pro-Kiev. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno votato documenti operativi e di solidarietà sin dall’inizio dell’invasione. Tenere aperto il dialogo per arrivare alla pace è un conto, smettere di contribuire alla difesa di un Paese aggredito è tutt’altro discorso. Nonostante la propaganda e le accuse lanciate in campagna elettorale, la sinistra sul punto è apparsa quantomeno confusa. Restando all’opposizione, discorso diverso per Italia Viva e Azione: i partiti guidati da Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno sempre votato per fornire aiuti e armi a Kiev, confermando la linea tenuta durante la presidenza Draghi.

Il viaggio in Ucraina di tre giorni fa ha confermato ancora una volta l’indirizzo di Giorgia Meloni. Il primo ministro ha espresso a parole e con i fatti il sostegno a Kiev sia dai banchi dell’opposizione, sia da Palazzo Chigi. “Potete contare sull’Italia. Siamo con voi dall’inizio e lo saremo fino alla fine. Avete tutto il nostro il supporto”, il messaggio della leader di Fratelli d’Italia a Zelensky.

In prima linea anche Antonio Tajani e Guido Crosetto. Il titolare della Farnesina ha ribadito a più riprese la contrarietà azzurra all’invasione russa e l’appoggio all’indipendenza ucraina, come certificato dalle votazioni in Parlamento. “Dobbiamo essere ottimisti anche in un momento difficile, non dobbiamo mai dimenticare che alla fine prevale il bene sul male, che alla fine prevarrà la pace e dobbiamo impegnarci tutti noi affinchè si arrivi a un accordo che non penalizzi l’Ucraina perchè la resa sarebbe una cosa diversa dalla pace. Se aiutiamo quel Paese lo facciamo perchè vogliamo una trattativa”, la sua posizione. Posizioni condivise dal collega della Difesa, che ha dovuto fare i conti con minacce e offese personali da parte dell’elite russa, a partire dall’ex presidente Dimitri Medvedev. MASSIMO BALSAMO

Le armi dell’Italia a Kiev: cosa abbiamo inviato. Paolo Mauri su Inside Over il 26 Febbraio 2023

Il conflitto scatenato dall’invasione russa dell’Ucraina ha provocato la nascita di un fronte occidentale (ma non solo) di sostegno a Kiev.

Paesi europei, anche al di fuori della Nato come Svezia, Svizzera e Finlandia, insieme ad alcune nazioni dell’emisfero orientale come il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia, si sono impegnati nel fornire all’Ucraina aiuti economici, umanitari e militari.

Dal punto di vista strettamente militare, il blocco dei Paesi che stanno fornendo equipaggiamento di vario tipo per l’esercito ucraino è rappresentato dalla quasi totalità delle nazioni appartenenti alla Nato con l’aggiunta di Svezia, Finlandia e Australia.

L’intervento dell’Italia

Anche l’Italia ha deciso di sostenere Kiev da questo punto di vista, e nel corso del conflitto ha inviato una serie di armamenti e relativo munizionamento (siamo al sesto pacchetto) di cui però non se ne conosce ufficialmente né la quantità né la tipologia eccezion fatta, come vedremo, per un particolare strumento bellico.

La decisione di non divulgare pubblicamente la lista degli equipaggiamenti ceduti all’Ucraina è in controtendenza rispetto alla strada percorsa da altri alleati della Nato come Francia, Germania, Regno Unito e ovviamente gli Stati Uniti. Va comunque notato che anche Washington, ad esempio, non rivela esattamente il tipo di tutti i sistemi inviati (si parla ad esempio di generici sistemi “anti-drone”), ma comunque si è scelto da subito di assottigliare il velo di segretezza che invece permane nel caso italiano.

Abbiamo già avuto modo di spiegare come l’aver posto il segreto sulla lista di armamenti, non significhi che il governo agisca unilateralmente: Palazzo Chigi ha la prerogativa di dare una classificazione ai suoi atti informandone però il Copasir, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani, che li ha in forma integrale. Il Copasir, quindi, esprime il proprio parere sui decreti del governo in materia, e in merito a questa questione li ha sempre trovati in linea con le “indicazioni” e gli “indirizzi dettati dal Parlamento”. È difficile spiegare la decisione di porre il segreto sulla lista degli armamenti inviati all’Ucraina: molto probabilmente si tratta di una decisione presa in funzione di una serie di considerazioni legate alla politica interna – in Italia esiste un fronte “pacifista” importante ereditato dai tempi della Guerra Fredda e rispondente alle stesse dinamiche internazionali – e per opportunità diplomatica, ma le vere ragioni ci sono ignote.

In un mondo, però, in cui la rivoluzione digitale ha generato la possibilità di setacciare il web alla ricerca di fonti non ufficiali, anche definibili Osint (Open Source Intelligence), è difficile celare la paternità di certi aiuti militari, se pur resti la possibilità di negazione plausibile.

Le informazioni che arrivano da Kiev

Quando non è stato il singolo osservatore civile a mettere in rete fotografie e video di equipaggiamenti diretti al fronte, o addirittura in azione, è stato lo stesso governo ucraino (o l’esercito) ad aver palesato l’aiuto italiano dal punto di vista militare con post sui social network a volte corredati da alcuni scatti o filmati: un caso in tal senso è rappresentato da un video del comando operativo occidentale ucraino in cui viene mostrato un camion militare Iveco trainante un obice FH-70 che sembra a tutti gli effetti di provenienza italiana.

Possiamo quindi stabilire una lista di massima degli armamenti italiani ceduti all’Ucraina solo tramite fonti aperte avendo cura di vagliarle attentamente per stabilirne l’attendibilità. Da esse abbiamo potuto capire che il nostro Paese ha fornito, oltre ai già citati obici trainati FH-70 da 155 millimetri, obici semoventi M-109 (si ritiene più di 20) e probabilmente anche 6 più moderni Pzh-2000. Sconosciuto, invece, è il numero dei Vtlm (Veicolo Tattico Leggero Multiruolo) “Lince” che vestono i colori dell’esercito ucraino, ma sempre da fonti Osint è evidente che i mezzi italiani siano al fronte. Risulta anche, da queste fonti aperte, che siano stati ceduti due Mlrs (Multiple Launch Rocket System) tipo M-270A1. Sconosciuta la quantità di equipaggiamento leggero rappresentato da mitragliatrici Mg 42/59, mortai da 120 millimetri, Atgm (Anti Tank Ground Missile) “Milan”, granate a razzo anticarro “Panzerfaust”, Manpads (Man Portable Air Defense System) “Stinger” e mitragliatrici pesanti Browning M2 insieme a relativo munizionamento, che si ritiene sian stato inviato nei primi mesi del conflitto.

Il ruolo degli Samp-T

L’unica deroga al velo di segretezza caduto sulla lista di armamenti è rappresentato dal sistema missilistico da difesa aerea Samp-T. Il nostro Paese ha reso noto che, congiuntamente con la Francia con la quale ne condividiamo la produzione e messa in servizio, una batteria mista di questo importante strumento difensivo verrà inviata in Ucraina nel prossimo futuro. La decisione di rendere nota questa particolare spedizione riteniamo sia stata presa proprio perché il Samp-T viene prodotto e utilizzato anche dalla Francia, che ha stabilito di non porre la segretezza sulla maggior parte dell’equipaggiamento militare (anche pesante) inviato in Ucraina.

Non trova alcun riscontro, nel momento in cui scriviamo, la ventilata possibilità che l’Italia possa cedere 5 cacciabombardieri all’aviazione ucraina, che parte della stampa nazionale ha indicato possano essere composti da Tornado e AMX. La notizia non è ancora stata smentita da Palazzo Chigi, ma il ministro degli Esteri Antonio Tajani da Bruxelles, dove si è tenuto il vertice ministeriale dell’Ue, ha riferito che “di caccia non se n’è parlato” aggiungendo che vede impossibile l’invio di velivoli italiani, pur restando possibilista sull’eventualità che l’Alleanza Atlantica in futuro possa decidere di inviare caccia, che potrebbero facilmente essere gli statunitensi F-16 che non sono più in dotazione alla nostra Aeronautica Militare.

Del resto la linea di cacciabombardieri dovrebbe essere unica per evitare le enormi difficoltà logistiche rappresentate dall’addestramento di piloti e personale di terra ucraini su velivoli occidentali di diverso tipo, addestramento che già per una sola tipologia di velivolo risulta essere molto impegnativo e lungo in quanto l’aviazione ucraina ha usato sempre solo caccia di fabbricazione sovietica/russa (molto diversi da quelli occidentali), e l’F-16 potrebbe essere il candidato migliore data la sua enorme disponibilità numerica. PAOLO MAURI

La partita energetica a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina. Andrea Muratore su Inside Over il 26 Febbraio 2023

Un anno fa, mentre i missili devastavano Kiev e i combattimenti sanguinosi infuriavano in Ucraina, su Inside Over chi scrive propose, assieme a Emanuel Pietrobon, un focus politico ed economico su un tema fondamentale per l’Italia e l’Europa: l’energia. Si scrisse che per l’Europa era giunto il momento di pensare in grande e a maggior ragione per Roma fosse arrivata un momento decisivo. Finito il (comprensibile) momento della priorità data all’economicismo, arrivava quella della geopolitica. Lontana anni luce l’idea di diventare hub energetico del gas russo dopo la fine di South Stream, restava viva la forza della diversificazione energetica e la prospettiva della creazione di una “porta” mediterranea all’oro blu per sostituire le forniture di Mosca.

L’Europa e l’Italia oltre il gas russo

L’Europa, ha scritto l’Ispi, “nella sua disperata ricerca di un sostituto del gas russo ha guardato al pragmatismo più che alla coerenza. Mosca ha gradualmente chiuso i rubinetti delle sue esportazioni di gas verso l’Europa, che nel corso di quest’anno si sono ridotte dell’80%. Il peso del gas russo tra i fornitori dell’Ue è così sceso sotto il 10%“. Anche grazie all’impegno italiano.

Nei mesi è nata la più ambiziosa strategia energetica mai sviluppata dal sistema-Paese italia dai tempi di Enrico Mattei: una corsa alle fonti ottimali di gas naturale per sostituire la dominanza russa, vicina al 40% delle forniture nel 2021, avviata da Mario Draghi e proseguita da Giorgia Meloni, che proprio al visionario manager democristiano di origini marchigiane ha intitolato il piano per la “caccia” al gas africano.

Il piano di Draghi e Meloni

L’Italia deve pensare in grande e Draghi e Meloni, in continuità, sembrano averlo compreso. Draghi ha avviato, e gli va riconosciuto il merito, una strategia di diversificazione a tutto campo. Ha fino all’ultimo giorno del suo mandato dato la caccia fino all’ultimo metro cubo di gas tra Algeria, Azerbaijan, Congo e altri Paesi. Ha spinto sul price cap al gas russo prima che il boom di agosto rendesse inattuabile la sua proposta di 80 euro al MWh, oggi riposizionata a 180 euro.

Ha costruito un asse con la Norvegia che oggi fornisce mediamente un quarto del gas naturale che arriva all’Italia, divenendo suo primo fornitore. In sinergia con Claudio Descalzi, Ceo dell’Eni e ministro degli Esteri-ombra del suo governo, Draghi ha costruito un sistema vincente di relazioni energetiche che Meloni ha approfondito. Mirando a rompere la maggiore diffidenza possibile che si poteva incontrare sul percorso: il timore dei Paesi “sostituti” della Russia che la corsa alle forniture avrebbe avuto carattere provvisorio.

Sfide di sistema

Il governo Meloni sta in quest’ottica accelerando su un grande progetto di sistema che proprio dall’energia prende il là: quello dell’alleanza dei gasdotti nel Mediterraneo. Capace di dare struttura al “piano Mattei”, di vivificarlo, di renderlo competitivo. In primo luogo il governo Meloni punta fortemente EastMed, gasdotto che può unire tra di loro Grecia, Cipro, Egitto; in secondo luogo sta costruendo un asse sistemico con Israele per promuovere la triangolazione tra l’apertura di Tel Aviv a East Med e lo smussamento delle pressioni turche sul progetto. Infine, dopo la distruzione di Nord Stream nel controverso incidente vuole riprendere in mano l’idea di fare dell’Italia l’hub del gas nel Mediterraneo con vista Europa.

Il grande progetto, in quest’ottica, è fondato sulla sinergia tra tre assi. In primo luogo, la garanzia delle forniture algerine e libiche. In cui Roma deve essere garante e protagonista, tenendo conto che il gas di Algeri contribuisce a finanziare indirettamente la Russia tramite armi e accordi e che la Libia va tutelata securitariamente. In secondo luogo, il grande gioco dei gasdotti nei Balcani per la distribuzione dell’oro blu, che vede protagoniste aziende quali Eni e Snam. In terzo luogo, l’apertura a una strategia pragmatica in Europa sulla gestione dei mercati energetici.

In quest’ottica il passaggio è, per citare le riflessioni di Stefano Zamagni, da un’etica dell’utilità a una delle virtù. Nell’utilitarismo energetico a fare la differenza è stato unicamente il fattore-prezzo. E questo ha alimentato il crescente legame con la Russia e la conseguente dipendenza. Nell’epoca del “virtuosismo” energetico a farla da padrone sono la geopolitica e l’interesse nazionale. L’Italia si è trovata a cambiare domanda prospettica nella sua politica energetica. Da “dove trovare gas a buon mercato?” si è passati a riflette sul tema di “dove trovare approvvigionamenti sicuri da partner affidabili?”. Un friendshoring energetico guidato direttamente da Palazzo Chigi oltre le competenze di ogni ministero, data la dipendenza sistemica della sicurezza economica nazionale da questa partita.

Rischi e opportunità

Tale approccio impone ovviamente rischi e opportunità. L’Italia spinge per il decoupling energetico dalla Russia e un domani potrà far pesare nei suoi confronti una maggiore resilienza, ma nel breve periodo questa strategia impone dei costi. L’esempio dello sviluppo dei terminal di gas naturale liquefatto da parte di Snam lo testimonia: serviranno centinaia di milioni di euro di spesa per aumentare la capacità di rigassificazione.

La seconda problematica è quella del fatto che l’Italia mira a essere un hub del gas in una fase in cui la domanda di oro blu dell’Europa è data in declino del 25-30% in un decennio. Ma lo sviluppo infrastrutturale consente di pensare alla sinergia tra opportunità di rafforzamento del Paese sul gas e infrastrutture dual use con ricadute sulla transizione energetica: si pensi al caso dell’idrogeno.

Infine, la diversificazione delle forniture impone di diversificare a sua volta l’attenzione nei confronti dei Paesi di riferimento per la crescita delle forniture di oro blu. Casi come le tensioni tra Algeria e Marocco o Azerbaijan e Armenia riguarderanno da vicino anche il sistema-Paese. Ma uno Stato maturo deve tenere in conto anche la prospettiva di sfide mulltidimensionali.

Infine, l’Italia delega una fetta importante della sua sicurezza energetica alle sue partecipate pubbliche come Eni e Snam. La sicurezza diventa funzione della corretta governance di queste aziende e ciò pone un problema di corretta gestione dei processi di rinnovo dei Cda, che per il Cane a sei zampe si avvieranno a breve.. Ma si pone anche un’attenzione sull’italianità assoluta del processo di diversificazione. Pensato a Palazzo Chigi, non imposto da terzi e attuato dalle energie dell’impresa e del mercato. Per permettere all’Italia di navigare nell’attuale caos energetico. ANDREA MURATORE

Con l’Ucraina ma divisa sugli armamenti a Kiev: il paradosso della sinistra in Italia. Marco Leardi su Inside Over il 26 Febbraio 2023

Quando si parla di armamenti, il fronte progressista è tutt’altro che compatto. A sinistra, infatti, sull’argomento persiste una storica idiosincrasia in grado di creare cortocircuiti ideologici non indifferenti. I motivi di tale fenomeno sono molteplici, spesso riconducibili a un anti-militarismo di fondo che da sempre pervade alcuni settori della gauche italica. Con lo scoppio della guerra in Ucraina, di cui è ricorso il primo triste anniversario, anche i progressisti di casa nostra hanno però dovuto fare i conti con la realtà. Ovvero, con la pragmatica decisione di scegliere da che parte stare. All’indomani dell’attacco russo, Pd e Cinque Stelle avevano quindi indossato l’elmetto e di getto avevano assecondato l’unica scelta di buon senso: quella di difendere il Paese aggredito. Ma è col passare dei mesi che il vecchio istinto al pacifismo tout court è tornato a fare capolino, spaccando la linea progressista sull’argomento.

In particolare, i dem hanno dovuto fare i conti con i malumori di alcuni loro esponenti rispetto alla decisione del loro partito di rinnovare il sostegno militare all’Ucraina almeno fino al 31 dicembre prossimo. Lo scorso 11 gennaio, a palazzo Madama, due senatori Pd avevano votato contro la proroga agli armamenti e altri due si erano astenuti. Tra questi ultimi anche l’ex sindacalista Susanna Camusso. E alla Camera, pochi giorni dopo, il deputato Paolo Ciani aveva analogamente espresso parere negativo.

Stranamente a quelle voci dissenzienti non era stato dato risalto, peraltro proprio mentre i vertici dem si stracciavano le vesti che per chiunque – fuori dal Pd – sollevasse anche solo qualche dubbio sul tema. Allo stesso modo, un silenzio imbarazzato aveva accolto le fragorose affermazioni di Vincenzo De Luca contro il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Ha detto che dobbiamo produrre più munizioni, più armi e più cannoni. Queste sue dichiarazioni mi confermano l’urgenza di affidarlo ai servizi sociali”, aveva picconato il governatore della Campania. Ma tra i piddini nessuno aveva battuto ciglio. Sul tema degli armamenti va poi registrata la schizofrenia politica di chi, come Elly Schlein, appoggia il sostegno a Kiev ma con ampie riserve. “Credo che sia stato giusto sostenere la resistenza ucraina, ma penso che la guerra non si risolve con le armi”, aveva detto in tempi non sospetti la deputata.

Chi invece si è spostato sull’irremovibile contrarietà alle forniture militari all’Ucraina sono stati i Cinque Stelle, con il loro leader in testa. I grillini in realtà sono abituati a sostenere tutto e il contrario di tutto, dunque il loro mutato orientamento non ha stupito i più. Il punto è che, a oggi, i pentastellati non hanno offerto soluzioni alternative all’invio di armi, se non quelle generiche dei negoziati che al momento non hanno prodotto gli esiti sperati. Peraltro anche tra i 5s non sono mancate le contraddizioni sull’argomento. Non più tardi di un mese fa, Giuseppe Conte aveva incontrato i Verdi europei in vista di un possibile ingresso del Movimento nel gruppo. Piccolo dettaglio: i Verdi, soprattutto in Germania, sono in prima linea nel sostegno militare all’Ucraina. Non accade così in Italia, dove invece l’alleanza Verdi-Sinistra Italiana aveva sin da subito osteggiato qualsiasi soluzione armata.

Nel nostro Paese, più che altrove, la sinistra sembra costretta un equilibrio precario dovuto alle varie anime che la popolano. Dai filo-atlantisti agli irriducibili “No war”, passando per gli indecisi sul da farsi, i progressisti di casa nostra si dividono pure sulla guerra. Ma così non fanno pace nemmeno con se stessi. MARCO LEARDI

Tutte le innovazioni belliche in un anno di guerra in Ucraina. Joost Oliemans , Stijn Mitzer su Inside Over il 24 Febbraio 2023

Questo articolo è la traduzione italiana di un articolo apparso sul ventesimo numero del magazine inglese di Inside Over, “The Perfect Storm”, dedicato alle conseguenze di un anno di guerra in Ucraina. Il magazine intero è leggibile a questo link, l’articolo in inglese è invece disponibile qui.

Giunto il primo anniversario della guerra in Ucraina e con pochi segni di cedimento, gli analisti militari stanno facendo il punto su come un anno di conflitto convenzionale su larga scala in Europa abbia avuto impatto sul nostro modo di pensare alla guerra moderna, sperando di trarre  delle lezioni dal più grande scontro via terra in Europa dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Sebbene i report sulla morte del carro armato siano stati parecchio esagerati, questa guerra ha evidenziato la vulnerabilità di più di un sistema di armi, e nel frattempo una moltitudine di nuove tecnologie ed armamenti hanno fatto il proprio debutto sul campo di battaglia.

La guerra in Ucraina ha visto varie fasi chiave: dalle prime avanzate russe ad inizio 2022, alle controffensive ucraine per riprendersi i territori perduti nell’estate 2022, ed infine al duello di artiglieria diffuso lungo un fronte perlopiù statico dal tardo 2022. Nel corso di ciascuna di queste fasi, l’abilità di individuare la concentrazione delle truppe avversarie, i loro depositi di munizioni ed altri bersagli di alto valore ben aldilà delle linee nemiche è diventata di cruciale importanza per prendere il sopravvento in battaglia.

Sin dallo scoppio della Guerra del Donbass nel 2014, artiglieria e lanciarazzi multipli hanno giocato un ruolo di spicco in Ucraina, con quest’ultimi che si sono rivelati in grado di distruggere le fortificazioni avversarie e rompere le avanzate utilizzando soltanto qualche raffica di razzi. Eppure è proprio questa capacità che palesemente manca, o quantomeno scarseggia, negli inventori della maggior parte degli Stati membri della NATO, e forse in maniera prevedibile, nell’ultimo anno molti Paesi europei hanno cercato di (re)introdurre questo tipo di sistema di armi nei propri inventori militari.

 La Russia era entrata in guerra con un significativo vantaggio in termini di artiglieria e potenza di fuoco. Inizialmente meno armati e messi alle strette lungo la maggior parte del fronte, per gli ucraini la situazione iniziò a cambiare con la consegna di circa 300 obici a rimorchio e semoventi d’artiglieria occidentali e circa 40 lanciarazzi HIMARS e MLRS, che hanno gradualmente permesso all’Ucraina di prendere il sopravvento in maniera significativa, fino al punto da sostenere che le forze russe non siano state in grado di colmare il divario da allora. Tale disparità non è stata raggiunta semplicemente tramite la consegna delle sole armi da fuoco, ma quest’ultime sono arrivate insieme ad un arsenale di munizioni a mira assistita, mine terrestri FASCAM e radar per la localizzazione di armi. Benché le prime siano generalmente considerate troppo costose per un impiego diffuso, hanno permesso all’Ucraina di affrontare bersagli di alto valore, presumibilmente giustificandone gli elevati costi di produzione. Lo schieramento di mine da artiglieria ha visto le offensive russe venire fermate lungo il proprio percorso, con nuove mine appena deposte che formano ostacoli impenetrabili in campi liberati soltanto un giorno fa. I radar per la localizzazione di armi, dal canto loro, hanno permesso alle forze ucraine di rispondere al fuoco in maniera sempre più efficace, grazie al rilevamento dei proiettili di artiglieria in arrivo e all’immediato calcolo del loro punto di origine; una volta nel mirino, le armi da fuoco che hanno sparato tali proiettili possono essere distrutte prima ancora che siano in grado di cambiare posizione.

Inoltre, la guerra in Ucraina ha evidenziato la necessità di ben più scorte di munizioni di quante ne erano state previste per una guerra via terra di questa intensità. Occorrono anche una logistica dettagliata ed una rete di riparazioni per armamenti sofisticati ed inclini ad incepparsi frequentemente sotto lo stress di tale utilizzo intensivo.

Come in ogni conflitto, è solo questione di tempo prima che l’avversario cominci ad adottare soluzioni per fare fronte a determinate minacce. L’utilizzo su larga scala di munizioni circuitanti, che sono sostanzialmente droni kamikaze senza equipaggio ma carichi di testate esplosive che volano da soli su un bersaglio nemico, era stato considerato con largo anticipo. Tuttavia lo schieramento di Switchblade statunitensi sul lato ucraino hanno lasciato molto a desiderare, ed è stata infine la Russia che per prima è riuscita ad introdurre sul campo con successo questa nuova modalità di attacco bellico. I video che hanno ripreso le operazioni finora confermano come la Russia abbia utilizzato munizioni circuitanti Lancet per colpire circa cento bersagli ucraini, tra cui dozzine di sistemi di artiglieria occidentali. L’Ucraina ha tentato di mitigare la loro minaccia installando reti metalliche sopra le postazioni degli obici, i quali sono particolarmente vulnerabili ai droni nemici per la propria incapacità di riposizionarsi in fretta dopo aver sparato. Il ciclo apparentemente senza fine di innovazione letale, evidentemente, sta continuando in tempo reale nell’est di un’Ucraina sfregiata dalle bombe.

Ad attrarre più attenzione delle munizioni circuitanti è stata la flotta ucraina (e anche quella russa, seppure in maniera minore) di piccoli droni usati per l’acquisizione di bersagli e, sempre più, per il bombardamento di carri armati ed avamposti nemici. Piccole, agili ed estremamente difficili da individuare, queste apparecchiature hanno superato le prestazioni che ci si aspettava da droni più grandi, anche se operando ad una distanza ben più ravvicinata. Specialmente in questa fase segnata da fronti perlopiù stazionari, il tormento continuo da parte di questi piccoli sistemi può rendere la vita di trincea in prima linea un vero e proprio inferno. Al momento sta venendo schierata una miriade di tipologie diverse con armamenti integrati, da ottocotteri pesanti che trasportano mortai multipli a piccoli modelli con singole armi anticarro, operate con visuale in prima persona usando degli occhiali speciali. E la loro popolarità è giustificata: il logoramento dei soldati e dei veicoli da combattimento (in particolare russi) provocato da questi nuovi strumenti è stato tutt’altro che insignificante.

 Nonostante l’apparente situazione di stallo, il conflitto si sta in realtà evolvendo più in fretta di quanto le forze armate occidentali siano in grado di seguire ed analizzare, figurarsi di trarne delle le lezioni. Sebbene gli armamenti tradizionali possano avere ed avranno un impatto significativo sul corso del conflitto, gli strumenti veramente efficaci che riflettono tutte le necessità e particolarità di questa guerra emergeranno soltanto man mano. In altre parole, come aveva osservato il leggendario Will Rogers nel 1929:

“Non si può dire che la civiltà non progredisca, poiché in ogni guerra uccide in una nuova maniera”. JOOST OLIEMANS

Il fronte spaziale della guerra in Ucraina: il ruolo dei satelliti. Robert Cardillo su Inside Over il 23 Febbraio 2023

Questo articolo è la traduzione italiana di un articolo apparso sul ventesimo numero del magazine inglese di Inside Over, “The Perfect Storm”, dedicato alle conseguenze di un anno di guerra in Ucraina. Il magazine intero è leggibile a questo link, l’articolo in inglese è invece disponibile qui.

Mentre la Russia si preparava per un’invasione non provocata dell’Ucraina all’inizio del 2022, i satelliti di imaging commerciale hanno fatto luce sul dispiegamento delle forze armate di Mosca individuando le loro loro truppe e armi in avanzata verso il loro confine. Questa trasparenza spaziale, guidata dagli attori attivi per i servizi al commercio, ha fornito chiarezza e ha contribuito a combattere la disinformazione prima dell’invasione.

Prendiamo questo esempio specifico: quando il presidente Putin ha dichiarato che le unità russe stavano tornando alla base il 17 febbraio 2022, i satelliti commerciali hanno fotografato un ponte di barche di nuova costruzione che è apparso durante la notte attraverso il fiume Pripyat, un fiume chiave in Bielorussia a meno di quattro miglia dal confine ucraino. Questa costruzione del ponte contraddiceva le affermazioni di Putin e, come riportato dai media, è stata vista dall’intelligence occidentale e dai funzionari militari come parte di una serie di infrastrutture di supporto costruite prima di un’invasione.

All’inizio dell’invasione, l’Ucraina non aveva alcuna capacità spaziale nazionale. Ma la disponibilità di servizi satellitari commerciali esistenti e crescenti e di tecnologie avanzate ha drasticamente alterato l’accesso di tutte le nazioni allo spazio e quindi alla guerra moderna. I funzionari ucraini e i civili sono in grado di comunicare aggiornamenti sul campo di battaglia con i colleghi di tutto il mondo, prevenendo la diffusione di false informazioni e aumentando la probabilità di sostegno alleato a favore degli ucraini. Secondo CNBC, “pochi giorni dopo l’invasione della Russia del 24 febbraio – e a seguito di una richiesta di supporto internet satellitare via Twitter da parte del ministro digitale ucraino Mykhailo Federov – SpaceX ha iniziato a inviare kit terminali Starlink in Ucraina e da allora ne ha inviati migliaia”. Starlink ha fornito un’ancora di salvezza e garantito la sicurezza delle comunicazioni critiche alle forze ucraine nonostante i ripetuti tentativi russi di oscurare il paese sia con attacchi cinetici che con attacchi informatici. I satelliti Starlink che volano fino a 130 miglia sopra lo spazio di battaglia trasmettono l’accesso a Internet ad alta velocità, consentendo alle truppe ucraine in prima linea nell’est fortemente conteso di comunicare con una catena di comando che si estende per centinaia di miglia, fino alla capitale Kiev.

Federov ha anche invitato le società satellitari commerciali a condividere immagini e dati direttamente con l’Ucraina. Il governo degli Stati Uniti ha contribuito attraverso la condivisione delle informazioni. Quando sono iniziati i preparativi per l’invasione, la National Geospatial-Intelligence Agency (NGA) “ha aumentato e accelerato diversi sforzi che erano in corso commercialmente”, secondo David Gauthier, direttore delle operazioni commerciali e commerciali pressola NGA. Ora c’è una nuova relazione ibrida tra le capacità spaziali governative e commerciali. Una relazione che è reciprocamente vantaggiosa ed è rafforzata dalla sua interdipendenza.

Ora, a un anno dall’inizio della guerra, la mancata fine dell’invasione non provocata dell’Ucraina da parte della Russia getta nuova luce sullo stato di guerra in evoluzione. La prima osservazione piuttosto ovvia è che lo spazio è fondamentale per la condotta della guerra moderna, sia in termini di puntamento di precisione con armi a guida GPS, comunicazioni commerciali o sorveglianza satellitare. Inoltre, la grande quantità di immagini commerciali raccolte ha creato uno spazio di battaglia in Ucraina che è uno dei più trasparenti della storia. Inoltre, ora sembra che la capacità di guerra elettronica della Russia non sia buona come pensavamo. Le forze russe hanno una reputazione temibile quando si tratta di guerra elettronica e fanno di tutto per rafforzare questa narrativa. A un certo punto, l’agenzia di stampa statale Sputnik ha proclamato che le capacità di guerra elettronica russe “rendono inutili le portaerei”. Quel vanto sembra essere molto più un tributo allo spettacolo che qualcosa di reale sostanza. Anche la manciata di tentativi di interrompere la rete StarLink non hanno prodotto risultati. Tuttavia, non dovremmo presumere che la Russia abbia usato tutto il suo arsenale di opzioni di guerra elettronica.

Più minacciosamente, la Russia continua la sua tendenza a fare dichiarazioni provocatorie sull’ordine internazionale nello spazio. Mentre gli Stati Uniti e l’Occidente continuano a sfruttare i satelliti commerciali per il lavoro di intelligence e comunicazione, la Russia ha emesso un avvertimento che questi potrebbero diventare un “obiettivo legittimo” per le operazioni in tempo di guerra.

La guerra in Ucraina ci ha insegnato che una nazione non ha bisogno di possedere satelliti o avere un forte programma spaziale per partecipare e prosperare nelle guerre moderne. La “nebbia di guerra” esisterà sempre per i combattenti sul terreno, ma nuove fonti di dati fattuali raccolti dallo spazio possono aiutare a illuminare, chiarire e livellare il campo di gioco delle informazioni e avvantaggiare cittadini, imprese, attori umanitari o funzionari militari e di intelligence che cercano una maggiore chiarezza nelle attività che si svolgono in tutto il mondo. I governi non sono più l’unico arbitro di ciò che i cittadini sanno. Questa luce può esporre la disinformazione e i misfatti di attori nefasti, creando risposte più informate e partecipative da parte dei media, delle organizzazioni umanitarie e dei cittadini globali.

Come dice un vecchio proverbio americano, la luce solare è il miglior disinfettante per le democrazie. Il mondo libero ha un netto vantaggio date le capacità avanzate dell’ecosistema delle immagini commerciali di fornire quella luce solare e guidare in una nuova era di consapevolezza condivisa. Dobbiamo sfruttare questo vantaggio per illuminare e denunciare azioni e attori nefasti. Questa prospettiva può portare a una maggiore consapevolezza sulla strada della verità condivisa, rafforzando il rispetto della libertà individuale e della sicurezza collettiva. ROBERT CARDILLO

Armi e tecnologia: cosa sta insegnando la guerra ucraina. Sergio Barlocchetti su Panorama il 28 Febbraio 2023

 Terra, cielo, acqua e spazio (anche cibernetico), il conflitto in terra si sta rivelando un momento di riscrittura della dottrina militare

Oltre la tragedia, la guerra russo-ucraina si sta rivelando non soltanto una vetrina per l’industria degli armamenti ma sta anche riscrivendo parte della dottrina militare. Contrariamente a quando accadeva nelle recenti campagne in Iraq e Afghanistan, Il fatto che i territori contesi siano in Europa e che il tipo di scontri sia definibile “ad alta intensità intermittente” , la situazione sta offrendo ai militari uno scenario prezioso per analizzare e aggiornare gli studi militari. Del resto, guardare due forze armate relativamente avanzate confrontarsi direttamente per dodici mesi ha fornito una nuova visuale sulla guerra, e l’anno di combattimenti prevalentemente terrestri ha fornito agli studiosi di strategia e tattica l'opportunità di esaminarne meglio, per esempio, complessità e necessità di rifornimenti continui.

Christine Wormuth, segretario dell’esercito Usa, ha recentemente dichiarato alla stampa del settore difesa: “Stiamo osservando ogni singolo giorno, praticamente in diretta, ciò che sta accadendo in Ucraina: l'esercito russo sta cercando di raccogliere quante più lezioni possibile, per evitare errori in futuro”. Un esempio sono state le immagini riprese nei primi giorni del conflitto che mostravano i carri armati russi intrappolati nel fango sollevando una domanda chiave: che ruolo hanno sul campo di battaglia di oggi? La risposta è che senza i mezzi pesanti sia ancora impossibile far avanzare le truppe e dunque in un territorio pianeggiante come quello ucraino si è arrivati alla richiesta urgente di carri da parte di Zelensky. Ma da soli i carri armati possono fare poco, servono anche la fanteria, l’aviazione per l’attacco al suolo ma anche quella per la superiorità aerea che li protegge. E da qui la richiesta di caccia F16, aerei utilizzabili per entrambi gli scopi. Ma per proteggere le basi servono poi missili a media e lunga gittata e sempre una intelligence dotata di dispositivi tecnologici. Insomma, contrariamente all’Afghanistan, dove la supremazia aerea alleata era dominante, in questa guerra si torna a dover impiegare ogni tipo di forza. Sempre riguardo i carri armati, questi raramente affrontano direttamente quelli nemici; il più delle volte si tratta di utilizzarli per penetrare territori e quindi occorre proteggerli da attacchi aerei fatti con droni e aerei, ma anche dalle armi portatili. La conseguenza è che gli Usa, ma anche altre nazioni, stanno guardando a come modificare i mezzi di nuova costruzione per poter diventare meno vulnerabili in un simile contesto. Se un carro armato Abrams M1 per essere efficace in Medioriente doveva essere modificato per sopportare clima e la sabbia delle zone desertiche, in Ucraina è più importante la manovrabilità e la velocità di avanzamento su terreni fangosi. Un’altra sfida tecnologica e organizzativa che questa guerra sta imponendo è quella degli approvvigionamenti continui, non tanto per le consegne su un fronte lungo quasi mille chilometri, quanto sul piano della capacità produttiva di armamenti, che dopo tre decenni di riduzioni è tornata a essere una priorità, ma in un contesto globale nel quale non si trova più “tutto quasi ovunque”. Altro argomento di studio l’uso armato di droni civili commerciali. Già Iraq e Afghanistan avevano mostrato i pericoli derivanti dai piccoli UAS modificati con cariche esplosive, ma l’Ucraina rivela che questi possono dare un contributo inimmaginabile fino a qualche mese fa, costituendo un grande pericolo per i soldati sul campo. I piccoli droni vengono individuati con fatica e una volta a portata dell’obiettivo non c’è tempo per ripararsi. E i sistemi anti-drone sono ancora poco diffusi e non possono intercettare ogni tipologia esistente. Spazio, mare e qualità dell’addestramento Se riguardo l’aviazione lo scenario ucraino è stato chiaro in poche settimane, con la superiorità aerea russa inizialmente vittoriosa sui pochi caccia di Kiev, ma poi vulnerabile alla progressiva saturazione di difese antiaeree che le hanno causato gravi perdite, l’osservazione interessante riguarda lo spazio. Il capo delle forze spaziali Usa, generale Chance Salzman, il 13 gennaio scorso aveva affermato che la guerra in Ucraina stava evidenziando la centralità delle risorse spaziali per vincere la guerra. Se il nemico, in questo caso la Russia, può annientare un singolo satellite, neutralizzare intere costellazioni di piccoli congegni orbitanti è impossibile, come dimostra l’efficacia del sistema Starlink di SpaceX per mantenere i collegamenti internet.

Gli attacchi informatici hanno bloccato rapidamente la rete Viasat ucraina, ma poco hanno sortito finora contro i satelliti di Elon Musk. Diversamente, i russi sono riusciti molte volte a disturbare il sistema Gps, che sta mostrando i limiti di una tecnologia che, seppure aggiornata, a livello progettuale risale agli anni Settanta e, operativamente, alla fine degli anni Ottanta. Il generale Saltzman ha anche sottolineato l’importanza dei satelliti commerciali sia per le comunicazioni sia per il telerilevamento per l'intelligence, la sorveglianza e la ricognizione. Tra questi le costellazioni Maxar, Planet e BlackSky, hanno contribuito a riprendere e diffondere nel mondo le immagini della devastazione causata dalle forze d'invasione russe giocando un ruolo importante nel sostegno pubblico alla causa dell'Ucraina, oltre a fornire informazioni all'intelligence di Kiev quando i satelliti spia statunitensi non potevano essere usati a causa dei vincoli di segretezza. Non meno importante è la guerra delle informazioni e quella che si combatte nell’etere per le comunicazioni. Una delle differenze con le altre guerre moderne è l’ampio e continuo utilizzo dei social media, che riportano situazioni anche veritiere ma non contestualizzate alla situazione globale. Ma lo fanno con immediatezza e in modo globale. Le operazioni sullo spettro elettromagnetico, dalle comunicazioni radio dei carristi russi captate in chiaro fino all’uso di vecchi radar a onde corte, ha evidenziato la necessità di maggiori investimenti e collaborazione tra i servizi militari di diverse nazioni occidentali. Infine, la guerra sul mare: la Marina russa ha mostrato grande vulnerabilità e le sue infrastrutture sono state colpite sia da missili, sia da barche senza pilota armate di esplosivo. In altre parole, la guerra ha mostrato che avere tante navi, come la Marina militare russa, non compete con una flotta composta da unità meno numerose ma dalle capacità moderne e dotate di sistemi d’arma dell’ultima generazione. E in ogni dominio, comunque, la differenza la sta facendo la qualità dell’addestramento dei combattenti.

Tutti i problemi della leva obbligatoria in Ucraina. Andrea Muratore l’1 Marzo 2023 su Inside Over.

La chiamata alle armi della popolazione in Ucraina si sta razionalizzando ma continua a essere un processo complicato. Tra una definizione complessa del perimetro della coscrizione, abusi e rischi di incertezze nel processo le regole della chiamata alle armi faticano a tenere il passo delle esigenze della guerra contro l’invasore russo.

In un primo momento, nel marzo scorso, l’Ucraina aveva impedito l’uscita dal Paese di tutti i cittadini tra i 18 e i 60 anni, potenzialmente arruolabili. A ottobre la Verchovna Rada ha approvato la Legge 8109 sulle specifiche della coscrizione per il servizio militare e il funzionamento delle commissioni di coscrizione, che dovranno programmare esami medici a ogni cittadino oltre i 27 anni per capire la sua eleggibilità o meno ai requisiti della leva e scegliere eventualmente quali potenziali militari inserire nelle liste privilegiate per forze speciali e intelligence.

Le esenzioni e le retate

Una circolare ufficiale firmata da Volodymyr Zelensky del 27 gennaio 2023 non ha però ampliato le maglie della leva di massa indicando sulla carta un tentativo di razionalizzazione per la chiamata alle armi di lavoratori appartenenti a settori strategici come la produzione e distribuzione di energia e la fabbricazione e il trasporto di armi, anche alla luce dei rischi legati ai recenti scandali di corruzione che richiedono la presenza di personale rodato e esperto. Anche le agenzie statali, gli enti di governo locale e il sistema sanitario hanno la facoltà di esentare loro lavoratori dal servizio. Al tempo stesso tutti i tecnici qualificati indispensabili lontani dal fronte non saranno chiamati a presentarsi alle obbligatorie visite di leva.

Così sulla carta. Nei fatti la realtà è complessa. E l’Economist ha parlato di potenziali abusi legati al caos dei primi mesi del nuovo sistema e all’emergenza. Tra questi, da un lato, ciechi o persone senza uno o più arti a cui veniva recapitata la cartolina precetto perchè il loro posto era stato preso da altri autocertificati falsi invalidi. O dall’altro “retate” di militari e poliziotti per colmare i vuoti: “Ci sono state segnalazioni di avvisi di leva emessi (e talvolta applicati con la violenza) ai funerali militari a Lviv, posti di blocco a Kharkiv, centri commerciali a Kiev e agli angoli delle strade a Odessa. Le famose località sciistiche giacciono deserte nonostante le prime nevicate dell’inverno: le riprese di funzionari militari che curiosavano sulle piste sono bastate a tenere lontana la folla”, ha scritto la prestigiosa testata britannica

Non c’è ancora una valutazione piena della capacità di arruolamento dell’Ucraina o della quantità e della qualità del materiale umano mandato in campo nell’anno di guerra. Si sa solo la soglia massima che il Paese può gestire: fino al 3-4% della popolazione abile, oltre un milione di uomini. Npr stima che solo il 10% dei coscritti sia arrivato al fronte prima che fosse passato un mese dall’arruolamento, ma ad oggi si possono decisamente derubricare a esagerazioni e casi singolari i video circolanti sui social e sfruttati dalla propaganda russa sull’arruolamento a forza avvenuto in diversi casi. Di cui, peraltro, non è dato sapere se l’esito finale sia stata la coscrizione o invece l’effettuazione della citata visita di leva, che non è viatico immediato per il fronte.

L’addestramento e i renitenti alla leva

Il vero problema per Zelensky e i suoi sarà, nei prossimi mesi, capire come rafforzare la capacità di addestramento delle truppe per le armi sofisticate in arrivo o già arrivate, dai Leopard ai sistemi Samp-T. E al tempo stesso decidere in che misura muoversi sul fronte della gestione della leva senza mantenere nell’incertezza i cittadini non ancora chiamati alle armi, creare strozzature nel processo di addestramento, vedere problemi logistici nella gestione del reclutamento.

Altra questione la punizione dei renitenti alla leva. “Migliaia di persone sono state accusate di aver tentato di eludere la coscrizione, e mentre molte delle accuse sono state respinte, centinaia di casi si stanno ora facendo strada attraverso il sistema legale notoriamente losco dell’Ucraina”, nota Almayadeen. Capire quanti processi faranno riferimento a casi reali e quanti invece a coloro che sono stati sostituiti nelle liste dagli imboscati di tutta Ucraina sarà una sfida ardua. E sul fronte della leva, si notano anche problemi nella tutela dei diritti umani come diversi casi d’arresto di persone che già prima dell’invasione si erano dichiarate obiettrici di coscienza. Vitaly Alekseenko, 46enne di Ivano-Frankivsk, è stato arrestato a febbraio dopo aver chiesto invano di sostituire la leva col servizio civile e il suo caso ha fatto scalpore a livello nazionale.

Qual è il confine tra sicurezza nazionale e prerogative individuali? Contando che l’Ucraina combatte, tra le altre cose, per entrare anche nell’affluente e democratico Occidente la risposta a questa domanda non è questione di lana caprina. E invita a riflettere sulla reale efficacia di questi processi in era di guerra iper-tecnologica e, tendenzialmente, senza limiti. ANDREA MURATORE

Dai gruppi tattici di battaglione alle unità d’assalto: com’è cambiato l’esercito russo. Paolo Mauri il 2 Marzo 2023 su Inside Over.

Col ritorno della rasputitsa sul campo di battaglia, il fango causato dal disgelo determinato da un inverno relativamente mite e una primavera alle porte, l’esercito russo sta cercando di spingere la sua lenta avanzata ostacolata dalla resistenza ucraina.

L’offensiva invernale russa, come già analizzato, si è sviluppata in una miriade di attacchi lungo tutta la linea del fronte invece di palesarsi in un’operazione in grande stile, e lo Stato maggiore russo vuole capitalizzare la ripresa dell’iniziativa tattica sfruttando questo particolare momento in cui l’esercito ucraino appare a corto di munizioni e mezzi pesanti come i fondamentali Mbt (Main Battle Tank).

Le unità d’assalto

Qualcosa, tra le fila russe, è cambiato anche a livello organizzativo: il Corriere della Sera riferisce che l’esercito di Mosca si è riorganizzato con la creazione di distaccamenti o unità d’assalto, che sembra stiano sostituendo i Gruppi Tattici di Battaglioni (o Btg nel loro acronimo anglosassone), l’unità base dell’esercito russo formata da circa 700 uomini (per i reparti meccanizzati) e impiegati dall’inizio del conflitto con non poche difficoltà.

Queste unità d’assalto risulta siano formazioni più piccole e quindi agili, composte da tre carri armati, sei pezzi d’artiglieria, sei mezzi blindati, e relativa fanteria di supporto armata di mitragliatrici pesanti, sistemi anticarro e lanciagranate. I dettagli sono descritti in un manuale che sarebbe stato trovato al fronte e che descriverebbe anche la dottrina di impiego di questi reparti: apparentemente i soldati devono attaccare non oltre un minuto dalla fine del fuoco di copertura, e sarebbe vietato occupare le trincee nemiche in quanto possono nascondere trappole esplosive. I feriti devono essere evacuati da team di soccorso ma non dai militari impegnati nella missione. Ci sarebbero anche regole ben precise per l’utilizzo dei piccoli droni (alcuni dei quali armati artigianalmente come visto dal lato ucraino) in quanto vanno usati con parsimonia, idem per il fuoco di supporto.

Questi ultimi due passaggi, in particolare, farebbero pensare che i russi si trovano costretti a fare economia di mezzi e munizioni e affidandosi alle nuove unità – dell’ordine compagnia e plotone — ritengono di poter continuare a mantenere l’iniziativa tattica nel conflitto.

Un Btg, sulla carta, è composto da una compagnia di carri, due di veicoli corazzati (Apc e Aifv), una di artiglieria semovente, una di veicoli da difesa aerea oltre a tutti i veicoli per il sistema logistico necessario atto a muoversi in autonomia per un totale di, in media, 700/900 uomini e sono presenti anche assetti unmanned (UAV) e da guerra elettronica (Ew – Electronic Warfare).

Da quanto sappiamo i Btg russi non erano al completo nemmeno all’inizio del conflitto – i video in cui le colonne corazzate russe procedevano senza fanteria di supporto lo dimostra – e ora, dopo un anno di guerra, si ritiene che il consumo di mezzi ma soprattutto della risorsa più preziosa, gli uomini, abbia ridimensionato tutte le unità combattenti presenti al fronte, quindi quelle che vengono indicate come “Brigate”, in realtà sono dell’ordine “Battaglione” e via discorrendo.

Del resto, sebbene la Russia abbia indetto una mobilitazione parziale, il personale va addestrato e questo richiede tempo, anche se sappiamo che a volte le reclute venivano spedite al fronte dopo sole due o tre settimane di addestramento, facendole diventare “carne da cannone”.

La nascita di nuovi “reparti d’assalto”, più snelli e agili, potrebbe quindi rispondere all’esigenza di ridefinire l’organigramma dell’esercito russo creando unità più piccole inserite nella catena di comando, e quindi, sostanzialmente, averle “in linea” al completo.

La catena di comando dell’esercito russo

Esiste però un limite che va ancora capito se sia stato superato o meno, e riguarda proprio la catena di comando dell’esercito russo.

La riforma “New Look” del 2008, voluta dall’allora ministro della Difesa Anatoly Serdyukov, è stata “abortita” allorquando gli succedette Sergej Shoigu. La riforma, che avrebbe dovuto snellire l’impianto dell’esercito russo che era ancora di stampo sovietico, ha stabilito la nascita dei Btg ma essi, per via dello stop subito, si trovano in una struttura in cui spesso manca un livello intermedio – quello Brigata – che possa fare da tramite sino ai comandi divisionali. Pertanto la catena di comando, oltre a essere rimasta sostanzialmente la stessa dei tempi dell’Urss, si trova a mancare di un organo intermedio, più “vicino al fronte” in grado di ricevere informazioni e distribuire ordini.

Proprio la distribuzione degli ordini, fortemente gerarchizzata, ha dimostrato tutti i suoi limiti: i comandanti sul campo (sia di compagnia sia di plotone) non hanno la stessa libertà di manovra dei loro omologhi occidentali dovendo attendere gli ordini dello Stato maggiore della rispettiva divisione, quindi dovendo perdere numerose e preziose ore.

Non sappiamo, come dicevamo, se queste nuove unità potranno eludere questa dinamica, e quindi se gli ufficiali comandanti avranno modo di agire liberamente per ottenere un obiettivo (esattamente come avviene negli eserciti occidentali), ma se così fosse rappresenterebbe una vera rivoluzione per l’esercito russo, ed è anche probabile che questa novità sia stata determinata dal raffronto coi reparti del gruppo Wagner, che sembra godano di una maggiore libertà rispetto ai regolari.

Di certo lo “slancio” dei reparti, di qualsiasi grandezza essi siano, è determinato dalla capacità logistica di un esercito – che nel caso russo è carente -, dall’addestramento ricevuto – generalmente scarso come visto – e dalla disponibilità di mezzi e armamenti, inoltre una nuova tattica di combattimento ha bisogno di venire assimilata dai quadri, che in Russia sono stati formati in modo diverso come da tradizione pluridecennale, quindi solo gli esisti futuri sul campo di battaglia ci permetteranno di stabilire se questa piccola riforma dei reparti sarà efficace.

PAOLO MAURI

Ucraina, un anno di guerra senza limiti. George Allison su Inside Over il 24 Febbraio 2023

Questo articolo è la traduzione italiana di un articolo apparso sul ventesimo numero del magazine inglese di Inside Over, “The Perfect Storm”, dedicato alle conseguenze di un anno di guerra in Ucraina. Il magazine intero è leggibile a questo link, l’articolo in inglese è invece disponibile qui.

Inizialmente, l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte del Cremlino, lanciata il 24 febbraio dello scorso anno, avrebbe dovuto avere vita breve e si sarebbe dovuta concludere con la rapida conquista di Kiev. Tuttavia, ad un anno di distanza, quel piano è fallito: le forze ucraine hanno respinto con successo le truppe russe grazie ad una combinazione di determinazione e supporto dei Paesi occidentali.

Il conflitto ha avuto un impatto di ampia portata, rimodellando le nostre conoscenze in vari ambiti, tra cui operazioni e strategie militari, diplomazia, servizi segreti, sicurezza nazionale ed energetica, governance economica, e molti altri. In occasione del primo anniversario di questo conflitto che ancora imperversa, è fondamentale riflettere sulle sue lezioni chiavi da imparare.

Innanzitutto, del regine di Putin non ci si può fidare

Gli ultimi sei mesi della campagna militare russa contro l’Ucraina, insieme alle ripetute invasioni degli Stati confinanti e alla recente guerra ibrida contro l’Occidente, hanno dimostrato come gli accordi con il regime di Putin siano inaffidabili e possano rivelarsi anche deleteri. Nel 2014 la Russia invase l’Ucraina benché si fosse impegnata con il Memorandum di Budapest a rispettarne la sovranità nazionale e l’integrità territoriale. Più recentemente, nonostante anni di trattative nell’ambito del Formato Normandia e del Protocollo di Minsk, il Cremlino ha conquistato un quinto del territorio ucraino. Azioni che evidenziano come qualsivoglia accordo stipulato con il governo russo andrebbe approcciato con cautela.

Il governo russo ha manifestato costantemente la propria inosservanza verso il diritto internazionale, le istituzioni liberali e vari accordi a livello globale, sia nei confronti dei propri alleati che dei propri rivali. Coinvolto in crimini contro l’umanità in Ucraina, violazione del principio di libera navigazione, militarizzazione alimentare e ricatto energetico, il regime di Putin costituisce una significativa minaccia per il futuro della nazione ucraina e le regole dell’ordine mondiale.

L’approccio della pacificazione, del dialogo e del compromesso con un aggressore si è rivelato inefficace in passato. Per raggiungere la pace nella regione è necessario che l’Occidente adotti una posizione forte e dura, in quanto è l’unica lingua a cui risponde il regime di Putin.

La vittoria del conflitto dipende dalle persone, non soltanto dagli armamenti

Nel 2021 la Russia stanziò per le spese di difesa circa 65 miliardi di dollari, una cifra dieci volte più grande di quella dello stanziamento ucraino. Nonostante il significativo investimento in attrezzature, il risultato del conflitto non ha però soddisfatto le aspettative russe. Il divario nella performance militare evidenzia l’impatto della leadership e dell’addestramento sull’esito del campo di battaglia.

Con un retaggio militare condiviso risalente ai tempi della Russia imperiale, i risultati contrastanti del conflitto offrono interessanti spunti di riflessione. Dal 1933 l’Ucraina ha preso parte al National Guard’s State Partnership Program, sottoponendosi ad addestramenti sul modello statunitense: un approccio che promuove l’emancipazione di giovani ufficiali e sottufficiali con ordini tattici, chiare spiegazioni delle intenzioni del comandante, e l’abilità di prendere decisioni in tempo reale sulla base di sviluppi situazionali. Attraverso esercitazioni realistiche, l’Ucraina ha coltivato una mentalità bellica che favorisce l’iniziativa individuale ed incoraggia una rigorosa valutazione, e tali pratiche hanno contribuito al morale elevato e alle prestazioni efficaci dei suoi combattenti.

In confronto, le forze armate russe fanno in larga parte affidamento su reclute e soffrono della mancanza di plotoni di sottufficiali professionisti, il che disincentiva sia l’iniziativa che i riscontri; le decisioni rimangono estremamente centralizzate e l’autonomia è limitata ai soli superiori. L’approccio bellico adottato dalla Russia è caratterizzato dall’assenza di flessibilità e da uno scarso livello di morale davanti a condizioni sfavorevoli sul campo di battaglia.

L’Ucraina è una lezione chiave nelle insidie del pensiero lineare

Inizialmente si pensava che un attacco russo ai danni dell’Ucraina si sarebbe concluso con la vittoria di Mosca. Tuttavia, in seguito alla sconfitta russa nella battaglia di Kiev, ci è voluto del tempo affinché gli esperti riconoscessero che i fallimenti iniziali non erano soltanto temporanei e che in questa guerra la Russia stava in realtà avendo la peggio.

Secondo un’altra ricorrente previsione, il conflitto avrebbe raggiunto un punto morto, simile a quello della Prima Guerra Mondiale, con le forze ucraine e russe entrambe barricate in trincea ed incapaci di compiere significativi passi in avanti. Tale previsione è stata smentita dalle varie controffensive ucraine, ma così come non è saggio presumere che tali controffensive perdureranno in futuro, è plausibile che questa guerra possa condurre a degli sviluppi imprevisti anziché protrarre gli stessi schemi.

La guerra ha dimostrato che il cyberspazio è un settore di conflitto a tutti gli effetti

Gli ultimi avvenimenti in Ucraina, tra cui l’invasione da parte della Russia, hanno dato vita ad un nuovo ruolo per il settore privato nei conflitti cyber, in quanto le aziende stanno partecipando attivamente ad operazioni cyber dirette. Ovviamente l’Ucraina dispone di un team competente per la difesa della cybersicurezza e che ha sventato con successo diversi attacchi, ma i loro sforzi hanno potuto contare sul sostegno di aziende private che hanno collaborato con il governo ucraino per incrementare il livello di cybersecurity del Paese.

Aziende leader nel settore tech quali Microsoft e Cisco hanno pubblicato dei report sul loro impegno difensivo, e anche aziende europee di cybersicurezza quali ESET sono state coinvolte.

È fondamentale che gli Stati Uniti, la NATO e i Paesi democratici della regione Indo-Pacifica instaurino collaborazioni efficienti con membri di rilievo del settore privato per assicurare operazioni nel cyberspazio senza interruzioni nel caso di un conflitto armato. Il National Cyber Security Centre del Regno Unito e la Joint Cyber Defense statunitense sono iniziative encomiabili,  ma non dispongono delle capacità per fare fronte alle sfide poste da scenari bellici su vasta scala. Un lezione importante, che ha insegnato al mondo come sia essenziale pianificare ed implementare meccanismi operativi all’altezza di tale sfida.

Imparare dalle lezioni

L’invasione ucraina ha fornito un’opportunità unica per valutare le capacità delle forze armate russe e l’impatto di varie tecnologie e strategie militari per la guerra moderna. Questo resoconto ha lo scopo di fare luce sulle lezioni chiave da trarre da questo conflitto, ma andrebbe anche tenuto a mente che, trattandosi di un conflitto in corso, impareremo altre lezioni negli anni a venire. Tra un anno esatto potremmo senza dubbio comprendere molto di più di ciò che si può imparare da questo conflitto. GEORGE ALLISON

Parla il generale Petraeus: “Putin ha reso la Nato nuovamente grande”. Andrea Muratore su Inside Over il 26 Febbraio 2023

Dopo un anno di guerra in Ucraina, la NATO è più forte e più unita. Inside Over dialoga con il generale David Petraeus sulle dinamiche plasmate dal conflitto a livello globale, sul ruolo dell’Alleanza nella competizione mondiale tra potenze e sui possibili fini della guerra. Petraeus, nato nel 1952, ha prestato servizio per 37 anni nell’esercito degli Stati Uniti e ha ricoperto molti ruoli di primo piano. Dal 2007 al 2008 è stato comandante generale della Multi-National Force – Iraq (MNF-I), dal 2008 al 2010 è stato comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom), tra il 2010 e il 2011 è stato comandante dell’International Security Assistance Force (ISAF) e comandante delle Forze USA – Afghanistan (USFOR-A). Dal 2011 al 2012 è stato il 4° Direttore della Central Intelligence Agency (Cia). Ora è partner di KKR e presidente del KKR Global Institute,

In che modo la guerra in Ucraina ha cambiato il contesto strategico in Europa?

“Penso che sia accurato osservare che mentre Vladimir Putin si proponeva di “rendere la Russia di nuovo grande”, ciò che ha realmente fatto è rendere di nuovo grande la NATO: spingendo due paesi storicamente neutrali (e molto capaci) a cercare l’adesione alla NATO; promuovendo un livello di unità nella NATO che non si vedeva dalla fine della guerra fredda;,con conseguente aumento dei bilanci della difesa in Europa e negli Stati Uniti, con la Germania, in particolare, ora impegnata a raggiungere l’obiettivo della NATO di spendere il 2% del PIL per la difesa, dopo non essere arrivata all’1,5% in precedenza. La guerra inoltre ha portato all’aumento delle forze negli Stati baltici e nell’Europa orientale; e, infine, ha spinto a ridurre drasticamente la capacità militare della Russia, con le forze russe che hanno subito enormi perdite e perdite sconcertanti di sistemi d’arma e veicoli, oltre a ridurre drasticamente le sue scorte di munizioni. In sintesi, la Russia è sostanzialmente uscita indebolita e la NATO sostanzialmente rafforzata”.

Possiamo affermare che l’Occidente è più unito un anno dopo l’inizio della guerra?

“Sì, assolutamente, nonostante occasionali esitazioni sulla fornitura di alcune armi all’Ucraina (come nella decisione sulla fornitura di carri armati occidentali all’Ucraina, che ora è concordata, ovviamente). Come ho notato in precedenza, la NATO e altri paesi occidentali non sono stati così uniti dalla fine della Guerra Fredda”.

Qual è stato il ruolo delle armi occidentali e del sostegno dell’intelligence nel rafforzare la resistenza ucraina?

“Assolutamente vitale. L’Ucraina ha fatto un lavoro davvero straordinario nel mobilitare l’intero paese per combattere ciò che gli ucraini vedono come la loro guerra d’indipendenza; hanno fatto molto meglio della Russia nel reclutamento, nell’addestramento, nell’equipaggiamento, nell’organizzazione e nell’impiego di forze e capacità aggiuntive. Ma ciò non sarebbe stato possibile senza la massiccia assistenza degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali. Gli Stati Uniti da soli hanno ora fornito oltre 27 miliardi di dollari in armi, munizioni e materiale all’esercito ucraino dall’invasione dello scorso febbraio, con altri 2 miliardi di dollari che stanno per essere aggiunti. E i sistemi d’arma forniti continuano ad essere sempre più efficaci. E, secondo quanto riferito, anche la condivisione dell’intelligence è stata molto utile, anche se non voglio speculare ulteriormente su questo”.

Quali errori sono stati commessi dall’esercito russo? 

Un numero impressionante di errori, – tutto, dal disegno terribilmente carente della campagna iniziale, alla sopravvalutazione delle capacità russe, alla completa sottovalutazione delle capacità (e all’incredibile determinazione) delle forze e del popolo ucraino, alla mancanza di apprezzamento del sostegno occidentale all’Ucraina, allo scarso comando e controllo e comunicazioni, al mancato raggiungimento degli effetti combinati delle armi (corazzati, fanteria, artiglieria, genieri, supporto aereo ravvicinato, difesa aerea e guerra elettronica che lavorano tutti insieme). A cui aggiungiamo una logistica del tutto inadeguata, la terribile indisciplina da parte delle forze russe, la mancanza di un corpo di sottufficiali professionisti, la carenza leadership (che è il motivo per cui più leader sono stati licenziati) e, chiaramente, un fallimento nell’approfittare di tutto il tempo che le forze russe hanno avuto in Bielorussia e Russia per addestrare e preparare effettivamente le forze per l’invasione.

 La prospettiva di una vittoria dell’Ucraina è fattibile come esito finale della guerra?

Sì, anche se la risposta a questa domanda dipende ovviamente da come si definisce la “vittoria” e dipende anche da una serie di fattori, in particolare la continuità di un forte sostegno occidentale e dell’assistenza economica per l’Ucraina e l’ulteriore inasprimento delle sanzioni e dei controlli sulle esportazioni sulla Russia. In definitva, credo che la guerra finirà con una risoluzione negoziata quando la Russia si renderà conto che il conflitto è insostenibile sul campo di battaglia (dove la Russia ha già perso più di 8 volte i soldati che l’URSS ha perso in quasi 10 anni in Afghanistan) e anche sul fronte interno, date le sanzioni sempre più severe e i controlli sulle esportazioni. E dobbiamo fare tutto il possibile per affrettare quel giorno – e anche per essere pronti con un Piano Marshall per aiutare a ricostruire l’Ucraina. A cui aggiungere anche una garanzia di sicurezza ferrea per l’Ucraina, sia che si tratti dell’adesione alla NATO, che sarebbe l’ideale, o di un impegno di coalizione guidato dagli Stati Uniti, se l’adesione alla NATO non sarà realizzabile “.

Il presidente Biden ha dichiarato nel suo discorso di insediamento che l’America stava tornando come leader globale e affidabile. La guerra in Ucraina ha dimostrato che aveva ragione o la leadership americana è ancora in dubbio?

“Penso che la leadership americana della NATO e lo sforzo occidentale per sostenere l’Ucraina e imporre sanzioni e controlli sulle esportazioni alla Russia abbiano dimostrato che gli Stati Uniti sono “tornati”, per usare il termine del presidente Biden. E questo è particolarmente importante sulla scia del ritiro dall’Afghanistan nell’agosto 2021, che ha permesso ai potenziali avversari di sostenere che gli Stati Uniti erano un partner inaffidabile e una grande potenza in declino. E nell’offrire questa valutazione, ci tengo a ribadire che non sono membro di alcun partito politico negli Stati Uniti e non mi registro nemmeno per votare. Ho smesso di votare quando sono stato promosso generale a due stelle e da allora ho cercato di rimanere apolitico”.

A livello globale, gli Stati Uniti stanno affrontando l’espansionismo della Russia in Europa e le ambizioni della Cina in Estremo Oriente. Quale sarà la questione più importante per Washington nei prossimi anni?

“Penso che non ci siano dubbi sul fatto che la partita più importante al mondo sia quella tra gli Stati Uniti – insieme ai nostri alleati e partner – e la Cina. Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Biden, ha descritto il rapporto con la Cina come una “forte concorrenza”. E tutti noi – tutte le nazioni che la pensano allo stesso modo – dobbiamo lavorare insieme per garantire che la competizione non si trasformi in conflitto. Si potrebbe sperare che un impegno paziente, pragmatico e fermo possa aiutare a ridurre il senso di competizione e aumentare le aree di cooperazione, producendo infine una relazione che sia il più reciprocamente vantaggiosa possibile. Ma dobbiamo essere chiari e freddamente realisti, anche se cerchiamo di affrontare le differenze e, ancora una volta, garantire che non sfocino in veri conflitti. E dobbiamo anche lavorare tutti insieme per garantire che gli elementi di deterrenza (capacità e volontà di impiegarli) siano solidi come una roccia”.

Questo articolo è la traduzione italiana di un articolo apparso sul ventesimo numero del magazine inglese di Inside Over, “The Perfect Storm”, dedicato alle conseguenze di un anno di guerra in Ucraina.

Un anno esatto di guerra che no, non è stata affatto un lampo. La notte del 24 febbraio 2022 e dopo tre settimane di schermaglie e false prospettive di arretramento quattro divisioni meccanizzate di Vladimir Putin e di una Russia a lui supina attraversano il confine ed entrano in Ucraina. Giampiero Casoni il 24 Febbraio 2023 su Notizie.it.

Trecentosessantacinque giorni di conflitto, un anno esatto di una guerra che no, non è stata affatto quella guerra lampo che l’invasore e molti analisti prefiguravano e che si è trascinata fino ad oggi, 24 febbraio 2023, fra orrori, contrapposizioni, assetti geopolitici mutati e tutte le sconfitte della soluzione diplomatica al primo conflitto europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale e dopo la guerra civile nella ex Jugoslavia che ebbe vita e collocazione sua, ancorché altrettanto orribile.

La notte del 24 febbraio 2022 e dopo tre settimane di schermaglie e false prospettive di arretramento quattro divisioni meccanizzate di Vladimir Putin e di una Russia a lui supina attraversano il confine ed entrano un Ucraina, entrano con il motivo di uccidere, il movente di “denazificare” un paese che nella sua ricerca di democrazia si era affidato molto agli Usa e con lo scopo strategico di togliere a quel paese le due repubbliche indipendentiste nel Dondass, russofile, quasi tutte russofone e in conflitto fin dal 2014 con il governo di Kiev.

Non è stata affatto una guerra lampo

Governo che ha un presidente semisconosciuto, ex attore, che sale alla ribalta delle cronache mondiali: si chiama Volodymyr Zelensky ed ha l’aura del capo di stato coraggioso, indomito e resistente. Le truppe corazzate contrassegnate da una misteriosa Z bianca sembrano avanzare senza ostacoli mentre il mondo inorridisce per quello che molti, forse troppi, avevano considerato un bluff. Da Bielorussia e Crimea le divisioni di Vladimir Putin dilagano verso Kiev e fanno tappa nell’aeroporto di Hostomel dove ricevono la prima di una lunga serie di amare sorprese: la Cia era in allerta da tempo ed ha passato agli ucraini, bellicosissimi e preparati militarmente, informazioni tali da sterminare i parà spetznats che avevano il compito di raggiungere il palazzo presidenziale ed uccidere Zelensky.

Gli ucraini resistono e resistono bene e quella che sembrava dover essere una spocchiosa guerra lampo diventa fin dalla fine di marzo 2022 una tremenda guerra di contatto alternato e di avanzate tutt’altro che repentine.

Mentre entrano in gioco i terribili reggimenti ceceni del tiranno satrapo di Putin Razman Kadyrov l’Occidente reagisce e mette a punto le prime sanzioni economiche: i gerarchi di Putin e ed il miliardari del suo cerchio magico si vedranno sequestrare tutti i beni ed i mezzi che hanno fuori dal loro paese, sono tanti e il Regno Unito, prossimo a dire addio al governo di Boris Johnson per uno scandalo, ottiene risultati micidiali su questo fronte.

Un primo tentativo di colloqui di pace, praticamente il solo ufficiale di tutto il conflitto, fallisce nella Bielorussia del filoputiniano Lucashenko e il fronte vivo si sposta a sud: Maiurpol, affacciata sul Mar Nero, diventa il simbolo della resistenza ucraina e con essa il famigerato Battaglione Azov, che resisterà per mesi dell’acciaieria Azovstal: per alcuni sono patrioti meritevoli, per altri sono la prova provata che le forze armate ucraine contenevano il germe del neonazismo usato come movente da Putin per attaccare.

Mariupol e l’epopea del battaglione Azov

La Federazione di Mosca entra a Kherson e prende Zaporizhzia, la più grande centrale nucleare d’Europa, Europa che pensa a Chernobyl e inorridisce. Ma l’orrore ha anche connotazioni peggiori: ad inizio aprile emergono gli orrori di Bucha ed Irpin, con cittadini inermi giustiziati e lasciati morti in strada, esecuzioni sommarie e violenze terribili. Il mondo si indigna con le truppe buriate dei confini mongoli dell’impero di Putin e l’Occidente inasprisce le sanzioni. A quel punto la Nato diventa un ombrello e Svezia e Finlandia chiedono di entrare mentre l’Ucraina si candida ad essere membro dell’Ue.

Dagli orrori di Bucha al blitz su Odessa

L’estate 2022 si apre con il tentativo di sfondamento a Odessa e con la manovra strategica con cui la Russia vorrebbe arrivare a chiudere ogni sbocco al mare all’Ucraina, congiungendosi idealmente con la sua “dependance” della Transnistria, che sta accatta all’indifesa Moldavia e che potrebbe diventare la porta per un secondo inferno ed un attacco a Kiev da ovest. Usa, Nato ed Ue inviano dopo deliberazioni dei singoli governi non sempre omogenee le prime armi che hanno ed avranno un’influenza decisiva sul conflitto.

L’invio di armi e il gas: Nord Stream “salta”

A quel punto è già scoppiata la guerra del gas, quasi tutto russo, che arriva in Europa e i sabotaggi al Nord Stream uno e due diventano il simbolo di una crisi mondiale che è anche energetica, con le nazioni che si affannano a trovare un “sostituto” di Mosca nelle forniture, in primis l’Italia di Mario Draghi che manda il ministro degli Estero Di Maio in Algeria, Azerbaigian ed Africa centrale a cercare nuove risorse e che stringe con gli Usa di Biden un accordo per il gas liquido. L’autunno esordisce con due eventi: quello singolo dell’esplosione del ponte di Kerch verso la Crimea e quello strategico con cui l’arrivo di armi chiesee con insistenza dalle dirette quotidiane social di Volodymyr Zelensky, inizia a far sentire il suo effetto: l’Ucraina non si difende solo ma contrattacca e riconquista molti territori ad est.

Kiev contrattacca: i missili e i rerefendum-farsa

I russi cambiano strategia ed iniziano a bombardare con missili tutto ciò che nel paese aggredito può produrre energia: l’inverno rigidissimo è alle porte e lo scopo è piegare il paese dove non può dare prova di coraggio militare. A quel punto Putin capisce che deve forzare la mano non solo sui campi di battaglia ed indice dei referendum popolari con cui Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhizhia si auto annettono a Mosca. Pochi giorni dopo un missile antiaereo ucraino cade in territorio polacco e ammazza due lavoratori: quelle sono le ore in cui, dopo le reiterate minacce degli uomini di Putin di usare l’arma nucleare, si teme di più che la guerra diventi mondiale ed atomica in base all’articolo Nato di mutua assistenza. Poi di scopre che il missile non era russo e l’incidente recede.

Zelensky vola da Biden: “Dateci altre armi!”

Dicembre vede Volodymyr Zelensky in volo verso il primo partner dell’Ucraina aggredita, gli usa di Joe Biden che però ha perso le elezioni di mid term ed è molto più cauto nel promettere aiuti. In Italia intanto al governo Draghi è succeduto quello di Giorgia Meloni che conferma in tutto e per tutto l’appoggio a Kiev, fatta eccezione per una mutata opinione pubblica ed alcune “uscite” del suo alleato di governo Silvio Berlusconi.

Il 2023 e il caso dei carri “Leopard 2”

Il mese che precede il “compleanno dell’orrore” di oggi, gennaio 2023, è segnato dalla questione dell’invio dei carri Leopard e da una generale sensazione di escalation che dice due cose. La prima è che no, non è stata affatto una guerra lampo e che Putin ormai è un attaccante che gode di meno credito di quando aveva avviato l’attacco. La seconda è che quella guerra e la condotta dell’Occidente poco propenso a cercare soluzioni diplomatiche ha di fatto visto l’unità degli stati tenere, ma le convinzioni delle singole popolazioni vacillare di fronte all’opportunità di cercare la pace inviando armi. Oggi il mondo è diviso ed in pericolo più che mai, ad un anno esatto dall’inizio di quell’orrore.

La battaglia di Kiev, spiegata. Mauro Indelicato il 10 febbraio 2023 su Inside Over.

La battaglia di Kiev, nell’ambito della guerra in Ucraina del 2022, ha inizio lo stesso giorno del conflitto, ossia il 24 febbraio, e termina tra il 30 marzo e il 3 di aprile. L’assedio prende le sembianze di un vero accerchiamento, operato dalle forze russe, ai danni della capitale ucraina. Le truppe di Mosca avanzano, durante questa fase, tra le direttrici di nord ovest ed est, colpendo particolarmente le cittadine di Gostomel, Bucha, Irpin, Makariv e Brovary. L’assedio termina con l’annuncio da parte russa di un ridispiegamento di forze nel Donbass e quindi un indietreggiamento delle proprie truppe dall’area di Kiev.

Il contesto dell'assedio di Kiev

La capitale ucraina vive tumulti e tensioni tra il 2013 e il 2014, quando le proteste contro l’intenzione dell’allora presidente ucraino Yanukovich di aderire a un partenariato con la Russia degenerano in guerriglia. Kiev dal novembre 2013 fino al 22 febbraio 2014, giorno della destituzione di Yanukovich, è al centro di scontri violenti e una vera e propria guerriglia urbana. Prima della fine della presidenza Yanukovich, a scontrarsi sono soprattutto forze di Polizia contro gruppi nazionalisti di estrema destra, quali Svoboda e Pravij Sektor.

Successivamente le tensioni si spostano nelle regioni orientali dell’Ucraina. A marzo la Crimea, dopo le proteste scoppiate questa volta nei gruppi filorussi, è annessa alla Russia. Mentre nell’aprile sempre del 2014 la situazione degenera fino allo scoppio della guerra del Donbass tra l’esercito ucraino e i separatisti di Donetsk e Lugansk.

Kiev vive questo conflitto da lontano. La città torna alla sua normalità e gli abitanti non vengono coinvolti in scontri, anche per la distanza geografica tra la capitale e l’est del Paese. La tensione ritorna sul finire del 2021, quando dalla Russia arrivano notizie di assembramenti di truppe lungo i confini con l’Ucraina e dagli Usa gli allarmi su una possibile operazione russa nel Paese.

A Kiev si comincia a restaurare antichi bunker, la gente inizia a fare scorta di cibo e viveri. Per la verità, a dispetto dei timori statunitensi, buona parte della popolazione non crede subito all’eventualità di un’invasione russa. La situazione però precipita tra gennaio e febbraio, quando molte ambasciate occidentali decidono di trasferire la propria sede a Leopoli e un attacco russo è oramai dato per certo.

La capitale ucraina teme particolarmente le manovre svolte in Bielorussia dai soldati locali e dalle truppe russe. Kiev infatti si trova a meno di 200 km dal confine bielorusso e un ingresso da qui dei militari di Mosca rappresenterebbe la volontà russa di prendere la città. L’unica speranza per gli abitanti della capitale è data dalla distanza con il Donbass e dalla possibilità quindi che la guerra si concentri unicamente nell’est dell’Ucraina. Sotto il profilo prettamente strategico infatti, Kiev è molto lontana dai fronti in cui si combatte dal 2014 e dalle terre considerate russofone. Ma a livello politico è il cuore delle istituzioni ucraine ed è sede del governo del presidente Zelensky. Se l’obiettivo russo è quello di far crollare l’attuale Stato ucraino, Kiev non può sfuggire dall’accerchiamento.

Le operazioni di Gostomel del 24 febbraio

Il primo vero intervento volto ad accerchiare Kiev si ha al mattino del 24 febbraio, poche ore dopo l’inizio delle operazioni militari. Un’azione compiuta da unità aviotrasportate prende di mira l’aeroporto di Gostomel, situato a circa 25 km a nord ovest dal centro della capitale. Mentre in città gli abitanti temono soprattutto i raid e si rifugiano nei bunker e nei tunnel della metropolitana, a Gostomel va in scena la prima battaglia di terra tra russi e ucraini.

Intorno alle 13:00, Mosca rivendica il controllo dell’aeroporto. Tuttavia gli ucraini affermano di essere riusciti ad abbattere alcuni mezzi russi. A dispetto delle dichiarazioni sorte poco dopo l’alba da parte dell’esercito russo, l’aviazione ucraina è ancora in grado di replicare e non appare annientata.

La battaglia a Gostomel va avanti per diversi giorni. Più volte, prima della fine di febbraio, le due parti ne rivendicano il controllo. L’aeroporto, a giudicare dalle prime immagini trapelate sui social, appare distrutto. L’hangar che ospita l’Antonov An-225, l’aereo più grande del mondo, è anch’esso distrutto e il mezzo ridotto in frantumi. I russi comunque, nonostante le controffensive ucraine, riescono a controllare la cittadina di Gostomel.

L'avanzata lungo l'asse occidentale

A dare manforte alle truppe aviotrasportate su Gostomel sono i reparti entrati, sempre il 24 febbraio, dal confine con la Bielorussia nell’area di Chernobyl. La regione si trova a 150 km dal centro di Kiev. Nel pomeriggio i russi riescono a conquistare la zona attorno l’ex centrale nucleare teatro del disastro del 1986.

In questo modo raggiungono nel giro di un paio di giorni la regione di Makariv e provano ad aiutare le truppe stanziate a Gostomel. Prende forma in questa maniera l’avanzata russa lungo il fronte nord occidentale di Kiev. È da qui che per gli ucraini arrivano le principali minacce per la difesa della capitale.

Nel frattempo il ministero della Difesa russo mostra alcune immagini di un lungo convoglio attestato tra il confine bielorusso e la regione a nord di Kiev. Secondo l’intelligence britannica, la prima a lanciare indiscrezioni in tal senso, il convoglio di carri armati e mezzi russi è lungo 60 km. Una lunga carovana con la quale Mosca intende mostrare l’intenzione di entrare nella più grande città ucraina.

Già a cavallo tra febbraio e marzo inizia quindi l’esodo di migliaia di cittadini verso ovest, zona dell’Ucraina meno coinvolta dal conflitto. Si teme una battaglia casa per casa, per cui i residenti della capitale preferiscono uscire. Si scappa con i treni oppure sfruttando l’asse meridionale della viabilità di Kiev.

Il 25 febbraio il presidente ucraino Zelensky dichiara di essere a conoscenza di “sabotatori russi già presenti in città”. Tra il 26 e il 27 febbraio alcuni scontri hanno luogo nel settore occidentale della periferia di Kiev e, in particolare, lungo Victory Avenue, non lontano dalla stazione di Beresteiska. Si tratterebbe, secondo gli ucraini, di un primo tentativo di infiltrazione di reparti russi all’interno della capitale. Un tentativo però respinto o comunque abbandonato dai soldati di Mosca.

Nel primo fine settimana di guerra si ha la sensazione di un imminente ingresso russo in città. A testimoniarlo è l’aumento dei raid attorno i quartieri occidentali e i continui allarmi che corrono via social. Sabato 26 i bagliori dei traccianti della contraerea ucraina vengono scambiati per paracadutisti russi in procinto di assediare il centro di Kiev. Nei primi giorni di marzo tuttavia i quartieri centrali appaiono risparmiati da sortite di Mosca. La battaglia è invece confinata lungo il settore nord occidentale.

La battaglia tra Bucha e Irpin

Il 27 febbraio il giornalista ucraino Andriy Tsaplienko parla di violenti combattimenti in corso a Bucha. È la prima volta che il nome della cittadina viene menzionato nel conflitto. E, purtroppo, non sarà l’unica. Il suo territorio si trova a metà strada tra Gostomel e Irpin. Quest’ultima è la località che confina direttamente con il territorio di Kiev. Dunque sfondare su questo fronte per i russi appare importante per raggiungere la capitale.

Le truppe di Mosca nei giorni successivi avanzano su Bucha, anche sfruttando gli ulteriori rinforzi arrivanti dal fronte di Chernobyl e dalla paralisi dell’esercito ucraino nella zona di Borodyanka, località più a ovest rispetto alla periferia di Kiev. Tuttavia la battaglia appare molto aspra. Tanto è vero che il 3 marzo gli ucraini rivendicano la ripresa di Bucha e una bandiera ucraina viene di nuovo issata davanti il municipio della cittadina.

Le forze russe però controbattono. Per almeno dieci giorni il territorio risulta conteso. Nel frattempo i civili vivono una situazione drammatica. Bucha, assieme alle altre cittadine del fronte occidentale di Kiev, sono senza i servizi essenziali, senza acqua e con pochi viveri a disposizione. I raid da parte degli eserciti in lotta poi provocano la morte di molte persone. Tanto è vero che la Bbc, in un articolo del 14 marzo, sottolinea come gli stessi abitanti sono costretti a scavare una fossa dove seppellire i civili deceduti.

Il 13 marzo i russi annunciano di aver ripreso il controllo di Bucha e passano all’attacco anche sulla confinante Irpin. Qui va in scena un’autentica battaglia urbana, con gli ucraini che si difendono riuscendo a sfruttare la conoscenza del territorio e le tattiche delle imboscate tra i palazzi residenziali che caratterizzano la città.

Contestualmente vengono allagati diversi terreni attorno il fiume Irpin, corso d’acqua che divide l’omonima cittadina con la municipalità di Kiev. La battaglia a Irpin va avanti per giorni, tuttavia i russi non sembrano in grado questa volta di sfondare. La violenza degli scontri da queste parti è testimoniata anche dal decesso di alcuni giornalisti stranieri presenti non lontano dalle linee del fronte. Buona parte dei cronisti morti in Ucraina era a lavoro proprio nella zona di Irpin.

I civili con non poca difficoltà vengono evacuati verso Kiev, da cui poi è possibile salire a bordo dei treni diretti verso le regioni occidentali dell’Ucraina. Per tutto il mese di marzo la battaglia nel quadrante nordoccidentale della capitale appare in stallo. Con i russi che non riescono a superare le difese ucraine poste a Irpin e lungo i limiti della periferia di Kiev.

La situazione a Kiev a marzo

Le notizie dello stallo tra Bucha e Irpin assicurano agli abitanti della più importante metropoli ucraina il tempo necessario per procedere con le evacuazioni. Passato il timore per un’imminente invasione nel primo fine settimana di guerra, a Kiev si intuisce nella prima decade di marzo che il centro città è lontano dalle prime linee del fronte.

Questo tuttavia non permette ai cittadini di vivere normalmente. Vengono approvati diversi coprifuoco, in alcuni casi lunghi anche 36 ore. Le attività non basilari sono chiuse, stesso discorso vale per le scuole e diversi uffici. Migliaia di persone vivono nei rifugi e all’interno delle gallerie della metropolitana. L’unica zona dove tutto sembra normale è quella della stazione centrale. Qui ogni giorno in centinaia si ammassano per salire a bordo dei treni e fuggire via. Si calcola che a marzo un abitante su due di Kiev è riuscito ad andare via. Dei tre milioni di abitanti prima del conflitto quindi, la città dopo un mese di guerra potrebbe contare non più di 1.5 milioni di residenti rimasti.

La situazione si mantiene tesa poi a causa dei raid sempre più frequenti all’interno del perimetro cittadino. Diversi missili piombano su alcuni palazzi e in alcuni punti nevralgici di Kiev. Si piangono diverse vittime civili e, al contempo, chi rimane in città teme di ritrovarsi nel mezzo di un bombardamento.

L'avanzata lungo l'asse orientale

Da est i russi già dal primo giorno di guerra provano ad avanzare lungo l’asse che va dalle province di Sumy e Chernihiv fino alla periferia orientale della capitale ucraina. Obiettivo principale qui è prendere Brovary, cittadina che segna il confine tra l’oblast e la municipalità di Kiev. L’azione russa si concentra soprattutto lungo le vie principali della regione.

Le truppe di Mosca, in particolare, provano da subito a consolidare le proprie avanzate nelle arterie autostradali che collegano il confine russo-ucraino con Chernihiv, importante città messa subito sotto assedio. Tuttavia i battaglioni inviati dal Cremlino raramente provano a sfondare nelle zone più interne. La strategia è quella di arrivare il prima possibile a Brovary, aumentando così la pressione su Kiev, già in parte circondata nella periferia occidentale.

A metà marzo le forze russe si trovano in prossimità di Brovary, ma riscontrano notevoli difficoltà nelle retrovie. Avendo consolidato unicamente le posizioni lungo le autostrade principali, intere squadre ucraine rimaste dietro le posizioni di Mosca riescono a infliggere pesanti perdite al nemico. Sia con l’ausilio di droni che con mezzi di artiglieria, unitamente all’organizzazione di imboscate nelle foreste tra Kiev e Chernihiv, gli ucraini distruggono molti mezzi russi e causano la perdita di centinaia di unità di Mosca.

Anche sul fronte orientale quindi la situazione può considerarsi, sul finire del mese di marzo, in una fase di stallo. I russi non hanno la forza per raggiungere i confini orientali della città di Kiev, gli ucraini non hanno invece concrete possibilità di contrattacco.

La fine dell'assedio

Il 30 marzo 2022 a Istanbul si tiene una delicata e importante riunione tra due delegazioni russe e ucraine. L’incontro è organizzato e voluto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il quale ben presto subito dopo l’inizio delle ostilità si erge quale principale mediatore tra le parti. Il governo di Ankara ha infatti sì condannato l’azione russa, ma non ha aderito alle sanzioni contro Mosca promosse invece dagli altri Paesi della Nato.

Il vertice termina con una fumata nera, anche se trapelano alcuni passi avanti nelle trattative. Quel giorno stesso il ministero della Difesa russo annuncia un “riposizionamento” delle proprie truppe impegnate nelle operazioni in Ucraina. In particolare, i soldati presenti nell’area di Kiev vengono dislocati nella regione del Donbass, da questo momento in poi principale obiettivo del Cremlino. Si tratta nei fatti di un integrale ritiro dall’area attorno a Kiev.

Difficile dire se questa mossa dipenda o meno dall’incontro di Istanbul, l’unica cosa certa è che dal 30 marzo iniziano le operazioni volte a riportare le truppe russe in territorio russo per assegnare poi ai vari reparti le nuove missioni nel Donbass. Per Mosca, come detto, si tratta di un semplice riposizionamento. Per Kiev invece si vero e proprio ritiro e di una grave battuta d’arresto del Cremlino.

Nei giorni successivi tutte le località a nord, a ovest e a est di Kiev in mano ai russi vengono abbandonate. Entro la prima decade di aprile i reparti ucraini possono quindi rientrare nelle cittadine perdute durante il primo mese di guerra. Termina così l’assedio della capitale ucraina. Tra aprile e maggio molti tra coloro che erano scappati in precedenza fanno rientro nelle proprie case, in città molte attività riaprono e il conflitto viene temuto quasi unicamente soltanto quando nella regione di Kiev risuonano gli allarmi per possibili attacchi aerei.

Le notizie relative alle fosse comuni

Subito dopo il ritiro russo i media ucraini danno conto del ritrovamento di diversi corpi abbandonati all’interno di alcune fosse comuni, soprattutto nell’area nord occidentale di Kiev. Secondo il governo ucraino, si tratta della principale testimonianza del comportamento russo durante l’assedio della capitale. Mosca invece nega ogni accusa e punta il dito contro una possibile propaganda da parte di Kiev.

Cosa è successo a Bucha? 

Fosse comuni vengono ritrovate sia all’interno di alcune cittadine che nei boschi dove per oltre un mese si è combattuto. La località simbolo del ritrovamento delle fosse comuni è quella di Bucha: qui diversi corpi vengono scoperti dietro una delle più grandi chiese cittadine, attirando anche un’inchiesta del New York Times. Ritrovamenti del genere avvengono anche a Irpin e Borodyanka.

Attualmente sono in corso delle inchieste da parte della procura generale di Kiev, ma sono diversi anche gli investigatori internazionali giunti in Ucraina per approfondire la vicenda.

Il raid del 10 ottobre 2022

Dopo mesi di relativa calma nella capitale ucraina, Kiev torna a essere nel mirino dei russi la mattina del 10 ottobre 2022. Poco prima dell’alba, le prime allerte aree annunciano ai cittadini l’inizio di una delle giornate più difficili per la città. Diverse le esplosioni che questa volta riguardano soprattutto il centro. Mai prima di allora i quartieri limitrofi alle zone governative risultano così pesantemente attaccati. Un missile cruise, probabilmente sparato dalla flotta russa del Mar Nero, colpisce un’area a metà strada tra il palazzo presidenziale di via Bankova e la sede dei servizi segreti.

Un altro ordigno invece distrugge parzialmente il Glass Bridge. Si tratta del ponte pedonale situato in uno dei parchi del centro della capitale. Possibile che quest’ultimo attacco costituisca in qualche modo un segnale per il governo ucraino: pochi giorni prima infatti, precisamente l’8 ottobre, un sabotaggio attribuito dai russi all’intelligence ucraina danneggia pesantemente il Ponte di Kerch, in Crimea. L’opera è considerata da Mosca strategica: è l’unico collegamento via terra tra la penisola e la federazione, nonché simbolo stesso dell’annessione del territorio della Crimea.

Alla luce di ciò, il bombardamento del 10 ottobre, che colpisce Kiev e altre città dell’Ucraina sia a ovest che a est, può essere visto come una rappresaglia del Cremlino per il sabotaggio del Kerch. A fine giornata la capitale ucraina conta almeno 11 vittime. Diversi gli edifici distrutti, i servizi di emergenza rilevano 30 incendi in tutta l’area urbana. Colpite anche centrali elettriche e danneggiato inoltre il tetto della stazione centrale. Per Kiev il 10 ottobre rappresenta un ritorno ai primi mesi di guerra, con i cittadini costretti per ore a stare nei rifugi e successivamente a iniziare la corsa nei supermercati e nei distributori di carburante per accaparrarsi le provviste.

Kiev al buio

Il raid del 10 ottobre non è l’unico che coinvolge la capitale ucraina negli ultimi mesi del 2022. Più volte Kiev deve far fronte ad allarmi aerei, così come anche all’incursione di droni. La novità, rispetto alle fasi iniziali del conflitto, riguarda proprio l’uso da parte dei russi degli aerei senza pilota per colpire specifici obiettivi in periferia e in centro. Si tratta il più delle volte di droni di fabbricazione iraniana, girati da Teheran prima della guerra. Almeno stando alla versione fornita dai vertici della Repubblica Islamica.

Non solo, ma tra novembre 2022 e gennaio 2023, i bombardamenti riguardano diverse infrastrutture elettriche sia di Kiev che dell’intera Ucraina. Si calcola che più della metà delle centrali presenti nel Paese sono soggette a danni parziali o totali. Il risultato è che il governo viene costretto a razionare l’erogazione di energia elettrica. La stessa capitale è al buio. Le immagini della metropoli senza luce per le strade e con i grattaceli spenti fanno il giro del mondo.

Il pericolo maggiore riguarda la mancanza di riscaldamenti nel momento in cui l’inverno avanza e le temperature scendono costantemente sotto lo zero. Le autorità locali forniscono in questo periodo elettricità per sole due ore al giorno. La guerra quindi, con tutti i suoi effetti più deleteri, continua a farsi sentire anche a Kiev e anche dopo l’allontanamento del fronte. MAURO INDELICATO

La battaglia di Kherson, spiegata. Mauro Indelicato il 17 febbraio 2023 su Inside Over.

La battaglia di Kherson ha luogo nell’ambito della guerra russo-ucraina del 2022. Si sviluppa all’interno e attorno la città di Kherson, capoluogo dell’omonimo oblast e situata in una zona strategica tra la foce del fiume Dnepr e il Mar Nero. La battaglia è nota per aver dato ai russi la prima città capoluogo nella loro avanzata in territorio ucraino. Per gli ucraini, la battaglia risulta importante per le sorti militari e politiche delle regioni meridionali e della città di Odessa.

Il contesto della battaglia di Kherson

L’oblast’ di Kherson è situato in uno dei punti più nevralgici dell’Ucraina. Qui passa l’estuario del Dnepr, il quale si getta poi sul Mar Nero. Non solo, ma poco più a sud vi è il confine con la Crimea. Una linea di frontiera diventata molto calda da quando, a partire dal 2014, la Russia ha annesso la penisola. Inoltre a ovest di Kherson sono situate tutte le principali infrastrutture per collegare la Crimea e le regioni sud orientali dell’Ucraina con Odessa.

L’intera area risulta quindi strategica sia per i russi che per gli ucraini. Per i primi appare essenziale prenderla, per i secondi invece è vitale difenderla. Mosca, nell’avviare le operazioni militari nella regione, punta anche sulla nomina di città russofona di Kherson. Molti dei suoi trecentomila abitanti infatti parlano regolarmente il russo e, assieme alle regioni di Odessa e Mykolaiv, l’area di Kherson è tradizionalmente collocata nella parte russofona dell’Ucraina, unendosi idealmente con il Donbass e l’est del Paese.

Una circostanza però che non determina, nel corso delle fasi più delicate della battaglia, un’unanime accondiscendenza per il passaggio della regione al definitivo controllo russo. Anzi, proprio la risposta della popolazione alle prime operazioni di Mosca nell’area risulta in futuro una delle variabili maggiormente sottovalutate dal Cremlino tanto a Kherson quanto in altre aree dell’Ucraina.

L'inizio della battaglia

Nella notte del 24 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin in un discorso televisivo annuncia il via libera all’operazione militare in Ucraina. La regione di Kherson è una delle prime a essere bersagliate. Già prima dell’alba vengono segnalate numerose incursioni aeree e diversi bombardamenti missilistici.

Ma nelle prime ore del conflitto si registrano anche primi interventi russi con le truppe di terra. I soldati, in particolare, entrano dalla Crimea e si dirigono subito verso il Dnepr. Alla fine della prima mattinata di guerra, i soldati di Mosca riescono a occupare la strategica località di Nova Kachovka. Si tratta di uno snodo strategico: situata sulle rive del Dnepr, avanzando a est è possibile raggiungere facilmente Melitopol e quindi la regione di Mariupol, mentre andando verso ovest si entra nell’hinterland di Kherson.

Così come ammesso dallo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la sera del 24 febbraio i russi sono alle porte di Kherson e le truppe di Kiev stanno cercando di respingere l’assalto. Epicentro di questa prima fase della battaglia è il ponte Antonovskiy, struttura che permette di attraversare il Dnepr ed entrare nell’area urbana di Kherson. Nella notte tra il 24 e il 25 febbraio, il ponte è rivendicato dai russi e Mosca sembra avere gioco facile per entrare definitivamente nella città contesa.

Tuttavia è proprio in quest’area che si hanno le prime sorprese. La resistenza dei soldati ucraini è molto forte e il mattino seguente le truppe di Kiev riprendono in mano la struttura. Forse è questa la fase più cruenta della battaglia ed è questo il primo vero episodio di scontro frontale tra le parti nell’arco dell’intero conflitto. Sul campo restano decine di vittime sia tra gli ucraini che tra i russi, nonché una distesa di mezzi e carri armati distrutti. Il ponte passa di mano varie volte tra il 25 e il 26 febbraio. Il sindaco di Kherson, Ihor Kolykhaiev, annuncia nella sera del 26 che i russi sono costretti a un ripiegamento per via delle difficoltà incontrate nella periferia sud della città.

2 marzo 2022: l'arrivo dei russi

A guidare la resistenza dell’esercito ucraino è la 59esima brigata motorizzata, contrapposta dall’altro lato alla 58esima armata combinata russa. Mosca qui schiera anche la settima divisione d’assalto aereo delle guardie di montagna. Lo scontro continua a essere duro, ma la svolta si ha il 27 febbraio, quando i russi dichiarano di aver oltrepassato il Dnepr.

Quello stesso giorno, da Mosca il ministero della Difesa fa sapere di aver circondato Kherson e di aver preso l’aeroporto internazionale. Il 28 febbraio anche le autorità ucraine confermano l’accerchiamento della città. Nei giorni successivi, le truppe russe avanzano lungo la tangenziale e occupano i principali punti di accesso verso il centro cittadino.

L’impressione è che la resistenza ucraina è concentrata soprattutto lungo il Dnepr e nella periferia. Una volta oltrepassate le difese di Kiev in questi punti, i russi riescono a dilagare fino a mettere una seria ipoteca sulla presa di Kherson.

E infatti il 2 marzo le prime avanguardie delle truppe russe vengono avvistate in piazza Svobody, nel cuore della città. All’interno del centro urbano si sparano pochi colpi. A differenza di Bucha, Irpin, Mariupol e altre città ucraine di lì a breve coinvolte nelle battaglie urbane, Kherson non subisce gravi danni e le sue infrastrutture appaiono integre.

Sui social diversi cittadini rintanati a casa mostrano il passaggio di truppe russe nelle vie principali. La sera del 2 marzo è lo stesso sindaco Kolykhaiev ad ammettere la caduta di Kherson che, in questa maniera, diventa il primo capoluogo di regione dell’Ucraina a essere in mano russa.

Le manifestazioni contro la presenza russa

Come detto, nonostante una presenza importante di russofoni nel territorio di Kherson, la gente non accoglie con molto favore l’arrivo dei soldati russi. Difficile dire in che modo è divisa l’opinione pubblica in città. Non ci sono riscontri ufficiali, né dati plausibili. L’unica cosa certa è che, a livello generale, non ci sono scene di parate e accoglienze calorose in favore dei soldati russi.

Molte delle informazioni che dal 2 marzo trapelano da Kherson sono foraggiate dalla propaganda di entrambe le parti. I russi presentano infatti come un proprio successo il ritorno a una certa normalità della situazione, mostrando parchi pieni di cittadini e scuole e uffici nuovamente riaperti. Dall’altro lato però, gli ucraini sottolineano la costante presenza, soprattutto nelle prime settimane di occupazione, di manifestanti in piazza. Per Mosca si tratta di una sparuta minoranza, per Kiev invece del segno della resistenza popolare anti russa.

Le proteste sono documentate soprattutto sui social. A marzo quasi ogni giorno vanno in scena manifestazioni di persone che espongono la bandiera ucraina, contrapposta invece a quella russa issata sugli edifici pubblici e a quella della vittoria nella seconda guerra mondiale esposta in occasione della festa del 9 maggio. In almeno un’occasione i manifestanti hanno intonato l’inno ucraino difronte a schieramenti di truppe russe che, per risposta, hanno invece fatto risuonare in filodiffusione l’inno russo.

Con il passare delle settimane il numero delle manifestazioni risulta diminuito. Tuttavia all’interno di Kherson, così come segnalato dai servizi di intelligence britannici e degli Stati Uniti, sarebbero attivi gruppi di sabotatori ucraini. Si tratta di cellule fedeli a Kiev, attivate per colpire membri della nuova amministrazione filo Mosca o soldati russi stanziati nel territorio occupato. Si ha notizia, da marzo in poi, di alcuni episodi verosimilmente attuati da sabotatori ucraini. Il più grave dei quali riguarda l’uccisione, a seguito di un’esplosione avvenuta il 7 settembre, del colonnello russo Atem Bardin.

La nuova amministrazione pro Mosca

Tra scene di normalità e manifestazioni pro Kiev, i comandi militari russi si muovono per dare a Kherson un’amministrazione politicamente legata al Cremlino. Il 18 aprile da Mosca arriva la designazione di Igor Kastyukevich quale nuovo sindaco della città, anche se il diretto interessato nega l’incarico ricevuto. Il 22 aprile invece si insedia quale nuovo governatore Volodymir Saldo, pochi giorni dopo viene annunciata invece la designazione di Oleksandr Kobets come nuovo sindaco facente funzioni.

L’obiettivo principale delle nuove amministrazioni pro Mosca è l’organizzazione di un referendum in grado di sancire l’annessione di Kherson alla federazione russa. Per preparare l’intera regione a questa chiamata elettorale, vengono prese nel frattempo alcune decisioni volte ad agganciare sempre più il destino di Kherson alla Russia. Da maggio ad esempio circola il Rublo, ossia la moneta della federazione, che sostituisce la Grivnia ucraina.

Tra maggio e giugno le utenze telefoniche e la linea internet vengono agganciate alle infrastrutture russe, così come iniziano a essere rilasciati i passaporti russi. Diversi cittadini ottengono la cittadinanza della federazione, altro modo per provare a rendere indelebile il passaggio di Kherson a Mosca.

Il referendum di Kherson

In un primo momento si parla di aprile o di maggio come data per tenere un referendum di annessione alla Russia. Il modello, seppur differente per modalità e per situazioni, non sarebbe così diverso da quello applicato in Crimea. Ossia far arrivare direttamente dai cittadini la legittimazione per l’annessione a Mosca.

Il referendum viene organizzato tra il 23 e il 27 settembre. Kiev non riconosce il voto e lo considera solo uno strumento pilotato dalla Russia per legittimare l’occupazione. Anche gran parte della comunità internazionale non dà rilevanza politica al referendum. Ad ogni modo, il Cremlino il 29 settembre rende nota la vittoria del Sì all’annessione e, il giorno successivo, è Vladimir Putin ad annunciare il passaggio di Kherson alla federazione russa assieme alle altre province dell’Ucraina occupate.

Lo stallo estivo

La battaglia di Kherson però non termina con la conquista russa della città. Dopo il ritiro delle proprie forze, Kiev si dice convinta di poter recuperare il territorio. Si organizza così una più solida linea difensiva a ovest del centro urbano, lungo la strada per Mykolaiv. Quest’ultima diventa a sua volta un’altra città strategica, considerata infatti la vera e propria porta verso Odessa. L’esercito ucraino quindi ha un duplice obiettivo nella regione: impedire l’avanzata dei russi verso Mykolaiv e iniziare ad allestire il piano per una controffensiva verso Kherson.

In un primo momento le forze di Mosca sembrano poter procedere verso Mykolaiv, ma l’avanzata viene effettivamente bloccata dagli ucraini. Un colpo molto duro per le ambizioni russe nell’area è inferto il 23 marzo, quando le forze di Kiev lanciano missili contro l’aeroporto militare di Kherson, distruggendo una grande quantità di mezzi russi. Mosca quindi è costretta a fermare o comunque ridimensionare le proprie velleità.

Il fronte rimane in una fase di stallo per diverse settimane. Ad aprile gli ucraini rivendicano una prima avanzata verso Kherson. In particolare, il 23 aprile l’esercito di Kiev annuncia la riconquista di otto località nell’oblast’ di Kherson. Il fronte viene spostato verso la città occupata, facendolo definitivamente allontanare da Mykolaiv.

La linea di contatto tra i due eserciti rimane immobile per tutta l’estate. Sul finire del mese di agosto, l’esercito ucraino fa sapere di aver messo a punto le strategie per iniziare una controffensiva. Gli attacchi partono effettivamente i primi giorni di settembre, ma appaiono concentrati su alcuni specifici obiettivi locali. In realtà, la vera controffensiva ucraina ha luogo negli stessi giorni lungo il fronte di Kharkiv, dove Kiev riesce ad avanzare recuperando diverse aree andate perse tra marzo e aprile. A Kherson invece la situazione al momento è quasi immutata. Si registrano diversi scontri tra le parti, ma le variazioni territoriale sono poco significative.

La controffensiva ucraina

La svolta definitiva avviene il 4 ottobre. Penetrando dal settore nord occidentale dell’oblast’ di Kherson, le forze ucraine riescono a sfondare le difese russe. Mosca nella parte attaccata da Kiev è in evidente inferiorità numerica e le truppe presenti sul campo possono solo pensare a un’ordinata ritirata. Nel giro di poche ore, gli ucraini guadagnano terreno e si spingono per diversi chilometri in profondità costeggiando la riva occidentale del Dnestr. C’è un dettaglio politico non secondario da considerare nel valutare la nuova avanzata degli uomini agli ordini di Zelensky: appena quattro giorni prima infatti, al Cremlino si era svolta la cerimonia di annessione dell’intero oblast’ di Kherson alla Russia, assieme a quelli di Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk.

Dunque, per la prima volta le truppe di Kiev si spingono in profondità in un territorio considerato unilateralmente da Mosca come parte integrante della federazione. A livello internazionale, l’annessione non viene riconosciuta e dunque le operazioni ucraine vengono legittimate come parte dei tentativi per recuperare la sovranità nelle zone occupate.

La prima spinta ucraina da nord si esaurisce dopo qualche giorno, ma produce significative avanzate all’interno del distretto di Beryslav. Nel frattempo la pressione ucraina aumenta anche da ovest, con le truppe che spingono dalla direzione di Mykolaiv. Mosca intuisce che la difesa della città di Kherson non può durare a lungo. Con l’avanzata delle forze di Kiev non si hanno infatti grossi scontri, segno di come dal Cremlino venga messa in conto la possibilità di ordinare un ritiro definitivo dalla zona evitando battaglie in grado di debilitare ulteriormente l’esercito russo.

Il 10 novembre, il ministro della Difesa Sergej Shoigu annuncia da Mosca l’ordine di ritiro da Kherson. Il giorno dopo, truppe russe vengono avvistate in ponti provvisori realizzati dall’esercito sul Dnepr. In questo modo, le forze di Mosca presenti in città oltrepassano il fiume e lasciano il territorio. Il giorno dopo, gli ucraini entrano in città e Kherson viene considerata ufficialmente nelle mani di Kiev.

Kherson dopo il ritiro russo

In città però la guerra non è finita. Dalla sponda in cui si sono ritirati, i russi lanciano diversi attacchi con colpi di artiglieria causando ulteriori danni agli edifici e pericoli per l’incolumità delle persone. Inoltre, anche Kherson è soggetta ai disagi derivanti dalla distruzione di diverse infrastrutture energetiche causate dai bombardamenti attuati in quelle settimane in tutta l’Ucraina. Le strade sono al buio, la distribuzione di luce e acqua è razionata, i cittadini temono di dover affrontare il grande gelo invernale senza riscaldamenti.

Ad ogni modo, sotto il profilo prettamente militare, Kherson è saldamente in mano alle forze ucraine e i russi al di là del fiume non sembrano avere la possibilità di attuare un contrattacco. MAURO INDELICATO

La battaglia di Mariupol, spiegata. Mauro Indelicato il 18 febbraio 2023 su Inside Over.

La battaglia di Mariupol è inquadrata all’interno del conflitto russo-ucraino scoppiato il 24 febbraio 2022. Ha per teatro la città di Mariupol, importante scalo portuale sul Mar d’Azov all’interno dell’oblast di Donetsk. I combattimenti vanno avanti dal primo giorno di guerra fino al 21 maggio, quando Mosca dichiara la città integralmente nelle proprie mani. Oggi Mariupol è controllata da forze russe e filorusse.

Il contesto della battaglia di Mariupol

Quando il 24 febbraio scatta l’operazione russa in Ucraina, si intuisce subito come Mariupol appaia uno degli obiettivi più importanti per il Cremlino. I motivi sono tanti. In primo luogo, la città (di quasi mezzo milione di abitanti) si trova all’interno dell’oblast di Donetsk e dunque in un territorio rivendicato dalla Repubblica Popolare di Donetsk (Dpr), l’entità filorussa autoproclamatasi indipendente dall’Ucraina durante i moti del 2014.

In secondo luogo, Mariupol è un importante centro portuale situato sul Mar d’Azov. Per Mosca quindi prendere lo scalo significa dominare l’intero specchio d’acqua a est della penisola di Crimea. Infine, la città viene storicamente identificata come “russofona”. Tanto è vero che proprio nel 2014 più volte passa di mano tra l’esercito ucraino e i combattenti filorussi della Dpr.

In quell’anno, a seguito delle rivolte di Piazza Maidan a Kiev e dell’insediamento nella capitale ucraina di un governo filo-occidentale non favorevole al mantenimento del bilinguismo russo-ucraino nell’est, a Donetsk e Lugansk vanno in scena contromanifestazioni sfocianti per l’appunto nella creazione delle repubbliche autoproclamate. Proteste del genere vanno in scena anche a Mariupol, lì dove per l’appunto il controllo del territorio varia più volte tra esercito regolare e milizie filorusse.

Alla fine però Kiev riesce a mantenere la città sotto la propria ala. Questo grazie anche al supporto di un gruppo di combattenti, provenienti dai settori più estremisti della destra nazionalista, che inizia a farsi riconoscere con il nome di “Battaglione Azov”. Dal 2014 in poi il gruppo stanzia la sua sede proprio a pochi passi da Mariupol. E forse è questo un quarto motivo per cui la Russia vuole concentrare, nell’operazione iniziata nel febbraio 2022, le sue forze in questo angolo di Mar d’Azov.

Cos’è il Battaglione Azov

Negli otto anni che separano gli eventi del 2014 dalla guerra del 2022, Mariupol appare in continua mutazione. La città di fatto diventa confine dei possedimenti ucraini del Donbass, visto che la linea di contatto proclamata con il cessate il fuoco e con i successivi accordi di Minsk siglati tra il 2014 e il 2015 passa proprio a pochi passi dalla periferia di Mariupol. Molte famiglie russofone emigrano altrove, cambiando quindi anche la composizione etnica e linguistica. In poche parole, la città diventa un bastione di Kiev nell’est del Paese.

L'inizio delle operazioni russe in Ucraina

Non c’è quindi sorpresa nel constatare che, a poche ore dal discorso della notte del 24 febbraio 2022 con cui il presidente russo Vladimir Putin dà il via libera all’attacco contro Kiev, i primi bombardamenti riguardano proprio Mariupol. Si ha anche notizia di un possibile sbarco anfibio di unità russe, circostanza però smentita durante il primo giorno di guerra.

Mosca si muove comunque in Ucraina sia a nord che a sud. Nelle regioni settentrionali entra dalla Bielorussia, in quelle meridionali dalla Crimea. Su quest’ultimo fronte, molte unità sembrano puntare verso Melitopol e verso quindi le coste del Mar d’Azov. Oltre che per i bombardamenti, i cittadini di Mariupol avvertono di essere nel mirino delle operazioni militari anche per via dei primi movimenti delle truppe russe in territorio ucraino.

Le avanzate di Mosca e dei soldati della Dpr

La mattina del 24 febbraio le truppe del Cremlino entrate dalla Crimea conquistano la cittadina di Nova Kachova, lungo le sponde del Dnepr. Nel giro di poche ore appare chiaro come l’intenzione russa sia quella di dilagare dirigendosi verso est. A inizio marzo i soldati inviati dal Cremlino controllano Melitopol e avanzano verso Berdyansk, altro porto importante ad appena 30 km da Mariupol.

Contestualmente, primi movimenti si hanno anche a est e a nord della città portuale. Il leader della Dpr, Denis Pushilin, il primo marzo rende noto che alcuni reparti dell’esercito dell’autoproclamata repubblica filorussa avanzano verso Volnovakha, cittadina a nord di Mariupol. La località, nel giro di pochi giorni, viene circondata e conquistata. Si tratta di un episodio forse decisivo per le sorti della battaglia: perdendo Volnovakha, le difese ucraine attorno Mariupol iniziano a cedere e russi e filorussi possono seriamente pensare di attaccare il centro urbano, adesso a portata di artiglieria. Per questo la battaglia di Volnovakha appare molto cruenta: molti cittadini sono costretti a fuggire, altri sono morti e gran parte delle abitazioni al termine dei combattimenti sono distrutte.

Intuendo l’imminenza della battaglia per Mariupol, centinaia di persone provano a scappare. Le strade però sono blindate. Diverse testimonianze sui social riportano l’impossibilità di andare via dalla città e il nervosismo soprattutto dei membri del Battaglione Azov nei posti di blocco organizzati alle porte di Mariupol.

I bombardamenti su Mariupol

A contribuire all’aumento della tensione sono i continui raid sulla città. I russi bombardano per via aerea e con l’avanzata nelle campagne attorno Mariupol anche con l’artiglieria. Sui social nei primi giorni di marzo si leggono testimonianze relative a continui bombardamenti, i quali oltre a mettere paura provocano danni e morti.

E infatti la situazione umanitaria peggiora rapidamente. Il sindaco di Mariupol, Vadym Boichenko, denuncia carenze nell’erogazione dei servizi essenziali, il tutto a causa del danneggiamento di condotte idriche e di impianti di energia elettrica. Molte famiglie rimangono al buio e senza riscaldamenti, fatto grave considerando che a inizio marzo le temperature sono ancora rigide e la neve imperversa tra le strade di Mariupol.

Da Mosca i vertici della difesa sottolineano di colpire unicamente obiettivi militari. Il 9 marzo però avviene il primo grave episodio legato ai raid sulla città. In particolare, viene bombardato e distrutto l’ospedale pediatrico. Secondo le autorità ucraine, l’esplosione provoca decine di vittime soprattutto tra le donne e i bambini ricoverati al suo interno. L’episodio ha un volto simbolo, quello di Marianna. Quest’ultima viene presentata dai video rilanciati dagli ucraini come una donna in procinto di partorire ferita a seguito del raid. Viene filmata mentre, con il volto tumefatto, scende le scale aiutata dai soccorritori.

La donna viene data per morta alcuni giorni dopo. In realtà Marianna, una influencer e blogger prima della guerra, poi riappare sia nelle tv ucraine che in quelle russe. Per Mosca la sua storia risulta manipolata da Kiev per fini propagandistici. La difesa russa sostiene come in realtà l’ospedale preso di mira già da giorni risulta evacuato e trasformato in una base militare del Battaglione Azov. La stessa Marianna riappare in un’intervista diffusa da canali filorussi alcuni giorni dopo e dichiara di aver visto trasformare la struttura in un obiettivo militare. Di certo la donna, probabilmente oggi rifugiata in un’area controllata dai separatisti filorussi, rimane invischiata in un gioco propagandistico molto più grande di lei.

I bombardamenti intanto proseguono in tutto il territorio di Mariupol. Il 12 marzo viene centrato dalle bombe il teatro di arte drammatica. Si tratta di una delle strutture più emblematiche e storiche di Mariupol, in quel momento usato come rifugio. Per le autorità ucraine quando il teatro viene raggiunto dal raid al suo interno ci sono almeno mille persone e le vittime potrebbero essere 600. Per Mosca invece i rifugiati si trovano in un sotterraneo non raggiunto dai crolli. Anche in questo caso è difficile accertare la verità.

Ad ogni modo, episodi come quelli narrati denotano una città in preda alla guerra e devastata già nelle prime settimane di conflitto. Scarseggiano i generi di prima necessità, gli ospedali non riescono a lavorare a pieno regime, nella gran parte delle case mancano acqua e riscaldamento, i rifugi sono ricavati in località di fortuna.

La gente è in preda al panico e alla disperazione in molti distretti. I primi contatti diretti tra delegazioni russe e ucraine danno il via libera a corridoi umanitari per evacuare i civili. Vengono aperte le strade dirette a Zaporizhzhia per far confluire verso lì i profughi, ma spesso i bus preposti alle evacuazioni sono costretti a rimanere fermi. Con un successivo rimpallo di responsabilità per il fallimento di molti dei corridoi organizzati. Kiev accusa Mosca di voler portare i rifugiati in territorio russo, dal canto suo il Cremlino accusa il Battaglione Azov di voler usare i civili come scudi umani.

Le prime avanzate russe in città

Entro la prima decade di marzo, a seguito delle avanzate russe e filorusse sia a ovest che a nord di Mariupol, la città portuale risulta assediata. I combattenti ucraini al suo interno sono lontani e scollegati dal resto dei reparti di Kiev. L’assedio vero e proprio inizia il 18 marzo, quando le forze di Mosca conquistano l’aeroporto. Da allora in poi si assiste a un costante avvicinamento delle truppe russe verso il centro.

Il 23 marzo la guerra arriva nei distretti centrali di Mariupol e dunque all’interno della cinta urbana della città. Tanto è vero che in quello stesso giorno il sindaco Boichenko viene evacuato assieme agli altri membri dell’amministrazione cittadina. La battaglia urbana per la presa di Mariupol è oramai cominciata.

Le forze schierate in campo a Mariupol

Sul versante ucraino combattono diversi reparti dell’esercito regolare, così come gruppi di volontari e, come detto, una corposa rappresentanza del Battaglione Azov. Kiev per difendere Mariupol schiera sul campo la 36esima Brigata fanteria di marina “Contrammiraglio Michajlo Bilyns’kyj”, il 501esimo Battaglione di Fanteria di Marina, così come reparti della polizia militare. In totale, le forze armate ucraine dispongo di almeno 3.500 effettivi. A questi si aggiungono 800 combattenti del Battaglione Azov e altri 300 tra volontari e miliziani.

Dall’altro lato, la Russia invia verso Mariupol almeno 14.000 soldati dell’esercito regolare, tra forze terrestri, truppe aviotrasportate e membri della guardia nazionale. Presenti nel contesto della battalia urbana anche membri della compagnia privata Wagner. A Mariupol a combattere ci sono però anche i ceceni. Il gruppo agli ordini del leader ceceno Ramzan Kadyrov è presente con decine di unità in città, le quali appaiono molto motivate e hanno una maggiore abitudine, rispetto alle forze regolari russe, alla battaglia urbana. I ceceni inoltre sono molto attivi sui social: specialmente su Telegram, pubblicano quotidianamente immagini e video dei combattimenti. Infine, a supportare l’azione russa ci sono ovviamente i soldati dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk. Le unità presenti a Mariupol sarebbero 1.500.

I combattimenti in centro

La prima svolta nella battaglia urbana si ha il 29 marzo. L’avanzata di russi e filorussi nei quartieri centrali di Mariupol, determina quel giorno la separazione in due sacche dei territori ancora in mano ucraina. Le forze di Kiev, già assediate e impossibilitate a ricevere rifornimenti, adesso faticano a comunicare tra loro e sono separate dalle avanguardie russe.

Il 2 aprile, con la conquista da parte di Mosca dell’edificio che ospita la sede dei servizi segreti ucraini a Mariupol, viene ritenuta conclusa la battaglia nel centro storico. Prosegue però nelle altre parti della città. I combattimenti sono letteralmente casa per casa. Spesso sono i ceceni ad assaltare gli edifici più alti, da cui poter avere il controllo del fuoco nelle vie circostanti. Si va avanti così in ogni ora del giorno, si combatte anche in piena notte.

Con il centro di Mariupol ormai in mano russa, le sorti della battaglia appaiono segnate. Il 4 aprile si ha la resa del 501esimo Battaglione di Fanteria Marina, con almeno 267 soldati ucraini che depongono le armi e si consegnano ai russi. Il 7 aprile inizia l’avanzata russa all’interno del porto. A cadere per prima è l’area dove sono ormeggiati i pescherecci. Al 10 aprile la situazione è la seguente: circa l’80% di Mariupol è in mano a Mosca, gli ucraini sono concentrati adesso all’interno di tre sacche. La prima è quella situata nella zona portuale, c’è poi quella dove sono presenti i soldati della 36esima brigata di fanteria marina, guidata dal colonnello Baranyuk, corrispondente all’area dell’acciaieria Illich. Infine ci sono i combattenti del Battaglione Azov all’interno dell’acciaieria Azovstal, comandati da Denys Prokopenko.

Nella notte tra l’11 e il 12 aprile, il colonnello Baranyuk prova a rompere l’assedio dell’acciaieria Illich, il tentativo però viene stroncato dai russi. Molti membri della sua brigata periscono oppure vengono catturati, altri si arrendono. In pochi riescono a raggiungere i membri dell’Azov nell’acciaieria Azovstal. Poche ore dopo più di mille marines della 36esima brigata si arrendono e le truppe russe possono quindi conquistare la Illich.

A questo punto, le sacche in mano agli ucraini sono due: quella riguardante l’area portuale e quella situata nell’acciaieria Azovstal.

21 aprile: Mosca dichiara caduta Mariupol

Il 13 aprile fonti della Dpr danno per conquistata l’area commerciale del porto, mentre il 18 aprile l’intero scalo risulta nelle mani russe e filorusse. Il 21 aprile il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, incontra al Cremlino il presidente della federazione russa Vladimir Putin. Nel corso del colloquio il numero uno della difesa rende conto degli aggiornamenti relativi ai combattimenti a Mariupol.

Vladimir Putin dichiara conquistata la città, dando ordine alle truppe di sorvegliare l’area attorno l’acciaieria Azovstal, ultima sacca controllata dagli ucraini. Il presidente russo decide quindi di evitare nuovi combattimenti, considerando la possibilità molto forte di perdere unità all’interno dell’impianto industriale e tenendo conto di come il resto della città è oramai nelle mani di Mosca. I russi puntano inoltre sulla difficoltà degli ultimi combattenti ucraini di ricevere rifornimenti e munizioni.

La resistenza all'interno dell'acciaieria Azovstal

Tuttavia la mancata resa delle forze di Kiev relegate e rinchiuse dentro Azovstal non spegne del tutto la battaglia. All’interno dello stabilimento sono presenti soprattutto i membri del Battaglione Azov, oltre che i marines della 36esima brigata riusciti ad uscire dalla Illich. Il loro intento è quello di non consegnarsi alle forze russe. Dentro l’area industriale sono presenti anche i civili.

Viene invocata a più riprese una mediazione internazionale per garantire l’evacuazione tanto dei civili, quanto dei combattenti. Sono pochi i rifornimenti a disposizione, sia in termini militari che sanitari e alimentari. Si ha notizia di soldati feriti morti per mancanza di cure e di altri in grave pericolo di vita per lo stesso motivo.

Per tutto il mese di maggio vanno avanti importanti contrattazioni tra le parti, mediate soprattutto da Turchia e Nazioni Unite. L’episodio relativo all’assedio dell’acciaieria Azovstal è destinato a diventare uno dei più emblematici della guerra in Ucraina.

La fine della battaglia di Mariupol

I primi giorni di maggio non sono contrassegnati soltanto dalle trattative, mediate anche dalle Nazioni Unite, per l’evacuazione dello stabilimento. Sono segnalate infatti importanti schermaglie attorno l’area di Azovstal. Probabilmente si tratta di tentativi russi di mettere pressione sugli ultimi combattenti ucraini, al fine di accelerarne la resa.

Si ha notizia però anche delle prime evacuazioni di civili. Diversi gruppi vengono fatti uscire, con l’ausilio della Croce Rossa internazionale inviata sul posto. All’interno dell’acciaieria ci sono diversi gruppi di cittadini che qui trovano rifugio già dai primi giorni di bombardamenti, così come parenti e mogli dei soldati. Alla fine, così come redatto dai vari report della stessa Croce Rossa e delle autorità ucraine, gli ultimi civili vengono fatti uscire il 6 maggio.

Da Kiev intanto si prende atto della situazione considerata oramai compromessa a livello militare. Il 5 maggio, così come riportato da diverse fonti governative, è lo stesso presidente Zelensky a dare ordine di resa “qualora le circostanze dovessero renderla inevitabile”. Tuttavia i vertici del Battaglione Azov rifiutano qualsiasi ipotesi relativa al deporre le armi.

Le trattative vanno comunque avanti e il 16 maggio arriva la svolta definitiva che sancisce di fatto la fine della battaglia di Mariupol. C’è l’ordine da parte dei comandi ucraini di uscire da Azovstal. Kiev non parla ufficialmente di resa, ma di compimento della missione da parte dei difensori ucraini “i quali hanno consentito all’esercito di rafforzarsi e guadagnare tempo”. Per Mosca si tratta invece di una vera e propria resa.

L’evacuazione inizia il 16 maggio e termina cinque giorni dopo con l’uscita degli ultimi combattenti asserragliati dentro l’acciaieria, i quali vengono portati in territori controllati dalla Dpr. I russi prendono possesso dell’ultima area in mano ucraina e Mariupol viene considerata interamente conquistata da Mosca.

Difficile attualmente stabilire una stima delle vittime civili e militari. Considerando la portata degli scontri e delle distruzioni all’interno di Mariupol, è possibile azzardare cifre nell’ordine delle migliaia di unità.

Mariupol dopo la battaglia

Ad oggi, Mariupol è l’unica vera grande città conquistata da Mosca dopo il 24 febbraio 2022. Kherson, altra grande città e unico capoluogo di regione preso dalle truppe del Cremlino, è tornata sotto il controllo di Kiev nel mese di novembre. Sono diversi i video dei media russi che mostrano la situazione a Mariupol dopo la battaglia. Lì dove ci sono le macerie del teatro bombardato il 12 marzo, è stato innalzato un telo raffigurante la vecchia facciata. Forse a indicare un prossimo restauro di uno dei simboli del Donbass.

In altri video si nota la costruzione di nuovi e moderni palazzi residenziali lungo l’autostrada che collega l’aeroporto con il centro. Mostrate anche alcune scuole riaperte ed altri edifici pubblici resi agibili. Si tratta tuttavia di immagini girate da media vicini a Mosca. Chi, tra le poche testate indipendenti, è riuscito a raggiungere Mariupol è stato in grado di confermare una parte della ricostruzione già avviata. Ma, al tempo stesso, ha descritto la situazione come molto critica.

Il centro storico è ancora un cumulo di macerie, più della metà degli edifici dell’intero perimetro urbano non sono agibili e abitabili. Mancano inoltre molti servizi, mentre per rifornirsi d’acqua i cittadini sono ancora costretti a mettersi in fila in alcuni distributori oppure davanti i presidi creati dalle autorità locali. Le funzioni amministrative sono demandate ad organismi locali nominati da Mosca. Le autorità ucraine che hanno governato Mariupol fino ad aprile, sono oggi in esilio nei territori controllati da Kiev.

Il 23 gennaio è stata segnalata su diversi canali Telegram una forte esplosione non lontano dal centro di Mariupol. Secondo i media filo ucraini, si sarebbe trattato di un atto di sabotaggio. A testimonianza di come, anche dopo la battaglia, alcune cellule di sabotatori sarebbero attive nella regione. MAURO INDELICATO

La storia della battaglia di Kharkiv. Mauro Indelicato il 18 febbraio 2023 su Inside Over.

La battaglia di Kharkiv ha avuto come obiettivo la conquista della seconda città ucraina da parte dell’esercito russo, nel contesto della guerra tra Russia e Ucraina scoppiata il 24 febbraio 2022. I combattimenti hanno coinvolto la città già nelle prime ore di guerra e sono andati avanti per diversi mesi. La battaglia viene considerata conclusa solo con il contrattacco ucraino sferrato nel settembre 2022, con il quale i russi sono costretti al ritiro verso i propri confini.

L'importanza politica di Kharkiv per i russi

Kharkiv nella storia viene attraversata da diverse battaglie. L’ultima, prima della crisi del 2022, riguarda la battaglia che porta il nome di Kharkiv-Izyum combattuta durante la Seconda guerra mondiale, con l’esercito sovietico che riesce a contrapporsi a quello nazista. Anche per questo la città viene vista dai russi come tra le più importanti a livello storico e culturale.

La sua posizione la pone poi in un nodo strategico, tanto a livello militare quanto forse soprattutto a livello politico. Situata infatti ad appena 100 km dal confine con la regione russa di Belgorod, Kharkiv ha al suo interno un’importante minoranza russofona. Tanto che nel 2014, quando a seguito della rivoluzione di Maidan a Kiev si insedia un governo filo occidentale, il suo territorio sembra destinato a seguire gli oblast di Lugansk e Donetsk nella rivolta organizzata da secessionisti filorussi.

In quell’anno Kharkiv vive momenti di forte tensione, tuttavia la città rimane in mano ucraina e non si ha la prevalenza di gruppi separatisti anti Kiev. Ad ogni modo, quando da Mosca si preparano i piani per un attacco contro l’Ucraina nel 2022, Kharkiv sembra rappresentare una delle priorità degli alti comandi russi. Proprio in virtù della vicinanza al confine e della popolazione russofona al suo interno, i vertici del Cremlino sperano di vedere una flebile resistenza ucraina e poter avanzare subito verso il centro cittadino.

I primi tentativi di avanzata russa

Quando alle 3:51 del 24 febbraio 2022 il presidente russo Vladimir Putin annuncia, durante un discorso alla nazione, l’inizio di quella che viene chiamata “operazione militare speciale”, Kharkiv è tra le prime città a essere raggiunta dai bombardamenti. La popolazione viene svegliata dal rumore delle esplosioni provocate da raid che, nelle prime ore, prendono di mira soprattutto obiettivi militari situati in periferia.

All’alba nel territorio della regione di Kharkiv entrano i primi carri armati russi provenienti da Belgorod e ammassati a ridosso del confine già da diverse settimane. Mosca sembra puntare a una veloce avanzata almeno alle porte di Kharkiv. Si hanno infatti notizie di mezzi inviati dal Cremlino in prossimità della periferia nord e della periferia est al mattino del 24 febbraio.

Gli ucraini nella zona non sono colti di sorpresa, ma i comandi generali a Kiev sono alle prese con una situazione generale molto problematica dovendo fronteggiare un attacco su più fronti da parte russa. Viene però dato l’ordine, nonostante una veloce prima avanzata delle forze di Mosca, di non cedere la città e di preservarla. Se per il Cremlino prendere Kharkiv è importante a livello politico e strategico, è altrettanto vitale per Kiev evitare di perdere la seconda città ucraina e la prima capitale della vecchia Repubblica Socialista ucraina.

Tra i principali reparti ucraini in città c’è senza dubbio la 92esima Brigata meccanizzata, comandata da Pavlo Fedosenko. È lui a organizzare le prime linee di difesa a ridosso del centro urbano di Kharkiv. Gli ucraini riescono, nella giornata di sabato 26 febbraio, a ingaggiare importanti combattimenti nel villaggio di Tsyrkuny. Si tratta probabilmente della prima vera battaglia difensiva delle forze di Kiev nella regione di Kharkiv. I cronisti del New York Times arrivati nell’area descrivono scene di devastazione: si notano diverse vittime da entrambe le parti, così come mezzi corazzati distrutti e molti crateri sul terreno. Segno quindi di una battaglia molto aspra.

La giornata decisiva per questa prima fase della guerra è quella di domenica 27 febbraio. I russi spingono da nord e iniziano a spingere anche da ovest, provando ad aggirare le difese ucraine lungo la strada che attraversa i boschi in prossimità della località di Pisochyn. Il comandante della 92esima brigata intercetta però i mezzi corazzati russi, arrestando parzialmente l’avanzata.

La doppia spinta delle forze di Mosca permette comunque ai primi reparti russi di entrare a Kharkiv. Per l’intera giornata si susseguono notizie contraddittorie: da un lato fonti russe che danno per imminente la caduta della città, dall’altra però fonti ucraine che, oltre a invocare alla resistenza da parte di militari e civili, sostengono di avere ancora in mano il controllo del territorio.

Nemmeno i cittadini hanno contezza della situazione, specialmente quelli residenti a ridosso dei quartieri coinvolti dalla battaglia. Sui social spuntano video girati dagli abitanti asserragliati in casa, in cui si notano scontri strada per strada tra russi e ucraini in alcune zone della periferia. Immagini che testimoniano un primo serio tentativo di Mosca di sconfiggere nel giro di poche ore ogni resistenza. Sembra il preludio alla capitolazione delle forze ucraine locale.

In serata però arriva il dietrofront: da Kiev danno per ufficiale il respingimento dei russi lungo gli assi difensivi di Kharkiv. Il governatore della regione, Oleh Synyehubov, dichiara il 27 sera che la città è interamente in mano ucraina e che i russi penetrati nel territorio urbano sono da considerarsi respinti. Circostanza confermata il giorno successivo dal sindaco, Ihor Terekhov.

Tra raid e battaglie urbane

L’esercito ucraino riesce quindi a respingere le prime incursioni russe in centro, Kharkiv però non è risparmiata dalla guerra. Al contrario, per superare le difese di Kiev le forze di Mosca iniziano a bersagliare in modo molto pesante la città. Nei primi giorni è la periferia a essere colpita, a marzo invece anche il centro non è risparmiato.

La dimostrazione è data dal bombardamento subito dal palazzo che ospita la sede delle istituzioni regionali, nel cuore di Kharkiv. L’edificio il primo marzo viene colpito da un missile, la deflagrazione lo danneggia pesantemente e causa anche diversi feriti tra i civili. L’episodio diventa il simbolo di questa prima parte della battaglia per la seconda città ucraina, da subito considerata la più colpita dall’inizio della guerra.

I raid si susseguono giorno dopo giorno. I russi usano l’aviazione, così come i missili a media gittata e l’artiglieria nelle zone più vicine alla linea del fronte oramai consolidata poco più a nord dell’area urbana. In migliaia scappano in zone ritenute più sicure. Vengono organizzati treni e autobus per permettere alla popolazione di raggiungere Kiev e le regioni occidentali del Paese. Si calcola che almeno mezzo milione, sul milione e mezzo di abitanti dichiarati prima del conflitto, scappano da Kharkiv per le conseguenze della battaglia. Quasi un abitante su tre va via, lasciandosi dietro macerie e ansie per il futuro.

Chi rimane ogni notte è costretto a convivere con i rumori delle sirene antiaeree che risuonano costantemente. L’amministrazione comunale introduce più volte il coprifuoco sia come misura di sicurezza per i cittadini che come misura per coprire gli spostamenti notturni dell’esercito. I servizi essenziali sono erogati in modo discontinuo, anche se la popolazione non patisce comunque la penuria di cibo e acqua.

Sul campo i russi avanzano nelle campagne a nord di Kharkiv, lungo le linee di frontiera. Così come iniziano a marzo a guadagnare terreno nella regione meridionale dell’oblast di Kharkiv, puntando su Izyum, vera e propria porta del Donbass e dunque obiettivo strategico vitale per il Cremlino.

Lo stallo a Kharkiv nel mese di aprile

Se nella regione circostante i russi controllano i confini e avanzano nelle aree a ridosso di Izyum e del fiume Siversky Donetsk, nell’area urbana di Kharkiv invece si assiste a un vero e proprio stallo. Le forze di Mosca non riescono a sfondare, nonostante l’uso massiccio dell’artiglieria e nonostante i costanti bombardamenti, le linee difensive ucraine.

Si crea una linea di fronte stabile e sostanzialmente immobile per tutto il mese di aprile, con i russi alle porte di Kharkiv impossibilitati però ad avanzare verso il centro. Lo stallo fa venire meno anche una delle prime convinzioni politiche di Mosca. E cioè che la popolazione russofona della città viene incontro ai russi facilitandone l’avanzata. Al contrario, i cittadini di Kharkiv vedono nei raid e nelle azioni delle truppe di Mosca degli atti ostili che porta loro a supportare la difesa ucraina. Peraltro l’amministrazione cittadina è retta da una giunta che, pur avendo avuto in passato legami con il Partito delle Regioni, la formazione dell’ultimo presidente filorusso Viktor Yanukovich, dal 2014 in poi prende le distanze dal Cremlino evitando l’instaurarsi di repubbliche separatiste come nel Donbass.

Uno scenario politico quindi strettamente connesso a quello militare: Kharkiv mantiene una posizione legata al governo di Kiev e dalla capitale ucraina giungono continui input affinché la città non cada in mano alla Russia.

Maggio 2022: la prima controffensiva ucraina

La situazione di stallo a nord di Kharkiv termina nei primi giorni di maggio. Gli ucraini infatti iniziano a contrattaccare e a guadagnare diverse posizioni. L’avanzata ha luogo il primo maggio e per i successivi 12 giorni le forze di Kiev rivendicano la riconquista di alcune importanti località, spingendosi in alcuni tratti anche a ridosso del confine russo.

A muoversi ancora una volta è la 92esima brigata meccanizzata, aiutata dalla 93esima. A confermare il successo del contrattacco ucraino sono i servizi segreti di Usa e Regno Unito. I russi dal canto loro sembrano preferire una progressiva ritirata ordinata, rimanendo in possesso solo di una zona cuscinetto importante per proteggere il confine.

Kiev dà il via libera alla controffensiva forse confortata dalle notizie passate dall’intelligence alleata, a partire da Washington e Londra. I servizi, in particolare, notano una certa debolezza russa nel quadrante attorno l’area urbana di Kharkiv. Una debolezza dovuta principalmente allo sforzo di Mosca attuato nell’area meridionale dell’oblast di Kharkiv, lì dove i russi a fine aprile conquistano Izyum e iniziano ad avanzare verso le aree di Lugansk e Donetsk. In qualche modo il Cremlino sembra accettare l’idea, una volta iniziato il contrattacco ucraino, di indietreggiare rispetto all’area urbana di Kharkiv.

L’azione ucraina si arresta intorno al 13 maggio, dopo aver permesso alle truppe di Kiev di riprendere in proprio possesso l’hinterland di Kharkiv e aver fatto indietreggiare verso il confine i soldati russi. Al termine del contrattacco, la seconda città ucraina non può più considerarsi “contesa” ma definitivamente in mano a Kiev. Inoltre il centro non è più a portata di artiglieria russa, con quindi un sostanziale alleggerimento della pressione bellica anche sugli stessi cittadini di Kharkiv. C’è però da sottolineare come i bombardamenti missilistici continuano a non dare tregua.

La seconda controffensiva ucraina attorno Kharkiv

Per tutta l’estate non si assiste a significative variazioni lungo la nuova linea del fronte imposta dalla controffensiva di maggio. Una nuova svolta si ha però nel secondo fine settimana di settembre. Kiev infatti dà il via libera a un nuovo contrattacco, il cui obiettivo questa volta è la riconquista dell’intera area a nord e a est di Kharkiv.

La seconda controffensiva attorno alla seconda città ucraina è figlia in realtà dell’azione ordinata dagli alti comandi militari di Kiev nella regione meridionale dell’oblast’ di Kharkiv. Qui, tra l’8 e il 12 settembre in poche ore gli ucraini riprendono tutti i territori persi a vantaggio dei russi tra aprile e maggio. Le truppe ucraine entrano infatti a Izyum e in tutte le altre città a ovest del fiume Oskil, costringendo le forze di Mosca a una frettolosa ritirata verso est.

Forti del successo del contrattacco a sud di Kharkiv, domenica 11 settembre i soldati agli ordini del presidente Zelensky si muovono verso le posizioni russe a nord della città. In poche ore l’intero territorio posto tra il confine con la federazione russa e il fronte a ridosso di Kharkiv risulta tornato in mano ucraina.

La città non solo, come dopo la prima controffensiva di maggio, non ha più forze russe vicino l’area urbana, ma adesso assiste all’indietreggiamento di Mosca da tutta la regione a sé circostante. Secondo molti analisti, in questo modo può dirsi conclusa la battaglia di Kharkiv iniziata il 24 febbraio 2022.

I bombardamenti russi di fine anno colpiscono anche Kharkiv

Come a Kiev e a Kherson, altre città da dove i russi si sono ritirati oppure, come nel caso della capitale ucraina, in cui hanno dovuto rinunciare all’attacco, anche a Kharkiv sul finire del 2022 vengono registrati numerosi bombardamenti. Centrali elettriche ed infrastrutture energetiche sono costantemente prese di mira, con le autorità costrette a razionare l’erogazione di energia.

Kharkiv è costretta così a patire un inverno rigido affrontato senza riscaldamenti e con gravi disagi per i propri cittadini. La città non sente più i rumori dell’artiglieria, essendo i russi oramai lontani. Tuttavia subisce gli effetti del conflitto tramite bombardamenti e carenze di servizi basilari. La situazione al suo interno viene descritta come molto critica.

Ad ogni modo, sotto il profilo strettamente militare, il suo territorio è saldamente in mano ucraina con l’esercito di Kiev che ne mantiene il controllo. Questo nonostante, all’inizio del conflitto, nei piani di Mosca la presenza di una solida minoranza russofona doveva garantire appoggio alle operazioni del Cremlino. In realtà, anche alla luce degli esiti della battaglia, la popolazione di Kharkiv sembra aver scelto di rimanere vicina alle istituzioni ucraine.

MAURO INDELICATO

“Così la Nato uccide l’Europa” il 20 Febbraio 2023 su Inside Over.

Dopo esser entrato nel Kgb, Vladimir Putin passò cinque anni di servizio a Dresda, nella Repubblica democratica tedesca. Qui ebbe accesso a numerosi documenti (il suo era infatti un lavoro di “desk”), riguardanti sia la politica occidentale che quella dell’Urss.

In un’intervista concessa alla Bild, il presidente russo ha mostrato un documento inedito che riporta un colloquio del 1990 tra dirigenti sovietici (Mikhail Gorbachev e Valentin Mikhaylovich) e politici tedeschi (Hekmut Kohl ed Egon Bahr) in cui viene delineato il futuro politico dell’Europa.

Quello portato da Putin è un documento interessante perché dimostra come, all’inizio degli anni Novanta, si stava pensando alla creazione di un’Europa indipendente – se vogliamo equidistante – sia dalla Nato che dall’Urss. Bahr in quel colloquio disse: “Se con la riunificazione della Germania, non si faranno passi risolutivi sulla divisione dell’Europa in aree di interesse, lo sviluppo degli eventi può portare l’Urss ad un isolamento internazionale”.

In pratica, come spiega Putin, Bahr stava parlando “della necessità di formare al centro dell’Europa una nuova Unione che non si sarebbe dovuta avvicinare alla Nato. (…) Un’Unione separata con la partecipazione sia degli Usa che dell’Urss”.

Prosegue Bahr: “La Nato come organizzazione, soprattutto nella sua componente militare, non deve ampliarsi militarmente nell’Europa centrale”. Ed era questa – sottolinea Putin nell’intervista – la chiave per porre fine alla Guerra fredda. Non solo, sembra dire Putin: attualizzando il pensiero di Bahr si eviteranno contrasti tra Russia e Nato anche in futuro.Non a caso il conflitto tra Federazione Russa e Nato si è inasprito con la questione ucraina o, più recentemente, con il tentativo di portare il Montenegro nella Nato. Giustamente Sergio Romano ha scritto sul Corriere della Sera: “Invece di rinnovare le sue finalità, la Nato è diventata il braccio militare degli Stati Uniti […] e si è allargata sino a includere fra i suoi soci gli Stati che appartenevano al patto di Varsavia, tre repubbliche ex-sovietiche, due repubbliche ex jugoslave”. Una provocazione chiara. Ma per pensare a una pace efficace e duratura tra Russia e Occidente è necessario un ripensamento della politica della Nato.

The post “Così la Nato uccide l’Europa” appeared first on InsideOver.

A un anno dall’invasione. La nostra colpa peggiore sta in tutto quello che non abbiamo voluto imparare. Francesco Cundari su L’Inchiesta il 21 Febbraio 2023.

Dal 24 febbraio in poi, anche l’osservatore più distratto ha avuto tutte le controprove possibili: su chi diceva la verità e chi mentiva, su chi era l’aggressore e chi l’aggredito, su chi torturava e uccideva civili innocenti e chi tentava di difenderli. E su chi negava sistematicamente l’evidenza

Con l’avvicinarsi del primo anniversario dell’invasione russa, giustamente, in molti hanno cominciato a rilanciare sui social network le infelici previsioni pronunciate un anno fa, alla vigilia dell’attacco, da tanti autorevoli analisti, politologi e geopolitologi. È sempre istruttivo riascoltare o rileggere il superiore disprezzo con cui si liquidavano le «fake news» americane circa un inesistente piano d’invasione russa dell’Ucraina, l’incrollabile assertività con cui si garantiva che in ogni caso gli Stati Uniti non ne avrebbero mai preso le difese, il tono oracolare con cui si tracciavano futuri scenari in cui Vladimir Putin non si sarebbe nemmeno sognato di spostare un carrarmato ed era semmai la Nato a provocare, accerchiare, assediare la pacifica Russia.

Rileggere e riascoltare tutto questo è sempre istruttivo, certo, ma non decisivo. A ben vedere, non ci dice nulla – dei nostri esperti, dei nostri giornalisti e in fondo dell’Italia – che non sapessimo già.

Più significativo mi pare quello che è accaduto dopo. Fino al 24 febbraio, infatti, almeno per chi esperto non era e non aveva mai pensato di doverlo diventare, era più che lecito non conoscere la genesi e tutti i dettagli degli accordi di Minsk o del conflitto nel Donbas, avere un’idea vaga dello stesso regime di Putin e magari anche prenderne per buoni alcuni argomenti: dalla lotta al terrorismo islamico, con cui si erano coperte fino a quel momento molte delle peggiori atrocità commesse in patria e all’estero, fino alla necessità di ricostruire un Paese uscito a pezzi dalla crisi dell’Unione sovietica.

Certo, c’era già stata l’occupazione della Crimea nel 2014. Ma fino a quel momento poteva apparire ragionevole anche una certa diffidenza nei confronti del ruolo giocato dagli Stati Uniti e dall’occidente in generale nei rapporti con la Russia, considerando la piega che avevano preso gli eventi ai tempi di Boris Eltsin, rispetto ai quali la leadership di Putin poteva anche apparire come un passo avanti, come il tentativo di ristabilire un principio di ordine, dinanzi allo spettacolo di un Paese in cui i cittadini comuni erano ridotti alla fame e piccoli gruppi di affaristi spuntati dal nulla si trasformavano in multimiliardari spartendosi le ricchezze nazionali.

Non faccio l’elenco completo di tutti gli argomenti della propaganda putiniana perché ormai li sappiamo tutti a memoria. Il punto è che, per le ragioni qui sommariamente ricordate, fino al 24 febbraio la situazione poteva anche presentarsi, perlomeno agli occhi di un osservatore distratto, come un dilemma. Ma non dopo.

Dal 24 febbraio in poi, anche il meno esperto e il più disattento degli osservatori ha avuto la controprova, ha avuto tutte le controprove che potesse desiderare: su chi diceva la verità e chi diceva il falso, su chi era l’aggressore e chi l’aggredito, su chi torturava, stuprava e faceva strage di civili innocenti e chi tentava solo di difendersi. E su chi, puntualmente, tentava di negare o mettere in dubbio ciascuna di quelle tragedie, che sarebbero poi state ampiamente documentate da centinaia di riprese via telefonino e via satellite, da intercettazioni telefoniche e da documenti di ogni genere, nonché dalle dirette testimonianze di giornalisti indipendenti provenienti da ogni parte del mondo.

A chiamare in causa la coscienza di ciascuno di noi non è solo la classica domanda: come abbiamo fatto a non accorgerci prima di quanto stava per accadere? Il peggio è che, dopo aver visto e avere saputo e avere avuto la prova e la dimostrazione di tutto, abbiamo continuato a fingere di non vedere e di non capire.

Abbiamo continuato a intervistare gli stessi esperti del giorno prima, senza mai chiedere conto dei fatti del giorno dopo, delle loro previsioni completamente sballate e delle loro analisi distorte, lasciando anzi che continuassero implacabilmente a sbagliarle tutte, e sempre ovviamente nella stessa direzione: così la Russia che fino al 24 febbraio mai e poi mai avrebbe invaso l’Ucraina dal 25 avrebbe vinto in due settimane al massimo, e così via. E più analisi, previsioni e commenti apparivano clamorosamente smentiti dalla realtà, più insistevamo, e ancora insistiamo, a non prenderne atto e a non chiederne conto a nessuno.

Piuttosto continuiamo a presentare la questione avvolta in una nebbia di considerazioni politiche e geopolitiche che sono un misto di vere e proprie falsità costruite dalla propaganda russa e affermazioni di banale buon senso che potevano reggere prima del 24 febbraio. Ma dal 24 febbraio 2022 è passato un anno. Un anno in cui abbiamo potuto osservare in diretta, minuto per minuto, l’invasione e il tentativo di soggiogare un intero Paese. Un anno in cui a Bucha e in gran parte delle città liberate dalla controffensiva ucraina abbiamo visto le fosse comuni, le camere di tortura e tutte le atrocità commesse contro la popolazione civile. Di cosa ancora dobbiamo discutere?

La nostra colpa più grave sta in quello che non abbiamo voluto imparare. Sta in quello che ci ostiniamo a non volere imparare. Se ci mettessimo a rileggere e riascoltare una a una analisi e previsioni di quest’anno, ci sarebbe ampia materia per un severo esame di coscienza.

Un anno di una guerra che non avrà vincitori. Stefano Piazza su Panorama il 24 Febbraio 2023. Colloquio con Maurizio Boni, Generale di Corpo d’Armata, Leonardo Tricarico, Generale di Squadra Aerea e Giorgio Battisti Generale di Corpo d’Armata sullo stato della battaglia sul campo

La Russia ha invaso l'Ucraina il 24 febbraio 2022, in quella che definisce «una operazione militare speciale per denazificare il paese e proteggere i russofoni». In realtà sappiamo che non è stato altro che un accaparramento di terre dove sono stati commesse indicibili atrocità e crimini di guerra. L'ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha dichiarato lunedì di aver registrato 7.199 morti civili e 11.756 feriti dall'invasione russa del 24 febbraio, principalmente a causa di bombardamenti, attacchi missilistici e aerei. Tuttavia, si ritiene come scrive la Reuters che la cifra effettiva sia molto più alta. Morti

Almeno 42’295 persone Ferite non mortali Almeno 56’756 persone Dispersi Almeno 15’000 persone Profughi Circa 14 Mln persone Edifici distrutti Almeno 140’000 Danni materiali Circa 350 Mrd USD Nella sola giornata di sabato 11 febbraio, riporta il ministero della Difesa ucraino su Twitter, la Russia ha perso 900 uomini, mentre dall'inizio dell'invasione il 24 febbraio 2022 sono morti in Ucraina circa 137.780 soldati russi. Ne parliamo con: Leonardo Tricarico è un generale di Squadra Aerea che ha ricoperto nella sua lunga carriera, anche l'incarico di Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica militare italiana. Maurizio Boni è un Generale di Corpo d’Armata. Nella sua carriera molte le missioni all’estero tra le quali è stato Capo di Stato Maggiore del NATO Rapid Deployable Corps (Italia). Giorgio Battisti Generale di Corpo d’Armata. Ha partecipato alle operazioni in Somalia (1993), in Bosnia (1997) e in Afghanistan.

In un anno di guerra in Ucraina il mondo è peggiorato, compreso ciascuno di noi. Andrea Soglio su Panorama il 24 Febbraio 2023

Un anno fa la Russia invadeva l'Ucraina portando la guerra in Europa. Oggi ci siamo dimenticati dei morti e litighiamo come dei tifosi di calcio

È passato esattamente un anno dall’inizio dell’invasione della Russia in Ucraina. Non è un caso che abbiamo usato il termine «invasione» e non guerra; perché non dobbiamo mai dimenticare che la mattina del 24 febbraio 2022 (data che resterà di certo nei libri di storia) un paese ha deciso di invadere un’altra nazione, a lui confinante, cercando di conquistarlo con la forza delle bombe, dei carri armati, dei missili a lungo raggio e dei soldati. Anzi, non è stato un paese, ma un uomo, Vladimir Putin, a volere l’invasione dell’Ucraina. Ma oggi non è il momento di pensare a colpevoli ed innocenti, a chi ha ragione e chi invece torto. Oggi per prima cosa dobbiamo pensare che in un anno le vittime di questa follia sono state circa mezzo milione. Su questo Kiev e Mosca non hanno mai rilasciato comunicazioni ufficiali perché sanno che fare il conteggio dei morti è la cosa più dolorosa in assoluto. Di questo ci si vergogna. In realtà ogni giorno il ministero della difesa di Kiev pubblica l’elenco degli aerei abbattuti, dei carri armati distrutti, dei droni eliminati dall’antiaerea. E anche il presunto numero di soldati russi uccisi; ad oggi siamo a quota 146 mila. E lo stesso per logica dovrebbe essere accaduto dall’altra parte della barricata. Poi ci sono i civili. Una strage, in Europa. Purtroppo la seconda considerazione è che il tempo, questi 12 mesi, ci hanno anestetizzato. Ci siamo abituati ai video dei missili sulle case, alle scuole ed agli ospedali distrutti dai bombardamenti, ai corpi per strada. Abbiamo capito ad esempio che il massacro immotivato di civili a Bucha è stato un crimine contro l’umanità dopo averla negata o raccontata come propaganda di Kiev, e nessuno ha battuto ciglio. Nessuno ha detto: «Scusate, ci eravamo sbagliati». Siamo anestetizzati, assuefatti. Oggi vorremmo che la guerra finisse non solo per far cessare il dolore ma anche per far tornare la benzina ai prezzi di un anno fa, far calare l’inflazione e far crescere l’economia, che dopo la pandemia aveva nel 2022 l’anno della grande rivincita. E ci nascondiamo dietro una parola bellissima, Pace. Parola che è stata utilizzata come scudo e per certi versi persino «violentata», Ci sono persone, opinionisti, politici, gente comune, convinti, anzi certi, che ci sia qualcuno davvero contento di fare la guerra; qualcuno a cui la morte ed il dolore piace. Su tutti il Presidente Usa, Biden, ovviamente lo stesso dicasi per Putin ma anche Giorgia Meloni. Ci sono persone ed opinionisti che da 12 mesi raccontano che «bisogna aprire un tavolo per la Pace», ed è fatta. Come se fosse un invito a cena, o ad un matrimonio. Ci sono persone per cui dietro la parola Pace in realtà si nasconde il termine «resa». D’altronde l’Ucraina è lontana e se invece del loro governo democraticamente eletto arriva un regime straniero a comandare, chissenefrega. Sono fatti loro. Ci sono poi quelli che alla parola Pace aggiungono un aggettivo: «giusta». Capite bene come uscirne sia praticamente impossibile. Abbiamo accennato al nostro Presidente del Consiglio cui va dato il merito in questi 6 mesi di governo di aver rispettato la parola e la posizione presentata agli italiani in campagna elettorale ed in continuità con l’esecutivo precedente.

Atlantista e pro Zelensky fu Mario Draghi, atlantista e pro Ucraina è anche la leader di Fratelli d’Italia. E tutto questo malgrado qualche alleato della maggioranza non faccia più mistero della propria opinione, sempre più lontana da quella di Palazzo Chigi. Giorgia Meloni magari un giorno cambierà idea, ma questo succederà se e solo se sarà la Nato e l’Europa intera a farlo. Altrimenti la strada è segnata e non si torna indietro perché l’Italia non può più rimangiarsi la parola data al mondo. Nell’avvicinarsi dell’anniversario dell’invasione russa abbiamo letto e sentito il parere di numerosi generali e militari che ci raccontano del fango, il pantano, un simbolo di questa guerra. I due eserciti faticano ad avanzare bloccati dalla melma dei campi di grano il cui ghiaccio si sta sciogliendo. Tutto fermo, tutti in trincea sul campo di battaglia come nella diplomazia. Abbiamo sentito negli ultimi giorni una sequela di frasi fatte e già ripetute mille volte dai principali leader del mondo, buone solo per la propaganda di una o dell’altra parte. Ormai è chiaro che si tratta di una guerra mondiale, anzi, di un problema mondiale. A fianco della Russia si è schierato da mesi l’Iran (altro regime che nel 2022 ha vissuto uno dei suoi anni più bui con la protesta delle donne e le decine di giovani ragazze uccise per un velo non indossato) e forse, lo sostiene la Cia, anche la Cina (che dall’altra parte del globo ha il problema Taiwan da risolvere, magari seguendo proprio la strategia usata dal Cremlino con l’Ucraina). Dall’altra c’è l’occidente che però sembra avere il fittone e che soprattutto si è accorto di essere «minoranza» in un mondo dove le democrazie sono sovrastate per numero de regimi e monarchie varie. È passato un anno e di sicuro il mondo è molto peggiore di quanto fosse 12 mesi fa. Mentre noi, impegnati a fare il tifo come allo stadio contro Putin o contro Zelensky ci dimentichiamo che anche domani poco meno di duemila persone moriranno.

Ucraina, un anno di guerra, lo speciale della «Gazzetta»: «Luce su una tragedia che non deve lasciare indifferenti». Analisi, punti di vista e storie nel tentativo di aiutare il lettore a capire meglio uno scenario che ci riguarda ogni giorno di più. OSCAR IARUSSI su La Gazzetta del Mezzogiorno il 24 Febbraio 2023

Un abbraccio, anzi l'abbraccio. Un militare ucraino si accomiata dalla madre nello straordinario scatto del fotoreporter barese Lorenzo Turi, datato aprile 2022. Siamo nel villaggio di Ukrainka, oblast' di Mykolaïv-Nicolaev (in omaggio a San Nicola), non lontano da Cherson invasa dall'esercito russo la mattina del 24 febbraio 2022, giusto un anno fa. Cherson sorge sulla riva destra dell'estuario del Dnepr, a una trentina di chilometri dal Mar Nero. Dopo oltre otto mesi di occupazione, il 12 novembre 2022 è stata liberata dalla controffensiva ucraina, però continua tutt'oggi a essere bombardata. I testimoni la descrivono come una città fantasma: contava circa trecentomila abitanti (più o meno quanto Bari), adesso ne saranno rimasti forse trentamila ad aggirarsi fra le rovine. Sono due "fantasmi" anche il soldato e la mamma che si stringono. Non vediamo i loro volti ed è uno dei motivi per cui abbiamo scelto questa immagine: corpi, carne, sangue, calore, pensieri, paure, sentimenti, parole sussurrate... Ma non abbiamo il diritto di violare il riserbo di persone che hanno già perso tutto. Vero è che il presidente ucraino Zelensky, da ex attore qual è, ha fatto dell'esibizione ossessiva di sé e del suo popolo un'arma mediatica importante presso l'opinione pubblica mondiale, tuttavia a chi è in guerra è concesso quel che lo "spet-tatore" non dovrebbe permettersi. Invece nel corso dell'ultimo anno abbiamo spesso peccato di impudicizia televisiva "davanti al dolore degli altri", per dirla con un titolo della grande scrittrice Susan Sontag.

Il conflitto parrebbe a una terribile svolta, si allarga lo scenario dei nemici e altri fantasmi si sono palesati o si stagliano all'orizzonte: da un lato la determinazione statunitense che profitta dell'impotenza europea e del tramonto della terzietà dell'ONU, dall'altro il possibile ruolo della Cina "dietro" la sagoma neo-zarista di Putin. In questo "speciale" della Gazzetta proponiamo analisi, punti di vista e storie nel tentativo di aiutare il Lettore a capire meglio una tragedia che ci riguarda ogni giorno di più, a dispetto dell'indifferenza crescente. Si dice Ucraina, ma parliamo anche del Mediterraneo e quindi di casa nostra. Siamo d'accordo con i governi Draghi e Meloni: è giusto schierarsi dalla parte degli invasi e degli oppressi, è legittimo armarne la resistenza come gli alleati angloamericani armarono i partigiani italiani contro il nazifascismo. D'altro canto, è altrettanto doveroso cercare una via per la Pace, forse il sentiero nascosto che si addice alla diplomazia, fino a raggiungere quel soldato e quella madre. Fino a ritrovarne l'abbraccio, se sono ancora vivi.

Un anno di bugie. La disinformazione della Russia contro l’Ucraina (e quelli che ci cascano). Olga Tokariuk su L’Inkiesta il 24 Febbraio 2023

La fake news del Cremlino nei prossimi mesi continueranno ad alimentare la narrazione dell’alto costo del sostegno a Kyjiv e della stanchezza psicologica nei confronti del conflitto. Ma non è detto che saranno efficaci

Uno dei luoghi comuni preferiti del Cremlino per anni, l’affermazione che l’Ucraina è “piena di nazisti”, è stata una delle motivazioni addotte da Vladimir Putin per la sua “operazione militare speciale” del 24 febbraio dello scorso anno. La necessità di “denazificare l’Ucraina” si è poi estesa ad altri obiettivi nel suo discorso ufficiale, ma questa narrazione, presente nella propaganda di Mosca almeno dall’invasione russa del Donbas e dall’annessione della Crimea nel 2014, ha trovato il favore del popolo russo. Gran parte della popolazione russa sostiene ancora la guerra e la continua propaganda disumanizzante sull’Ucraina ha giustificato e permesso l’attuale genocidio.

La manciata di media indipendenti russi rimasti è stata costretta all’esilio e per loro è una lotta continua per superare la macchina della propaganda del Cremlino, che rimane la fonte primaria di informazione per la maggior parte dei russi. Sebbene i media indipendenti in esilio cerchino di riportare in modo più o meno oggettivo ciò che accade in guerra, rimangono dubbi sull’uso talvolta compassionevole del loro linguaggio nei confronti dei soldati russi, come dimostrato di recente dalla controversia che ha visto Rain TV privata della sua licenza dalle autorità lettoni.

Il fallimento del Cremlino nel convincere gli ucraini

In Ucraina, la resistenza alla propaganda e alla disinformazione russa, sviluppata dal 2014, ha aiutato il Paese a evitare il caos informativo nel 2022. Le stazioni televisive filorusse sono state tolte dalla circolazione non appena è iniziata l’invasione e la maratona televisiva United, lanciata da alcune delle più importanti emittenti nei primi giorni di guerra, ha fatto sì che gli ucraini avessero informazioni affidabili 24 ore su 24 da parte di presentatori televisivi ed emittenti che conoscevano e di cui si fidavano. Questa iniziativa ha inoltre contribuito a contrastare le informazioni non verificate e i post dannosi sui social media da parte dei tirapiedi del Cremlino nella fase iniziale della guerra. Fake news che avrebbero potuto scatenare il panico e ostacolare la capacità di resistere alla avanzata iniziale della Russia.

Con il proseguire della guerra, sono sorti interrogativi sull’opportunità di mantenere la maratona televisiva, sempre più giudicata come troppo filogovernativa e fonte solo di buone notizie. Tuttavia i media ucraini, che hanno affrontato sfide significative nel 2022 (secondo l’Istituto per l’informazione di massa, più di 200 punti vendita sono stati costretti a chiudere a causa della bancarotta o dell’occupazione russa), rimangono diversi e vivaci. C’è spazio per il dibattito e i giornalisti ucraini non solo hanno raccontato la guerra e denunciato i crimini di guerra russi, ma hanno anche portato alla luce esempi di corruzione ucraina.

Le operazioni di disinformazione della Russia in Ucraina dopo l’invasione sono in gran parte fallite. Molti ucraini che un tempo simpatizzavano con la Russia hanno cambiato opinione dopo aver assistito e sperimentato le atrocità dell’esercito russo, e i russofoni sono passati alla lingua ucraina nella loro vita quotidiana, spinti dal desiderio di tagliare tutti i legami con tutto ciò che è russo.

La disinformazione russa inciampa in Occidente

La Russia non è riuscita finora a convincere le popolazioni e i governi occidentali della necessità dell’invasione, né a minare la loro unità nel sostenere l’Ucraina. Al contrario, il sostegno dell’opinione pubblica occidentale è rimasto notevolmente solido tra aprile e gennaio di quest’anno, esprimendo una diffusa disponibilità a sopportare l’aumento dei prezzi dell’energia a causa dell’aggressione russa. Secondo un sondaggio di Ipsos su 28 Paesi «la piena maggioranza della popolazione di Stati Uniti, Canada, Regno, Francia, Paesi Bassi e Polonia sostiene la fornitura di armi e/o sistemi di difesa aerea alle forze armate ucraine da parte del loro Paese».

Il sostegno militare dell’Occidente all’Ucraina è in costante aumento dal febbraio 2022 e la posizione ufficiale è che continuerà «finché sarà necessario», come ha sottolineato il presidente Joe Biden durante la sua visita a Kyjiv il 20 febbraio. I tentativi russi di negare i propri crimini di guerra a Bucha e altrove, così come i successi delle controffensive militari ucraine, hanno solo rafforzato questa determinazione.

Alcune narrazioni distorte, tuttavia, hanno avuto risonanza presso alcuni politici e parti dell’opinione pubblica occidentale. In Italia, ad esempio, il sostegno pubblico all’invio di armi all’Ucraina sta diminuendo, dopo mesi di retorica da parte dei partiti della coalizione del governo Meloni, in particolare Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, politici noti per gli stretti legami prebellici con il Cremlino, nonché del Movimento 5 Stelle all’opposizione e degli opinionisti filorussi nei media. La Russia cercherà di sfruttare queste divisioni per minare l’unità dell’Unione europea e della NATO in Ucraina.

La Russia ha utilizzato altre narrazioni in Occidente e continuerà a farlo nel 2023. Per esempio, evidenziare il costo economico del sostegno all’Ucraina per i contribuenti occidentali; screditare il governo e i vertici militari ucraini facendoli passare come corrotti, avidi e ingrati; fomentare il risentimento per i rifugiati ucraini nei Paesi che ne hanno ospitato la maggior parte (Polonia, Germania, ecc.); incoraggiare la stanchezza psicologica verso la guerra e la stanchezza morale nel sostenere l’Ucraina.

La Russia trova sostegno nel mondo non occidentale

Nei Paesi del Sud globale, tra cui India, Brasile e alcuni Stati africani, così come la Turchia, membro della NATO, le operazioni di disinformazione russa hanno avuto un parziale successo. In molti di questi luoghi i canali di propaganda russi, come RT e Sputnik, non sono stati limitati, a differenza di quanto avviene in Occidente, e i funzionari russi e i loro sostenitori hanno accesso incontrastato ai media locali.

La Russia sfrutta i sentimenti anti-occidentali e anti-imperialisti dei Paesi in via di sviluppo, dipingendosi come “vittima della NATO” e come alternativa all’Occidente imperialista (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, ecc.) e promuovendo relazioni diplomatiche e commerciali di reciproco vantaggio, un argomento importante per molti Paesi in via di sviluppo che devono affrontare sfide economiche e provvedere al sostentamento delle loro popolazioni in crescita. Alla Russia, questo serve a presentare sé stessa come parte della comunità globale, come un Paese che non è isolato ma ha ancora amici sulla scena mondiale.

Nel Sud globale, la Russia manipola anche la narrazione del presunto razzismo degli ucraini e degli occidentali. Ad esempio, sfrutta le tensioni per il trattamento più favorevole riservato ai rifugiati ucraini rispetto a quelli provenienti da Africa, Medio Oriente o America Latina.

Quale sarà il prossimo passo?

Con l’inizio del secondo anno della guerra russa contro l’Ucraina, è prevedibile che le campagne di disinformazione e influenza del Cremlino si intensifichino. Molto probabilmente saranno più sofisticate e più sfumate, mirando al pubblico di specifici Paesi ritenuti più suscettibili.

L’obiettivo primario è quello di minare l’unità dell’Occidente e la sua solidarietà con l’Ucraina, concentrandosi sull’interruzione del sostegno militare. In altre parti del mondo, gli sforzi di disinformazione del Cremlino saranno finalizzati a favorire la ricerca di alleati che aiutino la Russia a consolidare la reputazione internazionale di potenza forte, inserita nella comunità internazionale nonostante la guerra all’Ucraina.

Per quanto riguarda gli argomenti di queste campagne di disinformazione, dobbiamo aspettarci maggiori sforzi per screditare il governo, le forze armate e la società civile ucraina. Ci si concentrerà sempre di più sull’alto costo percepito del sostegno all’Ucraina, sullo sfruttamento della stanchezza della guerra e sul dissenso per i rifugiati ucraini all’estero.

Articolo pubblicato in inglese su Center for European Policy Analysis

Tra le palazzine a fuoco. No, noi ucraini non ci abitueremo mai alla guerra (e speriamo ci sia solo un anniversario). Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta il 24 Febbraio 2023

A un anno dalla sciagurata invasione della Russia nessun ucraino sta facendo quello che voleva fare nella vita. Ognuno porta i segni del conflitto, quelli visibili e quelli nascosti

La parola “anniversario” gira, pesa, logora da ormai due settimane. Qualcuno accanto a lei aggiunge “il primo”. Ognuno ha il suo motivo per farlo, dico solo che è molto doloroso da sentire quel numero ordinale che sembra che imponga qualche continuazione.

Tutti noi ricordiamo che cosa abbiamo fatto il 24 Febbraio 2022, ma tutti noi ricordiamo bene anche che cosa abbiamo fatto il giorno prima, l’ultimo giorno di quella vita che non ci sarebbe stata mai più. Io sono andata a scegliere nuovi occhiali da vista e le lenti a contatto. La mia vista era peggiorata e l’occhio destro aveva ormai bisogno della lente astigmatica. L’ottico mi ha chiesto perché volevo così male al mio occhio destro e ho pensato alle truppe russe ammassate da settimane al confine con l’Ucraina. Negli ultimi giorni, mentre l’occhio destro mi sabotava, con i miei genitori abbiamo pensato a un piano B: loro avevano tutti i miei documenti scannerizzati, avevano la macchina pronta con il pieno, le taniche con la benzina di scorta, una valigetta con il necessario. Eppure credevo che vivere vicino alla capitale li avrebbe salvati in qualche modo, perché sembrava davvero impossibile l’idea che la Russia tentasse di prendere Kyjiv, una città enorme, una capitale europea, che ti fa perdere mezza giornata solo per arrivare da una parte all’altra.

Il tempo spensierato di quella vita è scaduto alle cinque del mattino del 24 febbraio. Da quell’ora lì abbiamo fatto quello che ognuno di noi si sentiva di fare, senza tornare mai a fare e a essere quelli che eravamo il giorno prima. Non mi ricordo nemmeno come ho ritirato gli occhiali nuovi e le lenti a contatto nuove. So di non averlo visto per un anno il mio ottico perché le lenti me le spedisce per posta e così è stato con tante altre persone. Però mi ricordo benissimo i messaggi disperati: «Mamma, mamma, mamma», quando la linea è caduta, anzi quando la connessione è stata interrotta dai soldati russi entrati nella loro regione. Il nostro piano B era fallito.  Mi ricordo benissimo la prima volta in cui i miei genitori si sono fatti vivi. Mi ricordo benissimo le lacrime della mia migliore amica che lasciava la casa di Kyjiv all’inizio di marzo, la casa che aveva appena comprato e appena restaurato. Mi ricordo benissimo le notti senza sonno a scriversi con l’altra amica che stava nascosta nel seminterrato di casa nei pressi della capitale, mentre il fidanzato era in giro per la città per aiutare le forze di difesa locale. Mi ricordo di Tanya e del suo figlio Matvij che ho ospitato a casa mia a marzo. Mi ricordo le bandiere ucraine in piazza a Milano. Mi ricordo di aver imparato a prendere gli ansiolitici e i sonniferi. Mi ricordo di aver ricevuto aiuto e sostegno da chi avevo appena conosciuto e di non aver ricevuto affatto da chi conoscevo da anni. Mi ricordo di essere tornata in Ucraina in estate. Mi ricordo di lavorare tanto e di scrivere tanto. E così da 365 giorni.

No, nessun ucraino si è abituato e si abituerà mai alla guerra a un anno dal suo inizio su vasta scala. No, nessun ucraino sta facendo quello che voleva fare nella vita, né gli sfollati ucraini lontani dalle loro case, case anche distrutte e rase al suolo insieme con la vita bombardata che giace a pezzi per terra. No, nessun ucraino si è abituato e si abituerà a perdere e a seppellire le persone care, le persone che come tutti noi non hanno scelto questa vita. No, nessun ucraino si sentirà mai a casa in un posto, anche accogliente, ma che non ha scelto  per viverci. Nessuno di noi ha scelto questa vita, nessuno l’ha mai voluta o cercata, ma ormai è questa.

Sarà per sempre come camminare con una gamba rotta che farà male per il maltempo, che tradirà su qualche salita o una semplice scala fatta di quattro gradini. Un intero popolo con le gambe rotte, braccia mancate, facce lese. Ognuno porta i segni della guerra, quelli visibili e quelli non tanto, quelli nascosti dentro, dietro la facciata di un corpo che porta il peso delle ferite interne, delle memorie che non si potranno mai cancellare né facilmente condividere. I ricordi che sono compressi in un anno, come se una vita vissuta dagli altri e non da quelle persone che eravamo il 23 Febbraio 2022. Un anno marcato con il numero ordinale “primo”, con la speranza che il secondo non dovrà mai arrivare.

La lezione di Kyjiv. L’invasione russa in Ucraina ha segnato il ritorno della guerra industriale. Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 24 Febbraio 2023

Dopo un anno di scontri la resistenza ucraina e i fallimenti russi dimostrano che tenere riserve di munizioni sufficienti per conflitti prolungati è un’importante forma di assicurazione che hanno le nazioni del mondo libero per possibili escalation militari di potenze ostili

Il mondo non è cambiato il 24 febbraio 2022. La guerra ci ha per lo più rivelato dei fatti politici dei quali avremmo dovuto essere consapevoli ben prima dell’invasione russa, ma che per convenienza o miopia abbiamo invece deciso di ignorare. Il 24 febbraio, i nodi che speravamo non sarebbero mai venuti al pettine si sono manifestati. La mancata democratizzazione della Federazione Russa, la debolezza dell’Unione europea come garante di sicurezza, una dipendenza eccessiva dalle energie fossili e il dilagare del nazionalismo sono i tarli che hanno indebolito l’impalcatura dell’ordine europeo, schiantatosi un anno fa sotto il peso delle sue stesse contraddizioni ancor prima che dei carri armati russi. Ricostruire i fattori strutturali che stanno animando lo scontro è necessario per provare a trarre degli insegnamenti dalla guerra e contenerne i contraccolpi.

Basta pensare alla dimensione militare: la lotta per l’Ucraina rappresenta il culmine di una serie di cambiamenti affiorati nel corso dei decenni. La digitalizzazione dei sistemi d’arma, l’affermazione di attori privati sul campo di battaglia (che si tratti di Elon Musk con i satelliti Starlink o Evgenij Prigozhin con i mercenari Wagner) e il ruolo cruciale dei media e dell’informazione in tempo reale sono elementi rilevanti fin dai tempi dell’operazione Desert Storm. Che lo siano ancora oggi non deve sorprendere: le guerre sono plasmate dalle società che le combattono, e la maniera con cui russi e ucraini si stanno battono è la manifestazione di come sono organizzate le società contemporanee.

Non bisogna credere che la violenza sia il motore della storia per vedere nelle scelte strategiche (e nei sacrifici compiuti dalle truppe) modelli di società a cui corrispondono precise coordinate morali e politiche. Il Cremlino sta combattendo un conflitto coloniale, con l’intenzione di cancellare il proprio vicino. Lo sta facendo con tutta la potenza e i limiti di una dittatura con tratti tecnocratici e una profonda frammentazione gerarchica. L’Ucraina si sta difendendo costi quel che costi, partendo da una posizione di inferiorità nella quale si deve improvvisare. Oggi Kyiv può ricorrere all’arsenale del mondo libero, la cui solidarietà è vincolata a un continuo scrutinio su come le armi sono effettivamente utilizzate.

Questi approcci sono due facce della stessa medaglia, ovvero la necessità di adeguare le regole della guerra e della pace a un mondo profondamente cambiato dalla fine della Guerra Fredda. Anche per questo è possibile considerare questo conflitto come un triste palco sul quale stanno andando in scena, sulla pelle degli ucraini, le novità degli ultimi trent’anni.

Il ritorno della guerra industriale

In una prospettiva puramente militare, il 2022 ha segnato un ritorno della guerra di massa, dove “massa” va intesa sia in senso di quantità materiale, sia come sinonimo di pubblico. Il numero di persone mobilitate dal conflitto non ha precedenti in Europa dalla Seconda guerra mondiale (no, nemmeno le guerre in Jugoslavia), e lo stesso vale per il numero di sistemi d’arma impiegati sul campo.

Le perdite umane subite da entrambe le parti sono da capogiro: nei primi nove mesi di guerra, i russi avrebbero perso più di centomila soldati fra morti e feriti, una città delle dimensioni di Terni spazzata via in dieci mesi. É la conferma di tendenze già emerse nella guerra in Nagorno-Karabakh e altrove: i combattimenti sono diventati molto più intensi e letali. I soldati sono oggi costretti in campi di battaglia molto più “angusti”: la gittata di missili, droni e munizioni circuitanti accorcia sensibilmente le distanze fra posizioni avverse, rendendo più “profonda” e pericolosa la linea del fronte. Ciò rende fondamentale gli investimenti nella cosiddetta protezione delle forze, ovvero in sistemi antimissile, in difesa aerea ravvicinata e altri sistemi per mitigare queste minacce.

Meno tragica ma altrettanto importante è l’emorragia di equipaggiamento, veicoli, munizioni, aerei, blindati, fucili, cannoni, missili, droni e navi persi in dodici mesi. Si tratta dell’equivalente di anni di produzione industriale, insostituibile in tempi brevi. Le forze armate Nato hanno per anni scommesso che la superiorità tecnologica data da sensori, armi digitalizzate e sistemi automatizzati avrebbero potuto sopperire alla mancanza di massa nelle nostre forze armate: meglio pochi assetti altamente letali (e costosi) piuttosto che una massa poco sofisticata. Questo ragionamento si è visto ad esempio nel campo aeronautico, dove i costi dei velivoli sono aumentati a dismisura per accomodare innovazioni sempre più avanzate.

Tecnologie più accessibili

La guerra in Ucraina ha ribaltato il paradigma: la guerra tecnologica in realtà ha “democratizzato” la violenza, rendendo accessibile anche a milizie e Paesi più piccoli capacità che una volta erano accessibili solo agli stati ricchi. Un approccio “aperto” all’innovazione della difesa ha reso possibile adattare gli strumenti militari alle lezioni del conflitto nel giro di poche settimane, non anni o decenni. Basti pensare ai soldati russi, che spesso utilizzano droni acquistati su internet dalla Cina, o l’artiglieria ucraina, che usa una app simile a Uber per creare un ciclo di acquisizione del bersaglio, attacco e correzione del tiro da far invidia ai sistemi occidentali più avanzati. Il risultato è un peculiare mix di alta e bassa tecnologia. La battaglia per la cittadina di Bakhmut nell’inverno del 2022 è istruttiva: da un lato si hanno assalti alle trincee, baionette alla mano come se fosse l’Isonzo o la Somme nel 1916; dall’altro, si ha il ricorso a satelliti e droni kamikaze.

Questa prospettiva è fondamentale anche se si considera la questione degli stock di armamenti. La guerra in Ucraina dimostra che tenere riserve di munizioni sufficienti per conflitti prolungati è un’importante forma di assicurazione. La resistenza ucraina e i fallimenti russi dimostrano che è inverosimile che una guerra su larga scala verrebbe risolta nelle prime settimane (una conclusione a cui erano invece giunti diversi analisti in simulazioni di conflitti con la Russia), rendendo necessario creare sufficienti risorse per sostenere uno scontro prolungato.

Se, come è lecito sperare, i Paesi europei non andranno mai in guerra per propria scelta, allora è verosimile che essi non avranno il lusso di decidere come combattere il prossimo scontro. Visto che lo stoccaggio di veicoli e equipaggiamento è estremamente costoso, va anche capito se e come far sì che l’industria della difesa possa far partire “a freddo” le catene di montaggio, cioè raggiungere in tempi brevi grossi volumi di munizioni e armi senza incorrere in spese folli in tempi di pace.

Deterrenza e coesione sociale

Questi sono fattori importanti non solo perché fungono da assicurazione in caso di guerra, ma anche perché rappresentano una forma di deterrenza nei confronti di potenze ostili. Dimostrare di poter difendersi per tempi prolungati, soprattutto per una comunità di Stati che giustamente esclude un uso preventivo delle armi nucleari, è un importante strumento per scoraggiare escalation.

Ma i mezzi per resistere sono inutili se manca la determinazione per farlo. Al di là della facile retorica, è piuttosto evidente che il Cremlino pensasse che l’Occidente non sarebbe stato disposto a pagare il prezzo di un supporto prolungato all’Ucraina. Il costo delle sanzioni, del caro-energia e delle spese militari in crescita dimostrano una profonda interconnessione tra politica estera e sfera domestica, e le operazioni di influenza russe hanno sempre teso a sfruttare e aggravare un dibattito pubblico polarizzato per minare la fermezza dei governi, soprattutto europei, nel confronto politico con Mosca.

Ciò richiede un cambio di marcia da parte dei governi europei, e soprattutto quello italiano. La forza russa si nutre infatti della debolezza e delle contraddizioni delle nostre società. Le diseguaglianze sociali possono essere sfruttate per infiacchire la fiducia nelle istituzioni; l’analfabetismo funzionale è terreno di coltura per la disinformazione; una democrazia debole è più vulnerabile agli sbandamenti demagogici. In questo contesto, la tradizionale lontananza delle istituzioni di esteri e difesa dal dibattito pubblico lascia spazi informativi non presidiati, nei quali chi commercia in propaganda e falsità può prosperare.

Guerra, anno 2

È impossibile prevedere cosa avverrà in questo secondo anno di guerra. Tuttavia, ci sono già oggi alcuni punti che possiamo analizzare partendo dagli elementi qui fissati.

Prima di tutto, bisogna essere onesti sul rischio di una potenziale escalation del conflitto, anche con l’impiego di armi nucleari. Ad oggi, la probabilità che ciò avvenga è bassissimo, e l’uso dell’atomica e andrebbe contro ogni logica militare e politica. Sarebbe tuttavia un errore liquidare le preoccupazioni del pubblico, senza spiegare il perché di questa ragionevole certezza. La dottrina russa (e la logica militare) suggeriscono, ad esempio, che prima di rompere il tabù nucleare Mosca potrebbe compiere atti di intimidazione, ad esempio attraverso il sabotaggio di infrastrutture Nato in Polonia o con attacchi ai rifornimenti per l’Ucraina. Sarebbero comunque eventi gravi, ma che fornirebbero sufficiente spazio di manovra per evitare l’impensabile. Allo stato attuale, non ci troviamo a “pochi centimetri dalla catastrofe”, ma parecchie decine di metri. È un pensiero poco rassicurante, ma sicuramente consolatorio rispetto all’alternativa atomica.

L’altra cosa che sembra chiara è che nulla, ad oggi, indica un prossimo collasso della Federazione Russa o l’intenzione da parte di Putin di trovare un compromesso. Stiamo assistendo a una sorta di ristrutturazione autocratica del regime, che ha adottato lo sforzo bellico come principale raison d’étre dell’economia e dello stato russo. Per quanto ciò ne limiti la capacità di fare la guerra, ciò non porterà alla fine del regno putiniano (detto questo, va ricordata la citazione di un grande cremlinologo degli anni 80: “In Russia, le cose sono sempre sul punto di andare estremamente bene o estremamente male”).

La spesa militare italiana

In ragione di questo, non è realistico pensare che le spese militari possano rimanere su livelli di pace. Il 24 febbraio il mondo non è cambiato; tuttavia, oggi siamo molto più consapevoli di quanto poco esso fosse sicuro anche prima dello scoppio della guerra. Per la lentezza del procurement militare, le decisioni di bilancio prese oggi inizieranno ad avere un impatto fra cinque o dieci anni, quando la situazione globale potrebbe essere ulteriormente deteriorata. Il principio di precauzione ci impone quindi un investimento adeguato nella difesa, facendo di tutto affinché essa sia sostenibile. Una stima del think tank IISS del 2019 sostiene che per difendere il continente, gli stati europei dovrebbero spendere fra i 264 e i 328 miliardi di euro in più, una stima conservatrice se si considera lo svuotamento dei magazzini a beneficio degli ucraini. Le forze armate italiane invece lamentano un buco di quasi 4,5 miliardi per i prossimi tre anni. Per questo, a livello europeo l’integrazione dell’industria della difesa e una migliore distribuzione dei costi deve essere la priorità numero 1. Per un Paese come l’Italia la questione è particolarmente urgente: oltre all’impegno sul fianco est della Nato, Roma non può non mantenere una capacità di intervento nel Mediterraneo.

È evidente che serve coordinamento europeo per colmare questo enorme divario senza sacrificare altri capitoli di spesa. Un taglio alle spese sociali sarebbe drammaticamente controproduttivo per i motivi di cui sopra: una società debole è una società vulnerabile. È imperativo che diventiamo quella che i tedeschi chiamano una “wehrhafte Demokratie”, una democrazia capace di proteggersi e di decidere autonomamente e senza paura il proprio destino.

Tre domande per l’Italia

Per far ciò servirà tuttavia un dibattito sociale e politico più maturo e sofisticato sui temi della politica internazionale. L’Italia deve urgentemente rispondere a tre domande, senza cadere nel solito, rassicurante provincialismo. Che ruolo vuole avere Roma nell’ordine europeo? Rimpiangere la nostalgia per Draghi o lagnarsi per inviti a cena non pervenuti da Parigi non sono risposte valide. Che strategia globale deve perseguire il Paese per completare la transizione energetica e emanciparsi dai diktat di stati autoritari? Nota bene, limitarsi al namedropping di vecchie glorie come Mattei non vale. E come possiamo sostenere l’alleato ucraino senza perdere di vista le esigenze strategiche italiane? Tanto per essere chiari: si parla qui di stabilità dell’area Euro-Mediterranea, non della serenità degli spettatori di Sanremo.

Diario di un’ucraina. La guerra dei russi ci ha reso sporchi, grigi e malconci, ma aspettiamo ostinati la vittoria. Olena Stiazhkina su L’Inkiesta il 22 Febbraio 2023

La scrittrice in passato era sfollata dal Donbas, ma stavolta non ha lasciato Kyjiv e se ora le chiedono «come stai, mobiletto?» invece di offendersi a morte risponde «reggo»

In una Makariv liberata dagli occupanti ci sono tante case distrutte. Sulla soglia di una di queste case c’è un cane. È di razza alabai. È grigio, sporco, malconcio, affamato. Prende il cibo e l’acqua dai volontari. Si lascia accarezzare. Però non segue nessuno. Non si schioda dal suo posto. Guarda negli occhi della gente che passa. Guarda oltre quelli che si avvicinano. Aspetta i suoi. Aspetta ostinato. Forse i suoi non ci sono più. Forse aspetta invano, o forse non è poi così invano. Lui mangia, lui beve. Solo che non segue nessuno. Lui crede che tutti quelli a cui vuole bene torneranno. Prima o poi. I volontari lo chiamano “il nostro Hachi”.

Oggi sono tornati i nostri vicini di pianerottolo. Li sentiamo oltre la parete. Sembra che quella parete tra di noi non ci sia neanche. Le nostre orecchie hanno imparato i nuovi suoni dal cielo ancora prima dell’arrivo delle sirene. Che cosa vuoi che sia allora quella parete?

Oggi il confine con la Polonia lo hanno attraversato 24mila persone. Stanno tornando a casa. Loro qua sono molto attesi, anche se non c’è più nessuno ad aspettarli.

Mi sembra che tutti noi siamo degli “Hachi”. Nelle città distrutte e desolate siamo sporchi, grigi e malconci e aspettiamo ostinati il senso della nostra vita. Stiamo aspettando i nostri soldati, i vicini di casa, gli amici. Stiamo aspettando la vittoria e non ci schiodiamo da questo posto anche se sarà difficile e lunga. Solo che al posto del cibo e dell’acqua a noi servono armi.

Lo chiamo l’infuso concentrato della tragedia. Si tratta di un corpo ucraino, che sa già dove fa male, poiché fa male ovunque. Sentiamo ogni movimento delle auto bucate dalle pallottole nei corridoi umanitari russi, il tricolore russo disegnato sui cartelli all’ingresso in città, le fosse comuni sui territori occupati che si vedono sulle foto dei satelliti. Il collo non si muove, gli occhi sono secchi, le orecchie non sentono, la schiena non si piega…

Ed è proprio sulla schiena, che non vuole piegarsi, che sono scritti tutti i nomi e i toponimi. Sono tatuati sulla schiena che non vuole piegarsi. Su quella schiena che non vuole piegarsi ci sono la rabbia, la furia, il dolore e le armi. Oltre quella schiena c’è l’infuso della tragedia. Se farai un movimento, i cristalli tradiranno la loro fragilità. Le lacrime scioglieranno tutto, le orecchie sentiranno tutto, il collo riacquisterà la propria forza. Ma la schiena non vuole piegarsi.

L’infuso concentrato della tragedia sarà sul nostro tavolo ancora per tanto tempo, come lo scudo e la spada.

Nel dizionario internazionale ci sono delle novità: il lemma “russo” ora significherà la stessa cosa che “nazista”. La parola “Ucraina” però potrebbe essere rivista come una versione nuova della storia di Davide o Golia. Per via dell’Ucraina questa parabola non sembrerà più così esagerata.

Da allora il nostro incubo più grande e senza fine sono le torture, inflitte ai bambini davanti ai nostri occhi. Non sono stati i russi a inventarle, ma sono stati loro a perfezionarle: bambini stuprati con i denti tolti, le unghie strappate, le braccia e le gambe spezzate. I bambini ammazzati sono il loro marchio di qualità, per il quale l’intero battaglione riceve le onorificenze militari.

Ogni volta che incontri un russo devi tenere in mente che lui, suo figlio, sua figlia, il suo parente, il suo vicino, il suo collega – tutti loro, insieme o separatamente — tortureranno i bambini. La questione di un russo che abita in Europa non cambia niente.

Come fare allora? Il piano d’azione c’è. Anzi sono due. E tutti e due sono imperfetti. Il primo consiste nel non avere i russi da nessuna parte. Il secondo nell’avere le armi. Nelle condizioni di necessità un’arma puntata contro un russo potrebbe salvare dal non essere torturati a morte.

Mettere in atto il primo piano è difficile, per via dell’indifferenza dell’anima del mondo moderno. È difficile convincere gli europei non stuprati che i loro figli saranno i prossimi. La difficoltà del secondo piano sta nel distribuire le armi tra i bambini per dar loro la possibilità di morire in fretta ed evitare le torture.

Tutti i territori occupati sono campi di concentramento. Tutte le persone che ci si sono trovate dentro sono condannate. Oggi, domani o dopodomani. Sono condannate.

Anche nella tranquillità apparente di Donets’k e Kherson, rimangono tranquille solo le case ancora non distrutte, che verranno comunque distrutte alla prima necessità.

Le persone sono vive solo perché non è stato ancora dato un ordine di ammazzarle o c’è ancora bisogno di tenerle in vita. Le donne non sono state stuprate non perché non sono uscite in strada, ma perché gli animali non sono entrati nelle loro case. Ma per gli uomini la morte è già arrivata: vengono arruolati come carne da macello nell’esercito degli invasori. Non si può scappare. Se provi a scappare ti spareranno alla nuca o ti toglieranno le budella dal ventre.

È impossibile andare via. Ai posti di blocco nemici si gioca alla roulette russa, come dice il loro capo: piace, non piace… Se qualcuno non piace, un orco gli potrà fare qualsiasi cosa, e se qualcuna invece piace anche con lei faranno qualsiasi cosa.

Se nel 2014 ero diventata esperta nei suoni e nei segni delle “peonie”, dei “giacinti” e dei “tulipani”, ora sto imparando i nomi delle armi nuove e più moderne. Dubito che potrò applicare queste nozioni nella pratica. Però mi piacciono. E non soltanto a me.

C’è una vignetta che gira nei social, in cui un bambino e una bambina piccoli giocano nella sabbia. Lei lo guarda e gli chiede: «Come ti chiami?». E lui risponde: «Bayraktar. E tu?». « Io sono Javelina».

L’amica di Leopoli dice: «Ho paura. Solo ora ho iniziato ad avere paura. Penso che sarà Leopoli…». «In che senso “sarà Leopoli”? Certo che sarà Leopoli o avete deciso di chiamare la città diversamente?». « Ma no. Penso, che le armi nucleari tattiche verranno usate a Leopoli. E dopo?». « Ah, menomale. Non ti preoccupare, cara, hanno detto che verranno distrutti tutti i centri di comando. E dove sono? Esatto! A Kyjiv! A casa mia! ». « Non mi hai tranquillizzata per niente… Quindi che cosa facciamo?». « Ce ne freghiamo. Un po’ di fatalismo non farà male alla fiducia nel nostro esercito ». « E dove devo andarlo a cercare ’sto fatalismo?».

Nel nostro centro di volontariato c’è una signora della città di Popasna. Tranquilla, silenziosa, assente. Dice: «Ragazze, avete una fotocopiatrice qui? ». « Possiamo trovarla, per che cosa le serve? ». « Si potrebbe anche fare una foto con il telefono. Perché ce l’ho su un pezzo di carta… Ma dobbiamo cancellare tutte le foto dal telefono, perché, se si capita in mano a quelli, loro, per prima cosa, guardano i telefoni. Il pezzo di carta puoi nasconderlo nel reggiseno o nelle mutande… ». « Allora fotocopiamolo! ». « Però fatelo vedere a tutti, non dimenticatelo. Un terzo del nostro Paese ormai è una Popasna. Ma io di questo foglio ne ho una sola copia ».

Sul pezzo di carta c’è la lista dei morti. Accanto ad alcuni nomi ci sono le date e gli indirizzi. Accanto ad altri solo le date e i nomi. In alcuni casi non ci sono neppure i nomi, solo “una donna”, “un uomo vecchio”, “una ragazza”.

« Erano ancora lì, mentre io lasciavo la città. Non a Popasna, ma sulla strada. Prendevo nota di quelli che ho visto. Non ho visto tutti, ma alcuni sì… Sono sotto la riga. Sopra la riga ci sono i nostri… ».

Perché sto scrivendo questo diario? Che senso ha, se l’unico senso che può esserci per noi, per quelli non al fronte, è fare le mappe con dei punti con i nostri morti?

*Olena Stiazhkina è una storica e scrittrice, insegna all’Università di Donec’k (che ha poi trasferito la sua sede a Vinnycia, in seguito all’occupazione del Donbas nel 2014). È autrice del romanzo La morte del leone Sesil aveva un senso, scritto a metà in russo e a metà in ucraino, con una scelta-manifesto che mostra la sua decisione di passare dal russo all’ucraino come lingua di scrittura.

Slava Evropi. Tutto ciò che l’Ue ha fatto per l’Ucraina finora (e quello che può ancora fare). Vincenzo Genovese su L’Inkiesta il 24 Febbraio 2023

L’Unione europea ha preso decisioni senza precedenti per sostenere Kyjiv nel primo anno di guerra: aiuti economici e militari, porte aperte ai profughi e spiragli per l’adesione

Un anno è passato dall’inizio della guerra in Ucraina. Che non è solo una guerra contro l’Ucraina ma «contro la nostra energia, la nostra economia, i nostri valori e il nostro futuro»: parole di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione del settembre 2022. Questi dodici mesi hanno visto un coinvolgimento graduale ma inesorabile dell’Ue nel conflitto, portando i suoi leader a compiere passi difficilmente immaginabili prima che un evento così epocale stravolgesse i loro orizzonti.

Armi, denaro e permessi di soggiorno

Le istituzioni dell’Ue stimano in circa cinquanta miliardi di euro il sostegno complessivo garantito all’Ucraina, sia tramite strumenti comunitari che nazionali dei ventisette Stati membri.

La parte più consistente, 37,8 miliardi, riguarda la cosiddetta «assistenza macro-finanziaria» e umanitaria: cioè i soldi che servono al governo di Kyjiv per mantenere a galla i conti del Paese nonostante l’aggressione.

Non tutti sono versamenti a fondo perduto: ci sono ad esempio i diciotto miliardi promessi per il 2023 sottoforma di «prestiti altamente agevolati» (tre già erogati a gennaio), i 2,3 prestati dalla Banca europea per gli investimenti e andrà restituita anche una quota dei 7,8 miliardi assicurati dai singoli Stati dell’Ue.

Quasi un miliardo riguarda l’assistenza umanitaria in senso stretto: 668 milioni di euro per programmi di supporto favore dei civili colpiti dalla guerra (630 per l’Ucraina e trentotto per la Moldova), più 330 milioni di euro volti ad assicurare l’accesso a beni e servizi di prima necessità fra cui l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’alimentazione.

Ma per sostenere lo sforzo bellico di un Paese servono anche aiuti militari. E l’Unione non si è tirata indietro, con uno stanziamento complessivo di circa 12 miliardi. I tre quarti di questa cifra rappresentano il valore delle armi e dell’equipaggiamento militare fornito dai vari Stati membri, le cui consegne vengono quasi sempre mantenute segrete.

Arrivano direttamente dal bilancio europeo 3,6 miliardi, attraverso uno strumento chiamato European Peace Facility (Epf) e istituito nel 2021 per finanziare le operazioni militari svolte in Paesi terzi nell’interesse dell’Ue.

Le sette tranche di versamenti destinati all’Ucraina ne hanno più che dimezzato la dotazione complessiva, circa cinque miliardi e mezzo di euro fino al 2027. Finora l’Epf era stato utilizzato soprattutto per finanziare missioni di addestramento, in Paesi come Mali, Somalia o Niger. In questo caso invece si tratta di una «missione di assitenza militare»: per la prima volta l’Unione «compra» le armi a un Paese straniero, rimborsando i costi sostenuti dai suoi Stati membri per le forniture.

Accanto ai rifornimenti militari, distinti in equipaggiamento «letale» e «non-letale», ci sono comunque moduli di addestramento dei soldati ucraini organizzati in territorio europeo: a questo proposito l’Unione ha stanziato altri quarantacinque milioni di euro, oltre ai fondi dell’Epf.

La scelta di quante e quali armi inviare all’Ucraina non dipende dall’Unione Europea, ma dai singoli Stati. Tuttavia, come è stato evidenziato dal cambio di rotta del governo tedesco sulla fornitura di carri armati Leopard, il dialogo a livello comunitario influisce su ogni decisione. Anche perché, spiegano fonti diplomatiche a Linkiesta, spesso gli eserciti degli Stati membri hanno in dotazione armi assemblate in altri Paesi e per inviarle altrove serve l’assenso, o quantomeno la notifica, al produttore.

Dopo che alcuni governi dell’Unione si sono impegnati a consegnare carri armati a Kyjiv e mentre il presidente Volodymyr Zelensky continua a chiedere loro aerei da combattimento, il prossimo passo a livello europeo potrebbe essere acquistare armi in maniera congiunta, come fatto per i vaccini anti-Covid19 nel 2021: la stessa von der Leyen ha vagheggiato questa possibilità e il ministro degli Esteri dell’Estonia ha perfino presentato un piano da quattro miliardi per l’approvvigionamento comune di proiettili di artiglieria da 155 millimetri.

L’acquisto comune di munizioni rappresenta un tabù da sfatare per l’Unione, ma in questo anno di guerra infrangere le consuetudini non è una novità. Sul piano della politica migratoria, ad esempio, l’Ue ha adottato uno strumento mai utilizzato prima: la Direttiva sulla protezione temporanea (2001/55), che concede a tutti i cittadini ucraini un permesso di soggiorno nei suoi Stati membri.

I Ventisette non avevano voluto attivarla per i profughi afghani dopo il colpo di stato talebano dell’estate 2021, ma hanno impiegato pochi giorni per trovare un accordo dopo l’invasione dell’Ucraina.

In pratica, tutti gli ucraini (e i non ucraini che risiedevano nel Paese e che non possono tornare nel proprio) hanno diritto a restare nell’Ue fino a marzo 2024, senza la necessità di fare richiesta di asilo, come invece avviene per tutti gli altri migranti.

Secondo i dati Eurostat, al momento beneficiano della direttiva quattro milioni di persone, con Polonia e Germania che ne ospitano quasi un milione a testa. Ma di sicuro gli ucraini che hanno attraversato i confini dell’Unione in questi dodici mesi sono molti di più: alcuni non si sono registrati per la protezione, altri hanno già fatto ritorno nel proprio Paese.

Chi resta ha garantita assistenza sociale e sanitaria e può accedere al mercato del lavoro: la Commissione per facilitarne l’inserimento ha anche istituito una piattaforma di ricerca di lavoro online, chiamata EU Talent Pool.

Avvelenamento lento

Oltre ad aiutare gli ucraini, l’Unione Europea ha provato per un anno a fiaccare i russi, attraverso una lunga e articolata serie di sanzioni.

Nove pacchetti di misure restrittive sono stati approvati dal febbraio 2022: il primo un giorno prima dell’invasione, per punire il riconoscimento russo delle due repubbliche separatiste di Donestk e Lugansk, e il decimo dovrebbe scattare all’anniversario del conflitto.

In mezzo, il divieto per i velivoli russi di sorvolare lo spazio aereo europeo, il blocco delle esportazioni verso la Russia di prodotti di lusso e tecnologie utilizzabili in guerra, e delle importazioni da Mosca delle materie prime (esclusi cibo e fertilizzanti). Gli organi di informazione legati in qualche modo al Cremlino, come Sputnik e Russia Today sono stati oscurati nell’Ue ed è stato sospeso un accordo in vigore dal 2007 che consentiva ai cittadini russi di prendere il visto per l’Europa in maniera più rapida.

Con il passare dei mesi, la spirale delle sanzioni è cresciuta di forza e volume. Il terzo pacchetto, a marzo 2022, ha escluso la Banca centrale russa e altre banche dal sistema di pagamenti Swift; il quinto ad aprile ha messo il bando il carbone russo, il sesto a giugno il petrolio, pur tra deroghe ed eccezioni, mentre a dicembre gli Stati dell’Ue hanno faticosamente raggiunto l’accordo per un tetto ai prodotti petroliferi raffinati russi, che si applica anche alle esportazioni via mare di Mosca verso altri Paesi.

Al momento l’Unione non ha azzerato le sue forniture di combustibili fossili dalla Russia, ma ridotto considerevolmente la sua dipendenza. Il petrolio russo, che nel 2020 formava più di un quarto del totale importato, ora è passato al 14,4 per cento secondo i dati Eurostat relativi al terzo trimestre 2022. Ancora più impressionante il calo del gas, dal trentotto per cento al quindici per cento: il tetto al prezzo concordato a fine anno, che si applica al combustibile proveniente da tutto il mondo, contribuisce a ridurre le entrate russe.

Quasi 1400 persone, nel frattempo, sono entrate nella «lista nera» dell’Ue, con il divieto d’ingresso negli Stati del blocco comunitario e il congelamento dei beni detenuti in Europa. Tra questi ovviamente il presidente Vladimir Putin e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, il capo della milizia mercenaria Wagner Yevgeny Prigozhin, tutti i parlamentari della Duma, le alte cariche del Cremlino e un lungo elenco di oligarchi.

Secondo le stime, le loro proprietà nell’Ue valgono quasi venti miliardi, da aggiungere ai circa trecento di riserve congelate alla Banca centrale russa: la Commissione europea sta cercando un modo valido dal punto di vista giuridico per finanziare con questi soldi la ricostruzione dell’Ucraina.

L’impatto delle sanzioni europee sulla Russia è oggetto di ampio dibattito a livello comunitario: di sicuro non hanno fermato la guerra, ma altrettanto certamente stanno danneggiando l’economia russa. L’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri Josep Borrell le definisce un «veleno lento», che darà il meglio di sé con il passare del tempo. Per il momento, la Russia ha subito una contrazione del 4,5 per cento nel 2022 secondo la Banca mondiale, ma per il Fondo monetario internazionale la decrescita è più ridotta e nel 2023 il Paese potrebbe tornare a crescere dello 0,3 per cento.

I prossimi passi

Nell’arco dell’Unione, comunque, ci sono ancora diverse frecce per colpire la Russia. Alcune dalla portata limitata, come il divieto di importazione dei diamanti provenienti dalla Russia, un business complessivo da oltre quattro miliardi all’anno.

Altre forse più significative per scoraggiare il prosieguo del conflitto o minare ulteriormente l’economia russa, come l’istituzione di un tribunale speciale per giudicare il «crimine di aggressione» nei confronti dell’Ucraina: una sorta di «Norimberga» per Putin e gli alti ranghi del Cremlino. Oppure l’inclusione nelle sanzioni dell’industria nucleare russa, che fornisce circa un quinto dell’uranio importato dall’Ue: l’ultimo tassello in tema di disconnessione energetica da Mosca.

Nei confronti dell’Ucraina, invece, l’Unione sembra disposta a mantenere il sostegno umanitario, finanziario e militare per tutto il tempo necessario, «as long as it takes», come amano ripetere i vertici comunitari.

Meno decisione e meno concordia su un altro punto cruciale: l’ingresso nell’Unione dell’Ucraina. Che finora ha percorso a marce forzate un cammino di solito molto più lento, con lo status di Paese candidato garantito in meno di quattro mesi e segnali positivi nelle occasioni solenni. Ma che difficilmente avrà una corsia preferenziale in futuro, secondo chi conosce l’ambiente comunitario.

«La concessione dello status di Paese candidato si è basata sull’empatia e sulla volontà di dare al popolo ucraino la prospettiva di un futuro. Ma l’ingresso nell’Unione non dipenderà dall’empatia», dice a Linkiesta André Sapir, analista del think tank Bruegel e consigliere di Romano Prodi nella Commissione europea che ha presieduto il più grande allargamento nella storia dell’Unione, nel 2004.

A suo giudizio, la valutazione verrà effettuata dopo la fine del conflitto in modo oggettivo, tenendo in considerazione le riforme e i progressi del Paese. Se davvero c’è un «debito morale» degli europei nei confronti degli ucraini per questa guerra, sarà pagato in un altro modo.

Contro la cancellazione. La Russia vuole farvi credere che la cultura del Donbas non sia mai stata Ucraina. Ma non è vero. Kateryna Zarembo su L’Inkiesta il 24 Febbraio 2023

Anche nel 2022 la Russia cerca di eliminare la memoria usando i vecchi metodi sovietici. Stavolta sarà più difficile: ci sono ancora tanti testimoni oculari. E sono morti in troppi per difendere le regioni di Donec’k e della Luhans’k

La storia si ripete. In questo preciso istante i russi, sotto gli occhi di tutti, stanno cancellando dalla faccia della terra Mariupol’, Severodonec’k, Lysyčans’k e altri piccoli paesini della regione di Donec’k e Luhans’k. Si tratta non soltanto di conquistare i territori, ma di far sì che tutti dimentichino che in quei posti c’è stata e c’è ancora l’Ucraina.

I russi lo hanno già fatto nel passato. I vertici del Partito comunista hanno cercato in tutti i modi di cancellare qualsiasi storia del Donbas che non fosse quella sovietica.

Per questo è stata taciuta la storia di un’epoca più antica di queste terre, che costituivano una parte dello Stato cosacco. Per contrastarla è stato inventato un mito del Donbas come terra di minatori e metallurgici che faticavano duro in nome dell’Unione dei Paesi Socialisti Sovietici.

Per lo stesso motivo, la lingua ucraina è stata cancellata. Secondo il censimento del 1897, il 68,9 per cento degli abitanti della regione di Donec’k e il 62 per cento di quelli della regione di Luhans’k consideravano l’ucraino lingua madre. Nel 1989 questo indice cala fino al 30,6 per cento nella regione di Donec’k e fino al 34,9 per cento in quella di Luhans’k. Gli insegnanti di ucraino sono stati licenziati, gli scrittori ucraini, gli attivisti per i diritti umani e i dissidenti sono stati oggetto di repressione.

Per questo il capoluogo della regione è stato spostato dalla Bakhmut ucraina, la città dove per la prima volta è stata alzata la bandiera ucraina nel 1917, a Donec’k (all’epoca Stalino). Bakhmut aveva una tradizione ucraina troppo forte.

L’ironia della sorte sta nel fatto che la potenza industriale della regione non fu nemmeno creata dai sovietici, ma dagli europei: tedeschi, francesi, britannici e belgi. I sovietici si sono appropriati delle miniere e delle fabbriche nell’Ucraina orientale durante il caos della Prima guerra mondiale. Per questo motivo, il Belgio non ha riconosciuto l’Unione Sovietica come Stato fino al 1935.

Nell’Ucraina indipendente dopo il 1991, il mito del Donbas non è stato cancellato, ma è stato anzi rafforzato dalle locali élite politiche. Perfino il termine “Donbas”, una delle poche abbreviazioni sovietiche rimaste (Donbas sta per Donec’kyj vuhilnyj basejn – bacino del carbone di Donec’k ), ha continuato a vivere in Ucraina senza badare a quale fosse la provenienza e al significato del toponimo.

In seguito, all’immagine del Donbas come terra di proletariato è stata aggiunta un’immagine del Donbas come terra di criminali: negli anni Novanta, nella regione sono stati uccisi alcuni uomini d’affari di successo. E poi è stata aggiunta anche un’immagine del Donbas come terra di lingua russa, una tragica conseguenza della sanguinosa politica di russificazione avvenuta negli anni sovietici. E, ancora, un’immagine di terra filorussa, fomentata dalla figura dell’ex presidente ucraino, originario del Donbas, Viktor Janukovyč.

Il suo Partito delle regioni ha monopolizzato quella parte del Paese fino a stroncare le voci meno rumorose che non entravano nel quadro del mito del Donbas. Questo mito è stato così fortemente radicato nel presente ucraino al punto che fino al 2014 si sapeva molto poco del movimento filoucraino nelle zone di Donec’k e di Luhans’k. Per esempio, nel 2006-2009, all’università di Donec’k era attiva l’organizzazione giovanile Poštovkh (La Spinta) che lavorava per riportare nel Donbas l’identità ucraina. E poi c’erano gli scout ucraini Plast nelle varie città del Donbas e poi i gruppi letterari e artistici e i tifosi di calcio che si sentivano parte di un tutt’uno ucraino e non solo di un contesto locale. Questa lista potrebbe continuare.

Sia a Donec’k sia a Luhans’k hanno avuto luogo le proteste di Euromajdan, non così numerose come nelle altre città, però nemmeno così scontate. Dopo la vittoria dell’Euromajdan a Kyjiv e dopo che la Russia ha iniziato a occupare le regioni di Donec’k e Luhans’k, la piazza di Donec’k ha risposto con una protesta di diecimila persone il 13 marzo 2014. Non è tanto, se consideriamo che la città aveva più di un milione di abitanti, ma non è neanche così poco, considerate le poche speranze che gli altri ucraini nutrivano nei confronti degli abitanti del Donbas.

In seguito, nella Donec’k occupata, è stato organizzato il primo festival di letteratura con la partecipazione di scrittori ucraini. Secondo l’opinione dei militanti locali, al Donbas sono mancati altri cinque o dieci anni per rafforzare definitivamente un’identità ucraina.

Dopo il 2014, quando quasi metà della popolazione di Donec’k e di Luhans’k è sfollata per via dell’occupazione russa, la voce ucraina del Donbas si è fatta più forte. La scrittrice e storica Olena Stiazhkina (che scrive su questo numero del Magazine de Linkiesta, ndr), lo studioso di religione Ihor Kozlovs’kyj, i giornalisti Denys Kazans’kyj e Serhij Stukanov e tanti altri sono diventati una voce alternativa del Donbas in Ucraina e nel mondo. Alcuni di loro, però, preferiscono non usare il termine Donbas in quanto retaggio del falso mito sovietico.

Dal 2014, nelle varie città delle regioni di Donec’k e di Luhans’k non occupate dai russi, si è rafforzato il movimento civile progressista, che promuove idee per una gestione locale più organizzata, per una salvaguardia dell’ambiente e per una popolazione più patriottica: a Konstiantynivka è stata attiva l’associazione Vil’na khata (La casa libera) e a Drużkivka l’associazione Točka dostupu (Il punto di accesso), mentre l’Università orientale si è trasferita da Luhans’k a Severodonec’k. In questi posti si è scritta una nuova storia dell’Est ucraino basata sulle forti tradizioni locali.

La popolazione che tuttora vive sotto l’occupazione russa continua a credere nell’Ucraina. Ne è un esempio lo scrittore Stanislav Asejev, rimasto nella Donec’k occupata a testimoniare e a mandare i suoi scritti al giornale ucraino Dzerkalo tynhnia (Lo specchio della settimana) fino al 2017, quando è stato rapito dagli occupanti. Dopo due anni di prigionia è stato liberato durante uno scambio di prigionieri.

Le persone come Asejev continuano a vivere anche adesso sotto occupazione. Sono loro che disegnano la bandiera gialloblu sulle case e sulle strade. Sono loro che passano le informazioni importanti all’esercito ucraino. I maturandi di Donets’k si preparano per entrare nelle università ucraine. Anche un’amica della scrittrice Olena Stiazhkina ha deciso di rimanere e di aspettare, perché ci dovrà pur essere «qualcuno ad accogliere l’esercito ucraino con i fiori dopo la nostra vittoria».

Nel 2022, la Russia si è posta l’obiettivo non solo di occupare l’Ucraina orientale, ma di annientarla. Mariupol’ e Severodonec’k sono state rase al suolo. Nella basilica di San Petro Mohyla a Mariupol’, gli occupanti hanno bruciato tutta la biblioteca che includeva anche testi unici. Nelle scuole occupate sono arrivati i professori da Rostov e da San Pietroburgo. Bruciano i libri, cambiano i docenti, riscrivono i testi, cancellano la memoria usando i soliti vecchi metodi sovietici.

Però questa volta sarà più difficile. Ci sono ancora troppi testimoni oculari, sono ancora in troppi a ricordare, sono morti troppi ucraini per difendere la Donec’k e la Luhans’k ucraine.

Le città distrutte saranno ricostruite e noi ci ritorneremo, per continuare a scrivere la storia dell’Est ucraino.

Kateryna Zarembo è analista politica e professoressa universitaria, si occupa di politica estera, di politica di sicurezza e di studi sulla società civile ucraina. Da maggio 2022 è ricercatrice presso la Technical University di Darmstadt in Germania. È membro associato del New Europe Center di Kyjiv e insegna alla Kyjiv-Mohyla Academy. In autunno uscirà presso la casa editrice ucraina Choven il suo libro “Il sole ucraino sorge nel Donbas” sui movimenti filoucraini nella parte orientale del Paese.

L’Unione in cui credo. I destini di noi europei sono intrecciati (anche con l’Ucraina), dice von der Leyen a Palermo. Ursula Von der Leyen su L’Inkiesta il 23 Febbraio 2023

«Spesso è nell’ora più buia che troviamo la nostra forza interiore. È ciò che sta accadendo», è il messaggio di speranza della presidente della Commissione europea

Pubblichiamo un passaggio del discorso della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Palermo.

La giornata in cui ci incontriamo ha un valore speciale per l’Europa. Domani sarà trascorso un anno da quando la Russia ha dato inizio alla brutale invasione dell’Ucraina. Visto dalla Sicilia, potrebbe sembrare un conflitto lontano. Ma non lo è. I giovani ucraini condividono con voi gli stessi desideri, che sono quelli di tutti i giovani europei. Vogliono essere indipendenti e padroni del proprio futuro. Vogliono vivere liberamente in un paese democratico. Vogliono libertà di parola, libertà di pensiero, libertà di circolazione.

Questo è il motivo per cui nel 2014 i giovani ucraini sono scesi in strada avvolti nelle bandiere europee. Per tutta risposta, Putin ha invaso per la prima volta il loro paese. È tornato a farlo otto anni dopo, il 24 febbraio 2022. Putin nega all’Ucraina il diritto di esistere. Attaccandola un anno fa, ha attaccato anche i principi di sovranità e integrità territoriale. E ha attaccato i principi della democrazia.

Gli autocrati hanno paura proprio di ciò che rende attrattive le nostre democrazie liberali: il nostro successo economico, le nostre libertà civili e la libertà di parola e di opinione. Ecco perché il coraggioso popolo ucraino non sta solo difendendo il proprio paese, ma sta anche combattendo per i nostri valori. Per questo resteremo al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario. Libertà per l’Ucraina.

Spesso è nell’ora più buia che troviamo la nostra forza interiore. È ciò che sta accadendo nella nostra Unione. Le prove di questi tre anni sono probabilmente le più difficili mai affrontate dall’Europa. Prima la pandemia e le sue ripercussioni economiche, poi la guerra e l’impennata del costo della vita. Ma queste crisi ci hanno insegnato qualcosa. Abbiamo imparato che i destini di noi europei sono intrecciati tra loro.

Quando ci siamo procurati i vaccini, abbiamo fatto in modo che fossero distribuiti contemporaneamente in tutta Europa, allo stesso prezzo. Quando abbiamo tracciato il nostro piano di ripresa, ci siamo concentrati soprattutto sulle regioni e sui settori che avevano più bisogno di sostegno. E quando la Russia ha chiuso i rubinetti del gas, rendendo le nostre bollette energetiche molto più costose, abbiamo risposto all’insegna della solidarietà europea, proteggendo le famiglie e le imprese più fragili. È questa l’Europa in cui credo. Un’unione che è sempre al fianco dei suoi cittadini. Ed è questa idea di Europa che oggi mi porta in Sicilia. […]

Così la Cina dice basta all’Occidente giudice e poliziotto globale. Redazione su L’Identità il 25 Febbraio 2023

Di DIEGO BERTOZZI

Come da più parti anticipato nei giorni scorsi, e all’indomani della visita di Wang Yi, a capo della Commissione Affari Esteri del Partito comunista cinese, Pechino ha presentato il proprio documento, suddiviso in 12 punti, per una possibile soluzione della crisi ucraina. Prima di descriverlo, va detto che esso è in linea con le tendenze tradizionali della diplomazia cinese e che ribadisce alcuni concetti più volte espressi, su tutti quello della natura “non esclusiva” e particolaristica della sicurezza. Altra considerazione che va tenuta ben presente: benché sia rivolto principalmente alla soluzione del conflitto militare in essere da ormai un anno, il documento si situa in una cornice di crescenti tensioni anche in Estremo Oriente, con particolare riferimento alla delicata questione di Taiwan (è di queste ore la notizia di un aumento della presenza di militari Usa nell’isola cinese).

Si parte quindi con la richiesta del pieno rispetto della sovranità di tutti i Paesi, in rispetto della Carta delle Nazioni Unite: “La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i paesi devono essere efficacemente sostenute. Tutti i paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, sono membri uguali della comunità internazionale. Tutte le parti dovrebbero sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l’equità e la giustizia internazionali”. Viene certo ribadita la condanna di ogni aggressione militare, compresa quella russa ai danni dell’Ucraina, ma tale condanna vale anche per un passato, anche recente, troppo spesso “rimosso” fatto di guerre scatenate da Usa e alleati; rimozione che rende poco credibili le attuali condanne espresse nei confronti di Mosca. Il primo punto termina, infatti, con questa specificazione: “Dovrebbe essere promossa un’applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti”.

Il secondo punto possiamo considerarlo un “classico” della diplomazia cinese post 1989 e disintegrazione dell’Unione sovietica quale l’abbandono della “mentalità da guerra fredda”. Ad essere presi di mira sono l’unipolarismo statunitense e l’allargamento della Nato, con la conseguente disseminazione di tensioni e destabilizzazioni, in un quadro internazionale oggettivamente avviato sulla strada della multipolarità: “La sicurezza di un paese non dovrebbe essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari. I legittimi interessi e preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi devono essere presi sul serio e affrontati adeguatamente. Non esiste una soluzione semplice a un problema complesso. Tutte le parti dovrebbero, seguendo la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile e tenendo presente la pace e la stabilità a lungo termine del mondo, contribuire a creare un’architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile. Tutte le parti dovrebbero opporsi al perseguimento della propria sicurezza a scapito della sicurezza altrui, prevenire il confronto tra blocchi e lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico”. Nella sostanza si sottolinea come la decisione russa di procedere all’invasione e all’occupazione di una parte del territorio ucraino sia anche il risultato di una politica sconsiderata – anch’essa aggressiva – che ha indebitamente elevato il particolare (l’espansione della Nato a Est) a universale (Occidente come garante della pace e del rispetto del diritto internazionale) minando gravemente la sicurezza della Russia.

In altre parti (punti 3 e 10) il documento individua nell’abbassamento della tensione a favore di una progressiva moderazione delle politiche delle parti contrapposte (Russia e Nato, più che Russia e Ucraina, come è ormai evidente a tutti). Accanto alla richiesta di evitare ogni minaccia di ricorso all’arma nucleare (avviso recapitato a Mosca), resta la ferma condanna di alcune pratiche quali l’innalzamento in quantità e qualità delle armi a Kiev, il sanzionismo unilaterale occidentale (del quale Pechino è storica vittima) da troppo tempo utilizzato come arma di ricatto, e la tendenza tutta occidentale di farsi poliziotto e giudice globale (facendo saltare la classica e liberale distinzione dei poteri). Riportiamo direttamente dal documento: “Tutte le parti devono rimanere razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni e impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura sfugga al controllo. Tutte le parti dovrebbero sostenere la Russia e l’Ucraina nel lavorare nella stessa direzione e riprendere il dialogo diretto il più rapidamente possibile, in modo da ridurre gradualmente la situazione e raggiungere infine un cessate il fuoco globale”. Inoltre “le sanzioni unilaterali non possono risolvere la questione; creano solo nuovi problemi. La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali e della ‘giurisdizione a braccio lungo’ nei confronti di altri paesi, in modo da fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina e creare le condizioni affinché i paesi in via di sviluppo possano far crescere le loro economie e migliorare la vita della loro popolazione”.

Ucraina. Il piano di pace cinese e il modello coreano. Piccole Note (putiniano) su Il Giornale il 24 Febbraio 2023.

A un anno dall’inizio della guerra non si intravedono vie di uscita. Il piano di pace della Cina, pubblicizzato ieri, è già stato rifiutato da Mosca. Infatti, la portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, aveva detto che durante la visita del ministro degli Esteri cinese a Mosca di questi giorni “non si è parlato di un piano di pace”.

Ciò perché il documento cinese, composto da 12 punti, prevede il reintegro dei territori ucraini sotto la sovranità di Kiev, cosa che Mosca, dopo aver speso tante risorse, non può accettare. Analoga accoglienza ha avuto in Occidente, che non può accettare che la pace sia fatta dalla Cina.

E però, la Cina ha fatto la sua mossa, un’operazione di marketing che, ben sapendo che non ha possibilità nel suo insieme, Pechino ha pubblicizzato per smuovere le acque. Dei punti elencati, quelli cruciali, e fattibili, sono quelli riguardanti il cessate il fuoco e l’avvio di negoziati. Vedremo.

Intanto, arriva la smentita della Casa Bianca sul fatto che Pechino invii aiuti militari a Mosca, cosa accreditata dalla stampa internazionale. Non è la prima volta che tale notizia senza fondamento viene diffusa in Occidente e non sarà l’ultima.

Ma più che una smentita, la presa di posizione della Casa Bianca sembra soprattutto un’apertura di credito alla possibilità di avviare negoziati sull’Ucraina, dal momento che arriva in contemporanea con la pubblicazione del piano di pace. Non ora, non ancora, ma l’apertura c’è perché la notizia dell’aiuto militare a Mosca serviva ad affondare sul nascere le prospettive evocate dal piano cinese.

Peraltro, al netto della retorica bellicista, proseguono i segnali possibilisti in tal senso sui media mainstream. Di oggi un articolo di Sergej Radchenko sul New York Times nel quale si afferma che la guerra ucraina “potrebbe essere destinata a un cessate il fuoco” (riprendiamo il titolo). Lo schema è quello di un conflitto congelato in stile coreano.

Modello coreano

Così nel testo: “Se nessuna delle parti otterrà successi significativi nei prossimi mesi, il conflitto potrebbe dirigersi verso un cessate il fuoco. Gli ucraini, anche se forse non avranno recuperato completamente i loro territori, avranno respinto un nemico aggressivo. I russi, da parte loro, possono mascherare la loro sconfitta strategica spacciandola come una vittoria tattica. Il conflitto sarà congelato, un risultato tutt’altro che ideale. Tuttavia, se abbiamo imparato qualcosa dalla guerra di Corea, è che un conflitto congelato è meglio di una sconfitta totale o di un’estenuante guerra di logoramento”.

Molto interessante anche un altro cenno dell’articolo, quando si spiega che l’invasione della Corea del Sud da parte del Nord – che fu spinto a compiere questo passo da Stalin – che diede avvio a quella guerra, fu favorita dai “segnali fuorvianti provenienti dagli Stati Uniti. Primo tra tutti la famosa dichiarazione del Segretario di Stato Dean Acheson del 12 gennaio 1950, che escludeva la Corea dal ‘perimetro difensivo’ americano. Combinato con intercettazioni di intelligence, ciò fu sufficiente per rassicurare Stalin – a torto – che gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti in Corea”.

È quanto successo anche in Ucraina, quando, prima del 24 febbraio, Biden, rispondendo alle domande su una possibile invasione russa, spiegava che l’America avrebbe difeso ogni centimetro dei Paesi Nato, aggiungendo, però, significativamente che l’Ucraina non era parte della Nato. Dinamica identica, dunque, anche se diverse le motivazioni.

Sulla stessa linea del Nyt, Josh Hammer il quale su Newsweek spiega che gli interessi dell’Ucraina e degli Stati Uniti non coincidono e quindi c’è “un interesse estremamente scarso (se non nullo) negli Stati Uniti su dove saranno tracciate esattamente le linee di confine [delle due nazioni] nell’Ucraina orientale, dove la popolazione è estremamente divisa tra etnia ucraina e etnia russa”.

Addolcire la pillola con la ricostruzione

In parallelo a questi articoli, lo scritto di Philip Short sul Time, nel quale si legge: “Sebbene nessuno sia pronto a dirlo apertamente, si può dubitare che la Casa Bianca segua l’Ucraina sul fatto di scacciare le truppe russe da tutti i territori che ha occupato”. Aggiungendo che la riconquista delle Crimea, “nella quale la maggior parte della popolazione si considera russa e che, dal punto di vista di Mosca, è una regione russa come le altre, pone il rischio di innescare quel tipo di escalation ingestibile che l’amministrazione Biden intende prevenire”.

E dal momento che la vittoria non può arridere a nessuno dei due contendenti, prosegue Short, è probabile che l’America alla fine si accordi con Mosca accettando che essa conservi parte del territorio ucraino. Ovviamente, la leadership ucraina percepirà tale intesa come un “tradimento”, ma alla fine si allineerà e “l’Occidente addolcirà la pillola inviando massicci aiuti per la ricostruzione”.

Si può facilmente immaginare che la maggior parte di tali aiuti saranno richiesti alla Ue, cosa che consentirà agli Stati Uniti di depauperare/subordinare ulteriormente l’Europa occidentale e di rafforzare quella orientale, scelta da Washington come gendarme armato sia nei confronti di Mosca che verso il resto del Vecchio Continente.

Non è una buona prospettiva per i cittadini europei e la loro libertà, se si tiene presente, solo a titolo di esempio, che attualmente esiste un sito semiufficiale nel quale sono iscritti i nemici dell’Ucraina da eliminare, elenco nel quale è stato inserito anche l’iconico cantante Rogers Waters.

La macelleria e la follia

Intanto prosegue la macelleria, che i media d’Occidente derubricano a fattore secondario per evitare che si pongano domande scomode sulla necessità di inviare armi a Kiev. Se ogni giorno si leggono notizie, più o meno enfatizzate, sulle enormi perdite russe, poco ci si sofferma sui militari ucraini inviati a morire al fronte, esaltandone invece l’eroismo.

La realtà di quanto sta avvenendo è stata accennata da un mercenario americano alla Abc, il quale ha affermato che la vita media in prima linea è di “quattro ore”. Questa macelleria va fermata. Continuare a inviare armi e a parlare di una vittoria ucraina, che tutti sanno che non arriverà, serve solo a perpetuarla.

Ma come detto, non sembrano prospettarsi svolte a breve. E nel frattempo si addensano nuove criticità sulla Transnistria, regione della Moldavia al confine ucraino rimasta sotto il controllo di Mosca dopo il crollo dell’URSS. La Russia allarma su una possibile invasione da parte delle forze ucraine, la Moldavia smentisce.

Se ciò avvenisse, la guerra prenderebbe una piega ancora più pericolosa dell’attuale. Sarebbe un attacco alla Russia… solo pensare tale possibilità è pura follia, ma ad oggi a questa non sembra esserci un limite (vedi le dichiarazioni sulla Transnistria rilasciate al tempo dall’allora consigliere di Zelensky Oleksij Arestovich).

La sconfitta della 'guerra globale' e della 'vittoria totale' di Kiev. Piccole Note (filoPutin) il 4 Marzo 2023 su Il Giornale.

“È passato un anno dall’invasione russa dell’Ucraina. Nonostante le affermazioni del regime e dei suoi alleati dei media secondo cui la Russia rappresentava il nuovo Terzo Reich e avrebbe presto conquistato mezza Europa, è ormai evidente che ciò non è mai stato neanche lontanamente vero”. Così Ryan McMaken in un articolo pubblicato sul Mises Institute.

In realtà, prosegue McMaken, “i russi non sono nemmeno vicini ad occupare alcunché in Europa oltre l’Ucraina orientale. Non è Monaco 1938. Le sanzioni economiche non hanno paralizzato il regime russo. La maggior parte del mondo resta neutrale sul conflitto. E questo finirà probabilmente con una soluzione negoziata, contrariamente ai desideri di Washington”.

“Il fatto è che, nonostante gli sforzi degli Stati Uniti e della NATO per fare della guerra ucraina la terza guerra mondiale, essa rimane un conflitto regionale. E sembra che la maggior parte del mondo non sia interessata a fare sacrifici per favorire la politica degli Stati Uniti in Ucraina e che molti rilevino l’ipocrisia intrinseca nei discorsi degli Stati Uniti sul rispetto della sovranità nazionale”.

“Si può trarre un’importante lezione dai massimalisti della guerra, i quali sostengono senza tregua la guerra su vasta scala come ‘soluzione’ di tutte le crisi internazionali. Gli Stati Uniti vogliono chiaramente combattere la guerra fino all’ultimo ucraino, in questo conflitto che stanno rivendendo alla stregua di una crociata globale in stile Seconda guerra mondiale. Ma sembra che adesso i pensatori più pragmatici […] siano ben consapevoli che i negoziati sono la soluzione più umana”.

La neutralità del mondo e l’invasione (anche ucraina) dell’Iraq

Proprio la neutralità di gran parte del mondo, cioè tutti i Paesi dell’Asia, del Sud America e dell’Africa (a parte eccezioni che confermano la regola) appare la parte più interessante dell’articolo perché di stretta attualità. Infatti, nel corso del recente G-20, convocato a New Delhi, la neutralità suddetta si è nuovamente palesata in tutta la sua plasticità dal momento che gli Stati Uniti hanno provato a isolare nuovamente la Russia, fallendo ancora una volta.

Sul punto, appaiono interessanti le annotazioni di McMaken, il quale scrive che tale neutralità si deve “in parte a motivazioni pratiche. La leadership politica di questi Paesi semplicemente non è disposta a impoverire la propria popolazione per compiacere Washington. Ma la resistenza deriva anche dal fatto che la maggior parte del mondo sa che le pretese statunitensi per il rispetto della sovranità nazionale e del diritto internazionale sono del tutto menzognere”.

“Le invasioni statunitensi e i bombardamenti in Iraq, Afghanistan, Libia e Siria hanno chiarito che gli Stati Uniti sono perfettamente a loro agio nel violare la sovranità nazionale quando ciò si è utile alle loro ambizioni. Il cosiddetto ordine internazionale basato sulle regole ovviamente non significa nulla per gli Stati Uniti quando diventa scomodo per Washington (va anche notato che il regime ucraino ha sostenuto l’invasione dell’Iraq e inviato almeno cinquemila militari per aiutare gli Stati Uniti a occupare quella nazione sovrana).

L’ultima annotazione appare significativa ed è ignota ai più (compreso lo scrivente). Così abbiamo fatto una ricerca e… sorpresa! Così il New York Times del 14 agosto 2004: “Il governo ucraino, Paese tra i più attivi nel rifornire di truppe il contingente straniero in Iraq, ha posto fine alle speculazioni sul suo impegno nella missione a guida americana annunciando venerdì che avrebbe inviato una nuova brigata per sostituire quella che tornerà in patria questo autunno”.

Un impegno lodato dall’allora Segretario per la Difesa degli Stati Uniti, il famigerato Donald Rumsfield, il quale “ha ringraziato l’Ucraina per il suo ”eccellente supporto” nella campagna dell’amministrazione contro i terroristi”.

La follia di chiedere la resa incondizionata di Mosca

Tornando allo scritto di McMaken, egli annota come gli Stati Uniti abbiano applicato alla Russia lo stesso approccio riservato ai “paesi piccoli e poverissimi non in grado di reagire” che negli ultimi decenni hanno subito le loro attenzioni belliche. Infatti, così, come per l’Iraq e gli altri Paesi in questione, anche per la Russia si è auspicato un regime-change che sancisse la vittoria americana.

Non solo tale pretesa era alquanto esagerata, ma era anche pericolosa, dal momento che avrebbe potuto portare al potere un leader più duro e determinato. “Una pillola difficile da ingoiare per gli americani che da tempo hanno una vera e propria ossessione per la ‘resa incondizionata’” come punto terminale di un conflitto, sul modello della resa del Giappone alla fine della Seconda guerra mondiale. “Ma la realtà è che la stragrande maggioranza dei conflitti militari si conclude con degli accordi negoziati”.

“Tuttavia, per tutta la prima metà del 2022, quanti hanno chiesto l’avvio di negoziati […] sono stati etichettati come apologeti russi. L’unico esito accettabile, ci è stato detto, è la vittoria totale”.

“Quei giorni stanno rapidamente volgendo al termine. La ‘vittoria totale’ dell’Ucraina, definita come il ritiro totale della Russia, non è mai stata probabile […]. La fine dei giochi sta arrivando ed è una soluzione negoziata. Sfortunatamente, l’accordo arriverà solo dopo un’immensa perdita di vite umane, sia ucraini che russi, e al prezzo di un’enorme perdita di capitali e infrastrutture”. E tale accordo, prevede McMaken, sarà quello ovvio anche a inizio guerra: la cessione di parte del Donbass alla Russia.

Questa la conclusione di McMaken: “Coloro che hanno sostenuto la necessità di una guerra su vasta scala e ‘niente pace fino alla vittoria totale’ si sono sbagliati in modo sbalorditivo”. Un errore “molto costoso”, chiosa McMaken; infatti è stato pagato a caro prezzo, sia in termini di vite umane che di tanto altro…

Sembra che la direttrice sia tracciata. Ma torna alla mente il vecchio detto che recita così: “Una guerra si sa quando inizia, ma non si sa quanto finisce”. Tanti e lucrosi gli interessi in gioco.

La guerra illegale della Nato nel "cortile di casa" degli Usa. Per gentile concessione di Fazi Editore pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Daniele Ganser, "Le guerre illegali della NATO". Daniele Ganser su Il Giornale il 28 Febbraio 2023

Per gentile concessione di Fazi Editore pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Daniele Ganser, Le guerre illegali della NATO

La guerra illegale degli Usa contro il Guatemala iniziò il 18 giugno 1954. Un conflitto del genere era interdetto non soltanto dall’ONU, ma anche dalla Carta dell’Organizzazione degli Stati americani (Oas, ratificata a Bogotà il 30 aprile 1948 ed entrata in vigore alla fine del 1951), che afferma: "Nessuno Stato o confederazione di Stati ha il diritto di interferire direttamente o indirettamente, per qualsiasi ragione, negli affari interni o esterni di qualsiasi altro Stato". Ma alla Cia non importava nulla della Carta dell’Oas e nemmeno dello Statuto delle Nazioni Unite: il diritto internazionale fu violato intenzionalmente.

Dal vicino Honduras le bande armate dalla Cia invasero il Guatemala, di cui vennero bombardati porti, strutture militari, una scuola, l’aeroporto internazionale e diverse città. Il fattore risolutivo furono le notizie diffuse a tamburo battente da stazioni radio controllate dalla Cia, secondo le quali i ribelli aumentavano ovunque a vista d’occhio. Si trattava di notizie gonfiate ad arte, ma la guerra combattuta a suon di informazioni funzionò, facendo credere al presidente Árbenz di stare affrontando forze soverchianti. La propaganda servì alla Cia per dare l’impressione di essere più forte di quanto fosse in realtà. La guerra psicologica via radio in Guatemala era guidata da Howard Hunt, un funzionario della Cia specializzato in operazioni illegali sotto copertura che durante la campagna elettorale del 1972 si sarebbe infiltrato nel quartier generale dei democratici, all’interno del complesso residenziale del Watergate a Washington, per spiare gli avversari politici. La scoperta dell’operazione avrebbe portato al famigerato scandalo Watergate e alle dimissioni del presidente Richard Nixon. In quell’occasione, Hunt fu condannato a trentatré mesi di detenzione per effrazione, cospirazione e intercettazione telefonica.

Ma tramando la caduta del governo guatemalteco, Hunt aveva commesso crimini ben peggiori, causando la morte di parecchie persone: eppure lavorava per conto dell’impero Usa e quindi non fu condannato negli Stati Uniti. È importante tenere presente che gli Stati Uniti separano nettamente il diritto nazionale da quello internazionale. Se si violano le leggi interne, come nel caso del Watergate, vengono arrestati e condannati anche i mandanti, ma la situazione cambia completamente se le stesse azioni o altre persino peggiori vengono commesse all’estero: coloro che violano il diritto internazionale ricevono dalla Cia una ricompensa, finanziata dall’erario. Chiaramente queste disparità disorientano. David Atlee Philips, entrato alla Cia nel 1950, collaborò al sovvertimento di Árbenz e all’epoca dei fatti pose al suo superiore Tracey Barnes una questione ragionevole: "Però Árbenz è stato eletto presidente in maniera democratica. Che diritto abbiamo di aiutare qualcuno a rovesciare questo governo e cacciare via Árbenz?". La domanda era giusta, ma non ebbe risposta, dato che gli Stati Uniti non avevano alcun diritto dalla loro parte, tranne quello del più forte.

Appena ebbe inizio l’invasione, il Guatemala si rivolse immediatamente all’Onu chiedendo aiuto. Ma c’era poco tempo, perché alti ufficiali dell’esercito guatemalteco si rifiutavano di reagire all’attacco della Cia, addirittura alcuni minacciavano di passare al nemico. Árbenz era con le spalle al muro: tentò di armare i civili che lo sostenevano, ma gli ufficiali dell’esercito glielo impedirono. La Cia non lasciava nulla al caso. Un cargo britannico ancorato in Guatemala con un carico di caffè e cotone venne affondato per errore, perché la Cia pensava che avesse a bordo munizioni per l’esercito del presidente Árbenz. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunì il 20 giugno 1954 e l’ambasciatore Henry Lodge, in rappresentanza degli Usa, professò con grande ipocrisia che il suo paese era innocente: mentiva, dichiarando che si trattava di una "rivolta di guatemaltechi contro guatemaltechi". I fatti avevano suscitato "grande preoccupazione nel governo degli Stati Uniti", affermò Lodge, assicurando poi che gli Usa "non erano legati in alcun modo a essi". A coloro che non lo trovavano convincente, Lodge fornì anche una descrizione del carattere del rappresentante supremo degli Usa: "Chiunque conosca il presidente Eisenhower, e molti in questo consesso lo conoscono, saprà benissimo che è un uomo totalmente dedito ai principi della democrazia, ai diritti umani, che respinge tutte le forme di imperialismo", disse Lodge. "È un uomo che [...] ha dimostrato [...] sin da quando era ragazzino in Kansas, che il suo cuore è sempre stato dalla parte dell’uomo comune, intento a farsi strada nella vita".

Certo Lodge aveva ragione quando ricordava che Eisenhower era stato un ragazzino in Kansas, ma mentiva quando asseriva che non avrebbe rovesciato nessun governo regolarmente eletto, dato che un anno prima aveva fatto proprio questo, con Mossadeq in Iran. Nonostante le proteste del Guatemala e dell’Unione Sovietica, gli Usa riuscirono a rinviare la questione all’Oas, che ci mise parecchio tempo a reagire, anche se nessuno se ne stupì. Nel frattempo, dietro le quinte gli Usa facevano in modo che passasse più tempo possibile prima che venisse affrontato il caso del Guatemala. Il paese centroamericano era quasi del tutto nelle mani degli insorti, quando il 25 giugno 1954 si appellò nuovamente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Secondo gli Stati Uniti, non era più quella la sede in cui occuparsene, dato che la questione era stata demandata all’Oas. L’Unione Sovietica tornò a protestare, ribadendo che invece era dovere del Consiglio di sicurezza proteggere dagli attacchi uno dei suoi Stati membri, ma la faccenda non fu messa all’ordine del giorno.

Oltre all’Unione Sovietica, soltanto Danimarca, Nuova Zelanda e Libano sostennero il piccolo Guatemala nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, chiedendo di affrontare la sua delicata situazione. I paesi della Nato Francia e Gran Bretagna, che secondo il giornalista americano William Blum "erano stati messi notevolmente sotto pressione" da Eisenhower e Dulles, si astennero dal voto perché sapevano che senza di loro non ci sarebbe stata una maggioranza sufficiente per porre all’ordine del giorno la questione del Guatemala. L’Onu, dunque, non riuscì a bloccare la guerra illegale della Cia in Guatemala, grazie alla collaborazione in questa specie di complotto di tre dei paesi della Nato con un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza: Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.

L’Oas si prese parecchio tempo: la sua commissione d’inchiesta arrivò in Guatemala soltanto il 30 giugno 1954, esattamente tre giorni dopo che Árbenz aveva rinunciato al suo incarico. Era un ritardo programmato. Il segretario generale delle Nazioni Unite, lo svedese Dag Hammarskjöld, era così seccato per le macchinazioni degli Stati Uniti e per l’impotenza dell’Onu da dichiarare a una cerchia di persone fidate che doveva "rivedere un po’ la sua posizione nelle Nazioni Unite". Per l’Onu, il cambio di regime in Guatemala fu una catastrofe. "Forse nella storia delle Nazioni Unite non c’è nessun episodio che le abbia screditate di più", è stata la conclusione di Evan Luard, che ha scritto varie opere sulla storia di quell’organismo internazionale. "Invece di attivarsi come un’organizzazione che ha il dovere di opporsi all’aggressione, si è comportata come se dovesse giustificarla. Il fatto era che in questo caso gli Stati Uniti [...] non volevano che l’Onu entrasse in gioco per fermare o semplicemente condannare l’aggressione".

Dopo aver rovesciato il presidente Árbenz, le forze di invasione sostenute dalla Cia tentarono di screditare l’ex presidente facendolo passare per un burattino manovrato da Mosca. I corrispondenti esteri della stampa furono invitati a visitare il palazzo occupato da Árbenz e condotti in alcune stanze in cui erano accatastate pile di testi scolastici stampati in Unione Sovietica. Questa operazione doveva servire a convincere i media che Árbenz era un pericoloso comunista.

Ucraina: Biden stronca il piano cinese, 'se piace a Putin non va'. Il presidente Usa ribadisce: "Gli Usa reagirebbero se la Cina fornisse armi alla Russia". Di Antonio Fatiguso su ANSA il 26 febbraio 2023

Il presidente americano Joe Biden ha liquidato la proposta della Cina per una soluzione della guerra in Ucraina, mentre Pechino si avvia a diventare un importante crocevia sui destini del conflitto tra Mosca e Kiev con la visita di Stato della prossima settimana del presidente bielorusso Alexander Lukashenko - fedele alleato del Cremlino - e quella del presidente francese Emmanuel Macron di inizio aprile.

"Se a Putin piace, come può essere un buon piano?", ha tagliato corto Biden ad una domanda sul documento di 12 punti promosso dal presidente Xi Jinping, che sollecita una "soluzione politica", il ritiro delle sanzioni e sollecita tutti a sostenere Russia e Ucraina nella ripresa "del dialogo diretto" il più rapidamente possibile.

"Ci sono vantaggi solo per la Russia in quel piano", ha rincarato il presidente Usa in un'intervista a Abc News sottolineando che l'idea che la Cina "negozi l'esito di una guerra totalmente ingiusta per l'Ucraina non è razionale".

Mentre, ha assicurato, se il Dragone fornisse armi alla Russia gli Usa "risponderebbero".

Dopo le bocciature di Ue, Usa e Nato, anche i leader ucraini hanno espresso giudizi più netti.

Nel documento "ci sono vari elementi sui quali siamo d'accordo, ma almeno uno su cui non lo siamo, ed è la richiesta della fine delle sanzioni unilaterali", ha notato il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. Bocciatura piena per il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak: "Se si pretende di essere un attore globale, non si offre un piano irrealistico. Non si scommette su un aggressore che ha violato la legge internazionale e che perderà la guerra. Non è lungimirante. Cina, la finestra di opportunità non è infinita", afferma in un tweet. 

Joe Biden torna a parlare di aborto sul suo account Twitter personale. "Se il Congresso passerà un bando nazionale, io metterò il veto", annuncia il presidente sul profilo @JoeBiden, il secondo oltre a @Potus, che sta per 'President of the United States'. Il tema dell'aborto è molto caldo negli Stati Uniti dopo che lo scorso giugno, con una decisione storica la Corte Suprema ha ribaltato la sentenza degli anni '70 'Roe w Wade' che ne garantiva il diritto a livello nazionale lasciando agli Stati la libertà di legiferare. Da allora molti Stati a guida repubblicana hanno imposto regole rigidissime se non il divieto totale.

 Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dal canto suo, ha accolto con favore alcuni elementi della mossa cinese ma ha chiarito che solo il Paese in cui si sta combattendo una guerra dovrebbe essere iniziatore di un piano di pace, puntando ancora a incontrare Xi e notando che il piano di Pechino sembrava dimostrare che "c'è rispetto per la nostra integrità territoriale e per i problemi di sicurezza".

Il Dragone non appare però intenzionato a mollare la partnership "senza limiti" con la Russia. Ma rivendica la sua neutralità anche diplomatica. Lukashenko, il presidente bielorusso, che ha fatto sapere di aver avuto ieri "una lunga conversazione" con Putin, sarà a Pechino dal 28 febbraio al 2 marzo "su invito di Xi", ha riferito una nota della diplomazia cinese. Il fedele alleato di Mosca e il leader del Pcc hanno siglato una partnership strategica quando si sono visti nella città uzbeka di Samarcanda a settembre 2022.

Un anno fa la Bielorussia ha permesso alle truppe del Cremlino di usare il suo territorio come trampolino per aggredire Kiev. Lukashenko, a inizio mese, ha detto che il suo Paese era pronto a farlo di nuovo alimentando nuovi timori in Ucraina.

Sul fronte opposto Macron, invece, sarà in Cina "all'inizio di aprile": ha invitato Pechino a "premere sulla Russia" per porre fine alla guerra. La pace è possibile solo se "l'aggressione viene fermata, le truppe ritirate e la sovranità territoriale dell'Ucraina e del suo popolo rispettata.

Il fatto che la Cina si stia impegnando negli sforzi di pace è una buona cosa". Ma anche il capo dell'Eliseo ha chiesto "di non dare armi alla Russia". Anche l'Ue è impegnata a tenere un canale diplomatico aperto con il Dragone: come ha reso noto il ministero della Difesa cinese, giovedì a Bruxelles c'è stato un incontro tra una delegazione di suoi militari e quella della Nato, riavviando così "il dialogo e le consultazioni istituzionali" per la prima volta dallo scoppio della guerra ucraina e della pandemia del Covid.

Estratto dell’articolo di V.Ma. per il “Corriere della Sera” il 25 febbraio 2023.

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato, con maggioranza di 141 voti su 193, una risoluzione che invita la Russia a ritirarsi «incondizionatamente e immediatamente» dall’Ucraina per il raggiungimento, il prima possibile, di una pace «complessiva, giusta e duratura» nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite. Oltre 70 Paesi tra cui l’Italia hanno co-sponsorizzato la risoluzione presentata da Kiev.

Sette i voti contrari (Russia, Bielorussia, Siria, Nord Corea, Eritrea, Mali, Nicaragua). Ma la Cina, il Sudafrica, l’India e altri Paesi del Sud del mondo (per un totale di 32 voti) hanno continuato ad astenersi, sottolineando la loro distanza da quella che considerano una guerra dell’Occidente. Il numero totale è lo stesso del 2 marzo scorso, quando 141 Stati votarono per condannare l’invasione russa dell’Ucraina e chiedere che Mosca ritirasse le truppe (allora i contrari erano 5, ai quali si sono aggiunti Mali e Nicaragua, che prima erano tra gli astenuti). Sei mesi dopo, un numero più ampio (143 Paesi) difese l’integrità territoriale e sovranità dell’Ucraina, dopo che Putin dichiarò l’annessione di quattro regioni.

 La risoluzione di ieri è il risultato di settimane di negoziati, in cui gli alleati del G7 hanno convinto Kiev a non premere per richieste molto specifiche o ampie, rischiando che alcuni Paesi che in passato hanno votato a favore della sovranità ucraina si tirassero indietro (il timore era che il sostegno scendesse a 135 voti).

 All’inizio l’Ucraina sperava di includere un riferimento al piano di pace in dieci punti di Zelensky, ma il ministro Dmytro Kuleba si è limitato a menzionarlo nel suo intervento iniziale, in cui ha affermato che nonostante «le vuote richieste» di negoziati la Russia vuole ancora «distruggere l’Ucraina come nazione». […]

 Kiev sperava inoltre in una richiesta più specifica per la costituzione di un tribunale speciale che giudichi Putin per il crimine di aggressione, ma l’Occidente non è unito sul tema. L’idea viene considerata troppo punitiva da alcuni. Molti Paesi del Sud del mondo, inoltre, desiderano la fine della guerra «al più presto possibile» (come indica la risoluzione) e temono che un tribunale che giudica i crimini di guerra possa rendere più restia l’elite politica russa a raggiungere una soluzione.

Mentre si teneva questo voto diventato un barometro sull’opinione mondiale sulla guerra, all’Onu c’era grande attesa per il «piano di pace cinese». Pechino afferma che presenterà un documento che contiene riferimenti alla Carta delle Nazioni Unite e terrà conto dunque dell’integrità territoriale, della sovranità e della sicurezza. Oggi Xi Jinping dovrebbe fare un «discorso sulla pace». […]

Ucraina: la sconfitta del negoziato e il sosia di Zelensky. Piccole Note (Putinista) su Il Giornale il 27 Febbraio 2023

Zelensky rilancia. E in un fantasmagorico uno-due dichiara che il suo Paese combatterà per altri dieci anni e che si accinge ad attaccare la Crimea, mentre accumula un piccolo esercito di 6-7mila armati ai confini della Transnistria, enclave russa situata tra Ucraina e Moldovia (con Mosca che ha già avvertito sulle gravi conseguenze di un eventuale attacco).

La visita di Biden lo ha rafforzato, con Politico che spiega come il presidente americano l’avrebbe incitato a lanciare una controffensiva. Operazione votata al suicidio, dal momento che i russi si apprestano a completare il dispiegamento delle reclute, ormai addestrate, provenienti dalla coscrizione obbligatoria lanciata quando è iniziata la seconda fase del conflitto, cioè la guerra di logoramento in Donbass.

Le pressioni su Kiev per chiudere il conflitto

La pace può attendere, dal momento che le pressioni per aprire un negoziato sembrano essere state contrastate con efficacia. Tali pressioni erano iniziate con la visita del Capo della Cia a Kiev a inizio gennaio, nella quale William Burns aveva spiegato al suo interlocutore che l’America poteva sostenerlo per pochi mesi ancora e che quindi si aprisse al negoziato.

Non il solo Burns, ma, come rivelava il Washington Post, anche altri esponenti dell’amministrazione Biden in quei giorni avevano visitato Kiev in segreto per sollecitare Zelensky a mollare. Non è nell’interesse degli Stati Uniti che la guerra prosegua, ribadiva in parallelo un documento della Rand Corporation.

Esplicitato, vuol dire che gli Stati Uniti temono che la Russia possa vincere la guerra nei modi e nelle forme con cui ciò potrebbe avvenire (collasso dell’Ucraina, collasso improvviso delle forniture di armi Nato a Kiev etc).

Non essendosi piegato alle sollecitazioni, la Cia aveva organizzato una sorta di golpe a Kiev, costringendo il ministro della Difesa Oleksiy Reznikov, fedelissimo di Zelensky, ad annunciare le proprie dimissioni, dopo una serie di scandali (relativi alla corruzione) che avevano falcidiato l’inner circle del presidente ucraino, finendo per lambire anche il ministro suddetto. Avrebbe dovuto sostituirlo il capo dell’intelligence militare Kyrylo Budanov, più realista e soprattutto legato a Burns per ragioni di intelligence.

Non solo, alcuni giorni prima, Benjamin Netanyahu aveva annunciato di essere pronto a mediare tra i contendenti, se ci fossero state le condizioni adeguate, ovvio. E, successivamente, l’ex primo ministro d’Israele Naftali Bennet rivelava per la prima volta che la sua mediazione tra Russia e Ucraina, svolta all’inizio della guerra, era quasi riuscita, ma era stata fatta saltare da Regno Unito e Stati Uniti (ma il riferimento al tentennamento di Biden era significativo… nasconde le pressioni dei neocon sul presidente Usa, più conciliante).

Quando Sholz e Macron hanno invitato Keiv ai negoziati

Così giungiamo a metà febbraio, quando il Capo degli Stati Maggiori congiunti degli Stati Uniti, generale Mark Milley, dichiarava che nessuno dei due contendenti poteva vincere, da cui l’inevitabilità di aprire un negoziato.

Il canto del cigno di tale pressioni si è consumato nel tour europeo di Zelensky. Pur se acclamato come un eroe dal Parlamento di Bruxelles, nell’incontro a porte chiuse con Sholz e Macron il presidente ucraino era stato pressato perché avviasse una trattativa con i russi, come avevamo accennato in una nota pregressa, confermata da una rivelazione della scorsa settimana del Wall Street Journal (Zelensky aveva detto, invece, che avevano fatto un accordo segreto per l’invio di ulteriori armamenti…).

Ma la pressione è andata a vuoto. Qualcuno, molto potente (leggi Nato, neocon, Regno Unito etc) ha spinto Zelensky a resistere, mandando a vuoto le pressioni per la pace e il malcelato golpe a Kiev. Simbolo di tale fallimento, è appunto il fatto che le dimissioni del ministro della Difesa sono rientrate (ma qualche maretta continua: oggi Zelensky ha licenziato un alto comandante militare). Reznikov è ancora saldamente al potere e della sua sostituzione non parla più nessuno.

A favorire tale sviluppo anche il terremoto in Turchia, che ha reso fragile Erdogan, il quale è una pedina fondamentale di questo puzzle geostrategico. dal momento che il sultano ha stretto relazioni molto forti con Mosca, aiutandola a resistere alle sanzioni in vari modi. Da ultimo accettando l’idea di creare di un hub per la vendita del gas russo, progetto di cui si doveva parlare a metà febbraio, con appuntamento rimandato causa sisma (peraltro, dopo il terremoto, la sua opposizione all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato si è ammorbidita).

Il Che Guevara ucraino e il suo sosia

Così Zelensky in questi giorni ha rilanciato, annunciando, al solito, azioni potenzialmente foriere di portare a una guerra termonucleare. Tale il lucido delirio del presidente ucraino (e dei suoi sponsor), che pure è presentato come una sorta di novello Che Guevara. Tale la proiezione che gli hanno cucito addosso i suoi sceneggiatori e sponsor (insieme alla magliettina military style).

Resta, però, quanto scrive William Schryver in un meditato articolo pubblicato sul Ron Paul Institute: “La mossa di usare l’Ucraina come un attentatore kamikaze  per ferire mortalmente la Russia è fallita miseramente sotto ogni aspetto geostrategico fondamentale”.

La fazione più realista dell’Occidente vuole incassare quanto guadagnato finora, in particolare la subordinazione totale e provvisoriamente definitiva dell’Europa agli Stati Uniti, cosa descritta in maniera implicita un articolo del New York Times dal titolo “La guerra in Ucraina ha cambiato l’Europa per sempre”.

Teme, tale fazione, che il prolungamento della guerra, oltre a devastare in maniera irreversibile l’Ucraina (rendendola inservibile in futuro), logori eccessivamente il Vecchio Continente e soprattutto la rete di alleanza globale degli Usa, forse più di quanto possa logorare la Russia e il suo ruolo internazionale. E soprattutto tema che il conflitto distragga troppe risorse dal confronto con la Cina.

Ma per ora tale fazione, sconfitta, deve accodarsi all’assertività dei neocon, limitandosi a tentare di frenarne le spinte eversive in attesa di future opportunità.

Chissà se una nuova possibilità in tal senso andrà a svilupparsi, come la precedente, attraverso un golpe più o meno mascherato in Ucraina. Nel caso servisse sostituire Zelensky, c’è già pronto un suo sosia a Kiev, che potrebbe eventualmente prenderne il posto.

L’esistenza del sosia del presidente ucraino è stata svelata accidentalmente da un simpatico filmato girato durante la visita di Biden a Kiev. E dire che Zelensky aveva avanzato l’ipotesi che Putin fosse morto e a guidare la Russia fosse un suo sostituto… Evidentemente era preparato sul tema…

Chissà se il sosia in questione è lo stesso di cui aveva parlato il Washington Post che, a inizio guerra, aveva rivelato che un sosia di Zelensky era riuscito a scappare in Polonia “grazie all’aiuto dei sosia di Putin e di Kim Jong-un”.

Ma al di là dell’ipotesi ironica sulla sostituzione di Zelensky e di altre, aleatorie, sul presente e sul futuro, resta una guerra che non vuole finire. Una guerra infinita, appunto, di quelle per le quali vanno matti, nel senso letterale del termine, i neocon. Vedremo.

Quanto ci costi guerra. Giovanni Vasso su L’Identità il 28 Febbraio 2023

Dopo un anno di guerra, la capacità di spesa delle famiglie italiane si è più che dimezzata e, oggi, il 26% degli italiani teme di non riuscire più ad arrivare nemmeno a fine mese. Un’indagine dell’osservatorio Changing World di Nomisma snocciola i numeri della crisi, che morde la carne viva di un Paese in cui l’88% delle famiglie è stata costretta a cambiare il proprio regime di vita per far fronte all’impennata del carovita. Una famiglia su quattro spende tutto in spese necessarie, dal cibo alle bollette; il 14% degli italiani lavora per guadagnare meno di quanto servirebbe per affrontare le spese minime per vivere. Solo un italiano su due riesce (ancora) a risparmiare. E lo fa con la paura del futuro, non per la speranza del domani: il 38% mette quel che può da parte perché non sa cosa può accadergli, il 23%, invece, si prepara ad affrontare con tranquillità le spese impreviste che potrebbero insorgere. “Abbiamo preso coscienza del fatto che si è delineato un new normal – ha spiegato in una nota l’analista Valentina Quaglietti -, ma si è diffusa anche la consapevolezza che sarà sempre più ricorrente il verificarsi di nuove normalità”. E tutte al ribasso.

Proprio per fare il punto della situazione sulle difficoltà delle famiglie, la Cassa di previdenza di ragionieri ed esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca, ha organizzato un webinair intitolato “Guerra, inflazione, aumento dei tassi e del debito. Come aiutare famiglie e imprese nell’anno dell’incertezza?”. All’incontro hanno preso parte tecnici e politici. Come Ylenja Lucaselli, parlamentare di Fdi e membro della Commissione bilancio alla Camera secondo cui “il modo migliore per aiutare famiglie e imprese in una congiuntura economica difficile, come quella cui stiamo assistendo in tutto il mondo, è fare in modo che le risorse economiche a disposizione vengano indirizzate non più attraverso una sterile politica di bonus a pioggia bensì indirizzandole prioritariamente a chi è più in difficoltà”. Per Fratelli d’Italia occorre aiutare i più poveri “a sostenere i costi energetici, l’aumento dei costi delle materie prime e quello dei beni di prima necessità; dall’altro cercando di aumentare il potere d’acquisto degli stipendi più bassi, aiutando anche chi uno stipendio non lo ha”.

 Il capogruppo M5s in commissione Finanze Emiliano Fenu batte dove il Superbonus (e non solo) duole: “Possiamo aiutare famiglie e imprese in questo anno di incertezza tenendo in piedi quelle che erano le misure già esistenti. Anziché definanziare il fondo per le morosità incolpevoli lo si poteva tenere attivo o lasciare attivi gli sconti su carburanti e accise. Altro modo per aiutare milioni di italiani è quello di cercare di non eliminare il Reddito di cittadinanza. Si possono sostenere le imprese cercando di tenere in piedi le misure che hanno creato sviluppo economico in questi due anni, a cominciare dai bonus edilizi che hanno consentito all’edilizia e tutto quello che si porta con sé una buona fetta del 6,7 per cento del Pil del 2021 di continuare alimentare la crescita senza inventarsi nulla di nuovo”. Il deputato PiùEuropa Luca Pastorino avverte: “L’aumento dei tassi incide pesantemente sui prestiti e sulle rate dei mutui stipulati dai nostri concittadini. Se è vero che l’inflazione si combatte alzando i tassi d’interesse, dall’altro non possiamo esporre le famiglie a questa ‘tempesta perfetta’ i cui effetti devastanti vanno a incidere proprio sui redditi più bassi”. Occorrono interventi di sostegno mirati e un approccio alla riforma fiscale che parta proprio da chi sta peggio, dalle esigenze di coloro che non ce la fanno a pagare i debiti con il Fisco perché colpiti dalla crisi economica”.

Previsioni errate. La guerra di Putin non ha impoverito l’Italia e il sostegno all’Ucraina non è un vero problema. Gianni Balduzzi su L’Inkiesta il 28 Febbraio 2023.

