Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.

Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.

I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.

Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."

L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.

L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.

Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.

Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).

Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.

Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro. 

Dr Antonio Giangrande  

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L’ITALIA ALLO SPECCHIO

IL DNA DEGLI ITALIANI

 

 

ANNO 2023

L’ACCOGLIENZA

SECONDA PARTE

L’ATTACCO

DODICESIMO MESE

 

 

DI ANTONIO GIANGRANDE

 

 

 

 

L’ITALIA ALLO SPECCHIO

IL DNA DEGLI ITALIANI

 

 

 

L’APOTEOSI

DI UN POPOLO DIFETTATO

 

Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2023, consequenziale a quello del 2022. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.

Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.

 

IL GOVERNO

 

UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.

UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.

PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.

LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.

LA SOLITA ITALIOPOLI.

SOLITA LADRONIA.

SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.

SOLITA APPALTOPOLI.

SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.

ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.

SOLITO SPRECOPOLI.

SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.

 

L’AMMINISTRAZIONE

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.

IL COGLIONAVIRUS.

SANITA’: ROBA NOSTRA. UN’INCHIESTA DA NON FARE. I MARCUCCI.

 

L’ACCOGLIENZA

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA.

SOLITI PROFUGHI E FOIBE.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.

 

GLI STATISTI

 

IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.

IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.

SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.

SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.

IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.

 

I PARTITI

 

SOLITI 5 STELLE… CADENTI.

SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.

SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.

IL SOLITO AMICO TERRORISTA.

1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.

 

LA GIUSTIZIA

 

SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.

LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.

LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.

SOLITO DELITTO DI PERUGIA.

SOLITA ABUSOPOLI.

SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.

SOLITA GIUSTIZIOPOLI.

SOLITA MANETTOPOLI.

SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.

I SOLITI MISTERI ITALIANI.

BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.

 

LA MAFIOSITA’

 

SOLITA MAFIOPOLI.

SOLITE MAFIE IN ITALIA.

SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.

SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.

SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.

LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.

SOLITA CASTOPOLI.

LA SOLITA MASSONERIOPOLI.

CONTRO TUTTE LE MAFIE.

 

LA CULTURA ED I MEDIA

 

LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.

SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.

SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.

SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.

SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.

 

LO SPETTACOLO E LO SPORT

 

SOLITO SPETTACOLOPOLI.

SOLITO SANREMO.

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.

 

LA SOCIETA’

 

AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.

I MORTI FAMOSI.

ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.

MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?

 

L’AMBIENTE

 

LA SOLITA AGROFRODOPOLI.

SOLITO ANIMALOPOLI.

IL SOLITO TERREMOTO E…

IL SOLITO AMBIENTOPOLI.

 

IL TERRITORIO

 

SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.

SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.

SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.

SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.

SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.

SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.

SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.

SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.

SOLITA SIENA.

SOLITA SARDEGNA.

SOLITE MARCHE.

SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.

SOLITA ROMA ED IL LAZIO.

SOLITO ABRUZZO.

SOLITO MOLISE.

SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.

SOLITA BARI.

SOLITA FOGGIA.

SOLITA TARANTO.

SOLITA BRINDISI.

SOLITA LECCE.

SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.

SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.

SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.

 

LE RELIGIONI

 

SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.

 

FEMMINE E LGBTI

 

SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.

 

 

 

 

L’ACCOGLIENZA

INDICE PRIMA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI EUROPEI

Confini e Frontiere.

Quei razzisti come gli italiani.

Quei razzisti come i serbi.

Quei razzisti come i greci.

Quei razzisti come gli austriaci.

Quei razzisti come i croati.

Quei razzisti come gli spagnoli.

Quei razzisti come i francesi.

Quei razzisti come i tedeschi.

Quei razzisti come gli olandesi.

Quei razzisti come i danesi.

Quei razzisti come i finlandesi.

Quei razzisti come gli svedesi.

Quei razzisti come gli inglesi.

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI AFRO-ASIATICI

 

Quei razzisti come i zambiani.

Quei razzisti come i zimbabwesi.

Quei razzisti come i ghanesi.

Quei razzisti come i gabonesi.

Quei razzisti come i marocchini.

Quei razzisti come i tunisini.

Quei razzisti come gli egiziani.

Quei razzisti come i libanesi.

Quei razzisti come gli israeliani.

Quei razzisti come i turchi.

Quei razzisti come gli iraniani.

Quei razzisti come gli yemeniti.

Quei razzisti come gli afghani.

Quei razzisti come i pakistani.

Quei razzisti come gli indiani.

Quei razzisti come gli indonesiani.

Quei razzisti come i birmani.

Quei razzisti come i bielorussi.

Quei razzisti come i russi.

Quei razzisti come i kazaki.

Quei razzisti come i nord coreani.

Quei razzisti come i cinesi.

Quei razzisti come i giapponesi.

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI OCEAN-AMERICANI

 

Quei razzisti come gli statunitensi.

Quei razzisti come i messicani.

Quei razzisti come i cubani.

Quei razzisti come i brasiliani.

Quei razzisti come i peruviani.

Quei razzisti come i canadesi.

Quei razzisti come i neozelandesi.

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. UNDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. DODICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. TREDICESIMO MESE. UN ANNO DI AGGRESSIONE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. QUATTORDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. QUINDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. SEDICESIMO MESE

 

INDICE TERZA PARTE

 

SOLITI PROFUGHI E FOIBE. (Ho scritto un saggio dedicato)

Il Giorno del Ricordo.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI. (Ho scritto un saggio dedicato)

I Migranti.

Gli affari dei Buonisti.

Quelli che…porti aperti.

Quelli che…porti chiusi.

Cosa succede in Libia.

Cosa succede in Africa.

Gli ostaggi liberati a spese nostre.

Il Caso dei Marò & C.

 

 

 

 

 

 

L’ACCOGLIENZA

SECONDA PARTE

L’ATTACCO

DODICESIMO MESE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. DODICESIMO MESE

C’è una guerra combattuta e una guerra comunicata con un rischio: l’assuefazione. Tra meno di un mese, il 24 febbraio, la guerra di aggressione in Ucraina accenderà la sua disgraziata candelina dell’anno compiuto. Pino Pisicchio su La Gazzetta del Mezzogiorno il 28 Gennaio 2023.

Tra meno di un mese, il 24 febbraio, la guerra di aggressione in Ucraina accenderà la sua disgraziata candelina dell’anno compiuto. Ci teniamo lontani dalla profusione delle articolesse che andranno a celebrare la piccola e ingloriosa memoria, concedendoci, con un largo anticipo sulla ricorrenza e la benevolenza della Gazzetta, solo una domanda. Questa: come è stata «comunicata» questa drammatica vicenda che ha falcidiato almeno una generazione di giovani di tutte e due le parti in campo - si conterebbero 100 mila morti -, che ha fatto di città intere cumuli di macerie ed ha lasciato a terra, insieme al fumo e alla puzza degli incendi, anche l’ultimo brandello di umanità?

Si badi: non si ragiona in questo piccolo articolo, dei torti e delle ragioni, perché c’è poco da sofisticare quando hai di fronte un Paese invasore ed uno invaso. Ma forse val la pena capire la parte che ha avuto la comunicazione nell’era ad essa dedicata. E allora cominciamo col ricordare che persino la guerra dietro casa, purché non sia a casa, in un ambiente subissato di flussi informativi, subisce la stessa parabola di tutte le notizie troppo insistite e troppo dilatate nel tempo.

L’attenzione, la condivisione, la pietas, persino quella non commendevole pruderie che per qualche ragione cattura l’interesse e la curiosità della gente al cospetto delle tragedie, di fronte al protrarsi del fatto calano fino a tradursi in qualcosa che a che fare con l’overdose. E qui non è il venir meno della solidarietà umana: è la naturale caduta d’attenzione di fronte alla notizia, che sembra sempre uguale, reiterata all’infinito.

Perché l’idea stessa di un conflitto permanente ripone il conflitto stesso nello scenario della ordinarietà e dunque lo archivia, facendo prevalere sull’orrore e l’indignazione, l’assuefazione. C’è poco da fare: la nutrita squadra giovani reporter televisivi dal fronte (è la rivincita della Tv sul digitale) che ogni giorno manda in onda l’intervista sul campo, si iscrive nella percezione del pubblico quasi nella cornice di una rubrica, che sta lì nel palinsesto quotidiano come stanno le previsioni del tempo. Non è una buona cosa perdere l’indignazione per la guerra, anche perché il precipitato di tutto questo diventa la tiepidezza con cui la pubblica opinione può accogliere le scelte della politica occidentale di sostenere lo sforzo bellico ucraino.

L’unico che resta sul registro dell’indignazione sincera senza mai smarrire l’ammaestramento della gutta cavat lapidem, è Papa Francesco. Ma la vera e propria novità di questa guerra è stata indubbiamente la comunicazione di Zelensky, che ha governato i new media con una sapienza ed un rendimento assolutamente sconosciuti prima di lui.

Presente in streaming nei parlamenti mondiali, alle Nazioni Unite, in tutti i consessi istituzionali e al tempo stesso nei luoghi dove il rimbalzo mediatico, il detournement ( lo «sviamento»), che tanto sarebbe piaciuto a Debord, diventa persino clamoroso. Che sia la serata degli Oscar, o un evento sportivo globale, o il festival di Sanremo, il presidente ucraino non ha trascurato una sola occasione per manifestarsi al pubblico mondiale, ed uso l’espressione «pubblico» con accuratezza, perché di quello si tratta quando ci si affaccia ad una platea di persone che si riuniscono per assistere ad uno spettacolo.

Del resto, diranno i detrattori, Zelensky nasce come attore che diventa famoso interpretando in una fiction il presidente ucraino. Sarà pure così, ma bisognerà riconoscere che, se la Russia non ha fatto un sol boccone dell’Ucraina, questo si è dovuto anche alla capacità del suo presidente-attore di scuotere la pubblica opinione globale oltre che incitare il suo popolo alla resistenza. Del resto la propaganda è elemento costitutivo della guerra, da sempre. Forse oggi questo presenzialismo non basta più e può apparire qualche volta fuori contesto, ma la colpa, se così si può dire, è di chi lo chiama per fare audience a buon mercato, vedi Sanremo. Una cosa però è certa: la guerra mediatica con Putin l’ha vinta Zelensky, molte lunghezze a zero.

Corruzione a Kiev, la purga di Zelensky, Wsj: «Usa propensi all’invio dei carri armati Abrams». Andrea Nicastro, inviato, e Redazione Online il 24 gennaio 2023 su Il Corriere della Sera.

Le notizie sulla guerra di martedì 24 gennaio. Scandalo mazzette, saltano 4 vice ministri. La Polonia chiede alla Germania di poter inviare a Kiev i Leopard, Berlino esaminerà la richiesta «con urgenza»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 335esimo giorno.

• Passi avanti sulle forniture di carri armati: il presidente francese Macron ha dichiarato che «nulla è escluso» riguardo alla consegna dei Leclerc, e la Germania è pronta ad autorizzare la Polonia a inviare i Leopard.

• Polonia, Finlandia, Danimarca pronti a chiedere il permesso alla Germania di fornire i Leopard all’Ucraina.

Ore 21:43 - Usa: Russia ha inviato nuove truppe per rafforzare linee del fronte

La Russia ha inviato decine di migliaia di nuove truppe per rafforzare le linee del fronte in Ucraina negli ultimi mesi. Lo ha dichiarato un alto funzionario militare statunitense. Le truppe hanno fatto poca differenza nel conflitto, ha detto il funzionario, arrivando in prima linea «mal equipaggiate, mal addestrate» e «lanciate sul campo di battaglia». La Russia ha inviato le truppe come rimpiazzi o rinforzi per le unità esistenti invece di reparti di nuova organizzazione e coese. Le truppe hanno iniziato ad arrivare sul campo di battaglia in seguito alla mobilitazione dichiarata dalla Russia di 300mila nuovi membri del personale a ottobre, ha detto in seguito il funzionario. Venerdì il capo di stato maggiore delle forze armate americane, il generale Mark Milley, ha affermato che la Russia ha subito «significativamente ben oltre 100mila [vittime] ora», compresi morti e feriti in azione.

Ore 21:48 - Usa: possibilità di un annuncio da Germania

C’è la possibilità che la Germania faccia presto un annuncio riguardante la fornitura di carri armati all’Ucraina. Lo ha annunciato il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price. «La mia impressione, avendo visto le notizie che stanno appena emergendo, è che potremmo sentire di più dai nostri alleati tedeschi nelle prossime ore, nei prossimi giorni», ha detto Price durante una conferenza stampa. Il capo della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha dichiarato a inizio giornata che il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock aveva confermato in una riunione del Consiglio Affari Esteri dell’Ue che Berlino non sta bloccando la fornitura di carri armati Leopard all’Ucraina.

Ore 00:03 - Lavrov: «Guerra con Occidente diventata quasi reale»

La guerra tra Mosca e l’Occidente non può essere più classificata come «ibrida» ed ora è «quasi reale». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in una conferenza stampa dopo i colloqui con il suo omologo sudafricano, Naledi Pandor.

Ore 03:13 - Usa, prove di sostegno cinese alla Russia (media)

Gli Stati Uniti avrebbero presentato alla Cina prove della collaborazione tra aziende di Stato cinesi e la Russia nella guerra con l’Ucraina. Lo riporta il sito americano Bloomberg, secondo cui gli aiuti riguarderebbero «armi non letali» e sostegni economici. L’informazione avrebbe suscitato preoccupazioni a Washington. Finora il presidente cinese Xi Jinping ha evitato di criticare la Russia ma allo stesso tempo si è offerto di dare una mano ai negoziati di pace e ha messo in guardia dall’uso di armi nucleari. Se il presidente Joe Biden e i suoi consiglieri dovessero avere la conferma che il governo cinese ha aiutato segretamente Mosca, secondo Bloomberg, gli Stati Uniti si troverebbero nella posizione di dover decidere una risposta. Il segretario al Tesoro Janet Yellen ha incontrato la settimana scorsa il vicepremier cinese Liu He, mentre il segretario di Stato americano Antony Blinken è atteso per una visita ufficiale a Pechino a febbraio.

Ore 07:25 - Corruzione a Kiev, Zelensky annuncia arresti e spostamenti

Volodymyr Zelensky ha annunciato cambi di personale nell’amministrazione pubblica (a livelli alti e bassi) in seguito al peggior scandalo legato alla corruzione scoppiato in Ucraina dall’inizio della guerra. Il presidente non ha fatto nomi. Alleati di governo hanno parlato di persone arrestate. Zelensky ha annunciato una stretta sui viaggi all’estero di funzionari pubblici. Intanto Kyrylo Tymoshenko, vice capo del suo staff presidenziale, ha annunciato oggi su Telegram di aver chiesto a Zelensky di sollevarlo dall’incarico. «Ringrazio il presidente per la fiducia e l’opportunità di compiere buone azioni ogni giorno e ogni minuto». Domenica la polizia anti-corruzione aveva arrestato il vice ministro per le infrastrutture, sospettato di aver intascato una mazzetta di 400 mila dollari su una fornitura di generatori dall’estero lo scorso settembre. Anche il vice ministro della Difesa Viatcheslav Shapovalov ha annunciato le sue dimissioni, dopo un’inchiesta giornalistica che ha messo in luce casi di corruzione per le forniture di cibo per l’esercito. Via anche il procuratore generale aggiunto Oleksei Simonenko.

Ore 07:47 - Incontro diplomatico Usa-Kazakistan

La vicesegretaria di Stato Usa Wendy Sherman ha incontrato a Washington il rappresentante presidenziale speciale per la cooperazione internazionale del Kazakistan, Erzhan Kazhykan. Lo riferisce una nota del dipartimento di Stato Usa. La vicesegretaria ha espresso apprezzamento per il sostegno umanitario dell’ex Repubblica sovietica all’Ucraina, e ha sollecitato il Paese a diversificare le sue relazioni economiche e di sicurezza.

Ore 07:57 - Il bilancio delle vittime civili secondo l’Onu

Il bilancio aggiornato delle vittime civili in Ucraina secondo le Nazioni Unite: la guerra della Russia contro l’Ucraina ha ucciso almeno 7.068 civili e ferito almeno 11.415 dal 24 febbraio al 22 gennaio. L’Onu ha riferito che le cifre effettive sono probabilmente molto più alte, poiché le informazioni dai luoghi dove la guerra è in corso arrivano in ritardo e molte segnalazioni di vittime civili devono ancora essere confermate.

Ore 08:10 - La Finlandia: pausa nei colloqui con la Turchia per l’ammissione alla Nato

Il ministro degli Esteri finlandese ha detto che ritiene probabile una sospensione di un paio di settimane nei colloqui con la Turchia per l’entrata del suo Paese e della vicina Svezia nella Nato. «Riprenderemo quando il polverone si sarà abbassato» ha detto Pekka Haavisto. Ankara continua a porre ostacoli per l’allargamento dell’Alleanza Atlantica ai due Paesi scandinavi che vogliono entrare nella Nato temendo il vicino russo. La Nato intende procedere con la loro adesione contemporanea. Sia Stoccolma che Helsinki sono state accettate, ma per la ratifica del processo manca il via libera della Turchia; Ankara esige che cessi la protezione dei due governi nei confronti di esponenti del partito curdo Pkk e di altre organizzazioni che considera «terroristiche». Il ministro Haavisto prevede una pausa temporanea a causa delle elezioni politiche e presidenziali in Turchia, fissate per il prossimo 14 maggio. La campagna elettorale, fa capire Helsinki, è il polverone che impedisce l’avanzamento dei colloqui.

Ore 09:10 - Il segretario della Nato a Berlino: si lavora in privato

Il neoministro della Difesa tedesco Boris Pistorius riceve oggi a Berlino il segretario generale dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg: un incontro preparatorio in vista della riunione dei ministri della Difesa della Nato di metà febbraio, che affronterà anche il tema spinoso dei Leopard 2, i tank prodotti in Germania che Kiev chiede a Berlino. Per ora il governo tedesco non ha annunciato l’intenzione di fornire i tank direttamente a Kiev. In un’intervista al quotidiano «Die Welt» Stoltenberg ha espresso comprensione per l’atteggiamento del cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Per Stoltenberg il coordinamento e la riservatezza sono importanti in questa situazione e spesso sono preferibili a più «rumorose» dichiarazioni pubbliche. Il segretario generale della Nato ribadisce però la necessità di fornire più armi pesanti all’Ucraina.

Ore 09:18 - Rimosso un altro generale russo

Il generale russo Mikhail Teplinsky sarebbe stato rimosso dalla carica di comandante di una delle forze operative russe in Ucraina: è quanto scrive il Ministero della Difesa britannico nel suo rapporto quotidiano sull’andamento del conflitto. Teplinsky — ritenuto un ufficiale capace e pragmatico — aveva guidato la ritirata russa sulla sponda orientale del fiume Dnipro nello scorso novembre. Secondo Londra il suo allontanamento sarebbe un segnale delle perduranti divisioni in seno all’alto comando russo.

Ore 10:02 - Stoltenberg sui Leopard: «Presto una soluzione»

«Sui carri Leopard nessuna novità», ha detto questa mattina il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius nella conferenza stampa dopo l’incontro con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che da parte sua ha aggiunto: «Sui Leopard avremo una soluzione presto».

Ore 10:46 - Berlino: gli alleati possono addestrare gli ucraini sui Leopard

Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha affermato che gli alleati, disposti a consegnare carri armati Leopard a Kiev, possono iniziare a istruire gli ucraini.

Ore 10:52 - Crosetto: decreto armi forse nelle prossime settimane

«Io leggo articoli sui giornali sugli aiuti militari all’Ucraina e non è stato scritto ancora nessun decreto, probabilmente verrà scritto nelle prossime settimane. Per adesso stiamo valutando cosa serve di più, ma non soltanto armi, ma aiuti di ogni tipo. Anche aiuti su come superare il periodo invernale e la crisi in seguito ad attacchi russi, i generatori e le tende». Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, durante un incontro nella caserma nella sede del Comando legione carabinieri Sicilia per congratularsi con i militari dell’Arma per la cattura del capomafia Matteo Messina Denaro.

Ore 11:27 - Il governo di Kiev pronto a destituire 5 governatori regionali

Nella riunione di oggi, il governo ucraino valuterà la destituzione di 5 capi delle amministrazioni statali regionali. Lo rivela Ukrainska Pravda. Si tratta dei capi delle amministrazioni regionali di Dnepropetrovsk (Valentin Reznichenko), Zaporozhye (Alexander Starukh), Kiev (Aleksey Kuleba), Sumy (Dmitry Zhyvitsky) e Kherson (Yaroslav Yanushevich). Secondo i media ucraini, lo stesso Reznichenko ha chiesto le dimissioni.

Ore 11:36 - Peskov: «Niente di buono da fornitura Leopard a Kiev»

Non verrà «niente di buono» dalla fornitura di carri armati tedeschi Leopard all’Ucraina. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dalla Tass.

Ore 11:46 - Kiev, si dimette viceministro per sviluppo delle comunità

Anche il vice ministro ucraino per lo sviluppo delle comunità e dei territori dell’Ucraina, Ivan Lukerya, ha scritto una lettera per annunciare le sue dimissioni. Lo comunica lo stesso Lukerya su Facebook, come riporta Ukrinform.

Ore 12:08 - Lukashenko: Kiev ci ha offerto un patto di non aggressione

L’Ucraina avrebbe offerto alla Bielorussia un «patto di non aggressione». Lo ha detto il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Lo riporta Ukrainska Pravda citando l’agenzia bielorussa Belta. «Non so perché gli ucraini lo facciano — ha spiegato — da un lato, ci chiedono di non combattere con loro in nessun caso, in modo che le nostre truppe non si spostino lì. D’altra parte, preparano questa miscela esplosiva e si armano».

Ore 12:45 - Mosca sulle dimissioni a Kiev, «vampiri insaziabili»

In Ucraina è cominciata «una nuova spartizione della torta». Lo scrive sul suo canale Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando le notizie delle dimissioni di diversi dirigenti governativi ucraini nell’ambito di inchieste per presunti episodi di corruzione. Di questa torta, aggiunge la portavoce, è rimasto solo un pezzo, ma «questi vampiri insaziabili continuano a spartirselo».

Ore 12:51 - Capo della Wagner: Zelensky ha parlato con la Cia del mio assassinio

Il direttore della Cia William Burns e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno discusso di assassinare Yevgeny Prigozhin, il fondatore del gruppo privato russo di mercenari Wagner. È stato lui stesso a riferirlo, ironizzando che «è un’ottima idea». «Sono d’accordo che sia ora che Prigozhin venga cancellato. Nel caso me lo chiedessero, fornirò sicuramente assistenza», ha aggiunto il capo di Wagner su Telegram, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa Tass. L’idea che Burns e Zelensky abbiano discusso di assassinare Prigozhin era già stata avanzata la settimana scorsa da Vladimir Rogov, presidente dell’associazione «Insieme con la Russia».

Ore 12:57 - Elicottero sull’asilo di Brovary, errore del pilota nella nebbia

È stato causato da un errore del pilota lo schianto dell’elicottero nei pressi di Kiev, in cui sono morte 14 persone, compreso il ministro dell’Interno Monastirsky e alcuni bambini: lo scrive il sito ucraino di notizie Strana.ua, citando fonti che hanno rivelato i risultati preliminari delle indagini. Secondo la ricostruzione effettuata dagli inquirenti, il 19 gennaio l’elicottero stava volando troppo basso, in condizioni di scarsa visibilità — quel giorno c’era una fitta nebbia — e il pilota non ha visto in tempo utile un edificio sulla sua traiettoria. Secondo una delle fonti citata da Strana, il pilota aveva scelto questa rotta per timori di attacchi missilistici dalla Bielorussia. «C’era nebbia, non c’era sufficiente visibilità, non vedeva le luci rosse sui condomini. Quando un edificio gli si è stagliato davanti, non aveva più spazio di manovra. Improvvisamente il velivolo ha preso ad avvitarsi ed è caduto sull’asilo di Brovary».

Ore 13:14 - La Polonia ha chiesto alla Germania se può mandare i suoi Leopard a Kiev: chiederemo all’Ue rimborso per i tank

La Polonia chiederà all’Ue un risarcimento per il costo dei carri armati Leopard 2 che vuole inviare all’Ucraina. «Faremo richiesta di rimborso all’Unione Europea, sarà un’altra prova di buona volontà», ha detto il premier Mateusz Morawiecki in conferenza stampa, come riporta il Guardian. La Polonia ha chiesto a Berlino se può inviare i suoi tank in Ucraina e Morawiecki ha spiegato che spera che ci sia una rapida risposta dalla Germania. «Spero che questa risposta dalla Germania arrivi presto, perché i tedeschi stanno ritardando, schivando, agendo in un modo che è difficile da capire», ha aggiunto.

Ore 13:50 - Berlino esaminerà con la «dovuta urgenza» la richiesta della Polonia sui Leopard

Il governo tedesco vuole esaminare la richiesta della Polonia per il trasferimento di carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca in Ucraina «con la dovuta urgenza». Lo ha annunciato un portavoce del governo di Berlino alla Dpa, come riportano i media tedeschi. Il portavoce ha confermato che la domanda per l’invio dei Leopard a Kiev da parte del governo polacco è stata ricevuta, aggiungendo che le richieste saranno «esaminate con la necessaria urgenza in linea con le procedure stabilite e le linee guida sull’esportazione di armi».

Ore 14:09 - Allerta aerea in tutto il Paese

Allerta aerea annunciata su tutta l’Ucraina. Lo riporta Ukrainska Pravda facendo riferimento alla mappa di allarme gestita dal governo ucraino.

Ore 14:54 - Terminata dopo 40 minuti l’allerta aerea

L’allarme era scattato a causa di un jet da combattimento russo che era partito dalla Bielorussia.

Ore 15:23 - Kiev, riserve gas e carbone sufficienti per inverno

L’Ucraina ha riserve di carbone e gas sufficienti per i restanti mesi dell’inverno nonostante i ripetuti attacchi russi che hanno danneggiato circa il 40% delle infrastrutture energetiche. Lo ha riferito il premier ucraino, Denys Shmyhal. «Per ora tutti i tentativi della Russia di far precipitare l’Ucraina nell’oscurità sono falliti», ha dichiarato, sottolineando che ci sono «riserve sufficienti per continuare e terminare la stagione di riscaldamento in modo normale» Secondo Shmyhal, l’Ucraina ha «circa 11 miliardi di metri cubi di gas e quasi 1,2 milioni di tonnellate di carbone nei depositi».

Ore 15:25 - «I russi bombardano la regione di Kharkiv, 5 feriti»

Cinque persone sono rimaste ferite in un bombardamento russo della regione di Kharkiv. Lo riporta l’ufficio del procuratore della regione, citato da Ukrinform.

Ore 16:15 - Wsj, «Usa propensi all’invio dei carri armati Abrams»

L’amministrazione Biden è propensa all’invio di un numero significativo di carri armati Abrams M1 in Ucraina. Lo rivela oggi il Wall Street Journal, citando fonti ufficiali, precisando che l’annuncio dell’invio dovrebbe essere fatto questa settimana.

Ore 16:22 - Media, Ankara rinvia negoziati per Svezia-Finlandia in Nato

I negoziati tra Turchia, Svezia e Finlandia sull’adesione alla Nato sono stati rinviati a tempo indeterminato su richiesta di Ankara: lo ha riferito una fonte all’agenzia russa Ria Novosti e lo riporta anche la tv di stato turca Trt. «Su nostra richiesta, il meccanismo tripartito tra Turchia, Svezia e Finlandia è stato cancellato a tempo indeterminato», fanno sapere i turchi. Secondo la fonte, il prossimo incontro si sarebbe tenuto a Bruxelles a febbraio.

Ore 16:29 - Gerasimov: riforme militari per fronteggiare espansione Nato

Le riforme militari annunciate dalla Russia sono una risposta alla probabile espansione della Nato all’uso dell’Ucraina da parte dell’Occidente in una guerra ibrida contro la Russia: lo ha dichiarato il capo dello Stato maggiore russo e massimo responsabile delle operazioni russe in Ucraina, generale Valery Gerasimov. “Oggi le nuove minacce sono l’ambizione espansionistica della Nato a spese di Svezia e Finlandia, così come l’uso dell’Ucraina come uno strumento per una guerra ibrida contro il nostro Paese”, ha spiegato Gerasimov intervistato dal quotidiano russo Argumenti i Fakty.

Ore 17:53 - Leopard, 12 Paesi pronti a inviarli a Kiev. Manca solo l’ok tedesco

Dodici paesi hanno accettato di fornire all’Ucraina circa 100 carri armati Leopard 2 se il governo tedesco darà il suo consenso. Lo riferisce Abc News citando un alto funzionario ucraino che ha parlato in esclusiva al canale Usa. Tali accordi, ha detto la fonte, sono stati presi durante il vertice alla base aerea americana di Ramstein in Germania.

Per esempio, Paesi come la Polonia e la Finlandia hanno già dichiarato pubblicamente di essere disposti a fornire un certo numero di Leopard, e il funzionario ha affermato che anche Spagna, Paesi Bassi e Danimarca erano disposti a fornire alcuni dei loro tank, ma era necessario il consenso della Germania affinché la coalizione procedesse sulla questione.

Ore 18:34 - Corruzione e collaborazionisti: il secondo fronte della resistenza ucraina

(Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il punto militare 343 | Dalla morte del negoziatore Denys Kirieiev, pochi giorni dopo l’invasione, alle dimissioni dei funzionari del governo, il secondo fronte ucraino è infido, pieno di ombre, rischi e minacce.

È il secondo fronte ucraino. Infido, pieno di ombre e rischi, minacce. Animato da spie, corruzione, pericoli che arrivano dall’esterno. Un episodio brutale nei giorni seguenti all’invasione. Denys Kirieiev, uomo d’affari e negoziatore diplomatico, è ucciso da agenti del controspionaggio Sbu su uno dei loro mezzi. L’imprenditore era stato arrestato perché sospettato di aver passato informazioni a Mosca. Una versione ribaltata — come ha rammentato il Wall Street Journal di recente —, racconta una vicenda in cui la vittima non ha colpito alle spalle il suo paese ma lo ha aiutato in modo decisivo. Questo ribadiscono a Kiev. Se la capitale non è caduta in mano agli occupanti è anche merito suo, perché ha svelato a Zelensky dettagli importanti sul piano d’attacco. Particolari acquisiti attraverso le sue relazioni sull’altra barricata, in campo russo. Infatti sarà poi sepolto con tutti gli onori nonostante voci e notizie che lo dipingevano come una «talpa»

Ore 18:50 - Carri armati Abrams, Usa pronti a inviarli in Ucraina: cosa cambia nella guerra?

(Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Berlino ha sempre subordinato il suo eventuale sì ai Leopard all’invio dei tank americani La fornitura eliminerebbe un alibi. Intanto Kiev otterrebbe un mezzo più preciso nel tiro rispetto alle «macchine» in dotazione.

Gli Usa sono pronti a fornire i carri armati Abrams all’Ucraina. Un’ipotesi prima considerata, poi raffreddata con scuse, ora vicina a concretizzarsi per accontentare una pre-condizione tedesca. La Germania era pronta a dire sì all’invio dei Leopard, a patto che gli americani facessero una mossa analoga. Ad anticipare la probabile svolta è un articolo del Wall Street Journal, sempre bene informato sui retroscena della crisi. Cosa comporta?

Ore 19:29 - La guerra nucleare e l’orologio dell’Apocalisse: mai stati così vicini al disastro atomico

(Antonio Carioti) Un «bollettino scientifico» nato nel 1947. Oggi saremmo a soli 90 secondi dall’Apocalisse (la mezzanotte) per via del conflitto ucraino. Ora incide anche il riscaldamento climatico.

La guerra atomica, o comunque una catastrofe mondiale per l’intera umanità, non è mai stata vicina come adesso. O, quanto meno, questa è la valutazione appena formulata dai curatori del «Bollettino degli Scienziati Atomici», che ogni anno misurano simbolicamente, attraverso il cosiddetto Orologio dell’Apocalisse, quanto la Terra si approssimi a un disastro irrimediabile. La mezzanotte sul quadrante di questo cronometro corrisponde all’olocausto nucleare: quanto più la lancetta dei minuti vi si avvicina, tanto maggiore è il pericolo. La stima comunicata il 24 gennaio è che ci troviamo a soli 90 secondi dall’apocalisse. A preoccupare è soprattutto la guerra provocata dall’aggressione di Mosca contro Kiev, tant’è vero che il comunicato stampa con l’annuncio è stato diffuso per la prima volta in inglese, in russo e in ucraino.

Ore 19:40 - Tank americani, Kiev: «Possibile annuncio già domani»

I media ucraini sono sicuri, a Kiev ritengono possibile che l’annuncio sull’invio dei carri armati Usa possa essere fatto dalla Casa Bianca già nel corso della giornata di domani.

Ore 19:44 - Putin sulla disinformazione: «Russi non si faranno ingannare da fake news»

«Le fake news sull’operazione militare speciale della Russia in Ucraina non inganneranno il popolo del Paese, visto il suo “carattere”». Lo ha assicurato il presidente russo Vladimir Putin al governatore di Belgorod, riferendosi alla regione per lui oggetto di campagne di disinformazione. Il governatore Vyacheslav Gladkov ha affermato che le persone nella regione della Russia occidentale al confine con l’Ucraina non erano estranee a fake news sulla situazione a Belgorod, che ha ricordato essere stata bombardata più volte dall’Ucraina dall’inizio dell’operazione militare russa. Questo secondo la sponda russa del conflitto.

Ore 20:50 - Usa sui tank: «Germania? Ogni Paese è sovrano»

«È una decisione sovrana di ciascun Paese decidere quali armi inviare all’Ucraina». Lo ha detto la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre, in un briefing con la stampa. Queste le sue parole sulla questione tedesca, per l’invio dei suoi carri armati Leopard alle forze di Kiev. Quindi la portavoce smentisce che la vicenda sia legata a quella degli Stati Uniti di mandare gli Abrams, di cui ha parlato il Wall Street Journal. Quanto ad un eventuale annuncio di Washington la portavoce ha sottolineato di «non avere nulla da anticipare, ma siamo sempre in costante contatto con l’Ucraina».

Ore 21:06 - Gb, uccisi a Soledar i due volontari britannici dispersi

Chris Parry e Andrew Bagshaw, due volontari britannici dati per dispersi dal 7 gennaio, sono stati uccisi mentre tentavano una «evacuazione umanitaria» dalla città ucraina di Soledar. Lo riferisce Sky News, riportando una dichiarazione diffusa dalla famiglia di Parry.

Ore 21:32 - Zelensky a Mascron: «Escludete atleti russi da vostre Olimpiadi»

«Gli atleti russi non dovrebbero poter partecipare alle Olimpiadi di Parigi nel 2024». Lo ha chiesto oggi Volodymyr Zelensky al suo omologo francese Emmanuel Macron. Così su Telegram lo stesso presidente ucraino, dopo una conversazione telefonica con il capo di Stato francese.

La Russia aveva invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022, tre giorni dopo la cerimonia di chiusura dei Giochi invernali di Pechino 2022, violando la tregua olimpica, che si estende da una settimana prima dell’inizio dei Giochi olimpici a una settimana dopo la fine dei Giochi paralimpici

Ore 21:51 - Zelensky promuove Oleksy Kuleba vice capo dell’ufficio di presidenza

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha nominato Oleksiy Kuleba come vice capo dell’ufficio della presidenza al posto di Kyrylo Timoshenko. Kuleba era governatore della regione di Kiev.

Un altro decreto di Zelensky lo ha destituito da questo incarico, assieme ad altri quattro governatori: Valentin Reznichenko (Dnepropetrovsk), Dmitry Zhyvitsky (Sumy), Alexander Starukh (Zaporozhzhia) e Yaroslav Yanushevich (Kherson).

I decreti arrivano al termine di una giornata segnata di una serie di dimissioni e destituzioni nell’amministrazione ucraina, legati ad episodi di presunta corruzione. Tymoshenko si è dimesso dopo accuse di aver usato a fini personali un Suv donato dalla General Motors per soccorrere la popolazione civile.

Ore 23:36 - Zelensky: «Sui tank oltre i confronti servono le decisioni»

«Per quanto riguarda i carri armati moderni di cui abbiamo bisogno, le discussioni devono concludersi con delle decisioni». Questo l’appello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale, alla fine del 335mo giorno di guerra, sul tema della consegna di tank occidentali all’Ucraina. Lo riporta Ukrinform.

Ore 01:48 - Usa, la produzione di proiettili da 155 mm aumenterà di sei volte

Il Pentagono ha annunciato che aumenterà di sei volte la produzione di proiettili da 155 millimetri, quelli di cui le forze ucraine hanno più bisogno fino ad arrivare a 90.000 al mese in due anni. Lo riporta il New York Times. Si tratta di un livello di produzione che non si vedeva dai tempi della guerra di Corea. Il piano prevede l’investimento di miliardi di dollari, la creazione di nuovi impianti di produzione e il coinvolgimento di più produttori.

Ore 03:46 - Ambasciata Russia negli Usa: carri armati a Kiev sono una provocazione

Gli Stati Uniti stanno «deliberatamente cercando di infliggerci una sconfitta strategica». Lo scrive l’ambasciatore della Russia negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, sul canale Telegram dell’Ambasciata. Washington, aggiunge il diplomatico russo, «dà il via libera all’utilizzo dell’assistenza americana per attaccare la Crimea. Copre i crimini contro la popolazione del Donbass, di Zaporizhzhia e Kherson». E ancora: «Sempre più funzionari ed esperti in America ammettono che si tratta di una `guerra per procura´ con il nostro Paese». Secondo Antonov: «Se gli Stati uniti decidono di fornire carri armati, giustificare un simile passo con argomenti sulle armi difensive non funzionerà sicuramente. Questa sarebbe un’altra sfacciata provocazione contro la Russia».

(ANSA il 24 gennaio 2023.) - Il vice capo dell'ufficio presidenziale ucraino Kyrylo Tymoshenko si è dimesso, ha dichiarato oggi spiegando di aver chiesto al presidente Volodymyr Zelensky di sollevarlo dalle sue funzioni.

Sul sito web presidenziale è stato pubblicato un decreto che accetta le dimissioni di Tymoshenko. Zelensky ha detto ieri che alcuni cambiamenti saranno annunciati questa settimana nel governo, nelle regioni e nelle forze di sicurezza dopo le accuse di corruzione ad alcuni politici. "Ringrazio il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky per la fiducia e l'opportunità di compiere buone azioni ogni giorno e ogni minuto", ha scritto Tymoshenko su Telegram.

(ANSA il 24 gennaio 2023) - Si è dimesso il vice ministro della Difesa ucraino Vyacheslav Shapovalov. Lo riportano i media ucraini citando il sito web del Ministero della Difesa di Kiev. Secondo la nota ufficiale, Shapovalov ha chiesto di lasciare il suo incarico per non "creare minacce alle Forze armate in seguito alle accuse sull'acquisto dei servizi di ristorazione".

"Nonostante il fatto che le accuse annunciate siano prive di fondamento, le dimissioni sono un atto degno nelle tradizioni della politica europea e democratica, dimostrazione che gli interessi della Difesa sono superiori a qualsiasi gabinetto o presidenza", si legge sul sito del ministero. 

Estratto dell’articolo di Andrea Nicastro per il “Corriere della Sera” il 25 Gennaio 2023.

In Ucraina è scattata la prima vera purga anti corruzione dall’inizio della guerra. Almeno una dozzina di personaggi rilevanti, viceministri, governatori, magistrati, hanno lasciato il loro posto perché sospettati di aver approfittato di appalti pubblici e aiuti internazionali per arricchirsi.

 Niente di nuovo sotto il nevischio di Kiev. L’originalità viene dal fatto che solo un viceministro è stato arrestato domenica mentre intascava 400 mila dollari. Con le mani nella bustarella, il viceministro delle Infrastrutture Vasyl Lozynsky, continua comunque a negare sia di aver voluto agevolare alcuni appalti di riparazione del sistema elettrico sia di aver approfittato (a settembre) della corsa ai generatori gonfiando i prezzi.

 Gli altri, tutti gli altri, hanno lasciato la poltrona (apparentemente) di loro volontà presentando le dimissioni, senza (questo è il punto che stride in uno Stato di diritto) aver ricevuto avvisi di garanzia. L’Ue insiste da mesi che il sistema giudiziario ucraino debba essere reso indipendente. In attesa che ciò accada, a far pulizia ci pensa il presidente Zelensky in persona.

[…] Si sono dimessi i numeri due dei ministeri delle Comunicazioni e in quello dei Territori e Sviluppo, Vyacheslav Negoda e Ivan Lukerya. Ha lasciato l’incarico anche il vice procuratore generale dello Stato Oleksiy Symonenko, chiacchierato per delle costosissime vacanze estive a Marbella, in Spagna, e pure il numero due dell’ufficio presidenziale Kyrylo Tymoshenko, forse il nome più eclatante.

 I media lo includevano da mesi tra i profittatori di guerra anche se era parte del cerchio ristretto del presidente ucraino sin dai tempi del Zelensky commediante. L’ha tradito la passione per le belle auto. Prima il bolide elettrico della Porsche, la Taycan, poi un Suv Chevrolet Tahoe destinato agli aiuti umanitari. […]

Estratto dell’articolo di Micol Flammini per “il Foglio” il 25 Gennaio 2023.

[…] Zelensky ha promesso ai suoi cittadini di smantellare la corruzione e nello stesso tempo ha assicurato ai suoi alleati che provvederà a sanare i problemi che ne derivano e soprattutto ha promesso che la guerra non si trasformerà in nutrimento per nuovi e vecchi corrotti. E’ alla luce di questi impegni che bisogna leggere la sfilza di dimissioni consensuali.

 […] La promessa di Zelensky in campagna elettorale, in un lontanissimo 2019, era di liberare l’Ucraina dalla corruzione. Una promessa che avevano fatto in tanti, senza riuscirci. Con la guerra, con lo status di paese candidato a entrare, un giorno, dentro l’Unione europea, questa promessa è raddoppiata ed è diventata: elimineremo la corruzione nonostante tutto.

Il Cremlino adora descrivere l’Ucraina come un paese corrotto, la propaganda russa trionfalmente ripete che sarà peggio per gli occidentali accollarsi una società ucraina tanto malata. I problemi ci sono, gli ucraini li percepiscono, ma l’incurabilità della corruzione ucraina è un argomento da battaglia mediatica.

 […] Non sono soltanto gli europei o gli americani a volersi assicurare che i soldi vengano spesi bene, sono anche gli ucraini che, se poco tolleravano prima l’idea di una politica corrotta, durante la guerra, in questo sacrificio estremo imposto dalla Russia, trovano ancora più irritante la possibilità che i loro alti funzionari si stiano approfittando della situazione e possano indebolire lo sforzo collettivo.

(ANSA il 3 Febbraio 2023) - Le forze dell'ordine di Kiev hanno arrestato in flagrante un funzionario della Commissione medica militare centrale che stava ricevendo una tangente sul posto di lavoro. Secondo gli investigatori ucraini, il funzionario ha messo in piedi un meccanismo criminale per ottenere denaro da cittadini che volevano sottrarsi al servizio militare.

"In cambio di varie somme, il sospettato ha offerto agli uomini di sottrarsi al servizio militare. In particolare, gli agenti del servizio di sicurezza (Sbu) hanno documentato l'estorsione di 5.000 dollari a un soldato di leva", ha dichiarato l'Sbu in un comunicato. In cambio di questa somma, il funzionario prometteva di rilasciare un certificato di non idoneità al servizio militare con conseguente cancellazione dall'ufficio di registrazione e arruolamento militare.

Due manager di aziende che lavorano con il ministero della Difesa ucraino sono sotto inchiesta per appropriazione indebita di 3,23 milioni di dollari: "Con il pretesto di fornire cibo alle unità militari, i sospettati hanno trasferito parte dei fondi sul conto bancario di una società che controllavano", ha dichiarato oggi la polizia di Kiev, come riportano i media nazionali.

Lo scandalo corruzione travolge il governo ucraino. Michele Manfrin su L'Indipendente il 25 Gennaio 2023.

Arresti, licenziamenti e dimissioni forzate: è quanto sta accadendo in Ucraina, dove, nel bel mezzo del conflitto, si è assistito a un terremoto politico di vastissime proporzioni e probabilmente non ancora concluso. Dopo l’arresto avvenuto per mandato dell’Ufficio nazionale anticorruzione del viceministro delle Infrastrutture, Vasyl Lozynskiy, sono arrivate le dimissioni forzate di ben otto personalità di spicco del governo ucraino nonché il licenziamento di alcuni governatori degli Oblast ucraini. Tra mazzette, appalti gonfiati e furti, il governo ucraino ha dovuto mettere in atto un vasto rimpasto in piena guerra.

Il viceministro delle Infrastrutture, Vasyl Lozynskiy, è stato arrestato il 21 gennaio scorso su mandato dell’Ufficio nazionale anticorruzione che lo accusa di aver accettato, dal settembre scorso, l’equivalente di 400.000 dollari di tangenti su appalti riguardanti l’approvvigionamento di generatori di elettricità. Coloro che invece si sono dimessi forzatamente sono: il vicecapo dell’Ufficio presidenziale, Kyrylo Tymoshenko, il viceministro della Difesa, Vyacheslav Shapovalov, il viceministro della Politica Sociale, Vitaliy Muzychenko, i viceministro per lo Sviluppo della Comunità, Ivan Lukerya e Vyacheslav Negoda, i vicecapo del Servizio statale dei Trasporti Marittimi e Fluviali, Anatoliy Ivankevych e Viktor Vyshnyov, nonché il del viceprocuratore generale, Oleksiy Simonenko. La motivazione alla base di questo scossone politico è la dilagante corruzione che serpeggia in Ucraina a tutti i livelli e che è venuta a galla mettendo sotto i riflettori importanti personaggi di governo. Si va dagli appalti truccati e gonfiati al fine di favorire aziende amiche di personaggi appartenenti al sistema ucraino delle porte girevoli e/o per fare la cresta gonfiando il costo della merce e dei servizi acquistati dai ministeri.

Inoltre, a seguito della riunione del Consiglio dei ministri che ha avuto luogo martedì 24 gennaio, in merito ai decreti del Presidente, Volodymyr Zelensky, sono stati licenziati cinque governatori delle amministrazioni statali regionali: Valentyna Reznichenko (Dnipropetrovsk); Oleksandra Starukha (Zaporizhia); Dmytro Zhyvytsky (Sumy); Yaroslav Yanushevycha (Kherson); Oleksiy Kuleba (Kiev). Quest’ultimo è in realtà stato spostato a ricoprire il ruolo di vicecapo dell’Ufficio presidenziale lasciato da Kyrylo Tymoshenko, mentre gli altri sono stati cacciati proprio per i rapporti tutt’altro che trasparenti avuti con Tymoshenko.

Già nell’estate scorsa emerse uno scandalo di corruzione che riguardava il ministero della Difesa e il suo Direttore del Dipartimento degli appalti pubblici, Bohdan Khmelnytsky, accusato di aver sottratto indebitamente 580.000 dollari in relazione ad appalti per l’acquisto di munizioni; dall’indagine emerse che altri due cittadini ucraini erano coinvolti e che nell’operazione era stata utilizzata una società offshore nel Bahrain.

Inoltre, si sono verificati casi di furto da parte di aziende coinvolte in appalti statali come, per esempio, derrate alimentari destinate all’esercito, e che solo in parte venivano consegnate, rivendute sul mercato nero. Alla metà di gennaio, sono state sequestrate diverse tonnellate di derrate alimentari a lunga scadenza che l’azienda, con appalto assegnato dal ministero della Difesa, doveva consegnare all’esercito e che invece era pronta a rivendere.

Zelensky non è di certo l’immacolato Presidente, “il servo del popolo” ammirato nella serie TV che lo ha reso celebre e pronto al salto dalla finzione alla realtà. Nel 2021, insieme alla sua cerchia ristretta, il presidente ucraino è finito nello scandalo riguardante i così detti Pandora Papers, facendo emergere i suoi conti offshore nelle Isole Vergini britanniche, in Belize e a Cipro. Inoltre, sempre Cipro risulta essere la destinazione di 5,5 miliardi di dollari che l’oligarca Ihor Kolomoisky, sponsor principale del successo comico e politico di Zelensky, insieme al suo socio Hennadiy Boholiubov, ha dirottato dall’ucraina PrivatBank.

Ovviamente, in un Paese con un altissimo tasso di corruzione, nel bel mezzo di una guerra, tenuto in piedi e salvato dal fallimento grazie a decine di miliardi di dollari e di euro in aiuti e finanziamenti da parte dell’Occidente, molti sono coloro che vogliono prendersi per sé qualcosa dell’enorme torta di interessi che è l’Ucraina. Inoltre, è interessante notare come il rimpasto di governo, ad eccezione del licenziamento dei governatori delle amministrazioni statali regionali, abbia interessato solamente i “vice” e che – per il momento – nessuno di coloro che si trova alla guida dei ministeri sia stato scalfito dal terremoto politico. [di Michele Manfrin]

L'ira di Zelensky per la corruzione. Tolleranza zero e via alle purghe. Prezzi gonfiati sul cibo in dotazione all'esercito, tangenti sui contratti per i generatori elettrici. A Kiev è raffica di dimissioni, licenziamenti e arresti ai vertici del potere ucraino. Il presidente fa pulizia. Fausto Biloslavo il 25 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Lo scorso aprile, due mesi dopo l'invasione russa, stavano arrivando i primi e agognati missili terra aria Javelin dal Regno Unito sul duro fronte di Kharkiv, la seconda città del paese. Uno pseudo miliziano ucraino con divisa nera, che forniva ai giornalisti assistenza in cambio di mance, mi accoglie con il sorriso del volpone. E con un certo orgoglio spalanca la portiera posteriore della sua utilitaria, dove un Javelin occupava tutti e due i sedili. Chissà a chi l'ha venduto a caro prezzo. In ogni guerra c'è una minoranza di approfittatori che gioca sulla pelle dei soldati al fronte.

Questa volta la corruzione, che in un conflitto è simile al tradimento, ha coinvolto quattro vice ministri, il secondo consigliere presidenziale in ordine di importanza, cinque governatori oltre al vice procuratore generale. E potrebbe essere solo la punta dell'iceberg, che il capo dello Stato, Volodymyr Zelensky, sta spazzando via con una purga senza precedenti negli 11 mesi di guerra. Uno avrebbe incassato una mazzetta di 400mila euro per sostituire i generatori che i russi polverizzano a colpi di missile. Un altro ha addirittura maggiorato di tre volte il prezzo di uova e patate per l'esercito. E non poteva mancare chi ostentava la malversazione al volante di auto di lusso con gli ucraini al buio e al gelo. «Sono già state prese decisioni su diversi esponenti dell'esecutivo, a vari livelli ministeriali nelle strutture del governo centrale, ma anche negli organismi regionali e nelle forze di polizia» ha dichiarato il presidente.

Il 21 gennaio è stato arrestato il viceministro per lo sviluppo delle Comunità, dei territori e delle infrastrutture Vasily Lozinsky, accusato di aver intascato una tangente di 400.000 dollari. Una mazzetta sui contratti per nuovi generatori che rimettano in sesto il sistema elettrico ucraino bombardato dai russi.

L'operazione è condotta dallo speciale ufficio anti corruzione costituito prima del conflitto e fortemente sollecitato dai partner occidentali di Kiev, che nell'ultimo anno hanno già speso per l'Ucraina cento miliardi di euro in armi, aiuti finanziari e umanitari.

Ancora più vergognoso il vice Ministro della Difesa Vyacheslav Shapovalov, pure costretto alle dimissioni. I prezzi delle forniture alimentari ai soldati che combattono al fronte sarebbero stati gonfiati a dismisura. A cominciare dalle uova, che in negozio costano 7 grivnia (0,18 euro). Il ministero della Difesa le acquistava, all'ingrosso, per 17 grivnia. Stessa storia con le patate che trovi in ogni trincea. Il fornitore nega tutto parlando di un errore contabile, ma il vice ministro è stato silurato da Zelensky.

Repulisti necessario, che ha intaccato pure il cerchio magico del presidente. Il consigliere numero due, Kyrylo Tymoshenko, nega a spada tratta qualsiasi malversazione, ma ha dovuto dimettersi dal cruciale incarico. Per Kiev girava al volante di una Taycan bolide elettrico della Porsche, valore oltre 91mila euro, che sosteneva fosse in prestito da un amico. Tymoshenko era già stato chiamato in causa per un presento scandalo di settembre, quando sparirono nel nulla container, vagoni ferroviari e camion di aiuti umanitari destinati alla regione di Zaporizhzhia per un valore, al ribasso, di 7 milioni di euro.

Il braccio destro di Zelensky era soprannominato «il padrino del regioni». Non è un caso che nella purga presidenziale siano finiti cinque governatori delle regioni più importanti da Zaporizhzhia alla capitale. Quello di Dnipropetrovsk, Valentin Reznichenko, regione nella retrovia del Donbass martellata dai russi, avrebbe affidato contratti per la riparazione di strade, di decine di milioni di euro, a un gruppo cofondato dalla sua fidanzata, istruttrice di fitness.

La purga ha fatto fuori anche il vice Procuratore generale, Oleksiy Symonenko, molto chiacchierato per le costose vacanze da sogno a Marbella, in Spagna a Capodanno.

L'Ucraina era in cima alla lista dei paesi corrotti in Europa ben prima dell'invasione russa. A Bruxelles la purga di Kiev fa suonare l'allarme, dopo il via libera al mega prestito di 18 miliardi di dollari per il 2023 che servirà a tenere in piedi il paese.

Terremoto politico a Kiev. ‘Repulisti’ in Ucraina, dimissioni al vertice del governo Zelensky per accuse di corruzione: via 4 viceministri e il numero due del suo staff. Carmine Di Niro su Il Riformista il 24 Gennaio 2023

A Kiev è in atto un ‘repulisti’. Nel consueto discorso serale alla nazione, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha infatti annunciato una riorganizzazione della sua amministrazione a vari livelli di responsabilità a seguito di una serie di denunce di corruzione.

“Ci sono già decisioni – alcune oggi, altre domani – che riguardano il personale, funzionari a vari livelli nei ministeri e in altre strutture del governo centrale, così come nelle regioni e nelle forze dell’ordine“, ha dichiarato Zelensky.

Alle parole del numero uno ucraino hanno seguito l’annuncio di due dimissioni di peso. Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio della presidenza ucraina, ha annunciato su Telegram di aver chiesto al presidente Volodymyr Zelensky di sollevarlo dall’incarico. “Ringrazio il presidente Volodymyr Zelensky per la fiducia e l’opportunità di compiere buone azioni ogni giorno ed ogni minuto“, ha scritto.

Secondo siti ucraini citati dall’Ansa, anche i capi di diverse autorità regionali vicini a Tymoshenko potrebbero offrire le loro dimissioni. Il nome del vice capo dell’ufficio presidenziale era finito in diversi scandali legati al suo presunto uso personale di auto di lusso, ma Tymoshenko ha respinto le accuse.

Dopo Tymoshenko a fare un passo indietro è stato anche il vice ministro della Difesa ucraino Vyacheslav Shapovalov. Secondo la nota ufficiale, Shapovalov ha chiesto di lasciare il suo incarico per non “creare minacce alle Forze armate in seguito alle accuse sull’acquisto dei servizi di ristorazione“. “Nonostante il fatto che le accuse annunciate siano prive di fondamento, le dimissioni sono un atto degno nelle tradizioni della politica europea e democratica, dimostrazione che gli interessi della Difesa sono superiori a qualsiasi gabinetto o presidenza“, si legge sul sito del ministero.

Terzo in ordine di tempo è Ivan Lukerya, vice ministro per lo sviluppo delle comunità e dei territori dell’Ucraina: Lukerya lo ha annunciato in una lettera, come riporta Ukrinform. Il quarto viceministro a rassegnare le dimissioni è stato quindi  Vyacheslav Negoda, numero due al ministero delle Politiche sociali.

Quello della presunta corruzione ai vertici dello Stato non è una novità. Soltanto lo scorso fine settimana la polizia anti-corruzione aveva dato la notizia dell’arresto del vice ministro per le Infrastrutture Vasyl Lozynsky, sospettato di aver percepito una tangente di 400mila dollari per l’importazione di generatori, accusa respinta dall’interessato. Ieri si era invece dimesso anche il vice Procuratore generale dello Stato Oleksiy Symonenko, chiacchierato per delle costosissime vacanze estive in Spagna.

Un’inchiesta giornalistica ha invece fatto emergere l’accusa nei confronti del ministero della Difesa di aver pagato prezzi eccessivi per le razioni di cibo dei soldati. Il fornitore del ministero ha però replicato alle accuse parlando di errore tecnico ed ha escluso passaggi di denaro.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Estratto dell'articolo di Jacopo Iacoboni per “La Stampa” il 6 febbraio 2023.

Volodymir Zelensky è a un passo da una decisione estremamente significativa: sostituire il ministro della Difesa Oleksii Reznikov con l'attuale capo del Gur, i servizi segreti militari, il generale Kyrylo Budanov, un uomo il cui credito nel Paese è cresciuto immensamente [...]

 Il 2 febbraio il viceniministro Vyacheslav Shapovalov è stato arrestato. Lo scandalo della Difesa riguarderebbe l'acquisto di grandi quantità di prodotti alimentari per l'esercito a prezzi gonfiati. Schemi che coinvolgerebbero anche diversi oligarchi. Una guerra che Zelensky ha lanciato e da cui non può più tornare indietro, nel momento in cui l'Europa gli chiede riforme contro la corruzione per avviare il processo di ingresso dell'Ucraina e l'America chiede di fermare gli oligarchi per continuare a incrementare la fornitura di armi a Kyiv.

Uno degli oligarchi più discussi è il suo ex amico Igor Kolomoisky, [...] Kolomoisky ha costruito molti dei suoi schemi in passato anche usando i paradisi fiscali (e i buchi nella legislazione) degli Usa, come racconta Casey Michel in American Kleptocracy. E era così legato a Zeklensky da scritturare e produrre nella sua tv, 1+1, lo show «Servitore del popolo» al quale Zelensky deve l'inizio della sua popolarità, una buona parte della sua ricchezza e, forse, il lancio della sua carriera politica. […]

Zelensky deve dimostrare alla comunità internazionale di combattere in modo radicale la corruzione nel Paese, anche per poter chiedere e ottenere nuove armi. Negli ultimi giorni la residenza di Kolomoisky a Dnipro è stata tra quelle perquisite dall'ufficio del Prosecutore generale ucraino, in una nuova ondata che ha visto nel mirino sia lui sia Dmitry Firtash, un altro potentissimo oligarca ucraino.

 Ma mentre Firtash era da sempre nell'orbita dei russi […] Kolomoisky inizialmente i russi li aveva avversati, o almeno: non aiutati, nel 2014, ai tempi della prima guerra in Donbass. Poi qualcosa era successo. Nel 2019 aveva dichiarato al New York Times che con la Russia bisognava comunque averci a che fare. Che gli Stati Uniti alla fin fine avevano tradito l'Ucraina.

Guarda caso, gli Usa che dal 2019 lo accusano di «corruzione significativa» in Ucraina, di aver usato una costellazione di società e conti bancari offshore per spostare milioni di fondi sottratti dall'Ucraina in una serie di investimenti immobiliari nel Midwest americano (Kolomoisky nega gli illeciti, dice di aver fatto gli investimenti con i suoi soldi).

E infatti ora Vladimir Solovyov, il propagandista più scatenato del Cremlino, commenta così, ironicamente, la notizia delle perquisizioni all'oligarca: postando quell'intervista «filorussa» di Kolomoisky, e scrivendo: «Toh, Inaspettato. Nel 2019 aveva detto che bisognava fare patti con la Russia». La verità è forse nel mezzo. L'Sbu conferma che Kolomoisky è stato perquisito nell'ambito di un'inchiesta che «ha rivelato schemi su larga scala per l'appropriazione indebita di 40 miliardi di grivnie (circa un miliardo di euro) da parte dell'ex dirigenza di Pjsc Ukrnafta e Pjsc Ukrtatneft. Gli schemi illegali sono stati associati a evasione fiscale e riciclaggio di denaro». […]

Estratto dell’articolo di P.Bre. per “la Repubblica” il 6 febbraio 2023.

[…] Il ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, è stato deposto ieri dall’Ufficio della presidenza. È il primo pezzo da novanta a cadere nel governo dall’inizio dell’invasione: paga gli scandali che hanno travolto il suo ministero, dall’appalto di Natale a prezzi gonfiati sui pranzi dei soldati ai giubbotti antiproiettile scadenti.

 Scandali in cui non è indagato, ma per cui sono scattate le manette per l’ex vice Vyacheslav Shapovalov, responsabile per gli appalti gonfiati; e per Bohdan Khmelnytskyi, ex direttore del Dipartimento degli appalti, che si sarebbe messo in tasca cento milioni di grivne per concedere il via libera ai giubbotti antiproiettile di scarsa qualità.

Al posto di Reznikov va un riluttante Kyrylo Budanov, che aveva lasciato intendere di non essere felice di lasciare l’ufficio di capo dei servizi segreti per un ruolo prettamente politico. […] La mossa apre ora una giostra politica, un rimpasto alla vigilia di una fase decisiva del conflitto in cui, ha ribadito ieri Zelensky, «le battaglie sono durissime nel Donbass e la situazione è molto difficile».

 Reznikov, che mantiene la fiducia del presidente nonostante la pessima gestione dello scandalo, dovrebbe diventare ministro delle Industrie strategiche […] Al posto di Budanov, capo della Sbu diventerebbe Vasyl Malyuk, mentre agli Interni — dopo la morte del ministro Denys Monastyrsky e del suo vice Eugene Yenin nel disastro in elicottero di Brovary — secondo Arakhamia verrà confermato Ihor Klymenko, che ne ha preso l’interim.

L’impressione dei commentatori è che sia solo una nuova tappa del processo in corso che potrebbe presto riguardare diversi altri ministri a rischio, in prima fila quelli di Sport, Energia e Giustizia. Ma c’è persino il primo ministro tra i nomi più gettonati di un prossimo rimpasto: sarebbe destinato a una sede diplomatica all’estero. […]

 Il livello di corruzione svelato dalle inchieste giornalistiche ha portato alle dimissioni di viceministri e alti magistrati, di governatori e di una lunga serie di dirigenti. Le inchieste proseguono, e gli americani hanno stretto la morsa dei controlli: il Congresso ha stanziato oltre 113 miliardi di dollari in aiuti, ma vuole verificare che non finiscano erosi da tangenti e truffe. […]

Corruzione, soldi e influenza politica: che fine hanno fatto gli oligarchi dell’Ucraina. Federico Giuliani il 7 Febbraio 2023 su Inside Over.

Nelle ultime settimane l’Ucraina è tornata a fare i conti con un vecchio problema mai veramente risolto: la corruzione interna. Alti funzionari e personaggi di spicco del sistema politico ucraino sono stati allontanati o hanno presentato le dimissioni.

La bolla è esplosa, o meglio è riesplosa dopo mesi di calma apparente, lo scorso 29 gennaio. Su queste colonne Andrea Muratore ha raccontato dell’arresto del viceministro ucraino per lo Sviluppo delle infrastrutture, Vasyl Lozynski, fermato dalla polizia di Kiev con l’accusa di aver intascato 400 mila dollari di tangenti nel contesto dell’acquisto da parte del suo ministero di generatori elettrici che sarebbero stati procacciati a prezzi lievitati. Nell’occhio del ciclone è finito anche il ministro della Difesa, Oleksiy Reznikov, che secondo i media locali avrebbe firmato un accordo a prezzi due o tre volte superiori a quelli attuali per i prodotti alimentari di base.

Inevitabile una durissima reazione del governo ucraino, che anche – e soprattutto – sulla lotta alla corruzione si gioca l’eventuale, futuro ingresso all’interno dell’Unione europea. Volodymyr Zelensky ha subito fatto sapere di aver imboccato la strada della tolleranza zero e di aver ordinato indagini approfondite per punire i colpevoli. Ma la corruzione, in Ucraina, è un tema molto ampio, che spesso fuoriesce dal mondo della politica e si intreccia con quello degli affari.

Così come esistono gli oligarchi russi, ambigue figure dal passato misterioso e dei quali si ignorano spesso le reali origini delle loro ricchezze, ci sono anche gli oligarchi ucraini. La guerra ha acceso i riflettori su quanto sta accadendo sui campi di battaglia ma, a differenza di quanto non si possa pensare, queste figure continuano ad avere un peso specifico, più o meno grande, all’interno del Paese. Sia chiaro: non tutti gli oligarchi sono corrotti, ma è comunque importante monitorarne ogni movimento. A maggior ragione in situazioni critiche, come durante un conflitto, onde evitare truffe ai danni dello Stato e della popolazione.

Nell’occhio del ciclone

Sono molto meno noti dei loro omologhi russi, ma gli oligarchi ucraini non sono da meno in termini di ricchezza e influenza. Alcuni di loro sono finiti sotto la scure anti corruzione attivata da Zelensky. È il caso, ad esempio di Igor Kolomoisky.

La residenza del miliardario ucraino è stata perquisita dal servizio di sicurezza dell’Ucraina (Sbu) in relazione a una possibile appropriazione indebita di 40 miliardi di grivna ucraine (circa 1 miliardo di dollari) da parte dell’ex dirigenza del colosso petrolifero ucraino e produttrice di gas, Ukrnafta, e del gestore di gasdotti Ukrtransnafta. Kolomoisky, al quale è stato impedito di entrare negli Stati Uniti per accuse di corruzione e indebolimento della democrazia, deteneva azioni in entrambe le aziende, in parte statali all’epoca dei fatti incriminati e adesso completamente nazionalizzate. Prima dello scoppio della guerra era uno degli uomini più ricchi del Paese, con partecipazioni in varie industrie, tra cui media, aviazione ed energia.

L’ufficio investigativo statale ucraino (Dbr) ha annunciato che anche un ex ministro dell’Energia è sospettato di corruzione. I media hanno riferito che il sospettato sarebbe Ihor Nasalyk, accusato di aver firmato contratti vantaggiosi per società associate all’oligarca ucraino Dmytro Firtash, in Austria da anni. Si dice che i presunti loschi affari siano costati all’Ucraina 1,5 miliardi di grivna (circa 37 milioni di dollari).

È anche per episodi del genere che il gruppo anticorruzione Transparency International ha collocato l’Ucraina al 116esimo posto tra i 180 Paesi presi in considerazione per la presunta corruzione presente al loro interno nel 2022.

Gli altri oligarchi

La guerra ha sostanzialmente rovinato la maggior parte delle fortune in possesso degli oligarchi ucraini. Come ha sottolineato Politico facendo alcuni esempi, le officine metallurgiche di Mariupol, di proprietà di Rinat Akhmetov, sono state trasformate in rovine fumanti; i terreni agricoli giacciono per lo più inutilizzati e pieni di mine antiuomo; le fabbriche non funzionano a causa delle interruzioni di corrente mentre le esportazioni marittime si sono ridotte al lumicino. Difficile fare business in un contesto del genere e con i colpi di cannone in sottofondo.

Come se non bastasse, già da prima della guerra Zelensky aveva promesso di attuare una legge di “deoligarchizzazione” volta a limitare l’influenza politica di questi personaggi. La guerra ha accelerato lo sforzo di Kiev, visto che i politici ucraini non sembrerebbero più aver alcun bisogno del sostegno di ricchi magnati. Al contrario, se il governo ucraino vuole sperare di accedere all’Ue deve recidere al più presto tutti i legami con soggetti poco trasparenti. Ma che fine hanno fatto gli oligarchi, intesa come categoria generale? Dipende.

Il citato Rinat Ahmetov, considerato l’uomo più ricco dell’Ucraina, ha visto il suo impero sgretolarsi. Il conglomerato metallurgico Metinvest ha perso due dei suoi principali stabilimenti: le famigerate acciaierie di Azovstal e le acciaierie di Ilyich. Altri suoi beni, tra cui centrali elettriche, banche, fattorie e impianti minerari, sono stati danneggiati o sequestrati dalle forze russe. Nel 2021, Akhmetov era stato accusato da Zelensky di aver tentato di organizzare un colpo di Stato, un’accusa che il magnate ha fortemente respinto. Intanto Forbes ha calcolato che la fortuna di Akhmetov sarebbe passata dai quasi 14 miliardi di dollari di gennaio ai 4,3 miliardi di dollari di dicembre. Nonostante questo, Rinat Akhmetov è ancora la persona più ricca dell’Ucraina.

È andata molto meglio a Viktor Pinchuk il cui impero, costruito attorno al produttore di tubi e ruote ferroviarie Interpipe, avrebbe sofferto meno delle attività di altri colleghi, visto che la sua ricchezza sarebbe scesa da 2,6 a 2 miliardi di dollari.

Le fortune dell’ex presidente Petro Poroshenko, che prima del conflitto stava affrontando accuse di alto tradimento e favoreggiamento del terrorismo, sono passate da 1,6 miliardi a 700 milioni di dollari. Di Kolomoisky abbiamo già parlato, mentre Viktor Medvedchuk, il più influente oligarca filo-russo in Ucraina, è tornato in Russia dopo essere stato arrestato da Kiev e rilasciato in seguito ad uno scambio di prigionieri con Mosca.

Ucraina: in attesa dei Leopard, Kiev si dibatte nelle difficoltà. Piccole Note (filo Putin) il 24 gennaio 2023 su Il Giornale.

Su Asia news un interessante articolo di Stepehen Brien, nel quale registra la fretta con cui si sta muovendo la Nato per inviare nuovi armamenti a Kiev. Tale fretta, e la relativa “improvvisazione”, secondo Brien, sono dovute al fatto che la Nato ha preso coscienza che l’Ucraina sta perdendo la guerra.

Considerazione verosimile. Si tenga presente il trionfalismo col quale i media hanno descritto la guerra fino a poco fa. Senza deflettere da tale trionfalismo obbligato, negli ultimi tempi gli stessi media hanno iniziato a riportare criticità crescenti nelle forze ucraine, delle quali abbiamo dato conto.

E la controffensiva invernale dei russi, ai quali gli ucraini e i mercenari Nato non riescono a far fronte, ha reso tali difficoltà ormai palesi. Da cui l’urgenza di un nuovo supporto. Ma non si tratta di inviare nuove armi in sostituzione delle precedenti, spiega Brien, si mira piuttosto “a spostare le sorti della guerra a favore dell’Ucraina”.

Limitarsi a inviare armi e nuovi volontari per consentire a Kiev una difesa più efficace sarebbe controproducente. Se il fronte si stabilizza, si rischia di riaprire una finestra per i negoziati, cosa che i falchi Nato vedono come il fumo negli occhi. Per questo l’attenzione si è focalizzata sui carri armati, che potrebbero consentire alle forze di Kiev di dare corpo alla famosa controffensiva.

In particolare, l’attenzione si è focalizzata sui Leopard 2 tedeschi, dal momento che gli altri veicoli corazzati in arrivo non avrebbero la forza d’urto necessaria.

I leopardi magici

Resta però l’incognita sulle reali possibilità dei Leopard 2. Un articolo dell’Associated Press, che pure magnifica tali veicoli e il loro impatto sul teatro di guerra, riporta anche la cautela espressa da Niklas Masuhr, ricercatore presso il Center for Security Studies di Zurigo.

L’arrivo dei Leopard 2, spiega Masuhr, da solo non rappresenta “un punto di svolta o una tecnologia vincente, niente del genere […] Non puoi semplicemente schierare un gruppo di carri armati e immaginare che vincano”, ha detto. “Sono più che preziosi, ma bisogna comunque utilizzarli nel modo corretto e integrarli con gli altri mezzi militari che si hanno a disposizione”, come fanteria, artiglieria, difesa aerea, genieri ed elicotteri.

Considerazioni che devono essere integrate da quanto scrive Brien: “Nessuno può dire quanto saranno efficaci i carri armati Leopard sul moderno campo di battaglia. Nel dicembre 2016,  numerosi Leopard 2 sono stati distrutti nel corso dei combattimenti nell’area di Al-Bab controllata dall’ISIS vicino ad Aleppo, in Siria. Nella battaglia, furono distrutti dieci Leopard, cinque dei quali da missili anticarro (di fabbricazione russa), due da IED [ordigni esplosivi artigianali ndr]  e uno da razzi” (gli altri due per cause ignote).

“I missili anticarro filoguidati russi, 9k115 Metis e 9M113 Konkurs, sono armamenti vintage anni ’70. Ciò induce il sospetto che i Leopard non si riveleranno più efficaci dei carri armati di fabbricazione russa già in dotazione all’Ucraina, il che potrebbe spiegare perché la Polonia sia ansiosa di scaricarli”. Ma bisogna vedere quali versioni dei Leopard sono state usati e quali versioni saranno inviate a Kiev.

Detto questo, resta da capire cosa accadrà prima dello schieramento dei carri. Gli ucraini si sono intestarditi sulla difesa di Bakhmut, spostando verso di essa ingenti risorse (c’è chi sostiene, numeri alla mano, che nell’area abbia fatto convergere metà delle loro forze, ma siamo nel campo dell’indeterminazione). Una decisione alquanto folle, se anche gli Stati Uniti hanno suggerito loro di ritirarsi.

La conquista della città da parte dei russi appare inevitabile, dal momento che stanno inesorabilmente chiudendo il cerchio attorno ai difensori, ma l’assedio potrebbe durare tempo, da cui una mattanza prolungata.

Resta da vedere cosa accadrà dopo, se cioè le forze russe continueranno a spingersi oltre, anche sul resto del fronte, come ipotizza Brien, e del caso quanto spingeranno sull’acceleratore.

E quando arriveranno i carri armati Nato, quanti ne arriveranno e di che qualità. Non solo devono arrivare, ma devono anche integrarsi col resto delle forze. Pianificare una controffensiva, sempre se si riuscirà a fare, è cosa complessa.

Il neorealismo di Arestovitch

Ad oggi, e in attesa dei rinforzi, l’Ucraina si dibatte in preda a una palese difficoltà. Lo ha detto a chiare lettere l’ex Consigliere di Zelensky Alexei Arestovitch, costretto alle dimissioni a seguito di un passo falso.

In un recente intervento, riportato da Al Manar, Arestovitch ha detto che l’Ucraina non è destinata a vincere la guerra, anzi rischia di non sopravvivere come entità statale, concordando, secondo l’estensore dell’articolo, con quanto immagina il presidente polacco Andrzej Duda.

Un concetto che il più autorevole Duda ha ribadito implicitamente nel recente vertice di Davos, nel quale ha dichiarato: “Temo che prima o poi, forse tra qualche mese, forse settimane, ci sarà un momento decisivo in questa guerra. E tale momento risponderà alla domanda se l’Ucraina sopravviverà o no” al conflitto (InterfaxUkraine).

Se si sta a quanto affermava lo scorso maggio, quando disse che in futuro non ci sarà alcun confine tra Ucraina e Polonia, la prospettiva che potrebbe delinearsi è quella di una spartizione dell’Ucraina tra Est, ai russi, e Ovest, alla Polonia… ma tale prospettiva potrebbe essere più lontana di quanto immagina Duda, dal momento che sembra potersi realizzare solo al termine del conflitto (altrimenti si avrebbe uno scontro diretto tra la Russia e un Paese Nato, cosa che Duda ha escluso).

Nel frattempo, come denuncia implicitamente lo stesso Arestovitch, a causa dell’attuale fragilità e dell’imponente flusso di soldi in arrivo, l’Ucraina è scossa da una lotta intestina dove ognuno “azzanna la gola dell’altro”.

Di tale lotta avevamo scritto alla morte del ministro degli Interni, ucciso col suo staff nello schianto dell’elicottero che lo trasportava (le cause dell’incidente sono ancora ignote). Ma ormai se ne sono accorti un po’ tutti, dopo che alcuni esponenti del governo si sono dimessi a causa di scandali vari (Open).

Interessante la notazione dell’articolo di Al Manar: nel denunciare pubblicamente tale lotta, Arestovitch rischia la vita: o è sciocco o è protetto da un ramo dei servizi segreti, ipotesi per la quale propende la nota del giornale libanese. E se una parte dei servizi segreti teme l’evoluzione del conflitto, prospettiva più realistica dell’attuale, potrebbero aprirsi scenari nuovi.

Così, tra i crescenti rischi di escalation, che l’attuale fragilità di Kiev amplificano, e le prospettive, seppur aleatorie e lontane, di una risoluzione della fase più acuta del conflitto, la guerra continua inesorabile a mietere vittime.

Ps. La Polonia chiederà un risarcimento alla Ue per la fornitura di carri armati a Kiev. Lo ha detto il Primo ministro Mateusz Morawiecki… perché dovrebbero essere risarciti loro e non anche gli altri che hanno mandato i loro armamenti? Richiesta invero bizzarra, ma che rischia di essere assecondata.  La guerra e il supporto Usa hanno conferito a Varsavia un peso notevole.

Tank da parata. I carri armati T-14 che la Russia manda in Ucraina sono buoni solo per la propaganda. Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 25 Gennaio 2023.

Il modello che il Cremlino vorrebbe usare nelle prossime offensive è il più avanzato a disposizione delle forze di terra, ma è un mezzo nato più per ansia di dimostrare supremazia tecnologica che per i bisogni reali delle forze armate

Le strade di Mosca sono fatte per marciare. Ogni 9 maggio, le forze armate russe sfilano il proprio arsenale a beneficio del pubblico mondiale, mostrando i sistemi d’arma più moderni come monito all’Occidente. E proprio in questi giorni, uno di questi simboli della tecnologia militare russa fatta da parata dovrebbe fare la propria comparsa in Ucraina.

Il carro armato T-14 “Armata” è il modello più avanzato a disposizione delle forze di terra russe, progettato per superare progressivamente i vecchi carri di produzione sovietica (il numeretto indica l’anno di prima produzione: il T-90 è del 1990, il T-14 del 2014). L’Armata è emblematico dei problemi di cui sta soffrendo l’esercito russo. Un tank da parata più che da combattimento, il ministero della Difesa britannico sospetta che il T-14 sarà usato solo a scopi propagandistici. I carristi russi non si fiderebbero infatti di un veicolo sviluppato più per ansia di dimostrare la supremazia tecnologica russa che per i bisogni reali delle forze armate.

Una supremazia, tra l’altro, che rimane tutta da dimostrare: i problemi legati al progetto T-14 hanno portato a grossi ritardi nella sua produzione. Le forze armate russe ne hanno richiesto solo poche centinaia rispetto alle migliaia di carri in servizio, spiegando che la priorità sta nella modernizzazione di carri vecchi già esistenti e testati. La sua affidabilità in uno scenario operativo, poi, è tutta da dimostrare. Il T-14 ha operato infatti soltanto in Siria, un contesto relativamente sicuro nel quale i carristi russi non hanno dovuto affrontare un avversario armato di sofisticati sistemi occidentali. Non che serva un avversario per mettere fuori uso il carro: l’Armata sembra persino essersi bloccato durante le prove per la sua parata inaugurale sulla Piazza Rossa, nel 2015.

Il T-14 Armata, un carro troppo complicato

La storia del T-14 è fatti di iperbole ed è paradigmatica per la Difesa russa. Fra Cremlino, ministero della Difesa e industrie belliche, tutti avevano interesse a pavoneggiarsi con un carro hi-tech di cui le forze armate non sanno bene cosa farsene. Il principio dietro alle forze corazzate sovietiche prima e russe poi è quello di una produzione di massa di carri relativamente semplici. Questo è dovuto sia all’esigenza di doverne produrre una massa ragguardevole, sia per una scelta precisa di sostituire immediatamente sul campo i carri danneggiati piuttosto che aspettare pezzi di ricambio. Ciò non è ovviamente possibile con un carro zeppo di sistemi elettronici complessi che non beneficiano di decenni di produzione seriale.

In più, un cambio così radicale con le tecniche di costruzione di modelli precedenti non fa certo un favore all’industria russa, abituata nel corso dei decenni a migliorare gradualmente i mezzi da modello a modello (dal T-64 al T-72 al T-90) senza una rottura radicale. L’enfasi su sistemi elettronici nuovi di zecca, l’interconnessione con tutti gli altri sistemi d’arma e sensori presenti sul campo (in modo da permettere una condivisione in tempo reale delle informazioni) e alcuni cambiamenti al motore e alla forma della torretta significa che l’industria russa non sarà in grado di produrne un gran numero in tempi brevi. Ciò è soprattutto vero nel 2023, un anno nel quale l’industria militare russa farà fatica a procurarsi un numero adeguato di chip ad alte prestazioni a causa delle sanzioni internazionali.

Guerra di rete e guerra di massa

Perché allora schierare il T-14, anche solo in funzione propagandistica? Nel 2018 il viceministro della Difesa russo aveva spiegato che il T-14 non sarebbe stato utile nemmeno in un conflitto con i carri armati Nato, dato che versioni aggiornate di vecchi modelli sarebbero state più che sufficienti. Negli ultimi anni Nato, Unione europea e Stati Uniti hanno posto molta enfasi su un tipo di guerra “di rete”, che per l’appunto prevede l’integrazione di ogni sistema d’arma in un unico sistema di gestione e condivisione.

Questa sorta di cloud dovrebbe dare un vantaggio ai comandanti in termini di comprensione di quello che sta succedendo sul campo, sapere sempre dove si trova il nemico e, permettendo maggior coordinamento fra le forze anche sotto il fuoco, rendere più facile eseguire manovre e azioni complicate da eseguire potendo solo comunicare via radio. Il T-14, con la sua capacità di “parlare” con sistemi di artiglieria, antiaerea e droni, rientrerebbe in questa logica.

La Russia, con una forte tradizione di guerra “industriale”, non ha tuttavia mai fatto completamente proprio questo approccio. Le azioni brutali in Ucraina, la guerra di trincea in Donbas, il largo uso di artiglieria e le campagne di bombardamento contro le città dimostrano quanto le forze russe si trovino più a loro agio con operazioni di massa molto novecentesche e poco precise. Ma il comando russo ha capito tempo fa che un approccio di rete come quello adottato dallo Nato presenta dei vantaggi potenzialmente decisivi: un uso più mirato e meno costoso della forza ha dei lati positivi in termini politici ed economici. In più, la corsa alla sofisticazione tecnologica è diventata un elemento di prestigio per le forze armate di tutto il mondo. Per questo, almeno dal 2014 in poi, i russi hanno fatto molto per propagare l’immagine di un esercito russo in apparenza meno sovietico e più occidentalizzato e hi-tech.

Troppe Porsche, poche Polo

In fondo, l’arrivo del T-14 Armata in Ucraina è la continuazione logica di una guerra che i russi stanno combattendo ponendo l’accento su una logica politico-mediatica piuttosto che il buon senso militare. Molte decisioni militari prese in questi mesi sono state basate su presupposti totalmente falsi e su una fiducia nella pressoché totale nelle proprie capacità, sia politiche che tecnologiche. Kyjiv sarebbe dovuta cadere perché governata da nazisti satanici, e i russi avrebbero dovuto trionfare con perdite minime grazie ad un’alchimia di disinformazione, attacchi missilistici mirati e tecnologie avanzate invidiate da tutto il mondo.

Tutto ciò non è successo: la propaganda può poco contro la banalità di una campagna militare, fatta di logistica e di affidabilità dei mezzi militari usati. Le guerre si vincono con gli equivalenti militari delle Volkswagen Polo, non le Porsche. Avere il carro più moderno del mondo e credere nella propria superiorità serve a poco quando mancano i pezzi di ricambio, si hanno problemi di rifornimenti o interi battaglioni di ex carcerati vengono mandati a morire in attacchi frontali. Ma in qualche modo, la propaganda russa cerca ancora di dimostrare la propria forza tecnologica, almeno a beneficio del pubblico domestico. I T-14 abbandonati nelle retrovie del Donbas sono un monumento all’ipocrisia del Cremlino e della propria incapacità di sfuggire alle proprie stesse menzogne.

Arrivano i rinforzi. Germania, Stati Uniti e Francia forniranno carri armati all’Ucraina. L’Inkiesta il 24 Gennaio 2023.

Lo Spiegel rivela che il cancelliere Olaf Scholz avrebbe accettato di fornire i Leopard 2 a Kyjiv, sbloccando una lunga filiera di aiuti militari per molti altri Paesi. Lo stesso farà Biden con i M1 Abrams e Macron con i Leclerc

C’è voluto più tempo del previsto per prendere una decisione apparentemente scontata, ma alla fine tutto è andato come doveva andare. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha deciso di inviare i suoi carri armati Leopard 2 in Ucraina, sbloccando così un segmento determinante degli aiuti militari al Paese che si sta difendendo da quasi un anno dall’aggressione della Russia. La notizia è stata data dallo Spiegel e ripresa da molte testate internazionali (Bloomberg, Politico). L’annuncio ufficiale da parte del cancelliere dovrebbe arrivare mercoledì alle 13.

Quella di Scholz è un’inversione di marcia potenzialmente decisiva per i prossimi sviluppi della guerra. L’ok di Berlino dovrebbe aprire la strada all’invio di aiuti massicci per un’ampia coalizione di Stati del fronte occidentale: in quanto produttore dei Leopard 2, Berlino deve dare il suo benestare anche per la riesportazione da Paesi terzi verso l’Ucraina – nei giorni scorsi si era parlato di una fornitura di Leopard 2 che sarebbe dovuta arrivare in Ucraina dalla Polonia. «Ora si prevede di equipaggiare almeno un’azienda con la versione Leopard 2A6 dalle scorte della Bundeswehr», riporta lo Spiegel – equipaggiare un’azienda significa consegnare almeno quattordici sistemi d’arma.

Il nuovo ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, questa mattina aveva detto che si aspettava che il suo Paese prendesse una decisione rapida sulla consegna dei carri armati Leopard all’Ucraina.

Fino a oggi Berlino aveva resistito alle pressioni della comunità internazionale – e di Kyjiv in particolare – chiedendo che fossero gli Stati Uniti a fare il primo passo per l’invio di questi sistemi d’arma. E in effetti anche a Washington ci sarebbero movimenti importanti in questa direzione: il presidente americano Joe Biden avrebbe deciso di inviare un numero significativo di carri armati M1 Abrams in Ucraina.

Come spiega la Cnn in un articolo firmato da Natasha Bertrand e Oren Liebermann, che l’amministrazione Biden sta mettendo a punto gli ultimi dettagli per inviare i suoi carri armati, e potrebbe fare un annuncio in settimana. «I tempi per la consegna effettiva – si legge nell’articolo – non sono ancora chiari e normalmente ci vogliono diversi mesi per addestrare le truppe a utilizzare i carri armati in modo efficace. Però un annuncio di questo tipo sarebbe stato proprio propedeutico a rompere un ingorgo diplomatico con la Germania, che non avrebbe inviato i suoi carri armati Leopard in Ucraina a meno che gli Stati Uniti non avessero accettato di inviare anche i loro carri armati M1 Abrams».

È sempre sembrato più convinto invece il presidente franese Emmanuel Macron, con Parigi che ha accordato l’invio dei suoi carri armati Leclerc a Kyjiv. Lo ha annunciato Volodymyr Zelensky via Twitter, ringraziando il capo dell’Eliseo per «la decisione rivoluzionaria di fornire carri armati leggeri e migliorare le capacità di difesa ucraine, inclusi i sistemi avanzati di difesa aerea».

I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi. Piccole Note (filo Putin) il 26 gennaio 2023 su Il Giornale.  

L’invio di carri armati Nato è “l’ultima di una serie di graduali escalation che ha portato gli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO più vicini al conflitto diretto con la Russia”. A scriverlo è il New York Times di oggi. Peraltro, ieri la stranissima ministra degli Esteri della Germania, Annalena Baerbock, ha dichiarato: “Siamo in guerra contro la Russia”.

La verde interventista

E lo ha dichiarato all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di Strasburgo, cioè in una sede decisionale dell’Unione europea. Di fatto, dato che l’Italia è membro di tale consesso, tale dichiarazione di guerra, ché di questo si tratta anche se in via informale, riguarda anche noi. Lo stranissimo personaggio politico è il leader di quel partito dei Verdi che nel 2021 aveva sorpreso tutti vincendo 118 seggi nel Parlamento tedesco.

E ciò grazie a un manifesto politico nel quale si dichiarava che i Verdi intendevano vietare “l’esportazione di armi e attrezzature militari” nelle zone di guerra. “La Germania – si leggeva ancora nel documento – deve diventare una forza trainante nella ricomposizione politica dei conflitti”, in particolare con la Russia.

Sempre nel documento, si sottolineava il valore del “disarmo” e tante altre belle cose. La menzogna è parte della politica, nel caso specifico siamo di fronte a un’artista del settore. E sapere che tale figura è il ministro degli Esteri della nazione più influente d’Europa non rassicura.

Per fortuna, non tutti in Germania sono allineati con le direttive dei neocon americani. Interessante, ad esempio, quanto ha dichiarato il ministro della Difesa Boris Pistorius: “Non capisco quelli che salutano l’invio di carri armati con un ‘Alleluia’”.

Tra panzer e speranze d’armistizio

Per fortuna, anche in America non mancano cenni di ragionevolezza. Ieri il New York Times e il Washington Post hanno infatti pubblicato due articoli paralleli che, in forme e modi diversi, parlavano di pace, parola bandita da tempo dal dibattito sulla guerra ucraina.

Sul Washington Post, al termine di un articolo un po’ troppo trionfalistico riguardo la sicura vittoria totale dell’Ucraina (propaganda d’obbligo), David Ignatius spiegava che, mentre la guerra avanza verso un “Endgame”, si osserva che, “come negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, è già iniziata la pianificazione per l’ordine del dopoguerra” per costruire un’architettura di pace durevole.

Più interessante ancora quel che scriveva Ross Douthat sul Nyt, il quale spiegava come l’escalation Nato – l’invio dei carri armati – corra in parallelo con l’escalation russa, che ha lanciato l’offensiva invernale. E aggiunge che sia la dottrina Usa che quella russa prevedono l’escalation come fase necessaria a un de-escalation.

Ma mentre per i tanti falchi che volano sul conflitto, in Europa e in America, l’escalation dovrebbe avere come esito una vittoria totale dell’Ucraina, tale linea non è “condivisa dall’amministrazione Biden, o almeno non dai suoi più autorevoli esponenti”.

Infatti, “l’approccio cauto” alla guerra da parte del presidente, i suoi inviti all’Ucraina ad aprirsi al negoziato e la necessità di non esaurire le risorse Usa in questo conflitto, dovendo supportare anche il confronto con la Cina, “indica che l’obiettivo prossimo della Casa Bianca è un armistizio favorevole, non una sconfitta completa della Russia“.

Il palesarsi in parallelo di questi due articoli sui più autorevoli media dell’Impero, peraltro punti di riferimento dei due partiti presenti al Congresso, dimostra che nell’establishment americano lo scontro tra falchi e rapaci meno aggressivi è ancora in atto.

Resta, purtroppo, che l’invio dei carri armati segna un altro punto di svolta nell’ingaggio Nato nel conflitto. Certo, non sono i seicento carri armati chiesti dal Capo di Stato Maggiore ucraino, e avranno un impatto limitato sul campo di battaglia, forse non consentendo l’agognata controffensiva di primavera, ma non sono uguali a zero.

Se i Bradley e gli Abrams 1 che si appresta a inviare l’America sono poca cosa, non così i Leopard 2 teutonici provenienti dai vari Paesi europei. Questi, anche se inviati in piccoli numeri, potrebbero avere un impatto rilevante, soprattutto se combinati con altri sistemi d’arma.

In attesa di sviluppi, concludiamo ribadendo il titolo che abbiamo messo a questa nota, ripreso dal titolo di un articolo pubblicato su Israel Ayom: “I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi”. Si rinnova una nefasta memoria.

L’invio dei carri armati a Kiev, tra propaganda di guerra e reale rischio escalation. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 26 gennaio 2023.