Gli effetti economici dello scontro con Mosca sono molto ridotti rispetto alle attese. Ma molti cittadini seguono ancora la propaganda dei neutrali che vorrebbero vendere la libertà di Kyjiv in cambio di guadagni irrisori

«Le sanzioni alla Russia fanno male più a noi che a loro», quante volte abbiamo sentito ripetere questa frase nell’ultimo anno? È stata anche la posizione dell’ex premier Giuseppe Conte, sempre in prima fila nel chiedere il disimpegno italiano, l’interruzione dell’invio, peraltro estremamente limitato, di armi all’Ucraina.

Non si tratta solo del consueto pessimismo, dell’inclinazione alla lamentela dell’italiano medio, abituato a decenni di declino economico, a previsioni positive smentite da una realtà più fosca.

È anche il risultato di una narrazione precisa, in parte pilotata, ma soprattutto spontanea, che vuole la Russia e il suo leader, Vladimir Putin, come potenti, quasi invincibili di fronte a un Occidente fragile e visto sempre sul bilico del declino.

È una visione presente anche in altri Paesi ma, mentre lì è assolutamente minoritaria, in Italia affascina tantissimi, e non solo coloro che sono esplicitamente filorussi, ma anche chi Putin lo teme. Lo teme, appunto, perché lo ritiene più forte di quanto sia, mentre considera l’Italia, l’Unione europea, il mondo occidentale più debole di quel che in realtà si sta dimostrando essere.

Non è un caso, infatti, che questa narrazione resiste anche di fronte ai fatti, ovvero alla smentita delle fosche previsioni fatte all’indomani dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Allora i centri studio di due delle maggiori organizzazioni del nostro sistema produttivo, Confindustria e Confcommercio, avevano elaborato stime molto pessimiste sulla nostra economia.

La prima prevedeva che il Pil sarebbe cresciuto nel 2022 solo l’1,9 per cento nel migliore dei casi, e meno, l’1,6 per cento, in uno scenario, definito «avverso», ovvero se la guerra fosse durata fino a dicembre, o l’1,5 per cento se invece fosse andata anche oltre, come sta facendo. Per i commercianti invece l’economia si sarebbe fermata al 2,1 per cento. La realtà è che il prodotto interno lordo è aumentato del 3,9 per cento.

Dati Confindustria, Confcommercio, Istat

Naturalmente è facile ora, con il senno di poi, fare le pulci a chi allora era in ambasce per quel che accadeva, si potrebbe dire. Però è interessante notare che nello stesso periodo, l’aprile scorso, altri previsori, come il Governo italiano con il Def, e il Fondo Internazionale con il suo outlook periodico, vedessero un po’ meno nero, rispettivamente una crescita del 3,1 per cento e del 2,3 per cento.

Il tessuto produttivo, insomma, era ancora più negativo delle istituzioni nazionali o internazionali. Vi erano alla base degli assunti, la convinzione che l’incertezza economica e finanziaria e i costi delle materie prime sarebbero stati molto alti.

Per quanto riguarda la prima Confindustria prevedeva che il Financial Stress Index (FSI), che raccoglie ben trentatré variabili (nell’ambito del credito, dei tassi di interesse, della volatilità della Borsa, ecc) sarebbe schizzato in alto, oltre i tre punti negli scenari che prevedevano una maggiore durata del conflitto. In realtà sono stati toccati quei valori solo per alcune settimane in autunno e da fine dicembre si è scesi al livello base e sotto.

Dati Confindustria, OFR

Tra i motivi del miglioramento c’è il calo del prezzo delle materie prime. Il petrolio per Viale dell’Astronomia sarebbe schizzato a 111,91 dollari al barile (prezzo del Brent), rimanendo vicino ai cento o oltre anche nel 2023. Da fine 2022, invece, la quotazione oscilla tra ottanta e novanta.

Dati Confindustria, Brent

Confindustria, poi, temeva che il gas sarebbe rimasto intorno ai 126,4 euro per MWh fino a fine anno non scendendo sotto i cento neanche nel 2023. Qui la smentita delle previsioni è stata ben più spettacolare.

La capacità del mercato di trovare e aprire nuove fonti di approvvigionamento (più un autunno/inverno mite) hanno fatto in modo che dopo un picco in agosto, quando fu superata quota duecento euro, le quotazioni siano scese nell’ultima parte dell’anno. Anzi, si è arrivati ora a livelli più bassi di quelli precedenti alla guerra, anche sotto i cinquanta euro.

Non solo, in Europa gli stoccaggi non sono mai stati così pieni, superiori ai sessanta miliardi di metri cubi, il cinquanta per cento maggiori di quelli medi del periodo 2015-19, mentre il gettito russo dalla vendita del gas naturale è un terzo di quello che era prima dell’invasione.

Dati Confindustria, TTF

Dal punto di vista macroeconomico il dato del Pil molto migliore delle stime è motivato dall’andamento più lusinghiero degli investimenti, dei consumi, dell’export.

I primi avrebbero dovuto subire una brusca frenata dopo l’impennata del 2021, fermandosi ad aumenti del 3,4 per cento (per Confcommercio), o del 4,1 per cento (per Confindustria). In realtà almeno nei primi tre trimestri dell’anno gli incrementi sono stati più che doppi, se non tripli.

Dati Confindustria, Confcommercio, Istat

Le esportazioni, poi, non sarebbero dovute andare oltre un +2,8 per cento (per Confindustria) o un +3,6 per cento (per Confcommercio), ma almeno in volume sono salite in realtà del 7,7 per cento.

Anche l’occupazione sta avendo performance migliori delle stime. L’andamento delle unità di lavoro è un buon indicatore. Rappresentano il numero dei lavoratori a tempo pieno che vi sarebbe mettendo insieme sia chi è impiegato quaranta ore sia chi è part time (due part time a venti ore valgono quindi uno).

È cresciuto del 4,5 per cento contro previsioni molto più asfittiche, che preventivavano incrementi inferiori al due per cento.

Il risultato è che la disoccupazione è scesa al 7,8 per cento, mentre gli imprenditori pensavano che non sarebbe andata al di sotto dell’8,8 per cento neanche nel 2023.

Dati Confindustria, Confcommercio, Istat, Upb Camera

Si tratta di dati nel complesso molto positivi, che però non stanno emergendo molto nel discorso pubblico. Neanche le forze politiche che potrebbero provare a intestarsele ne parlano molto.

Potrebbe farlo quella parte del centro e della sinistra che appoggiava il Governo Draghi, oppure ora anche il centrodestra che governa da almeno quattro mesi. Invece prosegue la narrazione della crisi provocata dalla guerra, dalle sanzioni, passa l’idea che l’inflazione sia causata quasi solo dalla scelta di emanciparsi dalla dipendenza energetica dalla Russia.

In fondo non è un caso che il Paese occidentale in cui la propaganda anti-Nato, anti-Stati Uniti, anti-Unione europea e allo stesso tempo filorussa fa più presa sia anche quello in cui una volta si parlava di lotta dell’«oro contro il sangue».

Questa retorica nazionalista che contrappone l’ideologia patriottica alla forza economica e tecnologica, privilegiando la prima, come fanno oggi i propagandisti di Mosca, sembra essere sempre viva in Italia.

E del resto è strettamente collegata a una sottovalutazione diffusa dell’importanza delle dinamiche dell’economia e della ricerca e si accompagna a un analfabetismo finanziario sempre molto alto, oltre che a vaghi sentimenti anti-capitalisti mutuati dagli -ismi più popolari in Italia, fascismo, socialismo e comunismo (spesso catto-comunismo).

Anche qui nasce la fascinazione verso Vladimir Putin o perlomeno il timore verso la sua presunta potenza, la concezione che avere un presunto pensiero forte valga di più che avere a disposizione i miliardi di dollari o sistemi militari e satellitari più avanzati.

Non è così: l’oro batte il sangue, la tecnologia e il denaro, la capacità industriale batte l’ideologia e lo sciovinismo. Il paradosso è che di questa “vittoria dell’oro” stiamo beneficiando anche noi ora, i dati, appunto, lo dimostrano, ma ne siamo inconsapevoli.

Nonostante gli effetti economici dello scontro con Mosca siano molto minori del previsto, la maggior parte degli italiani è pronta a vendere la libertà degli ucraini in cambio di guadagni quasi inesistenti, il tutto in nome di una narrazione fasulla, frutto di vecchie ideologie mai morte.

Estratto dell’articolo di Federico Rampini per il “Corriere della Sera” il 7 marzo 2023.

Dovremmo imparare qualcosa dall’Apocalisse che non è mai avvenuta. Un anno fa a quest’epoca l’Occidente cominciava ad applicare le sanzioni economiche contro la Russia. Ne seguì uno psicodramma nazionale, sui danni tremendi che ci saremmo auto-inflitti con quelle sanzioni. […] Una maxi-recessione con crolli di reddito e di occupazione doveva abbattersi su di noi, causata dalla perdita del mercato russo e dal rincaro energetico.

Avremmo passato un inverno al gelo.

 Le penurie alimentari, oltre ad affamare il popolo italiano, avrebbero gettato in una carestia senza precedenti il «grande Sud globale»: con guerre civili e altre gigantesche ondate di profughi verso le nostre terre. Un anno dopo, nulla di tutto ciò si è verificato.

L’arrivo di una recessione continua a slittare […] Sul mercato del lavoro fa notizia la difficoltà delle imprese a trovare la manodopera […] Non abbiamo passato l’inverno al gelo. Il gas oggi costa meno di prima della guerra. Un dato spicca su tutti, è l’exploit delle esportazioni italiane in questi dodici mesi che dovevano essere rovinati dall’impatto delle sanzioni.

 L’export del made in Italy ha conosciuto un rialzo del 20% nel 2022. […] Per spiegare l’anno felice del «made in Italy», la chiave ce la fornisce l’Istat: è il formidabile incremento negli acquisti di prodotti italiani da parte degli Stati Uniti (+22,5%). La distanza dalle profezie apocalittiche di un anno fa è abissale. Ci impone di analizzare le cause di una previsione così clamorosamente sbagliata.

La Russia […] ha un’economia minuscola: pesa un quattordicesimo di quella americana, non si classifica tra le prime dieci economie del pianeta. […] Viceversa, ciò che è avvenuto all’economia italiana nel 2022 ci ricorda a quale mondo apparteniamo. Il concetto di Occidente non evoca soltanto una realtà geopolitica, un sistema di alleanze, un modello di valori […] è anche un aggregato di interessi materiali, costruito in molti decenni di scambi commerciali e investimenti. I nostri mercati di gran lunga più importanti sono e resteranno sempre dislocati sull’asse atlantico, situati nell’Unione europea e nel Nordamerica.

Un altro allarme da ridimensionare riguarda il costo dei nostri aiuti all’Ucraina. […] Il grosso di quanto abbiamo speso «per l’Ucraina», in realtà lo abbiamo dato a noi stessi: aiuti pubblici per attutire l’impatto del caro-energia sulle nostre famiglie e imprese. All’Ucraina sono andate le briciole, in confronto. […]

 Dopo aver constatato che anche questa Apocalisse era un’allucinazione, dovremmo concederci un riconoscimento. Se i danni paventati non si sono verificati, lo dobbiamo ai due ingredienti del modello occidentale: l’economia di mercato e la democrazia. Il sistema capitalistico è fatto per reagire con flessibilità agli shock esterni, per esempio con i risparmi energetici e le innovazioni sostenibili nel mondo delle imprese. La liberaldemocrazia è per sua natura reattiva di fronte ai disagi dei cittadini, lo si è visto nella prontezza con cui le risorse pubbliche sono state mobilitate per attenuare il caro-bollette […] Un anno fa nessuno immaginava che ci saremmo emancipati così velocemente dal gas russo. […]

Articolo di “El Pais” – dalla rassegna stampa estera di “Epr comunicazione” il 7 marzo 2023.

Il forte calo dei consumi di gas, gli arrivi record di navi metaniere e le temperature più miti del normale hanno permesso all'Europa di superare il taglio delle forniture russe.

 Solo un anno fa, con la guerra appena iniziata e la Russia che minacciava di tagliare le forniture, l'Europa temeva lo scenario peggiore: un inverno freddo senza carburante per l'industria e le famiglie. Oggi, con la primavera alle porte, l'UE ha attraversato il Rubicone della stagione fredda più comodamente del previsto – scrivono i giornalisti di El Pais

 L'UE ha consumato circa 500 miliardi di metri cubi (bcm) di gas, di cui la Russia ha fornito circa 140 miliardi di metri cubi (bcm), quasi il 30%. La dipendenza dal gas russo è stata massima in grandi Paesi come l'Italia (40%) e la Germania (60%). La chiusura all'inizio di settembre del gasdotto Nord Stream, la principale via di importazione del gas russo, ha ridotto questi 140 miliardi di metri cubi ad appena 60 miliardi di metri cubi nel 2022. I conti non tornano.

Come ha fatto il continente a superare la più grande crisi energetica della sua storia? In breve, tutto ciò che poteva andare bene è andato bene; e ciò che poteva andare male non è andato male. Di seguito, una rassegna dettagliata dei fattori chiave che hanno caratterizzato il primo inverno senza gas russo.

 Temperature più calde del solito

Il clima ha aiutato molto a superare questo primo test. Se l'inverno del 2022 fosse stato rigido, con livelli di mercurio costantemente sotto lo zero nel quadrilatero immaginario tra Parigi, Monaco, Amsterdam e Berlino - dove vive un'altissima percentuale della popolazione dell'UE - la situazione sarebbe stata radicalmente diversa. Ma la fortuna è stata dalla parte del blocco: le temperature sono state miti, con alcuni dei mesi più caldi degli ultimi 20 anni e intere settimane più tipiche della primavera.

 Questo è stato fondamentale: secondo le stime dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (AIE), poco più della metà del calo della domanda domestica è direttamente collegato a questa anomalia.

 Ma queste temperature straordinariamente elevate hanno anche un rovescio della medaglia. Il cambiamento climatico sta riducendo le precipitazioni e aumentando gli episodi di siccità anche al di fuori della penisola iberica: la Francia sta vivendo l'inverno più secco dal 1959 e le centrali nucleari, che generano il 70% dell'elettricità, hanno bisogno di acqua per il raffreddamento.

In Spagna - e anche in Portogallo - il buon tono dei bacini è essenziale per il funzionamento dell'energia idroelettrica. E, come è emerso chiaramente negli ultimi tempi, una minore attività in entrambe le tecnologie è sinonimo di un maggiore utilizzo di impianti a ciclo combinato, dove il gas viene bruciato per produrre elettricità.

 I prezzi record frenano la domanda

 Il consumo di gas nell'Unione Europea nel 2022 è diminuito del 13%, con un risparmio di 70 miliardi di metri cubi rispetto al 2021, la più grande riduzione in termini assoluti della storia, ha pubblicato l'AIE nella sua ultima monografia sull'argomento.

 "L'aspetto principale è che l'UE è stata in grado di ridurre i propri consumi, uno sforzo che è stato quasi equamente condiviso tra industria e famiglie", afferma Ben McWilliams del think tank Bruegel di Bruxelles. I prezzi elevati hanno stimolato il calo della domanda delle famiglie e sono stati fondamentali per il passaggio di alcune industrie al petrolio".

Secondo i dati del think tank, tutti i Paesi dell'UE hanno ridotto i loro consumi nel 2022, ma il calo è stato drastico nei Paesi del Nord. La Finlandia ha speso il 48% in meno di gas rispetto alla media dei tre anni precedenti. Tra i Paesi con la domanda più elevata, la Germania ha diminuito il consumo del 14%, l'Italia del 7%, la Francia del 9% e la Spagna solo del 3%.

 Alla fine di febbraio, il responsabile dell'azienda energetica italiana Enel, Francesco Starace, ha dichiarato a EL PAÍS che l'eccesso di domanda - il grasso, potremmo dire: quello che può essere ridotto senza quasi alcun impatto economico - si aggirava in media intorno al 15% nei Paesi del blocco. Al di sopra di questa cifra, i dubbi aumentano: cosa succederà quando i prezzi scenderanno, sarà temporaneo o permanente? Una parte di questo impatto deriverà dall'elettrificazione - ad esempio, la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore nelle case; una parte - la più pericolosa - dalla migrazione di industrie precedentemente basate in Europa verso altri continenti.

"In alcuni settori, le perdite di imprese sono state molto significative", ricorda Jorge Fernández, coordinatore del Laboratorio per l'energia dell'Istituto basco per la competitività (Orkestra). Notizie come la delocalizzazione degli stabilimenti della BASF [il colosso chimico tedesco] sono un esempio di come la crisi energetica stia colpendo l'industria". Anche Samantha Dart, responsabile dell'analisi del gas presso Goldman Sachs, mette in guardia dal sintomo BASF: "Alcune perdite nell'attività industriale europea saranno permanenti". Il fatto che la distruzione della domanda sia stata particolarmente intensa nel settore industriale, afferma José María Yusta, esperto di mercati energetici e infrastrutture critiche presso l'Università di Saragozza, "non è una buona notizia e anticipa la delocalizzazione di impianti che dipendono fortemente da costi energetici competitivi".

 L'Atlantico trasformato in un gigantesco corridoio per il GNL

Tre lettere hanno cambiato completamente il paradigma energetico europeo: LNG, l'acronimo di gas naturale liquefatto che viaggia (congelato) in grandi navi metaniere. Nel 2022 sono arrivati nei porti europei 60 bcm di GNL in più rispetto al 2021, con un aumento del 60%. Due terzi di queste nuove importazioni provengono dagli Stati Uniti, secondo i dati dell'AIE, trasformando l'Oceano Atlantico in un enorme corridoio energetico. Gli altri fornitori sono anni luce indietro rispetto al gigante statunitense, ma la Russia è ancora tra questi, con 2 miliardi di metri cubi di gas liquefatto in arrivo dalla Russia. Consapevole delle sue debolezze, Bruxelles si è preoccupata di porre il veto al GNL proveniente da Mosca.

In totale, il GNL ha rappresentato un terzo del gas importato nel 2022 e, sommato, è diventato la principale alternativa di approvvigionamento per i Paesi dell'UE, davanti alla Norvegia e, soprattutto, alla Russia, che era il partner principale.

 Per poter ricevere questo enorme volume di gas via mare, l'Europa ha fatto un passo avanti nelle infrastrutture. La Germania, il maggior consumatore, è arrivata alla crisi senza un solo impianto di rigassificazione, necessario per trattare il GNL. Da allora ne ha già messi in funzione due, più un altro nei Paesi Bassi. Nei prossimi mesi è prevista la costruzione di altri venti impianti, non solo nel nord: l'Italia ne ha in programma tre e Grecia, Cipro e Croazia uno ciascuno, secondo Gas Infrastructure Europe (GIE). Dall'altra parte dell'equazione, gli Stati Uniti prevedono di triplicare la loro capacità di liquefazione entro il 2027, secondo i dati di Adrian Mason di GlobalData Energy.

Non si tratta di un'autocelebrazione o di una risposta - da parte di acquirenti e venditori di gas - ai prezzi alle stelle degli ultimi tempi: nel 2022, anche le stelle si sono allineate a migliaia di chilometri di distanza. L'appetito vorace dell'UE-27 ha coinciso con un ritiro senza precedenti del più grande importatore mondiale di GNL, la cui domanda è crollata a causa della politica di zero covid, lasciando un inaspettato spazio di manovra al resto dei principali consumatori, la maggior parte dei quali sono europei.

La fine delle restrizioni alla mobilità nel gigante asiatico solleva ora diverse domande: l'Europa avrà un nuovo rivale nella sua lotta per i carichi di gas? La risposta più probabile della mezza dozzina di esperti consultati è sì. Ciò ridurrà la quantità di gas disponibile sui mercati internazionali e renderà più costosi i prezzi del gas. "La domanda globale si modererà, ma non si prevede una recessione e la ripresa della Cina potrebbe avere un impatto positivo", afferma Fernández di Orkestra. "Quest'anno alcune di queste circostanze non si ripeteranno: saremo in concorrenza con le importazioni di GNL dalla Cina e dall'Asia in generale (Thailandia, India...), che stanno già aumentando".

 Anche se la ripresa della Cina non è immediata, la situazione potrebbe peggiorare. "I Paesi europei non firmano contratti pluriennali, il che ci lascia nelle mani di un mercato a breve termine, più volatile e speculativo", sottolinea Yusta, professore dell'Università di Saragozza. Questa riluttanza a firmare accordi pluriennali ha a che fare soprattutto con l'impossibilità di prevedere il ritmo della transizione energetica: l'andamento futuro del consumo di gas fossile dipenderà in larga misura dalla velocità di crescita del biometano (una molecola identica, ma prodotta dai rifiuti) e delle energie rinnovabili.

 Serbatoi notevolmente più pieni: un cuscino inaspettato per il prossimo inverno

La riduzione dei consumi e l'aumento delle importazioni di GNL hanno fatto sì che l'Unione europea registrasse un livello record di stoccaggio di gas in questa fase dell'anno, con impianti di stoccaggio pieni per quasi il 60%. "Si tratta di un record storico [per questo periodo dell'anno]: lo scenario di riferimento prevedeva un livello di circa il 40%, inferiore al 30% nel caso di un inverno freddo", ricorda Yusta. Questo tono migliore semplificherà il compito di rifornimento "con le forniture di gasdotti dall'Algeria e dalla Norvegia e l'arrivo di navi metaniere durante la primavera e l'estate". Bruxelles ha fissato l'obiettivo di riempire i serbatoi di stoccaggio del blocco al 90% entro il 1° novembre. Una cifra che, ai livelli attuali, sembra fattibile.

L'anno scorso, l'istruzione dell'UE di arrivare a questa data con lo stoccaggio all'80% "ha portato a una pressione al rialzo sul prezzo del gas naturale in tutta Europa durante l'estate", ricorda Fernández. "Ora è possibile riempire lo stoccaggio a livelli superiori al 90%, ma il contesto è quello di una maggiore concorrenza per il GNL". In questo contesto, afferma Fernández, "la sicurezza dell'approvvigionamento per l'inverno dipenderà anche dal mantenimento delle politiche di riduzione dei consumi, dalla continua promozione del cambio di combustibile nell'industria e nelle famiglie e dalla penetrazione delle energie rinnovabili". Soprattutto se il prossimo inverno sarà più freddo.

 Gonzalo Escribano, dell'Istituto Reale Elcano, è più ottimista: "Guardando all'attuale livello di riempimento, se non raggiungeremo il 100%, ci andremo vicini. E questo significa che le cose dovranno cambiare molto perché l'anno prossimo ci siano problemi di approvvigionamento". Ma avverte: "Quale prezzo dovremo pagare? Gli Stati Uniti invieranno quanto più possibile, ma sarà costoso".

Prezzi: calma o calo definitivo?

 Tra l'agosto 2021 e l'agosto 2022, il prezzo del gas in Europa si è moltiplicato per 15: da 20 euro per megawatt/ora a più di 300. Oggi, a inverno quasi finito, il prezzo del gas è stato contenuto e si aggira intorno ai 50 euro. Nemmeno la recente ondata di freddo ha intaccato questo nuovo - e fragile - equilibrio di potere.

 Il prezzo attuale è molto buono rispetto all'estate, ma è ancora il doppio rispetto a prima della crisi e non sappiamo ancora se questa stabilizzazione sarà permanente. "Questo livello non è sostenibile per il resto dell'anno", afferma Dart di Goldman Sachs. Il motivo? Gli stessi prezzi attuali che, a suo avviso, eserciteranno una pressione al rialzo sulla domanda, sia in Europa che nel resto del mondo. "Non raggiungeranno i 350 euro dell'estate scorsa, ma pensiamo che potrebbero essere intorno ai 100 euro nel terzo trimestre di quest'anno", scrive via e-mail. Cioè nel bel mezzo della stagione dei rifornimenti.

Ora che l'anno della crisi energetica è finito, è tempo di guardare alla prossima cartina di tornasole: i serbatoi dovranno presto essere riempiti di nuovo per il prossimo inverno. Dopo un anno di guerra, e nonostante la chiusura del Nord Stream 1, Mosca continua a fornire circa il 10% della domanda europea di gas. Se chiudesse completamente questo flusso residuo, il prossimo sarebbe in sanscrito. "Tuttavia, se la storia dei mercati energetici ci ha insegnato qualcosa, è che le condizioni possono cambiare in un tempo molto breve", avverte Fernández di Orkestra. "C'è una falsa sensazione che la crisi sia finita", afferma Thierry Bros di Sciences Po.

L’altra guerra: in un anno l’Ucraina ha perso 3 milioni di ettari di foreste. Simone Valeri su L'Indipendente il 28 Febbraio 2023.

La guerra, qualunque essa sia, non comporta solo morti e danni alle infrastrutture. Nonostante se ne parli poco, a rimetterci vi è anche una vittima silenziosa: il già martoriato ambiente naturale. Motivo per cui l’organizzazione internazionale Greenpeace e l’ucraina Ecoaction hanno deciso di pubblicare una “Mappa dei danni ambientali” causati dalla guerra. L’obiettivo è quello di denunciare i gravissimi impatti sugli ecosistemi ucraini e chiedere l’istituzione di un fondo per il ripristino dell’ambiente. Elaborando le informazioni ufficiali, è emerso come il conflitto abbia già danneggiato circa il 20% delle aree naturali protette dell’Ucraina e 3 milioni di ettari di foresta. Altri 450 mila ettari si trovano poi in zone occupate o interessate dai combattimenti. Nel complesso, si hanno incendi, danni agli habitat, inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo.

Le esplosioni, in particolare, rilasciano nell’atmosfera anidride carbonica, la quale contribuisce al cambiamento climatico, e ossidi di zolfo e di azoto, che possono provocare piogge acide andando ad alterare il pH del suolo. Inoltre – spiegano le organizzazioni ambientaliste – «anche i frammenti metallici delle granate sono pericolosi per l’ambiente, la ghisa mista ad acciaio è il materiale più comune per i bossoli delle munizioni e non contiene solo ferro e carbonio, ma anche zolfo e rame. Queste sostanze si infiltrano nel terreno e possono finire nelle acque sotterranee, entrando nelle catene alimentari di esseri umani e animali. L’intera regione è pertanto a rischio di catastrofe e presenta gravi pericoli per la salute della popolazione circostante». Alla luce di questi presupposti, con l’occasione, gli ambientalisti hanno quindi anche chiesto al governo ucraino e alla Commissione europea l’istituzione di un fondo per il ripristino dell’ambiente, il quale dovrebbe andare di pari passo con la già preannunciata ricostruzione delle città distrutte.

Già dal 2014, anno dell’inizio del conflitto nel Donbass, parte dell’Ucraina è stata progressivamente esposta ad un elevato rischio di contaminazione ambientale. Soprattutto poiché, nella sola area del Donbass, vi sono oltre 4.500 imprese minerarie metallurgiche e chimiche. Nel complesso, infatti, oltre ai già descritti impatti ecologici intrinseci del conflitto, vi è un aumentato rischio di danneggiamento dei siti industriali. Rischio che, tra l’altro, si è già concretizzato. Il 13 marzo del 2022, ad esempio, le bombe russe hanno colpito e gravemente danneggiato i centri di produzione e le tubature della centrale a carbone di Avdiivka, il principale centro di gestione del combustibile in Ucraina. La stessa sorte è toccata a Sumy, città nord orientale, dove i bombardamenti hanno provocato nuvole di ammoniaca tossica, mentre nella regione di Ternopil il danneggiamento di alcuni serbatoi di fertilizzanti ha riversato nell’acqua una quantità della medesima sostanza 163 volte superiore rispetto alla media. Lo scorso anno, ONG ed osservatori internazionali hanno stimato che, in generale, sul territorio ucraino si siano verificati danni a più di 100 infrastrutture, quali centrali elettriche, depositi di carburante e impianti per il trattamento e depurazione dell’acqua. Ad allarmare, in particolare, ci sono poi le 465 installazioni di stoccaggio, situate vicino a centri abitati o fonti di acqua (come i fiumi Dniester, Dnipro e Siverskyi Donets), che contengono 6 miliardi di tonnellate di rifiuti tossici. [di Simone Valeri]

Ecocidio. I crimini ambientali dell’esercito russo in Ucraina investiranno l’Europa intera. Fabrizio Fasanella su L’Inkiesta il 28 Febbraio 2023.

Non solo emissioni e inquinamento (idrico e atmosferico): la guerra sta smantellando il settore agricolo ucraino, distruggendo ettari di foreste (trasformate in campi di battaglia) e compromettendo la sopravvivenza di centinaia di specie animali e vegetali. Mosca ha invaso la patria della biodiversità europea

Aria e acqua sempre più inquinate a causa dei danni alle strutture industriali. Foreste andate in fumo per sempre. Parchi nazionali e riserve naturali sotto occupazione. Terreni agricoli impossibili da coltivare per via delle mine e di tutti i metalli pesanti contenuti nelle granate e nei missili. La minaccia dell’incidente nucleare per i bombardamenti attorno alla centrale di Zaporizhzhia. 

L’invasione russa dell’Ucraina – che, secondo i dati della Convenzione per la diversità biologica, ospita il trentacinque per cento della biodiversità del continente europeo – sta causando danni ambientali dalla portata ancora difficile da definire, ma che avranno senza dubbio delle conseguenze dirette sulla vita dei cittadini. A partire dalla sicurezza alimentare. «L’impatto durerà decenni e avrà effetti a lungo termine sui mezzi di sussistenza e sulla salute delle persone», ha detto Doug Weir, policy director del Conflict and environment observatory, al Geographical Magazine. 

Ecocidio è il termine più adatto a definire le azioni di Mosca sul territorio ucraino. Per citare la Treccani: «Un’opera di consapevole distruzione dell’ambiente naturale», con un impatto potenzialmente devastante sul sostentamento e sulla salute della popolazione, oltre che sulla sopravvivenza di migliaia di specie animali e vegetali che popolano un territorio vastissimo (il Paese più grande d’Europa, esclusa la Russia) e ricco di risorse naturali come quello ucraino. 

In una mail inviata a Politico.eu, Ruslan Strilets, ministro dell’Ambiente e delle Risorse naturali dell’Ucraina, ha scritto che l’invasione russa ha causato più di duemilatrecento crimini ambientali: 1.078 di questi sono già stati denunciati alle autorità competenti, con l’obiettivo di accumulare il materiale necessario per portare Mosca in tribunale per ecocidio. I danni stimati superano quota 51,45 miliardi di dollari (48,33 miliardi di euro). 

Anche nel pieno di una guerra in corso da più di un anno, segnalare questi eventi è fondamentale non solo per ottenere eventuali risarcimenti dalla Russia, ma anche per organizzare e attuare piani mirati di ripristino della natura e di bonifica del suolo contaminato. Tuttavia, l’instabilità dovuta al conflitto innescato dai russi rende queste attività molto complesse. 

In tal senso stanno giocando un ruolo chiave le Ong come l’olandese PAX: assieme al Center for information resilience (Cir), continua a mettere nero su bianco tutti i danni ambientali causati dalla guerra. Ovviamente, all’interno di un conflitto del genere, le priorità assolute sono altre, e diversi progetti di conservazione degli ecosistemi sono stati costretti a fermarsi temporaneamente (o, ancor peggio, a chiudere i battenti). 

Come anticipato, la sicurezza alimentare dell’Ucraina – ma anche dell’intero continente, considerando che in tempo di pace il Paese esportava anche sei milioni di tonnellate di grano al mese – potrebbe essere a rischio a causa dello stato dei terreni agricoli, in parte compromessi dai metalli pesanti delle munizioni. In più, secondo il rapporto Agribusiness of Ukraine during the war, il quindici per cento dei campi è contaminato dalle mine. 

Queste ultime, in particolare, rendono attualmente impossibile la coltivazione, e le operazioni di sminamento coinvolgeranno in via prioritaria le aree urbane e residenziali. Un ritardo che, come spiega a Politico.eu Oksana Omelchuk dell’Ong ucraina EcoAction, ostacolerà «l’attuazione di qualsiasi progetto per il ripristino e la conservazione delle specie». 

Secondo il governo, i danni diretti all’agricoltura del Paese (dovuti anche alla distruzione dei macchinari e delle fattorie, alla perdita di carburanti e alla morte del bestiame) ammontano a quota 6,6 miliardi di dollari: una cifra destinata a crescere vertiginosamente, anche perché – come scrive su Twitter il ministero della Difesa ucraino – i russi hanno rubato 400mila tonnellate di grano nel sud dell’Ucraina. Il settore primario dell’Ucraina impiegherà circa cent’anni, secondo uno studio pubblicato sull’European journal of soil science, per riprendersi totalmente. 

Ma i danni ambientali della guerra non finiscono qui. Il venti per cento delle aree protette, stando ai dati ufficiali, è considerato a rischio, compresi dieci parchi nazionali e otto riserve naturali. La maggior parte dei combattimenti si svolge nelle foreste, e infatti 450mila ettari sono occupati dai russi o teatri di sanguinose battaglie tra i due eserciti. I russi, ha spiegato Strilets durante la Cop15 di Montreal sulla biodiversità, «stanno trasformando le risorse naturali ucraine in basi militari». 

Da non sottovalutare, inoltre, l’amianto rilasciato dagli edifici danneggiati o distrutti dai bombardamenti; l’inquinamento prodotto dai veicoli e dai rifiuti militari; i danni alle risorse idriche e al mare dovuti (anche) al carburante delle navi affondate riversato in acqua. Un vero e proprio ecocidio che non sta risparmiando nemmeno le specie animali del Paese.

«Sono stati segnalati più di mille casi di delfini morti nel mar Nero, non solo nei pressi delle nostre coste, ma anche in quelle delle regioni confinanti. Sulla base delle rilevazioni che abbiamo a disposizione, i decessi aumentano in coincidenza con il lancio dei missili da parte dei sottomarini di Putin», ha detto a Wired il viceministro alla Protezione ambientale e alle Risorse naturali, Ruslan Hrechanyk.

«L’anno scorso abbiamo trovato solo tre delfini su tutta la nostra costa di quarantaquattro chilometri (fa parte del Tuzly Estuaries National Nature Park, ndr). Quest’anno, lungo i cinque chilometri a cui possiamo ancora accedere, ne abbiamo trovati già trentacinque», sono le parole del ricercatore ucraino Ivan Rusevdi in un’intervista concessa lo scorso agosto all’Angence France Press. Secondo Anton Gerashchenko, consulente del ministero degli Interni ucraino, in dieci mesi di guerra sono morti circa cinquantamila mammiferi marini.

La colpa è anche dei rumori dei bombadardamenti in mare e delle navi da guerra, che stordiscono e disorientano queste specie che popolano le acque del mar Nero. Secondo il governo, i combattimenti stanno minacciando la sopravvivenza di circa seicento animali e settecentocinquanta piante e funghi. 

Tutto ciò va inserito nel seguente contesto: la guerra, finora, ha causato l’emissione diretta di trentatré milioni di tonnellate di gas serra. Inoltre, le attività necessarie alla ricostruzione dell’Ucraina, stima il ministro dell’Ambiente, potrebbero produrre fino a quarantanove milioni di tonnellate di anidride carbonica. Come spiega Ruslan Strilets, «la Russia sta facendo di tutto per accorciare i nostri e i vostri orizzonti. A causa degli scontri dovremo fare ancora più sforzi per combattere la crisi climatica». 

Onu: i ceceni stanno «educando» i bambini portati via dai territori occupati. Storia di Nello Scavo, inviato a Kiev, su Avvenire il 24 Febbraio 2023

In Ucraina li chiamano «orchi» perché «rubano i bambini». Per i russi sono «generosi rieducatori». Come il ceceno Chalayev, che dopo la carneficina di Mariupol guida la formazione degli adolescenti deportati a Grozny. Rinchiusi nel centro di addestramento dei corpi speciali islamisti del dittatore Kadyrov. Oppure come gli orfani condotti in una “colonia” in Crimea, dove hanno ricevuto un passaporto russo. Il piano per l’indottrinamento dei “figli della guerra” non è stato improvvisato. E dopo mesi di accuse e sospetti arrivano le conferme dai funzionari Onu e dalle verifiche incrociate. Ora conosciamo i nomi e i volti dei “cattivi maestri”. L’unica incertezza sono i numeri. «Al momento ci sono solo delle stime e nessun dato certo. Quello che sappiamo è che sono state varate delle norme in conflitto con il diritto internazionale», ci aveva risposto due giorni fa l’Alto commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, che ha confermato la pratica del cambio di cittadinanza per i minorenni soli portati sotto il controllo delle autorità russe, e «altre norme approvate di recente che facilitano l’adozione di questi bambini», in spregio al diritto internazionale. Le famiglie ne hanno perso le tracce da mesi.

Alcune volte erano state le mamme, rimaste senza marito a causa della guerra, a consegnare i figli alle autorità russe o ai separatisti, con la promessa che li avrebbero portati al sicuro e lontano dagli scontri. Adesso hanno paura di parlare con i giornalisti. Temono di venire identificate dai russi e per rappresaglia perdere ogni speranza di rivedere un giorno i loro bambini. «Credevo che Putin ci avrebbe aiutati – racconta una sfollata di Mariupol –. Prima della guerra mi piaceva l’idea di tornare ad avvicinarci a Mosca, ma quando ho visto come ci hanno trattati veramente mi sono pentita. È colpa mia: ho affidato loro il mio bambino e non mi dicono dove l’hanno portato». Nelle settimane scorse una mamma del Donbass sfollata vicino a Kiev ha provato a raggiungere la Russia attraverso la Bielorussia. Un disperato viaggio della speranza per trovare la figlia di pochi anni. È stata respinta dai doganieri di Mosca.

In Crimea, oppure sulla costa russa del pacifico, a 8.500 chilometri da qui, suo figlio potrebbe essere ovunque. Le testimonianze dei genitori o dei familiari dei bambini volontariamente consegnati a russi non sono sempre chiare. Ma c’è chi racconta di non avere avuto scelta, sperando di potere offrire ai propri figli una possibilità per sopravvivere ai bombardamenti e ai massacri avvenuti in molte delle cantine “ripulite” dalle forze di occupazione.

I ricercatori del Centro per i diritti umani dell’università di Yale hanno esaminato testimonianze, immagini satellitari, foto che circolano sui social media russi. Lo stesso fanno altre organizzazioni umanitarie indipendenti, da Amnesty ad Human Right Watch, fino agli investigatori della Corte penale dell’Aja, oltre alla procura generale di Kiev. Secondo Yale le strutture dedicate ai ragazzini ucraini in Russia sono almeno 43. Stime prudenziali dicono che i minorenni in mano russa siano almeno seimila, ma «ulteriori dati suggeriscono che il numero totale di strutture e di bambini detenuti – spiegano i ricercatori – è probabilmente molto più alto». Molti sono orfani prelevati dagli istituti minorili ucraini. Tanti sono adolescenti prelevati all’inizio del conflitto nei “campi di filtrazione”. Tra quelli individuati, il centro più lontano si trova a Magadan, nell’Estremo Oriente russo, tre volte più vicino agli Usa che al confine con l’Ucraina.

Per ottenere conferme visive e facilitare l’identificazione, gli investigatori internazionali si sono avvalsi di alcune soffiate e di materiali forniti da “Cc030 e Cc0301” (Ceceno 030 – Ceceno 031), nome in codice di alcune fonti riservate in territorio russo. Grazie ad essi è stato possibile, fra gli altri, avere certezza del coinvolgimento dei kadyroviti, i soldati agli ordini di Ramzan Kadyrov. In una delle immagini, che oggi pubblichiamo con i volti parzialmente coperti, i ragazzi sono con quattro adulti. Non i migliori compagni di strada. Nella foto sopra, si vedono da sinistra Vladimir Khromov (rappresentante del Commissario presidenziale della Federazione Russa per i diritti dei bambini), Zamid Chalayev (comandante del “Reggimento speciale Kadyrov”), Akhmed Dudayev (ministro della Repubblica Cecena per la politica nazionale, le relazioni estere, la stampa e l’informazione). Una serie di filmati raccolti da Avvenire, riguardano proprio Chalayev. La propaganda cecena lo riprende mentre ordina gli assalti, partecipa agli scontri a fuoco, mostra i cadaveri, studia le mappe delle città che a mano a mano saranno rase al suolo.

Nel gennaio di quest’anno Mosca ha dichiarato che 728.000 minorenni erano arrivati in Russia dal febbraio 2022. La maggior parte di questi si trova ancora con le famiglie o con adulti di riferimento. Il governo ucraino ha raccolto segnalazioni su oltre 14.700 bambini non accompagnati da adulti e classificati come «deportati». Secondo documenti di Unicef e Unhcr-Acnur visionati da Avvenire, molti dei circa 100 mila bambini ospitati fino allo scoppio della guerra in istituti o collegi ucraini, hanno parenti e tutori viventi. Già il 14 luglio 2022 Maria Lvova-Belova, Commissario presidenziale per i diritti dell’infanzia della Russia, aveva annunciato che «un totale di 108 “orfani del Donbass” che hanno ricevuto la cittadinanza russa saranno assegnati a nuovi genitori in sei regioni della Russia». Lei stessa, raffigurata dai media come donna pia e devota alla causa dei più indifesi, il 21 settembre ha fatto sapere che il suo «figlio adottivo di Mariupol» aveva appena ricevuto la cittadinanza russa. Per dare l’esempio Lvova-Belova avrebbe adottato almeno otto bambini ucraini.

L’allontanamento forzato dei minori è «un crimine gravissimo», commenta Filippo Ungaro, capo della comunicazione di Save The Children: «Chiediamo una commissione internazionale indipendente guidata dall’Onu che sia in grado di investigare e approfondire, per determinare con precisione questi crimini e per tutelare questi bambini e restituirli alle loro famiglie e alle comunità di origine».

Cosa sarebbe successo se Putin non avesse invaso l’Ucraina? L’incredibile occasione mancata dallo «zar». Federico Rampini su Il Corriere della Sera il 25 Febbraio 2023.

Agli inizi del 2022, lo zar aveva creato il clima a lui favorevole per ottenere (anche con l’arma del ricatto energetico) grandi concessioni da parte dell’Occidente sulla sua influenza nei Paesi dell’Est. Analisi di un storia possibile svanita con la catastrofica scelta di aggressione militare

A quest’ora Vladimir Putin avrebbe stravinto, già da un anno, e senza perdere un solo soldato. Se solo avesse evitato l’invasione. Facciamo un balzo indietro con la memoria per ricostruire il clima di inizio febbraio 2022.

Lo scetticismo europeo sui preparativi di un’invasione russa. La processione di leader alla corte dello Zar, disponibili a fare concessioni enormi. Perfino in America, il peso allora influente di correnti di realpolitik che volevano dare a Mosca un veto sull’adesione di Kiev alla Nato, trasformando l’Ucraina in un cuscinetto neutrale e filorusso. Quell’inizio del febbraio 2022 fu un momento «magico» in cui la Russia poteva esercitare il massimo della sua influenza senza colpo ferire.

Immaginare una storia alternativa — un’invasione solo minacciata e mai realizzata — dà la misura di tutto ciò che Putin ha distrutto, oltre a tante vite innocenti: un ruolo diverso per la Russia nel mondo, un Occidente più amichevole e perfino arrendevole nei suoi confronti. Dettaglio finale, lo Zar ha frantumato il mito di se stesso come grande stratega .

All’inizio di quel febbraio 2022 l’allarme lanciato dall’intelligence anglo-americana sui preparativi di un’aggressione imminente, veniva liquidato dai governi europei come propaganda anti-russa. Molti preferivano abboccare alla versione ufficiale di Mosca secondo cui quelle truppe ammassate al confine conducevano una mega-esercitazione. Perfino Zelensky, all’inizio, fu scettico di fronte alle informazioni che gli offrivano Washington e Londra.

Aria di arrendevolezza

Tant’è, per evitare che Putin passasse dalle «esercitazioni» agli atti, il mondo intero si mobilitò. Visite, telefonate, tutti avevano qualcosa da offrirgli. Omaggio, rispetto, visibilità, credibilità, ma anche concessioni concrete e sostanziose sul piano geopolitico, per placare l’espansionismo russo. Era una gara a prendere sul serio la teoria secondo cui Putin si sentiva «accerchiato», quindi agiva mosso da un genuino senso di insicurezza, che andava curato regalandogli una sfera d’influenza più larga. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz disse chiaro e tondo che l’Unione europea si sarebbe allargata al massimo fino ai Balcani, poi basta. Emmanuel Macron, che poco tempo prima aveva dichiarato «la morte cerebrale della Nato», metteva in dubbio perfino l’allargamento Ue nei Balcani, popolati da slavi che era pronto a regalare alla Russia.

Il piano B di Washington

Il vento dell’appeasement — arrendevolezza o cedimento — non soffiava solo sull’Europa occidentale. Il 13 febbraio 2022 scrivevo sul Corriere di un «piano B» in discussione a Washington, un elenco di concessioni a Putin. Biden aveva una priorità, stare alla larga dal conflitto, evitare ogni coinvolgimento. Lanciò un appello ai cittadini americani presenti sul territorio ucraino perché partissero subito, avvisandoli che non avrebbe mandato un solo soldato per evacuarli. L’ex ambasciatore di Barack Obama a Mosca, Michael McFaul, evocò un «grande patto con Putin per evitare la guerra». Due tra i maggiori think tank strategici ascoltati dalla Casa Bianca e le riviste geopolitiche dell’establishment americano, Foreign Affairs e Foreign Policy, si sforzavano di trovare compromessi da offrire a Putin. Tra questi una «finlandizzazione» dell’Ucraina, termine che evocava la neutralità imposta alla Finlandia per rassicurare l’Unione sovietica durante la prima guerra fredda. Spuntava anche l’ipotesi di un grande negoziato con Putin, per concordare con lui varie garanzie sulla sicurezza della Russia, sul modello degli Accordi di Helsinki nella seconda metà degli anni Settanta. A ispirare le concessioni c’era, tra l’altro, una profonda sfiducia sulla capacità dell’Occidente di reagire compatto di fronte all’invasione di uno Stato sovrano. Sul fronte delle future e ipotetiche sanzioni da prendere, per esempio, Scholz si era rifiutato di mettere in gioco il gasdotto Nord Stream 2. Vista la dipendenza dell’Europa dalla Russia per il 55% delle sue forniture di gas, Washington non s’illudeva di poter convincere gli europei a mollare quel cordone ombelicale.

Putin era in una posizione invidiabile: con un prestigio ai massimi, molti leader occidentali genuflessi, pronti a concedergli un diritto di signoraggio su paesi ex-satelliti dell’Urss che presto rischiavano di tornare ad essere Stati vassalli della Russia. Dietro l’Ucraina: Georgia, Moldova e poi un giorno, forse, i Baltici, se funzionava il ricatto che consiste nel fare leva sulla «difesa delle minoranze russofone». Se soltanto Putin fosse rimasto allo stadio della minaccia, del bluff, di una guerra solo virtuale, oggi staremmo analizzando la rinascita di un impero russo, con la Nato allo sbando, l’Occidente umiliato, l’Unione europea costretta a sottoporre ogni futura candidatura al vaglio di un vicino prepotente.

Danni autoinflitti

Chiuso lo scenario della storia ipotetica, resta l’elenco delle perdite che Putin si è inflitto da solo. Oltre, naturalmente, ai duecentomila soldati russi che ha mandato a morire al fronte.

Ben lungi dall’essere «finlandizzata», l’Ucraina dopo un anno di massacri ha poche certezze se non questa: il suo destino è a Occidente, il suo popolo non perdonerà alla Russia gli orrori subiti, la scelta di campo è irreversibile. Una nazione di 43 milioni di abitanti che per gran parte della sua storia fu legata strettamente alla sua vicina orientale, ora le volta le spalle. Già nel giugno 2022, rispondendo agli accorati appelli di Zelensky, Scholz e Macron erano a Kiev con Mario Draghi e con il presidente romeno Iohannis, per dare via libera alla candidatura dell’Ucraina nell’Unione europea. Il percorso sarà lungo, gli esami da superare sono tanti (incluse le riforme anti-corruzione), però lo status formale di candidata è acquisito. La Commissione europea ha varato aiuti economici, ha annunciato progetti per la ricostruzione, perfino la costituzione di un nuovo centro giudiziario all’Aia per raccogliere prove sui crimini di guerra dell’armata russa.

Sul fronte Nato le novità sono addirittura più impressionanti. La stessa Finlandia non sarà più «finlandizzata», insieme con la Svezia ha scelto di uscire da un’antica neutralità per schierarsi con l’Alleanza atlantica. Il presidente turco Erdogan ha preso in ostaggio queste due domande di adesione esercitando il suo veto, ma anche se dovesse ritardare a lungo quell’ingresso, nei fatti gli eserciti svedese e finlandese si stanno coordinando con la Nato. È un danno strategico enorme per la Russia, che condivide un ampio confine terrestre con Helsinki e marittimo con Stoccolma.

Sul futuro posizionamento strategico dell’Ucraina ci sono pochi dubbi: sarà in qualche modo associata alla Nato, o la sua sicurezza sarà garantita dagli alleati atlantici nell’ambito di futuri accordi di pace, se e quando arriveranno. Ormai si è convertito a questa idea perfino Henry Kissinger, il patriarca della realpolitik, che all’inizio aveva posizioni più concilianti verso Putin.

Lungi dall’essere in uno stato di «morte cerebrale», la Nato è stata resuscitata da Putin. Certo, ancora tardano a realizzarsi le promesse di alcuni Stati membri (Germania e Italia) di alzare le loro spese per la difesa fino al 2% del Pil. Certo, gli eserciti europei si sono scoperti sottodimensionati, impreparati, con arsenali esigui; ci vorrà tempo e perseveranza politica perché tutte le lezioni della tragedia ucraina vengano apprese. Però, paradossalmente, questo ha spinto l’Europa ancora più nelle braccia degli Stati Uniti: il contrario di ciò che auspicava Putin. Le velleità — soprattutto francesi — di costruire una difesa europea autonoma dalla Nato si sono infrante davanti alla dura realtà. Putin ha cementato coloro che voleva dividere.

Danno di lungo periodo

Lo stesso bilancio si applica alle sanzioni. Non sono invalicabili, anzi, in alcuni settori sono un colabrodo. Da sempre le sanzioni economiche vengono aggirate, Cuba, Corea del Nord e Iran insegnano. Il mercato nero fiorisce. Ampie zone del pianeta, da Cina e India al Golfo Persico, più Africa e America latina, non le applicano. L’economia russa non è agonizzante, anche se conosce tante difficoltà. Però quel che conta è il danno di lungo periodo nel settore energetico. Con pazienza, cinismo e lungimiranza, generazioni di leader sovietici avevano costruito infrastrutture pesanti per portare energia a buon mercato all’Europa, in modo da renderla dipendente. Putin ha distrutto il lavoro dei suoi predecessori. La Germania di Scholz — pur essendo lenta e impacciata nel riarmarsi — ha realizzato in cinque mesi un exploit che si credeva richiedesse cinque anni: ha investito in numerosi rigassificatori che le consentono di comprare gas dal mondo intero. La Germania russo-dipendente era un asso nella manica per il peso geopolitico della Russia nel mondo. Ancora dodici mesi fa era una realtà.

(AGI il 7 marzo 2023) – Sarebbe stato un gruppo pro-ucraino, secondo le fonti di intelligence citate dal New York Times, ad avere ordito il sabotaggio del gasdotto Nord Stream. E' quanto si legge sul quotidiano Usa che cita un "nuovo rapporto di intelligence".

Il nuovo rapporto, secondo il NYT, è la "prima pista significativa sui responsabili dell'attacco ai gasdotti Nord Stream" sui quali viaggia il gas naturale dalla Russia al Nord Europa, avvenuto l'anno scorso. I funzionari statunitensi citati dal giornale hanno dichiarato di non avere alcuna prova che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky o i suoi principali luogotenenti fossero coinvolti nell'operazione, o che gli autori agissero sotto la direzione di funzionari del governo ucraino.

L'attacco ai gasdotti naturali che collegano la Russia all'Europa ha alimentato le speculazioni sulle responsabilità: da Mosca a Kiev, da Londra a Washington si sono rimbalzate le ipotesi, ma quello dei sabotaggi al gasdotto è rimasto uno dei più importanti misteri irrisolti della guerra della Russia in Ucraina.

 L'Ucraina e i suoi alleati sono considerati in questo rapporto come i potenziali attentatori più verosimili. Da anni si oppongono al progetto, definendolo una minaccia per la sicurezza nazionale perchè permetterebbe alla Russia di vendere più facilmente gas all'Europa. I funzionari del governo ucraino e dell'intelligence militare affermano di non aver avuto alcun ruolo nell'attacco e di non sapere chi lo abbia compiuto.

Sabotaggio Nord Stream, il mistero dei sei uomini e dello yacht Andromeda. Redazione su Il Riformista il 17 Marzo 2023

Secondo Der Spiegel l’equipaggio non identificato di sei persone (il capitano, due sub, due aiutanti per i subacquei e un medico che si esprimevano in ceco e polacco) che ha navigato verso l’area dell’esplosione del condotto Nord stream 2 nel Mar Baltico era sullo yacht – già perquisito a gennaio – Andromeda, come il personaggio della mitologia greca sposa di Perseo. Di questa storia si inizia a ricomporre i pezzi offerti dalle numerose ricostruzioni, ma sui responsabili si sa poco o nulla. La scorsa settimana la Procura generale tedesca aveva dichiarato di aver perquisito un’imbarcazione senza fornire il nome o altri dettagli. Secondo i siti web marittimi vesselfinder.com e marinetraffic.com, l’Andromeda batte bandiera tedesca e misura 13 metri di lunghezza e 4 metri di larghezza. La Cnn ha contattato la società che noleggia lo yacht ma senza ottenere risposte.

Secondo una seconda ma similare ricostruzione, questa volta ad opera del Wall Street Journal, il 6 settembre il l’imbarcazione con il suo equipaggio sarebbe partita dal porto tedesco di Rostock apparentemente per una crociera di piacere nei porti del Mar Baltico. Qui viene specificato il modello dello yacht, una Bavaria C50 da quindici metri, con 5 cabine, interno in legno e a poppa una piattaforma reclinabile. Il contratto da circa 3mila euro a settimana per l’affitto sarebbe stato pagato da una ditta polacca gestita da ucraini. I clienti – per Der Spiegel – presentano dei passaporti probabilmente falsificati: documenti “bulgari”, ma è solo un’ipotesi. Nell’equipaggio c’è anche una donna come sostiene un testimone: “erano vestiti in modo normale, avevano buste del supermercato con viveri, parlavano ceco o polacco”. Nel giro di due settimane, il gruppo ha restituito lo yacht ed è scomparso.

Il battello parte, fa scalo a Wiek, un piccolo porto lontano da formalità di registrazione ed occhi indiscreti dove si suppone che il gruppo abbia imbarcato quattro ordigni per un totale di 500 chilogrammi d’esplosivo arrivato sul molo con un furgone. Sullo yacht a questo punto si troverebbero i sei membri del team, tutta l’attrezzatura per operare a 70-80 metri di profondità, le bombe e i rifornimenti. Troppo secondo alcuni. Comunque l’Andromeda riprende il viaggio ed effettua la sua seconda tappa a Christiansø, in Danimarca. Un approdo di tipologia non differente dal precedente.

Dopo le due devastanti deflagrazioni i primi sospetti ricadono sui russi e Mosca punta il dito sugli anglosassoni. L’unica cosa di cui sono certi gli inquirenti è che la missione è stata condotta da professionisti: deve esserci la mano di uno Stato. Alcuni esperti sono invece convinti che sub con esperienza e attrezzatura sarebbero in grado di farlo. Rimane il dubbio se quella barca fosse davvero sufficiente per trasportare tutta l’attrezzatura. Il giornalista Seymour Hersch chiama in causa la Cia, mentre l’intelligence statunitense — citata dal New York Times — ipotizza l’azione di un commando autonomo ucraino, con Kiev che non sapeva dell’operazione. Le indiscrezioni dei giornali si rincorrono e non fanno altro che aumentare esponenzialmente il numero degli scenari.

Sull’Andromeda i tedeschi avrebbero trovato tracce d’esplosivo. Un pezzo importante del puzzle, però non decisivo. La barca è finita in una rimessa sull’isola tedesca di Rügen, nel Baltico, scovata dai reporter di Rtl.de: pare che non sia stata più stata affittata. I presunti sabotatori, la loro nazionalità, dove siano finiti e chi abbia dato l’ordine sono le uniche cose che si sa di non sapere.

I gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2. Lorenzo Vita su Inside Over il 28 Febbraio 2023

Il gasdotto Nord Stream è stato per molto tempo al centro dello scontro fra Occidente e Russia, con la Germania che si è trasformata nel corso degli anni in un vero e proprio hub energetico del gas russo in Europa. Questo condotto, infatti, ha rappresentato per gli anni di servizio la saldatura geopolitica tra Germania e Russia, con il gas che, passando attraverso il Baltico, trasportava miliardi di metri cubo l’anno di gas nel cuore del Vecchio Continente escludendo il transito attraverso Paesi Baltici, Ucraina e Bielorussia. Non deve sorprendere dunque che il Nord Stream, insieme al suo raddoppio Nord Stream 2, abbia allarmato da sempre sia i Paesi dell’Europa orientale dentro la Nato sia gli Stati Uniti, preoccupati da quell’immenso flusso di gas russo diretto in Germania che non ha solo rafforzato il peso del Cremlino in Europa, ma anche arricchito Mosca attraverso i proventi del gas da quello che è stato il suo principale alleato in seno all’Unione europea e all’Alleanza Atlantica, ovvero Berlino. La guerra in Ucraina ha poi travolto ogni cosa.

La storia del Nord Stream

La storia del Nord Stream inizia nel 1997 quando la società russa Gazprom e la finlandese Neste costituiscono una società (North Transgas Oy) per realizzare un gasdotto che vada dalla costa russa a quella tedesca passando per il Baltico. Gli studi di fattibilità proseguono per diversi anni con il coinvolgimento di più società, tra le quali ovviamente Gazprom, Neste (che nel frattempo diventa Fortum), Ruhrgas e Wintershall finche la società North Transgas passa totalmente sotto il controllo di un unico proprietario, ovvero il colosso russo.

Il piano per Nord Stream prosegue. Il 30 novembre 2005 nasce un’altra società appositamente creata per realizzare il gasdotto: la North European Gas Pipeline Company. L’azienda nel 2006 diventa Nord Stream AG e da quel momento assorbe tutte le competenze sulla nuova e rivoluzionaria conduttura energetica. In quello stesso periodo, Gazprom dà il via ai cantieri sul territorio russo, mentre iniziano a essere coinvolte diverse società internazionali, in particolare europee tra cui importanti quelle italiane, per la realizzazione delle condutture sottomarine e i relativi e complessi lavori di dragaggio, posa dei tubi, messa in sicurezza e di costruzione di tutti gli elementi utili al trasporto di gas.

I lavori terminano nel 2011: a settembre di quell’anno il Nord Stream riceve il primo quantitativo di gas russo e sarà poi inaugurato e novembre con una cerimonia a cui partecipano la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente russo Dmitrij Medvedev, il primo ministro francese François Fillon e il premier dei Paesi Bassi Mark Rutte. La foto scattata l’8 novembre 2011 a Lubmin, in Germania, rappresenta un momento fondamentale della più recente storia europea o forse l’immagine di un momento straordinario che però ha modificato radicalmente la percezione della Russia e dell’Europa anche nei pensieri strategici degli Stati Uniti.

Il percorso di Nord Stream

Il gasdotto Nord Stream 1 faceva parte di una complessa rete di condutture che si univa ai giacimenti della Federazione Russa attraverso un ramo del gasdotto Gryazovets-Vyborg.

Da Vyborg iniziava la parte off-shore composta da due linee parallele di condutture in grado di trasportare ciascuna 27,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno e dalla lunghezza di 1.220 chilometri, giungendo a Greifswald, in Germania. A quel punto, il gas si collegava alla rete tedesca entrando nel mercato europeo e nel sistema continentale di distribuzione dell’oro blu attraverso due gasdotti: il gasdotto Opal da Greifswald a Olbernhau e il Nel, che va da Greifswald ad Achim. Entrambe queste condutture trasferivano poi l’energia ad altri Paesi: motivo per il quale la Germania si era trasformata non solo nella migliore cliente europea del gas russo, ma anche nella sua più grande centrale di distribuzione in tutto il continente.

Il percorso del gasdotto off-shore, evitando accuratamente di passare nella zona economica e nelle acque territoriali di Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia e nei loro territori, è stata una chiara scelta strategica. Questi Stati hanno da sempre una visione estremamente negativa della Russia e dei suoi rapporti con il resto dell’Europa. Proprio per questo motivo, Mosca ha preferito scavalcare le possibile contestazioni baltiche affidandosi a un gasdotto subacqueo che esclude le aree sotto la giurisdizione dei Paesi che sono più avversi alla strategia del Cremlino.

Il Nord Stream 2

Se il Nord Stream ha sempre rappresentato il simbolo dell’esportazione russa di gas, non deve stupire che il suo raddoppio sia stato visto immediatamente con sospetto da tutti coloro che volevano e vogliono scindere Mosca dai destini energetici europei.

La storia del progetto del raddoppio evidenzia proprio questo scontro. Nel 2011, gli azionisti di Nord Stream decisero di dare il via agli studi per raddoppiare le condutture e aumentare così la portata della rete a 110 miliardi di metri cubi annui di gas. Dopo un attento di studio fattibilità, Nord Stream AG nel 2012 conferma la fattibilità della costruzione di una terza e quarta conduttura, e da quel momento, si inizia a parlare con sempre maggiore insistenza e chiarezza di Nord Stream 2.

Il progetto va avanti fino al gennaio del 2015, quando c’è una prima interruzione: il piano di raddoppio viene sospeso poiché le linee esistenti funzionavano a metà della capacità a causa delle sanzioni europee a Gazprom dovuto all’annessione della Crimea da parte della Russia.

 Il progetto riprende dopo sei mesi, a giugno 2015, con un accordo per la costruzione di due linee aggiuntive concluso tra Gazprom, Royal Dutch Shell, E.on, Omv ed Engie. Due anni dopo, nel 2017, per ovviare al veto polacco, Uniper, Wintershall, Engie, Omve Royal Dutch Shell firmano un nuovo accordo di finanziamento con Nord Stream 2 Ag, società sempre controllata da Gazprom, secondo il quale ciascuna società avrebbe fornito 950 milioni di euro per coprire il 50% dei costi di progetto, mentre il resto sarebbe stato finanziato da Gazprom. Nel maggio 2018 inizia la costruzione del terminale di Greifswald.

Con alterne fortune, stop ai lavori, e nonostante avvertimenti da parte degli Stati Uniti e multe e sanzioni inflitte sia da parte americana che da singoli Stati dell’Unione europea e da Bruxelles, i lavori procedono. Con due navi posatubi, la Akademik Cherskiy e la Fortuna, Vladimir Putin è in grado di annunciare nel 2021 il completamento della posa della prima e della seconda linea del Nord Stream 2. L’operatività delle nuove linee si sarebbe dovuta verificare a dicembre del 2021, ma dopo i tentennamenti dell’autorità tedesca nel fornire il placet all’attività del gasdotto, il nuovo cancelliere Olaf Scholz ordina, come primo atto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la sospensione della certificazione del progetto. Dopo alcune mesi, Nord Stream 2 Ag dichiara bancarotta.

Il nuovo gasdotto

Nord Stream 2 prevedeva la posa di 200mila tubi di acciaio ricoperti di cemento e successivamente rinforzati con un’armatura di ferro. Ogni tubo è lungo 12 metri e pesa 24 tonnellate. In tutto sono state necessarie 2.424 migliaia di tonnellate di acciaio. Le condutture sono state posate sul fondo del Mar Baltico da navi che prima li assemblavano a bordo e poi li hanno posti sul fondo del mare. Il progetto era quello di costituire due linee parallele, ciascuna con una capacità di trasporto di 27,5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno.

Il tracciato è sostanzialmente identico a quello dell’esistente Nord Stream, con la differenza che il secondo parte, per quanto riguarda il tracciato off-shore, dalla stazione di compressione di Slavyanskaya, nei pressi di Ust Luga, non lontano da San Pietroburgo. Da lì, il gasdotto procede per il Baltico attraverso le acque finlandesi, svedesi, danesi e infine tedesche. Ultima tappa: Lubmin, Germania, vicino Greifswald.

L'opposizione al Nord Stream 2

Il Nord Stream 2 ha trovato da subito l’opposizione dei Pasi dell’Europa nord-orientale e degli Stati Uniti. Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania hanno visto in questo progetto da un lato l’aggiramento russo dei propri territori, dall’altro il fatto che Mosca e Berlino fossero collegate in modo sempre più solido. Il raddoppio del Nord Stream era dunque visto non solo come una pericolosa leva negoziale di Putin in seno all’Ue, ma anche una possibile arma di ricatto verso gli altri clienti russi che avrebbero potuto essere tagliati fuori dall’approvvigionamento energetico russo potendo Mosca fare affidamento direttamente sul nuovo gasdotto baltico.

Le perplessità sul Nord Stream 2 furono manifestate anche più a sud, in particolare da Repubblica Ceca e Bulgaria, contrarie non tanto per una politica antirussa (tradizionalmente più evidente a Varsavia e in altre capitali baltiche) ma per il timore di perdere l’opportunità di essere Paesi di arrivo e transito del gas russo in Europa. Questi due Stati, temendo la scelta del Baltico come strumento per aggirare l’Ucraina, si vedevano quali prime vittime di un eventuale stop, colpendo sia la loro capacità di sopperire al fabbisogno energetico, sia gli introiti legati al transito del gas.

Le paure dei Paesi baltici sono, non casualmente, le stesse degli Stati Uniti e della Nato e dell’Unione europea. Anzi, l’opposizione al raddoppio del Nord Stream 2 è stata forse una delle costanti delle amministrazioni Usa che si sono succedute durante la nascita e la realizzazione del progetto. A palesare la contrarietà Usa al raddoppio del Nord Stream sono già nel 2016 alcuni esponenti politici Usa, tra cui John McCain e Marco Rubio, che si rivolgono direttamente alla Commissione europea. Poi il segretario di Stato Rex Tillerson, nel 2018, lo definisce senza mezzi termini una minaccia per la sicurezza europea. Dello stesso avviso il presidente Donald Trump, che ha più volte ricordato come la Germania fosse dipendente dal gas russo nonostante facesse affidamento sulle forze Usa per la propria protezione. Nel 2019, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, Richard Grenell, uno dei più acerrimi nemici di Angela Merkel, esorta tutte le aziende internazionali coinvolte nel Nord Stream 2 ad abbandonarlo immediatamente.

Con il passaggio dall’amministrazione repubblicana a quella democratica, il Nord Stream 2 sembra essere meno oggetto delle attenzione statunitensi. Joe Biden, impegnato a ricucire i rapporti con l’Europa dopo la traumatica esperienza trumpiana, dà l’idea di avere accettato ormai la realizzazione del progetto. Sia il presidente che il segretario di Stato Antony Blinken manifestano più volte l’idea che quel gasdotto non sia più un’ipotesi, spostando l’attenzione della Casa Bianca soprattutto sulla necessità di rassicurare tutti gli alleati dell’Europa orientale, dall’Ucraina alla Polonia, sostenendo la possibilità che sia garantita la diversificazione energetica, l’approvvigionamento e che siano fornite anche rassicurazioni di tipo economico.

La questione però non viene accolta con favore dai Paesi baltici e da quella che diventerà la vera potenza politica del fronte antirusso, la Polonia, il cui primo ministro Mateusz Morawiecki preme su Biden e sul cancelliere tedesco Scholz per evitare che quel gasdotto certifichi la saldatura russo-tedesca e si trasformi in un’arma in mano a Putin.

La guerra in Ucraina cambia radicalmente il corso degli eventi, aumentando immediatamente la pressione proprio sul Nord Stream 2. Biden, incontrando Scholz alla Casa Bianca prima dell’invasione russa, conferma che il gasdotto è al centro di colloqui tra i due alleati. Le fonti Usa ribadiscono il grande nodo della questione: Nord Stream 2 va contro la diversificazione delle fonti europee del gas ed è esclusivamente “un progetto geopolitico” della Russia che “compromette la sicurezza energetica e la sicurezza nazionale di una parte significativa della comunità euro-atlantica”.

La posizione americana, fatta trapelare attraverso numerose indiscrezioni e fonti anonime, è che il Nord Stream 2 deve essere immediatamente bloccato in caso di attacco russo. Cosa che puntualmente avviene nel febbraio 2022, quando Scholz sospende la certificazione del Nord Stream 2 – ultimo atto per la sua attivazione – dopo che Putin dà il via alla cosiddetta “operazione militare speciale”.

L'Ucraina e il Nord Stream 2

Secondo molti osservatori, l’obiettivo di Putin nella realizzazione del raddoppio del Nord Stream è sempre stato quello di scavalcare non solo i Paesi baltici, ma anche l’Ucraina. Essendo questa, da sempre, uno dei Paesi di transito del gas russo, l’obiettivo del Cremlino sarebbe stato quello di evitare di passare per il territorio ucraino dopo che il Paese aveva deciso di abbandonare l’orbita russa per dirigersi verso quella occidentale, avvertendo anche della possibilità di fare richiesta di entrare nella Nato.

Dal momento che Kiev incassava miliardi di euro per il passaggio del gas russo sul suo territorio, è del tutto evidente che la riduzione, o il progressivo azzeramento del transito di oro blu sarebbe stata per Kiev una perdita economica di grandissimo impatto. Perdita economica ma anche politica, poiché la costruzione di un gasdotto in grado di raddoppiare la portata verso la Germania, di fatto indeboliva totalmente la posizione negoziale ucraina in un periodo in cui si combatteva quotidianamente in Donbass. Non solo avrebbe potuto perdere le royalties, ma soprattutto Kiev si trovava da un lato sotto la spada di Damocle di un’eventuale chiusura del rubinetto del gas da parte di Mosca, dall’altro con una Germania saldamente ancorata alla Russia, quindi possibilmente meno attenta alle aspettative ucraine negli Accordi di Minsk e in quella che, all’epoca, era la crisi del Donbass e la questione della Crimea.

Proprio per questo motivo, Petro Poroshenko chiede subito garanzie a Merkel sul ruolo del nuovo gasdotto. Ma gli interessi tedeschi sono ovviamente per la sua realizzazione. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non cambia registro. Nel 2021, in un’intervista rilasciata a più media internazionali, indica il Nord Stream 2 come “una minaccia”, dicendo che quelle nuove linee possono portare a una pericolosa carenza di materie prime e di gas e facendo perdere 1,7 miliardi di euro all’anno all’Ucraina. Il presidente ucraino conferma il pressing per tutelare gli interessi di Kiev. Ino altre circostanze, Zelensky sottolinea la “delusione” per la decisione di Washington di sospendere le sanzioni contro le aziende che lavorano alla finalizzazione del Nord Stream 2 e lo definisce come “una vera arma nelle mani della Russia”. Accuse cui l’amministrazione Usa risponde in modo netto dicendo a Kiev di non rendere pubbliche certe affermazioni sul gasdotto né sostanzialmente di discutere il potenziale accordo tra Stati Uniti e Germania sul nuovo gasdotto scatenando anche le opposizioni interne al Congresso.

Con l’invasione da parte della Russia, il Nord Stream 2 torna a essere al centro del rapporto triangolare tra Kiev, Berlino e Washington e, come visto in precedenza, gli Stati Uniti affermano chiaramente che quel progetto deve essere immediatamente fermato come primo prezzo imposto a Putin per l’attacco. Scholz, dopo una drammatica scelta interna, decide per la sospensione della certificazione interrompendo così una politica tradizionalmente incline a est. Pochi giorni dopo l’inizio della campagna militare russa in Ucraina e le sanzioni al progetto, la sottosegretaria agli Esteri Usa, Victoria Nuland, in un’audizione al Senato esprime la posizione di Washington in maniera cristallina. “Penso che il Nord Stream 2 sia ormai morto” dice Nuland con evidente soddisfazione, “è un grosso pezzo di metallo in fondo al mare, e non credo che possa essere resuscitato”.

Con le sanzioni e le successive interruzioni del gas da parte di Mosca, anche il Nord Stream 1 inizia a non far fluire più gas verso la Germania.

Il sabotaggio al Nord Stream

Il 26 settembre del 2022 si verificano grosse falle sottomarine che hanno coinvolto sia il Nord Stream 1 che il Nord Stream 2.

La prima esplosione è avvertita alle due di notte ora locale a sud-est dell’isola danese di Bornholm, coinvolgendo il tracciato del Nord Stream 2. Successivamente sono avvertite altre esplosioni e perdite di pressione sull’altro tracciato, il Nord Stream 1, sempre vicino l’isola danese. Dalle falle si elevano grandi quantità di gas: i gasdotti, infatti, pur inutilizzati, hanno al loro interno gas naturale. Dopo un primo momento di dubbio sulla possibilità di un incidente, sia le autorità svedesi che quelle russe parlano di sabotaggio o, come fa Putin, di “atto di terrorismo internazionale”.

Le indagini al momento proseguono senza che sia ancora certa e verificata né la modalità di attacco né la responsabilità. La Russia accusa direttamente le forze Nato, in particolare parla di “anglosassoni”, colpevole a suo dire di avere voluto infliggere un colpo pubblico e letale ai rapporti tra Mosca e Berlino (e l’Europa). Molti sottolineano a questo proposito la concomitanza del sabotaggio con l’inaugurazione del gasdotto Baltic Pipe tra Polonia e Norvegia: simbolo della nuova geopolitica dell’energia continentale a trazione atlantica e con Varsavia, primo nemico di Nord Stream, quale protagonista. Sul punto, vale la pena ricordare anche l’ultima e dibattuta inchiesta del giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh secondo il quale a colpire i due gasdotti sarebbero stati i sommozzatori della Marina degli Stati Uniti dopo avere piazzato delle mine subacquee durante l’esercitazione Nato Baltops 22.

Oltreoceano e nel blocco atlantico la situazione è stata vista in maniera diversa. Molti accusano Putin di avere voluto sabotare la propria infrastruttura come segnale di frattura definitiva con l’Europa e come simbolo della volontà di non rifornire più di gas il continente anche in futuro. Il tracciato, secondo questa linea di pensiero, proprio perché inutilizzato, non serviva più al Cremlino, diventando quindi un’arma al contrario senza perdite economiche. Secondo la Cnn, navi di supporto della Marina russa si sarebbero mosse nelle vicinanze delle aree delle falle alcuni giorni prima delle esplosioni, ma non si sono trovate conferme di eventuali movimenti anomali. A puntare il dito contro la Russia è stato anche l’ex capo dell’intelligence tedesca, Gerhard Schindler, così come altri esponenti baltici.

Tuttavia, le indagini, al momento divise tra i vari Paesi coinvolti nelle esplosioni o per motivi geografici o motivi economici (Danimarca, Germania, Svezia e Russia) non hanno condotto ad alcuna prova che possa portare a un responsabile. E, come confermato anche da diversi media Usa, nessuno ha trovato prove certe sul coinvolgimento russo.

A febbraio, anche la Cina, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, chiede che venga fatta luce sul sabotaggio con un’indagine internazionale visto “l’impatto delle esplosioni sui mercati dell’energia e sull’ambiente”. L’Unione europea, dopo l’uscita dell’articolo di Hersh, ha parlato attraverso la portavoce della Commissione, Anitta Hipper, sottolineando che le indagini sono “responsabilità degli Stati membri” interessati e di queste indagini Bruxelles non sarebbe al corrente. Sul punto si esprime anche Nuland, la quale ribadisce che l’indagine “è condotta dagli Stati collegati a questa infrastruttura” e afferma “in modo definitivo e irrevocabile che gli Stati Uniti non hanno nulla a che fare con queste esplosioni”. LORENZO VITA

Le relazioni tra Stati Uniti e Cina, spiegate. Federico Giuliani su Inside Over il 28 Febbraio 2023

Da un lato la necessità di mantenere stretti legami economici, dall’altro grande diffidenza politica. Le relazioni tra Usa e Cina, o meglio quelle tra gli Usa e la Repubblica Popolare Cinese fondata nel 1949, hanno sempre oscillato tra momenti di apertura e altri di ostracismo.

C’è chi, come lo studioso Graham Allison, ha addirittura tirato in ballo la Trappola di Tucidide per spiegarle. Secondo questa teoria, Washington e Pechino sono destinati alla guerra perché la Cina è una nazione in ascesa che rischia di “rubare” il ruolo geopolitico fin qui ricoperto da quella statunitense, progressivamente in declino. Uno scenario del genere ricalcherebbe insomma quanto avvenuto tra Atene e Sparta.

Nel frattempo, in mezzo a crisi internazionali e problemi globali, le due grandi potenze mondiali stanno cercando un complicato modo per smussare gli angoli e collaborare là dove possibile. Evitando di scatenare un conflitto dagli esiti imprevedibili, soprattutto sul fronte dell’economia.

Il gelo con la Cina comunista

Gli Stati Uniti e la Cina comunista hanno una delle relazioni bilaterali più importanti e complesse al mondo. Nel ripercorrerle possiamo partire dal 1949, anno in cui Mao Zedong istituì la Repubblica Popolare Cinese dopo che i comunisti sostenuti dai contadini sconfissero il governo nazionalista di Chiang Kai Shek.

Chiang e migliaia delle sue truppe fuggirono a Taiwan. Gli Stati Uniti, che avevano già sostenuto i nazionalisti contro l’invasione delle forze giapponesi durante la seconda guerra mondiale, continuarono a sostenere il governo della Repubblica di Cina in esilio a Taipei, ponendo le basi per diversi decenni di limitate relazioni con Pechino.

Nel 1953 il presidente statunitense Dwight Eisenhower revocò il blocco della marina statunitense a Taiwan, portando Chiang Kai Shek a dispiegare migliaia di truppe nelle isole Quemoy e Matsu, nello stretto di Taiwan nell’agosto 1954. L’Esercito popolare di liberazione cinese rispose bombardando le isole.

Il riavvicinamento

Nel frattempo la luna di miele tra l’Unione Sovietica e la Cina iniziò a scricchiolare. I disaccordi culminarono nelle schermaglie di confine nel marzo 1969. Mosca sostituì così Washington come la più grande minaccia della Cina, e la scissione sino-sovietica contribuì di fatto al graduale riavvicinamento di Pechino con gli Stati Uniti.

Nel luglio del 1971 il Segretario di Stato Usa Henry Kissinger effettuò un viaggio segreto in Cina. Poco dopo, le Nazioni Unite riconobbero la Repubblica Popolare Cinese, dotandola del seggio permanente del Consiglio di sicurezza detenuto dalla Repubblica cinese di Chiang Kai Shek.

Nel 1972 il presidente Richard Nixon trascorse otto giorni in Cina, durante i quali incontrò Mao e firmò il comunicato di Shanghai con il premier cinese Zhou Enlai. Il comunicato pose le basi per migliorare le relazioni Usa-Cina, consentendo così ai due Paesi di discutere in merito a questioni complesse, su tutte Taiwan. La normalizzazione delle relazioni tra i due paesi procedette a ritmi lenti per gran parte del decennio, fino al 1979, quando il presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter concesse alla Cina il pieno riconoscimento diplomatico

L’amministrazione Reagan firmò quindi nell’agosto 1982 un terzo comunicato congiunto con la Repubblica Popolare Cinese per normalizzare le relazioni, riaffermando l’impegno degli Stati Uniti per la sua politica di una sola Cina.

Uniti in nome del commercio

Nel 1999 avvenne un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze ben peggiori. La Nato bombardò accidentalmente l’ambasciata cinese a Belgrado durante la sua campagna militare contro le forze serbe che occupavano il Kosovo. Le relazioni Usa-Cina, già al limite dopo i fatti di Piazza Tienanmen, ne risentirono parecchio. Gli Stati Uniti e l’Alleanza Atlantica si scusarono per la serie di errori dell’intelligence statunitense che portò al micidiale bombardamento.

Nel 2000 avvenne la prima, grande svolta. Bill Clinton firmò l’ US-China Relations Act, garantendo a Pechino normali relazioni commerciali permanenti con gli Stati Uniti e aprendo la strada all’adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) nel 2001.

Numeri alla mano, tra il 1980 e il 2004, il commercio Usa-Cina era passato da 5 miliardi a 231 miliardi di dollari. Nel 2006, la Cina superò il Messico come secondo partner commerciale degli Stati Uniti, dopo il Canada.

Agli albori dei primi anni Duemila si pensava che un graduale inserimento cinese nel commercio avrebbe potuto trasformare, quasi per osmosi, anche il sistema politico di Pechino. Non solo: riconoscendo il gigante asiatico come una potenza emergente, gli Stati Uniti invitarono la Cina a fungere da “stakeholder responsabile” e ad usare la sua influenza per attirare nazioni come il Sudan, la Corea del Nord e l’Iran nel sistema internazionale. Non sarebbe mai avvenuto niente del genere.

L’ascesa cinese e il Pivot to Asia

La Cina ha semplicemente saputo sfruttare al meglio l’ingresso nel Wto e le numerose delocalizzazioni di aziende occidentali sul proprio territorio per rimpinguare le proprie casse. Come se non bastasse, una volta che Pechino ha iniziato a capitalizzare l’enorme disavanzo collezionato grazie alle sue esportazioni, rafforzando l’esercito e modernizzando il Paese, si è iniziato a parlare di ascesa cinese in accezione negativa del termine.

Intanto, nel settembre 2008, la Cina superò il Giappone diventando il maggior detentore del debito statunitense, o titoli del Tesoro, con circa 600 miliardi di dollari. Due anni più tardi la Cina avrebbe superato il Giappone come seconda economia mondiale mentre entro il 2027 Pechino potrebbe detronizzare Washington.

Nel 2011, in un saggio per Foreign Policy , il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha delineato un “perno” degli Stati Uniti verso l’Asia. L’appello di Clinton per “maggiori investimenti – diplomatici, economici, strategici e altro – nella regione Asia-Pacifico” era visto come una mossa per contrastare il crescente peso della Cina.

Intanto Il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina è passato da 273,1 miliardi di dollari nel 2010 al massimo storico di 295,5 miliardi di dollari nel 2011.

A margine del vertice di cooperazione economica Asia-Pacifico del 2014, il presidente Barack Obama e il presidente Xi Jinping hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sul cambiamento climatico, impegnandosi a ridurre le emissioni di carbonio.

Trump, Xi e la guerra dei dazi

Con l’avvento di Donald Trump le relazioni tra Cina e Stati Uniti subiscono un’inversione di rotta. Nel 2017, dopo aver vinto le elezioni presidenziali, Trump rompe con la pratica consolidata parlando al telefono con il presidente taiwanese Tsai Ing Wen e mette in discussione  l’impegno Usa nei confronti della politica di una sola Cina.

Nonostante incontri e dialoghi, nel 2018 l’amministrazione Trump annuncia tariffe radicali sulle importazioni cinesi, per un valore di almeno 50 miliardi di dollari, in risposta a quello che la Casa Bianca sostiene sia il furto cinese di tecnologia e proprietà intellettuale statunitensi.

La guerra commerciale entra nel vivo e si allevierà solo nel 2020, quando il presidente Trump e il vice premier cinese Liu He firmano un accordo di “fase uno”, per una svolta parziale nella Trade War. La pandemia di Covid avrebbe in seguito riacceso le tensioni tra i due colossi.

Una sfida per la sicurezza

La Nato, che negli ultimi anni si è concentrata per lo più sulla deterrenza dell’aggressione russa, ha recentemente rilasciato un comunicato che ha ampliato l’attenzione dell’Alleanza fino ad includere le minacce dalla Cina, come lo sviluppo di armi nucleari e la modernizzazione militare.

È la prima volta che un comunicato della Nato fa riferimento a minacce provenienti dalla Cina. La dichiarazione è arrivata mentre l’amministrazione di Joe Biden sta spingendo i partner Usa a rispondere collettivamente contro l’ascesa di Pechino.

Il continuo tira e molla tra Usa e Cina viene interrotto dalla vicenda dei presunti palloni spia. Un giallo, ancora avvolto nella nebbia, che ha nuovamente complicato i rapporti tra le due superpotenze. FEDERICO GIULIANI

Gli USA stanno cercando alleati per imporre sanzioni anche alla Cina. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 6 marzo 2023.

Si allarga sempre di più la guerra ibrida internazionale tra le grandi potenze, con la Cina che ora potrebbe essere direttamente coinvolta nel contesto di sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia e, in generale, alla quasi totalità dei Paesi non allineati agli interessi geopolitici di Washington. Dopo che qualche settimana fa la Casa Bianca ha lanciato l’allarme sul fatto che Pechino sarebbe intenzionata a fornire armi a Mosca, infatti, ora l’amministrazione statunitense ha cominciato a sondare la disponibilità degli alleati più stretti ad imporre sanzioni a quella che è la seconda economia mondiale, creando così una frattura sempre più evidente e profonda tra due blocchi: quello occidentale e quello rappresentato dall’asse Mosca-Pechino, mentre tutti gli altri attori geopolitici non occidentali cercano faticosamente di mantenere una posizione neutrale. Gli Stati Uniti hanno messo in guardia la Cina dall’idea di fornire armi alla Russia sia durante le conversazioni a distanza tra Biden e Xi Jinping, sia durante l’incontro di persona, avvenuto lo scorso 18 febbraio, tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e l’alto diplomatico cinese Wang Yi a margine di un conferenza sulla sicurezza globale a Monaco di Baviera.

Le consultazioni per imporre restrizioni economiche alla Cina sono ancora in una fase preliminare e hanno lo scopo di compattare il G7 per coordinare eventuali sanzioni, anche se non è ancora chiaro quali beni o aziende potrebbero venire colpite dalla misura, in quanto il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti per ora ha rifiutato di commentare. A una domanda in merito alle consultazioni, un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca ha risposto che la guerra della Russia ha reso difficili le relazioni della Cina con l’Europa e altre nazioni: «è una distrazione per la Cina e un potenziale colpo alle loro relazioni internazionali di cui non hanno bisogno né dovrebbero volere», ha affermato.

Già a fine febbraio, alcuni organi di stampa occidentali come il Wall Street Journal (WSJ) avevano fatto trapelare informazioni fornitegli da fonti di intelligence da cui emergeva come Pechino stesse dotando la Russia di piccoli droni commerciali per aiutare le forze del Cremlino nella guerra contro l’Ucraina. Secondo il Pentagono, i droni non avrebbero aiutato solo Mosca nel conflitto, ma avrebbero anche permesso alla Cina di raccogliere informazioni cruciali sul campo di battaglia. Tuttavia, la tempistica con cui il WSJ ha rilasciato le informazioni dell’intelligence appare strumentale alla strategia sanzionatoria dell’Occidente che è il principale strumento per combatte gli avversari sistemici. Tanto più che l’agenzia britannica Reuters ha ammesso che, relativamente alla fornitura d’armi di Pechino a Mosca, «Gli aiutanti del presidente degli Stati Uniti Joe Biden non hanno fornito prove pubblicamente». Da parte sua, il gigante asiatico ha negato ogni accusa.

Del resto, già nel documento intitolato “Nato 2030. United for a new Era”, la Cina viene posta subito dopo la Russia come rivale sistemico, mentre nel rapporto intitolato “Strategic Concept 2022”, la Cina viene definita come una «sfida» per gli «interessi, la sicurezza e i valori» della NATO. Inoltre, secondo diversi analisti, la Russia rimane l’ultimo ostacolo prima di concentrarsi su quella che è considerata la minaccia più grave alla stabilità dell’ordine mondiale unipolare, ossia Pechino. Non stupisce, dunque, che Washington – con il prolungarsi del conflitto in Ucraina e il consolidamento sempre più forte tra Russia e Cina – stia cominciando a considerare seriamente l’ipotesi di sanzionare la Cina, coinvolgendo in questo anche gli alleati europei, secondo il copione già seguito con Mosca. Tuttavia, imporre sanzioni a Pechino potrebbe non essere così semplice per via della sua completa integrazione nelle principali economie dell’Europa e dell’Asia, rischiando così di bloccare o rallentare l’intero commercio globale, già parzialmente interrotto dalle conseguenze dei lockdown, prima, e dalla guerra in Ucraina, dopo. Per questo alcuni alleati degli Stati Uniti come la Germania e la Corea del Sud sono riluttanti a imporre sanzioni alla seconda economia mondiale.

Nonostante la divergenza di alcune nazioni e la dipendenza energetica e commerciale dell’Unione Europea, un funzionario di Bruxelles ha affermato che se la Cina fornisse armi alla Russia supererebbe una «linea rossa» a cui l’UE risponderebbe con sanzioni. Il commento del funzionario fa eco all’intervento del cancelliere Olaf Scholz al parlamento tedesco in cui – prima del suo incontro con Joe Biden – aveva ammonito Pechino: «non consegnate armi all’aggressore Russia».

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni a persone e aziende accusate di aiutare la Russia a eludere le sanzioni. Le misure includono anche limiti all’esportazione per le società cinesi che non potranno acquistare articoli come i semiconduttori. Inoltre, non è escluso che gli USA possano estromettere Pechino dal sistema finanziario statunitense – lo SWIFT – sulla scia di quanto hanno già fatto con Russia, Iran e Corea del Nord. Motivo per cui da tempo Russia, Cina e Iran stanno lavorando alla creazione di un sistema finanziario alternativo che, se da un lato, è la diretta conseguenza delle azioni di Washington per preservare il “vecchio” ordine globale, dall’altro, è anche lo strumento più potente per instaurare un nuovo sistema finanziario internazionale e, dunque, nuovi assetti geopolitici e di potere. [di Giorgia Audiello]

Da Emanuel Pietrobon su Inside Over il 28 Febbraio 2023

Turkestan, crocevia dei grandi imperi eurasiatici e teatro di tornei di ombre tra gli aspiranti all’egemonia globale. Ieri Londra contro Mosca. Oggi Washington contro Mosca e Pechino, ma non solo. Ieri Edward Law, Charles MacGregor e la Compagnia britannica delle Indie orientali contro Bronisław Grąbczewski, Mikhail Chernyayev e Mikhail Skobelev. Oggi Antony Blinken all’inseguimento del sogno di Law, primo conte di Ellenborough e signore del Grande Gioco, ovvero la costruzione di un avamposto anglofono tra Turkestan e valle dell’Indo.

Il tour fra Turkestan e valle dell’Indo di Antony Blinken, l’eminenza grigia di Joe Biden, è iniziato oggi, 28 febbraio, e lo terrà lontano da casa fino al 3 marzo. Lo attendono quattro giorni di lavoro non-stop, che, dopo la puntata kazaka, lo condurranno nella storica fermata dell’antica Via della seta, l’Uzbekistan, con capolinea la fu perla della Corona britannica, l’India.

L’agenda centroasiatica di Blinken è fitta. La partecipazione alla riunione del C5+1, un formato di dialogo tra Stati Uniti e –stan istituito nel 2015 e che lui stesso ha contribuito a creare. Incontri separati, ai margini del C5+1, con gli omologhi dei paesi partecipanti. E tavole rotonde su cooperazione ambientale, economica, energetica e securitaria.

Nel nome della prevedibilità patrocinata da Biden, veterano della Guerra fredda, la Casa Bianca non ha fatto segreto dell’obiettivo ultimo dell’invio dell’abile Blinken nelle terre del Grande Gioco: “Strappare le repubbliche ex sovietiche dalle orbite cinese e russa”. Obiettivo che vede e vedrà gli sforzi dell’amministrazione Biden concentrati, in particolare, su Astana e Tashkent, cioè gli –stan più insofferenti verso l’egemonia regionale di Mosca, nonché i più scettici nei riguardi dell’invasione militare dell’Ucraina.

La Casa Bianca ha da offrire qualcosa sull’altare del riallineamento di Astana, che non per forza deve e/o dovrà significare schieramento nel campo occidentale – un non allineamento antagonistico a Mosca sarebbe più che sufficiente. Astana vuole capire se il gioco vale la candela, se potrebbe trattarsi di aiuto in caso di scenari di donbassizzazione – perciò il focus di Blinken sull'”impegno americano [a difendere] indipendenza, sovranità e integrità territoriale dei paesi centroasiatici”? –, e, nell’attesa di prendere una decisione, ha porto un ramoscello d’ulivo al messo arrivato da Washington: la chiusura della rappresentanza commerciale a Mosca.

L’India è tutto

L’India, il gigante anglofono che nel 2022 è diventato il Paese più popoloso del mondo, sarà uno degli obiettivi geostrategici di ogni amministrazione americana nei decenni a venire. Giacché dal posizionamento di Nuova Delhi sulla scacchiera globale, se a favore o contro l’Occidente, dipenderà parte significativa dell’esito della grande battaglia per la riforma del sistema internazionale.

Se le relazioni tra Pechino e Nuova Delhi non sono mai state semplici, quelle tra Washington e Nuova Delhi non sono state prive di incomprensioni e reciproche diffidenze. Nonostante l’appartenenza al Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quad), calcoli economici e sensibilità geografiche impediscono all’India di prestarsi nel ruolo di ariete lanciato contro la Cina. E nonostante la special relationship coi mercati occidentali e con l’Ucraina, tanto che si parla di Ucraindia, l’India non ha intenzione di aderire al regime sanzionatorio antirusso, che ha arricchito enormemente le industrie nazionali.

Blinken si recherà a Nuova Delhi nelle vesti ufficiali di partecipante all’Incontro dei ministri degli esteri del G20, che si terrà nella giornata del primo marzo, ma la speranza-aspettativa della diplomazia statunitense è la produzione di due bilaterali ai margini dell’evento: una con Sergej Lavrov, una con Qin Gang. Non per porre fine alla competizione tra grandi potenze, ormai entrata nel vivo, quanto per “mantenere aperti i canali di comunicazione”.

L’India, all’interno del Bidenverso, è una superpotenza in divenire che potrebbe rivelarsi fondamentale nei contesti del contenimento della Cina in una dimensione terrestre, per via del controllo esercitato sui mari dell’Oceano Indiano, e della riedizione in salsa multipolare del Grande Gioco, nel quale l’hindi è già diffuso e potrebbe trarre giovamento dalla ritirata americana dall’Afghanistan.

Continuare a corteggiare Nuova Delhi, onde evitarne l’appiattimento totale sulle posizioni di Mosca e Pechino, sarà uno degli imperativi che guiderà Blinken e successori. Far maturare i semi della zizzania sparsi nel Turkestan, per aggredire l’egemonia regionale declinante della Russia (e per destabilizzare le vie della Belt and Road Initiative), sarà un altro categorico di primo livello per Washington e alleati. La strada da percorrere è stata tracciata dagli antenati – divide et impera, guerre per procura, insorgenze, diplomazia della sterlina –, ma resta da vedere se il finale sarà un remake dal sapore multipolare dell’entente anglo-russa per l’Asia. EMANUEL PIETROBON

Gli orrori di Izyum hanno un volto: esumate 440 salme di prigionieri torturati. Storia di Nello Scavo, inviato a Odessa su Avvenire il 28 febbraio 2023.

Ce n’è voluto di tempo. Uno alla volta. Interrogati, torturati, orribilmente seviziati. Compresi cinque bambini. E cinque numeri su un fascicolo per riassumere l’inferno in cifre: «194 corpi di sesso maschile; 215 corpi di sesso femminile; 22 corpi di militari; 5 corpi di bambini; 11 resti non identificati». Un totale di 440 cadaveri. A Izyum è andata peggio di Bucha. Non per i numeri, ma per la ferocia sadica di chi più per capriccio che per necessità voleva imporre la legge dell’invasore facendo ascoltare i supplizi alla gente di fuori, chiusa in casa disperando che la resistenza arrivasse.

Mancavano da mettere insieme gli ultimi pezzi, quel che resta di un uomo mutilato quand’era ancora vivo. «Per ucciderli hanno risparmiato proiettili», dice un medico. Non per ridurre lo spreco di munizioni, ma per impiegare il tempo nelle camere delle torture. Ad alcuni hanno amputato le mani durante gli interrogatori, ad altri i piedi, molti hanno segni di coltellate profonde e reiterate. C’è chi è morto dissanguato dopo essere stato evirato. E cosa abbiano fatto alle donne prima di ucciderle, ciascuno lo può immaginare. Ieri i tecnici forensi hanno finito il lavoro in mezzo alle croci nel bosco, tra le buche di fango dove i russi prima di scappare avevano gettato i corpi. Sul registro degli esperti forensi internazionali l’ultima pagina si chiude con poche righe. Da ottobre, quando i russi sono stati costretti alla ritirata, lavoravano nelle fosse comuni, con il timore che insieme ai resti umani i soldati avessero gettato delle mine, come poi è stato accertato con il lavoro degli artificieri che hanno messo in sicurezza l’area. Anche a Snigurivka, più a Sud in direzione di Kherson, gli occupanti prima di essere messi in fuga hanno minato il cimitero, e uno sminatore ucraino ci ha rimesso le gambe.

Non è un caso che proprio ieri il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha spiegato che l’invasione russa ha provocato «le più massicce violazioni dei diritti umani di questi tempi». Lo ha detto nel suo intervento al Consiglio per i diritti umani a Ginevra. «L’ufficio dell’alto commissario per i diritti umani – ha ricordato Guterres – ha documentato decine di casi di violenze sessuali collegate al conflitto a danni uomini, donne e ragazze”. Ieri la first lady ucraina Olena Zelenska ha chiesto alle Nazioni Unite l’istituzione di un tribunale speciale per i crimini commessi dai russi, in modo che «un’aggressione» come l’invasione del suo Paese «non possa accadere di nuovo».

A sorpresa a Kiev è giunta Janet Yellen, la segretaria al Tesoro Usa per confermare il sostegno dell’amministrazione americana nel corso di un incontro con il presidente Zelensky e il primo ministro Shmyhal. Kiev non ha ancora del tutto chiuso la porta ai “principi” elencati dalla Cina per un possibile avvio di negoziato. E gli Usa, pur bocciando il “piano”, confermano che Pechino non starebbe inviando armi a Mosca e non avrebbe intenzione di farlo. Segno che un spiraglio per continuare a parlarsi c’è ancora.

Nella notte tra domenica e ieri due ondate di attacchi con droni kamikaze di fabbricazione iraniana hanno messo a dura prova la contraerea. Nove velivoli sono stati abbattuti, ma altri hanno raggiunto infrastrutture civili, mettendo di nuovo in ginocchio il sistema elettrico di Odessa, nel sud, e di altre città non lontano da Kiev. Nell’Ovest, sulla direttrice tra la capitale e Leopoli un drone è caduto non lontano da alcune abitazioni e un soccorritore, intento a mettere a sicuro i civili è stato ucciso da una successiva esplosione. Potrebbe essersi trattato anche di una rappresaglia partita dalla Bielorussia, dove i partigiani anti-governativi hanno rivendicato la distruzione di un aereo militare russo di sorveglianza, colpito da un drone in un campo dell’aviazione nei pressi della capitale Minsk. L’aereo, un Beriev A-50, è in grado di seguire fino a 60 obiettivi alla volta. Aliaksandr Azarov, leader dell’organizzazione antigovernativa bielorussa “Bypol”, ha rivendicato l’attacco.

La difficile modernizzazione della portaerei russa Admiral Kuznetsov. Paolo Mauri il 4 Marzo 2023 su Inside Over.

La “Admiral Kuznetsov” (codice identificativo 063) è l’unica portaerei in servizio nella Voenno-Morskoj Flot (Vmf), la Flotta Russa e ne è la nave ammiraglia.

L’unità è formalmente assegnata alla Flotta del Nord (distribuita tra Murmansk e Severomorsk) e nell’ottobre del 2016 ha preso il mare insieme alla sua scorta, composta dall’incrociatore classe Kirov “Piotr Velikiy”, da due cacciatorpediniere classe Udaloy e un rimorchiatore d’altura, per entrare in Mediterraneo dove ha effettuato operazioni nella lotta all’Is in appoggio al governo di Damasco sino al mese di gennaio del 2017. Operazioni costellate da due incidenti riguardanti il sistema di arresto dei velivoli sul ponte di volo che hanno causato lo spostamento della componente aerea imbarcata a terra presso l’aeroporto siriano di Hmeimim. Nonostante questo il gruppo di volo della “Kuznetsov” ha effettuato 420 sortite colpendo 1252 obiettivi in Siria.

La portaerei è rientrata in porto il 9 febbraio 2017 per cominciare una serie di lavori di rimodernamento a lungo attesi. Durante il refit la “Kuznetsov” è andata incontro a una serie di incidenti, di cui almeno tre rilevanti. Il primo, occorso il 30 ottobre del 2018, ha visto il parziale affondamento del bacino di carenaggio galleggiante che la stava ospitando provocando danni alla nave a causa dell’impatto di una gru sul ponte di volo che ha aperto una voragine di 19 metri quadrati. La struttura e la gru sono state ripristinate in circa tre mesi. Il secondo incidente, occorso il 12 dicembre del 2019, ha visto lo scoppio di un incendio a bordo a causa di errori nelle procedure di saldatura: in quella occasione un operaio è rimasto ucciso ed altri 12 feriti. Il terzo, sempre per incendio ma di minore entità, è occorso il 22 dicembre 2022: il fuoco in quella occasione è stato prontamente estinto ma 20 persone sono rimaste intossicate.

I lavori, funestati da incidenti, sono stati decisi per prolungare la vita utile della nave di 25 anni, ma si crede che in realtà possa restare in servizio per altri 10/15. In particolare la revisione ha incluso l’installazione di nuovi sistemi di guerra elettronica, comunicazione, propulsione e combattimento e soprattutto prevedevano lo sbarco dei missili antinave P-700 “Granit”, che occupavano un Vls (Vertical Launch System) a livello del ponte di volo, per imbarcare la versione navalizzata del sistema Pantsir S1 (la M) e, si pensava, di vedere l’installazione di catapulte. Le riparazioni avrebbero dovuto essere terminate entro il 2020 o il 2021 ma come abbiamo visto la serie di incidenti ha prolungato notevolmente il loro termine. A marzo 2021, poi, il direttore del cantiere navale di Polyarny è stato arrestato per presunta appropriazione indebita di 589 milioni di dollari assegnati alla riparazione della “Kuznetsov”, a sottolineare ancora una volta come la corruzione in Russia sia una piaga endemica.

A ritardare i lavori ha contribuito sicuramente anche la perdita del bacino di carenaggio galleggiante, che era l’unico in grado di accogliere la grande nave, e infatti l’unità è stata accolta in banchina a Murmansk dove i tecnici della Flotta hanno allestito un bacino improvvisato.

Verso la fine del mese scorso siamo venuti a sapere che la portaerei ha lasciato il molo di Murmansk, tuttavia, come riportato da Naval News la scorsa settimana, la manutenzione della “Kuznetsov” continuerà per tutto il 2023 e l”unità non sarà disponibile almeno fino alla prima metà del 2024, quando sarà pronta per iniziare le prove in mare. A questo punto, è probabile che la portaerei possa rientrare in servizio entro la fine del prossimo anno, a condizione di evitare ulteriori contrattempi. L’operazione di spostamento della portaerei fuori dal bacino di carenaggio improvvisato è stata possibile dopo il completamento delle riparazioni alla sezione sottomarina dello scafo.

L’odissea delle riparazioni della “Kuznetsov” è la cartina tornasole perfetta delle difficoltà in cui versa la cantieristica russa, che è stata pesantemente colpita dalle sanzioni internazionali derivanti dalla crisi per la Crimea del 2014. Ancora oggi nei cantieri navali russi le ore/uomo di lavoro per tonnellata di naviglio prodotta sono 3 volte quelle necessarie in un cantiere occidentale, effetto della scarsa modernizzazione e soprattutto della situazione economica e geopolitica. Dall’Ucraina, poi, arrivavano componenti essenziali per l’industria navale di Mosca: basti pensare che per sostituire i prodotti importati da Kiev il Ministero delle Finanze russo aveva stimato una spesa di circa 50 miliardi di rubli, pari a circa 1,4 miliardi di dollari. Cifra che aumenta vertiginosamente a 4,5 miliardi di dollari se si considerano le spese globali per acquistare i sostituti russi dei prodotti ucraini ed europei bloccati dalle sanzioni.

Questa insufficienza di materiali e tecnologie porta con sé, oltre a immaginabili ritardi nelle consegne che non sono stati tamponati nemmeno dall’acquisizione dei cantieri della Crimea – dediti a costruire vascelli di piccolo tonnellaggio – dei problemi di affidabilità che sono risultati evidenti in tutta la loro gravità sia durante le operazioni effettuate in Mediterraneo Orientale a sostegno della campagna di Siria, sia durante i lavori di rimodernamento della portaerei “Kuznetsov”.

Guardando oltre, nonostante le riforme dottrinali emanate dal Cremlino, la Russia, per mancanza di fondi, ha dovuto rinunciare o allungare le tempistiche di alcuni progetti per nuove navi da guerra: quello per il nuovo cacciatorpediniere classe Lider, abbandonato, quello per una nuova fregata, un vascello classe Admiral Gorshkov migliorata (project 22350M) che è stato posticipato, e quello per una nuova portaerei di grande tonnellaggio (definita “Shtorm”) che non è mai andato oltre un modello in scala e alcuni disegni sulla carta.

Del resto la cantieristica russa è impegnata a rimodernare la componente principale e più importante, quella dei sottomarini (soprattutto i lanciamissili balistici), e ha intrapreso il refit di un’importante unità di superficie: l’incrociatore classe Kirov “Admiral Nakhimov”, che dovrebbe procedere alle prove in mare entro la fine di quest’anno e tornare in servizio nella flotta nel 2024, dopo aver subito anch’esso dei lavori di lunga durata. Una mole di lavoro che è stata molto difficile da sobbarcarsi per la cantieristica russa stante le difficoltà strutturale e contingenti, queste ultime determinate dalla crisi ucraina sfociata nell’attuale conflitto che ha ulteriormente dato un giro di vite ai beni sottoposti a embargo. PAOLO MAURI

Il vero problema dei carri armati europei per l’Ucraina. Paolo Mauri il 2 Marzo 2023 su Inside Over

La decisione di alcuni Paesi europei di sostenere l’esercito ucraino nel suo sforzo di resistere all’invasione russa con l’invio di Mbt (Main Battle Tank), ha “scoperto un nervo” molto sensibile negli eserciti del Vecchio Continente. Un nervo che, con ogni probabilità, è alla base della riluttanza di alcuni alleati, come la Germania, ad inviare i carri armati a Kiev, e non ha nulla a che vedere col fronte del consenso interno.

Come sappiamo, la Bundeswehr – le forze armate tedesche – ha appena cominciato una fase di profonda ristrutturazione a seguito di anni, decenni, di quasi abbandono. Un abbandono che ha provocato evidenti carenze della sua struttura logistica, incapace di mantenere in efficienza i mezzi in dotazione, e una “crisi di valori” che da un lato è evidenziata dalla difficoltà di reclutamento, dall’altra si è riflessa in una politica di marginalizzazione delle esigenze delle forze armate, che, in tutti i loro rami, hanno dimostrato profondi deficit di operatività. Abbiamo già ampiamente documentato questa situazione della Bundeswehr, ma a quanto pare anche altre nazioni europee stanno affrontando problemi, se non identici, quantomeno paragonabili a quelli tedeschi.

L’Europa – o per meglio dire parte di essa – fatica infatti a racimolare gli Mbt da inviare in Ucraina, quindi si sta palesando un ritardo nelle consegne che ci sarebbe anche se non ci fossero problemi di addestramento e di moltiplicazione della linea carri dell’esercito ucraino, questione affatto secondaria per il personale addetto alla manutenzione.

Il New York Times, in un articolo recentemente pubblicato, ha definito – un po’ impietosamente – il flusso di carri europei come “un rivolo”, ma il quotidiano statunitense non ha tutti i torti.

Il Nyt riferisce che alcuni Paesi hanno scoperto che i carri armati in proprio possesso in realtà non funzionano o mancano di pezzi di ricambio. I leader politici hanno quindi incontrato una resistenza imprevista all’interno delle loro stesse coalizioni e persino dei loro ministeri della Difesa e alcuni eserciti hanno dovuto richiamare gli addestratori dalla pensione per insegnare ai soldati ucraini come usare gli Mbt vecchio modello.

Anche la Spagna, ad esempio, che si è detta disposta a fornire Mbt tipo Leopard 2A4 all’Ucraina, si è resa conto che i propri mezzi necessitano di manutenzione straordinaria, per non parlare poi di quelle nazioni che nei depositi hanno ancora il modello precedente, il Leopard 1.

Il problema è di lunga data, tanto da essere diventato strutturale per tutti gli eserciti europei con pochissime eccezioni, tra di esse la Polonia, la Svezia e la Finlandia che però hanno “tradizioni” e storie diverse rispetto agli altri Paesi del Vecchio continente.

La fine della Guerra fredda, infatti, e la nascita di un mondo “unipolare” (che è stato di breve durata), ha illuso l’Europa che l’”hard power” fosse obsoleto, pertanto non era più necessario mantenere un esercito convenzionale “di livello” con un adeguato (ed efficiente) numero di forze corazzate e meccanizzate.

La quantità di Mbt prodotti in Europa è scesa a cominciare dalla metà degli anni ’90 e, nonostante Paesi come la Germania abbiano fabbricato un numero notevole di nuovi tank (proprio le ultime versioni di Leopard 2), esso non è paragonabile a quello del periodo della contrapposizione in blocchi, quando il warfighting era in cima all’attività addestrativa degli eserciti della Nato.

Riassumendo, credendo che la guerra terrestre su larga scala fosse una cosa del passato e crogiolandosi nel disgelo della Guerra fredda, le nazioni europee hanno sotto finanziato la Difesa cronicamente, e a queste latitudini lo sappiamo bene: in Italia, nonostante gli eventi bellici, si fa ancora fatica a stanziare finanziamenti per avvicinarsi a quel 2% del Pil per la Difesa stabilito al vertice Nato in Galles nel 2014.

Quando la Russia ha lanciato la prima guerra di conquista nel continente europeo dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’Europa si è destata bruscamente da un sogno e si è scoperta tristemente impreparata.

Eppure di segnali premonitori ce ne sono stati: senza considerare il vertice di Monaco del 2007 in cui il presidente russo Vladimir Putin per la prima volta ha evidenziato la frattura con l’Occidente, reo, secondo il Cremlino, di minacciare la Russia attraverso l’espansione dell’Alleanza Atlantica (e dell’Unione europea) verso est, la breve guerra in Georgia nel 2008 avrebbe dovuto destare un primo sonoro allarme nelle cancellerie europee. Invece abbiamo dovuto attendere il colpo di mano russo in Crimea e la destabilizzazione del Donbass ucraino nel 2014 per vedere un primo effettivo allarme in seno alla Nato, peraltro poco o nulla recepito al di qua dell’Oceano Atlantico fatto salvo per i soliti britannici e alcuni tra i Paesi più orientali dell’Alleanza, che da sempre hanno dimostrato di avere sentimenti russofobi, peraltro giustificati (e giustificabili) sia dalla loro storia sia dagli eventi del tempo e correnti.

Così mentre a Mosca si varavano piani di produzione bellica (peraltro azzoppati dalle sanzioni post annessione della Crimea) e mentre a Washington si provvedeva malvolentieri al sostegno militare dell’Europa (con la European Deterrence Initative voluta da Obama) in quanto ci si stava concentrando su una minaccia emergente (la Cina), da queste parti si continuava generalmente a sonnecchiare nell’errata convinzione che una guerra convenzionale fosse un orizzonte molto lontano, in altri scacchieri globali (quello orientale) e perfino irrealizzabile nel Vecchio continente. Il 24 febbraio 2022 Mosca ha dimostrato che si stavano sbagliando.

La fornitura di armamenti all’Ucraina ha rivelato una realtà ironicamente amara: i depositi europei non possono sostenere Kiev come vorrebbe senza intaccare la capacità di deterrenza degli eserciti. Ecco perché, oltre alla questione della scarsa manutenzione generata da anni di sottofinanziamenti, si fatica a inviare Mbt all’Ucraina: la Germania ha offerto 18 Leopard 2 e la Polonia altri 14, il Regno Unito 14 Challenger 2, i Paesi nordici come la Svezia, che da tempo spingevano per le consegne di questi tank (ma ne offrivano solo “fino a 10”), ora stanno frenando essendo alle prese con le preoccupazioni dei militari che non vogliono sguarnire le proprie fila senza che ci siano nuovi mezzi in arrivo. Mezzi che, come abbiamo già ampiamente discusso, faticano ad arrivare: l’industria bellica europea in questo momento non può garantire un’elevata produzione di Mbt (e non solo) e allora chi ha fretta di armarsi si affida altrove.

La Polonia (membro della Nato e dell’Ue), si è rivolta al mercato statunitense e sudcoreano: in arrivo, giusto per fare un esempio, gli Mbt K2 fabbricati dalla Hyundai e altri M1 Abrams statunitensi. Anche Varsavia però, come altri, non è molto propensa a cedere i suoi carri più moderni (ancora i Leopard 2) e ne invierà solo 14 (di 200 presenti negli arsenali polacchi), optando per continuare spedire all’esercito ucraino i suoi più vetusti T-72 e PT-91 ereditati dai tempi in cui faceva parte del Patto di Varsavia.

L’unica soluzione per continuare a sostenere l’Ucraina nel suo sforzo bellico e non intaccare la capacità di deterrenza europea è quella di avviare nuove produzioni – che richiedono comunque tempo -, ma per farlo servono ordini e quindi soldi: qualcuno ha recepito questo messaggio, qualcun altro fa ancora fatica a recepirlo.

A ben vedere servirebbero più investimenti (e produzioni) in ogni caso, anche se l’Europa non stesse sostenendo militarmente Kiev.  PAOLO MAURI

Le casse di Kyjiv. Lo stato dell’economia ucraina dopo un anno di guerra. Andrea Galliano su L’Inkiesta il 3 Marzo 2023.

L’ultimo report della Banca mondiale ha stimato in 252 miliardi le perdite totali per la chiusura delle attività commerciali. Ma la comunità internazionale, dagli Usa all’Europa, sostiene Kyiv con pacchetti di aiuti consistenti

Tratto da Morning Future

L’inflazione al 26 per cento, i tassi d’interesse al 25 e il crollo di un terzo del PIL. Ecco la fotografia dell’economia ucraina dopo un anno dall’inizio del conflitto, mostrata dai dati del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Ucraina.

Il Prodotto Interno Lordo di Kyiv negli anni precedenti viaggiava sopra il 3 per cento, senza contare il 2020 falsato dalla pandemia. L’aumento dei prezzi al consumo in dodici mesi è più che raddoppiato. Inoltre, il 24 gennaio la Kyiv School of Economics ha quantificato in 138 miliardi i danni subiti dalle infrastrutture, con gli edifici residenziali danneggiati o distrutti che ammontano a 149.300. L’ultimo report della Banca mondiale ha stimato in 252 miliardi le perdite totali per la chiusura delle attività commerciali.

A fronte di tutto ciò e per evitare che – una volta finita dalla guerra – non sia l’economia a dare il colpo di grazia agli ucraini, sono stati previsti diversi aiuti finanziari. Con l’obiettivo di schivare il default, i creditori internazionali hanno congelato fino al termine del 2023 il pagamento di 20 miliardi di dollari di obbligazioni. Il debito pubblico per il momento è salvo.

Gli aiuti finanziari internazionali

Lo scorso 19 dicembre il Fondo Monetario Internazionale ha approvato il “Program Monitoring with Board involvement”, un progetto di quattro mesi per mantenere la stabilità economica nel Paese e attrarre donazioni.

Dopo aver erogato 13 miliardi di dollari nel 2022, l’amministrazione americana guidata da Joe Biden intende continuare il proprio supporto offrendone altri 14,5. Ma gli aiuti non sono previsti solo da Washington.

Tre miliardi sono arrivati a Kyiv il 17 gennaio come prima tranche, a copertura dei mesi di gennaio e febbraio, di un pacchetto da 18 miliardi che l’Unione Europea invierà all’Ucraina distribuendolo per tutto il 2023. Lo scopo è soddisfare il fabbisogno finanziario del Paese sotto attacco. Nello specifico servirà a pagare gli stipendi e le pensioni, a garantire i servizi pubblici essenziali (come ospedali e scuole) e a riparare le infrastrutture critiche danneggiate.

Tra le richieste avanzate da Bruxelles a Kyiv per ricevere le successive rate mensili da un miliardo e mezzo, c’è l’approvazione di riforme per rafforzare lo Stato di diritto e la lotta alle frodi e alla corruzione. L’obiettivo ultimo è sostenere il Paese guidato da Volodymyr Zelensky nel percorso verso l’integrazione europea. Questo strumento di assistenza macrofinanziaria è un prestito che l’Ucraina ripagherà in 35 anni a partire dal 2033. Gli Stati membri dell’UE si occuperanno di coprire il costo degli interessi. Il pacchetto era stato approvato dal Consiglio il 14 dicembre, dopo la proposta della Commissione dello scorso 9 novembre.

Non si sono mosse solo le istituzioni dell’Unione Europea. Dopo la conferenza di Parigi del 13 dicembre 2022, intitolata “Solidali con il popolo ucraino” e organizzata dal presidente francese Emmanuel Macron, è stata decisa l’erogazione di 1 miliardo di euro da parte di 47 Paesi, con lo scopo di aiutare il popolo ucraino a superare l’inverno. In particolare, 415 milioni saranno destinati al settore energetico, 38 all’alimentazione, 25 all’acqua, 22 ai trasporti, 17 alla salute e il resto da stabilire in base alle necessità. Volodymyr Zelensky aveva chiesto almeno 800 milioni per far fronte al blackout e al terrore energetico causati dai bombardamenti: il risultato ha superato la richiesta.

L’appuntamento nella capitale francese ha fatto seguito alle conferenze di Lugano, Varsavia e Berlino dei mesi precedenti ed è stato reso necessario dal cambio di strategia della Russia, che sta cercando di indebolire la resistenza ucraina colpendo le infrastrutture civili.

Articolo di “The Economist” – dalla rassegna stampa estera di “Epr comunicazione” il 3 marzo 2023.

Durante la seconda guerra mondiale, le forze armate tedesche hanno distrutto i carri armati sovietici a un ritmo fenomenale. Ma anche se l'Armata Rossa perse 80.000 carri armati, la potenza industriale dell'Unione Sovietica le permise di terminare la guerra con più carri armati di quanti ne avesse all'inizio del conflitto.

 Oggi i carri armati sono molto più sofisticati e costosi e vengono quindi impiegati in numero molto inferiore. Tuttavia, nella guerra con l'Ucraina la Russia, come l'Unione Sovietica, ha perso un numero enorme di carri armati. L'Ucraina sostiene di averne distrutti più di 3.250.

Oryx, un blog di intelligence open-source, ha documentato 1.700 perdite. L'Istituto internazionale per gli studi strategici, un think tank, sostiene che circa la metà della dotazione russa di t-72 di prima della guerra, che contava circa 2.000 esemplari e costituiva il grosso della sua forza di carri armati, è stata distrutta.

 I carri armati della Russia non sono riusciti a darle un vantaggio in Ucraina e le sue forze faranno fatica a portare avanti un'altra grande offensiva senza un sufficiente supporto corazzato. Nelle ultime settimane l'Ucraina si è assicurata carri armati dai suoi alleati occidentali, che probabilmente utilizzerà in una controffensiva di primavera. La Russia dovrà rafforzare la propria flotta se spera di mantenere il territorio conquistato. Riuscirà a sostituire i carri armati persi questa volta?

 Negli anni '40 le fabbriche sovietiche potevano produrre più di 1.000 carri armati al mese. Agli impianti che producevano trattori e motori ferroviari fu detto di costruire carri armati. Oggi è più difficile aumentare la produzione. L'elettronica dei carri armati moderni - per la visione notturna, il puntamento delle armi e una serie di altre funzioni - è molto sofisticata. Ciò rende la produzione più lenta e significa che molte fabbriche progettate per altri tipi di produzione non possono facilmente produrre carri armati.

In Russia è rimasta solo una fabbrica di carri armati: UralVagonZavod, un enorme complesso costruito negli anni Trenta. Ma la cattiva gestione finanziaria e gli enormi debiti hanno rallentato la modernizzazione. Gli operai scherzano dicendo che assemblano i carri armati a mano. Novaya Gazeta, un quotidiano russo liberale, riferisce che l'impianto ne produce appena 20 al mese. Un funzionario occidentale ha dichiarato a The Economist che, in totale, la domanda di carri armati da parte delle forze armate russe supera di dieci volte la produzione.

 Nel tentativo di soddisfare la domanda, la Russia ha aumentato il ritmo di ripristino dei vecchi carri armati, di cui ha migliaia in deposito. In Ucraina i moderni carri armati russi, come i t-90, combattono ora accanto a un gran numero di t-72b3, costruiti decenni fa ma aggiornati con cannoni, corazze reattive (che riducono la possibilità che un colpo penetri nel veicolo) e comunicazioni digitali.

Anche con questi miglioramenti, i carri armati più vecchi sono inferiori ai nuovi modelli e hanno meno probabilità di sopravvivere a un colpo delle forze ucraine, ma sono ancora utili. Secondo i media russi, UralVagonZavod ricostruisce circa otto carri armati al mese e altri tre impianti di riparazione di veicoli blindati ne riparano circa 17 ciascuno. Altri due impianti di dimensioni simili dovrebbero entrare in funzione nei prossimi mesi.

 Ciò significa che, sebbene la Russia sia in grado di costruire solo 20 nuovi carri armati al mese, potrebbe presto essere in grado di recuperarne circa 90 al mese dai suoi depositi. Ma questo non basterebbe a compensare le 150 unità che si stima perdano ogni mese, secondo l'analisi di Oryx. Inoltre, la produzione potrebbe essere ostacolata dalla carenza di componenti.

I semiconduttori, i chip per computer che controllano i moderni carri armati, sono particolarmente scarsi. La Commissione europea sostiene che la Russia stia utilizzando nell'hardware militare chip provenienti da lavastoviglie e frigoriferi importati. Alcuni carri armati recentemente ristrutturati in Ucraina contengono un guazzabuglio di hardware di modelli diversi e mancano di attrezzature ad alta tecnologia, come i sensori di velocità del vento, che consentono di sparare con precisione.

La Russia non è sola in questi problemi. Anche l'Ucraina e i suoi alleati non hanno la capacità di produrre carri armati in tempi rapidi. L'unica fabbrica di carri armati dell'Ucraina, vicino a Kharkiv, è stata distrutta all'inizio della guerra. L'America, che ha promesso di inviare 31 carri armati M1A2 Abrams all'Ucraina, ha una sola fabbrica, con una capacità di produrre 15 carri armati al mese.

La produzione in altre parti dell'Occidente è altrettanto lenta, il che ha portato a una corsa alla ricerca di vecchi carri armati da donare. Ma in generale, le forze che attaccano usano più carri armati dei difensori. Con l'avanzare del conflitto, è probabile che la Russia veda la sua flotta ridursi costantemente sia in termini di quantità che di qualità. Questa volta, la produzione potrebbe non salvarla.

 (ANSA il 4 marzo 2023) - Sono oltre 200.000 i soldati russi morti o feriti dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio 2022: lo ha detto il Comandante supremo delle forze alleate della Nato in Europa, il generale statunitense Christopher Cavoli, definendo "incredibile" la portata della guerra. Lo riporta il settimanale tedesco Der Spiegel.

Finora, oltre 1.800 ufficiali russi sono stati uccisi o feriti e Mosca ha perso più di 2.000 carri armati, ha aggiunto Cavoli, sottolineando che l'esercito russo spara più di 23.000 proiettili di artiglieria al giorno. Secondo Kiev, dall'inizio della guerra la Russia ha perso 152.190 soldati, di cui 820 ieri.

Guerra in Ucraina, “centinaia di migliaia di morti”. Il bollettino che inguaia la Russia Il Tempo il 04 marzo 2023

Un bollettino da incubo. Il comandante supremo alleato della Nato in Europa, il generale dell’esercito americano Christopher Cavoli, ha dichiarato che la Russia ha perso più di 200.000 soldati dall’inizio della sua invasione in Ucraina il 24 febbraio 2022, descrivendo la portata della guerra come «incredibile». Il generale ha aggiunto che oltre 1.800 ufficiali russi sono stati uccisi o feriti, dati rivelati nel colloqui con la rivista tedesca Der Spiegel. Cavoli ha anche detto che la Russia ha perso «molto più» di 2.000 grandi carri armati e che il suo esercito spara una media di 23.000 proiettili di artiglieria al giorno. 

Il ministero della Difesa del Regno Unito aveva già diffuso una stima secondo la quale l’esercito russo e i gruppi mercenari hanno probabilmente perso tra 175.000 e 200.000 persone in Ucraina, con un picco massimo di 60.000 uccisi. Secondo un rapporto, i prigionieri reclutati dal gruppo mercenario privato Wagner, sostenuto dal Cremlino, hanno subito un tasso di vittime fino al 50%. Un fallimento rispetto all’operazione lampo che si prospettava nel febbraio 2022 per gli uomini di Vladimir Putin.

I Pacifondai.

Il Bestiario, il Parrocchino. Giovanni Zola il 2 Marzo 2023 su Il Giornale.

Il Parrocchino è un leggendario animale che sta chiuso in sacrestia e quando esce sventola le bandiere arcobaleno della pace

Il Parrocchino è un leggendario animale che sta chiuso in sacrestia e quando esce sventola le bandiere arcobaleno della pace.

Il Parrocchino è un essere mitologico che, come suggerisce il nome, un po’ è parroco e un po’ è chino. All’origine questo essere era un punto di riferimento per i parrocchiani che si riunivano intorno al campanile della chiesa del paese per trovare conforto nelle parole e nelle opere del Parrocchino. Si narra che a quei tempi il popolo entrasse addirittura in chiesa. La grande forza di questa creatura leggendaria era che, amando l’incontro fatto con Gesù Cristo, proponeva una parola diversa da quella della falsa speranza mondana mettendo al centro Cristo stesso.

Nel corso dei secoli però il Parrocchino, dovendo andare contro corrente e non ottenendo sempre il successo sperato, perse entusiasmo e sostituì Cristo con i “valori” fino a quando, col passare del tempo, oltre a dimenticarsi del motivo per cui era diventato prete cominciò a vergognarsi proprio di Cristo. Non avendo più niente da dire il Parrocchino si trovò a inchinarsi al pensiero più in voga del momento perdendo il senso vero della vita, sua e dei parrocchiani.

Venendo ai giorni nostri il Parrocchino si è ridotto a un buon uomo costretto a qualche restrizione in più rispetto ai comuni mortali (infatti il sinodo tedesco sta proprio lavorando sull’eliminazione delle ormai inutili restrizioni). Per questo, cioè in quanto uomo di buona volontà che però non è la sua, il Parrocchino organizza manifestazioni inclusive a favore della sacro santa pace nel mondo munendosi di bandierine arcobaleno da agitare durante la marcia in silenzio e con il divieto di esibire qualsiasi segno di appartenenza alla Chiesa. Putin, secondo fonti dei servizi segreti, se la sta già facendo addosso. Inoltre non si capisce che differenza ci possa essere tra una marcia pacifista indetta dal Parrocchino e una iniziativa organizzata da schleineriani accompagnati da attivisti LGBTQYZ mezzi nudi e al ritmo di musica da rave party. Anzi, una differenza ci sarebbe perché nel secondo caso, se non altro, ci si potrebbe divertire di più.

Alcuni esperti studiosi sottolineano che anche la preghiera non basta a fermare la guerra. Il problema è che la guerra si potrebbe fermare solo grazie alla conversione. Per questo la preghiera, al contrario della manifestazione con la bandierina buona sola a lavarsi la coscienza, ha il potere di convertire il singolo, il che sarebbe già un grande cambiamento per il mondo.

I disarmisti. I nostri cremlinofili si lamentano di essere chiamati putiniani, ma sarebbe un’attenuante. Francesco Cundari su L’Inkiesta il 24 Marzo 2023

Se davvero stiamo con Kyjiv, l’unica cosa che non possiamo fare è respingere la richiesta di aiuto degli ucraini, sostenendo al tempo stesso che lo facciamo per il loro bene

Ogni giorno decine di commentatori ripetono le tesi della propaganda russa, anche le più assurde e autocontraddittorie, da tutti i principali quotidiani e talk show del Paese, lamentando nel contempo le continue angherie cui sarebbero sottoposti dalla dittatura del pensiero unico. Non è una novità, intendiamoci. Mi è capitato di notarlo ben prima della guerra in Ucraina: in Italia gli anticonformisti sono sempre una maggioranza schiacciante.

Al consueto miscuglio di arroganza e vittimismo si aggiunge però in questo caso una contraddizione ulteriore, tipica di questa specifica categoria di opinionisti. Parlo di quel variegato universo di giornalisti, politici e intellettuali che sarebbe improprio definire pacifisti, sia perché ci sono tra loro fior di guerrafondai, sia perché chiedere di disarmare gli aggrediti è l’idea di pace tipica di tutti gli imperialisti del mondo, almeno dai tempi dell’impero persiano. Motivo per cui li chiamerei piuttosto disarmisti, o semplicemente cremlinofili.

Ebbene, questo nutrito esercito di opinionisti passa le giornate in tv e sulla stampa a spiegarci in modi complicati e fumosi perché, per ottenere la pace, stringi stringi, bisogna fermare gli ucraini, fermare coloro che li aiutano e li sostengono, fermare gli Stati Uniti, fermare la Nato, fermare tutti meno che i russi. Quando però qualcuno si permette di osservare che usano proprio gli stessi argomenti della propaganda putiniana, curiosamente, se la prendono moltissimo, s’indignano e reagiscono come se la qualifica di putiniani fosse per loro un insulto. Mentre con ogni evidenza, dato quel che sostengono, sarebbe semmai un’attenuante.

Se infatti si dichiarassero convinti del fatto che Vladimir Putin abbia pienamente ragione, almeno la logica del loro discorso sarebbe salva. Resterebbe ovviamente un cumulo di balle, ma sarebbe almeno un cumulo di balle che rispetta il nesso di causa-effetto.

La contraddizione più insopportabile del fronte disarmista è invece la pretesa di respingere la richiesta di aiuto degli ucraini, sostenendo però che lo facciamo per il loro bene. È questo il punto, ricorrente soprattutto nella propaganda grillina, come sempre la più sfacciata di tutte, che trasforma la discussione in una barzelletta di cattivo gusto. Se si dicessero apertamente putiniani, si potrebbe almeno concedere loro la buona fede. Se davvero fossero convinti che sono gli ucraini ad avere aggredito i russi, si potrebbe dubitare della loro cognizione dello spazio e del tempo, eppure bisognerebbe anche riconoscere la consequenzialità del loro discorso.

Ma se nemmeno loro sono disposti a credere davvero che sia l’Ucraina ad avere scatenato la guerra contro la Russia (come ha detto Sergej Lavrov), o che i bambini ucraini siano stati deportati in Russia per metterli al sicuro dalle atrocità dell’esercito ucraino (dichiarazione dell’ambasciata russa in Italia, giuro: «La Russia ha dato rifugio ai bambini costretti a fuggire con le loro famiglie dai bombardamenti e dalle atrocità dell’esercito ucraino»), o che Putin è dovuto intervenire per fermare un genocidio in atto nel Donbas e tutto il resto del delirante repertorio, come possono giustificare la proposta di negare agli aggrediti persino gli strumenti per difendersi da soli? E con che coraggio si può continuare a dire che dobbiamo rifiutarci di aiutarli, ma nel loro interesse, sostenendo al tempo stesso di stare dalla loro parte, di fare il tifo per loro, di augurare loro ogni bene?

E tu pensa che avremmo fatto se li avessimo odiati.

Rischio guerra per l'Italia, Rampini a valanga. E stronca Conte. Giada Oricchio su Il Tempo il 22 marzo 2023

La Camera ha approvato la risoluzione di maggioranza relativa alle comunicazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul Consiglio europeo in programma domani e dopodomani a Bruxelles. In Aula il confronto tra governo e opposizioni è stato acceso, in particolare sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il leader del M5s Giuseppe Conte ha accusato la premier: “Ci state trascinando di gran carriera in guerra. È vero ci mette la faccia, ma è una faccia di bronzo. Le armi che inviamo sono sempre più pesanti. Si ragiona di ammassare centinaia di migliaia di soldati Nato al confine. Lei sta portando l'Italia in guerra con un piglio coraggioso”.

Affermazioni destituite di ogni fondamento secondo Federico Rampini, inviato del Corriere della Sera. In collegamento con la trasmissione di LA7 Tagadà, mercoledì 22 marzo, il politologo ha liquidato come “fantasiose” le frasi di Conte: “È una forzatura dire che l’Italia è in guerra. Noi c’entriamo pochissimo. Anche dal punto di vista economico il nostro apporto all’Ucraina è pressoché invisibile. Faccio un esempio: l’America dall’inizio della guerra ha speso lo 0,2% del suo Pil in armi e aiuti all’Ucraina. E fa un multiplo degli europei. La verità è che quello che l’Italia ha speso per la guerra, lo ha speso per sé stessa cioè gli aiuti alle famiglie italiane e alle imprese per attutire l’impatto del caro bollette. È questa l’unica vera spesa sostanziale”.

Secondo Rampini, l’Italia ha speso per proteggersi dalle conseguenze dirette e indirette dell’invasione: “Per descriverci come un Paese in guerra ci vuole molta, molta immaginazione”.

La mozione del Carroccio poi ritirata. Armi a Kiev, la Lega si scaglia contro Meloni. Claudia Fusani su Il Riformista il 22 Marzo 2023

La premier si lamenta di “mezzo Parlamento che manda il governo al Consiglio europeo accusandolo di strage a Cutro”. Ma sbaglia il focus. Due volte: la prima perché le opposizioni sono cosi divise su tutto da presentare e votare quattro diverse mozioni, Pd, 5 Stelle, Terzo Polo, Sinistra; la seconda volta perché il vero problema di Meloni è presentarsi al Consiglio europeo di giovedì e venerdì con la sua stessa maggioranza spaccata come una mela. Una parte ha fatto outing ieri, senza e senza ma, direttamente in aula nella persona del capogruppo Massimiliano Romeo che nella dichiarazione di voto finale ha attaccato il governo sulla politica estera e nello specifico sull’Ucraina. “Contiamo su di lei Presidente Meloni perché insista sulla strada del dialogo”.

Un “saggio consiglio – ha proseguito – è quello di evitare escalation”. Guai, ha aggiunto, “alla dolce tirannia del pensiero unico”. Quindi, “nel comunicare il voto favorevole alla risoluzione della maggioranza, esprimiamo forte preoccupazione per come stanno andando le cose sul fronte della guerra russo-ucraina. L’obiettivo della cessazione delle ostilità sembra più una dichiarazione di principio. Il problema non è il sostegno militare, ma una corsa ad armamenti sempre più potenti con il rischio di un incidente da cui non si possa tornare indietro”. Una vera e propria escalation di dichiarazioni “pacifiste” che spiazza la premier e la lascia “sola” nei banchi del governo del Senato senza neppure un rappresentante della Lega. Il sottosegretario Ostellari arriverà una volta che Romeo ha concluso l’intervento. Neppure l’ombra di un ministro. A cominciare da Salvini alle prese con ponti, infrastrutture e crisi idrica.

Alla viglia della riunione del Consiglio europeo di giovedì e venerdì Giorgia Meloni si ritrova così indebolita ma non dalle opposizioni. Bensì dal suo principale alleato. E questo non è un bel viatico per una riunione, a Bruxelles da cui palazzo Chigi si aspetta molto soprattutto sul dossier immigrazione. Giallo Lega, dunque. Ci vuole poco per capire che il problema è ben oltre le parole. La verità è che la Lega aveva scritto una diversa risoluzione. Tanto che su quella poi messa in votazione c’è “solo” la firma di Gian Marco Centinaio, il vicepresidente della Camera, fedelissimo di Salvini, ma non quella del capogruppo Romeo. Che ne aveva presentata un’altra. Un testo assai diverso di cui Il Riformista è entrato in possesso. Diverso sia per quella che riguarda l’impegno militare in Ucraina. Che sui dossier economici, patto di stabilità e transizione green.

Nella bozza della Lega, ad esempio, per limitarsi ai 12 punti a cui si vuole impegnare l’azione del governo, la bozza leghista parla di “favorire ogni iniziativa finalizzata alla cessazione immediata dei combattimenti” mentre quella di maggioranza votata in aula parla, in modo assai più blando, di “risoluzione del conflitto nel rispetto del diritto internazionale lavorando con la comunità internazionale nel quadro delle Nazioni Unite”. Romeo parla di “pianificare specifiche iniziative per la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina” perché ci mancherebbe solo che la ricostruzione toccasse, un domani, alla Cina e sarebbe il colmo. La risoluzione della maggioranza mette al primo posto il “continuare a far fronte alle immediate esigenze per la resilienza dell’Ucraina insieme agli altri Stati membri”. Nel testo della maggioranza si fa specifico riferimento a “Georgia e Moldavia per garantire loro l’ingresso nell’Unione”. La Lega non fa alcuna menzione dei due paesi che più di tutti nell’immediato rischiano/temono l’invasione dei carri russi.

Fin qui la parte “guerra”. Le differenze sono altrettanto sostanziali nella parte economica della risoluzione. Il punto 10, ad esempio, è stato totalmente riscritto. Si legge nella bozza leghista: “Nelle more di una riforma del patto di Stabilità che consenta di poter affrontare la transizione nel 2024 in maniera realistica e con obiettivi raggiungibili, il governo dovrà prevedere che le future regole fiscali promuovano gli investimenti in tutti i settori strategici, ambiente, digitalizzazione, difesa e natalità”. Sono dodici punti per cui si chiede al governo un “impegno specifico”. E in quasi tutti la Lega ha chiesto modifiche che non sono state accolte o solo in minima parte (come il passaggio “aumentare e garantire rimpatri efficaci” presente anche nel testo finale della risoluzione). Il dissenso quindi era non solo noto. Anzi, era scritto. In nome dell’unità di governo, è stato una volta di più messo da parte.

Tanto che, nei banchi della Lega, quando Centinaio e Romeo ieri era al Senato preparavano i rispettivi interventi – Centinaio nella discussione generale, Romeo nelle dichiarazioni di voto finali – si suggeriva loro in amicizia di preparare un testo scritto. Così da “evitare fraintendimenti” che su questi temi sono sempre in agguato. Centinaio l’ha fatto e ha detto quanto previsto. Quando ha preso la parola Romeo, i primi a tirarsi i pizzicotti sono stati gli stessi leghisti. “Constatiamo purtroppo che negli ultimi tre mesi ben poco è stato fatto specie sul cessate il fuoco e sulla tregua. Quindi, contiamo su di lei Presidente Meloni. La gente dice che lei è una tosta, spero non solo perché è andata al congresso della Cgil”. Romeo peggio di Patuanelli o Licheri, i pasdaran pacifisti di Conte. Giorgia Meloni non se lo aspettava. “Conta il voto e la Lega ha votato compatta” ha commentato il ministro per i Rapporti col parlamento Luca Ciriani. Ma è chiaro che non basta più il voto.

Claudia Fusani. Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.

Loro di Mosca. L’antioccidentalismo di Salvini e Conte e il ritorno dei gialloverdi. Mario Lavia su L’Inkiesta il 23 Marzo 2023

Su sponde opposte, i leader di Lega e Movimento 5 stelle tentano di boicottare l’invio di armi all’Ucraina per recuperare qualche voto a danno di Meloni e Schlein, nella speranza di non crollare nei sondaggi

Se oggi ci fosse ancora il Conte uno l’Italia non manderebbe le armi all’Ucraina e dunque si collocherebbe contro l’Alleanza atlantica, cioè fuori dal novero dei Paesi civili e democratici. Meno sicuro, ma non impossibile, che ciò avverrebbe anche con il Conte 2: è meno probabile perché lì c’era un Partito democratico che pur con tutti i mal di pancia sostiene l’invio di armi a Kyjiv. 

Comunque sia, in questi giorni l’intesa giallo-verde si sta rinsaldando attorno alla questione principale dell’agenda mondiale grazie alla dichiarata opposizione al sostegno armato all’Ucraina da parte del Movimento 5 stelle e all’evidente insofferenza della Lega nel confermarlo. 

Poi è ovvio che alla fine i leghisti votino le risoluzioni del governo, mica siamo al tempo del Papeete, e però la differenza tra Lega e Fratelli d’Italia sul punto è risultata chiarissima dai discorsi parlamentari dei salviniani che come ha sconsolatamente osservato Claudio Borghi «purtroppo loro hanno molti più voti di noi». 

La guerra di Mosca c’entra relativamente. Il fatto è che su questa questione Giuseppe Conte e Matteo Salvini tentano di fare concorrenza (sleale) alle due leader del momento, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, che a stare ai risultati elettorali nel primo caso e ai sondaggi nel secondo gli stanno mangiando i consensi. 

Si tratta di concorrenza sleale – ma qui non servono tante spiegazioni – perché è molto facile fare i pacifisti sulla pelle di un popolo che sopravvive con tutte le sue forze a una aggressione vigliacca e forsennata facendo credere che chi è a fianco della Resistenza sia un guerrafondaio. È la litania di Giuseppe Conte che, scippato delle proposte sociali e totalmente assente su quello dei diritti civili sui quali Schlein domina la scena, prova a presidiare l’area pacifista e a cavalcare le pulsioni antioccidentali se non dichiaratamente filoputiniane cercando per questa via di risalire la china. 

Speculare è la situazione di Salvini, ormai chiaramente escluso dalla direzione reale del governo che è tutta in mano alla presidente del Consiglio e ai suoi uomini – di fatto, siamo davanti a un monocolore di Fratelli d’Italia – e non basta certo la propaganda sul ponte di Messina a farne un protagonista di questa stagione: ecco perché egli ha bisogno di uno spazio vitale come il “pacifismo” che nel cuore della Lega ben si mescola al tradizionale filoputinismo dell’epoca dei Gianluca Savoini e degli incontri nella hall dell’hotel Metropol di Mosca, luogo prediletto per faccendieri di ogni risma. 

Più in generale va notato che di fronte alla guerra di Putin si sta nuovamente disegnando uno spartiacque tra politica e antipolitica, tra ragione e demagogia, tra responsabilità e populismo, per cui da una parte – pur con tutte le contraddizioni – resiste un asse FdI-Pd-Terzo Polo che continua a difendere la lotta di un popolo oppresso e le ragioni dell’Occidente democratico e dall’altra una piccola intesa gialloverde che innaffia il terreno del populismo e del pacifismo più o meno in buonafede, tornando a saldare quell’alleanza che a suo tempo Steve Bannon definiva come «avamposto della rivoluzione sovranista» (quando anche il partitino di Giorgia Meloni, erede del Movimento sociale italiano, ne faceva parte). 

Da allora i processi politici hanno spinto Salvini ancora più a destra e Conte verso una sua “sinistra” modellata sui canoni della demagogia e addirittura del clientelismo, e dunque i gemelli del populismo si sono allontanati, ma oggi c’è da chiedersi se questa oggettiva convergenza sul tema dei temi – la guerra –  non preluda a una contemporanea ribellione di contiani e salviniani nei confronti delle due leadership che contano, quelle di Schlein e Meloni. A occhio e croce, visti i personaggi, è prevedibile un duplice fallimento.

Nemici miei. Tre anni fa Conte fece sfilare l’esercito russo in Italia, ovvio che oggi non voglia aiutare l’Ucraina. Christian Rocca su L’Inkiesta il 23 Marzo 2023

Era il 23 marzo 2020 quando ventidue mezzi militari di Mosca con a bordo oltre cento uomini risalirono l’Italia rinchiusa in casa dal lockdown. Una delle pagine più imbarazzanti e tragicomiche della nostra storia, che spiega però perché i volenterosi complici di Putin ancora adesso si battano per la resa di Kyjiv e non chiedano mai al Cremlino di fare l’unica cosa che fermerebbe la guerra: lasciare in pace gli ucraini e tornarsene a casa

Mentre i suprematisti russi continuano a bombardare indiscriminatamente le città e i civili ucraini nel tentativo genocida di spezzare la resistenza di un favoloso e coraggioso popolo che lotta ogni giorno per la sopravvivenza fisica e culturale della propria comunità, l’oscena Bieloitalia che va in onda a reti unificate tutte le sere in tv dimentica stranamente di celebrare il terzo anniversario della pagina più umiliante della nostra storia repubblicana recente.

Una pagina surreale, da commedia all’italiana, con protagonisti grotteschi tipo ”Amici miei”, se non fosse per ciò che è successo dopo, ovvero la guerra all’Ucraina e all’Europa scatenata da Vladimir Putin.

Il 23 marzo del 2020, su iniziativa di Giuseppe Conte e di Putin – il bellimbusto di Volturara Appula e il criminale di guerra dell’Aja – allo stesso esercito russo che dal 2022 bombarda ogni giorno gli ucraini è stato consentito di sfilare lungo l’Autostrada del Sole con tanto di bandiere e di coccarde, da sud a nord, mentre l’Italia era rinchiusa in casa dal lockdown, realizzando la più tragicomica sceneggiata geopolitica mai progettata da una mente umana.

Esattamente tre anni fa, una colonna di ventidue veicoli militari russi con a bordo oltre cento addetti dell’esercito e dei servizi segreti di Mosca, di cui solo una trentina medici e infermieri, ha solcato per la prima volta dal secondo dopoguerra il territorio di un paese Nato, dopo essere sbarcata a Pratica di Mare dove era stata accolta dai grillini Luigi Di Maio e Marcello Minenna, ma fortunatamente affiancati dal capo di stato maggiore dell’esercito italiano che riuscì a limitare l’azione di intelligence dell’esercito russo che Gius aveva concesso a Vlad nel corso di una telefonata imbarazzante che resterà nella storia raccapricciante del nostro paese.

Putin era un criminale di guerra già allora, decorato sul campo di battaglia ceceno, siriano, georgiano, ucraino e anche sul fronte interno russo con omicidi mirati di oppositori politici, di dissidenti e di giornalisti e con una strategia stragista da Mosca e a Beslan.

Nonostante ciò, o forse proprio grazie a cotanto curriculum, il duce del Cremlino è stato il beniamino del primo governo Conte, il leader amato da Matteo Salvini, l’alleato formale della Lega, il condottiero ammirato dai Cinquestelle più fessi e anche l’amico carissimo di Silvio Berlusconi, oltre che un riferimento culturale per l’allora oppositrice Giorgia Meloni (la Meloni di governo invece sa come comportarsi, almeno per ora).

Lo sbarco in Italia dell’esercito russo è stata un’operazione di tentato spionaggio e di realizzata propaganda mascherata da aiuti di valore sanitario inesistente e comunque a carico economico del nostro paese.

“Dalla Russia con amore”, così si chiamava l’operazione speciale di Putin, è stata la naturale conseguenza della dipendenza politica da Mosca dell’allora governo “Conte uno” e di parte dell’opposizione, malgrado poi sia arrivata durante il governo “Conte due”, con il Pd al posto della Lega a testimoniare plasticamente la catastrofe civile e morale dell’alleanza tra la sinistra e i Cinquestelle tornata di moda in queste settimane.

I bieloitaliani sono quegli italiani colonizzati dalle fregnacce russe e li vedete ogni sera in tv e anche in Parlamento. I bieloitaliani continuano a manipolare il dibattito pubblico e a condizionare la ferma posizione del nostro paese a sostegno dell’Ucraina, dell’Europa e dell’Occidente liberal-democratico.

I bieloitaliani sono seguaci di uno stravagante tipo di “pacifismo guerrafondaio” che invoca la resa delle vittime, che si batte per non proteggere gli aggrediti, che difende le ragioni imperialiste dell’aggressore dotato di bomba atomica e di palmares da sterminatore di civili.

Mai i bieloitaliani chiedono al genocida di Mosca di fermare i missili, mai lo invitano a ritirarsi dai territori dove ha imposto la pulizia etnica e creato le fosse comuni, mai gli spiegano che non si strappano i bambini ai legittimi genitori e non si deportano nella grande madre Russia per lavargli il cervello, come da secolare tradizione zarista e sovietica.

Al contrario, i sedicenti pacifisti italiani accusano Volodymyr Zelensky di resistere troppo, si bevono i complotti contro la Nato elaborati in Russia come ai tempi dei falsi protocolli dei Savi di Sion, e non sopportano che gli ucraini incredibilmente preferiscano difendersi anziché abbonarsi a Limes.

I sedicenti pacifisti italiani vogliono che gli ucraini si arrendano e non credono che Putin e la Russia siano i responsabili unici della carneficina in Europa.

Il leader di questa volenterosa Italia complice di Putin è il conduttore-unico-del-talk-show-collettivo che quotidianamente diffonde  disinformazione e propaganda servendosi di utili idioti, di saltimbanchi e di quaqquaraquà.

Il leader politico di quest’area è Giuseppe Conte (Salvini è così scarso da essersi fatto superare in putinismo perfino dall’avvocato del populismo). Conte ha accompagnato l’Italia durante la più catastrofica crisi economica e sanitaria della sua storia recente, da cui ne è uscita solo cacciandolo da Palazzo Chigi e mettendoci al suo posto qualcuno in grado di cancellarne ogni traccia nel più breve tempo possibile.

Il Conte prima sovranista, poi berlingueriano, ma sempre putiniano, rappresenta la forma più esatta di trasformismo nichilista di questa epoca. Nel giorno del terzo anniversario di “Dalla Russia con amore”, va sottolineato a imperitura memoria che il Conte che non vuole aiutare gli ucraini a difendersi è colui che ha consentito all’Armata russa di marciare in Italia come nel Donbas.

Quarta Repubblica, Toni Capuozzo attacca l'Europa: "Il sapore dello sfregio a Putin". su Libero Quotidiano il 20 marzo 2023

No, Toni Capuozzo non è uno che usa giri di parole. Spesso controcorrente, spesso contestato. Ma dice sempre quel che pensa, soprattutto sulla guerra mossa dalla Russia all'Ucraina, conflitto sulla quale ha in passato espresso opinioni controverse, molto dibattute e altrettanto criticate, in particolare quando mise in discussione l'eccidio di Bucha, uno dei principali orrori del Cremlino in territorio ucraino.

E Toni Capuozzo torna a far discutere a Quarta Repubblica, il programma condotto da Nicola Porro in prima serata su Rete 4, la puntata è quella di lunedì 20 marzo. 

Sapevi che a Favignana si coltiva l'alga Posidonia? Scopri i suoi benefici per la pelleLa crema protezione viso Posidonia è un’emulsione leggera e trasparente, che offre un’elevata protezione solare, idrata e nutre la p…radiocittafujiko.it

Passi tanto tempo al PC? Scopri l'Astaxantina per il benessere dei tuoi occhi!Prova l’Astaxantina Marcus Rohrer, brand leader nella produzione di integratori alimentari di alta qualitàleggilanotizia.it

L'esperto di guerra e geopolitica è ospite in collegamento e viene chiamato a dire la sua sul mandato di cattura internazionale emesso contro Vladimir Putin la scorsa settimana dalla Corte di giustizia dell'Aja: in virtù del provvedimento, lo zar dovrà essere arrestato non appena metterà piede in tutti i paesi che sottoscrivono il trattato (tra i quali non ci sono Russia, Cina e anche Stati Uniti, dove però per ovvie ragioni lo zar non metterebbe mai piede).

E Toni Capuozzo, sul mandato di cattura, ha un'opinione netta, forte. "Quello della corte di giustizia europea è un atto di guerra prolungata - premette -. Ha il sapore di uno sfregio sull'avversario", ovvero uno sfregio a Vladimir Putin, conclude un Toni Capuozzo che come sempre farà discutere.

Estratto dell’articolo di Massimo Fini per “il Fatto quotidiano” il 14 marzo 2023.

Sono abbastanza convinto che con Donald Trump Presidente la guerra all’Ucraina non ci sarebbe mai stata o sarebbe durata pochi mesi. Il Tycoon […] è di base un imprenditore. E ragiona da imprenditore, per questo ha ritirato il contingente americano dall’Afghanistan sembrandogli assurdo che gli Stati Uniti avessero speso 2.300 miliardi di dollari per “una guerra che non si poteva vincere” come ammetteva lo stesso Pentagono […]

Credo che […]  “the Donald” pensi che sia assurdo che gli Stati Uniti spendano 73 miliardi di dollari […] per una guerra ideologica che non è proporzionata ai vantaggi economici. […] Trump ha fatto notare: “Sono stato l’unico presidente a non fare guerre; e durante il mio mandato la Russia non ha preso alcun Paese”. A Trump […] le guerre ideologiche, tipo quelle alla Serbia, all’Afghanistan, alla Libia non interessano un fico secco.

Come Trump potrebbe convincere Putin a farla finita? Putin è […] sufficientemente intelligente per capire che andando avanti di questo passo si troverebbe economicamente col culo per terra. Ecco perché Trump è convinto di poterlo ridurre a più miti consigli […] poiché la guerra danneggia la Russia, danneggia ancor più i Paesi europei storicamente sottomessi agli USA dando agli americani dei vantaggi economici irrisori, mentre […] la Cina […] si avvantaggia nella guerra russo-americana conquistando mezzo mondo […]

Credo infine che Trump appena si sarà di nuovo insediato alla Casa Bianca […] smetterà di dare un solo dollaro a Zelensky e a quest’ultimo, senza l’appoggio americano, non resterà che sperare in un ingaggio, il prossimo anno, al Festival di Sanremo.

Estratto dell’articolo di Marco Leardi per ilgiornale.it il 15 marzo 2023.

Gli americani? "Sono 70 anni che rompono il caz*o". Altro che gli ormai prevedibili dibattiti tv. Stavolta il confronto non era programmato e Marco Travaglio si è lasciato andare più del solito. Sui social sta girando un video che mostra la reazione stizzita del giornalista di fronte a un giovane dalle idee molto chiare.

 Messo alle strette da quest'ultimo sulla guerra in Ucraina, il direttore del Fatto - seduto al tavolo di un ristorante - perde il controllo e inveisce contro gli Stati Uniti con espressioni colorite.

Il filmato, ambientato per l'appunto in un locale, parte con le argomentazioni del giovane interlocutore, che spiega a Travaglio l'importanza di frenare l'avanzata russa. "Lasciamoli fare, che continuino dalla Crimea, tra un po' a casa nostra arrivano", dice.

 E il direttore lì per lì sembra percularlo. "Vabbè certo, Putin vuole occupare Roma, certo...", commenta con una certa sufficienza. Ma il ragazzo non si lascia intimorire dal popolare giornalista e lo incalza nuovamente: "No, però non si sa mai dove vorrebbe arrivare".

 Travaglio a quel punto, ignaro di essere ripreso da uno smartphone alle sue spalle, si lascia andare a questa considerazione: "Io penso che siano più gli americani che vogliono colonizzarci". Un'uscita destinata a rafforzare le critiche di chi accusa il Fatto di aver assunto posizioni anti-Usa sulla guerra in Ucraina.

A quel punto, i ruoli si ribaltano ed è il giovane contestatore a rivolgersi al giornalista con un sorrisetto di sfida. "No, gli americani non ci hanno mai invaso. Al massimo con la Coca Cola, un po' di cioccolata, di cinema...", dice il ragazzo, smontando la tesi dell'interlocutore. E Travaglio allora non si trattiene.

 "Sono 70 anni che rompono il caz*o", esclama. "No, non rompono il caz*o a nessuno", gli replica il giovane. Ma il giornalista non ne vuole sapere: "A me lo rompono molto più di tutti…

Gli implacabili. La grottesca campagna di Conte e del Fatto per impedire a Kyjiv di proteggersi dalle bombe. Francesco Cundari su L’Inkiesta il 21 Marzo 2023.

Mentre il mondo civile accusa Putin di crimini di guerra per la deportazione dei bambini ucraini in Russia, l’Avvocato del popolo protesta contro la scelta di fornire agli aggrediti un sistema anti-missile per difendere le loro città

Da due giorni, mentre giornalisti, giuristi e politici di tutto il mondo civile si univano nel denunciare il più odioso di tutti i crimini commessi in Ucraina dall’esercito invasore agli ordini di Vladimir Putin – la deportazione di centinaia di bambini in Russia – il Fatto quotidiano prima e Giuseppe Conte poi denunciavano ben altro scandalo: l’addestramento in Italia di alcuni militari ucraini all’uso del sistema di difesa anti-missile Samp-T che Italia e Francia hanno deciso di fornire a Kiev per proteggersi dai bombardamenti.

Già la tempistica dice molto. Domenica, mentre le prime pagine dei giornali di tutto il mondo parlavano dell’incriminazione di Putin da parte della Corte penale internazionale, il Fatto quotidiano apriva infatti con il titolo: «Decine di soldati ucraini in Italia per addestrarsi». Dettaglio divertente – che devo a un’osservazione fatta ieri da Francesco Costa durante la rassegna stampa del Post – nell’articolo in verità si parlava di «una ventina» di soldati, dunque si direbbe che le «decine» si riducano a due (in pratica, il minimo grammaticale per giustificare il titolo: è da questi particolari che si giudica un direttore).

Così, grazie alla non imprevedibile adesione del leader Cinquestelle, anche ieri il titolo di apertura del Fatto era dedicato allo stesso tema: «Conte e i soldati ucraini in Italia: “Il governo ci trascina in guerra”». Questa la dichiarazione dell’ex presidente del Consiglio al giornale: «L’addestramento militare dei soldati ucraini in Italia conferma un’ulteriore escalation militare del conflitto e la partecipazione sempre più attiva del nostro paese. Ci è stato raccontato che avremmo messo in ginocchio la Russia con le sanzioni, poi che il sostegno militare ci avrebbe spianato una risolutiva vittoria. La verità è che passo dopo passo, armamenti su armamenti, ci stiamo ritrovando totalmente immersi in questa guerra senza che il nostro governo e l’Europa tentino una strategia alternativa per percorrere una via negoziale e arrivare a una soluzione di pace». E ancora: «Bisogna concentrare tutti gli sforzi sul piano diplomatico perché stiamo rischiando di ritrovarci in una terza guerra mondiale».

Per quanto riguarda le balle circa la presunta promessa di una vittoria risolutiva (da parte di chi? dove? quando?) o l’assenza di tentativi diplomatici (non c’è leader europeo che non abbia tentato di trattare con Putin in tutti i modi possibili, di persona, per telefono, in videocollegamento) o ancora l’allarmismo da quattro soldi sulla terza guerra mondiale, preferisco passare oltre senza spenderci altre parole, per rispetto dell’intelligenza del lettore.

Aggiungo solo due informazioni. La prima, diciamo così, di contesto. Giusto ieri, mentre in Italia discutevamo di questo, alla conferenza di Londra fra i ministri della Giustizia dei circa quaranta paesi impegnati a sostenere le indagini sui crimini russi, il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan ha pronunciato parole molto chiare. «Se c’è un minimo di apparenza di verità» nell’argomentazione di Mosca secondo cui il trasferimento di bambini dall’Ucraina in Russia dall’inizio della guerra sarebbe stato deciso a loro tutela, ha detto, allora quei bimbi adesso devono «essere rimpatriati, non dotati d’un passaporto straniero». E se l’elementare logica di questa affermazione non vi ha fatto rabbrividire, sinceramente, non vorrei conoscervi.

La seconda informazione, per essere onesti, ve l’ho già data, ma merita di essere ribadita (con una piccola chiosa) ed è che stiamo parlando di addestramento all’uso di un sistema di difesa anti-missile.

Ricordate quando, appena l’anno scorso, Conte votava a favore dell’invio di armi, chiedendo però che si trattasse solo di «armi difensive»? La postilla era ovviamente pretestuosa, a meno che non pensasse alla distinzione tra scudi e scimitarre, elmi e giavellotti, ma prendiamola pure per buona: ebbene, cosa c’è di più difensivo di un sistema anti-missile costruito appositamente per proteggersi dai bombardamenti nemici? O forse il problema è solo l’addestramento per imparare a usarlo, e quindi, per far contento Conte, dovremmo limitarci a consegnarlo agli ucraini, per dir così, senza libretto di istruzioni? O dobbiamo credere piuttosto – è l’unica alternativa rimasta – che quando Conte si diceva favorevole alla consegna di armi difensive, intendeva ai russi?

Mi scuso se il tono di questo articolo ha finito per scivolare nel grottesco, ma l’argomentazione contiana è talmente assurda da suscitare ilarità, nonostante si tratti di una delle più grandi tragedie dei nostri tempi. Parlo ovviamente dell’Ucraina, ma un po’ anche dell’Italia.

 Dal giorno zero. I mascalzoni filoputiniani delle tv italiane hanno trovato un pubblico fin troppo compiacente. Iuri Maria Prado su L’Inkiesta il 21 Marzo 2023.

Le notizie sull’aggressione all’Ucraina sono arrivate fin dall’inizio e denunciavano l’attacco di una dittatura a un Paese libero. Tutti potevano saperlo, a pochi importava

È solo una parte di verità, ed è la più consolante: che la guerra all’Ucraina sia stata qui avvertita come un pericolo anche per noi, per un Paese cui quell’aggressione ripugnava non soltanto perché chi l’ha scatenata non ha avuto pudore di massacrare, torturare, stuprare e deportare la popolazione civile, di distruggere scuole, ospedali e chiese, di tirare alla presa per fame, per sete e per freddo di intere città assediate, ma perché era rivolta a schiacciare libertà e diritti che consideriamo anche nostri.

L’altra parte di verità è invece che né quello scempio né quel programma di soppressione delle aspirazioni democratiche di un popolo aggredito sono stati sufficienti a impedire che l’Italia profonda e maggioritaria si dimostrasse disposta, anzi proclive, a considerare la libertà e i diritti degli ucraini altrettante materie dopotutto transigibili, e dopotutto trascurabile la circostanza che potessero essere sacrificati in omaggio al programma diretto a sostituire una schiatta di drogati e omosessuali con una compagine di persone perbene.

È fuorviante l’idea che questa sostanziale impassibilità, questa indifferenza del nostro ordinamento sociale davanti all’attuazione plateale e addirittura rivendicata di quel progetto stragista e di sostituzione civile e culturale siano l’effetto della propaganda contraffattoria, effettivamente pervasiva, che il pacifismo collaborazionista ha avuto modo di insinuare nel dibattito pubblico.

Bisogna avere l’onestà di riconoscere che i manipoli di mascalzoni editoriali e televisivi impegnati quotidianamente a censurare i crimini degli aggressori, a giustificarli, a imputarli alle complessità geopolitiche del mondo afflitto dal neoliberismo e dalla finanza apolide, hanno lavorato in faccia a un pubblico molto riluttante a rintuzzare quegli spropositi e invece molto incline ad accreditarli.

Le notizie c’erano. Per quanto immagliate nel saio di disinformazione che uniformava la quasi generalità del nostro giornalismo nella compiacenza di pressoché tutta la classe politica, anche quella che affettava convincimenti atlantisti, le notizie arrivavano: e dicevano, appunto, non solo che un Paese ne aveva aggredito un altro, ma che l’aggressione era portata da una dittatura e per imporre una dittatura, per subordinare la vita, la libertà e i diritti degli aggrediti alla legge dell’autocrate.

Queste non erano verità sepolte dalla propaganda del collaborazionismo pacifista, per quanto questo si impegnasse a renderle clandestine: erano verità visibilissime nonostante quella propaganda, ed erano così forti da far capolino comunque. Perché a nessun lettore, a nessun telespettatore, a nessun elettore serviva darsi al fact checking per scoprire che l’operazione speciale per denazificare l’Ucraina era il nome che un regime dittatoriale dava a un ulteriore tentativo di annessione. Un tentativo che per ottenere il risultato non escludeva il genocidio. Si sapeva. Si vedeva. Si capiva. Ma non importava.

Travaglio odia gli "amerikani"? Cosa dimentica...Giovanni Sallusti su Libero Quotidiano il 17 marzo 2023

La libertà può essere una gran rottura di ca***, e il lettore scuserà se questo pezzo sarà scurrile oltre il livello di guardia, ma stiamo solo citando un collega molto più introdotto di noi, un vero e proprio prezzemolino del luogocomunismo italico, Marco Travaglio. Il direttore del Fatto Putiniano, durante una discussione con un ragazzo in un ristorante ripresa in un video diventato virale, ci ha tenuto a condividere le profondità del suo pensiero geopolitico, secondo cui «sono settant’anni che gli americani rompono il ca***». Di fronte alla complessa argomentazione, il più saggio dei due, ovviamente il ragazzo, ironizza placidamente: «Al massimo con la Coca Cola, un po’ di cioccolata, il cinema...». E Travaglio, rispetto a cui Lavrov è un moderato con sfumature critiche sull’operato del Cremlino, sbotta: «A me lo rompono più di tutti!».

Proprio così, più di tutti, più dei tagliagole iraniani che da mesi massacrano giovani donne ree di scoprirsi il capo, più dello psicotico nordcoreano che ogni tanto lancia missili basilistici a casaccio nel calderone del Pacifico, più ovviamente dei benemeriti gentiluomini russi della Wagner scannatori di ucraini. No, i veri “rompic***”, oggi e nella seconda metà del Novecento, sono i dannati yankee che «vogliono colonizzarci» (parla proprio così Travaglio, come un ciclostile dell’estrema sinistra degli anni Settanta, o dell’estrema destra, che è lo stesso).

GLI EROI DELLA NORMANDIA Ecco, allora vorremmo dare qualche consiglio, al direttorissimo con le pudenda martoriate dallo Zio Sam. Se vuole provare la soddisfazione di vedere circa diecimila “rompic***” seppelliti nello stesso posto, può recarsi tranquillamente al cimitero di Colleville-sur-Mer, paesino della costa normanna, meglio noto come cimitero di Omaha Beach. Ci devastarono talmente i genitali, questi ventenni o poco più che venivano dallo Utah, dal Montana, dal Kansas, che il 6 giugno del 1944 sbarcarono in massa su quella spiaggia, totalmente esposti al fuoco della mitraglia nazista, accusando un tasso di mortalità superiore al 90% durante le prime tre ondate, e l’unico motivo per cui noi, Travaglio, i nostri figli, i figli di Travaglio, non viviamo in un protettorato del Terzo Reich, è che continuarono a sbarcare.

Dopodiché, questi stracciatori di palle professionisti continuarono a stracciarcele col Piano Marshall, senza cui dalle macerie di una guerra persa per le scelte scellerate di un tizio che sugli americani la pensava più o meno come Travaglio (nome di battesimo Benito) non sarebbe scaturito alcun boom industriale e dunque alcun benessere economico, né per i nostri/suoi padri né per noi/lui né per i nostri/suoi figli eccetera... In cambio, questi demolitori di attributi ci imposero addirittura la Nato, garantendo con i loro missili e le loro testate nucleari la prosperità del mondo libero e la sua inattaccabilità da parte di ciò che stava al di là del Muro, il totalitarismo sovietico (nemmeno Travaglio può credere alla fola che la pace venne tutelata dal cosiddetto “processo di unificazione europea”, la pace può essere solo armata e venne tutelata dall’esposizione militare americana).

GLI AGENTI DEL KGB - Pensate che, incredibilmente, frotte di masochisti rischiavano la vita scavalcando il suddetto Muro dall’Eden comunista verso il mondo dei “rompic***”, mai viceversa. Finché uno dei martellatori di membri principali, Ronald Reagan, quel Muro lo fece persino crollare, ché se si fosse fatto gli affari suoi milioni di cechi, slovacchi, polacchi, ungheresi sarebbero ancora tranquillamente oppressi da Mosca. E anche oggi, di fronte all’idolo di Travaglio, allora dirigente di un’organizzazione la quale non ha mai fracassato le scatole a nessuno, nota come Kgb, che vuole semplicemente restaurare i benemeriti confini dell’Impero, questi “rompic***” persistono a cavillare e a sostenere un popolo che a quella rottura di cazzo della libertà non vuole rinunciare. Per tacer dello sfracellamento di balle principale, il dato storico macroscopico per cui questi irritantissimi cowboy rifiutano di farsi da parte e lasciare il campo sgombro per le magnifiche sorti e progressive che ha in serbo per noi Xi Jinping, il Secolo Cinese. E dire che Malco Tlavaglio ha le idee così chiare in proposito, come esplicitò in un editoriale per sostenere le politiche dagli occhi a mandorla del suo protetto, l’allora premier giallorosso Peppino Conte: «L’Italia può fare a meno più degli Stati Uniti che della Cina». È di bocca buona, lui, basta che gli togliate dai piedi quella rottura di cazzo della libertà. Anche in questo, la pensa come quel suo precursore in camicia nera che non settant’anni, ma ottant’anni fa aveva in mano l’Italia, prima che queste maledette demoplutocrazie vincessero la guerra e sì, iniziassero a rompere il... 

Estratto dell'articolo di lastampa.it il 16 marzo 2023.

Sono arrivati da tutto il mondo per partecipare al primo congresso del Movimento dei russofili. Centoventi «amici di Putin» di diverse estrazioni e dai mestieri più diversi, volati a Mosca per l’incontro del movimento nella sala vetrata del Museo statale Pushkin.

 Tra loro l’attore americano Steven Seagal, Pierre de Gaulle, nipote dello statista francese, e persino una principessa italiana e studiosa di Tolkien, Vittoria Alliata di Villafranca.

«Sono qui per promuovere la pace e l'amicizia e credo che questo conflitto sia stato provocato e causato da interessi anglosassoni. Penso che stia mettendo il mondo in grave pericolo, e sono qui per combatterlo», ha detto al Guardian Pierre de Gaulle, relatore al convegno.

 Le posizioni del giovane de Gaulle hanno già suscitato molte polemiche. Il mese scorso a Le Parisien , ha detto che «l'Occidente ha purtroppo lasciato che Zelensky, i suoi oligarchi e gruppi militari neonazisti si chiudessero in una spirale di guerra»

 Yves de Gaulle, fratello maggiore di Pierre, ha preso le distanze, precisando che le opinioni di suo fratello «non riguardano nessuno tranne lui, Non me, non la nostra famiglia e ancor meno il generale».

[…]

 Nikolay Malinov, ex membro del parlamento bulgaro che ora è sotto sanzioni statunitensi, ha aperto l'evento dicendo che era giunto il momento per le «forze della luce di sconfiggere le forze dell'oscurità».

 Sul palco, vestito di nero, è salito Steven Seagal, star delle arti marziali, nominato rappresentante speciale per i legami culturali tra Russia e Stati Uniti. «Sono 100% russofilo e 1 milione% russo», ha detto senza esitazioni.

Al meeting dei russofili c’era anche Sergei Lavrov, ministro degli Esteri, che ha dato un imprimatur ufficiale all’incontro, un sigillo di ufficialità. […]

 Tra i sostenitori di Putin la principessa siciliana Vittoria Alliata di Villafranca, nobildonna siciliana di 73 anni, studiosa del mondo arabo, nota in Italia soprattutto come prima traduttrice in italiano di Tolkien. Afferma di aver combattuto l'Opus Dei e la mafia per reclamare il suo palazzo di famiglia a Bagheria, dove ha detto che i produttori cinematografici stavano girando un remake moderno del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo.

In un discorso ha definito la «russofobia» una delle «molte versioni della colonizzazione» e l'ha collegata allo sbarco degli Stati Uniti in Sicilia durante la seconda guerra mondiale, che ha definito un pretesto per la diffusione dell'influenza di Washington. «È stata la prima Isis», ha detto.

Estratto dell'articolo di Samuele Finetti per corriere.it il 17 marzo 2023.

Ci sono Steven Seagal, un nipote di De Gaulle e una principessa siciliana. No, non è l’incipit di una barzelletta: sono tre dei 90 delegati invitati al primo congresso del «Movimento internazionale dei Russofili» organizzato al museo Pushkin di Mosca […]

 L’imprimatur ufficiale (e una parvenza di serietà) alla manifestazione l’ha data Sergej Lavrov in persona, che ha aperto i lavori con la lettura di una breve discorso firmato da Vladimir Putin: «Siamo testimoni non solo di forme di neo-nazismo, ma direttamente di nazismo vero e proprio, che si sta diffondendo ogni giorno in più Paesi europei».

Sceso dal palco l’arcigno ministro degli Esteri, ecco a turno i russofili dichiarati: l’ex parlamentare bulgaro Nikolay Malinov, secondo il quale «è ora che le forze della luce sconfiggano le forze delle tenebre», poi Aleksandr Dugin, il filosofo ultranazionalista che molti definiscono «l’ideologo di Putin».

 Poi c’è la principessa Vittoria Alliata di Villafranca, che ha lasciato le sontuose stanze del palazzo di famiglia a Bagheria – «per riaverlo ho dovuto vedermela con la mafia e l’Opus Dei», ha poi raccontato al Guardian – per volare nella città del Cremlino in qualità di presidente dell’Associazione araba tedesca e consegnare il suo «messaggio di pace».

[…] dal palco della kermesse si è rivolta a una platea composta anche di un buon numero di complottisti per denunciare la «creazione della russofobia come nuova forma di colonizzazione» voluta dagli americani già colpevoli di aver invaso la sua amata isola nell’estate del 1943. Ma anche per dirsi soddisfatta di poter condividere «le proprie opinioni» con altre persone, lei che è «la signora di un villaggio siciliano che guarda con un po’ di sgomento suo figlio che vuole sposare una vacca (e qui non si capisce se stesse parlando di un animale da pascolo o di una poco gradita futura nuora, ndr)».

[…] Altre connessioni (di certo non zariste) con il mondo moscovita ha l’ex star dei film d’azione hollywoodiani Steven Seagal, da anni divenuto un ambasciatore semiufficiale della Russia all’estero: «Sono russofilo al 100 percento e russo ad un milione percento». Mentre Pierre de Gaulle, nipote del grande generale, più che la Russia gradisce i soldi dei russi. Lo ha ammesso lui stesso, che quando non vola a Mosca fa il banchiere: alla convention cercava sì persone con cui «condividere una visione per la pace», ma anche con cui siglare «contratti finanziari e d’investimento».

Z Movie. Steven Seagal e la sgangherata internazionale putiniana. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 16 Marzo 2023.

Il caso dell’ex stella del cinema action descrive bene il profilo degli impresentabili che fiancheggiano il Cremlino. Questo manipolo di improbabili accoliti aliena più simpatie di quante non ne conquisti

Non sono molti ad aver ricevuto il passaporto russo direttamente dalle mani di Vladimir Putin. Steven Seagal è uno di questi. Se la sua filmografia ve lo fa ritenere un personaggio trash, le sue posizioni politiche sono peggiori. Martedì ha officiato a Mosca la nascita di uno movimento internazionale filorusso, alla presenza del ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Il congresso nasce da un timore da minorati mentali: la cancellazione della cultura russa.

Non è un mistero che l’attore sia su posizioni putiniane. Nel 2014 ha difeso l’annessione illegale della Crimea e due anni dopo Putin gli ha conferito la cittadinanza, ricevendolo al Cremlino. Avranno aiutato le origini, attraverso il nonno paterno, ma soprattutto i suoi buoni uffici. Seagal ha festeggiato i suoi settant’anni a Mosca, l’aprile di un anno fa, con gli amici russi, quelli della sua nuova vita (da fallito).

Ha visitato il Donbas occupato, lo scorso agosto, con tanto di giro al fronte e nella città di Olenivka, dove c’è stata una strage di prigionieri di guerra. Nelle interviste televisive, continua a blaterare sulla «minaccia esistenziale» rappresentata dall’Ucraina per la Federazione. Che un personaggio del genere abbia condiviso la sala con l’«ideologo» Alexander Dugin dà un’idea del tipo di intellighenzia su cui può contare il regime.

Da trent’anni il successo ha sfrattato Seagal. Deve il debutto all’essere stato allenatore di arti marziali di Mike Ovitz, potente agente cinematografico. Vecchia gloria di un cinema action che non l’ha più ricambiato, invecchiando ha inanellato insuccessi al botteghino. Di sé ha detto: «Spero di essere ricordato un giorno come un grande scrittore e attore piuttosto che come un sex symbol». È finito a promuovere Nft fumettosi su Twitter.

Da dove cominciare. La stazza e il cerone sono trumpiani, proprio come la fede politica. Nel 2015, già imbolsito, si era offerto di addestrare le forze speciali serbe e Belgrado lo aveva ricompensato con un passaporto, sponsorizzato – anche lì – dai filorussi. In quel periodo, l’attore era praticamente in tour tra le Repubbliche post-sovietiche, per esempio l’Azerbaijan. Il copione era sempre lo stesso: accettava di buon grado l’invito, di populisti o autocrati, con la scusa dell’Aikido. Hai voglia stendere un maestro più giovane, se l’hanno istruito così.

I monaci buddhisti hanno addirittura visto in lui un «tulku», un Lama reincarnato. Lui incontrava il Dalai Lama, difendendo l’indipendenza tibetana, poi da specchiato animalista faceva da testimonial a una fabbrica di armi russa. Ormai residente nella Federazione, ne viene nominato «inviato speciale» in Giappone e negli Stati Uniti. Una carriera parallela: nei film interpretava un super poliziotto contro il crimine mondiale, oggi lavora per i suoi vecchi nemici.

A febbraio ha ricevuto l’Ordine dell’amicizia della Russia, onorificenza meritata «per il suo impegno umanitario». Ma quale? I «veri patrioti», come si chiamano tra di loro, del summit di martedì chiedono piuttosto all’Europa di rimuovere le sanzioni. Sono loro, invece, che le meritano. Tra i partecipanti, il bulgaro Nikolay Malinov, capo di una sigla filorussa indagato in patria per spionaggio.

Quanto a Seagal, numerosi politici tra Ue e America hanno chiesto che sconti un prezzo simbolico per l’attività di propaganda. Se il suo soft power è appannato, beneficia indebitamente di quanto resta della fama hollywoodiana, soprattutto all’estero, dove le celebrità vengono imbalsamate nei cult. Ma gli agenti del Cremlino vanno riconosciuti come tali: tanto più se visitano le sue truppe, oltre a bersi le palle di Stato come ha fatto Roger Waters.

Il dubbio – anzi, la speranza – è che questi improbabili accoliti alienino più simpatie a Putin di quante non gliene portino. Invece di dimostrare che «nell’Occidente qualcuno capisce dove sta la verità», ne sono la speculare confutazione. Solo i picchiatelli del mondo hanno risposto alla chiamata alle armi del tiranno sanguinario. Più dei B-movies a cui ci hanno abituato, questo è uno Z-movie: di qualità infima, sotto la lettera che è l’insegna fascista di annientamento.

I patrioti dell’Europa. Alla fine, dai, di che altro vuoi parlare se non di Ucraina? Christian Rocca su L’Inkiesta il 15 Marzo 2023

È sconcertante come parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda la natura fascista del suprematismo russo. È arrivato il momento di accogliere gli eroi antifascisti nell’Unione europea

Ogni giorno penso all’Ucraina, cerco notizie sull’Ucraina, commissiono articoli sull’Ucraina, pubblico un giornale in lingua ucraina, e, guarda che combinazione, mi viene da scrivere solo di Ucraina.

È un’ossessione, forse? È una malattia seria? O, più semplicemente, l’Ucraina è la questione più importante del nostro tempo, del nostro presente e del nostro futuro (per non parlare del presente e del futuro degli ucraini che si devono quotidianamente proteggere dalle bombe dei fanatici russi)?

Solo il 1989 con la caduta del Muro di Berlino e il 2001 con l’attacco islamista a New York hanno per la Generazione X (i fortunati occidentali nati tra il 1965 e il 1989) una rilevanza ideale pari agli anni che stiamo vivendo dal 2022 con l’invasione russa, anche se è cominciata nel 2014 con l’Anschluss della Crimea e del Donbas, e si spera anche in questo 2023 con la vittoria definitiva dell’Ucraina sui criminali di guerra del Cremlino.

Una bella canzone di Dario Brunori di qualche anno fa, “Canzone contro la paura”, a un certo punto diceva «perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?».

E, appunto, di che altro vuoi parlare se non dell’Ucraina e della sua ammirevole e coraggiosa battaglia contro le tenebre dell’autoritarismo russo che martorizza gli ucraini e minaccia da vicino l’Europa e il modello di vita occidentale.

Non si può parlare d’altro anche perché siamo tutti corresponsabili delle sofferenze del popolo ucraino, non per le ragioni che i fessi ripetono nelle fogne dei talk show italiani («guerra per procura», «colpa della Nato» e altre immonde oscenità), ma perché non ci siamo accorti in tempo delle palesi intenzioni del Cremlino e delle inevitabili conseguenze del suprematismo russo, malgrado fossero ben evidenti già durante la rivoluzione arancione (2004), durante la rivoluzione della dignità (le proteste pro Europa del 2013 a Maidan) e in seguito all’annessione illegale nel 2014 della Crimea e del Donbas.

Uno dei pochi che se ne era accorto in tempo e che invano ci aveva avvertiti è stato Bernard-Henri Levy, uno dei più lucidi intellettuali della nostra epoca, i cui ripetuti e ignorati appelli sono stati appena raccolti dalla Nave di Teseo nel libro “Dunque, la guerra”.

La congiunzione conclusiva, “dunque”, è usata da BHL per sottolineare che la guerra altro non è che la conclusione logica dell’inascoltato grido del 2004 e poi del 2013-2014.

Oggi gli ucraini sono i patrioti e i partigiani dell’Europa,, probabilmente gli unici del continente, e combattono contro gli «abiti nuovi del fascismo» (definizione di Paul Berman) indossati da Vladimir Putin.

Questa cosa che una buona parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda, o faccia finta di non comprendere, la natura tipicamente fascista dell’ideologia russa alla base dell’aggressione all’Ucraina, e anzi ripeta le bufale della propaganda del Cremlino che sostengono l’opposto, ovvero che gli aggrediti guidati da un presidente ebreo siano loro stessi i fascisti, è un elemento sconcertante e un’ulteriore dimostrazione che viviamo nell’epoca della post verità e della società dove non contano i dati di fatto.

Non esiste niente di più visibile e riconoscibile del bianco e del nero nella questione imperialista russa. Il male è da una sola parte e il bene è sotto attacco indiscriminato.

Chi invoca la complessità o altre ignobili scemenze come «la guerra di Biden» è soltanto un manutengolo del Cremlino.

Non c’è alcuna differenza tra la politica basata sulle bugie di un artista della truffa come Trump e quelle di Putin e dei suoi volenterosi complici di sinistra e di destra nella politica e nella televisione italiana.

Non c’è alcuna differenza tra l’ideologia fascista storica e il revanscismo eurasiatico e antioccidentale di ideologi come Alexander Dugin, uno che è stato allontanato da Putin per eccessivo estremismo senza però perdere lo status di ospite d’onore dei nazibol italiani e del telegiornale Rai diretto dall’attuale ministro italiano della Cultura, nonché agiografo di Putin e di Trump, Gennaro Sangiuliano.

Aggiungo una cosa che alcuni sedicenti intelligentoni, insufflati a loro insaputa dalla disinformazione russa, fastidiosamente ripetono ogni volta che sentono gli amici dell’Ucraina dire “Slava Ukraini”, gloria all’Ucraina, cui gli ucraini rispondono immancabilmente con “Heroiam slava”, Gloria agli eroi, come in un call-and-response tipico della tradizione della musica gospel.

Slava Ukraini, dicono i dotti e i sapienti che ci possiamo permettere in questi tempi impazziti, è uno slogan fascista usato da Stepan Bandera un secolo fa. Bandera era certamente antisemita ed era di simpatie fasciste, anche se le atrocità di cui è accusato in realtà sono state condotte dai suoi seguaci mentre lui era rinchiuso in un lager nazista, ma Bandera era anche un indipendentista ucraino che voleva liberare il suo popolo dal giogo sterminatore di Mosca e per questo si appoggiava alla Germania, tanto poi da essere stato ucciso dai sovietici nel secondo dopoguerra a Monaco di Baviera. Il punto però non è quanto sia deprecabile oggi il pensiero di Bandera negli anni 20 del secolo scorso, ma che l’invocazione gloriosa all’Ucraina si trovi invece nei testi ottocenteschi del principale poeta e scrittore ucraino, il Manzoni e il Dante degli ucraini, Taras Shevchenko:

«La nostra idea, il nostro cantare

Non può morire né cadere…

Ecco dov’è la nostra gloria,

La gloria ch’è dell’Ucraina».

Soprattutto, Slava Ukraini è diventato il segno di riconoscimento dell’indipendenza, della libertà e dello spirito democratico di Kyjiv, coniato nelle fredde notti di Maidan, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, mentre il fantoccio del Cremlino che guidava l’Ucraina grazie ai brogli elettorali strappava gli accordi di amicizia con l’Europa e sparava sui connazionali che pretendevano il rispetto del processo di integrazione europea e di affrancamento dall’imperialismo russo.

Quindi, sia storicamente sia politicamente, Bandera non detiene né la primogenitura né il senso indipendentista dell’espressione Slava Ukraini, che invece è molto più recente, liberale, democratica e antifascista.

Che fare, quindi, per sostenere ancora la lotta ucraina? Certamente bisogna continuare a informare, ad aiutare (magari donando a Come back alive) e a tenere alto il dibattito pubblico sui pericoli dell’autoritarismo russo e sull’importanza degli aiuti militari a Kyjiv in vista della controffensiva di primavera volta a rimandare l’Armata rossa a casa e in rovina.

Ma forse è arrivato anche il momento di accelerare le procedure di adesione dell’Ucraina all’Europa, di aprire subito i negoziati con cerimonia pubblica e solenne a Kyjiv con tutti i capi di stato e di governo dei ventisette paesi membri. L’Ucraina se lo merita e noi lo dobbiamo ai patrioti e ai partigiani dell’Europa.

L’Ungheria è il primo Paese NATO a chiedere ufficialmente la pace in Ucraina. Stefano Baudino su L'Indipendente il 13 marzo 2023.

Il parlamento dell’Ungheria, su iniziativa dell’Esecutivo, ha approvato una risoluzione a favore della pace in Ucraina. “Dopo un anno di guerra tra russi e ucraini – si legge all’interno del documento – è venuto il tempo della pace. Il nostro impegno è rivolto a un cessate il fuoco che avvenga quanto prima”. Un’ottica che riproduce fedelmente l’approccio del governo di Victor Orban, che è sempre rimasto fedele alla linea del no all’invio delle armi a Kiev. Per la prima volta, insomma, uno Stato membro della Nato ha reclamato ufficialmente la pace in Ucraina.

Il mese scorso, ad un anno dall’inizio della guerra, nel messaggio annuale alla Nazione il premier aveva sottolineato il ruolo chiave del suo Paese nell’attuale scenario geopolitico: «L’Ungheria – aveva detto – è l’unico paese che è per la pace, il resto dell’Ue alimenta la guerra. Questa non è la nostra guerra, dobbiamo rimanerne fuori, sollecitiamo un cessate di fuoco immediato, la Russia è un partner importante per l’energia, per cui dobbiamo dialogare, mantenere i rapporti con Mosca». Un messaggio ribadito con parole molto nette solo pochi giorni fa in occasione di un’intervista radiofonica: «La terza guerra mondiale non è mai stata così vicina», ha dichiarato Orban, criticando fortemente la «febbre da guerra» dei leader occidentali, che continuerebbero imperterriti a inviare «armi sempre più pericolose all’Ucraina». Parole che si specchiano con quelle del ministro degli Esteri Péter Szijjártó, che la scorsa settimana ha dichiarato che «le vite umane non si salvano non con le armi e con le sanzioni, ma con accordi di pace», evidenziando che «non vediamo da nessuna parte al mondo forze che vogliano davvero mettere fine a questa guerra. Siamo sempre più vicini alla possibilità di un nuovo conflitto mondiale».

Il testo della risoluzione si focalizza dunque sulla promozione di una tregua e di un accordo di pace. Se, da una parte, si condanna l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin e il diritto di Kiev all’autodifesa, dall’altra – al contrario di quanto fatto dal documento approvato dall’assemblea dell’Onu – non si chiede però il ritiro delle truppe russe dal suolo ucraino. Sul punto si è espressa criticamente l’opposizione, che ha evidenziato come il ritiro dei russi sia invece una conditio sine qua non per giungere alla pace. Mentre la maggioranza ungherese si è schierata contro le sanzioni imposte alla Russia, giudicandole un autogol, in quanto avrebbero prodotto l’aumento dei costi dell’energia, dai banchi dell’opposizione i socialisti hanno invece criticato l’azione del governo, dal momento che «l’Ungheria è l’unico stato membro dell’Ue che acquista ancora petrolio e gas russi, mentre gli altri paesi si stanno rivolgendo con successo a fonti energetiche diverse».

Le strategie di politica estera dell’Ungheria, è evidente, rimangono legate a doppio filo all’influenza di Mosca. Nel contesto di una crisi dalle radici così profonde, esplosa da un anno in una guerra sul campo proiettata ora in maniera sempre più chiara verso il rischio di un’escalation militare, il governo di Budapest sbandiera però come “responsabile” la sua posizione, che sostiene essere volta a evitare il coinvolgimento del paese nella guerra e ad aprire concreti spiragli di pace. [di Stefano Baudino]

Epurazioni politiche. Orbán rafforza la sua presa sull’esercito e sull’industria militare ungherese. Francesco Del Vecchio su L’Inkiesta il 14 Marzo 2023

Un decreto del primo ministro consente di licenziare gli ufficiali che hanno prestato servizio per più di venticinque anni e hanno almeno quarantacinque anni. Il cerchio magico svuota le istituzioni per controllarle meglio, come ha fatto con la diplomazia

Ci è voluta più di una settimana al ministro della Difesa ungherese Kristóf Szalay-Bobrovniczky per confermare la più grande revisione nei ranghi dell’esercito degli ultimi vent’anni, dopo i primi articoli che hanno raccontato l’ondata di licenziamenti. Per giorni, le notizie sull’epurazione di centinaia di ufficiali di alto rango, alcuni dei quali promossi di recente, sono circolate sulla stampa ungherese senza alcun commento ufficiale da parte del governo.

«Denatificazione»

Szalay-Bobrovniczky ha dichiarato poi che la mossa favorirà «la meritocrazia e la competizione» nell’esercito, e renderà l’organizzazione generale più flessibile. Le liquidazioni sono avvenute sulla base di un decreto firmato da Viktor Orbán, che consente di licenziare gli ufficiali che hanno prestato servizio per più di venticinque anni e hanno almeno quarantacinque anni, con un preavviso di due mesi.

La deputata dell’opposizione e membro dell’Assemblea parlamentare della Nato, Ágnes Vadai, ha definito la decisione una «epurazione politica». Ex Segretario di Stato del ministero della Difesa, ha affermato che questo è un tentativo del governo di «deoccidentalizzare» le forze armate (una specie di «denatificazione», calcando linguisticamente la «denazificazione» millantata in questi mesi da Vladimir Putin).

Gli esponenti filogovernativi hanno contestato queste ipotesi, sostenendo che molti degli ufficiali erano stati promossi dall’inizio del mandato governativo di Orbán nel 2010; i licenziamenti sarebbero stati effettuati per fare largo a personale più giovane con maggiore esperienza internazionale. Tuttavia, se lo scopo è quello di rivitalizzare l’esercito con persone più giovani, è difficile spiegare perché il decreto di Orbán abbia posto il limite a quarantacinque anni, quando tutto si è fuorché anziani.

La revisione militare e politica si intreccia con gli aspetti economici, che vedono Orbán impegnato su diversi fronti, sempre insieme al fido Szalay-Bobrovniczky. I piani del primo ministro magiaro per l’industria della difesa sono stati chiariti l’anno scorso, quando ha partecipato a una cerimonia per le reclute dell’esercito: «Stiamo costruendo un’industria militare qui, in Ungheria, in grado di produrre armi moderne».

Il cerchio magico delle armi

Szalay-Bobrovniczky è considerato l’uomo giusto per attuare questa strategia, anche perché in passato ha partecipato al settore come investitore: nel 2021 ha acquistato una ditta produttrice di aerei della Repubblica Ceca, Aero Vodochody, con l’aiuto di un prestito da centocinquanta milioni di euro della Banca ungherese per lo sviluppo, di proprietà statale. Poche settimane prima della sua nomina, l’azienda ha ricevuto una commessa governativa di dodici jet da addestramento e ricognizione: un affare stimato in centottanta milioni di euro.

Il fatto che i cambiamenti significativi del personale siano stati eseguiti da Szalay-Bobrovniczky, un uomo d’affari senza competenze sostanziali nel campo della difesa, è forse più preoccupante se si considera che, prima di assumere l’incarico, era co-proprietario di una società con la russa Transmashholding (il cui ex presidente è ora sottoposto a sanzioni).

Ex leader di un think tank e di un settimanale filogovernativo, Szalay-Bobrovniczky ha mantenuto stretti legami con il Sistema di Cooperazione Nazionale (Ner), la rete di istituzioni e società private di Orbán che sta guidando lo sviluppo dell’industria della difesa ungherese. Dopo aver assunto l’incarico, ha venduto le sue quote nel produttore di aerei a un fondo di investimento controllato da Zsolt Hernádi, amministratore delegato del gruppo petrolifero Mol.

Quella di Szalay è soltanto una tra le tante figure coinvolte nel cerchio magico di Orbán. L’assegnazione di appalti pubblici alla cricca del premier ungherese, anche per progetti finanziati dall’Unione europea, sarebbe uno dei motivi per cui Budapest non è riuscita a sbloccare circa trenta miliardi di euro di fondi europei, nonostante i tentativi del premier di fare pressione su Bruxelles ritardando le sanzioni contro la Russia e l’assistenza finanziaria all’Ucraina.

Le mani sull’industria

Un esempio lampante dell’orbanizzazione economica e militare è 4iG, gruppo di telecomunicazioni quotato in borsa che ricopre un ruolo di punta nelle strategie per la difesa di Budapest. Per anni in perdita, nel 2018 l’azienda è stata acquisita da un amico d’infanzia di Orbán, Lőrinc Mészáros, uno degli uomini più ricchi d’Ungheria. Da questo punto in poi, 4iG ha siglato contratti statali che hanno innescato una rapida espansione: le entrate nei primi tre trimestri del 2022 hanno superato di circa dieci volte i numeri dell’intero 2017. Il prezzo delle sue azioni è salito da 40 fiorini (0,10 euro) nel 2017 a ben settecento.

Passata nel 2020 a un ex socio di Mészáros, Gellért Jászai, 4iG da allora ha acquistato l’operatore di proprietà statale Antenna Hungária, ha utilizzato prestiti statali per comprare le attività ungheresi di Vodafone e ha acquisito una serie di società di telecomunicazioni dei Balcani. L’azienda ha dichiarato che la sua partnership con il governo ungherese è limitata al settore delle telecomunicazioni, sebbene nel maggio scorso abbia firmato un accordo preliminare per la creazione di una joint venture con la tedesca Rheinmetall, finalizzato alla digitalizzazione delle forze armate ungheresi.

Qualunque siano le vere ragioni di questo sviluppo, le circostanze e il modo in cui è stato gestito dal governo evidenziano problemi più grandi e più radicati: di natura politica, non militare. Data la politica estera sovversiva di Orbán, è facile capire perché ci siano dei sospetti, e si teme anche che questi cambiamenti così repentini possano erodere ulteriormente la fiducia tra l’Ungheria e i suoi alleati.

Svuotare le istituzioni (per controllarle)

Orbán si è spesso espresso in maniera controversa sulle sanzioni occidentali e gli aiuti militari all’Ucraina, ha posto il veto a iniziative per avvicinare Kyjiv alla Nato e ha adottato un approccio indulgente nei confronti dei diplomatici russi.

Anche se i licenziamenti in sé non equivalgono a un’epurazione a sfondo politico, è difficile sostenere le ragioni del governo. Il Paese è attualmente lo Stato membro più corrotto dell’Unione europea secondo Transparency International, ed è possibile pensare che il decreto possa essere utilizzato per esercitare pressioni politiche sui giovani ufficiali che si avvicinano ai quarantacinque anni di età.

È improbabile che questi licenziamenti possano risollevare Budapest a livello militare. Proprio come nel caso del corpo diplomatico ungherese, che ha subito licenziamenti di massa e l’afflusso di una nuova schiera di funzionari con un approccio «orientato al business», c’è il rischio chiaro che le istituzioni chiave dello Stato, che garantiscono la sicurezza e l’etica dello Stato, si svuotino e vadano in crisi.

Incalzato dalla Fagnani, dice: "Canterò sempre per il popolo russo". Al Bano condanna la guerra ma difende Putin: “Ucraina sempre stata russa poi la Nato se n’è appropriata”. Redazione su Il Riformista l’8 Marzo 2023

“Vladimir Putin in qualche modo una buona parte di ragione ce l’ha. L’Ucraina è sempre stata sotto la giurisdizione russa, la Nato se n’è appropriata… Certo poi Putin ha anche torto”.  Lo ha dichiarato Al Bano, all’anagrafe Albano Antonio Carrisi, raccontandosi ai microfoni di Francesca Fagnani, durante la puntata di ieri sera di “Belve”. Si è parlato di musica, di famiglia, e di guerra… Quella che da più di un anno sta devastando l’Ucraina, mietendo dall’inizio del conflitto più di centomila vittime. “Questa guerra è terribile, squallida – ha detto ancora Al Bano – Io non approvo quello che Putin ha fatto, chi lo approverebbe? Invadere come ha fatto quel paese a me ha dato fastidio, e non solo a me”. Poi ha chiosato: “Io dico quello che in tanti pensano, ma che non hanno il coraggio di dire”.

La Fagnani chiede quindi se anche oggi sarebbe disposto a suonare le sue canzoni per Putin, e Al Bano risponde: “Io suono e canterò sempre per il popolo russo. Putin è un russo e io ho cantato anche per lui”. Dalla guerra all’amore, all’amore perduto, a quella figlia svanita nel nulla. Sulla scomparsa della sua Ylenia, Al Bano ha racconta commosso: “È stato l’unico momento dove sono diventato un anticristo, un anti – Dio. Mi sono sentito violentato da quella forza superiore che è Dio. Erano notti in cui per dormire prendevo il Lexotan. Erano quelle notti che non finivano mai neanche durante la giornata. Quel dolore che si fa sentire anche adesso. Ma io sono cristiano e mi sono detto: se lui l’ha perso e tutto continua, chi sei tu per ribellarti a questa realtà?'”.

L’allarme di Berlusconi: “Se si umilia Putin, mondo a rischio nucleare”. Paolo Guzzanti su Il Riformista l’8 Marzo 2023

“Sono stato io a convincere Putin a ritrarsi dalla Georgia nel 2008”. E aggiunse che nell’attuale mostruosa guerra in Ucraina col mondo che rischia l’apocalisse nucleare, si sarebbe aspettato di esser messo nelle condizioni di fare quel che poteva. Ero fra i commentatori di quella edizione e rimasi di stucco: come sarebbe a dire? Io nel 2008 lasciai Forza Italia frustrato dal sodalizio fra il premier italiano e quello russo mentre presiedevo la Commissione Mitrokhin e il mio informatore segreto Alexander Litvinenko era stato avvelenato e ucciso per ordine di Putin, e adesso sentivo Berlusconi fare una rivelazione sorprendente, per me, enorme.

Putin in quel mese d’agosto aveva lanciato un attacco militare contro a Georgia, il primo da Stato a Stato in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, nell’indifferenza generale sia in Italia e nel mondo. Ma è vero: Putin si era poi ritirato si era ritirato, lasciando qualche presidio di frontiera. Io ero rimasto profondamente deluso perché l’Italia, salvo una precipitosa riunione delle Commissioni Esteri di Camera e Senato, aveva lasciato correre, come tutti i Paesi del mondo occidentale. E adesso? Adesso mi trovavo di fronte al presidente del consiglio di allora, dichiarare che nel 2008 quando Putin mosse le sue truppe in Georgia, lui che aveva col presidente russo un noto e profondo rapporto personale, dice di averlo fermato.

È un fatto che Putin allora si fermò, anche se tutto rimase incandescente. Ma ignoravo, credo come tutti, che Berlusconi fosse entrato in gioco riuscendo a bloccare una guerra. Come? Eravamo ancora in diretta e io dissi: “Un momento, Presidente Berlusconi, abbiamo diritto di sapere come è andata e le chiedo una intervista”. Quella intervista non è mai avvenuta e penso che l’ex Presidente del Consiglio e fondatore del centro destra si sia chiuso nel suo piccolo castello di Arcore. Ho passato un paio di settimane a ristudiare i fatti di allora per metterli in relazione con la guerra di oggi e capire se e che cosa Berlusconi potrebbe fare davvero per fermare una guerra (quella ucraina con le due implicazioni cinesi a Taiwan) che proprio nella fase in cui si trova adesso, con massacro di Bakhmut in cui Putin e Zelensky sembrano giocarsi il tutto per tutto, potrebbe diventare nucleare.

La tesi di Berlusconi è che sono degli incoscienti tutti coloro che spendono fortune per mandare cari armati e cannoni all’Ucraina pensando di sconfiggere la Russia sul campo con le armi convenzionali, perché questa gente dissennata e incompetente non ha idea del temperamento di Putin. Berlusconi ha ripetuto in privato che “se gli lasciano come unica alternativa l’umiliazione e la sconfitta, Vladimir è il tipo che dirà: muoia Sansone con tutti i filistei e passerà all’arsenale atomico”. Molto preoccupato fino a rasentare la depressione, Berlusconi finge di scherzarci sopra: “Sarà meglio fuggire per la terra del fuoco, o costruirai un bunker con tutti i comfort nel guardino di casa?”. Qui non siamo nell’aneddotica: è realistico quello che pensa Berlusconi che conosce e frequenta Putin da un quarto di secolo? E che mantenga ancora quel tipo di relazione che può modificare sul corso degli eventi?

Il fondatore di Forza Italia è evidentemente frustrato e anche sbalordito perché l’attuale governo non lo ha messo nelle condizioni di agire sulla guerra e possibilmente fermarla. È rimasto malissimo quando con un colpaccio di maggioranza concordato col Terzo polo hanno affidato ad Ignazio La Russa presidente del Senato perché Berlusconi considerava la statura “istituzionale” della seconda carica dello Stato come quella più adatta per giocare tutte le sue carte europee e internazionali. E quando si è visto messo da parte anche in maniera scortese e anzi provocatoria si è chiuso in un mutismo addolorato e sdegnoso. Ma la questione resta aperta, perché non soltanto questa guerra ma le sue premesse che risalgono agli anni Novanta, agli accordi sulla Nato, al trattato di Budapest, agli accordi di Minsk.

Ho cercato di ricostruire qualche aspetto di quel che accadde nel 2008 quando avvenne la cosiddetta seconda guerra georgiana essendoci già stato un primo scontro tra Russia e Georgia nel 1991. Il secondo scontro avvenne nel 2008. Io avevo preceduto una commissione d’inchiesta sulle indebite influenze russe durante la guerra fredda in Italia ed ero rimasto scioccato dall’omicidio di Alexander Litvinenko che era un mio segreto è prezioso collaboratore dal quale la polizia italiana raccolse informazioni preziose su un ordigno che consentì di intercettare prima che fosse usato per un attentato. Da allora sono passati molti anni e dal febbraio del 2022 la guerra Ucraina è diventata un pantano di sangue per sacrifici umani pari a mille corpi al giorno. Il dilemma della ragione e del torno resta, e non è un dilemma. Ma come andrà a finire, è più che un dilemma, una apocalittica maledizione.

Se moriremo o no di morte atomica è un quesito inutile perché somiglia più all’esempio logico della meccanica quantistica dell’ipotetico gatto di Schroeder, chiuso in una scatola in cui o è già morto oppure è vivo, ma di cui non si può dire che forse è vivo o forse è morto.

Secondo Berlusconi, il presidente russo in alcun caso si lascerà sconfiggere e ha già alluso in maniera obliqua all’uso, se indispensabile per l’esistenza della Russia, delle armi nucleari. In queste ore tutti i grandi della terra che hanno conosciuto bene sia il primo Putin attratto dall’occidente, quasi convinto ad entrare nella Nato e nell’Unione europea, e il secondo Putin che poi ha avuto una mutazione a partire dalla guerra in Iraq. Vale la pena parlarne oggi? Il motivo è molto pratico e drammatico. La Storia non è determinata soltanto dall’economia ma da molte altre cose fra cui la stupidità, la sete di egemonia e persino dal fattore umano. Oggi trionfa sulle piattaforme il genere di romanzi in cui ci si chiede come sarebbe andata se il piccolo Adolf Hitler fosse stato strozzato in culla.

La Storia reale è più perfida: come sarebbe andata la Storia se il ventottesimo Presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, che capovolse le sorti della Prima guerra mondiale e che si piazzò a Parigi per due anni per rifare il mondo, non avesse contratto una forma cerebrale di “influenza spagnola” per cui diventò paranoico, pretendendo lo smembramento del popolo tedesco e aprendo così la strada a Hitler? Oggi, tutti si occupano di Putin per rispondere a domande senza risposta, mentre la guerra ristagna oggi a Bakhmut dove sia Putin che Zelensky, con le vite degli altri si stanno giocando la propria. Da ieri Evgenij Prigozhin, padrone dei mercenari del battaglione Wagner manda in giro un video in cui accusa l’esercito russo di non fornirgli le munizioni per cui annuncia che perderà Bakhmut e il ministro della difesa russo è piombato a Mariupol per contestare il suo migliore alleato e peggior nemico.

Mosca è divisa. L’Occidente anche. Zelensky è incerto fra salvare o far perire le sue truppe o durare un minuto più dei russi per innescare una crisi al Cremlino. Le diplomazie sono di fatto impotenti e la Cina, da grande minaccia per il mondo occidentale, si comporta da arbitro. Berlusconi dice di essere rimasto stupefatto per la spudorata franchezza con cui il presidente cinese si vanta di avere il controllo quasi totale dell’Africa e di aspirare al controllo dell’intero mondo. Lo aveva lasciato esterrefatto la totale miopia dell’occidente che rischia di suicidarsi prendendo parte alle contese nell’ex Unione Sovietica senza saper valutare l’attacco globale cinese.

Paolo Guzzanti. Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.

Secondo il ministro russo, l'ex premier "non intensifica le tensioni". Lavrov esalta Berlusconi: “Leader ragionevole, non dipinge tutto in bianco o nero”. Redazione su Il Riformista il 2 Marzo 2023

“Berlusconi leader ragionevole che non intensifica le tensioni”. Parole di Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo che esalta le recenti dichiarazioni dell’ex premier italiano sul conflitto in Ucraina dove rimproverava la premier Giorgia Meloni alla vigilia dell’incontro a Kiev con il presidente Volodymhyr Zelensky avvenuto a metà febbraio. “Io a parlare con Zelensky se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato – dichiarò Berlusconi – perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due Repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”.

Venti giorni dopo Lavrov, che in questi giorni si trova in India per partecipare al G20 e alloggia nello stesso albergo della premier Giorgia Meloni, ha voluto ringraziare pubblicamente il leader di Forza Italia: “Sentiamo le valutazioni e le dichiarazioni di tanti leader internazionali e politici con esperienza. Ovviamente, Silvio Berlusconi è uno di loro. È un uomo ragionevole che non cerca di dipingere tutto in bianco e nero, non cerca di intensificare tensioni nel mondo sotto lo slogan della lotta della democrazia contro l’autocrazia”. Poi aggiunge: “Berlusconi comprende la necessità di risolvere i problemi da cui dipende la nostra vita”.

La settimana Zelensky, durante la visita di Giorgia Meloni a Kiev, aveva commentato le parole del Cavaliere notando come le sue posizioni sul conflitto fossero dovute al fatto che “la sua casa non è mai stata bombardata”. Di recente Lavrov ha sottolineato come l’Italia, da Paese con le “relazioni tra le più amichevoli” con Mosca, si è trasformata rapidamente in uno “dei leader delle azioni e della retorica antirusse”.

Schlein, Vendola in pressing su Elly Schlein: "Pace e disarmo". Libero Quotidiano l’08 marzo 2023

Con la vittoria di Elly Schlein alle primarie dem, diversi ex esponenti di sinistra si sono rifatti vivi. Tra questi Nichi Vendola che, in un'intervista al Giorno, ha detto: "Questo cambio imprevisto al vertice del Pd è una cosa buona su cui investire. Lo dico da militante di un altro partito, cioè Sinistra italiana. Spero che con la nuova leadership democratica il “processo costituente” della sinistra del futuro possa cominciare davvero". 

 Secondo lui, però, è fondamentale che la nuova segretaria metta due cose in cima alla sua agenda: "Considero cruciale rimettere al centro di questo impegno due parole marginalizzate e neglette: pace e disarmo. Senza queste due parole è difficile persino nominarlo, il futuro. La sinistra ha il dovere di contrapporre alla visione distopica della bomba atomica la profezia della pace".

In ogni caso Vendola sembra avere fiducia nella Schlein: "Lei è innanzitutto l’espressione di una nuova generazione, di un nuovo linguaggio, di un nuovo paradigma della sinistra. Il suo pathos, la sua fisicità, la sua narrazione, tutto questo appare come una rottura profonda con l’immagine desolante di un Pd specchio dell’establishment: un partito malato di moderatismo e governista fino allo spasimo". Il suo compito, comunque, non sarà facile: "Elly rappresenta una sfida seria e difficilissima, direi quasi acrobatica e contronatura, rispetto all’attuale organizzazione del corpo democratico. Non si tratta solo di liberarsi dagli artigli dei cacicchi locali e dei signori delle tessere, e di purificarsi dalle degenerazioni trasformistiche o familistiche che macchiano la vita del Pd: si tratta soprattutto di ricostruire una visione e una prassi politica fondate sulla critica radicale del mondo che abitiamo, della sua forma economico-sociale, del moderno cannibalismo che produce".

Dagospia l’8 marzo 2023. Da “Un Giorno da Pecora - Rai Radio1”

Bossi mi disse che ero uno stronzo e che avevo portato nella Lega i fascisti? “E io gli ho risposi che tutti siamo un po' stronzi, e tra le due cose mi sento semmai più stronzo…” A parlare, ospite di Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, è il deputato Fi ed ex sindaco di Verona Flavio Tosi, intervistato da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro.

 Anche perché una cosa è un reato e l’altra no. “Non è più un reato definirsi fascisti, e l’apologia ad esserlo, essere fascisti non lo è secondo me”.  Quindi oggi si sente più l’uno o più l’altro? “Mi sento un po’ stronzo ed un po’ fascista, un pochino però”.

“La guerra è colpa di Zelensky, perché è lui che coi carri armati è andato dalla parte di là, su questo non ci piove”. A parlare, ospite di Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, è il deputato Fi ed ex sindaco di Verona Flavio Tosi, intervistato da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro. Onorevole - hanno fatto presente i conduttori - ma è Putin che ha invaso il paese. “Su questo non c’è dubbio. Però se ci fosse stato Poroshenko o un presidente politico forse non si sarebbe arrivati a questo punto”.

Putin è stato provocato secondo lei? “No. Ma ci sono le diplomazie, i servizi e tutta una serie di strutture per evitare di arrivare a quella conseguenza. Nel momento in cui il tuo leader è un comico forse certi schemi saltano, Zelensky non è capace di governare perché faceva il comico - ha affermato a Un Giorno da Pecora Tosi - non è in grado di gestire la situazione per mancanza di competenza”.

 La pensa in modo simile a Berlusconi sull’Ucraina. “Condivido in pieno quanto ha detto Berlusconi. Zelensky prima di fare il presidente, il giorno prima, faceva il comico. E forse poteva lavorare come comico nelle reti Mediaset invece che fare il premier. E’ un dato di fatto che se ci fosse stato un presidente diverso - ha detto Tosi a Rai Radio1 - probabilmente non ci sarebbe stata la guerra”.

Ma Zelensky è stato eletto democraticamente. “E che vuol dire? In Italia sono stati votati pure i grillini e poi se ne sono amaramente pentiti”.  Lei che soluzioni vede al conflitto ucraino? “La guerra finisce se Zelensky accetta di sedersi con Putin o viceversa. Bisogna sedersi ad un tavolo per arrivare alla pace, come ha detto Berlusconi, questa non è la nostra guerra, è il conflitto degli americani e dei cinesi”.

Le mie pistole? “Non ce l’ho dietro ovviamente, portarle in viaggio non è il massimo, le tengo solo a casa. Ne ho quattro, tre da difesa e una da poligono, a gas. Sul comodino, dove c’è l’abat jour, ne tengo una sola, la Pardini, senza il colpo in canna. Devi scarrellare e poi puoi sparare”. Lo racconta, ospite di Rai Radio1, a Un Giorno da Pecora, il deputato Fi ed ex sindaco di Verona Flavio Tosi, oggi ospite della trasmissione condotta da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari.

“Durante il giorno la pistola la metto nel cassetto, a casa siamo solo io e mia moglie, non ci sono bambini. Finora non ho mai sparato a nessuno ma se ci fosse qualcuno che entra in camera di notte, che non sia moglie, io sparerei”. Le è mai successo di alzarsi con la pistola per aver sentito dei rumori in casa? “Si, mi è capitato qualche volta di alzarmi di notte - ha spiegato a Un Giorno da Pecora Tosi - con la pistola in mano e le luci accese, per vedere se c’era qualcuno”.

“Ripudia la guerra”: al via il referendum popolare contro le armi all’Ucraina. Salvatore Toscano su L'Indipendente l’8 Marzo 2023

Un gruppo di cittadini si è costituito nel comitato promotore del referendum “Ripudia la guerra”, avviando la raccolta delle 500mila firme necessarie alla presentazione della proposta. Secondo i promotori, che fanno appello all’articolo 11 della Costituzione, le autorità italiane dovrebbero impegnarsi nei conflitti internazionali non mediante l’invio di armi bensì con un lavoro diplomatico volto a ottenere il cessate il fuoco e delle trattative di pace. Così sono stati elaborati tre quesiti riguardo l’abrogazione delle disposizioni sull’invio di armi all’Ucraina contenute nell’art. 2 bis della Legge 28/2022 e nell’art.1 della legge n. 8/2023; nonché delle disposizioni contenute all’art. 1, comma 6, lettera a) della legge 185/1990 che ammettono eccezioni al divieto di invio di armi ai Paesi in stato di conflitto armato.

«Riteniamo che nessun governo o anche parlamento possano ritenersi investiti della responsabilità di condurre il Paese in un conflitto che rischia di degenerare in modo irreversibile, senza interpellare la popolazione», ha dichiarato il comitato promotore del referendum “Ripudia la guerra”. Il riferimento è all’attuale guerra in Ucraina, salvo poi estendere la richiesta a una previsione generale. A tal proposito, i quesiti referendari intendono abrogare tre articoli di legge, o parte di essi. Il primo riguarda l’art. 1, comma 6, lettera a) della legge n. 185 del 9 luglio 1990, che vieta “l’esportazione, il transito, il trasferimento di armi verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere”. Il quesito intende eliminare l’ultima deroga, dunque “o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere”.

Il secondo quesito intende, invece, abrogare l’articolo 2 bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, nella parte afferente alla cessione delle armi a Kiev. Il terzo riguarda, infine, l’abrogazione dell’art. 1 del decreto-legge n. 185 del 2 dicembre 2022, riguardante la proroga della cessione delle armi all’Ucraina fino al 31 dicembre 2023. [di Salvatore Toscano]

Il rapporto degli italiano con la Guerra. La guerra tra Putin e le “truffe liberaldemocratiche” dell’Occidente e il ruolo da “pianeta a parte” dell’Italia. Paolo Guzzanti su Il Riformista il 5 Marzo 2023

Ho passato una notte allucinata seguendo quel che dicono e fanno i grandi paesi dell’Occidente discutendo della guerra. Potete farlo facilmente: si va su YouTube, si cercano le conferenze e i dibattiti e si passano le ore. Di che discutono? Faccio una sintesi senza nomi anche se ce ne sono di eccellenti come Tony Blair, i segretari di Stato americani, ambasciatori, giornalisti premi Pulitzer che svolgono un’analisi divertentissima se così si può dire.

L’intervistatore chiede: “Secondo lei Putin è sempre stato così?”. La risposta: “No, fino al 2004 era un tipo duro ma normale a tavola si parlava in maniera diplomatica e scherzosa. Sembrava uno dei nostri. Lo abbiamo invitato nella Nato e girava voce che la Russia sarebbe entrata nell’Unione europea “E allora? Quando è cambiato?”, è la naturale e successiva domanda. Un ambasciatore americano dice che Putin si infuriò per la guerra in Iraq e che fu lì che cambiò strada. Quasi tutti convengono che fu l’Iraq a mandarlo in bestia. Sì, ma da qui all’invasione dell’Ucraina il passo è lungo. E così, sul divertente palcoscenico di YouTube decine di testimoni, protagonisti e testimoni rimettono insieme i pezzi dell’accaduto degli ultimi vent’anni e ne viene fuori una storia che sembra avere un senso perché ci fu un giorno in cui il rigidissimo ma anche atletico e sorridente Vladimir Putin disse: “Voi occidentali e le vostre maledette truffe liberaldemocratiche mi avete rotto le scatole.  Da adesso rivoglio l’impero, sì proprio l’impero perché – l’ho detto e stradetto, non fate finta di non avermi capito – tutto ciò che fu russo nei secoli, russo deve tornare”.

Noi italiani siamo diversi, tant’è vero che anche il fascismo che voleva giocare agli imperi si mise sotto la luce del ridicolo e del brigantesco, Feroce ma mai serio. E se dobbiamo sbrogliare la matassa del nostro dna e scoprire come ci proponiamo davanti alla guerra, alle guerre, alla fermezza di fronte ai principi, si vede subito che siamo non solo un pianeta a parte, probabilmente un bellissimo pianeta ma i nostri abitanti somigliano ai personaggi più arcitaliani della nostra memoria: chi meglio di Gianburrasca può impersonare il lestofante burocrate che frega i soldi dalle tasche del fidanzato della sorella, o la guerra fredda raccontata da Giovannino Guareschi, che si fece qualche anno di galera per aver dato del traditore a De Gasperi, i cui deuteragonisti nella saga perfetta, don Camillo e Peppone, sono arcitaliani e, se occorre, anche con lo schioppo.

E capaci di inaudite e bastarde ferocie quasi sempre bastarde e vendicative, prive di decoro, salvo rari casi. L’atteggiamento di noi italiani nei confronti di una guerra, di questa guerra che sta dilagando per maree in tutto il mondo, somiglia e veste benissimo eroi del nostro Ottocento e Novecento, come il bambino di legno Pinocchio, ossessionato da una stalker punk con i capelli turchini, violentato in un campo di spacciatori detto “dei miracoli”, derubato degli zecchini d’oro del trafficante di esseri umani Mangiafuoco, impiccato a testa in giù come a piazzale Loreto e che poi, quando si rivolge al suo giudice si sente dire: “Povero ragazzo, sei chiaramente innocente, dunque ti condanno alla prigione”.

Forse fa eccezione quella disgraziata piccola vedetta lombarda che ogni mattino all’alba sale sul pero, grida “Gli austriaci! e cade con un fiore rosso che si allarga sulla sua fronte”. Sulla Grande Guerra sì, gli italiani trovarono la vera guerra ma fatta dalle nuove macchine mitragliatrici che da sole facevano il lavoro di una divisione e poi c’erano quegli altri soldati altrettanto italiani che stavano dall’altra parte in uniforme austriaca e che gridavano “Che tirè? No vedé che ghe z’è omini?” Da cui il canzoniere dell’orrore, “oh Gorizia tu sia maledetta”, “maledetti signori ufficiali, fuoco e mitragliatrici”, “cara madre ti scrivo morendo e quanto al capitano della compagnia i suoi alpini manda a chiamar per farsi dividere in pezzi dopo morto e spedire il cuore alla sua bella, ai suoi alpini gli manda a dire che non han scarpe per camminar, ma o con le scarpe o senza scarpe i miei alpini li voglio qua”.

Come colonialisti che si fanno un impero, sognano di farsi tutte le faccette nere trasformate in cheerleader da portarsi in parata e da trombare con comodo nella finzione di un matrimonio coloniale. Poi si entra nel buio profondo delle altre stragi di puro terrorismo sui civili.

Cavour mandò un minuscolo contingente sabaudo a combattere contro i russi in Crimea, ma fu qualcosa di simbolico: come dire “ci siamo ma non ci siamo”, o come la tenda sanitaria con cui l’Italia contribuì alla guerra delle Nazioni Unite contro la Corea del Nord ma condotta quasi esclusivamente dai soldati americani del generale Donald McArthur dalla pipa di schiuma e il bocchino di paglia di mais.

Per associazione inspiegabile: Alcide De Gasperi che a Vienna fu informato del fatto che l’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria, schierandosi con l’Intesa e il povero Alcide che nelle osterie di Trento aveva litigato a sangue sia con il socialista Cesare Battisti (che poi verrà impiccato in piazza come disertore asburgico), che col giovane attaccabrighe allucinato e affamato Benito Mussolini sempre col suo revolver in vista sulla tovaglia sul tavolo, ebbe un malore piangendo di vergogna davanti al primo ministro viennese incapace di consolarlo per dover tradire il suo impero, soltanto perché la sua madrelingua è di un Paese straniero di cui diventerà Primo ministro. Gli italiani, noi italiani, non abbiamo mai avuto modo di digerire, processare la guerra come frutto di cause. Per una sorta di salvaguardia naturale non ce ne importa storicamente nulla e nessun detto di bassa fureria fu più vero dell’abusato “o Franza o Spagna purché se magna”.

E invece, in queste ore – “as we speak, write and read”- una parte del mondo discendente dagli imperi (britannico, russo, cinese, ottomano) stanno discutendo con le diverse ma dialoganti mentalità imperiali sulla sorprese che la mancata fine degli imperi riesce ancora oggi a generare. Il loro argomento di discussione è: dove abbiamo sbagliato, chi ha sbagliato per primo, se si può riparare, e a quale condizione. E si sentono tutte le voci di sinistra e di destra ma che appartengono a uno spirito della tribus da cui siamo, o ci siamo voluti, tagliare fuori.

Quale il senso, ammesso che ne abbia uno, di quel che mi è capitato di osservare nella differenza fra gli altri e noi? La ricerca dell’auto accusa, la questione americana e quella europea, l’imperialismo di Putin che nulla ha a che fare con il Donbass perché lui rivuole la Santa Madre Russia: lo stesso spirito che distrusse l’equilibrio del suddito dell’Imperial regio governo Alcide De Gasperi, deputato a Vienna, quando apprese che la sua patria linguistica era in guerra con la sua patria imperiale.

Paolo Guzzanti. Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.

L’Ucraina proibita. La manifestazione antifascista di Firenze senza la vera grande battaglia contro il fascismo russo. Carmelo Palma su L’Inkiesta il 6 Marzo 2023.

Sabato hanno marciato tutte le diverse componenti del mondo progressista di osservanza demo-populista, ma non c’erano bandiere della resistenza di Kyjiv, il vero simbolo dell’antifascismo europeo

Ci si può certamente appassionare – chi siamo noi per giudicare – a quella pagina esemplare di monopolarismo bipopulista rappresentata dalla mobilitazione indignata contro il pericolo “fascista” e “comunista”, parteggiando per la sussiegosa retorica del compagno rettore Montanari, che parla melonianamente da padre di uno studente del Liceo Michelangiolo, nella parata della #FirenzeAntifascista, o per le geometrie variabili, con cui il ministro Valditara nobilita o liquida l’epistolario anti-violenza dei dirigenti scolastici alle prese con una patetica riedizione del “settantasettismo” destrorso e sinistrorso: bravo il preside milanese a bacchettare chi lo ha raffigurato a testa in giù, cattiva la preside fiorentina insorta contro il pestaggio dei post-camerati vicini o interni al partito della madre, italiana e cristiana presidente del Consiglio.

Una riflessione più fredda e meno appassionata, ma più veritiera, dovrebbe portare a concludere che la ragione di tutto questo calore, di tutta questa indignata militanza contrapposta continua – esattamente come ai tempi (non) eroici della violenza politica rossa e nera – a poggiare su una denegata contiguità e parentela tra questa destra e questa sinistra nel modo di intendere il rapporto tra i mezzi e i fini e di giustificare i primi alla luce dei secondi. Per gli uni e per gli altri, il problema della violenza cambia con il colore della violenza.

Solo questo spiega perché il partito di maggioranza relativa non abbia pensato di dire una parola sulle violenze che hanno visto protagonisti non dei provocatori, ma dei – chiamiamoli così – camerati che sbagliano, e perché d’altra parte nella manifestazione dell’antifascismo ufficiale, con tutti i leader della sinistra politica e sindacale bella e buona in prima fila, gli slogan tipo «Tito ci ha insegnato che uccidere un fascista non è reato» continuano a essere ascoltati con divertimento o con fastidio, ma non con sdegno, non con un senso di estraneità tale da allontanare questi antifascisti retrò, anche se giovanissimi, da un corteo teoricamente super-democratico.

Ma veniamo al punto centrale, in una prospettiva attualmente antifascista. A Firenze hanno marciato tutte le diverse componenti della composita koinè progressista di osservanza demo-populista. C’era il Partito democratico, c’era il Movimento 5 stelle, c’era la Cgil, c’era l’Arci, c’era l’Anpi, c’erano – qualunque cosa significhi – i movimenti, c’era il ceto medio riflessivo, c’erano gli antagonisti pavloviani nei loro riflessi anti-imperialisti, c’erano tutti i colori dello spettro antifascista nazionale e c’erano ovviamente i pacifisti. C’erano le immancabili bandiere palestinesi e di tutti gli infiniti rivoli della diaspora comunista.

Non c’era però una bandiera dell’Ucraina, che è oggi la vera frontiera della resistenza antifascista europea. Il compenso c’erano svariati censori dei “fascisti ucraini”, che per gli antifascisti di rito anpista-pagliaruliano sono quelli che si difendono dall’aggressione putinana, ma hanno il torto inemendabile di farlo con i soldi e le armi degli alleati atlantici, quindi, secondo la vulgata, del fascismo vincente nell’eterno dopoguerra europeo e planetario.

Non c’era una bandiera ucraina, non c’era uno striscione pro Ucraina e non c’è stata una parola e un briciolo di solidarietà e di commozione per l’esempio di una vera Resistenza di popolo e democratica (in questo certamente diversa da quella italiana, popolata da furbissimi partigiani del 26 aprile e di stolidi banditori di distopie totalitarie).

Cosa questo significhi è troppo chiaro ed eloquente: che l’antifascismo reale è oggi letteralmente proibito nelle piazze della bella gente antifascista della sinistra italiana e che la sua presenza sarebbe suonata sabato addirittura provocatoria, di fronte al generoso sforzo di unità di Elly e Giuseppe che, pronubo Maurizio Landini, si parlavano nell’orecchio, si abbracciavano e si sorridevano.

Le dovute differenze. Il putinismo della destra e il collaborazionismo della sinistra che fa propaganda per l’aggressore. Iuri Maria Prado su L’Inkiesta il 6 Marzo 2023.

Le simpatie e gli interessi dei Berlusconi e dei Salvini per l’autocrate russo sono indecenti, ma chi è diventato il megafono della propaganda del Cremlino ha dichiarato guerra a noi stessi

C’è una differenza enorme tra il putinismo che via via è andato sbrigliandosi a destra – nel cedimento delle inibizioni che l’evidenza delle colpe e lo scandalo iniziale degli eccidi frapponevano alla voglia matta della soluzione finale – e un governo di persone perbene messo al posto di quello dei drogati e degli omosessuali di Kyjiv.

Una differenza enorme, dicevo, c’è tra quel riformularsi in progress e sempre meno verecondo delle antiche predilezioni amicali e affaristiche di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, da un lato, e il collaborazionismo pacifista che dall’altro lato, e ormai da un anno, si è fatto ripetitore della propaganda degli aggressori e ha trovato nella guerra all’Ucraina l’occasione per riaffermare una dopo l’altra tutte le proprie qualità essenziali – il ripudio della verità e il richiamo invincibile a farne contraffazione, l’odio irriducibile verso la libertà e verso l’ambizione altrui di difenderla, l’estraneità aggressiva e budellare alle ragioni del diritto e la pretesa di vederle sostituite dalla regola della forza che a fin di bene, a fin di giustizia, a fin di pace, si impone con i massacri, con gli stupri e con le deportazioni sugli intollerabili vagheggiamenti di democrazia degli insubordinati al dovere morale della resa.

Non è la stessa minestra. Le simpatie e gli interessi che legano certuni ai plenipotenziari di quel sistema autocratico hanno lo stesso effetto del pacifismo collaborazionista, ma di quest’ultimo non condividono la causa per così dire costituzionale, l’origine sistematica, l’attitudine a farsi programma politico. La t-shirt con il profilo del denazificatore non ha la portata, né l’intenzione, della vignetta che raffigura Volodymyr Zelensky col braccio fasciato di svastica. Lo sproloquio sulla guerra che comincia per le avidità territoriali ucraine non ha il significato, né l’obiettivo, delle teorie cospirazioniste che l’accademia malvissuta ha messo in scena in un anno di teatro sui crimini dell’occidente.

Sono differenze che non descrivono differenti gradi di colpa, anche perché quelli che ne sono rispettivamente portatori si consorziano in un fronte comune, come abbiamo constatato recentemente. Ma sarebbe un errore capitale considerarle una stessa cosa. Una è complicità da clan, una specie di favoreggiamento parentale, l’altra è la guerra aperta a tutto ciò che dovremmo essere e rappresentare.

"Comunismo unica soluzione". Tornano i volantinaggi rossi porta a porta. Volantini dei "Circoli operai" dei "Comitati internazionalisti" sono stati distribuiti casa per casa in Lombardia con richiami al comunismo proletario di Marx. Francesca Galici il 6 Marzo 2023 su Il Giornale.

Formalmente siamo nel 2023 e abbiamo messo cinquant'anni tra noi e gli Anni di piombo, quei bui anni Settanta che nessuno pensava mai di poter rivivere, nemmeno lontanamente, nemmeno nel vago retrogusto di un rigurgito di violenza. Eppure, gli scontri nelle piazze, l'anarchismo violento che rialza la testa, le lotte politiche nei licei che tornano a far notizia e quel sentore di strategia della tensione che torna prepotentemente. Se poi, a questo, si aggiunge anche il volantinaggio casa per casa, il risultato è un vero e proprio salto nel passato.

Questa mattina abbiamo ricevuto un volantino dei "Volontari dei circoli operai, comitati internazionalisti" dal titolo "A ogni governo il suo naufragio e le lacrime di coccodrillo". Già da qui è evidente il tentativo di strumentalizzare la tragedia di Cutro a fine politico ma questo è quanto fanno, da una settimana ormai, quasi tutte le forze politiche dell'opposizione e le Ong. Quindi, niente di nuovo su questo fronte. A colpire maggiormente del volantino che è stato consegnato casa per casa, lasciato davanti agli usci degli appartamenti dei palazzi in una domenica di marzo, è il registro linguistico utilizzato per vergare il manifesto. "Che l'imperialismo sia nemico della vita in molte direzioni è un fatto risaputo. Dalle trincee del Donbass fino alle spiagge del Mediterraneo, la borghesia alimenta le sue mortali contraddizioni", si legge nell'incipit del manifesto, che si rifà evidentemente alle parole d'ordine del Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, redatto nel lontano 1848.

Nel volantino di parla di "padroni", "parassitismo", "palazzi del potere" e di "eserciti di sgherri". I "volontari dei circoli operai" che hanno redato il documento attaccano con medesima veemenza tutti i partiti dell'arco parlamentare: "I partiti parlamentari di destra, di sinistra, progressisti, sovranisti e populisti hanno edificato in questi anni una politica spietata". Si riferiscono alle politiche d'immigrazione "ascopo elettorale", alle lacrime versate "per spillare ancora un po' di soldi a Bruxelles". Secondo questi nuovi volontari rossi, tutti gli esponenti politici "seminano razzismo verso i più deboli e i più deboli e raccoglieranno disprezzo".

Quindi, ecco la chiamata, immancabile in questo genere di manifesti: "Nei posti di lavoro, su banchi di scuola, nei quartieri delle città di tutto il Continente una vera e propria classe internazionale sta crescendo". La conclusione, poi, svela la vera natura di questi volantini: "L'internazionalismo è l'unica via, il comunismo l'unica soluzione".

La "Net War" tra Ucraina e giornalismo: così guerra e informazione si influenzano. Federico Giuliani su Il Giornale il 1 Marzo 2023.

Le armi con cui viene condotta la guerra in Ucraina coincidono con le infrastrutture digitali dell’informazione. Lo ricostruisce Net-war. Ucraina: come il giornalismo sta cambiando la guerra, l'ottimo libro di Michele Mazza

Tabella dei contenuti

 Informazioni e tecnologie: le nuove armi

 L'importanza della comunicazione

 Net-war

La guerra che si sta combattendo in Ucraina ha segnato uno spartiacque nella storia dell'Europa. Tralasciando gli aspetti geopolitici e militari, questo conflitto è il primo caso di guerra ibrida a tutto campo. Dove il combattimento sul terreno si svolge nel contesto di una strategia di comunicazione che va oltre la semplice propaganda e si trasforma in logistica militare. Lo ricostruisce alla perfezione Net-war. Ucraina: come il giornalismo sta cambiando la guerra, l'ottimo libro di Michele Mazza appena uscito per Donzelli Editore.

Informazioni e tecnologie: le nuove armi

Sono innumerevoli gli esempi che possiamo citare, ricostruiti alla perfezione in un testo tanto approfondito quanto scorrevole. I gruppi privati come quello di Elon Musk, Google e Microsoft diventano vere e proprie potenze geopolitiche, offuscando il ruolo militare di interi apparati statali.

Le armi con cui viene condotta la guerra in Ucraina coincidono con le infrastrutture digitali dell’informazione. Siti web, smartphone, droni, sistemi di geolocalizzazione e piattaforme social sono strumenti che hanno costituito il principale arsenale del confronto fra i due eserciti sul campo. Le forze di Kiev, facendo leva proprio su questo, hanno localizzato e colpito con estrema precisione i soldati del Cremlino, anche grazie al supporto diretto della popolazione che rimaneva connessa (persino sotto i bombardamenti).

L'importanza della comunicazione

E poi c'è' da considerare la comunicazione. Già, perché le azioni militari vengono strategicamente studiate e messe in atto proprio pensando al loro effetto comunicativo, perché il modo in cui verranno raccontate determinerà la percezione del conflitto e, in ultima analisi, il suo esito. Se non è una novità che la comunicazione della guerra sia un terreno cruciale e delicato, oggi essa è diventata l’oggetto del contendere, sottolinea il libro di Mazza.

La censura applicata ai media russi, dove la stessa parola "guerra" è bandita e va sostituita con l’edulcorata definizione di "operazione militare speciale", è l’esempio più lampante di un giornalismo che ha perso il suo carattere di autonomia. Ma ciò che accade in Russia, in forme diverse e meno radicali, sta avvenendo anche da noi.

Come nota l’autore, con la guerra in Ucraina il giornalismo diventa tutto embedded, non solo per un’integrazione di ogni mediatore con una delle due parti, quanto perché l’informazione, per i suoi strumenti e le sue tecnicalità, si confonde e si combina con la cyber security, lo scontro sulla sovranità di memorie e contenuti digitali.

Net-war

La manomissione dell’evidenza di immagini e news ci dice che siamo oltre il contrasto rispetto a un supposto mainstream ideologico, siamo nel pieno della guerra ibrida teorizzata proprio dalla Russia. In questo scenario, l’informazione che scorre in rete è il prolungamento del perenne conflitto che i due schieramenti animano, attaccando e inibendo le risorse del nemico.

Tutto questo porta a un cambiamento epocale nel giornalismo, dove a mutare radicalmente è il rapporto tra la redazione e le fonti: le notizie sono alluvionali testimonianze civili, che affiorano in abbondanza dalla rete e devono essere validate e contestualizzate più che rintracciate.

In questo gorgo il giornalista si misura innanzitutto con la sua autonomia da saperi e competenze tecnologiche che tendono a soverchiarlo, trasformandolo in un funzionario del sistema di calcolo che si afferma mediante "interferenza nelle psicologie altrui". La Net-war è dunque "mediamorfosi" che trasforma guerra e giornalismo in una contesa matematica.

Dezinformacija. Chi sono i putiniani italiani e come funziona la loro narrazione anti occidentale. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta l’1 Marzo 2023.

Esponenti di estrema destra e sinistra veicolano la propaganda del Cremlino adattandola alle corde più sensibili della nostra opinione pubblica, ma i temi sono talmente ripetitivi e deboli che diventa facile capirne la fonte comune, basta saper guardare con attenzione

«Più di mille persone hanno protestato contro le sanzioni anti-russe davanti a una base Nato in Italia. L’azione è stata organizzata dall’associazione socio-politica Italia Unita, in collaborazione con il partito Russia Unita». Così la Tass riferì della «Manifestazione 20221218 Aviano – Italia fuori dalla guerra», con l’adesione di una cinquantina di sigle, sia di sinistra che di destra. Organizzatore Amedeo Avondet: un ex-esponente di Fratelli d’Italia spesso presente sulle tv russe, che scrive sulla stessa Tass. 

Un esempio che è stato il culmine di «La critica di matrice filo-Cremlino alla Nato nell’ecologia mediatica italiana»: l’intervento che Giovanni Ramunno, generale dell’Esercito e giornalista, già consigliere militare per la comunicazione del Presidente del Comitato Militare dell’Unione Europea, ha svolto lunedì nel corso di «Dezinformacija e misure attive: le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia sulla NATO, le politiche estere e di sicurezza dell’Occidente, e i rischi di guerra nucleare». il zecondo di tre incontri che l’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici ha organizzato su «Dezinformacija e misure attive: le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia» e di cui il primo appuntamento c’era stato il 26 gennaio.

«I filo-putiniani sono di destra e di sinistra», ha spiegato infatti Ramunno. «I filo-putiniani sono la destra e la sinistra estrema con i sovranisti». Ricordata una serie di studiosi sul tema delle «narrative» – da Alec Fischer a Jerome Bruner, Alister Miskimmon e William Labov – ha spiegato come, utilizzando determinate metodologie, sia relativamente facile individuare l’origine russa di alcune «narrazioni» oggi presenti nei discorsi di contestazione al sostegno per l’Ucraina. Una, ad esempio, è quella della «gabbia di ferro» in cui Paesi come l’Italia sarebbero costretti da organizzazioni come Nato e Ue. Un’altra, quell’«abbandono» cui l’Italia e altri Paesi sarebbero stati lasciati da queste organizzazioni di fronte a problemi come il Covid o il rincaro delle bollette che per via delle sanzioni veniva annunciato come inevitabile. 

Due appunti in teoria opposti, quelli di essere troppo o troppo poco presenti allo stesso tempo. Ma è caratteristica della «dezinformacija» russa quella di dire allo stesso tempo cose anche opposte.

Ma confrontiamo alcune dei messaggi che Ramunno ha presentato nelle sue slides. «Fermiamo i golpisti di Kiev. La Federazione Russa sta attuando un’azione di autodifesa contro le continue provocazioni dei golpisti di Kiev e della Nato.». E questo è il «Veneto serenissimo Governo. Ufficio di presidenza». Eredi dei separatisti veneti che loro sì avevano «rappresentato» un grottesco tentativo di insurrezione con l’assalto del «tanko» fatto in casa contro il Campanile di San Marco. 

«La Nato, come altre simili organizzazioni politico-militari in zone diverse dello scacchiere mondiale, è il cane da guardia degli interessi dei monopoli, pronta a osannare chiunque osi contraddire il diktat imperialista. I costi della guerra imperialista, mascherate da missioni di pace, vengono anch’essi scaricati sulle masse popolari, costrette a pagare il conto della spartizione della ricchezza mondiale tra le borghesie imperialiste. Negli ultimi tre decenni, abbiamo dovuto assistere alle continue iniziative belliche della Nato, organizzazione mondiale dell’Occidente capitalistico posta sotto stretto controllo statunitense». Questo è il Pci: partito creato nel 2016 con l’ambizione di essere l’erede della vecchia sigla disciolta da Achille Occhetto, e che alle ultime politiche non è arrivato ai venticinquemila voti alla Camera. 

«Una scellerata classe politica, culturalmente succube degli Stati Uniti d’America, ha accettato servilmente un modello antropologico illuminato e rafforzato dalle direttive economiche e politiche dell’Unione Europea. I politici italiani, deresponsabilizzati dalla pseudocultura individualistica e sovranazionale hanno scelto la fellonia di tutelare gli interessi di potentati economici stranieri». Questa è Riconquistare l’Italia: sigla che alle ultime elezioni assieme al Partito Comunista di Rizzo ha fatto parte del cartello Italia Sovrana e Popolare di Antonio Ingroia.

«Non temo tanto i servizi ucraini ma anche quelli americani e/o occidentali, noti per le loro pratiche provocatorie. Continuerò la mia lotta contro la guerra e le sanzioni, sapendo di avere con me la maggioranza degli italiani». Questo è Roberto Fiore, il leader di Forza Nuova arrestato per l’assalto alla Cgil.

«La Nato è il protagonista e il creatore di dozzine di conflitti in tutto il mondo, travisando la sua vocazione difensiva mutandola in operatività offensiva e militare». Questa è La Pekora Nera: sito di una Federazione Popolo Sovrano che si è mobilitata in particolare contro il Green Pass. In particolare su questo testo sottolinea Ramunno che «è un messaggio russo. Andate in qualsiasi giornale russo e troverete questo». 

«La trasformazione della Nato da organizzazione militare difensiva nordatlantica a organizzazione militare offensiva mondiale guidata dagli Stati Uniti avrà profonde conseguenze geopolitiche internazionali in tutto il mondo, ma soprattutto in Europa». Questo è resistenze.org, del Centro di Cultura e Documentazione Popolare. Organizzazione che si proclama apartitica per «la salvaguardia e la diffusione della cultura e della memoria dei movimenti sociali che lottarono e lottano contro le disuguaglianze sociali e la guerra, in particolare del movimento operaio italiano e internazionale, dell’antifascismo e dei movimenti per la pace».

«Non che qualcuno abbia mai veramente creduto che questa Europa potesse svincolarsi dal padrone di oltre Atlantico». Questo è Primato Nazionale, testata di CasaPound. 

«Occorre ribadire che, sul, piano geopolitico, il nemico sono gli Usa, non la Russia. E che l’Italia dovrebbe uscire il prima possibile dalla Nato ed evitare il proprio ingresso in qualsivoglia guerra». Questo è Diego Fusaro: noto turbo-filosofo rosso-bruno, ma citato «in maniera asettica», ricorda Ramunno, da un quotidiano un tempo fanfaniano e andreottiano come Il Tempo.

«Fermiamo la guerra né con Putin né con la Nato». Questa è Rifondazione Comunista. Che prende le distanze apparenti da Putin ma ignorando del tutto l’Ucraina. 

«La nostra lotta contro la Nato è una lotta contro le forze di occupazione. Fermiamo la guerra via le basi dai nostri quartieri. L’alleanza militare offensiva è stata al centro del conflitto in corso in Ucraina, che ha portato molti a mettere in discussione l’alleanza stessa e cosa significhi farne parte». Questo è Giuliano Brumetti di Potere al Popolo, che parla delle prospettive della sinistra italiana citato l’Ucraina come mero teatro di conflitto, e lui senza prendere alcuna distanza.

«Ci opponiamo alla Russofobia, all’invio di armi agli ucraini, alle sanzioni che danneggiano la nostra economia. E ai diktat imposti dall’Unione Europea e dalla Nato”. E questo è appunto, Amedeo Avondet,  presentato come top per la serie di manifestazioni organizzate a partire da quella di Torino del 13 maggio, in cui è stata spesso presente o ha comunque mandato il suo messaggio Irina Elyfiorova, capo del dipartimento Agitazione e Propaganda della sezione moscovita di Russia Unita. Ripetiamo: a manifestazioni in Italia. Proprio lei, ricorda Ramunno, il giorno dopo la prima manifestazione lo accredita come giornalista della Tass. «Colui  che parla e che porta il verbo», chiosa sempre Ramunno Tass a parte, le sue iniziative sono riportate da Ria Novosti: «In Italia si sono svolte manifestazioni all’insegna dello slogan “Nato e Ue, lasciateci in pace”». E da Izvestia, collegata con il mondo militare russo: «In Italia si sono svolte proteste contro la politica delle autorità nei confronti dell’Ucraina».

Genova, in migliaia contro la guerra: la Digos ferma il treno dei manifestanti. Valeria Casolaro su L'Indipendente il 27 febbraio 2023.

Sono centinaia le iniziative che hanno avuto luogo in tutta Italia nel fine settimana per chiedere la fine del conflitto in Ucraina e lo stop all’invio di armi a Kiev. Il corteo più numeroso, con alcune migliaia di persone a prendervi parte, è stato quello di Genova contro il transito di armi che avviene nel porto cittadino. Convocato dai portuali genovesi, vi hanno preso parte studenti, operai, attivisti afferenti a varie realtà e i sindacati di base SI COBAS e USB, oltre a Rifondazione, Potere al Popolo, Unione Popolare e Uniti per la Costituzione. È la prima volta in cui un corteo riesce ad attraversare l’area portuale di Genova, il cui ingresso è in genere consentito solamente agli addetti ai lavori. Nonostante la manifestazione, come tutte le altre svoltesi nel corso del week end, sia stata pacifica, i manifestanti hanno denunciato il blocco da parte della Digos di un treno carico di persone dirette al corteo.

“Questo è lo stato della democrazia del nostro paese – il supposto modello di libertà che la nostra classe politica vorrebbe esportare nel mondo – dove le forze dell’ordine decidono arbitrariamente di ostacolare la libera partecipazione a iniziative pacifiste, dato che a quanto pare non può essere messa in discussione la linea politica guerrafondaia occidentale” si legge nel comunicato diffuso dalla sezione torinese di Potere al Popolo. Il treno è stato lasciato partire intorno alle 12.30. Numerose altre iniziative hanno potuto contare su una forte partecipazione cittadina: a Milano italiani e ucraini sono hanno sfilato in corteo per la città intonando l’inno nazionale ucraino, per fermarsi di fronte ai gradini del Duomo. Corteo molto partecipato anche a Roma, dove a reggere lo striscione di Europe for Peace vi erano, tra gli altri, il segretario della CGIL Maurizio Landini e il sindaco Roberto Gualtieri. Nella capitale si è anche svolta, in serata, una fiaccolata che ha percorso via dei Fori Imperiali per arrivare fino in piazza del Campidoglio. Anche a Niscemi, in Sicilia, centinaia di persone si sono ritrovate, nonostante il maltempo, per manifestare contro la guerra e contro la militarizzazione del territorio e delle scuole siciliane. Migliaia di persone in piazza anche a Napoli, dove il corteo è stato organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, insieme al Comune di Napoli e all’Arcidiocesi. [di Valeria Casolaro]

Ucraina, perché è sbagliato criminalizzare i “putiniani d’Italia”. Fioccano i richiami all’indelebile antiamericanismo anche da parte di politici e giornalisti. Dino Cofrancesco su Nicola Porro .it il 26 Febbraio 2023,

“Chi non ‘è con me è contro di me”, si legge in ‘Matteo’ 12,30. Le parole di Gesù avevano un senso, per i credenti, giacché essere contro di lui, significava stare dalla parte dell’Inferno. Con la ‘secolarizzazione’, però, non ci sono più potenze demoniache e schiere angeliche che le combattono ma è rimasto il senso religioso di un mondo diviso in buoni e cattivi. “Qui non est mecum contra me est!” Chi non condivide i miei valori è mio nemico. Un manicheismo che può considerarsi l’ultima traccia delle età teologiche. ”Chi non è con noi è contro di noi”, ammonì Benito Mussolini nel discorso di Roma del 24 marzo 1924. La grandezza della democrazia liberale sta nell’aver trasformato il nemico (ontologico) in un avversario politico al quale è riconosciuto il diritto di dire ciò che vuole, di associarsi con chi crede, di criticare liberamente  il governo, senza dover temere sanzioni: purché, naturalmente, rispetti le regole del gioco.

È un “costume della mente e un abito del cuore”, per citare Tocqueville, che da noi non hanno mai messo solide radici giacché il pluralismo, che ha in mente la cultura politica italiana, è una tavolozza con le diverse tonalità di un unico colore. È vero che, in linea di massima, sono tutti ammessi nel dibattito pubblico ma ciò che si esige da quanti provengono da formazioni non liberali è un’abiura certo comprensibile, se limitata al giuramento di fedeltà alla Costituzione e al riconoscimento dei ‘delitti contro l’umanità’, di cui si erano resi colpevoli i partiti ai quali si era aderito un tempo, sennonché tale abiura è resa assurda da richieste degne di un Inquisitore.

Il ‘velen dell’argomento’, infatti, sta nel ‘non accontentarsi’, nel  dire: ‘non basta’, “è troppo comodo condannare oggi certe pratiche se non vengono fatte risalire alla natura stessa dell’ideologia dalla quale sono nate”. Meloni, La Russa e altri possono pure definire le leggi razziali una pagina nera della storia italiana, possono pure ritenere che l’Asse Roma/Berlino sia stato un delitto contro il Risorgimento e la sua filosofia civile: non basta, dovrebbero aggiungere che fin dai giorni di San Sepolcro quelle scelte tragiche erano iscritte nel dna del fascismo.

Nessuno, a quel che mi risulta, ha rilevato il carattere grottesco di tale pretesa. Ammettiamo pure che fin dalle origini Mussolini pensasse a una politica antisemita (nonostante il seguito che i fasci ebbero tra gli ebrei italiani, sol che si pensi al grande antichista Arnaldo Momigliano) ma chi autorizza il politico, il giurista, il maître-à-penser dei giornaloni, a farsi storico? Ai comunisti che, in buona fede, si dissociano dallo stalinismo e lo ritengono un tradimento rispetto a Marx e a Lenin, diremo che, in realtà il totalitarismo era connaturato a Rousseau e all’ideologia giacobina che indubbiamente ispirarono il Manifesto del partito comunista del 1848? Lo riteneva un grande storico Jacob L. Talmon (v. la sua opera magistrale Le origini della democrazia totalitaria del 1952) ma perché dovrebbero pensarlo i custodi delle istituzioni che credono ai comunisti, quando questi dichiarano la loro estraneità ideale ai gulag e allo stalinismo? Si pretende forse che siano tutti d’accordo con Talmon e che la loro lealtà costituzionale venga accertata da un esame di storia moderna e contemporanea?

Il copione si rinnova oggi con la guerra in Ucraina. Ormai è caccia aperta ai ‘putiniani d’Italia’ e fioccano i richiami all’indelebile antiamericanismo anche da parte di politici e giornalisti che di quell’antiamericanismo in passato hanno dato un massiccio contributo di idee e… di cortei. È proprio vero che, nel nostro paese, la vergogna è stata da tempo messa al bando. Alle innumerevoli voci (non proprio) bianche di questo coro — v. il Corriere della Sera, la Repubblica, La Stampa con i suoi satelliti regionali, La Ragione, Il Foglio etc. etc. — vogliamo chiedere, sulla linea del ‘non basta’: se si considera (come considero io) Putin un gangster internazionale, l’aggressore di uno stato sovrano, un cinico giocatore sulla scacchiera internazionale, si è tenuti a sottoscrivere le visioni apocalittiche di una civiltà occidentale, democratica e liberale, minacciata dall’eterno dispotismo orientale?

Chi non sta con Angelo Panebianco, Antonio Polito, Giuliano Ferrara, Adriano Sofri etc etc. diventa una quinta colonna del nuovo Ivan il terribile? A scanso di fraintendimenti (che non mancheranno), gli argomenti usati contro i ‘pacifisti’ hanno un loro peso e vanno considerati seriamente: si vis pacem para bellum, bisogna procurare tante e così gravi perdite ai russi da indurli a sedere al tavolo della pace, i discorsi ufficiali del Cremlino non lasciano intravedere vie di uscita etc. etc. Ma da qui se ne deve dedurre che quanti non sono del tutto convinti di tali argomenti – e pensano, ad es., che se un rapinatore armato entra in una banca e minaccia di uccidere tutti e far saltare il locale è meglio venire a patti—sono persone scriteriate se non in malafede? Qualcuno ha scritto ironicamente, riportando i discorsi dei presunti putiniani’: “Ma davvero vogliamo rischiare l’olocausto nucleare per non voler cedere la Crimea a Mosca e non fare del Donbass l’Alto Adige ucraino?” E se così fosse, ammesso  e non concesso che Putin se ne accontenterebbe?

Forse non si ha presente che Crimea e Donbass non sono regioni omogenee dal punto di vista etno-culturale, come sarebbero un Lazio e una Toscana qualora venissero invase da un rinato Impero austroungarico. È la tragica convivenza tra popoli diversi che scatena le guerre e la seconda guerra mondiale ne è un esempio. “Sui libri di storia – si legge ne La Ragione – c’è la vicenda dei Sudeti consegnati alla Germania hitleriana: forse converrebbe tornare a consultarli”. Certamente ma soprattutto per rendersi conto che l’annessione dei Sudeti (4 milioni di tedeschi) alla Cecoslovacchia fu uno dei tragici errori della infelice  Pace di Versailles, in violazione, tra l’altro, del principio di nazionalità fatto valere dal presidente Woodrow Wilson.(a tali violazioni non si sottrassero gli italiani, quando occuparono l’Alto Adige tedesco, briciole del pingue bottino di guerra assegnato agli altri vincitori della  Grande Guerra).

Forse è venuto il momento di dare un taglio alla caccia alle streghe e allo stanamento dei putiniani sotto mentite spoglie democratiche. Le ‘buone ragioni’ stanno sia  dalla parte degli occidentalisti che vorrebbero piegare l’orso russo sia di quanti mettono in guardia (Silvio Berlusconi, Vittorio Sgarbi, Matteo Salvini etc.) da retoriche che allontanano la pace. L’Occidente significa ragione e dialogo e accusare chi non la pensa come noi di ‘distorcere “ideali e appartenenze”, significa fuoruscirne, scegliendo la via della crociata.

Un ultimo invito a opinion makers come Antonio Polito (ma non solo lui). E se la piantassimo di fare gratuita ironia sullo ‘scontro di civiltà’(ma non è il titolo del saggio di uno dei grandi scienziati politici del nostro tempo, il compianto Samuel P. Huntington?) o sulla “consistente fetta di opinione pubblica che ha ereditato dalla cultura cattolica e da quella comunista un’istanza morale anti-capitalistica, contraria all’individualismo, ostile all’american way of life, convinta che il valore dei popoli non sia dato dal loro successo economico ma dalla loro unità mistica, perché le società non sono meccanismi ma organismi..”? È lecito o no diffidare del modello americano, come faceva il più grande filosofo politico italiano della seconda metà del 900, Augusto Del Noce? O bisogna pensare che l’anti-americanismo non si richiama ad alcun valore rispettabile e che è soltanto l’espressione  di un paese arretrato, provinciale, nemico giurato della modernità?

Di questo neo-illuminismo se ne ha  davvero abbastanza anche perché potrebbe attivare reazioni che distruggerebbero le grande conquiste del secolo di Voltaire: la libertà di pensiero (oggi non a caso insidiata dal politicamente corretto), l’autonomia dello spirito, la ricerca scientifica non vincolata ai dogmi, il diritto di ciascuno a vivre sa vie.

E non si tratta solo di cultura. Basta leggere un manuale di storia contemporanea per rendersi conto che la politica estera degli Stati Uniti è stata spesso un disastro irrimediabile, di cui per chissà  per quanto tempo porteremo ancora il peso. E non solo nel Medio Oriente dove la casa Bianca ha portato il caos, la morte, i genocidi, come conseguenza di rottura di antichi equilibri faticosamente raggiunti nelle aree più calde. Uno stimato collega liberale (anzi liberal) al quale ricordavo tutto questo, mi rispose tempo fa “Tutto vero, ma sono gli unici americani che abbiamo”.

Credo che il collega avesse sostanzialmente ragione e che, volere o volare, dobbiamo fare i conti con la grande potenza atlantica che con la Nato continua a garantire la nostra sicurezza. Ma questo ci condanna al destino di yes men e di portaborse? All’Europa non è accordata la libertà di esporre il proprio punto di vista, che non sempre è detto che coincida con quello statunitense? Gli Stati, come ricordava Benedetto Croce, sono leviatani dalle viscere di bronzo, i cui interessi possono divergere e quando si pongono al servizio di ideali umanitari è perché la difesa di questi si accorda con i loro corposi interessi. (Gli Stati Uniti ci salvarono, sì, dal giogo nazista—e per questo meritano eterna gratitudine—ma lo avrebbero fatto senza l’incubo di una Fortezza Europa in mano a Hitler e libera di riversarsi a est, verso le terre dei sub-umani popoli slavi?).

Non viviamo certamente in un paese totalitario, sotto il profilo delle istituzioni politiche e delle garanzie giuridiche, ma il totalitarismo si è insediato nelle menti, nella cultura ufficiale, nelle scuole e si converte – lo vediamo ogni giorno – nel mancato rispetto dell’altro, di chi  non la pensa come noi. Tra i giornalisti più noti   non ce n’è uno che cerchi di comprendere i cosiddetti putiniani, che non ipotizzi, neppure per un attimo, che tra i loro argomenti ce ne possano essere di quelli da prendere in seria considerazione.

“Non ci può essere un posto della guerra nei rapporti di quelle comunità che condividono istituzioni democratiche rappresentative, economie di mercato e società aperte, ha scritto Vittorio E. Parsi sul Foglio del 24 febbraio, Dopo un anno di guerra. Con l’Ucraina, tutti più forti.” La pace passa attraverso la democrazia e non viceversa, per cui fintano che ci saranno dispotismi, le democrazie saranno sempre esposte alla potenziale minaccia di aggressioni da parte delle non-democrazie e dovranno sempre difendersi”. Chi non condivide questa antica vulgata—su cui già ironizzava  tre secoli fa Alexander Hamilton nei suoi saggi sul Federalist (1788)—dimostrerebbe una cosa sola: di essere un incallito putiniano! Più pensiero unico di così!

C’è qualche scienziato politico che è arrivato a lamentarsi dell’eccessivo spazio dato, nelle tv, ai ‘putiniani’ d’Italia: non me n’ero mai accorto, pur vedendo spesso gli incriminati talk show. Un accademico, Sofia Ventura, in un articolo su la ’Nazione’ del 29 gennaio u.s. si doleva per la mancata partecipazione di Zelensky al Festival di Sanremo, prendendosela con chi ne voleva tener fuori la politica. ”Ascoltare quanti si crucciano per la tranquillità turbata o la percezione degli spettatori deviata da un racconto di guerra fuori contesto ricorda || chissà perché || Maria Antonietta e le se brioches”. Stando a questo ‘stile di pensiero’, non mi è consentito, se compro un biglietto per assistere a uno spettacolo pensando di svagarmi, esigere di non sentire appelli umanitari e testimonianze di tragedie che voglio dimenticare proprio mettendo piede a teatro. Negli ‘anni formidabili’ della conte-stazione, il pianista Maurizio Pollini interruppe il concerto di Chopin che stava eseguendo per leggere un proclama di solidarietà col Vietnam invaso dall’esercito americano. Pollini era (è) un grande artista e, forse,  non aveva mai sentito parlare del liberalismo come ‘arte della separazione’. Il caso di Ventura è diverso.

Uno scienziato politico, lungi dall’ unirsi alla caccia grossa ai putiniani, dovrebbe guardarsi dall’incriminare, per il mancato show di Zelensky, “l’ostilità verso di lui della nostra opinione pubblica, complici una forte tradizione liberale e antioccidentale e la penetrazione della propaganda russa”. Quantum potuit religio! E le religioni secolari ancor più di quelle tradizionali…

Dino Cofrancesco, 26 febbraio 2023

Estratto dell’articolo di Antonio Fraschilla per “la Repubblica” il 25 febbraio 2023.

[…] In una intervista a Repubblica Shawn Crowley, l’incaricato d’affari dell’ambasciata americana a Roma, ha risposto al fondatore di Forza Italia sminuendo anche il ruolo di Berlusconi negli accordi di Pratica di Mare da America e Russia: «[…] Penso che Berlusconi stia pensando al 2002, a Pratica di Mare, l’anno in cui crede di aver aiutato a metter fine alla guerra fredda […]».

Frasi, quelle di Crowley, che fanno scattare la reazione di Forza Italia. Il senatore Maurizio Gasparri attacca l’ambasciata americana senza molti giri di parole, prima in un tweet e poi intervenendo a Metropolis sul sito di Repubblica : «Chi parla di Monaco 1938 oggi dice una sciocchezza. Comunque l’incaricato di affari Usa a Roma Crowley — afferma Gasparri — che dice che per Pratica di mare 2002 Berlusconi “crede” di aver aiutato a mettere fine alla guerra fredda, è molto sgradevole. Come se Berlusconi non avesse dato un importante contributo in quella fase di dialogo e di pace. Crowley precisi e sia più rispettoso della verità e della storia».

 I toni del senatore forzista sono molto accesi, ma da Forza Italia fanno sapere che lo stesso Berlusconi non vuole andare in rotta di collisione con l’ambasciata americana: ieri era attesa una sua nota, che però non arriverà mai. […]

Estratto da repubblica.it il 25 febbraio 2023.

Quella in Ucraina è "una guerra voluta e perseguita da alcuni strateghi Usa ormai da molti anni, nella teoria come nella prassi". Sul blog di Beppe Grillo il pezzo odierno di apertura è un'analisi di Fabio Massimo Parenti, professore associato di Economia Politica Internazionale alla China Foreign Affairs University di Beijing, in Cina.

 Un pezzo che comincia pacifista, perlomeno visivamente con il simbolo della pace che apre l'illustrazione iniziale; ma che poi finisce per prendere una posizione netta. Ovvero che Vladimir Putin non c'entra nulla, visto che non viene neanche mai citato. Piuttosto si tratta di "una guerra globale rivolta contro la Russia, ma proiettata contestualmente verso la Cina, l’Iran e tutti coloro che osano non seguire più l’agenda unipolarista ed imperialista degli Usa. Ciò è stato più volte analizzato e spiegato da autorevolissimi studiosi e politici statunitensi prima di altri".

L'articolo ospitato con grande evidenza dal fondatore del Movimento 5 Stelle, che giusto tre giorni fa era stato a Roma per un ricevimento all'ambasciata cinese proprio assieme a Parenti, punta il dito contro "i macro-interessi economico-politici dell’apparato industriale militare e di intelligence americano, desideroso di destrutturare i processi di integrazione euroasiatica, con al centro Russia, Iran e Cina. Non deve sorprendere, pertanto, che Washington non si muova in alcun modo per un cessate il fuoco e una trattativa in Ucraina (sorprendente è invece la servile viltà europea), bensì per collegare questo scenario di guerra vasta – da alimentare a discapito di tutta l’Europa e dell’economia mondiale – a quello cinese".

Lettera di Paolo Cirino Pomicino a Dagospia il 25 febbraio 2023.

Silvio Berlusconi sembra abbia perplessità al nuovo invio di armi all’Ucraina sia sul piano della quantità che della qualità. Una curiosità: perché Berlusconi non fa un viaggio a Mosca come iniziativa personale a trovare il suo vecchio amico Vladimir Putin, prodigo di regali e di affetto nei suoi confronti, per spiegare le ragioni dell’occidente? Non lo fa perché non ha il coraggio?

 Tra le tante cose che non mancano al Cavaliere è, proprio il coraggio. Berlusconi non va perché sa già la risposta di Putin. Ed allora il mancato invio di armi sufficienti all’Ucraina per difendersi dall’aggressione significa tifare, forse inconsapevolmente, per la vittoria militare e politica di Putin. Questo errore fu già fatto a Monaco nel 1938.

Il pensiero di un vecchio democristiano, che da tempo ha scelto altre vie, per essere appieno compreso ha bisogno di essere analizzato da un altro democristiano. Romano Prodi in una intervista sul Corriere della Sera si chiede preoccupato il perché Biden sia andato a Varsavia e non a Bruxelles dopo la visita lampo a Kiev.

 La sua preoccupazione è che Biden voglia dividere l’UE facendo leva sui paesi orientali rispetto agli altri 18 dell’Europa centro-occidentale “che sanno come declinare l’alleanza atlantica”. Spiegazione: Prodi non condivide la decisione franco-tedesca, e con esse quelle di tutti gli altri a cominciare dall’Italia, di compattare l’Occidente a fronte dell’aggressione russa all’ucraina.

Un’aggressione che è stata preceduta dall’acquisizione della Crimea senza che l’Occidente battesse ciglia e prima ancora di alcuni territori georgiani. Non la condivide e trasferisce il suo desiderio su presunti tentativi di divisione dell’Europa da parte del presidente americano. Anche Prodi dimentica il 1938! Chi per affetto chi per altro entrambi non ricordano più la storia e l’eterna ipocrisia dei dittatori.

 Subito dopo l’accordo di Monaco ci fu l’accordo Molotov-von Ribentropp (Hitler e Stalin) e 18 mesi dopo Hitler attaccò la Russia di Stalin che intanto grazie a quel patto con  Hitler si era preso mezza Polonia. Sono eternamente questi i comportamenti degli autocrati come si dice nella lingua di oggi. Ed allora determinazione e prudenza ma sapendo che quel che farebbe male a noi farebbe male, molto male, anche a loro

Nell’anniversario della guerra in tutta Italia manifestazioni per la pace. Valeria Casolaro su L'Indipendente il 24 febbraio 2023

Nell’anniversario dello scoppio della guerra in Ucraina, avvenuto a seguito dell’invasione russa lo scorso 24 febbraio 2022, in tutta Europa si svolgeranno manifestazioni per chiedere la pace e lo stop alle forniture militari a Kiev. In Italia, in particolare, sono oltre un centinaio le iniziative previste, tra sit-in, marce, fiaccolate, manifestazioni e dibattiti organizzate su tutto il territorio, dalla marcia No MUOS a Niscemi (in Sicilia) fino al presidio di domani a Bolzano. A dare il via è stata la marcia notturna per la pace da Perugia ad Assisi la quale, iniziata poco dopo la mezzanotte di oggi, ha visto la partecipazione di circa un migliaio di persone. A sancire la chiusura degli eventi sarà la fiaccolata al Colosseo di Roma, domenica sera.

A muoversi tutto il mondo civico che chiede la pace: cittadini comuni, preti e vescovi, sindaci ed amministratori locali, artisti e sindacalisti riuniti nella “Tavola della Pace” che annuncia che l’obiettivo della mobilitazione è duplice, sociale e politico: invitare la maggioranza dei cittadini italiani contrari all’invio di armi a fare sentire la propria voce e chiedere al governo italiano di farsi promotore di una iniziativa per il cessate il fuoco e per l’apertura immediata di una trattativa di pace. L’elenco completo delle iniziative, che avranno luogo in tutte le principali città italiane, è disponibile sul sito Europe for Peace.

Piazza Italia. Domenico Pecile su L’Identità il 25 Febbraio 2023

Lo dicono i dati: risicata, ma è una maggioranza. Quella degli italiani contrari alla guerra. Una maggioranza trasversale, che agisce autonomamente senza attendere le direttive degli eventuali partiti di riferimento. È scesa in piazza in oltre cento città italiane per altrettante manifestazioni organizzate dal mdi dell’associazionismo, dalla Chiesa, dai sindacati, da pacifisti uniti da una comune richiesta: la richiesta di immediate trattative di pace e lo stop alla fornitura di armi e attrezzature militari da parte dei Paesi occidentali a Kiev. Già lo scorso 5 novembre erano state oltre 100 mila le persone che erano scese in piazza a Roma. Ma manifestazioni e iniziative sono state organizzate in tutta Europa, coordinate da Europe for Peace, con oltre 20 eventi programmati in Germania, Spagna e Portogallo e una quindicina in Francia. Manifestazioni anche nel Regno unito, in Austria e nei Paesi Bassi. La prima di queste manifestazioni si è svolta in notte tra Perugia e Assisi. Ad aprire la marcia uno striscione con la scritta “fermiamo la guerra”. Il punto di arrivo è stato la basilica di San Francesco. Tra i marciatori anche alcuni frati del Sacro Convento di Assisi. Con loro pacifisti storici come l’organizzatore della marcia Flavio Lotti, molti giovani e il gonfalone della Regione Umbria. “Siamo qui in questo tragico anniversario per assumerci una responsabilità in più – ha dichiarato – per fare quello che ancora non è stato fatto”. I marciatori sono quindi scesi alla tomba di San Francesco per quello che gli organizzatori hanno definito un momento “di raccoglimento, preghiera (per i credenti) e riflessione. A Napoli sono sfilati assieme le associazioni cattoliche, il Comune e la comunata di S. Egidio. La manifestazione è partita da piazza Dante per arrivare a piazza municipio. In piazza accanto ai cittadini ucraini, moltissimi studenti e cittadini di altre comunità straniere. Ad aprire la marcia uno striscione “Napoli città di pace”. A sfilare anche una banda di giovani ragazzi cingalesi. “La pace è possibile e siamo felici che tanti giovani hanno accolto l’appello – ha detto Paola Cartellessa, rappresentante della Comunità di Sant’Egidio – la pace assicura il futuro dei giovani di tutto il mondo, la guerra è soltanto distruzione e dove c’è guerra non c’è futuro. Purtroppo la guerra sta diventando il mezzo per la risoluzione dei problemi, invece la pace va ricercata”. Sul palo si sono alternati momenti musicali, interventi di personalità del mondo9 della cultura e dello spettacolo, tra cui lo scrittore Maurizio De Giovanni e l’attore Patrizio Raspi, e testimonianze di ragazzi ucraini. I manifestanti sventolavano bandiere della pace e cartelli giallo-blu a ricordare i colori della bandiera ucraina. E sulla giornata della pace è piombata la richiesta delle Acli di valutare il piano della Cina per arrivare alla pace, invitando l’Ue di seguire la strada della diplomazia. I dodici punti proposti dalla Cina “vanno approfonditi con attenzione e, pur non essendo slegati dagli interessi e dalle trame egemoniche di Pechino in Europa e nel mondo, possono e devono essere però una sponda per quella tregua ad oltranza che la via della pace possibile adesso”. Questa, in sintesi la nota delle Acli. L’Ue – osservano – “deve immediatamente uscire dalla chiusura politica in cui si è impantanata, con la decisione di intraprendere una vera strada per la diplomazia all’altezza delle sue origini”. Poi, su questa tregua “si può discutere e giungere faticosamente a una soluzione definitiva ma l’urgenza ora è che tacciano le armi e che si smetta di fare morire la gente, dando il via a un intervento umanitario che sia internazionale, sotto l’egida delle Nazioni unite”. E sul consolidarsi di una tregua, secondo le Acli “si potranno lentamente rinsaldare le radici e la politica comune europea di entrambe le nazioni coinvolto, facendo fare un passo indietro alle armi, compreso il ritiro dell’esercito russo, e alla logica delle alleanze militari e un passo in avanti al disarmo nucleare, senza il quale ogni conflitto può prendere in ostaggio il mondo intero”. E un invito al cessate il fuoco, come “valore assoluto e universale e con massima espressione della dignità umana è arrivato dal professor Francesco Barone, dicente dell’università dell’Aquila e portavoce del premio Nobel per la pace 2018, Denis Mukwenge. “Trovo importante ribadire, anche alla luce degli equilibri delicati a livello attuale che la pace è il punto di incontro tra morale, libertà e democrazia. È la lotta contro la disumanizzazione, è l’idea secondo la quale non deve mai prevalere il lato oscuro della ragione. E tale, quando assume lo stesso significato e viene difesa in ogni luogo del pianeta. Conosco una possibile terapia: la pace si pratica, secondo l’esempio di Mukwege”. E nella giornata della pace si è fatto sentire anche il segretario del Pd, Enrico Letta. “Abbiamo portato la nostra solidarietà tramute l’ambasciata ucraina. Abbiamo riconfermato – ha detto – il nostro impegno a sostenere la resistenza dell’Ucraina. Tutti i morti, le vittime, le distruzioni, deve tutto questo cessare, è l’unico modo è che l’Ucraina possa difendersi”.

Se il pacifismo passa dalla bolletta del gas. Storia di Aldo Grasso su Il Corriere della Sera il 25 Febbraio 2023

Pacifisti o pacifinti? Venerdì sera, a un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, Michele Santoro ha chiamato a raccolta al teatro Piccolo Eliseo di Roma la galassia ecopacifista italiana per una sua nuova app: «Servizio pubblico». Ha ricordato il suo amico e sodale Maurizio Costanzo e poi ha mostrato immagini per documentare come anche gli ucraini vogliano la pace. Tutti vorremmo la pace, ma non a spese dell’Ucraina. Ormai crescono i «sensibili alle ragioni di Putin», come dice Paolo Mieli: chiedono agli ucraini di smettere di difendersi e di scendere a patti con l’invasore (ovvero cedere territori alla Russia). Mai una parola sulle fosse comuni di Bucha, sul martirio di Mariupol, sulle atrocità contro la popolazione civile: la Russia ha aggredito ma anche chi doveva custodire l’aggredito ha le sue colpe. È come se avessimo dimenticato che la libertà ha un prezzo, morale e materiale. Basta l’aumento delle bollette del gas o della luce perché le preoccupazioni economiche prendano il sopravvento su quelle umanitarie. Così l’ideologia pacifista trova terreno fertile in chi pensa che la libertà coincida solo con la sicurezza, con la quiete, con un accesso garantito alla vita di prima. Certi tristi giorni, dietro la maschera delle buone intenzioni, s’intravvedono le fosse comuni dell’Occidente e della libertà.

Brigata boomer. Quelli che vorrebbero dare lezioni di anti-imperialismo alla resistenza ucraina e altri bias politico-cognitivi. Francesco Cundari su L’Inchiesta il 25 febbraio 2023.

A un anno dall’invasione russa, nella sinistra italiana è ancora diffuso un atteggiamento di superiore condiscendenza (nel migliore dei casi) nei confronti dell’Europa dell’Est

Non sempre la storia è maestra di vita, spesso però l’attualità è maestra di storia. Per anni a sinistra, in tanti, me compreso, ci siamo cullati nell’idea della diversità del Partito comunista italiano rispetto agli altri partiti comunisti dell’Est. Un’idea che conteneva peraltro una buona dose d’ingenerosità nei confronti di dirigenti politici e intellettuali che i loro tentativi di elaborazione autonoma e originale li avevano pagati a caro prezzo, davanti ai carri armati sovietici, per giunta inviati con la piena approvazione (se non su diretta esortazione) degli autonomi e originalissimi compagni italiani. Ma quello del 1956, ci dicevamo, era un errore, che aprì già allora una discussione lacerante e che sarebbe stato corretto in seguito: appena una dozzina di anni dopo, s’intende, con la condanna dell’intervento sovietico a Praga da parte del Pci.

Per rivendicare autonomia e originalità del comunismo italiano abbiamo esaltato gli strappi di Enrico Berlinguer, e prima ancora la via italiana al socialismo di Palmiro Togliatti, e prima ancora qualunque cosa nei Quaderni del carcere e negli altri scritti di Antonio Gramsci consentisse di sostenere la tesi che ci stava a cuore. Ma se l’albero si riconosce dai frutti, la qualità di quella scuola si riconosce dai suoi ultimi epigoni, da quanti politici, intellettuali, giornalisti oggi vorrebbero dare lezioni di anti-imperialismo a chi combatte nelle trincee per difendere la propria casa e la propria famiglia dall’espansionismo russo. Da come rimasticano malamente la peggiore propaganda putiniana sulle malefatte della Nato, gli accordi di Minsk e il Donbas, con la stessa sicumera con cui un tempo i loro padri parlavano dei provocatori e degli elementi controrivoluzionari dietro le rivolte polacche o ungheresi.

È il fardello del post-comunista occidentale, cui tocca far capire a tanti rozzi europei del Nord e dell’Est, preoccupati dall’imperialismo russo, le sottigliezze della geopolitica e della Realpolitik. È il marxplaining di chi sarebbe capace di insegnare pure ai superstiti di Bucha la necessità di lottare contro l’allargamento della Nato (o di spiegare ai socialdemocratici finlandesi e svedesi perché non dovrebbero neanche chiederci di entrare nell’Alleanza atlantica, per usare un esempio tratto da una storia vera).

Accettare che oggi gli Stati Uniti e l’occidente abbiano semplicemente e completamente ragione, e la Russia di Vladimir Putin semplicemente e completamente torto, autorizzerebbe quanto meno il sospetto che potesse essere così anche prima. Per questo, anche quando non si ha il coraggio di mettere in dubbio i crimini russi, i bombardamenti quotidiani sui civili, le camere di tortura, i massacri indiscriminati, non c’è demagogo a sinistra che non raccolga applausi prendendosela con Jens Stoltenberg, la Nato e gli americani.

C’è qualcosa di moralmente insopportabile, oltre che patetico, nella dissonanza cognitiva di questa brigata boomer schierata a sostegno dei responsabili dei peggiori crimini contro l’umanità. Tanto più insopportabile per lo smaccato contrasto con la retorica antifascista esibita in ogni altra occasione, in tutte le occasioni possibili, tranne che dinanzi al fascismo dichiarato e messo in atto dal regime di Putin, con il suo esibito nazionalismo militarista, la sua repressione violenta di ogni dissenso, la sua esplicita negazione di ogni diritto e libertà civile, in nome della vecchia triade Dio Patria Famiglia.

Un anno di resistenza, tra bandiere europee e ucraine, in piazza Duomo. L’Inchiesta il 24 febbraio 2023.

Il presidio della comunità che si difende dall’aggressione russa è qui ogni giorno da 365 giorni. Oggi più che mai, il vessillo gialloblu si intreccia con quello stellato dell’Unione. Perché l’integrazione è già cominciata, perché l’Ucraina è Europa

Le bandiere ucraine e quelle europee da Brera raggiungono piazza Duomo. Il presidio della comunità ucraina sta qui ogni giorno, non solo in questo 24 febbraio di ricorrenza.

Le telecamere delle tv, i fotografi, persino i turisti o il pubblico della Fashion Week rallentano per immortalare questi ragazzi che reggono lo striscione giallo e blu.

Le bandiere stellate dell’Unione in cui Kyjiv vorrebbe entrare convivono già con il vessillo ucraino. Perché l’integrazione è già cominciata, perché l’Ucraina è Europa, come hanno ribadito i rappresentanti delle sue istituzioni all’evento del Premio Sakharov.

La noti da lontano questa folla. Per le luci degli smartphone accese a rischiarare simbolicamente la notte. La luce trionferà sulle tenebre: non è solo un mantra per non mollare, stasera è una certezza. Quella Ucraina è a pieno titolo Resistenza.

A ricordarlo ci sono centinaia di persone – più probabilmente un migliaio – sotto il Duomo che, così illuminato, è un fondale dorato dello stesso bagliore delle bandiere.

Quando riecheggia il grido «Slava Ukraïni!», abbiamo tutti imparato la risposta.

Contro le tenebre, per la Resistenza. La sala strapiena del Centro Brera per abbracciare il popolo ucraino che combatte da un anno. L’Inchiesta il 24 febbraio 2023.

L’iniziativa organizzata da Linkiesta e Slava Evropi nell’anniversario dell’invasione russa è l’occasione per stringersi, in un giorno doloroso, al fianco di una comunità che lotta per la possibilità di esistere

L’Ucraina è Europa. Al Centro Brera non contiamo gli anniversari, ricordiamo il Premio Sakharov conferito dal Parlamento europeo al coraggioso popolo ucraino. Proviamo a stringerci – idealmente prima di farlo fisicamente in piazza Duomo – attorno a una comunità in un giorno doloroso. È stracolma la sala dell’evento organizzato a Milano da Linkiesta e Slava Evropi, in collaborazione, oltre che con l’Europarlamento, con la Rappresentanza a Milano della Commissione europea e il Consolato generale ucraino a Milano.

 «Per quelli della nostra generazione, quelli che vivono il nostro tempo – dice il direttore di Linkiesta, Christian Rocca –, il 24 febbraio è una di quelle date che non si dimenticheranno, come l’11 settembre 2001. Non serve neppure specificare l’anno. Oggi cerchiamo di celebrare il coraggioso popolo ucraino che ha resistito per un anno alla barbarie e alle tenebre».

Dopo il violino struggente di Nelly Kolodii dell’orchestra dell’Accademia della Scala, i saluti istituzionali. Ci sono diversi rappresentanti diplomatici: il console della Germania e quello della Finlandia, delegati del consolato dei Paesi Bassi, della Slovenia, della Croazia, Repubblica Ceca e Bulgaria. Ci sono anche l’ex ministro della Difesa del governo Draghi, Lorenzo Guerini, attuale presidente del Copasir, e Marco Cappato.

«Il parlamento europeo non ha scelto parole a caso quando ha dato il Premio Sakharov al coraggioso popolo ucraino. La guerra dei russi all’Ucraina è una guerra a tutti noi – dice il capo dell’Ufficio del Parlamento europeo a Milano, Maurizio Molinari –. Nella società russa la libertà di pensiero non esiste. Il coraggioso popolo ucraino combatte per la possibilità di esistere, un’esigenza anche della nostra società. Il Parlamento europeo ha sostenuto il popolo e il governo ucraino nella battaglia contro l’invasore, chiedendo anche l’invio di armi. Per permettere al popolo ucraino di difendersi. Credo che durante la Seconda guerra mondiale nessuno avrebbe detto che la Resistenza avrebbe dovuto arrendersi a Hitler. Anche la Resistenza ucraina ha diritto a essere chiamata Resistenza».

«È difficile essere freddi e razionali come un’istituzione dovrebbe sempre essere. È assolutamente impossibile – aggiunge Massimo Gaudina, capo della Rappresentanza della Commissione Europea a Milano –. Sin dal primo giorno la Commissione europea ha voluto schierarsi non solo a parole, ma con tanti fatti a fianco della popolazione Ucraina». Cita i miliardi di aiuti e donazioni, le otto milioni di persone accolte, soprattutto donne e bambini, metà dei quali beneficiano già del meccanismo di protezione temporanea. «L’Ucraina appartiene alla famiglia europea. Stasera non possiamo non dirci europei, ma non possiamo neppure non dirci ucraini».

Viktoriia Fufalko del Consolato generale dell’Ucraina a Milano esprime la «profonda gratitudine agli organizzatori e a tutti i presenti per il colossale supporto che ci fanno sentire. Il coraggio non è scontato. È chiaro che siamo combattuti, che c’è una dualità quasi amletica in noi. Ma lottiamo per la libertà. Che la pace possa essere garantita soddisfacendo gli appetiti dei regimi autoritari è un controsenso».

«Oggi il mondo libero ricorda la brutale aggressione – dice la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picerno –, che tendeva non solo a mettere fine all’esperienza democratica di Kyjiv ma anche ad attaccare i nostri valori in tutte le nostre democrazie, dopo anni di un’escalation poderosa attraverso le armi della propaganda, che si è attivata attraverso le interferenze nella nostra politica europea, che negli anni passati ha purtroppo incontrato indifferenza».

L’assalto a Kyjiv ha aperto gli occhi «su una generazione di donne e uomini che ha fatto dell’Europa la propria ragione di vita». L’assegnazione del Premio Sakharov per la libertà di pensiero al coraggioso popolo ucraino, spiega Picierno, è «un riconoscimento doveroso». La vicepresidente conclude con un elogio a Linkiesta e alla sua redazione, diventate «la voce di quell’Europa che non sia arrende al buio della ragione e la voce di un’Ucraina coraggiosa e valorosa che tra qualche anno, ne sono sicura, diventerà una stella sulla bandiera della nostra Unione europea».

«Non avremmo mai voluto esser qui oggi a ricordare questo anniversario, di un anno di sofferenza dovuto all’aggressione ingiustificabile e ingiustificata di Putin – interviene Lorenzo Guerini –. Torno con la mente allo scorso anno: alle 4.01 venivo chiamato al telefono dal capo di Stato maggiore della Difesa che mi diceva che l’invasione era iniziata. Un momento che sembrava avvicinarsi in maniera inesorabile, sempre di più. Quella notte tutte le nostre paure si sono materializzate improvvisamente, l’Italia si è messa subito al fianco dell’Ucraina».

«Ho firmato cinque decreti firmati per l’invio di armamenti – ricorda l’ex ministro –. Non è mai facile fare scelte di questo tipo, però ci sono tornati della Storia in cui il Male si manifesta. Il dovere di chi crede nella pace e delle democrazia, allora, è sostenere chi viene aggredito. A quel Male abbiamo dato una risposta forte. Putin pensava di risolverla in pochi giorni, ha continuato a chiamare operazione speciale una guerra con tutti i canoni della guerra».

«Contava su un popolo che si sarebbe piegato, su comunità occidentale che non avrebbe saputo dare una risposta. Ma il mondo ha dimostrato che i calcoli di Putin erano sbagliati. Voleva meno Nato e ha avuto più Nato, un’Europa divisa e l’ha trovata coesa, ma ha sbagliato soprattutto a non considerare coraggio eroismo del popolo ucraino», continua Guerini.

Il presidente del Copasir cita le parole di Sergio Mattarella: «Una pace per essere chiamata tale deve ristabilire la verità, il diritto internazionale e la sovranità». Poi si rivolge ai connazionali: «Capisco che un anno di guerra porti a essere stanchi, a sperare che tutto possa finire presto, ma se guardiamo negli occhi chi sta combattendo, capiamo che per chi sta resistendo la stanchezza non ci può essere. Se si ferma l’Ucraina non c’è più l’Ucraina, se si ferma Putin non c’è più la guerra».

«Dobbiamo essere cauti prima di dire che la Russia sta perdendo anche la guerra della disinformazione», ammonisce la giornalista ucraina Olga Tokariuk, fellow al Reuters Institute. «Possiamo dire con certezza che la propaganda russa funziona molto bene dentro la Russia. Nei russi che hanno lasciato il Paese non notiamo un grande movimento di protesta. Non abbiamo visto crepe nella società ucraina. Certamente la Russia continuerà invece a cercare di fermare il sostegno che arriva dai Paesi liberi sul piano politico, militare e finanziario. In alcuni Stati, Italia inclusa, vediamo il manifestarsi di questi tentativi».

Il copione della macchina del Cremlino è quello noto: accuse di corruzione al governo di Volodymyr Zelensky, la balla che sia inutile armare «perché tanto Kyjiv perderà la guerra». Secondo la studiosa, le operazioni di disinformazioni potrebbero intensificarsi nei prossimi mesi. Nel Sud globale, le offensive mistificatorie di Mosca riescono ad attecchire più che in Occidente.

«La cosa più importante dei nostri progetti è stato dare una voce, ma anche un volto agli ucraini – spiega la nostra Yaryna Grusha Possamai, scrittrice, docente di lingua e letteratura ucraina, curatrice di Slava Evropi –. Finalmente in Italia gli ucraini hanno cominciato a parlare per se stessi. È stato un anno in cui non siamo più esistiti noi, ma è esistito qualcosa di più grande di noi, la Storia che si è rimessa in moto. Il 24 febbraio 2022 l’Ucraina è stata messa sulla mappa dell’Europa, dove in realtà era sempre stata. Formalmente inizia il secondo anno, ma noi stiamo ancora vivendo la mattina brusca del 24 febbraio 2022».

«Quando abbiamo chiesto alla polizia di Milano l’autorizzazione per venire ogni sera a manifestare, loro non ci credevano. Dopo un anno noi ancora siamo lì. Ci sono persone che ogni sera portano in metro la cassa grande lì in piazza», testimonia Viktoriia Lapa, del network UaMi nonché lecturer dell’Università Bocconi. «Adesso la nostra bandiera è diventata quella della libertà, con noi vengono anche tanti iraniani».

«Paghiamo un prezzo molto alto per la guerra: purtroppo non si può calcolare in soldi, ma in vite umane. Per tanti di noi ucraini questa è diventata una guerra personale – conclude Artem Zaitsev, rappresentante di UaMi –. Ho perso il fratello in guerra, aveva trentasette anni. Non era un militare di professione, ma se la sentiva di arruolarsi e andare a difendere l’Ucraina. Si è arruolato nei primi giorni ed era distaccato in Donbas, nei pressi di Bakhmut». Poi mostra le foto sul telefono. «Credo che la Storia possa rimettere tutto a posto. La luce vincerà sulle tenebre».

Pregiudizio antiamericano. Il pacifismo italiano è destinato a perdersi nei meandri dell’ideologia. Mario Lavia su L’Inchiesta il 25 febbraio 2023.

Il flop della marcia notturna Perugia-Assisi è l’ennesima conferma che chi ancora non ha il coraggio di condannare l’aggressione di Putin è ancorato a quell’odio per Washington, quindi per il mondo libero, che in questi mesi è diventato sempre più ridicolo

La manifestazione notturna Perugia-Assisi che si è svolta appunto nelle ore tra giovedì e venerdì non è stata molto partecipata, non se n’è parlato, non ha suscitato l’attenzione dei media né dei partiti. L’animatore della marcia Flavio Lotti ha molto duramente criticato l’assenza della politica da questo appuntamento per la pace. Non diremo che l’insuccesso sia dovuto alla genericità della piattaforma nella quale, ancora una volta, non si dice l’unica cosa chiara che andrebbe detta – Putin go home – e che inevitabilmente trasmette l’idea di una equidistanza tra aggressore e aggredito: non diremo questo ma il mezzo flop umbro fa venire il dubbio che questo tipo di pacifismo generico non sia in sintonia con questa preciso momento della guerra.

È andato meglio invece l’appuntamento di ieri pomeriggio sotto l’ambasciata russa, chiarissimo nel suo messaggio di vicinanza e solidarietà al popolo ucraino, lì un po’ di politica c’era (Partito democratico, Terzo Polo, radicali).

La questione è che la fase è cambiata. Di quale pace parlano i pacifisti? Non c’è nessuno tra loro che in questo lunghissimo anno abbia saputo indicare concretamente una soluzione di pace che non fosse troppo dissimile dalle banalità contenute nel cosiddetto “Piano” della Cina. Forse sta anche in questa incapacità una radice psicologica alla base dell’antiamericanismo di sinistra e di quello di matrice cattolica – i due grandi fiumi della cultura politica di questo Paese nei quali scorre più o meno esplicitamente l’idea che alla fine se la pace non si fa è per colpa degli americani. Gira gira, il pacifismo cattolico finisce sempre lì.

Un esempio? In un momento delicatissimo come questo, Joe Biden è andato ad abbracciare Volodymir Zelensky con un gesto più potente di cento carri armati, ed è andato poi a Varsavia perché sa che la Polonia è un bastione essenziale per scoraggiare il neoimperialismo di Mosca: un viaggio europeo di gigantesco valore che però ha fatto storcere il naso a un grande leader democratico come Romano Prodi, che ha chiesto perché il presidente americano fosse andato a Varsavia e non a Bruxelles.

Neanche a farlo apposta glielo ha indirettamente spiegato Marco Minniti, intervistato da Huffington Post: «Con l’aumento delle spese militari al quattro per cento del Pil la Polonia diventerà nei prossimi anni una delle potenze più forti nell’ambito dell’Alleanza atlantica». Ecco perché Biden è andato nella capitale polacca, a Bruxelles che avrebbe concluso? Ma non c’è niente da fare. Per Prodi, Biden lavora a dividere l’Europa. Alimenta la contrapposizione con la Cina. Insomma, il giudizio sugli Stati Uniti è sempre ammantato da un’incancellabile coltre di sospetto anche se la Casa Bianca oggi è oggettivamente la postazione-chiave dal punto di vista politico della guerra di liberazione ucraina. Ma il senso comune è antiamericano.

Ora, se è facilmente spiegabile la voglia di pace rilevata dai sondaggi, magari corroborata da qualunquismi di vario tipo («se la sbrighino tra di loro»), assume davvero un gran rilievo il problema culturale ancora prima che politico del pregiudizio antiamericano dei cattolici democratici italiani, allevati d’altra parte al dossettismo filosoficamente distante se non ostile al mondo nuovo e sempre timoroso dell’egemonia americana: facendo così oltre tutto il gioco di chi lavora per separare le due sponde dell’Atlantico, cioè i nemici della democrazia e della pace.

Il pacifismo italiano dunque rischia di perdersi nei meandri dell’ideologia e dei pregiudizi, e di pesare sempre meno. Forse è venuta l’ora di scegliere con più coraggio, soprattutto per il mondo cattolico democratico che forse attende un gesto forte da papa Francesco (un viaggio a Kijiv?) per mettersi in cammino dalla parte giusta.

Russlandvesteher. Come la disinformazione del Cremlino ha inquinato il dibattito pubblico italiano sull’Ucraina. Maurizio Stefanini su L’Inchiesta il 25 febbraio 2023.

La propaganda russa ha contribuito a rafforzare sia il rossobrunismo, storicamente vicino a Mosca, sia chi ammira Putin come leader politico e magari ne riconosce un ruolo nell’aggressione ma non fa nulla per condannarlo (come Giuseppe Conte)

«Con l’invasione su larga scala del 24 febbraio 2022 molte chat Telegram, sorte all’epoca del Covid per negare l’esistenza del virus e l’inutilità dei vaccini, si convertiranno da chat No-Vax in chat pro-Putin». Così, tra le altre cose, attesta “Dezinformacija e misure attive: Le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia”, un research paper a firma Massimiliano Di Pasquale e Luigi Sergio Germani che l’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici rende noto nel primo anniversario dell’aggressione russa all’Ucraina, e che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima.

«Questo studio non intende in alcun modo affermare che le persone, le organizzazioni e i media italiani citati abbiano delle connessioni con la Federazione Russa o con attori governativi o non-governativi al suo interno», viene subito chiarito.

A parte alcune cose alla luce del sole, come il famigerato accordo tra la Lega e il partito putiniano Russia Unita, per attestare cose del genere, probabilmente, ci vorrà un nuovo Mitrokhin di un auspicabile dopo Vladimir Putin.

Resta tuttavia la constatazione di una certa presenza di parole d’ordine e interpretazioni che sono quelle volute da Putin. E ciò è facilmente attestabile. A partire dall’insistenza di Silvio Berlusconi sul fatto che non sarebbe stato l’attacco di Putin all’Ucraina a scatenare la guerra, ma un attacco di Volodymyr Zelensky al Donbas.

In particolare, lo studio «si occupa delle narrazioni strategiche filo-Cremlino relative alla guerra in Ucraina diffuse in Italia da media russi attivi nel nostro Paese e amplificati da media e influencer italiani. Analizza l’evoluzione di tali narrazioni nell’arco temporale che va dal 24 febbraio 2022 – data di inizio dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina, ribattezzata da Putin «Operazione Militare Speciale» – al gennaio 2023, mettendole in relazione agli eventi più rilevanti legati all’aggressione russa in Ucraina (i massacri di Bucha, le sanzioni alla Russia, la crisi alimentare e del grano, i “referendum” di Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia, ecc)».

Gli obiettivi manipolatori di fondo delle narrazioni strategiche filo-Cremlino sulla guerra sono «confondere l’opinione pubblica italiana circa le cause e l’andamento della guerra in Ucraina, offuscare la verità sulla natura espansionista e neo-imperiale della politica estera russa, indurre l’opinione pubblica e i decisori politici ad abbandonare l’orientamento atlantista ed europeista della politica estera italiana, ed erodere la fiducia dell’opinione pubblica nei valori e nelle istituzioni della democrazia liberale».

L’obiettivo è «comprendere meglio il perché molti miti disinformativi sulla guerra, divulgate dall’ecosistema di disinformazione e propaganda filo-Cremlino, continuano a esercitare una influenza notevole sui dibattiti politici, mediatici e culturali italiani» e anche proporre «alcune linee-guida di una strategia culturale per difendere efficacemente il sistema-Italia dalle operazioni di disinformazione e propaganda promosse da potenze straniere autocratiche per influenzare settori significativi della società italiana in funzione dei propri interessi geopolitici».

Le grandi potenze autocratiche del mondo non-occidentale, si ricorda, «ricorrono sistematicamente alla guerra cognitiva sia all’interno (per controllare le proprie popolazioni) sia all’estero, per tentare di influenzare e destabilizzare le democrazie occidentali tramite la diffusione massiccia di narrazioni strategiche false o fuorvianti».

Come definizione, «una narrazione strategica è un mezzo di cui si avvale un attore politico per costruire un significato condiviso del passato, del presente e del futuro delle relazioni internazionali al fine di plasmare le opinioni e condizionare i comportamenti di attori all’interno e all’estero», per creare una percezione distorta della realtà, nell’opinione pubblica e nei decisori politici dei Paesi-bersaglio, per favorire gli interessi geopolitici dello Stato aggressore. «Uno degli attori geopolitici che praticano la guerra cognitiva con maggiore intensità e sistematicità a livello globale», si ricorda, «è la Russia di Vladimir Putin, che ha elaborato una strategia di “guerra non-lineare” tesa a indebolire e sconfiggere l’avversario destabilizzandolo dall’interno tramite la disinformazione, la propaganda e altre tecniche sovversive, come il sostegno occulto a partiti politici anti-sistema, movimenti eversivi, e gruppi violenti di matrice etnico-separatista”. In ciò, ereditando la tradizione sovietica delle misure attive, ma integrandola con le nuove potenzialità offerte dal cyberspazio per la manipolazione delle percezioni.

L’aggressività di queste misure verso l’Occidente aumenta a partire dal 2012, e ha un’ulteriore scalata rispetto all’Euromaidan. Obiettivi sono proteggere la sicurezza e la stabilità del regime di Putin nei confronti di possibili rivoluzioni e rivolte interne, ristabilire una sfera di influenza e di controllo di Mosca nell’Europa orientale e altri paesi post-sovietici, riacquisire lo status di grande potenza mondiale, assicurare a Mosca un ruolo indispensabile nella risoluzione di qualunque crisi internazionale, erodere sempre di più il potere e l’influenza degli Stati Uniti e dell’Occidente a livello globale, indebolire ed eventualmente disgregare la Nato e l’Unione europea, screditare e destabilizzare i sistemi liberal-democratici.

Lo strumento è un vero e proprio «ecosistema di disinformazione e propaganda filo-Cremlino tramite il quale vengono create e diffuse, a livello globale e tramite canali molteplici, narrazioni strategiche che favoriscono gli interessi geopolitici di Mosca». Strumenti ne sono in primo luogo le comunicazioni ufficiali del governo russo e dichiarazioni di esponenti politici e istituzionali russi.

Poi ci sono media palesemente finanziati dal Cremlino e rivolti verso il pubblico interno (la popolazione russa) oppure verso pubblici di destinazione di Paesi esteri (Pervyy Kanal, Rossiya 24, TV Zvezda, RIA-Novosti, RT, Sputnik).

Numero tre, siti Internet rivolti a un pubblico internazionale che si presentano come fonti indipendenti di informazione e analisi geopolitica ma che in realtà sono o strettamente collegati con i servizi d’intelligence russi, come The Strategic Culture Foundation, New Eastern Outlook, News Front, South Front, Brics, Info-Ros; oppure sono finanziati da oligarchi vicini al Cremlino, come Geopolitica.ru e Kathehon).

Numero quattro: «Media di “informazione alternativa” e influencer in tutti i paesi-bersaglio che, consapevolmente o inconsapevolmente (e in molti casi per convinzione autentica), diffondono sistematicamente messaggi che amplificano le narrazioni strategiche filo-Cremlino. Tra questi influencer, spesso bene inseriti nei media mainstream o nel mondo politico del proprio Paese, vi possono essere anche agenti di influenza reclutati dai servizi d’intelligence russi».

Numero cinque: «campagne di disinformazione e propaganda sul web condotte tramite Bot e falsi profili sui social media». Numero sei: «operazioni di aggressione cibernetica per sottrarre dati politici sensibili che poi vengono diffusi – spesso dopo essere stati manipolati – all’opinione pubblica per orientarne gli atteggiamenti (cyber-enabled disinformation operations)».

Sin dai tempi della Guerra Fredda, e anche per la Russia di Vladimir Putin, l’Italia rappresenta un bersaglio importante delle misure attive di Mosca, per essere un Paese pilastro della Nato e dell’Unione Europea nel Mediterraneo, percepito però come un anello debole. «Un Paese che ha diverse vulnerabilità da sfruttare per accrescere l’influenza russa, tra cui: la diffidenza o ostilità nei confronti della Nato, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea che caratterizza ampi settori della società; l’ingenuità riguardante la politica interna ed estera della Russia molto diffusa presso le élite politico-amministrativa e intellettuale italiana; la scarsa conoscenza ed expertise analitica sulla Russia e la regione post-sovietica nel mondo accademico e dei think tank italiani; la presenza di influenti lobby politiche ed economiche filo- Cremlino; un deficit di cultura della sicurezza nazionale che contraddistingue, a parte alcune notevoli eccezioni, il mondo politico italiano».

Per questo, da almeno dieci o quindici anni l’ecosistema di disinformazione e propaganda filo-Cremlino si è messo a diffondere nello spazio informativo italiano molteplici narrazioni strategiche finalizzate a confondere l’opinione pubblica circa gli obiettivi e gli strumenti della politica estera russa, nonché a minare l’orientamento atlantista ed europeista dell’Italia e i suoi valori democratici.

Di conseguenza, «l’Italia è attualmente tra i Paesi occidentali più condizionati dalle narrazioni strategiche filo-Cremlino. Persino dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che in Italia ha suscitato forti condanne del regime di Putin, le narrazioni filo-Cremlino, spesso divulgate da esperti e commentatori mainstream, continuano a esercitare una notevole influenza sui dibattiti politici, mediatici e culturali italiani».

Alla storica eredità filo-russa del Pci dagli anni Novanta si è aggiunto il fenomeno del rossobrunismo. «Una sintesi ideologica di fascismo e social-comunismo, caratterizzata da estremo nazionalismo e “sovranismo”, lotta alla globalizzazione e al capitalismo, anti-americanismo, ostilità nei confronti dell’Unione Europea, tradizionalismo e critica radicale alla “decadenza” delle società liberal-democratiche dell’Occidente. L’area rossobruna ben presto avvia una intensa collaborazione con intellettuali e politici ultranazionalisti russi, tra cui il filosofo e geopolitico neo-Eurasista Aleksandr Dugin, che dopo il collasso del sistema sovietico si reca con frequenza nel nostro Paese, diventando un punto di riferimento per la destra radicale e la nascente galassia rossobruna».

Dopo l’ascesa di Vladimir Putin nel 1999, e soprattutto dopo la svolta del Cremlino nella seconda metà degli anni 2000 verso una politica estera più assertiva, nazionalista e di contrapposizione all’Occidente, la galassia rossobruna cresce e acquisisce un profilo sempre più marcatamente filo-russo e putiniano. «Il rossobrunismo diventa un fenomeno politicamente rilevante a partire dal 2012-13, e le idee di quest’area entrano nei dibattici politici e mediatici mainstream, grazie all’onda populista-sovranista che allora sconvolge il sistema politico italiano». Allo stesso tempo, a partire dalla seconda metà degli anni Duemila si afferma in Italia un’altra scuola di pensiero filo-russo, più pragmatica e moderata: quella degli intellettuali e politici Russlandvesteher, termine tedesco per indicare «chi mostra comprensione per la Russia»: è gente che non considera Putin un modello politico, ma sicuramente un importante partner strategico e economico, che le cui ragioni bisogna tenere presenti.

Le misure attive di Mosca in Italia nell’era Putin mirano a rafforzare sia il rossobrunismo sia la corrente Russlandvesteher. A differenza dei rossobruni, i Russlandvesteher italiani non attaccano l’Occidente, la Nato e l’Unione europea, ma ammirano Putin come leader politico e statista. «Quando scoppia la crisi ucraina nel 2013-2014 l’orientamento Russlandvesteher occupa già una posizione dominante nel mondo accademico e nella comunità di esperti di politica estera in Italia». Motivo per cui in tanti un anno fa considerano «impossibile» l’attacco russo.

Dall’inizio del conflitto nel 2014, tante sono state le narrazioni strategiche utilizzate dal Cremlino per indebolire e destabilizzare l’Ucraina, e per confondere le opinioni pubbliche in Occidente circa gli obiettivi e gli strumenti della politica estera russa in Ucraina.

Tra le principali:

1) Euromaidan, ossia la rivoluzione di piazza dell’inverno 2013-2014, dipinta come un colpo di stato nazista sostenuto dagli Stati Uniti;

2) L’annessione illegale della Crimea definita un «regolare referendum con cui i residenti della Crimea hanno deciso di ricongiungersi alla Russia attraverso una procedura democratica» (e accreditata da molti amministratori locali e osservatori di area Lega e Forza Italia);

3) La tesi secondo cui la Nato si fosse impegnata politicamente e giuridicamente a non estendere l’alleanza oltre i confini della Germania riunificata, circostanza smentita più volte anche dallo stesso Gorbaciov;

4) La tesi secondo cui l’aereo malaysiano Boeing-777, che stava effettuando il volo MH17 da Amsterdam a Kuala Lumpur precipitato vicino a Donetsk fosse stato abbattuto da un territorio controllato dall’esercito ucraino;

5) La presunta non partecipazione della Russia al conflitto armato nel Donbas e l’idea che Mosca non fornisse ai rappresentanti delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk alcun supporto materiale o tecnico;

6) La presunta proclamazione dell’indipendenza delle Repubblica Popolari di Donetsk e Lugansk, che sarebbe avvenuta dopo il colpo di stato a Kyjiv;

7) La tesi secondo cui in Ucraina fosse in corso una guerra civile anziché una vera e propria aggressione militare russa a uno Stato sovrano.

Torna al punto da cui siamo partiti, per circa un anno, dal marzo 2020 all’aprile 2021, la guerra in Ucraina, definibile all’epoca come un conflitto a intensità medio bassa, passa apparentemente in secondo piano nelle narrazioni strategiche del Cremlino, e viene soppiantata da messaggi disinformativi e propagandistici legati alla pandemia da Covid-19 e alla presunta superiorità del vaccino russo Sputnik rispetto a quelli occidentali.

Vari giornali italiani osservano subito come tanti gruppi «dormienti» dopo l’invasione abbiano spostato il focus di discussione dalla pandemia al conflitto bellico in Ucraina. «Basta Dittatura», ad esempio, è il nome di una chat con quasi centomila utenti dove si parlato del bambino morto a Kyjiv durante gli scontri. «Di bambini purtroppo ne moriranno tanti», scrivono, «perché il regime di Kyjiv, pilotato dalla Nato e finanziato da Soros, non pare intenzionato a cercare una tregua. Ma ora il condizionale è d’obbligo». Per loro, il bimbo mostrato da tutti i Tg del mondo non è reale e la foto scattata «in posa». Un altro con il nick “Giù la mascherina” scrive che «i giornalisti sono con casco e giubbotto antiproiettile, l’abito ufficiale della “modalità guerra”, proprio come quando sono con le mascherine, mentre dietro i cittadini ucraini serenamente fanno la coda all’ufficio postale».

The Vision, in un articolo del 31 marzo 2022, farà appunto notare come in un batter d’occhio i No-Vax si siano trasformati in sostenitori di Putin e della sua aggressione in Ucraina, sollevando anche legittimi sospetti su chi abbia davvero alimentato e sobillato la galassia negazionista negli ultimi due anni di pandemia e come le loro motivazioni a sostegno della causa di Putin siano la denazificazione dell’Ucraina, l’espansione della Nato a Est e il presunto “genocidio” degli abitanti russofoni del Donbas.

Questi canali dunque iniziano a diffondere un tipo di messaggi che erano stati anticipati da Sputnik, outlet creato nel 2013 mediante decreto presidenziale al fine di «comunicare la politica statale della Russia all’estero», e che il sito EUvsDisinfo riassume così: «La Nato inonda l’Ucraina di armi moderne per spingere Kyjiv a una soluzione militare nel Donbas; i nazionalisti ucraini non lasciano evacuare i civili e li usano come scudi umani; Kyijv sta attuando una politica genocida nei confronti della popolazione del Donbas; la liberazione russa di Lysychansk e Severodonetsk pone fine a discriminazioni e abusi da parte della giunta nazista di Kyjiv; in Ucraina, nel febbraio 2014, c’è stato un colpo di Stato orchestrato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea; gli attacchi ucraini con droni kamikaze all’impianto di Zaporizhzhia dimostrano che gli Stati Uniti non accettano la sconfitta; le forze armate ucraine hanno bombardato il luogo di incontro della missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) e la centrale nucleare di Zaporizhzhia; le sanzioni imposte da Washington e Bruxelles spingono l’Italia al suicidio economico; l’esercito ucraino attacca con l’artiglieria le aree civili di Donetsk da otto anni: gli abitanti del Donbas, di Zaporizhzhia e Kherson vogliono unirsi liberamente alla Russia; solo il cinque per cento del grano che l’Occidente esporta dall’Ucraina va ai paesi più poveri; l’Ucraina vuole far saltare la diga di Kakhovka per bloccare la fornitura di acqua alla Crimea; Kyjiv farà esplodere una “bomba sporca” per accusare la Russia; l’Ucraina è il principale focolaio di neonazismo al mondo; la tempestiva sentenza di un tribunale olandese che attesta la responsabilità dei separatisti del Donbas e dei servizi segreti russi nell’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines nel 2014 è un’arma di distrazione di massa per far dimenticare che Zelensky, per non essere detronizzato, ha lanciato missili contro la Polonia e portato il mondo sull’orlo di una guerra mondiale; i russi si sono ritirati da Kherson perché l’Ucraina vuole far saltare la diga di Kakhovka; la proposta di Borrell sulla crisi ucraina del 2014 dimostra che il colpo di Stato in Ucraina è stato creato artificialmente come copertura ideologica per il contenimento politico, economico, tecnologico e umanitario della Russia; Kyjiv cerca un’escalation del conflitto, come dimostra l’esecuzione di prigionieri di guerra russi da parte dell’esercito ucraino. Tutto ciò dimostra che gli Stati Uniti hanno un controllo totale sull’Ucraina; gli accordi di Minsk sono stati un tentativo di guadagnare tempo per l’Ucraina; Francia e Germania hanno mentito sulla loro volontà di porre fine al conflitto nel Donbas, volevano solo riempire l’Ucraina di armi e prepararla al combattimento; la tragedia del rogo di Odessa è stata un’azione premeditata dai neonazisti ucraini; il conflitto in Ucraina è iniziato nel 2014 a seguito della decisione degli Stati Uniti di armare l’Ucraina; Kyjiv perseguita la Chiesa ortodossa ucraina; ci sono gli Stati Uniti dietro il colpo di Stato nazista ucraino del 2014 che ha portato a una sanguinosa guerra civile; i neonazisti ucraini commettono crimini contro la popolazione indifesa, fanno pulizia etnica, compiono azioni punitive. È proprio contro questo male [Olocausto] che i soldati russi combattono coraggiosamente».

Il rapporto fa su queste asserzioni un lavoro di debunking, simile quello che ha peraltro fatto anche l’autore di queste note. Rossobrunismo a parte, si può osservare come effettivamente l’invasione dell’Ucraina abbia fatto ricredere molti Russlandvesteher: a partire dalla stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha cancellato dai social sue prese di posizione filo-Putin del passato.

Ma in qualche caso invece si è arrivati a posizioni che nel caso delle narrazioni sull’uccisione dei civili a Bucha sono arrivate a livelli da negazionismo sulle camere a gas. Più in generale, il Russlandvesteher medio ha oggi il tipo di posizione espresso da Giuseppe Conte. Sì, Putin è l’aggressore, ma le sanzioni non servono, la guerra non va alimentata, e alla fine se non è detto espressamente viene sottinteso a questo povero Putin bisognerà pure lasciare qualcosa, per non farlo rimanere male.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 24 febbraio.

La Repubblica.

Gli ultimi aggiornamenti dalla crisi Russia-Ucraina. Der Spiegel, "Droni kamikaze cinesi alla Russia". Usa pronti a mostrare le informazioni sul possibile invio di armi cinesi a Mosca.  Blinken annuncia nuove sanzioni. Nato: "Rafforzare difesa della Moldavia". Zelensky: "I negoziati ci saranno, serve un vertice di pace. Prevedo incontro con presidente cinese Xi".  Zelensky: "Serve un vertice di pace"

Punti chiave

18:50

Zelensky, prevedo incontro con presidente cinese Xi

13:40

Moldavia: "Nessuna minaccia diretta dall'Ucraina alla Transnistria"

13:35

Mosca: "Kiev ammassa truppe al confine con la Transnistria"

12:21

Ue: "Proposta di pace cinese non distingue vittime da aggressori"

11:50

Cina: "Droni alla Russia? Troppe falsità su di noi"

11:26

Stoltenberg: "Rafforzare sistema difesa della Moldavia"

11:04

G7: "Oggi lanceremo un appello affinché nessuno sostenga militarmente Mosca"

10:26

Il tweet di Biden: "Putin credeva di spaccare la Nato, mai così forti"

09:19

Zelensky parla ai soldati: "L'Ucraina è viva, orgogliosi di voi"

08:32

L'ambasciatore europeo in Cina: "Non è un documento di pace, ma un insieme di punti di vista. Però studieremo documento della Cina"

08:27

Kiev, 'documento Cina buon segnale'

06:48

Zelensky, 2023 sarà anno nostra vittoria

02:48

Cina, "intavolare negoziati, no a minaccia nucleare"

02:24

Usa, alle 15 meeting virtuale del G7 con Zelensky

00:13

Von der Leyen: "141 Paesi all'Onu con Kiev. Russia fermi guerra di aggressione"

"141 paesi hanno chiesto il ripristino della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina. Un anno dopo, la comunità internazionale è forte con l'Ucraina. La richiesta è chiara: la Russia deve porre fine alla sua guerra di aggressione". Così su Twitter la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

02:24

Usa, alle 15 meeting virtuale del G7 con Zelensky

 Joe Biden avrà un incontro virtuale con i leader del G7 e il presidente Volodymyr Zelensky domani alle 9 ora locale, le 15 in Italia, in occasione del primo anniversario dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Lo riferisce la Casa Bianca in una nota.

02:33

Usa, "con G7 impegnati a continuare a sostenere l'Ucraina. E a far pagare alla Russia i costi della guerra"

Joe Biden e gli altri leader del G7 ribadiranno l'impegno a "continuare a coordinare gli sforzi per sostenere l'Ucraina e far pagare alla Russia i costi di questa guerra", nell'incontro virtuale che si terrà alle 9 ora locale, le 15 in Italia, in occasione del primo anniversario dell'invasione. Lo riferisce la Casa Bianca in una nota.

02:48

Cina, "intavolare negoziati, no a minaccia nucleare"

La Cina rivolge un appello a Russia e Ucraina affinchè intavolino al più presto i negoziati di pace, auspicando che il ricorso alle armi nucleari non abbia corso nel conflitto. "Tutte le parti devono sostenere la Russia e l'Ucraina per lavorare nella stessa direzione e riprendere un dialogo diretto il più rapidamente possibile" ha affermato il Ministero degli Esteri cinese, sottolineando che "le armi atomiche non devono essere impiegate e guerre nucleari non devono essere combattute"

03:38

La Cina sollecita cessate fuoco e stop attacchi a siti civili

 La Cina sollecita il cessate il fuoco e la fine dei combattimenti in Ucraina perché la guerra "non prevede vincitori", invitando "a mantenere razionalità e moderazione", ad evitare che la crisi si aggravi o vada fuori controllo e "a sostenere Russia e Ucraina affinché si incontrino" e riprendano "il dialogo diretto non appena possibile". Nel preannunciato documento di soluzione della crisi ucraina, strutturato in 12 punti e diffuso dal ministero degli Esteri, c'è anche l'invito "ad astenersi dall'attaccare civili e strutture civili".

03:38

Usa, Sullivan annuncia altri due miliardi di sostegno all'Ucraina

05:50

Der Spiegel, "Droni kamikaze cinesi alla Russia"

L'esercito russo è impegnato in trattative con la cinese Xìan Bingo Intelligent Aviation Technology per la produzione di massa di droni kamikaze alle sue forze armate. E' quanto riporta Der Spiegel, secondo cui la vicenda crea una nuova urgenza nel dibattito sul possibile sostegno militare cinese alla Russia.

Bingo, in base alle informazioni raccolte dalla testata tedesca, ha accettato di produrre e testare 100 prototipi di droni ZT-180 prima di consegnarli alla Difesa russa entro aprile 2023. Gli esperti militari ritengono che lo ZT-180 sia in grado di trasportare una testata da 35 a 50 chilogrammi.

06:48

Zelensky, 2023 sarà anno nostra vittoria

"Il 24 febbraio milioni di noi hanno fatto una scelta. Non una bandiera bianca, ma quella blu e gialla. Non fuggire, ma affrontare. Resistere e combattere. È stato un anno di dolore, tristezza, fede e unità. E quest'anno siamo rimasti invincibili. Sappiamo che il 2023 sarà l'anno della nostra vittoria". Lo scrive su Twitter il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, pubblicando un video con le immagini del conflitto a un anno di distanza dal suo inizio.

07:27

Prigozhin: "Wagner ha controllo villaggio Berkhovk"

Yevgeny Prigozhin, il leader del gruppo paramilitare Wagner, ha dichiarato di aver preso il controllo del villaggio di Berkhovka in quella che i russi chiamano la Repubblica Popolare di Donetsk (DPR), vicino a Bakhmut. "Le unità del PMC Wagner hanno il pieno controllo di Berkhovka", ha dichiarato.

08:27

Kiev, 'documento Cina buon segnale'

L'Ucraina ha fatto conoscere una prima reazione al documento che esprime ufficialmente la posizione di Pechino sulla guerra, definendola "un buon segnale e un segno che la Cina vuole essere coinvolta negli sforzi globali per mettere fine al conflitto ucraino". Questo è quanto ha dichiarato l'incaricata d'affari dell'ambasciata Ucraina nella capitale cinese, Leshchynska Zhanna. "All'Ucraina piacerebbe vedere la Cina dalla sua parte", anche se "al momento non sta appoggiando gli sforzi ucraini".

Zelensky finora ha detto di non essere ancora a conoscenza dei dettagli del piano cinese, ma di considerare il fatto che Pechino sia intervenuta "un fatto non negativo".

08:32

L'ambasciatore europeo in Cina: "Non è un documento di pace, ma un insieme di punti di vista. Però studieremo documento della Cina"

La Cina ha rilasciato "un documento di posizione, non una proposta di pace, e l'Ue lo studierà. Se il documento di posizione è un segnale positivo per l'Ucraina, allora lo è per l'Unone, anche se lo stiamo studiando attentamente". È il commento dell'ambasciatore europeo in Cina, Jorge Toledo, in merito alla 'Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina', il documento rilasciato oggi da Pechino che si profila come un insieme di punti di vista per raggiungere  la de-escalation

09:00

Il segretario alla Difesa britannico Wallace: "Se la Cina dà armi alla Russia non aiuta a risolvere il conflitto"

Il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace ha detto che l'idea che la Cina possa fornire armi per sostenere l'invasione russa dell'Ucraina non aiuterebbe a risolvere il conflitto, un risultato che era fiducioso che la Cina volesse. "Non può aiutare la pace se la Cina rifornisce effettivamente l'unica nazione che ha infranto la legge internazionale sulla sovranità dell'Ucraina e ha inflitto crimini di guerra", ha detto quando gli è stato chiesto dei rapporti che la Cina potrebbe fornire armi alla Russia

09:04

Nato, sforzi Russia stanno fallendo, restiamo con Ucraina

"Gli sforzi della Russia per infrangere la determinazione del coraggioso popolo ucraino stanno fallendo. Un anno dopo, gli ucraini stanno combattendo valorosamente per la libertà e l'indipendenza. Siamo con loro".

Lo afferma il Consiglio Nord Atlantico in una dichiarazione a un anno dall'inizio della guerra in Ucraina.

09:09

Scholz, "Putin può mettere fine alla guerra"

"La situazione è nelle mani di Putin. Lui può mettere fine a questa guerra".  Lo ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in un messaggio video settimanale dedicato all'anniversario dell'aggressione della Russia all'Ucraina, pubblicato in rete con i sottotitoli in ucraino. Non è la consegna delle armi occidentali a Kiev a prolungare la guerra, ha continuato, "è vero il contrario: quanto prima il presidente della Russia capisce che non raggiungerà i suoi obiettivi imperialistici, tanto maggiore sarà la chance di una veloce conclusione della guerra".

09:11

Macron, Francia solidale con Kiev, "pace e vittoria"

Il presidente francese Emmanuel Macron ha inviato un messaggio di solidarietà agli ucraini dopo un anno di guerra, auspicando la "vittoria e la pace". "Ucraine, ucraini, la Francia è al vostro fianco. Alla solidarietà, alla vittoria e alla pace", ha scritto in un messaggio postato sul suo profilo Twitter in ucraino e inglese. L'Eliseo ha invece pubblicato una foto notturna delle bandiere sventolanti e illuminate davanti alla sede della presidenza francese, Faubourg St Honorè a Parigi: al centro, fra il tricolore francese e la bandiera blu stellata dell'Unione europea, quella ucraina bicolore giallo oro-blu. Emmanuel Macron era stato invitato a Kiev in questi giorni dell'anniversario, come il presidente Usa Joe Biden, l'italiana Giorgia Meloni e il premier spagnolo Pedro Sánchez, ma ha preferito rinviare la visita a un momento meno simbolico e più sostanziale, secondo quanto apprende la stampa francese dalle fonti diplomatiche.

09:15

Zelensky commemora gli "eroi", un minuto di silenzio per le vittime

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sta tenendo un discorso per celebrare un anno della guerra, nella piazza Santa Sofia di Kiev, e ha chiesto un minuto di silenzio per commemorare "gli eroi" che combattono per resistere all'invasione russa. "Gloria a tutti quelli che stanno combattendo adesso", ha affermato. "Il vostro sforzo rende più vicina la vittoria, e decide se l'Ucraina esisterà", ha detto.

09:19

Zelensky parla ai soldati: "L'Ucraina è viva, orgogliosi di voi"

"Oggi dopo un anno di guerra decisiva per l'indipendenza ucraina, oggi in questo posto valoroso", "voglio dire a tutti voi, a tutti quelli che combattono per l'Ucraina e a chi vive con l'Ucraina nel cuore, voglio dire che sono orgoglioso di voi, noi tutti siamo orgogliosi di ognuno, tutti quanti siamo orgogliosi di voi e che questo orgoglio vada per le strade e le trincee, si diffonda per le piazze e le città, si diffonda per i cuori e i Paesi esteri, parli a tutti. L'Ucraina è viva". Così il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, parlando davanti ai soldati a Kiev in piazza Santa Sofia.

09:21

Medvedev: "Vinceremo, avanti fino a confine Polonia"

La Russia vincerà in Ucraina, arrivando se necessario "fino al confine con la Polonia". Lo ha scritto l'ex primo ministro e vicepresidente del Comitato di sicurezza della Federazione russa Dmitrij Medvedev sul suo profilo Telegram. "Dobbiamo spingere il più lontano possibile i confini delle minacce al nostro Paese, anche se questi sono i confini della Polonia", ha scritto in un lungo messaggio nel giorno dell'anniversario dell'inizio dell'"operazione militare speciale" russa in Ucraina.

09:24

Usa, "non vogliamo un conflitto con la Russia"

"Non vogliamo un conflitto con la Russia, vogliamo solo che la Russia lasci l'Ucraina". Lo ha detto il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland in un'intervista all'agenzia russa Tass, rispondendo a una domanda sulla possibilità di una Terza guerra mondiale.

09:42

Polonia installa barriere anticarro al confine

La Polonia ha installato al confine con Ucraina e Bielorussia, a est, barriere anti carro, ha annunciato il ministro della Difesa, Mariusz Blaszczak. Gli ostacoli rientrano nella strategia di difesa e deterrenza nazionale, ha precisato. Le prime barriere sono già state dispiegate al confine con l'enclave russa di Kaliningrad, più a nord.

09:49

Medvedev: "Trattative dureranno anni"

 Al termine di quella che la Russia ha definito ''operazione militare speciale'' in Ucraina ''ci saranno  trattative difficili e nervose'' e  dureranno ''mesi, anni''. Lo ha scritto su Telegram il vice presidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo Dmitry Medvedev nel primo  anniversario della guerra di Mosca a Kiev. Secondo il fedelissimo di Putin ''le decisioni per il regime di Kiev, ovviamente, non saranno prese da una specie di Zelensky, se è ancora vivo, o dalla sua cricca. La decisione sarà presa oltreoceano da coloro che hanno in mano la fornitura di armi a Kiev e lo stanziamento di denaro per mantenere ciò che resta dell'economia Ucraina''. Secondo Medvedev ''i principali nemici del nostro Paese'' vogliono  ''indebolire il più possibile la Russia, dissanguarci a lungo. Pertanto, non sono interessati a porre fine al conflitto. Prima o  poi, secondo le leggi storiche, lo faranno. E ci sarà un accordo. Naturalmente, senza accordi fondamentali su confini reali o su un  nuovo Patto di Helsinki che garantisca la sicurezza in Europa. Solo  una specie di accordo''. Quindi, prosegue, ''inizierà un periodo non meno difficile. Mesi e anni estenuanti di  confronti, capricci e maleducazione da parte di chi gestirà ciò che  resta dell'Ucraina''. Ma ''questo non può essere permesso'' ed è per  questo che è molto ''importante raggiungere tutti gli obiettivi  dell'operazione militare speciale''.

10:01

Zelensky: "24 Febbraio, giorno più duro della Storia Moderna"

''Il 24 febbraio è stato il giorno più  duro della storia moderna''. Lo ha detto il presidente ucraino  Volodymyr Zelensky incontrando alcuni militari a piazza Sofia a Kiev ai quali ha consegnato medaglie al merito. ''Il fatto che siamo qui  ora, che stiamo svolgendo una commemorazione all'aperto'' in centro a  Kiev, dimostra che ''finché l'Occidente continuerà a sostenere  l'Ucraina, l'Ucraina alla fine prevarrà'', ha aggiunto Zelensky.

10:09

Usa, gli Abrams non arriveranno quest'anno

I carri armati americani Abrams che  Washington ha promesso a Kiev potrebbero non arrivare in Ucraina quest'anno. Lo ha detto ai giornalisti il segretario dell'esercito  americano Christine Wormuth, come ha riferito DefenseNews.

10:14

Nuland: "Non vogliamo conflitto con la Russia, pronti a negoziare sul trattato Start"

"Non  vogliamo un conflitto con la Russia, vogliamo solo che la  Russia lasci l'Ucraina". Lo ha detto il sottosegretario di  Stato americano Victoria Nuland in un'intervista all'agenzia russa Tass. Nuland ha anche aggiunto che gli Usa sono pronti a riprendere "domani" i negoziati con la Federazione Russa sull'applicazione del trattato New Start. Qualche giorno fa  il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la  sospensione del trattato sottoscritto da Usa e Russia per la  limitazione delle armi nucleari.

10:16

Stoltenberg: "La libertà non è gratis, bisogna battersi"

La vostra storia è un forte promemoria che non possiamo dare la nostra libertà per scontata. La libertà non è gratuita, dobbiamo batterci ogni giorno per la libertà. Oggi è il popolo ucraino che sta coraggiosamente combattendo per la sua libertà. E nonostante l'anno di distruzione la loro determinazione prevarrà". Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in conferenza stampa a Tallin con la premier estone, Kaja Kallas, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

10:18

Von der Leyen: "Voto Onu mostra una Russia sempre più isolata"

"La Russia è sempre più isolata, penso che parli molto chiaramente il voto di ieri all'Onu dove 141 Paesi hanno votato a favore della risoluzione che condanna la Russia. La Russia sta regredendo verso un'economia autarchica, tagliata fuori dal mondo. Le nostre sanzioni stanno mordendo fortemente la sua base economica, riducendo ogni prospettiva di modernizzazione. Continueremo a porre la Russia sotto pressione e su quanti la sostengono". Lo ha dichiarato  la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella conferenza stampa con la premier estone, Kaja Kallas, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in Estonia, per celebrare l'anniversario della dichiarazione di indipendenza estone e a un anno dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.

10:20

Scholz: "Putin ha fallito, siamo più uniti che mai"

Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in occasione del primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina, ha dichiarato che il presidente russo, Vladimir Putin, ha fallito nei suoi piani e ha elogiato la resilienza degli ucraini. "Chi da' uno sguardo all'ultimo anno vede che il presidente russo ha fallito. Vladimir Putin ha optato per la divisione e ha generato il contrario. L'Ucraina è più unita che mai, l'Unione Europea è più unita che mai", ha detto in un messaggio video. L'aggressione, dice Scholz, ha generato una serie di sfide, anche per la Germania, che, secondo il cancelliere, sono state affrontate con successo, come il raggiungimento dell'indipendenza energetica dalla Russia. "In pochi mesi siamo diventati energeticamente indipendenti dalla Russia. Abbiamo abbastanza gas e petrolio e l'economia non è in profonda recessione", ha detto. Inoltre, ha aggiunto, la Germania è stata di supporto, ha accolto più di un milione di rifugiati ucraini e ha fornito aiuti -finanziari, umanitari e militari- per un valore di 14 miliardi di euro

10:21

Meloni: "Italia dalla parte di Kiev"

"Un anno fa la Federazione Russa ha scioccato il mondo invadendo l'Ucraina, la Russia aveva già in passato compiuto aggressioni verso i suoi vicini e non aveva mai spento le rivendicazioni su quelli che chiama i suoi confini storici ma nessuno poteva immaginare un atto così grave". Lo afferma la premier Giorgia Meloni in un messaggio in occasione dell'anniversario della guerra in Ucraina. "Il mondo libero è debitore, l'Italia sta dalla parte di Kiev"

10:26

Il tweet di Biden: "Putin credeva di spaccare la Nato, mai così forti"

Un anno fa il presidente Putin ha creduto che avrebbe potuto prendere Kiev agilmente. Poi conosciuto il coraggio dell'Ucraina e la volontà di ferro delle nazioni, ovunque". Così in un tweet il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in occasione del primo anniversario dall'inizio del conflitto russo-ucraino. Biden ha aggiunto: "Il presidente Putin ha creduto che la Nato si sarebbe spaccata e divisa. E invece la Nato è unita e forte come mai prima"

10:27

Nato, prossima settimana Ungheria ratifica ok a ingresso di Svezia e Finlandia

"Vediamo progressi riguardo alla storica adesione di Svezia e Finlandia alla Nato: 28 su 30 alleati hanno già' ratificato i protocolli di adesione. Ho avuto una buona discussione con il presidente Erdogan ad Ankara la settimana scorsa e abbiamo concordato di riavviare i negoziati e di convocare un incontro tra Turchia, Svezia e Finlandia al quartier generale della Nato a metà' marzo sotto la mia egida per discutere l'attuazione dell'accordo e di come completare il processo di adesione. Ed è' positivo che il Parlamento ungherese inizi la prossima settimana il processo di ratifica". Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, nella conferenza stampa con la premier estone, Kaja Kallas, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in Estonia, per celebrare l'anniversario della dichiarazione di indipendenza estone e a un anno dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.

10:39

Nato: "Se Cina fornisce armi alla Russia sarà grave errore"

 "Stiamo monitorando da vicino quello che fa la Cina e abbiamo visto segnali che potrebbe considerare e pianificare piccoli aiuti alla Russia. Sarebbe un grave errore e per questo gli Stati Uniti e gli alleati lo stanno condannando". Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che ha tuttavia precisato che "al momento non ci sono prove che la Cina stia già fornendo aiuti alla Russia".

10:40

Macron: "Francia con Ucraina fino alla vittoria"

"Ucraini, ucraine, la Francia resta al vostro fianco. Alla solidarietà, alla vittoria e alla pace": lo scrive in un tweet il presidente francese, Emmanuel Macron, a un anno dall'invasione russa dall'Ucraina. Tra le tante manifestazioni di solidarietà rivolte dalla Francia al Paese colpito dalla guerra di Vladimir Putin, la Tour Eiffel - il monumento simbolo di Parigi - è illuminata in questi giorni con i colori dell'Ucraina.

10:44

Portavoce dell'aeronautica ucraina: "Oggi più che mai pronti a reagire a provocazioni"

L'esercito di Kiev è ''pronto a rispondere alle provocazioni russe'' e alle ''minacce di attacchi che rimangono, ovvio'', ancor più in questa ''giornata che è diventa simbolica per  tutti, per il mondo intero''. Lo ha detto il portavoce  dell'aeronautica militare ucraina, Yurii Ihnat, in un discorso alla  televisione di stato. "C'è la minaccia che il nemico possa voler fare delle 'sorprese' per  noi oggi. Ma non c'è bisogno di aspettarsi'' attacchi, ha detto,  spiegando che ''ci stiamo preparando, comprendiamo la potenziale  minaccia'', ha aggiunto.

10:54

Nato: "La Russia sta fallendo"

In occasione del primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina, la Nato ha confermato il sostegno a Kiev contro la Russia che sta "fallendo nei suoi sforzi per infrangere la determinazione del coraggioso popolo ucraino". "Un anno dopo, gli ucraini stanno combattendo valorosamente per la libertà' e l'indipendenza. Siamo con loro", si legge in una dichiarazione del Consiglio Nord-atlantico.

10:55

Ambasciatore ucraino in Italia: "Grazie Meloni per il sostegno"

"La recente visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Ucraina ha confermato questa linea continuativa di supporto che noi apprezziamo moltissimo. La battaglia non è ancora finita e noi dobbiamo essere ancora più uniti per raggiungere la vittoria". Lo ha detro l'Ambasciatore ucraino in Italia Yaroslav Melnyk, in occasione dell'incontro davanti all'ambasciata Ucraina a Roma per ricordare il primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina. "Vorrei ringraziare il viceministro degli affari esteri e tutto il governo italiano per tutto il sostegno dimostrato all'Ucraina" ha aggiunto l'ambasciatore ucraino.

10:57

Michel: "Anniversario buio, ma Ucraina prevarrà"

"Oggi è un anniversario buio. Per l'Ucraina. Per l'Europa. E per il mondo. Per un anno la Russia ha mosso guerra all'Ucraina. E per un anno l'Ucraina ha reagito con coraggio. Un'Ucraina libera e indipendente è un'Europa libera e indipendente. L'Ucraina prevarrà". E' quanto dichiara il presidente del Consiglio Ue Charles Michel in un messaggio per l'anniversario dell'invasione dell'Ucraina.

10:59

Zelensky alla Germania: "Abbiamo forza per vincere"

Abbiamo la forza per la vittoria. La Germania sarà con noi nel giorno della vittoria".  Lo ha detto il leader ucraino Volodymyr Zelensky, intervenendo con un messaggio video a Berlino dove nel castello di Bellevue si tiene un evento per l'anniversario dell'aggressione russa in Ucraina. Zelensky ha ringraziato del sostegno e ha chiesto ulteriore impegno per vincere da parte della Germania.

11:04

G7: "Oggi lanceremo un appello affinché nessuno sostenga militarmente Mosca"

Il G7 lancerà' oggi un appello a tutti i Paesi perchè nessuno sostenga militarmente la Russia nella guerra in Ucraina. Lo ha anticipato il premier giapponese Fumio Kishida, presidente di turno dei 7 Grandi che oggi partecipano a una riunione virtuale sull'anniversario dell'invasione russa. Parteciperà all'incontro anche il presidente Volodymyr Zelensky

11:10

Johnson: "Subito più armi all'Ucraina"

Più armi all'Ucraina "al più presto" possibile. E' il messaggio lanciato nel primo anniversario della guerra con la Russia dall'ex premier britannico conservatore Boris Johnson, capofila dei leader occidentali considerati a Kiev fra gli "amici" più fidati del presidente Volodymyr Zelensky. Parlando a Sky News ieri sera ha insistito sulla necessità di fornire agli ucraini in particolare armi "a più lungo raggio" e anche "aerei da combattimento" di standard Nato, per aiutarli a colpire "le posizioni di artiglieria e i centri di comando e controllo" russi; e, pur riconoscendo al suo successore Rishi Sunak di aver mantenuto il governo del Regno in prima fila nel sostegno militare a Kiev, lo ha sollecitato ad accelerare sulla fornitura di caccia Typhoon britannici.

11:12

Nel Regno Unito un minuto di silenzio per Ucraina

Il Regno Unito commemora oggi il primo anniversario della guerra in Ucraina con un momento di silenzio nazionale alle 11 locali (le 12 italiane) e all'ombra di bandiere con i colori ucraini innalzate un po' dovunque sull'isola, incluso nei palazzi simbolo delle istituzioni e della monarchia. L'iniziativa, annunciata da Downing Street, viene suggellata dalla presenza di fronte a Number 10 dell'ambasciatore di Kiev a Londra e d'una rappresentanza di militari ucraini addestrati nel Regno, tutti al fianco del primo ministro Rishi Sunak.  

11:26

Stoltenberg: "Rafforzare sistema difesa della Moldavia"

Se c'è "una lezione che possiamo  imparare dalla guerra in Ucraina è l'importanza di supportare quei  Paesi che sono vulnerabili all'aggressione russa il più presto possibile. E questo vale anche per la Moldavia". Lo dice il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in conferenza stampa a Tallinn,  in Estonia.  Chisinau, continua Stoltenberg, è "un partner stretto e  altamente apprezzato della Nato. Lavoriamo con loro da molti anni: ora abbiamo concordato di rafforzare la nostra partnership e anche di  aiutarli a costruire le loro capacità di difesa. Abbiamo uno specifico accordo in vigore per rafforzare le loro varie istituzioni e per  aiutarli a rafforzare la loro resilienza", conclude.

11:29

Le Pen: "Francia organizzi conferenza di pace"

A un anno dall'invasione russa in Ucraina Marine Le Pen chiede che la Francia prenda "l'iniziativa di una conferenza sulla pace" per ottenere una "uscita pacifica e rapida dal conflitto". In una lettera ai connazionali trasmessa via Twitter, la capogruppo del Rassemblement National all'Assemblea Nazionale di Parigi dice di voler "continuare a portare instancabilmente il messaggio di indipendenza e di pace che fece, credo, l'onore della nostra Patria". Negli ultimi giorni, il partito francese di estrema destra ha fatto evolvere le sue posizioni passando da un atteggiamento sostanzialmente morbido nei confronti di Mosca all'ammissione di una "ingenuità collettiva" dinanzi alle "ambizioni espansionistiche" di Vladimir Putin. Nella missiva, Le Pen invoca "una posizione indipendente" della Francia rispetto al conflitto.  

12:21

Ue: "Proposta di pace cinese non distingue vittime da aggressori"

"Abbiamo preso nota con attenzione della posizione di 12 punti presentata dalla Cina. E' un'iniziativa politica, sottolinea alcuni principi della Carta delle Nazioni unite, ma è selettiva e insufficiente riguardo alle loro implicazioni per la guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina. La posizione della Cina basa l'attenzione sui cosiddetti legittimi interessi di sicurezza e preoccupazioni delle parti che implicano una giustificazione per l'invasione illegale della Russia e offusca i ruoli dell'aggressore e dell'aggredito". Lo ha dichiarato la portavoce della Commissione europea per la Politica estera, Nabila Massrali, rispondendo a una domanda sulla proposta di negoziati presenta dalla Cina.

11:29

Re Carlo: "La Russia sta provocando sofferenze inimmaginabili"

Re Carlo III ha diffuso oggi un messaggio dai toni insolitamente duri ed espliciti in materia di questioni internazionali per la casa reale britannica, denunciando - nel giorno dell'anniversario della guerra in Ucraina - "l'attacco non provocato su larga scala" iniziato dalla Russia il 24 febbraio 2022. Attacco che ha provocato "sofferenze inimmaginabili" al popolo ucraino, si legge nel testo diffuso da Buckingham Palace

11:32

Governatore di Belgorod in ospedale: sospetto avvelenamento

Il governatore della regione di Belgorod, Vyacheslav Gladkov, è stato ricoverato in ospedale per intossicazione  alimentare e con il sospetto che sia stato avvelenato. Lo scrive su  Telegram il Canale 112 citando fonti mediche secondo le quali Gladkov  non è in pericolo di vita. Il governatore, le cui condizioni di salute sono state giudicate moderate, resterà sotto osservazione medica per  alcuni giorni.

11:43

Matterella: "Aggressione mai vista dalla Seconda Guerra Mondiale"

Oggi un giorno particolare perchè si compie un lungo anno di guerra di aggressione della Russia all'Ucraina: nella nostra Europa non si vedeva una guerra per conquistare territori o per annetterlo dagli eventi drammatici della seconda guerra mondiale". Lo afferma il presidente della Repubblica alla consegna dei premi Alfieri della Repubblica

11:50

Cina: "Droni alla Russia? Troppe falsità su di noi"

La Cina respinge le accuse di vendita d'armi alla Russia, affermando che "negli ultimi tempi ci sono state troppe falsità su di noi, moltissime". Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, commentando quanto riportato da Der Spiegel, secondo cui l'esercito russo è impegnato in trattative con la cinese Xi'an Bingo Intelligent Aviation Technology per la produzione di massa di droni kamikaze destinati alle sue forze armate, ha replicato di "non saperne nulla. La Cina ha sempre adottato un approccio cauto e responsabile nei confronti dell'export militare, non vende armi in zone di conflitto o parti coinvolte in guerre"

12:29

Ue: "Non ci sono prove che la Cina fornisca armi alla Russia"

"Al momento non abbiamo prove evidenti che la Cina fornisca sistemi di armi letali alla Russia, ma chiediamo alla Cina di astenersi da qualsiasi forma di assistenza militare. Una cosa è chiara: l'assistenza militare per aiutare l'Ucraina a difendersi dall'aggressione russa è pienamente legittima ai sensi della Carta delle Nazioni Unite, mentre armare l'aggressore sarebbe una chiara violazione". Lo ha detto la portavoce della Commissione europea Nabila Massrali nel corso del briefing quotidiano con la stampa dell'esecutivo europeo.

12:49

Podolyak: "Cessate il fuoco congela la guerra ma non porta la pace"

'Qualsiasi 'piano di pace' che prevede  solo il cessate il fuoco e, di conseguenza, una nuova linea di  delimitazione'' oltre che a una ''continua occupazione del territorio  ucraino, non ha nulla a che vedere con la pace''. Ma si tratta,  piuttosto, di ''congelare la guerra, di sconfitta dell'Ucraina e di  portare avanti il genocidio russo''. Lo ha scritto su Twitter il  consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mychajlo Podolyak, ribadendo che ''la posizione dell'Ucraina è nota: serve il  ritiro delle truppe russe entro i confini del 1991''.

13:35

Mosca: "Kiev ammassa truppe al confine con la Transnistria"

Il ministero degli Esteri russo ha affermato che gli ucraini stanno ammassando truppe al confine con la Transnistria e schierano l'artiglieria in posizione di tiro. "Mettiamo in guardia gli Usa, i Paesi della Nato e i reparti ucraini dal compiere nuovi passi avventurosi", si aggiunge in un comunicato, citato dall'agenzia Ria Novosti, affermando che ogni attacco a cittadini e soldati russi sarà considerato come "un attacco alla Federazione Russa, secondo la legge internazionale".

13:40

Moldavia: "Nessuna minaccia diretta dall'Ucraina alla Transnistria"

La Moldavia ha negato l'esistenza di una "minaccia diretta" dall'Ucraina alla sua regione separatista filo-russa della Transnistria, in risposta ai commenti della Russia, che ha accusato Kiev di effettuare "preparara una invasione". "Il Dipartimento della Difesa sta monitorando tutti gli eventi, le azioni e i cambiamenti in atto nella regione... Affermiamo che attualmente non vi e' alcuna minaccia diretta alla sicurezza militare dello Stato", si legge in una nota. "Le false informazioni diffuse hanno lo scopo di seminare il panico", prosegue Chisinau

14:02

Sindaco di Kiev: "In un anno 680 allarmi aerei nella capitale"

"Durante quest'anno di guerra la capitale si è difesa, ha vissuto e ha lavorato. Noi stiamo facendo di tutto per la vittoria e la liberazione del nostro Paese dall'aggressore russo.  Ringrazio tutte le persone di Kiev che sono state fianco a fianco nei primi giorni e nelle prime settimane affinché Kiev sopravvivesse.  Grazie ai nostri soldati che combattono eroicamente per la libertà dell'Ucraina!". Lo scrive sul suo canale Telegram il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, commemorando un anno dall'invasione che ha visto le forze russe il 24 febbraio 2022 arrivare fin nella capitale. Ma nel suo messaggio vuole anche celebrare la vita e la vitalità di Kiev in questo anno, per questo fornisce numeri e cifre che descrivono quella vitalità: "Dal 24 febbraio 2022 a Kiev: l'allarme aereo ha suonato 680 volte. Oltre 700 edifici sono stati danneggiati.In particolare, 417 grattacieli e 109 edifici privati, oltre a 93 istituzioni educative "Kyiv Rescue Service" ha effettuato 48 viaggi per eliminare le conseguenze degli attacchi missilistici nella capitale", si legge tra l'altro. Ma anche: " Quasi 6.000 alberi sono stati piantati in città, 24.852 coppie si sono sposate. 2.688 coppie divorziate. Sono nati 16.461 bambini:8.507 maschi e 7.954 femmine".

15:21

Usa, nuove sanzioni contro intermediari europei di Mosca

Tra i nuovi obiettivi del nuovo pacchetto di sanzioni Usa in sostegno all'Ucraina ci sono anche "intermediari europei" che aiutano l'esercito di Mosca ad aggirare le sanzioni. Lo riferisce la Casa Bianca.

15:23

Erdogan parla con Zelensky: "Ogni contributo a soluzione pace"

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avuto un colloquio telefonico con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel giorno del primo anniversario della guerra. Secondo quanto riferito dalla direzione delle comunicazioni della presidenza turca, Erdogan ha ribadito di "essere pronto a dare ogni contributo possibile alla costruzione di una soluzione basata sul cessate il fuoco e i negoziati e per la pace nella guerra russo-ucraina". Il presidente turco ha anche ringraziato Zelensky per "la solidarietà" espressa ad Ankara dopo il devastante terremoto del 6 febbraio scorso.

15:46

Blinken annuncia nuove sanzioni, anche per Zaporizhzhia

Anche il dipartimento di Stato Usa, dopo il Tesoro, ha annunciato nuove sanzioni per la guerra in Ucraina, comprese alcune per il controllo illegittimo della Russia sulla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia. Le ha illustrate il segretario di Stato Antony Blinken in una nota. 

16:03

Borrell boccia documento cinese, "non è un piano di pace"

Quello cinese "non è un piano di pace, è un documento di intenzioni, dove Pechino illustra tutte le sue posizioni che sono note dall'inizio". Lo ha detto l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell'Ue, Josep Borrell, all'Onu. "Per essere un piano di pace dovrebbe essere un testo che si può attuare", ha aggiunto, e "per essere credibile deve essere condiviso con entrambe le parti: la Cina deve andare a Kiev e parlare con Zelensky come ha parlato con Putin. Inoltre non può mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito".

16:12

Usa, nuove sanzioni contro la Russia in coordinamento con il G7

Le nuove sanzioni Usa contro la Russia sono state decise in coordinamento con i partner del G7 e colpisco oltre 250 tra persone e aziende. Si tratta di aziende, banche, produttori di armi e, in generale, tutte le organizzazioni che hanno aiutato la Russia ad aggirare le sanzioni occidentali dall'inizio della guerra  contro l'Ucraina. Per il dipartimento del Tesoro americano "è uno dei pacchetti di sanzioni più significativi fino a oggi". "Le nostre misure hanno avuto un impatto sia a breve che a lungo termine creando difficoltà alla Russia nel rifornire le sue scorte di armi ed isolando la sua economia", ha dichiarato la segretaria al Tesoro Janet Yellen sottolineando che  "le nostre azioni di oggi con i nostri partner del G7 dimostrano che sosterremo l'Ucraina per tutto il tempo necessario".

16:24

Guterres apre Cds Onu e attacca la Russia, "viola Carta"

"L'invasione russa dell'Ucraina è una palese violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale". Lo ha ribadito il segretario generale Antonio Guterres aprendo il Consiglio di Sicurezza. "Gli scopi e i principi della Carta Onu non sono una questione di convenienza, non sono solo parole, ma sono al centro di ciò che siamo e riflettono la missione guida delle Nazioni Unite", ha aggiunto, ricordando che un anno fa aveva chiesto di dare una possibilità alla pace, "ma la pace non ha avuto possibilità".

16:31

Berlino: altri 4 tank Leopard 2 a Kiev, 18 in tutto

Il "ministro tedesco della Difesa Boris Pistorius, con la partecipazione dei suoi consiglieri militari, ha deciso di consegnare all'Ucraina altri quattro carri armati Leopard 2 A6", provenienti dalle scorte dell'esercito tedesco. La Germania aumenterà così il numero di panzer consegnati all'Ucraina da 14 a 18. Lo riporta una nota del ministero.

16:34

Scintille a Cds Onu, Russia lamenta che Kiev parli per prima

Prime scintille in Consiglio di Sicurezza Onu per la riunione sull'Ucraina. L'ambasciatore russo Vassily Nebenzia ha preso la parola criticando il fatto che il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba abbia la parola subito dopo l'intervento del segretario generale Guterres, prima dei membri del Consiglio. "Non abbiamo niente in contrario a che l'Ucraina intervenga, ma dopo i membri del Consiglio di sicurezza", ha aggiunto. La presidenza maltese ha spiegato che visto che l'incontro è in occasione del primo anniversario della guerra in Ucraina "abbiamo ritenuto giusto di dare la parola per prima" a Kiev.

16:47

Zelensky: "La vittoria sarà nostra, spero entro quest'anno"

"Sono convinto che raggiungeremo la vittoria, che la vittoria alla fine sarà nostra e spero che questo possa succedere nel corso di quest'anno. Abbiamo tutte le condizioni affinché questo avvenga". Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in conferenza stampa a Kiev. "Sicuramente ci saranno negoziati" e "speriamo che ci possa essere un vertice di pace" a cui "partecipino quanti più partner possibili", ha detto Zelensky aggiungendo che oggi "c'è più interesse a conseguire una pace come la vogliamo noi. "Abbiamo dalla nostra parte la comunità internazionale", ha sottolineato. "Noi abbiamo fatto la nostra parte, ma la Russia ha intrapreso solo azioni aggressive", ha tuttavia rilevato.

16:55

Zelensky vuole America Latina, Africa, Cina e India nel piano di pace di Kiev

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato di volere che i Paesi dell'America Latina e dell'Africa, così come la Cina e l'India, si uniscano alla formula di pace proposta da Kiev per porre fine alla guerra con la Russia. In una conferenza stampa a Kiev, in occasione del primo anniversario dell'invasione da parte di Mosca, Zelensky ha chiesto un vertice con i leader latino-americani e ha affermato che Kiev dovrebbe adottare misure per costruire relazioni con i Paesi africani.

17:10

Zelensky: "Apprezziamo parole della Cina, aspettiamo fatti"

"La Cina ha iniziato a parlare dell'Ucraina e questo non è un brutto segno. Ma bisogna capire, dopo le parole, quali passi seguiranno". Lo ha detto Volodymyr Zelensky in conferenza stampa a Kiev rispondendo ad una domanda sul piano di pace di Pechino. "Nel piano c'è il rispetto dell'integrità territoriale, anche se non è citata esplicitamente l'Ucraina, e questo coincide con i nostri interessi. Così come le questioni della sicurezza e del rispetto del diritto internazionale. Dobbiamo lavorarci insieme alla Cina", ha aggiunto.

17:18

Zelensky: "Serve aumentare rapidità in consegna armi"

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha lanciato un appello affinchè i Paesi che sostengono l'Ucraina "riducano i tempi necessari per la consegna di nuove armi". 

17:20

Zelensky: "I negoziati ci saranno, serve un vertice di pace"

"Sicuramente ci saranno negoziati" e "speriamo che ci possa essere un vertice di pace" a cui "partecipino quanti più partner possibili". Lo ha detto Volodymyr Zelensky in conferenza stampa, aggiungendo che oggi "c'è più interesse a conseguire una pace come la vogliamo noi. Abbiamo dalla nostra parte la comunità internazionale", ha sottolineato. "Noi abbiamo fatto la nostra parte, ma la Russia ha intrapreso solo azioni aggressive", ha tuttavia rilevato.

17:31

Mosca, "apprezziamo gli sforzi della Cina per la pace"

Mosca "apprezza molto" gli sforzi della Cina di contribuire a una soluzione del conflitto in Ucraina. Lo afferma il ministero degli Esteri citato dall'agenzia Ria Novosti.

17:40

Zelensky: "Bucha il momento più difficile della guerra"

"Penso a Bucha, al momento in cui abbiamo liberato Bucha, è stato orribile". Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, rispondendo a una domanda in conferenza stampa su quale sia stato il momento più difficile della guerra. A Bucha, come a Irpin e Borodyanka, i russi sono accusati di aver commesso crimini di guerra.

17:54

Erdogan sente Putin, in Ucraina serve una pace giusta

Si dovrebbe arrivare a una "pace giusta" tra Russia e Ucraina senza ulteriori perdite di vite umane e distruzione. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in una telefonata con l'omologo russo Vladimir Putin. Lo rende noto Anadolu secondo cui, durante la conversazione, Erdogan ha ringraziato il presidente russo per la solidarietà espressa nei confronti della Turchia dopo il terremoto del 6 febbraio che ha provocato la morte di almeno 43mila persone.

17:43

Zelensky a Mosca, "via da qui, smettetela di bombardarci"

"Rispettate il nostro diritto di vivere sulla nostra terra, lasciate il nostro territorio, smettetela di bombardarci". E' l'appello lanciato dal presidente ucraino Zelensky direttamente alla Russia nel corso della conferenza stampa che sta tenendo a Kiev nell'anniversario dello scoppio del conflitto.

17:48

Manifestazione fuori dall'Onu, "Putin assassino" 

Manifestazione di protesta fuori dalle Nazioni Unite, a New York. Un gruppo di manifestanti, secondo il New York Times, ha mostrato un'immagine del presidente russo Vladimir Putin con le mani insanguinate e un cartello appeso al collo con scritto "assassino". Vlad Spektor, conduttore radiofonico ucraino negli Stati Uniti per un pubblico russofono, ha commentato: "E' dura pensare che sia passato già un anno, così come vedere che la Russia mantiene ancora il suo posto al Consiglio di sicurezza. E' incredibile".

 18:08

Usa, Russia potrebbe inviare a Iran jet da combattimento

Gli Stati Uniti "hanno nuove prove" che il sostegno militare dell'Iran alla Russia per continuare a portare avanti la sua guerra in Ucraina "si è ampliato" e in cambio Mosca fornirà a Teheran "jet da combattimento". Lo ha detto il portavoce per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, in un briefing con un gruppo ristretto di giornalisti precisando che "a novembre l'Iran ha inviato alle forze di Vladimir Putin munizioni e carri armati".

18:19

 G7, nostro sostegno a Kiev è incrollabile

"Un anno dopo l'inizio della brutale invasione dell'Ucraina da parte della Russia, noi, Capi di Stato e di Governo del Gruppo del G7, ci siamo riuniti con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per riaffermare il nostro incrollabile sostegno all'Ucraina per tutto il tempo necessario". Questo quanto si legge nella dichiarazione del G7. "Rimaniamo impegnati a coordinare i nostri sforzi per soddisfare le urgenti necessità di equipaggiamento militare e di difesa dell'Ucraina, con un'attenzione prioritaria alle necessità di equipaggiamento per la difesa, con particolare attenzione ai sistemi e alle capacità di difesa aerea e alle munizioni e ai carri armati". E' quanto si legge nella dichiarazione diffusa dopo la videconferenza dei leader. 

18:35

G7, non riconosceremo mai regioni annesse

Nel suo comunicato finale il G7 afferma che "non riconoscerà mai" l'annessione delle regioni orientali dell'Ucraina da parte della Russia. "Chiediamo a Paesi terzi e a

tutti gli attori internazionali che cercano di aggirare le sanzioni fornendo sostegno materiale alla Russia di smettere immediatamente o dovranno affrontare sanzioni durissime", continuano i leader del G7 e gli Usa in una nota congiunta.

18:50

Zelensky, prevedo incontro con presidente cinese Xi

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che intende incontrare il presidente cinese Xi Jinping, ma non ha detto quando questo incontro potrebbe avvenire."Ho intenzione di incontrare Xi Jinping e credo che questo sarà vantaggioso per i nostri Paesi e per la sicurezza nel mondo", ha detto a una conferenza stampa a Kiev nel primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina. In precedenza Zelenskiy aveva ribadito che non avrebbe avuto colloqui con il presidente russo Vladimir Putin.

19:09

Tajani, "Luci e ombre in piano Cina, punti in contraddizione"

"Luci e ombre" nel piano di pace presentato dalla Cina. E' questo il giudizio espresso dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, dopo il bilaterale svolto all'Onu con il segretario di Stato americano Antony Blinken. "E' positivo - ha detto, rispondendo alle domande dei giornalisti italiani - che la Cina si schieri a favore della pace, che chieda di rispettare il diritto internazionale, ma ci sono alcuni punti che sono in contraddizione". "Perchè - ha aggiunto - quando la Cina dice che i due contendenti sono sullo stesso piano, sceglie una posizione alternativa a quella votata dalla grande maggioranza dei Paesi del mondo. C'è un aggressore e un aggredito, non si possono mettere sullo stesso piano". Altro punto, ha continuato Tajani, "che non convince è che non si fa menzione del ritiro delle truppe russe dai territori occupati con violenza. Noi crediamo che la Russia possa fare delle scelte, condizionata dalle pressioni cinesi. La Russia non sta facendo neanche i propri interessi, ci sono migliaia di morti, la Cina può svolgere una moral suasion".

19:33

Ambasciatore russo all'Onu : "Occidente vuole distruggere la Russia"

L'Occidente vuole "distruggere" la Russia. Lo ha ribadito l'ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vasily Nebensya, nel suo intervento davanti al consiglio di Sicurezza all'Onu, denunciando quanto la parola "pace" sia usato in modo falso da Kiev e da altri Paesi. "Ciò che intendono è una resa da parte della Russia, infliggendole idealmente una sconfitta strategica, seguita dalla dissoluzione del Paese e dalla riorganizzazione dei territori", ha accusato.

19:49

Farnesina illuminata con colori bandiera ucraina

 "Ad un anno dalla drammatica invasione russa dell'Ucraina, la Farnesina si tinge dei colori della bandiera ucraina per ribadire il continuo sostegno dell'Italia a fianco di Kiev". Lo si legge in un tweet del ministero, che pubblica una foto dell'edificio illuminato.

19:56

Londra, non invieremo caccia a Kiev a breve

 La Gran Bretagna non ha intenzione di inviare i caccia Typhoon della Raf in Ucraina "a breve". Lo ha riferito il ministro della Difesa britannico Ben Wallace in un'intervista a Sky News rilanciata dal Guardian. "Non invieremo i nostri jet Typhoon a breve termine in Ucraina", ha detto nell'intervista in occasione del primo anniversario dell'invasione russa in Ucraina. Wallace ha affermato che i Typhoon sarebbero troppo complessi per l'Ucraina, ma ha aggiunto che potrebbero invece fornire copertura aerea a quei Paesi del blocco orientale che volessero inviare i loro MiG-29 e altri aerei dell'era sovietica a Kiev.

20:14

Arresti a Mosca e San Pietroburgo per commemorazioni anniversario guerra

I tentativi di commemorare l'anniversario della guerra russa in Ucraina sono stati rapidamente bloccati dalle forze di sicurezza russa a Mosca e San Pietroburgo. Tre persone sono state fermate a Mosca dopo che avevano deposto fiori ai piedi di un monumento intitolato alla poetessa ucraina Lesya Ukrainka, secondo quanto denunciato dal gruppo Ovd-Info. "Una di loro stava depositando i fiori ma al contempo è stata presa dalle forze di sicurezza e il mazzo di fiori è stato portato via". Altre 15 persone sono state detenute mentre deponevano dei fiori sul monumento allo scrittore ucraino Taras Shevchenko a San Pietroburgo. Secondo Ovd-Info oltre 4300 persone sono state arrestate in Russia durante le proteste contro l'invasione lo scorso anno.

20:22

Palazzo Chigi illuminato con i colori della bandiera ucraina

A partire dal tramonto, e per tutta la serata di oggi, la facciata di Palazzo Chigi sarà illuminata con i colori della bandiera ucraina. Un'iniziativa che rientra fra quelle a sostegno dell'Ucraina ad un anno dall'invasione russa. 

20:27

Zelensky, la domanda sulla mia famiglia è la più difficile

 E' "la più difficile" l'ultima domanda che viene posta a Volodymyr Zelensky durante la conferenza stampa a Kiev in occasione dell'anniversario dell'invasione russa. E' lui stesso a definirla tale, quando gli viene chiesto come lui e la sua famiglia stiano affrontando la realtà della guerra. "L'ultima domanda è la più difficile", ha affermato Zelensky. "Li amo, ovviamente. Amo mia moglie, i miei figli, sono le persone più importanti per me". "Non li vedo spesso. I miei genitori - non li vedo affatto", ha detto, aggiungendo "sono tutti nel mio cuore".

"L'importante è non deluderli. L'importante è che i miei figli siano orgogliosi di me. E sono contento che siano in Ucraina, che studino nelle scuole ucraine. È importante per un presidente di un paese, ex o attuale, in tempo di guerra, è importante avere i figli qui, perché il paese è qui, perché ragazzi e ragazze muoiono qui". Zelensky ha aggiunto di essere "incredibilmente fortunato" con la sua famiglia e il suo Paese.

20:48

Baerbock a Onu, pace deve significare pace

"Pace deve significare pace, non che ignoriamo chi è l'aggressore e chi la vittima. Non nominare l'aggressore significherebbe accettare un mondo dove si bombardano le scuole, dove si uccide gente mentre va in bicicletta". Lo ha detto in Consiglio di Sicurezza la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. "Cosa significa avere più Bucha, Mariupol, Bakhmut? - ha continuato - Non voglio immaginare un mondo del genere".

21:09

Trudeau: "Manderemo altri 4 Leopard 2"

Il premier canadese Justin Trudeau ha confermato stasera che il paese consegnerà altri quattro tank Leopard 2 all'Ucraina. Il Canada inoltre - ha aggiunto - invierà a Kiev un veicolo corazzato e 5mila colpi di artiglieria. Nell'anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina Trudeau ha infine preannunciato un nuovo round di sanzioni contro individui ed entità legati alla Russia. Tra i 129 individui e 63 entità individuati, vicepremier ed altri alti funzionari.

21:34

Poroshenko: "Putin vuole cancellare l'Ucraina"

"Non fidatevi di Putin...ha un solo obiettivo, cancellare l'Ucraina". A dichiararlo è stato l'ex presidente ucraino Petro Poroshenko. "Putin dovrebbe essere in prigione", ha dichiarato a Bfmtv. "I russi devono lasciare l'Ucraina, poi bisogna deputinizzare il mondo", ha aggiunto Poroshenko, capo dello stato tra il 2014 e il 2019.

21:46

Usa, "Piano Cina? Dovrebbe fermarsi alle prime 2 righe" 

"Il rispetto della sovranità territoriale dell'Ucraina è fondamentale": lo ha ricordato la Casa Bianca di fatto mostrandosi molto perplessa sul 'piano cinese' per la pace in Ucraina La Casa Bianca ha fatto notare che la proposta di pace della Cina per trovare una soluzione negoziata alla guerra in Ucraina "avrebbe dovuto fermarsi alle prime due righe, che invitano al rispetto della sovranità dei Paesi", ha osservato il portavoce per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby. "Ma affinchè una pace sia fattibile -al di là della migliore e più improbabile via d'uscita, che sarebbe che Putin ritiri le sue truppe- deve essere cercata fin dall'inizio nell'inclusione della prospettiva ucraina, deve includere il riconoscimento fondamentale di chi è l'aggressore, che è la Russia". Anche il segretario di Stato, Antony Blinken, dinanzi al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, si è mostrato tiepido sulla proposta cinese.

 21:56

Kiev, "attacchi alla periferia di Zaporizhzhia"

Le forze russe stanno attaccando la periferia di Zaporizhzhia. Lo riporta Ukrainska Pravda citando il segretario del consiglio comunale della città, Anatolii Kurtiev. "Per quanto riguarda le esplosioni che hanno sentito i residenti di alcune zone della città, il nemico ha attaccato la periferia di Zaporizhzhia" ha detto Kurtiev, invitando i cittadini a "rimanere calmi e a non trascurare gli allarmi antiaerei".

 22:11

Kiev: "Non siamo minaccia per la Transnistria"

Kiev ha respinto le affermazioni russe secondo cui l'Ucraina starebbe progettando di invadere la repubblica separatista della Transnistria, in Moldavia, al confine con l'Ucraina. "Rispettiamo la sovranità della Moldavia", ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelensky, definendo infondate le accuse di Mosca. Anche la Moldavia ha ripetutamente respinto le affermazioni di Mosca: non ci sono "minacce alla sicurezza militare" della Transnistria, ha dichiarato il ministero della Difesa della Moldavia. I leader politici moldavi hanno invece lanciato recentemente l'allarme su possibili tentativi di colpo di stato in Moldavia da parte della Russia.

22:15

Ue approva decimo pacchetto di sanzioni

Fumata bianca in extremis: gli Stati dell'Ue hanno dato il via libera al decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, in tempo per poter dire di averlo fatto entro il primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina. Il pacchetto era stato bloccato dalla Polonia che non condivideva alcuna esenzione all'embargo per l'import dalla Russia della gomma sintetica. Il pacchetto comprende restrizioni commerciali per un totale di 11 miliardi di euro così come colpisce l'export di alcune tecnologie a duplice uso e l'Iran per la fornitura di droni.

22:40

Premier ucraino: "Beni congelati ai russi per ricostruzione Paese"

"Chiediamo a tutti i paesi di confiscare i beni russi e a trasferirli in Ucraina per la ricostruzione, sarà il prezzo che l'aggressore dovrà pagare per tutte le distruzioni e le violenze in Ucraina. Potrebbe essere anche un funzionamento di sicurezza globale: ogni aggressore dovrebbe pagare il costo di un'aggressione non provocata". Ad affermarlo ai microfoni del canale all news francese Lci è il premier ucraino, Denys Chmyhal. "I beni russi congelati secondo gli esperti si aggirano intorno ai 300-500 miliardi di dollari. Potrebbero essere la base per la ricostruzione dell'Ucraina in modo, ad esempio, che i contribuenti francesi e tedeschi non spendino le loro imposte per partecipare alla ricostruzione del Paese. Sarebbe più giusto che a pagare fosse la Russia con i suoi beni congelati", spiega il premier ucraino.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 25 febbraio.

La Repubblica.

Punti chiave

22:06

Il G20 dei ministri delle finanze in India si chiude con una spaccatura: Cina e Russia non votano comunicato ufficiale

15:42

Zelensky, "Putin sarà eliminato dal suo stesso entourage"

14:04

Biden: "Il piano della Cina per la pace? Se piace a Putin non può essere buono"

12:27

Zelensky: "Bene le sanzioni Ue, ora servono misure contro Rosatom e le banche"

11:52

Borrell: "Adottato il decimo pacchetto di sanzioni Ue"

11:04

Macron andrà in Cina a inizio aprile

10:14

Kiev: Mosca raddoppia le navi nel Mar Nero, prepara un attacco

09:00

Kuleba: "Non concordo con il piano di Pechino sulla fine delle sanzioni"

08:26

Bielorussia, Lukashenko a Pechino da martedì: vedrà Xi

00:27

Biden, avvertii Xi dei rischi in caso di aiuto alla Russia

Joe Biden ha avvertito il presidente cinese Xi Jinping dei rischi che la Cina avrebbe corso nel caso avesse deciso di aiutare la Russia nella sua guerra contro l'Ucraina. "Ho avuto con lui una lunga conversazione sull'argomento quest'estate", ha rivelato il presidente americano ai giornalisti al seguito alla Casa Bianca.

"Gli ho detto che non era una minaccia ma un semplice dato di fatto: in Russia se ne sono andate 600 compagnie straniere dopo che hanno visto quello che era successo", ha detto Biden sottolineando di aver avvertito Xi "di stare attento se è vero che il futuro della Cina dipende dagli investimenti occidentali".

00:30

Biden, l'Ucraina per ora non ha bisogno di F16

"L'Ucraina per ora non ha bisogno dei jet F16". Lo ha detto Joe Biden in un'intervista esclusiva a Abc news. Rispondendo ad una domanda se questo significhi "mai", il presidente americano ha risposto che "non è possibile stabilire esattamente di che cosa avrà bisogno l'Ucraina per difendersi in futuro". "Ma al momento, secondo le valutazioni del nostro esercito, non c'è nessuna ragione per inviare gli F16".

01:29

Biden, se Cina fornisse armi a Russia Usa risponderebbero

Gli Stati Uniti "risponderebbero" nel caso la Cina dovesse fornire alla Russia armi letali nella guerra contro l'Ucraina. Lo ha detto Joe Biden in un'intervista ad Abc News. "Non l'abbiamo ancora visto, ma non prevedo una grande iniziativa da parte della Cina nel fornire armi alla Russia", ha dichiarato. Biden ha poi fatto riferimento alle sanzioni che altri paesi hanno ricevuto dopo aver sostenuto Mosca. "Abbiamo imposto severe sanzioni a chiunque lo abbia fatto", ha sottolineato.

08:26

Bielorussia, Lukashenko a Pechino da martedì: vedrà Xi

Il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, sarà in visita di Stato in Cina dal 28 febbraio al 2 marzo, secondo quanto riferito dal suo servizio stampa. Lo riporta l'agenzia di stampa Belta, riferendo che è in programma un incontro con l'omologo Xi Jinping. "Lukashenko e Xi", riferisce Minsk, "terranno colloqui in formati ristretti ed estesi. L'attenzione sarà rivolta allo sviluppo della cooperazione commerciale, economica, degli investimenti e umanitaria, all'attuazione di progetti congiunti su ampia scala, all'interazione nella sfera politica e alla risposta alle sfide più acute dell'attuale situazione internazionale".

08:44

Ucraina: scattata l'allerta aerea in tutto il Paese

È scattata l'allerta anti-aerea in tutto il territorio dell'Ucraina, secondo quanto annunciato dalle autorità competenti nel Paese. L'allarme è attualmente in vigore anche nelle aree controllate da Kiev nelle regioni di Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson.

09:00

Kuleba: "Non concordo con il piano di Pechino sulla fine delle sanzioni"

Il ministro degli Esteri ucraino, Dmitri Kuleba, ritiene che nel documento di presa di posizione sulla guerra in Ucraina presentato dalla Cina "ci sono vari elementi sui quali siamo d'accordo, ma almeno un elemento su cui non siamo d'accordo, ed è la richiesta della fine delle "sanzioni unilaterali". "Riteniamo - dice Kuleba, citato da alcuni media, fra cui l'Ukrainska Pravda - che le sanzioni siano uno strumento importante". Ma in generale, "questo documento (cinese) è importante. Lo stiamo studiando, dobbiamo farlo dall'inizio alla fine e trarne poi le nostre conclusioni", ha detto Kuleba. "Dobbiamo affermarlo chiaramente: 141 Paesi hanno votato una risoluzione che definisce i principi e gli elementi chiave di come questa guerra dovrebbe finire. E tutto ciò che viene proposto al di fuori di questa risoluzione deve rispettare la risoluzione stessa", ha sottolineato il capo della diplomazia di Kiev. 

09:33

Difesa britannica: "Mosca ha terminato le scorte di droni iraniani, cerca nuovi rifornimenti"

La Russia ha esaurito le sue scorte di droni iraniani e sta cercando nuovi rifornimenti, indica il ministero della Difesa britannico nel suo consueto aggiornamento quotidiano della situazione in Ucraina. Dal 15 del mese non ci sono notizie di attacchi con droni.

 09:54

Medvedev: "L'Occidente sta prolungando l'agonia dell'Ucraina"

"L'Occidente sta solo prolungando l'agonia dell'Ucraina nella speranza di indebolire la Russia e poi rottamarla" , ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, in un articolo pubblicato su National Defence, citato da Ria Novosti. "L'agonia dell'Ucraina viene prolungata artificialmente dall'Occidente nella speranza che in questo modo possa logorare la Russia". Secondo Medvedev  gli Usa hanno speso 50 miliardi di dollari in aiuti militari all'Ucraina. "L'industria della difesa russa sta lavorando, nessuna fornitura di armi occidentali può dare un vantaggio a Kiev", ha aggiunto.

10:14

Kiev: Mosca raddoppia le navi nel Mar Nero, prepara un attacco

L'esercito ucraino ha affermato che ieri la Russia ha raddoppiato il numero di navi schierate attivamente nel Mar Nero e ha previsto che ciò potrebbe essere una preparazione per ulteriori attacchi missilistici. Lo riferisce il Guardian.

"Nel Mar Nero, la flotta di navi da guerra è raddoppiata rispetto a giovedì: ora ci sono otto navi", ha detto il comando militare nella regione meridionale in un aggiornamento su Facebook, "ciò potrebbe indicare che sono in preparazione attacchi missilistici e attacchi di droni", ha affermato. Una delle navi è una fregata armata con otto missili Kalibr, ha spiegato il comando militare Sud.

10:41

Kiev: "Piano di pace cinese è irrealistico"

?Mykhailo Podolyak, consigliere del Presidente Volodymir Zelensky, liquida il piano di pace presentato dalla Cina come "irrealistico". Pechino, ha scritto, "non deve puntare su un aggressore che ha violato il diritto internazionale e che perderà la guerra. Non è lungimirante". Ieri Zelenzky aveva accolto il piano con toni più positivi. "La Cina ha iniziato a parlare di Ucraina e questo non è negativo", aveva detto. "Se sostenete di avere un ruolo globale, non offrite un piano irrealistico. Chi pianifica per decenni, non deve impegnarsi in giochetti di tre giorni. Cina, la finestra di opportunità non è senza fine", ha sottolineato Podolyak.

11:04

Macron andrà in Cina a inizio aprile

Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che andrà in Cina a inizio aprile. Il capo dell'Eliseo ha anche chiesto a Pechino di "aiutarci a fare pressione sulla Russia per fermare l'aggressione e raggiungere la pace". 

11:25

Kiev: distrutto un deposito di munizioni a Mariupol occupata

Secondo il consigliere del sindaco in esilio di Mariupol, Petro Andryushchenko, i difensori ucraini hanno "distrutto" un altro deposito di munizioni russe: è scoppiato un incendio nella zona di Novoselivka. Lo riporta Unian. L'Ucraina ha trovato un modo per contrattaccare i russi, ha detto Andryushchenko, e ha pubblicato un video che mostra l'esplosione del deposito ieri, 24 febbraio. Le forze armate ucraine negli ultimi giorni hanno rivendicato attacchi su Mariupol, precedentemente ritenuto al di fuori della portata effettiva dei missili ucraini.

11:52

Borrell: "Adottato il decimo pacchetto di sanzioni Ue"

"È stato adottato il decimo pacchetto di sanzioni Ue". Lo annuncia sui social l'alto rappresentante Ue Josep Borrell. "121 persone ed entità elencate, nuove e significative restrizioni all'importazione/esportazione, divieto di diffusione della propaganda russa. Rimaniamo uniti nella nostra determinazione a intaccare la macchina da guerra della Russia", annuncia.

12:09

Capo 007 ucraino: fallito attacco russo su sede intelligence a Kiev

L'esercito russo ha cercato di colpire con un missile da crociera russo l'edificio della Direzione principale dell'intelligence del Ministero della Difesa a Kiev. Lo ha rivelato il capo del dipartimento Kyrylo Budanov, ma senza indicare la data dell'attacco, commentando che gli dà "soddisfazione il fatto che i russi gli stiano dando la caccia". Lo riporta Unian.

"È un riconoscimento, dimostra che sto facendo bene il mio lavoro", ha affermato Budanov, sottolineando che le minacce di Mosca e i tentativi di colpirlo non lo spaventano: "Sono una persona religiosa e ho solo paura della punizione di Dio. Non ho paura di nessuna Russia", ha concluso Budanov.

12:27

Zelensky: "Bene le sanzioni Ue, ora servono misure contro Rosatom e le banche"

"Il decimo pacchetto di sanzioni Ue prende di mira l'industria militare russa, la propaganda e il sistema finanziario. La pressione sull'aggressore russo deve aumentare: ci aspettiamo passi decisivi contro Rosatom e l'industria nucleare russa, più pressione su militari e banche". Così su Twitter il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha commentato l'adozione delle nuove sanzioni Ue.

13:03

Modi (India): "Pronti a contribuire a sforzi di pace"

L'India "è disposta a contribuire agli sforzi di pace in Ucraina". Lo ha assicurato il premier Narendra Modi, dopo aver incontrato a Nuova Delhi il cancelliere tedesco Olaf Scholz e all'indomani dell'appello di Volodymyr Zelensky per un vertice per la pace con la presenza di Cina e India. "Dall'inizio del conflitto l'India ha sottolineato la necessità di risolvere la crisi attraverso il dialogo e la diplomazia", ha sottolineato Modi.

13:37

Kiev: bombardamenti russi su Kherson, 3 feriti

Tre civili sono stati feriti dai bombardamenti dell'artiglieria russa nella regione meridionale ucraina di Kherson. Lo ha dichiarato il capo dell'ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak su Telegram. "Oggi, a causa dei bombardamenti di artiglieria sulla città di Kherson, tre residenti locali sono finiti in ospedale. I terroristi russi stanno combattendo contro la popolazione civile", ha detto Yermak. Le truppe russe sulla riva orientale del Dnipro hanno aperto il fuoco sulla regione di Kherson 83 volte venerdì, colpendo un totale di 34 insediamenti, secondo Oleksandr Prokudin, capo dell'amministrazione militare regionale.

14:04

Biden: "Il piano della Cina per la pace? Se piace a Putin non può essere buono"

"Se a Putin piace, come può essere un buon piano?". Così Joe Biden ha liquidato l'iniziativa per la pace in Ucraina proposta dalla Cina. "Ci sono vantaggi solo per la Russia in quel piano", ha aggiunto il presidente americano in un'intervista a Abc news sottolineando che l'idea che la Cina "negozi l'esito di una guerra totalmente ingiusta per l'Ucraina non è razionale".

14:28

Lukashenko: "Ieri ho avuto una lunga conversazione con Putin"

Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha riferito di aver avuto una lunga conversazione con il presidente russo Vladimir Putin ieri, giorno dell'anniversario dell'invasione russa in Ucraina. "Lasciate che vi dica un segreto, io e lui abbiamo avuto una lunga conversazione su molti argomenti ieri sera", ha detto Lukashenko, citato da Interfax. "A Dio piacendo, i nostri rapporti rimarranno così per sempre. E dopo di me, possano rimanere così", ha aggiunto.

14:52

La Russia ha tagliato tutte le forniture di petrolio alla Polonia

La Russia ha tagliato tutte le forniture di petrolio alla Polonia. Lo ha denunciato la principale azienda petrolifera polacca, Pkn Orlen, che ha smesso di ricevere i flussi attraverso la pipeline Druzhba. Su Twitter, l'amministratore delegato, Daniel Obajtek, ha scritto: "La Russia ha bloccato tutte le forniture", circostanza per la quale "eravamo preparati". Il Ceo di Pkn Orlen ha spiegato che le raffinerie verranno rifornite via mare e che non ci sarà alcuna conseguenze per i consumatori.

L'oloedotto Druzhba, che rifornisce Polonia, Germania, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, era stato escluso dalle sanzioni europee, per venire incontro ai Paesi che hanno opzioni limitate per forniture alternative. Dopo la riduzione dei mesi scorsi, la Polonia dipendeva solo per il 10% dalle forniture di petrolio russo.

15:23

Russia: "La Svizzera non può fare da mediatrice dopo l'ok alle sanzioni"

La Svizzera non può più svolgere un ruolo di mediazione nella crisi ucraina dopo che si è unita alle sanzioni contro la Russia. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. "La Svizzera che si è unita alle sanzioni unilaterale e illegittime dell'Occidente contro la Russia non è più uno Stato neutrale e non può svolgere alcun ruolo di mediazione nel contesto della crisi dell'Ucraina", ha detto Zakharova rispondendo sul sito del ministero degli Esteri russo alla proposta di mediazione del capo della diplomazia svizzera Ignazio Cassis. A Ginevra, come ha riferito Cassis, sono anche iniziati negoziati di pace "nella massima discrezione" tra russi e ucraini, anche se non al livello più alto.

15:42

Zelensky, "Putin sarà eliminato dal suo stesso entourage"

Zelensky, "Putin sarà eliminato dal suo stesso entourage"

Il presidente ucraino Voldymyr Zelensky si è detto convinto che Vladimir Putin prima o poi verrà ucciso dal suo stesso entourage: "Ci sarà sicuramente un momento in cui la fragilità del regime di Putin si farà sentire all'interno della Russia. I predatori mangeranno il predatore. Troveranno un motivo per uccidere l'assassino, ma avranno bisogno di una ragione", ha dichiarato Zelensky al giornalista Dmytro Komarov che ha realizzato un documentario a un anno dall'invasione russa dell'Ucraina.

15:44

Kiev, distrutto deposito russo di munizioni a Mariupol

Un deposito russo di munizioni a Mariupol è stato distrutto e 50 soldati russi sono rimasti uccisi o gravemente feriti in un attacco delle forze ucraine. Lo ha riferito il consigliere del sindaco in esilio della città nel sud del Paese, Petro Andriushchenko, secondo cui nell'operazione della notte scorsa sarebbero stati anche distrutti alcuni veicoli blindati russi.

16:01

Podolyak, bene nuove sanzioni Ue ma bisogna essere più duri

"Il decimo pacchetto di sanzioni dell'Ue inizia a funzionare... Fantastico, ma è necessario essere più duri. Le sanzioni riguardano vero dolore economico, non la dichiarazione di dolore. La Russia dovrebbe soffrire, non solo per pazzi propagandisti. Le sanzioni contro Rosatom e l'industria nucleare russa funzionerebbero in modo più efficace". Lo scrive su Twitter il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak.

16:24

Ex comandante gruppo Wagner arrestato di nuovo in Norvegia

L'ex comandante del gruppo mercenario russo Wagner Andrey Medvedev, fuggito in Norvegia dove ha chiesto asilo, è stato arrestato dopo aver presumibilmente aggredito un agente di polizia fuori da un bar di Oslo, secondo i pubblici ministeri norvegesi.  L'uomo è stato arrestato nelle prime ore di mercoledì dopo una rissa fuori da un bar della capitale norvegese. Le circostanze esatte della rissa non sono state specificate ma, secondo gli atti del tribunale, Medvedev, ubriaco, ha resistito all'arresto e poi ha aggredito fisicamente gli agenti di polizia una volta arrivato alla stazione. Il processo è stato fissato per il 25 aprile.

16:58

Ucraina: incontro a Bruxelles tra militari di Cina e Nato

I militari di Cina e Nato si sono incontrati giovedì a Bruxelles riavviando "il dialogo e le consultazioni istituzionali" per la prima volta dallo scoppio della guerra in Ucraina e della pandemia del Covid. I colloqui, avvenuti un giorno prima che Pechino pubblicasse il piano in 12 punti per risolvere la crisi ucraina e tra gli avvertimenti alla Cina di Europa e Usa a non fornire armi alla Russia, "si sono concentrati sullo sviluppo di relazioni bilaterali, sullo scambio di commenti su questioni geopolitiche e di sicurezza di interesse reciproco e sul miglioramento di comprensione e fiducia reciproche", secondo una nota di Pechino.

17:14

Wagner, siamo a meno di 2 km dal centro di Bakhmut

Alle forze russe mancano meno di due chilometri per raggiungere il centro di Bakhmut. Ad affermarlo è il comandante del plotone del gruppo di mercenari Wagner impegnato alla conquista della città ucraina, parlando a Ria Novosti. "Al centro di Bakhmut rimangono 1.740 metri dalle posizioni avanzate. Il nemico tiene la difesa, ma perde ancora lo spirito. Comincia a ritirarsi", ha affermato. Secondo il comandante dei mercenari, ora in città sono in corso feroci battaglie, e le forze russe non stanno avanzando velocemente come vorrebbero, perché il comando ucraino starebbe inviando nuove reclute nella battaglia per tenere la città.

17:22

La stanza del presidente Zelensky dall'inizio della guerra

Il presidente Volodymyr Zelensky per la prima volta ha mostrato dove vive dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina. Nel suo documentario il giornalista Dmytro Komarov ha fatto un giro del suo appartamento a Bankova e ha mostrato un guardaroba militare e una foto sulla sua scrivania. Il sito web ucraino Tablo Id, parte del gruppo Ukrayinska Pravda, ha pubblicato alcune foto della stanza.

17:48

Media, Prigozhin oscurato dai media ufficiali russi

Evgeny Prigozhin sparisce dai media ufficiali russi: il capo dei mercenari Wagner avrebbe pagato così il suo continuo dissenso nei confronti dei vertici militari di Mosca riguardo alla conduzione della guerra in Ucraina. Lo rivela il media indipendente russo Verstka, secondo cui diversi organi di stampa hanno ricevuto l'ordine di oscurare lo "chef di Putin". Tuttavia sugli account risulta ancora il suo nome. Da tempo Prigozhin denuncia i fallimenti dell'invasione ed ha ingaggiato un duello diretto con il ministro della Difesa Shoigu, accusandolo tra le altre cose di non fornire munizioni ai suoi miliziani impegnati in Donbass. Ed ora Verstka fa sapere che i media di Stato sono stati istruiti a non citare le sue dichiarazioni "su argomenti non neutrali". Secondo un'analisi del media indipendente le agenzie di stampa controllate dal Cremlino hanno effettivamente smesso di citare le dichiarazioni di Prigozhin nelle ultime settimane, ad eccezione di quelle direttamente correlate all'attività sul campo di battaglia della Wagner. Inoltre, secondo una fonte vicina al ministero della Difesa russo, le autorità russe hanno preparato una "campagna" contro Prigozhin, anche se hanno deciso di non lanciarla per il momento. 

18:10

Kiev: attacco missilistico russo su Kramatorsk, un ferito

Le truppe russe hanno lanciato un attacco missilistico sulla città di Kramatorsk, nella regione di Donetsk, provocando un ferito. Lo ha riferito Pavlo Kyrylenko, capo dell'amministrazione militare regionale di Donetsk, in un post su Facebook riportato da Ukrinform. "Almeno una persona è rimasta ferita in un attacco missilistico su Kramatorsk da parte delle forze di occupazione russe. I russi hanno colpito un edificio residenziale con un missile. Hanno anche colpito e distrutto una clinica ambulatoriale locale", ha detto Kyrylenko.

18:43

G20: Russia accusa, Occidente destabilizza il summit

La Russia ha accusato l'Occidente di aver "destabilizzato" il vertice finanziario del G20 in India con un tentativo di "ricatto" sulla dichiarazione congiunta sull'Ucraina. "Ci rammarichiamo che le attività del G20 continuino a essere destabilizzate dall'Occidente e utilizzate in chiave anti-russa e puramente conflittuale", si legge in una nota del ministero degli Esteri.

18:58

Ue vara sanzioni contro mercenari Wagner, 'sono minaccia'

"Le attività del Gruppo Wagner rappresentano una minaccia per le persone nei paesi in cui operano e per l'Ue. Mettono in pericolo la pace e la sicurezza internazionale in quanto non operano all'interno di alcun quadro legale. L'Ue è determinata a continuare ad agire concretamente contro le violazioni del diritto internazionale". Lo afferma l'Alto rappresentante Ue Josep Borrell in una nota in cui annuncia la decisione del Consiglio di aggiungere negli elenchi delle sanzioni 11 persone e 8 entità legate al gruppo della Wagner per la dimensione internazionale e la gravità delle sue attività, dall'impatto destabilizzante.

19:18

Kiev: "Russi hanno creato camera di tortura nella zona occupata dell'oblast di Zaporizhzhia"

Le forze russe hanno allestito una "camera delle torture" nella città di Vasylivka, nella zona occupata dell'oblast di Zaporizhzhia nell'Ucraina meridionale. Lo denuncia lo Stato Maggiore dell'esercito di Kiev affermando che la Russia ha intensificato la persecuzione dei civili nelle aree occupate. Secondo le forze armate ucraine, quindi, i russi stanno facendo sempre più pressione sui civili e fanno irruzione nelle loro case nelle parti occupate degli oblast di Kherson e Zaporizhzhia.

20:07

Russia Today e suo direttore nel nuovo pacchetto di sanzioni Ue

C'è anche il gruppo mediatico Russia Today e il suo direttore esecutivo Kirill Vyshinsky nel nuovo pacchetto di sanzioni, il decimo, approvato dall'Unione europea nei confronti della Russia per l'invasione dell'Ucraina.  La Ue ha motivato la scelta dicendo che i media stanno "diffondendo disinformazione" su quella che Mosca definisce l'operazione militare speciale russa in Ucraina. "Non c'è niente di sorprendente. C'è una guerra ibrida in corso contro il nostro Paese, in questo caso contro i media che lavorano nell'interesse del nostro Paese e che, ovviamente, sono sotto attacco", ha detto Alexander Yushchenko, primo vice capo del Comitato della Duma di Stato per la politica dell'Informazione, alla Ria Novosti.

20:35

Poste ucraine emettono francobollo con un'opera di Banksy

Le poste ucraine hanno emesso un francobollo che riproduce un'opera dell'artista britannico Banksy, in cui un giovane judoka abbatte un uomo adulto, un'allegoria dell'Ucraina che sconfigge la Russia. Lo riporta Al Jazeera. L'opera dell'artista evoca l'esercito ucraino che abbatte il presidente russo Vladimir Putin, noto per essere cintura nera di judo. Era stata dipinta da Banksy su un muro distrutto nella città di Borodianka, a nord-ovest di Kiev.

21:05

Ucraina: allarme aereo nella regione di Kharkiv

 Allarme aereo nella regione di Kharkiv in Ucraina. Lo riportano i media di Kiev.

21:24

Zelensky, 1877 villaggi ancora nelle mani dei russi

Sono attualmente 1.877 le città e i villaggi ucraini nelle mani dei russi. Lo ha reso noto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso ai partecipanti all'evento del presidente federale della Germania dedicato alla solidarietà con l'Ucraina. Lo riporta Ukrainska Pravda. "L'occupante cerca di aumentare questo numero e di aggiungere altri milioni di destini spezzati a quelli già infranti", ha detto.

22:06

Il G20 dei ministri delle finanze in India si chiude con una spaccatura: Cina e Russia non votano comunicato ufficiale

Il G20 dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali in India si è chiuso con una spaccatura sulla guerra in Ucraina, con la Cina e la Russia che non hanno votato il comunicato ufficiale al termine dell'incontro, bloccandone così la pubblicazione e costringendo l'India, presidente di turno, a rilasciare una sintesi della presidenza. Il testo bocciato dai due Paesi ripeteva quanto affermato al termine del G20 di Bali dello scorso novembre. La replica di Mosca: "I nostri oppositori, rappresentati dagli Stati Uniti, dall'UE e dal G7, continuano a non rallentare i loro tentativi paranoici di isolare la Russia, per scaricare la colpa dei problemi provocati nel campo della sicurezza internazionale e dell'economia mondiale".

22:26

Ue sanziona 7 aziende iraniane: "Forniscono droni a Russia"

Nel nuovo pacchetto di sanzioni che l'Unione europea ha messo a punto in relazione alla guerra in Ucraina ci sono anche sette aziende iraniane, ritenute colpevoli di aver "fornito aerei senza pilota" alla Russia. Nel testo si legge che il Consiglio europeo ritiene che queste aziende iraniane abbiano "fabbricato veicoli aerei militari senza pilota che sono stati utilizzati dall'esercito russo in una guerra di aggressione, anche contro le infrastrutture civili".

Le aziende sanzionate sono: Design and Manufacturing of Aircraft Engines (Dama), la forza aerospazionale dei Guardiani della Rivoluzione islamica, i corpi di Ricerca dei Pasdaran e l'organizzazione per il Jihad, Oje Parvaz Mado Nafar Company (Mado), Paravar Pars Company, l'industria per l'aviazione di al-Qods, e l'industria aviazione Shahed.

 Estratto dell’articolo di Rosalba Castelletti per “la Repubblica” il 25 febbraio 2023.

[…]  «Morta durante i bombardamenti dei nazionalisti ucraini», recita il pannello della mostra intitolata “Eroi e Atti eroici” allestita in Gogolevskij bul’var tra la Cattedrale del Cristo Salvatore e la Vecchia Arbat. I passanti infagottati si fermano e scorrono volti e storie. Giovani vite immolate sull’altare della folle offensiva lanciata da Vladimir Putin contro l’Ucraina un anno fa. Dodici mesi dopo i caduti non sono più un tabù. Anche se il loro numero è protetto dal segreto di Stato, autorità e tv non fanno che glorificarne il sacrificio.

 […]  La “propaganda della morte”, come l’hanno battezzata i sociologi, non è che l’ultimo tassello della “nuova normalità” imposta alla popolazione. Una normalità orwelliana dove è normale morire per “difendersi” da qualcuno che non ti ha mai attaccato. È normale essere condannati a 9 anni di carcere, come l’oppositore Ilja Jashin, in base a una legge sulle “fake news” che punisce chi dice la “verità” sui crimini commessi in Ucraina.

[…] È un cambiamento che si fa fatica a cogliere in una capitale ricca come Mosca. Il conflitto è qualcosa di lontano. Lo ricordano i sistemi anti- missilistici comparsi settimane fa su alcuni tetti. Le sanzioni finora non hanno affossato l’economia. I ristoranti traboccano e gli scaffali dei supermercati sono colmi benché molti prodotti ora arrivino dall’Asia e i prezzi siano schizzati.

 Le “importazioni parallele” autorizzate per sopperire ai boicottaggi hanno avuto persino risvolti inaspettati: l’atteso Samsung Galaxy S23 si trovava in vendita già prima del suo debutto mondiale. «È frustrante. All’apparenza non è cambiato nulla. Sarebbe più rasserenante se ci fossero chiari segnali di crisi economica o di una sorta di reazione. Perché ogni mattina leggo le notizie e l’immagine del mondo che mi arriva è totalmente diversa da quella che vedo per strada», ci ha confessato il fotografo 42enne Aleksandr Gronskij.

Certo, la catena russa “Vkusno i Tochka” ha preso il posto di McDonald’s, le auto cinesi Geely hanno soppiantato le Bmw e le vetrine del lusso restano sbarrate. Nei cinema ritornano le epopee sovietiche o si proiettano copie piratate dei film hollywoodiani. Dalle librerie sono scomparsi i titoli di “agenti stranieri” come Boris Akunin che si erano pronunciati per la pace. E nei musei e nelle strade si susseguono mostre che rivisitano la storia per giustificare il presente.

 La Piazza Rossa non pullula più di turisti e nelle vetrine dei negozi di souvenir, matrioske e samovar sono affiancate da t-shirt con la “Z”. Ma bisogna grattare a fondo la scorza per trovare le vere cicatrici di questi passati 365 giorni.

La propaganda è martellante. Pervade ogni ganglio dello spazio pubblico e privato. A scuola si va a “lezione di patriottismo”. E la tv è un mondo alla rovescia. È una delle ragioni per cui milioni di russi continuano a sostenere “il buon Zar” e la sua aggressione: conoscono soltanto la realtà che autorità e media raccontano loro.

Censura e repressione fanno il resto. Dopo quasi 20mila fermi persino per un foglio bianco, nessuno protesta più in piazza. […]

(ANSA il 25 febbraio 2023) - Il presidente russo Vladimir Putin decise in segreto l'invasione dell'Ucraina, parlando solo con pochi consiglieri super-fidati, tenendo all'oscuro praticamente l'intera leadership di Mosca, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov.

 Lo scrive il Financial Times. "Intorno all'una del mattino del 24 febbraio, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ricevette una telefonata inquietante. Dopo mesi passati a preparare una forza di invasione da 100.000 uomini sui confini con l'Ucraina, Vladimir Putin aveva dato il via libera all'invasione. La decisione prese Lavrov totalmente di sorpresa", scrive l'Ft.

 "Solo pochi giorni prima, il presidente russo aveva sondato i membri del suo consiglio di sicurezza sulla possibilità di riconoscere i due staterelli nel Donbass... durante una cerimonia televisiva - ma non aveva comunicato loro le sue vere intenzioni", scrive il giornale.

"Tutti gli alti dirigenti del Cremlino seppero dell'invasione solo quando hanno visto Putin dichiarare un''operazione militare speciale' in televisione quella mattina", si legge. Durante una riunione quello stesso giorno con diversi oligarchi, "dove tutti stavano perdendo la testa" perché sapevano che le sanzioni li avrebbero colpiti duramente - racconta al giornale uno dei presenti - "uno degli oligarchi chiese a Lavrov come Putin avesse potuto pianificare un'invasione così enorme con una cerchia così ristretta, tanto che la maggior parte degli alti funzionari del Cremlino, il gabinetto economico russo e la sua élite imprenditoriale non credevano nemmeno che fosse possibile.

'Ha tre consiglieri', rispose Lavrov. Ivan il Terribile. Pietro il Grande. E Caterina la Grande'". "Secondo il piano di invasione di Putin, le truppe russe avrebbero dovuto impadronirsi di Kiev nel giro di pochi giorni in una brillante e relativamente incruenta guerra lampo. Invece, la guerra si è rivelata un pantano di proporzioni storiche per la Russia", sottolinea il FT.

(ANSA il 25 febbraio 2023) - "La situazione è nelle mani di Putin. Lui può mettere fine a questa guerra". Lo ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in un messaggio video settimanale dedicato all'anniversario dell'aggressione della Russia all'Ucraina, pubblicato in rete con i sottotitoli in ucraino. Non è la consegna delle armi occidentali a Kiev a prolungare la guerra, ha continuato, "è vero il contrario: quanto prima il presidente della Russia capisce che non raggiungerà i suoi obiettivi imperialistici, tanto maggiore sarà la chance di una veloce conclusione della guerra".

  "Nonostante tutte le sfide, che anche la Germania ha dovuto affrontare a causa dell'aggressione della Russia all'Ucraina, siamo riusciti piuttosto bene a rimettere in sesto le cose". Lo ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in un messaggio video settimanale dedicato all'anniversario dell'inizio della guerra. "Abbiamo abbastanza gas e petrolio. E l'economia non è finita in una profonda recessione. Abbiamo accolto oltre un milione di ucraini grazie alla grande disponibilità in tutto il Paese", ha affermato il Bundeskanzler. (ANSA) 

Estratto dell’articolo di Jonathan Littell per il “Corriere della Sera” il 25 febbraio 2023.

[…] Olaf Scholz, il cancelliere tedesco, è diventato un maestro sopraffino del giochetto della falsa dimostrazione di forza, che ormai non trae in inganno più nessuno, a tal punto che gli ucraini hanno coniato un nuovo verbo dal suo nome, scholzing , che si traduce con: «Comunicare le proprie buone intenzioni e subito dopo cercare/sfruttare/utilizzare tutte le ragioni possibili e immaginabili per dilazionarle e/o impedire la loro realizzazione». […]

Estratto dell’articolo di Francesco Semprini per “la Stampa” il 25 febbraio 2023.

[…] Iryna Vereshchuk […] vicepremier e ministra per la Reintegrazione dei territori occupati. È perentoria nel definire le condizioni di Kiev al negoziato: «Riprendere la Crimea e tornare ai confini del 1991». Mentre liquida le affermazioni di Silvio Berlusconi come quelle di un «maschio alfa modello Putin» ormai consegnato alla storia.

 […] Un'Ucraina sicura comprende la Crimea?

«Senza la Crimea non ci sarà sicurezza né per l'Ucraina né per l'Europa. È nell'interesse dell'Europa, della Gran Bretagna e degli Usa fare in modo che la Russia non possa utilizzare la Crimea come il suo trampolino militare. È ormai un fondamento della geopolitica mondiale».

 Quali sono le vostre condizioni per sedervi a un tavolo negoziale?

«Ristabilire i confini ucraini del 1991 col riconoscimento della comunità internazionale».

[…] Un commento sulle parole di Berlusconi?

«Berlusconi è un prodotto del passato, di un'epoca dove si governava non in base ai valori ma con altri strumenti politici. Non fa niente, non ci offendiamo, siamo comprensivi. Anche noi eravamo sotto l'influenza di questo tipo di politica e di visioni del mondo errate. Il futuro appartiene ad altri politici espressione di altri valori, bisogna solo aspettare e non dare troppa importanza a episodi del genere.

Berlusconi ricorda Putin e la sua gente, maschi alfa che dimostrano disprezzo verso regole e i principi, convinti che a loro tutto sia concesso. Per politici con un ego così forte è difficile capire che un Paese grande come la Russia stia subendo colpi da un Paese piccolo come l'Ucraina che mettono a nudo la loro debolezza».

 […] Si è chiesta come mai gli alleati non hanno fornito subito determinati armamenti?

«Nel 2014 Putin ha mostrato il suo vero volto annettendo la Crimea. E invece di fermarlo il mondo ha iniziato a trattare con lui. Continuavano a permettere alla Russia di armarsi militarmente e tecnologicamente.

Il Cremlino è riuscito a convincere buona parte del establishment dell'Occidente che sarebbe stato meglio per loro fare un passo indietro e concedergli una parte dell'Ucraina, per tutelare i rapporti con Mosca e avere una relativa pace in Europa.

 Putin con la sua aria di sfida, è riuscito ad impressionare gli altri leader, perciò quello che succede ora è una specie di eco del 2014. Ma abbiamo avuto politici come Mario Draghi, Andrzej Sebastian Duda, Boris Johnson, i leader di Lituania ed Estonia e altri che non hanno esitato reagendo già nelle prime fasi dell'invasione. E adesso gli altri si allineano. Le cose stanno cambiando». […]

Il ripensamento di Sanremo vi ha turbato?

«No, il presidente si rivolge e parla al mondo intero. Ha fatto talmente tanti discorsi da essere sentito e capito in tantissimi consessi. Chi in qualche modo ha cercato di limitarlo non limiterà l'energia che emana il popolo ucraino. Si è trattato di un episodio specifico ma non così importante. Penso che gli italiani ci stiano aiutando perché in qualche modo si rispecchiano in noi, in come eravate un tempo. Il vostro popolo ha un grande cuore e una grande anima, questo è quello che conta».

Mosca mette al bando Prigozhin: i media di Stato ricevono l’ordine di oscurare la Wagner e il suo fondatore. Marco Imarisio su Il Corriere della Sera il 25 Febbraio 2023.

Da giorni, a Mosca, le parole del fondatore del gruppo di mercenari Wagner sono «oscurate» dai media ufficiali. E il governatore della regione di Sverdlovsk ora lo sbeffeggia: «Torna a cucinare polpette e spaghetti»

All’arredamento della propaganda manca ormai un pezzo importante. Fino a poco tempo fa, Evgenij Prighozin era l’uomo forte che diceva le cose giuste. Era la figura da contrapporre ai «burocrati ministeriali» che con i loro tentennamenti impedivano una rapida avanzata in Ucraina. Le sue critiche rivolte soprattutto al titolare della Difesa Sergey Shoigu e ai capi delle forze armate, risuonavano forti negli studi televisivi ed erano commentate con favore anche sulla carta stampata filogovernativa, in genere meno spericolata di quanto non lo siano i talk-show serali.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Dopo la ritirata dell’Armata russa da Kherson, l’oligarca fondatore della Brigata Wagner era diventato quasi un contropotere all’interno del potere stesso, un amico personale di Vladimir Putin che criticava il modo «timido» con il quale veniva condotta l’Operazione militare speciale . Poteva permetterselo, dato il massiccio impiego dei suoi uomini al fronte, che costituiva un argine alla controffensiva delle truppe di Kiev.

Adesso, l’ex cuoco del presidente, in realtà ex titolare di una società di catering che riforniva il Cremlino durante i ricevimenti ufficiali, è sparito dai media ufficiali. Non appare più, non viene più citato. Eppure, parla. Con cadenza quotidiana, continua a mandare messaggi attraverso i suoi social. Solo che non arrivano più al grande pubblico della Russia profonda, quella che si nutre soltanto di televisione e telegiornali, e cominciava a considerarlo un eroe del patriottismo declinato in un ultranazionalismo sempre più estremo.

Prighozin ha trascorso gli ultimi dieci giorni ad attaccare il ministero della Difesa, reo di far mancare al suo gruppo mercenario le munizioni necessarie per combattere. I media internazionali hanno dato ampio spazio alle sue lamentele. Lui ha anche risposto a qualche domanda che gli proveniva dall’estero, sempre tramite i suoi social. In Russia, non una parola. Niente. Neppure il lieto fine della storia, con Prighozin che annuncia l’arrivo degli agognati rifornimenti, costretto a ringraziare obtorto collo il «nemico» Shoigu. Come se non esistesse. Non può essere un caso. E infatti non lo è.

Citando una fonte interna, il sito di informazione indipendente Verstka racconta come molti organi di informazione statali siano stati istruiti a non citare più le frasi di Prighozin quando trattano «argomenti non neutri», quindi sempre. E aggiunge che a sua volta il ministero della Difesa avrebbe pronta una campagna mediatica contro di lui, nel caso ce ne fosse bisogno. L’unica certezza è la scomparsa pubblica del signore della guerra russo. RIA Novosti, Tass e Interfax, le tre principali agenzie di stampa, tutte controllate dal Cremlino, hanno smesso di fare il suo nome, limitandosi a riportare i comunicati della Brigata Wagner riguardanti l’attività sul campo di battaglia, come a operare una cesura tra il fondatore e la sua creatura più importante. «Pensa agli affari tuoi, e torna a cucinare polpette e spaghetti». Qualcosa è davvero cambiato, se il governatore della regione di Sverdlovsk può permettersi di rispondere così alle critiche di uno dei personaggi più temuti di Russia che lo accusava di non dare degna sepoltura ai soldati della Wagner.

Un anno di Operazione militare speciale lascia il segno anche in Russia, anche negli equilibri sui quali si regge la verticale del potere putiniana. La crescente popolarità di Prighozin, che quasi sempre parlava alle televisioni dal fronte, o comunque in una situazione di combattimento, ponendosi anche a livello visivo come uomo d’azione contrapposto ai «topi d’ufficio», così ebbe a definirli, che siedono nei ministeri moscoviti, può diventare un problema. In una intervista online di pochi giorni fa, il deputato di Russia Unita Oleg Matveychev ha descritto gli ultranazionalisti, il partito della guerra, come «la più grande minaccia interna nei confronti di Putin». I liberali sono tutti fuggiti, spiegava. L’opposizione semi-ufficiale dei Comunisti agita la bandiera dei salari e delle pensioni basse, che in tempo di guerra non esercita una gran presa sull’elettorato. «I turbo-patrioti sono invece l’unico vero pericolo per il nostro Stato». Le loro critiche all’establishment rischiano di compromettere l’unità della Russia contro il nemico esterno, è il succo del ragionamento.

Matveychev faceva anche i nomi dei due principali reprobi. Igor Girkin, l’ex comandante delle Forze speciali nel Donbass ai tempi del primo conflitto ucraino, è una scheggia impazzita della blogosfera russa, che ogni giorno accusa le autorità di «negligenza criminale» senza aver più molto da perdere. Il secondo nome è quello di Prighozin, che non ha mai fatto mistero di avere in animo la fondazione di un proprio movimento super conservatore. Matveychev non è certo un moderato, anzi. È un celebre blogger che fino a pochi mesi fa proponeva e sosteneva idee folli, come quella di rinchiudere i membri dell’opposizione in piazza e di fucilarli senza processo «per far crescere l’economia russa». Dopo l’inizio dell’Operazione, militare speciale, aveva presentato una mozione alla Duma per chiedere agli Usa la restituzione dell’Alaska e già che c’eravamo anche di Fort Ross in California, «perché entrambe scoperte e fondate da russi». Ma lui ha capito che l’aria si sta facendo sempre più spessa. E che la leva del nazionalismo va lasciata in mano a chi ha il vero potere. Prighozin, invece no. O almeno, non ancora.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 26 febbraio.

La Repubblica. Zelensky ricorda la caduta della Crimea: "Tornerà nostra"

Gli ultimi aggiornamenti dalla crisi Russia-Ucraina. Lukashenko in Cina vedrà Xi Jinping. Tajani: "Sull'invio delle armi alla Russia mi auguro che Pechino dica la verità"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è detto convinto che Vladimir Putin prima o poi verrà ucciso dal suo stesso entourage: "Ci sarà sicuramente un momento in cui la fragilità del regime di Putin si farà sentire all'interno della Russia. I predatori mangeranno il predatore".

 Il presidente vladimir Putin, dal canto suo, ha detto che la Russia deve tenere conto del potenziale nucleare non solo degli Stati Uniti, ma anche di tutti gli altri paesi della Nato, poiché l'Alleanza considera la sconfitta strategica di Mosca il suo obiettivo principale: "Nelle condizioni odierne, poiché tutti i principali paesi della Nato hanno annunciato la nostra sconfitta strategica come il loro obiettivo principale per far soffrire la nostra gente, come possiamo non considerare il loro potenziale nucleare in queste condizioni?" ha detto.

Punti chiave

20:27

Zelensky, "Il diritto internazionale prevarrà in Donbass e Crimea"

19:27

Kiev, in Crimea ci sono 180 prigionieri politici detenuti

18:54

Ucraina, Shmyhal: "Riconciliazione con la Russia impossibile nei prossimi 100 anni"

18:44

Ucraina, Zelensky firma nuove sanzioni "contro coloro che aiutano la Russia a fare la guerra"

18:05

Ucraina, Berlino: "Giudichiamo la Cina dai fatti non dalle parole"

17:41

Ucraina, Kirill: "Il Donbass è un avamposto russo"

17:10

Ucraina, il ministro della Difesa estone a Kiev annuncia aiuti militari

14:30

Usa: "Crimea è Ucraina, non la riconosceremo mai come Russia"

12:15

 Zelensky: "Nove anni fa attacco Mosca a Crimea, tornerà nostra"

11:06

Putin: "La Russia non può ignorare la capacità nucleare della Nato"

10:30

Putin: "Start sospeso, Russia deve garantire sua sicurezza"

08:38

Putin: "Paesi Nato complici dei crimini del regime di Kiev"

03:06

Zelensky, "Putin sarà eliminato dal suo stesso entourage"

03:06

Zelensky, "Putin sarà eliminato dal suo stesso entourage"

Il presidente ucraino Voldymyr Zelensky si è detto convinto che Vladimir Putin prima o poi verrà ucciso dal suo stesso entourage: "Ci sarà sicuramente un momento in cui la fragilità del regime di Putin si farà sentire all'interno della Russia. I predatori mangeranno il predatore. Troveranno un motivo per uccidere l'assassino, ma avranno bisogno di una ragione", ha dichiarato Zelensky al giornalista Dmytro Komarov che ha realizzato un documentario a un anno dall'invasione russa dell'Ucraina.

05:35

Zelensky, 1877 villaggi ancora nelle mani dei russi

Sono attualmente 1.877 le città e i villaggi ucraini nelle mani dei russi. Lo ha reso noto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso ai partecipanti all'evento del presidente federale della Germania dedicato alla solidarietà con l'Ucraina. Lo riporta Ukrainska Pravda. "L'occupante cerca di aumentare questo numero e di aggiungere altri milioni di destini spezzati a quelli già infranti", ha detto.

05:36

Il G20 dei ministri delle finanze in India si chiude con una spaccatura: Cina e Russia non votano comunicato ufficiale

Il G20 dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali in India si è chiuso con una spaccatura sulla guerra in Ucraina, con la Cina e la Russia che non hanno votato il comunicato ufficiale al termine dell'incontro, bloccandone così la pubblicazione e costringendo l'India, presidente di turno, a rilasciare una sintesi della presidenza. Il testo bocciato dai due Paesi ripeteva quanto affermato al termine del G20 di Bali dello scorso novembre. La replica di Mosca: "I nostri oppositori, rappresentati dagli Stati Uniti, dall'UE e dal G7, continuano a non rallentare i loro tentativi paranoici di isolare la Russia, per scaricare la colpa dei problemi provocati nel campo della sicurezza internazionale e dell'economia mondiale".

05:38

Biden boccia il piano di pace messo a punto dalla Cina

Il presidente americano Joe Biden boccia il piano di pace messo a punto dalla Cina. "Se a Putin piace, come può essere un buon piano?" lo liquida osservando che "ci sono vantaggi solo per la Russia in quel piano". Secondo il capo della Casa Bianca "l'idea che la Cina "negozi l'esito di una guerra totalmente ingiusta per l'Ucraina non è razionale".

08:37

Zelensky: "Pace non basta, Ucraina si difenderà per 10 anni"

Se anche l'Ucraina dovesse firmare il più stringente dei trattati di pace, il pericolo di un'aggressione da parte della Russia potrebbe ripresentarsi. E' quindi necessario costruire uno stato ucraino che in futuro sia in grado di difendersi: parola del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in stralci di un'intervista rilasciata ai media ucraini e riportati dal sito presidenziale ucraino.

08:38

Putin: "Paesi Nato complici dei crimini del regime di Kiev"

"I Paesi della Nato, seppur indirettamente, sono complici dei crimini del regime di Kiev, che, tra l'altro, sta bombardando aree residenziali della Novorossia e di Donetsk". Lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, in un'intervista a Russia 1.

09:25

Kiev: controffensiva in primavera, liberiamo anche Crimea. Colpiremo depositi munizioni in territorio russo, a Belgorod

L'esercito ucraino sarà pronto a passare alla controffensiva  in primavera:  l'obiettivo è la liberazione di tutti i territori occupati, compresa la Crimea: "Ci fermeremo solo quando ripristineremo il Paese entro i limiti del 1991", ha affermato il vice capo dell'intelligence del ministero della Difesa di Kiev  (Gur) Vadym Skibitskyi, citato da Unian. Uno degli obiettivi sarà il tentativo di "inserire un cuneo nel fronte russo a sud, tra la Crimea e la terraferma russa", ha spiegato Skibitsky, "l'Ucraina colpirà i depositi di munizioni sul territorio russo, compresa la regione di Belgorod, gli attacchi partono da lì".

09:55

Ucraina, "Putin" al tappeto nel francobollo che riproduce l'opera di Banksy

Le poste ucraine hanno emesso un francobollo che riproduce un'opera dell'artista britannico Banksy, in cui un giovane judoka abbatte un uomo adulto, un'allegoria dell'Ucraina che sconfigge la Russia. L'opera dell'artista evoca l'esercito ucraino che abbatte il presidente russo Vladimir Putin, noto per essere cintura nera di judo. Era stata dipinta da Banksy su un muro distrutto nella città di Borodianka, a nord-ovest di Kiev.

10:02

Cnn, Zelensky ha chiesto F-16 e missili a lungo raggio

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha chiesto ai parlamentari repubblicani di prendere in considerazione un elenco di armi da fornire a Kiev, che includerà aerei da combattimento F-16 e missili a lungo raggio. Lo riporta la Cnn. All'inizio di febbraio, Zelensky ha incontrato una delegazione di repubblicani Usa, tra cui Michael McCall, capo della commissione Esteri della Camera. "Abbiamo avuto un incontro molto produttivo con il presidente Zelensky. Abbiamo parlato principalmente di ciò di cui ha bisogno per vincere questa guerra. Zelensky fornirà un elenco di armi di cui l'Ucraina ha bisogno per vincere", ha detto McCall.

10:26

Kiev, sminamento in corso nella regione di Kharkiv

Solo nell'ultima giornata, sono stati disinnescati 46 ordigni esplosivi nell'intero oblast ucraino di Kharkiv, ha riferito il governatore Oleh Syniehubov, sottolineando che le attività di sminamento continuano in tutta l'area. Lo scrive Kyiv Independent. Secondo Syniehubov, il bombardamento russo della città di Kupiansk nei giorni scorsi ha danneggiato almeno quattro abitazioni private e alcune attività commerciali sono state distrutte. Una donna di 82 anni è stata curata in seguito al forte stress subito. Nel vicino villaggio di Kupiansk-Vuzlovyi, condomini di cinque piani sono stati danneggiati. Monachynivka, anch'essa situata nel distretto di Kupiansk nell'oblast di Kharkiv, è stata bombardata intorno alle 14 di ieri. Non ci sono state vittime.

10:30

Putin: "Start sospeso, Russia deve garantire sua sicurezza"

La Russia ha bisogno di garantire la propria sicurezza e stabilità strategica, ha dichiarato il presidente russo, Vladimir Putin, commentando la decisione di sospendere la partecipazione della Russia al Trattato Start (Trattato sulle armi nucleari) in un'intervista a Rossiya-1. Lo riferisce Ria Novosti. Alla domanda su cosa gli Usa debbano capire dopo la sospensione, Putin ha risposto: "Dipende da loro cosa capire. Noi capiamo che cosa dobbiamo fare. E dobbiamo preservare il nostro Paese, garantire la sicurezza, la stabilità strategica".

10:53

Esperti Isw: "Lukashenko a Pechino per aiutare a eludere le sanzioni"

Il presidente russo Vladimir Putin non mostra segni di volontà di scendere a compromessi sui suoi obiettivi massimalisti dichiarati nella guerra, che includono la "neutralità" e la "smilitarizzazione" dell'Ucraina, così come il cambio di regime de facto a Kiev. Lo afferma il rapporto del think-tank americano Institute for the Study of War (Isw), citato dall'agenzia ucraina Unian. Nel frattempo, il dittatore bielorusso Oleksandr Lukashenko ha annunciato l'intenzione di visitare la Cina dal 28 febbraio al 2 marzo per incontrare Xi Jinping. "Lukashenko ha in programma di incontrare il leader cinese Xi Jinping per aiutare la Russia e la Cina a eludere le sanzioni tra le notizie secondo cui Pechino sta seriamente considerando di inviare aiuti letali a Mosca", affermano gli analisti di Isw, citati da Unian.

11:06

Putin: "La Russia non può ignorare la capacità nucleare della Nato"

"Nelle condizioni attuali, con tutti i principali Paesi Nato che hanno dichiarato che il loro obiettivo principale è infliggerci una sconfitta strategica, così che il nostro popolo possa soffrire come dicono, come possiamo ignorare, in queste condizioni, le loro capacità nucleari?". Lo ha detto Vladimir Putin in un'intervista alla televisione di Stato Rossiya, secondo quanto ripota la Tass. Il presidente russo ha ribadito che l'Occidente vuole distruggere la Russia avendo "un solo obiettivo: smembrare l'ex Unione Sovietica e la sua parte principale, la Federazione russa". Putin ha accusato i Paesi occidentali di essere complici dei "crimini" che sarebbero stati commessi dall'Ucraina.

11:16

Direttore Cia: "La Cina valuta invio armi a Mosca ma non ha deciso"

In un'intervista esclusiva a Cbs News, il direttore della Cia Bill Burns ha confermato la possibilità che la Cina possa inviare aiuti letali alla Russia nella sua guerra contro l'Ucraina anche se Pechino non ha ancora preso una decisione. "Non vediamo che sia stata ancora presa una decisione definitiva e non vediamo prove di spedizioni effettive di attrezzature letali", ha affermato Burns, confermando che l'obiettivo dell'amministrazione Usa  - condividendo quello dell'intelligence della Cia - è quello di dissuadere la Cina dal prendere la decisione di trasferire aiuti a Mosca. E ha indicato che se questo venisse deciso, per il presidente Xi Jinping "sarebbe una scommessa molto rischiosa e imprudente". Burns ha poi osservato che l'invasione russa e la conseguente risposta mondiale sono state di particolare interesse per Xi: "Non c'è nessun leader straniero che abbia guardato più attentamente all'esperienza di Vladimir Putin in Ucraina, l'evoluzione della guerra, di quanto abbia fatto Xi Jinping", ha detto.  "Penso che, in molti modi, sia stato turbato da ciò che ha visto", ha aggiunto.

11:37

Blackout sospesi oggi a Kiev, Odessa e Dnipropetrovsk

Nella giornata di oggi non sono previste interruzioni di elettricità nelle regioni di Kiev, Odessa e Dnipropetrovsk. Lo riferiscono su Telegram le società locali per l'erogazione di energia elettrica. "Oggi Ukrenergo non ha limitato il consumo di elettricità . Questo ci consente di non spegnere le luci nelle regioni di Kiev, Odessa e Dnipropetrovsk", si legge nel messaggio. Si sono registrati comunque danni alle reti Ukrenergo in alcune centrali elettriche, sono quindi possibili alcune interruzioni programmate.

12:15

 Zelensky: "Nove anni fa attacco Mosca a Crimea, tornerà nostra"

"Nove anni fa iniziava l'aggressione russa in Crimea. Ripristineremo la pace nella Penisola", ha scritto il presidente ucraino Volodymyr Zelesnky su Telegram. "Quella è la nostra terra, il nostro popolo. Riporteremo la nostra bandiera in ogni angolo dell'Ucraina", ha aggiunto.

12:47

L'accusa dell'osservatore ucraino: "A gennaio il capo Wagner tentò di impossessarsi di milioni di munizioni russe" 

Una tentata "rapina" per milioni di munizioni per artiglieria sembra emergere da alcuni documenti postati su Twitter da Igor Sushko, osservatore ucraino con forti connessioni con ambienti ufficiali russi "dissidenti". A tentare il colpo sarebbe stato Evgeny Prigozhin, capo della milizia privata Wagner che dall'inizio dell'invasione russa all'Ucraina ha affiancato le truppe di Mosca. In base a questi documenti, che sarebbero stati messi in circolo dai servizi di sicurezza Fsb, nel quadro di una faida in atto a Mosca, a inizio gennaio sarebbe stato deciso il trasferimento di milioni di munizioni dai magazzini dell'esercito russo a due unità operative, la 22ma brigata delle forze speciali e al 78mo Centro di ricognizione: ma in realtà la destinazione sarebbero stati i reparti di Prigozhin. A bloccare l'operazione - che sarebbe stata approvata da diversi generali - il cambio della guardia ai vertici operativi delle operazioni in Ucraina con la sostituzione di Sergei Surovikin: al suo posto il generale Valery Gerasimov, considerato oppositore del capo del gruppo Wagner.

Dopo il mancato 'approvvigionamento' dai magazzini ufficiali, le cose per la milizia mercenaria sono andate sempre peggio: non solo il Ministero della Difesa, su indicazione di Gerasimov, sembra aver deciso di privare completamente la Wagner di qualsiasi munizione (provocando pesanti proteste dello stesso Prigozhin, in video divenuti virali) ma ha anche proibito al gruppo di reclutare dalle carceri russe altri detenuti da mandare al fronte, dove il livello di perdite è elevatissimo. Di pochi giorni fa, infine, le voci su un diktat del Cremlino per eliminare dai media russi a qualsiasi riferimento a Prigozhin. Una censura che - secondo molti - appare come una condanna a morte annunciata per la milizia privata.

13:00

Il ministro delle Difesa tedesco: "Il piano della Cina? Giudichiamo Pechino dalle sue azioni, non dalle sue parole" 

Bisogna valutare "la Cina dalle sue azioni non le sue parole". Lo ha detto il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, esprimendo scetticismo sul piano di pace per l'Ucraina presentato da Pechino. "Quando leggo le notizie, e non so se siano vere, secondo le quali la Cina starebbe pianificando di fornire droni kamikaze alla Russia ed allo stesso tempo sta presentando un piano di pace, io suggerisco di giudicare la Cina dalle sue azioni e non dalle sue parole", ha detto all'emittente pubblica tedesca Deutschlandfunk.

13:36

Russia, da Putin auguri di compleanno al "caro amico" Erdogan

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha avuto un colloquio telefonico con l'omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, a cui ha fatto gli auguri per il compleanno, sottolineando "il suo grande contributo personale allo sviluppo delle relazioni russo-turche". "Sono stati toccati alcuni temi di attualità nell'agenda bilaterale", si legge nel messaggio pubblicato sul sito del Cremlino. Putin ha anche inviato un telegramma di congratulazioni a Erdogan. "Lei gode giustamente di un grande prestigio tra i suoi connazionali e all'estero. In questo momento difficile, in una situazione così critica, in cui la Turchia sta superando le tragiche conseguenze di devastanti terremoti, le sue migliori qualità di statista e persona, coraggio, capacità di assumere misure equilibrate e decisione necessaria", si legge nel telegramma pubblicato sul sito del Cremlino.

14:06

Media, da Zelensky lista nuove armi a repubblicani Usa

Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky compilerà un elenco di armi e beni di prima necessità di cui Kiev ha bisogno e lo sottoporrà all'esame di un gruppo di rappresentanti della Camera dei rappresentanti Usa del Partito Repubblicano che ha visitato l'Ucraina la settimana scorsa. Lo riferisce Unian. I membri del Congresso hanno promesso di rivedere questo elenco, scrive la Cnn. Zelensky, che ha incontrato il presidente della commissione per gli affari esteri della Camera Michael McCaul e altri quattro membri del Congresso, avrebbe detto loro che intende inviare un elenco di armi, compresi i caccia F-16, necessarie per accelerare la fine della guerra con la Russia. Un alto comandante militare statunitense ha ribadito a un gruppo di legislatori repubblicani che sarebbero necessari aerei da combattimento F-16 e missili a lungo raggio per aiutare l'Ucraina, ha riferito una fonte all'emittente americana.

14:25

Algeria riapre ambasciata a Kiev a un anno da invasione russa

A un anno dall'inizio dell'invasione russa l'Algeria annuncia la riapertura dell'ambasciata a Kiev. Lo rende noto il ministero degli Esteri di Algeri citato dai media locali.

14:30

Usa: "Crimea è Ucraina, non la riconosceremo mai come Russia"

"Nove anni fa, la Russia ha invaso l'Ucraina e si è impadronita della Crimea, una chiara violazione del diritto internazionale, della sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina". Lo dichiara il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, in una nota sottolineando che "gli Stati Uniti non riconoscono e non riconosceranno mai la presunta annessione della penisola da parte della Russia. La Crimea è Ucraina".

 15:13

Ucraina, Tajani: "Invio caccia in Ucraina? Per ora non è sul tavolo"

Per ora l'argomento dell'invio di caccia dall'Italia all'Ucraina "non è sul tavolo". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenendo a Mezz'ora in più su Rai 3. "Formare un pilota da caccia per aerei sofisticati", ha spiegato Tajani, "richiede mesi di addestramento, bisogna formarli bene". "Noi siamo sempre stati impegnati a inviare materiale per difendere il territorio ucraino", ha proseguito il titolare della Farnesina, "stiamo inviando batterie anti-aeree Sampt-T che realizziamo con la Francia, più materiale di altro tipo che serve all'esercito ucraino".

15:20

Tajani, quello di Zelensky "non era un attacco" a Berlusconi

Le critiche del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa a Kiev con la premier Giorgia Meloni sono state "molto montate". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenendo a Mezz'ora in più su Rai 3. "E' stato molto montato, perchè lo stesso Zelensky ha detto che secondo lui, Berlusconi non si rendeva conto di quello che accadeva in Ucraina ma non era un attacco, basta ascoltare il suo tono", ha dichiarato Tajani. "Credo che adesso si debba guardare avanti", ha aggiunto, "penso non sia mai stato messo in dubbio che Berlusconi sia filo-atlantico e un uomo di pace".

15:24

Tajani, "mi auguro Cina abbia detto verità" su armi a Mosca

"Mi auguro che la Cina abbia detto la verità che non invia e non intende inviare armi alla Russia". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenendo a Mezz'ora in più su Rai 3. "La Cina può svolgere un ruolo importante", ha ribadito il titolare della Farnesina, "è l'appello che ho lanciato anche al capo della diplomazia cinese, Wang Yi, nei nostri recenti incontri: ho insisto affinchè la Cina intervenisse presso la Russia per fermare Putin e farlo sedere al tavolo di pace".

16:03

Kiev, russi ritirano nave con missili Kalibr dal Mar Nero

Le forze russe hanno ritirato dal Mar Nero l'unica nave con missili Kalibr presente sabato nel bacino. Lo riferisce la Marina ucraina secondo quanto riportato da Ukrainska Pravda. Secondo la Marina, ora sette navi di Mosca sono in servizio nel Mar Nero, tra queste non ci sono portamissili. Nel Mar d'Azov è presente una nave russa.

16:17

Ucraina: prima visita ministro Esteri saudita a Kiev da Zelensky

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha incontrato a Kiev il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud. Come riferito dallo stesso Zelensky su Telegram, si tratta della prima visita ufficiale del capo della diplomazia di Riad in Ucraina dall'instaurazione delle relazioni diplomatiche. "Mi aspetto che darà nuovo slancio all'intensificazione del nostro dialogo reciprocamente vantaggioso", ha scritto il leader di Kiev, ringraziando l'Arabia Saudita per "aver sostenuto la pace in Ucraina, la sua sovranità e integrità territoriale".

17:08

Usa, Sullivan: "Armi a Kiev per arrivare al negoziato"

Washington è convinta che prima o poi il conflitto ucraino sarà risolto al tavolo dei negoziati ed è convinta che le forniture di armi serva per rafforzare le posizioni negoziali di Kiev. Lo ha affermato il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. "Alla fine, vedremo che la soluzione di questo conflitto andrà sul piano diplomatico. Il nostro compito è dare carte vincenti agli ucraini sul campo di battaglia in modo che abbiano più argomenti al tavolo dei negoziati", ha spiegato Sullivan in un'intervista alla Nbc.

17:10

Ucraina, il ministro della Difesa estone a Kiev annuncia aiuti militari

Il ministro della Difesa estone Hanno Pevkur ha incontrato a Kiev il suo omologo ucraino Oleks Reznikov e ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti militari per l'Ucraina, che questa volta consiste in armi e attrezzature donate alle forze per le operazioni speciali. Lo riporta la radiotelevisione estone Err. Il pacchetto consegnato oggi comprende fucili d'assalto, pistole, droni, termocamere, generatori e caricabatterie.

17:14

Usa, Sullivan: "Costi reali per la Cina se fornirà armi a Mosca"

Ci saranno "costi reali" per la Cina se fornirà armi alla Russia per la sua guerra in Ucraina. E' il nuovo monito rivolto a Pechino dagli Stati Uniti. "Dalla nostra prospettiva, in effetti, questa guerra rappresenta una vera complicazione per Pechino e Pechino dovrà prendere le sue decisioni su come procedere, se fornire assistenza militare - ha detto il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan - ma se sceglierà questa strada, questo comporterà costi reali per la Cina".

17:41

Ucraina, Kirill: "Il Donbass è un avamposto russo"

Il Donbass oggi è un avamposto della Russia ed è importante che i giovani che vi abitano capiscano ne siano consapevoli. Lo ha detto il patriarca di Mosca Kirill in un incontro con i bambini del Donbass, come riporta Ria Novosti. "Il Donbass oggi è un avamposto del mondo russo, un avamposto della Russia... È straordinario che la Russia si sia battuta per la protezione degli interessi del Donbass e non abbia permesso l'attuazione dei piani che i nostri avversari avevano... Il Donbass è una parte organica inseparabile della Russia. Mi piacerebbe molto che i giovani del Donbass, i bambini del Donbass capissero  che quello che sta succedendo ora è giusto per noi", ha detto rivolgendosi ai bambini il patriarca.

18:05

Ucraina, Berlino: "Giudichiamo la Cina dai fatti non dalle parole"

Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha reagito con scetticismo ai piani della Cina su come porre fine al conflitto ucraino. "Quando sento notizie - e non so se siano vere - secondo cui la Cina potrebbe pianificare di fornire droni kamikaze alla Russia presentando allo stesso tempo un piano di pace, allora suggerisco di giudicare la Cina dalle sue azioni e non le sue parole", ha dichiarato in un'intervista all'emittente pubblica tedesca citata dalla Cnn.

18:44

Ucraina, Zelensky firma nuove sanzioni "contro coloro che aiutano la Russia a fare la guerra"

Il presidente Volodymyr Zelensky ha firmato 3 decreti del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale con nuove sanzioni "contro coloro che sono coinvolti o aiutano la Russia a fare la guerra e distruggere vite e persone", afferma nel consueto discorso serale.

Le sanzioni sono "contro quei russi coinvolti nel rapimento di bambini ucraini; contro quei rappresentanti del settore sportivo russo che stanno cercando di mettere lo sport al servizio dell'aggressione; contro coloro che aiutano a mantenere strutture mercenarie in Russia per la guerra contro l'Ucraina e tutte le persone libere". "La pressione dall'Ucraina continuerà. La pressione del mondo sullo stato terrorista continuerà", aggiunge Zelensky.

18:54

Ucraina, Shmyhal: "Riconciliazione con la Russia impossibile nei prossimi 100 anni"

 "La riconciliazione tra Russia e Ucraina non è possibile nei prossimi 100 anni". Lo ha dichiarato il primo ministro ucraino, Denis Shmyhal, parlando ai media locali in un'intervista rilanciato dalle agenzie russe. "Riconciliazione, cooperazione? Non sono possibili almeno nei prossimi 100 anni", ha detto Shmyhal, "la Russia deve prima cambiare, essere democratizzata, smilitarizzata e denuclearizzata". Shmyhal ha poi avvertito che il congelamento del conflitto non può essere visto come un'opzione per prevenire morti. "L'Ucraina non vede alcun compromesso riguardo alla sua integrità territoriale", ha aggiunto il premier rispondendo alla domanda sulla disponibilità di Kiev a fare concessioni territoriali a Mosca.

19:27

Kiev, in Crimea ci sono 180 prigionieri politici detenuti

In Crimea ci sono 180 prigionieri politici detenuti. Lo ha affermato Dmytro Lubinets, commissario per i diritti umani della Verkhovna Rada, il parlamento unicamerale ucraino, citato dal Guardian. "A causa del costante timore della resistenza ucraina, la Russia non ferma la dura repressione e la persecuzione dei nostri cittadini nella Crimea temporaneamente occupata con perquisizioni illegali, casi penali inventati, condanne inventate, in particolare, contro rappresentanti indigeni della penisola: i tatari di Crimea", ha precisato Lubinets. Il funzionario ucraino ha poi definito la recente morte nelle celle del Cremlino di due prigionieri politici torturati una "flagrante violazione dei diritti umani fondamentali e delle norme del diritto internazionale da parte della Russia"

20:27

Zelensky, "Il diritto internazionale prevarrà in Donbass e Crimea"

"L'Ucraina non abbandonerà nessuno, non lascerà nessuno al nemico. Restituiremo tutta la nostra gente e tutto ciò che è nostro dalla prigionia russa. Nel 2014, l'aggressione russa è iniziata con il sequestro della Crimea. È logico che liberando la Crimea, porremo una fine storica a qualsiasi tentativo della Russia di rovinare la vita degli ucraini e di tutti i popoli dell'Europa e dell'Asia che un tempo il Cremlino affermava di conquistare. Il diritto internazionale prevarrà qui, nelle terre dell'Ucraina: nel Donbass, nel Mar d'Azov, nella regione di Kherson e in Crimea". Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale riportato da Ukrinform.

Kyjiv chiama Minsk. I bielorussi che combattono per la libertà a fianco degli ucraini. Francesco Brusa su L’Inkiesta il 27 febbraio 2023.

I soldati del reggimento Kalinoŭski, intitolato a uno scrittore rivoluzionario dell’Ottocento, hanno partecipato all’Euromaidan e restano convinti che il destino dei due Paesi sia legato: «Lukashenka mantiene il potere esclusivamente per il sostegno di Putin»

Kyjiv. «Tornare a casa, semplicemente tornare a casa»: per alcune delle persone che combattono contro la Russia a fianco delle truppe di Kyjiv questo è l’obiettivo principale, sia metaforico che concreto. Si tratta dei membri del reggimento Kastuś Kalinoŭski, composto da cittadini e cittadine della Bielorussia e ufficialmente formatosi pochi giorni dopo l’invasione del paese iniziata da Putin lo scorso 24 febbraio.

«Abbiamo deciso di riporre tutte le nostre risorse e tutte le nostre forze in questa lotta nella convinzione che dopo la vittoria dell’Ucraina, dopo l’affermazione dell’Ucraina come nazione, ci sarà anche l’affermazione della Bielorussia», dicono due combattenti del reggimento che abbiamo incontrato nel loro quartier generale. «Perché tutti noi vogliamo far ritorno in patria».

Uno sforzo comune

A cavallo del nuovo anno, si sono fatte sempre più insistenti le voci di una possibile offensiva russa che parta proprio dai territori della piccola repubblica retta da Alexander Lukashenka (al potere dal 1994). Intanto, dopo l’importante liberazione di Kherson da parte delle truppe ucraine a novembre, negli ultimi giorni l’inerzia sul fronte di Bakhmut nel Donbas sembra invece spostarsi a favore dell’esercito invasore, che ha conquistato il centro di Soledar.

Operazioni in cui quasi sempre è stato coinvolto anche il reggimento Kalinoŭski – un’unità di battaglia in cui all’inizio della guerra sono confluite circa quattrocento persone, un numero piccolo ma significativo se si pensa che i bielorussi all’interno del territorio ucraino dovrebbero essere meno di trecentomila e che si tratta, secondo le stime, della seconda nazionalità per numero di persone coinvolte nell’esercito, dopo quella georgiana.

«La situazione non è semplice», ci spiegano i combattenti. «Il nostro compito è sostanzialmente quello di aiutare le truppe ucraine a mantenere le proprie posizioni. Recentemente (prima della presa di Soledar, ndr), ci sono stati quattro tentativi di offensiva da parte dei russi, tutti e quattro respinti. Ma il problema è che abbiamo a che fare con vere e proprie “orde”: non dobbiamo dimenticarci che la Russia è un paese immenso e pieno di risorse e può contare su un numero di persone elevatissimo da mandare in guerra».

Ciononostante, come è stato evidenziato più volte dall’inizio del conflitto e come sottolineato anche dalla forte presenza di truppe mercenarie nelle fila russe nonché di coscritti provenienti dalle carceri, ben diverse sembrano essere le motivazioni sui due fronti opposti. Proseguono infatti i membri del reggimento bielorusso: «Da una parte si combatte per difendere la propria casa e il proprio futuro, dall’altra si trovano uomini che sono andati in un altro Paese senza scopo alcuno. Non c’è nessun dubbio per noi su chi vincerà».

Per chi si è arruolato nell’unità Kalinoŭski, però, la questione della «vittoria» o comunque delle conseguenze politiche che avrà il conflitto in corso assume una sfumatura particolare, che riguarda appunto il futuro del Paese alleato de facto di Putin. Che il destino di Ucraina e Bielorussia siano intrinsecamente legati è una convinzione che, per tanti, precede l’invasione militare dello scorso anno.

Già nel 2013-14, diversi attivisti bielorussi si unirono alle proteste di Euromaidan (Mykhailo Zhyznevskyi, per esempio, un emigrato dalla regione di Gomel, fu fra i primi caduti di quegli eventi e venne successivamente insignito del titolo di «eroe dell’Ucraina») così come successivamente si arruolarono in alcuni battaglioni militari attivi nella guerra del Donbas. Un piccolo monumento nelle strade di Kyjiv ricorda questi scambi e queste vicende, con i due motti nazionali («Gloria all’Ucraina» e «Lunga vita alla Bielorussia») a unire idealmente le due comunità.

«Nel nostro reggimento ci sono persone che sono contro il potere politico attualmente al governo a Minsk», ci raccontano i membri del Kalinoŭski. «La maggior parte di noi ha partecipato alle proteste del 2020 o, comunque, a manifestazioni e contestazioni precedenti. Nessuno di noi, per questo motivo, può far rientro in Bielorussia. In generale, i legami con i nostri compagni ucraini sono sempre stati forti».

«Direi fin dalle prime settimane successive all’indipendenza dei nostri paesi negli anni Novanta, c’era chi veniva in Bielorussia dall’Ucraina per partecipare a proteste e dimostrazioni e chi viceversa andava dalla Bielorussia all’Ucraina per gli stessi motivi. Poi, però, il nostro paese ha iniziato ad avere un suo sviluppo più specifico ed è diventato via via più “chiuso”: questo ha fatto sì che anche le relazioni con la comunità ucraina si indebolissero e che non ci fosse all’esterno una grande consapevolezza delle repressioni e delle difficoltà che attraversavamo».

Una mancanza di consapevolezza che – sempre secondo i membri del reggimento – rischia di alimentare lo “stigma” negativo nei confronti della comunità bielorussa in Ucraina e in generale della popolazione bielorussa.Come suggeriscono infatti alcune indagini sociologiche dello scorso settembre, la percezione sociale verso questi gruppi si è fortemente deteriorata in Ucraina in seguito all’invasione, in maniera non dissimile da quanto è accaduto per cittadini e cittadine della Russia.

«Ma si tratta di una falsa equivalenza», affermano i membri del reggimento. «Quando si è trattato di identificare un nemico, si è guardato non solo a Lukashenka ma a tutta la Bielorussia. Invece non è così: la grande maggioranza delle persone che è scappata dal Paese ma anche che è rimasta non appoggia le sue azioni e non appoggia la decisione di lanciare una guerra».

Indipendenza dalla Russia

Al contrario – sostengono i combattenti bielorussi – ora il nemico comune è la Russia imperialista di Putin. «Lukashenka riesce a mantenersi al potere esclusivamente per il sostegno della vicina Federazione. Si tratta di un assunto che, soprattutto dal 2020 in poi, è diventato consapevolezza comune per sempre più persone. Ed è anche per questo che abbiamo deciso di venire a combattere: si è capito che, sfortunatamente, le proteste pacifiche non hanno la possibilità di intaccare l’attuale sistema di potere in Bielorussia».

Per chi milita nel reggimento bielorusso le due questioni si trovano inevitabilmente intrecciate: «Un tempo era l’Urss a essere una “prigione delle nazioni”, mentre adesso lo è la Russia di Putin: un Paese ultranazionalista che umilia tutte le identità dei popoli. Finché esiste in questa forma, nessuno può restare tranquillo».

In questo senso, il nome adottato dall’unità militare è particolarmente significativo: Kastuś Kalinoŭski fu infatti uno scrittore e rivoluzionario che si mise a capo dell’insurrezione antizarista del 1863/64, in una chiave “rossa” e “socialista”, con attenzione alla questione agraria e contadina, ma anche patriottico-nazionalistica, di riscoperta e protezione dell’identità linguistico-culturale del popolo bielorusso.

La sua figura è tornata alla ribalta negli ultimi anni, sia perché nel 2019 i suoi resti sono stati casualmente ritrovati in Lituania assieme a quelli di un’altra ventina di partecipanti all’insurrezione, sia perché è diventato un simbolo sempre più utilizzato durante le proteste anti-governative e dallo stesso Lukashenka (mettendo in campo ovviamente diverse interpretazioni e diversi accenti, come ben ricostruito da questa analisi).

Per chi combatte in Ucraina è dunque un’immagine di autonomia e indipendenza dalla Russia così come di radicale distanza dalle politiche del governatore bielorusso: «La propaganda tenta di dipingerci come una giunta militare che vorrebbe sequestrare il potere e che non riconosce alcun rappresentante della gente al di fuori di noi stessi», spiegano i membri del reggimento. «Al contrario, il fucile che imbracciamo oggi non salirà al potere. Quello in cui speriamo è una Bielorussia con libere elezioni e con un quadro di legalità, indipendente dalla dittatura attuale e da quella russa».

Non stupisce che il conflitto in Ucraina venga percepito come lo «scontro finale» in tal senso. Soprattutto dal momento che – come affermano diverse testimonianze e nonostante varie forme di sabotaggio e resistenza messe in atto dagli attivisti dopo il 24 febbraio – un qualsiasi cambiamento dall’interno del paese retto da Lukashenka sembra attualmente impossibile, dato l’alto grado di repressione statale da un lato e il forte scoramento della società civile dall’altro.

Per chi spera in un futuro diverso, allora, combattere può sembrare una necessità più che una scelta: «Il fatto è che qui, sostanzialmente, tutti sono contro il tuo nemico, invece in Bielorussia nessuno è al tuo fianco se non te stesso e la tua cerchia di conoscenze, mentre lo stato, la polizia e l’esercito sono contro di te», concludono i membri del reggimento Kalinoŭski. «Ci sentiamo più al sicuro qui in Ucraina, mentre c’è una guerra, che nel nostro Paese».

Guerra Ucraina - Russia, le news del 27 febbraio.

La Repubblica. Zelensky: "Situazione a Bakhmut sempre più complicata"

Nuove minacce di escalation nucleare da parte russa. Kiev annuncia la controffensiva di primavera. Washington: "Gravi conseguenze se Pechino fornirà armi a Mosca"

Mentre Mosca accusa di nuovo l'Occidente di partecipare attivamente al conflitto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ricorda "l'aggressione russa in Crimea", nove anni fa, e promette di riconquistare la penisola: "Quella è la nostra terra", afferma. E da Washington arriva l'assicurazione che gli Usa non riconosceranno mai la "presunta annessione russa".

Punti chiave

21:44

Zelensky, la situazione a Bakhmut è sempre più complicata

11:00

Cremlino: "Per ora non ci sono presupposti per soluzioni di pace. Ed è impossibile che la Crimea torni all'Ucraina"

07:50

Kiev: massiccio attacco russo con droni Shahed nell'Ovest

02:04

Medvedev parla di nuovo del rischio di escalation nucleare

01:21

Zelensky ha silurato il comandante delle forze in Donbass

00:32

Stoltenberg: la Nato dovrà rafforzare la difesa dell'area baltica

Durante il summit di Vilnius del prossimo luglio, la Nato dovrà "concentrarsi sul rafforzamento della sua frontiera orientale" e, in particolare, della regione baltica. Lo ha affermato il segretario generale dell'Alleanza atlantica Jens Stoltenberg in un'intervista alla televisione lituana.

01:21

Zelensky ha silurato il comandante delle forze in Donbass

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha rimosso dal suo incarico il generale Eduard Moskalev, comandante della Joint Forces Operation, ovvero dell'operazione nel Donbass. Il decreto di licenziamento, n.113/2023, è stato pubblicato sul sito web della presidenza ucraina. Moskalev era stato nominato comandante dell'operazione delle forze congiunte nel marzo dello scorso anno.

02:04

Medvedev parla di nuovo del rischio di escalation nucleare

L'ex presidente russo Dmitry Medvedev, oggi numero due del consiglio di sicurezza nazionale, torna ad agitare lo spettro della catastrofe nucleare avvertendo che se l'Occidente continuerà ad armare Kiev il rischio sarà sempre più concreto.

"Certo, si può continuare a pompare armi al regime neofascista di Kiev e bloccare ogni possibilità di rilanciare i negoziati" ha dichiarato in un lungo articolo a Izvestia. "I nostri nemici stanno facendo proprio questo, non volendo capire che i loro obiettivi portano ovviamente a un fiasco totale. Sconfitta per tutti. Apocalisse. La vita precedente dovrà essere dimenticata per secoli, fino a quando le macerie fumanti cesseranno di emettere radiazioni".

04:41

Kiev: dall'inizio della guerra oltre 71.500 crimini di guerra russi

Dal giorno dell'invasione, l'ufficio del procuratore generale ucraino ha registrato oltre 71.500 crimini di guerra russi e crimini di aggressione in Ucraina. Lo rende noto Kyiv Independent.

La Statua della Libertà decapitata da La Madre Patria chiama, l'ultimo video della propaganda russa

05:44

Kiev: intercettati e abbattuti tre droni

Il comando operativo nord dell'Ucraina ha reso noto che l'esercito ha abbattuto un drone Shahed sopra Chernihiv Oblast. Stando a Kyiv Independent, successivamente, il comando operativo ha comunicato che altri due droni sono stati intercettati, senza specificare in quale regione. L'allarme antiaereo è ancora attivo in molte aree. Ieri la Russia - hanno fatto sapere le autorità ucraine - ha lanciato un attacco utilizzando droni Shahed di fabbricazione iraniana.

07:50

Kiev: massiccio attacco russo con droni Shahed nell'Ovest

 Un massiccio attacco è stato lanciato dall'esercito russo, con droni iraniani Shahed e razzi, nella notte e fino a questa mattina contro la città dell'Ucraina occidentale Khmelnytskyi: un civile è rimasto ucciso e altri quattro feriti. Lo riportano i media ucraini.

"Un altro massiccio attacco terroristico contro la comunità di Khmelnytskyi. Questa volta il nemico ha usato droni. Finora sappiamo di un morto e 4 feriti", ha detto il sindaco di Khmelnytskyi, spiegando che numerosi edifici residenziali sono stati colpiti e sono scoppiati incendi. Le unità militari ucraine hanno abbattuto 11 droni.

08:34

Washington: "Gravi conseguenze se Pechino fornirà armi a Mosca per combattere in Ucraina"

Gli Stati Uniti hanno avvertito la Cina di gravi conseguenze in caso di fornitura di armi a Mosca per sostenere l'invasione dell'Ucraina. Washington e i suoi alleati della NATO temono che la leadership cinese stia prendendo in considerazione la possibilità di fornire equipaggiamento letale, compresi i droni. "Pechino dovrà prendere le proprie decisioni su come procedere, se fornire assistenza militare, ma se percorrerà questa strada ci sarà un costo reale per la Cina", ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan al programma "State of the Union" della CNN.

Pechino ha rifiutato di condannare l'attacco di Mosca contro l'Ucraina, da ultimo sabato in una riunione del Gruppo dei Venti (G20) in India. Ha pubblicato una proposta di cessate il fuoco venerdì, primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina, ma l'offerta è stata accolta con scetticismo tra gli alleati occidentali dell'Ucraina. "Quando sento rapporti - e non so se siano veri - secondo i quali la Cina potrebbe pianificare di fornire droni kamikaze alla Russia presentando allo stesso tempo un piano di pace, allora suggerisco di giudicare la Cina dalle sue azioni e non dalle sue parole", ha detto domenica il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius all'emittente pubblica tedesca Deutschlandfunk.

Anche il direttore della CIA William Burns si è espresso sulla Cina in un'intervista andata in onda domenica, affermando che l'agenzia di intelligence statunitense ritiene "che la leadership cinese stia prendendo in considerazione la fornitura di equipaggiamento letale".

09:55

Lavrov: "Abbiamo contrastato i piani dell'Occidente per smembrare la Russia"

"La Russia è riuscita a contrastare i piani dell'Occidente di smembrarla e isolarla", ha detto il ministro degli Esteri Sergej Lavrov in un incontro con i capi degli organi territoriali del ministero degli Esteri, secondo quanto riporta Ria Novosti. "Il mondo è entrato in un'era di cambiamento radicale e irreversibile. Siamo riusciti non solo a contrastare i piani dell'Occidente collettivo di isolare e persino smembrare la Russia, ma anche a garantire una cooperazione continua con la stragrande maggioranza dei membri della comunità internazionale", ha detto il ministro.

"Mosca - ha aggiunto - sta sviluppando legami sempre più stretti ed efficaci con la maggioranza dei Paesi del mondo".

10:03

Prigozhin: "Gli ucraini stanno usando agenti tossici"

Il fondatore del gruppo di mercenari Wagner Evgenj Prigozhin torna a parlare sui social dopo essere sparito dai media ufficiali russi presumibilmente per il suo continuo dissenso nei confronti dei vertici militari di Mosca. Oggi Prigozhin si è rifatto vivo su Telegram accusando l'esercito ucraino di usare diversi agenti tossici contro le truppe russe nel Donbass, come riporta la Tass.

"Per quanto riguarda la chimica, viene utilizzata attivamente dalle unità dell'esercito ucraino: vari composti del fosforo e sostanze velenose in polvere e in forma gassosa. Le lanciano con l'aiuto di munizioni, da veicoli aerei senza pilota e con altri metodi", ha dichiarato l'ufficio stampa di Wagner. Un soldato ucraino catturato ha anche raccontato "degli esperimenti che i gestori stranieri conducono sui militari ucraini", ha detto Prigozhin. Questi esperimenti vengono condotti "per ridurre la soglia del dolore e cercare di creare il cosiddetto soldato universale con l'aiuto di un effetto indotto da farmaci", ha sottolineato.

10:13

Cina: "Canali di comunicazione aperti con tutti, anche con Kiev"

La Cina ha fatto sapere di avere canali di comunicazione aperti con tutti, "anche con Kiev". Pechino ha protestato formalmente contro l'ultima tornata di sanzioni Usa alle sue aziende sospettate di avere rapporti con l'esercito russo, esprimendo "ferma opposizione" e promettendo adeguate contromisure. "Deploriamo e respingiamo la mossa", ha affermato nel briefing quotidiano la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, esortando gli Stati Uniti a ritirare le sanzioni unilaterali. "La Cina continuerà ad adottare le misure necessarie per salvaguardare con fermezza i diritti e gli interessi legittimi delle imprese cinesi", ha aggiunto Mao.

10:26

Ucraina, Cina minaccia contromisure dopo le nuove sanzioni Usa

La Cina ha protestato formalmente contro l'ultima tornata di sanzioni Usa alle sue aziende sospettate di avere rapporti con l'esercito russo, esprimendo "ferma opposizione" e promettendo adeguate contromisure. "Deploriamo e respingiamo la mossa", ha affermato nel briefing quotidiano la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, esortando gli Stati Uniti a ritirare le sanzioni unilaterali. "La Cina continuerà ad adottare le misure necessarie per salvaguardare con fermezza i diritti e gli interessi legittimi delle imprese cinesi", ha aggiunto Mao.

10:43

Ministro della Difesa tedesco: "Necessario aumentare le spese militari"

La Germania deve necessariamente aumentare le spese militari. Lo ha detto il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, in un'intervista ieri sera all'emittende Ard. Al momento la Bundeswehr può contare sui 100 miliardi del fondo speciale. "Poi sarà chiaro che abbiamo bisogno di più", ha spiegato Pistorius. Per questo è importante che "il bilancio del ministero della Difesa cresca, e cresca in modo significativo, perché altrimenti non riusciremo a svolgere i compiti che non riusciamo a svolgere da 30 anni", ha aggiunto. Pistorius ha sottolineato che questo vale anche per il periodo successivo alla guerra russa in Ucraina.

11:00

Cremlino: "Per ora non ci sono presupposti per soluzioni di pace. Ed è impossibile che la Crimea torni all'Ucraina"

La Russia "per ora non vede alcun presupposto affinchè la situazione in Ucraina vada in una direzione pacifica e questo comporta il proseguimento dell'operazione speciale". Lo ha ribadito il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, commentando con la stampa la proposta di una soluzione pacifica del conflitto, avanzata dalla Cina la settimana scorsa. Il ritorno della Crimea all'Ucraina "è impossibile" perché è "una parte integrante della Russia".

11:17

Cremlino: "preoccupati" per la situazione in Transnistria

Il Cremlino si è detto "preoccupato" per la situazione in Transnistria, la regione separatista della Moldavia, sottolineando che "è oggetto di massima attenzione" a Mosca. "La situazione è turbolenta ed è provocata dall'esterno", ha denunciato il portavoce Dmitri Peskov ai giornalisti. "Sappiamo come i nostri oppositori nel regime di Kiev e nei Paesi europei siano capaci di vari tipi di provocazioni", ha aggiunto il portavoce del Cremlino.

11:54

Peskov: "Inimmaginabile che la Crimea torni sotto Kiev"

E' "inimmaginabile" che la Crimea possa tornare a far parte dell'Ucraina. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dall'agenzia di stampa Interfax. La Crimea "è parte integrante della Federazione Russa", ha detto il portavoce durante un punto stampa.

12:29

Podolyak: "La Crimea non più questione separata, è sul tavolo del negoziato"

All'Ucraina "non interessa" l'opinione della Russia sui piani di Kiev di liberare la Crimea e ora la questione della liberazione della penisola occupata dai russi non è più un caso separato da trattare in eventuali negoziati, ma rientra nella questione della liberazione dell'Ucraina. È quanto ha detto in tv Mykhailo Podolyak, consigliere della presidenza ucraina di Volodymyr Zelensky, secondo quanto riporta Unian. "Fino alla metà della guerra, la Crimea era considerata come un pacchetto separato, mentre ora la questione viene discussa in un unico pacchetto come un territorio che deve essere liberato", ha detto Podolyak, aggiungendo che è importante che i partner dell'Ucraina pongano correttamente l'accento sulla questione della Crimea. "Non ci interessa quello che la Russia vorrà o non vorrà accettare. Abbiamo un enorme debito con i tatari di Crimea", ha detto ancora.

13:04

Morto Pavlosky, ex consigliere di Putin poi divenuto critico

E' morto a Mosca lo scienziato politico Gleb Pavlosky, ex importante consigliere di Vladimir Putin, poi estromesso nel 2011 e diventato un critico del Cremlino. La sua scomparsa all'età di 71 anni, in seguito a grave malattia, è stata resa nota da Simon Kordonsky dell'Alta scuola di economia di Mosca al quotidiano russo Vedomosti. Nato a Odessa, Pavlosky aveva attivamente sostenuto i politici filorussi in Ucraina, ricorda Ukrainska Pravda. Dissidente politico durante l'era sovietica, Pavlosky era stato esiliato nella repubblica russa orientale di Komi negli anni Ottanta. Alla fine degli anni Novanta diventò uno stretto consigliere di Vladimir Putin, tramite la sua Fondazione per la politica efficace che gestì la prima campagna elettorale del futuro leader russo. Ebbe poi un ruolo di primo piano nello sviluppo della "democrazia gestita" grazie alla quale il leader del Cremlino riuscì a far marginalizzare, esiliare o arrestare tutti i possibili rivali politici, ricorda Moscow Times. Ma nel 2011 cadde in disgrazia, probabilmente perché era favorevole ad un secondo mandato presidenziale di Dmitry Medvedev invece del ritorno di Putin alla presidenza. Da allora Pavlosky era diventato un critico del Cremlino, raccontando spesso gli intrighi dietro le quinte. "Putin è stato fortunato. Questo è molto pericoloso per un giocatore, perché gli fa credere di avere la fortuna dalla sua parte - aveva detto Pavlosky al Financial Times dopo l'invasione dell'Ucraina- Quando giochi alla roulette russa, pensi che Dio sia dalla tua parte fino a quando non parte la pallottola". Ma anche se era diventato un critico del Cremlino, Pavlosky non ha lasciato un buon ricordo in Ucraina. Ukrainska Pravda rievoca oggi il suo ruolo per sostenere il candidato filorusso Viktor Yanukovych alle presidenziali del 2004. Allora vinse Viktor Yushenko, malgrado un avvelenamento da diossina che fu attribuito ai russi. La procura di Kiev riferì poi di un audio dei servizi di Mosca nel quale si attribuiva a Pavlosky l'idea di avvelenare Yushchenko. Pavlosky ha sempre negato.

13:31

Mosca: distrutto un deposito di munizioni a Bakhmut e abbattuti 5 droni

Mosca ha rivendicato la distruzione di un deposito di munizioni vicino a Bakhmut, città sotto assedio dell'Ucraina orientale, e l'abbattimento di cinque droni in dotazione all'esercito di Kiev. In una nota il ministero della Difesa russo ha anche reso noto di aver intercettato e distrutto quattro missili Himars.

14:09

Appello di Baerbock a Putin: "Torna ad aderire a New Start"

La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha chiesto oggi al presidente russo Vladimir Putin di tornare ad aderire al trattato 'New Start' sul controllo delle armi nucleari. "Facciamo insieme un appello al presidente Putin perché torni al New Start e riprenda il dialogo sul trattato con gli Stati Uniti", ha dichiarato a margine della Conferenza sul disarmo a Ginevra.

La Russia sta minando il sistema di controllo degli armamenti da cui dipendiamo tutti, ha affermato Baerbock. E la sospensione del trattato "New Start" - ha aggiunto - è stata "solo l'ultimo colpo che la Russia ha inferto alla nostra architettura di controllo e al Trattato di non proliferazione".

14:34

Putin conferisce l'Ordine dell'amicizia all'attore americano Steven Seagal 

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha conferito l'Ordine dell'Amicizia all'attore americano Steven Seagal. Lo riportano le agenzie russe, citando il relativo documento. Seagal - che ha anche cittadinanza serba e russa - è da tempo un fan del leader del Cremlino e dal 2018 è rappresentante speciale della Russia per le relazioni umanitarie con gli Stati Uniti. L'estate scorsa si era recato in Donbass per girare un documentario che mostrasse la guerra dal punto di vista russo.

14:54

Ucraina, sottosegretario generale Onu: "La base di Brindisi impegnata dall'inizio"

"La base di Brindisi ha fornito assistenza soprattutto a coloro i quali lavorano per le Nazioni Unite affinché possano continuare a farlo in sicurezza nello scenario di guerra". Così il sottosegretario generale Onu per il supporto operativo, Atul Khare, a Brindisi, a margine della tavola rotonda a Brindisi dal titolo 'Supporting Peace with new alliances and skills: a focus on UN Centre in Brindisi'. "Nei sette giorni successivi all'inizio del conflitto, dalla base sono stati inviati circa 30 veicoli blindati che hanno aiutato e supportato il personale Onu. Vorrei ringraziare il presidente della Regione Puglia e l'allora prefetto", ha concluso.

15:05

Attivisti bielorussi rivendicano la distruzione di un aereo russo

Partigiani bielorussi contro la guerra in Ucraina hanno rivendicato di aver distrutto un aereo militare russo in una base aerea vicino Minsk. "Questa è la diversione di maggior successo dall'inizio del 2022. L'operazione è stata condotta da due bielorussi. Hanno impiegato dei droni e hanno già lasciato il paese", ha twittato Franak Viacorka, un consigliere della leader dell'opposizione in esilio, Svetlana Tikhanovskaya.

L'attacco con due droni alla base aerea di Machulishchy, a 12 chilometri da Minsk, è stato rivendicato dall'organizzazione partigiana bielorussa Bypol, riferisce il Guardian. Il bersaglio colpito è un aereo Beriev A-50, "uno dei nove Awacs delle forze aeree russe dal valore di 330 milioni di dollari", sottolineano i partigiani, usando la sigla per gli aerei con sofisticati sistemi di ricognizione.

Non vi sono conferme indipendenti al grave danneggiamento dell'aereo, ma blogger militari russi e bielorussi hanno parlato ieri di esplosioni nella base aerea. Interrogato oggi in merito dai giornalisti, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha risposto: "non abbiamo nulla da dire a questo proposito".

15:24

Metsola: "L'Europa può essere orgoliosa di quanto fatto. Ma deve fare di più"

"L'Europa può essere orgogliosa delle scelte che ha fatto. Abbiamo resistito, abbiamo smentito i cinici e ci siamo riuniti come mai prima d'ora. Ma dobbiamo ancora fare di più per sostenere l'Ucraina e aiutare i nostri cittadini ad affrontare l'elevata inflazione, i costosi prezzi dell'energia e il caro bollette". Lo ha dichiarato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, nel discorso in occasione della Settimana del Parlamento europeo.

15:46

Kiev: condannati due soldati russi, hanno bombardato le città a Est

Un tribunale ucraino ha condannato due soldati russi catturati per aver preso parte al bombardamento delle aree residenziali nell'Ucraina orientale. Lo ha riferito il Servizio di sicurezza ucraino (Sbu), secondo quanto riportato dal Guardian. Uno dei soldati ha ricevuto una condanna a 10 anni e l'altro di nove, ha dichiarato la Sbu in una nota. Entrambi "hanno preso parte attiva negli attacchi alle città ucraine sul fronte orientale" e sono stati catturati l'anno scorso. 

Secondo gli ucraini, uno dei soldati aveva iniziato a combattere per i separatisti sostenuti dalla Russia nell'Ucraina orientale nel 2014 e lo scorso anno ha combattuto per l'esercito russo nella zona di Bakhmut nell'Ucraina orientale. L'altro era responsabile delle truppe russe che bombardavano le città orientali di Severodonetsk e Lysychansk, ed è stato catturato insieme ad alcuni dei suoi subordinati.

"A seguito delle indagini, sono state raccolte prove indiscutibili sulla colpa di altri due militanti che si sono uniti ai ranghi dei gruppi di occupazione del Paese aggressore all'inizio dell'invasione su vasta scala", si legge nella nota.

16:03

Russia: incriminato due volte per discredito dei militari, il suo supermercato è un tazebao contro la guerra

L'attivista russo Dmitry Skurikhin, proprietario di un supermercato nella cittadina di Russko-Vysotskoye, vicino a San Pietroburgo, in cui dal 2014 ha esibito più di 200 scritte con contenuti politici, e su cui, dall'inizio della guerra, ha dipinto i nomi delle città ucraine maggiormente colpite, è stato arrestato con l'accusa di discredito delle forze militari, ha reso noto Ovd-Info, l'organizzazione indipendente che fornisce assistenza alle vittime di persecuzioni in Russia. 

È la seconda volta che Skurikhin, che ha 47 anni, viene incriminato ai sensi della legge introdotta subito dopo l'inizio della guerra, quindi il procedimento diventa penale. Il 24 febbraio giorno dell'anniversario dell'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, si è fatto fotografare dalla figlia Ulyana, di fronte al suo negozio, con un cartello con la scritta "Ci perdoni, Ucraina".

La prima volta, gli era stata comminata una sanzione di 45mila rubli dopo che, lo scorso settembre, aveva scritto sulla facciata del negozio uno slogan contro la mobilitazione. Il nuovo arresto è avvenuto sabato. Ieri un tribunale regionale lo ha condannato a 25 giorni di carcere.

16:21

Bielorussia, chiesta condanna a 19 anni per Tsikhanouskaya e per l'ex ministro della Cultura Pavel Latushko

La procura ha chiesto una condanna a 19 anni di carcere per la leader dell'opposizione bielorussa ed ex candidata alla presidenza Sviatlana Tsikhanouskaya e per l'ex ministro della Cultura (2009-2012) Pavel Latushko, sotto processo in contumacia con le accuse di cospirazione, estremismo e volontà di sovvertire il governo e la sicurezza dello stato. Chiesta una condanna a 12 anni di carcere per gli altri imputati, anche loro in esilio all'estero, Maria Moroz, Olga Kovalkova e Sergey Dylevsky.

17:00

Fiori per Nemtsov in molte città russe

Fiori in memoria di Boris Nemtsov sono stati deposti in memoriali spontanei in diverse città russe, in occasione dell'ottavo anniversario dell'assassinio dell'oppositore russo, critico dell'occupazione della Crimea. Oltre a Mosca, dove la gente ha deposto fiori sul luogo dell'omicidio, memoriali per Nemtsov sono apparsi a San Pietroburgo, Novosibirsk, Yekaterinburg e Kazan, ma anche nelle località siberiane di Tomsk e Barnaul, riferisce Moscow Times. 

A Mosca, hanno deposto fiori anche dei diplomatici, fra cui la numero due della rappresentanza Ue, Ivana Norsic. Secondo RusNews, una persona è stata arrestata al memoriale a Mosca.

Ex vice premier di Boris Eltsin, il liberale Nemtsov era poi diventato uno dei principali oppositori del leader russo Vladimir Putin. Fu ucciso da colpi d'arma da fuoco il 27 febbraio 2015 mentre attraversava il ponte Bolsoj Moskvoreckij, vicino al Cremlino. Nemtsov era a Mosca per organizzare una marcia di protesta che si sarebbe dovuta svolgere il giorno dopo contro il governo di Putin e il suo intervento militare in Ucraina, ad un anno dall'occupazione della Crimea. Per l'assassinio di Nemtsov furono condannati cinque ceceni, ma non è mai stata fatta chiarezza sui mandanti in quello che viene considerato un omicidio politico.

17:14

Vescovi tedeschi: dalle armi non viene la pace ma Kiev deve difendersi

"Sappiamo che le armi non creano la pace. Questo è molto chiaro. Le armi fanno morire le persone ogni giorno. D'altra parte, le consegne di armi sono l'unico modo per rafforzare il diritto all'autodifesa di un Paese attaccato e sovrano". Lo ha detto monsignor Georg Batzing, vescovo di Limburgo e presidente della Conferenza episcopale tedesca, in un'intervista a Swr1. Batzing ha sottolineato il dilemma etico della Chiesa cattolica in merito alla consegna delle armi all'Ucraina e la necessità di ricercare la pace attraverso il dialogo. Un dilemma che difficilmente può essere risolto. "A questo proposito, ci occuperemo ancora una volta molto intensamente con i partner dell'Ucraina, con Caritas International e Renovabis, di cercare una soluzione per rendere possibili le iniziative di pace", ha aggiunto.

17:37

Segretaria al Tesoro Usa Yellen a sorpresa a Kiev

La segretaria al Tesoro Usa, Janet Yellen, è arrivata a Kiev per discutere del sostegno finanziario all'Ucraina. Lo riferisce il Wall Street Journal.

17:59

La Ue proroga le sanzioni alla Bielorussia per la repressione e l'aiuto a Mosca

Il Consiglio dell'Ue ha deciso di prorogare per un altro anno, fino al 28 febbraio 2024, le misure restrittive legate alla repressione interna in Bielorussia e al sostegno del regime alla guerra contro l'Ucraina. "La decisione è stata presa sulla base della revisione annuale e considerando la persistente gravità della situazione interna del Paese e il continuo coinvolgimento della Bielorussia nell'aggressione russa contro l'Ucraina", ha spiegato il Consiglio Ue. Le misure restrittive consistono nel divieto di viaggiare nell'Ue e nel congelamento dei beni per le 195 persone in elenco, tra cui il presidente Aleksandr Lukashenko, e nel congelamento dei beni per 34 entità. Inoltre, alle persone e alle entità dell'Ue è vietato mettere fondi a disposizione delle persone elencate, direttamente o indirettamente. "La Bielorussia rimane inoltre soggetta a sanzioni economiche mirate, tra cui restrizioni nel settore finanziario, del commercio, dei beni a doppio uso, della tecnologia e delle telecomunicazioni, dell'energia, dei trasporti e altro", ha puntualizzato il Consiglio.

18:24

Intelligence Kiev, non ci sono segnali su invio armi Cina a Mosca

Il capo dell'intelligence ucraina, Kyrylo Budanov, ha affermato in un'intervista a Voice of America di "non condivido l'opinione che la Cina possa fornire armi alla Russia. Per ora, non credo che la Cina acconsentirà al trasferimento di armi alla Russia... Non vedo alcun segnale di queste cose", ha detto Budanov, come riportano i media ucraini.

18:28

Kiev, diminuite attività dei russi vicino a Vuhledar

Negli ultimi quattro giorni, le truppe russe sono diventate meno attive nella direzione di Vuhledar. A riferirlo è il capo del Centro stampa congiunto delle forze di difesa ucraine nella direzione di Tavrian, Oleksii Dmytrashkivskyi, citato da Ukrinform. "Il nemico è stato meno attivo per quattro giorni di fila. Nell'ultimo giorno sono riusciti a portare a termine solo 15 azioni di assalto. Comparando coi dati mensili, si registravano fino a 60 aggressioni al giorno. Forse, ciò è dovuto alle condizioni meteorologiche che ora impediscono loro di utilizzare attivamente l'attrezzatura. Inoltre, ci sono molti rapporti dei nostri ufficiali dell'intelligence" secondo cui "ci sono rifiuti molto frequenti a partecipare alle ostilità" tra i russi, ha detto Dmytrashkivskyi. Il funzionario ha riferito che una nuova unità militare russa è arrivata in prima linea in direzione di Donetsk, ovvero la 136a brigata che era stata creata per le guerre cecene.

18:47

Kiev, Mosca aumenta le sue truppe nel Lugansk

"I principali sforzi del nemico sono ora concentrati sulla conduzione di operazioni offensive nelle direzioni Kupyansk, Lyman, Bakhmut, Avdiivka e Shakhtar , aumentando il numero del personale. Secondo le informazioni disponibili, fino a 200 coscritti della regione di Rostov sono stati trasferiti nel territorio temporaneamente occupato della regione di Lugansk". Lo ha riferito lo stato maggiore delle forze armate ucraine su  Facebook, citato da Ukrinform. "Durante la giornata, il nemico ha lanciato 8 attacchi missilistici e 28 aerei, 12 dei quali con droni d'attacco iraniani del tipo Shahed-136. Ha effettuato più di 55 attacchi da sistemi di missili a salve. La minaccia di attacchi missilistici rimane alta per tutto il tempo il territorio dell'Ucraina", ha spiegato lo stato maggiore. "Il nemico ha effettuato diverse offensive infruttuose nelle direzioni Kupyansk e Lymansk", mentre "in direzione di Bakhmut, insediamenti sono stati bombardati, in particolare Zaliznyanske, Dubovo-Vasylivka, Berkhivka, Bakhmut, Ivanovske, Stupochki, Klishchiivka e Ozaryanivka" della regione di Donetsk. Nella direzione di Kherson, "più di 20 insediamenti situati sulla riva destra del fiume Dnipro sono stati danneggiati dal fuoco dell'artiglieria delle forze di occupazione russe".

18:52

Zelensky, importante incontro con Yellen, rafforzare sanzioni

"Un importante incontro con il Segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen. Gli Stati Uniti ci hanno sostenuto con forza fin dai primi giorni di questa guerra non solo con le armi, ma anche sul fronte finanziario. Lo apprezziamo molto". Lo scrive sul suo profilo Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Grazie per le misure sistematiche volte ad aumentare la pressione delle sanzioni sullo Stato aggressore. È necessario rafforzare ulteriormente le sanzioni per privare la Russia della capacità di finanziare la guerra", ha aggiunto Zelensky.

18:56

Dodik, pieno appoggio al piano di pace cinese

Il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik ha espresso il suo pieno appoggio al piano di pace cinese in 12 punti per porre fine al conflitto armato russo-ucraino. "Sono grato al presidente cinese Xi Jinping per iniziative di importanza cruciale per l'Europa e il mondo intero, e saluto e appoggio fermamente la proposta di pace cinese in 12 punti", ha detto Dodik, citato dai media serbi. A suo dire si tratta della prima proposta concreta di un piano di pace, in grado di fermare una ulteriore escalation delle operazioni belliche. "Ritengo che l'Europa debba essere grata alla Cina", ha affermato Dodik, che è presidente della Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina. "Diamo una chance alla pace! Diamo una chance all'avvio di negoziati nell'ambito del piano di pace cinese", ha aggiunto il leader serbo-bosniaco, che ha elogiato al tempo stesso, con riferimento alla Ue, la posizione dell'Ungheria, che" dal primo giorno del conflitto lancia appelli a una soluzione diplomatica della crisi e a uno stop a una ulteriore escalation".

19:08

Lukashenko, con Mosca possiamo fabbricare qualsiasi arma

Nonostante le sanzioni, la Bielorussia, di concerto con la Russia, può fabbricare qualsiasi tipo di arma in qualsiasi quantità, ha affermato lunedì il presidente bielorusso Alexander Lukashenko. "Nonostante la pressione delle sanzioni senza precedenti, produciamo abbastanza armi e attrezzatura militare per l'esercito bielorusso. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno, intendo armi e attrezzatura, lo riceviamo dalla Russia. Per quanto riguarda la microelettronica, l'ottica, altre cose, dobbiamo ringraziare coloro che hanno conservato le tecnologie che abbiamo ereditato dall'Unione Sovietica. Quindi, insieme alla Russia, possiamo fabbricare qualsiasi tipo di arma", ha detto Lukashenko, citato dall'agenzia Belta. "Inoltre, possiamo permetterci di esportare questi prodotti in 57 Paesi del mondo. E lo stiamo facendo. Stiamo sviluppando con successo armi all'avanguardia non solo in quelle aree in cui abbiamo competenze di ricerca, ma stiamo anche sviluppando nuovi promettenti aree: missili, proiettili di artiglieria pesante", ha detto Lukashenko.

19:23

Wizz Air sospende voli per Chisinau da 14/3, rischi spazio aereo

La compagnia aerea Wizz Air ha annunciato che sospenderà i voli per la capitale della Moldavia , dal 14 marzo, a causa delle preoccupazioni per la sicurezza del suo spazio aereo. In un comunicato citato dal Guardian, la compagnia ha affermato di aver preso la decisione "difficile ma responsabile" di sospendere i voli a causa del rischio "alto, ma non imminente" nello spazio aereo della Moldavia. "Wizz Air ha monitorato da vicino la situazione della sicurezza in Moldavia ed è stata costantemente in contatto con varie autorità e agenzie locali e internazionali per garantire il massimo livello di sicurezza e protezione delle operazioni", scrive la compagnia. "La sicurezza dei passeggeri e dell'equipaggio rimane la priorità numero uno di Wizz Air e, a seguito dei recenti sviluppi in Moldavia e del rischio elevato, ma non imminente, nello spazio aereo del Paese, Wizz Air ha preso la difficile ma responsabile decisione di sospendere tutti i voli verso Chisinau a partire dal 14 marzo". Wizz Air ha detto che in sostituzione, proporrà voli extra dalla città rumena di Iasi. All'inizio di questo mese, la Moldavia ha temporaneamente chiuso il suo spazio aereo per diverse ore per indagare sulle segnalazioni di un oggetto simile a un pallone nel cielo, il giorno dopo aver accusato la Russia di complottare per far cadere il suo governo.

19:46

Capo Cia: convinti che la Cina valuti di dare armi alla Russia

Gli stati uniti sono "convinti" che la Cina stia valutando la possibilità di fornire armi alla Russia nella sua guerra in ucraina, anche se dicono che non è stata presa alcuna decisione in tal senso, e che stanno aumentando la pressione su pechino, avvertendola di non oltrepassare quella linea rossa. "Siamo convinti che la leadership cinese stia valutando la possibilità di fornire materiale letale" alla Russia, ha detto il capo della Cia William Burns, in un'intervista alla Cbs andata in onda domenica. Ma, ha aggiunto il direttore dell'intelligence americana, "non abbiamo constatato che sia stata presa una decisione definitiva" e "non abbiamo visto prove che abbiano consegnato" armi alla Russia.

19:52

Usa: "A oggi ancora nessuna sospensione New Start da parte di Mosca"

La sospensione dell'adesione della Russia al Trattato per la riduzione degli armamenti strategici New Start non è ancora entrata in vigore, ha affermato l'assistente Segretaria per l'ufficio del controllo degli armamenti Usa, Mallory Stewart in una conferenza alla Brooking Institution. "La sospensione non è stata ancora intaccata nel senso che continuiamo a ricevere notifiche, anche oggi, secondo quanto previsto dal Trattato, notifiche regolari", ha affermato.

 20:02

Capo forze armate Kiev: servono F16 per vincere

Il generale Valerii Zaluzhnyi, comandante in capo delle forze armate ucraine, ha avuto un colloquio con il capo degli Stati maggiori riuniti Usa, il generale Mark Milley, al quale ha ribadito la richiesta di F16. "Ogni proiettile ricevuto, ogni pezzo di materiale, significa la vita preservata dei soldati ucraini e dei civili. Restiamo grazie al sostegno dei nostri partner e avremo sicuramente la meglio", ha aggiunto Zaluzhnyi.

20:05

Meloni: "Non togliamo nulla a italiani, invio armi per allontanare guerra"

"Noi non spendiamo soldi per comprare armi che mandiamo agli ucraini, noi abbiamo già delle armi che riteniamo oggi fortunatamente di non dover utilizzare, quindi non c'è niente che stiamo togliendo agli italiani per allontanare una guerra che potrebbe riguardare anche gli italiani". Così la premier Giorgia Meloni intervistata da Bruno Vespa nella trasmissione Cinque minuti che andrà in onda questa sera su Rai1.

 "Mi sono commossa" a Bucha "per i peluche sotto la pioggia, ricordo di alcuni bambini, perché mia figlia ne ha uno simile. Però ho pensato che gli italiani debbano essere molto fieri di noi", aggiunge Meloni. "Molti si aspettavano il solito scenario decantanto di una italietta spaghetti e mandolino - spiega la premier - che di fronte alle difficoltà si gira sempre dall'altra parte e invece noi siamo stati un'altra cosa, siamo un'altra cosa e questo non è solo un fatto di orgoglio ma è un fatto di difesa dell'interesse nazionale perché quando tu sei autorevole e credibile la tua voce è anche ascoltata quando la tua voce è ascoltata allora si puoi ottenere risultato per il tuo interesse nazionale. Credo che questo debba essere chiaro".

20:08

Meloni: "Italia non cambia posizione da un giorno all'altro"

"Sono fiera anche del fatto che quello che abbiamo fatto per gli ucraini riguarda anche la popolazione civile, nessuno dice che noi in Ucraina abbiamo portato i generatori elettrici perché c'è gente che rischia di morire di freddo che non ha la luce, bambini famiglie persone normali aggredite con missili che bombardano le infrastrutture strategiche per piegare la popolazione, col freddo la fame il buio. Sono fiera e credo che anche gli italiani dovrebbero esserlo di quello che stiamo facendo per difendere queste famiglie e questi bambini. È l'Italia, un'Italia orgogliosa che non cambia posizione da un giorno all'altro. Finché ci sarò io al governo questa Italia voglio rappresentare". Così la premier Giorgia Meloni intervistata da Bruno Vespa nella trasmissione 'Cinque minuti' che andrà in onda questa sera su Rai1.

20:19

Moldavia: espulsi due stranieri 'coinvolti in piano destabilizzazione'

L'agenzia di intelligence moldava ha dichiarato oggi che due cittadini stranieri che si erano finti turisti sono stati espulsi dal Paese. Alle due persone è stato vietato di tornare per dieci anni, dopo essere stati sorpresi a compiere "azioni sovversive" per destabilizzare la Moldavia. Il Servizio di Intelligence e Sicurezza, Sis, ha dichiarato in un comunicato che la coppia è stata addestrata alla raccolta di dati e informazioni "per l'attuazione di un piano per destabilizzare la situazione interna del Paese" e per provocare quello che è stato descritto come un "cambiamento violento" dell'ordine costituzionale moldavo. Il Sis non ha specificato quando i cittadini stranieri fossero arrivati in Moldavia, da quali Paesi provenissero o per chi stessero lavorando.

20:40

Ucraina: "Da Usa 10 miliardi di dollari a sostegno bilancio"

Gli Stati Uniti forniranno dieci miliardi di dollari entro settembre per aiutare a coprire il deficit di bilancio dell'Ucraina. Lo ha detto il primo ministro ucraino Denys Shmyhal dopo i colloqui a Kiev con il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen, spiegando che il deficit di bilancio del paese quest'anno dovrebbe ammontare a 38 miliardi di dollari. "Nel 2022 gli Stati Uniti hanno fornito più tutti i paesi partner assistenza finanziaria fornita", ha affermato Shmyhal, ricordando che da Washington sono stati forniti 13 miliardi di dollari in sovvenzioni per il budget. "Questi fondi sono stati stanziati per programmi di assistenza sanitaria, per l'istruzione, sociale e umanitaria", ha spiegato. Quest'anno, ha aggiunto, "gli Stati Uniti si sono impegnati a fornire all'Ucraina più di 10 miliardi di dollari entro settembre. Inoltre, gli Stati Uniti sostengono l'Ucraina nella sua rapida ripresa".

20:49

Casa Bianca, visita ministro saudita a Kiev è passo positivo

Da un anno "chiediamo a tutti i nostri partner di fare quello che possono" per aiutare l'Ucraina e "l'iniziativa saudita è un passo positivo". Lo ha detto il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, John Kirby, commentando la visita di domenica a Kiev del ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, che ha annunciato 400 milioni di dollari di aiuti sul fronte energetico all'Ucraina. "E' la prima visita ministeriale di uno Stato arabo dall'inizio della guerra", ha sottolineato Kirby.

21:18

Zelensky: "L'Ucraina può difendere i cieli solo se i partner eliminano il tabù dell'aviazione"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato  che il suo Paese può difendere i propri cieli solo se si pone fine a un "tabù dell'aviazione". "I nostri piloti, le unità antiaeree e gli altri esperti delle nostre forze aeree stanno facendo un ottimo lavoro", ha detto. "Ma saremo in grado di proteggere completamente i nostri cieli quando il tabù dell'aviazione sarà completamente abolito nelle relazioni con i nostri partner".

21:44

Zelensky, la situazione a Bakhmut è sempre più complicata

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ammesso nel suo consueto discorso serale che la situazione per le truppe ucraine intorno a Bakhmut, nell'est del Paese, sta diventando molto difficile. "La situazione sta diventando sempre più complicata", ha detto. "Il nemico sta sistematicamente distruggendo tutto ciò che può essere utilizzato per proteggere le nostre posizioni", ha aggiunto, definendo i soldati ucraini impegnati nella battaglia "veri eroi". "Grazie a tutti coloro che aiutano i nostri soldati e fanno di tutto per garantire che i nostri difensori abbiano quante più armi possibili, armi a lungo raggio, armi potenti".

21:55

Kiev, due droni russi abbattuti stasera a Dnepropetrovsk

Nella regione di Dnepropetrovsk due droni russi sono stati abbattuti stasera. Lo afferma il capo dell'amministrazione statale regionale di Dnipropetrovsk Sergey Lysak spiegando che "le esplosioni udite dagli abitanti della regione sono opera della difesa aerea che ha distrutto 2 droni".

22:09

Blinken in Kazakhstan e Uzbeskistan per rafforzare Usa

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken inizia domani la sua visita ufficiale in Kazakhstan, prima tappa del suo viaggio che lo porterà anche in Uzbekistan e poi in India per partecipare alla riunione ministeriale del G20 con l'obiettivo di aumentare il ruolo degli Stati Uniti nell'Asia centrale. "E' la mia prima visita come Segretario di Stato" Usa in questi Paesi, ha scritto Blinken su Twitter. Ad Astana domani incontrerà il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev e i ministri degli Esteri delle cinque ex repubbliche sovietiche dell'Asia centrale, ovvero anche Kyrgyzstan, Tajikistan e Turkmenistan. Mercoledì partirà per l'Uzbekistan. Le cinque ex repubbliche sovietiche non hanno votato a sostegno della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite di condanna della Russia per l'aggressione dell'Ucraina.

(ANSA il 27 febbraio 2023) - Il politologo russo ed ex consigliere del Cremlino Gleb Pavlovsky, che negli ultimi anni aveva assunto posizioni critiche nei confronti del presidente Vladimir Putin, è morto a Mosca all'età di 71 anni. Ne dà notizia il quotidiano economico Vedomosti, citato dal Moscow Times.

 Pavlovsky era stato un personaggio influente durante i primi due mandati di presidenza di Putin, dal 2000 al 2008. Successivamente era stato licenziato dall'amministrazione presidenziale, una decisione che secondo il Moscow Times è legata all'appoggio dato a Dmitry Medvedev per una sua rielezione nelle presidenziali del 2012, che invece segnarono il ritorno al vertice proprio di Putin.

Da allora l'ex consigliere ha criticato più volte la politica di Putin, compresa la decisione di lanciare la cosiddetta 'operazione militare speciale' in Ucraina un anno fa. Nato a Odessa, Pavlovksy era stato un dissidente durante l'era sovietica e aveva trascorso un periodo in esilio nella repubblica di Komi, nel nord della Russia.

La parabola di Pavlovsky: da consigliere a detrattore dello Zar. Storia di Roberto Fabbri su Il Giornale il 28 febbraio 2023.

Gleb Pavlovsky, morto ieri a 71 anni a Mosca dopo una grave malattia, era stato a modo suo una voce libera in un Paese illiberale. Nell'arco di un mezzo secolo, aveva attraversato un'articolata sequenza di posizioni politiche dapprima molto scomode, per poi approdare al ruolo di consigliere politico dei nuovi leader della Russia post sovietica e concludere la sua parabola da oppositore di quello stesso Vladimir Putin il cui potere aveva contribuito a consolidare. Nelle vicende di Pavlovsky, che era nato a Odessa in Ucraina nel 1952, non erano mancati aspetti controversi. Impegnato già da universitario nella dissidenza, era stato arrestato nel 1982 e condannato a tre anni di confino: al processo si era dichiarato colpevole e aveva testimoniato contro alcuni colleghi, una scelta che non gli era mai stata perdonata negli ambienti dell'opposizione. Tornato libero a Mosca nel 1985, l'anno decisivo in cui Mikhail Gorbaciov prese il timone dell'Unione Sovietica, Pavlovsky si schierò nel suo campo riformista. Ormai attivo come consulente politico, dopo il collasso dell'Urss alla fine del 1991 collaborò con l'astro nascente Boris Eltsin e fu tra gli ispiratori della campagna di rielezione che cinque anni dopo gli permise di mantenersi in sella. Fu lo stesso Eltsin, d'intesa con l'ambizioso oligarca Boris Berezovsky, a scegliere l'allora semisconosciuto Putin come suo successore alla presidenza della Russia, e anche qui Pavlovsky svolse un ruolo importante nella sua individuazione quale figura di garante degli interessi della famiglia Eltsin nella fase di transizione del potere e per la sua vittoria elettorale del marzo 2000. Negli undici anni successivi, con Putin al Cremlino, Gleb Pavlovsky mantenne il ruolo di suo consigliere politico e spin doctor. Fu lui a contribuire a forgiare l'immagine di successo di Putin come uomo forte e anche a tirar fuori dal cilindro il filosofo ultranazionalista Aleksandr Dugin e a proporne le infauste idee a un presidente alla ricerca di una propria ideologia. L'ex dissidente elaborò una nuova «dottrina per la sicurezza dell'informazione» che permetteva di mettere nel mirino «agenti che rappresentavano una minaccia agli interessi nazionali» come Berezovsky e Vladimir Gusinsky.

La parabola di Pavlovsky si chiudeva cupamente, ma tutto questo non gli impedì di essere estromesso, sembra per eccessiva vicinanza alle ambizioni di Dmitry Medvedev: era il 2011, e dopo di allora si trasformò in una voce sempre più critica del regime di Putin, fino a contestare la scelta di invadere l'Ucraina. Pavlovsky salvò la vita, a differenza tra gli altri di Berezovsky e di Boris Nemtsov, di cui oggi cade l'ottavo anniversario dell'assassinio a Mosca. Ieri coraggiosi attivisti hanno portato fiori e candele ai piccoli memoriali che lo ricordano non solo sul luogo del delitto, ma anche in altre città russe. Sono gesti di resistenza sempre più rischiosi: ci sono stati diversi fermi, ma per ora solo un arresto.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 28 febbraio.

La Repubblica Zelensky: "L'intensità degli scontri a Bakhmut non fa che aumentare".

Chiuso e poi riaperto l'aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo: fonti di stampa hanno parlato di un oggetto volante non identificato; i caccia in volo. Le autorità russe: "Esercitazione aerea".  Putin firma la sospensione del New Start. La missione del segretario di Stato Usa nell'ex Urss

Improvvisa chiusura dell'aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo stamane a tutti i voli. Le autorità non hanno fornito spiegazioni, ma fonti di stampa hanno parlato di un oggetto volante non identificato, forse un drone. Caccia si sono levati in volo. Lo scalo è stato poi riaperto senza ulteriori chiarimenti. Il segretario di Stato  Antony Blinken è in missione nei paesi dell'ex Urss e in India. Ad Astana parole di sostegno al Kazakhstan. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha firmato oggi la legge che sospende la partecipazione al trattato New Start per la riduzione delle armi strategiche.

Punti chiave

21:58

Zelensky: "L'intensità dei combattimenti intorno a Bakhmut non fa che aumentare"

17:46

Il conduttore russo Soloviov attacca l'Italia, "bastardi"

16:19

Putin promulga la legge per la sospensione del New Start

15:33

Ucraina, Lukashenko atterra a Pechino, al via visita

15:27

Russia, Tass: "Precipita elicottero, 4 feriti"

15:15

Blinken alla Cina: "Problema serio e conseguenze se fornisce armi alla russia"

14:45

Finlandia, al via la costruzione del muro al confine con la Russia

06:14

Mosca: Usa preparano una provocazione con agenti chimici in Ucraina

00:05

Sanchez: invio di caccia a Kiev non è opzione sul tavolo

L'invio di caccia militari in Ucraina "non è un'opzione attualmente sul tavolo" delle discussioni tra i Paesi della Nato e dell'Ue che sostengono Kiev: è quanto affermato dal premier spagnolo, Pedro Sanchez, in un'intervista trasmessa in serata dal canale tv Telecinco. "C'è invece l'opzione di fornire carri armati Leopard, artiglieria, munizioni, risorse economiche per aiutare lo Stato ucraino stesso a pagare insegnanti o personale sanitario, nei lavori di ricostruzione e per gli aiuti umanitari". La settimana scorsa, Sanchez aveva detto dopo un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev che la richiesta dell'Ucraina di ricevere militari da altri Paesi andava "studiata".

00:18

Cremlino: Putin aperto a contatti, ma Francia e Germania non sono neutrali

Il presidente russo Vladimir Putin "era e rimane aperto a qualsiasi contatto che possa aiutare la Russia a raggiungere i propri obiettivi, preferibilmente con mezzi pacifici". Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in un'intervista al quotidiano russo Izvestia. Peskov ha osservato che il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron hanno ripetutamente affermato che avrebbero cercato di avere contatti con il presidente russo ma, sostiene Peskov, "non ci sono state richieste". E ha sottolineato che Francia e Germania partecipano indirettamente alle ostilità a fianco dell'Ucraina, il che mette in discussione il loro possibile ruolo di mediazione nei negoziati.

00:30

Usa: se la Cina fornisce armi a Mosca ci saranno conseguenze

"Non è nell'interesse della Cina" fornire armi alla Russia e gli Usa hanno "detto chiaramente che ci sarebbero delle conseguenze". Lo afferma il portavoce del Consiglio della Sicurezza nazionale John Kirby in un'intervista a Cnn rispondendo a una domanda sulla possibile reazione americana nel caso in cui Pechino fornisse armi alla Russia per la guerra in Ucraina.

02:47

Mosca non riattiverà il trattato Start se gli Usa non ascolteranno le sue ragioni

La Russia non tornerà ad attuare il trattato Start sulle armi nucleari fin quando gli Stati Uniti non avranno preso in seria considerazione le posizioni di Mosca. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov

05:12

Il capo dell'intelligence ucraina: nessun segnale di armi cinesi a Mosca

Il capo dei servizi segreti ucraini, Kyrylo Budanov, non vede "nessun segno" che lo induca a credere che la Cina consegnerà armi alla Russia. Lo ha detto in un'intervista trasmessa ieri dalla radio Voice of America. "Non condivido questa opinione", ha detto Budanov riferendosi alle accuse degli Stati Uniti - fermamente smentite da Pechino - secondo cui la Cina sta valutando la possibilità di fornire armi alla Russia per aiutarla nel suo offensiva contro l'Ucraina. "In questo momento, non credo che la Cina accetterà di trasferire armi alla Russia... non vedo alcun segno che queste cose vengano discusse", ha detto.

 06:14

Mosca: Usa preparano una provocazione con agenti chimici in Ucraina

Il ministero della Difesa russo sostiene che gli americani stanno pianificando una provocazione con agenti chimici in Ucraina

07:19

Zelensky: "Situazione a Bakhmut sempre più difficile"

La situazione a Bakhmut, località strategica della regione ucraina di Donetsk circondata dai russi da diverse settimane, "è sempre più difficile". Lo ha ammesso il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Il nemico distrugge costantemente tutto ciò che può essere utilizzato per proteggere le nostre posizioni, per ottenere un punto d'appoggio e garantire la difesa", ha detto Zelensky.

07:36

Giappone annuncia nuove sanzioni a Mosca

 Il governo giapponese ha annunciato oggi nuove sanzioni contro la Russia, "con lo scopo di contribuire agli sforzi internazionali per raggiungere la pace". Il ministro degli Esteri di Tokyo ha fatto sapere che congelerà i beni di 39 personalità e 73 entità della Federazione russa, una banca e nove persone che si trovano nelle aree occupate dell'est e del sud dell'Ucraina, per il loro coinvolgimento nelle annessioni di queste regioni. Inoltre a 21 entità che potrebbero contribuire al miglioramento delle capacità industriali russe è stato imposto un bando all'export. Tra i sanzioni da Tokyo ci sono il vice ministro della Difesa, Victor Goremikin e il principale azionista dell'azienda Kalashnikov, Alan Lushnikov.

08:04

Kiev: "Le forze russe cercano di sfondare le difese di Bakhmut"

  La situazione intorno alla città assediata di Bakhmut, nell'Ucraina orientale, è "estremamente tesa": nonostante le perdite significative, "il nemico ha lanciato le unità d'assalto più preparate del (Gruppo) Wagner, che stanno cercando di sfondare le difese delle nostre truppe e di circondare la città". Lo ha reso noto su Telegram, come riporta il Guardian, il comandante delle forze di terra ucraine, generale Oleksandr Syrskyi.

08:41

Russia: "Usa preparano provocazione con armi chimiche"

La Russia ha accusato gli Stati Uniti e i suoi alleati di preparare una provocazione con agenti chimici tossici in Ucraina e ha assicurato che una partita di queste sostanze è arrivata il 10 febbraio a Kramatorsk, la principale roccaforte ucraina nella regione di Donetsk, annessa da Mosca lo scorso 30 settembre. Secondo il comandante delle forze di protezione chimica e biologica della Difesa di Mosca, Igor Kirilov, i preparativi per questa provocazione "procedono a pieno ritmo".

09:34

Blinken ad Astana: "Gli Usa sostengono l'indipendenza e la sovranità del Kazakhstan"

 "Come sapete bene, gli Stati Uniti sostengono con forza la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale del Kazakhstan". Lo ha assicurato il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in visita ad Astana, nell'ambito di un tour che lo porterà anche in Uzbekistan e India con l'obiettivo di contrastare l'influenza russa. "Qualche volta noi diciamo queste parole ma in realtà non hanno alcun significato e, naturalmente, sappiamo che in questo particolare momento hanno ancora più risonanza solito", ha sottolineato il capo della diplomazia americana, con un riferimento alla guerra in Ucraina. Blinken ha poi ribadito "la determinazione" degli Stati Uniti a rendere "più forte che mai" il rapporto con il Kazakhstan. 

09:38

San Pietroburgo chiude l'aeroporto Pulkovo a tutti i voli

L'aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo ha sospeso tutti i voli in arrivo e in partenza nello scalo, senza fornire una motivazione. secondo canali di informazione russi, il motivo sarebbe l'avvistament di un "velivolo non identificato", probabilmente un drone. Lo riferisce l'amministrazione della città su Telegram. Lo spazio aereo in un raggio di 200 chilometri intorno all'aeroporto dovrebbe restare chiuso fino alle 13.20 ora locale, riferisce la Tass.

10:01

L'aeroporto di San Pietroburgo riapre

L'aeroporto russo di San Pietroburgo Pulkovo è stato riaperto ai voli. Il traffico era stato sospeso senza spiegazioni uffuciali, ma i i canali di informazioni locali avevano parlato della presenza di un oggetto volante non identificato.

10:03

Wagner all'attacco, la situazione intorno a Bakhmut precipita

 "La situazione intorno a Bakhmut è estremamente tesa. Nonostante abbia subito perdite significative, il nemico ha inviato le sue unità d'assalto del gruppo Wagner per cercare di sfondare le difese delle nostre truppe e circondare la città", ha dichiarato sui social il comandante delle forze di terra ucraine Oleksandr Syrskyi. In precedenza il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva affermato che la situazione a Bakhmut è "sempre più difficile".

 10:24

Esplosione in una raffineria nella regione russa di Krasnodar. Avvistato un drone

Esplosioni sono state udite la notte scorsa nella città russa di Tuapse, nella regione di Krasnodar, seguite da un incendio in una locale raffineria del colosso petrolifero controllato dal governo russo, Rosneft: lo riporta Ukrainska Pravda, che cita alcuni canali Telegram del Paese. "C'è stata un'esplosione alla raffineria di petrolio di Tuapse, poi una seconda, le finestre delle case vicine sono saltate, non è chiaro cosa stia bruciando ma sembra si tratti di fusti di petrolio", si legge in uno dei messaggi. Le autorità locali hanno confermato sul social network VK che c'è stata un'esplosione nella raffineria, aggiungendo che non c'è "alcun motivo di preoccupazione". Secondo l'agenzia di stampa RIA Novosti, un drone sarebbe stato avvistato sull'area prima dell'incendio.

11:10

Mosca: "Su San Pietroburgo esercitazione aerea"

Le forze russe del distretto aereo occidentale, di cui fa parte San Pietroburgo, hanno compiuto oggi un'esercitazione, facendo alzare in volo i caccia per identificare e intercettare un obiettivo fittizio. Lo annuncia il ministero della Difesa, citato dalle agenzie russe. Dovrebbe essere questo il motivo della chiusura dello spazio aereo su San Pietroburgo, anche se il ministero non lo chiarisce.

11:15

Peskov: "Putin pienamente informato sulla chiusura dell'aeroporto di San Pietroburgo"

Il presidente russo Vladimir Putin è stato "pienamente" informato sulla chiusura dello spazio aereo sopra San Pietroburgo e dell'aeroporto Pulkovo, che nel frattempo ha ripreso le sue attività. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha rifiutato di rispondere alle domande sulla cause che hanno portato alla chiusura temporanea dello spazio aereo.

12:35

Un drone si schianta a 100 chilometri da Mosca. "Vicino a una infrastruttura civile"

Un drone si è schiantato nella regione di Kolomna, a poco più di 100 chilometri di Mosca. Lo ha reso noto il governatore della regione di Mosca Andrey Vorobyov nel suo canale Telegram. Lo riporta Ria Novosti. "E' accaduto vicino al villaggio di Gubastovo, l'obiettivo era probabilmente una struttura civile, non è stata colpita. Non ci sono vittime o danni", ha spiegato.

12:37

Mosca: sono 2 i droni "neutralizzati" nel Sud della Russia

Le forze armate russe hanno rivendicato di aver abbattuto nella notte due droni ucraini che avevano preso di mira infrastrutture civili nel sud della Russia. "Il regime di Kiev ha tentato di attaccare con dei droni siti di infrastrutture civili nella regione di Krasnodar e nella Repubblica di Adighezia", ha dichiarato il ministero della Difesa russo in una nota. "I due droni sono stati neutralizzati" senza provocare danni, si aggiunge.

12:46

La Russia: oltre che nella zona di Mosca abbattuti droni in diverse regioni del sud

Le autorità russe hanno specificato che gli attacchi con droni in territorio russo sono molteplici. Uno nel villaggio di Gabastovo, distretto di Kolomna, nella regione di Mosca, a 100 metri da una stazione di compressione del gas di proprietà di Gazprom, come ha precisato il governatore locale. Il ministero della Difesa russo ha poi annunciato l’abbattimento di droni ucraini che hanno attaccato il Kuban e l'Adighezia, nel Sud. Un altro drone è stato abbattuto nella regione di Brjansk. Inoltre, un drone è stato avvistato nell'area del deposito petrolifero di Rosneft a Tuapse, dove di notte è scoppiato un incendio. Ieri erano stati trovati anche frammenti di un oggetto non identificato a Belgorod su due strade e un drone è volato su un condominio residenziale.

12:59

La relazione dell'Intelligence italiana: "Mosca non smetterà di interferire con attacchi cyber e disinformazione nei paesi Nato"

"Mosca non smetterà di interferire nelle dinamiche politiche e nei processi decisionali interni ai Paesi Nato, ricorrendo ancor più che in passato a metodi coercitivi e manipolativi, quali attacchi cyber, disinformazione, ricatti e utilizzo di leve come quella migratoria ed energetica, quest'ultima destinata a perdere di rilevanza con l'impegno occidentale a trovare alternative alla dipendenza energetica dalla Russia". Lo evidenzia la relazione annuale dell'intelligence al Parlamento presentata oggi.

13:55

Putin: "Fermare i sabotatori"

Il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto ai servizi di sicurezza interni (Fsb) di sorvegliare il confine con l'Ucraina per sventare le azioni di gruppi di sabotatori. Lo riferisce l'agenzia Tass.

13:57

Putin ai Servizi: "Neutralizzare le attività di chi cerca di dividere la Russia"

Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato ai servizi di sicurezza interni (Fsb) di "continuare a neutralizzare le attività di chi cerca di dividere la Russia". Lo riferisce l'agenzia Tass.

14:26

Putin: "Il regime di Kiev usa metodi terroristici"

"Il regime di Kiev utilizza metodi terroristici e la Russia ne è ben consapevole". Lo ha affermato il presidente russo Vladimir Putin nel suo intervento al consiglio dell'Fsb, il Servizio per la sicurezza della Federazione Russa. "Nell'ultimo anno, il numero di tali crimini è aumentato, è ovvio che ciò è collegato ai tentativi del regime di Kiev di utilizzare metodi terroristici, ne siamo ben consapevoli, li usano da molto tempo nel Donbass", ha spiegato. Putin ha osservato che l'Occidente "aspira a rilanciare le cellule di estremisti e terroristi sul territorio della Federazione Russa".

14:29

Putin ai Servizi: "Vigilare sulla feccia neonazista"

I servizi di sicurezza interni russi (Fsb) devono essere vigili per sventare i tentativi della "feccia" che cerca di provocare divisioni interne usando le armi del "separatismo, del nazionalismo, del neonazismo e della xenofobia". Lo ha affermato il presidente russo Vladimir Putin incontrando i vertici dell'Fsb, avvertendo che stanno aumentando in Russia i pericoli derivanti da questi fenomeni. Lo riferisce l'agenzia Tass.

14:39

Putin: "Alcuni membri dell'Fsb uccisi in Ucraina"

Il presidente russo Vladimir Putin ha ammesso che alcuni membri del Servizio di sicurezza federale (Fsb) russo sono stati uccisi in Ucraina. "Purtroppo ci sono perdite tra le nostre file", ha detto Putin in una riunione del consiglio dell'Fsb, senza specificare quante. "La leadership dell'Fsb deve fare di tutto per sostenere ulteriormente le famiglie dei nostri compagni caduti.

Ricorderemo sempre il loro eroismo e coraggio", ha detto Putin, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa statale Ria Novosti.

"Le unità dell'Fsb sono state coinvolte direttamente nell'operazione militare speciale. Hanno risolto compiti operativi complessi e non standard, coprendo il confine di Stato, combattendo attivamente il terrorismo, la criminalità organizzata, la corruzione e l'estremismo", ha aggiunto Putin.

14:45

Finlandia, al via la costruzione del muro al confine con la Russia

La Finlandia ha iniziato oggi la costruzione di un muro al confine con la Russia presso il valico di Imatra, nel sudest del Paese. La barriera, che dovrebbe essere ultimata entro la fine di giugno, sarà lunga circa tre chilometri. Si tratta di una prima "costruzione di prova" in vista di un ampliamento del percorso, lungo il quale saranno installati sensori di movimento. A settembre, la Finlandia aveva approvato la chiusura delle frontiere ai turisti russi, nel bel mezzo dell'escalation migratoria derivante dalla parziale mobilitazione annunciata lo stesso mese dal presidente Vladimir Putin, unendosi così alle restrizioni in tal senso già adottate in precedenza dai Paesi baltici e dalla Polonia.

15:15

Blinken alla Cina: "Problema serio e conseguenze se fornisce armi alla russia"

 Gli Stati Uniti "sono stati molto chiari con la Cina", circa le "implicazioni e conseguenze" di un aiuto militare alla Russia, che rappresenterebbe "un problema serio" nelle relazioni tra Washington e Pechino. Lo ha detto il Segretario di Stato americano Antony Blinken nel corso di una conferenza stampa in Kazakistan, dove ha spiegato che "non esiteremo, ad esempio, a prendere di mira aziende o individui cinesi che violano le nostre sanzioni o sono comunque impegnati a sostenere lo sforzo bellico russo". Blinken ha spiegato di aver sollevato la questione "direttamente" con il capo della diplomazia cinese Wang Yi incontrato a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco e lo stesso ha fatto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden con l'omologo cinese Xi Jinping in Indonesia a novembre.

15:27

Russia, Tass: "Precipita elicottero, 4 feriti"

Un elicottero sarebbe precipitato in fase di atterraggio vicino a Murmansk, nel nord della Russia: lo riferisce l'agenzia di stampa statale russa Tass citando i servizi di emergenza. "Un elicottero si è schiantato durante l'atterraggio a tre chilometri dall'aeroporto di Murmansk. A bordo c'erano otto persone, secondo le prime informazioni quattro persone sono rimaste ferite", ha detto la fonte alla Tass. Secondo l'agenzia russa, il ministero delle Emergenze locale afferma che a bordo dell'elicottero c'erano nove persone, tra cui tre membri dell'equipaggio. "Non ci sono vittime, i passeggeri vengono trasportati con motoslitte al villaggio di Lovozero", ha spiegato il dicastero secondo la Tass.

15:33

Ucraina, Lukashenko atterra a Pechino, al via visita

Il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, è atterrato nella serata di oggi all'aeroporto di Pechino, per una vista di tre giorni in Cina. La visita di Stato di Lukashenko in Cina "sarà una continuazione della costruzione di relazioni amichevoli di lungo termine e di cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Repubblica Popolare Cinese", riferisce l'agenzia Belta all'arrivo del leader bielorusso nella capitale cinese. Lukashenko, alleato del presidente russo, Vladimir Putin, è in Cina su invito del presidente cinese, Xi Jinping, e rimarrà nel Paese fino al 2 marzo prossimo. La visita viene osservata con attenzione dall'estero, soprattutto rispetto alla situazione della guerra in Ucraina: la Cina ha proposto un piano in 12 punti per la soluzione politica della crisi, accolto con scetticismo in Occidente, e lo scorso anno ha siglato una partnership "senza limiti" con la Russia proprio poche settimane prima dell'inizio dell'invasione dell'Ucraina.

16:19

Putin promulga la legge per la sospensione del New Start

Il presidente Vladimir Putin ha firmato e promulgato oggi la legge che prevede la sospensione da parte della Russia del New Start, l'ultimo trattato bilaterale con gli Usa sulla limitazione delle armi nucleari. Lo riferiscono le agenzie russe. La legge era stata approvata all'unanimità dalle due camere del Parlamento su proposta dello stesso presidente.

16:42

Zelensky incontra a Kiev procuratore Corte penale internazionale

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky ha reso noto di aver incontrato a Kiev il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan. "Ci sentiamo sostenuti dalla Corte penale internazionale nei nostri sforzi per ottenere giustizia e consegnare alla giustizia tutti i responsabili dei crimini commessi dagli occupanti russi in Ucraina", ha scritto su twitter.

16:47

Media, Putin vive con ginnasta Kabaeva

Vladimir Putin vive con l'ex campionessa di ginnastica Alina Kabaeva, probabile madre dei suoi figli più piccoli, nella lussuosa residenza di Valdai. Lo scrive Proekt, un sito indipendente russo specializzato in giornalismo investigativo, sottolineando che la Kabaeva usa i fondi di Putin nella compagnia offshore di Cipro, Ermira consultants. Il presidente russo ha divorziato nel 2013 dalla moglie Ludmilla e da tempo si parla di una sua relazione con Kabaeva, anche se i due non si mostrano mai assieme in pubblico. Varie fonti citate da Proekt confermano ora la loro convivenza. Assistenti e famigliari della donna risiedono nella grande residenza di Valdai, e una sorella possiede un appartamento nelle vicinanze. All'interno del comprensorio di Valdai è stato costruito un terem di legno, la tradizionale abitazione per le donne e i bambini, dove alloggiano la ginnasta e i figli. Kabaeva avrebbe avuto due figli, nati nel 2015 e nel 2019, di cui non si conosce il sesso. L'ex campionessa possiede anche un attico di lusso a Sochi con piscina, cinema e pista di atterraggio per un elicottero, scrive il sito che mostra diverse foto dell'interno dei lussuosi appartamenti della 'zarina'.

16:50

Foto satellitari mostrano l'aereo russo attaccato ieri a Minsk

Immagini dell'aereo russo, che ieri sarebbe stato attaccato dagli ucraini nell'aeroporto bielorusso militare vicino Minsk, sono state pubblicate oggi dalla società di tecnologia spaziale Maxar. Le foto satellitari mostrano che l'aereo non è stato distrutto e al momento non è chiaro se ci sono danni. 

17:23

Russia: 'multato per critiche a guerra per errore', ora risarcito

Un tribunale di Novgorod, in Russia nord-occidentale, ha ordinato al ministero dell'Interno russo di pagare al capo della sezione locale del partito d'opposizione Yabloko, Viktor Shalyakin, 20.000 rubli (circa 251 euro) a titolo di risarcimento per una multa che gli era stata inflitta con l'accusa di "discredito dell'esercito" per l'invasione dell'Ucraina. Lo riporta Radio Liberty, secondo cui la multa, del maggio dell'anno scorso, era stata successivamente cancellata dal tribunale. Shalyakin aveva pubblicato su internet un video sulla guerra sovietico-afghana e sulla guerra in Georgia. La sentenza del tribunale era stata quindi annullata dopo che i periti linguistici avevano concluso che il post dell'oppositore non riguardava la guerra in Ucraina. Shalyakin ha poi fatto causa al ministero. In Russia l'ultima legge "bavaglio" prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sull'esercito che dovessero essere ritenute "false" dalle autorità, vietando di fatto di criticare la guerra in Ucraina.

17:46

Il conduttore russo Soloviov attacca l'Italia, "bastardi"

L'anchorman della tv russa Vladimir Soloviov, magnate e amico di Putin, ha rivolto un duro attacco all'Italia in un video postato anche sul suo account Twitter in cui definisce "bastardi" gli alleati dell'Ucraina. "Chissà se a Milano si ricordano come baciavano le mani dei soldati russi", ha detto, senza mezzi termini, durante una diretta tv. Il conduttore si riferiva alla campagna italiana di Suvorov nel nord Italia tra l'aprile e il settembre 1799, quando il generale russo, a capo dell'armata russo-austriaca, sconfisse l'esercito francese costringendolo a lasciare Milano. "Se parliamo seriamente - ha detto - se capiamo davvero qual è la posta in gioco, allora lasciateli tremare i bastardi. Poi ci sarà un'altra traversata delle Alpi, se è necessario. Pensate al monumento a Suvorov, e chissà se a Milano si ricordano come baciavano le mani dei soldati russi. Se fate i maleducati con noi, voi bastardi, dovete tremare. I russi partono piano, ma poi vanno veloce".

18:13

Processo a Zurigo sulle tracce del denaro di Putin

Dipendenti della filiale svizzera di Gazprombank saranno a processo mercoledì 8 marzo a Zurigo, per depositi a nome del violoncellista russo Sergei Rodulgin, somme che in realtà potrebbero essere collegate al presidente russo Vladimir Putin. La banca ha nel frattempo cessato l'attività. Il Ministero pubblico del Canton Zurigo ha rinviato a giudizio il Ceo e altri tre dirigenti di Gazprombank Schweiz (Gpbs) e ha intenzione di chiedere per ognuno una condanna a sette mesi di detenzione con la condizionale. È quanto emerge dall'atto d'accusa di cui hanno riferito oggi le testate online di Tamedia, visto anche da Keystone-ATS.

Il sospetto è che su due conti aperti nel 2014 e gestiti fino al 2016 - quando cioè la Russia aveva già annesso la Crimea - siano stati depositati, a nome del violoncellista e direttore d'orchestra russo, circa 50 milioni di franchi che in realtà provenivano dell'establishment russo. I quattro imputati respingono le accuse e per loro si applica la presunzione d'innocenza. Nell'atto d'accusa viene fatto esplicitamente il nome del presidente russo Vladimir Putin: "È noto che il presidente russo Putin ufficialmente ha un reddito di soli 100.000 franchi e non è ricco, ma in realtà ha un enorme patrimonio che viene gestito da persone a lui vicine", scrivono gli inquirenti zurighesi.

18:26

Kiev, altre 2 camere di tortura trovate nell'area di Kharkiv

Altre due camere di tortura sono state scoperte nella regione di Kharkiv, dove le forze russe tenevano prigionieri durante l'occupazione. Lo riferiscono i vertici della Polizia locale citati da Ukrinform, secondo cui sono ad oggi 27 i luoghi simili rinvenuti nella zona.

18:35

Russia vuole criminalizzare la "russofobia"

La Russia potrebbe varare una legge per rendere un reato la "russofobia". A chiederlo è Valery Fadeyev, presidente del Consiglio russo per i diritti umani, un organismo pubblico vicino al Cremlino. "Il nostro compito è arrivare ad una definizione legale di russofobia, con una lista di articoli di legge penali applicabili", ha detto Fadeyev, citato dal sito indipendente russo Meduza. Secondo Fadeyev, il progetto di legge si accorda con la richiesta del presidente Vladimir Putin di stabilire pene per chi discrimina i russi all'estero. Fadeyev ha tuttavia ammesso che Mosca non ha i mezzi per perseguire stranieri all'estero per il reato di russofobia, aggiungendo che è una questione su cui si dovrà "lavorare". L'ufficio della procura russa ha intanto proposto che il reato di russofobia possa essere classificato come una forma di estremismo. Le autorità di mosca hanno più volte accusato l'Occidente di "russofobia" dopo l'invasione russa dell'Ucraina.

18:40

Mosca, "drone abbattuto voleva attaccare infrastrutture civili"

Il drone UJ-22  di fabbricazione ucraina abbattuto vicino a Mosca "probabilmente era un tentativo di prendere di mira le infrastrutture civili". A dirlo sul suo canale Telegram è il governatore regionale Andrei Vorobyov, anche se l'Ucraina non ha rivendicato la responsabilità degli attacchi all'interno della Russia. Il drone è caduto nei pressi di Guabastovo, nella regione di Kolomna, a 100 chilometri da Mosca, vicino a una sede di Gazprom, ma il gigante russo ha fatto sapere che le sue operazioni nella regione non sono state interrotte. "Non ci sono vittime o danni sul terreno", ha aggiunto Vorobyov: "L'Fsb (il servizio di sicurezza russo) e altre autorità competenti stanno indagando".

19:16

Moldavia, filorussi tentato irruzione nella sede del governo

La polizia moldava si è scontrata con centinaia di manifestanti del partito filorusso Sor che cercavano di fare irruzione nella sede del governo. Diverse persone sono state arrestate. Dopo gli scontri una parte del corteo si è diretta presso il municipio di Chisinau, la capitale moldava. Qui il governatore della regione di Orhei, Dinu Turcanu, del partito Sor, si è rivolto alla folla chiedendo che il governo aiuti la popolazione di fronte alla crescita dei prezzi dell'energia. La protesta, con manifestanti arrivati da tutto il paese, è stata organizzata dal Movimento per il popolo, che riunisce diverse organizzazioni fra cui il partito Sor. Il governo accusa il movimento, e in particolare il Sor, di voler "destabilizzare" la Moldova. 

20:03

Usa: "Mosca non ha risorse per corsa al riarmo nucleare"

"Francamente, la Russia non è nella posizione per una sfrenata corsa al riarmo nucleare". E' quanto ha detto il sottosegretario alla Difesa Usa, Colin Kahl, rispondendo oggi, durante un'audizione al Congresso, a domande sulla recente decisione di Mosca di sospendere la sua partecipazione al New Start. "Non hanno fondi, specialmente considerata la pressione imposta sull'esercito dalla guerra, le sanzioni, i controlli sulle esportazioni" ha continuato il funzionario del Pentagono, aggiungendo di ritenere che Vladimir Putin abbia fatto questo annuncio "per ottenere dei titoli retorici, ma non credo - ha detto ancora - che abbia cambiato la situazione". Kahl infatti ha ricordato che la Russia, "usando il Covid ed altre cose come scuse, già non rispettava il regime di ispezioni" previsto dallo Start. "E' interessante che Putin abbia deciso di sospendere il trattato, invece di lasciarlo - ha concluso il sottosegretario - credo che questa sia effettivamente un'indicazione che non c'è una vera pressione su di noi".

20:59

Usa, "nessuna prova" Kiev faccia uso improprio aiuti

Non ci sono prove che l'Ucraina stia facendo un uso improprio delle decine di miliardi di dollari di aiuti che gli sono stati forniti per contrastare l'invasione russa. Lo ha affermato il numero tre del Pentagono, Colin Kahl, di fronte alla commissione Forze armate del Congresso americano. "Non c'è nessuna prova che gli ucraini li stiano deviando verso il mercato nero", ha affermato Kahl. "Non è sorprendente data l'intensità della lotta e il fatto che stanno chiaramente usando ciò che noi e gli alleati stanno fornendo loro per ottenere il massimo effetto", ha spiegato. 

21:58

Zelensky: "L'intensità dei combattimenti intorno a Bakhmut non fa che aumentare"

"L'intensità dei combattimenti intorno alla città di Bakhmut non fa che aumentare", lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo messaggio serale. "Stiamo preparando il ritorno dei nostri soldati ad azioni attive per la liberazione della nostra terra - ha aggiunto -. L'Ucraina sarà libera, tutta l'Ucraina". Intanto lo stato maggiore delle forze armate ucraine ha riferito che mentre la Russia continua l'assalto a Bakhmut, si prepara all'offensiva negli oblast meridionali di Kherson e Zaporizhia.

22:18

Aiea, preoccupano bombardamenti vicino a centrale Zaporizhzhia

Il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Mariano Grossi, ha espresso preoccupazione per i nuovi bombardamenti di artiglieria vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia in Ucraina e per la temporanea perdita dell'unica linea elettrica di riserva rimasta. "Gli esperti dell'Aiea che sono ora alla centrale dall'inizio di gennaio hanno riferito al quartier generale che ieri pomeriggio si sono sentite circa 20 detonazioni, apparentemente nelle vicinanze dell'impianto, che si trova in prima linea in un'area di combattimento attiva", si legge nella nota dell'agenzia Onu.

La marcia dell'opposizione a Chisinau. Alta tensione in Moldavia, filorussi in piazza contro la presidente Sandu: manifestanti tentano di entrare nella sede del governo. Carmine Di Niro su Il Riformista il 28 Febbraio 2023

Il clima politico in Moldavia si fa incandescente. L’opposizione filorussa ha sfilato per ore nel pomeriggio di martedì per le strade della capitale Chisinau al grido di “Maia Sandu vattene”, invocando dunque le dimissioni o comunque la cacciata dalla presidente del Paese, europeista e filoatlantica.

Migliaia i manifestanti in piazza guidati dai deputati del partito di opposizione filo-russo Shor, tra cui la vicepresidente del movimento Marina Tauber, nonostante gli sforzi della polizia moldava di impedire il procedere del corteo. Momenti di tensione ci sono stati quando, secondo i media locali, alcuni manifestanti hanno tentato di fare irruzione nella sede del governo: dopo essere stati fermati dalla polizia, i dimostranti si sono diretti verso il municipio della città e alcuni di loro sono stati arrestati dalle forze dell’ordine.

“Chiediamo elezioni anticipate. Il governo deve pagare le bollette delle persone che sono aumentate più volte per colpa delle autorità. Chiediamo anche che venga osservata la neutralità, come è scritto nella costituzione, in modo che il nostro Paese non sia trascinato in operazioni di guerra”, ha detto Vadim Fotescu, un parlamentare di Shor presente in piazza, dove hanno sfilato per lo più contadini e anziani che scandivano cori contro il governo e la presidente Sandu. Secondo il Partito d’Azione e Solidarietà, al governo, le manifestazioni sono invece un tentativo di “destabilizzare la situazione del Paese”.