Dopo un lungo periodo di incertezza, le pressioni degli Stati Uniti e degli alleati più ostili alla Russia, tra cui soprattutto Polonia, Gran Bretagna e Paesi Baltici, hanno indotto il cancelliere tedesco Olaf Scholz a cedere sulla questione dei carrarmati a Kiev: la Germania, infatti, invierà all’Ucraina 14 carrarmati Leopard 2 A6 provenienti dalle scorte della Bundeswehr, le forze armate tedesche. Oltre alla Germania, altri 12 Paesi forniranno veicoli corazzati a Kiev, tra cui i Paesi dell’est Europa che hanno esercitato grande pressione su Berlino affinché desse l’autorizzazione a Paesi terzi per cedere i tank di fabbricazione tedesca. Nello specifico, oltre a Berlino, anche Polonia, Norvegia e Paesi Bassi invieranno rispettivamente 14, 2 e 18 carrarmati Leopard, mentre Spagna, Slovacchia, Danimarca, Francia e Finlandia potrebbero inviarli a breve, anche se non tutti i governi hanno già preso una decisione in merito. La Gran Bretagna, invece, fornirà a Kiev 14 dei suoi carri armati Challenger 2. Da parte sua, anche gli Stati Uniti – inizialmente contrari – hanno deciso di cedere all’Ucraina 31 carri armati Abrams M1 che verranno prodotti ex novo dalla General Dynamics Land Systems. Il che significa che ci vorranno mesi affinché i mezzi corazzati arrivino effettivamente a destinazione, cosa che vale anche per i tank forniti dagli Stati europei per motivi logistici e di addestramento.

La decisione di Washington di fornire gli Abrams a Kiev arriva in seguito alla frenata della Germania che, secondo fonti interne al governo tedesco, avrebbe posto come condizione per fornire all’Ucraina i Leopard quella che venissero inviati anche i carri armati statunitensi. Non a caso, le decisioni di Berlino e Washington sono giunte quasi in concomitanza. Il presidente americano Joe Biden ha ringraziato Scholz e tutti gli alleati per l’impegno contro Mosca, spiegando che il sostegno occidentale a Kiev «non è per attaccare» ma per difendere. «Non permetteremo che una nazione strappi un territorio a un’altra», ha asserito, assicurando altresì che l’invio degli Abrams «non rappresenta una minaccia per la Russia, non è un’offensiva contro la Russia, aiutiamo l’Ucraina a difendersi, deve combattere equipaggiata al meglio». Il presidente americano ha ringraziato anche il governo italiano per il fatto che «sta inviando artiglieria in Ucraina», fornendo così indirettamente informazioni su quale tipologia di armamenti il nostro Paese fornisce a Kiev, considerato che queste informazioni sono secretate e tenute nascoste ai cittadini italiani che – paradossalmente – le possono conoscere solo tramite le dichiarazioni del presidente americano.

La volontà degli alleati occidentali di continuare ad equipaggiare Kiev con mezzi pesanti non ha solo rinvigorito gli animi dell’amministrazione ucraina, ma ha anche spinto quest’ultima a pretendere sempre di più: Zelensky, infatti, ha chiesto la fornitura di missili e aerei a lungo raggio alla Nato, insieme all’espansione della cooperazione nell’artiglieria. Lo ha dichiarato pubblicamente nel suo videomessaggio serale alla nazione: «Ho parlato oggi con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg», ha asserito, aggiungendo che «dobbiamo aprire alla fornitura di missili a lungo raggio all’Ucraina, è importante. Dobbiamo anche espandere la nostra cooperazione nell’artiglieria» e pensare alla «fornitura di aerei per l’Ucraina».

Secondo Stoltenberg, i carrarmati degli alleati possono fare la differenza nel conflitto, aiutando Kiev a riconquistare i territori perduti: «gli alleati della Nato sono uniti nel sostegno all’autodifesa dell’Ucraina. Insieme ai Challenger del Regno Unito e ai Leopard 2 della Germania, questo può fare una differenza significativa nel respingimento della Russia», ha scritto in un tweet. Tuttavia, molti esperti del settore militare sostengono che difficilmente l’invio di mezzi corazzati, artiglieria e altri sistemi di difesa come i Patriot possa effettivamente ribaltare gli esiti dello scontro in corso per almeno tre ordini di ragioni: quello tempistico – la consegna effettiva dei tank richiederà mesi – quello che riguarda l’addestramento – l’esercito di Kiev non ha attualmente le capacità per utilizzare questo tipo di mezzi – e quello che riguarda la manutenzione. Secondo il sito specializzato Analisi Difesa, sul piano militare «l’invio di tank europei in Ucraina potrebbe risultare irrilevante o quasi per i numeri limitati, i tempi necessari a renderli operativi e i limiti di addestramento e logistica delle forze di Kiev». Inoltre, sarà necessario addestrare, oltre ai militari, anche il personale logistico, tenendo conto che ricambi, proiettili da 120mm e apparati del carro non sono compatibili con quelli utilizzati finora dall’esercito ucraino, di tipo russo/sovietico. Gli ucraini si troverebbero, dunque, con tre diversi tipi di tank occidentali (Leopard 2, Abrams e Challenger 2) di difficile gestione logistica e operativa. Per un loro utilizzo efficace sul campo, dunque, si renderebbe necessario impiegare appaltatori occidentali come equipaggi e per la manutenzione. Cosa che nel silenzio generale accade fin dall’inizio del conflitto, ma che esporrebbe ancora di più Europa e Stati Uniti in un coinvolgimento diretto nella guerra.

Oltre alla questione dell’efficacia sul piano militare, poi, vi è anche quella geostrategica: la consegna di carrarmati tedeschi a Kiev su pressione di Washington non conferma solo la già nota sudditanza del Vecchio continente agli alleati d’oltreoceano, ma implica anche un suo ulteriore indebolimento sul piano della difesa: escludendo la Polonia che dispone di circa 500 carri armati, i maggiori eserciti europei dispongono di un basso numero di tank che va dai 150 degli Ariete italiani ai 330 Leopard 2 tedeschi, non tutti operativi. La cessione di mezzi corazzati andrebbe quindi ad intaccare le scorte, come in parte confermato dal ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius: «certo questo è un intervento nelle scorte delle truppe, ma non influisce sulla prontezza operativa della Bundeswehr», ha affermato. Il potenziale indebolimento delle loro forze armate contribuirebbe a rendere le nazioni europee sempre più dipendenti da Washington anche sul piano militare, rendendo necessario l’acquisto di equipaggiamenti statunitensi nuovi o di seconda mano con investimenti ingenti per riammodernare il sistema di difesa: un processo che potrebbe richiedere anni.

Se da un lato, dunque, la decisione di inviare mezzi corazzati a Kiev logora ulteriormente i rapporti tra Europa e Russia, dall’altro decreta l’ormai irrimediabile sudditanza di Bruxelles a Washington, accelerando di giorno in giorno le possibilità di allargamento del conflitto con conseguenze catastrofiche. Dopo l’invio di armi sempre più pesanti, insieme alla presenza – non dichiarata – di personale NATO sul campo, non resta, infatti, che un coinvolgimento diretto nel conflitto. Tanto che il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore, ha dichiarato alla stampa che «Ci stiamo rassegnando all’entrata in una guerra che con noi non c’entra niente, per questioni di carattere territoriale fra due paesi europei estranei sia alla Nato che all’Unione europea. Poi però ci siamo voluti invischiare, abbiamo voluto puntare tutto sulla prosecuzione di questa guerra e temo che se non ci sarà qualche illuminazione nei confronti di chi dirige questa operazione spaventosa, ci troveremo con le mani legate». [di Giorgia Audiello]

Estratto dell’articolo di Federico Rampini per corriere.it il 26 gennaio 2023.

La decisione presa da Stati Uniti e Germania di fornire carri armati all’Ucraina è positiva perché – ancora una volta – delude la speranza di Putin di dividere l’Occidente e ridurre il suo sostegno a Kiev. Però i tank in arrivo sono poche decine contro le migliaia di tank russi; trasportano un bagaglio di problemi (manutenzione, carburante, munizioni); lasciano irrisolte molte altre debolezze dell’esercito ucraino come i vistosi buchi nella difesa aerea. Inoltre le reticenze di Berlino continuano a rivelare un ritardo di fondo: culturale oltre che politico.

[…] Sul via libera ai tank Abrams americani e ai Leopard 2 tedeschi viene in mente una celebre battuta attribuita da alcune fonti a Winston Churchill, il premier britannico protagonista della resistenza contro i nazifascismi nella seconda guerra mondiale (una versione alternativa l’attribuisce a un premier israeliano, Abba Eban). «Potete essere sicuri – avrebbe detto Churchill – che gli americani faranno sempre la cosa giusta, dopo aver provato tutte le altre».

 In questo caso la battuta si può estendere alla Nato o all’Occidente. È dall’inizio di questo conflitto che il nostro appoggio all’Ucraina procede con il contagocce, tra resistenze e ritardi, e ogni decisione arriva dopo estenuanti esitazioni. […]

 La giustificazione principale per le nostre esitazioni – anche da parte di Joe Biden – è sempre stata quella di non provocare Putin, di non fare nulla che legittimi la sua narrazione di uno scontro diretto Russia-Nato. Per questo Biden continua a costringere gli ucraini a difendersi con un braccio legato dietro alla schiena, per esempio negandogli missili adeguati a colpire le basi di lancio da cui partono i missili russi.

Ma Putin quella narrazione sull’aggressione della Nato l’ha usata dal 2007 ed è con quella che ha giustificato l’aggressione di una nazione sovrana e indipendente fin dal 2008 (Georgie) e dal 2014 (Crimea). Qualsiasi forma di aiuto occidentale all’Ucraina, per la propaganda di Mosca è la conferma del teorema. I tank non cambiano nulla, Putin ha già accusato cento volte la Nato di combattere direttamente contro la Russia. […]

[…] Quegli aiuti arriveranno – pochi e tardi – con un carico di problemi. Le truppe ucraine vanno addestrate all’uso di tank diversi dai loro. Questi mezzi blindati hanno bisogno di essere riforniti costantemente di carburante, pezzi di ricambio, e soprattutto munizioni. Qui si tocca un tasto dolente.

 La produzione di munizioni è uno specchio del disarmo avvenuto per decenni in Occidente. Inclusi gli Stati Uniti, come documenta un recente rapporto del Congresso di Washington. Alla fine della seconda guerra mondiale gli Usa avevano 85 fabbriche di munizioni. Oggi ne sono rimaste sei, che spesso operano con macchinari e impianti ultra-ottantenni.

La Russia pur essendo molto più povera degli Stati Uniti, ha però una «economia di guerra» dove la produzione bellica riceve una porzione enorme delle risorse nazionali. E può avvalersi di forniture militari da parte di altre «economie di guerra» come Iran e Corea del Nord (quest’ultima essendo con ogni probabilità anche il canale clandestino attraverso cui la Cina aiuta Putin).

 […] La deindustrializzazione che ha colpito gli Stati Uniti da almeno tre decenni non ha risparmiato il settore della difesa: alcune sue produzioni sono dipendenti da materiali e componenti made in China, proprio come i telefonini o le auto elettriche. L’America conserva – per ora – una superiorità tecnologica, spesso affidata ai privati, e la si è vista all’opera con il ruolo dei satelliti Starlink (Elon Musk) o di Microsoft nell’aiutare l’Ucraina. Ma poiché l’aggressione russa usa tattiche e tecniche che evocano la prima e la seconda guerra mondiale, il software non basta, ci vogliono gli scarponi sul terreno, i tank, le munizioni.

La Germania, e l’Europa, sono un caso a parte in quanto a cultura del disarmo. Dietro le reticenze del cancelliere Olaf Scholz sui Leopard c’è una sorta di visione alternativa della storia. Molti tedeschi si sono costruiti una rappresentazione confortante sulla fine della guerra fredda, la caduta del Muro di Berlino, la dissoluzione dell’Urss.

 Gran parte del merito sarebbe loro: delle loro politiche di cooperazione e commercio che avrebbero ammorbidito il blocco comunista. Il ruolo di Ronald Reagan e della sua fermezza, o di papa Wojtyla e del suo sostegno alla rivolta polacca, viene opportunamente oscurato in questa ricostruzione. Gran parte del merito andrebbe invece ai leader socialdemocratici come Willy Brandt, artefice della Ostpolitik o «politica orientale» (la cui carriera politica fu stroncata perché i suoi uffici pullulavano di spie sovietiche).

Gerhard Schroeder, anche lui ex cancelliere socialdemocratico, ha potuto farsi assumere da Putin come amministratore di un ente energetico russo in nome della «pace e fratellanza» tra i popoli. La stessa democristiana Angela Merkel ha sostenuto fino all’ultimo Nord Stream 2, il gasdotto con cui Putin voleva perpetuare la dipendenza tedesco-europea dal gas russo. L’idea che la Russia sarebbe diventata più buona a furia di commerciare con noi ha anestetizzato ogni lucidità della classe dirigente tedesca. Scholz fatica ancora oggi a liberarsene, lo fa lentamente e puntando i piedi.

Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “la Stampa” il 26 gennaio 2023.

Biden annuncia l'invio in Ucraina di 31 carri armati M1 Abrams, Zelensky ringrazia via Twitter e dice che «è un passo importante verso la vittoria» ma chiede ora missili a lungo raggio; mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz conferma che in prima battuta 14 Leopard 2 verranno consegnati a Kiev. Fra maggio e dicembre potrebbero arrivarne altri 50. Nove Paesi europei invece si sono accodati subito alla Germania mobilitando i loro Leopard: saranno un centinaio quelli che nei prossimi mesi varcheranno i confini ucraini.

 Per il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, «arriveranno entro fine marzo», in tempo – almeno secondo le ambizioni – per fronteggiare l'offensiva di primavera […] L'alleanza dei tank ridisegna i termini del conflitto, rinsalda l'asse fra Washington e Berlino e mantiene il fronte occidentale «completamente unito» nel sostenere la controffensiva di Kiev. […]

E’ l'asse con Berlino quello che interessa a Washington. Biden ha ringraziato Scholz per la sua leadership e sottolineato che anche britannici e francesi manderanno i loro mezzi corazzati pesanti, Challenger 2 e Amx 10. «È stata la necessità di rafforzare l'unità» la molla che ha spinto Biden a invertire rotta sugli Abrams, ha spiegato una fonte ufficiale Usa.

 Poco prima davanti al Bundestag Scholz aveva detto che la decisione sui Leopard è stata presa dopo consultazioni e «insieme». Allo sblocco del caso Leopard 2 si è arrivati con triangolazioni e bilaterali costanti. […] Nel suo intervento Biden ha fatto dei distinguo essenziali. Il primo è il messaggio alla Russia, ovvero che «l'invio dei tank non è un'offensiva contro Mosca». John Kirby più tardi, commentando le reazioni russe, ha detto di non aver «indicazioni che la Russia voglia colpire dei Paesi Nato». Il secondo è che per vedere gli Abrams sul campo di battaglia serviranno mesi. […]

La decisione di inviare il gioiello dell'esercito Usa – un carro armato capace di rovesciare la direzione del conflitto e nettamente più forte dei T-72, T-80 e T-90 russi – è vista con scetticismo dagli esperti e dagli operativi del Pentagono. Le questioni logistiche sono moltissime e non facili da superare […]

 Anzitutto gli Abrams necessitano di un addestramento lungo, sia per quanto concerne l'operabilità sia per la manutenzione. La logistica del trasporto è complessa così come la supply chain, ovvero la catena di rifornimento: gli M1 sono a turbina e sono spinti da un diesel usato dagli aerei. Sono questioni che – spiega un analista vicino al dossier – che rendono quasi impossibile «averli operativi prima di un anno».

[…] Si tratta quindi non tanto di renderli funzionali alla probabile […] offensiva di primavera della Russia e nemmeno a partecipare alla "controffensiva ucraina", quanto di diventare un bastione della sicurezza in una seconda fase, soprattutto se la guerra dovesse estendersi fino alla fine dell'anno […] Il pacchetto Abrams vale 400 milioni di dollari, insieme ai tank arriveranno otto mezzi di supporto logistico M88 e ci saranno munizioni per i cannoni da 120 mm. Di pari passo di procederà all'addestramento, possibile nella base di Grafenwoehr in Germania. […]

Un anno di guerra. Dopo i carri armati, all’Ucraina ora servono gli aerei da combattimento F16.  L’Inkiesta il 27 gennaio 2023.

La richiesta era già stata fatta all’inizio dell’invasione russa. «Ora abbiamo nuovi compiti da davanti a noi: ottenere i jet da combattimento occidentali, nuove sanzioni e l’attuazione della formula di pace», ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba

Con la fine del braccio di ferro tra Germania e Stati Uniti e la decisione sull’invio dei carri armati Leopard e degli Abrams in Ucraina, Kyjiv ora spera di ricevere presto anche gli aerei da combattimento occidentali, chiesti fin dalle prime fasi dell’invasione russa per mettere in sicurezza lo spazio aereo del Paese. In particolare, i famosi F-16. È la prossima richiesta di riarmo già avanzata dall’Ucraina, insieme a quella per i missili di lunga gittata Atacms, su cui non c’è più il veto assoluto e definitivo che gli Stati Uniti imponevano all’inizio del conflitto.

E questo – spiega Repubblica – per almeno cinque ragioni: primo, mettere Kyjiv in condizione di difendersi subito dall’imminente offensiva russa; secondo, scoraggiare possibilmente questa operazione, o spingere Mosca a lanciarla senza essere davvero pronta a condurla; terzo, favorire la controffensiva di Zelensky per riconquistare i territori occupati e andare all’auspicato tavolo della pace in una posizione di forza; quarto, far capire a Putin che se spera di vincere puntando sulla fine degli aiuti occidentali e lo sgretolamento dell’alleanza, sta sbagliando ancora i calcoli; quinto, guardare già al dopoguerra, per costruire una forza di deterrenza abbastanza solida da dissuadere il Cremlino, chiunque lo abiti, da altre future avventure.

«Ora abbiamo nuovi compiti da davanti a noi: ottenere i jet da combattimento occidentali, nuove sanzioni e l’attuazione della formula di pace» – cioè i dieci punti per la chiusura del conflitto proposti dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky – come ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, a seguito dell’annuncio tedesco e statunitense di inviare i loro carri armati in Ucraina.

L’Ucraina aveva chiesto i caccia F16 fin dal principio dell’invasione, e la Polonia aveva detto di essere pronta a darle i suoi Mig, per impedire a Mosca di avere il dominio dei cieli, decisivi nelle guerre moderne. In realtà i russi non sono mai riusciti a imporre la loro supremazia aerea, ma comunque Washington si era opposta per evitare l’escalation. Allora la speranza era che il combinato delle sanzioni economiche e la resistenza di Kyjiv convincessero Putin a cercare una soluzione diplomatica. Ora è chiaro che non l’aveva mai neppure considerata. Quindi in maniera progressiva l’Occidente ha incrementato la sua assistenza militare per mettere l’Ucraina in condizione di sopravvivere e convincere Mosca ad accettare un vero negoziato. Dopo i Javelin sono arrivati gli obici, poi gli Himars, i Patriot, e adesso i carri armati.

Yuriy Sak, consigliere del ministro della Difesa ucraino Reznikov, ha detto alla Reuters che «il prossimo grande ostacolo da superare saranno gli aerei da combattimento». Quindi la domanda è stata posta al portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Kirby, in questi termini: «Se gli ucraini oggi dicessero: “Grazie mille dei carri. Ora, che ne direste di alcuni aerei da combattimento di quarta generazione?” Quali sono le possibilità che ciò accada?». Kirby non ha posto veti: «Siamo in costante discussione con gli ucraini sulle loro capacità. Le evolviamo mano a mano che le condizioni cambiano. Non posso biasimare gli ucraini per volere sempre più sistemi. Non è la prima volta che parlano di aerei da combattimento. Ma non ho annunci da fare su questo fronte».

Il processo quindi potrebbe seguire quello dei carri armati, che dovrebbero arrivare al fronte nel giro di un paio di mesi, perché addestramento e consegna dei Leopard saranno più rapidi del previsto. Oltre alla Polonia, anche l’Olanda sarebbe pronta a fornire gli aerei, mentre l’addestramento dei piloti sarebbe già in corso.

Biden, secondo Nbc, intanto prepara un viaggio in Europa per l’anniversario dell’invasione, mentre il segretario di Stato Blinken ha detto al Washington Post che c’è già un piano per il dopoguerra. Kyjiv non entrerà nella Nato, ma sarà rafforzata militarmente al punto di creare la deterrenza per scoraggiare altre aggressioni. Invece aderirà alla Ue, per favorire la sua prosperità, in contrasto evidente con l’arretratezza imposta da Putin alla Russia.

Dopo i carri armati l'Ucraina vuole i caccia. Ma la guerra del cielo ha altre regole. Sergio Barlocchetti su Panorama il 26 Gennaio 2023.

Pochi elicotteri e ancora meno aerei in volo sull’Ucraina. Mosca impegna in continuazione le difese aeree di Kiev cercando di farle esaurire gli arsenali più in fretta di quanto Usa e nazioni amiche possano fornirle,

Dopo i carri armati Kiev vorrebbe anche velivoli da combattimento come gli F-16. Zelensky, nel suo ultimo colloquio con il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, ha ricordato la necessità di ricevere anche missili a lungo raggio, artiglieria a lunga gittata e appunto aeroplani, reiterando quanto ha sempre chiesto negli ultimi anni oltre a sottomarini e aerei da combattimento come i vecchi Tornado tedeschi, gli Eurofighter Typhoon della prima serie e appunto gli F-16, magari quelli olandesi di prossima radiazione poiché nel medio termine saranno sostituiti dagli F-35. Quest’ultima è ancora una soluzione poco probabile, mentre più realistica sarebbe quella 0:00 / 0:45 PUBBLICITÀ 27/01/23, 08:44 Dopo i carri armati l'Ucraina vuole i caccia. Ma la guerra del cielo ha altre regole - Panorama https://www.panorama.it/news/dal-mondo/dopo-i-carri-armati-l-ucraina-vuole-i-caccia-ma-la-guerra-del-cielo-ha-altre-regole 3/8 proposta da Lockheed-Martin, che si è detta pronta a soddisfare la richiesta da parte di nazioni che decidano di dare i propri caccia a Kiev, aumentando la produzione presso lo stabilimento di Greenville, nel South Carolina. Frank St.John, Ceo dell’azienda, tre giorni fa aveva dichiarato ai giornali statunitensi che sarebbero in corso discussioni su questa possibile soluzione, per la quale gli F-16 che queste nazioni “donatrici” riceverebbero sarebbero più moderne di quelle cedute. Come è cambiato lo scontro nel cielo ucraino Per comprendere come mai la guerra aerea in Ucraina non sia quella che immaginiamo, con duelli tra aerei ed elicotteri, è necessario ricordare che dopo la fase iniziale del conflitto, durante la quale gli scontri aria-aria non sono mancati, con il passare di poche settimane si è visto che è più efficace possedere una difesa aerea mobile a terra piuttosto di schierare, nascondere e proteggere, e nel caso perdere, costosi aeroplani militari ed equipaggi addestrati. Meglio quindi usare missili e droni. Tuttavia, oggi qualsiasi tentativo frettoloso da parte dell'Ucraina di ottenere la superiorità aerea sarebbe un grave errore poiché il vantaggio quantitativo di mezzi volanti della Russia sarebbe prevalente, a causa dei tempi di addestramento dei piloti di Kiev su cacciabombardieri occidentali. Sempre che, ovviamente, costoro non siano già da mesi presso le scuole di volo americane e non soltanto. Sul fronte opposto, per Mosca usare aeroplani militari e più elicotteri vorrebbe dire esporli ad altissime probabilità di abbattimento e indebolire le sue dotazioni aumentando la probabilità di fallire l’obiettivo di mantenere la superiorità aerea sull'Ucraina. Kiev ha quindi tutti i vantaggi nel saturare la difesa aerea da terra con l’aiuto degli occidentali. Inoltre, le forze Nato non dispongono di riserve di aeroplani tali da poter agire come hanno fatto con i carri armati, e potrebbero fornire a Kiev soltanto poche unità, dal momento che il mercato delle versioni da esportazione dei velivoli e di quelle con sistemi di penultima generazione, negli ultimi anni si è concentrato in Paesi come Turchia, Grecia, Egitto, Emirati e altre destinazioni nel quadrante Asia-Pacifico. La scelta terribile di Kiev, risparmiare i colpi Da ottobre a oggi, la Russia ha colpito soprattutto le infrastrutture energetiche dell'Ucraina con attacchi missilistici e droni, meno costosi di aeroplani ed equipaggi, con l'obiettivo, presumono molti analisti, di fiaccare la popolazione civile e l’opinione pubblica estera per fare pressione sui leader affinché chiedano la pace. Ma questo tipo di attacchi ha anche un’altra logica: raggiungere e mantenere la superiorità aerea per logoramento. Per quasi un anno Mosca ha cercato un metodo efficace per contrastare la strategia di difesa aerea ucraina che si basa su batterie mobili che si spostano rapidamente per non essere localizzate e distrutte ma senza riuscire neutralizzarle, e ora spera di ottenere lo stesso effetto facendole sparare continuamente lanciando ondate di missili e droni contro città e infrastrutture energetiche per costringere i militari ucraini a spendere preziosi missili terra-aria. Di fatto prendendo di mira le infrastrutture energetiche, i russi mettono Kiev di fronte a una scelta: tentare di salvare la popolazione da un inverno freddo e buio ma esaurire le scorte di missili terra-aria, oppure preservare gli arsenali ma chiedere alla sua gente di pagare un prezzo elevato. E da qui le continue richieste di rifornimento all’Occidente. Affinché la strategia di superiorità aerea russa abbia successo, essa deve attrarre i missili terra-aria dell'Ucraina a un ritmo più veloce di quanto gli Usa e altre nazioni possano fornirne. E il rischio di terminare gli ordigni difensivi significa lasciare civili e militari indifesi contro l'aviazione russa ancora pronta a decollare per colpire le posizioni di prima linea e le linee di rifornimento, facilitando la potenziale offensiva primaverile di Mosca.

Estratto dell’articolo di Siegmund Ginzberg per “Il Foglio” il 29 gennaio 2023.

Furono impiegati per la prima volta verso la fine della Grande guerra. Servivano agli Alleati a sbloccare lo stallo della guerra di trincea. Fu inizialmente un disastro. Venivano distrutti dall’artiglieria tedesca, trasformandosi in trappole mortali, bare di acciaio infuocato per i loro equipaggi. La propaganda di guerra tedesca irrideva il carro armato. Gli contrapponeva il coraggio umano.

 Un’illustrazione di Ernst Schilling sulla copertina del settimanale satirico Simplicissimus del 17 settembre 1918 mostra un tank inglese affrontato e distrutto da un singolo soldato che lancia granate. “Sono i cuori, non le macchine a decidere l’esito”, dice la didascalia. In realtà a decidere fu la potenza economica, la logistica, la capacità di produrli in massa, di approvvigionarli. Quando giunsero al fronte in migliaia fecero la differenza.

 I carri russi danzanti nella neve un anno fa parevano invincibili. Poi li abbiamo visti scoperchiati come gusci di tartaruga, o di trilobite preistorica, bersagliati senza scampo come al tiro al piccione, addossati uno all’altro in colonne lunghe decine di chilometri. Avevano, abbiamo letto, un tallone d’Achille. […]

Sono parecchi decenni che ci viene detto che i carri armati sono obsoleti. A sconfiggere il drago d’acciaio basta un uomo solo con un Bazooka o un Javelin a spalla, o con una bottiglia molotov. Così vorrebbe la leggenda. Sono molti i conflitti anche recenti nei quali i tank hanno fatto cilecca. E pure aerei ed elicotteri, che sulla carta sono la migliore arma anti-tank.

 In realtà non è proprio così. È vero che può bastare un drone ad annientare una macchina da molti milioni di euro o dollari (4 e passa per i Leopard 2 tedeschi, 6 e passa per gli Abrams americani, una somma dello stesso ordine di grandezza per i T-90 russi, che i generali di Putin si sono guardati bene sinora dallo sprecare in Ucraina, preferendo scialare carne da cannone che gli costa poco o niente).

Ma ci sono situazioni in cui a decidere la battaglia sono i vecchi dinosauri. È la vecchia storia della spada e dello scudo. Reso inefficace lo scudo da spade sempre più affilate, si inventano scudi più efficienti o, viceversa, spade più potenti. Succede per i missili e i fantascientifici scudi stellari, esattamente come per i carri armati.

    Ci deve essere pure una ragione se Zelensky chiedeva con tanta insistenza che gli inviassero i tank pesanti, e Mosca minacciava rappresaglie da fine del mondo se l’occidente li avesse forniti. Il conflitto in Ucraina si è ormai arenato in guerra di posizione, come un secolo fa si era impantanata per anni nelle trincee la Prima guerra mondiale. E’ chiaro che non ci sarà tregua finché le parti non riterranno di avere conseguito sul campo una posizione da cui negoziare meglio. Si preparano al grande scontro in primavera, quando sgelerà. E per tornare dalla guerra di trincea a una guerra di movimento nelle steppe sterminate servono i carri armati. […]

I panzer di Hitler erano tecnicamente superiori. Ma Stalin ne produceva di più e poteva rifornirli meglio, grazie anche agli aiuti americani e all’intelligence inglese. Anche allora gli alleati occidentali esitavano a fornire materiale avanzato.

 Se ne sono sentite di scuse. I tedeschi dicevano che i Leopard servivano a loro, poi che la fornitura li metteva a rischio di rappresaglie, che era troppo complicato imparare a usarli e, infine, che dovevano fare i conti con la propria opinione pubblica. Temevano, e non del tutto a torto, di essere lasciati soli, come era successo per il gas. In realtà si è poi capito che il vero problema del cancelliere Scholz erano le obiezioni pacifiste che venivano dalla sua coalizione, anzi dall’interno del suo Partito socialdemocratico. […]

Il carro armato è da sempre un simbolo, un microcosmo concentrato delle paure e delle contraddizioni della condizione umana, e pure della politica internazionale. Mi sono rimasti negli occhi della mente scene di film in bianco e nero visti da ragazzo. Non saprei dire al momento se è in Niente di nuovo sul fronte occidentale, tratto dal romanzo di Erich Maria Remarque. Il primo, ineguagliato, del russo naturalizzato americano Lewis Milestone, risale al 1930. Quello più popolare è del 1979. Un ultimo remake del tedesco Edward Berger è del 2022.

 Ricordo una scena in cui il carro armato passa sopra la trincea, sembra che ti schiacci. Poi su internet ho scoperto che nascondersi in una buca, per aggredire il carro dalla parte più vulnerabile, da dietro, fa ancora parte dell’addestramento. In un’altra scena, un soldato ustiona un proprio commilitone sparando un razzo anti-carro. L’urlo straziante tornava nei miei incubi. I tank in fatto di claustrofobia fanno a gara con i sottomarini. E li superano di larga misura. […]

Altro film capolavoro: Sahara del 1943, dove è Humphrey Bogart a fare il carrista in Nord Africa. Un gioiello assoluto il film israeliano Lebanon del 2009, di Samuel Maoz, girato come se ci si trovasse nell’abitacolo di un Merkava. E’ il mondo, un’intera guerra, anzi l’intero conflitto tra Israele e gli arabi, più crudeli tra di loro che col nemico israeliano, visto non da una finestra, ma dal mirino di un carro armato.

 […]

   C’erano una volta i cantori della macchina miracolosa, della “cannoniera automobile”, della “prodigiosa sintesi fra l’uomo bellico e le sue creature meccaniche”. Ci fu un’epoca in cui i cervelli più creativi d’Italia e d’Europa erano in deliquio di fronte al mito delle macchine che, con la loro incredibile velocità, erano in grado di annientare la vecchia antiquata cavalleria. C’è chi dice che proprio dai carri armati, e comunque dall’aggressività della fabbrica, il cubismo avrebbe tratto le fattezze squadrate, gli angoli metallici, le punte aguzze. Filippo Tommaso Marinetti si scioglieva dinanzi all’idea della “Guerra come igiene del mondo”, così come, anni dopo, Ernst Jünger avrebbe goduto nelle “Tempeste d’acciaio”. 

 […]

Di carri armati parlava la canzone che avevano improvvisato nel 1968 i compagni della Sezione universitaria del Pci alla Statale di Milano. Sull’aria di Quel mazzolin di fiori, faceva: “Quella bandiera rossa sul carro armato / oh quanto dolore ci ha dato”. Le parole le aveva inventate Gaspara Pajetta, una delle figlie di Gian Carlo. Parlava dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Il “dispiacere” è vedere quei carri che avevano ricacciato Hitler e liberato Berlino schiacciare un tentativo di “socialismo dal volto umano”.

 […]

C’erano guerre, come quella dei Sei giorni, tra Israele e l’intero mondo arabo, in cui avevano un ruolo di primo piano i mezzi corazzati. Ma negli anni 60 e 70 il carro era stato, per la mia generazione, simbolo di golpe, di violenza armata contro i governi legittimamente eletti e i civili. Ricordo il carro armato sulla copertina di un libriccino dal titolo Coup d’Etat: A Practical Handbook, un manuale pratico del colpo di stato. L’autore era un allora giovane e brillante studioso americano, Edward Luttwak.

 Poi nel 1989 i carri armati fecero strage a Pechino. Non ci si limitò a dispiegarli in funzione intimidatoria. Vennero usati per schiacciare gli studenti che da settimane occupavano la piazza chiedendo democrazia. Ricordo un collega, peraltro simpatico, che si faceva in quattro per giustificare la scelta di Deng Xiaoping. Non c’era da meravigliarsi. Prima che a Pechino aveva fatto il corrispondente dalla Madrid di Franco, dalla Washington di John Kennedy, dalla Mosca di Breznev. Immancabilmente si era fatto in quattro a ingraziarsi quelli al momento al potere. Ha fatto scuola.

L’uomo solo di fronte al carro armato in piazza Tienanmen divenne il simbolo del coraggio e della resistenza. Lo videro in molti dai balconi del Beijing Fandian, l’albergo con vista laterale sulla piazza in cui alloggiavano i giornalisti. Negli scatti di Stuart Franklin per la Magnum si vede un uomo magro e mingherlino, in camicia bianca, con in mano una borsa di tela di quelle allora diffusissime in Cina, fermare un’intera colonna di carri armati mettendoglisi davanti.

Il carro capofila imballa il motore, minaccia di travolgerlo, prova a superarlo a destra, poi a sinistra. Lui imperterrito, saltella di lato per impedirgli di passare, continua a fargli segno con la mano che si fermino, tornino indietro. Poi lo si vede arrampicarsi sul carro, mettersi a discutere col guidatore emerso dalla torretta. Alla fine si vede che lo portano via. Non si è mai saputo il suo nome, chi fosse, che cosa diceva ai carristi, né che fine abbia fatto.

Tutta la storia dei Leopard 2 all’Ucraina, dall’inizio. VINCENZO POTI su Il Domani il 24 gennaio 2023

Il ministro della Difesa di Varsavia annuncia la richiesta ufficiale e spinge la Germania a inviare i propri carri per la «sicurezza di tutta l’Europa». I “tank” sono tornati

Come annunciato via Twitter, il ministro della Difesa polacco, Mariusz Blaszczak, ha inoltrato alla Germania la richiesta di autorizzazione per l’invio all’Ucraina dei carri armati Leopard 2, fabbricati dalla tedesca Rheinmetall, in possesso dell’esercito di Varsavia. Alla richiesta è stato affiancato un accorato invito all’emulazione, con il ministro che ha nuovamente chiesto alla Germania di «unirsi alla coalizione di paesi che sostengono l’Ucraina con i carri armati Leopard 2» legando l’invio dei mezzi al mantenimento della «sicurezza di tutta l’Europa».

L’autorizzazione sembra però una formalità. Berlino, che esaminerà la richiesta, si è già detta pronta a consentire il trasferimento da altri paesi, forse nel tentativo di prolungare i tempi della decisione riducendo la pressione dei “falchi” sulla Germania stessa. In Polonia, con una mossa probabilmente elettorale in vista delle elezioni del novembre 2023, il governo ha provato a derubricare l’autorizzazione tedesca, definendo il consenso di Berlino «secondario». 

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, oggi fa un passo oltre e, dopo aver incontrato il ministro della Difesa Boris Pistorius, dice di essere fiducioso sulla rapidità della decisione tedesca. L’interlocutore è più cauto: «Non c’è ancora nessuna novità» sui Leopard, ma la decisione verrà presa «a breve». Premettendo che la Nato «non deve diventare parte del conflitto», il ministro tedesco apre all’inizio dell’addestramento degli ucraini da parte degli alleati disposti a consegnare i carri. 

Secondo quanto dichiarato da due funzionari statunitensi a Reuters, gli Stati uniti potrebbero presto comunciare la decisione di mandare i propri carri M1 Abrams al fronte, adempiendo così alla condizione posta dai tedeschi per l’invio dei Leopard 2. 

Indiscrezioni di Der Spiegel suggeriscono che la stessa Germania sia, dunque, pronta a sbloccare i propri Leopard 2, portando così nell’ordine del centinaio i mezzi corazzati che potrebbero presto arrivare in Ucraina. 

LE PREMESSE

Recentemente il governo di Olaf Scholz ha subito pressioni dagli alleati atlantici e dall’Ucraina affinché sbloccasse la fornitura dei propri Leopard 2, al punto che i carri sono stati tra i temi centrali dell’ultimo incontro del gruppo di contatto di Ramstein. Tuttavia, la linea del cancelliere è stata estremamente cauta: sui social è stata addirittura coniata la parola “scholzing” per indicare l’azione di chi promette aiuti per poi temporeggiare. 

Eppure, l’Ucraina aspetta la decisione tedesca sull’ambito mezzo corazzato da ben prima delle recenti richieste avanzate dal presidente Volodymyr Zelensky. Infatti, già il 3 marzo 2022, solo sette giorni dopo l’invasione del paese, l’ambasciata ucraina di Berlino inviava una nota scritta al ministero degli Esteri tedesco in cui richiedeva «il più rapidamente possibile» una serie di sistemi d’arma ritenuti essenziali per l’iniziale resistenza delle truppe di Kiev. A pubblicarla l’attuale vice ministro degli Esteri ucraino, Andrij Melnyk. 

Tra le armi richieste, oltre a pezzi di artiglieria, missili antiaerei e, curiosamente, sottomarini, figurano i carri armati, gli stessi Leopard sui cui oggi si incentra il dibattito politico sugli aiuti militari. A seguito della richiesta, la Germania inviò immediatamente, seguendo gli altri alleati, missili terra-aria portatili (i cosiddetti Manpad) di fabbricazione sovietica, gli Strela, e americana, gli Stinger. 

IL SILENZIO

Nonostante l’invito alla rapidità, a circa 11 mesi dall’inizio della guerra, l’Ucraina non ha ancora ricevuto carri occidentali ma solo modelli di concezione sovietica come i T-72 già in dotazione agli eserciti ucraino e russo.

Al contrario, le armi anticarro, in particolare i Javelin americani, hanno costituito la spina dorsale della resistenza nelle prime fasi del conflitto. Sul campo di battaglia, i Javelin, missili a spalla precisi ed estremamente efficaci, hanno arrestato le colonne di carri russi diretti verso Kiev e altre città ucraine. I Javelin sono diventati l’icona del primo “no” ucraino all’avanzata dell’invasore, tanto da entrare nell’iconografia pop come i soggetti privilegiati di adesivi e gadget pro-Ucraina. 

Le immagini dei carri russi distrutti dai missili o impantanati hanno fatto pensare alla fine del carro armato come arma di punta degli eserciti convenzionali: troppo pesanti, troppo lenti, assetati di un carburante che la fallace logistica russa fatica a fornire. 

IL RITORNO DEL CARRO ARMATO

Eppure, con il mutato contesto bellico e con una guerra sempre più d’attrito tra i due eserciti europei, il carro armato è tornato di moda, rimodulando il dibattito politico occidentale sugli armamenti e ritornando nelle liste dei desideri di Zelensky e generali. 

Già ad aprile 2022 Zelensky aveva reiterato la richiesta di «armi pesanti» in un video diffuso su Twitter in cui, citando i massacri di Mariupol, Bucha, Kramatorsk, il presidente dice: «la Russia può essere fermata solo con la forza delle armi».

La Repubblica Ceca si fa trovare pronta, diventando così il primo stato della Nato a inviare carri sovietici T-72 a Kiev. Seguiranno a breve altri stati membri, su tutti gli Stati Uniti. 

Contestualmente, il ceo della Rheinmetall, Armin Papperger, assicura che l’azienda è pronta a produrre 50 Leopard 1, il modello precedente al più moderno 2, da inviare a Kiev nel breve periodo. Immediata la risposta negativa dell’ex ministro della Difesa Christine Lambrecht, recentemente dimessasi in seguito ai dubbi sollevati sulla compatibilità con il suo ruolo. 

A settembre, il leader della coalizione d’opposizione Cdu/Csu, Friedrich Merz, ha invitato i governi statunitense e tedesco a fornire i propri carri armati all’Ucraina, citando i mezzi “del momento”: gli M1 Abrams e, appunto, i Leopard 2.

In quello stesso periodo, l’European Council on Foreign Relations pubblicava un report intitolato «Leopard Plan» in cui si discuteva dell’opportunità politica e militare di inviare i moderni corazzati come aiuti militari. 

È, tuttavia, a dicembre che, alla luce degli sviluppi sempre più favorevoli all’esercito di Kiev, gli Stati uniti chiedono alla Germania di provvedere all’invio dei propri Leopard 2. Alla richiesta del consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, il consigliere diplomatico di Scholz Jens Plötner risponde invitando alla reciprocità: la Germania non sarà il primo paese Nato a fornire carri occidentali all’Ucraina. 

Da quel momento in poi, l’affare Leopard 2 è diventato la priorità delle diplomazie europee e nordamericane. A gennaio, Francia e Regno Unito hanno aperto all’invio dei rispettivi carri armati, i Leclerc e i Challenger 2. Rishi Sunak, primo ministro britannico, ha ripetuto più volte l’offerta, suggerendo di poter lasciar partire 14 Challenger nel giro di poco. 

Evidente lo scopo delle promesse francesi e britanniche: mettere pressione al Scholz affinché si senta obbligato a inviare i sospirati Leopard 2. Berlino risponde legando il proprio consenso all’invio degli M1 Abrams da parte degli Stati uniti. 

Il carro tedesco è, però, preferito alle alternative americane, inglesi e francesi per diversi motivi. Rispetto all’Ambrams, è meno complesso, più facile da mantenere e da riparare. Gode, inoltre, del vantaggio numerico sui concorrenti francesi e britannici in quanto è parte degli arsenali di ben 13 paesi Nato con chiari vantaggi in termini di mezzi e ricambi disponibili. Il Leopard 2 è, infine, universalmente considerato un mezzo dal grande potenziale bellico, grazie al grado di avanzamento delle tecnologie impiegate e al bilanciamento tra corazzatura, mobilità e armamenti. 

UN CARRO PER IL MORALE

Se a marzo 2022 la Germania ha potuto glissare sulla voce «carri armati», oggi il Leopard 2 è oggetto delle pressioni polacche (e non solo) e dello “scholzing” prolungato di Berlino. I tedeschi temono i costi dell’invio dei carri. Da un lato, quelli tecnici: quanto costerebbe e quanto richiederebbe ripristinare l’inventario dei corazzati del Bundeswehr? Dall’altro quelli politici: quali conseguenze per la Germania e quale impatto sulla possibilità di un’escalation del conflitto? 

I dubbi sorgono anche sull’effettivo utilizzo dei Leopard 2 sul campo di battaglia. Infatti, il rinvio alla primavera della controffensiva e le memorie dei relitti dei mezzi russi fanno dubitare dell’utilità delle decine di carri che i possessori europei invierebbero previo consenso tedesco. Zelensky risponde sulla tv tedesca Ard: «10, 20, 50 carri armati non risolvono il problema, ma motivano i nostri soldati a combattere per i propri valori, perché dimostrano che il mondo intero è con te». 

Il Leopard 2 diventa così soggetto attivo del dibattito politico: l’impatto tattico è secondario rispetto al significato simbolico che la cessione di questi mezzi avrebbe. In effetti, il carro, che abbia fatto il suo tempo o meno, rimane un segno indiscutibile di forza militare, specie se fiore all’occhiello della proverbialmente nota industria tecnologica tedesca.  VINCENZO POTI

(ANSA il 24 gennaio 2023) - Le tattiche brutali della compagnia di mercenari Wagner in Ucraina sono state rivelate da un rapporto dei servizi segreti militari ucraini che illustra l'efficacia del gruppo paramilitare a Bakhmut e quanto sia difficile contrastarlo. La Cnn ha potuto leggere il documento segreto.

 "I combattenti del Gruppo Wagner sono diventati la fanteria usa e getta dell'offensiva russa nell'Ucraina orientale. I gruppi d'assalto non si ritirano senza un comando. Il ritiro non autorizzato di una squadra o senza essere feriti è punibile con l'esecuzione sul posto", afferma il report dell'intelligence. Anche le intercettazioni telefoniche ottenute da una fonte dell'intelligence ucraina e condivise con la Cnn indicano comportamenti spietati sul campo di battaglia.

In una si sente un soldato parlare di un altro militare che ha cercato di arrendersi agli ucraini: "I mercenari della Wagner lo hanno preso e gli hanno tagliato i testicoli". Secondo la valutazione ucraina, i combattenti Wagner feriti vengono spesso lasciati sul campo di battaglia per ore, "la fanteria d'assalto non è autorizzata a portare via i feriti dal campo di battaglia da sola, poiché il suo compito principale è quello di continuare l'assalto fino al raggiungimento dell'obiettivo. Se l'assalto fallisce, la ritirata è consentita solo di notte".

 Wagner è un appaltatore militare privato fondato dall'oligarca Yevgeny Prigozhin, che nelle ultime settimane è stato molto in vista in prima linea e sempre pronto a rivendicare il merito dei progressi russi. I combattenti di Wagner sono stati pesantemente coinvolti nella conquista di Soledar, a pochi chilometri a nord-est di Bakhmut, e delle aree intorno alla città. Il rapporto ucraino, datato dicembre 2022, conclude che Wagner rappresenta una minaccia unica a distanza ravvicinata, anche se subisce perdite straordinarie.

(ANSA il 25 gennaio 2023) Il cimitero russo noto per essere usato dai mercenari di Wagner è cresciuto rapidamente negli ultimi mesi, mostrando come il gruppo sta pagando l'invasione dell'Ucraina. Lo riporta il New York Times che ha analizzato le immagini satellitari dell'area notando il recente ampliamento del cimitero che coincide con l'offensiva russa per guadagnare terreno nell'Ucraina dell'est.

Un'immagine satellitare del 24 gennaio, spiega il quotidiano, mostra 170 sepolture nell'area del cimitero dove si trovano di solito i soldati di Wagner, un numero quasi sette volte superiore alla stessa immagine di due mesi fa. Il cimitero del gruppo in Russia, che si trova nelle vicinanze del villaggio di Molkin dove addestra i suoi uomini, è stato reso pubblico in dicembre da Vitaly Wotanovsky, attivista ed ex dell'aeronautica russa.

Per anni i mercenari di Wagner hanno mantenuto un basso profilo nelle loro operazioni in paesi quali la Siria, la Libia e in Africa. ma dall'inizio della guerra in Ucraina, il gruppo è salito alla ribalta con video promozionali e ripetute dichiarazioni sulla sua potenza, rilasciate dal volto pubblico dell'organizzazione Yevgeny Prigozhin.

Anche gli africani combattono in Ucraina, per uscire di prigione o per soldi. Storia di Matteo Fraschini Koffi su Avvenire il 26 Gennaio 2023.

«Resta in prigione o vieni a combattere». È questa una delle strategie della Russia che ha spinto Tarimo Nemes Raymond a prendere in mano le armi contro l’Ucraina. Assoldato l’anno scorso dalla società di mercenari russa Wagner, Tarimo ha combattuto nel Donbass per alcuni mesi fino a quando è morto a fine ottobre durante uno scontro armato nella località di Bakhmut, nell’est dell’Ucraina. Il suo corpo sarà presto rimpatriato in Tanzania dove le autorità e i media locali non hanno ancora commentato questa notizia, nonostante il tempo trascorso dall’uccisione.

«Tarimo era uno dei tanti studenti arrivati in Russia per studiare all’università – afferma la stampa internazionale –. Era però stato arrestato e imprigionato per un apparente crimine legato al traffico di droga». Un video che circola sulle reti social mostra la foto di Tarimo con di fianco la sua bara e intorno alcuni mercenari della Wagner totalmente incappucciati. Su un tavolo giacciono due medaglie: una per il coraggio e l’altra composta dalla una croce usata come simbolo dalla società militare russa.

Ma Tarimo non è il solo africano ad essere rimasto ucciso tra le fila della Wagner. Lemekhani Nathan Nyirenda era un 23enne originario dello Zambia. Preso da una prigione russa dove stava scontando una pena a 9 anni iniziata nel 2020, il giovane studente africano si è in seguito ritrovato a combattere per il gruppo Wagner prima di finire ucciso lo scorso settembre. Martedì centinaia di persone hanno partecipato al suo funerale nella capitale, Lusaka.

«Centinaia di africani, in gran parte studenti, sono da mesi sotto pressione – confermano gli analisti militari–. Molti sono spinti a combattere per la Russia in Ucraina in cambio dell’annullamento della pena». Non ci sono solo ex carcerati tra le file di Wagner o dell’esercito russo, sono presenti anche studenti che invece di continuare gli studi ricevono offerte che raggiungono i «tremila dollari al mese» per imbracciare le armi a favore della Russia. Nei vari atenei, soprattutto quelli vicino al confine con l’Ucraina, numerosi reclutatori militari russi approcciano gli studenti africani per convincerli ad arruolarsi promettendogli un salario sostanzioso e «l’avventura».

Altri africani, in maniera volontaria, hanno cercato invecedi andare a combattere dalla parte degli ucraini, soprattutto studenti o semplici cittadini originari di Paesi come Senegal, Nigeria, Zambia, Costa d’Avorio e Sudafrica. «So che è una guerra e non un gioco da ragazzi, ma voglio unirmi agli ucraini – aveva detto alla stampa Kereti Usoroh, giovane avvocato nigeriano che ha scelto la via del Donbass–. Essere un soldato in Ucraina è sempre meglio che essere qui nella città di Lagos».

Le richieste di volontari africani pronti a partire per il fronte ucraino erano talmente numerose che alcune ambasciate ucraine in Africa hanno ricevuto minacce dai governi africani che volevano bloccare i propri connazionali dall’arruolarsi. Al momento, però, non ci sono stime certe riguardo al numero di africani assoldati dall’Ucraina o dalla Russia. «Alcuni amici del Nordafrica e diversi centrafricani dovrebbero essere partiti al fronte – commentano alcuni studenti africani che hanno declinato tali offerte –. Li vedevamo ogni giorno in università e poco dopo scomparivano senza dire niente».

Estratto dell’articolo di Domenico Quirico per “La Stampa” il 24 gennaio 2023.

Uno dei ruoli più spiacevoli e dannosi che possano capitare a un uomo politico è quello di finire per rappresentare la propria figura del passato. […] È letale esser guidati da qualcuno segnato dal passato. Anche se questo passato è positivo, perfino eroico. […] Colui che era formidabile […] nella prima fase della lotta diventa, […] superato, inadatto. Talvolta perfino dannoso. Soprattutto se quel capo comincia a credere lui stesso […] al proprio personaggio. A Zelensky, forse, questo non è ancora accaduto e vorremmo che non accadesse. Forse ha meritato di meglio.

[…] Zelensky di prima del 24 febbraio, prima della invasione russa, era un attore, e soprattutto un leader, scialbo, alla ricerca di un copione giusto, di una maschera di cartone che lo sollevasse dalla mediocrità di una recita senza profumo. Sillabava, povera animuccia prigioniera di questo secolo di ferro, in un luogo d’Europa dove geografia e Storia sono in pericolosa contraddizione […]

[…] È Putin che ha scritto […] con l’aggressione, la parte perfetta per lui, quella che non avrebbe mai immaginato da solo: il leader che guida la resistenza eroica di un popolo intero […] Zelensky ha recitato la parte con efficacia […] le passeggiate nella Kiev deserta e spettrale dei primi mesi a fianco dei leader occidentali, o al fronte tra le macerie riconquistate, i discorsi serali alla nazione, in perenne costume guerresco, la maglietta verdognola che allude a iconologie mistico consumistiche alla Guevara, gli interventi continui, incalzanti, assertivi via video per non dar scampo ad alleati tiepidi o riluttanti.

Zelensky sa che nel nostro Occidente stanco, esausto, un discorso all’Onu […] non conta quasi nulla. Molto più efficace irrompere al festival di Sanremo o sulla Croisette di Cannes. Zelensky è consapevole che la sua persona […] è qualcosa di […] mediocre e banale.

Molti dei suoi connazionali, e non solo i filorussi, lo detestavano. […] Nel ruolo di eroica guida suprema degli ucraini Zelensky ha trovato […] l’eterno.

 […] in realtà non ha fatto nulla di politicamente o militarmente memorabile. I russi aggressori e gli americani hanno deciso tutto per lui. Vive, teatralmente, tutto nelle parole che ha pronunciato sul palcoscenico tragico della guerra. […] In realtà sa che l’unico spettatore in prima fila che conta è Biden. Perché è dagli Stati Uniti che dipende la sopravvivenza del suo Paese […]

[…] Il rischio per Zelensky è di cominciare a credere al copione che finora ha recitato […] anche se sa che è finzione […]Ciò significa credere che la vittoria totale contro la Russia, la eliminazione diretta o indiretta di Putin, sia l’unica opzione possibile. E che invece non sia arrivato il tempo del secondo atto […] sfruttando le evidenti debolezze russe, saper trattare i margini della vittoria. […]

Il piano per fare di Mosca un’orbita dell’Ue. Così Francia e Germania vogliono fare fuori Putin, rischio escalation sempre più vicino. Paolo Guzzanti su Il Riformista il 24 Gennaio 2023

Il mondo del 2023 va assomigliando al mondo che nel 1914 si dilaniò nella Grande Guerra per molti motivi scollegati e convergenti: allora la nuova Germania era certa di poter strappare all’Inghilterra il dominio dei mari, la Francia e la Russia zarista erano unite con la Serbia. Mai avremmo sospettato nel 1945 con l’inizio del bipolarismo e dai primi venti di guerra fredda, che dopo due generazioni ci potessimo trovare a fronteggiare una corsa verso le strutture imperiali. La Germania e il Giappone, le due grandi potenze nemiche delle democrazie nella Seconda guerra mondiale, hanno deciso di riarmarsi come grandi potenze e nel caso della Germania di farlo sotto l’impulso americano.

L’America nel complesso anche molto contenta del risorgere della potenza giapponese perché sente di non poter farcela da sola nel contenimento della Cina se le cose dovessero precipitare. E poi naturalmente c’è la Turchia di Erdogan che sta rimettendo insieme l’impero ottomano recuperando quel che può del Medio Oriente e puntando ora specialmente sulla Siria che vuole condividere con i russi contando di espellere – se non di sterminare – il popolo curdo. Ma c’è la vicenda delle armi in Ucraina che sta creando la più grande spaccatura e saldatura tra imperi e democrazia. La Francia di Macron e la Germania di Scholz hanno formato in questi giorni una specie di Santa alleanza insieme alla Polonia per trovare l’accordo con cui recapitare a Kiev un numero sufficiente di carri armati Leopard (diretti discendenti dei Tigre del Terzo Reich), quanti ne bastano per rovesciare le sorti della guerra a favore di Kiev. Dove lo Stato maggiore ucraino è convinto non solo di potersi riprendere tutta l’Ucraina invasa, ma anche la Crimea.

È sulla Crimea che gli americani non ci stanno e tendono a frenare l’asse più militarista europeo formato da Germania, Francia, Polonia, Svezia e Finlandia. convinto di dover infliggere una sconfitta militare a Putin per poter poi ripartire da capo con un’altra Russia e un’altra Europa. Si tratta idi una rielaborazione della linea gollista che voleva l’Europa dall’Atlantico agli Urali, già difesa da Macron, che però pensa di poter imporre la caduta del regime attuale a Mosca e la nascita di un regime filoeuropeo. Gli americani invece sono preoccupatissimi del piano ucraino franco-tedesco di cacciare i russi anche dalla Crimea. In parole povere gli Stati Uniti puntano a una guerra di lunga durata e di lungo costo che abbia l’ obiettivo di persuadere Putin a fare marcia indietro senza nuove avventure, mentre Berlino, Parigi e Varsavia accarezzano l’idea della spallata: dare una spallata a regime del Cremlino, far emergere le forze europeiste in grado di sostituire l’attuale dirigenza e passare di fatto a una incorporazione della Federazione russa nell’orbita europea che è l’esatto contrario di ciò che pensava di fare Putin incorporando l’Europa nell’orbita russa.

Perché la guerra in Ucraina può finire a Parigi: la data, i precedenti e la vittoria di Putin, Zelensky e Occidente

A questo piano europeo che sta prendendo forma in queste ore con una serie di “stop and go” per via dei ripensamenti ora del governo tedesco ora del dipartimento di Stato americano, Putin è certamente pronto a rispondere ma non è ben chiaro come. Per cominciare l’attuale governo russo distingue le posizioni europee da quelle americane che sono molto più caute, ma sempre con l’obiettivo di non abbandonare mai gli alleati ucraini anche perché è evidente che questa guerra subita dall’Ucraina abbia fatto emergere un paese che nel corso di un anno è diventato una vera potenza umana anche se ancora non in grado di produrre sistemi di difesa in proprio. Dal punto di vista americano l’Ucraina che era stata tenuta accuratamente fuori dalla Nato è adesso una potenzialità più che una potenza e costituisce un solido bastione per l’Occidente. Tuttavia, né Biden, né il dipartimento di Stato, né la Cia puntano alla sostituzione di Putin o su improbabili colpi di mano a Mosca. E a questo punto, con la evidente separazione degli interessi e degli strumenti fra Europa e America nella questione Ucraina, Putin può a sua volta differenziare le sue reazioni contro i nemici europei separandole da quelle contro gli Stati Uniti.

Secondo tutti gli analisti americani ed europei la risposta che si sta profilando da parte dei russi nei confronti dell’Europa è un’accurata preparazione di un piano in parte terroristico, in parte destabilizzante condotto da forze di estrema destra. Per primo il partito imperiale russo bianco, suprematista ed antisemita con molti simboli nazisti che sarebbe stato addestrato e schierato sul campo per ora in Spagna, dalla cosiddetta “Unità 29155”, che sarebbe l’antico servizio militare sovietico e poi russo. In Spagna governo e polizia nonché l’opinione pubblica si sono trovati di fronte a una catena di manifestazioni di suprematisti bianchi dei gruppi antisemiti sui quali le autorità spagnole non si sono ancora espresse ufficialmente ma che a parere della signora Fiona Hill, già direttrice del consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca per i rapporti tra Europa e Russia, conferma il collegamento tra servizio militare russo e i nuovi nazisti sparpagliati in Europa. Non sarebbe la prima volta perché già dopo la caduta del muro e il dissolvimento dell’Unione sovietica emersero sotto il coperchio imperiale eserciti di ultras che si dichiaravano ora nazisti e ora comunisti, uniti dal comune progetto di sottomettere le depravate democrazie occidentali.

Nell’aprile del 2020 il Dipartimento di Stato americano denunciò la crescita di uno sconosciuto Movimento Imperiale Zarista che costituisce la parte violenta del suprematismo bianco. Secondo l’intelligence americana e il dipartimento di Stato i capi di questo vasto movimento che agisce sia in America che in Europa sarebbero il fondatore Stanislav Anatolievich Vorobyev, in azione da due decenni, Denis Valiullovich Gariyev al comando dei paramilitari della Legione Imperiale Russa e Nicolai Nikolayevich Truschalov, specialista in operazioni all’estero. A questi gruppi sostenuti dai servizi russi e in particolare dal Gru – intelligence militare – gli svedesi attribuiscono gli attentati di Gothenburg nel 2016 che avevano colpito posti di rifugio per i migranti e altri luoghi di accoglienza. Secondo la Stanford University il Movimento Imperiale Russo trova i suoi adepti fra ”suprematisti bianchi” monarchici ultranazionalisti ortodossi antisemiti, tutti nostalgici dell’Impero zarista dei Romanov ma nutriti di idee neonaziste fuse con quelle dei suprematisti bianchi europei e americani. A loro dichiarò di ispirarsi l’australiano che nel 2019 uccise 51 musulmani in Nuova Zelanda.

Gli stessi personaggi avrebbero compiuto nel 2018 l’attentato in Inghilterra contro Sergei Skripal, ex agente del Gru passato agli inglesi, avvelenando lui e la figlia, scatenando durissime reazioni della politica e della stampa inglese, procedendo poi con una catena di attentati nella Repubblica Ceca e in Bulgaria oltre a un tentativo di colpo di Stato in Montenegro nonché una taglia offerta ai talebani afghani per ogni soldato occidentale ucciso. Secondo le inchieste che affiorano sulla stampa americana australiana e canadese questo vastissimo movimento ormai radicato in quasi tutti i Paesi occidentali potrebbe avere il compito di destabilizzare dall’interno i Paesi dell’Europa occidentale inclini all’invio di carri armati tedeschi Leopard in Ucraina, Nel frattempo – sono dati dell’ultimo mese – la Cina ha smesso di crescere: i progetti vagheggiati dalla dirigenza del partito comunista cinese sembrano frustrati da una crisi imprevista: il calo repentino delle nascite, l’aumento delle morti per Covid e la sterilità di 150 milioni di maschi privi di una partner femminile a causa della politica di un solo figlio per famiglia voluta da Mao Zedong la cui conseguenza è stata la strage nelle case contadine di quasi tutte le neonate femmine, inutili come forza lavoro nei campi.

Sembrano crollare a picco le prospettive del mercato interno e si prevede uno svuotamento delle scuole. La Cina vive una crisi economica che porterà fin quasi all’arresto della crescita del paese mentre la fobia di nuove forme di covid provoca tumulti, panico e cessazione di attività commerciali e produttive. con l’effetto collaterale di una rivendita sottobanco di milioni di barili di grezzo che la Cina compra a prezzo di favore dalla Russia e rivenderebbe sottobanco all’Iran, che a sua volta lo immette sui mercati che avevano adottato il Price Cap contro la Russia. Una parte dell’Europa del Nord più, la Francia, è incline a fondersi con i nuovi membri della Nato, Svezia e Finlandia, più Germania Francia e Polonia che puntano su una nuova Russia senza Putin e che quindi perseguono la sconfitta.

Anche Vladimir Putin vede come il fumo negli occhi questo progetto volto a farlo fuori senza danneggiare la Russia, perché è sempre più determinato a rimettere insieme l’antico Impero russo. Infine, il turco Erdogan è infaticabile nel trattare su tutti i tavoli, europeo, americano, russo e cinese pur di tornare padrone del Mediterraneo, della Libia e del Medio Oriente. L’invasione dell’Ucraina di undici mesi fa ha aperto dunque un inaspettato vaso di Pandora che ha portato alla luce sottomondi fra loro ostili e infuriati esattamente come accadde quando la fine della Grande Guerra mise il mondo di fronte ad un formicaio ingovernabile simile a quello contenuto dai vecchi imperi.

Paolo Guzzanti. Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.

Biden: «Daremo 31 carri armati Abrams a Kiev. Ma non è un’offensiva contro la Russia». Andrea Nicastro, inviato, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 25 Gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di mercoledì 25 gennaio, in diretta. Il presidente Usa: «Non è una minaccia offensiva contro la Russia». Kiev: «Confermiamo Soledar in mani russe»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 336esimo giorno.

• Germania e Usa forniranno i carri armati che Kiev chiedeva da tempo. L’Ucraina potrà così reggere l’offensiva russa in primavera.

• Corruzione e collaborazionisti, un secondo fronte per Kiev.

Ore 04:42 - Corruzione e collaborazionisti: il secondo fronte della resistenza ucraina

(Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il punto militare 343 | Dalla morte del negoziatore Denys Kirieiev, pochi giorni dopo l’invasione, alle dimissioni dei funzionari del governo, il secondo fronte ucraino è infido, pieno di ombre, rischi e minacce.

È il secondo fronte ucraino. Infido, pieno di ombre e rischi, minacce. Animato da spie, corruzione, pericoli che arrivano dall’esterno. Un episodio brutale nei giorni seguenti all’invasione. Denys Kirieiev, uomo d’affari e negoziatore diplomatico, è ucciso da agenti del controspionaggio Sbu su uno dei loro mezzi. L’imprenditore era stato arrestato perché sospettato di aver passato informazioni a Mosca. Una versione ribaltata — come ha rammentato il Wall Street Journal di recente —, racconta una vicenda in cui la vittima non ha colpito alle spalle il suo paese ma lo ha aiutato in modo decisivo. Questo ribadiscono a Kiev. Se la capitale non è caduta in mano agli occupanti è anche merito suo, perché ha svelato a Zelensky dettagli importanti sul piano d’attacco. Particolari acquisiti attraverso le sue relazioni sull’altra barricata, in campo russo. Infatti sarà poi sepolto con tutti gli onori nonostante voci e notizie che lo dipingevano come una «talpa»

Ore 04:46 - Carri armati Abrams, Usa pronti a inviarli in Ucraina: cosa cambia nella guerra?

(Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Berlino ha sempre subordinato il suo eventuale sì ai Leopard all’invio dei tank americani La fornitura eliminerebbe un alibi. Intanto Kiev otterrebbe un mezzo più preciso nel tiro rispetto alle «macchine» in dotazione.

Gli Usa sono pronti a fornire i carri armati Abrams all’Ucraina. Un’ipotesi prima considerata, poi raffreddata con scuse, ora vicina a concretizzarsi per accontentare una pre-condizione tedesca. La Germania era pronta a dire sì all’invio dei Leopard, a patto che gli americani facessero una mossa analoga. Ad anticipare la probabile svolta è un articolo del Wall Street Journal, sempre bene informato sui retroscena della crisi. Cosa comporta?

Ore 04:47 - La guerra nucleare e l’orologio dell’Apocalisse: mai stati così vicini al disastro atomico

(Antonio Carioti) Un «bollettino scientifico» nato nel 1947. Oggi saremmo a soli 90 secondi dall’Apocalisse (la mezzanotte) per via del conflitto ucraino. Ora incide anche il riscaldamento climatico.

La guerra atomica, o comunque una catastrofe mondiale per l’intera umanità, non è mai stata vicina come adesso. O, quanto meno, questa è la valutazione appena formulata dai curatori del «Bollettino degli Scienziati Atomici», che ogni anno misurano simbolicamente, attraverso il cosiddetto Orologio dell’Apocalisse, quanto la Terra si approssimi a un disastro irrimediabile. La mezzanotte sul quadrante di questo cronometro corrisponde all’olocausto nucleare: quanto più la lancetta dei minuti vi si avvicina, tanto maggiore è il pericolo. La stima comunicata il 24 gennaio è che ci troviamo a soli 90 secondi dall’apocalisse. A preoccupare è soprattutto la guerra provocata dall’aggressione di Mosca contro Kiev, tant’è vero che il comunicato stampa con l’annuncio è stato diffuso per la prima volta in inglese, in russo e in ucraino.

Ore 05:01 - Vjosa Osmani, presidente del Kosovo: «La Serbia? Imperialista come Mosca e coopera con la Wagner»

(di Francesco Battistini) Presidente Osmani, un quarto di secolo dopo le bombe, quindici anni dopo l’indipendenza, come mai il Kosovo è ancora sull’orlo d’una guerra con la Serbia?

«Non direi che sia stato il Kosovo a finire nel baratro di queste tensioni. E non si può dire che aggressore e vittima stiano sullo stesso piano. E’ casomai quello stesso Paese che intraprese le guerre negli anni ’90, ancora una volta, a creare problemi. Purtroppo la Serbia è guidata da chi negli anni ’90 stava al servizio di Milosevic e ha le stesse rivendicazioni territoriali d’allora: han solo cambiato strategia. La Serbia considera il Kosovo, la Bosnia, il Montenegro come Stati provvisori da distruggere, vuole destabilizzarli».

La più giovane presidente del più giovane Stato europeo, Vjosa Osmani, da qualche mese maneggia una delle crisi più pericolose dei Balcani. Barricate serbe, corpi speciali mobilitati, cannoni alle frontiere, spari sulle truppe Nato. Di fronte, l’eterno nemico. E sullo sfondo, ne è convinta, qualcun altro di ben più pericoloso: «La mentalità egemonica di Belgrado somiglia moltissimo all’approccio che ha la Russia, quando crede di tornare all’era imperiale e di prendersi territori di Paesi vicini...».

Ore 05:03 - Usa, la produzione di proiettili da 155 mm aumenterà di sei volte

Il Pentagono ha annunciato che aumenterà di sei volte la produzione di proiettili da 155 millimetri, quelli di cui le forze ucraine hanno più bisogno fino ad arrivare a 90.000 al mese in due anni. Lo riporta il New York Times. Si tratta di un livello di produzione che non si vedeva dai tempi della guerra di Corea. Il piano prevede l’investimento di miliardi di dollari, la creazione di nuovi impianti di produzione e il coinvolgimento di più produttori.

Ore 06:28 - Stati Uniti invieranno a Kiev 30 carri armati Abrams M-1

Il governo degli Stati Uniti sta ultimando i preparativi per l’invio in Ucraina di circa 30 carri armati M-1 Abrams. Lo riferisce l’emittente televisiva «Cnn», che cita due fonti governative anonime. Le tempistiche dell’invio dei carri armati sono ancora incerte, e addestrarne gli equipaggi potrebbe richiedere mesi. Secondo le fonti anonime, il governo Usa intende fornire all’Ucraina anche un piccolo numero di veicoli di recupero: mezzi cingolati utilizzati per la riparazione di carri armati o la loro rimozione dal campo di battaglia. Come anticipato dal quotidiano «Wall Street Journal», l’annuncio ufficiale da parte del presidente Joe Biden potrebbe giungere gia’ questa settimana.

Ore 07:41 - E Mosca mostra i muscoli: esercitazione con missile ipersonico nell’Atlantico

Mentre l’Occidente si prepara ad inviare carri armati da combattimento in Ucraina, il governo di Mosca reagisce mostrando i muscoli. La Marina militare russa ha effettuato un’esercitazione nell’Oceano Atlantico con un missile ipersonico Tsirkon: lo ha reso noto questa mattina il ministero della Difesa russo, come riporta la Tass. «L’equipaggio della fregata Admiral Gorshkov, che opera nella parte occidentale dell’Oceano Atlantico, si è addestrata all’uso di un’arma missilistica ipersonica con il metodo della modellazione computerizzata», ha spiegato il ministero». Secondo i vertici dell’esercito, l’equipaggio della fregata Ammiraglio Gorshkov «si è esercitato a colpire con un missile ipersonico Tsirkon un obiettivo che simulava una nave da guerra nemica a una distanza di oltre 900 chilometri».

Ore 07:50 - La furia dell’ambasciatore russo negli Usa: «Distruggeremo tank Abrams»

Le forze armate russe «distruggeranno i carri armati M1 Abrams fabbricati negli Stati Uniti e altre attrezzature militari della Nato se verranno forniti all’Ucraina».

Lo ha assicurato l’ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov. «Durante tutta la crisi ucraina - ha affermato - l’amministrazione ha utilizzato ripetutamente la tecnica di pubblicare informazioni sui media alla vigilia di consegne significative di armi e attrezzature al regime di Kiev. Un’analisi dell’intera sequenza delle azioni di Washington mostra che gli americani stanno costantemente aumentando il livello dell’assistenza militare al loro governo fantoccio». «Se viene presa la decisione di trasferire a Kiev gli M1 Abrams, i carri armati americani senza dubbio verranno distrutti come tutte le altre dotazioni militare della Nato», ha continuato. «Ovviamente, Washington sta deliberatamente cercando di infliggerci una sconfitta strategica». Nelle sue parole, prosegue, l’amministrazione di Washington sta dando il «via libera» all’utilizzo dell’assistenza statunitense per attaccare la Crimea e «copre i crimini commessi degli ucraini contro la popolazione delle regioni di Donbass, Zaporizhzhia e Kherson».

Ore 08:14 - Carri armati, il punto della situazione

(Gianluca Mercuri) Se ne parla da mesi: Roma (l’Occidente) ne discuteva mentre gli appelli di Sagunto (l’Ucraina) assumevano col tempo toni sempre più drammatici. Alla fine, la svolta è arrivata: Kiev avrà i carri armati.

Punto per punto:

• Il sì di Berlino (e Washington)

Lo hanno preannunciato due grandi giornali (Wall Street Journal e Der Spiegel) con la concomitanza che chiedevano i tedeschi. Il cancelliere Scholz, infatti, non se la sentiva di compiere un passo del genere senza la copertura degli Stati Uniti. E dunque: l’Ucraina avrà «un numero significativo» di carri Abrams americani e almeno una compagnia (ovvero 14 pezzi) di Leopard tedeschi. In più, Berlino autorizzerà i governi a cui ne ha già venduti — a cominciare da quello polacco — a cederli all’Ucraina.

• Perché è importante

Perché si tratta, semplicemente, di armi che possono rivelarsi decisive negli equilibri del conflitto. Come scrive Paolo Valentino, «secondo gli esperti militari, una volta sul teatro del conflitto, i carri armati di fabbricazione tedesca darebbero alle forze ucraine una nuova capacità offensiva, mettendole in grado di bucare le difese russe e riprendere la loro avanzata».

• Ma cos’hanno di speciale i tank tedeschi?

Il punto è che sono perfino migliori di quelli Usa: «A parità di potenza di fuoco, sono più leggeri, più veloci, più facili da manovrare e da rifornire». In più, c’è il vantaggio organizzativo che spiegano Andrea Marinelli e Guido Olimpio : «Essendo in dotazione a 13 Paesi europei hanno una riserva consistente e scorte di munizioni». Anche per questo gli strateghi Usa erano riluttanti alla cessione degli Abrams: meglio per Kiev un arsenale meno diversificato possibile, era la tesi.

• Qual era la ragione politica dell’esitazione?

Sia da parte americana sia da parte tedesca, c’era — e c’è — il timore di un salto di qualità del conflitto, con una risposta rabbiosa dei russi che finisca per coinvolgere più direttamente l’Occidente. Da parte della Germania, in più c’è il peso della Storia: i 25 milioni di sovietici morti per mano tedesca soltanto 80 anni fa, i decenni di Ostpolitik (la politica di riconciliazione con Mosca) andati in frantumi per le scelte scellerate di Putin, la difficile riconversione del Paese verso atteggiamenti più bellicosi.

• È giusto allora criticare la Germania? Fino a un certo punto. Intanto, ricorda Paolo, «è il Paese che ha fornito più aiuti militari e finanziari all’Ucraina dopo gli Stati Uniti». Poi, al di là degli errori comunicativi di Scholz, «a suo merito va il fatto di aver tenuto il punto su una questione centrale: per la sua Storia, il suo ruolo e il suo peso, la Germania non può e non deve decidere da sola ma sempre insieme agli alleati sulle questioni della pace e della guerra. Si può essere d’accordo o meno, ma è un argomento solido e fondato».

E Zelensky intanto?

Zelensky, a sorpresa (ma, anche qui, fino a un certo punto) ha anche un fronte interno. Punto per punto:

• La purga anti corruzione

Sembra incredibile che in un Paese stremato da quasi un anno di guerra ci siano dirigenti che hanno approfittato della situazione. Sta di fatto che nel giro di 48 ore, tra arresti e dimissioni, sono saltati il viceministro delle Infrastrutture Vasyl Lozynsky, quello della Comunicazioni Vyacheslav Negoda e quello dei Territori Ivan Lukerya, oltre al vice Procuratore generale dello Stato Oleksiy Symonenko al numero due dell’ufficio presidenziale Kyrylo Tymoshenko.

• Di cosa sono accusati?

Il caso più grave è quello di Lozynsky, colto, racconta Andrea Nicastro, «mentre incassava una mazzetta da 400 mila dollari per agevolare la firma di contratti per la riparazione del sistema elettrico». Lascia basiti l’ipotesi che sia stata fatta la cresta anche sull’acquisto «di generatori utilissimi a sopravvivere ai blackout causati dagli attacchi missilistici russi, ma pagati a settembre a prezzi gonfiati». Symonenko è «chiacchierato per delle costosissime vacanze estive in Spagna». Ma il caso politicamente più spinoso è quello di Tymoshenko, che fa parte del cerchio magico di Zelensky. Lo chiamano «il padrino delle regioni» e gira in Porsche elettrica.

• Come ha reagito il presidente?

Con un divieto di espatrio per quasi tutti i funzionari pubblici, nel timore che scappino con i soldi. E, come suo costume, con un video-selfie: «Voglio essere chiaro, non ci sarà un ritorno alle vecchie abitudini».

• Un Paese ultracorrotto

Le vecchie abitudini sono le mazzette. L’Ucraina, ricorda Andrea, «era prima in Europa per livello di corruzione e il suo cammino verso l’Unione europea è sempre stato condizionato alla soluzione del problema attraverso nuove leggi e una magistratura più autonoma». I Paesi donatori temono un assalto agli aiuti e chiedono un ufficio anti corruzione totalmente indipendente.

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Ore 08:28 - «Gli Stati Uniti vogliono infliggere una sconfitta strategica a Mosca»

«Gli Stati Uniti hanno dichiarato inequivocabilmente il loro desiderio di infliggere una sconfitta strategica alla Russia. Impossibile non notare la realtà»: a dirlo — proseguendo nella narrazione secondo cui quello in atto in Ucraina non è la risposta della comunità internazionale a una invasione inaccettabile, ma una «guerra per procura» dell’Occidente contro Mosca, è il ministero degli Esteri russo, con una nota all’agenzia di stampa moscovita Tass.

L’annuncio arriva dopo l’annunciato ok di Washington all’invio di carri armati Abrams all’Ucraina.

Ore 08:32 - Perché la Germania l’ha «spuntata» con gli Usa, sui carri armati

(Paolo Valentino, da Berlino) Olaf Scholz voleva una copertura politica per prendere la decisione della vita, la fornitura all’Ucraina dei Leopard, l’arma che potrebbe cambiare il corso della guerra ma anche ampliare il conflitto innescando conseguenze imprevedibili.

Non una copertura qualsiasi, ma quella degli Stati Uniti, principale alleato e potenza leader dell’Occidente. E alla fine, dopo aver tenuto il punto pur sommerso dalle critiche, il cancelliere tedesco l’ha spuntata.

Poche ore dopo l’anticipazione del Wall Street Journal, secondo cui la Casa Bianca sta per annunciare l’invio a Kiev di un numero significativo dei suoi formidabili carri armati Abrams M1, il governo federale ha deciso ieri sera di rompere ogni indugio e dare il segnale verde a fornire all’Ucraina i propri tank pesanti.

L’ultima trattativa tra il presidente americano e il cancelliere sarebbe iniziata con la telefonata del 17 gennaio scorso, ma il negoziato segreto si è intensificato negli ultimi giorni. Si spiegano così le arrabbiature degli americani, di fronte alle ripetute fughe di notizie sulle condizioni poste da Scholz, che subordinava l’invio dei Leopard a quello degli Abrams.

Sollecitato da tutte le parti, all’esterno e all’interno del governo, il sì di Olaf Scholz alla cessione dei Leopard si lascia dietro molte macerie. A suo merito va tuttavia il fatto di aver tenuto il punto su una questione centrale: per la sua Storia, il suo ruolo e il suo peso, la Germania non può e non deve decidere da sola ma sempre insieme agli alleati sulle questioni della pace e della guerra. Si può essere d’accordo o meno, ma è un argomento solido e fondato.

Ore 08:37 - Il piano di Kiev per i prossimi mesi (e il rischio che la guerra duri anni)

(Federico Fubini) È probabile che la Russia prepari un attacco fra pochi mesi ma, prima di accettare qualunque negoziato, anche l’Ucraina vuole cambiare a proprio favore gli equilibri della guerra. A Zelensky non bastano più le armi per difendersi e far pagare cara ai russi l’aggressione: vuole più forza di fuoco, vuole contrattaccare ancora.

L’idea a Kiev sarebbe di usare centinaia di Leopard e altri tank occidentali per sfondare in primavera le linee nemiche al centro del fronte del Donbass, spezzando i contingenti nemici in due tronconi separati a Nord e a Sud. A quel punto gli ucraini avrebbero a tiro e potrebbero distruggere il ponte di Kerch fra la Russia e la Crimea grazie agli Himars, il micidiale sistema di missili fornito dagli americani.

I prossimi mesi saranno dunque decisivi per capire se questa guerra avrà un vincitore o se invece è destinata a durare anni, magari a intensità più bassa.

Del resto il tempo non gioca a favore di nessuno.

A Washington c’è reale preoccupazione per la rapidità con cui gli stock di missili americani vengono logorati in questa guerra terribile. Anche perché intanto nel triangolo fra americani, tedeschi e ucraini altre tensioni sulla gestione civile ed economica della guerra stanno venendo a galla.

Dice Michael McFaul, l’ex diplomatico americano che collabora con Zelensky: «Quelli dicono di sapere come finirà non sanno neanche di cosa stanno parlando».

Ore 08:46 - Ambasciatore russo a Washington: fornitura Abrams sarà «una provocazione»

Il possibile invio di carri armati da parte di Washington all’Ucraina rappresenta «un’altra palese provocazione» contro la Russia: lo ha detto oggi l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, in un messaggio inviato sull’account Telegram dell’ambasciata. «Se gli Stati Uniti decidono di fornire carri armati, allora giustificare un tale passo con argomentazioni sulle `armi difensive´ non funzionerà di certo. Sarebbe un’altra palese provocazione contro la Federazione Russa», ha scritto Antonov, come riporta il Guardian.

Ore 08:51 - Mosca: esercitazioni in corso con missili Zircon

La fregata russa Ammiraglio Gorshkov, che sta svolgendo esercitazioni nell’Oceano Atlantico, ha eseguito un’esercitazione sull’uso di armi missilistiche ipersoniche utilizzando la simulazione al computer. Lo ha reso noto il ministero della Difesa russo. Mentre l’Occidente si prepara ad inviare carri armati da combattimento in Ucraina, il governo di Mosca dunque reagisce con i Zircon, missili di nuova generazione, che secondo Mosca viaggiano a una velocità nove volte superiore a quella del suono, con una portata di oltre 1.000 km. «Coerentemente con l’ambiente di addestramento, la fregata Ammiraglio Gorshkov si è esercitata ai preparativi per un attacco con un missile ipersonico Zircon su un bersaglio marittimo che imitava una finta nave nemica a una distanza di oltre 900 chilometri». La nota non afferma che la fregata ha sparato davvero un missile. Il ministero aveva reso noto due settimane fa che la nave da guerra stava effettuando esercitazioni nel Mare del Nord.

Ore 09:14 - Papa a Chiese Ucraina: non abbiate dubbi, vi ho nel cuore

«Non abbiate dubbi, io prego per voi», «io vi porto nel cuore e chiedo a Dio che abbia pietà di questo popolo così coraggioso». Lo ha detto il Papa al Consiglio panucraino delle Chiese.

«Io sono vicino a voi», ha detto il Papa ricordando che la sua «simpatia» è cominciata da quando era bambino e serviva messa ad un sacerdote ucraino e «da quel momento è cresciuta, una simpatia vecchia che è cresciuta e questo mi fa più vicino a voi». Poi ha chiesto a tutti di pregare «in silenzio ma insieme per la madre Ucraina». Sottolineando positivamente il fatto che nel Consiglio sono tutti insieme, cristiani, ebrei, ortodossi, e tutte le fedi presenti nel Paese, il Papa ha detto: «tutti insieme» per la «mamma ucraina, tutti insieme e questo fa vedere il tessuto della vostra razza», «è un esempio davanti a tanta superficialità che oggi si vede nella nostra cultura».

Ore 09:29 - Cnn, gli Usa invieranno 30 carri armati Abrams a Kiev

Gli Stati Uniti stanno finalizzando i piani per inviare circa 30 carri armati Abrams in Ucraina: lo hanno detto alla CNN due funzionari statunitensi che hanno familiarità con la decisione. L’annuncio dell’amministrazione Biden di inviare i carri armati di fabbricazione statunitense potrebbe arrivare già questa settimana, ha riferito ieri sempre la CNN. I tempi della consegna effettiva dei carri armati non sono ancora chiari e normalmente ci vogliono diversi mesi per addestrare le truppe a utilizzare i carri armati in modo efficace, hanno detto i funzionari.

Ore 09:31 - Kiev: Wagner recluta detenuti ucraini

Il gruppo di mercenari Wagner, legato al Cremlino, sta reclutando cittadini ucraini detenuti che sono stati trasferiti nelle carceri russe per portarli al fronte. È l’accusa dell’esercito ucraino riportata dal Kyiv Independent. «La Russia sta reclutando cittadini ucraini detenuti che sono stati portati con la forza nelle carceri russe. In particolare, a Krasnodar, il reclutamento attivo di tali persone viene effettuato nella compagnia militare privata Wagner», ha assicurato lo stato maggiore ucraino. La Cnn ha riportato le tattiche utilizzate al fronte dal gruppo di mercenari che, recluta nelle proprie fila migliaia di detenuti russi. Sono questi detenuti, secondo i rapporti dell’intelligence ucraina, che spesso formano la prima ondata in un attacco e subiscono le perdite più alte, fino all’80%. L’organizzazione russa per i diritti dei prigionieri Rus Sidiaschaya (RS) ha affermato che circa 40.000 detenuti reclutati da Wagner sono stati uccisi, abbandonati, feriti o catturati come prigionieri in Ucraina.

Ore 09:37 - Zelensky compie 45 anni. La moglie: spero tu torni a sorridere

Il presidente dell’Ucraina Voldymyr Zelensky compie oggi 45 anni. La moglie Olena gli fa gli auguri con un post su Telegram pubblicando una foto insieme al marito sorridente. «Spesso mi chiedono - scrive Zelenska - come sei cambiato quest’anno. E io rispondo sempre: `Non è cambiato. Lui è lo stesso. Lo stesso ragazzo che ho incontrato quando avevamo diciassette anni´. Ma in realtà qualcosa è cambiato: ora sorridi molto meno. Ti auguro altri motivi per sorridere. E sai cosa ci vuole. Lo sappiamo tutti». «La testardaggine non ti manca, l’importante è che la salute sia sufficiente», ha aggiunto. «Quindi sii sano, per favore! Voglio sorridere sempre con te. Dammi questa opportunità!», ha concluso la moglie del Presidente.

Ore 10:01 - Zelensky impone nuove sanzioni a religiosi ortodossi russi

Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha firmato un nuovo decreto che sanziona alcuni ecclesiastici ortodossi russi. Le restrizioni riguardano anche l’ex deputato Vadym Novinskyi. Lo riferiscono i media ucraini. Tra i religiosi destinatari dei provvedimenti ci sono il Metropolita Pavlo, vicario della Santa Dormizione di Kiev-Pechersk Lavra, il Metropolita di Simferopoli e Crimea Shvets Rostyslav, il vescovo di Bakhchisarai Chernyshov Kostyantyn, l’arcivescovo di Rovenkiv e Sverdlovsk Oleksandr Taranov. Le sanzioni sono valide per cinque anni, i beni e i fondi dei destinatari sono stati bloccati ed è loro vietato utilizzare terre demaniali e altri beni, oltre che usare capitali dell’Ucraina. Nelle scorse settimane, Kiev ha imposto sanzioni ad altre 22 figure religiose della Chiesa ortodossa russa.

Ore 10:51 - Cremlino: «Gli Abrams in Ucraina bruceranno come gli altri»

Anche il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, durante il consueto punto stampa della giornata, ha puntato il dito sui carri armati Abrams americani che Biden manderà a Kiev, affermando che «bruceranno nello stesso modo degli altri». Lo riporta l’agenzia Interfax.

Ore 11:07 - Kiev ammette di aver perso Soledar, ora in mano ai russi

Le forze ucraine hanno ammesso di aver perso la città di Soledar, che si trova a circa 10 chilometri da Bakhmut: adesso è in mano ai russi. «Dopo mesi di duri combattimenti le forze armate ucraine hanno lasciato Soledar per “ritirarsi sulle posizioni preparate”», in modo da riorganizzarsi. Lo ha detto all’Afp, il portavoce militare per la zona orientale Serguiï Tcherevaty, rifiutandosi però di specificare quando è avvenuta questa ritirata.

Soledar distrutta vista dall’alto (foto Maxar Technologies via Ansa)

Ore 11:48 - Via libera di Scholz all’invio di 14 Leopard all’Ucraina

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato oggi al suo gabinetto l’invio di 14 Leopard 2A6 all’Ucraina. È quello che si legge in una nota diramata dal portavoce Steffen Hebestreit. Scholz interverrà al Bundestag alle 13. In quella sede è atteso un suo annuncio ufficiale sull’invio dei tank e sull’autorizzazione ad altri Paesi a fare altrettanto.

Ore 12:05 - Berlino: presto addestramento ucraini all’uso dei tank in Germania

«L’addestramento delle forze ucraine dovrebbe iniziare rapidamente in Germania. Al pacchetto appartengono oltre all’addestramento, anche logistica, munizione e manutenzione dei sistemi». È quello che si legge nella nota della cancelleria tedesca, che dà notizia della decisione di Olaf Scholz di inviare i Leopard 2 in Ucraina.

Ore 12:11 - Sunak: «I tank alleati rafforzano le capacità di Kiev»

Il premier britannico Rishi Sunak ha affermato in un tweet che è «giusta la decisione degli alleati e degli amici della Nato di inviare carri armati in Ucraina» dopo il via libera della Germania sui Leopard 2. Il primo ministro ha poi sottolineato che insieme ai Challenger 2 del Regno Unito «rafforzeranno la potenza di fuoco difensiva» dell’esercito di Kiev e in questo modo «stiamo accelerando i nostri sforzi per garantire che l’Ucraina vinca questa guerra e si assicuri una pace duratura».

Ore 12:18 - Il premier polacco ringrazia Berlino per i Leopard

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha ringraziato Berlino per la decisione di inviare carri armati Leopard all'Ucraina.

Ore 12:31 - Kiev: seimila soldati russi sul territorio della Bielorussia

Circa seimila militari russi si trovano attualmente sul territorio della Bielorussia. Lo afferma il rappresentante della direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa ucraino, Vadym Skibitskyi. Lo riferisce Ukrinform.

Ore 12:38 - Kiev: bene l'invio di Leopard, è il primo passo

L'Ucraina accoglie con favore il «primo passo» del via libera tedesco ai carri armati Leopard, ha fatto sapere l'ufficio di presidenza da Kiev.

Ore 12:45 - Berlino: per i Leopard in Ucraina servono circa tre mesi

«I Leopard potranno essere in Ucraina nel giro di tre mesi». Lo ha detto il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, parlando alla stampa a Berlino.

Ore 13:00 - Podolyak: inevitabile un'escalation della guerra in Russia

«Confermo ufficialmente che un'escalation interna della guerra in Russia è inevitabile. E saranno effettuati attacchi diversi contro obiettivi diversi. Perché, da chi e per quale scopo è un'altra questione, e non ne possiamo discutere oggi. Mancano le informazioni sufficienti», ha dichiarato Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, in un'intervista al blogger Michael Nucky, citata da Unian. Podolyak ha sottolineato che le forze armate ucraine non stanno attaccando la Russia, ma che i russi, anche nelle grandi città, potranno «sentire la guerra».

Ore 13:02 - «Servono molti Leopard»

«Il primo passo sui tank è stato fatto. Il prossimo è la "coalizione di carri armati". Abbiamo bisogno di molti Leopard». Lo scrive su Telegram Andriy Yermak, capo dell'ufficio della presidenza ucraina, a seguito del via libera di Berlino all'invio dei carri armati tedeschi a Kiev.

Ore 13:08 - Cremlino: le minacce Podolyak confermano che siamo nel giusto

Le dichiarazioni del consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak su possibili attacchi contro città russe è «una conferma della correttezza» della decisione di Mosca di avviare l'operazione militare in Ucraina «per proteggerci da questo pericolo». Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dalla Tass.