Sullo sfondo ci sono diverse questioni chiave per ‘leggere’ le proteste odierne: una è ovviamente la guerra nella vicina Ucraina, che confina a est proprio con la Moldavia. Quindi la questione dell’influenza russa sul piccolo Paese di due milioni di abitanti (e dal Pil pro capite più basso d’Europa), aumentata da quando nel 2020 alla sua giuda sono arrivati governi filo-occidentali. La vittoria di Sandu  scorse presidenziali avevano provocato l’immediata reazione del Cremlino, che si è ‘vendicato’ aumentando i prezzi delle forniture di gas, da cui era dipendente al 100 per cento, e bloccando le importazioni del vino moldavo, il principale prodotto del settore agroalimentare della Moldavia.

Proprio la presidente nei giorni scorsi ha denunciato pubblicamente l’esistenza di un piano russo per sovvertire dall’interno, con agenti stranieri sotto copertura, l’attuale governo. Il 10 febbraio, pochi giorni prima l’allarme lanciato da Sandu, la prima ministra Natalia Gavrilita si era dimessa dopo 18 mesi di governo ed era quasi immediatamente stata sostituita, su indicazioni della presidente Sandu, da Dorin Recean, segretario del Consiglio di sicurezza del paese e in passato ministro dell’Interno, come l’ex premier dalle solide posizioni europeiste e filo-occidentali.

Quindi l’ultima mossa del Cremlino dei giorni scorsi, con la revoca del decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell’ambito delle politiche sul futuro della Transnistria, la regione separatista sostenuta da Mosca che confina con l’ Ucraina e dove la Russia da anni ha stanziato circa 1500 soldati per una presunta funzione di “peacekeeping”.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Un 6 gennaio mancato. In Moldavia i filorussi hanno provato a fare irruzione nella sede del governo. Linkiesta il 28 Febbraio 2023

A Chișinău alcuni manifestanti del partito filo putiniano "Sor" hanno provato a entrare nel palazzo dell’esecutivo nel tentativo di destabilizzare l’esecutivo europeista

Alcuni manifestanti del partito filorusso “Sor” hanno provato a entrare con la forza nella sede del governo moldavo a Chișinău, ma sono stati fermati dalla polizia. Per ora. Una dinamica che ricorda l’assalto a Capitol Hill fatto dai sostenitori di Donald Trump il 6 gennaio 2021. Il tentativo di irruzione è l’apice di una protesta organizzata nella capitale da Sor con il “Movimento per le persone” per chiedere le dimissioni del governo europeista guidato dalla presidente Maia Sandu. Dopo essere stati fermati dalla polizia, il gruppo di manifestanti si è diretto verso il municipio.

Secondo il governo questa manifestazione sarebbe un modo per destabilizzare il Paese che subito dopo l’invasione russa in Ucraina ha presentato la domanda di adesione all’Unione europea, ottenendo il 23 giugno del 2022 lo status di candidato.

La Moldavia, ex paese dell’Unione sovietica, confina a ovest con la Romania e a est con l’Ucraina ed è considerata da diversi analisti un possibile obiettivo militare della Russia per creare un secondo fronte anti ucraino. All’interno della Moldavia si è formata dal 2 settembre 1990 la Transinistria, un repubblica autoproclamatasi indipendente, non riconosciuta dall’Onu e molto vicina al Cremlino. 

Guerra di numeri. Ernesto Ferrante su L’Identità il 28 Febbraio 2023

Guerra di numeri tra Mosca e Kiev. La Russia ha rivendicato la distruzione di un deposito di munizioni vicino a Bakhmut, città dell’Ucraina orientale sotto assedio da mesi, e di aver abbattuto cinque droni in dotazione all’esercito di Zelensky. In una nota, il ministero della Difesa russo ha anche reso noto di aver neutralizzato quattro missili Himars.

Le forze di difesa aerea ucraine hanno annunciato di aver annientato, nella notte scorsa, 11 droni lanciati da nord.

Le difficoltà crescenti sul campo di battaglia potrebbero essere alla base della decisione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di rimuovere il comandante delle Operazioni delle forze congiunge, il generale Eduard Mykhailovich Moskalov, che guidava le truppe in Donbass.

Moskalov aveva assunto l’incarico a marzo dello scorso anno con la contemporanea nomina del generale Oleksandr Pavliuk a capo dell’amministrazione militare regionale di Kiev. Non sono chiari i motivi alla base della sua destituzione. Il suo nome non era tra quelli accostati ai recenti casi di corruzione.

Una formazione di “partigiani bielorussi”, denominata “Bypol”, ha riferito di aver messo fuori uso un aereo militare russo in una base aerea vicino Minsk. “Questa è la diversione di maggior successo dall’inizio del 2022. L’operazione è stata condotta da due bielorussi. Hanno impiegato dei droni e hanno già lasciato il paese”, ha twittato Franak Viacorka, un consigliere della leader dell’opposizione in esilio, Svetlana Tikhanovskaya.

Pechino accusa Washington di doppiezza e “bullismo”. “Mentre gli Stati Uniti intensificano i loro sforzi per inviare armi ad una delle parti in conflitto, con il risultato di una guerra infinita, continuano a venir diffuse false informazioni su fornitura di armi da parte della Cina alla Russia”. E’ quanto ha detto la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, rinfacciando agli Stati Uniti di “cogliere l’opportunità di sanzionare società cinesi senza motivo: questo è apertamente bullismo e doppio standard”.

Ning ha sottolineato che le sanzioni Usa, definite “illegali”, “danneggiano seriamente gli interessi della Cina” e per questo il suo Paese “le rifiuta e le deplora con forza, avendo presentato proteste formali alla parte americana”.

Gli Stati Uniti hanno sanzionato le società cinesi Changsha Tianyi Space Science e Technology Research Institute, nota anche come Spacety China, per aver fornito immagini satellitari dell’Ucraina al Wagner Group.

L’ex presidente russo e attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, è tornato ad evocare l’apocalisse. In un editoriale per il quotidiano Izvestia, ha scritto testualmente: “Se si pone la questione dell’esistenza stessa della Russia, non sarà decisa sul fronte ucraino ma insieme alla questione dell’esistenza dell’intera civiltà umana. Non dovrebbero esserci ambiguità qui: non abbiamo bisogno di un mondo senza la Russia”.

E ancora: “I nostri nemici” potrebbero “continuare a pompare armi verso il regime neofascista di Kiev e bloccare ogni possibilità di rilanciare i negoziati, non volendo capire che i loro obiettivi portano ovviamente a un fiasco totale. A una sconfitta per tutti. A un Incidente. All’apocalisse. In cui ci si potrà scordare per secoli la vita precedente, finché le macerie non cesseranno di emettere radiazioni”.

L'affondo del fedelissimo dello Zar contro l'Italia. Solovyev minaccia l’Italia, il giornalista-oligarca amico di Putin al veleno: “Voi bastardi dovete tremare”. Carmine Di Niro su Il Riformista il 28 Febbraio 2023

Nessun giro di parole, nessuna perifrasi. Vladimir Solovyev, giornalista-oligarca della tv russa Rossija 1 ma soprattutto amico personale del presidente Vladimir Putin, che anche grazie al leader del Cremlino è diventato milionario, minaccia senza mezzi termini l’Italia per il suo appoggio all’Ucraina.

Solovyev lancia i suoi strali dalla sua trasmissione seguitissima in patria: “Chissà se a Milano si ricordano come baciavano le mani dei soldati russi”, dice l’uomo della propaganda russa in riferimento a fatti storici molto in là nel tempo.

Solovyev torna infatti al 1799, quando il generale russo Suvorov era a capo dell’armata russo-austriaca destinata alla campagna in Italia contro i francesi. “Se parliamo seriamente, se capiamo davvero qual è la posta in gioco, allora lasciateli tremare i bastardi. Poi ci sarà un’altra traversata delle Alpi, se è necessario. Pensate al monumento a Suvorov, e chissà se a Milano si ricordano come baciavano le mani dei soldati russi. Se fate i maleducati con noi, voi bastardi, dovete tremare. I russi partono piano, ma poi vanno veloce”, le minacce di Solovyev.

Il giornalista russo d’altronde è particolarmente legato al nostro Paese. In Italia possiede quattro ville, due sul lago di Como del valore complessivo di 8 milioni di euro erano state anche congelate all’oligarca 58enne in una operazione condotta nel marzo del 2022 dalla Guardia di Finanza, pochi giorni dopo l’inizio dell’offensiva di Mosca contro Kiev.

Parole che comunque non sorprendono. Solovyev, più volte ospite di talk show italiani anche a conflitto ormai iniziato, in particolare a ‘Non è l’Arena’ di Massimo Giletti su La7, aveva etichettato il nostro come un “paese fascista”. E che l’Italia nel ‘mirino’ del Cremlino lo dimostra anche il trattamento “speciale” riservatoci dallo stesso Vladimir Putin nel corso del suo ultimo discorso sullo stato della nazione all’Assemblea federale russa.

Putin in quell’occasione aveva ricordato in particolare gli aiuti russi all’Italia durante la prima fase della pandemia di Covid-19, la discussa operazione messa a punto durante il governo Conte che secondo diverse ricostruzioni giornalistiche nascondeva in realtà un tentativo da parte russa di infiltrare spie sul nostro territorio.

“La Russia sa essere amica e mantenere la parola data, non deluderà nessuno e sosterrà sempre i suoi partner in situazioni difficili, lo dimostra il nostro aiuto ai Paesi europei, come l’Italia, durante il momento più difficile della pandemia di Covid, esattamente come stiamo andando in aiuto nelle zone del terremoto”, erano state la parole di Putin il 21 febbraio scorso.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Guerra Ucraina - Russia, le news dell'1 marzo.

La Repubblica. Mosca: "Bloccato massiccio attacco con droni in Crimea"

Lukashenko in Cina, segnala "pieno sostegno" al piano di pace di Pechino. L'intelligence britannica: "Mosca ha esaurito le scorte di droni kamikaze"

Putin ha dato seguito all'annuncio della settimana scorsa firmando la sospensione del trattato New Start per la non proliferazione nucleare. Lo fa nel giorno in cui Mosca si scopre vulnerabile: velivoli senza pilota vengono avvistati in varie regioni del Sud e anche a 100 chilometri dalla capitale. Ma da Kiev oggi arriva una smentita sul coinvolgimento: "L'Ucraina non colpisce il territorio russo", ha dichiarato il consigliere di Zelensky Mikhailo Podolyak. Intanto sul territorio ucraino i combattimenti infuriano soprattutto intorno a Bakhmut: un consigliere di Zelensky intervistato dalla Cnn ammette che "la ritirata è un'opzione".

Punti chiave

15:14

Moldavia, Zakharova: "Kiev prepara una provocazione con materiali radioattivi"

14:26

Ucraina, Olaf Scholz: "In caso di attacco difenderemo ogni metro quadrato della Nato"

14:17

Ucraina, Mosca: "Non esclusi contatti con rappresentanti Usa a Ginevra"

13:24

Xi: "In Ucraina serve una soluzione politica, no alla mentalità della Guerra Fredda"

12:49

Ucraina, consigliere Zelensky: "Kiev valuta di ritirare le truppe da Bakhmut"

12:18

Mosca: "Respinto massiccio attacco di droni in Crimea"

11:25

Lukashenko a Xi: "Pieno sostegno all'iniziativa cinese per la pace"

11:01

Podolyak smentisce coinvolgimento di Kiev negli attacchi con droni: "L'Ucraina non colpisce in territorio russo"

10:29

Nato, Stoltenberg invita Zelensky al vertice a Vilnius

10:27

Ucraina, intelligence Gb: "Minor numero di attacchi, Mosca ha esaurito lo stock di droni kamikaze"

09:54

Ucraina, bombe russe su Kherson: 5 morti

07:51

Media: esplosioni in Crimea nella notte

03:15

Aiea: preoccupano i bombardamenti vicino alla centrale di Zaporizhzhia

00:07

Allarme aereo a Kiev e in altre regioni

00:07

Allarme aereo a Kiev e in altre regioni

L'allarme aereo è scattato in diverse regioni dell'Ucraina, anche a Kiev. Le sirene, scrive Unian, hanno suonato nelle regioni di Chernihiv, Sumy, Poltava, Kharkiv, Poltava, Cherkasy, Kirovohrad e nel distretto di Nikopol, nella regione di Dnipropetrovsk. Il capo dell'amministrazione militare regionale di Poltava, Dmytro Lunin, ha riferito su Telegram che un velivolo senza pilota russo è stato abbattuto.

00:29

Kiev invia altre truppe a Bakhmut

Il colonnello generale Oleksandr Syrskyi, comandante delle forze terrestri ucraine e del comando operativo orientale, ha ordinato di inviare più truppe a Bakhmut dopo il suo viaggio in prima linea il 25 febbraio. Lo riporta The Kyiv Independent.

00:50

Cnn: gli Usa hanno addestrato più di 4.000 militari ucraini

Gli Stati Uniti hanno già addestrato più di 1.000 soldati ucraini da gennaio e oltre 4.000 dall'inizio dell'invasione russa. Lo ha riferito la Cnn. "L'addestramento collettivo è in corso in tutta Europa" ha dichiarato il generale Douglas Sims II, direttore delle operazioni del Joint Chief of Staff  spiegando che "da gennaio, l'esercito americano ha addestrato oltre 1.000 ucraini, portando il totale dei soldati addestrati dagli Stati Uniti a poco più di 4.000".

01:12

A Kiev forte minaccia di attacchi con droni kamikaze

Il sindaco di Kremenchuk, Vitaly Maletskyi, ha riferito che in città si sono uditi suoni simili a esplosioni. La polizia della regione di Kiev segnala un'alta minaccia di attacco da parte di UAV iraniani "Shahed", noti come 'droni kamikaze'.

01:52

Kiev: cinque droni russi abbattutti sull'oblast di Poltava

La difesa aerea ucraina ha abbattuto cinque velivoli senza pilota (UAV) russi sopra l'oblast di Poltava durante la notte. Lo ha riferito il governatore Dmytro Lunin citato da 'The Kyiv Independent'.

03:15

Aiea: preoccupano i bombardamenti vicino alla centrale di Zaporizhzhia

Il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Mariano Grossi, ha espresso preoccupazione per i nuovi bombardamenti di artiglieria vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia e per la temporanea perdita dell'unica linea elettrica di riserva rimasta.

07:14

Allarme aereo a Mykolaiv

Un allarme antiaereo è scattato questa mattina nella regione di Mykolaiv, nell'Ucraina meridionale: lo ha reso noto su Telegram il governatore della regione, Vitaly Kim, come riporta il Guardian.

07:51

Media: esplosioni in Crimea nella notte

Esplosioni nella parte occidentale della Crimea occupata: lo riportano i media ucraini, che citano canali Telegram locali. Le esplosioni sono avvenute a Yevpatoria, a circa 65 km a nord di Sebastopoli, e nel villaggio di Chornomorske.

"Sono state udite a Chornomorske tutta la notte fino alle 5 del mattino... A Chornomorske, le finestre hanno tremato per le esplosioni all'1:54, alle 2:55 e alle 4:20", riferiscono fonti locali. Esplosioni sono state segnalate anche a Yevpatoria, una delle quali nella parte settentrionale di Sebastopoli

08:14

Usa: "La Cina spende miliardi in disinformazione pro russa"

La Cina ha speso miliardi di dollari per fare disinformazione a livello globale, compresa quella filo-russa rispetto alla guerra in Ucraina. Lo ha detto l'inviato speciale degli Stati Uniti James Rubin, coordinatore del Global Engagement Center, ente del Dipartimento di Stato americano istituito per "smascherare e contrastare" la propaganda straniera e la disinformazione. Giornalista ed ex funzionario dell'amministrazione Clinton, Rubin ha anche sostenuto che l'Occidente è stato troppo lento nel rispondere a questa disinformazione. Nella quale la Cina spende molti più soldi che la Russia.

08:28

Kiev: "I russi continuano a evacuare la Crimea occupata"

I russi continuano a evacuare la penisola di Crimea occupata: lo riferisce lo stato maggiore delle Forze Armate ucraine sulla sua pagina Facebook. "Ancora una volta, è stata registrata l'evacuazione di alcune categorie di cittadini dalla Crimea occupata. Recentemente, i militari delle forze di occupazione russe di stanza a Perevalny (centro-est, ndr) hanno inviato le loro famiglie in Russia", si legge nel rapporto dell'esercito. Allo stesso tempo, i russi stanno rafforzando le loro difese nella penisola e stanno costruendo fortificazioni.

08:33

Ucraina, intelligence Gb: "Mosca lancia droni da Briansk, aumenta minaccia per Kiev"

L'esercito russo ha iniziato a lanciare i suoi droni kamikaze Shahed dalla regione di Briansk, in Russia, una mossa che rappresenta una minaccia maggiore per Kiev: lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence. Nel suo rapporto pubblicato su Twitter, il ministero commenta che probabilmente l'attacco con gli Shahed del 26 febbraio scorso è partito dalla regione di Bryansk - che si trova a circa 200km dalla capitale ucraina - mentre l'unico sito di lancio osservato da metà dicembre 2022 era quello della regione di Krasnodar, al di là del Mar d'Azov. "Un secondo sito di lancio darebbe ai russi un diverso asse di attacco, più vicino a Kiev", commentano gli esperti di Londra.

09:54

Ucraina, bombe russe su Kherson: 5 morti

Cinque persone sono morte e altre sette sono rimaste ferite durante i bombardamenti russi di ieri sulla città di Kherson, nell'Ucraina meridionale: lo ha reso noto l'Amministrazione militare regionale, come riportano i media ucraini. La città e l'omonima regione sono state colpite 86 volte nel corso della giornata. "Hanno sparato da MLRS (sistemi missilistici a lancio multiplo, ndr), mortai, artiglieria, carri armati, droni e aerei. Kherson è stata bombardata nove volte dall'esercito russo: ancora una volta hanno colpito i quartieri residenziali della città", afferma il rapporto sottolineando che è stata colpita anche l'area di un'impresa statale oltre ad alcune case.

10:04

Russia, Duma al voto: fino a 15 anni per chi scredita combattenti

La Duma, il Parlamento russo, comincia oggi a votare emendamenti alla legge che rafforzano ulteriormente le leggi sulla censura del Paese, prevedendo fino a 15 anni di carcere per chi scredita le forze armate e le organizzazioni militari volontarie come il gruppo Wagner. "Qualsiasi tipo di diffusione pubblica di informazioni consapevolmente false e azioni pubbliche volte a screditare le Forze armate russe, le unità di volontari  è inammissibile",  ha detto il presidente della Duma Vyacheslav Volodin su Telegram, come riporta Interfax.

10:17

Nato, la presidente ungherese: "Ratificare l'adesione di Svezia-Finlandia"

 La presidente ungherese, Katalin Novàk, ha esortato a ratificare l'ingresso della Finlandia e della Svezia nella Nato "il prima possibile" mentre è iniziato in Parlamento il dibattito sulle mozioni dopo mesi in cui i disegni di legge erano rimasti bloccati. Lo riferisce il Guardian. "E' una decisione complessa, con gravi conseguenze, quindi è necessaria un'attenta considerazione", ha detto Novak su Facebook. "La mia posizione è netta: nella situazione attuale, l'adesione di Svezia e Finlandia è giustificata. Confido che l'assemblea nazionale prenderà una decisione saggia il prima possibile!", ha aggiunto la presidente. Ungheria e Turchia sono i due membri della Nato che devono ancora ratificare l'ingresso di Svezia e Finlandia.

10:27

Ucraina, intelligence Gb: "Minor numero di attacchi, Mosca ha esaurito lo stock di droni kamikaze"

 Il minor numero di attacchi con droni in Ucraina da parte della Russia indica un apparente "esaurimento" dei suoi arsenali, un fatto che spingerà probabilmente Mosca a cercare di rifornirsene. A scriverlo è nel suo rapporto quotidiano l'intelligence britannica, secondo cui la Russia starebbe inoltre cercando di utilizzare "un asse diverso" per eseguire questo tipo di attacchi, a partire da punti più vicini alla capitale ucraina, Kiev.

10:29

Nato, Stoltenberg invita Zelensky al vertice a Vilnius

 Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha invitato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al vertice dell'Alleanza che si terrà a Vilnius, in Lituania, a luglio: lo ha detto lo stesso Stoltenberg in un'intervista all'emittente radiotv lituana LRT. "Ho invitato il presidente Zelensky a partecipare al vertice della Nato a Vilnius. Credo fermamente che questo sarà un forte segno della nostra solidarietà, del sostegno che gli alleati hanno per l'Ucraina, e spero che il signor Zelensky possa partecipare.

Naturalmente, questo dipenderà dalla situazione in Ucraina, che è ancora nel bel mezzo di una guerra", ha detto.

 11:01

Podolyak smentisce coinvolgimento di Kiev negli attacchi con droni: "L'Ucraina non colpisce in territorio russo"

Mikhailo Podolyak, consigliere del capo dell'ufficio del presidente, ha affermato su Twitter che l'Ucraina non colpisce il territorio della Russia, negando le accuse secondo cui l'Ucraina avrebbe attaccato ieri regioni della Federazione Russa con droni. "L'Ucraina sta conducendo una guerra difensiva per disoccupare tutti i suoi territori" ha affermato Podolyak per il quale in Russia stanno crescendo processi di panico e disintegrazione, "una manifestazione dei quali è un aumento degli attacchi interni da parte di oggetti volanti non identificati contro strutture infrastrutturali".

11:25

Lukashenko a Xi: "Pieno sostegno all'iniziativa cinese per la pace"

La Bielorussia "sostiene pienamente l'iniziativa" cinese sulle proposte per la pace e la sicurezza internazionale, molte delle quali sono state riprese nel documento di pace di 12 punti presentato da Pechino sulla crisi ucraina, respinto però da Kiev, Usa ed Europa. E' quanto ha detto il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, stretto alleato del capo del Cremlino Vladimir Putin, nel colloquio a Pechino con il presidente Xi Jinping, secondo il resoconto dell'agenzia ufficiale di Minsk Belta.

12:18

Mosca: "Respinto massiccio attacco di droni in Crimea"

"È stato evitato il tentativo di un massiccio attacco con droni alla Crimea, sei droni sono stati abbattuti, altri quattro disattivati". Lo ha detto il ministero della difesa della federazione russa, come riporta Ria Novosti. Non si registrano vittime.

12:22

Russia, Peskov: "Kiev nega l'invio di droni? Non gli crediamo"

La Russia non crede a quanto detto dal consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak secondo il quale l'Ucraina non attacca il territorio russo con i droni. "Non gli crediamo", ha risposto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov rispondendo a una domanda in proposito, come riferisce l'agenzia Ria Novosti.

12:49

Ucraina, consigliere Zelensky: "Kiev valuta di ritirare le truppe da Bakhmut"

 Le truppe ucraine potrebbero "ritirarsi strategicamente" dalla roccaforte orientale strategica di Bakhmut, se necessario. Lo ha detto un consigliere del presidente Volodymyr Zelensky. Le forze russe continuano a fare progressi a Bakhmut, ha detto riferito lo stato maggiore dell'esercito ucraino in un aggiornamento. La Russia sta cercando di accerchiare Bakhmut e di usare le sue truppe "migliori", "più ben addestrate e più esperte" del gruppo mercenario Wagner, ha detto alla Ccc il consigliere economico ucraino Alexander Rodnyansky. "I nostri militari ovviamente soppeseranno tutte le opzioni. Finora hanno tenuto la città, ma, se necessario, si ritireranno strategicamente, perchè non sacrificheremo tutta la nostra gente per niente", ha detto riferendosi ai 4.500 civili rimasti in città.

13:11

Kiev, difesa aerea abbatte drone russo sulla capitale

La difesa aerea ucraina ha abbattuto un drone russo nel cielo sopra la regione di Kiev. Lo annuncia il colonnello Yuri Ignat, portavoce dell'Air Force, come riporta Ukrainska Pravda.

13:24

Xi: "In Ucraina serve una soluzione politica, no alla mentalità della Guerra Fredda"

 La Cina promuove i colloqui di pace e la soluzione politica della guerra in Ucraina e sollecita ad abbandonare la "mentalità da Guerra Fredda" per risolvere la crisi. Lo ha dichiarato il presidente cinese, Xi Jinping, nel corso dell'incontro con il leader bielorusso, Aleksandr Lukashenko, giunto ieri a Pechino in visita di Stato.

Citando per la prima volta il documento in dodici punti per la pace in Ucraina, pubblicato la settimana scorsa dal ministero degli Esteri di Pechino, Xi ha sottolineato che "il fulcro della posizione della Cina è promuovere i colloqui di pace. Dobbiamo attenerci alla direzione della soluzione politica e abbandonare ogni mentalità da Guerra Fredda", ha aggiunto il presidente cinese, citato dall'emittente televisiva statale Cctv.

Occorre, inoltre, "rispettare le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi e costruire un'architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile", ha detto Xi, aggiungendo che non si deve "politicizzare e strumentalizzare l'economia mondiale" e che bisogna fare cose che servano a "risolvere pacificamente la crisi".

13:40

Prigozhin: "Sempre più spargimento di sangue a Bakhmut"

Le forze armate ucraine stanno facendo convergere rinforzi verso Bakhmut, dove "decine di migliaia di soldati" di Kiev stanno dando vita a una "resistenza accanita" e "lo spargimento di sangue aumenta di giorno in giorno". Lo ha detto oggi in un messaggio video Yevgeny Prigozhin, capo della milizia privata Wagner, che svolge un ruolo di primo piano nei tentativi russi di conquistare questa città del Donbass ucraino.

14:17

Ucraina, Mosca: "Non esclusi contatti con rappresentanti Usa a Ginevra"

Il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov "non ha escluso" contatti con rappresentanti Usa a Ginevra. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov. Lo riporta Ria Novosti. "Mosca è pronta a discutere con gli Usa eventuali questioni di loro interesse - ha detto - ma questo non influenza l'attuale situazione di partenza".

14:26

Ucraina, Olaf Scholz: "In caso di attacco difenderemo ogni metro quadrato della Nato"

 "Nel caso di un attacco difenderemo insieme ogni metro quadrato della nostra Alleanza". Lo ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in una conferenza stampa bilaterale col collega lettone, Arturs Krisjans Karins. Scholz ha spiegato che nella bilaterale si è affrontato il capitolo della forza del fianco est della Nato. "La nostra forza ci dà sicurezza", ha aggiunto.

15:01

Xi: "Cina e Bielorussia, amicizia indissolubile"

Cina e Bielorussia godono di un'amicizia "indissolubile" e, in un panorama di "incertezze" a livello internazionale, devono promuovere lo sviluppo "sano e stabile" delle relazioni bilaterali. Lo ha dichiarato il presidente cinese, Xi Jinping, durante l'incontro con il leader bielorusso, Aleksandr Lukashenko, giunto ieri a Pechino per una visita di tre giorni. "Di fronte a una situazione internazionale piena di instabilità e incertezze, la Cina è disposta a collaborare con la Bielorussia per promuovere lo sviluppo sano e stabile delle relazioni bilaterali ad alto livello", ha scandito il presidente cinese, citato dall'emittente televisiva statale Cctv.

15:14

Moldavia, Zakharova: "Kiev prepara una provocazione con materiali radioattivi"

La Russia si dice preoccupata per le informazioni secondo cui una provocazione di Kiev con l'utilizzo di materiali radioattivi potrebbe avvenire nei pressi della Transnistria (regione moldava separatista filorussa) dove le tensioni stanno aumentando, ha dichiarato oggi la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, citata dalla Tass.

15:35

Lavrov, "rinnovo accordo grano se garantiti produttori russi"

La Russia acconsentirà a una nuova estensione per l'esportazione di grano dai porti ucraini sul Mar Nero solo se ai produttori di cereali e fertilizzanti russi sarà permesso di esportare sui mercati internazionali. Lo ha detto il ministro degli Esteri Serghei Lavrov incontrando oggi a New Delhi il suo omologo turco Mevlut Cavusoglu a margine di una riunione dei capi delle diplomazie dei Paesi del G20. "La parte russa - si legge in un comunicato del ministero degli Esteri di Mosca - ha sottolineato che la continuazione dell'accordo sul grano è possibile solo se verranno tenuti in considerazione gli interessi dei produttori russi di derrate e di fertilizzanti in termini di libero accesso ai mercati mondiali". L'accordo, mediato dalla Turchia e dall'Onu, è stato rinnovato per 120 giorni lo scorso novembre e quindi arriverà a scadenza a metà marzo.

15:39

Moldavia, "menzogne da Mosca su attacco Kiev"

Il governo moldavo ha definito 'una menzogna' le dichiarazioni di oggi della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova secondo cui Kiev sarebbe intenzionata ad usare materiale radioattivo vicino alla regione separatista della Transnistria. "Le autorità statali stanno monitorando la situazione e non confermano le informazioni diffuse dalla parte russa", si legge in un messaggio pubblicato sul canale Telegram del governo moldavo. Le autorità hanno inoltre invitato i cittadini a mantenere la calma e a seguire le fonti ufficiali di informazione in Moldavia.

 16:12

Media moldavo, "il leader ceceno Kadyrov è stato avvelenato"

Il leader ceceno Ramzan Kadyrov, luogotenente di Vladimir Putin nel Paese, sarebbe stato avvelenato e per questo motivo non sarebbe stato presente al discorso del presidente russo sullo stato della nazione. Lo scrive il media moldavo Timpul ma per ora non ci sono altre conferme. Kadyrov, 46 anni, secondo il giornalista kazako Azamat Maitanov, al momento ha gravi problemi di salute, forse ai reni. Secondo alcune fonti, il leader ceceno, che non si fida dei medici russi, si sarebbe rivolto a un nefrolologo arrivato a Grozny dagli Emirati Arabi Uniti. Nei giorni scorsi Kadyrov ha detto che il comandante delle forze cecene in Ucraina Apty Alaudinov è stato avvelenato con una lettera impregnata da un agente tossico.

16:23

Kiev, "Abbattuto drone russo nei cieli sopra la capitale"

La difesa aerea ucraina ha abbattuto un drone russo nel cielo sopra la regione di Kiev: lo ha reso noto il colonnello Yuri Ignat, portavoce dell'Air Force ucraina parlando al sito on-line locale, Ukrainska Pravda. Il portavoce ha aggiunto che il tipo di drone non è stato individuato e che lo sarà non appena verranno trovati i resti.

16:39

Kiev, esplosione in un sito dove russi tengono armi nel Lugansk

Il capo dell'amministrazione militare regionale di Lugansk, Sergei Gaidai, in un messaggio su Telegram riportato dall'Ukrainska Pravda, ha riferito dell'esplosione nella fabbrica dove l'esercito russo ha nascosto le sue munizioni nella cittadina occupata di Kadiivka. Una colonna di fumo si sta alzando sopra il luogo dell'esplosione, scrive il sito ucraino postando un video.

16:43

Germania aprirà impianti olimpici ad allenamenti atleti ucraini

In preparazione dei Giochi Olimpici e delle Paralimpiadi di Parigi del prossimo anno, la Germania si sta preparando ad aprire i suoi impianti olimpici agli atleti provenienti dall'Ucraina. Gli sportivi avranno così la possibilità di allenarsi lontano dalla guerra. Lo ha detto la ministra tedesca dell'Interno e responsabile dello sport, Nancy Faeser, citata da Dpa.

16:50

Kiev, nel mar Nero 5 portaerei russe di missili Kalibr

Nel Mar Nero sono diventate cinque le portaerei russe con missili Kalibr per un totale di 32 missili. Lo riporta il centro stampa del Comando della Marina delle Forze Armate, citato da Unian. "A partire dal 1 marzo, 17 navi nemiche sono in servizio di combattimento nel Mar Nero, comprese cinque portaerei di missili da crociera Kalibr, con un totale di 32 missili", si legge nel messaggio.

16:59

G20: Usa "fiduciosi" che ci sarà condanna alla Russia

Gli Usa sono fiduciosi che dal G20 Esteri di Nuova Delhi uscirà una condanna alla Russia e all'invasione dell'Ucraina. Lo ha affermato il segretario di Stato, Antony Blinken: "Penso che il linguaggio che verrà utilizzato rifletterà una maggioranza, anche se non assoluta, del G20 contro la guerra della Russia", ha affermato Blinken prima di partire per l'India.

17:28

Garland, Russia e Wagner commettono crimini contro l'umanità

La Russia sta commettendo crimini contro l'umanità e il fondatore del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, è un criminale di guerra. Lo afferma il ministro della giustizia americano, Merrick Garland.

17:33

 Brasile, Lavrov in visita da Lula ad aprile

Il governo del presidente Lula ha informato che il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, dovrebbe visitare il Brasile ad aprile. "Sergei Lavrov ha confermato la sua intenzione di effettuare una visita di lavoro in Brasile ad aprile", rende noto il ministero degli Esteri di Brasilia. La scorsa settimana Mosca ha riferito di aver preso atto della proposta lanciata da Lula di creare un gruppo di Paesi per facilitare i colloqui di pace in Ucraina. Intanto, il ministro degli Esteri brasiliano, Mauro Vieira, oggi ha incontrato proprio Lavrov in India. Vieira è a New Delhi, dove sta partecipando al vertice dei ministri degli Esteri del G20, gruppo che il Brasile presiederà nel 2024.

17:59

Kiev saluta il primo giorno di primavera: "Sconfitto terrore invernale di Putin"

Nella tradizione ucraina, il primo marzo segna l'arrivo della primavera e molti hanno condiviso sui social foto di gemme sugli alberi, congratulandosi per essere sopravvissuti al "terrore invernale di Putin". "Il primo marzo 2023, Putin ha subito un'altra forte sconfitta. Malgrado il freddo, il buio e gli attacchi missilistici, L'Ucraina ha perseverato e sconfitto il terrore invernale. Inoltre l'Europa non si è 'congelata' malgrado le previsioni e le ironie russe. Ringrazio i nostri partner per essere al fianco dell'Ucraina", ha twittato oggi il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. "Ci volevano congelare e gettare nel buio. Siamo sopravvissuti", ha commentato su Twitter il ministro della Difesa Oleksii Reznikov. "Felice primo giorno di primavera", si legge sull'account twitter della polizia di confine, con la foto di un agente che mostra un mazzetto di fiori bianchi nella neve.

Molti comuni ucraini si sono aggiunti nel celebrare la primavera sui social, malgrado il tempo sia ancora freddo e in alcune zone abbia nevicato. "Siamo sopravvissuti all'inverno", ha twittato la giornalista ucraina di Politico, Nina Melkozerova. Benvenuta alla "inarrestabile e inevitabile vittoriosa primavera ucraina", ha scritto su Instagram il soldato Yuriy Syrotuk, condividendo le immagini di un albero pieno di gemme. All'inizio dell'inverno, dopo i ripetuti attacchi missilistici russi alle infrastrutture energetiche del paese molti esperti internazionali avevano paventato il rischio di una catastrofe umanitaria con i civili ucraini lasciati al buio e al freddo senza luce e riscaldamento.

18:14

Mosca, "sono in corso discussioni con gli Usa sul New Start"

La Russia e gli Usa hanno avuto colloqui negli ultimi giorni in merito al New Start, l'ultimo accordo bilaterale per la limitazione delle armi nucleari ancora in vigore, che Mosca ha deciso di sospendere con una legge firmata ieri dal presidente Vladimir Putin. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov citato dalla Tass. "Posso confermare che negli ultimi giorni abbiamo avuto discussioni sulla questione del New Start attraverso canali riservati e queste discussioni possono continuare", ha sottolineato Ryabkov. Il vice ministro ha precisato che la parte americana è interessata ad alcuni dettagli relativi alla sospensione, e in particolare "quando ci sarà una notifica ufficiale". Alla domanda se rappresentanti russi e americani potranno incontrarsi a margine della conferenza sul disarmo a Ginevra, Ryabkov ha risposto: "Niente da dichiarare a questo riguardo".

18:32

Fonti, da Ue un miliardo per munizioni da inviare a Kiev

L'Ue proporrà di usare un miliardo di euro dal Fondo europeo per la pace (Epf) per acquistare munizioni di calibro 1.55 e anche di altri calibri da inviare all'Ucraina, come richiesto dal presidente Volodymyr Zelensky. E' quanto si apprende da fonti europee. I Paesi membri che vorranno acquistare munizioni per Kiev, secondo la proposta, saranno rimborsati dall'Ue utilizzando il miliardo del Fondo. La proposta sarà avanzata dal Servizio di Azione Esterna dell'Ue e arriverà sul tavolo del Consiglio Affari Difesa il prossimo 7 marzo.

19:02

Kiev, allarme aereo in varie regioni dell'Ucraina

Un allarme aereo è stato dichiarato in varie regioni dell'Ucraina, Kiev compreso. Lo annunciano i siti ucraini. Ukrinform scrive, citando i residenti, che esplosioni sono state sentite nella regione di Poltava, nel distretto di Kremenchuk, al centro del paese.

19:49

Premier Lettonia, sostegno a Kiev è nell'interesse dell'Europa

"È nell'interesse dell'Europa sostenere l'Ucraina. Cosa significherebbe per la sicurezza di altre nazioni in Europa se la Russia avesse successo in Ucraina? Sarebbe un mondo terribile". Lo ha detto l premier lettone Krisjanis Karins in occasione della conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Olaf Scholz a Berlino. "Dobbiamo continuare ad agire con decisione. Sono convinto che l'Occidente sia resiliente. Le autocrazie sottovalutano sempre la forza delle democrazie", ha detto Karins.

"La sfida che affrontiamo tutti insieme in Lettonia, in Germania, in Francia, nel Regno Unito, negli Stati Uniti è assicurarci che le nostre società capiscano che questo non è un evento a breve termine", ha affermato il premier lettone. "Non si tratta solo della prossima primavera, possono volerci anni. Dobbiamo adattare la nostra industria militare e della difesa per essere in grado di affrontare queste grandi sfide", ha aggiunto.

 20:11

Kiev, esplosioni in alcuni insediamenti nel sud della Crimea

"Un'esplosione si è verificata sul territorio della Crimea temporaneamente occupata dai russi, a Bakhchisarai, vicino all'unità militare. Si sono sentite esplosioni anche a Yalta, Gurzuf e altri insediamenti sulla costa meridionale della penisola". Lo ha riferito il canale Crimean Wind Telegram, riporta Ukrinform.

20:29

Kiev contro le aziende europee ancora in Russia: "Finanziano la guerra"

Kiev contro le aziende europee ancora in Russia, "finanziano la guerra". L'accusa è arrivata dal consigliere della presidenza ucraina, Mikhaylo Podolyak, che ha citato la Raiffeisenbank, la filiale russa della banca austriaca Raiffeisen Banking Group, la multinazionale tedesca Metro e il gruppo francese Auchan. "Pagando le tasse in Russia, stanno di fatto finanziando la guerra. E sembra, per usare un eufemismo, un pò strano. Quindi, ovviamente, ci sono molte più aziende per le quali è necessario imporre sanzioni", ha detto Podolyak citato dall'agenzia di stampa Ukrinform, denunciando ancora che in Europa ci sono "alcune forze" che, "dopo tutto, vorrebbero che la Russia rimanesse un partner sul mercato". Il consigliere della presidenza ucraina ha quindi ribadito che per porre fine alla guerra in Ucraina è necessario non solo fornire armi, ma anche limitare il più possibile il 'finanziamento' alla Russia: "È ovvio. Non si possono dare armi all'Ucraina con una mano e con l'altra sostenere il finanziamento dell'esercito russo attraverso il sistema fiscale. È necessario parlarne direttamente, nominare chiaramente le aziende che pagano le tasse in Russia e imporre loro sanzioni".

20:48

Bulgaria: nessun invio in Ucraina di equipaggiamento nucleare

Sofia non invierà in Ucraina alcun equipaggiamento destinato al progetto per la costruzione della centrale nucleare di Belene sul Danubio, la seconda in Bulgaria. Lo ha dichiarato oggi il ministro dell'Energia Rossen Hristov in un comunicato stampa inviato ai media locali. A suo dire "le voci in merito sono solo delle speculazioni" e "simili decisioni possono essere adottate solo dal parlamento". Il ministro rileva che per un'operazione del genere è stato mostrato interesse esclusivamente dalla parte ucraina. Le dichiarazioni di oggi di Hristov sono in netto contrasto con le sue parole rese pubbliche ieri dopo il suo incontro a Stoccolma, a margine della riunione del Consiglio informale dei ministri europei dell'Energia e del Trasporti, con il ministro dell'Energia ucraino Herman Halushchenko. In un comunicato stampa di ieri del dicastero di Sofia è detto che "i due ministri hanno discusso della possibilità di cooperazione nel settore dell'energia nucleare, compreso l'uso in Ucraina delle attrezzature russe per la centrale nucleare bulgara di Belene. La questione sarà studiata in dettaglio, e per questo la parte ucraina invierà una squadra tecnica in Bulgaria".

21:19

Zelensky: "Sotto controllo tutti i fronti"

Le forze ucraine stanno tenendo sotto controllo tutte le sezioni del fronte, ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelensky in un discorso video. Zelensky ha parlato poche ore dopo che il comando militare ucraino ha dichiarato che le truppe russe stavano avanzando vicino alla città chiave di Bakhmut, al centro di pesanti attacchi da parte delle forze russe. 

21:43

Estonia, avanti con forniture munizioni a Kiev

"È importante continuare a sostenere l'Ucraina per aiutarla a vincere la guerra e dare esecuzione all'invio congiunto di munizioni da parte dell'Unione europea. Allo stesso tempo, dobbiamo garantire l'applicazione delle sanzioni alla Russia e isolarla a livello internazionale". Lo ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri dell'Estonia, Urmas Reinsalu, al termine dell'incontro con il ministro degli Affari Europei finlandese, Tytti Tuppurainen. Durante l'incontro - che ha riguardato l'ulteriore sostegno all'Ucraina, l'adesione alla Nato di Finlandia e Svezia e la garanzia che la Russia sia ritenuta legalmente responsabile dei crimini commessi in Ucraina - i ministri hanno ribadito il loro fermo sostegno all'Ucraina e l'intenzione dei rispettivi Paesi di continuare l'invio di assistenza militare. Reinsalu e Tuppurainen hanno inoltre discusso delle modalità per garantire che la Russia sia ritenuta legalmente responsabile dei crimini commessi in Ucraina e del processo di istituzione di un tribunale speciale per i crimini di aggressione.

21:52

Zelensky, superato inverno molto difficile

"Questo inverno è finito. È stato molto difficile, e ogni ucraino ha sentito questa difficoltà. Ma siamo comunque riusciti a fornire all'Ucraina elettricità e riscaldamento. Certo, la minaccia al sistema energetico rimane, ma stiamo continuando a lavorare e a prepararci per la prossima stagione". Così il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, nel consueto post serale pubblicato sui suoi canali social. Oggi Zelensky ha incontrato "tutti i responsabili della stabilità del nostro sistema energetico", in una riunione durata "oltre tre ore", ha aggiunto il presidente ucraino.

22:15

Usa cercano sostegno alleati a sanzioni Cina per Ucraina

Gli Stati Uniti stanno cercando il sostegno degli alleati su possibili sanzioni alla Cina se Pechino fornirà aiuti militari alla Russia per la guerra in Ucraina. Lo riporta Reuters sul proprio sito citando alcune fonti. Le consultazioni sono nelle fasi preliminari e puntano a ottenere il sostegno in particolare dei paesi del G7.

Estratto da repubblica.it l’1 marzo 2023.

Vladimir Putin e l'ex campionessa di ginnastica Alina Kabaeva, da anni additata come la sua giovane amante, vivono insieme nella lussuosa residenza a Valdai. Lo rivela un'inchiesta di Proekt, sito indipendente russo specializzato in giornalismo investigativo.

 Assistenti e familiari della donna risiederebbero nella grande residenza di Valdai e una sorella possiederebbe un appartamento nelle vicinanze. All'interno del comprensorio  è stato costruito un "terem" di legno, tradizionale abitazione per le donne e i bambini, dove alloggiano la ginnasta e i due figli, nati nel 2015 e nel 2019, che Kabaeva avrebbe avuto da Putin.

(...)

 Nel 2003 il presidente russo ha divorziato da Ljudmila dopo 30 anni di matrimonio. Putin ha sempre negato i pettegolezzi sulla sua presunta relazione con l'ex campionessa di ginnastica ritmica che ha 30 anni meno di lui. Nell'aprile dello scorso anno, mentre tutti pensavano che fosse nascosta in Svizzera dall'inizio della guerra in Ucraina, è comparsa a un evento a Mosca promosso dalla sua fondazione con un anello alla mano destra. Il gioiello, indossato dove si porta la fede nei Paesi ortodossi, non è passato inosservato tra i media: un possibile regalo da parte del presidente russo per sugellare la loro relazione.

Nata in Uzbekistan, è considerata una star nazionale, ha vinto 21 medaglie ai Campionati Europei, 14 ai Campionati mondiali e due medagli olimpiche, tra cui l'oro ad Atene 2004. Dal 2008, finita la sua carriera nella ginnastica ritmica, è entrata a far parte del Consiglio di amministrazione del Gruppo mediatico nazionale che controlla tv e radio filo-governative. Ed è finita nel mirino delle sanzioni di Usa, Ue e Regno Unito lo scorso anno.

Estratto dell'articolo di Marco Imarisio per il “Corriere della Sera” il 2 marzo 2023.

La vita privata di Vladimir Putin è un «segreto con sette sigilli», come dicono da queste parti.

Negli ultimi due giorni, l’inchiesta del gruppo proekt.media sulle finanze di Vladimir Putin e soprattutto sugli immobili che condivide con la sua presunta compagna, l’ex ginnasta olimpionica Alina Kabayeva, ha fatto il giro del mondo. Titoli su titoli, commenti.

In Russia non c’è stata notizia. Nel senso che proprio non è arrivata agli occhi e alle orecchie di nessuno. […]

Ne hanno parlato solo i siti di opposizione, gli «agenti stranieri» bloccati nel territorio del Paese, consultabili solo con le reti private Vpn alle quali dà una caccia serrata il Roskomnadzor, l’agenzia federale per le telecomunicazioni, mettendole sempre più spesso fuori uso.

 Le maglie della censura si fanno più strette quando si parla della famiglia dello zar.

[...] Nel 2008, il tabloid Moskovskij korrespondent osò pubblicare alcune indiscrezioni sull’intenzione del presidente di sposare Kabayeva.

La testata venne chiusa una settimana dopo.

 Figurarsi oggi. Secondo Proekt , la villa di Valdai, distante duecento chilometri da Mosca, e di recente fornita di un sistema di difesa aerea Pantsir-S1 per proteggerla, non è solo la dimora preferita dal presidente. Ma è anche il luogo dove vive insieme a Kabayeva, soprannominata «la regina senza corona», probabilmente con i loro due figli, dei quali non sono mai stati svelati il sesso e i nomi. […] La dimora è stata sistemata per ogni esigenza della donna.

Assistenti e suoi familiari risiedono anch’essi in una casa nel parco. All’interno del comprensorio, è stato costruito un terem di legno, una residenza separata sulla scorta di quelle che, nella Russia degli zar, venivano riservate alle élite aristocratiche femminili.

È quello il luogo dove alloggerebbero l’ex campionessa olimpica e i figli.

La parte privata dà più nell’occhio. Ma anche quella che riguarda le finanze della Kabayeva contiene dettagli inediti. La donna sarebbe proprietaria anche di un vasto attico di 2.600 metri quadri con piscina, cinema e pista di atterraggio per un elicottero, descritto come l’appartamento più grande del Paese, di altri appartamenti sul Mar Nero, registrati a nome della nonna.

Il valore del suo portafoglio immobiliare si aggirerebbe intorno ai 120 milioni di dollari. Secondo Proekt , la presunta compagna di Putin avrebbe accesso ai fondi della società offshore cipriota Ermira consultants, che altre inchieste avevano già identificato come una delle casseforti private del presidente e del suo circolo ristretto.

Ermira controlla anche la società Real Invest, proprietaria del marchio di vodka Putinka, i cui proventi tra il 2004 e il 2019 secondo un’altra recente indagine di Proekt avrebbero fruttato al presidente un guadagno di cinquecento milioni di dollari. […] L’eco suscitato ovunque dall’inchiesta di Proekt è normale. Perché tutto quel che riguarda Putin fa notizia. Tranne che nel suo Paese.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 2 marzo.

La Repubblica. Breve dialogo tra Blinken e Lavrov a margine del G20

Raid russo su Zaporizhzhia: 2 morti. Le forze di Mosca stringono il cerchio intorno a Bakhmut. Il cancelliere Scholz: "Putin non è pronto a parlare di pace. Pechino non fornisca armi a Mosca". Kiev: uccisi 150mila soldati russi. Secondo i media russi, un gruppo di ucraini sarebbe entrato nella regione di Bryansk e avrebbe ucciso due persone, ferito un bambino e preso quattro ostaggi. Mosca: "C'è il rischio di uno scontro tra potenze nucleari"

Kiev nega di aver attaccato territori della Federazione russa con droni, ma il Cremlino insiste e sostiene inoltre che è stato bloccato un tentativo di colpire la Crimea. Il Pentagono: "Nessun aiuto per colpire il territorio russo". Primo contatto tra il segretario di Stato Usa Blinken e il ministro degli Esteri russo Lavrov: "Mosca revochi lo stop al Trattato Start, consideri il piano di Zelensky e cessi una guerra ingiusta", dice Washington. In serata segnalata un'esplosione a Kolomna, 120 chilometri a sud-est di Mosca.

Punti chiave

23:16

Esplosione a Kolomna, a 120 chilometri da Mosca

16:00

Blinken: "A Lavrov ho detto che serve la diplomazia per una pace giusta"

12:36

Usa-Russia, Blinken-Lavrov dieci minuti a colloquio a margine del G20

11:59

La Sirenetta di Copenaghen vandalizzata con i colori della bandiera russa

11:52

Kiev: "I sabotatori di Bryansk? Una provocazione russa"

11:19

Mosca: "C'è rischio di uno scontro diretto tra potenze nuclearì"

10:52

Media Mosca: i "sabotatori ucraini" hanno preso in ostaggio a Bryansk 4 ostaggi, due adulti e due bambini

10:24

Russia: presa d'ostaggi in regione di Bryansk, vicino alla frontiera con l'Ucraina

07:34

G20. Mosca: incontro Lavrov-Blinken non è avvenuto per posizione Usa

06:57

Kiev: a Zaporizhzhia distrutto un palazzo di cinque piani, due morti

03:14

Kiev: raid su Zaporozhzhia, colpito un palazzo di abitazioni

03:14

Kiev: raid su Zaporozhzhia, colpito un palazzo di abitazioni

La Russia ha condotto questa notte un attacco aereo su Zaporizhzhia, danneggiando gravemente un edificio residenziale. Lo ha scritto su Telegram il sindaco ad interim Anatoly Kurtev, citato dai media ucraini. L'amministrazione militare regionale di Zaporizhzhia ha riferito che a colpire l'edificio è stato probabilmente un missile russo S-300. L'attacco ha distrutto tre piani del palazzo. Informazioni su eventuali vittime non sono ancora disponibili.

03:45

In calo il sostegno degli americani agli aiuti a Kiev

Il sostegno degli americani all'Ucraina è in calo. Secondo gli ultimi sondaggi, la percentuale dei cittadini Usa favorevoli agli aiuti a Kiev è calata dal 60% di maggio al 48% nell'ultimo mese, con il 26% degli americani convinti che gli Stati Uniti abbiano già dato troppo all'Ucraina. Questa tendenza agita la Casa Bianca soprattutto in vista della stagione elettorale. E la preoccupazione è talmente palpabile, riporta il New York Times, che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sta cercando di instaurare un contatto diretto con lo speaker della Camera americana Kevin McCarthy per chiedere l'appoggio del Congresso.

04:11

Slovacchia: possibile fornitur di dieci Mig-29 a Kiev

 La Slovacchia sta valutando la possibilità di dare all'Ucraina 10 dei suoi 11 aerei Mig-29 di fabbricazione sovietica, ha dichiarato il ministro della Difesa slovacco Jaroslav Nad, citato dai media internazionali. A inizio febbraio, il quotidiano slovacco Sme aveva riferito che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto a Bratislava aerei da combattimento e che il primo ministro slovacco Eduard Heger ha detto che sarebbero iniziati i negoziati per la fornitura dei Mig.

04:20

Media russi: radar per difesa aerea vicino a stazione metrò di Mosca

Una stazione radar mobile utilizzata in coordinamento con i sistemi di difesa aerea è stata installata vicino alla stazione della metropolitana Salaryevo a Mosca, riferisce il quotidiano indipendente russo The Insider. Si tratterebbe di un P-18-2 Prima, un radar di sorveglianza e puntamento progettato per rilevare e tracciare bersagli in arrivo per i sistemi di difesa aerea che si trovano nelle vicinanze, riferisce la fonte citando un video apparso sul canale Telegram locale 'Sirena russa'.

06:57

Kiev: a Zaporizhzhia distrutto un palazzo di cinque piani, due morti

Due persone sono state uccise questa mattina in un attacco missilistico lanciato dalle forze armate russe  su Zaporizhzhia. Lo ha riferito su Telegram il sindaco ad interim di Zaporizhzhia, Anatoly Kurtev, precisando che nell'attacco è stato "quasi completamente distrutto un edificio residenziale di cinque piani" e che "diverse sono sotto le macerie"

07:34

G20. Mosca: incontro Lavrov-Blinken non è avvenuto per posizione Usa

L'incontro tra il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, non ha potuto aver luogo a causa della posizione degli Stati Uniti. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, a margine del G20 in India, citata da Interfax. "A mio avviso, la posizione degli Stati Uniti è stata indicata in modo chiaro e molto tempo. Sono a favore dell'escalation dei conflitti  in tutto il mondo e la diplomazia, purtroppo, è apparentemente relegata in secondo piano", ha detto Zakharova ai giornalisti.

08:42

Kiev: oltre 150mila soldati russi uccisi da inizio guerra

Sono oltre 150mila i soldati russi uccisi in Ucraina dall'inizio dell'invasione delle forze di Mosca: lo ha annunciato lo Stato Maggiore delle Forze Armate di Kiev in un post su Facebook, come riportano i media nazionali.

Dal 24 febbraio 2022 i russi hanno perso sul campo di battaglia almeno 150.605 soldati, di cui 715 solo nella giornata di ieri. Dall'inizio della guerra, la Russia ha inoltre perso 3.397 carri armati, 6.658 veicoli blindati da combattimento, 2.398 sistemi di artiglieria, 300 aerei, 288 elicotteri, 2.058 droni, 873 missili da crociera e 18 navi.

09:04

Zelenska, 'a Zaporizhzhia colpiti i civili, non perdoneremo'

 La first lady ucraina Olena Zelenska ha commentato su Twitter l'attacco notturno russo con missili a Zaporizhia: "La città resiste coraggiosamente, (l'esercito russo) per rappresaglia attacca i civili. Nella notte è stato deliberatamente colpito un condomionio, tre piani sono completamente distrutti, civili sono morti. Continuiamo a cercare sotto le macerie. Condoglianze alle vittime. Non perdoneremo". Zelenska ha anche postato un'immagine dell'edificio colpito.

09:31

Scholz a Pechino: non consegnate armi alla Russia

"È deludente che all'ultimo G20 non ci fosse una chiara condanna dell'aggressione russa in Ucraina" da parte della Cina. Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz, parlando al Bundestag a un anno dalla "svolta epocale" annunciata il 27 febbraio dell'anno scorso. "Il mio messaggio alla Cina è chiaro: usate la vostra influenza su Mosca per far ritirare le truppe e non consegnate armi alla Russia", ha scandito.

09:34

Scholz: Putin non è pronto a parlare di pace

"Putin non è affatto pronto a parlare di pace". Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz, parlando al Bundestag. Scholz ha anche confermato che ci sono colloqui in corso con Kiev per "le garanzie di sicurezza per il futuro".

09:51

Lavrov: l'Occidente seppellisce l'accordo sul grano

"L'Occidente seppellisce spudoratamente l'accordo" sulle esportazioni di grano dall'Ucraina mediato dall'Onu e dalla Turchia. Lo ha affermato il capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov, durante una riunione dei ministri degli Esteri del G20 in India.

Secondo Lavrov, citato dall'agenzia Ria Novosti, ci sono "ostacoli evidenti" all'esportazione di prodotti agricoli russi in tutto il mondo, indipendentemente dal fatto che l'Ue cerchi di "convincere tutti del contrario".

10:24

Russia: presa d'ostaggi in regione di Bryansk, vicino alla frontiera con l'Ucraina

Alcune persone sono tenute in ostaggio in un negozio nella regione russa di Bryansk, teatro stamane di un blitz di un gruppo di "sabotatori" arrivato dall'Ucraina. Lo riporta l'agenzia Tass, confermando che "due villaggi sono stati attaccati dai sabotatori: Lyubechane e Sushany" e che sarebbe sei i civili tenuti in ostaggio a Lyubechane. La Tass parla di "diverse decine di militanti armati" e di "scontri" con le forze russe.

In particolare, il gruppo di "sabotatori ucraini" avrebbe eseguito un blitz in territorio russo, uccidendo una persona e un ferendo un bambino di 10 anni. Lo ha reso noto il governatore della regione di Bryansk, situata al confine con l'Ucraina, sul suo canale Telegram. "I sabotatori dall'Ucraina hanno sparato contro un'auto in movimento nel villaggio di Lyubechane, nel territorio del distretto di Klimovsky", ha dichiarato Alexander Bogomaz, secondo cui il bambino è stato portato in ospedale e sta ricevendo l'assistenza necessaria. "Le forze armate della Federazione Russa stanno adottando tutte le misure necessarie per eliminare il gruppo di sabotatori", ha aggiunto il governatore. Inoltre, secondo Bogomaz, il distretto di Klimovsky è stato attaccato dalle forze armate ucraine con un drone, il cui "schianto" ha provocato un incendio in un edificio residenziale nel villaggio di Sushany. "I servizi operativi e di emergenza stanno lavorando sul posto", ha precisato.

10:41

Mosca: "Pronti a distruggere sabotatori Kiev che hanno sconfinato"

"Nel distretto di confine di Klimovsky della regione di Bryansk i Servizi di sicurezza della Russia e le forze del ministero della Difesa stanno adottando misure per distruggere i nazionalisti ucraini armati che hanno violato il confine di stato". È quanto riporta una nota dell'Fsb. Lo dice la Tass.

10:51

Russia: "Saremo costretti a rispondere ai test nucleari Usa"

La Russia sarà costretta a rispondere ai test nucleari se gli Stati Uniti decideranno di condurli. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov riferendosi al Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Ctbt) e alle "crescenti preoccupazioni" in merito per "le azioni degli Stati Uniti". Secondo il vice di Sergei Lavrov, "la situazione intorno al Ctbt desta crescente preoccupazione. La responsabilità del fatto che il Trattato non sia entrato in vigore da più di un quarto di secolo della sua esistenza ricade, infatti, sugli Stati Uniti, che con aria di sfida si sono rifiutati di ratificarlo e stanno mostrando un'evidente propensione a riprendere i test". Intervenendo alla Conferenza sul disarmo a Ginevra, Ryabkov ha affermato che "non possiamo rimanere indifferenti a quanto sta accadendo. Se gli Stati Uniti decideranno comunque di fare un simile passo e di essere i primi a condurre test nucleari, saremo costretti a rispondere adeguatamente".

10:52

Media Mosca: i "sabotatori ucraini" hanno preso in ostaggio a Bryansk 4 ostaggi, due adulti e due bambini

Un gruppo di "sabotatori ucraini" entrato stamane nella regione russa di Bryansk ha preso in ostaggio due adulti e due bambini nel villaggio di Sushany, secondo testimoni citati dall'agenzia russa Interfax. I servizi di sicurezza russi (Fsb) hanno detto di essere all'opera per "distruggere i nazionalisti armati ucraini che hanno violato i confini dello Stato".

11:07

G20, Mosca e Pechino accusano l'Occidente: "Ricatti e minacce" 

Russia e Cina hanno accusato l'Occidente di usare "ricatti e minacce" contro altri Paesi. Lo ha riferito Mosca, dopo l'incontro a New Delhi dei ministri degli Esteri dei due Paesi, Sergei Lavrov e Qin Gang, a margine del G20. "È stato espresso un rifiuto unanime dei tentativi di interferire negli affari interni di altri Paesi, di imporre approcci unilaterali attraverso ricatti e minacce e di opporsi alla democratizzazione delle relazioni internazionali", si legge nella nota.

11:19

Mosca: "C'è rischio di uno scontro diretto tra potenze nuclearì"

Gli Usa e la Nato stanno "fomentando ulteriormente il conflitto in Ucraina e attorno" a questo Paese e il loro "crescente coinvolgimento" porta il rischio di "uno scontro militare diretto tra potenze nucleari con conseguenze catastrofiche". Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov alla Conferenza sul disarmo a Ginevra. Lo riferisce la Tass.

11:30

Germania, respinta l'esplusione dalla Spd per l'ex cancelliere Schröder

L'ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder può rimanere nell'Spd. La domanda di espulsione dal partito è stata respinta anche in secondo grado dalla commissione arbitrale distrettuale di Hannover, come riporta Der Spiegel. La richiesta di espulsione dall'Spd per Schröder era stata fatta da diversi membri del partito, a causa delle sue controverse dichiarazioni sulla guerra in Ucraina e delle sue attività commerciali con alcune aziende russe. Diverse organizzazioni del partito socialdemocratico avevano avviato nei suoi confronti un procedimento di espulsione, inizialmente respinto dalla commissione arbitrale del sottodistretto di Hannover. Ora il ricorso è stato ora integralmente rigettato.

11:50

Cremlino: "A Bryansk è un attacco terroristico. Putin annulla il viaggio a Stavropol"

Contro la regione russa di Bryansk è in corso "un attacco di terroristi" a seguito di infiltrazioni di "sabotatori ucraini": le forze di sicurezza "stanno prendendo le misure per eliminarli". Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che ha annunciato che a causa di questa vicenda il presidente russo Vladimir Putin ha annullato il viaggio che aveva in programma a Stavropol.

11:52

Kiev: "I sabotatori di Bryansk? Una provocazione russa"

"La storia del gruppo di sabotaggio ucraino nella Federazione Russa è una classica provocazione deliberata. La Federazione russa vuole spaventare la sua gente per giustificare l'attacco a un altro Paese e la crescente povertà dopo un anno di guerra. Il movimento partigiano nella Federazione russa sta diventando più forte e più aggressivo. Temete i vostri partigiani...". Così il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, commenta su Twitter l'azione condotta in territorio russo da un gruppo di "sabotatori" proveniente dall'Ucraina, come sostenuto dalle autorità russe.

11:59

La Sirenetta di Copenaghen vandalizzata con i colori della bandiera russa

La celebre Sirenetta di Copenaghen è stata vandalizzata nella notte: la base è stata imbrattata con i tre colori della bandiera russa, rosso, blu e bianco. La polizia ha riferito di un "caso di vandalismo" sul quale sono in corso indagini. Il gesto sembra un messaggio di sostegno nei confronti di Mosca nell'ambito dell'invasione dell'Ucraina.

12:19

G20, Lavrov: "Nessuna dichiarazione finale comune, a causa dell'Occidente"

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato che il documento comune finale della riunione dei ministri degli Esteri del G20 non potrà essere concordato a causa delle controversie sulla situazione in Ucraina. Lo riporta Ria Novosti. "Purtroppo non è stato possibile approvare la dichiarazione a nome di tutti i ministri del G20 - ha spiegato - i nostri colleghi occidentali, proprio come un anno fa sotto la presidenza indonesiana, hanno cercato con menzogne e dichiarazioni retoriche di portare in primo piano il problema della situazione in Ucraina, che ovviamente servono sotto la salsa dell' 'aggressione russa'", ha dichiarato Lavrov.

12:36

Usa-Russia, Blinken-Lavrov dieci minuti a colloquio a margine del G20

Il segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri russo si sono parlati al G20 in India

12:53

Usa-Russia, Zakharova: Lavrov e Blinken hanno parlato "in movimento"

Sergey Lavrov e Anthony Blinken hanno parlato "in movimento" alla seconda sessione della riunione dei ministri degli Esteri del G20 in India, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova all'ageniza Tass chiarendo quella che era sembrata una iniziale smentita di Lavrov dell'incontro con Blinken.

Non si è trattato di un vero bilaterale ma ci sono stati contatti. Blinken ha chiesto un contatto con Lavrov. Lungo la strada, nell'ambito della seconda sessione dei venti, ha parlato Sergey Viktorovich. Non ci sono state trattative, riunioni e così via ", ha detto.

13:14

Fonti Ue, vicini a grande coalizione per munizioni a Kiev

"Siamo sul punto di vedere una grande coalizione tra i Paesi Ue sugli appalti congiunti per fornire munizioni all'Ucraina: si tratta di un cambiamento profondo di approccio e avrà conseguenze importanti anche sulla difesa comune europea". Lo ha detto un alto funzionario Ue che segue da vicino i negoziati.

"Sulle munizioni sarà una questione di giorni o settimane, non di mesi", ha precisato. Ben 26 stati membri su 27 (manca solo la Danimarca) sono d'accordo nell'usare l'Agenzia per la Difesa Europa (Eda) per "aggregare la domanda" e aumentare la produzione di munizioni, così da rimpinguare i magazzini europei "con prodotti europei".

13:41

G20: summit India finisce senza consenso su Ucraina

"Se avessimo avuto un perfetto incontro di vedute su tutte le questioni, ci sarebbe stata una dichiarazione collettiva", ha dichiarato il ministro degli Esteri indiano Jaishankar, che ha aggiunto che i membri si sono trovati d'accordo sulla maggior parte delle questioni che riguardano le preoccupazioni dei Paesi meno sviluppati, "come il rafforzamento del multilateralismo, la promozione della sicurezza alimentare ed energetica, il cambiamento climatico, le questioni di genere e la lotta al terrorismo".

13:48

L'oligarca russo Deripaska: Russia con le casse vuote nel 2024

 La Russia potrebbe trovarsi con le casse vuote già il prossimo anno e ha bisogno di investimenti da paesi "amici" per spezzare la morsa delle sanzioni sull'economia. Lo ha detto l'oligarca russo Oleg Deripaska intervenendo a un forum in Siberia, secondo quanto riportato dall'agenzia Bloomberg. "Già il prossimo anno non ci saranno soldi. Avremo bisogno di investitori stranieri", ha spiegato Deripaska.

13:51

Russia: media, esplosione in regione Tula, ipotesi drone

 Un'esplosione è avvenuta nella regione russa di Tula e fra le ipotesi è che possa essere stata causata dalla caduta di un drone. Nella zona, che si trova a circa 170 chilometri a sud di Mosca, sono concentrate varie industrie per la produzione di armi.

Secondo il governatore della regione, citato dall'agenzia Ria Novosti, fra le spiegazioni di quanto accaduto potrebbe essere la caduta di un drone.

14:15

Zelensky dopo il raid di Zaporizhzhia: "Impediremo al male russo di dominare"

 "Non daremo al male russo la possibilità di dominare, né all'interno dell'Ucraina, né in alcuna parte del mondo". Lo ha scritto su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky commendando il raid russo compiuto nella notte su Zaporizhzhia nel quale hanno perso la vita tre persone e altre sono rimaste ferite. "I terroristi hanno colpito un edificio residenziale dove dormono i civili. Ci sono morti, feriti, dispersi", ha denunciato Zelensky aggiungendo che "questo male non eviterà la responsabilità dei crimini commessi".

14:44

Anche la Cina non firma la dichiarazione del G20 sulla guerra

Anche la Cina, così come la Russia, si è rifiutata di firmare la dichiarazione finale del G20 in merito alla guerra in Ucraina. Lo rende noto l'emittente indiana Ndtv.

14:57

Mosca: gli attacchi con droni di Kiev sono impossibili senza l'aiuto americano

"I tentativi dell'Ucraina di attaccare le basi aeree strategiche russe? non sarebbero stati possibili senza l'aiuto degli Stati Uniti, inclusa la fornitura di intelligence. Ne siamo consapevoli". Lo ha affermato il viceministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov parlando alla Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo a Ginevra. Lo riporta Ria Novosti. "Non è un segreto che qualche tempo fa Kiev abbia lanciato attacchi con droni contro basi strategiche dell'aviazione russa nelle regioni di Saratov e Ryazan. Sappiamo che questi attacchi non sarebbero stati possibili senza una seria assistenza da parte degli Stati Uniti, compresa la selezione degli obiettivi, la fornitura di intelligence e assistenza di altro tipo", ha spiegato.

15:09

Le vittime di Zaporizhzhia sono due, tra i feriti una donna incinta

Il capo dell'amministrazione militare regionale di Zaporizhzhia Yury Malashko ha corretto le prime informazioni sul numero delle vittime nel condominio bombardato nella notte: le vittime sono due e non quattro, come avevano detto le autorità ucraine in precedenza. Malashko ha spiegato alla tv nazionale che i missili russi hanno ucciso due uomini, sei persone sono rimaste ferite: tre uomini e tre donne, una delle quali è incinta. Venti persone sono state evacuate, undici sono state salvate.

 15:40

Mosca: sale a due il numero dei morti a Bryansk

Sale a due il numero di civili morti nel villaggio di Lyubechane, distretto di Klimovsky, nella regione di Bryansk, in Russia, a seguito di quello che, secondo Mosca, è un attacco da parte di "sabotatori ucraini". Lo riporta Ria Novosti citando il profilo Telegram del governatore della regione russa al confine con l'Ucraina, Alexander Bogomaz. La seconda persona deceduta è "un uomo nato nel 1966".

15:19

007 russi: la situazione a Bryansk è sotto controllo 

L'Fsb ha dichiarato che la situazione nel distretto di Klimovsky della regione russa di Bryansk è "sotto il controllo delle forze dell'ordine" russe. I servizi di sicurezza di Mosca sostengono che sarebbe "stato trovato un gran numero di ordigni esplosivi di vario tipo" e sarebbe in corso "lo sminamento". Lo riporta la Tass.

16:00

Blinken: "A Lavrov ho detto che serve la diplomazia per una pace giusta"

A Sergei Lavrov ho detto che la Russia deve "impegnarsi in un'azione diplomatica significativa" che possa produrre una "pace giusta". Lo ha affermato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, riferendo in conferenza stampa del suo breve colloquio con il ministro degli Esteri russo, a margine del G20 di New Delhi. Vladimir Putin, ha aggiunto Blinken, ha però mostrato "zero interesse" per la pace: "E ho chiesto alla Russia di invertire la sua decisione irresponsabile di sospendere New Star e di rientrare nell'accordo".

16:21

Blinken minaccia la Cina: "Possibili sanzioni se dà aiuto militare alla Russia"

L'assistenza militare della Cina alla Federazione Russa comporterebbe conseguenze, comprese sanzioni". Lo ha dichiarato il segretario di Stato americano, Antony Blinken, nel corso di un punto stampa a Nuova Delhi. "Gli Stati Uniti hanno detto alla Cina che l'assistenza militare di Pechino a Mosca sarebbe un problema serio per le relazioni bilaterali", ha aggiunto.

16:37

Blinken: "Ho fatto una proposta seria a Mosca per il rilascio di Whelan" 

"Gli Stati Uniti hanno fatto una proposta sera per il rilascio di Paul Whelan. Mosca dovrebbe accettarla". Lo ha detto Antony Blinken in una conferenza stampa a New Delhi riferendo del suo breve incontro con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. "Gli ho parlato dell'ingiusta detenzione di Paul come ho fatto in altre occasioni. Siamo determinati a riportare a casa lui e tutti i cittadini americani ingiustamente detenuti nel mondo", ha detto il segretario di Stato. Ex Marine, Whelan è stato arrestato in Russia nel dicembre 2018 con l'accusa di spionaggio. Nel giugno del 2020 è stato condannato a 16 anni di carcere.

16:49

Kiev: attacco russo sui civili in fila per gli aiuti a Kherson

Le forze russe hanno attaccato con droni i civili in fila per ricevere aiuti umanitari nel distretto di Beryslav nella regione di Kherson. Lo ha riferito l'ufficio del procuratore generale ucraino su Telegram. Nove persone sono rimaste ferite, tra cui un bambino.

"A seguito dei bombardamenti, 9 civili sono rimasti feriti, compreso un minorenne. Ricevono assistenza medica qualificata.

Il numero definitivo delle vittime è in fase di chiarimento", continua il messaggio, aggiungendo che infrastrutture civili sono state danneggiate nell'attacco.

17:11

Nato, l'Ungheria rinvia di due settimane la decisione sulla ratifica per l'ingresso di Svezia e Finlandia

Il Parlamento ungherese ha rinviato di altre due settimane il dibattito e l'eventuale voto sull'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Sebbene il dibattito parlamentare fosse già iniziato il giorno prima e i media ipotizzassero che si potesse votare la prossima settimana, il Parlamento ha fissato la settimana una nuova data, dal 20 al 24 marzo, per completare il processo di ratifica.

Fidesz, il partito che da tredici anni governa con la maggioranza assoluta, ritarda da mesi il voto sull'ingresso di Svezia e Finlandia (mancano solo le ratifiche di Ungheria e Turchia) sostenendo che le critiche di quei due Paesi sulla deriva democratica di Budapest sono "ingiuste". 

17:31

Mosca: "Nazionalisti ucraini respinti oltre la frontiera"

I "nazionalisti ucraini" che si erano infiltrati stamane nel territorio della regione russa frontaliera di Bryansk, sono stati "respinti nel territorio ucraino", che è stato colpito da un "massiccio bombardamento di artiglieria" russo. Lo affermano i servizi di sicurezza interni russi (Fsb) citati dalle agenzie di Mosca.

18:22

Mosca contro Blinken, sue parole su Lavrov "non professionali"

Mosca ha definito auto-promozione le parole del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, sul suo incontro con l'omologo russo, Serghei Lavrov, in India. "Si tratta di self-pr, pubblicità e mancanza di professionalità", ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, "gli Usa non hanno nulla da proporre".

18:41

Nuovo team Aiea arriva a Zaporizhzhia

Un nuovo team di tre esperti dell'Aiea è arrivato alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, prendendo il posto della squadra al lavoro dai primi di gennaio. Lo ha annunciato il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, Rafael Grossi, sottolineando che la rotazione arriva con un mese di ritardo rispetto a quanto previsto. Si conclude così "una impasse che ha complicato gli sforzi dell'Aiea a sostegno della sicurezza nucleare durante il conflitto", sottolinea il comunicato di Grossi. La squadra arrivata oggi è la sesta da quando è stata istituita a settembre la missione di sostegno a Zaporizhzhia (Isamz). "La presenza permanente dell'Isamz all'impianto di Zaporizhzhia è indispensabile per aiutare a ridurre i rischi di un incidente nucleare in questa guerra già devastante. I nostri coraggiosi esperti, lavorando strettamente con lo staff dell'impianto, forniscono consigli tecnici e monitorano la situazione in circostanze estremamente difficili", sottolinea Grossi, ribadendo ancora una volta la necessità di creare una zona di sicurezza attorno alla centrale di Zaporizhzhia.

18:56

Pentagono, fornire F-16 a Kiev richiederebbe almeno 18 mesi

Fornire i caccia F-16 a Kiev con relativo addestramento dei piloti richiederebbe tra i 18 e i 24 mesi. Lo ha riferito il sottosegretario al Pentagono, Colin Kahla, nel corso di un'audizione davanti alla commissione Forze Armate della Camera dei rappresentanti. Per Kahl, poiché la decisione sull'invio dei caccia non è ancora stata presa, né dagli Usa né dai loro alleati, non ha senso al momento avviare l'addestramento dei piloti ucraini. "A nostro giudizio non si risparmia veramente tempo avviando subito l'addestramento. E poiché non abbiamo deciso sulla fornitura degli F-16 e non lo hanno fatto nemmeno i nostri alleati e partner, non ha senso addestrarli all'uso di un sistema che potrebbero non ricevere mai", ha spiegato. In generale, Kahl ha riferito che l'invio dei nuovi F-16 richiederebbe dai tre ai sei anni, mentre per le versioni precedenti si tratterebbe di 18-24 mesi.

19:11

Ucraina: ordinata evacuazione dei "vulnerabili" da Kupiansk

Le autorità ucraine hanno ordinato l'evacuazione obbligatoria dei cittadini ritenuti "vulnerabili" da Kupiansk, centro abitato in prima linea sul fronte nord-est, poichè aumentano i timori che la Russia riconquisti la città e lo snodo ferroviario. "L'evacuazione obbligatoria delle famiglie con bambini e dei residenti con mobilità ridotta è iniziata nella comunità di Kupiansk, a causa del costante bombardamento del territorio della comunità da parte delle truppe russe", ha affermato l'amministrazione militare della regione di Kharkiv.

19:40

 Prigozhin pubblica video, 'mercenari Wagner a Bakhmut'

Yevgeny Prigozhin, il capo dei mercenari Wagner, ha condiviso un video su Telegram che secondo lui mostrerebbe i suoi combattenti nella città di Bakhmut. Lo riporta la Cnn. Nelle immagini si vedono uomini in uniforme sollevare una bandiera Wagner sulla cima di un edificio gravemente danneggiato, con uno degli uomini che impugna una chitarra, probabile riferimento al soprannome del gruppo, 'i musicisti'. Nel post Prigozhin afferma che il video gli è stato portato stamattina "da Bakhmut, praticamente il centro della città". La Cnn ha geolocalizzato il video a circa 2 km dal centro della città, dove il gruppo era già arrivato.

19:51

Usa, non abbiamo aiutato Kiev negli attacchi con i droni

"Non siamo in guerra con la Russia e le affermazioni che sostengono che abbiamo aiutato l'Ucraina" negli attacchi con droni a basi aeree strategiche russe sono "totalmente prive di senso". Lo ha detto il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, in un briefing con la stampa.

19:59

Medvedev, in attacco Bryansk Occidente complice "terroristi"

Gli eventi nella regione di Bryansk - dove quelli che Mosca considera "sabotatori" ucraini hanno ucciso due civili in un attentato - "hanno dimostrato che Stati Uniti, Nato e Ue appoggiano non il popolo ucraino amante della libertà, come dicono, ma una marmaglia di terroristi". La denuncia è arrivata su Telegram dal vicepresidente del Consiglio di Sicurezza nazionale russo, Dmitri Medvedev. "Gli eventi di oggi hanno dimostrato chi veramente è sostenuto negli Stati Uniti, nella Nato e nell'Ue", ha scritto l'ex presidente russo, "non è il popolo ucraino amante della libertà, ma solo dei bastardi nazisti, terroristi feccia, che attaccano i civili". "Sono i vostri figli adottivi, signori Sunak, Macron, Scholz e Biden", ha concluso Medvedev, "e il nostro atteggiamento nei vostri confronti ora sarà lo stesso che nei loro: i vostri Paesi partecipano ad atti di terrorismo del regime ucraino e siete complici diretti dei terroristi".

20:23

Servizi Kiev: "Fatti Bryansk indicano inizio lotta russi contro Putin"

I servizi d'intelligence militare ucraini ritengono che i fatti di oggi a Bryansk siano un segnale dell'inizio della rivolta dei russi contro il regime di Vladimir Putin.

L'invasione dell'Ucraina "ha aumentato i problemi all'interno della cosiddetta Federazione Russa. La Russia è una entità instabile, con un gran numero di questioni complesse irrisolte, contraddizioni e conflitti interregionali, interetnici, religiosi, sociali e politici. E il fatto che oggi cittadini di una certa area della Federazione russa si siano sollevati per rovesciare il regime di Putin è uno sviluppo naturale dopo l'invasione dell'Ucraina", ha detto Andrii Yusov, dell'intelligence militare ucraina, citato da Ukrainska pravda.

La Russia ha denunciato oggi una infiltrazione di "sabotatori ucraini" che avrebbero preso civili in ostaggio, sparato contro un'automobile e ferito un bambino. L'azione di infiltrazione è stata poi rivendicata dal Corpo dei Volontari russi, una unità di dissidenti russi che combatte a fianco dell'Ucraina. I volontari russi hanno affermato di aver teso un'imboscata a due veicoli di fanteria nell'oblast di Bryansk. Hanno negato di aver preso ostaggi e ferito un bambino. L'operazione sarebbe stata compiuta da 45 uomini. Una guardia di confine sarebbe stata ferita.

20:47

Kiev, respingiamo attacchi a Bakhmut, russi assaltano città

Le forze russe continuano a premere la loro offensiva nell'area di Bakhmut mentre le forze ucraine cercano di respingere gli attacchi in corso vicino alla città orientale e alle aree vicine nella regione di Donetsk. Lo ha riferito lo Stato Maggiore dell'esercito ucraino in un aggiornamento serale. "Stanno assaltando la città di Bakhmut", ha detto lo Stato Maggiore citato dalla Cnn, facendo eco a un precedente aggiornamento che suggeriva la presenza russa all'interno della città, e non solo in periferia.

Nelle ultime 24 ore, le forze russe hanno lanciato attacchi missilistici sulle città di Chasiv Yar, nella regione di Donetsk - a soli cinque chilometri a ovest di Bakhmut - e su Zaporizhzhia, ha sottolineato lo Stato Maggiore.  "La minaccia di ulteriori attacchi missilistici rimane alta in tutta l'Ucraina". Inoltre, ci sono stati tentativi offensivi russi infruttuosi nelle direzioni Kupyansk e Lyman. Nelle direzioni di Zaporizhzhia e Kherson, le forze russe continuano "a cercare di creare le condizioni per un'offensiva" e hanno sparato con l'artiglieria in più di 40 aree di insediamento. L'Ucraina ha effettuato 13 attacchi nell'ultimo giorno, in aree in cui la Russia dispone di personale e attrezzature militari. Le unità missilistiche e di artiglieria hanno colpito un deposito di munizioni russo.

21:14

Mosca, l'accordo sul grano non sta funzionando

La Russia "è costretta" a dichiarare che l'accordo sul grano non sta funzionando, poiché l'Occidente sabota l'esecuzione della parte russa degli accordi. Lo ha affermato il ministero degli Esteri russo, citato dalla Tass. "Siamo costretti ad affermare che il pacchetto di accordi proposto da Guterres e firmato a Istanbul il 22 luglio 2022 non sta funzionando. Il problema principale è il sabotaggio da parte dei Paesi occidentali del memorandum Russia-Onu", ha detto il ministero, sottolineando che "la parte del leone dei cereali dell'Ucraina va all'Ue per l'alimentazione animale a prezzi dumping, non ai Paesi più poveri" e che l'Occidente "deve smettere di giocare la carta del cibo".

21:18

Telefonata tra Zelensky e Lula

"Ho avuto una telefonata con il presidente brasiliano Lula. L'ho ringraziato per aver sostenuto la nostra risoluzione alle Nazioni Unite. Abbiamo sottolineato l'importanza di sostenere il principio della sovranità e dell'integrità territoriale degli Stati. Abbiamo anche discusso degli sforzi diplomatici per riportare la pace in Ucraina e nel mondo". Lo scrive in un post su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

21:37

Usa, domani nuovo pacchetto di armi all'Ucraina

"Domani gli Stati Uniti annunceranno un nuovo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina". Lo ha detto il portavoce per il Consiglio della sicurezza nazionale americana, John Kirby, precisando che si tratterà soprattutto di "artiglieria e munizioni per i sistemi che le forze di Kiev hanno già".

21:55

Zelensky sostituisce capo amministrazione militare città Kherson

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un decreto che nomina Roman Mrochko a capo dell'amministrazione militare della città di Kherson, dopo aver destituito Halyna Luhova dal suo incarico. Lo riporta Kyiv Independent. Mrochko ha lavorato come procuratore dal 2011 e in precedenza ha ricoperto la carica di procuratore militare nell'oblast di Lugansk. È anche un ex sostituto procuratore militare del comando militare meridionale.

22:01

Russia: esplosione a Kolomna, a 120 chilometri da Mosca

Un'esplosione si è registrata a Kolomna, a 120 chilometri sud-est di Mosca. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti che cita l'amministrazione comunale senza, però, fornire dettagli. "I servizi di emergenza sono sul posto", si sono limitati a dire le autorità locali. 

 22:10

Domani Putin incontra Consiglio di sicurezza

Domani, il presidente russo Vladimir Putin terrà un incontro operativo con i membri permanenti del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, secondo quanto annunciato dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. L'incontro avverrà all'indomani dell'attacco sferrato a Bryansk, vicino al confine ucraino, da quelli che Mosca ritiene "sabotatori ucraini". Lo riporta Ria Novosti.

22:17

Usa, dopo Blinken-Lavrov non previsti altri contatti con russi

Il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov sono rimasti a parlare otto minuti, a margine della riunione ministeriale del G20 in India, e non sono previsti ulteriori contatti di questo tipo con Mosca, ha detto il portavoce del dipartimento di Stato Ned Price. "E' stato un contatto di otto minuti, piuttosto breve", ha detto ai giornalisti durante un briefing. Secondo Price, gli Stati Uniti "non si fanno illusioni sul fatto che una comunicazione così breve possa cambiare la posizione della Russia nel prossimo futuro o in questo momento". Alla domanda dei giornalisti se siano ora possibili ulteriori contatti con la Russia, Price ha affermato che "gli Stati Uniti non si aspettano alcun contatto ad alto livello nel prossimo futuro". Allo stesso tempo, ha aggiunto che Washington è "sempre aperta al dialogo".

23:16

Esplosione a Kolomna, a 120 chilometri da Mosca

Un'esplosione si è registrata a Kolomna, a 120 chilometri sud-est di Mosca. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti che cita l'amministrazione comunale senza, però, fornire dettagli. "I servizi di emergenza sono sul posto", si sono limitati a dire le autorità locali.

23:35

Forse un drone all'origine dell'esplosione di Kolomna

"L'esplosione di Kolomna è avvenuta in aria. Con molta probabilità stiamo parlando di un drone. Ma finora è impossibile dirlo con certezza, dal momento che non riescono a trovare il relitto", hanno dichiarato le forze dell'ordine all'agenzia Tass. Un portavoce dei servizi di emergenza ha riferito che "un certo numero di potenziali strutture sono state controllate" e "non sono stati trovati segni di esplosione".

Sirenetta di Copenaghen imbrattata con i colori della bandiera russa. Alcuni vandali hanno dipinto la base della Sirenetta di Copenaghen con i colori della bandiera russa: sulla vicenda indaga la polizia danese. Alessandro Ferro il 2 Marzo 2023 su Il Giornale.

La statua della Sirenetta più famosa al mondo, quella che si trova all'ingresso del porto di Copenaghen, la scorsa notte ha subìto un atto vandalico: l'autore o gli autori del gesto hanno dipinto la base della roccia con i colori bianco, blu e rosso della bandiera della Russia. Il gesto potrebbe essere visto, in qualche modo, come un sostegno a Mosca nella guerra contro l'Ucraina.

L'indagine della polizia

Immediatamente dopo la scoperta dello sfregio la base della statua è stata ripulita, anche se gli scatti di giornalisti e turisti hanno già fatto il giro del mondo. Sulla vicenda sta già indagando la polizia della capitale danese che ha parlato di "atto di vandalismo". All'agenzia di stampa Ritzau è intervenuto Martin Kajberg, il capo della polizia di Copenaghen: "Stiamo avviando un'indagine per scoprire chi è stato, quando e come è successo, stiamo indagando". Alta 1,25 metri e pesante 175 chili, la statua ha compiuto 110 anni e celebra una delle più celebri fiabe dello scrittore danese Hans Christian Andersen, in cui il personaggio della Sirenetta prende vita diventando umana.

La storia travagliata della Sirenetta

Inaugurata nel 1913, non è la prima volta che la statua subisce atti vandalici: come avevamo visto sul Giornale.it, dobbiamo tornare indietro di tre anni per vedere un episodio a sfondo politico quando la statua fu imbrattata con alcune frasi che inneggiavano ai moti di Hong Kong, manifestazioni che si verificarono tra il 2019 e il 2020. Ma quello fu soltanto uno degli ultimi episodi che affondano radici profonde agli anni '60: nel 1964 fu addiritura decapitata. Come riportano alcuni media danesi, l'artista Jorgen Nash aveva dichiarato di conoscere gli autori del gesto rifiutando però di rivelare la loro identità. Nel suo libro di memorie affermò di aver gettato lui stesso la testa nell'area semi-naturale di Utterslev Mose, sei km a nord della capitale, ma non fu mai ritrovata.

Venti anni più tardi, nel 1984, alla Sirenetta fu segato il braccio su cui si appoggia, fortunatamente ritrovato poco tempo dopo. Un'altra decapitazione avvenne nel 1998 quando, durante di notte, le tagliarono la testa con una pialla: fu ritrovata pochi giorni dopo. Nel 2003 i vandali decisero di spostarla dalla sua storica posizione sul porto di Copenaghen. Nel corso degli anni la statua è stata mutilata e imbrattata di vernice numerose volte. Molte altre volte, invece, è stata vestita con il cappello di Babbo Natale, un burka e addirittura le maglie di calcio della Svezia e della Norvegia.

Bakhmut: il simbolo dell'inutile strage ucraina. Piccole Note (putiniana) il 2 Marzo 2023 su Il Giornale.

Il fatto che Kiev abbia inviato rinforzi a Bakhmut può voler dire che è intenzionata a difenderla fino all’ultimo ucraino o che voglia far concentrare i russi nell’area per attuare un’offensiva primaverile altrove. Oppure semplicemente che voglia coprire le spalle al ritiro delle truppe.

Bakmuth: l’inutile strage

Lo scrivono Matthew Mpoke Bigg e Edward Wang in un articolo del New York Times. E a conferma di quest’ultima ipotesi portano le parole di Zelenky, che ha dichiarato di non voler difendere la città a “tutti i costi”; concetto ribadito in un’intervista alla Cnn dal consigliere economico di Kiev Alexander Rodnyansky: “I nostri militari ovviamente soppeseranno tutte le opzioni. Finora hanno tenuto la città ma, se necessario, si ritireranno strategicamente. Perché non sacrificheremo tutta la nostra gente per niente”.

Resta che da tempo gli Stati Uniti avevano suggerito di ritirarsi dalla città indifendibile, cosa che avrebbe limitato le enormi perdite. A spiegare quanto avvenuto è ancora il Nyt. Consapevoli dell’importanza che Mosca ha accreditato alla conquista della città, gli strateghi di Kiev hanno colto “l’opportunità di infliggere migliaia di vittime [ai nemici], anche se a caro prezzo per i loro stessi combattenti”. Insomma, l’obiettivo non era la difesa di una città chiave, ma cogliere un’opportunità per fare una carneficina… tant’è.

Quanto alle prospettive della guerra, appare interessante un altro articolo del Nyt, stavolta a firma di Thomas Meaney, che spiega come i successi (veri o asseriti tali) della resistenza ucraina e i deficit palesati dall’esercito russo (asseriti o reali che siano) hanno “aumentato gli obiettivi dell’Ucraina” che, se nei primi giorni di guerra erano bassi, ora sono massimi, cioè “la riconquista di ogni centimetro del territorio occupato dai russi, compresa la Crimea”.

“Il guaio è che l’Ucraina ha un solo modo infallibile per realizzare questa impresa a breve termine: il coinvolgimento diretto della NATO nella guerra. – scrive Meaney – Solo il pieno dispiegamento di truppe e armamenti della NATO e degli Stati Uniti in stile Desert Storm potrebbe portare a una vittoria completa dell’Ucraina […] (non importa se un tale dispiegamento aumenterà le probabilità di una delle prospettive più cupe della guerra: più la Russia perde, più è probabile che ricorra alle armi nucleari)”. Parentesi indicativa.

Nessun motivo per proseguire la guerra

Ma, come rileva Meaney, “la vittoria completa è quasi impossibile“. E non solo perché gli armamenti promessi dalla Nato non arriveranno come da aspettative. “Il problema per Kiev è che, rassicurazioni pubbliche a parte, Washington non ha nessun interesse a entrare direttamente in guerra. Il generale Mark Milley, a capo degli Stati Maggiori congiunti, ha già espresso la sua opinione, cioè che vittoria totale sia per la Russia che per l’Ucraina è irraggiungibile a breve”.

“Il presidente Biden e il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, sono stati irremovibili nell’impedire agli Stati Uniti di entrare direttamente nel conflitto. E anche gli americani non hanno manifestato interesse per un coinvolgimento diretto”.

“Gli Stati Uniti potrebbero persino avere interesse al proseguimento delle ostilità, perché la guerra riduce la capacità della Russia di agire altrove nel mondo, incrementa l’export dell’energia americana [favorito dal sabotaggio del Nord Stream 2… ndr] ed è un’ottima prova generale per il consolidamento e il coordinamento degli alleati in vista della guerra economica contro Pechino”(… solo economica?).

Quindi il Nyt prende in esame le esigenze reali dei duellanti. Mosca, secondo Meaney, sembra propensa ad accontentarsi di controllare quanto conquistato, cioè “territori che anche nella migliore delle circostanze è difficile che l’Ucraina possa riconquistare“.

D’altra parte, invece, “il futuro economico dell’Ucraina appare sostenibile anche senza i territori attualmente occupati dalla Russia”, dal momento che conserva lo sbocco al Mare e tanto altro. Mentre “l’Ucraina rischierebbe di mettere a repentaglio questa posizione in una controffensiva”. Non spiega l’enunciato, ma è ovvio: può perdere.

Quindi la nota si conclude discettando sul possibile ingresso di Kiev, nel dopoguerra, nella Nato (ma gli Usa, spiega, sono contrari) o nella Ue. Temi di scarso interesse attualmente. Quel che interessa è che la “completa vittoria” di Kiev è in realtà uno slogan vuoto. Nessun leader d’Occidente ci crede.

Negoziati passati e futuri

Così attualmente si sta lottando, e stanno morendo a migliaia, per decidere se una o più cittadine dell’attuale fronte, peraltro ridotte in macerie, in futuro saranno russe o ucraine.

E per il destino di qualche abitato fantasma si nega ogni possibilità all’apertura di finestre negoziali e si continua a inondare Kiev di armi. Sull’inutile strage che si sta consumando in ucraina appaiono interessanti le dichiarazioni di Fareed Zakaria alla Cnn: “La guerra si sta svolgendo sul suolo ucraino, le sue città sono bombardate e ridotte in macerie, così come le sue industrie, e la sua gente è sempre più indigente. Se andrà avanti così, varrà la pena chiedersi: stiamo lasciando che l’Ucraina venga distrutta per salvarla?“.

Così concludiamo con quanto rileva Ted Snider in un articolo pubblicato su Consortium News, nel quale annota come i leader d’Occidente pubblicamente sostengano la causa massimalista ucraina, in privato dicono che il loro sostegno ha un limite e che tale massimalismo non ha basi (e anche lui, come Meaney, reputa che l’ingresso di Kiev nella Nato non è un’opzione realistica).

“L’orrore di tutto ciò è che un’Ucraina, più piccola dei confini territoriali precedenti e armata dall’Occidente, ma non nella NATO, è esattamente come sarebbe stata se i suoi partner occidentali le avessero permesso di accettare gli accordi che aveva dichiarato di essere disposta ad accogliere prima della guerra o ai quali aveva provvisoriamente acconsentito nelle prime settimane di guerra, senza che fosse costretta a subire i flagelli della guerra” (sulle interferenze d’Occidente sull’apertura di negoziati vedi ad esempio la BBC o l’intervista dell’ex premier israeliano Naftali Bennet).

C’era una volta Narva. La città estone ai confini con la Russia dove è tornata la cortina di ferro (tra le generazioni). Luciana Grosso su L’Inkiesta il 3 Marzo 2023.

È il terzo centro della repubblica baltica per popolazione, che discende dai coloni inviati ai tempi dell’Unione sovietica. Era un modello di convivenza con la gemella Ivangorod, dall’altro lato del fiume, oggi è attraversata da una frattura silenziosa tra gli abitanti

Narva è, per popolazione, la terza città dell’Estonia: circa sessantamila persone. Però, se ci si cammina per strada, in questo pezzo di Estonia, la lingua che si sente parlare è il russo, i cartelli sono in russo, i piatti locali sono russi, le televisioni che si sentono gracchiare dalle finestre sono russe, la musica è russa, i libri nelle biblioteche sono russi. Le persone, in buona sostanza, sono russe. L’espressione «in buona sostanza», però, indica una sintesi affrettata e superficiale di una realtà complessa, che tutto richiede tranne fretta e superficialità.

In Estonia, paese di un milione e trecentomila abitanti, circa un quarto della popolazione appartiene alla minoranza dei «russi etnici». Significa che ci sono trecentomila persone nate in Russia, o discendenti da persone nate in Russia, che parlano russo e hanno tradizioni russe.

La loro presenza così alta è dovuta soprattutto alle massicce manovre di sostituzione etnica di epoca sovietica, quando migliaia di estoni poco graditi al regime furono presi e deportati in Siberia e altrettanti russi furono spediti in Estonia per «russificare» la regione e renderla omogenea alla madre patria.

Oggi l’Unione Sovietica non c’è più, e molti di quei «pionieri» sovietici spediti nel Baltico sono o morti o molto anziani. Ci sono però i loro figli e i loro nipoti che, per la quasi totalità (circa il settantacinque per cento) hanno cittadinanza estone, si sentono estoni, sono estoni. Ma pur nel loro sentirsi ed essere estoni (e quindi europei), hanno radici profonde al di là del confine.

Tutto questo ha fatto sì che, fino a un anno fa, l’Estonia, e soprattutto la città di Narva, fosse un esperimento riuscito di mescolanza, di convivenza, di contaminazione, il posto in cui si erano chiusi i conti con l’Unione Sovietica.

Qui, in questa città dove i palazzoni e le strade di epoca e stile sovietico si snodano attorno a un castello del 1200, vivono persone che, per il novanta per cento, sono madrelingua russa. Solo la metà di loro è cittadina estone, gli altri sono cittadini russi o apolidi.

Fino a un anno fa, gli abitanti di Narva che ne avevano la possibilità, se dovevano fare una spesa ricercata o se avevano semplicemente voglia di fare un giro in una grande città, attraversavano il confine con un permesso temporaneo e andavano a San Pietroburgo, che è più vicina a casa loro di quanto non lo sia Tallinn.

Allo stesso modo, sempre fino a un anno fa, gli abitanti di Ivangorod, la città gemella di Narva che sorge sull’altra sponda del fiume che fa da confine naturale, si recavano a Narva se volevano vedere un film non disponibile in Russia, o solo comprare al supermercato qualche prodotto bloccato dall’embargo.

Adesso come è facile intuire tutto è cambiato. Da Narva nessuno va più a San Pietroburgo, e da Ivangorod nessuno va più a fare la spesa a Narva. I consolati dall’una e dall’altra parte sono chiusi, e la mescolanza è andata a farsi benedire, insieme con l’aver chiuso i conti con l’Unione Sovietica.

Al loro posto è sorta una frattura silenziosa tra gli abitanti. Però, a stare sui lati opposti di questa frattura non ci sono i russofoni e gli estonofoni (che da queste parti quasi non esistono), ma i giovani e gli anziani.

I ragazzi sono cresciuti in Estonia, si sentono europei a tutti gli effetti e soprattutto si informano con i media europei e condannano senza esitare l’aggressione di Vladimir Putin. I più anziani, invece, vengono raggiunti solo da notizie russe, credono che Volodymyr Zelensky sia un nazistoide alcolizzato e che Putin sia stato costretto a difendersi.

Non è vero, ovvio. Ma gli ultimi anni ci hanno insegnato che le cose non devono essere vere per radicarsi nella testa delle persone e per lacerare le comunità. E così oggi Narva, che un tempo era il posto, la cicatrice dove la ferita dell’Unione Sovietica in Europa sembrava rimarginata, è diventata il posto dove quella stessa ferita ha ripreso a sanguinare.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 3 marzo.

La Repubblica. Mosca: "Attacchi a Bryansk commessi con armi Nato".

Un'esplosione è stata registrata a 120 km dalla capitale russa. Il boato è stato avvertito a Kolomna, tra le ipotesi l'abbattimento di un drone penetrato da oltre confine.Putin apre il Consiglio di Sicurezza: "Rinforzare le misure antiterrorismo".  

A New Delhi Russia e Cina spaccano il G20: salta la dichiarazione congiunta sulla guerra, tensione sull'accordo per il grano. A margine dell'incontro c'è stato un primo breve contatto tra il segretario di Stato Usa Blinken e il ministro degli Esteri russo Lavrov. Notizie confuse su presunti "sabotatori ucraini" arrivano dalla regione russa di Brijansk. Putin prepara la rappresaglia.

Punti chiave

23:26

Metsola a Kiev, la casa dei coraggiosi ucraini è l'Ue

17:47

Kiev: "Quasi 10mila soldati russi hanno detto di volersi arrendere"

17:07

Intensi scontri a Bakhmut: "Russi schierano truppe più esperte"

14:55

Ucraina, Zelensky visita a Leopoli i militari ucraini feriti a Bakhmut

14:06

Russia, Putin dice al consiglio di sicurezza di "rinforzare le misure antiterrorismo" dopo Bryansk

13:02

Mosca: "Kiev continua a pianificare la conquista militare della Crimea"

12:42

Mosca: "Gli attacchi di Bryansk commessi con armi Nato"

12:29

Ucraina, Sanchez: "Accelerare arrivo aiuti militari"

10:16

Bielorussia, il premio Nobel Bjaljatskij condannato a 10 anni di carcere

09:23

Il capo della Wagner: "Bakhmut praticamente circondata, Zelensky ritiri i suoi soldati"

09:16

I russi fanno saltare il ponte tra Bakhmut e Khromove. I Wagner: "L'abbiamo accerchiata"

00:06

Forte esplosione a 120 km da Mosca, forse un drone

00:06

Forte esplosione a 120 km da Mosca, forse un drone

Un'esplosione si è registrata a Kolomna, a 120 chilometri sud-est di Mosca. "L'esplosione di Kolomna è avvenuta in aria. Con molta probabilità stiamo parlando di un drone. Ma finora è impossibile dirlo con certezza, dal momento che non è stato trovato nessun frammento", hanno dichiarato le forze dell'ordine all'agenzia Tass. Un portavoce dei servizi di emergenza ha riferito che "un certo numero di potenziali strutture sono state controllate" e "non sono stati trovati segni di esplosione".

00:26

Imminente nuovo pacchetto di armi Usa a Kiev

Gli Stati Uniti annunceranno a breve un nuovo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina, del valore di circa 400 milioni di dollari e composto principalmente da munizioni. Lo riferisce la Reuters citando fonti informate che confermano quanto preannunciato dalla Casa Bianca nel briefing quotidiano. Il pacchetto, hanno precisato le fonti, dovrebbe comprendere razzi per i sistemi di difesa anti-aerea Himars, munizioni per i veicoli da combattimento Bradley e veicoli gettaponte corazzati.

02:42

Incontro tra Biden e Scholz alle 20 italiane alla Casa Bianca

È previsto alle 14 ora di Washington, le 20 in Italia, l'incontro alla Casa Bianca tra Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Lo riferisce l'amministrazione Usa in una nota. Non è prevista una conferenza stampa congiunta.

03:29

Kiev: oltre 170 esplosioni nell'area di Sumy

Nell'oblast di Sumy, al confine con la Russia nel nord-est, sono state registrate oltre 170 esplosioni. Lo riferisce Kyiv Independent precisando che sono state prese di mira dieci comunità e sono state danneggiate diverse case e infrastrutture. Non si segnalano vittime.

 08:40

Allerta aerea in tutta l'Ucraina

Un'allerta antiaerea è stata dichiarata in tutta l'Ucraina negli ultimi minuti: lo riportano i media nazionali. Intanto, gruppi di monitoraggio segnalano il decollo di un MiG-31K dell'aeronautica russa in grado di trasportare il missile ipersonico Kinzhal.

08:43

La Germania chiede alla Svizzera di ri-vendergli alcuni tank Leopard per colmare i buchi negli arsenali

La Germania ha chiesto alla Svizzera di vendergli alcuni dei suoi carri armati Leopard II messi fuori servizio, ha riferito venerdì il quotidiano svizzero Blick, un accordo che potrebbe consentire a Berlino di aumentare i suoi aiuti militari all'Ucraina. La Germania vuole che la Svizzera ri-venda alcuni dei carri armati alla fabbrica Rheinmetall, afferma il giornale, il che consentirebbe alla società di colmare le lacune negli armamenti dei membri dell'Unione Europea e della NATO. Germania, Polonia, Portogallo, Finlandia e Svezia sono tra i paesi che inviano carri armati Leopard per aiutare l'Ucraina a difendersi dall'attacco russo, ma questo ha creato "buchi" negli arsenali dei membri dell'Alleanza.

Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius e il ministro dell'Economia Robert Habeck hanno informato il ministro della Difesa svizzero Viola Amherd del progetto in una lettera del 10 febbraio. 23, riferisce il giornale. Hanno chiesto alla loro controparte svizzera di concordare la vendita, con assicurazioni che i carri armati svizzeri non sarebbero stati trasferiti alla stessa Ucraina. In virtù delle sue leggi sulla neutralità alla Svizzera è proibito inviare armi direttamente all'Ucraina. Il ministero della Difesa svizzero ha dichiarato che la richiesta della Germania è stata presa in considerazione.

09:16

I russi fanno saltare il ponte tra Bakhmut e Khromove. I Wagner: "L'abbiamo accerchiata"

Le forze russe hanno fatto saltare in aria durante la notte un ponte cruciale che collegava la città assediata di Bakhmut al vicino villaggio di Khromove. Lo ha riferito la Cnn citando la polizia della regione di Donetsk. Il ponte è un'arteria vitale per l'evacuazione di civili e i rifornimento di munizioni. Secono le milizie Wagner la città "è accerchiata".

09:23

Il capo della Wagner: "Bakhmut praticamente circondata, Zelensky ritiri i suoi soldati"

La città strategica ucraina di Bakhmut è "praticamente circondata" dalle forze russe. Lo ha annunciato in un video il capo del gruppo di mercenari Wagner, vicino al Cremlino, Yevgeny Prigozhin, aggiungendo che le forze ucraine hanno ora accesso ad una sola via d'uscita. Nel video inoltre, Prigozhin ha invitato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a ritirare le sue forze dalla città.

09:27

Zelensky: "Risposta militare e legale dopo l'attacco a Bakhmut"

 Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha promesso una "risposta militare e legale" all'attacco della Russia alla città orientale di Zaporizhzhia, che ieri ha ucciso almeno quattro persone. "Il brutale attacco missilistico della Russia su Zaporizhzhia dovrà affrontare la nostra risposta militare e legale. L'occupante sentirà inevitabilmente la nostra forza", ha detto, prima di aggiungere che le autorità russe conosceranno "la forza della giustizia in ogni significato della parola".

09:31

Bakhmut, Progozhin: "Zelensky evacui vecchi e bambini"

Secondo il fondatore del gruppo di mercenari russi Wagner Evgeny Prigozhin le forze russe hanno praticamente circondato la città dell'Ucraina orientale di Bakhmut (in russo Artyomovsk): in un discorso video ha invitato il presidente ucraino Volodymir Zelensky a evacuare anziani e bambini. Lo riportano i media russi.  Secondo Ria Novosti, ha invitato le autorità ucraine a dare alle forze armate ucraine l'opportunità di lasciare la città. A Bakhmut da settimane infuria una sanguinosa battaglia, condotta praticamente casa per casa.

09:37

Russia, Zakharova smentisce Blinken: "Non ha parlato di Whelan con Lavrov"

Il segretario di Stato americano Anthony Blinken, durante il colloquio con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov a margine di una riunione dei ministri degli Esteri del G20 a Nuova Delhi, non ha sollevato il tema della liberazione del cittadino americano Paul Whelan, detenuto in Russia. Lo ha scritto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova sul suo canale Telegram. "Il segretario di Stato americano non ha nemmeno balbettato su questo punto. Tutto ciò che il Dipartimento di Stato ha detto ieri sul fatto che Blinken ha espresso preoccupazione sulla situazione del cittadino americano è una bugia. Comportamento incredibile dell'amministrazione americana", afferma Zakharova, citata da Tass.

09:54

Cnn: "Da Kiev ordine di lasciare Bakhmut a unità di ricognizione"

 Ad un'unità di ricognizione di droni ucraini con base a Bakhmut è stato ordinato di lasciare la città orientale assediata: lo ha riferito il suo comandante in un video pubblicato su Telegram venerdì citato dalla Cnn. "Nel cuore della notte, l'unità Madiar Birds ha ricevuto un ordine di combattimento per lasciare immediatamente Bakhmut per un nuovo luogo di operazioni", ha detto il comandante Robert Brovdi.

09:57

Ucraina, Danilov: "Le forze russe stanno avanzando a Bakhmut, ma non al ritmo che vorrebbero"

Le forze russe stanno avanzando a Bakhmut, ma non al ritmo che vorrebbero: lo ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale ucraino, Oleksiy

Danilov, in un'intervista ai media del Paese. "Sono tutti presenti lì, ma non possono fare nulla per molto tempo - ha detto l'alto funzionario riferendosi agli uomini del Gruppo Wagner di Prigozhin, alle forze armate e alle truppe aviotrasportate russe -. Sì, stanno avanzando, ma non al ritmo che vorrebbero".

10:02

Gas, Lavrov: "Non permetteremo che l'Occidente faccia saltare altri ponti"

La Russia non permetterà all'Occidente "di far saltare di nuovo gasdotti". Lo ha detto oggi Sergei Lavrov intervenendo al convegno internazionale "Raisina Dialogue" a Nuova Delhi. "La guerra che stiamo cercando di fermare e che è stata iniziata dall'Occidente contro di noi usando gli ucraini, ovviamente, ha influenzato la politica russa, compresa la politica energetica", ha detto ancora il ministro degli Esteri russo.

10:16

Bielorussia, il premio Nobel Bjaljatskij condannato a 10 anni di carcere

"Il premio Nobel per la pace 2022, Ales Bjaljatskij, fondatore associazione Vesna (Primavera), è stato condannato a 10 anni di carcere. Non è che l'ultima condanna esemplare. Nel silenzio generale, Lukashenko continua a portare avanti la più dura repressione costringendo molti a esiliare. In quasi tre anni dalla rivolta dell'agosto 2020, sono almeno 1.400 i prigionieri politici, tra cui 32 giornalisti, e oltre 700 le organizzazioni della società civile che sono state costrette a chiudere".

 

10:21

Usa, 2 americani arrestati per aver venduto tecnologia a Russia

 Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha arrestato due uomini del Kansas con l'accusa di aver esportato illegalmente tecnologia legata all'aviazione in Russia e di aver fornito servizi di riparazione per l'attrezzatura. Cyril Gregory Buyanovsky e Douglas Robertson sono accusati di cospirazione, esportazione di merci controllate senza licenza, falsificazione e mancata presentazione di informazioni elettroniche sull'esportazione e contrabbando di merci in violazione della legge statunitense. Il Dipartimento di Giustizia afferma che Buyanovsky e Robertson possedevano e gestivano l'azienda KanRus Trading Co., che avrebbe fornito elettronica per aerei a società russe, oltre a servizi di riparazione per attrezzature utilizzate su aerei di fabbricazione russa.

10:41

Borrell: "Lavrov al G20 è rimasto al tavolo, è un passo avanti"

"Questo G20 è stato un passo avanti, a Bali Lavrov non era rimasto: ha parlato e se ne è andato. Qui è rimasto e ha ascoltato gli altri. È importante avere forum dove almeno ci ascoltiamo se non proprio parliamo. Non c'è stata una grande interazione ma almeno ci ha ascoltato". Lo ha detto Josep Borrell intervenendo ai Raisina Dialogue in India.

11:09

Dodici anni di carcere al pilota russo che bombardò obiettivi civili a Kharkiv

Il pilota russo che nel marzo di un anno fa ha bombardato obiettivi civili nella regione di Kharkiv, inclusa la torre della televisione del capoluogo, è stato condannato a 12 anni di carcere. Lo ha reso noto la procura generale ucraina, che ha dichiarato l'uomo colpevole per aver violato le leggi e le usanze della guerra. "I pubblici ministeri - afferma il rapporto della procura - hanno dimostrato in tribunale che il condannato nel marzo 2022 ha ricevuto un ordine per distruggere obiettivi civili sul territorio di Kharkiv mediante bombardamenti. Gli sono state fornite le coordinate dell'obiettivo: la stazione di trasmissione radiotelevisiva di Kharkiv". "Il condannato - prosegue la procura - rendendosi conto dell'illegalità dell'ordine di combattimento, non ha rifiutato di eseguirlo e ha bombardato la stazione televisiva di Kharkiv con otto bombe aeree FAB-500. A seguito del bombardamento, la torre della televisione ha subito danni alla sua struttura metallica, che ne hanno ridotto notevolmente la capacità portante e reso impossibile un ulteriore funzionamento in sicurezza".

11:38

Con le sanzioni dimezzata la quota di importazioni Russia-Ue

La quota della Russia nelle importazioni extra-Ue è scesa dal 9,5% al 4,3% tra febbraio 2022 e dicembre 2022. Nello stesso periodo, la quota della Russia nelle esportazioni totali extra-Ue è scesa dal 4% al 2%. E' quanto segnala Eurostat sottolineando che si tratta dell'effetto delle restrizioni legate alle sanzioni per la guerra in Ucraina. Il deficit commerciale dell'Ue con la Russia ha raggiunto un picco di 18,2 miliardi di euro a marzo 2022, per poi diminuire progressivamente fino a 6 miliardi di euro nel dicembre 2022.

11:49

Kuleba: colloquio con Blinken su un tribunale per i crimini russi

Il ministro degli Esteri ucraino Dmitro Kuleba ha avuto un colloquio con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Come spiegato da Kuleba in un messaggio su Twitter, nel colloquio si è discusso anche dei passi per l'organizzazione di un tribunale speciale per i crimini di guerra russi. "Ho parlato con il segretario Blinken che mi ha informato sulle sue discussioni al G20. Ho elaborato i nostri ulteriori passi per creare un tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l'Ucraina: la nostra prossima grande impresa è garantire la responsabilità della leadership russa. Gli sforzi coordinati sono fondamentali", ha scritto Kuleba su Twitter.

12:05

Il ministro della Difesa ucraino: fiduciosi sulla consegna di caccia da parte dell'Occidente

Il ministro della Difesa ucraina, Oleksiy Reznikov, si è detto "fiducioso" sulla consegna di caccia da combattimento a Kiev da parte dei Paesi occidentali. In un'intervista a Bild, Reznikov ha detto di aspettarsi che la fornitura dei jet "sarà simile a quanto avvenuto con i carri armati Leopard". Prima la Germania ha detto "no", ma poi ha deciso per la consegna, ha affermato ancora Reznikov. Anche in questo caso, secondo il ministro della Difesa ucraino, è possibile che si crei una "coalizione" per la fornitura di diversi tipi di jet. "Sono sicuro che avremo da due a tre tipi di jet da combattimento. Ci sarà un caccia principale. E dipenderà da quale sia il migliore per l'Ucraina. Per i nostri aeroporti, per i nostri ingegneri, per la manutenzione", ha aggiunto.

12:29

Ucraina, Sanchez: "Accelerare arrivo aiuti militari"

Bisogna accelerare l'arrivo "degli aiuti militari" all'Ucraina per difendersi dalla Russia, "la prossima settimana in Consiglio europeo speriamo di arrivare a" un accordo sull'"acquisto congiunto di munizioni e artiglieria per far sì che la fornitura" a Kiev "sia più rapida". Lo ha detto il premier spagnolo Pedro Sanchez in conferenza stampa congiunta con l'omologa finlandese Sanna Marin da Helsinki, commentando l'avanzata dei russi a Bakhmut.

12:42

Mosca: "Gli attacchi di Bryansk commessi con armi Nato"

"Gli assassinii avvenuti ieri nella regione russa di Bryansk sono stati commessi con armi della Nato" e quindi è lecito chiedersi se i Paesi membri dell'Alleanza siano "complici in questi crimini e sponsor del terrorismo". Lo afferma in un comunicato il ministero degli Esteri di Mosca. "Questo crimine non resterà impunito", si aggiunge nella nota.

12:44

Ucraina, Podolyak: "Siamo estranei ai conflitti interni della Russia"

"Esplosioni in strutture critiche, droni non identificati che attaccano le regioni russe, scontri di bande, partigiani che attaccano aree popolate: tutte queste sono conseguenze dirette della perdita di controllo all'interno della Federazione Russa e della guerra". Lo ha scritto su Twitter il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, sottolineando che "l'Ucraina non è coinvolta in conflitti interni nella Federazione russa".

12:48

Mosca: "Usa e Nato aiutano Kiev a individuare gli obiettivi da bombardare"

 Gli Usa e la Nato continuano nei loro "piani geopolitici di annientare la Russia" fornendo armi all'Ucraina, addestrando le sue forze armate e "aiutando Kiev ad individuare gli obiettivi da bombardare". Lo afferma in un comunicato il ministero degli Esteri di Mosca.

13:02

Mosca: "Kiev continua a pianificare la conquista militare della Crimea"

Le autorità di Kiev "continuano a pianificare la conquista militare della Crimea" e Washington le incoraggia in questo sperando di guadagnare "punti in più dalla 'campagna di Crimea' per le prossime elezioni". Lo afferma in un comunicato il ministero degli Esteri di Mosca. "L'altro giorno - si sottolinea nella nota - il vice segretario di Stato americano Nuland in un evento al Carnagie Center ha definito le installazioni militari nella Crimea russa come 'obiettivi legittimi' per l'Ucraina".

13:11

L' esercito di Kiev esorta le famiglie a lasciare Kupiansk

Il comando militare di Kharkiv, nell'Ucraina orientale, ha esortato le famiglie e le persone "con mobilità ridotta" di lasciare Kupiansk a causa dei "costanti" bombardamenti da parte delle forze russe che stanno cercando di riconquistare la città liberata 5 mesi fa. Lo riporta la Bbc. Kupiansk è ritenuta dall'esercito del Cremlino un importante snodo di approvvigionamento. L'amministrazione militare ha affermato che l'ordine di evacuazione è dovuto alla "situazione di sicurezza instabile" causata dal bombardamento russo della città e dei suoi dintorni. I militari hanno detto che in città ci sono 812 bambini e oltre a 724 disabili.

13:22

Russia, Peskov: "Inchiesta per evitare che si ripetano episodi come Bryansk"

 "L'attacco terroristico di ieri a Bryansk sarà indagato nei dettagli e adotteremo tutte le misure necessarie per evitare che tali incidenti si ripetano in futuro", ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, dopo che ieri un commando di ucraini si è infiltrato oltre il confine. Nell'attacco, hanno denunciato fonti russe, sono state uccise due persone e un ragazzo di undici anni è stato ferito. L'Fsb e il ministero della Difesa hanno condotto "azioni per distruggere i nazionalisti ucraini armati che hanno violato il confine"

13:34

Ucraina, Zelensky incontra a Leopoli il presidente lettone Levits

 Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky,  e la first lady Elena Zelenskaya hanno incontrato a Leopoli il presidente della Lettonia, Egils Levits e sua moglie Andra Levite. Lo riporta Ukrainska Pravda. Insieme i quattro hanno reso omaggio alla memoria dei soldati ucraini caduti durante la guerra. Zelensky ha anche visitato uno degli ospedali dove vengono curati i soldati ucraini feriti che hanno combattuto, in particolare, nella direzione di Bakhmut.

13:36

Kiev: "Il video di Prigozhin non è registrato a Bakhmut"

Il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin non ha registrato il video in cui annuncia che Bakhmut è circondata nella cittadina del Donetsk al centro di feroci battaglie ma "si trova nel villaggio di Paraskovievka, la cui cattura è stata annunciata dal nemico il 20 febbraio". Lo afferma il Centro nazionale di resistenza di Kiev, come riporta Ukrainska Pravda. "Il terrorista Yevgeny Prigozhin ha registrato un video in cui presumibilmente afferma che Bakhmut è circondata ma il video stesso non è stato nemmeno registrato alla periferia della città, poiché le sue guardie non lo lasciano andare lì", afferma il Centro che definisce il video "una provocazione".

14:06

Russia, Putin dice al consiglio di sicurezza di "rinforzare le misure antiterrorismo" dopo Bryansk

Il presidente russo Vladimir Putin ha detto al Consiglio di sicurezza che è necessario discutere ulteriori "misure antiterrorismo" per salvaguardare le strutture controllate dalle forze dell'ordine. Putin ha detto giovedì che la Russia è stata colpita da un "attacco terroristico" nella regione meridionale di Bryansk al confine con l'Ucraina, e ha promesso di eliminare un gruppo di sabotaggio che aveva sparato contro i civili. L'Ucraina ha accusato la Russia di aver inscenato una falsa "provocazione".

14:21

Ucraina, Blinken sente Kuleba: "Parlato di colloquio con Lavrov"

 Il Segretario di Stato americano Antony J. Blinken ha parlato oggi con il Ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. E' quanto si legge in una nota. I due - viene spiegato - "hanno discusso della recente breve conversazione del segretario con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov a margine della riunione dei ministri degli Esteri del G20 a Nuova Delhi, in India" Blinken inoltre ha sottolineato a Kuleba "il sostegno duraturo degli Stati Uniti all'Ucraina mentre si difende dai brutali attacchi della Russia, compreso il continuo prendere di mira le infrastrutture civili e le conseguenti vittime civili".

14:55

Ucraina, Zelensky visita a Leopoli i militari ucraini feriti a Bakhmut

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha visitato questa mattina l'ospedale militare di Leopoli incontrando i soldati che sono rimasti feriti nella battaglia di Bakhmut. "Abbiamo incontrato i nostri difensori, in particolare quelli che hanno combattuto nella zona di Bakhmut", ha detto Zelensky sui social condividendo le immagini della visita in ospedale, dove ha stretto le mani dei militari ricoverati e ha "ringraziato i guerrieri per i servizi resi e per la difesa eroica della nostra patria". Rivolgendosi ai medici, Zelensky li ha "ringraziati per tutti i soldati che avete rimesso in piedi".

15:22

Kiev e Lettonia firmano documento a sostegno ingresso in Ue e Nato

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e quello lettone, Egils Levits, hanno firmato una dichiarazione che ratifica il sostegno della Lettonia alla piena integrazione europea ed euro-atlantica dell'Ucraina. Lo scrive Zelensky sul suo profilo Telegram. "Sono grato al presidente e a tutto il popolo lettone per l'incrollabile sostegno al nostro popolo in questo percorso di integrazione con l'Unione europea e la Nato - dice Zelensky -, è solo con l'Ucraina al suo interno che il progetto europeo diventerà veramente completo. È solo con l'Ucraina al suo interno che la Nato diventerà un difensore veramente forte delle nazioni europee e di tutti i nostri valori comuni".

15:29

Forze ucraine fanno saltare ponte ferroviario a Bakhmut

Le forze ucraine hanno fatto saltare i resti di un ponte ferroviario all'interno di Bakhmut, la città che le forze russe cercano da mesi di conquistare. E' quanto hanno reso noto le forze armate di Kiev e si vede in un video goelocalizzato dalla Cnn. Il ponte era già stato parzialmente distrutto dagli ucraini ad agosto. Il video è stato diffuso mentre vi sono notizie non confermate di un possibile ritiro ucraino dalla città. Ma la 46esima brigata ucraina ha smentito questa interpretazione: "il ponte che viene mostrato come prova che ci stiamo ritirando era stato fatto saltare in aria da tempo. Chi si trova a Bakhmut lo sa. Non diffondete il panico... il fiume si può attraversare anche senza il ponte". Intanto la scorsa notte forze russe hanno fatto saltare in aria un altro ponte, che collegava Bakhmut al vicino villaggio di Khromove.

15:36

Ucraina: von der Leyen, presto forniamo 5.700 pannelli solari 

"Ho promesso di lavorare con l'Ucraina sulle fonti energetiche rinnovabili, importanti per la sua sicurezza energetica. Ora manteniamo la promessa: un primo lotto di 5.700 pannelli solari sarà presto spedito in Ucraina". Lo ha annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

 15:49

Von der Leyen, grazie a Enel per donazione pannelli solari all'Ucraina

"Dopo i miei annunci a Kiev un mese fa, oggi possiamo annunciare che un primo lotto di pannelli solari sarà presto consegnato all'Ucraina. Voglio ringraziare Enel che sta donando 5.700 pannelli solari all'Ucraina. Questi pannelli solari sono prodotti in Europa, a Catania, con il sostegno del Fondo Europeo per l'Innovazione. Forniranno elettricità a scuole, ospedali e vigili del fuoco. Sono convinto che altre aziende europee così come gli Stati membri saranno ispirati da questo primo passo, in modo che l'Ucraina possa contare su elettricità pulita, prodotta in casa". Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una nota.

Lanciando oggi con Enel il progetto "Raggio di speranza", la Commissione europea compie un primo passo nell'ambito della più ampia iniziativa annunciata dalla Presidente von der Leyen sulle donazioni di pannelli solari all'Ucraina durante la sua visita a Kiev il 2 febbraio 2023. La commissaria per l'Energia, Kadri Simson, l'Amministratore Delegato di Enel, Francesco Starace, e il Ministro dell'Energia ucraino, German Galushchenko, si sono incontrati oggi in formato ibrido per salutare l'impegno di Enel a donare all'Ucraina 5.700 pannelli solari fotovoltaici (PV) da 350 Watt ciascuno, per una potenza complessiva di circa 2 MW. I pannelli solari fotovoltaici donati copriranno fino a 11.400 metri quadrati di tetti suddivisi tra diversi edifici pubblici in Ucraina. La consegna è prevista per l'estate 2023.

15:58

Mosca, Blinken non ha discusso di Whelan con Lavrov

Il segretario di Stato americano Anthony Blinken "non ha sollevato" il tema dello scambio del prigioniero statunitense Paul Whelan durante la sua conversazione con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov a margine della riunione dei ministri degli Esteri del G20 a Nuova Delhi. Lo ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova su Telegram. "Oh, interessante. Ho fatto un controllo con Serghei Viktorovich (Lavrov) per vedere se Blinken ha parlato di Whelan ieri. Si scopre che il Segretario di Stato americano non l'ha nemmeno sollevato. Tutto ciò che è stato detto ieri dal Dipartimento di Stato, che Blinken ha espresso preoccupazione per la situazione intorno al cittadino statunitense, era una bugia. Comportamento incredibile dell'amministrazione statunitense", ha affermato Zakharova, citata dalla Tass.

16:05

Zelensky, munizioni e proiettili a lungo raggio sono la priorità

"L'artiglieria è la nostra necessità numero uno. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno. Munizioni, proiettili a lungo raggio per fermare la Russia. Non per sparare sul territorio della Russia, ma per buttarli fuori dal nostro territorio, il che è giusto". Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in conferenza stampa dopo aver incontrato l'omologo lettone Egils Levits, in visita in Ucraina. Il presidente ha anche sottolineato che l'Ucraina ha bisogno di aerei militari e di addestramento per gli equipaggi ucraini. Il presidente - riferisce una nota della presidenza ucraina - ha anche sottolineato che Kiev ha bisogno di aerei militari e di addestramento per gli equipaggi ucraini. "Oggi abbiamo parlato di dove i nostri partner dalla Lettonia, così come dalla Lituania e dall'Estonia possono aiutarci nelle missioni di addestramento. Abbiamo bisogno di aerei", ha affermato il leader ucraino.

16:17

Bielorussia: Ue, "processi farsa, esprimiamo ferma condanna"

"Oggi un tribunale di Minsk ha condannato i membri del Centro per i diritti umani Viasna, tra cui il suo presidente e premio Nobel per la pace Ales Bialiatski, il vicepresidente Valiantsin Stefanovic, Zmitser Salauyou (processato in contumacia) e l'avvocato Uladzimir Labkovich, rispettivamente a dieci, nove, otto e sette anni di carcere con accuse false e politicamente motivate. L'Unione Europea condanna con la massima fermezza questi processi farsa, che rappresentano un altro terribile esempio del tentativo del regime di Lukashenko di mettere a tacere coloro che si battono in difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo bielorusso. Lukashenko non ci riuscirà. La loro richiesta di libertà è forte, anche dietro le sbarre". Lo sostiene l'alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell in una nota.

16:24

Kiev, abbattuto caccia russo nei cieli del Donetsk occupato

L'aeronautica delle forze armate dell'Ucraina ha rivendicato l'abbattimento di un cacciabombardiere russo sui cieli di Yenakiyevo, nei territori occupati dai russi dell'oblast di Donetsk. "Il 3 marzo 2023, nell'area di Yenakiyevo, intorno alle 13:30, i cannonieri antiaerei del reggimento missilistico antiaereo Nikopol del comando aereo Est hanno distrutto un cacciabombardiere russo Su-34. Uno dei piloti è morto, il secondo si prepara a fargli compagnia", ha scritto l'aeronautica in un messaggio su Telegram.

Citato dall'agenzia russa Ria Novosti, il sindaco locale filorusso Roman Khramenkov ha confermato l'abbattimento di un aereo militare sopra la città - che dista 50 km da Donetsk - riferendo tuttavia che "due piloti espulsi sono stati visti coi paracadute". "A terra... nessuno è rimasto ferito, perché in quel luogo c'è una fattoria", ha affermato il sindaco.

16:44

Russia, a processo vice presidente Duma della regione di Samara: "Contro Putin durante il suo discorso"

Il vice presidente della Duma della regione russa di Samara, l'esponente del Partito comunista, Mikhail Abdalkin, sarà processato con l'accusa di aver screditato le forze militari, per cui rischia una sanzione fino all'equivalente di 25mila dollari, per aver preso in giro Vladimir Putin. Ha pubblicato su Youtube un video in cui assiste al recente discorso sullo stato della Nazione del presidente seduto alla scrivania di fronte a un computer, con spaghetti sulle orecchie, in chiaro riferimento al celebre modo di dire russo "metter gli spaghetti sulle orecchie di qualcuno" per dire "mentire a una persona", mentre esprime "pieno sostegno" per la "grande performance" del presidente e annuisce ripetutamente. Il processo a suo carico inizierà martedì presso il tribunale di Novokuibyshevsk. Il Partito comunista russo ha preso le distanze da Abdalkin.

Nello spezzone di video pubblicato da Abdalkin, Putin, che ha tenuto il suo discorso a tre giorni dall'anniversario dell'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, denuncia che l'Occidente "non ha onore, fiducia e decenza". "Nei lunghi secoli di colonialismo, ordini ed egemonia, si sono abituati a poter fare qualsiasi cosa. Si sono abituati a dividere il mondo intero. E prendono in giro anche i loro cittadini parlando di pace e di rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu sul Donbass".

16:52

Telefonata Blinken-Kuleba, focus su colloquio con Lavrov

Telefonata tra il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Nel colloquio, riferisce il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price, Blinken ha riferito della sua breve conversazione col ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, a margine del G20 dei ministri degli Esteri, a New Delhi. Il segretario di Stato ha ribadito al ministro ucraino il continuo sostegno Usa per contrastare la brutale invasione russa.

17:01

Kiev, abbiamo energia sufficiente per fabbisogno del Paese

L'Ucraina riesce a generare tutta l'energia di cui ha bisogno nonostante i gravi danni causati dagli attacchi russi alla sua rete energetica. Lo ha riferito il primo ministro Denys Shmyhal, citato da Sky News. Shmyhal ha dichiarato in una conferenza stampa che poco più di un anno dopo l'invasione della Russia, tra il 40% e il 50% del sistema energetico ucraino è stato danneggiato durante ondate di missili e attacchi di droni nell'inverno. Anche se a volte milioni di persone sono rimaste senza elettricità, l'Ucraina ha effettuato rapidamente riparazioni, in parte con l'aiuto di attrezzature fornite dai suoi alleati. "L'Ucraina è per ora dotata di capacità di generazione e di rete", ha detto il premier ucraino. "Il prossimo passo è proteggere l'infrastruttura di rete per la prossima stagione". Le misure includeranno la costruzione di rifugi in cemento e sotterranei per proteggere gli impianti di generazione di energia e le reti di distribuzione da potenziali nuovi attacchi.

17:07

Intensi scontri a Bakhmut: "Russi schierano truppe più esperte"

"Intensi combattimenti sono in corso dentro e fuori la città di Bakhmut", nel Donbass, dove secondo le forze armate di Kiev "i russi stanno schierando le loro truppe più esperte". Il comandante delle forze orientali, il colonnello generale Oleksandr Syrskyi, ha detto che "gli occupanti russi hanno inviato le unità più addestrate del gruppo Wagner e altre unità regolari dell'esercito russo per catturare la città. Dentro e intorno alla città si stanno svolgendo intensi combattimenti". Syrskyi "è stato informato sulle problematiche delle nostre unità in prima linea". Secondo l'esercito ucraino la Russia continua a premere nella speranza di "catturare Bakhmut e continua ad accumulare forze per occupare la città".

17:14

Media, russo tenta di nuotare fino a Odessa, condannato

Un russo accusato di avere cercato di raggiungere Odessa dalla Crimea per arruolarsi nelle file dell'esercito ucraino è stato condannato a sei anni di reclusione da una Corte del territorio della penisola sul Mar Nero annessa nel 2014 da Mosca. Lo scrive il sito della testata di opposizione russa Novaya Gazeta citando l'agenzia Interfax.

L'uomo, un residente di San Pietroburgo di 40 anni, è stato condannato per aver tentato di compiere alto tradimento e per tentativo di espatrio illegale. Secondo i giudici, prima di avventurarsi nella traversata a nuoto, nell'agosto dell'anno scorso, aveva preso contatti con una unità di volontari ucraini. Dapprima intendeva attraversare il confine dalla regione russa di Bryansk, ma poi ha cambiato idea decidendo di tentare la traversata. A questo scopo aveva comprato una muta, pinne, una bussola e una luce da usare sott'acqua. Ma la polizia di frontiera lo ha fermato. Interfax sottolinea che la distanza tra Odessa e Olenivka, il punto più occidentale della Crimea, è di 180 chilometri.

17:20

Nuovi aiuti Usa per circa 400 milioni di dollari

Avrà un valore di circa 400 milioni di dollari il nuovo pacchetto di aiuti americani all'Ucraina che verrà annunciato oggi in occasione della visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz alla Casa Bianca. Il pacchetto includerà munizioni per lanciarazzi Himars e diversi sistemi di artiglieria. Comprenderà anche per la prima volta veicoli gettaponte corazzati, progettati per posare ponti o passerelle relativamente piccoli attraverso fossati. Questi aiuti arriveranno dagli stock posti sotto la Presidential Drawdown Authority (PDA), il che significa che le armi e le attrezzature possono arrivare rapidamente in Ucraina. Con il pacchetto che verrà annunciato oggi, gli Stati Uniti avranno impegnato più di 32 miliardi di dollari in Ucraina dall'inizio della guerra più di un anno fa.

17:32

Caso Kara-Murza, sanzioni Usa a magistrati russi 

Gli Usa hanno imposto sanzioni a tre magistrati russi accusati di gravi violazioni dei diritti umani contro l'oppositore russo Vladimir Kara-Murza, arrestato l'anno scorso dopo che aveva parlato contro la guerra in Ucraina. Le misure del Dipartimento del Tesoro colpiscono Elena Anatolievna Lenskaya, Andrei Andreevich Zadachin e Danila Yurievich Mikheev per violazione della legge Magnitsky. Kara-Murza, che ha cittadinanza britannica e russa, è stato stretto collaboratore del leader dell'opposizione Boris Nemtsov, ucciso a colpi di arma da fuoco a Mosca nel 2015.

17:47

Kiev: "Quasi 10mila soldati russi hanno detto di volersi arrendere"

Sarebbero 9.836 i soldati russi e dei territori occupati che hanno finora contattato la linea telefonica messa a disposizione di Kiev per chi pensa di arrendersi. Lo afferma il Quartier generale di coordinamento per i prigionieri di guerra, citato da Ukrainska Pravda. Il progetto Hochu Zhit (Voglio vivere) è stato messo a punto sei mesi fa dalle autorità ucraine. Da allora più di 14 milioni di persone hanno visitato il sito web, malgrado i tentativi delle autorità russe di bloccarne l'accesso. L'84% dei visitatori del sito provengono dalla Russia. Oltre ai soldati, sono i famigliari a contattare la linea telefonica anche perché ai militari viene spesso negato l'accesso ai Internet sui cellulari.

17:57

Lavrov, guerra iniziata dall'Occidente. Platea scoppia a ridere

Non sono riusciti a trattenere le risate, nonostante il contesto formale della conferenza Raisina Dialogue in corso a Nuova Delhi. In un video diventato virale si vede il ministro degli Esteri Sergei Lavrov attribuire la responsabilità del conflitto in Ucraina all'Occidente, che "l'ha iniziata e sta usando gli ucraini contro di noi". Prima che Lavrov finisse di parlare, la platea è scoppiata in una fragorosa risata a cui si è aggiunto qualche urlo di dissenso, a sottolineare l'assurdità dell'affermazione. Il ministro degli Esteri russo, comunque, non si è scomposto e, dopo un secondo di interruzione, ha continuato il suo discorso.

18:18

"Nell'Ucraina occupata costretti a registrare neonati come russi"

I genitori ucraini nelle aree occupate dalle forze russe denunciano di essere stati costretti a registrare i loro neonati come cittadini russi. Lo riporta il Guardian, spiegando come i residenti che vivono in paesi e città nell'est e nel sud dell'Ucraina hanno subito pressioni per accettare la cittadinanza russa per i loro neonati, anche con la minaccia di vedersi negare la distribuzione gratuita di pannolini e alimenti per bambini. "Abbiamo detto (ai russi) che il bambino è nato in Ucraina ed è ucraino, non russo", ha detto Natalia Lukina, 42 anni della città meridionale di Kherson. "Quando abbiamo chiesto i pannolini, i russi ci hanno detto: 'Se vieni senza certificati di nascita russi, non ti daremo i pannolini'". La maggior parte dei genitori di bambini piccoli, con scarso reddito durante la guerra, ha accettato pannolini gratuiti dai russi, ha detto il suo partner Oleksii Markelov. "Non avevamo un centesimo". Secondo Olena Klimenko, capo dell'ufficio di registrazione regionale di Kherson, molti genitori hanno rinviato le visite agli uffici del registro controllati dalla Russia durante l'occupazione, e molti hanno registrato i loro bambini per la cittadinanza ucraina una volta terminata l'occupazione. Non è chiaro quanti bambini abbiano ricevuto la cittadinanza russa".

18:32

Russia, quasi tutti morti i coscritti che si erano lamentati in video con Putin

Sono morti quasi tutti i soldati mobilitati della regione siberiana di Irkutsk che a febbraio si erano lamentati in video con il presidente russo Vladimir Putin di non aver ricevuto un sufficiente addestramento e di essere stati messi agli ordini di ufficiali dell'autoproclamata repubblica di Donetsk. Lo scrive il sito russo Sibir. Realii. A quanto si legge, solo pochi membri del reggimento sono rimasti in vita dopo che il primo marzo è stato loro ordinato di attaccare un'area fortificata di Avdiivka, vicino Donetsk. I famigliari hanno riferito che i pochi sopravvissuti sono feriti, mentre gli altri sono morti o dispersi. "Mio marito mi ha chiamato, è stato ferito da una scheggia, è in ospedale. Dice che del reggimento non è rimasto nessuno. Per ora si sa che sono sopravvissuti solo due feriti, il resto è morto o è stato abbandonato sul posto in una situazione molto difficile", ha raccontato la moglie di uno dei soldati a Sibir. Realii. Al marito è stato detto che verrà rimandato al fronte fra una settimana, ha aggiunto la donna. Il 27 febbraio gli uomini del 1439 reggimento avevano mandato un terzo appello a Putin per denunciare le loro condizioni.

18:36

Serbia, non abbiamo fornito armi né a Mosca né a Kiev

Il ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic, ha dichiarato che dall'inizio della guerra in Ucraina, la Serbia non ha esportato né concesso licenze per l'esportazione di armi e materiale militare verso Kiev o verso Mosca. Lo riportano i media di Belgrado.

 19:02

Lavrov, Occidente uguale su accordi Minsk e serbi del Kosovo

Per il ministro degli esteri russo Lavrov, l'approccio che l'Occidente ha sul problema dei serbi del Kosovo è identico a quello che l'Occidente ha mostrato sull'attuazione degli accordi di Mnsk sull'Ucraina. "E' la stessa storia: un inganno dei serbi per ciò che concerne la Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, e un inganno della Russia riguardo agli accordi di Minsk", ha detto Lavrov, citato dai media serbi che hanno riferito di un passaggio del suo intervento al Raisine Dialogue a New Delhi. I Paesi occidentali, ha osservato il capo della diplomazia del Cremlino, non hanno mai voluto attuare gli accordi di Minsk, e allo stesso modo non intendono fare nulla per favorire l'attuazione degli accordi che riguardano i serbi del Kosovo.

19:08

La Russia decide di chiudere i gasdotti Nord Stream danneggiati

La Russia ha deciso di chiudere i gasdotti Nord Stream che erano stati danneggiati negli scorsi mesi. Secondo quanto riporta il sito di Reuters, nell'immediato non ci sono piani per ripararli o riattivarli. Gazprom ha affermato che è tecnicamente possibile rimettere in sesto le linee rotte, quindi la scelta di non intervenire sarebbe politica.

A settembre diverse esplosioni avevano colpito i due gasdotti, Nord Stream 1 e Nord Stream 2, costruiti dalla società russa. A seguito di questi avvenimenti solo uno dei tubi del Nord Stream 2 era rimasto intatto, mentre tutti gli altri erano rimasti gravemente danneggiati. La Russia continua a sostenere che dietro il sabotaggio ci siano gli Stati Uniti.

19:19

Ambasciatore russo in Usa, Washington responsabile di attacco a Bryansk

L'ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov ha affermato che le autorità americane "sono responsabili" dell'attacco terroristico nella regione di Bryansk. Lo riporta Ria Novosti. "I criminali di Kiev, ispirati dal sostegno degli Stati Uniti, intraprendono azioni disumane, come l'attacco terroristico nella regione di Bryansk. Washington è dietro le spalle di quelli che hanno sparato ai civili. Il sangue delle vittime è già 'sulle mani' degli Stati Uniti", ha dichiarato.

19:36

Russia, l'oligarca Deripaska: "Anno prossimo saremo senza soldi, servono investitori"

La Russia potrebbe trovarsi "senza soldi già dal prossimo anno", tanto che "risulta necessario avere investitori stranieri". Lo ha dichiarato l'oligarca russo Oleg Deripaska, critico nei confronti della guerra decisa dal presidente russo Vladimir Putin contro l'Ucraina. "Non ci saranno soldi già il prossimo anno, abbiamo bisogno di investitori stranieri", ha detto in una conferenza in Siberia, secondo quando riporta l’agenzia di stampa Tass. La produzione economica della Russia è diminuita del 2,1% lo scorso anno, secondo una stima preliminare del governo. La contrazione è stata più limitata di quanto inizialmente previsto da molti economisti.

19:55

Zelensky, uniremo il mondo per ripristinare la giustizia

 "Abbiamo unito il mondo per proteggere l'Ucraina, uniremo il mondo per ripristinare la giustizia. Gli invasori russi saranno legalmente ed equamente tenuti a rendere conto di tutti i crimini di guerra. Lo stato terrorista sarà tenuto a rendere conto del crimine di aggressione". Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Twitter. "Oggi a Lviv - prosegue - iniziano i lavori della conferenza United for Justice, che ci aiuterà a creare una rete di forze legali per garantire che ogni terrorista, assassino e torturatore russo ottenga una meritata condanna".

20:16

Russia, strangolato scienziato russo che contribuì al vaccino Sputink

 E' stato "strangolato a morte con una cintura" Andrey Botikov, 47 anni, uno degli scienziati che ha contribuito a creare il vaccino russo contro il Covid-19. Lo riferisce l'agenzia di stampa Tass affermando che il ricercatore è stato "assassinato nel suo appartamento nel nord-ovest di Mosca". Botikov aveva lavorato per il Centro nazionale di ricerca per l'epidemiologia e la microbiologia sul vaccino Sputnik V. La Tass aggiunge che un uomo di 29 anni si è dichiarato colpevole dell'omicidio. Secondo gli investigatori, prosegue l'agenzia di stampa, l'omicidio sarebbe avvenuto a seguito di una lite domestica.

20:19

Scholz a Biden,importante messaggio prosecuzione aiuto Kiev

E' molto importante mandare il messaggio che gli alleati continueranno a sostenere l'Ucraina: lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz nel suo incontro nello studio Ovale con Joe Biden.

21:13

Kiev, i russi cercano di circondare Bakhmut

"Il nemico non abbandona i tentativi di circondare la città di Bakhmut". Lo scrive lo stato maggiore ucraino nel suo aggiornamento serale. "Nel corso della giornata, i nostri difensori hanno respinto numerosi attacchi nelle aree degli insediamenti di Vasyukovka, Dubovo-Vasilyevka e Bakhmut nella regione di Donetsk", ha riferito, citato da Ukrainska Pravda. Secondo i militari ucraini, le truppe russe hanno lanciato 30 attacchi aerei e 6 missilistici, oltre a più di 20 attacchi da più sistemi lanciarazzi. Lo stato maggiore indica che i russi stanno concentrando i loro sforzi principali in operazioni offensive nelle direzioni di Kupyansk, Lyman, Bakhmut, Avdiivka e Shakhtar.

20:32

Ucraina: media, 12 anni a pilota russo, 'bombardò stazione tv'

Un tribunale ucraino avrebbe condannato a 12 anni di reclusione un pilota militare russo preso prigioniero accusandolo di aver preso parte a marzo a un attacco su Kharkiv. Lo scrive la testata online Meduza. Secondo l'accusa ucraina, scrive il sito, il pilota, di cui non viene fatto il nome, avrebbe sganciato otto bombe sulla stazione radiotelevisiva della città.  Meduza cita un rapporto della procura generale ucraina in cui si sottolinea che le stazioni radiotelevisive sono infrastrutture civili e si accusa il militare russo di aver violato le leggi di guerra. Secondo la procura ucraina, il pilota sarebbe stato catturato dopo l'abbattimento del suo velivolo.

20:54

Governatore filo-russo di Zaporizhzhia decide nuovo assetto amministrativo 

Il governatore filo-russo di Zaporizhzhia, Eugeni Balitski, ha firmato oggi un decreto con il quale la regione, situata nel sud dell'Ucraina e annessa dalla Russia a settembre, è soggetta a rimodellamento amministrativo. Nel decreto si stabilisce che Zaporizhzhia ha ora 16 unità amministrativo-territoriali e che la città di Melitopol diventa capoluogo della regione, riferisce l'agenzia russa Interfax. Pertanto, Zaporizhzhia avrà ora tre "città di importanza regionale" come Melitopol, Berdiansk ed Energodar. Melitopol si estenderà geograficamente fino alla costa del Mar d'Azov.

21:35

Casa Bianca, F-16 non sono parte fondamentale nell'incontro Biden-Scholz

I caccia F-16 non sono una "parte fondamentale" dell'agenda dell'incontro di questo pomeriggio tra il presidente Joe Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ma i due leader parleranno ampiamente di quello di cui l'Ucraina avrà bisogno in primavera ed estate per i combattimenti a venire. A dichiararlo è stato John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, con riferimento ai colloqui in corso nello Studio Ovale tra il presidente americano e il cancelliere tedesco.

21:48

Usa, la Cina potrebbe ancora compiere il passo di fornire amri alla Russia

La Cina potrebbe ancora compiere il passo di fornire aiuti militari alla Russia, andando in direzione di una escalation. A dichiararlo è stato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Kirby. "Non crediamo che abbiano rinunciato a questa opzione", ha detto Kirby alla CNN, osservando però che l'amministrazione ancora non "crede che abbiano preso la decisione di andare avanti".

22:33

Bbc: più di 16 mila soldati russi uccisi dall'inizio della guerra

Secondo la Bbc, sono 16.071 i soldati russi morti nella guerra in Ucraina. Ma - si spiega - il numero reale di perdite è decisamente ancora più alto, in quanto il dato riportato riguarda solo le morti confermate. Le perdite totali della Russia - tra soldati feriti, morti o  dispersi - potrebbero ammontare a 144.500 persone.

22:38

Visita a sorpresa del ministro della Giustizia Usa in Ucraina

Il ministro della Giustizia Merrick Garland è arrivato a sorpresa in Ucraina, dove ha incontrato il presidente Volodymyr Zelensky alla 'United for Justice Conference'. Lo riporta Cnn. Garland ha visitato Leopoli su invito del procuratore generale ucraino, ha reso noto un funzionario del Dipartimento di giustizia americano. "Il procuratore generale ha tenuto diverse riunioni e ha ribadito la nostra determinazione a ritenere la Russia responsabile dei crimini commessi nella sua invasione ingiusta e non provocata contro il suo vicino sovrano", ha detto.

23:08

Attacco russo a Zaporizhzhia, sale a 7 il numero dei morti

È salito a sette il bilancio delle vittime dell'attacco missilistico sulla città di Zaporizhzhia, lanciato dalle forze russe nella notte tra mercoledì e giovedì, che ha colpito un condominio di cinque piani. Secondo quanto riportato da Ukrainska Pravda, le unità del servizio di emergenza statale sono riuscite a salvare 11 persone e a evacuarne altre 20.

23:26

Metsola a Kiev, la casa dei coraggiosi ucraini è l'Ue

La presidente dell'Eurocamera è arrivata, a sorpresa, in Ucraina. "È bello tornare in Ucraina. Con quelle persone coraggiose che hanno ispirato il mondo. Con quegli eroi che si rifiutano di arrendersi. Con coloro che hanno sacrificato tutto per i nostri valori. Con gli europei la cui casa è la nostra Unione Europea", ha scritto in un tweet pubblicando un'immagine che la ritrae, di sera, a Kiev.

Estratto da affaritaliani.it il 3 marzo 2023.

Piero Fassino ha espresso spesso le sue previsioni che si sono poi rivelate opposte alla realtà dei fatti: da Beppe Grillo ("fondi il suo partito e vediamo quanti voti prende"), a Chiara Appendino (sfidata a candidarsi a sindaca di Torino) al Pd (che "non può fallire", alla vigilia della disfatta dei referendum 2016), fino alla invasione dell'Ucraina. 

 (...)

Ecco perché non sono sfuggite le dichiarazioni di Fassino a riguardo: "Non prevedo l'invasione dell'Ucraina", disse poco prima che l'esercito di Putin entrasse nei confini ucraini. Ora, però, Fassino si è espresso anche su qualcosa di ancor più pericoloso e mondiale: il nucleare.

  Il giornalista de Il Piccolo, Mauro Manzin, in un'intervista al deputato Pd gli ha chiesto di dire la sua sul possibile utilizzo di armi nucleari da parte della Russia: "No, non credo che convenga, in primis, proprio a Putin: il mondo si può distruggere una volta sola. È questo che vuole? Non penso". E i social sono esplosi: "È stato bello conoscervi, addio", scrive un utente. "L'ha detto, siamo spacciati", commenta un altro.

Russia, altra morte sospetta: strangolato lo scienziato padre del vaccino Sputnik. Il Tempo il 03 marzo 2023

L’ennesimo decesso in Russia che lascia più di qualche dubbio. È stato «strangolato a morte con una cintura» Andrey Botikov, 47 anni, uno degli scienziati che ha contribuito a creare il vaccino russo contro il Covid-19. A riferirlo è l’agenzia di stampa Tass, che afferma anche che il ricercatore è stato «assassinato nel suo appartamento nel nord-ovest di Mosca». Botikov aveva lavorato per il Centro nazionale di ricerca per l’epidemiologia e la microbiologia sul vaccino Sputnik V. La Tass aggiunge che un uomo di 29 anni si è dichiarato colpevole dell’omicidio. Secondo gli investigatori l’omicidio sarebbe avvenuto a seguito di una lite domestica. Sputnik è un vaccino che non contiene l'agente patogeno, ma utilizza come vettore alcune delle particelle di adenovirus umano.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 4 marzo.

La Repubblica. A cura di Flavio Bini, Anna Lombardi, Ilaria Zaffino

Kharkiv 2000 morti, 100 bambini. Attacco aereo su Kiev. Nuovi negoziati nel weekend. Mosca blocca Facebook e Twitter

Preso di mira l'impianto per la produzione di energia atomica più grande d'Europa. L'Aeia: "Ora è in sicurezza ma situazione fragile". L'offensiva delle forze russe avanza verso le principali città e arriva a 25 chilometri dalla capitale. Zelensky: "Sfiorata la fine dell'Europa". Conquistata la città di Mykolaiv. La Bbc ritira i giornalisti dalla Russia. È previsto per sabato o domenica il terzo incontro tra le due delegazioni

L'invasione russa si spinge fino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa. Sotto i colpi dei combattimenti per tutta la notte l'impianto passa nella mani dell'esercito russo. Per qualche ora si teme un disastro molto più grave di quello di Chernobyl, poi le autorità di Kiev fanno sapere che l'impianto è in sicurezza. E anche l'Aiea rassicura: "Nessuna fuga di radiazioni". La città di Kharkiv finora ha pagato il prezzo più alto dell'invasione russa, tra le vittime ci sarebbero oltre 100 bambini. Con un messaggio su Twitter il presidente ucraino Zelensky torna a rivolgersi all'Europa: "È l'unica che può fermare la guerra". In una telefonata con il primo ministro tedesco Scholz, Putin conferma i nuovi negoziati nel fine settimana. La Nato però avverte: "I giorni che verranno probabilmente saranno peggiori, con più morti e più distruzione"

00.30 Facebook e i siti di vari media inaccessibili in Russia

Facebook e diversi siti di mezzi di informazione indipendenti sono parzialmente inaccessibili in Russia. I giornalisti dell'AFP a Mosca non sono stati in grado di accedere a Facebook, così come ai siti dei media Meduza, Deutsche Welle, RFE-RL e al servizio in lingua russa della Bbc.

00.56 "La centrale di Zaporizhzhia è in fiamme"

La centrale nucleare di Zaporizhzhia è in fiamme dopo un attacco russo. Lo ha riferito sul web Dmytro Orlov, sindaco della città di Energodar. Nella giornata di ieri era stata diffusa la notizia che l'impianto, il più grande di questo genere in Europa, era stato conquistato dalle forze russe. Lo stesso Orlov aveva dato notizia di combattimenti nei pressi della centrale. "Come risultato del continuo bombardamento nemico di edifici e unità del complesso, l'impianto è in fiamme", ha scritto sul suo canale Telegram parlando di una minaccia alla sicurezza mondiale.

01.30 Ministro degli Esteri: "Se esplode Zaporizhzhia, dieci volte peggio di Chernobyl"

Le forze russe stanno "colpendo Zaporizhazhia, la maggiore centrale nucleare in Europa. Ci sono già fiamme. Se dovesse esplodere, sarebbe dieci volte peggio di Chernobyl. La Russia deve immediatamente cessare il fuoco, consentire ai pompieri" di intervenire e "creare una zona di sicurezza". Lo twitta il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

01.50 Il portavoce della centrale: "In fiamme un reattore al momento non operativo"

Il portavoce della centrale, Andriy Tuz, ha detto alla tv ucraina che uno dei sei reattori dell'impianto è in fiamme. Si tratta di un reattore al momento in manutenzione, quindi non operativo. Ma all'interno c'è combustibile nucleare.

02.04 Pentagono: "I russi stanno finendo carburante e cibo"

"I russi sono frustrati, sono stati respinti, hanno trovato una dura resistenza. Stanno affrontando problemi logistici e di sostentamento. Stanno finendo il carburante e il cibo. Sono rimasti sorpresi da come gli ucraini stanno difendendo le loro città". Lo ha dichiarato il portavoce del Pentagono John Kirby lodando "il coraggio degli ucraini".

02.10 Livelli alti di radiazioni intorno alla centrale

Un funzionario ucraino trinceratosi dietro l'anonimato ha detto all'Associated Press che intorno alla centrale di Zaporizhzhia sono stati rilevati alti livelli di radiazioni.

 02.19 Zaporizhzhia, pompieri sotto tiro non arrivano alle fiamme

I vigili del fuoco non riescono a raggiungere le fiamme alla centrale nucleare di Zaporizhzhia perché sono sotto tiro da parte dei russi, secondo quanto afferma Andriy Tuz, il portavoce della centrale, in un video postato su Telegram.

02.25 Aiea: stop ai combattimenti intorno alla centrale nucleare

L'Agenzia Internazionale per l'Energia Nucleare chiede la cessazione delle ostilità intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia e avverte che si corre un "grave pericolo".

02.36 Colloquio telefonico Biden-Zelensky

Il presidente degli Stati Uniti ha parlato con quello ucraino dell'attacco alla centrale di Zaporizhzhia, mentre il segretario di Stato americano Blinken ha discusso con il collega Kuleba di ulteriori misure da adottare per sostenere l'Ucraina sul piano della sicurezza e su quelli economico e umanitario.

02.53 "Incendio scoppiato fuori dal perimetro della centrale"

Il Servizio statale per le emergenze ucraino ha comunicato che l'incendio alla centrale nucleare di Zaporizhzhia è scoppiato fuori dal perimetro dell'impianto.

02.57 "La centrale di Zaporizhzhia messa in sicurezza"

Le autorità ucraine hanno reso noto che la sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia è ora garantita, i vigili del fuoco hanno potuto raggiungere il luogo dell'incendio. "Il direttore della centrale ha detto che è stata messa in sicurezza. Secondo i responsabili dell'impianto le fiamme hanno interessato una struttura per la formazione e un laboratorio", ha scritto su facebook Oleksandre Staroukh, capo dell'amministrazione militare della regione.

03.03 Aiea: nessun cambiamento nei livelli di radiazioni

"Le autorità di controllo ucraine hanno informato l'Aiea che non è stato segnalato nessun cambiamento nei livelli di radiazioni nel sito della centrale di Zaporizhzhia".

03.10 Zelensky: "Mosca ricorre al terrore nucleare"

Il presidente ucraino accusa Mosca di "ricorrere al terrore nucleare" e di voler "ripetere" Chernobyl. "Nessun paese diverso dalla Russia ha mai sparato contro le centrali nucleari. Questa è la prima volta nella nostra storia. Nella storia dell'umanità. Lo stato terrorista ora ha fatto ricorso al terrore nucleare", ha detto Zelensky in un video messaggio.

03.45 Johnson chiede riunione urgente del Consiglio di sicurezza Onu

Il primo ministro britannico ha denunciato le "azioni irresponsabili" di Putin che "minacciano direttamente la sicurezza di tutta l'Europa". E dopo una telefonata con Zelensky ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell'Onu

04.19 Aiea: l'incendio a Zaporizhzha non ha interessato strutture essenziali

L'incendio alla centrale nucleare di Zaporizhzhia non ha interessato strutture o attrezzature "essenziali", il personale dell'impianto sta prendendo misure per la messa in sicurezza: lo scrive su Twitter l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) che è stata informata dalle autorità dell'Ucraina.

05.26 I pompieri hanno fermato l'incendio

I vigili del fuoco hanno arrestato la propagazione dell'incendio alla centrale nucleare di Zaporizhzha. Lo ha reso noto il Servizio statale ucraino per le emergenze

06.03 Spento l'incendio alla centrale nucleare

 I soccorritori del Servizio di emergenza dell'Ucraina hanno spento l'incendio divampato in un edificio della centrale nucleare di Zaporizhzhia. "Alle 6:20 ora locale, l'incendio nella struttura di formazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, nella città di Energodar, è stato spento. Non ci sono vittime o feriti", ha comunicato il Servizio di emergenza statale in una dichiarazione su Facebook.

06.55 Airbnb sospende le sue attività in Russia

"Airbnb sospende tutte le operazioni in Russia e Bielorussia". Lo scrive su twitter il ceo della società Brian Chesky.

7:10 Zelensky: "Solo l'Europa può fermare la Russia"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto "un'azione immediata da parte dell'Europa" dopo che i militari russi hanno bombardato la centrale nucleare di Zaporizhzhya, nel sud dell'Ucraina, causando un incendio. "Solo un'azione immediata da parte dell'Europa può fermare le truppe russe", ha detto Zelensky su Twitter.

7.40 Aiea convoca conferenza stampa

L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) ha segnalato che "al momento non si registrano cambiamenti nei livelli di radiazioni nell'impianto" nucleare di Zaporizhzhia. Prevista per le 10 e 30 una conferenza stampa dell'Aiea, che nel frattempo ha messo in allerta il suo Centro per le emergenze in modalità 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

08.00 Kiev, russi hanno preso controllo centrale nucleare Zaporizhzhia

Le forze militari russe hanno preso il controllo della centrale nucleare  a sei reattori della città di Enerhodar, nell'oblast di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa. Lo riferiscono le autorità ucraine citate dai media internazionali. "Il personale operativo sta monitorando le condizioni delle unità di potenza", hanno affermato sui social media, aggiungendo che gli sforzi compiuti sono stati in linea con i requisiti di sicurezza.

08.19 Russia, limitato accesso a siti di informazione tra cui Bbc

Roskomnadzor, il servizio di controllo delle comunicazioni russo, ha limitato l'accesso a diversi siti di informazione, tra cui Meduza, Radio Liberty e Bbc. Lo riporta Ria Novosti.

08.22 Nessuna fuga di radiazioni alla centrale

Le apparecchiature essenziali della centrale nucleare di Zaporizhzhia non sono state danneggiate dall'incendio provocato nella notte da un attacco russo, senza alcun cambiamento nei livelli di radiazioni, ha affermato l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), citando le autorità di controllo dell'Ucraina. "L'autorità di regolamentazione ucraina ha affermato che un incendio nel sito non ha colpito le apparecchiature" essenziali "e il personale dell'impianto sta adottando misure di mitigazione del rischio", si legge nella nota. "Non sono stati segnalati cambiamenti nei livelli di radiazioni nell'impianto".

08.27 Google sospende la pubblicità in Russia

Il motore di ricerca Google e la collegata piattaforma video YouTube hanno sospeso la vendita di spazi pubblicitari sul territorio russo come conseguenza del conflitto in Ucraina. Lo scrive la Tass, citando una nota della compagnia Usa: "Alla luce di queste circostanze straordinarie, abbiamo fermato gli spazi pubblicitari su Google in Russia". Google ha aggiunto di star seguendo la situazione e che gli utenti saranno tenuti informati sul suo evolversi.

08.52 Anche Airbnb blocca i servizi in Russia

Airbnb ha annunciato che sospenderà il servizio in Russia e Bielorussia. Lo riferisce la Bbc online sottolineando che la società americana è l'ultima, in ordine di tempo, ad annunciare tale decisione dopo l'invasione russa dell'Ucraina. Ciò è in linea con le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e da altre nazioni occidentali su molte parti dell'economia russa, come le banche, che hanno reso quasi impossibile per le imprese globali operare in Russia.

09.01 I russi sospendono lancio Soyuz con satelliti OneWeb

Nella base spaziale russa di Baikonur è in corso la rimozione dalla rampa di lancio del razzo Soyuz-2.1b, a bordo del quale sono 36 satelliti della costellazione OneWeb per le connessioni internet. Lo rende noto l'agenzia spaziale russa Roscomos in un tweet. Il lancio era previsto per oggi, ma nei gorni scorsi le relazioni fra l'agenzia spaziale russa e l'azienda con base nel Regno Unito sono diventati progressivamente più tesi, con la richiesta della Roscomos di garanzie sugli scopi non militari e la conseguenta decisione della OneWeb di sospendere i lanci dei suoi satelliti da Baikonur

09.13 Russia, nuove misure contro "fake news su esercito". C'è anche il carcere

La Russia ha approvato una legge che modifica il Codice penale per contenere la diffusione di 'fake news' sulle operazioni dell'esercito russo. Lo scrivono Tass e Interfax, spiegando che questo è quello che prevede la legge appena approvata dalla Duma, all'unanimità, che introduce una responsabilità criminale per la diffusione di false informazioni sulle forze armate russe. In base alla gravità del reato sono previste multe e anche la prigione (si rischiano fino a 15 anni di carcere).

09.16 Attacco hacker a più grande agenzia spaziale russa

Un "massiccio attacco" hacker ai server della più grande azienda spaziale russa, Energia, è stato sferrato nella serata di ieri da siti esteri e ora la funzionalità del sito è stata ripristinata. Lo rende noto su Twitter l'agenzia spaziale russa Roscosmos. "Ieri sera - si legge nel tweet - gli specialisti di RSC Energia hanno registrato un massiccio attacco DDoS al sito Web della società da vari indirizzi IP dall'estero. Ora il sito funziona stabilmente, l'infrastruttura e tutte le sezioni del sito sono sotto il controllo di specialisti

09.24 Kiev: "I russi hanno subito perdite su tutti i fronti"

Nel nono giorno dell'offensiva russa in Ucraina, le forze armate di Mosca "hanno subito perdite su tutti i fronti". Lo riferisce lo Stato maggiore ucraino. "Gli invasori demotivati si stanno arrendendo e abbandonando l'equipaggiamento", si legge nella nota, "questi trofei ci stanno aiutando a battere gli invasori russi. La battaglia continua! La vittoria sarà nostra! Gloria all'Ucraina!".

09.32 Kiev: "Nessuna vittima nell'incendio della centrale"

L'incendio alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, ora sotto controllo russo, è stato domato alle 7:20 italiane e non ha causato alcuna vittima. Lo conferma una nato dello Stato maggiore dell'esercito ucraino.

09.41 Mosca, perquisizioni nella sede della ong Memorial

L'ong per la difesa dei diritti umani Memorial Internazionale riferisce di perquisizioni nei suoi uffici a Mosca: lo riporta l'agenzia Interfax. Memorial è stata recentemente colpita da una sentenza di scioglimento emanata dalla Corte suprema russa in un momento storico in cui le autorità russe stanno attuando un nuovo duro giro di vite per soffocare il dissenso e la libertà di stampa

09.47 Nato: "L'attacco alle centrali nucleari è segno di inscoscienza di questa guerra"

 "L'attacco alle centrali nucleari è la dimostrazione dell'incoscienza di questa guerra". Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al punto stampa con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in merito all'attacco alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia.

09.56 Sirene di allarme a Leopoli

 A Leopoli hanno risuonato poco fa le sirene di allarme anti bombardamento. La popolazione è stata invitata a raggiungere un rifugio. Lo riferisce l'Ansa. La città è protetta da almeno tre anelli di check point delle forze ucraine e cavalli di frisia dove vengono controllati i documenti sia all'ingresso che all'uscita.

10.02 Kiev: "La Russia ha perso 9166 soldati"

Sono finora 9.166 i soldati russi caduti durante l'invasione dell'Ucraina. Lo riferiscono le forze armate di Kiev.

10.12 Mosca: "Alla centrale nucleare provocazione di Kiev"

Questa notte Kiev ha tentato una provocazione sul territorio adiacente alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Lo afferma il ministero della Difesa russo citato da Tass.

10.08 Borrell: "Putin usa armi proibite dalla convenzione di Ginevra"

 "Assistiamo a una guerra guidata da Putin contro l'Ucraina, una guerra assolutamente ingiustificabile che sta causando molto vittime con l'uso di armi severamente vietate dalla Convenzione di Ginevra". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio Nato.

 10.11 Kiev: "Sale a 47 vittime il bilancio dei civili a Chernihiv"

Salgono ad almeno 47 i civili uccisi nell'attacco russo di ieri a Chernihiv, nel nord dell'Ucraina.

Lo riportano le autorità regionali, citate dai media internazionali. Il bilancio di ieri era di 33 morti tra i civili. Ieri le operazioni di soccorso erano state sospese a causa dei pesanti bombardamenti, secondo quanto riferito dal servizio di emergenza locale.

10.15 Borrell (Ue): "Tutte le misure sul tavolo"

"Questo è il momento di far sentire la nostra voce e di alzarsi. Questo è il momento in cui l'unità transatlantica è più importante che mai". Così l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, al suo arrivo alla ministeriale Esteri della Nato a Bruxelles. "Prenderemo in considerazione tutto. Una settimana fa vi dissi che tutto era sul tavolo e avete potuto vedere che tutto era sul tavolo perché abbiamo preso misure che nessuno poteva aspettarsi. Quindi tutto rimane sul tavolo", ha aggiunto.

10.16 Borrell: "Indagine sui crimini di guerra di Mosca"

La Russia  sta usando "armi severamente vietate dalla Convenzione di Ginevra, ci sono numerose perdite civili. E' importante attivare il meccanismo di Mosca e avviare una missione per indagare su eventuali crimi di guerra commessi in Ucraina". Lo ha detto l'Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell arrivando al vertice dei ministri degli Esteri della Nato

10.22 Oltre 672mila rifugiati già entrati in Polonia

Sono oltre 672mila i rifugiati usciti dall'Ucraina che sono entrati in Polonia dall'inizio dell'aggressione russa. Lo fa sapere la Guardia di frontiera polacca, secondo quanto riportano i media internazionali

10.23 La marina ucraina affonda nave ammiraglia per non farla prendere ai russi

Lo scrive il Kyiv Independent. La fregata Hetman Sahaidachny era in riparazione nella città di Mykolaiv. Al comandante è stato ordinato di affondarla, secondo quanto ha riferito il ministro della Difesa, Oleksiy Reznikov

10.26 La situazione sul campo secondo Kiev

Lo Stato maggiore dell'esercito ucraino ha diffuso un bollettino dettagliato sullo stato delle operazioni militari nel Paese, nel nono giorno dell'invasione russa. Le forze di Kiev sostengono che i russi hanno perso finora oltre 9.100 uomini e molti reparti si stiano arrendendo e stiano abbandonando le armi."Gli sforzi principali delle forze di occupazione russe sono concentrati sull'accerchiamento di Kiev e sull'indebolimento della resistenza negli insediamenti bloccati", riferisce lo stato maggiore. "Allo stesso tempo è stato riferito che l'invasore ha esaurito la maggior parte delle sue riserve operative e ha iniziato i preparativi per trasferire forze e risorse aggiuntive dai distretti militari meridionali e orientali. Il secondo livello e la maggior parte delle riserve operative delle forze d'invasione sono state messe in funzione"

10.33 Appello del vice sindaco di Mariupol: "Mandate truppe Nato"

"Non c'è modo di fermare Putin finché la Nato non si sveglia e capisce che questo non è un conflitto regionale ma una guerra contro la democrazia, la libertà e una delle più grandi nazioni europee", ha detto Sergei Orlov alla Bbc. "Sembra che i leader della Nato non capiscano che Putin non si fermerà".

10.38 Mosca accusa Kiev: "Falsità sulla centrale nucleare"

Su Zaporizhzhya "c'è stata una provocazione creata ad arte dal regime di Kiev con l'obiettivo di accusare la Russia di causare un incidente nucleare". Lo dice il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov precisando che il personale della centrale "lavora come al solito e monitora i livelli di radiazione".

10.46 Due feriti alla centrale nucleare di Zaporizhzhia

Lo ha detto il direttore generale dell'Aiea, Rafael Mariano Grossi in conferenza stampa. "Queste persone non sono operatori o tecnici della centrale ma fanno parte del personale di sicurezza che lavora nella centrale", ha precisato. "Sono rimasti feriti durante lo scontro a fuoco"

10.53 L'appello di Zelensky agli abitanti di Kherson: "Fatevi sentire"

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha chiesto in un video rivolto agli abitanti di Kherson di "far capire agli occupanti che possono stare a Kherson solo temporaneamente". Secondo Zelensky, in questa città ucraina potrebbe presto andare in scena una manifestazione a favore della Russia "alla quale parteciperanno stranieri, con lo scopo di cercare traditori locali". E ha dunque chiesto agli abitanti "Fimostrate che è la vostra citta. Fermate il piano dell'invasore".

10.55 Aiea: "Dall'Ucraina richiesta di assistenza immediata"

"L'Ucraina ha inviato alla nostra agenzia una richiesta di assistenza immediata. Non la lasceremo cadere nel vuoto". Lo ha detto il direttore  generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, riferendo sugli scontri avvenuti nella notte presso la centrale nucleare di Zaporizhzhia. "La situazione è fragile e molto insanabile".

11.04 La propaganda russa diffonde bufale da almeno 100 siti

E sono almeno dieci le principali bufale diffuse. Lo dice un report del Centro di monitoraggio della disinformazione sul conflitto Russia-Ucraina diffuso da NewsGuard che sta monitorando 116 domini di  propaganda e disinformazione filo-russa. "I tre siti più influenti, finanziati e gestiti dal governo russo sono le fonti dei media statali RT, TASS e Sputnik News, ma ci sono anche siti anonimi, gestiti con finanziamenti non chiari, che potrebbero avere collegamenti non dichiarati con il governo russo". Newsguard ha anche individuato le 10 principali bufale su cui ha fatto fact-checking: i residenti di lingua russa del Donbas sono stati vittime di un genocidio; sabotatori di lingua polacca hanno tentato di bombardare un impianto di trattamento delle acque reflue nel Donbas; le forze ucraine hanno bombardato un asilo nel Lugansk il 17 febbraio 2022; la Russia non ha preso di mira infrastrutture civili in Ucraina; il nazismo è prevalente nella politica e nella società ucraine; l'Occidente ha organizzato un colpo di stato per rovesciare il governo ucraino filorusso nel 2014; gli Stati Uniti possiedono una rete di laboratori di armi biologiche nell'Europa orientale; la Nato ha una base militare a Odessa; la Crimea si è unita alla Russia legalmente; l'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia comunista.

11.06 Aiea: "Problemi tecnici nel monitoraggio delle radiazioni di Chernobyl"

Ma non si tratta di "problemi enormi" e dai dati disponibili la situazione appare "nella normalita'". Lo ha detto in conferenza stampa il direttore generale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea), Rafael Grossi.

11.22 Zelensky: "Sanzioni più severe dopo l'attacco alla centrale nucleare"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede sanzioni occidentali più severe contro Mosca dopo l'attacco russo  alla prima centrale nucleare ucraina. "E' necessario un inasprimento immediato delle sanzioni contro lo stato terrorista nucleare", ha affermato in un discorso video, invitando anche i russi a "scendere in piazza" per fermare  gli attacchi russi ai siti nucleari in ucraina.

11.21 Kiev accerchiata dalle forze russe

Lo conferma il ministero della Difesa ucraina precisando che le truppe russe sono "bloccate e fermate nell'area di Makarov" a circa 60 km dalla capitale ucraina.  Secondo il ministero, i militari hanno esaurito parte delle loro riserve operative e hanno avviato "i preparativi per il trasferimento di forze e risorse aggiuntive dai distretti militari meridionali e orientali". Ieri, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che la guerra in ucraina "sta andando secondo i piani", nonostante le valutazioni contrarie di altri Paesi.  Secondo il ministero della Difesa ucraino, le forze russe continuano a prepararsi per lo sbarco sulla costa del Mar Nero.

11.25 Truppe russe stanno entrando a Mykolaiv

Lo conferma il sindaco, Oleksandr Senkevych. Mykolaiv, città dell'Ucraina meridionale non distante da Kherson (il cui controllo è rivendicato dai russi), ha circa mezzo milione di abitanti.  

11.36 Lukashenko: "Parlato con Putin, non partecipiamo all'invasione"

Il presidente bielorusso Alexander  Lukashenko ha riferito di un ''colloquio con il presidente russo Vladimir Putin'' durante il quale ha confermato che ''i militari bielorussi non parteciperanno all'invasione dell'Ucraina". La Russia ha però utilizzato il territorio bielorusso per attaccare.

11.37 Zelensky: " A Zaporizhzhia sfiorata la fine dell'Europa"

"Un disastro alla centrale nucleare di Zaporizhzhia sarebbe 6 volte peggiore di Chernobyl". Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e lo riporta il Kyiv Independent.  "Sarebbe potuta essere la fine della storia dell'Ucraina e dell'Europa", ha detto, aggiungendo che i russi "sapevano cosa stavano colpendo, hanno mirato al sito". Si è poi appellato ai russi: "Come è possibile. Abbiamo combattuto insieme le conseguenze del disastro di Chernobyl del 1986. Ve lo siete dimenticato? Se ve lo ricordate non potete stare in silenzio. Dite ai vostri leader che volete vivere".

11.41  Kiev: "3 morti durante l'attacco alla centrale nucleare"

Sarebbero soldati addetti alla sicurezza della centrale. Altri due sono stati feriti, uno è in condizioni critiche

11.43 Borrell: "Convocare il Consiglio di Sicurezza Onu dopo attacco alla centrale nucleare"

"Gli attacchi russi nelle immediate vicinanze delle centrali nucleari ucraine possono avere conseguenze catastrofiche. Devono fermarsi immediatamente. I bombardamenti e il conseguente incendio alla Zaporizhzhya possono mettere in pericolo l'intera Europa. Sostegno per una riunione di emergenza di Consiglio di sicurezza dell'Onu". Lo scrive in un tweet l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell.

11.52 Zhytomyr, colpita una scuola. Non ci sono vittime

Le forze russe hanno colpito una scuola a Zhytomyr, a ovest di Kiev, distruggendo l'edificio. Lo rende noto il sindaco della città Serhiy Sukhomlyn su Facebook, citato dai media ucraini. "Un razzo o una bomba sono stati appena lanciati contro la scuola n.25. Metà  dell'edificio è distrutto". Secondo le prime informazioni non ci sarebbero vittime.

11.54 La ministra degli Esteri britannica Truss: "Dobbiamo dare più sostegno militare"

Lo ha detto a Bruxelles dove si trova per incontrare i colleghi dei Paesi alleati membri della Nato: "Si deve stringere la morsa attorno alla macchina da guerra di Putin". E deve avvenire in più modi: "Sanzioni sempre più forti sull'economia di Mosca e invio di armamenti agli ucraini".

12.00 A Kharkiv 2000 morti, oltre 100 bambini

Lo ha detto Serhiy Chernov, presidente del consiglio regionale di Kharkiv, in videocollegamento con il Summit delle regioni in corso a Marsiglia. "Il villaggio di Iakevo nella ragione di Kharkiv è stato distrutto, ci sono molti morti in quell'area", ha spiegato. "Sto organizzando il lavoro del centro di coordinamento creato nel nostro centro regionale. Ci occupiamo di tutti i profughi dell'area consegnando medicinali e cibo".

12.10 Bombe su Chernihiv: 47 morti

Ieri sono morte 47 persone - 38 uomini e 9 donne - nei bombardamenti russi sulle aree residenziali della città di Chernihiv, nel Nord dell'Ucraina. Lo riferisce il governo ucraino. Altre 18 persone sono rimaste ferite

 12.12 Zelensky: "Oggi capiremo se l'accordo sui corridoi umanitari funziona"

Lo ha detto riferendosi all'intesa raggiunta ieri nei colloqui tra le delegazioni  russe ed ucraini per creare corridoi umanitari che permettano ai  civili di lasciare le zone di combattimento. "La capitale Kiev rimane  l'obiettivo principale degli occupanti, ma non ci faremo piegare", ha  poi aggiunto.

12.16 La presidente della Commissione Europea Von der Leyen incontra il segretario di Stato Usa Blinken

Si vedranno a Bruxelles per discutere degli sviluppi della guerra in Ucraina. Domani sarà poi in Spagna, per incontrare il premier spagnolo Pedro Sanchez. Lunedì riceverà a  Bruxelles il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. Gli  incontri preludono al Consiglio Europeo informale del 10 e 11 marzo a  Versailles.

12.18 Consiglio Onu per i diritti umani approva risoluzione per commissione internazionale d'inchiesta sulle violazioni

E' stata approvata a grande maggioranza con 32 voti favorevoli, 2 contrari (Russia ed Eritrea) e 13  astensioni, compresi quelli di Venezuela, Cuba, Cina, India e  Pakistan. E' la prima volta che il Consiglio dell'Onu assume una risoluzione che riguarda direttamente la Russia

12.25 Lukashenko "non partecipiamo a invasione": Ma rafforza difesa

Il presidente bielorusso ripete che le forze armate del suo Paese non prenderanno parte "all'operazione militare speciale" in Ucraina, ma il colonnello Anatoly Bulavko rende noto di aver rafforzato le forze di difesa aerea in servizio proprio su richiesta dello stesso Lukashenko.

13.12 Kiev, in corso colloquio Putin-Scholz su corridoi umanitari

"In questo momento, il cancelliere tedesco Olaf Scholz sta parlando con il presidente russo Vladimir Putin dei corridoi umanitari". Lo ha scritto su Twitter il consigliere di Zelensky Mykhailo Podoliak. "Il mondo ha finalmente realizzato l'intera catastrofe organizzata dai russi", ha aggiunto il consigliere.

12.31 L'allarme del ministro della Cultura ucraino: "patrimonio sotto attacco"

Il ministro della Cultura ucraino, Oleksandr Tkachenko, ha lanciato un appello stamani "per chiudere i cieli sull'Ucraina in quanto gli aggressori russi stanno distruggendo i nostri siti culturali. La maggior parte dei crimini di guerra di Putin in Ucraina sono stati commessi dall'aria", ha detto. "Putin vuole cancellare il patrimonio e la cultura dell'Europa dalla faccia della terra. Un dittatore pazzo minaccia di distruggere la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev, una chiesa dell'Unesco costruita nell'XI secolo".

12.36 Putin a paesi vicini: "Non inasprite le tensioni"

"La Russia non ha cattive intenzioni nei confronti dei suoi vicini e li invita a normalizzare le relazioni". Lo ha detto il presidente Vladimir Putin, partecipando in collegamento video alla cerimonia dell'alzabandiera del traghetto Marshal Rokossovsky. Rivolgendosi al governatore della regione di Kaliningrad, Anton Andreyevich Alikhanov, gli ha detto "Vorrei sottolineare ancora una volta che non abbiamo cattive intenzioni nei confronti dei vicini. Consiglierei loro di non inasprire le tensioni e di non imporre alcuna restrizione. Stiamo onorando tutti i nostri obblighi e continueremo a farlo"

12.49 I russi non fanno "entrare né uscire dalla centrale nucleare colpita"

"Alcuni lavoratori stanno dentro da 24 ore ma non possono andare via". Lo racconta Alexandra, dipendente che lavora nell'impianto attaccato stanotte, al telefono col giornale spagnolo El Pais.   "Ieri i responsabili della centrale ci hanno detto che avremmo potuto lavorare con normalità perché era sotto controllo dell'esercito ucraino. E' arrivato il turno del mattino e dopo 24 ore loro sono ancora lì, non li fanno uscire", ha aggiunto.

12.53 Unhcr, Verso più grande crisi rifugiati in Europa in questo secolo

La decisione senza precedenti dell'Ue di offrire protezione temporanea ai rifugiati in fuga dall'Ucraina "fornirà protezione immediata nell'Ue agli ucraini e ai cittadini di paesi terzi con status di rifugiato o di soggiorno permanente in Ucraina". Lo rende noto l'Unhcr che esorta gli Stati della Ue ad attuare rapidamente la direttiva poiché "questa sta rapidamente diventando la più grande crisi di rifugiati in Europa di questo secolo".

 13.36 Zelensky, mai tanta crudeltà disumana da occupazione nazista

'Le città ucraine non vedevano una simile crudeltà contro il nostro Paese dall'occupazione nazista". Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un nuovo videomessaggio diffuso tramite Telegram. Zelensky ha quindi accusato la Russia di aver colpito civili e in particolare ha confermato il bilancio dei 47 morti a Chernihiv, un bombardamento nel quale hanno perso la vita "civili pacifici".

13.36 Cremlino, sanzioni occidentali non cambieranno posizione russa

Le sanzioni imposte dall'Occidente contro la Federazione russa e i suoi cittadini non hanno possibilità di successo se il loro obiettivo è far cambiare posizione e abbandonare il piano russo. Così il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

13.50 Il Cremlino chiama i russi "a unirsi intorno a Putin"

Il Cremlino chiama i russi a stringersi intorno al presidente Vladimir Putin, al nono giorno dell'invasione dell'Ucraina. "Non è il momento di dividersi, è il momento di unirsi. E di unirsi attorno al nostro presidente" ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, nel corso di un incontro con la stampa.

13.56 Nato, prossimi giorni andranno ancora peggio, con più morti

 "Questa è la peggiore aggressione militare da decenni, con città, scuole, ospedali, edifici residenziali bombardati, attacchi alle centrali nucleale. I giorni che verranno probabilmente saranno peggiori, con più morti e più distruzione". Lo dice il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in conferenza dopo il vertice straordinario dei ministri degli Esteri Nato.

14.02 Stoltenberg, 'No aerei Nato né truppe su territorio'

"Gli Alleati danno il loro supporto all'Ucraina, lo stiamo aumentando sotto differenti aspetti. E' cruciale, è un momento critico per Kiev. La no fly zone è stata menzionata" nel dibattito "ma non ci sono piani per operare nello spazio aereo ucraino o per inviare nostre truppe". Lo dice il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in conferenza stampa aggiungendo che i prossimi giorni saranno peggio "con più morti, più sofferenza e più distruzione".

14.08 Onu, oggi riunione d'emergenza Consiglio Sicurezza

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu terrà oggi una riunione d'emergenza sulla guerra in Ucraina. Lo riferiscono fonti diplomatiche

14.28 Usa, attacco centrale nucleare è crimine guerra

Attaccare una centrale nucleare costituisce un crimine di guerra: lo twitta l'ambasciata Usa a Kiev dopo il blitz russo contro l'impianto ucraino di Zaporizhzhia. "E' un crimine di guerra attaccare una centrale nucleare. Il bombardamento da parte di Putin della più grande centrale nucleare europea porta il suo regno del terrore un passo più avanti"

 14.29 Mosca, 'Zelensky ha lasciato l'Ucraina, ora è in Polonia'. Ma Kiev non conferma

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky "ha lasciato l'Ucraina ed è andato in Polonia". Lo sostiene il presidente della Duma russa Vyacheslav Volodin sul suo canale Telegram, secondo quanto riferisce la Tass. Non c'è nessuna conferma da parte ucraina.

14.35  Stoltenberg, 'Usate bombe a grappolo e armi in violazione diritto internazionalè

 "Abbiamo visto l'uso di bombe a grappolo e ci sono state notizie dell'uso di altro tipo di armi che sarebbero in violazione del diritto internazionale". Lo ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, esprimendo il suo apprezzamento per l'avvio dell'inchiesta da parte del tribunale penale internazionale. "Putin deve rispondere delle sue responsabilità", ha detto.

14.36 Kuleba alla Nato, agite ora o sarà troppo tardi

"Agite ora o sarà troppo tardi". Questo il messaggio del ministro degli  Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, durante il meeting della Nato con gli omologhi degli altri Paesi dell'Alleanza. "Non lasciate che Putin trasformi l'Ucraina nella Siria - scrive su Twitter -. Siamo pronti a combattere. Continueremo a combattere. Ma abbiamo bisogno dell'aiuto concreto e risoluto dei nostri partner, ora".

15.29 Putin a Scholz: "Nuovo round di colloqui nel fine settimana"

Il presidente russo Vladimir Putin "ha informato il cancelliere tedesco Olaf Scholz che Russia e Ucraina hanno programmato un terzo round di colloqui per questo fine settimana". Lo ha riferito in una nota il portavoce del governo tedesco Steffen Hebestreit al termine del colloquio telefonico tra Putin e Scholz.

15.49 Kiev: "Fake news da Mosca, Zelensky è qui"

"Gli occupanti hanno diffuso un altro falso dicendo che il presidente Volodymyr Zelensky ha lasciato il Paese. Non è vero, il presidente è Kiev con la sua gente". Lo scrive sul proprio canale Telegram la 'Rada', il canale televisivo ufficiale del parlamento ucraino

15.59 Borrell: "I russi bombardano scuole e ospedali"

"I russi stanno bombardando qualsiasi cosa: ospedali, case scuole con molte vittime civili. E' un modo barbaro di fare la guerra". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio esteri insieme con il segretario di Stato americano, Antony Blinken. "Il Consiglio dell'Onu per i diritti umani manderà presto una missione per esminare le violazioni dei diritti umani che stanno avvenendo in Ucraina.

Questa è la guerra di Putin. E Putin la deve fermare. Noi resteremo uniti nel chiedere che questa guerra si fermi e si eviti di uccidere persone innocenti", ha aggiunto il capo della diplomazia Ue.

16.02 Scholz: "Chiesto a Putin di fermare i combattimenti"

 Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin e lo ha esortato "ad interrompere immediatamente tutte le operazioni di combattimento e a consentire l'accesso umanitario alle aree contese". A renderlo noto è stato il portavoce del governo di Berlino Steffen Hebestreit precisando che il cancelliere ha espresso forte preoccupazione durante il colloquio con Putin, durato un'ora.

16.18 Kiev: "Tribunale speciale per Putin"

I paesi occidentali devono approvare la creazione di un tribunale speciale per punire Vladimir Putin per la sua invasione dell'Ucraina. Lo ha affermato il ministro degli Esteri ucraino, stando a Politico.eu. Parlando a un evento online tenuto oggi dal think tank di politica estera di Chatham House, il ministro Dmytro Kuleba ha affermato che la Russia ha commesso un "crimine di aggressione" contro l'Ucraina e alla fine sarà "ritenuta responsabile delle sue azioni". "Lo scopo di questa iniziativa non è sostituire la Corte penale internazionale o qualsiasi altra giurisdizione, ma colmare il vuoto esistente nel diritto internazionale e utilizzare l'esperienza della comunità internazionale e del diritto internazionale a beneficio delle persone e dell'ordine mondiale", ha detto.

Gli esperti di diritto internazionale sostengono che è necessario un nuovo tribunale perché la Cpi ha giurisdizione solo su tre crimini - crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio - ma non sui cosiddetti crimini di aggressione nel caso della Russia, precisa Politico.eu.. Questo perché Mosca non ha sottoscritto uno statuto specifico della Cpi in base al quale i paesi si impegnano a non commettere tali crimini.  "Il ricorso alla guerra in Ucraina equivale a un crimine di aggressione", ha affermato Philippe Sands, professore di diritto all'University College di Londra.

16.20 Irlanda: "Prossima settimana nuovo round di sanzioni"

"E' il terzo consiglio Affari esteri dell'Ue che abbiamo in una settimana e probabilmente ce ne sarà un altro nei prossimi giorni. Oggi non concorderemo un nuovo pacchetto di sanzioni ma è chiaramente in arrivo, mi aspetto venga approvato nei primi giorni della prossima settimana". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri irlandese, Simon Coveney, al suo arrivo al Consiglio Esteri a Bruxelles.

16.22 Kiev: "Numerosi casi di donne stuprate, serve tribunale"

"Purtroppo abbiamo numerosi casi di donne stuprate dai soldati russi nelle città ucraine": lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un birefing a Londra, nella sede del think-tank Chatham House.

Kuleba si è quindi detto favorevole alla proposta di un tribunale speciale avanzata dall'ex premier britannico Gordon Brown, osservando che "stiamo lottando contro un nemico che è molto più forte di noi".

16.24 Zelensky: "Continua dialogo con Michel. Nostro obiettivo è proteggere gli impianti nucleari"

"Continua il dialogo con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Il nostro compito comune è proteggere gli impianti nucleari, la produzione e le infrastrutture critiche. Abbiamo discusso i modi per implementare questa protezione nonché l'aumento delle sanzioni contro la Russia. Sollevata anche la questione dell'adesione dell'Ucraina all'Ue". Lo ha twittato poco fa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, senza alcun riferimento alle accuse russe di aver lasciato il Paese.

16.43 Milioni bambini rischiano di rimanere intrappolati in violenze

"A causa dell'intensificarsi del conflitto 500mila bambini sono stati costretti a lasciare le proprie case in soli 7 giorni. È una cosa senza precedenti in termini di portata e velocità. E se le violenze, le munizioni esplosive non si arresteranno, molti di più lasceranno il paese in tempi molto brevi. E temiamo che molti altri saranno uccisi". Lo dice James Elder, portavoce Unicef alla conferenza stampa di oggi al Palazzo delle Nazioni a Ginevra. "Dobbiamo ricordare - aggiunge - anche coloro che non possono sfuggire ai bombardamenti che colpiscono l'Ucraina. Decine di migliaia di bambini sono in istituti per l'infanzia, molti vivono con disabilità. Ci sono poi i bambini malati. Bambini feriti negli ospedali a Kiev. La loro fuga è molto più complicata e pericolosa".

16.44 Svizzera amplia sanzioni alla Russia, bloccati conti oligarchi

La Svizzera adotterà ulteriori sanzioni contro la Russia adeguandole alle ultime misure dell'Unione europea e congelerà i conti di diversi oligarchi russi. È vietata l'esportazione di beni che potrebbero contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia o allo sviluppo del settore di difesa e sicurezza. Inoltre, le transazioni con la Banca centrale russa non sono più consentite.

16.49 Mosca, Usa e Gb inviano combattenti stranieri

Gli 007 di diversi Paesi Nato, tra cui Usa e Regno Unito, stanno utilizzando da settimane come "base logistica la Polonia" per "trasferire" in Ucraina "armi e combattenti terroristi stranieri, compresi alcuni dal Medio Oriente". A lanciare l'accusa sono i servizi di intelligence internazionali russi (Svr), citati dalle agenzie di Mosca, affermando inoltre che "molti" di questi presunti combattenti sono stati uccisi.

16.54 Sindaco Kiev, aiuti stanno arrivando, siete grandi

 "Stiamo ricevendo cibo, pacchi, medicinali. Siete grandi". Lo dichiara in un video postato su Twitter il sindaco di Kiev Vitali Klitschko, riprendendo qualcosa come 15 bancali di merce: "Amici di tutto il mondo, vediamo voi e il vostro supporto. Siete meravigliosi. Continuate ad aiutarci".

16.54  Stoltenberg, Polonia non pianifica di fornire aerei a Kiev

La Polonia "non sta pianificando" di fornire aeroplani a Kiev per sostenerla nella guerra contro Mosca. Lo ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in conferenza stampa, a differenza di quanto si era appreso erroneamente in un primo momento.

16.58 Usa, "Forze russe sono a 25 km da centro di Kiev"

Le forze russe sono a circa 25 chilometri dal centro di Kiev nel nord e rimangono a 10 chilometri dai centri delle città di Chernihiv e Kharkiv nel nord in Ucraina. Lo rende noto un alto funzionario della difesa Usa, stando alla Cnn.

17.03 Putin, accuse bombardamenti città sono "propaganda"

"Nel corso della sua operazione speciale, l'esercito russo sta adottando tutte le misure possibili per salvare la vita dei civili e le notizie di presunti bombardamenti di Kiev e di altre grandi città sono grossolani falsi di propaganda". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nella conversazione telefonica col cancelliere tedesco, Olaf Scholz, secondo quanto riportato dal Cremlino in una nota.

17.03 Sindaco Mariupol, siamo senza acqua e sta finendo cibo serve corridoio umanitario

Mariupol è rimasta senz'acqua, riscaldamento, elettricità e sta finendo anche il cibo dopo cinque giorni di attacchi russi. Lo denuncia il sindaco della città portuale nel sud-est dell'Ucraina in televisione, facendo un appello all'apertura di un corridoio umanitario per evacuare i civili. "Siamo semplicemente distrutti", ha detto Vadym Boychenko, aggiungendo di aver chiesto un corridoio umanitario per far uscire i civili dall'area.

17.09 Zelensky a Von der Leyen, discusse altre sanzioni

 "Ho parlato con la presidente della commissione europea, Ursula Von der Leyen, e l'ho informata del terrorismo nucleare dell'aggressore. Prevenire è il nostro compito comune": così il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un tweet. Con Von der Leyen, aggiunge Zelensky, "abbiamo discusso di un rafforzamento delle sanzioni contro la Russia. All'ordine del giorno c'era anche la questione dell'adesione dell'Ucraina all'Ue".

17.11 Putin, con Kiev mercenari da ex Jugoslavia e Siria

In Ucraina, "stiamo assistendo sempre più alla comparsa di mercenari da Paesi terzi, tra cui Albania e Croazia, militanti del Kosovo e persino jihadisti con esperienza di operazioni militari in Siria". Lo ha denunciato il presidente russo, Vladimir Putin, nel suo colloquio con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz,

17.15 Arrivati in Italia 9.058 profughi da inizio conflitto

Sono 9.058 i cittadini ucraini entrati in Italia dall'inizio del conflitto, lo fa sapere in una nota il Viminale.

17.17 Save the Children, 100 bambini uccisi in 24 ore un'onta

"100 bambini uccisi a Kharkiv in 24 ore sono un'onta per le coscienze di tutto il mondo". A dirlo è Save The Children. "Ancora una volta sono i più piccoli a pagare il prezzo più alto della guerra".

 17.29 Bbc ritira giornalisti dalla Russia

La Bbc ha sospeso temporaneamente il lavoro di tutti i suoi giornalisti e del personale in Russia dopo che le autorità di Mosca hanno approvato una nuova legge che rende la diffusione di informazioni "false" un reato punibile con multe o pene detentive fino a 15 anni di carcere.

17.53 Media, attacco aereo vicino Kiev, almeno 7 morti

Almeno sette persone sono morte in un attacco aereo nella regione di Kiev, a Markhalivka. Lo riporta Sky News. La polizia ucraina ha detto che tra le vittime ci sono anche due bambini.

18.08 Blinken, "Guerra potrebbe non finire presto"

"Sappiamo che purtroppo, tragicamente, questa guerra potrebbe non essere finita presto. Gli sforzi che stiamo facendo insieme devono essere sostenuti nel tempo". Lo sottolinea il segretario di Stato Usa Antony Blinken, a fianco della presidente Ursula von der Leyen a Bruxelles.

18.10 Bbc, "Molti russi fuggono dalla Russia in Finlandia"

Molti cittadini russi stanno lasciando il loro Paese per rifugiarsi in Finlandia, per la paura di nuove strette del governo di Mosca, compresa la legge marziale, in seguito alla crisi ucraina. Secondo quanto riportato dalla Bbc, un flusso costante di macchine e autobus russi è segnalato alla frontiera di Vaalimaa, circa 200 chilometri a est da Helsinki.

18.25 Kiev, 100 persone potrebbero essere sotto macerie a Borodyanka

Sotto le macerie delle case a Borodyanka, nella regione di Kiev, potrebbero esserci circa 100 persone. Lo hanno riferito i servizi di emergenza statali ucraini (Ses). I soccorritori hanno cercato di raggiungere il luogo dell'incidente, ma sono stati colpiti dalle truppe russe, ha detto la portavoce del Ses nella regione di Kiev, Victoria Ruban. Al momento non si conoscono le condizioni delle persone sotto le macerie. La cittadina, a pochi chilometri da Kiev, è stata devastata dai bombardamenti russi anche se l'esercito ucraino è riuscito a respingere l'avanzata russa.

18.45 G7, subito corridoi, stop attacchi a centrali nucleari

Una "rapida" realizzazione di nuovi corridoi umanitari per i profughi in fuga dall'Ucraina,ì e lo stop agli attacchi da parte della Russia "nelle vicinanze immediate di centrali nucleari ucraine". E' quanto chiede il G7 nel comunicato finale al termine della riunione dei suoi ministri degli Esteri.

18.53 Blinken, Usa e Ue devono mantenere la Russia sotto pressione

Gli Stati Uniti e l'Unione Europea devono mantenere la pressione sulla russia per porre fine alla guerra in ucraina, ha affermato a Bruxelles il segretario di stato americano Antony Blinken.

 18.54  G7, crimini di guerra saranno perseguiti

 "Chiederemo conto ai responsabili dei crimini di guerra, compreso l'utilizzo indiscriminato di armi contro i civili, e sosteniamo le inchieste e la raccolta di prove, in particolare da parte del procuratore del Tribunale penale internazionale". Lo scrivono, a proposito dell'invasione russa dell'ucraina, i ministri degli Esteri del G7 in una nota congiunta dopo la riunione di oggi a Bruxelles.

19.09 Media, Russia blocca Facebook

L'Autorità russa per le comunicazioni ha annunciato il blocco di Facebook in Russia accusando il social network di "discriminare" i media russi. Lo riporta l'agenzia russa Interfax.

19.16 Borrell, possiamo estendere banche escluse da Swift

"Stiamo valutando quale potrebbe essere un nuovo pacchetto di sanzioni nei prossimi giorni, potremmo ad esempio allargare il numero di banche escluse dal sistema Swift. Vedremo, i nostri tecnici ci stanno lavorando". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al termine del Consiglio Affari esteri.

19.48 Borrell, no fly zone sarebbe uso forza, competenza Nato

"Non spetta al Consiglio Esteri dell'Ue prendere questo tipo di decisioni, è una questione della Nato. Quando hai deciso ciò significa che sei pronto a usare la forza con l'invio di voli per impedire a tutti di volare". Così l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, ha risposto a una domanda sull'ipotesi della 'no fly zonè sul cielo ucraino, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Affari esteri Ue straordinario.

20.04 Sirene suonano a Kiev: "Andate nei rifugi"

Sirene antiaereo stanno risuonando in questo momento a Kiev. Lo annuncia sul proprio profilo Telegram la municipalità della stessa capitale ucraina invitando i cittadini ad andare nei rifugi.

20.05 Borrell, mondo è da parte giusta storia, voto Onu lo dimostra

"Il mondo sta con l'Ucraina, sta dalla parte giusta della storia. Questo voto ha mandato un segnale chiaro. Oggi il Consiglio diritti umani ha votato di nuovo e stabilito una commissione indipendente di inchiesta sulla situazione umanitaria e il risultato è stato molto chiaro: 32 voti a favore, 2 contro, 3 astensioni". Lo ha affermato l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Affari esteri Ue straordinario. "Spero che (le sanzioni) mineranno la macchina da guerra russa. Il presidente Putin voleva dividerci ma ha raggiunto l'opposto. Siamo più uniti che mai e la Russia è completamente isolata dalla comunità internazionale come il voto all'Assemblea generale ha mostrato chiaramente", ha aggiunto.

20.08 Gb lancia stretta anti Putin, "più poteri per sanzioni"

Il premier britannico Boris Johnson, come promesso nei giorni scorsi dopo l'invasione russa dell'Ucraina, lancia una decisa stretta contro il "regime di Vladimir Putin" con modifiche alla legislazione del Regno Unito al fine di introdurre "nuovi poteri nel nostro arsenale" per colpire Mosca con le sanzioni. "Il Regno Unito ha aperto la strada con il pacchetto più duro di sanzioni contro il regime di Putin e lo stiamo ulteriormente rafforzando", ha detto il primo ministro.

20.24 Blinken, stabilità Europa a rischio, avanti con sanzioni ma non cerchiamo scontro

"La stabilità dell'Europa è in bilico, la pace è stata messa in pericolo dall'invasione russa", Usa e Ue continueranno con le sanzioni ad "alzare il costo" per Mosca dell'invasione dell'Ucraina ma non "cercheranno mai il conflitto con la Russia". Lo ha sottolineato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, parlando a Bruxelles dopo un incontro Nato.

20.29 Attacco aereo nella regione di Kiev

Ci sarebbero 5 morti di cui 3 bambini nell'attacco aereo nella regione di Kiev.

20.32 Blinken: Nato non può attuare no fly zone

"Abbiamo la responsabilità che la guerra non vada oltre l'Ucraina. La Nato non può attuare una no fly zone sull'Ucraina perché ciò significherebbe che la Nato dovrà abbattere gli aerei russi. E il presidente Biden ha detto che non faremo la guerra con la Russia". Così il segretario di Stato Usa Antony Blinken in conferenza stampa dopo il Consiglio Esteri straordinario che si è tenuto oggi a Bruxelles.

20.38 Casa Bianca, Biden-Putin? non è momento, serve de-escalation

Joe Biden "non intende avere un coinvolgimento diretto con il presidente russo Vladimir Putin, non è il momento, serve una de-escalation": lo ha ribadito la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki.

20.43 Macron, "Garantire sicurezza centrali nucleari"

Il presidente francese Emmanuel Macron "condanna fermamente qualsiasi attacco all'integrità delle installazioni nucleari civili ucraine causato dalle forze russe nel corso della loro aggressione militare contro l'Ucraina. È imperativo garantire la loro sicurezza e protezione". Lo si legge in un comunicato dell'Eliseo in cui si ribadisce la "estrema preoccupazione per i rischi per la sicurezza nucleare.

20.51 Dopo Facebook, la Russia blocca anche Twitter

Dopo quello di Facebook, l'ente regolatore delle Telecomunicazioni in Russia, Roskomnadzor, ha ordinato anche il blocco di Twitter.

 21.15 Casa Bianca, l'attacco alla centrale nucleare è l'apice dell'irresponsabilità

L'attacco dei russi a una centrale nucleare in Ucraina ha rappresentato "l'apice dell'irresponsabilità", ha detto ai giornalisti la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. Gli Stati Uniti, ha aggiunto, stanno valutando se la Russia ha commesso crimini di guerra, ma non sono ancora state tratte conclusioni.

21.33 Di Maio: "Nato, Ue e G7 lavorano per una soluzione diplomatica"

"Nato, Ue e G7 lavorano per una soluzione diplomatica e pacifica a questa crisi", ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a Tg2 Post. "Oggi si è preso una decisione importante: non si istituirà la cosiddetta no-fly zone della Nato. L'Ucraina ci sta chiedendo di far intervenire i nostri aerei e i nostri armamenti per bloccare i bombardamenti dei russi. Questo da un punto di vista delle loro richieste è legittimo, ma significherebbe portare in guerra i Paesi alleati, inclusa l'Italia. E questo non ce lo possiamo permettere perché poi si rischia veramente una guerra mondiale", ha detto Di Maio.  Il ministro ha ricordato che con le sanzioni "la borsa di Mosca è chiusa da 5 giorni" e questo "è l'unico modo per convincere Putin a ragionare". L'Italia farà la sua parte e "si appresta a procedere con la confisca di beni degli oligarchi russi" vicini al Cremlino "per un valore di 140 milioni di euro".

21.38 Cnn, per il Pentagono il 92% delle forze russe è in Ucraina

Il 92% delle forze di combattimento russo preparate per l'invasione sono ora in Ucraina: lo riferisce la Cnn citando un alto dirigente del Pentagono.

21.47 Gli Stati Uniti valutano il divieto per l'importazione di petrolio russo

L'amministrazione Biden sta "cercando dei modi per ridurre l'importazione di petrolio russo", ha detto la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki. "Stiamo esaminando le opzioni che potremmo adottare in questo momento per ridurre il consumo statunitense di energia russa, ma siamo molto concentrati sulla riduzione al minimo dell'impatto sulle famiglie", ha dichiarato Psaki ai giornalisti. "Quello che è veramente più importante è che manteniamo una fornitura costante di energia globale", ha spiegato.

22.12 Zelensky in video agli europei: "Sostenete l'Ucraina"

"Non tacete, scendete in piazza e sostenete l'Ucraina", perché "se l'Ucraina non sopravviverà, l'intera Europa non sopravviverà". Lo ha detto il presidente Volodymyr Zelensky in un videomessaggio trasmesso questa sera sugli schermi nelle piazze di città europee dove si sono svolte manifestazioni contro l'invasione russa, tra cui Francoforte, Praga, Lione, Tbilisi, Vienna, Bratislava e Vilnius. "Sostieni l'Ucraina - ha detto Zelensky, citato dall'agenzia Unian. "Sostieni la nostra libertà. Questa è una vittoria non solo sull'esercito russo, ma della luce sulle tenebre, del bene sul male".

22.32 Kamala Harris vola in Polonia e Romania per dimostrare il sostegno Usa 

Anche la vicepresidente Kamala Harris - dopo il segretario di stato Usa Antony Blinken - vola in Europa, dove visiterà Varsavia e Bucarest dal 9 all'11 marzo, "per dimostrare la forza e l'unità della Nato e il sostegno degli Usa agli alleati del fianco orientale di fronte all'aggressione russa", nonché per "evidenziare lo sforzo collettivo per supportare il popolo ucraino", lo rende noto la Casa Bianca. Blinken, oggi a Bruxelles, visiterà sino al 9 marzo Polonia, Moldavia e paesi Baltici.

22.45 Borrell: "Le sanzioni non puntano a un cambio di regime"

Le sanzioni imposte alla Russia dalla Ue non mirano ad un cambio di regime a Mosca. Lo ha assicurato l'Alto rappresentante per la politica estera comune dell'Unione, Josep Borrell, citato da Cnn. "Le sanzioni non puntano ad un cambio di regime - ha sottolineato -. Lo scopo è di indebolire l'economia russa, di fare in modo che senta il peso delle conseguenze della guerra e di rafforzare la posizione degli ucraini ai prossimi negoziati".

22.52 Zelensky contro la Nato per il rifiuto della no-fly zone

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha condannato la decisione della Nato di non istituire una no-fly zone in Ucraina. "Oggi la leadership dell'Alleanza ha dato luce verde all'ulteriore bombardamento di città e villaggi ucraini, rifiutandosi di stabilire una no-fly zone", ha denunciato, secondo quanto riporta il portale Kyiv Independent.

23.01 La Cnn interrompe le trasmissioni in Russia

"La Cnn smetterà di trasmettere in Russia, continuiamo a valutare la situazione e i nostri prossimi passi", ha detto un portavoce dell'emittente statunitense.

23.06 Casa Bianca: "Assassinare Putin? Non è la nostra posizione"

La Casa Bianca ha respinto l'appello del senatore repubblicano Lindsey Graham per assassinare Vladimir Putin. "Questa non è la posizione del governo degli Stati Uniti e certamente non è una dichiarazione che sentirete arrivare dalla bocca di qualsiasi persona che lavora in questa amministrazione", ha spiegato la portavoce Jen Psaki, quando i reporter le hanno chiesto un commento sulle parole di Graham.

23.16 Bloomberg sospende l'attività dei suoi giornalisti in Russia

Dopo la Bbc e la Cnn, anche Bloomberg News ha annunciato la sospensione del lavoro dei suoi giornalisti in Russia. "Il cambiamento del codice penale, che sembra progettato per trasformare qualsiasi reporter indipendente in un criminale, rende impossibile continuare qualsiasi parvenza di giornalismo normale all'interno del Paese", ha detto il caporedattore di Bloomberg , John Micklethwait, riferendosi a una nuova legge che rende la diffusione di informazioni "false" un reato punibile con multe o pene detentive fino a 15 anni di carcere.

(AGI il 4 marzo 2023) - "Stiamo cercando di fermare la guerra che è stata scatenata contro di noi usando il popolo ucraino". Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ripete la narrativa ufficiale del Cremlino sul conflitto in Ucraina e la sala scoppia a ridere. E' successo alla conferenza Raisina Dialogue in India, che ha avuto luogo dopo la riunione ministeriale del G20 a New Delhi.

 Lavrov è stato costretto a interrompere, e poi ripetuto tre volte: la guerra "ha influenzato, influenzato, influenzato" la politica russa. Il video è stato pubblicato dal Moscow Times e rilanciato dalla testata indipendente Meduza.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 5 marzo.

La Repubblica. Kiev: "Ci vorranno 70 anni per sminare l'Ucraina"

Le truppe di Kiev sarebbero sul punto di ritirarsi dalla città. La popolazione cerca di scappare. Il capo del gruppo Wagner avverte: "Indietreggiare farebbe cadere sui mercenari il peso della sconfitta"

A Bakhmut si combatte nelle strade: le forze russe accerchiano la città su tre lati, mentre i civili cercano di fuggire, con l'aiuto dei militari ucraini che starebbero preparando la ritirata. Secondo la Nato, dall'inizio del conflitto sono stati uccisi 200mila soldati di Mosca.

00:34

Kiev: dal giorno dell'invasione 171 casi di violenza sessuale da parte dei russi

In Ucraina sono stati registrati 171 casi di violenza sessuale dall'inizio del conflitto. Lo scrive Kyiv Independent citando le parole di Olena Zelenska alla conferenza United for Justice di Leopoli. Secondo la first lady ucraina il numero di atti di violenza sessuale da parte delle truppe russe nel Paese indica che tali crimini sono una politica deliberata dell'esercito di Mosca in territorio ucraino.

01:16

Trump: "Metterò fine alla guerra in un giorno"

 "Metterò fine alla guerra in Ucraina in un giorno, andrò d'accordo con Putin": così Donald Trump alla Cpac, la conferenza dei conservatori alle porte di Washington. "Siamo nel periodo più pericoloso della nostra storia, rischiamo una terza guerra mondiale ma io la eviterò", ha promesso il tycoon, respingendo le accuse di essere stato troppo soft con Putin durante la sua presidenza.

07:35

Due piloti ucraini negli Usa: test per addestramento con i caccia

Due piloti ucraini sono negli Stati Uniti perché le forze armate statunitensi possano valutare le loro capacità in vista di un possibile addestramento con i caccia occidentali, tra cui gli aerei da combattimenti F-16. Lo rende noto l'emittente statunitense Nbc citando due fonti del Congresso e un alto funzionario dell'amministrazione. Secondo queste fonti, il Pentagono conduce questi test di addestramento su simulatori in una base militare a Tucson, in Arizona; nei prossimi giorni arriveranno negli Usa altri otto piloti. I test puntano a capire quanto tempo sia necessario per eventualmente addestrarli.

08:16

Sale a 13 il bilancio dell'attacco a Zaporizhzhia

È salito a 13 il bilancio dei morti dell'attacco missilistico russo lanciato nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi sulla città di Zaporizhzhia, che ha colpito un condominio di cinque piani: lo annuncia su Facebook il Servizio di emergenza statale, come riportano i media nazionali, ricordando che tra le vittime c'è anche una bambina di otto mesi.

08:17

Media: russi usano superbomba da 1.500 kg per la prima volta

I russi hanno usato per la prima volta in Ucraina una nuova potente bomba guidata del peso di 1,5 tonnellate progettata per colpire obiettivi altamente protetti a una distanza fino a 40 km grazie ai suoi 1.010 kg di esplosivo ad alto potenziale: lo riporta il sito Defense Express, che cita fonti anonime. Si tratta della bomba planante PAB-1500B, mostrata per la prima volta in Russia nel 2019. L'ordigno è stato usato qualche settimana fa nella regione di Chernihiv, nel nord dell'Ucraina. Non si conosce quale sia stato l'obiettivo. Lunga 5,05 metri con un diametro di 40cm, la bomba può essere sganciata fino a 15 km di un'altitudine.

09:42

Kiev: "I russi perdono 500 uomini al giorno a Bakhmut"

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksi Reznikov, ha assicurato che l'esercito russo sta perdendo fino a "500 soldati al giorno" nella sua offensiva contro la città di Bakhmut. "Le perdite dei russi ammontano a 500, tra morti e feriti, ogni giorno", ha assicurato il ministro ucraino al domenicale del quotidiano tedesco Bild. Reznikov ha anche aggiunto che Mosca considera i suoi militari "carne da macello".

La battaglia per Bakhmut è la più sanguinosa dall'inizio dell'inizio dell'invasione da parte dell'esercito di Mosca. Le forze russe cercano di conquistarla dal maggio 2022 senza riuscirci. Nelle ultime settimane hanno intensificato gli attacchi, aiutati anche dagli uomini del gruppo di mercenari Wagner; e la città, da cui arrivano sporadicamente racconti di disperazione sui civili rimasti e immagini raccapriccianti, sembra da giorni sul punto di cadere ma ancora resiste.

10:23

Tajani: "Scongiurare ogni rischio di uso di armi nucleari"

Sull'Ucraina si deve "cercare di convincere la Russia a venire a più miti consigli e sedersi ad una tavolo per trattare una soluzione pacifica della crisi in Ucraina. Naturalmente la pace, per quanto ci riguarda, significa una pace che preveda non la sconfitta dell'Ucraina, ma il ritiro delle truppe russe". Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Tgcom24. "Tutti quanti lavoriamo per raggiungere l'obiettivo della pace - ha aggiunto -. Vogliamo scongiurare assolutamente qualsiasi rischio, anche ipotetico, di utilizzo di armi nucleari, seppur tattiche, quindi limitate ad alcune zone, perché sarebbe una sciagura".

11:40

L'intelligence britannica: in ucraina i russi combattono anche con le pale

Il comando russo continua a insistere su azioni offensive, che portano a combattimenti ravvicinati con la partecipazione della fanteria di Mosca scarsamente equipaggiata: lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence.

In particolare, si legge nel rapporto pubblicato su Twitter, alla fine del mese scorso i riservisti russi mobilitati hanno dichiarato di aver ricevuto l'ordine di prendere d'assalto una roccaforte in cemento ucraina armati solo di "armi da fuoco e pale". Molto probabilmente, commenta il ministero, si tratta di strumenti di scavo utilizzati dai soldati russi anche per il combattimento corpo a corpo. La letalità dell'attrezzo da trincea MPL-50 (una pala lunga 50cm, ndr) in dotazione è particolarmente mitizzata in Russia, ricordano gli esperti di Londra aggiungendo che questo attrezzo ha subito solo poche modifiche dalla sua progettazione nel 1869 e il suo continuo utilizzo come arma evidenzia i combattimenti brutali e la bassa tecnologia che hanno caratterizzato gran parte del conflitto. I dati recenti suggeriscono un aumento dei combattimenti ravvicinati in Ucraina, conclude il rapporto osservando che questo deriva probabilmente dal fatto che il comando russo continua a insistere su un'azione offensiva composta in gran parte da fanteria a piedi, con un minore supporto di fuoco di artiglieria perché Mosca è a corto di munizioni.

12:03

Difesa britannica: "Russi senza munizioni combattono corpo a corpo con le pale

Aumentano in Ucraina "combattimenti  ravvicinati" a causa della scarsità di munizioni a disposizione delle  forze di Mosca, rende noto il ministero della Difesa britannico, nel  suo consueto briefing sull'andamento della guerra. Ai riservisti russi mobilitati viene imposto di assalire le postazioni ucraine "armati  solo con fucili e pale". Probabilmente pale da fanteria Mpl-50 datate, oggetti progettati sulla base di un modello non troppo diverdso da  quello introdotto per le forze russe nel 1869. Il loro impiego  evidenzia "la natura brutale e low tech dei combattimenti" che ha  caratterizzato gran parte della guerra. Nei giorni scorsi il capo  della Wagner, Evgheny Prigozhin, aveva denunciato che i suoi  mercenari, impegnati in particolare a Bakhmut, non avevano munizioni.

12:24

Zelensky: "Uniti per la giustizia"

 "Ricorda: cosa ci permette esattamente di essere uniti ora, uniti per la giustizia. Ogni persona è importante. Cioè, ogni persona è importante, ogni vita è importante. Gloria a tutti coloro che proteggono l'Ucraina e l'ordine internazionale sul fronte legale! Gloria a tutti coloro che ora stanno combattendo per l'Ucraina!": lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

13:05

Papa Francesco: "Dio doni la pace a Ucraina martoriata"

Il Papa all'Angelus ha salutato la comunità ucraina di Milano. "Lodo il vostro impegno per accogliere i vostri connazionali fuggiti dalla guerra. Il Signore", ha pregato il Papa, "doni la pace al martoriato popolo ucraino" è tornato a ripetere.

13:11

Due piloti ucraini in Arizona per addestramento

Due piloti ucraini sono in Arizona per  addestrarsi con i simulatori di volo, hanno reso noto fonti militari  americane citate dal Guardian, dopo che Kiev ha più volte chiesto  caccia ai Paesi alleati che ancora non hanno risposto. E' il primo  addestramento di questo tipo per i piloti ucraini. 

13:24

Il capo del gruppo Wagner Prigozhin: "Se ci ritiriamo da Bakhmut perdiamo la guerra"

Il capo del Gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, è sicuro che un'eventuale ritirata delle sue truppe dalla città assediata di Bakhmut, nell'Ucraina orientale, porterebbe al crollo dell'intero fronte e scatenerebbe l'ira di Mosca, che incolperebbe i suoi mercenari per la sconfitta contro l'Ucraina: lo afferma lo stesso Prigozhin in un videomessaggio.  "Se PMK Wagner si ritira da Bakhmut, l'intero fronte crollerà", afferma Prigozhin.   Il numero uno di Wagner dice che le autorità russe incolperebbero i suoi mercenari per le sconfitte nella guerra, dal momento che una ritirata da Bakhmut "provocherebbe un 'effetto primavera' e le forze ucraine irromperebbero da tutte le parti nel territorio della cosiddetta Repubblica Popolare di Lugansk, spazzerebbero via Lugansk, la vicina Sorokyne ed entrerebbero nel territorio della Russia".  La Crimea sarebbe liberata dall'occupazione russa e si lamenta perché il ministero della Difesa di Mosca non fornisce al gruppo altre munizioni e detenuti da mandare al fronte.

13:37

Una donna e due bambini morti in un attacco a Kherson

Le autorita' ucraine affermano che tre civili sono morti nella regione di Kherson, nel Sud del Paese, a seguito di un attacco dei russi a colpi di mortaio contro un'abitazione. "Il villaggio di Poniativka nella regione di Kherson e' stato colpito da colpi di mortaio", scrive sul suo canale Telegram il capo dell'ufficio presidenziale, Andriy Yermak, denunciando che "i terroristi russi continuano a uccidere civili". Le vittime sono una donna e due bambini. Per tutto il giorno, ieri, le forze russe hanno attaccato con la loro artiglieria il territorio della regione di Kherson in 78 raid

14:25

Ucraina, la guerra ha già portato alla perdita di 505 infrastrutture culturali

A causa dell'invasione su vasta scala della Russia, in Ucraina sono già stati distrutte 505 infrastrutture culturali. Lo ha riferito su Telegram il ministero della Cultura ucraino, citato da Ukrinform.   "Un totale di 1.322 elementi di infrastrutture culturali sono già stati danneggiati a causa dell'aggressione russa in Ucraina.Quasi un terzo di essi - 505 oggetti - è stato distrutto", ha affermato.   Le infrastrutture culturali hanno subito le maggiori perdite e danni nelle regioni di Donetsk, Kharkiv, Kiev, Kherson, Mykolaiv e Lugansk. Secondo quanto riferito, 101 infrastrutture giovanili sono state distrutte in Ucraina a seguito dell'invasione.

 15:06

I mercenari della Wagner lanciano il "Club dei patrioti"

Il gruppo mercenario russo Wagner ha lanciato un club giovanile volto a promuovere il patriottismo e preparare i giovani russi al servizio militare. Si chiama Wagneryonok ("piccoli Wagner") e ha sede presso il Wagner Center, quartier generale con facciata in vetro del gruppo e centro tecnologico, aperto a San Pietroburgo a novembre.

A guidarlo, il neolaureato Aleksander Tronin, ex membro del parlamento giovanile di San Pietroburgo. Attualmente ha 60 membri. Le attività includono l'organizzazione di eventi patriottici e l'assistenza alle famiglie dei combattenti volontari in Ucraina. È aperto a ragazzi e ragazze e l'età media di adesione è 18 anni. Il primo incontro si è svolto il 29 gennaio

15:38

Turchia: "Lavoriamo per prorogare l'accordo sul grano"

La Turchia sta lavorando duramente per il rinnovo dell'accordo sul grano del Mar Nero. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu. L'iniziativa, mediata dalle Nazioni Unite e dalla Turchia lo scorso luglio, ha consentito l'esportazione di grano da tre porti ucraini. L'accordo è stato prorogato a novembre e scadrà il 18 marzo, a meno che non venga concordata una proroga. "Stiamo lavorando duramente per una corretta attuazione e un'ulteriore estensione dell'accordo sui cereali del Mar Nero", ha dichiarato Cavusoglu. All'inizio di questa settimana, la Russia ha dichiarato che accetterà di estendere l'accordo sul grano solo se si terrà conto degli interessi dei propri produttori agricoli.

16:07

Ucraina: "I colloqui per sbloccare la centrale di Zaporizhzhia sono bloccati"

Lo ha dichiarato il ministro dell'Energia ucraino German Galushchenko, secondo quanto riportato da Ukrinform. "Attualmente la situazione è bloccata. La nostra posizione, che stiamo esprimendo su tutte le piattaforme internazionali, è che qualsiasi negoziato riguardante la centrale nucleare di Zaporizhzhia dovrebbe basarsi su quanto segue: primo, la smilitarizzazione dell'impianto; secondo, l'uscita dei lavoratori di Rosatom dalla centrale; terzo, al personale ucraino dovrebbe essere data l'opportunità di far funzionare l'impianto nucleare senza pressioni. Ma, in risposta a ciò, abbiamo ricevuto un decreto senza valore da Putin che dichiara la centrale nucleare di Zaporizhzhia una proprietà federale russa", ha affermato Galushchenko. 

Secondo il ministro, l'Ucraina sta ricevendo segnali di allarme dalla missione dell'Aiea presso la centrale nucleare secondo cui i russi si stanno comportando in modo estremamente poco professionale nell'impianto, e le condizioni delle attrezzature e delle strutture dell'impianto si stanno notevolmente deteriorando. "C'è la sensazione che uno degli obiettivi degli invasori sia lasciarlo a noi in condizioni non operative dopo che l'avremo liberata", ha aggiunto Galushchenko.

16:13

Vicesindaco Bakhmut: "Ormai riescono a fuggire in pochi"

Ormai solo cinque-dieci persone al giorno riescono a lasciare Bakhmut, la città del Donbass assediata da mesi dalle forze russe in cui vivono ancora in 4500, con solo  5 fra medici e paramedici. Al culmine dell'operazione per  l'evacuazione dei civili, erano 600 ogni giorno a lasciare le case, ha raccontato il vice sindaco della città, Oleksandr Marchenko a Cnn. "Il nemico fa saltare tutto in aria, colpisce gli  edifici a più piani e i quartieri residenziali. Colpiscono la città  con tutto quello di cui dispongono. Non riusciamo a entrare", ha  spiegato.

16:34

Kiev: "Controlliamo ancora l'autostrada chiave per Bakhmut"

Le forze ucraine mantengono il controllo di un'autostrada considerata chiave nella città contesa di Bakhmut, secondo un vice comandante della Guardia nazionale ucraina, citato da Cnn. "Le forze armate dell'Ucraina controllano l'autostrada Bakhmut-Kostiantynivka, è abbastanza stabile", ha detto Volodymyr Nazarenko, del battaglione Svoboda.

"La situazione intorno a Bakhmut e alla sua periferia è simile all'inferno, come lo è su tutto il fronte orientale".   L'autostrada Bakhmut-Kostiantynivka è considerata un percorso cruciale per l'approvvigionamento in città. Secondo Nazarenko, non ci sono stati "cambiamenti tattici" da parte ucraina: "Stiamo mantenendo la difesa, il nemico sta cercando punti deboli" ma sta fallendo". 

17:05

Kiev, Mosca non più in grado di sostenere la guerra dopo la primavera

L'economia russa non sarà in grado di sostenere la guerra di aggressione in Ucraina dopo i prossimi tre mesi. Lo riporta Ukrinform, citando il capo dell'intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov: "La Russia ha sprecato enormi quantità di risorse umane, armamenti e materiali, e la sua economia e la sua produzione non sono in grado di coprire queste perdite".

Inoltre, aggiunge Budanov, Mosca "ha cambiato la sua catena di comando militare: se l'esercito russo fallirà nei suoi obiettivi questa primavera, esaurirà i suoi strumenti di guerra".

17:26

Ucraina: Mosca, pronti a rinnovare l'accordo sul grano se equo

La Russia prolungherà la sua partecipazione all'accordo per l'esportazione di grano ucraino dal Mar Nero, se tutte le parti coinvolte rispettano i loro obblighi, ha detto domenica la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova.

"Se l'accordo è uguale per tutti, abbiamo sempre adempiuto alla nostra parte e lo faremo", ha detto Zakharova intervistata dalla tv pubblica. Allo stesso tempo, ha avvertito che se si tratta di una "truffa" per ottenere "ciò di cui alcuni hanno bisogno e dimenticare il resto", allora la Russia non parteciperà.

Il capo della diplomazia russa, Serghei Lavrov, questa settimana ha discusso del futuro dell'accordo sul grano e del suo collegamento con l'esportazione di prodotti agricoli russi con il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu.

18:21

Kiev, ci vorranno fino a 70 anni per sminare l'Ucraina

Ci vorranno fino a 70 anni per liberare completamente l'Ucraina dalle mine piazzate per la guerra. Lo ha riferito il ministero dell'Economia ucraino citato da Ukrinform.

"Lo sminamento durerà 70 anni con le risorse attualmente disponibili in Ucraina. Pertanto, per risolvere questo problema nel più breve tempo possibile, è necessario un forte sostegno da parte dei partner internazionali: finanziario, tecnologico e organizzativo", si legge in un comunicato.

Secondo la vicepremier e ministra dell'Economia Yulia Svyrydenko, è necessario creare un analogo del formato Ramstein per sincronizzare e coordinare gli sforzi per liberare i territori da mine e ordigni inesplosi.

18:27

Kiev conferma l'uso della superbomba da parte dei russi

Il portavoce dell'aeronautica ucraina Yuriy Ihnat ha confermato che la Russia ha utilizzato per la prima volta nuove bombe plananti UPAB-1500B da 1,5 tonnellate sul Paese, sottolineando che è fondamentale che l'Ucraina riceva i caccia occidentali per "contrastare questa minaccia".

Lo riporta Ukrainska Pravda. L'uso della bomba è stato segnalato dal sito ucraino Defense Express che, citando proprie fonti, aveva riferito che alcune settimane fa le truppe russe hanno sganciato l'UPAB-1500B nella regione di Chernihiv, nel nord dell'Ucraina.

19:54

Zelensky, la battaglia per il Donbass dolorosa e difficile

"Oggi menzionerò in particolare il coraggio, la forza e l'indomabilità dei soldati che combattono nel Donbass. Una delle battaglie più dure. Dolorosa e difficile". Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale. "Grazie a tutti i soldati e alle guardie di frontiera che proteggono il nostro Paese nelle aree di Bakhmut, Vuhledar, Avdiivka, Siver, Svatove, Lyman e Zaporizhzhia", ha aggiunto.

20:44

Kiev, 'distrutta torre di osservazione in Russia a Bryansk'

L'unità speciale "Kraken", che fa parte dell'intelligence del ministero della Difesa ucraina, ha affermato di aver distrutto la torre di osservazione autonoma "Grenadier", nella regione russa di Bryansk, con l'aiuto di un drone kamikaze. Lo riporta Ukrainska Pravda. Bryansk era stata al centro di un'incursione del Corpo dei volontari russi, un gruppo paramilitare vicino all'esercito di Kiev.

22:14

Scholz: conseguenze se la Cina invia armi alla Russia

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha avvertito che ci saranno "conseguenze" se la Cina invierà armi alla Russia per la guerra di Mosca in Ucraina.

Alla domanda della Cnn se immaginava sanzioni alla Cina in caso di aiuti militari alla Russia, Scholz ha risposto: "Penso che ci sarebbero delle conseguenze, ma ora siamo in una fase in cui stiamo chiarendo che ciò non dovrebbe accadere, e sono relativamente ottimista che avremo successo con la nostra richiesta, dobbiamo essere molto, molto cauti".

22:19

Schlein: "Invio armi necessario, ma l'ambizione è costruire la pace"

 "L'invio di armi in Ucraina è necessario? Credo sia necessario sostenere il popolo ucraino rispetto a un'invasione criminale avanzata dalla Russia di Putin, quello che però ho sempre aggiunto è che non ci può essere sinistra senza l'ambizione di costruire un futuro di pace, su quel conflitto e chiaramente anche sugli altri più di 170 conflitti che sono aperti". Lo ha detto Elly Schlein, segretaria del Pd, ospite di 'Che tempo che fa', su Rai 3. "Non possiamo rinunciare all'idea che alla fine i  conflitti non si risolvono solo con le armi", "vorrei un protagonismo forte dell'Unione europea, un ruolo diplomatico e politico forte", ha aggiunto Schlein.

 22:33

Kiev: "Distrutte due basi militari russe a Melitopol"

 Le forze armate ucraine hanno distrutto due basi militari russe a Melitopol, nella regione di Zaporizhzhia. Ne dà notizia il sindaco della città, Ivan Fedorov, citato da Ukrinform. Secondo quanto riporta l'agenzia stampa ucraina, sarebbero rimasti uccisi centinaia di soldati russi.

Cirillo, il patriarca di Mosca, di tutte le Russie (e di Putin). Pietro Emanueli il 5 Marzo 2023 su Inside Oveer.

Ogni re ha bisogno di tre figure: un consigliere, cioè un’eminenza grigia alla Richelieu, un confessore, ovvero un chierico a metà tra il confidente e lo stratega, e un vescovo. Vladimir Putin, lo “zar” della nuova Russia, non fa eccezione alla regola ed è, infatti, circondato da consiglieri e popi ortodossi. Se dei consiglieri di Putin si scrive di più, dei suoi confessori e vescovi si sa di meno. E scrivere di questi ultimi equivale a parlare, tra gli altri, di padre Tichon, del metropolita Hilarion e del patriarca Cirillo.

La lunga ascesa del Papa russo

Cirillo, al secolo Vladimir Michajlovič Gundjaev, nasce nella fu Leningrado, l’odierna San Pietroburgo, il 20 novembre 1946. Cresciuto in una famiglia molto devota e legata formalmente alla Chiesa ortodossa, da generazioni, Gundjaev è figlio di un reverendo, fratello minore di un arcivescovo e nipote di un chierico, Vasilij Gundjaev, che fu imprigionato nel gulag di Soloveckij durante l’era staliniana per via dell’attivismo a favore della libertà religiosa e contro la chiesa-fantoccio dell’Ortodossia rinnovata (обновленческая церковь).

Nonostante l’ispirazione in casa, in quanto figlio, fratello e discendente di chierici, Gundjaev ha inizialmente altri piani e lavora come cartografo presso un ente geologico di Leningrado per tre anni, dal 1962 al 1965, prima di essere folgorato sulla via di Damasco. L’illuminazione è accecante: nel 1966, ventenne, Gundjaev abbandona l’esordiente carriera nella geologia per il Seminario di Leningrado. Da lì, più tardi, l’approdo nell’Accademia teologica di Leningrado, dalla quale si licenzierà con lode nel 1970.

Nel 1969, alla vigilia della fine degli studi, Gundjaev viene ufficialmente tonsurato nella Chiesa ortodossa russa col nome di Cirillo, in memoria di Cirillo il Filosofo, e ordinato prima ierodiacono e poi ieromonaco. Carismatico, preparato e ortodosso, nel senso letterale del termine, il giovane Cirillo è la scommessa dell’alta gerarchia. Lo dimostra il fatto che nel 1971, bruciando le tappe e stupefacendo i parigrado, viene elevato ad archimandrita in concomitanza con l’assunzione del ruolo di rappresentante della Chiesa ortodossa russa presso il Consiglio ecumenico delle chiese.

Tichon, il confessore di Putin

La scalata ai vertici della Chiesa ortodossa russa è inarrestabile. Nel 1977 diventa arcivescovo. Nel 1989 consolida la posizione di portavoce nel mondo della Chiesa, in quanto nominato presidente del Dipartimento per le relazioni esterne e membro permanente del Santo sinodo. Nel 1991 viene elevato a metropolita. Nel 1994, segno dell’influenza esercitata e della fiducia in lui riposta dai superiori, gli viene consentito di inaugurare un proprio programma televisivo, La parola del pastore, sul popolare Canale uno.

La scalata ai vertici della Chiesa ortodossa è rapida. Troppo rapida. Gli invidiosi lo accusano di ruffianeria. I maliziosi, un po’ più lungimiranti, pensano che sia in odore di complicità con gli apparati securitari, che possa essere un agente sotto copertura del KGB. La verità, forse, sta nel mezzo: Cirillo avrebbe fatto carriera perché ritenuto ossequioso dalla gerarchia e perché assoldato dal KGB, per conto del quale avrebbe operato come agente di influenza nel Consiglio ecumenico delle chiese – stando a documenti dell’Archivio federale svizzero.

Il patriarca di Putin?

Nel 2009, alla morte di Alessio II – anch’egli, a suo tempo, accusato di essere stato al soldo del KGB –, Cirillo è considerato dagli osservatori il candidato più papabile all’intronizzazione sul soglio del Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie. Un pronostico profetico: l’insediamento al trono avviene con la benedizione di 508 votanti su 700.

Cirillo si rivela uno stacanovista. Trascorre il primo anno di pontificato a supervisionare una riforma della macchina amministrativa della Chiesa ortodossa russa, improntata sul binomio efficacia-efficienza, che sarebbe stata propedeutica alla trasformazione delle parrocchie in erogatori di welfare e alla successiva adozione di una strategia di internazionalizzazione.

La parola d’ordine dei primi anni di papato è riorganizzazione. Dopo la riforma strutturale degli organi amministrativi, è il turno del ritorno del Patriarcato di Mosca nello spazio postsovietico, dall’Ucraina all’Asia centrale, che avviene di pari passo con il consolidamento dell’intesa con il Cremlino. Cirillo, per Vladimir Putin, è colui che può riportare la Russia all’antico ruolo di Terza Roma. E Vladimir Putin, per Cirillo, è un “miracolo di Dio”.

Putinismo, ovvero la Russia

Tra Cirillo e Putin, più che un rapporto di mera subordinazione, è un do ut des frequentemente vantaggioso per entrambi. Putin accontenta il redivivo Patriarcato di Mosca attraverso l’implementazione di politiche conservatrici, come la legge sulla propaganda gay, e l’erogazione generosa di danari agli istituti caritatevoli ortodossi e alle chiese, quando ricostruite e quando rinnovate. Cirillo appoggia le agende-chiave del Cremlino, dalla lotta all’inverno demografico alla politica estera, investendole di sacralità e fatalismo.

Più che il “papa di Putin”, come viene erroneamente (e dispregiativamente) ribattezzato da certa stampa, Cirillo è un patriarca politico. Nella consapevolezza di essere il pastore di una “chiesa a sovranità limitata”, come ognuno dei suoi predecessori, ha fatto della massimizzazione del profitto derivante dall’asse col Cremlino un obiettivo esistenziale. Memore di cosa è capace un potere ostile – le periodiche strette anticlericali durante lo Zarato, le persecuzioni durante l’età sovietica –, che ha preferito riverire anche nei momenti in cui avrebbe potuto/dovuto essere sfidato. E con orizzonte il Duemila inoltrato – la cristallizzazione del ritorno alla religiosità dei russi.

Nel 2022, all’indomani dell’invasione militare dell’Ucraina, la dispensazione di supporto ideologico al Cremlino, sotto forma di sermoni bellicistici, gli è valsa l’inserimento nell’elenco dei cittadini russi sanzionati da Canada e Regno Unito. Una campagna di sanzionamento alla quale avrebbe dovuto partecipare anche l’Eurocommissione, secondo indiscrezioni circolate nel maggio 2022, in seguito saltata a causa del veto del governo ungherese.

La visione di Cirillo

Erroneamente accusato dalla grande stampa occidentale di essere un ventriloquo e/o un propagandista del Cremlino, quando invece è il patriarca di una fede millenaria dotata di un corpo specifico di valori, convinzioni e dogmi, Cirillo ha, molto più semplicemente, una visione del mondo – e del ruolo che l’Ortodossia russa è chiamata a giocare – che combacia spesso, ma non sempre, con gli interessi della classe dirigente.

Estimatore di Putin, ma lo fu anche Benedetto XVI – che al presidente russo dedicò diverse righe, con tono simpatetico, nel libro-intervista Ultime conversazioni. Se la Russia è grande, la Chiesa ortodossa prospera. Se la Russia è vinta, la Chiesa ortodossa è moritura. Perciò Cirillo ha accettato di (ri)fare del Patriarcato di Mosca l’instrumentum regni del Cremlino, intravedendo nelle aspirazioni di grandezza del “miracolo di Dio” l’opportunità di ricristianizzare le masse russe e di trasformare l’Ortodossia russa in una forza diplomatica di rilievo globale.

Russia Unita, tra Putin e putinismo

Forte dell’appoggio di Mosca, bisognosa di un corpo diplomatico parallelo al quale delegare una parte del faldone della Transizione multipolare, Cirillo ha potenziato considerevolmente il Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa, i cui diplomatici in abito talare sono stati inviati in teatri-chiave per gli interessi nazionali, come Cina, Corea del Nord, Iran, Siria, Vaticano e Venezuela. Nel nome dell’evangelizzazione al verbo del multipolarismo.

Cirillo verrà ricordato come un patriarca divisivo, circondato da ombre e al centro di scandali, ma anche come colui che ha saputo capitalizzare le convergenze parallele con Putin, non a caso definito un “miracolo di Dio”, facendo di necessità virtù ovunque e comunque fosse possibile. L’Intesa cordiale tra Mosca e Pechino trasformata in un’occasione per intavolare un dialogo, anche con Pyongyang, sulla concessione di maggiori libertà agli ortodossi russi. Il patto tra Mosca e Vescovato di Roma utilizzato per ravvicinare ortodossi russi e cattolici, come rammentato da L’Avana 2016, nella speranza di fare fronte comune contro degli stessi nemici: dalla secolarizzazione al terrorismo. Il conservatorismo sociale di Russia Unita come mezzo per un fine: il disseppellimento del mito della Terza Roma.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 6 marzo.

La Repubblica. Video shock di un soldato ucraino disarmato e trucidato

Nella notte, bombe russe hanno colpito edifici residenziali a Kramatorsk. In mattinata, allarme aereo a Kiev e nel centro del Paese. Uccisi 18 sabotatori russi nella zona di Kherson

Le forze militari ucraine hanno distrutto due basi militari russe a Melitopol, uccidendo centinaia di soldati occupanti. Lo ha dichiarato il sindaco della città, Ivan Fedorov. Nelle ultime 24 ore, inoltre, l'esercito di Kiev avrebbe ucciso 18 membri del gruppo di sabotaggio e ricognizione delle forze armate russe, che si muovevano su barche a motore vicino a Kherson.

In Georgia ci sono stati scontri in parlamento durante la discussione della legge sugli "agenti stranieri", una normativa di stampo russo. Per le strade migliaia di manifestanti protestano contro la legge e a favore dell'Europa. 

Punti chiave

17:32

Kuleba, atroce video soldato ucciso, Cpi indaghi crimine guerra

15:13

Kiev: "Uccisi 18 sabotatori russi nella zona di Kherson"

12:19

Georgia, proteste a Tibilisi contro il progetto di legge di stampo russo sugli agenti stranieri

12:03

Ucraina, Semen Kryvonos è il nuovo responsabile anticorruzione

12:00

Austin: "La caduta di Bakhmut non cambia le sorti della guerra"

11:53

Russia, Fsb: "Sventato un attentato contro l'oligarca Malofeev". È l'editore dei Dugin

10:28

Estonia, l'europeista Kaja Kallas vince le elezioni 

09:43

Ucraina, Intelligence Gb: "I russi mandano al fronte tank obsoleti"

09:37

Ucraina, il ministro della Difesa russo Shoigu in visita a Mariupol

09:32

Allarme aereo a Kiev e nelle regioni centrali dell'Ucraina

09:30

Ucraina, media: "Bombe russe su Kramatorsk, danneggiati edifici residenziali"

00:58

Kiev, distrutta torre guardia russa nell'Oblast Bryansk

Il gruppo Kraken, l'unità delle forze speciali ucraine, ha riferito di aver distrutto una torre di guardia militare russa nell'Oblast di Bryansk con un drone kamikaze. E' quanto riporta Kyiv Independent spiegando che la torre di guardia era utilizzata dalle guardie di frontiera russe per monitorare parte del confine ucraino.

01:38

Scholz a Cnn, conseguenze se Cina aiuta Russia

Ci sarebbero "conseguenze" se la Cina inviasse armi alla Russia per la guerra in Ucraina: lo ha dichiarato il cancelliere tedesco Olaf Scholz in una intervista alla Cnn, dicendosi però abbastanza ottimista sul fatto che Pechino si asterrà dal farlo. Alla domanda se potesse immaginare di sanzionare la Cina nel caso aiutasse Mosca, Scholz ha risposto: "Penso che avrebbe delle conseguenze, ma ora siamo in una fase in cui stiamo mettendo in chiaro che ciò non deve accadere e sono relativamente ottimista che avremo successo con la nostra richiesta, ma dovremo verificare".

09:30

Ucraina, media: "Bombe russe su Kramatorsk, danneggiati edifici residenziali"

 Le forze russe hanno lanciato la notte scorsa un attacco missilistico sulla città di Kramatorsk, nell'Ucraina orientale, distruggendo una scuola: lo riporta l'emittente statale ucraina Suspilne. Nell'attacco sono stati danneggiati anche 15 edifici residenziali. Per ora non si hanno notizie di feriti o vittime.

09:32

Allarme aereo a Kiev e nelle regioni centrali dell'Ucraina

Un allarme aereo a Kiev e nelle regioni centrali dell'Ucraina è stato annunciato questa mattina dalle autorità, successivamente le sirene hanno risuonato in tutto il Paese, come riporta l'Ukrainska Pravda citando il monitoraggio del gruppo Belarusian Gayun su Telegram. Secondo i dati a disposizione, un MiG-31K delle forze russe è decollato dall'aeroporto bielorusso di Machulishchi

09:34

Ucraina: Kiev: "Distrutte due basi russe a Melitopol"

 Le forze armate ucraine hanno distrutto due basi militari russe a Melitopol, città ucraina attualmente sotto il controllo delle forze di Mosca. Lo riporta Ukrinform citando il sindaco ucraino Ivan Fedorov. "Due potenti esplosioni sono state udite nei quartieri settentrionali della città. Abbiamo informazioni che due basi, dove erano di stanza i russi, sono state distrutte", ha dichiarato.

09:37

Ucraina, il ministro della Difesa russo Shoigu in visita a Mariupol

 Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, nell'ambito di un viaggio nel Donbass, si è recato a Mariupol. Lo riporta Ria Novosti. Shoigu - spiega il ministero della Difesa - ha verificato "lo stato di avanzamento dei lavori nei cantieri degli edifici e delle strutture in costruzione".

09:43

Ucraina, Intelligence Gb: "I russi mandano al fronte tank obsoleti"

 Per far fronte alla perdita di veicoli corazzati pesanti, l'esercito russo sta spostando attrezzature obsolete in Ucraina, in particolare i T-62, cari armati che hanno 60 anni e che presentano molte vulnerabilità sul campo di battaglia moderno. E' quanto fa sapere, nel consueto aggiornamento sulla situazione sul campo, l'intelligence militare britannica. "C'è una reale possibilità che anche le unità della 1a armata di carri armati della Guardia, considerata la principale formazione di carri armati della Russia, vengano riequipaggiate con i T-62 per compensare le perdite".

09:51

Ucraina, Metsola: "Sono orgogliosa delle nostre scelte, uniti più che mai"

"Sono orgogliosa delle scelte che abbiamo fatto. Ci siamo uniti come mai prima d'ora". Così la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, parla della posizione europea sull'Ucraina nel suo videomessaggio inviato alla 14/ma riunione plenaria del network europeo del Corpo della Guardia di Finanza in corso a Roma. "Tutti abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte", ha sottolineato.

09:59

Kiev: "Nella notte abbattuti 13 droni russi su 15"

Le forze di Kiev hanno abbattuto la notte scorsa 13 droni kamikaze Shahed su un totale di 15 lanciati dalle forze russe sull'Ucraina: lo ha reso noto il portavoce dell'Aeronautica ucraina, Yuriy Ignat, come riporta Ukrainska Pravda. "I droni sono stati lanciati dalla direzione nord. Erano droni kamikaze del tipo Shahed-136 di produzione iraniana. Ne sono stati lanciati 15 e 13 sono stati distrutti dalla difesa antiaerea e da vari mezzi di fuoco", ha detto Ignat definendo il lavoro delle forze di difesa "abbastanza buono".

10:14

Mosca: "Tre missili ucraini su Belgorod, un ferito"

 Almeno una persona è rimasta ferita la notte scorsa in Russia, quando le difese aeree del Paese hanno abbattuto tre missili sulla regione meridionale di Belgorod, vicino al confine con l'Ucraina: lo ha reso noto su Telegram il governatore della regione, Vyacheslav Gladkov, come riporta la Cnn. "Il nostro sistema di difesa aerea è entrato in funzione a Novy Oskol. Tre missili sono stati abbattuti. Si sta chiarendo l'entità dei danni", ha scritto Gladkov. "C'è un ferito: un uomo che ha riportato ferite da schegge al braccio. Un'ambulanza è già sul posto. Diverse facciate di edifici e linee elettriche in diversi villaggi del distretto di Novooskolsky hanno subito danni. Le squadre di soccorso e i servizi di emergenza sono sul posto", ha aggiunto.

10:28

Estonia, l'europeista Kaja Kallas vince le elezioni 

La premier estone Kaja Kallas alla guida del Partito riformatore (Er) ha vinto le elezioni parlamentari nella repubblica baltica con il 31,5% dei voti e si prepara a formare una nuova coalizione filo-europea per il suo secondo mandato. Una notizia accolta con soddisfazione dai vertici Ue, con sia il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che la presidente dell'Europarlamento, Roberta Metsola, che si sono congratulati con la premier.

10:44

Ucraina, filorussi: "10.000 soldati ucraini rimasti a difendere Bakhmut"

Sono 10.000 i soldati ucraini rimasti a difendere la città di Bakhmut dall'assalto delle truppe russe. Lo ha detto Ian Gagin, consigliere del capo della autoproclamata Repubblica filorussa di Donetsk, Denis Pushilin. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti.

10:51

Cremlino, Nordstream: "Il destino del gasdotto sarà deciso dagli azionisti"

 L'addetto stampa del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che la decisione relativa al futuro del gasdotto Nord Stream "dovrebbe essere presa collettivamente da tutti gli azionisti di questo progetto internazionale" a partire da Gazprom. Lo riporta Ria Novosti.

11:12

Ucraina, i leader socialdemocratici tedeschi dell'SPD in visita a Kiev

 Il leader del partito tedesco Spd, Lars Klingbeil, e il capo gruppo al Bundestag, Rolf Muetzenich, sono giunti a Kiev per colloqui con i rappresentanti del governo e del parlamento ucraini. Lo riportano i media tedeschi.

11:29

Ucraina, Bild: "Scontro tra Zelensky e Zaluzhny sulla gestione del conflitto a Bakhmut"

E' scontro aperto tra il presidente Volodymyr Zelensky e il comandante in capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny sulle decisioni da prendere su Bakhmut, la città del Donetsk dove da mesi infuriano sanguinose battaglie. Lo riporta la Bild. Secondo informazioni provenienti da diverse fonti della leadership politica ucraina, Zaluzhny qualche settimana fa ha raccomandato di considerare la possibilità di lasciare Bakhmut per ragioni tattiche. Il capo dello Stato  su Bakhmut ha un'opinione completamente diversa, hanno riferito le fonti alla Bild.

11:53

Russia, Fsb: "Sventato un attentato contro l'oligarca Malofeev". È l'editore dei Dugin

È sopravvissuto, illeso, a un attentato contro di lui sventato dai servizi di sicurezza dell'Fsb, che non ha fatto altre vittime, l'oligarca ultraortodosso e conservatore russo Konstantin Malofeev, editore della rete tv Tsargrad per cui lavorava la commentatrice ultranazionalista Darya Dugina uccisa in un attentato lo scorso agosto, e il padre, l'ideologo dell'euroasismo Aleksandr Dugin che dell'emittente era stato direttore. La minaccia di azioni di terrorismo non cambierà le mie idee patriottiche, ha affermato Malofeev, citato dall'agenzia Tass. "Spero che chi ha organizzato l'assassinio di Dugina sarà scoperto e arrestato", ha aggiunto il 48enne, inserito nell'elenco delle persone colpite da sanzioni nell'Unione europea sin dal 2014 per il suo ruolo in sostegno dei separatisti russi in azione nel Donbass.

12:00

Austin: "La caduta di Bakhmut non cambia le sorti della guerra"

Bakhmut ha un'importanza piùsimbolica che operativa e una sua eventuale caduta non darebbe necessariamente uno slancio allo sforzo bellico di Mosca in Ucraina: lo ha detto il segretario americano alla Difesa, Lloyd Austin, durante la sua visita in Giordania. "Penso che abbia più un valore simbolico che strategico e operativo", ha affermato Austin riferendosi alla città assediata. Austin non ha fatto previsioni su quando - né se - verrà conquistata dalle forze russe, ma ha aggiunto: "La caduta di Bakhmut non significherà necessariamente che i russi avranno cambiato le sorti di questa battaglia".

12:03

Ucraina, Semen Kryvonos è il nuovo responsabile anticorruzione

Il governo ucraino ha nominato oggi un nuovo responsabile dell'ufficio nazionale per l'anticorruzione (Nabu), lo riferiscono i media locali. Si tratta di Semen Kryvonos, in passato a capo della sovrintendenza all' urbanistica. La mossa rientra negli sforzi di Kiev di mostrate particolare impegno nella lotta alla corruzione, priorità quest'ultima espressa dall'Ue per l'Ucraina che ambisce all'adesione.

12:09

Putin sente Raisi al telefono: "Discussi progetti congiunti"

 Il presidente russo Vladimir Putin ha avuto oggi una conversazione telefonica con quello iraniano Ibrahim Raisi, con il quale ha condiviso un "giudizio positivo" sul livello e lo sviluppo delle relazioni bilaterali e discusso "la realizzazione di progetti infrastrutturali congiunti". Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino citato dall'agenzia Interfax.

12:19

Georgia, proteste a Tibilisi contro il progetto di legge di stampo russo sugli agenti stranieri

Proseguono le proteste di piazza aTbilisi contro il progetto di legge di stampo russo sostenuta dal partito al potere Sogno Georgiano in discussione in questi giorni in Parlamento per l'introduzione di un registro delle organizzazioni considerata come 'agente di influenza straniera'. Il provvedimento prevede che le organizzazioni non governative che ricevono finanziamenti dall'estero per oltre il 20 per cento del loro budget siano inserite nel registro. La Presidente Salome Zurabishvili ha anticipato che porrà il veto sulla legge, se il Parlamento la approverà. Critiche al provvedimento sono già arrivate sia dagli Usa che dall'Ue.

12:51

Dugin sul tentato attentato a Malofeev: "I terroristi Nato vogliono eliminare gli ideologi del Rinascimento russo"

Dietro lo sventato attentato all'oligarca ortodosso, Konstantin Malofeev ci sono "i terroristi della Nato e i nazisti di Kiev, che vogliono eliminare i principali ideologi del Rinascimento russo". Così il filosofo russo, Aleksandr Dugin, ha commentato la notizia che i servizi segreti russi (Fsb) hanno sventato il piano per uccidere il miliardario a capo del canale ultraconservatore Tsargrad e anche finanziatore delle milizie filo-russe in Donbass. "La logica dei terroristi della Nato e dei loro mercenari diretti, i nazisti di Kiev, è comprensibile: la distruzione dei principali ideologi del Rinascimento russo", ha scritto su Telegram Dugin, che è stato anche caporedattore a Tsargrad e l'estate scorsa ha perso la figlia Daria in un attentato vicino Mosca. "Il nostro nemico è astuto, spietato. Capisce (anche meglio di noi stessi) quanto sia importante il pensiero", ha sottolineato, "ma la cosa più importante in questa Guerra Santa è la battaglia delle idee".

13:01

Zakharova: "Il silenzio degli occidentali sul tentato attentato a Malofeev significherà il loro tacito consenso"

Il silenzio dei regimi occidentali sull'attentato al fondatore del canale televisivo Tsargrad, Konstantin Malofeev, dimostrerà il loro tacito coinvolgimento nel sostenere tali crimini, ha denunciato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. "Il silenzio dei regimi occidentali - di solito iperattivi in ogni occasione di violenza sui giornalisti - in relazione all'attentato alla vita del fondatore del canale televisivo Tsargrad Konstantin Malofeev significherà il loro tacito coinvolgimento nel sostenere tali crimini, così come l'ideologia delle azioni estremiste dei banditi di Kiev", ha scritto Zakharova sul suo canale Telegram.

13:20

La Bielorussia condana Svetlana Tikhanovskaja a 15 anni

Un tribunale di Minsk ha condannato in contumacia l'ex candidata alle presidenziali e leader dell'opposizione in esilio, Svetlana Tikhanovskaja. La sentenza ha stabilito 15 anni di carcere. Lo riporta l'agenzia ufficiale BelTa.

13:35

Ucraina, Kiev: "L'esercito rinforzerà le sue posizioni a Bakhmut"

 L'esercito ucraino "rafforzerà" le sue posizioni a Bakhmut, epicentro dei combattimenti con le truppe russe nell'est del Paese, lo ha dichiarato oggi la presidenza ucraina, mentre circolano voci secondo cui le forze di Kiev potrebbero ritirarsi dalla città. I comandanti in capo delle forze armate ucraine "si sono espressi a favore del proseguimento dell'operazione difensiva e del rafforzamento delle nostre posizioni a Bakhmut" durante un incontro con il capo di Stato Volodymyr Zelensky, ha dichiarato la presidenza in un comunicato.

13:48

Ucraina, Kiev non crede che la Cina fornirà le armi alla Russia

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksi Reznikov, si è dichiarato 'ottimista' quanto al temuto sostegno militare cinese alla Russia. "Personalmente sono ancora ottimista sul fatto che non lo facciano", ha dichiarato in un'intervista al portale di notizie Liga.net, commentando le recenti accuse americane a Pechino. Reznikov ha quindi ricordato che il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che "la guerra non è il modo per risolvere i problemi tra stati".

14:26

Prigozhin: "Wagner non sarà a eventi 8 marzo a San Pietroburgo"

"Per quanto riguarda l'8 marzo, voglio attirare la tua attenzione sul fatto che si tratta di un puro falso. Pmc "Wagner" non parteciperà ad alcun evento l'8 marzo a San Pietroburgo". Lo ha scritto su Telegram il comandante del gruppo paramilitare Yevgeny Prigozhin, rispondendo a una domanda nella quale gli si chiedeva conto della possibile presenza della milizia Wagner alle celebrazioni della ricorrenza. "La questione delle mie ambizioni politiche è stata ripetutamente discussa", ha aggiunto Prigozhin, "non ho ambizioni politiche, il nostro compito è combattere e proteggere gli interessi della Federazione Russa".

14:37

Esercitazioni nel Mar Giappone: un missile russo centra un obiettivo a 1.000 km

Un sottomarino russo ha lanciato venerdì un missile da crociera Kalibr dal Mar del Giappone: si trattava di un'esercitazione e il missile ha colpito un bersaglio terrestre a più di mille chilometri di distanza. Il Ministero della Difesa russo, che venerdì aveva annunciato le esercitazioni, ha pubblicato un video -riferisce la Reuters- in cui si vede il missile uscire dall'acqua e poi colpire un bersaglio in un'area di addestramento nella regione orientale di Khabarovsk in Russia.

15:13

Kiev: "Uccisi 18 sabotatori russi nella zona di Kherson"

Nelle ultime 24 ore, l'esercito di Kiev ha ucciso 18 membri del gruppo di sabotaggio e ricognizione delle forze armate russe, che si muovevano su barche a motore vicino a Kherson. Lo riporta Ukrainska Pravda, aggiungendo che secondo il rapporto del Comando operativo Sud sono stati distrutti anche tre sistemi missilistici antiaerei, due unità di equipaggiamento ingegneristico, due posti di osservazione e un deposito di munizioni.

15:41

Video shock,"russi uccidono prigioniero ucraino disarmato"

L'Ukrainska Pravda ha diffuso un video shock che mostra l'esecuzione a sangue freddo di un prigioniero ucraino disarmato da parte delle truppe russe che hanno ripreso la scena mentre lo insultavano. Le immagini mostrano l'uomo che dice qualche parola, fa un ultimo tiro di sigaretta e viene crivellato di colpi. Secondo quanto riporta il quotidiano online ucraino, prima di essere freddato dai soldati russi, la vittima ha esclamato: "Gloria all'Ucraina".

15:56

Russia, minacciava di far esplodere ufficio militare vicino Mosca: arrestato

Un uomo in tuta mimetica è stato arrestato alla periferia di Mosca dopo aver minacciato di far esplodere un ufficio di reclutamento militare con una bomba a mano. Lo riferisce il sito indipendente Meduza, citando i canali Telegram dei media Baza e Mash. Altri media scrivono che l'uomo era fuggito da una base militare. L'arresto è avvenuto nella cittadina suburbana di Domodedovo. Secondo Mash, la bomba a mano non sarebbe stata vera.

16:06

Kiev su prigioniero ucciso, "puniremo ogni crimine di guerra"

Andriy Yermak, capo di gabinetto del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha scritto sul suo canale Telegram che i crimini di guerra sono coltivati in Russia e mascherati dalla loro propaganda e dai miti "nazisti". "L'omicidio di una persona che è stata fatta prigioniera ne è un altro esempio", ha commentato Yermak riferendosi al video shock in cui soldati russi uccidono a sangue freddo un prigioniero ucraino che lui stesso ha pubblicato su Telegram. "E' anche un esempio della loro insignificanza e debolezza nazionale. Ogni crimine di guerra sarà punito. Nessuno schiverà la giustizia. Li troveremo tutti", ha aggiunto.

16:17

Ucraina: dirigenza Spd tedesca in visita a Kiev

Visita a Kiev per il co-leader della Spd tedesca Lars Klingbeil e il capogruppo parlamentare dei socialdemocratici Rolf Mützenich. Durante un incontro questa mattina con il sindaco di Kiev Vitali Klitschko, Klingbeil ha promesso ulteriori e continui aiuti all'Ucraina. Lo riporta Tagesschau. Klitschko ha definito la visita un "segnale incredibilmente importante". I due politici tedeschi incontreranno oggi ancora rappresentanti del governo e del parlamento ucraini, tra cui il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. Il vice-ministro ucraino degli Esteri ed ex ambasciatore in Germania, Andrij Melnyk, ha detto in un'intervista a Dpa di sperare che i due socialdemocratici si convinceranno della necessità di inviare caccia da combattimento in Ucraina.

16:20

Tikhanovskaya: "Mio lavoro per democrazia ripagato con 15 anni di prigione"

"Quindici anni di prigione. Questo è il modo in cui il regime ha 'ripagato' il mio lavoro per i cambiamenti democratici in Bielorussa". E' la reazione della leader dell'opposizione bielorussa in esilio Svetlana Tikhanovskaya alla sentenza di condanna in contumacia pronunciata oggi da un tribunale di Minsk. "Ma oggi - ha continuato in un tweet - non penso solo alla mia di sentenza. Penso alle migliaia di innocenti, detenuti e condannati a vere pene detentive. Non mi fermerò fino a che ognuno di loro non sarà rilasciato".

16:25

Russia, preparativi in corso per riunione con ministri Esteri Iran, Turchia e Siria

È in preparazione un incontro tra i ministri degli Esteri di Russia, Turchia, Siria, Iran. Lo ha annunciato il rappresentante speciale del presidente della Federazione Russa per il Medio Oriente e l'Africa, il vice ministro degli Esteri Mikhail Bogdanov. "Ci stiamo lavorando", ha detto rispondendo a una domanda dell'agenzia Tass sulla data e il luogo del prossimo incontro quadripartito. Il vice ministro non ha rivelato i dettagli dei colloqui. "Posso dirvi che abbiamo concordato di non rivelare dettagli: questa è una condizione per il lavoro e il successo" dell'incontro, ha dichiarato.

16:32

Capo Wagner evoca tradimento, Mosca non ci manda munizioni

Il capo del gruppo russo Wagner, Yevgeny Prigozhin, denuncia che non sta ricevendo da Mosca le munizioni necessarie mentre porta avanti la battaglia per il controllo di Bakhmut. Potrebbe essere "ordinaria burocrazia o tradimento", è la denuncia di Prigozhin, di cui riferisce la Bbc. I rapporti tra Wagner e Mosca sembrano sempre più tesi. Il gruppo, che ha decine di migliaia di soldati in Ucraina, è diventato una parte fondamentale nella guerra di Mosca. Domenica Prigozhin aveva riferito che il 22 febbraio erano stati firmati i documenti e le munizioni dovevano essere inviate a Bakhmut il giorno dopo, ma ha aggiunto che la maggior parte non era stata spedita e ha poi suggerito che potrebbe trattarsi di una mossa deliberata.

16:53

Financial Times: Russia-Iran cauti su missili, timori ripercussioni 

La Russia esita ad acquistare missili balistici dall'Iran per paura che gli alleati dell'Ucraina a loro volta forniscano a Kiev missili a lungo raggio. Lo scrive il Financial Times, riportando le valutazioni di alcuni funzionari occidentali. L'Iran ha inviato centinaia di droni armati in Russia che sono stati utilizzati per attaccare le infrastrutture civili in Ucraina. Le capitali occidentali ritengono che Teheran sia aperta a un'ulteriore cooperazione militare con Mosca. Ma nonostante la necessità di aumentare le proprie forniture, Mosca si è trattenuta dall'acquisto di missili balistici a lungo raggio dell'Iran, in grado anche di portare carichi di esplosivo maggiore. Un fattore significativo, secondo le valutazioni nei Paesi Nato, è stata la minaccia degli Stati Uniti di fornire a Kiev il sistema missilistico Atacms, la cui gittata di 300 chilometri potrebbe raggiungere in profondità il territorio controllato dalla Russia. Washington ha respinto le richieste di Kiev per l'invio di Atacms: il sistema ha quasi quattro volte la portata dei sistemi missilistici Himars forniti dagli Usa e che l'Ucraina ha utilizzato con effetti devastanti contro le forze russe. Teheran e Mosca hanno esplorato la possibilità di uno scambio di armi russe moderne con missili balistici, ma i colloqui si sono bloccati, hanno detto funzionari e analisti occidentali, in parte a causa delle potenziali ripercussioni di un simile accordo per entrambe le parti.

17:06

Condannato giornalista russo per "fake news" su guerra 

Un tribunale russo ha condannato il giornalista indipendente Andrei Novashov a otto mesi di servizio sociale per aver diffuso "falsità" sull'esercito russo. Come riferisce il canale televisivo russo indipendente Dozhd, Novashov - reporter freelance della regione di Kemerovo, nella Siberia sudoccidentale - è stato il primo giornalista ad essere perseguito per aver violato la rigida legge russa sulla censura in tempo di guerra, introdotta poco dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina lo scorso anno e che punisce chi "discredita" le Forze armate o diffonde fake news. Secondo l'accusa, Novashov ha infranto la legge, ripostando un articolo sull'assedio di Mariupol scritto dalla giornalista russa Victoria Ivleva sul social media russo VKontakte. "Mi rifiuto di etichettare il nero come bianco. Fin dall'inizio della cosiddetta operazione militare speciale l'ho considerata un crimine contro il popolo ucraino", ha detto Novashov nella sua dichiarazione conclusiva in aula. "Tutto ciò che viene detto nei post di cui sono accusato di pubblicare è vero", ha aggiunto. Il tribunale ha anche vietato a Novashov di pubblicare materiale online per un anno intero.

17:15

Ucraina: "Russia presidente Consiglio di sicurezza Onu ad aprile, bisogna fermarlo"

L'Ucraina vuole impedire che la Russia assuma in aprile la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza dell'Onu, come da calendario previsto. "La notte dell'invasione russa (il segretario generale dell'Onu) Antonio Guterres parlò del 'giorno più triste del suo mandato'; ma il giorno più triste sarà il primo aprile 2023 quando, a meno che non prevalga la giustizia, la Russia assumerà la presidenza del Consiglio di Sicurezza. Basta violentare la giustizia e calpestare la Carta Onu! Devono renderne conto!", ha twittato l'ambasciatore ucraino presso l'Onu, Sergiy Kyslytsya.

Il diplomatico si dice consapevole del fatto che la decisione sulla presidenza del Consiglio Onu non competa a Guterres e si appella ai membri del Consiglio perché intervengano, in modo che la Russia subisca "le conseguenze dell'aggressione". Kyslytsya ha allegato al suo tweet una immagine del documento con la lista dei prossimi presidenti di turno, dove il nome della Russia e la foto del suo ambasciatore Vassily Nebenzya appaiono macchiati di sangue.

17:32

Kuleba, atroce video soldato ucciso, Cpi indaghi crimine guerra

"Il video orribile che mostra un prigioniero di guerra ucraino disarmato che viene giustiziato dalle forze russe semplicemente per aver detto 'Gloria all'Ucrainà è l'ennesima prova che questa guerra è un genocidio". Lo ha scritto su Twitter Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri ucraino, precisando che "è imperativo che il procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan avvii un'immediata indagine su questo atroce crimine di guerra. I colpevoli siano assicurati alla giustizia". 

17:38

Russia, Transparency International dichiarata "indesiderata"

In Russia il gruppo globale anticorruzione Transparency International è stato bollato come "indesiderato" dalla procura generale, vietando di fatto all'organizzazione di operare nel Paese. Mentre "agisce formalmente come un'organizzazione che combatte la corruzione in tutto il mondo, interferisce negli affari interni della Federazione Russa, il che rappresenta una minaccia per le fondamenta dell'ordine costituzionale e la sicurezza della Federazione Russa", afferma la procura. Il gruppo, con sede a Berlino conosciuto soprattutto per l'indice annuale che classifica i Paesi, compresa la Russia, in base al loro grado di corruzione.

18:01

Premier Kiev ringrazia leader Spd e chiede invio altre armi

"Felice di aver dato il benvenuto ai leader dell'Spd, Lars Klingbeil e Rolf Mützenich, a Kiev. Li ho ringraziati per il supporto della Germania all'Ucraina. Ho sottolineato la necessità di ulteriori consegne di armi che accelereranno la nostra vittoria e la fine della guerra. Oggi il sostegno all'Ucraina è un investimento per la sicurezza dell'Europa". Così su Twitter il primo ministro ucraino Denys Shmyhal.

 18:25

Ucraina, comandante forze di terra in visita a Bakhmut

Il comandante delle forze di terra ucraine, il generale Oleksandr Syrskyi si è recato ieri in visita a Bakhmut dove ha visitato i militari impegnati nella resistenza all'offensiva russa da agosto alla periferia della città, ha reso noto il ministero della difesa. "I combattimenti hanno raggiunto i livelli più elevati di intensità. Il nemico ha fatto arrivare altri mercenari Wagner. I nostri soldati stanno coraggiosamente difendendo le loro posizioni a nord, cercando di evitare che la città sia circondata", ha spiegato.

18:46

"Via Tchaikovsky da Conservatorio", polemica a Kiev

Lasciarlo o rimuoverlo? Questa è la domanda che ha scatenato un acceso dibattito in Ucraina sull'uomo a cui è intitolato il Conservatorio di Kiev: il compositore russo Pyotr Ilyich Tchaikovsky. Come riporta Radio Free Europe, sulla scia dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, gli studenti dell'Accademia nazionale di musica Tchaikovsky, precedentemente nota come Conservatorio di Kiev, da mesi chiedono, senza successo, la rimozione del nome del compositore russo dall'istituzione. Mentre la proposta degli studenti ha ricevuto il sostegno del governo ucraino, che vede anche Tchaikovsky come uno degli strumenti del progetto imperialista del Cremlino, i dirigenti del Conservatorio hanno bocciato la mozione e deciso di mantenere il nome. Il dibattito si colloca sullo sfondo delle misure per "de-russificare" l'Ucraina, dopo l'invasione ordinata da Vladimir Putin, un anno fa. 

19:17

Nato, a Bakhmut morti 5 soldati russi ogni ucraino

Le forze armate russe hanno perso cinque uomini ogni soldato ucraino ucciso a Bakhmut. E' la stima dell'intelligence della Nato stima che per ogni soldato ucraino ucciso difendendo Bakhmut, come ha detto alla Cnn un funzionario militare dell'Alleanza a condizione di anonimato. L'Ucraina ha tuttavia registrato perdite significative nella difesa della città, riferisce la Nato.

19:41

Cambio ai vertici dei servizi, Zelensky licenzia vicepresidente

Volodymyr Zelensky ha licenziato Oleksandr Yakushev,  vicepresidente dei servizi segreti di Kiev (Sbu). Secondo quanto riportato da Ukrainska Pravda, tra i vertici silurati dal presidente ucraino ci sarebbero anche due capi dei dipartimenti dei servizi speciali e i capi dei servizi di sicurezza di due regioni. In particolare, sono stati licenziati il capo del dipartimento per la protezione dei segreti di Stato della Sbu, Igor Nosok, e il capo del dipartimento per il sostegno economico, Alexander Provotorov. Oleg Khramov è già stato nominato al posto di Nosok. Zelensky ha anche licenziato due capi di dipartimento: Boris Bezrukiy, nella regione di Zaporizhzhia, ed Eduard Fedorov, nella regione di Sumy.

20:03

Kiev, militari d'accordo, continuare difesa Bakhmut

C'è "consenso" all'interno dell'esercito ucraino, sulla volontà di continuare a difendere la città contesa di Bakhmut: lo ha detto il portavoce della presidenza Mykhaylo Podolyak. "C'è consenso fra i militari sulla necessità di continuare a difendere la città  "C'è un consenso tra i militari sulla necessità di continuare a difendere la città e a perseguire il logoramento delle forze nemiche, mentre si costruiscono... nuove linee di difesa nel caso in cui la situazione cambi".

20:09

Mosca, Usa rifiutano visti per nostra delegazione all'Onu

Mosca denuncia il rifiuto degli Stati Uniti a concedere i visti per l'ingresso di una delegazione russa che avrebbe dovuto partecipare a una sessione dell'Onu sulla tecnologia del'informazione. "Gli Stati Uniti - ha accusato la rappresentante russa alle Nazioni Unite, Irina Tiazhlova - ancora una volta, senza fondamento, in aperta sfida, hanno negato la concessioni dei visti a membri di una delegazione russa. Questa è una violazione grave da parte di Washington dei suoi obblighi di garantire il lavoro delle istituzioni internazionali centrali dell'Onu", ospitate dagli Stati Uniti. Tiazhlova si è detta fiduciosa nella capacità della comunità internazionale di distinguere tra chi sta "politicizzando" il foro sulle tecnologie dell'informazione e chi è "realmente impegnato a sviluppare soluzione universali". La rappresentante russa, citata dalla Tass, ha fatto sapere di essersi messa in contatto con il segretario generale dell'Onu per chiedergli di "prendere misure per fermare queste pratiche".

20:15

Casa Bianca, fornitura F-16 non è sul tavolo

La questione della fornitura dei caccia F-16 all'Ucraina "non è sul tavolo". Lo ha ribadito la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre.

20:45

Zelensky: "Gloria all'eroe!Gloria all'Ucraina!"

"Gloria all'eroe! Gloria agli eroi! Gloria all'Ucraina!". Così su Twitter il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky, una scritta bianca su sfondo nero. Un post che sembra una risposta al video shock che circola sui social media e che mostra quella che appare essere l'esecuzione di un prigioniero ucraino da parte di soldati russi.

21:22

Tajani, condanna Tikhanovskaya ennesimo atto ingiustizia

"La condanna a 15 anni in contumacia a Svetlana Tikhanovskaya è l'ennesimo atto di ingiustizia perpetrato dal regime in Bielorussia. Siamo al fianco di Tikhanovskaya e del popolo bielorusso nella battaglia di libertà e democrazia, a tutela dei diritti civili e politici". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

21:51

Podolyak: "A Bakhmut obiettivo raggiunto, successo strategico"

A Bakhmut l'esercito ucraino ha "raggiunto i suoi obiettivi al mille per mille", è stato "un grande successo strategico". Lo ha detto il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky Mykhailo Podolyak, dicendo che nel difendere Bakmut Kiev vuole guadagnare tempo per ricostituire le sue forze e infliggere pesanti perdite agli eserciti russi. "Per quanto riguarda la difesa di Bakhmut, ha raggiunto i suoi obiettivi del 1000%. I militari hanno attuato il piano per distruggere il principale gruppo nemico pronto al combattimento da un lato e hanno consentito l'addestramento di decine di migliaia di truppe ucraine per prepararsi a un contrattacco dall'altro", ha affermato Podolyak. "Anche se la leadership militare a un certo punto decidesse di ritirarsi in posizioni più favorevoli, la difesa di Bakhmut sarà un grande successo strategico per le forze armate ucraine come base per la vittoria futura", ha aggiunto.

Guerra in Ucraina, russi senza munizioni all’assalto con le pale: a Kiev scontro tra Zelensky e il capo delle forze armate. Carmine Di Niro su Il Riformista il 6 Marzo 2023

Avanzano verso la conquista di Bakhmut con un costo in vite umane sempre più alto, ma per Mosca quello dei morti sul campo non è l’unico problema. Il conflitto in corso da oltre un anno in Ucraina sta costando carissimo al Cremlino e all’economia russa, stritolata dalle sanzioni in particolare proprio nel settore della difesa e delle armi, e in quello tecnologico.

Così, come evidenzia un report dell’intelligence britannica, i combattenti russi in prima linea sul fronte del Donbass devono fare i conti con un numero sempre più esiguo di armamenti adeguati. Una circostanza che da settimane è al centro degli scontri tra il capo della milizia Wagner Evgeniy Prigozhin contro i vertici della Difesa russi, in particolare il ministro Shoigu, accusato di aver lasciato i suoi mercenari senza munizioni.

Alle ‘bordate’ di Prigozhin seguono ulteriori conferme, questa volta da Londra. A causa delle perdite di veicoli corazzati nel corso della “operazione militare speciale” in corso ormai da oltre un anno, l’esercito russo è costretto ad utilizzare carri armati e veicoli blindati sempre più obsoleti.

In particolare, si parla dei carri armati T-62, prodotti negli anni Sessanta, in epoca sovietica, di cui circa 800 sono stati rimossi dai magazzini dal 2022 e alcuni dei quali sono stati modernizzati con nuovi sistemi di puntamento che potrebbero aumentarne l’efficacia durante la notte. Sui campi di battaglia ucraini sono stati avvistati inoltre per la prima volta anche i veicoli blindati russi BT-50, un “reperto archeologico” militare fabbricato nel 1954.

Anche la 1a Armata corazzata di guardia russa, considerata la principale unità corazzata dell’esercito russo, potrebbe ricevere T-62 come sostituti per le perdite subite. Il piano originale del Cremlino e del ministero della Difesa russo era di fornire a questa unità i nuovi carri T-14 “Armata”, progetto per ora accantonato.

Sempre l’intelligence di Londra in un suo aggiornamento sul conflitto di domenica ha riferito anche di un episodio che ha del clamoroso. Gli 007 britannici sostengono infatti che alcuni riservisti russi lamentano di essere stati mandati all’assalto di un bunker ucraino con l’ordine di combattere soltanto “con armi da fuoco e pale”, un ulteriore segnale delle difficoltà di Mosca nel reperire munizioni per i soldati impegnati sul fronte.

Lo scontro a Kiev

Ma difficoltà sono evidente anche sull’altro fronte, quello ucraino. La questione chiave, da settimane a questa parte, è la strenua difesa di Bakhmut, ormai più per ragioni simboliche che per la sua reale importanza strategica per un eventuale rovesciamento dell’esito della guerra.

Proprio sulla città del Donbass sarebbe in corso uno scontro tra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il comandante in capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny. Oggetto del contendere appunto le decisioni da prendere sulla difesa di Bakhmut: la Bild, che cita informazioni provenienti da diverse fonti della leadership politica ucraina, scrive oggi che Zaluzhny qualche settimana fa ha raccomandato di considerare la possibilità di lasciare Bakhmut per ragioni tattiche.

Di tutt’altra opinione invece il presidente Zelensky, che sulla difesa di Bakhmut ha un’opinione completamente diversa. Quasi in ‘risposta’ all’indiscrezione filtrata sulla Bild, la presidenza ucraina con un comunicato pubblicato sul proprio sito web ha invece sottolineato che in una riunione tra Zelensky, Zaluzhny e il comandante del gruppo di truppe operativo-strategico Khortytsia, Oleksandr Syrsky tutti si sono espressi a favore del proseguimento della difesa di Bakhmut.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

 (ANSA il 7 marzo 2023) Se gli Stati Uniti non "frenano e continuano sulla strada sbagliata, ci saranno sicuramente conflitti e scontri. Chi ne sopporterà le catastrofiche conseguenze?" E' il monito del ministro degli Esteri cinese Qin Gang, per il quale "contenimento e repressione non renderanno grande l'America e non fermeranno il rinnovamento della Cina". Qin, in un briefing, è ritornato sul pallone aerostatico transitato di recente sul territorio americano (come "incidente inaspettato") e abbattuto. Gli Usa "hanno agito con una presunzione di colpa, reagito in modo eccessivo, abusato della forza e drammatizzato l'incidente", ha aggiunto.

 (ANSA il 7 marzo 2023) Pechino "non ha fornito armi ad alcuna delle due parti del conflitto ucraino. La Cina non è l'artefice della crisi, né una parte direttamente interessata. Perché minacciare allora le sanzioni alla Cina? Non è assolutamente accettabile". Il neoministro degli Esteri, Qin Gang, nel suo primo briefing con i media a margine dei lavori parlamentari annuali, ha accennato a "una mano invisibile" che sembra sostenere una crisi prolungata. "E' una tragedia che poteva essere evitata: la Cina sceglie la pace sulla guerra, il dialogo sulle sanzioni" e la de-escalation all'escalation", ha notato ancora Qin sul conflitto tra Russia e Ucraina.

 La questione di Taiwan "è il fulcro degli interessi centrali della Cina, il fondamento politico nelle relazioni Cina-Usa e la prima linea rossa che non deve essere superata". Il neoministro degli Esteri cinese Qin Gang, nel suo primo briefing a margine della sessione annuale del parlamento, ha assicurato che. "continueremo a lavorare per la riunificazione pacifica, ma ci riserviamo il diritto di prendere tutte le misure necessarie. Nessuno dovrebbe mai sottovalutare la ferma determinazione, la forte volontà e la grande capacità del governo e del popolo cinesi di salvaguardare la sovranità nazionale e l'integrità territoriale".

Il rapporto tra Cina e Russia si basa sui principi "di non alleanza, non confronto e non presa di mira di terze parti". Il neoministro degli Esteri cinese Qin Gang, nella sua prima conferenza stampa a margine della sessione annuale del parlamento, ha osservato che se i due Paesi "lavorano insieme, il mondo avrà una forza trainante verso il multipolarismo e una maggiore democrazia nelle relazioni internazionali", mentre "l'equilibrio strategico globale e la stabilità saranno meglio garantiti". Una relazione che, proprio perché "non minaccia alcun Paese, non è soggetta ad alcuna interferenza o discordia seminata da terzi". (ANSA)

La Cina minaccia gli Usa: “Cambino linea o ripercussioni catastrofiche”.  Martina Melli su L’Identità l’8 Marzo 2023

Dopo l’incidente diplomatico dei palloni aerostatici abbattuti dai caccia americani, sale ancora la temperatura tra Pechino e Washington.

Il nuovo Ministro degli Esteri, Qin Gang, che fino a tre mesi fa era ambasciatore della Cina negli States e dunque punto di convergenza tra diplomazia asiatica e americana, durante la sua prima conferenza ufficiale ha usato parole particolarmente aggressive nei confronti della controparte occidentale. “Se gli Usa non si fermano e vanno avanti su questa rotta, ci saranno sicuramente conflitti e scontri”, ha tuonato il ministro riferendosi alla crescita economica e all’affermazione della Cina in quanto superpotenza mondiale. “Chi ne pagherà le catastrofiche conseguenze?”.

Non solo minacce: Qin Gang ha delineato l’agenda di politica estera per i prossimi anni, presentando la Cina e le sue relazioni con la Russia come un faro di forza e stabilità, e gli Stati Uniti e i loro alleati come fonte di tensione e conflitto.

Qin ha difeso la vicinanza tra Cina e Russia, una relazione costantemente monitorata dall’Occidente alla luce della guerra in Ucraina. “Più il mondo diventa instabile, più è imperativo per Cina e Russia far progredire le proprie relazioni”.

Secondo il Ministro, gli Usa vogliono surclassare la Cina, non attraverso un conflitto diretto “ma attraverso il contenimento e la soppressione a tutto campo, un gioco al massacro in cui tu muori e io vivo”. Una politica che, però, “non renderà grande l’America e non fermerà il rinnovamento della Cina”.

Le dichiarazioni di Qin sono in linea con un recente discorso di Xi Jinping ai delegati, in cui il leader ha denunciato la cosiddetta “soppressione”guidata dagli Stati Uniti. I rapporti col Congresso si sono deteriorati bruscamente negli ultimi anni e gli sforzi per ripararli sono deragliati all’inizio di quest’anno, quando il Pentagono ha dato l’ordine di abbattere il presunto pallone spia che volava nel loro spazio aereo. La Cina insiste si sia trattato di un incidente e punta il dito contro la reazione bellicosa ed eccessiva degli americani. Qin insomma, ritiene gli Usa responsabili di aver incrinato i rapporti, in particolare con la vicenda del pallone, le tensioni su Taiwan, gli equilibri nell’Indo-Pacifico, la guerra commerciale e la guerra in Ucraina. Per il Ministro, infatti, la guerra in Ucraina sembra essere stata guidata da “una mano invisibile, una mano che l’ha usata per servire agende geopolitiche più alte”, avallando il protrarsi e l’escalation del conflitto.

La Cina si è inizialmente presentata come pacificatrice nello scontro, ma ha, in pratica, sempre sostenuto la Russia. Qin non ha risparmiato alcuna critica, alludendo anche al fatto che gli Stati Uniti, strenuamente “a difesa” della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, stanno in realtà agendo con grande ipocrisia. Esempio: quando accusavano la Cina di prendere in considerazione l’armamento della Russia mentre loro già armavano Taiwan. “La questione di Taiwan è il fondamento delle basi politiche delle relazioni USA-Cina e la prima linea rossa che non deve essere attraversata nei rapporti diplomatici”, ha affermato.

La conferenza stampa di Qin ha infine esposto i piani di politica estera rispetto al nuovo mandato politico quinquennale, iniziato con la riconferma di Xi come leader del Partito comunista cinese nell’ottobre dello scorso anno, e con nuove nomine governative che saranno annunciate questa settimana. Qin ha evidenziato il ruolo della Cina come polo di stabilità e prosperità globale, ispirando la modernizzazione, in particolare nel sud del mondo. Ha detto che i risultati della Cina “sfatano il mito che la modernizzazione è occidentalizzazione”. Ha concluso dicendo che la Repubblica Popolare potrebbe offrire soluzioni ai grandi temi e alle grandi sfide, se solo non fossero sempre gli stessi a “monopolizzare il microfono”.

La «mossa delle super stampanti»: così è partito l’embargo tecnologico di Europa e Usa contro la Cina di Xi. Federico Rampini su Il Corriere della Sera il 9 Marzo 2023.

L’Olanda ha annunciato lo stop all’export delle stampanti per la produzione di chip in Cina: insieme a Usa e Giappone, che già hanno aderito al piano, è l’unico Paese a produrle. Che cosa c’è dietro il tentativo di ridurre Xi Jinping alla «dieta paleo» 

Si capisce perché Xi Jinping da tempo alza i toni contro un’America che lui accusa di voler «contenere e schiacciare l’ascesa della Cina».

Joe Biden, sfruttando anche madornali errori di Pechino (ultimo l’appoggio a Putin in Ucraina) sta riuscendo in un’impresa che sembrava impossibile pochi anni fa: compattare l’Occidente per stendere un cordone sanitario attorno alla Cina nelle tecnologie avanzate.

Gli europei si stanno allineando sempre più sulla strategia di Washington.

Due novità di questi giorni, in Olanda e in Germania, confermano un dato che per Xi è una sconfitta: la «perdita dell’Europa», con la quale lui sperava di mantenere dei buoni rapporti a prescindere dal deterioramento con gli Stati Uniti.

Dividere l’Unione europea dagli Stati Uniti era un suo imperativo strategico, che ora sembra allontanarsi.

Anche il Giappone si sta muovendo in stretta sintonia con il blocco occidentale, ed è un altro partner fondamentale per la stretta sulle forniture di tecnologie avanzate.

L’Olanda ha appena deciso di varare una serie di restrizioni sull’export hi-tech alla Cina. La mossa del governo dell’Aia era prevista da tempo, ma la sua conferma ufficiale è una vittoria sostanziale per Washington. I Paesi Bassi sono la sede della società Asml, una delle sole tre aziende mondiali che fabbricano «stampanti per micro-chip» di tipo molto avanzato.

Un altro produttore è il Giappone, che sta aderendo alla stessa strategia americana.

Questo significa che l’industria cinese dei semiconduttori si vede privata dei macchinari di nuova generazione, indispensabili per adeguare la qualità e la potenza dei microchip che sforna dalle sue «fabs» (così si chiamano in gergo gli impianti di produzione dei semiconduttori, le memorie e circuiti integrati che rappresentano il sistema nervoso di ogni apparecchio elettronico e digitale).

L’adesione di Olanda e Giappone è decisiva perché l’embargo americano sia davvero efficace nel rallentare e ritardare l’avanzata cinese nei settori di punta. Si aggiunge alle politiche industriali (i sussidi statali del Chips Act) con cui l’Amministrazione Biden sta riportando sul proprio territorio una parte della produzione di semiconduttori. Tra coloro che si sono fatti attrarre dal mix di aiuti pubblici e pressioni politiche c’è il numero uno mondiale di questo settore, la taiwanese Tsmc che sta investendo 40 miliardi di dollari nella costruzione di un nuovo stabilimento in Arizona.

L’altra vittoria strategica di Biden che sta maturando in questi giorni viene dalla Germania. Il cancelliere Olaf Scholz starebbe per costringere i grandi operatori telefonici tedeschi (Deutsche Telekom, Vodafone e Telefonica) a disfarsi delle infrastrutture «made in China» che avevano comprato da Huawei e Zte per prepararsi al passaggio verso il 5G, la linea telefonica-Internet di quinta generazione. Il passo è drastico, perché il 59% delle reti 5G installate in Germania sono di provenienza cinese.

Questo significa che Scholz si è convinto della giustezza degli allarmi americani, sul rischio che il 5G diventi il cavallo di Troia per un sistematico spionaggio cinese in Europa.

Che cosa sta spingendo gli europei verso l’allineamento con gli Stati Uniti? Un mix di ragioni, analizzate anche dal sito Politico (un sito che nacque negli Usa ma adesso è di proprietà tedesca e sta diventando una fonte sempre più preziosa di notizie sull’Europa).

In primo luogo ci metterei un sincero convincimento sulla strategia antagonista della Cina. Così come gli americani iniziarono ad aprire gli occhi sul finire della presidenza Obama e durante l’Amministrazione Trump, ora anche gli europei sono diventati più pessimisti sulla pericolosità di Xi Jinping. La pandemia e l’Ucraina non hanno fatto del bene all’immagine del governo cinese: tra bugie sanitarie e appoggio a Putin, gli atti di Pechino hanno spinto l’Unione europea nelle braccia di Washington. In generale questo allineamento di Olanda e Germania con gli Stati Uniti su dossier strategici per le relazioni con la Cina s’inserisce nel contesto di una ritrovata coesione dell’Occidente, uno dei «frutti avvelenati» che la coppia Putin-Xi raccoglie dalla guerra in Ucraina.

L’altra interpretazione che avanza Politico riguarda invece i do-ut-des che vengono negoziati tra le due sponde dell’Atlantico. Gli europei sono preoccupati per la politica industriale di Biden racchiusa nei due contenitori dell’Inflation Reduction Act e del Chips Act.

Il primo è una manovra di sussidi soprattutto in campo energetico, con un forte accento sulla sostenibilità, ed anche per la ri-localizzazione in Nordamerica di produzioni come le batterie per auto elettriche. Vale 370 miliardi di dollari e ha un impatto protezionista perché per incassare quei sussidi bisogna andare a fabbricare dentro il mercato unico Usa-Canada-Messico. La recente decisione di Volkswagen di costruire batterie elettriche in America è una conferma che molte multinazionali europee sono attratte dagli aiuti di Biden.

L’altra manovra, il Chips Act, all’interno di un budget di 280 miliardi per la ricerca e l’innovazione dedica 52 miliardi a finanziare la costruzione di nuove «fabs» di semiconduttori. I governi europei temono un deflusso di imprese, investimenti, posti di lavoro, e una perdita di ruolo nelle tecnologie avanzate.

Per la verità esistono delle politiche industriali europee non meno generose di quella americana – per esempio attraverso il Next Generation EU – però quei fondi vengono dispersi in mille rivoli, spesso in una logica di orticelli nazionali, mentre l’America riesce a convogliare i suoi aiuti federali su pochi grandi progetti. A sua volta l’Unione europea mette in campo la «carbon border tax», il progetto di un dazio verde che tasserebbe le importazioni in base alla quantità di CO2 emessa per fabbricarle. Oltre a quella cinese o indiana, anche l’industria americana si considera un possibile bersaglio di questo «protezionismo ambientalista».

Biden e gli europei (in particolare la coppia Scholz-Macron) hanno già cominciato a spingere verso dei compromessi.

Cedere alla Casa Bianca sull’embargo tecnologico contro la Cina può servire a spuntare delle contropartite americane per evitare una escalation nella potenziale guerra transatlantica dei sussidi e dei protezionismi.

Se si conferma l’ulteriore compattamento dell’asse transatlantico, anche sul cordone sanitario da stendere attorno a Pechino nelle tecnologie avanzate, un effetto sarà senza dubbio quello di contenere e ritardare gli obiettivi di Xi Jinping: che già agli albori della sua ascesa al potere un decennio fa, nel celebre piano «Made in China 2025» si prefiggeva di raggiungere il primato mondiale in tutti i settori di punta, compresi i supercomputer e l’intelligenza artificiale.

Di sicuro la sua Cina aveva già fatto grandi passi verso un semi-monopolio planetario per le tecnologie verdi. Ora Politico definisce ironicamente la strategia occidentale come un tentativo di sottoporre la Cina alla «dieta paleo», la dieta alimentare praticata dai cavernicoli.

(ANSA il 9 marzo 2023) La società russa Rosatom sta fornendo uranio altamente arricchito alla Cina. Lo ha dichiarato il sottosegretario alla Difesa degli Stati Uniti, John Plumb, in un'audizione alla Camera americana. "Siamo molto preoccupati per la cooperazione tra Mosca e Pechino in questo ambito", ha aggiunto il funzionario del Pentagono sottolineando che "la Cina è impegnata in una rapida espansione e diversificazione delle sue capacità nucleari". L'uranio ufficialmente è stato inviato per rifornire i reattori nucleari autofertilizzanti che usano il plutonio e, precisa Plumb, "il plutonio si usa per fabbricare armi nucleari".

(ANSA il 10 marzo 2023) Gli Stati Federati di Micronesia hanno tenuto colloqui con Taiwan a febbraio per un possibile ribaltone delle relazioni diplomatiche da Pechino a Taipei a fronte di 50 milioni di dollari in assistenza dopo la frustrazione maturata verso la Cina. In una lettera ai leader statali - ha riferito The Diplomat - il presidente uscente della nazione insulare del Pacifico, David Panuelo, ha accusato la Cina di pressioni, intimidazioni e corruzione nel Paese, dimostrando "un'acuta capacità di minare la nostra sovranità, di respingere i nostri valori e di utilizzare i nostri funzionari eletti e di alto livello per i loro scopi".

Volare alto. Quali aerei caccia servono all’Ucraina e quali (non) potrà fornire l’Occidente. Elio Calcagno e Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 7 Marzo 2023.

Kyjiv ha bisogno di un aiuto aeronautico per non soccombere a Mosca nel controllo dei cieli. Ma la donazione da parte dei Paesi europei (e degli Stati Uniti) potrà funzionare solo se c’è uno sforzo collettivo: nessuno Stato da solo potrà fare da solo una grande differenza

Tutto è cominciato nei cieli del Donbas; è quindi scontato che qualcuno creda che li tutto possa finire. Quasi dieci anni fa il tentativo russo (e separatista) di imporre il proprio controllo su parte dello spazio aereo ucraino si concluse con l’abbattimento accidentale del volo di linea MH-17. La dimensione politica di quell’evento riecheggia oggi nella richiesta ucraina di una fornitura di caccia di produzione occidentale, una questione militare ma con un grande valore simbolico. L’ipotesi di una donazione jet multiruolo è per ora stata accolta in Occidente con un certo scetticismo, anche in Italia: il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago e il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli hanno per ora escluso una fuga in avanti dell’Italia sul tema, additando la difficoltà di fornire sistemi aerei e spiegando che Roma agirà solo in concerto con gli alleati.

Come sta andando la guerra aerea

Eppure, l’urgenza ucraina non sembra ingiustificata. Ovviamente, è difficile giudicare i progressi fatti da Russia e Ucraina per quel che riguarda la guerra nei cieli. Raccogliere informazioni sugli avvenimenti sul campo è già di per sé complicato; farlo in un dominio come quello aereo, dove i dati pur parziali fruibili dai contenuti caricati sui social sono pochissimi, è ancora più complicato. Sappiamo però che l’ultimo anno ha visto una certa evoluzione nel modo con cui invasori e difensori hanno gestito la questione.

I russi non sono riusciti nella prima fase della campagna a distruggere a terra i caccia ucraini e sopprimere radar, basi e difese aeree ucraine, grazie anche a un efficace piano di evacuazione delle forze aeree di Kyjiv. Nonostante questo, l’aeronautica russa ha dalla propria parte la superiorità dei numeri di sistemi impiegati. La Russia dispone di aerei anche tecnologicamente più avanzati di quelli di era sovietica impiegati dall’aeronautica ucraina. È però massiccio uso di sistemi antiaerei a corto e medio raggio da entrambe le parti limita però fortemente la libertà di movimento dei rispettivi velivoli. 

La vita di un pilota da caccia in Ucraina è oggi particolarmente pericolosa. La proliferazione di sistemi antiaerei, fra cui gli S-400 e i BUK M-2 da lato russo e i (pochi) Aspide e NASAMS da lato ucraino, impone agli aerei particolare cautela. Essendo costretti a volare molto bassi per non farsi individuare dai radar avversari, il supporto alle truppe di terra può avvenire solo tramite standoff (quindi il lancio di missili a distanza, da dietro le proprie linee piuttosto che un attacco frontale ravvicinato sopra le posizioni nemiche) e, in generale, restringe le missioni possibili.

Un logoramento a favore della Russia?

Senza la possibilità di ottenere un grado di superiorità aerea sul nemico, entrambe le parti si trovano a dover assumere un approccio piuttosto passivo; per gli ucraini però ciò vuol dire ovviamente anche intercettare missili, droni e bombardieri russi impegnati nella campagna aerea contro le infrastrutture critiche di Kyjiv.

Al netto di ciò, l’aeronautica russa può scommettere sul progressivo consumo dei propri nemici. Le difese antiaeree russe possono minacciare gli aerei ucraini fino a 100km dietro la linea del fronte, mentre gli aiuti occidentali si sono finora concentrati soprattutto sulla fornitura di sistemi più a corto raggio capaci di tutelare di obiettivi strategici.

Il risultato è che i caccia russi possono comunque pattugliare da altitudini superiori di quelli ucraini lo spazio aereo sopra il territorio occupato, anche se come i difensori costretti a voli rasoterra quando operano a portata dei sistemi antiaerei nemici. Nel medio periodo, questa asimmetria potrebbe permettere a Mosca di imporre una superiorità aerea almeno in alcuni settori del fronte per il tempo sufficiente per lanciare offensive locali.

Richieste ucraine e necessità occidentali

Insomma, le richieste ucraine sono dettate da precisi sviluppi in atto sul fronte. Come per altri domini, un impegno credibile alla difesa dell’Ucraina richiederebbe un progressivo passaggio a sistemi alla cui manutenzione e riparazione possono contribuire i paesi Nato. Ciò vorrebbe dire quindi la sostituzione con jet ancora in produzione e ampiamente diffusi, come l’F-16, l’Eurofighter Typhoon e il JAS 39 Gripen. 

Tuttavia, ciascuna di queste opzioni va esaminata attentamente, tenendo conto di un groviglio di elementi che includono sia i requisiti identificati dagli ucraini che le capacità e la disponibilità degli aerei in questione e dei relativi sistemi d’arma e pezzi di ricambio. Altra considerazione fondamentale è la facilità di utilizzo, che determina anche le tempistiche di addestramento dei piloti, ma anche del personale incaricato della manutenzione a terra.

L’ultima variabile è rappresentata dall’effettiva capacità dei Paesi occidentali di fornire sistemi in buone condizioni senza impattare l’efficacia delle proprie aeronautiche e lasciare dei vuoti nei propri apparati di difesa aerea.

Esaminiamo quindi i tre principali modelli di caccia considerati per un’eventuale donazione all’Ucraina.

L’Eurofighter

L’Eurofighter, in dotazione a cinque aeronautiche europee, incluse quelle di Italia, Spagna, Regno Unito e Germania, è il risultato di un grande programma di cooperazione fra questi Paesi e a oggi uno dei caccia da superiorità aerea più diffusi sul continente. Si tratta di un sistema avanzato e molto capace, in grado di dare del filo da torcere anche alle più avanzate fra le controparti russe. Era anche il sospettato principale quando a febbraio il Primo ministro britannico Rishi Sunak aveva incaricato il suo Ministro della difesa, Ben Wallace, di esaminare quali aerei da combattimento Londra potesse fornire all’Ucraina. Gli Eurofighter sono sistemi meno complessi del ben più costoso F-35 e sarebbero l’unica opzione realisticamente sul tavolo per un’ipotetica fornitura da parte di Londra.

L’Eurofighter rimane tuttavia un aereo complicato da manutenere e richiederebbe con ogni probabilità una presenza di contractor occidentali per assistenza in loco. Lo stesso Wallace ha già cercato di rimediare alle prime dichiarazioni provenienti da Downing Street spiegando che, visti i requisiti ucraini, l’opzione più pragmatica nel breve termine sarebbe la fornitura di missili a lungo raggio e droni – utili per garantire supporto aereo alle truppe di terra e facilmente impiegabili. Secondo il ministro, infatti, la fornitura di aerei da combattimento sarebbe un prospetto realistico soltanto in un’ottica di lungo termine e dunque di deterrenza dopo la fine del conflitto.

F-16 e Gripen

L’F-16, sistema americano progettato inizialmente negli anni ’80 e utilizzato anche da diverse aeronautiche europee, è fra i candidati principali per un trasferimento agli ucraini anche perché molto più diffuso di qualsiasi equivalente europeo. Una maggiore diffusione porta chiari vantaggi rispetto alla disponibilità dei pezzi di ricambio e componenti, indispensabili per poter garantire l’operatività degli aerei.

Tuttavia, qualsiasi mossa europea a riguardo necessiterebbe di un’autorizzazione da parte di Washington che, almeno nell’immediato, sembra distante. Anche gli Stati Uniti restano infatti riluttanti rispetto alla fornitura di caccia. Come praticamente tutti i Paesi Nato, farebbero fatica a privare le proprie forze aeree di mezzi indispensabili per la sicurezza nazionale in un clima di riarmo post-Guerra fredda – specialmente nel breve periodo.

Sulla carta, il terzo candidato potrebbe essere il più adatto a rispondere ai requisiti dell’aeronautica ucraina: il Gripen, prodotto dalla svedese Saab. Questo caccia è stato progettato per operare non da poche, grandi basi aeree come quelle delle potenze militari della Nato, ma da una rete di piccole basi distribuite sul territorio.

Di conseguenza, tutti gli equipaggiamenti necessari per il supporto a terra e la manutenzione e riparazione sono adatti a una dottrina sviluppata dagli svedesi per contrastare la superiorità numerica dei russi in caso di conflitto. Il Gripen, inoltre, è compatibile con i missili aria-aria europei Meteor a lungo raggio, ideali per ingaggiare i caccia russi da posizioni arretrate rispetto alle difese aeree russe. Eppure la Svezia, spaventata dalla deriva russa al punto da porre fine a una politica di neutralità durata due secoli, sembra non essere nella posizione di privarsi anche di un piccolo numero di Gripen nel breve termine, a prescindere dalle carenze di piloti e personale specializzato. 

L’imperativo: agire insieme

La ricerca di una soluzione praticabile alle richieste di Kyjiv deve evitare di cadere nella tentazione di vedere ogni opzione come un singolo aereo con le relative prestazioni. Bisogna invece parlare di veri e propri ecosistemi che includono sì le prestazioni del singolo aereo, ma anche le caratteristiche dei relativi sistemi d’arma come anche la reperibilità degli stessi, oltre che delle strumentazioni e componenti necessarie per manutenere tutto l’insieme in maniera sostenibile. 

In definitiva, la posizione del governo italiano ha del vero: un aiuto aeronautico non potrà che essere orchestrato con gli alleati. Le preoccupazioni della Difesa britannica sono verosimilmente simili a quelle che esprimerebbe Via XX Settembre, e anche il nostro Paese è soggetto a vincoli tecnici simili. Una donazione di aerei può funzionare solo se c’è uno sforzo collettivo: nessun Paese si trova attualmente in grado di fare da solo una grande differenza. Ma nulla vieta alle capitali europee, Roma compresa, di elaborare un piano preciso, con un orizzonte più a lungo termine rispetto all’immediato, che potrebbe dare qualche frutto. L’imperativo, in ogni caso, è che gli alleati si muovano insieme.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 7 marzo.

La Repubblica. New York Times: "Un gruppo pro-ucraino all'origine del sabotaggio del Nord Stream"

Il leader ucraino: "Ho chiesto allo Stato maggiore di trovare le forze appropriate per aiutare la difesa della città, nessuna parte dell'Ucraina può essere abbandonata". Regno Unito: "La difesa della città si è probabilmente stabilizzata". Intanto Kiev evacua i bambini dalla città contesa

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ordinato rinforzi per Bakhmut. "Ho chiesto allo Stato maggiore di trovare le forze appropriate per aiutare la difesa di Bakhmut, nessuna parte dell'Ucraina può essere abbandonata", ha detto nel consueto messaggio serale al Paese. Zelensky ha spiegato di aver discusso di Bakhmut con alti generali, sottolineando che la loro posizione non era quella di ritirarsi bensì di rafforzare le difese: "Il comando ha sostenuto all'unanimità questa posizione. Non c'erano altre posizioni. Ho detto al comandante in capo di trovare le forze appropriate per aiutare i nostri ragazzi a Bakhmut", ha detto Zelensky.

Punti chiave

16:59

New York Times: "Un gruppo pro-ucraino all'origine del sabotaggio del Nord Stream" 

16:44

Kiev: evacuazione obbligatoria dei bambini da Bakhmut

14:42

Lukashenko accusa Zelensky di sabotaggio: "È un bastardo"

14:15

Prigozhin: "Smettiamola di dire che abbiamo preso Bakhmut. Servono munizioni"

13:54

Il segretario generale dell'Onu Guterres verso Kiev, incontrerà Zelensky

12:47

L'Ucraina ha identificato il soldato giustiziato in video-shock

11:14

Mosca: "La conquista di Bakhmut permetterà di continuare l'avanzata"

11:02

Cremlino: "Bene gli sforzi della Cina, ma non ci sono le condizioni per la pace. Gli Usa fanno di tutto per continuare il conflitto"

02:08

Rappresentante Ucraina all'Onu: no a presidenza russa in consiglio di Sicurezza

Il rappresentante permanente dell'Ucraina presso le Nazioni Unite, Sergiy Kyslytsya, ha esortato l'organizzazione a non consentire la presidenza di turno di un mese della Russia, a partire da aprile, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. "La notte dell'invasione Antonio Guterres l'ha definito 'il giorno piu' triste del suo mandatò; di fatto il più triste nella storia delle Nazioni Unite fino al 1 aprile 2023 quando, a meno che non prevalga la giustizia, la Russia assumerà la presidenza del Consiglio di sicurezza", ha sottolineato Kyslytsya in un tweet. A marzo, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è presieduto dal Mozambico. Da aprile, secondo il programma delle Nazioni Unite, la Russia dovrebbe assumere la presidenza.

04:28

Cina, crisi a punto critico, colloqui prima possibile

La crisi ucraina è giunta a un punto critico e il conflitto e le sanzioni non risolveranno il problema. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang. "Gli sforzi per i colloqui di pace sono stati danneggiati ripetutamente", ha scandito il ministro degli Esteri di Pechino, ricordando il piano in dodici punti presentato dalla Cina il 24 febbraio scorso, nel primo anniversario dall'inizio del conflitto, per risolvere pacificamente la crisi. La crisi ucraina è giunta "a un punto critico", ha detto e "i colloqui di pace devono cominciare il prima possibile".

05:04

Cina, mai fornito armi alle parti in conflitto

Pechino "non ha fornito armi ad alcuna delle due parti del conflitto ucraino. La Cina non è l'artefice della crisi, né una parte direttamente interessata. Perché minacciare allora le sanzioni alla Cina? Non è assolutamente accettabile". Il neoministro degli Esteri, Qin Gang, nel suo primo briefing con i media a margine dei lavori parlamentari annuali, ha accennato a "una mano invisibile" che sembra sostenere una crisi prolungata. "E' una tragedia che poteva essere evitata: la Cina sceglie la pace sulla guerra, il dialogo sulle sanzioni" e la de-escalation all'escalation", ha notato ancora Qin sul conflitto tra Russia e Ucraina.

08:42

Kiev: ieri uccisi 1.060 soldati di Mosca

Le forze armate ucraine hanno ucciso ieri 1.060 soldati russi, un bilancio che porta il totale delle forze di Mosca eliminate nel Paese dall'inizio dell'invasione a 154.830: lo ha reso noto lo Stato Maggiore dell'esercito di Kiev nel suo aggiornamento quotidiano della situazione al fronte, come riporta  Ukrinform. L'esercito ucraino non specifica quanti uomini russi abbiano perso la vita ieri nella città assediata di Bakhmut, ma nei giorni scorsi il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov aveva detto che le perdite russe ammontano fino a 500 soldati al giorno nella battaglia per la conquista della città strategica nell'est del Paese. Il rapporto dello Stato Maggiore indica inoltre che dall'inizio della guerra la Russia ha perso 303 caccia, 289 elicotteri e 2.095 droni. Le forze di Kiev affermano di aver distrutto anche 3.432 carri armati russi, 2.456 sistemi di artiglieria, 488 sistemi di razzi a lancio multiplo, 253 sistemi di difesa aerea, 873 missili da crociera e 18 navi. 

08:47

L'Isw: "Le forze russe controllano il 40% di Bakhmut"

Le forze russe controllano il 40% della città assediata di Bakhmut, nell'Ucraina orientale: è quanto si evince da una mappa interattiva pubblicata su Internet dall'Istituto per lo studio della guerra (Isw). La mappa del centro studi statunitense, che mostra i movimenti di terra dei soldati di Mosca aggiornati a ieri, indica che la zona controllata dai russi si estende - dal lato orientale - quasi fino al centro della città. Nel consueto messaggio serale al paese il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha reso noto di aver dato direttive all'Esercito per trovare "tutte le forze" per difendere Bakhmut. "Ho chiesto allo Stato maggiore di trovare le forze appropriate per aiutare la difesa di Bakhmut, nessuna parte dell'Ucraina può essere abbandonata", ha detto.

09:31

Media: allerta antiaerea in tutta l'Ucraina

Un'allerta antiaerea è stata dichiarata in tutta l'Ucraina: lo riporta il Guardian.

10:04

Difesa britannica: probabilmente stabilizzata la difesa di Bakhmut

Le forze ucraine hanno "probabilmente stabilizzato" il loro perimetro difensivo a Bakhmut in seguito agli sforzi russi di invadere il nord della città, secondo l'aggiornamento quotidiano dell'intelligence del ministero della Difesa britannico.  Entrambe le parti stanno subendo pesanti perdite dentro e intorno a Bakhmut.

Il rapporto arriva il giorno dopo che il presidente Volodymyr Zelensky ha detto in un discorso agli ucraini che c'era consenso tra lui e la massima leadership militare ucraina sul fatto che le forze ucraine dovrebbero continuare a tenere la città.

Si ritiene che le perdite della Russia nella battaglia per Bakhmut siano significativamente più alte di quelle dell'Ucraina, ma cresce la preoccupazione per il logoramento subito dalle brigate ucraine incaricate di difendere la città quasi accerchiata.

10:21

Kiev: respinti 37 attacchi nell'area di Bakhmut

Le forze russe hanno effettuato 50 attacchi aerei e cinque missilistici durante la notte e le forze ucraine hanno respinto 37 attacchi nella zona intorno a Bakhmut, secondo l'ultimo aggiornamento dello Stato Maggiore delle forze armate ucraine, ripreso dal Guardian. Le forze di Kiev hanno effettuato 15 attacchi aerei contro le forze russe, compreso un attacco a un sistema antiaereo e hanno dichiarato di aver abbattuto un aereo SU-25, nove droni Shaheed e altri otto droni.

10:42

Filorussi: "Conquistata quasi la metà di Bakhmut"

Le forze russe controllano "quasi la metà" della città di Bakhmut, secondo quanto annunciato da Jan Gagin, consigliere del capo dell'autoproclamata repubblica filorussa di Donetsk, Denis Pusilin. "Le nostre truppe e la nostra artiglieria sono già in città e ne controllano quasi la metà", ha detto Gagin, citato dall'agenzia Ria Novosti, aggiungendo che è in atto "un ritiro caotico di vari piccoli gruppi" di soldati ucraini, alcuni dei quali si arrendono.

11:02

Cremlino: "Bene gli sforzi della Cina, ma non ci sono le condizioni per la pace. Gli Usa fanno di tutto per continuare il conflitto"

La Russia presta "grande attenzione" all'iniziativa di pace della Cina per l'Ucraina, ma ora "non ci sono le condizioni perché la situazione si avvii su un percorso pacifico" e quindi Mosca cerca di raggiungere i suoi obiettivi "continuando l'operazione militare". Lo ha detto, citato dall'agenzia Ria Novosti, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, secondo cui "Washington non vuole porre fine al conflitto in Ucraina e sta facendo di tutto per continuarla". La Cina oggi ha detto che la guerra in Ucraina è guidata da una "mano invisibile", e per Peskov "quella mano appartiene agli Usa".

11:14

Mosca: "La conquista di Bakhmut permetterà di continuare l'avanzata"

"La liberazione di Bakhmut continua". Lo ha detto il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu, aggiungendo che la città nel Donbass ucraino rappresenta una fondamentale linea difensiva per le truppe ucraine e la sua conquista permetterà ai russi di "continuare l'avanzata in profondità nelle difese ucraine". Lo riferisce l'agenzia Tass.

11:29

Mosca: "11mila soldati ucraini uccisi a febbraio, il 40% in più di gennaio"

Sono più di undicimila i soldati ucraini uccisi a febbraio nel conflitto contro la Russia. È la stima che viene fornita dal ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, secondo il quale le perdite dell'esercito di Kiev sono aumentate di oltre il 40 per cento rispetto a gennaio, quando sarebbero 6.500 i soldati ucraini morti in battaglia.

In una videoconferenza con la leadership delle forze armate, il ministro russo afferma che i paesi occidentali stanno aumentando la fornitura di armi e attrezzature militari all'Ucraina, ampliando i programmi di addestramento per il personale dell'esercito ucraino. Ma, afferma il ministro, il sostegno della Nato al regime di Kiev "non porta al successo delle truppe ucraine sul campo di battaglia. Al contrario, c'è stato un aumento significativo delle perdite tra il personale delle forze armate ucraine".

11:49

Ucraina, le autorità di Kherson ai civili: "Lasciate la città"

Le autorità di Kherson invitano gli abitanti a lasciare la città utilizzando i bus per l'evacuazione. "I nemici hanno iniziato un bombardamento sistematico e massiccio. La gran parte dei proiettili finisce sulle aree residenziali, vi invitiamo a usare i mezzi di evacuazione per non mettere in pericolo la vostra vita e quella dei vostri cari", recita un avviso del consiglio municipale pubblicato su Telegram.

12:04

Mosca: "1.100 donne russe in campo in Ucraina"

Sono circa 1.100 le donne soldato russe impegnate in Ucraina a combattere e un terzo di loro ha ricevuto riconoscimenti speciali. Lo ha detto il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu intervenendo in videoconferenza in un incontro con la leadership delle forze armate alla vigilia della Festa internazionale della donna. "Oggi, millecento donne militari stanno prendendo parte a un'operazione militare speciale, un terzo di loro ha ricevuto riconoscimenti statali", ha detto Shoigu esprimendo gratitudine a tutte le donne dell'esercito russo per il loro servizio e l'approccio professionale e responsabile al lavoro assegnato. Shoigu ha anche augurato loro "buona salute, umore primaverile e benessere familiare".

Il ministro della Difesa russo ha anche espresso "sincera gratitudine alle nostre care donne per la loro cura, gentilezza e calore". In campo professionale, ha aggiunto in vista dell'8 marzo, le donne "realizzano pienamente le proprie capacità, partecipano attivamente alla vita sociale e politica del Paese".

12:08

Il Cremlino non conferma che Xi Jinping sarà a Mosca 21 marzo

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, non ha confermato le indiscrezioni secondo cui l'attesa visita del presidente cinese, Xi Jinping, a Mosca sarà il 21 marzo. "Non c'è nulla da rendere noto", ha detto rispondendo a una domanda, "tutti gli ospiti stranieri in Russia sono annunciati per tempo". Lo riferisce l'agenzia russa Ria Novosti.

12:34

Lukashenko: "Arrestato un agente ucraino per il sabotaggio dell'aereo russo in Bielorussia"

C'è anche un agente dei servizi segreti ucraini, entrato in Bielorussia attraverso la Polonia, tra gli oltre 20 arrestati per il sabotaggio di un aereo russo da ricognizione A-50. Lo ha detto il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, citato dall'agenzia Belta. Secondo Lukashenko, l'azione "non può essere stata compiuta senza l'assenso" del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

12:47

L'Ucraina ha identificato il soldato giustiziato in video-shock

L'Ucraina annuncia di aver identificato un soldato ripreso mentre veniva ucciso in un video che è circolato ampiamente sui social media, scatenando l'indignazione e spingendo i funzionari a chiedere un'indagine. Il filmato mostra quello che sembra essere un combattente ucraino detenuto in piedi in una trincea poco profonda, mentre fuma e viene fucilato dopo aver detto "Gloria all'Ucraina".

La frase pronunciata dal presunto soldato ucraino prigioniero ieri ha fatto tendenza sui social media e gli alti funzionari di Kiev hanno accusato le forze russe e chiesto giustizia per quello che a tutti gli effetti è uncrimine di guerra: uccidere un prigioniero inerme. "Secondo i dati preliminari, il deceduto è un militare della 30a brigata meccanizzata separata, Tymofiy Mykolayovych Shadura", scrive l'esercito ucraino su Telegram. Il soldato era scomparso dal 3 febbraio durante i combattimenti nei pressi della città ucraina orientale di Bakhmut. "La conferma definitiva della sua identità potrà essere stabilita dopo il ritorno del corpo", ha aggiunto. Kiev ha detto che i resti del soldato ucciso si trovavano in un territorio attualmente controllato dalle forze russe. L'Afp non è stata in grado di verificare in modo indipendente dove o quando il filmato sia stato girato o se mostri - come suggerito da funzionari ucraini e utenti dei social media - un prigioniero di guerra ucraino.

13:00

Russia: 8 anni a blogger per le sue critiche sull'invasione dell'Ucraina 

Un tribunale di Mosca ha condannato a otto anni e mezzo di reclusione il blogger Dmitry Ivanov per aver criticato l'invasione dell'Ucraina da parte delle truppe russe: lo riporta Novaya Gazeta citando a sua volta la testata MediaZona. Ivanov, che cura un canale su Telegram chiamato "Protestniy Mgu", è uno studente di matematica e informatica dell'università Lomonosov di Mosca e ha 23 anni. Le autorità lo hanno incriminato sulla base della nuova legge bavaglio che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sull'esercito che dovessero essere ritenute "false" dalle autorità russe.

13:25

La Polonia invia in Ucraina altri dieci carri armati Leopard 2 

La Polonia invierà altri carri armati in Ucraina questa settimana: lo ha detto oggi il ministro della Difesa polacco, Mariusz Blaszczak, come ripota il Guardian. "Quattro (carri armati) sono già in Ucraina, altri dieci andranno in Ucraina questa settimana", ha affermato Blaszczak in una conferenza stampa. La Polonia aveva promesso di inviare a Kiev 14 carri armati Leopard 2.

13:54

Il segretario generale dell'Onu Guterres verso Kiev, incontrerà Zelensky

Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, è in viaggio verso Kiev dalla Polonia, per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Al centro del colloquio l'accordo sull'esportazione dei cereali. È il terzo viaggio di Guterres in Ucraina dall'inizio dell'invasione russa. 

14:15

Prigozhin: "Smettiamola di dire che abbiamo preso Bakhmut. Servono munizioni"

"Ho un'enorme richiesta a tutti i giornalisti rispettabili. Smettiamo di correre davanti alla locomotiva e dire che abbiamo preso Bakhmut e cosa succederà dopo". Lo ha scritto su Telegram Yevgeniy Prigozhin, capo del Gruppo Wagner. Prigozhin ha aggiunto una metafora: "In una triste storia su un orso non ucciso, si dice che non condivideremo la pelle, ma nessuno parla delle conseguenze del tentativo di rimuovere questa pelle da un orso ancora vivo. Uccidiamo con calma questo orso. Credetemi, stiamo facendo di tutto per questo, anche se non ci vengono ancora fornite munizioni, equipaggiamento militare, armi e veicoli".

14:42

Lukashenko accusa Zelensky di sabotaggio: "È un bastardo"

l presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko ha dato oggi del "bastardo" a Volodymyr Zelensky, accusando l'omologo ucraino del "sabotaggio" di un aereo da ricognizione russo A-50, colpito da droni in una base aerea in Bielorussia. "C'è solo una conclusione. Pensavo che l'Ucraina avesse bisogno di pace e che Zelensky facesse il tifo per il suo popolo. Ma Zelensky è solo un bastardo. Queste operazioni non possono essere portate avanti senza l'approvazione del leader del Paese", ha detto Lukashenko nel lungo discorso in cui ha annunciato la cattura del presunto responsabile dell'attacco del 26 febbraio contro un A-50 russo nella base aerea di Machulishchy, vicino Minsk. L'azione era stata rivendicata dal gruppo partigiano bielorusso Bypol.

15:14

Media: oltre 20mila perdite tra i soldati russi a Bakhmut

La Russia ha subito da 20 mila a 30 mila perdite nel tentativo di prendere la città di Bakhmut. Lo riporta il Guardian, citando funzionari occidentali che hanno parlato a condizione di anonimato.

15:35

Berlino: "Se il video dell'uccisione del soldato ucraino è autentico è un crimine di guerra"

Il governo tedesco ha definito "scioccante" il video della presunta uccisione di un prigioniero di guerra ucraino, che Kiev avrebbe identificato nel soldato della 30esima brigata meccanizzata separata, Tymofiy Mykolayovych Shadura. "Se questo è autentico, allora sarebbe un crimine di guerra", ha sottolineato un portavoce del ministero degli Esteri tedesco, come riporta Tagesschau. Su Internet è circolato un video in cui un uomo in uniforme ucraina viene ucciso a colpi di arma da fuoco da sospetti soldati russi.

15:52

Russia: rimpatriati 90 militari russi che erano prigionieri di Kiev

Novanta prigionieri russi sono stati liberati dalle autorità di Kiev e sono rientrati in Russia. Lo ha reso noto il ministero della Difesa di Mosca spiegando che "a seguito del processo di negoziazione, 90 militari russi sono stati rimpatriati dal territorio controllato dal regime di Kiev", soldati che "erano in pericolo di vita durante la prigionia". Il ministero ha aggiunto che "a tutti coloro che sono stati rilasciati viene fornita la necessaria assistenza medica e psicologica".

16:08

Prigozhin: "A Bakhmut l'esercito di Kiev non scappa"

A Bakhmut ci sono "battaglie pesanti sia di giorno che di notte, ma gli ucraini non stanno scappando da nessuna parte". Lo ha detto il capo del gruppo Wagner, Evgenij Prigozhin, come riporta il battaglione sul proprio canale Telegram. "Zelensky non sta esaurendo le persone, altre migliaia vengono gettate nel 'tritacarne'", ha aggiunto Prigozhin.

16:27

Kiev: rimpatriati 130 soldati dopo lo scambio di prigionieri

In un nuovo scambio di prigionieri l'Ucraina ha riportato a casa 130 soldati catturati dai russi. Lo riferisce il capo dell'Ufficio di presidenza ucraino Andriy Yermak in un messaggio su Telegram. "Tra loro ci sono 87 difensori di Mariupol, 71 dei quali sono di Azovstal", si legge nel messaggio, "la maggior parte delle persone che ci stanno restituendo oggi ha ferite gravi. Come dice il presidente Volodymyr Zelensky, lo Stato deve prendersi cura di ciascuno di loro".

16:44

Kiev: evacuazione obbligatoria dei bambini da Bakhmut

Il consiglio dei ministri ucraino ha approvato l'evacuazione obbligatoria dei bambini dalle zone di combattimento: al momento solo Bakhmut rientra nei criteri per l'applicazione della norma.  Lo riferisce l'Ukrainska Pravda. I minorenni dovranno essere accompagnati da uno dei genitori, una persona che li sostituisca o un altro rappresentante legale. Non è consentito il rifiuto di genitori o tutori di evacuare il bambino."Il dovere dello Stato è proteggere la vita e la salute del bambino", ha detto il vice primo ministro Irina Vereshchuk.

16:59

New York Times: "Un gruppo pro-ucraino all'origine del sabotaggio del Nord Stream" 

Sarebbe stato un gruppo pro-ucraino, secondo le fonti di intelligence citate dal New York Times, ad avere ordito il sabotaggio del gasdotto Nord Stream. È quanto si legge sul quotidiano Usa che cita un "nuovo rapporto di intelligence".

Il nuovo rapporto, secondo il Nyt, è la "prima pista significativa sui responsabili dell'attacco ai gasdotti Nord Stream" sui quali viaggia il gas naturale dalla Russia al Nord Europa, avvenuto l'anno scorso. I funzionari statunitensi citati dal giornale hanno dichiarato di non avere alcuna prova che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky o i suoi principali luogotenenti fossero coinvolti nell'operazione, o che gli autori agissero sotto la direzione di funzionari del governo ucraino. L'attacco ai gasdotti naturali che collegano la Russia all'Europa ha alimentato le speculazioni sulle responsabilità: da Mosca a Kiev, da Londra a Washington si sono rimbalzate le ipotesi, ma quello dei sabotaggi al gasdotto è rimasto uno dei più importanti misteri irrisolti della guerra della Russia in Ucraina.

L'Ucraina e i suoi alleati sono considerati in questo rapporto come i potenziali attentatori più verosimili. Da anni si oppongono al progetto, definendolo una minaccia per la sicurezza nazionale perchè permetterebbe alla Russia di vendere più facilmente gas all'Europa. I funzionari del governo ucraino e dell'intelligence militare affermano di non aver avuto alcun ruolo nell'attacco e di non sapere chi lo abbia compiuto.

17:25

Kiev, non siamo coinvolti in sabotaggio aereo russo

L'Ucraina ha ribadito di non essere coinvolta nel tentativo di sabotaggio dell'aereo russo A-50 nell'aeroporto bielorusso di Machulishchi. Le accuse mosse dal presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko sono "un altro tentativo di creare una minaccia artificiale dall'Ucraina per giustificare il sostegno bielorusso all'aggressione della Russia". Lo ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko, come riporta il Guardian.

17:36

Fonti occidentali: "20-30mila fra morti e feriti russi a Bakhmut"

Fra morti e feriti, i russi avrebbero perso 20-30mila uomini nel tentativo finora vano di conquistare Bakhmut. E' quanto emerge da un briefing con funzionari occidentali, citato dal Guardian. Secondo queste fonti, le perdite ucraine, che non sono state quantificate, sono "significativamente minori". Gran parte di queste perdite, dicono le fonti, sono probabilmente detenuti arruolati dalla compagnia di mercenari Wagner, e la maggior parte di loro sono morti. "Il tasso di morti della Wagner è significativamente più alto che nelle forze armate russe", viene spiegato, ricordando che nelle forze regolari di Mosca vi sono in media un morto ogni tre feriti. Nel riportare le stime, il Guardian ricorda che in 20 anni di operazioni militare in Afghanistan, gli americani hanno avuto poco meno di 21mila soldati morti e feriti.

18:11

Usa, su incidente a Nord Stream aspettiamo fine indagini

"Sull'incidente al Nord Stream ci sono tre inchieste in corso, ancora non si è arrivati ad una conclusione, aspettiamo la fine delle indagini". Lo ha detto il portavoce per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, a proposito della notizia del New York Times che sarebbe stato un gruppo pro-Ucraina a sabotare il gasdotto l'anno scorso. "A quanto ne sappiamo, come ha detto già il presidente Biden, è stato un sabotaggio", ha aggiunto.

18:40

Dissidenti Bypol, abbiamo sabotato noi aereo russo, Kiev non c'entra

La guerriglia di dissidenti bielorussi che si oppongono al governo di Aleksandr Lukashenko, noti come Bypol, hanno smentito la sua versione dei fatti sul tentativo di sabotaggio dell'aereo russo A-50 nell'aeroporto di Machulishchi. "Non conosciamo la persona di cui ha parlato Lukashenko", ha detto il leader di Bypol Aliaksandr Azarau, parlando dell'uomo che secondo Lukashenko sarebbe il sabotatore addestrato dall'intelligence di Kiev. "Non c'è stato alcun coordinamento con gli ucraini durante questa operazione", ha detto Azarau in un'intervista ad Associated Press. Bypol aveva rivendicato la responsabilità dell'attacco settimana scorsa. "Le persone coinvolte nell'attacco sono cittadini bielorussi", ha aggiunto, "sono tutti partiti all'estero e sono al sicuro". Secondo Azarau, "Lukashenko ha qualcosa da temere".

18:46

Nord Stream: Berlino, indagini su sabotaggio ancora in corso

Una portavoce del governo tedesco ha affermato che Berlino ha "preso atto" di quanto riferito dal New York Times in merito al sabotaggio del gasdotto Nord Stream, sottolineando che le indagini sulle esplosioni sono ancora in corso. Secondo i servizi di intelligence statunitensi, un gruppo filo-ucraino potrebbe essere responsabile dell'attacco dello scorso anno, ha riportato il Nyt. "Il procuratore generale sta indagando sul caso dall'inizio di ottobre 2022. E' lui ad avere il controllo del processo. Inoltre, le indagini sulle esplosioni sono in corso in Svezia e in Danimarca, ciascuna sotto l'egida delle autorità nazionali", ha spiegato la portavoce, come riporta Tagesschau. "Inoltre, sono in corso indagini sulle esplosioni in Svezia e Danimarca, ciascuna sotto la guida delle autorità nazionali locali", ha aggiunto. Pochi giorni fa, Svezia, Danimarca e Germania hanno informato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che le indagini sono in corso e che non ci sono ancora dei risultati.

18:59

Russia: rapporto del New York Times su Nord Stream giustifica la spinta per un'inchiesta internazionale

Il vice inviato russo alle Nazioni Unite, Dmitry Polyanskiy, ha dichiarato che un rapporto del New York Times sui possibili responsabili degli attacchi ai gasdotti Nord Stream dello scorso anno "dimostra solo che la nostra iniziativa di lanciare un'indagine internazionale sotto gli auspici del Segretario generale delle Nazioni Unite è molto tempestiva". La Russia ha in programma di chiedere un voto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu entro la fine di marzo sulla sua bozza di risoluzione che chiede al Segretario Generale Antonio Guterres di istituire un'inchiesta di questo tipo, ha dichiarato alla Reuters Polyanskiy.

19:11

Zelensky, se cade Bakhmut apriamo la strada a Mosca

Le forze russe avranno la "strada aperta" verso città chiave dell'Ucraina orientale se prenderanno il controllo di Bakhmut. Lo ha sottolineato il presidente Volodymyr Zelensky in un'intervista alla Cnn, difendendo così la sua decisione di mantenere le forze ucraine nella città assediata. "Questo è tattico per noi", ha detto Zelensky, insistendo sul fatto che i vertici militari di Kiev sono uniti nel concordare di prolungare la difesa della città dopo settimane di furiosa battaglia.

19:17

Kiev, assolutamente non coinvolti in sabotaggio Nord Stream 

Il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Mykhailo Podolyak, ha assicurato che Kiev "non è stata assolutamente coinvolta" negli attacchi dello scorso anno ai gasdotti Nord Stream e non ha informazioni su quanto accaduto. Il commento arriva dopo che il New York Times, citando funzionari Usa, che ha rivelato che il responsabile fosse un gruppo filo-ucraino.

19:33

Georgia, primo sì alla legge sugli "agenti stranieri"

Il parlamento georgiano ha approvato in prima lettura le due bozze del progetto di legge che mira a introdurre nuove norme per il controllo dei cosiddetti 'agenti stranieri', principalmente pensata per i media. La legge, sostenuta dal partito di governo Sogno Georgiano, ricalca quella già in vigore in Russia ed è vista dalle opposizioni come un tentativo di mettere il bavaglio all'informazione. Secondo quanto riportato da Ukrainska Pravda, hanno votato a favore 76 deputati, mentre 13 parlamentari si sono espressi contro. Inizialmente la discussione era prevista per il 9 marzo. Il disegno di legge sarà ora inviato alla Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa per un parere. Successivamente, questi progetti di legge saranno ascoltati e possibilmente approvati in seconda e terza lettura dal parlamento georgiano, secondo quanto riportato da Interfax.

La polizia antisommossa è stata immediatamente schierata non appena i disegni di legge sono stati approvati. Fuori dal parlamento, infatti, centinaia di persone si sono riunite per protestare contro la legge. Su di loro sono stati usati cannoni ad acqua e spray. L'ambasciata degli Stati Uniti ha definito questi eventi "un giorno nero per la democrazia georgiana". La proposta di adottare anche in Georgia una legge sugli 'agenti stranieri' è stata presentata dal partito filogovernativo Potere del Popolo e ha incontrato le proteste di organizzazioni non governative e media. La legge prevede che società non commerciali che ricevono oltre il 20% dei propri finanziamenti da fonti straniere siano appunto registrate come agenti stranieri, con possibili limitazioni alle loro attività.

19:41

Mosca: "Occidente risponda a nostre richieste su Nord Stream"

Invece di organizzare "fughe di notizie" dall'indagine sul Nord Stream, "l'Occidente deve rispondere alle richieste ufficiali della Federazione Russa". Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, dopo che un articolo del New York Times, citando fonti Usa, sostiene che sia stato un gruppo pro-Ucraina a portare a termine l'attacco contro il gasdotto Nord Stream lo scorso anno.

20:00

Nord Stream: Stoltenberg, aspettare fine delle indagini in corso

"Gli attacchi ai gasdotti Nord Stream hanno mostrato la vulnerabilità delle nostre infrastrutture critiche ma ci sono delle indagini in corso e sarebbe sbagliato speculare sui responsabili sino a che non si sono concluse". Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg nel corso della sua conferenza stampa a Stoccolma con il primo ministro svedese Ulf Kristerssen. "La Nato dopo gli attacchi ha raddoppiato la sua presenza militare nel mar Baltico e nel mare del Nord", ha ricordato.

20:16

Georgia: ddl agenti stranieri scatena protesta,scontri a Tbilisi 

La polizia georgiana ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad'acqua per disperdere i manifestanti radunatasi in serata nel centro di Tbilisi, dopo che il Parlamento ha approvato, in prima lettura, un progetto di legge sugli "agenti stranieri" che secondo gli attivisti per i diritti umani rappresenta una svolta autoritaria del Paese. La legge, sostenuta dal partito al potere 'Sogno georgiano', richiederebbe a tutte le Ong che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall'estero di registrarsi come "agenti stranieri", pena multe salate. I detrattori dell'iniziativa la paragonano alla legge russa del 2012, che da allora viene usata da Mosca per reprimere il dissenso.

La televisione georgiana ha mostrato i manifestanti che protestavano con rabbia davanti al Parlamento mentre la polizia armata di scudi antisommossa lancia gas lacrimogeni e aziona i cannoni ad'acqua. Alcuni dei manifestanti scesi in piazza sventolavano la bandiera dell'Unione europea e degli Stati Uniti e gridavano: "No alla legge russa".

20:25

Zelensky: "Russia vuole mettere solo una bandierina a Bakhmut"

Ucraini e russi hanno motivazioni "diverse" riguardo al controllo di Bakhmut, con Mosca che "ha bisogno di almeno una vittoria - una piccola vittoria - anche distruggendo tutto, anche uccidendo ogni civile lì". Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un'intervista alla Cnn. Se la Russia riuscisse a "mettere la sua bandierina" in cima a Bakhmut, ciò aiuterebbe "a mobilitare la loro società per creare l'idea che sono un esercito potente".

20:41

Von der Leyen, obiettivo addestrare 30.000 soldati ucraini entro l'anno

L'obiettivo "è addestrare 30.000 soldati ucraini entro l'anno". Lo ha detto il presidente della commissione europea Ursula von der Leyen nel corso della sua missione in Canada durante la quale ha incontrato il premier Justin Trudeau. "I due leader hanno riaffermati il loro sostegno alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina", si legge nella dichiarazione congiunta.

21:01

Ucraina, Zelensky raddoppia la difesa di Bakhmut

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha raddoppiato la difesa di Bakhmut nonostante le voci di un imminente ritiro dalla città assediata che ha subito un assalto di nove mesi. Durante il suo discorso serale Zelensky ha detto di aver incontrato alti generali dove che hanno indicato il loro sostegno per continuare la difesa. "Ho detto al capo di stato maggiore di trovare le forze adeguate per aiutare i ragazzi a Bakhmut.Non c'è parte dell'ucraina di cui si possa dire che possa essere abbandonata". Dopo una serie di incontri con Zelenskiy, Valerii Zaluzhnyi , comandante in capo delle forze armate, e Oleksandr Syrskyi , comandante delle forze di terra ucraine, "si sono espressi a favore della continuazione dell'operazione difensiva e dell'ulteriore rafforzamento delle posizioni [ucraine] a Bakhmut ", ha detto l'ufficio di Zelenskiy.

21:17

Zelensky, morto al fronte "Da Vinci", giovane eroe ucraino

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato in serata la morte al fronte di "Dmytro Kotsyubailo, un combattente di 27 anni, deceduto nella battaglia vicino a Bakhmut, nella battaglia per l'Ucraina". Per il leader ucraino - citato da Ukrainska Pravda -, il giovane era a capo di un battaglione meccanizzato separato detto "Lupi di Da Vinci" e pertanto era stato soprannominato Da Vinci. "Da Vinci è un eroe dell'Ucraina, un volontario, un uomo-simbolo, un uomo-coraggio, ed è morto oggi nella battaglia al fronte", ha detto Zelensky, ricordando che "dal 2014 questo eroe, tra i più giovani dell'Ucraina, difende la nostra indipendenza e la dignità del nostro popolo. E uno di quelli la cui storia personale, il carattere, il coraggio sono diventati la storia, il carattere e il coraggio dell'Ucraina".

21:19

Usa valutano missili aria-aria per i MiG Kiev

Gli Stati Uniti stanno valutando se è possibile integrare gli avanzati missili aria-aria occidentali sui jet ucraini dell'era sovietica. Lo riporta Politico citando alcune fonti, secondo le quali l'ipotesi è quella di verificare se i missili avanzati a medio raggio aria-aria AIM-20, progettati per essere lanciati da jet come gli F-16, possono essere montati sugli esistenti MiG. Se le verifiche avranno successo, gli Stati Uniti potrebbero rafforzare le difese aeree di Kiev.

21:59

Georgia: a Tbilisi, manifestanti tentano irruzione Parlamento

I manifestanti che a Tbilisi, in Georgia, sono scesi in piazza per protestare contro la proposta di legge sugli "agenti stranieri" hanno sfondato le barriere poste dalle forze dell'ordine e stanno cercando di irrompere nell'edificio del Parlamento dove oggi il testo è stato approvato in prima lettura. Lo riportano i media locali che stanno diffondendo immagini delle proteste, che la polizia ha già cercato di disperdere con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.

22:15

Capo esercito: "Situazione a Bakhmut discussa con generali Nato e Usa"

Il comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valerii Zaluzhnyi, ha annunciato su Telegram di aver discusso della situazione a Bakhmut con i generali degli Stati Uniti e dei Paesi Nato. "Prima di tutto, li ho informati della situazione sul campo di battaglia. Mi sono concentrato sulla direzione orientale nel modo più dettagliato. In particolare, sulla situazione a Bakhmut", ha dichiarato il comandante in capo. "Abbiamo discusso della fornitura di aiuti militari, comprese armi e munizioni, in modo non meno dettagliato. Le questioni relative al rafforzamento della difesa aerea e alla fornitura di armi a lungo raggio rimangono cruciali", ha aggiunto.

22:33

8 marzo: auguri Putin a militari donna, "svolgete missione alta" 

Il leader del Cremlino, Vladimir Putin, ha inviato i suoi auguri alle donne in occasione dell'8 marzo, che in Russia è un giorno festivo. Per noi è una giornata, ha detto in un video messaggio, "sempre piena di calore e significato speciali, perchè il rispetto della donna e la maternità sono per un noi un valore assoluto, tramandato di generazione in generazione". Mentre la guerra in Ucraina è entrata nel suo secondo anno, il presidente russo si è rivolto in particolare alle "donne militari, che hanno scelto per se stesse la missione più alta: la difesa della patria". "Il vostro coraggio e la vostra determinazione stupiscono anche i combattenti più esperti", ha sottolineato Putin, "nei momenti difficili, la sensibilità e la reattività del cuore femminile si trasformano sempre in una forza potente che indica la linea di condotta più corretta, giusta e necessaria. E' così sta accandendo ora".

(ANSA-AFP il 7 marzo 2023) - Il prigioniero ucraino ucciso a sangue freddo dalle forze armate di Mosca è stato identificato. Secondo quanto riportato dall'esercito ucraino su Telegram, "la vittima è Tymofiy Mykolayovych Shadura, un soldato della 30a brigata", che ha preso parte ai combattimenti nei pressi di Bakhmut, considerato disperso dal 3 febbraio. Secondo alcuni media l'uomo aveva 40 anni.

 Sulla pagina ufficiale della 30esima Brigata separata meccanizzata, di cui farebbe parte il soldato ucciso nel video shock diffuso ieri in rete, i commilitoni di Tymofiy Mykolayovych Shadura lo ricordano con un post: "Il comando della trentesima brigata e i fratelli dell'eroe esprimono sincere condoglianze alla sua famiglia e ai suoi cari.

 La vendetta sarà inevitabile". La brigata aggiunge che il corpo del soldato al momento si trova "nel territorio temporaneamente occupato" e che "la conferma finale della persona sarà stabilita dopo il rientro e dopo gli esami pertinenti". Nel pomeriggio di ieri anche il presidente ucraino aveva commentato la notizia: "L'Ucraina non dimenticherà mai l'impresa di tutti coloro che hanno dato la vita per la libertà dell'Ucraina".

Estratto dell'articolo di Anna Zafesova per “La Stampa” il 7 marzo 2023.

«Se non veniamo aiutati qui finisce in c... a tutti». Evgeny Prigozhin, il fondatore del gruppo Wagner, ormai non ha remore nel presentarsi come l'unico in grado di conquistare per il Cremlino la «fortezza Bakhmut», e nell'accusare gli stessi militari russi di remargli contro.

 Vladimir Putin vuole questa città, ormai quasi rasa al suolo dalla sua artiglieria, come primo trofeo da mostrare ai russi dopo più di sette mesi in cui non è riuscito a far avanzare bandierine sulla mappa dei combattimenti. E di conseguenza, Bakhmut diventa il premio che si contendono i due eserciti di Putin, quello «pubblico», ufficiale, che risponde al ministero della Difesa, e quello privato, il gruppo Wagner di Evgeny Prigozhin [...] 

Ieri ha accusato di nuovo il ministero della Difesa di non consegnare ai suoi uomini le munizioni richieste. Ha sostenuto che «tutti i documenti erano stati firmati», ma i suoi mercenari sono stati costretti a ingaggiare dei combattimenti corpo a corpo con le truppe ucraine, utilizzando come armi le vanghe. «Stiamo ancora cercando di capire se è semplice burocrazia o tradimento», ha aggiunto minacciosamente [...] 

 Il capo di Wagner aveva rivendicato il merito esclusivo di aver preso Soledar, e proclamato diverse volte la caduta imminente di Bakhmut (ieri invece è stato molto più prudente, ammettendo che «l'accerchiamento della città non è ancora concluso e potrebbe non esserlo mai»). Il risultato di questa campagna di autopromozione molto aggressiva è stato il boicottaggio dei Wagner da parte dei militari.

Secondo alcuni esperti militari russi, Prigozhin è finito nella trappola delle sue stesse ambizioni: i generali hanno mandato i suoi mercenari all'attacco per dissanguare i ranghi dell'«orchestra», inclusi i circa 40 mila detenuti che il «cuoco di Putin» ha avuto il permesso di arruolare dalle carceri con la promessa della grazia (prerogativa del presidente) ai sopravvissuti dopo sei mesi.

Ma resta anche il dubbio che gli spietati Wagner siano stati molto più efficienti delle truppe regolari, seppure a prezzo di perdite terribili: la Cnn ieri parlava di un rapporto di 5 caduti russi per ogni ucraino.

 Ora è il ministero della Difesa ad arruolare i detenuti, e Prigozhin si rende conto di stare sfidando il sistema, e rilancia con l'accusa che i generali preferiscono perdere Bakhmut pur di distruggere i Wagner. Una denuncia che chiaramente è diretta verso il Cremlino, che però potrebbe non gradire più un personaggio che sta sconfinando pesantemente in territori proibiti.

[…] La brutale aggressività di Prigozhin piace a molti russi delusi dalla noia corrotta dell'establishment putiniano, e un comandante che dice pane al pane mentre divide il pane con i suoi soldati – a differenza di Putin che sempre più spesso appare anche alle cerimonie in remoto, un ologramma su uno schermo. Prigozhin si sporca le mani, dice parolacce, paga i funerali ai suoi soldati-detenuti e si propone come un «uomo d'onore», forte dei suoi trascorsi criminali che lo rendono molto più credibile agli occhi dei suoi mercenari rispetto al presidente, che spesso si atteggia a «duro», ma in fondo si è laureato in legge all'università di Pietroburgo.

Guerra Ucraina - Russia, le news dell’8 marzo.

La Repubblica. Borrell: "Piano da 2 miliardi per armi Ue a Kiev"

La richiesta del ministro della Difesa alla Ue. Gli Stati Uniti, secondo Politico, stanno valutando se è possibile integrare gli avanzati missili aria-aria occidentali sui jet ucraini dell'era sovietica. Il Gruppo Wagner rivendica la conquista della parte Est della cittadina contesa

"Potenti esplosioni sono state sentite questa sera a Melitopol, città ucraina del sud, nel luogo in cui si stavano radunando gli occupanti russi". Lo ha reso noto il sindaco Ivan Fedorov, in esilio, su Telegram. Gli Stati Uniti intanto, secondo quanto riporta Politico, stanno valutando se è possibile integrare gli avanzati missili aria-aria occidentali sui jet ucraini dell'era sovietica.

Punti chiave

11:27

Zelensky: "Se i russi prendono Bakhmut avranno la strada aperta"

11:03

NordStream, procura tedesca: c'era un'imbarcazione sospetta

10:45

Cremlino: "Gruppo pro-ucraino dietro attacco a NordStream? È tentativo di depistaggio"

00:56

Usa valutano missili aria-aria per i MiG Kiev

 Gli Stati Uniti stanno valutando se è possibile integrare gli avanzati missili aria-aria occidentali sui jet ucraini dell'era sovietica. Lo riporta Politico citando alcune fonti, secondo le quali l'ipotesi è quella di verificare se i missili avanzati a medio raggio aria-aria AIM-20, progettati per essere lanciati da jet come gli F-16, possono essere montati sugli esistenti MiG. Se le verifiche avranno successo, gli Stati Uniti potrebbero rafforzare le difese aeree di Kiev.

03:21

Presidente Svizzera Berset all'Onu, restiamo neutrali

Di fronte al conflitto ucraino, la Svizzera intende preservare la sua neutralità prevista dalla Costituzione e rimane quindi per il momento contraria al trasferimento di armi in questo Paese in guerra. Lo ha detto il presidente della Confederazione elvetica Alain Berset, in visita all'Onu. "Il dibattito sulle esportazioni di armi, finchè abbiamo questo quadro giuridico in Svizzera, non è possibile farlo" ha detto Berset ai giornalisti a margine delle riunioni delle Nazioni Unite sui diritti delle donne. D'altra parte, il suo governo rimane inflessibile sulla neutralità storica del Paese. Nonostante le pressioni di Kiev e dei suoi alleati per consentire la riesportazione di armi e munizioni svizzere a Kiev, Berna ha finora respinto le richieste di Germania, Spagna e Danimarca. Diverse iniziative sono in corso nel Parlamento svizzero per allentare queste regole, ma non è prevista alcuna decisione per diversi mesi. Berset ha incontrato a New York il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres.

04:50

Slovenia, no a dichiarare Russia sponsor terrorismo

La commissione per la Politica estera della Camera bassa del Parlamento sloveno ha respinto la proposta di designare la Russia come "uno Stato sponsor del terrorismo", riporta l'Agenzia di stampa della Slovenia (Sta). La proposta era stata avanzata dal Partito democratico sloveno (Sds) e dal suo leader, l'ex primo ministro Janez Jansa. Il 23 novembre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che menziona la Russia come uno Stato sponsor del terrorismo.

05:49

Capo forze armate vede comandanti Usa, Uk e Polonia

Il comandante in capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhnyi ha riferito di aver incontrato quattro leader militari di paesi occidentali.

Zaluzhnyi ha spiegato su Telegram di aver visto ieri il generale americano Christopher Cavoli, comandante del Comando alleato Nato supremo in Europa (Saceur); l'ammiraglio britannico Tony Radakin, capo di Stato maggiore della difesa del Regno Unito; il generale polacco Rajmund Andrzejczak, capo di Stato maggiore delle forze armate della Polonia; il tenente generale americano Antonio Aguto, comandante del Gruppo assistenza e sicurezza Ucraina. Il comandante in capo delle forze armate ucraine ha affermato di averli informati della situazione sul campo di battaglia, in particolare a Bakhmut. E' stata anche discussa - ha scritto Zaluzhnyi - la fornitura di aiuti militari all'Ucraina, comprese armi e munizioni.

06:38

Wagner, preso completo controllo parte est Bakhmut

Le forze russe hanno preso il pieno controllo della parte orientale della città ucraina di Bakhmut, ha comunicato oggi la Wagner. "Tutto a est del fiume Bakhmutka è completamente sotto il controllo della Wagner", ha affermato sul suo canale Telegram il fondatore del gruppo mercenario Evgeny Prigozhin.

08:29

La Difesa ucraina: "Non c'entriamo con il sabotaggio di NordStream"

"Non c'entriamo nulla con l'operazione di sabotaggio ai danni dei gasdotti Nord Stream: sarebbe un bel complimento per i nostri servizi speciali, ma quando si concluderanno le indagini si vedrà che l'Ucraina non ha nulla a che fare con tutto ciò". Lo ha detto Oleksii Reznikov, Ministro della Difesa ucraino arrivando al consiglio difesa informale di Stoccolma.

08:59

8 Marzo, Putin loda il coraggio delle donne-soldato

Il presidente russo Vladimir Putin ha rivolto un messaggio alle donne soldato impegnate nella guerra in Ucraina in occasione della Giornata internazionale della donna. "Nei momenti difficili, nei momenti di prova, la reattività del cuore femminile si trasforma sempre in una forza potente che indica la linea di condotta più corretta, giusta e necessaria. Questo sta accadendo ora", ha detto Putin congratulandosi - riporta la Ria Novosti -  con "le donne soldato che hanno difeso la loro patria, medici, paramedici e infermiere che hanno soccorso i feriti. Il loro coraggio impressiona anche i combattenti esperti".

09:17

Von der Leyen: "Onore alle donne che combattono per l'Ucraina e a Zelenska"

"Nella Giornata internazionale della donna rendo onore alle donne che sono un'ispirazione per tutti noi. Le donne dell'Ucraina. Coloro che, arruolandosi nell'esercito, hanno infranto un soffitto di vetro sopra la testa degli invasori russi, E quelle che sono diventate forze indistruttibili per il bene, come  Zelenska". Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, su Twitter.

09:29

Kiev: "Abbiamo bisogno di un milione di munizioni"

"Ci servono un milione di munizioni da 155, 90-100 mila al mese per poterci difendere e rilanciare la nostra controffensiva". Lo ha dichiarato il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, al suo arrivo alla riunione informale degli omologhi Ue a Stoccolma. "Condividiamo il piano estone che stima servano 4 miliardi di euro per consegnare il milione di munizioni", ha spiegato. Reznikov ha inoltre chiesto "difesa anti-aerea, blindati e carri armati" per respingere l'attacco russo.

10:04

Commissario Ue Breton: "Serve economia di guerra per mandare armi a Kiev"

"Siamo arrivati a un momento cruciale del nostro sostegno per l'Ucraina, è assolutamente obbligatorio che ci si muova in una sorta di economia di guerra per l'industria della difesa, dobbiamo fare 'whatever it takes' per fornire l'Ucraina di munizioni. Ecco perché oggi presentiamo il nostro piano in tre fasi". Lo ha detto Thierry Breton, Commissario europeo per il Mercato Interno, arrivando al consiglio informale Difesa a Stoccolma.

10:25

Kiev: distrutti due droni kamikaze russi

Le forze di difesa dell'Ucraina nella notte hanno distrutto due droni kamikaze del tipo Shahed-131/136 lanciati dai russi. Lo ha riferito l'aeronautica militare ucraina, come riporta Ukrinform. "A mezzanotte dell'8 marzo, la difesa antiaerea ha distrutto due droni kamikaze iraniani Shahed-131/136, che gli invasori hanno utilizzato per attaccare l'Ucraina da nord", si legge nel messaggio su Telegram.

10:45

Cremlino: "Gruppo pro-ucraino dietro attacco a NordStream? È tentativo di depistaggio"

Il Cremlino ha respinto le indiscrezioni di stampa secondo le quali un "gruppo pro-ucraino" sarebbe all'origine del sabotaggio dell'anno scorso ai gasdotti russi NordStream 1 e 2, considerando che si è trattato di un tentativo di "distogliere l'attenzione". Sulla base di informazioni ottenute dall'intelligence Usa, il quotidiano New York Times ha attribuito la responsabilità del sabotaggio a un gruppo pro-ucraino, ma senza che il presidente Volodymyr Zelensky risulti coinvolto. "È chiaro che gli autori dell'attacco vogliono distogliere l'attenzione - ha detto il portavoce del presidente Vladimir Putin, Dmitri Peskov - È chiaro che si tratta di un colpo mediatico concordato: questa vicenda non è solo strana, assomiglia a un crimine mostruoso".

Peskov ha chiesto quindi una "inchiesta trasparente urgente" e ha insistito che anche la Russia sia coinvolta nell'inchiesta internazionale sul sabotaggio dei due importanti gasdotti. "Continuiamo a non essere autorizzati a partecipare all'inchiesta. Appena qualche giorno fa, abbiamo ricevuto indicazioni su questo da Danimarca e Svezia". Quanto all'Ucraina, oggi il ministro ucraino della Difesa, Oleksyi Reznikov, ha assicurato che Kiev non è coinvolta nelle esplosioni che alla fine dello scorso settembre hanno danneggiato i gasdotti.

11:03

NordStream, procura tedesca: c'era un'imbarcazione sospetta

Nel corso delle indagini sulle esplosioni dei gasdotti NordStream 1 e 2, la Procura federale generale tedesca conferma di aver individuato un'imbarcazione sospetta e di averla fatta perquisire lo scorso gennaio.

L'imbarcazione potrebbe essere stata utilizzata per trasportare gli esplosivi. Lo riporta Dpa. Non sono stati comunicati ulteriori dettagli su possibili autori o moventi.

11:27

Zelensky: "Se i russi prendono Bakhmut avranno la strada aperta"

Le truppe russe avranno "strada aperta" per conquistare città chiave nell'Ucraina orientale se prenderanno il controllo di Bakhmut. Lo ha detto il presidente Volodymyr Zelensky in un'intervista alla Cnn, difendendo la sua decisione di mantenere le forze ucraine nella città assediata. "Per noi è una questione tattica", ha detto Zelensky, insistendo sul fatto che i vertici militari di Kiev sono uniti nel prolungare la difesa della città dopo che settimane di attacchi russi l'hanno lasciata sul punto di cadere sotto le truppe di Mosca. "Capiamo che dopo Bakhmut potrebbero andare oltre. Potrebbero andare a Kramatorsk, a Sloviansk, sarebbe una strada aperta per i russi dopo Bakhmut verso altre città in ucraina, in direzione di Donetsk", ha detto alla Cnn in un'intervista esclusiva da Kiev: "Ecco perché i nostri ragazzi sono lì".

Zelensky ha detto che le motivazioni per mantenere la città sono "molto diverse" dagli obiettivi della Russia: "Capiamo cosa vuole ottenere la Russia. La Russia ha bisogno almeno di una vittoria - una piccola vittoria - anche rovinando tutto a Bakhmut, uccidendo ogni civile", ha detto il presidente ucraino, aggiungendo che se la Russia riuscisse a "mettere la propria bandierina" in cima a Bakhmut, aiuterebbe a "mobilitare la società per creare l'idea di essere un esercito così potente".

11:56

Berlino: a marzo 21 carri armati Leopard 2 a Kiev

L'Ucraina riceverà entro questo mese 21 carri armati Leopard 2A6, 18 dalla Germania e tre dal Portogallo. Lo ha annunciato il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius da Stoccolma, dove è in corso la riunione informale dei ministri della Difesa Ue.

12:14

NordStream, Mosca: "Ci diranno che è stato un delfino"

"Non sarei sorpresa se, dopo una presunta inchiesta, gli occidentali e i loro giornali stabilissero che il Nord Stream è stato distrutto da un delfino-attentatore fuggito dalla Crimea in Ucraina". Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando l'articolo del New York Times secondo il quale, stando a fonti americane, l'attacco sarebbe stato compiuto da un non meglio precisato gruppo pro-ucraino. Washington e Londra, aggiunge Zakharova sul suo canale Telegram, stanno solo "utilizzando indiscrezioni controllate" per sostenere i loro interessi. "Mi chiedo - scrive ancora la portavoce - chi autorizza tali indiscrezioni. E la risposta è che sono coloro che non vogliono condurre un'inchiesta legale, e vogliono distogliere l'attenzione del pubblico dai fatti in ogni modo possibile". Invece di far uscire indiscrezioni, conclude Zakharova, "i regimi occidentali coinvolti nell'accaduto devono rispondere alle richieste ufficiali della parte russa (per un'inchiesta) e, come minimo, prendere in considerazione l'inchiesta giornalistica di Seymour Hersh". Cioè il giornalista americano Premio Pulitzer secondo il quale l'attacco è stato compiuto dagli Usa con la complicità della Norvegia.

12:39

Stoltenberg: "Non escludiamo che Bakhmut cada a breve"

"Non possiamo escludere che Bakhmut possa cadere nei prossimi giorni, questo non sarà necessariamente una svolta nella guerra ma evidenzia solo che non dobbiamo sottovalutare la Russia e dobbiamo continuare a sostenere l'Ucraina". Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg arrivando al consiglio informale difesa a Stoccolma.

13:04

La Ue pronta ad estendere al 2025 la protezione temporanea per i profughi ucraini

"L'Unione europea è pronta a sostenere l'Ucraina per tutto il tempo necessario. La protezione è già stata prorogata fino al marzo 2024 e può essere ulteriormente prorogata fino al 2025. la Commissione è pronta ad adottare le misure necessarie per un'ulteriore proroga, se necessario". Lo ha annunciato la Commissione europea presentando il primo rapporto annuale sull'applicazione della direttiva per la protezione temporanea concessa agli ucraini in fuga dal Paese in seguito all'invasione russa. "Allo stesso tempo l'Ue perseguirà un solido approccio coordinato a livello europeo per garantire una transizione agevole verso status giuridici alternativi che consentano l'accesso ai diritti oltre la durata massima della protezione temporanea, nonchè un sostegno mirato per le persone che, fuggite dall'Ucraina, desiderano ritornare a casa", spiega l'esecutivo europeo. 

La direttiva è stata attivata per la prima volta il 4 marzo 2022. Da allora circa 4 milioni di persone hanno ottenuto una protezione immediata nell'Ue, di cui oltre 3 milioni nella prima metà del 2022. A tutte le persone registrate è stato accordato il diritto di accedere al mercato del lavoro, all'istruzione, all'assistenza sanitaria e all'alloggio.

13:20

Mosca: "Intense operazioni militari in Donetsk"

Le forze russe hanno condotto intense operazioni nelle ultime 24 ore nel Donetsk con bombardamenti aerei e di artiglieria. Lo ha detto il portavoce del ministero della Difesa, Igor Konashenkov, aggiungendo che "oltre 180 soldati ucraini sono stati eliminati".

13:42

Stoltenberg: ancora non sappiamo chi ha colpito il NordStream

"Ciò che sappiamo è che c'è stato un attacco contro i gasdotti del NordStream ma non siamo stati in grado di determinare chi fosse dietro" l'attacco. A dichiararlo è stato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a Stoccolma. "Vi sono in corso indagini nazionali e credo che sia giusto attendere che siano concluse prima di dire altro su chi ci sia dietro" l'attacco, ha aggiunto.

14:24

Guterres a Kiev: incontrerà Zelensky per parlare dell'accordo sul grano

Il segretario generale delle nazioni Unite, Antonio Guterres, è arrivato a Kiev, in Ucraina, dove ha in programma di discutere l'estensione dell'accordo sul grano nel Mar Nero: lo ha confermato un portavoce del leader Onu.

"Il segretario generale è a Kiev. Più tardi in giornata incontrerà Zelensky per discutere la continuazione della black sea grain initiative in tutti i suoi aspetti, così come altre questioni pertinenti", si legge in un messaggio su twitter.

15:00

Ucraina: Sky, Iran ha fornito a Russia milioni di munizioni e artiglieria

 L'Iran ha fornito segretamente alla Russia grandi quantità di proiettili, razzi e proiettili da mortaio e avrebbe intenzione di inviarne altri. Lo rivela Sky News citando una fonte della sicurezza. La fonte ha affermato che due navi da carico battenti bandiera russa sono partite da un porto iraniano a gennaio dirette in Russia attraverso il Mar Caspio, trasportando circa 100 milioni di proiettili e circa 300.000 munizioni. Nella spedizione, sempre secondo la fonte, sarebbero state incluse munizioni per lanciarazzi, mortai e mitragliatrici. La Russia avrebbe pagato il tutto in contanti.

15:11

Grano: Guterres a Kiev, fondamentale estensione accordo

 Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres in visita a Kiev ha affermato che è "fondamentale" che venga esteso l'accordo con Mosca sull'esportazione di grano dall'Ucraina attraverso il Mar Nero. Lo riporta il Guardian. L'accordo di 120 giorni, inizialmente mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia a luglio e prorogato a novembre, sarà rinnovato il 18 marzo se nessuna delle parti si oppone. Dopo il colloquio con Guterres anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sottolineato che l'accordo è necessario non solo per l'Ucraina, ma per il mondo intero.

15:21

Ucraina: Borrell, per arrivare a pace Kiev deve vincere

"Per ottenere la pace, l'Ucraina deve vincere la guerra". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al termine della riunione informale dei ministri della Difesa Ue a Stoccolma.

15:36

Borrell: "Piano da due miliardi per mandare munizioni a Kiev"

"Ho presentato un piano da due miliardi di euro per fornire più munizioni all'Ucraina e spero che i ministri della Difesa e degli Esteri che si riuniranno il 20 marzo lo possano approvare definitivamente". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al termine della riunione informale dei ministri della Difesa Ue a Stoccolma. "Il piano si basa su tre binari, un miliardo per la fornitura di munizioni 155 e 152 mm; un miliardo per nuovi acquisti aggiunti e per ricostituire le scorte degli Stati e un piano a lungo termine per l'industria della difesa", ha spiegato il capo della diplomazia europea.

"La situazione militare sul terreno rimane molto difficile. In particolare a Bakhmut", ha detto Borrell che ha anche comunicato il numero di soldati ucraini addestrati dall'Ue: più di 11mila ed "entro la fine dell'anno prevediamo di addestrare 30.000 soldati".

16:00

Corte Ue annulla sanzioni contro madre Prigozhin

La Corte Ue ha annullato le sanzioni imposte alla madre del proprietario del gruppo Wagner, Prigozhin, perché si basavano esclusivamente sul fatto che i due sono imparentati. Violetta Prigozhina era stata inserita nella lista delle sanzioni dell'Unione Europea perché considerata proprietaria della Concord Management and Consulting LLC, parte del gruppo fondato e posseduto fino al 2019 dal figlio. Ma il Tribunale di Lussemburgo ha dichiarato di voler ritirare le sanzioni perché la donna ha smesso di essere proprietaria della società nel 2017, anche se ha mantenuto alcune azioni della stessa.

16:06

Georgia: migliaia a nuova manifestazione davanti Parlamento

Migliaia di manifestanti sono tornati a radunarsi oggi pomeriggio sulla piazza antistante il Parlamento a Tbilisi per protestare contro la legge sugli 'agenti stranieri' approvata ieri dall'assemblea in prima lettura. Lo riferisce l'agenzia russa Interfax. Prendendo la parola, Levan Khabeishvili, leader del partito di opposizione georgiano Movimento unito nazionale, ha fatto un appello per tenere manifestazioni quotidiane fino alla revoca della normativa e ha bruciato pubblicamente dei fogli su cui ha detto che era stampato il testo della legge.

16:42

Zelensky, Zaporizhzhia deve tornare sotto controllo ucraino

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres hanno discusso la questione della fine del 'ricatto nucleare' della Russia e del ripristino della sicurezza delle centrali nucleari ucraine. Lo riporta Ukrinform. "Oggi abbiamo discusso su come fermare il ricatto nucleare della Russia e ripristinare la sicurezza di tutte le centrali nucleari ucraine, che è stata violata dalla Russia, in particolare la sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia. La centrale nucleare di Zaporizhzhia deve tornare sotto il pieno controllo dell'Ucraina: è una questione di sicurezza globale, non solo di sicurezza ucraina", ha dichiarato Zelensky nel corso della conferenza stampa con Guterres.

16:49

Capo 007 Usa, Putin pensa ancora di poter battere Kiev

I controlli imposti alle esportazioni stanno ostacolando gli sforzi della Russia nella guerra all'Ucraina. Lo afferma la direttrice della National Intelligence americana Avril Haines, secondo la quale - riporta l'agenzia Bloomberg - il presidente russo Vladimir Putin probabilmente ritiene ancora di poter battere Kiev.

17:12

Zelensky invita McCarthy a Kiev, deve vedere quello che succede

Volodymyr Zelensky ha invitato lo speaker della Camera Usa, Kevin McCarthy, a visitare l'Ucraina per vedere di persona la situazione sul campo. "Deve venire qui per vedere quello che la guerra ha causato, le persone che stanno combattendo e cosa è successo. Soltanto dopo potrà fare le sue valutazioni", ha detto il leader ucraino in un'intervista alla Cnn riferendosi alle dichiarazioni del repubblicano che, in passato, ha detto di non voler più "staccare assegni in bianco" all'Ucraina. "Quando i democratici e i repubblicani vengono in visita qui, possono vedere dove è andato a finire ogni aiuto, ogni proiettile, ogni dollaro", ha detto ancora Zelensky ringraziando il Congresso americano per il supporto bipartisan. Alla domanda se sia preoccupato che il sostegno possa essere ridotto se non addirittura interrotto per volere dei repubblicani il presidente ucraino ha risposto di aver avuto diversi incontro con deputati e senatori del Grand old party che gli hanno assicurato "che vogliono sostenerci, come i democratici". "Non ci interessa  da che parte arrivi il sostegno finché è forte e costante".

17:33

Capo Wagner, sanzioni Ue contro di me "ragionevoli"  

Il capo del gruppo mercenario russo Wagner, Evgheni Prigozhin, ha dichiarato che le sanzioni europee contro di lui e la società di contractor da lui fondata sono giustificate e non ha intenzione di contestarle in tribunale. "Per quanto riguarda la contestazione delle sanzioni contro di me e contro la compagnia Pmc Wagner, non le contesterò e credo che al momento siano imposte in modo abbastanza ragionevole", ha affermato in una nota.

18:21

Rutte: "Diamo messaggio unico, in Europa uniti per la vittoria di Kiev"

"Noi diamo messaggio unito, unico, che in Europa siamo uniti contro la Russia: l'Ucraina deve vincere e la Russia deve perdere, anche per la nostra sicurezza", ha affermato il Premier olandese, Mark Rutte, a Roma, dopo aver incontrato Giorgia Meloni per cui ha espresso "grande ammirazione, per la responsabilità che fa vedere l'Italia nel suo sostegno all'Ucraina, ora ma anche a lungo termine. Anche la visita della presidente del Consiglio Meloni in Ucraina qualche settimana fa è importante", ha aggiunto.

18:54

Russia, per disegno contro guerra 12enne trasferita in orfanotrofio senza contatti con casa

Non potrà ricevere visite o contattare il padre al telefono la 12enne russa Maria Moskalova trasferita in un orfanotrofio dopo la condanna di Aleksei Moskalev, il padre, agli arresti domiciliari per discredito dei militari, in un procedimento aperto per un disegno contro la guerra fatto dalla figlia a scuola, denuncia Ovd Info.

19:03

Wagner, entrati in villaggio a nord di Bakhmut

"Le truppe Wagner sono entrate nel villaggio di Dubovo-Vasilyevka a nord di Bakhmut. Sono in corso pesanti combattimenti". Lo scrive la milizia stessa sul proprio canale Telegram.

19:31

007 Usa, improbabile che Russia conquisti ulteriore territorio

"È improbabile che la Russia quest'anno conquisti ulteriore territorio in Ucraina". È quanto afferma la direttrice dell'intelligence degli Stati Uniti Avril Haines, come riporta il Guardian. Durante un'udienza al Senato, Haines ha affermato che i soldati russi non saranno in grado di portare avanti il loro attuale livello di combattimento, anche se dovessero riuscire a conquistare Bakhmut. Dopo importanti battute d'arresto e grandi perdite sul campo di battaglia, "non prevediamo che quest'anno l'esercito russo si riprenderà abbastanza per ottenere importanti conquiste territoriali", ha aggiunto Haines.

19:48

Svizzera: tesoro Putin, al via processo collegato al prestanome

E' cominciato, in un tribunale a Zurigo, il processo contro quattro ex dipendenti della filiale svizzera della banca Gazprombank: sono tre russi e uno svizzero accusati di aver aiutato Sergei Roldugin, violoncellista russo molto vicino a Vladimir Putin, a riciclare fondi sospettati di appartenere al presidente russo. Roldugin, così vicino a Putin al punto si dice che sia il padrino di una delle figlie, è sospettato di aver portato all'estero parte della fortuna del capo del Cremlino. L'accusa chiede sette mesi di reclusione con la condizionale per mancanza di 'due diligence' nella gestione finanziaria. Si calcola che Roldugin abbia trasferito circa 30 milioni di franchi svizzeri (30 milioni di euro) da società intestate al musicista con sedi a Panama e Cipro senza che i responsabili di Gazprombank effettuassero le necessarie verifiche e senza che lui desse alcuna spiegazione credibile sulla provenienza del denaro (all'epoca si presentava come un violoncellista dal reddito modesto). Roldugin è attualmente nell'elenco dei cittadini russi soggetti a sanzioni da parte del governo svizzero e, secondo l'accusa, tutti gli indizi indicano che non fosse il vero proprietario dei beni nei suoi precedenti conti in Gazprombank, che sono stati chiusi nel 2016. La legge svizzera obbliga le banche a porre fine a una relazione d'affari in caso di dubbio sull'identità del cliente; e il processo viene considerato un pò una cartina di tornasole di quanto rigorosamente la Svizzera applichi le sue leggi sul riciclaggio di denaro, leggi che, almeno sulla carta, sono piuttosto severe.

19:59

Nord Stream: Spiegel, per agguato usata barca a vela da 15 metri

I presunti responsabili dell'agguato ai gasdotti Nord Stream avrebbero utilizzato per la loro azione una barca a vela di oltre 15 metri con un motore diesel. È quello che scrive der Spiegel, in un'anticipazione del prossimo numero in edicola nel weekend. L'imbarcazione, prosegue il settimanale, è una di quelle offerte da un'impresa del Land tedesco del Meclemburgo Pomerania Anteriore. A bordo può ospitare massimo 11 persone e ha 5 cabine. Noleggiarla per una settimana a settembre costa 3000 euro.  L'azienda che le produce non ha voluto rilasciare dichiarazioni. 

20:18

Georgia: idranti per disperdere proteste dinanzi Parlamento

A Tblisi, la polizia ha utilizzato cannoni ad acqua per cercare di disperdere i numerosi manifestanti riuniti vicino al Parlamento, che protestavano per la legge sugli "agenti stranieri", ritenuta uno strumento per contrastare il dissenso, sul modello di una simile legge già in vigore in Russia dal 2012. Alcuni manifestanti hanno cercato di entrare nell'edificio, ma sono stati respinti.

21:01

Presidente Polonia, necessario addestrare ucraini a usare F-16

"L'addestramento dei piloti ucraini per far funzionare i caccia F-16 è "necessario". Lo ha detto il presidente della Polonia Andrzej Duda alla Cnn, ritenendo che le forze armate ucraine vogliano essere "all'altezza degli standard Nato" e quindi vorranno utilizzare aerei da combattimento F-16. "L'addestramento dei piloti dell'Ucraina è importante ed è abbastanza necessario", ha aggiunto.

21:07

Razzi su Nikopol, 6 feriti tra cui 2 bambini

"Il nemico ha colpito il distretto di Nikopol della regione di Dnipropetrovsk con missili Grad e artiglieria pesante. Sei persone sono rimaste ferite, tra cui due bambini". Lo ha scritto su Telegram il capo del comando militare regionale di Dnipropetrovsk Serhiy Lysak, aggiungendo che "i russi hanno diretto il loro attacco contro le comunità di Marganetska, Chervonogrihorivska e Nikopol". 24 case private sono state danneggiate in città. Una di loro ha preso fuoco. I vigili del fuoco hanno già spento l'incendio. 7 annessi sono stati parzialmente distrutti. 20 pannelli solari, 4 linee elettriche e 2 fornaci a gas sono stati danneggiate.

21:12

Georgia: Zelensky auspica il "successo democratico" 

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha auspicato un "successo democratico" in Georgia, dove migliaia di manifestanti si sono radunati contro una controversa legge sugli "agenti stranieri" che ricorda la legislazione russa utilizzata per mettere a tacere i critici. "Non c'è ucraino che non auguri il successo alla nostra amica Georgia. Successo democratico. Successo europeo", ha detto Zelensky nel suo discorso serale alla nazione.

 21:20

Zelensky, la Georgia e la Moldavia entrino in Ue, come l'Ucraina

"Vogliamo essere nell'Unione europea e lo saremo. Vogliamo che anche la Georgia entri nell'Unione europea, e sono sicuro che ci sarà. Ma vogliamo anche la Moldavia nell'Ue, e ci sarà. Tutti i popoli liberi d'Europa se lo meritano". Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale. Lo scrive Unian.

21:32

Duda: "Pronti a fornire Mig-29 a Kiev"

La Polonia è pronta a consegnare i suoi aerei da combattimento MiG-29 di fabbricazione sovietica all'Ucraina. Lo ha detto alla Cnn il presidente Andrzej Duda, precisando che "siamo pronti a consegnare questi velivoli e sono sicuro che l'Ucraina sarebbe pronta a usarli immediatamente". "Per il futuro - ha aggiunto Duda parlando in occasione della sua visita ad Abu Dhabi - sarebbe importante addestrare più piloti ucraini sui caccia F-16 statunitensi". La discussione sui MiG-29 polacchi è già sorta lo scorso anno poco dopo l'invasione russa dell'Ucraina. Secondo gli esperti, il Paese ha ancora circa 30 velivoli di questo tipo in servizio sul fianco orientale della Nato.

21:35

Berlino, aumenteremo sostegno a Kiev se armi da Cina a Russia

La Germania "aumenterà il sostegno all'Ucraina se la Cina fornirà armi alla Russia". Lo ha detto il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, alla radio Deutschlandfunk.

21:44

Usa a Tbilisi, rispettare "manifestazioni pacifiche" 

Gli Stati Uniti hanno invitato le autorità georgiane a "rispettare le manifestazioni pacifiche", affermando di essere "solidali con il popolo georgiano" che sta protestando contro una legge che minaccia i media e le ONG e che i critici paragonano a una legge russa sulla libertà di riunione. "Chiediamo al governo della Georgia di rispettare la libertà di riunione e di protesta pacifica", ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price, ribadendo la "preoccupazione" degli Stati Uniti per la legge.

21:59

Zelensky, battaglia per Bakhmut e per il Donbass è la priorità

"Ho tenuto un incontro con i militari e l'intelligence. La linea del fronte, la battaglia per Bakhmut e per l'intero Donbass è la nostra priorità". Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo consueto discorso serale. Lo riporta Ukrinform. "Stiamo facendo di tutto per garantire che le nostre scelte tattici contribuiscano a questo obiettivo strategico e sono grato a ciascuno dei nostri combattenti", ha aggiunto.

22:53

Ucraina, Nyt: "Pentagono frena Biden su prove atrocità russe"

Il Pentagono sta bloccando l'amministrazione Biden dal fornire prove sulle atrocità russe alla Corte Internazionale dell'Aja. Lo riporta il New York Times che cita fonti dell'amministrazione. I vertici della Difesa americana temono che questo meccanismo potrebbe costituire un precedente e che in futuro potrebbe spingere altri Paesi, a cominciare dalla stessa Russia, a mettere sotto inchiesta gli Stati Uniti. Il presidente Joe Biden, secondo il quotidiano newyorkese, non ha ancora deciso cosa fare.

L'inchiesta a cui Washington sta collaborando, fornendo prove, riguarda le atrocità commesse dai russi in Ucraina e di cui si sta occupando Karim Khan, a capo della procura della Corte penale internazionale.

l ricatto di Vladimir Putin alla Moldova: se vuoi sopravvivere non guardare all’Europa. La piccola repubblica teme l’offensiva per la sua posizione strategica. La Russia ha già gettato un ponte verso la Transnistria e il Paese dipende ancora troppo dal gas di Mosca. Mario Bonito su L’Espresso il 7 marzo 2023.

Un vento gelido sferza il mercato centrale di Chişinău, la capitale della Moldova, nell’ora di punta il luogo più affollato della città. Nessuno ha voglia di parlarne ma la paura è che, a più di un anno dall’inizio della guerra, un allargamento del conflitto possa coinvolgere questa repubblica di appena due milioni e mezzo di abitanti.

Le notizie che arrivano da Mosca non sono incoraggianti. Il presidente russo Vladimir Putin, infatti, ha cancellato un decreto firmato nel 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldova nel risolvere la questione territoriale della Transnistria, autoproclamata repubblica che nessuno riconosce. Incastonata tra Ucraina e Moldova, la sua capitale è Tiraspol dove, accanto alla bandiera transnistriana, sventola quella della Federazione russa. Una città pulita, ordinata e apparentemente efficiente che sembra ferma ai primi anni Novanta.

Il decreto del 2012 è stato annullato – si legge nel documento pubblicato sul sito del Cremlino – per «garantire gli interessi nazionali della Russia in relazione ai profondi cambiamenti in atto nelle relazioni internazionali».

Moldova, le tensioni con il Cremlino

La decisione fa parte di una serie di misure anti-occidentali e preoccupa il governo di Chişinău, che spinge per entrare nell’Unione Europea. «È una mossa che non ci aspettavamo, Mosca sta cercando di manipolarci e di intimidirci. Ma nessuno vuole la guerra, tantomeno le autorità della Transnistria con cui stiamo migliorando i rapporti», dice a L’Espresso la ministra dell’Interno moldava Ana Revenco. Che non nasconde le preoccupazioni del rischio di un golpe nel Paese da parte di «sabotatori vicini al Cremlino». «È già successo in passato – spiega –. Utilizzano la crisi energetica per dividere la società e destabilizzare il Paese». Stessa cosa per il vicepresidente del Parlamento Mihail Popșoi, del Partito azione e solidarietà della presidente Maia Sandu: «Vogliono rovesciare il governo democraticamente eletto e creare qui un polo per sostenere gli sforzi militari in Ucraina. Ma non succederà».

La Moldova, però, è in difficoltà: la maggior parte del gas arriva ancora dalla Russia, l’elettricità dalla Transnistria e dall’Ucraina, che, ovviamente, quel poco che ha lo tiene per sé. Le bollette, insieme al malcontento della popolazione alimentato da una pesante propaganda, aumentano bruciando i pochi risparmi dei cittadini. «La guerra ha accelerato i nostri sforzi di diversificazione energetica, ma ci vorranno almeno un paio d’anni», spiega sempre Popșoi. Per questo gli Stati Uniti sarebbero pronti a inviare 300 milioni di dollari per aiutare Chişinău a liberarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia. Un piano di aiuti necessari alla Moldova «per affrontare i bisogni urgenti creati dalla guerra del presidente russo Putin, ma anche a costruire una resilienza energetica a lungo termine e a rafforzare le interconnessioni con l’Europa», si legge nel documento visionato da Reuters. E che Putin potrebbe utilizzare come pretesto per attaccare il Paese, forse nella sempre più esile speranza di creare una continuità territoriale tra Donbass, Crimea e Transnistria.

«È veramente difficile capire cosa passa nella mente di Putin. L’unica cosa che ho compreso negli ultimi vent’anni della storia moldava è che è proprio lui ad averci spinto vicino all’Unione europea», il commento di Veaceslav Ioniță, ex parlamentare e analista politico. E ancora: «Noi ovviamente eravamo molto legati alla Russia, ma tutte le sue scelte ci hanno fatto capire che l’Ue è importante: politicamente, socialmente ed economicamente. Solo il gas resta un grande problema». Secondo Ioniță anche la Transnistria non avrebbe alcuna intenzione di appoggiare la Russia. «A Tiraspol ci sono persone leali al Cremlino – dice – ma non tante come dieci anni fa, non tante come credono i russi».

Sul campo però la situazione resta tesa. Dal 1992 vicino a Cobasna, nel nord della Transnistria, si trovano circa 1.500 soldati russi, formalmente in missione di peacekeeping, e un grande deposito di munizioni. Da qui l’allarme su un possibile attacco di Mosca. Il ministero della Difesa russo nega, anzi accusa l’Ucraina di «preparare un’azione militare in Transinistria» sotto falsa bandiera. In uniformi militari russe, insomma, gli ucraini starebbero architettando una scusa per attaccare questa piccola lingua di terra al di là del fiume Nistro. Accuse smentite dalle autorità moldave.

Come in Russia, il 23 febbraio a Tiraspol si è celebrato il Giorno dei difensori della patria. In mattinata qualcuno ha posato dei fiori freschi davanti al monumento ai soldati caduti nella guerra del 1992. Un conflitto che ha sugellato la sua indipendenza dalla Moldova, che qui si ricordano bene. E che non vorrebbero ripetere. Così almeno per Dmitriy. «Non abbiamo bisogno della guerra, non ce la aspettiamo e non ci prepariamo nemmeno. Non abbiamo armi, solo due carri armati arrugginiti», dice mentre gioca a biliardo e fuma una sigaretta dietro l’altra in una bisca vicino alla stazione degli autobus. «Qui vivono bulgari, ucraini, gagauzi, russi e moldavi. Non litighiamo, ci rallegriamo quando c’è il sole e siamo felici di vedere degli italiani nel nostro Paese». Se dovesse scoppiare una guerra, però, Dmitriy non avrebbe dubbi: «La colpa sarebbe della Moldova, della presidente Maia Sandu che vuole combattere».

Georgia, idranti e gas contro i manifestanti pro Europa e anti Russia La donna simbolo della protesta. Marta Serafini su Il Corriere della Sera l’8 marzo 2023.

Oltre 65 arresti per gli scontri scoppiati dopo che il Parlamento ha approvato in prima lettura la legge anti-agenti stranieri. Il presidente del partito di governo: dibattito riprenderà «tra alcuni mesi»

Una donna sventola la bandiera europea mentre gli idranti della polizia sparano senza sosta contro di lei. E’ la foto simbolo che da ieri gira in rete e che arriva da Tiblisi.

Sale la tensione in Georgia, stato in bilico sia geograficamente che politicamente tra Mosca e l’Occidente. Sessantasei manifestanti sono stati arrestati e una cinquantina di poliziotti sono rimasti feriti durante le proteste nella capitale Tbilisi.

Ieri sera i manifestanti hanno sfondato le barriere all’ingresso del Parlamento, tentando di entrare nel cortile del palazzo. Bombe molotov e pietre sono state lanciate contro la polizia negli scontri durante la notte mente alcuni manifestanti cadono a terra tossendo, colpiti da idranti e gas mentre sventolavano bandiere dell’Unione europea e della Georgia, come mostrano i video circolati in queste ore. Gli scontri sono iniziati dopo che il Parlamento ha dato il suo sostegno iniziale a un progetto di legge sugli «agenti stranieri» che, secondo i critici, mina le speranze di adesione all’Ue del Paese del Caucaso meridionale. La polizia antisommossa ha usato cannoni ad acqua e spray al peperoncino per disperdere la folla fuori dall’edificio del parlamento.

Il disegno di legge richiederebbe alle organizzazioni non governative (ONG) e ai media indipendenti che ricevono più del 20% dei loro finanziamenti dall’estero di dichiararsi agenti stranieri. L’opposizione l’ha descritta come una legge in stile russo che stigmatizzerebbe e reprimerebbe la vivace società civile e i media indipendenti della Georgia. Storicamente il termine “agente” in Russia e Georgia ha il significato di “spia” e “traditore”, con una connotazione negativa al lavoro svolto dalla società civile. Se approvata questa legge di fatto ricalcherebbe quella in vigore in Russia del 2012 e sancirebbe lo sbilanciamento di Tbilisi verso Mosca.

Con l’approvazione, la Georgia entrerebbe di fatto a far parte di un elenco di stati post-sovietici antidemocratici e autoritari come la Bielorussia, il Tagikistan e l’Azerbaigian. Il tutto proprio mentre Bruxelles sta esaminando la domanda della Georgia per lo status di candidato. Il capo della politica estera dell’UE Josep Borrell ha già avvertito che il disegno di legge è «incompatibile con i valori e gli standard europei». Anche il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha affermato che il progetto di legge rappresenterebbe un enorme passo indietro e «colpirebbe alcuni degli stessi diritti che sono fondamentali per le aspirazioni del popolo georgiano».

Che in Georgia stia succedendo qualcosa di molto simile a quanto successo in Ucraina con Euromaidan è plausibile. Che l’invasione russa abbia riacceso vecchie tensioni sociali è un dato, che Tibilisi, ancora più di Chisinau, guardi più a Ovest che a Est, anche. Ora si tratta di capire quanto i georgiani siano in grado di fare fronte ai tentativi dello Zar di rafforzarsi verso il Mar Nero. Intanto, per oggi, sono previste nuove manifestazioni e il presidente del partito governativo Sogno Georgiano, Irakli Kobakhidze, citato dall’agenzia russa Interfax ha fatto sapere che il parlamento georgiano riprenderà il dibattito della legge solo tra «alcuni mesi», quando avrà ottenuto il parere della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, a cui ha inviato la normativa.

Le proteste buone in Georgia e quelle cattive in Moldavia: il doppio standard occidentale. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 9 marzo 2023.

In Georgia si sono verificate negli ultimi giorni animate manifestazioni contro la cosiddetta legge sugli “agenti stranieri” che impone alle società non commerciali, quali associazioni, media e ong, che ricevono oltre il 20% dei loro finanziamenti dall’estero, di registrarsi presso un registro detto degli “agenti stranieri”. Quest’ultimo consentirebbe alle autorità di accedere alle informazioni personali dei membri delle organizzazioni interessate e dei terzi coinvolti nelle loro attività, nonché imporrebbe di fornire a scadenza regolare una serie di informazioni sulla natura dei fondi ricevuti e sul modo in cui vengono spesi. La legge è sostenuta dal partito di maggioranza “Sogno georgiano”, guidato dal premier Irakli Garibashvili, ed è stata interpretata come una manovra contro le opposizioni in un contesto politico che – a detta della stampa europea e filo Nato – starebbe scivolando verso un regime autoritario vicino a Mosca, tanto che la legge è stata etichettata come “legge russa”. In realtà, il governo in carica, pur cercando di mantenere relazioni costruttive con Mosca, aspira anch’esso all’ingresso nell’Ue e nell’Alleanza atlantica. Nonostante ciò, l’informazione occidentale è tornata ad agitare lo spettro di una presunta nuova “Maidan” – la rivolta di piazza verificatasi in Ucraina nel 2014 che ha portato al cambio di governo con la destituzione dell’allora presidente Viktor Yanukovich – elevando i manifestanti filoeuropei a simboli di democrazia contro il presunto autoritarismo dei sostenitori di Mosca. Per questo, secondo alcuni organi di stampa occidentale, sui social sarebbe diventato virale il video di una donna che sventola la bandiera europea mentre viene colpita dagli idranti della polizia.

Accetta Funzionali cookie per visualizzare il contenuto.

Le manifestazioni georgiane possono essere considerate il corrispettivo, al rovescio, di quanto accaduto in Moldavia nelle scorse settimane, dove folle probabilmente anche più numerose, si sono riversate davanti al palazzo di governo per protestare contro l’amministrazione filoeuropea e a sostegno di Mosca. La differenza è che mentre in quel caso le proteste erano accusate di essere eterodirette dal Cremlino e, dunque, ritenute “cattive”, quelle filoeuropee di Tbilisi sono sostenute e incoraggiate da tutto il mondo istituzionale e mediatico europeo e americano, senza che venga minimamente preso in considerazione il sospetto che possano essere sobillate da forze extra nazionali. Si tratta di un doppio standard nella valutazione delle espressioni popolari che mostra come per l’Occidente le manifestazioni e le proteste “buone” siano sempre e solo quelle filo-Nato e filoeuropee.

Accetta Funzionali cookie per visualizzare il contenuto.

Secondo il ministero dell’Interno, sessantasei manifestanti sono stati fermati durante gli incidenti nella notte quando la polizia ha risposto con gas lacrimogeni e idranti al lancio di bottiglie incendiarie e pietre contro il Parlamento, che una parte dei dimostranti ha cercato di prendere d’assalto. Negli scontri sono rimasti feriti anche cinquanta persone tra agenti e civili, ha aggiunto il ministero. Il leader del partito di opposizione Strategia Aghmashenebeli, Giorgi Vashadze, ha denunciato «un uso sproporzionato della forza contro una dimostrazione pacifica» e ha detto che tra gli arrestati figura Zurab Japaridze, capo di un altro partito di opposizione, il Girchi. Il capo dell’altro partito di opposizione “Movimento unito nazionale”, Levan Khabeishvili, ha invece fatto un appello a continuare le proteste quotidianamente fino alla revoca della normativa.

In seguito alla dura reazione della popolazione verso la legge, il presidente del partito di maggioranza, Garibashvili, ha dapprima detto che il dibattito per il voto in seconda e terza lettura della legge non sarebbe avvenuto prima di giugno con il parere del Consiglio d’Europa, mentre, successivamente, ha direttamente ritirato la legge. In una nota pubblicata sul sito georgiano Rustavi 2, si legge che «In quanto responsabili nei confronti di ogni membro della società abbiamo deciso di ritirare incondizionatamente il disegno di legge che abbiamo sostenuto senza alcuna riserva». Secondo “Sogno georgiano”, la legge sarebbe stata posta in cattiva luce affibbiandogli l’etichetta di “legge russa”: «Le è stata affibbiata un’etichetta falsa di “legge russa”, e la sua approvazione in prima lettura è stata vista da parte dell’opinione pubblica come un allontanamento dal corso europeo. Inoltre, alcune forze radicali sono state in grado di coinvolgere parte dei giovani in attività illegali”, prosegue il comunicato. Il governo ha fatto comunque sapere che «quando si attenuerà l’emotività, faremo capire alla popolazione a cosa serviva». Questa mattina si è appreso che il Parlamento georgiano ha già ritirato la legge.

Da parte sua, Mosca ha ribadito la sua totale estraneità alla legge per mezzo del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: «Il Cremlino non ha ispirato nulla e non ha assolutamente nulla a che fare con questo», ha affermato il diplomatico. Sarcastico, invece, il commento della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova: «ora è chiaro perché gli Stati Uniti non sono ancora nell’Unione europea, da loro questa legge è in vigore dal 1938», ha affermato in riferimento al Foreign Agents Registration Act sugli “agenti stranieri” in vigore appunto da 85 anni.

Piena soddisfazione per il ritiro della legge si è avuta, invece, da parte della delegazione in Georgia dell’Unione europea: «Accogliamo con favore la dichiarazione del partito al governo sul richiamo del disegno di legge sull’“influenza straniera”» e «Chiediamo a tutti i leader politici della Georgia di rinnovare le riforme a sostegno dell’UE, in modo inclusivo e costruttivo, e di raggiungere lo status di candidato della Georgia in conformità con le 12 priorità», si legge in una dichiarazione.

Le proteste georgiane sono, dunque, riuscite quasi immediatamente a bloccare la proposta di legge, anche grazie all’appoggio dell’Ue. Al contrario, le proteste della popolazione moldava e la richiesta al governo di dimettersi restano inascoltate da mesi sia dall’amministrazione moldava che dalle istituzioni occidentali in quanto accusate di essere influenzate dal Cremlino e, tutto ciò, nonostante la situazione socioeconomica di Chisinau sia oggettivamente drammatica da anni e ormai insostenibile a causa del peggioramento dovuto alle congiunture geopolitiche internazionali. [di Giorgia Audiello]

I russi che combattono con le pale e le altre bufale del mainstream sulla guerra. Enrica Perucchietti su L'Indipendente il 9 marzo 2023.

«Da Tassagart a Clonmore scorre un fiume di sangue sassone». Follow me up to Carlow è un canto popolare dell’epopea ribellistica irlandese che celebra la sconfitta di un esercito di 3.000 soldati inglesi, guidato da Lord Grey de Wilton, da parte di Fiach McHugh O’Byrne nella battaglia di Glenmalure, avvenuta nel 1580, durante la seconda rivolta dei Desmond. Circa 800 soldati inglesi furono massacrati durante un’imboscata, straziati a colpi di spade, lance, pale e asce. Uno scenario simile a quello che emerge, almeno nell’ultimo rapporto dell’intelligence ucraina, secondo cui i riservisti russi sarebbero costretti a combattere con le pale. Il documento parla di un attacco a un avamposto nel quale i militari di Mosca avrebbero ricevuto l’ordine di assaltare le forze di Kiev usando «armi da fuoco e pale».

Come sgusciati da un racconto di battaglie epiche o da una puntata di Vikings, questa sarebbe, infatti, la surreale situazione dell’esercito russo, costretto per la mancanza di munizioni a usare armi a dir poco vetuste. La pala in questione, di carattere più “mitologico” che moderno, già in voga durante il periodo sovietico, è lunga circa 50 centimetri, e ai lati della parte metallica viene affilata per essere usata come ascia.

Nello specifico, si tratta di un modello noto come MPL-50: progettata nel 1869, secondo il ministero della Difesa ucraino, si tratta di uno strumento che in Russia viene considerato, come si può ben immaginare, “superato”. Questo è forse l’unico punto del documento su cui si può concordare senza sorridere. Il report puntualizza come il conflitto sia diventato sempre di più una guerra di contatto per la quale i riservisti russi non sarebbero pronti «né fisicamente né psicologicamente». Sebbene sia redatto da una fonte istituzionale, ben lungi dal potersi considerare affidabile, la Bbc fa sapere di non essere riuscita a verificare il contenuto del rapporto, che non specifica dove e quando i russi avrebbero ricevuto l’ordine di usare le pale. 

Il report, però, è stato ripreso avidamente dai quotidiani italiani, anche da coloro che guidano le armate dei moderni Inquisitori digitali, l’onnipresente Open di Mentana, il giorno stesso in cui la Russia ha usato le nuove bombe plananti UPAB-1500B da 1,5 tonnellate contro l’Ucraina. Una notizia confermata da Kiev attraverso il portavoce dell’Aeronautica Yuri Ignat, citato da Ukrainska Pravda. Lo stesso Ignat ha spiegato ai media che l’Ucraina ha bisogno «degli F-16 o di altri aerei», proprio per difendersi dai missili a distanza e dalle bombe russe. Perché se l’esercito fosse davvero a corto di munizioni e fosse costretto a combattere come cinque secoli or sono, non ci sarebbe bisogno di continuare a mandare armamenti a supporto delle truppe di Kiev… 

Ora, al di là dell’evidente assurdità della ricostruzione dal sapore propagandistico, è bene ricostruire come i media mainstream ripetano a spron battuto da un anno esatto a questa parte che la Russia non è più in grado di sostenere la guerra. Dal marzo 2022, infatti, la stampa occidentale ha più volte insistito sulla narrazione secondo la quale la Russia sarebbe senza risorse (e ora senza armi né munizioni), incapace di continuare a sostenere il conflitto.

A ripeterlo è ancora oggi Ukrinform che, citando il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov si dice convinto che «l’esercito russo fallirà nei suoi obiettivi questa primavera, esaurirà i suoi strumenti di guerra». Ma questa litania viene promossa e ripetuta dagli organi di stampa, da un anno esatto e, soprattutto, è stata smentita nei mesi, dai fatti.

Il 4 marzo del 2022, già La Stampa sosteneva questa versione: secondo l’economista Vladimir Mirov – collaboratore di Navalny – Putin aveva finito le risorse e la guerra in Ucraina si sarebbe fermata entro 2-3 settimane al massimo: «Non hanno ancora capito che la Russia è piombata in una crisi economica che sarà peggio di quella del 1991. Diamogli altre due-tre settimane per comprendere la realtà: non ha le risorse per proseguire la guerra». 

L’intervista era stata ripresa da Open e altri colleghi, con scarse doti di lungimiranza. 

A prefigurare l’imminente collasso del Cremlino era anche il Wall Street Journal che, sempre a marzo di un anno fa, sosteneva che “Putin potrebbe temere più il default che la sconfitta in Ucraina”.

[La versione del WSJ sul conflitto Ucraino prima (a sinistra) e dopo (a destra).]Oggi il WSJ, invece, scrive che la lotta mortale minaccia la capacità di Kiev di organizzare un’offensiva: le migliori brigate ucraine sarebbero morte in una feroce battaglia con i mercenari della Wagner, durante la battaglia per Bakhmut. Eppure, esattamente un anno fa, il quotidiano sosteneva che il conflitto sarebbe durato al massimo due settimane. [di Enrica Perucchietti]

Cresce la tensione. La Moldavia si infiamma, la Transnistria filorussa accusa Kiev: “Sventato attentato degli 007 ucraini al nostro presidente”. Carmine Di Niro su Il Riformista il 9 Marzo 2023

Non solo la Georgia. La tensione torna a farsi altissima anche in una seconda ex Repubblica sovietica, la Moldavia, e nella ‘sua’ regione separatista filo-russa della Transnistria, la Repubblica autoproclamatasi indipendente dal 2 settembre 1990 dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Il ministero per la Sicurezza dello Stato di Tiraspol ha denunciato questa mattina un attentato ai danni del presidente della regione separatista, Vadim Krasnoselsky, sventato delle forze di sicurezza locali. Ministero e procuratore della Transnistria hanno accusato senza mezzi termini i servizi di sicurezza ucraini (Sbu) di aver organizzato il presunto attentato ai danni del leader del Paese, non riconosciuto dalla comunità internazionale e dove da anni è presente un distaccamento di forze militare russi in funzione di “peacekeeping” dopo il cessate il fuoco tra Tiraspol e la Moldavia a seguito della guerra tra i due ‘Paesi’ del 1992.

Secondo fonti locali, alcune persone che dovevano compiere l’attacco “su istruzione dei servizi segreti ucraini” sarebbero state arrestate e “hanno confessato“.

Stando al ministero della Sicurezza statale transnistriano, lo Sbu avrebbe preparato tentativi di assassinio contro diversi funzionari, non solo Krasnoselsky: il metodo utilizzato dagli 007 di Kiev secondo il procuratore della Transnistria era un’autobomba nel centro di Tiraspol, davanti al Parlamento locale.

In risposta all’attentato la Transnistria considera vari tipi di risposta in caso di un attacco dall’Ucraina, che dipenderebbero “dallo scenario”, ha minacciato il ministro degli Esteri dell’entità separatista sul territorio moldavo, Vitaly Ignatyev.

Non si è fatta attendere la reazione di Kiev. I servizi di sicurezza ucraini hanno denunciato come una “provocazione orchestrata dal Cremlino” le affermazioni di un coinvolgimento ucraino nel presunto attentato sventato nella capitale della regione separatista moldava. “Qualsiasi dichiarazione della presunta Repubblica Popolare di Transnistria sul coinvolgimento dell’Sbu nella preparazione di un attacco terroristico deve essere considerata esclusivamente come una provocazione orchestrata dal Cremlino“, hanno dichiarato i servizi ucraini su Telegram.

E anche nella vicina capitale moldava Chisinau, che dista 60 km da Tiraspol e che nelle scorse settimane è stata al centro delle attenzioni di Mosca tra proteste dell’opposizione filorussa e un presunto piano per realizzare un golpe e rimuovere il governo europeista, si invita alla cautela.

Il governo ha annunciato che sta “indagando” sulle accuse delle autorità della Transnistria. “Le autorità competenti stanno indagando su questa informazione“, ha reagito il governo su Facebook, mentre il primo ministro, Dorin Recean, ha affermato di “non avere conferme” e si è detto pronto a “rispondere a qualsiasi provocazione“.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Moldavia, sventato "complotto russo": agenti infiltrati dietro alla rivolta. Il Tempo il

Situazione esplosiva in Moldavia, la repubblica confinante con l'Ucraina che sarebbe nelle mire della Russia e dove da settimane si registrano manifestazioni e instabilità. La polizia moldava ha dichiarato oggi di aver sventato un complotto da parte di gruppi sostenuti dalla Russia che erano stati appositamente addestrati per provocare disordini di massa. Il capo della polizia locale, Viorel Cernauteanu, ha dichiarato in una conferenza stampa che un agente sotto copertura si era infiltrato in gruppi di cittadini russi, a cui erano stati promessi 10.000 dollari per organizzare "disordini di massa" per destabilizzare la Moldavia durante una protesta nella capitale, Chisinau. Sette persone sono state arrestate, ha detto Cernauteanu. 

Dopo perquisizioni ieri notte, 25 uomini sono stati interrogati e sette di loro sono stati arrestati, ha detto ai media il capo della polizia. Un agente è riuscito a infiltrarsi nel gruppo guidato da un uomo di nazionalità moldava e russa, ha aggiunto, indicando 10 ore di registrazione video come prova. "Le persone sono arrivate dalla Russia con un ruolo di addestramento molto specifico", ha aggiunto il funzionario. Le autorità moldave hanno affermato di aver agito dopo aver "ricevuto informazioni sull’organizzazione da parte dei servizi speciali russi di azioni destabilizzanti sul nostro territorio tramite manifestazioni".

Il partito dell’oligarca filo-russo in fuga, Ilhan Shor, si è nuovamente mobilitato nelle ultime settimane contro il governo filo-europeo, tra le crescenti tensioni tra Mosca e Chisinau, organizzando diverse manifestazioni, secondo il governo pagando i partecipanti.

L’opposizione filo-russa è scesa in piazza anche oggi nel centro di Chisinau e la polizia ha formato un cordone per bloccare migliaia di manifestanti che volevano raggiungere la piazza centrale e il palazzo del governo. Secondo la Ria Novosti, alcuni manifestanti sarebbero riusciti a sfondarlo. I manifestanti, secondo la Tass, scandiscono slogan come "Abbasso la dittatura", "Abbasso il presidente Maia Sandu". Sempre secondo le agenzia russe, l’opposizione manifesta a causa degli alti prezzi del gas, che hanno provocato un aumento del prezzo dell’elettricità, del riscaldamento domestico, dei servizi e dei prodotti.

"Piano russo per controllare la Moldavia": l'ultima minaccia da Mosca. Media internazionali svelano un presunto piano della Russia per infiltrare la Moldavia fino al 2030. Che pare però già essere in ritardo. Andrea Muratore il 15 Marzo 2023 su Il Giornale

Tabella dei contenuti

 Il contenuto del piano della Russia per controllare la Moldavia

 I contatti del Cremlino

La Russia ha un piano per destabilizzare e controllare la Moldavia entro il 2030 con una vera e propria "guerra ibrida"? Questa la clamorosa rivelazione lanciata da un gruppo di testate che dichiara di aver avuto accesso a un rapporto interno del governo russo avente l'obiettivo di delineare una strategia per la destabilizzazione di Chisinau e il suo graduale inserimento nell'orbita russa. Il documento si intitolerebbe "Obiettivi strategici della Federazione Russa nella Repubblica di Moldova" e risalirebbe a fine 2020 con un orizzonte temporale decennale.

Il piano è stato ottenuto da una testata investigativa dedicata alle nazioni del Gruppo di Visegrád, VSquare, insieme a diversi partner internazionali: Delfi Estonia, il quotidiano svedese Expressen, il Dossier Centre for Investigative Journalism, il quotidiano ucraino Kyiv Independent, la testata moldava Rise Moldova, i tedeschi Süddeutsche Zeitung e Westdeutscher Rundfunk e il canale statunitense Yahoo News.

Putin revoca il decreto: ora si rischia una nuova invasione

Il contenuto del piano della Russia per controllare la Moldavia

L'agenda rivelerebbe un vero e proprio cronoprogramma per portare Chisinau sempre più nell'orbita di Mosca. Ma mostrerebbe anche che buona parte degli obiettivi pensati come di breve periodo non sono, ad oggi, stati portati a compimento da Mosca. Il piano del governo russo avrebbe implicato nel breve periodo lo stop alle iniziative della Repubblica di Moldova volte ad eliminare la presenza militare russa in Transnistria. La presidenza europeista di Maia Sandu e il governo del suo Partito d'Azione e Sviluppo stanno accelerando nel disconoscere l'eredità post-1992, e la stessa Russia ha dovuto ridurre il suo sostegno all'integrità territoriale della Moldavia con apposito decreto.

Un secondo punto segnato è l'apertura di un consolato a Comrat, capitale della Gagauzia, entro il 2022, ipotesi che però non si è materializzata. Più successo avrebbe avuto il piano di "neutralizzazione dei tentativi di limitare le attività dei media russi e filo-russi in Moldavia": le manifestazioni del 9 maggio scorso e la spontaneità del sentimento dei membri della cittadinanza più legati a Mosca, oltre alle recenti proteste anti-governative dopo la controversa legge sulla lingua, hanno mostrato che i sentimenti anti-russi non albergano nella popolazione.

I contatti del Cremlino

Per il 2025 e il 2030, invece, Mosca si presupporrebbe rispettivamente di ampliare la base elettorale ai socialisti di Igor Dodon e alle altre forze pro-Russia nel Paese e di minare la cooperazione di Chisinau con la Nato. L'obiettivo ultimo alla fine del decennio sarebbe estremamente ambizioso, leggendo le bozze di piano: la "creazione di gruppi di influenza filo-russi stabili nelle élite politiche ed economiche moldave, la formazione di un atteggiamento negativo nei confronti della Nato nella società moldava e il sostegno alla Chiesa ortodossa russa nella difesa degli interessi dell'Ortodossia canonica nella Repubblica di Moldavia". Vaste programme, guardando come l'avvicinamento della Moldavia all'Europa e agli Stati Uniti sia mese dopo mese e anno dopo anno in via di consolidamento.

Ad occhio, il piano appare una grande dichiarazione di intenti che non necessariamente è sostanziato da una postura strategica volto a concretizzarla, ammesso che la Russia l'abbia effettivamente iniziato a mettere in pratica. Come nota VSquare, del resto, molti nodi sulle influenze russe in Moldavia stanno venendo al pettine: "Venerdì scorso, la Casa Bianca ha emesso un avvertimento ufficiale che la Russia sta cercando di destabilizzare il governo filo-occidentale della Moldavia e vuole installare una nuova leadership nel paese. Due giorni dopo, la polizia moldava ha arrestato diversi manifestanti, sostenendo che erano stati inviati e pagati dalla Russia per destabilizzare il paese. Le guardie di frontiera moldave hanno arrestato un presunto mercenario del gruppo russo Wagner al confine".

Insomma, per Mosca lo spazio di manovra nella piccola Repubblica contesa appare sempre più ristretto. E da qui al 2030 il vero tema sarà capire se ci sarà ancora uno scampolo di influenza russa in Moldavia

L'ex presidente georgiano è stato trasferito nell'ospedale del carcere in cui è detenuto. Ha risposto per lettera alle domande di Sky News. La Repubblica il 12 marzo 2023.

L'ex presidente della Georgia Mikheil Saakashvili ha detto a Sky News di essere "vicino alla morte" nell'ospedale in cui è stato trasferito dal carcere. L'ex leader sostiene di essere stato avvelenato in prigione, tesi negata dall'attuale governo georgiano, secondo cui le condizioni di salute di Saakashvili sarebbero dovute al fatto che non si è nutrito a sufficienza. "Inizialmente pesavo 120 chilogrammi, ora ne ho 64, se scendo sotto ai 60 i medici prevedono insufficienze multiorgano", ha detto Saakashvili alla domanda su quanto fosse vicino alla morte.

A Sky News è stato negato l'accesso all'ospedale, Il canale ha però trasmesso le domande a Saakashvili tramite il suo avvocato e ha ricevuto le risposte scritte a mano. Per quanto riguarda la sua salute, l'ex presidente georgiano ha detto di essere "sempre a letto. Le mie ossa si stanno disintegrando e mi danno un dolore lancinante".

Il suo avvocato Shalva Khachapuridze ha detto che le condizioni del suo cliente peggiorano ogni giorno. "È una scena orribile", ha detto Khachapuridze a Sky News. "Sembra un prigioniero in un campo di concentramento nella Germania nazista".

Nell'intervista, Saakashvili ha inviato un messaggio alle migliaia di manifestanti che sono scesi in piazza per protestare contro le proposte di nuove leggi criticate come filo-russe: "Restate molto vigili, siate pronti a mobilitarvi con breve preavviso, a causa dello stato d'animo vendicativo del regime degli oligarchi", ha scritto.

Il governo ha ora ritirato il controverso disegno di legge sugli agenti stranieri, ma l'Occidente osserva da vicino ciò che accade a Saakashvili, per comprendere se l'orizzonte politico del Paese guardi alla Russia o al contrario all'Europa.

Egemonia erosa. L’instabilità in Georgia arriva al momento sbagliato per Mosca (quindi quello giusto per l’Occidente). Michelangelo Freyrie Linkiesta il 10 Marzo 2023.

Pur rimanendo la maggiore potenza della regione, l’improvvisa debolezza militare impedisce alla Russia di distrarre risorse dall’Ucraina. Putin premerà sulla classe dirigente affinché il Paese rimanga istituzionalmente compatibile con gli strumenti della sua politica estera: oligarchico, corrotto e autoritario

Sono quasi quindici anni che la Russia tratta la Georgia come una provincia del proprio impero. Tbilisi si è piegata alle esigenze russe grazie a una politica del bastone (l’occupazione del venti per cento del Paese nei territori separatisti dell’Abkhazia e Ossezia del Sud) e della carota (una forte dipendenza economica e il supporto alla parte più corrotta della classe politica, incarnata dal partito Sogno Georgiano e dall’oligarca Bidizina Ivanishvili). Mosca sfrutta sapientemente le divisioni interne al piccolo Paese montano e la sua dipendenza economica dal gigante russo: basti pensare che la metà dei 4,4 miliardi di dollari mandati a casa da lavoratori e lavoratrici georgiane all’estero proviene dalla Russia.

Popolo filoeuropeo, governo corrotto

Complice anche una politica europea a volte assente e priva di strumenti con i quali spingere vigorosamente per il rientro della Georgia sulla traiettoria di democratizzazione, Tbilisi è rimasta alla mercé delle politiche di influenza russe, palesi o corruttrici che esse siano. Lo shock della guerra del 2008, al netto degli errori commessi dalla leadership georgiana e la scelta comprensibile dell’Occidente di evitare un’escalation, ha fatto sfumare per la Georgia la prospettiva di qualsivoglia protezione europea nel caso di uno scontro politico con Mosca. Tutto ciò, paradossalmente, avviene nonostante il forte sentimento filoeuropeo del popolo georgiano.

Ciò ha fatto scivolare il Paese verso il tipo di palude politica perfetta per gli strumenti meno coercitivi nell’armamentario politico russo. Mosca interloquisce direttamente con Ivanishivili, eminenza grigia del governo, tramite canali ufficiosi come oligarchi e affaristi. In più, l’autoritarismo del governo e la fortissima polarizzazione fra società civile e classe politica ostacolano la nascita di qualsiasi visione di politica alternativa allo status quo.

Anche se sulla carta la Georgia rimane impegnata nel processo di integrazione europea, de facto è da anni che il governo si spende per un riavvicinamento alla Russia: Ivanishivili stesso si è impegnato in prima persona in colloqui bilaterali a Ginevra fra i due stati, che tecnicamente non intrattengono rapporti diplomatici dal 2008.

Questo sviluppo è parecchio apprezzato dalla Russia, che vede in Tbilisi un pilastro fondamentale della propria politica regionale. Dal 24 febbraio 2022, la quantità di cargo in partenza dalla Georgia per la Federazione Russa è aumentata di circa un terzo, e la tirannia della geografia impone che la maggior parte del commercio proveniente dalla Turchia (che non ha adottato le sanzioni) transiti da qui.

Un’altra importante novità nel rapporto è la presenza di centinaia di migliaia di esuli fuggiti dalla Russia per evitare il reclutamento. Secondo la politica di centrodestra Nona Mamulashvili, quasi l’otto per cento di chi attualmente vive in Georgia è un cittadino russo arrivato dopo il 24 febbraio: un numero enorme che ha già avuto pesanti effetti sul mercato del lavoro e degli affitti. In più, Mosca non può essere assente da una zona geografica così importante per i rapporti Est-Ovest: basti pensare alla ferrovia Baku-Tbilisi-Kars o al corridoio energetico meridionale, che partendo dall’Azerbaigian sfocia nel Tap in Puglia.

Riassestamento delle sfere d’influenza

Ma qualcosa è cambiato in Georgia e nella regione. Nella visione del mondo russa, il Caucaso rappresenta uno spazio geopolitico nel quale il Cremlino si aspetta una totale assenza di rivali. La Federazione Russa si vede come arbitro regionale che si riserva il diritto di intervenire nelle questioni che infiammano il Caucaso quando ne va delle priorità fondamentali della politica estera russa. Per anni ciò ha significato gettare benzina sul fuoco e provocare (o tollerare) escalation che richiedessero un intervento russo, rendendo la Russia un «attore indispensabile».

Con l’affacciarsi di nuove potenze come l’Iran e la Turchia, questa funzione insostituibile è tuttavia venuta meno. Nel conflitto fra Armenia e Azerbaigian, Mosca ha avuto un ruolo ben minore rispetto al passato nei negoziati fra i due Stati. È notevole anche che Tbilisi abbia votato a favore della risoluzione Onu che condanna l’invasione del 24 febbraio (una scelta diplomatica che verosimilmente appariva inevitabile perfino agli occhi di Mosca) ma che abbia disertato le risoluzioni sulle violenze in Iran.

L’incapacità (o mancanza di volontà) da parte di Mosca di investire in soluzioni politiche durature nella regione si sta tramutando in una evidente debolezza, e l’egemonia russa è erosa al punto da non garantire più un supporto sine die per la politica del Cremlino. L’improvvisa debolezza militare russa poi non aiuta: pur rimanendo la maggiore potenza della regione, Mosca non può attualmente permettersi di distrarre risorse convenzionali dall’Ucraina.

Un futuro diverso

Queste dinamiche sono emerse con particolare virulenza di Georgia. L’accelerazione (relativa) del processo di adesione all’Ue per Moldavia e Ucraina, unita alla solidarietà popolare nei confronti di Kyjiv e i disagi causati dai profughi russi, hanno riacceso la speranza per un futuro diverso e lontano dall’ombra della Russia. Questa instabilità arriva al momento sbagliato per Mosca, che si trova all’improvviso a dover gestire una crisi profonda per la quale non ha necessariamente gli strumenti.

Quello che Mosca può fare a questo punto è raddoppiare il proprio investimento nelle parti di classe dirigente a lei più congeniale, e spingere affinché la Georgia rimanga un Paese istituzionalmente compatibile con gli strumenti della politica estera russa: oligarchico, corrotto e autoritario. L’offerta di rilanciare rapporti diplomatici diretti e di restituire voli diretti fra i due Stati sono modi con cui la Russia spera di poter cementare la propria presenza informale, rafforzando la mano della coalizione di governo nella dialettica interna alla Georgia.

La legge sugli “agenti stranieri” passata da Sogno Georgiano, e ritirata dopo le proteste di questi giorni, va vista in questa ottica: rappresentava un ostacolo artificiale posto del governo per allontanare definitivamente il Paese dal percorso dello status di candidato all’Unione europea, con la quale gli alleati della Russia a Tbilisi cercano di garantire la propria permanenza nella sfera di influenza di Mosca.

L’obiettivo ultimo, sia per il Cremlino che per i suoi accoliti, è insomma quella di preservare l’attuale status quo e mantenere l’attuale politica di appeasement nonostante le pressioni della piazza. Quanto Ivanishvili e i suoi sostenitori siano effettivamente agenti del governo russo, o se si tratta di una semplice convergenza di interessi fra Mosca e i cleptocrati al potere in Georgia, rimane un punto di domanda significativo.

Una variabile sarà la capacità di Unione europea e Stati Uniti di sostenere politicamente le opposizioni democratiche. Il rischio è che con la fine del rapporto imperiale fra Russia e Georgia, Mosca decida che l’alternativa migliore a una Georgia completamente assoggettata sia una Georgia politicamente instabile ed economicamente al palo.

Capire prima, capire meglio. La Georgia ci ricorda a cosa serve l’Europa (e a chi servono i populisti). Francesco Cundari su Linkiesta il 10 Marzo 2023.

Sono proprio i manifestanti che tengono alta la bandiera blu a Tbilisi, e che nei talk show italiani saranno certo definiti pupazzi degli americani da chi continua a ripetere le solite geofregnacce sulla «guerra per procura», ad aver compreso il senso e il valore dell’Ue

Se fossi stato meno distratto, meno ignorante e meno fesso, la prima volta in cui ho sentito uno dei tanti osservatori Putin-comprensivi che affollano quotidiani, settimanali, bimestrali, librerie e talk show italiani ripetere la teoria dei nazisti ucraini intenti a perseguitare la minoranza russofona nel Donbas, mi sarei ricordato della Georgia. Perché anche in Georgia, nel 2008, è successo qualcosa di molto simile a quello che è accaduto in Ucraina, e cioè che Vladimir Putin ha prima sostenuto e fomentato i separatisti nelle cosiddette repubbliche indipendenti e poi li ha usati come pretesto per intervenire militarmente.

Se fossi stato meno distratto, meno ignorante e meno fesso, sentendo tanti intellettuali, politologi e geopolitologi ripetere il solito copione sulle manovre della Nato, degli Stati Uniti e dell’Unione europea, invece di tanti altri inutili discorsi, avrei formulato una semplice domanda: e la Georgia? (e potremmo pure continuare, cambiando il pochissimo che c’è da cambiare, ad esempio con la Moldavia: perché pure lì ovviamente c’è una minoranza filorussa perseguitata, ma assai ben armata, che invoca l’aiuto fraterno di Mosca).

Siccome da oggi voglio essere un po’ meno distratto, meno ignorante e meno fesso, dopo aver guardato le splendide immagini delle manifestazioni di Tbilisi, con quella donna che sventola la bandiera dell’Unione europea contro gli idranti della polizia, alcune cose voglio ricordarle, e penso che dovreste farlo anche voi, ogni giorno, con chiunque vi capiti di parlare.

La prima è che è proprio così che è cominciata, davvero, la crisi russo-ucraina: con le manifestazioni di protesta contro il tentativo del governo filoputiniano di allontanare il paese dall’Unione europea, per riportarlo definitivamente sotto il controllo di Mosca. Manifestazioni represse brutalmente, con centinaia di morti in piazza, che sfociarono nella rivolta e nella cacciata del presidente Viktor Yanukovich, cui Putin rispose con l’occupazione della Crimea e la guerra sporca nel Donbas.

La seconda cosa che voglio ricordare è che allora, dalla parte della Russia di Putin, c’era l’intero schieramento populista e antieuropeista italiano, dal Movimento 5 stelle alla Lega, Fratelli d’Italia compresi. Una simmetria che almeno oggi, con il senno del poi e senza la fesseria del prima, dovrebbe dirci qualcosa: le stesse forze politiche più impegnate in quegli anni – tra 2014 e 2016 – nel chiedere l’uscita dall’euro, nell’entusiasmarsi per la Brexit e per la vittoria di Donald Trump, erano anche le più convinte nel chiedere di rimuovere le sanzioni contro la Russia. Ma guarda un po’.

La terza cosa che voglio ricordare è che nel frattempo Movimento 5 stelle e Fratelli d’Italia si sono scambiati di posto, l’uno è tornato all’opposizione, l’altro è andato al governo. Sarà un’altra coincidenza, ma giusto in prossimità di questa ricollocazione il Movimento 5 stelle è rifluito su posizioni sostanzialmente filoputiniane, mentre Fratelli d’Italia, dal giorno dopo l’invasione del 24 febbraio 2021, ha fatto il percorso inverso. Motivo per cui suggerirei di moderare sempre l’entusiasmo per certe evoluzioni, maturazioni, conversioni improvvise, soprattutto quando non accompagnate da alcuna seria autocritica (non per una questione di principio, ma per una ragione pratica: perché in tal modo, come dimostra l’esempio grillino, le nuove posizioni restano sempre reversibili).

La quarta cosa che voglio ricordare è che la legge sugli «agenti stranieri» contro cui sono scesi in piazza i georgiani (pare, per ora, con successo, se è vero che il governo vorrebbe ritirarla) non è solo ricalcata su quella russa, alla base della definitiva chiusura di ogni spazio di libertà di espressione in quel paese, non ha solo un forte retrogusto anni trenta (il lessico è inconfondibile), ma è anche tragicamente simile ad analoghi provvedimenti già adottati nell’Ungheria di Viktor Orbán, in nome della crociata contro George Soros, la dittatura di Bruxelles e la congiura delle élite globaliste e delle ong.

Serve un ripassino pure su questo, e in particolare su chi e come, in questi anni, ha condiviso e diffuso la stessa paccottiglia anche in Italia? I protagonisti, ovviamente, sono sempre gli stessi.

Perché ho ricordato tutte queste cose? Perché è alla luce di tutte queste cose che si vede con chiarezza l’estremo paradosso della nostra epoca: che ad avere capito prima e meglio di tutti cosa significhi e a cosa serva l’Unione europea sono ucraini e georgiani, che non ne fanno parte. Sono quella donna in piazza e quegli uomini che la aiutano a tenere alta la bandiera blu, che nei talk show italiani saranno immancabilmente definiti pupazzi degli americani da chi continua a ripetere le solite geofregnacce sulla «guerra per procura» e «l’accerchiamento della Nato». Mentre la verità è che gli unici a essere davvero accerchiati, come si vede, siamo proprio noi italiani, circondati da almeno dieci anni da un manipolo di farabutti e da un immenso esercito di mentecatti.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 9 marzo.

La Repubblica. Attacco russo da tre mari

Le forze russe hanno preso di mira infrastrutture critiche, ha riferito il governatore regionale Oleh Syniehubov. Lanciati anche missili ipersonici. Transnistria: "Sventato attacco terroristico ucraino"

Bombardamenti russi hanno colpito nella notte le regioni ucraine di Kharkiv e di Odessa, secondo quanto riportano i media locali. Le forze russe hanno attaccato l'oblast di Kharkiv prendendo di mira infrastrutture critiche, ha riferito il governatore regionale Oleh Syniehubov su Telegram specificando che una residenza privata è stata danneggiata. Nell'oblast di Odessa sono state prese di mira invece infrastrutture energetiche, secondo il governatore Maksym Marchenko. La fornitura di elettricità è stata parzialmente interrotta.

Punti chiave

16:15

Esercito Kiev, Mosca ha lanciato missili da tre mari

12:15

Mosca, missili su Ucraina per rappresaglia attacco Bryansk

11:51

Aiea: "A Zaporizhzhia stiamo giocando con il fuoco"

11:14

Ucraina, Simson: "A Zaporizhzhia enorme rischio nucleare"

10:23

Transnistria: "Sventato attacco terroristico ucraino"

10:08

Zelensky: "Notte difficile, attaccate dieci regioni"

06:53

Centrale Zaporizhzia senza energia dopo attacco russo

02:12

Kiev, attacchi russi su regioni di Kharkiv e Odessa

Alcuni attacchi hanno preso di mira la regione orientale ucraina di Kharkiv e la regione meridionale di Odesa: lo hanno reso noto funzionari locali. "Il nemico ha effettuato circa 15 attacchi contro la città e la regione. Gli occupanti hanno ancora una volta preso di mira le infrastrutture critiche", ha dichiarato il governatore della regione di Kharkiv, Oleg Synegubov, sui social media. Nella regione di Odessa, il governatore Maksym Marchneko ha affermato che "i missili hanno colpito l'infrastruttura energetica della regione e danneggiato gli edifici residenziali" a seguito di un "massiccio attacco missilistico".

04:14

Allarme antiaereo in tutte le regioni

Esplosioni sono state segnalate nella notte nelle città ucraine di Dnipro e di Kirovohrad e nella regione di Mykolaiv. Lo riportano i media locali aggiungendo che l'allarme antiaereo è stato attivato in tutti gli oblast ucraini. L'amministrazione militare della regione di Kiev ha avvertito i residenti di possibili minacce aeree e ha affermato che la difesa aerea è pronta a proteggere la regione. Hanno anche esortato i residenti a rimanere nei rifugi.

05:44

Forte esplosione a Kiev

Una forte esplosione è stata udita a Kiev questa mattina presto, riportano i media locali. In precedenza l'amministrazione militare dell'oblast della capitale ucraina aveva riferito che le difese aeree della regione erano operative.

05:47

Sindaco Kiev, esplosioni nella capitale

Il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ha riferito di esplosioni nella capitale ucraina, mentre un'ondata di bombardamenti russi sta colpendo diverse parti del Paese. "Esplosioni nel quartiere Holosiivskyi della capitale. Tutti i servizi si stanno recando sul posto", ha dichiarato Klitschko sui social media, riferendosi a un'area meridionale della città.

06:38

Bombe su Kiev, almeno due feriti

Altre esplosioni si sono verificate stamattina a Kiev nel distretto occidentale di Sviatoshynskyi. Lo ha dichiarato il sindaco della capitale ucraina Vitali Klitschko su Telegram. Due persone sono rimaste ferite e sono state curate sul luogo dell'attacco, ha specificato Klitschko aggiungendo che alcune auto sono andate in fiamme nel cortile di un edificio residenziale dopo il raid russo.

06:53

Centrale Zaporizhzia senza energia dopo attacco russo

La centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia è rimasta senza energia elettrica a seguito di un attacco russo. Attualmente funziona con generatori diesel. Lo afferma il gestore dell'energia nucleare del Paese. "L'ultima linea di comunicazione tra la centrale nucleare di Zaporizhzhia e il sistema elettrico ucraino è stata interrotta a causa di attacchi missilistici", dichiara Energoatom in un comunicato.

07:22

 Colpito impianto energia a Kiev, 40% senza riscaldamento

Una delle esplosioni udite questa mattina a Kiev è stata un attacco a un impianto energetico e il 40% degli abitanti della capitale è ora senza riscaldamento: lo ha scritto su Telegram il sindaco, Vitali Klitschko, come riporta il Guardian. "Dopo l'attacco missilistico, a causa dell'interruzione di emergenza dell'energia elettrica, il 40% dei consumatori della capitale è attualmente senza riscaldamento. L'erogazione dell'acqua funziona normalmente", ha dichiarato il sindaco. Attualmente la temperatura nella città è di 4 gradi.

07:25

Zelensky: "Non incontrerò Putin, nessuna fiducia in lui"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky esclude al momento di immaginare una situazione nella quale potrebbe incontrare il presidente russo Vladimir Putin. "Non abbiamo alcuna circostanza per parlare con il presidente della Federazione Russa perché non mantiene la parola data", ha detto Zelensky in un'intervista alla Cnn. "Non abbiamo alcuna fiducia in lui", ha affermato, ribadendo che "la Russia dovrebbe lasciare il nostro territorio. Dopo di che, saremo felici di unirci agli strumenti diplomatici. Per farlo, possiamo trovare qualsiasi formato con i nostri partner".

07:41

4 morti a Leopoli dopo raid russo, una vittima a Dnipropetrovsk

 Le autorità ucraine affermano che almeno cinque persone sono state uccise in un massiccio attacco missilistico e molte altre sono rimaste ferite. Il governatore della regione occidentale di Leopoli, Maksym Kozytskyi, ha dichiarato che quattro persone sono state uccise dopo che un missile ha colpito un'area residenziale nel distretto di Zolochivskyi. I soccorritori stanno setacciando le macerie, sotto le quali potrebbero essere rimaste intrappolate altre persone. Una persona è stata uccisa nella regione di Dnipropetrovsk, ha riferito il governatore Serhii Lysak, aggiungendo che altre due sono rimaste ferite in diversi attacchi nella regione. Il sindaco di Kiev ha riferito di danni in due distretti, mentre i governatori di Kharkiv e Odesa hanno dichiarato che sono stati colpiti edifici residenziali.

07:51

Georgia: Parlamento revoca legge su agenti stranieri

Il Parlamento georgiano ha revocato la legge sugli agenti stranieri. Lo riferisce Sputnik Georgia

 07:54

Energoatom: "Russi spingono mondo verso catastrofe nucleare"

"I russi stanno mettendo il mondo sull'orlo di una catastrofe nucleare. E questo avviene il giorno dopo i negoziati con le Nazioni Unite sulla smilitarizzazione della ZNPP (la centrale nucleare di Zaporizhzhia, ndr)": lo ha afferma in un comunicato l'operatore ucraino per il nucleare Energoatom, come riporta il Guardian.

08:14

Kiev dopo gli attacchi a Zaporizhzhia: i russi mettono il mondo sull'orlo di una catastrofe nucleare

"A seguito dei bombardamenti, l'ultima linea che alimentava la centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata danneggiata. I russi stanno mettendo il mondo sull'orlo di una catastrofe nucleare. E questo avviene il giorno dopo i negoziati con le Nazioni Unite sulla smilitarizzazione di Zaporizhzhia". È quanto afferma il ministro dell'Energia ucraino Herman Halushchenko, come riporta via Telegram la società energetica ucraina Energoatom.

08:53

Kiev: abbattuti 34 misssili da crociera russi

"Dei 48 missili da crociera Kh-101/Kh-555 lanciati dai russi, le forze di difesa aerea Calibre dell'Ucraina ne hanno distrutti 34". Lo riferisce il comandante capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhnyi, come riporta Unian. In tutto, durante la notte, i russi hanno sparato 81 missili.

10:08

Zelensky: "Notte difficile, attaccate dieci regioni"

"E' stata una notte difficile. Abbiamo avuto un massiccio attacco missilistico in tutto il Paese. Sono state attaccate le regioni di Kiev, Kirovohrad, Dnipro, Odessa, Kharkiv, Zaporizhzhia, Leopoli, Ivano-Frankivsk, Zhytomyr e Vinnytsia". Lo ha affermato su Telegram il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. "Sono stati attaccati edifici residenziali e infrastrutture essenziali. Purtroppo ci sono feriti e morti. Le mie condoglianze alle famiglie", ha aggiunto Zelensky.

09:49

Kuleba: "Nella notte massiccio attacco russo su obiettivi civili. E' una barbarie"

 "La Russia ha lanciato nella notte un massiccio attacco con missili e droni contro l'Ucraina, causando la perdita di vite umane e danneggiando le infrastrutture civili. Nessun obiettivo militare, solo la barbarie russa". È quanto scrive in un tweet il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. "Verrà il giorno in cui Putin e i suoi collaboratori saranno chiamati a rispondere delle loro azioni da un Tribunale speciale", aggiunge Kuleba.

09:51

Il sindaco di Kharkiv: "La città senza acqua, riscaldamento e luce dopo gli attacchi"

I 15 missili lanciati nella notte su Kharkiv hanno lasciato la città senza acqua, senza elettricità e e senza riscaldamento. Lo riferisce il sindaco della città, Igor Terekhov, come riporta Ukrainska Pravda. "Sono state colpite e danneggiate infrastrutture critiche", fa sapere Terekhov, "non c'è elettricità in tutta la città, quindi siamo passati ai generatori". "Stiamo lavorando per ripristinare il riscaldamento, mentre l'approvvigionamento idrico è stato interrotto", aggiunge.

10:12

Kiev: "Nella notte solo la barbarie russa"

"La Russia ha lanciato nella notte un massiccio attacco con missili e droni contro l'Ucraina, causando la perdita di vite umane e danneggiando le infrastrutture civili. Nessun obiettivo militare, solo la barbarie russa. Verrà il giorno in cui Putin e i suoi collaboratori saranno chiamati a rispondere delle loro azioni da un Tribunale speciale": lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

10:23

Transnistria: "Sventato attacco terroristico ucraino"

I separatisti filo-russi della Transnistria, in Moldavia, hanno annunciato di aver sventato un attentato terroristico dei servizi segreti ucraini (Sbu) contro il loro leader, Vadim Krasnoselsky. Secondo quanto riferito dal ministero della Sicurezza della Transnistria, l'attentato doveva colpire "diversi funzionari" della regione separatista. I sospetti coinvolti nel piano sono stati arrestati. Secondo le ricostruzioni, gli aggressori contavano di causare "un gran numero di vittime", perché l'attacco era stato pianificato al centro di Tiraspol.

10:31

Bombe russe sull'Ucraina, i morti sono almeno 8

E' salito ad almeno otto il bilancio dei morti in Ucraina provocati dai bombardamenti russi la notte scorsa: lo hanno reso noto funzionari del Paese. Il totale include 5 morti nella regione di Leopoli (tre uomini e due donne), nell'ovest del Paese, e altri tre a Kherson, nell'Ucraina meridionale.

11:01

Nord Stream, Cremlino: "Opera di un servizio statale"

Il Cremlino non crede che dietro all'attacco al Nord Stream ci sia "un Dottor Male pro-ucraino" ed è convinto che un'operazione di tale difficoltà possa essere stata compiuto solo da "un servizio speciale statale ben organizzato come ce ne sono pochi nel mondo". Lo ha detto il portavoce Dmitry Peskov citato dalla Tass. Il Cremlino chiede inoltre  una "inchiesta veloce e trasparente sull'attacco terroristico al Nord Stream" e che Mosca "vi possa partecipare".

11:07

Kiev: "Sei degli 81 missili russi erano ipersonici"

Sei degli 81 missili lanciati dalle forze russe la notte scorsa contro l'Ucraina erano gli ipersonici Kinzhal, che la forza aerea di Kiev non è in grado di intercettare: lo ha reso noto su Telegram il comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaloujny.

11:14

Ucraina, Simson: "A Zaporizhzhia enorme rischio nucleare"

"L'impianto nucleare di Zaporizhzhia è occupato dalle forze militari, in violazione della convenzione internazionale, con rischi enormi di incidenti nucleari. Gli esperti nucleari, i tecnici, gli ingegneri rischiano la vita ogni giorno e in questo istante stanno cercando di sostituire l'infrastruttura danneggiata. Qualsiasi sistema energetico si sarebbe ritrovato in ginocchio, ma l'Ucraina non ha ceduto, ha resistito all'invasione e l'Europa ha sostenuto l'Ucraina in ogni passo". Lo ha dichiarato la commissaria europea all'Energia, Kadri Simson, in audizione alla commissione Industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo, insieme al direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale dell'energia, Fatih Birol.

11:27

Almeno 15 missili russi s-300 su Kharkiv: due donne ferite

Le forze russe hanno lanciato nelle ultime ore "un massiccio attacco missilistico su kharkiv e la sua regione" con "almeno 15 missili s-300". Lo ha spiegato questa mattina il governatore Oleh Synyehubov, in un messaggio su Telegram. "Oggetti dell'infrastruttura critica sono stati colpiti. Inoltre, un obiettivo di un'infrastruttura civile è stato danneggiato nella città di Kharkiv", ha aggiunto. Synyehubov ha detto che due donne di circa 70 anni sono rimaste ferite a pisochyn: una di loro è stata ricoverata in ospedale. Una struttura agricola, inoltre, è stata danneggiata a slobozhanske.

11:51

Aiea: "A Zaporizhzhia stiamo giocando con il fuoco"

Il direttore generale della Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, ha rilanciato l'allarme sulla sicurezza della centrale di Zaporizhzhia, in Ucraina meridionale, dopo l'ultimo attacco russo che ha comportato l'interruzione dell'alimentazione dell'impianto. "Ogni volta è come giocare con il fuoco, ma se permettiamo a questa situazione di estendersi, un giorno la nostra fortuna finirà", ha avvertito Grossi davanti al consiglio dei governatori dell'organismo delle Nazioni Unite a Vienna. Il capo dell'Aiea ha poi invitato "tutti a impegnarsi per garantire la sicurezza" della centrale.

12:03

Nuova sirena di allarme a Kiev

E' in corso a Kiev un nuovo allarme aereo, la sirena che lo segnala sta risuonando in città.

12:15

Mosca, missili su Ucraina per rappresaglia attacco Bryansk

I nuovi attacchi missilistici russi sull'Ucraina sono stati una "massiccia rappresaglia" per "l'attacco terroristico" nella regione frontaliera di Bryansk da parte di un commando infiltrato dall'Ucraina. Lo afferma il ministero della Difesa di Mosca citato dalle agenzie russe. Il ministero conferma che sono stati utilizzati anche missili ipersonici Kinzhal.

12:19

Aiea: "Centrale Zaporizhzhia autosufficiente per 15 giorni"

Nella centrale nucleare di Zaporizhzhia c'è abbastanza diesel per garantire il funzionamento dell'impianto con i generatori "per 15 giorni": lo ha detto il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, nella sua relazione al Consiglio dei governatori dell'organizzazione sulla situazione dopo i bombardamenti russi. Grossi ha pubblicato sul suo account Twitter il video del suo intervento. Questa mattina l'operatore ucraino per il nucleare, Energoatom, aveva stimato che il carburante per i generatori diesel che sono stati accesi per soddisfare il fabbisogno della centrale "durerà 10 giorni".

12:23

Polonia: "Già consegnati altri 10 Leopard 2"

Il ministro della Difesa polacco Mariusz Blaszczak ha annunciato che la Polonia ha "già" consegnato all'Ucraina i 10 carri armati Leopard 2A4 aggiuntivi promessi. "Stiamo parlando di un battaglione di carri armati pesanti che, nel caso della Polonia, sono già stati consegnati e, nel caso dei nostri alleati, saranno consegnati all'Ucraina molto presto", ha dichiarato Blaszczak ai giornalisti. La Polonia aveva promesso a fine gennaio di inviare a Kiev un totale di 14 carri armati Lepoard 2 e i primi quattro erano stati consegnati il 24 febbraio, anniversario dell'invasione russa.

12:32

Mosca: "Attacchi odierni rappresaglia per Bryansk, colpiti obiettivi militari"

"Armi di alta precisione a lungo raggio lanciate dall'aria, dal mare e da terra, compresi i missili ipersonici Kinzhal, hanno colpito obiettivi cruciali delle infrastrutture militari, imprese del complesso militare-industriale e strutture energetiche che le alimentano" in Ucraina. Lo ha affermato il ministero della Difesa russo, citato dall'agenzia Ria Novosti.

Il portavoce del ministero, Igor Konashenkov, ha spiegato che gli attacchi missilistici di questa notte contro l'Ucraina sono una "rappresaglia" per "gli atti terroristici organizzati dal regime di Kiev nella regione di Bryansk il 2 marzo".

13:09

Ucraina: Ue, a Zaporizhzhia situazione molto pericolosa

La Commissione europea "sostiene tutte le iniziative per mettere in sicurezza" Zaporizhzhia "perché occupare una centrale civile è contro tutti gli accordi internazionali e crea una situazione molto pericolosa". Così la commissaria Ue all'Energia Kadri Simson rispondendo alle domande dei giornalisti a Bruxelles.

La commissaria ha riferito di essere "in contatto" con il ministro ucraino dell'Energia German Galushchenko "per sostenere il sistema energetico dell'Ucraina". I due nel pomeriggio avranno un colloquio in videochiamata

13:28

Polonia consegna ultimi 10 carri armati Leopard

Il ministro della Difesa polacco Mariusz Blaszczak ha confermato la consegna all'Ucraina degli ultimi dieci carri armati Leopard 2, dopo l'invio di un primo lotto di tank la scorsa settimana, in concomitanza con la visita a Kiev del primo ministro Mateusz Morawiecki.

Blaszczak, che aveva già anticipato all'inizio della settimana che la seconda consegna era imminente, ha dichiarato, secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Pap, che anche il lavoro di addestramento per l'esercito ucraino che deve gestire questi nuovi carri armati è terminato.

13:39

Bombe russe sull'Ucraina, i morti sono almeno 11

 Sono almeno 11 le vittime e 22 i feriti provocati dai bombardamenti russi in Ucraina durante la notte e le prime ore del mattino: lo affermano le autorità regionali citate dalle Cnn. Ottantuno missili sono stati lanciati in diverse regioni del Paese, tra cui la capitale.

14:00

Ucraina: Zelensky riunisce forze sicurezza: nonostante gli attacchi vinceremo

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha tenuto una riunione con i vertici dei servizi di sicurezza dopo l'ultimo massiccio raid russo. "I bombardamenti di oggi hanno interessato le regioni di Dnipropetrovsk, Zhytomyr, Kirovohrad, Kharkiv, Sumy, Vinnytsia, Leopoli, Ivano-Frankivsk, Odessa, Zaporizhzhia e la città di Kiev", ha scritto su Telegram. "Sono grato alle nostre forze di difesa aerea per il loro duro lavoro, per proteggere la nostra gente. Dobbiamo garantire la protezione delle infrastrutture energetiche dal fuoco nemico e garantire il rapido ripristino dell'approvvigionamento energetico nelle aree colpite", ha aggiunto. "Nonostante migliaia di attacchi russi, garantiremo tutti insieme l'invincibilità dell'Ucraina. Stiamo lavorando e vinceremo", ha concluso.

14:38

L'intelligence lituana: Mosca ha risorse militari per combattere altri due anni

La Russia ha risorse militari sufficienti per portare avanti la guerra in Ucraina per altri due anni. Lo ha detto il capo dell'intelligence lituana Elegijus Paulavicius nel corso di una conferenza stampa a Vilnius. "Le risorse che la Russia ha in questo momento sarebbero sufficienti per continuare la guerra all'attuale intensità per due anni", ha detto Paulavicius. "Per quanto tempo la Russia sarà in grado di condurre la guerra dipenderà anche dal sostegno all'esercito russo da parte di Stati come l'Iran e la Corea del Nord. Ma se si guarda a ciò che la Russia ha oggi, come la riserva strategica, l'equipaggiamento, le munizioni, gli armamenti, può combattere all'attuale intensità per due anni", ha aggiunto.

15:06

Riparte la corrente nella centrale di Zaporizhzhia dopo attacchi

L'energia elettrica è stata ripristinata nella centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia interrotta dagli attacchi missilistici russi della notte scorsa.

"Gli specialisti di Ukrenergo hanno ripristinato l'alimentazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, che era stata interrotta dagli attacchi missilistici russi", ha dichiarato l'operatore Ukrenergo in una nota.

La centrale di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa, è attualmente occupata dalle truppe del Cremlino.

15:32

Russia, hacker violano radio e tv: annunciano attacco nucleare 

"E' stato condotto un attacco nucleare. Recatevi immediatamente nei rifugi e prendete le pillole di iodio". Questo il messaggio trasmesso da tv e radio di alcune regioni dalla Russia, in quello che le autorità hanno successivamente rivelato essere il risultato di un attacco hacker. Secondo Ukrinform, l'allarme è stato diffuso a Ekaterinburg e nella regione di Sverdlovsk. Successivamente il ministero russo per le Situazioni di emergenza ha annunciato che i server radiofonici e televisivi erano stati violati. Altri media precisano che l'avviso è arrivato anche sulle tv della regione di Mosca. Sul web circolando le immagini delle televisioni russe che trasmettono il messaggio di allarme.

15:38

Mosca, consultazioni su accordo grano lunedì a Ginevra

Consultazioni tra una delegazione russa e rappresentanti dell'Onu per l'estensione dell'accordo sull'esportazione di grano ucraino dai porti sul Mar Nero, in scadenza il 17 marzo, si svolgeranno lunedì 13 marzo a Ginevra. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri di Mosca.

16:03

Esercito Kiev, "dai russi attacchi così mai visti prima"

"Per la prima volta la Russia ha utilizzato nei raid diversi tipi di missili. Sono stati utilizzati ben sei Kinzhal (arma ipersonica a capacità nucleare): è un attacco che non ricordo di aver mai visto prima", ha dichiarato alla televisione ucraina Yurii Ihnat, portavoce del Comando delle forze aeree dell'Ucraina, citato dalla Cnn. "Finora non abbiamo la capacità di contrastare queste armi", ha aggiunto, riferendosi ai Kinzhal e ai missili da crociera X-22 lanciati sull'Ucraina durante la notte e al mattino. Mosca ha usato il missile Kinzhal a capacità nucleare in alcune occasioni nelle prime settimane dell'invasione.

16:15

Esercito Kiev, Mosca ha lanciato missili da tre mari

"Gli attacchi delle unità militari russe all'Ucraina della notte sono partiti da tre mari: il Mar Nero, il Mar d'Azov, il Mar Caspio. Hanno usato tutti i tipi di missili che hanno, anche per distrarre la contraerea", ha detto alla tv statale il portavoce del Comando delle forze aeree ucraine Yurii Ignat. Ignat ha spiegato che oltre ad utilizzare gli S-300, che i russi lanciano praticamente tutti i giorni, durante i raid sono stati usati anche i distruttivi Kh-22, con una testata da 950 chili, poi missili anti-radar che non perdono la direzione, X-31 e X-59. 

16:46

Lettonia invia a Kiev auto confiscate a guidatori ubriachi

Le auto confiscate ai conducenti ubriachi in Lettonia verranno inviate in Ucraina nell'ambito di un nuovo programma approvato dal parlamento lettone per sostenere Kiev nella guerra con la Russia. Come riporta Ntv, il primo convoglio composto da otto veicoli sequestrati ha lasciato un deposito di Riga oggi e dovrebbe attraversare presto il confine. Le auto sono destinate all'esercito e agli ospedali ucraini. 

17:23

Sindaco Kiev, ripristinata fornitura elettricità in città

"La fornitura di elettricità ai consumatori di Kiev è stata completamente ripristinata". Lo ha scritto su Telegram il sindaco della capitale ucraina, Vitaly Klitschko. "Proseguono i lavori per il ripristino della fornitura di calore. Attualmente il 30% delle abitazioni è senza riscaldamento", ha aggiunto. L'obiettivo è di tornare a regime "entro un giorno". I lavoratori delle utility pianificano di ripristinare completamente il calore entro un giorno.

17:40

Media, raid russi costati a Mosca 581 milioni di dollari

Secondo un'inchiesta giornalistica pubblicata sul canale Telegram The Price of the State, i raid russi della notte scorsa sull'Ucraina sono costati da 438 milioni  a 581 milioni di dollari per i diversi tipi di missili utilizzati. Nella notte del 9 marzo, le truppe russe hanno lanciato 81 missili da diverse basi. Negli ultimi 5 mesi, le unità militari del Cremlino hanno sparato 821 missili contro l'Ucraina, per un costo totale di circa 7,5 miliardi di dollari. Secondo gli autori del report, gli attacchi lanciati tra la notte e le prime ore del mattino, sono "probabilmente di una vendetta nei confronti degli ucraini per il fatto che il 7 marzo è scoppiata una tubatura a Vladivostok, lasciando 30.000 persone senza riscaldamento e acqua".

17:43

Presidente Georgia, 'revoca legge è vittoria del popolo' 

La presidente georgiana, Salomè Zurabishvili, ha accolto con favore la decisione del Parlamento di revocare la contestata legge sugli 'agenti stranieri' salutandola come una vittoria del popolo. "Mi congratulo con l'intera società per questa vittoria, accolgo con favore la giusta decisione di revocare la legge, presa in considerazione del vero potere del popolo", ha detto Zurabishvili, citata dall'agenzia russa Tass.

17:55

Capo forze di terra: "Tenere Bakhmut diventa sempre più importante"

Reggere l'urto dell'offensiva russa a Bakhmut diventa per l'esercito ucraino giorno dopo giorno "sempre più importante" perché consente di intaccare le capacità offensive delle forze di Mosca. Lo ha dichiarato il comandante delle forze di terra ucraine, Oleksandr Syrskyi, sottolineando che "l'importanza di tenere Bakhmut è in costante crescita. Ogni giorno di difesa della città ci consente di guadagnare tempo per prepararci per future operazioni offensive", ha dichiarato in una nota il generale. Nella battaglia per Bakhmut, "il nemico perde la truppe più addestrate e pronte al combattimento del suo esercito, le unità d'assalto Wagner", ha detto Syrskyi, che è il secondo generale più alto in grado dell'Ucraina.

18:20

Mosca adotta sanzioni contro 144 cittadini Stati baltici

Mosca ha annunciato di avere adottato sanzioni contro 144 cittadini di Lettonia, Lituania ed Estonia, compresi ministri, parlamentari, personaggi pubblici e giornalisti, per la loro politica ostile nei confronti della Russia. La decisione, afferma il ministero degli Esteri in una nota citata dalla Tass, è stata presa per rappresaglia contro "l'attività di lobbying degli Stati baltici per sanzioni e altre misure contro la Russia, l'interferenza negli affari interni russi e per il fatto di fomentare sentimenti russofobi". I personaggi colpiti dalle sanzioni di Mosca sono inoltre coinvolti in una "campagna barbara intrapresa dalle autorità di questi Stati per la demolizione di monumenti ai soldati liberatori sovietici, la persecuzione della popolazione russofona, la riscrittura della Storia, la glorificazione del nazismo e la continuazione della politica criminale per provocare una escalation del conflitto ucraino e rifornire di armi il regime di Kiev".

18:57

Ucraina: Usa, attacco Russia brutale e ingiustificato 

Gli ultimi attacchi missilistici della Russia contro l'Ucraina sono "brutali e ingiustificati". Lo ha detto la vice portavoce della Casa Bianca, Olivia Dalton, in un briefing con la stampa sull'Air Force One che sta portando Joe Biden a Filadelfia.

19:11

Von der Leyen a Zelensky, 'attacchi russi crimini guerra'

"Oggi ho parlato con Zelensky in seguito agli attacchi missilistici indiscriminati sull'Ucraina la scorsa notte. L'attacco deliberato della Russia contro i civili e la rete energetica è un crimine di guerra. Ciò rafforza la nostra comune determinazione a continuare a progredire negli sforzi di riforma dell'Ucraina nel percorso di adesione in Ue". Lo scrive la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen su twitter dopo aver avuto una conversazione telefonica con il presidente Volodymyr Zelensky.

19:37

Scholz, non vedo volontà Putin di negoziare

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito la sua sensazione riguardo alla mancanza di volontà da parte del presidente russo Vladimir Putin per un'apertura a negoziati di pace con l'Ucraina. "Purtroppo al momento non vedo alcuna volontà di farlo", ha detto Scholz in un'intervista a Südwest Presse. Scholz ha quindi ribadito il sostegno all'Ucraina, ma anche l'intenzione di rimanere "in contatto con la Russia". "Ho deliberatamente tenuto contatti telefonici con Putin. Naturalmente, i nostri punti di vista molto diversi diventano evidenti. Ma deve arrivare un momento in cui Putin riconosce che non sta raggiungendo i suoi obiettivi imperialisti, che il prezzo è troppo alto", ha aggiunto Scholz, "le autorità ucraine hanno da tempo dichiarato di essere pronte per la pace. Ma non deve essere una pace dettata. Non puoi negoziare con una pistola puntata alla tempia".

19:57

Finlandia, Biden incontra presidente Niinstö: "Adesione a Nato prima possibile"

Il presidente americano Joe Biden ha incontrato formalmente alla Casa Bianca il presidente della Finlandia, Sauli Niinistö, mentre questi era riunito con il Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan. Biden ha ribadito "il deciso sostegno degli Usa per l'adesione il prima possibile di Svezia e Finlandia alla Nato"

20:42

 007 Vilnius, Mosca ha risorse per altri 2 anni guerra 

La Russia ha risorse sufficienti per altri due anni di guerra in Ucraina. Lo riferisce l'intelligence lituana, spiegando che Mosca "ha accumulato armi e attrezzature durante i lunghi anni della Guerra Fredda". "Stimiamo - ha detto il direttore Elegijus Paulaviciusche - che le risorse di Mosca dureranno per altri due anni di guerra della stessa intensità di oggi".

21:38

Georgia:Usa,bene revoca legge agenti stranieri, ora ritiro 

Gli Stati Uniti apprezzano la decisione del parlamento della Georgia di revocare la controversa legge sugli agenti stranieri. Lo ha detto il portavoce del dipartimento di stato americano, Ned Price, in un briefing con la stampa sottolineando che adesso Washington auspica "il ritiro totale" della misura.

21:50

Lukashenko firma legge pena di morte per funzionari traditori

Il presidente bielorusso Alexsandr Lukashenko ha firmato una legge che prevede la pena di morte per funzionari e soldati rei di "tradimento". Lo riferisce Ukrainska Pravda, citando il canale Telegram Pul Pervogo, vicino a Lukashenko.

22:26

Blinken chiama ministra francese Colonna, sostegno a Ucraina

Il Segretario di Stato americano Antony J. Blinken ha parlato oggi al telefono con la ministra degli Esteri francese Catherine Colonna con la quale ha discusso del sostegno all'Ucraina contro la guerra non provocata e brutale della Russia. Lo riferisce una nota del dipartimento di Stato Usa. Il segretario ha inoltre rilevato l'importanza di una stretta cooperazione tra Francia e Stati Uniti per promuoveregli obiettivi "condivisi di pace, stabilità e prosperità nell'Indo-Pacifico e altrove. 

Stessa 'illusione' usata dalle truppe speciali Usa nella IIWW contro Hitler. La guerra fantasma in Ucraina, carri armati e missili gonfiabili: le esche di Kiev per le munizioni di Putin. Riccardo Annibali su Il Riformista il 9 Marzo 2023

Questa volta c’è il trucco e c’è anche l’inganno (a danno dei russi). L’esercito ucraino ha ‘schierato’ imponenti colonne di carri armati e lanciamissili Himars pronti a colpire con la massima potenza di fuoco l’esercito russo. Però sono soltanto delle esche gonfiabili, posizionate sul campo di battaglia per confondere il nemico. Tra i vari stratagemmi utilizzati da Kiev per fronteggiare le forze del Cremlino troviamo anche la carta dei falsi veicoli militari dei sistemi di difesa. Basta piazzarli sulla linea del fronte e aspettare che gli uomini di Vladimir Putin li colpiscano sprecando così munizioni.

Nel frattempo che all’Ucraina arrivino le armi, i mezzi e i veicoli promessi, l’esercito di Zelensky ha deciso che la tattica da intraprendere è quella di far sprecare quante più munizioni possibili al nemico. Niente di nuovo sul fronte orientale. Il precedente storico è quello dell’Esercito Fantasma statunitense che combatté durante la Seconda guerra mondiale. Era composto da oltre mille uomini e aveva l’unico obiettivo di ingannare l’esercito nazista e depistare i loro alti comandi, inscenando quello che gli storici hanno poi definito uno ‘show itinerante’ di finte campagne militari.

Il nome ufficiale del loro reparto era 23rd Headquarters Special Troops, un corpo di élite specializzato nell’ingannare i nemici e formato da artisti, attori, pubblicitari, i quali tra il 1944 e il 1945 riuscirono a organizzare più di venti finti campi di battaglia al confine tra Francia, Germania e Lussemburgo. Per farlo utilizzarono carri armati e aeroplani gonfiabili, altoparlanti molto potenti che diffondevano suoni di esplosioni e di artiglieria, e finte comunicazioni radio.

Cercarono di dare l’impressione che l’esercito fosse ovunque. Impersonarono soldati di altre unità che si trovavano da tutt’altra parte, si cucivano i costumi da soli e applicavano emblemi sempre diversi sui veicoli, a seconda delle esigenze, per far sembrare che ci fosse un gran movimento di mezzi. Tra le altre cose si travestivano anche da alti ufficiali e si facevano vedere in pubblico in vari villaggi, per dare adito a pettegolezzi sulle presunte importanti operazioni in corso. Tutto questo faceva parte di “un’atmosfera” che contribuiva a creare “l’illusione”, per usare le parole degli stessi membri dell’Esercito fantasma.

Oggi anche l’esercito ucraino, da un anno impegnato in un’estenuante guerra, si sta affidando a copie gonfiabili dei mezzi richiesti dal loro comandante in capo. Con questa tecnica la perdita di un carro armato e dei sistemi missilistici di artiglieria made in Usa può essere considerata irrisoria se i bersagli fatti ‘scoppiare’ dai russi sono soltanto esche a buon mercato per ingannare gli uomini del Cremlino.

Come riportato da Reuters, Inflatech Decoys, un produttore ceco di falso equipaggiamento militare, ha visto i suoi guadagni schizzare alle stelle. L’azienda ha un catalogo di oltre trenta differenti esche gonfiabili, di dimensioni reali, che vende a clienti di tutto il mondo. Adesso si è aggiunto il 31esimo “modello”: quello degli Himars.

Le esche non sono semplici palloncini, anzi. Sono fatte sì di materiali leggeri e, oltre a fuorviare visivamente l’avversario, hanno anche un’impronta termica. Quindi appaiono sui radar nemici. Ciascun modello viene impacchettato in sacchi che possono essere trasportati da due soldati che possono facilmente gonfiarli in 10 minuti.

I costi sono variabili: oscillano tra i 10mila e i 100mila dollari. Un costo ‘ammortizzato’ se si pensa che si costringe il nemico a concentrare il fuoco su queste sagome sprecando risorse preziose sparate con equipaggiamenti che costano dalle quattro alle 20 volte di più contro un falso bersaglio. Riccardo Annibali

DAGONEWS il 9 marzo 2023.

L’oligarca russo che ha venduto a Harry e Meghan la loro casa a Montecito per 12 milioni di sterline è morto a Mosca a 56 anni.

Sergey Grishin, noto come "l'oligarca Scarface", è deceduto lunedì in un ospedale di Mosca dopo una “grave malattia”: pare abbia avuto problemi al cervello che hanno portato a una sepsi.

 In passato aveva criticato Putin tanto da aver chiesto all’allora presidente Donald Trump di concedergli un passaporto americano: «Voglio essere al sicuro. In questo momento sono un po' preso di mira dal mondo criminale russo e anche dagli alti funzionari del governo russo». Tuttavia, era rimasto in Russia, dopo aver venduto la sua villa americana al duca e alla duchessa del Sussex.

 Grishin aveva acquistato la villa - conosciuta come il castello di Riven Rock - nel 2009.

Era soprannominato Scarface perché possedeva un'altra villa dove è stato girato il film con Al Pacino del 1983.

Il magnate russo era l'ex comproprietario di RosEvroBank e una volta si vantava di aver messo in ginocchio il sistema bancario russo negli anni '90 commettendo una frode da 60 miliardi di dollari. Lo aveva definito "il più grande schema di frode bancaria di sempre".

Un'altra delle sue truffe prevedeva l'uso di inchiostro invisibile sugli assegni. Ora la morte che rimane un mistero. 

Il Caso Biot. Walter Biot, i giudici militari lo condannano a 30 anni. “Commercio di atti segreti”. Il Tempo il 09 marzo 2023

La Procura militare aveva chiesto l'ergastolo, i giudici  hanno deciso per trent’anni di carcere. Questa la condanna del Tribunale militare di Roma per Walter Biot, il capitano di fregata arrestato dai carabinieri del Ros il 30 marzo 2021 con l’accusa di spionaggio per aver passato documenti segreti a un funzionario russo in cambio di cinquemila euro. "Biot ha fatto commercio di atti segreti ed è stato colto in flagranza" ha sottolineato il sostituto procuratore militare nel corso della requisitoria.

La procura militare, guidata da Antonio Sabino, contesta a Biot le accuse di rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e comunicazioni all’estero di notizie non segrete né riservate. Nel procedimento sono parti civili la presidenza del Consiglio dei Ministri e il ministro della Difesa. Nei confronti del capitano di fregata procede anche la procura di Roma che, nell’inchiesta della pm Gianfederica Dito coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, contesta le accuse di spionaggio, rivelazione di segreto di Stato e corruzione. Biot per queste accuse è sotto processo davanti alla Corte di Assise di

L'uomo era stato arresto la sera del 30 marzo 2021 mentre incontrava il funzionario russo Dmitry Ostroukhov. in un parcheggio, nel quartiere di Spinaceto, per consegnargli i materiali raccolti e ricevere in cambio il denaro. 

Spionaggio con i “servizi” russi: Biot condannato a 30 anni dal Tribunale militare. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 9 Marzo 2023.

Le immagini di due telecamere nascoste nell’ufficio di Biot, dalle quali si vede l’ufficiale alla sua scrivania prendere una scatoletta da cui estrae un cellulare, inserire al suo interno una scheda Sd e fotografare lo schermo del pc e dei documenti cartacei riservati. L'ufficiale della Marina venne pedinato nei giorni successivi 24 ore su 24, ed il 30 marzo 2021 venne arrestato nel parcheggio di in un centro commerciale subito dopo aver incontrato un funzionario russo

Trent’anni di carcere. Questa la condanna del Tribunale militare di Roma nei confronti del capitano di fregata della Marina Militare Walter Biot , arrestato dai carabinieri del Ros il 30 marzo 2021 con l’accusa di spionaggio per aver passato documenti segreti a Dmitry Ostroukhov un funzionario dei “servizi” russi in cambio di cinquemila euro. Nei confronti del capitano di fregata procede anche la procura di Roma che, nell’inchiesta della pm Gianfederica Dito coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, contesta le accuse di spionaggio, rivelazione di segreto di Stato e corruzione. Biot è sotto processo per queste accuse davanti alla Corte di Assise di Roma.

“Biot ha fatto commercio di atti segreti ed è stato colto in flagranza” ha sottolineato il sostituto procuratore militare nel corso della sua requisitoria. La procura militare, guidata da Antonio Sabino, contesta a Biot le accuse di rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e comunicazioni all’estero di notizie non segrete né riservate.

“Walter Biot maneggiava quotidianamente documentazione riservata “e questo è stato attestato e confermato da colleghi e funzionari. Ad esempio il colonnello Pasquale Tirone  lo ha dichiarato a ottobre 2022 durante il dibattimento: “La sezione analisi strategica dove lavorava Biot si occupava di operazioni delicatissime, operazioni Nato ad esempio”. La stanza 248 dove lavorava Biot prevede due postazioni hanno spiegano i testimoni in questo processo. Il capitano di fregata maneggiava indiscutibilmente materiale riservato, ed essendo addirittura un supervisore aveva “un controllo su questa documentazione” ha spiegato la pm che ha rappresentato l’accusa, che ha aggiunto “Biot curava il regolamento di sicurezza fra le altre cose ma era anche responsabile di chi aveva titolo a maneggiare i documenti riservati. Secondo l’ufficiale Mannino Biot era la sua longa manus“.

Durante l’udienza del Tribunale Militare, il rappresentante dell’accusa ha ricordato le testimonianze e le immagini di due telecamere nell’ufficio di Biot, dalle quali si vede l’ufficiale alla sua scrivania prendere una scatoletta da cui estrae un cellulare, inserire al suo interno una scheda Sd e fotografare lo schermo del pc e dei documenti cartacei riservati. Dopodichè Biot inserisce la Sd in una scatola di medicine, nascosta nel ‘bugiardino’ ed infila tutto nel suo zaino. L’ufficiale della Marina venne pedinato nei giorni successivi 24 ore su 24, ed il 30 marzo 2021 venne arrestato dagli uomini del ROS dei Carabinieri nel parcheggio di in un centro commerciale subito dopo aver incontrato un funzionario russo. “Biot ha fatto commercio di atti segreti ed è stato colto in flagranza” ha sottolineato il sostituto procuratore militare.

“Biot non ha avuto possibilità di difendersi. In questo paradosso tra segreto istruttorio e segreto Nato viene calpestato l’imputato. – ha affermato l’avvocato difensore durante l’arringa – Chi è quell’imputato che senza poter vedere gli elementi di prova si sottopone a un esame? Biot non ha avuto la possibilità di confrontarsi concretamente con l’accusa mossa. Se il segreto e’ prevalente non si butta all’ergastolo il singolo. Adesso con uno slancio di coraggio dovremmo pensare che la decisione che verrà adottata ha una rilevanza che va oltre questo tribunale. C’è stata una competizione di severità – ha sottolineato il penalista – un crescendo di severità e di gravità di giudizio su fatti, non provati. Continueremo questa battaglia fino a quando Walter Biot non verrà reintegrato con onore nella Marina Militare”.

Secondo quanto riferito da testimoni nel corso del dibattimento, come ricordato dall’accusa in aula, i documenti in questione riguardavano alcuni la lotta all’Isis mentre altri mostravano debolezze e criticità dell’Alleanza Nato, specie dal punto di vista navale e marittimo. ‘Falle’ che sarebbero poi emerse proprio durante la crisi in Ucraina e l’invasione russa. “Tra i 19 documenti fotografati da Biot ce ne erano alcuni Nato secret, riservatissimi, e uno Top secret” ha spiegato in aula l’accusa.

La procura militare aveva chiesto la condanna all’ergastolo per Biot, che ha assistito in aula alla lettura della sentenza. Nel procedimento si sono costituite come parti civili la presidenza del Consiglio dei Ministri e il ministero della Difesa. “Trent’anni non sono l’ergastolo. Le questioni poste sono un monolite che porteremo in Appello. Questa è la prima tappa di un percorso che alla fine darà ragione a Walter Biot”. Così l’avvocato Roberto De Vita difensore del capitano di fregata condannato a trent’anni. “Il tema è la prevalenza dello stato di diritto sulla ragion di Stato e le condanne, come i processi, basate su prove segrete non trovano ospizio nell’ordinamento costituzionale italiano”, ha sostenuto il penalista dopo la sentenza. Ribaltarla non sarà facile, anche perchè Biot dovrà affrontare anche il secondo processo, prima di approdare in Corte di appello. Redazione CdG 1947

La sentenza del Tribunale militare di Roma. Walter Biot condannato a 30 anni: il militare accusato di aver venduto segreti ai russi. Redazione su Il Riformista il 9 Marzo 2023

Il tribunale militare di Roma ha condannato a 30 anni Walter Biot. L’ufficiale di Marina era accusato di accuse di rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio, procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio, esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio, procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato e comunicazioni all’estero di notizie non segrete né riservate. Biot era stato arrestato due anni fa in un parcheggio alla periferia sud di Roma, nel quartiere di Spinaceto, mentre cedeva secondo l’accusa documenti top secret al funzionario russo Dmitry Ostroukhov in cambio di una mazzetta di banconote. La Procura militare aveva chiesto l’ergastolo per il capitano di Fregata.

“Fu infedele e astuto: condannatelo all’ergastolo”, aveva argomentato l’accusa. “Maneggiava quotidianamente documentazione riservata e questo è attestato da colleghi e funzionari”. I giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche. Biot ha risposto di “procacciamento di notizie segrete a scopo di spionaggio”, “procacciamento e rivelazione di notizie di carattere riservato”, “esecuzione di fotografie a scopo di spionaggio” e “comunicazione all’estero di notizie non segrete nè riservate”. Secondo chi indaga, Biot si sarebbe procurato notizie che, nell’interesse della sicurezza dello Stato, dovevano rimanere segrete, per poi passarle al funzionario russo. Tra i 19 documenti fotografati ce ne erano alcuni, della Nato, “riservatissimi”, e uno “Top secret”, ha evidenziato l’accusa durante la requisitoria.

L’ufficiale era stato incastrato da alcuni video in cui sarebbe stato ripreso mentre fotografava documenti riservati ai quali aveva accesso grazie all’impiego presso lo Stato maggiore della difesa. L’accusa ha citato in udienza un video in cui l’ufficiale, seduto alla sua scrivania, avrebbe preso una scatoletta dalla quale estraeva il cellulare, inseriva la scheda sd e fotografava lo schermo del pc e alcuni fogli prima di nascondere la scheda in una scatola di medicine e di mettere tutto nello zaino.

Perché sono stati espulsi 30 diplomatici russi dall’Italia, erano spie?

Per il rappresentante dell’accusa “Biot ha fatto commercio di documenti segreti” e ha dimostrato “elevato grado infedeltà e la capacità criminale, ma anche il triste tornaconto venale. L’astuzia con la quale voleva dissimulare la sua azione. Quella del 30 marzo del 2021 è stata solo quella scoperta, ma possono essercene state altre”. Quei documenti avrebbero avuto un valore pari a una somma di cinquemila euro. Nei confronti del capitano di fregata procede anche la procura di Roma che, nell’inchiesta della pm Gianfederica Dito coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, contesta le accuse di spionaggio, rivelazione di segreto di Stato e corruzione. Biot per queste accuse è sotto processo davanti alla Corte di Assise di Roma. La difesa ha annunciato ricorso in Appello.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 10 marzo.

La Repubblica. Consigliere Zelensky: "In difficoltà contro missili

I sistemi di difesa aerea dell'ucraina "non resistono abbastanza bene" ai missili ipersonici russi

Un allarme aereo è stato lanciato nella notte nelle regioni di Poltava, Kharkiv e Dnipropetrovsk. Difese ucraine in difficoltà come conferma anche un consigliere del presidente Zelensky: "I sistemi di difesa non resistono abbastanza bene ai missili ipersonici russi".

Punti chiave

17:55

Turchia sospende transito beni verso la Russia 

15:44

Immagini satellitari Maxar mostrano la distruzione a Bakhmut

12:02

Lavrov: "Gli eventi in Georgia ricordano Euromaidan a Kiev"

10:56

Bloccarono difese aeroporto Kiev: arrestati capi Antonov

10:16

Isw: "A Bakhmut pausa tattica del gruppo Wagner" 

08:35

Wagner, Prigozhin contro Mosca: "Ci ha tagliati fuori"

04:29

Consigliere Zelensky: difesa aerea in difficoltà con missili kinzhal

01:30

Zelensky, al lavoro per ripristino linee elettriche

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha fatto un bilancio del massiccio attacco russo avvenuto la notte scorsa, assicurando che per tutta la giornata si è lavorato per ripristinare le linee elettriche danneggiate. "E' stato un nuovo tentativo da parte dello stato terrorista di combattere la civilgà con un massiccio attacco contro le nostre infrastrutture. Ci sono state interruzioni temporanee di elettricità, calore e acqua in alcune delle nostre regioni e città. E sei ucraini hanno perso la vita: le mie condoglianze vanno alle loro famiglie". Le zone più colpite sono quelle di Kharkiv, Zhytomyr, Odessa, Dnipropetrovsk, Kiev, Zaporizhzhia, ha detto ancora il capo di stato nel suo discorso serale. "RIngrazio tutti quelli che stanno lavorando per ripristinare gli approvvigionamenti elettrici: continuiamo a dimostrare di cosa è capace l'Ucraina".

02:32

Cnn: Putin si sta preparando per una lunga guerra convenzionale

Il presidente russo Vladimir Putin  ha Cambiato i suoi piani sull'operazione speciale e si è preparato ad una lunga guerra convenzionale in ucraina, e non è successo da poco tempo. Lo rivela un lungo reportage della Cnn, che ha ha raccolto anche la testimonianza di un ex giornalista investigativo russo. Dall'estate scorsa Putin ha trasferito il controllo del conflitto dall'agenzia di intelligence interna del paese, il servizio federale per la sicurezza della federazione russa, noto con la sigla Fsb, e lo ha messo nelle mani dell'intelligence militare, il gru (direttorato generale per le informazioni militari).

"Dall'estate scorsa i generali dell'intelligence militare hanno assunto un ruolo più importante quando putin si è reso conto che non si trattava più di un'operazione speciale, ma di una guerra convenzionale", ha detto alla cnn andrei soldatov, giornalista investigativo russo ed esperto di intelligence ora in esilio a londra. E "sfortunatamente, significa che putin sta preparando il paese per una lunga guerra convenzionale".

04:29

Consigliere Zelensky: difesa aerea in difficoltà con missili kinzhal

I sistemi di difesa aerea dell'ucraina "Non resistono abbastanza bene" ai missili ipersonici russi, lo ha rivelato un consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo quanto riportato dalla Cnn. I sistemi di difesa aerea dell'ucraina non sono riusciti ad abbattere alcuni dei missili Kinzhal lanciati nell'ultimo attacco della Russia di giovedì. Un totale di 84 missili sono stati lanciati contro le infrastrutture ucraine, inclusi sei missili balistici kinzhal che hanno possono riuscire a eludere le difese aeree di kiev, come ha ammesso l'esercito ucraino. "Stanno usando missili ipersonici. Stanno usando nuovi tipi di armi e stanno mettendo alla prova anche i nostri sistemi di difesa aerea ", ha detto Alexander Rodnyansky, consigliere economico di Zelensky, aggiungendo che "non stanno resistendo abbastanza bene."

06:05

Isw, attacco aereo del 9 marzo solo per propaganda

Il bombardamento del 9 marzo sull'Ucraina - il più grande attacco aereo della Federazione Russa nel 2023 - non ha portato alcun vantaggio sul campo di battaglia e fa parte di un'azione di propaganda. Lo sostengono gli analisti dell'American Institute for the Study of War (Isw) sottolineando che "il Cremlino ha probabilmente lanciato deliberatamente missili che il sistema di difesa aerea ucraino non può intercettare per ottenere risultati nello spazio informativo russo, nonostante la riduzione delle scorte di tali missili". In dettaglio si tratterebbe di una "vendetta" per gli attacchi terroristici avvenuti nella regione di Bryansk, in territorio russo, il 2 marzo scorso. Il 9 marzo sono stati lanciati dalla Russia 84 missili su varie città dell'Ucraina, provocando almeno 11 morti e 22 feriti.

08:35

Wagner, Prigozhin contro Mosca: "Ci ha tagliati fuori"

Il capo della compagnia Wagner Yevgeny Prigozhin ha detto di essere stato tagliato fuori dalle comunicazioni speciali con le autorità russe a causa delle sue richieste di fornire munizioni: siamo stati "tagliati fuori" da Putin. Lo riporta il servizio stampa dello stesso Prigozhin, citato dalla Cnn. "Per farmi smettere di chiedere munizioni, mi sono stati spenti tutti i telefoni speciali in tutti gli uffici  e anche bloccati tutti i passaggi ai dipartimenti responsabili delle decisioni", ha dichiarato sul canale Telegram del suo ufficio stampa, aggiungendo che chiederà le forniture di proiettili attraverso i media.

09:32

Hacker alla tv russa annunciano un falso allarme nucleare

Hacker irrompono nella Tv russa con un falso allarme nucleare: “C'è un attacco andate nei rifugi ”

10:08

Gb, la Russia ha bisogno di stoccare nuovi missili

L'intervallo tra le ondate di attacchi dell'esercito russo all'Ucraina sta probabilmente aumentando perché la Russia ha ora bisogno di stoccare una massa di missili di nuova produzione direttamente dall'industria prima di poter effettuare dei raid abbastanza massicci contro le difese aeree ucraine. Lo scrive l'intelligence del ministero della Difesa britannico su Twitter. Quella di ieri è stata la prima grande ondata di attacchi a lungo raggio dal 16 febbraio 2023 e probabilmente una delle più grandi dal dicembre 2022.

10:16

Isw: "A Bakhmut pausa tattica del gruppo Wagner" 

"Sembra che il gruppo mercenario privato Wagner si stia prendendo una 'pausa tattica' a Bakhmut". Lo ha scritto su Twitter l'Istituto per lo studio della guerra. Il think tank statunitense ritiene che Wagner stia aspettando "l'arrivo di rinforzi sufficienti di truppe russe convenzionali prima di proseguire con la battaglia".

 10:48

Georgia, Mosca vede "mani" Usa dietro "sentimenti antirussi"

Il Cremlino vede "le mani" degli Stati Uniti dietro "il sentimento antirusso" che ha animato le proteste degli ultimi giorni a Tbilisi, proteste contro una legge sulla stampa che è stata poi ritirata dal governo. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: "La mano di qualcuno sta cercando diligentemente di aggiungere elementi anti-russi. Stiamo attentamente, con preoccupazione, osservando le provocazioni".

10:56

Bloccarono difese aeroporto Kiev: arrestati capi Antonov

L'ex direttore generale dell'azienda statale Antonov, il suo vice e il capo dell'unità di sicurezza dell'aviazione sono stati arrestati dai servizi ucraini per aver impedito all'esercito di Kiev di mettere in sicurezza l'aeroporto di Gostomel (a 10 chilometri dalla capitale) alla vigilia dell'invasione russa. Lo riferiscono i media del Paese.

I tre, secondo l'accusa, proibirono intenzionalmente all'esercito ucraino di costruire fortificazioni intorno all'aeroporto. Il loro ostacolo ha portato le forze russe a prendere il controllo dell'aeroporto oltre che alla distruzione dell'aereo Antonov 225 Mriya, il più grande del mondo.

11:42

Cremlino: "Rischi possibili provocazioni in Sud Ossezia e Abkhazia"

Il Cremlino denuncia rischi di provocazioni in Sud Ossezia e Abkhazia, le due regioni della Georgia di cui Mosca ha riconosciuto la sovranità. Il portavoce Dmitry Peskov, ha spiegato che Mosca sta seguendo la situazione "con preoccupazione".

12:02

Lavrov: "Gli eventi in Georgia ricordano Euromaidan a Kiev"

Gli eventi di questi giorni in Georgia ricordano quelli di Euromaidan a Kiev che nel 2014 portarono al rovesciamento del presidente filorusso Viktor Yanukovich. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, citato dall'agenzia Tass. La Russia considera il rovesciamento di Yanukovich come un "colpo di Stato" sostenuto dall'Occidente.

12:44

Nord Stream, Mosca: "È chiaro che colpevoli sono gli Usa"

"Per noi è chiaro che Washington è responsabile per questo atto terroristico senza precedenti". Lo ha detto il vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov in un'intervista a Russia Today in arabo, ripresa dalla Tass, in merito alle esplosioni sul Nord Stream. Ryabkov ha aggiunto che le presunte indiscrezioni fatte trapelare da fonti americane e pubblicate dal New York Times secondo le quali l'attacco sarebbe stato compiuto da "un gruppo pro-ucraino" sono "un tentativo da poco per sviare l'opinione pubblica internazionale".

12:57

La premier finlandese Marin è arrivata a Kiev

La premier finlandese Sanna Marin è arrivata a Kiev. Lo riportano i media ucraini. La leader di Helsinki ha in programma un incontro con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.

14:27

Arrivata in Ucraina la prima batteria di Patriot

"L'Ucraina ha ricevuto uno dei due sistemi di difesa aerea Patriot promessi da Stati Uniti e Germania, ma non è ancora operativo. L'Ucraina è inoltre in attesa di alcuni lanciatori Patriot dai Paesi Bassi". Lo scrive il Financial Times in un articolo in cui ricorda come "il Patriot sia il sistema di difesa aerea a medio raggio più avanzato che l'Occidente possa offrire, ma non è stato testato contro i Kinzhal. Anche un sistema simile, il Samp-T, promesso da Francia e Italia, non è ancora arrivato".

15:21

Wagner apre centri reclutamento in 42 città russe

Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo mercenario russo Wagner, coinvolto in una lotta di potere con il ministero della Difesa, ha annunciato l'apertura di centri di reclutamento in 42 città della Russia. "Nonostante la colossale resistenza delle forze armate ucraine, andremo avanti", ha detto.

15:44

Immagini satellitari Maxar mostrano la distruzione a Bakhmut

Questa settimana Maxar Technologies,ha raccolto nuove immagini satellitari ad alta risoluzione di Bakhmut, in Ucraina, e della battaglia in corso per la città tra le forze russe e ucraine. Le immagini sono state raccolte nella zona il 6 marzo 2023, e aiutano a mostrare l'estensione della distruzione in tutta la città, i ponti danneggiati sul fiume Bakhmutovka vicino alla prima linea di combattimento e diverse immagini che evidenziano i recenti impatti dell'artiglieria nelle aree residenziali. 

16:01

Tajani a G7, conferenza ricostruzione Ucraina il 26 aprile

"Oggi in collegamento con i ministri degli Esteri G7 ho annunciato che il governo organizzerà il 26 aprile una conferenza per la ricostruzione dell'Ucraina, con il contributo delle imprese italiane. Prosegue il nostro impegno in favore della pace e della libertà per il popolo ucraino". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

16:20

Usa, la Russia sta tentando di destabilizzare la Moldova

"Non ci sono minacce militari dirette da parte della Russia contro la Moldavia, ma abbiamo informazioni di tentativi di destabilizzazione del Paese da parte di Mosca". Lo ha detto il portavoce della sicurezza nazionale Usa, John Kirby, in un briefing con un ristretto gruppo di giornalisti precisando che "gli Stati Uniti sostengono l'integrità e sovranità della Moldavia".

16:59

Kiev, situazione tesa a Bakhmut, nemico continua ad attaccare

"Per riassumere brevemente i rapporti pubblicati, la situazione a Bakhmut è La situazione a Bakhmut è tesa, il nemico continua ad attaccare e cerca di superare le difese delle nostre truppe". Lo ha detto la viceministra della Difesa ucraina Hanna Malyar via Telegram, come riporta Ukrinform.

16:38

Putin si congratula con Xi Jinping per rielezione a presidente Cina

Il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato oggi con Xi Jinping per la sua rielezione a uno storico terzo mandato da presidente della Cina, affermando che Mosca apprezza molto il suo contributo al rafforzamento del partenariato tra gli stati. Lo ha riferito oggi il Cremlino. "Caro signor Xi Jinping, caro amico, accetti le mie più sentite congratulazioni per la sua rielezione a presidente della Cina. La Russia apprezza molto il suo contributo personale al rafforzamento del partenariato globale e dell'interazione strategica tra i nostri stati", ha detto Putin. Putin ha anche augurato al leader cinese buona salute e prosperità.

16:47

Kiev, un morto nei bombardamenti russi a Kherson

Un uomo di 35 anni è morto nel microdistretto di Tauride, a Kherson, a seguito del bombardamento dell'artiglieria russa. Lo riporta Ukrainska Pravda secondo cui la casa della vittima avrebbe preso fuoco a causa di un proiettile nemico e l'uomo sarebbe rimasto ucciso sul colpo. L'incendio è stato domato dai vigili del fuoco.

17:18

Isw, Wagner in pausa tattica a Bakhmut, attendono rinforzi

"L'operazione offensiva del Gruppo Wagner nell'est di Bakhmut sembra essere entrata in una temporanea pausa tattica e non è chiaro se i combattenti manterranno la loro predominanza operativa nelle future offensive russe nella città". A sostenerlo è il think tank statunitense Institute for the Study of War (Isw) nel suo aggiornamento quotidiano. "Non ci sono state segnalazioni di combattenti Wagner che conducono operazioni offensive da Bakhmut orientale nelle parti centrali della città da quando le forze russe hanno catturato tutto il Bakhmut orientale, situato a est del fiume Bakhmutka, il 7 marzo", scrive l'Isw, suggerendo che i mercenari "potrebbero condurre una pausa tattica temporanea per attendere rinforzi russi convenzionali e rifornirsi in preparazione di costose operazioni nella Bakhmut centrale".

17:55

Turchia sospende transito beni verso la Russia 

La Turchia ha interrotto il transito verso la Russia di beni soggetti alle sanzioni decise in seguito all'invasione russa dell'Ucraina. Alla base della decisione di Ankara, presa il primo marzo ma operativa da oggi, le pressioni di Usa e Unione Europea. La decisione della Turchia di non applicare le sanzioni nei confronti di Mosca dopo l'inizio della guerra, ha permesso ad aziende e uomini d'affari russi di spostare an Istanbul e Ankara il centro dei propri interessi e affari, eludendo le sanzioni. Nel 2022 è stato anche significativo il volume di scambio tra i due Paesi, con la Turchia che ha esportato per 9.3 miliardi di dollari contro i 5.8 dell'anno precedente l'invasione dell'Ucraina.  La nuova posizione presa dal governo turco è riconducibile alla decisione dell'Unione Europea di estendere le sanzioni nei confronti di Mosca. 

18:03

Tblisi, "seguaci ex presidente vogliono rivoluzione come a Kiev"

Un gruppo di sostenitori dell'ex presidente Mikhail Saakashvili, che ha combattuto in Ucraina a fianco delle forze armate ucraine, è arrivato in Georgia per incarnare uno "scenario rivoluzionario", ha detto il vicepresidente del parlamento georgiano Gia Volsky citato da Ria Novosti. "Si può dire con certezza che un gruppo di sostenitori del Movimento nazionale e di Saakashvili (suo fondatore, ndr) è arrivato dall'Ucraina. Questi sono combattenti che cercheranno, usando questa energia giovanile, di non interrompere questo processo rivoluzionario dall'agenda in modo che tutto si sviluppi in guerra civile, fuga precipitosa, confronto", ha detto il rappresentante di 'Sogno georgiano', partito al potere a Tblisi.

18:22

Wagner, "Kiev sta organizzando la controffensiva a Bakhmut"

L'esercito ucraino starebbe organizzando i preparativi per una controffensiva nell'area di Artyomovsk (il nome russo di Bakhmut), secondo quanto ha scritto su Telegram Yevgeny Prigozhin, fondatore del Gruppo Wagner. "Sì, è noto che il nemico sta preparando una controffensiva. Ovviamente stiamo facendo tutto il possibile per evitare che ciò accada", ha detto Prigozhin.

18:44

Orbán, Occidente vicino a valutazione invio truppe

Secondo il premier ungherese, Viktor Orbán, l'Occidente è "molto vicino" al discutere seriamente la prospettiva di inviare le sue truppe in Ucraina. "Penso che siamo molto vicini al valutare seriamente l'invio in Ucraina di truppe dei Paesi alleati", ha dichiarato in un'intervista televisiva, rilanciata su Twitter dal portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs. Il leader di Budapest ha ricordato che "la Germania aveva iniziato inviando elmetti e ora manda a Kiev carri armati". "Il mondo non è mai stato così vicino al trasformare una guerra locale in una guerra mondiale", ha aggiunto.

19:06

Kiev, ex presidente ucraino verrà processato in contumacia

La giustizia ucraina processerà in contumacia l'ex presidente Viktor Yanukovych per reati legati alla diserzione e all'attraversamento illegale del confine con la Russia, dove è in esilio. "L'adozione di questa decisione da parte del tribunale consente di condurre un processo e prendere una decisione definitiva sulle accuse mosse senza la partecipazione dell'imputato", ha affermato in una nota l'ufficio del procuratore generale ucraino. L'ex presidente, contro il quale è stato emanato un mandato di arresto a febbraio a seguito di una petizione del tribunale distrettuale Pechersky della capitale ucraina, Kiev, è indagato per aver attraversato illegalmente il confine ucraino e aver portato almeno 20 persone in territorio russo. Fuggito in Russia dopo essere stato destituito dal Parlamento nel quadro delle massicce proteste di Euromaidan, l'ex presidente è anche sospettato di aver incitato alla diserzione i soldati del dipartimento di sicurezza ucraino. 

19:23

Zelensky, Kiev non è coinvolta nel sabotaggio a Nord Stream

L'Ucraina non è coinvolta nelle esplosioni al gasdotto Nord Stream. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in una conferenza stampa congiunta con la premier finlandese Sanna Marin a Kiev. "Gli ucraini sicuramente non l'hanno fatto. E questa è la cosa più importante", ha affermato, citato dalla tv ucraina pubblica Suspilne. Secondo il presidente ucraino, le informazioni sul presunto collegamento tra Kiev con gli attacchi del Nord Stream vengono diffuse per rallentare gli aiuti occidentali all'Ucraina. "Penso che sia molto pericoloso che alcuni media indipendenti, che ho sempre trattato con grande rispetto, prendano tali misure. Penso che sia sbagliato, fa solo il gioco della Russia", ha dichiarato Zelensky.

19:39

Mosca chiede riunione Consiglio sicurezza Onu per 14 marzo

"Oggi abbiamo chiesto una riunione aperta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite martedì 14 marzo sulla russofobia come ostacolo alla ricerca di soluzioni a lungo termine e sostenibili alla crisi ucraina". Lo riferisce via Telegram Dmitry Polyansky, primo vice rappresentante permanente della Federazione Russa presso l'Organizzazione mondiale, come riporta l'agenzia Tass. "Naturalmente, parleremo anche della russofobia sia in Ucraina che in Occidente", ha precisato Polyansky, "i nomi dei nostri relatori saranno resi noti alla vigilia, in modo da non subire le pressioni dei nostri nemici, come spesso accade".

21:04

Von der Leyen a Biden, Ue liberata da gas russo con aiuto Usa

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ringraziato gli Stati Uniti per "aver aiutato" l'Europa a liberarsi dalla dipendenza dal combustibile fossile russo. "Ci avete aiutato - ha detto nel corso dell'incontro con il presidente Joe Biden - ad affrontare la crisi energetica". "Noi - ha aggiunto - siamo uniti nel sostenere l'Ucraina che combatte per la libertà e per l'indipendenza. Faremo in modo che la Russia paghi per la sua atroce guerra. Siamo fortemente allineati nel difendere i nostri valori". La presidente della Commissione europea ha inoltre applaudito la decisione dell'amministrazione americana di investire nelle nuove tecnologie pulite.

21:13

Zelensky, con Norvegia discutiamo addestramento dei piloti

"Stiamo iniziando a comunicare con la Norvegia sulle possibilità di una missione di addestramento per i nostri piloti". Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale, riferendo dell'incontro con il ministro della Difesa norvegese Bjorn Arild Gram a Kiev. "Abbiamo raggiunto un rapporto estremamente forte con la Norvegia in molte aree. Ciò riguarda anche le armi: grazie alla Norvegia, abbiamo rafforzato la nostra difesa aerea, l'artiglieria e altri tipi di truppe. La Norvegia ha inoltre lanciato un programma di sostegno al bilancio a lungo termine per l'Ucraina - 7 miliardi di dollari per cinque anni - che può e deve diventare un esempio per gli altri nostri partner", ha sottolineato Zelensky. "Abbiamo discusso ulteriori passi che possiamo intraprendere insieme alla Norvegia per rendere questa primavera un successo sia per la difesa ucraina che per le prospettive di sicurezza paneuropea". Dopo l'incontro tra Zelensky e Gram, il governo norvegese ha annunciato una nuova fornitura a Kiev di due unità di lancio del sistema missilistico Nasams, in aggiunta alle due unità già fornite dagli Stati Uniti lo scorso autunno.

21:19

Zelensky,sconfitta Russia significa non combattere più in Europa

"Sconfiggere la Russia sul campo di battaglia in Ucraina significa non combattere da nessun'altra parte in Europa e lungo i confini russi". Lo ha detto il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky rivolgendosi ai partecipanti all'American Enterprise Institute World Forum. "Tutti gli aiuti che attualmente vengono forniti all'Ucraina sono, infatti, un investimento nella pace globale, in una vera architettura di sicurezza per la libertà", ha detto Zelensky, citato da Ukrinform. "Il Cremlino non ha mai voluto fermarsi conquistando solo l'Ucraina. Mai! Altri stati europei, i popoli dell'Asia sono obiettivi per la Russia tanto quanto l'Ucraina", ha detto Zelensky. "E' ragionevole sconfiggere la Russia ora. Per liberare l'Ucraina. Per garantire la sicurezza dell'Europa. Per salvare da questo male genocida russo qualsiasi altra nazione che potrebbe essere minacciata dal male", ha sottolineato il presidente.

21:34

Mosca chiede riunione del Consiglio di sicurezza Onu il 14 marzo

La Russia ha chiesto una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 14 marzo. Ne dà notizia l'agenzia russa Tass, citando Dmitry Polyansky, primo vice rappresentante permanente della Federazione Russa presso l'Organizzazione mondiale e precisando che la riunione dovrà secondo Mosca essere incentrata sulla russofobia come fattore che ostacola la risoluzione della crisi ucraina.

"Oggi abbiamo richiesto per martedì 14 marzo una riunione aperta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla russofobia come fattore che ostacola la ricerca di soluzioni a lungo termine e sostenibili alla crisi ucraina", ha osservato il diplomatico sul suo canale Telegram. Esamineremo la russofobia sia in Ucraina che in Occidente. I nomi dei nostri relatori saranno annunciati il giorno prima in modo che non siano soggetti alle pressioni dei nostri nemici, come spesso accade". L'incontro è richiesto per le 17 ora di Mosca.

21:57

Auchan rafforza la sua presenza in Russia con un nuovo negozio

 Aumenta la partecipazione di Auchan in Russia. Secondo quanto riportato dal sito di Reuters, il rivenditore francese prevede di aprire un nuovo negozio e di raddoppiare in futuro la sua presenza nel Paese. Auchan Retail Russia ha affermato che il nuovo negozio "My Auchan" offrirà un assortimento di circa 900 articoli, il 90% dei quali saranno prodotti alimentari con i marchi del produttore. La catena era stata al centro delle polemiche per la scelta di non lasciare il territorio russo, come hanno fatto invece altri grandi marchi, e dall'Ucraina era arrivata la richiesta di boicottaggio. Inoltre, la parte russa di Auchan avrebbe fornito merci all'esercito russo nei territori ucraini occupati, con il pretesto di aiuti umanitari ai civili, secondo quanto riportato da un'inchiesta congiunta di The Insider, Le Monde e Bellingcat.

22:13

 Biden e von der Leyen, sostegno a Kiev fino a quando sarà necessario

Gli Stati Uniti e l'Unione europea "stanno lavorando per garantire che l'Ucraina abbia il sostegno militare, economico e umanitario di cui ha bisogno per tutto il tempo necessario". E' quanto affermano il presidente Usa Joe Biden e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nella dichiarazione congiunta diffusa dopo il loro incontro bilaterale alla Casa Bianca. Inoltre, Usa e Ue "rimangono impegnati nel fornire e mobilitare il sostegno internazionale, anche da parte del settore privato, per la stabilità economica e finanziaria dell'Ucraina" e  sostengono il Fondo monetario internazionale nella realizzazione di "un programma ambizioso entro la fine di marzo 2023 per fornire il necessario sostegno di bilancio all'Ucraina per tutto il 2023 e oltre".

Bakhmut, adrenalina e fango: «Si spara poi via veloci: 6 minuti prima che arrivino i razzi russi». Lorenzo Cremonesi su Il Corriere della Sera il 10 marzo 2023. 

Una giornata con i soldati della Decima Brigata da montagna Edelweiss: «La porta del Donbass non può cadere». Vietato parlare del numero di morti e feriti

Quando irrompe il rombo della deflagrazione misto al flash dei razzi che partono verso il cielo è impossibile non sobbalzare. È un fracasso che offende i timpani e lascia nell’aria l’odore acre della dinamite.

Si fa presto a urlare ogogn — gli artiglieri ucraini usano il termine russo per dire «fuoco» — ma mettersi in salvo prende molto più impegno perché, una volta sparata la salva dei sei missili montati sul camion, poi si deve scappare il più rapidamente possibile. «Via, via veloci. Abbiamo sei o sette minuti prima che i russi individuino la nostra posizione e cerchino di colpirci. Se poi hanno già in aria i droni kamikaze Lancet, allora il tempo a nostra disposizione si riduce a meno della metà», gridano correndo come forsennati soldati e ufficiali della Decima Brigata da Montagna Edelweiss. Militari incalliti, abituati al rumore esasperato e al caos minaccioso della battaglia, molti di loro combattono nel Donbass sin dal 2014 e restano quasi indifferenti al continuo tambureggiare di colpi d’artiglieria da 152 millimetri e al sibilo dei missili Grad che arrivano dalla collina scura incombente all’orizzonte, sei chilometri davanti a noi.

Battaglia nel pantano

Ma se l’adrenalina aiuta ad accelerare i movimenti, il fango li rallenta in modo esasperante. Correre nella mota è faticosissimo, gli scarponi sembrano come imprigionati nell’impasto vischioso, scuro di pioggia, s’affonda e s’inciampa nelle tracce dei mezzi pesanti profonde quasi come trincee. Salire sul cassone scivoloso del camion lanciamissili può essere quasi un’impresa, mentre gli autisti imprecano fissando preoccupati il cielo grigio e intanto premono la frizione tenendo al massimo i giri del motore, che stride sbuffando fitte volute di fumo oleoso. Un soldato cade e quello dietro lo alza di peso per fare più in fretta. «I camion carichi sfiorano gli ottanta all’ora, ma in questo pantano raggiungono a malapena i dieci», dice il puntatore, che vorrebbe essere già oltre il prossimo filare.

Siamo rimasti con loro una giornata intera tra le colline marcate da campi coltivati e macchie di boscaglia, che caratterizzano l’area settentrionale tra la cittadina assediata di Bakhmut e quelle contese di Siversk (in mano ucraina) e Soledar (presa dai russi) appena più a nord. «Questi mezzi lanciarazzi sono stati donati dalla Repubblica Ceca, li chiamano Vampire, costruiti sul modello dei Grad russi con un raggio compreso, a seconda dei tipi di missili, tra i 20 e 40 chilometri. Noi siamo qui da oltre due mesi. Il nostro compito è fermare i russi che cercano di accerchiare Bakhmut da nord per poi raggiungere Kramatorsk e mirare alla conquista dell’intero Donbass», spiega il 24enne tenente-maggiore Vladislav, che è soldato da 7 anni, ha frequentato l’accademia militare e adesso comanda i plotoni lanciamissili.

Lui e i suoi uomini stanno accampati in piccole buche scavate nella terra e coperte da tronchi. Tra gli alberi vicini sono visibili alcuni cannoni semoventi di fabbricazione polacca coperti da teli mimetici, ci mostrano anche un’area dove sono posizionati gli ormai celebri Himars lanciamissili a lunga gittata americani, ma fotografarli è assolutamente vietato. Come pure non possiamo riprendere le «tane» dei più recenti M-270 made in Usa, anche loro ormai parte integrante del duello a distanza con l’artiglieria russa: troppo preziosi per metterli a rischio. Sparano meno degli altri e spesso li fanno arretrare in luoghi più sicuri.

Freddo e morte

Nelle trincee l’umido è sovrano, loro provano a scaldarsi con piccole stufe a legna molto rudimentali, ma durante le giornate limpide ogni fuoco è vietato per non rivelare le posizioni. «I russi bombardano tanto, specie con l’artiglieria da 152 millimetri, dispongono almeno del triplo dei nostri proiettili. Ma sono altamente inaccurati, in realtà in questo settore non ci hanno quasi mai colpiti», dice l’ufficiale, senza però rivelare le loro perdite. Un agente dell’intelligence che ci scorta in prima linea vieta qualsiasi domanda sul numero di morti o feriti. È top secret. I comandi ucraini sono ben contenti di enfatizzare le perdite russe qui nel «tritacarne» di Bakhmut, si parla di circa 800 tra morti e feriti quotidiani, da giugno i mercenari della milizia privata Wagner avrebbero subito oltre 30.000 morti, in massima parte prigionieri comuni reclutati dalle carceri russe in cambio del condono della pena. Però anche gli ucraini si dissanguano, con perdite che sembra superino ai 200 tra morti e feriti gravi ogni giorno. E comunque questi soldati al fronte non sono per nulla disposti a sottovalutare il nemico. «I russi mandano anche soldati esperti, non solo carne da cannone. Gente che sa combattere, si muovono anche di notte, piccole ondate di 20 o 30 uomini, muniti di visori notturni, coraggiosi, s’infiltrano nelle retrovie, sono una minaccia costante», spiegano.

Sino a una decina di giorni fa sembrava che Kiev volesse ritirarsi da Bakhmut, ma poi ha deciso di restare nella speranza di eliminare il massimo numeri di nemici in vista dalle prossime offensive. La sfida resta aperta. «Disponiamo di munizioni a sufficienza per difenderci. Siamo certi che di qua i russi non potranno passare. Però non bastano per sostenere una nostra offensiva. Attendiamo che arrivino rinforzi dagli alleati: munizioni, cannoni, missili. E soprattutto ci servono droni di ogni tipo, sia per osservare che per sparare. I russi hanno nuovi modelli molto efficienti e riescono adesso ad abbattere facilmente i nostri, che non sappiamo come rimpiazzare. Ormai un esercito senza droni è come un cavaliere cieco», aggiunge il comandante.

Con lui e tre dei suoi uomini marciamo su tratturi di fango e campi aperti per circa cinque chilometri in direzione della strada asfaltata. Più indietro ci sono gruppi di casupole coi tetti scoperchiati. «Lasciate una distanza minima di 5 metri da chi vi precede e in caso di attacco disperdetevi subito», ordinano mostrando i crateri più recenti contornati dai rottami dei razzi russi. Tra le piante si vedono i resti inceneriti di un grosso cannone semovente. «Lo hanno colpito una settimana fa», ammettono, ma di più non vogliono dire.

Guerra Ucraina - Russia, le news dell’11 marzo.

La Repubblica. Kirill al Papa: "Impedire le espulsioni dal monastero a Kiev"

Von der Leyen: "Sanzioni a Cina? Già punito chi aiuta la Russia". Kiev: "Oltre 500 russi morti e feriti oggi a Bakhmut"

"Abbiamo già sanzionato paesi terzi che hanno fornito armi alla Russia nella guerra contro l'Ucraina, ad esempio l'Iran". Lo ha detto la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen rispondendo ad una domanda dei giornalisti alla Casa Bianca sul rischio che la Cina possa fornire armi a Mosca. La leader europea ha spiegato di aver discusso con Joe Biden del pericolo che Pechino "possa fornire sostegno militare" alle forze di Vladimir Putin.

Punti chiave

19:06

Kirill a Papa, impedire espulsioni dal monastero a Kiev

13:21

La Russia dichiara il Wwf "agente straniero" 

08:27

Difesa britannica: ai russi il controllo di Bakhmut Est, Kiev resiste a Ovest

02:41

Georgia: consigliere sicurezza Usa vede presidente Zourabichvili

 Il consigliere per la sicurezza nazionale americana Jake Sullivan ha incontrato oggi la presidente della Georgia Salome Zourabichvili. Lo riferisce la Casa Bianca in una nota. Al centro dei colloqui l'integrazione euro-atlantica del Paese e delle riforme necessarie per far avanzare la candidatura della Georgia all'adesione all'Unione europea. Sullivan e la presidente hanno anche discusso del controverso disegno di legge sugli "agenti stranieri" che ha provocato proteste nel Paese, esprimendo la comune preoccupazione che la misura  possa ostacolare l'importante lavoro di centinaia di Ong georgiane. Infine, è stato affrontato il tema delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e oltre 30 alleati contro la Russia, sottolineando la necessità che Vladimir Putin paghi per la guerra in Ucraina.

03:55

Kiev, danni ambientali per oltre 50 miliardi euro

A seguito dell'invasione russa in Ucraina sono stati causati danni all'ambiente per circa 50 miliardi di euro. E' quanto emerso - come riporta Ukrinform - a Kharkiv durante una riunione del Comitato della Verkhovna Rada per la politica ambientale e la gestione della natura.

"Contiamo ogni albero distrutto. E ogni grivna che la Federazione Russa ci pagherà per quello che hanno fatto. Ogni giorno continuiamo a registrare nuovi danni e distruzione.

Secondo stime preliminari, il danno totale all'ambiente è già di oltre 2 trilioni di grivne: include l'inquinamento del suolo, l'inquinamento atmosferico, le foreste bruciate e gli edifici distrutti. La Russia sta provocando una crisi climatica, una crisi nucleare, una crisi umanitaria", ha affermato il primo viceministro dell'Ambiente e delle risorse naturali ucraino, Ruslan Grechanyk. Oleksandr Filchakov, capo dell'ufficio del procuratore regionale di Kharkiv, ha aggiunto: "Registriamo e analizziamo tutti i crimini nel campo dell'ecologia, attacchi a strutture industriali, depositi di petrolio".

07:57

Kiev: respinti più di cento attacchi in un giorno

Le forze ucraine durante l'ultimo giorno respinto più di cento attacchi russi nelle direzioni Lyman, Bakhmut, Avdiiv, Marin e Shakhtar. Lo riferisce lo Stato maggiore delle forze armate ucraine su Facebook, citato da Ukrinform.

08:27

Difesa britannica: ai russi il controllo di Bakhmut Est, Kiev resiste a Ovest

Le forze del gruppo Wagner controllano la maggior parte della parte Est della città di Bakhmut, mentre gli ucraini continuano a resistere a Est e la linea del fronte, sul fiume omonimo che attraversa la città, è molto difficile da superare per i russi. È quanto si legge nell'analisi diffusa oggi dall'intelligence della Difesa britannica. "Negli ultimi 4 giorni, le forze del gruppo Wagner hanno preso il controllo della maggior parte della parte orientale" della città contesa del Donbass. In centro, "il fiume Bakhmut segna ora la linea del fronte. Le forze ucraine tengono la parte occidentale della città e hanno demolito i ponti più importanti sul fiume, che attraversa in direzione nord-sud una striscia di terreno aperto larga fra i 200 e gli 800 metri, tra le aree edificate". Poiché le unità ucraine possono sparare dagli edifici fortificati sulla sponda ovest del fiume, "quest'area è diventata una zona di morte, rendendo molto difficile per le forze Wagner continuare il loro assalto frontale verso occidente".

08:59

Kiev: due morti nel Donetsk

Due persone sono rimaste uccise ieri nel villaggio di Krasnohorivka nel Donetsk, la regione dell'Ucraina orientale teatro dei combattimenti più intensi tra le forze di Mosca e quelle di Kiev. Lo riferisce il governatore dell'oblast di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, citato da Kyiv Independent. Secondo il governatore, 14 persone sono rimaste ferite nella regione nelle ultime 24 ore.

09:19

Kiev sanziona 120 persone, anche società scommesse sportive

L'Ucraina ha imposto sanzioni contro 120 persone, principalmente cittadini russi, provvedimento entrato in vigore con la firma del relativo decreto da parte del presidente Volodymyr Zelensky. Lo riferisce Kyiv Independent. L'elenco include anche alcuni cittadini di Regno Unito, Polonia, Paesi Bassi, Turchia e Cipro. Sanzionate anche 287 entità giuridiche, tra queste una serie di società di scommesse sportive.

L'elenco comprende  persone presumibilmente coinvolte nel rapimento di bambini ucraini, coloro che aiutano a sostenere i mercenari che combattono contro l'Ucraina, atleti russi e altri rappresentanti sportivi che hanno mostrato sostegno pubblico alla guerra, sottolinea Kyiv Independent.

09:50

Difesa britannica: a Bakhmut gli ucraini fanno il "tiro a bersaglio" sui Wagner

Le difficoltà incontrate dalla milizia russa Wagner nell'avanzare su Bakhmut sono dovute al fatto che gli ucraini, dopo aver minato i ponti sul fiume Bakhmutka, da postazioni rinforzate fanno un micidiale "tiro al bersaglio" sui mercenari russi, causando altissime perdite: è quanto sostiene il ministero della Difesa britannico, da fonti di intelligence, citato dal Guardian. Secondo i militari britannici, il fiume Bahmutka costituisce ora di fatto la linea del fronte, sebbene i Wagner siano risusciti a occupare quasi tutta la parte orientale della città. Sebbene dagli edifici alti gli ucraini che difendono Bakhmut diano filo da torcere ai russi, secondo Londra restano tuttavia potenzialmente vulnerabili da attacchi da nord e sud.

10:18

Londra scrive agli sponsor olimpici: premete per l'esclusione degli atleti russi e bielorussi

Il governo britannico esorta i grandi sponsor olimpici a premere in favore della decisione di escludere gli atleti russi e bielorussi dalle competizioni. "Sappiamo che lo sport e la politica sono strettamente intrecciati in Russia e Bielorussia e siamo risoluti nella nostra determinazione a non lasciare che i regimi in Russia e Bielorussia siano autorizzati ad utilizzare lo sport per i loro scopi di propaganda", ha scritto il ministro dello sport Lucy Frazer in una lettera indirizzata ai vertici di Coca-Cola, Intel, Samsung e Visa in Gran Bretagna, tra gli altri.

Un gruppo di 35 paesi ha chiesto qualche settimana fa che gli atleti russi e bielorussi fossero esclusi dai Giochi Olimpici del 2024 a Parigi. Attualmente Russia e Bielorussia sono escluse da molte competizioni sportive internazionali. Il Cio punta a far competere gli atleti di entrambi i paesi sotto bandiere neutrali, a condizione che si impegnino chiaramente a rispettare la Carta olimpica e non sostengano attivamente la guerra in Ucraina.

10:36

Kiev: Mosca ha perso circa 158mila soldati 

La Russia ha perso circa 158mila soldati in Ucraina. A dichiararlo su Facebook è lo stato maggiore delle forze armate di Kiev, citato da Ukrinform. Tra il 24 febbraio 2022 e l'11 marzo 2023, tra le perdite subite in combattimento dai russi figuravano anche - secondo la stessa fonte - 3.458 carri armati, 6.762 veicoli corazzati da combattimento, 2.483 sistemi di artiglieria, 493 razzi antiaerei a lancio multiplo, 257 sistemi antiaerei, 304 velivoli, 289 elicotteri, 5.344 automezzi e serbatoi carburante, 18 navi/navi da guerra, 2.108 droni. Inoltre sono stati abbattuti 907 missili da crociera.

10:50

Kiev, colpi di artiglieria nella zone del confine di Sumy

Questa mattina le forze russe hanno bombardato con l'artiglieria il confine della regione di Sumy, scrive Ukrinform citando un post su Facebook del comando operativo 'Nord' ucraino. Nell'area del villaggio di Rozhkovichi dalle 8:10 alle 8:35 sono stati registrati 23 colpi, probabilmente di artiglieria e nella zona del villaggio di Sytne dalle 8:50 alle 8:55 i colpi registrati sono stati due. In entrambi i casi non si sono verificate perdite di personale e mezzi. Non ci sono state segnalazioni di vittime tra la popolazione locale o danni alle infrastrutture civili.

11:12

Ucraina: sindaco, udite oltre 10 esplosioni a Melitopol

Oltre 10 esplosioni sono state udite in Ucraina nella zona nord della città di Melitopol, nella regione di Zaporizhzhia. Lo riferisce il sindaco Ivan Fedorov sul suo account Telegram. "I residenti riferiscono di più di 10 forti esplosioni nella parte settentrionale della città. Le informazioni sono in corso di aggiornamento", ha scritto.

11:40

Zelensky, "cambiamo il nome della Russia in Moscovia"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelesnky sta valutando la possibilità di cambiare il nome della Russia, trasformandolo in '"Moscovia", secondo quanto riportato da Ukrainska Pravda. L'idea arriva da una petizione online che ha già raggiunto 25 mila firme e che spiega come "questo nome era usato nelle lingue europee e in alcune lingue asiatiche", aggiungendo che "molte mappe storiche dei secoli XVI-XIX, realizzate in Europa prima e dopo la ridenominazione del regno di Mosca nell'Impero panrusso, presentavano anche questo nome".

"La questione sollevata nella petizione richiede un'attenta considerazione sia sul piano del contesto storico e culturale, sia tenendo conto delle possibili conseguenze legali internazionali", ha aggiunto Zelensky che ha incaricato il primo ministro Denys Shmygal di seguire il caso. A stretto giro è arrivata la risposta di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri, che su Telegram ha parlato di ennesima dimostrazione della campagna 'anti-russa' in atto in Ucraina. Secondo Ria Novosti, anche il vicepresidente della Duma di Stato russa, Boris Chernyshov, ha commentato la petizione sostenendo che "iniziative del genere possono essere trattate solo con un sorriso".

11:57

Kiev, 3 morti in bombardamento russo su Kherson

 È di 3 morti in Ucraina il bilancio di un raid russo che ha colpito stamattina la città di Kherson. Lo riferisce il presidente dell'amministrazione regionale di Kherson, Alexander Prokudin, citato da Ukrainska Pravda.

12:13

Papa: " Disposto ad andare a Kiev, ma a condizione di andare anche a Mosca"

"Sono disposto ad andare a Kiev. Voglio andare a Kiev. Ma a condizione di andare a Mosca. Vado in entrambi i posti o in nessuno dei due". Lo ha ribadito il Papa in una intervista a La Nacion aggiungendo che il viaggio a Mosca, a suo avviso, "non è impossibile". "Occhio, non c'è nessuna promessa. Niente. Non ho chiuso quella porta", ha precisato Bergoglio.  Ma Putin la chiude o no? "Ma è lì che si distrae e la apre, non lo so". "La guerra mi fa male - ha ribadito - voglio dirlo, mi fa male".

Bergoglio, in un'altra intervista, aveva definito il leader del Cremlino Putin un uomo "colto". "E' colto - ha ribadito - . E' venuto a trovarmi qui tre volte come capo di Stato e puoi avere una conversazione di alto livello con lui. Abbiamo parlato di letteratura una volta. Una cultura è qualcosa che si acquisisce non è una professione morale. Sono due cose differenti". Bergoglio ha poi detto che non esiste un piano di pace Vaticano ma ha detto che esiste un "servizio di pace" per cui il Vaticano sta lavorando per porre fine alla invasione russa dell'Ucraina. Alla domanda se siamo davanti a un genocidio, Francesco ha detto: "Non so se questo è genocidio o no, devono studiarlo, la gente deve definirlo bene ma non è certo un'etica della guerra a cui siamo abituati".

12:54

Russia a Kiev, se noi Moscovia voi 'sporco Reich di Bandera'

In risposta al fatto che "il supremo nazista di Kiev (il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ndr) ha ordinato di risolvere la questione della ridenominazione della Russia in Moscovia", il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, ha proposto la sua versione per il cambio di nome dell'Ucraina. "Non Hochlandia (dispregiativo rivolto all'Ucraina che può essere tradotto come 'terra inferiore', ndr) e ancor meno Piccola Russia", dice Medvedev, "solo sporco Reich di Bandera"

13:16

Moldavia, trovati 2 droni nel bagaglio di un passeggero ucraino

Un cittadino ucraino di 30 anni è stato fermato all'aeroporto di Chisinau e, durante un controllo, nel suo bagaglio sono stati trovati due droni che non aveva dichiarato. Secondo Ukrainska Pravda, si trattava di un volo Istanbul-Chisinau e i droni erano del modello Dji Mavic 3. Nelle ultime settimane si sono intensificati i controlli sugli arrivi in Moldavia in relazione alla minaccia della Russia, che cerca di destabilizzare la situazione nel Paese.

13:21

La Russia dichiara il Wwf "agente straniero" 

Il governo russo ha dichiarato il Wwf, il World Wide Fund for Nature, 'agente straniero' accusandolo di utilizzare le proprie rivendicazioni ecologiste per influenzare la politica nazionale. "Con il pretesto dello svolgimento di attività volte alla tutela della natura, i rappresentanti del fondo hanno cercato di influenzare le decisioni delle autorità esecutive e legislative della Russia, ostacolando l'attuazione di progetti industriali e infrastrutturali", ha dichiarato il ministero della Giustizia russo citato dalla catena Rbc. Il fondo inoltre, ha aggiunto, "ha divulgato informazioni negative sulle decisioni assunte da organismi statali e sulle sue politiche".

Fonti della filiale russa della Ong hanno confermato all'agenzia Dpa di voler presentare ricorso contro tale decisione. In un'altra nota, l'agenzia ricorda di operare da più di trent'anni nel paese e che tutti i suoi membri nel consiglio direttivo sono cittadini russi. "Il fondo lavora a beneficio della natura in Russia dal 1994, in parte grazie al sostegno di oltre 1,5 milioni di persone che ci appoggiano nel paese. A loro vanno i nostri ringraziamenti e la nostra richiesta di continuare al nostro fianco in questi tempi difficili", ha spiegato la Ong.

13:24

Danimarca, primi Leopard 1 a Kiev in primavera

Il primo lotto di carri armati Leopard 1 forniti dalla cooperazione tra Danimarca, Germania e Olanda, sarà consegnato in Ucraina in primavera. Lo ha annunciato il ministro della Difesa ad Interim danese Troels Lund Poulsen, in visita all'azienda tedesca Flensburger Fahrzeugbau Gesellschaft, impegnata nella preparazione di carri armati Leopard 1 da trasferire in Ucraina. Lo riporta Ukrinform. Il ministro ha ricordato che il governo danese ha avviato una cooperazione con Germania e Olanda con l'obiettivo di trasferire almeno 100 carri armati Leopard 1 in Ucraina.

13:50

Capo Wagner, siamo a poco più di 1 km dal centro di Bakhmut

Il capo del gruppo mercenario Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha affermato che le forze filorusse sono a 1,2km dal centro di Bakhmut. Lo ha detto in un video pubblicato dal servizio stampa del gruppo, come riporta l'agenzia Tass. Nel video mostra un edificio in lontananza. "Si tratta di un edificio di cinque piani da cui proviene il fumo: l'edificio dell'amministrazione comunale, il centro amministrativo della città. È a 1 km e 200 metri di distanza", afferma Prigozhin.

14:21

Analista Uk,"30 mila russi morti per conquistare Bakhmut"

Sarebbero più di 30 mila i soldati russi morti nel tentativo di prendere Bakhmut secondo Philip Ingram, ex colonnello dell'intelligence militare britannica e ora analista militare, intervistato da Sky News Uk. Ingram ha aggiunto che Bakhmut è un "piccola e insignificante" città su un fronte di 1.200 chilometri. "I russi lo vedono come un trampolino di lancio per andare in altre città, Kramatorsk e Sloviansk, e quindi avanzare per cercare di prendere il resto del Donbass" ha aggiunto l'ex colonnello.

15:29

Kiev, "la Russia sta esaurendo le scorte di armi"

La Russia starebbe esaurendo le scorte di armi preparate in vista della guerra e accumulate per anni. Lo ribadisce il segretario del Consiglio di Sicurezza ucraino, Alexei Danilov, citato da Ukrainska Pravda. "I calcoli prevedevano una blitzkrieg (guerra lampo ndr), non un 'utilizzo lampo'. L'economia corrotta non è in grado di fornire una copertura, l'assistenza esterna alla Russia terrorista è una questione di fondamentale importanza" ha concluso Danilov.

15:56

Moldavia, Kiev scava trincee al confine contro attraversamenti illegali

Le guardie di frontiera ucraine stanno scavando trincee al confine con la Moldavia. È quanto afferma l'addetta stampa della polizia di frontiera moldava, Raisa Novitski, citata da Ria Novosti. "I colleghi del servizio di frontiera statale dell'Ucraina hanno riferito che tale lavoro viene svolto al fine di impedire l'attraversamento illegale del confine di Stato, nonché il contrabbando dall'Ucraina alla Moldavia", ha affermato Novitski.

16:22

Iran: accordo con la rusia per acquisto caccia Su-35 

L'Iran ha finalizzato un accordo per l'acquisto di caccia multiruolo di quarta generazione avanzata Sukhoi Su-35 dalla Russia, secondo quanto riferito dai media statali, nell'ambito dell'approfondimento della cooperazione nel settore della difesa tra i due Paesi. L'aeronautica militare iraniana, colpita dalle sanzioni, ha una flotta di aerei che sta invecchiando e fatica ad acquistare pezzi di ricambio per mantenere in volo i suoi velivoli da guerra. In una dichiarazione alle Nazioni Unite, Teheran ha detto di aver iniziato ad avvicinare "Paesi per l'acquisto di jet da combattimento" per rifornire la sua flotta sulla scia della guerra Iran-Iraq del 1980-88.

"La Russia ha annunciato di essere pronta a venderli" dopo la scadenza, nell'ottobre 2020, delle restrizioni all'acquisto di armi convenzionali da parte dell'Iran in base alla risoluzione 2231 delle Nazioni Unite, si legge nella dichiarazione diffusa dall'agenzia di stampa ufficiale Irna. "I caccia Sukhoi 35 sono tecnicamente accettabili per l'Iran", ha aggiunto. Nell'ultimo anno Teheran ha stretto forti legami con Mosca in vari settori, compreso quello militare.

16:29

Kuleba, esclusione discorso Zelensky dagli Oscar è ipocrita

La decisione di non invitare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a tenere un discorso durante la cerimonia degli Oscar è "ipocrita". Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba in un'intervista alla Bild. "Penso che se 'Niente di nuovo sul fronte occidentale' ricevesse un Oscar come miglior film in lingua straniera, mentre al presidente Zelensky, che è in guerra, guidando un Paese che combatte nella più grande guerra in Europa dalla seconda guerra mondiale, non è permesso di parlare alla cerimonia degli Oscar, non si troverebbe un esempio migliore dell'ipocrisia dei massimi dirigenti e produttori dell'industria cinematografica", ha detto Kuleba. "La parola ridicolo non è sufficiente per descrivere questa ipocrisia. Io non metto in dubbio la qualità del film, sto solo dicendo: gente, quando state per premiare un film sulla guerra e non vi rendete conto che mentre bevete champagne e indossate bei vestiti e diamanti, qualcuno non vuole ascoltare una vera storia di guerra che sta accadendo qui e ora, allora c'è qualcosa che non va", ha affermato il ministro. Quest'anno per la seconda volta consecutiva l'Academy of Motion Pictures ha respinto la richiesta di Zelensky di apparire in video durante la notte degli Oscar.

16:41

Kiev, "da febbraio 28 mila volontari hanno fatto domanda"

Sarebbero 28.000 i volontari che hanno presentato domanda da febbraio per entrare a far parte della Guardia d'assalto ucraina, con quasi tutte le unità già formate. Lo ha detto il ministro dell'Interno ucraino Ihor Klymenko alla televisione ucraina, secondo Ukrinform. "Abbiamo già accettato 28.000 domande di combattenti volontari. Naturalmente, non tutti entrano in queste unità, perché il processo di selezione è abbastanza duro", ha affermato Klymenko che ha detto anche che l'addestramento sarebbe durato il tempo necessario per ottenere unità pronte al combattimento. "Le unità sono state per lo più formate e oggi stiamo reclutando ulteriori combattenti volontari in modo da avere una riserva per il futuro", ha concluso il ministro dell'Interno ucraino.