Ore 13:11 - Ambasciatore russo: molto pericolosa la scelta di Berlino

L'ambasciatore russo in Germania Sergey Nechaev afferma che la decisione tedesca sull'invio dei tank Leopard all'Ucraina è «altamente pericolosa» e «porta il conflitto a un nuovo livello». Per l'ambasciatore, citato dalla Tass, la decisione «distrugge quello che resta della fiducia reciproca, infligge un danno irreparabile» ai legami con Berlino e indica «il completo rifiuto della Germania di riconoscere la responsabilità storica» per i crimini nazisti.

Ore 13:26 - Scholz: «Sosteniamo l'Ucraina ma non entriamo in guerra»

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz parlando al Bundestag ha detto: «Non lontano da qui c'è una guerra in Europa. E dobbiamo chiarire che noi facciamo tutto il necessario per sostenere l'Ucraina, ma allo stesso tempo che noi dobbiamo evitare una escalation che porti ad uno scontro fra Nato e Russia. Questo è il principio seguito finora e continueremo a seguirlo».

Ore 13:29 - Nato: «Bene Berlino sui tank, aiuteranno Kiev a vincere»

«Accolgo con grande favore la leadership del cancelliere Olaf Scholz e della Germania nel fornire i carri armati Leopard 2 all'Ucraina in consultazione con altri alleati e partner della Nato: in un momento critico della guerra contro la Russia, questi tank possono aiutare l'Ucraina a difendersi, vincere e prevalere come nazione indipendente». Lo scrive su Twitter il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.

Ore 13:34 - Putin: «Non consentiremo minacce ai nostri territori storici»

La Russia non può consentire che vengano minacciati i suoi territori storici. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin, aggiungendo che lo scopo principale dell'operazione militare in Ucraina è quello di proteggere il popolo e la stessa Russia. Lo riferisce la Tass.

Ore 13:45 - Putin: «In Germania ci sono truppe Usa d'occupazione»

«Le forze americane in Germania sono truppe d'occupazione, in termini legali ed effettivi». Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin citato dalla Tass.

Ore 14:07 - Spiegel, oggi telefonata tra Biden, Scholz, Sunak e Macron

In serata dovrebbe esserci una telefonata fra il presidente Usa, Joe Biden, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il presidente francese, Emmanuel Macron e il premier britannico, Rishi Sunak. È quello che scrive der Spiegel sul sito. I quattro leader vogliono parlare dei prossimi passi per sostenere l'Uucraina.

Ore 14:08 - Spiegel, saranno 80 i Leopard che Kiev riceverà dai Paesi Ue

Gli alleati europei stanno discutendo il trasferimento congiunto di un totale di 80 carri armati Leopard 2 in Ucraina per formare due battaglioni di 40 veicoli. Lo riferisce Spiegel con riferimento alle sue fonti. Nell'ultimo incontro del formato Ramstein, 12 Paesi hanno accettato, riferisce il quotidiano, di fornire carri armati all'Ucraina a condizione che la Germania fosse d'accordo.

Ore 14:18 - Zelensky: «Sinceramente grato a Scholz per i tank»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è detto «sinceramente grato» per la decisione presa dal cancelliere tedesco Olaf Scholz sull'invio di «carri armati tedeschi in Ucraina», ma anche per «l'ulteriore ampliamento del sostegno alla difesa e per le missioni di addestramento» oltre al «via libera ai partner per la fornitura di armi simili». Zelensky - aggiunge su Twitter - di avere saputo «di queste decisioni importanti e tempestive in una telefonata con Scholz».

Ore 14:52 - Intelligence Kiev: possiamo arrivare anche al Cremlino

L'intelligence della Difesa ucraina ha confermato che il Cremlino si trova nel raggio d'azione dei mezzi militari ucraini: per questo motivo Mosca ha iniziato a schierare sistemi di difesa aerea. Lo riporta Unian. Queste informazioni sono state condivise dal vice capo dell'intelligence della Difesa ucraina Vadym Skibitskyi in tv. Per la prima volta, ha confermato indirettamente che l'Ucraina ha effettuato attacchi in territorio russo. I sistemi di difesa aerea a Mosca sono stati installati dopo l'attacco all'aeroporto militare russo di Engels «e questo suggerisce che se arriviamo a Engels, arriveremo al Cremlino», ha detto.

Ore 14:56 - La Norvegia rilascia l'ex comandante della Wagner che ha chiesto asilo

Le autorità norvegesi hanno annunciato il rilascio di Andrey Medvedev, ex membro di spicco del gruppo paramilitare russo Wagner, che aveva fatto domanda d'asilo, dopo essere entrato illegalmente nel Paese. Le ragioni per la detenzione di Medvedev, ha riferito Jon Andreas Johansen, della polizia di immigrazione norvegese, «non persistono più». L'ex comandante della Wagner, che all'inizio del mese era entrato in Norvegia attraverso il confine con la Russia, ha detto di temere per la sua vita in caso di ritorno in patria. Dopo il suo ingresso in Norvegia, l'ex mercenario era stato immediatamente trasferito a Oslo, secondo la normale procedura per i richiedenti asilo. Ad aiutare Medevedev nella sua fuga in Norvegia è stato Vladimir Osechkin, giornalista dissidente russo e fondatore di Gulagu.net. Prima di essere trasferito in un centro di detenzione, Medvedev era stato tenuto in custodia in un luogo protetto.

Ore 15:04 - Biden parla alle 18 (ora italiana), il discorso sul sostegno a Kiev

La Casa Bianca ha annunciato un discorso sul sostegno all'Ucraina del presidente Joe Biden alle 18 ora italiana. È molto probabile che Biden annuncerà la decisione di inviare carri armati in Ucraina.

Ore 15:58 - Unesco iscrive centro storico Odessa nel patrimonio mondiale

Il centro storico della città portuale di Odessa, in Ucraina, sul mar Nero, è stato iscritto oggi nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità in pericolo, nonostante l'opposizione della Russia. Nel corso di una sessione straordinaria del Comitato del patrimonio mondiale a Parigi, 6 Paesi su 21 hanno votato a favore dell'iscrizione di Odessa, 14 si sono astenuti e la Russia ha votato contro la città «perla del Mar Nero», nota per la Scalinata Potemkin.

Ore 16:43 - In corso call tra Meloni, Biden, Scholz, Macron e Sunak

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta partecipando ad una call con il presidente Usa Joe Biden, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, il presidente francese, Emmanuel Macron e il premier britannico, Rishi Sunak. Al centro il punto sulla situazione in Ucraina.

Ore 17:02 - «Attacco russo a Zaporizhzhia, una donna sotto le macerie. Due morti nella regione di Kherson»

I russi hanno attaccato Zaporizhzhia, distruggendo una casa. Una donna è sotto le macerie. Lo riferisce su Telegram il sindaco ad interim di Zaporizhzhia Anatoly Kurtev, come riferisce Ukrinform. «A seguito di un attacco aereo nemico, una casa privata è stata distrutta in uno dei quartieri della città. Secondo le prime informazioni, una donna è ora sotto le macerie», precisa Kurtev.

Inoltre, oggi i russi hanno bombardato Beryslav, nell'oblast di Kherson, colpendo un negozio di alimentari: il bilancio è di due morti e tre feriti. «Beryslav è finita sotto un fuoco russo su ampia scala. I russi hanno intenzionalmente attaccato a metà giornata un luogo dove si riuniscono molte persone. Proiettili nemici hanno colpito un negozio locale di alimentari, mentre la gente si trovava all'interno», si legge nel messaggio rilanciato da Ukrainska Pravda.

Ore 17:29 - Zelensky sente Stoltenberg: ampliare la coalizione dei tank

«Ho discusso con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg un ulteriore consolidamento dei partner per il sostegno dell'Ucraina, in particolare l'ampliamento della coalizione dei carri armati e lo sblocco di tipi qualitativamente nuovi di armi». Lo riferisce su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Abbiamo anche parlato dei passi necessari verso un'ulteriore integrazione con la Nato», ha aggiunto.

Ore 17:37 - Ministro Difesa ucraino sente Austin: presto buone notizie

«Ho avuto una telefonata con (il Segretario Usa alla Difesa) Lloyd Austin. Abbiamo discusso i risultati di Ramstein 8, l'ulteriore rafforzamento dell'esercito ucraino comprese le forniture di carri armati e la manutenzione del nuovo armamento. Altre buone notizie saranno presto annunciate». Lo riferisce su Twitter il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, dopo un colloquio con il suo omologo statunitense Lloyd Austin. «Abbiamo piena fiducia e forte supporto degli Stati Uniti», ha aggiunto.

Ore 18:06 - Biden: «Invieremo 31 Abrams, situazione critica. Saremo uniti»

«Saremo compatti nel sostegno a Kiev, per questo abbiamo deciso di inviare 31 carri armati Abrams all’Ucraina di fronte a una situazione che sul campo si stava facendo critica. Ci vorrà comunque del tempo. In questi momenti dobbiamo mostrarci uniti, soprattutto per difendere la sovranità e l’integrità di un Paese invaso». Così il presidente americano Joe Biden in un punto stampa dopo la telefonata, che ha definito un confronto positivo, con Meloni, Macron e Scholz. «Kiev raggiungerà gli obiettivi strategici grazie al nostro aiuto, ma i tank non saranno una minaccia offensiva contro la Russia. Siamo grati soprattutto al cancelliere tedesco. Da parte della Germania è stata una vera accelerazione», così Biden.

Ore 18:27 - Biden: «L’alleanza regge, Putin si sbagliava»

«Putin si aspettava che l’Europa e gli Stati Uniti avrebbero allentato le decisioni. Si aspettava che il nostro sostegno all’Ucraina si sbriciolasse nel tempo. Si sbagliava». Lo ha detto il presidente Usa, Joe Biden, nel corso del suo intervento dalla Casa Bianca.

Ore 18:35 - Zelensky: «Odessa ha ottenuto la tutela dell’Unesco»

La città di Odessa ha ottenuto oggi la tutela dell’Unesco. Lo ha scritto su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Il centro storico della città portuale di Odessa non solo è incluso nella lista del Patrimonio mondiale, ma è anche riconosciuto come patrimonio culturale in pericolo. Sono grato ai partner che aiutano a proteggere la nostra perla dagli attacchi degli invasori russi!», si legge nel tweet.

Ore 18:50 - Il Punto Militare: 14 Leopard dalla Germania e 31 Abrams dagli Usa: ma per vederli sul campo ci vorranno mesi

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il punto militare 345 | Il governo tedesco ha precisato che l'obiettivo europeo è quello di assemblare il prima possibile due battaglioni di Leopard per Kiev. Saranno circa 70 tank.

Quello che fino a ieri sembrava difficile, ora può diventare realtà: tutti — o quasi — promettono carri armati per Kiev. La Germania ha messo fine alle titubanze annunciando questa mattina la consegna di una «compagnia» di Leopard 2, un totale iniziale di 14 mezzi che saranno consegnati entro 3 mesi e si aggiungono ai 14 promessi dalla Polonia e ai 14 Challenger 2 della Gran Bretagna. L’obiettivo europeo, ha precisato il governo tedesco, è di assemblare prima possibile due battaglioni di Leopard da destinare a Kiev , che equivalgono all’incirca a 70 tank. Volodymyr Zelensky dovrebbe ricevere fra 20 e 53 Leopard 2 dalla Spagna, 4 dal Portogallo, 8 dalla Norvegia e 14 dalla Finlandia. Danimarca e Paesi Bassi stanno invece ancora discutendo l’invio rispettivamente di 18 e 6 tank di produzione tedesca. Quella di Berlino era una decisione attesa, dopo che gli Stati Uniti si erano detti pronti a inviare 30 carri armati Abrams: poi oggi pomeriggio Joe Biden ne ha promessi 31, del valore di 400 milioni di dollari.

Ore 18:57 - Biden: «Italia fornisce artiglieria»

L'Italia sta fornendo «artiglieria» all'Ucraina. Lo ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, annunciando in un punto stampa l'invio di 31 carri armati Abrams alle forze di Kiev. Nel suo intervento Biden ha elencato i Paesi dell'alleanza che stanno contribuendo alla difesa di Kiev con sistemi di difesa aerea, artiglieria e veicoli blindati, citando tra gli altri, oltre l'Italia, anche Regno Unito, Germania, Francia, Olanda, Francia, Slovacchia, Canada, Norvegia, Polonia e Svezia.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha citato anche l'Italia per il fatto che «sta inviando artiglieria in Ucraina».

Ore 19:09 - L'ironia dei media russi: un video scherza sull'efficacia dei tank»

La tv russa, già nei giorni scorsi, aveva sminuito l'apporto che i carri armati Abrams americani potrebbero avere nella guerra in Ucraina. Il presentatore Dmitrij Kiseliov, nel suo talk show «Vesti Nedeli» sulla tv di Stato Rossija1, li aveva definiti inadatti al combattimento in inverno. Sarebbe stato questo il motivo della riluttanza degli Stati Uniti a inviarli in Ucraina per sostenere la difesa di Kiev, secondo i media vicini al Cremlino.

Ore 19:00 - Zelensky ringrazia Biden per i carri armati

«Grazie al presidente degli Stati Uniti Joe Biden per un'altra importante decisione di fornire gli Abrams all'Ucraina. Sono grato al popolo statunitense per il supporto alla leadership! È un passo importante sulla via della vittoria. Oggi il mondo libero è unito come mai prima d'ora per un obiettivo comune: la liberazione dell'Ucraina. Stiamo andando avanti». Lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Ore 19:52 - Sunak: «Puntiamo a una pace duratura»

Il primo ministro britannico Rishi Sunak, dopo la telefonata avuta con Biden, Meloni, Scholz e Macron si è dichiarato «contento» del fatto che altri Paesi si siano uniti al Regno Unito nella decisione di mandare carri armati in Ucraina. «Abbiamo l'opportunità per accelerare gli sforzi e garantire una pace duratura per gli ucraini», ha dichiarato su Twitter.

Ore 21:12 - Fonti ucraine: «Mosca concentrerà presto gli attacchi nel Donetsk»

L'Ucraina afferma che la Russia sta aumentando la pressione nella battaglia per Bakhmut, in Donetsk, e che le forze di Kiev sono in inferiorità numerica e senza armi. «Il nemico sta intensificando la pressione nei settori Bakhmut e Vugledar. Ora nel Donbass, rispetto al loro numero superiore di soldati e armi, abbiamo il vantaggio di un comando militare professionale e il coraggio dei soldati», ha sottolineato in una nota il vice ministro della Difesa Ganna Malyar.

Ore 22:46 - Zelensky agli alleati: «Ci servono jet e missili a lungo raggio»

«È molto importante che ci siano progressi in altri aspetti della nostra cooperazione in materia di difesa. Ho parlato oggi con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Dobbiamo anche aprire alla fornitura di missili a lungo raggio all'Ucraina, espandere la nostra cooperazione nell'artiglieria, pensare alla fornitura di aerei per l'Ucraina». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo videomessaggio serale. «Maggiore è il sostegno alla difesa che i nostri eroi al fronte ricevono dal mondo, prima finirà l'aggressione della Russia e più affidabili saranno le garanzie di sicurezza per l'Ucraina e tutti i nostri alleati dopo la guerra», ha aggiunto.

Estratto dell’articolo di Mario Landi per il Messaggero il 25 Gennaio 2023.

«Sfortunatamente, Putin è curato dai migliori medici occidentali, per questo è ancora vivo. Se fosse curato da medici russi tutto andrebbe più in fretta». Ad affermarlo è Vadym Skibitskyi, numero due dell'intelligence militare ucraina, in un'intervista all'agenzia Delfi, rilanciata da Ukrainska Pravda.

 Sulla presunta cattiva salute del presidente russo Vladimir Putin circolano molte voci. Il 19 gennaio il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si era chiesto pubblicamente se fosse ancora vivo. A maggio il capo dell'intelligence militare ucraina, Kyrilo Budanov, aveva dichiarato che Putin ha gravi problemi di salute, compreso un tumore, ma che gli resta ancora qualche anno da vivere.

Il capo dell'Intelligence danese Joachim aveva così detto: «Vladimir Putin era in cura per un cancro alla tiroide e stava assumendo farmaci ormonali, provenienti dall'Occidente, che alterano l'umore: probabilmente per questa ragione ha deciso di attaccare l'Ucraina. L'uso di tali è diventato uno dei motivi del fallimento dell'attacco russo».

 Joachim ricopre un importante ruolo nella Forsvarets Efterretningstjeneste (Fe), il Servizio d'Informazioni della Difesa.

 Cosa è successo prima

Nel maggio 2022, il capo della Gur (l'intelligence ucraina, ndr.) Kyrylo Budanov ha affermato che il presidente della Russia, Vladimir Putin, potrebbe vivere ancora per molti anni nonostante gravi malattie, incluso il cancro.

«Sì, confermiamo pienamente questa informazione (che Putin ha il cancro, ndr). Ha diverse malattie gravi, una delle quali è il cancro. Ma non dovremmo sperare che Putin muoia domani. Ha ancora anni da vivere. Che ci piaccia o no, è la verità», ha riferito Budanov.

(...)

Documents men. Una azienda italiana salverà il patrimonio archivistico ucraino. L’Inkiesta il 26 gennaio 2023.

La CSA Documents ha risposto all’appello del direttore generale degli archivi di Stato ucraini Anatolii Khromov, offrendosi di digitalizzare gratuitamente atti, manoscritti e documenti storici del governo di Kyjiv

Migliaia di atti, manoscritti e documenti storici conservati negli archivi e nelle biblioteche di Stato dell’Ucraina saranno salvati dalla distruzione dovuta all’invasione russa. A farlo sarà una azienda italiana, la CSA Documents, leader del settore dell’archivistica e della digitalizzazione che ha offerto un aiuto gratuito al governo di di Kyjiv

Il Presidente del consiglio di amministrazione di CSA Documents Gian Marco Di Domenico ha risposto all’appello del direttore generale degli archivi di Stato ucraini Anatolii Khromov, pubblicato da Repubblica il 22 gennaio, inviando una lettera all’ambasciatore ucraino in Italia Yaroslav Melink: «Saremmo onorati di offrire gratuitamente le nostre competenze alla direzione generale degli archivi di stato ucraini, sarebbe il nostro modo per dare un contributo all’eroica resistenza del vostro popolo», si legge nella missiva.

Finora i russi hanno distrutto oltre 300 biblioteche statali e universitarie ucraine e rubato oltre la metà del materiale cartaceo e audiovisivo. Come ha raccontato Khromov a Repubblica,  finora sono andati persi oltre dodicimila documenti del Kgb sulla repressione degli ucraini da parte del regime sovietico nel XX secolo.

«Salvare un archivio significa salvare la memoria di un Paese e un segmento importante della sua sicurezza – ha affermato il responsabile delle relazioni esterni e dei rapporti istituzionali Nicola Ucciero – per questo una volta letta la richiesta di cooperazione che il governo di Kyjiv ha lanciato abbiamo risposto prontamente e ci siamo messi a disposizione. Crediamo che l’aiuto alla causa ucraina passi anche per queste azioni concrete e pragmatiche».

Se nomini la guerra ti cancello. A migliaia nelle prigioni di Putin.

Vladimir Putin, presidente della Russia

Carceri piene per aver violato le norme che proteggono la reputazione dell’esercito. Si finisce dentro per una canzone, un sermone in chiesa o una scritta nella neve. Alessandro Fioroni su Il Dubbio il 26 gennaio 2023

Sebbene anche Putin definisca guerra e non chiami più Operazione militare speciale l’invasione dell’Ucraina, in Russia dettano legge quelle norme repressive che stanno colpendo pesantemente ogni voce dissenziente in Russia.

Il 4 marzo dello scorso anno, a meno di un mese dallo scoppio delle ostilità, la Duma (il parlamento russo) aveva approvato una legge che riguarda la responsabilità amministrativa e penale a carico di chi e giudicato colpevole di diffusione di notizie false riguardo il comportamento dell’esercito russo. La legge è conosciuta comunemente come discredito delle Forze Armate. Potrebbe sembrare ridicolo in quanto tutte le opinioni contro la guerra potrebbero essere considerate lesive ma in effetti è proprio cosi.

A cominciare dalle pene che variano da sanzioni pecuniarie comprese tra i 30 e i 60 mila rubli (300 e 600 euro). Concretamente le fattispecie di questo reato sono innumerevoli. Per fake news si intende la propria posizione ufficiale (dettata da motivi di odio politico, razziale, nazionale o religioso o di profitto) che fa rischiare a coloro che incappano nella denuncia fino a 50 mila euro oppure la reclusione fino a dieci anni.

Nel caso di reiterazione della violazione le conseguenze possono essere ancora più gravi e arrivare a condanne a quindici anni di galera. Nei giorni immediatamente seguenti all'entrata in vigore della legge si contavano già sessanta fermi, di cui sette condanne a multe salate commisurate agli standard economici dei cittadini comuni russi. Le cronache riportavano i casi limite di un prete ortodosso denunciato per un sermone pacifista e di una donna che aveva scritto No alla guerra sulla neve. La lista si è ulteriormente allungata nel periodo successivo fino ad oggi quando a conflitto acclarato e non più celabile dietro astruse formule dialettiche, ci si aspetterebbe un freno alla furia militarista del Cremlino.

A giudicare dalle notizie che nonostante la censura operata continuano ad arrivare da diverse città della Russia. Si può dunque rimanere impigliati nelle maglie di una legge assurda e tragica nello stesso tempo per una canzone, un poster o un video pubblicato online. A quanto sembra le sanzioni sono quasi quotidiane e i tribunali istituiscono processi lampo ad un ritmo frenetico. Basta prendere in esame gli ultimi giorni. Il 15 gennaio si e aperto un procedimento giudiziario per discredito dell'esercito contro il dj di un locale di Tula (sud di Mosca) che aveva messo su un piatto una canzone ucraina durante gli auguri di Vladimir Putin la notte di Capodanno; Il 17 invece una donna della Crimea, che aveva affisso un manifesto che definiva il suo vicino che combatteva in Ucraina, un criminale di guerra, si e vista confermare la sua condanna a due anni e mezzo di carcere per diffusione di fake news.

Ma ancora, il 20 di questo mese, un autista di camion della Chuvashia, località sulla riva sinistra del Volga, è stato condannato a 30 mila rubli di ammenda (circa 400 euro) perché aveva considerato interessanti, sui social, due video, uno dei quali incentrato sul conflitto ingaggiato da Kiev nelle repubbliche separatiste del Donbass negli ultimi otto anni.

Senza soluzione di continuità, pochi giorni fa a Novosibirsk, un direttore di un istituto tecnico e stato fatto oggetto di controlli da parte della polizia perché inculcherebbe un'educazione pacifista al figlio. Ma non manca neanche la repressione dettata dallo stato di guerra come quella che ha colpito la rappresentante del Consiglio delle mogli e delle madri, un collettivo che difende i diritti dei chiamati alle armi. Arrestata mentre si apprestava a presentare al ministero della Difesa le denunce di settecento donne.

Prigioniero di guerra. I russi hanno reso il procione rapito a Kherson un’arma di propaganda. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 28 Gennaio 2023.

Il caso dell’orsetto lavatore, diventato suo malgrado mascotte di un reparto di paracadutisti, dimostra come funziona la macchina di disinformazione del Cremlino che, attraverso un canale Telegram con ottantamila iscritti, raccoglie fondi per comprare equipaggiamento militare

La sua patria non l’ha dimenticato, anche ora che è nelle grinfie dei nemici. I russi l’hanno rapito durante la ritirata da Kherson. Forse come rappresaglia, forse per ottenere un riscatto. Hanno ipotizzato di usarlo come contropartita in uno scambio di prigionieri. È costretto a girare video propagandistici per il Cremlino, che lo schiavizza nelle campagne social, ma la sua frustrazione è evidente. Il ministero della Difesa ucraino ha promesso di vendicarlo. Non è un comandante, o un pilota, e nemmeno un leader politico, ma un animale. Un procione, per l’esattezza.

Prima di lasciare la città, lo scorso novembre, le truppe nemiche non solo hanno svuotato il museo, nelle più gravi razzie d’arte dai tempi dei nazisti, ma persino lo zoo locale. Hanno portato via due lupe, alcuni pavoni, un asino e un lama. E sette procioni. Una «farsa», l’ha definita il Washington Post, arrivata dopo il furto delle spoglie del generale Grigorij Potëmkin, amante della zarina Caterina. Gli animali sono ricomparsi in alcuni video girati in Crimea. «È una missione umanitaria», si dice in uno di questi, cioè la falsa promessa di sottrarli alle bombe per restituirli un giorno alla struttura d’origine.

«Per noi non hanno valore zoologico – continua il filmato –. Abbiamo settantacinque procioni, potremmo mangiare carne di procione. Sono in buone mani». L’ironia di dubbio gusto sul macellare gli ospiti del parco non è quella di un animalista. Di fronte alle immagini, in cui si vede un orsetto lavatore venire sballottato fuori da una scatola, il ministero della Difesa di Kyjiv ha reagito: «Gli occupanti hanno rubato di tutto da Kherson: dipinti dalle gallerie, reperti antichi, manoscritti storici dalle biblioteche, però il loro bottino più prezioso è un procione dello zoo. Rubate un procione e morite».

Non è stata un’evacuazione, ma l’ennesimo furto. In effetti, i russi hanno fatto il possibile per ribaltare lo sfottò degli ucraini, per rendere cioè il procione rapito un asset. Quando è ricomparsa, infatti, la bestiola lo ha fatto nelle nuove, e inconsapevoli, vesti di uno strumento di propaganda. Il 12 novembre, a pochi giorni dalla rotta di Kherson, la priorità dell’esercito dovrebbe essere una riorganizzazione logistica nella regione, invece apre un canale Telegram monotematico. Si documentano le condizioni dell’orsetto, adottato da un reparto di paracadutisti che gli hanno cucito una magliettina a righe simile a quelle indossate da loro.

Il canale Rossija 1 (l’equivalente russo di Rai 1, con cinquanta milioni di spettatori) gli dedica un servizio televisivo. È l’inizio della fama. Il presentatore lo definisce «piccolo combattente». Dopo un sondaggio online, i soldati l’hanno ribattezzato «Kherson», come la città a cui l’hanno strappato, e davanti alle telecamere assicurano che li motiva. «Ci sprona a nuove vittorie». Come è da chiarire. Nel girato lo si vede sbucare da uno zaino militare e, non troppo entusiasta, venire trasportato lungo il fronte in una gabbietta. «Quando pensi che la tv russa non possa più sorprenderti, producono una cosa del genere», ha commentato il giornalista della Bbc, Francis Scarr.

La bestiola, suo malgrado, diventa la mascotte del battaglione. Lo riproducono sulle divise, ma la viralità sui social viene spesa soprattutto per raccogliere fondi attraverso donazioni su internet. Centinaia di migliaia di rubli, in un caso tre milioni (circa quarantamila euro). Come ringraziamento, ci sono le foto dell’equipaggiamento acquistato con quei soldi. Per esempio, un set di tute invernali e cento paia di calze termiche. Le didascalie suonano cringe nella finzione che le abbia scritte l’animale, non un social media manager. Con un decreto speciale, i russi lo avrebbero persino ammesso all’università di Melitopol, nella facoltà di sicurezza informatica.

Su Telegram, quasi ogni giorno, quasi ottantamila follower seguono gli spostamenti dell’animale e della “sua” unità. «Non mi hanno torto un cappello», recita un messaggio a corredo di un video in cui, in realtà, il procione sembra visibilmente stressato. Non può mancare la fotto sotto l’albero per gli auguri del Natale ortodosso, il 6 gennaio. Gli vengono mandati cappellini su misura, filastrocche e disegni dei bambini. È la prova che l’operazione è riuscita: l’orsetto di nome Kherson è ormai un’arma propagandistica del Cremlino. In patria, a suo modo, è una star. Invia addirittura un videomessaggio a un torneo di ginnastica ritmica a Shakhty, nella regione di Rostov.

Uno dei momenti più surreali, ma pure più organici alla narrazione imperialista che viene convogliata persino così, è un annuncio in pompa magna del 10 gennaio. Quel giorno, in Crimea, l’orsetto riceve una vaccinazione contro la rabbia e la cittadinanza russa. Nel video si nota la riluttanza dell’animale, quella tipica di fronte a un veterinario. Sembrano posticci i documenti che riceve, con la sua foto su un passaporto di carta. «Questo è probabilmente uno degli eventi più importanti della mia vita!», è il virgolettato fabbricato per l’occasione.

Gli ucraini, che nella comunicazione tramite meme sono maestri, su Twitter hanno ipotizzato un’operazione stile Salvate il soldato Ryan per liberarlo, con il profilo peloso photoshoppato sopra i volti dei suoi carcerieri. Hanno esultato quando Kherson, in uno dei filmati, ha morso sul dito uno dei capi dell’amministrazione militare nemica. Come dire, è ancora uno dei nostri. A un certo punto, un prigioniero di guerra russo ha chiesto di essere scambiato con il procione. Anche Kyjiv ha una sua icona: il Jack Russell Patron, premiato dal presidente Volodymyr Zelensky per le vite che ha salvato scovando centinaia di mine grazie al suo fiuto.

Anche lui è una di quelle che in giornalese vengono apostrofate «stelle del web». Kherson ha un vantaggio. I procioni, negli ultimi anni, hanno colonizzato i nostri feed. Saranno le movenze goffe, le zampe che ricordano le nostre mani, la corporatura «chubby» in anticipo sulla body positivity: le analisi si sprecano. Anni fa, era diventato famoso Tema, un altro procionide, soprattutto per la sua stazza extra–large. Tra l’altro, i procioni sono animali selvatici e non sono fatti per vivere nelle case. Né addomesticabili, a giudicare da come quello ucraino ha azzannato il russo che provava a toccarlo.

Se sorridiamo di fronte a contenuti rivedibili, però, rischiamo di cadere nella trappola di Mosca. È esattamente quello lo scopo: rendere «cute» la guerra. Umanizzarla. Le gif buongiorniste, il lessico infantile e apparentemente innocuo convivono nello stesso feed delle operazioni militari, dei bombardamenti e del volo dei droni. Un hate speech che glorifica la macchina bellica russa, legittima le sue pretese antistoriche su una nazione sovrana e ripete una contro-narrazione falsificata al racconto dei media occidentali (per esempio sulle ruberie d’arte), in una coabitazione vicina a un matematico cinquanta-e-cinquanta. L’ultimo post, in ordine di tempo, celebra un camion ucraino fatto saltare da un obice da 152 millimetri.

Chi è Maria Zakharova, la portavoce di Lavrov. Emanuel Pietrobon il 30 Gennaio 2023 su Inside Over.

Irriverente, sarcastica, vulcanica, odiatrice del politicamente corretto e amante della diplomazia dei social network, Maria Zakharova figura tra i personaggi-chiave dell’establishment putiniano ed è l’insospettabile spalla del secondo uomo più potente del Cremlino: Sergej Lavrov.

Le origini

Maria Vladimirovna Zakharova nasce a Mosca il 24 dicembre 1975. Cresciuta in un contesto agiato, in quanto figlia di diplomatici, la Zakharova si sposta da Mosca a Pechino nel 1981, all’età di sei anni, per seguire le orme del padre, chiamato dall’ambasciata sovietica in loco, e farà ritorno in patria soltanto nel 1993.

Il ritorno a casa è dei più traumatici: l’Unione Sovietica non esiste più, al suo posto si trova la Federazione Russa. Ma la famiglia Zakharova riesce ugualmente a navigare le acque turbolente della transizione verso il nuovo: il padre continuando a lavorare negli ambienti politici e diplomatici, la madre lavorando come storica dell’arte presso il Museo Puškin delle belle arti.

La Zakharova, compiuta la maggiore età, sceglie di seguire un percorso ispirato dalla carriera del padre: laurea in giornalismo internazionale presso il prestigioso MGIMO di Mosca, con specializzazione in studi orientalistici e un tirocinio formativo svolto all’ambasciata russa di Pechino. Nel dopo-laurea, forte di una personalità vulcanica e aiutata da un cognome importante, la Zakharova riesce ad entrare nel Cremlino. L’inizio di un lungo cammino che l’avrebbe portata, negli anni successivi, a servire il mostro sacro della diplomazia russa: Sergej Lavrov.

La lunga ascesa

L’ingresso nella diplomazia della Zakharova è tempestivo e irruento. Nel 2003 entra nel dipartimento stampa e informazione del ministero degli Affari esteri, che lascia nel 2005 dopo aver ricevuto la classica offerta che non si può rifiutare: portavoce della Missione permanente della Federazione Russa alle Nazioni Unite.

L’esperienza newyorkese è l’occasione per perfezionare la conoscenza della lingua inglese, ma anche per apprendere sul campo i meccanismi decisionali della più importante organizzazione internazionale universale del mondo, le Nazioni Unite, nonché per costruirsi una reputazione. Nel 2008, dopo tre anni di servizio, è il momento del ritorno a Mosca. Ad attenderla è, nuovamente, il dipartimento stampa e informazione del ministero degli Affari esteri.

Il 2011 è l’anno della promozione a numero due del dipartimento, ruolo che, oltre a comportare maggiori responsabilità – come l’organizzazione di eventi e la gestione dei canali social del ministero degli Esteri –, le permette di avvicinarsi al longevo padrino della politica estera russa, Lavrov, col quale stabilisce un rapporto amichevole e del quale conquista rapidamente la stima.

Il vulcanico duo Lavrov-Zakharova

La Zakharova è la social media manager, la raccoglitrice di informazioni e l’organizzatrice di eventi più in gamba che Lavrov ritiene di aver mai conosciuto. È colei alla quale la diplomazia russa deve l’ingresso sui generis nei social network globali, come Facebook e Twitter, tra meme e post provocatori capaci di fare il giro del mondo in poche ore. Contenuti che riflettono lo stile esuberante della Zakharova, che Lavrov notoriamente condivide.

Il 10 agosto 2015, su ordine di Lavrov in persona, la Zakharova viene nominata direttrice di quel Dipartimento stampa e informazioni in cui ha fatto carriera. Una nomina storica: è la prima donna a ricoprire l’incarico. Una nomina che riflette l’astro esercitato su Lavrov e all’interno del ministero degli Esteri, tanto che la BBC, l’anno seguente, la inserisce nella classifica delle 100 donne più influenti del pianeta.

Sergej Karaganov, il falco di Putin

Esibizionista, provocatrice, pungente, sarcastica e odiatrice del politicamente corretto, pioniera di un nuovo modo di fare la diplomazia ai tempi dei social network, a metà tra la comunicazione persuasiva e il marketing politico, la Zakharova diventa rapidamente la spalla di Lavrov, di cui cura l’immagine pubblica, le relazioni coi media e che accompagna in ogni viaggio.

La Zakharova è il volto mediatico di Lavrov, del quale completa le battute e col quale forma un dinamico e vulcanico duo specializzato nel lancio di frecciatine alla stampa occidentale. Le sottolineature del doppiopesismo per evidenziare le ipocrisie di fondo dei governi occidentali. L’enfasi sulle degenerazioni del politicamente corretto made in West attrarre le simpatie del The Rest. Partecipazioni televisive in casa e concessioni di interviste ai giornalisti stranieri per fornire il punto di vista di Mosca sui temi più svariati: dall’Ucraina alla questione arcobaleno.

La sua visibilità mediatica è aumentata a dismisura nel 2022, alla vigilia e nel corso della guerra in Ucraina, e le è anche costata l’inserimento nell’elenco dei cittadini russi sanzionati dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Accusa: l’essere “una figura centrale della propaganda governativa [del Cremlino]”.

Le sanzioni non le hanno comunque impedito di raggiungere il pubblico occidentale. Anzi. Il suo canale Telegram, che ha raggiunto oltre 500mila iscritti all’inizio del 2023, ha progressivamente assunto la forma di un organo di stampa parallelo, è stato utilizzato per produrre meme e contenuti di vario tipo ed è divenuto una fonte per i giornalisti stranieri. Forse non diventerà l’erede di Lavrov, perché diversi sono i loro profili e ruoli, ma certo è che verrà ricordata come uno dei grandi cervelli della diplomazia della Russia ai tempi dei social network.

Dmitry Kiselyov, il propagandista del Cremlino. Pietro Emanueli il 25 Gennaio 2023 su Inside Over.

La macchina informativo-propagandistica del Cremlino è una fabbrica che non conosce periodi né di pausa né di chiusura. È bifronte, cioè ha un lato rivolto verso il mondo e uno verso l’interno. Il primo è incardinato su media globali, come Russia Today e Sputnik, e su enti specializzati in operazioni cognitive, come l’Internet Research Agency. Il secondo è basato sul connubio simbiotico tra stampa e televisione.

La propaganda russa è simile a quella di altri Paesi: veicola e legittima interessi e visioni del governo in carica, migliora l’immagine della nazione nel mondo, raccoglie la popolazione attorno alla bandiera, vuole vincere cuori e menti di chi l’ascolta. Nel perseguire suddetti obiettivi, la propaganda russa non differisce da quella degli Stati Uniti, del Regno Unito o di altre potenze.

Quando si scrive di propaganda russa, oltre che di Rt, Sputnik e Ira, sarebbe utile e necessario parlare della galassia di presentatori e giornalisti che lavorano incessantemente da megafoni del Cremlino per nazionalizzare le masse e plasmarne le convinzioni. Trattasi di personaggi che hanno giocato un ruolo-chiave nella costruzione della reputazione di Vladimir Putin, nel ritorno della società al conservatorismo e, oggi, nella fabbricazione di consenso attorno all’invasione dell’Ucraina. Personaggi come Vladimir Solov’ëv e Dmitry Kiselyov.

La formazione

Dmitrij Konstantinović Kiselyov nasce a Mosca il 26 aprile 1954. Cresciuto in un ambiente relativamente agiato per gli standard dell’epoca, in quanto nipote del noto compositore Jurij Šaporin, Kiselyov vuole inizialmente seguire le orme del nonno. Appassionato di musica, in ogni sua forma, si iscrive e si laurea alla Scuola sovietica di musica. Ma la vita aveva altri piani in serbo per lui.

L’Unione Sovietica degli anni Settanta non dona né particolare fama né rilevanti opportunità carrieristiche ai lavoratori dell’industria musicale, perciò Kiselyov, alla ricerca di lavori dignitosi, decide di trasferirsi a Leningrado per studiare filologia scandinava all’Università statale della città. Si laurea nel 1978, ventiquattrenne, e per lui si spalancheranno quasi immediatamente le porte del mondo del lavoro nel prospero mercato dell’informazione.

Forte della conoscenza del norvegese e dello svedese, appresi durante il periodo di studi a Leningrado, Kiselyov viene assunto dalla Televisione statale dell’Unione Sovietica e inviato nel dipartimento dedicato alla trasmissione di programmi e servizi radiofonici in Scandinavia e Polonia. L’inizio di un lungo percorso che lo renderà, col passare del tempo, il propagandista più celebre di Mosca.

Una vita dedicata all'informazione di regime

Nel 1989, dopo aver folgorato l’allora re dell’informazione sovietica – Eduard Sagalaev –, Kiselyov diventa corrispondente per il programma più seguito dell’Unione Sovietica: Vremya. Preparato e tagliente, Kiselyov è l’inviato giusto per coprire le notizie provenienti dal mondo e non di rado gli viene chiesto di recarsi all’estero per realizzare delle dirette. Nell’aprile 1989, ad esempio, viene mandato in Georgia per seguire la sollevazione antisovietica passata alla storia come la tragedia di Tbilisi.

Nel 1991, a seguito di disaccordi su come coprire le rivolte lituane – ultima propaggine del processo di indipendenza di Vilnius –, Kiselyov viene allontanato dalla Tv di Stato. Ma non gli importa: è consapevole che l’esperienza sovietica è ormai giunta al termine e che riuscirà a ritagliarsi spazi nel nuovo ordine che emergerà. Convinzione alla quale i fatti danno rapidamente ragione: viene richiamato a Vremya, su indicazione di Boris Eltsin, all’indomani del tentato golpe di agosto.

Gli anni Novanta saranno la prima età dell’oro del rinato Kiselyov, il giornalista e presentatore più richiesto dai canali della televisione russa. La sua partecipazione è, infatti, voluta dalle reti più importanti e seguite, in particolare da Prt (oggi Canale1). Curiosamente, in questi anni, sebbene in seguito sia diventato un capofila dell’antioccidentalismo, Kiselyov ricevette un contributo dell’Eurocommissione per la creazione di “Finestra sull’Europa”, un programma interamente dedicato alle relazioni Europa-Russia, e ospitato proprio su Prt.

Entro la seconda metà degli anni Novanta, il presentatore più irriverente di Russia è tanto potente da aver raggiunto una sorta di semi-autonomia operativa: produce programmi, sceglie le linee editoriali, segue l’allargamento delle trasmissioni russe nello spazio postsovietico, in particolare in Ucraina. Abilità, inventiva e stacanovismo continueranno ad essergli riconosciute anche nel dopo-Eltsin, in una misura persino maggiore rispetto al passato, e, nel corso dei primi anni Duemila, Kiselyov verrà investito dell’onere-onere di dirigere la macchina propagandistica del Cremlino da Putin in persona.

Il propagandista in capo del Cremlino

Kiselyov trascorre la prima parte del Duemila tra Ucraina e Russia, conducendo e/o producendo programmi televisivi di carattere politico in entrambi i paesi. I suoi programmi attirano ascolti, suscitano polemiche e polarizzano l’opinione pubblica. Di proposito. In Ucraina, nel 2004, anno delle presidenziali, i suoi notiziari vengono accusati di essere sfacciatamente di parte, propaganda a favore di Viktor Janukovyč, e l’esito elettorale giocherà a suo sfavore.

Nel 2006, scaduto il contratto con canale Ictv – non rinnovato dalla dirigenza (anche) per via dei legami con Janukovyč –, Kiselyov si sposta definitivamente in patria. La fine dell’andirivieni e l’inizio dell’egemonia presso il popolarissimo Russia1, nata con la partecipazione all’incendiario talk show “Interesse nazionale”.

Entro il 2010, complice la sua popolarità, Kiselyov occupa i più importanti palinsesti della televisione russa ed è l’intervistatore più richiesto dai potenti del Paese, come ad esempio il patriarca Cirillo. Ma è molto più di un giornalista: è documentarista prolifico, che realizza serie e opere atte a inculcare nel pubblico sentimenti patriottici, valori tradizionali, conoscenza della storia e nostalgia per il passato sovietico. Portano la sua firma i discussi “URSS: Il collasso“, “I cento giorni di Gorbačëv” e “I cento giorni di Eltsin“.

Nel 2012, anno del ritorno alla presidenza di Putin, Kiselyov è ormai, da tempo, il giornalista più affermato di Russia. Dal suo curriculum traspare lealtà (al Cremlino). I suoi numeri suggeriscono che il “formato Kiselyov” funzioni. È l’uomo adatto, evidentemente, a ricoprire il ruolo di propagandista in capo del Cremlino.

Nel 2013, dal grembo di Ria Novosti, viene partorita l’agenzia internazionale Russia Today, di cui Kiselyov viene nominato amministratore delegato. Dei vari figli dell’agenzia, come l’influente Rt, il propagandista diventa lo stratega in capo della loro internazionalizzazione e della loro formazione stilistica. Parole d’ordine: antioccidentalismo di fondo, irriverenza, politicamente scorretto, taglienza. Obiettivo: migliorare l’immagine della Russia, e sottolineare ipocrisie e degenerazioni dell’Occidente, a mezzo di informazione prodotta da media globali.

Tra coloro che hanno popolarizzato l’appellativo dispregiativo Gayropa, molto in voga negli ambienti conservatori russi (e oggi di tutto il mondo), Kiselyov ha giocato un ruolo determinante nel tentativo di inculcamento dei cosiddetti “valori tradizionali” nella società russa, obiettivo conclamato di Putin sin dal 2012, e utilizzato i propri programmi per perseguire tale fine.

La televisione e i media digitali come mezzi per dare compimento alla strategia identitaria del Cremlino, che vorrebbe dare ai russi un io col quale affrontare a modo le turbolenze che si prospettano nel corso del secolo. La televisione e i media digitali come mezzi, caratterizzati da un ottimo rapporto economia-rapidità, per deteriorare l’immagine dell’Occidente nel mondo.

Kiselyov è l’uomo che ha riportato Stalin nei salotti dei russi – e i sondaggi sulla crescente popolarità del fu dittatore indicano che stia avendo successo. È colui che ha lavorato duramente per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica, domestica e internazionale, ogni politica interna ed estera del Cremlino: dall’intervento militare in Siria all’invasione dell’Ucraina. È colui che sa come trasformare l’informazione in uno strumento di condizionamento mentale e comportamentale. È l’Edward Bernays, con le dovute differenze, di Vladimir Putin. PIETRO EMANUELI

Dezinformacija. Le parole chiave della narrazione russofila sulla guerra in Ucraina. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 26 Gennaio 2023

Genocidio, de-nazificazione e golpe sono alcuni tra i termini abusati dal Cremlino per giustificare l’invasione del 24 febbraio. Ecco una anticipazione dell’intervento di Maurizio Stefanini al convegno «Dezinformacija e misure attive: Le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia sulla guerra in Ucraina»

Dalle 16 alle 20 presso la Casa dell’Aviatore (Viale dell’Università, 20 – Roma) si tiene oggi la conferenza «Dezinformacija e misure attive: Le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia sulla guerra in Ucraina», primo di tre incontri organizzati dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. Pubblichiamo una anticipazione dell’intervento di Maurizio Stefanini su «Genocidio, de-nazificazione, golpe. Alcune parole-chiave della propaganda russa».

Genocidio

Nel Donbass soldati ucraini commettono atti di cannibalismo, denunciò alla Camera il 24 giugno 2014 la portavoce dei Cinque Stelle Marta Grande. Prova, «la foto di un soldato ucraino mentre tiene tra le mani sogghignando in modo ineffabile il braccio semi carbonizzato di una donna». In capo a poche ore, saltò fuori che era il fotogramma di un film di fantascienza di cinque anni prima. 

È un caso estremo, ma nella piena logica di una quantità di fake che vengono riciclate senza controllo per giustificare l’attacco di Putin. Sui Social, ma non solo. Ad esempio: «gli ucraini responsabili in Donbass di un genocidio che ha fatto tra i russi 13.000 (14.000) vittime». Gonfiata a 16.000 vittime, la cosa fu ripetuta anche da Berlusconi da Bruno Vespa tra gli interventi dei leader prima del voto, a spiegare il motivo per cui il suo amico Putin aveva fatto l’«operazione speciale» per mettere al potere a Kiev «persone per bene». Col tono che non ci sarebbero stati problemi, se gli ucraini non avessero deciso incomprensibilmente di fare resistenza. Anzi, si è messo pure a dare consigli ai russi su come avrebbero dovuto fare la campagna: tipo quando fece dimettere Zoff da Ct della Nazionale per le sue critiche alla gestione di una finale degli Europei.

In realtà, la cifra di 14,000, più precisamente tra le 14.200 e le 14.400 riguarda tutte le vittime contate dall’Onu nella regione tra 6 aprile 2014 e 31 dicembre 2021. Sono 3404 civili, tra cui 306 stranieri (di cui i 298 del Malaysia Airlines Flight 17). 4400 militari e paramilitari ucraini (4641 per il Museo di Storia Militare ucraino, che però conta fino al 23 febbraio). 6517 miliziani filo-russi, anch’essi contati fino al 23 febbraio integrando le cifre Onu con quelle delle stesse milizie. 400-500 soldati russi tra 6 aprile 2014 e 10 marzo 2015, secondo il Dipartimento di Stato Usa. L’Osce ulteriormente osserva che tra primo gennaio 2017 e 15 settembre 2020 ci sono state 946 vittime civili: 657 nelle aree controllate dai filo-russi. La maggior parte per bombardamenti, ma 81 per mine, e 150 per tentativi di disinnescare ordigni non esplosi da parte di civili senza competenze.

Ovviamente, la semplice uccisione di civili nel corso di un conflitto non è genocidio, anche se si può configurare come crimine di guerra. A proposito dei civili dell’aereo Boeing 777-200ER della Malaysia Airlines che si trovava in volo tra Amsterdam e Kuala Lumpur c’è comunque una sentenza olandese che attesta come fu abbattuto per responsabilità di cittadini russi e loro complici locali al servizio di Putin. Dunque, se l’uccisione di civili nella guerra del Donbas può essere considerata un genocidio, allora questa sentenza configurerebbe una responsabilità di Putin. 

Come è stato però di recente ricordato, ai sensi del Diritto Internazionale costituisce sicuramente genocidio la politica di cui il governo russo si vanta, di prendere bambini ucraini alle loro famiglie per “rieducarli” come «buoni russi».

Il rapimento di minori è stato pianificato dalle autorità russe come componente essenziale della strategia di invasione dell’Ucraina. Vladimir Putin ha emesso a maggio un decreto che rende più facile per i russi adottare bambini ucraini, e il commissario russo per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova, che sostiene apertamente la pratica di spogliare i bambini della loro identità ucraina e insegnare loro ad amare la Russia, sta perseguendo questa politica. In recenti dichiarazioni alla televisione ufficiale, la Lvova-Belova ha spiegato come ha trasformato i minori rapiti, facendo sì che gli insulti a Putin dei piccoli «si trasformino in amore per la Russia». Il numero di bambini ucraini rapiti dalla Russia non è chiaro. Ma Daria Herasymchuk, responsabile ucraina dei diritti dei bambini, stima che almeno 11.000 bambini siano stati sottratti ai genitori.

Ora, la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 9/12/1948 all’articolo II dice: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.» La disposizione del trattato sul genocidio fu adottata nel ricordo delle atrocità naziste, compreso un piano guidato da Heinrich Himmler per rapire bambini dalla Polonia e collocarli in orfanotrofi tedeschi o con famiglie tedesche per essere cresciuti tedeschi. Le prime condanne nei processi per crimini di guerra nazisti furono per rapimento di minori. Il procuratore Harold Neely disse che «non è una difesa per un rapitore affermare di aver trattato bene la sua vittima«, osservando che «questi bambini innocenti sono stati rapiti allo scopo di essere indottrinati con l’ideologia nazista ed educati come “buoni” tedeschi». Questo serve ad aggravare, non a mitigare, il reato.

La Russia, successore dell’Unione Sovietica, è parte della convenzione sul genocidio. In conclusione: sì, in Ucraina sta venendo computo sicuramente un genocidio, e responsabile ne è Putin. 

Denazificazione

«Non è sorprendente che la società ucraina si sia trovata di fronte all’ascesa del nazionalismo di estrema destra, che si è rapidamente sviluppato in russofobia aggressiva e neonazismo. Questo ha portato alla partecipazione di nazionalisti ucraini e neonazisti nei gruppi terroristici nel Caucaso del nord e alle sempre più forti rivendicazioni territoriali», è stata l’accusa di Putin nel momento in cui attaccava l’Ucraina. La «denazificazione» è un’altra grande giustificazione per la guerra, assieme alla storia del «genocidio nel Donbas». Ovvia l’obiezione che è stata fatta subito: ma come fa l’Ucraina a essere nazista se ha un presidente come Zelensky, che è ebreo? Suo nonno Semyon servì nell’Armata Rossa durante la Seconda guerra mondiale, e tre parenti morirono nell’Olocausto. E secondo i sondaggi del Pew Research Center l’Ucraina nel 2018 era il meno antisemita di tutti i Paesi dell’Europa Centro- Orientale. Ovviamente, la narrazione putiniana è che hanno messo un presidente ebreo apposta per nascondere che sono nazisti. Sicuramente ci furono manifestanti di destra radicale nella rivolta del Maidan. In effetti ci sono ebrei anche nel Reggimento Azov, l’unità spesso citata come esempio del carattere «nazista» del regime ucraino. Uno è ad esempio Nathan Khazin, già esponente di una organizzazione ebraica del Maidan. Anzi, di recente elementi dell’Azov si sono recati in Israele, e sono stati ripresi mentre danzavano una hora, danza nazionale israeliana abbracciato a ebrei. 

In una famigerata intervista alla tv italiana Lavrov rispose riciclando una vecchia fake, e spiegando che anche Hitler era ebreo. A parte l’Azov e ruolo di elementi di destra radicale nella protesta di Euromaidan, l’accusa si basa molto sul passato, e sul collaborazionismo filo-tedesco di una componente del nazionalismo ucraino durante la Seconda Guerra Mondiale. In particolare viene citato Bandera, la cui attività verso i polacchi è stata rubricata anche come terrorismo, ma che in effetti dopo un iniziale tentativo di collaborazione con i tedeschi ruppe con loro e fu da loro internato. Sicuramente, un periodo di alleanza tra Bandera e il Terzo Reich vi fu. Molto meno lungo del periodo di alleanza che vi fu tra l’Urss di Stalin e la Germania di Hitler dopo il Patto Molotov-Ribbentop, grazie al quale l’Urss incamerò Estonia, Lettonia, Lituania e porzioni di Polonia, Romania e Finlandia. 

Ma, passato a parte, si può ricordare come in effetti di elementi nazistoidi tra le truppe che combattono per Putin e contro l’Ucraina ce ne siano in abbondanza. Ad esempio, il Battaglione Sparta. 7000 membri, simbolo una M di fulmini. Fondatore e primo comandante Arsen Pavlov, nome di battaglia Motorolla. Cittadino russo, ex-marine con precedenti penali, in una intervista ammise di avere ucciso un prigioniero ucraino con due colpi alla testa, e c’è una registrazione in cui per telefono si vanta di aver fatto lo stesso a almeno una quindicina. Si sarebbe reso responsabile anche di torture: accuse che Amnesty International gira all’intero reparto. Ucciso nell’ottobre del 2016, fu sostituito da Vladimir Zhoga, a sua volta caduto il 5 marzo durante l’invasione dell’Ucraina. Putin lo ha subito fatto «Eroe della Federazione Russa».

Una svastica in bianco e rosso è l’emblema della Unità Nazionale Russa, fondata nel 1990 da Alexander Barkashov. Forte di almeno 100.000 simpatizzanti, in teoria è fuori legge in varie regioni della Russia. Era però un suo membro quel Pavel Gubarev che fu il fondatore della Milizia Popolare del Donetsk ed anche il primo «governatore» della Repubblica Popolare del Donetsk. Ma è uomo di Barakshov anche Dmitry Boytsov: il comandante di un Esercito Ortodosso Russo schierato con i separatisti del Donbass con circa 4000 effettivi. Bandiera blu e rossa con una croce e una spada, è stato accusato di rapimenti, pestaggi e minacce verso protestanti, cattolici, ebrei e membri della Chiesa Ortodossa Ucraina, oltre che di saccheggi. L’8 giugno del 2014 a Slaviansk uccise alcuni pentecostali, e nel novembre 2014 sequestrò due sacerdoti cattolici.  

Una versione slava della svastica è stato il simbolo del Battaglione Svarozich: reparto di neopagani adoratori del dio slavo Svarog che arrivò ad avere 1200 combattenti, ma ora è stato assorbito dalla Brigata Vostok. C’è poi un gruppo di «Brigate Internazionali» tra cui gli estremisti di sinistra spagnoli della Brigada Internacional Carlos Palomino, ma anche i nazionalisti bulgari di «Alba Ortodossa», una Legione di Santo Stefano di estremisti di destra ungheresi che vogliono «riprendere» all’Ucraina la Rutenia subcarpatica, un Distaccamento Jovan Šević di cetnici serbi. 

Senza essere inquadrati in reparti autonomi, hanno mandato volontari per la guerra del Donbas anche l’Unione della Gioventù Euroasiatica di Dugin, il Movimento Imperiale Russo, una Unione Slava e un Movimento contro l’Immigrazione Illegale che hanno anch’essi come simbolo varianti della svastica: come d’altronde la hanno i Battaglioni Rusich e Ratibor. Le Interbrigate di L’Altra Russia, pure attive nel Donbass, hanno invece come simbolo una bomba a mano. Si dichiarano «nazional-bolsceviche».

Putin, peraltro, ha coltivato rapporti intensissimi con gran parte della destra radicale europea: da Marine Le Pen, che ha ricevuti da lui finanziamenti; a Alternative für Deutschland, secondo cui «l’attuale situazione è il risultato dell’espansione a est della Nato, portata avanti malgrado gli accordi con Mosca» e «le sanzioni non hanno mai funzionato». 

Svoboda, cioè Libertà, si chiama un partito ucraino che alle elezioni politiche del 21 luglio 2019 prese il 2,15 p3r cento dei voti e uno dei 450 seggi alla Rada. In effetti aveva preso il 10,45 per cento e 37 seggi il 28 ottobre 2012, nel clima di dura mobilitazione che avrebbe portato alla rivolta di Euromaidan e alle dimissioni del presidente Yanukovych. Ma al voto immediatamente successivo, il 26 ottobre 2014, era già calato al 4,71 per cento e a 6 seggi.. La definizione di Svoboda come neo-fascista o neo-nazista è corrente sui media e nella polemica politica, ma più sfumata tra i politologi. L’ucrainista statunitense Alexander J. Motyl, ad esempio, dice che assomiglia di più al Tea Party Usa. «È diversa dalla normale estrema destra europea per il fatto che il suo nemico principale non sono migranti o minoranze ma il Cremlino», è il giudizio di Anton Shekhovtsov: politologo ucraino che è anche il massimo esperto di rapporti tra Russia e estrema destra: «Tango Noir» si chiama un suo libro in cui analizza in dettaglio le relazioni di Putin con le destre europee, ma ricorda pure come la stessa Urss non fosse del tutto estranea a certe manovre. Shekhovtsov spiega anche che «nazista» nel linguaggio russo significa essenzialmente «anti-russo», e quindi un partito di estrema destra che si mette dalla parte di Putin cessa si essere considerato tale.  

Svoboda nel 2009 aderì a una Alleanza Europea dei Movimenti Nazionali in cui stavano anche Fiamma Tricolore e Casa Pound. Ma se ne andò sbattendo la porta dopo l’annessione della Crimea, tacciandoli di putiniani. Il tema è spinoso anche in campo sovranista, dal momento che lo divide in due al Parlamento Europeo: euroscettici ma anche anti-Putin i Conservatori e Riformisti, dove stanno Fratelli d’Italia con Vox, col partito al governo in Polonia e con altri partiti dell’Europa dell’Est; euroscettici ma pro-Putin Identità e Democrazia, dove la Lega sta con Marine Le Pen, Wilders, la Afd tedesca e la Fpö austriaca. 

Nel 2015 nel loro libro «Ucraina La guerra che non c’è» i due corrispondenti di guerra italiani Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi iniziavano il racconto con un italiano ex-Avanguardia Nazionale che combatteva nel Donbas con gli ucraini e lo finiva con un altro italiano di Forza Nuova che invece stava con i separatisti filo-russi. Da allora vari giornali hanno titolato sul «derby nero in Ucraina» tra una Casapound filo-ucraina e una Forza Nuova filo-russa. Nel 2018 la Procura di Firenze fece arrestare sei estremisti di destra italiani accusati di combattere con i separatisti del Donbass. Ma questa cosa di trovare concittadini estremisti di destra che nel Donbass stavano da entrambe le parti del fronte è capitata anche ai reporter di altri Paesi europei. 

E c’è pure il Gruppo Wagner. Ufficialmente compagnia di ventura privata con sede in Argentina, ma finanziata da oligarchi vicini a Putin, si addestra in strutture del ministero della difesa, e secondo molte analisi è semplicemente un paravento che il governo russo utilizza quando non vuole intervenire direttamente. Adesso è impegnata in Ucraina. Dmitrij Valer’evič Utkin, il suo fondatore, è un noto estimatore di folklore nazisteggiante, a partire dalle mostrine Ss con cui si fa spesso fotografare. Lo stesso nome Wagner sarebbe stato prescelto in onore del musicista più amato da Hitler.

Un gruppo di estrema destra russo sarebbe poi dietro l’invio di lettere bomba a membri del governo spagnolo. Designato come organizzazione terroristica dagli Stati Uniti, il Movimento Imperiale Russo è un gruppo suprematista bianco con membri in tutta Europa e centri di addestramento militare a San Pietroburgo. Funzionari statunitensi ed europei ritengono che un gruppo di suprematisti bianchi con sede in Russia abbia ricevuto l’ordine dall’intelligence russa di inviare lettere bomba al primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, e ad altri obiettivi in Spagna, entro la fine del 2022, secondo il quotidiano. New York Times. Le sei lettere bomba, inviate tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, hanno ferito una persona, un impiegato dell’ambasciata ucraina a Madrid, quando una di esse è esplosa.

Golpe

Fu golpe Euromaidan? Moto popolare nato nella iconica Piazza Maidan e in seguito a cui il 22 febbraio 2014 il presidente Vikor Yakunovich scappò del Paese, è una giustificazione dei filo-Putin per l’aggressione all’Ucraina. Tra i putiniani da tastiera sui Social si arriva a scrivere che il presidente ucraino attuale Volodymir Zelensky sarebbe stato «messo al potere dagli americani con il Maidan», quando in realtà all’epoca faceva ancora l’attore. Divenne presidente dell’Ucraina nel 2015, ma appunto sullo schermo.  Con Sluha Narodu, «Servitore del popolo»: serie tv in cui impersonava appunto un capo di Stato onesto, capace di superare in astuzia antagonisti e detrattori, sull’onda del cui successo nel 2018 scese in campo in politica,  e il 21 aprile 2019 fu eletto presidente con il 73,22 er cento dei voti. Sconfisse il presidente in carica Petro Poroshenko che lui sì è espressione dell’Euromaidan, ed è considerato uomo degli americani. All’epoca c’è invece il dubbio che sia Zelensky un uomo di Putin, e sicuramente è confluito su di lui un voto considerato filo-russo.

Sicuramente la rimozione di Yanukovych non ha seguito il processo di impeachment come specificato dalla Costituzione: incriminazione formale, esame della Corte Costituzionale, voto a maggioranza dei tre quarti della Rada. Però con lo scappare a rotta di collo il presidente si è di fatto dimesso. Qualcosa di analogo a quanto accadde il 20 dicembre del 2001 a Buenos Aires, quando di fronte alla protesta popolare il presidente argentino Fernando de la Rúa scappò dal tetto della Casa Rosada in elicottero.

I latino-americani sono particolarmente precisi nell’indicare questo tipo di fenomeni, e la fattispecie di un presidente che scappa per via di una protesta popolare è rubricata da loro come «golpe de calle». Un «golpe della strada», diverso da un golpe militare. Una quantità di presidenti sono saltati in questo modo nella regione, spesso consentendo l’ascesa di nuovi presidenti poi divenuti alleati di Mosca nel cortile di casa Usa. In genere analisti locali e interazionali non restano a contestare la legittimità della cosa per anni, ma accettano che lo sbrego istituzionale sia sanato da voto del Parlamento e nuove elezioni. Specie se, come è avvenuto in Argentina e in Ucraina, chi è andato al potere grazie al golpe de calle è sconfitto da altri. Oltre che di Zelensky è il caso di Alberto Fernández: presidente argentino espressione di un’area politica erede della protesta del 2001, che ha sconfitto Mauricio Macri, a sua volta eletto dopo aver sconfitto lo schieramento di Fernández. 

Proprio Fernández poco prima della guerra era stato ricevuto da Putin, promettendogli che avrebbe fatto da «porta di ingresso della Russia in America Latina». Cosa abbastanza equivalente alla Ucraina alla Nato: invasione di una superpotenza nel cortile di casa di un’altra superpotenza. Essendo inoltre erede del Maidan argentino: sarebbe Biden autorizzato a procedere con lui nel modo in cui Putin sta procedendo con Zelensky? 

Comunque, questa settimana Lavrov è andato in visita in Sudafrica, e sno stati annunciate esercitazioni navali congiunte Cina-Russia-Sudafrica che avranno luogo proprio un Sudafrica nell’anniversario dell’attacco russo all’Ucraina. Si tratta della seconda visita africana di Lavrov in sei mesi, e precede il vertice Russia-Africa di San Pietroburgo, che lo scorso anno è stato rinviato al luglio 2023 a causa della guerra in Ucraina. Al voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per sospendere l’adesione della Russia al Consiglio dei diritti umani lo scorso aprile solo 10 nazioni africane su 54 hanno votato a favore, mentre nove si sono opposte alla delibera e 35 si sono astenute o assentate. Un mese prima, solo 28 paesi africani avevano sostenuto una risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva il ritiro immediato e incondizionato delle truppe russe dall’Ucraina. Come mai questo entusiasmo? La Russia è attualmente il più grande esportatore di armi nel continente africano, e secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, le esportazioni di armi in Africa hanno rappresentato il 18 per cento di tutte le esportazioni di armi russe tra il 2016 e il 2020. Nel gennaio 2022, centinaia di consiglieri militari russi sono stati schierati in Mali, e tra essi gente della Wagner. Anche il regime golpista del Burkina Faso ha simpatie per Mosca, e sono stati addestrati in Russia anche i militari andati al potere negli ultimi anni in paesi come Sudan, Ciad, Guinea e Guinea Bissau. Sono andati al potere con golpe militari di tipo classico. 

Impegni della Nato

Agilulfo Emo Betrandino dei Guildiverni e degli Altri di Corbentraz e Sura, il Cavaliere Inesistente di Italo Calvino, era un’armatura vuota con dentro un cavaliere che non c’era, ma «sapeva di esserci»: talmente tanto, da rompere la scatole a tutti quelli che gli stavano attorno. Al contrario Gurdulù, il suo scudiero, c’era, ma non sapeva di esserci perché era un minus habens. Mutatis mutandis, potrebbero rappresentare la bizzarra contrapposizione tra il verbale desecretato che secondo lo Spiegel avrebbe impegnato la Nato a non espandersi a Est in cambio dell’assenso alla riunificazione tedesca, e quel Memorandum di Budapest che impegnava la Russia a garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio della restituzione di 1900 testate nucleari rimaste sul suo territorio dai tempi dell’Urss. 

Il primo, forse preso il 6 marzo 1991, in realtà non c’è. Secondo un verbale desecretato nel 2017, era un colloquio centrato sui temi della sicurezza nell’Europa centrale e orientale, oltre che sui rapporti con l’Urss, guidata allora da Michail Gorbaciov. Attenzione! Molti giornali hanno scritto “con la Russia”. Ma Gorbaciov era il leader dell’Urss! Di fronte alla richiesta di alcuni paesi dell’Est Europa di entrare nella Nato, Polonia in testa, i rappresentanti di Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest concordarono nel definirla «inaccettabile». 

L’Urss, però, cessò di esistere il 26 dicembre 1991. Al suo posto apparvero 15 Stati successori, ognuno dei quali erede dell’Unione. Effettivamente, in alcuni casi questa eredità è stata riconosciuta alla sola Russia: il seggio permanente al Consiglio di Sicurezza, per esempio. La Russia è erede anche di quell’impegno? O l’impegno, più propriamente, vale verso tutti i Paesi successori? Insomma: Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania secondo questo verbale si sono impegnati con Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania e Georgia che Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania e Georgia non entreranno nella Nato. Ma se l’Ucraina dice che rinuncia al suo diritto a porre il veto all’ingresso dell’Ucraina nella Nato? E se ci volesse rinunciare la stessa Russia? La Russia trattò per molti anni sulla possibilità di essere ammessa. Non è interpretazione autentica che l’impegno verbale e mai formalizzato decadde con la fine dell’Urss? Insomma, Agilulfo. Non esiste, ma è riuscito a convincere il dibattito che esiste a tal punto, che su di esso si sta fondando la guerra di aggressione di Putin all’Ucraina.  

Invece, il Memorandum di Budapest sulle garanzie di sicurezza esiste. Fu firmato il 5 dicembre 1994, e indusse l’Ucraina a rinunciare all’ombrello nucleare in presenza del quale difficilmente Putin si sarebbe azzardato ad attaccare. Ma, esattamente come Gurdulù, fa come se non sapesse di esserci. Non solo non ne parla nessuno, ma non ci si accorge che in base a esso Stati Uniti, Regno Unito e Francia sarebbe stati già tenuti a intervenire militarmente contro la Russia dai tempi dell’annessione della Crimea, senza nessun bisogno di adesione dell’Ucraina alla Nato. Come fu nel 1914 per il Belgio e nel 1939 per la Polonia. Ed è ancora valido.

Identità ucraina

«Parte inalienabile della nostra storia, della nostra cultura e del nostro spazio spirituale» ha detto Putin dell’Ucraina moderna al momento di entrare in guerra: «interamente creata dalla Russia o, per essere più precisi, dalla Russia bolscevica e comunista». La Rus di Kiev però fu distrutta dai mongoli nel 1240, da cui l’evoluzione separata delle tre culture russa, ucraina e bielorussa, nelle zone che finirono rispettivamente sotto gli stessi mongoli, sotto la Polonia e sotto la Lituania. L’Ucraina è poi conquistata dalla Russia, non senza la resistenza espressa ancora a inizio ’700 da Mazepa. Ridiventa indipendente nello sfasciarsi dell’Impero, come Finlandia, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania. Il ruolo dei bolscevichi è che, a differenza di queste altre regioni, l’Ucraina riescono a riconquistarla. Ma il regime comunista ne ha poi sterminato i contadini con l’Holodomor, genocidio per fame. Da 1,5 a 10 milioni di morti, secondo le stime. Senza questi vuoti e senza i detenuti che il regime portò dalle carceri russe per lavorare nelle miniere di carbone, oggi una maggioranza russofona nel Donbass non ci sarebbe.

La parte occidentale dell’Ucraina non ha mai fatto parte dell’Impero Russo. Divisa tra Polonia, Cecoslovacchia e Romania dopo lo sfasciarsi dell’Austria-Ungheria, fu annessa all’Urss nel 1945, ma rimase la più tenace roccaforte dell’identità ucraina. Per questo nel discorso di inizio della guerra Putin ha espulsa. «Stalin incorporò nell’Urss e trasferì all’Ucraina alcune terre che appartenevano a Polonia, Romania e Ungheria». «Diede alla Polonia parte di ciò che tradizionalmente era terra tedesca come compensazione». Vuole allora per coperenza restituire alla Germania la Kaliningrad già Königsberg di Kant? Chiede alla Polonia di ridare Danzica e Stettino? 

«E nel 1954, Krusciov tolse la Crimea dalla Russia dandola all’Ucraina. È così che si è formato il territorio della moderna Ucraina». Omette che fu uno scambio per cui l’Ucraina diede alla Russia Taganrog. 

«Nel 1990, quando si discusse la questione dell’unificazione tedesca, gli Stati Uniti promisero alla leadership sovietica che non ci sarebbe stata alcuna estensione della giurisdizione o della presenza militare della Nato di un centimetro verso est». Possibile, ma verba volant, scripta manent. Ed era invece scritto quel memorandum di Budapest del 5 dicembre 1994, con il quale l’Ucraina accettava di restituire alla Russia le 1900 testate nucleari che aveva ricevuto in eredità dall’Urss, in cambio di una precisa garanzia da parte di Russia, Usa, Regno Unito Cina e Francia sulla sua sicurezza, indipendenza e integrità territoriale. Violata già con l’annessione della Crimea. 

Biolaboratori

«Esperimenti biomilitari nella fossa 404 – Un laboratorio biologico segreto della NATO a 30 metri di profondità sotto l’Azovstal a Mariupol». «Da Agent Smith 11 aprile 2022» «Il 4 aprile ha scritto Pepe Escobar su Twitter: MARIUPOL 1/3 QUESTA sarà LA storia esplosiva dell’intera saga dei 404, non la false flag di Bucha. Sì, c’è una schiera di capoccia della NATO ancora rintanati con i neonazisti Azov nelle viscere di Azovstal. Eppure la chiave è cosa stava succedendo in questo sotterraneo 8 piani più in basso». Agent Smith non si sa chi sia, Pepe Escobar invece sì: fin troppo bene. Critico musicale brasiliano negli anni ’80 cacciato da due giornali per plagio di recensioni e invenzioni di interviste, dal 1985 si è reinventato come analista geopolitico, e oggi campa mettendo le sue doti di falsario di talento al servizio di RT e Sputnik News. 

Comunque non si trova a Mariupol, non dà prove, ed è stato sospeso da Twitter. Ma è una delle origini del tormentone su Social e media «alternativi». Oltre, ovviamente, alle affermazioni del Ministero della Difesa russo. In realtà, tutte le mappe diffuse e divulgate riguardano il «Cooperative Threat Reduction Program»: un programma di cooperazione tra Ucraina e USA per ridurre il rischio di armi biologiche, derivante da accordi presi nel 1991 per evitare la proliferazione delle armi di distruzione di massa dopo lo sciogliersi dell’Urss. Insomma, è collegato all’altra iniziativa per cui col Memorandum di Budapest nel 1994 l’Ucraina accettò di rinunciare a 1900 bombe atomiche in cambio di una garanzia sulla sua integrità territoriale di cui la Russia era parte, e che ha brutalmente violato. Come ha ripetuto l’alto rappresentante delle Nazioni Unite per il disarmo Izumi Nakamitsu: non c’è «alcun programma di armi biologiche condotto in Ucraina». 

I Filo Putin. Dal Vietnam alla Russia, l’eredità diplomatica di Kissinger. Andrea Muratore il 27 gennaio 2023 su Inside Over.

Il 27 gennaio 1973 Henry Kissinger, allora consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Usa Richard Nixon, celebrò la sua più grande pietra miliare diplomatica con gli Accordi di Parigi che posero fine all’intervento americano in Vietnam senza per questo pregiudicare la posizione e, soprattutto, l’immagine di Washington. L’allora 50enne studioso e diplomatico americano è oggi il quasi centenario esperto e vecchio saggio, interprete della dottrina del realismo, che chiede all’Occidente e alla Russia di concludere un negoziato sull’Ucraina ed evitare di calpestare le reciproche linee rosse. Ieri come oggi agendo in funzione di una visione imperiale della geopolitica e del pragmatismo più schietto.

Dialogando con il leader politico nordvietnamita Le Duc Tho, Kissinger trattò dall’insediamento dell’amministrazione Nixon in avanti cercando una via d’uscita per Washington a una guerra che si era rivelata dispendiosa e foriera di grandi sconvolgimenti. Nella consapevolezza, non colta da molti membri dell’establishment Usa, che le decine di migliaia di morti in Vietnam non valessero la pena del sostegno alla repressione anticomunista nel Vietnam del Sud fino alla vittoria finale e che l’obiettivo strategico di impantanare le forze rivoluzionarie in Asia meridionale e mostrare agli alleati e ai rivali regionali la determinazione dell’America a combattere fosse stato raggiunto.

Inoltre, Kissinger era stato l’uomo dei viaggi in Cina, dell’apertura al dialogo con la Repubblica Popolare e il disgelo con il regime di Mao Zedong. Pragmaticamente, aveva capito che la vera partita si giocava a Pechino, non ad Hanoi o Saigon. E da sostenitore della realpolitik, Kissinger ha svolto un ruolo dominante nella politica estera degli Stati Uniti grazie agli incontri con Zhou Enlai e il passaggio alla nuova frontiera della diplomazia in senso antisovietico.

In seguito, però, fu anche l’interprete della distensione e degli Accordi di Helsinki del 1975 da Segretario di Stato di Gerald Ford. Un uomo capace di mischiare soft power e diplomazia a un uso spregiudicato della linea “dura” in politica estera: nel discorso di Kissinger sulla stabilità rientrano anche le mosse compiute a favore del golpe cileno del 1973 o dei bombardamenti sul Vietnam del Nord per accelerare la conferenza di Parigi l’anno precedente.

La lezione di Kissinger sulla Russia

Ciò che si può trarre dalle mosse di Kissinger e dai suoi moniti odierni sui rischi di un’escalation con la Russia è chiara: gli Stati Uniti devono ragionare da potenza imperiale, da primus inter pares, cercando il dialogo diretto con gli attori pivotali ed evitando che le tensioni alle periferie si scarichino nel centro politico e diplomatico. Una visione alla Metternich della diplomazia che presuppone un ruolo naturale delle potenze maggiori come custodi e gendarmi della stabilità complessiva dell’ordine globale. In cui si può competere nelle regole generali del “concerto tra le potenze”. Questo informa appieno la visione sistemica di Kissinger riguardo la stabilità planetaria, ieri come oggi.

All’alba dei cento anni il diplomatico divenuto filosofo della politica internazionale si è rilanciato come vecchio saggio della stabilità internazionale, ammonendo Washington e Mosca che la stabilità in Ucraina è cruciale per l’ordine mondiale ed è loro responsabilità garantirla. Per comprendere i rischi a cui il mondo va incontro, Kissinger a dicembre ha usato la metafora della corsa alla Grande Guerra nel 1914 in un articolo pubblicato sullo Spectator: “La prima guerra mondiale è stata una sorta di suicidio culturale che ha distrutto l’eminenza dell’Europa. I leader europei sono stati sonnambuli – secondo le parole dello storico Christopher Clark – in un conflitto in cui nessuno di loro sarebbe entrato se avessero previsto il mondo alla fine della guerra nel 1918”, ha scritto l’ex segretario di Stato.

“Il mondo di oggi si trova a un punto di svolta paragonabile in Ucraina”, ha notato Kissinger, per il quale “si avvicina il momento di costruire sui cambiamenti strategici che sono già stati compiuti e di integrarli in una nuova struttura verso il raggiungimento della pace attraverso il negoziato”. Una versione odierna del Congresso di Vienna, negoziato tra imperi e potenze in nome del realismo secondo cui l’abboccamento con un rivale è meglio della mutua distruzione assicurata. Perché il mondo del confronto, anche aspro, ma prevedibile è, secondo Kissinger, migliore di qualsiasi forma di imprevedibilità. Contro il cui sdoganamento da tempo avverte i principali leader mondiali. A Parigi come sull’Ucraina, seguendo la stella polare del realismo che ritiene la più funzionale all’interesse nazionale americano.

Dagospia il 3 Febbraio 2023. ANCHE KISSINGER A VOLTE SBAGLIA, MA ALMENO LO AMMETTE – L’EX SEGRETARIO DI STATO AMERICANO 99ENNE, A UN ANNO DALL’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA APRE ALLA POSSIBILITÀ DELL’INGRESSO DI KIEV NELLA NATO: “SAREBBE UN ESITO APPROPRIATO. L’IDEA DELLA NEUTRALITÀ IN QUESTE CONDIZIONI NON È PIÙ SIGNIFICATIVA” – SECONDO IL REALISTA KISSINGER BISOGNERÀ DARE A MOSCA ASSICURAZIONI SULLA SUA SICUREZZA, E STABILIRE PRIMA COME EVOLVERÀ LA TRATTATIVA SULLE CONQUISTE TERRITORIALI. QUALE? DI NEGOZIATI ORMAI NON PARLA PIÙ NESSUNO

Estratto dell’articolo di Danilo Taino per corriere.it il 3 Febbraio 2023.

All’età di 99 anni, Henry Kissinger ha di nuovo dato prova di onestà intellettuale, oltre che di lucidità di pensiero. Qualche settimana fa, ha ammesso di avere cambiato posizione sull’ingresso nell’Ucraina nella Nato, una volta finita la guerra scatenata dalla Russia. Ora lo ritiene «un esito appropriato».

 L’anziano statista americano segue l’approccio attribuito a John Maynard Keynes: «Quando i fatti cambiano, io cambio le mie opinioni. Lei cosa fa, sir?». Già, noi cosa facciamo di fronte all’evoluzione dell’aggressione di Putin, quasi un anno dopo? Gli sviluppi bellici sul terreno sono decisivi ma allo stesso tempo cambiano le mappe mentali e le possibilità della politica e della diplomazia.

Occorre adeguarsi. La frase completa di Kissinger è la seguente: «Prima di questa guerra, ero contrario alla membership dell’Ucraina nella Nato perché temevo che sarebbe stata esattamente l’inizio del processo che stiamo vendendo ora. Adesso che il processo ha raggiunto questo livello, l’idea di un’Ucraina neutrale in queste condizioni non è più significativa. E alla fine del processo che ho descritto, essa dovrebbe avere la garanzia della Nato, in qualsiasi forma la Nato possa svilupparsi, ma credo che la membership dell’Ucraina nella Nato sarebbe un esito appropriato».

L’ex segretario di Stato (del presidente Richard Nixon) era fedele alla sua fama di realista (forse fin troppo) nelle relazioni internazionali prima dell’invasione del 24 febbraio 2022. Lo è rimasto durante tutto l’anno scorso; e massimamente uomo della Realpolitik è oggi. Per come si sono messe le cose, la soluzione migliore sarà ammettere Kiev nell’Alleanza Atlantica, dice. Niente di imminente: una volta che le operazioni militari saranno terminate.

Allo stesso tempo – ha aggiunto – a Mosca occorrerà dare assicurazioni circa la sua sicurezza, dal momento che nessuno ha intenzione di minacciarla. Entrambe operazioni non semplici. L’ingresso dell’Ucraina – che ha presentato domanda lo scorso settembre – troverà i 30 membri dell’Alleanza divisi: nove Paesi dell’Europa centrale e dell’Est si sono detti favorevoli, altri tacciono ma si sa che sono dubbiosi, scettici.

 E, prima di dare garanzie alla Russia, occorrerà stabilire come evolverà il quadro interno del grande Paese, quale disponibilità avrà Mosca a discutere. Fatto sta che il cambio di opinione dell’influente Kissinger ha fatto sì che la lepre ora corra per i corridoi dei governi e dei ministeri degli Esteri e della Difesa di mezzo mondo. Cosa è cambiato in quasi dodici mesi? Un cessate il fuoco e una tregua sono stati difficili da immaginate sin dall’inizio dell’invasione.

[…] Vladimir Putin […] non si fermerà. Ed è chiaro che Zelensky non ha intenzione di cedere e nemmeno può farlo: troverebbe la popolazione contro di lui e le migliaia di ucraini morti risulterebbero un sacrificio vano. […]

 In un’altra occasione, sempre nello scorso gennaio, Kissinger ha detto che gli Stati Uniti, a suo parere, dovranno continuare a fornire armi a Kiev ma non chiudere la porta della comunità internazionale al futuro di un Paese importante come la Russia. In qualunque modo finisca il conflitto […] Kiev non avrà rapporti facili con il vicino russo, continuerà a sentirne la minaccia: l’unico dubbio è sull’intensità della minaccia. Adesso, non esiste un livello minimo di fiducia nei confronti di Mosca, accordi non sono possibili e, come dice Kissinger, la neutralità non è più proponibile: occorre un ombrello che protegga il Paese. […]

Estratto dell'articolo di repubblica.it il 6 febbraio 2023.

Litigano ormai da più di trent'anni. Negli ultimi tempi Roger Waters e David Gilmour si sono detti di tutto, soprattutto a causa delle posizioni politiche, assolutamente divergenti. Ma oggi è apparso un tweet di Polly Samson, moglie del chitarrista dei Pink Floyd David Gilmour, rivolto a Waters: nessuna mezza misura.

 […]  "Sfortunatamente Roger Waters sei antisemita fino al midollo. Sei anche un apologeta di Putin e un bugiardo, un ladro, un ipocrita, uno che elude le tasse e canta in playback, un misogino, un invidioso patologico, un megalomane. Ne abbiamo abbastanza delle tue cazzate".

[…] Waters non ha rilasciato nessuna dichiarazione sul tweet di Polly Samson. La moglie di Gilmour ha preso una durissima posizione contro il bassista della storica band, a causa delle sue posizioni sulla guerra in Ucraina e su Israele, espresse in una recente intervista. Fra gli ultimi contrasti tra i due o stato della guerra in Ucraina: il chitarrista ha pubblicato un brano a sostegno della causa di Kiev e il bassista ha invece dato la colpa del conflitto "ai nazionalisti ucraini".

"Putin ha sempre sottolineato di non avere alcun interesse a conquistare l’Ucraina occidentale - ha detto Waters in un'intervista alla Berliner Zeitung - né a invadere la Polonia o qualsiasi altro paese oltre confine. Vuole proteggere le popolazioni di lingua russa in quelle parti dell’Ucraina dove le popolazioni di lingua russa si sentono minacciate dai governi di estrema destra influenzati dal golpe di Maidan a Kiev. Un colpo di stato ampiamente accettato come orchestrato dagli Stati Uniti». […]

(ANSA l’8 febbraio 2023) - La Russia ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di includere il fondatore dei Pink Floyd, Roger Waters, da tempo su posizioni filorusse, nell'elenco degli oratori per la riunione del Consiglio di oggi sull'Ucraina. Lo ha dichiarato il primo vice rappresentante permanente russo presso le Nazioni Unite Dmitry Polyansky, come riporta la Tass. In un'intervista rilasciata alla Tass nei mesi scorsi, Waters aveva accusato gli Stati Uniti e la loro leadership di aver provocato la crisi ucraina.

Mosca arruola il fondatore dei Pink Floyd. "Roger Waters all'Onu contro gli Usa". Storia di Roberto Fabbri su Il Giornale il 9 febbraio 2023.

 Trent'anni fa, nel suo (bellissimo) album solista «Amused to death», Roger Waters aveva compiuto uno sforzo di obiettività che doveva essergli costato gran fatica. Ben noto per il suo marxismo al caviale e per l'abitudine di paragonare Israele al Terzo Reich nazista, aveva sparso lacrime per i ragazzi massacrati in piazza Tienanmen a Pechino su ordine del partito comunista cinese, e in una lunga lista di popoli martoriati aveva perfino citato gli estoni perseguitati dai compagni sovietici. Si vede che invecchiando (ha compiuto 79 anni) i mai sopiti istinti antioccidentali hanno ripreso il sopravvento: nei mesi scorsi, in un'intervista all'agenzia russa Tass, l'ex leader dei Pink Floyd aveva accusato gli Stati Uniti di aver provocato la crisi ucraina, sfociata nell'invasione russa di quasi un anno fa. E a Mosca hanno molto apprezzato il suo non richiesto endorsement.

Le successive prese di posizione filorusse di Waters avevano suscitato pochi giorni fa una specie di faida interna a quel che resta di uno dei gruppi storici del rock mondiale: Polly Samson, moglie del suo antico sodale David Gilmour, aveva preso di punta Waters senza mezze misure, dandogli tra l'altro dell'antisemita, dell'amico di un criminale (Putin), dell'ipocrita evasore fiscale e del megalomane. Accuse confermate dal marito, risentito perché l'ex compagno di strada aveva bollato come «incoraggiamento alla continuazione della guerra» la sua recente canzone griffata Pink Floyd «Hey hey rise up» dedicata alla resistenza ucraina.

Ieri, la notizia choc: il Cremlino ha invitato Waters a parlare al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Un colpo di teatro del tutto esente da rischi: il musicista inglese, infatti, sottoscrive tutti i capisaldi della propaganda russa sull'Ucraina, difende regolarmente Putin (ma gli garba molto anche il super macellaio siriano Assad, nemico giurato di Israele e ancora in sella solo grazie a un intervento militare russo) e non risparmia attacchi agli americani. Secondo lui, Putin aveva teso la mano all'Occidente per la pace in Europa, ricevendo in cambio minacce inaccettabili come l'invito a Kiev a entrare nella Nato; l'invasione dell'Ucraina non è una guerra ma (indovinate?) «un'operazione militare speciale» che serve (indovinate?) «a denazificare l'Ucraina e a salvaguardare i russofoni del Donbass»; e la resistenza armata del popolo ucraino è «una guerra per procura», ovviamente al servizio degli interessi americani.

L'ex Pink Floyd ha reagito all'invito indossando i panni dell'uomo di pace. Con finta equidistanza si è rivolto ai tre presidenti Putin, Zelensky e Biden affinché fermino la guerra e mettano le basi per un negoziato (posizione gradita a Mosca, che pretende di mettere l'Ucraina nelle condizioni di rifiutare il dialogo). A Kiev l'hanno presa malissimo: «Waters invoca una tregua ma in realtà ci dice di arrenderci». Se davvero parlerà al Palazzo di Vetro, sarà musica per le orecchie dello «Zar».

Roger Waters difende Putin: «In Ucraina un’invasione provocata». L’ultima stecca della star delle cause controverse. Matteo Persivale su Il Corriere della Sera il 10 Febbraio 2023.

L’ex Pink Floyd Roger Waters ha difeso Putin davanti al Consiglio di sicurezza Onu: «Condanno l’invasione, ma anche chi l’ha provocata»

Non batté ciglio quando venne attaccato da più parti, dieci anni fa, per aver fatto volare un gigantesco maiale gonfiabile decorato con la stella di David sul palco di un suo concerto in Belgio; è pertanto improbabile che Roger Waters, co-fondatore dei Pink Floyd, si scomponga più di tanto per gli attacchi di ieri, dopo la sua comparsa — su invito della Federazione Russa — al cospetto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per invocare un cessate il fuoco della guerra in Ucraina .

«L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa è stata illegale. La condanno nei termini più forti possibili — ha detto, tramite collegamento video dal suo studio il musicista 79enne, professorale in giacca e cravatta, in compagnia del suo simpaticissimo cane bianco — ma l’invasione russa dell’Ucraina non è avvenuta senza che ci fosse una provocazione, quindi condanno anche i provocatori nei termini più forti possibili».

Ha concluso il suo discorso chiedendo un cessate il fuoco immediato, indicando sé stesso come «una voce per i milioni senza voce»: «Grazie per averci ascoltato oggi: siamo in molti a non approvare i profitti dell’industria bellica: non alleviamo volentieri i nostri figli e le nostre figlie per fornire carne ai vostri cannoni. A nostro avviso, l’unica linea d’azione sensata oggi è chiedere un cessate il fuoco immediato in Ucraina. Senza se, senza ma. Non c’è da spendere un’altra vita ucraina o russa: sono tutte preziose ai nostri occhi».

La cosa interessante è che Waters, davanti all’augusto consesso, si è abbastanza imborghesito. Molto più vivaci i toni del musicista — che peraltro all’Onu ha definito il governo ucraino come «il regime di Kiev» — nelle sue più recenti interviste: sabato scorso sulla tedesca Berliner Zeitung aveva elogiato apertamente Putin come uomo di pace che, a suo parere, «nel 2004 aveva teso la mano all’Occidente nel tentativo di costruire un’architettura di pace in Europa ma è stato mandato a quel paese» e «se è un gangster, non è un gangster peggiore di Joe Biden o degli altri presidenti americani del dopoguerra». Il Pink Floyd aveva anche detto che chi considera la Russia l’aggressore della guerra in Ucraina «ha subìto il lavaggio del cervello», che vivrebbe volentieri in Russia perché è simile all’Inghilterra meridionale dove c’è casa sua, che se proprio c’è una nazione da boicottare quella nazione è l’America, e che «chiunque abbia mezzo cervello può vedere che il conflitto in Ucraina è stato provocato oltre ogni misura. È probabilmente l’invasione più provocata di tutti i tempi». Aveva poi dato il suo endorsement anche a uno dei principali talking points del Cremlino, opinando cioè che in Ucraina i russi puntano alla «denazificazione».

Su Rolling Stone poi, l’anno scorso, Waters aveva anche detto che il suo nome apparirebbe «in una lista di personaggi da uccidere, supportata dal governo ucraino» e che la Nato non aveva lasciato a Putin altra scelta che invadere l’Ucraina (Waters usa l’espressione «the Ukraine», con l’articolo «the» che veniva utilizzata ai tempi dell’Urss, e non semplicemente «Ukraine», cosa che gli attira regolarmente altre critiche nel mondo anglosassone ma pare il minore dei problemi a questo punto).

Insomma, Waters non ha detto niente di tutto questo davanti al Consiglio di sicurezza. Forse sfiorato dal dubbio che le sue parole sarebbero state strumentalizzate dalla diplomazia russa, che l’aveva invitato?

In ogni caso è stata immediata la reazione dell’ambasciatore ucraino all’Onu Sergiy Kyslytsya che facendo il verso a The Wall ha parlato di «un altro mattone aggiunto al muro della disinformazione russa: triste spettacolo per i suoi fan di una volta»

BOB DYLAN SULLA GUERRA 

BOB DYLAN FILOSOFIA DELLA CANZONE MODERNA

WAR - EDWIN STARR

Uscita originariamente nell’album War & peace (Gordy 1970)

Composta da Norman Whitfield e Barrett Strong

 Da “Filosofia della canzone moderna”, di Bob Dylan, ed. Feltrinelli - ESTRATTO

 È interessante osservare che in origine questa canzone faceva parte dell'album Psychedelic Shack dei Temptations, uscito nel marzo del 1970. C'erano state pressioni per farla uscire come singolo ma alla Motown i prudenti responsabili del marketing erano esitanti a offendere quella parte di appassionati dei Tempts che non avevano ancora operato la transizione al sound soul-psichedelico-politico del produttore Norman Whitfield.