16:55

Ministro difesa Norvegia Gram in visita a Kiev

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, ha accolto sabato a Kiev il suo omologo norvegese Bjørn Arild Gram. Durante la visita Gram ha annunciato la decisione di stanziare 7,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per armi e altri aiuti all'Ucraina. Secondo un resoconto dell'incontro pubblicato dal ministero della Difesa ucraino, Gram ha affermato che le armi che la Norvegia intende inviare comprendono lanciamissili e munizioni per i sistemi antiaerei NASAMS. Reznikov ha detto che le truppe ucraine hanno utilizzato con successo proprio alcuni dei sistemi NASAMS per abbattere i droni e i missili che la Russia ha fatto piovere sull'Ucraina giovedì. "Sappiamo con certezza che ogni 10 utilizzi del sistema NASAMS", sono le parole di Reznikov, "significa abbattere 10 missili dell'aggressore, salvare 10 edifici e strutture infrastrutturali, oltre a centinaia di vite umane".

17:09

Ucraina, colpite infrastrutture della città di Zaporizhzhia

Bombardamenti russi hanno colpito "infrastrutture vitali" della città di Zaporizhzhia. Lo ha reso noto l'ammministarzione militare dell'oblast di Zaporizhzhia, citata dai media ucraini. Nell'attacco sarebbero stati usati missili russi S-300. A quanto riferisce Anatolii Kurtiev, del consiglio comunale cittadino, "a causa dell'attacco missilistico si è sviluppato un incendio in uno dei distretti cittadini".

17:16

Kiev, attacco russo su aree residenziali Donetsk: un morto

"Le forze armate russe hanno sparato con cannoni d'artiglieria e lanciarazzi multipli Uragan contro la città di Konstantinivuts. Konstantinivuts, i villaggi di Mykolayivka, distretto di Kramatorsk, e Maksymilianivka, distretto di Pokrovsk. Un uomo di 52 anni è morto a causa dei colpi inferti alle aree residenziali. Quattro cittadini hanno riportato ferite di varia gravità. Uno dei feriti è in condizioni critiche". Lo afferma l'Ufficio del procuratore ucraino in un messaggio via Telegram.

17:26

Prigozhin, combattiamo per evitare la disgrazia della Russia

I mercenari Wagner hanno un "semplice" obiettivo: non permettere la "disgrazia" della Russia nelle mani dei governi occidentali. A sostenerlo è Yevgeny Prigozhin, il capo del gruppo di combattenti russi, in un video pubblicato oggi su Telegram e citato dalla Cnn. "Qual è il nostro obiettivo? Perché stiamo combattendo? L'obiettivo è semplice. Perché non ci sia la disgrazia delle armi russe, perché non ci sia la disgrazia della Russia", ha detto Prigozhin. "Per non portare la Russia al punto di crollare". "Molto probabilmente questo è l'obiettivo dei servizi segreti americani e britannici, che lavorano per distruggere la Russia", ha aggiunto.

17:59

Prigozhin, "mi candiderò presidente contro Zelensky"

 Il capo del gruppo di mercenari Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha annunciato che si candiderà alle elezioni presidenziali dell'anno prossimo. Ma non in Russia, come qualcuno potrebbe supporre, bensì "in Ucraina". "L'importante annuncio" è arrivato in un messaggio video, registrato mentre sullo sfondo si sentono colpi d'arma da fuoco, presumibilmente dal fronte di Bakhmut. Prigozhin, 61 anni, dichiara che si candiderà contro l'attuale presidente Volodymyr Zelensky e il suo predecessore Petro Poroshenko.

18:03

Prigozhin: "A Bakhmut servono 10mila tonnellate di munizioni al mese"

Il capo dei mercenari russi della Wagner, Yevgeny Prigozhin, chiede 10mila tonnellate di munizioni per poter continuare a combattere a Bakhmut. la richiesta arriva in un video, dove Prigozhin si mostra in piedi sul tetto di una casa distrutta che si troverebbe a 1,2 km dal centro di Bakhmut. "Vinceremo", dichiara il capo dei mercenari, aggiungendo che a Mosca nessuno deve temere che lui abbia ambizioni politiche. Quello che chiede è l'invio di munizioni. Serve mezzo milioni di dollari al mese, afferma, e potrebbero pagarli gli oligarchi russi.

18:49

Mosca, incendio nel palazzo della televisione Spas

A Mosca è scoppiato un incendio nell'edificio dove si trova la redazione del canale Spas, l'emittente russa collegata alla Chiesa ortodossa russa. Secondo quanto riportato dalla Tass, il rogo è divampato al primo piano di un edificio di nove piani in via Akademika Korolev 13 ed è stato in seguito domato: tutte le persone sono state evacuate e non ci sono state vittime. Spas è un canale televisivo federale russo associato alla Chiesa ortodossa russa. Ha iniziato a trasmettere in Russia il 28 luglio 2005.

19:06

Kirill a Papa, impedire espulsioni dal monastero a Kiev

Il patriarca di Mosca Kirill lancia un appello a papa Francesco, al segretario generale dell'Onu Antonio Guterres e alla comunità internazionale per impedire l'espulsione dei religiosi della Chiesa ortodossa ucraina rimasti fedeli a Mosca dal conteso Monastero delle Grotte di Kiev. Lo riferisce la Tass.

19:52

Praga, dopo la manifestazione antigovernativa scontri tra manifestanti e polizia: "Il governo si preoccupa più degli ucraini che dei cittadini cechi"

Migliaia di persone hanno manifestato oggi in piazza San Venceslao a Praga contro il governo del premier Petr Fiala, contro la Nato e l'Ue e contro l'aiuto che la Repubblica ceca concede all'Ucraina aggredita dalla Russia. Dopo la fine della protesta antigovernativa un gruppo di manifestanti si è diretto verso il Museo nazionale dove un gruppo di sostenitori dell'Ucraina e dell'Ue aveva manifestato in precedenza. Gli attivisti volevano strappare la bandiera ucraina dalla facciata del museo e alcuni di loro sono penetrati nell'edificio. È intervenuta la polizia antisommossa che ha creato un cordone davanti all'entrata ed ha successivamente arrestato quindici manifestanti. Secondo il ministro dell'interno ceco Vit Rakusan un agente di polizia è rimasto ferito. Il Paese, che conta 10,5 milioni di abitanti, è membro dell'Ue e della Nato, ha inviato ingenti aiuti militari e umanitari all'Ucraina dall'inizio dell'invasione russa nel febbraio 2022. E gli oppositori del governo di Petr Fiala affermano che quest'ultimo si preoccupa più degli ucraini che del suo stesso popolo. I manifestanti hanno invitato il premier di centrodestra e il suo esecutivo a dimettersi, mentre Rajchl ha affermato di voler un governo che "si preoccupi prima degli interessi dei cittadini cechi".

21:42

Kiev, oltre 500 russi morti e feriti oggi a Bakhmut

Oggi le forze russe hanno perso più di 500 soldati, tra morti e feriti, nella battaglia per conquistare Bakhmut. Lo ha dichiarato Serhiy Cherevaty, portavoce del raggruppamento orientale delle forze armate dell'Ucraina, citato da Ukrainska Pravda. "Durante i combattimenti, 221 nemici sono stati uccisi e 314 feriti", ha affermato.

Il portavoce ha dichiarato che nella giornata ci sono stati 53 ingaggi nell'area, di cui 23 all'interno della città devastata, aggiungendo che le forze russe hanno bombardato il fronte di Bakhmut 157 volte.

21:45

Ucraina, Zelensky: "Russia è sinonimo di terrorismo"

Volodymyr Zelensky contro la Russia per i nuovi "brutali attacchi terroristici" contro le città ucraina. "Missili ed artiglieria, droni e mortai: questo stato malvagio usa una varietà di armi con l'obiettivo unico di distruggere la vita e non lasciare nulla di umano", ha detto il presidente ucraino nel discorso trasmesso questa sera da Kiev. "Rovine, macerie, crateri dove i missili hanno colpito sono l'autoritratto che la Russia dipinge dove esisteva la vita" continua Zelensky affermando che la Russia è "diventata sinonimo di terrorismo e sarà un esempio di sconfitta e giusta punizione per i suoi attacchi terroristici. Il Cremlino - ha concluso - non può bloccare la sua punizione".

Dalla Russia all’Iran: così Teheran potrebbe decodificare armi Usa e Nato. Federico Giuliani l’11 Marzo 2023 su Inside Over.

La Russia ha messo le mani su alcune delle armi fornite dagli Stati Uniti e dalla Nato all’esercito ucraino e le ha inviate in Iran, dove Washington teme che Teheran possa provare a decodificarne i sistemi. Nello specifico, il materiale ottenuto dai russi consisterebbe in una parte degli aiuti militari spediti che il blocco occidentale ha mandato sul fronte, e che le forze di Kiev sono state costrette ad abbandonare sul campo di battaglia in seguito a non meglio specificate sconfitte locali.

La notizia è stata diffusa dalla Cnn, che ha citato quattro fonti anonime informate sui fatti. Nel corso dell’ultimo anno, hanno spiegato le stesse fonti, gli Usa, l’Alleanza Atlantica e altri funzionari occidentali hanno assistito a diversi episodi in cui gli uomini di Vladimir Putin sono riusciti a recuperare attrezzature per armi più piccole, a spalla, tra cui sistemi anticarro Javelin e sistemi antiaerei Stinger.

Pare che in molti di questi casi la Russia abbia inviato l’attrezzatura in Iran per smantellare e analizzare ogni singola arma, probabilmente per consentire agli iraniani di creare la propria versione di quelle armi. Mosca riterrebbe inoltre che continuare a fornire armi occidentali catturate all’Iran sarebbe un valido incentivo per convincere Teheran a mantenere alto il suo sostegno alle operazioni militari della Russia in Ucraina.

Dalla Russia all’Iran

Da quanto emerso, gli Stati Uniti non credono che l’invio di armi occidentali all’Iran da parte dei russi sia sistematico o diffuso. Come se non bastasse, dall’inizio della guerra l’esercito ucraino è solito riferire al Pentagono qualsiasi perdita di equipaggiamento ricevuto. Allo stesso tempo, però, è difficile monitorare l’intera situazione in modo tale da esser sicuri che nessun arma possa arrivare a Teheran.

Non è chiaro se gli iraniani siano riusciti a decodificare le ipotetiche attrezzature fin qui ricevute ma gli ingegneri e scienziati iraniani si sono fin qui dimostrati abilissimi nello sviluppare sistemi di arma basati su attrezzature statunitensi sequestrate in passato.

Del resto, un’arma chiave nell’arsenale dell’Iran è il missile guidato anticarro Toophan, un’arma decodificata con successo dal missile americano BGM-71 TOW negli anni ’70. Un altro esempio? Nel 2011 Teheran ha intercettato un drone fabbricato dagli Stati Uniti, il Lockheed Martin RQ-170 Sentinel. Lo hanno decodificato, ancora con successo, per creare un nuovo drone che, nel 2018, ha attraversato lo spazio aereo israeliano prima di essere abbattuto.

Un rischio da evitare

Che cosa potrebbe succedere nel caso in cui armi occidentali impiegate dall’esercito ucraino dovessero essere decodificate dall’Iran? Basta ascoltare Jonathan Lord, senior fellow e director del Middle East security program presso il Center for a New American Security.

“(Gli iraniani ndr) hanno decodificato il missile guidato anticarro TOW, creando una replica quasi perfetta che hanno chiamato Toophan, e da allora l’hanno diffuso tra gli Houthi e gli Hezbollah. L’Iran potrebbe fare lo stesso con uno Stinger, che potrebbe minacciare l’aviazione civile e militare in tutta la regione. Un Javelin retroingegnerizzato potrebbe essere usato da Hamas o Hezbollah per minacciare un carro armato israeliano Merkava. Nelle mani dei delegati dell’Iran, queste armi rappresentano una vera minaccia per le forze militari convenzionali di Israele”, ha spiegato Lord.

Ricordiamo che nell’ultimo anno la cooperazione militare della Russia con l’Iran si è approfondita. La Casa Bianca ritiene che il Cremlino abbia chiesto e ricevuto centinaia di droni dall’Iran, oltre a proiettili di artiglieria e carri armati; in cambio, Teheran avrebbe chiesto a Mosca attrezzature militari per un valore di miliardi di dollari, tra cui aerei da combattimento, sistemi radar ed elicotteri. Il nuovo filone delle armi occidentali inviate dai russi in Iran apre un nuovo, preoccupante, filone. FEDERICO GIULIANI

GUERRA DI ANNUNCI. Ernesto Ferrante su L’Identità l’11 Marzo 2023

La battaglia per il controllo del bastione difensivo ucraino di Bakhmut si sta combattendo anche a livello dialettico. Secondo Mykhailo Podolyak, il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, le truppe di Kiev dovrebbero logorare i russi per scompaginarne l’offensiva e concentrare le loro energie altrove, per la controffensiva di primavera.

Scambio di colpi anche sulle cifre. Podolyak ha parlato di perdite di soldati per Mosca superiori di 5-7 volte rispetto alle loro, con circa 40mila tra morti e feriti in sette mesi nella città del Donbass, evidenziando un presunto “disaccordo strategico tra il leader Wagner Prigozhin e il generale di Putin Gerasimov, a cui si è unito il ministro della Difesa Shoigu”.

“Sembra che il gruppo mercenario privato Wagner si stia prendendo una ‘pausa tattica’ a Bakhmut”, ha scritto su Twitter l’Istituto per lo studio della guerra. Il think tank statunitense ritiene che gli uomini di Prigozhin stiano aspettando “l’arrivo di rinforzi sufficienti di truppe russe convenzionali prima di proseguire con la battaglia”.

L’intelligence del Ministero della Difesa britannico, nel suo bollettino quotidiano su Twitter, ritiene invece che “l’intervallo tra le ondate di attacchi missilistici russi sta aumentando, perché la Russia probabilmente ha bisogno di accumulare missili di nuova produzione affinché ogni raid sia abbastanza potente da colpire efficacemente la difesa aerea ucraina”.

Gli 007 di Londra hanno evidenziato il fatto che nella sola giornata di giovedì i russi hanno effettuato almeno 80 attacchi contro infrastrutture critiche ucraine durante i quali ha utilizzato missili da crociera, missili antiaerei, droni iraniani, nonché un numero insolitamente elevato di missili balistici ipersonici lanciati dall’aria.

Voglia di Patriot. “Quando i sistemi missilistici antiaerei Patriot arriveranno in Ucraina, gli ucraini lo scopriranno: ci saranno informazioni sul primo aereo nemico abbattuto”, ha dichiarato Yuriy Ignat, portavoce del comando dell’aeronautica delle forze armate ucraine.

“Non c’è ancora, non l’ho visto. Quando ci sarà, lo saprete, quando il primo aereo nemico verrà abbattuto”, ha detto Ignat parlando durante la maratona informativa nazionale.

La premier finlandese Sanna Marin ha incontrato a Kiev Volodymyr Zelensky. Insieme a lui ha onorato la memoria di Dmytro Kotsyubail, partecipando alla funzione commemorativa nella cattedrale di San Michele.

Zelensky ha definito “molto pericolose” le ultime informazioni pubblicate dal New York Times sulla presunta partecipazione di un gruppo filo-ucraino al sabotaggio del gasdotto Nord Stream, sostenendo che questa notizia “faccia il gioco della Russia”.

Durante una conferenza stampa nella capitale insieme al primo ministro finlandese, l’ex comico ha respinto ancora una volta tutte le accuse: “Non abbiamo niente a che vedere con queste. Non lo hanno fatto gli ucraini”.

Il presidente ucraino si è rammaricato dei vantaggi che certe ricostruzioni, sempre più convergenti, porterebbero ai russi. “Stiamo combattendo contro un nemico: la Russia. E stiamo combattendo anche contro quelle persone che, a parte i soldi, non vedono altro che se stesse”, ha aggiunto Zelensky, accusando alcuni leader internazionali, “anche membri della Ue o della Nato”, di aver continuato a “fare affari” con Putin.

Il crollo demografico in Russia rappresenta un impoverimento enorme, ma anche una grande speranza. Federico Rampini / CorriereTv su Il Corriere della Sera il 10 Marzo 2023

C’è un incubo russo che bisogna sperare si trasformi in un sogno di una nuova Russia: è il crollo demografico della Russia, che ha proporzioni quasi inimmaginabili. Nella Russia, negli ultimi 3 anni, la Russia ha perso circa 2 milioni di abitanti. Non è solo il risultato della guerra (dove la Russia dovrebbe aver avuto circa 200mila tra morti e feriti), ma prima ancora il Covid e il ritorno di problemi antichi come l’alcolismo. La speranza di vita media di un maschio adulto è crollata agli stessi libelli di Haiti. A tutto questo bisogna aggiungere il mezzo milione di maschi russi che sono scappati all’estero per non andare al fronte contro l’Ucraina.

E’ un Paese che si sta assottigliando: questo nel breve termine non altera le proporzioni demografiche che favoriscono le forze armate russe rispetto a quelle ucraine, ma la perdita di abitanti - soprattutto maschi adulti giovani - è un impoverimento enorme.

Dove questo potrebbe trasformarsi in un sogno? Forse all’estero: bisogna riflettere su cosa significa questa diaspora. Molto spesso quelli che sono riusciti a scappare all’estero sono le forze migliori del Paese: informatici, tecnici, matematici, scienziati, ricercatori, imprenditori. Ma nella storia le diaspore hanno creato anche una storia alternativa: se all’interno di questa emigrazione, nascessero movimenti per disegnare una Russia diversa, sarebbe una meravigliosa speranza.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 12 marzo.

La Repubblica. Kiev: cadaveri di civili per le strade di Bakhmut. Zakharova a Kuleba: "Gli italiani non hanno mandato tank in Piemonte come gli ucraini nel Donbass"

La portavoce di Lavrov risponde al ministro degli Esteri ucraino, che aveva paragonato l'eventuale cessione di regioni del Sud a quella, per lui altrettanto impossibile, del Piemonte da parte di Roma. Kiev: "Morti oltre 159mila russi, più di mille nelle ultime 24 ore". L'appello delle madri e delle mogli russe a Putin: "Non mandare i nostri uomini al macello"

Continua lo stallo sulla conquista della città di Bakhmut, città dell'Ucraina orientale che le forze russe stanno cercando di conquistare dall'estate a costo di pesanti perdite. Gli ucraini starebbero preparando una controffensiva che, secondo loro, non dovrebbe durare a lungo. L'esercito russo continua contemporaneamente i suoi attacchi in altre regioni: le autorità hanno annunciato che un attacco in mattinata ha provocato almeno tre morti e due feriti a Kherson. Per il bollettino giornaliero dello stato maggiore di Kiev sarebbero 159.090 i soldati di Mosca uccisi dall'inizio dell'invasione.

Punti chiave

18:48

Georgia, Saakashvili a Sky News: sono vicino alla morte

17:51

Forze ucraine: cadaveri di civili nelle strade di Bakhmut

17:17

Zakharova a Kuleba: "Gli italiani non hanno mandato tank in Piemonte come gli ucraini nel Donbass" 

16:35

Moldavia, polizia: "Sventato complotto di Mosca, arrestato un cittadino russo"

15:08

Moldavia, polizia smantella rete sovversiva orchestrata da Mosca

12:19

Ucraina, Isw: "Zakharova ammette scontri interni nelle èlite"

01:16

Capo polizia, presa di mira la città di Ochakiv

La città di Ochakiv, situata a 60 chilometri a sud-ovest di Mykolaiv, è stata presa di mira durante la notte. Lo ha riferito il capo della polizia di Mykolaiv Serhii Shaikhet su Telegram, secondo quanto riporta The Kyiv Independent.

02:30

Razzi russi su città a sud-ovest di Mykolaiv

 Razzi russi nella notte sulla città di Ochakiv (20.000 abitanti), situata a 60 chilometri a sud-ovest di Mykolaiv. Lo riferisce su Telegram - come riportato dal Kyiv Independent - il capo della polizia di Mykolaiv, Serhii Shaikhet. Le forze russe hanno utilizzato vari lanciarazzi per colpire la città. I proiettili hanno incendiato alcune auto ma non sono segnalate vittime. I servizi di emergenza stanno lavorando sul luogo dell'attacco.

03:47

Kiev prepara controffensiva nei pressi di Bakhmout

Gli ucraini si stanno preparando a una controffensiva che, secondo loro, non dovrebbe durare a lungo nella regione di Bakhmout, una città dell'Ucraina orientale che le forze russe stanno cercando di conquistare dall'estate a costo di pesanti perdite. L'esercito russo continua contemporaneamente i suoi attacchi in altre regioni: le autorità hanno annunciato che un attacco in mattinata ha provocato almeno tre morti e due feriti a Kherson, città del sud liberata dall'esercito di Kiev a novembre dopo diversi mesi di occupazione. A Bakhmout, attuale epicentro del conflitto, Evguèni Prigojine, il capo del gruppo paramilitare Wagner, ha rivendicato una nuova progressione dei suoi uomini che stanno combattendo lì in prima linea. Il ministero della Difesa ucraino ha dichiarato sabato che le forze ucraine il giorno prima avevano "respinto più di 100 attacchi nemici" nelle principali zone di combattimento.

04:01

Zelensky, oltre 40 missili su Kharkiv da inizio 2023

"Oltre 40 missili hanno colpito Kharkiv dall'inizio del 2023". Nel suo discorso notturno il presidente Volodymyr Zelensky ha affermato che più di 40 missili hanno colpito la città nord-orientale di Kharkiv dall'inizio dell'anno.

04:33

Due bambini trovano granata e la portano a casa, entrambi feriti

 Due bambini sono rimasti feriti nella regione di Zaporizhia a causa dello scoppio di una granata anticarro che avevano trovato per strada e portato a casa. Lo riferisce l'agenzia Unian citando fonti della polizia locale. I bambini, nati nel 2012 e nel 2019, sono rimasti feriti in una abitazione del villaggio di Novoivanivka. Poco prima avevano portato a casa un oggetto cilindrico allungato sconosciuto, trovato per strada, che è esploso mentre giocavano. "Dopo aver ispezionato la scena e i resti dell'oggetto esplosivo, le forze dell'ordine hanno preliminarmente determinato che si tratta dell'impugnatura di una granata anticarro Rkg-3", si legge nel rapporto. I due bambini hanno riportato lesioni di varia gravità e sono stati portati in ospedale: il più piccolo è stato dimesso mentre il più grande è stato ricoverato.

09:05

Kuleba: "La carenza delle munizioni è il primo problema. Berlino acceleri consegne"

L'Occidente e in particolare la Germania dovrebbero iniziare ad addestrare i piloti ucraini a pilotare moderni aerei da combattimento, anche se la consegna di jet avanzati occidentali non è imminente: lo ha dichiarato il ministro degli Esteri dell'Ucraina, Dmytro Kuleba, in un'intervista al tabloid domenicale tedesco Bild, nella quale ha anche sollecitato i produttori tedeschi ad accelerare la consegna di munizioni all'esercito di Kiev, perché, ha detto, la scarsità di munizioni è al momento il "problema numero uno" nella difesa dall'invasione russa. Kuleba ha detto che alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di febbraio i produttori di armi tedeschi lo hanno rassicurato che le consegne erano pronte, in attesa della firma dei contratti da parte del governo.

09:37

Tajani: "Il 26 aprile faremo evento per ricostruzione Ucraina"

"Il 26 aprile organizzeremo come ministero degli Esteri un grande evento per parlare della partecipazione italiana alla ricostruzione ucraina, puntiamo ai settori di alta tecnologia, infrastrutture, elettrico, il nostro saper fare potrà esser utile all'Ucraina". Lo ha annunciato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a "Il caffè della domenica" su Radio24, assicurando che "l'Italia vuole essere protagonista della ricostruzione dell'Ucraina".

09:40

Kuleba: "Continueremo a difendere Bakhmut"

"Se ci ritirassimo da Bakhmut, cosa cambierebbe? La Russia prenderebbe Bakhmut e poi continuerebbe la sua offensiva contro Chasiv Yar, quindi ogni città dietro Bakhmut potrebbe subire la stessa sorte": lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, affermando che Kiev intende continuare a difendere la città, ritenuta nodo strategico dell'avanzata russa. Lo riporta il Guardian. Alla domanda 'per quanto tempo le forze ucraine potrebbero resistere?', Kuleba ha paragonato la difesa della città a quella di una casa contro un intruso che cerca di ucciderne gli abitanti e di sottrarre loro tutto ciò che possiedono.

10:55

Kiev: "Morti oltre 159mila russi, più di mille nelle ultime 24 ore"

Nella sola giornata di ieri sarebbero stati uccisi 1090 soldati russi, portando a 159.090 il totale dei morti dall'inizio dell'invasione. Lo afferma il bollettino giornaliero dello stato maggiore di Kiev, aggiungendo che ieri sono stati distrutti 8 tank, 7 veicoli corazzati e 4 sistemi d'artiglieria dell'esercito russo.

12:19

Ucraina, Isw: "Zakharova ammette scontri interni nelle èlite"

La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zacharova ha di fatto "confermato che vi sono lotte intestine nei circoli del Cremlino, che il Cremlino ha ceduto il controllo dello spazio informativo russo e che il presidente russo Vladimir Putin apparentemente non riesce a risolvere tutto ciò". E' quanto si legge nel bollettino giornaliero del think tank americano Institute for the Study of War (Isw). L'analisi prende spunto da un intervento di Zacharova ad un forum ieri a Mosca durante il quale la portavoce degli Esteri ha detto che il Cremlino non può riproporre l'appoccio stalinista di controllo centrale dell'informazione interna russa a causa di non meglio specificate lotte fra le "èlite" del Cremlino. Secondo Isw queste dichiarazioni sostengono alcune valutazioni dello stesso think tank sul deterioramento del regime russo e le dinamiche del controllo dello spazio informativo. Ovvero che vi siano "lotte intestine fra membri chiave del circolo ristretto di Putin; che Putin abbia ceduto lo spazio informativo ad una varietà di attori quasi indipendenti; che Putin sia apparentemente incapace di intraprendere un'azione decisiva per riprendere il controllo dello spazio informativo". 

12:46

Mosca: "Su export grano ancora nessun colloquio con noi"

Mosca ha fatto sapere che i rappresentanti russi non hanno ancora preso parte ai negoziati sull'estensione dell'accordo sull'esportazione del grano ucraino attraverso il Mar Nero. "Non ci sono stati negoziati su questo argomento, soprattutto con la partecipazione di rappresentanti russi", ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, precisando che il prossimo round di colloqui si terrà domani a Ginevra tra la delegazione russa e l'alto rappresentante Onu, Rebeca Grynspan.

13:01

L'appello delle madri e delle mogli russe a Putin: "Non mandare nostri uomini al macello"

Diverse mogli e madri russe si sono unite per chiedere al presidente Vladimir Putin di smettere di mandare i loro mariti e figli "al massacro" costringendoli a unirsi a gruppi d'assalto senza un addestramento o rifornimenti adeguati. Lo scrive Cnn online citando un video condiviso dal canale indipendente russo Telegram Sota, in cui le donne affermano che i loro figli o mariti sono stati "costretti a unirsi a gruppi d'assalto" all'inizio di marzo dopo appena quattro giorni di addestramento. Il video mostra le donne con in mano un cartello con  scritto in russo "580 Separate Howitzer Artillery Division", datato 11 marzo 2023. "Mio marito si trova sulla linea di contatto con il nemico", dice una donna nella registrazione, aggiungendo che "i nostri mobilitati vengono inviati come agnelli al macello per assaltare le aree fortificate, cinque alla volta, contro 100 uomini nemici pesantemente armati", pertanto "vi chiediamo di ritirare i nostri uomini dalla linea di contatto e di fornire agli artiglieri armi e munizioni", riferisce ancora la Cnn, precisando di non aver potuto verificare in modo indipendente le affermazioni fatte dal gruppo di donne nel video.

13:15

 Moldavia, nuove manifestazioni anti-governative a Chisinau

Ci sarebbero stati delle tensioni tra la polizia e i manifestanti dell'opposizione filo-russa nel centro di Chisinau, capitale della Moldavia. Secondo le agenzie di stampa russe la polizia ha formato un cordone per bloccare migliaia di manifestanti che volevano raggiungere la piazza centrale e il palazzo del governo. Secondo la Ria Novosti, alcuni manifestanti sarebbero riusciti a sfondarlo. I manifestanti, secondo la Tass, scandiscono slogan come "Abbasso la dittatura", "Abbasso la presidente Maia Sandu".

Sempre secondo le agenzia russe, l'opposizione manifesta a causa degli alti prezzi del gas, che hanno provocato un aumento del prezzo dell'elettricità, del riscaldamento domestico, dei servizi e dei prodotti. 

14:23

Zakharova smentisce affermazioni su lotte intestine élite

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito "false" le notizie secondo cui avrebbe parlato della "lotte intestine tra le elite" in Russia. Lo riferisce la Tass.

14:51

Mosca: "Tre civili uccisi e 9 feriti in bombardamento ucraino"

Tre civili sono stati uccisi e nove sono rimasti feriti a causa del bombardamento ucraino di una stazione degli autobus a Perevalsk, nella regione del Lugansk. Lo riporta Ria Novosti citando l'ufficio di rappresentanza presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento (Jccc) delle questioni relative ai crimini di guerra dell'Ucraina. "Secondo le informazioni preliminari, a seguito del bombardamento della stazione degli autobus Alchevsk AS-1 nella città di Perevalsk, tre civili sono stati uccisi e nove persone sono rimaste coinvolte con ferite di varia entità", ha concluso l'ufficio di rappresentanza.

15:08

Moldavia, polizia smantella rete sovversiva orchestrata da Mosca

La polizia moldava ha annunciato di aver smantellato una rete sovversiva "orchestrata da Mosca". Dopo le perquisizioni, ieri notte 25 uomini sono stati interrogati e sette di loro sono stati arrestati, ha detto ai media il capo della polizia Viorel Cernauteanu. Un agente è riuscito a infiltrarsi nel gruppo guidato da un uomo di nazionalità moldava-russa, ha aggiunto, indicando 10 ore di registrazione video come prova. "Le persone sono arrivate dalla Russia con un ruolo di addestramento molto specifico", ha aggiunto il funzionario. Le autorità moldave hanno affermato di aver agito dopo aver "ricevuto informazioni sull'organizzazione da parte dei servizi speciali russi di azioni destabilizzanti sul nostro territorio tramite manifestazioni". Il partito dell'oligarca filo-russo in fuga, Ilhan Shor, si è nuovamente mobilitato nelle ultime settimane contro il governo filo-europeo, tra le crescenti tensioni tra Mosca e Chisinau, organizzando diverse manifestazioni, secondo il governo pagando i partecipanti.

15:43

Kiev: "28.000 nuovi volontari per la prossima controffensiva"

Circa 28.000 volontari ucraini hanno chiesto di entrare nelle nuove brigate d'assalto che Kiev sta preparando in vista di una controffensiva contro le truppe russe che occupano il suo territorio. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno ucraino, Ihor Klymenko. "Abbiamo già accettato 28 mila domande di volontari", ha spiegato Klymenko in un comunicato in cui spiega che non tutti saranno accettati in queste brigate che agiranno sotto il comando del ministero dell'Interno. "Le unità sono praticamente formate", ha aggiunto il ministro, spiegando che il reclutamento di volontari continua affinchè queste unità abbiano personale di riserva.

16:19

Ucraina, Kiev: "48 attacchi russi in 24 ore sui civili nel Donetsk"

Soltanto nelle ultime 24 ore la Russia ha lanciato 48 attacchi contro civili nella regione del Donetsk, secondo la polizia nazionale ucraina. Lo riporta Ukrinform. Stando a quanto sostiene il Kyiv Independent, la polizia ha detto che sono state attaccate 15 città, tra cui Bakhmut, Kostjantynivka e Avdiivka. Da Mosca avrebbero utilizzato missili S-300, aerei, lanciarazzi multipli Grad e Uragan, artiglieria, mortai e carri armati. Il governatore della regione di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, ha dichiarato nel suo briefing quotidiano che due civili sono stati uccisi e quattro sono rimasti feriti nell'ultimo giorno.

16:28

Ucraina, Kiev: "Le vie di rifornimento a Bakhmut sono ancora funzionanti"

Le rotte logistiche in entrata e in uscita da Bakhmut sono ancora funzionanti, il che significa che "la fornitura di munizioni" alla città assediata è possibile. A riferirlo è un comandante dell'esercito ucraino citato dalla Cnn. "Il meteo impone le sue restrizioni. Ma al momento le rotte logistiche funzionano. La fornitura di munizioni è possibile, sebbene sia difficile. L'evacuazione dei feriti è possibile. È possibile anche la fornitura di rinforzi", ha detto alla televisione locale Mykola Volokhov, capo dell'unità di ricognizione aerea "Terra" dell'Ucraina. Bakhmut ha importanti collegamenti stradali con altre parti della regione di Donetsk; a est fino al confine con Lugansk, a nord-ovest fino a Sloviansk ea sud-ovest fino a Kostiantynivka. Tuttavia una conquista russa avrebbe un significato più simbolico che militare.

16:35

Moldavia, polizia: "Sventato complotto di Mosca, arrestato un cittadino russo"

La polizia moldava ha annunciato di aver sventato un complotto di Mosca per destabilizzare il paese. Lo riferisce il sito NewsMaker. Un cittadino russo entrato nel paese il 9 marzo è stato arrestato, ha detto il capo della polizia Viorel Cernauteanu. Il complotto è stato scoperto da un agente moldavo sotto copertura. L'uomo arrestato, che era già venuto diverse volte in Moldavia, era incaricato dell'addestramento. Gli organizzatori avevano formato dieci gruppi di dieci persone per azioni di destabilizzazione. A tutti i reclutatori, sette dei quali sono stati arrestati, erano stati promessi 10mila dollari per l'organizzazione di rivolte anti governative. Il canale Telegram della polizia moldava ha diffuso anche un video dell'addestramento, registrato con una telecamera nascosta.

16:42

Mosca: "L'accordo del grano deve garantire anche l'export russo"

La parte dell'accordo sul grano che permette le esportazioni del cereale dai porti ucraini è stata finora applicata, mentre continua ad essere bloccata quella relativa alle esportazioni russe, come risultato delle sanzioni occidentali. Lo ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, confermando che domani a Ginevra è in programma un incontro tra una delegazione russa e responsabili dell'Onu su una possibile estensione dell'accordo, che scade il 18 marzo. "La nostra posizione - ha sottolineato la portavoce, citata dall'agenzia Tass - è nota e non cambia". Vale a dire che l'accordo per l'esportazione del grano dai porto ucraini e un memorandum tra Russia e Onu per la normalizzazione delle esportazioni agricole russe "devono essere applicati insieme per risolvere il compito umanitario di mettere fine alla crisi alimentare ed aiutare i Paesi bisognosi in Africa, Asia e America Latina".

16:48

Oltre 50 fermati in Moldavia durante le manifestazioni contro il governo

Oltre 50 persone sono state fermate oggi dalla polizia a Chisinau durante scontri tra la polizia e migliaia di manifestanti anti-governativi che gridavano slogan per le dimissioni della presidente filo-occidentale Maia Sandu. Lo riferisce sul suo canale Telegram la polizia moldava, citata dalle agenzie russe. Marina Tauber, vice capo del partito di opposizione Sor, ha detto che tra i fermati vi è il presidente onorario del partito, Valery Klimenko.

17:17

Zakharova a Kuleba: "Gli italiani non hanno mandato tank in Piemonte come gli ucraini nel Donbass" 

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha attaccato oggi il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba per dichiarazioni riportate nei giorni scorsi da La Repubblica e La Stampa in cui ha criticato gli italiani che chiedono una fine negoziata del conflitto con la cessione di territori ucraini.

In particolare, Zakharova sottolinea una frase in cui Kuleba chiede se gli italiani sarebbero pronti a cedere la Calabria, la Sardegna, il Piemonte o l'Alto Adige. "È un peccato - scrive la portavoce russa sul suo canale Telegram - che il rappresentante del comico (il presidente Volodymyr Zelensky, ndr) non precisi che gli italiani non hanno messo in ginocchio le legittime autorità di quelle regioni, non abbiano mandato carri armati in Piemonte e in Alto Adige e non abbiano espulso dalle loro terre gli abitanti di Sardegna e Calabria".

17:34

La Svizzera rivendica la sua neutralità e dice no alla riesportazione di armi verso Kiev

Il presidente federale svizzero Alain Berset difende la neutralità del paese in merito alla guerra in Ucraina e sottolinea che non significa indifferenza. "Oggi sento questa frenesia bellica in certi ambienti. E sono molto preoccupato per questo. Perché questa sensazione si basa su una visione a breve termine", ha detto Berset al quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung, "cerchiamo di essere presenti ovunque possiamo dare un contributo alla mediazione e alla pace". A proposito della richiesta tedesca di riesportazione delle armi, "la posizione del Consiglio federale è chiara", afferma, "corrisponde anche al mio atteggiamento personale. Le armi svizzere non devono essere utilizzate nelle guerre".

17:51

Forze ucraine: cadaveri di civili nelle strade di Bakhmut

I combattenti ucraini affermano che corpi dei civili giacciono per le strade di Bakhmut, non potendo recuperarli a causa dell'intensità della battaglia che infuria nella città. Parlando a Sky News, Khalid Makiazho, parte di un battaglione ceceno che sostiene l'Ucraina, ha descritto un paesaggio di totale devastazione, continue raffiche di artiglieria e "bombardamenti caotici". 

Secondo Makiazho, i civili rimasti si rifugiano negli scantinati. "Ci sono ancora persone in città, alcune sono molto anziane, ci sono anche cadaveri di civili, stiamo cercando di recuperare i corpi ma non c'è modo di raggiungerli". 

18:48

Georgia, Saakashvili a Sky News: sono vicino alla morte

L'ex presidente della Georgia Mikheil Saakashvili ha detto a Sky News di essere "vicino alla morte" nell'ospedale in cui è stato trasferito dal carcere. L'ex leader sostiene di essere stato avvelenato in prigione, tesi negata dall'attuale governo georgiano, secondo cui le condizioni di salute di Saakashvili sarebbero dovute al fatto che non si è nutrito a sufficienza. "Inizialmente pesavo 120 chilogrammi, ora ne ho 64, se scendo sotto ai 60 i medici prevedono insufficienze multiorgano", ha detto Saakashvili alla domanda su quanto fosse vicino alla morte.

Estratto dell’articolo di Vittorio Sabadin per “il Messaggero” il 12 marzo 2023.

[…] i soldati russi non capiscono per che cosa vanno a morire e disertano in numero sempre maggiore. Dopo l'ultimo arruolamento forzato di 300.000 unità deciso dal Cremlino, […] Da qualche settimana gli strateghi ucraini hanno dato vita al programma "Voglio vivere", istituendo una linea calda che i nemici possono chiamare se decidono di abbandonare i combattimenti. La gestiscono in tutto dieci persone, uomini e donne che hanno studiato psicologia e parlano bene il russo. […]

I dieci operatori della linea calda rispondono da una base segreta superprotetta, perché le diserzioni sono ormai così tante che Putin li considera un obiettivo strategico da eliminare al più presto. Hanno un portavoce, il tenente Vitaly Matvienko, il quale parla pochissimo e quando fa ascoltare una registrazione altera la voce del soldato perché non possa essere riconosciuta.

 […] Gli operatori assicurano a chi chiama che nei loro documenti si scriverà che sono stati catturati e non che si sono arresi volontariamente. Questo è indispensabile nel caso in cui vogliano poi essere mandati a casa in uno scambio di prigionieri. 

La possibilità di utilizzare la linea "Voglio vivere" è stata resa nota attraverso i social, e il sito web del programma ha attirato decine di milioni di visite da tutto il territorio russo. Sul fronte la notizia dell'esistenza della linea calda è stata diffusa con il passaparola o con bigliettini scritti a mano che si possono facilmente ingoiare se si avvicina un ufficiale. Sui social è stato raccomandato ai soldati russi di portare con sé e usare per la chiamata un "flip phone", la versione base di un telefonino, facile da nascondere e non tracciabile come uno smartphone. […]

Da “la Repubblica” il 12 marzo 2023.

La guerra tra Russia e Ucraina diventa anche guerra dei nomi con il presidente Zelensky che incarica il primo ministro Denys Shmygal di studiare la fattibilità della petizione, firmata da 25mila persone, che chiede il cambio del nome Russia in Moscovia, come il granducato medievale con sede nell’attuale capitale che precedette la nascita dell’impero. Si ridimensionerebbe così lo status della Russia da potenza internazionale a piccola entità periferica.

«La Russia esiste solo da 301 anni, dal 22 ottobre 1721, quando lo zar Pietro I di Mosca proclamò il regno di Mosca “Impero russo”», si legge nella petizione. Dura la risposta dell’ex presidente russo Dmitry Medvedev: «Se lo faranno l’Ucraina verrà chiamata “Il sudicio Reich di Bandera», ovvero il nazionalista ucraino anti-russo che durante l’invasione nazista dell’Urss si alleò con Hitler. Per Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, è «un’altra prova del tentativo di fare dell’Ucraina una anti-Russia».

Da corriere.it il 12 marzo 2023.

Stando al bollettino giornaliero del think tank americano Institute for the Study of War (Isw), Maria Zacharova, portavoce del ministro degli Esteri, avrebbe di fatto confermato che all’interno dei circoli del Cremlino esistono «lotte intestine». che «il Cremlino ha ceduto il controllo dello spazio informativo russo» e che «Putin apparentemente non riesce a risolvere tutto ciò».

 La portavoce degli Esteri, in occasione di un forum tenutosi a Mosca, avrebbe detto che il Cremlino non può riproporre l’approccio stalinista di controllo centrale dell’informazione interna russa a causa di non meglio specificate lotte fra le «elite» del Cremlino.

Secondo Isw queste dichiarazioni sostengono alcune valutazioni dello stesso think tank sul deterioramento del regime russo e le dinamiche del controllo dello spazio informativo. Ovvero che vi siano «lotte intestine fra membri chiave del circolo ristretto di Putin; che Putin abbia ceduto lo spazio informativo ad una varietà di attori quasi indipendenti; che Putin sia apparentemente incapace di intraprendere un’azione decisiva per riprendere il controllo dello spazio informativo».

 Secondo l’Isw, non è chiaro perché Zacharova si sia spinta a fare queste affermazioni, ma è possibile che abbia voluto «ridurre le aspettative dei blogger militari nazionalisti sulle capacità del Cremlino di dare coerenza ad una narrativa unica e forse anche una politica unificata».

L’agenzia Tass riferisce che Maria Zacharova, portavoce del ministro degli Esteri, avrebbe provato a smentire le voci che la vedrebbero responsabile di aver raccontato di «lotte intestine» ai vertici del Cremlino. La Isw aveva parlato di un resoconto di Zacharova a margine di un evento a Mosca nel quale la portavoce si era sbilanciata spiegando che Putin non riuscirebbe a risolvere i conflitti tra i vertici del suo cerchio magico.

Cremlino tra faide e veleni. "Lotte nel cerchio di Putin". Matteo Basile il 13 Marzo 2023 su Il Giornale.

Il think tank Usa: Zakharova ammette divisioni. Lei: "Falso". Moldavia, caos e arresti: sventato golpe russo

Che qualcosa stesse pesantemente scricchiolando all'interno dell'establishment russo è cosa nota da tempo, al di là delle smentite di facciata. Non solo il palese scontro tra il generale Gerasimov e Prigozhin per il controllo dell'esercito, impossibile da negare. Ma al netto delle purghe e dei giri di vite che dalle parti del Cremlino non mancano mai, sono in molti nel cerchio magico putiniano a non essere d'accordo con la linea ufficiale. E ora l'istituto americano per lo studio della guerra racconta che anche la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha di fatto confermato che vi sono lotte intestine nei circoli del Cremlino, che il Cremlino ha ceduto il controllo dello spazio informativo russo e che il presidente russo Vladimir Putin apparentemente non riesce a risolvere la situazione.

Ovviamente la Zakharova ha definito «false» le notizie del think tank ma il personaggio si conosce. Sempre in prima linea nell'accusare chiunque, nell'attaccare tutti, da leader a interi governi, con toni polemici e spesso violenti. Pronta a difendere l'indifendibile e a negare anche la realtà più palese in nome della (sua) ragion di Stato. Ma proprio lei avrebbe detto «che il Cremlino non può riproporre l'approccio stalinista di controllo centrale dell'informazione», a causa di non meglio specificate «lotte fra le èlite». Ennesima conferma di un caos interno difficile da gestire, anche a causa di un conflitto che in pochissimi volevano realmente portare avanti. Non solo ai piani alti del Cremlino ma anche, e forse soprattutto, tra la popolazione civile.

Dopo le fughe dalla Russia di migliaia di uomini per sfuggire all'arruolamento, ieri numerose mogli e madri russe si sono unite per chiedere a Putin di smettere di mandare i loro mariti e figli «al massacro», obbligandoli a unirsi all'esercito senza un addestramento o rifornimenti adeguati. In un video, una delle donne racconta che suo marito si trova in prima linea e accusa: «I nostri mobilitati vengono inviati come agnelli al macello per assaltare le aree fortificate, cinque alla volta, contro 100 uomini», chiedendo che gli uomini vengano ritirati dal fronte o quantomeno equipaggiati a dovere. Scarso, quasi nullo, il gradimento per la Russia anche oltre confine, specialmente in Georgia e Moldavia dove ieri ci sono stati ancora momenti di tensioni in piazza tra la polizia e manifestanti filo-russi nel centro di Chisinau con più di 50 persone fermate. Da tempo agitatori vicini a Mosca stanno mettendo sotto pressione il governo, tanto che proprio ieri la polizia ha comunicato di aver smantellato una rete sovversiva «orchestrata da Mosca».

Un uomo arrivato dalla Russia, accusato di essere un addestratore di manifestanti, è stato arrestato. Altri 25 sono stati interrogati e sette di loro sono finiti in manette grazie al lavoro di un agente infiltrato. Le autorità hanno riferito di aver ricevuto informazioni dettagliate sul gruppo che voleva creare «azioni destabilizzanti sul nostro territorio tramite manifestazioni». Intanto prosegue senza sosta la battaglia di Bakhmut, con la città spezzata in due tra i mercenari della Wagner e la resistenza ucraina che denuncia numerosi cadaveri di civili nelle strade. «Se ci ritirassimo la Russia prenderebbe Bakhmut e poi continuerebbe la sua offensiva», ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, tornando a chiedere all'Occidente di accelerare il rifornimento di armi e munizioni per continuare la difesa del territorio.

(ANSA il 12 marzo 2023) Diverse mogli e madri russe si sono unite per chiedere al presidente Vladimir Putin di smettere di mandare i loro mariti e figli "al massacro" costringendoli a unirsi a gruppi d'assalto senza un addestramento o rifornimenti adeguati. Lo scrive Cnn online citando un video condiviso dal canale indipendente russo Telegram SOTA, in cui le donne affermano che i loro figli o mariti sono stati "costretti a unirsi a gruppi d'assalto" all'inizio di marzo dopo appena quattro giorni di addestramento.

Il video mostra le donne con in mano un cartello con scritto in russo "580 Separate Howitzer Artillery Division", datato 11 marzo 2023. "Mio marito... si trova sulla linea di contatto con il nemico", dice una donna nella registrazione, aggiungendo che "i nostri mobilitati vengono inviati come agnelli al macello per assaltare le aree fortificate, cinque alla volta, contro 100 uomini nemici pesantemente armati", pertanto "vi chiediamo di ritirare i nostri uomini dalla linea di contatto e di fornire agli artiglieri armi e munizioni", riferisce ancora la Cnn, precisando di non aver potuto verificare in modo indipendente le affermazioni fatte dal gruppo di donne nel video.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 13 marzo.

La Repubblica. Media: Xi vede Putin, poi parlerà con Zelensky. Tajani. "Molti migranti da zone controllate da Wagner". Mosca, estensione accordo sul grano per 60 giorni

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che le forze russe hanno subito più di 1.100 morti negli ultimi giorni. Lukashenko oggi a Teheran. Kirill al Papa: "Il dialogo religioso può dare buoni risultati"

Continua a infuriare la battaglia a Bakhmut, dove i corpi di molti civili giacciono nelle strade e non possono essere recuperati dai combattenti ucraini. Le forze ucraine controllano la parte occidentale della città in rovina e quasi deserta, mentre il gruppo russo Wagner controlla la maggior parte della zona est - riferiscono fonti dell'intelligence britannica riportate dai media locali - con la linea del fronte sul fiume Bakhmutka che taglia in due la città. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che le forze russe hanno subito più di 1.100 morti negli ultimi giorni combattendo lungo la sezione di Bakhmut della linea del fronte. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato che le sue forze hanno ucciso più di 220 militari ucraini nelle ultime 24 ore.

Punti chiave

19:20

Prigozhin insulta Crosetto, "non ci occupiamo di migranti"

17:10

Mosca, estensione accordo sul grano solo per 60 giorni 

15:45

Tajani, molti migranti da zone controllate da Wagner

13:10

Iniziato a Ginevra l'incontro Russia-Onu per il rinnovo dell'accordo sul grano in Ucraina

12:41

Wall Street Journal: Xi vuole avere incontro online con Zelensky dopo la visita a Mosca

12:00

Il Cremlino non conferma che il presidente cinese Xi visiterà Mosca la prossima settimana: "Vi faremo sapere"

09:45

Kiev e Wagner: "Scontri per il controllo del centro di Bakhmut"

08:41

Xi Jinping visiterà Mosca la prossima settimana

08:32

Russia, Patrushev: "Dubbi che gruppi pro ucraini abbiano fatto saltare Nord Stream 2"

08:08

Lukashenko in visita ufficiale in Iran. Oggi incontri con Raisi e Khamenei

23:59

Confermata l'identità del soldato ucciso nel video

I servizi di sicurezza ucraini hanno confermato l'identità del soldato la cui fucilazione è stata ripresa in un video diventato virale, dopo che diverse fonti ufficiali avevano fornito due nomi diversi. "Gli investigatori (SBU) hanno stabilito che il soldato ucraino colpito era un cecchino del 163  battaglione della 119  brigata di difesa territoriale della regione di Chernihiv, Oleksander Igorovich Matsievskiy", hanno annunciato gli investigatori in un comunicato.

00:18

Parigi 2024: Lituania, stop a russi a Giochi a livello mondiale

Il parlamento della Lituania (Seimas), dopo aver votato all'unanimità di chiedere al Comitato Olimpico Internazionale (Cio) di bandire gli atleti russi e bielorussi dalle Olimpiadi di Parigi 2024 fino al termine della guerra in Ucraina, attraverso la sua presidente Viktoria Cmilyte-Nielsen si è rivolto al resto del mondo.

"Chiediamo ai parlamenti di tutti i Paesi del mondo di esprimere la loro chiara e forte opposizione a qualsiasi proposta, iniziativa, progetto o qualsiasi altra azione volta a consentire agli atleti e ai funzionari sportivi russi e bielorussi di partecipare ai Giochi olimpici o a qualsiasi altro evento internazionale competizioni sotto una bandiera neutrale", ha affermato Cmilyte-Nielsen. A Praga, il Senato della Repubblica Ceca con una risicata maggioranza (67 a 63) ha indirizzato il Comitato olimpico nazionale, qualora interpellato dal Cio, di non consentire la partecipazione di atleti russi e bielorussi alle Olimpiadi di Parigi.

"È impensabile che un Paese che ha provocato una guerra promuova il suo regime attraverso i suoi atleti", ha detto il vicepresidente del Senato, Jirì Ruzcka. Il Comitato Olimpico Internazionale sta completando una serie di "esplorazioni" atte a trovare una soluzione nella totale neutralità e senza alcun inno, bandiera o colore della Nazione, di far partecipare gli atleti con passaporto russo e bielorusso alle qualificazioni per i Giochi olimpici del 2024 nella capitale francese.

00:31

Rapporto Sipri: con guerra Ucraina raddoppiate importazioni armi in Ue nel 2022

Secondo un rapporto dell'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri) le importazioni di armi in Europa sono quasi raddoppiate nel 2022, grazie alle massicce forniture all'Ucraina, che è diventata la terza destinazione mondiale.

Con un'impennata del 93% rispetto all'anno precedente, le importazioni sono aumentate anche a causa dell'aumento della spesa militare da parte di diversi Stati europei come la Polonia e la Norvegia, che si prevede accelererà ulteriormente, secondo lo studio di riferimento.

"L'invasione ha davvero causato un'impennata significativa della domanda di armi in Europa, che non ha ancora mostrato tutta la sua forza e che con ogni probabilità porterà a un ulteriore aumento delle importazioni", ha dichiarato Pieter Wezeman, co-autore del rapporto annuale da oltre tre decenni.

06:38

Isw, Putin a caccia di capri espiatori

 Il presidente Vladimir Putin è alla ricerca di capri espiatori per i fallimenti della Russia nel conflitto in Ucraina: lo scrive l'Istituto per lo studio della guerra (Isw) nel suo aggiornamento quotidiano. Lo riporta Rbc.

Secondo gli analisti del centro studi statunitense, Putin sta usando le pesanti perdite del Gruppo Wagner, oltre alle notizie sul basso morale delle truppe e sui crimini di guerra, per distrarre il pubblico da problemi forse maggiori nell'esercito del Paese

07:14

Quattro missili abbattuti su oblast russo di Belgorod, un ferito

Le forze russe hanno abbattuto quattro missili sulla regione russa di di Belgorod, si conta almeno una persona ferita. "Ci sono anche danni da detriti di razzi in due edifici residenziali", ha dichiarato su Telegram il governatore dell'oblast Vyacheslav Gladkov.  Sul luogo dell'attacco - riferisce il Kiev Independent - sono già arrivati i servizi di emergenza. Il governatore non ha fornito ulteriori informazioni né chiarito se i missili fossero di origine ucraina o armi russe che avevano deviato dalla traiettoria. Belgorod confina con l'oblast di Kharkiv in Ucraina ed è stata spesso presa di mira dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.

08:08

Lukashenko in visita ufficiale in Iran. Oggi incontri con Raisi e Khamenei

Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko è arrivato ieri sera a Teheran per la sua terza visita di Stato nel Paese: lo ha reso noto il suo servizio stampa, come riportano i media internazionali. Lukashenko incontrerà il presidente iraniano Ebrahim Raisi, con il quale discuterà l'attuazione di progetti nei settori dell'industria, dell'agricoltura, dei trasporti e della logistica. Durante la sua visita, Lukashenko incontrerà anche la Guida suprema dell'Iran Ali Khamenei e alcuni alti funzionari governativi e parlamentari. I colloqui verteranno sulla cooperazione commerciale ed economica e dovrebbero portare alla definizione di una roadmap di cooperazione tra i due Paesi.

08:32

Russia, Patrushev: "Dubbi che gruppi pro ucraini abbiano fatto saltare Nord Stream 2"

Il segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione russa Nicolaj Patrushev ha detto in dichiarazioni riportate da Interfax che la Russia dubita che siano stati gruppi "pro-ucraini" a sabotare il gasdotto Nord Stream 2, come suggerisce un'inchiesta del New York Times. Patrushev ha aggiunto che la Russia al momento non sa chi siano i responsabili. 

08:41

Xi Jinping visiterà Mosca la prossima settimana

Fonti locali confermano a Reuters che il presidente cinese Xi Jinping intende visitare la capitale Russa la prossima settimana per incontrare il presidente Vladimir Putin. Xi ha concluso oggi i lavori dell'Assemblea Nazionale con un dicorso incentrato sulla sicurezza e la potenza dell'esercito. 

09:23

Nazionalista Girkin: "I russi hanno fallito campagna invernale"

"I russi hanno fallito la campagna invernale in Ucraina. I successi rimangono a livello tattico. Lo ha detto l'ex ministro della Difesa dell'autoproclamata Repubblica del Donetsk (Dpr) Igor Girkin, soprannominato "Strelkov-il fuciliere o sparatutto", commentando la situazione al fronte, citato dai media ucraini. A Bakhmut, l'avanzamento delle unità Wagner è insignificante, "durante la campagna invernale, le forze armate russe non sono state in grado di ottenere alcun successo al di là della tattica", ha osservato Girkin. E si è detto sicuro che la "controffensiva" delle forze ucraine a Bakhmut non avverrà.

09:45

Kiev e Wagner: "Scontri per il controllo del centro di Bakhmut"

Si combatte duramente per il controllo del centro di Bakhmut, la cittadina nel settore orientale dell'Ucraina in posizione strategica e dove si combatte da mesi. La recrudescenza degli scontri per il controllo della città è confermata dall'esercito ucraino ("I russi avanzano da varie direzioni" verso "i quartieri centrali"). Anche Yevgeny Prigozhin, il capo e fondatore del gruppo di mercenari russi Wagner, in mattinata aveva detto che la situazione a Bakhmut "è molto difficile". "Tanto più ci avviciniamo al centro, tanto più duri sono gli scontri". Entrambi le parti considerano la conquista di Bakhmut determinante per il futuro della battaglia nel Donbass.

09:54

Il premier polacco accusa l'intelligence russa: "Ha corrotto il Parlamento europeo"

Non solo Qatar e Marocco. Anche la Russia avrebbe cercato di influenzare le decisioni del Parlamento Europeo, corrompendone alcuni dei suoi membri. Lo rivela il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, in un'intervista al portale i.pl e ripresa dall'agenzia di stampa polacca Pap. Il ministero dell'Interno polacco "rivelerà presto documenti" che mostrano come "i servizi segreti russi abbiano corrotto membri del Parlamento europeo", ha detto il premier, aggiungendo che le informazioni riguardavano diversi eurodeputati, ma nessuno di nazionalità polacca.

10:26

Kirill al Papa: "Il dialogo religioso può dare buoni risultati"

Il Patriarca della Chiesa ortodossa russa, Kirill, ha sottolineato l'importanza del dialogo tra i leader religiosi nelle sue congratulazioni a Papa Francesco per il decimo anniversario del suo pontificato. "In questi tempi difficili, il dialogo tra i leader religiosi può portare buoni risultati e unire le persone di buona volontà per 'guarire le ferite'", si legge nelle congratulazioni pubblicate sul sito della Chiesa ortodossa russa. Il capo della Chiesa russa ha assicurato che, nelle circostanze attuali, Papa Francesco dà un contributo "significativo" come predicatore del Vangelo e promuove l'interazione interreligiosa. "Il patriarca Kirill - conclude la nota - ha augurato a Papa Francesco buona salute, pace spirituale e l'aiuto interminabile di Gesù Cristo nella sua opera".

10:31

Ankara: "Ottimisti sul rinnovo dell'accordo del grano"

C'è ottimismo ad Ankara sulla possibilità che Russia e Ucraina estendano l'accordo che consente il passaggio sicuro di grano ucraino attraverso il Mar Nero. E' previsto infatti per oggi un incontro a Ginevra tra rappresentanti di Russia e Nazioni Unite.  Proprio l'Onu ha sottolineato l'importanza del dialogo, da cui dipende "il destino di milioni di persone". Sull'incontro è intervenuto il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, uno degli artefici del primo accordo siglato lo scorso luglio, dicendosi ottimista rispetto all'eventualità di un'estensione

11:12

Cremlino, Putin potrebbe andare a vertice G20 a New Delhi

Il presidente russo Vladimir Putin "non esclude" di partecipare al vertice del G20 a New Delhi in settembre, "ma la decisione non è stata ancora presa". Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall'agenzia Interfax.

11:24

Cremlino: "Il Papa a Mosca? Aspettiamo le dichiarazione del Vaticano"

"Dobbiamo aspettare una dichiarazione del Vaticano". Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov sulla possibilità di un viaggio di Papa Francesco a Mosca. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. Sabato il Pontefice aveva ribadito di essere pronto ad "andare a Kiev, ma a "condizione di andare a Mosca". "Vado in entrambi i posti o in nessuno dei due", aveva detto Francesco.

11:39

Cremlino: Putin potrebbe andare al G20 in India

Il Cremlino non esclude che il presidente russo, Vladimir Putin, possa recarsi in India per il summit del G20 in programma a Nuova Delhi per il 9 e 10 settembre. Lo riporta l'agenzia di stampa russa Ria Novosti. "Non può essere escluso. La Russia continua a partecipare a pieno titolo al formato del G20 e intende continuare a farlo. Ma non è stata ancora presa alcuna decisione", ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, rispondendo a una domanda sulla partecipazione di Putin al summit.

12:00

Il Cremlino non conferma che il presidente cinese Xi visiterà Mosca la prossima settimana: "Vi faremo sapere"

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov non ha confermato la visita del presidente cinese Xi Jinping a Mosca la prossima settimana, aggiungendo che "al momento non ho nulla da dire su questo argomento. Di norma, gli annunci di visite ufficiali all'estero sono coordinati simultaneamente e di comune accordo tra le parti. Vi faremo sapere".

12:18

Cremlino sull'Oscar al documentario "Navalny": "A Hollywood c'è politicizzazione"

"Non posso giudicare le qualità di questo documentario perché non l'ho visto, ma mi permetto di pensare che ci sia una certa dose di politicizzazione" nella scelta della giuria. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, sull'assegnazione dell'Oscar al documentario Navalny del regista canadese Daniel Roher, dedicato all'oppositore russo. "Anche Hollywood a volte non esclude l'elemento della politicizzazione nel suo lavoro, succede", ha sottolineato Peskov, citato dall'agenzia Ria Novosti.

12:41

Wall Street Journal: Xi vuole avere incontro online con Zelensky dopo la visita a Mosca

Il presidente cinese Xi Jinping intende avere un incontro online con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per la prima volta dall'inizio della guerra in Ucraina più di un anno fa. Lo scrive il Wall Street Journal citando fonti ben informate e confermando l'intenzione di Xi di recarsi a Mosca la prossima settimana per incontrare il leader del Cremlino Vladimir Putin. Il colloquio online tra Xi e Zelensky dovrebbe avvenire, scrive il Wsj, "presumibilmente dopo" la visita del presidente cinese in Russia.

13:10

Iniziato a Ginevra l'incontro Russia-Onu per il rinnovo dell'accordo sul grano in Ucraina

Incontro oggi a Ginevra di alti funzionari russi e delle Nazioni Unite per discutere il rinnovo dell'accordo sulle esportazioni di grano ucraino, che scade il 18 marzo. I colloqui si svolgono presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra e la delegazione russa è guidata dal vice ministro degli Esteri Sergei Verchinin. Ai colloqui dovrebbe partecipare anche il Segretario generale della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (UNCTAD), Rebeca Grynspan. La rappresentanza russa alle Nazioni Unite ha confermato l'inizio dell'incontro poco dopo l'arrivo di Griffiths.

La scorsa settimana, il capo della diplomazia russa Sergei Lavrov ha definito "complicati" i negoziati per estendere l'accordo che ha permesso la ripresa delle esportazioni di grano ucraino nonostante l'invasione del Paese. L'accordo, vitale per le forniture alimentari globali, ha finora permesso l'esportazione di oltre 24 milioni di tonnellate di grano dai porti ucraini, secondo le Nazioni Unite.

La scorsa settimana l'Ucraina ha chiesto sforzi internazionali per mantenere aperte le rotte del Mar Nero utilizzate per il trasporto del grano e il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato al G20 di inizio marzo che la Russia dovrebbe rinnovare l'accordo. La Russia, da parte sua, sostiene che la parte dell'accordo che avrebbe dovuto consentirle di esportare fertilizzanti senza sanzioni occidentali non viene pienamente rispettata.

13:44

Il regista Lisovsky ha lasciato la Russia dopo due arresti 

Il regista teatrale e drammaturgo Vsevolod Lisovsky ha lasciato la Russia dopo essere stato arrestato due volte per 15 giorni con l'accusa di "mancato rispetto di ordini della polizia": lo ha riferito la figlia Eva alla testata online Meduza. A maggio e a settembre, Lisovsky era stato fermato due volte durante uno spettacolo basato sull'opera teatrale "Terrore e miseria del terzo Reich" di Bertolt Brecht. Al regista, che ha vinto due volte il premio del teatro russo "Maschera dorata", a novembre era stata inoltre inflitta una multa di 50mila rubli (circa 600 euro) con l'accusa di "discredito" delle forze armate per una pubblicazione su internet contro la guerra in Ucraina.

14:18

L'ex colonnello russo Igor Girkin: "L'avanzata russa a Bakhmut è insignificante"

"L'avanzata delle unità Wagner e delle forze russe a Bakhmut è stata insignificante". È quanto scrive sul proprio canale Telegram l'ex colonnello russo in pensione Igor Girkin, commentando la situazione al fronte. Lo riporta Unian. "Per quanto riguarda il 'contrattacco' ampiamente pubblicizzato dalle forze armate ucraine vicino alla città", aggiunge Girkin, "sono praticamente certo che si tratti di una 'bufala', altrimenti non sarebbe stata annunciata al mondo dai comandanti militari ucraini". Secondo Girkin, una controffensiva è inutile per l'Ucraina, che ha "già saldamente in mano metà di Bakhmut" e la loro è stata una riuscita "battaglia di logoramento e di guadagno di tempo".

14:44

Kiev: razzi contro scuola, morta una donna nel Donetsk

Le forze russe hanno lanciato razzi contro una scuola ad Avdiivka, nel Donetsk, e una residente locale è stata uccisa. Lo ha riferito su Telegram il capo dell'ufficio del Presidente, Andriy Yermak, scrive Ukrinform. "I russi hanno sparato due razzi contro la scuola di Avdiivka. Una donna del posto è morta", ha scritto Yermak.

15:09

Russia: verso l'aumento dell'età del servizio di leva fino a 30 anni

Alla Duma - il ramo basso del Parlamento russo - è stato presentato un disegno di legge che prevede di spostare l'età della chiamata al servizio di leva dalla fascia 18-27 anni a quella 21-30 anni. Ma mentre l'età massima verrebbe portata subito a 30 anni, quella minima verrebbe fatta salire solo gradualmente dai 18 ai 21. Di conseguenza, stando a una griglia pubblicata da Novaya Gazeta Europa, nel 2024 potrebbero essere chiamati alle armi uomini dai 19 ai 30 anni, nel 2025 dai 20 ai 30 anni e solo nel 2026 dai 21 ai 30 anni. Nei due anni di transizione in pratica sarebbero chiamabili più classi di leva del consueto. In ogni caso, stando alla proposta di legge, i cittadini maggiorenni che volessero prestare servizio prima dei 21 anni potranno farlo. Gli autori del disegno di legge affermano di voler "garantire che i cittadini ricevano sia un'istruzione secondaria generale che un'istruzione secondaria professionale o superiore".

15:31

Ucraina: Onu conferma 8 mila civili morti e 14 mila feriti

Il numero confermato di vittime civili della guerra lanciata dalla Russia in Ucraina, tra morti e feriti, è di 21.965, lo ha dichiarato oggi l'Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Il numero di civili uccisi è di 8.231, mentre il numero di feriti tra la popolazione non militare è di 13.734, anche se ancora una volta è stato sottolineato che queste cifre sono conservative e includono solo i casi che sono stati documentati utilizzando la rigorosa metodologia utilizzata dalle Nazioni Unite in situazioni di questo tipo. L'agenzia, che segue le vittime civili dall'inizio dell'invasione russa, ha indicato che la maggior parte delle vittime (6.372) è stata registrata nelle aree controllate dal governo ucraino, dove 11.247 persone sono rimaste ferite negli attacchi. Nel frattempo, 4.346 persone (1.859 morti e 2.487 feriti) sono state vittime della guerra nelle regioni ucraine occupate dai russi. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, marzo 2022 è stato il mese in cui sono stati uccisi più civili in questa guerra, e da allora la tendenza è in calo. La principale causa di morte è la detonazione di armi esplosive ad ampio raggio, seguita da mine e residuati bellici.

15:39

Russia: iniziato il processo contro l'oppositore Kara-Murza

E' iniziato in Russia il processo a porte chiuse contro l'oppositore Vladimir Kara-Murza, accusato di "alto tradimento" e di altri reati in un procedimento penale ritenuto di palese matrice politica: lo riporta l'Afp. Secondo Radio Liberty, Kara-Murza, figura di spicco dell'opposizione, rischia fino a 24 anni di reclusione. Il 41enne dallo scorso aprile si trova in carcere perché accusato di diffusione di "informazioni false" sull'esercito russo sulla base di una nuova legge che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di informazioni sulle forze armate che dovessero essere ritenute "false" dalle autorità.

15:45

Tajani, molti migranti da zone controllate da Wagner

"La questione immigrazione non può essere soltanto un tema italiano": lo ha detto il ministro degli esteri Antonio Tajani al termine dell'incontro con il premier Benjamin Netanyahu a Gerusalemme. "Ho trovato - ha aggiunto - grande comprensione per quello che sta accadendo in Italia riguardo all'immigrazione da parte di Netanyahu". Il ministro ha poi sottolineato "la preoccupazione" sul fatto che "molti migranti arrivano da aree controllate dal gruppo Wagner. Non vorrei ci fosse un tentativo di spingere migranti verso l'Italia".

15:50

 Putin vede Kadyrov,"grazie per contributo tuoi soldati" 

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ricevuto al Cremlino il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, lodando l'operato dei suoi soldati in Ucraina. "Vedo come i tuoi uomini stanno combattendo nella zona dell'operazione militare speciale. A loro vanno le nostre parole migliori, grazie mille da parte nostra", ha detto Putin. Da parte sua Kadyrov ha assicurato a Putin che i soldati ceceni non lo deluderanno. "Non ho dubbi", ha risposto il leader russo.

16:26

Sindaco Melitopol, Wagner recluta residenti per battaglia a Bakhmut

Il gruppo mercenario Wagner ha iniziato a reclutare i residenti di Melitopol, nella regione di Zaporizhzhia, per combattere a Bakhmut. Lo afferma il sindaco ucraino Ivan Fedorov, alla tv nazionale ucraina, come riporta il Kyiv Indipendent. Fedorov, che si trova nel territorio controllato dall'Ucraina e riferisce in base a fonti in città, ha detto che le truppe russe stanno offrendo ai residenti di Melitopol 200mila rubli (circa 2.480 euro) al mese per combattere per Mosca a Bakhmut.

16:45

Mosca, "due donne uccise in bombardamento ucraino nel Donetsk"

Due donne sono rimaste uccise e una ragazza di 14 anni ferita in un bombardamento ucraino avvenuto oggi pomeriggio nella regione di Donetsk. Lo riferisce l'agenzia russa Ria Novosti citando il locale Comitato investigativo russo. Alcuni razzi lanciati dalle forze ucraine, precisa la fonte, si sono abbattuti su Volnovakha, un centro situato una cinquantina di chilometri a sud del capoluogo Donetsk, considerata strategica perché qui passano la strada principale e la ferrovia che dalla stessa Donetsk portano verso Mariupol, sulla Costa del Mar d'Azov. Un giornalista della Ria Novosti sul posto ha detto che è stato colpito anche un edificio dove si trova un supermercato.

16:47

 Consiglio Ue proroga sanzioni alla Russia

Il Consiglio Ue ha deciso oggi di prorogare per altri sei mesi, fino al 15 settembre 2023, le misure restrittive nei confronti dei responsabili di aver minato o minacciato l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina. Le misure esistenti prevedono restrizioni di viaggio per le persone fisiche, il congelamento dei beni e il divieto di mettere fondi o altre risorse economiche a disposizione delle persone ed entità elencate. Le sanzioni continueranno ad essere applicate a 1.473 persone fisiche e 205 entità, molte delle quali sono state prese di mira in risposta all'aggressione militare ingiustificata e non provocata della Russia contro l'Ucraina.

17:07

Russia: "tentò incendiare centro reclute", 8 anni reclusione

Un tribunale militare russo ha condannato a otto anni di reclusione un abitante di Uglich - città di 35.000 abitanti nella regione di Yaroslavl - con l'accusa di aver tentato di incendiare un centro di reclutamento: lo scrive il quotidiano Kommersant citando l'ufficio stampa dei servizi di sicurezza russi (Fsb). Secondo gli investigatori, l'uomo sarebbe stato arrestato lo scorso luglio vicino a un centro di reclutamento con diverse bottiglie molotov. Due settimane fa un tribunale militare russo ha condannato a sette anni di reclusione un giovane di 21 anni di Vladivostok, nell'estremo oriente russo, con l'accusa di aver incendiato a giugno un ufficio di reclutamento.

17:10

Mosca, estensione accordo sul grano solo per 60 giorni 

Mosca è favorevole a prolungare l'accordo per l'esportazione del grano dai porti ucraini sul Mar Nero ma "solo per 60 giorni". Lo ha detto il vice ministro degli Esteri Vershinin, che ha guidato la delegazione russa ai colloqui a Ginevra con rappresentanti dell'Onu. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. Un'estensione di più lungo periodo,

ha aggiunto Vershinin, potrà essere presa in considerazione da Mosca se verranno tolti gli ostacoli alla sua esportazione di prodotti agricoli. Fino ad oggi, ha sottolineato il vice ministro, la revoca delle sanzioni su questi prodotti annunciata dagli Usa, dalla Ue e dalla Gran Bretagna, non sta funzionando.

17:44

Media, Cpi pronta a mandati d'arresto per crimini guerra

La Corte penale internazionale sta programmando la richiesta di arresto di funzionari russi per la deportazione forzata di bambini dall'Ucraina e per aver preso di mira le infrastrutture civili, in quelli che sarebbero i primi casi di crimini di guerra derivanti dall'invasione di Mosca. Lo riporta il sito di Reuters citando una non precisata fonte.

La fonte ha affermato che i mandati di arresto potrebbero includere il reato di genocidio e dovrebbero arrivare a "breve termine" se approvati da un giudice delle indagini preliminari presso il tribunale dell'Aja

18:15

Gruppo Wagner, vicini a interrompere forniture Kiev a Bakhmut

Le forze russe a Bakhmut sono a tre chilometri dalla ferrovia che porta rifornimenti alle truppe ucraine. Lo afferma un combattente del battaglione Wagner, come riporta Ria Novosti. Le forze si stanno avvicinando alla ferrovia e presto riusciranno a interrompere le forniture che dall'esterno arrivano ai soldati ucraini. Il combattente ha aggiunto che le forze russe stanno avanzando a nord-ovest della cittadina.

18:28

Russia: iniziato processo a Kara-Murza, oppositore si dichiara innocente

E' iniziato oggi in un tribunale di Mosca il processo all'oppositore Vladimir Kara-Murza. L'uomo rischia una condanna fino a 20 anni di carcere per "tradimento" e "diffusione di notizie false sull'esercito". Kara-Murza, come spiegato dalla sua legale Maria Eismont a Ria Novosti, si è dichiarato non colpevole. La prossima udienza si terrà il 16 marzo.

 18:37

Germania, completato addestramento soldati ucraini su Leopard

Dopo diverse settimane di addestramento intensivo in Germania, i soldati ucraini sono ora pronti a usare i carri armati Leopard 2 in combattimento. Come riportano i media tedeschi, alla fine del loro corso, gli equipaggi si sono esercitati in manovre di attacco e ripiegamento, con munizioni vere, nell'area di addestramento militare di Bergen in Bassa Sassonia. Dopo l'addestramento, gli esercizi sul simulatore, l'addestramento al combattimento sul campo e il tiro al bersaglio, gli equipaggi sono ora pronti per condurre scontri a fuoco in modo indipendente con il moderno sistema d'arma, ha spiegato il generale di brigata Björn Schulz, comandante della scuola di truppe di carri armati a Munster, in Bassa Sassonia.

19:20

Prigozhin insulta Crosetto, "non ci occupiamo di migranti"

"Crosetto dovrebbe guardare meno in altre direzioni e occuparsi dei suoi problemi, che probabilmente non è riuscito a risolvere. Noi non siamo al corrente di ciò che sta succedendo con la crisi migratoria, non ce ne occupiamo, abbiamo un sacco di problemi nostri di cui occuparci". Lo afferma il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin, rispondendo al ministro della Difesa, che ha accusato la compagnia privata russa di attuare una 'guerra ibrida' favorendo la migrazione dai Paesi africani dove è presente. Prigozhin definisce Crosetto 'mudak', un termine che in russo corrisponde a un pesante insulto.

19:38

Casa Bianca, abbiamo incoraggiato Xi a contattare Zelensky

Gli Usa hanno incoraggiato il leader cinese Xi Jinping a contattare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Lo ha annunciato il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ai reporter al seguito di Joe Biden. 

 20:19

Kiev: "Decisione russa su export grano contraddice accordo"

Il ministro ucraino delle Infrastrutture, Oleksandr Kubrakov, ha criticato la decisione annunciata dal governo russo di prorogare l'accordo sull'export di grano solo per 60 giorni, sostenendo che sia contraria ai termini dell'intesa. "L'accordo prevede almeno 120 giorni di estensione, quindi la posizione della Russia di prorogare l'accordo solo per 60 giorni contraddice il documento firmato dalla Turchia e dalle Nazioni Unite", ha dichiarato su Twitter Kubrakov, aggiungendo che "stiamo aspettando la posizione ufficiale delle Nazioni Unite e della Turchia in quanto garanti dell'iniziativa".

20:49

Ucraina: potranno rimanere negli Usa rifugiati arrivati un anno fa

L'Amministrazione Biden consentirà alle migliaia di rifugiati ucraini, che hanno lasciato il Paese all'indomani dell'invasione russa, di rimanere negli Stati Uniti. Lo ha annunciato il dipartimento per la Sicurezza interna, in vista della scadenza dei permessi accordati un anno fa, all'inizio della guerra. L'estensione del permesso si rivolge ai cittadini ucraini e ai loro famigliari più stretti che fecero ingresso negli Usa prima dell'avvio del programma 'Uniting for Ukraine', che invece garantisce un permesso di due anni. L'ingresso dei primi rifugiati ucraini, all'indomani dell'invasione, venne invece accordato in base a un provvedimento di emergenza, il cosiddetto 'humanitarian parole', che garantisce la permanenza negli Usa solamente per un anno e che è già stato impiegato in passato per altre emergenze umanitarie.

21:03

Zelensky, a Bakhmut e nell'est si sta decidendo il nostro futuro

"Come sempre oggi sono stato in contatto con i nostri comandanti. E' molto duro a est, molto doloroso. Dobbiamo distruggere il potere militare del nemico e lo distruggeremo. Belogorivka e Maryinka, Avdiivka e Bakhmut, Vugledar e Kamianka e tutti gli altri luoghi in cui ora si sta decidendo quale sarà il nostro futuro. Dove si combatte per il nostro futuro". Lo afferma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo consueto messaggio serale. "Ringrazio tutti coloro che attualmente stanno combattendo! Grazie a tutti coloro che difendono le loro posizioni e combattono per l'Ucraina e i loro fratelli! Grazie a tutti coloro che non deludono mai qualcuno in una posizione! Oggi vorrei menzionare in particolare i combattenti della 92a brigata meccanizzata separata per le loro azioni di successo nell'area di Bakhmut. Grazie ragazzi! Gloria a tutti i soldati ucraini! Gloria al nostro popolo indomabile e bello! Gloria all'Ucraina!", aggiunge Zelensky.

21:13

Ucraina: telefonata Austin-Reznikov, focus su nuovo Gruppo contatto

Il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, ha avuto un colloquio telefonico col suo omologo ucraino, Oleksii Reznikov, riguardante le priorità per il Gruppo di contatto per l'Ucraina del 15 marzo. Austin, riferisce il Pentagono, ha fornito un aggiornamento sugli aiuti militari Usa a Kiev, mentre il ministro Reznikov ha fornito dettagli sui recenti sviluppi sul terreno in Ucraina.

21:46

Sullivan: "Biden avrà colloquio con Xi"

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden "avrà una conversazione" con il leader cinese Xi Jinping nel prossimo periodo. Lo ha annunciato il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. "Non posso darvi una data. Perché non c'è una data fissata, ma il presidente Biden ha indicato la sua disponibilità ad avere un colloquio telefonico con il presidente Xi", ha detto Sullivan.

21:52

 Zelensky, 170mila chilometri quadrati Paese coperti da mine

"Oggi abbiamo parlato anche di sminamento, cosa di vitale importanza, in senso letterale. Ad oggi, più di 170mila chilometri quadrati del nostro territorio rimangono pericolosi a causa di mine nemiche e proiettili inesplosi. Una parte significativa di questo territorio è la terra dei nostri contadini, la terra che veniva coltivata. Quindi oggi abbiamo discusso su come intensificare questo lavoro: accelerare lo sminamento e aumentare la cooperazione pertinente con i partner". Lo afferma il presidente ucraino, Voldymyr Zelensky, nel suo consueto discorso serale.

Punire le atrocità. Il tribunale dell’Aia è pronto a condannare la Russia per i crimini di guerra. Linkiesta il 13 marzo 2023.

Secondo le fonti del New York Times, il Cremlino dovrà presto rispondere degli attacchi deliberati alle infrastrutture civili e delle migliaia di bimbi e ragazzi deportati nei campi di “rieducazione”

L’imputazione è crimini di guerra. Il Tribunale penale internazionale è (finalmente) pronto ad aprire due casi contro i russi coinvolti nelle atrocità commesse in Ucraina. Per i responsabili sarà spiccato un mandato d’arresto. Il Cremlino dovrà rispondere delle deportazioni di bambini e adolescenti, costretti alla «rieducazione», e di aver deliberatamente bombardato le infrastrutture civili dell’Ucraina. Lo rivela il New York Times, da fonti interne alla Corte con sede all’Aia, in Olanda.

La svolta arriva dopo mesi di lavoro sul campo da parte di una squadra investigativa speciale, incaricata di raccogliere le prove. Se quanto scrive il giornale americano sarà confermato, il procuratore capo Karim Khan dovrà prima sottoporre le accuse ai magistrati in una sorta di udienza preliminare, che verificherà ci siano le basi per emettere gli ordini di cattura. Alla richiesta di una conferma, l’ufficio del magistrato ha risposto così al Times: «Non discutiamo pubblicamente i dettagli sulle indagini in corso».

Un’ipotesi è che venga incriminato il mandante dell’invasione, Vladimir Putin. La Corte, infatti, non riconosce l’immunità ai capi di Stato nei casi su crimini di guerra, contro l’umanità o genocidio. La possibilità e i tempi di un processo restano però un’incognita, perché il tribunale richiede la presenza dell’imputato e non è verosimile che la Russia consegni i suoi comandanti e ufficiali.

Da mesi, le indagini internazionali e quelle ucraina hanno documentato i crimini di guerra delle truppe della Federazione. Solo Kyjiv, attraverso il magistrato Andriy Kostin, ne ha denunciati più di sessantacinquemila dall’inizio del conflitto. Per la prima accusa, la rieducazione coatta, sono state le stesse autorità russe ad ammettere l’esistenza del programma, che spacciano per una missione umanitaria. È accertato il trasferimento illegale di più di seimila minorenni in quarantatré strutture, ma secondo gli ucraini in totale i rapiti sarebbero oltre sedicimila.

Anche nel secondo caso, è la cronaca degli scorsi mesi a inchiodare i comandi militari. La scriteriata guerra totale contro la popolazione ucraina ha colpito acquedotti e centrali elettriche, che non sono considerati – né considerabili – obiettivi bellici leciti. In particolare, l’amministrazione americana disporrebbe di materiale secretato, ma non è ancora certo se o quando la Casa Bianca accetterà di trasmetterlo ai giudici (per non aprire un precedente, pare, per le presunte violazioni degli Stati Uniti nei teatri di guerra dell’ultimo trentennio).

In passato, ci sono voluti mesi prima che la revisione delle accuse si traducesse nei mandati d’arresto. Kyjiv non fa (ancora) parte del Tribunale, ma le è riconosciuta giurisdizione sul suo territorio. Più di quaranta Paesi hanno chiesto all’Aja di intervenire. La situazione in Ucraina, dove centinaia di cittadini della nazione in armi continuano a morire per respingere gli attacchi brutali e ostentatamente irrispettosi del diritto internazionale della Russia, dovrebbe essere un incentivo a sveltire le lungaggini burocratiche.

Le difficoltà della Corte penale internazionale nel perseguire i crimini di guerra in Ucraina. YOUSSEF HASSAN HOLGADO su Il Domani il 14 marzo 2023

Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, chiederà ai giudici preliminari di approvare i mandati di arresto nei confronti di diversi soldati ucraini. Ma non sarà facile dato che la Russia non li consegnerà all’Aja e i processi non possono essere celebrati in contumacia

A poco più di un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la Corte penale internazionale ha deciso formalmente di incriminare una serie di soldati russi accusati di essere i responsabili di rapimenti di massa e deportazioni di bambini ucraini.

Oltre della deportazione dei minori i soldati russi sono accusati anche di aver attaccato deliberatamente le infrastrutture civili come ospedali, cliniche sanitarie, scuole, asili, università e musei. 

Non è conosciuta l’identità dei soldati russi accusati dei crimini. Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, chiederà ai giudici preliminari di approvare i mandati di arresto sulla base delle prove raccolte finora e in caso positivo si tratterebbe delle prime misure cautelari emanate contro membri dell’esercito russo dall’inizio della guerra iniziata il 24 febbraio del 2022.

LE DIFFICOLTÀ

Tuttavia, non sarà semplice per la Corte penale internazionale processare i responsabili. Ci sono due ostacoli principali: primo fra tutti il fatto che la Russia (così come l’Ucraina) non aderisce allo statuto della Corte. Non ne fa parte e quindi non consegnerà i suoi soldati ai giudici dell’Aja. In caso di processo e di condanna, per la Russia equivarrebbe ammettere di essersi macchiata di crimini di guerra, accuse che finora sono state sempre respinte.

La seconda difficoltà deriva invece dal fatto che la Corte non esegue processi in contumacia e quindi senza la presenza in aula degli imputati, non possono essere celebrati.

LE ACCUSE DI DEPORTAZIONI

Accuse di deportazioni sono state formulate da più indagini indipendenti. Il mese scorso un report preliminare, risultato di un’indagine condotta dall’Humanitarian research lab della Yale School of public health, ha denunciato la creazione di un sistema di rieducazione che coinvolge migliaia di minori ucraini. Attraverso una rete di 43 strutture – situate nei territori ucraini occupati e in Siberia – il governo russo starebbe procedendo alla rieducazione politica di almeno 6mila bambini ucraini di età compresa tra 4 mesi e 17 anni.

La maggior parte delle famiglie ha pochissime informazioni sullo stato e l’ubicazione dei propri figli, in alcuni casi sottoposti anche a pratiche simili all’addestramento militare, specie nei campi della Crimea occupata e della Cecenia. D’altronde, è stata la stessa commissaria presidenziale russa per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, ad ammettere che 350 bambini sono stati adottati da famiglie russe e oltre mille sono in attesa di sistemazione.

L’INIZIO DELL’INDAGINE DELLA CPI

Lo scorso 2 marzo 2022 la Corte penale internazionale ha deciso di aprire un’indagine per crimini di guerra in Ucraina. La decisione è stata presa dal procuratore capo Khan dopo il suo viaggio nei luoghi in cui sono stati perpetrati crimini di guerra di massa come Bucha, frazione a nord di Kiev, dove dopo la liberazione dei soldati ucraini dall’occupazione russa sono state trovate fosse comuni e corpi di civili deceduti per strada con le mani legate dietro la schiena. Per gli ucraini si tratta di esecuzioni a sangue freddo in violazione del diritto internazionale.

Nell’ultimo anno Khan si è recato in Ucraina almeno tre volte per discutere con la procura locale su come aiutare gli inquirenti a raccogliere materiale probatorio per poter incriminare i soldati rei di aver commesso crimini di guerra. Diversi stati tra cui Italia, Francia, Regno Unito hanno inviato squadre della polizia scientifica a supporto delle autorità ucraine. Anche il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite ha avviato una sua indagine sul territorio.

Si cerca di capire quale sia il ruolo dell’amministrazione americana di Joe Biden, divisa sulla possibilità di inviare propri documenti all’Aja per evitare di creare un precedente su un’indagine nei confronti di uno stato che non faccia parte dello statuto. La paura è che anche i soldati americani possano essere perseguiti per i crimini condotti in medio oriente.

In totale, la procura generale ucraina ha affermato di aver raccolto prove riguardanti circa 70mila casi di violazioni. Anche diverse Ong europee stanno assistendo le autorità di Kiev, soprattutto per catalogare e conservare il materiale raccolto all’interno degli archivi digitali. Qui, la difficoltà maggiore è prevedere i progressi tecnologici che potrebbero influenzare l’accesso ai documenti in futuro.

YOUSSEF HASSAN HOLGADO. Giornalista di Domani. È laureato in International Studies all’Università di Roma Tre e ha frequentato la Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso. Fa parte del Centro di giornalismo permanente e si occupa di Medio Oriente e questioni sociali.

I migranti ce li manda la Russia. Crosetto accusa la Wagner: “Guerra ibrida”. Pietro De Leo su Il Tempo il 14 marzo 2023

C’è una leva geopolitica a muovere l’enorme afflusso di migranti verso l’Italia. Rischi tangibili circa il movimento indotto di masse umane verso l’Europa come elemento destabilizzante erano già stato prefigurati all’inizio dell’invasione in Ucraina. La Russia, infatti, è uno dei «nuovi attori» egemonici nel continente africano, che divide il primato del protagonismo con la Cina. La Wagner, società privata paramilitare russa guidata da un imprenditore tra i più vicini a Putin, Evgenij Prigozhin, oltre ad essere attiva nell’Ucraina Orientale ha avuto un ruolo anche nei rivolgimenti politici nella fascia del Sahel. E dunque, di fronte a nuovi, drammatici numeri sugli arrivi in Italia (dal primo gennaio alla giornata di ieri, dati del Viminale, è stata toccata quota 20.017, oltre tre volte gli arrivi dello scorso anno, 6.152 nel periodo omologo). Di un collegamento tra gli sbarchi e l’eventualità di una iniziativa russa per propiziarli si parla esplicitamente anche nel governo al termine della riunione a Palazzo Chigi tra il premier Meloni, i vertici dell’Intelligence e i ministri Crosetto, Piantedosi, Tajani e Salvini, questi ultimi due in videocollegamento. Il ministro degli Esteri sottolinea che «molti migranti arrivano da aree controllate dal gruppo Wagner. Non vorrei ci fosse un tentativo di spingerli verso l’Italia». Posizione analoga esprime il titolare della Difesa Guido Crosetto: «Mi sembra che oramai si possa affermare che l’aumento esponenziale del fenomeno migratorio, che parte dalle coste africane sia anche, in misura non indifferente, parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner, mercenari al soldo della Russia, sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni Paesi africani».

E sposta, Crosetto, l’attenzione su Alleanza Atlantica e Ue: «Ue, Nato e Occidente sarebbe opportuno capissero che anche il fronte sud europeo sta diventando ogni giorno più pericoloso. Dovrebbero prendere atto che l’immigrazione incontrollata e continua, sommata alla crisi economica e sociale, diventa un modo per colpire i Paesi più esposti, in primis l’Italia, e le loro scelte geostrategiche, chiare e nette». Yevgeny Prigozhin, capo della Wagner, risponde con un audio su Telegram: «Non abbiamo idea di cosa stia accadendo in merito alla crisi dei migranti, ma noi non ce ne occupiamo», ha detto Prigozhin, utilizzando poi per l’esponente del governo italiano il termine russo «Mudak», un pesante insulto. La disperazione come arma. Espediente cinico già visto, purtroppo. Dalla Turchia di Erdogan alla Bielorussia di Lukashenko fino alla Cirenaica di Haftar. Alzare il prezzo con moneta umana.

Che l’Africa sia al centro di tutto questo lo ha confermato anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «In questi giorni siamo stati accusati di cose raccapriccianti, ma la mia coscienza è a posto. Forse sarebbe più facile mettere la testa sotto la sabbia - ha detto presentando il libro di Padre Antonio Spadaro - lasciare che siano dei mafiosi a decidere chi deve arrivare da noi, lasciare che arrivi da noi solo chi ha soldi per pagare quei mafiosi, lasciare che in Africa continuino a prendere piede i mercenari della Wagner e i fondamentalisti». Alla riunione di ieri a Palazzo Chigi si è parlato anche di un coordinamento maggiore per la sorveglianza marittima per individuare i barconi che trasportano i migranti in acque extraterritoriali. Coinvolgendo, dunque, la Marina Militare.

 Guerra Ucraina, Yevgeny Prigozhin insulta Crosetto: non ci occupiamo di migranti. Il Tempo il 13 marzo 2023

Botta e risposta tra Guido Crosetto e Yevgeny Prigozhin. I migranti scatenano il putiferio tra il governo italiano e la Brigata Wagner. Il nostro ministro della Difesa ha accusato i mercenari russi di favorire le migrazioni dalle zone controllate verso l'Italia. Accuse che sono state rispedite al mittente da Yevgeny Prigozhin in malo modo. Con tanto di insulti. Il capo del gruppo Wagner ha risposto con un audio su Telegram al ministro Crosetto che aveva parlato dell’aumento del fenomeno migratorio dalle coste africane come parte di una «strategia di guerra ibrida» messa in atto dalla stessa Wagner, presente in vari Paesi dell’Africa. «Non abbiamo idea di cosa stia accadendo in merito alla crisi dei migranti, ma noi non ce ne occupiamo», ha detto Prigozhin, utilizzando poi per l’esponente del governo italiano il termine russo "Mudak", un pesante insulto. 

Ma qual è la situazione delle migrazioni dal nord Africa verso l'Europa? Libia, Sudan, Mozambico, Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Mali: sono tutti i Paesi dove si è fatta più forte ed estesa la presenza dei mercenari del gruppo Wagner, che il Cremlino usa «per eliminare l’influenza occidentale dal continente africano». E «per raggiungere i suoi obiettivi senza fare grandi investimenti, continuando a negare la sua presenza», spiega all’Adnkronos Brian Jenkins, esperto del think tank americano Rand Corporation. Nella Repubblica centrafricana, ricca di depositi di oro e diamanti, si contano poco meno di duemila mercenari russi, schierati con il governo nella guerra civile in corso. In Libia si parla di 1-2mila miliziani, schierati a sostegno dell’uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar. Il loro numero che si è ridotto negli ultimi mesi dopo che Mosca ha richiamato buona parte dei mercenari per ridispiegarli in Ucraina. In Mali, dove la giunta ha costretto i francesi a lasciare il Paese, si conterebbero centinaia di combattenti del gruppo fondato da Eveghny Prigozhin, oligarca vicino a Vladimir Putin. In Sudan, Wagner si è assicurato il business delle concessioni delle miniere di diamanti, in Mozambico, un mese prima del dispiegamento dei miliziani nel settembre del 2019, la Russia ha firmato accordo sulle risorse minerarie, l’energia e la difesa. Il gruppo è arrivato fino in Burkina Faso, dove, secondo le accuse del presidente del Ghana Nana Akufo-Addo, «una miniera sarebbe stata concessa al gruppo come forma di pagamento per i loro servizi». Nella Repubblica democratica del Congo, nella crisi tra Kinshasa e il gruppo filoruandese M23 i mercenari russi sarebbero schierati con l’esercito congolese, che ha invece negato la loro presenza.

Profondo russo. Putin manda a morire a Bakhmut i mercenari della Wagner per indebolire Prigozhin. Linkiesta il 13 marzo 2023.

Secondo una analisi dell’Institute for Study of War, il ministero della difesa russo sta risparmiando i soldati regolari nella più dura battaglia di logoramento della guerra per indebolire le mire del suo fondatore, considerato un possibile successore del dittattore

Siccome non riesce a vincere la guerra, Vladimir Putin manda al massacro i soldati del suo possibile successore per evitare un colpo di stato. Stando a una analisi dell’Institute for Study of War, il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu e il capo di stato maggiore russo, il generale Valery Gerasimov stanno inviando senza sosta i mercenari del gruppo Wagner a Bakhmut, città del Donetsk dove finora sono morti circa mille soldati russi in una sola settimana. 

Secondo l’ISW, l’invio dei mercenari Wagner sarebbe un modo per indebolire le mire del suo fondatore Yevgeny Prigozhin, l’ex “cuoco” di Putin, che dall’inizio della guerra cerca di ritagliarsi la figura dell’uomo forte e possibile successore del dittatore russo. Nelle ultime settimane il ministero della Difesa ha limitato la capacità di Prigozhin di reclutare detenuti e procurarsi munizioni, costringendo il capo della Wagner a riconoscere pubblicamente la sua dipendenza dal governo. 

Lo stesso Prigozhin ha minacciato di ritirare le forze della Wagner da Bakhmut e ha insinuato che il ministero della Difesa russo abbia utilizzato il suo esercito di mercenari per risparmiare l’esercito regolare nella battagglia di logoramento ad alta intensità per impadronirsi della città ucraina. Questa minaccia, secondo l’ISW indicano che Prigozhin è consapevole della gravità del suo conflitto con il ministero della Difesa.

Prigozhin probabilmente prevedeva che le forze ucraine si sarebbero ritirate completamente da Bakhmut per paura di un imminente accerchiamento e sperava che il suo impegno con le forze d’élite di Wagner sarebbe stato sufficiente a generare quell’effetto. Ma così non è stato e la città è ancora contesa. 

Lo Stato Maggiore dell’esercito ucraino ha comunicato che Kyjiv ha respinto 102 attacchi delle forze armate russe non solo a Bakhmut, ma anche Avdiivka, Limansk, Maryinka e Shakhtarsk.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 14 marzo.

La Repubblica. Jet russo colpisce drone Usa sul Mar Nero. Mosca: "Caduto da solo per manovra brusca". Putin: "Uno Stato dietro gli attacchi al Nord Stream"

Il Pentagono: "Atto pericoloso dei russi". Il Cremlino: "Non riconosciamo la Corte penale internazionale". La Duma estende il reato di discredito delle forze armate anche ai mercenari della Wagner

"Dobbiamo distruggere il potere militare del nemico e lo distruggeremo. A Belogorivka, Maryinka, Avdiivka, Bakhmut, Vuhledar e Kamianka si sta decidendo quale sarà il nostro futuro. Qui si combatte per il nostro futuro". Così ha parlato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha aggiunto che "al momento, più di 170mila chilometri quadrati del territorio dell'Ucraina rimangono pericolosi a causa delle mine e dei proiettili nemici che non sono esplosi".

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha commentato questa mattina le indiscrezioni su possibili mandati di cattura della Corte penale internazionale contro esponenti russi, dicendo che il Paese "non riconosce" la corte dell'Aia. 

Punti chiave

20:10

Pentagono: "Il jet russo probabilmente danneggiato nella collissione"

19:57

Comando americano in Europa: "Il drone non è stato recuperato"

19:45

Russia: "Drone americano si stava avvicinando al nostro confine, ma è caduto da solo per manovra brusca"

19:41

Usa convocano ambasciatore russo per incidente drone

18:15

Putin, gli attacchi al Nord Stream condotti da uno Stato 

18:11

Ucraina: jet russo si scontra con drone Usa sul Mar Nero

18:10

Pentagono, il jet russo ha colpito l'elica del drone Usa 

17:30

Media, "incidente" per drone occidentale sul Mar Nero

14:57

Putin: "Combattiamo per la sopravvivenza dello Stato russo"

12:09

Georgia: anti-europeisti tolgono da Parlamento bandiera Ue

11:49

La Duma estende il reato di discredito delle forze armate anche alla Wagner

10:16

Lavrov critica l'accordo Aukus: "Gli anglosassoni tramano anni di scontri in Asia"

09:49

Ucraina, un civile ucciso a Kramatorsk nel corso di un raid russo

09:46

Ucraina, Berlino: "I caccia sul fianco est della Nato sono stati dispiegati 27 volte da Agosto"

09:19

Russia, Peskov: "Non riconosciamo la giurisdizione della Corte Penale Internazionale"

23:41

Parolin: "Santa Sede sta dando fondo a sua creatività diplomatica"

 "La Chiesa ha un approccio diverso da quello dei singoli stati, ha una visione universalistica e vuole lavorare concretamente per la pace. Stiamo dando fondo a tutta la nostra creatività per trovare una via ma il primo passo deve essere il cessate il fuoco". Così il Segretario di Stato della Santa Sede Cardinale Pietro Parolin a margine del colloquio con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella sede della rivista La Civiltà Cattolica a Roma. "Il Papa vuole andare in entrambe le capitali. Lo ha detto fin dall'inizio. Ritiene che il servizio alla pace può essere fatto solo se incontrerà il presidente Putin e il presidente Zelensky", ha aggiunto.

00:04

Zelensky: "Futuro dipende da esito battaglie nell'Est"

Il futuro dell'Ucraina dipende dall'esito delle battaglie cruciali in corso nell'Est del Paese.

Lo ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo tradizionale discorso serale. "È molto dura a est, molto dolorosa. Dobbiamo distruggere il potere militare del nemico. E lo distruggeremo".

00:04

 Inaugurato 'Peace village' a Brovary, donato da aziende italiane

Si è tenuta in Piazza della Libertà nella città di Brovary, vicino Kiev, l'inaugurazione del 'Peace Village', uno spazio multinazionale e rifugio climatico a servizio della popolazione civile, progettato dall'architetto Mario Cuccinella e donato a Brovary dal Movimento Europeo Azione Nonviolenta (Mean) insieme con un pool di imprese italiane. Da parte ucraina, il progetto è stato curato dalla Fondazione di beneficenza internazionale di Serhii Malyk 'Free Spirit of Ukraine' e Kyiv Municipal Motor Car Club con il sostegno dell'Amministrazione statale del distretto di Brovary della regione di Kiev e del Consiglio comunale di Brovary. All'evento di inaugurazione sono stati invitati Volodymyr Maibozhenko, capo della Brovary Rda della regione di Kiev, Ihor Sapozhko, sindaco di Brovary, e rappresentanti del Mean e delle aziende italiane che hanno finanziato questo progetto.

Cinquanta attivisti del Mean, con l'intenzione di operare concretamente per la cultura della pace ed il sostegno umano e non violento alla popolazione aggredita, stanno tornando in Ucraina per un nuovo importante appuntamento: l'inaugurazione del 'Villaggio della Pace' a Brovary.

01:24

Macron e Orban cercano arginare divergenze, "uniti" su Ucraina

Il presidente francese, Emmanuel Macron, e il primo ministro ungherese, Viktor Orban, hanno messo da parte le loro diverse visioni di politica internazionale, soprattutto nel rapporto con la Russia e sul futuro dell'Ue, e hanno scelto a Parigi di dare un'immagine di unità riaffermando il sostegno all'Ucraina. L'Eliseo, al termine della cena tra i due, ha diffuso una nota che ha voluto ribadirlo: "Durante l'incontro, entrambi hanno avuto l'opportunità di riaffermare la necessità di unità dei Paesi europei nel loro sostegno all'Ucraina di fronte all'aggressione russa, soprattutto applicando sanzioni severe contro Mosca".

Orban è stato il leader europeo più critico sull'ondata di sanzioni Occidentali e recentemente ha proposto che Stati Uniti e Russia aprano negoziati per porre fine al conflitto ucraino, un atteggiamento che ha creato irritazione a Kiev, che si vede esclusa dall'iniziativa. Senza entrare nei dettagli, la presidenza francese ha indicato che l'incontro di Parigi - a più di un anno dal loro ultimo bilaterale nel dicembre 2021 a Budapest- è servito anche per affrontare il tema della ratifica della richiesta di adesione alla Nato di Svezia e Finlandia che il Parlamento ungherese sta discutendo in queste settimane.

Orban si è detto pubblicamente favorevole all'ingresso dei due Paesi nordici nella Nato, ma ha aggiunto che tra i deputati del suo partito, Fidesz, ci sono diversi contrari per via delle critiche di Stoccolma ed Helsinki all'attuale governo ungherese, considerato autoritario e ultranazionalista. Dei 30 membri dell'Alleanza atlantica, solo Turchia e Ungheria devono ancora ratificare le due nuove candidature presentate sull'onda della guerra in Ucraina. Una fonte diplomatica francese ha dichiarato di essere "abbastanza fiducioso" riguardo al processo parlamentare avviato a Budapest.

Il comunicato dell'Eliseo non fa cenno al contenzioso relativo all'applicazione dello stato di diritto in Ungheria: è un tema sensibile a Bruxelles, che ha sanzionato finanziariamente e congelato i fondi a Budapest per non aver rispettato le regole democratiche richieste dall'Unione.

La presidenza francese cita però punti di "convergenza" tra Macron e Orban, come la promozione di un sistema di difesa europeo e l'aumento dell'energia nucleare nel continente.

06:44

Nyt: "I russi ottengono 'guadagni minimi' a Est"

Le forze russe stanno attaccando lungo un arco di 160 miglia (256 km) nell'Ucraina orientale "per ottenere un vantaggio tattico prima di possibili offensive primaverili", ma i loro "guadagni sono minimi e hanno un costo spaventoso per entrambe le parti": lo scrive il New York Times (Nyt) in un articolo pubblicato sul suo sito.

"Da Kupiansk, nel nord, ad Avdiivka, nel sud, passando per Bakhmut, Lyman e decine di città intermedie, le forze russe stanno attaccando lungo un arco di 160 miglia nell'Ucraina orientale", scrive il quotidiano. Il Nyt osserva che "con poche persone o edifici rimasti intatti, i luoghi più contesi hanno poco da offrire oltre al controllo di strade e ferrovie che il Cremlino considera importanti per il suo obiettivo di conquistare l'intera regione orientale... Gli assalti possono anche fornire un miglior posizionamento per il prossimo attacco, informazioni sulle posizioni della controparte e valore propagandistico".

Tuttavia, "i guadagni russi sono minimi e hanno un costo spaventoso per entrambe le parti.

09:13

Cina: "Patto Aukus è frutto di una mentalità da guerra fredda"

 Il programma Aukus sui sottomarini "è nato sotto una tipica mentalità da Guerra Fredda, che stimolerà solo una corsa agli armamenti, saboterà il sistema internazionale di non proliferazione nucleare e danneggerà la pace e la stabilità regionali". E' il commento del portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, sull'ampio programma sulla sicurezza annunciato ieri da Usa, Gb e Australia.

09:16

Ucraina, sirene antiaeree risuonano a Kiev e in altre regioni

Sono appena risuonate le sirene a Kiev per indicare l'allarme di attacco aereo. Dalle mappe interattive risulta inoltre che l'allarme è stato diramato anche in altre regioni del Paese.

09:19

Russia, Peskov: "Non riconosciamo la giurisdizione della Corte Penale Internazionale"

Il Cremlino ha dichiarato di non riconoscere la giurisdizione della Corte penale internazionale dell'Aia, ha riferito l'agenzia di stampa TASS, citando il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Peskov è stato interrogato sui rapporti che la Corte penale internazionale (ICC) avrebbe dovuto chiedere a breve i suoi primi mandati di arresto contro individui russi in relazione al conflitto in Ucraina.

09:34

Ucraina, Kiev: "Tre civili feriti e sei edifici danneggiati a Kramatorsk"

Almeno tre civili sono rimasti feriti e sei edifici sono stati danneggiati nel bombardamento di questa mattina a Kramatorsk, nella regione del Donetsk nell'Ucraina orientale. Lo riferisce il governatore regionale, Pavlo Kyrylenko, citato dai media locali.

09:37

Russia, Peskov: "Non è ancora possibile una soluzione pacifica a questo conflitto"

"Apprezziamo molto gli sforzi di quei Paesi che hanno già compiuto sforzi considerevoli per portare la soluzione a questo conflitto in una direzione pacifica, ma ancora una volta, questo non è ancora possibile. Finora, questo conflitto è stato risolto con mezzi militari". Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, come riporta l'agenzia Tass. "Dobbiamo raggiungere i nostri obiettivi. Ora è possibile solo con mezzi militari", ha aggiunto Peskov.

09:46

Ucraina, Berlino: "I caccia sul fianco est della Nato sono stati dispiegati 27 volte da Agosto"

I caccia tedeschi di stanza lungo il fianco orientale della Nato sono stati dispiegati 27 volte dal mese di agosto scorso a seguito di allerte riguardanti aerei sconosciuti nella regione baltica. Lo riporta la Dpa, citando l'aeronautica tedesca, Luftwaffe. Durante i dispiegamenti, le forze tedesche hanno identificato aerei militari russi sopra il Mar Baltico, ha reso noto un portavoce a Berlino. Gli Eurofighter Typhoon della Luftwaffe tedesca vengono allertati quando velivoli non conosciuti si avvicinano allo spazio aereo baltico senza transponder o contatto radio.

09:49

Ucraina, un civile ucciso a Kramatorsk nel corso di un raid russo

C'è anche un civile ucciso questa mattina nel centro di Kramatorsk colpito da un razzo lanciato dalle forze russe, altri tre civili sono rimasti feriti: lo scrive il capo dell'amministrazione militare regionale di Donetsk, Pavlo Kyrylenko in un aggiornamento su Telegram citato da Ukrinform.

10:05

Kiev, uccisi 700 soldati russi in ultime 24 ore

Nelle ultime 24 ore l'esercito ucraino ha ucciso 700 soldati russi. Lo afferma il ministero della Difesa di Kiev nel suo aggiornamento quotidiano su Twitter.

10:13

Zelensky, "Ogni attacco che toglie la vita sarà punito"

 "Lo Stato malvagio continua a combattere contro la popolazione civile. A distruggere la vita e non lasciare nulla di umano. Ogni attacco che priva di una vita innocente deve sfociare in una sentenza giusta che punisca l'omicidio. Sarà sicuramente così". Lo sottolinea il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram, confermando che a Kramatorsk colpita oggi da un razzo russo si è registrata una vittima civile e tre feriti.

10:16

Lavrov critica l'accordo Aukus: "Gli anglosassoni tramano anni di scontri in Asia"

La Russia accusato Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna di orchestrare "anni di scontri" in Asia con il lancio dell'alleanza di sottomarini nucleari Aukus. "Il mondo anglosassone sta costruendo strutture a blocchi come l'Aukus, facendo avanzare l'infrastruttura della Nato in Asia e scommettendo seriamente su anni di scontri", ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un discorso a Mosca.

10:42

Ucraina, Kiev: "Attacco su Kharkiv, morta una donna di 55 anni"

"Il nemico continua a bombardare i civili e le infrastrutture civili di Vovchansk nella regione di Kharkiv. Lo afferma Oleg Sinegubov, capo dell'amministrazione militare regionale via Telegram, come riporta Ukrinform. "Oggi, durante il bombardamento contro un'unità dei vigili del fuoco e dei soccorsi della città, un proiettile nemico ha colpito un'auto civile. Una donna di 55 anni che era a bordo è morta sul colpo", ha scritto Sinegubov.

10:50

Ucraina, vasto incendio a Simferopoli in Crimea

Nelle prime ore del mattino un vasto incendio è scoppiato a Simferopoli, in Crimea. Gli amministratori russi hanno detto che le fiamme sono state circoscritte e non ci sono state vittime. Lo riportano i media ucraini. Il rogo si è esteso sull'area di un magazzino di mille metri quadrati. Nelle scorse settimane un altro grave incendio in Crimea, a Sebastopoli, aveva provocato sei morti.

11:02

Russia, Alexey Volin: "Attacchi costanti ai segnali dei nostri satelliti"

 La Russia subisce "attacchi costanti" da territori di "Paesi vicini" per oscurare i segnali dei suoi satelliti. Lo ha detto Alexey Volin, direttore generale della Compagnia statale per le comunicazioni satellitari. Mosca, ha sottolineato Volin, citato dall'agenzia Tass, sta sviluppando un sistema di difesa per individuare attacchi ai suoi satelliti. Una cosa diventata necessaria in particolare negli ultimi tempi, ha aggiunto, "perché osserviamo attacchi costanti ai satelliti russi dai territori vicini".

11:06

Ucraina, Lituania: "Serve un tribunale ad hoc per i crimini russi"

"Siamo favorevoli a più sanzioni" contro la Russia e "all'idea di creare un apposito tribunale per l'Ucraina e per la confisca dei beni di chi ha commesso crimini di guerra". Lo ha detto il presidente della Lituania Gitanas Nauseda parlando alla Plenaria dell'Eurocamera. "La comunità europea, nata come progetto di pace, è sottoposta a pressioni crescenti. L'esperienza ci dice che il modo migliore per espandere l'idea di pace è l'allargamento dell'Ue ed ecco perché anche oggi, se vogliamo rafforzare l'Ue, dobbiamo accogliere nuovi membri. l'Ucraina ha già dimostrato di intraprendere il cammino delle riforme necessarie, la rinascita dell'Ucraina deve concludersi in un'Europa: ecco perché attendo il giorno in cui i parlamentari ucraini siederanno in quest'Aula", ha aggiunto Nauseda.

11:11

Ucraina, la Wagner: "Siamo nell'impianto Azom di Bakhmut"

 Mercenari del gruppo Wagner hanno postato sui social immagini che li mostrano dentro l'impianto industriale Azom di Bakhmut. Le foto sono state pubblicate sul canale del gruppo paramilitare fondato da Yevgeny Prigozhin. Intanto l'agenzia statale russa Ria Novosti scrive che le unità russe hanno preso il controllo di una parte dell'impianto di lavorazione di metalli nel centro della città e dove a dicembre Volodymyr Zelensky ha consegnato medaglie ai difensori di Bakhmut. Il sito ha una rete di tunnel sotterranei, i combattimenti tra russi e ucraini si stanno svolgendo anche sottoterra.

11:38

Cremlino chiede chiarimenti su sottomarini Usa a Australia

Il piano degli Usa per vendere all'Australia cinque sottomarini nucleari "solleva molte domande legate alla non proliferazione", occorre "trasparenza" ed è necessario "rispondere a tali domande". Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dalle agenzie russe. 

11:49

La Duma estende il reato di discredito delle forze armate anche alla Wagner

La camera bassa del parlamento russo, la Duma di Stato, ha votato martedì per approvare un emendamento che punisce i colpevoli di aver screditato i gruppi di "volontari" che combattono in Ucraina, estendendo così la legge che censura le critiche alle forze armate russe. L'emendamento è visto come una mossa per "proteggere" i combattenti che lavorano per il gruppo privato Wagner.

11:53

Nordstream, media: "Barca Andromeda usata da misterioso equipaggio"

La rivista tedesca Der Spiegel ha identificato l'imbarcazione perquisita dalle autorità in relazione alle esplosioni che hanno messo fuori uso il gasdotto Nord Stream 2 a settembre. Secondo Der Spiegel, l'equipaggio non identificato di sei persone che ha navigato verso verso l'area dell'esplosione nel Mar Baltico era sulla "Andromeda", imbarcazione che è stata perquisita a gennaio. La scorsa settimana la Procura generale tedesca aveva dichiarato di aver perquisito un'imbarcazione senza fornire il nome o altri dettagli. Secondo i siti web marittimi vesselfinder.com e marinetraffic.com, l"Andromedà batte bandiera tedesca e misura 13 metri di lunghezza e 4 metri di larghezza. La Cnn ha contattato la società che noleggia l'Andromeda", ma senza ottenere commenti.

12:09

Georgia: anti-europeisti tolgono da Parlamento bandiera Ue

Manifestanti anti-europeisti a Tbilisi hanno ammainato la bandiera della Ue che era stata posta sul Parlamento e le hanno dato fuoco. Ci sono stati anche tafferugli con la polizia. I manifestanti, del Movimento conservatore, chiedono che venga indetto un referendum sulla legge relativa agli "agenti stranieri", che il partito governativo Sogno Georgiano aveva revocato nei giorni scorsi dopo manifestazioni europeiste nella capitale che avevano portato a incidenti con decine di feriti.

12:40

Shoigu: "Raddoppiare la produzione di armi di precisione"

Il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu ha ordinato di raddoppiare la produzione di "armi di precisione" in Russia: lo riferisce il ministero, ripreso dalla Tass. Secondo il ministero della Difesa di Mosca, Shoigu ha emesso l'ordine durante una visita alla "Tactical Missiles Corporation" russa. "Il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu - afferma il dicastero - ha sottolineato che la Tactical Missiles Corporation soddisfa degnamente il piano di approvvigionamento della difesa. Tuttavia, tenendo conto dell'aumento della produzione di quest'anno, ha emesso un ordine per raddoppiare la produzione di armi di precisione".

13:15

Kiev: "Cecchini russi violarono bambina di 4 anni e sua madre"

Nuove, gravissime accuse sull'esercito russo. Secondo quanto riporta il sito di Reuters, l'Ucraina attribuisce a due cecchini russi della guarnigione di Samara l'aggressione sessuale di una bambina di quattro anni e lo stupro di gruppo della madre. Le violenze sarebbero avvenute davanti al padre della piccola, minacciato con le armi. I due soldati sospettati sarebbero un anonimo russo di 32 anni e il 28enne Yevgeny Chornoknyzhny che, insieme ad altri uomini appartenenti all'esercito, sono coinvolti in una delle più vaste indagini sulle violenze sessuali commesse in Ucraina dall'inizio dell'invasione. Il materiale arriverebbe dall'ufficio del procuratore ucraino . I soldati sospettati fanno parte della 15a brigata separata di fucili a motore. Il caso delle violenza sulla bambina di 4 anni e sulla madre farebbero parte di una serie di crimini sessuali commessi dai russi nel distretto di Brovary nella regione di Kiev lo scorso marzo. La maggior parte delle atrocità sarebbe avvenuta il 13 marzo.

13:35

Polonia: "Potremmo a fornire Mig a Kiev in poche settimane"

La Polonia "potrebbe fornire all'Ucraina aerei da combattimento MiG in poche settimane": lo afferma il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, per il quale  il suo Paese potrebbe fornire all'Ucraina aerei da combattimento MIG nelle prossime 4-6 settimane. Lo riporta il Guardian. I Paesi occidentali che hanno fornito armi all'Ucraina hanno finora rifiutato di inviare aerei da combattimento. La Polonia ha detto che sarebbe disposta a inviare aerei da guerra in una coalizione di paesi. L'impegno di Varsavia a Kiev è stato importante per convincere gli alleati europei a donare armi pesanti all'Ucraina, compresi i carri armati.

13:50

Ucraina, combattente Wagner: "Ucraini usano tutti i tipi di armi"

Secondo i combattenti del gruppo Wagner, che stanno avanzando in direzione di Chasov Yar vicino a Bakhmut, l'aviazione ucraina, i veicoli corazzati e tutti i tipi di armi nemiche stanno operando intensamente, ha detto un combattente del gruppo a Ria Novosti. "Usano l'aviazione per noi, gli elicotteri decollano sette o otto volte durante le ore diurne. Elicotteri e aerei non funzionano su veicoli blindati, ma lavorano sulla forza lavoro, cioè su di noi, nelle trincee e piantagioni forestali", ha detto il combattente. L'interlocutore dell'agenzia ha parlato anche della tattica dei carri armati usati dal nemico - il cosiddetto "carosello di carri armati".

14:31

Putin: "Le pressioni su di noi cominciate con caduta Urss"

Le pressioni sulla Russia sono cominciate dopo il collasso dell'Unione Sovietica. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin, sottolineando che gli avversari hanno usato contro il suo Paese anche il terrorismo. Ora, ha aggiunto, gli interessi geopolitici dell'Occidente sono diventati "molto più importanti per loro di quanto non fossero i contrasti ideologici con l'Urss". Lo riferiscono le agenzie russe. Gli attuali problemi internazionali, ha detto Putin, "sono iniziati dopo il crollo dell'Unione Sovietica", perché esso ha fatto venir meno un ordine mondiale creato dopo la Seconda guerra mondiale dai Paesi che l'avevano vinta, prima di tutto gli Usa e l'Urss. Putin ha fatto queste considerazioni durante la sua visita a Ulan-Ude, nell'Estremo Oriente, rispondendo alla domanda di un dipendente della locale fabbrica aeronautica.

14:57

Putin: "Combattiamo per la sopravvivenza dello Stato russo"

Quella che la Russia sta conducendo, ovvero quella che Mosca definisce l'operazione militare speciale in corso in Ucraina, è una "lotta per la sopravvivenza dello Stato" e per "creare le condizioni per lo sviluppo del Paese e per il futuro dei nostri figli". Lo ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin durante una visita a una fabbrica dell'aviazione nella regione orientale della Buriazia. "Molti di noi, e ancora di più i Paesi occidentali, hanno scoperto che le basi della stabilità della Russia sono molto più forti di quanto si pensasse prima", ha aggiunto Putin citato dalla Ria Novosti.

15:50

Media, "Kiev valuta di dichiarare la Russia fascista"

Il parlamento ucraino potrebbe approvare una dichiarazione in cui si definisce 'ruscism' (una crasi tra le parole 'russian' e 'fascism') il sistema attualmente in vigore in Russia. Secondo quanto sostiene il quotidiano russo Meduza, una bozza è stata inviata alla Verchovna Rada, il parlamento monocamerale ucraino, per essere valutata. Nella dichiarazione è riportata anche la condanna verso i suoi "fondamenti ideologici e pratiche sociali", definite come "totalitarie e odiose". La dichiarazione inviterebbe anche la comunità internazionale a riconoscere il regime al potere della Russia come criminale.

16:01

Lituania dichiara gruppo Wagner organizzazione terroristica

Il parlamento lituano ha votato all'unanimità per designare il gruppo mercenario russo Wagner come "organizzazione terroristica", accusandolo di "gravi e sistematici crimini di aggressione" in Ucraina. Lo riferisce una nota del Seimas, il parlamento nazionale della Lituania, come riporta Ukrinform.

16:16

 Ue: Wagner tema accessorio, lavorare a cause vere

"Wagner o non Wagner, questo è un fattore accessorio, la causa alla radice della migrazione è che la gente si sposta per avere una vita migliore, scappare dalla guerra e dalle persecuzioni. Dobbiamo lavorare sia con i Paesi d'origine che con quelli di transito". Lo ha dichiarato il vice presidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, rispondendo a una domanda sul potenziale coinvolgimento della milizia russa Wagner nell'aumento dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo. "Perdere tempo su ragioni accessorie alle cause alla radice" della migrazione "non credo ci serva molto", ha aggiunto Schinas minimizzando l'impatto di fattori come la presenza del gruppo Wagner nei Paesi d'origine.

16:40

Prigozhin, "oltre 10.000 ucraini uccisi ogni mese a Bakhmut"

"Tra i 10.000 e gli 11.000 soldati ucraini sono stati uccisi" ogni mese nella difesa di Bakhmut, secondo quanto afferma Yevgeny Prigozhin, capo della milizia privata russa Wagner, in prima linea nell'offensiva per la conquista di questa città del Donbass. Lo riferisce l'agenzia statale russa Ria Novosti. Secondo le ultime notizie, aggiunge l'agenzia, le forze russe hanno ormai preso il controllo o tengono sotto il tiro della loro artiglieria tutte le strade asfaltate, e il fango che comincia a prodursi con il disgelo sta rendendo molto difficile il rifornimento di munizioni e l'afflusso di rinforzi alle truppe di Kiev

16:56

Zelensky: un morto e tre feriti in bombardamento Kramatorsk

Si contano un morto e tre feriti nel bombardamento di Kramatorsk nella regione diDdonetsk, lo ha confermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un post sul suo canale telegram. "Un missile russo ha colpito il centro della città. Sei grattacieli sono stati danneggiati. Almeno tre persone sono rimaste ferite. Una persona è morta" e "le operazioni di soccorso sono ancora in corso". "Ogni colpo che strappa una vita innocente deve portare a una sentenza legittima e giusta che punisca l'omicidio", ha aggiunto il capo di stato ucraino.

17:09

Zelensky riunisce Stato Maggiore su Bakhmut: "Continuare difesa città"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riunito lo Stato Maggiore dell'esercito di Kiev per discutere della situazione a Bakhmut e dei combattimenti in corso in prima linea. "Dopo aver valutato i progressi dell'operazione di difesa nell'area di Bakhmut, tutti hanno concordato sulla necessita di portare avanti un ulteriore controllo e difesa della città di Bakhmut" nell'oblast di Donetsk nell'Ucraina orientale, ha scritto l'ufficio del presidente Zelensky in una nota. Si è anche parlato della fornitura di armi e munizioni alle forze armate ucraine impegnate in prima linea. All'incontro hanno partecipato il capo dello staff di Zelensky, Andrii Yermak, il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale Oleksii Danilov,, il comandante in capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhny, il capo dell'intelligence Kyrylo Budanov e il primo ministro Denys Shmyhal.

17:30

Media, "incidente" per drone occidentale sul Mar Nero

Un incidente che coinvolge un drone Reaper di fabbricazione americana di proprietà sconosciuta si è verificato sul Mar Nero. Lo hanno riferito due fonti militari occidentali. "E' successo qualcosa ma non abbiamo conferme che il drone sia stato abbattuto, è in corso un'indagine", ha detto una delle fonti contattate da Afp.

17:38

Netanyahu convoca riunione per valutare opportunità di inviare aiuti militari a Kiev

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato una riunione per valutare l'opportunità di inviare aiuti militari all'Ucraina per affrontare l'invasione russa.

Lo scrive il Times of Israel sottolineando che si tratta della prima volta che Netanyahu affronta il tema da quando è tornato premier. Alla riunione erano presenti tra gli altri anche il ministro della Difesa Yoav Gallant, il ministro degli Esteri Eli Cohen, il capo del Mossad David Barnea, il capo di stato maggiore dell'IDF Herzi Halevi, il segretario militare di Netanyahu Avi Gil. Al momento non sono state prese decisioni in merito e seguiranno altre consultazioni, spiegano i media.

17:47

Kiev, sale a 9 il numero di civili feriti a Kramatorsk

Nove persone sono rimaste ferite nel bombardamento di questa mattina a Kramatorsk, nella regione del Donetsk nell'Ucraina orientale. Lo riferisce Oleksandr Goncharenko, capo dell'amministrazione militare della città di Kramatorsk, citato dai media locali. Sale anche il bilancio delle case danneggiate, arrivato a 25.

17:49

Filorussi, auto esplode a Melitopol, 'è terrorismo ucraino'

E' di due morti e due feriti il bilancio dell'esplosione di un'autobomba oggi a Melitopol, cittadina controllata dai russi nella provincia ucraina di Zaporizhzhia. Lo ha reso noto Vladimir Rogov, membro dell'amministrazione regionale filorussa, citato dall'agenzia Ria Novosti. I servizi di emergenza della regione di Zaporizhzhia occupata dai russi hanno riferito che è stata fatta saltare in aria nel cortile di un edificio a Melitopol. Secondo quanto riportato da Ria Novosti, Rogov ha definito l'incidente "un attacco terroristico" organizzato dall'Ucraina. 

18:06

Russia: legale, poeti anti-guerra accusati di minaccia allo Stato

Tre poeti russi, arrestati a settembre a Mosca dopo aver preso parte a una lettura contro la guerra in Ucraina in piazza Majakovskij, sono stati accusati di "inviti pubblici a commettere attività contro la sicurezza dello Stato" e "istigazione all'odio" in un "gruppo organizzato": lo ha detto all'Afp l'avvocato Leonid Solovyov, legale di uno dei poeti, precisando che i tre artisti - Artiom Kamardin, Yegor Shtovba e Nikolai Daineko - rischiano fino a dieci anni di reclusione. Inizialmente i tre poeti erano stati accusati solo di "istigazione all'odio", punibile con sei anni di reclusione. Ora rischiano altri quattro anni. L'avvocato Leonid Solovyov ha detto che è la prima volta che sa di cittadini russi accusati di "inviti pubblici a commettere attività contro la sicurezza dello Stato": un reato introdotto nel codice penale a luglio. La polizia russa è accusata di aver usato violenza a uno dei poeti, Artyom Kamardin.

18:10

Pentagono, il jet russo ha colpito l'elica del drone Usa 

Un jet da combattimento russo ha colpito l'elica di un drone militare Usa 'Reaper', costringendo gli Usa a farlo cadere nel Mar Nero: lo rende noto il Pentagono. 

18:11

Ucraina: jet russo si scontra con drone Usa sul Mar Nero

Un jet russo ha costretto un drone MQ-9 Reaper dell'aeronautica Usa ad un atterraggio forzato, dopo averne danneggiato l'elica. L'incidente, secondo quanto riferiscono fonti militari Usa citate dalla Cnn, è avvenuto sulle acque internazionali del Mar Nero e ha visto coinvolti due caccia SU-27 russi. Uno dei due jet ha scaricato del carburante davanti al drone, mentre l'altro ne ha danneggiato l'elica, montata sulla parte posteriore del velivolo, costringendo gli operatori a far scendere il drone in acqua.

18:12

Biden informato dell'incidente tra jet russo e drone Usa

Joe Biden è stato informato dal consigliere per la sicurezza nazionale dell'incidente tra un jet russo e un drone Usa sul Mar Nero: lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby.

18:15

Putin, gli attacchi al Nord Stream condotti da uno Stato 

Gli atti terroristici compiuti contro il Nord Stream sono stati commessi da uno Stato. Lo ha denunciato il presidente russo Vladimir Putin, aggiungendo che gli Stati Uniti erano interessati a far esplodere le condotte del gasdotto. Lo riporta la Tass. Secondo Putin, la versione del coinvolgimento di attivisti ucraini nelle esplosioni lungo il gasdotto Nord Stream "è una totale sciocchezza". 

18:23

Usa, drone in azione di routine in spazio aereo internazionale

Il drone Usa colpito da un jet russo sul Mar Nero stava conducendo un'operazione di routine nello spazio aereo internazionale quando due caccia russi hanno cercato di intercettarlo: lo ha riferito il Pentagono. Il dipartimento di Stato intende contattare le autorità russe per esprimere la "preoccupazione" degli Stati Uniti per l'incidente avvenuto tra un jet russo e un drone Usa sul Mar Nero. Lo ha riferito il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby.

18:30

 Casa Bianca, l'attacco al drone Usa unico nel suo genere

Se la Russia intende "impedire" agli Stati Uniti di volare sul Mar Nero, "questo on accadrà" e "continueremo a volare". Lo ha detto il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, in un briefing con un gruppo ristretto di giornalisti. Secondo Kirby, si tratta di una situazione unica nel suo genere: "Ci sono state altre intercettazioni simili ma questa è degna di nota perché è stata pericolosa e poco professionale" e ha causato l'abbattimento di un velivolo statunitense, "quindi è unica al riguardo". 

18:33

Nord Stream: Putin, Gazprom potrebbe aver trovato altro ordigno su gasdotto

Una nave della Gazprom ha trovato prove della possibile presenza di un altro ordigno esplosivo sul tubo del Nord Stream, a 30 km dal luogo del precedente attacco terroristico. Lo ha annunciato il presidente russo Vladimir Putin in un'intervista a Russia 1. Lo riporta la Tass. Putin ha ricordato che Gazprom aveva precedentemente ricevuto il permesso dalle autorità danesi di indagare sul luogo dell'esplosione sul Nord Stream, ma non si è fermata qui e la nave noleggiata dalla compagnia è andata oltre lungo il gasdotto. "E a una distanza di circa 30 km dal luogo dell'esplosione - ha spiegato - gli specialisti ritengono che potrebbe essere un'antenna per ricevere un segnale per far scattare un ordigno esplosivo, che potrebbe essere posto sotto il sistema di condutture", ha sottolineato.

18:39

Putin, se europei rinsaviscono Nord Stream ha un futuro

I gasdotti Nord Stream hanno un futuro se i Paesi europei ripristineranno l'interesse nazionale. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin. "Penso che (un futuro) ci sia", ha detto in un'intervista al canale televisivo Russia 1, rispondendo a una domanda in tal senso. "Se i nostri partner europei sono interessati e se hanno ancora questo istinto di interesse nazionale, allora, ovviamente, avranno un futuro", ha dichiarato il leader del Cremlino. "A volte mi sembra che qualunque cosa venga loro detta da Oltreoceano, loro la fanno", ha detto riferendosi ai leader europei.

18:43

Nato: "Alleati informati del drone Usa abbattuto"

Il comandante militare della Nato, il generale Christopher Cavoli, ha informato tutti e trenta gli Stati che fanno parte dell'Alleanza Atlantica dell'abbattimento di un drone americano MQ-9 Reaper da parte di un caccia russo Su-27. Lo rende noto un funzionario della Nato.

 18:46

Casa Bianca, se messaggio russi è non volare su Mar Nero fallirà

"Non sappiamo quale fosse l'intenzione dei russi ma se il messaggio era quello di esercitare deterrenza contro i nostri sorvoli nello spazio aereo internazionale sul Mar Nero, o la nostra navigazione in acque internazionali sul Mar Nero, è destinato a fallire": lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby in un briefing telefonico rispondendo ad una domanda sull'incidente tra un jet russo e un drone Usa sul Mar Nero.

18:48

Presidente siriano arrivato a Mosca, previsto colloquio con Putin 

 Il presidente siriano, Bashar al Assad, è arrivato in visita ufficiale a Mosca, dove dovrebbe incontrare l'omologo russo, Vladimir Putin. Lo riferisce l'ufficio della presidenza siriana, come riporta Ria Novosti.

18:56

Putin, ha perso gene sovranità e indipendenza

Gli Europei "hanno perso il gene dell'indipendenza, della sovranità e dell'interesse nazionale". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel corso di un'intervista a Russia 1. Lo riporta Ria Novosti. "Più li colpiscono sul naso o sulla sommità della testa, più si piegano e sorridono", ha aggiunto.

19:04

Ucraina, allerta aerea in tutto il Paese

Un'allerta aerea è stata dichiarata in tutta l'Ucraina, per la quarta volta oggi. Lo ha reso noto il ministero della Trasformazione digitale. Il primo allarme è stato lanciato per la capitale Kiev e poi ha interessato l'intera Ucraina. I precedenti avvertimenti erano stati alle 13.00, 14.30 e 16.25 ora di Kiev.

19:41

Usa convocano ambasciatore russo per incidente drone

Gli Stati Uniti hanno convocato l'ambasciatore russo a Washington per protestare contro lo schianto di un drone americano sul Mar Nero dopo che un aereo da guerra russo si è scontrato con esso. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price.

19:45

Russia: "Drone americano si stava avvicinando al nostro confine, ma è caduto da solo per manovra brusca"

Il drone americano MQ-9 Reaper precipitato nel Mar Nero "stava violando le norme di utilizzo dello spazio aereo" e per questo "i caccia russi si sono alzati in volo". Ma "non c'è stato alcjn contatto tra il drone americano e i caccia russi" che "non hanno utilizzato armi". E' quanto sostiene il ministero della Difesa russo in una nota rilanciata dall'agenzia di stampa Ria Novosti. "Il drone americano, in seguito a una brusca manovra, ha perso il controllo in volo, ha avuto una perdita di quota ed è precipitato in acqua", sostiene il ministero. 

"Il drone stava volando in direzione del confine della Federazione russa", aggiunge la nota, affermando che il velivolo aveva "i transponder spenti". Il ministero afferma inoltre che "dopo essere stato rilevato il drone, i caccia delle forze armate russe in servizio si sono alzati in volo".

19:57

Comando americano in Europa: "Il drone non è stato recuperato"

Il drone Usa Reaper abbattuto da un caccia russo sul Mar Nero non è stato recuperato. Lo riporta un portavoce del comando Usa in Europa.

20:03

Il Pentagono non fornisce dettagli sui danni al drone

Il Pentagono non ha voluto fornire dettagli su come e dove è stato colpito il drone, abbattuto sul Mar Nero dopo un confronto con un jet russo. Nel corso del briefing con i giornalisti, il portavoce della Difesa ha detto più volte di non poter fornire dettagli, ma si è limitato a dire che era stato danneggiato, senza indicare dove.

20:10

Pentagono: "Il jet russo probabilmente danneggiato nella collissione"

Il jet da combattimento russo Su-27 "probabilmente è stato danneggiato" nella collisione con il drone statunitense MQ-9 nello spazio aereo internazionale sul Mar Nero. Lo ha affermato il generale Pat Ryder, portavoce del Pentagono, nel corso di una conferenza stampa. "Ciò che abbiamo visto sono stati aerei da combattimento che scaricavano carburante davanti a questo drone e poi si sono avvicinati così tanto all'aereo da danneggiare l'elica dell'MQ-9. Stimiamo che probabilmente anche l'aereo russo abbia subito qualche danno", ha detto.

20:25

Pentagono: "Costretti a far precipitare il drone dopo la collisione"

Le forze armate americane sono state costrette a far precipitare nel Mar Nero il drone Mq-9 dopo che il velivolo era stato danneggiato in seguito a una collisione con un caccia russo Su-27. Lo ha chiarito in conferenza stampa il generale Pat Ryder al Pentagono. "A causa dei danni, abbiamo dovuto farlo precipitare nel Mar Nero", ha aggiunto, spiegando che il drone non poteva più volare dopo la collisione.

20:38

Pentagono: il jet russo ha volato 30-40 minuti vicino al drone americano

Il caccia russo ha affiancato il drone Usa per circa 30-40 minuti prima della collisione. Lo ha detto il portavoce del Pentagono, il generale Patrick Ryder. "Basato sulle informazioni in nostro possesso - ha detto, durante il briefing con i giornalisti - sembra che (il jet russo, ndr) abbia volato da 30 a 40 minuti nelle vicinanze dell'Mq-9". La collisione avrebbe reso il drone impossibilitato a volare e spinto gli Stati Uniti ad abbatterlo.

20:54

Cnn: dal jet russo carburante sul drone per danneggiarlo

Un jet russo avrebbe "deliberatamente" e "numerose volte" rilasciato carburante lungo la rotta del drone americano Mq-9 per danneggiare le eliche posteriori del velivolo, rendendolo così impossibilitato a volare. Lo riporta la Cnn, che cita fonti dell'amministrazione Usa.

21:44

L'ambasciatore russo al Dipartimento di Stato Usa

L'ambasciatore russo Anatoly Antonov è arrivato al Dipartimento di Stato americano, dove è stato convocato in seguito alla collisione tra un drone americano e un caccia russo sul Mar Nero. Lo riferisce la Cnn, spiegando che il diplomatico non ha risposto alla richiesta di commenti.

Antonov dovrebbe incontrare il vice Segretario di Stato per gli affari europei Karen Donfried, ha detto un alto funzionario del Dipartimento di Stato. Antonov è stato convocato per "trasmettere le nostre forti obiezioni", ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price. L'ambasciatrice degli Stati Uniti in Russia Lynne Tracy "ha trasmesso un messaggio forte al ministero degli Affari esteri russo", ha affermato Price.

22:15

Ambasciatore russo a Washington: "Nessuna arma usata contro il drone americano"

I caccia russi non hanno usato le loro armi contro il drone americano in missione di ricognizione sul Mar Nero. Lo ha ribadito l'ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, dopo essere stato convocato al Dipartimento di Stato per rendere conto dell'incidente. "Voglio sottolineare che i piloti russi hanno agito in modo molto professionale, non c'è stato alcun contatto e non c'è stato alcun uso di armi", ha dichiarato. Lo riporta la Tass.

22:30

Ambasciatore Mosca: "La Russia non cerca lo scontro con gli Usa"

"La Russia non sta cercando lo scontro con gli Stati Uniti". Lo ha detto l'ambasciatore di Mosca a Washington, Anatoly Antonov, che oggi è stato convocato al Dipartimento di Stato americano dopo la collisione tra un drone americano e un caccia russo sul Mar Nero. Antonov ha detto di aver incontrato l'assistente del Segretario di Stato americano Antony Blinken, Karen Donfrid.

Estratto da wired.it il 14 marzo 2023.

L'interesse recente dell'opinione pubblica verso l'intelligenza artificiale si è concentrato soprattutto sugli aspetti ricreativi, ma la nuova tecnologia ha un'applicazione molto più seria e preoccupante che riguarda le guerre.

 L'Ai viene già utilizzata in Ucraina: il conflitto ha di fatto anticipato l'uso dell'intelligenza artificiale in guerra, portando sul campo di battaglia strumenti e programmi ancora da perfezionare. Ora l'innovazione è nell'agenda dei leader militari e politici di tutto il mondo; per questo si è svolto il primo vertice internazionale sull'uso militare responsabile dell'Ai che ha stimolato una discussione etica e le principali preoccupazioni riguardanti l'arrivo dell'Ai nei conflitti.

 Ha avuto luogo a L'Aia, in Olanda, il Reaim Summit, manifestazione organizzata dal governo olandese per posizionare il tema dell'Ai nel mondo militare più in alto nell'agenda politica internazionale.

 All'evento hanno partecipato delegati di 50 Paesi, fra cui Stati Uniti e Cina, ma i Paesi Bassi e la Corea del Sud co-organizzatrice non hanno invitato la Russia. Erano presenti anche aziende private: l'amministratore delegato di Palantir, compagnia statunitense specializzata nelle nuove tecnologie e nell'analisi di big data, non ha nascosto il coinvolgimento della propria azienda nel conflitto in Ucraina.

“Siamo responsabili della maggior parte degli attacchi” ha detto Alex Karp di Palantir. La sua impresa sfrutta l'intelligenza artificiale per colpire obiettivi russi ed è quindi a supporto della nazione di Kiev. Fra i servizi di Palantir la possibilità di analizzare i movimenti satellitari e i feed dei social media per aiutare a visualizzare la posizione di un nemico […]. L'Ai riesce ad analizzare una grande quantità di dati in poco tempo, velocizzando gli attacchi e favorendo un approccio ostile in minor tempo.

 "[…] Sul fatto che l'Ai in guerra sia una realtà non ci sono dubbi: i governi devono esaminare quale parte dei loro budget per la difesa sarà destinata ai progressi della tecnologia, soprattutto perché la conversazione è cambiata negli ultimi sei mesi.

 L'intelligenza artificiale offre un importante vantaggio strategico nei contesti di guerra, in quanto favorisce la possibilità di automatizzare compiti ripetitivi e consente una maggiore accuratezza e precisione nelle operazioni di combattimento. […]

I sistemi di imaging basati sull'intelligenza artificiale possono fornire un'immagine precisa di ciò che sta accadendo in una situazione di combattimento, consentendo colpi più precisi e meno danni collaterali.

 Inoltre, i sistemi di posizionamento basati sull'intelligenza artificiale consentono una maggiore precisione nel puntamento di munizioni esplosive e nella navigazione di aerei da combattimento e altre unità di combattimento. Il software e gli algoritmi basati sull'intelligenza artificiale offrono la possibilità di elaborare grandi quantità di dati in modo rapido e accurato per ottenere informazioni preziose. […]

Jet russo colpisce un drone Usa, scontro nei cieli del Mar Nero: ecco cosa è successo. Andrea Marinelli, Guido Olimpio e Lorenzo Cremonesi, inviato a Kramatorsk, su Il Corriere della Sera il 15 Marzo 2023.

Un jet russo si è scontrato nel cielo del Mar Nero con un drone da ricognizione americano poco dopo le 7 del mattino di ieri, costringendo i piloti che lo manovravano a farlo precipitare in acque internazionali. Secondo un funzionario statunitense citato dalla Cnn, il drone Reaper MQ-9 e i due Su-27 Flanker stavano operando sul Mar Nero quando uno dei jet russi è volato intenzionalmente davanti al velivolo senza pilota e ha scaricato carburante. Un jet ha poi danneggiato l’elica sul retro del Reaper, costringendo gli Usa ad abbattere il drone, che non è stato recuperato.

In serata è arrivata anche la ricostruzione russa. Il drone sarebbe stato localizzato «vicino alla penisola di Crimea, in direzione del confine della Federazione Russa», ha dichiarato il ministero della Difesa di Mosca. «Il velivolo volava con i transponder spenti. A quel punto i caccia dell’aeronautica hanno provato a identificare l’intruso, ma non hanno usato armi e non sono entrati in contatto con il drone americano, che ha perso controllo e quota ed è finito in acqua al termine di una brusca manovra».

Dopo l’incidente il comandante militare della Nato, il generale Christopher Cavoli, ha subito informato i trenta Stati che fanno parte dell’Alleanza Atlantica. «Questo incidente segue uno schema di azioni pericolose da parte di piloti russi che interagiscono con velivoli statunitensi e alleati nello spazio aereo internazionale», ha scritto in una nota lo Us Eucom, il comando Usa per l’Europa. «Queste azioni aggressive da parte dell’equipaggio russo sono pericolose e potrebbero portare a calcoli errati e a un’escalation involontaria».

Incidenti simili sono frequenti, ha notato la ricercatrice della Rand Corporation Dara Massicot, che ha analizzato decine di casi e ritiene che lo scontro fra il jet russo e il drone americano faccia parte dei «segnali coercitivi» che Mosca invia agli alleati, e che ne replichi le modalità. Quello di ieri è però il primo confronto diretto fra Stati Uniti e Russia dall’inizio del conflitto, anche se nei cieli del Mar Nero i velivoli alleati — che monitorano il conflitto — e quelli russi hanno costanti interazioni.

Ci sono stati altri intercettamenti, ha precisato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby, ma questo è degno di nota perché è stato «pericoloso e non professionale. Per questo è stato unico. Non sappiamo quale fosse l’intenzione dei russi», ha aggiunto, «ma se il messaggio era quello di esercitare deterrenza contro i nostri sorvoli nello spazio aereo internazionale sul Mar Nero, o la nostra navigazione in acque internazionali sul Mar Nero, è destinato a fallire».

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stato immediatamente informato dell’incidente, ha affermato Kirby, mentre l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov è stato convocato nel pomeriggio di martedì e la rappresentante americana a Mosca Lynne Tracy ha presentato una formale protesta al ministero degli Esteri russo.

Intanto ieri Vladimir Putin, sottolineando il cambiamento di priorità, ha spiegato che quella in Ucraina si è trasformata da operazione minore per «liberare il Paese dai nazisti» a conflitto vitale per «garantire la stessa esistenza dello Stato Russo». «Nel Donbass lottiamo per la nostra sopravvivenza. Questo non un è conflitto geopolitico, ma una missione per garantire il futuro della Russia che permetta lo sviluppo del Paese e dei nostri figli», ha esclamato.

A conferma del prevalere della logica della forza militare sono i duri scontri nel Donbass attorno alla cittadina contesa di Bakhmut (dove la lotta è adesso incentrata tra i capannoni della ditta metallurgica Azom con immagini che ricordano la sfida per la Azovstal di Mariupol la primavera scorsa) e nei settori adiacenti come Kreminna, Avdiivka e Lyman. I comandi ucraini insistono sull’importanza «vitale» di Bakhmut, ma c’è il sospetto che serva da puro diversivo per attirare il grosso delle forze russe, mentre Kiev pianifica la sua prossima controffensiva nel sud. I proiettili russi hanno anche colpito ieri mattina la città di Kramatorsk, causando un morto e tre feriti tra i civili.

La guerra della Russia a Bakhmut e quella con Prighozin. Stefano Piazza su Panorama il 14 Marzo 2023

Questa mattina il Cremlino attraverso il suo portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato all'agenzia di stampa Tass di non riconoscere la giurisdizione d Corte penale internazionale dell'Aia. Nemmeno il tempo di registrare l’ennesima rottura di Mosca con le organizzazioni internazionali che il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha fatto la stessa cosa parlando il programma Aukus annunciato ieri da Usa, Gran Bretagna Australia sui sottomarini che secondo Pechino «è nato sotto una tipica mentalità da Guerra Fredda, che stimolerà solo una corsa agli armamenti saboterà il sistema internazionale di non proliferazione nucleare e danne la pace e la stabilità regionali». Di questo ha parlato il ministro degli Ester russo Sergei Lavrov che in un discorso a Mosca ha detto: «Il mondo anglosassone sta costruendo strutture a blocchi come l'Aukus, facendo avanzare l'infrastruttura della Nato in Asia e scommettendo seriamente s anni di scontri». Evidente come russi e cinesi perseguano gli stessi obbiettivi che mirano a destabilizzare l’Occidente in modo da avere le mani libere nei loro progetto di espansione, come accade in Ucraina da parte russa (con un occhio a Moldo in Georgia) e come vedremo prossimamente a Taiwan da parte cinese. A loro aggiungono l’Iran che fornisce armi alla Russia, la Bielorussia prossima all’unificazione forzata con Mosca, la Cecenia di Razman Kadyrov che partecipa al conflitto ucraino con le sue truppe e la Corea del Nord che è anche luogo di riciclaggio di denaro sporco per russi, cinesi e iraniani che acquistano anche armi. Gli attacchi russi alle organizzazioni internazionale servono anche a distrarre l’opinione pubblica russa e quella internazionale dagli scontri quotidiani all’interno del gruppo di potere di Mosca che seco alcuni Vladimir Putin fatica sempre più a gestire. Ieri è stata la volta del politologo russo Aleksey Mukhin, che contribuisce al forum Valdai Discus Club e ai media statali russi, che ha commentato l'annuncio sarcastico di Yevgeny Prigozhin dell'11 marzo secondo cui si candiderà alle elezioni presidenziali ucraine del 2024. Mukhin sul suo canale Telegram ha chiesto in maniera ironica «se Prigozhin avesse informato il presidente russo Vladim Putin delle sue ambizioni presidenziali» inoltre il politologo scrive che  che Prigozhin « si definisce comandante della compagnia militare privata Wagner influenza direttamente la pianificazione e la gestione delle opera di combattimento delle squadre d'assalto». Poi Aleksey Mukhin che non è certo un personaggio minore, ha aggiunto che il leader del Gruppo Wagne un potenziale politico che cerca capri espiatori da incolpare per le elevate perdite di personale di Wagner. Tutti sanno che il governo russo paga per forze di Prigozhin e le loro munizioni e il fallimento di Prigozhin nel riconoscere il sostegno delle forze russe convenzionali lo ha alienato dai comandanti russi sul campo di battaglia. Prigozhin ha messo i combattenti Wagner in pericolo di accerchiamento durante l'atteso contrattacco ucraini in seguito delle sue azioni. Prigozhin ora chiede che le forze convenzionali r coprano i 'suoi fianchi' e che le forze russe potrebbero aver bisogno di me da parte il loro disgusto per Prigozhin per prevenire ulteriori perdite di W a Bakhmut». Un attacco durissimo quello a Yevgeny Prigozhin che sta diventando sempre di più un problema per Putin del quale aveva parlato l'Institute for the Study of War (ISW) nel suo report del 12 marzo secondo ministero della Difesa russo potrebbe deliberatamente sacrificare le forze Wagner a Bakhmut in parte per far deragliare le aspirazioni politiche di Prigozhin. Le pesanti accuse di Mukhin supportano anche la valutazione dell’ISW secondo cui il Cremlino e il Ministero della Difesa russo stanno tentando d’incolpare Prigozhin per il ritmo rallentato dell'avanzata a Bakhmut e per elevate perdite tra i mercenari Wagner. Prigozhin si è difeso affermando c 15/03/23, 07:41 La guerra della Russia a Bakhmut e quella con Prighozin - Panorama https://www.panorama.it/news/dal-mondo/guerra-bakhmut-prighozin-wagner 4/8 «la situazione a Bakhmut rimane davvero difficile» e che «i miei 550 tenta di procurare munizioni per Wagner sono stati ignorati. Non vi è alcun con tra i combattenti di Wagner e i combattenti del ministero della Difesa russi sono fiducioso che Wagner continuerà a ricevere tali donazioni grazie alle relazioni amichevoli con queste unità». Mentre scriviamo i mercenari del gruppo Wagner stanno pubblicando sui loro sui social network immagini mostrano dentro l'impianto industriale Azom di Bakhmut.

Da blitzquotidiano.it il 14 marzo 2023.

[…] Un uomo ha portato il suo carro armato a fare un giro sulla neve prima di fare il pieno di benzina a una stazione di servizio. Il protagonista è un 35enne di Stoke-on-Trent, nel Regno Unito, conosciuto come “The Beast” che nel 2017 è stato incoronato come World’s Strongest Man.

[…] Il costo del pieno del carro armato al distributore è stato però molto salato: circa mille sterline.

 Un carro armato che può circolare in strada

Lo scorso anno il protagonista della vicenda ha comprato il mezzo militare e ha voluto subito personalizzarlo. Questo perché il suo fiammante carro armato è omologato per la circolazione su strada, con un limite massimo di velocità di 20 miglia all’ora (circa 32 km/h).

È andato anche a prendere il figlio a scuola

Come ogni buon padre è andato persino a prendere suo figlio a scuola. […]

Guerra Ucraina - Russia, le news del 15 marzo.

La Repubblica. Kiev: Wagner mette taglia su Crosetto. Colloquio telefonico tra ministri della Difesa Washington-Mosca. Usa, incidente drone sembra non intenzionale

L'Ambasciata Russia a Washington: "Il volo del drone Usa è una provocazione". Mosca: "Usa smettano attività militari ai nostri confini". Allarme aereo in tutte le regioni, esplosioni a Kharkiv. Entro maggio la Turchia potrebbe dire sì all'ingresso della Finlandia nella Nato. Media russi: "Reclutamento di 400mila militari da aprile". Ma il Cremlino smentisce. Mosca: "ordigni esplosivi" su oleodotto a confine

Cresce la tensione tra Usa e Mosca dopo la che un jet russo si è scontrato con un drone Usa che stava conducendo una missione di ricognizione sul Mar Nero. Per l'ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, l'episodio "è una provocazione".

"Questo dispositivo stava volando con i transponder spenti ed è entrato nella zona di un'operazione militare speciale - ha spiegato alla Tass. E ancora: "La Russia chiede agli Usa di mettere fine alle inaccettabili attività militari vicino ai confini russi". Intanto secondo la Bbc aerei da caccia della Royal Air Force (Raf) britannica e dell'aeronautica tedeschi hanno intercettato un aereo militare russo sullo spazio aereo dell'Estonia, che è stato scortato fuori.

Punti chiave

20:24

Dipartimento di Stato Usa, incidente drone sembra non intenzionale 

19:12

Colloquio telefonico tra ministri della Difesa Usa-Russia

16:43

La Wagner ha messo una taglia sul ministro Crosetto

12:57

Putin: "La situazione nelle nuove regioni rimane difficile"

11:59

Russia: Transneft, "ordigni esplosivi" su oleodotto a confine 

11:47

Wagner, conquistata un'altra località vicino a Bakhmut 

07:44

Caccia Gb e tedeschi intercettano aereo russo sull'Estonia

00:00

La Lituania proroga lo stato di emergenza al confine russo

 Il parlamento lituano (Seimas) ha nuovamente prorogato lo stato di emergenza nelle aree di frontiera con la Federazione russa e la Bielorussia. La misura era stata adottata per limitare l'immigrazione clandestina favorita dalla polizia bielorussa e iniziata nell'estate del 2021.

00:10

Usa: "Adottate misure per evitare che drone finisca in mani sbagliate"

La Casa Bianca ha adottato le misure necessarie per evitare che il drone abbattuto nel Mare Nero "finisca nelle mani sbagliate". Lo ha riferito il coordinatore del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, alla Cnn. "Senza entrare troppo nei dettagli, quello che posso dire è che abbiamo adottato misure per proteggere le nostre azioni rispetto a quel particolare drone. Ed è proprietà degli Stati Uniti. Ovviamente non vogliamo vedere nessuno metterci le mani sopra al di là di noi", ha spiegato.

00:28

 Nyt: "Drone caduto in mar Nero non aveva armi"

 Il drone americano caduto nel mar Nero dopo un incontro ravvicinato con un caccia russo non aveva armi. Lo riporta il New York Times citando un funzionario militare statunitense. Il velivolo - viene spiegato - era decollato da una base in Romania per una missione di ricognizione regolarmente programmata, che in genere dura dalle nove alle dieci ore.

00:45

Media: usate munizioni fosforo nei pressi di Bakhmout

I militari russi hanno sparato almeno due munizioni al fosforo bianco nel pomeriggio di ieri in una zona disabitata a Chassiv Iar, nei pressi di Bakhmout, nell'Ucraina orientale. Lo riportano i giornalisti di Afp presenti sul posto.

00:49

Zelensky, "Rafforzeremo la difesa di Bakhmut"

In merito a Bakhmut "c'è una posizione chiara e congiunta: rafforzare le difese per distruggere l'occupante il più possibile". Lo ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo videomessaggio serale. Lo riporta Unian.

01:02

Ambasciatore russo: "Non vogliamo scontro con Usa"

La Russia non vuole lo "scontro" con gli Stati Uniti: lo ha detto ai reporter l'ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov, dopo essere stato convocato al Dipartimento di Stato americano per l'incidente tra un jet di Mosca e un drone Usa. Il diplomatico tuttavia ha osservato che "per come la vediamo,  gli aerei americani non dovrebbero trovarsi vicino al confine russo". "Potete immaginare se un drone del genere apparisse improvvisamente vicino a New York o San Francisco?", ha chiesto, anche se l'incidente è avvenuto nello spazio aereo internazionale.

06:19

Governatore Belgorod: "Abbattuti 3 missili sopra la regione"

Il governatore della regione di Belgorod, al confine con l'Ucraina, ha affermato che la difesa aerea russa ha abbattuto tre missili sopra la regione. Lo riporta il Kyiv Independent secondo cui il governatore Vyacheslav Gladkov non ha fornito dettagli sulla provenienza dei missili. Non sono stati segnalati feriti.

06:47

Isw: "Incidente drone non causerà conflitto diretto Usa-Russia"

L'incidente con il drone americano MQ-9 Reaper nel Mar Nero non causerà un conflitto diretto tra Stati Uniti e Russia. È quanto affermano gli analisti dell'Istituto per lo studio della guerra, come riporta Ukrainska Pravda. "Le truppe russe hanno usato per decenni tattiche intimidatorie contro aerei e navi americani e alleati in numerosi teatri, il che non ha mai portato a conflitti", hanno osservato gli esperti dell'istituto

06:49

Kiev, quattro feriti in attacco russo a Kherson

Due civili e due ufficiali del servizio di emergenza statale ucraino sono rimasti feriti in un bombardamento russo nella regione di Kherson. Lo riferisce il comando militare ucraino che opera nel sud del Paese, come riporta il Kyiv Indipendent.

07:44

Caccia Gb e tedeschi intercettano aereo russo sull'Estonia

 Aerei da caccia della Royal Air Force (Raf) britannica e dell'aeronautica tedeschi hanno intercettato un aereo militare russo sullo spazio aereo dell'Estonia, scrive la Bbc in un tweet, che non cita fonti. L'aereo russo, un quadrimotore da trasporto e rifornimento in volo Ilyushin Il-78 Midas, volava fra l'enclave russa di Kaliningrad e San Pietroburgo, ed è transitato sullo spazio aereo estone, sul Baltico, senza annunciare il suo passaggio al controllo aereo di Tallinn. I due aerei che l'hanno intercettato, due Typhoon decollati per l'occasione, appunto uno tedesco e l'altro britannico, hanno scortato l'Il-78 fuori dallo spazio estone.

07:59

Mosca: "Usa smettano attività militari ai nostri confini"

 La Russia chiede agli Usa di mettere fine a quelle che chiama le "inaccettabili attività militari vicino ai confini russi" dopo l'incidente che ieri ha coinvolto un jet di Mosca e un drone americano. Lo ha detto l'ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, citato dall'agenzia Ria Novosti.

08:22

Media russi: "Reclutamento di 400mila militari da aprile"

A partire dal primo aprile, la Russia inizierà un nuovo reclutamento di militari a contratto, il ministero della Difesa ha inviato ordini alle regioni indicando il numero di persone che dovranno firmare: i media regionali russi hanno scritto che un totale di 400.000 militari a contratto dovranno aggiungersi all'esercito, secondo i piani del ministero della Difesa della Federazione. Lo riporta il sito di Radio Svoboda. Secondo il quotidiano Vyrstka gli uffici di registrazione e arruolamento stanno cercando di compensare le perdite dell'esercito russo.

 09:20

Kiev: "Tredici navi russe nel Mar Nero con 28 missili cruise Kalibr"

Al momento la Russia ha dislocato 13 navi militari in servizio di combattimento nel Mar Nero, tra cui quattro unità lanciamissili con un totale di 28 missili da crociera Kalibr a bordo: lo scrive il comando navale ucraino su Facebook, citato dall'agenzia Ukrinform. "Al 15 marzo 2023, ci sono 13 navi nemiche in servizio di combattimento nel Mar Nero, incluse 4 portaerei di missili da crociera Kalibr con una salva totale fino a 28 missili", si legge nel messaggio.

09:25

Michel: "Da Russia nessuna volontà di arrivare a pace"

"Vogliamo un'escalation verso la pace, ma la Russia ha invece aumentato l'escalation della guerra" e "non vediamo alcun segnale dal Cremlino nella direzione giusta". Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nel suo intervento al Parlamento europeo a Strasburgo.

09:43

Ucraina: allarme aereo in tutte le regioni, esplosioni a Kharkiv

Allarme aereo questa mattina in tutte le regioni ucraine, compresa la capitale. Esplosioni sono state segnalate a Kharkiv, nell'Ucraina orientale, come riferisce il capo dell'amministrazione regionale militare, Oleg Sinegubov, citato da Unian. Secondo il gruppo di monitoraggio Belarusian Gayun, un MiG-31K russo 'Dagger carrier' è decollato dal territorio della Bielorussia. "Gli aerei MiG-31K sono potenziali portatori di missili Dagger. Attualmente l'Ucraina non dispone di difese aeree in grado di abbattere questi missili", ha detto Sinegubov.

10:11

Ingresso nella Nato, presidente della Finlandia da domani in Turchia per colloqui con Erdogan

Il presidente finlandese Sauli Niinisto si recherà domani e dopodomani in Turchia per incontrare il presidente turco Recep Tayyip Erdoagn. Al centro dei colloqui l'adesione alla Nato della Finlandia, come ha dichiarato l'ufficio del presidente finlandese.

10:31

Kiev: gli Usa hanno già rimpiazzato il drone abbattuto

Il drone Usa caduto ieri nel Mar Nero dopo un incidente con un caccia russo è già stato sostituito da un altro velivolo, lo afferma il portavoce delle forze aeree ucraine, colonnello Yuriy Ignat. "L'aviazione statunitense nel Mar Nero è permanente. Il Mar Nero non è un mare interno della Russia", ha dichiarato Ignat a un programma di informazione congiunto trasmesso dalle stazioni televisive ucraine e riportato da Ukrainska Pravda.

Il portavoce militare ha aggiunto che gli Stati Uniti "valuteranno l'incidente" che ha coinvolto il drone da ricognizione MQ-9 Reaper, che ha anche capacità di combattimento, e il caccia russo Su-27, ma ha detto che "un altro drone sta già operando nel sito del ricognitore abbattuto".

10:47

Usa, gruppo bipartisan di senatori spinge per l'invio di jet F-16 all'Ucraina

Un gruppo di senatori statunitensi bipartisan sta facendo pressioni sul Pentagono per inviare jet F-16 in Ucraina. In una lettera al Segretario alla Difesa Lloyd Austin, ottenuta dal giornale statunitense Politico, otto senatori hanno scritto che il conflitto tra Russia e Ucraina è "ora in un momento critico", sostenendo che i caccia F-16 potrebbero dare a Kiev un vantaggio mentre l'invasione a tutto campo di Mosca entra nel secondo anno. "Dopo aver parlato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco il mese scorso con i leader statunitensi, ucraini e stranieri che lavorano per sostenere l'Ucraina - affermano i senatori - riteniamo che gli Stati Uniti debbano attentamente prendere in considerazione la fornitura di aerei F-16. Questa dotazione potrebbe rivelarsi un punto di svolta sul campo di battaglia".

10:57

Nato: è vicino il via libera della Turchia alla Finlandia

La Turchia intende approvare la richiesta di adesione della Finlandia alla Nato - indipendentemente da quella della Svezia - prima delle elezioni parlamentari e presidenziali che si terranno il 14 maggio, lo hanno detto a Reuters due funzionari turchi.

È molto probabile che il Parlamento turco ratifichi l'adesione della Finlandia alla Nato prima che si chiuda a metà aprile per le elezioni, hanno detto le fonti.

11:19

Mosca, esercitazione di 10 jet russi sopra Kaliningrad 

Oltre dieci jet militari russi della flotta del Mar Baltico, tra Su-27 e Su-30SM, hanno condotto oggi un'esercitazione nel cielo sopra Kaliningrad per simulare l'intercettazione e la distruzione di obiettivi nemici convenzionali. Lo ha reso noto il servizio stampa della flotta citato dall'agenzia Tass.

11:36

Kiev, abbattuto un aereo russo vicino Bakhmut

Le forze ucraine hanno abbattuto un aereo militare russo vicino Bakhmut. Lo riferisce via Telegram il capo dell'ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak, scrive Ukrinform.

11:47

Wagner, conquistata un'altra località vicino a Bakhmut 

Le forze russe hanno conquistato un'altra località nei pressi di Bakhmut, quella di Zaliznyanskoye. Lo afferma Yevgeny Prigozhin, capo della milizia privata Wagner, citato dall'agenzia Ria Novosti.

11:49

Regno Unito: jet russo intercettato era fuori dallo spazio aereo estone

Era fuori dallo spazio aereo dell'Estonia, seppure nelle vicinanze dei confini, l'aereo militare russo da rifornimento Il-78 Midas in volo tra San Pietroburgo e l'enclave russa di Kaliningrad intercettato nelle scorse ore congiuntamente da due caccia Nato, uno della Raf britannica e da uno dell'aviazione tedesca, nella "prima operazione condotta insieme dai 2 Paesi". Lo precisa la Bbc citando fonti del ministero della Difesa di Londra, secondo cui il blitz e avvenuto "vicino" ai cieli estoni. La motivazione addotta per l'intercettamento è che l'equipaggio dell'Il-78 avrebbe "ignorato di comunicare con il controllo aereo" di Tallinn.

11:59

Russia: Transneft, "ordigni esplosivi" su oleodotto a confine 

Ordigni esplosivi, probabilmente sganciati da droni, sono stati trovati presso la stazione di pompaggio del petrolio di Novozybkovo dell'oleodotto russo Druzhba nella regione di Bryansk, al confine con l'Ucraina. Lo ha annunciato la compagnia Transneft, operatore dell'infrastruttura.

Secondo la compagnia, scopo dell'attacco era uccidere persone. Attualmente, ha specificato Transneft, la stazione non sta pompando petrolio. I media russi riferiscono che non ci sono feriti e sull'accaduto sono state aperte indagini.

12:12

Cremlino: nessun contatto di alto livello con gli Usa sul drone

Non ci sono stati contatti ad alto livello tra la Russia e gli Stati Uniti sull'incidente avvenuto ieri nei cieli sul Mar Nero che ha portato alla distruzione di un drone americano. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dall'agenzia russa Ria Novosti.

12:24

Cremlino smentisce: nuovi arruolamenti non sono in discussione

In Russia "non è in discussione" un'eventuale nuova ondata di arruolamenti nell'ambito della mobilitazione militare parziale introdotta nel settembre scorso. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, dopo che un sito russo, Ura.ru, ha scritto che a partire dal primo aprile comincerà una campagna di arruolamenti di 400mila professionisti da integrare nelle forze russe, secondo i piani già previsti.

12:40

Nato, Erdogan rassicura la Finlandia: "Manterremo la parola data"

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan rassicura la Finlandia, aspirante membro Nato, rispetto al fondamentale via libera della Turchia all'allargamento. "Faremo tutto quello che ci tocca. Manterremo la parola data", ha detto Erdogan oggi, alla vigilia della visita in Turchia del presidente finlandese Sauli Niniisto.

12:57

Putin: "La situazione nelle nuove regioni rimane difficile"

La situazione nelle nuove regioni russe (quelle ucraine annesse con referendum, ndr) "rimane difficile, è necessario rafforzare le autorità locali". Lo ha dichiarato il presidente russo, Vladimir Putin, riferendosi alle quattro regioni ucraine annesse da Mosca con un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale. Putin sta parlando a una riunione del collegio della procura generale.

13:12

Media: il drone Usa colpito dai russi è partito dalla Romania

Il drone Usa MQ-9 Reaper è partito dalla Romania e volava a un'altitudine di circa 7.500 metri sul Mar Nero quando è stato intercettato dai jet russi. Lo riportano diversi media, tra cui New York Times e Abc News, che cita un funzionario dell'Air Force americana. Droni di questo genere solitamente decollano dalla basi Nato di Câmpia Turzii (Romania), Larissa (Grecia) e Signonella (Italia).

13:25

Casa Bianca: "Il drone americano potrebbe non essere mai recuperato"

Il drone di sorveglianza americano MQ-9 che si è schiantato nel Mar Nero non è stato recuperato e potrebbe non essere mai recuperato, ha detto alla Cnn il portavoce della Casa Bianca John Kirby. "Non è stato recuperato. Non sono sicuro che riusciremo a recuperarlo. Dove è caduto nel Mar Nero ci sono acque molto profonde. Quindi stiamo ancora valutando se ci possa essere qualche tipo di sforzo di recupero. E potrebbe non esserci", ha detto Kirby. E ha aggiunto: "Abbiamo fatto del nostro meglio per ridurre al minimo qualsiasi valore di intelligence che potrebbe derivare se qualcun altro mette le mani su quel drone".

13:53

Russia, Senato approva ddl contro critiche a miliziani Wagner in Ucraina

Il Consiglio della Federazione - la camera alta del Parlamento russo - ha approvato un ddl che mira a estendere la censura sul conflitto in Ucraina. La legge, che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di notizie sull'esercito che le autorità russe dovessero ritenere "false" e fino a 7 anni per diffamazione dei militari, verrebbe infatti estesa anche a informazioni riguardanti gruppi di volontari e miliziani che combattono in Ucraina dalla parte delle forze del Cremlino, e quindi pure al Gruppo Wagner, i cui mercenari sono accusati di crimini di guerra. Per diventare legge, il ddl deve essere ora firmato da Putin.

14:19

Usa: 9 Paesi intendono inviare 150 tank Leopard all'Ucraina

Nove paesi intendono trasferire più di 150 carri armati Leopard in Ucraina. Lo ha dichiarato il ministro della Difesa statunitense Lloyd Austin, aprendo la decima riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina (il cosiddetto 'formato Ramstein'), che si svolge in videoconferenza.

"Solo negli ultimi tre mesi, i membri di questo gruppo di contatto hanno dimostrato una leadership eccezionale nel costruire le capacità di cui l'Ucraina ha bisogno per difendere la propria sovranità e per costruire lo slancio sul campo di battaglia", ha affermato Austin.

"La coalizione di Paesi che forniscono all'Ucraina carri armati Leopard continua a crescere. Ora 9 Paesi si sono impegnati a fornire più di 150 carri armati Leopard", ha aggiunto Austin. Probabilmente il riferimento è sia ai Leopard 1 che 2.

14:39

Kiev, abbattuto aereo russi Su-24 vicino Bakhmut

 I soldati della 93sima brigata meccanizzata separata hanno abbattuto un bombardiere tattico supersonico russo Su-24 vicino a Bakhmut nell'oblast di Donetsk. Lo ha detto la portavoce della brigata Iryna Rybakova, come riporta Kiev Independent.

Il capo dell'ufficio presidenziale ucraino Andrii Yermak ha pubblicato in precedenza un video su Telegram con l'abbattimento dell'aereo. Il filmato mostra che il pilota dell'aereo è riuscito a espellersi con un paracadute. Lo stato maggiore delle forze armate ucraine ha riferito che la Russia ha perso 304 aerei e 289 elicotteri dall'inizio della guerra.

15:03

Russia: 'incendiò centro reclute', condannato a 13 anni

 Un tribunale militare russo ha condannato a 13 anni di reclusione, di cui 10 in "regime severo", un uomo di 22 anni accusato di aver incendiato un ufficio di reclutamento a Lukhovitsy, nella regione di Mosca: lo riporta la Tass.

Secondo l'agenzia di stampa statale russa, l'uomo, identificato come Kirill Butylin, è stato accusato di "vandalismo", "terrorismo" e "inviti pubblici a effettuare attività terroristiche". Secondo la Tass, si tratta del primo caso di incendio di un centro di reclutamento russo dall'inizio della guerra in Ucraina.

Stando agli investigatori, Butylin avrebbe lanciato delle molotov contro l'ufficio di reclutamento il 28 febbraio dell'anno scorso e sarebbe poi andato in Bielorussia.

15:10

Ucraina: Mosca, cercheremo di recuperare resti drone Usa

"Ci sono le possibilità tecniche per recuperare i resti del drone americano precipitato ieri e studiarlo. Lo ha affermato il direttore del Russian Foreign Intelligence Service, Serghei Naryshkin, citato da Ria Novosti.

"Mi sembra che ci siano tali possibilità tecniche", ha spiegato.

15:19

Iniziato l'incontro Putin-Assad a Mosca

E' iniziato a Mosca l'incontro tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il suo omologo siriano, Bashar al Assad: lo riporta l'Afp citando la tv di Stato russa.

15:28

Austin, nove Paesi pronti a inviare 150 Leopard 

"La coalizione è unita e resta impegnata ad aiutare l'Ucraina finché necessario": lo ha detto il capo del Pentagono Lloyd Austin aprendo la decima riunione in formato virtuale del gruppo di contatto sull'Ucraina, dove ha annunciato che nove Paesi intendono trasferire più di 150 carri armati Leopard in Ucraina. "La coalizione di Paesi che forniscono all'Ucraina carri armati Leopard continua a crescere", ha proseguito, ringraziando poi vari Paesi per i loro differenti contribuiti, compresa l'Italia.

 15:43

Patrushev: "Proveremo a recuperare relitto drone Usa"

La Russia proverà a recuperare il relitto del drone americano MQ-9 caduto ieri nel Mar Nero per studiarlo. Lo ha sottolineato Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, in un'intervista sul canale televisivo Rossiya-1. "Non so se saremo in grado di recuperarlo o meno, ma è quello che dobbiamo fare e ce ne occuperemo", ha detto Patrushev, rispondendo alla domanda se la Russia possa trovare il velivolo senza pilota. "Spero, ovviamente, in un successo", ha aggiunto.

16:03

Assad, "Siria sostiene operazione militare speciale russa"

La Siria sostiene la decisione della Russia di condurre la cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. Lo ha dichiarato il presidente siriano Bashar al-Assad in un incontro con il suo omologo russo Vladimir Putin a Mosca. "Voglio cogliere l'occasione, perché questa è la mia prima visita dopo l'operazione speciale, per ribadire la posizione siriana a sostegno dell'operazione speciale", ha detto il presidente siriano. Come riporta l'agenzia di stampa Ria Novosti, Assad ha anche affermato che "la situazione nel mondo deve essere stabilizzata".

16:19

Media, piano russo per controllare la Moldavia entro il 2030

Mosca ha elaborato una strategia per destabilizzare la Moldavia, prenderla sotto il suo controllo politico e allontanarla dai partner occidentali entro il 2030. Lo rivela un documento di strategia interna dall'amministrazione presidenziale di Putin ottenuto da un consorzio di media, tra cui Suddeutsche Zeitung e Yahoo News. Il testo, elaborato nel 2021, proviene dalla stessa 'Direzione presidenziale per la cooperazione transfrontaliera' che ha prodotto una strategia simile sulla Bielorussia. L'obiettivo finale entro il 2030 è la "creazione di gruppi di influenza filo-russi stabili nelle élite politiche ed economiche moldave".

16:39

Finlandia, Ankara ha preso decisione su nostra adesione a Nato

La Turchia ha preso la sua decisione sull'adesione di Helsinki alla Nato, che sarà annunciata ufficialmente venerdì in occasione della visita del presidente finlandese Sauli Niinisto. Lo ha fatto sapere la Finlandia stessa. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha già fatto intendere che risponderà positivamente alla richiesta di adesione di Helsinki. Discorso diverso invece per la Svezia: la Turchia ha sospeso i negoziati con Stoccolma dopo le proteste di gennaio contro Ankara, i colloqui sono tuttavia ripresi a Bruxelles il 9 marzo. 

16:43

La Wagner ha messo una taglia sul ministro Crosetto

Il gruppo della brigata russa Wagner ha istituito una taglia sul ministro della Difesa Guido Crosetto. È quanto comunicato allo stesso ministro una decina di giorni fa, dopo una segnalazione dei servizi di intelligence italiani. A quanto si apprende, non sarebbe stata aumentata la sua scorta. Secondo quanto scrive il Foglio, che ha anticipato la notizia, la taglia sarebbe di circa 15 milioni di dollari.

17:13

Kiev, volontari cercano corpi di russi da scambiare con ucraini

Si fanno chiamare il 'Tulipano nero' e sono un gruppo di volontari ucraini che, dall'inizio della guerra, raccoglie corpi di soldati russi da scambiare con quelli di Kiev. Nella storia, raccontata dal Guardian, viene spiegato che un soldato non può essere dichiarato morto dallo Stato finché non c'è un corpo. I volontari agiscono soprattutto a Krasnopillia, nel Donetsk, ma la zona è molto pericolosa essendo stata teatro di diverse battaglie e avendo sul suo terreno ancora molte mine antiuomo disseminate. Dall'inizio dell'invasione il 'Tulipano nero' ha affermato di aver dissotterrato i corpi di 311 soldati russi.

Lo scambio di corpi tra Russia e Ucraina è un processo segreto e il totale delle operazioni non è stato reso noto da nessuna delle due parti. Questi avvengono al confine tra i due Paesi e vengono supervisionati dai due eserciti. In alcuni casi alle operazioni ha preso parte anche il Comitato internazionale della Croce Rossa che si impegna affinché i soldati possano essere identificati e restituiti alle loro famiglie. Alle volte questo passaggio è complicato. Come hanno spiegato i volontari, infatti, i cadaveri russi vengono occasionalmente trovati bruciati, a volte dalla popolazione locale per motivi igienici, ma spesso anche dall'esercito russo, nel tentativo di nascondere le perdite. Secondo i servizi di sicurezza ucraini sarebbero migliaia i russi eliminati in modo informale poiché il Cremlino li registra come "dispersi in azione".

17:45

Klitschko all'Ansa, "Kiev è ancora viva, Mosca ha fallito"

"Abbiamo lavorato notte e giorno, abbiamo dovuto calcolare e prevedere qualsiasi situazione, anche gli scenari peggiori. Un paio di mesi sono stati particolarmente difficili. Ma abbiamo tenuto tutto sotto controllo e i russi non ce l'hanno fatta, nonostante abbiano lanciato oltre 800 razzi verso la nostra città". Lo dice il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ricordando in una conversazione con l'Ansa l'ultimo anno vissuto nella capitale ucraina.

18:03

Usa hanno cancellato software drone 

Gli americani hanno cancellato da remoto il software del drone Mq-9 Reaper prima che cadesse nel mar Nero, in modo da impedire ai russi di raccogliere informazioni riservate nel case riescano a ripescarlo. Lo riferisce la Cnn, citando due funzionari americani, a proposito della collisione di ieri fra il drone e un aereo militare russo.

18:35

Lavrov, Usa ignorano limitazioni per aerei in Mar Nero 

"Gli Stati Uniti ignorano completamente il fatto che dopo l'inizio di un'operazione militare speciale i nostri militari hanno dichiarato le aree rilevanti del Mar Nero come aree con uno status limitato per l'uso di qualsiasi aereo". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, intervistato dalla televisione russa, secondo quanto riporta l'agenzia Ria Novosti. "Un'ignoranza così provocatoria di questo fatto oggettivo suggerisce che la parte americana cerca costantemente una sorta di provocazione per intensificare i suoi approcci conflittuali", ha aggiunto Lavrov. "Questo è un male perchè (gli americani, ndr) hanno costantemente dichiarato di essere un potere responsabile, interessato alla stabilità strategica. Ma le parole sono in contrasto con i fatti", ha concluso Lavrov.

18:52

Lavrov, Usa cercano continuamente provocazioni 

Gli Stati Uniti ignorano completamente il fatto che alcune aree al largo della costa del Mar Nero dopo l'inizio dell'operazione militare speciale della Russia in Ucraina hanno uno status limitato per i voli e cercano costantemente provocazioni. E' la lettura del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov dell'abbattimento di un drone statunitense sui cieli del mar Nero. "(Gli Stati Uniti) ignorano completamente il fatto che dopo l'inizio dell'operazione militare speciale, i nostri militari hanno dichiarato le aree del Mar Nero adiacenti alla costa come zone limitate all'utilizzo da parte di qualsiasi aereo. Gli americani ignorano provocatoriamente questo fatto oggettivo e cercano costantemente provocazioni per intensificare il loro approccio conflittuale", ha detto Lavrov, intervistato dalla televisione russa. Lo riporta l'agenzia Ria Novosti.

19:12

Colloquio telefonico tra ministri della Difesa Usa-Russia

Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha tenuto conversazioni telefoniche con il suo omologo americano Lloyd Austin. Lo ha riferito il ministero della Difesa russo, specificando che il colloquio è avvenuto su iniziativa della parte americana. "Il 15 marzo 2023, su iniziativa della parte americana, si sono svolte conversazioni telefoniche tra il ministro della Difesa della Federazione Russa Sergei Shoigu e il segretario alla Difesa degli Stati Uniti d'America, Lloyd Austin", riferisce il ministero citato dalla Tass.

19:22

Moldavia, filorussi bloccano ancora le strade del Paese

Continuano le tensioni in Moldavia, fomentate dal Movimento per il popolo, che ha alle spalle il partito filorusso Sor. Secondo quanto riporta il sito moldavo Newsmaker, oggi i manifestanti sono tornati a bloccare le strade del Paese con dei flash mob che hanno avuto luogo sia sulle vie cittadine che su quelle provinciali. Gli slogan sono sempre gli stessi, contro Maia Sandu e il caro-bollette. Secondo le informazioni diffuse, le azioni si stanno svolgendo a Glodeni, Briceni, Cimislia, Floresti, Soldanesti, Calarasi, Balti e in altre parti del Paese insediamenti. Domani si prevede un'altra giornata di tensioni. Il Movimento per il popolo ha infatti annunciato che si troverà nuovamente davanti al parlamento, alle 11, per chiedere che il governo soddisfi "l'iniziativa legislativa firmata da oltre 713.000 cittadini che hanno firmato la proposta del Movimento per il popolo di far pagare integralmente le bollette" al Pas, il Partito di azione e solidarietà al governo.

19:47

Austin conferma telefonata con Shoigu, continueremo a volare dove consentito

Il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, ha confermato il colloquio telefonico col ministro della Difesa russo Shoigu. "Come ho ripetuto più volte, è importante che le grandi potenze siano un modello di trasparenza e comunicazione e gli Stati Uniti continueranno a volare e operare ovunque le leggi internazionali lo consentono", ha detto il capo del Pentagono in un briefing, riferendo dei contenuti della telefonata.

20:24

Dipartimento di Stato Usa, incidente drone sembra non intenzionale 

"Penso che la migliore valutazione in questo momento sia che probabilmente non è stato intenzionale. Probabilmente è stato il risultato di una profonda incompetenza da parte di uno di questi piloti russi": così il portavoce del dipartimento di stato Usa Ned Price in un'intervista a Msnbc.

20:43

Usa, drone caduto nel Mar Nero "non ha più valore di intelligence"

Il drone caduto ieri nel Mar Nero dopo essere entrato in collisione con due caccia russi "non ha più valore" di intelligence. Lo ha detto il capo degli Stati maggiori riuniti americano, il generale Mark Milley, in un briefing con i giornalisti. "Probabilmente si è rotto, probabilmente non c'è molto da recuperare, francamente - ha sottolineato - Per quanto riguarda la perdita di informazioni sensibili, come di consueto prenderemo - e abbiamo preso - delle misure di attenuazione. Quindi siamo abbastanza fiduciosi che tutto ciò che era di valore non lo sia più". Milley ha detto che l'intelligence sa dove è finito il drone nel Mar Nero e che probabilmente si trova a quattro o cinquemila piedi (tra i 1.300 ed i 1.600 metri) sotto la superficie, il che renderebbe le operazioni di recupero "molto difficili" per chiunque. Tra l'altro, ha riferito il generale, gli Stati Uniti "non hanno navi lì, ma abbiamo molti alleati e amici nell'area".

21:15

Shoigu ad Austin, l'incidente del drone per violazione Usa

L'incidente con il drone è stato causato dal mancato rispetto da parte degli Stati Uniti delle restrizioni ai voli che la Russia ha stabilito per alcune zone. Lo ha detto il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu al suo omologo statunitense Lloyd Austin nel colloquio telefonico di oggi, secondo quanto riferito dal ministero della Difesa russo citato dalla Tass.

21:51

 Russia "reagirà proporzionatamente" a provocazioni

La Russia reagirà "in maniera proporzionata" a qualsiasi futura "provocazione" statunitense. Lo fa sapere in una nota il ministero della Difesa russa, all'indomani dello schianto di un drone americano precipitato nel Mar Nero. "I voli di veicoli aerei senza pilota strategici americani al largo della costa della Crimea sono di natura provocatoria, il che crea i presupposti per un'escalation della situazione nella zona del Mar Nero", si legge nel comunicato. "La Russia non è interessata a un tale sviluppo di eventi, ma continuerà a rispondere in maniera proporzionale a tutte le provocazioni".

22:17

Ucraina: colloquio fra capi di Stato maggiore Russia e Usa

 Conversazione telefonica fra i capi di Stato maggiore russo e americano, Valery Gerasimov e Mark Milley. Lo riporta la Tass citando una nota del ministero della Difesa russo.

Dalla guerra ibrida al gruppo Wagner: il dossier che svela le mire russe. Il Copasir nel 2022 indicava nelle attività di Wagner in Africa uno strumento di "guerra ibrida" russo. Andrea Muratore il 15 Marzo 2023 su Il Giornale

Le dichiarazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto sul ruolo presunto dei mercenari russi del Gruppo Wagner nel sostegno all'immigrazione clandestina hanno suscitato scalpore e fatto discutere molto la politica e i media negli ultimi giorni. Tanto da portare alla piccata risposta del capo della Wagner, Yevgeny Prighozin, che ha seccamente negato il ruolo dei suoi uomini nello scatenamento della corsa all'immigrazione che caratterizza l'Africa del Nord.

Quale che sia la realtà, è indubbio che la Russia abbia delle mire sull'Africa tutt'altro che indifferenti. E che al contempo le mosse di Mosca nel Maghreb e nel Sahel siano da tempo nel mirino degli apparati di sicurezza, politici, militari e d'intelligence, a disposizione del sistema-Paese.

Cosa contiene il dossier del Copasir

Una prova di questo fatto è la relazione sulle attività svolte nel 2021 dal Comitato Parlamentare per la Sicurezza per la Repubblica, pubblicata nel febbraio 2022, poche settimane prima dell'invasione russa dell'Ucraina. Il dossier è stato presentato da Adolfo Urso, senatore di Fratelli d'Italia ai tempi presidente del Copasir e oggi Ministro delle Imprese e del Made in Italy, nella giornata del 9 febbraio 2022. Al suo interno il Copasir indicò nell'assertività della Russia sul continente africano una potenziale causa di destabilizzazione di sistema.

Nella corposa relazione di 120 pagine il Copasir, a pagina 52, scrive esplicitamente: "La Russia, considerata la principale minaccia verso Est, ha intrapreso ormai da qualche anno diverse iniziative assertive da Sud: una presenza con forze navali nel Mediterraneo; una presenza con truppe e l’occupazione di basi in Siria; interventi in Libia, Repubblica Centrafricana e Mali di forze militari proprie o ad esse collegate, come la compagnia Wagner", di cui già ai tempi si iniziava a intuire la proiezione internazionale. Il Copasir non metteva in correlazione diretta la presenza della Wagner in diversi teatri bellici e la questione dell'immigrazione clandestina. Tuttavia, poneva in essere delle questioni di merito riguardanti la minaccia indiretta imposta dalla presenza russa nell'Africa settentrionale e sub-sahariana.

La relazione sulle attività svolte nel 2021 dal Copasir

Per il Copasir gli interventi russi nella regione del Sahel "hanno l’obiettivo di contrastare e porsi come alternativa alle operazioni dei Paesi occidentali in un’area delicatissima, considerata come il confine meridionale d’Europa, da cui originano alcune grandi minacce quali l’enorme instabilità degli Stati saheliani, il terrorismo di stampo jihadista e l’immigrazione clandestina". Tutte minacce di sistema legate al buco nero geopolitico della Libia, del Sahel e delle regioni circostanti in cui gli interventi militari di Europa e Usa e l'insorgenza jihadista hanno creato sfiducia nelle classi dirigenti locali e nei rapporti con l'Occidente, oltre a trasformare molti di questi Paesi in stati falliti.

I rischi della guerra ibrida

La relazione Copasir non fa riferimento a episodi specifici ma il comitato di Palazzo San Macuto sottolinea che "tali elementi entrano a far parte della guerra ibrida che minaccia l’Unione europea e la sua coesione". Ancor prima della Libia, il Paese-chiave per la sicurezza regionale del quadrante mediterraneo e africano è indicato il Mali, epicentro della penetrazione di Wagner, ove il ritiro delle forze armate francesi ivi presenti ha lasciato spazio ai russi di dettare legge: "Questo scenario problematico – a fronte di una situazione caratterizzata dalla presenza di gruppi jihadisti che operano travalicando le frontiere, anche sfruttando le crisi politiche presenti nei Paesi saheliani – potrebbe infatti provocare un effetto domino sugli Stati vicini con conseguenze anche sui flussi migratori e sui traffici illegali", fa notare la relazione del comitato di controllo e garanzia sui servizi segreti italiani (a pagina 64).

In quest'ottica, va aggiunto che l'attuale Relazione annuale del Dipartimento per le Informazioni della Sicurezza (Dis) che coordina i servizi segreti italiani indica anche nel Sudan un quarto Paese africano di riferimento degli interventi militari all'estero. Non c'è, né nella relazione Copasir né in quella Dis, tra i Paesi di riferimento della Wagner in Africa la maggiore fonte di incremento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia, la Tunisia, per quanto entrambi i rapporti si focalizzino sulla necessità di una sua stabilità e sui problemi che un crollo politico a Tunisi potrebbe rappresentare per l'Italia.

Per il Copasir, in particolare, "flussi migratori dal Paese, principalmente verso l’Italia, non possono non risentire della complessa situazione interna e sono in continuo aumento". Ma nonostante tutto, gli obiettivi della Russia in Africa sono noti e in via di perseguimento alla luce del sole da tempo. E l'Italia, Paese interessato alla stabilità del nord del continente, fa bene a tenere gli occhi opportunamente aperti sulle tensioni regionali, specie se di derivazione esterna.

La guerra dai mille volti. Nei giorni scorsi, di fronte al moltiplicarsi degli sbarchi, i ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto hanno ipotizzato che dietro il fenomeno ci sia una ben precisa strategia dei mercenari della "Wagner". Augusto Minzolini il 15 Marzo 2023 su Il Giornale

Nei giorni scorsi, di fronte al moltiplicarsi degli sbarchi di immigrati clandestini provenienti dall'Africa, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e quello della Difesa, Guido Crosetto (che non rilasciava interviste dal 26 gennaio, a dimostrazione del fatto che è stata un'uscita meditata), hanno ipotizzato che dietro il fenomeno ci sia una ben precisa strategia dei mercenari della «Wagner», cioè del Cremlino.

L'analisi non è peregrina perché nel continente africano le brigate filo-russe (con le loro alleanze) sono ben presenti, controllano Stati dalla Cirenaica al Mali. Facile intravvedere l'obiettivo: destabilizzare l'Italia e l'Europa nell'ottica del conflitto in Ucraina. Né tantomeno bisogna meravigliarsi del cinismo: gli «scudi umani» sono un portato spietato delle ultime guerre dove il senso dell'onore è venuto meno, figurarsi se oggi qualcuno a Mosca si fa scrupoli ad usare un nuovo strumento nella guerra ibrida.

L'analisi preoccupata dei due ministri non è campata in aria: non ci sono prove evidenti, ma parte da basi logiche. Anche i nostri servizi segreti ne sono convinti. Solo che se le parole hanno un senso, se davvero i mercenari della Wagner o chi per loro hanno il potere di aprire e chiudere i rubinetti dell'immigrazione clandestina, bisogna essere conseguenti. E, contro un'azione che risponde ad una logica di guerra, è necessario usare strumenti di difesa di un certo livello. Non ci vuole molto ad immaginare che l'organizzazione più adatta sia la stessa che sta garantendo l'Ucraina, cioè la Nato. Anche perché la destabilizzazione di un Paese come il nostro può avere ripercussioni per tutta l'Alleanza. Senza contare che un'ondata di 600-800mila immigrati si propagherà nel Vecchio continente e tra loro - è il sospetto degli 007 - potrebbero mischiarsi anche terroristi. Per cui o il fenomeno è gestito (e non basta l'impegno della sola Italia), o crea problemi a tutti.

Siamo di fronte ad un salto di qualità del problema immigrazione ed è evidente che un intervento della Nato può avere effetti più efficaci di quello della nostra Marina: sia per il salvataggio in mare, sia per l'eliminazione dei barconi sulle coste del Nord-Africa (basta pensare all'uso dei droni). Inoltre la Nato avrebbe l'autorità per chiedere ad uno Stato membro come la Turchia di intervenire per bloccare la partenza degli scafisti dalle sue coste o da quelle che controlla in Libia e, magari, organizzare corridoi umanitari per i rifugiati.

L'Africa è una polveriera. Il fronte meridionale dell'Alleanza, quello che ci riguarda direttamente, è vulnerabile. Per cui c'è bisogno di un maggiore impegno: la Nato non può occuparsi solo del conflitto russo-ucraino. Nell'epoca delle guerre asimmetriche, quel conflitto si combatte anche in Africa. In tanti modi, appunto. E in quel continente l'Occidente ha perso molto terreno, in favore di Russia e Cina. Per errori (il caso Gheddafi) o per disinteresse. Ora deve riconquistarlo per non scoprire a sue spese che la guerra da quelle parti ha mille volti.

Il drone abbattuto e l'aereo russo in Estonia, incidenti di percorso che possono far esplodere tutto (General Atomics). Sergio Barlocchetti su Panorama il 15 Marzo 2023.

Il drone abbattuto e l'aereo russo in Estoni incidenti di percorso che possono far esplodere tutto 16/03/23, 07:02 Il drone abbattuto e l'aereo russo in Estonia, incidenti di percorso che possono far esplodere tutto - Panorama https://www.panorama.it/Tecnologia/difesa-aerospazio/drone-abbattuto-russia-usa-estonia 2/8 La vicenda del drone americano abbattuto dall’aviazione russa si può interpretare come una scaramuccia inevitabile in tempi come questi, soprattutto in un’area geografica come quella del Mar Nero, stretta tra la Turchia, dove gli Usa hanno basi militari attive, l’Europa dell’Est e i territori contesi da russi e ucraini. Già la ricostruzione dei fatti è complessa, poiché c’è chi sostiene che lo M Reaper americano sia stato abbattuto, e chi riferisce che la coppia di Sukh che l’ha avvicinato l’avrebbe semplicemente danneggiato, costringendo i piloti Usa ad abbatterlo per evitare una perdita di controllo pericolosa e, soprattutto, che i resti potessero finire in mani russe. Perché il fatto determinante è che fosse un drone per intelligence, ovvero per la raccolta informazioni, fossero esse di tipo fisico come il riscontro della posizione unità navali o altro, oppure elettromagnetico, cioè emissioni che dimostrare la presenza di radar o altri sistemi di trasmissione. Il tutto, probabilmente fornire a Kiev un altro vantaggio. Sta di fatto che nella prima mattinata di un caccia Sukhoi Su-27 russo sarebbe entrato volontariamente in collisione con il Reaper mentre questo era in volo sul Mar Nero seppure rimanendo n spazio aereo internazionale, anche se a soli sessanta chilometri dalla base navale russa di Sebastopoli. Una distanza enorme per qualsiasi congegno ottico, ma praticamente nulla per le emissioni radio, facili da rilevare. Sulla dinamica dell’incidente la narrazione varia da quanto riferito dai russi che parlano di avaria indipendente dalla loro presenza, fino alla versione secondo la quale uno dei piloti avrebbe scaricato carburante davanti al drone poi danneggiato la sua elica, di fatto abbattendolo. Secondo il generale Pa Ryder, addetto stampa del Pentagono, la coppia di velivoli militari russi avrebbero volato intorno al drone almeno per 40 minuti prima che avvenisse la collisione. Non è certamente una novità che piloti di aerei mi affianchino grandi droni per osservarli, quello che rende questa storia div è la “provocazione” russa, che tuttavia non può di per sé costituire un valido motivo per una escalation militare tra le due potenze nucleari. Ma, semmai distogliere l’attenzione occidentale da quanto avviene in Donbass e sul fronte della guerra. Il generale James Hecker, a capo dell’aviazione Usa in Europa, ha dichiara “Il nostro MQ-9 stava conducendo operazioni di routine nello spazio aere internazionale quando è stato intercettato e colpito, provocando un incidente la completa perdita del mezzo, poiché a causa dei danni subiti abbiamo do farlo precipitare nel Mar Nero”. Il ministero della Difesa russo ha invece negato di essere entrato in contatto con il drone, affermando che i due Su probabilmente decollati da una base della Crimea, “si sono affrettati a intercettare e identificare l’intruso” dopo averlo rilevato mentre sorvolava il Mar Nero con i sistemi di identificazione spenti, violando i confini dello s aereo temporaneamente segregato dalla Difesa russa perché teatro opera dell’operazione militare speciale”. Infine, Mosca ha confermato che il pil coinvolto nell’incidente è atterrato senza danni, anche se non è stato detto dove. Gli americani hanno sempre giustificato la presenza dei droni nello spazio aereo dell’area con la necessità di aiutare le forze aeree romene (e non sol quelle, anche quelle di Estonia, Polonia e Grecia), a mantenere il miglior controllo possibile dello spazio aereo circostante. Ma certo questo potrebbe valere per la costa ovest, raggiunta spesso da MQ-9 in decollo dalla base da  Sigonella, in Sicilia, non certo per la parte centrale del mare dove l’incidente avvenuto, circa 500 chilometri più a est. Perché dunque gli Usa fanno vola questi droni così lontano dal fronte e dai territori alleati? La risposta è che momento è perfetto per venderli, dimostrando ai potenziali clienti la loro efficacia, e al contempo – ma non si può dimostrare – per aiutare con informative puntuali le forze ucraine dando loro grande vantaggio. Ora però è necessario recuperare il relitto, poiché a bordo ci sono sistemi elettronici con tecnologia classificata e certo lo sforzo americano per riuscire non sarà di poco conto, stante che i russi ben difficilmente daranno l’asse unità navali Usa per entrare in quelle acque. Di fatto, seppure il Dipartimento di Stato abbia convocato l’ambasciatore russo per riferire sull’episodio, il segretario alla Difesa americana Lloyd Austin non ne ha ovviamente anco potuto discutere con il suo omologo russo Sergei Shoigu. Ma la posizione americana è ferma su un punto: per loro l’area segregata dell’Operazione Speciale non esiste e l’Usaf continuerà a volare in quello che viene definito  spazio aereo internazionale. Non è certo il primo drone che gli Usa perdono: nel 2019 uno RQ-4 Global Hawk (più grande di quello caduto nel Mar Nero) mentre volava per dimostrazione sopra lo stretto di Hormuz, forse per mano iraniana, spinge il presidente Donald Trump a minacciare una ritorsione militare che tutta non avvenne mai: gli Usa dissero che fu per evitare vittime civili, gli iraniani negarono di aver provocato l’incidente. Intanto questa mattina una pattuglia formata da velivoli Eurofighter Typh del Regno Unito e della Germania ha intercettato un velivolo russo che decollato da San Pietroburgo per Kaliningrad ha “tagliato” la sua rotta se avvertire il controllo aereo Estone. I Typhoon occidentali hanno identifica velivolo come uno Iliushin 78 Midas, ovvero un velivolo per trasporto mil e rifornimento, che volava senza alcuna scorta e che è poi rientrato in spa aereo russo, mentre un altro “scramble” si rendeva necessario per identificare uno Antonov 148 che stava per ripetere lo stesso errore.

Le sanzioni sono per sempre. Perché l’Europa dovrebbe fermare lo smercio di diamanti che finanzia il Cremlino. Matteo Fabbri su L’Inkiesta il 16 Marzo 2023.

Regno Unito e America hanno già colpito il settore delle pietre preziose, tra i cinque prodotti che generano maggiori entrate per la Russia. La svolta è attesa al vertice G20 a maggio. Il Belgio, che ad Anversa ospita il principale mercato del continente, insiste nel chiedere un tracciamento completo

«Date le entrate significative che la Russia ricava dall’esportazione di diamanti, ci impegneremo collettivamente su ulteriori misure sui diamanti russi, compresi quelli grezzi e lucidati, lavorando a stretto contatto per coinvolgere i partner chiave». I leader del G7 lo hanno esplicitato nella nota a margine dell’incontro del 24 febbraio mandando un segnale chiaro che, pur non indicando tempi precisi, lascia presagire che il prossimo incontro delle sette potenze in Giappone nel mese di maggio, possa essere quello decisivo per estendere le sanzioni anche ai diamanti russi.

Di fatto, però, i Paesi del G7 stanno aspettando Bruxelles, visto che Regno Unito e Stati Uniti hanno già sanzionato il settore, mentre l’Unione europea continua a tergiversare. Il tema è delicato: l’Europa ha ad Anversa, nel nord del Belgio, il più grande hub dei diamanti al mondo, attivo dal quindicesimo secolo.

A pochi passi dalla meravigliosa stazione dei treni della città fiamminga sorge il Diamond District, una zona relativamente piccola – circa un chilometro quadrato – nella quale transita l’ottantasei per cento di tutti i diamanti grezzi al mondo e le società registrate che lavorano e commerciano il minerale sono circa millesettecento. Il mercato dei diamanti genera scambi per quaranta miliardi di euro, un impatto economico importante per il Paese sede delle istituzioni europee. Nel 2021 Anversa ha importato dalla Russia diamanti per quasi due miliardi di euro.

Mosca è il primo esportatore al mondo e il commercio fuori dai confini vale circa quattro miliardi. Una somma che colloca il minerale tra i primi cinque prodotti che generano entrate per il Paese, staccato da gas e petrolio, ma con una fetta di mercato comunque significativa. La russa Alrosa è la più grande compagnia di estrazione di diamanti al mondo, anche grazie alle ricche miniere siberiane nella repubblica russa della Jacuzia.

Ovviamente è sotto il controllo Cremlino. L’amministratore delegato Sergei Ivanov viene considerato molto vicino a Putin ed è stato uno dei primi oligarchi a essere sanzionato dagli Stati Uniti dopo l’invasione dell’Ucraina. In passato Alrosa avrebbe addirittura finanziato un sottomarino da combattimento che porta il nome della compagnia.

Il governo belga ha sempre affermato di non essersi mai opposto esplicitamente a restrizioni sui diamanti ma viene naturale pensare che se l’Europa sia in ritardo da questo punto di vista rispetto a Stati Uniti e Gran Bretagna, il Paese che ospita il più grande hub dei diamanti al mondo possa averci messo lo zampino.

Le osservazioni sollevate dall’Awdc, il Centro mondiale dei diamanti di Anversa, insistono sul fatto che imponendo sanzioni al settore non si farebbe altro che spostare il mercato dall’Europa verso Israele, India ed Emirati Arabi. Paesi dove le pietre verrebbero lavorate per poi essere rimesse in commercio nei mercati occidentali non arrecando, di fatto, danni sensibili a Vladimir Putin.

Il Belgio sembra aver sposato questa linea e insiste nel chiedere che venga eseguito un tracciamento completo del minerale per poter garantire maggiore trasparenza e rendere al contempo maggiormente efficaci le sanzioni nei confronti di Mosca. In effetti questa situazione potrebbe essere l’occasione per stabilire nuovi standard globali a lungo termine che possano contribuire a riorganizzare il mercato garantendo un tracciamento sicuro.

Questa è la soluzione individuata dal Governo belga guidato da Alexander De Croo, che impedirebbe allo stesso tempo di aggirare le sanzioni. Ancora una volta però si è preferito rimandare di qualche mese e dei diamanti russi nel decimo pacchetto non c’è traccia. Anche all’interno dello stesso esecutivo di Bruxelles c’è chi avrebbe voluto un intervento più tempestivo.

I socialisti fiamminghi di Vooruit hanno sottolineato più volte come una maggiore tracciabilità a livello internazionale si rivelerebbe efficace solo se accompagnata da sanzioni immediate a livello europeo che vadano a colpire direttamente Alrosa riducendo i flussi economici verso la Russia. Difficile però pensare che la questione porti alla rottura degli equilibri all’interno della maggioranza di governo.

Dopo gli enormi sforzi del blocco dei ventisette per rendersi indipendenti da buona parte delle fonti energetiche russe (non tutte, fa eccezione ad esempio il settore nucleare), era lecito aspettarsi più coraggio da parte dell’Unione. Soprattutto rispetto ad un settore come quello del minerale più prezioso che pur avendo un forte impatto sull’economia di uno dei ventisette Stati membri, rappresenta un bene di lusso non paragonabile alle fonti energetiche.

Il fatto che la nota del G7 abbia citato esplicitamente i diamanti lascia presagire che la pressione su Bruxelles aumenterà e la prossima riunione delle sette potenze globali in Giappone potrebbe essere un orizzonte verosimile per estendere le sanzioni anche ad Alrosa e alle miniere del Cremlino. Sembra che a maggio quindi si arriverà ad una decisione. Ma nel frattempo i mesi passano e Putin continua a fare affari.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 16 marzo.

La Repubblica. Polonia trasferirà 4 MiG-29 nei prossimi giorni. Usa: "Non cambiamo idea su F-16". Media Usa, dalla Cina armi a Mosca

Gli Usa pubblicano il video dell'incidente del drone sul Mar Nero. Secondo la Cnn la marina russa sarebbe in procinto di recuperare i pezzi del drone distrutto nell'incidente di martedì. Putin agli industriali: "Siamo in una guerra di sanzioni". Rapporto Onu: la Russia ha commesso crimini di guerra

La tensione nei cieli d'Europa non si allenta. Dopo l'incidente che ha portato alla distruzione di un drone americano sul Mar Nero, velivoli russi e della Nato si sono incrociati anche oggi. Due caccia, uno britannico e uno tedesco, hanno intercettato un aereo militare russo da rifornimento che volava vicino all'Estonia. In mattinata il Comando Usa di stanza in Europa ha pubblicato il video dell'incidente, accusando Mosca di operazione "poco professionale".

Il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto agli industriali del Paese per la prima volta dopo l'inizio della guerra e ha detto che la Russia si è rivolta a paesi in crescita per compensare il contraccolpo delle sanzioni. 

Punti chiave

17:53

Polonia trasferirà 4 MiG-29 nei prossimi giorni

15:26

Pechino a Kiev: "Riprendere colloqui di pace Ucraina-Russia"

14:14

Ucraina, rapporto Onu: la Russia ha commesso crimini di guerra

13:37

Mosca annuncia un prelievo una tantum alle imprese a sostegno delle casse dello Stato

13:21

Russia, Putin: "Abbiamo sviluppato relazioni con Stati in crescita, e compensato così le chiusure dei mercati occidentali"

12:40

Putin parla per la prima volta agli imprenditori da Febbraio 2022: "La Russia affronta una guerra di sanzioni"

11:44

Il Comando Usa in Europa: "Operazione russa pericolosa e poco professionale"

11:23

Gli Usa pubblicano il video dell'incidente tra drone americano e jet russo sul Mar Nero

10:10

Ucraina, l'istituto Isw: "L'offensiva della Wagner a Bakhmut è agli sgoccioli"

09:46

Ucraina, Kiev: "20 navi russe nel Mar Nero, attività atipica"

09:39

Zelensky ricorda le vittime dell'attacco al teatro

09:34

Cnn: forze russe hanno raggiunto il luogo dell'incidente del drone Usa

07:40

Cnn: abbattuto nell'Est Ucraina un drone civile cinese "riadattato e armato"

23:59

Media: "Israele approva licenze per vendita sistemi antidrone a Kiev"

 Israele avrebbe approvato le licenze di esportazione per la possibile vendita di sistemi di disturbo dei droni che potrebbero aiutare l'Ucraina a contrastare i droni iraniani utilizzati dalla Russia nel conflitto. Lo riporta Ukrainska Pravda citando il portale di notizie Axios che spiega di aver avuto conferma della notizia da funzionari israeliani e ucraini. Secondo Axios l'approvazione delle licenze di esportazione da parte del segretario alla Difesa Yoav Gallan e del ministro degli Esteri Eli Cohen sarebbe arrivata a metà febbraio, ma una decisione finale non sarebbe ancora stata presa. In ogni caso - secondo i funzionari israeliani - non si tratterebbe di un cambiamento di politica perché i sistemi sono di natura difensiva.

01:17

Assad riconosce nuovi confini Russia con territori annessi

"Damasco riconosce i nuovi confini della Russia con i territori che si sono uniti in seguito ai risultati dei referendum". Lo ha detto il presidente siriano Bashar al-Assad in un'intervista a Ria Novosti in merito alle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk e alle regioni ucraine di Kherson e Zaporizhzhia.

"Questi sono territori russi, e anche se la guerra non fosse avvenuta, questi sono storicamente territori russi", ha dichiarato.

07:40

Cnn: abbattuto nell'Est Ucraina un drone civile cinese "riadattato e armato"

Un drone per uso civile di fabbricazione cinese, riadattato e armato per la guerra, è stato abbattuto dall'esercito di Kiev nell'Ucraina orientale nella notte fra venerdì e sabato scorsi. Lo rende noto la Cnn, che ha potuto visionare il relitto del velivolo senza pilota colpito da armi automatiche A-47. Il drone era un Mugin-5, un uav commerciale realizzato da un produttore cinese con sede nella città portuale di Xiamen, sulla costa orientale della Cina. Alcuni blogger tecnologici affermano che le macchine sono conosciute come "droni Alibaba" in quanto erano disponibili per la vendita a un prezzo di circa 15.000 dollari sui siti web del mercato cinese tra cui Alibaba e Taobao. Mugin Limited ha confermato alla Cnn che si trattava di un loro prodotto, definendo l'incidente "profondamente sfortunato". È l'ultimo esempio di un drone civile che è stato adattato e trasformato in arma dall'invasione russa dell'Ucraina.

08:14

Isw: Wagner non riesce a sfondare a Bakhmut, offensiva agli sgoccioli

Il numero di attacchi del gruppo Wagner a Bakhmut è notevolmente diminuito in particolare negli ultimi giorni. Lo rileva l'Istituto per lo studio della guerra nel suo ultimo aggiornamento sul conflitto russo-ucraino. Il finanziere del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin ha recentemente sottolineato il prezzo che una segnalata mancanza di munizioni ha sulla capacità della milizia di perseguire offensive su Bakhmut e ha dichiarato che a causa della carenza di munizioni e dei pesanti combattimenti, Wagner ha dovuto allentare il suo accerchiamento della città.

Prigozhin, tuttavia, afferma il think thank Usa, ha dichiarato che Wagner ha preso Zalizianske, un minuscolo insediamento rurale situato a circa nove chilometri a nord-ovest di Bakhmut, il che indica che "le forze di Wagner stanno probabilmente conducendo attacchi localizzati opportunistici contro insediamenti più a nord di Bakhmut che sono piccoli e relativamente più facili da conquistare". 

I recenti successi di Wagner a nord di Bakhmut suggeriscono che le perdite di manodopera, artiglieria e equipaggiamento nei combattimenti per Bakhmut probabilmente limiteranno la sua capacità di completare uno stretto accerchiamento della città. "È improbabile - sottolinea l'Isw - che la cattura di Zalizianske e di altre piccole città a nord di Bakhmut aumenti la capacità di Wagner di catturare Bakhmut stessa o di ottenere altri successi operativamente significativi. È quindi probabile che l'offensiva di Wagner su Bakhmut sia sempre più vicina al culmine".

08:57

Bombe russe su Belopol, nella regione di Sumy

La località di Belopol, nella regione di Sumy nell'Ucraina orientale, è stata attaccata questa mattina dalle forze russe con artiglieria e lanciagranate: lo ha reso noto l'amministrazione militare regionale, come riportano i media locali.

"Questa mattina sono stati registrati tre bombardamenti nemici (due con artiglieria e uno con lanciagranate) della comunità di Belopol", si legge in un comunicato.

Nel complesso sono stati registrati 23 colpi di artiglieria e 110 di lanciagranate AGS. Non ci sono state vittime o danni.

09:20

Mosca: Kiev non riconquisterà mai la Crimea

L'Ucraina non ha alcuna possibilità di riconquistare la Crimea a causa della fortificazione della regione: lo ha detto all'agenzia di stampa russa Tass il governatore della penisola annessa da Mosca nel 2014, Sergey Aksyonov, come riporta il Guardian. "Hanno capito che non hanno alcuna possibilità di riprendere la Crimea, tenendo conto delle misure che vengono attuate per conto del presidente (Vladimir Putin, ndr) - ha detto Aksyonov -. In questa zona nulla minaccia la Crimea e i crimeani possono dormire tranquilli. Le misure sono state prese al 100% e la loro attuazione permetterà di minimizzare il più possibile i possibili danni". Aksyonov ha poi accusato Kiev di utilizzare droni acquistati dall'Occidente per cercare di sondare le difese russe in Crimea.

09:34

Cnn: forze russe hanno raggiunto il luogo dell'incidente del drone Usa

I russi hanno raggiunto il luogo dell'incidente tra il jet russo e il drone MQ-9 statunitense nel Mar Nero: lo riporta la Cnn che cita due funzionari statunitensi. La Marina russa ha diverse navi nel Mar Nero, comprese unità con base nei porti della Crimea, il che le ha poste in una posizione vantaggiosa per tentare di recuperare il drone statunitense MQ-9 Reaper dopo la collisione con i caccia russi. Il drone è caduto in acque internazionali a circa 70 miglia a sud-ovest della Crimea, ha detto uno dei funzionari. Non è chiaro se la Russia sia stata in grado di recuperare i rottami del drone.

09:39

Zelensky ricorda le vittime dell'attacco al teatro

"Passo dopo passo, ci stiamo muovendo per garantire la piena responsabilità dello Stato terrorista per ciò che ha fatto contro il nostro Paese, il nostro popolo": lo scrive su Telegram il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nell'anniversario del bombardamento da parte delle forze russe del teatro di Mariupol, dove si nascondevano centinaia di persone, inclusi bambini.

"Un anno fa, la Russia ha sganciato deliberatamente e brutalmente una potente bomba sul teatro drammatico nel centro di Mariupol. C'era la scritta 'Bambini' accanto all'edificio, che era impossibile non notare. Centinaia di persone si nascondevano lì dai bombardamenti", ha ricordato Zelensky. "Non perdoneremo agli occupanti alcun destino rovinato - ha concluso -. Ricordiamo tutti coloro le cui vite sono state  prese dal terrore russo". Secondo il consiglio comunale di Mariupol nell'attacco al teatro morirono circa 300 persone, mentre secondo altre fonti le vittime furono tra 600 e 1.200, incluse quelle che si trovano negli edifici vicini.

09:43

Ucraina, Scholz: "Ci assicureremo che Kiev riceva munizioni"

"L'Ucraina sarà sostenuta fino a quando sarà necessario. Insieme ai partner Ue ci assicureremo che Kiev riceva munizioni". Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz nel suo discorso al Bundestag in vista del prossimo Consiglio europeo. Scholz ha spiegato che il Consiglio europeo discuterà anche di come ottenere una "fornitura continua e migliore", di munizioni per l'Ucraina. L'Ue dovrebbe anche discutere di come aiutare ulteriormente Kiev, e garantire che le sanzioni contro la Russia non possano essere aggirate da Paesi terzi, ha detto ancora il cancelliere tedesco.

09:46

Ucraina, Kiev: "20 navi russe nel Mar Nero, attività atipica"

L'esercito ucraino sta registrando "attività atipiche" della marina russa nel Mar Nero contando 20 navi di cui 4 portamissili: lo ha detto Natalya Humenyuk, portavoce delle forze sud, come riporta Unian. Secondo la portavoce, la presenza di navi russe è collegata alla disponibilità a lanciare attacchi missilistici sull'Ucraina e all'incidente dell'abbattimento di un drone americano da parte di caccia russi in acque internazionali.

09:53

Ucraina, filorussi: "Le forze di Kiev non si ritireranno da Bakhmut"

Le forze armate ucraine non ritireranno le loro unità da Bakhmut, non ci sono i presupposti per farlo. Lo ha affermato Denis Pushilin, capo ad interim della Reppubblica di Donetsk al canale televisivo Russia-24, come riporta l'agenzia Tass. Pushilin ha aggiunto che resta però molto complicata la fornitura di munizioni, cibo e rinforzi ai soldati ucraini, ora che l'unica strada della cittadina "è sotto il controllo del fuoco della Wagner".

09:57

Ucraina, bombe russe su 7 regioni, 1 morto

Una persona è morta e altre 14 sono rimaste ferite in seguito agli attacchi russi nelle ultime 24 ore, che hanno colpito sette regioni ucraine: lo hanno reso noto le autorità locali, come riporta il Kyiv Independent. Le regioni colpite sono Donetsk, Kherson, Kharkiv, Chernihiv, Sumy, Zaporizhzhia e Lugansk, nell'Ucraina orientale, meridionale e settentrionale. La vittima si trovava a Bakhmut, ha riferito il governatore della regione di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, dove sono state danneggiate oltre 25 case, cinque condomini, due scuole e alcune auto.

10:02

Polonia: "Smantellata una rete di spionaggio russo"

"La Polonia ha smantellato una rete di spionaggio russo". Lo ha detto oggi a Varsavia il ministro della Difesa Mariusz Blaszczak, citato dalla radio Pr1.

10:10

Ucraina, l'istituto Isw: "L'offensiva della Wagner a Bakhmut è agli sgoccioli"

Gli esperti dell'Istituto per lo studio della guerra (Isw) ritengono che le truppe russe abbiano rallentato le loro operazioni al fronte in Ucraina rispetto alle settimane precedenti. E sostengono che l'attacco del gruppo Wagner a Bakhmut sembra avvicinarsi agli sgoccioli per una serie di difficoltà tanto che, osserva l'istituto statunitense, "le forze russe dovrebbero probabilmente impegnare riserve significative" per sostenere l'accerchiamento di Wagner.

10:31

Il Regno Unito aumenta i fondi a Moldavia e Georgia contro minaccia russa

 Il Regno Unito aumenta il suo sostegno finanziario a Moldavia e Georgia contro la minaccia della Russia cresciuta dopo l'invasione dell'Ucraina da parte delle truppe di Mosca. E' quanto si legge in un comunicato del Foreign Office sulla visita oggi e domani nei due Paesi del ministro degli Esteri James Cleverly che deve annunciare 10 milioni di sterline in aiuti per favorire le riforme economiche e di gestione amministrativa in Moldavia e nuovi finanziamenti per 500 mila sterline al fine di rafforzare la sicurezza delle elezioni del prossimo anno in Georgia rispetto a possibili "interferenze esterne". "Poche società comprendono le tattiche subdole dell'attività maligna russa meglio della Moldavia e della Georgia", ha affermato Cleverly. E ha aggiunto: "Il Regno Unito non starà a guardare mentre Mosca mina palesemente la loro democrazia, sovranità e integrità territoriale".

10:47

Mosca: "Rammarico per Svezia e Finlandia nella Nato"

 Il Cremlino esprime "rammarico" per la volontà di Finlandia e Svezia di entrare nella Nato, perché "la Russia non rappresenta una minaccia per loro". Lo ha detto il portavoce Dmitry Peskov, citato dalle agenzie russe.

11:14

Russia, incendio nella sede delle guardie di frontiera a Rostov

Un incendio è scoppiato oggi nella sede delle guardie di frontiera a Rostov, capoluogo dell'omonima provincia russa confinante con l'Ucraina. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. Alcuni testimoni citati da canali Telegram hanno detto di avere udito un'esplosione prima che le fiamme si sprigionassero.

11:23

Gli Usa pubblicano il video dell'incidente tra drone americano e jet russo sul Mar Nero

Washington ha finalmente deciso di pubblicare il video dell'incidente tra il drone Reaper americano e il jet russo avvenuto martedì nei cieli sopra il Mar Nero. L'incidente, descritto come "involontario" dagli Usa, ha causato l'innalzamento delle tensioni tra le due potenze. 

11:44

Il Comando Usa in Europa: "Operazione russa pericolosa e poco professionale"

"Due Su-27 russi hanno condotto un'intercettazione non sicura e poco professionale senza intelligence, sorveglianza e ricognizione contro un MQ-9 senza pilota operante nello spazio aereo internazionale sopra il Mar Nero il 14 marzo", con queste parole il Comando Usa in Europa ha commentato la pubblicazione del video dell'incidente di pochi giorni fa che ha fatto salire la tensione tra Usa e Russia. 

11:53

Russia, Shojgu: "Rischio escalation dai voli dei droni Usa"

 Il ministro della Difesa russo Sergei Shojgu ha dichiarato, durante la telefonata con il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, che i voli dei veicoli aerei strategici senza pilota statunitensi al largo delle coste della Crimea potrebbero portare a un'escalation della situazione nella regione del Mar Nero. "È stato notato che i voli dei veicoli aerei strategici senza pilota americani al largo delle coste della Crimea sono di natura provocatoria, il che crea i presupposti per un'escalation della situazione nell'area del Mar Nero", ha dichiarato il Ministero della Difesa russo. "La Federazione Russa non è interessata a tali sviluppi, ma in futuro reagirà di conseguenza a tutte le provocazioni".

12:11

Ucraina, Erdogan: "Riportare Mosca e Kiev al tavolo negoziale"

 La Turchia continuerà la sua mediazione affinché Russia e Ucraina tornino a negoziare. "Fino alla fine continueremo con i nostri sforzi per riportare le parti al tavolo negoziale", ha affermato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, come riporta Anadolu.

12:14

Russia, arrestato l'oppositore Roizman, ex sindaco di Yekaterinburg

 È stato fermato l'oppositore russo Yevgeny Roizman, ex sindaco di Yekaterinburg: lo riportano le agenzie russe. L'avvocato Idamzhapov - sentito dalla Tass - afferma che il motivo sia la condivisione di un post su VKontakte ma che il dissidente non sarebbe in realtà coinvolto nel caso "perché non ha mai avuto una propria pagina sul social". Secondo alcuni media, il post condiviso era della fondazione di Navalny. Roizman era stato fermato in estate e poi rilasciato in attesa di giudizio e rischia diversi anni di reclusione per "discredito" dell'esercito per una nuova legge bavaglio che vieta di fatto di criticare la guerra in Ucraina.

12:16

Incendio nella sede dell'Fsb a Rostov: un morto e due feriti

È di un morto e due feriti il bilancio di un incendio avvenuto oggi nella sede delle guardie di frontiera dei servizi di sicurezza russi (Fsb) a Rostov, capoluogo dell'omonima regione confinante con l'Ucraina. Lo riferiscono i servizi d'emergenza, secondo i quali le fiamme si sono sprigionate dopo un'esplosione. Lo scrive l'agenzia Tass.

12:40

Putin parla per la prima volta agli imprenditori da Febbraio 2022: "La Russia affronta una guerra di sanzioni"

Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato giovedì che la Russia sta affrontando una "guerra di sanzioni" nel suo primo importante discorso all'élite imprenditoriale del paese dal giorno in cui ha ordinato l'ingresso di decine di migliaia di truppe in Ucraina lo scorso anno. Putin ha affermato che la Russia sta rapidamente riorientando la sua economia verso paesi che non hanno colpito la Russia con sanzioni e ha ringraziato i leader aziendali per aver lavorato per aiutare lo stato russo.

12:50

Putin, "notevole crescita del Pil attesa in secondo trimestre"

"Vediamo tendenze positive nell'economia russa, e ci aspettiamo una notevole crescita del Pil nel secondo trimestre dell'anno rispetto al 2022". Lo ha detto il presidente Vladimir Putin parlando al congresso dell'Unione russa degli industriali e imprenditori.  Lo riferisce l'agenzia Tass.

13:21

Russia, Putin: "Abbiamo sviluppato relazioni con Stati in crescita, e compensato così le chiusure dei mercati occidentali"

La Russia è riuscita a "compensare la chiusura dei mercati occidentali"  sviluppando le relazioni economiche con gli Stati "di regioni del mondo in rapida crescita". Lo ha detto il presidente Vladimir Putin intervenendo al Congresso dell'Unione degli industriali e imprenditori russi. Lo riferisce l'agenzia Tass. 

13:59

Russia, soldato confessa crimini di guerra e viene condannato a 5 anni per fake news

Un soldato russo è stato condannato a cinque anni di carcere da un tribunale militare di Khabarovsk, nella Russia orientale, perché riconosciuto colpevole di aver diffuso "informazioni false" dopo aver confessato di aver commesso crimini di guerra in Ucraina. Lo rende noto Ovd-Info. In Russia diffamare l'immagine dell'esercito è considerato un reato penale. Mosca nega che i suoi uomini abbiano commesso crimini di guerra in Ucraina. Il soldato condannato aveva detto al portale indipendente Vashnye Istorii (Storie Importanti) di aver sparato e ucciso un civile vicino a Kiev circa un anno fa, all'inizio della guerra. Tornato a casa, aveva accusato i suoi superiori di avergli ordinato di uccidere e saccheggiare in Ucraina.

13:27

Russia, Mosca: "Incendio a Rostov frutto di un cortocircuito"

L'incendio nell'edificio della guardia di frontiera russa è stato causato da un cortocircuito. Successivamente, a causa delle fiamme, sono esplosi alcuni contenitori con carburante e  lubrificanti. Lo riferisce il governatore della regione di Rostov, Vasily Golubev, come riporta l'agenzia Tass. L'incendio è scoppiato al secondo piano dell'edificio al numero 20 di Sievers Avenue, in cui si trova il magazzino della guardia di frontiera. Due muri sono crollati, l'area in cui sono divampate le fiamme ha raggiunto gli 880 metri quadrati. Gli abitanti delle case che si trovano accanto alla palazzina andata in fiamme sono stati evacuati.

13:37

Mosca annuncia un prelievo una tantum alle imprese a sostegno delle casse dello Stato

 Ammonta a 300 miliardi di rubli (circa 3,8 miliardi di euro) il totale di un prelievo una tantum sulle imprese deciso dal governo russo a sostegno del bilancio statale. Lo ha precisato oggi il ministro delle Finanze, Anton Siluanov, intervenendo al congresso dell'Unione degli industriali e imprenditori. Secondo Siluanov, citato dall'agenzia Ria Novosti, i finanziamenti così ottenuti saranno spesi per lo sviluppo di infrastrutture e per interventi sociali. 

13:39

Varsavia consegnerà 4 Mig-29 all'Ucraina fra pochi giorni

Varsavia trasferirà all'Ucraina 4 caccia Mig-29 nei prossimi giorni. Lo ha affermato il premier polacco Mateusz Morawiecki, secondo quanto riporta la Pap. Si tratta, ha fatto sapere Varsavia, di "quattro aerei pienamente operativi".

14:14

Ucraina, rapporto Onu: la Russia ha commesso crimini di guerra

La Russia ha commesso crimini di guerra in Ucraina e possibili crimini contro l'umanità che necessitano ulteriori indagini. Lo denuncia la Commissione internazionale indipendente d'inchiesta sull'Ucraina in un nuovo rapporto reso noto oggi a Ginevra. Le autorità russe - afferma la Commissione - hanno commesso una vasta gamma di violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario in varie regioni dell'Ucraina, molte delle quali costituiscono crimini di guerra. Questi includono attacchi contro civili e infrastrutture legate all'energia, tortura e trasferimenti illegali e deportazioni di bambini. La Commissione, guidata dal norvegese Erik Møse, ha inoltre riscontrato numerosi casi di stupro e violenza sessuale e di genere. Gli esperti della Commissione, che ha visitato 56 località e intervistato 348 donne e 247 uomini, ha inoltre stabilito un modello di diffusa detenzione illegale nelle aree controllate dalle forze armate russe. 

14:42

Russia: spento l'incendio nella sede dell'Fsb a Rostov

È stato estinto l'incendio che si era sprigionato stamane nella sede delle guardie di frontiera dei servizi di sicurezza russi (Fsb) a Rostov, capoluogo dell'omonima provincia russa confinante con l'Ucraina. Lo hanno detto i servizi d'emergenza citati dall'agenzia Tass. In precedenza la stessa fonte aveva detto che una persona era morta e due erano rimaste ferite nell'incendio, accompagnato da un'esplosione.

Secondo lo stesso Fsb, l'esplosione è avvenuta quando le fiamme hanno investito un deposito di carburante e lubrificanti nel garage dell'edificio. Il governatore della provincia, Vasily Golubev, ha affermato che l'incendio è avvenuto a causa di un cortocircuito.

15:12

Incendio nell'edificio dell'Fsb a Rostov, Kiev: "Prova di divisioni interne"

 "Qualsiasi edificio dell'Fsb che brucia o che esplode in Russia, in particolare nella regione di Rostov, indica chiaramente una manifestazione di panico, indebolimento del controllo del potere e transizione verso un grave conflitto interno". Lo ha scritto il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Podolyak, su Twitter. "L'Ucraina non interferisce, ma guarda con piacere", ha aggiunto.

15:26

Pechino a Kiev: "Riprendere colloqui di pace Ucraina-Russia"

Il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha avuto oggi un colloquio telefonico con la sua controparte ucraina Dmytro Kuleba. Lo riferiscono i media ufficiali di Pechino, secondo cui Qin ha invitato Russia e Ucraina a far ripartire i colloqui "il prima possibile".

15:45

Ucraina, Kuleba a Blinken: "Accelerare sulle munizioni"

 Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha chiesto al segretario di Stato americano, Antony Blinken, di "accelerare" sulle forniture di munizioni all'esercito di Kiev. Riferendo su Twitter il contenuto del colloquio telefonico avuto con Blinken, Kuleba ha spiegato di aver discusso con il suo omologo della "formula di pace" proposta da Kiev per porre fine al conflitto e della consegna di munizioni per l'artiglieria. "Stiamo lavorando con gli Stati Uniti e gli altri alleati 24 ore su 24 per garantire che l'Ucraina riceva tutte le munizioni di cui ha bisogno per le sue operazioni di difesa e controffensiva", ha affermato.

 15:49

Ucraina, Tajani: "Per dialogo iniziare da grano e Zaporizhzhia"

"Non è facile il dialogo tra Russia e Ucraina ma ci sono 2 temi che potrebbero vedere le due parti sedute: i corridoi verdi per l'export di grano e l'altro aspetto per me fondamentale è il nucleare. Bisogna mettere in sicurezza la centrale di Zaporizhzhia perché si rischia un disastro peggio di Chernobyl. Sono cose concrete che possono portare Mosca e Kiev intorno ad un tavolo". Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani al Forum ANSA-Pe.

16:23

Kiev, con Cina discusso significato integrità territoriale

"Durante la mia telefonata odierna con il consigliere di Stato e ministro degli Esteri cinese Qin Gang, abbiamo discusso del significato del principio dell'integrità territoriale. Ho sottolineato l'importanza della Formula di Pace del presidente Volodymyr Zelensky per porre fine all'aggressione e ripristinare la giusta pace in Ucraina". Lo ha scritto su twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

16:45

Mosca, "importante mantenere linee comunicazione con gli Usa"

Mosca ritiene che sia importante mantenere aperte le linee di comunicazione con Washington, alla luce dell'incidente che ha portato alla distruzione di un drone americano sul Mar Nero. "Pensiamo che sia importante lasciare aperte le linee di comunicazione, e ciò è quello che stiamo facendo", ha sottolineato la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova in una conferenza stampa. Lo riferisce la Tass. 

16:59

Putin, "ho ancora amici tedeschi. Rimaniamo in contatto"

Vladimir Putin ha ancora "molti amici in Germania", con i quali mantiene rapporti e scambia battute. Lo ha detto lo stesso presidente russo parlando al congresso dell'Unione degli industriali e imprenditori. "Tutte queste amicizie sono durate, i miei veri amici tedeschi sono rimasti con me, scherziamo e ci scambiamo battute", ha detto Putin, che parla il tedesco e negli anni '80 era in servizio a Dresda, nell'allora Germania Est, come ufficiale del Kgb. Tra le battute il presidente russo, citato dalla Tass, ne ha ricordata una sugli scarafaggi. "Noi li chiamiamo 'prussiani', sapete, quelli grandi, rossi", ha detto, mostrandone con la mano alla platea le dimensioni. "In Germania invece li chiamano 'russen', russi. Vedete?". E poi si è messo a ridere. 

17:20

Zelensky sente Sunak, risultati concreti in aumento difesa

"Una bella chiacchierata con il primo ministro Rishi Sunak. L'ho informato della situazione al fronte, difesa di Bakhmut. Scambio di opinioni sui recenti avvenimenti internazionali. Come sempre, abbiamo risultati concreti nell'aumentare la difesa e il sostegno economico per l'Ucraina. Apprezzo la posizione incrollabile del Regno Unito". È quanto scrive il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un tweet.

17:47

Casa Bianca, video sul drone dimostra la nostra versione

Il video del drone Usa caduto nel Mar Nero dopo le manovre del jet russo "dimostra al mondo la nostra versione" con " prove chiare e convincenti" e rivela le "menzogne" della Russia: lo ha detto il portavoce del consiglio di sicurezza nazionale John Kirby in un briefing telefonico.

17:53

Polonia trasferirà 4 MiG-29 nei prossimi giorni

"Nei prossimi giorni per primi trasferiremo quattro aerei pienamente operativi in Ucraina, se ricordo bene". Lo ha annunciato il presidente polacco Andrzej Duda, precisando che "altri aerei sono attualmente in preparazione, in manutenzione e probabilmente verranno trasferiti successivamente". "Questi MiG sono ancora in servizio nell'aeronautica polacca. Sono nei loro ultimi anni di attività, ma sono ancora per la maggior parte perfettamente funzionanti", ha assicurato Duda. Da parte sua, il ministro della Difesa Mariusz Blaszczak ha precisato che Varsavia intende operare "nel quadro di una più ampia coalizione di Paesi", a cominciare dalla Repubblica slovacca, ma "ovviamente siamo aperti ad altri". I caccia inviati all'Ucraina saranno sostituiti in Polonia con aerei FA-50 sudcoreani, e poi da F-35 americani.

17:58

Usa, Mig da Polonia a Kiev? Non cambiamo idea su F-16

La mossa della Polonia di diventare il primo paese a inviare aerei da guerra MiG-29 in Ucraina "non cambia" la decisione degli Stati Uniti di non inviare i propri caccia a Kiev. Lo ha riferito la Casa Bianca.

18:17

Casa Bianca auspica colloquio Xi-Zelensky 

Un colloquio tra il presidente cinese, Xi Jinping, e quello ucraino, Volodymy Zelensky, sarebbe "una buona cosa". Lo ha dichiarato il John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca.

18:59

Kuleba, 33 Paesi a favore tribunale speciale per crimini russi

"Sono grato all'Austria per essersi unita alla coalizione di paesi che lavorano per istituire il Tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l'Ucraina. 33 Stati fanno già parte del gruppo principale. Con l'aumentare del numero, cresce anche la fiducia che la leadership russa sarà ritenuta responsabile". Lo ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

19:18

 Kiev, dopo drone "attività atipica" russa in Mar Nero

L'Ucraina ha registrato una "attività atipica" della Russia nel Mar Nero, in coincidenza con gli sforzi per recuperare i resti del drone statunitense contro cui si è schiantato un caccia russo. La portavoce del Comando Sud dell'Ucraina, Nataliya Humenyuk, ha sottolineato che i movimenti russi sono legati ai preparativi per un nuovo attacco missilistico russo contro l'Ucraina e con "i recenti avvenimenti col drone americano" precipitato martedì a circa 100 chilometri a sud-ovest della Crimea, secondo quanto riporta l'agenzia Unian. Humenyuk ha spiegato che attualmente ci sono "molte unità della flotta ausiliaria" e 20 navi russe nel Mar Nero.

19:43

Politico, 'da società cinesi fucili d'assalto alla Russia'

"Compagnie cinesi, inclusa una collegata al governo di Pechino, hanno inviato alle entità russe 1.000 fucili d'assalto e altre attrezzature che potrebbero essere utilizzate per scopi militari, comprese parti di droni e giubbotti antiproiettile". Lo scrive Politico, citando dati commerciali e doganali. Le spedizioni sono avvenute tra giugno e dicembre 2022, secondo i dati forniti da ImportGenius, aggregatore di dati doganali.

19:52

Ucraina: Casa Bianca, risorse sufficienti sino a settembre

La Casa Bianca ritiene che gli Usa abbiano sufficienti risorse per sostenere l'Ucraina sino alla fine di questo anno fiscale, che scade a fine settembre. Lo ha detto la portavoce della presidenza Karine Jean-Pierre.

20:28

Lituania, proposta legge per interrompere procedure cittadinanza per russi

Il Parlamento lituano (Seimas) discuterà una proposta di legge per sospendere l'accettazione delle richieste e l'assegnazione della cittadinanza lituana ai cittadini della Federazione russa e della Bielorussia. Firmatari della proposta sono il ministro degli Interni lituano e il Presidente della Commissione parlamentare per la sicurezza e la difesa nazionale.

20:35

Kiev, in corso negoziati per colloquio Zelensky-Xi

I negoziati per una possibile conversazione tra il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il leader cinese, Xi Jinping, sono in corso, ma è troppo presto per dire se questa avrà effettivamente luogo. Lo ha detto Mykhailo Podolyak, consigliere presidenziale ucraino. "Non possiamo dirlo con certezza, perchè i negoziati sono in corso", ha dichiarato parlando alla televisione nazionale. Il presidente ucraino è aperto alle conversazioni anche con altri leader, non solo con Xi, "per spiegare la natura della guerra e dire perchè, senza tener conto della posizione dell'Ucraina, questa guerra non può essere conclusa", ha spiegato Podolyak. "Perchè, ad esempio, sostenere solo la parte russa in primo luogo non porterà alla conclusione della guerra e, in secondo luogo, non aggiungerà punti alla Cina come attore globale che comprende la natura della guerra e capisce come porvi fine", ha aggiunto. 

21:10

Russia, arrestato ex sindaco di Ekaterinburg, critico del Cremlino 

La polizia russa ha arrestato uno dei principali critici del Cremlino ed ex sindaco della città di Ekaterinburg, Yevgeny Roizman. Lo ha annunciato la moglie, Yulia Kruteyeva, spiegando che roizman è stato accusato di avere ripubblicato un commento del leader dell'opposizione incarcerato Alexey Navalny sul social network russo Vkontakte. Kruteyeva ha precisato però che Roizman non ha un account su Vkontakte, e che il repost del commento di Navalny sarebbe stato fatto in un gruppo a lui intitolato con cui "non ha nulla a che fare".

21:47

Scholz, importante fornire rapidamente munizioni all'Ucraina

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha avvertito che è fondamentale fornire all'Ucraina il prima possibile munizioni fresche per resistere all'invasione della Russia. "E' molto importante fornire rapidamente all'Ucraina le munizioni necessarie", ha detto alla Camera bassa del Parlamento, promettendo un'azione in occasione del vertice dell'UE della prossima settimana.

Estratto dell’articolo di Marco Imarisio per il “Corriere della Sera” il 16 marzo 2023.

«È solo un privato cittadino, che non rappresenta lo Stato». Vladimir Putin era in modalità sorniona. Quel giorno del luglio 2018 a Helsinki, dopo il primo incontro con Donald Trump, aveva molte ragioni per essere di buon umore. Così, lo Zar nominò per la prima volta in pubblico tale Evgenij Prigozhin, ex cuoco e ristoratore, accusato di gestire a San Pietroburgo una squadra di troll che aveva lavorato sodo per denigrare Hillary Clinton.

 Cinque anni dopo, siamo ancora a quella espressione tipica del Kgb quando voleva negare qualunque coinvolgimento del Cremlino. Prigozhin è tornato a essere un privato cittadino. La sua creatura, la milizia mercenaria del Gruppo Wagner, ha sempre avuto un piede nelle istituzioni e un altro fuori.

[…] Quando muoiono, i mercenari sono figli di nessuno.

Ma l’Operazione militare speciale e l’inattesa resistenza ucraina hanno travolto queste finzioni. Prigozhin e i Wagner si sono ritrovati in una posizione difficile. A livello ufficiale non esistono. Ma, al tempo stesso, i suoi uomini stanno reggendo lo stallo al fronte, con malumori sempre più evidenti.

 Prigozhin non è un politico, che sa quando tacere. Lui viene dalla strada. Era appena ventenne quando fu condannato a 13 anni di carcere nella allora Leningrado. Dopo averne scontati nove, nel 1990 mise su assieme al patrigno un chiosco di hot dog col quale fece i primi rubli. Poi entrò nei casinò, e finalmente aprì i primi ristoranti. Putin ci portò il presidente francese Chirac e George Bush. Da quella frequentazione nasce il seguito della storia, con il gruppo Wagner impiegato per azioni «sporche» in Siria, Libia, Repubblica Centrafricana e Ucraina. Un personaggio del genere, più a suo agio in mimetica che in blazer, è difficile da tenere a bada.

[…]  ogni giorno un attacco ai vertici delle Forze armate e al ministro delle Difesa Sergei Shoigu. Incompetenti, burocrati, incapaci. Colpevoli di alto tradimento perché non mandano munizioni a sufficienza.

 […] Lo scorso 24 novembre, in risposta alla richiesta del Parlamento Ue di includere il gruppo Wagner nella lista delle organizzazioni terroristiche, ha mostrato un martello sporco di sangue da «regalare» ai deputati europei. Presumibilmente, l’arma con la quale era stato massacrato un disertore, esecuzione mostrata in un video che ha suscitato orrore in tutto il mondo.

Proprio questi eccessi, e la figura ingombrante del fondatore, sembrano essere all’origine del declino della Wagner. La parabola di Prigozhin sta prendendo una china discendente, e il suo prossimo ruolo potrebbe essere quello del capro espiatorio. Ma lui non sembra voler cambiare spartito.

 […] Proprio questa sovraesposizione mediatica racconta delle sue difficoltà. E del suo probabile destino. Prigozhin andava bene quando c’era ma sembrava che non esistesse. Adesso è un problema. Il Cremlino ci convive, per i suoi meriti acquisiti sul campo. Ma il ghiaccio sul quale cammina l’ex privato cittadino del Gruppo Wagner sembra essere sempre più sottile.

Da corriere.it il 16 marzo 2023.

Il Pentagono ha diffuso un breve video dello scontro tra il caccia russo e il drone americano sul Mar Nero avvenuto il 14 marzo, un filmato che sembra confermare l’accusa di un’azione aggressiva, ripetuta.

 Questa la sequenza secondo la versione americana.

 Inizio clip: il caccia Su 27 si avvicina al Reaper

 00.05: il caccia inizia a “rilasciare” il carburante

 00.09: il Su-27 oltrepassa il drone e continua a rilasciare il carburante provocando un disturbo alle trasmissioni

00.22: secondo passaggio del caccia verso il drone

 00.27: nuovo rilascio di carburante, il caccia passa molto vicino al velivolo statunitense

 00.29: il Su 27 tocca il drone e la telecamera del Reaper smette temporaneamente di funzionare

 00.39: la telecamera del drone è di nuovo attiva, si vede l’elica, possibile danneggiamento.

In base alle ultime informazioni alcune unità russe avrebbero raggiunto il punto dell’impatto, il relitto però si troverebbe in acque profonde. Dobbiamo provarci — ha promesso Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale russo — non so se ne saremo capaci.

 Più cauti gli americani che non escludono sia rimasto poco. Per gli Usa è comunque difficile un intervento visto che i rottami si trovano in un’area in apparenza sotto controllo di Mosca

Guerra Ucraina - Russia, le news del 17 marzo.

La Repubblica. La Cpi emette un mandato di arresto contro Putin. Procuratore Khan: "Centinaia bambini deportati da orfanotrofi". Kiev: "Decisione storica"

Il capo del gruppo Wagner Prigozhin sulle voci di un complotto del presidente russo Putin e del Segretario del Consiglio di Sicurezza Patrushev per "neutralizzare" la sua compagnia: "Non ne so nulla". Ue, "bene il mandato contro Putin, è solo l'inizio"

La corte penale internazionale ha emesso un mandato di cattura nei confronti del presidente russo Vladimir Putin per la presunta deportazione illegale di bambini ucraini in Russia. 

La tensione nei cieli europei non si allenta dopo la distruzione di un drone americano sul Mar Nero. Gli Stati Uniti stanno effettuando una valutazione su come ridurre il rischio di uno scontro con i russi, che fanno volare regolarmente aerei da combattimento dentro e fuori lo spazio aereo della Crimea. 

Previsto per lunedì e martedì il vertice a Mosca tra Xi jinping e Vladimir Putin. Intanto Peskov avverte gli Alleati: "L'invio di jet da Polonia e Slovacchia indica un maggiore coinvolgimento della Nato"

Punti chiave

22:29

Casa Bianca su Cpi per Putin, sosteniamo responsabilità per crimini guerra

18:08

Cpi: "Centinaia di bambini presi dagli orfanotrofi e dati in adozione in Russia"

16:49

Cpi, esecuzione arresto dipende da collaborazione internazionale

16:43

Ucraina, Kiev: "Mandato di arresto per Putin è una decisione storica"

16:34

Russia, mandato di arresto della Corte penale internazionale anche per Maria Lvova-Belova

16:21

Il mandato di arresto di Putin della Cpi è per "la detenzione illegale di bambini"

16:14

Ucraina, la Corte penale internazionale emette il mandato d'arresto per Putin

15:55

Nato, Erdogan: "Sì all'adesione della Finlandia. Quella della Svezia dipenderà dalle azioni del governo"

15:49

Ucraina, Putin: "Faremo di tutto per difendere la Crimea"

15:21

Ucraina, Madrid: "Non invieremo aerei da guerra a Kiev"

15:20

Ucraina, Ue valuta nuovo aumento fondo armi per 3,5 miliardi di euro

14:49

Media: esplosione in Crimea, vicino sito difesa flotta russa

12:35

Norvegia: "Abbiamo 8 mila km gasdotti; serve sicurezza Nato"

11:27

Russia, Peskov: "Invio jet segna maggiore coinvolgimento della Nato"

11:14

Mosca: i jet di Polonia e Slovacchia saranno distrutti

11:05

Kuleba: "Chi non ha aiutato l'Ucraina nel momento più buio pagherà un prezzo"

10:37

Mosca premia i piloti che hanno abbattuto il drone Usa

23:59

Zelensky: "Ucraina è sempre stata Europa, bombe russe non cambieranno realtà"

 "L'Ucraina è sempre stata Europa. Le bombe russe non cambieranno la realtà oggettiva. La realtà che gli ucraini difendono". Lo ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo consueto discorso serale su Telegram.

00:00

Gop: "Confisca beni russi per ripagare drone abbattuto"

L'amministrazione Biden dovrebbe sequestrare beni russi negli Stati Uniti come risarcimento per i 32 milioni di dollari persi con il drone americano, abbattuto sul Mar Nero, dopo il contatto con jet russi. È la proposta fatta dal rappresentante repubblicano della Camera, Nick LaLota, membro della commissione Servizi armati del Congresso.

03:24

Bombe russe sul Donetsk, almeno un morto e 7 feriti

Le forze russe hanno bombardato Kostiantynivka e Toretsk nell'oblast di Donetsk uccidendo una persona e ferendone altre sette, ha riferito l'ufficio del procuratore generale ucraino citato dai media locali.

Sono stati colpiti i villaggi di Pivnichne e Pivdenne a Toretsk: una donna di 50 anni è stata uccisa e un uomo di 40 anni è rimasto ferito. A Kostyantynivka sei civili, tra cui un cittadino polacco, sono rimasti feriti. Frammenti di proiettili russi hanno danneggiato oltre 30 case, condotte del gas, automobili e fabbricati agricoli

08:18

Xi Jinping in visita in Russia dal 20 al 22 marzo

Il presidente Xi Jinping sarà impegnato in un viaggio in Russia dal 20 al 22 marzo prossimi. Lo riferisce in ministero degli Esteri cinese in una nota. Si tratta della prima visita in Russia di Xi dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte dei soldati di Mosca.

09:16

Voci di un complotto Putin-Patrushev contro Wagner. Prigozhin: non ne so nulla

Un complotto guidato dal presidente russo Vladimir Putin e dal Segretario del Consiglio di Sicurezza Nikolai Patrushev per "neutralizzare" il Gruppo Wagner: indiscrezioni in questo senso sarebbero circolate di recente sui canali Telegram russi e ucraini e il quotidiano russo Nezavisimaya Gazeta ha chiesto al fondatore del gruppo Yevgeny Prigozhin se fosse a conoscenza dei presunti piani di Mosca e ne avrebbe avuto un "Non ne so nulla" come risposta. Secondo quanto riporta l'Istituto per lo studio della guerra (Isw) nel suo aggiornamento quotidiano, è stato lo stesso servizio stampa del patron del gruppo di mercenari a rendere pubblica ieri in un post la richiesta del giornale russo. Le indiscrezioni parlano di presunti colloqui sul futuro del Gruppo Wagner tra Putin e Patrushev, il quale avrebbe detto al presidente russo che non rimarrà "nulla" di Wagner tra "un mese e mezzo o due". Il centro studi statunitense sottolinea che non ha osservato "alcuna informazione che suggerisca che queste discussioni siano avvenute". Da parte sua, Nezavisimaya Gazeta non ha pubblicato la richiesta di un commento a Prigozhin, di cui non c'è traccia se non nel post del servizio stampa del Gruppo Wagner. Tuttavia, sempre secondo questo post, Patrushev avrebbe suggerito che - dopo la distruzione del Gruppo Wagner in Ucraina - Prigozhin cercherà di "unire gli ex combattenti di Wagner e quelli rimasti attivi con un pretesto inverosimile", li armerà e "li invierà nel territorio russo per prendere il potere nelle regioni confinanti con l'Ucraina, con una possibile avanzata verso l'interno". Per questo, Patrushev avrebbe già ordinato di controllare i movimenti degli ex combattenti di Wagner e Putin avrebbe riferito di essere d'accordo con questa iniziativa e lo avrebbe ringraziato dei suoi sforzi per "neutralizzare Wagner in generale e Yevgeny Prigozhin in particolare".

09:59

Il governo slovacco dà l'ok all'invio di aerei da combattimento Mig-29 a Kiev

Il governo slovacco ha approvato l'invio di aerei da combattimento MiG-29 in Ucraina. Lo ha affermato il primo ministro Eduard Heger, all'indomani dell'annuncio simile della Polonia. Secondo la Reuters, la flotta slovacca di 11 aerei MiG-29 è stata ritirata la scorsa estate e la maggior parte di essi non è in condizioni operative.

10:37

Mosca premia i piloti che hanno abbattuto il drone Usa

I piloti russi che martedì scorso hanno abbattuto il drone americano sul Mar Nero riceveranno un riconoscimento statale dal governo russo: lo ha reso noto il ministero della Difesa di Mosca, come riporta la Tass. "Il ministro della Difesa russo, il generale dell'esercito Sergey Shoigu, ha emesso un ordine per conferire riconoscimenti statali ai piloti degli aerei Su-27 che non hanno consentito al velivolo senza pilota statunitense MQ-9 di violare lo spazio aereo limitato all'uso durante l'operazione militare speciale", ha affermato  il ministero in un comunicato. Il ministero ha ricordato che i confini dello spazio aereo in questione erano stati comunicati a tutti gli utenti dello spazio aereo internazionale e pubblicati in conformità con le norme internazionali. 

11:05

Kuleba: "Chi non ha aiutato l'Ucraina nel momento più buio pagherà un prezzo"

In una intervista alla Bbc, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha detto che i Paesi che non hanno sostenuto l'Ucraina, che l'hanno "maltrattata" saranno chiamati a risponderne dopo la fine della guerra, "pagheranno un prezzo in futuro". "La guerra è un momento in cui bisogna fare una scelta. E ogni scelta è stata registrata. L'Ucraina potrebbe dipendere dagli aiuti e dal sostegno militare dell'Occidente nel medio-lungo termine e quindi la sua disapprovazione diplomatica potrebbe non preoccupare alcuni Paesi. Ma in tempo di pace, le enormi esportazioni di cereali dell'Ucraina le conferiscono una notevole influenza economica, in particolare in alcune parti del mondo in via di sviluppo", ha affermato Kuleba. "Se qualcuno nel mondo pensa che il modo in cui questo o quel Paese si è comportato - o ha trattato l'Ucraina nel momento più buio della sua storia - non sarà preso in considerazione nella costruzione di relazioni future, queste persone non sanno come funziona la diplomazia", ha detto. Sulle consegne di armi da parte dei Paesi occidentali, il ministro degli Esteri ha dichiarato che Kiev vorrebbe che i partner agissero "più velocemente.

11:14

Mosca: i jet di Polonia e Slovacchia saranno distrutti

Gli aerei da combattimento che Polonia e Slovacchia forniranno all'Ucraina saranno "distrutti". E' l'avvertimento lanciato dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, dopo l'annuncio delle forniture di aerei da combattimento da parte di Varsavia e Bratislava a Kiev.

11:27

Russia, Peskov: "Invio jet segna maggiore coinvolgimento della Nato"

 L'annuncio di Polonia e Slovacchia di voler fornire all'Ucraina aerei da combattimento sono "un esempio di come un certo numero di Paesi, membri della Nato, aumentano il loro diretto coinvolgimento nel conflitto". Lo ha sottolineato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, sostenendo che l'invio di questi aiuti militari "non può influenzare l'esito dell'operazione militare speciale, ma può portare ulteriori disgrazie all'Ucraina e al popolo ucraino".

11:31

Von der Leyen in Norvegia con Stoltenberg, focus su forniture gas

Oggi la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è in visita alla piattaforma Troll A al largo della costa occidentale della Norvegia, insieme al primo ministro norvegese, Jonas Gahr Store, al segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Discuteranno della protezione e della resilienza delle infrastrutture critiche e delle forniture di gas all'Europa. "È bello rivederti, Jonas Gahr Store. Insieme, la Norvegia e l'Ue sostengono con forza l'Ucraina. Accolgo con favore il vostro impegno a contribuire alla ricostruzione dell'Ucraina. Siamo partner stretti su tutta la linea, dall'assicurare forniture energetiche affidabili alla lotta al cambiamento climatico", ha scritto von der Leyen su Twitter.

11:41

Ucraina, Kiev: "Dal 26 marzo il coprifuoco sarà ridotto nella capitale"

 Il coprifuoco a Kiev sarà ridotto dal 26 marzo: lo ha annunciato l'amministrazione militare della capitale spiegando che durerà da mezzanotte alle 5 del mattino tutti i giorni, ossia un'ora in meno rispetto ad ora. "Il nuovo periodo di coprifuoco allungherà il tempo dei trasporti pubblici, e contribuirà anche a ridurre le tensioni sociali, aumentare la produzione e creare nuovi posti di lavoro", è stato spiegato, ma "esistono ancora minacce alla capitale, quindi le misure di sicurezza possono essere rafforzate se ce ne sarà bisogno".

11:49

Ucraina, il Cremlino: "Kiev attacca ingiustamente la chiesa ortodossa che fa capo a Mosca"

Il Cremlino ha detto venerdì che l'Ucraina sta "attaccando illegalmente" la Chiesa ortodossa ucraina (UOC) - che fino a poco tempo fa ha accettato l'autorità del patriarca di Mosca - aggiungendo che ciò conferma la necessità della sua "operazione militare speciale". Funzionari ucraini la scorsa settimana hanno ordinato all'UOC di lasciare il complesso del monastero di Kiev dove ha sede, suscitando una feroce condanna da parte di Mosca. "Con questi attacchi illegali alla chiesa, il regime di Kiev dimostra ancora una volta il suo carattere, proprio il personaggio che stiamo combattendo, proprio il personaggio che dobbiamo fermare attraverso l'operazione (militare) in corso", ha detto ai giornalisti il ??portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

12:19

Norvegia: "Forniremo 30-40% gas a Ue per prossimi 4-5 anni"

"Abbiamo una intensa cooperazione con l'Ue. La Norvegia ha potuto incrementare le forniture di gas per l'Ue quest'anno, ed è nostra ambiziosa mantenere alto questo livello per i prossimi 4-5 anni. Forniremo il 30-40% di gas all'Ue e solo in questa piattaforma viene prodotto il 10% del gas consumato". Lo ha detto il primo ministro norvegese Jonas Gahr Store in un punto stampa con Ursula von der Leyen e Jens Stoltenberg dalla piattaforma offshore Troll A.  "Non è nostro interesse che i prezzi del gas si alzino, sia per le nostre partnership sia per i consumatori norvegesi", ha aggiunto il primo ministro di Oslo.

12:32

Pechino: "Armi a Mosca? Da sempre teniamo un approccio responsabile"

 La Cina ha "sempre avuto" un "approccio responsabile" sulle esportazioni militari. Si è espresso così il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, in dichiarazioni riportate dal South China Morning Post dopo le accuse al gigante asiatico che proprio poco prima dell'invasione russa dell'Ucraina aveva consolidato con la Russia una partnership "senza limiti". La Cina, ha affermato, "ha sempre controllato l'esportazione di prodotti a duplice uso nel rispetto delle leggi e dei regolamenti".

"La posizione e le pratiche della Cina - ha rivendicato - sono coerenti sulla questione della vendita di armi, in netto contrasto con i due pesi e le due misure di alcuni Paesi che infiammano la crisi ucraina".

12:35

Norvegia: "Abbiamo 8 mila km gasdotti; serve sicurezza Nato"

"Io e il cancelliere tedesco abbiamo preso un'iniziativa per chiedere alla Nato di Coordinare le azioni per la sicurezza delle nostre strutture energetiche. La Norvegia ha circa 90 strutture off-shore e 8 mila chilometri di gasdotti. È un segnale molto importante che la Nato intervenga per coordinare per la sicurezza sia con l'industria che con i governi". Lo ha dichiarato il primo ministro norvegese, Jonas Gahr Store, in una conferenza stampa su una piattaforma di estrazione di gas nei pressi di Bergen, in Norvegia, con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e l'amministratore delegato di Equinor, Anders Opedal.

13:44

La moglie di Navalny: "L'aggressione all'Ucraina noin può essere perdonata. Mio marito ostaggio personale di Putin"

"L'aggressione all'Ucraina non può essere perdonata". È quello che dice Julia Navalny, moglie del dissidente russo Alexei, tuttora in prigione in Russia, in un'intervista allo Spiegel, anticipata oggi. "Putin non ha paura di nulla, pur di rimanere al potere. È addirittura arrivato a minacciare il mondo con le armi atomiche". Per lei e suo marito è chiaro da tempo che "più a lungo Putin resta, peggio è".

La Navalny replica poi ai rumors su un suo eventuale impegno politico al posto del marito: "Non penso di volermi confrontare con questa idea. Se una persona vuole farsi eleggere, se vuole essere un politico, deve farlo perché lo vuole in prima persona, non in sostituzione di qualcun altro". A proposito delle condizioni di Alexei, sopravvissuto ad un avvelenamento grazie alle cure in Germania, la donna dice: i russi "fanno di tutto per rendergli la situazione insostenibile". Trascorre la maggior parte del tempo in isolamento e senza accesso alle giuste cure mediche, racconta. "E quando uno in queste condizioni ha problemi di salute, la situazione non migliora di certo, ma diventa sempre peggio". Bisogna ricordare che è nelle mani di chi lo ha avvelenato, incalza, "Putin lo considera un suo prigioniero personale".

14:04

Ucraina: Londra, Xi a Mosca incoraggi Putin a ritirarsi

Il presidente cinese, Xi Jinping, dovrebbe sfruttare il viaggio della prossima settimana a Mosca per incoraggiare Vladimir Putin a ritirare le truppe dall'Ucraina. Lo ha detto il portavoce del premier britannico, Rishi Sunak, dopo l'annuncio della missione del leader cinese al Cremlino.

"Se la Cina vuole svolgere un ruolo autentico nel restituire la sovranità all'Ucraina, ovviamente lo accoglieremmo con favore", ha detto il portavoce di Downing Street.

Xi sarà in Russia da lunedì a mercoledì, in un'apparente dimostrazione di sostegno alla Russia. Il portavoce del governo britannico, citato da Sky News, ha dichiarato: "È chiaro che qualsiasi accordo di pace che non sia basato sulla sovranità e l'autodeterminazione dell'Ucraina non è affatto un accordo di pace".

14:10

Mosca, tra Putin e Xi intesa per 'nuova era' partnership

Durante la visita della prossima settimana a Mosca, il presidente cinese Xi Jinping firmerà con quello russo Vladimir Putin un documento su una "nuova era" della "partnership e delle relazioni strategiche" tra i due Paesi. Lo ha detto il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov citato dalla Tass. Un altro documento riguarderà lo sviluppo della cooperazione economica "fino al 2030".

14:32

Ucraina, Kuleba: "Ci rincresce che il Papa non sia potuto ancora venire"

 "Ci rincresce profondamente che il Papa non abbia trovato l'occasione di venire in visita in Ucraina dall'inizio della guerra". Ad affermarlo, in un'intervista alla Bbc, è il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

"Ci rincresce profondamente che il Papa non abbia trovato l'occasione di venire in visita in Ucraina dall'inizio della guerra". Ad affermarlo, in un'intervista alla Bbc, è il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

14:49

Media: esplosione in Crimea, vicino sito difesa flotta russa

Un'esplosione è avvenuta fuori dal villaggio di Perevalne, nel distretto di Simferopoli, in Crimea, dove è di stanza la Brigata di difesa costiera della Flotta russa del Mar Nero. Lo riporta il canale Telegram Crimean Wind, citato da Ukrinform.

15:20

Ucraina, Ue valuta nuovo aumento fondo armi per 3,5 miliardi di euro

 L'Unione europea proporrà ai ministri degli Esteri e della Difesa di destinare al Fondo europeo per la pace (Epf), lo strumento che finora ha permesso di fornire all'Ucraina 3,6 miliardi di euro di armi. "C'è stato già un aumento di due miliardi di euro che saranno destinati alla fornitura di munizioni 155 mm all'Ucraina, un miliardo per quelle già pronte e un altro miliardo per le nuove produzione", ha spiegato un alto funzionario dell'Ue. "L'obiettivo ora è ottenere la prossima settimana il via libera per avviare il percorso per un nuovo aumento di fondi per 3,5 miliardi di euro", ha evidenziato. "Ovviamente richiederà diverse discussioni tecniche perchè non parliamo di una somma modesta ma vorremmo ottenere l'ok politico", ha precisato.