A quell'epoca, il Motown Sound era stato definitivamente accettato dal pubblico bianco, ma godeva anche di una vasta accoglienza tra una piccola borghesia nera sorprendentemente conservatrice. Solo due anni prima, entrambi questi segmenti di pubblico erano rimasti soddisfatti da Live at the Copa dei Temptations, che conteneva versioni di standard come Hello Young Lovers, The Impossibile Dream, nonché la composizione di Irving Caesar e George Gershwin, Swanee, insieme a un certo numero di loro successi.

 Alla Motown, Edwin Starr era un ambizioso violino di seconda fila. Aveva avuto un solo successo e stava ancora aspettando l'occasione di lasciare il segno. Era nella posizione invidiabile di non avere una base di appassionati da irritare e poteva fare quello che gli pareva. Contattò Whitfield e gli suggerì l'idea di reincidere War.

Mossa astuta. La versione di Starr risultò più aggressiva di quella dei Temptations e piena di tutti i tipici svolazzi della produzione Whitfield. Il singolo uscì tre mesi dopo Psychedelic Shack e salì al primo posto tra gli Hot 100 di "Billboard". Definì la carriera di Starr, contribuì a modernizzare la voce della Motown e vendette più di tre milioni di copie, facendo in modo di smentire i versi del testo.

Non si può fare a meno di chiedersi se il tono beatnik-pacifista che permeava la canzone fosse sincero oppure solo un altro tema di attualità a cui attingere nel tentativo di raggiungere i portafogli della Giovane America, tra Agent Double-O. Soul e Mercy Mercy Me (The Ecology).

 Anche se sfruttava in modo sfacciato il movimento per la pace, è comunque una canzone più forte di Eve of Destruction. Le guerre hanno bisogno di un messaggio chiaro, un'immagine forte che faccia colpo su un manifesto per 'arruolamento, uno slogan, un inno travolgente che possa essere cantato a passo di marcia. Il Vietnam, d'altro canto, era una guerra piccola, alimentata dalla hybris e incomprensibile alla popolazione, lasciata nell'incertezza rispetto ai motivi per cui si combatteva.

Storicamente, le grandi nazioni non combattono piccole guerre. Perfino nella Grecia del settimo secolo a.C., quando c'erano oltre millecinquecento città-stato indipendenti, le regole del conflitto erano già organizzate gerarchicamente. Anche allora, non si vedeva una grande città attaccare un piccolo avamposto chissà dove. È raro che la battaglia sia la prima risorsa di una nazione. "War, what is it good for?" ("La guerra, a cosa serve?").

 Forse questa non è la domanda giusta. Forse è migliore quella che formulò Country Joe McDonald quando mise delle parole a Muskrat Ramble di Louis Armstrong e pose quell'al- tra domanda che ognuno si chiedeva a proposito del Vietnam: "What are we fighting for?" ("Per che cosa stiamo combattendo?").

La guerra è un'arma potente, qualche volta l'unica scelta per due parti in causa che hanno esaurito ogni altra opzione. Quando i negoziati e la diplomazia falliscono, spesso è l'unica soluzione. Le guerre hanno risollevato popoli, li hanno liberati dall'oppressione e da vera e propria schiavitù. Le guerre hanno riaperto rotte commerciali e canali di comunicazione. E come la storia è scritta dai vincitori, così è per la guerra.

La nazione vincitrice vi dirà quello che ha conquistato. Per trovare le atrocità dovrete cercare gli sconfitti. O ascoltare le voci di dissenso. Nei primi anni trenta, Smedley D. Butler, due volte Medaglia d'Onore, si congedò dalla marina militare dove era stato maggior generale. Fece un tour in tutto il Paese pronunciando un discorso che dapprima venne pubblicato dal "Reader's Digest" e successivamente come libro.

Il discorso, intitolato ‘’La guerra è un racket’’, presentava un panorama di pescecani che versavano benzina sulle fiamme del conflitto per incrementare i loro profitti. Ammise di avere contribuito ad azioni su vari fronti che avevano recato danni a un gran numero di persone allo scopo di beneficiarne ben poche.

 È chiaro che la risposta alla domanda fatta da questa canzone è: quanto se ne ricava. Il che è appropriato, visto che uno degli autori della canzone è Whitfeld, insieme all'altro autore che aveva dato alla Motown il primo successo, quell'inno all'avarizia - Money - poi tante volte ripreso.

‘’War’’ certamente ha riempito le casse di Hitsville USA, ma d'altra parte la guerra è sempre stata ottima per gli affari. Come Asa Philip Randoplh, organizzatore e presidente del Brotherhood of Sleeping Car Porters, disse nel 1925, quando Smedley Butler era ancora nell'esercito, "Togliete il profitto alle guerre e le renderete impossibili". Ma la guerra non si fa solo per i soldi. Si fa per i diritti. Diritti di proprietà, giusto per essere chiari. A chi appartengono la terra e il petrolio che ci sta sotto?

Per quanto le guerre attraggano corsari, dissoluti, mascalzoni, canaglie internazionali, mercenari e pescecani, la sete di denaro non è l'unica strada che conduce alla guerra. Ci sono anche sfarzo e superbia. Le guerre cominciano anche a causa di un timore xenofobico di incursioni reali o immaginarie.

 Ci sono state guerre religiose come le Crociate e guerre che sono servite a consolidare imperi ribelli e tentacolari, come la Guerra del Peloponneso. I popoli hanno combattuto guerre per espandere i loro confini o per difenderli. Hanno combattuto per vendetta o per estendere il dominio della loro bandiera.

E nel 1838 Messico e Francia vennero alle mani quando il re Luigi Filippo scopri che un certo Remontel, pasticcere espatriato, non aveva ricevuto alcun risarcimento dopo che il suo caffè messicano era stato saccheggiato. Si potrebbe sostenere che ci sono ragioni migliori per entrare in guerra di un conto di pasticceria non pagato.

Ma nella guerra è sempre incluso un certo sentore di futilità machista. Al giorno d'oggi, non è tanto il fatto scatenante a essere cambiato quanto la natura stessa della guerra. C'è stato un tempo in cui comandanti degli eserciti opposti stavano loro stessi sul campo di battaglia. E dovevano guardare in faccia il nemico e mettere alla prova la tempra dell'avversario con la loro convinzione in ciò in cui credevano.

A determinare la vittoria era il ferro, tanto nella spina dorsale quanto nella lama. Uno dei segni della civiltà è la capacità di aumentare la distanza tra di noi e la persona che uccidiamo. La lama ha ceduto al fucile, che ha ceduto alla bomba, che ha ceduto a ogni tipo di macchine per uccidere ad ampio raggio.

Più potente eri, più lontano dall'azione stavi. I più potenti stavano a mezzo mondo di distanza, avvolti nelle loro vestaglie mentre soldati senza nome procedevano a uccidere. La "negazione plausibile" ha fatto sì che questi guerrafondai riuscissero a dormire, con un'arroganza che era il risultato della distanza, e con un'ignoranza dei particolari che a loro parere gli manteneva le mani pulite.

C'è una scena nel documentario ‘’The Fog of War’’ in cui l'ex ministro della Difesa Robert McNamara discute il suo ruolo e quello del generale Curtis LeMay nel bombardamento di sessantasette città giapponesi durante la Seconda guerra mondiale, prima delle bombe su Hiroshima e Nagasaki.

 In una sola notte, a Tokyo, centomila uomini, donne e bambini vennero bruciati vivi su suggerimento di McNamara. Ciò costrinse LeMay ad ammettere: "Se avessimo perso, saremmo stati tutti portati in giudizio come criminali di guerra". Per tutto il resto della sua vita, McNamara è stato ossessionato dalla domanda: "Cos'è che ti rende immorale se perdi ma non se vinci?".

La semplice risposta suona superficiale: la storia è scritta dai vincitori. Il problema più grande, però, è che, nella guerra moderna, battaglie che non si possono vincere vengono combattute su fronti molteplici senza una chiara ragione, in un guazzabuglio di ideologia, economia, propaganda e millanteria. Intere sezioni del globo se ne stanno apparentemente calme per lunghi periodi di tempo solo per eruttare di colpo e di sorpresa con esplosioni devastanti, come una qualche sorta di herpes geopolitico.

Nel terzo atto del Mercante di Venezia, il buffone Lancillotto dice a Jessica che "i peccati del padre ricadranno sui figli". Sono stati in molti a richiamare lo stesso argomento a proposito della sola dinastia presidenziale che abbiamo avuto finora e delle due Guerre del Golfo, che hanno causato increspature di amplissimo raggio sulle acque della Storia. Il Padre, constatando la possibile fine della Guerra fredda ma dovendo affrontare una maggiore instabilità nel Medio Oriente, nonché scaramucce a Panama più vicine a casa, aveva bisogno che una mano sicura controllasse quella scacchiera tridimensionale che il mondo era diventato.

Agì con rapidità chirurgica in risposta all'aggressiva invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein. Ci furono vittime, è vero, ma in numero inferiore a qualsiasi previsione, e quando lo scontro finì il tasso di approvazione del Padre raggiunse 189 per cento, il più alto nella storia dei sondaggi Gallup. E, cosa forse ancora più importante, le Nazioni Unite imposero sanzioni contro l'Iraq e crearono una commissione per garantire che l'Iraq non riprendesse il suo programma di armi di distruzione di massa.

 Questo fu ciò che venne deposto ai piedi del Figlio; non i peccati. Ma il Figlio non era lo stesso uomo che era il Padre e, nella scia della paranoia del dopo 11 settembre e in seguito a falliti tentativi di spezzare l'Asse del Male", rivolse la sua attenzione all'Iraq. Il suo occhio non vedeva chiaro, né la mano era sicura come quella di suo padre.

 Si fecero affermazioni a proposito di armi di distruzione di massa che non furono mai trovate, battaglie vennero combattute su molti fronti, vite andarono perdute nel corso di un'invasione che non era stata provocata. Se Robert McNamara e Curtis LeMay fossero vivi oggi saprebbero come chiamare quegli uomini che mandarono quei soldati alla guerra.

Ma le accuse non finiscono qui. Come popolo, tendiamo a essere molto fieri di noi stessi per via della democrazia. Andiamo al seggio elettorale, diamo il nostro voto e ci mettiamo l’adesivo “Ho votato" come un distintivo d'onore. Ma la verità è più complessa. La responsabilità che abbiamo quando usciamo dal seggio è la stessa che avevamo quando ci siamo entrati.

 Se quelli che eleggiamo mandano gente a morire o, peggio, mandano gente a morire dall'altra parte del mondo - alla quale non prestiamo attenzione perché non assomigliano a noi e non parlano come noi - e noi non facciamo niente per impedirlo, non siamo forse colpevoli anche noi? E per vedere un criminale di guerra dobbiamo solo guardare allo specchio.

Djokovic, il padre con i sostenitori di Putin agli Australian Open. Marco Calabresi su Il Corriere della Sera il 26 Gennaio 2023.

Dopo la vittoria di Novak contro il russo Rublev, Srdjan Djokovic si ferma e si fa fotografare con un gruppo di tifosi filo-Putin che sventolano una bandiera con il volto del presidente russo

Un anno Novak (nel 2022 fu espulso per il caso vaccini), un anno il padre. In Australia c’è sempre un Djokovic che fa discutere. Stavolta è il turno di Srdjan, filmato — con video ovviamente già postati sul web — mentre posa con alcuni tifosi che sventolavano una bandiera russa con il volto di Vladimir Putin. Tutto è accaduto nella serata australiana di ieri, dopo che il figlio (nei giorni scorsi al centro di qualche polemica per un battibecco con l’arbitro per far allontanare un tifoso ubriaco e anche per un «pizzino» ricevuto dal box durante la partita del secondo turno) aveva appena travolto il russo Andrei Rublev qualificandosi alla semifinale dell’Australian Open. Rublev che, come tutti i giocatori russi (tra questi anche Karen Khachanov, semifinalista dalla parte opposta del tabellone rispetto a Djokovic) gioca senza bandiera dopo i provvedimenti dello scorso anno presi dall’Itf.

Fuori dalla Rod Laver Arena sono comparse comunque bandiere russe, inizialmente concesse anche all’interno degli impianti — purché non ci fossero riferimenti a Putin — ma successivamente bandite dopo che una bandiera era spuntata (creando parecchio imbarazzo) durante il match di primo turno femminile tra la russa Kamilla Rakhimova e l’ucraina Kateryna Baindl: nel video, però, si vede Djokovic senior vicino ai tifosi russi (uno dei quali indossava anche una maglia con la lettera Z, un simbolo militare che appare sui mezzi armati dell’esercito russo in Ucraina), che Tennis Australia aveva già segnalato alle forze dell’ordine ed espulso da Melbourne Park.

«Quattro persone tra la folla che lasciava lo stadio hanno mostrato bandiere e simboli inappropriati e minacciato addetti alla sicurezza — si legge nella nota —. La polizia di Victoria è intervenuta e sta continuando a interrogarli. Il comfort e la sicurezza di tutti sono la nostra proprietà e lavoriamo a stretto contatto con la sicurezza e le autorità». Sempre nel video, si vede Srdjan Djokovic pronunciare una frase in serbo prima di salutare i tifosi russi e prendere un’altra direzione: sembrerebbe dire, come riportato dai media australiani, «lunga vita ai russi». Quantomeno inappropriato.

Estratto da liberoquotidiano.it il 26 gennaio 2023.

"Un pupazzetto, un criminale". Vauro Senesi insulta Volodymyr Zelensky in studio a L'aria che tira, su La7. E fin qui, tutto bene per così dire. [...] Poi però prende la parola Fabrizio Roncone, giornalista del Corriere della Sera, che replica a muso duro sia alle invettive pacifiste della senatrice grillina Alessandra Maiorino, in collegamento, sia allo stesso Vauro.

[...] Poi la botta: "Devo confessarti - spiega Roncone alla conduttrice Myrta Merlino - che da mezz'ora sono in profondo imbarazzo, non tanto per le insolenze rivolte da Vauro alle colleghe Stefania e Molinari...".

 Il riferimento è alle accuse di faziosità rivolte dal vignettista alla inviata del Corriere della Sera in Ucraina Stefania Battistini e al direttore di Repubblica. E qui Vauro si alza come una molla e se ne va: "Vabbè io vi saluto tanto dovevo andare, così tolgo il disturbo e ti risparmio l'insolenza".

[...] "Non sarà che lei è un po' fascista?", domanda provocatoriamente Roncone. "Come?", gli si avvicina. "Sarà che lei è un po' fascista? Perché vedo dei comportamenti...". Replica del vignettista del Fatto quotidiano, secca: "Sarà che lei è un po' cog***e?". E lascia lo studio, sotto lo sguardo divertito di Roncone e quello sconcertato della Merlino.

(ANSA il 25 Gennaio 2023) "Dalle bombe alle canzoni. Anche il dolore fa spettacolo": si intitola così l'intervento di Torquato Cardilli sul blog di Beppe Grillo. Nell'analisi della guerra in Ucraina, l'autore si sofferma sull'operato del presidente Zelensky.

 "Ma come si fa - scrive - a dare fiducia e credito a un Capo di Stato che da un anno, collegato dal suo bunker, partecipa ad ogni consesso internazionale (Onu, G20, G7, NATO, UE Parlamento europeo e Parlamenti nazionali ecc.) proclamando guerra fino alla vittoria finale ed assiste impassibile alla distruzione del suo paese, alla morte di una generazione di giovani, all'emigrazione di alcuni milioni di cittadini, alla disarticolazione totale delle infrastrutture, alla morte per ferimento o alla mutilazione di migliaia di civili innocenti, alla condanna alla miseria degli scampati ai bombardamenti?"

"Dimentico dei sacrifici del popolo ucraino - prosegue - da consumato attore di cabaret, Zelensky ha da ultimo partecipato in video alla serata di gala di Los Angeles per il Grammy Awards 2022, al convegno di Davos a cui ha inviato la sua first lady per perorare aiuto dalla crema finanziaria e speculatrice mondiale ed ha chiesto di apparire sul palcoscenico dell'Ariston, durante il festival di Sanremo, grazie alla mediazione con Amadeus condotta da Vespa che lo ha intervistato. Puro spettacolo!".

 "Forse - aggiunge - bisognerebbe consigliargli di cominciare un rosario di scongiuri vista la fine che hanno fatto Capi di Stato che hanno concesso altrettante analoghe interviste in passato (Saddam Hussein, Gheddafi)".

Ucraina, blog di Grillo contro Zelensky e Occidente: «Incosciente, allontana la pace». Franco Stefanoni su Il Corriere della Sera il 25 Gennaio 2023.

L’ex ambasciatore Cardilli: «L’industria bellica gestita da seminatori di morte è un maiale all’ingrasso e consente libertà di manovra a Erdogan, che si erge a regista della politica di mediazione»

«Dalle bombe alle canzoni. Anche il dolore fa spettacolo». Il garante del M5S, Beppe Grillo, lancia così su Twitter un nuovo contenuto del suo blog. Il riferimento critico è al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che prossimamente sarà ospite al Festival di Sanremo, e alla gestione del conflitto da parte dell’Occidente. «Possibile che i governi e i parlamenti occidentali votino per la continuazione della guerra facendo passare l’idea che con quel voto rendono più vicina la pace?», spiega più chiaramente Grillo su Facebook, ospitando sul blog l’intervento del diplomatico Torquato Cardilli, già ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola.

Gelmini: «Grillo prenda le distanze»

«Le parole in libertà di Torquato Cardilli pubblicate sul blog di Beppe Grillo contro Zelensky, l’Unione europea, la Nato e, per non farsi mancare nulla, pure contro Bruno Vespa e il Festival di Sanremo, sono inaccettabili». Dice Mariastella Gelmini, vicesegretario e portavoce di Azione. «Il Movimento 5 stelle», reagisce l’ex ministra, «dovrebbe prendere drasticamente le distanze da questo post, se non vuol essere considerato un fiancheggiatore di Putin e dei suoi crimini».

Cosa sostiene Cardilli

«A fronte di enormi perdite russe in uomini e materiali, c’è stata la distruzione totale delle zone contese, con le infrastrutture industriali e i servizi essenziali in ginocchio, morti a migliaia, case e edifici pubblici rasi al suolo, ospedali e strutture sanitarie al collasso, deportazione di bambini, sistema stradale e ferroviario sconvolto, milioni di profughi fuggiti in Europa, migliaia di feriti e mutilati, una generazione di piccoli resi prematuramente orfani, il tracollo di ogni attività agricola, industriale, finanziaria con pesanti negativi riflessi nei paesi importatori dall’Ucraina, riduzione allo stato di età della pietra dei pochi abitanti rimasti nell’area di guerra».

«Occidentali incoscienti»

«Proclamando ai quattro venti che vogliono punire una volta per tutte la Russia, i politici occidentali si comportano da incoscienti: continuano ad insistere nell’inviare nuove armi super tecnologiche che allontanano la pace e non evitano ulteriori distruzioni, lasciano spazio alle caste militari a scapito della diplomazia, nascondono che l’industria bellica gestita da veri e propri seminatori di morte è un maiale all’ingrasso e consentono libertà di manovra a Erdogan di ergersi a regista della politica di mediazione».

«I leader politici facciano almeno una notte al gelo»

«Quegli stessi politici di oggi (Biden, Macron, Sholz, Von der Leyen, Meloni, Stoltenberg, Metsola, Borrel) anziché mentire sulla volontà di pace senza fare nulla per raggiungerla, provino a trascorrere almeno un’intera notte al gelo, senza alcun giaciglio o riparo, senza acqua, né corrente, né cibo, senza medicine, né speranza di vita migliore e poi all’alba essere oggetto di lanci di bombe incendiarie e a grappoli, mentre tutt’intorno i propri bambini cadono come birilli, per capire quale sia la misera condizione di chi non ha scelto dove e quando nascere e che non è responsabile di quanto accade sulla sua testa».

«Zelensky attore di cabaret»

«Dimentico dei sacrifici del popolo ucraino, da consumato attore di cabaret, Zelensky ha da ultimo partecipato in video alla serata di gala di Los Angeles per il Grammy Awards 2022, al convegno di Davos a cui ha inviato la sua first lady per perorare aiuto dalla crema finanziaria e speculatrice mondiale ed ha chiesto di apparire sul palcoscenico dell’Ariston, durante il festival di Sanremo, grazie alla mediazione con Amadeus condotta da Vespa che lo ha intervistato. Puro spettacolo!»

Estratto da open.online il 25 Gennaio 2023.

«Una scelta squallida», così il vignettista Vauro Senesi si scaglia contro la decisione di Amadeus di mandare in onda durante l’ultima puntata del Festival di Sanremo, il prossimo 11 febbraio, un video messaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Stiamo parlando del leader di un paese in guerra» […] «il mainstream italiano lo continua a dipingere come l’eroe in maglietta, sembra un personaggio di un fumetto. Questo invito diventa una propaganda bellica in un momento in cui c’è bisogno di parlare di diplomazia, di cessate il fuoco e di pace». […]

«Quello che dice Zelensky è solo “armi, armi”, sembra che nel suo vocabolario non ci siano altri termini». Il vignettista […]annuncia la sua possibile presenza alla manifestazione dei pacifisti che dovrebbe a Sanremo proprio l’11 febbraio. […]

Sanremo, caso Zelensky. Proteste da Vauro a Moni Ovadia. Previsto un corteo al Festival. Maria Volpe su Il Corriere della Sera il 25 Gennaio 2023.

Sabato 11 febbraio, nell’ultima serata della kermesse canora, Amadeus proporrà una intervista (registrata) al Presidente dell’Ucraina

Ancora una volta il Festival di Sanremo è preceduto da polemiche. Ma questa volta la vicenda è più complessa e la musica non c’entra. C’entra invece la guerra. Da quando si è saputo che sabato 11 febbraio, nella serata finale del Festival, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, dovrebbe intervenire con una intervista registrata da Amadeus, l’opinione pubblica si è divisa tra favorevoli e contrari. Chi apprezza l’idea che un leader di un Paese attaccato da un altro Paese possa dare voce alle sue sofferenze e dei cittadini ucraini, chi non lo ritiene opportuno, anzi sbagliato.

Da giorni Diego Costacurta - coordinatore provinciale imperiese del Comitato di Liberazione Nazionale e membro attivo del collettivo Pecora Nera — è molto attivo e ha annunciato di voler invitare tutti i pacifisti d’Italia a riunirsi: «Occuperemo le strade di Sanremo». Alla fine è stata effettivamente organizzata una manifestazione dal Comitato di liberazione nazionale (Cln) con l’associazione Pecora nera, per sabato 11 febbraio, a Sanremo, come forma di protesta. «Sono invitati i rappresentanti di tutte le confessioni religiose, ma anche gruppi politici e privati cittadini - ha detto Diego Costacurta (Cln), uno degli organizzatori - che guardano alla pacificazione di un’Europa martoriata dalla violenza. E’ un modo per mostrare il nostro disappunto contro l’indegna proposta di offrire a Zelensky uno spazio di propaganda bellica durante la principale trasmissione di intrattenimento popolare del palinsesto di RaiUno». Costacurta si era reso protagonista tempo fa di un’aspra polemica con l’infettivologo Matteo Bassetti: gli aveva contestato le sue posizioni pro vaccino anti covid 19.

Le presa di posizione di Diego Costacurta contro la partecipazione di Zelensky al Festival ha trovato una eco tra personaggi noti. Il vignettista Vauro Senesi si scaglia contro la decisione di Amadeus di ospitare un videomessaggio del presidente ucraino: «Sabato 11 febbraio se potrò sarò a manifestazione pacifisti sennò invierò vignetta. Trovo che sia una scelta squallida, Zelensky è il leader di un paese in guerra, il mainstream italiano lo continua a dipingere come l’eroe in maglietta, sembra un personaggio di un fumetto. Questo invito diventa una propaganda bellica in un momento in cui c’è bisogno di parlare di diplomazia, di cessate il fuoco e di pace».

E c’è anche la posizione di Moni Ovadia che si spinge oltre e dice: «Basta umiliazioni a Putin». L’attore e musicista in un’intervista al Fatto Quotidiano sostiene che la decisione faccia parte di una «mediatizzazione ossessiva della guerra». E che l’Italia faccia «strame della Costituzione promuovendo una deriva militarista furiosa». Secondo Ovadia «non si può spettacolarizzare la guerra. Tanto meno in un programma che ospita canzoni e che è visto in tutto il mondo. Il messaggio che mandiamo a Putin è che vogliamo schiacciarlo. E lui può essere molto cattivo, quindi non è conveniente».

E anche Mario Giordano, giornalista e conduttore di «Fuori dal coro» su Retequattro, di tutt’altra parte politica, prende posizione e ha urlato martedì in diretta durante la puntata del suo programma: «Zelensky va a Sanremo a chiedere più armi lì sul palco tra Gianni Morandi, Chiara Ferragni, i Cugini di Campagna e Amadeus. Zelensky giù le mani da Sanremo».

Seppur indirettamente, anche Beppe Grillo contesta l’idea di Zelensky al Festival di Sanremo: «Possibile che i governi e i parlamenti occidentali votino per la continuazione della guerra, facendo passare l’idea che con quel voto rendono più vicina la pace?». Lo ha scritto su Facebook Beppe Grillo invitando a leggere l’analisi di Torquato Cardilli sul conflitto russo ucraino, pubblicata sul suo blog. Il comico ne riporta alcune frasi: «Ma come si fa a dare fiducia e credito a un Capo di Stato che da un anno, collegato dal suo bunker, partecipa ad ogni consesso internazionale e assiste impassibile alla distruzione del suo paese, alla morte di una generazione di giovani?». Grillo contesta Zelensky che «ha chiesto di apparire sul palcoscenico dell’Ariston, durante il festival di Sanremo, grazie alla mediazione con Amadeus condotta da Vespa che lo ha intervistato. Puro spettacolo!».

Amadeus di recente aveva raccontato: «Mi ero sentito con Bruno Vespa la settimana scorsa e mi aveva detto di aver ricevuto la richiesta da parte di Zelensky di essere presente al festival. Sono felice di avere questo collegamento, ed è giusto che sia nella serata finale».

Estratto dell'articolo di Maria Volpe per corriere.it il 26 gennaio 2023.

Ancora una volta il Festival di Sanremo è preceduto da polemiche. 

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Da giorni Diego Costacurta - coordinatore provinciale imperiese del Comitato di Liberazione Nazionale e membro attivo del collettivo Pecora Nera — è molto attivo e ha annunciato di voler invitare tutti i pacifisti d’Italia a riunirsi: «Occuperemo le strade di Sanremo». Alla fine è stata effettivamente organizzata una manifestazione dal Comitato di liberazione nazionale (Cln) con l’associazione Pecora nera, per sabato 11 febbraio, a Sanremo, come forma di protesta. «Sono invitati i rappresentanti di tutte le confessioni religiose, ma anche gruppi politici e privati cittadini - ha detto Diego Costacurta (Cln), uno degli organizzatori - che guardano alla pacificazione di un’Europa martoriata dalla violenza. E’ un modo per mostrare il nostro disappunto contro l’indegna proposta di offrire a Zelensky uno spazio di propaganda bellica durante la principale trasmissione di intrattenimento popolare del palinsesto di RaiUno». Costacurta si era reso protagonista tempo fa di un’aspra polemica con l’infettivologo Matteo Bassetti: gli aveva contestato le sue posizioni pro vaccino anti covid 19.

Le presa di posizione di Diego Costacurta contro la partecipazione di Zelensky al Festival ha trovato una eco tra personaggi noti. Il vignettista Vauro Senesi si scaglia contro la decisione di Amadeus di ospitare un videomessaggio del presidente ucraino: «Sabato 11 febbraio se potrò sarò a manifestazione pacifisti sennò invierò vignetta. Trovo che sia una scelta squallida, Zelensky è il leader di un paese in guerra, il mainstream italiano lo continua a dipingere come l’eroe in maglietta, sembra un personaggio di un fumetto. Questo invito diventa una propaganda bellica in un momento in cui c’è bisogno di parlare di diplomazia, di cessate il fuoco e di pace».

E c’è anche la posizione di Moni Ovadia che si spinge oltre e dice: «Basta umiliazioni a Putin». L’attore e musicista in un’intervista al Fatto Quotidiano sostiene che la decisione faccia parte di una «mediatizzazione ossessiva della guerra». E che l’Italia faccia «strame della Costituzione promuovendo una deriva militarista furiosa». Secondo Ovadia «non si può spettacolarizzare la guerra. Tanto meno in un programma che ospita canzoni e che è visto in tutto il mondo. Il messaggio che mandiamo a Putin è che vogliamo schiacciarlo. E lui può essere molto cattivo, quindi non è conveniente».

E anche Mario Giordano, giornalista e conduttore di «Fuori dal coro» su Retequattro, di tutt’altra parte politica, prende posizione e ha urlato martedì in diretta durante la puntata del suo programma: «Zelensky va a Sanremo a chiedere più armi lì sul palco tra Gianni Morandi, Chiara Ferragni, i Cugini di Campagna e Amadeus. Zelensky giù le mani da Sanremo».

 Seppur indirettamente, anche Beppe Grillo contesta l’idea di Zelensky al Festival di Sanremo

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“La Shoah deve insegnare a cercare la pace ma Ue e Usa vogliono allargare la guerra”. Eleonora Ciaffoloni su L’Identità il 26 Gennaio 2023

Un Giornata della Memoria in tempo di guerra. Un ossimoro, eppure è quello che sta accadendo, con il conflitto riacceso in Europa dopo ottant’anni. Domani ricorre la memoria dell’olocausto: un “Mai più” solenne che per l’attore e musicista Moni Ovadia deve significare “l’impegno di tutti a contrapporsi a ogni violenza” e la necessità di arrivare “immediatamente alla pace”.

Domani la Giornata della Memoria, in pieno conflitto: cambia il senso del ricordo?

“Vivo una Giornata della Memoria dopo l’altra e vedo aumentare il tasso di retorica insieme alla pletora di film, trasmissioni. La mia impressione è che la Giornata della Memoria ha senso come uno strumento propellente per costruire una società diversa. Io sono ebreo, so bene cosa ha significato la Shoah. E mi impegno a mantenere viva la memoria. Però non posso tollerare la poca attenzione che si dà allo sterminio vero: sterminati antifascisti, slavi, menomati, omosessuali, testimoni di Geova. Ci sono stati altri genocidi dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ed è stato gridato ancora sulle ceneri della guerra, è stato preso l’impegno solenne: è stato detto ‘Mai più’. Io non vedo questo impegno e non vedo una ripulsa delle discriminazioni, delle violenze e dei massacri insensati. Il ‘Mai più’ della Shoah, dovrebbe implicare l’impegno di tutti a contrapporsi a ogni violenza perpetrata da chiunque contro chiunque. A edificare una società di pace, perché gli orrori si generano nelle guerre. Anche i nazisti hanno avviato lo sterminio nel 1942, quando la guerra era iniziata nel 1939. Le guerre sono foriere di catastrofi e di orrori. È necessario cercare immediatamente la pace”.

Violenze e orrori che stiamo rivivendo tra due popoli in Ucraina…

“È una guerra tragica, con orrori e morti che le guerre portano. Però sembra che questa guerra si voglia alimentare, invece di prendere iniziative di pace e diplomatiche, mentre si approfitta per fare retorica e propaganda. L’ultima trovata è quella di chiamare Zelensky a Sanremo, che trovo scellerata e funesta. Vuol dire mediatizzare la guerra. E rinnovo la mia solidarietà al popolo ucraino, ma non ai suoi governanti che hanno una attitudine sinistra. Perché questa è una guerra che comincia ben prima e non è per democrazia o per libertà, questa è una fola. Come spiega il professore Emiliano Brancaccio, è una guerra di due capitalisti: il debitore e il creditore. Si muove tutto per interessi geostrategici ed economici. E con prese di posizione a priori, come quella atlantista occidentalista solo foriera di disastri: ne sanno qualcosa Iran e Afghanistan”.

Interessi non solo della Russia?

“Putin non è il nuovo Hitler, ma un autocrate con concezione di potere personale. E non può non ricordare quello che gli Stati Uniti avevano promesso a Gorbaciov, cioè che la Nato non si sarebbe estesa di un solo pollice dopo l’ex Germania dell’Est. Putin li considera dei bugiardi immatricolati. E chi tira le fila di tutto sono gli Stati Uniti, l’Europa conta poco e non può fare altro che accodarsi agli ordini degli Usa. La storia che è veramente inquietante è che l’Europa non abbia saputo dire è che in una questione interna gli americani dovevano starne fuori. Tutti i Paesi che mandano le armi sono contro la guerra: e anche la mossa di Zelensky a Sanremo serve a compensare il deficit di credibilità dei governi nella guerra per seguire i propri scopi e interessi”.

Stiamo vivendo ciò che volevamo non si ripetesse. È un insulto alla Memoria?

“La prima cosa che mostrerebbe la sincerità del ricordo è cercare la pace immediatamente e veramente. Come una conferenza senza precondizioni, che duri tutto il tempo necessario, purché non ci siano più morti. Invece è tornata la retorica bellicistica, il riarmarsi e riempire di armi il pianeta. La Shoah dovrebbe anche insegnare a non entrare in guerra e a uscirne il prima possibile. Invece pare che le armi siano ritornate al centro dell’attenzione. Tutte le iniziative contro la guerra vanno sostenute con forza e partecipazione. Noi abbiamo una classe dirigente mediocre, e priva di qualsiasi orizzonte, progetto e sguardo sul futuro. Che terreno prepariamo ai nostri giovani? Un terreno avvelenato. Per questo non serve la retorica della memoria.

Serve educazione alla cultura fatta in profondità e non solo cavalcando il momento emotivo”.

Estratto dell’articolo da liberoquotidiano.it il 21 febbraio 2023.

Moni Ovadia è contrario alla guerra, contrario al sostegno militare dell'Ucraina e la pensa come Silvio Berlusconi sul presidente Zelensky. "L'atteggiamento di Zelensky è un grande problema", dice in collegamente con Myrta Merlino a L'aria che tira, su La7, nella puntata del 21 febbraio, "ormai questa è una guerra della Nato e principalmente degli Stati Uniti ed è inutile tentare degli slalom per dimostrare che non è così".

"Per la prima volta non mi sono sentito di contestare, come ho sempre fatto, il presidente Silvio Berlusconi (che aveva criticato Zelensky restio a sedersi a un tavolo per negoziare con Putin, ndr). E apprezzo le parole di Gasparri. Che ha detto una cosa importante: l'Europa che ci sta a fare se Biden bypassa l'Europa? Su questa linea di armare, armare, armare, si va verso un eccidio spaventoso, a fiumi di sangue".

[…]

Quando l’ignoranza e la malafede fa informazione.

Stasera Italia, niente russi ad Auschwitz? Senaldi: è cancel culture. Il Tempo il 27 gennaio 2023

C’è la possibilità che la guerra tra Russia ed Ucraina porti ad uno scontro mondiale o ad un allargamento del fronte di battaglia? È questo il quesito rivolto a Pietro Senaldi, codirettore di Libero, nel corso del collegamento effettuato durante la puntata del 27 gennaio di Stasera Italia, il programma televisivo condotto da Barbara Palombelli: “Non credo che si rischi un’escalation, ovverosia che la guerra arrivi ad uno stato superiore di quello che abbiamo visto in questi undici mesi. Penso che il conflitto si estenderà in durata e sarà molto difficile venirne fuori, ma non vedo un’escalation, il mondo si è fermato prima. Qualche mese fa ero più preoccupato. Poi voglio fare una battuta, cioè non invitare i russi ad Auschwitz è cancel culture, come abbattere la statua di Cristoforo Colombo, è paradossale che avvenga nella Giornata della Memoria. Quando in questo giorno non ricordi chi ha liberato Auschwitz mi sembra - la battuta finale di Senaldi - che si crei una situazione abbastanza paradossale”.

Prima di tutto l’armata rossa era formata da soldati sovietici e non russi. Unione sovietica nata 30 dicembre 1922 e sciolta il 26 dicembre 1991.

L’imbarazzante tentativo mediatico di riscrivere la liberazione di Auschwitz. di Giorgia Audiello su L'Indipendente il 29 Gennaio 2023

Il tentativo di riscrivere la storia è uno dei principali “ingredienti” della propaganda, uno strumento imprescindibile soprattutto in tempo di guerra per irregimentare e ottenere il favore delle masse. Non a caso, si dice che “la storia la scrive chi vince”, a conferma del fatto che non di rado essa finisce per essere il frutto delle convenienze politiche e geopolitiche del momento, piuttosto che una materia oggettiva basata su fatti e documenti. Lo dimostra proprio in questi giorni il tentativo di stravolgere la storia della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz ad opera di diversi media nazionali, spinti dal risentimento che vede l’Europa e il mondo occidentale in genere contrapposto alla Russia. Una opposizione politica e culturale sempre più profonda e incolmabile che ha portato strumentalmente a sostenere che Auschwitz non fu liberato dai russi, ma dagli ucraini: in particolare, il quotidiano online Linkiesta scrive che a liberare il lager «fu un reparto dell’Armata Rossa che era composto al novanta per cento da ucraini e per il restante dieci per cento da bielorussi», anche per giustificare il mancato invito della Russia alla cerimonia per la liberazione del campo di sterminio. A causa dell’invasione dell’Ucraina, infatti, i rappresentanti russi non sono stati invitati alle commemorazioni del settantottesimo Anniversario della Liberazione da parte dell’Armata Rossa: lo ha reso noto direttamente il sito del museo di Auschwitz.

Il «reparto» dell’Armata Rossa cui fa riferimento Linkiesta è, per essere precisi, la Centesima Divisione Fucilieri dell’esercito sovietico: formata il 5 febbraio del 1942, questa divisione era composta dai coscritti di diverse repubbliche sovietiche, tra i quali comparivano anche reclute ucraine. Tuttavia, la formazione era prevalentemente “russa”, essendo costituita principalmente da soldati dell’oblast di Vologda e dell’Oblast di Arcangelo. La divisione è stata successivamente insignita del titolo onorifico di “Lviv” (o “Lvov” in russo, l’attuale Leopoli) per il suo ruolo determinante nella liberazione della città, invasa dai tedeschi e facente parte della Polonia fino al 1939. Il 27 gennaio del 1945, la divisione ha liberato il campo di Auschwitz-Birkenau guidata dal maggiore ebreo ucraino Anatoly Shapiro nato a Krasnograd. Shapiro si arruolò volontario nell’Armata Rossa nel 1938 e poi di nuovo nell’ottobre del 1941. Da sottolineare anche come, al tempo, esistesse un unico esercito sovietico e chiunque ne facesse parte era considerato sovietico, così come anche le varie etnie ricadevano sempre sotto la “sfera” russa, in quanto territori come l’Ucraina sono storicamente e culturalmente legati alla Russia. Ad esempio, lo scrittore Gogol è annoverato tra le grandi personalità della letteratura russa nonostante fosse di origine ucraina. Solo a seguito del crollo dell’Urss e con l’indipendenza delle ex repubbliche sovietiche si cominciano a fare delle distinzioni nette in questo senso. Allo stesso modo, anche Stalin e Beria erano georgiani, ma i loro operati politici sono legati all’Unione Sovietica e a Mosca e non alla Georgia che ne era, comunque, una parte integrante come l’Ucraina.

Si tratta, dunque, del tentativo di distorcere gli avvenimenti storici con un chiaro intento propagandistico che si traduce nell’ergere a eroi gli ucraini, continuando – di contro – il processo di demonizzazione degli avversari russi, di modo che l’opinione pubblica sia maggiormente propensa a solidarizzare e simpatizzare per Kiev e a identificare Mosca come barbaro nemico che si appropria indebitamente di azioni encomiabili compiute da altri. Nel feroce scontro in corso tra l’Occidente liberal e la Russia, infatti, l’obiettivo non può essere che mettere in luce Kiev per promuovere e legittimare – soprattutto agli occhi dei popoli europei che ne pagano maggiormente le conseguenze – le azioni politiche del fronte occidentale in suo favore, tra cui anche l’invio di carrarmati. Se difficilmente i tank potranno cambiare il corso della guerra, infatti, sicuramente aumenteranno le tensioni tra Russia ed Europa a danno soprattutto di quest’ultima.

Con ciò non si vuole negare che anche gli ucraini hanno avuto un ruolo importante nella liberazione dei lager nazisti. Tuttavia, negare che l’Armata Rossa fosse innanzitutto l’armata sovietica composta dalle varie etnie dei vastissimi territori dell’Urss non è solo un errore giornalistico, ma anche uno scempio storico e culturale che dimostra l’altissimo livello di indottrinamento – e dunque di distorsione e alterazione dei fatti – che anima a livello comunicativo uno dei conflitti più importanti del decennio. Controllare l’informazione, infatti, è un efficace elemento per “imbrigliare” le menti e creare il consenso. Tuttavia, la manipolazione dei fatti sta precipitando a livelli sempre più bassi, tali per cui anche la sua funzione di livellamento e omologazione del pensiero rischia di diventare inefficace. [di Giorgia Audiello]

Mistificazione sovietica. Sono stati gli ucraini a liberare Auschwitz, non i russi. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 27 Gennaio 2023.

Il cancello del campo di sterminio è stato aperto dai soldati del 100° battaglione della divisione di Lviv, comandata da Anatolyj Shapiro, un ebreo nato a Poltava. Poi la propaganda di Mosca ha rimodellato la storia secondo convenienza

per il fatto che la Russia non è stata invitata alla commemorazione di Auschwitz, e la macchina della propaganda si metterà a protestare che erano stati i soldati russi a liberare il lager. Allora, cominciamo subito a ricordare che fu un reparto dell’Armata Rossa che era composto al novanta per cento da ucraini e per il restante dieci per cento da bielorussi». Su questo appello si è chiuso giovedì il convegno “Dezinformacija e misure attive: Le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia sulla guerra in Ucraina”, a cura dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. Proprio perché il giorno dopo sarebbe seguita la Giornata della Memoria, che ricorda il giorno in cui l’Armata Rossa arrivò ad Auschwitz. È un elemento forte della narrazione sovietica sulla «Grande guerra patriottica» che è stato rilanciato da Putin, ed è un elemento chiave nella propaganda su questa «operazione speciale» come strumento per «denazificare l’Ucraina».

Per capire una certa suscettibilità che c’è sul tema, basta ricordare il modo in cui su Roberto Benigni rimbalzò l’accusa di “falso storico” lanciata da Mario Monicelli e dall’allora leader dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto, per aver rappresentato il padre e il figlio di “La vita è bella” liberati dagli americani, invece che dai sovietici.

Un’accusa di manipolazione filo-americana e anticomunista invero curiosa, nei confronti di un regista e attore il cui primo film si era intitolato “Berlinguer ti voglio bene”, e che il leader del Pci Enrico Berlinguer aveva addirittura “preso in collo” durante una famosa Festa dell’Unità.

Indubbia ruffianeria da Oscar a parte, Benigni ebbe buon gioco a puntualizzare che «il film non parla di Auschwitz, e infatti intorno al campo ci sono i monti, che ad Auschwitz invece non ci sono». I monti della Valnerina, perché il campo di concentramento nel film è in realtà una vecchia fabbrica dismessa che fu riadattata come lager per le riprese e che si trova a Papigno, vicino a Terni. «Quello è il campo di concentramento, perché qualsiasi campo contiene l’orrore di Auschwitz, non uno o un altro», disse pure Benigni.

E si può anche ricordare che il film è ispirato a uno zio della moglie di Benigni che era morto davvero a Mauthausen: un lager dove invece i liberatori erano stati gli americani. Ovviamente, la bufala che «Benigni fa entrare gli americani a Auschwitz» è stata ritirata fuori anche per questa polemica.

Ma Auschwitz si trova in Polonia, che è in primissima linea nell’aiuto all’Ucraina. E il museo di Auschwitz ha dunque deciso di escludere la Russia dalla cerimonia per il 78esimo anniversario della liberazione da parte dell’Armata Rossa, il 27 gennaio del 1945, del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau.

Lo ha annunciato il portavoce del sito museale Piotr Sawicki: «Data l’aggressione contro l’Ucraina libera e indipendente, i rappresentanti della Federazione Russa non sono stati invitati a partecipare alla commemorazione. Era ovvio che non potessi firmare alcuna lettera all’ambasciatore russo con un tono invitante, dato il contesto attuale. Spero che cambierà in futuro, ma abbiamo ancora molta strada da fare», ha detto ipotizzando che ci vorrà del tempo affinché Mosca «faccia un autoesame molto profondo dopo questo conflitto per tornare ai raduni del mondo civilizzato».

Per il museo, infatti, l’invasione in Ucraina è un «atto barbarico». Auschwitz-Birkenau è diventato un simbolo del genocidio della Germania nazista ma, dai massacri di Bucha alle leggi sull’adozione di bambini ucraini per russificarli, la Russia putiniana in questo momento non solo sta emulando alcuni dei comportamenti peggiori delle truppe naziste, ma sta addirittura violando apertamente la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 9 dicembre 1948.

In effetti, il non invito rappresenta il punto di arrivo di una tensione che iniziò a scalare dopo l’attacco a Crimea e Donbas, quando per i settant’anni dalla liberazione di Auschwitz, nel 2015, Putin non venne per lo sgarbo di non essere stato ufficialmente invitato. Cioè, in realtà l’invito gli era stato mandato. Ma tramite l’ambasciata russa a Varsavia, invece che al Cremlino: cosa che era stata percepita come uno sgarbo, e in effetti lo era. Appunto, come reazione a quel primo attacco all’Ucraina. «Si è cercato di non invitarlo, benché lo si sia invitato», spiegò alla Bbc Konstanty Gebert, editorialista della Gazeta Wyborcza, il principale giornale polacco. La Russia, comunque, fu presente. Al posto di Putin, andò il capo dell’amministrazione presidenziale, Sergej Ivanov.

Proprio in quell’occasione, però, il ministro degli Esteri polacco Grzegorz Schetyna ricordò che a liberare Auschwitz erano stati in realtà soldati ucraini. Il governo ucraino subito confermò. Mosca protestò: non ancora screditato dall’aver spiegato che «Hitler era ebreo», il ministro degli Esteri russo Lavrov, disse che «sfruttare la storia del lager a fini nazionalistici sia molto cinico», e che «tutti sanno che a liberare Auschwitz fu l’Armata Rossa, composta da soldati di più etnie».

Schetyna ammise che il reparto dell’Armata Rossa che varcò i cancelli dell’inferno di Auschwitz era ovviamente multietnico, ma insistette sul fatto che il suo comandante era di nazionalità ucraina, ed era ucraina la maggior parte dei soldati.

In effetti, il cancello del campo di sterminio di Auschwitz fu aperto dai soldati del 100° battaglione della divisione di Lviv, comandata dal futuro Eroe dell’Ucraina, Anatolyj Shapiro, un ebreo ucraino nato a Poltava. Questo momento storico fu immortalato da un altro ebreo nato in Ucraina, a Kyjiv: Volodymyr Judin, il fotografo del giornale “Per l’onore della patria del Primo Fronte Ucraino dell’Armata Rossa”, cui apparteneva il reparto.

Welfare comunicativo. Sanremo è espressione dello stato sociale ed è ovvio che ci vada Zelensky (lo sa anche Salvini). Guia Soncini su L’Inkiesta il 28 Gennaio 2023.

Il Festival è la più fenomenale cassa di risonanza per paranoici e complottisti, e i paranoici e complottisti non lo capiscono

Sanremo è una forma di welfare comunicativo. Ogni anno garantisce due mesi di carro di visibilità su cui salire per avere il proprio titolo di giornale. Tre anni fa ne approfittarono le femministe dell’Instagram, quando Amadeus disse che la fidanzata di Valentino Rossi stava un passo indietro: poteva non approfittarne Matteo Salvini?

«Poi, se lei mi chiede se guarderò il festival di Sanremo per ascoltare una canzone o per vedere Zelensky, come milioni di italiani se avrò dieci minuti di tempo per guardarmi il festival di Sanremo mi ascolterò Giorgia, Ultimo, Grignani, perché dal festival della canzone italiana mi aspetto delle canzoni».

Di questa frase, che ho trascritto dalla puntata di “Otto e mezzo” di giovedì, vanno chiariti un paio di punti. Il primo è che nessuno glielo stava chiedendo: quando dice ad Alessandro De Angelis «se lei mi chiede», Salvini non sta rispondendo a un intervento su Sanremo, ma a uno sull’eventuale passaggio parlamentare dell’invio di armi. Ma, se Salvini avesse parlato di noiose procedure parlamentari, il Corriere non se lo sarebbe filato; così, invece, ha potuto titolare «Sanremo, il fronte contro Zelensky: da Matteo Salvini a Fabio Volo». Il welfare della visibilità funziona.

Il secondo punto è che la virgola dopo Zelensky l’ho messa io, in un impeto d’interpretazione caritatevole. Si potrebbe metterla dopo «italiani», e il senso diventerebbe che milioni di italiani lo guardano per Zelensky. Ma credo di rispettare le intenzioni comunicative di Salvini mettendola lì: credo che Salvini voglia dire che milioni di italiani aspettano Grignani, e non i vestiti della Ferragni. Credo che Salvini sia disposto a fingersi uno che non capisce Sanremo.

Milioni di italiani hanno le canzoni gratis su Spotify o altrove: non devono neanche comprarsi le musicassette come una volta. Milioni di italiani guardano Sanremo per le ragioni per cui si guarda un vero evento nel secolo che chiama “evento” a sproposito pure l’inaugurazione d’un negozio di frutta e verdura. Milioni di italiani, proprio come Salvini, capiscono Sanremo.

Elenco non esaustivo di momenti che vengono in mente ripensando ai Sanremo degli ultimi quarant’anni. Beppe Grillo che dice che i socialisti rubano. Beppe Grillo che tre decenni dopo, essendo una battuta sui socialisti che rubano una roba per cui la tua carriera di comico in Rai si arena, e avendo quindi montecristicamente dedicato la sua successiva vita a fare la politica del moralizzatore, compra un posto in platea all’Ariston, minacciando di intervenire in diretta per parlare degli sprechi.

Fabio Fazio che ospita Gorbaciov. Paolo Bonolis che ospita Mike Tyson. Carlo Conti che ospita una famiglia di Catanzaro con sedici figli. Pippo Baudo che ospita gli operai dell’Italsider. Pippo Baudo che salva il suicida. Pippo Baudo che scrolla via quello che dice che Sanremo è truccato e lo vince Fausto Leali.

Jovanotti che chiede a D’Alema di cancellare il debito dei paesi africani, assieme a Bono, Bono che poi scende in platea cantando e viene intercettato da Mario Merola, e la sera dopo Teocoli che fa la parodia di Lorenzo, «io mi rivolgo a lei, presidente Berlusconi, l’unico che ha vinto cinque coppe dei campioni».

Certo che Sanremo è fatto soprattutto di dettagli extramusicali, storici o frivoli ma comunque in grado di passare dallo schermo ed entrare nel lessico famigliare del pubblico: Gorbaciov vale quanto Anna Falchi che presenta nell’anno in cui il fidanzato Fiorello è in gara. Vale quello che catalizza l’attenzione del paese, e in questo senso non è affatto detto che un Nobel per la pace valga più che una seconda classificata a miss Italia.

E certo che è normale che Salvini si accolli il ruolo di paranoico complottista che finge di non capire il meccanismo e ne approfitti per far polemica politica: è Sanremo stesso che incoraggia il ruolo.

Nel 2000 ero a Sanremo a fare, nella settimana del festival, un programma per RadioRai. Questo dettaglio mi rendeva una privilegiata: avevo un pass Rai, che diversamente dai pass che hanno quelli dei giornali permetteva di accedere ovunque sempre. Quindi vidi le prove di Teocoli, e il ritornello della canzone in cui parodiava Lorenzo diceva «Gira la ruota» (se non sapete cosa fosse «gira la ruota», ormai per voi è troppo tardi: la cultura popolare del Novecento non la recuperate più).

La sera, «gira la ruota» non c’era. Restai per anni convinta d’una censura Fininvest: è Sanremo, mica accadrà qualcosa per caso. Anni dopo intervistai Teocoli e glielo chiesi. Mi disse che in diretta s’era dimenticato il ritornello. La realtà non è mai ben sceneggiata quanto le nostre paranoie.

Però la realtà imprevista a volte è meglio di quella programmata. Nel 2014, Grillo è su tutti i giornali perché ha comprato il biglietto in platea. È tornato ricco e spietato, come montecristicamente diceva di sé Nino Manfredi in un film (il titolo se l’avete visto lo sapete, altrimenti di nuovo: per voi ormai è tardi).

Quella sera, l’inizio della serata mette a dura prova i nervi di Fabio Fazio. Prima non si apre il sipario, un dettaglio che se lo metti in una commedia te lo bocciano per inverosimiglianza: è la serata più importante della tv italiana, e il sipario s’inceppa. Poi ci sono due millantatori di suicidio che minacciano di buttarsi da una balconata. Fabio Fazio, pur stremato, ha i tempi comici di uno che fa la tv da un secolo. Durante una pubblicità guarda il Montecristo seduto in platea e gli scandisce: «Beppe, puoi tornare a casa».

Quindi, figuriamoci se è un problema che a Sanremo vada un minuto o due di video di Zelensky, tradotto in italiano perché mica vogliamo distrarci dai sottotitoli come durante l’intervista a Letterman. Intervista a Letterman, su Netflix, su cui non c’è stata nessuna polemica giacché gli americani, non avendo Stato, quasi non hanno neppure televisione pubblica, e né i Salvini né le Vongola75 di lì possono recriminare che si faccia propaganda politica coi-soldi-del-canone.

Noi abbiamo il limite dei soldi pubblici e delle annesse polemiche, ma pure parecchi milioni in più di spettatori rispetto a un prodotto che andrà pure in tutto il mondo ma raccoglie le briciole della frammentazione dello streaming. Tra le poche cose rimaste immutate dal Novecento, il fatto che Sanremo e la finale dei mondiali li guardino tutti, li ricordino tutti, li capiscano tutti.

Persino Salvini, che è pur sempre la Ferragni della politica: simile al pubblico, cioè all’elettorato. Lo sa benissimo, che Zelensky a Sanremo è fisiologico quanto lo è Pupo (è come se vedessi le riunioni, «di’ a coso, Zelensky, di non sforare, abbiamo il tassativo»: che tu abbia in collegamento la guerra o i figli di Al Bano e Romina, comunque la pubblicità deve andare a quell’ora).

Lo sanno tutti, Salvini e Fabio Volo e tutti quelli che polemizzeranno nelle prossime settimane. Ma è giusto abbiano la loro risonanza: sono la prova che Sanremo è la migliore e più efficiente espressione dello stato sociale.

L’amore per il Festival. Zelensky a Sanremo è l’occasione per gli ucraini di riappropriarsi della canzone italiana. Yaryna Grusha Possamai. su L’Inkiesta il 28 Gennaio 2023.

L’intervento del presidente ha attirato polemiche inutili da chi non sa che per quel popolo i Toto Cutugno, gli Umberto Tozzi e i Riccardo Fogli sono parte della sua storia e della sua cultura pop

La polemica sulla partecipazione di Volodomyr Zelensky a Sanremo ha quasi superato quelle sulle accise e ha raggiunto il livello di quella sul servizio fotografico del presidente ucraino e della First Lady su Vogue. Tra l’altro l’Italia è stato l’unico Paese che si è indignato grazie al sostegno di troll russi che, con il loro scarso italiano via Google Translate, denunciavano un presidente «che al posto di fare la guerra, posa per un servizio su Vogue».

Zelensky non è un politico di professione, ma un attore, ed è giusto che lui parli anche al pubblico che conosce bene, quello che legge Vogue e quello che guarda Sanremo, per mantenere accesa l’attenzione sul suo Paese che da un anno vive la guerra. Lo ha fatto fin dal primo giorno della guerra con le dirette al festival di Cannes e a Venezia.

Per qualcuno tutto questo è uno scandalo, ma noi ucraini anche durante la guerra, soprattutto durante la guerra, troviamo il tempo per vestirci bene, per truccarci, per andare a mangiare al ristorante, per andare a un concerto del nostro gruppo preferito e allo stesso tempo doniamo soldi e compriamo il necessario per sostenere l’esercito al fronte, per acquistare i generatori di corrente e le connessioni Starlink. Siamo anche consapevoli che potrebbe essere l’ultima volta che lo facciamo ed è giusto sentire questa vita, anche breve, fino in fondo.

Al Trieste Film Festival, dedicato quest’anno all’Ucraina, ho incontrato una mia vecchia collega che mi ha detto che ogni volta che esce fuori dall’Ucraina abbraccia sua madre come se fosse l’ultima volta. Avrebbe preferito rimanere in Ucraina, ma è una brava produttrice cinematografica, quindi deve usare ciò che sa fare meglio per contribuire alla vittoria comune, anche se le costa una fatica morale enorme.

Una fatica morale che provano tutti gli ucraini che salgono sui palchi, che cantano e raccolgono fondi, che giocano a calcio, che scendono ogni giorno nelle piazze europee. Nonostante la stanchezza morale si va avanti proprio grazie a quello che ognuno di noi sa fare meglio.

Il presidente Zelensky è un ottimo comunicatore e anche lui sfrutta le sue doti e la sua esperienza. Da ucraina mi sono rallegrata quando ho saputo di Zelensky a Sanremo: finalmente il Festival di Sanremo sarà anche parzialmente restituito agli ucraini.

Il culto di Sanremo nella vecchia Unione Sovietica è noto. A casa mia ho ancora i vecchi dischi di Al Bano e Romina Power, di Riccardo Fogli, di Umberto Tozzi, di Toto Cutugno e di altre star di Sanremo. Imparavo l’italiano cantando “Felicità” e “Storie di tutti i giorni”.

Dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, la Russia, in quanto centro imperialista, si è appropriata di tutto il patrimonio sovietico oscurando, come il suo solito, gli altri Paesi. Eppure Toto Cutugno veniva a suonare a Kyjiv ogni anno e ogni anno le sale erano piene, anche se le esibizioni davanti a Putin erano più clamorose e meglio pagate.

Nel 2021, un gruppo di artisti russi ha fatto un programma televisivo di fine anno intitolato “Ciao, 2021!”, girato addirittura in lingua italiana, imparata per l’occasione dagli attori, come modo per rinnovare il grande amore dei russi per la canzone italiana. Ne hanno scritto tutti, ripeto tutti, i giornali italiani ed è stata un’ottima operazione mediatica, dobbiamo riconoscerlo. Ora, finalmente, con Zelensky a Sanremo noi ucraini possiamo rinnovare l’amore per la canzone italiana che ha fatto così tanto per le generazioni cresciute negli anni Ottanta. E possiamo infine ribadire che il Festival è stato, ed è, anche un po’ nostro.

Zelensky stride col cazzeggio di Sanremo, me se fermiamo lui fermiamo tutti. Francesco Specchia su Libero Quotidiano il 27 gennaio 2023

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Che poi, se proprio vogliamo, il faccione di Zelensky a riempire il palco dell'Ariston nella finale del prossimo 11 febbraio (dopo mezzanotte), be’, lo volevano in pochi.

Dicono che Amadeus se lo sia trovato come pacchetto regalo da Bruno Vespa. E, a quel punto, pareva scortese dire al Volodymyr in mimetica che non ci fosse più posto a tavola. Specie se la tavola è uno show musicale da 10 milioni e passa di spettatori, e tu, l’aggredito, vorresti offrire un vibrato pippone contro la guerra.

Detto ciò, oggi la fronda dei «No Zelensky al Festival di Sanremo» s’ingrossa e il presidente ucraino viene paradossalmente trattato come un invasore (lui!). E i grillini e i putinani d’Italia con Di Battista che lascia le sue partite di padel si preparano a un controfestival, al grido di «No alla propaganda di morte in tv». E molti s’indignano o fingono di farlo, attraverso attacchi assortiti alla Nato, chiedendosi «che cavolo c’entra Zelensky con Sanremo?». Che, poi, il dubbio non è peregrino. Dal servizio in posa con la moglie sulla copertina di Vogue all’ubiquità sugli schermi dell’Onu mentre chiede all’Occidente egoista nuovi Leopard e batterie antiaeree, la parabola dell’ex attore fattosi premier si è stinta un po’ nel narcisismo. Ma sì. Giusto.

Strappiamo via il giullare da quel palcoscenico fiorito. No alla politica in riviera. Mica siamo alla consegna dei Grammy Awards (dove il presidente, tra l’altro, s’è palesato). Eppure.

TUTTI GLI ALTRI Eppure, se vietiamo Zelensky al Festival, in fondo dovremmo anche ripudiare tutti gli altri. Perché, a ben vedere, lì la politica ha spesso fatto capolino. Tv Talk, il programma Rai di analisi del piccolo schermo lo ha ben ricordato in questi giorni. Il democristianone Pippo Baudo, nel 1984, fece salire sul palco i metalmeccanici dell’Italsider contro la chiusura dello stabilimento; e l’anno dopo sventò il leggendario tentativo di suicidio del disoccupato dalla balaustra, roba ben oltre il reddito di cittadinanza. Nel 1999 Fabio Fazio portò Mikhail Gorbaciov e signora – ben pagati- a rimarcare la nostalgia della Perestrojka, la più grande svolta del Novecento.

Nel 2000 Jovanotti con Carlinhos Brown chiese, rappando, di «cancellare il debito», ottenendo udienza dall’allora premier D’Alema. Nel 2016 tutti gli artisti, attraverso proclami o semplici nastri arcobaleno al microfono, spinsero per la volata alla Legge Cirinnà sulle unioni civili. La nostra memoria vaga nell’immemorabile.

Nel 1995 si ricorda una Sabina Guzzanti pepatissima antiberlusconiana che col suo gruppo Riserva Indiana inspiegabilmente piazzato in gara nella “sezione campioni”, aveva richiamato in servizio molti militanti a sinistra da Nichi Vendola, a Daria Bignardi e Mario Capanna; e li aveva sbrigliati in Troppo sole, canzone-protesta a sfondo generico-ecologista di stampo alla Latouche e grillino prima dei grillini. Uno spettacolo tutt’altro che indimenticabile. E, infatti, il carrozzone sanremese se ne dimenticò. Ma fischi, urla, appelli, condanne, pantomime all’insegna dell’impegno civile hanno sempre accompagnato le canzoni. Anzi, a volte le canzoni stesse hanno fatto politica, come nel caso del rapper Junior Cally redattore d’un testo d’attacco contro sia Renzi che Salvini.

E che dire del 2020, edizione in cui una polemicissima Rula Jebreal- ora spara a palle incatenate contro il centrodestra al governo, ma anche prima non scherzava- si produsse in un j’accuse sul tema della violenza contro le donne? E come commentare, ancora, il Sanremo dell’anno scorso, quando, di fatto, la politica irruppe portando davanti alle telecamere Roberto Saviano uno dei commentatori più schierati e faziosi su piazza?

Saviano non era ancora sotto processo per aver vilipeso la Meloni; ma diede il suo particolare tocco al racconto, peraltro sentito, della Strage di Capaci. Senza citare i monologhi del passato (spesso fanno parte delle performance dei comici) o quelli del futuro (non oso pensare quale discorso sull’antirazzismo gli autori metteranno in bocca, alla pallavolista Paola Egonu) la politica scorreva sempre sotto la pelle del Festival. E noi giornalisti- confessiamolo- ci eccitavamo.

CAOS AGLI OSCAR A metà degli anni 2000, il clou fu l’edizione in cui trapelò la notizia dell’arrivo all’Ariston del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Le grandi testate giornalistiche rimodularono i loro inviati al fronte sanremese, mandandovi le grandi firme del politico. E quegl’inviati, all’astuto forfeit del Berlusca si trovarono spaesati a Sanremo come in guerra a Saigon. In realtà, i larghi palcoscenici dello spettacolo sono da sempre megafono della politica; basti pensare alle varie notti degli Oscar: Jane Fonda antnixoniana; Marlon Brando rifiutante il premio a favore della causa pellerossa; l’iraniano Asghar Farhadi in polemica con Trump; Jared Leto contro le forze russe in Crimea. Certo, Zelensky è un elemento stridente nel cazzeggio di Sanremo. Ma se fermiamo lui, in futuro dovremo fermare tutti.

«Zelensky non deve parlare a Sanremo». Intellettuali al capolinea...Da Vauro a Ovadia, fino a Di Battista: i firmatari dell’appello contro il presidente ucraino chiamano a raccolta gli italiani per una manifestazione davanti al teatro Ariston. Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 26 gennaio 2023

Un lungo, pletorico comunicato che sembra ideato dall’ufficio propaganda del Cremlino per dire semplicemente che il presidente ucraino Volodymir Zelensky al Festival di Sanremo non deve proprio intervenire: «L'Italia ha lanciato da Sanremo successi planetari che celebrano la vita, la felicità e l'amore. Abbiamo appreso perciò con incredulità che, in una delle serate clou dell'evento parlerà Zelensky capo di Stato di uno dei due paesi che oggi combattono la sanguinosa guerra del Donbass. Una guerra terribile».

A scrivere e sottoscrivere queste incredibili considerazioni una minutaglia smarrita di intellettuali tra cui lo storico Franco Cardini, il giurista Joseph Halevi, l’attore Moni Ovadia, il vignettista Vauro, ma anche esponenti politici come il grillino Alessandro Di Battista. Che riescono nel capolavoro retorico di non citare mai, ma proprio mai, le parole «Putin» e «invasione», trasformando l’occupazione militare dell’Ucraina nella «guerra del Donbass» e scaricando le responsabilità del conflitto sulla «brutale repressione della popolazione russofona da parte del nazionalista Zelensky». E ovviamente sulla Nato e all’Occidente che inviano armi a Kiev, «abbaiando ai confini della Russia».

Nemmeno un passaggio sulle fosse comuni di Bucha, sulle centinaia di migliaia di profughi in fuga, sulle città ucraine bombardate senza sosta da quasi un anno. Nel pieno della trance negazionista e mitomane i firmatari del comunicato chiamano a raccolta gli italiani a manifestare con loro davanti al teatro Ariston sabato 11 febbraio data in cui è previsto il videomessaggio di Zelensky: «Invitiamo alla mobilitazione per partecipare a una grande assemblea popolare di piazza». Se non ci fosse da piangere verrebbe da ridere.

(ANSA il 26 gennaio 2023) – "Speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro". Così il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, alla luce dell'annuncio dell'intervento, con un video messaggio, del presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo.

 "Avranno fatto le loro valutazioni, quello che spero è che la guerra finisca il prima possibile e che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica", dice Salvini, aggiungendo che se avrà tempo di guardare il Festival "sarà per ascoltare canzoni e non per ascoltare altro" qualcosa che penso tutti si aspettano.

Gli affari “d’azzardo” del consigliere leghista in Crimea. Enrico Ferro su La Repubblica il 06 Febbraio 2023.

L’inchiesta del pool di giornalisti internazionali: "Soldi alla Lega per appoggiare Mosca". Stefano Valdegamberi voleva creare una zona speciale per aprire casinò sul Mar Nero

Aveva fiutato l’affare il consigliere regionale della Lega Stefano Valdegamberi. Era convinto che la Crimea, dopo l’occupazione russa del 2014, potesse diventare un nuovo Eldorado, sia per la politica che per l’imprenditoria italiana. O più semplicemente un’altra Las Vegas. E così, tra un forum sull’economia e un dibattito sulle fake news, ha pensato che durante quei soggiorni nei resort a 5 stelle sul Mar Nero mancasse qualcosa.

“Soldi alla Lega per appoggiare Mosca”: Russiagate, nelle mail la pista veneta. Enrico Ferro La Repubblica il 05 Febbraio 2023.

Stefano Valdegamberi ieri in piazza Bra a Verona nella manifestazione anti Zelensky  

L’inchiesta di un pool di giornali internazionali: nella posta hackerata  a un fedelissimo di Putin soldi, viaggi  e regali per sostenere l’invasione della Crimea. La replica: “Falsità”

Cambiare la narrazione sulla Russia e sull'invasione della Crimea stringendo accordi, organizzando convegni, intrecciando relazioni economiche. Il tutto grazie a esponenti politici entrati anima e corpo in uno schema che aveva come unico scopo quello di conferire alle politiche di Putin il diritto di cittadinanza nella Ue. Pezzi della Lega hanno portato avanti per anni questa opera fluidificatrice, sfruttando anche la credibilità e la solidità delle regioni in cui esercitano la loro azione politica.

L'inchiesta che inguaia alcuni leghisti veneti: viaggi e soggiorni a 5 stelle per sostenere l'occupazione della Crimea. Enrico Ferro su La Repubblica il 04 Febbraio 2023.

Al centro degli articoli pubblicati dalla rivista internazionale Occrp, sulla base dell'analisi di oltre mille email, Stefano Valdegamberi, Paolo Tosato e Roberto Ciambetti. Dall'indagine, che imbarazza la Lega di Zaia e il Consiglio regionale Veneto, emerge l'opera dei politici italiani che potrebbe avere preparato il terreno all'invasione russa in Ucraina

Lo schema è molto simile a quello scoperto con il Qatargate, ma in questo caso i soggetti sono differenti: al posto degli Emirati Arabi c'è la Russia e invece dei deputati europei socialisti ci sono alcuni esponenti leghisti del Veneto. C'è anche un altro ingrediente sostanzialmente diverso rispetto all'inchiesta condotta dalla polizia belga sui lobbisti del Parlamento

Estratto dell’articolo di Enrico Ferro per repubblica.it il 4 febbraio 2023.

Lo schema è molto simile a quello scoperto con il Qatargate, ma in questo caso i soggetti sono differenti: al posto degli Emirati Arabi c'è la Russia e invece dei deputati europei socialisti ci sono alcuni esponenti leghisti del Veneto. C'è anche un altro ingrediente sostanzialmente diverso rispetto all'inchiesta condotta dalla polizia belga sui lobbisti del Parlamento Europeo: le tangenti non sono state ancora dimostrate ma le conseguenze sono molto più gravi, perché l'opera fluidificatrice portata avanti dai politici italiani potrebbe avere in qualche modo preparato il terreno all'invasione russa in Ucraina.

 L'inchiesta giornalistica è stata realizzata da Eesti Ekspress (settimanale in lingua estone) con Occrp (team giornalistico investigativo che lavora su criminalità organizzata e corruzione), IrpiMedia (il gruppo italiano di giornalismo d'inchiesta) e iStories (sito web russo specializzato in giornalismo investigativo). Ebbene, il pool è venuto in possesso di oltre un migliaio di email riservate che sarebbero circolate dal 2007 in avanti e che vedono nel consigliere regionale veneto della Lega Stefano Valdegamberi uno snodo cruciale. 

Valdegamberi: "Solo gossip"

"Quante cazzate", sbotta Stefano Valdegamberi, veronese della Lessinia, ex assessore regionale del primo mandato di Luca Zaia e ora semplice consigliere regionale tesserato Lega. 

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 I legami economici con la Russia, e non solo

Alcune email mostrano come Valdegamberi avesse cercato di far fruttare le sue connessioni con il Cremlino. Dopo il forum di Yalta del 2016, è volato in Crimea alla ricerca di relazioni d'affari e ha portato con sé altri politici italiani: tre dal Veneto (Roberto Ciambetti e Luciano Sandonà della Lega ma anche Marina Buffoni consigliera comunale di FdI a Padova), più uno ciascuno da Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria. Al viaggio si è unita una delegazione di investitori italiani.

 "Per Stefano Valdegamberi il risultato del viaggio non è stato puramente di pubbliche relazioni, ma l'organizzazione di contatti promettenti per iniziative imprenditoriali, che pagano le sue campagne elettorali e sostengono la sua attività politica", ha scritto uno dei soci europei di Mirzakhanian, in una email a lui spedita nell'ottobre 2016, subito dopo la visita della delegazione.

La strategia ha dato i suoi frutti: il presidente del Consiglio di Stato della cosiddetta "Repubblica di Crimea" ha firmato un accordo di cooperazione con il presidente del consiglio regionale del Veneto Ciambetti, promettendo di costruire legami economici.

 E Valdegamberi non sarebbe tornato a casa a mani vuote. Avrebbe ricevuto infatti un appartamento nel Villaggio Italiano, secondo quanto riportato dai media ucraini, che lo hanno mostrato in posa con un certificato di proprietà immobiliare. "Magari fosse vero", replica lui. "Era solo uno spot per una società di costruzione che voleva vendere appartamenti vicino al mare".

 La manifestazione pro-Putin

Ma nonostante le critiche e gli imbarazzi del suo partito in Veneto, la folgorazione pro Putin continua. Proprio oggi, sabato 4 febbraio, il consigliere regionale leghista è in piazza Bra a Verona, davanti all'Arena, per una manifestazione dal titolo "Il popolo non vuole la vostra guerra". Con lui ci sarà Eliseo Bertolasi (giornalista e reporter), uno degli "osservatori elettorali" del referendum-farsa di Putin nei territori ucraini conquistati dai russi.

 Bertolasi scrive per l'Antidiplomatico, rivista online critica verso l'imperialismo occidentale e anche per Sputnik Italia, testata controllata da Mosca. Con lui ci sarà anche Lorenzo Berti da Pistoia, ex Casapound, che nel 2021 aveva definito "il 25 aprile lutto nazionale" e "la giornata più squallida dell'anno". Ma non è finita, perché tra gli organizzatori c'è anche la giornalista Gloria Callarelli, candidata alle elezioni europee del 2019 con Forza Nuova, integralista cattolica tutta dio-patria-famiglia tradizionale. "Stop all'opera di persuasione di massa per convincerci a mandare armi, per portarci ad una deflagrazione mondiale mentre gli amici di Crosetto fanno affari d'oro", scrive il leghista che imbarazza la Lega di Luca Zaia.

Estratto dell’articolo di Enrico Ferro per “la Repubblica” il 5 febbraio 2023.

Cambiare la narrazione sulla Russia e sull’invasione della Crimea stringendo accordi, organizzando convegni, intrecciando relazioni economiche. Il tutto grazie a esponenti politici entrati anima e corpo in uno schema che aveva come unico scopo quello di conferire alle politiche di Putin il diritto di cittadinanza nella Ue. Pezzi della Lega hanno portato avanti per anni questa opera fluidificatrice, sfruttando anche la credibilità e la solidità delle regioni in cui esercitano la loro azione politica.

 L’attività del consigliere regionale del Veneto Stefano Valdegamberi, tesserato Lega, è certamente paradigmatica per comprendere quanto il partito di via Bellerio si sia speso per oliare i rapporti tra Italia e Russia. Una dinamica caldeggiata dal Cremlino che, anche in questo modo, avrebbe poi preparato il terreno per l’invasione dell’Ucraina. Adesso c’è anche un’inchiesta giornalistica internazionale, realizzata tra gli altri da IrpiMedia.

Grazie a migliaia di e-mail sotratte dagli hacker ucraini al parlamentare russo Sargis Mirzakhanian, responsabile della “International Agency for Current Policy” negli anni successivi all’invasione della Crimea nel 2014, sono emersi i rapporti e le loro dinamiche. Valdegamberi era uno snodo cruciale.

 Le e-mail conterrebbero le prove di come i lobbisti russi intendessero pagare i politici: ci sono addirittura onorari e budget per piani di viaggio con soggiorni in resort a 5 stelle come il Mriya Resort and Spa, un mega hotel sulle rive del Mar Nero. Tuttavia, è bene specificarlo, nel malloppo raccolto non ci sono documenti finanziari o estratti conto bancari in grado di dimostrare che i pagamenti siano stati effettuati.

«Quante cazzate», sbotta Stefano Valdegamberi, ex assessore regionale del primo mandato di Luca Zaia e ora consigliere regionale. «Si evince chiaramente che le attività promosse erano di natura commerciale. Ma io non ho mai preso un soldo». Ma è Mirzakhanian stesso a descrivere questi pagamenti come il «prezzo del voto», in una email contenente le linee guida del progetto per l’Italia e l’Austria.

 Riecco Valdegamberi in uno schema in cui gli viene attribuito l’incasso di 3 mila euro. «Probabilmente quei 3 mila euro sono i soldi che l’organizzazione del Forum di Nazarov ha speso per i viaggi e l’ospitalità della delegazione. Ma nessun compenso è stato dato», la replica del leghista. Della partita faceva parte anche il senatore veronese Paolo Tosato, anch’egli della Lega e anch’egli corteggiato affinché appoggiasse Mosca. Così fece, ma la sua risoluzione in Senato non venne recepita.

Uno dei primi grandi risultati ottenuti dal gruppo di Mirzakhanian è stato invece con il Consiglio regionale veneto. Grazie a Valdegamberi, il 18 maggio 2016 la delibera viene adottata a maggioranza. I primi in Europa. Nei mesi successivi, grazie alla spinta della Lega, Liguria e Lombardia hanno seguito l’esempio del Veneto e approvato le loro risoluzioni, riconoscendo la Crimea come parte della Russia.

Dopo il forum di Yalta del 2016, Valdegamberi è volato in Crimea alla ricerca di relazioni d’affari e ha portato con sé altri politici italiani: tre dal Veneto (Roberto Ciambetti e Luciano Sandonà della Lega, ma anche Marina Buffoni consigliera comunale di FdI a Padova), più uno ciascuno da Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria. Al viaggio si è unita una delegazione di investitori italiani, tra cui alcuni imprenditori sempre dal Veneto. «Per Stefano Valdegamberi il risultato del viaggio non è stato puramente di pubbliche relazioni, ma di contatti promettenti per iniziative imprenditoriali, che pagano le sue campagne elettorali e sostengono la sua attività politica», ha scritto uno dei soci europei di Mirzakhanian in una e-mail. […]

Da corriere.it il 27 gennaio 2023.

Il leader di Azione Carlo Calenda: «Ci sono pochi dubbi sulla nostra linea di sostegno all’Ucraina. Ritengo tuttavia un errore combinare un evento musicale con il messaggio del Presidente di un paese in guerra», ha scritto in un tweet. E ancora il leader del M5S, Giuseppe Conte: «Io sono stato molto contento quando il presidente Fico ha invitato il presidente Zelensky alla Camera dove ha potuto esprimere le sue ragioni in Parlamento. Non credo che sia così necessario avere Zelensky in un contesto così leggero come quello di Sanremo».

L’ex deputato pentastellato Alessandro Di Battista, definendo il video di Zelensky «una ridicola buffonata», è tra i firmatari del manifesto con cui un gruppo di intellettuali ha accompagnato la decisione di manifestare, in piazza a Sanremo, proprio l’11 febbraio:

 «Abbiamo appreso con incredulità che interverrà Zelensky, capo di Stato di uno dei due Paesi che oggi combattono la sanguinosa guerra nel Donbass. Una guerra terribile», scrivono nomi come Franco Cardini, Ugo Mattei, Carlo Freccero, Joseph Halevi e Moni Ovadia. Secondo Ovadia «non si può spettacolarizzare la guerra. Tanto meno in un programma che ospita canzoni e che è visto in tutto il mondo. Il messaggio che mandiamo a Putin è che vogliamo schiacciarlo. E lui può essere molto cattivo, quindi non è conveniente».

   Estratto dell’articolo di Matteo Pucciarelli per “la Repubblica” il 27 gennaio 2023.

È uno strano e trasversale fronte e dentro c’è un po’ di tutto, vecchie e nuove pulsioni antisistema che per una volta si ritrovano d’accordo nel condividere la protesta. Contro cosa, contro chi?

La partecipazione di Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo.

 L’intervento in collegamento del presidente ucraino sul più nazionalpopolare dei palchi non è gradito da: Matteo Salvini, Beppe Grillo, Alessandro Di Battista, Carlo Freccero, Maurizio Gasparri, Vauro Senesi, Fabio Volo, solo per citare i volti più noti. Di sicuro pesano e parecchio le dichiarazioni del vicepremier e leader della Lega:

«Mi chiedo quanto sia opportuno che il Festival della canzone italiana abbia un momento con la guerra e le morti in corso. Non mi sembra che le cose vadano d’accordo ». Anni fa, quando girava con le magliette “sono un populista” o con quelle col faccione di Vladimir Putin, annunciava divertito di preferire il popolare cartone animato Masha e Orso al discorso di fine anno di Sergio Mattarella.

L’attuale registro comunicativo è simile: «Se avrò dieci minuti di tempo per vedere il Festival vedrò le canzoni, non Zelensky», le sue parole ieri a “Otto e mezzo”.

Il fondatore e garante dei 5 Stelle invece si prepara al gran debutto del 15 febbraio a Orvieto col nuovo spettacolo, intanto su beppegrillo. it due giorni fa ha pubblicato una lunga analisi dell’ex ambasciatore Torquato Cardilli, non nuovo a prese di posizione originali, per così dire. Stavolta nel commentare lo Zelensky sanremese ha spiegato, in maniera un po’ sinistra, che «forse bisognerebbe consigliargli di cominciare un rosario di scongiuri vista la fine che hanno fatto altri capi di Stato che hanno concesso analoghe interviste in passato (Saddam Hussein, Gheddafi)». Una dichiarazione presa al balzo da Europa verde, che l’ha inserita nel dossier di 16 pagine che verrà presentato oggi alla Stampa estera contro l’ingresso del M5S nel gruppo parlamentare europeo dei Greens.

(…)

Estratto dell’articolo di Tommaso Rodano per “il Fatto quotidiano” il 27 gennaio 2023.

“Io penso sia un errore gravissimo di Zelensky, ma soprattutto un errore tragico della Rai. A livello mediatico è controproducente per entrambi”. È un Carlo Freccero fluviale, come sempre, quello che commenta l’imminente ospitata sanremese del presidente dell’Ucraina. 

“Credevano di rendergli un omaggio, al contrario non fanno altro che compattare le voci di quelli che si oppongono alla guerra, con varie posizioni e vari punti di vista. Infatti la piattaforma che manifesta contro Zelensky a Sanremo tiene insieme personalità molto diverse” (ci sono, tra gli altri, Alessandro Di Battista, Franco Cardini e Moni Ovadia, ndr).

Per quale motivo? In fondo la copertura mediatica di Zelensky è sempre stata abbondante e trasversale.

Raffigurare la guerra in un musical di canzoni e siparietti di costume significa superare un limite, andare oltre ciò che è concepibile. È vero che Zelensky si esibisce praticamente su ogni palcoscenico, le sue apparizioni hanno una forma cinematografica: se ci fa caso, sono pochissime le immagini “sporche”, da telegiornale; in genere invece viene rappresentato con una luce perfetta, vestito da attore, sempre allo stesso modo. Ma partecipando al festival di Sanremo si ridicolizza, scende nella categoria del musical. Si mescola alle musichette, mentre sul terreno di guerra si accumulano i morti.

 Il salto di qualità, in sostanza, è l’accostamento tra guerra e canzoni?

Mi ricorda da vicino quello che avveniva durante la pandemia, quando tra terrore e farsa, nel mezzo dei bollettini di morte, medici e paramedici si esibivano in balli di gruppo sulle note di Jerusalema. Nei momenti più tragici, per far diminuire l’ansia allo spettatore, al terrore vanno alternati momenti assurdi di non senso, che ricordano i musical.

 Se è un tragico errore, come dice, a chi va attribuita la sciagurata idea?

Penso sia l’iniziativa di Bruno Vespa, che confonde l’informazione con lo spettacolo: è nella sua natura. Da uomo di potere, voleva fare un favore alla Meloni. Un omaggio per lei, che si presentava come la più grande sovranista ed è diventata invece la più grande alleata del globalismo e degli Stati Uniti. Un tale servizio di propaganda, credo, non se lo aspettava nemmeno lei. Al punto che si stanno scatenando contro questa scelta anche i suoi alleati.

Pure Salvini, proprio in queste ore.

Salvini dice le stesse cose che dico io: parla anche lui di un musical. Se non è un paradosso questo... Quest’operazione è un errore colossale: un grande aiuto a chi è contro la guerra.

 (...)

Estratto dell’articolo di Silvia Truzzi per “il Fatto quotidiano” il 7 febbraio 2023.

[…] Carlo Freccero […]

 È un compromesso al ribasso per la Rai avere la letterina di Zelensky al posto del consueto video?

[…] per la Rai Sanremo rappresenta un grande bottino di […] introiti pubblicitari: così si evitano potenziali defezioni di pubblico e investitori.

 Secondo la Rai è stata una scelta di Zelensky.

Ho dei dubbi: questa soluzione si risolve in un depotenziamento del messaggio di Zelensky. Sanremo è uno spettacolo televisivo: chiaramente una lettera letta non ha lo stesso impatto di un filmato. […] Sanremo voleva fare C’è posta per te, ma il gioco non è riuscito.

[…] E dal punto di Vespa, il grande regista di quest’operazione?

Vespa ha fatto il Caschetto (Beppe, agente di personaggi dello spettacolo, ndr) di Zelensky, ma gli è andata male. […] Chiaramente una sconfitta, che può anche essere letta come un ridimensionamento di Vespa all’interno della Rai. In qualche modo, con l’invito a Zelensky e l’annuncio fatto personalmente, Vespa si era sostituito all'amministrazione delegato della Rai. Che […] non per nulla sarà a Sanremo. Fuortes batte Vespa sei-zero, sei-zero.

La lettera verrà letta da Amadeus, che di mestiere conduce I soliti ignoti.

[…] C'era molta attesa per il video del presidente ucraino. Dal punto di vista degli ascolti il depotenziamento e un boomerang? Sicuramente. […] Il depotenziamento […] agisce sul messaggio di Zelensky, ma anche sulla protesta contro la guerra. Sabato a Sanremo non ci sarà la tensione che ci sarebbe stata con il video messaggio.

Estratto dell’articolo di Maurizio Caverzan per “La Verità” il 31 gennaio 2023.

Carlo Freccero, cosa significa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ospite del Festival di Sanremo?

«Significa che siamo di fronte a un atto di propaganda».

 Cioè?

«È sempre stato necessario far accettare al popolo un’azione impopolare come la guerra […]».

 Nel caso del popolo italiano, in maggioranza contrario all’invio di armi all’Ucraina nonostante l’informazione spinga in questa direzione, la propaganda fallisce?

«[…] Il primo è la paura di un conflitto nucleare […] Il secondo motivo è che nel nostro Paese c’è povertà e noi abbiamo già destinato molti soldi all’Ucraina. La guerra sta provocando disagi all’economia e alla nostra vita quotidiana». […] «[…] La maggioranza degli italiani non vive come Joe Biden alla Casa bianca, ma in case fredde e con spese che si moltiplicano».

 L’errore di questa ospitata è il contesto o il contenuto?

«Entrambi. […] Anche le persone che ritengono necessaria la partecipazione alla guerra non ne condividono la spettacolarizzazione a Sanremo. […]».

[…] Zelensky all’Ariston è la spettacolarizzazione della guerra?

«Mentre non c’è spazio per la trattativa e per la diplomazia, tutto è affidato all’azione delle armi e l’Ucraina è diventata un cimitero a cielo aperto». […] «[…] Questa guerra è un esempio di reductio ad Hitlerum di Putin analoga a quella condotta contro Saddam Hussein e Gheddafi. Ricordiamo le armi di distruzione di massa di Saddam simboleggiate dalla fialetta agitata da Colin Powell nell’assemblea delle Nazioni unite. Tutti sanno che quelle armi non esistevano, però nell’immaginario Saddam è rimasto un crudele dittatore».

I morti ucraini esistono.

«A questo proposito vorrei ricordare la frase sfuggita nel 2014 a Victoria Nuland, all’epoca segretario di Stato aggiunto, quando le fu fatto presente che l’Europa non poteva tollerare un colpo di Stato nazista in Ucraina: “Che l’Unione europea si fotta”, disse. Da quel colpo di Stato, la guerra dell’Ucraina contro le popolazioni russofone del Donbass non si è mai interrotta. […]».

 […] Il presidente ucraino è un ex attore comico e un ottimo comunicatore.

«Non un comunicatore, ma un attore che cura molto le sue apparizioni. Il fatto interessante è che mescolare guerra con spettacolo è, in qualche modo, in continuità con la propaganda pandemica».

In che senso?

«I virologi chiedevano di vaccinarsi contro il Covid sulle note di Jingle bells. Ora Zelensky ex attore arriva al palco del Festival di Sanremo a chiedere armi. Da tempo Sanremo sembra occuparsi, più che di musica, di look transgender presunti trasgressivi. Anche a questo riguardo Zelensky è idoneo perché sono noti i suoi balletti con tacchi a spillo, nudo e lingua fuori, in perfetto stile Måneskin».

[…] Il Cda Rai ha convocato il direttore dell’Intrattenimento Stefano Coletta per spiegare l’invito: cosa si aspetta?

«Oltre a Coletta, sarebbe interessante ascoltare Bruno Vespa che si è prestato a fare il Beppe Caschetto di Zelensky».

Estratto dell’articolo di Corrado Formigli per “la Repubblica” il 31 gennaio 2023.

Con sprezzo del ridicolo, prosegue incandescente il dibattito sulla presenza di Zelensky al festival di Sanremo. Parliamo di un intervento registrato di circa due minuti in collegamento da Kiev durante la serata finale. […] il presidente ucraino è stato già ospite di numerosi eventi televisivi nel mondo, dai Golden Globe ai festival di Venezia e Cannes […] Eppure, da noi è un caso di Stato.

Sarà che i partiti […] considerano la Rai […] una sorta di colonia catodica del governo con annessa dépendance per l’opposizione. Sta di fatto che tutti i leader mettono bocca […] Chi protesta contro la presenza del presidente ucraino, sostiene che il contenitore non sia adatto. Insomma, dopo aver imperversato in qualunque format televisivo immaginabile, dalla d’Urso alla De Filippi a Novantesimo minuto, ora alcuni indignati leader politici lanciano l’austera invocazione: Zelensky, Amadeus e tutta la Rai dimostrino un po’ di serietà anziché mischiare la guerra con il rock. Come se non fosse tradizione sanremese aprirsi ai temi sociali, alle proteste, ai gesti simbolici. […]

Con la stessa ipocrisia per la quale i corpi martoriati dalle bombe non devono essere mostrati, adesso si rimprovera al servizio pubblico di voler mescolare sangue e musica. […] Il consiglio di amministrazione della Rai chiede dunque rassicurazioni al direttore dell’intrattenimento Coletta, indaga sul contenuto del messaggio che verrà inviato dal presidente di un popolo sotto assedio. Si cautela su possibili conseguenze. A monte di queste paranoie c’è l’inguaribile impulso dei partiti di considerare la Rai roba loro.

 […] Adesso vogliono pure la scaletta di Sanremo. […] Alla prossima tornata, il governo cambierà amministratore delegato com’è nei suoi poteri. Fino ad allora, per favore, giù le mani dal copione. Tantopiù che, una volta archiviata Sanremo, questa polemica apparirà per quel che è: strumentale. Tra riflessi pseudo pacifisti, perbenismo mediatico e generali da tastiera, la guerra, quella vera, è sempre più lontana dal racconto della realtà. In Ucraina si muore in una crescente indifferenza. […] Chiuso il collegamento col presidente ucraino e archiviate le “canzonette”, in Rai si tornerà alla vera partita del cuore per il governo: quella delle nomine. Un direttore a me, uno a te. Come sempre. […]

“Un altro modo per fare propaganda di guerra: scenderemo in piazza”. Redazione su L’Identità il 31 Gennaio 2023

di GIORGIO CREMASCHI SINDACALISTA FIOM

 La presenza di Zelensky al Festival di Sanremo è propaganda di guerra, non è nient’altro. Proprio come si faceva nel 1915-18 quando si presentavano le donne imbandierate con il tricolore.

È una cosa orribile. E non bisogna fare l’errore di cadere nella questione del rapporto tra il Festival di Sanremo e la politica. Tutto è politica e quindi non si può “tenere fuori il Festival” dai temi del momento, sarebbe una ipocrisia.