15:21

Ucraina, Madrid: "Non invieremo aerei da guerra a Kiev"

La Spagna è "totalmente impegnata" al fianco dell'Ucraina e "rispetta" le decisioni di tutti i Paesi suoi alleati, ma "non parteciperà" all'invio a Kiev di "aerei da combattimento": lo ha affermato a cronisti la ministra della Difesa, Margarita Robles. "La Spagna non è in possesso degli aerei che chiede l'Ucraina", ha aggiunto.

15:24

Casa Bianca: "La tregua ora sarebbe la ratifica delle conquiste russe"

La Casa Bianca ha espresso "preoccupazione" che nella visita del presidente cinese Xi Jinping a Mosca non si tenga conto della parte ucraina e che gli sforzi di Pechino vadano in un'unica direzione. Il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby ha detto che il cessate il fuoco previsto dal piano di pace cinese non porterebbe ad "una pace giusta e durevole" ma sarebbe "la ratificazione della conquista russa".

15:27

Usa: "Non ci sono prove che armi cinesi siano state consegnate a Kiev"

Gli Stati Uniti ritengono che Pechino "non abbia ancora escluso" la possibilità di fornire armi alla Russia, ma non ci sono prove al momento che la Cina abbia deciso in questo senso o che abbia fornito armi a Mosca. Lo ha riferito il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby.

15:30

Zelensky ringrazia il primo ministro slovacco per gli aiuti alla difesa aerea

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in una telefonata con il primo ministro slovacco Eduard Heger lo ha ringraziato per il significativo pacchetto per la difesa aerea annunciato a favore dell'Ucraina. Lo ha reso noto lui stesso su Twitter. "I nostri accordi a Bruxelles stanno funzionando! Durante una telefonata, ho ringraziato il primo ministro slovacco Eduard Heger per un consistente pacchetto di armi per la difesa aerea, compresi gli aerei MiG. Apprezzo il suo ruolo personale nel sostenere l'Ucraina. Non vedo l'ora di continuare il nostro dialogo a Kiev", ha scritto Zelensky.

15:49

Ucraina, Putin: "Faremo di tutto per difendere la Crimea"

La Russia farà "tutto per fermare ogni minaccia" alla Crimea e Sebastopoli. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin alla vigilia del nono anniversario dell'annessione della penisola alla Federazione Russa. Il presidente, citato dall'agenzia Interfax, ha aggiunto che il governo realizzerà tutti i piani previsti per lo sviluppo economico della Crimea, compresi gli investimenti nel settore industriale e turistico.

15:55

Nato, Erdogan: "Sì all'adesione della Finlandia. Quella della Svezia dipenderà dalle azioni del governo"

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il parlamento turco inizierà i lavori per la ratifica dell'ingresso della Finlandia nella Nato. "Iniziamo con la procedura di ratifica presso il parlamento. Gli incontri che abbiamo avuto con i rappresentati della Finlandia hanno avuto esito positivo", ha detto il presidente turco alla presenza del collega finlandese Sauli Niinisto, giunto oggi nella capitale turca Ankara. "Dal momento che non ci danno i terroristi non è possibile avere un approccio favorevole verso la Svezia", ha aggiunto Erdogan.

16:14

Ucraina, la Corte penale internazionale emette il mandato d'arresto per Putin

La Corte penale internazionale (Cpi) ha emesso venerdì un mandato di cattura contro il presidente russo Vladimir Putin, accusandolo di essere responsabile di crimini di guerra commessi in Ucraina. Mosca ha ripetutamente negato le accuse di atrocità durante la sua invasione di un anno del suo vicino

16:21

Il mandato di arresto di Putin della Cpi è per "la detenzione illegale di bambini"

La Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per il presidente russo Putin per crimini di guerra a causa del suo presunto coinvolgimento in rapimenti di bambini dall'Ucraina. La corte ha affermato in una dichiarazione che Putin "è presumibilmente responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione Russa". Venerdì ha anche emesso un mandato di arresto per Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissario per i diritti dei bambini presso l'Ufficio del Presidente della Federazione Russa con accuse simili.

16:28

Mosca: "Di Crosetto non importa nulla a nessuno"

 "Non ci si deve sopravvalutare. Di lui non importa nulla a nessuno". Così Oleg Osipov, assistente del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, ha commentato le notizie sulla taglia istituita dai mercenari Wagner sul ministro della Difesa Guido Crosetto. Lo riporta Ria Novosti, citata dai media russi.

16:34

Russia, mandato di arresto della Corte penale internazionale anche per Maria Lvova-Belova

Oggi la corte ha emesso un mandato di arresto anche per Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissaria per i diritti dei bambini presso l'Ufficio del Presidente della Federazione Russa, per accuse simili.

16:41

Russia, Zakharova: "Per noi le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato"

"Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto divista legale". Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova dopo la notizia del mandato d'arresto contro il presidente Vladimir Putin.

16:43

Ucraina, Kiev: "Mandato di arresto per Putin è una decisione storica"

"Una decisione storica". Così il procuratore generale dell'Ucraina, Andrij Kostin, ha commentato su Twitter il mandato d'arresto emanato dalla Corte penale internazionale contro il presidente russo Vladimir Putin. "Sono personalmente grato al procuratore della Cpi Karim Khan per questa storica decisione. Continuiamo la stretta collaborazione con la Cpi nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini. Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1000 pagine di prove già condivise con la Corte", ha scritto su Twitter.

16:49

Cpi, esecuzione arresto dipende da collaborazione internazionale

I giudici della Corte penale internazionale hanno esaminato i documenti e le prove raccolte dal procuratore e hanno stabilito che c'erano accuse credibili contro queste due persone", Vladimir Putin e Maria Alekseyevna Lvova-Belova. "La Cpi sta facendo la sua parte di lavoro, i giudici hanno emesso i mandati d'arresto. La loro esecuzione dipende dalla collaborazione internazionale". Lo ha dichiarato in un video il presidente della Cpi, giudice Piotr Hofma?ski annunciando la decisione odierna della II Camera preliminare.

17:00

Medvedev: "Mandato d'arresto contro Putin è carta igienica"

"La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d'arresto contro Vladimir Putin. Non c'è bisogno di spiegare 'dove' dovrebbe essere usato questo documento". Lo scrive su Twitter il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, aggiungendo un emoji della carta igienica.

17:25

Ucraina: Kuleba, bene Cpi su Putin, la giustizia si muove

 "La giustizia sta facendo il suo corso: plaudo alla decisione della Corte penale internazionale di emettere mandati d'arresto per Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova per il trasferimento forzato di bambini ucraini". Lo ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. "I criminali internazionali saranno perseguiti per il rapimento di bambini e per altri crimini internazionali", ha aggiunto.

17:33

Commissaria russa diritti bambini, continuiamo a lavorare

"Continuiamo a lavorare". Lo ha dichiarato Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino, commentando il mandato d'arresto della Corte penale internazionale nei suoi confronti con l'accusa di trasferimento forzato di bambini ucraini. Lo riporta la Tass.

17:49

 Cremlino, mandato arresto Cpi oltraggioso e privo di effetti

Il Cremlino ha definito oltraggiosa l'emissione di un mandato di arresto per Vladimir Putin da parte della Corte penale internazionale e nulla dal punto di vista legale. "Consideriamo la formulazione stessa della questione oltraggiosa e inaccettabile", ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ai giornalisti, "la Russia, come un certo numero di altri stati, non riconosce la giurisdizione di questa corte. Di conseguenza, qualsiasi decisione di questo tipo è nulla e priva di effetto per la Federazione Russa dal punto di vista giuridico", ha sottolineato.

17:59

Medvedev: "Mandato d'arresto contro Putin? Come carta igienica"

"La Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d'arresto contro Vladimir Putin. Non c'è bisogno di spiegare dove dovrebbe essere usata questa carta". Lo scrive su Twitter il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitrij Medvedev.

18:08

Cpi: "Centinaia di bambini presi dagli orfanotrofi e dati in adozione in Russia"

"Gli incidenti identificati dal mio Ufficio includono la deportazione di almeno centinaia di bambini prelevati da orfanotrofi e case di accoglienza per bambini. Molti di questi bambini, secondo noi, sono stati dati in adozione nella Federazione Russa". E' quanto dichiara in uno statement il procuratore della Cpi Karim Khan. "La legge è stata modificata nella Federazione Russa, attraverso decreti presidenziali emanati dal presidente Putin, per accelerare il conferimento della cittadinanza russa, rendendo più facile l'adozione da parte di famiglie russe. Il mio Ufficio sostiene che questi atti, tra gli altri, dimostrano l'intenzione di allontanare definitivamente questi bambini dal loro Paese. Al momento di queste deportazioni, i bambini ucraini erano persone protette dalla Quarta Convenzione di Ginevra", spiega Khan aggiungendo: "Nella nostra richiesta abbiamo anche sottolineato che la maggior parte degli atti di questo schema di deportazione sono stati effettuati nel contesto degli atti di aggressione commessi dalle forze militari russe contro la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, iniziati nel 2014". 

18:14

Ue, "bene il mandato contro Putin, è solo l'inizio"

"Con il mandato di arresto contro Vladimir Putin ci troviamo di fronte a un'importante decisione di giustizia internazionale e per il popolo ucraino: abbiamo sempre detto nell'Unione Europea che gli autori dei crimini in Ucraina dovranno essere ritenuti responsabili: questo è solo l'inizio del processo". Lo ha detto l'alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell. "L'Ue sostiene il lavoro della Corte Penale Internazionale, non può esserci impunità", ha aggiunto.

18:33

Regno Unito, "bene il mandato contro Putin, le indagini continuino"

Il Regno Unito ha accolto con favore la decisione della Corte penale internazionale di emettere un mandato di arresto per il presidente russo Vladimir Putin, aggiungendo che le indagini sui presunti crimini di guerra in Ucraina devono continuare. E' quanto si legge in un tweet del ministro degli Esteri britannico James Cleverly, secondo cui "i responsabili di orribili crimini di guerra in Ucraina devono essere assicurati alla giustizia".

18:44

Kiev, camera di tortura russa a Energodar

L'esercito russo ha realizzato una camera di tortura per i cittadini filo-ucraini nella città occupata di Energodar, nella regione di Zaporizhzhia. Lo rende noto lo Stato maggiore delle forze armate di Kiev. Lo riporta Ukrainska Pravda. Secondo i militari di Kiev, "le persone con opinioni filo-ucraine e coloro che non soddisfano i requisiti degli occupanti sono sottoposte a gravi torture".

18:56

Filorussi Donetsk, 70% Bakhmut sotto controllo militari Mosca

 "Le unità russe hanno preso il controllo di circa il 70% del territorio di Bakhmut". Lo ha dichiarato Jan Gagin, consigliere del capo ad interim dell'autoproclamata repubblica di Donetsk, sul canale televisivo Rossiya 24. "Se parliamo di Bakhmut le nostre forze ora controllano circa il 60%, forse anche di più, fino al 70% della città stessa", ha detto.

19:17

Casa Bianca: "Bene avvio ratifica Turchia adesione Finlandia, lo faccia anche per Svezia"

"Gli Stati Uniti salutano l'annuncio del presidente Erdogan dell'invio al Parlamento turco i protocolli di adesione alla Nato della Finlandia e aspettiamo con ansia una veloce conclusione del processo". Lo dichiara il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan che poi aggiunge: "incoraggiamo la Turchia a ratificare velocemente anche l'adesione della Svezia". "Inoltre esortiamo l'Ungheria a concludere senza ritardi il processo di ratifica per Svezia e Finlandia", afferma ancora Sullivan che definisce i due Paesi "partner forti e capaci che condividono i valori Nato e rafforzeranno l'Alleanza e contribuiranno alla sicurezza Europea". "Gli Stati Uniti credono che entrambi i Paesi debbano diventare membri della Nato al più presto possibile" conclude la dichiarazione.

19:25

Deportazione bambini? Mosca, si chiama "salvezza"

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito "salvezza" la deportazione dei bambini ucraini nei territori russi, giudicato invece un crimine di guerra dalla Corte penale internazionale che per questo ha spiccato un mandato di arresto per Vladimir Putin. "Chi avrebbe pensato, 15 anni fa, che in Occidente prendersi cura dei bambini, salvarli e curarli sarebbe diventato un reato penale", ha scritto su Telegram la portavoce. "Tutto però ci stava portando verso questo", ha continuato, "gli esperimenti dell'Occidente illuminato sulla riassegnazione di genere ai bambini, la persecuzione dei medici che credono che ci siano solo due sessi, la sostituzione di 'madre' e 'padre' con 'genitore A' e 'genitore B'". "Non si trattava di sfortunati episodi, ma di una politica di vasta scala dei Paesi Nato", ha denunciato Zakharova.

19:35

Zelensky, deportazioni "impossibili" senza ok Putin

"Sarebbe impossibile portare a termine un'operazione così criminale" come la deportazione di migliaia di bambini ucraini in territorio russo, "senza l'ordine del massimo leader di questo Stato terrorista". Così il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha commentato la notizia del mandato di arresto emesso dalla Corta penale internazionale contro Vladimir Putin per "crimini di guerra". "Separare i bambini dalle loro famiglie, privarli di ogni possibilità di contattare i loro parenti, nasconderli in territorio russo e disperderli in regioni remote: tutto questo è ovviamente una politica statale, una decisione statale, malvagità statale che inizia proprio con il funzionario più alto in grado di questo Stato", ha detto Zelensky in un video messaggio su Telegram.

19:52

Fonti Nato, 1.500 morti o feriti russi al giorno

Nell'attuale offensiva in Ucraina, concentrata per lo più a Bakhmut, ogni giorno restano uccisi o feriti circa 1.500 soldati russi. Lo rivela una fonte della Nato citata dal Guardian, secondo cui non è chiaro quanto durerà la battaglia per Bakhmut. I combattimenti sono intensi e cruenti sulla linea del fronte, lungo il fiume, che è diventata una "zona di morte".

20:14

Berlino, "Putin ha ordito la guerra, risponda in tribunale"

"Chi come Putin ha ordito una guerra sanguinosa, dovrebbe risponderne in tribunale". Lo ha detto il ministro tedesco della Giustizia, Marco Buschmann, parlando a Rnd. ll mandato d'arresto per crimini di guerra che è stato emesso contro il presidente russo dalla Corte penale internazionale "è un importante segnale di determinazione" e la soluzione migliore è che si possa presentare un'accusa della Corte, ha commentato Buschmann, che è membro dei Liberali Fdp. Inoltre, è importante continuare a pensare ad altri modelli su "cui possiamo implementare un'azione penale coerente, per esempio con un tribunale speciale per perseguire il crimine della guerra di aggressione", ha continuato il ministro tedesco.

20:28

Usa, Xi parli con Zelensky mentre è a Mosca

Gli Stati Uniti sollecitano il presidente cinese Xi Jinping, che da lunedì sarà in visita a Mosca, a parlare anche con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky mentre sarà in missione in Russia. "Speriamo anche che il presidente Xi contatti direttamente il presidente Zelensky, perché continuiamo a credere che sia molto importante che senta anche la parte ucraina e non solo Putin", ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby.

 21:08

Ucraina: "Mandato arresto a Putin rende difficile visita Kiev"

Il mandato d'arresto della Corte Penale Internazionale (Cpi) contro Vladimir Putin complica la visita a Mosca del presidente cinese Xi Jinping. A dirlo è Oleksy Danilov, segretario del Consiglio ucraino di difesa e sicurezza nazionale. "A proposito dell'annunciata vista del leader cinese a Mosca: penso che la situazione sarà ora difficile per la Cina. E' difficile incontrare una persona che è sospettata dalla Corte penale internazionale di reati contro i bambini ucraini. Anche se la Cina non aderisce allo Statuto di Roma della Cpi, sarà comunque un compito difficile per la Cina e i suoi diplomatici", ha detto Danilov, citato da Interfax Ukraine.

21:37

Allerta aerea a Kiev

Allerta aerea questa sera a Kiev. L'autorità militare ha diffuso l'allerta per possibili attacchi di droni kamikaze, invitando la popolazione a raggiungere i rifugi.

21:48

Zelensky: "Oltre 16mila bambini deportati, solo 300 restituiti"

Sono "oltre 16mila" i casi registrati di bambini ucraini deportati in Russia, ma i veri numeri potrebbero essere "molto più alti". E le autorità ucraine sono riuscite a riportarne a casa solo 300. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale, dopo che la Corte penale internazionale ha emesso oggi un mandato di cattura contro il presidente russo Vladimir Putin e un'alta funzionaria russa per il reato di deportazione dei bambini ucraini.

22:11

Procuratore Cpi, possibile Putin venga processato un giorno

Non è impossibile che il presidente russo Vladimir Putin possa un giorno essere processato dalla Corte penale internazionale. Lo ha detto il procuratore capo dell'Cpi, Karim Khan. Lo riporta la Cnn. "Quelli che pensano sia impossibile non capiscono la storia - ha aggiunto - i principali criminali di guerra nazisti, l'ex presidente jugoslavo Slobodan Miloüevic, l'ex politico serbo-bosniaco Radovan Karad, l'ex ufficiale militare serbo-bosniaco Ratko Mladic, l'ex presidente liberiano Charles Taylor, l'ex primo ministro Jean Kambanda del Ruanda, Hissène Habré, l'ex presidente del Ciad, erano tutti individui potenti e potenti, eppure si sono trovati in un'aula di tribunale davanti a giudici indipendenti", ha detto Khan.

22:29

Casa Bianca su Cpi per Putin, sosteniamo responsabilità per crimini guerra

La Casa Bianca "sostiene la responsabilità" per quanti hanno commesso "crimini di guerra" in Ucraina. Lo ha affermato alla Cnn John Kirby, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale. "Vogliamo vedere i perpetratori di crimini di guerra davanti alla giustizia" e continuiamo a sostenere l'indagine internazionale", ha detto Kirby.

22:44

Onu, tutto il possibile perché iniziativa grano continui

"In questo momento le Nazioni Unite, sotto la guida del segretario generale Guterres, stanno facendo tutto il possibile per garantire che l'Iniziativa per i cereali del Mar Nero possa continuare". Lo ha detto il capo degli affari umanitari dell'Onu Martin Griffiths a una riunione del Consiglio di Sicurezza sull'Ucraina. "Continuiamo a impegnarci a stretto contatto con tutte le parti - ha aggiunto - Questa settimana, i prodotti alimentari hanno continuato ad essere trasportati fuori dall'Ucraina attraverso il corridoio umanitario marittimo, sotto la supervisione del Centro comune di coordinamento". L'accordo scade domani, la Russia insiste su un rinnovo di 60 giorni mentre l'Onu chiede di attenersi ai 120 giorni previsti.

Putin da arrestare. Criminale di Guerra.

(askanews il 17 marzo 2023) - Il mandato d'arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del presidente russo Vladimir Putin "non ha alcun significato legale" per Mosca: lo ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.

 La portavoce ha spiegato che la Russia non ha sottoscritto il Trattato di Roma, che ha dato vita alla Cpi, e dunque non ha alcun obbligo legale nei confronti delle sue decisioni.

L’Aia vuole arrestare Putin: «Ha deportato i bambini». Fiorenza Sarzanini su Il Corriere della Sera il 18 marzo 2023.

Lo zar ora è ufficialmente ricercato dalla Corte penale internazionale. Kiev esulta:«Decisione storica». Mosca: «Carta igienica»

Putin e la commissaria Maria Lvova-Belova

Il mandato di cattura internazionale è stato firmato ieri alle 16 dai giudici della Corte penale dell’Aia. E adesso il presidente Vladimir Putin è ufficialmente ricercato con l’accusa di crimini di guerra «per aver deportato bambini e adolescenti ucraini in Russia». Provvedimento analogo contro Maria Lvova-Belova, la commissaria di Mosca per i diritti dei bambini, che ha curato personalmente i trasferimenti e l’organizzazione dell’accoglienza negli orfanatrofi e presso nuove famiglie . Arriva dunque la clamorosa svolta nell’indagine avviata poche settimane dopo l’invasione rendendo di nuovo altissima la tensione con Mosca che definisce «carta igienica» gli atti giudiziari, mentre da Kiev il presidente Volodymyr Zelensky esulta «è una decisione storica, l’inizio della fine» e l’Ue avvisa: «Non ci può essere impunità, ora si prosegue».

A firmare l’ordine di cattura sono tre giudici: l’italiano Rosario Aitala, la giapponese Tomoko Akane e il costaricano Sergio Ugalde. La conseguenza è immediata, se Putin e la sua fidata collaboratrice dovessero uscire dai confini potrebbero essere arrestati da qualsiasi forza di polizia di uno dei 123 Stati che hanno firmato la convenzione.

I 600 fascicoli

«Noi continuiamo a lavorare», commenta Lvova-Belova lasciando intendere che i trasferimenti non si fermeranno. Kiev sostiene che sono oltre 16 mila i minori portati in Russia , i rapporti internazionali accreditano almeno seimila deportazioni. Nell’ordine di cattura sono elencati i casi già accertati attraverso le testimonianze dei genitori, dei familiari, degli stessi ragazzi che sono riusciti a ritornare in Ucraina. L’indagine si è concentrata su chi è stato strappato alle famiglie, ma anche sugli orfani che sono stati chiusi nelle strutture russe per essere «educati». La maggior parte proviene dal Donbass, poi c’è chi è stato preso a Mariupol, nel Donetsk. Le verifiche proseguono perché secondo le norme internazionali si può contestare questo tipo di reato soltanto se commesso nei territori occupati e dunque è indispensabile ricostruire la storia di ogni bambino e adolescente costretto a vivere lontano dal proprio Paese e dai propri familiari.

Le chat di Telegram

Nelle migliaia di pagine raccolte dalla procura coordinata dal britannico Karim Ahmad Khan e dagli stessi giudici che hanno poi ordinato l’arresto, ci sono anche i documenti trasmessi dal procuratore generale dell’Ucraina, Andrij Kostin. Oltre ai verbali, ai video che mostrano l’arrivo dei bimbi e dei ragazzi in Russia, documentano i rastrellamenti dei soldati e gli ingressi in alcuni edifici ucraini, i successivi viaggi, ci sono le chat intercettate sul canale Telegram. Proprio lì — in alcuni gruppi segreti appositamente creati, ma anche nei post pubblici — la commissaria Lvova-Belova e i suoi collaboratori comunicano i vari trasferimenti e danno indicazioni su dove portare i minori. Spesso ricevendo il plauso dello stesso Putin che nel maggio 2022 ha firmato un decreto per snellire e rendere subito operative le procedure per far ottenere agli ucraini la cittadinanza russa. Il mandato di cattura internazionale è stato emesso perché ai capi di Stato non viene riconosciuta l’immunità nei casi che coinvolgono crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio.

«Bottino di guerra»

Investigatori e magistrati che indagano sui crimini compiuti durante il conflitto spiegano che questo filone di indagine ha sempre avuto la priorità perché «bambini e adolescenti non possono essere trattati come bottino di guerra». La commissione d’inchiesta dell’Onu ha trasmesso le proprie conclusioni alla Corte confermando la contestazione di crimini contro l’umanità. Secondo un rapporto pubblicato da un centro di ricerca dell’università di Yale nel febbraio 2023 e intitolato «Il sistematico programma della Russia per la rieducazione e l’adozione dei minori ucraini», «tra febbraio 2022 fino a gennaio 2023 sono stati trasferiti più di 6.000 giovani di età compresa fra 4 mesi di età e 17 anni».

Strutture di detenzione

I ricercatori hanno individuato «43 strutture di detenzione e rieducazione, di cui 12 attorno al mar Nero, 7 nella Crimea occupata, 10 attorno alle città di Mosca, Kazan ed Ekaterinburg, mentre gli altri nelle regioni dell’estremo oriente russo, di cui 2 in Siberia». Nel dossier si specifica che «i genitori sono stati costretti, ingannati con la promessa di un trasferimento temporaneo o non interpellati del tutto e i moduli di affido compilati con firme false. In ogni caso, la capacità dei genitori di fornire un consenso effettivo viene considerata dubbia, perché «lo stato di guerra e la minaccia implicita delle forze di occupazione rappresentano una forma di costrizione costante».

Chi è Rosario Aitala, l’italiano tra i giudici dell’Aja che accusano Putin di crimini di Guerra. Fiorenza Sarzanini su Il Corriere della Sera il 17 marzo 2023.

Rosario Salvatore Aitala è entrato in magistratura nel 1997. Prima di approdare all’Aja è stato consigliere nelle aree di crisi e criminalità internazionale di diversi Paesi

«Il diritto internazionale penale è un modo di guardare il mondo. Chiunque legga le pagine della storia delle atrocità di massa, anche se molto distanti nel tempo e nello spazio, diventa testimone di crimini che invocano giustizia». Lo ha scritto nel suo ultimo libro Rosario Salvatore Aitala, il giudice italiano che con altri due giudici - la giapponese Tomoko Akane e il costaricano Sergio Ugalde - ha accolto le richieste di Karim Khan, il procuratore capo della Corte penale internazionale dell’Aja, che aveva avviato un’indagine sui crimini di guerra e contro l’umanità commessi da i militari russi e Vladimir Putin in Ucraina. Il verdetto è arrivato: mandato di arresto internazionale per crimini di guerra. Il presidente russo è accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia, insieme alla commissaria russa per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova.

Professore di diritto internazionale penale alla LUISS, 55 anni, Aitala è stato fino al 1992 funzionario di polizia e nel 1997 è entrato in magistratura. Ha lavorato a Milano, Trapani, Roma ma è stato molto all’estero. Prima di arrivare all’Aja è stato consigliere per le aree di crisi e la criminalità internazionale del ministero degli Esteri in Albania, Afghanistan, Balcani e America Latina e consigliere per gli affari internazionali del presidente del Senato Piero Grasso.

È componente della commissione sui crimini di guerra istituita dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia. Nel suo libro ha scritto: «È nel secolo più violento di sempre, il Ventesimo, che il male smisurato si afferma come meditata strategia politica giocata sulla pelle di milioni di persone inermi. Dunque non mera malvagità: piuttosto grammatica del potere».

Il mandato di arresto contro Putin e i bambini ucraini.  Piccole Note (filo Putin) il 21 marzo 2023 su Il Giornale.

Il mandato di arresto contro Putin della Corte dell’Aja presenta diverse criticità. Una di queste, poco indagata, riguarda l’estrema vulnerabilità dei bambini ucraini. I bambini del Donbass erano a rischio a causa delle bombe, ché tante ne cadono, lanciate dagli ucraini, nel territorio controllato dai russi (peraltro bombardato per anni anche prima dell’invasione; in tale temperie, come registrava l’Unicef, sono stati uccisi 152 bambini e 146 sono rimasti feriti, mentre 66.491 hanno “sofferto a causa della guerra”). Ma i bimbi ucraini risultano esposti anche ad altri pericoli, perché tanti sono i predatori che si aggirano per il Paese.

Riprendiamo dal Corriere della Sera del 20 maggio 2020: “l’Ucraina è diventata un negozio online internazionale per la vendita di neonati”. A denunciare tale situazione era stata Mykola Kuleba, difensore civico dei bambini del governo Zelensky.

Un grido di dolore lanciato dopo la tragica scoperta di un centinaio di bambini, nati attraverso la pratica dell’utero in affitto, stipati in una stanza d’albergo perché, a causa dei lockdown pandemici, i genitori a distanza non avevano potuto prelevarli.

Sul punto l’Associated Press del 10 giugno 2020 rilevava: “L’Ucraina ha una fiorente industria della maternità surrogata ed è uno dei pochi paesi che consente agli stranieri di partecipare a tale pratica. Circa 50 cliniche offrono servizi di maternità surrogata nel paese, dove le ristrettezze economiche spingono molte donne ucraine a diventare madri surrogate”. Di oggi un articolo di Libero che spiega come tale industria sia ancora fiorente. Pratica legale, ma a rischio di incidenti di percorso e non sempre curata da persone affidabili, come rivela la scoperta alla quale abbiamo accennato.

Il fenomeno della sparizione di bambini

Più inquietante quanto denunciava anni fa l’European Centre for Law and Justice, secondo il quale l’Ucraina registrava una massiva sparizione di bambini, a volte usati anche per alimentare il traffico di organi. “È difficile guardare i minuscoli cadaveri dissotterrati dal cimitero vicino all’ospedale n. 6 – si legge in un rapporto dell’ECLJ -. Le fotografie forensi mostrano corpi che sembrano esser stati mutilati prima di essere gettati in una fossa comune a Kharkiv, una città Ucraina”.

“In una foto si vede un uomo con guanti chirurgici che mette insieme diversi pezzi di carne, disponendo i frammenti in modo da far intravedere il corpo di un bambino prima che fosse smembrato”. Nel rapporto si parla di madri alle quali, dopo il parto, sono stati sottratti i figli, adducendo la scusa che erano deceduti subito dopo la nascita. Madri che hanno provato a trovare una risposta alle loro domande, sbattendo però sempre la “testa contro un muro”.

“Ancora più inquietante, ha affermato la signora Vermot-Mangold [una delle madri in questione], è l’evidenza che i bambini sono trattati in modo tanto disinvolto in Ucraina, così è probabile che il numero reale di bambini scomparsi nel paese resti sconosciuto”.

E ancora, il 2 giugno 2015 l’Huffington Post pubblicava un articolo di Laurie Ahern, presidente di Disability Rights International, dal titolo: “Ucraina, gli orfanotrofi alimentano il traffico di bambini”. Vi si legge che “i bambini poveri e disabili, ospitati [negli orfanotrofi], lontani dal controllo delle famiglie e delle loro comunità, sono bersaglio facile per trafficanti e pedofili. E il personale addetto è spesso il nefasto beneficiario di transazioni perverse delle quali i bambini prigionieri sono la merce”.

“La mia organizzazione, Disability Rights International (DRI), ha recentemente pubblicato un rapporto — “No Way Home: The Exploitation and Abuse of Children in Ukraine’s Orphanages” — a seguito di un’indagine durata tre anni sulla condizione dei bambini che vivono in istituti”.

“DRI ha scoperto che i bambini sono a rischio di diventare preda di traffici a scopo sessuale, di essere usati come manodopera, nella pornografia e nel traffico di organi, in un paese noto per essere un hub per il traffico di esseri umani”.

“Si dice che circa 82.000 bambini vivano in queste strutture, anche se nessuno sembra saperlo con certezza. Alcuni attivisti ucraini reputano che il numero si aggiri attorno ai 200.000”.

Il Dipartimento di Stato Usa: Kiev non contrasta la tratta

Si tratta di anni anche molto precedenti la guerra, ma non sembra che le cose siano molto cambiate negli anni successivi. Infatti, nel 2021 il Dipartimento di Stato Usa denunciava che “il governo dell’Ucraina non soddisfa pienamente gli standard minimi per l’eliminazione della tratta” di esseri umani.

“L’impegno delle forze dell’ordine per scoraggiare la tratta è stato inadeguato. Continuano le segnalazioni di funzionari pubblici implicati nella tratta di esseri umani, compresi funzionari della polizia anti-tratta. Sebbene il governo, nel periodo a cui facciamo riferimento, abbia fatto delle indagini penali e accusato diversi funzionari, presumibilmente complici [di tale traffico], per il quarto anno consecutivo non si è registrata nessuna condanna“. Il Dipartimento di Stato non parla specificamente di tratta di bambini, ma le reti che operano in tale settore hanno maglie molto larghe.

Il conflitto ha acuito i rischi. Sulla situazione successiva alla guerra, un rapporto dell’Unicef nel quale si legge: “I bambini costituiscono la metà dei rifugiati della guerra ucraina, secondo l’UNICEF e l’UNHCR. Più di 1,1 milioni di bambini sono arrivati ​​in Polonia e centinaia di migliaia in Romania, Moldavia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca”.

“L’UNICEF continua ad avvertire sul rischio che possano essere vittime della tratta di esseri umani e dello sfruttamento. Per cercare di ridurre i rischi che i bambini e i giovani devono affrontare, l’UNICEF, l’UNHCR e i partner del governo e della società civile stanno aumentando i ‘punti blu’ nei paesi che ospitano i rifugiati […], spazi sicuri per fornire informazioni alle famiglie in viaggio, aiutare a identificare i minori non accompagnati e isolati e garantire loro protezione dallo sfruttamento”.

Come si può notare, bambini senza genitori sono arrivati nell’Europa dell’Est in maniera caotica, tanto che l’Unicef è dovuto intervenire per ridurre i rischi, mentre la Russia ha organizzato un piano di evacuazione strutturato, spostando i bambini a rischio o isolati nel proprio territorio, al sicuro dalle bombe e da altro.

Dal momento che la Russia è un Paese nemico dell’Ucraina, si è parlato di deportazione, perché Kiev non ha consentito a tale operazione. Era meglio lasciarli in balia dei trafficanti e delle bombe? Domanda che lasciamo in sospeso.

I veterani Usa e i bambini ucraini

Di interesse osservare come anche gli Stati Uniti si siano adoperati per salvare i bambini a rischio. Così la BBC: “Una squadra di veterani militari statunitensi sta aiutando a organizzare un passaggio sicuro per i circa 200.000 bambini ospiti degli orfanotrofi e delle famiglie ucraine affidatarie”.

“Ma dicono che migliaia sono dispersi e temono che alcuni possano essere già caduti preda dei trafficanti di esseri umani”. Martin Kvernbekk, un volontario che si è prodigato in tale operazione, ha raccontato alla BBC che “ha sentito parlare di bambini scomparsi da una serie di fonti diverse e di rapporti di trafficanti di persone che indossano giubbotti catarifrangenti e fingono di appartenere a organizzazioni che aiutano i soccorsi”.

“Le organizzazioni sono molto forti – sono reti grandi e ben finanziate, che fanno questo per vivere. Sono brave a far questo in tempo di pace”, dice. “Ora c’è la guerra, il caos, e stanno sfruttando il disordine per poter rapire più donne e bambini possibile”.

Insomma, ucraini e americani hanno fatto la stessa cosa dei russi. Solo che quanto fatto dai primi, che hanno portato i bambini al sicuro nella zona occidentale del Paese o nei Paesi dell’Est, è opera meritoria; mentre i russi, avendoli portati nel loro Paese, li hanno deportati…

Peraltro, gli sforzi di Kiev e dei veterani Usa hanno solo limitato i danni. Infatti, “il governo non ha la capacità di affrontare il problema”, ha detto alla BBC Jeremy Locke, a capo del team che si è prodigato per salvare i fanciulli. Tanto che, in una riunione, le autorità si sono accorte come “5.000 bambini fossero scomparsi dai loro registri”, ha aggiunto.

“Nessuno sa cosa gli sia successo. O sono vittime di guerra o sono scappati dal paese oppure sono stati portati oltreconfine da contrabbandieri o da persone che lavorano in modo errato'”, ha commentato Locke.

Pedofili in missione

Interessante anche un articolo dell’Indipendent, anch’esso successivo all’inizio della guerra. Ne riportiamo l’incipit: “Diversi pedofili britannici si sono recati in Polonia dichiarando di voler prestare ‘assistenza umanitaria’ ai rifugiati in fuga dall’Ucraina, tra cui migliaia di bambini non accompagnati“.

“La National Crime Agency (NCA) ha affermato che 10 noti pedofili si sono recati nel paese nelle sei settimane successive all’invasione russa. A tutti e 10 è stato chiesto di lasciare la Polonia dopo un colloquio con gli agenti dell’immigrazione e le forze dell’ordine e ora le autorità britanniche stanno lavorando per dissuadere altri dall’intraprende simili viaggi”.

I dieci loschi figuri sono stati identificati per la la loro fedina penale sporca. Ma siamo pronti a scommettere che altri con analoga fedina penale hanno portato a termine la loro nefasta missione, eludendo i controlli o corrompendo qualcuno; e altri, con la fedina penale pulita, si sono prestati a operazioni analoghe senza essere scoperti.

Ed è presumibile che tale attività non ha visto all’opera solo predatori britannici e non abbia avuto come obiettivo solo i bambini ucraini rifugiati in Polonia, ma anche quelli che hanno trovato riparo negli altri Paesi dell’Est e nella stessa Ucraina. Quanto emerso, cioè, è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che sarebbe tutto da indagare, ma che non è stato indagato né lo sarà.

Lo denota l’altra cosa sconcertante dell’articolo: una volta scoperti, i dieci figuri, invece di essere arrestati e di indagare se facessero parte di una rete, come probabile che fosse, sono stati invitati a lasciare la Polonia. E possiamo scommettere che anche al loro ritorno in patria non hanno avuto alcun problema con le autorità, altrimenti l’articolo ne avrebbe accennato.

Invece, si rileva solo come le autorità britanniche hanno tentato di “dissuadere altri” dall’intraprendere analoghi viaggi, non sappiamo se attraverso una campagna pubblicitaria o altro e altrettanto aleatorio (un’inchiesta sarebbe stata forse più incisiva…).

Insomma, l’Ucraina non sembra essere un Paese nel quale i bambini hanno vita facile, per usare un eufemismo, e la guerra ha aumentato la loro vulnerabilità. Dato tutto ciò, il mandato di arresto contro Putin, colpevole di aver sottratto i fanciulli del Donbass alle bombe e ai tanti pericoli che incombevano su di essi (nel Paese confinante e altrove), lascia ancora più perplessi.

Operazione Babylift

Da ultimo, ci permettiamo di citare un articolo di Kurt Nimmo riportato dal Ron Paul Institute, che rammenta l’operazione Babylift, autorizzata dal presidente Gerald Ford alla fine della guerra del Vietnam, quando 3300 bambini vietnamiti furono prelevati dall’Us Army perché venissero adottati in “America, Australia, Germania ovest e Francia”.

“I bambini vietnamiti rapiti senza permesso furono identificati come ‘orfani’ nonostante il fatto che molti di essi avessero genitori e parenti” in patria, scrive Nimmo. “Un crimine” contro il quale fu intentata una causa collettiva che mirava “a fermare il procedimento di adozione fino a quando non fosse stato accertato che i genitori o i parenti in Vietnam erano consenzienti […] o che non avessero più genitori o parenti […]. Nella denuncia si dichiarava che molti degli orfani vietnamiti portati negli Stati Uniti durante l’operazione Babylift affermavano di non essere affatto orfani e di voler tornare in Vietnam”.

Solo per accennare da che pulpiti provengano certe prediche.

Nota a margine. La portavoce del Cremlino Marija Zacharova ha rivelato che il fratello di Karim Khan, il procuratore della Corte che ha spiccato il mandato d’arresto contro Putin, era un pedofilo e ha scontato solo metà della pena inflitta. Tutto vero, vedi il relativo articolo della BBC sull’ex parlamentare britannico Imran Ahmad Khan, espulso dal partito conservatore dopo la brutta vicenda. Le colpe e i reati non sono trasmissibili, ma la cosa desta curiosità.

Mandato di arresto per Putin, «I bambini ucraini portati in Crimea non si trovano più». Lorenzo Cremonesi su Il Corriere della Sera il 17 marzo 2023.

 I centri di smistamento e i 600 casi documentati. Il sospetto che Mosca abbia avviato un progetto di ingegneria civile per la crescita demografica russa

«Ce ne andiamo anche perché non vogliamo registrare i nostri figli nelle scuole controllate dai russi. Quelli dei nostri vicini sono stati portati in un campo estivo in Crimea e adesso non li trovano più», ci dicevano l’estate scorsa alcuni genitori tra i nuclei famigliari in fuga dalla regione di Kherson ancora occupata. I più spaventati erano coloro che erano disposti a trascorrere anche più di una settimana chiusi in auto, fermi ai posti di blocco con i figli piccoli, tra afa, sporcizia e zanzare, pur di lasciare al più presto la zona di Mariupol e raggiungere i militari ucraini a Zaporizhzhia. Non fuggivano solo dai disagi della loro città ridotta in macerie.

«Il peggio capita ai filtration camp», raccontavano, citando i famigerati centri di censimento e controllo, dove non era affatto raro che i soldati russi separassero i genitori dai figli. I maschi più grandicelli rischiavano forte. I soldati se la prendevano in particolare contro coloro che rifiutavano la deportazione in Russia, o in Crimea, chiedendo di essere messi in aree di transito con la speranza di poter poi evacuare nelle zone controllate dagli ucraini.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Tra i profughi giravano le informazioni su dove fossero i ceceni o i buriati da evitare ad ogni costo e dove invece fosse possibile corrompere con poche grivne o, ancora, fosse al comando un ufficiale meno burbero degli altri e propenso a lasciare passare senza troppi problemi. «Il nostro destino è nelle mani di gente che non ha alcuna idea di cosa siano i diritti civili», diceva una madre nei tendoni del centro accoglienza di Zaporizhzhia, esausta dopo tante incertezze, ma felice di avere ancora con sé il figlio e la figlia che voleva iscrivere ai licei ucraini.

Le autorità di Kiev furono molto rapide nel cominciare a documentare i crimini di guerra commessi dalle truppe russe sin dai primi giorni dell’invasione. Già di fronte ai morti civili a Bucha, ai bombardamenti indiscriminati di Irpin, ascoltando le testimonianze degli sfollati in fuga dalle prime regioni occupate, gli ufficiali inviati dal procuratore generale ucraino iniziarono a registrare le testimonianze, preparare i dossier e spedirli sia al Tribunale internazionale dell’Aia che agli uffici competenti all’Onu.

E, sin dai passi iniziali di questa inchiesta condotta sotto le bombe e tra le paure della guerra guerreggiata, il tema del rapimento dei minori divenne prominente. Oggi si parla di numeri compresi tra 6.000 e 13.000 casi, ma quelli documentati concretamente pare siano circa 600. Del resto, il tema non è nuovo, aveva già caratterizzato le accuse di Kiev contro le «violazioni dei diritti umani fondamentali» commesse nel 2014 dai soldati russi sia occupando la Crimea che sostenendo i separatisti di Lugansk e Donetsk nel Donbass. Già allora Kiev imputava al regime di Mosca il piano di sequestrare i minorenni, anche orfani piccolissimi, per portarli tra gli orfanotrofi in patria o per farli adottati a famiglie di provata lealtà allo Stato con il piano di cancellare le loro identità ucraine e indottrinarli alla fedeltà per la «madre Russia».

Nel 2022 la cosa divenne ancora più evidente. Un grande progetto di ingegneria sociale con tre effetti positivi per i suoi fautori: contribuire alla crescita demografica nazionale, provocare un danno all’Ucraina e fiaccare la volontà di resistenza della sua popolazione. Tanto importante fu documentarlo correttamente che il 1° giugno il parlamento ucraino sfiduciava e rimuoveva dal suo incarico la commissaria per i diritti umani, Lyudmila Denisova, che aveva gonfiato i numeri e distorto all’eccesso le violenze russe. Le accuse a Putin dovevano essere serie e circostanziate, si rischiava altrimenti di perdere di credibilità.

Mandato di arresto internazionale per Putin: è accusato di deportazione illegale di bambini ucraini. Per la Corte penale internazionale il presidente russo è responsabile di crimini di guerra: “Ha trasferito illegalmente bambini dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa”. Il Dubbio il 17 marzo 2023.

È un passaggio traumatico e di importanza quasi storica, che allontana ancora di più la Russia di Vladimir Putin dalla comunità internazionale e che è stato accolto dal Cremlino con malcelata rabbia.

La Corte penale internazionale ha infatti emesso un mandato di arresto per il presidente russo ritenuto responsabile dei crimini di guerra commessi dall’esercito di Mosca in Ucraina. Putin, si legge in un comunicato della Cpi, è accusato del "crimini di guerra di deportazione della popolazione" e di "trasferimento illegale della popolazione", in particolare bambini dalle aree occupate dalle truppe di Mosca in Ucraina dall'inizio della guerra.

«Ci sono fondate ragioni», si legge ancora nel comunicato dall'Aja, «per ritenere che Putin abbia responsabilità penali individuali per i crimini sopra menzionati». I giudici della Corte hanno spiccato un mandato di arresto anche per la commissaria russa per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, accusata degli stessi crimini del suo presidente. Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, Kiev stima che siano oltre 16 mila i bambini trasferiti forzatamente in Russia o nelle zone occupate dall’esercito russo.

In precedenza, gli inquirenti delle Nazioni Unite avevano stabilito che la deportazione forzata di bambini ucraini equivaleva a un crimine di guerra. La Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sull'Ucraina ha affermato che vi sono prove del trasferimento illegale di centinaia di bambini ucraini in Russia. Molto dettagliata la spiegazione del procuratore della Cpi Karim Khan. «Attraverso decreti presidenziali emanati dal presidente Putin ha accelerato il conferimento della cittadinanza russa, rendendo più facile l'adozione da parte di famiglie russe. Il mio Ufficio sostiene che questi atti, tra gli altri, dimostrano l'intenzione di allontanare definitivamente questi bambini dal loro Paese. I bambini ucraini erano persone protette dalla Quarta Convenzione di Ginevra». Il rapporto della Commissione afferma che la Russia ha commesso anche altri crimini di guerra in Ucraina, tra cui attacchi a ospedali, torture, stupri e omicidi volontari.

La Russia dal canto ha ripetutamente negato di aver commesso crimini nel corso di quella che fin dal 24 febbraio del 2022 chiama "operazione militare speciale", rifiutandosi di definirla una guerra.

Da Mosca la reazione è furiosa e sprezzante allo stesso tempo: "Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per la Russia e dal punto di vista legale sono nulle", ha tuonato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, sottolineando che la Russia ha ritirato la sua firma dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e non ha obblighi ai sensi di esso. «Non collaboriamo con questo organismo» e i possibili mandati di arresto provenienti dalla Corte internazionale «saranno legalmente insignificanti per noi».

Esultanza invece dai palazzi di Kiev. La presidenza ucraina ha definito "storica" la decisione della Corte penale internazionale e lo ha definito "solo un primo passo" per fare giustizia dopo l'invasione dell'Ucraina. "Questo è solo l'inizio", ha aggiunto sui social il responsabile dello staff presidenziale ucraino Andriy Yermak.

Anche l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, saluta la decisione della Cpi: «Si tratta di un’importante decisione della giustizia internazionale e per il popolo ucraino. Noi abbiamo sempre detto che i responsabili dell’aggressione illegale contro l’Ucraina devono essere portati alla giustizia. E questo mandato è solo l’inizio nel processo contro i leader russi per i crimini e le atrocità commessi in Ucraina. L’Ueapprezza e sostiene il lavoro della Corte penale internazionale e le sue inchieste. Non ci può essere impunità».

Criminale di Guerra. La Corte penale internazionale emette un mandato d’arresto per Vladimir Putin. Linkiesta il 17 marzo 2023.

Il tribunale dell’Aia ritiene il presidente russo responsabile, insieme alla sua commissaria ai Diritti dei bambini, della deportazione di migliaia di minorenni ucraini

La Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato d’arresto internazionale per il presidente russo Vladimir Putin. Lo ha confermato la Corte, che ha sede nella città olandese. La settimana si era aperta con un’indiscrezione del New York Times, secondo cui i giudici erano ormai pronti ad aprire formalmente due processi per i crimini commessi dalla Federazione Russa.

Il Cremlino deve rispondere della deportazione di migliaia di bambini e ragazzi ucraini nei campi di “rieducazione”, a partire dal 24 febbraio 2022. «Ci sono ragionevoli ragioni per credere che Putin abbia responsabilità penali individuali per i crimini», scrive il Tribunale nel mandato d’arresto. Un analogo ordine di cattura è stato spiccato anche per Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i Diritti dei bambini della Russia, a sua volta coinvolta nei trasferimenti illegali.

È accertato il trasferimento illegale di più di seimila minorenni in quarantatré strutture, ma il bilancio totale potrebbe essere più alto (secondo fonti ucraine, oltre sedicimila). I giudici incaricati, in sede preliminare, che ci fossero le basi giuridiche per procedere contro i responsabili, le hanno riscontrate. Mosca non riconosce l’autorità del Tribunale, ha detto in questi giorni il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

Un secondo caso potrebbe presto aprirsi per i bombardamenti indiscriminati alle infrastrutture civili ucraine.

La Corte non riconosce l’immunità ai capi di Stato in casi – come questo – di crimini di guerra, contro l’umanità o genocidio. Nonostante il mandato d’arresto, però, il tribunale non ha il potere di arrestare gli imputati: può esercitare la sua giurisdizione solo sui Paesi che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma del 1998. Tra questi, non c’è la Russia.

«Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, anche da un punto di vista legale», ha infatti ribadito la portavoce del ministero della Difesa russo, Maria Zakharova. «È solo l’inizio», commenta invece il capo di gabinetto del governo ucraino, Andriy Yermak.

BRUCIA L’INTELLIGENCE. Ernesto Ferrante su L’Identità il 17 Marzo 2023

È di un morto e due feriti il bilancio dell’incendio che si è sviluppato in un edificio del servizio di intelligence interna (Fsb) a Rostov, nel sud della Russia. A causarlo sarebbe stato un cortocircuito. “E’ stato accertato che la causa dell’incendio è un cortocircuito nell’impianto elettrico all’interno dell’edificio. Il propagarsi dell’incendio ha provocato l’esplosione di contenitori con carburante e lubrificanti”, ha scritto il governatore regionale Vasily Golubev sul suo canale Telegram.

Golubev ha aggiunto che i residenti delle case vicine al luogo dell’incidente sono stati evacuati per motivi di sicurezza. “E’ in corso un’indagine”, ha riferito il governatore.

Per gli ucraini è la prova di un “conflitto interno”. “Qualsiasi edificio dell’Fsb che brucia o che esplode in Russia, in particolare nella regione di Rostov, indica chiaramente una manifestazione di panico, indebolimento del controllo del potere e transizione verso un grave conflitto interno”, ha twittato il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Podolyak. “L’Ucraina non interferisce, ma guarda con piacere”, ha commentato sarcasticamente.

Le forze russe stanno conducendo offensive contro Lyman, Avdeevka, Mariinka e Shakhtarsk nell’oblast di Donetsk. La Wagner ha espugnato Zaliznyanskoye, un piccolo insediamento situato a circa nove chilometri a nord-ovest di Bakhmut. L’accerchiamento della città diventa ogni giorno più asfissiante.

La Polonia nei prossimi giorni trasferirà quattro Mig-29 a Zelensky. Ad annunciarlo è stato il presidente Andrzej Duda nel corso di una conferenza stampa. Altri aerei di fabbricazione sovietica dello stesso tipo saranno inviati dopo essere stati riadattati.

Di aiuti militari ha parlato anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Particolarmente importante è fornire rapidamente all’Ucraina le munizioni necessarie. Nel corso del Consiglio Europeo decideremo su altre misure assieme ai nostri soci della Ue per garantire forniture migliori e più continue”, ha detto il cancelliere intervenendo al Bundestag in vista del vertice dei capi di stato e di governo dei 27 della prossima settimana.

Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, è tornato a battere cassa con il segretario di Stato americano, Antony Blinken. Rivelando su Twitter il contenuto del colloquio telefonico avuto con lui, Kuleba ha spiegato di aver discusso della “formula di pace” proposta da Kiev per porre fine al conflitto e della consegna di munizioni per l’artiglieria.

Il capo della diplomazia ucraina ha anche sentito il suo omologo cinese Qin Gang, con il quale ha affrontato il delicato tema del “principio di integrità territoriale”, sottolineando “l’importanza della iniziativa di pace di Zelensky per mettere fine all’aggressione e riportare la pace in Ucraina”.

La Russia avrebbe ritirato 20 navi e molte unità della sua flotta ausiliaria nel Mar Nero. Lo ha reso noto la portavoce del comando meridionale ucraino, Natalia Humeniuk, definendo quella dei nemici “un’attività atipica”. Le unità navali russe attualmente di stanza nel Mar Nero includono quattro vettori missilistici, ha precisato Humeniuk alla televisione nazionale.

Secondo il comando sud, il ritiro potrebbe essere spiegato con il loro utilizzo nella ricerca del relitto del drone americano recentemente abbattuto da un jet russo.

Putin ricercato per crimini di Guerra. Stefano Piazza su Panorama il 17 Marzo 2023 s Il Tribunale dell'Aja lo vuole processare accusandolo di deportazione illegale di bambini dall'Ucraina. La Russia non riconosce la Corte internazionale ma l'annuncio arriva alla vigilia dell'incontro con Xi Jinping

Alla vigilia dell’incontro tra il leader cinese Xi Jinping e Vladimir Putin che si terrà a a Mosca il prossimo 20 marzo, il Tribunale penale internazionale dell'Aia ha emesso mandati di arresto nei confronti del presidente della Federazione russa Vladimir Putin e della sua commissaria per i diritti dei bambini Maria Alekseyevna Lvova-Belova «per deportazione illegale di bambini ucraini». I giudici istruttori della corte hanno valutato che vi siano «ragionevoli motivi per ritenere che ciascun sospettato sia responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione e di trasferimento illegale di popolazione dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione Russa, a danno dei bambini ucraini». Se avessero voluto i giudici avrebbero potuto optare per l'emissione di mandati di arresto segreti, ma hanno deciso di renderli pubblici in modo da «contribuire a prevenire l'ulteriore commissione di reati». Mosca ha ripetutamente negato le accuse secondo cui le sue forze hanno commesso atrocità durante l'invasione in Ucraina. Non appena si si è diffusa la notizia la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha così commentato l'emissione di un mandato d'arresto per Putin da parte della Corte penale internazionale dell'Aia: «Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, anche dal punto di vista giuridico. La Russia non partecipa allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale e non ha alcun obbligo ai sensi di esso. La Russia non sta collaborando con questo organismo e le eventuali prescrizioni di arresto provenienti dalla Corte internazionale di giustizia saranno legalmente nulle per noi».

Nonostante il mandato nei confronti di Putin e Lvova-Belova, la Corte penale internazionale non ha il potere di arrestare i sospetti e può esercitare la giurisdizione solo all'interno dei paesi che hanno firmato l'accordo che ha istituito il tribunale. La Russia non è firmataria di tale accordo, quindi è improbabile che che Vladimir Putin e Maria Alekseyevna Lvova-Belova vengano arrestati. Per il procuratore generale dell'Ucraina, Andrij Kostin si tratta di una decisione storica «Sono personalmente grato al procuratore della Cpi Karim Khan per questa storica decisione. Continuiamo la stretta collaborazione con la Cpi nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini. Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1000 pagine di prove già condivise con la Corte» Ecco la dichiarazione ufficiale della Corte Penale Internazionale di oggi: Oggi, 17 marzo 2023, la Camera preliminare II della Corte penale internazionale ("CPI" o "la Corte") ha emesso mandati di arresto per due persone nel contesto della situazione in Ucraina: il sig. Vladimir Vladimirovich Putin e la sig.ra Maria Alekseyevna Leopoli-Belov. Vladimir Vladimirovich Putin, nato il 7 ottobre 1952, Presidente della Federazione Russa, sarebbe responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell'Ucraina alla Russia Federazione (ai sensi degli articoli 8(2)(a)(vii) e 8(2)(b)(viii) dello Statuto di Roma). I crimini sarebbero stati commessi nel territorio occupato ucraino almeno a partire dal 24 febbraio 2022. Vi sono fondati motivi per ritenere che Putin abbia la responsabilità penale individuale per i suddetti crimini, (i) per aver commesso gli atti direttamente, insieme ad altri e/o per interposta persona (articolo 25(3)(a) dello Statuto di Roma), e (ii) per il suo mancato controllo sui subordinati civili e militari che hanno commesso gli atti. La sig.ra Maria Alekseyevna Lvova-Belova, nata il 25 ottobre 1984, Commissario per i diritti dei bambini presso l'Ufficio del Presidente della Federazione Russa, sarebbe responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell'Ucraina alla Federazione Russa (ai sensi degli articoli 8(2)(a)(vii) e 8(2)(b)(viii) dello Statuto di Roma). I reati sarebbero stati commessi nel territorio occupato ucraino almeno a partire dal 24 febbraio 2022. Vi sono fondati motivi per ritenere che la sig.ra Lvova-Belova abbia la responsabilità penale individuale per i predetti reati, per aver commesso gli atti direttamente, insieme ad altri e/o tramite altri (articolo 25(3)(a) dello Statuto di Roma). La Camera preliminare II ha ritenuto, sulla base delle istanze dell'accusa del 22 febbraio 2023, che vi siano fondati motivi per ritenere che ciascun sospettato sia responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione e di trasferimento illegale di popolazione dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione Russa, in pregiudizio dei bambini ucraini. La Camera ha ritenuto che i mandati fossero segreti al fine di proteggere vittime e testimoni e anche per salvaguardare le indagini. Tuttavia, consapevole che le condotte contestate nella fattispecie sarebbero in corso, e che la conoscenza pubblica dei mandati può contribuire a prevenire l'ulteriore commissione di reati, la Camera ha ritenuto che sia nell'interesse della giustizia autorizzare la Cancelleria rendere pubblica l'esistenza dei mandati, il nome degli indagati, i reati per i quali i mandati sono stati emessi e le modalità di responsabilità stabilite dalla Camera.

Estratto dell’articolo di Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera” il 18 marzo 2023.

Vladimir Putin sempre più costretto nell’angolo […]: il mandato d’arresto del Tribunale Internazionale dell’Aia per crimini di guerra relativi al suo presunto coinvolgimento nella deportazione di bambini ucraini in Russia sarà quasi sicuramente impossibile da perseguire, almeno in questa fase, ma rappresenta un colpo molto grave per il suo status internazionale e comporta nella pratica ripercussioni indubitabili sulla sua stessa libertà di movimento.

In teoria adesso tutte le polizie dei 123 Stati firmatari del Trattato di Roma, che nel 1998 istituì il Tribunale, potrebbero arrestarlo se dovesse entrare nel loro territorio. Il precedente tra i più noti che viene immediatamente alla memoria è quello di Slobodan Milosevic, l’ex presidente serbo morto in carcere all’Aia durante il processo nel marzo 2006. [...]

Estratto dal libro “La cortina di vetro”, di Micol Flammini (ed. Mondadori – Strade Blu)

I paesi dei Balcani […] hanno […] la convinzione di essere un romanzo già scritto per capire il futuro dell’Ucraina. Va letto, va studiato in profondità, per evitare gli errori, per comprendere che la ricostruzione è importante, ma non basta a curare tutto, che l’amnesia è una delle ferite più profonde che si possano infliggere a un popolo massacrato.

L’ho sentito con chiarezza nella voce dello scrittore bosniaco Faruk Šehic, che ancora prima delle sue parole esprime una sofferenza mai lenita per una guerra già dimenticata. Abbiamo parlato per telefono, mentre lui era a Berlino e mi spiegava i continui e tormentosi rimandi tra la guerra in Ucraina e quella in Bosnia.

 […] Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, Šehic sapeva quello che sarebbe successo, gli sembrava di rivedere tutto, ma in grande. «Gli inizi erano stati gli stessi. Putin aveva detto che l’Ucraina non esisteva, lo stesso aveva detto Miloševic della Bosnia. Il riconoscimento delle repubbliche di Donec’k e Luhans’k altro non era che quello che avevamo visto fare nei Balcani. Una situazione identica, riconoscevo la manovra, tutto era già successo.»

Putin è un nemico più potente di Miloševic, ha un arsenale nucleare e questa guerra spaventa il mondo. «La nostra, in un certo senso, era una prova. La chiamo la smallish war, la guerra piccola, in preparazione di un evento più grande.» Le guerre finiscono davvero quando ci sono vincitori e vinti; per Šehic, in Bosnia non ce ne sono stati e questo ha pesato sugli accordi di pace e anche sull’amministrazione della giustizia, in cui l’Ucraina si è già portata avanti raccogliendo le prove dei crimini di guerra. […]

 […] Rimarranno anche i conti in sospeso, la necessità di istituire una forma di giustizia per punire i crimini che sono stati commessi, e anche in questo i Balcani sono una strada, da seguire o da evitare. Uno dei principi che il Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Iugoslavia scelse fu quello di incriminare le persone e non gli Stati, cosa che si riteneva fosse fondamentale per non fomentare future tensioni in popoli che prima della guerra avevano vissuto fianco a fianco, parlato la stessa lingua, formato famiglie miste e visto i confini come una linea in mezzo al nulla, disegnata per dovere formale e non per identificare luoghi da temere.

Per Šehic fu una scelta sbagliata, fu come coprire i crimini, nascondere che i leader della Republika srpska, la Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina, non avrebbero potuto fare una guerra senza il sostegno di Belgrado. Secondo i serbi, invece, molte delle condanne emesse dal Tribunale internazionale non sono attendibili e, anzi, la giustizia si è macchiata di un pregiudizio antiserbo.

 Da quando Vucic è stato eletto presidente, i criminali di guerra che tornano in patria vengono accolti, intervistati da televisioni e giornali, spesso coinvolti nella vita politica. La giustizia nei Balcani non è riuscita a far andare avanti il tempo, a mettere fine al passato.

Ci sono paesi che hanno deciso di rimanere intrappolati nei lacci della storia, come la Russia o la Serbia, e altri che sono riusciti ad andare oltre, come la Germania, che dopo il nazismo, la seconda guerra mondiale e l’Olocausto ha ammesso le proprie colpe attraverso uno sforzo che ha consentito a tutta l’Europa di ricominciare a fidarsi di Berlino e al paese di ricostruirsi.

 Superare il passato vuol dire anche assumersene la responsabilità e abbattere la cortina di risentimenti, paure, rivendicazioni e nostalgie, che era di ferro, si è fatta di vetro e ora sembra d’acciaio.

“Putin noi non lo arrestiamo”: Orban sfida l’Europa. Libero Quotidiano il 23 marzo 2023

"Non arresteremo Vladimir Putin se entrasse nel nostro Paese". L'Ungheria ha platealmente detto al mondo che intende ignorare il mandato di arresto europeo emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti del presidente russo accusato di crimini di guerra per aver deportato illegalmente centinaia di bambini dall'Ucraina.  Il primo ministro Viktor Orban, per voce del suo capostaff Gergely Gulyas, ha spiegato che l'arresto di Putin non ha basi legali. Lo Statuto di Roma che ha creato la Corte Penale internazionale, infatti, non è stato integrato nel sistema legale ungherese poiché "contrario alla Costituzione". "Possiamo fare riferimento alla legge ungherese e sulla base di essa non possiamo arrestare il presidente russo", poiché lo statuto della Corte penale internazionale "non è stato promulgato in Ungheria", ha spiegato Gulyas. 

Un portavoce della Corte Penale internazionale, però, all'Ansa ha confermato che l'Ungheria ha "ratificato il trattato nel 2001" e dunque ha "l'obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto di Roma". Ma questo è solo l'ultimo di una serie di distinguo di cui si è resa protagonista l'Ungheria di Orban. Come ha riportato Bloomberg, ad esempio, Budapest ha bloccato la pubblicazione di una dichiarazione congiunta dei Paesi membri dell'Ue sul mandato d'arresto spiccato dalla Cpi nei confronti del presidente russo. Al termine del Consiglio Affari esteri e difesa, svoltosi nei giorni scorsi a Bruxelles, l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha pubblicato tale dichiarazione a suo nome, e non intestandola a tutti i 27 Paesi membri come auspicato durante la riunione. In precedenza, i ministri della Giustizia di 26 paesi dell'Ue avevano rilasciato una dichiarazione a sostegno dell'indagine della Corte penale internazionale: anche in quel caso, l'Ungheria non ha siglato il documento. E poi ancora l'ingresso di Svezia e Finlandia sotto l'ombrello protettrice della Nato per il quale il governo ungherese deve ancora dare il suo via libera. E infine lo sblocco dei fondi europei: da Bruxelles ripetono che, prima di procedere con la loro erogazione, Budapest è chiamata ad effettuate le riforme previste dal Pnrr ungherese. Da parte sua Viktor Orban tira dritto per la sua strada e su Twitter scrive: "Il Consiglio europeo è in corso. La posizione ungherese è chiara e semplice: no all'immigrazione, no al gender, no alla guerra!". 

CPI contro Putin: il fallimento annunciato dell’uso politico della legge internazionale. Valeria Casolaro su L'Indipendente il 18 Marzo 2023

La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso un mandato di arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin. L’accusa: l’aver commesso un crimine di guerra, ovvero aver deportato bambini ucraini in Russia. Un altro mandato di arresto è stato emesso nei confronti della commissaria per i diritti dei bambini al Cremlino, Maria Alekseyevna Lvova-Balova. Come sottolineato dalla portavoce del ministro degli Esteri russo Maria Zacharova, tuttavia, la CPI non ha giurisdizione in Russia, non avendo questa mai ratificato lo Statuto sul quale si basa la CPI (come nemmeno l’Ucraina). Di fatto, la Corte starebbe procedendo per crimini commessi da uno Stato non membro sul territorio di un altro Stato non membro, cosa che rende difficile pensare che l’iniziativa si possa tradurre in un risultato davvero concreto.

L’ipotesi di un’indagine su possibili crimini di guerra commessi da Mosca era stata aperta all’incirca un anno fa: da allora, il presidente della Corte Karim Khan ha effettuato tre viaggi in Ucraina, per visitare i luoghi dove sarebbero stati commessi i crimini. Secondo quanto rilevato, Putin sarebbe ritenuto “responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia”. L’arresto di Putin è di fatto imprescindibile affinché possa essere ipotizzato un qualsiasi ruolo della CPI, la quale non può avviare processi in contumacia.

La Corte Penale Internazionale ha sede a l’Aja, nei Paesi Bassi. Il suo ruolo è occuparsi di alcune fattispecie di crimini che riguardano la comunità internazionale, ovvero i crimini contro l’umanità, il crimine di aggressione, i crimini di guerra e il genocidio. La Corte – la quale può avviare processi contro i singoli individui, ma non contro interi Stati – ha base giuridica nello Statuto di Roma, che ad oggi è stato ratificato da 123 Paesi in tutto il mondo. Tra i grandi assenti dalla ratifica vi sono Stati Uniti, Russia, Cina, Israele: tutti Paesi, insomma, con una mira imperialistica di qualche tipo, che sia esercitata nell’insospettabile forma del riportare la democrazia in un certo Paese o in maniera più subdola. Nemmeno l’Ucraina ha mai ratificato lo Statuto. La Corte esercita i propri poteri sul territorio degli Stati firmatari ma, grazie ad apposite procedure, questi possono essere estesi al territorio di uno Stato non facente parte che lo richieda (come ha fatto l’Ucraina nel 2014). Si tratta quindi di uno strumento potenzialmente molto utile per punire chi si macchi di reati contro l’umanità di particolare gravità, non fosse per il fatto che, spesso, il suo utilizzo sembra più assecondare determinati equilibri geopolitici che la ricerca di un più alto criterio di giustizia.

Nelle zone teatro di alcuni dei più sanguinosi conflitti del nostro tempo i crimini di guerra sono stati tollerati, se non del tutto ignorati, dalla comunità internazionale (ovvero dalle forze politiche occidentali) perché in larga parte adducibili a una superpotenza: gli Stati Uniti. Quando la Corte ha mostrato l’intenzione di indagare su presunti crimini di guerra e abusi di altro genere commessi dai militari americani in Afghanistan o altrove (in particolare “atti di tortura, trattamento crudele, offese alla dignità personale, stupro e violenza sessuale contro detenuti in relazione al conflitto in Afghanistan e altre violazioni, principalmente nel periodo 2003-2004”), gli USA hanno replicato di fatto minacciando il personale della CPI di revocare o negare i visti di ingresso nel Paese. Inoltre, l’ex Segretario di Stato americano Mike Pompeo aveva dichiarato che si sarebbero riservati di fare lo stesso con chi avesse tentato azioni analoghe contro Israele. «Siamo determinati a proteggere il personale militare e civile Americano e alleato dal vivere nel timore di essere ingiustamente perseguiti per azioni intraprese per difendere la nostra grande nazione» aveva dichiarato. Le pressioni furono tali che, nel dicembre 2021, la CPI annunciò ufficialmente di aver sospeso le indagini a carico dei soldati statunitensi.

Altro esempio: nel 2006 la CPI ricevette centinaia di segnalazioni (240 in tutto) da parte di ONG e attori della società civile che denunciavano le uccisioni di massa dei civili che stavano avendo luogo in Iraq a seguito delle operazioni del Regno Unito (Paese firmatario dello Statuto di Roma). In quell’occasione il procuratore giustificò l’impossibilità ad intervenire con il fatto che l’Iraq si trovasse al di fuori della giurisdizione della Corte e che altri Stati membri non avevano segnalato la necessità di procedere con accertamenti. “L’uccisione di civili non costituisce di per sé un crimine di guerra” aveva ricordato, aggiungendo che “dopo aver analizzato tutte le informazioni disponibili, si è giunti alla conclusione che esistesse una base ragionevole per ritenere che fossero stati commessi crimini di competenza della Corte, ovvero uccisioni volontarie e trattamenti inumani. Le informazioni disponibili al momento supportano una base ragionevole per una stima tra le 4 e le 12 vittime di omicidio intenzionale e un numero limitato di trattamenti inumani, per un totale di meno di 20 persone”.

La fattibilità delle operazioni avanzate dalla CPI è quindi tutta ancora da verificare: certo si è tentati di pensare che l’Occidente stia utilizzando qualsiasi strumento a disposizione per soffiare sul fuoco di un conflitto dagli equilibri al momento altamente incerti. [di Valeria Casolaro]

Estratto dell'articolo di Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera” il 19 marzo 2023. 

C’ è un video ufficiale che mostra Maria Lvova-Belova mentre ringrazia il presidente Vladimir Putin perché le ha consentito di adottare un bambino ucraino. Quel filmato, rilanciato dalla propaganda del Cremlino, si è trasformato in uno degli elementi d’accusa contro lo stesso presidente russo e la commissaria per i diritti dei minori di Mosca, accusati dalla Corte penale internazionale dell’Aia di crimini di guerra per la deportazione dei minori ucraini.

Il mandato di arresto firmato due giorni fa dai giudici Rosario Aitala, Tomoko Akane e Sergio Ugalde ricostruisce il piano per il trasferimento di bimbi e ragazzi, i viaggi a bordo degli aerei militari, i rastrellamenti in scuole e orfanotrofi, la falsificazione dei documenti. Un progetto criminale che — evidenziano i giudici — prende forma nel maggio scorso, poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina, con la firma di Putin sul decreto che prevede procedure semplificate per riconoscere d’urgenza la cittadinanza russa ai minori strappati alle proprie famiglie dopo l’invasione.

[…] Sono stati proprio gli investigatori coordinati da Khan a ricostruire decine e decine di voli effettuati dai militari russi per trasferire bimbi e ragazzi dai territori occupati del Donbass e farli arrivare in Russia. Il resto lo hanno fatto le verifiche dei giudici. […]

Il mandato firmato due giorni fa è solo il primo atto di un’indagine che potrebbe portare a nuovi provvedimenti. Nei casi in cui i testimoni erano a rischio sparizione Aitala e i suoi colleghi hanno disposto incidenti probatori segreti proprio per validare le loro dichiarazioni.

[…] Le testimonianze dei genitori e i racconti di chi è riuscito a tornare in Ucraina, soprattutto grazie all’impegno delle organizzazioni umanitarie, fanno ben comprendere che il piano di Mosca è tuttora in atto. Una donna ascoltata nel corso delle indagini racconta di essere andata a prendere il figlio a scuola e di non averlo più trovato. «Ho sbagliato, non avrei dovuto mandarlo. Ho scoperto che cosa era successo quando l’ho riconosciuto in un video della propaganda russa. Era disperato, non smetteva di piangere».

È uno dei bimbi portati via con gli aerei militari e la donna non sa dove sia adesso. Non è l’unica. La tv russa, ma anche i social della propaganda di Mosca mostrano frequentemente le immagini di piccoli all’interno delle nuove scuole, esposti come trofei, oppure affidati a nuove famiglie. Sono moltissimi gli ucraini che hanno riconosciuto i propri figli in quei filmati, ma non sono riusciti a riportarli a casa.

 A molti è stato raccontato che i genitori erano morti, altri invece non capiscono il russo e non comprendono che cosa sia accaduto.

[…] Secondo il rapporto dell’Onu sono almeno seimila i minori deportati, le autorità di Kiev denunciano la sparizione di oltre 16 mila. I giudici dell’Aja hanno raccolto prove per circa 600 casi ed evidenziano nel mandato di cattura che soltanto un minore su cento è riuscito a tornare a casa. Negli atti si parla in maniera esplicita di «persone trattate come un bottino di guerra».

 Il riferimento è alle trattative concluse grazie all’intervento dei servizi di intelligence ucraini per scambiarli con i soldati russi fatti prigioni Non sono stato maltrattato, ma quando piangevo e chiedevo della mia mamma e del mio papà loro mi dicevano che erano morti. Ora sei russo e avrai un’altra mamma e un altro papà eri. Tra i verbali raccolti dai giudici della Corte c’è quello di un bambino restituito ai genitori.

 «Non sono stato maltrattato, ma quando piangevo e chiedevo della mia mamma e del mio papà loro mi dicevano che erano morti. Ora sei russo e avrai un’altra mamma e un altro papà», ha raccontato. […] È stato accertato che in alcuni casi i bambini sono stati dati in premio dal regime di Mosca, «sono diventati il regalo per gli ufficiali più fedeli». Proprio come accadeva in Argentina durante la dittatura di Jorge Videla.

Olena: «Mio figlio Andrii deportato in Russia dopo un bombardamento: gli hanno detto che ero morta». Greta Privitera su Il Corriere della Sera il 18 marzo 2023.

Dopo l’ordine di cattura dell’Aia contro Putin accusato di «crimini di guerra» per la deportazione di bambini ucraini in territorio russo, la storia di una famiglia di Izium, che è riuscita a riportare il figlio a casa

Il mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte penale dell’Aia contro Vladimir Putin, a Olena non fa nessun effetto. «Non mi importa di Putin, penso ai miei figli», ci dice su Telegram. Non le importa, ma quello che è successo al suo Andrii è il motivo per cui la Corte internazionale accusa lo zar di «crimini di guerra» per la deportazione di bambini e adolescenti ucraini in territorio russo.

Olena è un’infermiera, madre di sette figli. «Prima di rifugiarci in Svizzera, lavoravo in un ospedale di Izium, a Kharkiv». Il 30 aprile, sua mamma e suo figlio adolescente l’hanno raggiunta al lavoro per ricaricare il cellulare perché, come spesso accadeva, a casa mancava l’elettricità. «Proprio in quei minuti i russi ci hanno bombardato. Mia madre è morta, mio figlio è rimasto gravemente ferito». L’ospedale era stato colpito da una bomba a grappolo, Andrii aveva bisogno di essere operato. La diagnosi era atroce: lesione spinale e lesioni multiple di organi interni.

«Ero riuscita a vederlo su un lettino, mi avevano detto che lo avrebbero portato in sala operatoria e che poi sarei potuta stare con lui. Ma non è andata così. Dopo il bombardamento, i russi sono entrati e hanno portato via alcune persone, tra cui Andrii. Per un mese e mezzo non ho saputo niente di lui, nemmeno se fosse vivo o morto. Scrivevo a chiunque per avere informazioni, sapevo che cosa poteva succedere ai nostri bambini e ragazzi. Dalla Russia non ci dicevano niente».

Andrii era finito in un ospedale di Mosca dove è stato operato alla schiena. I medici gli dissero che sua madre era morta e che quindi lui era stato inserito in un programma di adozione. Gli avrebbero trovato una famiglia russa. Non avrebbe più visto i suoi fratelli. «Stava male, era angosciato, era disperato per aver perso la mamma e perché non camminava più».

Anche Olena, a 850 chilometri di distanza da suo figlio, pensava che non ci fosse più niente da fare. Poi, dice lei, il miracolo: «Un giorno, degli amici mi hanno mandato uno screenshot di una foto che stava circolando su Viber (un sistema di messaggistica, ndr.). Era la foto della carta d’identità di Andrii. A postarla è stata una nostra concittadina, deportata anche lei dalla regione di Kharkiv». L’immagine è diventata virale e Olena si è affidata a un’associazione che le ha organizzato il viaggio in Russia per andare a recuperare suo figlio, paralizzato.

«Non è stato facile arrivare a Mosca, sono stati giorni molto difficili, per motivi di sicurezza non posso raccontare l’itinerario. Una volta arrivata nell’ospedale che mi avevano segnalato ho visto mio figlio sdraiato su un letto, poteva muovere solo il collo e le braccia. Ci siamo stretti e abbracciati. Lui non si aspettava di vedermi, non riusciva a smettere di piangere».

Olena e Andrii sono rimasti in Russia quasi tre mesi, l’associazione li ha aiutati a organizzare il viaggio di ritorno e la nuova vita in Svizzera. C’erano dei medici che non volevano farlo andare via, «ma hanno capito che mai lo avrei lasciato lì. In quell’ospedale ho visto altri bambini deportati. Una bambina era già stata data in adozione. Ho cercato di aiutare suo padre, ma poi sono dovuta partire e non ho più saputo niente».

Oggi Andrii soffre di depressione ed è in sedia a rotella, ma Olena è sicura che riuscirà a rimetterlo in piedi: «Sono sua madre e sono un’infermiera», dice. Quando Andrii sente un aereo passare si spaventa e a volte piange. Così come quando scoppia un palloncino. Entrambi di notte sognano i bombardamenti. E se incontrasse Putin, che cosa gli direbbe, chiediamo a Olena: «Voglio che mi restituisca mia madre, e il futuro dei miei figli».

Estratto dell’articolo di Giovanni Pigni per “La Stampa” il 19 marzo 2023.

Gleb Bogush è un esperto russo di diritto internazionale penale e ricercatore all'università di Copenhagen.

 Che conseguenza avrà il mandato di arresto emesso nei confronti del presidente russo Vladimir Putin e della commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino, Maria Lvova-Belova?

«La Russia non ha l'obbligo giuridico di collaborare con la Corte penale internazionale, dunque è irrealistico pensare che queste persone verranno processate, almeno per il momento».

 Vladimir Putin può essere definito ora un "criminale di guerra"?

«No, esiste la presunzione di innocenza. Fino a quando la sentenza non verrà emessa dalla Corte, non è corretto giuridicamente definirlo un "criminale di guerra"».

Quanto è probabile che Putin venga arrestato nel caso si trovi a visitare un Paese che riconosce l'autorità della Corte?

«Formalmente e giuridicamente è possibile ma in pratica poco probabile. In primo luogo, Putin non visita i paesi firmatari dello Statuto di Roma […]. E, in secondo luogo, Putin gode dell'immunità presidenziale che rende il suo arresto complicato per molti Stati».

 La Russia è sospettata di svariati crimini di guerra in Ucraina. Perché la corte di giustizia ha deciso di focalizzarsi proprio sul tema della deportazione dei bambini?

«Si tratta di un tema sul quale ci sono molte informazioni disponibili. Gli stessi Putin e Lvova-Belova hanno già raccontato molto al riguardo. Inoltre la difesa dei bambini è una delle principali priorità della Corte».

[…] Qual è l'impatto della decisione della Corte sul piano simbolico e politico?

«Si tratta di un gesto dal valore simbolico enorme, anche al di là della guerra in Ucraina […] Si tratta anche di un passo importante verso la delegittimazione del regime russo e di Putin personalmente. Si tratta di un lungo processo ma è ovvio che renderà ancora più difficile per la Russia normalizzare i propri rapporti internazionali. Inoltre è importante dimostrare che dietro a questi crimini ci sono dei colpevoli concreti».

Sì, i comunisti mangiavano bambini (ucraini). In "Raccolto di dolore", Conquest narra la carestia voluta da Stalin. Alessandro Gnocchi il 18 Marzo 2023 su Il Giornale.

La sinistra recentemente ha scoperto, con trent'anni di ritardo, i danni del politicamente corretto e della cultura (si fa per dire) della cancellazione. È giunto il momento di fare un altro passo e ammettere che il socialismo non era una buona idea realizzata male, ma una pessima idea realizzata, purtroppo, bene. L'uguaglianza imposta, la redistribuzione forzata, i prezzi fissati per decreto, la produzione suddivisa in quote, l'economia regolata da piani quinquennali, il partito unico, il controllo poliziesco, la repressione del dissenso, la distruzione di intere classi sociali, la censura, lo schiavismo, le purghe, il culto del leader. Tutto questo non era una degenerazione, era l'essenza di una ideologia nella quale lo Stato, coincidente col Partito comunista, era tutto e l'individuo era niente.

Chi volesse avventurarsi nella lettura di Raccolto di dolore, il capolavoro dello storico inglese Robert Conquest, potrebbe addirittura accertarsi della verità di alcune cose negate pervicacemente dagli eredi del Partito comunista. Ad esempio, Stalin ordinò dei pogrom selvaggi in Ucraina, battendo sul tempo Adolf Hitler: fatto che concorre a spiegare come mai Urss e Germania nazista, inizialmente, avessero firmato il patto Ribbentrop-Molotov. Soprattutto: i comunisti forse non mangiavano i bambini ma costrinsero gli ucraini al cannibalismo, come dimostra inoppugnabilmente il saggio di Conquest.

Raccolto di dolore spezzava la congiura del silenzio sull'Holodomor, ovvero la apocalisse inflitta da Stalin alla Ucraina per ottenere un triplice risultato: piegare definitivamente i kulaki, i contadini agiati e proprietari delle terre; piegare definitivamente l'Ucraina, che non sopportava la dominazione dei bolscevichi; avere un capro espiatorio al quale attribuire la colpa dei disastrosi risultati in campo agro-alimentare. Così fu deciso a tavolino che una carestia avrebbe messo le cose sul binario desiderato. I raccolti furono espropriati, furono fissati obiettivi palesemente irraggiungibili, fu impedita la fuga dei profughi affamati, fu negata ogni forma di aiuto da parte delle altre regioni della Russia sovietica.

Tra il 1929 e il 1932, milioni di cittadini ucraini morirono di fame. I paesi si ridussero a lazzaretti popolati solo da famiglie malnutrite e in attesa della fine. Nelle campagne si arrivò al cannibalismo. Conquest raccolse un'ampia documentazione e in particolare numerose testimonianze dirette.

Quando Raccolto di dolore fu pubblicato, nel 1986, suscitò polemiche furibonde e la reazione dei comunisti di mezzo mondo. Conquest fu accusato di essere una mezza tacca della ricerca e di essersi affidato unicamente alle parole dei sopravvissuti, nemici giurati dell'Urss. Gli fu anche rinfacciata la mancanza di carte ufficiali sovietiche, ancora rinchiuse in archivi inaccessibili. Accidenti, poveri comunisti, che sfortuna. Caduta l'Unione sovietica, tre anni dopo, gli archivi per un breve periodo furono aperti e, maledizione, Conquest trovò proprio gli ordini diretti di Stalin. Il dittatore esprimeva, senza mezzi termini, la volontà di infliggere all'Ucraina una lezione durissima.

Nel 2008, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che definisce l'Holodomor uno «spaventoso crimine contro il popolo ucraino e contro l'umanità». Il Parlamento europeo è stato netto ma in fondo prudente. Per gli Stati Uniti, la Germania, la Città del Vaticano e molti altri Paesi, l'Holodomor è un genocidio.

In Italia, Raccolto di dolore fu pubblicato soltanto nel 2004, grazie alla Fondazione Liberal che andò a colmare una lacuna intollerabile. Suscitò reazioni scomposte, apologie di Stalin, saggi sulla leggenda nera del dittatore georgiano e altra robaccia. Oggi arriva la prima edizione per un grande editore, Rizzoli (prefazione di Marco Clementi; postfazione di Federico Argentieri, pp. 540, euro 25). In origine il libro era stato comprato da Garzanti e tradotto da Sergio Minucci ma fu gettato in un cassetto ove rimase per diciotto anni. Chissà come mai, potrebbe chiedersi un ingenuo...

La Polonia prima decimata poi prigioniera e arruolata. In "La terra inumana" Józef Czapski racconta (da vittima) il calvario di un intero popolo. Stenio Solinas il 18 Marzo 2023 su Il Giornale.

«La Polonia - disse il presidente americano F.D. Roosevelt quando la Seconda guerra mondale si avviava alla conclusione - è l'ispirazione delle nazioni». Il conflitto era cominciato per difenderla dall'invasione tedesca e dal totalitarismo nazista e quindi nella sua fine era insito il concetto che quella nazione sarebbe tornata a essere libera e indipendente. Era la promessa delle democrazie ed era in nome di quella promessa che i polacchi avevano resistito, si erano sacrificati, in esilio avevano dato vita a un esercito e con esso contribuito alla vittoria finale. Come scrive Józef Czapski nel suo dolente La terra inumana (Adelphi, pagg. 459, euro 28, traduzione di Andrea Ceccherelli e Tullia Villanova, postfazione e cura di Andrea Ceccherelli), ancora nel settembre del 1942 lui stesso non aveva idea «di dove - se in Iran, in Palestina o in Egitto - si sarebbe formata l'armata polacca, né se la nostra strada di ritorno verso la Polonia sarebbe passata dal Caucaso o dai Balcani. Non mi sarebbe mai passato per la testa che il nostro sentiero di guerra dovesse portare in Italia, a Montecassino, Ancona, Bologna, e che alla fine di tutto ciò ci aspettasse ancora l'esilio».

Il fatto è che quella promessa si basava su un non detto iniziale, frutto di calcolo, di cinismo, di pressapochismo, di ingenuità politica e/o di cecità ideologica. In quel 1939 in cui la Polonia si era ritrovata invasa, gli invasori erano stati due, la Germania da occidente e l'Urss da oriente, spartendosi in pratica il Paese. Lo avevano fatto sulla base di un patto di reciproca non aggressione e nel nome di un'identica spietatezza, razziale in un caso, di classe nell'altro. Hitler e Stalin, insomma, erano le due facce della stessa medaglia totalitaria.

Fino all'estate del 1941, un anno e mezzo di guerra all'incirca, il patto era rimasto inalterato, poi l'invasione nazista dell'Unione sovietica aveva ribaltato la situazione, spingendo quest'ultima a un'alleanza militare con l'Inghilterra e economica con gli Stati Uniti che di lì a pochi mesi, con l'entrata in guerra di quest'ultimi, avrebbe assunto anche risvolti bellici. Di fatto, insomma, la Russia di Stalin si ritrovava nel campo delle democrazie, pur non avendoci nulla a che fare. Combattevano sì un nemico comune, ma con fini e motivazioni differenti. La conferenza di Yalta prima, quella di Potsdam poi, sanciranno il nuovo ordine europeo che consegnava all'Urss quell'Europa centro-orientale di cui la Polonia faceva parte, una Polonia che aveva già sperimentato il totalitarismo sovietico in quella guerra appena finita: un milione e mezzo di deportati, quindicimila tra ufficiali e soldati fatti prigionieri e poi eliminati con esecuzioni di massa, colpi alla nuca, annegamenti, marce forzate e gulag. In pochi anni, scrive Czapski, l'Urss «aveva sterminato più polacchi che nel corso di tutta la storia passata».

La terra inumana, insomma, ci mette di fronte a quella che la retorica sulla Seconda guerra mondiale, ovvero la vittoria delle democrazie, la sconfitta dei totalitarismi, il contributo sovietico alla causa della libertà e dell'indipendenza ha insabbiato e che nemmeno la successiva «guerra fredda» ha poi modificato e/o messo in discussione. Farlo, significava metterne in crisi la legittimità e quindi era preferibile continuare nella rappresentazione, come dire, di una Russia sovietica a due dimensioni: la prima genuinamente democratica, eroica e patriottica nella sua lotta a fianco dell'Occidente libero e nella sua sete di giustizia sociale; la seconda, venuta su però solo dopo la fine del conflitto, ostile e chiusa all'interno della sua «cortina di ferro». Così, nella prima non rientravano né l'universo concentrazionario, né lo stato di polizia, né la ferocia delle repressioni e delle punizioni esemplari, né il più assoluto disprezzo per la vita umana, per la dignità dell'essere umano, mentre intorno alla seconda ci si poteva lamentare, proclamando sì la superiorità del mondo libero, ma stando però ben attenti a non commettere invasioni di campo geopolitiche...

È emblematico, sotto questo punto di vista, quanto scrive Józef Czapski a proposito del famoso eccidio di Katyn' perpetrato dai russi ancora nella primavera del 1940 e venuto alla luce solo nel 1943: «Tutta la stampa inglese, salvo rare eccezioni, troppo a lungo ha taciuto sulle fosse di Katyn'! Non si poteva certo imputare un simile crimine ai russi, allora considerati l'incarnazione della democrazia e della giustizia (). Pareva si dovesse stendere un velo di silenzio sull'intera faccenda». Quello russo, dunque era un totalitarismo buono, un ossimoro e insieme un falso che grondava letteralmente sangue. Il problema, nota infatti Czapski, è che «un eccidio come quello di Katyn' non rappresenta un'eccezione. Non è avvenuto durante una rivoluzione, quando la lava è ancora liquida. Katyn' faceva parte di un piano più vasto, attuato a freddo». Infine, «non c'è forse Paese in Europa dove l'aratro sovietico abbia schiacciato e annientato più gente che in questa terra, gente del tutto innocente».

Per inciso, Czapski era un testimone di prima mano: da ufficiale polacco prigioniero si era fatto «ventitré mesi di filo spinato», poi in qualità di addetto alle ricerche dei militari suoi connazionali scomparsi si era scontrato con il «negazionismo» dei vertici politico-militari del Gulag e dell'Nkvd, la polizia segreta.

La retorica sulla Seconda guerra mondiale si nutre del resto di quelle tecniche linguistiche di cui George Orwell darà poi magistralmente conto nel suo 1984, ma che nel totalitarismo comunista erano state già ampiamente sperimentate. All'indomani dell'invasione tedesca dell'Urss, quest'ultima si ritrova sull'orlo del collasso: «Nell'autunno del 1941 chiunque di noi avesse la possibilità di venire in contatto con gli strati bassi della popolazione, rimaneva impressionato dall'ondata di rancore, di odio contro il regime, di ostilità alla guerra». Stalin rispolvera allora non solo la «guerra patriottica» e la Santa Russia, i pope, le chiese e le icone, ma per la proprietà transitiva delle alleanze firma un accordo con quel governo polacco che ha contribuito con Hitler a mandare in esilio a Londra e intanto ne ha massacrato la popolazione in patria. L'accordo prevede la costituzione sul suolo sovietico di un'armata polacca composta dai soldati fatti prigionieri dai sovietici e sopravvissuti alla mattanza già prima descritta. Al rilascio dei militari deportati viene dato il nome di «amnistia», come se fosse stato un crimine l'aver difeso la propria patria, così come, del resto, l'invasione dei territori orientali nel 1939 era stata definita «liberazione»... I polacchi accettano questo ribaltone perché si fidano: non dei russi, naturalmente, ma degli inglesi e degli americani. «Non saremo trattati come una pedina nella partita con i sovietici» pensano. Si illudono.

La prima edizione di La terra inumana uscì in Francia nel 1949, in Inghilterra nel 1951, in Germania nel 1967, in Polonia, ma clandestinamente, nel 1982 e poi liberamente solo dopo la caduta del Muro di Berlino. Czapski, come ben racconta Andrea Ceccherelli nella sua postfazione, fu nel secondo dopoguerra una figura di spicco dell'emigrazione intellettuale polacca, scrittore e pittore di talento. La sua testimonianza sull'universo concentrazionario sovietico anticipa cronologicamente Salamov e lo stesso Solzenycin e la «eccezionalità» della sua figura è data proprio «dal ruolo di testimone che suo malgrado la storia gli cucì addosso, e che egli assunse con straordinario rigore morale, slancio umano e assenza di animosità».

Resta da chiedersi come mai, e nonostante la presenza del 2º corpo polacco nella campagna d'Italia 1944-45, La terra inumana veda da noi la luce soltanto adesso, anche se una riflessione sul peso e sul ruolo pluridecennale del Partito comunista italiano, fratello di quello sovietico nella comune retorica della lotta di liberazione antinazista, e la coda di paglia dei sostenitori democratici di un «socialismo dal volto umano», ci fa capire l'ingenuità di quell'interrogativo.

Mossa disperata. Putin chiede aiuto agli oligarchi per impedire il tracollo economico della Russia. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 18 marzo 2023.

Con enormi buchi nel bilancio, il boss del Cremlino sta cercando di riallacciare i rapporti con le aziende che non si sono ritirate dal Paese, promettendo sostegno «alle imprese responsabili, a coloro che sono pronti a battersi per la causa»

Alle prese con una emergenza economica in arrivo, Vladimir Putin mette in sordina la recente retorica anti-oligarchi e chiede invece loro aiuto «per impedire la distruzione dell’economia».

Meno di un mese fa, nel suo discorso sullo Stato della Nazione Putin aveva rivolto ai «Paperoni» russi una durissima bordata. «Nessuno dei comuni cittadini è dispiaciuto per coloro che hanno perso i loro capitali, yacht e palazzi all’estero». Anche lì, però, aveva rivolto un invito. «Non supplicate per riavere i vostri soldi. Non investite all’estero, ma in Russia. A quel punto lo Stato e la società vi sosterranno». All’avvertimento-richiesta dà un evidente spessore la lunghissima lista di oligarchi, scienziati e generali russi che dall’inizio del 2022 sono stati vittime di morti misteriose, ormai arrivata a quota trentanove.

Ma alla narrazione di Putin secondo cui l’economia russa va a gonfie vele malgrado le sanzioni e senza bisogno degli oligarchi aveva risposto subito Oleg Deripaska, il magnate dell’alluminio fondatore del gruppo industriale Basic Element e titolare di un patrimonio stimato da Forbes 2,9 miliardi di dollari.

«Sono molto preoccupato per tutto il tempo che lo Stato e le imprese siano costantemente messi l’uno contro l’altro», aveva detto al Forum economico di Krasnoyarsk in Siberia, avvertendo che «già il prossimo anno non ci saranno soldi, avremo bisogno di investitori stranieri. I nostri problemi non finiranno nemmeno nel 2025, che per me è il punto più vicino possibile a una diminuzione di intensità dell’attuale conflitto. Per questo il governo sta facendo appello a noi imprenditori», aveva spiegato. Ma aveva avvertito Putin: «La Russia dovrebbe continuare a sviluppare l’economia di mercato». Sottolineando le «gravi» conseguenze delle sanzioni internazionali in corso contro il Paese, che hanno colpito in particolare settori chiave come quello dell’energia, ma anche della difesa, della tecnologia oltre alle istituzioni finanziarie, aveva ammonito che «il capitalismo di Stato non è un’opzione».

Giovedì Putin è appunto intervenuto al Congresso dell’Unione russa degli industriali e imprenditori (Rspp), il cosiddetto «sindacato degli oligarchi» fondato nel giugno 1990. Era la seconda volta che incontrava l’élite economica del Paese dall’inizio del conflitto ucraino, e il primo incontro, ripreso e mandato in onda da tutte le tv, era avvenuto proprio il 24 febbraio 2022 ad appena poche ore dall’annuncio dell’attacco. Insomma, non si vedevano da oltre un anno. Nell’occasione il presidente russo ha ripetuto che l’economia, tenendo conto della situazione, starebbe andando che meglio non potrebbe.

«I Paesi dell’euro parlano di collasso della nostra economia ma la loro inflazione è più alta», ha detto. Poi ha spiegato che «è in corso un riorientamento graduale per raggiungere i mercati in via di sviluppo, che il processo era stato avviato prima ancora «dell’operazione militare speciale», e che la Russia in questo modo è riuscita a compensare la chiusura dei mercati occidentali. Insomma, sua citazione di Mark Twain, «le notizie della mia morte sono enormemente esagerate». Secondo lui, la domanda interna in Russia cresce bene e continuerà a farlo in modo sostenibile e stabile.

In effetti, l’affidabilità di molti dati economici resi noti dalle autorità russe è messa in dubbio da osservatori che le rubricano come parte di una «guerra informativa». «Non fidatevi dei numeri russi» dice letteralmente su Foreign Policy Agathe Demarais, global forecasting director alla Economist Intelligence Unit. La stessa Unione europea spiega che le sanzioni sono come un «veleno a lento effetto» destinato a colpire un po’ per volta. Docente di Economia alla University of California, Los Angeles, l’economista russo-statunitense Oleg Itskhoki descrive la tenuta della economia russa sotto sanzioni come un paradosso: «L’anno scorso ha segnato la prima volta nella storia in cui sono state imposte sanzioni internazionali a un’economia grande come quella russa. I risultati sono stati notevoli. Se valutato in termini di differenza tra crescita attesa e contrazione effettiva del Pil, tale effetto negativo arriva a circa il sei per cento. Tuttavia, questo non è neanche lontanamente vicino al calo previsto dell’8-12 per cento, previsto dal ministero delle Finanze russo e dalla Banca centrale. Perché l’economia russa non è crollata nel 2022?».

La sua risposta è che da una parte gli enormi surplus di bilancio precedenti grazie alti prezzi delle esportazioni di energia, dall’altra il fatto che l’economia russa stava attraversando la «de-dollarizzazione» hanno ammortizzato la botta.

Ma, d’accordo con la valutazione dell’Unione europea, l’esito è comunque quello di «un declino», ancorché «piuttosto graduale. Una crisi acuta è stata sostituita da uno scenario macroeconomico inerziale, con graduale contrazione e stagnazione dell’economia». Ma «la situazione macroeconomica nel 2023 sarà fondamentalmente diversa da quella del 2022. Il 2022 è stato l’anno delle sanzioni all’importazione, della distruzione o dell’adeguamento delle catene di approvvigionamento esistenti e della costruzione di catene alternative a fronte di finanziamenti in eccesso e afflussi di entrate in valuta estera. Il 2023, invece, sarà un anno di catene di approvvigionamento relativamente adeguate, ma sarà anche un anno di calo delle entrate da esportazione e di un afflusso di finanziamenti in valuta estera a fronte di persistenti deficit di bilancio. In questo senso, il 2023 assomiglierà più da vicino a una tipica crisi internazionale (quello che chiamiamo “arresto improvviso”), con un calo degli afflussi di capitali, pressioni di svalutazione e crescenti problemi con il finanziamento dell’intera economia – sia in termini bancari che produttivi».

In proposito, è significativo che, in contemporanea con il discorso di Putin agli oligarchi, sia arrivata la notizia che nel 2022 gli utili netti di Gazprom si sono ridotti del 72,2 per cento: da duemilasettecento miliardi di rubli del 2021 a 743,3 del 2022, 9,8 milioni di dollari. Ciò benché le entrate di Gazprom nel 2022 siano state di ottomila miliardi di rubli, ovvero il venticinque per cento in più rispetto ai seimilaquattrocento miliardi entrate del 2021 di 6,4 trilioni. La stessa produzione di petrolio della Russia si è contratta dell’11,8 per cento nel 2022, nel contesto del crollo delle esportazioni verso l’Europa. Intanto, il buco del bilancio statale è arrivato a trentaquattro miliardi di dollari.

Anche Oleg Deripaska era presente all’incontro, assieme ad altri personaggi come Vladimir Potanin, Alexei Mordashov, German Khan, Viktor Vekselberg, Viktor Rashnikov, Andrei Melnichenko e Dmitry Mazepin i cui interessi spaziano dai metalli alle banche e ai fertilizzanti.

Molti di loro russi sono stati sottoposti a sanzioni occidentali, ma Putin ha spiegato di non aver avuto altra scelta se non quella di procedere con la cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. La Russia, ha proseguito, sta affrontando una «guerra di sanzioni», ma sta rapidamente riorientando la sua economia verso «Paesi amici».

La Russia deve «risolvere questioni sistemiche, logistiche, tecnologiche e finanziarie, a favore dell’economia» ha riconosciuto, pur assicurando: «Il declino dell’economia russa questa estate è stato determinato dalle sanzioni, ma da luglio l’economia è tornata a crescere». Ha quindi ringraziato le aziende che non si sono ritirate dal Paese dicendo che «chi è rimasto in Russia si è dimostrato più intelligente rispetto a chi ha dato ascolto ai consigli di chi ci vuole distruggere». Ha promesso «sostegno del governo in tutti i modi alle imprese responsabili, a coloro che sono pronti a battersi per la loro causa, per il benessere del loro gruppo, delle persone che lavorano per loro, per il benessere di tutti i russi». Ma, appunto, ha pure confessato loro che se non portano risorse i quantità e al più presto la Russia rischia la «distruzione».

Putin teme che il gruppo Wagner possa "invadere" la Russia, complotto per neutralizzarlo. Il Tempo il 17 marzo 2023

L'esercito privato del "cuoco di Putin" Yevgeny Prigozhin nella seconda fase della guerra è diventato, insieme ai miliziani ceceni di Ramzan Kadyrov, una sorta di braccio armato personale dello Zar. Ma secondo le ultime indiscrezioni che rimbalzano su numerosi canali Telegram russi e ucraini, il famigerato Gruppo Wagner sarebbe ora inviso a Vladimir Putin. Il presidente russo, secondo questi retroscena impossibili da verificare, avrebbe messo in atto una sorta di complotto orchestrato insieme al segretario del consiglio di Sicurezza, Nikolai Patrushev, al fine di "neutralizzare" la brigata. 

Voci che seguono i segnali di insofferenza dello stesso Prigozhin, imprenditore della ristorazione (da qui il soprannome di "cuoco di Putin") divenuto negli anni uno dei consiglieri più fidati del presidente. Dalla brigata Wagner si erano levate anche accuse di alto tradimento rivolte contro Mosca per il mancato invio di sufficienti munizioni al fronte, ricorda il Giornale che dà conto degli ultimi retroscena in cui il confine tra insider e propaganda è difficile da individuare. 

La situazione rischia di diventare un boomerang per Putin. "Il rischio, ha sottolineato il think tank Institute for the Study of War (Isw), è che Prigozhin e i suoi uomini, dopo un'eventuale battuta d'arresto in Ucraina, dove sono attualmente impegnati, possano convergere nel territorio russo per prendere il potere nelle regioni confinanti con l'Ucraina, con una possibile avanzata verso l'interno", si legge nell'articolo. Insomma, se fatti fuori in Ucraina, i mercenari di Wagner sono pronti a "invadere" parti di Russia.  

La voce gira, lo stesso Prigozhin ha riferito di aver ricevuto una domanda da un'agenzia di stampa russa su eventuali discussioni al Cremlino per neutralizzare Wagner. Patrushev, uomo di Putin, avrebbe detto al presidente russo che tra "un mese e mezzo o due" non sarebbe rimasto niente del gruppo Wagner. Ma anche qui la ricostruzione è impossibile da verificare, come riporta lo stesso ISW che sospetta che dietro all'affermazione ci sia lo stesso capo di Wagner. Ma in cosa consisterebbe il "complotto"?. Per evitare che Prigozhin spedisca i suoi mercenari in armi contro la Russia. "Patrushev avrebbe già ordinato di controllare i movimenti degli ex combattenti di Wagner. Putin avrebbe riferito di essere d'accordo con questa iniziativa e lo avrebbe ringraziato dei suoi sforzi" per "neutralizzare Wagner in generale e Yevgeny Prigozhin in particolare", sui legge nel retroscena. 

Estratto dell'articolo di Letizia Tortello per “la Stampa” il 17 marzo 2023. 

[…]Più che uno slogan, quello del Battaglione georgiano che combatte in Ucraina, è una promessa di vendetta. «Non dimentichiamo. Non perdoniamo. Ti aspetteremo ovunque», ripete ad alta voce Mamuka Mamulashvili in un parcheggio di Kostantinivka, appena rientrato dall'inferno di fuoco di Bakhmut. La Madre di tutti i nemici, fin da quando lui aveva 14 anni e con il padre combatteva in Abkhazia, è la Russia liberticida e totalitaria.

«Ero adolescente, mi hanno catturato e in prigione mi hanno spezzato le ossa, russian style, non lo dimenticherò», […] Oggi Mamulashvili comanda la legione georgiana, […]Guida 2000 soldati professionisti della guerra, un terzo di loro è straniero, sei sono italiani. «Lottiamo tutti per la democrazia, anche i vostri connazionali – spiega. Questa è anche la nostra guerra, parlo da georgiano. Se cade Kiev, la prossima sarà Tbilisi. Io a Bakhmut proteggo anche la mia gente, i georgiani non vogliono finire nelle braccia di Putin».

[…] Lo stato maggiore ucraino continua a sperare che, con le elevate perdite russe e l'arrivo di ulteriori forze da altre sezioni del fronte, la tenuta di Bakhmut indebolisca l'intera offensiva del nemico. […] Descrive con orgoglio il pantano in cui si sarebbe ficcato, a suo dire, il capo dei mercenari, Evgenij Prigozin con i suoi uomini: «Hanno problemi di logistica, di morale ovviamente perché non si aspettavano una controffensiva così tenace. Usano i soldati come carne da cannone e noi li aspettiamo perché siamo più veloci». […]

[…] I lupi georgiani sparano coi mortai verso l'orizzonte, usano armi piccole e anche cannoni sotto i 20 millimetri, sistemi di radio locazione. Si muovono tra le sterpaglie dopo ogni colpo, si rannicchiano dietro gli alberi, esultano. […]La violenza terribile dell'odio per il nemico, che è anche lotta per la sopravvivenza.Dei singoli soldati, di un'intera nazione.

 «Difendiamo la democrazia, contro la dittatura di Putin», aggiunge Mamulashvili, […] «Quando l'Unione Sovietica è crollata – spiega –, le repubbliche indipendenti hanno cercato di conquistare alleati stabili e affidabili nel nuovo mondo post-bipolare. L'Ucraina ci ha aiutato durante l'invasione, nel 2008. E ora siamo qua a restituirle il favore. Sappiamo bene di cosa è capace Mosca, è sempre lo stesso copione».

[…] ITALIANI SCELTI

[…]  Con lui combattono anche sei italiani scelti, che non vogliono farsi intervistare. Hanno tra i 40 e i 50 anni. Hanno preferito il battaglione georgiano, perché è più preparato di quello internazionale. «Nelle mie vene scorre il sangue della vendetta. Bakhmut non cadrà - spiega Mamulashvili -. La Russia si ricordi: andrò a prenderli sempre, uno ad uno. Anche in Giappone. Abbiamo tanti ragazzi giapponesi valorosi che combattono con noi».

Ecco la vera storia delle “minacce” dei mercenari Wagner al ministro della Difesa Crosetto. EMILIANO FITTIPALDI su Il Domani il 18 marzo 2023

L’ex ministro grillina Trenta ha mandato un alert su WhatsApp avvertendo della presunta taglia da 15 milioni di dollari messa dai mercenari russi. Messaggio in mano anche ai vertici dei servizi

L’informazione veniva da una fonte straniera considerata poco attendibile, e non è stato dunque dato seguito. Ma perché la smentita di Mantovano non ha comunque dato conto degli sms di Trenta?

Alta tensione nel governo verso il Dis: l’ipotesi del rapporto tra Wagner e il boom degli sbarchi è stata lanciata dalla Belloni. E poi cavalcata dal governo. Ma non esistono report con prove certe

La vicenda della presunta taglia da 15 milioni di dollari che i russi del Gruppo Wagner avrebbero messo sul ministro della Difesa Guido Crosetto è assai istruttiva. Perché la notizia del Foglio - che mercoledì ha scritto che «la segnalazione è arrivata al governo da parte della nostra intelligence» - è stata inizialmente ripresa da testate di mezzo mondo, e data per buona anche dal titolare della Farnesina Antonio Tajani. Salvo, un giorno dopo, essere smentita da Alfredo Mantovano, compagno di partito di Crosetto e sottosegretario con delega ai servizi segreti.

Mantovano ha detto, in una lettera al comitato parlamentare che vigila sull’intelligence (Copasir) che chiedeva spiegazioni, che «non risulta alcuna evidenza di intelligence riguardanti concrete minacce nei confronti del ministro». Il Foglio ha ribadito lo scoop, senza fare marcia indietro nemmeno dopo il tweet dello stesso Crosetto che ha negato di aver mai ricevuto alcuna informazione, dai servizi, di minacce.

Siamo di fronte a una fake news montata da un giornale e usata poi da esponenti del governo Meloni per fare propaganda “vittimista”?

Se la notizia di «un allerta dei servizi italiani» sulla taglia contro Crosetto è – ha ricostruito Domani – fasulla, i retroscena della vicenda sono complessi.

ARRIVA LA GRILLINA

La genesi della storia è legata ad alcuni messaggi Whatsapp di Elisabetta Trenta, grillina ed ex ministra della Difesa, e di una sua presunta fonte nei servizi turchi. Messaggi che a inizio marzo arrivano a vari soggetti, tra cui lo stesso Crosetto, due altri ministri e ai vertici dell’Aisi, il servizio segreto interno.

Trenta scrive al ministro della Difesa: «La fonte “H” dice che Medvedev ha dato ordine alla Wagner di colpire te e la tua famiglia e ha messo a disposizione una taglia di 15 milioni di dollari. Mi ha detto che Medvedev ha cominciato a parlare di te circa un mese o un mese e mezzo fa, quando tu hai fatto una dichiarazione contro di loro. La Wagner avrebbe incaricato il suo gruppo albanese ed estone, ed un gruppo di circa 8-9 persone dovrebbe venire in Italia per questo dai due paesi. Dice che sono pronti al suicidio. Posso chiamarti?».

La stessa fonte di Trenta, sedicente agente che secondo qualificate fonti sarebbe «un mezzo mitomane», ha mandato sms dello stesso tenore, spiegando che la Wagner ha messo in piedi contro Crosetto e la sua famiglia «un gruppo di otto o nove mercenari. Non so se Aise e Aisi hanno dato informazioni al ministro. Tuttavia, potrebbero non dare informazioni complete».

L'alert parte da Trenta e dalla sua fonte “H”, non dai nostri servizi, ai quali però i messaggi sono arrivati: con ogni probabilità li hanno valutati subito come inattendibili e non hanno dato alcun seguito. Non esistono né informative né segnalazioni che l'Aise di Gianni Caravelli e l'Aisi di Mario Parente hanno mandato al dal Dis guidato da Elisabetta Belloni.

Ma perché Mantovano, nella smentita fatta tramite Ansa che correttamente nega l'esistenza di pericoli reali per Crosetto o «evidenze di intelligence», non ha dato anche conto dell'alert informale di Trenta, non una passante ma una che è stata nel 2018 e 2019 il nostro titolare della Difesa?

La sconfessione di Palazzo Chigi ha creato qualche imbarazzo a chi ha dato per assodata la minaccia. Ma soprattutto è stata sfruttata sui social da chi crede che il ministro della Difesa abbia usato l'articolo del Foglio per farsi auto-propaganda. Anche se Crosetto, in realtà, lo aveva subito minimizzato, dichiarando che lui «per non alimentare un ulteriore, inutile motivo di scontro» non si sente «minacciato, e sono certo che non ci siano taglie o altro su di me. Se ci fossero stati rischi o minacce di tale gravità, ne sarei stato certamente informato, e non è mai accaduto».

Se la Trenta, contattata da Domani, non smentisce aggiungendo che comunque a suo parere «la vicenda è stata gestita malissimo», da Palazzo Chigi spiegano a Domani che «Mantovano non ha certo voluto fare uno sgarbo a Crosetto: probabilmente non ha saputo nulla del messaggio della Trenta». Vorrebbe dire che dentro il comparto nessuno ha informato il sottosegretario con delega all'intelligence. Poco probabile.

LA BUFALA WAGNER

La ricostruzione serve a capire come, talvolta, informazioni non verificate possono creare tempeste in un bicchier d'acqua. E diventare armi di propaganda da una parte o un'altra, creando confusione su temi sensibili. Cosa accaduta anche per l'altra notizia di settimana che aveva al centro la Wagner. Quella cioè dell'utilizzo che il gruppo di mercenari fondato dal “cuoco” di Putin di Evgeny Prigozhin farebbe dell'immigrazione clandestina da qualche mese a questa parte.

I traffici di esseri umani – hanno detto prima Crosetto e poi Tajani – sarebbero parte della guerra ibrida di Putin per destabilizzare i paesi occidentali. Un disegno reso possibile dal fatto che i miliziani Wagner sono attivi in alcune regioni da cui partono i disperati, come Libia, Sudan e Mali.

Sarebbero i mercenari russi e non l'incapacità del governo, insomma, in colpevoli dell'aumento degli sbarchi sulle coste italiane. Fenomeno che sta creando problemi mediatici e politici alla destra che ha promesso in campagna elettorale porti chiusi e impossibili blocchi navali.

Le responsabilità della Wagner sul boom dei barconi è per molti esperti una panzana. Smentita dal fatto che nelle ultime ondate migratorie i migranti partono da Tunisia o da paesi orientali, dove l'influenza del gruppo è inesistente. È dall'evidenza che i paramilitari russi sono presenti in Cirenaica (Libia) con pochissimi effettivi, non in grado di regolare a loro piacimento flussi di decine o centinaia di migliaia di persone. «Crosetto è un testa di c., noi non siamo al corrente di ciò che sta succedendo con la crisi migratoria, abbiamo un sacco di altri problemi», ha replicato Prigozhin alle accuse.

Il ruolo del Dis

Ma come è nato questo nuovo “fattoide” cavalcato dal governo Meloni dopo la disastrosa gestione della tragedia di Cutro? I ministri hanno esternato subito dopo un vertice a sette tra Meloni, Crosetto, Mantovano, il ministro Matteo Piantedosi e i tre vertici delle nostre agenzie di sicurezza.

Qualsiasi analisi geopolitica definisce da mesi la presenza della Wagner in Africa come un elemento di destabilizzazione, ma a Domani risulta che né Aise né Aisi abbiano mai fatto alcuna relazione su rapporto diretto tra Wagner e l'immigrazione clandestina. E che sia stata invece il capo del Dis, Elisabetta Belloni, a parlare ai ministri presenti alla riunione del 13 marzo di questa ipotesi, poi divulgata da Crosetto, Tajani ed esponenti leghisti.

Che prove concrete sui presunti traffici umani dei soldati di Putin ce ne fossero poche s'è capito quando Tajani è andato a Porta a Porta. Il ministro degli Esteri non ha citato relazioni della nostra intelligence, ma ha solamente sventolato un articolo di Repubblica dello scorso luglio, in cui una generica «fonte qualificata dei nostri apparati di sicurezza» ipotizzava come «Wagner usasse i migranti come arma sul voto italiano». Nessun altra evidenza.

Altri ministri hanno invece ricordato che in passato il Copasir aveva lanciato stesso allarme. In realtà era stato il membro della commissione Enrico Borghi, del Pd, a rilasciare un'intervista in cui commentava il medesimo articolo di Repubblica. «Nessuna puntuale relazione di intelligence sul binomio Wagner-migranti in Africa è conservata dentro i cassetti del Copasir, anche perché dall'Aise e dall'Aisi nulla ci è mai arrivato», spiega a Domani un attuale membro dell'organismo.

«Nel 2021 la nostra relazione annuale in un rigo ha dato conto della presenza della Wagner nel Sahel. Regione dove, si legge, “originano alcuni grandi minacce come l'instabilità degli stati, il terrorismo Jihadista e l'immigrazione clandestina”. Nulla di più».

PROPAGANDA

L'assenza di relazioni dell’intelligence ha fatto assai arrabbiare lo stesso Tajani, che ha capito di essere stato spedito a combattere in tv senza equipaggiamento adeguato. Se ne è lamentato direttamente con Meloni.

Il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, ex presidente del Copasir, per dare copertura alla congettura ha pure tirato in ballo «il famoso ponte aereo» a novembre 2021 «che portò in Bielorussia decine di migliaia di profughi e migranti siriani, iracheni, afgani che poi furono indirizzati alla frontiera d’Europa per far entrare in crisi l’Europa, alimentandone anche le divisioni interne su come gestire il fenomeno migratorio».

Una vicenda che nulla c'entra con eventuali responsabilità della milizia Wagner sui flussi migratori: la storia dei voli di migranti che arrivavano con normali aerei di linea da Turchia e Iran fino a Minsk fu pubblicata dal giornale Deutsche Welle, che evidenziò (usando un'anonima «fonte interna all'ambasciata bielorussa di Erbil») come gli uomini del dittatore Lukashenko stavano concedendo il visto turistico a «decine di migliaia di migranti» che poi venivano “spinti” verso la frontiera della Polonia.

Non è chiaro se il governo abbia forzato la narrazione per suoi interessi o se il Dis abbia dato informazioni parziali. Senz'altro però Meloni dovrebbe maneggiare dossier così delicati con maggiore attenzione: siamo in guerra, la migrazione è un fenomeno epocale, e giustificare incapacità di Palazzo Chigi tirando in ballo i mercenari del cuoco di Putin senza prove certe sembra un'arma di distrazione di massa.

EMILIANO FITTIPALDI. Nato nel 1974, è vicedirettore di Domani. Giornalista investigativo, ha lavorato all'Espresso firmando inchieste su politica, economia e criminalità. Per Feltrinelli ha scritto "Avarizia" e "Lussuria" sulla corruzione in Vaticano e altri saggi sul potere.

Guido Crosetto, cosa c'è dietro la "taglia di Wagner". Spunta il primo sms. Valentina Bertoli su Il Tempo il 18 marzo 2023

La guerra sotterranea di propaganda è inarrestabile. La notizia che la brigata Wagner, composta dai mercenari russi capeggiati dall’oligarca Evgenij Prigozhin, avesse istituito una taglia di 15 milioni di dollari sul ministro della Difesa Guido Crosetto, inizialmente ricondotta a  una decina di giorni fa e associata al vaglio dei Servizi di intelligence italiani, ha destato non poca preoccupazione e creato alta tensione tra il governo e il Dis. Arrivano le prime ricostruzioni e, dopo la smentita di Alfredo Mantovano, spunta una nuova versione dei fatti: secondo quanto riportato dal quotidiano Domani, tutto è nato da un messaggio WhatsApp della grillina Elisabetta Trenta.   

L’esercito guidato dal generale russo Evgenij Prigozhin avrebbe istituito una taglia di 15 milioni di dollari sulla testa di Guido Crosetto, il ministro della Difesa. Se fino a qualche giorno fa, in base a quanto riportato da Il Foglio, si pensava che la minaccia della brigata di mercenari che fiancheggia la Russia nella guerra contro l’Ucraina fosse stata comunicata al ministro dai Servizi di intelligence italiani circa dieci giorni fa, ora la prospettiva cambia. Ad aggiungere un tassello alla vicenda è il quotidiano Domani. Ripercorrendo le tappe dell’itinerario servito alla notizia per mandare in allarme governo e Dis, è bene ricordare che la notizia de Il Foglio, che mercoledì ha scritto che “la segnalazione è arrivata al governo da parte della nostra intelligence”, è stata inizialmente data per certa non solo dalle testate giornalistiche, ma anche dal titolare della Farnesina Antonio Tajani. Poi Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ha fatto chiarezza e, in una lettera al Copasir, ha detto: “Non risulta alcuna evidenza di intelligence riguardante concrete minacce nei confronti del ministro”.

È Domani ad inserirsi in questo complesso scontro di ipotesi. Per il quotidiano di Stefano Feltri, la genesi della minaccia è legata ad alcuni messaggi WhatsApp di Elisabetta Trenta, grillina ed ex ministra della Difesa, e ad una sua presunta fonte nei servizi turchi. Sembrerebbe, infatti, che questi messaggi siano arrivati a inizio marzo a vari soggetti, tra cui lo stesso Crosetto, due altri ministri e i vertici dell’Aisi, il servizio segreto interno. L’ “alert” sarebbe partito da Trenta e dalla sua fonte “H”, quindi. Scrive la grillina al ministro della Difesa: “La fonte “H” dice che Medvedev ha dato ordine alla Wagner di colpire te e la tua famiglia e ha messo a disposizione una taglia di 15 milioni di dollari. Mi ha detto che Medvedev ha cominciato a parlare di te circa un mese o un mese e mezzo fa, quando tu hai fatto una dichiarazione contro di loro. La Wagner avrebbe incaricato il suo gruppo albanese ed estone ed un gruppo di circa 8-9 persone dovrebbe venire in Italia per questo dai due paesi. Dice che sono pronti al suicidio. Posso chiamarti?”.

La storia dietro la presunta "taglia" sul ministro. La “taglia” della Wagner su Crosetto e il ruolo dell’ex ministro Trenta nell’allarme-bufala: per i nostri 007 la sua fonte “è un mitomane”. Carmine Di Niro su Il Riformista il 18 Marzo 2023

La fantomatica taglia da 15 milioni di dollari messa sulla testa del ministro della Difesa Guido Crosetto da parte del gruppo Wagner, i mercenari russi al soldo dell’ex “chef” di Putin, Evgeny Prigozhin? A fornire alla nostra “intelligence” la pluvi-smentita informazione sarebbe stata l’ex ministra della Difesa, l’ex grillina Elisabetta Trenta.

A scriverlo oggi è Domani in una contro-inchiesta di Emiliano Fittipaldi sul caso fatto scoppiare pochi giorni fa da un articolo de Il Foglio che lanciava l’allarme sulla taglia sul ministro e cofondatore di Fratelli d’Italia, citando a sostegno dell’articolo fonti dei servizi segreti.

Una questione, quella della taglia, smentita sia dal diretto interessato, ovvero Crosetto, che dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, che di fronte alle richieste del Copasir ha evidenziato che “non risulta alcuna evidenza di intelligence riguardanti concrete minacce nei confronti del ministro”.

Il Foglio ha ribadito la sua notizia, senza fare marcia indietro neanche di fronte alla smentita dello stesso Crosetto, che su Twitter aveva sottolineato dopo le polemiche e anche le ironie di non sentirsi minacciato “e sono certo che non ci siano taglie o altro, su di me. Se ci fossero stati rischi o minacce reali di tale gravità, ne sarei certamente stato informato e non è mai accaduto”.

Ora sulla questione delle “fonti” è il quotidiano di Stefano Feltri a tentare di fare chiarezza. Al netto delle smentite, una segnalazione ai nostri servizi segreti sarebbe effettivamente arrivata. A inviarla l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta: i suoi messaggi arrivano a vari soggetti, ricostruire Domani, tra cui lo stesso Crosetto, altri ministri e ai vertici dell’Aisi, il servizio segreto interno.

La fonte della Trenta sarebbe un uomo dei servizi segreti turchi. Quest’ultimo, che secondo fonti qualificate ascoltate dal Domani sarebbe “un mezzo mitomane”, scriveva a sua volta che la milizia Wagner aveva messo in piedi contro Crosetto e i suoi familiari “un gruppo di otto o nove mercenari”.

Trenta gira l’alert in un messaggio che il quotidiano riporta così: “La fonte “H” dice che Medvedev ha dato ordine alla Wagner di colpire te e la tua famiglia e ha messo a disposizione una taglia di 15 milioni di dollari. Mi ha detto che Medvedev ha cominciato a parlare di te circa un mese o un mese e mezzo fa, quando tu hai fatto una dichiarazione contro di loro. La Wagner avrebbe incaricato il suo gruppo albanese ed estone, ed un gruppo di circa 8-9 persone dovrebbe venire in Italia per questo dai due paesi. Dice che sono pronti al suicidio. Posso chiamarti?”.

Al Domani la Trenta non smentisce la storia, limitandosi a spiegare che a suo modo di vedere “la vicenda è stata gestita malissimo”.

Gli stessi servizi nostrani avrebbero valutato come inattendibili le presunte minacce del gruppo Wagner su ‘ordine’ di Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo e sodale di Putin. Non a caso, aggiunge Domani, “non esistono informative né segnalazioni che l’Aise di Gianni Caravelli e l’Aisi di Mario Parente hanno mandato al Dis guidato da Elisabetta Belloni”.

In tutto ciò, non si capisce perchè Mantovano nello smentire le minacce russe e l’esistenza di pericoli reali per Crosetto, non ha dato conto dell’alert informale di Trenta.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Guerra Ucraina - Russia, le news del 18 marzo.

La Repubblica.  Putin a sorpresa in Crimea, visita un centro per bambini. Cpi: "Può essere processato come nazisti e Milosevic"

Biden: "Mandato d'arresto per Putin è giustificato, ha commesso crimini di guerra di cui rispondere". Zelensky, liberazione territori occupati è in vista. Crimea, forte esplosione a Sebastopoli

Il presidente russo, Vladimir Putin, si è recato a sorpresa in visita in Crimea in occasione del nono anniversario dell'annessione della regione alla Russia. Le immagini mostrano Putin, vestito informalmente con un cardigan blu e pantaloni scuri, visitare il centro per bambini 'Korsun', a Sebastopoli. Nella città della Crimea occupata dai russi questa mattina c'è stata una forte esplosione. 

Il viaggio in Crimea arriva all'indomani della condanna da parte della Corte penale internazionale che ha emesso un mandato di arresto per il presidente russo Vladimir Putin. Gli Stati uniti non hanno dubbi: la Russia sta commettendo crimini di guerra e atrocità in Ucraina. Lo ha sostenuto la portavoce del Consiglio di sicurezza americano, Adrienne Watson.

Punti chiave

15:05

Kiev, accordo grano esteso per 120 giorni

14:43

Putin visita centro per bambini a Sebastopoli in Crimea

12:43

Cpi, Putin si può processare, come nazisti e Milosevic 

10:24

Gb, Mosca si prepara ad ampliare l'arruolamento militare

09:33

Allarme aereo a Kiev e in tutta l'Ucraina per partenza jet dalla Bielorussia

23:59

Vertici militari Usa sentono omologhi Kiev e Zelensky

 Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale anericano Jake Sullivan, il Segretario alla Difesa Lloyd J. Austin III e il capo di Stato maggiore Mark A. Milley hanno parlato oggi con il capo dell'ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak, il ministro della Difesa Oleksii Reznikov e il Comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Valerii Zaluzhnyi, per discutere del fermo sostegno degli Stati Uniti alle forze armate ucraine mentre si difendono dalla brutale invasione della Russia. È quanto si legge in una nota. I funzionari ucraini hanno fornito un aggiornamento sulle condizioni del campo di battaglia e hanno espresso apprezzamento per la continua fornitura di assistenza alla sicurezza degli Stati Uniti. I funzionari statunitensi hanno ribadito il fermo sostegno degli Stati Uniti all'Ucraina in quanto difende la sua sovranità e integrità territoriale. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è unito alla chiamata alla conclusione, viene spiegato.

00:00

Usa: "Russia commette crimini di guerra di cui rispondere"

"Non c'è dubbio che la Russia stia commettendo crimini di guerra e atrocità in Ucraina, e siamo stati chiari sul fatto che i responsabili devono essere chiamati a risponderne": lo ha detto la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa Adrienne Watson, dopo che il mandato d'arresto per Putin emesso dalla Cpi. "Il procuratore della Cpi è un attore indipendente e prende le proprie decisioni giudiziarie sulla base delle prove di cui dispone", ha affermato Watson, senza esprimere esplicito sostegno all'iniziativa: gli Stati Uniti, così come la Russia, non hanno aderito a trattato istitutivo dell'organismo.

00:34

Biden: "Mandato d'arresto per Putin giustificato"

Vladimir Putin ha chiaramente commesso dei crimini di guerra: il mandato di arresto della Corte penale internazionale nei suoi confronti è giustificato.

Lo afferma il presidente americano Joe Biden.

02:54

Difesa aerea ucraina abbatte 11 dei 16 droni lanciati da Russia

La difesa aerea ucraina ha abbattuto 11 dei 16 droni Shahed di fabbricazione iraniana lanciati dalla Russia contro l'Ucraina il 17 marzo. Lo rende noto il quotidiano Kiyv Independent.

Secondo l'aeronautica militare ucraina, la Russia ha attaccato il Paese da due direzioni. lancinado i droni Shahed dall'Oblast di Bryansk e dalla costa orientale del Mar d'Azov.

In precedenza, il governatore dell'Oblast di Dnipropetrovsk, Serhiy Lysak, ha dichiarato che il Comando orientale dell'Ucraina ha intercettato tre droni sopra l'Oblast di Dnipropetrovsk, ma altri due droni hanno colpito una struttura infrastrutturale critica a Novomoskovsk.

Le forze di difesa aerea hanno abbattuto tutti i droni sopra Kiev, ha dichiarato Serhii Popko, capo dell'amministrazione militare dell'Oblast di Kiev.

Nella tarda serata di ieri, la Russia ha lanciato un attacco con i droni contro l'Ucraina. Esplosioni sono state segnalate negli Oblast di Dnipropetrovsk, Kyiv e Zhytomyr.

03:00

Truppe russe verso Bakhmut ma subiscono gravi perdite

La Russia ha utilizzato tutte le sue forze a Bakhmut nel tentativo di circondare completamente la città, ha dichiarato il colonnello generale Oleksandr Syrskyi, comandante delle forze di terra dell'Ucraina. Secondo Syrskyi, sono in corso aspri combattimenti a Kreminna, Torske, Bilohorivka e Spirne negli oblast di Luhansk e Donetsk.

Tuttavia, Bakhmut rimane l'epicentro della guerra. I combattimenti - rende noto il quotidiano Kiyv Independent - sono in corso a nord, est e sud di Bakhmut, ha detto Syrskyi. Le truppe russe stanno subendo pesanti perdite e, in alcuni casi, si stanno ritirando senza aver ottenuto guadagni significativi.

La battaglia di Bakhmut infuria da sette mesi e, nonostante i pesanti combattimenti, l'Ucraina continua a mantenere la città.

Il governatore dell'Oblast' di Donetst, Pavlo Kyrylenko, ha dichiarato due giorni fa che sono rimasti meno di 3.000 abitanti della città industriale di prima della guerra, tra cui 33 bambini. Le truppe russe stanno inoltre tentando senza successo di sfondare le difese ucraine nelle direzioni di Lyman, nell'Oblast di Donetsk, e di Kupiansk, nell'Oblast di Kharkiv, secondo l'aggiornamento notturno dello Stato Maggiore ucraino.

Secondo lo Stato Maggiore, la Russia ha lanciato 19 attacchi aerei nell'ultimo giorno e ha effettuato 26 attacchi con sistemi missilistici a lancio multiplo. L'aeronautica ucraina ha effettuato sei attacchi aerei su aree di concentrazione di personale militare e armi russe, ha reso noto lo Stato Maggiore.

08:02

Nella notte attacco russo contro Zaporizhzhia

 Le forze russe hanno colpito la notte scorsa la città di Zaporizhzhia, nell'Ucraina meridionale: lo ha reso noto il sindaco, Anatolii Kurtiev, aggiungendo che nell'attacco è stato distrutto un ristorante e l'onda d'urto ha danneggiato alcuni condominii. Secondo l'Amministrazione militare della regione, sono stati usati missili S-300, come riporta il Kyiv Independent. Per ora non si registrano vittime o feriti.

08:47

L'amministrazione Biden non concede più asilo ai russi che chiedono rifugio negli Stati Uniti

L'Amministrazione Biden non fa più eccezioni e i russi fuggiti negli Stati Uniti dopo  l'invasione dell'Ucraina vengono espulsi e rispediti in patria. Lo  scrive il Guardian parlando di un rapporto esclusivo e di un'inversione di tendenza rispetto a un anno fa, quando le espulsioni erano state sospese per tutelare chi contestava la linea adottata dal  presidente russo Vladimir Putin e che per questo rischiava di essere  perseguito a Mosca. I numerosi richiedenti asilo russi, molti dei quali si sono recati negli Stati Uniti nell'ultimo anno, ora sono  terrorizzati dal fatto che il governo degli Stati Uniti li possa far  rientrare in Russia dove rischiano il carcere o di essere inviati a  combattere in prima linea in Ucraina.   

09:33

Allarme aereo a Kiev e in tutta l'Ucraina per partenza jet dalla Bielorussia

Un allarme antiaereo è stato dichiarato a  Kiev e nel giro di pochi minuti si è diffuso a tutta l'Ucraina per il  timore di nuovi attacchi russi. Lo ha reso noto il ministero della  Trasformazione digitale ucraino diffondendo la mappa dei possibili  rischi. L'allerta  in seguito alla partenza di jet da comabttimento MiG-31K dalla Bielorussia. La partenza degli aerei è stata segnalata dagli attivisti bielorussi di Gayun, come riportano Ukrinform e Ukrainska Pravda.

09:51

Droni Usa tornano a sorvolare il Mar Nero

Gli Stati Uniti hanno ripreso a  volare sul Mar Nero dopo quanto accaduto martedì, quando un drone americano Mq-9 è stato fatto precipitare in acque internazionali in seguito a una collisione con un caccia russo Su-27. Lo riferisce  FlightRadar24 spiegando che un drone Usa da ricognizione, un Rg-Global Hawk, è entrato nei cieli sopra il Mar Nero dalla Romania e si  è posizionato nello spazio aereo internazionale a sud est della Crimea e a ovest della città costiera russa di Sochi. Il Pentagono ha affermato più volte che l'abbattimento dell'Mq-9 non avrebbe impedito ulteriori sorvoli del Mar Nero

10:24

Gb, Mosca si prepara ad ampliare l'arruolamento militare

È probabile che le autorità russe si stiano preparando a facilitare un più ampio arruolamento nell'esercito per soddisfare le esigenze militari del Paese: lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence. Lunedì scorso, ricorda il rapporto pubblicato su Twitter, i deputati della Duma - la Camera bassa del Parlamento russo - hanno presentato un disegno di legge che prevede di spostare l'età della chiamata al servizio di leva dall'attuale fascia di 18-27 anni a 21-30 anni. Ed è probabile che la legge venga approvata ed entri in vigore nel gennaio 2024. "Molti uomini di età compresa tra i 18 e i 21 anni attualmente chiedono di essere esentati dal servizio di leva perché frequentano l'istruzione superiore. È molto probabile che le autorità cambino la fascia d'età per aumentare il numero delle truppe, assicurandosi che gli studenti siano alla fine costretti a prestare servizio", concludono gli esperti di Londra.

10:52

Putin firma legge che punisce chi critica anche i mercenari

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha firmato la legge che prevede la responsabilità penale e amministrativa, con pene da cinque a sette anni di carcere, fino a 15 per i casi più "gravi", per chi compie "azioni pubbliche volte a screditare qualsiasi partecipante all'operazione militare speciale (come Mosca chiama l'invasione dell'Ucraina, ndr), comprese le unità di volontari, organizzazioni o persone che assistono" le forze armate regolari russe. Per quanto riguarda la parte amministrativa, il provvedimento prevede per lo stesso reato multe a persone o enti che possono arrivare fino a 500.000 rubli (circa 6.000 euro). Lo scrive la Tass. Nel caso della "consapevole diffusione di notizie false", la pena arriva a cinque anni, ma se il reato dovesse avere "gravi conseguenze" e causare la morte di qualcuno o gravi danni, la pena può essere estesa fino a 15 anni di reclusione e a 1,5 milioni di rubli. L'agenzia di stampa russa ricorda che finora il codice penale prevedeva - dopo l'approvazione dell'apposita legge quasi un anno fa - pene fino a un massimo di 15 anni solo per chi screditava le forze armate. Di fatto la censura viene quindi estesa ora anche alle milizie mercenarie che operano sul teatro ucraino, compreso il Gruppo Wagner. 

11:12

Kiev, in Lugansk 'esercitazioni' russe per coprire mobilitazione

Le autorità russe nella regione di Lugansk, nell'Ucraina orientale, hanno annunciato l'inizio di "esercitazioni militari" su larga scala che coinvolgono tutti gli uomini in età militare: lo rende noto lo Stato Maggiore delle Forze Armate di Kiev sulla sua pagina Facebook, come riporta Unian. Secondo l'esercito, in questo modo i russi cercano di nascondere la mobilitazione totale in alcuni villaggi della regione. "La cosiddetta" autorità "locale nei territori temporaneamente occupati della regione di Lugansk ha annunciato l'inizio di esercitazioni militari su larga scala che coinvolgono l'intera popolazione maschile (in età) di leva a Starobelsk, Shchastia, Novy Aidar, Novopskov e Nyzhneteply", scrive lo Stato Maggiore.

11:21

Zelensky, liberazione dei territori occupati è all'orizzonte

"La guerra in Ucraina è uno dei più grandi conflitti armati dalla seconda guerra mondiale. La prima linea del fronte attiva raggiunge i 1.500 km. Le battaglie si svolgono nei campi, nelle foreste, sull'acqua, nel cielo e nelle città. Continuiamo a combattere per la nostra terra natale. La liberazione di tutti i territori occupati è all'orizzonte. E l'Ucraina ce la farà sicuramente": lo scrive oggi il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sul suo account Telegram.

11:31

Crimea, forte esplosione a Sebastopoli

Una forte esplosione ha scosso questa mattina Sebastopoli, nella Crimea occupata dai russi. "E' stato forte oggi a Sebastopoli. C'è panico fra la popolazione", si legge sul canale Telegram del Centro risorse tatare in Crimea, secondo quanto riferisce il sito Ukrinform. Altri canali locali di Telegram riferiscono di esplosioni in vari distretti della città. Ukrinform scrive anche di una esplosione a Perevalne, un villaggio del distretto di Simferopol in Crimea, dove è dispiegata una brigata di difesa costiera della flotta russa del mar Nero.

11:49

Kiev, uccisi altri 880 soldati russi nella giornata di ieri

Lo stato maggiore ucraino ha riferito che altri 880 soldati russi sono stati uccisi nella giornata di ieri. Con questo dato, sempre secondo le fonti delle forze armate ucraine, sono più di 164.000 i membri del personale di servizio russo che sono stati uccisi dall'inizio della guerra nel febbraio dello scorso anno.

12:15

Zelensky sente Austin, Sullivan e Milley

Alti funzionari ucraini e americani hanno avuto questa mattina un incontro video per discutere di ulteriore assistenza da parte di Washington per la fornitura di armi e munizioni. Vi hanno partecipato da parte americana il capo del Pentagono, Lloyd Austin, il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e il capo di Stato maggiore, Mark Milley. Per gli ucraini c'erano il ministro della Difesa Oleksiy Reznikov, e il vice capo dell'ufficio presidenziale, Roman Mashovets. Al termine dell'incontro si è aggiunto anche il presidente Volodymyr Zelensky, ha riferito su Telegram il capo del suo ufficio Andriy Yermak. Il leader ucraino, ha riferito Yermak, ha parlato di come le sue forze intendono liberare i territori occupati dai russi. "Abbiamo ringraziato le autorità e il popolo americano per l'ampio e potente sostegno al nostro paese nella lotta per la libertà e il ripristino della pace in Europa", ha aggiunto.

12:20

Scholz su mandato arresto Putin, nessuno al di sopra legge

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha accolto con favore il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro il presidente russo Vladimir Putin. "La Corte penale internazionale è l'istituzione giusta per indagare sui crimini di guerra", ha affermato Scholz durante la sua visita a Tokyo, come riportano i media tedeschi. "Nessuno è al di sopra della legge", ha affermato Scholz, ricordando che il governo tedesco ha sempre fatto in modo che alla Corte penale internazionale fosse data l'importanza che merita.

12:33

Russia, per estensione accordo sul grano via restrizioni su export

 La Russia sta legando la propria approvazione all'estensione dell'accordo sul grano con l'Ucraina alla richiesta della rimozione delle restrizioni occidentali all'esportazione dei propri prodotti agricoli. "Se Washington, Bruxelles e Londra sono davvero interessate a continuare l'esportazione di cibo dall'Ucraina via mare, hanno due mesi di tempo, con l'aiuto delle Nazioni Unite, per rimuovere dall'ambito delle sanzioni l'intera catena di operazioni relative alle esportazioni agricole russe prendere", ha detto il rappresentante delle Nazioni Unite di Mosca Vasily Nebensja a New York, come riportano i media tedeschi. In caso contrario, Nebensja ha affermato di dubitare che possa esserci una nuova proroga dell'accordo.

12:43

Cpi, Putin si può processare, come nazisti e Milosevic 

Il procuratore capo della Corte penale internazionale Karim Khan ha detto alla Cnn di ritenere che il presidente russo Vladimir Putin  possa essere processato per presunti crimini di guerra nonostante Mosca sostenga di non essere soggetta alle decisioni della Corte. Khan ha ricordato i processi storici contro i criminali di guerra nazisti, l'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic e l'ex leader liberiano Charles Taylor, come esempi di figure apparentemente intoccabili che hanno dovuto affrontare la giustizia: "Erano tutti individui potenti, eppure si sono ritrovati nelle aule di tribunale", ha affermato.

12:51

Kiev, manovre nei corridoi del Cremlino per sostituire Putin

L'atmosfera a Mosca si è fatta più cupa dopo la decisione della Corte penale internazionale (Cpi) di emettere un mandato d'arresto per il presidente Vladimir Putin e al Cremlino stanno già cercando un suo successore: tuttavia non è più Putin che lo cerca. Lo ha detto in tv il rappresentante dell'intelligence militare ucraina, Andrey Yusov, come riportano i media nazionali. Yusov ha sottolineato che la cerchia di Putin si sta restringendo, sta diventando sempre più tossica sia per il mondo esterno sia per l'interno del Paese. "Nelle torri del Cremlino, in particolare, cresce l'insoddisfazione per quanto sta accadendo - ha aggiunto -. C'è una crescente consapevolezza delle prospettive, ovvero della catastrofe geopolitica del regime di Putin. E sì, si parla già di trovare un successore a Putin e non è più Putin a cercare un successore".

13:14

Mosca, aperti a proposte serie su crisi ma non a ultimatum

Mosca è aperta a proposte serie per risolvere la crisi ucraina, ma non accetterà ultimatum: lo ha detto oggi la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, come riporta la Tass. "Abbiamo ripetutamente dichiarato di essere aperti a proposte veramente serie da parte dell'Occidente e dell'Ucraina per trovare una soluzione politica e diplomatica alla crisi, ma non accetteremo il linguaggio degli ultimatum", ha affermato Zakharova commentando le dichiarazioni del ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba sull'importanza della 'formula di pace' proposta dal presidente Volodymyr Zelensky.

13:35

Mosca, per pace serve smilitarizzazione e denazificazione Kiev

Per raggiungere una pace sostenibile tra Russia e Ucraina, è necessario ottenere la "smilitarizzazione e la denazificazione" di Kiev. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, come riporta Tass. Per Zakharova la pace sostenibile deve passare attraverso la cessazione della fornitura di armi e mercenari all'Ucraina, la fine delle ostilità, il ritorno dell'Ucraina a uno status neutrale non di blocco e il riconoscimento internazionale delle nuove realtà territoriali emerse a seguito della realizzazione del diritto dei popoli all'autodeterminazione. "Devono essere effettuate la smilitarizzazione e la denazificazione dell'Ucraina ed eliminate tutte le minacce provenienti dal suo territorio", ha affermato ancora Zakharova, aggiungendo che devono essere anche abolite  "tutte le sanzioni e le azioni illegali contro la Russia nei tribunali internazionali". Zakharova ha poi raccomandato a tutti i paesi che vogliono contribuire alla normalizzazione della situazione di rivolgere i loro appelli per la pace a Kiev e ai suoi "burattinai occidentali, che stanno sempre più trascinando l'Ucraina nel pericoloso imbuto del confronto globale".

13:41

Zelensky sanziona presidente siriano Assad

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha imposto sanzioni nei confronti del presidente siriano Bashar al-Assad. Lo riporta il Kiev Independent spiegando che oggi ielensky ha firmato un decreto che impone sanzioni a 141 persone giuridiche e 300 persone fisiche, tra cui il presidente siriano Assad. Nei giorni scorsi Assad si era recato in visita a Mosca dal leader del Cremlino Vladimir Putin e aveva manifestato il proprio sostegno alla guerra russa contro l'Ucraina, affermato che il mondo sarebbe stato più sicuro dopo la vittoria di Mosca su Kiev.

13:44

Domani riunione in Ue, si punta a intesa su munizioni a Kiev

Nuova riunione dei Rappresentanti Permanenti dei 27 in Ue prevista per domani pomeriggio. L'incontro del Coreper II è stato convocato sia per portare avanti i lavori preparatori per il Consiglio europeo di giovedì e venerdì sia per avvicinarsi all'intesa sull'invio delle munizioni all'Ucraina. Quest'ultimo dossier sarà sul tavolo del Consiglio Affari Esteri di lunedì e i vertici comunitari puntano ad un accordo politico tra i ministri dei 27 Paesi membri. L'intesa non è lontana ma, in queste ore, gli sherpa saranno impegnati ad un'ulteriore limatura, soprattutto per quanto riguarda l'irrobustimento dell'industria della difesa europea. La Francia vuole allegare il capitolo, senza rinvii, all'accordo sulle modalità per inviare e acquistare munizioni per l'Ucraina.

14:00

Putin a sorpresa in visita in Crimea

dalla nostra inviata Brunella Giovara

 Il giorno dopo l'incriminazione della Corte penale internazionale, a sorpresa il presidente russo Vladimir Putin fa una visita ufficiale in Crimea. Le immagini del principale canale televisivo russo Russia1 mostrano Putin mentre passeggia accompagnato dal governatore di Sebastopoli, Mikhail Razvozhayev, tra gli altri funzionari. Il presidente russo ha visitato anche una scuola d'arte e un centro per bambini a Sebastopoli. Oggi è l'anniversario dell'occupazione della Crimea avvenuta nel 2014. Questa visita suona come una risposta alle accuse che gli vengono rivolte dal mondo occidentale.

14:38

Gruppo Wagner pronto a reclutare 30.000 combattenti

Yevgeny Prigozhin, il capo del gruppo di mercenari Wagner, ha annunciato di voler reclutare circa 30.000 nuovi combattenti entro metà maggio. Come riporta Cnn, Prigozhin ha anche affermato che Wagner recluta in media da 500 a 800 persone al giorno e talvolta fino a 1.200 al giorno. "È possibile che questo numero di reclute diminuisca nel tempo. Tuttavia, entro la metà di maggio, prevediamo che il numero di combattenti dell'unità aumenterà di circa 30.000 unità", ha detto Prigozhin in un messaggio audio pubblicato su Telegram.

14:43

Putin visita centro per bambini a Sebastopoli in Crimea

Il presidente russo Vladimir Putin è arrivato, alla guida di un'auto, per una visita a sorpresa a Sebastopoli, il porto dove è di stanza la flotta russa del Mar Nero in Crimea. Il presidente russo ha visitato il centro per bambini 'Korsun'. Ieri la Cpi ha emesso un mandato di arresto contro di lui ritenendolo "responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale bambini dalle zone occupate dell'Ucraina alla Russia". Putin, vestito informalmente con un cardigan blu e pantaloni scuri, ha visitato anche una scuola d'arte accompagnato dal governatore Mikhail Razvojaev, come mostra un video rilanciato da Ria Novosti.

Putin sarebbe arrivato in Crimea guidando la sua automobile, come ha sottolineato con toni entusiastici il governatore di Sebastopoli. "Il nostro presidente sa come sorprenderci, in senso buono - ha scritto su Telegram - Oggi dovevamo inaugurare una scuola d'arte per bambini. Tutto era pronto per una video conferenza e un collegamento speciale con il presidente. Ma alla fine il presidente è venuto personalmente. In macchina. Era lui stesso al volante. In questo giorno storico, il presidente è sempre con Sebastopoli e il suo popolo. Il nostro paese ha un leader incredibile".

15:05

Kiev, accordo grano esteso per 120 giorni

 Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato l'estensione dell'accordo sul grano ucraino che scade stanotte a mezzanotte. Il presidente turco non ha specificato il periodo di tempo, ma da Kiev il ministro delle Infrastrutture Oleksandr Kubrakov fa sapere che l'accordo è stato prorogato per 120 giorni. Su twitter, Kubrakov ha ringraziato Erdogan, Antonio Guterres e tutti i 'nostri partner': "Grazie ai nostri sforzi congiunti, 25 milioni di tonnellate di grano ucraino sono state consegnate ai mercati mondiali". 

15:43

Mosca, 'accordo di pace deve cancellare cause legali a Mosca'

Un eventuale accordo per l'Ucraina deve comprendere "la cancellazione delle sanzioni e di tutte le cause legali contro la Russia nelle Corti internazionali". Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, citata dall'agenzia Ria Novosti. Per arrivare alla pace, ha aggiunto la portavoce in una dichiarazione postata sul sito del ministero degli Esteri, è inoltre necessario che "cessino i rifornimenti di armi e mercenari all'Ucraina" e il ritorno dell'Ucraina a uno status neutrale, oltre al "riconoscimento internazionale delle nuove realtà territoriali".

16:07

Zakharova, "fratello Karim Khan pedofilo rilasciato in anticipo"

E' "un pedofilo" rilasciato in anticipo il fratello di Karim Khan, il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) che ieri ha emesso un mandato d'arresto per il presidente russo Vladimir Putin accusandolo della deportazione di bambini dall'Ucraina in Russia. Lo afferma sul suo canale Telegram la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, aggiungendo che il fratello del procuratore, Imran Ahmad Khan, ex deputato conservatore dimessosi in seguito all'episodio, è stato rilasciato il 23 febbraio da una prigione in Gran Bretagna dopo avere scontato soltanto la metà di una condanna a 18 mesi di reclusione per avere molestato un ragazzo minorenne.

"Il 17 marzo, tre settimane dopo il rilascio del fratello pedofilo - afferma ancora Zakharova - Karim Khan emette un ordine d'arresto non solo per Putin, ma anche Maria Llova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini in Russia, cioè una persona che protegge i bambini da gente come il fratello del procuratore. Non si vergognano più di niente".

La portavoce fa capire di ritenere che vi sia un legame tra il rilascio anticipato del fratello di Karim Khan e il mandato d'arresto contro Putin, affermando che "è uno scandalo". "Dopo tutto - aggiunge - non esistono simili coincidenze. Il 'sistema giudiziario' britannico ha già premiato un procuratore britannico della Cpi rilasciando in anticipo suo fratello pedofilo. Naturalmente, ora è chiaro il perché. I giudici della Cpi hanno fatto un salto fuori dalle loro toghe per prendere una decisione così evidentemente idiota e illegale".

16:33

A Kiev nuovo rimpasto governo,a Industrie l'eroico capo delle Fs

Il premier ucraino Denys Shmyhal ha annunciato un rimpasto di governo per la prossima settimana, quando dovrebbero dare le dimissioni il ministro delle industrie strategiche Pavel Ryabikin e il titolare dell'istruzione e della Scienza Serhiy Shkarlet. Alle industrie strategiche potrebbe essere nominato Oleksandr Kamyshin, già presidente delle ferrovie Ukrzaliznytsia, simbolo della resistenza  ucraina che con i suoi treni è riuscito a far evacuare quasi due milioni e mezzo di cittadini lontano dalle zone del Paese più colpite dalla guerra. E per questo non proprio amato a Mosca.

16:48

Russia estende accordo grano per 60 giorni

La Russia ha notificato alle parti coinvolte che l'accordo sul grano è stato prorogato di 60 giorni, ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova. In precedenza, la Turchia e le Nazioni Unite avevano dichiarato che l'accordo era stato prorogato, ma non avevano specificato per quanto tempo. Un ministro del governo ucraino ha dichiarato che la proroga era di 120 giorni.

16:59

Kiev, 'bombe a grappolo su Kramatorsk,almeno 2 morti e 5 feriti'

Almeno due persone sono rimaste uccise a seguito del bombardamento russo di oggi su Kramatorsk. Lo riporta Ukrainska Pravda citando il presidente dell'amministrazione di Donetsk Pavel Kirilenko. Kirilenko ha parlato di utilizzo di bombe a grappolo che hanno ferito anche cinque persone, oltre ad aver danneggiato una decina di case e diverse macchine. "Stanno colpendo intenzionalmente la città, cercando di uccidere il maggior numero possibile di civili", ha concluso il presidente dell'amministrazione di Donetsk.

17:58

Guardian, ripresi i rimpatri forzati dei russi richiedenti asilo

Gli Stati Uniti hanno ripreso a rimpatriare con la forza i cittadini russi nel Paese. Lo rivela il Guardian. I rimpatri erano stati sospesi con l'invasione dell'Ucraina da parte di Mosca. Sono numerosi i richiedenti asilo che fuggono dalla Russia, dove rischiano il carcere o la mobilitazione. "L'Us Immigration and Customs Enforcement (Ice) rimane impegnato a far rispettare le leggi sull'immigrazione in modo umano, efficace e professionale. L'Ice facilita il trasferimento e l'allontanamento di non cittadini tramite compagnie aeree commerciali e voli charter a sostegno dei requisiti della missione", ha affermato questa settimana l'agenzia federale, secondo quanto riporta sempre il Guardian, e aggiunge: "L'Ice conduce gli spostamenti verso Paesi, inclusa la Russia, in conformità con le linee guida sull'allontanamento dei Paesi".

18:09

Medvedev, 'volevano arrestare qualcuno, arrestano Trump'

Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha commentato la dichiarazione dell'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump che si aspetta di essere arrestato martedì invitando gli americani a distruggere la tirannia di Washington. Lo riporta Ria Novosti. "Gli idioti in Europa volevano arrestare qualcun altro (facendo riferimento al mandato d'arresto della Cpi per il presidente Putin, ndr) e il 21 marzo arresteranno qualcuno in America. Riprendetevi il vostro Paese, americani. Combattete. Distruggete la tirannia di Washington. Mandate la cricca corrotta di padre e figlio Biden nella puzzolente pattumiera della storia. Maga (acronimo trumpiano di Make America Great Again)!", ha scritto Medvedev su Telegram citato da Ria Novosti, mettendo alla fine del messaggio tre faccine di clown.

18:23

Mosca, estensione accordo grano solo con promozione fertilizzanti russi

Mosca prenderà in considerazione la possibilità di estendere l'accordo sul grano oltre i 60 giorni solo se con la "promozione di cibo e fertilizzanti russi sui mercati globali". Lo scrive Vasily Nebenzya, rappresentante russo permanente presso le Nazioni Unite, in una lettera destinata a Martin Griffiths, vice segretario generale del organizzazione, e a Rebecca Greenspan, a capo della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo. Lo riporta Ria Novosti, che è entrata in possesso del documento.

18:24

Kiev, "respinti attacchi russi a nord di Bakhmut"

Le forze ucraine hanno respinto gli attacchi sferrati oggi dai soldati russi nella zona settentrionale di Bakhmut. Lo riporta Ukrainska Pravda citando lo stato maggiore delle forze armate dell'Ucraina. La città rimane comunque epicentro delle ostilità. 

18:32

Esercito Kiev ha attaccato 13 aree di concentramento russe nel Donbass

L'esercito ucraino ha colpito oggi 13 aree di concentramento dell'esercito russo nel Donbass. Lo ha reso noto lo Stato maggiore delle forze armate dell'Ucraina. Nel suo aggiornamento serale, l'esercito di Kiev precisa che "la Federazione Russa continua a condurre operazioni offensive nelle aree di Lyman, Bakhmut, Avdiiv, Marin e Shakhtar. Bakhmut rimane l'epicentro delle ostilità. Senza il risultato desiderato sul campo di battaglia, la Federazione Russa usa tattiche terroristiche contro la popolazione civile. Sta bombardando città e villaggi, così come strutture infrastrutturali critiche, ignorando le norme del diritto internazionale umanitario". Secondo i militari ucraini, l'esercito russo ha lanciato cinque attacchi missilistici, quattro dei quali hanno colpito le infrastrutture civili nella città di Zaporizhzhia. Inoltre, l'esercito russo ha effettuato 12 attacchi aerei e ha effettuato più di 20 attacchi missilistici.

19:05

Jet Nato intercettano velivoli russi vicino spazio aereo estone

Caccia britannici e tedeschi hanno intercettato per la seconda volta in una settimana aerei russi che volavano vicino allo spazio aereo estone. Lo rende noto la Royal Air Force (Raf) britannica, come riporta la Cnn. I due jet Typhoon hanno intercettato "un aereo passeggeri militare russo Tu-134, noto con il nome Nato Crusty, che era scortato da due caccia Sukhoi Su-27 Flanker e da un aereo da trasporto militare AN-12 Cub", ha detto la Raf. La Raf ha descritto l'operazione come una rassicurazione sul fatto che il Regno Unito, la Germania e altri paesi della Nato "stanno dalla parte del loro alleato estone in questo momento di tensione".

Guerra Ucraina - Russia, le news del 19 marzo.

La Repubblica. Putin visita Mariupol

Il presidente promette di "ampliare i quartieri residenziali" della città occupata. Il ministero della Difesa di Kiev: "E' arrivato di notte come un ladro"

Il blitz del presidente russo nella città ucraina occupata il giorno dopo la visita in Crimea per il nono anniversario dall'annessione. Il presidente ucraino Zelensky: "Chiunque produca armi per il terrore contro l'Ucraina, chi aiuta la Russia a fomentare l'aggressione, chi sostiene la distruzione del diritto internazionale da parte della Russia, non può che essere emarginato dal mondo". Una inchiesta dell'agenzia Bloomberg racconta come una flotta-ombra di petroliere aiuti Mosca a trasportare il suo petrolio nel mondo nonostante le sanzioni.

00:00

Zelensky: "Chiunque aiuti la Russia deve essere emarginato"

L'Ucraina ha emesso sanzioni contro "più di 400 persone e aziende". Lo scrive su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Le misure si rivolgono soprattutto contro i russi, "si tratta del complesso militare-industriale dello Stato terrorista", ma ci sono anche ripercussioni verso "individui iraniani e siriani, che aiutano il terrorismo". "Valutiamo attentamente ogni nostra misura sanzionatoria" ha aggiunto Zelensky, concludendo che "chiunque produca armi per il terrore contro l'Ucraina, chi aiuta la Russia a fomentare l'aggressione, chi sostiene la distruzione del diritto internazionale da parte della Russia, non può che essere emarginato dal mondo".

04:20

Putin visita Mariupol

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha fatto un "viaggio di lavoro" a Mariupol. Lo ha riferito il servizio stampa del Cremlino secondo quanto riporta l'agenzia Ria Novosti.

"Il capo dello stato - scrive l'agenzia russa - ha ispezionato una serie di luoghi della città e ha anche parlato con i residenti. Secondo il Cremlino è volato a Mariupol in elicottero. Su un'automobile ha percorso diversi quartieri della città, facendo soste. Il vice primo ministro Marat Khusnullin ha riferito in modo dettagliato al presidente sullo stato di avanzamento dei lavori di costruzione e restauro della città e dei suoi dintorni. In particolare, fa sapere il servizio stampa del Cremlino, Putin e Khusnullin hanno discusso della costruzione di nuovi microdistretti residenziali, nuove strutture sociali ed educative, infrastrutture per alloggi e servizi comunali e istituzioni mediche" "Nel microdistretto di Nevsky, il presidente Putin ha parlato con i residenti della città e su invito di una famiglia è entrato dentro casa. Il capo dello Stato - precisa il servizio stampa del Cremlino - ha anche esaminato la costa di Mariupol nell'area dello yacht club, dell'edificio del teatro, luoghi memorabili della città". Ieri Putin si trovava in Crimea per una visita a sorpresa nel nono anniversario dell'annessione

04:41

Putin a Rostov sul Don per riunione con militari

 Il presidente russo, Vladimir Putin, è andato a Rostov sul Don, in territorio russo, vicino al confine con l'Ucraina, dove ha tenuto una riunione al posto di comando della cosiddetta "operazione militare speciale" in Ucraina. Lo ha riferito il servizio stampa del Cremlino, secondo quanto riporta Ria Novosti.

"Il capo dello stato ha ascoltato i rapporti del capo di stato maggiore delle forze armate, Valery Gerasimov, e di un certo numero di capi militari", ha precisato il Cremlino.

05:44

Kramatorsk, bilancio sale a due morti e 10 feriti

 È salito a due morti e dieci feriti il bilancio del bombardamento russo effettuato ieri sulla città ucraina di Kramatorsk, nella regione di Donetsk. Lo rendono noto le autorità locali, citate dai media di Kiev.

Secondo il governatore Pavlo Kyrylenko le forze russe hanno usato munizioni a grappolo prendendo di mira il Parco Bernatsky, danneggiando una decina di edifici residenziali e diverse auto.

10:16

Una flotta ombra di petroliere per aiutare la Russia ad aggirare le sanzioni

Almeno due compagnie stanno aiutando la Russia ad eludere le sanzioni sul petrolio imposte dall'Occidente, con l'aiuto di una flotta ombra di petroliere. Lo riporta l'agenzia di stampa Bloomberg. Si tratta della Fractal Shipping di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, e dell'indiana Gatik Ship Management basata a Mumbai, che insieme possiedono petroliere per un valore di 2 miliardi di dollari. "In meno di un anno hanno assemblato flotte che ora trasportano milioni di barili di petrolio russo in tutto il mondo", riferisce l'agenzia sottolineando che gli uffici di entrambe le società sono registrati in edifici abbandonati. La Fractal e la Gatik fanno parte di una rete tentacolare di attività marittime emersa subito dopo l'invasione dell'Ucraina, che aiuta la Russia ad esportare il suo petrolio nonostante le sanzioni dell'Occidente, scrive Bloomberg. "È questa nuova generazione di operatori del mercato delle petroliere che ha aiutato il petrolio russo a continuare a circolare nel mondo", ha detto Rebecca Galanopoulos Jones, analista di VesselsValue, una società che monitora i prezzi di migliaia di navi mercantili. "Le sanzioni sul petrolio russo sembrano aver avuto un impatto minimo sui livelli complessivi di esportazione", ha aggiunto.

10:54

Pushilin: "Felici di avere Putin in visita. Siamo un'unica famiglia con la Russia"

Denis Pushilin, il capo dell'amministrazione filo-russa di Donetsk, ha definito "simbolica" la visita del presidente russo Vladimir Putin a Mariupol. Nel suo canale Telegram, Pushilin ha scritto che "non è un caso che il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha visitato la Repubblica popolare di Donetsk nell'anniversario della riunificazione della Crimea con la Russia. Il ritorno della Crimea e del Donbass sono anelli della stessa catena. In tutti questi anni abbiamo sostenuto che il nostro viaggio verso casa è più lungo e ora noi, insieme alla Crimea, siamo un'unica famiglia dei popoli della Russia. E, naturalmente, siamo molto felici di vedere il nostro presidente nel Donbass".

11:19

Il deputato ucraino Honcharenko: "Putin è venuto a Mariupol a vedere il genocidio commesso?"

"Il criminale di guerra è venuto a vedere con i suoi occhi il genocidio che ha commesso a Mariupol? Perché di notte? Ha paura?". Così Oleksii Honcharenko, deputato ucraino e membro della delegazione ucraina all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Apce), ha criticato la decisione del presidente russo Vladimir Putin di recarsi in visita a Mariupol.

11:43

Putin: "Gli ucraini hanno minato l'ospedale di Mariupol. Queste sono cose da nazisti"

"Le persone normali non lo fanno": è il commento del presidente russo Vladimir Putin nei confronti dei soldati ucraini che - come riporta la Tass - avrebbero minato le strutture ospedaliere di Mariupol. Putin, che ha visitato la città accompagnato dal vice primo ministro Marat Khusnullin, ha ispezionato nuove aree residenziali. Khusnullin ha detto di aver visitato l'ospedale e di aver visto con i suoi occhi come vivevano i rifugiati nelle stanze vicine, c'erano i pazienti e venivano eseguite le operazioni. "Tutti i dispositivi e le attrezzature mediche - tutto è stato minato", ha sottolineato. "Bene, questi sono i cosiddetti nazisti. Le persone normali non lo fanno, le persone di Bandera lo fanno", ha commentato Putin.

11:53

Putin in visita a Mariupol: "Amplieremo i quartieri residenziali"

Vladimir Putin ha promesso che Mosca costruirà altri quartieri residenziali a Mariupol, nell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Tass, durante la sua visita nella città dell'Ucraina orientale Putin ha parlato con un residente locale, che ha definito il luogo "un piccolo angolo di paradiso". E il presidente russo ha detto: "Lo amplieremo".

12:33

Vucic: "Il mandato di arresto per Putin allontana la pace"

Il mandato di arresto della Cpi per Vladimir Putin avrà conseguenze negative sugli sforzi di pace nel conflitto armato in Ucraina. Lo ha detto oggi il presidente serbo Aleksandar Vucic. "Penso che il mandato di arresto per Putin avrà conseguenze politiche negative, e dimostra che vi è una grande indisponibilità a parlare di pace e di un cessate il fuoco", ha detto Vucic in una conferenza stampa a Belgrado.

13:17

Kiev: "Putin a Mariupol di notte come un ladro"

"Come si addice a un ladro, Putin ha visitato l'ucraina Mariupol, sotto la copertura della notte.

Innanzitutto, è più sicuro. Inoltre, l'oscurità gli permette di evidenziare ciò che vuole mostrare, e tenere al riparo da occhi indiscreti la città completamente distrutta dal suo esercito e i suoi pochi abitanti sopravvissuti". Lo ha scritto il ministero ucraino della Difesa sul suo account Twitter.

13:44

Putin a Mariupol: "Dobbiamo conoscerci meglio"

Le autorità russe hanno rilasciato filmati della visita di Vladimir Putin a Mariupol, città ucraina conquistata dai russi a maggio. Il presidente russo incontrando alcuni residenti, sorpresi di vederlo, ha detto: "Dobbiamo iniziare a conoscerci meglio", riporta la Cnn. In un video Putin, seduto al posto di guida insieme al vice primo ministro Marat Khusnullin, parla dei piani di ricostruzione della città rasa al suolo dalla Russia. I due discutono dei piani per costruire un nuovo ospedale a Mariupol, dove nel marzo dello scorso anno, la Russia ha bombardato un reparto maternità, mentre dentro c'erano donne incinta e personale medico. "Ci sarà un'ambulanza e ci saranno tutti i laboratori più moderni", dice Khusnullin. "Andrà tutto bene", risponde Putin.

13:59

Peskov: "I droni Usa sul Mar Nero provano il coinvolgimento americano nel conflitto contro la Russia"

I droni statunitensi sul mar Nero non sono utilizzati per la sicurezza delle navi e, di fatto, provano il coinvolgimento di Washington nel conflitto contro la Russia. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in un'intervista al canale tv Rossiya-1. Rispondendo a una domanda sul drone Usa che si è inabissato nelle acque internazionali del Mar Nero il 14 marzo scorso dopo lo scontro con un jet russo, il portavoce del Cremlino ha definito incidenti di questo tipo "certamente estremamente pericolosi", aggiungendo che "è abbastanza ovvio cosa stanno facendo questi droni". "La loro missione non è affatto una missione pacifica per garantire la sicurezza della navigazione in acque internazionali. Ne siamo ben consapevoli. E, infatti, stiamo parlando del coinvolgimento diretto degli operatori di questi droni nel conflitto, e contro di noi", le parole di Peskov riportate da Tass.

14:31

Il governatore di Kramatorsk accusa Mosca: "Usate bombe a grappolo"

Negli attacchi che ieri sera hanno ucciso due persone a Kramatorsk, nel Donetsk, i russi hanno utilizzato le bombe a grappolo vietate dalla convenzione Onu del 2008. Lo ha detto il governatore regionale Pavlo Kyrylenko. Obiettivo dell'attacco, ha spiegato, sono stati "un parco e una dozzina di edifici residenziali".

15:08

Putin: "Aumentare le nostre forze? Nel 2014 non avevamo le armi ipersoniche, ora sì"

La Russia nel 2014 non aveva armi ipersoniche mentre ora ne ha e il fatto di non usarle non significa che non esistano. A dirlo è Vladimir Putin in un'intervista al canale tv televisivo Rossiya-1 riportata da Tass. Rispondendo a una domanda sulla necessità di implementare le forze di terra, Putin ha sottolineato che "nel 2014 non avevamo armi ipersoniche ma ora sì. Certo, non le usiamo ma esistono".

15:59

Kiev: i russi non sono in grado di catturare Bakhmut

I russi non sono tatticamente in grado di completare l'operazione per catturare Bakhmut e stanno subendo enormi perdite durante i combattimenti: lo ha assicurato Sergei Cherevaty, rappresentante del gruppo orientale delle forze armate dell'Ucraina, come riporta Ukrainska Pravda."Ora non sono tatticamente in grado di completare l'operazione per catturare il centro regionale ucraino di Bakhmut. Sì, ci sono battaglie molto attive, continuano ancora a effettuare diverse dozzine di attacchi per inerzia, ma subiscono enormi perdite. Il nostro comando e il nostro stato maggiore pianificano correttamente la loro difesa", ha affermato Cherevaty.

17:02

Kiev: "Evacuati tutti i bambini dalla zona di Chasiv Yar"

L'amministrazione militare ucraina ha evacuato tutti i bambini dalla città di Chasiv Yar, nella regione del Donetsk. Lo riporta Ukrinform. "Gli ultimi bambini li abbiamo portati via l'altro ieri" ha spiegato Sehiy Chaus, capo dell'amministrazione militare. Chaus spiega che questo è stato fatto "con gli sforzi congiunti dell'amministrazione, della polizia, degli Angeli Bianchi (l'unità di polizia locale ndr). È stato difficile, doloroso, ma ce l'abbiamo fatta"

17:24

Gli ucraini respingono quattro attacchi russi a Bakhmut

Le unità della guardia di frontiera dispiegate a Bakhmut, nella regione di Donetsk, hanno respinto quattro attacchi russi domenica, eliminando cinque invasori e ferendone nove. È quanto riferisce Ukrinform, citando l'ufficio stampa del Servizio statale delle guardie di frontiera.  Le unità del Gruppo Wagner volevano avvicinarsi senza farsi notare per sfondare la linea di difesa dell'Ucraina, spiegano i militari ucraini, ma "si sono trovati di fronte al fuoco massiccio dei nostri difensori: cinque di loro non saranno più in grado di correre da nessuna parte, mentre altri nove sono rimasti feriti".

17:59

Bombe russe sulle case vicino a Zaporizhzhia, tre morti e due feriti

Almeno tre persone sono morte a seguito del bombardamento da parte dei russi di un edificio residenziale nel villaggio di Kamenskoe, nella regione di Zaporizhzhia. Lo riporta Ukrainska Pravda citando l'amministrazione regionale. Nell'attacco sarebbero rimaste ferite almeno due persone.

18:22

Consiglio comunale di Mariupol (in esilio): "Visita del criminale Putin"

Il Consiglio comunale di Mariupol, che ora opera dal territorio controllato dall'Ucraina, ha condannato la visita di oggi del presidente russo Vladimir Putin nella città occupata dai russi. "Il criminale internazionale Putin ha visitato la  Mariupol occupata - ha dichiarato il consiglio in un post su Telegram  - Ha assistito alla 'ricostruzione della città'... di notte. Dopotutto, al buio, non si può vedere quante case distrutte ci sono e  dove è stato lasciato un mucchio di pietre al posto dei grattacieli". "Ha anche visitato la Filarmonica di Mariupol, un edificio che ha resistito. Dove i civili si nascondevano durante i massicci  bombardamenti - ha scritto ancora il Consiglio - Si dice che i criminali siano attratti dal luogo dei loro crimini. Mariupol è un errore fatale di un dittatore sanguinario. Ha mostrato il vero volto del “mondo russo”, che è il terrore e l'atrocità russa".

18:54

Ambasciatore polacco in Francia: "O Ucraina riesce a difendersi o entriamo in guerra"

"O l'Ucraina difenderà la sua indipendenza o, in caso contrario, saremo costretti a unirci a questo conflitto, perché sono in gioco i nostri valori fondamentali, che sono il fondamento della nostra civiltà, quindi non avremo scelta". Lo ha detto l'ambasciatore polacco in Francia, Jan Emeryk Rociszewski, intervistato dalla televisione Lci. La risposta è arrivata mentre si parlava del trasferimento di caccia Mig-29 dalla Polonia e dalla Slovacchia all'Ucraina e si discuteva della possibile escalation del conflitto. Come riportato dal quotidiano polacco Fakt, l'ambasciatore Jan Emeryk Rociszewski ha spiegato che "non è la Nato, non la Polonia, non la Francia o la Slovacchia ad aumentare la tensione, ma è la Russia che ha attaccato l'Ucraina, è la Russia che invade, uccide persone, rapisce bambini ucraini". Un attimo dopo, ha chiarito che la Polonia potrebbe svolgere un ruolo ancora più significativo in questa guerra.

17:39

Usa: "Inaccettabile eventuale richiesta di tregua dopo incontro Putin Xi"

"Vedremo cosa emergerà da questo meeting" fra Vladimir Putin e Xi Jinping ma se dovesse emergere la richiesta di una tregua in Ucraina sarà "inaccettabile perché l'unica cosa" che significherebbe a "ratificare le conquiste fatte fino a oggi dalla Russia" e "concedere più tempo a Putin". Lo ribadisce il portavoce della Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, a Fox

20:26

Moldavia: "Misure restrittive contro 25 perone coinvolte nell'invasione ucraina"

Le autorità moldave introdurranno misure restrittive contro 25 persone coinvolte nell'invasione ucraina. Lo riporta Ukrinform, citando il ministero degli esteri di Chisinau, Nicu Popescu, che ha annunciato la presenza di russi tra coloro che verranno colpiti, "circa la metà" del totale. "Si tratta principalmente del divieto di ingresso in Moldavia, del blocco dei conti bancari o dei beni di coloro che sono coinvolti nell'aggressione all'ucraina", ha dichiarato Popescu. Secondo il ministro, la decisione è già stata presa, ma ci vorrà tempo per completare "tutti i passaggi legali". I nomi delle persone coinvolte non sono ancora stati divulgati.

20:56

Zelensky: "Il mandato di arresto di Putin è una svolta"

Per il presidente Volodymyr Zelensky il mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale per il presidente russo Vladimir Putin è un punto di svolta. ha definito un punto di svolta. Lo riporta Ukrainska Pravda, citando il discorso serale del presidente ucraino. "Questa settimana ha finalmente portato un risultato legale internazionale davvero significativo per l'Ucraina - ha detto Zelesnky -, c'è un mandato della Corte penale internazionale per l'arresto del leader della Russia, e questo è un punto di svolta". Per il presidente ucraino grazie a questo strumento, quando finirà l'invasione, si dimostrerà tutta la responsabilità di Mosca: "Per ogni attacco contro l'Ucraina, per ogni vita distrutta, per ogni bambino ucraino deportato. E, naturalmente, per ogni manifestazione di destabilizzazione mondiale derivante dall'aggressione russa".

21:34

Arriva Xi Jinping a Mosca e Putin scrive sul sito del Cremlino: "La nostra partnership è speciale"

Arriva Xi Jinping a Mosca e Putin scrive sul sito del Cremlino: "Xi è un buon vecchio amico. La nostra partnership è speciale. Ci aspettiamo un importante implemento delle nostre relazioni, che sono già a un punto altissimo. Parleremo di tutti: non ci sono limiti o argomenti proibiti". Non solo. Il presidente russo ha scritto pure che "i nostri rapporti commerciali si amplieranno. Il giro d'affari varrà più di 200 miliardi di dollari". Per quel che riguarda la politica estera, poi: "Combatteremo insieme le minacce comuni". Aggiungendo pure che "la volontà cinese di giocare un ruolo decisivo nel risolvere la questione ucraina è la benvenuta".

23:37

Xi Jinping: "Via d'uscita dalla crisi possibile se garantiamo sicurezza comune"

"Siamo convinti che una via d'uscita razionale dalla crisi ucraina e un percorso verso una pace duratura e la sicurezza universale nel mondo saranno trovati se tutti saranno guidati dal concetto di sicurezza comune, integrata, congiunta e sostenibile, continuando il dialogo e le consultazioni in modo equo, prudente e pragmatico". Ad affermarlo è il presidente cinese, Xi Jinping in un articolo pubblicato da 'Rossijskaja Gazeta'.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 20 marzo.

La Repubblica. Colloquio Putin-Xi di 4 ore e mezzo. Il presidente cinese arriva da Putin preceduto da una serie di articoli in cui si propone per un ruolo di mediazione: "Nessun Paese ha diritto di dettare l'ordine mondiale, serve l'idea di sicurezza collettiva". La Cpi a Putin: "Rimpatri i bambini"

È il giorno di Xi a Mosca. Il presidente cinese si fa precedere da articoli sulla stampa russa in cui invoca la sicurezza collettiva e avverte che nessun Paese può dettare l'ordine mondiale. Putin, da parte sua, dichiara che Mosca e Pechino "stanno combattendo minacce comuni". L'incontro tra il presidente cinese e quello di Mosca avviene all'indomani del viaggio di Putin a Mariupol, il primo nel Donbass. Una visita che ha provocato l'ira di Kiev: "Cinico e senza rimorso". Zelensky, intanto, preferisce concentrarsi sul mandato di arresto per il leader russo: "È un punto di svolta". Mentre Varsavia avverte: "Se l'Ucraina non riuscirà a difendere la propria indipendenza, entreremo nel conflitto". 

Intanto a Bruxelles, il piano europeo per dare 2 miliardi di euro di munizioni all'Ucraina è stato approvato dal Consiglio Affari Esteri in corso a Bruxelles. Lo riportano fonti diplomatiche. Il Consiglio ha dato l'ok politico ma per i dettagli si continuerà a discutere in altri "gruppi di lavoro".

Continua lo scambio di accuse tra Occidente e Russia sulla decisione della Cpi di spiccare un mandato di arresto contro Putin. Il vicepresidente ìdel consiglio di sicurezza di Mosca, Dmitry Medvedev prevede "conseguenze mostruose per il diritto penale internazionale". 

Punti chiave

19:31

Concluso il colloquio Putin-Xi: è durato 4 ore e mezzo

16:11

La Cpi a Putin: "Se c'è verità rimpatri i bambini"

16:04

Ucraina: "Grati all'Ue per fornitura munizioni d'artiglieria"

15:28

Xi a Putin: "Con te alle prossime presidenziali"

15:24

Ucraina, la Casa Bianca: "Un appello per un cessate il fuoco non farebbe che ratificare l'occupazione russa"

15:15

Putin chiama Xi "caro amico" e si congratula 

14:59

Xi: "Putin caro amico, nostri paesi abbiano rapporti stretti"

14:51

Russia, Putin: "Guardiamo con interesse alle proposte della cina per risolvere la crisi in Ucraina"

12:42

Russia apre procedimento penale contro Cpi

11:47

Ucraina, Zelensky: "La difesa dell'Ucraina garantirà la pace"

11:42

 Xi, "la Cina e la Russia sono partner affidabili"

11:23

Xi scende dall'aereo a Mosca: "La Cina è pronta ad essere salvaguardare l'ordine mondiale insieme alla Russia"

10:33

Russia, Peskov: "Il Cremlino è tranquillo rispetto al mandato di cattura della Cpi"

10:23

Russia, Xi atterra a Mosca. Peskov: "Putin lo informerà personalmente sulla posizione della russia sulla guerra in Ucraina"

10:13

Vertice a Mosca, il Ft: "Xi chiamerà Zelensky dopo aver parlato con Putin"

09:34

Russia, la garante per l'infanzia Lvova-Belova: "Nessun bimbo separato dai genitori"

09:26

Russia, Medvedev: "Si potrebbe tirare un missile sulla Corte penale internazionale"

09:23

Ucraina, Gb: "Di recente progressi russi intorno ad Avdiivka"

08:56

La Cina ai giudici dell'Aia: "Evitare i doppi standard"

08:53

Ucraina, L'Isw: "Kiev ha buone possibilità per lanciare una controffensiva"

08:47

Russia, Medvedev: "La decisione della Cpi su mandato di arresto a Putin avrà conseguenze mostruose per diritto internazionale"

08:40

Zelensky: "Il mandato di arresto per Putin è un puntodi svolta"

08:32

Pechino sul mandato di arresto contro Putin: "La cina continuerà ad avere un ruolo oggettivo e giusto sulla guerra in Ucraina"

04:29

Putin: "Noi e la Cina combattiamo minacce comuni"

01:39

Xi: "Nessun Paese ha il diritto di dettare l'ordine mondiale"

00:00

Zelensky: "Il mandato di arresto per Putin è una svolta"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo discorso serale, ha definito il mando d'arresto per Putin - da parte della Corte penale internazionale - una "decisione storica". Queste le sue parole: "È chiaro che alla fine di questa aggressione la Russia dovrà assumersi le sue responsabilità. Responsabilità per ogni colpo all'Ucraina, per ogni vita rovinata, per ogni bambino ucraino deportato... E, naturalmente, per ogni manifestazione della destabilizzazione del mondo, che è stata il risultato dell'aggressione russa".

00:09

Xi: "Dialogo paritario verso la pace"

L'arrivo di Xi Jinping a Mosca è preceduto da un articolo apparso su Ria Novosti e Rossiyskaya Gazeta. "I problemi complessi non hanno soluzioni semplici - dice il presidente cinese - siamo convinti che si troverà una via d'uscita razionale dalla crisi ucraina e la strada verso una pace duratura e una sicurezza globale nel mondo se tutti saranno guidati dal concetto di comune, globale, congiunto e sostenibile sicurezza". E chiede di continuare il dialogo e le consultazioni in modo paritario, prudente e pragmatico".

01:00

Xi: la guerra finirà solo con un'idea di sicurezza collettiva

"La risoluzione del conflitto in Ucraina sarà possibile se le parti seguiranno le linee guida del concetto di sicurezza collettiva". E' uno dei passaggi del messaggio di Xi Jinping sulla Rossiyskaya Gazeta prima del suo incontro con Vladimir Putin (e un articolo 'parallelo' è stato pubblicato sul Quotidiano del popolo cinese). Per Xi, il cui articolo è citato dalla Tass, "la comunità internazionale ha capito che nessuna potenza globale è superiore a tutte le altre".

01:39

Xi: "Nessun Paese ha il diritto di dettare l'ordine mondiale"

Nell'intervista al quotidiano russo Rossiyskaya Gazeta ripresa dall'agenzia Tass, Xi dice che "nessun paese nell'arena globale ha il diritto di avere l'ultima parola nel determinare l'ordine mondiale esistente".

03:48

Nuovi fondi per finanziare la Cpi

Oggi, in una conferenza internazionale dei ministri della Giustizia che si terrà a Londra, diversi Paesi dovrebbero annunciare la mobilitazione di risorse aggiuntive per sostenere le indagini della Corte penale internazionale (Cpi) sui presunti crimini di guerra in Ucraina. Più di 40 i Paesi invitati. Londra ha già annunciato un finanziamento aggiuntivo di quasi 400.000 sterline (452.000 euro), portando il suo sostegno totale a 1 milione di sterline (1,13 milioni di euro) dallo scorso anno.

04:29

Putin: "Noi e la Cina combattiamo minacce comuni"

Il presidente Vladimir Putin, nel giorno dell'arrivo a Mosca del suo omologo Xi Jinping, ha scritto un articolo per il Quotidiano del Popolo, definendo la missione di Xi un "evento storico" che "riafferma la natura speciale del partenariato Russia-Cina". Per Putin, Russia e Cina stanno combattendo "minacce comuni", il loro rapporto diventa "costantemente più forte" ed è al "livello più alto della loro storia".

06:32

Il presidente ceco Pavel: "Kiev lanci la controffensiva o sarà tardi"

L'Ucraina deve lanciare la sua controffensiva entro i prossimi mesi, ha detto il presidente ceco Petr Pavel in un'intervista al quotidiano polacco Rzeczpospolita ripresa dai media di Kiev. "La finestra di opportunità è aperta quest'anno. Dopo il prossimo inverno sarà estremamente difficile mantenere l'attuale livello di assistenza - ha detto Pavel -. La fatica della guerra non è solo l'esaurimento delle risorse umane e delle attrezzature e la distruzione delle infrastrutture in Ucraina, ma anche la stanchezza nei paesi che forniscono aiuti". Parole che suonano come un avvertimento.

07:41

Kiev: "Mosca vuole impadronirsi di nuovi territori"

 La Russia punta ad impadronirsi di nuovi territori in Ucraina per creare zone cuscinetto a protezione delle aree occupate: lo ha detto il comandante delle forze congiunte delle forze armate ucraine, Sergiy Naev, in un'intervista a RBC-Ucraina. "In futuro, l'aggressore vuole impadronirsi di nuovi territori per creare zone cuscinetto al fine di garantire 'sicurezza' ai territori occupati dell'Ucraina già 'inclusi nella Federazione Russa'", ha aggiunto Naev.

08:32

Pechino sul mandato di arresto contro Putin: "La cina continuerà ad avere un ruolo oggettivo e giusto sulla guerra in Ucraina"

"La Cina continuerà ad avere un ruolo corretto e oggettivo sulla guerra in Ucraina", il ministero degli Esteri cinese ha reagito con queste parole al mandato di arresto internazionale della Corte dell'Aia contro il presidente russo Vladimir Putin. La presa di posizione laconica è stata pronunciata mentre il presidente Xi è atteso a Mosca per una storica visita destinata a sancire l'alleanza tra le due potenze. 

08:40

Zelensky: "Il mandato di arresto per Putin è un puntodi svolta"

 Il mandato di arresto per il Presidente russo Vladimir Putin, emesso dalla corte penale internazionale dell'aia, è un "risultato giuridico internazionale veramente significativo" e "un punto di svolta". Lo ha detto il presidente ucraino Voldymyr Zelensky nel suo messaggio ieri notte.

08:47

Russia, Medvedev: "La decisione della Cpi su mandato di arresto a Putin avrà conseguenze mostruose per diritto internazionale"

Medvedev ha nuovamente attaccato la decisione della Corte penale internazionale (Cpi) di spiccare un mandato di arresto internazionale per il presidente Vladimir Putin per crimini di guerra con l'accusa di aver fatto deportare bambini ucraini nella Federazione. "Hanno deciso di processare un presidente di una potenza nucleare che non partecipa alla Cpi per gli stessi motivi degli Stati Uniti e di altri Paesi. Le conseguenze per il diritto internazionale saranno mostruose. Dopotutto, questo è il crollo delle fondamenta, dei principi del diritto", ha scritto l'attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo.

08:53

Ucraina, L'Isw: "Kiev ha buone possibilità per lanciare una controffensiva"

L'offensiva della Russia nel Donbass potrebbe avvicinarsi al suo apice e l'Ucraina "ha buone possibilitò per riprendere l'iniziativa e lanciare una controffensiva". Gli analisti dell'American Institute for the Study of War (ISW) sono giunti a questa conclusione. Secondo le loro stime, il ritmo delle operazioni offensive delle forze russe è rallentato nelle ultime settimane, e questo indica che l'offensiva di primavera della Russia nel Donbas potrebbe avvicinarsi al culmine. Nel frattempo, rileva il think thank Usa, le forze armate ucraine hanno probabilmente condotto un contrattacco locale a sud-ovest di Bakhmut, vicino all'insediamento di Ivanivske, allargando così il corridoio tra Bakhmut e altri territori controllati da Kiev nella regione di Donetsk. Inoltre, significative perdite di truppe russe nell'area di Vugledar indeboliscono seriamente il potenziale offensivo di Mosca nella regione di Donetsk.

08:56

La Cina ai giudici dell'Aia: "Evitare i doppi standard"

Pechino ha esortato i giudici della Corte penale internazionale (Cpi) a non applicare "due pesi e due misure", dopo il mandato di arresto internazionale spiccato nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, accusato di crimini di guerra per la deportazione di bambini ucraini.

09:17

Ucraina, Kiev: "Uccisi oltre 165mila soldati russi da inizio conflitto"

Lo stato maggiore delle forze armate di Kiev ha riferito che la Russia ha perso 165.610 soldati in Ucraina dall'inizio della sua invasione su vasta scala il 24 febbraio dello scorso anno. Nelle ultime 24 ore le vittime sono state 700. La Russia ha perso anche 3.537 carri armati, 6.869 veicoli corazzati da combattimento, 5.416 veicoli e serbatoi di carburante, 2.577 sistemi di artiglieria, 507 sistemi di razzi a lancio multiplo, 270 sistemi di difesa aerea, 305 aeroplani, 290 elicotteri, 2.160 droni e 18 imbarcazioni.

09:23

Ucraina, Gb: "Di recente progressi russi intorno ad Avdiivka"

La situazione per le forze ucraine a difesa di Avdiivka, a un centinaio di km da Bakhmut, è sempre più difficile: "Nelle ultime tre settimane, le forze russe hanno ottenuto progressi intorno alla città del Donbass" che "è ora in gran parte distrutta". Lo riporta il bollettino quotidiano dell'intelligence britannica sul conflitto in Ucraina, sottolineando che "le linee di rifornimento verso ovest" dei soldati ucraini "sono sempre più minacciate dall'operazione di accerchiamento russo".

09:26

Russia, Medvedev: "Si potrebbe tirare un missile sulla Corte penale internazionale"

 "È del tutto possibile immaginare l'uso mirato di un Onyx ipersonico dal Mare del Nord da una nave russa verso il tribunale dell'Aia". E' l'ultima provocazione lanciata su Telegram dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, dopo il mandato di arresto chiesto per Vladimir Putin dalla Corte penale internazionale dell'Aia. "Il tribunale è solo una miserabile organizzazione internazionale, non la popolazione di un paese della Nato", aggiunge sottolineando che, a suo dire, in questo scenario la guerra "non inizierebbe".

09:34

Russia, la garante per l'infanzia Lvova-Belova: "Nessun bimbo separato dai genitori"

 "Ad oggi, 380 orfani provenienti da nuove regioni della Russia hanno trovato una casa presso famiglie russe. Erano in istituti di assistenza. Nessuno è stato separato dai genitori". Lo ha dichiarato parlando a Soloviev, in diretta, Maria Lvova-Belova, la Garante per l'infanzia russa per la quale la Corte internazionale penale ha emesso un mandato di arresto (insieme con il presidente Putin) con l'accusa di deportazione di minori ucraini. "Se ci sono rappresentanti legali, faremo il possibile per riunire le famiglie", ha aggiunto spiegando che oggi 15 bambini evacuati in Russia si sono riuniti ai parenti ucraini.

10:10

Ucraina, Kiev: "Avdiivka e Kramatorsk sotto il fuoco russo"

Le forze russe hanno bombardato questa mattina la città ucraina di Avdiivka, nel Donetsk (est), dopo aver attaccato la notte scorsa la città di Kramatorsk, a un centinaio di chilometri a nord: lo ha reso noto su Telegram il capo dell'amministrazione militare regionale, Pavel Kirilenko, che ha parlato di danni alle case e nell'area dove sorge l'impianto chimico Avdiivka Coke and Chemical Plant (AKHZ). "Nel cuore della notte, i russi hanno lanciato un attacco missilistico su Kramatorsk, ci sono case danneggiate, ma secondo le informazioni preliminari, nessuna vittima", ha scritto Kirilenko aggiungendo che Avdiivka è stata colpita questa mattina dall'artiglieria e dai sistemi a lancio multiplo Grad di Mosca. "Ci sono danni su due strade e sul territorio dell'AKHZ", ha aggiunto il governatore. Si registrano, inoltre, attacchi russi a Bakhmut e Konstantinovka, dove una persona è rimasta ferita.

10:13

Vertice a Mosca, il Ft: "Xi chiamerà Zelensky dopo aver parlato con Putin"

Il presidente cinese Xi Jinping potrebbe chiamare il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky dopo i colloqui a Mosca con il leader del Cremlino Vladimir Putin. Lo scrive il Financial Times citando fonti ben informate secondo le quali "è probabile che il leader cinese chiami il presidente ucraino". E "Zelensky senza dubbio risponderà a quella chiamata", prosegue la fonte, sottolineando che "Xi ha un'enorme influenza su Putin". "Dopo un viaggio a Mosca, Xi potrebbe chiamare Zelensky", ha scritto il giornale citando una fonte a condizione di anonimato.

10:23

Russia, Xi atterra a Mosca. Peskov: "Putin lo informerà personalmente sulla posizione della Russia sulla guerra in Ucraina"

Il presidente cinese Xi Jinping è atterrato a Mosca. Il portavoce presidenziale Peskov ha garantito che Putin "in prima persona" darà a Xi Jinping una spiegazione della posizione della Federazione Russa sull'Ucraina.

10:33

Russia, Peskov: "Il Cremlino è tranquillo rispetto al mandato di cattura della Cpi"

Il Cremlino è tranquillo rispetto al mandato d'arresto internazionale spiccato dalla Corte penale internazionale (Cpi) contro il presidente russo Vladimir Putin. Lo ha affermato il portavoce Dmitri Peskov, sottolineando che "il presidente continua a lavorare". Mosca, ha aggiunto, "registra attentamente" simili "manifestazioni ostili contro il nostro Paese e il nostro presidente".

10:36

Ucraina, Borrell: "Senza accordo sulle munizioni saremo in difficoltà"

 "Nel pomeriggio avremo la riunione jumbo, insieme ai ministri della Difesa. I ministri degli Affari esteri e della Difesa insieme spero che arrivino alla conclusione dell'accordo per fornire munizioni all'Ucraina. Ci sono tre percorsi per fornire munizioni per circa 2 miliardi di euro, per permettere agli ucraini di difendersi. Spero che i ministri si impegnino in una discussione finale e raggiungano l'accordo, su quella che è una decisione molto importante, per questo pomeriggio. Altrimenti ci troveremo in difficoltà nel continuare a dare armi all'Ucraina". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio Affari esteri.

10:40

L'aereo di Xi atterra a Mosca: più di 100.000 persone hanno seguito la rotta su Flightradar

 L'aereo del presidente cinese Xi Jinping sarebbe atterrato a Mosca. Lo riporta Ria Novosti. Quello del leader cinese era al primo posto tra i voli più monitorati al mondo sul sito Flightradar. Più di 100mila persone hanno seguito il Boeing 747 di Air China.

10:44

Ucraina, Borrell: "La decisione dell'Aja su Putin è una svolta"

"La decisione della Corte Penale internazionale è una svolta: so che le autorità russe stanno diminuendo l'importanza, poiché la Russia non partecipa allo statuto di Roma. Ma vediamo le conseguenze pratiche: se Vladimir Putin viaggia in in uno degli oltre 130 Paesi firmatari, dovrebbe essere subito arrestato. Possiamo negoziare quel che si vuole ma questa decisione resta valida". Lo ha detto l'alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell arrivando al consiglio affari esteri-difesa.

11:04

Russia, Peskov: "Gli Usa impediscono la riduzione delle ostilità"

Il Cremlino ha accusato gli Stati Uniti di alimentare il conflitto in Ucraina nel giorno della visita di Stato a Mosca del presidente cinese, Xi Jinping. "Gli Stati Uniti restano sulle loro posizioni di continuare a provocare il conflitto, di ostacolare una riduzione dell'intensità delle ostilità e di continuare a inondare l'Ucraina di armi", ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, durante un punto stampa.

11:23

Xi scende dall'aereo a Mosca: "La Cina è pronta ad essere salvaguardare l'ordine mondiale insieme alla Russia"

"La Cina è pronta a salvaguardare l'ordine mondiale insieme alla Russia", con queste parole il leader cinese Xi Jinping ha inaugurato la sua attesa visita ufficiale a Mosca poco fa. Xi si è detto "fiducioso" che la visita sarà fruttuosa.

11:29

Ucraina, Francia: "Mosca attacca i civili, fornire munizioni a Kiev"

"La Russia continua la sua campagna di attacchi indiscriminati contro obiettivi civili e dunque dobbiamo continuare ad aiutare l'Ucraina a difendersi" e perciò "discuteremo della proposta dell'Alto rappresentante per l'utilizzo dell'European peace facility per accelerare la fornitura di munizioni all'Ucraina, consentire gli acquisti congiunti e rinforzare la capacità di produzione dell'Unione europea". Lo ha dichiarato la ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, al suo arrivo al Consiglio Ue Esteri.

11:42

 Xi, "la Cina e la Russia sono partner affidabili"

 "La Cina e la Russia sono buoni vicini e partner affidabili". Lo ha detto il presidente cinese Xi Jinping al sul arrivo a Mosca, citato dall'agenzia Ria Novosti.

11:46

 Xi, 'A Mosca per sviluppare interazione strategica'

Il presidente cinese Xi Jinping ha detto che durante la sua visita a Mosca sarà varato un piano "per lo sviluppo dell'interazione strategica e la cooperazione pratica" con la Russia. Lo riferisce Ria Novosti.

11:47

Ucraina, Zelensky: "La difesa dell'Ucraina garantirà la pace"

"Quando il popolo ucraino si difende, quando la forza della Carta delle Nazioni Unite e la forza della giustizia sono ripristinate sulla nostra terra, ciò garantirà la pace anche per molte altre parti del mondo". E' il messaggio postato su Telegram dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, mentre a Mosca è arrivato il presidente cinese Xi Jinping per colloqui con il leader russo Vladimir Putin.

11:59

 Xi, "con Russia pronti a salvaguardare ordine mondiale"

"La Cina è pronta, insieme con la Russia, a salvaguardare l'ordine mondiale basato sul diritto internazionale". Lo ha affermato il presidente cinese, Xi Jinping, arrivando a Mosca per una visita ufficiale che durerà fino a mercoledì. "La Cina e la Russia hanno relazioni di buon vicinato e sono reciprocamente partner affidabili", ha aggiunto Xi, secondo quanto riporta l'agenzia Tass.  La Cina, ha proseguito Xi, "è Cina è pronta con la Russia a sostenere risolutamente il sistema internazionale incentrato sulle Nazioni Unite, a difendere l'ordine mondiale basato sul diritto internazionale e le norme fondamentali delle relazioni internazionali basate sugli scopi e sui principi della Carta delle Nazioni Unite, a sostenere il vero multilateralismo, promuovere il multipolarismo nel mondo e democratizzare le relazioni internazionali, promuovere lo sviluppo della governance globale in una direzione più giusta e razionale". "Sono molto lieto di tornare, su invito del presidente Vladimir Putin, nella terra del nostro vicino per una visita di Stato. A nome del governo e del popolo cinese, esprimo sinceri saluti e auguri al governo e al popolo della Russia", ha aggiunto Xi, secondo quanto si legge sul sito dell'agenzia Tass. 

12:26

Cina: "Armi a Mosca? Usa smettano di soffiare sul fuoco"

"Gli Stati Uniti dovrebbero smettere soffiare sul fuoco" e "svolgere un ruolo costruttivo sulla crisi in Ucraina, non il contrario". Si è espresso così il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, nel giorno della visita del leader cinese Xi Jinping in Russia. "Non è la Cina, ma sono gli Usa - ha affermato secondo le dichiarazioni riportate dal Global Times - a fornire armi sul campo di battaglia del conflitto tra Russia e Ucraina".

12:42

Russia apre procedimento penale contro Cpi

La Russia ha avviato un procedimento penale contro il procuratore e i giudici della Corte penale internazionale, dopo che è stato emanato il mandato d'arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova, la commissaria per l'infanzia del governo russo.

12:56

Mosca, senza progressi stop intesa grano a maggio

Se non ci saranno progressi nell'attuazione dell'accordo per l'export del grano ucraino attraverso il Mar Nero, Mosca lo sospenderà il 18 maggio, allo scadere dei due mesi di estensione. E' l'avvertimento lanciato dal ministero degli Esteri russo. In particolare, nella nota, tra i temi sui quali le autorità russe vogliono vedere un avanzamento ci sono "la riconnessione di Rosselkhozbank al sistema Swift, la ripresa delle spedizioni e manutenzioni di macchine agricole e ricambi, l'abolizione dei vincoli assicurativi e riassicurativi nonchè la revoca del divieto di accesso ai porti, la ripresa dell'operatività del gasdotto Togliatti-Odessa e lo sblocco delle attività e conti esteri di società russe relative alla produzione e al trasporto di generi alimentari e fertilizzanti".

12:59

Putin, oggi Russia deve produrre quello che comprava ieri

L'obiettivo principale del nemico è scuotere dall'interno la società russa. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin parlando a una riunione al ministero dell'Interno. Putin ha affermato che "le provocazioni, le manifestazioni di strada illegali o ogni altro tentativo di creare sconvolgimento nella società deve essere represso". "La nostra economia deve affrontare molte sfide, inclusa la sostituzione delle importazioni. Lo facciamo ogni giorno. Quello che potevamo ancora comprare ieri, oggi dobbiamo produrlo da soli", ha detto Putin, secondo quanto riporta Ria Novosti.

13:08

Xi accolto a Mosca da vicepremier, ai colloqui anche Medvedev e Nabiullina

Da Dmitry Medvedev a Elvira Nabiullina, il Cremlino rende noto chi parteciperà agli incontri tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping. Il presidente cinese è arrivato stamani a Mosca, accolto all'aeroporto Vnukovo dal vicepremier Dmitry Chernyshenko, come evidenzia la Cnn. Intanto il Cremlino ha diffuso un elenco delle personalità russe che saranno presenti agli incontri di domani tra Putin e Xi, stando a quanto riporta l'agenzia Ria Novosti che cita il consigliere diplomatico del Cremlino, Yuri Ushakov. Tra i nomi - oltre a quelli del vice presidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa e della governatrice della Banca centrale - ci sono quelli dei ministri di Esteri e Difesa, Sergei Lavrov e Sergei Shoigu, dello stesso vicepremier Chernyshenko, del capo dell'agenzia spaziale Roscosmos, Yuri Borisov, e del direttore del Servizio federale per la cooperazione tecnico-militare, Dmitry Shugaev. Ai colloqui "in formato allargato", stando alla Ria Novosti, parteciperanno "anche sei vice premier", il consigliere presidenziale Maxim Oreshkin, i ministri per lo Sviluppo economico, Maxim Reshetnikov, dei Trasporti, Vitaly Savelyev, e delle Finanze, Anton Siluanov, e il direttore generale di Rosatom, Alexey Likhachev.

13:13

Putin: "Se non estendiamo accordo grano, lo invieremo gratuitamente all'Africa"

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha detto che se non estenderanno l'accordo sul grano la Russia lo invierà gratuitamente all'Africa. "La Russia sta aiutando i paesi africani con cibo ed energia", ha detto il presidente russo.

13:24

"Non è vero", il grido sullo sfondo del video di Putin a Mariupol 

"Non è vero! è tutto uno show". Il grido, con una voce di donna, si sente sullo sfondo del video propagandistico della visita del presidente russo Vladimir Putin ieri a Mariupol, diffuso dal servizio stampa del Cremlino e l'agenzia Ria Novosti. A farlo notare sono diversi canali Telegram russi e ucraini, racconta oggi il sito indipendente russo Meduza. Le parole della donna, che si sentono in lontananza, non sono chiarissime. Ma dopo il suo grido si vedono distintamente gli uomini della sicurezza che si guardano intorno e parlottano fra loro. Intanto Putin continua a parlare con un gruppetto di presunti abitanti. Secondo quanto scrive su Twitter Anton Gerashenko, consigliere del ministero dell'Interno ucraino, una delle agenzie stampa russe ha tagliato la scena, ma l'altra no.

13:28

 Kiev esorta Xi a usare influenza per fermare guerra

Kiev ha esortato il presidente cinese Xi Jinping, a Mosca per colloqui con il leader russo Vladimir Putin, a usare la sua l'influenza per fermare la guerra. "L'Ucraina sta seguendo da vicino la visita del presidente cinese in Russia. Ci aspettiamo che Pechino usi la sua influenza su Mosca per porre fine alla guerra aggressiva contro l'Ucraina", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko.

13:46

Putin: se accordo su grano non rinnovato, invieremo cereali gratis in Africa

Il presidente russo Vladimir Putin ha promesso lunedì di consegnare gratuitamente cereali all'Africa se l'accordo sulle esportazioni ucraine non sarà rinnovato entro due mesi, dopo la proroga annunciata sabato dal suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan. "Se alla fine decidiamo di non prorogare questo accordo entro 60 giorni, allora siamo pronti a consegnare gratuitamente dalla Russia tutto il volume che è stato destinato ultimamente ai Paesi più bisognosi dell'Africa", ha detto durante un discorso a Mosca ai funzionari africani.

13:53

Fonti, approvato il piano Ue da 2 mld per munizioni a Kiev

Il piano europeo per dare 2 miliardi di euro di munizioni all'Ucraina è stato approvato dal Consiglio Affari Esteri in corso a Bruxelles. Lo riportano fonti diplomatiche. Il Consiglio ha dato l'ok politico ma per i dettagli si continuerà a discutere in altri "gruppi di lavoro".

14:22

Putin, relazioni con Africa una priorità

Il raffrorzamento delle relazioni tra la Russia e l'Africa è un obiettivo chiave per il Cremlino. Lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin. "Consentitemi di sottolineare che il nostro Paese ha sempre dato - e continuerà a dare - priorità alla cooperazione con gli stati africani", ha detto Putin in un discorso televisivo durante una conferenza sulle relazioni russo-africane. La Russia è uno dei principali esportatori di armi in Africa.

14:33

Xi a Mosca: Casa Bianca, seguiamo visita molto da vicino

La Casa Bianca sta seguendo l'incontro a Mosca fra Vladimir Putin e Xi Jinping "molto, molto da vicino".

Lo ha detto alla Cnn il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, sottolineando che "un appello al cessate il fuoco in Ucraina in questo momento fondamentalmente ratificherebbe solo la conquista della Russia e darebbe a Putin più tempo per attrezzarsi, riqualificarsi e riavviare le operazioni in un momento e in un luogo di sua scelta".

14:36

Xi Jinping arrivato al Cremlino

Il leader cinese Xi Jinping è arrivato al Cremlino per l'incontro informale con Putin

14:39

Estonia, 1 milione di munizioni da 155mm a Kiev entro 1 anno

 "L'Ucraina ha bisogno di avere un milione di proiettili di artiglieria da 155mm entro un anno. L'accordo politico di oggi dimostra che se c'è la volontà si trova un modo. Ora tocca ai funzionari mettere a punto i dettagli, per noi è importante che l'Ucraina riceva aiuto il prima possibile". Lo ha detto Hanno Pevkur, Ministro della Difesa estone.

14:43

Xi-Putin, al via l'incontro

È cominciato al Cremlino un incontro informale faccia a faccia tra i presidenti russo Vladimir Putin e cinese Xi Jinping. Lo rende noto l'agenzia Ria Novosti. I colloqui continueranno durante una cena di lavoro.

14:45

Putin a Xi: la Cina ha fatto un grande balzo in avanti

"Siamo leggermente invidiosi del rapido sviluppo della Cina", ha detto il presidente russo Putin accogliendo il suo omologo cinese Xi Jinping al Cremlino. "In Cina sei riuscito a rendere più forte lo Stato. La Cina ha fatt un grande salto in avanti".

14:51

Russia, Putin: "Guardiamo con interesse alle proposte della cina per risolvere la crisi in Ucraina"

 "Guardiamo con interesse alle proposte della Cina per risolvere la crisi in Ucraina": lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin a quello cinese Xi Jinping all'inizio del loro incontro al Cremlino.

14:59

Xi: "Putin caro amico, nostri paesi abbiano rapporti stretti"

 Il presidente cinese Xi Jinping ha definito nell'incontro al Cremlino il presidente russo Putin "un caro amico". "I nostri paesi devono avere stretti rapporti", ha affermato Xi, come riporta Ria Novosti.

15:02

Putin a Xi: "Piano cinese fondato su principi di giustizia e diritto internazionali"

Nell'incontro con Xi Jinping oggi al Cremlino, Vladimir Putin ha affermato di aver letto attentamente le proposte della Cina per il superamento della crisi in Ucraina. "Sappiamo che procedi dai principi di giustizia e rispetto delle disposizioni fondamentali del diritto internazionale", ha detto Putin, secondo quanto ha riportato Ria Novosti.

15:15

Putin chiama Xi "caro amico" e si congratula 

"Caro signor presidente, caro amico, benvenuto in Russia, a Mosca. Sono lieto di avere l'opportunità di congratularmi personalmente per la rielezione a capo dello Stato cinese". Lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, all'inizio dell'incontro informale con il presidente cinese Xi Jinping al Cremlino, a Mosca, come riporta l'agenzia di stampa russa Ria Novosti. I due avranno poi un incontro formale domani.

15:24

Ucraina, la Casa Bianca: "Un appello per un cessate il fuoco non farebbe che ratificare l'occupazione russa"

 "Un appello per un cessate il fuoco in questo momento non farebbe che ratificare l'occupazione della Russia e darebbe a Putin più tempo per equipaggiarsi, prepararsi e ricominciare le operazioni in un momento e un luogo a sua scelta". Lo ha detto alla Cnn il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby nel primo giorno della visita del leader cinese Xi Jinping a Mosca, un viaggio che l'Amministrazione Biden "segue molto, molto attentamente". Gli Stati Uniti, ha detto, "respingerebbero" qualsiasi appello a un cessate il fuoco che possa scaturire dalla visita di Xi a Mosca. E, ha insistito, i rapporti tra Russia e Cina sono "un matrimonio d'interesse".

15:26

Russia, Xi: "Pronti a salvaguardare ordine globale"

 "La Cina è pronta, insieme con la Russia, a salvaguardare l'ordine mondiale basato sul diritto internazionale". Lo ha affermato il presidente cinese, Xi Jinping, arrivando a Mosca per una visita ufficiale che durerà fino a mercoledì. "La Cina e la Russia hanno relazioni di buon vicinato e sono reciprocamente partner affidabili", ha aggiunto Xi, secondo quanto riporta l'agenzia Tass

15:28

Xi a Putin: "Con te alle prossime presidenziali"

Nel corso del colloquio con Valdimir Putin a Mosca, il presidente cinese, Xi Jinping, si è detto "sicuro" che il popolo russo sosterrà il leader del Cremlino alle elezioni presidenziali del prossimo anno. "So che l'anno prossimo ci sarà un'altra elezione presidenziale nel tuo Paese. Grazie alla sua forte leadership, negli ultimi anni la Russia ha compiuto progressi significativi nel raggiungere la prosperità", ha detto Xi.

15:29

Usa, Casa Bianca: "Xi dovrebbe parlare al telefono con Zelensky"

"Se vai a Mosca e ti siedi per tre giorni allo stesso tavolo del presidente Putin e ascolti il suo punto di vista su una guerra che ha iniziato e che potrebbe finire oggi, dovresti come minimo alzare il telefono e parlare anche con il presidente Zelensky per avere il suo punto di vista", ha detto alla Cnn il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby, assicurando che la Casa Bianca sta seguendo l'incontro a Mosca fra Xi e Vladimir  Putin "molto, molto da vicino".

15:47

Ucraina, la russia cessa la rottamazione di armi sovietiche

 La Russia ha smesso la rottamazione di vecchie armi sovietiche dopo l'inizio dell'invasione in Ucraina nel febbraio 2024. Lo scrive Moscow Times, basandosi sull'esame dei contratti firmati dal ministero della difesa russa. Secondo fonti del sito, molte di queste vecchie armi vengono ora mandate al fronte, per sopperire alla mancanza di armamenti. Fra il 2024 e il 2022, il ministero ha speso 4,7 miliardi di rubli oltre 100 milioni di dollari) per smantellare armi e munizioni obsolete, compresi vecchi missili. Ma l'ultimo contratto, per la dismissione di proiettili d'artiglieria, risale al gennaio 2022, un mese prima dell'invasione.

16:04

Ucraina: "Grati all'Ue per fornitura munizioni d'artiglieria"

L'Ucraina ha salutato lo stanziamento di 2 miliardi di euro da parte dell'Ue per l'acquisto e la consegna di munizioni di artiglieria alle forze di Kiev come una "forte misura per la sicurezza europea". "Siamo grati all'Ue. Questa è una misura molto forte per proteggere la sicurezza europea", ha dichiarato su Twitter il capo dell'amministrazione presidenziale ucraina, Andrey Yermak.

16:07

Il leader della Wagner Progozhin: "La Wagner non sia esclusa dal coordinamento dell'esercito"

Il capo mercenario russo Yevgeny Prigozhin ha detto al ministro della Difesa Sergei Shoigu in una lettera pubblicata lunedì che l'esercito ucraino stava pianificando un'offensiva volta a tagliare le sue forze Wagner dal grosso delle truppe russe nell'Ucraina orientale. Nella lettera pubblicata dal suo servizio stampa, Prigozhin afferma che l'offensiva è prevista per la fine di marzo o l'inizio di aprile. Nel documento Prigozhin invita il ministro della Difesa a prendere tutte le misure necessarie affinchè la Wagner non sia tagliata fuori dall'esercito, perchè le conseguenze sarebbero gravi. 

16:11

La Cpi a Putin: "Se c'è verità rimpatri i bambini"

 "Se c'è un minimo di apparenza di verità" nell'argomentazione di Mosca secondo cui il trasferimento di bambini dall'Ucraina in Russia dall'inizio della guerra sarebbe stato deciso a loro tutela, allora quei bimbi adesso devono "essere rimpatriati, non dotati d'un passaporto straniero". È l'appello lanciato dal procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) Karim Khan alla conferenza di Londra fra i ministri della Giustizia dei circa 40 Paesi impegnati a sostenere le indagini della Cpi sui crimini imputati ai russi. Khan ha precisato che il mandato di arresto appena emesso contro Vladimir Putin non si prescriverà.

16:21

Ucraina, l'Ungheria non parteciperà all'invio delle munizioni

 L'Ungheria non parteciperà alla fornitura di munizioni all'Ucraina, ma non si opporrà al piano dell'Ue. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjrtó , in conferenza stampa a margine della riunione con i suoi omologhi dell'Ue. "Non forniamo munizioni all'Ucraina, ma non impediremo ad altri di fare ciò che vogliono in questo senso", ha spiegato il ministro, citato in un tweet da Zoltan Kovacs, portavoce del premier magiaro, Viktor Orban.

16:28

Ucraina, Von der Leyen: "Bene accordo su munizioni, aumentare la produzione"

"I soldati ucraini stanno dimostrando grande coraggio e tenacia ma hanno bisogno di munizioni. Accolgo con favore l'accordo odierno volto a consegnare 1 milione di munizioni nei prossimi 12 mesi. Lavoreremo con gli Stati membri per aumentare la produzione industriale della difesa nell'Unione europea da consegnare". Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, su Twitter.

16:31

Blinken, altri 350 milioni di aiuti militari a Kiev

Gli Stati Uniti stanno autorizzando un altro pacchetto di aiuti militari per l'Ucraina del valore di 350 milioni di dollari: lo ha annunciato il segretario di Stato americano Antony Blinken. "Questo pacchetto di assistenza militare include altre munizioni per gli Himars e Howitzers forniti dagli Stati Uniti che l'Ucraina sta usando per difendersi, così come munizioni per i veicoli di fanteria da combattimento Bradley, missili Harm, armi anticarro, imbarcazioni fluviali e altre attrezzature", ha spiegato.

16:41

Wagner, controlliamo il 70% di Bakhmut 

Il capo del gruppo russo di mercenari Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha assicurato che le sue forze controllano il 70% della città orientale ucraina di Bakhmut. "Al momento, le unità Wagner controllano circa il 70% della città di Bakhmut e stanno continuando le operazioni per completare la liberazione della città", ha scritto Prigozhin in una lettera aperta al ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu.

17:00

Borrell: "Daremo un milione di munizioni a Kiev, accordo storico"

Il capo della politica estera Ue saluta come "storico" l'accordo raggiunto oggi a Bruxelles per la fornitura di un milioni di munizioni a Kiev, deciso al consiglio Ue dei ministri degli Esteri. Si tratta di un piano da due miliardi. "Una decisione storica. In seguito alla mia proposta, gli Stati membri hanno convenuto di fornire un milione di munizioni d'artiglieria nei prossimi 12 mesi. Abbiamo un approccio in tre fasi: 1) un miliardo di euro per la consegna immediata. 2) un miliardo per un approvigionamento comune 2) la commissione aumenterà la capacità di produzione", ha twittato Borrell.

17:02

Blinken, visita Xi a Mosca ignora la decisione della Cpi

La visita di Xi Jinping a Mosca dopo il mandato d'arresto della corte penale internazionale dell'Aja suggerisce che la Cina non pensa che il Cremlino debba rispondere delle sue responsabilità per le atrocità in Ucraina: lo ha detto il segretario di stato Usa Antony Blinken.

17:15

 Tajani, "dare munizioni a Kiev, Parlamento sarà informato"

"Il tema è consegnare in fretta le munizioni all'Ucraina. Il governo italiano ha l'autorizzazione del Parlamento a dare materiale militare fino alla fine dell'anno e qualora si dovesse decidere di dare altro materiale bellico il Parlamento sarà informato attraverso il Copasir". Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Bruxelles.

17:43

Rapporto Usa, Mosca ha commesso atrocità e crimini di guerra

Il rapporto sui diritti umani realizzato quest'anno dal Dipartimento di Stato evidenzia i crimini di guerra e altre atrocità commesse dalla Russia in Ucraina che hanno provocato "massicce morti e distruzioni". E' quanto scrive il segretario di Stato americano Antony Blinken nella prefazione del documento. "Ci sono state segnalazioni credibili di esecuzioni sommarie, torture, stupri, attacchi indiscriminati e attacchi deliberati contro civili e infrastrutture civili da parte delle forze russe in Ucraina, che costituiscono tutti crimini di guerra. Il governo russo si è impegnato nella deportazione forzata di civili dall'Ucraina alla Russia, spesso a seguito di un processo di 'filtrazione' duro e abusivo, e ci sono state numerose segnalazioni di deportazioni forzate e adozioni di bambini dall'Ucraina", afferma il rapporto. Il documento viene pubblicato pochi giorni dopo che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato contro il presidente russo Vladimir Putin per un presunto piano di deportazione di "migliaia" di bambini ucraini in Russia. Il sistema politico autoritario della Russia è "dominato dal presidente Vladimir Putin", afferma il documento del dipartimento di Stato, che però non traccia collegamenti specifici tra Putin e i crimini di guerra commessi in Ucraina.

17:51

Norvegia consegna 8 Leopard

 Le Norvegia ha consegnato a Kiev otto tank Leopard 2, assieme a quattro veicoli di supporto. Lo ha annunciato il ministro norvegese dalla Difesa, citato da Ukarainska pravda. I tank sono stati portati con un aereo da trasporto An-124. La consegna è avvenuta mentre è ancora in corso il relativo addestramento dei carristi in Polonia. Oslo ha fornito anche fondi per l'acquisto di munizioni e parti di ricambio.

18:00

Ue, in settimana via a nuovi aiuti per Kiev da 1,5 mld

L'Unione europea è pronta ad erogare "questa settimana" una nuova tranche di aiuti da "1,5 miliardi di euro" per Kiev come parte del pacchetto di assistenza macrofinanziaria per il 2023 concordato a dicembre. Lo ha annunciato il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis in audizione al Parlamento europeo. Una prima tranche da 3 miliardi di euro era stata versata a gennaio. Tra i Paesi membri c'è "forte consenso sulla necessità di continuare a sostenere l'Ucraina anche attraverso l'assistenza macrofinanziaria", ha evidenziato Dombrovskis, ricordando che gli aiuti erogati lo scorso anno a Kiev ammontano a 7,5 miliardi.

18:19

Prigozhin scrive a Shoigu: "Kiev prepara l'offensiva, l'esercito ci aiuti" 

Il capo dei mercenari Wagner, Yevgeny Prigozhin ha scritto al ministro della Difesa russo Sergei Shoigu per vantare di avere il controllo del 70% di Bakhmut, ma anche per chiedere aiuto in vista dell'offensiva su vasta scala che stanno preparando gli ucraini. Pubblicata dal canale Telegram di Prigozhin, la lettera è ripresa anche dalla Tass.

"Attualmente, le unità della Wagner controllano circa il 70% di Bakhmut e continuano l'offensiva fino alla sua totale liberazione", scrive Prigozhin. "Secondo le informazioni disponibili, a fine marzo, primi di aprile, il nemico prevede di iniziare una offensiva su vasta scala", con il rischio che il gruppo Wagner venga separato dall'esercito russo, continua Prigozhin, chiedendo a Shoigu d prendere le misure necessarie impedire che ciò avvenga perché tale separazione avrebbe "conseguenze negative per l'operazione militare speciale".

18:40

Sostegno dei Paesi Ue alle indagini Cpi, l'Ungheria non firma

Ventisei Stati membri dell'Ue, con l'unica firma mancante dell'Ungheria, in una dichiarazione congiunta diffusa dalla presidenza svedese hanno espresso "supporto alla Corte Penale Internazionale e  alle indagini sulla situazione in Ucraina" in occasione della  conferenza dei ministri della Giustizia di circa 40 Paesi tenutasi a Londra sul dossier. "Gli Stati membri dell'Ue hanno annunciato un ulteriore sostegno finanziario e risorse umane aggiuntive per rafforzare il lavoro della Cpi e continueranno ad adoperarsi per garantire la responsabilità per i principali crimini internazionali commessi in Ucraina", si legge nel testo.

19:01

Cremlino: per Xi è pronto il gelato, ne va ghiotto

Il presidente russo Vladimir Putin tiene sempre pronto del gelato russo per il presidente cinese Xi Jinping. È quanto ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, a chi gli chiedeva se nella cena con fra Putin e Xi verrà offerto al leader cinese del gelato. "Sicuramente", è stata la risposta, come riporta l'agenzia di stampa russa Tass. "Il gelato è sempre pronto, visto che Xi Jinping lo ama molto", ha detto Peskov. Parlando del menu della cena di Stato, il portavoce del Cremlino ha promesso "cucina tradizionale russa".

19:13

Borrell: "Nessuna prova che la Cina fornisca armi a Mosca"

"Non ho abbastanza informazioni per commentare ciò che è stato deciso all'incontro" tra il presidente cinese, Xi Jinping e il presidente russo, Vladimir Putin, "ma quello che posso dire è che non ho nessuna prova del fatto che la Cina abbia fornito armi alla Russia. E non ho nessuna prova che pensi di farlo". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al termine del Consiglio Esteri. "Certo non possiamo indovinare quello che succederà domani. Però non ci sono prove. Se avesse fornito armi lo sapremmo perché le armi si usano. Non ci sono prove di sostegno militare né di piani per un sostegno", ha ribadito il capo della diplomazia Ue.

19:31

Concluso il colloquio Putin-Xi: è durato 4 ore e mezzo

È durato quattro ore e mezzo il colloquio nel pomeriggio a Mosca tra il presidente russo Vladimir Putin e Xi Jinping, nella prima giornata di visita del presidente cinese a Mosca. Lo ha fatto sapere il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. L'incontro era iniziato alle 16:36 ora di Mosca. Putin e Xi si sono incontrati al Cremlino per colloqui - definiti dall'agenzia russa Ria Novosti "informali e tete-a-tete". I due leader dovrebbero continuare parlare anche a cena. Ma la giornata-clou della visita di Xi sarà domani.

19:47

Casa Bianca: Putin vede in Xi una risorsa vitale perché la guerra va male

Vladimir Putin vede in Xi Jinping una "risorsa vitale" perché la guerra in Ucraina "sta andando male". È il giudizio del portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, John Kirby, per il quale Mosca e Pechino hanno inoltre un interesse comune a "sfidare" l'ordine internazionale sorto dopo la Seconda Guerra Mondiale. E tuttavia, ha aggiunto, Russia e Cina "non hanno alle spalle decenni di reciproca collaborazione e fiducia". Il loro, ha aggiunto è un "matrimonio di convenienza".

20:01

Casa Bianca, Putin a Mariupol? Speriamo abbia visto distruzione

Mariupol è lontana dai combattimenti e dalla linea del fronte, ma "speriamo" che Vladimir Putin "abbia visto la distruzione causata dal suo esercito". Lo ha detto il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, John Kirby, commentando la visita del presidente russo nella città ucraina occupata. Gli "unici combattimenti attivi" attualmente sono attorno a Bakhmut e gli ucraini "non mollano",  ha sottolineato Kirby rilevando che la guerra per la Russia "sta andando male".

20:28

Intelligence Kiev, nessuna prova che Cina invii armi a Mosca

Al momento non ci sono prove che la Cina stia fornendo armi alla Russia. Lo ha detto Andriy Yusov, un rappresentante dell'intelligence della difesa ucraina, citato dalla Cnn.

"Ci sono casi in cui il regime di Putin, la Federazione Russa, acquista droni, beni civili da fonti aperte e utilizza microchip da tali beni. Tuttavia, non è stata registrata alcuna prova di consegne di armi. L'Ucraina sta monitorando attentamente", ha detto Yusov. Secondo gli Stati Uniti e i loro alleati, la Cina starebbe valutando la possibilità di inviare armi alla Russia per il suo sforzo bellico in Ucraina, ma Pechino ha negato.

21:02

Caccia russi intercettano un B-52 a Kaliningrad

Ancora tensione nei cieli nelle zone del conflitto. Un B-52 ha sorvolato le zone sul confine di Kaliningrad, come già accade da giorni, ma stavolta è stato affiancato da caccia Sukhoi 35 russi, in una manovra di identificazione. I bombardieri sono già rientrati a Moron, in Spagna, non sembrano quindi esserci stati incidenti. Ma l'episodio rileva un momento di particolare gravità.

Putin, la donna lo contesta: "Tutto falso". Che fine ha fatto? Libero Quotidiano il 20 marzo 2023

Durante la visita di Vladimir Putin a Mariupol non è andato tutto liscio. Nel video ufficiale del viaggio del presidente russo si notano delle urla di una donna del posto, che poi sono state tagliate in un secondo momento. Mentre Putin conversava con alcuni residenti locali, una donna ha preso il coraggio in mano e si è fatta sentire chiaramente: “È tutto falso, è tutto uno spettacolo”. 

Ad oggi nessuno sa che fine abbia fatto questa persona, di certo c’è che gli agenti del Fso si sono subito girati per vedere chi fosse la contestatrice. Se un episodio del genere fosse accaduto a Mosca, la donna sarebbe stata come minimo arrestata all’istante. Stando a quanto riporta Ukrainska Pravda, il video incriminato è stato pubblicato anche sul sito del Cremlino, che ha poi rimediato all’errore eliminando la parte in cui si sentiva la donna urlare contro Putin. 

A proposito del viaggio a Mariupol, dagli Stati Uniti è intervenuto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby: “Putin era lontano dalle prime linee dei combattimenti. È stata una comoda scusa per lui per andare prima della visita di Xi Jinping per dimostrare che è ancora il comandante in capo, che è ancora al comando e che i suoi militari hanno ancora in mano i territori occupati all'interno dell’Ucraina. Non c'è dubbio che possa vedere di persona quanto male stiano effettivamente facendo i suoi militari, lì dove si stanno effettivamente svolgendo i combattimenti". 

Putin, il racconto di quest'uomo: "È entrato in casa mia. E mi ha detto..." Daniele Dell'Orco su Libero Quotidiano il 20 marzo 2023

Vista l’ora, la piccola tavola del trilocale al piano terra del microdistretto Nevsky, uno di quelli nuovi di zecca che stanno cambiando il volto della città martire di Mariupol, è imbandita del necessario per una cena frugale tra due settantenni: Nikolai e sua moglie. Di spazio per aggiungere un posto però ce ne sarebbe, specie se l’inviato improvvisato si chiama Vladimir Putin. Sabato, intorno alle 7, il presidente russo si è palesato in città, per la prima volta in assoluto nella zona di quella che il Cremlino chiama ancora “operazione militare speciale”. Senza il solito mega codazzo di auto al seguito (la delegazione era di “sole” sei), senza sirene spiegate e soprattutto senza essere annunciato («l’incontro non era in programma», ha detto il portavoce Dmitry Peskov), Putin di ritorno dalla Crimea in occasione dell’anniversario dall’annessione unilaterale alla Russia è atterrato in elicottero in Donbass e si è messo alla guida di un suv girando per la città come un cittadino comune.

Insieme al vice primo ministro Marat Khusnullin, Putin ha visitato il Palazzo della Filarmonica restaurato, l’aeroporto che nei piani russi dovrà diventare internazionale nel giro di due anni, la zona dello yatch club, alcuni hotspot divenuti tristemente noti durante la battaglia per la città come il Teatro d’arte drammatica (ancora ignoto il conto esatto dei civili che hanno perso la vita al suo interno a seguito di quello che l’Ucraina e alcune organizzazioni umanitarie ritengono essere stato un bombardamento aereo russo mentre i russi dicono si sia trattato di una esplosione di materiale bellico), infine il microdistretto composto da decine di nuovi palazzi che ospitano circa 2500 tra le persone rimaste senza un tetto (i posti letto totali sono almemo il triplo, in via di assegnazione man mano che le persone tornano a ripopolare la città che ora conta 230mila abitanti, molti rispetto a pochi mesi fa ma comunque la metà del pre-24 febbraio). Qui, ha incontrato alcuni increduli residenti. Una donna tiene le mani giunte come stesse assistendo ad una apparizione mariana. Un uomo gli stringe la mano dicendo: «Questa sì che è una sorpresa». Un anziano si presenta: «L’ho sempre vista solo in tv». Putin risponde: «Dobbiamo iniziare a conoscerci meglio allora».

LE ACCUSE

L’anziano è Nikolai. Libero l’ha incontrato. Quando gli chiediamo quale fosse stata la prima cosa detta a Putin, risponde: «Che abbiamo la stessa età, 70 anni, ma che io ho perso tutto». E lui? «Mi ha detto “ora hai tutto ciò che occorre”». Nel video circolato sul web che qualcuno sostiene non sia mai stato girato per davvero, Nikolai invita Putin ad entrare in casa per vedere l’appartamento costruito dalle imprese russe e “donato” alla Repubblica di Donetsk: «Ci espanderemo», chiosa Putin. Mariupol, nell’ottica del Cremlino, dovrà diventare un gioiello sul Mar d’Azov. I cantieri sono centinaia. Dopo sei mesi almeno 300 tra gli edifici più devastati sono stati demoliti e microdistretti come quello di Nikolai stanno sorgendo a poca distanza l’uno dall’altro. Molti altri stabili vengono invece sistemati senza bisogno della demolizione. La vecchia abitazione di Nikolai non è stata tra le fortunate.

Prima di mostrarci l’enorme cratere rimasto al suo posto, a pochi passi dell’acciaieria Ilycha dove ha lavorato per tutta la vita, viene ammonito da sua moglie: «Stai parlando troppo, non sai dove andranno a finire questi video». In un certo senso, la carrambata di un Putin in versione Papa Francesco (che poi ha proseguito il suo viaggio in elicottero verso Rostov dove ha incontrato Gerasimov, Surovikin e gli altri vertici militari) non è stata una benedizione per tutti. Una delle donne presenti si nasconde perché ha ricevuto una valanga di insulti dai suoi ex vicini fuggiti nel resto dell’Ucraina. Lo stesso Nikolai è stato accusato di essere un “venduto”, alcuni parenti sono stati minacciati da abitanti di Mariupol che ora vivono in Polonia: «Ma io non ho fatto niente di male dice - Sono nato quando Donetsk si chiamava ancora Stalino [la ribattezzò Khrushchev nel 1961 durante la destalinizzazione, NdR], quest’odio non è nato per volontà mia. Mi hanno dato un tetto sulla testa, cosa avrei dovuto fare? Non ho niente di cui aver paura». Mariupol si sta rivestendo a festa con i miliardi russi, ma le sue ferite non si rimargineranno tanto presto. 

Una Tari anti-drone. La propaganda del Cremlino porta i sistemi difensivi dentro le città (ma ai russi non piace). Michelangelo Freyrie il 22 Marzo 2023 su L’Inkiesta.

Per convincere il Paese a sopportare un conflitto a oltranza, Putin deve presentare la guerra come una minaccia esistenziale. Ma la decisione di installare gli S-400 sui tetti degli edifici ha generato soprattutto irritazione: un segnale che l’invasione sta erodendo la già debole impalcatura sociale

È strano che in un Paese nei cui cimiteri sono sorte decine di migliaia di croci la gente si arrabbi per l’installazione di poche decine di sistemi antiaerei. È infatti da qualche mese a Mosca e altre grandi città sono spuntate discrete postazioni per la difesa dello spazio aereo, e spesso queste nuove apparizioni sono accompagnate da malumori e timide proteste sui social.

Eppure, la cosa non dovrebbe essere poi chissà quanto sconvolgente. Si tratta soprattutto di missili a lunga gittata S-400 e sistemi per la difesa ravvicinata Pantsir S-1, posizionati in cima a edifici governativi e in spazi abbandonati. Non si tratta certo di un fatto inconsueto per un Paese in guerra, soprattutto considerato che le forze di Kyjiv riescono regolarmente a colpire obiettivi militari sul territorio russo.

Quello che però colpisce è quanto scalpore abbia generato l’apparizione di questi sistemi, seppur con la cautela necessaria e con la consapevolezza di quanto si rischi a criticare le forze armate. A gennaio, il Moscow Times ha intervistato diversi cittadini della capitale preoccupati per la mancanza di comunicazioni ufficiali da parte del governo e snervati dal fatto che una guerra in teoria lontana e compulsivamente ignorata nel quotidiano si sia manifestata sotto gli occhi di tutti.

Una Tari anti-drone

L’apoteosi della polemica è stata però raggiunta a Bryansk, a centoventi chilometri dal confine russo-ucraino. Qui un politico locale ha addirittura suggerito di «normalizzare» la presenza di sistemi, mettendo sul proprio sito la proposta di finanziare la manutenzione dei sistemi antiaerei tramite una tassa regionale. Il servizio stampa del consiglio regionale ha smentito, sostenendo che la pubblicazione è stata frutto di un attacco hacker: fatto sta che l’idea di una Tari antiaerea è stata brevemente ritenuta un’iniziativa credibile.

Tralasciando gli atteggiamenti più grotteschi della classe politica russa, ciò che sorprende è quanto il Cremlino si sia mostrato cauto nel pubblicizzare l’installazione dei S-400 e Pantsir in giro per il Paese. La leadership russa sembra indecisa fra due registri da adottare.

Innanzitutto, è oggettivo che le forze ucraine siano riuscite a penetrare uno spazio aereo precedentemente ritenuto inviolabile. Un obiettivo privilegiato è l’oblast di Belgorod che, come tutte le regioni al confine con l’Ucraina, ospita molte basi logistiche e caserme dove le truppe di invasione si riorganizzano e addestrano le nuove reclute. Tuttavia, questo inverno gli ucraini sono riusciti a colpire anche gli aeroporti militari di Ryzan e Saratov, a seicento chilometri dalla frontiera. Anche in altre città della Federazione Russa sono avvenuti atti di sabotaggio, si pensa utilizzando droni lanciati da piccoli commandos infiltrati nel territorio russo.

Paura o indifferenza?

Tutto ciò ovviamente non fa onore a una sedicente superpotenza militare. D’altro canto, le autorità sembrano fare di tutto per amplificare singoli episodi e segnalare con allarmismo eventi in realtà piuttosto ambigui. Va infatti notato che molte delle esplosioni e incendi avvenuti in depositi di munizioni sparsi per la Russia, spesso ricondotti a una presunta campagna di sabotaggio ucraina, sia verosimilmente frutto di incidenti e incuria da parte delle stesse truppe. Si tratterebbe di un problema riconducibile più alla negligenza degli ufficiali della logistica e alla mancanza di manutenzione delle basi che ad atti ostili. I dubbi abbondano anche per quel che riguarda le accuse mosse dal governatore della regione di Mosca e dal ministero della Difesa contro Kyjiv, che recentemente sarebbe addirittura riuscita a operare droni da combattimento nei pressi della capitale russa.

Combinando questo alla retorica di Vladimir Putin, che parla dell’Ucraina come di uno Stato che rappresenta una «minaccia esistenziale» per la Russia, la domanda sorge spontanea: quale emozione devono provare i cittadini russi, paura o indifferenza? Ha senso evocare uno spirito da “Grande guerra patriottica”, nel quale tutti i russi sono coinvolti in un conflitto senza quartiere che arriva fino a dentro le città? E soprattutto, è pensabile quando si parla ancora di una “operazione speciale” sostenuta da una mobilitazione solamente parziale?

Grande guerra patriottica soft

In un contesto come quello russo, dove il flusso di informazioni è accuratamente sorvegliato dal regime ma nel quale diversi potentati competono per far prevalere una narrativa a loro più congeniale, queste sono domande a cui è difficile rispondere. Gli ultranazionalisti, i parvenus come Evgenij Prigozhin, Ramzan Kadyrov, le forze armate, i tecnocrati dei ministeri, i governatori, i leader aziendali, la Duma: ognuno parla della guerra, e quindi del proprio ruolo all’interno di essa, con una narrazione compatibile con i propri interessi politici.

Nel complesso, l’immagine che ne esce è di un Paese nel quale la guerra è diventata una sorta di nuova routine, un principio organizzativo della vita pubblica che fonda il proprio nuovo contratto sociale sullo sforzo bellico. Ciò è diverso dall’approccio inizialmente adottato dal Cremlino, che dipingeva “l’operazione speciale” come qualcosa di lontano, un equivalente russo di quello che la guerra in Afghanistan o in Iraq è stato per l’Occidente: un tema importante, ma che in ultima analisi non tocca la quotidianità domestica.

Che la guerra in Ucraina abbia assunto una dimensione più totalizzante nella retorica governativa non significa però che il regime abbia adottato la linea del «lacrime e sangue», di un eroico scontro nel quale ognuno è chiamato a fare sacrifici. Il tono è piuttosto quello di una Guerra patriottica soft, con tutta la sua enfasi retorica ma nessuno dei suoi aspetti più drammatici. Non a caso, Putin è molto attento a sottolineare iniziative come un welfare espanso per gli operai delle fabbriche costrette a lavorare su tre turni.

Apatia e guerra totale

In generale, l’intera classe politica tende a rappresentare la guerra come un grande progetto politico nazionale che non avrà né costi per la collettività, né richiederà una presa di coscienza da parte del popolo (l’eccezione sono i rappresentati locali, che effettivamente si trovano a toccare con mano le conseguenze delle decisioni di Mosca). Decenni di apatia ideologica indotta dalle autorità per impedire la formazione di una base politica opposta a Putin non si possono cancellare in pochi mesi. Non esiste ad oggi un collante valoriale, sociale, partitico che permetterebbe di sostenere i contraccolpi di una guerra pesantemente sentita anche sul fronte domestico.

L’unico modo con cui il Cremlino può manovrare il pubblico in un conflitto a oltranza senza che il corpo sociale si sfaldi è presentare la guerra come un fatto esterno, come può essere una catastrofe naturale o una pandemia: qualcosa di astratto, sottaciuto nel quotidiano e confinato a una politica che il russo medio percepisce solamente come uno dei tanti spettacoli televisivi in onda in prima serata.

Presumibilmente, è per questo è che l’apparizione di sistemi antiaerei nelle città sia stato accolto con tanta irritazione. Sono dimostrazioni tangibili che il conflitto è qualcosa di concreto, che ormai pervade la vita pubblica del Paese e che lentamente ne avvelena la società. È possibile che questo impedirà alla Russia di prendere decisioni improvvise per quel che riguarda la mobilitazione, al netto di eventi catastrofici come la liberazione di Kharkiv l’anno scorso. Il governo continuerà ad alzare gradualmente la temperatura dell’acqua nel quale languisce la società russa, dissolvendo progressivamente la pace civile fino al giorno in cui la Russia si sveglierà nell’acqua bollente di una guerra totale.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 21 marzo.

La Repubblica. Accordo Ucraina-Fmi su piano aiuti da 15,6 miliardi

La visita del presidente cinese a Mosca prosegue. Il premier giapponese nella capitale ucraina. Missili di Mosca distrutti in Crimea. Fonti Kiev: "Si lavora per organizzare una telefonata Zelensky-Xi. Ma nulla è programmato"

La visita di Xi a Mosca - che durerà ancora oggi e domani - non sembra destinata a segnare una svolta per l'Ucraina. Gli Usa restano scettici sul ruolo di Xi Jinping come 'peacemaker'. Se la Cina lancerà un appello per un cessate il fuoco, Kiev dovrebbe respingerlo perché "ratificherebbe ciò che i russi sono stati in grado di  conquistare", è la posizione di Washington. Intanto ancora tensione nei cieli tra Russia e Stati Uniti. Mosca annuncia di aver inviato un cacciabombardiere Su-35 nella regione del Mar Baltico dopo aver rilevato due bombardieri strategici americani B-52H in grado di trasportare bombe nucleari. Mentre Kiev parla della distruzione di missili russi in Crimea. Sul fronte diplomatico, viaggio a Kiev del primo ministro giapponese Fumio Kishida.

 Punti chiave

20:33

Casa Bianca, Cina-Russia vorrebbero mondo con loro regole

16:47

Putin, piano Cina per Ucraina può essere base accordo pace  

16:37

Conclusi colloqui Putin-Xi, accordo cooperazione economica

12:31

Ucraina, l'Ue ha versato nuovi aiuti per 1,5 miliardi

11:46

Ucraina, Kiev: "Respinto tentativo delle truppe ruse di raggiungere il centro di Bakhmut"

11:32

Ucraina, Cina: "Mai fornite armi alle parti in conflitto"

11:22

Xi invita Putin in Cina

10:20

Cina: la Russia è aperta a colloqui di pace

10:05

Mosca: intercettati 2 bombardieri Usa sul Mar Baltico

04:10

Viaggio a Kiev del premier giapponese Kishida

00:39

Kiev: "Distrutti missili russi in Crimea"

00:00

Caccia russi intercettano un B-52 a Kaliningrad

00:00

Caccia russi intercettano un B-52 a Kaliningrad

Ancora tensione nei cieli nelle zone del conflitto. Un B-52 ha sorvolato le zone sul confine di Kaliningrad, come già accade da giorni, ma stavolta è stato affiancato da caccia Sukhoi 35 russi, in una manovra di identificazione. I bombardieri sono già rientrati a Moron, in Spagna, non sembrano quindi esserci stati incidenti. Ma l'episodio rileva un momento di particolare gravità.

00:09

Zelensky: "Il piano Ue sulle munizioni ci dà fiducia"

"Il piano dell'Ue che accelera la fornitura di munizioni all'Ucraina ci dà fiducia". Lo ha detto nel suo consueto discorso serale il presidente Volodymyr Zelensky: "La decisione vale due miliardi di euro. Prevede sia la consegna immediata che la produzione di munizioni. È una mossa strategica. Ci dà fiducia nella nostra unità, nell'immutabilità dei progressi verso la vittoria. Sono grato a tutti i nostri partner in Europa. A tutti coloro che sono veramente impegnati a rendere l'Europa forte e libera".

00:39

Kiev: "Distrutti missili russi in Crimea"

Il ministero della Difesa ucraino ha dichiarato, su Telegram, che un'esplosione nella città di Dzhankoi, nel nord della Crimea, ha portato alla distruzione di missili da crociera russi destinati alla flotta russa nel Mar Nero. "Un'esplosione nella città di Dzhankoi, nel nord della Crimea temporaneamente occupata - si legge - ha distrutto i missili da crociera russi Kalibr mentre venivano trasportati su treni a rotaia". I missili, progettati per essere lanciati dalle navi della flotta russa del Mar Nero, hanno una gittata operativa di oltre 2.500 chilometri (1.550 miglia) sulla terraferma e di circa 375 chilometri in mare.

02:15

Attacco russo nell'oblast di Sumy

Le forze armate russe hanno lanciato attacchi contro tre centri nell'oblast di Sumy. A riportarlo è l'amministrazione regionale. Non ci sono ancora notizie sulle vittime.

04:10

Viaggio a Kiev del premier giapponese Kishida

Il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, visiterà oggi l'Ucraina. "È raro" sottolinea in particolare Kyodo News "che un leader giapponese compia un viaggio di questa rilevanza, senza preavviso, in un Paese straniero". L'emittente pubblica giapponese NHK ha mostrato Kishida a bordo di un treno proveniente dalla Polonia e diretto a Kiev. Il viaggio a sorpresa del leader nipponico arriva poche ore dopo l'incontro con l'omologo indiano, Narendra Modi, a Nuova Delhi. Kishida era l'unico leader del G7 a non aver ancora visitato l'Ucraina.

06:17

Kiev non rivendica la distruzione dei missili in Crimea

Il ministero della Difesa ucraino ha dato la notizia dei missili da crociera russi destinati alla flotta moscovita del Mar Nero distrutti in Crimea ma non ha rivendicato l'azione. Se confermata, l'esplosione potrebbe rappresentare un raro attacco delle forze ucraine nel cuore di un territorio annesso illegalmente alla Russia nel 2014. Vicino a Dzhankoi si trova una base aerea militare russa e funzionari ucraini hanno a lungo affermato che si tratta della più grande base militare russa in Crimea.

08:51

Olaf Scholz: "La guerra sarà ancora lunga"

Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ritiene che la guerra in Ucraina potrebbe durare a lungo. Lo ha detto lui stesso a un evento organizzato dal Rheinische Post che si è tenuto a Duesseldorf lunedì sera. "Dobbiamo essere pronti a pensare che può durare a lungo. Anche quando la guerra sarà finita, non sarà tutto subito normale. Ma non dobbiamo nemmeno smettere di impegnarci per garantire la fine della guerra", ha dichiarato Scholz, come riferisce lo stesso Rheinische Post. "Dovremmo renderci conto che questa terribile guerra di aggressione e le sue conseguenze ci occuperanno per molto tempo ancora", ha ribadito Scholz.Per Scholz, condizione preliminare per una pace giusta è che la Russia inizi a ritirare le truppe. Il cancelliere, prosegue il Rheinisce Post, ha insistito sulla necessità di ripristinare un ordine di pace e sicurezza funzionante, evidenziando come principio centrale che "i confini non si spostano con la forza".

09:19

Mosca vuole una riunione del Consiglio di sicurezza Onu sulla situiazione dei bambini ucraini portati in Russia

La Russia prevede di tenere una riunione informale del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite all'inizio di aprile su quella che dice essere "la reale situazione" dei bambini ucraini portati in Russia. Lo riporta l'Associated Press. La vicenda è al centro dell'attenzione in seguito all'emissione di un mandato di arresto della Corte penale internazionale nei confronti del presidente russo Vladimir Putin per crimini di guerra legati al trasferimento dei piccoli. L'ambasciatore russo alle Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, ha dichiarato in una conferenza stampa che la Russia ha pianificato la riunione del Consiglio di Sicurezza molto prima dell'annuncio di venerdì da parte della Corte penale internazionale. La Russia avrà la presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza ad aprile. La Corte penale internazionale ha detto che chiede l'arresto di Putin perchè "è presumibilmente responsabile del crimine di guerra della deportazione illegale di (bambini) e del trasferimento illegale di (bambini) dalle aree occupate dell'Ucraina alla Federazione Russa". 

09:56

Xi Jinping: "La Cina e la Russia partner strategici"

Il presidente cinese Xi Jinping nel secondo giorno di visita a Mosca ha detto che la "Cina e la Russia sono partner strategici e grandi potenze vicine".

Il corteo delle auto della delegazione cinese lascia il Soluxe Hotel a Mosca per portare Xi Jinping al secondo giorno di incontri nella capitale russa (ansa)

10:05

Mosca: intercettati 2 bombardieri Usa sul Mar Baltico

Il ministero della Difesa di Mosca ha reso noto che ieri un suo caccia Su-35 ha intercettato sul Mar Baltico due bombardieri strategici B-52H Usa che volavano in direzione del confine russo: il jet è rientrato dopo che i bombardieri si sono allontanati. Lo riporta Interfax. L'episodio segue l'abbattimento il 14 marzo di un drone Usa nel Mar Nero dopo essere stato intercettato da caccia russi. Mosca ha dichiarato che il volo del Su-35 è stato rigorosamente in linea con le regole internazionali sull'uso dello spazio aereo. "Non è stata consentita alcuna violazione" del confine di Stato della Russia, ha sottolineato.

10:17

Cina: "Premier giapponese a Kiev? Aiuti a raffreddare non a infiammare"

La Cina esprime la speranza che il viaggio del premier giapponese Fumio Kishida a Kiev serva a "raffreddare la situazione" e "non al contrario". Lo ha detto il portavoce degli Esteri cinese, Wang Wenbin, aggiungendo che la comunità internazionale deve "mantenersi nella direzione giusta per la ricerca della pace" e deve "promuovere dialoghi che creino le condizioni necessarie per una soluzione politica alla crisi in Ucraina".

10:20

Cina: la Russia è aperta a colloqui di pace

I contatti di Pechino con la Russia contribuiranno a portare pace. È quanto ha detto a Pechino Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese. "La Russia ha studiato attentamente il documento di posizione della Cina sulla soluzione politica della questione ucraina ed è aperta a colloqui di pace", ha detto il portavoce, aggiungendo che "il presidente Putin ha dichiarato che la Russia apprezza la posizione coerente della Cina di sostenere l'equità, l'obiettività e l'equilibrio sulle principali questioni internazionali".

10:35

Xi: "La nostra partnership con la Russia resta la priorità"

Il presidente cinese, Xi Jinping, nel corso del suo incontro con il premier russo Mikhail Mishustin, ha assicurato che il nuovo premier cinese Li Qiang "continuerà a dare priorità alla partnership strategica a tutto tondo fra Cina e Russia". Lo riporta l'agenzia di stampa russa Ria Novosti. "Darà priorità anche a stabilire contatti di lavoro stretti" con il premier russo, ha aggiunto Xi, chiedendo di proseguire con la tradizione di incontri regolari tra i capi di governo dei due Paesi.

10:55

Cina: "Manteniamo comunicazione con tutte le parti"

La Cina dichiara di mantenere la comunicazione con tutte le parti sulla guerra in Ucraina. In risposta a una serie di domande sul conflitto, il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, ha sottolineato che la Cina "continuerà a mantenere una posizione obiettiva ed equa e collaborerà con la comunità internazionale per svolgere un ruolo costruttivo nella soluzione politica della crisi ucraina".

La Cina ha una posizione "sempre chiara" sulla crisi ucraina, e "mantiene la comunicazione con tutte le parti", ha aggiunto il portavoce, senza citare direttamente un possibile colloquio tra il presidente cinese, Xi Jinping, e il 11:12

Cremlino: Putin e Xi parleranno ai media ma senza domande

Il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Xi Jinping parleranno ai media dopo il loro nuovo colloquio oggi pomeriggio e dopo avere firmato alcuni accordi, ma non risponderanno ad alcuna domanda. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dall'agenzia Interfax.

Successivamente è in programma una cena di Stato in onore del presidente cinese, che sarà seguita in tarda serata da alcune riunioni interne dello stesso Putin con suoi collaboratori.

presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che sarebbe il primo dall'inizio del conflitto.

11:22

Xi invita Putin in Cina

Secondo i media di Stato cinesi, il presidente Xi Jinping ha invitato il leader russo Vladimir Putin in Cina per il terzo forum sulla Nuova via della Seta

11:32

Ucraina, Cina: "Mai fornite armi alle parti in conflitto"

 La Cina "non è né creatrice né parte della crisi in Ucraina, né ha fornito armi ad alcuna delle due parti in conflitto". Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, rispondendo alle critiche del segretario di Stato americano Antony Blinken sulla copertura diplomatica data da Pechino a Mosca, ha detto che "gli Usa non sono qualificati per puntare il dito contro la Cina, figuriamoci incolparla". Inoltre, ha aggiunto Wang nel briefing quotidiano, "dicono di voler mantenere la pace, ma la gente non vede alcun passo effettivo", mentre "quello che vedono tutti è che gli Usa continuano a fornire armi al campo di battaglia".

11:46

Ucraina, Kiev: "Respinto tentativo delle truppe ruse di raggiungere il centro di Bakhmut"

Le forze ucraine hanno respinto i tentativi russi di avanzare nel centro della piccola città orientale di Bakhmut, ha detto martedì un alto generale ucraino. La battaglia che dura da mesi per Bakhmut è diventata una delle più sanguinose della guerra russa in Ucraina. "I gruppi d'assalto del nemico stanno cercando di avanzare dalla periferia al centro della città, ma le nostre forze di difesa lavorano e li distruggono 24 ore su 24, 7 giorni su 7", ha scritto Oleksandr Syrskyi, il comandante delle forze di terra ucraine, su Telegram. 

11:51

Il premier giapponese Kishida arriva a Kiev

 Il primo ministro giapponese Fumio Kishida è arrivato a Kiev in treno dalla Polonia. Secondo un video trasmesso dalla televisione pubblica giapponese, il primo ministro giapponese è stato accolto al terminal ferroviario di Kiev dal primo vice ministro degli Esteri ucraino Emine Japarova.

12:10

Ucraina, Cina: "La Russia è aperta a colloqui di pace"

Dopo la visita del presidente cinese Xi Jinping in Russia, i contatti di Pechino con Mosca contribuiranno a portare la pace. Il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, nel briefing quotidiano, ha detto che "la Russia ha studiato con attenzione il documento di posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi in Ucraina ed è aperta a colloqui di pace". Il presidente Vladimir Putin ha riferito che "la Russia apprezza la posizione coerente della Cina di sostenere equità, obiettività ed equilibrio sulle principali questioni internazionali. La Cina continuerà a fare delle relazioni sino-russe una priorità"

12:17

Ucraina, il rappresentante italiano all'Onu: "Pieno appoggio di Roma a indagini del Cpi"

L'Italia ha espresso oggi pieno appoggio alle indagini del Procuratore della Corte Penale Internazionale, della Commissione d'Inchiesta dell'Onu e alle altre iniziative per l'accertamento delle responsabilità delle violazioni dei diritti umani, del diritto umanitario internazionale e sui crimini ad esse correlati in Ucraina, dopo l'aggressione russa. Lo ha detto oggi a Ginevra il  Rappresentante Permanente d'Italia presso le Nazioni Unite e le altre Organizzazioni Internazionali a Ginevra, Ambasciatore Vincenzo Grassi.

12:31

Ucraina, l'Ue ha versato nuovi aiuti per 1,5 miliardi

La Commissione europea ha versato oggi all'Ucraina una seconda rata di 1,5 miliardi di euro nell'ambito del pacchetto di assistenza macrofinanziaria fino a 18 miliardi di euro. Il sostegno, ricorda in una nota, aiuterà l'Ucraina a continuare a pagare stipendi e pensioni e a mantenere in funzione i servizi pubblici essenziali, come ospedali, scuole e alloggi per le persone trasferite. Consentirà poi all'Ucraina di garantire la stabilità macroeconomica e di ripristinare le infrastrutture critiche distrutte, come quelle energetiche, i sistemi idrici, le reti di trasporto, le strade e i ponti.

12:45

Russia, Mosca: "Attacco droni ucraini a una stazione di petrolio a Bryansk"

Le forze ucraine hanno attaccato con droni una stazione di pompaggio del petrolio nella regione russa di Bryansk, vicino al confine con l'Ucraina. Lo ha reso noto sul suo canale Telegram il governatore della regione, aggiungendo che non sono segnalate vittime.

12:50

Muratov, "Arresti durante visita Xi. Spero che Mosca e Pechino non collaborino su diritti umani"

"Un attivista per i diritti umani è stato arrestato poco fa nel centro di Mosca" in uno stabile "a tre minuti da dove si trova il segretario generale del Partito comunista cinese, Xi Jinping", e questa "è la mia risposta a chi mi chiede cosa significa per la Russia la visita del leader cinese". Lo ha dichiarato il giornalista Dmitrij Muratov, direttore di Novaja Gazeta e Premio Nobel per la pace 2021, nel suo intervento alla commissione speciale del Parlamento europeo sulle Ingerenze straniere. "Spero che Russia e Cina non stiano cooperando in materia di diritti umani", ha aggiunto Muratov con sarcasmo. 

12:55

Ucraina, Onu: "Almeno 8.317 civili uccisi in tutta l'Ucraina dall'inizio della guerra"

Almeno 8.317 civili sono stati uccisi e almeno altri 13.892 sono rimasti feriti in tutta l'Ucraina dall'inizio dell'invasione russa nel febbraio 2022. Lo afferma in una nota l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr). Il numero più alto di morti e feriti è stato registrato nelle regioni di Donetsk e Lugansk, precisa l'Ohchr. I numeri si basano sulle informazioni raccolte fino al 19 marzo 2023. Nel territorio controllato dall'Ucraina sono stati registrati 6.446 morti e 11.374 feriti e nei territori controllati dalla Russia sono stati rilevati 1.871 morti e 2.518 feriti. L'Ohchr ha infine sottolineato che i rapporti da alcune località sono in ritardo e molti sono ancora in attesa di conferma e quindi "i numeri effettivi sono notevolmente più alti".

13:13

Gruppo anti-Putin rivendica incendio a sede Fsb a Rostov

Un gruppo russo anti-Cremlino chiamato Chyorny Most (Ponte Nero) ha rivendicato la sua responsabilità nell'incendio avvenuto la scorsa settimana in una sede del Servizio di sicurezza federale (Fsb) russo nella città di Rostov vicino al confine ucraino, che ha ucciso almeno quattro persone e ferite cinque. Lo riporta Radio Free Europe. Il gruppo ha dichiarato su Telegram di essere "coautore" dell'incidente, contribuendo ai suoi preparativi e alla sua attuazione, ma non ha nominato nessun altro coinvolto.

Chyorny Most si posiziona come un movimento di guerriglia che combatte contro il presidente Putin e l'invasione dell'Ucraina.

13:37

Xi arrivato al Cremlino

Il presidente cinese Xi Jinping è arrivato al Cremlino per la seconda giornata di incontri con Vladimir Putin a Mosca. Dopo l'esecuzione degli inni nazionali nel grande salone del Palazzo di Stato del Cremlino, i due leader si sono ritirati per un nuovo incontro faccia a faccia, dopo il colloquio di ieri durato quattro ore e mezza. Soltanto in un secondo momento a loro si uniranno le delegazioni. Lo riferisce l'agenzia Interfax.

13:49

Cremlino, via ai colloqui ristretti tra le delegazioni di Xi e Putin

I colloqui tra i due presidenti si tengono nella Sala di Caterina del Palazzo del Gran Cremlino in formato ristretto con la sola partecipazione delle delegazioni. Lo riporta l'agenzia Tass. Da parte russa sono presenti il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, gli aiutanti presidenziali Maxim Oreshkin e Yuri Ushakov, l'ambasciatore in Cina Igor Morgulov, il ministro della Difesa Sergei Shoigu, la capa della Banca centrale Elvira Nabiullina, il direttore del Servizio federale per cooperazione militare e tecnica  Dmitry Shugaev e il capo di Roscosmos Yury Borisov.

14:10

Mosca, raid della polizia nelle case di membri dell'organizzazione premio Nobel Memorial

La polizia di Mosca ha effettuato questa mattina un'ampia serie di perquisizioni nelle case di membri dell'organizzazione della società civile Memorial, una dei tre vincitori del premio Nobel per la Pace 2022. Lo denuncia la stessa organizzazione sul suo canale Telegram, secondo quanto riferiscono Meduza e Moscow Times. I raid appaiono legati alla recente accusa di "riabilitazione del nazismo" emessa contro il gruppo. Almeno otto membri di Memorial, uno dei loro familiari, e due uffici sono stati presi di mira dal raid, condotto da agenti del Comitato Investigativo e dell'unità anti estremismo del ministero dell'Interno. Alcuni membri di Memorial sono stati fermati per essere interrogati.

Gli avvocati di Memorial riferiscono di non aver potuto contattare i loro assistiti.

Fondata nel 1998, Memorial è la principale organizzazione russa di documentazione dei crimini dello stalinismo.

Nel 2021, la Corte Suprema russa ha ordinato lo scioglimento del gruppo. Il 7 ottobre 2022, il giorno in cui è stato annunciato il conferimento del premio Nobel, la polizia ha sequestrato gli uffici dell'organizzazione. Memorial ha un archivio con i dati di tre milioni di vittime della repressione stalinista, fra cui figurano alcune persone accusate di aver collaborato con i nazisti. Su questa base le autorità russe hanno aperto una inchiesta contro il gruppo per "riabilitazione del nazismo" nel febbraio 2022, poco prima dell'invasione dell'Ucraina. L'avvocato di Memorial, Arseniy Levinson, ha detto a Novaya Gazeta, che sono state perquisite le case dei dipendenti di Memorial Oleg Orlov, Nikita Petrov, Yan Rachinsky, Alexandra Polivanova, e della madre di quest'ultima, Marina Polivanova. Altre fonti riportano perquisizioni nelle case di Galina Iordanskaya, Alena Kozlovaya, Irina Ostrovskaya, e Alexander Guryanov.

14:18

Fonti di Kiev: "Nulla di programmato per la telefonata Xi-Zelensky, ma si lavora per organizzarla"

Per quanto riguarda la telefonata tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky "non è stato programmato nulla di concreto". Lo afferma un alto funzionario ucraino, citato dalla Cnn. Ma lo stesso funzionario ha poi aggiunto che "si lavora per organizzarla". Se la conversazione dovesse avvenire, sarebbe la prima tra i due leader.

14:35

Il Pentagono accelera sulla consegna dei tank Abrams a Kiev. Saranno modelli vecchi rinnovati

Il Pentagono sta accelerando la consegna dei carri armati Abrams all'Ucraina, optando per l'invio di un vecchio modello rinnovato che può essere pronto più velocemente. Lo hanno reso noto funzionari statunitensi parlando in condizioni di anonimato perché il piano non è stato ancora annunciato pubblicamente. Il progetto originale era quello di inviare 31 dei nuovi M1A2 Abrams, ma i funzionari hanno fatto sapere che è stata presa la decisione di utilizzare la vecchia versione M1A1, che può essere prelevata dalle scorte dell'esercito e sarebbe più facile da utilizzare da parte delle forze ucraine. L'obiettivo è quello di portarli nelle zone di guerra in 8-10 mesi.

14:38

Il New York Times: da Pechino a Mosca droni per 12 milioni di dollari

Il New York Times riferisce che la Cina ha fornito alla Russia di droni per un valore di 12 milioni di dollari. L'inchiesta si basa sull'analisi dei dati doganali ufficiali russi forniti da una società terza.

Secondo il quotidiano, la Cina ha fornito alla Russia un mix di prodotti della Dji, società tecnologica cinese leader nella realizzazione di droni, e di una serie di aziende più piccole, spesso tramite piccoli intermediari ed esportatori.

Le vendite ufficiali, secondo il Nyt, sono probabilmente solo una parte di un flusso più ampio di tecnologie attraverso canali non ufficiali che arriva in Russia attraverso nazioni "amiche" come Kazakhstan, Pakistan e Bielorussia. Il secondo marchio più venduto di droni, dopo Dji, è stato Autel, un produttore cinese con filiali negli Stati Uniti, in Germania e Italia. Sono stati venduti quasi 2 milioni di dollari di droni di questo marchio, con l'ultima spedizione risalente al mese scorso.

15:12

Xi: pronti a espandere la collaborazione con Mosca

La Cina è pronta ad espandere la sua cooperazione con la Russia nei settori del commercio, degli investimenti, della catena degli approvvigionamenti, dei mega progetti, dell'energia e dell'alta tecnologia. E' quanto ha detto il presidente cinese Xi Jinping nell'incontro avuto con il premier russo Mikhail Mishustin, osservando che i due Paesi sono "partner strategici completi con pieno coordinamento". Mantenere lo "sviluppo sano e stabile dei legami è conforme alla logica storica dei rapporti bilaterali e agli interessi fondamentali dei rispettivi popoli", ha aggiunto Xi nel resoconto diffuso in serata dalla Xinhua.

15:27

Putin, "con Xi scambio di vedute franco e sostanzioso"

Tra il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Xi Jinping c'è stato "uno scambio di opinioni franco e sostanzioso". Lo ha detto lo stesso Putin, citato dall'agenzia Ria Novosti, dopo due ore di colloqui a porte chiuse al Cremlino, a cui ora sta seguendo una sessione pubblica alla presenza delle delegazioni allargate.

15:41

Putin, "concordati parametri per gasdotto Forza Siberia 2"

Tra Russia e Cina sono stati concordati "praticamente tutti i parametri" per la costruzione del gasdotto Forza della Siberia 2 per l'esportazione di gas russo in Cina, che si aggiungerà al Forza della Siberia 1 già funzionante. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin, citato dalle agenzie russe.

15:46

Putin a Xi, possiamo ambire a leadership mondiale in AI

Russia e Cina possono diventare leader mondiali nel campo dell'Intelligenza Artificiale. Lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, citato dalle agenzie russe, nel corso del suo incontro con l'omologo cinese, Xi Jinping.

15:57

Putin, promuoveremo i pagamenti in yuan con Paesi terzi

La Russia vuole "utilizzare lo yuan cinese nei pagamenti con Paesi dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina". Lo ha detto il presidente Vladimir Putin durante l'incontro con l'omologo cinese Xi Jinping. "Sono sicuro - ha sottolineato Putin - che queste forme di pagamento saranno sviluppate tra la Russia e i partner e colleghi di Paesi terzi", riporta l'agenzia Ria Novosti.

16:11

Kishida a Bucha, "massimo sostegno a Kiev per la pace"

Tappa a Bucha per il premier giapponese Fumio Kishida, arrivato in visita a sorpresa in Ucraina per colloqui con il presidente Volodymyr Zelensky mentre il leader cinese Xi Jinping è in Russia dal capo del Cremlino Vladimir Putin. Il Giappone "continuerà con il massimo impegno per sostenere l'Ucraina per ripristinare la pace", ha detto Kishida da Bucha, come riporta l'agenzia Kyodo.

16:19

Cremlino, improbabile colloquio Xi-Zelensky oggi o domani

E' improbabile che un'eventuale conversazione telefonica tra il presidente cinese Xi Jinping e quello ucraino Vladimir Zelensky avvenga tra oggi e domani. Lo ha dichiarato ai giornalisti il consigliere presidenziale russo Yury Ushakov, ricordando che il leader cinese è ora impegnato nella sua visita a Mosca. "Non credo che oggi o domani ci sarà alcuna conversazione con Kiev", ha detto Ushakov. Alla domanda se una possibile conversazione telefonica tra Xi e Zelensky sia importante per la Russia per una soluzione della crisi ucraina, Ushakov ha risposto: "In questo contesto, una tale conversazione è del tutto irrilevante. Non so nemmeno se la parte cinese abbia confermato o meno una tale possibilità". In precedenza, il Financial Times, citando una fonte a conoscenza dei fatti, aveva affermato che Xi potrebbe chiamare Zelensky dopo la sua missione a Mosca.

16:26

Cremlino, Putin potrebbe andare a Pechino quest'anno

La visita del presidente russo, Vladimir Putin, in Cina è possibile entro quest'anno, ma non ci sono ancora delle date. Lo ha detto ai giornalisti Yury Ushakov, consigliere diplomatico del Cremlino. "Se ne è discusso e penso che ci sia la possibilità di un viaggio a Pechino quest'anno", ha detto Ushakov dopo che il leader cinese Xi Jinping, in visita a Mosca, ha invitato Putin in Cina. Xi è fino a domani in visita di Stato a Mosca. Si è trattato del suo primo viaggio all'estero da quando è stato rieletto per un terzo mandato come capo di Stato. Ieri, il presidente cinese ha avuto un incontro informale e una cena con Putin a cui oggi sono seguiti i colloqui ufficiali.

16:37

Conclusi colloqui Putin-Xi, accordo cooperazione economica

Si sono conclusi dopo tre ore, con la firma di un accordo per lo sviluppo economico fino al 2030, i colloqui al Cremlino tra i presidenti russo Vladimir Putin e cinese Xi Jinping. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti.

16:42

Regno Unito rivela, forniamo bombe con uranio impoverito

Il Regno Unito intende fornire all'Ucraina anche munizioni anticarro perforanti ad alto potenziale contenenti uranio impoverito. La rivelazione è stata fatta ieri dalla baronessa Annabel Goldie, viceministra della Difesa nel governo Tory di Rishi Sunak, durante un'audizione di secondaria importanza alla Camera non elettiva dei Lord, passata del tutto sotto silenzio sull'isola, fino a che oggi non è rimbalzata dai media ucraini.

16:47

Putin, piano Cina per Ucraina può essere base accordo pace  

 "Il piano di pace della Cina può essere preso come la base per un accordo di pace sull'Ucraina, quando Occidente e Kiev saranno pronti a farlo". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nella dichiarazione alla stampa, seguita all'incontro con l'omologo cinese, Xi Jinping.

16:52

Lavrov,con armi a uranio impoverito finirà male per Londra

Se la Gran Bretagna dovesse fornire munizioni all'uranio impoverito all'Ucraina, "non c'è dubbio che finirà male" per Londra. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un'intervista alla tv Rossiya-1. "Non sarei sorpreso da questo sviluppo, se questa (consegna) avvenisse effettivamente, ma non c'è dubbio che finirà male per loro", ha detto Lavrov. Di queste forniture "non ne ho sentito parlare, ma non sarei sorpreso da nulla, perché hanno completamente perso il senso dell'orientamento riguardo alle loro azioni e al modo in cui minano la stabilità strategica in tutto il mondo", ha affermato.

16:56

Putin, la Russia dovrà reagire all'uso di armi con uranio

"L'Occidente ha deciso di combattere la Russia fino a ultimo ucraino non a parole ma nei fatti. Se l'Occidente collettivo inizierà a usare armi con componenti nucleari, la Russia sarà costretta a reagire". Lo ha dichiarato il presidente russo, Vladimir Putin, parlando davanti alla stampa dopo i suoi colloqui con il collega cinese, Xi Jinping.

Il riferimento è alle dichiarazioni arrivate da Londra, secondo cui la Gran Bretagna potrebbe inviare a Kiev munizioni all'uranio impoverito.

17:01

Xi, con Russia impegnati in rispetto e difesa Carta Onu

La Cina e la Russia, in qualità di membri del Consiglio di Sicurezza Onu difenderanno ulteriormente le norme delle relazioni internazionali, basate sulla Carta delle Nazioni Unite. Lo ha detto il presidente cinese, Xi Jinping, nelle dichiarazioni alla stampa dopo i colloqui al Cremlino con l'omologo russo, Vladimir Putin.

17:13

Shoigu, con decisione Gb scontro nucleare a pochi passi

Dopo le dichiarazioni della Gran Bretagna sulle forniture di munizioni all'uranio impoverito all'Ucraina, lo scontro nucleare è "a pochi passi". Lo ha dichiarato il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, citato dalla Tass.

17:17

Putin, Kiev non vuole attuare il piano di pace cinese

Il presidente russo Vladimir Putin ha detto di non vedere la "volontà" delle autorità ucraine di trovare una soluzione al conflitto, sulla base del piano di pace proposto dalla Cina. "Crediamo che molti punti del piano di pace proposto dalla Cina possano servire come base per una soluzione pacifica, quando saranno pronti in Occidente e a Kiev. Tuttavia, al momento non vediamo una tale disposizione da parte loro", ha detto Putin dopo i colloqui con il suo omologo cinese Xi Jinping al Cremlino.

17:34

Cina "imparziale",dice Xi dopo colloqui "amichevoli" con Putin

Il presidente cinese, Xi Jinping, ha assicurato che Pechino ha una "posizione imparziale" sul conflitto in Ucraina. Lo ha detto durante le dichiarazioni congiunte date alla stampa, al termine del colloquio con il presidente russo, Vladimir Putin, secondo quando riportano i media russi.  Xi, che parlava attraverso un traduttore, ha aggiunto che i colloqui con Putin sono stati "aperti e amichevoli". Secondo i media cinesi, i russi hanno ribadito l'impegno a riprendere i colloqui di pace il prima possibile; e le due parti hanno sottolineato che per risolvere la crisi ucraina devono essere rispettate le "legittime preoccupazioni di sicurezza" di tutti i Paesi.

17:48

Putin-Xi, non ci sono vincitori in una guerra nucleare

Russia e Cina credono che non possano esserci vincitori in una guerra nucleare e quindi un conflitto di questo tipo non deve essere mai scatenato. Lo si legge nella dichiarazione congiunta firmata al Cremlino dai presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin, in cui Russia e Cina tra l'altro si dicono "preoccupate per i rischi derivanti dal piano Aukus per la costruzione di sottomarini nucleari" tra Usa, Gran Bretagna e Australia. Lo riporta la Tass.

17:58

Xi-Putin, fermare tensioni per evitare che crisi peggiori

Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin "hanno chiesto di fermare tutte le mosse che portano a tensioni e al protrarsi dei combattimenti per evitare che la crisi peggiori o addirittura vada fuori controllo". Lo scrive in un tweet la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying. I due leader "si oppongono a qualsiasi sanzione unilaterale non autorizzata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite", si legge ancora nel tweet.

18:06

Media, Usa accelerano invio Patriot a Kiev

Gli Stati Uniti invieranno sistemi missilistici Patriot in Ucraina più velocemente di quanto inizialmente previsto. Lo riporta la Cnn, citando funzionari della Difesa americana.

I sistemi di difesa missilistica Patriot saranno schierati in Ucraina più velocemente di quanto inizialmente previsto e un gruppo di 65 soldati ucraini completerà il suo addestramento sui sistemi a Fort Sill, in Oklahoma, nei prossimi giorni, hanno detto i funzionari statunitensi. Le truppe si sposteranno quindi in Europa per ulteriore addestramento sui due sistemi Patriot, uno americano e uno costruito da tedeschi e olandesi, che saranno schierati in Ucraina nelle prossime settimane, hanno detto i funzionari ai giornalisti a Fort Sill.

18:33

Zelensky ha "invitato" Xi a dialogo,attende risposta

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha reso noto di aver "invitato" la Cina al dialogo e di "aspettare una risposta". Lo ha fatto sapere mentre il presidente cinese Xi Jinping è a Mosca per suggellare la sua alleanza con Vladimir Putin. "Abbiamo offerto alla Cina" di collaborare alla ricerca di una soluzione del conflitto in Ucraina, ha detto Zelensky durante una conferenza stampa. "Vi invitiamo al dialogo, attendiamo una vostra risposta". Il presidente ucraino ha aggiunto di aver "ricevuto segnali, ma niente di concreto". In precedenza la presidenza ucraina aveva fatto sapere che sono in corso contatti perchè ci sia una telefonata tra Xi e Zelensky ma che ancora non c'è nulla di concreto.

18:51

Zelensky parteciperà in collegamento a vertice Hiroshima

Il presidente ucraino Voldymyr Zelensky parteciperà in collegamento al G7 che si terrà a maggio a Hiroshima, in Giappone. "Ho accettato l'invito del primo ministro giapponese e parteciperò al vertice in formato online", ha detto Zelensky. Lo riporta Ukrainska Pravda.

19:21

Pentagono, drone caduto nel Mar Nero non è stato recuperato

Il drone Usa MQ-9 caduto nel Mar Nero dopo essere stato intercettato da due caccia russi "non è stato recuperato". Lo ha riferito il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, sottolineando che il velivolo era caduto in acque molto profonde.

19:31

Pentagono conferma accelerazione su Abrams e Patriot

Il portavoce del Pentagono Pat Ryder ha confermato in una conferenza stampa le anticipazioni di stampa sull'intenzione degli Usa di accelerare il più possibile la fornitura della versione più vecchia degli Abrams e di missili Patriot a Kiev.

19:40

Zelensky-Kishida firmano dichiarazione su partnership speciale

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il primo ministro giapponese Fumio Kishida hanno firmato oggi a Kiev una dichiarazione congiunta sulla partnership speciale globale fra i due paesi. Lo riferisce Ukrinform. "Il documento riflette i nostri valori, che intendiamo difendere assieme, e le nostre aspirazioni, che dobbiamo realizzare. Abbiamo raggiunto i più significativi rapporti in più di 30 anni, ma sono solo le fondamenta di quanto possiamo ottenere in futuro", ha detto Zelensky.

20:05

Zelensky, "nessuna conferma telefonata con Xi"

Niente di specifico (è stato deciso). Non abbiamo ancora una conferma". Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha risposto in conferenza stampa a chi gli chiedeva di una sua possibile telefonata con il presidente cinese Xi Jinping. Lo riferiscono i media ucraini. "Abbiamo trasmesso la nostra formula di pace alla Cina sia pubblicamente che tramite canali diplomatici e l'abbiamo invitata a prendere parte alla sua realizzazione. Aspettiamo la risposta", ha detto ancora Zelensky, mentre Xi si trova a Mosca dove ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin.

20:28

Casa Bianca, Cina non ha posizione imparziale sulla guerra

La Cina non ha una posizione imparziale sulla guerra in Ucraina e se vuole giocare un ruolo costruttivo dovrebbe sollecitare la Russia a mettere fine al conflitto: lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby, aggiungendo che rispettare la carta Onu significa che Mosca deve ritirarsi da tutta l'Ucraina.

20:33

Casa Bianca, Cina-Russia vorrebbero mondo con loro regole

La Cina e la Russia vorrebbero vedere il mondo giocare con le loro regole: lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby, aggiungendo che non definirebbe la relazione tra i due Paesi come un'alleanza. Ieri l'aveva definita "un matrimonio di interessi".

20:35

Casa Bianca, da società cinesi materiale dual use a Mosca

Alcune società cinesi hanno fornito materiale ad uso duale (militare e civile) alla Russia: lo ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby.

20:41

Kiev, missile russo sulla regione di Odessa: ci sono feriti

Le forze russe hanno lanciato un attacco missilistico sulla regione di Odessa. Lo ha riferito l'amministrazione militare del distretto, spiegando che un edificio residenziale è stato danneggiato e ci sarebbero feriti. "Grazie all'efficace prestazione delle nostre forze di difesa aerea, alcuni missili sono stati abbattuti, ma uno è caduto e un edificio residenziale è stato parzialmente danneggiato. Ci sono vittime, ma nessuno è rimasto ucciso", si legge in una nota.

Secondo le autorità ucraine, i missili sono stati lanciati da caccia Su-35 dal mare.

20:55

Casa Bianca, Putin ha carenze belliche, tregua lo aiuterebbe

Putin "ha difficoltà di risorse belliche, un cessare il fuoco congelerebbe la linea del fronte dandogli tempo e modo di riorganizzarsi": lo ha ribadito il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby.

21:27

Iran: pronti a rafforzare la cooperazione energetica con mosca

L'Iran è pronto a rafforzare la cooperazione con la Russia nel settore energetico. Lo ha detto il ministro dell'Economia iraniano, Ehsan Khandouzi, in un'intervista rilasciata all'agenzia di stampa russa Ria. "La prospettiva di una cooperazione nel settore delle nuove energie e delle fonti energetiche rinnovabili, così come nell'ambito di altri tipi di energia, compresa l'energia nucleare pacifica, suscita certamente grande interesse e motivazione per rafforzare le relazioni economiche con la Russia", ha affermato Khandouzi. Come ricorda la ria, la Russia è oggi impegnata nella costruzione della seconda unità della centrale nucleare di bushehr, nel sud-est dell'Iran, dopo aver completato la prima unità, collegata alla rete elettrica iraniana nel settembre 2011. Ed è già stato firmato un contratto per la costruzione della terza unità.

21:48

Zelensky, serve rapidità nelle sanzioni contro Mosca

Il presidente Volodymyr Zelensky, nel corso della conferenza stampa odierna in Ucraina con il primo ministro giapponese Fumio Kishida si è detto convinto che le nuove sanzioni contro la Russia "dovrebbero essere introdotte più rapidamente rispetto alla velocità con la quale la Russia si adegua a tali restrizioni". Lo ha riferito un corrispondente di Ukrinform. Zelensky ha ringraziato il Giappone per aver sostenuto gli sforzi per creare un tribunale speciale per il crimine di aggressione russa, nonché per la sua disponibilità a cooperare nell'attuazione dei punti della formula di pace ucraina.

21:59

Accordo Ucraina-Fmi su piano aiuti da 15,6 miliardi

Lo staff del Fondo Monetario Internazionale ha raggiunto un accordo con l'Ucraina per un piano di aiuti da 15,6miliardi di dollari. L'intesa deve essere ora approvata dal board del Fmi che dovrebbe esaminarla nelle prossime settimane

22:34

Zelensky: "Vinceremo nel Donbass e riprenderemo la Crimea"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che il suo paese "vincerà l'eroica battaglia per il Donbass, il confronto nel sud e riprenderà la Crimea". Lo riporta Unian, precisando che il leader ucraino nel suo videomessaggio serale ha sottolineato che dalla penisola della Crimea è già iniziata la migrazione dei "topi più lungimiranti dello Stato terrorista" russo.

La Wagner arruola ex soldati dell’esercito afghano per farli combattere in Ucraina. Mauro Indelicato il 21 marzo 2023 su Inside Over

Immagini da un passato recente che tornano sullo sfondo di un presente sempre più tribolato. Quei video dove migliaia di afghani, nell’agosto del 2021, assaltavano letteralmente gli aerei per fuggire da Kabul durante l’avanzata talebana oggi potrebbero tornare di attualità. Ed entrare anche nello scacchiere ucraino. Tra chi provava a fuggire infatti, c’erano soldati dell’ex esercito afghano, dissoltosi con il ritorno al potere degli studenti coranici. Adesso molti di quei soldati potrebbero essere impiegati tra le posizioni russe in Ucraina, agli ordini della Wagner.

Dall’Afghanistan alle trincee nel Donbass

L’arrivo di ex soldati afghani in Ucraina è stata resa nota nelle scorse ore da AgenziaNova. A rivelarlo alcune fonti afghane che hanno spiegato cosa è avvenuto nel Paese dopo l’avvento dei talebani. In particolare, mentre i vertici del dissolto esercito afghano sono riusciti a trovare protezione negli Usa o nei Paesi Nato, gli stessi che dal 2001 al 2021 hanno sostenuto con soldi, armi e addestramento le truppe di Kabul, soldati semplici e quadri intermedi invece non hanno trovato molte vie di scampo.

E così, per evitare di finire nel mirino dei talebani, in molti hanno deciso di scappare nei Paesi più vicini. In primis, nel confinante Iran. Secondo le fonti sentite da AgenziaNova, tra i ventimila e i trentamila soldati dell’ex esercito afghano hanno trovato rifugio in territorio iraniano. E ora potrebbero rappresentare una preziosa risorsa per l’agenzia di contractors russi della Wagner.

La società di Evgeny Prigozhin si starebbe muovendo infatti per reclutare quanti più ex soldati afghani possibile. “Anche se ancora non si è ai livelli di un reclutamento di massa – hanno fatto sapere le fonti afghane – presto però questa eventualità potrebbe concretizzarsi”. Già oggi alcuni ex militari di Kabul sarebbero tra le trincee scavate dai russi nel Donbass. Pronti a combattere contro gli ucraini.

Il ruolo dell’Iran

A Teheran sarebbero ben consapevoli di questa situazione. E, anzi, i vertici della Repubblica Islamica starebbero favorendo l’afflusso di ex combattenti afghani verso le posizioni russe. Il tutto favorito dalla necessità dei membri del dissolto esercito di Kabul di tornare ad avere mezzi di sostentamento per le proprie famiglie. Una volta fuggiti dall’Afghanistan, molti di loro hanno iniziato a vivere in clandestinità in Iran. Oppure lavorando per pochi Dollari al mese, con poche prospettive e con molte difficoltà a pagare anche un piccolo alloggio.

La Wagner invece assicurerebbe stipendi da 1.500 o duemila dollari al mese. A livello economico, una vera e propria svolta per molti ex soldati. I quali quindi preferiscono tornare a indossare una divisa piuttosto che rimanere in Iran. Dal canto suo, il governo di Teheran in questo modo può assicurare un ulteriore appoggio alla Russia. Del resto, il Paese ha già fornito a Mosca droni in grado di penetrare nelle difese ucraine anche se i vertici militari affermano che quei mezzi, di cui il Cremlino ha avuto disperatamente bisogno, sono stati venduti prima della guerra.

Perché i russi reclutano tra gli afghani

Se la situazione così prospettata fosse confermata, per la Wagner e per la Russia il reclutamento di afghani avrebbe un doppio vantaggio. Sotto il profilo economico, la compagnia di mercenari potrebbe fare affidamento a soldati già addestrati pagandoli molto meno di combattenti reclutati in patria. Ma è un altro l’aspetto da sottolineare: gli ex militari afghani sono stati per due decenni addestrati dalla Nato e hanno quindi dimestichezza con molte armi girate dall’Alleanza Atlantica agli ucraini. Dal 2001 al 2021, gli Stati Uniti e altri Paesi della Nato hanno contribuito a formare l’esercito afghano. Poi la fine della missione nella primavera del 2021 e l’avanzata talebana, hanno comportato il definitivo abbandono del Paese nell’estate di due anni fa.

Mezzi, razzi e missili statunitensi e occidentali catturati dai russi sul campo di battaglia, possono adesso essere facilmente messi in mano agli afghani. Per Kiev, così come per Washington, si tratta di un dettaglio non indifferente. E che potrebbe far storcere ulteriormente il naso tra chi, all’interno del Pentagono e della Casa Bianca, già nell’agosto del 2021 ha valutato come superficiale e negativa la gestione del ritiro degli Usa dall’Afghanistan. MAURO INDELICATO

Dagospia il 21 marzo 2023.

L’EX PRESIDENTE UCRAINO PETRO POROSHENKO IN UN INTERVENTO SU “FORMICHE” SUGGERISCE ALCUNE MOSSE PER SCONFIGGERE LA RUSSIA DI PUTIN: BLOCCARE LE PETROLIERE FANTASMA DEL REGIME, INTERVENIRE SUL CANALE DI SUEZ E SULL’OLEODOTTO DRUZHBA – “IL PRESIDENTE RUSSO STA PORTANDO LA GUERRA PIÙ VICINO ALLE SUE ELEZIONI DEL 2024, PER PRESENTARSI COME IL DIFENSORE DELLA RUSSIA CONTRO L’AGGRESSIVO OCCIDENTE…”

Petro Poroshenko per formiche.net il 21 marzo 2023.

L’inverno se n’è andato portando con sé la “horror story” preferita dal Cremlino, ovvero che l’Unione europea sarebbe morta di freddo senza il gas della Siberia. La nuova era glaciale non è arrivata. Grazie a sforzi ben mirati, i governi sono riusciti a liberarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia. I moscoviti hanno perso l’enorme mercato europeo – un flusso costante di denaro nel bilancio per decenni che alimenta la gerontocrazia di Putin e le sue aspirazioni neo-imperialistiche.

 Alla fine della stagione invernale il prezzo del gas ha raggiunto un minimo storico. Per la prima volta dall’agosto 2021 è sceso sotto i 450 dollari per mille metri cubi. In seguito al forte calo del consumo di gas russo, l’introduzione di un tetto massimo di prezzo, prima per il greggio poi per i derivati del petrolio, si è dimostrata una misura molto efficace. Di conseguenza, i ricavi da petrolio e gas si sono quasi dimezzati nel periodo gennaio-febbraio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il deficit del bilancio russo per i due mesi in corso è quasi pari al deficit previsto per un anno. Pertanto, i russi hanno già coperto l’88% del piano annuale per questo indicatore.

 Colpito dalle sanzioni, il Cremlino ha intensificato la sua campagna di disinformazione per convincere il mondo che “le sanzioni non funzionano” e “tutto va secondo i piani”. Ecco come si presenta il bluff del Cremlino. Il Cremlino ha spaventato il mondo con la natura prolungata del conflitto, cercando di ridurre il sostegno pubblico alle sanzioni nelle società occidentali e di influenzare gli elettori nei Paesi democratici. L’anno prossimo si terranno importanti elezioni negli Stati Uniti e nell’Unione europea. Putin sta portando la guerra più vicino alle sue elezioni del 2024, per presentarsi come il difensore della Russia contro l’aggressivo Occidente. La guerra è stata trasformata nella sua bandiera elettorale e quello che considera il suo asso nella manica dovrebbe essergli tolto dalle mani quest’anno.

Se scorriamo il lungo elenco di centinaia di sanzioni nel corso dell’anno, è chiaro che ci sono tre blocchi principali che hanno portato sofferenze e problemi al Cremlino. Tra queste, il congelamento dei beni statali russi per un valore di oltre 300 miliardi di dollari e dei beni dei russi presenti nella lista di Forbes; l’esclusione di alcune banche russe dal sistema Swift; le misure restrittive contro il settore energetico russo, che un tempo forniva la metà delle entrate del bilancio russo. Tutto indica dove colpire per infliggere il massimo danno alla macchina da guerra dell’aggressore.

 In primo luogo, è tempo di escludere le banche russe rimanenti dal sistema Swift e di congelare tutti i pagamenti internazionali del Paese aggressore e della cerchia di Putin. La prospettiva della deswiftizzazione riguarderà tutti quei Paesi che sostengono la Russia nella sua guerra contro l’Ucraina. Così come tutti gli istituti bancari di qualsiasi Paese che aiuti deliberatamente il regime di Putin ad aggirare le sanzioni e a sponsorizzare il genocidio degli ucraini.

In secondo luogo, tutti i beni congelati della Federazione Russa e degli oligarchi russi dovrebbero essere concentrati in un fondo trasparente sotto le indicazioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea, per garantire la trasparenza e impedire che finiscano nelle mani di funzionari corrotti. Questo fondo dovrebbe essere interamente dedicato al sostegno dell’Ucraina.

 In terzo luogo, dovremmo liberarci del petrolio e del gas russo in tutte le sue forme, prezzi, modalità e vie di consegna. Il ricatto della Russia non dovrebbe essere preso in considerazione. Si tratta di una quota pari al 7% del mercato petrolifero globale, che può essere sostituita dagli Emirati Arabi Uniti, dall’Arabia Saudita, per esempio. Per quanto riguarda i derivati del petrolio, circa il 30% della capacità di raffinazione globale rimane libera. Il mercato globale si sta adattando alle sanzioni contro la Russia senza alcuno shock per gli operatori.

A seguito del congelamento degli asset, la liquidità delle riserve valutarie russe è di soli 120 miliardi di dollari (contro i 650 miliardi di dollari di prima della guerra). E anche questo saldo potrebbe esaurirsi già a novembre-dicembre, se l’attuale tendenza alla riduzione delle riserve dovesse continuare.

 Ovviamente, con una grave carenza di denaro, Putin darà priorità alle spese per la sua “guerra santa” e chiederà ai pensionati e ad altre categorie che dipendono dal bilancio di essere pazienti e di tirare la cinghia. È importante che Putin appaia ai suoi connazionali come un leader incapace di rispettare il suo contratto sociale, che è alla base del sostegno pubblico in Russia all’aggressione contro l’Ucraina e al confronto con il mondo democratico.

 Tuttavia, non bisogna aspettarsi che le truppe ucraine “brucino Mosca”. Il Cremlino deve cadere a causa delle turbolenze interne alla Russia stessa, dovute all’emorragia dei ricavi delle esportazioni di energia, al picco delle importazioni, all’alta inflazione e al crollo del prodotto interno lordo. Il mostro della guerra, scatenato da Putin, deve divorare il suo regime.

Come possiamo raggiungere questo obiettivo?

 Primo. Il tetto massimo dei prezzi del greggio e dei prodotti derivati deve essere ridotto costantemente.

 Secondo. Occorre fissare una quota di fornitura e un tetto massimo di prezzo per i progetti russi di gas naturale liquefatto, che sono diventati una miniera d’oro per finanziare l’esercito di Putin e le sue tasche private.

 In terzo luogo, il Canale di Suez dovrebbe essere chiuso ai carichi di petrolio e raffinerie di origine russa. Il percorso intorno all’Africa è più lungo, il trasporto è più costoso, il numero di petroliere è maggiore, i costi logistici sono più alti e i profitti sono più bassi.

 Quarto. Il ramo sud dell’oleodotto Druzhba, che ancora arricchisce la Russia di 4 miliardi di dollari all’anno, deve essere interrotto. Si potrebbero sviluppare alternative per l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Slovacchia. Per esempio, può essere un percorso attraverso la Croazia per coprire il loro fabbisogno.

Quinto. Proponiamo di imporre sanzioni non solo all’enorme flotta di petroliere ombra russe, ma anche di imporre sanzioni secondarie a coloro che acquistano il petrolio trasportato da queste navi. Allo stesso tempo, queste navi dovrebbero essere identificate come russe non solo dalla loro bandiera, ma anche dai loro reali proprietari effettivi finali. La lotta contro la flotta di petroliere ombra è importante anche perché, oltre a violare il regime di sanzioni, genera miliardi di dollari di entrate illecite per tangenti e finanziamenti occulti, comprese le spese militari per l’aggressione all’Ucraina e all’intero mondo civilizzato. Ecco qualcosa da fare anche per il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale.

 Le nostre Forze Armate hanno esortato sia gli ucraini sia i decisori occidentali a fornirci sempre più armi. La priorità assoluta è rappresentata da proiettili e altre munizioni, artiglieria, carri armati, jet da combattimento e missili a lungo raggio. Le decisioni fondamentali vengono prese sul campo di battaglia a costo di perdite umane, ed è importante che i partner occidentali aumentino la fornitura di armi all’Ucraina. Ma per salvare il maggior numero possibile di vite umane, dobbiamo adottare misure per dissanguare economicamente la Russia e tagliare i finanziamenti alla sua macchina da guerra.

Tank russi in Ucraina: Mosca manda i vecchi T-54 verso il fronte? Paolo Mauri il 23 marzo 2023 su Inside Over.

Nella giornata di mercoledì 22 marzo, sono apparse online immagini di carri armati russi T-54 e T-55 caricati su treni che potrebbero essere diretti verso il fronte ucraino. Nella fattispecie, si tratta di due versioni del T-54: la 3 (del 1951) e la B (del 1959). A tal proposito è singolare che, nelle riprese, il fondo sia stato oscurato, come a voler impedire qualsiasi tipo di geolocalizzazione da parte di esperti di Osint (Open Source Intelligence).

Attualmente non possiamo sapere se i tank siano in viaggio verso l’Ucraina oppure in movimento per raggiungere la Uralvagonzavod, la principale fabbrica russa (situata nella zona degli Urali) che produce gli Mbt (Main Battle Tank) per l’esercito di Mosca, o sue affiliate, per effettuare lavori di modernizzazione.

La storia del T-54

Il T-54 entra a far parte dell’Armata Rossa a partire dal 1949 e ha un disegno originale che risale al 1944. Ne sono state costruite alcune varianti in numerosissimi esemplari: in totale circa 35 mila T-54 sono usciti dalle fabbriche sovietiche per equipaggiare gli eserciti del Patto di Varsavia e di altri alleati e partner dell’Urss sparsi per il mondo. In particolare la versione nota come T-54-3 risale al 1950 entrata in servizio l’anno successivo. La torretta, in questo carro armato, è stata rimodellata dandole la caratteristica forma a cupola e dotata di un nuovo mirino telescopico, ma il pezzo principale è rimasto il cannone da 100 millimetri della serie D-10, con le rispettive munizioni stoccate in torretta, come classicamente avviene per i carri sovietici/russi, e nello scafo.

L’armamento secondario è costituito da una mitragliatrice antiaerea da 12,7 millimetri e una coassiale rispetto al cannone da 7,62. Anche qui l’equipaggio è di quattro uomini (capocarro, artigliere, servente e pilota) e il motore è rappresentato da un diesel V12 raffreddato a liquido da 520 cavalli di potenza. Il peso complessivo in assetto di combattimento si aggira intorno alle 38 tonnellate per una velocità su strada di 55 Km/h e un’autonomia di 340/400 chilometri. La produzione totale per questo modello si è estesa dal 1952 al 1955.

Il T-54B viene ideato nel 1957 ed entra in servizio due anni più tardi. L’innovazione principale, in questo carro armato, risiede in un sistema di stabilizzazione del tiro su due assi che però non risolve i problemi di precisione della serie “54”, il cui pezzo principale (sempre da 100 millimetri) è molto impreciso durante il tiro in movimento. Nel 1959, ai T-54B viene fornito un sistema a infrarossi per la visione notturna ed è stato prodotto sino a tutto il 1958.

A metà degli anni Cinquanta un’ulteriore modernizzazione del T-54 dà vita al T-55: questo carro armato possiede un nuovo propulsore (il V-55 da 581 cavalli), una corazzatura più spessa e un sistema di protezione NBC (Nuclear Biological Chemical) di base per l’equipaggio. Si stima che ne siano usciti 27 mila esemplari dalle fabbriche sovietiche complessivamente, quindi per tutti i Paesi utilizzatori, e forse rappresenta il carro più longevo per quanto riguarda la produzione, che è terminata solo nel 1981.

Entrambi i carri armati possono usare munizionamento He (High Explosive) e il T-55 anche l’Heat (High Explosive Anti Tank). I carri hanno una spessa corazzatura ma non sono dotati di protezione reattiva, quindi risultano vulnerabili ai colpi Ap (Armour Piercing) e a un certo tipo di munizionamento a carica cava. Innumerevoli le guerre e i conflitti a cui hanno partecipato: dai più sconosciuti sino alla Prima guerra del Golfo del 1991, dove peraltro hanno dimostrato tutti i loro limiti in combattimento insieme ai T-62 trovandosi ad affrontare carri moderni come gli statunitensi M1A1 Abrams.

Tank obsoleti e inadeguati?

Sia i T-54/55 sia i T-62 hanno poche chance di sopravvivere anche a uno scontro coi più moderni T-72, utilizzanti munizionamento HEAT e APFSDS (Armour Piercing Fin Stabilized Discarding Sabot) in più i T-54/55 non potendo utilizzare la stessa tipologia di colpi (eccezion fatta per gli HEAT) sono quasi del tutto inutili in un confronto tra carri armati.

I T-62 sono già presenti da tempo sul campo da battaglia ucraino: a fine maggio vi avevamo raccontato dell’arrivo di questi tank al fronte. I T-62 sono stati tenuti in servizio attivo fino all’inizio degli anni 2010, pertanto rimangono il tipo di Mbt che ha la prontezza operativa più alta nei depositi di carri armati russi. Negli anni ’80, sul finire della Guerra fredda, i T-62 erano stati ritirati dalle divisioni sovietiche di prima linea e vennero assegnati a unità di seconda e terza linea: in quegli anni questi carri erano in servizio nei distretti militari della parte asiatica dell’Urss, lasciando quindi quelli più moderni a occidente.

La Russia, grazie alla filosofia di immagazzinamento dei propri veicoli corazzati e blindati, può contare su immensi depositi ereditati dall’Unione Sovietica che li ospita in tre diversi livelli di prontezza. Pertanto è ragionevole pensare che, qualora i T-54/55 siano diretti verso l’Ucraina, l’esercito russo abbia già provveduto da mesi al loro ricondizionamento per poter essere impiegati in battaglia.

Come detto, questi carri armati non sono molto utili per affrontare gli Mbt avversari, infatti la Russia in questo conflitto sta usando i T-62 principalmente come “pezzi di artiglieria campale mobili”, ovvero come i normali obici e cannoni trainati.

Questo, se da un lato permette di ammassare un notevole volume di fuoco in breve tempo, a discapito di penetrazione (che per truppe e ricoveri improvvisati non serve) e precisione (quest’ultima però ovviata dalla concentrazione di fuoco stesso), dall’altro accorcia rapidamente la vita utile delle canne. Il pezzo principale di un carro armato non è concepito per un volume di fuoco sostenuto, come la canna di un obice ad esempio, quindi la sua anima si consuma più velocemente e necessita di essere cambiata con più frequenza obbligando a far rientrare il carro in fabbrica (o centro logistico principale), ove si procede al sollevamento della torretta e alla sostituzione del pezzo. Risulta pertanto probabile che anche i T-54/55 verranno impiegati, se vedranno il fronte, allo stesso modo. PAOLO MAURI

Guerra Ucraina - Russia, le news del 22 marzo.  

Droni sulla regione di Kiev. Zelensky visita le truppe a Bakhmut. Lorenzo Cremonesi, inviato, Paola Caruso, Paolo Foschi e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 22 Marzo 2023

Le notizie sulla guerra di mercoledì 22 marzo, in diretta. Colpito un edificio residenziale a Rzhyshchiv: almeno 8 i morti. Xi Jinping è tornato in Cina. Il presidente ucraino al fronte: «Zaporizhzhia bombardata con ferocia bestiale»

19:45

I militari russi lamentano ritardi nel pagamento dei salari, alcuni non lo avrebbero mai ricevuto

I soldati russi in Ucraina lamentano ritardi nel pagamento dei salari, con alcuni che non sono mai stati pagati.

Lo riferisce l’outlet indipendente Verstka, rilanciato da Moscow Times. I ritardi vengono segnalati da familiari di soldati in tutte le 52 regioni russe e la Crimea, scrive Verstka, basandosi sull’esame di chat e pagine tematiche del social russo Vkontakte. Le lamentele provengono dai soldati professionisti, volontari che si sono arruolati, così come da quanti sono stati mobilitati a settembre.

19:59

L’avvertimento di Stoltenberg: «Prepariamoci a sostenere Kiev in una lunga guerra»

L’Occidente deve prepararsi a sostenere Kiev per molto tempo a venire. L’avvertimento arriva dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista rilasciata al Guardian.

Secondo il numero uno dell’alleanza, Putin è impegnato in «una guerra di logoramento» e la battaglia attorno a Bakhmut, nella quale molti russi stanno morendo, dimostra che Mosca è disposta «a lanciare migliaia e migliaia di truppe in più, a subire molte perdite per guadagni minimi».

Per sostenere Kiev, dunque, Stoltenberg si augura che i membri della Nato accettino di spendere almeno il 2% del Pil per la difesa al prossimo vertice dell’alleanza, che avrà luogo a Vilnius, la capitale della Lituania. «Il presidente Putin non pianifica la pace, sta pianificando altra guerra», ha continuato Stoltenberg, aggiungendo che la Russia sta aumentando la produzione industriale militare e «si rivolge a regimi autoritari come l’Iran o la Corea del Nord e altri per cercare di ottenere più armi». Di conseguenza, gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, la Germania e altri Stati occidentali devono essere pronti a sostenere l’Ucraina con armi, munizioni e pezzi di ricambio per lungo tempo.

20:38

Medvedev: «Armi straniere all’Ucraina avvicinano l’apocalisse nucleare»

«La minaccia del conflitto nucleare non è passata, ma sta crescendo». A dirlo è il vice capo del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, secondo quanto riporta Ria Novosti. «La fornitura di armi straniere all’Ucraina avvicina all’apocalisse nucleare», ha poi aggiunto.

20:46

Usa: «Ridicolo e offensivo il premio di Putin ai piloti russi coinvolti nell’incidente del drone»

«Ridicola e offensiva». Il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, ha definito così la decisione di Vladimir Putin di decorare come eroi i piloti dei due jet russi che hanno costretto il drone spia americano a schiantarsi nel Mar Nero.

21:04

Si aggrava il bilancio dell’attacco russo nella regione di Kiev: «Almeno 8 morti»

Sono almeno otto le persone uccise nel corso di un attacco di droni russi nella regione di Kiev. A renderlo noto è il servizio di emergenza statale ucraino. Si contano anche sette feriti ed «è probabile che quattro persone siano sotto le macerie».

Questa mattina, i droni russi hanno colpito un edificio residenziale nella città di Rzhyshchiv, che si trova a circa 85 chilometri a sud-est della capitale.

21:20

Erdogan: «Tra 2-3 giorni avrò un’altra telefonata con Putin»

«Nei prossimi due o tre giorni ho intenzione di avere un’altra conversazione con Putin». Lo ha detto il presidente turco Erdogan all’emittente Ntv. Il presidente turco ha aggiunto di aver discusso attivamente con Putin dell’attuazione del cosiddetto accordo sul grano e della possibilità di lavorare il grano russo nei mulini turchi per poi inviarlo ai paesi africani più poveri.

21:36

Le Figaro: «Piloti ucraini addestrati in Francia». Ma Kiev smentisce

Oggi pomeriggio il quotidiano Le Figaro ha pubblicato un’indiscrezione secondo cui la Francia starebbe addestrando da un mese e mezzo una trentina di piloti ucraini a usare i caccia multiruolo Mirage 2000. Le operazioni avrebbero luogo, secondo il giornale transalpino, nelle basi aeree di Mont-de-Marsan e Nancy.

La notizia è stata però smentita dal portavoce dell’aviazione ucraina, Yurii Ihnat: «Voglio smentirla immediatamente perché non vi sia distorsione dei fatti», ha affermato, citato da Ukrainska Pravda. Inhat ha poi aggiunto che diversi stati hanno offerto loro siti per «possibili, potenziali e futuri addestramenti di questo tipo, che verranno scelti collettivamente in consultazione con i nostri partner. In Francia sono stati addestrati osservatori aerei e vi sono stati corsi di sopravvivenza per aviatori, ma non parliamo di addestramento di equipaggi di volo», ha sottolineato.

21:46

Kirby: «Washington non fornisce munizioni all’uranio impoverito all’Ucraina»

Gli Stati Uniti non forniscono all’Ucraina munizioni all’uranio impoverito e non commentano la «decisione sovrana» di Londra. A dirlo è il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale statunitense John Kirby, precisando tuttavia che si tratta di un tipo di munizioni «comuni», utilizzate per le loro capacità perforanti, ed escludendo che costituiscano una «minaccia radioattiva».

21:52

Il Canada estende il termine per il visto d’emergenza: i rifugiati ucraini potranno fare domanda fino al 15 luglio 2023

I rifugiati ucraini avranno tempo fino al 15 luglio 2023 per richiedere il CUAET, il visto d’emergenza per raggiungere il Canada. L’estensione del termine ultimo per presentare le domande è stata annunciata oggi dal ministro dell’Immigrazione Sean Fraser.

«Mentre la Russia continua la sua illecita e ingiustificata invasione dell’Ucraina - si legge in un comunicato del governo di Ottawa -, il Canada rimarrà determinato ne l supportare chi è costretto a fuggire. Questo include aiutare queste persone a trovare un rifugio sicuro temporaneo in Canada».

22:06

Lituania: «La Cina è un intermediario inaffidabile per la pace in Ucraina»

«La proposta della Cina di fare da intermediario per arrivare alla pace in Ucraina non è sincero. È improbabile che l’Ucraina si fidi di un tale intermediario che sta considerando molto seriamente la possibilità di fornire armi alla Russia». Lo ha affermato questa sera il presidente lituano Gitanas Nauséda durante un intervento televisivo.

Il capo di Stato ha osservato che la visita di Xi Jinping a Mosca rappresenta «un segnale che viene inviato proprio nel momento in cui la Corte penale internazionale ha deciso di emettere un mandato di arresto per Putin. Si tratta di un segnale davvero preoccupante e inaccettabile».

 22:54

Ron DeSantis: «Putin è un criminale di guerra»

Vladimir Putin è un «criminale di guerra» e va «processato» per l’invasione dell’Ucraina. Lo avrebbe affermato Ron DeSantis, probabile candidato per la nomination repubblicana 2024, ospite del programma “Piers Morgan Uncensored” in onda domani su Fox Nation. A far trapelare l’anticipazione è stato il New York Post.

Per il governatore della Florida si tratterebbe di un deciso cambio di registro rispetto ai recenti commenti nei quali aveva definito il conflitto in Ucraina una «disputa territoriale» tra Mosca e Kiev, in cui gli Usa non dovrebbero lasciarsi più coinvolgere. Per quei giudizi, DeSantis era stato criticato anche da alcuni suoi colleghi di partito, come i senatori Marc Rubio e Lindsay Graham.

23:09

Pechino: «Con la Russia rapporti di buon vicinato e fiducia. Certi paesi ostacolano negoziati di pace in nome dei loro interessi»

I rapporti tra Cina e Russia potrebbero rivelarsi ancora più importanti in virtù «dell’unilateralismo e dell’egemonismo imperanti». Lo ha detto il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, ripreso dalla CNN.

«Certi paesi ostacolano deliberatamente i negoziati di pace in nome dei loro interessi geopolitici, e inventano ogni sorta di voci e falsità per attaccare e screditare la Cina», ha affermato.

Qin Gang ha poi elogiato la visita di Xi Jinping a Mosca, definendola una mossa politica presa dopo attenta riflessione, e ha affermato che Cina e Russia continueranno a mantenere «rapporti di buon vicinato e fiducia reciproca».

Guerra Ucraina - Russia, le news del 22 marzo. La Repubblica. L' Aiea, dopo l'attacco a Zaporizhzhia: "Sicurezza della centrale è precaria"

Nessun progresso, sul fronte diplomatico, dalla visita di Xi al Cremlino. Mentre si rischia un'escalation sul fronte militare: ira di Mosca per le munizioni Gb con uranio impoverito. Il Pentagono accelera sugli Abrams e i Patriot

La visita a Mosca di Xi Jinping è terminata. Il presidente cinese è ripartito stamattina e da Washington arriva una secca bocciatura del suo ruolo di peacemaker. Mentre la stampa Usa parla di forniture - da parte di Pechino alla Russia - di materiale a uso duale: militare e civile.

A rendere ancora più tesa la crisi c'è la notizia dei proiettili all'uranio che Londra invierà a Kiev. Scatenando l'ira di Mosca: "Avvicinano lo scontro nucleare". Anche il Pentagono accelera: gli Abrams saranno consegnati all'Ucraina entro l'autunno. Intanto Mosca afferma di aver respinto un attacco con i droni a Sebastopoli.

Punti chiave

12:42

Zelensky a Bakhmut ringrazia i soldati: "Proteggete sovranità dell'Ucraina"

09:15

Zelensky: "Raid criminali nella notte con i droni iraniani assassini"

06:19

Mosca: "Respinto attacco a Sebastopoli"

04:15

Patriot, soldati ucraini stanno ultimando la preparazione

00:00

Pentagono: gli Abrams a Kiev entro l'autunno

00:00

Pentagono: gli Abrams a Kiev entro l'autunno

Il Pentagono ha annunciato che l'Ucraina riceverà i carri armati Abrams in "tempi accelerati". Comunque entro l'autunno. Sarà fornita la versione M1-A1, meno aggiornata rispetto agli M1-A2. I tank daranno all'Ucraina - ha spiegato il portavoce Pat Ryder - "una capacità molto simile agli M1A2" che sarebbero stati disponibili solo nel 2024.

00:36

Zelensky: "Vinceremo nel Donbass e riprenderemo la Crimea"

Dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky arrivano proclami riferiti al fronte militare. Nel suo discorso serale, ha affermato che il suo paese "vincerà l'eroica battaglia per il Donbass, il confronto nel sud e riprenderà la Crimea". Ed ha aggiunto che dalla Crimea è "già iniziata la migrazione dei topi più lungimiranti dello Stato terrorista" russo.

00:47

Xi: "Cina obiettiva e imparziale"

Xi replica alle critiche che arrivano da Washington. Sul conflitto in Ucraina, la Cina è guidata dai principi della Carta delle Nazioni Unite e ha un atteggiamento imparziale, ha detto ai giornalisti il presidente cinese Xi Jinping dopo i colloqui con il presidente russo Vladimir Putin.

04:15

Patriot, soldati ucraini stanno ultimando la preparazione

Secondo l'Ap, un gruppo di 65 soldati ucraini sta ultimando la preparazione per l'utilizzo dei missili Patriot. Le esercitazioni avvengono in Oklahoma, nel Fort Sill army post. Il colonnello Martin O'Donnel ha annunciato che i militari ucraini torneranno in Europa nei prossimi giorni.

06:19

Mosca: "Respinto attacco a Sebastopoli"

La Marina russa afferma di aver respinto un attacco di droni su Sebastopoli. Lo ha annunciato il governatore Mikhail Razvozhaiev su Telegram. "La nostra flotta ha respinto un attacco di droni di superficie stamattina presto. Tre droni sono stati distrutti. I droni hanno tentato l'ingresso nella baia, ma la Marina ha sparato. Sono state allertate anche le difese aeree".

06:58

Xi ha lasciato Mosca

Gli aerei del presidente cinese Xi Jinping e della delegazione che lo accompagna sono decollati dall'aeroporto Vnukovo di Mosca. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. Il leader cinese è stato salutato da una guardia d'onore .

07:44

Tre morti in un attacco di droni nella regione di Kiev

Tre persone sono morte e altre sette sono rimaste ferite in seguito ad un attacco con droni lanciato la notte scorsa dalle forze russe nella regione di Kiev: lo ha reso noto su Telegram l'amministrazione militare regionale, come riporta Ukrinform.

08:13

Proiettili all'uranio impoverito da Londra, la reazione della Duma: "Una tragedia globale che colpirà principalmente l'Europa"

"Provocherà una tragedia globale che colpirà principalmente l'Europa" l'eventuale fornitura di proiettili con uranio impoverito annunciata dal Regno Unito all'Ucraina. È il pensiero espresso dal presidente della Duma di Stato russa, Vyacheslav Volodin, sul suo canale Telegram. Volodin ha ricordato che Washington "ha usato proiettili simili in Jugoslavia e Iraq, che hanno portato alla contaminazione dell'area, nonché a un forte aumento del cancro tra le persone".

08:19

Ucraina: Kiev ottiene dall'Fmi pacchetto aiuti da 15,6 mld dlr

Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha fatto sapere di aver raggiunto una prima intesa con l'Ucraina per un pacchetto di aiuti quadriennale del valore di circa 15,6 miliardi di dollari. L'accordo, che deve ancora essere ratificato dal board dell'Fmi, tiene in considerazione il percorso del Paese verso l'adesione all'Ue. Il 'via libera' definitivo, ha fatto sapere il Fondo, dovrebbe arrivare già nelle prossime settimane.

 09:14

Mosca, 'Usa non mettano a prova nostra pazienza con droni'

Mosca mette in guardia gli Stati Uniti dal "mettere alla prova la pazienza" della Russia continuando i sorvoli di droni sul Mar Nero. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov. Il diplomatico, citato dall'agenzia Ria Novosti, ha affermato che gli Usa "negano cinicamente" il divieto imposto dalla Russia ai sorvoli un'area del Mar Nero in seguito al conflitto in corso in Ucraina.

09:15

Zelensky: "Raid criminali nella notte con i droni iraniani assassini"

"Più di 20 droni iraniani assassini, oltre a missili e numerosi bombardamenti. E questo solo nell'ultima notte di terrore russo contro l'Ucraina. Ogni volta che qualcuno cerca di sentire la parola 'pace' a Mosca, lì viene dato un altro ordine per questi raid criminali". Lo scrive su Twitter il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, commentando l'ultima tornata di attacchi russi.

"Il successo delle forze di terra, di cielo e di mare dell'Ucraina avvicina davvero la pace - ha aggiunto - Il pieno rispetto del regime di sanzioni contro la Russia ripristina la forza della Carta delle Nazioni Unite. L'unità globale può ripristinare la stabilità globale".

09:43

Ucraina: Gb conferma uranio impoverito, procedura "standard"

Il ministero della Difesa britannico ha confermato che i proiettili perforanti che invierà in Ucraina contengono uranio impoverito, ma aggiunge che si tratta di una procedura "standard" e che la utilizza "da decenni".

"È una componente standard che non ha nulla a che fare con armi o potenziale nucleare", si legge in una nota del ministero diffusa da Sky News britannica. "La Russia lo sa, ma sta deliberatamente cercando di disinformare". Tra l'altro, continua la nota, "uno studio indipendente condotto da scienziati di gruppi come la Royal Society ha valutato che qualsiasi impatto sulla salute e sull'ambiente derivante dall'uso di munizioni all'uranio impoverito sarà probabilmente basso".

10:01

Intelligence britannica: "L'offensiva russa su Bakhmut si sta indebolendo"

"C'è una possibilità realistica che l'offensiva russa su Bakhmut si stia indebolendo, anche a causa del ridispiegamento delle forze russe in altri settori". Lo scrive su Twitter il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento sulla guerra fra Russia e Ucraina.

"Nei giorni scorsi le truppe ucraine hanno lanciato un contrattacco a ovest della città di Bakhmut - prosegue l'intelligence di Londra - che probabilmente allenterà la pressione sulla via di rifornimento. I combattimenti continuano nel centro della città, la difesa ucraina rimane minacciata dal nord e dal sud".

10:20

Papa: "Non dimentichiamo l'Ucraina, è martoriata, soffre tanto"

"Non dimentichiamo la martoriata Ucraina che soffre tanto". Lo ha ammonito ancora una volta il Papa al termine dell'udienza generale nel ricordare che sabato prossimo si celebra la solennità dell'annunciazione del Signore.

"Il pensiero va al 25 marzo dello scorso anno quando in unione voi Vescovi del mondo si sono consacrare la Chiesa e l'umanità, in particolare la Russia e l'Ucraina al cuore immacolato di Maria. Non stanchiamoci di affidare la causa della pace alla Regina della pace".

Bergoglio ha quindi invitato "ciascun credente, specialmente i gruppi di preghiera a rinnovare ogni 25 marzo l'atto di consacrazione alla Madonna perché è madre e può custodirci tutti nell'unità e nella pace. In questi giorni non dimentichiamo la martoriata Ucraina che soffre tanto".

10:32

Filorussi Donetsk: le forze di Mosca hanno bloccato Bakhmut

L'esercito russo ha praticamente bloccato Bakhmut. Lo ha affermato Jan Gagin, consigliere del capo ad interim dell'autoproclamata repubblica di Donetsk. Lo riporta Ria Novosti. Le truppe russe avrebbero preso il controllo del fuoco di tutte le strade asfaltate mentre il fango starebbe sta complicando seriamente la consegna di munizioni e il rifornimento per le forze armate dell'Ucraina.

10:44

Ucraina: Mosca, se estradato da Italia, Uss in scambio prigionieri con USA

 Il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov non ha escluso la possibilità di includere l'imprenditore Artem Uss, figlio del governatore della regione di Krasnoyarsk Alexander Uss, detenuto in Italia su mandato internazionale, nelle liste degli scambi di prigionieri tra Mosca e Washington in caso di sua estradizione negli Stati Uniti. Lo riporta la Tass.

"Non so quale sarà il destino del signor Uss. Spero che tornerà a casa in un modo o nell'altro - ha detto - abbiamo sempre combattuto e continueremo a combattere per ogni cittadino della Federazione Russa, fornendo assistenza consolare, proteggendo i suoi interessi con tutti i mezzi disponibili. Questo, ovviamente, vale per il signor Uss".

10:49

Cremlino, dall'Occidente reazione 'ostile' a visita Xi

La Russia critica la reazione "ostile" dell'Occidente alla visita a Mosca del presidente cinese Xi Jinping, ma quello che conta per Mosca è "il suo risultato". Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dalla Ria Novosti.

10:50

 Droni su regione Kiev, il bilancio dei morti sale a 4

È salito a quattro il bilancio delle vittime dell'attacco russo con droni lanciato la notte scorsa nella città di Rzhyshchiv, a sud-est di Kiev: lo ha reso noto il capo del dipartimento di polizia della regione della capitale, Andrey Nebitov, come riporta Unian.

Intanto, il bilancio dei dispersi à sceso a quattro, dopo che i soccorsi hanno estratto dalle macerie una persona, ha annunciato su Telegram il servizio di emergenza statale citato dal Guardian.

11:19

Kiev, la città di Zaporizhzhia è sotto attacco

La città di Zaporizhzhia, nell'Ucraina meridionale, è sotto attacco da parte delle forze russe: lo ha annunciato su Twitter il capo dell'ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak.

"I russi stanno bombardando Zaporizhzhia.Gli edifici residenziali e l'isola di Khortytsia sono sotto il fuoco nemico", ha scritto Yermak sul suo account.

11:35

Mosca, un morto in bombardamento ucraino in territorio russo

Una persona è stata uccisa oggi nella regione russa di Belgorod, confinante con l'Ucraina, in un bombardamento delle forze di Kiev. Lo ha detto il governatore, Vyacheslav Gladkov, sul suo canale Telegram. L'artiglieria ucraina, ha precisato Gladkov, citato dall'agenzia Tass, ha colpito il villaggio di Boriskovka e la maggior parte degli obici d'artiglieria sono piovuti su una fattoria.

11:48

Lukashenko, "Russia può darci proiettili con uranio"

La Russia è in grado di fornire alla Bielorussia "munizioni con vero uranio" se il Regno Unito trasferirà proiettili con uranio impoverito all'Ucraina: lo ha detto il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, stretto alleato di Mosca. "Se loro (i Paesi Occidentali) sono pazzi, allora si metterà in moto questo processo". Lukashenko ha avvertito che l'uso di proiettili all'uranio impoverito da parte delle forze armate ucraine non rimarrà impunito. Lo riporta l'agenzia russa Ria Novosti.

11:52

Peskov, Putin e Xi non hanno parlato "piano Zelensky"

Il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo cinese Xi Jinping non hanno discusso della formula di pace proposta dal presidente ucraino Volodimir Zelensky. Lo ha detto il portavoce della presidenza russa Dmitri Peskov nel consueto briefing con la stampa. "No, il piano di pace ucraino non è stato discusso. C'è stato uno scambio di opinioni sulle clausole del piano di pace cinese". Secondo Peskov, il "piano Zelensky" è una questione che devono affrontare Cina e Ucraina.

12:06

Shoigu, "sarà ammodernata la difesa missilistica di Mosca"

 Entro quest'anno la Russia "completerà l'ammodernamento del sistema di difesa missilistico della città di Mosca". Lo ha detto il ministro della Difesa Serghei Shoigu, citato dall'agenzia Ria Novosti. "Una delle priorità nello sviluppo delle forze aerospaziali - ha sottolineato Shoigu - è equipaggiare le truppe con sistemi di difesa aerea e missilistica".

12:13

Zelensky, Zaporizhzhia bombardata con ferocia bestiale

"Zaporizhzhia. In questo momento, un missile russo ha colpito un edificio a più piani. La Russia sta bombardando la città con ferocia bestiale. Si spara contro aree residenziali in cui vivono persone comuni e bambini vengono sparate contro. Lo stato terrorista cerca di distruggere le nostre città, il nostro stato, la nostra gente". Lo scrive su Telegram il presidente ucraino Voldymyr Zelensky.

12:29

Zelensky visita fronte orientale vicino a Bakhmut

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è andato a sorpresa a visitare il fronte orientale vicino a Bakhmut dove da tempo truppe ucraine e russe si scontrano duramente per il controllo della città. Lo ha riferito l'ufficio presidenziale di Kiev.

12:42

Zelensky a Bakhmut ringrazia i soldati: "Proteggete sovranità dell'Ucraina"

"Sono onorato di essere qui oggi, nell'est del Paese, nel Donbass, e di premiare i nostri eroi, di ringraziarvi, di stringere le vostre mani. Grazie perché proteggete lo stato, la sovranità e l'est dell'Ucraina". E' quello che il presidente Volodymyr Zelensky ha detto ai militari in occasione di una visita a sorpresa alla linea del fronte nei pressi di Bakhmut.

12:56

Londra, proiettili con uranio non sono armi nucleari

 I proiettili all'uranio impoverito che Londra vuole inviare all'Ucraina "non sono munizioni nucleari, sono munizioni puramente convenzionali". Lo afferma il ministro degli Esteri britannico James Cleverley, come riporta il Guardian. "Quindi non c'è escalation nucleare. L'unico paese al mondo che parla di questioni nucleari è la Russia", ha aggiunto Cleverley.

13:09

Mosca, proiettili uranio impoverito a Kiev passo verso escalation

 "La fornitura di proiettili all'uranio impoverito da Londra a Kiev sarà un ulteriore passo verso l'escalation". Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Lo riporta la Tass. Secondo Lavrov la fornitura di proiettili con uranio impoverito a Kiev "ridurrà la capacità dell'Ucraina di produrre cibo di qualità". Inoltre Mosca "sarà costretta a rispondere tenendo conto della dottrina militare della Federazione Russa".

13:16

Ucraina: attacco russo su Zaporizhzhia, un morto e 25 feriti

Il bombardamento russo di un edificio residenziale nella città di Zaporizhzhia ha fatto un morto e 25 feriti, tra cui bambini. Lo ha riferito il sindaco Anatoliy Kurtiev, precisando che i feriti sono stati trasportati in ospedale.

13:34

Kiev, a Zaporizhzhia 2 razzi su palazzo, non target militare

Il condominio di Zaporizhzhia attaccato oggi dalle forze russe è stato colpito da 2 missili: lo ha reso noto su Telegram il servizio stampa dell'amministrazione militare della regione, come riporta Ukrinform. "Nessun obiettivo militare! Due razzi russi hanno colpito un grattacielo residenziale, un obiettivo strategico per le truppe di uno Stato terrorista. Un altro crimine di guerra è stato commesso nel bel mezzo della giornata in una zona di una città con migliaia di persone", si legge nel messaggio.

13:51

Zaporizhzhia: Aiea, sicurezza centrale rimane precaria

"La sicurezza nucleare alla centrale di Zaporizhzhia rimane in uno stato precario. Chiedo ancora una volta un impegno da tutte le parti per garantire la sicurezza nucleare e la protezione della centrale". Lo ha detto in una nota il Direttore generale dell'Aiea, Rafael Mariano Grossi. L'Agenzia ha anche reso noto che questa settimana verrà completata la prevista rotazione del personale presso gli altri quattro impianti nucleari ucraini, le centrali nucleari di Khmelnitsky, Rivne e dell'Ucraina meridionale, nonché il sito di Chernobyl. Quanto a Zaporizhzhia invece "i ridotti livelli di personale, combinati con lo stress psicologico dovuto al conflitto militare in corso, stanno avendo un impatto sulla sicurezza nucleare e sulla protezione dell'impianto".

14:02

 Lavrov, Cpi fa interessi Occidente e ignora crimini guerra Usa

Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha accusato la Corte penale internazionale (Cpi), che ha emesso un mandato di arresto per il presidente russo, Vladimir Putin, di servire gli interessi occidentali e di ignorare i crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti e dalla Nato. "Ora la Cpi è guidata da un procuratore anglosassone naturalizzato che soddisfa le richieste dei suoi proprietari, che vietano a questo corpo di giustizia di indagare sui crimini dei Paesi della Nato", ha detto Lavrov in conferenza stampa a Sochi con il suo omologo eritreo, Osman Saleh Mohammed.

14:25

Ucraina: salgono a 7 i morti in attacco droni russi su regione Kiev

 Salgono a 7 i morti nell'attacco di droni lanciato dall'esercito russo sulla regione di Kiev. I soccorritori hanno recuperato i corpi di altre 3 persone da sotto le macerie di un dormitorio nella città di Rzhishchev, portando così il bilancio a 7. Lo riporta l'Ukrainska Pravda, citando la portavoce del servizio di emergenza statale, Victoria Ruban.

14:37

Zelensky fa riunione sulla sicurezza nella regione di Donetsk

Il presidente ucraino Voldymyr Zelensky dopo aver visitato il fronte nella linea di Bakhmut ha svolto un incontro sulla situazione sociale e di sicurezza nella regione di Donetsk. "Ho ascoltato il rapporto del comando militare sullo stato della situazione operativa nella zona di responsabilità del gruppo operativo-tattico Lyman - racconta Zelensky su Telegram - e ho discusso separatamente del ripristino dell'infrastruttura distrutta, garantendo una fornitura ininterrotta di acqua ed elettricità".

15:12

Melnyk, chiedere pace e stop alle armi è fare gioco Russia

"Sono consapevole che per alcuni politici in Italia e per i loro eletti il tema della fornitura di armi sta diventato sempre più sensibile.La pace è possibile esclusivamente sulla base dei principi di diritto internazionale e della carta Onu. Tutte le altre mezze soluzioni non saranno in grado di garantire una pace vera. E per arrivare ai negoziati di pace servono le armi. Chiedere la pace in Ucraina e lo stop all'invio degli aiuti militari significa fare il gioco solo di una parte, la Russia. Significa chiedere la resa dell'Ucraina". Così l'ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk,in audizione alle commissioni riunite Esteri.

15:32

Mosca, "gli Usa stanno giocando con il fuoco"

Gli Usa "giocano con il fuoco" continuando le loro azioni ostili contro la Russia, "non solo in Ucraina". Lo ha detto il vice ministro degli Esteri di Mosca Serghei Ryabkov, aggiungendo che la probabilità di un conflitto nucleare oggi "è più alta di quanto si è visto negli ultimi decenni". Lo riporta l'agenzia Tass.

15:38

Banca Mondiale, per ricostruire l'Ucraina servono 411 mld

Per la ripresa e la ricostruzione dell'Ucraina sono necessari 411 miliardi di dollari. E' una stima pubblicata oggi dalla Banca Mondiale (BM), dalle Nazioni Unite, dall'Unione Europea e dal governo ucraino. Mentre i combattimenti continuano, queste organizzazioni e istituzioni prevedono un bisogno immediato di 14 miliardi di dollari quest'anno per effettuare "investimenti critici e prioritari" per avviare la ricostruzione. 

15:47

Drone Usa precipitato, Russia assegna onorificenza ai piloti

Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha assegnato un'onorificenza al merito, 'l'Ordine del coraggio, ai piloti del caccia Su-27 che si sono confrontati con il drone americano Mq-9 costringendolo a precipitare nel Mar Nero. Questi piloti russi, si legge nella motivazione del ministero della Difesa russo, "hanno impedito la violazione dei confini dell'area delle operazioni militari speciali da parte del drone americano Mq-9".

16:04

Blinken,Cina non ha varcato la linea di armi letali a Mosca

"Finora non abbiamo ancora visto la Cina superare la linea" delle forniture di armi letali alla Russia per la guerra in Ucraina: lo ha detto il segretario di stato Antony Blinken in una audizione al Senato. La Cina sta guardando al conflitto in Ucraina "molto attentamente" e trarrà lezioni da come il mondo si oppone all'invasione russa, ha continuato Blinken sottolineando che la posta in gioco nel conflitto in corso va ben oltre l'Ucraina, con un profondo impatto in Asia.

16:21

Fonti Ue, sul piano munizioni domani non serve l'unanimità

Al Consiglio Europeo di domani i leader saranno chiamati a dare l'ok politico definitivo al piano munizioni per l'Ucraina, in modo che poi si possa passare agli atti legislativi. "Non abbiamo bisogno dell'unanimità, semmai che nessun Paese blocchi l'iniziativa", spiega un alto funzionario europeo. L'idea è di superare le possibili incertezze con il metodo "dell'astensione costruttiva".

16:35

Media Cina, Xi rientrato a Pechino dopo la visita in Russia

Il presidente cinese Xi Jinping è rientrato direttamente a Pechino dopo aver concluso la sua visita di Stato di tre giorni nella Federazione Russa, su invito del suo omologo Vladimir Putin. Lo riporta l'agenzia Xinhua, ricordando che a bordo dell'aereo presidenziale c'erano tra gli altri Cai Qi (n.5 del Partito comunista, membro del Comitato permanente del Politburo e direttore dell'Ufficio generale del Comitato centrale), Wang Yi (componente del Politburo e capo della diplomazia del partito) e il ministro degli Esteri Qin Gang.

16:38

Kiev, saliti a 32 i feriti nell'attacco a Zaporizhzhia

Almeno una persona è rimasta uccisa e altre 32 sono rimaste ferite per gli attacchi missilistici di oggi a Zaporizhzhia. Lo riferisce il servizio di emergenza statale ucraino citato dalla Cnn. "Fino ad ora, 32 persone sono rimaste ferite a seguito di un attacco missilistico nemico tra due edifici di nove piani: 27 persone sono state ricoverate in ospedale, tra cui 3 bambini", ha dichiarato. "Cinque persone sono state curate sul posto. Una persona è morta". Secondo l'ufficio del procuratore ucraino, le forze russe hanno sparato almeno sei missili contro Zaporizhzhia. Il tipo di missile è "attualmente in fase di definizione", ha affermato l'ufficio del procuratore in una nota, spiegando che gli attacchi hanno causato danni significativi alle infrastrutture civili e alcune persone risultano ancora disperse.

16:43

Tornano a Kiev 15 ragazzi e ragazze dai campi della Crimea

L'organizzazione ucraina Save Ukraine ha "soccorso" 17 ragazzi e riportato a casa da uno dei campi in Crimea dove erano arrivati tutti a fine estate dalle loro case nelle regioni di Kherson e Kharkiv pensando di rimanerci soltanto qualche settimana e ritrovandosi invece in quelli che l'organizzazione sottolinea essere veri e propri "campi di rieducazione" gestiti dalle autorità russe. Save Ukraine - che opera interamente con fondi privati - tiene a spiegare che le loro sono "missioni di soccorso": "Perchè soccorriamo i ragazzi" dal tentativo della Russia di "rieducarli, di fare loro il lavaggio di cervello". In questo caso vengono tutti dalla Crimea e in 15 sono arrivati a Kiev nel pomeriggio (uno è rimasto in Polonia con la sua famiglia e un altro è in arrivo), quasi tutti accompagnati dalle madri che hanno percorso migliaia di chilometri e attraversato diverse frontiere per recuperarli. E sono 15 storie diverse: quella di Artem, che fra pochi giorni compie 16 anni, e non guarda nelle telecamere, non parla molto, si morde le labbra. 

16:54

Russia utilizza vecchi tank anni cinquanta

L'esercito russo ha iniziato a prelevare dai depositi vecchi tank T-54/55 costruiti negli anni quaranta e cinquanta, per poi mandarli al fronte in Ucraina. Lo riferisce il sito investigativo russo indipendente Conflict Intelligence Team (Cit), rilanciato da Ukrainska Pravda. Cit riferisce di aver ottenuto immagini del trasporto via treno di tank provenienti dall'estremo oriente russo."Abbiamo stabilito che il treno filmato è recentemente partito dalla città di Arsenyev, nella regione di Primorsky, dove si trova la 129esima base di stoccaggio e riparazione dei tank", viene precisato.

17:13

Nato: parlamento Svezia vota a favore di adesione

Il parlamento svedese ha votato a stragrande maggioranza mercoledì a favore dell'ingresso della Svezia nella Nato. Il Parlamento, con 349 seggi, ha autorizzato l'adesione della Svezia alla Nato con un voto di 269 a 37, con 43 parlamentari assenti. Si è trattato dell'ultimo ostacolo interno richiesto per l'ingresso del Paese nell'alleanza militare occidentale. Sei degli otto partiti rappresentati in parlamento erano favorevoli all'adesione e il voto, che si è tenuto dopo un dibattito di quasi sette ore, è stato considerato una formalità. "L'adesione alla Nato è il modo migliore per salvaguardare la sicurezza della Svezia", ha dichiarato il ministro degli Esteri Tobias Billström durante le deliberazioni, definendo il voto "un evento storico" e "una delle più importanti decisioni di politica di sicurezza mai prese dal nostro Paese".

17:16

La Cpi respinge 'minacce' dopo mandato d'arresto per Putin

La presidenza dell'Assemblea degli Stati parti dello Statuto di Roma - ramo legislativo della Corte penale internazionale - ha respinto le "minacce" contro la Cpi e "le misure annunciate contro i suoi procuratori e giudici coinvolti nell'emissione di mandati d'arresto sulla situazione ucraina. La Presidenza dell'Assemblea si rammarica di questi tentativi di ostacolare gli sforzi internazionali per garantire la responsabilità per atti vietati dal diritto internazionale generale". "La Corte, i suoi funzionari eletti e il suo personale hanno il forte sostegno dell'Assemblea degli Stati parti dello Statuto di Roma", si legge in una nota. "Riaffermiamo la sua piena fiducia nella Corte come istituzione giudiziaria indipendente e imparziale e ribadiamo il nostro forte impegno a sostenere e difendere i principi e i valori sanciti dallo Statuto di Roma e a preservarne l'integrità imperterrita da qualsiasi minaccia". La Cpi "incarna il nostro impegno collettivo a combattere l'impunità per i più gravi crimini internazionali. In quanto istituzione di ultima istanza, la Corte è complementare alle giurisdizioni nazionali. Chiediamo a tutti gli Stati di rispettare la sua indipendenza giudiziaria", conclude la nota.

17:26

Russia, possibile scambio di prigionieri con Usa 

Il vice ministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov non esclude la possibilità che l'uomo d'affari Artyom Uss, fermato a Milano su mandato internazionale, possa essere compreso in uno scambio di prigionieri fra Russia e Stati Uniti. "Tutto è possibile, ma il fatto è che durante le prime fasi delle discussioni su queste questioni, per quanto ne so, gli americani non mostrano interesse nel rimpatrio di alcuni dei loro cittadini", ha detto Ryabkov, rispondendo alle domande dei giornalisti, secondo quanto riferisce la Tass.

Figlio del governatore del territorio russo di Krasnoyarsk in Siberia, Uss è stato fermato all'aeroporto milanese di Malpensa il 17 ottobre su mandato internazionale dell'autorità giudiziaria di New York. La Corte d'appello di Milano ha dato ieri via libera alla sua estradizione negli Stati Uniti per le accuse di contrabbando di petrolio del Venezuela verso Cina e Russia con elusione di sanzioni e frode bancaria. In attesa del ricorso in cassazione, Uss rimane agli arresti domiciliari.

17:41

Mosca esclude Usa-Gb-Germania-Francia dagli eventuali colloqui

Per Mosca, Usa, Regno Unito, Germania e Francia non potranno partecipare ai colloqui di pace sull'Ucraina. Lo riporta Newsweek sottolineando che il ministero degli Esteri russo ha respinto la proposta secondo cui "i più potenti partner occidentali dell'Ucraina dovrebbero essere coinvolti in eventuali negoziati per porre fine all'invasione russa". Nei giorni scorsi - riporta il media americano - il ministero degli Esteri russo ha dichiarato a Ria Novosti che Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia non possono essere considerati mediatori affidabili in alcun negoziato di pace dato il loro coinvolgimento nel conflitto. "Ufficialmente non sappiamo nulla di questa iniziativa", ha precisato la fonte del ministero russo riferendosi alla recente proposta del diplomatico tedesco Wolfgang Ischinger affinché Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania formino il "nucleo" di un gruppo di mediazione occidentale. "Tutti e quattro i Paesi citati - ha riferito il ministero russo, secondo Newsweek - sono loro stessi parti del conflitto: sostengono le iniziative di pseudo-pace di Zelensky, che sono requisiti ultimatum per la resa del nostro Paese. Con tali approcci, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania non possono pretendere di essere mediatori neutrali nell'avvio del processo di pace. Non sono interessati a risolvere la crisi e stanno facendo di tutto per massimizzare il confronto".

18:00

Cimitero di missili a Kharkiv, servirà per provare crimini di guerra

Oltre mille pezzi di missili ed esplosivi sono raccolti in un'area recintata grande come mezzo campo da calcio in un distretto industriale di Kharkiv, seconda città dell'Ucraina. A raccontare oggi la storia del "cimitero dei missili" è il Guardian, spiegando che gli ucraini sperano di utilizzare i resti come prove di crimini di guerra. Nei primi mesi di guerra, quando Kharkiv fu massicciamente bombardata, i resti dei missili rimasero spesso nelle case colpite. Poi i funzionari della procura hanno iniziato a raccoglierli e catalogarli.

Le autorità locali pensano che il "cimitero dei missili" possa un giorno servire per la realizzazione di un museo delle atrocità dell'invasione russa. Ma prima ancora la procura intende usare i resti per documentare i crimini di guerra. "Questo posto è stato creato per raccogliere le prove dei crimini. Tutti questi ordigni sono stati recuperati a Kharkiv, ma è soltanto la metà di quello che ci hanno sparato addosso. Sono prove che speriamo vengano usate dalla Corte penale internazionale", spiega Dmytro Chubenko, portavoce della procura di Kharkiv. Circa il 95% degli ordini recuperati sono parti di sistemi lancia missili multipli, compreso il sistema Smerch che può sparare le bombe a grappolo, proibite internazionalmente nel 2008, e usate dai russi per colpire aree civili.

18:16

Colloqui tra ministri Difesa russo e turco, focus su accordo grano

Il ministro della Difesa russo Sergei Shoighu ha avuto un colloquio con l'omologo turco Hulusi Akar, su iniziativa di Ankara. Lo ha confermato il ministero della Difesa russo in una nota spiegando che al centro dei colloqui c'è stato l'accordo per l'esportazione del grano dai porti dell'Ucraina che si affacciano sul Mar Nero. Accordo raggiunto lo scorso luglio a Istanbul tra Kiev e Mosca con la mediazione di Ankara e delle Nazioni Unite. Durante la conversazione, si legge sulla Ria Novosti, i due ministri hanno anche parlato della situazione in Siria e di altre questioni internazionali.

18:34

Il principe William in Polonia incontra le trubbe britanniche e polacche coinvolte nel sostegno all'Ucraina

Il principe William si è recato in Polonia per ringraziare le truppe britanniche e polacche coinvolte nel sostegno all'Ucraina, poi ha incontrato i rifugiati fuggiti dal conflitto. L'erede al trono si è recato a Rzeszow, nel sud-est della Polonia, dove ha incontrato il ministro della Difesa del Paese, Mariusz Blaszczak, e ha parlato con i membri delle forze di difesa polacche e delle truppe britanniche di stanza in Polonia. Il dispiegamento britannico in Polonia fa parte di un rafforzamento della Nato sul suo fianco orientale dopo l'invasione russa dell'Ucraina. Dopo gli impegni militari, il Principe di Galles si recherà a Varsavia per visitare un centro di accoglienza per circa 300 donne e bambini ucraini fuggiti dalla guerra. "Domani, quando incontrerò il presidente Duda, ribadirò il solido rapporto condiviso dalle nostre due nazioni e sottolineerò il mio continuo sostegno e la mia gratitudine al popolo polacco", ha dichiarato.

18:52

Mosca, probabilità più alta da decenni di conflitto nucleare

"Non voglio addentrarmi in una discussione sul fatto che la probabilità di un conflitto nucleare sia alta oggi, ma è in ogni caso più alta di qualsiasi cosa abbiamo avuto negli ultimi decenni, mettiamola così". Lo afferma il viceministro degli Esteri, Sergei Ryabkov, durante il dibattito 'Un mondo senza Start: cosa c'è dopo?'. Lo riporta l'agenzia Tass.

18:59

Le Figaro, Francia forma piloti Kiev per usare Mirage

Da circa un mese e mezzo la Francia sta formando una trentina di piloti ucraini per pilotare i caccia Mirage 2000 dell'Aeronautica francese. Lo riporta Le Figaro precisando che l'addestramento si svolge nelle basi aeree di Mont-de-Marsan e Nancy e che la decisione è stata presa prima della visita di Volodymyr Zelensky a Parigi, l'8 febbraio scorso. La Francia, osserva il quotidiano , si è così unita agli Usa, che formano i piloti ucraini con gli F-16. "Ma mentre la Casa Bianca ha ribadito la settimana scorsa che una eventuale consegna di aerei da combattimento non è ancora sul tavolo, Parigi potrebbe fornire una decina di velivoli a Kiev, a tempo debito", si legge nell'articolo.

19:02

Zelensky visita a sorpresa anche Kharkiv

Dopo aver incontrato i militari ucraini al fronte vicino Bakhmut, il presidente Volodymyr Zelensky è arrivato a sorpresa anche a Kharkiv. Lo riporta Ukrainska Pravda. Zelensky ha consegnato un premio onorario al sindaco Igor Terekhov e ha postato il discorso in un video su Telegram. "Grazie agli abitanti di questa bellissima città, che difende la nostra indipendenza fianco a fianco con altre città del nostro Stato" ha detto il presidente ucraino. La visita di Zelensky è servita anche per fare il punto sulla situazione nella regione, a cominciare dalla sistemazione delle fortificazioni e dal ripristino delle infrastrutture. Zelensky ha consegnato al sindaco Igor Terekhov il premio onorario "Città eroe dell'Ucraina". 

19:08

Mosca, Usa giocano col fuoco su trattato Start

Gli Stati Uniti "devono in qualche modo rinsavire e scuotersi, togliersi i paraocchi e accettare la realtà così com'è. Continuano a giocare con il fuoco". Lo ha detto il vicemninistro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, parlando di un possibile ritorno al dialogo con Washington sul trattato Start. "La condizione per tornare alla discussione sul contenuto del trattato è un cambiamento nella rotta ostile degli Stati Uniti nei confronti della Russia", ha detto Ryabkov. Lo riporta Ria Novosti.

19:18

Zelensky, risponderemo a tutti gli attacchi russi

"Risponderemo sicuramente all'occupante per ogni attacco alle nostre città... Gli attacchi russi di oggi a Zaporizhzhia, l'attacco notturno alla regione di Kiev... Tutti gli attacchi russi riceveranno una risposta militare, politica e legale. La Russia perderà questa guerra". Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram. "Nel Donbass, nella regione di Kharkiv, ovunque sia arrivato il male russo, è ovvio che lo stato terrorista non può essere fermato da nient'altro che da una cosa: la nostra vittoria. La garantiremo" e "faremo di tutto per restituire una vita normale a tutta la nostra terra, da Donetsk al confine".

19:35

Kiev, abbattuto un drone russo nel nord

Le forze armate ucraine hanno abbattuto un drone russo nel nord del Paese. Lo ha riferito il Comando Operativo Nord su Telegram, secondo quanto riportato da Ukrinform. "I soldati delle forze di difesa nell'area di Sivershchyna hanno abbattuto un Uav nemico, presumibilmente un Orlan-10", ha dichiarato il comando. Nella notte tra ieri e oggi, i russi hanno lanciato contro il Paese un attacco con droni che ha colpito anche la regione di Kiev, provocando sette morti.

19:50

Stoltenberg, "prepararsi a sostenere Kiev in una lunga guerra"

Il presidente Vladimir Putin nell'immediato non ha intenzione di portare avanti piani per la pace, quindi l'Occidente deve prepararsi a sostenere Kiev per molto tempo. L'avvertimento arriva dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un'intervista rilasciata al Guardian. Secondo il numero uno dell'alleanza, Putin è impegnato in "una guerra di logoramento" e la battaglia attorno a Bakhmut, nella quale molti russi stanno morendo, dimostra che Mosca è disposta "a lanciare migliaia e migliaia di truppe in più, a subire molte perdite per guadagni minimi". Per sostenere Kiev, dunque, Stoltenberg si augura che i membri della Nato accettino di spendere almeno il 2% del Pil per la difesa al prossimo vertice dell'alleanza, che avrà luogo a Vilnius, la capitale della Lituania. "Il presidente Putin non pianifica la pace, sta pianificando altra guerra", ha continuato Stoltenberg, aggiungendo che la Russia sta aumentando la produzione industriale militare e "si rivolge a regimi autoritari come l'Iran o la Corea del Nord e altri per cercare di ottenere più armi". Di conseguenza, gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia, la Germania e altri Stati occidentali devono essere pronti a sostenere l'Ucraina con armi, munizioni e pezzi di ricambio per lungo tempo.

21:33

Kiev smentisce l'addestramento dei piloti in Francia

Il portavoce dell'aviazione ucraina, Yurii Ihnat, ha smentito la notizia pubblicata da Le Figaro che piloti di Kiev si stiano addestrando da un mese e mezzo in Francia all'uso dei caccia Mirage. "Voglio smentirla immediatamente perché non vi sia distorsione dei fatti", ha affermato, citato da Ukrainska Pravda. Vari stati hanno offerto loro siti per "possibili, potenziali e futuri addestramenti di questo tipo che verranno scelti collettivamente in consultazione con i nostri partner", ha aggiunto il portavoce. "In Francia sono stati addestrati osservatori aerei e vi sono stati corsi di sopravvivenza per aviatori, ma non parliamo di addestramento di equipaggi di volo", ha sottolineato.

20:45

Medvedev: "La minaccia del conflitto nucleare non è passata, è aumentata"

"La minaccia del conflitto nucleare non è passata, ma sta crescendo". Lo ha detto il vice capo del Consiglio per la sicurezza nazionale Dmitry Medvedev. Lo riporta Ria Novosti. "La fornitura di armi straniere all'Ucraina avvicina all'apocalisse nucleare", ha poi avvertito.

21:38

Sono 8 i morti nell'attacco russo con i droni nella regione di Kiev

E' salito a 8 il numero delle vittime nell'attacco con droni notturno dei russi alla città di Rzhishchev, nella regione di Kiev. Lo rendono noto i servizi di soccorso ucraini. Nell'attacco è stato colpito un dormitorio.

21:54

Ryabkov: "Ipotesi conflitto nucleare oggi è più alta che in qualsiasi momento degli ultimi decenni"

Il rischio di un conflitto nucleare è ora al suo livello più alto da decenni. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Tass. "Non vorrei entrare in una discussione se la probabilità di un conflitto nucleare sia alta oggi, ma certamente è più alta che in qualsiasi momento degli ultimi decenni, mettiamola così", ha detto Ryabkov intervenendo a un evento del club Valdai. Poco prima il vicepresidente del Consiglio di sicurezza, Dmitry Medvedev, in un'intervista ai principali media russi ha avvertito che le consegne di armi straniere all'Ucraina ci avvicinano a un conflitto nucleare.

23:37

Xi a Mosca: Blinken, fra Russia e Cina matrimonio convenienza

Il riavvicinamento russo-cinese è "un matrimonio di convenienza" piuttosto che di "convinzione": lo ha detto il capo della diplomazia americana, Antony Blinken, secondo il quale Pechino non ha ancora consegnato armi letali a Mosca in piena guerra in Ucraina.

"Avendo una visione del mondo molto diversa dalla nostra, hanno contratto un matrimonio di convenienza", ha detto il segretario di Stato alla commissione Affari Esteri del Senato americano. "La Russia è chiaramente il partner minore in questa relazione", ha aggiunto.

Il presidente cinese Xi Jinping ha fatto una visita di tre giorni in Russia, incentrata sul rafforzamento dei legami bilaterali.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 23 marzo.

La Repubblica. Zelensky al vertice Ue: "Ecco i ritardi nella consegna di armi che allungano la guerra"

È salito a 8 il bilancio dei morti negli attacchi vicino a Kiev. Vittime anche a Zaporizhzhia dove l'Aiea lancia l'allarme per la possibile disconnessione della centrale dalla linea elettrica esterna

Il livello dello scontro sull'Ucraina sale di intensità, con Mosca che evoca di continuo l'Apocalisse nucleare dopo la notizia dei proiettili all'uranio impoverito destinati da Londra a Kiev. L'ultimo ad agitare lo spettro dell'Armageddon è l'ambasciatore russo negli Stati Uniti", Anatoly Antonov. Ma intanto, sul campo, si continua a morire. Anche tra i civili. Come è successo nelle ultime ore nella zona di Kiev. Con un bilancio salito ad almeno 8 morti. Vittime anche a Zaporizhzhia dove l'Aiea lancia l'allarme sulla possibile disconnessione della centrale dalla linea elettrica esterna. La Banca mondiale intanto stima i costi della ricostruzione: sono necessari 411 miliardi di dollari.

Punti chiave

04:57

L'ambasciatore russo negli Usa: "L'Occidente ci porta all'Armageddon"

00:48

Blinken: "Tra Russia e Cina matrimonio di convenienza"

Il riavvicinamento russo-cinese è "un matrimonio di convenienza" piuttosto che di "convinzione". Lo ha detto il capo della diplomazia americana, Antony Blinken, secondo il quale Pechino non ha ancora consegnato armi letali a Mosca in piena guerra in Ucraina."La Russia è chiaramente il partner minore in questa relazione", ha aggiunto.

02:19

De Santis: "Putin criminale di guerra, non vincerà"

Il governatore della Florida, Ron DeSantis ha definito il presidente russo Vladimir Putin un "criminale di guerra" e ha chiesto che venga "ritenuto responsabile" per l'invasione dell'Ucraina.

In un'intervista con l'anchorman britannco Piers Morgan, DeSantis ha dunque usato toni più duri rispetto alle parole pronunciate la scorsa settimana, che sembravano liquidare la guerra come una "disputa territoriale". Ma soprattutto toni assai più duri, verso Mosca, rispetto al suo probabile avversario alle primarie repubblicane: Donald Trump.

03:29

Mosca: "Eliminato l'equipaggio dei droni ucraini"

Le truppe russe hanno individuato e ucciso, utilizzando armamenti APC-82, un equipaggio di operatori di droni ucraini che cercava rifugio in una casa unifamiliare vicino a Donetsk. Lo ha detto alla Tass Ivan Bigma, portavoce del gruppo tattico Sud.

04:57

L'ambasciatore russo negli Usa: "L'Occidente ci porta all'Armageddon"

"I Paesi occidentali guidati dagli Stati Uniti hanno deciso di portare l'umanità sull'orlo di un Armageddon nucleare". Sono le parole, riportate dalla Tass, dell'ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov. Il diplomatico rispondeva alle dichiarazioni di alti funzionari statunitensi secondo cui le munizioni all'uranio impoverito sarebbero armi utilizzate da decenni e non presenterebbero alcun rischio elevato. "Commentare questo tipo di assurdità è davvero difficile. Le autorità statunitensi hanno raggiunto un nuovo minimo con le loro dichiarazioni irresponsabili", ha detto Antonov.

06:04

Medvedev: "L'Occidente vuole solo destabilizzare la Russia"

Nuove dichiarazioni bellicose da parte del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev. "Il desiderio dell'Occidente è molto semplice: destabilizzare la situazione politica, dividere il Paese in parti, abbastanza grandi, negoziare con ognuna di queste parti, denuclearizzarla e smilitarizzarla. Capiscono solo il linguaggio della forza".

07:52

Intelligence: "Mosca a corto di tank, pensa a mezzi anni '50"

L'esercito russo potrebbe schierare al fronte carri armati risalenti agli anni '50 per compensare le enormi perdite di mezzi corazzati subite dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina: lo scrive il Conflict Intelligence Team, un'organizzazione open source con sede a Tbilisi, come riporta il Kyiv Independent. Il centro studi ha reso noto che le forze russe hanno trasportato un carico di carri armati T-54/55 da un deposito di Primorye, nell'estremo sud-est del Paese, verso la Russia occidentale e si ipotizza che potrebbero dispiegare questi mezzi in Ucraina. Secondo Oryx, un'altra organizzazione di intelligence open-source che documenta le perdite russe in Ucraina, Mosca ha perso dall'inizio della guerra circa 1.871 carri armati.

08:49

L'intelligence britannica: "Mosca mira conquistare la città di Kupyansk"

Le forze russe mirano presumibilmente a riconquistare la città di Kupyansk, nella regione di Kharkiv (est), che è anche un hub logistico: lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence. Dall'inizio di questo mese sono continuati pesanti combattimenti in alcune parti del settore Svatove-Kreminna della linea del fronte nel nord della regione di Lugansk, osserva il ministero nel suo rapporto pubblicato su Twitter. La Russia ha parzialmente ripreso il controllo delle immediate vicinanze della città di Kreminna, proseguono gli esperti di Londra, sottolineando che in alcuni punti le truppe di Mosca hanno "guadagnato fino a diversi chilometri".

A questo punto, "i comandanti russi stanno probabilmente cercando di espandere una zona di sicurezza a ovest delle linee di difesa preparate lungo le alture, integrando l'ostacolo naturale del fiume Oskil. È probabile che cerchino di riconquistare Kupiansk, un nodo logistico". Dal punto di vista operativo, conclude il rapporto, l'obiettivo della Russia nel nord-est "rimane probabilmente difensivo: i comandanti probabilmente temono che questo sia uno dei settori in cui l'Ucraina potrebbe tentare importanti operazioni offensive".

09:19

Medvedev: "Ogni tentativo di arresto di Putin sarebbe una dichiarazione di guerra alla Russia"

Un arresto di Vladimir Putin da parte di un paese straniero a seguito del mandato d'arresto emesso la scorsa settimana dalla Corte penale internazionale equivarrebbe a "dichiarare guerra" a Mosca. Lo ha detto l'ex presidente russo Dmitry Medvedev. "Immaginiamo la cosa (...): il capo di Stato di una potenza nucleare va a dire, ad esempio, la Germania e viene arrestato. Cos'è questa? Una dichiarazione di guerra alla Russia", ha dichiarato Medvedev, attuale numero 2 del Consiglio di sicurezza russo -  Se ciò accade, allora "tutte le nostre capacità, missili e altro, ricadranno sul Bundestag, sull'ufficio del cancelliere e così via". L'avvertimento arriva dopo che la scorsa settimana la CPI con sede all'Aia ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Putin per il crimine di guerra di "deportazione" di bambini ucraini come parte dell'offensiva di Mosca contro l'Ucraina. Mercoledì la CPI ha denunciato le "minacce" che provengono da Mosca nei suoi confronti, dopo che la giustizia russa ha annunciato di aprire un'indagine penale contro diversi suoi giudici e il suo procuratore, Karim Khan. All'inizio di questa settimana, Medvedev aveva già minacciato la Corte penale internazionale con un attacco missilistico, invitando i suoi magistrati a "guardare attentamente il cielo". La Russia, che non riconosce la giurisdizione della Corte penale internazionale, ha descritto il mandato di arresto nei confronti di Putin come "nullo e non valido".

09:44

Kiev: attacco missilistico russo ad Adviivka, due morti

Due persone sono morte la notte scorsa durante un attacco missilistico russo contro la città di Avdiivka, nella regione di Donetsk, nell'Ucraina orientale: lo ha reso noto su Telegram il capo dell'amministrazione militare regionale, Pavlo Kyrylenko, come riporta Ukrinform. "Nel cuore della notte, i russi hanno bombardato Kramatorsk e la periferia della città - ha scritto Kyrylenko - Nella direzione di Donetsk, due persone sono morte ad Avdiivka. La città è stata colpita da un missile: tre missili puntavano sul territorio dell'AKHZ", ha aggiunto il governatore riferendosi all'impianto chimico Avdiivka Coke and Chemical Plant.

10:14

Borrell: "Putin parla di pace con Xi, ma continua a compiere crimini di guerra"

"L'Ucraina è stata nuovamente attaccata dalla Russia con droni iraniani. Sono state prese di mira strutture educative; un attacco missilistico è stato lanciato contro un edificio residenziale a Zaporizhzhia. Proprio quando Putin ha espresso la necessità di una "soluzione pacifica" al presidente Xi, la Russia commette nuovamente crimini di guerra". Lo scrive in un tweet l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell.

10:49

Ucraina: missili russi su Avdiivka nella notte, 2 morti

Due persone sono morte la notte scorsa durante un attacco missilistico russo contro la città di Avdiivka, nella regione di Donetsk, nell'Ucraina orientale: lo ha reso noto su Telegram il capo dell'amministrazione militare regionale, Pavlo Kyrylenko, come riporta Ukrinform.

"Nel cuore della notte, i russi hanno bombardato Kramatorsk e la periferia della città - ha scritto Kyrylenko -. Nella direzione di Donetsk, due persone sono morte ad Avdiivka. La città è stata colpita da un missile: tre missili puntavano sul territorio dell'AKHZ", ha aggiunto il governatore riferendosi all'impianto chimico Avdiivka Coke and Chemical Plant.

11:05

Media: in Crimea sventola una bandiera ucraina

Una bandiera ucraina che sventola su una torre di comunicazione nella Crimea annessa alla Russia: è quanto mostra un video pubblicato su Twitter dal giornalista della New Voice of Ukraine, Euan MacDonald, come riporta il Guardian.

"Una bandiera ucraina sventola da una torre di comunicazione vicino al villaggio di Hrushivka, a circa 18 chilometri a nord della città di Sudak, nella Crimea occupata dai russi. Anche dopo nove anni di occupazione militare russa, alcuni crimeani sembrano ancora pronti a rischiare per dimostrare il proprio patriottismo", scrive il giornalista.

11:09

Ucraina: Estonia, con Guterres parleremo di tribunale per aggressione

 "Oggi avremo un incontro con il segretario generale dell'Onu Guterres e parleremo di un tribunale per il crimine di aggressione perché il mandato d'arresto della Corte penale internazionale (Cpi) è un buon segno che nessun leader è immune, ma loro non possono perseguire il crimine di aggressione, questo deve venire dall'Onu". Lo ha detto la premier dell'Estonia, Kaja Kallas, al suo arrivo al Consiglio europeo a Bruxelles.

11:39

Il capo delle forze di terra ucraine: presto controffensiva a Bakhmut

Le forze armate ucraine lanceranno presto una controffensiva nei confronti dell'esercito russo. Parola del comandante delle forze di terra di Kiev Oleksandr Syrsky, secondo il quale le forze russe "stanno perdendo forza in modo considerevole e si stanno esaurendo" nella battaglia per Bakhmut. "Molto presto approfitteremo di questa opportunità, come abbiamo fatto in passato vicino a Kiev, Kharkiv, Balakliya e Kupiansk", ha detto Syrsky, elencando le controffensive ucraine dell'anno scorso che si sono rivelate punti di svolta nella guerra.

Funzionari ucraini e gli analisti occidentali hanno affermato che l'offensiva russa attorno a Bakhmut sembra essere entrata in una fase di stallo. Dopo mesi di combattimento i militari russi non sono ancora riusciti a conquistare la città del Donbass nonostante l'ingente impiego di uomini e armi.

11:46

Ucraina: Borrell, per ora la Cina non sta aiutando la Russia

"Per il momento la Cina non sta aiutando la Russia". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio europeo. "Parlerò ai leader dell'accordo per fornire munizioni all'Ucraina, discusso all'ultimo Consiglio europeo", ha aggiunto Borrell, riferendosi all'intesa "per un milione di munizioni in dodici mesi per due miliardi di euro".

11:58

Sanchez in Cina da Xi: "Gli dirò che spetta a Kiev stabilire le condizioni per la pace"

"Credo che l'invito di Xi Jinping dimostri l'importanza e il peso internazionale della Spagna e della sua diplomazia. È importante che si sviluppino le relazioni bilaterali. È anche importante conoscere in prima persona le posizioni della Cina sull'Ucraina e trasmettere il messaggio che siano gli ucraini che debbano stabilire le condizioni per il negoziato di pace. Va rispettato un ordine internazionale garantito dall'Onu e che prevede la tutela di una sovranità violata dal presidente Putin". Lo ha detto il premier spagnolo Pedro Sanchez arrivando al Consiglio europeo e soffermandosi sulla missione in Cina del prossimo 30 e 31 marzo.

 12:52

Ucraina: Zelensky visita regione Kherson

Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, è in visita a una delle strutture energetiche della regione di Kherson, per discutere delle forniture di elettricità agli insediamenti della regione di Kherson, del ripristino nei territori tornati sotto il controllo ucraino e del recupero delle attrezzature danneggiate dai bombardamenti russi. Lo ha scritto lo stesso presidente sul suo profilo Telegram. "Riunione di coordinamento sulla situazione nella regione di Kherson - si legge - L'attuale situazione della sicurezza, il ripristino delle infrastrutture danneggiate della regione, lo sminamento dei territori de-occupati, il ripristino delle reti elettriche: teniamo sotto controllo tutte queste importanti questioni", ha aggiunto Zelensky.

12:56

Ucraina: il ministro Urso, 'è diventata una guerra di sterminio' da parte russa

 "Mia moglie è nata in Siberia, dove tuttora vive suo padre da una famiglia russa e russofona, metà russa e metà russofona di Lugansk, dove poi loro hanno vissuto in realtà. Sono quindi anche consapevole più di altri di quello che è il dramma di quei popoli però le scelte che ho fatto fin dall'inizio sono scelte che riguardano l'interesse nazionale del nostro Paese". Lo racconta il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, al podcast di Libero Terraverso.

"Gli ucraini di lingua russa sono diventati i più acerrimi avversari di Putin, proprio quelli che lui avrebbe dovuto liberare perché quella liberazione è diventata non solo un'occupazione ma una guerra di sterminio", osserva il ministro.

13:03

Kiev, 'possiamo liberare da russi 30 km su riva sinistra Dnipro'

 Le forze armate ucraine che operano nel Sud del Paese stanno cercando di liberare dai russi una zona di 20-30 km sulla riva sinistra del Dnipro, quindi sul versante orientale dell'Ucraina. Lo riporta Ukrainska Pravda, citando Natalya Gumenyuk, capo dell'ufficio stampa delle forze di stanza nel sud dell'Ucraina.

"È un lavoro piuttosto difficile" ha detto Gumenyuk, aggiungendo che "è complicato dal fatto che il nemico ha iniziato a nascondersi dietro i civili, cercando di nascondere le loro unità e il loro dispiegamento di attrezzature nei cortili dei residenti locali, dietro gli edifici residenziali".

Nonostante questo, spiega il capo ufficio stampa, il lavoro degli ucraini è abbastanza efficace e ciò si può notare dal fatto che "i bombardamenti dalla direzione del Kinburn Spit sono notevolmente diminuiti, poiché abbiamo raggiunto un punto di rifornimento e un deposito di munizioni".

13:20

Papa: "La guerra è il fallimento della politica, non può essere soluzione dei conflitti"

"La guerra è un fallimento della politica e dell'umanità. Questo dobbiamo ripeterlo ai politici". Lo ha ammonito il Papa parlando ai partecipanti alla plenaria della Comece. "Si può parlare ormai di una terza guerra mondiale", ha ribadito Bergoglio, nel sottolineare che la guerra in Ucraina "ha scosso la pace europea".

"La guerra - ha soggiunto - non può e non deve più essere considerata come una soluzione dei conflitti. Se i Paesi dell'Europa di oggi non condividono questo principio etico-politico, allora vuol dire che si sono allontanati dal sogno originario. Se invece lo condividono, devono impegnarsi ad attuarlo, con tutta la fatica e la complessità che la situazione storica richiede. Perché la guerra è un fallimento della politica e dell'umanità. Questo dobbiamo ripeterlo ai politici".

13:57

Ungheria: Non arresteremo Putin se verrà nel nostro Paese

L'Ungheria non arresterà il presidente russo, Vladimir Putin, se dovesse entrare nel Paese. Lo ha assicurato il capo dello staff del primo ministro Viktor Orban, malgrado l'Ungheria abbia firmato e ratificato lo Statuto di Roma che ha istituito la Corte penale internazionale (Cpi). Venerdì lo stesso tribunale ha emesso un mandato di arresto contro Putin accusandolo di crimine di guerra per aver deportato illegalmente centinaia di bambini dall'Ucraina.

14:12

Cina: fonti Ue, Guterres ai leader; isolarla presenta rischi

"L'isolamento della Cina da parte dell'Europa pone dei rischi". Lo ha affermato - a quanto riferisce una fonte Ue - il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, nel suo discorso ai capi di Stato e di Governo dell'Unione riuniti a Bruxelles.

Guterres, che si è detto molto pessimista sulla situazione globale attuale, ha invitato l'Ue anche a valutare il proprio impatto nell'agevolare la soluzione della crisi alimentare. Il segretario generale delle Nazioni unite ha mostrato poco ottimismo anche nei confronti dell'accordo per l'export del grano dall'Ucraina. "La discussione sull'interpretazione della durata della proroga dimostra che non siamo sulla strada giusta", ha evidenziato Guterres.

14:45

La Slovacchia consegna i primi Mig all'Ucraina

I primi quattro caccia Mig-29 donati dalla Slovacchia all'Ucraina sono partiti oggi dal territorio slovacco. Lo ha reso noto il ministero della Difesa slovacco. La Slovacchia intende donare all'Ucraina in totale 13 caccia di questo tipo. "Ringrazio tutte le forze coinvolte per il fantastico lavoro professionale. La Slovacchia è dalla parte giusta e con questo gesto, noi come Paese, ci siamo iscritti a caratteri cubitali nella storia del mondo moderno, che parla di assistenza tempestiva, solidarietà sincera e grandezza della nazione", ha commentato il ministro della Difesa Jaroslav Nad.

15:37

Zelensky al vertice Ue: "Ecco i ritardi che allungano la guerra"

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo video-collegamento con il vertice Ue in corso a Bruxelles ha citato cinque ritardi che prorogano la guerra: "I ritardi nella consegna dei missili a lungo raggio, degli aerei moderni, nell'adozione di un nuovo pacchetto di sanzioni, nel piano di pace formulato da Kiev e nel percorso di adesione all'Ue".

15:55

Mosca, se la Moldavia si unirà alle sanzioni Ue reagiremo

La Russia adotterà le misure appropriate se la Moldavia dovesse unirsi alle sanzioni anti-Mosca dell'Unione europea. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, citata dall'agenzia stampa russa Tass. "Come sapete, tali misure da parte dell'Ue non sono state fatte senza una risposta da parte nostra. Se e quando Chisinau si unirà ufficialmente a queste sanzioni, saremo costretti ad adottare adeguate misure di ritorsione. Vorrei sottolineare che questa non sarà una nostra scelta, ma piuttosto una risposta ad azioni ostili", ha detto Zakharova. In precedenza, il ministro degli Esteri della Moldavia, Nicu Popescu, aveva affermato che Chisinau intendeva aderire alle misure restrittive imposte dall'Ue nei confronti di alcuni cittadini russi. Secondo Zakharova, è difficile non notare come "le autorità moldave continuino a mostrare particolare zelo nel mettere a punto la loro agenda russofoba, non solo limitandosi ad aderire all'Ue anti-russa". La portavoce ha ricordato che il 22 marzo il servizio di informazione e sicurezza moldavo ha emesso l'ordine di bloccare altri cinque siti web dell'agenzia di stampa russa Sputnik. 

16:04

Mosca, con Mig da Slovacchia "passo distruttivo"

La Federazione russa considera il trasferimento di quattro caccia da combattimento Mig-29 dalla Slovacchia all'Ucraina come "un passo distruttivo che contraddice la retorica dell'Unione europea sulal ricerca di soluzioni pacifiche" al conflitto. Lo ha denunciato il viceministro degli Esteri di Mosca, Aleksandr Grushko, come riporta l'agenzia Tass.

16:08

Bloomberg, "la Wagner pronta al disimpegno in Ucraina"

Il Gruppo Wagner sarebbe pronto a disimpegnarsi dalla zona del Donbass, in Ucraina, per spostare le sue forze in Africa a seguito della scelta dei capi militari russi di tagliare le forniture di uomini e munizioni. A riportare la notizia è la Bloomberg, che cita fonti che "hanno familiarità con la questione".

16:20

Russia, ferrovia ponte Crimea in funzione in estate 

Il tratto ferroviario del Ponte di Crimea tornerà a funzionare entro il primo luglio per consentire l'aumento del traffico di merci dalla Russia alle regioni occupate dell'Ucraina, ha spiegato il vice premier russo, Marat Khusnullin in una intervista a Rossiya-24. Il Presidente Putin ha anche approvato la ripresa del traffico dei camion, ma non ancora dei tir, dati i rischi posti dall'operazione militare speciale, dopo l'esplosione che aveva provocato la morte di tre persone.

16:36

Prigozhin, nessun ritiro della Wagner dall'Ucraina

"Sembra che la Bloomberg sappia meglio di noi quello che faremo. Fino a quando il nostro Paese ha bisogno di noi, rimarremo a combattere in Ucraina". Lo ha detto su Telegram il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, smentendo quanto scritto dall'agenzia americana, secondo la quale la compagnia privata russa sarebbe in procinto di ritirare le proprie forze dall'Ucraina per spostarle in Africa.

17:02

Intelligence Kiev, russi incapaci di un'offensiva su larga scala

Da diversi mesi la propaganda russa annuncia una "offensiva su larga scala" dell'esercito russo in Ucraina, ma Mosca "si è trovata di fronte all'incapacità di condurre un'offensiva in più direzioni". A sostenerlo è Vadym Skibitskyi, rappresentante della direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa ucraino, in un'intervista a RBC-Ucraina rilanciata da Ukrinform. Secondo Skibitskyi, "la spavalderia generale degli invasori era più basata sulla disinformazione e su una generale sopravvalutazione delle proprie capacità. In realtà, si sono trovati di fronte all'incapacità di condurre un'offensiva contemporaneamente in più direzioni". L'esercito russo "ha l'unico obiettivo: raggiungere i confini amministrativi delle regioni di Donetsk e Lugansk. Tuttavia, non hanno particolarmente successo, perché richiede la pianificazione e la conduzione di operazioni strategiche su larga scala"."Attualmente, gli occupanti sono più attivi nelle direzioni Bakhmut, Avdiivka, Lyman, Kupiansk e Shakhtarsk", ha spiegato Skibitskyi.

17:34

Kiev, presto controffensiva a Bakhmut

Il comandante delle forze di terra dell'esercito ucraino, il colonnello Oleksandr Syrskyi, ha affermato che l'esercito russo "sta esaurendo i suoi tentativi di catturare Bakhmut" e le forze armate ucraine "ne trarranno presto vantaggio". "Le principali forze della Federazione russa in questa direzione sono i rappresentanti di Wagner - le parole di Syrskyi riportate da Radio Svoboda -, stanno perdendo forze in maniera significativa e presto approfitteremo di questa opportunità, come abbiamo fatto in passato vicino a Kiev, Kharkiv, Balaklia e Kupyansk".

17:38

Leader Ue, ok acquisti congiunti anche per missili

I capi di Stato e di Governo dell'Unione europea hanno "accolto con favore, tenendo conto degli interessi di sicurezza e difesa di tutti gli Stati membri", l'accordo in seno al Consiglio di "fornire urgentemente all'Ucraina munizioni terra-terra e di artiglieria e, se richiesto, missili, anche attraverso appalti congiunti e la mobilitazione di finanziamenti adeguati anche attraverso lo strumento europeo per la pace, con l'obiettivo di fornire un milione di munizioni di artiglieria entro i prossimi dodici mesi". E' quanto si legge nelle conclusioni del Consiglio europeo appena approvate dai leader. "L'Unione europea sostiene fermamente e pienamente l'Ucraina e continuerà a fornire un forte sostegno politico, economico, militare, finanziario e umanitario all'Ucraina e al suo popolo per tutto il tempo necessario. L'Unione europea e gli Stati membri stanno intensificando gli sforzi per contribuire a soddisfare le pressanti esigenze militari e di difesa" del Paese, si legge ancora.

17:53

Mosca contro la Finlandia: "Decisione sbilanciata e controproducente"

Mosca torna a criticare la Finlandia dopo che il presidente Sauli Niinisto ha firmato la legge sull'adesione del Paese alla Nato. "Difficilmente la decisione della Finlandia di aderire alla Nato può essere considerata equilibrata", ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che in dichiarazioni riportate dall'agenzia Ria Novosti ha parlato anche di una decisione controproducente. Per Mosca si tratta di una decisione presa "sotto l'influenza di una campagna mediatica anti-russa senza precedenti" e Zakharova ha puntato il dito contro gli Usa e "alcuni loro alleati", accusati di essere "dietro questa campagna politica".

18:05

Auto con ministro Esteri estone si incendia a Kiev

E' scoppiato un incendio sull'auto blindata che ha trasportato il ministro degli Esteri estone, Urmas Reinsalu, durante la sua recente visita a Kiev. Lo ha rivelato lo stesso Reinsalu durante una conferenza stampa a Tallinn. "Ero seduto con (l'ambasciatore estone, ndr) Kaimo Kuusk sul sedile posteriore e all'improvviso Kaimo ha detto di sentire un odore. Poi sono divampate delle fiamme dietro di noi", ha affermato il ministro. "Per fortuna le porte posteriori alla fine si sono aperte, perché l'auto si sarebbe trasformata in una camera a gas in pochi secondi", ha aggiunto. Nessuno è rimasto ferito nell'incidente avvenuto martedì sera. Reinsalu non ha fornito dettagli sulla possibile causa dell'incendio, che ha bruciato il veicolo. Ora un team di esperti si occuperà di esaminare il relitto dell'auto.

18:16

Ucraina: russi ritirati da città Novaya Kakhovka in regione Kherson

Le unità dell'esercito russo hanno lasciato la città di Novaya Kakhovka, nella regione di Kherson. Lo riporta Unian, citando le forze armate di Kiev. Prima di andarsene, viene spiegato, "i russi hanno confiscato alla popolazione civile grandi quantità di elettrodomestici, gioielli, capi di abbigliamento e telefoni cellulari".

18:47

Blinken, pronti a diplomazia costruttiva con Mosca

Gli Stati Uniti sono aperti a una diplomazia costruttiva con la Russia per porre fine al conflitto ucraino se Mosca mostra volontà di impegnarsi. Lo ha detto il segretario di Stato americano, Anthony Blinken. "Se vediamo qualche segno di una Russia impegnata in una diplomazia costruttiva e pronta a porre fine a questa aggressione, coglieremo questa opportunità", ha detto Blinken durante un'audizione alla commissione Affari esteri della Camera Usa. Ora Washington, ha sottolineato Blinken, non vede segnali da Mosca di disponibilità a mettere fine al conflitto.

18:59

Filorussi, nessun ritiro da Nova Kakhovka

Le truppe russe rimangono a Nova Kakhovka. Lo dicono le autorità filorusse della regione di Kherson, smentendo quanto affermato dallo stato maggiore di Kiev che ha annunciato il ritiro russo dalla città. "Dichiaro ufficialmente che tutti i militari russi a Nova Kakhovka, così come in altri luoghi di schieramento sulla riva sinistra del Dnepr, rimangono al loro posto", ha detto il governatore filorusso di Kherson, Vladimir Saldo. "I propagandisti ucraini hanno lanciato un'altra disinformazione" sul ritiro da Nova Kakhovka. Naturalmente si tratta di una bugia", ha detto il capo filorusso del distretto della città, Vladimir Leontiev.

19:09

Zelensky a Ue, organizzare summit su piano di pace di Kiev

Nel suo intervento al Consiglio europeo, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky ha espresso l'intenzione di organizzare un vertice sul piano di pace proposto da lui. Lo riferiscono fonti diplomatiche europee, aggiungendo che il capo di Stato ucraino avrebbe voluto che si tenesse a Kiev, ma per ragioni di sicurezza, ha chiesto che il summit si svolgesse in una delle capitali europee.

19:30

Kiev ammette, errore annuncio ritiro russo da Nova Kakhovka

L'esercito ucraino ha ammesso di aver erroneamente annunciato il ritiro delle forze russe dalla città meridionale di Nova Kakhovka nella regione di Kherson.

 Gli invasori sono ancora temporaneamente a Nova Kakhovka. Le informazioni sul presunto ritiro del nemico da questo insediamento sono state rese pubbliche a causa dell'uso scorretto dei dati disponibili", ha precisato lo stato maggiore su Telegram.

20:12

Ucraina, morto il soldato neozalendese Kane Te Tai

L'ultimo post su Instagram l'aveva postato appena cinque giorni fa, dopo essere stato intervistato dall'unità stampa militare dell'esercito di Kiev. Kane Te Tai, ex soldato neozelandese di 38 anni, è stato ucciso in combattimento. Lo ha annunciato il ministero degli esteri di Wellington, citando fonti del governo ucraino: si tratta del terzo neozelandese morto in questo guerra. Come riporta il Guardian, Te Tai combatteva nella legione internazionale e sui social raccontava ogni volta che poteva la vita al fronte. Una settimana fa aveva iniziato una raccolta fondi per comprare una macchina per l'esercito

20:36

Russia, Lavrov incontra suo omologo iraniano a Mosca il 29 marzo

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov incontrerà il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian a Mosca mercoledì 29 marzo. Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova specificando che i due "continueranno uno scambio di opinioni su questioni internazionali di attualità", compresa "la situazione intorno al piano d'azione congiunto globale sul programma nucleare iraniano, lo stato delle cose in Siria, Afghanistan, Transcaucaso e, naturalmente, il problema del Mar Caspio", ha detto Zakharova durante un briefing.

Ufficialmente nessun riferimento a forniture di armi. "Il miglioramento della situazione nella regione del Medio Oriente sarà preso in considerazione alla luce dell'annunciato ripristino delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita... Si prevede una notevole attenzione per una revisione completa dell'agenda bilaterale con un'enfasi sulla componente commerciale ed economica, compresa l'attuazione di progetti infrastrutturali congiunti nel settore dei trasporti e dell'energia", ha aggiunto Zakharova.

20:54

Zelensky, passi da partner Ue ma ancora ritardi verso vittoria

"Ho preso atto dei forti passi compiuti dai partner" europei "ma ho notato cose che, purtroppo, non ci permettono di accelerare la liberazione dei territori, non ci permettono di accelerare la fine della guerra". Lo dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale, riferendo della sua partecipazione online alla riunione del Consiglio europeo, durante la quale ha affermato che ogni ritardo nello sforzo di battere la Russia fa aumentare i rischi di un prolungamento della guerra. "Sono certo che i partner abbiano ascoltato la posizione dell'Ucraina", ha aggiunto.

21:19

La Bulgaria non darà armi né munizioni all'Ucraina

"La Bulgaria non sostiene e non fa parte della decisione Ue per la consegna congiunta di munizioni di artiglieria destinate all'Ucraina. Sosterremo soltanto sforzi diplomatici europei per ristabilire la pace", ha dichiarato oggi ai giornalisti il presidente Rumen Radev, a margine dei lavori del Consiglio europeo a Bruxelles. "La Bulgaria non fornirà all'Ucraina né i suoi caccia da combattimento, né i suoi carri armati né i suoi sistemi antimissile", ha precisato in modo categorico Radev. "La Bulgaria è tra i dieci paesi Ue che non partecipano all'ordine congiunto di munizioni d'artiglieria per l'Ucraina, anche in calibro 155 mm", ha aggiunto. Nello stesso tempo il presidente bulgaro ha detto che Sofia "si impegna a produrre proiettili d'artiglieria su eventuale richiesta di paesi partner, a condizione che poi non vengano esportati verso l'Ucraina".

21:30

Credit Suisse e Ubs in mirino Usa su sanzioni alla Russia

Credit Suisse e Ubs sono fra le banche sulle quali il Dipartimento di Giustizia americano starebbe indagando per accertare se abbiano o meno aiutato oligarchi russi a evadere le sanzioni. Lo riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali le due banche sarebbero nella recente ondata di richieste di informazioni inviate dalle autorità americane. Richieste inviate prima delle loro nozze. 

21:42

Zelensky, aprirà in Ucraina un ufficio rappresentanza Cpi

"Oggi abbiamo ottenuto un risultato per il quale lavoriamo da tempo. È stato firmato un accordo per aprire un ufficio di rappresentanza della Corte penale internazionale in Ucraina. Questo passo consentirà alla giustizia internazionale di diventare ancora più attiva nelle indagini sui crimini di l'esercito russo sul nostro suolo ucraino". Lo ha annunciato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel  suo videomessaggio serale, ringraziando la Cpi, l'ufficio del procuratore generale e tutti i partner dell'Ucraina che aiutano nelle indagini sui crimini russi contro l'Ucraina e gli ucraini.

21:57

Von der Leyen, Mosca ha rapito 16mila bambini ucraini

"Sull'Ucraina abbiamo avuto un dibattito intenso, anche con il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres. Un punto che mi è caro è quello dei bambini ucraini rapiti dalla Russia, che ci ricorda i momenti bui di un nostro oscuro passato: ben 16.200 bambini sono stati rapiti. È un crimine di guerra e giustifica pienamente il mandato d'arresto spiccato dall'Aja". Lo ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen al termine della prima giornata del Consiglio Europeo.

 22:01

Von der Leyen, riportare a casa bambini deportati 

"Il rapimento di bambini ucraini è un orribile promemoria dei momenti più bui della storia" nonchè "un crimine di guerra" e "su 16.200 bambini deportati, solo 300 hanno fatto ritorno". Lo ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella conferenza stampa al termine della prima giornata di Consiglio europeo. "In partnership con gli ucraini, io e il primo ministro Morawiecki abbiamo lanciato un'iniziativa per riportare indietro questi bambini portati in Russia" e "organizzeremo una conferenza per aumentare la pressione internazionale" sul tema, ha aggiunto.

22:03

Kiev contro Orban sulla Cpi, sostenete il cadavere russo

"La Federazione russa è un paese criminale innegabile che si dirige vergognosamente verso il fondo della storia... Ma l'Ungheria ha ripetutamente danneggiato la sua reputazione sostenendo direttamente il cadavere russo. Rifiutando anche la sua firma dello Statuto di Roma... Per che cosa?". Lo afferma in un tweet il consigliere presidenziale ucraino, Mikhail Podolyak, facendo riferimento alla decisione di Budapest che ha annunciato di non volere arrestare il presidente russo Vladimir Putin se mettesse piede sul suo territorio, poiché, sebbene l'Ungheria abbia aderito alla Corte Penale Internazionale (Cpi), il trattato "non è stato ancora promulgato" poiché "contrario alla Costituzione".

Lo Stato Maggiore della Difesa avverte: il sostegno all’Ucraina ci sta lasciando senza scorte di armi. Il Riformista il 23 Marzo 2023

Altro che Russia senza scorte di armi. L’esercito di Mosca si ritrova effettivamente impelagato in un conflitto che doveva essere “lampo”, per prendere Kiev in pochi giorni e sostituire il presidente Volodymyr Zelensky con un uomo di fiducia del Cremlino, invece i militari russi si trovano dopo 13 mesi a battagliare nel Donbass già in parte controllato sin dallo scoppiare della guerra civile del 2014.

Eppure, nonostante le sanzioni internazionali che stanno mettendo a durissima prova l’economia russa e che col passare dei mesi avranno effetti sempre più dirompenti in particolare su alcuni settori chiave, per ora sono i partner occidentali dell’Ucraina a soffrire, almeno per quanto riguarda lo sforzo bellico.

Lo dice senza mezzi termini il capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, in audizione alla Commissione Difesa ed Esteri del Senato. “Il sostegno all’Ucraina ha creato problemi un po’ a tutti: quando mi sono trovato nei vari consessi con le nazioni alle alleate o con quelle che fanno parte con altri del gruppo di contatto per l’Ucraina, sono stati tutti fortemente coinvolti e preoccupati per l’abbassamento del livello delle scorte, che non si è abbassato oltre il livello di allarme ma tutti quanti ci siamo avvicinati a quel limite e ci siamo resi conto che non abbiamo un supporto adeguato in questi casi”, ha spiegato Cavo Dragone durante l’audizione.

Secondo il capo di Stato maggiore della Difesa il tema dei tempi sull’approvvigionamento di armi “andrà affrontato anche a livello di Unione europea“. “Abbiamo vissuto – ha spiegato Cavo Dragone – gli ultimi venti anni pensando di fare lotta al terrorismo, guerre asimmetriche e peacekeeping, ma un’attività così massiva come si è manifestata nel teatro ucraino-russo non era tra le priorità. Non possiamo permetterci di prenotare sistemi d’armi, di munizionamento o di missili e averli tra venti mesi, perché tra venti mesi non possiamo sapere chi sono i buoni e cattivi”.

Un problema che in realtà era già stato posto alcuni mesi fa dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, con l’obiettivo di rilanciare sull’obiettivo di raggiungere per le spese militari italiane il 2% rispetto al Pil, come chiesto dalla NATO, per “ripristinare le scorte che servono per la Difesa nazionale”.

Solo tre giorni, ricorda l’Ansa, fa l’Unione europea ha approvato una proposta sul piano munizioni europeo per aiutare Kiev e per rimpinguare i magazzini degli Stati membri. Ma l’accordo per ora è soltanto politico e l’unico obiettivo messo nero un bianco è di dare un milione di munizioni a Kiev entro un anno. Lo svuotamento dei hangar dei eserciti non è però l’unica conseguenza del conflitto. “Dopo lo scoppio della guerra c’è stato uno tsunami sulla tanto discussa Difesa europea, un’accelerazione notevole. Tutti i capi di Stato maggiore delle forze armate dell’Unione hanno detto che c’è necessità e a quanto pare dovremmo arrivarci anche a breve. Non dico che si palerà già di militarizzazione, ma il primo step sarà di operazionalizzare la struttura di comando e controllo dell’ipotetico strumento della Difesa dell’Unione europea – ha annunciato ancora Cavo Dragone in Commissione al Senato – . Questo è solo il primo step ma è lo scheletro intorno al quale poi costruire tutte le diramazioni, le specializzazioni e le necessità a cui bisogna mettere attenzione per avere un esercito europeo“.

Estratto dell’articolo di Domenico Quirico per “la Stampa” il 23 marzo 2023.

Lenin lo definiva l'imperialismo dei pezzenti. Perfetto. Sono coloro che non hanno i mezzi ma vorrebbero, quelli che fanno la voce grossa con slogan brodosi e di facile impegno ma hanno arsenali e borsellino vuoti, i bluffatori, i rospi della politica internazionale che si gonfiano per sembrare più grossi. […] Gli imperialisti veri, quelli di zecca, quelli con la Roba, sono silenziosi, colpiscono, occupano, distruggono. Putin per esempio. Come gli invadenti americani: lo potrebbero testimoniare popoli interi, a partire dai messicani nel 1846 […]

Nella orribile mischia ucraina […] spuntano rospetti da un anno impegnati a gonfiarsi a dismisura. Purtroppo contribuendo […] a far ascendere il conflitto verso orizzonti sempre più vasti e foschi. Perché gli imperialismi di riporto, di modesta pecunia, sono convinti che soltanto se la guerra si fa grossa, al riparo di una potenza vera, loro avranno spazio e diritto a ritagliarsi sciacalleschi bocconcini della vittoria.

Devo a Boris Johnson […] una doverosa riparazione. Pensavo che il fervore bellicista […] fosse tutta opera sua. […] Se qualcuno nella Nato esitava il micro Churchill dell'era del tweet inveiva, fulminava la pavidità degli indecisi […] Ho pensato fosse solo il bluff di uno sgangherato Falstaff bellicista […] Infatti gli stessi inglesi lo hanno licenziato bruscamente, sepolto da un cumulo di bugie e incompetenza.

 E invece mi sbagliavo. Due primi ministri dopo, Londra guida sempre l'avanguardia della guerra contro la Russia a tutti i costi, con tutti i mezzi, in ogni luogo, non hanno affatto smarrito il lessico di Boris. Munizioni contraerea missili obici anticarro siluri carrarmati istruttori: non basta? No! É il momento dei proiettili insaporiti all'uranio, per nuocer di più e lasciar tracce velenose e su tutti, buoni e cattivi.

Gli europei stanno entrando in guerra camminando all'indietro […] Facendo finta di non sapere che la pace su questa via è possibile solo se si chiama resa senza condizioni del nemico. E quella bisogna ottenerla, accettando di pagare un prezzo diretto e non solo versando cambiali agli altri. Il Regno Unito no: della pace non vuol sentir parlare, coniuga la parola solo se si traduce con vittoria. Sono sempre un passo avanti, gli inglesi, incitano, eccitano, soffiano e quando la brace sembra meno vispa trovano i modo per ravvivarla provocando e aumentando la posta. Come accade gettando sul campo i proiettili all'uranio.

Un tempo operavano in proprio, dalle guerre dell'oppio alla strage degli zulu alla più domestica Irlanda. […] nel 1952 in Malesia, messi alle strette dalla guerriglia comunista, irrorarono le selve con l'acido. Gli americano vi trassero proficua ispirazione per ammansire con i defolianti i Vietcong. L'ultima impresa imperiale autonoma fu Suez, 1956. Una figuraccia, una umiliazione per di più proprio per mano americana che voleva sfilare all'Impero agonizzante il vicino oriente. In quel momento i politici inglesi compresero che il mondo era diventato troppo grande per un made in England lillipuziano, decrepito e fatiscente e hanno scelto le meste attrattive della subordinazione istituzionale e sistemica agli americani.

Sì. erano loro ad aver bisogno degli americani per contare ancora qualcosa nel groviglio polimorfo del mondo nuovo e non il contrario. Tutti i premier inglesi, laburisti e conservatori, hanno fatto a gara a chi era il maggiordomo più efficiente e laborioso di Washington. Erano passati nel palazzo imperialista dal piano nobile alla soffitta della servitù. Poco male, l'importante era restare nel palazzo, raccogliere mance e briciole dalla potenza dei nuovi padroni di casa. […] La perfezione ancillare fu raggiunta con Blair, inventore della formula dell'imperialismo postmoderno, diceva lui, informale e filantropico. Una bugia come quelle, assai formali, che pronunciò per appoggiare l'invasione americana dell'Iraq. […]

Proiettili all’uranio.

Le munizioni di Londra all'Ucraina. Cosa sono le munizioni all’uranio impoverito e perché sono pericolose: fanno strage di amici e nemici. Paolo Comi su Il Riformista il 23 Marzo 2023

L’uranio impoverito, contenuto soprattutto nei missili anticarro, ha provocato solo fra i militari italiani circa 300 morti di tumore e oltre 8000 ammalati gravi. Il nesso di causalità fra l’esposizione all’uranio impoverito e le patologie tumorali è ormai provato da più di 300 sentenze emesse da decine di tribunali. In Serbia, un tempo uno dei paesi più salubri al mondo, i casi di tumore fra la popolazione, dopo il conflitto nei Balcani in cui la Nato utilizzò in maniera massiccia i proiettili con l’uranio impoverito, crescono di 40mila all’anno. Non sono disponibili i dati per l’Iraq e per l’Afghanistan, gli altri due paesi dove si è fatto in questi anni impiego su larga scala di tale munizionamento. Una strage silenziosa, di cui nessuno parla, destinata a numeri ancora più elevati se la Nato decidesse di voler bombardare le truppe russe in Ucraina con i missili all’uranio impoverito.

Uno dei massimi esperti di questa materia è l’avvocato romano Angelo Fiore Tartaglia che da oltre 20 anni segue le cause risarcitorie dei soldati italiani che, dopo essere stati in missione all’estero dove erano state utilizzate queste armi micidiali, tornando in patria hanno scoperto di avere un tumore. I primi casi risalgono alla fine del 1999 e riguardarono i soldati che avevano prestato in servizio in Kosovo. Poi, appunto, in Iraq ed Afghanistan. Emblematico fu il caso della caserma Tito Barak di Sarajevo, ex sede dell’Accademia militare bosniaca, uno degli obiettivi maggiormente colpiti dal munizionamento all’uranio impoverito della Nato. Proprio tra i militari delle forze alleate (la maggior parte erano italiani) che alloggiarono alla Tito Barak fu riscontrata la più alta concentrazione di malattie e di decessi causati da linfomi. In particolare il linfoma di Hodgkin. La prima vittima di quella che verrà chiamata la “sindrome dei Balcani” sarà il caporale maggiore Salvatore Vacca della Brigata Sassari.

All’inizio la Cassazione vietava di fare cause per risarcimento del danno ai militari che si erano ammalati, ritenendo che la decisione di impiegare le truppe all’estero fosse “insindacabile”. La giurisprudenza, poi, ha cambiato indirizzo ritenendo responsabile il datore di lavoro del militare, quindi il Ministero della Difesa. Ma perchè si utilizzano i proiettili all’uranio impoverito? Il motivo è molto semplice: sono molto efficaci. Quando impattano sull’obiettivo sprigionano temperature fino a 3000 gradi che sciolgono come il burro anche le corazze dei carri armati più sofisticati. Il problema è che “polverizzano”, con la conseguente dispersione di micro e nano particelle che sono classificate a rischio oncologico uno, il rischio massimo. Gli arsenali della Nato, Stati Uniti in testa, sono pieni di questi proiettili che, comunque, vengono impiegati da tutti gli eserciti i cui paesi dispongono di centrali nucleari.

L’uranio impoverito è, infatti, lo scarto della produzione energetica e il modo più rapido per smaltirlo è utilizzarlo per i fini bellici. Nei Balcani i proiettili di questo genere utilizzati hanno provocato radiazioni e dispersioni di particelle superiori di 300 volte alle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Tornando alle vittime fra i militari italiani, la maggior parte appartengono all’Esercito e all’Arma dei Carabinieri, inizialmente impiegati sui teatri di guerra senza alcuna protezione. Eppure già negli anni Novanta esistevano documenti Nato in cui era segnalato che inalare polveri derivanti dall’esplosione di questi proiettili provocava il tumore. Per anni, però, il Ministero della difesa non ha fatto nulla, non informando dei rischi il personale inviato in missione all’Estero. L’uranio impoverito, comunque, non provoca solo tumori: studi recenti hanno dimostrato che è in grado di interferire sul sistema nervoso centrale, causando malattie come la sclerosi multipla. La storia dovrebbe aver insegnato qualcosa. Paolo Comi

Proiettili all’uranio all’Ucraina, l’ira della Russia: «Avvicinano lo scontro nucleare». Lorenzo Cremonesi su Il Corriere della Sera il 22 Marzo 2023

La Gran Bretagna annuncia che fornirà a Kiev carri armati con proiettili all’uranio impoverito. La risposta di Mosca: «Avvicinano lo scontro nucleare, reagiremo». E i droni ucraini colpiscono una bse in Crimea

Settimana dopo settimana, addirittura giorno dopo giorno, i segnali dell’approssimarsi della già annunciata «controffensiva ucraina di primavera» si fanno più evidenti. E sono ormai talmente predominanti che hanno praticamente soppiantato quelli della tanto sbandierata «offensiva russa», che comunque tra dicembre e febbraio scorsi dominava le cronache della guerra. Vista da Kiev, e facendo la tara all’inevitabile nebbia della propaganda, la spiegazione più evidente è quella per cui i russi ci hanno già provato, ma non sono andati da nessuna parte. «I comandi di Mosca hanno perso centinaia di tank e blindati nelle campagne di Vuhledar ai primi di febbraio. Poi la loro fanteria non è riuscita ad avanzare da Kreminna verso Kharkiv e adesso sia i mercenari della Wagner che il meglio delle ultime unità d’assalto dell’esercito regolare continuano a dissanguarsi per serrare l’assedio attorno alla cittadina di Bakhmut, senza peraltro ottenere grandi risultati», ci spiegava l’altro giorno un alto ufficiale dell’intelligence ucraina nel Donbass. Sembra invece che il capo di Stato maggiore ucraino, Valery Zaluzhny, stia ancora una volta muovendosi con grande discrezione, cercando di rivelare molto poco sulle sue prossime mosse.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Uno dei segnali che i commentatori locali seguono con attenzione è stato l’annuncio una settimana fa di chiudere la zona di Kherson alla stampa. Voci non confermate parlano di unità speciali che si muoverebbero nelle aree liberate a novembre con pontoni mobili per attraversare il Dnipro, dove forse i russi meno se lo aspettano.

Un’altra mossa rilevante è stata lunedì sera colpire con nuovi modelli di droni ad alta autonomia le difese dell’aeroporto militare di Dzhankoi e soprattutto il suo scalo ferroviario, dove erano fermi alcuni vagoni carichi di Kalibr, i missili a lunga gittata che montati sulle navi della Flotta del Mar Nero causano caos e terrore in tutta l’Ucraina. L’importanza strategica di Dzhankoi è ben nota: si tratta della base militare russa più rilevante della Crimea settentrionale, da cui partono i convogli verso le zone occupate di Kherson e Melitopol. Come sempre avviene per i blitz sia in Crimea che nel territorio russo, anche ieri gli ucraini non hanno rivendicato la paternità del raid, ma per una volta il ministero della Difesa a Kiev ha sottolineato che sono stati distrutti i Kalibr.

Ad alimentare le aspettative per la controffensiva è il continuo flusso di armi e munizioni del fronte alleato, che di recente ha visto una notevole accelerata. Nelle ultime ore l’annuncio del ministero della Difesa britannico di voler inviare proiettili all’uranio impoverito ha provocato la reazione rabbiosa di Mosca, che denuncia Londra di «avvicinare lo scontro nucleare». «Se l’Occidente iniziasse ad usare armi con componenti nucleari, la Russia sarebbe costretta a reagire», ha minacciato in serata lo stesso Putin. Intanto, ancora Londra raddoppia a una trentina i tank Challenger per Kiev. Gli americani promettono di mandare al più presto i loro Abrams ultrasofisticati (si credeva dovessero arrivare a fine estate) e lo stesso fanno gli europei con il sistema antimissile Patriot. Sembra siano, nel frattempo, già arrivati ben oltre cento carri armati Leopard di fabbricazione tedesca, ma inviati dagli arsenali soprattutto polacchi, cechi e dei Paesi baltici.

Estratto dell’articolo di Gianluca Di Feo per repubblica.it il 22 marzo 2023.  

[…] I proiettili a uranio impoverito uniscono il sinistro futuro delle guerre nucleari agli antichi calcoli balistici dell'artiglieria, concependo una munizione presentata come la pallottola d'argento dei fumetti horror: l'unica in grado di sfondare qualsiasi corazza.

 Anche la sua origine ha una doppia motivazione. Sfrutta infatti gli scarti della produzione del combustile per le centrali atomiche e delle testate per le bombe dell'Apocalisse: un enorme quantità di materiale a bassa radioattività ma che pone comunque problemi di stoccaggio. Ed ecco l'idea nata al Pentagono negli anni Settanta: poiché ha una densità altissima e basso prezzo, perché non trasformarlo nel dardo per crivellare i tank sovietici? Le prove hanno dimostrato che era più efficace del tungsteno e meno costoso. E così si risolveva pure lo smaltimento delle scorie...

Nel tramonto della Guerra Fredda si è cominciato a trasformarlo in proiettili, destinati a un numero selezionato di cannoni. In particolare, a quelli dei carri armati Abrams e agli Avenger - Vendicatore - ossia le micidiali armi a canne rotanti degli aerei A-10. […]

 L'esordio è avvenuto nella campagna per la liberazione del Kuwait, con i tank di Saddam Hussein trapassati da queste munizioni, sparate a migliaia da terra e cielo. Poi i reduci hanno cominciato ad ammalarsi e sono iniziati gli interrogativi: non sarà colpa dell'uranio impoverito?

Il dubbio è stato riproposto dopo le operazioni nei Balcani, quando sindromi misteriose e devastanti hanno colpito pure i militari italiani mandati nelle zone dove gli A-10 statunitensi avevano distrutto i blindati serbi. […] Un fantasma velenoso, invisibile ma persistente intorno alle carcasse delle battaglie della Bosnia e del Kosovo. Che, come già in Iraq, è sospettato di avere trasmesso patologie alla popolazione.

 Molti studi hanno negato un legame tra i proiettili e le malattie. Una ricerca del Commissario Ue alla Salute pubblicata nel 2010 sostiene che i livelli di contaminazione riscontrati in Kosovo sono "molto al di sotto della soglia di pericolo" […].

L'aspetto forse più raccapricciante è che non sono mai state messe al bando, neppure quando le missioni contro il terrorismo jihadista le hanno rese inutili, e colossi come General Dynamics le offrono ancora in catalogo. […]

 Nemmeno il governo britannico, stando alle dichiarazioni, si è liberato delle munizioni - chiamate Jericho - costruite per i tank Challenger, e oggi starebbe per consegnarle all'Ucraina. Una scelta che apre tantissimi interrogativi. E che potrebbe non essere l'unica. Negli ultimi mesi è stata ventilata più volte la possibilità che gli Stati Uniti donino a Kiev i caccia A-10: aerei che impiegano esclusivamente i proiettili tossici.

Kishida a Kiev, i proiettili all'uranio impoverito: si gioca con la guerra globale. Piccole Note (filo – Putin) il 22 marzo 2023 su Il Giornale.

La Gran Bretagna ha portato il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale. Infatti, non poteva restare senza conseguenze l’annuncio che avrebbe inviato a Kiev proiettili all’uranio impoverito, intenzione espressa dal vice ministro della Difesa britannico Annabelle Goldie.

La visita di Xi in Russia e l’escalation

Putin ha dichiarato ufficialmente che “se ciò dovesse avverarsi, la Russia sarà costretta a reagire“. A declinare la possibile reazione, politici e analisti russi e filorussi, dal presidente bielorusso Lukaschenko, che ha parlato di una risposta che “servirà da lezione al mondo intero” alla più contenuta, ma non meno disastrosa, prospettiva immaginata dell’analista per la Difesa di Ria novosti, secondo il quale l’esercito russo potrebbe iniziare a usare le armi nucleari tattiche.

I proiettili all’uranio, atti a distruggere i carri armati, causano una contaminazione radioattiva che si propaga per decine di chilometri e che persiste per gli anni a venire. Inutile specificare i danni causati dalle radiazioni, sia sui soldati, russi e ucraini, sia sui civili che andranno ad abitare quelle regioni nel dopoguerra (sul punto vedi The Intercept).

L’idea di utilizzare tali proiettili, dati i danni che causeranno anche agli ucraini, dà la misura di quanto gli sponsor di Zelensky abbiano a cuore il popolo che dicono di voler aiutare… tant’è.

L’annuncio della signora Goldie non è voce dal sen fuggita, dal momento che da tempo i neocon e i loro adepti stanno facendo pressioni in tal senso. E a gennaio la Casa Bianca, interpellata sulla questione, non ha escluso che gli Usa potessero compiere tale disastroso passo.

Non riuscendo a forzare la mano all’amministrazione Usa, i neocon hanno deciso di ricorrere all’ancella d’oltreatlantico, già usata al tempo dell’invasione irachena grazie a Tony Blair.

L’annuncio è giunto durante il summit tra Putin e Xi Jinping, come risposta a questo. L’incontro tra i due leader aveva suscitato qualche flebile speranza per la pace in Ucraina. La risposta è stata un’ulteriore escalation, che si approssima a una delle linee “rosse nucleari” di Mosca (Military watch).

Incenerire le speranze di un negoziato

A dare l’idea che potesse aprirsi uno spiraglio per i negoziati non erano state solo le aperture di Putin al piano di pace cinese, ma soprattutto quelle più sorprendenti del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, il quale aveva espresso la speranza che la mediazione di Pechino potesse aprire spazi per un “cessate il fuoco”.

La sola idea che qualcosa si potesse muovere in tal senso ha letteralmente fatto impazzire l’amministrazione Usa, che ha avuto reazioni che possono definirsi isteriche sia contro la visita di Xi in Russia che contro la prospettiva di una mediazione cinese sul conflitto ucraino.

Negli Stati Uniti, infatti, si è registrata una vera e propria escalation di dichiarazioni contro il piano di pace cinese, e specificatamente contro il cessate il fuoco, prendendo evidentemente sul serio le parole di Kuleba. Un nervosismo rivelatore.

Evidentemente non si fidavano di Kiev. Avevano paura che le élite ucraine forzassero Zelensky a fare un passo in tale direzione. Infatti, nonostante Zelensky si proponga come l’uomo solo al comando, esiste all’interno della leadership ucraina un’opposizione tacita al suo egotismo, che si è rafforzata dopo la sua decisione di difendere a tutti i costi Bakhmut, che parte delle élite reputava saggio abbandonare evitando la macelleria che vi si sta consumando (ipotesi che, peraltro, aveva il sostegno americano, che da tempo ha suggerito il ritiro).

La mission di Kishida

Così, a rafforzare la posizione di Zelensky, e per evitare possibili tentennamenti di Kiev, Fumio Kishida è volato improvvisamente in Ucraina. Una visita furtiva quella del presidente giapponese, che ha tutta l’apparenza di una missione approntata in fretta e furia, come se gli fosse stato affidato un incarico urgente di cui si è fatto parte diligente.

Diverse la anomalie del viaggio registrate dai media giapponesi. Anzitutto, come annota Kyodo News, la visita non ha avuto l’approvazione previa del Parlamento giapponese, come da prassi istituzionale.

Terminata la visita di Stato in India, dopo la quale Kishida sarebbe dovuto tornare in Giappone, senza avvertire nessuno, ha deciso di partire per la “Polonia utilizzando un aereo noleggiato segretamente invece dell’usuale aereo governativo”. Quindi, dalla Polonia, ha preso un treno per Kiev.

Il Japan Times aggiunge che l’aereo noleggiato per l’occasione era lo stesso “usato dalla star del baseball giapponese Shohei Ohtani quando è tornato in Giappone dagli Stati Uniti all’inizio di questo mese”.

Kishida come Johnson

Tali anomalie sono state motivate come dettate da ragioni di sicurezza, ma è davvero arduo immaginare che Putin si metta a tirar giù gli aerei su cui viaggiano i capi di Stato dei Paesi a lui ostili… tant’è.

Nel suo incontro con Zelensky, dopo la visita di rito a Bucha, necessaria ad alimentare la narrazione dei crimini russi, Kishida ha recitato il credo iper-atlantista, ribadendo il sostegno “incrollabile” del Giappone all’Ucraina e sostenendo che difenderla serve a preservare l’ordine internazionale basato sulle regole (affermazione che suona bizzarra data la ricorrenza dei venti anni dall’invasione dell’Iraq).

A nessuno è sfuggito che la visita serviva a lanciare ufficialmente una sfida a Xi, ma essa serviva anzitutto a incenerire sul nascere le possibilità aperte dal piano di pace cinese. La visita improvvisata di Kishida sembra così aver ricalcato le orme dell’altrettanto improvvisa visita di Boris Johnson, il quale ad aprile dello scorso anno si precipitò a Kiev per impedire che l’Ucraina raggiungesse un accordo con Mosca.

Non solo. Il ministero degli Esteri cinese aveva dichiarato che il Giappone dovrebbe “aiutare a ridurre la tensione invece di fare il contrario” (New York Times). Evidentemente sapeva di cosa parlava, perché l’escalation si è materializzata, sia con l’annuncio dei proiettili all’uranio britannici, sia con la decisione degli Stati Uniti di accelerare i tempi per la consegna dei carri armati Abrams.

Il momento dei kamikaze globali

Infine, sulla visita a Kiev c’è da registrare quanto scrive Michael MacArthur Bosak, consigliere del governo nipponico per l’Indo-pacifico, sul Japan Times, il quale, oltre ad annotare il guanto di sfida lanciato da Kishida alla Cina, spiega che è la prima volta che un leader nipponico si “reca in una zona di guerra da oltre mezzo secolo”, iniziativa che apre la strada a una politica estera muscolare del Giappone (lo scrive in termini più soft, ovviamente).

Inoltre, essendo il primo leader di un Paese non occidentale a volare a Kiev, Kishida ha rotto lo schema dello scontro tra Oriente e Occidente, evidenziando che si tratta di un conflitto globale e, “con questa visita, il governo giapponese ha dimostrato che non intende assistere a tale competizione da bordo campo”.

Dati i precedenti del militarismo nipponico, non tranquillizza. Anche considerando che sono stati loro a inventare i kamikaze (tornati di attualità con il Terrore internazionale). Ricordo di nefasto auspicio, soprattutto in un momento in cui si gioca con la Terza guerra mondiale, un gioco in stile kamikaze su scala globale.

L'escalation del conflitto. Cosa sono le armi all’uranio impoverito che Londra ha promesso a Kiev. Redazione su Il Riformista il 22 Marzo 2023

La Gran Bretagna fornirà all’Ucraina proiettili con uranio impoverito da utilizzare nella guerra con la Russia. Lo ha detto la viceministra britannica della Difesa, Annabel Goldie. Citata dal Guardian, ha indicato che oltre a fornire i carri armati Challenger 2, il Paese invierà “munizioni, compresi proiettili perforanti contenenti uranio impoverito”. Questo tipo di proiettili, ha aggiunto, è “molto efficace” contro carri armati e blindati.

Se le munizioni speciali verranno fornite a Kiev e utilizzate, la Russia sarà costretta a reagire, ha detto il presidente russo Vladimir Putin nelle dichiarazioni alla stampa al termine dei colloqui con il presidente cinese Xi Jinping a Mosca, secondo quanto riferisce l’agenzia Ria Novosti. Immediata è arrivata anche la replica della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha accusato il governo britannico di voler creare uno “scenario jugoslavo”. “Questi materiali non solo uccidono, ma avvelenano anche l’ambiente e provocano il cancro nelle persone che abitano queste terre”, ha affermato in un messaggio sul suo account Telegram. “È un po’ ingenuo pensare che queste armi causeranno vittime solo tra coloro contro i quali vengono utilizzate. In Jugoslavia, i militari Nato, soprattutto italiani, sono stati i primi a pagarne le conseguenze”, ha sottolineato.

Intanto un alto funzionario ucraino ha dichiarato alla Cnn che sono in corso discussioni con la Cina per organizzare una chiamata tra il leader cinese Xi Jinping e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per discutere della proposta di Pechino per un piano di pace per l’Ucraina. Tuttavia, «non è stato programmato nulla di concreto», ha precisato il funzionario. “L’Ucraina è contraria ad un cessate il fuoco perché ciò significherebbe protrarre il conflitto”, precisa il portavoce di Zelensky, Podolyak, nel corso del summit tra Putin e Xi.

I proiettili all’uranio impoverito causano tumori e contaminazione: ora li manderanno a Kiev. Salvatore Toscano su L'Indipendente il 22 Marzo 2023

La baronessa Annabel Goldie, viceministra della Difesa nel governo di Rishi Sunak, ha dichiarato il Regno Unito fornirà all’Ucraina munizioni anticarro perforanti ad alto potenziale contenenti uranio impoverito. La rivelazione, avvenuta il 20 marzo durante un’audizione alla Camera dei Lord, è passata in sordina nei media locali fino a che non è stata rilanciata il giorno dopo dai giornali ucraini. Il tutto mentre a circa 2500km da Westminster si svolgeva a Mosca l’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e l’omologo cinese Xi Jinping. Replicando alla preoccupazione di alcuni parlamentari presenti in Aula, Annabel Goldie ha cercato di ridimensionare la portata della notizia: «Assieme a uno squadrone di carri armati pesanti da combattimento Challenger 2 manderemo anche le relative munizioni, inclusi proiettili perforanti che contengono uranio impoverito poiché altamente efficaci per neutralizzare tank e blindati moderni russi». La baronessa ha però dimenticato che l’impatto delle pallottole genera la diffusione di microparticelle di uranio che, anche se “impoverito”, continua a emettere radiazioni a danno delle persone e del territorio circostanti.

Nel proprio arsenale, il Regno Unito conta almeno due tipi di proiettili all’uranio impoverito: Charm 1 e Charm 3, sviluppati negli anni ’90. Entrambi possono essere utilizzati come munizioni per i Challenger 2, tank pesanti da combattimento di standard NATO che il governo Sunak ha promesso all’Ucraina. Alla rivelazione del governo britannico ha fatto seguito la risposta di Putin, impegnato nell’incontro a Mosca con Xi Jinping, che ha dichiarato: «la Russia sarà costretta a reagire alle forniture occidentali di munizioni all’uranio». Dal Cremlino il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha rilanciato, definendo lo scontro nucleare ormai «a pochi passi». In poche ore si è passati dunque dall’apertura nei confronti dei colloqui di pace, partendo dal progetto presentato da Pechino, all’ennesima escalation tra le parti. La tensione era già aumentata qualche ora prima dell’arrivo di Xi Jinping a Mosca, quando il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha dichiarato: «la richiesta di una tregua in Ucraina è inaccettabile perché significherebbe ratificare le conquiste fatte fino a oggi dalla Russia e concedere più tempo a Putin».

Il dibattito all’interno della comunità internazionale sull’utilizzo delle armi all’uranio impoverito non si è ancora concluso, dal momento in cui questa tipologia di proiettili non è stata definitivamente messa al bando. Diversi Paesi, tra cui proprio il Regno Unito, continuano a utilizzare queste “armi non convenzionali”. Si sminuisce così il loro impatto sulla salute e sull’ambiente giustificando la scelta alla luce di studi che negano il legame diretto tra proiettili e malattie o dell’assenza di trattati restrittivi in merito. Allo stesso tempo non vengono prese in considerazione ricerche, sentenze e testimonianze dirette che procedono invece nella direzione opposta. I proiettili all’uranio impoverito sono stati utilizzati in modo massiccio dagli eserciti occidentali in Iraq, Kuwait e nei Balcani. Nel 2001, l’allora procuratrice capo del tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia Carla del Ponte affermò che l’utilizzo delle armi all’uranio impoverito da parte della NATO fosse assimilabile a un crimine di guerra. Tale fattispecie di reato, appartenente alla categoria dei “4 crimini internazionali”, è definito dettagliatamente dall’articolo 8 dello Statuto di Roma. Comprende anche “la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio”; reato per cui la Corte Penale Internazionale dell’Aia ha di recente emesso un mandato di arresto nei confronti di Putin.

L’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) ha censito circa 8.000 militari italiani che, di ritorno dalle missioni nei Balcani, sono stati colpiti da diverse malattie. Le più comuni sono state i linfomi di Hodgkin e non Hodgkin e la leucemia. Il presidente ONA Ezio Bonanni ha più volte denunciato i rischi dell’esposizione all’uranio impoverito, ricordando come la sostanzia abbia «provocato almeno 400 decessi solo per tumori emolinfopoietici tra tutti coloro che sono stati impiegati nelle missioni all’estero». Nel 1995 e nel 1999 la Bosnia Erzegovina e il Kosovo vennero colpiti dalla NATO con proiettili all’uranio impoverito. Una sentenza del 2013, emessa dalla Corte dei Conti della Regione Lazio, ha accolto il ricorso presentato da un militare ammalatosi di tumore, al quale il ministero della Difesa aveva rigettato la richiesta di pensione privilegiata. La sentenza ha sottolineato la correlazione tra la malattia e le condizioni ambientali in cui il militare aveva prestato servizio (Kosovo). Diverse perizie medico legali nominate dalla Corte hanno confermato la presenza, nei tessuti neoplastici del soldato, svariate nano-particelle “estranee al tessuto biologico, che quindi testimoniano un’esposizione a contaminazione ambientale”. Dagli atti risulta, inoltre, che “tutti gli alimenti distribuiti alla mensa e allo spaccio della base ove prestava servizio il ricorrente, compresa l’acqua utilizzata sia per l’alimentazione sia per l’igiene personale, erano oggetto di approvvigionamento in loco” e quindi inquinati dall’uranio impoverito e dalle sue micro polveri. Un’informazione che assume ancor più rilevanza se si considera che la zona del Kosovo posta sotto protezione del contingente italiano fu la più bombardata dalla NATO nel 1999: 50 siti per un totale di 17.237 proiettili. [di Salvatore Toscano]

Munizioni all'uranio impoverito: come funzionano, cosa provocano. Sergio Barlocchetti su Panorama il 22 Marzo 2023.

Londra le fornirà all'Ucraina, torna lo spettro della "Sindrome dei Balcani". La Russia minaccia un'escalation bellica e il rischio è che venga contaminato quello che è ritenuto il granaio d'Europa Munizioni all'uranio impoverito: come funzionano, cosa provocano

La notizia secondo la quale Londra fornirà a Kiev munizioni anticarro perforanti all'uranio impoverito ha visto una rapida e severa reazione di Mosca, il cui ministro della Difesa Sergei Shoigu ha dichiarato: “lo scontro nucleare è ormai a un passo". Si parla però delle munizioni Charm 1 e Charm 3 utilizzate nei cannoni da 120 millimetri di alcuni carri armati, principalmente con funzioni anticarro. Le vicende legate all’uso di Uranio impoverito per scopi militari balzarono alla cronaca dopo le denunce da parte di militari che si ammalarono dopo le campagne in Kosovo, dove si stima che furono sparati circa 32000 colpi pari a disperdere circa 15 tonnellate di materiale radioattivo. Si parlò quindi di “Sindrome dei Balcani” per intendere le malattie che colpirono i militari italiani dopo il loro rientro dalle missioni internazionali di pace. I soldati svilupparono proprio linfomi di Hodgkin e leucemia.

Dal punto di vista del trasporto, dello stoccaggio e della movimentazione, queste munizioni non sono più pericolose di quelle tradizionali; tuttavia, nel momento in cui esplodono perforando le corazze, proprio in virtù dell’alto rapporto tra peso e volume, bruciando a migliaia di gradi, creano un pulviscolo riconosciuto come altamente cancerogeno. Il materiale “impoverito” si ricava come sottoprodotto del procedimento di arricchimento dell’uranio per scopi energetici, e serve sia per scopi civili (tipicamente medicali e aerospaziali), sia militari. In pratica, grazie all’altissima densità, piccole quantità di materiale in termini di dimensioni hanno grande peso, e questo per esempio fa dell’uranio depleto (si chiama anche così), un buon materiale per costruire masse di bilanciamento negli aeroplani e non soltanto. Per lo stesso motivo e dopo un processo di indurimento e drogaggio (si aggiungono altri elementi in piccole percentuali e lo si sottopone a trattamento termico), acquisisce proprietà meccaniche tali da essere usato per i proiettili, ovvero diventa duro come un acciaio, pur costando meno di altri materiali come il tungsteno, permettendo di realizzare proiettili di ridotto calibro ma molto efficaci. In campo medico il processo di indurimento non occorre, ma vengono sfruttate le sue proprietà duttili e la capacità di assorbire radiazioni, che lo rende ottimo per realizzare elementi di schermatura. Il suo peso è utile anche per farne anche attrezzature per la perforazione in campo energetico. Gli studi per l’uso dell’uranio impoverito per scopi bellici risale alla fine degli anni Cinquanta, ma ufficialmente è stato usato durante la prima guerra del Golfo, in Kosovo e in altri teatri, non è pericoloso da maneggiare ma lo diventa nel momento in cui, esplodendo la carica associata, vaporizza bruciando, producendo schegge e un pulviscolo che viene respirato dagli esseri viventi. Questo pericolo rimane in sospensione nell’aria, viene trasportato dal vento e si deposita sull’ambiente, conservando la radioattività per un tempo piuttosto lungo. Dunque se anche un soldato sopravvive a uno scontro nel quale sono state usate queste munizioni, la permanenza sul teatro delle operazioni diventa un rischio molto alto per il solo fatto di respirarlo e farlo depositare nei polmoni, con un effetto peggiore di ciò che provocano i metalli pesanti in genere, poiché l’uranio impoverito arriva a viaggiare all’’interno degli organismi fino a raggiungere organi come stomaco, intestino (ingerendolo e bevendo acqua contaminata), pancreas, reni, centri vitali, sperma e geni, causando morti e malformazioni, lo sviluppo di linfomi di Hodgkin e diverse forme di leucemia. In caso di sospetta esposizione è proprio dalle urine che è possibile determinare se i reni e il fisico sono stati invasi, ma le tracce devono essere cercate appositamente e non si rivelano con un esame generico di controllo. In genere quando si scopre la contaminazione è già troppo tardi. C'è da chiedersi, a guerra finita, quali conseguenze si avranno sul grano coltivato in Ucraina ed esportato in mezzo mondo

 

La pace di Xi sul tavolo di Putin.

La pace di Xi sul tavolo di Putin: «Eterna amicizia tramandata di generazione in generazione». Guido Santevecchi su Il Corriere della Sera il 21 Marzo 2023.

I due leader fianco a fianco, a rimarcare la «vicinanza» tra i rispettivi Paesi Lo zar «pronto a negoziare». Il Nuovo Timoniere: «Stessi obiettivi»

Da quando ha scatenato l’aggressione all’Ucraina, lo zar ha preso le distanze da tutto e da tutti, confinando visitatori e collaboratori all’altro capo di un tavolone ovale lungo sei metri. La regola non poteva valere per «il caro amico» venuto da Pechino proprio per rompere l’isolamento del leader russo.

Putin ha subito ringraziato dicendo di essere «sempre pronto a negoziare», di avere «rispetto» per la proposta di soluzione elaborata da Pechino, di volerla studiare con Xi e di essere disposto a fornire «chiarimenti». Per mostrarsi ancora più grato della visita, ha aggiunto che «la Russia è un po’ invidiosa» per il rapido sviluppo della Cina negli ultimi decenni. Su questo punto è stato probabilmente sincero: Mosca ormai è considerata la sorella povera di Pechino.

Nel minuetto diplomatico Xi ha firmato un editoriale sulla Rossiyskaya Gazeta dove chiede «una via razionale» per uscire dalla crisi ucraina (che evita sempre di chiamare invasione) e ripresenta la proposta di «soluzione politica» in 12 punti come un tentativo di «rappresentare per quanto è possibile le vedute unitarie della comunità mondiale». Xi conclude che i problemi complessi non hanno facili soluzioni e inneggia alla «eterna amicizia tra Cina e Russia tramandata di generazione in generazione» (in realtà i due imperi sono stati storicamente più divisi e sospettosi l’uno dell’altro che vicini fraterni).

Contemporaneamente il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo) di Pechino ha pubblicato un intervento di Putin «grato per la linea equilibrata della Cina sugli eventi in corso in Ucraina e per la sua comprensione delle cause reali». Lo zar accomuna Russia e Cina come vittime del «doppio contenimento da parte degli Stati Uniti». Anche Xi si è lamentato in pubblico dell’accerchiamento americano e ieri ha detto che «è vero che le nostre due nazioni condividono obiettivi uguali e alcuni simili».

Da Pechino, il portavoce degli Esteri critica l’incriminazione di Putin da parte della Corte penale internazionale: «Il tribunale dell’Aia deve rispettare l’immunità dei capi di Stato, senza usare due pesi e due misure». Ha esternato sul tema anche Dmitry Medvedev, pretoriano di Putin, consigliando su Telegram ai giudici dell’Aia di «guardare sempre il cielo, perché un missile ipersonico può sempre arrivare». Non va liquidata solo come boutade incendiaria: vista la fine violenta di numerosi avversari del Cremlino all’estero suona come un’intimidazione.

Oggi Xi e Putin trattano di cooperazione politica ed economica. L’interscambio commerciale è salito a 185 miliardi di dollari e Putin già prevede che quest’anno arriverà a 200. Le transazioni su gas e petrolio russo vengono ormai regolate principalmente in yuan: gli analisti osservano che la Banca centrale di Mosca si lega a una moneta strettamente controllata da Pechino.

Quello che volevano comunicare al mondo è stato detto ed esibito intorno al tavolino. Putin mostra di non essere solo. Xi ha più messaggi: si veste da statista globale; copre la sua solidarietà verso Mosca con i 12 punti che vanno dal cessate il fuoco alla ricostruzione dell’Ucraina devastata; cerca di convincere della propria buona volontà pacificatrice gli europei; infine dice a Joe Biden che la Cina può sempre rivolgersi alla Russia per spezzare l’accerchiamento sul fronte asiatico.

Si spera in un vertice (almeno telefonico) con Volodymyr Zelensky, ma qui Xi dovrà essere più cauto, perché il presidente ucraino è un grande comunicatore e potrebbe svelare la vera posizione emersa da un colloquio.

Il politologo cinese Wang Huyao chiede di dare una chance a una mediazione di Pechino. Spiega che «è credibile perché fermando la guerra Xi eviterebbe l’ulteriore indebolimento del partner russo e rilancerebbe il dialogo economico con l’Europa».

Pechino fa filtrare anche vecchi rancori: «Per le alleanze con la Russia la Cina ha spesso pagato un prezzo alto», ha detto lo storico Feng Yujun in una conferenza. Xi e Putin sono quasi coetanei, il leader cinese è nato nel 1953, il russo nel 1952. È noto che Xi ammira il collega per il suo decisionismo (i cinesi sui social lo chiamano «Pu da di», «grande imperatore Pu»). Ma c’è una grossa differenza nelle biografie dei due leader: «Xi da uomo maturo ha vissuto una storia di successo con la crescita della Cina e vuole proseguire la marcia in avanti; nella percezione di Putin il passato della Russia era migliore del presente», ha osservato subito dopo l’inizio dell’avventura in Ucraina Sergey Aleksashenko, vicegovernatore della Banca centrale russa negli Anni 90.

Uno degli infiniti modi di dire cinesi recita: «Vanno a letto insieme, ma fanno sogni diversi». Sembra perfetto per i due «grandi amici» Xi e Putin. Si può aggiungere che condividono un incubo: l’accerchiamento da parte dell’Occidente

Estratto dell’articolo di Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera” il 21 marzo 2023.

[…] Xi ha firmato un editoriale sulla Rossiyskaya Gazeta dove chiede «una via razionale» per uscire dalla crisi ucraina (che evita sempre di chiamare invasione) e ripresenta la proposta di «soluzione politica» in 12 punti come un tentativo di «rappresentare per quanto è possibile le vedute unitarie della comunità mondiale». Xi conclude che i problemi complessi non hanno facili soluzioni e inneggia alla «eterna amicizia tra Cina e Russia tramandata di generazione in generazione» (in realtà i due imperi sono stati storicamente più divisi e sospettosi l’uno dell’altro che vicini fraterni).

Contemporaneamente il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo) di Pechino ha pubblicato un intervento di Putin «grato per la linea equilibrata della Cina sugli eventi in corso in Ucraina e per la sua comprensione delle cause reali». Lo zar accomuna Russia e Cina come vittime del «doppio contenimento da parte degli Stati Uniti». Anche Xi si è lamentato in pubblico dell’accerchiamento americano e ieri ha detto che «è vero che le nostre due nazioni condividono obiettivi uguali e alcuni simili».

[…] Oggi Xi e Putin trattano di cooperazione politica ed economica. L’interscambio commerciale è salito a 185 miliardi di dollari e Putin già prevede che quest’anno arriverà a 200. Le transazioni su gas e petrolio russo vengono ormai regolate principalmente in yuan: gli analisti osservano che la Banca centrale di Mosca si lega a una moneta strettamente controllata da Pechino. Quello che volevano comunicare al mondo è stato detto ed esibito intorno al tavolino.

Putin mostra di non essere solo. Xi ha più messaggi: si veste da statista globale; copre la sua solidarietà verso Mosca con i 12 punti che vanno dal cessate il fuoco alla ricostruzione dell’Ucraina devastata; cerca di convincere della propria buona volontà pacificatrice gli europei; infine dice a Joe Biden che la Cina può sempre rivolgersi alla Russia per spezzare l’accerchiamento sul fronte asiatico. Si spera in un vertice (almeno telefonico) con Volodymyr Zelensky, ma qui Xi dovrà essere più cauto, perché il presidente ucraino è un grande comunicatore e potrebbe svelare la vera posizione emersa da un colloquio.

 […] Pechino fa filtrare anche vecchi rancori: «Per le alleanze con la Russia la Cina ha spesso pagato un prezzo alto», ha detto lo storico Feng Yujun in una conferenza. Xi e Putin sono quasi coetanei, il leader cinese è nato nel 1953, il russo nel 1952. È noto che Xi ammira il collega per il suo decisionismo (i cinesi sui social lo chiamano «Pu da di», «grande imperatore Pu»).

Ma c’è una grossa differenza nelle biografie dei due leader: «Xi da uomo maturo ha vissuto una storia di successo con la crescita della Cina e vuole proseguire la marcia in avanti; nella percezione di Putin il passato della Russia era migliore del presente», ha osservato subito dopo l’inizio dell’avventura in Ucraina Sergey Aleksashenko, vicegovernatore della Banca centrale russa negli Anni 90. Uno degli infiniti modi di dire cinesi recita: «Vanno a letto insieme, ma fanno sogni diversi». Sembra perfetto per i due «grandi amici» Xi e Putin. Si può aggiungere che condividono un incubo: l’accerchiamento da parte dell’Occidente.

Grande madre Ruxia. Adolfo Spezzaferro su L’Identità il 21 Marzo 2023

La Russia accoglie il piano di pace proposto dalla Cina, l’Occidente a guida Usa lo respinge. In sintesi è questa l’ennesima contrapposizione scaturita dall’incontro di ieri a Mosca tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin. Il dragone si propone ancora una volta come mediatore per una soluzione negoziale del conflitto russo-ucraino ma ancora una volta da Washington arriva lo stop: nessun cessate il fuoco, la guerra deve continuare. “Il loro è solo un inganno” è l’accusa della Casa Bianca contro Putin e Xi. Accusa ripetuta dalla Ue, che anzi alza il tiro, stanziando due miliardi di euro in munizioni per Kiev. “Quanto al piano di pace della Cina, serve un sforzo intellettuale molto grande per considerarlo un piano di pace. È una considerazione della Cina riguardo alla situazione”. Lo ha detto l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Esteri-Difesa. La guerra non si ferma, dunque.

 “Caro signor presidente, caro amico, benvenuto in Russia, a Mosca. Sono lieto di avere l’opportunità di congratularmi personalmente per la rielezione a capo dello Stato cinese”. Lo ha detto il presidente russo all’inizio dell’incontro informale con il presidente cinese al Cremlino, a Mosca. Xi dal canto suo ha usato toni identici: “Caro presidente Putin, ti chiamo sempre mio caro amico. Sono molto lieto del tuo invito a compiere un’altra visita di Stato in Russia, soprattutto subito dopo la mia rielezione a Presidente della Repubblica popolare cinese, e ho scelto la Russia come mia prima visita all’estero. Mi hai appena ricordato che esattamente dieci anni fa, quando sono diventato per la prima volta Presidente della Repubblica popolare cinese, ho scelto la Russia come Paese per la mia prima visita all’estero. Me lo hai ricordato e fino ad oggi quelle immagini rimangono nel mio cuore. So che l’anno prossimo il tuo Paese avrà un’altra elezione presidenziale. Grazie alla tua forte leadership negli ultimi anni, la Russia ha ottenuto grandi risultati diventando un Paese di successo e prospero. Sono fiducioso che il popolo russo ti sosterrà fortemente nelle tue buone azioni”.

È durato quattro ore e mezzo il colloquio tra i due leader nel pomeriggio a Mosca. Lo ha fatto sapere il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Putin e Xi si sono incontrati al Cremlino per colloqui “informali e tête-à-tête”, come riporta l’agenzia russa Ria Novosti. La giornata-clou della visita del presidente cinese sarà oggi, con dichiarazioni ufficiali. Secondo l’agenzia, Putin e Xi hanno discusso sia della cooperazione bilaterale che della situazione sulla Ucraina e del piano proposto da Pechino per risolvere la crisi.

“Guardiamo con interesse alle proposte della Cina per risolvere la crisi in Ucraina”, ha dichiarato il leader russo. Il piano di pace della Cina, che prevede il rispetto della “sovranità di tutti i Paesi” e la fine di eventuali sanzioni, è “costruttivo” e promuove una “soluzione politica”, ha affermato Xi, per il quale “i problemi complessi non hanno soluzioni semplici”. “Sono fiducioso che la visita sarà fruttuosa e darà nuovo impulso allo sviluppo sano e stabile delle relazioni Cina-Russia di partenariato globale e cooperazione strategica in una nuova era”, ha sottolineato il leader cinese, secondo il quale Russia e la Cina intendono lavorare insieme per promuovere il “multilateralismo” e la “governance globale in una direzione più giusta e razionale”, sulla base dei principi delle Nazioni Unite.

Sull’altro fronte, quello che non vuole accettare un mondo multipolare ma difende la visione dell’Occidente a trazione Usa come unico polo a difesa della democrazia sua scala mondiale, troviamo l’amministrazione Biden che va ancora una volta all’attacco dell’asse sino-russo. Il segretario di Stato Antony Blinken ha avvertito che il mondo “non deve lasciarsi ingannare” dal piano di pace della Cina, spiegando che un cessate il fuoco ora che non includa un completo ritiro dall’Ucraina da parte delle forze russe sarebbe effettivamente una resa. “Chiedere un cessate il fuoco che non includa la rimozione delle forze russe dal territorio ucraino sosterrebbe effettivamente la ratifica della conquista russa”, ha affermato Blinken. “Un cessate il fuoco ora senza una soluzione duratura consentirebbe al presidente Putin di riposare e riorganizzare le sue truppe e quindi ricominciare la guerra in un momento più vantaggioso per la Russia”. Ancora, “il mondo non dovrebbe lasciarsi ingannare da alcuna mossa tattica della Russia sostenuta dalla Cina, o da qualsiasi altro Paese, per congelare la guerra alle sue condizioni”. “La visita di Xi a seguito del mandato di arresto della Corte penale internazionale per Putin suggerisce che Pechino non pensa che il Cremlino debba essere ritenuto responsabile delle sue atrocità in Ucraina”, ha concluso Blinken.

Ma i fatti parlano chiaro. La guerra prosegue non per volontà della Cina. Anzi, il Cremlino ha accusato gli Stati Uniti di alimentare il conflitto e “di ostacolare una riduzione dell’intensità delle ostilità e di continuare a inondare l’Ucraina di armi”, ha dichiarato Peskov. Lo stesso dicasi per la Ue, che di pace non vuole proprio sentire parlare, per adesso.

Xi-Putin, gli Usa duri: «Il loro è solo un inganno». E inviano nuove armi per la controffensiva ucraina. diGiuseppe Sarcina su Il Corriere della Sera il 20 Marzo 2023.

L’amministrazione Biden ritiene che il vertice sia una manfrina per mascherare il reale stato delle cose. I servizi Usa temono che la Cina sia pronta ad aumentare il supporto militare a Mosca. E la corsa contro il tempo si fa sempre più affannosa

A Washington, il Segretario di Stato Antony Blinken si è presentato davanti ai giornalisti, mentre a Mosca era in corso il faccia a faccia tra Vladimir Putin e Xi Jinping : «Il mondo non si faccia ingannare dalla mossa di Russia e Cina».

Il messaggio è chiaro. Per l’Amministrazione Biden i colloqui di oggi, lunedì 20 marzo, tra Xi e Putin sono solo una manfrina per mascherare il reale stato delle cose. Da una parte il presidente russo non ha alcuna intenzione di fermare l’aggressione; dall’altra il leader cinese cerca di mascherare l’appoggio sostanziale ai russi con un piano di pace non credibile.

Già nella mattinata di oggi, John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, era stato molto netto in un’intervista con la Cnn: «Noi non accetteremmo la proposta di un cessate il fuoco avanzata in questo momento. Credo che non lo farebbe neanche Kiev. Fermarsi ora significherebbe ratificare la conquista del territorio ucraino in mano ai russi. Inoltre Putin avrebbe il tempo per equipaggiare di nuovo il suo esercito e riprendere l’attacco in un momento e in un luogo a sua scelta».

E il ruolo della Cina? L’intelligence Usa ritiene che Pechino stia già vendendo ai russi droni per uso civile, fucili, giubbotti anti proiettili e altro materiale adattabile per le esigenze della guerra. I servizi segreti americani, però, sospettano che i cinesi stiano studiando le coperture per alzare il livello delle armi consegnate.

Prima Kirby e poi Blinken hanno avvertito ancora una volta Xi Jinping: «Non è nel suo interesse armare Putin». È in atto, quindi, una controffensiva mediatica per stroncare sul nascere le speranze, o le «illusioni» secondo gli americani, che quel vertice possa aprire uno spiraglio per i negoziati. Blinken non solo ha escluso questa possibilità, ma ha rilanciato su due fronti. Innanzitutto ha presentato un rapporto compilato dal Dipartimento di Stato sui «crimini di guerra commessi dai russi». Poi ha rilanciato l’impegno militare Usa, annunciando l’invio del «34° pacchetto di armi e di equipaggiamenti» all’esercito ucraino. Nel dettaglio: munizioni per le batterie di missili Himars e Horowitzer, per i veicoli blindati Bradley, per le postazioni anti carro e altro ancora. Valore: 350 milioni di dollari che si aggiungono agli oltre 30 miliardi già stanziati dall’inizio della guerra.

Anche l’Unione europea si muove sulla traccia degli americani. Sempre oggi i ministri degli Esteri Ue hanno dato il via libera alla consegna a Zelensky di munizioni per un valore di 2 miliardi di euro. La metà della somma servirà per rimborsare, fino al 90% delle uscite, i governi che stanno già attingendo ai propri arsenali; il resto sarà utilizzato per ordinare soprattutto altri proiettili da 155 mm destinati all’artiglieria. L’accordo sarà ratificato dai Capi di Stato e di governo, nel Consiglio europeo di giovedì 23 e di venerdì 24 marzo.

Il fattore tempo resta cruciale. Gli analisti europei stimano che i russi siano in grado di sparare dai 20 mila ai 50 mila colpi di cannone al giorno; gli ucraini rispondono con 4-7 mila esplosioni. Kiev ha chiesto agli europei di metterli in condizioni di arrivare fino a 12 mila. L’Unione si prepara a farlo, con una decisione che, naturalmente, ha un’importante valenza politica. Come gli americani, anche i leader europei sono pronti a sostenere la resistenza ucraina e un possibile contrattacco.

Putin-Xi, il primo duetto. MICHELE FARINA su Il Corriere della Sera il 20 Marzo 2023.

L’arrivo di Xi Jinping a Mosca (ricordando quello di Mao tanti anni fa): oggi la newletter è fatta di tanti viaggi, nel tempo e nello spazio. Dalla missione segreta che (forse) cambiò la storia degli Stati Uniti alle miniere del Centrafrica (dove nove cinesi sono stati uccisi nel «regno» dei miliziani russi), dai percorsi misteriosi di Guido Olimpio nel Sud-Ovest degli Stati Uniti alla missione di Assad nel Golfo, dall’Iraq vent’anni dopo la caduta di Saddam Hussein al monastero ortodosso che fa litigare Kiev e il Vaticano. In fondo, un promemoria: oggi che è il giorno della Felicità, che ne pensate di una passeggiata tra gli alberi?

Putin-Xi, primo minuetto. GUIDO SANTEVECCHI su Il Corriere della Sera il 20 Marzo 2023.

Il preludio al grande spettacolo del summit tra Vladimir Putin e Xi Jinping è stato un minuetto ballato sui giornali. Sulla Rossiyskaya Gazeta il presidente cinese ha firmato un editoriale dove chiede «una via razionale» per uscire dalla crisi ucraina (che ovviamente evita ancora di chiamare invasione) e ripresenta la proposta di soluzione politica in 12 punti come un tentativo di «rappresentare per quanto è possibile le vedute unitarie della comunità mondiale». Xi conclude che i problemi complessi non hanno facili soluzioni e inneggia alla «eterna amicizia tra Cina e Russia tramandata di generazione in generazione» (in realtà i due imperi sono stati storicamente più divisi e sospettosi l’uno dell’altro che compagni fraterni).

In un locale di San Pietroburgo le immagini dell’arrivo di Xi Jinping a Mosca

Non ci si poteva aspettare di più da un articolo scritto per far piacere al padrone di casa. Contemporaneamente il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo) di Pechino ha pubblicato un intervento di Putin «grato per la linea equilibrata della Cina sugli eventi in corso in Ucraina e per la sua comprensione delle cause reali». Il presidente russo dà il «benvenuto alla disponibilità cinese di svolgere un ruolo costruttivo nella soluzione della crisi» e poi spara a zero sull’«Occidente collettivo che si aggrappa disperatamente a dogmi arcaici di dominio». Lo zar accomuna Russia e Cina come vittime del «doppio contenimento da parte degli Stati Uniti». Anche Xi si è lamentato in pubblico dell’accerchiamento americano.

Mao-Stalin, il lungo corteggiamento (a parti invertite). FABRIZIO DRAGOSEI su Il Corriere della Sera il 20 Marzo 2023.

Anche il primo storico incontro tra i capi supremi di Cina e Russia si era aperto con l’impegno di entrambi a favorire la pace. E subito dopo Stalin, che riceveva Mao a Mosca nel dicembre del 1949, si premurava di rassicurare il suo ospite: «Gli Stati Uniti hanno paura della guerra. Gli americani chiedono agli altri di combattere per loro…».

Gli stessi concetti che Putin e i suoi vanno ripetendo in continuazione a proposito dell’Ucraina. Ma mentre oggi Vladimir Vladimirovich spera che l’«amico» Xi possa aiutare il suo Paese, sia economicamente che militarmente, allora il rapporto tra i due campioni del comunismo era completamente invertito.

Il leader cinese si trattenne a Mosca per due mesi, nella speranza di ottenere dal dittatore sovietico un contributo fondamentale per la crescita della neonata Repubblica popolare. Mao Zedong chiedeva a Stalin equipaggiamenti industriali, sostegno per la Marina e l’aviazione, un intervento specifico per «liberare» Formosa, l’attuale Taiwan. Il Piccolo padre fu decisamente evasivo. Generoso solo nel dispensare consigli e promesse.

«Alcuni dei nostri generali — spiegò Mao — sostengono che dovremmo richiedere l’assistenza dell’Unione Sovietica, che potrebbe mandare piloti volontari o distaccamenti militari segreti per accelerare la conquista di Formosa». Stalin rispose che la cosa principale era «non dare agli americani un pretesto per intervenire. Sarebbe la terza guerra mondiale». Poi il consiglio: «Selezionate una compagnia di forze da sbarco, istruitele sulla propaganda, mandatele a Formosa e per loro tramite organizzate una rivolta sull’isola».

I cinesi avevano bisogno di tutto, e Stalin si impegnava. «Potremo creare corridoi aerei che attraversino lo Xinjiang e la Mongolia… quadri della Marina cinese si potrebbero addestrare a Port Arthur. Voi ci mandate gli uomini e noi vi diamo le navi». Dalle varie conversazioni, traspare chiarissimo il desiderio del dittatore russo di non inimicarsi i cinesi ma, soprattutto, di non far nascere nuovi attriti con le potenze occidentali. Con l’accordo di Yalta, Mosca aveva riconosciuto la Cina e il governo nazionalista che ora era il grande avversario di Mao. Quindi grande cautela.

Una posizione non troppo dissimile da quella dell’attuale leader di Pechino che promette eterna amicizia a Putin ma non può assolutamente entrare in conflitto diretto con Stati Uniti ed Europa, i due grandi mercati che assicurano la prosperità della sua economia.

Iraq. Le Guerre artefatte.

I 20 anni della guerra in Iraq: cosa resta dell’invasione Usa

Mauro Indelicato il 19 Marzo 2023 su Inside Over.

 Anche in Iraq la guerra è iniziata nel cuore della notte. In quella compresa tra il 19 e il 20 marzo 2003 gli inviati a Baghdad, poco prima dell’alba, hanno segnalato il rumore delle prime esplosioni subito dopo l’attivazione degli allarmi aerei. Negli Stati Uniti mancavano poche ore a mezzanotte e le televisioni hanno improvvisamente interrotto le trasmissioni per trasmettere il discorso del presidente George W. Bush. Dallo studio ovale della Casa Bianca, Bush ha annunciato l’avvio delle operazioni contro l’Iraq di Saddam Hussein. Quest’ultimo parlerà poco dopo: in uno studio con lo sfondo blu, il rais ha denunciato l’aggressione Usa e ha chiamato a raccolta tutti gli iracheni.

É stato quello il momento spartiacque della storia recente del Medio Oriente. Una fase arrivata al culmine di tensioni iniziate pochi mesi prima, con la denuncia di Washington di possibili piani di Saddam per la costruzione di armi di distruzione di massa. La storia dirà che di quelle armi per la verità non c’è mai stata traccia. Ma il 20 marzo 2003 la macchina bellica si è messa in moto. Il 9 aprile le truppe Usa saranno già a Baghdad, ponendo fine a 24 anni di regno di Saddam Hussein e del suo partito Baath. Da allora, sono passati esattamente 20 anni. Due decadi scivolate via velocemente. Non tanto però da non far risultare attuali le conseguenze degli eventi di quei drammatici giorni.

L’anniversario della guerra visto dall’occidente

John Harris sul Guardian nei giorni scorsi ha riportato come, alla vigilia del ventesimo anniversario, della guerra del 2003 in occidente sono rimaste ben poche tracce. Un’opinione espressa in primo luogo anche da diversi editorialisti del Financial Times. I motivi possono essere diversi. A partire dal fatto che quel conflitto non ha mai avuto molta popolarità. Se nel 1991, anno del primo braccio di ferro tra Washington e Saddam, c’era di mezzo la necessità di ridare sovranità al Kuwait, nel 2003 in pochi hanno capito i reali motivi della guerra. Il mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa ha contribuito a rendere poco comprensibile le operazioni belliche contro Baghdad. E quindi, di riflesso, a far scivolare il conflitto nei meandri periferici della memoria.

La guerra poi non è rimasta costantemente nelle prime pagine nemmeno durante i combattimenti. Il 20 marzo 2003 i telegiornali hanno trasmesso a più riprese le prime immagini dei bombardamenti Usa, ma a fine mese si parlava già d’altro. I riflettori sono stati puntati sulla Cina, lì dove stavano emergendo drammatiche notizie sull’epidemia di Sars. E poi sul Canada, Paese nordamericano più colpito dal virus. In occidente, in poche parole, in quei giorni si temeva maggiormente il primo coronavirus nocivo per l’uomo che non le conseguenze di un conflitto mai realmente compreso.

Le tracce più significative, a 20 anni di distanza, sono quelle legate al dopoguerra. In Gran Bretagna ad esempio, l’azione contro Saddam è rimasta come macchia indelebile dell’operato di Tony Blair, premier e principale fautore insieme a Bush dell’avventura militare del 2003. In Italia si ricordano i soldati morti nelle operazioni di peacekeeping e i rapimenti fatali per alcuni nostri concittadini. Ma della guerra in sé, a distanza di due decadi, i ricordi appaiono molto sbiaditi e lontani.

Come in Iraq si ricorda il conflitto

Dove ovviamente il conflitto ha lasciato molte tracce e molte ferite è ovviamente in Iraq. Anche se quanto accaduto venti anni fa è ricordato sotto diverse sfaccettature, a seconda della generazione o della regione a cui si appartiene. I giovani non hanno vivi ricordi. Circostanza quest’ultima da non sottovalutare: a vent’anni dal conflitto, c’è una parte di Iraq che non ha vissuto l’era di Saddam e che è nata in un’epoca del Paese postuma a quella del rais. Per loro forse la guerra è ancora più lontana e la mente è più proiettata alle attuali difficoltà da affrontare nella vita quotidiana.

A Baghdad invece gli adulti ricordano molto bene il conflitto. Nel giorno dell’anniversario, il pensiero di molte famiglie è rivolto alla corsa per l’accaparramento degli alimenti fatta a poche ore dai bombardamenti, alla paura suscitata dagli allarmi aerei, ai timori di ritrovarsi in una città nel pieno dei combattimenti. Ricordi di sofferenza quindi, a cui si aggiungono quelli relativi a un dopoguerra costellato di attentati, ribellioni e instabilità. La capitale irachena non sembra rimpiangere il rais, ma non appare nemmeno così convinta di aver imboccato la giusta strada dopo la guerra del 2003. Le ferite di allora sono ancora aperte, in diverse zone i danni causati dal conflitto non sono ancora stati riparati. La Baghdad “in pace” di oggi non è così diversa da quella in guerra di venti anni fa.

Diverso il contesto invece nel sud dell’Iraq. Qui vive la maggioranza sciita della popolazione, la quale ha sempre visto nel sunnita Saddam Hussein un nemico. Da Najaf a Bassora, il ricordo della guerra passa anche dal ricordo delle aspettative di quei giorni. Aspettative spesso disattese, ma vissute all’epoca in modo più forte rispetto a Baghdad. Un po’ come avvenuto nel Kurdistan iracheno. Venti anni fa la guerra è durata poco in una regione dove i peshmerga hanno subito approfittato dell’arrivo degli Usa per sbarazzarsi delle forze di Saddam. Per i curdi il conflitto ha significato la possibilità di avere una regione autonoma tutta loro. Anche qui però molte speranze sono state disattese e oggi la crisi economica è tornata a mordere e a innescare nuove tensioni con il governo centrale.

A Mosul invece il ricordo della guerra del 2003 è destinato ad andare in secondo piano. Qui i ricordi più vivi riguardano un altro conflitto, ben più duro e più recente. Quello cioè combattuto contro l’Isis. Il passaggio del califfato da queste parti, tra il 2014 e il 2017, ha lasciato cicatrici ancora più profonde e a oggi ben lontane dall’essere anche minimamente rimarginate.

Che fine hanno fatto i gerarchi di Saddam

Con l’arrivo degli statunitensi a Baghdad, non è stata decretata soltanto la fine del lungo regno personale di Saddam Hussein. Gli Usa hanno proceduto alla liquidazione dello Stato iracheno precedente. Un vero e proprio processo di “de baathizzazione“, come chiamato in seguito con riferimento alla caccia data a tutti i rappresentanti principali del partito del rais. Con il senno del poi, probabilmente una scelta non molto saggia da parte di Washington. Molti ex fedelissimi di Saddam, dopo la guerra hanno alimentato la guerriglia islamista. Nonostante una profonda differenza ideologica tra il laico Baath e i gruppi jihadisti, nella ribellione sunnita ex membri del partito hanno visto la possibilità di una resa dei conti contro le forze Usa.

Lo dimostrano le parole dell’unico importante gerarca del rais mai catturato dai militari statunitensi, Izzat Ibrahim al-Douri. Vice di Saddam, nel 2016 ha parlato di “eroi” riferendosi ai combattenti dell’Isis in quel momento dilaganti nel nord dell’Iraq. Al Douri è morto in latitanza nel 2020. Tutti gli altri membri di spicco del Baath sono stati catturati poco dopo il conflitto. A partire da Barzan Ibrahim Al Tikriti, fratellastro del rais ed ex capo dei servizi di sicurezza. Preso nell’aprile 2003, Barzan è stato condannato a morte nel 2007. Sorte toccata anche ad Ali Hassan Al Majid, soprannominato “Alì il chimico” per il bombardamento contro il villaggio curdo di Halabja negli anni ’80.

Catturato nel 2003 anche il volto forse più popolare in occidente della gerarchia di Saddam, ossia l’ex ministro degli Esteri Tareq Aziz. Rappresentante cristiano nel governo di Baghdad, Aziz è stato l’esponente principale della diplomazia del Baath ed è morto in un carcere di Nassiriya nel 2015. Sarebbe ancora vivo invece Muhammad Saeed al-Sahhaf. Secondo gli Usa non era tra gli elementi di spicco del regime iracheno, ma era ministro dell’Informazione durante la guerra. Il suo volto è diventato popolare per le conferenze stampa convocate a Baghdad in cui sosteneva, a poche ore dalla deposizione di Saddam, la non presenza di americani in città. Per questo motivo è stato poi soprannominato “Alì il Comico”. Incarcerato per breve tempo, oggi vivrebbe negli Emirati Arabi Uniti.

Cosa resta della famiglia Hussein

Il destino del rais è ben noto ai più. Saddam Hussein è stato arrestato nella sua Tikrit, a nord di Baghdad, nel dicembre del 2003 e condannato a morte tre anni più tardi. I suoi figli, Uday e Qusay, sono stati uccisi il 22 luglio durante il blitz nel loro ultimo covo individuato a Mosul. La prima moglie del rais, Sajida Talfah, è andata via da Baghdad già prima della guerra e oggi vivrebbe in Qatar. La coppia ha avuto anche tre figlie: Raghad, Rana e Hala.

Particolarmente significativa è la posizione di Raghad. Moglie di Hussein Kamel Al Majid, ex fedelissimo di Saddam ucciso nel 1996 dopo aver disertato in Giordania, negli ultimi anni avrebbe avuto anche ruoli di primo piano nella diaspora del Baath. In particolare, nel 2007 è stata accusata di aver pagato l’insurrezione irachena assieme alla madre. Per questo è stato emanato un mandato di cattura, ma oggi vive con i suoi cinque figli e le altre due sorelle ad Amman. Nel marzo del 2021, è apparsa per la prima volta in tv intervistata da Al Arabiya. In quell’occasione, non ha nascosto l’intenzione di tornare in futuro in Iraq e concorrere per incarichi politici.

La situazione nell’Iraq di oggi

Al di là delle vicende dei protagonisti di venti anni fa, la guerra del 2003 oggi ha lasciato nella società irachena non poche ferite. Lo hanno dimostrato le guerre civili successive e le varie insurrezioni jihadiste. Anche se sul fronte della sicurezza negli ultimi anni sono stati fatti passi avanti, la stabilità a Baghdad rimane una chimera. Il quadro politico è frammentato e frazionato in diversi rivoli settari, circostanza che rende molto problematica la ricostruzione delle zone distrutte dai conflitti e l’attuazione di riforme in grado di far ripartire un’economia al collasso. Una fetta molto ampia della popolazione vive in povertà e non sembrano esserci sbocchi positivi all’orizzonte.

C’è poi la questione della sovranità. Anche se le operazioni Usa sono terminate nel 2011, nel Paese rimangono i militari statunitensi così come sono presenti anche i miliziani filo iraniani inviati negli anni della guerra all’Isis. Emblematico in tal senso quanto accaduto il 3 gennaio 2020, giorno in cui droni Usa hanno colpito e ucciso il generale iraniano Qassem Soleimaini a pochi passi dall’aeroporto di Baghdad.

A venti anni dalla guerra, l’Iraq è ancora in cerca di stabilità, normalità e identità. Le eredità di quel conflitto hanno quindi le sembianze di drammi attuali non ancora superati e ben lontani dal trovare una soluzione.

MAURO INDELICATO

La guerra che ha stravolto il Medio Oriente

Mauro Indelicato il 20 Marzo 2023 su Inside Over.

La caduta di Saddam Hussein, avvenuta il 9 aprile 2003 con l’arrivo dei carri armati Usa nel centro di Baghdad, ha avuto molti effetti nella regione mediorientale. Il motivo è essenzialmente basato sul fatto che l’Iraq, senza più un solido governo al potere, si è trasformato in una potenziale polveriera. Il Paese, attraversato storicamente da forti tensioni settarie e da una netta divisione tra sciiti, sunniti e curdi, è diventato terreno di scontro sia tra i vari attori interni che tra le potenze regionali.

La guerra del 2003 quindi, è possibile considerarla come un detonatore delle varie turbolenze mediorientali ed è per questo che ha contribuito a cambiare volto non solo all’Iraq ma anche alla storia dei Paesi circostanti.

Baghdad nell’orbita iraniana

Durante l’era di Saddam Hussein, l’Iraq ha vissuto in una situazione quasi paradossale. Pur essendo il Paese a maggioranza sciita, il rais e la sua cerchia di fedelissimi a Baghdad appartenevano alla minoranza sunnita. Circostanza che non ha mancato di creare tensioni nel corso dei 24 anni di regime. Saddam ha spesso visto con diffidenza l’emergere di gruppi politici e religiosi sciiti, stanziati soprattutto nel sud del Paese. Questo ha portato, tra le altre cose, a un aumento del livello di scontro con l’Iran.

Nello stesso anno in cui il rais ha preso le chiavi del governo iracheno, a Teheran una rivoluzione islamica portava al potere la teocrazia sciita guidata dagli Ayatollah. Tra i due Paesi è scoppiata una guerra durata otto anni, al termine della quale le relazioni diplomatiche non sono mai state ristabilite del tutto.

Quando gli Usa hanno detronizzato Saddam, gli sciiti iracheni hanno subito premuto per avere una forte rappresentanza in seno alle nuove autorità. Le prime elezioni del 2005 hanno visto la vittoria dei partiti sciiti, a scapito di quelli sunniti. L’Iran ha così potuto mettere le mani su Baghdad. Un effetto certamente non voluto e quasi sicuramente non calcolato dagli Usa alla vigilia della guerra. Tra l’Iraq filo sciita e la teocrazia iraniana, è nata una forte convergenza. In tal modo, gli Ayatollah hanno iniziato ad avere il controllo di larghe fette del nuovo potere iracheno.

Gli effetti di questo repentino cambiamento si sono avuti anche in ambito regionale. Teheran ha iniziato a pianificare la strategia cosiddetta della “mezzaluna sciita“. Un progetto volto a legare idealmente il proprio governo con il nuovo Iraq post Saddam, con la Siria governata dallo sciita alauita Bashar Al Assad, estendendo poi la propria sfera di influenza fino a Beirut. Qui infatti l’Iran ha iniziato a sfruttare maggiormente l’asse con i movimenti sciiti libanesi e, in particolare, con gli Hezbollah.

Si sono così create le basi per confronti molto accesi in tutta la regione. L’attivismo iraniano ha infatti acuito il braccio di ferro tra Teheran e i suoi storici antagonisti. Tra questi occorre annoverare l’Arabia Saudita e le petromonarchie del Golfo. Le guerre scoppiate nel decennio successivo, a partire da quella nello Yemen, sono ascrivibili al confronto a distanza tra la teocrazia sciita degli Ayatollah e le monarchie sunnite. Importante sottolineare anche la crescita dei timori per la propria sicurezza da parte di Israele, altro storico rivale dell’Iran in medio oriente.

 08/08/1998. Il presidente Saddam Hussein sorride durante un messaggio televisivo per gli iracheni nel 10° anniversario della vittoria della guerra durata 8 anni contro il vicino Iran. Nel messaggio, Saddam si diceva convinto che la nazione avrebbe prevalso sugli Stati Uniti così come aveva fatto con l'Iran.

Il radicale cambiamento ai vertici di Baghdad, ha avuto conseguenze anche all’interno del mondo sunnita iracheno. In alcune frange è emersa la preoccupazione di diventare succubi della maggioranza sciita. Circostanza che ha creato, tra le altre cose, terreno fertile per la propaganda jihadista. Già nel 2014 risultavano attivi in Iraq diversi gruppi terroristici. Al loro interno, non solo iracheni ma anche combattenti stranieri. Al Qaeda, il movimento terroristico di Osama Bin Laden, ha preso così le redini e ha approfittato della situazione per lanciare la propria guerra santa contro le truppe statunitensi.

Ad emergere in questo contesto è stata la figura del terrorista giordano Abu Musab Al Zarqawi. A lui lo stesso Bin Laden ha dato il suo benestare per la nascita di Al Qaeda in Iraq. L’insurrezione jihadista è andata avanti per diversi anni, trovando manforte soprattutto nella provincia di Al Anbar, tra Ramadi e Falluja. Particolarmente grave la situazione nel 2007, con il Paese di fatto ostaggio di una guerra civile settaria tra sunniti e sciiti. Al Zarqawi è stato ucciso nel 2006, ma i suoi successori hanno implementato le attività di Al Qaeda in Iraq.

Il gruppo si trasformerà in seguito “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante” (Isil) e con il nuovo leader Abu Bakr Al Baghdadi sarà impegnato dal 2011 nella guerra civile siriana, al fianco di Al Nusra ed altre sigle islamiste contrarie al governo di Assad. L’Isil diventerà meglio nota con l’acronimo di Isis e il gruppo darà vita allo Stato Islamico, capace di conquistare l’intero nord dell’Iraq e vaste porzioni della Siria tra il 2014 e il 2017. Oggi lo Stato Islamico non c’è più, ma il Paese continua a essere attraversato dalle tensioni jihadiste.

Il duello tra Washington e Teheran in territorio iracheno

Proprio la lotta all’Isis ha portato in Iraq la presenza di diverse forze internazionali. Da un lato la coalizione a guida Usa, impegnata nell’est della Siria e nel nord dell’Iraq contro il califfato. Dall’altra un’alleanza tra più gruppi paramilitari sciiti, coadiuvati dall’Iran. Dietro l’intento comune di sconfiggere lo Stato Islamico, è emersa anche la lotta per contendersi la propria influenza su Baghdad.

Nel cuore del territorio iracheno quindi, ancora oggi convivono forze di Washington con forze vicine a Teheran. Un’incompatibilità emersa soprattutto nel 2020, quando un raid degli Usa a Baghdad ha ucciso il generale iraniano Qassem Soleimaini, architetto del progetto della mezzaluna sciita. Per tutta risposta, l’Iran ha bombardato basi statunitensi presenti nel Kurdistan iracheno. L’Iraq si è quindi trasformato nel terreno di scontro tra Stati Uniti e Iran. Un braccio di ferro che ha contribuito ad alimentare le tensioni in tutta l’area mediorientale e che ha trascinato al suo interno anche le altre potenze regionali.

La mai risolta questione curda

La guerra del 2003 e la fine del potere di Saddam, hanno dato ai curdi la possibilità di gestire in modo autonomo i propri territori. La nuova costituzione irachena, ha riconosciuto il Kurdistan come regione autonoma con capoluogo Erbil. Qui ha sede di fatto uno Stato nello Stato. I curdi iracheni hanno stretto accordi e legami di natura commerciale in modo indipendente rispetto a Baghdad.

Ma al di là delle vicende interne all’Iraq, l’autonomia accordata ai curdi ha riacceso la questione anche in tutti gli altri Paesi della regione in cui i curdi costituiscono un’importante minoranza. A partire dalla Turchia. Il presidente Erdogan, dopo un’iniziale apertura al dialogo, ha scelto una linea dura contro tutte le principali organizzazioni curde. Ad Ankara il timore è legato al fatto che i curdi presenti in Turchia possano rivendicare la stessa autonomia raggiunta in Iraq.

Anche in Siria la questione è stata più volte al centro delle discussioni. Il governo di Damasco, prima del 2011, ha visto con sospetto l’attivismo dei gruppi curdi. Quando nel Paese è divampata la guerra civile, gli stessi curdi hanno approfittato dei problemi del governo centrale per organizzarsi in modo autonomo. Le forze di autodifesa hanno fondato la regione del Rojava. Attualmente le sigle che riuniscono i combattenti curdi sono in parte appoggiate dagli Usa e sono stanziate nell’est della Siria, al di là dell’Eufrate. Anche questo un elemento che sta contribuendo ad alimentare tensioni, con Ankara che dal 2016 in poi ha iniziato a bersagliare le forze curde in territorio siriano. MAURO INDELICATO

Iraq, santuario del jihad e utopia dello Stato islamico.

Davide Bartoccini il 22 Marzo 2023 su Inside Over.

Dove un tempo sorgeva l’antica Mesopotamia, corridoio fertile bagnato dai grandi fiumi della Mezzaluna, fanatici islamisti, sunniti e sciiti, uniti solo dall’odio per i raid dei cacciabombardieri americani, decisero di ricongiungersi – nonostante la separazione millenaria – per vendicare l’ennesima invasione armata mossa dall’Occidente sotto il nome di operazione Iraqi Freedom. Così l’Iraq, che aveva appena assistito all’occupazione della capitale Baghdad in virtù della presenza delle “famose” armi di distruzione di massa detenute dal governo iracheno baathista di Saddam Hussein, accusato di avere intessuto legami con l’organizzazione terroristica di Al Qaeda, si apprestava a diventare santuario dei proseliti che armavano l’ennesima “Guerra Santa” contro gli Stati Uniti, e culla di un utopico Stato islamico.

L’organizzazione jihadista islamica sunnita irachena – affiliata alla sigla di Al Qaeda che aveva colpito al cuore gli americani con gli attentati dell’11 settembre, scatenando l’invasione dell’Afghanistan nel contesto della lotta al terrorismo – venne fondata dal militante giordano Abu Musab al-Zarqawi nel 1999, iniziò a colpire nell’agosto del 2003, durante l’occupazione della Coalizione internazionale che aveva rovesciato Saddam, per espandersi e rilasciare un piano programmatico suddiviso in quattro punti principali nel 2005. Il desiderio di Abu Musab al-Zarqawi per riprendere il totale controllo dell’Iraq prevedeva la sconfitta e l’espulsione delle forze di occupazione statunitensi dal Paese per ristabilire la completata autorità islamica – ossia erigere un califfato in ottemperanza della Sunna – e lanciare solo in un secondo momento un'”ondata jihadista” da estendere “ai Paesi laici confinanti con l’Iraq”, per raggiungere e annientare la potenza dello Stato di Israele.

 09/04/2003 Un marine americano copre il volto di una statua del presidente Saddam Hussein con la bandiera americana mentre i militari si preparano ad abbatterla. Rendendosi conto che il gesto avrebbe costituito una pericolosa provocazione per gran parte del mondo arabo, alla fine la bandiera fu sostituita da quella irachena.

Mentre il governo appoggiato dagli Stati Uniti metteva al bando il Baath, e gli emissari occidentali scioglievano la sconfitta Guardia Repubblicana irachena per prendere le redini di un nuovo Esercito regolare da addestrare e appoggiare nel processi di normalizzazione – che si sarebbe dimostrato molto più lungo, sanguinoso, e impervio del previsto – i jihadisti affiliati ad Al Qaeda e sotto la nuova sigla Al-Tawhid-wal-jihad, attinsero nello scontento provocato e non curato dall’operazione militare lanciata dagli americani; che non avevano solo bombardato e occupato il Paese in base a quelli che verranno archiviati da una parte degli storici come interessi giustificati da congetture infondate – sebbene ricordiamo tutti l’allora segretario di stato Colin Powell che sbandiera al cospetto del Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite una fialetta contente la “prova” dell’esistenza delle armi batteriologiche di Saddam – ma avevano escluso da ogni tipo di incarico militare o posizione di rilievo i rappresentati del vecchio regime lasciando dilagare uno scontento che facilmente poteva ricollegarsi all’ideologia politica ed al fanatismo religioso.

La nascita dell’Isis

Quando nel giugno del 2006 il leader dei qaedisti iracheni al-Zarqawi viene eliminato da un raid statunitense, gli succede Abu Ayyub Al-Masri, il quale annuncia in breve tempo la fondazione di una Stato islamico dell’Iraq, accogliendo Abu Bakr Al-Baghdadi come comandante di quello che diventerà noto nel mondo come un nuovo califfato nero. L’entità autoproclamata, per ovviare alla decimazione di obiettivi di alto livello come leader e uomini chiave delle diverse cellule terroristiche operata dalla Cia e dai Seal con l’appoggio dei letali “droni killer” – che non si risparmieranno nel provocare vittime collaterali e ulteriori proseliti del jihad -, ricostituisce la sua struttura avvalendosi degli ex agenti dei servizi segreti e degli ex militare del partito Baath che avevano servito Saddam, contando nelle sue fila sunniti e sciiti, e ampliandosi alla branca siriana di Al Qaeda che si imporrà nel territorio siriano durante la successiva guerra civile.

La priorità di Al Baghadi – nuovo nemico numero uno della Casa Bianca che nel frattempo aveva eliminato elimina Osama Bin Laden in Pakistan (2 maggio 2011) – è quella di colpire obiettivi statunitensi ma anche obiettivi sciiti collusi con gli occupanti americani. Alimentando il “conflitto settario tra sciiti e sunniti in un progetto che sfugge alla comprensione di Al Qaeda” ma porta comune al raggiungimento del progetto che si era prefisso Al Zarqawi: la creazione di uno Stato islamico in Iraq che si imporrà come un califfato dove predicare la parola del profeta e restaurare integralmente le leggi della sharia. 

L’epilogo straziante di un’utopia tradita

Sulla brace dell’invasione statunitense, e sulle ceneri del regime di Saddam Hussein (catturato dalle forze speciali americane il 13 dicembre 2003 e impiccato a Baghdad il 30 dicembre 2006) si espanderà così lo Stato islamico che, al massimo del suo cruento e deprecabile splendore, tra il 2015 e il 2016, si estenderà per oltre 30mila chilometri in quello che la stampa internazionale inizierà a chiamare Siraq. Con una forza ribelle di decine di migliaia di jihadisti che terranno in scacco oltre sei milioni di abitanti, e manterranno con i proventi del petrolio ottenuto dalla conquista di Mosul. Il califfato nero, utopia deprecabile nella sua manifestazione reale, si rivelerà essere una declinazione totalitaria dello Stato islamico fondato sulla politica del terrore più che la nuova età dell’oro paventa da Al Baghadi – eliminato dai Seal mentre si nascondeva in Siria (27 ottobre 2019) mentre il suo Califfato Nero crollava sotto l’avanzata dei Peshmerga, roccaforte dopo roccaforte, resa dopo resa, bomba intelligente dopo bomba intelligente, colpo dopo colpo sparato in nome di Allah secondo alcuni, in nome del solo spirito di vendetta secondo altri. Lasciandoci di fronte agli strascichi di un conflitto che mantiene radici profonde in quella terra martoriata che ha visto migliaia e migliaia di morti. In Siria, in Iraq e nel Kurdistan iracheno. DAVIDE BARTOCCINI

La storia delle armi chimiche (mai trovate) di Saddam Hussein

Roberto Vivaldelli il 24 Marzo 2023 su Inside Over.

L’Iraq ha avuto un rapporto decennale con le armi chimiche, che cominciò a sviluppare sin dagli anni’ 60, per poi farne largo uso nella guerra contro la Repubblica Islamica dell’Iran (1980-1988). È nel giugno 1981, infatti, che Baghdad diede vita al Progetto 922, gestito direttamente dal Ministero della Difesa di Saddam Hussein. Si trattava di un progetto ambizioso che attingeva risorse e competenze dal complesso di laboratori al-Rashad, capace di produrre decine di tonnellate di gas mostarda. Secondo Nti, l’Iraq di Saddam iniziò a usare armi chimiche contro le truppe iraniane sin dal 1982, benché l’uso di tali armi in un conflitto bellico fosse vietato sin dal 1925, quando fu firmato il Protocollo di Ginevra. Nel corso della guerra – e nel silenzio tombale della “comunità internazionale”, nonostante le proteste iraniane – Baghdad continuò a impiegare iprite, gas lacrimogeni e infine l’agente nervino tabun contro l’esercito nemico: si stima che gli attacchi con armi chimiche da parte delle truppe di Hussein provocarono, in otto anni di guerra brutale, complessivamente oltre un milione di vittime iraniane entro la fine del 1988.

Durante la guerra tra Iraq e Iran, secondo quanto riportato da Al-Jazeera, circa “7.500 militari e civili iraniani sono stati uccisi dalle truppe irachene” usando gas nervino e gas mostarda. Il dato emerge da un rapporto di Shahriar Khateri, un alto funzionario dell’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche con sede a L’Aia. Tale rapporto afferma che circa un milione di iraniani sono stati “esposti” ad agenti chimici durante la guerra. Ancora oggi, a circa quarant’anni di distanza da quel conflitto, 75mila feriti ricevono ancora cure per “lesioni croniche da armi chimiche”. Un rapporto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite datato marzo 1986 descrisse come “angosciante” il numero di “vittime per armi chimiche” e l’entità e la gravità delle loro ferite.

Dalle armi chimiche contro l’Iran alla Guerra del Golfo (1991)

Gli Stati Uniti erano a conoscenza del fatto che l’Iraq impiegava al tempo armi chimiche nei confronti delle truppe iraniane. Come nota il Wilson Center, la documentazione declassificata della CIA (Central Intelligence Agency) e della DIA (Defence Intelligence Agency) degli Stati Uniti confermarono che l’amministrazione del presidente Ronald Reagan sostenne l’Iraq di Saddam Hussein contro l’Iran degli Ayatollah e chiuse non un occhio, ma due, sull’impiego di armi chimiche da parte del dittatore iracheno. In particolare, un documento declassificato della Cia datato 23 marzo 1984, dimostra che gli Usa erano perfettamente consapevoli dell’uso gas nervino da parte di Baghdad contro le truppe iraniane nella città irachena di Bassora, che nel 1987 divenne il campo di battaglia più sanguinoso dell’intera guerra, e del piano di “impiegarlo in quantità militarmente significative” entro il tardo autunno di quello stesso anno.

Il sostegno Usa a Hussein durò fino alla fine della guerra, nel 1988. Tutto cambiò il 2 agosto 1990, quando il Ràis ordinò l’invasione e l’occupazione del Kuwait, provocando la dura risposta militare degli Stati Uniti e della coalizione occidentale – la più significativa è “Desert Storm” del gennaio 1991 – e portando gli iracheni rapidamente alla sconfitta (Hussein rimase invece al potere). La Risoluzione 687 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approvata il 3 aprile 1991 dopo la sconfitta dell’Iraq nella Guerra del Golfo, impose a quel punto il completo smantellamento dei programmi di armi di distruzione di massa dell’Iraq e di tutte le sue armi chimiche prodotte nei decenni precedenti. Tale Risoluzione delle Nazioni Unite stabilì anche che una Commissione speciale dell’ONU (UNSCOM) avrebbe supervisionato e guidato il processo di smantellamento. “Nel dicembre 1998 – riporta sempre il Wilson Center – gli ispettori dell’UNSCOM avevano supervisionato la distruzione di 38.537 munizioni chimiche piene e vuote, 690 tonnellate di agenti CW, più di 3.275 tonnellate di precursori chimici e oltre 425 pezzi di apparecchiature di produzione chiave”.

La Seconda Guerra del Golfo

Il 19 marzo 2003 una coalizione guidata dagli Stati Uniti invase l’Iraq e rovesciò Saddam. Secondo gli Stati Uniti e il Regno Unito, Saddam Hussein aveva nel frattempo rilanciato il suo programma di armi chimiche, in aperta violazione della Convenzione sulle armi chimiche del 1997. In particolare, gli Stati Uniti sostennero che l’Iraq non aveva distrutto 1,5 tonnellate dell’agente nervino VX, 1.000 tonnellate di gas mostarda, violando altresì la risoluzione 1441 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’accusa di Washington, tuttavia, si rivelò infondata poiché la Commissione di monitoraggio, verifica e ispezione delle Nazioni Unite (UNMOVIC – che aveva sostituito l’UNSCOM – stabilì che non c’erano prove della continuazione o ripresa da parte dell’Iraq dei programmi di armi di distruzione di massa.

Celebre a quel punto fu lo “show” al Consiglio di Sicurezza dell’Onu dell’allora Segretario di Stato americano Colin Powell del febbraio 2003: secondo Powell, infatti, Hussein, era in possesso armi chimiche e biologiche ed era legato ad al-Qaeda. “L’Iraq – affermò – ha già precedentemente violato i suoi impegni, violando 16 passate risoluzioni durante gli ultimi 12 anni. La Risoluzione 1441 non aveva a che fare con una parte innocente, bensì con un regime che questo stesso consiglio ha condannato ripetutamente nel corso degli anni. La risoluzione 1441 ha dato all’Iraq un’ultima opportunità, l’ultima opportunità di collaborare o affrontare serie conseguenze. Nessun membro del Consiglio presente durante la votazione quel giorno ebbe nessuna illusione sulla natura e gli scopi della risoluzione o su quali sarebbero state le serie conseguenze se l’Iraq non avesse collaborato”. Nonostante i dubbi sulle prove fornite da Powell, il 20 marzo la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti invase l’Iraq e diede inizio alla Seconda Guerra del Golfo. Nel giro di pochi mesi Baghdad capitolò. Il 1º maggio 2003 il presidente George W. Bush atterrò sulla portaerei Abraham Lincoln, quella che aveva partecipato alle operazioni nel Paese, annunciando così la vittoria degli Stati Uniti. Il 30 dicembre 2006, l’ex Presidente e leader del partito Partito Baʿth, Saddam Hussein, venne giustiziato da un tribunale speciale iracheno.

Saddam Hussein era colpevole di innumerevoli crimini, ma non aveva ricostituito il programma destinato alla produzione di armi chimiche o addirittura di armi di distruzione di massa, come si evinse da un rapporto della CIA del 2004 e dalle conclusioni della commissione d’inchiesta inglese presieduta da Sir John Chilcot, secondo la quale Bush e Blair trascinarono l’Occidente in una guerra contro l’Iraq sulla base di prove inesistenti, destabilizzando un Paese e causando la morte di migliaia di civili e militari. Peraltro, nell’aprile 2003 gli stessi Stati Uniti incaricarono l’Iraq Survey Group (ISG), guidato dall’ex ispettore delle Nazioni Unite David Kay, di localizzare scorte e attrezzature sospette di armi di distruzione di massa. Tuttavia, Kay respinse l’ipotesi che ci fossero state attività significative di armi di distruzione di massa irachene dalla fine della prima guerra del Golfo. L’ex membro dell’UNSCOM Charles A. Duelfer sostituì così David Kay come capo dell’ISG e confermò la tesi infondata dell’amministrazione Bush e di Colin Powell.

Dopo il 2003

Benché le armi di distruzione di massa fossero un’invenzione – e pretesto per dare avvio al “regime change” in Iraq – va precisato, tuttavia, che il governo iracheno non aveva smaltito come avrebbe dovuto le armi chimiche che aveva prodotto nei decenni precedenti e, in particolare, negli anni ’80. Un’inchiesta del New York Times di CJ Chivers ha svelato che, complessivamente, le truppe americane trovarono circa 5.000 testate chimiche, proiettili o bombe aeronautiche, secondo interviste con dozzine di militari, funzionari iracheni e americani, e documenti di intelligence ottenuti ai sensi del Freedom of Information Act. Sebbene tutte queste munizioni siano state prodotte prima del 1991, rappresentavano un pericolo per i militari; almeno 17 soldati americani e sette agenti di polizia iracheni furono esposti ad armi chimiche. Una successiva indagine di Chivers ed Eric Schmitt rivelò un importante tentativo della CIA volta ad acquisire vecchie armi chimiche che nel frattempo erano finito sul mercato nero.

Membro dell’OPCW

Benché il Paese sia tutt’altro che stabile sotto il profilo politico, le armi chimiche sembrano essere un lontano ricordo: l’Iraq, infatti, è dal 2009 membro attivo dell’OPCW. In qualità di organo di attuazione della Convenzione sulle armi chimiche, l’OPCW, con i suoi 193 Stati membri, sovrintende allo sforzo globale per eliminare definitivamente le armi chimiche. Dall’entrata in vigore della Convenzione nel 1997, è il trattato di disarmo di maggior successo che ha eliminato un’intera classe di armi di distruzione di massa. Come sottolineato in un comunicato congiunto nel 2021 dell’OPCW e del governo iracheno, nonostante le enormi sfide affrontate, l’Iraq è riuscito ad adempiere in anticipo ai suoi obblighi contenuti nella Convenzione sulle armi chimiche. Baghdad ha infatti annunciato la distruzione dei resti del precedente programma chimico e nel marzo 2018 il direttore generale dell’OPCW ha rilasciato un certificato che acclara questo importante traguardo, chiudendo definitivamente una pagina nera della storia del Paese. ROBERTO VIVALDELLI

Menzogne, arroganza, guerre: se la storia ignora la memoria. Massimo Nava su Il Corriere della Sera l’8 marzo 2023.

 Anniversari e ricorrenze rimandano al conflitto fra sovranità degli Stati e diritti dei popoli, che ha offerto negli ultimi vent’anni i più svariati pretesti per interventi armati

Decisamente, il mese di febbraio è stato un mese di anniversari importanti. Non solo quello, appena ricordato, dell’invasione russa dell’Ucraina, ma anche di quello di vent’anni fa, in cui maturò la decisione degli Usa di invadere l’Iraq. Storia e Memoria non si divertono con le coincidenze, ma le analisi dovrebbero tenerne conto.

La maggioranza dei Paesi rappresentati all’Onu ha condannato l’azione della Russia, ma allora l’Assemblea assistette a due drammatici interventi contrapposti. Il 5 febbraio, il segretario di Stato Usa, Colin Powell, cercò di dimostrare che il dittatore Saddam Hussein fosse in possesso di armi di distruzione di massa e che pertanto andasse attaccato, con l’obiettivo di abbattere il regime e avviare un processo democratico. Ma il ministro degli esteri francese, Dominique de Villepin, si oppose con fermezza, sostenendo la necessità di perseguire la via diplomatica e i controlli delle agenzie internazionali sugli arsenali dell’Iraq. Di fatto, si creò una spaccatura fra Francia e Stati Uniti, la cui onda lunga sarebbe arrivata in Europa e nel mondo arabo e africano. L’immagine dell’America fu offuscata.

La Storia darà ragione alla Francia. Non solo perché le accuse di Powell si dimostrarono false, come lui stesso ammise anni dopo, ma perché la guerra in Iraq avrebbe fatto a pezzi il diritto internazionale e innescato una drammatica instabilità in tutto il Medio Oriente, le cui conseguenze furono il Califfato dell’Isis, gli attentati di matrice islamica in Europa, la guerra in Siria. In Iraq, all’invasione e ai bombardamenti seguirono anni di attentati contro la popolazione civile e scontri fra le componenti religiose. In Afghanistan, cominciò un’altra operazione militare, fino all’ignominiosa riconquista da parte dei talebani.

«In Iraq — disse de Villepin dopo il conflitto — non erano in gioco soltanto guerra e pace, ma anche le regole su cui deve essere fondato l’ordine internazionale. L’intervento preventivo non può essere una regola». L’allora segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan definì l’intervento in Iraq con un solo aggettivo: «Illegale».

Come in una profezia, de Villepin aveva indicato il rischio di aggravare le divisioni tra società, culture e popoli, un terreno fertile per il terrorismo e l’instabilità internazionale. «La guerra è sempre la sanzione di un fallimento. (...) Parlo a nome di un vecchio Paese, la Francia, di un continente come il mio, l’Europa, che ha conosciuto guerre, occupazioni, barbarie...». Ma furono parole al vento. Allora, come del resto oggi, la diplomazia fu messa tra parentesi, accantonata come un segno di debolezza o peggio di benevolenza verso il nemico. Salvo ritornare di moda in un deserto di lutti e macerie.

Colin Powell a un giornalista dell’Abc News ammise: «Naturalmente. È una macchia. Io sono colui che ha agito in nome degli Stati Uniti e questo sarà parte della mia storia. È stato doloroso». Ma il 20 marzo, esattamente vent’anni fa, la guerra cominciò e l’Iraq fu invaso dalla cosiddetta « coalizione di volenterosi», guidata da Stati Uniti e Gran Bretagna e sostenuta — ieri come oggi — dal più solerte alleato degli americani, la Polonia.

Non erano necessarie sfere di cristallo, rapporti dell’intelligence o profonda conoscenza dell’Iraq per prevedere che la guerra sarebbe stata breve e il dopoguerra infinito. Bastava ascoltare testimoni del tempo come il vecchio Amir, che citava Lawrence d’Arabia: «Quando si comincia una guerra da queste parti è come mangiare una zuppa con il coltello»; o guardare vecchie fotografie, come quella del 1917 (per chi ama le coincidenze, era sempre in marzo), che raccontavano l’invasione britannica. I soldati che entravano a Bagdad erano agli ordini del generale Stanley Maude che disse: «Non veniamo qui come nemici, né come conquistatori, ma come liberatori». Seguirono rivolte e massacri.

I vecchi di Bagdad non potevano accertare l’esistenza delle armi di distruzione di massa, il pretesto della guerra, ma nemmeno immaginare che la tragedia del loro Paese sarebbe cominciata con una bugia proclamata nella massima istituzione internazionale.

La guerra divise l’Europa, dal momento che Francia e Germania si opposero all’intervento, mentre Gran Bretagna, Polonia e Italia sostennero la decisione americana. Anni dopo, anche il Parlamento di Londra mise sotto accusa il premier Tony Blair, confermando che l’intervento fu deciso sulla base di motivazioni false e non seriamente vagliate.

La Francia, allora paladina del diritto internazionale e dell’opposizione alla guerra, cambiò tuttavia registro anni dopo: l’ex presidente Nicolas Sarkozy fu infatti il primo sostenitore del bombardamento della Libia per eliminare Gheddafi. Seguirono guerra civile, scontri tribali, ondate migratorie, instabilità endemica.

Anniversari e ricorsi storici, oggi come ieri, rimandano al conflitto fra sovranità degli Stati e diritti dei popoli e delle minoranze. Conflitto che ha offerto negli ultimi vent’anni i più svariati pretesti e giustificazioni per interventi armati. Basti ricordare la legittima difesa e la lotta al terrorismo (Afghanistan), il dovere d’ingerenza (Bosnia, Kosovo), le armi di distruzione di massa e l’esportazione della democrazia (Iraq), la protezione di una minoranza (Libia). Giustificazioni più o meno etiche, come il «bombardamento umanitario», un ossimoro, o dettate da ambizioni e interessi strategici, che hanno contribuito a indebolire il sistema internazionale delle regole e a mortificare il ruolo delle Nazioni Unite, con il risultato che il vuoto di legalità è stato progressivamente riempito da altre logiche, da obiettivi politici e militari con pretesa di fondamento morale e ideologico e in sostanza dalla più ignobile delle leggi, quella del più forte, come nella martoriata Ucraina, vittima della legge di Putin.

Il grande trauma. Gli effetti della guerra all’Iraq sulla strategia Usa. Lorenzo Vita il 22 marzo 2023 su Inside Over.

Venti anni dopo l’inizio dell’invasione dell’Iraq, è lecito domandarsi gli effetti di quella guerra sulla diplomazia americana. L’attacco contro il regime di Saddam Hussein e la successiva “guerra infinita” nata tra le sabbie dell’Iraq sono scaturiti, almeno nell’intento, come momento cardine di una politica estera Usa ancora incentrata sull’unilateralismo e sul desiderio di incidere sui destini del Medio Oriente consolidando la propria posizione rispetto ai tentennamenti degli alleati europei e con una Russia ancora traumatizzata dalla caduta dell’Unione Sovietica. Tuttavia, quel conflitto che doveva essere la certificazione della grande strategia di Washington in Medio Oriente e che univa i vari focolai della “guerra al terrore” si è rivelata, dopo pochi anni, una ferita forse mai davvero sanata sia nell’agenda mondiale americana sia nel rapporto tra strateghi e opinione pubblica.

La “guerra infinita” irachena, vista oggi a venti anni di distanza dal suo inizio e con le lenti di oggi, appare più come un innesco per le crisi nate subito dopo che una risoluzione di quello che era considerato un problema strategico per Washington, ovvero Saddam.

I dubbi prima dell’invasione

Diversi osservatori e anche report di analisti e intelligence degli anni immediatamente successivi all’invasione avevano già mostrato delle importanti perplessità sull’impostazione del conflitto e soprattutto su quanto esso potesse incidere in modo positivo sulla sicurezza nazionale statunitense. Interessante, a questo proposito, il lungo rapporto realizzato dall’allora Democratic Policy Committee, ora Democratic Policy and Communications Committee, con cui i democratici Usa elencavano costi e conseguenze della guerra in Iraq, definita in particolare in chiave anti-repubblicana e come la “guerra di Bush”.

Al netto del chiaro intento di colpire l’amministrazione del presidente che aveva iniziato la “guerra al terrore”, alcuni commenti e dichiarazioni contenute nel dettagliato rapporti dei democratici individuano concetti-chiave che possono essere visti anche in chiave contemporanea.

Molti sottolineavano un impegno militare che affaticava e impoveriva il complesso militare Usa senza un reale obiettivo strategico a lungo termine. Altri, invece, sottolineavano come la guerra a Baghdad potesse essere più una distrazione dai veri avversari sistemici Usa. Inoltre – come sottolineato dai National Intelligence Estimates del 2006 – la guerra in Iraq, invece di colpire il terrorismo globale, lo aveva alimentato fornendo ai combattenti della jihad globale un ulteriore pretesto per lottare contro Washington, accusata di avere invaso un Paese musulmano e di averlo occupato manu militari per i propri interessi.

L’effetto indesiderato della guerra

Questa valutazione, che risale a pochissimi anni dopo la decisione di attaccare il regime di Saddam, appare ancora più rilevante se si pensa che i documenti racchiusi nei Nie sono di fatto la produzione di quella stessa intelligence che, pochi anni prima, aveva avallato l’ipotesi di una produzione di armi di istruzione di massa in Iraq tale da giustificare l’attacco. Segno quindi che la comunità di intelligence di Washington aveva già corretto il tiro delle proprie valutazioni approfondendo, appena tre anni dopo, le conseguenze del conflitto nell’ottica di un rischio di caos regionale e di esplosione del terrorismo islamico.

A questo proposito, nella sintesi pubblica delle valutazioni delle agenzie Usa si legge: “Riteniamo che il jihad iracheno stia plasmando una nuova generazione di leader e manovalanza terroristi; il successo jihadista percepito lì ispirerebbe più combattenti a continuare la lotta in altri luoghi”. Inoltre, continua il testo, “il conflitto iracheno è diventato la ’cause celebre’ per i jihadisti, alimentando un profondo risentimento per il coinvolgimento degli Stati Uniti nel mondo musulmano e coltivando sostenitori del movimento jihadista globale“.

Il nodo dell’incapacità di risolvere il problema della jihad globale e di averlo anzi riattivato proprio con la guerra si è poi confermato anche negli anni dello Stato islamico, che anzi è nato proprio nel brodo di coltura iracheno. Gli errori dell’invasione e della gestione del conflitto si sono poi materializzati con la nascita di veri e propri santuari del terrorismo aiutati anche dall’inadeguatezza del sistema iracheno sopravvissuto all’invasione.

Un nuovo modo di percepire gli Usa

Questi gravi deficit della guerra contro Saddam hanno avuto ulteriori effetti sul piano regionale, tra cui bisogna ricordare soprattutto il modo in cui è cambiata – in maniera forse definitiva – la percezione degli Stati Uniti. Dopo l’attacco all’Iraq, Washington, vista in maniera ancora positiva da buona parte dei Paesi dell’area nonostante l’alleanza con Israele e le differenze culturali sentite dalle opinioni pubbliche, ha subito un sensibile crollo della fiducia dei propri partner.

I Paesi del Medio Oriente, dell’Asia centrale e in generale tutti gli Stati a maggioranza musulmana hanno iniziato a considerare gli Stati Uniti come un nemico, come potenza non più interessata a gestire la regione ma a imporre la propria agenda. Questo ha avuto un contraccolpo importante anche sui rapporti tra Usa e i maggiori alleati dell’area, in particolare la Turchia – che come partner Nato concesse lo spazio aereo ma non il proprio suolo per l’invasione – e l’Arabia Saudita, che non partecipò alla coalizione dei volenterosi al pari di quasi tutti gli Stati mediorientali. Inoltre, come poi in effetti si è confermato nel corso degli anni, l’invasione dell’Iraq è diventato un precedente fondamentale anche (paradossalmente) nell’agenda dell’acerrimo nemico di Baghdad, l’Iran, che dopo la guerra preventiva contro il regime iracheno, ha rafforzato il proprio desiderio di raggiungere le capacità di arricchimento dell’uranio.

Oltre a questo, l’instabilità prodotta in Medio Oriente ha continuato a propagare i propri effetti a tutti i Paesi dell’area, con la conseguenza che Washington si è trasformata in un elemento critico e non più affidabile. Infine, l’incapacità di certificare il motivo ufficiale dell’invasione, cioè il presunto arsenale sporco di Baghdad, ha ulteriormente rafforzato i sentimenti antiamericani, al punto che, come dimostrato anche dopo la guerra in Ucraina, le famigerate “fialette” di Colin Powell sono diventate l’argomentazione più classica per criticare le iniziative diplomatiche e militari americane nel mondo. In questo modo, quindi, la guerra in Iraq, ma soprattutto il caos provocato successivamente, hanno rafforzato le potenze che si sono mostrate come alternative proprio a quel sistema perorato da Washington, e cioè Russia e Cina. Rimosso nel tempo il grande nodo del regime di Saddam Hussein, negli occhi dell’opinione pubblica e delle leadership mediorientali (ma non solo) è rimasto il vuoto di potere lasciato in Iraq e l’instabilità per i venti anni successivi, con l’avvento di Daesh e l’inserimento dell’Iran a certificare il fallimenti dei propositi Usa.

La spaccatura con l’Europa

Se questi sono gli effetti regionali, la percezione degli Stati Uniti va poi anche osservata nell’ottica internazionale. Se infatti la guerra in Ucraina ha di nuovo blindato l’Occidente sotto l’ala americana specialmente a causa dei tentennamenti europei nei confronti della Russia, va ricordato che prima del 2022 gli Usa venivano ancora identificati da buona parte degli establishment e delle opinioni pubbliche del Vecchio Continente come una superpotenza confusionaria.

L’immagine più vicina era quella del disastroso ritiro da Kabul e dell’abbandono dell’Afghanistan in mano ai talebani. Ma prima di questa, il caos mediorientale nato dal conflitto iracheno e certificato dalla guerra in Siria (e in parte dello Yemen) aveva indebolito l’immagine Usa a vantaggio di altre superpotenze. Se si mettono insieme i dubbi di molti Paesi Ue sulla guerra (a partire da Francia e Germania) con le critiche rivolte successivamente per la gestione del Paese e gli effetti sulla regione e sull’Europa, si comprende come gli Usa abbiano vissuto circa 15 anni di crescente divario con l’altra sponda dell’Atlantico. Uno iato che si è ampliato con la ritirata dall’Afghanistan e che si è richiuso solo con il pieno sostegno di Washington alla resistenza di Kiev.

In tutto questo, le gravi critiche interne nei confronti della guerra in Iraq, diventata con Donald Trump il più classico esempio di “guerra infinita”, hanno modificato sensibilmente anche le capacità di azione Usa in campo mediorientale. Il fallimento del conflitto iracheno, ritenuto da molti l’emblema dell’impossibilità di “esportare democrazia” ma anche della rivincita dell’isolazionismo, è così diventato un trauma al punto da innescare non solo un ripensamento della strategia Usa nell’area, ma anche il pericolo di come vengano percepite le iniziative di Casa Bianca e Pentagono nella regione. Tramontata l’epopea della guerra al terrorismo di matrice islamica, il Medio Oriente è tornato a essere per l’opinione pubblica Usa uno scenario lontanissimo e sconosciuto, che in larga parte doveva quindi interessare poco anche alla classe dirigente.

Trump ha vinto le elezioni proprio facendo leva sulla risoluzione rapida e il più possibile definitiva delle guerre scatenate dalle precedenti amministrazioni. E l’investimento di miliardi di dollari nel conflitto ha provocato una forma di grande ritrosia da parte di molti elettori sulle spese militari e sugli interventi all’estero. Per un Paese che ha in sé non solo l’anima dell’isolazionismo, ma anche della democrazia rappresentativa, è chiaro che qualsiasi leader debba fare i conti anche con questo modus pensandi dell’elettorato, specie della classe media. E ciò implica non solo un disinteresse verso i destini dell’Iraq, quantomeno a parole, ma anche una sorta di imbarazzo dei capi di Stato Usa nell’interfacciarsi con i partner mediorientali rispetto alle enormi sfide che la regione offre agli strateghi atlantici.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora. LORENZO VITA

Iraq. Le autostrade della morte, una pagina di storia dimenticata. Piccole Note (putiniana) l’1 Marzo 2023 su Il Giornale.

Nell’articolo sulle domande poste dal Washington Times a Biden riguardo alla guerra ucraina, abbiamo accennato alle autostrade della morte, il più terribile massacro della storia moderna.

Si consumò nel corso della prima guerra irachena, dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein e prima dell’invasione americana dell’Iraq. Nessuno lo ricorda perché la prima guerra irachena, del 1991, vide quasi tutto il mondo al fianco – in via subordinata – degli Stati Uniti (un po’ come accade adesso per l’Ucraina).

Una storia di stretta attualità, anche per quanto riguarda la manipolazione dell’informazione. Pubblichiamo un documento sull’eccidio di massa, presentato da Joyce Chediac alla Commissione d’inchiesta per il Tribunale internazionale per i crimini di guerra di New York (pubblicato nel 2018 su Liberation –  giornale di sinistra, ma con azionista di maggioranza il banchiere Edouard de Rothschild).

Autostrade della morte

Voglio rendere una testimonianza su quelle che vengono chiamate le “autostrade della morte”. Si tratta delle due strade kuwaitiane, disseminate dei resti di 2.000 veicoli militari iracheni straziati, e dei corpi carbonizzati e smembrati di decine di migliaia di soldati iracheni, che si stavano ritirando dal Kuwait il 26 e 27 febbraio 1991 in ottemperanza alle risoluzioni Onu.

Gli aerei statunitensi hanno intrappolato i lunghi convogli distruggendo i veicoli situati in testa e in coda ai convogli, e poi hanno martellato per ore gli ingorghi risultanti. “Era come sparare a un pesce in un barile”, ha detto un pilota statunitense. L’orrore è ancora lì, da vedere.

Sull’autostrada interna per Bassora ci sono miglia e miglia di veicoli bruciati, distrutti e fracassati di ogni tipo: carri armati, auto blindate, camion, automobili, camion dei pompieri, come scrive la rivista Time del 18 marzo 1991. Sulle sessanta miglia di autostrada costiera, le unità militari irachene sono distese a terra in pose raccapriccianti, scheletri bruciacchiati di veicoli e uomini, neri e terribili sotto il sole, racconta il Los Angeles Times dell’11 marzo 1991.

Mentre 450 persone, arrendendosi, sono sopravvissute al bombardamento della strada interna, questo non è avvenuto nelle 60 miglia della strada costiera. Lì, per 60 miglia, tutti i veicoli sono stati mitragliati o bombardati, tutti i parabrezza sono andati in frantumi, tutti i carri armati sono bruciati, tutti i camion appaiono crivellati da proiettili. Nessun sopravvissuto è noto o probabile. Le cabine dei camion sono state bombardate così tanto che sono state incassate nel terreno ed è impossibile vedere se contengano autisti o meno. I parabrezza si sono sciolti e enormi carri armati sono ridotti in rottami.

Baghdad annuncia il ritiro

“Neanche in Vietnam ho mai visto niente del genere. È terribile”, ha detto il maggiore Bob Nugent, un ufficiale dell’intelligence dell’esercito. Questa carneficina unilaterale, questo massacro razzista di persone arabe, è avvenuto nonostante il fatto che il portavoce della Casa Bianca Marlin Fitzwater avesse promesso che gli Stati Uniti e i partner della coalizione non avrebbero attaccato le forze irachene che si stavano ritirando dal Kuwait. Questo è sicuramente uno dei crimini di guerra più atroci della storia contemporanea.

Le truppe irachene non sono state cacciate dal Kuwait dalle truppe statunitensi, come sostiene l’amministrazione Bush. Non si stavano ritirando per riorganizzarsi e riprendere la battaglia. Si stavano ritirando veramente, tornavano a casa, rispondevano agli ordini di Baghdad, che aveva dichiarato di voler ottemperare alla Risoluzione 660 [dell’Onu] abbandonando il Kuwait.

Alle 17:35 (orario standard del luogo) la radio di Baghdad aveva annunciato che il ministro degli Esteri iracheno aveva accettato la proposta sovietica sul cessate il fuoco e aveva dato l’ordine a tutte le truppe irachene di ritirarsi nelle posizioni assunte prima del 2 agosto 1990, in conformità con la risoluzione 660 delle Nazioni Unite.

Il presidente Bush aveva reagito immediatamente dalla Casa Bianca dicendo (attraverso il portavoce Marlin Fitzwater) che “non c’erano prove che suggerissero che l’esercito iracheno si stia ritirando. Infatti, le unità irachene continuano a combattere… continuano a far guerra”.

Il giorno successivo, il 26 febbraio 1991, Saddam Hussein aveva annunciato alla radio di Baghdad che le truppe irachene avevano effettivamente iniziato a ritirarsi dal Kuwait e che il ritiro sarebbe stato completato quel giorno. Ancora una volta, Bush aveva reagito definendo l’annuncio di Hussein “un oltraggio” e “una crudele bufala“.

La risoluzione 660 delle Nazioni Unite

Testimoni oculari kuwaitiani attestano che il ritiro è iniziato nel pomeriggio del 26 febbraio 1991 e la radio di Baghdad aveva annunciato alle 2:00 (ora locale) di quella mattina che il governo aveva ordinato a tutte le truppe di ritirarsi.

Il massacro dei soldati iracheni in ritirata viola le Convenzioni di Ginevra del 1949 […] che proibisce l’uccisione di soldati al di fuori dei combattimenti. Il punto controverso riguarda l’affermazione dell’amministrazione Bush secondo la quale le truppe irachene si stavano ritirando per riorganizzarsi e combattere di nuovo.

Tale affermazione è l’unico modo per cui il massacro potrebbe essere considerato legale ai sensi del diritto internazionale. Ma l’affermazione è falsa. Le truppe si stavano ritirando, ponendo fine all’invasione per ordine diretto di Baghdad, che aveva annunciato che la guerra era finita, che l’Iraq si era ritirato e si sarebbe pienamente conformato alle risoluzioni delle Nazioni Unite. Attaccare i soldati che tornano a casa in queste circostanze è un crimine di guerra.

L’Iraq accettò la risoluzione 660 delle Nazioni Unite e si offrì di ritirarsi dal Kuwait attraverso la mediazione sovietica il 21 febbraio 1991. Una dichiarazione di George Bush del 27 febbraio 1991, secondo cui non sarebbe stata concessa tregua alcuna ai soldati iracheni rimasti, viola persino il Manuale militare degli Stati Uniti del 1956 La Convenzione dell’Aia del 1907, che disciplina la guerra di terra, spiega che è illegale anche dichiarare che non sarà concesso quartiere ai soldati in ritirata.

Il 26 febbraio 1991, il seguente dispaccio è stato archiviato dal ponte di comando della USS Ranger, a firma di Randall Richard, giornalista del Providence Journal: “Gli attacchi aerei contro le truppe irachene in ritirata dal Kuwait sono stati lanciati oggi con tale intensità da questa portaerei che i piloti hanno detto di aver preso con sé tutte le bombe che si trovavano sul ponte di volo. Gli equipaggi, che lavoravano sulle note della colonna sonora di Lone Ranger, spesso rinunciavano al proiettile preferito. . . perché ci voleva troppo tempo per caricarlo”.

La giornalista del New York Times Maureen Dowd ha scritto: “Mentre il leader iracheno era posto davanti alla sconfitta militare, Bush decise che preferiva scommettere su una guerra di terra violenta e potenzialmente impopolare piuttosto che rischiare l’alternativa: una soluzione imperfetta elaborata dai sovietici e dagli iracheni, che l’opinione pubblica mondiale avrebbe potuto accettare come tollerabile.

In breve, piuttosto che accettare l’offerta dell’Iraq di arrendersi e abbandonare il teatro di guerra [cioè il Kuwait ndr], Bush e gli strateghi militari statunitensi decisero semplicemente di uccidere quanti più iracheni possibile finché c’era questa opportunità.

Soldati e civili

Un articolo di Newsweek su Norman Schwarzkopf [comandante in capo delle truppe alleate ndr], intitolato “A Soldier of Conscience” (11 marzo 1991), osservava che prima della guerra di terra il generale era preoccupato solo di quanto tempo il mondo sarebbe rimasto a guardare gli Stati Uniti scatenare l’inferno in Iraq prima di dire: ‘Aspetta un attimo, ora basta’. Lui [Schwarzkopf] non vedeva l’ora di inviare truppe di terra per finire il lavoro. Il motivo per il massiccio sterminio dei soldati iracheni era dato dalla volontà degli Stati Uniti di distruggere l’equipaggiamento iracheno. Ma in realtà il piano era di impedire del tutto la ritirata ai soldati iracheni. Powell ha osservato che, anche prima dell’inizio della guerra, i soldati iracheni sapevano di essere stati mandati a morire in Kuwait.

Rick Atkinson del Washington Post ha affermato che “il cappio è stato stretto” attorno alle forze irachene in modo così efficace che “la fuga è impossibile” (27 febbraio 1991). Tutto questo non ha nulla a che vedere con una guerra, è un massacro.

Ci sono anche indicazioni che alcune delle vittime del bombardamento avvenuto durante il ritiro fossero palestinesi e civili iracheni. Secondo la rivista Time del 18 marzo 1991, non furono colpiti solo veicoli militari, ma anche automobili, autobus e camion. In molti casi, le auto erano cariche di famiglie palestinesi e di tutti i loro averi.

I resoconti della stampa statunitense hanno cercato di far apparire il rinvenimento di beni domestici bruciati e bombardati come se le truppe irachene avessero saccheggiato il Kuwait. Gli attacchi ai civili sono specificatamente vietati dagli Accordi di Ginevra e dalle Convenzioni del 1977.

Cosa è successo davvero? Il 26 febbraio 1991 l’Iraq aveva annunciato di aderire alla proposta sovietica e che le sue truppe si sarebbero ritirate dal Kuwait. Secondo testimoni oculari kuwaitiani, citati dal Washington Post dell’11 marzo 1991, il ritiro iniziò sulle due autostrade e verso sera era in pieno svolgimento. Verso mezzanotte è iniziato il primo bombardamento statunitense.

Centinaia di iracheni sono saltati giù dalle loro auto e dai loro camion, in cerca di riparo. I piloti statunitensi hanno preso qualsiasi bomba si trovasse vicino al ponte di volo, dalle bombe a grappolo alle bombe da 500 libbre. Riesci a immaginarle sganciate su un’automobile o un camion? Le forze statunitensi hanno continuato a sganciare bombe sui convogli fino a quando tutti quegli esseri umani non furono uccisi. Così tanti jet sciamarono sull’autostrada interna che si creò un ingorgo in cielo, tanto che i controllori di volo dei jet da combattimento temevano collisioni a mezz’aria.

Crimini di guerra

Le vittime non hanno opposto resistenza. Non venivano attaccati in una feroce battaglia né cercavano di riorganizzarsi per dar vita a una controffensiva. Erano solo papere, secondo il comandante Frank Swiggert, il capo del Ranger Bomb Squadron. Secondo un articolo del Washington Post dell’11 marzo 1991, intitolato “Gli Stati Uniti si affrettano a modellare la vista dell’autostrada della morte”, il governo degli Stati Uniti si è coordinato e ha fatto tutto il possibile per nascondere questo crimine di guerra alla gente di questo paese e al mondo.

Ciò che ha deciso il governo degli Stati Uniti è diventato poi il focus della campagna di pubbliche relazioni gestita dal Comando centrale degli Stati Uniti a Riyad, secondo lo stesso articolo del Washington Post. La spiegazione ufficiale è stata che i convogli erano impegnati in una “classica battaglia tra carri armati”, come a suggerire che le truppe irachene cercassero di reagire o addirittura avessero la possibilità di reagire.

Il Washington Post afferma che gli alti ufficiali del comando centrale degli Stati Uniti a Riyad erano preoccupati per ciò che vedevano, cioè che ci fosse una crescente percezione pubblica sul fatto che le forze irachene stessero lasciando il Kuwait volontariamente e che i piloti statunitensi li stessero bombardando senza pietà, il che era la verità. Quindi il governo degli Stati Uniti, dice il Post, ha minimizzato le prove che le truppe irachene stavano effettivamente lasciando il Kuwait.

I comandanti dell’esercito statunitense hanno fornito ai media un quadro accuratamente dettagliato e preciso degli eventi in rapida evoluzione. L’idea era di far vedere il ritiro dell’Iraq come una ritirata strategica resa necessaria dalla forte pressione militare alleata. Ricordate quando Bush è venuto al Rose Garden e ha detto che non avrebbe accettato il ritiro di Saddam Hussein? Anche questo ne faceva parte, e Bush era coinvolto in questo insabbiamento.

Alla dichiarazione di Bush seguì subito un briefing via Tv dell’esercito che, dall’Arabia Saudita, spiegava che le forze irachene non si stavano ritirando, ma venivano sospinte fuori dal campo di battaglia. In realtà, decine di migliaia di soldati iracheni giunti in Kuwait avevano cominciato a ritirarsi più di trentasei ore prima che le forze alleate raggiungessero la capitale, Kuwait City. Non si erano mossi per un’asserita pressione da parte dei carri armati e della fanteria degli alleati,

Tale deliberata campagna di disinformazione su questa azione militare e il crimine di guerra che si è effettivamente consumato, questa manipolazione dei comunicati stampa per ingannare l’opinione pubblica e tenere nascosto il massacro al mondo costituisce anche una violazione del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, il diritto dei cittadini a essere informati.

Estratto da “La cortina di vetro”, di Micol Flammini (ed. Mondadori – Strade Blu), pubblicato da linkiesta.it il 15 marzo 2023.

Da qualsiasi parte si guardi la storia dell’Europa, la Polonia e sempre presente, ed e stata costantemente un centro di sofferenza e di indomabile resistenza. […] Per capire la guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina, e il caso di guardare con attenzione a quello che e accaduto in Polonia nel 1939: e un copione con altri personaggi, ma che si ripete, e se l’attacco congiunto di Hitler e Stalin contro Varsavia ricorda quello, iniziato il 24 febbraio 2022, di Mosca contro Kiev e perché le cose in comune non sono poche.

 La campagna di Hitler contro la Polonia era iniziata rivendicando la protezione dei cittadini tedeschi rimasti, dopo la Prima guerra mondiale, sotto le autorità polacche, soprattutto di quanti vivevano a Danzica, citta libera ma sotto la giurisdizione del ministero degli Esteri di Varsavia.

L’invasione del paese fu preceduta da una delle prime operazioni false flag della storia, un’espressione (falsa bandiera) che indica atti di sabotaggio e macchinazioni per far ricadere su altri la responsabilità del casus belli, divenuta molto nota proprio con la guerra della Russia all’Ucraina, quando si pensava che Mosca stesse cercando di creare un pretesto per invadere Kiev.

 I nazisti studiarono a lungo l’operazione false flag da mettere in atto per attaccare la Polonia. Alcuni tedeschi vestiti con uniformi polacche assaltarono la stazione radio di Gleiwitz allora in Germania, oggi Gliwice in Polonia, uccisero alcune guardie di frontiera e dai microfoni dell’impianto diffusero un messaggio alle minoranze polacche, incitandole a prendere le armi contro i tedeschi. Il giorno dopo, 1° settembre, il più potente e moderno esercito dell’Europa dell’epoca entro in Polonia, con il proposito di portare a termine una guerra lampo.

In due giorni distrusse l’aviazione polacca, e l’esercito di Varsavia che si era ammassato alla frontiera reagì con il suo fiore all’occhiello: la cavalleria. Questo episodio di grande eroismo, pur venato di mitologia, aiuta a capire quanto i polacchi fossero determinati a rischiare il tutto per tutto pur di salvaguardare l’indipendenza appena conquistata. Se poi si siano lanciati con la cavalleria contro i mezzi corazzati nazisti perché effettivamente fossero convinti di avere qualche chance o perché, pur di non perdere la liberta, erano pronti a farsi massacrare, questo non si saprà mai. Fatto sta che questo episodio rimane tra i più memorabili della guerra.

 La Polonia inoltre era aggredita da tutti i lati: mentre i tedeschi divoravano l’ovest del paese, annettendo e occupando, i sovietici avevano iniziato la loro avanzata da est adducendo come pretesto la protezione delle minoranze ucraine e bielorusse maltrattate dal governo polacco allo sbando.

Quando Putin ha attaccato l’Ucraina, ha usato una motivazione simile: salvare le minoranze russe, vittime delle violenze del governo di Kiev. I polacchi di allora, pero, erano stati abbandonati dai propri alleati, che non avevano ascoltato le richieste di aiuto di Varsavia e avevano sottovalutato la pericolosità e la determinazione del regime nazista. Un errore che non e stato commesso nei confronti degli ucraini. […]

 La Polonia e sempre stata certa di essere la frontiera dell’Europa, dell’atlantismo e anche della cristianità, e il fatto che la storia entri anche nelle campagne elettorali, sia materia di dibattito e l’attuale partito al governo, il PiS, la manipoli contro gli avversari indica quanto per i polacchi sia importante.

L’ingresso prima nella NATO e poi nell’Unione europea ha rappresentato per Varsavia la rassicurazione che non sarebbe più stata sola di fronte alla minaccia russa e di essere entrata a far parte del mondo al di la della cortina di ferro, che per i paesi dell’Est europeo non e mai caduta, si e soltanto spostata.

Estratto dell’articolo di Domenico Quirico per “la Stampa” il 20 marzo 2023.

Le guerre sono quasi sempre mancanza di un perché […] sono soltanto confusione e paura. Venti anni fa […] iniziò la invasione dell'Iraq da parte degli americani e degli inglesi. Il perché era […] una gigantesca deliberata, pianificata, bugia. A ingannarci non fu Saddam, il dittatore, solo l'ultima delle canaglie psicopatiche del Novecento. […] Ci ingannò una democrazia, anzi la Democrazia, e ci incamminammo verso la peggiore delle catastrofi, la catastrofe morale.

 Con l'America eravamo fiduciosi, inermi […] Una avvelenata propaganda ci corruppe. Siamo entrati da allora in una epoca […] di dissoluzione. Quella guerra ha distrutto molto, uomini sentimenti valori, non siamo stati in grado di ricostruire granché. E dopo venti anni siamo di nuovo in guerra. Incapaci di distinguere ormai verità e bugie.

Erano passati solo pochi minuti dalla scadenza dell'ultimatum: il presidente Bush aveva dato poche ore di tempo a Saddam Hussein per lasciare l'Iraq. In perfetto orario gli aerei americani iniziarono a colpire Baghdad per mostrare a Saddam, subito, che non era più invulnerabile. […] Poche ore dopo missili iracheni colpirono a caso il territorio del Kuwait. I soldati americani indossarono frettolosamente le maschera antigas e i completi per la guerra chimica. Già. L'angoscia per le micidiali armi chimiche del Rais...

Precauzione inutile. Nessuno dei comandanti aveva spiegato loro che l'esistenza di quelle armi faceva parte della Grande Bugia. Sugli schermi delle televisioni irachene apparve il dittatore: arrogante, violento come al solito. Per promettere «la vittoria» e «la gloria», inveendo contro «gli invasori diabolici» e «i sionisti. […]».

 Venti anni dopo che serve rievocare quella guerra: le avanzate rapide verso Bassora, Baghdad, Tikrit, le colonne dei soldati di Saddam in fuga calcinate dalle bombe al fosforo, la statua del dittatore trascinata al suolo con la faccia verso il cielo […] Ciò che si deve rievocare, scrupolosamente, bugia dopo bugia, senza dimenticar nulla è come ci ingannarono. Bush e i suoi sgangherati apostoli del Nuovo Ordine Globale. Che cosa era? Un violento, immorale, ipocrita imperialismo del caos, fatto di invasioni illegali, prepotenze diplomatiche, saccheggi economici, menzogne umanitarie.

Ripensiamo al tempo che precedette quel 30 marzo: le torri che crollano, i tre aerei trasformati in missili Cruise dal genio terrorista e suicida di Bin Laden, il patriottismo americano che vibra […] sul New York Times , la bibbia quotidiana dei ‘'liberal'', i bugiardi servizi di Judith Miller sulle armi di distruzione di massa irachene «pronte all'impiego nel giro di 45 minuti!» diamine! È provato... lo giura anche Blair […]

 Ah! Se avessimo ascoltato l'undici settembre, le torri ancora fumavano di morte, Rumsfeld al Pentagono già annunciava che bisognava attaccare non solo l'Afghanistan ma anche l'Iraq […] E sì, si diedero proprio da fare di brutto. Cheney, il vicepresidente, a garantire che in Niger c'erano le prove dell'acquisto dell'uranio da parte di Saddam per costruire l'atomica. Confermava, guarda guarda, Rasmussen premier danese […] Paziente passò all'incasso nel 2009: segretario generale della Nato. […]

Fu la macchinazione perfetta, sfrontata, selvaggia di come anche in una democrazia si può inventare una guerra ancor più efficacemente che nelle tirannidi. Al segretario di Stato Colin Powell spettò la recita finale, in una seduta del Consiglio di sicurezza. Annunciò che avrebbe comunicato ciò che gli Usa sapevano sulle armi di distruzioni di massa e sulla partecipazione dell'Iraq ad attività terroristiche. Poi brandì davanti alle telecamere una provetta piena di polverina bianca.

Presiedeva la seduta il ministro degli Esteri tedesco Joscha Fischer. Lui sapeva che quella prova era una menzogna spudorata. Perché la fonte americana aveva solo un nome: il dottor ingegner Rafid al Janabi, un iracheno che per ottenere rifugio in Germania aveva fatto sensazionali rivelazioni ai servizi tedeschi: che in Iraq c'erano truppe già pronte a impiegare le armi chimiche nascoste alle ispezioni dell'Onu. I servizi avevano facilmente accertato che era un bugiardo, per di più un bugiardo mediocre. […] Attese il 2005 il segretario di Stato per dire che quella recita lo «addolorava ancora».

[…] A Washington intanto annunciavano che in un anno il Paese sarebbe stato ricostruito. Mentire alla fine ti lega come una corda sempre più stretta. Non ti puoi fermare. Saddam è stato impiccato, i mediocri e pericolosi ideologi della semplicità manichea dell'impero americano sono degli ex in pensione o sono morti. Ma da quella bugia è balzato fuori il disordine in cui viviamo, il califfato totalitario in Iraq e la guerra in Ucraina. Dopo il 2003 non è più possibile dare un limite cronologico alle guerre […]

20 marzo 2003: quando l’Occidente legittimò l’invasione dell’Iraq con una fake news. Enrica Perucchietti su L'Indipendente il 20 Marzo 2023.

Mancavano poche ore a mezzanotte del 20 marzo 2003, quando le televisioni statunitensi interruppero improvvisamente le trasmissioni per mandare in onda il discorso del presidente George W. Bush che annunciava l’avvio delle operazioni contro l’Iraq di Saddam Hussein. 

L’operazione, sulla scia degli attentati dell’11 settembre 2001 e di Amerithrax, aveva trovato l’avallo della Gran Bretagna di Tony Blair, della Spagna di José Maria Aznar e dell’Italia di Silvio Berlusconi, oltre che di una ventina di altri leader e Paesi.

Le immagini vivide delle esplosioni e degli incendi, nella notte di Baghdad, colonizzarono gli schermi delle televisioni di tutto il mondo. La guerra era iniziata. Quegli stessi schermi, poco più di un mese prima, avevano rilanciato la fake news che valse come pretesto per spingere la Casa Bianca a invadere l’Iraq e ottenere la legittimazione morale del conflitto.

Era il 5 febbraio 2003 quando, presso il Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite, l’allora Segretario di Stato, Colin Powell, aveva tenuto un discorso in cui aveva parlato delle armi batteriologiche in possesso dell’Iraq, mostrando ai rappresentanti degli altri Paesi, con un gesto teatrale, una fiala che conteneva una polvere bianca. Agitando la fiala, Powell aveva accusato l’Iraq di essere in grado di produrre circa 25 mila litri di antrace, secondo quanto dicevano gli ispettori delle Nazioni Unite. Nel suo discorso Powell aveva fatto anche riferimento al «Grosso faldone dei servizi segreti sulle armi biologiche dell’Iraq» e di laboratori mobili per la produzione di quelle armi, di testimonianze che accreditavano quanto riportato, mentre alle sue spalle il direttore della CIA George Tenet seguiva le sue parole con espressione seria e coinvolta.

Il ricordo delle lettere all’antrace, diffuse all’indomani dell’11 settembre era ancora vivo nell’opinione pubblica americana e l’immagine di quella fiala ancorò l’idea, poi dimostratasi falsa, di una minaccia che proveniva da Saddam Hussein.

Il clima di terrore e di esasperazione in seguito agli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono portarono a elaborare la tesi ufficiale che le missive velenose rientrassero nella “seconda parte” dell’attacco dell’11 settembre. La responsabilità dell’invio della posta avvelenata fu inizialmente attribuita proprio ad al Qaeda. Il governo Bush strumentalizzò tale minaccia per convincere il mondo della necessità di attaccare l’Iraq, in quanto Saddam Hussein avrebbe avuto i magazzini pieni di antrace. 

[Articolo del Corriere della Sera del 08 settembre 2002 rivelatosi poi una fake news]Si scoprì, successivamente, che le spore usate negli attacchi appartenevano a un ceppo particolarmente potente, denominato “Ames”, usato in almeno una dozzina di laboratori di ricerca degli Stati Uniti per testare i vaccini e le nuove cure per la malattia. Al Qaeda non c’entrava nulla con quegli attentati. Amerithrax permise, però, di intraprendere la guerra infinita contro il “terrore islamico”, portando all’approvazione del Patriot Act e all’ennesima, insensata spirale di sangue e violenza: la guerra contro l’Iraq. Il ruolo di Powell fu fondamentale: senza la sua messinscena la “più grande democrazia” non avrebbe ottenuto il consenso per invadere l’Iraq. 

Il 6 ottobre 2004, davanti alla Commissione del Congresso usa, il capo degli ispettori americani, Charles Duelfer, presentò un rapporto di quasi mille pagine a opera dei servizi segreti americani in cui si smontava l’esistenza di armi di distruzione di massa detenute segretamente da Saddam, decretando come ingiustificata e illegittima la guerra in Iraq.

Secondo Duelfer, Saddam aveva mantenuto l’intenzione di ottenere armi di distruzione di massa, ma dopo la prima guerra del Golfo del 1991 la capacità dell’Iraq si era drasticamente ridotta. Le conclusioni di Duelfer sono state confermate da tutte le inchieste successive e dai numerosi dossier elaborati dal Veteran Intelligence Professionals for Sanity (vips), gruppo di analisti ed ex ufficiali dell’intelligence che aveva messo in dubbio la narrazione governativa.

A conferma di ciò, l’inchiesta condotta dalla Commissione inglese presieduta da Sir John Chilcot che ha esaminato 150 mila documenti e ascoltato più di cento testimoni per cercare di stabilire la verità su una delle pagine più controverse della storia britannica. Secondo il rapporto elaborato dalla Commissione, l’intervento militare in Iraq sarebbe stato «una decisione precipitosa» e i piani su cui l’attacco si fondava erano completamente inadeguati. Il casus belli legato al presunto possesso di armi di distruzione di massa da parte del regime di Baghdad venne fatta con “una certezza ingiustificata”.

Secondo Chilcot, l’intervento armato non era affatto l’unica risorsa a cui ricorrere e si sarebbero dovuti adottare altri rimedi alternativi e pacifici per raggiungere il disarmo, come per esempio una strategia di contenimento e proseguire con le ispezioni o il monitoraggio. [di Enrica Perucchietti]