Perché il Festival potrebbe accogliere i portuali di Genova che stanno facendo gli scioperi per contestare l’invio di armi all’Arabia Saudita, così come potrebbe accogliere i disoccupati, oppure i ragazzi che si occupano di ambiente.

Non si vuole discutere sul fatto che al Festival non si debba parlare anche di temi centrali. Io sostengo fortemente il no alla presenza di Zelensky in quanto presidente di un Paese in guerra a cui il nostro Paese fornisce le armi.

È propaganda di guerra ed è inaccettabile, a maggior ragione nel momento in cui è chiaro che solo una minoranza del popolo italiano è a favore della guerra, mentre la grande maggioranza è contraria alla guerra e alla partecipazione dell’Italia.

Per questo il prossimo 11 febbraio scenderemo in piazza con una manifestazione e un altro appuntamento generale è stato lanciato dai portuali di Genova per il 25 febbraio: una manifestazione nazionale dei lavoratori dei porti contro la guerra, a cui si affiancheranno altre manifestazioni in tutta Italia per l’anniversario della guerra.

Bisogna dirlo chiaramente: il partito guerrafondaio ha rotto, perché tanto più arrogante, sfacciato, odioso, e tanto più è in minoranza rispetto alla popolazione.

È il momento di alzare la testa, anche perché questa presenza di Zelensky potrebbe essere un boomerang della propaganda di guerra.

Quindi da un lato c’è la condanna, ma dall’altro questo boomerang potrebbe far diventare ancora più chiaro che la maggioranza del Paese è contro la guerra.

E credo che sarà un incentivo, per chi come noi è contro la guerra, a manifestare e dire basta al partito guerrafondaio.

“La guerra non si ferma per Sanremo: ascoltiamo gli appelli prima che sia tardi”. Redazione su L’Identità

31 Gennaio 2023 

di CARLO GIOVANARDI POLITICO

E se sulla polemica sul previsto intervento di Zelensky al Festival di Sanremo entrassimo a gamba tesa con una proposta radicale tipo: sospendiamolo per quest’anno per rispetto ai civili inermi che in quegli stessi giorni verranno fatti a pezzi dai bombardamenti russi?

Oppure chiedere, come avveniva nella antica Grecia, di fermare la guerra per il tempo dei Giochi Olimpici (la cosiddetta tregua olimpica) chiedendo ai russi una tregua per rispetto al Festival della Canzone Italiana?

Inevitabilmente proposte di questo tipo verrebbero subito bollate come intollerabili, ridicole, utopiche e grottesche.

Premesso, pertanto, che il Festival è intoccabile e andrà in onda pure in Mondovisione in concomitanza con le stragi quotidiane di donne e bambini, perché contestare a Zelensky la possibilità di richiamare tutti al dovere di solidarietà con un intero popolo massacrato?

Per non annoiare chi comodamente seduto su un divano sta ascoltando musica leggera, rispondono i contrari.

Si dà il caso che Sanremo ricada proprio tra la Giornata della Memoria dell’Olocausto del popolo ebraico e quella del Ricordo degli Italiani infoibati in Istria, che è giusto e doveroso commemorare ogni anno, perché la barbarie non può venire a noia.

E soprattutto quando siamo ancora in tempo ad ascoltare gli appelli per fermarla prima che sia troppo tardi”.

Salvini: «Zelensky a Sanremo? Spero rimanga il Festival della canzone». Cesare Zapperi su Il Corriere della Sera il 26 Gennaio 2023.

Il leader della Lega non apprezza la partecipazione in video al Festival del presidente ucraino. «Il palcoscenico deve rimanere riservato alla musica»

«Speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro». Anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, esprime le sue perplessità alla luce dell’annuncio dell’intervento, con un video messaggio, del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo. «Avranno fatto le loro valutazioni, quello che spero è che la guerra finisca il prima possibile e che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica», dice Salvini a »Otto e mezzo» su La7, aggiungendo che se avrà tempo di guardare il Festival «sarà per ascoltare canzoni e non per ascoltare altro, qualcosa che penso tutti si aspettano». (Anche se la politica ha fatto più volte irruzione al Festival, vedi il servizio)

«Speriamo che» la guerra «finisca il prima possibile - ha poi aggiunto il vicepremier -, noi siamo allineati con le posizioni occidentali. E speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro». A chi gli ha chiesto se ritenga inopportuna la presenza di Zelensky, Salvini ha replicato: «Non giudico. E’ l’ultima settimana di campagna elettorale, se avro’ tempo di guardare Rai Uno sara’ per ascoltare canzoni, non per ascoltare altro». Replicando a chi gli ha chiesto se la polemica fosse sul presidente ucraino, Salvini ha ironizzato: «Adoro la canzone italiana. Zelensky? Non so come canta, ho altre preferenze». «Non dico chi spero che vinca - ha infine concluso - senno’ lo danneggio e arrivera’ ultimo sicuramente. Ho le mie preferenze, ma in campo canoro, non in altri campi».

(ANSA il 26 gennaio 2023) - Una "ridicola buffonata". Così l'opinionista ed ex 5 Stelle Alessandro Di Battista giudica la partecipazione del presidente ucraino alla serata conclusiva del festival di Sanremo.

 Il reporter ha firmato la petizione condivisa da un gruppo di intellettuali in cui si critica la decisione di invitare Zelensky allo spettacolo canoro ma, conversando con l'ANSA, precisa di non essere intenzionato a partecipare alla protesta in piazza indetta proprio a Sanremo per l'11 febbraio: "Sostengo la petizione ma non parteciperò alla manifestazione".

Piuttosto, dice, " se stabiliamo che si inizia a rendere una manifestazione canora un luogo di dibattito di questioni politiche, allora che si parli anche di quello che sta avvenendo in Palestina".

Da “Un giorno da Pecora – Rai Radio 1” il 26 gennaio 2023.

Zelensky a Sanremo? “Sono cose che personalmente fatico a capire, capisco l’attenzione però mi sembra anche un po’ la spettacolarizzazione di un qualcosa. Non lo so, quando poi è venuto cosa cambia?” Così a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, lo scrittore e conduttore Fabio Volo. Forse lo scopo della sua presenza è sensibilizzare maggiormente sul conflitto all’interno di un contesto di grande seguito come il Festival.

 “Ma mi sembra che l’Italia non sia nel dubbio, quel che deve fare lo sta facendo, non è che uno fa una donazione dopo aver visto Zelensky a Sanremo ad esempio. Non capisco bene questa cosa – ha aggiunto a Un Giorno da Pecora Volo - ma siccome ognuno fa il suo mestiere se lo hanno chiamato avranno avuto i loro motivi, sapranno cose che io non capisco

Pier Silvio Berlusconi: "Zelensky a Sanremo? Avrei preferito di no". Panorama il 2 Febbraio 2023

L’ad di Mediaset interviene sulle polemiche che scaldano la vigilia del Festival. «Da parte di Zelensky una ricerca di visibilità che mi turba», commenta. E spiega la scelta di controprogrammare Sanremo: «Niente disarmo, vogliamo dare un'alternativa al pubblico» Francesco Canino «Zelensky a Sanremo? La Rai deve fare le sue scelte e da editore non voglio mettere becco. Da cittadino che paga il canone non fa piacere». Pier Silvio Berlusconi è entrato a gamba tesa sulle polemiche che stanno infuocando la vigilia del Festival di Sanremo, con la politica, gli addetti ai lavori e l'opinione pubblica divisa sul video-messaggio di Volodymyr Zelensky, che dopo i Grammy, i Festival di Cannes e Venezia, e due settimane i Golden Globe, ha chiesto (via Bruno Vespa) di poter intervenire durante la finale di Sanremo 2023. Richiesta accordata dalla Rai e da Amadeus, il quale ha già fatto sapere che il messaggio di due minuti andrà in onda il sabato sera al termine dell'esibizione di tutti i ventotto big in gara. E mentre il cda Rai ha chiesto un incontro con Stefano Coletta, direttore dell’Intrattenimento Rai, per approfondire il "caso" , Berlusconi jr. ha deciso di dire la sua. Pier Silvio Berlusconi perplesso dalla presenza di Zelensky a Sanremo «Io non posso dire da editore che non deve farlo andare in onda, onestamente no. Sarebbe come se noi bloccassimo tutte le cose che ci sembrano un po' al limite nei programmi che vanno in onda. Ma da cittadino c'è un conflitto in ballo, si parla di morti: cosa c'entra Sanremo?». È stato piuttosto categorico Pier Silvio Berlusconi rispondendo a una domanda sulla partecipazione di Zelensky a Sanremo nel corso di un incontro con i giornalisti sui progetti del digitale di Mediaset. L'amministratore delegato del Biscione non si è sottratto alla questione e ha spiegato il suo punto di vista. Da editore e da cittadino che paga il canone. «Da un lato c'è la questione della libertà di espressione, un presidente che vuole far sentire la sua voce e tutti noi siamo con lui e con l'Ucraina. La Rai deve fare le sue scelte e da editore non voglio mettere becco. Dall'altro c'è il mio essere cittadino che paga il canone e non riesco a non essere trasparente: a me che Zelensky" intervenga a Sanremo "con tutto quello che si deve dire a favore dell'Ucraina e della situazione che stanno vivendo, non fa piacere. Mi sembra una ricerca di visibilità che un pochino mi turba: preferirei di no».

Perché Mediaset ha deciso di "controprogrammare" il Festival Soddisfatto per la crescita digitale di Mediaset, con 10 milioni e 500 mila video visti al giorno (numeri quintuplicati nell'ultimo anno) e il raddoppio del tempo speso per guardarli (1,3 milioni di ore quotidiane) e soprattutto per i conti del 2022, Pier Silvio Berlusconi ha poi spiegato la scelta di "controprogrammare" il Festival. Dopo vent'anni di "tregua" durante la settimana sanremese, quest'anno Mediaset ha decido di tenere accesse tutte le sue trasmissioni, comprese quelle di punta tra cui C'è posta per te di Maria De Filippi. Ma Berlusconi precisa: «Non abbiamo alcuna intenzione di fare 'controprogrammazione' al Festival di Sanremo: evitiamo dopo molti anni il disarmo assoluto». Ma questa scelta da cosa deriva? Dagli ascolti che hanno retto (e pure bene) durante i Mondiali di Qatar e di conseguenza dalla tenuta dei ricavi pubblicitari. «Abbiamo visto che durante i mondiali in Qatar i nostri ricavi non ne hanno risentito e abbiamo deciso di mantenere una settimana a prezzo normale». Insomma, nonostante la delicata fase di mercato, gli eventi in onda sulle reti concorrenti sembrano non incidere sui ricavi pubblicitari di Mediaset e a questo si somma la scelta di offrire un'alternativa al pubblico: «È sbagliato togliere questa possibilità e lasciare accesa una tv da Terzo Mondo. Anche se c’è Sanremo sarebbe un disservizio per gli spettatori. Sanremo fa il 60% di share? C’è comunque un 40% che non lo guarda e ha voglia di seguire altro». Ecco perché andranno regolarmente in onda Grande Fratello (con doppio appuntamento lunedì e giovedì), Le Iene, i talk di Rete4 e anche C’è posta per te: «Non importa quanto faremo, che sia il 5, il 10 o il 15% di share: è importante offrire un’alternativa sia al pubblico sia al mercato e ai client. Ringrazio Maria De Filippi per questo atto di coraggio».

Perché Putin è Putin. L’insopportabile coro degli indignati speciali per Zelensky a Sanremo. Amedeo La Mattina su L’Inkiesta il 27 gennaio 2023.

Il presidente ucraino interverrà con un messaggio nella serata finale del Festival della canzone italiana. La cosa dà fastidio a molti. Forse perché bastano pochi minuti per raccontare la brutalità e i crimini di guerra commessi dai russi

Amadeus va alla guerra. Come se fosse così banale, come tutti i mali del mondo, confondere le canzonette di Sanremo con il massacro in Ucraina voluto da Mosca. Allora partiamo da chi è preoccupato di trasformare il palco dell’Ariston in un proscenio bellico.

Volodymyr Zelensky ha chiesto al conduttore della principale manifestazione canora nazionalpopolare, attraverso Bruno Vespa, di poter intervenire con suo video preregistrato. Amadeus ha detto di sì. Pochi minuti nella serata finale dell’11 febbraio per il leader ucraino che il vignettista Vauro considera un «personaggio da fumetti», quindi ridicolo per le magliette che indossa con il simbolo del suo Paese. Lui, Vauro, ridicolo invece non si sente quando va in giro, anche negli studi televisivi, con le camice militari dell’Armata rossa.

Dimenticando che il suo caro amico Putin a quel tipaccio con la barba voleva tagliare la gola. Tutti scandalizzati adesso per Sanremo come Zelensky non avesse parlato ai Golden Globes, al Festival di Cannes e a quello di Venezia (dimentico qualcosa di meno importante di Sanremo?). Ha parlato e nessuno si è indignato o sognato di dire «e che cazzo, fateci vedere i film, levate quel tizio, quell’attore fallito dal red carpet».

Ma Sanremo è Sanremo, guai a infilarci dentro questa lagna dei morti, dei bombardamenti su case, scuole, ospedali. Basta con la solfa del popolo orgogliosissimo che resiste e vuole stare in Europa, vivere come gli europei e non prigioniero dell’autarchia russa. Non sanno che si perdono!

Perché questa fastidiosa distorsione acustica, tra fiori e melodie, del sangue che scorre (per colpa sua?). «Non è educativo, oltre che di cattivo gusto, mescolare la musica con la guerra», tuona il geopolitologo Lucio Caracciolo nel programma di Lilli Gruber, per la verità un po’ sconcertata, dove Massimo Giannini parla di gravitas della morte calata in maniera inopportuna in una bella serata spensierata. Amadeus, che sa come fare ascolto e ha già la pubblicità in overbooking, secondo il direttore della Stampa dovrebbe fare come fece Fabio Fazio nel 2009 che invitò a Sanremo Michail Sergeevič Gorbačëv, accompagnato dalla moglie Raissa. E vuoi mettere l’ultimo segretario del Pcus insignito del premio Nobel per la pace con quel guerrafondaio di Volodymyr Zelensky che sta provocando un’escalation che potrebbe portarci al disastro atomico? Una cosa che va venire il sangue alla testa a Nicola Porro, vice direttore del Giornale. «Ma perché ci dobbiamo sorbire Zelensky?», si chiede il conduttore televisivo di Quarta Repubblica.

L’abbraccio destra-sinistra al grido giù le mani dalla melodia sanremese, raggiunge l’apoteosi con il contributo di un ministro della Repubblica. Stiamo parlando del leader della Lega, Matteo Salvini, che ha ancora una fratellanza politica con Russia Unita, il partito di Putin. Spera che «il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica: è qualcosa che penso tutti si aspettano». Lui, che è amante del festival vecchia maniera e adora la canzone italiana, non sa come canta Zelensky. «Ho altre preferenze». Magari, chissà, avrebbe preferito il coro dell’Armata rossa che si esibì con l’italiano vero Totò Cutugno nel festival del 2013 (sempre presentato da Fabio Fazio).

No, forse è troppo brutto ricordare quei poveri coristi che disgraziatamente, qualche anno dopo, morirono in un incidente aereo a Sochi. Siamo sicuri però che, cantando sul palco dei fiori, fecero piangere di gioia e non scandalizzare il vignettista Vauro che nella sua casa-museo di Roma ha una collezione di cimeli sovietici da fare invidia agli stalinisti moscoviti. Meglio l’Internazionale che il “nazista” di Kiev.

E allora tutti a Sanremo l’11 febbraio a contestare la «propaganda di morte in tv». Andiamo a parlare di pace, diplomazia, di cessate il fuoco. Con chi, a Mosca, non è dato saperlo. Tutti a fare il controcanto a Zelensky. Addirittura ci saranno due manifestazioni. Una organizzata da un fantomatico Comitato di liberazione nazionale con Pecora nera, nel piazzale di Pian di Nave, a Sanremo. Ma quella più sexy sarà il controfestival di Carlo Freccero dove interverrà Dibba. Non si può mancare il comizio di Alessandro Di Battista, che si porterà nel tascapane, tra una partita di padel e una comparsata a pagamento a Dimartedì, il post di Beppe Grillo «dalle bombe alle canzoni, anche l’orrore fa spettacolo». Proprio lui, il comico genovese, che con l’orrore della casta, delle banche, delle armi ha fatto i più grandi incassi e addirittura ha fondato un partito che fu di maggioranza relativa. A quanto pare ci saranno anche gli ucraini fuori dal teatro Ariston ad applaudire il loro presidente. Magari chi è da quelle parti potrebbe farci un salto in quella parte della barricata.

Ma perché i pochi minuti di Zelensky a Sanremo fanno tanta paura, danno tanto fastidio? Non è certo perché si disturba la gara canora che già dura un’infinità di ore per giorni fino a notte fonda, da ammazzare il più insonne degli italiani. Forse una spiegazione potrebbe essere legata al fatto che, parlando in programma nazionalpopolare e seguito da decine di milioni di telespettatori, il presidente ucraino potrebbe convincere gli italiani incerti della brutalità russa e sulla necessità di difendere i confini occidentali dell’Europa. Far cambiare idea a chi pensa «ma a noi di questi che ce ne frega?».

C’è un pezzo non minoritario che ritiene che la guerra in Ucraina sia l’unica e primaria fonte dei rincari energetici. Oppure che l’Italia insieme all’Europa è supina all’America, che stiamo facendo una guerra che non è la nostra. Oppure che abbiamo provocato l’orso russo e ora noi dobbiamo spendere tutti questi soldi per armare gli ucraini, con il rischio dell’atomica. Valutazioni in buona fede per alcuni, polemiche politiche anti occidentali e anti americane per altri che arrivano a dire, come fa Marco Travaglio, che prima o poi dovremo fare i conti con i corrotti di Kiev e vedere dove sono finite tutte le armi che stiamo dando a quello con la maglietta da fumetto.

Ora, senza dubbio, come ha fatto tutte le volte che è intervenuto pubblicamente, Zelensky sa come fare comunicazione. Parla alle opinioni pubbliche occidentali che cominciano a essere stanche. La guerra sarà lunga, purtroppo. Ed essendo noi una democrazia in cui votare conta ancora qualcosa, potrebbe succedere che i governi occidentali stacchino la spina agli ucraini. Con il risultato di farli fagocitare da Putin e di assistere alla marcia dei macellai della Wagner nelle strade di Kyjiv.

C’è tutto questo. Ma c’è anche quello che disse Totò Cutugno in quel Sanremo del 2013 con alle spalle gli impettiti soldati del coro russo. Disse che Sanremo è molto seguita in Russia. Allora magari quel personaggio da fumetto vuole parlare anche ai russi, a quelle famiglie che non hanno visto più tornare i loro figli. Non sappiamo quanti potrà convincerne, quali argomenti userà. Magari in quel momento l’etere russo sarà oscurato. Di sicuro farà incazzare Putin, che non vedrà l’ora di conoscere il vincitore del festival di Sanremo.

Estratto dell’articolo di Stefano Feltri per “Domani” il 26 gennaio 2023.

[…] Il parlamento ha appena votato a favore del decreto che proroga fino al 31 dicembre la possibilità per il governo di inviare armi a Kiev attraverso atti interministeriali, cioè senza passare dallo scrutinio delle Camere. […] Varie fonti confermano che l’attesa molto più lunga del previsto per il decreto sul sesto pacchetto e la prudenza semantica sulla natura del supporto del governo Meloni a Kiev si devono al fatto che Lega e Forza Italia stanno continuando a tenere le posizioni filorusse che hanno sempre caratterizzato i loro leader Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Non tanto in parlamento, dove restano allineati con la maggioranza, ma nelle interlocuzioni dirette all’interno del governo.

In questi giorni Berlusconi – che ancora pochi mesi fa diceva «la guerra è colpa di Zelensky» – e Salvini, leader di un partito ancora formalmente gemellato con la putiniana Russia Unita, hanno fatto pressioni sul ministro della Difesa Guido Crosetto perché il pacchetto di aiuti militari venisse rimesso in discussione. La notizia è arrivata agli americani che non hanno affatto gradito […] 

[…] Il ministro Crosetto […] ha retto e respinto le pressioni. Fonti di Fratelli d’Italia […] confermano la differenza di vedute e dicono che c’è stato bisogno di spiegare e convincere leghisti e forzisti della necessità di tenere una linea ferma sull’Ucraina. […] Giorgia Meloni è uno dei pochi capi di governo della coalizione a sostegno di Zelensky a che non è ancora andata a Kiev […]

Zelensky a Sanremo, il caso non si chiude: sale la tensione sui vertici Rai. Storia di Antonella Baccaro su Il Corriere della Sera il 28 Gennaio 2023.

Chi rischia di saltare per la polemica sulla partecipazione di Volodymyr Zelensky a Sanremo non è la partecipazione del presidente ucraino, che appare salda (cancellarla provocherebbe a questo punto un incidente diplomatico) ma la poltrona di Carlo Fuortes a capo del consiglio di amministrazione della Rai. Anche ieri Matteo Salvini non ha mancato di rimarcare la propria contrarietà alla presenza nella manifestazione canora del leader straniero. Lo ha fatto prima scherzando: «Pensavo di autoinvitarmi per cantare due canzoni». Per poi aggiungere più tardi: «Non è con un’apparizione a Sanremo che si mette fine a questa guerra». La Lega ieri è sembrata tenere il punto anche con l’europarlamentare Matteo Adinolfi, secondo cui «la Rai dovrebbe rivedere questa posizione su Zelensky a Sanremo». Mentre Maurizio Lupi (Noi Moderati) sostiene che «dare voce a Zelensky sia un bene, per ricordare che c’è un popolo aggredito che lotta per la propria libertà e indipendenza». E Angelo Bonelli (Avs) rivendica uno spazio per il video nel quale il musicista Shervin Hajipour canta «Baraye», canzone di protesta per la morte dell’attivista dei diritti iraniana Mahsa Amini, uccisa dal regime. Ma la partita in gioco a questo punto non è più Sanremo ma un’altra, e riguarda l’amministratore delegato della Rai che domani, salvo ulteriori rinvii, dovrebbe portare al voto il bilancio aziendale 2023, già presentato nella scorsa riunione. Ma gli equilibri che fin qui gli hanno consentito di spuntarla sembrano compromessi a causa di un fronte sempre più consistente che vorrebbe un ribaltone in Rai. Un fronte che si contrappone a quello guidato da Giorgia Meloni, più favorevole a non aprire il vaso di Pandora della Rai, lasciando Fuortes fino a scadenza (2024) e al massimo affiancandolo con una figura tecnica, forse solo con un ulteriore passaggio sul Tg1, dove Monica Maggioni potrebbe lasciare per una trasmissione politica serale. Tutto questo però sembra non bastare ai fautori del ribaltone, irritati perché Fuortes parlerebbe solo con Meloni, che trovano la massima espressione nella Lega. Il voto contrario (o l’astensione) del membro leghista del cda Igor De Blasio, dopo la polemica su Zelensky sembra inevitabile, a dispetto delle parole di miele che ieri Salvini ha speso per Meloni da Milano. Il motivo per cui il tempo dei ribaltonisti stringe, lo spiega una fonte ben informata: «Sanremo, se va bene, equivale a un condono tombale per l’ad». E che Fuortes conosca il valore salvifico degli ascolti, lo dimostra l’enfasi con cui ieri ha sottolineato il successo della prima serata di RaiUno «Binario21», seguita giovedì scorso da più di 4 milioni e mezzo di spettatori. E che gli ascolti pesino, lo sa anche Mediaset che per la prima volta ha organizzato una controprogrammazione a Sanremo. Se davvero domani il leghista boicottasse il budget, si andrebbe alla conta: c’è da aspettarsi, oltre al voto favorevole dello stesso Fuortes, quello della presidente Marinella Soldi (che finora non è mancato), e probabilmente quello di Francesca Bria (espressa dal Pd). Voto contrario o astensione verrebbero dal membro del M5S Alessandro di Majo e dal rappresentante dei dipendenti Riccardo Laganà. Fin qui: tre a tre. Ago della bilancia sarebbe Simona Agnes (FI), finora sempre fedele a Fuortes. Ma ieri dalle parti del Cavaliere non giungevano le solite rassicurazioni circa il posizionamento in cda, segno che anche per Forza Italia potrebbe essere arrivato il momento di «scuotere l’albero», prima che Sanremo spazzi via tutto, ma anche prima delle Regionali, il cui esito non sarà indifferente per gli equilibri nel governo. Se così fosse, a Fuortes non resterebbe che un ulteriore rinvio per prendere tempo e magari consentire alla maggioranza di trovare l’eventuale quadratura.

"Basta ipocrisie su Zelensky Sanremo come Hollywood". Il filosofo difende l’ospitata del presidente al Festival: "Siamo in guerra e la propaganda è strumento bellico". Laura Cesaretti il 29 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Al solo sentir nominare il Festival di Sanremo, Massimo Cacciari (filosofo, ex sindaco di Venezia e parlamentare, anima perennemente critica della sinistra) si scoccia visibilmente. «Ma dai, ma per l'amor di dio, non ho mai guardato quella roba in vita mia, figurarsi se lo faccio stavolta perché c'è o non c'è Volodymyr Zelensky».

Ma non la stupisce la surreale polemica armata da politici e soi-disant intellettuali filo-russi, ma non solo, contro l'intervento del leader ucraino in quella che da anni è la principale tribuna tv italiana?

Ci sono passati tutti, da Gorbaciov alla regina di Giordania ai sindacalisti dell'Italsider, ma il presidente di un paese massacrato no? «A quella polemica mi son ben guardato dal partecipare, come avrà notato. Anche perché è di una ipocrisia ridicola: è in corso una guerra, e noi in siamo parte in causa di quella guerra. Con la decisione di inviare carri armati e sistemi di difesa siamo a tutti gli effetti partecipi: non combattiamo direttamente, ma siamo in guerra. E la propaganda è strumento essenziale di ogni evento bellico, basta ricordare le produzioni cinematografiche di Hollywood durante la Seconda guerra mondiale. Può anche farci schifo la propaganda mischiata alle tragedie, ma in tempi di guerra è inevitabile. Di che ci stupiamo?».

Beh, oddio: non è che alla Bbc, negli anni Quaranta, invitassero Goebbels a spiegare le buone ragioni di Adolf Hitler e la sua legittima difesa del Lebensraum tedesco. Qui invece abbiamo i propagandisti di Putin e i loro scherani italiani invitati in tutti i talk-show televisivi: mi pare difficile parlare di propaganda a senso unico a favore del paese aggredito, ossia l'Ucraina.

«Sì, ma anche in Inghilterra fino al giorno prima c'erano i fautori dell'appeasement con Hitler che dicevano liberamente la loro».

Secondo lei però siamo già al giorno dopo: siamo in guerra, dice. Come finirà questa guerra?

«Malissimo per chi la ha voluta e iniziata, ossia Vladimir Putin. Il capo della Russia ha fatto un errore folle e sciagurato, probabilmente anche indotto da un fallimento disastroso della sua intelligence che non ha capito nulla del nemico. E ha ottenuto esattamente quello che non voleva, ossia un ricompattamento occidentale forzato, sotto l'egemonia Usa. L'Ucraina sarà inevitabilmente il VietNam del Cremlino».

Non teme dunque quella «terza guerra mondiale», con contorno di bombe atomiche a gogò, che minacciano i russi e che paventano tutti i «pacifisti» più indulgenti col Cremlino?

«Macché. I cosiddetti leader politici pacifisti, da Matteo Salvini a Giuseppe Conte, non sono mai riusciti a spiegarci come, secondo loro, si dovrebbero raggiungere la tregua e il cessate il fuoco: riempirsi la bocca della parola pace è un velleitario quanto vacuo esercizio fine a se stesso, se non spieghi in che modo politicamente la si può ottenere. Certo, la guerra è brutta: si sa da millenni: bellum nefandum, diceva Virgilio. Ma non basta dirlo per impedirla».

Lei prevede addirittura un «Vietnam» per Mosca.

«La Russia sarà inevitabilmente sconfitta, non ha alcuna via d'uscita se non cambia la propria leadership cleptocratica e insensata. L'oligarchia corrotta di Mosca non vuole perdere la faccia ritirandosi, ma dopo la follia prepotente di Putin che ordina l'invasione dell'Ucraina, sottovalutando l'incredibile forza del nazionalismo di Kiev, non hanno alcuna speranza di cavarsela. La guerra andrà avanti fino al patatrac della Russia. E gli Usa stanno semplicemente facendo il loro mestiere di impero globale: per loro la sfida decisiva non è certo la Crimea, né l'Ucraina».

E qual è?

«L'appuntamento fatale è nel Pacifico, con la Cina. E devono arrivarci nelle condizioni migliori, con l'Occidente ricompattato e la Russia indebolita dalle sue scelte tragiche e fallimentari, che stanno costando centinaia di migliaia di vite agli ucraini ma anche ai russi spediti ad immolarsi al fronte. Mentre l'Europa intera, che ormai da generazioni ha dimenticato - a differenza degli Stati Uniti - cosa vuol dire combattere una guerra, non ha capito cosa stava succedendo, che rischi si correvano. E ha fallito ogni tentativo di esercitare una propria leadership e prevenire il conflitto, a cominciare dalla Germania. La verità è che il popolino europeo vive in pace da 80 anni, e si è convinto che questo sia lo stato normale e naturale delle cose. Purtroppo non lo è».

Estratto dell’articolo di Silvia Fumarola per repubblica.it il 28 gennaio 2023.

In quello del 1997 con Mike Bongiorno e Valeria Marini, si presentò vestito da angelo con le scarpe da ginnastica, lo slogan "Comunque vada sarà un successo" diventò un tormentone. Nel 2001 ci tornò come giurato, nel 2008 affiancò Pippo Baudo, la strana coppia della storia dell'Ariston: Piero Chiambretti conosce bene il festival di Sanremo.

 La colpisce quello che sta succedendo con Zelensky?

"Per cominciare direi che non mi colpisce più nulla. Quello che succede, da qualunque punto di osservazione, non stupisce".

 Neanche la guerra sul palco dell'Ariston?

"Ecco, la guerra è perfino più sorprendente rispetto a quanto possa essere considerata stupida, abbiamo sentito parlare di tante guerre lontane, così lontane da non interessarcene. Ora ce l'abbiamo in casa e c'è il rischio dell'atomica. Vedere intelligenze e cervelli che mostrano la loro forza bellica e non diplomatica, diventa paradossale. Sentire che Zelensky ha il tempo di venire in collegamento al festival di Sanremo, che è il programma più leggero e di evasione, a raccontarci che ha bisogno di armi, se non fosse vero sarebbe un'idea importante per un film dei Monty Python".

 Ma non è un film.

"Facendo le dovute proporzioni, Zelensky mi ricorda il presidente Cossiga, che parlava ovunque. Lui picconava il palazzo, Zelensky cerca di difendere il suo, che è l'Ucraina. Sono dalla sua parte, l'ardimento è da apprezzare".

 (…)

 Cosa consiglierebbe a Amadeus?

"Non ha bisogno di consigli, ha trovato un'identità. Non si sa se sia Amadeus che fa il festival, o è il festival che fa Amadeus".

Fulvio Abbate per Dagospia il 28 gennaio 2023.

Zelensky al Festival di Sanremo è un durissimo colpo al cuore della casalinga di Vladivostok. Al di là d’ogni considerazione prosaica e delle mille obiezioni politiche e di opportunità che giungono dalla “quinta colonna” filo-russa vivamente attiva nel nostro Paese, l’evento prossimo, sebbene da remoto, ha valore tutt’altro che irrilevante. Una pugnalata al silenzio domestico ufficiale della Russia putiniana, pronta ad abbattere virtualmente la stessa aura poliziesca presidenziale. Una risposta notevole sferrata, sia detto con retorica tinteggiata di glamour, a tutti gli aggressori, non soltanto in armi, dello Stato sovrano d’Ucraina.

    Ben oltre ogni semplice atto di propaganda, il gesto assume anzi valore politico straordinario, unico, oltreché, va da sé, spettacolare, mediatico. Da Sanremo, lo spettro in mimetica di Zelensky apparirà appunto alla casalinga di Vladivostok, al tassista di San Pietroburgo, alla callista di Ekaterinburg, alla influencer di Smolensk, ai macellai di Groznyj.

 Il Festival di Sanremo, dai giorni di Breznev e dell’Urss da molti incredibilmente rimpianta, storia nota, vale milioni di telespettatori in Russia. Quando le pupille della già citata casalinga di Vladivostok e del risaputo vinaio di Mosca troveranno d’improvviso il “nemico” Zelensky, dalla propaganda ufficiale descritto "a capo di una banda drogati e neonazisti", e ancora "satanisti", al posto di Toto Cutugno, del mio carissimo amico Pupo, dei rimanenti Ricchi e Poveri sarà forse a tutti chiaro che la battaglia è cosa seria, qualcosa per Putin è già perduto.

Non occorre ricordare che in Russia, proprio il Festival di Sanremo, è ragione di culto, il suo sipario canoro nel tempo ha offerto occasioni di remake feticistici, amabile parodia della lontana e amata Italia da evocare a un pubblico di telespettatori post-sovietici.

 Con Ivan Urgant che nelle vesti del “bravo presentatore” italiano Giovanni Urganti portava in scena un cast di cantanti russi dai nomi italianizzati che, leggo testualmente, si alternavano “sul palco esibendosi con una serie di hit riadattate in italiano: Elard Giarahov diventa Dario Giaracci, Dead Blonde è Bionda Morta, My Michelle & Jeva Pol'na sono Mia Michela & Eva Pollini, Manizha è Manigi. E persino Valerij Leontjev, uno degli artisti pop più famosi in Russia, trasformato in Valerio Leonci”. Kermesse stroboscopica, stile anni ’80.

Apprezzabilmente, Ivan Urgant-Giovanni Urganti, lo scorso anno si è schierato contro la guerra d’aggressione all’Ucraina, e per questa ragione prontamente radiato dalla televisione pubblica russa. Zelensky, dal palco infiorato dell’Ariston, ne colmerà il vuoto in palinsesto.   

Estratto dell'articolo di Marco Cremonesi per il Corriere della Sera il 28 gennaio 2023.

Dentro e fuori gli schieramenti, dentro e fuori i partiti. L’intervento del presidente ucraino Zelensky ha già determinato un’onda di piena che non si placa.

 Nell’area di governo erano già risuonate le parole di Matteo Salvini («Spero che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica») e quelle di Maurizio Gasparri (FI), a sua volta contrario. Ma dal partito di maggioranza e a un passo da Giorgia Meloni, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari scuote la testa: «Chi non fa una bella figura è l’Italia...».

 Perché Zelensky «non ha mai chiesto di venire a Sanremo. Che parli o che non parli, è un problema tutto italiano». Insomma: «Stiamo facendo una pessima figura». Quanto all’opportunità dell’intervento, Fazzolari ricorda che «Sanremo da anni è diventato il contenitore di temi di altra natura». E dunque, «non mi parrebbe di rottura se uno dei temi che si affrontano fosse di interesse mondiale, riguardante la vita e la morte di tante persone».

(…)

 Estratto dell'articolo di Renato Franco per il Corriere della Sera il 28 gennaio 2023.

 Mentre intorno infuria la tempesta politica, viale Mazzini assomiglia a un’oasi di pace apparente, la quiete dietro la tempesta. La Rai sta ferma e non ha intenzione di cambiare per il momento il suo palinsesto sanremese: Zelensky ci sarà. Tra i corridoi della tv di Stato c’è chi si sorprende di questa agitazione parlamentare, molti si chiedono dove stia il problema, visto che l’Italia è sempre stata dalla parte dell’Ucraina e ha appena deciso di aiutarla con uno dei sistemi di difesa aerea più sofisticati al mondo.

 L’equazione è che se il Paese sotto attacco russo è amico dell’Italia, inevitabilmente lo è anche il suo leader.

Da pareti che hanno avuto accesso a dialoghi delicati filtra soprattutto che la scelta è stata condivisa a più livelli (anche politici) e che Amadeus gode della stima e fiducia di tutti, già di suo e senza considerare che il prossimo Festival di Sanremo «rischia» di portare nelle casse della tv pubblica un bottino da 50 milioni di euro in pubblicità (come ha rivelato Il Sole 24 ore ).

 In Rai fanno anche notare che il Festival di Sanremo è solo una delle tante passerelle mediatiche che Zelensky ha deciso di calcare: era già intervenuto ai festival di Cannes e Venezia e, due settimane fa, ai Golden Globes. Insomma dopo il cinema tocca alla musica, niente di strano... La richiesta di esserci poi era partita dallo stesso Zelensky che aveva incontrato Bruno Vespa a Kiev per un’intervista. Il giornalista aveva quindi «girato» ai vertici Rai e ad Amadeus il desiderio del leader e in nome di un accordo che accontentava tutti la decisone è stata presa. «Non capisco francamente tutto questo rumore per un breve intervento di Zelensky — spiega Vespa —. Al Festival hanno partecipato alte personalità della politica internazionale e sono stati trattati tutti i temi sociali, anche scabrosi e controversi, mi dispiace questo malanimo nei confronti di un uomo che si sta battendo con straordinario coraggio per salvare la libertà del proprio popolo da una pesantissima aggressione» (...)

Estratto dell’articolo di Antonella Baccaro per il “Corriere della Sera” il 29 gennaio 2023.

Bruno Vespa è un fiume in piena. Quando gli si chiede della partecipazione del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo, stargli dietro è difficile. Frena solo quando si entra in «politica»: le parole diradano quando si adombra la sua funzione di consigliori di Giorgia Meloni. E si fanno «no comment» quando si chiede della striscia informativa che dovrebbe essergli affidata dopo il TgUno.

 Direttore, com’è nata l’idea della partecipazione di Zelensky a Sanremo?

«Nella preparazione del mio viaggio in Ucraina, Zelensky ci ha fatto sapere che avrebbe gradito partecipare al Festival. Il che non è per lui una grande novità: è stato a Venezia, a Cannes, ai Golden Globe».

Lei a chi ne ha parlato?

«Ai vertici aziendali, poi con Amadeus e, tutti d’accordo, hanno deciso la collocazione nella serata conclusiva».

 Senza passare da Palazzo Chigi?

«Immaginare che avremmo dovuto chiedere il permesso alla presidenza del Consiglio è surreale».

 Veramente un messaggio divulgato a milioni di spettatori in Eurovisione ha una valenza politica, se trasmesso sulla tv pubblica.

«Ricordiamo sempre la libertà dell’informazione. Nel ‘90 intervistai Saddam Hussein contro il parere del governo italiano. Ma stavolta l’Italia è molto schierata con l’Ucraina, fino a prova contraria. Piuttosto ho la sensazione che una parte dell’opinione pubblica italiana abbia un po’ sottovalutato quello che sta succedendo in Ucraina». […]

Intanto a frenare è la politica: Salvini si è detto contrario alla partecipazione di Zelensky.

«Evidentemente alcuni leader politici assumono le ragioni di quella parte dell’opinione pubblica che esprime perplessità. Opinione che non condivido ma che rispetto».

Da “Posta e Risposta – la Repubblica” il 30 gennaio 2023.

Caro Merlo, basta un’occhiata ai nomi di quelli che non vogliono Zelensky a Sanremo per volere Zelensky a Sanremo.

Arianna Gori – Pistoia

 Risposta di Francesco Merlo:

L’impegno come intrattenimento a Sanremo è sempre stato borderline con l’avanspettacolo, con lo scandalo scintillante e prefabbricato per acchiappare ascolti.

E non si capisce mai se il festival peggiora le buone cause o se le buone cause migliorano il festival.

 Ma ascoltare e aiutare Zelensky vale sempre la pena. Lei ha ragione: i soliti putiniani pavidi, che in Parlamento si vergognano, usano il festival per scatenarsi e, finalmente spavaldi, cantano Putin a Sanremo. Il vero spettacolo sono loro.

Andrea Nicastro per il “Corriere della Sera” il 30 gennaio 2023.

Se avete vissuto nell’ex Urss potete andare direttamente alla prima domanda. Se invece non conoscete Verka Serdyuchka dovete immaginare una star come Raffaella Carrà in versione drag queen. […]

 Andriy Danylko si traveste con costumi improbabili e trash per diventare Serdyuchka, incarnazione della trasgressione e del divertimento post comunista. È stato/a tra i soli 5 cantanti ad esibirsi al Cremlino.

 Serdyuchka, cosa ne pensa di Zelensky a Sanremo? C’è chi dice sia sbagliato mischiare canzoni e politica.

«Allora dovrebbero spiegarlo anche a Putin. Sanremo era un evento imperdibile per tutti noi sovietici e lo è ancora. Io avevo in cameretta il poster di Adriano Celentano. […]

«Serdyuchka rappresentava l’Ucraina all’Eurovision del 2007. Il Cremlino però mi considerava cosa sua, 100% russa. Per punirmi inventarono che un ritornello senza senso, “lasha tumbai” volesse dire “Russia Goodbye” insultando la Grande Russia. Giuro che non ci avevo pensato» […].

 Perse i fan russi?

«Allora no e questo fece arrabbiare Putin ancora di più.

Dissero che ero nazista siccome avevo messo anche parole tedesche in una canzone, ucraina e nazista. Mi impedirono i concerti, ma la gente ballava lo stesso con le mie canzoni. A Mosca ci sono almeno 3 sosia di Serdyuchka per ogni quartiere. Si esibivano alle feste che non potevano permettersi l’originale».  […]

Quando è stata bandita per 50 anni dalla Russia?

«Con le mie critiche all’invasione del 2022. Vorrà dire che a 98 anni tornerò a Mosca e andrò a cercare la tomba di Putin. Se Zelensky a Sanremo potrà aprire qualche cervello sarà solo un atto di giustizia».

 Ha incontrato Putin?

«Sì, al Cremlino nel 2004. A fine show, ero ubriaco e con tutti i lustrini di Serdyuchka. L’ho visto e gli ho fatto segno col dito: “Vieni carino, vieni su”. Lui a gesti mi ha detto: “No, scendi tu da me”. E io sono corso. Penso che potesse anche innamorarsi. Mi ha invitato per il dopo spettacolo, ma non ci sono andato» […]

Estratto dell’articolo di Alessandra Ghisleri per “la Stampa” il 28 gennaio 2023.

Il Festival di Sanremo è sempre stato, per gli italiani, lo spettacolo nazional-popolare […] L’intervento del Presidente ucraino Zelensky […] è tornato a scatenare le rispettive fazioni legate al conflitto che per qualche mese si erano eclissate […] Pacifisti anni 90, filo-putiniani, intellettuali "reazionari", atlantisti, governisti, polemisti... […] In sostanza, come esprimono i sondaggi realizzati per "Porta a Porta", gli italiani in maggioranza sentono il conflitto russo-ucraino lontano (78,2%) con una percentuale superiore a quella di metà dicembre.

Nei cluster analizzati solo i giovani tra i 18 e i 25 anni si differenziano nelle risposte: il 15,8% sente vicine le ostilità della guerra rispetto all'8,2% del dato nazionale, mentre il 51,2% le sente prossime e ben il 33% non ha saputo offrire una valutazione. Nei dati si conferma quella tendenza che perdura dai primi mesi delle ostilità in cui gli italiani continuano a mostrarsi in maggioranza contrari all'invio delle armi all'Ucraina (52%). Questo trend non ha mai presentato una singola inversione.

Si può dire che solo gli elettori di Pd, FI e Azione con Italia Viva si dichiarano maggiormente favorevoli. Così se il 33,9% degli intervistati ritiene doveroso il sostegno all'Ucraina con l'invio dei Panzer – Leopard tedeschi, ben il 58% non legge positivamente questa scelta principalmente perché teme l'inasprirsi della guerra con la possibilità che la Nato sia costretta ad entrare come parte attiva nel conflitto. Naturalmente, su questa possibilità il 68,5% del campione si dichiara contrario […]

Questo pensiero stimola le paure più profonde degli italiani che […] leggono tutto ciò come un'importante crisi per la sicurezza europea. […] Il possibile sfondamento della guerra da fatto locale a fatto europeo spinge il 38,2% dei cittadini ad augurarsi un negoziato di cessate il fuoco con i russi "alle spalle" degli ucraini per imporlo agli aggrediti.

Il 25,6% è convinto che riducendo il sostegno militare a Kiev si potrebbe riuscire a convincere Zelensky dell'impossibilità di vincere e quindi giungere ad una sorta di negoziato. Infine, l'8,4% auspica un impegno diretto di tutti gli "alleati" per salvare l'Ucraina andando direttamente al confronto militare con la Russia, anche a rischio di perdite importanti per il nostro Paese. […] Uno su tre degli elettori (il 32,5%) è convinto che prima o poi si riuscirà a negoziare con i russi imponendo all'Ucraina una soluzione.

Un cittadino su quattro (il 24,9%), invece sostiene che piano piano si ridurrà il sostegno militare a Kiev, mentre il 10,2% pensa che alla fine si entrerà in maniera attiva nel conflitto. Ancora una volta il 41,4% dell'elettorato del Pd non sa indicare una sua visione nel merito. […]

Estratto dell’articolo di Uski Audino per “la Stampa” il 30 gennaio 2023.

«L'eterno grigio» del cielo berlinese è molto più che pura meteorologia, è una condizione dello spirito, un invito alla riflessione. E dal tetto del Berliner Scholss, non solo la cupola del Duomo di Berlino e la torre della televisione di Alexanderplatz acquistano una nuova prospettiva. Anche la guerra in Ucraina e il brulicare di opinioni sulla fornitura di nuovi sistemi d'arma, come i carri armati Leopard 2, guadagnano in chiarezza.

 «Il giorno dopo l'aggressione di Putin all'Ucraina ho pensato: "datemi il mio libretto degli assegni e ditemi quanto vi serve per comprarvi armi e ricacciarlo indietro"», ci racconta Barbara, 64 anni, professoressa di germanistica. […].

 «Questa naturalezza per poco mi è costata il legame con la mia migliore amica», dice. «Da un anno non possiamo più parlare di politica. È doloroso. Lei ripete solo pace, pace, pace e abbassa lo sguardo. Per noi tedeschi le cose sono più difficili», tenta di spiegare: «Per quelli nati del dopoguerra come me», continua Barbara, «c'era la generazione dei padri e dei nonni, implicata in crimini terribili, e poi c'era la nostra, nata in tempo di pace e cresciuta al motto "mai più guerra"». Non è semplice cambiare punto di vista: «Per noi essere buoni, stare dalla parte giusta, significa volere la pace».

Anche i sondaggi raccontano di questa spaccatura tra la popolazione, una divisione che è insieme politica, geografica e generazionale. Secondo un rilevamento Forsa di pochi giorni fa una stretta maggioranza dei tedeschi, il 53%, sostiene la decisione del governo di inviare i panzer Leopard 2, mentre il 39% non la condivide. E la percentuale dei contrari all'Est diventa ancora più alta: il 65 %. Nei nuovi Laender, come vengono chiamati le 5 regioni orientali, è alto in particolare il timore di una reazione militare russa contro la Germania, il 59% contro il 33% dei Laender dell'Ovest.

[…] Anche a sul fronte orientale della Germania il panorama è tutt'altro che omogeneo. C'è chi si sente ancora legato a quel che rimane dell'Unione sovietica e chi invece è rimasto, allora come oggi, ostile. […] «Da una parte l'Ucraina ha tutto il diritto di difendersi e riprendersi i suoi territori, dall'altro questo invio dei carri armati significa che la guerra durerà più a lungo e ci saranno più vittime» dice. «Il cancelliere però ha fatto bene a pensarci a lungo» conclude la pensionata. «Se stiamo uniti, siamo tutti più sicuri».

 […] A Steffi, ingegnere bavarese da vent'anni a Berlino, non piace rispondere sulla questione dell'invio di armi: «Il punto non è essere favorevoli o contrari ai Leopard 2, a me è mancato un dibattito serio sulla partecipazione alla guerra», ci spiega, uscita da lavoro. «Io sono iscritta al partito dei Verdi anche perché si sono sempre detti contrari a mandare armi a Paesi in guerra. E adesso?». E aggiunge: «Se dici certe cose in pubblico vieni guardato male. Essere contro l'invio delle armi, equivale a sostenere Putin», dice. […]

Marco Zonetti per vigilanzatv.it il 28 gennaio 2023.

Interpellato da Luca Sommi ad Accordi e Disaccordi, programma di approfondimento in onda sul Nove il venerdì in seconda serata, il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio non ha risparmiato strali nei confronti della decisione della Rai di ospitare l'intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo.

Sulla scelta della Tv di Stato che sta dividendo l'opinione pubblica, e alla domanda di Sommi se sia più un errore della Rai o più un errore di Zelensky, "perché tragedia e farsa sono molto vicine, spesso", Travaglio è stato oltremodo chiaro. "Da noi in Italia - ha risposto il direttore del FQ - siamo abilissimi a trasformare le peggiori tragedie nelle migliori farse. Questa è una barzelletta, ovviamente. Vespa che fa da "mezzano" è un'altra barzelletta. La Meloni che usa Vespa come suo consigliere, quella che doveva rivoluzionare... e che si mette in mano al re dei gattopardi, è tutta una farsa".

Secondo Marco Travaglio, l'ospitata di Zelensky in collegamento con l'Ariston: "Porterà simpatia all'Ucraina? No. Renderà ancor più impopolari le uniche vittime di questa guerra che sono gli ucraini. Perché, a furia di retorica bellicista, a furia di danni alla nostra economia [...] stiamo attenti, perché l'indignazione per la guerra e per l'aggressore non dura in eterno. La solidarietà per gli ucraini non dura in eterno. C'è stanchezza. C'è sfinimento. C'è preoccupazione. Soprattutto perché nessuno vede qual è l'obiettivo... e quindi alla fine diventeranno antipatici gli ucraini. E la presenza di Zelensky a Sanremo, tra sorrisi e canzoni, renderà più antipatici e più insopportabili gli ucraini, che è la cosa peggiore che si possa fare se vogliamo davvero aiutarli".

Estratto dell'articolo di repubblica.it il 28 gennaio 2023.

"Alla fine lo sgangherato livello del dibattito pubblico italiano produrrà il suo tragicomico risultato, e passerà la tesi per cui Zelensky - un leader che da un anno guida la resistenza di un Paese europeo contro l'invasione russa - ha chiesto di andare a Sanremo ma non è stato accettato. Come i Jalisse". Lo scrive su Facebook il direttore del TgLa7, Enrico Mentana.

 Anche il giornalista con una battuta sceglie di intervenire nel dibattito sulla presenza del Presidente ucraino con un videomessaggio nella serata finale del festival. La compagna di Mentana, la giornalista Francesca Fagnani conduttrice di Belve, sarà una delle cinque coconduttrici del festival insieme ad Amadeus e Gianni Morandi.

I favorevoli e i contrari

Del fronte dei contrari fanno parte: Matteo Salvini, Beppe Grillo, Alessandro Di Battista, Carlo Freccero, Maurizio Gasparri, Vauro Senesi, Fabio Volo, Giuseppe Conte, Carlo Calenda, Gianni Cuperlo e Vittorio Sgarbi. Ma  c'è anche un ampio fronte che sostiene la scelta di Amadeus e della Rai: il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, il sindaco di Firenze del Pd, Dario Nardella, il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova, il deputato del Pd Matteo Orfini, l'eurodeputata Pd Alessandra Moretti, l'ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Sanremo, Zelensky e il mistero delle interferenze politiche sul video diventato lettera. Antonella Baccaro su Il Corriere della Sera il 07 Febbraio 2023

In merito alla partecipazione del leader ucraino al Festival di Sanremo, Viale Mazzini sostiene che «non corrisponde al vero che la Rai si è rifiutata di mandare in onda un suo video»

Chi ha deciso che la partecipazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo non consistesse più in un video di due minuti ma in un testo letto da Amadeus? La spiegazione fornita dal direttore del Prime Time Stefano Coletta, che sarebbe stata una scelta di Zelensky riferita all’ambasciatore ucraino in Italia, accrediterebbe la pista diplomatica. E cioè che sarebbe stato davvero il leader ucraino a preferire un’apparizione più discreta in una sede come il Festival, essendo prevista una sua presenza più incisiva a Bruxelles, nel consiglio Europeo, giovedì prossimo.

Ma leggendo tra le righe delle dichiarazioni di giornata emergono quei mal di pancia nella maggioranza, sopiti ma mai placati, che secondo alcuni avrebbero prodotto la decisione comune di «abbassare i toni». Paventa questa interpretazione Maurizio Lupi (Noi moderati) quando dice: «Siamo stupiti da questa scelta che, ci auguriamo, non sia dovuta a motivi “politici” perché, ricordiamolo: in questa guerra c’è un aggressore e c’è un aggredito».

Chi non si nasconde dietro un dito è il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Forza Italia) che sembra proprio rivendicare alla politica decisioni che finora sarebbero planate su altri tavoli: «Sinceramente — dichiara — sarebbe stato meglio che la Rai non si fosse infilata in questa vicenda». E poi: «Non ho capito come sia nata. Forse dalla volontà di qualche autorevole esponente della galassia Rai, più che da una decisione dei suoi vertici, che mi sono sembrati più coinvolti nell’iniziativa altrui, che promotori di iniziative proprie».

Insomma Gasparri rilancia l’interpretazione secondo cui la Rai, ma anche il governo, sarebbero stati travolti dall’altrui attivismo, e poi costretti a gestire un invito che ormai non si poteva più ritirare, alla fine ridimensionandolo . Ma che forse, alla fine, è stato ridimensionato. La decisione finale solleva perplessità, come quella dell’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini: «Credo che Biagio Agnes (ex direttore generale Rai, ndr) si rivolti nella tomba a pensare a come si sia ridotta la tv pubblica».

A sera ce n’è abbastanza per una replica della Rai: «Non corrisponde al vero che la Rai si è rifiutata di mandare in onda un suo video. Al contrario, la Rai si è sempre dichiarata disponibile a raccogliere un intervento in forma video o audio. È stato l’ambasciatore dell’Ucraina a Roma ad avanzare la richiesta di far leggere un testo scritto del presidente».

Zelensky a Sanremo solo con un testo. Il compromesso dopo le polemiche. Giovanna Vitale su La Repubblica il 07 Febbraio 2023

In Rai assicurano che la decisione di inviare una lettera e non un videomessaggio è stata presa dall'Ucraina

In Rai assicurano che no, loro non c'entrano: la decisione di inviare un testo scritto al Festival di Sanremo, anziché il videomessaggio che Volodymyr Zelensky avrebbe dovuto registrare per la serata conclusiva, è stata presa dalle autorità ucraine. Comunicata giovedì scorso dall'ambasciatore in Italia, Yaroslav Melnyk, al direttore dell'Intrattenimento Prime time Stefano Coletta, che con il diplomatico aveva già qualche giorno intavolato una trattativa sul tenore del contributo previsto al clou dell'evento nazionalpopolare più atteso della tv.

"Sono un sostenitore dell'Ucraina, ma non è giusto associare la guerra alle canzonette". Il leader del Terzo polo, Carlo Calenda, a Metropolis precisa la sua posizione sull'intervento a Sanremo del presidente ucraino, che invierà un testo tradotto e letto da Amadeus: "Prima il video sì, poi il video ce lo guardiamo, come se il burocrate Rai potesse tagliarlo, poi il testo. Sconcertante".

Mario Maffucci. Estratto dell'articolo di Alessandro Ferrucci e Stefano Mannucci per il “Fatto quotidiano” il 6 febbraio 2023.

 (...)

Torniamo a Sanremo: lei ha portato Gorbaciov.

Oggi qualcuno potrebbe obiettare: quindi è giusto Zelensky. Peccato per la differenza: Gorbaciov veniva dal Nobel per la Pace e soprattutto a quel tempo non eravamo in mezzo a una guerra sanguinosa.

 Ha conosciuto Gorbaciov...

Non tanto, non parlava neanche inglese, eravamo affidati solo all’interprete e a Giulietto Chiesa (giornalista, ndr), amico dell’ex leader comunista e garante della qualità dell’impegno televisivo; (sorride) quell’anno il direttore del Festival era Fabio Fazio e lo convinsi a prendere Letizia Casta: “Va benissimo, ha un carattere forte, ci stupirà”.

 Ed è andata così.

Peccato che l’anno dopo, Fazio, abbia dato retta alla moglie e abbia scelto Ines Sastre, ragazza bella, ma che non esprimeva nulla, un pezzo di legno. Mica come la Casta.

 Insieme alla Casta c’era il premio Nobel Dulbecco: per molti lo avete svilito.

Lui non si sentiva svilito, era felicissimo; la decisione di coinvolgerlo è nata durante una riunione preliminare, quando uno di noi ha sentenziato: “Il regolamento di Sanremo è talmente complicato che ci vorrebbe un Nobel per capirlo”. “Bene! E allora prendiamo un Nobel”.

 (...)

E la Carrà?

Un anno è stata lei a condurre, ma non è andata bene, era stanca, non aveva preparato bene il Festival; dopo la prima puntata ci riuniamo e Raffaella tenta una carta: “Chiamo Banderas, è un mio amico, verrà”. Lo contatta, ci accordiamo sulla cifra, arriva e si fa accompagnare da uno spilungone vestito di nero, uno che sembrava uscito da una puntata della Famiglia Adams. Baci e abbracci tra Banderas e la Carrà.

Però...

Andiamo sul palco per provare e Iapino propone un duetto tra i due con i brani spagnoli di Raffaella. A quel punto l’uomo nero alza la mano: “Non si può fare e per due motivi. Uno perché non è previsto dal contratto. Due perché è una cagata”.

Lei è svenuto.

Aveva ragione l’uomo nero. E neanche Banderas è riuscito a risollevare la situazione; (pausa) Banderas lo abbiamo pagato bene.

 (...)

 In quanto a super ospite lei ha avuto Madonna...

Nell’anno di Vianello, ma non andò bene; (ride) Raimondo la trattò malissimo, subito dopo la sua esibizione l’ha mandata via dal palco, quando poteva scambiarci due battute.

 Cosa era accaduto?

Non lo so, forse lo aveva infastidito il suo ruolo da mega diva; il bello è che tutti hanno interpretato quel saluto frettoloso come una gag costruita, mentre anche noi rimanemmo stupiti.

 Nel 1989 avete affidato la conduzione ai “figli di...”: Rosita Celentano, Paola Dominguín, Danny Quinn e Gianmarco Tognazzi.

Un disastro, una tragedia.

Senza se e senza ma.

L’anno prima era andata benissimo con Gabriella Carlucci, mentre con quei quattro non è andato bene nulla.

 (...)

L’anno di Bongiorno e il primo con Fazio, mentre ho il rimpianto di non aver lavorato con Renzo Arbore.

Insieme qualcosa avete combinato...

Le otto puntate di Aspettando Sanremo, con anche Lino Banfi e Michele Mirabella; (sorride) una sera, mentre preparavamo il programma, Arbore mi dice: “Dobbiamo prendere uno veramente antipatico”. E allora scegliemmo Mirabella che in realtà è una persona deliziosa.

Arbore è una colonna della tv...

Con lui mi sono divertito da matti: le riunioni preparatorie si svolgevano a casa di Renzo, ed erano il vero show, qualcosa di unico, ancora più divertente del programma stesso.

 Cosa accadeva?

Arbore dava le poche linee dentro le quali ognuno poteva sbizzarrirsi con la sua creatività; il bello è che la fantasia dell’uno stimolava quella dell’altro, e in mezzo a questi fenomeni potevi venir stupito da chi meno te l’aspettavi.

 Come mai Arbore non ha mai condotto il Festival?

Perché certi ruoli non sono compatibili: il comico come Benigni o l’ironico alla Arbore non sono adatti a guidare uno show come Sanremo. Il Festival è una cosa serissima. È sacerdotale.

Il Festival cancella il video di Zelensky: solo un messaggio. Sberleffo di Mosca: "Poteva vincere..." Sanremo Dietrofront. Un mezzo passo indietro. Un po' di Zelensky ma non troppo. Niente video messaggio, ma una letterina letta da Amadeus. Laura Rio il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Sanremo Dietrofront. Un mezzo passo indietro. Un po' di Zelensky ma non troppo. Niente video messaggio, ma una letterina letta da Amadeus. Insomma, la solita soluzione all'italiana. Dopo tutte le polemiche, le prese di posizione, le raccolte di firme, le petizioni di intellettuali contro l'intervento del presidente ucraino al Festival di Sanremo, la Rai ha trovato una soluzione che accontenta tutti e nessuno. Lo ha annunciato ieri mattina il direttore dell'intrattenimento prime time Stefano Coletta nella prima conferenza stampa che dà il via alla settimana festivaliera.

«Siamo in contatto quotidiano con l'ambasciatore ucraino Melnyk - ha spiegato il direttore - Siamo giunti alla definizione dell'intervento del presidente ucraino: non invierà un video, ma un testo scritto» che sarà letto sul palco dal presentatore Amadeus. L'ipotesi iniziale, ovvero che Zelensky intervenisse con un collegamento o con un messaggio registrato come già accaduto in altre occasioni simili (ai Golden Globes, alla Mostra del Cinema di Venezia e a quella di Cannes) e come annunciato da Bruno Vespa che ha fatto da intermediario, è stata quindi accantonata. Secondo la versione ufficiale dei vertici Rai, sarebbe stato il leader in guerra con Putin a preferire inviare una lettera. «Così ci è stato comunicato dall'ambasciatore nel pomeriggio del 2 febbraio», ha precisato Coletta. Ma è evidente, anche se i vertici di viale Mazzini smentiscono, che si è trovato di comune accordo questa soluzione dopo le fortissime polemiche - da Salvini a Grillo a un gruppo di intellettuali che si sono schierati contro - suscitate dall'intervento.

«Quindi Zelensky non vincerà questo concorso con un rap», interviene sarcastica la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Insomma, la guerra tra i due paesi passa anche per le canzoni: il Festival è sempre stato ascoltatissimo in Russia, anche ai tempi dell'Unione Sovietica. E si riesce pure a scherzare su una situazione così drammatica. Amadeus - ribattezzato da Fiorello «lo Swiffer delle polemiche» - commenta la vicenda sorridendo: «Leggerò il testo in ucraino» e aggiungendo che «una lettera è più romantica».

La brutta figura, in tutta questa storia, la fanno i vertici della tv di Stato che per tenersi in equilibrio, cedono alle pressioni. L'impatto di un testo letto e contestualizzato da Amadeus ovviamente avrà un impatto meno violento sul pubblico rispetto al faccione di Zelensky che sarebbe apparso in mezzo alle canzoni a chiedere armi e sostegno all'Occidente.

Su quanto scriverà nella lettera il leader ucraino è ancora riserbo, ma il direttore Coletta assicura che non ci sarà alcun controllo preventivo sul testo inviato, come era stato paventato dopo che i consiglieri del Cda Rai avevano chiesto chiarimenti sulla questione. «Mi sembra complicato poter censurare il presidente - ha risposto a una domanda - Il controllo di noi dirigenti è preventivo alla messa in onda di ogni programma, ma sorrido all'idea di un dirigente Rai che possa censurare un presidente».

Comunque sia, la soluzione non piace a nessuno. «Stiamo parlando di un contesto completamente diverso rispetto a quello dove ha già parlato, cioè il Parlamento, che era la sede più opportuna e giusta», ha commentato il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. «Resto convinto che il massacro degli ucraini non meritava di essere mischiato con il televoto», ha commentato il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.

Non ha dubbi Carlo Calenda: «Capisco la logica dell'invito a Zelensky, ma ci sono luoghi che non si prestano in termini di gravitas. Poi quello che ha fatto la Rai è davvero il peggio. Nel momento in cui dici che lo vuoi a Sanremo, non ti metti poi a fare la censura al presidente di un Paese in guerra».

Il pasticciaccio Rai: lettere, telefonate e lo stupore dell'ambasciata. Dall'annuncio di Vespa a "Domenica in" all'imbarazzato compromesso con Kiev. Laura Rio il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Forse l'ambasciatore d'Ucraina in Italia, Yaroslav Melnyk, sarà rimasto attonito nel vedere le prime pagine dei giornali italiani pieni di articoli sulla presenza del suo presidente a Sanremo piuttosto che sotto le bombe in Donbass. E, invece, da noi accade pure questo: fa molto più clamore scannarsi politicamente sul Festival che sull'opportunità o meno di sostenere con le armi il paese invaso da Putin. Dunque, ecco che, dopo l'annuncio - fatto in diretta da Bruno Vespa a «Domenica In» - di uno spazio nell'ultima serata del Festival concesso al presidente ucraino, scoppia il bubbone, partono le telefonate tra i vertici Rai e l'ambasciata ucraina a Roma. Melnyk, unico referente della televisione italiana, chiede di incontrare nella capitale il direttore dell'intrattenimento Prime Time Coletta e il presentatore Amadeus, che però sono già nella città ligure. Dopo varie chiamate e varie proposte, si giunge alla soluzione di compromesso: evitare il «pericoloso» video messaggio per una più controllabile e tranquilla lettera. E, per salvare la faccia, i vertici Rai sostengono che non si era mai espressamente parlato di un videomessaggio, ma di una «modalità partecipativa» ancora da definire che - secondo le precisazioni di Coletta - sarebbe potuto essere in «video, in collegamento, escludendo invece la presenza fisica sul palco». Peccato, però, che Bruno Vespa - che ha fatto da tramite tra viale Mazzini e il leader ucraino quando è andato a intervistarlo a Kiev - aveva detto tutt'altra cosa nell'annuncio fatto nel salotto domenicale di Mara Venier: «Sapevo che Zelensky voleva venire a Sanremo in collegamento - ha detto espressamente - Dopo aver parlato con Amadeus, gli ho potuto dire: Caro presidente, la aspettiamo nella serata finale'». Insomma, l'idea iniziale era quella addirittura di un collegamento o di un video messaggio, poi per smorzare le polemiche si è passati al più semplice testo scritto che verrà letto da Amadeus sabato dopo che si saranno esibiti tutti i 28 cantanti in gara più i tanti e vari ospiti. Quindi a tarda notte, quando molta parte del pubblico sarà già assopita. E l'altra parte, annebbiata dal sonno, non si renderà ben conto se sta ascoltando qualche brano contro la guerra o un presidente in guerra.

Tra l'altro è singolare pure la modalità con cui è stato comunicato l'evento. Vespa lo ha detto mentre scorrevano i titoli di coda di «Domenica In» il 15 gennaio senza avvisare né i vertici di viale Mazzini né Amadeus che lo avrebbe fatto in collegamento in diretta da Kiev con Mara Venier. E il presentatore, nella stessa giornata, poche ore prima, aveva fatto uno dei suoi annunci al Tg1 delle 13 (dove aveva presentato le due co-conduttrici Chiara Francini e Paola Egonu) senza fare alcuna menzione della notizia più importante e clamorosa che in breve ha scatenato una montagna di polemiche. Accadano pure queste cose in una Rai, dove una mano non sa cosa fa l'altra oppure lo sa fin troppo bene. Tanto - come sostiene Amadeus - le polemiche si «sgonfiano» appena parte la prima nota del festival. Che siano stonate o meno, non fa nulla.

Se la tragedia sfocia nell'avanspettacolo. Poteva essere una cosa seria. È diventata una farsa. Amadeus ventriloquo di Zelensky, siamo ai massimi dei minimi, l'appello alla pace si trasforma in una recita a soggetto esterno. Tony Damascelli il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Poteva essere una cosa seria. È diventata una farsa. Amadeus ventriloquo di Zelensky, siamo ai massimi dei minimi, l'appello alla pace si trasforma in una recita a soggetto esterno, nessun video messaggio ma una lettera, scritta dal premier, il testo verrà prima tradotto dall'ambasciatore ucraino e poi letto, con dizione improbabile, dal direttore artistico del festival davanti a spalti gremiti, un teatro scintillante di pubblico pagante e ingioiellato e almeno quindici milioni di italiani davanti al televisore aspettando il nome del vincitore. Peggio di così non poteva finire ma è soltanto l'inizio, la tragedia della guerra trasformata in una gag da avanspettacolo, la sofferenza di un popolo mescolata alle esibizioni dei cantanti, brividi ma non quelli della canzone vincitrice lo scorso anno ma un senso di fastidio e di rigetto a ciò che da dramma viene utilizzato come acchiappo e propaganda. Il capo di Rai 1, Coletta Stefano, ha spiegato che gli sembrerebbe complicato poter censurare il presidente «sorrido all'idea di un dirigente Rai che possa censurare un presidente», in verità ci sarebbe pochissimo da sghignazzare nel caso in cui pungesse vaghezza a Vladimir Putin di mettere giù due righe e spedirle a viale Mazzini perché vengano pubblicamente lette, assieme a quelle del rivale Zelensky, che accadrebbe nei piani alti e nelle parti basse del e dei dirigenti Rai? Applicherebbero la par condicio e si rifugerebbero nel canneto, come per abitudine sanno fare? Tutto ciò conferma come si sia superato il limite, la guerra o invasione è argomento delicato già nei dibattiti politici, figuriamoci quando viene messo in tavola a sera tarda, per di più diffuso da un presentatore che dovrà essere capace di passare dagli inquietanti interrogativi sull'esatta identità dello show Soliti Ignoti, all'annuncio di una canzone per concludere l'impegno contrattuale con i tank Abrams americani arrivati a Kiev. D'accordo, non sono soltanto canzonette ma qui stanno canzonando gli abbonati e i cittadini italiani tutti, riuscendo in quella che sembrava poter essere una mission impossible, rendere ancora più antipatico il premier ucraino e ridurne il messaggio a uno spot tra altri cento magari accompagnato da un restate con noi, non cambiate canale. Ma il peggio è fatto, non si può tornare indietro, il messaggio è stato inviato sulla linea dell'utente desiderato. Verrà l'ora della lettura e improvvisamente le luci del teatro Ariston si abbasseranno, calerà il silenzio, non si percepirà nemmeno il fiato di un cantante, quindi, dopo l'ultima parola, gli spettatori si alzeranno in piedi e scoppierà l'applauso. Coletta e la sua orchestra sperano tuttavia che il premier ucraino possa ripensarci. Volodymyr Zelensky, da attore era anche comico, non poteva però immaginare di finire in una pagliacciata.

Luigi Mascheroni per “il Giornale” il 7 febbraio 2023.

Roberto Dagospia è la coscienza critica di Sanremo. Anticipa le anticipazioni, presenta i presentatori, critica i leccazampe, esalta i critici, dà consistenza al gossip, sgonfia la retorica: sul suo sito Dagospia commenta, beffeggia, spiffera, ci racconta scena, proscenio e retroscena del festival.

 D'Agostino: prima la Rai annuncia un video di Zelensky, poi arriva una bufera di polemiche, adesso non è un video ma una lettera; Mosca che si fa beffe del Festival e una cosa seria come la guerra diventa una mezza pagliacciata Cosa sta succedendo a Sanremo?

«L'ho scritto una settimana fa, il 1° febbraio, sul mio sito. Le demenziali polemiche sull'intervento di Zelensky a Sanremo sono arrivate all'orecchio dei funzionari di Kiev, e il presidente ucraino che pure è un ex comico e conosce le regole dello show è rimasto sbigottito. Nessuno ha mai preteso che il suo discorso fosse sottoposto a lettura da parte di un funzionario televisivo. Ma che roba è?

Si è mai visto un direttore di rete che può esercitare una qualsiasi forma di controllo su un messaggio di un presidente di una nazione in guerra? Zelensky ha parlato all'Onu, alla notte degli Oscar, a Cannes, alla mostra del cinema di Venezia senza colpo ferire; però alla tv di Stato italiana vogliono sapere cosa dirà. Demenziale. Qualcuno dentro la Rai ha voluto sabotare l'evento».

 E perché?

«Perché l'idea di portare Zelensky sul palco dell'Ariston è di un signore che si chiama Bruno Vespa, oggi accreditato come gran consigliori di Giorgia Meloni per le questioni Rai, e qualche nemico interno gli ha voluto fare lo sgambetto».

 E adesso?

«Adesso Amadeus e Stefano Coletta, il direttore della prima serata Rai, invece di avere Zelensky si devono accontentare di Fedez... Il presidente di uno Stato in guerra, invaso e bombardato, aveva la possibilità di fare un legittimo appello in video, in prima persona, per chiedere aiuti militari ed economici, e invece se gli va bene può al massimo mandare una lettera... Dalla tragedia alla barzelletta».

La portavoce del ministero degli Esteri russo ha ironizzando sul mancato video del presidente ucraino. Ha detto: «Peccato per Zelensky, forse poteva vincere Sanremo».

«Siamo a un livello sotto la vergogna. C'è una guerra, neanche a troppi chilometri da qui, ci sono bombardamenti, morti, minacce nucleari, si poteva sfruttare un messaggio di pace, e questi stanno a ballare sul palco... Sembra la repubblica Weimar. Qui cantano, e là arrivano i nazisti... Pensa a Kiev cosa possono pensare... Saranno inferociti».

Amadeus ha detto che è più romantico leggere una lettera di Zelensky anziché mandare un video..

«Romantico?! Ma si rende conto? Ma stiamo parlando di una guerra! Non giochiamo con le parole. Posso farlo io, sul mio sito disgraziato, ma non la televisione di Stato... Senti, io la prima volta che sono andato a seguire il Festival di Sanremo era il 1978, ho fatto persino un Dopofestival... E ho capito una cosa in tutti questi anni. Il Festival peggio è, meglio è. Più riesci ad avere canzoni pessime, macchiette che salgono sul palco, stecche e polemiche, meglio funziona.

 A Sanremo adesso stanno festeggiando. il Festival rappresenta l'identità di un Paese fatto di paesi, dove il divertimento maggiore è lo struscio: c'è chi passeggia e si mette in mostra, e chi guarda e giudica. Il Festival è quello: tu vai lì a farti guardare, io ti guardo e ti sbertuccio, tutto in tre minuti, il tempo di una canzone. Se porti solo belle persone, abiti eleganti e buoni brani, che divertimento c'è? Siamo un Paese di guardoni e pettegoli. E Sanremo è il Festival dei guardoni e dei pettegoli».

"Sabotaggio interno per colpire Vespa". Mister Dagospia: "Mai visto un direttore di rete che censura un leader in guerra". Luigi Mascheroni il 7 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Roberto Dagospia è la coscienza critica di Sanremo. Anticipa le anticipazioni, presenta i presentatori, critica i leccazampe, esalta i critici, dà consistenza al gossip, sgonfia la retorica: sul suo sito Dagospia commenta, beffeggia, spiffera, ci racconta scena, proscenio e retroscena del festival.

D'Agostino: prima la Rai annuncia un video di Zelensky, poi arriva una bufera di polemiche, adesso non è un video ma una lettera; Mosca che si fa beffe del Festival e una cosa seria come la guerra diventa una mezza pagliacciata Cosa sta succedendo a Sanremo?

«L'ho scritto una settimana fa, il 1° febbraio, sul mio sito. Le demenziali polemiche sull'intervento di Zelensky a Sanremo sono arrivate all'orecchio dei funzionari di Kiev, e il presidente ucraino che pure è un ex comico e conosce le regole dello show è rimasto sbigottito. Nessuno ha mai preteso che il suo discorso fosse sottoposto a lettura da parte di un funzionario televisivo. Ma che roba è? Si è mai visto un direttore di rete che può esercitare una qualsiasi forma di controllo su un messaggio di un presidente di una nazione in guerra? Zelensky ha parlato all'Onu, alla notte degli Oscar, a Cannes, alla mostra del cinema di Venezia senza colpo ferire; però alla tv di Stato italiana vogliono sapere cosa dirà. Demenziale. Qualcuno dentro la Rai ha voluto sabotare l'evento».

E perché?

«Perché l'idea di portare Zelensky sul palco dell'Ariston è di un signore che si chiama Bruno Vespa, oggi accreditato come gran consigliori di Giorgia Meloni per le questioni Rai, e qualche nemico interno gli ha voluto fare lo sgambetto».

E adesso?

«Adesso Amadeus e Stefano Coletta, il direttore della prima serata Rai, invece di avere Zelensky si devono accontentare di Fedez... Il presidente di uno Stato in guerra, invaso e bombardato, aveva la possibilità di fare un legittimo appello in video, in prima persona, per chiedere aiuti militari ed economici, e invece se gli va bene può al massimo mandare una lettera... Dalla tragedia alla barzelletta».

La portavoce del ministero degli Esteri russo ha ironizzando sul mancato video del presidente ucraino. Ha detto: «Peccato per Zelensky, forse poteva vincere Sanremo».

«Siamo a un livello sotto la vergogna. C'è una guerra, neanche a troppi chilometri da qui, ci sono bombardamenti, morti, minacce nucleari, si poteva sfruttare un messaggio di pace, e questi stanno a ballare sul palco... Sembra la repubblica Weimar. Qui cantano, e là arrivano i nazisti... Pensa a Kiev cosa possono pensare... Saranno inferociti».

Amadeus ha detto che è più romantico leggere una lettera di Zelensky anziché mandare un video..

«Romantico?! Ma si rende conto? Ma stiamo parlando di una guerra! Non giochiamo con le parole. Posso farlo io, sul mio sito disgraziato, ma non la televisione di Stato... Senti, io la prima volta che sono andato a seguire il Festival di Sanremo era il 1978, ho fatto persino un Dopofestival... E ho capito una cosa in tutti questi anni. Il Festival peggio è, meglio è. Più riesci ad avere canzoni pessime, macchiette che salgono sul palco, stecche e polemiche, meglio funziona. A Sanremo adesso stanno festeggiando. il Festival rappresenta l'identità di un Paese fatto di paesi, dove il divertimento maggiore è lo struscio: c'è chi passeggia e si mette in mostra, e chi guarda e giudica. Il Festival è quello: tu vai lì a farti guardare, io ti guardo e ti sbertuccio, tutto in tre minuti, il tempo di una canzone. Se porti solo belle persone, abiti eleganti e buoni brani, che divertimento c'è? Siamo un Paese di guardoni e pettegoli. E Sanremo è il Festival dei guardoni e dei pettegoli».

Gio.Vi. per “la Repubblica” il 7 febbraio 2023.

In Rai assicurano che no, loro non c’entrano: la decisione di inviare un testo scritto al Festival di Sanremo, anziché il videomessaggio che Volodymyr Zelensky avrebbe dovuto registrare per la serata conclusiva, è stata presa dalle autorità ucraine.

 Comunicata giovedì scorso dall’ambasciatore in Italia, Yaroslav Melnyk, al direttore dell’Intrattenimento Prime time Stefano Coletta, che con il diplomatico aveva già qualche giorno intavolato una trattativa sul tenore del contributo previsto al clou dell’evento nazionalpopolare più atteso della tv.

[…]

 Matteo Salvini era stato il primo ad augurarsi che «il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica».

Seguito da Carlo Calenda — «Parrebbe molto strano vedere un presidente impegnato a difendere il suo Paese tra una canzone e l’altra» — e pure da Giuseppe Conte: «Non è necessario avere Zelensky in un contesto così leggero». Posizioni ostili, che non sono passate inosservate.

[…]

«Mi sembra complicato poterlo censurare. Il controllo di noi dirigenti è preventivo alla messa in onda di ogni programma», taglia corto Coletta, «ma sorrido all’idea di un dirigente Rai che possa censurare un presidente». […]

 Giovanna Vitale, Tommaso Ciriaco per “la Repubblica” il 7 febbraio 2023.

Alla fine, è l’ambasciata d’Ucraina in Italia a chiudere il caso. E lo fa comunicando ai vertici Rai di aver deciso che la partecipazione di Volodymyr Zelensky a Sanremo si sarebbe risolta con una lettera del Presidente. Questa, confidano fonti diplomatiche ucraine, rappresenterebbe una soluzione condivisa, presumibilmente con il governo di Roma.

Con l’obiettivo, aggiungono le stesse fonti, di evitare di dividere l’opinione pubblica italiana sulla guerra in Ucraina. È l’ultimo tassello di una vicenda che oscilla come un pendolo tra l’incidente diplomatico e il caso politico. Un caso che in alcuni dettagli si tinge di giallo, chiamando in causa i vertici della televisione pubblica, l’esecutivo e le diplomazie di entrambi i Paesi. Vale la pena provare a ricostruirlo.

La versione della Rai ridimensiona l’accaduto a un’interlocuzione senza tensioni o sbavature.

Tutto nasce dalla missione di Bruno Vespa a Kiev, per intervistare il Presidente ucraino. Il direttore e conduttore di Porta a Porta ottiene la disponibilità a un intervento del leader ucraino al Festival. Tornato in Italia, riporta questa possibilità all’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes e al conduttore del Festival Amadeus.

[…] L’opzione su cui si tratta è quella di un video registrato della durata di due minuti. […]

 Nel frattempo, però, in Italia scoppia una polemica politica durissima. Capofila degli scettici è Matteo Salvini, notoriamente vicino alle posizioni di Mosca. Mostrano dubbi anche Carlo Calenda e Giuseppe Conte. E va registrato tra l’altro anche l’intervento di Piersilvio Berlusconi. Finché, il 2 febbraio, la diplomazia ucraina comunica alla Rai che il format dell’apparizione sarebbe stato quello del testo scritto.

Le stesse fonti della tv pubblica sostengono che non sia credibile che dietro alla scelta si nasconda anche un fastidio di Zelensky, culminato nella mossa asettica di una lettera al posto del video, che certamente avrebbe garantito una resa televisiva migliore. A differenza degli ucraini, inoltre, le fonti di Viale Mazzini negano che ci sia stato un intervento della Farnesina per ricomporre il caso.

 Tutte le fonti ufficiali, a sera, si attestano sostanzialmente su questa linea. Palazzo Chigi si tira fuori dalla partita, mentre il ministero degli Esteri è netto: non siamo intervenuti. [...]

Per un giorno intero, si rincorre un’altra ricostruzione dei fatti. La gestione della partecipazione di Zelensky sarebbe stata effettivamente portata avanti dall’ambasciata ucraina. Ma il polverone politico avrebbe fatto inceppare la trattativa. Gli ucraini non avrebbero gradito neanche la pianificazione, fin nei dettagli, dell’intervento del leader, così come l’eventualità di conoscere in anticipo le modalità, la durata e i contenuti dell’intervento.

 Secondo alcune fonti, si sarebbe arrivati vicini alla defezione di Zelensky: non solo niente video, ma anche nessuna lettera. Un passo indietro capace di generare un vero caso diplomatico, soprattutto a pochi giorni dall’annunciata visita di Meloni a Kiev. La premier, d’altra parte, non può certo essere sospettata – a differenza di Lega e Forza Italia - di essere tra quelli che avrebbero frenato l’intervento del presidente ucraino. […]

Estratto dell'articolo di Antonella Baccaro per il “Corriere della Sera” il 7 febbraio 2023.

La spiegazione fornita dal direttore del Prime Time Stefano Coletta, che sarebbe stata una scelta di Zelensky riferita all’ambasciatore ucraino in Italia, accrediterebbe la pista diplomatica. E cioè che sarebbe stato davvero il leader ucraino a preferire un’apparizione più discreta in una sede come il Festival […]

[…] emergono quei mal di pancia nella maggioranza, sopiti ma mai placati, che secondo alcuni avrebbero prodotto la decisione comune di «abbassare i toni». Paventa questa interpretazione Maurizio Lupi (Noi moderati) quando dice: «Siamo stupiti da questa scelta che, ci auguriamo, non sia dovuta a motivi “politici” perché in questa guerra c’è un aggressore e c’è un aggredito».

 Chi non si nasconde dietro un dito è il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Forza Italia) che sembra proprio rivendicare alla politica decisioni che finora sarebbero planate su altri tavoli: «Sinceramente — dichiara — sarebbe stato meglio che la Rai non si fosse infilata in questa vicenda». E poi: «Non ho capito come sia nata. Forse dalla volontà di qualche autorevole esponente della galassia Rai, più che da una decisione dei suoi vertici, che mi sono sembrati più coinvolti nell’iniziativa altrui, che promotori di iniziative proprie».

Insomma Gasparri rilancia l’interpretazione secondo cui la Rai, ma anche il governo, sarebbero stati travolti dall’altrui attivismo […] A sera ce n’è abbastanza per una replica della Rai: «Non corrisponde al vero che la Rai si è rifiutata di mandare in onda un suo video. Al contrario, la Rai si è sempre dichiarata disponibile a raccogliere un intervento in forma video o audio. È stato l’ambasciatore dell’Ucraina a Roma a avanzare la richiesta di far leggere un testo scritto del presidente».

Andrea Parrella per fanpage.it il 7 febbraio 2023.

Il caso Zelensky a Sanremo accende la vigilia del Festival di Sanremo, in partenza martedì 7 febbraio al teatro Ariston, con la conduzione di Amadeus. Nel corso della tradizionale conferenza stampa del lunedì, è arrivato infatti l'annuncio del dietrofront sul video del presidente ucraino trasmesso in diretta nell'ultima serata del sabato.

 Come comunicato nel corso della prima conferenza stampa di lunedì 6 febbraio, l'intervento di Volodymir Zelensky sarà solo in forma scritta, letto da Amadeus proprio nel corso dell'ultima serata. Una decisione che ha alimentato non poche perplessità, presa su richiesta esplicita dell'ambasciatore ucraino.

Tra i fautori di questo intervento, Bruno Vespa, conduttore di Porta a Porta che aveva intervistato Zelensky poche settimane fa e proprio in quell'occasione aveva annunciato la presenza del presidente ucraino a Sanremo. Raggiunto da Fanpage.it, Bruno Vespa ha chiarito come siano andate le cose: "Per chiarezza io ho fatto il postino. Zelensky mi ha fatto sapere che voleva intervenire a Sanremo come in altre occasioni. Ho trasmesso in azienda la richiesta e Amadeus lo ha invitato nella serata finale. Nella fase finale ho messo in contatto Coletta con l'ambasciatore ucraino per trovare la soluzione migliore".

 Vespa, tuttavia, si mostra soddisfatto rispetto al fatto che il messaggio di Zelensky possa arrivare comunque alla platea e al pubblico del Festival: "Mi fa piacere che anche il pubblico sanremese possa essere messo a parte direttamente dell'atroce vicenda ucraina". 

Intervenendo su uno dei temi più spinosi di questo Festival, il responsabile del genere intrattenimento Stefano Coletta ha chiarito che si è trattato diuna richiesta dell'ambasciatore ucraino: “Siamo in contatto con più colloqui al giorno con l’ambasciatore Melnyk. Siamo giunti alla definizione dell’intervento del presidente ucraino ieri. Il presidente non invierà un video ma un testo. Riguardo al controllo preventivo, ci sono sempre degli elaborati rispetto a talune affermazioni che sono vicini a delle boutade.

Ai nostri tempi è complicato censurare un presidente. Il controllo è relativo alla messa in onda di qualsiasi programma televisivo, siamo dirigenti per questo. Visioniamo tutto ciò che va in onda prima della messa in onda. Ma sorrido all’idea che un direttore Rai possa censurare un presidente. Riguardo ai contenuti del testo, saremo più puntuali nei prossimi giorni ma non abbiamo ancora contezza del contenuto e della forma. Sarà letto da Amadeus”. Quindi Amadeus ha aggiunto: "Il contenuto dell’intervento sarà letto esattamente come arriverà".

Giorgio Rutelli per formiche.net il 12 febbraio 2023.

Le 4.15. Era notte fonda a Mosca quando è andata in onda la lettera di Zelensky letta da Amadeus. Da noi erano le 2.15, una buona fetta di spettatori di Sanremo era già crollata. Non solo il tira e molla imbarazzante che aveva portato a cancellare il video del presidente in guerra e sostituirlo con un breve testo scritto (corredato dall’esibizione sul palco, sempre dopo tutti e 28 i cantanti in gara, di una band ucraina), anche lo smacco della collocazione più infelice di tutte, cioè quando il pubblico sopravvissuto vuole solo capire chi ha vinto e andare a dormire, e maledice ogni ulteriore motivo di ritardo.

Programmandolo a quell’ora si è azzerata la possibilità che in Ucraina (dove erano le 3.15) e in Russia qualcuno potesse vedere il più popolare spettacolo televisivo italiano schierato a sostegno di un popolo invaso e massacrato. Lo ha spiegato perfettamente Fulvio Abbate: il Festival in Russia è seguito da milioni di persone, lo adorano, e vedere Zelensky, descritto dalla propaganda putiniana come “a capo di una banda di drogati, satanisti e neonazisti” occupare la prima serata più importante dell’anno avrebbe mandato un messaggio potentissimo anche nelle province più remote dove arrivano solo le trasmissioni del regime.

Invece i vertici Rai sono riusciti a dare nuove munizioni alla disinformazia del Cremlino, con la portavoce fragole-e-limousine Maria Zakharova che ha subito colto l’occasione per fare battute, a riprova di come a Mosca lo spazio dedicato ai nemici fosse un tema cruciale, e abbiano festeggiato il trattamento umiliante riservato al presidente ucraino.

 Ora che si è chiusa la kermesse, per usare un termine caro al direttore dell’Intrattenimento di prime time Stefano Coletta, crolla la scusa imbastita per giustificare l’aver relegato la crisi ucraina nel peggiore momento possibile e con l’immagine più moscia possibile: al Festival si parla di canzoni, non di cose serie come un conflitto in corso.

Un falso storico, visto che Sanremo è sempre stato iper-politico, e un falso pure contemporaneo: nelle cinque serate si è parlato di tutto e affrontato qualsiasi tema, a maggior ragione se in aperto contrasto con le posizioni dell’attuale maggioranza con un forte accento woke, l’aggettivo che connota chi si è “risvegliato” sulle discriminazioni del passato e del presente: Fedez ha strappato la foto di un viceministro, con gli Articolo 31 ha chiesto a Giorgia Meloni cannabis libera, dal rapper Rosa Chemical ha ricevuto una lap dance e un bacio appassionato.

E stiamo parlando del marito di Chiara Ferragni, la co-conduttrice più attesa di questa edizione, azionista di maggioranza di un duo che si muove all’unisono, vale milioni di follower e programma ogni selfie, non di un passante. Oggi Coletta ammette di aver chiesto l’ultima versione del testo di Fedez, e di non averla ricevuta. Quindi il controllo editoriale di Viale Mazzini c’era, ma hanno trovato il modo furbo di non assumersene la responsabilità.

Oltre ai Ferragnez, sul palco sono “passati” tutti i messaggi importanti, delicati, o controversi che ospiti, artisti in gara, monologhiste, hanno voluto far passare: razzismo, detenzione minorile, depressione, diritto alla non-maternità, misoginia e patriarcato, strage delle donne iraniane, poliamore, mafia, aborto, porno, fluidità sessuale (praticamente l’unico non fluido era Al Bano). Un mix tra Pasquino, Hyde Park Corner e open mic nights, il Festival è stata una serie di serate col microfono aperto in cui tutti hanno avuto a disposizione la più sofisticata macchina di produzione di luci, immagini e suoni strabilianti. Tutti, tranne Zelensky e i 44 milioni di ucraini. Un danno alla nostra immagine internazionale i cui effetti si sono visti immediatamente.

Estratto dell’articolo di Renato Franco per il “Corriere della Sera” il 12 febbraio 2023.

 Dopo uno scontro politico che ha tenuto banco per giorni, ieri sera (o meglio ieri notte, quando le 2 erano già passate, televisivamente una follia) si è materializzata finalmente sul palco del Festival di Sanremo la lettera di Zelensky. […] L’attesa è stata lunga, con tanto di giallo in corsa. Perché l’intervento di Zelensky era stato messo in scaletta prima dello spareggio per la vittoria finale tra i cinque finalisti, invece è stato collocato in un secondo momento, più avanti, prima dell’annuncio del vincitore.

A molti la scelta di relegare a notte fonda l’intervento del leader ucraino è parsa un po’ pilatesca […], ma Amadeus ne ha spiegato così il senso: «Avevo detto fin dall’inizio che qualsiasi comunicazione, ben accetta, sarebbe avvenuta a fine gara. Mi è piaciuto mantenere questa scelta, che l’ambasciatore ha condiviso». […]

 Prima della messa in onda e per evitare […] l’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, e l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, hanno voluto precisare congiuntamente che è stata una scelta condivisa. «La cultura non può stare fuori dalla politica in tempo di guerra. […] Il palco dell’Ariston è l’occasione di trasmettere la verità e il messaggio di sostegno di cui abbiamo bisogno perché la pace torni sul territorio europeo».

 Parole che provano a sgombrare il campo dalle illazioni secondo cui l’intervento di Zelensky a Sanremo, con polemiche annesse, sarebbe diventato un caso internazionale in grado di pesare sui rapporti tra l’Italia e gli altri principali partner europei, nei giorni del disappunto della premier Meloni esclusa dall’incontro all’Eliseo tra il presidente Macron e il cancelliere tedesco Scholz con lo stesso Zelensky.

Cari partecipanti, organizzatori e ospiti del festival!

 Da più di sette decenni, il festival di Sanremo si sente in tutto il mondo. Si sente la sua voce, la sua bellezza, la sua magia, la sua vittoria. Ogni anno sulle rive del Mar Ligure vince la canzone. Vincono la cultura e l’arte. La Musica vince! E questa è una delle migliori creazioni della civiltà umana.

Sfortunatamente, per tutto il tempo della sua esistenza, l’umanità ha creato non solo cose belle. E purtroppo oggi nel mio paese si sentono spari ed esplosioni. Ma l’Ucraina sicuramente vincerà questa guerra. Vincerà insieme al mondo libero. Vincerà grazie alla voce della libertà, della democrazia e, certamente, della cultura.

Ringrazio il popolo italiano e i suoi leader che insieme all’Ucraina avvicinate questa vittoria.

 Auguro il successo a tutti i finalisti e dal profondo del mio cuore voglio invitare i vincitori di quest’anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria. Nel Giorno della nostra Vittoria!

Questa Vittoria oggi viene creata e ottenuta in condizioni estremamente difficili. Grazie ai nostri difensori! Grazie al loro coraggio, indomabilità, invincibilità. Centinaia di canzoni sono già state scritte su questo, e ne ascolterete una oggi.

E sono sicuro che un giorno ascolteremo tutti insieme la nostra canzone della vittoria!

 Cordiali saluti, 

 Presidente dell’Ucraina.

Sanremo, la lettera dell’ipocrisia e la vittoria di Instagram. Aldo Grasso su Il Corriere della Sera il 13 Febbraio 2023

Il testo della lettera di Zelensky è stato letto alle 2,15 (era già domenica) dopo l’esibizione di tutti i cantanti in gara.

Peccato, un Festival che era iniziato con l’avallo più prestigioso, la presenza del presidente Mattarella, è finito nel compromesso, nell’ipocrisia, nella pusillanimità. Il testo della lettera di Zelensky è stato letto alle 2,15 (era già domenica) dopo l’esibizione di tutti i cantanti in gara.

In tutta onestà, Amadeus faceva meglio a non leggerlo per non esporre il Festival di Sanremo a una figuraccia internazionale. I messaggi del presidente ucraino, il cui paese è stato invaso da Vladimir Putin, sono stati ospitati da manifestazioni come i Grammy Awards, la Mostra del cinema di Venezia, il Festival di Cannes, i Golden Globes. Il no era venuto soltanto dalla Fifa (nomen omen), durante i mondiali di calcio in Qatar. È finito negli inevitabili scazzi della politica.

Davvero si è deciso di accelerare il cambio della dirigenza di Viale Mazzini per la performance del marito della Ferragni? Perché ha strappato la fotografia di un sottosegretario che si era travestito da nazista? E le grandi richieste di cambiamento non vengono forse dal sottosegretario Gianmarco Mazzi, uno che ha già diretto il Festival di Sanremo, che ha organizzato trasmissioni tv e concerti all’Arena di Verona (persino con il «comunista» Gianni Morandi) senza che nessuno gli abbia chiesto conto della sua appartenenza politica?

Manca poco che contestino alla regia il numero di volte che ha inquadrato la famiglia di Amadeus seduta in prima fila (onestamente, un po’ troppe). Se questo è il modo di governare Sanremo, diventerà il festival dei partiti, dove a ogni apparizione corrisponderà un’interpellanza parlamentare. Oppure una festa di partito, così nessuno più si lamenterà.

Oltre a Mengoni, ha vinto Instagram, il territorio prediletto, la «bottega» di Chiara Ferragni: tramite un tutorial ad Amadeus, il social network ha goduto gratuitamente di una pubblicità che, monetizzata, avrebbe forse salvato i bilanci della Rai.

Zelensky unico senza voce. Ogni tanto viene da chiedersi se il "Made in Italy" sia una realtà culturale o una forzatura commerciale. Paolo Guzzanti il 12 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Ogni tanto viene da chiedersi se il «Made in Italy» sia una realtà culturale o una forzatura commerciale. Purtroppo, insieme a tutto il buono del decantato genio italico c'è anche qualcosa di meno geniale e spesso imbarazzante che non riguarda l'abilità di sfornare cibi e vestiti e lo si è visto con il caso Zelensky a Sanremo. C'era un partito che non voleva offrire una tribuna al presidente ucraino e c'è un partito che considerava dovuto offrirgli quel diritto già avuto in quasi tutti i Paesi europei e negli Usa. Poteva essere detestabile questo il mio punto di vista dirgli semplicemente di no. Sarebbe stata un'idea onesta perché dichiarata di fronte a tutti. Invece non gli è stato detto un vero no, ma è stata trovata una formuletta, penosa per tutti e specialmente per l'onore collettivo: quella di affidare al conduttore Amadeus, con la sua voce e il suo volto le parole che lo stesso Zelensky ha fatto arrivare ovunque con la propria voce e il proprio volto.

Così il presidente ucraino non ha avuto il diritto di apparire, ma quello trascurabile di essere citato all'una di notte. Così si è evitata la responsabilità di dire sì o no alla sua richiesta di parlare del suo Paese che da un anno resiste nel sangue con i propri soldati, i propri morti e le armi inviate anche da noi. Poiché la faccenda era politicamente scomoda e poiché noi italiani siamo stati abituati a illuderci che solo a noi sia consentito svicolare sulle scelte morali perché siamo simpatici. Simpatici al punto di meritare l'esenzione dai doveri etici. Non è stato certamente per questo motivo che Giorgia Meloni non è stata invitata a cena da Macron insieme a Zelensky e al cancelliere tedesco Sholz: quella era infatti una cena gollista in cui Francia Germania proponevano a Zelensky una condotta militare diversa da quella di Stati Uniti e Regno Unito, cui anche l'Italia aderisce. La polemicuzza sul mancato invito non c'entra niente con Sanremo, ma siamo sicuri che l'incontro sul marciapiede tra Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky sia stato poco prestigioso anche a causa della modesta figura che abbiamo fatto. Si dovrebbe a questo punto dire che chi porta la responsabilità di questa scelta dovrebbe pagarne le conseguenze ma sappiamo che sarebbero tempo perso.

Di tutto, di Putin. La Rai merita di essere azzerata per come ha trattato Zelensky, non per i girotondi di Fedez. Mario Lavia su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

La sinistra delle provocazioni fesse ha servito alla destra di Meloni l’occasione per riprendersi la tv pubblica. E le pagliacciate di Berlusconi dimostrano che Viale Mazzini ha fiutato un vento filorusso nella maggioranza di governo

Non si è ancora capito bene perché la lettera di Volodymyr Zelensky sia stata letta sul palco di Sanremo alle due e passa di notte. Non lo si è spiegato perché è inspiegabile oltre che ingiustificabile. Un gesto di inaudita scortesia, relegare un momento così importante del Festival giusto un po’ prima della celebrazione di Marco Mengoni, una presa in giro nella massima opacità.

Poi ieri sera è apparso un improvvido squarcio di chiarezza, con Silvio Berlusconi che ha sostanzialmente preso le parti dell’amico Vladimir Putin e svillaneggiato Volodomyr Zelensky. E viene il sospetto che forse l’anziano padrone di Mediaset fiuti l’aria che tira e conti ancora qualcosa in Rai, nell’azienda pubblica che ha capito che il presidente ucraino non è gradito ai padroni del 25 settembre.

Si è tentato dall’inizio di boicottare il presidente ucraino e la sua battaglia, e infatti è verosimile che appena iniziate le polemiche sulla sua presenza personale al Festival egli stesso abbia chiesto di soprassedere e ripiegare sulla famosa lettera. È la gestione vergognosa di questa vicenda – trattata molto all’italiana, famose du’ spaghi che c’è Zelensky – che obbligherebbe a una protesta contro i vertici della Rai.

Altro che il bacio con la lingua e la foto del sottosegretario Galeazzo Bignami strappata. Il problema di questo Festival non si chiama Fedez, si chiama Zelensky. Se Giorgia Meloni e i suoi boys avessero protestato per questo atteggiamento irriguardoso verso un Paese invaso e massacrato avrebbero meritato un plauso, ma non avendolo fatto si vede che in fondo non gliene importa molto. E, come ha scritto qualcuno, la premier manda le armi ma senza farlo troppo a vedere perché in termini di consenso non rende: quant’è lontano Mario Draghi.

Invece i bravi ragazzi della “nuova” destra si stanno scatenando contro Fedez e Rosa Chemical, i quali come fanno sempre i “girotondini” vecchi e nuovi, con le loro provocazioni non sempre azzeccate non fanno altro che offrire il fianco ai soliti reazionari, anche loro vecchi e nuovi, come se la dannazione delle battaglie di libertà in questo Paese stesse esattamente nell’avvitamento tra lo sberleffo e la reazione, nel perpetuarsi dell’antica tenzone tra Pulcinella e il Gendarme del teatro dei burattini.

Ma certo, nessuno si illude che possa scaturire da un Festival canoro l’elevazione culturale e civile di un Paese, a pensarlo si rischia di fare del sociologismo della domenica, per quanto i nostri governanti dovrebbero riflettere senza stizzirsi su certe opinioni, su certi mutamenti di costume e di mentalità che l’Ariston non ha scagliato sul Paese ma ha recepito dal Paese.

Un Festival è un Festival e Amadeus non è Ferruccio Parri, così come Gianni Morandi non è Sandro Pertini. Che la destra meloniana, con la ruote di scorta portate da Matteo Salvini e Giuseppe Conte, pensi di espugnare la Rai come fosse la Barcellona della guerra di Spagna è penoso, essendo la verità molto più semplice: Giorgia Meloni, autoproclamatasi padrona d’Italia grazie al ventisei per cento del voti, dall’inizio della sua avventura a Palazzo Chigi è convinta che la Rai le spetti, solo che aveva in mente tempi più lunghi e azioni non traumatiche, come quelle che metteva in atto Silvio Berlusconi, per intenderci, un uomo che confondeva Rai e Mediaset.

Matteo Salvini, che come spesso gli accade non ha capito la situazione, agita lo spauracchio del taglio dei fondi con il canone fuori dalla bolletta, senza rendersi conto che per Giorgia la Rai va presa, non distrutta.

Ora, la premier pensava di agire chiane chiane, come si dice a Napoli, un pezzo alla volta. Solo che adesso i girotondini di Fedez le hanno offerto la testa di Carlo Fuortes su un piatto d’argento, e lei ha già l’acquolina in bocca per papparsi la direzione generale e il Tg1. E di Zelensky, nella Grande Commedia Sanremese, chi se ne frega. E meno male che c’era Tananai.

Libertà, fuoco e rabbia. Gli ucraini a Sanremo e lo spirito d’acciaio dei loro cuori. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

La grottesca gestione Rai della presenza di Zelensky commentata dal gruppo degli Antytila che si è esibito al Festival. Con la speranza che le parole del presidente, l’esibizione della band e la canzone di Tananai possano far riflettere chi ancora si proclama neutrale

Il messaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è arrivato sul palco di Sanremo, durante la finalissima, alle 2:12, in piena notte, letto da Amadeus e seguito dall’esibizione dalla band ucraina Antytila. Secondo la scaletta della Rai era lo slot migliore per l’Ucraina, perché dopo cinque ore di diretta tutti comunque avrebbero aspettato il nome del vincitore; secondo i commenti degli spettatori lo era un po’ meno perché dopo cinque ore di diretta si fa fatica a distinguere LDA da Sethu, figuriamoci cogliere il messaggio del presidente di un Paese che da un anno resiste alla barbarica invasione della Russia.

I più coraggiosi hanno resistito, i meno coraggiosi hanno messo la sveglia alle 1:45, quelli ancora meno coraggiosi hanno rivisto tutto la mattina dopo su RaiPlay.

Dopo che Amadeus ha cercato di interpretare Zelensky, finalmente è arrivata la voce degli ucraini, senza la mediazione delle lettere stampate né la partecipazione di terzi. Gli Antytila (gli anticorpi), il gruppo ucraino che si è esibito già sui palchi europei più importanti con Ed Sheeran e Bono, hanno portato a Sanremo la loro canzone appena uscita, “Fortezza Bakhmut”, sulla battaglia che si svolge oggi a Bakhmut, città sulla prima linea che d a mesi resiste a costanti attacchi russi.

«Peccato per la mancanza dei sottotitoli al testo della canzone, per il pubblico in sala e a casa», dice a Linkiesta il frontman del gruppo Taras Topolia, «ogni sillaba della nostra canzone trasuda la resistenza e la rabbia nei confronti dell’invasore russo». Alla fine si sono affidati alla musica, mood e flow, e sono riusciti a trasmettere l’ardore della resistenza del popolo ucraino di questi giorni, quando ormai ci stiamo avvicinando alla tragica data del 24 febbraio, che segna un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

«Siamo arrivati in Italia con molti timori», dice Taras a Linkiesta la mattina dopo l’esibizione, in viaggio da Sanremo verso Nizza, dove la band ha preso il volo per tornare verso l’Ucraina, «abbiamo passato troppo tempo in prima linea e avevamo una visione approssimativa dell’atmosfera in Italia. Sapevamo delle ingerenze russe e della galoppante propaganda russa da queste parti, eppure gli organizzatori e tutta la gente con cui abbiamo avuto a che fare nelle ultime ventiquattro ore esprimevano il loro sostegno all’Ucraina. Sì, a volte dicevano “speriamo che questo incubo finisca presto”, cercando di slittare su una linea neutrale, e noi aggiungevamo ”con la vittoria dell’Ucraina”, e alla fine sembrava che il nostro messaggio arrivasse. Il pubblico ci ha applaudito calorosamente e noi oltre a cantare abbiamo avuto l’opportunità di dire qualche parola. Devo dire che non succede spesso. Capita che gli organizzatori si giustifichino con il format e i tempi stretti per non darti la possibilità di esprimerti, invece a Sanremo ho detto quello che mi sono sentito di dire».

Taras Topolia ha avuto anche l’occasione di ringraziare Tananai, il cantante italiano in gara con il brano “Tango” che racconta con parole e immagini la storia d’amore tra Olha, un’ucraina sfollata in Italia insieme a sua figlia Liza, e suo marito Maksym, che invece è al fronte a difendere il Paese. «Ho ringraziato Tananai da parte di tutti gli ucraini, mi sembrava emozionato, gli ho detto che come artista e come persona poteva rimanere in disparte, invece ha deciso di dare la voce agli ucraini e per noi è stato davvero prezioso».

Gli Antytila tornano in Ucraina per ripartire tra due settimane con i concerti in Gran Bretagna. Hanno prestato servizio in prima linea da febbraio fino ad agosto, prima in difesa di Kyjiv poi in difesa di Kharkiv, arrivando fino alla confine con la Russia. Ad agosto sono stati richiamati nelle retrovie dal generale Zaluzhnyy, ma tuttora sostengono il battaglione con il quale hanno liberato le città ucraine.

Con la partenza degli Antytila rimane un retrogusto amaro sull’intera gestione della presenza ucraina a Sanremo, dalle polemiche sul collegamento di Zelensky alla lettera degli intellettuali italiani contro il collegamento, dai commenti dei politici italiani sul non confondere la guerra con il festival delle canzonette al testo che ha voluto rivedere la Rai, dal messaggio scritto e mandato da Zelensky e letto da Amadeus fino ai sottotitoli mancanti della canzone e al microfono abbassato fin troppo mentre parlava Taras in ucraino sul palco dell’Ariston.

Eppure possiamo ancora sperare che la presenza fisica, la musica, la forza delle parole degli ucraini, come quella degli Antytila, possa cambiare l’ormai palpabile indifferenza (se non altro) verso la guerra, indifferenza che viene mascherata (male) da un’ipocrita neutralità.

Canto della resistenza. Il testo della canzone della band ucraina che la Rai, ops, ha scelto di non sottotitolare. L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

Gli Antytila, ospiti nella finalissima di Sanremo e annunciati dal presidente Zelensky, si sono esibiti con un brano sulla battaglia che si svolge in questi giorni a Bakhmut (e non solo), senza che nessuno ne spiegasse il significato. Bakhmut è la fortezza sulla linea del fronte che ogni giorno regge gli attacchi russi spietati

Fortezza Bakhmut,

Tutte le nostre preghiere sono qui.

Lo spirito d’acciaio dei nostri cuori,

E gli indomiti Eroi della Battaglia di Kruty,

Dal cielo ci mandano forza,

Libertà, fuoco e rabbia!

Bruciano i muri in battaglia,

Mamma, io resisto,

Mamma, mi sono arruolato,

Mamma, io combatto!

Vincerò e tornerò!

Ora arriviamo alla base…

Dimentichiamo il dolore, i vecchi rancori,

Ecco la mia spalla, sono qui, brother,

Eccola di fronte che arriva: la peste.

Arriva di lato, una nuova fase.

Manteniamo la calma,

Come ci è stato insegnato.

Alle nostre spalle, c’è il nostro domani,

I nostri figli, i genitori, le famiglie sono lì,

I fratelli caduti e tornati “sullo scudo”

Anche loro sono alle nostre spalle.

Che salti il ratto cacciato in un angolo,

E che la nostra strada sia luminosa,

Quindi qui c’è lavoro per le nostre mani.

Qui! Qui!

Fortezza Bakhmut,

Tutte le nostre preghiere sono qui.

Lo spirito d’acciaio dei nostri cuori,

E gli indomiti Eroi della Battaglia di Kruty,

Dal cielo ci mandano forza,

Libertà, fuoco e rabbia!

Bruciano i muri in battaglia,

Mamma, io resisto,

Mamma, mi sono arruolato,

Mamma, io combatto!

Vincerò e tornerò!

Adesso arriva il buio.

Il demone insanguinato cade in agonia,

Allora non abbiamo combattuto invano,

Allora non era invano tutto questo ardore.

Allora va tutto secondo i piani, poi arriva il mattino,

E con lui la Vittoria!

Infine dico solo una cosa: avere paura non è un peccato,

Tradire i propri invece lo è.

Fortezza Bakhmut,

Tutte le nostre preghiere sono qui.

Lo spirito d’acciaio dei nostri cuori,

E gli indomiti Eroi della Battaglia di Kruty,

Dal cielo ci mandano forza,

Libertà, fuoco e rabbia!

Bruciano i muri in battaglia,

Mamma, io resisto,

Mamma, mi sono arruolato,

Mamma, io combatto!

Vincerò e tornerò!

 Traduzione presentata dal gruppo Antytila e rivista da Yaryna Grusha Possamai

Non è mai lunedì. La storia della coppia ucraina che ha ispirato la canzone di Tananai. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta l’11 Febbraio 2023

Mentre l’Italia polemizzava su Zelensky a Sanremo, il cantante ha portato all’Ariston Olha e Maksym Rastieriaiev, separati a causa della guerra imperialista russa. La fuga in Italia con la figlia quattordicenne, mentre il marito liberava Kherson. In attesa della vittoria finale

La polemica sull’intervento di Volodymyr Zelensky a Sanremo ha superato qualsiasi limite di logica e di umanità. Mentre il presidente dell’Ucraina raccoglieva applausi in tutta Europa, suscitando emozioni forti dalla Westminster Hall di Londra all’Aula del Parlamento Europeo di Bruxelles, in Italia c’era chi spiega che la guerra non c’entra niente con il festival della canzone, probabilmente nel timore che Zelensky potesse fare, in diretta tra i fiori sanremesi, l’elenco delle armi che servono all’Ucraina per proteggersi da un’altra invasione russa oppure che facesse vedere i video delle vittime dell’invasione barbarica russa, o chissà cos’altro. Sembrava che la voce degli ucraini fosse stata negata su quel palco, con l’eccezione di una lettera del presidente letta da Amadeus. 

Sembrava, ma poi ci ha pensato Tananai con una dolcissima canzone d’amore, Tango, accompagnata da un video che in un solo giorno ha raccolto 750 mila visualizzazioni e che ha fatto assumere un significato del tutto diverso rispetto a una semplice canzone d’amore. 

«Amore tra le palazzine a fuoco / la tua voce riconosco / noi non siamo come loro», incanta il ritornello. A non essere come loro sono una coppia di ucraini, Olha e Maksym Rastieriaiev, della regione di Kropyvnyts’kyy in Ucraina. Olha e Maksym quasi da un anno vivono nel cellulare uno dell’altro a causa dell’aggressione russa. Una delle tante storie d’amore nella guerra e la nuova realtà che tutti gli ucraini si sono trovati a vivere dopo il 24 febbraio 2022. 

Linkiesta ha contattato Olha per farsi raccontare la loro storia, la loro «notte in cui ti ho conosciuta». Maksym Rastieriaiev, marito di Olha, è un militare di professione, già difensore dell’Ucraina durante la prima invasione russa nel Donbas nel 2014, dove ha trascorso un anno e mezzo al fronte. 

Nel febbraio del 2022, l’invasione russa è stata più ampia, più feroce e più crudele. Maksym è stato chiamato alla fine di febbraio a riprendere il servizio e Olha è rimasta da sola a casa con la loro quattordicenne figlia Liza. Alla fine di aprile, la paura ha fatto mettere in moto Olha e sua figlia verso la Toscana e, alla fine di agosto, sono arrivate a Milano, dove Olha ha trovato un lavoro, una sistemazione e la scuola per la figlia. 

Nel video montato dalla squadra di Tananai si vedono le scene della comunità ucraina che a Milano si raduna in piazza Duomo ogni sera e ogni fine settimana non solo per ricordare ai cittadini e ai turisti la grande tragedia che vivono gli ucraini ogni giorno, ma anche per stare un po’ tutti insieme. Lontani da casa, in un paese dove non si conoscono né la lingua né le regole, ritrovarsi in piazza Duomo è una specie di terapia di gruppo necessaria a superare ancora un altro giorno, il giorno che la connessione sul fronte si ristabilisca, il giorno che arriva un messaggio, qualsiasi messaggio, come segno di un altro giorno da sopravvissuti.

Una delle produttrici del video di Tananai è nata a Kyjiv, così la storia di Olha e Maksym è arrivata a Tananai e l’ha aiutato a far nascere un testo molto più profondo di un semplice amore vissuto a distanza. Olha nel frattempo ha lasciato tutte le cose che ha saputo mettere in piedi a Milano ed è tornata a casa sua, perché il marito e l’Ucraina le mancavano tanto, troppo, proprio perché quel lunedì in cui finalmente suo marito tornerà sembra non arrivare mai. 

Dopo sette mesi di vita attaccata a un filo telefonico, dopo la gioia della liberazione di Kherson cui ha preso parte Maksym, finalmente Olha ha rivisto Maksym per 2 giorni. È dovuta andare fino alla più grande città vicina alla linea del fronte, ma è pronta a tutto pur di abbracciare suo marito «lo so quanto ti manco / Ma chissà perché Dio / Ci pesta come un tango». 

La comunità ucraina in Italia ha ringraziato Tananai e la sua squadra per aver dato forma alle emozioni degli ucraini. Su YouTube, Twitter e Instagram, i commenti pullulano di ringraziamenti e cuori gialloblù che si fondono negli sms con il codice 06 assegnato a Tananai nella terza serata del festival di Sanremo. Tananai ha buone prospettive per la serata finale, gli ucraini sicuramente non smetteranno di dargli il sostegno. Sono, siamo, alquanto tenaci nel perseguire i nostri giusti obbiettivi. 

La storia di Olha e Maksym è la tenera illustrazione di una vita bruscamente interrotta, una condizione che tutti gli ucraini vivono ogni giorno ormai da un anno: «È un anno che mi hai perso / E quel che sono non volevo esserlo». 

Nella polemica pompata dalla propaganda russa sull’escalation, sugli ucraini guerrafondai che non vogliono fermarsi né cedere alla Russia le proprie terre, sugli ucraini che chiedono solo più e più armi, l’amore di Olha e Maksym restituisce il volto umano a un intero popolo che ogni giorno combatte insieme e unito per far arrivare quel lunedì.

'Tango', il testo della canzone di Tananai a Sanremo 2023

Alberto Cotta Camusino ha scelto un nome d'arte che, in dialetto bolognese, significa 'fracasso'. E di casino, dalla partecipazione dello scorso anno al Festival (dove è arrivato ultimo) fino a oggi, ne ha fatto parecchio. Star in rete, la sua 'Sesso occasionale' è…

Tango di A. Cotta Ramusino - D. Simonetta - P. Antonacci - A. Raina - A. Cotta Ramusino - D. Simonetta

Non c’è un amore senza una ragazza che pianga

Non c’è più telepatia

È un’ora che ti aspetto

Non volevo dirtelo al telefono

Eravamo da me, abbiamo messo i Police

Era bello finché ha bussato la police

Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta

Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta

Ma ora addio, va bene amore mio

Non sei di nessun altro

E di nessuna io

Lo so quanto ti manco

Ma chissà perché Dio

Ci pesta come un tango

E ci fa dire

Amore tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È bello, è bello, è bello

È bello stare così

Davanti a te in ginocchio

Sotto la scritta al neon di un sexy shop

Se amarsi dura più di un giorno

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Come si salva un amore se è così distante

È finita la poesia

È un anno che mi hai perso

È quel che sono, non volevo esserlo

Eravamo da me, abbiamo messo i Police

Ridevamo di te che mi sparivi nei jeans

Tu, fammi tornare alla notte che ti ho conosciuta

Così non ti offro da bere e non ti ho conosciuta

Ma ora addio, va bene amore mio

Non sei di nessun altro

E di nessuna io

Lo so quanto ti manco

Ma chissà perché Dio

Ci pesta come un tango

E ci fa dire

Amore tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È bello, è bello, è bello

È bello stare così

Davanti a te in ginocchio

Sotto la scritta al neon di un sexy shop

Se amarsi dura più di un giorno

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Ma non è mai lunedì

Qui non è mai lunedì

Amore, tra le palazzine a fuoco

La tua voce riconosco

Noi non siamo come loro

È meglio, è meglio

È meglio che non rimani qui

Io tornerò un lunedì

Ma non è mai lunedì

Zeleni Ochi. Perché il cantante “Slava” rappresenta la vera anima dell’Ucraina. Bernard-Henri Lévy su L’Inchiesta il 21 Febbraio 2023.

Come racconta Bernard-Henri Lévy nel libro “Dunque, la guerra!” (La Nave di Teseo), Sviatoslav Vakarchuk non è un semplice artista: è un bardo che ha scelto di cantare esclusivamente nella lingua dei perseguitati, dei bombardati, dei torturati

Il suo nome è Sviatoslav Vakarchuk. Ma tutti, in Ucraina, lo chiamano Slava. È una star del suo paese. D’altra parte, pare che anche lui, prima di Zelensky, abbia

pensato di candidarsi alle presidenziali. E, se non l’ha fatto, l’hanno fatto per lui i suoi fan; sicché Slava ha dovuto, parecchi mesi prima delle elezioni, dichiarare solennemente che non avrebbe oltrepassato il Rubicone e si sarebbe interamente dedicato al suo mestiere di artista. Poiché la sola e unica passione di quest’uomo, che è anche un intellettuale, uno studioso di alto livello e – comunque – un ex deputato, è evidentemente la musica.

Per chi non lo conoscesse, potrebbe far pensare, per errore, a uno Sting o a uno Springsteen, il corpo e la voce tagliati sul modello di quei titani che hanno fatto rinascere il rock anglosassone.

Tuttavia, per fortuna, ci sono quelli che lo conoscono. Tra i quali c’è chi lo ha sentito cantare per i soldati nelle trincee del Donbas.

C’è chi lo ha visto con il suo gruppo, gli Okean Elzy, esibirsi davanti alla Porta di Brandeburgo, a Berlino, dov’è scritta la storia d’Europa, quella dei suoi imperi e dei loro crolli, delle sue barbarie e delle sue liberazioni, che sembrava rispondergli come un’eco.

Poi ci sono i fortunati, come me, che lo hanno scoperto nel 2014 a Maidan, e lo hanno sentito allo Zénith, a Parigi, pochi giorni fa, interpretare Zeleni Ochi (“Occhi verdi”): palcoscenico immenso e grande presenza di pubblico; folla che respirava e ballava all’unisono; compagni scatenati che facevano volare, tra i fumogeni, criniere e chitarre; puro fuoco rock; e Slava che, corpo d’acciaio e testa di tigre, voce roca e melodiosa insieme, balza con un salto felino su una pedana e, a torso nudo, non come Cristo ma come l’uomo di Leonardo, apre le braccia e invita a un battimani forte e invulnerabile come lui.

C’è chi si accontenterà di guardare su YouTube il video messo online dalla Biennale di Venezia: il cortile di un palazzo barocco, tra l’ocra e il bruno, devastato; macerie, fili che pendono, sbarre d’acciaio, fori di pallottole; al secondo piano – omaggio allo spirito delle città che hanno reso eterna l’Europa – un cancello di ferro battuto con curvature delicate; ripreso dal basso verso l’alto, un cielo dal quale non si sa che cosa affiorino, se nuvole o fiamme di un incendio; e, in questo scenario da fine del mondo, un pianista, un quartetto d’archi che fremono e la voce di Vakarchuk che s’innalza – “Obiymi mene… abbracciami… abbracciami ancora… non lasciare le mie braccia, abbracciami…”; che cosa si può cantare di meglio quando si appartiene a un popolo che tenta di restare umano sotto le folgori della disumanità? Che cosa, se non una ballata che ruota senza fine attorno al suo refrain, mentre si cerca un riparo contro l’odio, il missile che cadrà, il caos?

Per tutti costoro, Vakarchuk non somiglia a nessuno. È se stesso, Slava, uno dei nostri ultimi rocker e uno degli ultimi poeti epici del nostro tempo. Perché esistono, in fin dei conti, due tipi di poesia. L’orfica e la lirica. L’orfica si regge da sé, superba, tesa al vertice del suo dire – in francese, Mallarmé. La lirica vuole invece l’accordo con l’altro, grande o piccolo che sia, il cuore nudo come il cuore del poeta, sentimenti semplici e profondi: Notte renana, poesia di guerra di Apollinaire, e La ballata degli impiccati di Villon.

E poi c’è, tra i cantori di questa specie, quell’animale ancora più raro che è il poeta lirico ed epico – quello che i greci chiamavano l’aedo; nella Francia delle origini, il trovatore; colui che, espiatorio senza capro e messaggero senza mandato, si fa carico, in virtù del mistero di quanto possiede – parole, voce, corpo e presenza – del destino di un popolo.

Be’, Vakarchuk si fa carico di questo compito per il popolo ucraino. Come Armstrong con il suo timbro spezzato, in cui trovavano una sintesi nostalgica il martirio e la resurrezione dei neri americani. Come Bono, che stringe, una volta per tutte, nelle sue dissonanze più rauche, il corpo insanguinato della sua amata Irlanda. Come loro, sì, Vakarchuk compie il miracolo di quella semplificazione senza perdita che è il segreto dell’aedo. Come loro, con lo sfarzo delle strutture specifiche del rock, Vakarchuk padroneggia la tecnica di quell’essenzializzazione geniale, di quella lacerazione impietosa nella materia della musica, di quell’ascesi che è la creazione di un refrain perfetto, vertice del canto e del testo, arte totale e minimale che ritorna su se stessa come un ossimoro, e a cui si abbarbica lo spirito di un tempo, di una giovinezza, di un popolo.

E, dentro, nulla di nazionalista. Solo un corpo che trova il suo slancio là dove si suda, si sanguina, si uccide. Solo una voce ruvida e dolce, fra tenore e baritono, con un’intonazione nitida, senza vibrato; una voce che non ha il tempo di ascoltarsi poiché pare sempre sul punto di frantumarsi; una voce di granito che, oltre ad amare e piangere, ruggisce, poiché è il ruggito di un paese che vive e si ostina a vivere.

E solo un bardo che ha scelto – non è sempre stato così, ma oggi lo è – di cantare esclusivamente nella lingua dei perseguitati, dei bombardati, dei torturati. Per tutte queste ragioni, Slava è l’anima dell’Ucraina.

Ci facciamo sempre riconoscere. Le ore piccole riservate a Zelensky, la Meloni indispettita e il Festival dei farisei. Giuliano Cazzola su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

La scelta della Rai fa il paio con le dichiarazioni della premier, irritata per non essere stata invitata a Parigi da Macron

Prevista per le ore 1:52 del 12 febbraio, la lettura del messaggio di saluto di Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo ha subito il ritardo di una decina di minuti. A quanti hanno criticato l’orario in cui era stata fissata la cerimonia, la direzione aveva risposto che si sarebbe comunque effettuata prima della proclamazione dei vincitori e quindi nel momento clou del Festival.

In verità, con un po’ di malizia e di faccia tosta in più, sarebbe stato “politicamente corretto” sostenere che la scelta dell’ora – nel palinsesto dello spettacolo – teneva conto dei fusi orari che ci separano dall’Ucraina (e dalla Russia) e che pertanto le parole del presidente ucraino – lette da Amadeus, che per l’occasione non aveva indossato lo smoking mimetico – sarebbero arrivate in quelle lande (che sembrano essere molto interessate al Festival) quando la notte era ancor giovane.

Nel frattempo da alcune ore in Italia era aperto un dibattito sui risultati che Giorgia Meloni ha vantato di aver ottenuto nella riunione del Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio, ma soprattutto per l’onta subita dalla presidente di non essere stata invitata a Parigi da Emmanuel Macron alla cena con Zelensky. Indispettita, Meloni si è intrattenuta a lungo sullo sgarbo subito durante la conferenza stampa. Ma è sembrata la volpe della favola che se la prendeva con l’uva acerba soltanto perché non era riuscita a raggiungerne, saltando, i grappoli dorati.

Si dice, negli ambienti informati, che “Io sono Giorgia” si sia posta a lungo, adattandolo alle circostanze, il dubbio di Nanni Moretti: «Mi si nota di più se protesto per l’esclusione dell’Itala o se critico l’esistenza di una gerarchia degli Stati e mi erigo a paladina di tutti quelli che giocano nella serie cadetta?». Ovviamente questa seconda scelta può apparire più generosa, ma ha indotto Meloni a mostrarsi più realista del re, dal momento che nessun altro governo di un Paese di serie B ha protestato per l’iniziativa franco-tedesca, mettendosi a rivendicare – come mai in passato – la regola esclusiva della collegialità.

Meloni poi – per ritorsione? – si è attorniata dei governi del gruppo di Visegrad. Ma questo non è stato un errore, perché la posizione di quei Paesi (tranne l’Ungheria, che comunque fa la sua parte nell’accoglienza dei profughi ucraini) è molto importante per quanto riguarda la partita della vita che l’Unione europea sta giocando con Vladimir Putin. Il ruolo e l’impegno, in prima linea, della Polonia sono fondamentali là dove tuona il cannone; le altre controversie possono attendere.

Poi, la premier ha capito che non avrebbe potuto sottrarsi, in conferenza stampa, a una domanda relativa al caso Sanremo e alla linea di condotta bizzarra della Rai sull’invito al presidente ucraino. «Io avrei preferito che Zelensky fosse stato presente a Sanremo», ha affermato Meloni aggiungendo di aver «apprezzato» la scelta del presidente ucraino di inviare poi la lettera. «Mi dispiace più che altro che si sia creata una polemica: non è mai facile far entrare la politica in una manifestazione come Sanremo, anche se poi ci entra sempre», ha aggiunto.

E, in effetti, incaricare Roberto Benigni di celebrare l’anniversario della Costituzione è stata una scelta politica; non solo per l’impostazione generale della poetica di Benigni («la Costituzione più bella del mondo») quanto piuttosto per una declamazione molto contingente e legata all’attualità; indirettamente anche all’aggressione russa dell’Ucraina.

Se si legge, infatti, solo la prima parte dell’articolo 11 della Costituzione (l’Italia ripudia la guerra) e non si va oltre il punto e virgola, e se non si fa neppure cenno di quanto disposto dal successivo articolo 78 (le Camere deliberano lo stato di guerra), si compie una scelta di campo truffaldina rispetto al conflitto in corso in Ucraina e si valorizzano le tesi immonde dei pacifisti nostrani che da un anno coniugano, come un disco rotto, il verbo ripudiare.

Meloni ha poi insistito su Zelensky: «Credo che fosse comunque importante una sua presenza». Non sappiamo se questa premurosa raccomandazione servisse a sgomberare il campo da un dato di fatto inconfutabile. Sembra un paradosso, ma il presidente Zelensky, ricevuto trionfalmente nelle capitali europee e altrove, sarebbe stato accolto a pernacchie (nella manifestazione annunciata dei farisei pacifisti) soltanto a Sanremo. Ci facciamo sempre riconoscere.

DAGONOTA il 14 febbraio 2023.

L’uscita di Piero Sansonetti in lode di Silvio Berlusconi per l’attacco a Zelensky ha creato non poco caos ai vertici del Pd. L'intemerata del direttore del Riformista avrebbe fatto barcollare il progetto di una nuova Unità (la cui testata è stata rilevata da Alfredo Romeo e affidata a Sansonetti) che vede in Bonaccini lo sponsor politico in pectore e colui che garantirebbe diffusione e protezione con le banche.

 Nella redazione i mugugni sono giornalieri e qualcuno si chiede a che gioco si stia giocando. Anche dopo la proposta (rifiutata) di affidare la direzione del sito della nuova Unità a Michele Santoro.

Estratto da open.online il 14 febbraio 2023.

«Io penso che sulla guerra in Ucraina Berlusconi abbia ragione da vendere». Dopo Vauro, anche Piero Sansonetti – direttore del quotidiano Il Riformista – si schiera a difesa del leader di Forza Italia. Da ieri Berlusconi si trova al centro di una bufera politica, dopo una serie di affermazioni controverse sulla guerra in Ucraina e sul presidente Volodymyr Zelensky. «Se fossi stato premier, io non lo avrei mai incontrato», ha detto il leader di Forza Italia in merito all’incontro tra Giorgia Meloni e il leader di Kiev.

«Bastava che lui cessasse di attaccare le due Repubbliche autonome del Donbass e questo (la guerra, ndr) non sarebbe avvenuto. Quindi io giudico molto, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore», ha aggiunto Berlusconi […]

 L’uscita di Berlusconi su Zelensky, infatti, sembra aver ricompattato, almeno in parte, alcuni dei suoi storici antiberlusconiani, tra cui proprio Vauro e Sansonetti, per quanto con sfumature diverse, che hanno difeso il punto di vista dell’ex premier sulla guerra in Ucraina. […]

L'inutile gazzarra sulle sue dichiarazioni. Silvio Berlusconi è l’ultimo pacifista. David Romoli su Il Riformista il 14 Febbraio 2023

Ci si può interrogare su perché Silvio Berlusconi abbia scelto di uscire completamente allo scoperto proprio in questo momento e in modo tanto esplicito. La differenza tra le precedenti esternazioni e quest’ultima sono infatti evidenti: qui non si tratta di frasi pronunciate in un consesso riservato e poi trapelate. Il Cavaliere, stavolta, voleva che la sua posizione fosse nota ovunque.

Le riposte possono essere molte e non incompatibili tra loro. È probabile che il leader di Forza Italia, nel pieno di una prova elettorale il cui risultato era quasi noto in partenza, mirasse a indebolire un’alleata che sta cannibalizzando i suoi consensi colpendola nel punto di forza a livello internazionale, l’immagine di premier capace di garantire lo schieramento atlantista dell’Italia tenendo a bada alleati di tutt’altro avviso. È certo che tenesse conto di sondaggi che registrano una crescente disaffezione degli italiani nei confronti di uno schieramento a sostegno di Kiev che sconfina nella belligeranza. È più che possibile che c’entri molto il rapporto personale con Putin.

Berlusconi, si sa, non ha mai diviso il personale e il politico e tra i suoi difetti, sul piano personale, non figura la slealtà. Ma né le considerazioni tattiche, certamente presenti, né quelle caratteriali implicano malafede. Le cose dette all’uscita dal seggio Berlusconi le pensa davvero e non da ieri. Ed è vero che da premier avrebbe almeno provato a battere un’altra strada, come fece alla vigilia dell’invasione dell’Iraq, quando tentò invano sino all’ultimo di convincere Bush jr. a desistere.

Berlusconi ha riconosciuto le ragioni di Mosca, il che in realtà non equivale affatto a negare quelle di Kiev o a spalleggiare l’invasione. Si tratta, al contrario, dell’unica posizione che possa portare a una soluzione diplomatica, cioè a un compromesso. La distinzione semplificata a confronto tra il bene e il male, tra il torto assoluto e la ragione completa non consente compromessi. Prevede solo la sconfitta senza appello del nemico. L’afasia della diplomazia nella guerra in Ucraina, l’incapacità e forse l’impossibilità anche solo di immaginare un negoziato che non passi per la sconfitta aperta del nemico, dunque nel caso dei Paesi Nato della Russia, deriva proprio dall’impostazione integralista che semplifica quel conflitto dipingendolo come una sorta di ripetizione dal vero di Star Wars: una guerra impari contro l’Impero del Male. Solo che qui i morti e le devastazioni sono vere.

Per quanto dettate anche da un calcolo opportunistico, come l’esigenza di infragilire la premier sul piano internazionale per indebolirla all’interno e forse, al momento opportuno, abbandonarla, le frasi deflagranti di Berlusconi erano pacifiste, non putiniane. Guardavano in faccia la realtà che tutti i leader occidentali si nascondono e nascondono: non c’è soluzione diplomatica senza compromesso e non c’è compromesso senza riconoscere almeno alcune ragioni di entrambi gli antagonisti. In questo senso le note del ministro Tajani prima e di Forza Italia poi sulla determinazione nel continuare a difendere l’indipendenza dell’Ucraina sono meno goffe e ipocrite di quanto possa apparire. Dire che l’Ucraina ha la sua parte di responsabilità nello scoppio della guerra non significa infatti né revocare in dubbio l’indipendenza dell’Ucraina né giustificare l’invasione.

Per Giorgia Meloni è una posizione inaccettabile. Perché l’atlantismo estremo è il suo punto di forza, la carta da calare sul tavolo delle trattative internazionali ma anche perché quella è la sua cultura, compiutamente di destra, più thatcheriana che fascista, convinta della necessità delle prove di forza e poco incline al compromesso. L’aspetto stupefacente è casomai che ogni accenno al compromesso scandalizzi la sinistra. Non si tratta di un fronte tra tanti. Se c’era un elemento costitutivo dell’identità di sinistra, tanto possente da superare ogni differenza era il pacifismo di fondo, la prevalenza della diplomazia sulla forza delle armi. Che questa posizione sia oggi brandita solo dall’uomo che per quasi trent’anni è stato il leader indiscusso della destra italiana, tacciato quasi di fascismo o comunque di pulsioni autoritarie, è tanto eloquente quanto desolante.

Del resto era già successo, su un elemento altrettanto costitutivo dell’identità della sinistra, di ogni sinistra: la giustizia. Qualche decennio fa, in fondo non moltissimi, sarebbe stata inimmaginabile una sinistra disinteressata alle garanzie, ansiosa di delegare ogni protagonismo in materia di giustizia alla magistratura. La sinistra si era ridotta da un pezzo a dover prendere lezioni dal leader della destra su quel fronte. Ma, nonostante la guerra alla Serbia e i bombardamenti su Belgrado, che hanno segnato un vero spartiacque storico, chi avrebbe mai detto che lo stesso copione si sarebbe riproposto sulla guerra e sulla pace? David Romoli

Silvio e Vlad: l’amicizia è più forte di ogni cosa, anche della politica...La vodka, il lambrusco, la Costa Smeralda… Un’anomalia selvaggia avrebbe detto il filosofo, che mette in serio imbarazzo il governo di Giorgia Meloni, scompagina la maggioranza e stressa la stessa Forza Italia, costretta a sposare la linea politica del suo illustre fondatore. Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 20 febbraio 2023

C’è qualcosa di commovente nell’amicizia che lega Silvio Berlusconi a Vladimir Putin, un vincolo aureo che supera ogni ostacolo, e che sembra trascendere qualsiasi richiamo ideologico, posizionamento geopolitico o il semplice buon senso. Un’anomalia selvaggia avrebbe detto il filosofo, che mette in serio imbarazzo il governo di Giorgia Meloni, scompagina la maggioranza e stressa la stessa Forza Italia, costretta a sposare la linea politica del suo illustre fondatore. Pensate ai mal di testa che saranno venuti al povero ministro Tajani, vera e propria creatura di Berlusconi e capo della nostra diplomazia, che si deve barcamenare tra la fedeltà all’atlantismo degli alleati e gli input russofoni, del capo.

Il paradosso è che all’interno dell’esecutivo è proprio Fratelli d’Italia che prova a tenere ferma la barra del sostegno a Kiev mentre Lega e Forza Italia rimangono nel limbo dello scetticismo se non della aperta ostilità verso Volodymir Zelensky. «Io con quello non ci parlerei mai» aveva tuonato Silvio la scorsa settimana, parole identiche a quelle che va dicendo da un anno il suo caro amico, per il quale in presidente ucraino non è altro che un burattino nelle mani dell’Occidente. Ma è la stessa narrazione putiniana della guerra che viene spostata senza se e senza ma: «Bastava che Zelensky cessasse di attaccare le due Repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto».

L’affetto che il Cavaliere nutre nei confronti del capo del Cremlino è totale e incondizionato. Gli scambi di regali, le bottiglie di vodka e quelle di lambrusco, il “lettone” donato dal presidente russo poi collaudato nelle notti brave di Arcore, il copripiumino di alta sartoria, le vacanze in Costa Smeralda e nella dacia di Sochi, i selfie con il colbacco e così via sono soltanto il contorno, il gossip giornalistico di un rapporto profondo e inattaccabile che dura da oltre 21 anni. Nacque dalla macerie dell’11 settembre, con la nascita della colazione internazionale contro il terrorismo e al Qaeda, con il sostegno alla “guerra infinita” degli angloamericani che all’epoca conveniva anche a Mosca, bersagliata sul suo fronte dal jihadismo ceceno.

Si sono conosciuti e si sono piaciuti a prima vista; in molti sottolineano i tratti in comune, il culto della personalità, le uscite guascone, lo stile informale e poco avvezzo ai protocolli che esibiscono nell’esercizio del potere, Ma si tratta di una lettura superficiale, in realtà i due uomini hanno un carattere molto diverso, Solare ed espansivo Silvio, ombroso e sornione Vladimir, ed è proprio su questa complementarità che si fonda questa intesa speciale, una coppia che funziona e trova affiatamento nelle differenze.

È probabile che alla veneranda età di 86 anni il padrone di Mediaset veda nel presidente russo lo specchio degli antichi fasti, quando era l’uomo più potente e amato di Italia. Che ha avuto il suo momento più alto nel vertice di Pratica di mare del 2002 quando Mosca e la Nato firmarono addirittura un trattato comune per contrastare il terrorismo internazionale. Giorni memorabili di cui l’amicizia a prova di bomba con Vladimir Putin rimane oggi il residuo più tangibile.

L’alleato che imbarazza. Berlusconi torna a fare il filo-putiniano e Meloni deve mettere l’ennesima toppa. su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023.

Il Cavaliere ha detto che «a parlare con Zelensky non ci sarei mai andato», provando anche a convincere la premier a non mettersi in viaggio per Kyjiv. Dura la nota di Palazzo Chigi, che ribadisce ancora una volta la posizione atlantista e di sostegno all’Ucraina del governo

«A parlare con Zelensky non ci sarei mai andato». Silvio Berlusconi, dopo aver votato alle regionali lombarde, ha criticato con queste parole la settimana di incontri europei di Giorgia Meloni, reduce dal Consiglio Ue e dal bilaterale con il presidente ucraino in visita a Bruxelles. «Stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese, alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che smettesse di attaccare le repubbliche del Donbass e questo non sarebbe accaduto», ha detto il leader di Forza Italia senza freni, tra i volti preoccupati del suo entourage.

Tra i flash dei fotografi e i fan, l’ex premier ha proseguito. «Giudico molto negativamente il comportamento di questo signore», ha incalzato riferendosi a Zelensky che, a suo parere, dovrebbe arrendersi e ricostruire l’Ucraina con Biden. «Se fossi il presidente Usa, gli direi: “Dopo la fine della guerra sarà a tua disposizione un Piano Marshall da 9mila miliardi di dollari per la ricostruzione. A una condizione: che ordini il cessate il fuoco, anche perché non ti daremo più né soldi né armi”. Soltanto una cosa del genere potrebbe convincerlo».

A stretto giro, è arrivata anche la dichiarazione della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: «Non spetta a me giudicare Berlusconi. Mi limito ai fatti: dal 2014 la Russia ha insistito perché fossero applicati gli accordi di Minsk per la pace in Ucraina. Ma questo non era quello che l’Occidente aveva in mente».

Dichiarazioni che in pochi minuti scatenano giustamente il terremoto politico. La prima reazione della maggioranza – racconta il Corriere – è un rumoroso silenzio, telefoni sempre occupati o staccati ad arte per non parlare con i giornalisti. Con la paura che le parole dell’ex premier possano provocare conseguenze sul voto regionale in Lombardia e Lazio.

Meno di un’ora dopo le parole di Berlusconi, Palazzo Chigi dirama una nota in cui il nome di Berlusconi non compare e che rivela la distanza abissale tra la posizione del capo di Forza Italia e quella del capo dell’esecutivo: si ribadisce che «il sostegno all’Ucraina del governo è saldo e convinto, come previsto nel programma e come confermato in tutti i voti parlamentari della maggioranza che sostiene l’esecutivo». Come dire che, se Berlusconi vuole restare dentro il perimetro della coalizione che ha vinto le elezioni il 25 settembre, deve muoversi nel solco atlantista e deve smetterla di strizzare l’occhio a Putin. «La nostra posizione in politica estera non cambia e il governo non è a rischio», rassicura la premier.

Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepresidente di Forza Italia, chiarisce: «Siamo da sempre schierata a favore dell’indipendenza dell’Ucraina, dalla parte dell’Europa, della Nato e dell’Occidente. In tutte le sedi continueremo a votare con i nostri alleati di governo rispettando il nostro programma».

«Pessimo. Ricomincia con i suoi vaneggiamenti putiniani», twitta il leader di Azione Carlo Calenda. Parole «imbarazzanti», le definisce invece il presidente del Copasir ed ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, Pd.

L’ex Cavaliere non è nuovo a simili sortite. Non è il primo incidente. Durante la formazione del governo, lo aveva inguaiato un audio registrato durante una riunione a porte chiuse in cui raccontava la «vera versione» del conflitto secondo cui «Putin era stato costretto a intervenire in Ucraina su richiesta delle repubbliche del Donbass dopo che Zelensky aveva triplicato gli attacchi alle frontiere ignorando i trattati». Pochi giorni dopo quell’audio, aveva raccontato di aver ricevuto come dono di compleanno da Putin «20 bottiglie di vodka e una lettera dolcissima» e di aver ricambiato con del Lambrusco e «una lettera altrettanto dolce», in barba ai divieti internazionali di import-export con la Russia. Dopo aver presentato le candidature per le regionali lombarde, aveva addirittura rimproverato l’Ue per il mancato ingresso della Russia nell’Unione: «Un’Europa forte con l’entrata della Federazione Russa non siamo riusciti a costruirla. Dobbiamo lavorarci».

Secondo quanto riporta il Corriere, la nuova scossa all’unità della maggioranza non arriva del tutto in attesa: per giorni Berlusconi avrebbe provato indirettamente a convincere la presidente del Consiglio a desistere dall’intenzione di mettersi in viaggio verso Kyjiv. Ma a invertire la marcia, rinunciando alla missione, Giorgia Meloni non ci pensa proprio. Ha promesso a Zelensky che andrà in visita nella capitale del Paese martoriato dai russi e vuole fortissimamente mantenere l’impegno di partire «in tempi strettissimi», possibilmente prima del doloroso primo dell’invasione che cade il 24 febbraio.

Sanremo 2023: “Su Zelensky esito salomonico, ora si rifletta su politica e tv”. Marco Follini su Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 12 Febbraio 2023

E’ questo lo sfondo del 'caso' Sanremo. Che non avrebbe meritato tutte le polemiche di questi giorni. Ma che rende ancora più evidente la deriva di una comunicazione politica che non rispetta più i vecchi confini e insiste a mescolare il sacro e il profano in modi che ai più attempati tra di noi suonano lievemente impropri

E’ sembrato quasi salomonico l’esito della presenza di Zelensky al festival di Sanremo. Non più un video per dare voce alla tragedia del popolo ucraino. Ma una lettera più discretamente affidata al conduttore Amadeus. Così da dar soddisfazione a chi riteneva doverosa la sua presenza, sia pure a un evento canoro. E contemporaneamente a chi suggeriva di non far troppa mescolanza tra la guerra e le canzonette.

Ci si potrebbe consolare pensando che le vie di mezzo hanno il merito di accontentare un po’ tutti. Ma è una contentezza del tutto “fasulla”. Salomone infatti in questo caso è stato letteralmente capovolto. Nel senso che alla fine tutti si sono dichiarati insoddisfatti e che il nostro servizio pubblico ha fatto una pessima figura -tirato di qui e di là per giorni e giorni in una contesa che non sembrava avere né troppo capo né troppa coda.

Il fatto è che sono anni e anni che su viale Mazzini si esercita una pressione politica che pretende di farsi sempre più dettagliata e prescrittiva. Chi scrive, sia chiaro, non può professarsi più innocente di tanto, avendo fatto parte in anni lontani del consiglio di amministrazione della Rai in nome e per conto del suo partito, la Dc. Ma temo che da allora ad oggi le cose siano cambiate in peggio, e che magari sia arrivato il momento in cui si possa aprire una riflessione meno ovvia e scontata sul rapporto tra politica e televisione.

Infatti, da quegli anni remoti di perfetta e quasi scientifica lottizzazione (copyright Alberto Ronchey) sono cambiate molte cose. Due in particolare. La prima è che si sono mescolati i generi televisivi fino a farne una gelatina indistinguibile (e anche indigeribile, il più delle volte). La seconda è che l’invadenza dei partiti si è miniaturizzata fino a perdere il senso dei vantaggi che pretende di ricavarne. Così per un verso la politica si è espansa di qua e di là, convinta di ricavare profitto dalle trasmissioni più spettacolari e fantasiose. E per un altro verso la sua influenza si è frammentata in mille e mille schegge rese ingombranti e irrilevanti dalla loro stessa continua e irrefrenabile moltiplicazione.

Un tempo i partiti sceglievano i direttori di rete e di testata. E poi però si affidavano alle loro cure, il più delle volte appagati, qualche altra volta più pretenziosi, talvolta perfino scontenti. Il messaggio politico era scarno, attento a presidiare i confini dell’ufficialità. Poi, pian piano, quei confini si sono dilatati. E la macchina dello spettacolo ha cominciato a macinare argomenti pubblici sempre più vari e sempre più strategici. Se al tempo di Ettore Bernabei la questione poteva essere quella delle gambe delle gemelle Kessler, negli anni seguenti ogni trasmissione di varietà, di fiction, di spettacolo è diventata una sorta di tribuna politica surrettizia. I leader e i loro spin doctor hanno preso atto che la loro influenza faceva meglio a passare attraverso canali inediti. Fino al festival di Sanremo, per l’appunto.

Sono i codici della comunicazione politica moderna, che è sempre più fantasiosa e sempre meno canonica. Un gigantesco e variegato palcoscenico che una classe dirigente più incerta di sé e del suo insediamento nel cuore del pubblico ha preso a calcare con una disinvoltura sempre più intraprendente. Con l’effetto di ampliare ancor più i margini della propria presenza e influenza. Ma senza il ritorno di popolarità che ci si sarebbe aspettati. Il fatto è che quanto meno ci si sente ben accolti nel tinello di casa dei propri elettori, tanto più li si va a cercare con le scuse più varie. E anche magari, con quelle più improprie. Salvo scoprire l’indomani che forse il gioco non valeva la candela.

E’ questo lo sfondo del ‘caso’ Sanremo. Che non avrebbe meritato tutte le polemiche di questi giorni. Ma che rende ancora più evidente la deriva di una comunicazione politica che non rispetta più i vecchi confini e insiste a mescolare il sacro e il profano in modi che ai più attempati tra di noi suonano lievemente impropri. Già, perché tutta quella politica che ai nostri giorni si affanna, e si irradia di qua e di là, e coglie ogni occasione per suscitare la curiosità del pubblico, si rivela infine suo malgrado come un gigante dai piedi d’argilla. Sempre più imponente, ma anche sempre più fragile. Redazione CdG 1947

Il disagio di Meloni per le dichiarazioni di Berlusconi: 90 minuti di tensione, poi Tajani media. Monica Guerzoni su Il Corriere della Sera il 13 Febbraio 2023

Le parole di Silvio Berlusconi su Zelensky — «Da premier non gli parlerei» — sono fonte di tensione per il governo di Giorgia Meloni. Ma la premier assicura che sarà in Ucraina «in tempi strettissimi»

Le pallottole verbali di Silvio Berlusconi contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky piombano su Palazzo Chigi di domenica sera, quando le luci di Sanremo (ma non ancora le polemiche) si vanno spegnendo. La prima reazione della maggioranza è un rumoroso silenzio, telefoni sempre occupati o staccati ad arte per non parlare con i giornalisti. Imbarazzo, tensione, paura che le clamorose parole dell’ex premier possano provocare conseguenze sul voto regionale in Lombardia e Lazio o, ancor peggio, incrinare pericolosamente la stabilità del governo.

Giorgia Meloni è colpita, dispiaciuta a dir poco. A caldo, la premier confida ai ministri che le sono più vicini tutto il disagio nei confronti di un leader della sua maggioranza che sembra, sussurra un esponente di primo piano del governo, «vittima della propaganda di Mosca e delle fake news russe, che riescono a permeare le posizioni di tanti, in Italia e in Europa».

Meno di un’ora dopo che le esternazioni berlusconiane hanno preso a rimbalzare sui siti online, Palazzo Chigi batte un colpo. Una breve nota, in cui il nome di Berlusconi non compare e che in estrema sintesi rivela la distanza abissale tra la posizione del capo di Forza Italia e quella del capo dell’esecutivo. Nel ribadire che il sostegno del governo a Kiev è «saldo e convinto» Meloni mette l’alleato-avversario in fuorigioco, richiamando il programma elettorale e ricordando che la maggioranza si è espressa a favore dell’Ucraina in «tutti i voti parlamentari». Come dire che, se Berlusconi vuole restare dentro il perimetro della coalizione che ha vinto le elezioni il 25 settembre, deve muoversi nel solco atlantista di Washington, Bruxelles e Roma e deve smetterla di strizzare l’occhio a Putin. «La nostra posizione in politica estera non cambia e il governo non è a rischio», rassicura i suoi la premier.

Non è il primo incidente. E a Palazzo Chigi non è certo sfuggito che Berlusconi si era schierato platealmente con Putin già alla vigilia delle elezioni politiche. «Le truppe russe dovevano entrare e in una settimana sostituire il governo di Zelenksy con persone perbene», aveva affermato l’uomo di Arcore il 23 settembre, aprendo una polemica infinita che aveva avuto un’ampia eco anche fuori dall’Italia. Ora ci risiamo. E a quanto rivelano fonti di governo la nuova scossa all’unità della maggioranza non arriva del tutto in attesa: per giorni Berlusconi avrebbe provato indirettamente a convincere la presidente del Consiglio a desistere dall’intenzione di mettersi in viaggio verso Kiev.

A invertire la marcia, rinunciando alla missione, Giorgia Meloni non ci pensa proprio. Ha promesso a Zelensky che andrà in visita nella capitale del Paese martoriato dai russi e vuole fortissimamente mantenere l’impegno di partire «in tempi strettissimi», possibilmente prima del doloroso primo anniversario dell’invasione che cade il 24 febbraio. Affermare, come ha fatto Berlusconi, «io a parlare con Zelensky se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato» è uno schiaffo difficilmente tollerabile. Come è difficile per Meloni digerire l’accusa falsa al leader ucraino di aver attaccato il Donbass, la minaccia di non mandare più le armi e la richiesta a Biden di ordinare a «questo signore» (Zelensky, ndr) di cessare il fuoco. «Il nostro sostegno all’Ucraina è granitico — rimarca il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari dopo aver affrontato la crisi assieme alla premier —. Chiarissimo è il programma di governo, chiarissima la posizione della presidente Meloni, del ministro degli Esteri e di tutti i membri dell’esecutivo».

L’allarme investe anche i ministri azzurri, i quali non si aspettavano un nuovo attacco così diretto del loro leader al capo della resistenza ucraina e alla presidente del Consiglio. Il trambusto dura novanta minuti. Meloni parla più volte con Antonio Tajani, che certo non può rompere con il fondatore di FI. Il ministro degli Esteri si attiva per ottenere il dietrofront dell’ex premier, chiama Arcore, parla con Berlusconi e lo convince a mettere nero su bianco la rassicurazione che il suo «sostegno in favore dell’Ucraina non è mai stato in dubbio».

La fibrillazione è forte, tra gli azzurri, dentro la maggioranza e nel rapporto con le opposizioni. E la sottolineatura che Forza Italia non è mai venuta meno all’adesione alla coalizione di governo — oltre che alla Nato, all’Europa e agli Usa — è la conferma di quanto ieri sera la coalizione meloniana abbia ballato sull’orlo del burrone. Sanremo, Benigni, Mattarella, Zelensky, Fedez, la tensione con i vertici della Rai. «Non ci facciamo mancare nulla», è la battuta amara di un ministro.

Da lastampa.it il 12 febbraio 2023.

«Io parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore». Lo ha detto Silvio Berlusconi dopo aver votato per le regionali lombarde a Milano.

Guerra in Ucraina, Berlusconi contro Zelensky: se fossi premier non parlerei con lui. Il Tempo il 12 febbraio 2023

Silvio Berlusconi attacca Volodymyr Zelensky. Appena uscito dal seggio elettorale, il presidente di Forza Italia si è lasciato andare a un giudizio negativo sul ruolo del presidente dell'Ucraina. «A parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio non ci sarei mai andato perchè stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore». Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi non usa mezzi termini parlando con i cronisti all’uscita del seggio, dopo aver votato a Milano per le Regionali. A pochi giorni dall’incontro tra la premier Meloni e il presidente ucraino Zelensky a Bruxelles, il Cavaliere attacca. E suggerisce: nel conflitto russo-ucraino «per arrivare alla pace penserei che il presidente americano dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli che è a sua disposizione dopo la fine della guerra con un piano Marshall per ricostruire l’Ucraina. Un piano Marshall dai 6 ai 9mila miliardi di dollari, a una condizione: che tu (Zelensky, ndr) domani ordini il cessate il fuoco, anche perchè noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi. Soltanto una cosa del genere potrebbe convincere questo signore ad arrivare a un cessate il fuoco».

Berlusconi: «Da premier non avrei parlato con Zelensky». Berlusconi: «Io da premier non avrei mai parlato con Zelensky. Non doveva attaccare il Donbass». Palazzo Chigi: «Convinto sostegno all’Ucraina». Claudio Bozza su Il Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023

Il leader di Forza Italia attacca dopo l’incontro tra la premier Meloni e il leader ucraino. Il governo risponde con una nota immediata: «Appoggio confermato da tutti i voti parlamentari della maggioranza»

Silvio Berlusconi vota a Milano per le Regionali in Lombardia. A sinistra: il presidente ucraino Zelensky saluta la premier Giorgia Meloni

Per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina «penserei che il signor presidente americano, Joe Biden, dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli: "È a tua disposizione, dopo la fine della guerra, un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina da 9 mila miliardi di dollari, a una condizione, che tu domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi”». Perché «soltanto una cosa del genere potrebbe convincere questo signore ad arrivare ad un cessate il fuoco». Lo ha affermato oggi il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, dopo aver votato per le Regionali in via Ruffini, a Milano, rispondendo alle domande dei giornalisti in merito alla situazione ucraina.

E dopo l’incontro tra Giorgia Meloni e lo stesso Zelensky al Consiglio europeo straordinario, il leader di Forza Italia va nella direzione politica opposta: «Io parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili». Il motivo? Berlusconi è categorico: «Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore».

Parole che costringono Palazzo Chigi a una immediata nota di precisazione: «Il sostegno all’Ucraina da parte del governo italiano è saldo e convinto, come chiaramente previsto nel programma e come confermato in tutti i voti parlamentari della maggioranza che sostiene l’esecutivo».

Interviene anche Mosca: «Non spetta a me giudicare e dare i voti a Berlusconi, queste sono cose che riguardano gli italiani. Mi limito ai fatti, e i fatti dicono che per otto anni, dal 2014, la Russia ha insistito perché fossero applicati gli accordi di Minsk per la pace in Ucraina. Ma questo non era quello che l’Occidente aveva in mente», dice all’Ansa la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando le dichiarazioni di Berlusconi. E poi: Zelensky «è ormai un’immagine usata per una campagna pubblicitaria» allo scopo di «far vedere che la Russia è cattiva e l’Occidente è buono». Sempre la portavoce di Zakharova ha poi concluso: «Ormai è un’immagine che appare ovunque, dalle partite di calcio al vostro Festival di Sanremo. È una cosa assolutamente ridicola».

Dure le reazioni dell’opposizione: «La premier Meloni è d’accordo con le parole inquietanti pronunciate da Berlusconi sulla guerra in Ucraina? — chiede polemicamente Simona Malpezzi, capogruppo del Pd al Senato —. Oggi di fatto si è schierato ufficialmente con la Russia di Putin. Con questi alleati di governo la premier non si lamenti di come viene trattata in Ue». Mentre il leader di Azione Carlo Calenda va giù duro: «Berlusconi ricomincia con i suoi vaneggiamenti putiniani, in totale contrasto con Ue, il governo di cui fa parte e il ministro degli Esteri che è anche espressione del suo partito. Pessimo».

Berlusconi trova anche il tempo per scherzare: «Ho votato per l’Inter», ha detto dopo mentre imbucava la scheda elettorale al seggio elettorale della scuola Giovanni Pascoli di Milano.

Ma a tarda sera serve una nota ufficiale di Forza Italia per provare a tappare la falla, prima che rischi di diventare una voragine politica: «Il sostegno del presidente Berlusconi in favore dell’Ucraina non è mai stato in dubbio. Ha solo espresso la sua preoccupazione per evitare la prosecuzione di un massacro e una conseguente grave escalation della guerra, senza venire mai meno all’adesione di Forza Italia alla maggioranza di governo, alla posizione della Nato, a quella dell’Europa e degli Stati Uniti».

(ANSA il 12 febbraio 2023) - "Non spetta a me giudicare e dare i voti a Berlusconi, queste sono cose che riguardano gli italiani. Mi limito ai fatti, e i fatti dicono che per otto anni, dal 2014, la Russia ha insistito perché fossero applicati gli accordi di Minsk per la pace in Ucraina. Ma questo non era quello che l'Occidente aveva in mente". Lo ha detto all'ANSA la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

"La questione - ha detto Zakharova - non riguarda l'opinione dei politici italiani, ma quelli che sono i fatti. E i fatti dicono che per molti anni l'Occidente, in particolare gli Usa, hanno interferito in Ucraina per i loro interessi, non per l'interesse del popolo ucraino. Questo ha creato un'enorme crisi che è precipitata a partire dal 2014, con il secondo movimento di Maidan". Dopo di allora, ha proseguito la portavoce, l'Ucraina si è divisa tra "una parte filo-occidentale e un'altra che pensava agli interessi del proprio Paese".

 "Noi russi - ha affermato ancora Zakharova - abbiamo cercato di attirare l'attenzione dell'Occidente sul fatto che il Paese si sarebbe potuto spaccare se fossero continuate le pressioni occidentali su di esso. Per otto anni abbiamo insistito per l'applicazione degli accordi di Minsk". La portavoce ha sottolineato che questa però non era l'intenzione dell'Occidente. E a questo proposito ha citato recenti dichiarazioni dell'allora cancelliera Angela Merkel e dell'allora presidente francese Francois Hollande, secondo i quali gli accordi di Minsk furono appunto un modo per dare all'Ucraina il tempo di armarsi e prepararsi a un eventuale conflitto con la Russia.

Berlusconi e le tappe dell’escalation pro Putin: dagli audio alle casse di Lambrusco. Fabrizio Caccia su Il Corriere della Sera il 13 Febbraio 2023

Prima delle Politiche, il leader di Forza Italia disse: «Il presidente russo è stato costretto a questa “operazione speciale”»

Il suo pensiero su Zelensky e la guerra in Ucraina si era già manifestato chiaramente il 20 maggio scorso, a tavola da «Cicciotto» a Marechiaro, il ristorante con splendido affaccio sul golfo di Napoli: «Io credo che l’Europa unita deve fare una proposta di pace, cercando di far accogliere agli ucraini le domande di Putin», disse Silvio Berlusconi rivolto a Marta Fascina e Licia Ronzulli, in una pausa dei lavori della convention napoletana di Forza Italia, tra un piatto di scialatielli alle vongole e un’insalata di calamari.

Il disagio di Meloni per le dichiarazioni di Berlusconi: 90 minuti di tensione

Allora al governo c’era ancora Mario Draghi e il Cavaliere si mise per la prima volta di traverso: «Per portare Putin al tavolo delle trattative non bisogna fare le dichiarazioni che sento da tutte le parti». Salvo poi, scoppiata la polemica, ribadire la sua fedeltà all’Europa, alla Nato, all’Occidente e agli Stati Uniti e dirsi d’accordo sull’invio delle armi a Kiev. Da quel giorno comunque è stata un’escalation, fino alle parole di ieri a Milano.

Il 22 settembre, alla vigilia delle elezioni che portarono Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, Berlusconi andò ospite da Bruno Vespa a Porta a Porta e rafforzò il concetto giustificando l’amico Volodia. In quell’occasione fornì per la prima volta la sua ricostruzione «revisionista» del conflitto iniziato un anno fa. «Putin è caduto in una situazione drammatica — disse — perché le due repubbliche filorusse del Donbass sono andate da lui dicendo: Zelensky ha aumentato gli attacchi contro di noi, siamo arrivati a 16 mila morti, difendici.

E Putin perciò è stato spinto a inventarsi questa operazione speciale. Ma le truppe dovevano entrare, in una settimana raggiungere Kiev, sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky e poi tornare indietro. Invece hanno trovato una resistenza imprevista poi foraggiata con armi di tutti i tipi dall’Occidente».

Una difesa a spada tratta: del resto, oltre 20 anni di feeling con il capo del Cremlino non si possono cancellare di colpo. Dal vertice di Pratica di Mare, 28 maggio 2002, quando Berlusconi fece stringere la mano a Putin e George Bush, fino alle tante vacanze trascorse insieme tra la Costa Smeralda e la dacia di Zavidovo col colbacco di pelliccia in testa. Ed ecco così che il 18 ottobre scorso, il Cavaliere si mette di nuovo a parlare a ruota libera in una riunione con i deputati di Forza Italia.

Ma l’intervento, che doveva restare riservato, viene registrato da una manina rimasta ignota e l’audio viene poi trasmesso in esclusiva dall’agenzia LaPresse: «Io non vedo come possano mettersi a un tavolo di mediazione Putin e Zelensky. Zelensky, secondo me, lasciamo perdere, non posso dirlo…».

La responsabilità della guerra, secondo lui, ricade tutta sull’uomo di Kiev. E ai deputati confida pure che quel telefono rimasto muto a febbraio, quando provò inutilmente a chiamare Putin dopo l’invasione russa, ora finalmente ha ripreso a funzionare: «Ho riallacciato con Putin che mi considera il primo tra i suoi 5 veri amici», rivela. Poi il dettaglio delle 20 bottiglie di vodka inviate da Mosca per il suo compleanno (il 29 settembre) con tanto di letterina «dolcissima» vergata dal presidente russo in persona. E infine la «dolce» missiva spedita in risposta da Arcore, accompagnata da qualche cassa di Lambrusco.

 

(ANSA il 13 febbraio 2023) - "Berlusconi è un agitatore vip che agisce nel quadro della propaganda russa, baratta la reputazione dell'Italia con la sua amicizia con Putin. Le sue parole sono un danno per l'Italia".

 Lo dice Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Zelensky, commentando a Repubblica le dichiarazioni di ieri del leader di Forza Italia. "Getti la maschera e dica pubblicamente di essere a favore del genocidio del popolo ucraino", aggiunge Podolyak citato ancora da Repubblica.

Lo scontro diplomatico. Kiev ‘bombarda’ Berlusconi, l’attacco di Podolyak al Cav: “Agitatore per conto di Putin, danneggia l’Italia”. Redazione su Il Riformista il 13 Febbraio 2023

Silvio Berlusconi? Un “agitatore vip che agisce nel quadro della propaganda russa, baratta la reputazione dell’Italia con la sua amicizia con Putin. Le sue parole sono un danno per l’Italia”. Le parole durissime sull’ex premier e leader di Forza Italia arrivano da Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che commenta così l’uscita di domenica sera del Cav sul numero uno di Kiev.

All’uscita del seggio della scuola milanese dove era andato a votare per le elezioni regionali in Lombardia, Berlusconi aveva attaccato duramente il presidente ucraino e di fatto anche la premier Giorgia Meloni e la sua linea schiacciata su Kiev.

“Io a parlare con Zelensky, se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”, erano state le parole di Berlusconi, che hanno provocato un caso e forte imbarazzo nella maggioranza e in particolare a Palazzo Chigi e alla Farnesina, guidata dal suo fedelissimo Antonio Tajani.

A distanza di poche ore arriva dall’Ucraina la risposta al veleno del fidato consigliere di Zelensky. “Berlusconi deve smetterla di mascherare il suo vero desiderio e dichiarare pubblicamente di essere a favore del genocidio degli ucraini. E di considerare possibile, nel 21esimo secolo, guerre di occupazione in Europa“, il commento di Podolyak a Repubblica.

Secondo il fedelissimo di Zelensky, Berlusconi “chiaramente non comprende il contesto della guerra che la Russia ha mosso in Europa e non ha alcuna influenza sull’agenda politica globale. Inoltre le sue parole ripetono il messaggio chiave della propaganda del Cremlino, che è: ‘non interferite con noi russi mentre uccidiamo gli ucraini’. Ogni persona, incluso Berlusconi, che ha il privilegio di vivere in un Paese europeo libero può ovviamente esprimere la propria opinione, persino sostenere la violenza di massa, la guerra, l’autoritarismo russo. E tuttavia penso che la sua visione misantropica causa danni alla impeccabile reputazione dell’Italia. Perché lui baratta la reputazione del vostro Paese con la sua amicizia col dittatore Putin“.

Alla freddezza della Meloni e di Fratelli d’Italia, che si sta spendendo sul campo internazionale su una posizione di deciso atlantismo, si aggiunge l’agitazione e l’imbarazzo del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Il braccio destro di Berlusconi in Forza Italia già domenica sera ha provato a “mettere una pezza” alle parole del suo leader con un tweet pochi minuti dopo le dichiarazioni del Cav.

“Forza Italia – scriveva il titolare della Farnesina – è da sempre schierata a favore dell’indipendenza dell’Ucraina, dalla parte dell’Europa, della NATO e dell’Occidente. In tutte le sedi continueremo a votare con i nostri alleati di governo rispettando il nostro programma”.

Ma gli affondi ucraini su Berlusconi non si fermano a Podolyak. Con le “assurde accuse” del leader di Forza Italia al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Berlusconi “tenta di baciare le mani insanguinate di Putin” come fece con Gheddafi e “incoraggia la Russia a continuare i suoi crimini“. Questo il commento del portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko, che invece esprime “apprezzamento per la pronta risposta di Giorgia Meloni” a sostegno di Kiev.

Forza Italia! Berlusconi, Zelensky, il concorso esterno in associazione putinista, e noi. Christian Rocca su L’Inkiesta il 13 Febbraio 2023

Le ripugnanti fandonie dell’ex capo del centrodestra contro il presidente ucraino sono il finale tragico di una storia italiana, cui è arrivato il momento di mettere un punto. Un appello ai figli, agli amici e alle badanti del disorientato ex leader di Arcore 

La Russia è il paese che ama. Lì Silvio Berlusconi non ha le sue radici, ma forse le sue speranze e i suoi orizzonti, perché in fondo soltanto gli amici criminali del Cremlino possono ancora fingere di dargli ascolto. 

Gli occidentali che pendevano dalle labbra della propaganda russa, in Unione Sovietica venivano chiamati «utili idioti», oggi il paradosso è che a guidare questo preciso girone di babbei italiani ci sia l’ex imbonitore della rivoluzione liberale, sceso in campo trent’anni fa perché non voleva vivere «in un paese illiberale».

Conoscere le ragioni della grottesca fascinazione berlusconiana per Vladimir Putin è importante (lettone a parte), ma mai quanto evitare che questo flagrante concorso esterno in putinismo possa creare ulteriori danni alla credibilità internazionale dell’Italia e all’incolumità del favoloso popolo ucraino che si difende con coraggio ammirevole dalle tenebre nazibolsceviche di Putin. 

Le oscene dichiarazioni berlusconiane contro il presidente ucraino Volodomyr Zelensky, indicato come il responsabile della guerra in Ucraina e non come la vittima, sono una tragedia nazionale e un imbarazzo perfino per l’attuale, maldestro, governo di destra (senza considerare quanto le parole di Berlusconi siano diventate indistinguibili da quelle di Travaglio, di Santoro e dei pochi nostalgici del comunismo). 

L’Italia è stata certamente contagiata dal putinismo, una patologia che ci espone alle due grandi tragedie del Novecento, ma non è ancora diventata una distopia prodotta dalla fabbrica dei troll di San Pietroburgo.

Oltre a Retequattro, alle agiografie di Putin firmate per Mondadori dall’attuale ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e alla stravagante università berlusconiana di Villa Gernetto che affida acrobaticamente la lectio magistralis sulla libertà proprio a Putin, esiste anche un’altra Italia. Un’Italia senziente e responsabile che aiuta il governo di Kyjiv a resistere all’aggressione imperialista russa e che lo fa insieme con gli alleati europei e occidentali.

L’Italia non è quella di Berlusconi (o di Salvini o di Conte), l’Italia è quella del ventottenne cantante milanese Tananai che è stato capace di orchestrare una raffinata operazione politica e culturale per portare al Festival che si è reso ridicolo su Zelensky una canzone d’amore dedicata agli ucraini che si battono contro la barbarie russa. «Noi non siamo come loro», canta Tananai in “Tango”. Non siamo come loro, dicono gli ucraini dei russi. Non siamo come loro, come gli «utili idioti» di Putin, nemmeno noi italiani.

I figli, gli amici e le badanti di Silvio Berlusconi intervengano, mettano un punto a questo strazio. Abbiano pietà di lui, e di tutti noi.

Forza Italia!

Estratto da open.online il 17 febbraio 2023.

A cinque giorni dall’uscita pubblica di Silvio Berlusconi contro Volodymyr Zelensky e il sostegno italiano e occidentale al suo governo, arriva la prima concreta reazione del Partito popolare europeo, la “casa” europea del centrodestra di cui fa parte anche Forza Italia. Con un annuncio a sorpresa durissimo.

 «A seguito delle osservazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina abbiamo deciso di annullare le nostre giornate di studio a Napoli. Il supporto per l’Ucraina non è facoltativo», ha reso noto via Twitter il presidente del Ppe, il tedesco Manfred Weber. Una decisione pensata per dare un segnale e una sanzione politica diretta proprio contro l’ex premier italiano – già in passato inviso a una parte rilevante dello stesso Ppe per gli scandali interni e le gaffes internazionali.

L’annuncio di Weber prosegue infatti separando scientificamente il giudizio su Berlusconi da quello sul governo italiano, sul partito dell’ex premier e sul suo uomo di fiducia numero uno in entrambi. «Antonio Tajani e Forza Italia hanno il nostro sostegno e proseguiamo la collaborazione con il governo italiano sui temi dell’Ue», ha precisato il presidente del Ppe.

 Il convegno annullato

La riunione in oggetto – ricostruisce l’Ansa – era in programma a Napoli il prossimo giugno e prevedeva la partecipazione, tra gli altri, di Berlusconi, della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola (tutti membri del Ppe).

Ma questa settimana è montata sempre più l’ira dentro al Ppe, specialmente tra le forze politiche di centrodestra dell’est Europa, contro Berlusconi, “reo” di aver diffuso davanti ai microfoni di tutta la stampa italiana una nuova ricostruzione decisamente “putiniana” delle cause della guerra in Ucraina e del modo di mettervi fine. «Per arrivare alla pace il presidente americano dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli: “È a tua disposizione, dopo la fine della guerra, un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina da 6, 7, 8 o 9 mila miliardi di dollari.

 A una condizione: che tu domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non ti daremo più dollari e non ti daremo più armi”. 

(...)

 Tajani e Forza Italia fanno quadrato attorno al fondatore

Il tentativo di dividere i destini politici di Berlusconi da quelli del partito non è piaciuto però al “co-destinatario” del messaggio. «Berlusconi è Forza Italia. Forza Italia è Berlusconi. Non condivido la decisione di rinviare la riunione di Napoli. Anche perché Berlusconi e Fi hanno sempre votato come il Ppe sull’Ucraina, come dimostrano gli atti del Ppe», è la difesa a spada tratta trasmessa a stretto giro dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Una difesa dell’ex premier cui ha fatto seguito poco dopo quella diramata dal partito stesso.

 «Dentro Forza Italia esiste una sola linea e respingiamo – come abbiamo sempre fatto – ogni maldestro tentativo di dividerci», hanno scritto in una dura nota i capigruppo parlamentari di FI, Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo. «Ci auguriamo, innanzitutto come italiani, il chiarimento del malinteso e un ravvedimento di Manfred Weber, al quale chiediamo di non intervenire più. Il tema non è unicamente l’annullamento degli ‘Study days’, facendo un torto non solo a un partito ma all’Italia, ma anche la volontà di entrare nella vita interna di un partito, imponendo o escludendo i leader dello stesso. Questo è inaccettabile. Gli ‘Study days’ sono una scusa».

Esplode il “caso Ppe”. Berlusconi: “criticato perché voglio la pace”. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 17 Febbraio 2023.

Il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, ha stigmatizzato le affermazioni di Silvio Berlusconi sull'Ucraina e ha deciso di annullare le giornate di studio previste a Napoli a giugno, Lo stupore del Cavaliere che mantiene le sue posizioni e rilancia una via diplomatica

Una vera e propria bomba mediatica esplode su Forza Italia e sul suo leader, Silvio Berlusconi. A scagliarlo è il presidente del Ppe, Manfred Weber. Poche righe, in cui è netta la presa di distanza dalle parole del leader azzurro sull’Ucraina e Zelensky: “Giudico molto, molto negativamente il comportamento di questo signore“. “Se fossi stato premier non lo avrei incontrato” . Poche parole che sono bastate per lanciare l’affondo: “A seguito delle affermazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina abbiamo deciso di annullare le nostre giornate di studio a Napoli“.

Non si fa attendere la replica di Berlusconi che rilancia: “Con il mondo sull’orlo di una guerra nucleare tra Russia e i Paesi della Nato – scrive Il leader di Forza Italia su Facebook – io vengo criticato perché sto chiedendo che insieme ai sostegni per l’Ucraina, da sempre condivisi e votati da Forza Italia, si apra immediatamente un tavolo per arrivare alla pace. Questo è un dovere per un partito come il Ppe“. 

“Il supporto per l’Ucraina non è facoltativo”, ha scritto Weber. Il leader del Ppe ‘salva’ però Antonio Tajani e Forza Italia, che “nel Ppe hanno il nostro pieno sostegno“. Così come Weber tiene a sottolineare che nulla cambia nei confronti del premier italiano e del suo esecutivo: “Proseguiamo la collaborazione con il governo italiano sui temi dell’Ue“, spiega in un tweet. Insorge Forza Italia, che giudica quantomeno “incomprensibili” le parole di Weber, accolte con stupore dall’ex premier forzista.

Berlusconi viene descritto come molto sorpreso dal tweet del presidente del Ppe. Lo stesso Weber che, solo la scorsa estate, a fine agosto, era stato “ricevuto” da Berlusconi ad Arcore, che il Cavaliere dimentica essere solo una villa privata. Un’opsite si accoglie, non si riceve. Al termine del lungo colloquio il Cavaliere a suo tempo scriveva sui suoi canali social: “Ho ricevuto oggi l’amico Manfred Weber“. Dal canto suo, il leader del Ppe aveva esortato gli elettori a votare “per Forza Italia, per coloro che credono in un forte processo di integrazione europea”. E tutto questo avveniva circa sei mesi fa.

Oggi però il tweet di Weber cambia radicalmente la situazione. “Berlusconi è Forza Italia, Forza Italia è Berlusconi: non condivido perciò la decisione di rinviare la riunione di Napoli“, commenta il ministro degli Esteri Antonio Tajani. aggiungendo che “Berlusconi e Forza Italia hanno sempre votato come il Gruppo Ppe sull’Ucraina come dimostrano gli atti del Parlamento europeo”. Ancor più netto Fulvio Martusciello capodelegazione di Forza Italia al Parlamento europeo, : “Forza Italia aderisce da 25 anni al Ppe e il presidente Berlusconi ne incarna da sempre storia e valori. In Italia è interprete e garante dei valori cristiani ed europei su cui si fonda l’Unione Europea. Riteniamo pertanto inaccettabili le parole del presidente Weber“. 

Puntuali arrivano le critiche dei due capogruppo azzurri di Camera e Senato: “Le parole di Manfred Weber sorprendono e le respingiamo con energia e determinazione“, scandiscono Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo, che rimarcano: “Forza Italia non ha mai lasciato alcun margine di ambiguità sulla crisi ucraina e il presidente Silvio Berlusconi ha chiarito a più riprese che non ha mai inteso venir meno all’impegno preso nel sostenere l’Ucraina, quindi non deviando in alcun modo dalla linea del partito. Dentro Forza Italia esiste una sola linea e respingiamo – come abbiamo sempre fatto – ogni maldestro tentativo di dividerci”. I due non si rendono conto di stare buttando con le proprie dichiarazioni della benzina sul fuoco.

I due capogruppo augurano “il chiarimento del malinteso e un ravvedimento di Manfred Weber“, al quale addirittura lanciano un avvertimento: “non entri nella vita interna di un partito, imponendo o escludendo i leader dello stesso. Questo è inaccettabile“. Parte il fuoco di fila dei parlamenmtari e esponenti di governo azzurri: il filo conduttore è non solo lo stupore ma soprattutto il ritenere inaccettabili le parole di Weber. Redazione CdG 1947

Emiliano difende la libertà di pensiero di Berlusconi sull’Ucraina. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 17 Febbraio 2023.

Non capita tutti i giorni di ascoltare un magistrato (seppure in aspettativa) esponente della sinistra cha ha l'onestà morale e professionale di dire le cose come stanno al di fuori del proprio collocamento politico.

Il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano sull’Ucraina e sul conflitto con la Russia non la pensa come Silvio Berlusconi ma difende la sua libertà di poter esprimere un giudizio senza ritorsioni politiche. Il governatore ospite in collegamento dell’edizione di oggi del programma tv “Tagadà” (La7) condotto da Tiziana Panella, ha commentato le conseguenze delle parole leader di Forza Italia, contestato duramente dal leader del PPE.

“Sono due giorni che sto parlando ‘a favore’ di Berlusconi. – ha detto Emiliano – Ieri ho dovuto spiegare a tutti che l’assoluzione di una persona innocente è la migliore delle notizie che un processo possa dare. Berlusconi è Forza Italia, un partito che non esiste senza di lui, non ha nessuna capacità di entrare nelle case degli italiani e di dare il senso della propria presenza, una cosa evidente a tutti il fatto che Forza Italia non può prescindere da Berlusconi. Il partito popolare europeo ragiona con Berlusconi, non con il governo italiano. Weber, che fa parte di un partito politico e di una federazione di partiti popolari, giustamente ha detto a Berlusconi che sull’Ucraina non è questa la posizione del partito popolare”. 

“Dobbiamo ammettere che Berlusconi ha detto delle cose nell’esercizio della sua libertà – ha aggiunto Emiliano – queste cose vanno criticate sicuramente, io non sono d’accordo con quanto ha detto Berlusconi, ma non lo si può mettere a tacere e chiudere la partita come se avesse commesso un sacrilegio. Ha un punto di vista, lui è un vecchissimo amico di Vladimir Putin, come tutto il centrodestra prima della guerra era legatissimo a Putin, sia Giorgia Meloni, che Matteo Salvini e Berlusconi. I russi hanno sempre molto investito sulle destre in Italia. È evidente che il riposizionamento della destra italiana, anche dovuto alle nostre alleanze nella Nato, è totale, ma Berlusconi continua a pensarla a modo suo. Voi al posto di Berlusconi vi fareste dire che cosa deve pensare? È un uomo che ha fatto tantissimo per il centrodestra, non deve praticare la libertà di pensiero ora?” conclude l’ex magistrato ed ormai ex esponente del Pd.

Emiliano il giorno prima aveva letteralmente gelato il PD, intervenendo a “Stasera Italia“, il programma di Rete 4 in onda giovedì 16 febbraio, sostenendo e spiegando come “L’assoluzione di un imputato innocente è la più bella delle notizie che ci possa essere, perché vuol dire che il sistema funziona sia pure a fronte di alcune distorsioni”, aggiungendo che il vizio su cui si basava il procedimento contro il leader di Forza Italia in realtà è qualcosa di più di un cavillo, come qualcuno ha sostenuto. “Non conosco gli atti del processo però se l’imputazione era quella di avere, in qualche maniera, dato delle utilità a delle persone perché dichiarassero il falso in un processo e queste persone sono state sentite come testimoni anziché come imputati, quindi con la garanzia della presenza del difensore con l’avviso che hanno facoltà di non rispondere, è evidente che le testimonianze di queste persone non sono utilizzabili, come mi pare sia accaduto nel processo“. In poche parole si è trattato di un procedimento finito sin dall’inizio e durato 11 anni in cui la sinistra con il Pd su tutti ha cavalcato “bunga bunga” e le “cene eleganti” per distruggere Berlusconi anche fuori dalle aule . 

Non capita tutti i giorni di ascoltare un magistrato (seppure in aspettativa) esponente della sinistra cha ha l’onestà morale e professionale di dire le cose come stanno al di fuori del proprio collocamento politico.

Redazione CdG 1947

Stasera Italia, Liguori tuona: “Zelensky è un invasato, manda il suo popolo alla rovina". Il Tempo il 17 febbraio 2023

Paolo Liguori non accetta in alcun modo la linea verso la pace delineata da Volodymyr Zelensky. Il direttore di Tgcom è ospite dell’edizione del 17 febbraio di Stasera Italia, talk show di Rete4 condotto da Barbara Palombelli, e approfondisce il futuro della guerra tra Ucraina e Russia: “Zelensky ha detto che l’Ucraina può farcela, ma ha detto per me una frase agghiacciante ‘Finisce tutto solo con la nostra vittoria’. Sulla guerra tra Ucraina e Russia ci sono quattro punti di vista diversi, quello di Silvio Berlusconi, quello di Sergio Mattarella, quello del cinese, eventualmente quello di Antonio Tajani, seppure possiamo trovare una differenza con Berlusconi, sono quattro punti di vista razionali, non da tifosi. Però c’è Zelensky che parla di vittoria col suo linguaggio”. 

“A me - sentenzia il giornalista - Zelensky sembra un invasato, che manda anche il suo popolo alla rovina. È chiaro che è stato aggredito, ma questo avviene in ogni campo di battaglia, puoi anche essere l’aggredito ma c’è sempre un momento in cui si dice che il sacrificio è troppo e bisogna fermare con una trattativa, come dice il più saggio di tutti, il capo del Pentagono. Come sempre - chiosa Liguori - è un generale che dice le cose più chiare. Basta vedere cosa successe ai francesi nella prima guerra mondiale e ai tedeschi nella seconda”.

Durissima la replica del Cavaliere. Il PPE contro Berlusconi: lo mette al bando perché è pacifista. Redazione su Il Riformista il 18 Febbraio 2023

Manfred Weber, il segretario del Partito popolare europeo, ha messo al bando Silvio Berlusconi, per via delle posizioni pacifiste espresse domenica scorsa dal leader italiano. E mettendolo al bando, ha disdetto la riunione del Ppe che avrebbe dovuto tenersi a Napoli nella prossima primavera. Berlusconi ha risposto abbastanza indignato: “Mentre il mondo è sull’orlo di una guerra mondiale si critica me perché propongo un tavolo di pace? Spero che nel Ppe si apra immediatamente una discussione”.

Weber ha spiegato di aver ricevuto le proteste di diversi leader dei partiti che aderiscono al Ppe, soprattutto quelli dell’Est Europa, e di avere stabilito che l’appoggio pieno all’Ucraina non è un optional. Frase che vale una scomunica. Forza Italia ha reagito con dichiarazioni di Antonio Tajani, ministro degli esteri che nei giorni scorsi si era dissociato da Berlusconi, e di Fulvio Martusciello capo della delegazione di Forza Italia al Parlamento europeo.

Ha detto Tajani: “Berlusconi è Forza Italia. Forza Italia è Berlusconi. Non condivido la decisione di rinviare la riunione di Napoli -ha proseguito Tajani – anche perché Berlusconi e FI hanno sempre votato come il Ppe sull’Ucraina”. Fulvio Martusciello è stato ancora più polemico: «Forza Italia aderisce da 25 anni al Ppe e il presidente Berlusconi ne incarna da sempre storia e valori. In Italia è interprete e garante dei valori cristiani ed europei su cui si fonda l’Unione Europea. Riteniamo inaccettabili le parole del presidente Weber. Berlusconi è da sempre uomo di pace, unico leader occidentale capace di mettere al tavolo Stati Uniti e Russia, ponendo fine ad oltre cinquant’anni di guerra fredda».

Bisogna vedere se l’incidente si conclude qui o se avrà sviluppi e se minerà le relazioni tra Forza Italia e il Ppe. E quali ripercussioni potrà avere all’interno della maggioranza di governo. Giorgia Meloni potrebbe essere seccata dell’incidente, perché comunque complica le relazioni tra Italia ed Europa. Oppure potrebbe essere soddisfatta perché pensa che in questo modo è lei a diventare garante della fedeltà europea e Nato dell’Italia.

Chi sicuramente non riesce a nascondere la sua contentezza è l’opposizione. In particolare il Pd e Azione che dichiarano che la sortita di Berlusconi ha danneggiato l’immagine dell’Italia. C’è solo una cosa che non è chiara: ma se un esponente politico assume posizioni non militariste e non guerriste è un traditore? Come quando Mussolini dava del “panciafichista” e del disfattista a ogni socialista contrario alla prima guerra mondiale?

Appoggio convinto e dubbi legittimi. Augusto Minzolini il 18 Febbraio 2023 su Il Giornale.

A volte anche personaggi autorevoli come il capogruppo del Ppe al Parlamento di Strasburgo, Manfred Weber, commettono errori o scadono in polemiche inopportune specie se il tema è una guerra

A volte anche personaggi autorevoli come il capogruppo del Ppe al Parlamento di Strasburgo, Manfred Weber, commettono errori o scadono in polemiche inopportune specie se il tema è una guerra. Annullare con un tweet un vertice a Napoli per le parole di Silvio Berlusconi sull'Ucraina fa non solo un torto al Cavaliere, ma anche a Forza Italia e al nostro Paese. Perché più delle parole contano i fatti e, in questo caso, i fatti sono tutti da una parte. Non c'è un atto del Parlamento di Strasburgo in favore di Kiev che non abbia avuto il voto degli azzurri, come pure tutti i provvedimenti presi in appoggio a Kiev - da quelli diplomatici agli aiuti militari ed economici - prima dal governo Draghi e ora dal governo Meloni hanno avuto il consenso di Forza Italia. E Forza Italia non è altro che Silvio Berlusconi.

Di più: senza questa maggioranza di governo, di cui gli azzurri sono parte integrante, non ci sarebbe una coalizione pronta ad appoggiare, ad esempio, le forniture militari. Perché, come si sa, a quell'alternativa di sinistra verrebbero a mancare i voti dei grillini. Un dato su cui sia Weber, sia il governo di Kiev dovrebbero riflettere. Come pure il capogruppo del Ppe dovrebbe ben sapere che l'Italia è il Paese europeo, insieme alla Germania, che ha pagato di più le conseguenze dell'embargo alla Russia, visto che ha una vocazione essenzialmente manifatturiera per cui i costi dell'energia incidono non poco sulla sua economia. Se poi si sta appresso più alle parole che ai fatti, non va dimenticato che domenica scorsa, a poche ore dalle parole pronunciate davanti ad un seggio elettorale che hanno provocato la polemica, Berlusconi disse al Giornale: «Non sto dalla parte di Putin».

La polemica di Weber, oltre ad essere inappropriata, offre però anche l'occasione per una riflessione. Il Giornale è sempre stato dalla parte dell'Ucraina senza «se» e senza «ma». Ha condannato senza mezzi termini la condotta di Putin e ha appoggiato senza riserve la fornitura di armi a Kiev. Questo non toglie, però, che non sia solo legittimo ma addirittura utile interrogarsi su quali possano essere le vie d'uscita da una guerra che ha già provocato centinaia di migliaia di morti su entrambi i fronti, ha raso al suolo interi territori nel cuore dell'Europa e può trasformarsi in un'apocalisse nucleare. Anzi, sarebbe irresponsabile non farlo, per cui se Berlusconi invoca una tregua, immagina un piano Marshall per l'Ucraina e chiede con un tweet un tavolo per la pace al Ppe, ne ha tutto il diritto. Anzi, svolge una funzione virtuosa.

Appoggiare Zelensky non significa smettere di pensare. E un confronto su questi temi può anche tenere unite le opinioni pubbliche occidentali che di dubbi ne nutrono non pochi, se si pensa che in Italia secondo i sondaggi il 63% dei cittadini non condivide il nostro approccio alla guerra e negli Stati Uniti in pochi mesi i favorevoli alla linea di Biden sull'argomento sono passati dal 70% al 48%. Sono dati su cui dovrebbero meditare tutti quelli, in primis Weber, che hanno a cuore il destino dell'Ucraina. Con un'ulteriore postilla: credere, obbedire, combattere è un lessico adatto ai regimi totalitari come quello russo, non certo alle democrazie occidentali.

LE BRIGLIE SCIOLTE DEL CAVALIERE. IL MURO EUROPEO AL "PUTINISMO MASCHERATO" DI BERLUSCONI E IL CONTO REPUTAZIONALE CHE PAGA L'ITALIA. ROBERTO NAPOLETANO il 19 febbraio 2023 su il Quotidiano del Sud.

C’è qualcosa di particolare che riguarda solo Berlusconi tra capi e ex capi di governo europei. Si ha la percezione di rivivere con lui su un altro piano un parallelo ardito che ha riguardato il lungo discorso di relazione del Pci italiano con l’Unione Sovietica. Il Pci sapeva bene che sistema era quello sovietico, ma sapeva che la sua storia era legata lì e che se avesse negato quella storia sarebbe saltato tutto. Potremmo chiamarla la maledizione dell’origine. Anche questa dello storico rapporto personale tra Putin e Berlusconi comincia ad assumere oggi la dimensione della maledizione dell’origine. C’è un muro nuovo di consapevolezza e di paura dei Paesi europei dell’Est e del Nord contro il quale il putinismo mascherato di Berlusconi rischia di infrangersi. Sarebbe bene che il ravvedimento avvenisse presto con uno dei suoi soliti colpi di teatro in cui tutti avranno voglia di credere

IL “PROPRIETARIO” di un partito (Forza Italia) che parla con una libertà anche espressiva che non è propria di un capo di un partito e all’altezza del suo passato di premier. Questo è oggi Silvio Berlusconi che, forse, per ragioni anche anagrafiche dimostra di avere perso ancora di più ogni genere di freni inibitori. È stato l’uomo che ha avuto più a lungo di tutti la responsabilità di governo in Italia e ha fatto in politica estera cose importanti, ma oggi si prende la libertà di dire quello che vuole anche su cose delicatissime che minano la stabilità del governo Meloni di cui è il terzo azionista e la posizione internazionale dell’Italia dentro uno scenario geopolitico molto delicato.

Sarebbe tutto più semplice se lui di quel partito non fosse il proprietario. Perché se butta lì cose a vanvera sarebbe facile dire “ci dissociamo” oppure “non possiamo andare dietro un matto”. Però questo non avviene anche quando spara cavolate pro Putin nei confronti del protagonismo di Zelensky che lui non avrebbe incontrato giocando all’uscita del seggio su una stanchezza italiana, solo italiana, nei confronti di questo presunto protagonismo. Però questo non avviene perché Berlusconi è Forza Italia e Forza Italia è Berlusconi. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, unico erede politico all’altezza del Cavaliere in quel partito, sta facendo al governo un lavoro egregio mettendo a frutto un patrimonio di credibilità costruito alla guida del Parlamento europeo e con una lunga carriera da commissario europeo in posizioni strategiche.

È stato ovviamente anche in questo caso il primo a riaprire il dialogo con Manfred Weber, capogruppo dei popolari europei, che ha preso le distanze pubbliche dalle esternazioni anti-Zelensky del Cavaliere e ad aprire ed ottenere uno spazio di mediazione. Nella situazione data con un vertice di Napoli annullato per questa ragione e nei termini possibili per l’insurrezione reale che attraversa il partito popolare europeo contro Berlusconi si tratta di un capolavoro assoluto. Queste briglie sciolte del Cavaliere cominciano, tuttavia, ad essere un problema serio a livello internazionale per l’Italia e per il governo Meloni. La “messa al bando condizionata” di Berlusconi dai popolari europei e da Weber suo storico alleato mette a nudo un rapporto inconfessabile con Putin dell’ex premier italiano. Un rapporto che evidentemente supera anche le lacerazioni insanabili determinate in Europa con i Paesi dell’Est e del Nord dai comportamenti putiniani e non tiene neppure conto delle incrinature scivolose nei rapporti con il mondo autocratico cinese e turco che quegli stessi comportamenti hanno causato. Supera questo rapporto perfino il conflitto globale di civiltà tra mondo autocratico e Occidente e il nuovo ordine mondiale che ne discenderà. Supera le delicatezze che riguardano la partita che il governo Meloni sta giocando in Europa e non tengono in alcun conto l’interesse italiano che pure dovrebbe venire prima di ogni altra cosa.

C’è qualcosa di molto particolare tra capi e ex capi di governo europei che riguarda solo Berlusconi. Si ha la percezione di rivivere su un altro piano un parallelo ardito che ha riguardato il lungo discorso di relazione del Pci italiano con l’Unione Sovietica. Un partito comunista italiano che da tempo sapeva bene che sistema era quello sovietico, ma sapeva anche che la sua storia era legata lì e che se avesse negato quella storia sarebbe saltato tutto. Potremmo chiamarla la maledizione dell’origine. Anche questa dello storico rapporto personale tra Putin e Berlusconi comincia ad assumere oggi la dimensione della maledizione dell’origine. Lo sanno tutti qual è la situazione autocratica di Putin oggi aggressore manifesto e criminale di guerra non più nascosto con un’economia rasa al suolo e un isolamento crescente all’interno e nelle relazioni storiche con la Cina che ambisce a subentrare in toto alle sue posizioni in Africa, con la Turchia terremotata e insofferente e perfino con l’India che prende sempre più coraggio e rimarca le distanze da Putin sulla scia della nuova presa di posizione cinese che spinge perché cessi la guerra nel cuore dell’Europa.

Tutto ciò ha determinato posizioni nettissime unanimi di tutti i governi europei, ma lascia aperta questa nostra incomprensibile divisione dichiarativa fuori dalla storia, spesso estemporanea, che persiste esclusivamente dentro il governo italiano e è ormai riferibile quasi più solo a Berlusconi che a Salvini. In Europa è cambiato tutto perché gli altri, ormai davvero tutti, non fanno altro che ripetere: ma perché dobbiamo sopportare uno che si crede il nostro papà e vuole solo essere il nostro tiranno? I polacchi, l’Estonia, la Lituania, la stessa Danimarca, la Svezia, la Finlandia, diciamo che tutto l’Est europeo che ha sempre vissuto sotto il terrore del tallone russo è ormai convinto che sia arrivato il momento di liberarsene. Questo stato d’animo comune ai Paesi dell’Est e del Nord è assolutamente egemone nell’area dei Popolari e dei conservatori che vede in Giorgia Meloni un nuovo punto di riferimento strategico e tutto ciò complica davvero il quadro rispetto alle esternazioni fuori registro, ripetute, e senza mai un vero ravvedimento da parte di Silvio Berlusconi.

Oggi in Europa si sta riproponendo qualcosa che assomiglia a quello che è accaduto con la fine dell’impero asburgico. Erano tutti contenti che cadesse perché si riteneva che avrebbe favorito la nascita nell’Europa centrale di una forza che avrebbe unito la Mitteleuropa. La gente dotata di memoria storica si era convinta che l’impero asburgico non era in grado di garantire un sistema federale che rispettasse le loro comunità, che non avrebbe consentito un costituzionalismo occidentale soprattutto in quella parte che difendeva il principio della fiducia parlamentare che non c’era fino al 1918. Oggi nel nuovo scenario mondiale determinato proprio dalla guerra di invasione di Putin in Ucraina si torna a parlare dei due imperialismi che sono quelli del tiranno russo e quello americano con alcuni connotati storici che vengono dal passato. L’imperialismo americano era una cosa a cui tu aderivi su invito perché non c’era una violenta imposizione almeno sull’Europa – il discorso sull’America Latina era un po’ diverso – per cui non eri costretto ad aderire, ma piuttosto la scelta rifletteva l’adesione a un discorso inclusivo sulla base di una condivisone.

Nell’imperialismo sovietico esisteva la dittatura di Mosca e oggi i Paesi europei che sono stati membri di quel sistema sanno o comunque si sono persuasi che non è cambiato quasi nulla. Che il sistema sovietico di allora e quello di oggi dei suoi eredi non è capace di creare un sistema federale di comunità di popoli liberi. Hanno visto e capito tutto. Hanno visto Putin in azione. Hanno visto che prima ha provato a mettere Kiev sotto Mosca corrompendo le fasce filorusse degli ucraini e poi lo hanno visto togliersi la maschera e provare a conquistare quei territori macchiandosi di un genocidio. Temono che la stessa cosa Putin vorrebbe farla in Moldavia e che in parte lo ha già fatto in Bielorussia. C’è un muro nuovo di consapevolezza e di paura diffusi contro il quale il puntinismo mascherato di Berlusconi rischia di infrangersi. Facendo molto male a sé, al suo partito e alla stessa credibilità dell’Italia e del suo governo. Chi è ancora in grado di avere un ascendente su di lui si adoperi perché lo si faccia ragionare e perché questi ragionamenti chiarificatori diventino pubblici.

L’alternativa a questo percorso di ravvedimento pubblico non esiste. Sarebbe anche bene che il ravvedimento avvenisse presto con uno dei suoi soliti colpi di teatro in cui tutti avranno voglia di credere.

Baci sinistri in bocca. Storia di Massimo Gramellini su Il Corriere della Sera il 13 febbraio 2023.

Tra i vantaggi del vivere a lungo vi è quello di fare in tempo ad assistere alla propria beatificazione: non da parte degli amici, spesso ingrati, ma dei nemici. Nessuno in Italia ha collezionato più odio di Silvio Berlusconi: a sinistra gli hanno veramente detto e augurato di tutto. Anche la sua amicizia con Putin è stata oggetto di allusioni oscillanti tra l’affaristico e il pecoreccio. Poi è arrivato l’amerikano Zelensky, con quella sua idea assurda di non volersi arrendere alla prepotenza del più forte. E il quadro è miracolosamente cambiato: Santoro, per dire, che contro Berlusconi aveva costruito decine di requisitorie televisive fino a diventarne o comunque a sentirsene una vittima, da quando Silvio fa il portavoce di Putin gli ha riconosciuto un cambio di passo da statista. E l’altra sera, da Giletti, persino un comunista rotto a tutte le intemperie come Vauro, che nelle sue vignette ritraeva Berlusconi nei panni del mafioso, è arrivato a dire che lo avrebbe baciato volentieri sulla bocca come i due cantanti che hanno fatto scandaletto a Sanremo. Ma, almeno nel caso di Vauro, l’amore non c’entra: per lui Zelensky è un nemico di classe ancora più detestabile di Berlusconi. Perciò si fa fatica a vederlo nei panni di Rosa Chemical. Meno a immaginare Berlusconi in quelli di Fedez, trattandosi di due furboni con un talento naturale nel mettersi al centro dell’attenzione pur di oscurare le donne, siano esse la premier o la moglie.

Estratto da liberoquotidiano.com il 13 febbraio 2023.

Vauro, ospite di Massimo Giletti a Non è l'arena, su La7, nella puntata del 12 febbraio, si schiera dalla parte di Silvio Berlusconi: "Tra un po' Zelesnky ce lo troviamo sul citofono. Non perdiamo di vista Berlusconi. Se fosse qui lo bacerei in bocca, perché ha detto la sacrosanta verità. Non so per quale motivo ma ha detto la sacrosanta verità su questa guerra drammatica, tragica.

 Ha detto che sicuramente c'è un invasore da condannare, Putin, ma c'è anche un pupazzo presidente che sta facendo massacrare il suo popolo per gli interessi americani e noi gli andiamo dietro come pecoroni", attacca il vignettista. "E se ci sarà una escalation e si arriverà a usare le armi nucleari tattiche esploderanno nei nostri Paesi", avverte Vauro, "perché noi abbiamo chiuso gli occhi per otto anni sul Donbass". […]

Estratto dell’articolo di Federico Novella per “La Verità” il 13 febbraio 2023.

Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e già segretario di Rifondazione Comunista: che impressione le ha fatto la standing ovation tributata a Zelensky dal Parlamento europeo?

«È stato uno spettacolo un po’ deprimente. L’Europa ha smarrito il senso di sé. Di fronte alla globalizzazione capitalistica, ha perduto quella tensione avuta nel dopoguerra tra l’appartenenza all’Alleanza atlantica e una certa vocazione all’autonomia. Dopo la colpevole invasione russa dell’Ucraina, quest’Europa ha creduto che Mosca fosse isolata, e che il mondo si identificasse nella risposta militare. Ma non è così: tanta parte del mondo la pensa diversamente, e ogni mese si aggiunge un tassello nuovo, nell’area asiatica e in quella africana».

Dunque l’Europa non è autonoma?

«È succube della Nato e della guida americana. Anche questa enfatizzazione di Zelensky la trovo contraddittoria, rispetto a un’istanza di trattativa per la pace che dovrebbe essere il motore dell’iniziativa europea. Insomma, io capisco il tributo di solidarietà a Zelensky: ma questa solidarietà non può trasformarsi in miopia politica. Cioè nell’incapacità di capire che l’unica soluzione possibile in questa contesa è la pace […]».

Però ammetterà che siamo in guerra perché c’è un colpevole: Vladimir Putin.

«[…] Dopo la guerra fredda doveva venir meno la ragion d’essere della Nato. […] è un fatto che la Nato abbia manifestato una tendenza a espandersi fino ai confini della Russia.

Covava nell’impero di Putin un’antica istanza permanente: quella della “grande Russia”, che si esprimeva con la richiesta legittima di essere riconosciuta come una potenza mondiale e non regionale. La strategia del contenimento dettata dall’Alleanza atlantica, invece, generò delle frizioni. Fino alla scelta, sciagurata, di Putin».

[…] Tornando all’oggi: considera il leader ucraino un prodotto mediatico?

«Sì, come tutto, del resto. Zelensky non è l’eccezione, è la regola. Guy Debord parlò tanti anni fa della “società dello spettacolo”. Oggi vi siamo immersi. Persino la tragedia della guerra è raccontata con il linguaggio dello spettacolo».

Sanremo 2023, ecco come la Rai è riuscita a silenziare Zelensky. Daniele Dell'Orco su Libero Quotidiano il 14 febbraio 2023

Chissà quanto volontariamente, il fatto che Amadeus dopo settimane di polemiche e dopo il lento e progressivo ridimensionamento del ruolo svolto dal presidente ucraino a Sanremo (prima doveva comparire in collegamento, poi in video registrato, infine in una missiva letta dal conduttore) abbia riservato a Zelensky la serata finale del festival è stato il modo perfetto per bruciarlo definitivamente. Il suo comunicato è stato letto dopo l’una di notte e soprattutto, come da prassi della finale, soverchiato dalle prodezze dei vari protagonisti che proprio perché all’ultima sera fanno la gara a monopolizzare il dibattito nei giorni successivi.

Lo scettro in questo senso se l’è aggiudicato Fedez e il suo show soft-porn con Rosa Chemical, ancora sulla bocca di tutti. Già di per sé, comunque, seppure fosse stato letto in prime-time, un messaggio scritto trasmesso per interposta persona da un conduttore è molto poco incisivo a prescindere dal contenuto.

MONDO LIBERO - Tra le altre cose, Zelensky ha “fatto dire”: «L’Ucraina sicuramente vincerà questa guerra. Vincerà insieme al mondo libero. Vincerà grazie alla voce della libertà, della democrazia e, certamente, della cultura. Ringrazio il popolo italiano e i suoi leader che insieme all’Ucraina avvicinate questa vittoria. Auguro successo a tutti i finalisti e dal profondo del mio cuore voglio invitare i vincitori di quest'anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria. Nel Giorno della nostra Vittoria! Questa Vittoria oggi viene creata e ottenuta in condizioni estremamente difficili. Grazie ai nostri difensori! Grazie a loro coraggio, indomabilità, invincibilità». Probabilmente gli autori del festival hanno ritenuto che il pubblico a casa non avrebbe colto fino in fondo il senso del testo, inserito in una serata di intrattenimento e spensieratezza, anche perché è noto che non tutti gli italiani approvino le ragioni di questa guerra né la necessità del supporto italiano e occidentale.

Di contro, anche la manifestazione anti-Zelensky organizzata fuori dall’Ariston è stata un mezzo flop. Segno evidente che l'opinione pubblica italiana non vuole essere affatto battagliera. Un concetto ribadito in modo molto esplicito da Silvio Berlusconi, che ieri a margine del voto, ha addirittura rimproverato il premier Giorgia Meloni. «Se fossi stato il presidente del Consiglio a parlare con Zelensky non ci sarei mai andato perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili», ha detto. Tanto da costringere Palazzo Chigi a diramare una nota per rbadire «il sostegno saldo e convinto del governo italiano all’Ucraina».

La Rai ha poi lanciato un altro segnale di contenimento, evitanto di sottotitolare l’esibizione della band ucraina Antytila e la canzone Fortezza Bakhmut, il villaggio nel Donbass da mesi nella morsa dei russi. In questo c’è almeno un po’ di coerenza.

PRIMA LINEA - In Italia storicamente all’esercito vengono impedite esternazioni troppo combat nei suoi spot, e per decenni e ancora ogginon è possibile nemmeno parlare della Prima guerra mondiale (vinta) in senso patriottico. La Canzone del Piave non si canta più da una vita e a stento è stata sussurrata in occasione del centenario della vittoria. Il testo di quella canzone, quindi, non fa proprio parte della nostra cultura. E il contesto ancora meno. È stata registrata in prima linea, e mentre gli Antytila cantavano «Lascia che il topo con le spalle al muro salti e il demone insanguinato cadrà in agonia», laddove il topo è ovviamente il soldato russo, nel videoclip c’è un obice occidentale M777 che spara proiettili reali, con i passi del testo scritti sopra, contro obiettivi reali. È la prassi bellica più comune per ogni artigliere: dedicare al nemico messaggi di guerra mentre su di lui piove morte. Insomma, sarebbe stato un inno alla guerra davvero mai visto prima. 

DIRITTO DI REPLICA. Lettera di Enrico Mentana al “Fatto quotidiano”.

 Caro Marco, leggo sul giornale da te diretto un articolo a firma Alessandro Orsini in cui si afferma testualmente che "i media dominanti hanno assecondato la linea estremista di Biden e la narrazione secondo cui la Russia è uno Stato debolissimo con un esercito di cartone. Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, Il Foglio, Libero, Il Giornale, L'Espresso, Radio 24, Enrico Mentana molti altri irresponsabili hanno fatto a gara a sostenere questa rappresentazione grottesca della realtà".

Il signor Orsini sarà chiamato ovviamente a rispondere di questa offensiva falsificazione, da cui mi piacerebbe che il tuo giornale si dissociasse, al di là della paradossale elezione a "medium dominante" del sottoscritto, direttore del tg sulla rete che ben conosci.

Un saluto.

Enrico Mentana

 Risposta di Marco Travaglio:

Caro Enrico, sulla guerra abbiamo pubblicato e continuiamo a pubblicare pareri molto diversi, anche opposti. Il mio è più vicino a quello del professor Orsini che al tuo, anche perché il suo mi pare più aderente alla realtà che sempre più drammaticamente sta emergendo. Ma non vedo motivi per cui questa polemica, sicuramente aspra, debba approdare in un tribunale.

Ps. Non sottovalutare il tuo peso, e non solo quantitativo per le centinaia (o migliaia?) di ore di maratone sulla guerra, nel panorama dell'informazione televisiva: se non sei "dominante" tu, chi mai lo è?

Johnson. Ukraine. Il futuro di Boris Johnson passa dall’Ucraina più che dal Regno Unito. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 26 Gennaio 2023

L’ex primo ministro è un attivista instancabile della causa di Kyjiv, a cui ha dedicato un editoriale strepitoso, ma stavolta è lui ad aver bisogno dell’amico Zelensky. Il viaggio ha obiettivi di politica interna più che internazionale: riprendersi il partito conservatore alle prossime elezioni

Secondo il Telegraph, il 2023 sarà l’anno di Boris Johnson. Di nuovo. Se n’è mai andato? A parte questo, l’ex primo ministro inglese non ha smesso di progettare il ritorno al potere. Meditava di farlo quando è imploso il governo di Liz Truss e conserva mire sul partito. L’«Hasta la vista, baby», pronunciato all’addio da premier, era un intento programmatico. È convinto di poter guidare alle prossime elezioni i conservatori, i cui scandali sono rimasti a Downing Street nonostante la defenestrazione di Boris. Persino il suo viaggio a sorpresa a Kyjiv, non concordato con l’ambasciata, rientra in questa strategia: cercare quanto resta della sua leadership e del prestigio perduto nell’Ucraina che lo ama più della madrepatria.

La stampa britannica ha visto nel blitz del «parlamentare semplice» di Uxbridge un tentativo di delegittimare l’esecutivo di Rishi Sunak. Il capo di governo in carica era stato in Ucraina a novembre, proprio per riaffermare il sostegno di Londra. Con il presidente Volodymyr Zelensky, che lo ha accolto domenica scorsa, Johnson vanta una celebrata «bromance». Nelle foto dell’incontro, quella istituzionale al tavolo, davanti all’ex premier svetta una bandierina del Regno Unito, gemella di quella ucraina di fronte a Zelensky, ma non risultano incarichi ufficiali. Per questo, il viaggio rischia di avere più ricadute sulla politica interna di quante non ne avrà su quella internazionale.

A Kyjiv Johnson ha ricevuto la cittadinanza onoraria. In Ucraina è considerato un eroe. Non a torto. La mobilitazione per il Paese invaso va ascritta nel proverbiale «Ha fatto anche cose buone» di un premierato disastroso. Ha sempre strigliato l’attendismo degli alleati, è rimasto un attivista instancabile della causa ucraina. È volato a Kyjiv a febbraio 2022 e poi è stato tra i primi a tornarci, ad aprile, non appena le colonne russe si sono ritirate dai sobborghi della città. Anche stavolta, ha usato la piattaforma per criticare le titubanze del cancelliere tedesco Olaf Scholz sull’invio di carri armati Leopard 2 (finalmente sbloccato).

Rispetto al passato, o all’ultimo abbraccio di agosto per il Giorno dell’Indipendenza, i rapporti di forza con Zelensky si sono invertiti. Adesso è Johnson ad avere bisogno del presidente, che gli resta grato come si deve a un amico che c’era nel momento del bisogno, e non più il contrario. Cerca di agganciare una leadership fallimentare – la sua – a quella di successo di Zelensky. È una tattica antica. Sarebbe cinico ritenerlo l’unico motivo della comparsata a Kyjiv, ma sono credenziali preziose per un politico in crisi quelle che gli ha tributato il ministero della Difesa ucraino: «Amici come questi valgono più di uno squadrone di tank». Parole tanto più pesanti perché arrivate a ridosso dello stallo di Ramnstein.

Una fonte ufficiale ucraina ha detto che la visita non era «né ufficiale né privata». È proprio così: era una via di mezzo. L’ex primo ministro è stato a Borodyanka e Bucha, nella capitale ha parlato con il presidente di alcune sue «idee». Nei mesi scorsi, era circolata l’ipotesi che lanciasse una fondazione, per raccogliere finanziamenti per armare il Paese oggi e aiutarlo a ricostruire domani. Per ora il progetto è fermo. Tornato a Londra, Johnson ha firmato sul Daily Mail un editoriale che sembra uscito dalla sua vita di prima. Se non da grande giornalista, visto il rapporto creativo con la verità di quand’era corrispondente da Bruxelles, testimonia una straordinaria penna.

«Venite con me tra il fango ocra sul sagrato di Bucha, oltre la chiesa di Sant’Andrea crivellata di proiettili. Passate sulle tombe dei 416 abitanti di questa città, tra i quali nove bambini, che sono stati uccisi dai russi nel tentativo di terrorizzare gli altri. Guardate le foto dei loro cadaveri, con le mani legate dietro la schiena, lasciati per strada a marcire o mangiati dai cani. Unitevi a me sulle macerie annerite di un condominio a Borodyanka, tra le tubature contorte e i giocattoli dei bambini frantumati. Guardate cosa può fare solo una delle bombe aeree di Putin da cinquecento chili. Provate a incrociare gli occhi supplicanti della gente che ha estratto 162 corpi dai detriti, che ne ha cercati altri ventotto mai trovati. Guardate quegli ucraini coraggiosi e rispondete a questa domanda: che cosa diavolo stiamo aspettando?»

Il testo racchiude un appello. «Ciò che è accaduto qui, nei sobborghi di Kyjiv, è ripugnante. Ma sta succedendo in ogni parte dell’Ucraina che Putin continua a occupare: torture, stupri, omicidi di massa – scrive Johnson –. Prima riusciremo a spingere gli ucraini all’inevitabile vittoria, prima finiranno le loro sofferenze e prima il mondo intero, inclusa la Russia, potrà cominciare a riprendersi dalla catastrofe di Putin. Ciò richiede che tutti noi in Occidente, tutti gli amici dell’Ucraina, raddoppino e triplichino i loro sforzi. Tutto ciò di cui loro hanno bisogno sono attrezzature che l’Occidente ha in abbondanza e che in questo momento non potrebbe trovare un utilizzo più morale o strategico che aiutare l’Ucraina».

È il lascito più autentico e importante del viaggio. L’Ucraina comparirà anche nel libro in uscita per HarperCollins sugli anni da premier. Nel 2015 Johnson aveva intascato un anticipo di ottantottomila sterline per una biografia di Shakespeare mai scritta, a differenza di quella dedicata al suo idolo, “The Churchill Factor”, che ha venduto oltre trecentomila copie. Da quando ha lasciato Downing Street, ha guadagnato 1,3 milioni di sterline come conferenziere. Quella dei (ben remunerati) discorsi a pagamento è una tradizione, condivisa con i predecessori David Cameron e Theresa May, ma gli è valsa un gettone da 276 mila sterline solo un’apparizione al Council of Insurance Agents & Brokers di Washington Dc.

Insomma, rintuzzare le finanze serve anche ad alimentare le ambizioni mai sopite. In fin dei conti, il comunicato con cui rinunciava alla corsa per la successione a Truss conteneva un avvertimento: «Penso di essere ben posizionato per realizzare una vittoria dei conservatori nel 2024». Niente ritiro dalle scene, anzi, ha detto agli elettori che si ricandiderà nel suo seggio di Uxbridge e South Ruislip. Nel frattempo, la situazione nell’accampamento Tory è come al solito caotica, confusionaria e alle prese con qualche nuovo ennesimo scandalo da disinnescare. No, quella stagione non è finita.

Gli indici di gradimento di Sunak sono scesi ai minimi dall’inizio del mandato. Se il boss della Bbc, prima di ottenere il lavoro, aveva aiutato Johnson a ottenere un prestito di ottocentomila sterline, l’attuale presidente del partito Nadhim Zahawi ha negoziato un patteggiamento milionario con il fisco mentre, la scorsa estate, era Cancelliere dello Scacchiere, cioè ministro delle Finanze. Cresce la pressione sul premier perché lo cacci, ma il vero punto è se fosse al corrente. Il Partygate resta una saga piccante, ma intanto i sodali di Johnson fanno campagna per cambiare le regole dei Conservatori e consentire ai leader che si sono dimessi di tornare in campo. A uno a caso.

Le notizie sulla guerra in Ucraina del 26 gennaio. Andrea Nicastro, inviato, e Redazione Online su Il Corriere della Sera.

Le notizie sulla guerra di giovedì 26 gennaio. Interrotta erogazione dell'energia a Kiev e in altre tre regioni dopo gli attacchi. Kiev: «Neutralizzati 47 missili su 55. Oltre venti erano diretti contro la capitale»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 337esimo giorno.

• Biden: «Daremo 31 Abrams a Kiev. Non è un’offensiva contro la Russia». Ma per vederli in azione ci vorrà del tempo. Poi valuta un viaggio in Europa per il primo anno di guerra.

• Peskov: «Colloqui Putin-Zelensky sempre più improbabili». Il presidente ucraino: «Non mi interessa parlargli».

• Nato:«Ministri della Difesa 14 e 15 febbraio a Bruxelles».

•Mosca: «Giornale Meduza per noi organizzazione indesiderata».

Ore 23:55 - Zelensky agli alleati: «Ci servono jet e missili a lungo raggio»

«È molto importante che ci siano progressi in altri aspetti della nostra cooperazione in materia di difesa. Ho parlato oggi con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Dobbiamo anche aprire alla fornitura di missili a lungo raggio all'Ucraina, espandere la nostra cooperazione nell'artiglieria, pensare alla fornitura di aerei per l'Ucraina». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo videomessaggio serale. «Maggiore è il sostegno alla difesa che i nostri eroi al fronte ricevono dal mondo, prima finirà l'aggressione della Russia e più affidabili saranno le garanzie di sicurezza per l'Ucraina e tutti i nostri alleati dopo la guerra», ha aggiunto.

Ore 02:15 - Casa Bianca, «molti mesi» prima dell’arrivo degli Abrams

I carri armati tedeschi Leopard arriveranno sul terreno in Ucraina più velocemente dei carri armati americani Abrams, per i quali occorrerà attendere «molti mesi»: lo ha detto John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. Parlando con la Cnn, Kirby non ha specificato la tempistica su quando gli Stati Uniti saranno in grado di consegnare i carri armati Abrams all’Ucraina, ma ha specificato che ci vorranno «molti mesi».

Ore 03:22 - Usa-Russia: è arrivata a Mosca la nuova ambasciatrice Tracy

È arrivata a Mosca la nuova ambasciatrice statunitense, Lynn Tracy. Lo ha annunciato l’ambasciata Usa nella Federazione Russa su Twitter, postando una foto della diplomatica in uno degli aeroporti della capitale. «Bentornata in Russia, ambasciatrice Tracy!», si legge nel messaggio scritto in russo. Il Senato degli Stati Uniti ha approvato a fine dicembre la nomina di Lynn Tracy ad ambasciatrice in Russia. Tracy -che parla il russo e ha già lavorato a Mosca (tra il 2014 e il 2017 è stata il «numero due» della missione diplomatica) - è la prima donna nella storia a ricoprire questa posizione. Il precedente ambasciatore degli Stati Uniti in Russia, John Sullivan, aveva lasciato l’incarico prima del previsto, dopo quasi tre anni, a causa della grave malattia e della morte della moglie.

Ore 03:20 - Kiev, Occidente darà anche missili a lunga gittata

All’indomani dell’annuncio che l’Occidente consegnerà a Kiev i carri armati Abrams e Leopard, il governo ucraino chiede missili a lunga gittata; e Mikhailo Podolyak, stretto consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, si dice certo che l’Occidente troverà «un accordo» anche sulla consegna di questi missili, in grado di colpire per centinaia di chilometri le retrovie russe. Lo ha detto al quotidiano britannico The Telegrah, sostenendo che in Occidente c’è già «un’intesa» sul fatto che il timore che i missili porteranno a un’escalation sia mal riposti. «In questo momento stiamo assistendo a un netto mutamento nelle posizioni delle è lite politiche dei Paesi europei, che capiscono che devono trasferire (a Kiev) tutte le attrezzature, compresi i carri armati da combattimento. E raggiungeremo, ne sono certo, senza dubbio, un accordo sui missili a lunga gittata».

Ore 03:30 - Usa: settimane tensione, poi Biden riluttante ha dato ok a tank

La decisione americana di inviare tank all’Ucraina è seguita a Usa: settimane tensione, poi Biden riluttante ha dato ok a tank, risolte poi da Joe Biden che ha optato per l’invio degli Abrams M1 per mostrare un fronte unito della coalizione. Lo riportano i media americani ricostruendo le intese trattative dietro le quinte per sbloccare i tank. Biden alla fine ha ceduto, seppure con riluttanza, al dare il suo via libera, che ha sbloccato l’invio dei Leopard da parte della Germania e di altri Paesi.

Ore 06:42 - Filorussi: lanciati otto missili di Kiev sul Lugansk

Otto missili supportati dai lanciarazzi Himars sono stati lanciati dalle truppe ucraine contro le città di Kreminna e Rubizne, nel Lugansk, secondo quanto riferito dalla missione della LPR presso il Centro congiunto di controllo e coordinamento (JCCC) sul suo canale Telegram. Secondo la missione, a Rubizne sarebbe stato distrutto un albergo, a Kreminna colpite tre scuole, un edificio amministrativo e un caffè. Lo riferisce la Tass.

Ore 07:19 - L’allarme aereo su tutta l’Ucraina

La reazione russa agli annunci sui carri armati in arrivo dai Paesi occidentali potrebbe non farsi attendere.

Le autorità di Kiev hanno diramato l’allerta aerea sull’intero territorio nazionale: le forze armate russe si apprestano a lanciare un nuovo massiccio attacco missilistico.

Come già annunciato dalla società energetica Dtek, nelle regioni di Kiev, Odessa e Dnipropetrovsk verranno effettuate interruzioni d’emergenza delle forniture di energia elettrica.

Ore 07:52 - È iniziato l’attacco missilistico russo

Le forze russe hanno iniziato un nuovo attacco missilistico contro l’Ucraina e l’esercito di Kiev ha già abbattuto i primi razzi: lo ha reso noto su Telegram il capo dell’ufficio del presidente, Andriy Yermak, come riportano i media ucraini.

Ore 07:58 - La reazione furiosa della Russia, che cita Kruscev: «Vi seppelliremo»

(Marco Imarisio) La Russia non l’ha presa bene, e come potrebbe. «My vas pochoronim!». Molti utenti di Tsargrad, il sito di informazione ultranazionalista, fanno ricorso al celebre «Vi seppelliremo!» usato nel 1956 da Nikita Kruscev durante un discorso agli ambasciatori del blocco occidentale.

Ma qui ormai siamo ben oltre la Guerra fredda, almeno a giudicare dai toni. E non da ieri, anche se la decisione quasi congiunta dell’invio di carri armati da parte di Usa e Germania viene letta e presentata come la prova definitiva di un conflitto contro i «poteri forti» americani ed europei, i nemici di sempre, con l’Ucraina che rimane sullo sfondo, quasi fosse un dettaglio. In ordine temporale, la prima reazione è arrivata da Washington.

L’ambasciatore russo Anatolij Antonov, già viceministro della Difesa e poi degli Esteri, ha scritto sul suo canale ufficiale Telegram che «gli Usa stanno continuamente alzando l’asticella del soccorso militare al loro governo fantoccio (…). Persino molti loro esperti riconoscono che stanno combattendo una guerra per procura contro il nostro Paese. A questo punto dovrebbe essere chiaro chi è il vero aggressore nell’attuale conflitto».

Fuori dalla Russia appare come un capovolgimento dei ruoli, ma al suo interno è un argomento che invece ha molta presa.

Quando si passa dalle parole ai fatti, a quel che l’invio dei carri armati potrebbe cambiare nella strategia russa, la prudenza sembra prendere il sopravvento. All’insegna dell’aspetta e vedi. Secondo l’esperto militare Andrej Frolov, gli annunci di ieri sono fumo negli occhi dei media. «La decisione definitiva verrà presa nel prossimo mese e mezzo, partendo dalla situazione sui campi di battaglia. Se l’esercito ucraino si troverà vicino alla capitolazione, Kiev non riceverà niente».

Anche il generale a tre stelle Vladimir Chirkin, ex comandante in capo delle truppe terrestri russe, non ha fretta. «Servono almeno sei mesi per preparare gli equipaggi di quei carri armati. A meno che non abbiano intenzione di mandare soldati americani e tedeschi. Ma allora sarebbe la Terza guerra mondiale, di cui loro hanno così tanta paura».

Nel caso, il noto conduttore televisivo Vladimir Solovyov si è portato avanti con il lavoro, sostenendo in prima serata che bisogna bombardare Berlino. «Vi seppelliremo». Dice che bisogna farlo subito, però. Senza aspettare neppure un attimo.

Ore 08:11 - Droni «fuori sacco» e sistemi satellitari: l’aiuto che arriva dall’Italia

(Francesco Verderami) È cambiata la parola d’ordine tra i partner dell’Occidente: da «aiutare per salvarli» si è passati ad «aiutarli per vincere».

Ma è evidente che il conflitto in Ucraina era e resta una guerra di attrito il cui esito non è scontato.

A quasi un anno dall’invasione russa «non si vedono ancora spiragli per una soluzione diplomatica» secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto, che entro due settimane formalizzerà il sesto decreto di sostegno a Kiev, illustrato ieri per grandi linee al Copasir.

Il governo ha deciso di inviare alle Forze armate ucraine un’unità del sistema terra-aria Samp-T dotato di una ventina di missili, insieme a pezzi di artiglieria pesante, carri di movimento e gruppi elettrogeni.

Ma nel pacchetto di aiuti ci sarebbe anche una spedizione «fuori sacco», non direttamente riconducibile alla lista stilata dall’esecutivo. Fonti accreditate raccontano infatti che a Zelensky verrebbero consegnati «droni originati dal progetto israeliano e assemblati in Italia», più utili a contrastare i droni di fabbricazione iraniana che vengono usati da Mosca.

Più utili e soprattutto più economici, dato che ogni missile lanciato dal sistema Samp-T costa circa un milione di dollari. Insomma Roma fa quel che può per sostenere Kiev in vista di un «inasprimento del conflitto da parte di Mosca — come dice Crosetto — con massicci attacchi di cielo e di terra».

Ore 08:43 - Il sindaco di Kiev: «State nei rifugi». 15 missili sulla capitale, tutti abbattuti

Il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ha riferito di un’esplosione nella capitale ucraina mentre è in corso un attacco missilistico russo su larga scala in diverse zone del Paese.

Le forze armate ucraine hanno riferito di aver abbattuto 15 missili da crociera sparati dalle truppe di Mosca, e che - dall’inizio del raid, questa mattina — sono stati sparati da parte della Russia «più di 30 missili».

Ore 09:56 - Il primo bilancio dell’attacco missilistico di oggi

Iniziano a emergere i danni dell’attacco missilistico lanciato dalla Russia questa mattina sull’Ucraina: due infrastrutture energetiche — ancora non meglio identificate — sono stati colpite dagli attacchi russi nei pressi di Odessa.

A Kiev, secondo quanto dichiarato dal sindaco, almeno una persona è morta, e due sono rimaste ferite.

Ore 10:02 - «L’Occidente è direttamente coinvolto nella guerra»

Che la Russia — con una acrobatica inversione delle responsabilità — consideri ormai l’«operazione speciale» in Ucraina una guerra dichiarata dall’Occidente contro la Russia era evidente dalle reazioni emerse ieri alla notizia dell’invio di carri armati dagli Stati Uniti e dai Paesi europei.

Oggi, però, è il Cremlino a prendere posizione, con una nota ufficiale. Secondo la presidenza russa, la promessa di invio di carri armati a Kiev dimostra «il coinvolgimento diretto» degli Stati Uniti e della Russia nel conflitto — un coinvolgimento che «sta crescendo».

Ore 10:25 - Peskov chiude al dialogo: «Qualsiasi colloquio tra Putin e Zelensky ora non sarà più possibile»

« Il presidente russo Vladimir Putin non considera più possibili colloqui con il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, che da molto tempo si preparava alla guerra e quindi non risulta un interlocutore credibile». Queste le parole del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dalle agenzie russe, che allontana ulteriormente la prospettiva di un confronto per la pace nel breve termine.

Ore 10:35 - Energia elettrica interrotta a Kiev e in altre tre regioni. Colpite strutture a Odessa

«Ci sono informazioni sui danni arrecati a due infrastrutture energetiche critiche a Odessa. Non ci sono feriti. Le forze di difesa aerea stanno lavorando sulla regione di Odessa», ha scritto sui social media il capo dell'amministrazione militare della regione, Yuriy Kruk. Le autorità hanno anche dichiarato che è stata interrotta l'erogazione dell'energia elettrica nella capitale Kiev e in altre tre regioni. Il commento di Zelensky: «I russi non si sono mai preoccupati delle vittime provocate dai loro attacchi».

Ore 10:42 - Inizio addestramento per i Leopard programmato a fine di gennaio

Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha annunciato che i soldati ucraini inizieranno il loro addestramento sui carri armati Leopard 2 in un sito di addestramento in Germania entro la fine di gennaio. Il ministro ha detto che prevede che i carri armati arriveranno in Ucraina entro la fine di marzo, al massimo i primi di aprile.

Ore 10:47 - Papa Francesco: «Guerra terribile, ma non si deve perdere la speranza»

«La guerra è terribile. Non bisogna però arrendersi, da quelle ceneri può germogliare qualcosa di nuovo, da quel fallimento possiamo trovare una lezione di vita». Lo ha sottolineato Papa Francesco ricevendo in udienza una delegazione dell'Istituto de Estudios Internacionales de Salamanca, in Spagna. Il Pontefice ha rimarcato, nel suo discorso in spagnolo, che viviamo la terza guerra mondiale e ha precisato che «la tecnica delle armi è arrivata al punto che con una sola bomba si può arrivare a distruggere l'intera umanità».

Ore 11:05 - Nato: «Ministri della Difesa 14 e 15 febbraio a Bruxelles»

Il Consiglio Atlantico è stato convocato a Bruxelles per il 14 e 15 febbraio prossimi per discutere della situazione in Ucraina. Lo ha reso noto la stessa Nato precisando che la convocazione del Consiglio riguarda i ministri della Difesa. La riunione sarà presieduta dal segretario generale dell'Alleanza Jens Stoltenbergs.

Ore 11:10 - La Russia intensifica gli attacchi, la reazione di Mosca all'invio dei tank

(Andrea Nicastro, inviato a Kiev) Notte insonne in quasi tutta l’Ucraina per tre allarmi aerei che sono risuonati nel paese. Erano soprattutto droni esplosivi lanciati ad ondate su diverse città dell’Ucraina. Secondo l’aviazione di Kiev nessun drone russo o iraniano che fosse è riuscito a passare lo sbarramento missilistico. Al mattino però, quando la gente nonostante le occhiaie per la mancanza di sonno si preparava per andare al lavoro, si sono sentite altre sirene.

Questa volta accompagnate da messaggi sui gruppi social che sottolineavano la gravità potenziale di questo secondi attacco. Sono stati avvistati, si leggeva nei messaggi, bombardieri russi Tupolev staccarsi dalle basi vicine al confine. carichi sotto le ali di missili. Di solito si tratta di armi potenti che volano più veloci del suono, difficili da intercettare, dello stesso tipo di quello che ha colpito giorni fa il condominio di Dnipro uccidendo 45 civili.

La capitale ucraina si è fermata, come nei giorni peggiori dell’attacco da Nord. In attesa di quello che potrebbe succedere. Il piano russo è chiaro: scaricare le riserve missilistiche ucraine contro obbiettivi poco costosi come i droni per poi lanciare le armi più potenti e rare sperando che le batterie contraeree fossero già vuote o per lo meno i loro operatori stremati. Il pensiero di tutti è andato inevitabilmente al regista di questa invasione, Vladimir Putin. L’imminente arrivo di carri armati tedeschi, americani e britannici deve averlo fatto infuriare e questa è la sua prima vendetta.

Ore 11:24 - Presunto spionaggio a favore di Mosca: «Tedesco arrestato»

Un cittadino tedesco è stato arrestato all'aeroporto di Monaco al suo arrivo dagli Stati Uniti con l'accusa di tradimento per presunta trasmissione di informazioni alla Russia. Lo ha reso noto l'ufficio del procuratore generale in una nota, dove l'uomo è stato identificato come Arthur E. e come complice di Carsten L., un impiegato del servizio di intelligence estero tedesco (Bnd) che era stato arrestato a dicembre perché sospettato di spionaggio per conto della Russia.

Si ritiene che Arthur E, che non è un impiegato dell'intelligence tedesca, abbia trasmesso ai servizi segreti russi informazioni che aveva ottenuto da Carten L, secondo quanto riferito dal pubblico ministero.

Ore 11:50 - Ministra esteri francese in visita a Odesse: «Sosteniamo Kiev»

La ministra degli Esteri francese Catherine Colonna si è recata a Odessa «per sottolineare - ha spiegato lei stessa su Twitter - il sostegno della Francia alla sovranità dell'Ucraina, oggi come ieri». Ieri il centro storico della città è stato inserito nella lista del patrimonio dell'umanità dell'Unesco.

Ore 11:56 - Salvini: «Zelensky a Sanremo? Ariston resti riservato alla musica»

«Spero che la guerra finisca il prima possibile e poi che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica». Lo ha affermato il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, riferendosi alla presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky come ospite della serata finale del festival di Sanremo.

Ore 12:15 - Ministro Crosetto: «Invio armi sono un freno all'escalation»

«Gli aiuti che arrivano non sono solo per salvare l'Ucraina, sono un freno all'escalation che la guerra potrebbe avere espandendosi, così invece resta tra due nazioni. Bisogna avere il coraggio di fare scelte difficili per evitare scenari peggiori. I primi a voler evitare l'escalation sono i Paesi europei. Tutti auspichiamo la possibilità del tavolo della pace». Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto a «L'aria che Tira» su La7.

Ore 12:28 - Kiev: «Abbiamo intercettato a abbattuto 47 missili russi su 55»

L'Ucraina ha intercettato e abbattuto 47 missili dei 55 che sono stati lanciati dai russi in mattinata. Lo affermano fonti dell'esercito di Kiev, come il comandante delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny.

Ore 12:40 - Zelensky risponde a Peskov: «Niente negoziati fino al ritiro delle truppe russe»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito l'intenzione di non negoziare con il suo omologo russo Vladimir Putin fino a quando non ritirerà tutte le sue truppe dal'Ucraina.

In un'intervista rilasciata all'emittente britannica Sky News Zelensky ha espresso però l'intenzione di negoziare con un nuovo governo a Mosca.

Ore 12:50 - Mosca: «Continua avanzata nel Donetsk. In 24 ore uccisi 40 soldati ucraini»

Le forze russe continuano ad avanzare nella provincia orientale ucraina di Donetsk, secondo quanto riferito dal portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov. «Unità delle forze armate della regione sud hanno acquisito posizioni più favorevoli», ha detto Konashenkov, aggiungendo che nelle ultime 24 ore «40 soldati ucraini sono stati eliminati».

Secondo il portavoce, un deposito di munizioni di artiglieria ucraino è stato distrutto nell'area di Konstantinovka, ad ovest di Bakhmut, insieme a vari tipi di lanciarazzi e a un radar.

Ore 13:07 - Intelligence britannica: «Allarme attacchi hacker da Iran e Russia»

Il Regno unito ha lanciato oggi un avvertimento rispetto alle campagne mirate di phishing da parte di hacker legati a Russia e Iran. In un avviso pubblicato oggi, il National Cyber Security Center (NCSC) ha condiviso i dettagli sulle tecniche e le tattiche utilizzate dagli hacker, nonché i consigli di mitigazione per combattere la continua minaccia.

Ore 13:51 - Mosca: «Giornale Medusa organizzazione indesiderata»

La procura generale russa ha definito «organizzazione indesiderata» la società con sede in Lettonia che pubblica la testata indipendente online Meduza: lo riferisce lo stesso giornale in lingua russa sul suo sito web.

Le autorità di Mosca, che stanno inasprendo la censura e la repressione del dissenso, accusano il sito d'informazione di «rappresentare una minaccia alle fondamenta dell'ordine costituzionale e alla sicurezza statale».

Ore 14:03 - Kiev: «Grossi danni alla rete elettrica dopo raid russo»

L'ultimo raid russo ha provocato un «deficit significativo» nel sistema energetico ucraino. Lo riporta Ukrenergo, la società nazionale dell'energia ucraina. «Le infrastrutture energetiche sono state danneggiate in diverse regioni e le principali apparecchiature ad alta tensione sono state distrutte nella regione di Dnipro».

Problemi di elettricità si segnalano anche a Odessa. «Durante l'attacco sono stati introdotti arresti di emergenza in tutta l'Ucraina. Le restrizioni pianificate stanno ora gradualmente tornando e sono stati fissati limiti di consumo in tutte le regioni», conclude Ukrenergo.

Ore 14:26 - Due morti in un attacco russo nel Donetsk

«Due persone sono state uccise e almeno una ferita a causa dei bombardamenti dei criminali di guerra russi nel villaggio di Ocheretyne, nella regione del Donetsk. Lo riferisce su Telegram Pavlo Kyrylenko, dell'amministrazione regionale.

«I russi hanno colpito il villaggio con l'artiglieria e hanno distrutto almeno tre case private», si legge nel messaggio. Due degli abitanti in quelle case sono morti a causa delle ferite riportate, mentre una terza persona è stata trasportata nell'ospedale più vicino.

Ore 14:37 - Parigi: «Non siamo in guerra con la Russia. Solo legittima difesa»

«Né la Francia, né nessuno dei suoi partner, è in guerra contro la Russia» hanno sottolineato oggi dal ministero degli Esteri francese, respingendo le affermazioni di Mosca dopo la decisione occidentale di inviare carri armati a Kiev.

«La fornitura di attrezzature militari nel quadro dell'esercizio della legittima difesa rappresenta una co-belligeranza».

Ore 14:47 - Russia, Meduza fuorilegge: cosa è e cosa succede ora

(Claudio Del Frate) Il sito di informazione e di opposizione a Putin era già basato in Lettonia e oscurato in Russia. Da oggi è proibito rilanciarne contenute, finanziarne le attività o vendere pubblicità.

La Russia ha messo ufficialmente fuorilegge il sito internet «Meduza», una delle poche voci di opposizione al regime di Putin e che già da anni, per aggirare la censura del Cremlino, aveva dovuto trasferire la sua sede legale in Lettonia. Lo ha reso noto la medesima testata nella versione inglese della sua home page. La procura generale ha inserito la testata nel’elenco delle «organizzazioni indesiderate»: questo significa che ogni forma di diffusione, collaborazione e finanziamento dei contenuti in territorio russo viene considerata da oggi illegale. È una ulteriore stretta del Cremlino sull’informazione, stretta che nei mesi scorsi aveva già colpito un’altra voce del dissenso, la Novaya Gazeta di Anna Politkovskaja e del premio Nobel Muratov.

Ore 15:08 - L'accusa di Kiev: «La Russia ha usato missili ipersonici nei raid odierni»

La Russia ha usato i missili ipersonici «Kinzhal» nei raid odierni sull'Ucraina. Lo ha dichiarato il comandante in capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhnyi, precisando che l'esercito ha distrutto 47 missili lanciati dalla Russia, 20 dei quali nell'area della capitale Kiev.

In una nota Zaluzhnyi ha aggiunto che tre dei quattro missili aerei guidati (X-59) lanciati dai russi non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi.

Ore 15:21 - Madrid avverte: «Leopard vanno messi a punto. Erano in disuso da tempo»

La Spagna intende inviare all'Ucraina carri Leopard 2A4, ma sta cercando di valutare quelli che si trovano attualmente immagazzinati e in disuso da tempo a Saragozza. Così la ministra della Difesa Margarita Robles: «Abbiamo riscontrato la piena collaborazione dell'industria per vedere quali sono in condizione di essere messi a posto».

Ore 15:30 - Stoltenberg vede il presidente finlandese: «Valutiamo il processo di adesione»

«Ho parlato con il presidente Sauli Niinisto del sostegno all'Ucraina nel suo diritto all'autodifesa contro la guerra di aggressione della Russia. Abbiamo anche affrontato l'importanza di completare il processo di adesione della Finlandia alla Nato». Così su Twitter il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, dopo l'incontro con il presidente finlandese.

Ore 15:50 - Kiev: «11 morti in nuova ondata di attacchi russi»

L'ultima ondata di attacchi russi con missili e droni sull'Ucraina ha causato 11 morti e 11 feriti. Lo ha riferito alla tv nazionale il portavoce dei servizi di emergenza. Oleksandr Khorunzhyi. L'esercito ucraino ha rivendicato di aver abbattuto 47 dei 55 missili lanciati dalle forze russe (tra i quali almeno uno ipersonico Kh-47 Kinzhal). A Kiev si ritiene che sia stato ucciso un uomo di 55 anni, mentre le autorità di Zaporizhzhia hanno riferito di tre vittime. Secondo quanto riferito dal comandante in capo delle forze armate ucraine, Valerii Zaluzhnyi, 20 missili sono stati abbattuti su Kiev.

Ore 15:53 - Escalation Kosovo e Bosnia: i Balcani che l’Europa non può lasciare a Putin

(Maria Serena Natale) Con la guerra in Ucraina la Ue accelera sull’allargamento. Gli scontri fra serbi e kosovari, il rischio frantumazione per la Bosnia ed Erzegovina: che succede nei Balcani occidentali.

Effetti collaterali della guerra ucraina: l’Europa accelera sull’allargamento ai Balcani occidentali. Sono già candidati all’ingresso nella Ue Albania, Montenegro, Serbia e Macedonia del Nord. Il 15 dicembre 2022 lo status di Paese candidato è stato chiesto dal Kosovo e accordato alla Bosnia ed Erzegovina. Per entrambi comincia un lungo percorso.

La frattura Pristina-Belgrado

Il Kosovo è l’ex provincia serba a maggioranza albanese che il 17 febbraio 2008 dichiarò unilateralmente l’indipendenza, mai accettata da Belgrado: molti serbi considerano questo territorio la culla della nazione. Ad oggi lo Stato kosovaro è riconosciuto da 98 dei 193 Paesi Onu, Italia compresa. All’interno della Ue non è sulle mappe di Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia, Spagna. Non lo riconosce la Cina, né la Russia, grande sponsor della Serbia che soffia sulle tensioni riesplose con gli scontri di dicembre nel Nord del Kosovo, oltre vent’anni dopo la guerra del 1998-99.

Le divisioni della Bosnia ed Erzegovina

Freni tutti interni per la Bosnia ed Erzegovina, dove le spinte separatiste sono amplificate dalla complessa architettura istituzionale nata con gli accordi di pace di Dayton del 1995. Lo Stato è composto da due entità, la Republika Srpska serba e la federazione croato-musulmana, mentre la presidenza è condivisa dai rappresentanti dei tre popoli costitutivi: i bosniaci musulmani o bosgnacchi, i serbi e i croati. Il presidente della Republika Srpska confermato a ottobre, il nazionalista filorusso Milorad Dodik, difende la neutralità sull’Ucraina ed è contrario a un ingresso nella Ue subordinato alla maggiore centralizzazione dei poteri. Rischio frantumazione.

Ore 16:03 - Zelensky: «Putin non è nessuno, non ho interesse a parlargli»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto, in un'intervista a Sky News, di «non essere interessato» a incontrare Vladimir Putin per i colloqui di pace. «Non sa neanche cosa stia succedendo sul campo di battaglia».

Ore 16:12 - Anniversario guerra, Biden valuta viaggio in Europa

Il presidente Usa Joe Biden valuta l'ipotesi di un viaggio in Europa per il primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina, iniziata il 24 febbraio. Lo rivela l'emittente Nbc.

Ore 16:33 - Trump: «Ora i tank poi le testate nucleari. Bisogna mettere subito fine a questa guerra»

Donald Trump entra a gamba tesa sulla guerra in Ucraina criticando la decisione di Joe Biden di inviare i carri armati alle forze di Kiev. «Prima arrivano i tank, poi le testate nucleari», tuona in un post sul suo social media Truth. «Bisogna mettere fine a questa guerra folle adesso. Non è difficile», aggiunge.

Ore 16:33 - Kiev, tre persone uccise in un raid notturno su Zaporizhizhia

Tre persone sono state uccise e sette sono rimaste ferite in un attacco nella notte su Zaporizhizhia. Lo riferisce l'ufficio del procuratore generale ucraino. «Il 26 gennaio alle 3:40 l'esercito russo ha lanciato un attacco missilistico contro una infrastruttura critica nel distretto di Zaporizhzhia».

Ore 16:47 - Polonia: «Leopard raggiungeranno Kiev in poche settimane»

«Sono convinto che la Polonia consegnerà i carri armati Leopard all'Ucraina entro poche settimane». Lo ha dichiarato il viceministro della Difesa nazionale Wojciech Skurkiewicz parlando all'emittente polacca Radio Plus, rilanciata dai media ucraini. «Non appena (gli ucraini) saranno addestrati, saremo pronti a consegnare questa attrezzatura alla parte ucraina», ha aggiunto il viceministro, ricordando che Varsavia è pronta a inviare a Kiev una compagnia (14 mezzi) dei tank di fabbricazione tedesca.

Ore 16:47 - Tesoro Usa: «Congelati i beni della Wagner e delle aziende che l'hanno sostenuta»

Il Tesoro americano impone sanzioni al gruppo Wagner identificandolo come una «significativa organizzazione criminale transnazionale». Le sanzioni limiteranno ulteriormente la capacità del presidente Vladimir Putin di «armare la sua macchina da guerra», afferma il segretario al Tesoro Janet Yellen, dopo aver dichiarato che per la Wagner saranno congelati anche i beni.

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha contemporaneamente annunciato sanzioni finalizzate a «prendere di mira una serie di infrastrutture chiave del gruppo Wagner, tra cui una società di aviazione, un'organizzazione di propaganda e una società di copertura di Wagner», come ha spiegato il Segretario di Stato americano Antony Blinken.

Nel mirino delle sanzioni americane, quindi, anche la società per azioni Terra Tech con sede in Russia e Changsha Tianyi Space Science and Technology Research Institute Co. con sede in Cina, accusate di sostenere le operazioni militari del gruppo Wagner.

Ore 17:14 - La scheda: i missili ipersonici Kinzhal «ad alta precisione» usati da Mosca nei nuovi raid

(Guido Olimpio) Negli ultimi raid i russi hanno impiegato 55 missili di questo tipo. Secondo Kiev l’azione di oggi è il tredicesimo attacco di questo tipo.

Un nuovo raid pesante sull’Ucraina, con conseguenze sulle infrastrutture mentre la difesa rivendica successi. Il blitz massiccio era in qualche modo prevedibile. Di solito Mosca si affida a questi colpi dopo rovesci sul campo di battaglia, in risposta ad annunci su nuove forniture occidentali, per mantenere la pressione sulla popolazione civile. Secondo Kiev l’azione di oggi è il tredicesimo attacco missilistico e quindicesimo attacco di droni contro sistema energetico.

Ore 18:35 - Zelensky, Russia prova a intimidirci ma sarà sconfitta

«Un altro tentativo da parte di un paese terrorista di intimidirci con un massiccio attacco missilistico è stato recentemente sconfitto, così come presto sarà sconfitta l’intera Russia». Lo ha scritto su Telegram il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, commentando l’ultimo raid delle forze armate russe.

Ore 19:07 - Perché i tank Leopard e Abrams non bastano all’Ucraina (e cosa non abbiamo capito)

(di Federico Rampini) ORIENTE OCCIDENTE

La decisione presa da Stati Uniti e Germania di fornire carriarmati all’Ucraina è positiva perché – ancora una volta – delude la speranza di Putin di dividere l’Occidente e ridurre il suo sostegno a Kiev. Però i tank in arrivo sono poche decine contro le migliaia di tank russi; trasportano un bagaglio di problemi (manutenzione, carburante, munizioni); lasciano irrisolte molte altre debolezze dell’esercito ucraino come i vistosi buchi nella difesa aerea. Inoltre le reticenze di Berlino continuano a rivelare un ritardo di fondo: culturale oltre che politico.

Molti tedeschi continuano a credere alla favola per cui la prima guerra fredda 1947-1989 fu vinta dalla cooperazione con Mosca, anziché dalla determinazione di Ronald Reagan. Perfino gli Stati Uniti hanno creduto a tal punto di vivere in un’era di pace, che oggi hanno un’industria della difesa sottodimensionata, e spesso inefficiente. Anche l’Italia avrebbe bisogno di un sano confronto con il «principio di realtà», invece dei dibattiti tragicomici su Zelensky al festival di Sanremo.

Ore 19:11 - Zelensky non ha ancora ricevuto i tank ma già chiede i caccia agli alleati

(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) - IL PUNTO MILITARE

Volodymyr Zelensky non ha ancora ricevuto i tank e già pensa ai caccia. Il presidente ucraino ha già inoltrato la richiesta in pubblico, con uno dei suoi interventi, sperando che la Nato la possa accogliere in futuro. Desideri che si incrociano con un dibattito aperto in campo politico e tra esperti.

Gli ucraini — secondo alcuni — dovrebbero essere dotati di F16, velivolo presente in numerose aviazioni occidentali. E l’Olanda ha offerto i suoi, anche se non c’è alcuna decisione. Washington, è contraria, Londra restia, l’invio di velivoli da combattimento è una linea rossa. Però è noto che spesso questi «confini» sono scritti sulla sabbia: oggi vale il no, domani potrebbe essere sì. Lo abbiamo visto con i carri armati, resiste il veto sui razzi a lungo raggio. Ma intanto nei corridoi se ne parla, si esaminano pro e contro.

Ore 19:54 - Salvini, Meloni sta facendo massimo.Serve tavolo pace

«Abbiamo sempre sostenuto la difesa dell’Ucraina aggredita, è quello che stiamo continuando a fare in Europa e in Italia, né più né meno. Poi penso che prima si apre un tavolo di pace meglio è, e che prima o poi si debbano parlare Zelensky e Putin». Così il vicepremier della Lega, e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, a Otto e mezzo su La7. «Giorgia Meloni per la pace sta facendo il massimo, anche restituendo centralità dell’Italia sullo scenario Mediterraneo, in particolare sul piano energetico», aggiunge.

Ore 19:54 - Fmi valuta pacchetto di aiuti fino a 16 miliardi

Il Fmi sta valutando un pacchetto di aiuti all’Ucraina fino a 16 miliardi di dollari. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali i fondi servirebbero per far fronte alle esigenze del Paese ma anche come catalizzatori per ulteriori aiuti internazionali. Il programma di aiuti è legato a varie condizioni, incluso il sostegno del G7 e dei paesi finanziatori e creditori di Kiev.

Ore 01:31 - Ucraina a Australian Open: «Ritirare l’accredito al padre di Djokovic»

L’ambasciatore ucraino in Australia, Vasyl Myroshnychenko, ha invitato la Federtennis australiana, organizzatrice degli Australian Open, a intraprendere azioni drastiche dopo che il padre di Novak Djokovic, Srdjan, è stato immortalato mentre festeggiava con tifosi russi che mostravano il volto di Vladimir Putin. Srdjan Djokovic è stato filmato insieme a un uomo che indossava una maglietta con una `Z´ e con in mano una bandiera russa. Nel filmato si è anche sentito Srdjan dire all’uomo «lunga vita ai russi». «È una vergogna ed è molto triste che il padre di uno dei tennisti più famosi sostenga la Russia», ha dichiarato l’ambasciatore a Sky News. «Ovviamente spero che Tennis Australia affronti questo problema, spero anche di sentire una dichiarazione di Novak Djokovic sulla situazione, su quale sia la sua opinione. Non credo - ha aggiunto Myroshnychenko - che a suo padre dovrebbe essere permesso di essere in campo per le altre gare a Melbourne Park. Penso che dovrebbe essere privato dell’accredito per essere in campo quando gioca suo figlio».

Ore 01:33 - Kiev: le esportazioni di grano sono ai minimi storici

Le esportazioni di grano dai porti del Mar Nero dell’Ucraina hanno raggiunto un minimo storico a causa dell’attacco da parte della Russia. Lo ha affermato - secondo quanto riportato dal Kiev Independent - il ministero dell’Agricoltura ucraino sottolineando che «in media» due o tre navi mercantili hanno lasciato i porti ogni giorno a gennaio nell’ambito della «Black Sea Grain Initiative», accordo sostenuto dalle Nazioni Unite e firmato a luglio da Ucraina, Russia e Turchia per sbloccare le esportazioni di grano ucraino durante l’invasione russa del paese. Secondo il ministero, le navi cariche di «solo 2,4 milioni di tonnellate di grano» hanno lasciato i porti ucraini a gennaio, in calo rispetto alle 4 tonnellate di ottobre.

Ore 01:46 - Governatore Donetsk: aumentati i bombardamenti russi

Lungo l’intera linea del fronte nella regione di Donetsk c’è un significativo aggravamento della situazione. Lo dichiara - come riporta l’agenzia Unian - il governatore dell’Oblast di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, sostenendo che a causa della mancanza di successi sul campo di battaglia gli occupanti russi hanno intensificato il bombardamento degli insediamenti. «La situazione è peggiorata in modo significativo - ha detto - dal sud al centro della regione. La parte più calda era e rimane la direzione Bakhmut, tuttavia ora c’è un inasprimento dei combattimenti anche ad Avdiivka». «I russi - ha aggiunto - non riescono a sfondare la nostra linea di difesa nel Donbass. Il nemico subisce perdite significative di personale e veicoli corazzati. Per questo ricorre ancora una volta alla tattica della `terra bruciata´, bombardando intensamente gli insediamenti e le comunità adiacenti alla linea del fronte con lanciarazzi e artiglieria». In particolare sono finiti sotto il fuoco i distretti di Avdiivka, Vugledar, Toretsk e Bakhmut.

Casa Bianca, richiesta F-16? «Contatti costanti con Kiev». Crosetto: «Evitiamo escalation». Andrea Nicastro, inviato, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 27 gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di venerdì 27 gennaio. A Zaporizhzhia «potenti esplosioni» vicino alla centrale nucleare. La Polonia invierà a Kiev altri 60 carri armati, oltre ai Leopard

• La guerra in Ucraina è arrivata al 338esimo giorno.

• Zelensky non ha ancora ricevuto i tank ma già chiede i caccia agli alleati.

• Biden: «Daremo 31 Abrams a Kiev. Non è un’offensiva contro la Russia».

• Peskov: «Colloqui Putin-Zelensky sempre più improbabili». Il presidente ucraino: «Non mi interessa parlargli».

• Polonia: «Leopard raggiungeranno Kiev in poche settimane».

Ore 1:58 - Zelensky, solo armi neutralizzano terroristi russi

«L’aggressione russa può e deve essere fermata solo con armi adeguate». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo videomessaggio serale, citato da Ukrinform. «Lo stato terrorista non capirà nient’altro. Solo le armi neutralizzano i terroristi. Armi sul campo di battaglia. Armi che proteggono il nostro cielo», ha spiegato. «Nuove sanzioni contro la Russia, cioè armi politiche ed economiche. E dobbiamo lavorare ancora più attivamente per creare un tribunale per quanto riguarda i crimini russi contro l’Ucraina e per compensare tutte le perdite causate da questa guerra a scapito dei beni russi», ha aggiunto.

Ore 2:15 - Pentagono, all’Ucraina invieremo il modello più recente dei carri armati Abrams

I carri armati che gli Stati Uniti invieranno all’Ucraina saranno i M1A2 Abrams: si tratta della versione piu’ aggiornata del mezzo, con capacità «significativamente superiori» rispetto ai modelli precedenti. Lo ha confermato ai giornalisti la vice portavoce del dipartimento della Difesa, Sabrina Singh, durante un briefing al Pentagono. «Ci vorranno comunque mesi per la consegna, dal momento che non abbiamo un eccesso di questi carri armati all’interno dei nostri inventari», ha precisato.

Ore 04:35 - Ucraina a Australian Open: «Ritirare l’accredito al padre di Djokovic»

L’ambasciatore ucraino in Australia, Vasyl Myroshnychenko, ha invitato la Federtennis australiana, organizzatrice degli Australian Open, a intraprendere azioni drastiche dopo che il padre di Novak Djokovic, Srdjan, è stato immortalato mentre festeggiava con tifosi russi che mostravano il volto di Vladimir Putin. Srdjan Djokovic è stato filmato insieme a un uomo che indossava una maglietta con una `Z´ e con in mano una bandiera russa. Nel filmato si è anche sentito Srdjan dire all’uomo «lunga vita ai russi». «È una vergogna ed è molto triste che il padre di uno dei tennisti più famosi sostenga la Russia», ha dichiarato l’ambasciatore a Sky News. «Ovviamente spero che Tennis Australia affronti questo problema, spero anche di sentire una dichiarazione di Novak Djokovic sulla situazione, su quale sia la sua opinione. Non credo - ha aggiunto Myroshnychenko - che a suo padre dovrebbe essere permesso di essere in campo per le altre gare a Melbourne Park. Penso che dovrebbe essere privato dell’accredito per essere in campo quando gioca suo figlio».

Ore 04:50 - Kiev: le esportazioni di grano sono ai minimi storici

Le esportazioni di grano dai porti del Mar Nero dell’Ucraina hanno raggiunto un minimo storico a causa dell’attacco da parte della Russia. Lo ha affermato - secondo quanto riportato dal Kiev Independent - il ministero dell’Agricoltura ucraino sottolineando che «in media» due o tre navi mercantili hanno lasciato i porti ogni giorno a gennaio nell’ambito della «Black Sea Grain Initiative», accordo sostenuto dalle Nazioni Unite e firmato a luglio da Ucraina, Russia e Turchia per sbloccare le esportazioni di grano ucraino durante l’invasione russa del paese. Secondo il ministero, le navi cariche di «solo 2,4 milioni di tonnellate di grano» hanno lasciato i porti ucraini a gennaio, in calo rispetto alle 4 tonnellate di ottobre.

Ore 05:00 - Zelensky non ha ancora ricevuto i tank ma già chiede i caccia agli alleati

(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) - IL PUNTO MILITARE

Volodymyr Zelensky non ha ancora ricevuto i tank e già pensa ai caccia. Il presidente ucraino ha già inoltrato la richiesta in pubblico, con uno dei suoi interventi, sperando che la Nato la possa accogliere in futuro. Desideri che si incrociano con un dibattito aperto in campo politico e tra esperti.

Gli ucraini — secondo alcuni — dovrebbero essere dotati di F16, velivolo presente in numerose aviazioni occidentali. E l’Olanda ha offerto i suoi, anche se non c’è alcuna decisione. Washington, è contraria, Londra restia, l’invio di velivoli da combattimento è una linea rossa. Però è noto che spesso questi «confini» sono scritti sulla sabbia: oggi vale il no, domani potrebbe essere sì. Lo abbiamo visto con i carri armati, resiste il veto sui razzi a lungo raggio. Ma intanto nei corridoi se ne parla, si esaminano pro e contro.

Ore 05:02 - Perché i tank Leopard e Abrams non bastano all’Ucraina (e cosa non abbiamo capito)

(di Federico Rampini) ORIENTE OCCIDENTE

La decisione presa da Stati Uniti e Germania di fornire carriarmati all’Ucraina è positiva perché – ancora una volta – delude la speranza di Putin di dividere l’Occidente e ridurre il suo sostegno a Kiev. Però i tank in arrivo sono poche decine contro le migliaia di tank russi; trasportano un bagaglio di problemi (manutenzione, carburante, munizioni); lasciano irrisolte molte altre debolezze dell’esercito ucraino come i vistosi buchi nella difesa aerea. Inoltre le reticenze di Berlino continuano a rivelare un ritardo di fondo: culturale oltre che politico.

Molti tedeschi continuano a credere alla favola per cui la prima guerra fredda 1947-1989 fu vinta dalla cooperazione con Mosca, anziché dalla determinazione di Ronald Reagan. Perfino gli Stati Uniti hanno creduto a tal punto di vivere in un’era di pace, che oggi hanno un’industria della difesa sottodimensionata, e spesso inefficiente. Anche l’Italia avrebbe bisogno di un sano confronto con il «principio di realtà», invece dei dibattiti tragicomici su Zelensky al festival di Sanremo.

Ore 05:10 - Governatore Donetsk: aumentati i bombardamenti russi

Lungo l’intera linea del fronte nella regione di Donetsk c’è un significativo aggravamento della situazione. Lo dichiara - come riporta l’agenzia Unian - il governatore dell’Oblast di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, sostenendo che a causa della mancanza di successi sul campo di battaglia gli occupanti russi hanno intensificato il bombardamento degli insediamenti. «La situazione è peggiorata in modo significativo - ha detto - dal sud al centro della regione. La parte più calda era e rimane la direzione Bakhmut, tuttavia ora c’è un inasprimento dei combattimenti anche ad Avdiivka». «I russi - ha aggiunto - non riescono a sfondare la nostra linea di difesa nel Donbass. Il nemico subisce perdite significative di personale e veicoli corazzati. Per questo ricorre ancora una volta alla tattica della `terra bruciata´, bombardando intensamente gli insediamenti e le comunità adiacenti alla linea del fronte con lanciarazzi e artiglieria». In particolare sono finiti sotto il fuoco i distretti di Avdiivka, Vugledar, Toretsk e Bakhmut.

Ore 07:53 - Aiea: «Potenti esplosioni a Zaporizhzhia, vicino alla centrale»

Gli osservatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) hanno riferito di potenti esplosioni vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia occupata dai russi durante il massiccio attacco missilistico sferrato ieri dalle forze di Mosca contro l’Ucraina: lo ha reso noto il direttore generale dell’agenzia dell’Onu, Rafael Grossi, come riporta il Guardian. Da parte sua, Renat Karchaa, consigliere dell’agenzia russa che gestisce le centrali nucleari del Paese — la Rosenergoatom — ha detto che le affermazioni di Grossi sono infondate, definendole una «provocazione».

Ore 08:09 - «Ieri i russi hanno lanciato 70 missili in 44 attacchi aerei»

Le forze russe hanno lanciato ieri un totale di 70 missili contro l’Ucraina nel corso di 44 attacchi aerei, di cui 18 con l’uso di droni di fabbricazione iraniana: lo ha reso noto su Facebook lo Stato Maggiore dell’esercito di Kiev nel suo rapporto quotidiano sull’andamento del conflitto. Lo riporta Ukrinform. Sull’altro fronte, le forze armate ucraine hanno colpito nella giornata di ieri quattro posti di comando russi, due postazioni di artiglieria, un deposito di munizioni e altri due «importanti» obiettivi non meglio specificati.

Ore 08:20 - Tokio, nuove sanzioni contro russi e organizzazioni legate a Mosca

Il Giappone ha annunciato oggi l’imposizione di nuove sanzioni contro 36 individui e 52 organizzazioni legate alla Russia, a causa dell’estensione del conflitto in Ucraina. Le sanzioni sono state adottate «in considerazione dell’attuale situazione riguardante l’Ucraina, e al fine di contribuire agli sforzi internazionali per raggiungere la pace», ha precisato il Ministero degli Affari Esteri giapponese in un comunicato.

Ore 08:34 - Intelligence Gb: false notizie su avanzate russe a Zaporizhzhia

L’intelligence britannica dubita della veridicità delle notizie diffuse da Mosca su presunte avanzate dell’esercito russo nelle zone di Zaporizhzhia e Donetsk. «Negli ultimi sei giorni — scrive nel suo ultimo rapporto del ministero della Difesa di Londra — i commentatori online russi hanno sostenuto che le forze di Mosca hanno compiuto progressi significativi, sfondando le difese ucraine in due aree: nell’oblast di Zaporizhzhia, vicino a Orikiv e 100 chilometri ad est, nell’oblast di Donetsk, vicino a Vuhledar». Aggiungendo: «Le unità russe hanno probabilmente condotto a livello locale attacchi vicino a Orikiv e Vuhledar, ma è altamente improbabile che la Russia abbia effettivamente ottenuto progressi sostanziali. Esiste una possibilità che le fonti militari russe stiano deliberatamente facendo disinformazione».

Ore 09:04 - Kiev: la Polonia ci invierà altri 60 carri armati oltre ai Leopard

«La Polonia invierà all'Ucraina 60 carri armati PT-91 Twardy, oltre ai 14 Leopard annunciati in precedenza». Lo ha comunicato via Telegram il capo dell'ufficio di presidenza ucraino, Andriy Yermak.

Ore 09:19 - Sondaggio, il 75% degli ucraini è orgoglioso del suo Paese

Il 75% degli ucraini si sente orgoglioso del suo Paese: è quanto emerge dal 19esimo sondaggio nazionale, presentato oggi dal direttore del Rating Sociological Group, Oleksiy Antypovych. Lo riporta Ukrinform. L'anno scorso, ha ricordato Antypovych, «solo un terzo si sentiva orgoglioso», mentre nel 2021 la prima risposta quando si pensava all'Ucraina era «tristezza». Antypovych ha sottolineato che un maggior numero di ucraini non si vergogna più quando pensa al Paese: «Solo un anno fa, una persona su cinque diceva di vergognarsi dello Stato, mentre oggi è solo il 2%», ha affermato. Oggi, inoltre, non ci sono persone indifferenti allo Stato, mentre nel 2021 erano il 5%. «Gli ucraini hanno aspettative molto alte per il futuro. Dove vedono l'Ucraina tra 10 anni? Due terzi dice di vedere l'Ucraina al vertice. Ma se le autorità non ci porteranno lì, o se noi come società non ci arriveremo, ci aspettano nuove delusioni e depressioni», ha concluso. Il sondaggio è stato realizzato su un campione di 1.000 persone.

Ore 09:43 - Kiev, 2 morti e decine di case colpite nella notte nel Donetsk

Attacchi russi nella notte nella regione di Donetsk. Le bombe sulla cittadina di Vuhledar hanno colpito sette case e due scuole, inoltre, due persone sono state uccise e una ferita a Bohoyavlennka. Lo riferisce il governatore della regione Pavlo Kyrylenko via Telegram. «Una persona è stata ferita e una casa è stata danneggiata a Bakhmut», si legge nel messaggio. Edifici danneggiati anche a Lysychansk e a Katerynivka.

Ore 10:08 - Zelensky sulla Shoah: determinati a salvare chi l'odio cerca di distruggere

Bisogna essere «determinati a salvare chi l'odio cerca di distruggere». È il monito rivolto in un messaggio su Telegram nel giorno della memoria dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky (che è nato in una famiglia di origine ebraica, con tre parenti vittime della Shoah) . «Oggi, come sempre l'Ucraina onora la memoria di milioni di vittime del'Olocausto. Sappiamo e ricordiamo che l'indifferenza uccide insieme all'odio. L'indifferenza e l'odio sono sempre in grado di creare insieme solo il male». E conclude: «È per questo che è così importante che tutti coloro che hanno a cuore la vita mostrino determinazione quando si tratta di salvare coloro che l'odio cerca di distruggere».

Ore 10:25 - Orban: non permetteremo sanzioni contro il nucleare russo

Nuovo affondo del premier ungherese, Viktor Orban, contro la politica delle sanzioni messa in campo dall'Ue contro la Russia. Nella consueta intervista a Kossuth Radio, Orban ha annunciato il veto di Budapest a eventuali misure restrittive sull'energia nucleare russa. «Non permetteremo che venga attuato il piano di includere l'energia nucleare nelle sanzioni» ha spiegato. Su tali misure «va ovviamente posto il veto. Questo è fuori questione».

Ore 10:51 - Putin accusa Kiev di crimini neonazisti nel Giorno Memoria

Il presidente russo Vladimir Putin accusa l'Ucraina di «crimini neonazisti» nel Giorno della Memoria delle vittime dell'Olocausto.

Ore 11:11 - Cremlino: per la fine della guerra basta che Biden dia istruzioni a Kiev

Per arrivare alla fine della guerra in Ucraina «molto rapidamente» è sufficiente che il Presidente americano Joe Biden «dia istruzioni» in tal senso a Kiev, ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citando le parole di Donald Trump. Certo, «non è questione di un giorno, o neanche di due», ma quello che fa il regime di Kiev «è in larga misura nelle mani di Washington», ha affermato. Ma in questo momento è chiaro che il Presidente americano «non vuole usare la sua influenza» sull'Ucraina per arrivare alla fine del conflitto, ma al contrario ha scelto la strada dell'invio di altre armi all'Ucraina".

Ore 11:22 - Ue, ultimi raid rivelano le atrocità dell'aggressione russa

«L'ultima ondata di attacchi con missili e droni sottolinea ancora una volta la natura atroce e disumana dell'aggressione del Cremlino contro civili e infrastrutture dell'Ucraina. Questo deplorevole terrore dei bombardamenti indiscriminati deve cessare ora. Le persone coinvolte saranno ritenute responsabili». Lo scrive in un tweet il portavoce dell'Ue per la politica estera, Peter Stano.

Ore 11:56 - Cremlino: Washington demonizza il gruppo della Wagner

Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha affermato che Washington «demonizza» il gruppo di mercenari Wagner con dichiarazioni «prive di fondamento». Lo riporta la Tass. Il gruppo della Wagner è accusato di crimini di guerra e atrocità e ieri gli Usa hanno imposto sanzioni alla compagnia militare definendola «una significativa organizzazione criminale transnazionale». Secondo la Gran Bretagna, la Wagner avrebbe schierato 50.000 mercenari in Ucraina.

Ore 12:12 - Media: «Putin prepara una nuova offensiva a febbraio-marzo»

Putin sta preparando una nuova offensiva contro l'Ucraina già a febbraio-marzo e allo stesso tempo sta rafforzando il suo Paese per un confronto a lungo termine con gli Stati Uniti e i suoi alleati: lo scrive oggi Bloomberg, che cita funzionari, consulenti e altre persone a conoscenza della situazione. Il Cremlino intende dimostrare che le sue forze possono riprendere l'iniziativa dopo mesi di perdite di terreno, facendo pressione su Kiev e sui suoi sostenitori affinché accettino una sorta di tregua che lasci alla Russia il controllo dei territori che occupa attualmente, commenta l'agenzia di stampa statunitense. Una nuova offensiva russa è in arrivo e potrebbe iniziare prima che Kiev riceva le forniture di carri armati statunitensi ed europei promesse negli ultimi giorni.

La determinazione di Putin fa presagire un'altra escalation mortale della guerra, mentre Kiev prepara una nuova spinta per espellere le forze di Mosca, osserva Bloomberg. Putin ritiene di non avere alternative se non quella di prevalere in un conflitto che considera esistenziale con gli Stati Uniti e i suoi alleati. «A meno che non cambi qualcosa, ci aspetta una guerra di logoramento come la Prima Guerra Mondiale, che potrebbe durare a lungo perché entrambe le parti credono che il tempo sia dalla loro parte», ha dichiarato Andrey Kortunov, capo del Consiglio per gli Affari Internazionali della Russia fondato dal Cremlino. «Putin è sicuro che l'Occidente si stancherà di sostenere Kiev».

Ore 12:16 - Kiev: dall'inizio della guerra Mosca ha perso 125mila soldati

Dall'inizio del conflitto la Russia «ha perso quasi 125.000 soldati in Ucraina». Lo sottolinea lo Stato Maggiore delle Forze Armate dell'Ucraina sul suo account Facebook, c ome riporta l'agenzia Unian. In particolare «le perdite totali in combattimento del personale nemico dal 24 febbraio 2022 al 27 gennaio 2023 sono state di circa 124.710 unità». Sempre da inizio del conflitto, secondo la stessa fonte, sono stati distrutti, tra l'altro, «3.182 carri armati del nemico, 6.340 veicoli corazzati da combattimento, 2.180 sistemi di artiglieria oltre ai mezzi di difesa area (221), 292 aerei, 283 elicotteri, 1.941 Uav (droni, ndr) operativi-tattici e 796 missili da crociera».

Ore 12:35 - Il fronte contro Zelensky a Sanremo: da Matteo Salvini a Fabio Volo, chi non lo vuole al Festival

Il fronte non è netto, ci sono politici di diversi schieramenti - dalla Lega al Movimento 5 Stelle - così come personaggi del mondo della cultura tradizionalmente associati alla sinistra: un gruppo eterogeneo unito contro l’intervento a Sanremo (con un video registrato di un paio di minuti , da mandare in onda durante la serata finale) del leader ucraino Volodymyr Zelensky.

Da alcuni giorni l’opinione pubblica si divide fra favorevoli e contrari, fra chi apprezza l’idea che il presidente di un Paese attaccato possa dare voce alle sofferenze dei suoi cittadini (così come già fatto ad altri eventi di spettacolo come la Mostra del cinema di Venezia o, di recente, ai Golden Globes) e chi ritiene che Sanremo debba rimanere musica e intrattenimento, lasciando fuori la politica e la guerra.

Ore 12:36 - Consiglio ministri Ue-Ucraina potrebbe non avere luogo

La riunione congiunta fra il governo ucraino e il collegio dei commissari Ue «potrebbe anche non avere luogo», questo dipenderà dalle «condizioni di sicurezza». Lo fa sapere un portavoce della Commissione Europea, sottolineando che «il dialogo in corso su questo punto è intenso ed è basato sulle analisi delle autorità di sicurezza ucraine e della loro capacità di dare le rassicurazioni necessarie». L'incontro, a quanto si apprende, avrebbe dovuto avere luogo la settimana prossima nel quadro del summit Ue-Ucraina, annunciato per il 3 febbraio. Il portavoce ha comunque sottolineato che si tratta di due eventi separati.

Ore 12:43 - Kiev: dopo 10 mesi torna la luce nella case di un villaggio a Kherson

Dopo più di 10 mesi di buio è tornata la luce nelle case di Novomykolayivka, villaggio nella regione di Kherson. Lo riporta l'amministrazione regionale su Telegram. «L'ultima volta che i residenti locali hanno avuto l'elettricità nelle loro case è stato a marzo», si legge nel messaggio, «a causa del sistema elettrico danneggiato, la gente è sopravvissuta in queste condizioni per più di 10 mesi». «Grazie al lavoro dei nostri ingegneri energetici, queste persone hanno l'elettricità nelle loro case: 257 case sono collegate alla rete elettrica», fa sapere l'amministrazione regionale.

Ore 12:45 - L'Ue proroga di 6 mesi le sanzioni a Mosca

Ore 12:47 - Il portavoce di Scholz: niente caccia a Kiev

«Il cancelliere tedesco ha già detto nel Bundestag molto chiaramente che fin dall'inizio si è spiegato che i caccia non sono in gioco». Lo ha detto la portavoce di Olaf Scholz, Christiane Hoffmann, rispondendo a una domanda alla conferenza stampa di governo a Berlino, sul dibattito aperto sull'ipotesi che i partner Nato forniscano anche caccia all'Ucraina, dopo i tank.

Ore 13:08 - Cremlino: «Trump ha ragione, i tank aggravano l'escalation»

L'ex presidente americano Donald Trump in un certo senso ha ragione quando, riferendosi alle forniture di carri armati occidentali all'Ucraina afferma che «prima arrivano i tank, poi le testate nucleari». Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «Si può concordare con queste parole, nel senso che c'è un'escalation delle tensioni», ha sottolineato Peskov, citato da Interfax. «E questa escalation è provocata tra le altre cose dalle decisioni prese in primo luogo a Washington e, sotto le pressioni di Washington, nelle capitali europee. Mi riferisco alle consegne di armi e tank, a questo e a quello».

Ore 14:02 - Mosca blocca i siti di Cia e Fbi, «diffondono fake news»

Le autorità russe hanno bloccato i siti della Cia e dell'Fbi, accusando le due agenzie statunitensi di diffondere informazioni false. Lo riporta l'agenzia di stampa Tass, citando l'ente statale russo che regola i media, Roskomnadzor. «Roskomnadzor ha limitato l'accesso a una serie di risorse appartenenti a strutture statali di Paesi ostili perché diffondevano materiale volto a destabilizzare la situazione sociale e politica in Russia», ha spiegato l'ente regolatore in una nota. Secondo Mosca, i siti di Fbi e Cia hanno pubblicato materiale e informazioni imprecise che screditavano le forze armate russe. Per ora, non sono arrivati commenti da Washington o dall'ambasciata Usa a Mosca. La Russia ha reso un reato penale screditare le forze armate, il reato è punibile con pene fino a cinque anni di reclusione.

Ore 14:28 - Djokovic: mio padre non sostiene alcuna guerra

Da parte del padre di Novak Djokovic «non c'era intenzione di sostenere alcuna guerra». Lo ha dichiarato il campione serbo, aggiungendo di «sperare» che il genitore possa essere presente alla finale di domenica degli Open d'Australia, nella quale sfiderà Tsitsipas. «Non è stato bello non averlo al box durante la semifinale. Spero che ci sarà per la finale», ha detto il giocatore in conferenza stampa. Srdjan Djokovic ha deciso di non assistere alla partita per non «arrecare disturbo», dopo che l'ambasciatore ucraino aveva chiesto la cancellazione del suo accredito per essere stato fotografato con i tifosi filo-russi, uno dei quali indossava una maglia con la lettera «Z».

Ore 15:03 - Conte: non necessario Zelensky in contesto leggero Sanremo

«Io sono stato molto contento quando il presidente Fico ha invitato il presidente Zelensky a confrontarsi al Parlamento italiano, a poter esprimere le sue ragioni, le ragioni del suo popolo al popolo italiano. Io non credo francamente che sia così necessario avere il presidente Zelensky in un contesto così leggero come quello di Sanremo». Lo ha detto il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, rispondendo alle domande dei cronisti al termine dell’incontro della delegazione con la ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati.

Ore 15:29 - Spagna: gli alleati invieranno i tank Leopard in primavera

Gli alleati dell'Ucraina invieranno a Kiev i carri armati Leopard «in modo coordinato», in primavera. Lo ha annunciato la ministra della Difesa spagnola, Margarita Robles, specificando che nel frattempo si procederà con la manutenzione dei veicoli e l'addestramento dei soldati ucraini. Lo riporta El Mundo, riferendo le dichiarazioni della ministra durante la sua visita in Lettonia. Robles ha confermato che la Spagna fornirà alcuni Leopard all'Ucraina «in coordinamento» con il resto dei Paesi alleati, anche se non ha specificato il numero che il governo sta valutando.

Ore 15:33 - Kiev: blackout elettrico in 10 regioni

Ukrenergo, la società energetica statale Ucraina, ha reso noto che il sistema «presenta ancora un significativo deficit di potenza» dopo il massiccio raid russo del 26 gennaio. Pertanto interruzioni elettriche di emergenza sono previste in dieci regioni: Kharkiv, Donetsk, Zaporizhzhia, Kirovohrad, Kiev, Cherkasy, Zhytomyr, Volyn, Leopoli e Rivne. «Durante il giorno - viene spiegato - sono possibili arresti di emergenza anche in altre zone».

Ore 15:47 - Incontro Crosetto-ministro Francia, intesa sull'Ucraina

Un'intesa per la collaborazione sul tema Ucraina, oltre al tentativo di ampliare le opportunità da cogliere per arrivare a un tavolo di pace. È quanto emerso dall'incontro a Roma tra il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e il collega francese Sébastien Lecornu. Tra i temi affrontati, anche quello della sicurezza e del Mediterraneo allargato, che comprende anche il vicino Medioriente.

Ore 16:19 - Gli Usa valutano un piano per l’Ucraina post guerra

Rimbalza sui media americani l’ipotesi che l’amministrazione Biden starebbe cominciando a pensare ad un possibile piano «post war» per l’Ucraina, dopo alcuni spunti offerti dal segretario di Stato Antony Blinken nei giorni scorsi in una conversazione al dipartimento di Stato riportata da David Ignatius, veterano del Washington Post.

Il colossale fallimento della Russia nel raggiungere i suoi obiettivi militari, secondo Blinken, dovrebbe ora spronare gli Stati Uniti e i suoi alleati ad iniziare a pensare alla forma dell’Ucraina del dopoguerra e a come creare una pace giusta e duratura che sostenga l’integrità territoriale dell’Ucraina e le permetta di scoraggiare, e se necessario difendersi, ogni futura aggressione. La linea ufficiale degli Usa resta quella che spetta a Kiev ogni decisione. Ma il dipartimento di Stato, il Pentagono e il Consiglio per la sicurezza nazionale stanno guardando avanti.

Tra le ipotesi in discussione quella di un’Ucraina non più nella Nato ma nella Ue, con un’economia non corrotta. E senza le garanzie di sicurezza simili a quelle dell’art.5 dell’Alleanza ma dotata di potenti mezzi bellici - specialmente tank e difesa aerea - che le consentano di difendersi da sola. Punto particolare di discussione resta la Crimea. Molti dirigenti Usa e ucraini pensano sia irrealistica la sua riconquista ma sarebbe cruciale per Kiev che la penisola non serva più come base di attacco. Una formula da soppesare sarebbe quella di uno status demilitarizzato, rinviando la questione del controllo politico finale. Ma per questo occorre il consenso di Mosca.

Ore 16:38 - Fonti Kiev, «Corani bruciati sono operazione servizi Mosca contro ingresso Svezi»

Le copie del Corano bruciate dall’attivista danese-svedese di estrema destra Rasmus Paludan sono una provocazione organizzata dai servizi di Mosca per ostacolare l’ingresso della Svezia nella Nato. A dirlo è Oleksandr V. Danylyuk, capo del Centro per le Riforme della difesa, una piattaforma interdipartimentale ucraina contro le minacce ibride, che opera nella cornice della cooperazione Nato-Ucraina. La sua analisi sul sito Guidhall viene rilanciata da Ukrinform. Paludan, afferma Danylyuk, chiede al presidente turco di far entrare la Svezia nella Nato, ma in realtà le sue azioni «sono parte di un’operazione dei servizi russi». Viene usato «il principio dell’opposto, quando una persona pone pubblicamente delle richieste che sono il contrario del vero obiettivo dell’operazione», spiega, aggiungendo che questa tattica è una specialità dei servizi prima sovietici e ora russi.

Ore 17:27 - Casa Bianca, richiesta F-16? Contatti costanti con Kiev

La Casa Bianca «non è sorpresa» dalla richiesta ucraina di caccia F-16 e di capacità aeree «in generale». Lo ha detto il capo della Comunicazione del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, che però ha chiarito che al momento «non ci sono annunci» da fare da parte di Washington riguardo alla fornitura di caccia. «Siamo in costanti conversazioni e discussioni con gli ucraini riguardo alle loro necessità», ha riferito.

Ore 17:27 - Corea Nord, Usa oltre linea rossa con invio tank a Kiev

Kim Yo-jong, la potente sorella del leader nordcoreano Kim Jong-un, attacca la decisione degli Usa di fornire carri armati all’Ucraina: dietro questa mossa «c’è la sinistra intenzione degli Stati Uniti di realizzare il proprio obiettivo egemonico espandendo ulteriormente la guerra per procura per distruggere la Russia», ha riferito un dispaccio dell’agenzia Kcna. Gli Usa, «che hanno esposto l’intero continente europeo al grave pericolo della guerra e causato preoccupazioni grandi e piccole, stanno ora ulteriormente oltrepassando la linea rossa», ha aggiunto Kim. Washington ha accusato Pyongyang di fornire armamenti alla Russia.

Ore 19:01 - Nuovo decreto aiuti possibile la prossima settimana, Crosetto: «Evitare l’escalation»

La prossima settimana potrebbe nascere il nuovo decreto aiuti per l’Ucraina. Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a margine dell’evento «Prospettive europee per una Difesa comune» a Roma.

Crosetto, riferendosi all’eventuale presenza di carri armarti a Kiev, ha spiegato che questo porterebbe i russi ai confini con la Nato: quindi qualsiasi incidente o evento casuale potrebbe dare luogo ad una escalation che non sarebbe più soltanto la guerra in Ucraina ma porterebbe il conflitto «ai confini dell’Europa», aprendo uno scenario - questo sì - da Terza guerra mondiale.

Ore 19:08 - Zelensky: servono 300-500 tank per controffensiva

«Ci servono 300 o 500 tank ora. Servono per portare avanti un’offensiva sul nostro territorio, la nostra terra. Servono veicoli corazzati per proteggere la nostra gente». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in una intervista a Sky news Uk. Zelensky ha ringraziato i paesi che hanno fornito i tank, ma ha ricordato che qualche volta ci vogliono «mesi» per l’arrivo delle armi promesse. «Non do la colpa a nessuno, ma io mi sento sollevato solo quando le armi dateci dagli alleati sono effettivamente usate dal nostro esercito», ha spiegato.

Ore 19:38 - Olimpiadi, Bach: Ucraina vuole isolare russi, Cio contrario

«Non è in linea con la nostra missione. Conosciamo il punto di vista dell’Ucraina che, non solo vuole isolare la Russia come Stato, ma vuole il totale isolamento di tutti i russi mentre la missione del Comitato Olimpico Internazionale è riunire tutti gli atleti di tutto il mondo perché questo è il significato delle Olimpiadi». Lo ha detto oggi il presidente del Comitato Olimpico Internazionale (Cio), Thomas Bach in risposta alle minacce di boicottaggio dell’Ucraina in occasione delle Olimpiadi di Parigi 2024 avanzate dal ministro dello sport ucraino, Vadym Guttsait. Bach è intervenuto a margine dei Campionati mondiali di slittino che si stanno svolgendo a Oberhof in Germania.

Ore 20:05 - Brasile non fornirà munizioni per Leopard 2

Il governo brasiliano ha respinto la richiesta della Germania di fornire munizioni per i carri armati Leopard 2 da impiegare in Ucraina: è quanto riporta il quotidiano brasiliano A Folha. Brasilia avrebbe adottato questa decisione per rimanere neutrale e «non provocare la Russia», secondo quanto riporta il quotidiano.

Ore 20:07 - Sei mesi per addestrare piloti a uso F-16

Per addestrare i piloti ucraini a combattere sui caccia occidentali occorrerebbero circa sei mesi: lo ha dichiarato il portavoce dell’aviazione militare di Kiev, Yuri Ihnat. Inhat ha aggiunto che attualmente l’Ucraina dispone di quattro diversi modelli di fabbricazione sovietica, per la cui sostituzione il caccia più adatto sarebbe l’F-16 statunitense in dotazione a molti Paesi della Nato.

Kiev, dopo aver ricevuto il via libera dagli Stati Uniti e dalla Germania alla fornitura di carri armati di fabbricazione occidentale richiesti per settimane in vista di una possibile offensiva russa di primavera, vorrebbe anche dotarsi di apparecchi da combattimento più moderni. Se da Washington ci si è limitati a commentare che le consultazioni sull’argomento sono in corso, Berlino ha già reso noto di non aver alcuna intenzione di fornire aerei da caccia.

Ore 20:08 - Zelensky: la situazione al fronte in Ucraina resta estremamente grave

La situazione al fronte in Ucraina è rimasta estremamente grave, in particolare nella regione orientale di Donetsk. Lo ha sottolineato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, come ha riportato la tv satellitare britannica Sky News. Nel suo discorso serale, Zelensky ha affermato che le forze russe non stanno soltanto prendendo d’assalto le posizioni ucraine, ma stanno inoltre distruggendo le città e i villaggi intorno a loro. Ha aggiunto che nella regione di Donetsk la Russia sta intensificando l’offensiva. La regione è stata testimone di feroci combattimenti, comprese battaglie intorno alla città di Bakhmut. Quest’ultima ha un’importanza simbolica sia per la Russia sia per l’Ucraina, anche se gli analisti militari occidentali affermano che ha scarso significato strategico. All’inizio di questa settimana, l’Ucraina ha confermato di aver ritirato le sue truppe dalla piccola città di Soledar, che si trova a nord di Bakhmut.

Ore 20:53 - Premier Polonia: Cecenia potrebbe ottenere indipendenza

«La Cecenia potrebbe ottenere la sua indipendenza». Lo ha detto, senza mezzi termini, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, in un’intervista trasmessa sull’emittente francese Lci. Il premier ha auspicato che «altre nazioni si liberino dalla Federazione Russa» dove sono, a suo dire, «in prigione». «Ci sono parti della Russia che sono prigioni per altre nazioni», ha sottolineato Morawieck. «Queste parti della Russia potrebbero essere liberate, come ad esempio la Cecenia. Potrebbero ottenere la loro indipendenza. Hanno combattuto per la loro libertà per secoli e negli ultimi decenni hanno combattuto con grande motivazione. Credo che questo Paese meriti la sua indipendenza». La Cecenia ha vissuto due guerre con la Russia, dal 1994 al 1996 e dal 1999 al 2009. Dopo questo secondo conflitto, il controllo federale russo è stato ripristinato. Il Paese è ora guidato da Ramzan Kadyrov, un forte sostenitore di Vladimir Putin

The Americans. L’allarmante ex capo del controspionaggio Fbi e l’ingerenza russa. Christian Rocca su L’Inkiesta il 27 Gennaio 2023.

Mentre noi dibattiamo del nulla, le autorità federali americane hanno arrestato un dirigente del Bureau che durante le elezioni del 2016 indagava sui rapporti tra il Cremlino e Trump. Ora è accusato di aver intrallazzato con l’oligarca antiucraino sotto sanzioni e con un ex diplomatico russo.

Mentre le peggiori menti di questo paese si mobilitano per respingere Zelensky sul fronte di Sanremo, bivaccano in quelle cloache chiamate talk show e si accapigliano per intercettare e poi sputtanare il numero più alto possibile di cittadini italiani, negli Stati Uniti – un altro paese martoriato da un dibattito pubblico da curva sud – è successa una cosa raccapricciante ma forse anche in grado di spiegare come e perché siamo giunti a questo punto di decadenza civile e morale del discorso pubblico occidentale.

Dunque, le autorità federali di New York e di Washington hanno arrestato all’aeroporto JFK di New York un signore di cinquantaquattro anni che si chiama Charles McGonigal, e a Washington un ex diplomatico russo, con la doppia accusa di aver ricevuto denaro da un potente oligarca russo, Oleg Deripaska, magnate dell’alluminio e sodale di Vladimir Putin, e di aver riciclato altro denaro ricevuto da un ex agente segreto albanese.

L’aspetto rilevante della notizia non è l’ipotesi di reato in sé, ma che il signor Charles McGonigal è stato il capo delle attività di controspionaggio dell’Fbi, prima a Washington e poi, dal 2016 fino al 2018, nella divisione più importante che ha sede a New York.

In questo posto strategico, che in quegli anni gli addetti ai lavori chiamavano “Trumpland”, Charles McGonigal ha coordinato le inchieste sugli oligarchi russi, compreso Deripaska, e ha guidato le attività di controspionaggio sulla Russia, senza accorgersi, nel 2016, delle palesi ingerenze degli agenti del Cremlino sul processo democratico che ha visto Trump contrapposto a Hillary Clinton, ingerenze invece accertate dalla stessa Fbi soltanto dopo le elezioni e a risultato acquisito.

Charles McGonigal è stato messo a dirigere il controspionaggio Fbi dall’allora direttore del Bureau James Comey nell’ottobre del 2016, tre settimane prima la famigerata lettera di Comey sulle email di Hillary Clinton che ha cambiato il corso delle elezioni presidenziali americane e di molto altro.

Nei giorni precedenti la lettera di Comey, l’ex sindaco Rudy Giuliani – il cui ex studio legale oggi difende McGonigal – aveva fatto riferimento in televisione a dirigenti dell’FBI di New York che da lì a poco avrebbero fatto esplodere una “October surprise” contro Hillary, cosa effettivamente accaduta, mentre il 31 ottobre 2016, otto giorni prima delle elezioni presidenziali e 27 giorni dopo la nomina di McGonigal a capo del controspionaggio, il New York Times ha pubblicato un articolo basato su fonti interne Fbi intitolato «L’Fbi non ha trovato nessun legame evidente tra Trump e la Russia».

Episodi decisivi per l’esito delle elezioni che adesso con l’arresto di McGonigal rendono più urgente risalire a chi dentro l’Fbi si è mostrato così solerte nell’inguaiare Hillary e nel sollevare Trump da ogni responsabilità.

Coincidenze oppure no, va aggiunto che l’oligarca Deripaska per il quale, secondo l’accusa, ha lavorato McGonigal è lo stesso oligarca che per conto di Putin ha manovrato fino al 2014 la politica pro Mosca dell’Ucraina, attraverso la figura dell’ex presidente-fantoccio Viktor Yanukovych, poi cacciato dalle rivolte democratiche e filo-europee di Maidan.

Gli intrecci russo-ucraini-trumpiani non finiscono qui: lo stratega elettorale di Yanukovych, sempre alle dipendenze dell’oligarca Deripaska, era Paul Manafort, diventato nel 2016 il capo della campagna elettorale di Trump e poi processato e condannato al carcere per le sue attività filo russe, e infine graziato da Trump pochi giorni prima di lasciare la Casa Bianca.

Scopriremo se anche in questo caso si tratta di altre coincidenze o di ulteriori elementi a conferma di una precisa strategia russa di manipolazione dei processi democratici in Occidente, addirittura con la presenza di agenti del caos nel cuore delle istituzioni investigative americane, come nella serie televisiva The Americans.

Il processo a McGonigal servirà a capire se l’ex capo dell’intelligence Fbi – messo dai trumpiani a capo del controspionaggio russo proprio quando l’Fbi ha cominciato a gettare fango su Hillary Clinton e a ignorare i legami evidenti tra la Russia e il team Trump – abbia davvero intrallazzato con un uomo del Cremlino sotto sanzioni e con ex agenti ed ex diplomatici russi. E magari servirà anche a capire se tutto ciò è un caso isolato oppure se è collegato con l’ingerenza russa sulle elezioni americane.

La decisione del nuovo presidente trumpiano della Camera, Kevin McCarthy, presa poco dopo la notizia dell’arresto di McGonigal, di escludere dalla Commissione parlamentare sull’intelligence Adam Schiff, il deputato più esperto di operazioni manipolatorie russe e al centro del procedimento di impeachment contro Trump, certo non aiuterà a capire come sono andate le cose. O forse sì.

Estratto da corriere.it il 23 gennaio 2023.

Charles McGonical, 54 anni, che guidava la divisione di New York, è stato arrestato sabato con l’accusa di aver violato le sanzioni e di riciclaggio di denaro. Una fonte anonima ha confermato all’emittente «Nbc News» che McGonigal è stato arrestato all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York , di ritorno da un viaggio in Medio Oriente.

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 L’incontro

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha aggiunto Deripaska alla lista di sanzioni nel 2018 per presunti legami con il governo russo e il settore energetico russo. L’accusa di New York sostiene che McGonigal sia stato presentato da Shesktaov nel 2018 a un ex diplomatico sovietico che ha lavorato come agente per Deripaska. Quella persona non è identificata nei documenti del tribunale, ma il Dipartimento di Giustizia afferma che «nei resoconti pubblici si diceva che fosse un ufficiale dell’intelligence russa».

 Secondo l’accusa, Shesktaov ha chiesto a McGonigal il suo aiuto per ottenere uno stage presso il dipartimento di polizia di New York per la figlia dell’agente di Deripaska. McGonigal ha accettato, dicono i pubblici ministeri, e ha detto a un contatto del dipartimento di polizia che «ho legami con suo padre per una serie di motivi».

(ANSA il 24 gennaio 2023) – Un ex agente dell'Fbi è stato arrestato con la pesante accusa di aver ricevuto pagamenti dall'oligarca russo Oleg Deripaska in cambio di indagini nei confronti dei suoi rivali, in violazione delle sanzioni americane contro il tycoon dell'alluminio.

 Charles McGonigal, ex responsabile dell'antiterrorismo dell'ufficio dell'Fbi di New York, è stato fermato all'aeroporto John Fitzgerald Kennedy sabato scorso di rientro da un viaggio in Sri Lanka. Insieme a McGonigal - che ha lasciato l'Fbi nel 2018 - è stato arrestato anche l'ex diplomatico russo, divenuto cittadino americano, Sergey Shestakov.

I due - è l'accusa del autorità americane - hanno lavorato per cercare di rimuovere le sanzioni imposte a Deripaska, miliardario russo che è stato cliente di Paul Manafort, l'ex manager della campagna di Donald Trump. Se rinvenuti colpevoli, McGonigal e Shestakov rischiano oltre 80 anni di reclusione ciascuno.

 Nel 2021 i due "hanno cospirato per fornire servizi a Deripaska in violazione delle sanzioni imposte nel 2018" al miliardario: "in particolare dopo aver negoziato con un agente di Deripaska, McGonigal e Shestakov si sono detti d'accordo sull'indagare su un rivale russo" dell'oligarca in cambio di pagamenti, si legge nell'accusa delle autorità americane, secondo le quali i due hanno agito senza nominare direttamente il miliardario nelle loro comunicazioni elettroniche.

A complicare il caso di McGonigal è anche l'accusa separata di aver ricevuto 225.000 dollari da un agente dell'intelligence albanese che vive in New Jersey. L'ex agente dell'Fbi si dichiara non colpevole e si impegna combattere le accuse in tribunale. "Charles ha servito gli Stati Uniti per decenni, ci batteremo davanti alla corte", ha detto il suo avvocato Seth DuCharme. L'arresto ha colto di sorpresa i suoi ex colleghi, che lo hanno sempre ammirato per il suo ruolo e la sua dedizione.

Ex capo dell'Fbi fermato all'aeroporto Jfk. "Pagato da Deripaska, un oligarca putiniano". Storia di Redazione su Il Giornale il 24 gennaio 2023.  

Relazioni pericolose. Un ex agente dell'Fbi è stato arrestato per i suoi legami con l'oligarca russo Oleg Deripaska. Charles McGonigal - ex agente speciale responsabile dell'antiterrorismo nell'ufficio dell'Fbi di New York - è stato fermato all'aeroporto John Fitzgerald Kennedy, di rientro dallo Sri Lanka. McGonigal, che ha lasciato l'agenzia federale nel 2018, è accusato di aver violato le sanzioni americane per aver cercato di far rimuovere Deripaska dalla lista delle persone sanzionate dagli Stati Uniti.

L'ex agente dell'Fbi è accusato, secondo le prime ricostruzioni del New York Times, di aver ricevuto pagamenti da Deripaska in cambio di indagini sui rivali dell'oligarca russo. Deripaska, tycoon dell'alluminio con legami con il presidente russo Vladimir Putin, è stato cliente di Paul Manafort, l'ex manager della campagna elettorale di Donald Trump. McGonigal si è dichiarato, tramite il suo legale, non colpevole. «Charlie è stato al servizio degli Stati Uniti in modo efficace per decenni. Abbiamo valutato le accuse mosse dal governo e attendiamo di vedere le prove su cui intende basarsi», ha spiegato l'avvocato dell'ex agente. L'arresto ha colto di sorpreso gli ex colleghi di McGonigal.

Nonostante gli intrecci pericolosi, le sanzioni occidentali imposte per la guerra in Ucraina colpiscono duro gli oligarchi russi: secondo il Bloomberg Billionaires Index, i miliardari dello zar hanno perso quasi 95 miliardi di dollari nel 2022, pari a 330 milioni al giorno da quando il Cremlino ha invaso l'Ucraina. Il grande perdente è stato Roman Abramovich, l'ex proprietario del Chelsea FC, con la sua fortuna in calo del 57% a 7,8 miliardi di dollari. Secondo la statistica, Abramovich è stato uno dei primi oligarchi a essere sottoposto a sanzioni britanniche il 10 marzo dopo che la Gran Bretagna lo ha accusato di avere «chiari legami» con il regime di Vladimir Putin e di far parte di un gruppo di ricchi uomini d'affari russi che avevano «le mani sporche di sangue». Anche il patrimonio di Gennady Timchenko, miliardario investitore energetico e amico intimo di Putin, si è ridotto del 48% a 11,8 miliardi di dollari, e Suleiman Kerimov, un altro alleato del presidente russo e attuale proprietario della compagnia mineraria Polyus, ha perso il 41%, scendendo a 9 miliardi di dollari. Solo nel Regno Unito sono stati congelati più di 18 miliardi di sterline di beni appartenenti a oligarchi e altri russi con sanzioni imposte a 1.271 persone. Non ha perso solo soldi a causa delle sanzioni ma è incappato anche in guai con la giustizia inglese un altro milionario russo di primo profilo: Mikhail Fridman, nato nell'Ucraina e allora sovietica Leopoli, dove ancora vivono i suoi genitori ma cresciuto in Russia, è stato fermato il 3 dicembre dalla National Crime Agency (Nca) con l'accusa di riciclaggio di denaro sporco e falsa testimonianza al ministero dell'Interno. Fridman, cofondatore del gigante russo di investimenti Alfa-Group, era, secondo Forbes, il settimo uomo più ricco di Russia nel 2017 e, stando al Bloomberg Billionaire Index, nell'agosto 2022, nonostante le sanzioni, aveva ancora un patrimonio netto teorico di circa 11 miliardi di euro.

Estratto dell’articolo da “la Stampa” il 27 gennaio 2023.

Viktor Medvedchuk torna in campo e minaccia Zelensky. Nove mesi dopo il suo arresto in Ucraina per sospetto tradimento, tornato libero e rifugiatosi a Mosca grazie a uno scambio di prigionieri eccellenti, l'ex leader dell'opposizione filorussa ha annunciato che sta lavorando a un nuovo raggruppamento in rappresentanza di «un'altra Ucraina».

 Quella che a suo dire è contraria al "neonazismo" promosso dall'attuale presidente. Medvedchuk ha scelto i microfoni di Russia Today. E difficilmente poteva essere altrimenti. Il politico e uomo d'affari ha un legame molto stretto con il presidente russo Vladimir Putin, che ha fatto anche da padrino di battesimo a sua figlia.

«Ho passato tutti questi mesi - ha spiegato - a mettere insieme una squadra. Molte persone sono venute da Kiev, molte ora sono fuori dall'Ucraina, in Russia, in Europa e in Turchia. Sono pronte a continuare la lotta e a farsi sentire». […]

Media: ucraini in difficoltà a Bakhmut. Medvedev attacca Crosetto: «Sciocco raro». La replica: «Io aiuto una nazione aggredita». Andrea Nicastro, inviato, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 28 gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di sabato 28 gennaio. Mosca denuncia: «Bombe ucraina su un ospedale nel Lugansk: 14 morti». Kiev: «Oltre 6mila soldati russi vorrebbero arrendersi»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 339esimo giorno.

• Crosetto annuncia nuovi aiuti militari: «I russi a Kiev? Sarebbe la Terza Guerra mondiale».

•Rais russi a Kherson e nel Donetsk: 5 morti.

• Il primo ministro polacco Morawiecki ha accusato Putin di «costruire nuovi campi a est».

• L’intelligence estone ritiene che la Russia possa condurre attacchi missilistici contro l’Ucraina ancora per mesi.

Ore 23:20 - Macron assicura che continuerà «a parlare» con Putin

Il presidente francese, Emmanuel Macron, assicura che continuerà a «parlare con la Russia», nonostante le critiche. «Alcuni, in altri tempi, mi hanno potuto rimproverare per aver parlato con la Russia. E io continuerò», ha dichiarato il presidente francese, durante un ricevimento all'Eliseo in occasione del Capodanno cinese. Macron è stato uno dei pochi capi di Stato occidentali che è rimasto in contatto con Vladimir Putin, dopo l'invasione dell'Ucraina. «Tutti i nostri Paesi hanno una posizione da tenere, quella del rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale, quali che siano le amicizie, le alleanze che possiamo coltivare», ha poi aggiunto il presidente francese.

Ore 01:17 - Kiev, Russia prepara offensiva per il 24 febbraio

La Russia sta preparando per il 24 febbraio una nuova ondata di offensive contro l'Ucraina, esattamente a un anno dall'inizio dell'invasione. In tal senso negli ultimi giorni le forze armate russe hanno testato le capacità di difesa dell'Ucraina vicino a Zaporizhzhia. Lo ha dichiarato a Radio Svoboda il segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa dell'Ucraina, Oleksii Danilov aggiungendo «l'obiettivo russo è ampliare i confini» degli oblast orientali di Donetsk e Luhansk. Secondo Danilov, i prossimi mesi saranno molto difficili per l'Ucraina «poiché la Russia intensificherà le offensive e l'Ucraina attende le tanto necessarie consegne di armi recentemente promesse dagli alleati occidentali».

Ore 02:38 - Sirene raid aerei risuonano in diverse regioni Ucraina

Le sirene dei raid aerei sono risuonate durante la notte in diverse regioni dell'Ucraina. Lo indicano i dati del Ministero della trasformazione digitale del Paese. Le allerte sui raid aerei erano in vigore nelle regioni ucraine di Poltava e Dnipropetrovsk, così come nelle parti controllate dall'Ucraina della regione di Zaporizhzhia, ha mostrato la mappa online del ministero. I media ucraini hanno riferito venerdì di esplosioni nella città di Kryvyi Rih, così come nella parte di Zaporizhzhia controllata da Kiev.

Diversi siti infrastrutturali sono stati danneggiati a Zaporizhzhia, con un i ncendio segnalato in uno di loro: lo ha riferito su Telegram il sindaco ad interim di Zaporizhzhia nominato da Kiev, Anatoly Kurtev. Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha dichiarato nel novembre dello scorso anno che circa il 50 per cento delle infrastrutture energetiche dell'Ucraina è stato danneggiato. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato a dicembre che, in quel momento, era impossibile ripristinare l'infrastruttura energetica del Paese al 100 per cento, motivo per cui le interruzioni di corrente programmate rimangono in vigore nella maggior parte delle città e dei distretti dell'Ucraina.

Ore 03:36 - Zelensky, la situazione al fronte estremamente grave

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha annunciato che la situazione sul fronte è «estremamente grave», in particolare nella provincia orientale di Donetsk, dove la Russia sta intensificando la sua offensiva. Il presidente ha confermato che a Vuhledar, a sud-ovest di quella regione, e a Bakhmut, a nord-est, si stanno svolgendo grandi battaglie. Zelensky nel suo discorso a tarda notte ha affermato che le forze russe non stanno solo prendendo d'assalto le posizioni ucraine, ma stanno anche «deliberatamente e metodicamente» distruggendo le città e i paesi intorno a loro «con artiglieria, attacchi aerei e missili». «L'esercito russo non è a corto di mezzi letali. Può essere fermato solo con la forza», ha assicurato.

Ore 03:50 - Frasi Orban, Kiev convoca ambasciatore ungherese

A seguito delle recenti dichiarazioni del primo ministro ungherese Viktor Orban sull'Ucraina, il ministero degli Esteri di Kiev convocherà l'ambasciatore ungherese. Le frasi di Orban — secondo quanto riportato da Reuters — sono state definite «inaccettabili» dal portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko. In dettaglio, il premier ungherese aveva detto che l'Ucraina è una «terra di nessuno» e l'aveva paragonata all'Afghanistan. «Budapest sta continuando un percorso volto a distruggere le relazioni ungheresi-ucraine», ha aggiunto Nikolenko, sottolineando che «l'ambasciatore ungherese sarà convocato al ministero degli Esteri ucraino per una franca discussione e ci riserviamo il diritto di adottare altre misure in risposta».

Ore 07:35 - L’ambasciatore ucraino: l’occidente invierà 321 carri armati

I Paesi occidentali invieranno 321 carri armati all’Ucraina: lo ha detto l’ambasciatore ucraino in Francia, Vadym Omelchenko, in un’intervista all’emittente televisiva francese affiliata alla Cnn, BFMTV. «Ad oggi, numerosi Paesi hanno confermato ufficialmente il loro accordo per la consegna di 321 carri armati all’Ucraina», senza precisare i modelli ma sottolineando che «i termini di consegna variano per ogni caso e abbiamo bisogno di questo aiuto il prima possibile». Tra i Paesi che si sono impegnati nel rifornimento di tank, la Polonia che ha annunciato l’invio di altri 60 carri armati in Ucraina oltre ai 14 Leopard 2 di fabbricazione tedesca già promessi, nelle parole del premier polacco, Mateusz Morawiecki, a CTV News. Anche il Belgio ha annunciato un pacchetto aggiuntivo di 93,6 milioni di euro in aiuti militari per l’Ucraina in quello che il primo ministro belga, Alexander De Croo, ha definito - inclusa la spesa precedente - il più grande del suo genere che il Belgio abbia mai dato a un altro paese.

Ore 08:11 - Il marine ucraino: «I russi arrivano a ondate, i Leopard sono essenziali. Impareremo in fretta, la guerra accelera tutto»

(Andrea Nicastro) Il consigliere del ministro della Difesa ucraino cerca nel cellulare un filmato preso da un drone. Si vede una città, con cinque o sei focolai d’incendio. «È Vuhledar, vicino a Donetsk, in Donbass - dice Oleksii Hodzenko, 31 anni, marine - incendi dappertutto, case diroccate, continui tiri d’artiglieria. E i russi che vengono avanti senza copertura, senza nascondersi dietro gli alberi, senza aspettare la notte. Salgono su un blindato e partono perché gli dicono “dovete prendere Vuhlevar”. La raderanno al suolo come hanno fatto con Soledar, ma sarà un altro loro cimitero».

Se avanzano così in campo aperto, perché non li eliminate tutti? È la loro artiglieria a tenervi lontano? «Questo non è il 1945. Non si spara più fissando i piedi del cannone o annusando il vento. Esistono i droni e armi adeguate a combattere il muro di fuoco russo. Se li vediamo avanzare, spostiamo un pezzo, impostiamo le coordinate, spariamo, lo eliminiamo e torniamo indietro. Si può fare, è tutto computerizzato, ci vuole un attimo. Non ha idea di quanti ce ne mandano contro. Davvero una marea, non abbiamo abbastanza armi per ammazzarli tutti». Servono a questo i Leopard e gli Abrams che vi hanno promesso? «Anche. Assieme ai blindati, trasportano truppe, cannoni, contraerea, lanciarazzi che stanno già arrivando». Il presidente Zelensky aveva chiesto 300 tank, sembra che ne arrivino tra i 120 e i 150, ma in un anno. Bastano? «Capisco la reticenza, non presti l’auto a uno che non sai come guida. Era successo anche con i cannoni M777 Howitzers. Arrivò una sola batteria. Quando i partner hanno visto come li usavamo, ne sono arrivati un sacco. Lo stesso per gli Himars. Quando dimostreremo che sappiamo usare i Leopard, sono sicuro che ne arriveranno altri».

Ore 08:20 - Zelensky denuncia l’ipocrisia del Cio: «Volete far gareggiare i russi alle Olimpiadi con bandiera neutrale? Venite a Bakhmut»

Volodymyr Zelensky ha criticato aspramente le considerazioni del presidente del Cio Thomas Bach sul reinserimento degli atleti russi e bielorussi nello sport mondiale. «Invito il signor Bach a Bakhmut, dove può vedere di persona che la neutralità non esiste», ha detto il presidente ucraino promettendo di lavorare per «ripulire l’ipocrisia della gestione delle strutture olimpiche internazionali». «È ovvio che ogni bandiera neutrale degli atleti russi è macchiata di sangue». Bach aveva da poco ribadito la posizione del Cio di essere aperto a un ritorno di questi atleti allo sport mondiale. Malgrado i ripetuti appelli dall’Ucraina a bandire gli atleti russi e bielorussi dalle Olimpiadi del 2024 in programma a Parigi, il Cio ha detto che sta «valutando» la possibilità di consentire loro di partecipare sotto una bandiera neutrale. «Non è in linea con i valori e la missione della Carta Olimpica escludere gli atleti a causa del loro passaporto» aveva spiegato Bach.

Ore 08:34 - Forte boato a Mariupol

Una forte esplosione è risuonata questa mattina nella città di Mariupol occupata dalle forze russe, nella regione di Donetsk. Lo ha reso noto su Telegram il consigliere del sindaco, Petro Andryushchenko, come riportano i media locali. L’esplosione è avvenuta vicino alle fabbriche di Azovmash e Ilyich. «Stiamo chiarendo le ragioni. Ma questi suoni stanno diventando sempre più frequenti in città...», ha scritto Andryushchenko.

Ore 08:55 - Monito della Nord Corea agli Usa per l’invio di tank a Kiev, la sorella di Kim: «Oltrepassata la linea rossa»

La Corea del Nord ha condannato la decisione di Washington di inviare carri armati in Ucraina, affermando che gli Stati Uniti stanno alimentando una «guerra per procura per distruggere la Russia». Washington «oltrepassa ulteriormente la linea rossa», ha spiegato Kim Yo Jong, sorella del leader nordcoreano Kim Jong Un, accusando gli Stati Uniti, che lei definisce «supercriminali», di essere responsabili della guerra in Ucraina. Dietro la decisione «si cela il sinistro desiderio degli Stati Uniti di raggiungere il proprio obiettivo di egemonia», ha proseguito, aggiungendo che Pyongyang starà «sempre» al fianco dei russi.

Ore 09:09 - Seul chiude le porte a disertori russi: «In 5 vivono in aeroporto da mesi»

Cinque disertori russi sono bloccati da mesi nell’aeroporto internazionale di Incheon in Corea del Sud dopo che le autorità di Seul si sono rifiutate di accoglierli come rifugiati. Si tratta di cittadini russi fuggiti dal loro Paese dopo l’ordine di mobilitazione militare generale per combattere in Ucraina dato dal presidente Vladimir Putin. Tre sono arrivati a ottobre, gli altri due a novembre, ha detto il loro avvocato Lee Jong-chan.

Le loro domande per lo status di rifugiato sono state respinte dal ministero della Giustizia sudcoreano, lasciandoli bloccati nell’area di partenza per mesi in attesa di una sentenza sul loro appello, ha spiegato il legale alla Cnn.

Ore 09:49 - Bombe russe su Kherson, 2 morti e 7 feriti

Due persone sono morte e altre sette sono rimaste ferite durante i bombardamenti russi di ieri sulla città di Kherson e nell’omonima regione, nell’Ucraina meridionale: lo ha reso noto l’Amministrazione militare regionale.

I russi hanno aperto il fuoco su città e villaggi con artiglieria, lanciarazzi e mortai, bombardando la stessa Kherson cinque volte, danneggiando edifici residenziali e strutture mediche.

Ore 10:07 - Missili russi a Kostiantynivka: morti 3 civili

Almeno tre civili sono morti e due persone sono state ferite a seguito di un attacco missilistico russo a Kostiantynivka, città industriale nella regione di Donetsk, in Ucraina orientale. Lo riferiscono i media ucraini spiegando che i missili russi hanno colpito un edificio a più piani.

Ore 10:32 - Giustizia: «Presto anche in Italia saranno punibili i crimini di guerra»

La Commissione ministeriale sta lavorando a un progetto di codice relativo ai crimini internazionali come genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, istituita dal ministro della Giustizia con decreto ministeriale.

«Il progetto del codice, una volta approvato e divenuto esecutivo, consentirà di disporre della leva penale per sanzionare, anche nel nostro Paese, gli orrendi crimini commessi nei conflitti tra i quali quello in atto in Ucraina». Lo ha detto il procuratore generale della corte d’appello di Roma facente funzioni Salvatore Vitello nella relazione per l’anno giudiziario.

Ore 10:49 - Il piano per la Russia post Putin (ideato dai due arcinemici di Putin)

(Luca Angelini) L’ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov e l’ex oligarca titolare della Yukos ed ex prigioniero politico Mikhail Khodorkovsky sostengono che il mondo non debba aver timore di una Russia senza lo «zar» al comando.

L’ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov e l’ex oligarca titolare della Yukos ed ex prigioniero politico Mikhail Khodorkovsky (qui una sua intervista con Federico Fubini), cofondatori del Russian Action Committee sono, assieme ad Alexej Navalny, i più internazionalmente noti degli oppositori di Vladimir Putin. Non stupirà, quindi, che in un intervento su Foreign Affairs sostengano che il mondo non debba aver timore di una Russia senza Putin al comando. Ma, anche se decisamente non super partes, il loro punto di vista merita di essere preso in considerazione (e forse non a caso è stato per diversi giorni l’articolo più letto sul sito della rivista).

Ore 11:02 - Autorità ucraine denunciano: «Hotel e 4 condomini danneggiati a Kostiantynivka»

Il governatore regionale di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, sul proprio canale Telegram denuncia l’ultimo attacco russo a Kostiantynivka. «Quattro condomini e un hotel sono stati danneggiati dall’attacco russo - ha detto il funzionario ucraino - i soccorritori e agenti di polizia sono sul posto per «documentare attentamente l’ennesimo crimine degli occupanti russi».

Ore 11:17 - Urso: «Progetto corridoio Odessa-Trieste»

«Stiamo realizzando un grande evento che si terrà a Roma verso la fine di marzo, per porre le premesse della ricostruzione. Stiamo costituendo un corridoio alternativo a quello marittimo realizzabile fin da subito legando Odessa a Trieste, anche attraverso la piattaforma logistica di Verona. Così il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a «Coffee Break», su La7.

«Sin da oggi - ha aggiunto - costruiremo questo gemellaggio che serve ad aiutare l’Ucraina in questo momento, alla ricostruzione, e questo legame servirà e verrà esemplificato al meglio nell’anno del 2030, quando risulta per noi ideale Roma come sede dell’Expo di quell’anno».

Ore 12:01 - Scholz: «Non vogliamo una guerra tra Russia e Nato. Penso cal bene dei tedeschi»

«Dall’inizio della guerra abbiamo tre principi guida. Primo: facciamo quello che è necessario per sostenere l’Ucraina, sul fronte umanitario, finanziario e delle armi. Secondo: evitiamo un’escalation. Non si deve arrivare a una guerra fra la Russia e la Nato. E terzo: la Germania non assumerà iniziative solitarie, ma si accorda in modo stretto con i partner, primo fra tutti gli Usa. Questo è il nostro modo di procedere», lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz nel suo podcast rivolto ai cittadini.

Poi ha aggiunto: «La Russia non deve riuscire nell’intento di spostare i confini con la violenza. Vi prometto di considerare sempre la sicurezza della Germania. Ci sarà sempre intesa, ponderazione e coordinazione. Questo è il principio del nostro governo, una politica responsabile nel tempo in cui così vicino a noi c’è una guerra così brutale».

Ore 12:18 - Viceministro esteri russo incontrerà l’ambasciatrice Usa a Mosca

Il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabko vedrà all’inizio della prossima settimana la nuova ambasciatrice americana a Mosca Lynne Tracy. Lo ha reso noto lo stesso Ryabkov, citato dall’agenzia di stampa Ria Novosti.

Ieri la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova aveva detto che l’arrivo dell’ambasciatrice non migliorerà i rapporti tra Mosca e Washington a causa della «guerra ibrida mossa dagli Stati Uniti contro la Russia».

Ore 12:37 - Italia-Francia: «Accordo per 700 missili Aster-30 da mandare a Kiev»

Italia e Francia hanno concordato l’acquisto congiunto di 700 missili Aster-30 per il sistema di difesa aerea Samp-T, da destinare all’Ucraina: si tratta di una commessa da due miliardi di euro. Lo riporta il quotidiano francese l’Opinion. Il giornale scrive che l’accordo per la maxi-commessa è stato raggiunto durante la visita di ieri a Roma tra il ministro della Difesa Guido Crosetto, e il suo omologo d’Oltralpe Sebastien Lecornu. I missili Aster-30 hanno una gittata di 120 km.

Ore 12:45 - Invio armi: dai Paesi occidentali 321 carri armati

L’ambasciatore di Kiev in Francia Vadym Omelchenko, intervistato dalla francese Bfmtv, ha parlato dell’invio delle armi all’Ucraina, specificando che «molti Paesi hanno confermato ufficialmente la fornitura di 321 carri armati pesanti». I tempi di consegna saranno diversi a seconda del caso.

Ore 13:13 - Filorussi: «Abbattuto caccia ucraino nel Donetsk»

«Le forze russe hanno abbattuto un caccia ucraino Mikoyan MiG-29 nei cieli dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk». Lo riferisce il portavoce del Ministero della Difesa russo Igor Konashenkov, precisando che l’abbattimento è avvenuto nei pressi di Krasnoarmeisk.

Ore 13:26 - Medvedev a Crosetto: «Invio di armi per prevenire terza guerra mondiale? Uno sciocco raro a certi livelli»

Il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev ha attaccato il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, per le sue dichiarazioni sulla necessità di inviare armi a Kiev. «Non ci sono molti sciocchi nelle strutture di potere in Europa», ha scritto l’ex presidente russo su Telegram, ma «un certo ministro della Difesa, di una certa Italia ha definito la fornitura di veicoli corazzati e altre armi all’Ucraina una prevenzione della terza guerra mondiale. Un raro eccentrico».

Ore 14:03 - L'aiuto cinese alla brigata Wagner

(Guido Santevecchi) C’è la mano di un’azienda (privata) cinese dietro i mercenari russi della Wagner in Ucraina.

Gli Stati Uniti hanno accusato e sottoposto a sanzioni Spacety China, una società che sviluppa tecnologia spaziale e che avrebbe fatto arrivare ai combattenti della Wagner immagini satellitari del territorio ucraino, utilizzate per selezionare i bersagli nella guerra. Spacety China (nome completo Changsha Tianyi Space Science and Technology Research Institute) è finita nella lista nera del Dipartimento del Tesoro americano: le sanzioni vietano qualsiasi collaborazione commerciale o tecnologica con l’azienda, che ha il quartier generale a Pechino e una filiale in Lussemburgo (anche questa metta sotto embargo da Washington).

Secondo l’indagine americana, il gruppo cinese avrebbe fornito le foto satellitari del territorio ucraino a Terra Tech, un’azienda russa, che a sua volta le avrebbe passate al comando della Wagner. Tecnicamente le immagini riprese dai satelliti cinesi si definiscono «aiuti non letali», perché non si tratta di armi o munizioni.

Ma il rapporto del Tesoro americano ricorda che le foto «hanno consentito alla Wagner di pianificare attacchi e combattimenti in Ucraina» (anche l'esercito di Kiev ha a disposizione grazie al sostegno occidentale immagini dello schieramento russo che permettono attacchi di precisione).

Spacety China è formalmente un’azienda privata, anche se ogni iniziativa industriale nella Repubblica popolare è comunque perlomeno sorvegliata dal governo.

Ore 14:17 - Kiev, «accelerano» i negoziati per invio caccia e missili

I negoziati per l’invio all’Ucraina di caccia e missili a lungo raggio da parte dei Paesi alleati «stanno accelerando»: lo ha detto al canale tv Freedom Mykhailo Podoliak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Lo riportano i media locali. «I nostri partner capiscono come si sta sviluppando la guerra. Capiscono che gli aerei d’attacco sono assolutamente necessari per coprire le truppe e i veicoli blindati che ci forniscono. Allo stesso modo, per ridurre drasticamente lo strumento chiave dell’esercito russo, l’artiglieria, abbiamo bisogno di missili».

Ore 14:17 - Von der Leyen, Kiev ha sostegno incondizionato dell’Ue

L’Ucraina ha il sostegno incondizionato dell’Unione europea. Lo ha affermato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, intervenendo ad un evento dell’Unione cristiano-democratica (Cdu) in corso oggi a Duesseldorf. Kiev deve prevalere contro l’aggressione russa per difendere i valori europei, secondo von der Leyen. «Siamo al fianco dell’Ucraina senza se e senza ma. L’Ucraina sta combattendo per i nostri valori condivisi, sta lottando per il rispetto del diritto internazionale e per i principi della democrazia ed é per questo che l’Ucraina deve vincere questa guerra», ha detto la presidente.

Ore 14:29 - Un quarto delle aree agricole non utilizzabili a causa della guerra

In Ucraina il 25 per cento delle aree agricole non è attualmente utilizzabile a causa dell’occupazione temporanea dei territori. Lo ha affermato il viceministro per le Politiche agrarie e alimentari ucraino Taras Vysotskyi, ripreso dall’agenzia di stampa Rbk-Ucraina.

Una volta liberato il territorio occupato, ci vorrà molto tempo per sminare e ripulire i territori, secondo il viceministro. «Ciò che l’occupante si lascia alle spalle ha bisogno di almeno diversi mesi, e anche fino a un anno, per tornare alla produzione», ha aggiunto.

Ore 15:01 - Dipartimento prigionieri di guerra ucraino: «Oltre 6mila soldati russi vorrebbero arrendersi»

Il numero lo riporta il portavoce del dipartimento per i prigionieri di guerra ucraino Vitaly Matvienko. «Sono 6.543 i soldati russi che avrebbero contattato il governo ucraino per arrendersi, spesso dalla linea del fronte». Questa dichiarazione, che fa riferimento al periodo 15 settembre-20 gennaio, sulla base di un progetto istituito dalle autorità di Kiev attraverso un call center e chiamato «Voglio Vivere», una linea diretta rivolta proprio ai membri del personale nemico.

Ore 15:12 - Cordoglio di Zelensky per le vittime di Gerusalemme

In un tweet il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (di origini ebraiche) ha espresso il proprio cordoglio per le vittime dell'attentato di Gerusalemme. «Il terrore non deve avere spazio a questo mondo, né in Israele, né in Ucraina».

Ore 15:41 - «Guerra Usa-Cina nel 2025»: la previsione del generale americano in un memorandum riservato

(Guido Santevecchi) Gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi in una guerra con la Cina entro due anni: a lanciare l'allarme, in un rapporto confidenziale, è Mike Minihan, capo dello US Air Mobility Command. Intanto Xi Jinping incarica il suo ideologo di trovare una nuova idea per la riunificazione di Taiwan.

«Spero di sbagliarmi, ma l’istinto mi dice che combatteremo nel 2025». È la previsione del generale Mike Minihan, capo dello US Air Mobility Command. Con chi rischiano di dover scendere in guerra gli Stati Uniti? L’ufficiale dell’aeronautica ha in mente la Cina. Teatro del conflitto sarebbe Taiwan, l’isola democratica che Xi Jinping ha giurato al Partito e alla nazione cinese di «riunificare».

Ore 15:46 - Crosetto replica a Medvedev: «Se aiutare è da sciocchi, allora lo sono»

«Se è "sciocco" aiutare una nazione aggredita a difendere la sua esistenza, allora lo sono. Lo avrei fatto anche a parti invertite. Medvedev pensi piuttosto a metter fine alla guerra». Così il ministro della Difesa Guido Cosetto replica su Twitter all'attacco del vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dimitri Medvedev.

Ore 15:57 - Mosca: raid ucraino su un ospedale nel Lugansk, 14 morti

Mosca denuncia un attacco ucraino contro un ospedale nel Donbass che avrebbe provocato ingenti vittime. «Himars lanciati dagli ucraini hanno colpito un ospedale a Novoaidar», nel Lugansk, provocando «14 morti e 24 feriti», ha comunicato il ministero della difesa russo, secondo quanto riporta Interfax.

Ore 16:11 - Crosetto: «I russi al tavolo di pace e si fermano gli aiuti militari»

«Se i russi non cercassero una vittoria totale, ma solo la fine delle ostilità e il ripristino della legalità internazionale, che sono l’unico obiettivo del Governo italiano e della mia azione di ministro, basterebbe che mettessero fine alle ostilità e si sedessero al tavolo della pace. Solo in questo modo, e immediatamente, cesserebbe tutto. Sia la guerra sia gli aiuti militari dell’Italia e degli altri Paesi che stanno soltanto aiutando uno Stato aggredito a difendersi da uno Stato aggressore». Sono queste le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto per commentare l’affermazione del vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev, il quale ha dato dello «sciocco» a Crosetto per la scelta di inviare armi in Ucraina.

Ore 16:18 - Stop del Brasile alla fornitura di munizioni a Kiev

Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva (Pt) ha posto il veto alla fornitura di munizioni per i carri armati dal Brasile all’Ucraina. Lula , secondo quanto riporta l’online della Folha di SP, preferisce mantenere una posizione neutralità ed evitare di provocare Mosca. Il capo di stato ha negato inoltre di aver ricevuto una richiesta del governo tedesco in tal senso. Intanto oggi il cancelliere Scholz arriva in Argentina per la sua prima tappa di un viaggio che nei prossimi giorni lo porterà anche in Brasile e in Cile. L’incontro tra il cancelliere tedesco e il leader brasiliano è previsto per lunedì 30 gennaio.

Ore 16:43 - Portogallo esita sui Leopard a Kiev: sono in cattivo stato

Mentre Berlino esitava, Lisbona lo aveva promesso a Kiev e il ministro degli Esteri portoghese, Joao Gomes Cravinho, lo aveva ribadito pochi giorni fa: il Portogallo avrebbe inviato alcuni dei suoi 37 Leopard in Ucraina. Ma la decisione non è stata ancora presa e dal ministero della Difesa arrivano diverse notizie sul pessimo stato di conservazione di alcuni di questi carri da combattimento. La Nato utilizza un sistema a tre colori (verde, giallo, rosso) per classificare l’operatività dei propri mezzi. Stando a quanto trapela sulla stampa portoghese in queste ore, la maggior parte dei carri sarebbe «in rosso», molti sul livello giallo (quindi comunque inutilizzabili nell’immediato), mentre solo una decina sarebbero i «verdi».

Ore 17:08 - Difesa, nessun contratto con Francia su forniture militari

In merito a notizie circolate su alcuni media francesi, la Difesa precisa che «si tratta di notizie prive di fondamento e che, nel corso dell’incontro tra il ministro della Difesa Italiano e il suo omologo francese, non è stato firmato, discusso e nemmeno accennato ad alcun contratto in materia di forniture militari», si legge in un comunicato del ministero. Il riferimento è all’acquisto congiunto di 700 missili Aster-30 per il sistema di difesa aerea Samp-T, da destinare all’Ucraina, riportato dal quotidiano francese l’Opinion.

«Come comunicato nel pomeriggio di ieri tra i Ministri della Difesa italiano e francese sono stati trattati argomenti riguardanti gli scenari geo-strategici e i possibili futuri sviluppi della crisi ucraina, del fianco Est e Sud dell’Alleanza, sulla sicurezza del Mediterraneo allargato, incluso il nord Africa e il centro Africa. Pertanto le Informazioni contenute nell’articolo sono del tutto non accurate e false. I media francesi hanno inoltre riportato capziosamente e in maniera fuorviante la notizia di una commessa approvata con decreto, nel 2021, da un altro Governo, dopo tutti i passaggi parlamentari necessari. Il contratto finale è stato firmato a fine dicembre 2022 dal Direttore dell’Occar (Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti)», conclude la nota.

Ore 17:29 - Così i meccanici della Nato aggiustano armi e mezzi di Kiev in remoto dal sud della Polonia

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Le notizie, spesso confuse e avvolte dalla nebbia di guerra, segnalano preparativi degli occupanti in più direzioni. Pressione continua su Bakhmut, operazioni sul fronte meridionale per cercare di proteggere le linee di rifornimento ferroviarie che alimentano Melitopol, creazione di nuove trincee/postazioni lunghe decine di chilometri, diversivi per impegnare gli ucraini, aumento della cadenza di tiro dell’artiglieria. L’esercito di Zelensky peraltro cerca di avanzare nella regione di Kremmina per tagliare vie di rifornimento. (...) La logistica è il nodo più duro, lo segnalavamo nel «taccuino» di ieri. Un articolo dell’Associated Press racconta come la Nato abbia costituito un gruppo di tecnici in una base nel sud della Polonia collegata in remoto con i colleghi ucraini. Usando tablet, comunicazioni protette e altri canali i meccanici possono fornire dettagli su come «mantenere» i «pezzi» forniti dall’Alleanza, in particolare i cannoni sottoposti ad una lunga usura.

Ore 18:07 - Media: forze ucraine in difficoltà a Bakhmut

Le forze armate ucraine sono difficoltà nella battaglia per il controllo della città strategica di Bakhmut nel Donetsk: lo scrive il Guardian citando fonti militari di Kiev. Secondo questa fonte, nella giornata di oggi la Russia ha colpito con fuoco di artiglieria 40 insediamenti vicino a Bakhmut, città che è stata al centro di alcuni dei combattimenti più intensi degli ultimi mesi. Ha aggiunto che le forze ucraine stanno ora lottando per tenere la città, dopo il ritiro dell’esercito ucraino dalla vicina città di Soledar la scorsa settimana. «I russi stanno distruggendo tutto ciò che può essere usato come copertura», ha detto una fonte. «Le forze ucraine non hanno abbastanza artiglieria».

Ore 19:02 - Kiev difende Crosetto: Medvedev prova l’«inutilità» del dialogo

«Se non fosse stato per l’Italia, allora come dice Puskhin “Pietroburgo sarebbe stata una città povera, con uno spirito di schiavitù e dall’aspetto pallido”, che non avrebbe dato possibilità a dei delinquenti di diventare presidenti della Russia... Medvedev con il suo modo scherzoso da provocatore convince finalmente l’Europa dell’inutilità di qualsiasi colloquio con la Russia». Così su Twitter il consigliere presidenziale ucraino, Mikhaylo Podolyak, commenta il botta e risposta oggi tra Mosca e Roma dopo le parole dell’ex presidente russo Medvedev che ha definito un «raro sciocco» il ministro della Difesa Guido Crosetto, dopo l’annuncio di nuovi aiuti militari a Kiev.

Ore 20:45 - Kiev: aspiriamo a 24 jet moderni, preferibilmente F-16 Usa

Un portavoce dell’aeronautica ucraina ha detto in un’intervista con El Pais citata dal Kyiv Independent che il suo Paese aspira a ottenere dagli alleati occidentali 24 caccia moderni. La consegna ideale sarebbe di F-16 statunitensi, ma in subordine Kiev accetterebbe volentieri anche i francesi Rafale o gli svedesi Gripen prodotti dalla Saab.

Ore 22:29 - Zelensky: grazie a chi non vede tabù nel fornirci armi

«Ringrazio tutti quelli che nel mondo - politici, personaggi pubblici, giornalisti e gente comune - insistono con noi sul fatto che non ci possono essere tabù nella fornitura di armi per proteggersi dal terrore russo». Lo ha dichiarato Zelensky, nel suo videomessaggio serale. «Faremo tutto il possibile per garantire che i partner diano il via libera questa fornitura vitale - fornitura, in particolare, di missili Atacms e altre armi simili - perché è necessario proteggere la vita», ha aggiunto il presidente ucraino, ringraziando poi «tutti coloro che ci aiutano a rafforzare le sanzioni contro la Russia, tutti gli inquirenti che smascherano le vie usate dallo stato terrorista cercando di eludere le sanzioni, tutti coloro che eliminano le conseguenze dei bombardamenti russi e salvano i feriti, e, naturalmente, ciascuno dei nostri soldati al fronte che difendono le nostre posizioni e distruggono gli invasori».

Ore 22:47 - Un villaggio vicino Soledar controllato dalla Wagner

Il villaggio di Blagodatnoye nella regione del Donetsk, vicino a Soledar, è sotto il controllo dei russi, in particolare della milizia Wagner. Lo ha annunciato stasera il fondatore di Wagner Yevgeny Prigozhin. «Blagodatnoye è sotto il nostro controllo», ha detto Prigozhin, citato dalla Tass. Il commento, comparso sul suo canale Telegram, è accompagnato da una registrazione audio delle parole del comandante dell’unità d’assalto, che, secondo Prigozhin, si trova alla periferia meridionale di Blagodatnoye.

Attacchi, fake news e lusinghe Mosca e l'ossessione per Roma. Il Cremlino insiste con false notizie sulle forniture militari e alza lo scontro politico. Per rompere il fronte anti-Russia. Roberto Fabbri il 29 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Guido Crosetto? Uno sciocco raro, visto che crede che fornire armi all'Ucraina per permetterle di difendersi serva a evitare la terza guerra mondiale. Dmitry Medvedev, ormai lo sappiamo, ha l'insulto facile. È il suo ruolo preferito nella peculiare polifonia della comunicazione del Cremlino in questi tempi di guerra....pardon, di operazione militare speciale, se no lo Zar di tutte le Russie si arrabbia e allora sì che sono guai. Perché alla fine il succo del messaggio agli italiani dei Medvedev, dei Lavrov, dei Razov e delle Zakharova è sempre lo stesso: fate i bravi, voi che tenete tanto alla pace, mandate al diavolo il guerrafondaio Biden e il nazista Zelensky, o prima o poi farete i conti con noi.

In Italia saremo anche degli stupidoni come il nostro ministro della Difesa, ma basta poco a capire che a Mosca il nostro Paese è stato individuato come potenziale punto debole del fronte occidentale. E che, come tale, merita tutti gli sforzi per farlo cedere. Siamo o non siamo (parole di nostri leader politici oggi costretti a mordersi la lingua) il Paese che costruisce ponti e non barriere, quello con la naturale vocazione alla mediazione, quello che prima la pace e poi (eventualmente) la libertà? Cos'è dunque tutto questo clangore di armi, questo allinearsi alla Nato, questo dimenticarsi che la Russia è un nostro partner sincero ed affidabile?

Se lo chiedeva, appena qualche giorno fa, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov: gli italiani piacciono così tanto ai russi, proprio non si capisce perché si siano ridotti a fare i servi sciocchi degli americani (forse perché abbiamo chiaro che diventare i servi vostri sarebbe molto peggio, signor Ministro?) rischiando di trovarsi in mezzo a una guerra spaventosa. Questa della paura di un conflitto mondiale è una carta che il Cremlino si gioca molto volentieri con gli italiani, tanto che ce lo spacciano come imminente ogni giorno. E certo lo disturba che Crosetto sia così sciocco da rispondere a Medvedev che non ha cambiato idea: la pace si difende resistendo ai prepotenti, non calando le braghe.

Crosetto, qualche settimana addietro, aveva anche risposto a un altro tentativo russo di calunniare il governo italiano come pericoloso guerrafondaio. Quando furono diffuse immagini false di mine e blindati di fabbricazione italiana che non produciamo o non inviamo in Ucraina. E anche i media italiani avevano evitato di piegare la schiena di fronte a intimidazioni russe: come quando (era il marzo dell'anno scorso) l'ambasciatore Sergei Razov aveva denunciato il quotidiano La Stampa per istigazione a delinquere e apologia di reato: peccato che nessuno avesse esortato a uccidere Vladimir Putin, semmai era stato scritto che l'ipotesi di farlo era immorale.

L'esistenza in Italia di un variegato fronte filorusso, evidentemente, incoraggia simili iniziative. Ai tre filoni tradizionali del fintopacifismo a senso unico (sinistra e destra antiamericane più cattolici terzomondisti) se ne aggiunge un quarto, trasversale agli schieramenti politici: quello di chi s'illude che concedere a Putin ciò che pretende ci riporterà agli spensierati tempi pre-guerra. Lo incoraggiano non solo la propaganda russa, ma anche politici e giornalisti italiani in cerca di facile popolarità. Basti vedere la penosa manfrina di Sanremo, dove il mantra «sono solo canzonette» non è più vero da almeno trent'anni (qualcuno si ricorda Gorbaciov e signora sul palco dell'Ariston?), ma Zelensky no, signori, per carità, la gente non capirebbe.

Farmaci e terapie. "Ecco quali medicinali usare in caso di emergenza nucleare". L'Oms aggiorna la lista. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha aggiornato la lista dei medicinali da immagazinare e usare per le emergenze radiologiche e nucleari. Roberta Damiata il 27 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Con la delicata situazione tra Russia e Ucraina, il rischio di un conflitto mondiale non è mai stato del tutto scongiurato. A rafforzare le ipotesi in questi giorni, suppur non in maniera esplicita, la decisione dell'Oms di aggiornare l'elenco dei medicinali da accomulare per emergenze radiologiche e nucleari. Si tratta di medicinali che prevengono o riducono l'esposizione alle radiazioni, o curano le lesioni provocate dall'esposizione.

“Nelle emergenze da radiazioni, le persone possono essere esposte a radiazioni a dosi che vanno da trascurabili a pericolose per la vita. I governi devono rendere disponibili i trattamenti per chi ne ha bisogno, in fretta" ha spiegato la dott.ssa Maria Neira, assistente del direttore generale dell'Oms, divisione popolazioni più sane. “È essenziale che i governi siano preparati a proteggere la salute delle popolazioni e a rispondere immediatamente alle emergenze. Ciò include la disponibilità di scorte pronte di medicinali salvavita che ridurranno i rischi e cureranno le lesioni causate dalle radiazioni”.

La nuova pubblicazione, sostituisce la precedente del 2007, sempre redatta dall'Oms, sulle scorte nazionali necessarie per le emergenze da radiazioni, e include importanti informazioni sullo sviluppo di questo particolare tipo di medicinali nell'ultimo decennio. Esamina gli elementi necessari per lo sviluppo, il mantenimento e la gestione delle scorte e il ruolo delle Autorità Sanitarie Nazionali nello sviluppo delle stesse; nonché il ruolo dell'Oms come consulenza e garanzia all'accesso a medicinali e servizi sanitari.

"Questo elenco aggiornato di farmaci critici sarà uno strumento di preparazione e prontezza vitale per i nostri partner per identificare, procurare, accumulare e fornire contromisure efficaci in modo tempestivo a coloro che sono a rischio o esposti a questi eventi", ha affermato il dott. Mike Ryan, direttore esecutivo del programma per le emergenze sanitarie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.

È bene chiarire che nella pubblicazione non si parla specificamente di guerra nucleare, ma si riferisce a casi di emergenze radiologiche o nucleari presso centrali nucleari, struttture mediche o di ricerca, o incidenti durante il trasporto di materiale radioattivo, nonché usi intenzioli di materiali radioattivi con intenti dolosi. Le scorte, in ogni caso, sono quelle necessarie anche in caso di esplosioni di bombe atomiche.

La lista dei medicinali fornita nella pubblicazione include:

• Iodio stabile, somministrato per prevenire o ridurre l'esposizione della tiroide allo iodio radioattivo;

• Agenti decorporanti della sabbia chelante (la terapia chelante è una terapia farmacologica che sfrutta la chelazione, ovvero una reazione chimica, per curare alcune forme di intossicazione dovuta a metalli pesanti. Una volta chelato, il metallo perde la sua tossicità all'interno dell'organismo e può essere eliminato più facilmente, ndr). Blu di Prussia ( un pigmento usato nella produzione di vernici, ndr), applicato per rimuovere il cesio radioattivo dal corpo e calcio-/zinco-DTPA usato per trattare la contaminazione interna con radionuclidi transuranici;

• Citochine utilizzate per mitigare i danni al midollo osseo, in caso di sindrome acuta da radiazioni (ARS); e

• Altri medicinali usati per trattare il vomito, la diarrea e le infezioni.

Ucraina Russia, notizie della guerra del 29 gennaio. Andrea Nicastro, inviato, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 29 gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di domenica 29 gennaio. Ucraini in difficoltà a Bakhmut. Kiev: «Oltre 32 attacchi nelle ultime ore». Zelensky: «Ci servono missili a lungo raggio»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 340esimo giorno.

• Media: «Le forze di Kiev in difficoltà a Bakhmut».

• Militari ucraini in Gran Bretagna per addestramento ai tank Challenger 2, che saranno forniti da Londra.

• Kiev e gruppo Wagner si contendono il controllo di Blahodatne (Donetsk).

• Scholz: «Parlare con Putin per fermare il conflitto».

• Crosetto: «Vedevo nella Russia un'alleata, mi sbagliavo».

• Il governo ucraino sanziona 182 aziende russe e bielorusse.

Ore 04:35 - Mosca: raid ucraino su un ospedale nel Lugansk, 14 morti

Mosca denuncia un attacco ucraino contro un ospedale nel Donbass che avrebbe provocato ingenti vittime. «Himars lanciati dagli ucraini hanno colpito un ospedale a Novoaidar», nel Lugansk, provocando «14 morti e 24 feriti», ha comunicato il ministero della difesa russo, secondo quanto riporta Interfax.

Ore 04:41 - Media: forze ucraine in difficoltà a Bakhmut

Le forze armate ucraine sono difficoltà nella battaglia per il controllo della città strategica di Bakhmut nel Donetsk: lo scrive il Guardian citando fonti militari di Kiev. Secondo questa fonte, nella giornata di oggi la Russia ha colpito con fuoco di artiglieria 40 insediamenti vicino a Bakhmut, città che è stata al centro di alcuni dei combattimenti più intensi degli ultimi mesi. Ha aggiunto che le forze ucraine stanno ora lottando per tenere la città, dopo il ritiro dell’esercito ucraino dalla vicina città di Soledar la scorsa settimana. «I russi stanno distruggendo tutto ciò che può essere usato come copertura», ha detto una fonte. «Le forze ucraine non hanno abbastanza artiglieria».

Ore 04:47 - Kiev: aspiriamo a 24 jet moderni, preferibilmente F-16 Usa

Un portavoce dell’aeronautica ucraina ha detto in un’intervista con El Pais citata dal Kyiv Independent che il suo Paese aspira a ottenere dagli alleati occidentali 24 caccia moderni. La consegna ideale sarebbe di F-16 statunitensi, ma in subordine Kiev accetterebbe volentieri anche i francesi Rafale o gli svedesi Gripen prodotti dalla Saab.

Ore 04:52 - Così i meccanici della Nato aggiustano armi e mezzi di Kiev in remoto dal sud della Polonia

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Le notizie, spesso confuse e avvolte dalla nebbia di guerra, segnalano preparativi degli occupanti in più direzioni. Pressione continua su Bakhmut, operazioni sul fronte meridionale per cercare di proteggere le linee di rifornimento ferroviarie che alimentano Melitopol, creazione di nuove trincee/postazioni lunghe decine di chilometri, diversivi per impegnare gli ucraini, aumento della cadenza di tiro dell’artiglieria. L’esercito di Zelensky peraltro cerca di avanzare nella regione di Kremmina per tagliare vie di rifornimento. (...) La logistica è il nodo più duro, lo segnalavamo nel «taccuino» di ieri. Un articolo dell’Associated Press racconta come la Nato abbia costituito un gruppo di tecnici in una base nel sud della Polonia collegata in remoto con i colleghi ucraini. Usando tablet, comunicazioni protette e altri canali i meccanici possono fornire dettagli su come «mantenere» i «pezzi» forniti dall’Alleanza, in particolare i cannoni sottoposti ad una lunga usura.

Ore 04:58 - Medvedev a Crosetto: «Invio di armi per prevenire terza guerra mondiale? Uno sciocco raro a certi livelli»

Il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev ha attaccato il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, per le sue dichiarazioni sulla necessità di inviare armi a Kiev. «Non ci sono molti sciocchi nelle strutture di potere in Europa», ha scritto l’ex presidente russo su Telegram, ma «un certo ministro della Difesa, di una certa Italia ha definito la fornitura di veicoli corazzati e altre armi all’Ucraina una prevenzione della terza guerra mondiale. Un raro eccentrico».

Ore 05:02 - Crosetto replica a Medvedev: «Se aiutare è da sciocchi, allora lo sono»

«Se è "sciocco" aiutare una nazione aggredita a difendere la sua esistenza, allora lo sono. Lo avrei fatto anche a parti invertite. Medvedev pensi piuttosto a metter fine alla guerra». Così il ministro della Difesa Guido Cosetto replica su Twitter all'attacco del vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dimitri Medvedev.

Ore 05:09 - Scholz: «Faremo di tutto per evitare guerra Russia-Nato»

«Faremo tutto il possibile». Così il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha assicurato che il suo governo si adopererà fino in fondo per impedire un’escalation della guerra tra la Russia e i paesi membri della Nato, dopo che questa settimana Berlino ha autorizzato l’invio a Kiev di carri armati Leopard 2. «Abbiamo fatto il possibile per impedire che un’escalation del conflitto ucraino porti a una guerra tra la Russia e gli Stati della Nato. Faremo di tutto affinché ciò non accada», ha detto Scholz in una conferenza stampa congiunta con il presidente dell’Argentina, Alberto Fernández, a Palazzo San Marti’n, sede del ministero degli Esteri argentino.

Mercoledì il Governo di Berlino ha annunciato che consegnerà 14 carri armati di tipo Leopard 2A6, oltre a consentire l’invio di quelli posseduti dagli alleati. Rispondendo ai giornalisti, Scholz ha insistito sul fatto che si tratta di un conflitto «tra Russia e Ucraina», che non impedisce alla Germania o ad altri Paesi di sostenere Kiev con aiuti umanitari e finanziari o inviando armi. Il cancelliere tedesco ha riconosciuto che la guerra in Ucraina è stato uno dei temi affrontati nei colloqui con Alberto Fernández, con il quale concorda sul rispetto delle «regole» del diritto internazionale. Da parte sua il presidente argentino non ha voluto commentare «le decisioni che prendono gli altri Paesi» ma, ha detto, «quello di cui sono certo è che ciò che vogliamo di più io e il ministro degli Esteri è che la pace venga ripristinata il prima possibile».

Ore 05:17 - Kiev difende Crosetto: «Medvedev prova l’”inutilità” del dialogo»

«Se non fosse stato per l’Italia, allora come dice Puskhin “Pietroburgo sarebbe stata una città povera, con uno spirito di schiavitù e dall’aspetto pallido”, che non avrebbe dato possibilità a dei delinquenti di diventare presidenti della Russia... Medvedev con il suo modo scherzoso da provocatore convince finalmente l’Europa dell’inutilità di qualsiasi colloquio con la Russia». Così su Twitter il consigliere presidenziale ucraino, Mikhaylo Podolyak, commenta il botta e risposta oggi tra Mosca e Roma dopo le parole dell’ex presidente russo Medvedev che ha definito un «raro sciocco» il ministro della Difesa Guido Crosetto, dopo l’annuncio di nuovi aiuti militari a Kiev.

Ore 08:02 - Kiev sanziona 182 aziende russe e bielorusse

L’Ucraina ha imposto sanzioni a 182 aziende russe e bielorusse, e a tre persone, nell’ultimo di una serie di passi del presidente Volodymyr Zelensky per bloccare i collegamenti di Mosca e Minsk con il suo paese.

«I loro beni in Ucraina sono bloccati, le loro proprietà saranno utilizzate per la nostra difesa», ha detto Zelensky in un video. Le società sanzionate si occupano principalmente nel trasporto di merci, leasing di veicoli e produzione prodotti chimici, secondo l’elenco pubblicato dal Consiglio di sicurezza e difesa dell’Ucraina.

Ore 08:47 - Offensiva russa ad est. Kiev: «Respinti 16 attacchi»

«Le forze ucraine hanno respinto 16 assalti russi nelle regioni del Donetsk e del Luhansk». Lo riferisce il Kyiv Independent, che cita lo Stato maggiore delle forze armate di Kiev.

L’esercito ucraino avrebbe respinto gli attacchi russi vicino a Dibrova e Bilohorivka nell’oblast (divisione amministrativa) del Luhansk e in cittadine come Yampolivka, Bakhmut, Vuhledar nell’oblast del Donetsk. Lo Stato maggiore ha anche riferito che ieri l’esercito russo ha lanciato oltre 32 attacchi aerei contro la parte orientale del Paese.

Ore 09:01 - Zelensky teme una nuova offensiva russa a febbraio

L’Ucraina recluta nuovi soldati perché teme sia imminente una nuova violenta offensiva russa. A Kiev sono convinti che entro il 24 febbraio, primo anniversario della guerra , la situazione sul campo possa aggravarsi ulteriormente.

«L’Ucraina ha bisogno di missili a lungo raggio per impedire che l’esercito invasore possa posizionare i suoi lanciamissili sulla linea del fronte e continuare a colpire e distruggere le nostre città. Attualmente quelli che usiamo noi hanno una gittata di 80 chilometri. Quelli che potrebbero inviarci gli americani, i missili Atacms, hanno invece una gittata da 300, come i Glsdb da 150». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso serale.

Ore 09:09 - Kiev, colloqui accelerati per l’invio dei missili a lungo raggio

Le autorità di Kiev stanno portando avanti colloqui accelerati con i propri alleati per la fornitura di missili a lungo raggio, necessari per impedire i bombardamenti russi sulle città ucraine.

Lo ha detto il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak in un intervento per l’emittente «Freedom». «Abbiamo bisogno di missili che distruggano i loro depositi», ha detto il consigliere presidenziale. Solo nella Penisola di Crimea, secondo Podolyak, vi sarebbero più di 100 depositi di artiglieria russa.

Ore 09:11 - Corea del Nord nega invio armi a Mosca

La Corea del Nord ha negato di aver fornito armi a Mosca dopo l’accusa degli Stati Uniti a Pyeongchang di aver fornito razzi e missili al gruppo militare privato russo Wagner.

Washington aveva designato la Wagner come organizzazione criminale transnazionale, in parte perché il commercio di armi con il regime di Kim Jong-un è una violazione delle Nazioni Unite sanzioni.

La Casa Bianca, come ricorda il quotidiano britannico Guardian, ha mostrato fotografie dell’intelligence statunitense in cui si afferma che i vagoni ferroviari russi entrano nella Corea del Nord, raccolgono razzi e missili di fanteria e tornano in Russia.

Ore 09:16 - Ministero della Difesa britannico: «In Russia addestramento militare nelle scuole»

«La decisione di Mosca di introdurre l’addestramento militare di base nel curriculum della scuola secondaria «sottolinea l’atmosfera sempre più militarizzata della Russia in tempo di guerra, oltre ad essere un’ evocazione dell’Unione Sovietica: una formazione di questo tipo era obbligatoria nelle scuole fino al 1993».

Lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence sulla situazione nel Paese. Verrà introdotto nelle scuole (e sarà obbligatorio) dal primo settembre prossimo, si legge nel rapporto pubblicato su Twitter. Già lo scorso dicembre il ministero della Scienza aveva annunciato un programma di addestramento militare per gli studenti universitari.

Ore 09:51 - Parigi 2024, l'Ucraina vuole boicottare i Giochi: «Bach, vieni a vedere cosa fanno le bombe russe»

(Marco Bonarrigo) Zelensky ha chiuso ogni trattativa sulla partecipazione degli atleti russi e bielorussi a Parigi 2024 e messo Bach in un angolo. Venerdì il comitato olimpico ucraino metterà ai voti un clamoroso boicottaggio qualora il Cio non chiuda subito le porte all’opzione.

«Sappiamo quanto spesso i tiranni cerchino di piegare lo sport ai loro interessi ideologici. Ed è ovvio che qualsiasi bandiera neutrale sventolata dagli atleti russi sarebbe macchiata di sangue. Invito il signor Bach nella nostra Bakhmut devastata dalle bombe perché possa vedere con i propri occhi che la neutralità non esiste». Con queste parole indirizzate venerdì notte al presidente del Cio Thomas Bach, Volodymyr Zelensky ha chiuso ogni fronte di trattativa sulla partecipazione degli atleti russi e bielorussi ai Giochi di Parigi 2024 e messo il numero uno dello sport mondiale in un angolo. Venerdì prossimo il comitato olimpico ucraino, riunito in sessione straordinaria, metterà formalmente ai voti un clamoroso boicottaggio delle Olimpiadi nel caso in cui il Cio non chiuda subito le porte all’opzione.

Ore 09:56 - Scholz: «Parlare con Putin per fermare la guerra»

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz vuole continuare a lavorare per porre fine alla guerra contro l'Ucraina, tramite colloqui diretti con il presidente russo Vladimir Putin.

«Sarò' di nuovo al telefono con Putin, perché dobbiamo parlarci», ha detto Scholz in un'intervista al quotidiano Tagesspiegel. Il cancelliere ha sottolineato però come la situazione attuale non potrà cambiare finché la Russia proseguirà con gli attacchi contro l'Ucraina. Non voglio comunque un conflitto tra Russia e Nato. Quindi, in vista di nuove richieste per la consegna di aerei da combattimento da parte dell'Ucraina, Scholz ha messo in guardia contro «l'entrare in una costante competizione di offerte superiori quando si tratta di sistemi d'arma».

Il cancelliere ha poi specificato che «per ora non ci sono in programma delle conversazioni concordate».

Ore 10:41 - A Los Angeles la mostra delle Pussy Riot contro Putin

I membri delle Pussy Riot hanno portato le loro proteste contro il Presidente russo Vladimir Putin a Los Angeles con una performance e una mostra in una galleria d'arte su «Le ceneri di Putin». Il gruppo musicale russo, da sempre contrario al governo e al presidente, continua a manifestare il proprio dissenso con diverse forme espressive.

«Protesto contro Putin dal 2007. Penso davvero che debba essere fermato perché è il dittatore più pericoloso sul pianeta oggi», ha dichiarato Nadya Tolokonnikova, membro del gruppo. La mostra alla Jeffrey Deitch Gallery comprendeva brevi filmati d'arte e le ceneri imbottigliate di un ritratto di Putin che era stato bruciato dalle Pussy Riot la scorsa estate.

Ore 11:07 - Crosetto: «Vedevo la Russia come un'alleata, mi sbagliavo»

«Ero anche stato critico su alcuni approcci Nato che reputavo ingiustificati e non ho mai avuto alcuna forma di pregiudizio contro la Russia. Speravo potesse diventare alleata dell'Occidente. Avevo torto, perché poi ha deciso di provare ad annettere un'altra nazione». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto su Twitter.

Non ho mai avuto alcun pregiudizio contro la Russia.

Anzi.

Ero anche stato critico su alcuni approcci Nato che reputavo ingiustificati.

Ore 10:09 - Viceministro russo Rybakov: «Stati Uniti puntano a escalation»

Gli Usa «negano l'ovvio, affermando che invio carri Abrams in Ucraina non rappresenti un'escalation del conflitto in corso». Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Sergej Ryabkov. «Un passo estremamente distruttivo», così ha definito il riarmo. «Sono un gruppo di politici occidentali particolarmente irresponsabili».

Ore 11:26 - Peskov: «Putin disponibile a contatti»

Nell'agenda del presidente russo Vladimir Putin non ci sono conversazioni telefoniche con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ma il presidente russo è sempre aperto alla comunicazione. «Il presidente è sempre aperto ai contatti». Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov fa eco con le sue parole alle dichiarazioni del cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Il leader tedesco aveva ricordato che l'ultima conversazione con Putin ha avuto luogo all'inizio di dicembre e ha avvertito che avrebbe discusso di nuovo con il presidente russo al telefono dell'attuale conflitto in corso.

Ore 11:39 - Kiev, Podolyak difende Crosetto: «Medvedev ci convince dell'inutilità dei colloqui»

«Dimitri Medvedev con il suo stile da provocatore convince l'Europa dell'inutilità di qualsiasi colloquio con la Russia». Lo scrive su Twitter il consigliere della presidenza ucraina Mykhailo Podolyak, commentando il tweet di ieri del vicepresidente del consiglio di sicurezza ed ex premier russo Dimitri Medvedev, che attaccava il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Ore 11:46 - Esercito ucraino: «Respinto attacco russo a Blahodatne». Wagner: «Ne abbiamo il controllo»

«L'esercito ucraino ha respinto un attacco nell'area di Blahodatne nella parte orientale della regione». Lo ha reso noto lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nel suo rapporto mattutino, riferendosi ai combattimenti di sabato.

L'esercito di Kiev avrebbe inoltre respinto gli attacchi russi nelle aree di altri 13 insediamenti nella regione di Donetsk. Il gruppo militare privato russo Wagner ha dichiarato invece di aver preso il controllo del villaggio di Blahodatne tramite i propri canali social.

Ore 12:05 - Cyberwar, wiper nuova minaccia online

La nuova allerta del cybercrime si chiama «wiper», questi la nuova frontiera del cybercrime, diffusosi nel corso del conflitto in Ucraina. Sono particolarmente pericolosi perché cancellano definitivamente documenti e file, mettendo Ko le infrastrutture critiche.

Gran parte di questi virus sono emersi nel 2022 e hanno agito contro Kiev. Secondo gli esperti, l'avanzata dei wiper rispetto ai ransomware sarebbe testimoniata anche da un fattore: il calo significativo dei pagamenti per i riscatti. La società Chainalysis afferma infatti che i gruppi di ransomware hanno estorto nel 2022 circa 300 milioni di dollari in meno rispetto all'anno precedente.

Ore 12:14 - Forze regolari russe al posto dei mercenari Wagner a Bakhmut

Le forze regolari russe stanno sostituendo i mercenari della Wagner sul fronte di Bakhmut. Lo scrive il think tank americano Institute for the Study of war, a proposito di un fronte dove si sono registrate altissime perdite fra i mercenari, soprattutto quelli reclutati nelle carceri.

«Le forze del gruppo Wagner a Bakhmut non hanno ottenuto significativi successi dopo aver catturato Soledar il 12 gennaio. Unità convenzionali russe stanno ora partecipando ai combattimenti a Bakhmut per rinvigorire l'offensiva su questo fronte», scrive il think tank.

Ore 12:21 - Politico, «Gruppo militari Usa spinge per invio a Kiev degli F-16»

Un gruppo di militari americani preme sul Pentagono perché approvi l'invio all'Ucraina di aerei caccia F-16. Lo scrive il sito Politico, citando tre persone ben informate. «Non penso siamo contrari», ha detto un alto funzionario del ministero, sottolineando che ancora non è stata presa una decisione.

Ore 12:34 - Militari di Kiev arrivati in Gran Bretagna per addestramento tank

Militari ucraini sono arrivati in Gran Bretagna per iniziare l'addestramento all'uso dei tank Challenger 2 che verranno forniti da Londra. Lo rende noto su Twitter il ministero britannico della Difesa.

Ore 13:01 - Papa Francesco all'Angelus: «L'impegno per la pace sia più forte»

«Il nostro impegno e la nostra preghiera per la pace devono essere ancora più forti. Pensiamo all'Ucraina e preghiamo per il popolo ucraino così martoriato». Così Papa Francesco al termine dell'Angelus.

Ore 13:16 - Podolyak sull'Iran: «La guerra presenta il conto a tutti»

«Notte esplosiva in Iran». Lo scrive su Twitter il consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak, commentando lo sventato attacco di droni contro uno dei complessi di officine del ministero della Difesa iraniano, ricordando la produzione di droni e missili e le raffinerie di petrolio. Podolyak sottolinea che «la logica della guerra è inesorabile ed omicida e presenta il conto in modo rigoroso agli autori e ai complici».

Ore 14:15 - Anche Unicredit e Raiffestein tra le società sanzionate

Ci sono anche due filiali di banche europee tra le 182 società sanzionate dal governo di Kiev per bloccare i collegamenti di Mosca e Minsk con l'Ucraina: nel decreto pubblicato sul sito della presidenza ucraina figurano le società Unicredit Leasing e Raiffeisen Leasing. La controllata Unicredit è la 115ma della lunga lista di società oggetto delle sanzioni, mentre la filiale della Raiffeisen è la 162ma.

Per entrambe le società il decreto prevede un totale di 18 misure, tra cui il «blocco dei beni», la «cessazione delle operazioni di trading», il divieto di «ritiro dei capitali dall'Ucraina», la «cessazione di accordi commerciali, progetti comuni e programmi industriali in alcuni settori, in particolare nel campo della sicurezza e della difesa» e «l'annullamento o la sospensione di licenze e altri permessi».

Ore 14:18 - Sky News: «Ucraina il Paese più infestato di mine al mondo»

«Dopo anni di sanguinosi conflitti, il paesaggio ucraino sfregiato è pieno di mine antiuomo, che rappresentano una minaccia per i civili che persisterà a lungo dopo la fine della guerra. Con oltre il 40% territorio del Paese cosparso, secondo una stima, si ritiene che l'Ucraina sia ora il Paese più infestato al mondo di questi ordigni». Lo scrive Sky News.

Ore 15:13 - Kiev e gruppo Wagner si contendono Blahodatne

L'esercito ucraino ha ribadito di aver respinto un attacco vicino a Blahodatne, nel Donetsk, mentre il gruppo mercenario russo Wagner aveva affermato in precedenza di averne preso il controllo. Le forze di Kiev hanno difeso altri 13 insediamenti nella regione, ha precisato lo stato maggiore ucraino nel suo rapporto quotidiano.

Mosca ha fatto della cattura della regione orientale di Donetsk il suo obiettivo principale in Ucraina. Kiev aveva affermato che le truppe russe hanno intensificato i loro attacchi a est, in particolare contro le città di Vugledar e Bakhmut.

Ore 16:19 - Raid russi su Kherson, colpito anche l’ospedale: 3 morti

Massicci raid russi hanno colpito oggi Kherson. Lo hanno riferito fonti dell’amministrazione regionale citate da Ukrainska Pravda, secondo cui tra gli obiettivi colpiti c’è anche un ospedale. Sono almeno tre le vittime.

Ore 18:50 - Filorussi: 4 morti e 5 feriti nell’attacco a un ponte a Zaporizhzhia

Quattro persone sono morte e altre cinque sono rimaste ferite in un raid delle forze ucraine su un ponte nel distretto sudorientale di Melitopol, nella regione di Zaporizhzhia. Lo ha riferito il capo dell’amministrazione regionale russa, secondo cui gli ucraini avrebbero lanciato un missile dal sistema Himars contro il ponte ferroviario sul fiume Molochna, dove in quel momento erano in corso lavori di riparazione.

Ore 19:54 - Zelensky ringrazia i partner per gli aiuti militari, anche l’Italia

«Questa settimana abbiamo ottenuto risultati significativi nel campo della difesa nelle relazioni con Stati Uniti, Germania, Polonia, Canada, Belgio, Norvegia, Italia e altri Paesi. La prossima settimana non dovrà essere da meno». Lo ha sottolineato Volodymyr Zelensky su Telegram. «È molto importante mantenere questo slancio. La velocità di approvvigionamento è stata e sarà uno dei fattori chiave. La Russia spera di prolungare la guerra e di esaurire le nostre forze. Quindi, dobbiamo fare del tempo la nostra arma. Dobbiamo accelerare le forniture e aprire nuove opzioni sul tipo di armi necessarie all’Ucraina», ha aggiunto.

Ore 23:05 - Missile russo su un condominio a Kharkiv: «Ci sono vittime»

Un missile russo ha colpito la città di Kharkiv, nella notte di domenica. Il sindaco Ihor Terekhov ha detto che «è stato colpito un edificio residenziale. C'è un incendio nell'edificio. Danni ingenti. Secondo informazioni che richiedono conferma, ci sono vittime».

Il governatore dell'Oblast di Kharkiv, Oleh Synyehubov, ha dal canto suo scritto su Telegram che «un missile nemico ha colpito un edificio residenziale nel centro della città. Distretto di Kiev. Era probabilmente un missile S-300. Tutti i servizi di emergenza stanno lavorando sul posto».

Ore 00:10 - Kiev ordina 105 droni da ricognizione ad una azienda tedesca

Il ministero della Difesa ucraino ha ordinato 105 droni da ricognizione Vector dalla società tedesca Quantum-Systems GmbH. Secondo l’annuncio dell’azienda, la fornitura sarà finanziata dal governo tedesco, riferisce Ukrinform. Kiev ne aveva già ordinati 33 in agosto.

Ore 01:28 - Johnson a Bbc, minacce da Putin prima dell’invasione all’Ucraina

L’ex primo ministro britannico Boris Johnson racco nta di essere stato «in qualche modo minacciato» dal presidente russo Vladimir Putin poco prima dell’inizio dell’invasione in Ucraina, partita il 24 febbraio dell’anno scorso. In un’intervista per un documentario della Bbc, colui che all’epoca era a Downing Street ha raccontato che il capo del Cremlino gli aveva detto che «per un attacco missilistico basterebbe un minuto». La minaccia fu pronunciata in occasione di una lunga telefonata fra i due leader, seguita a una visita di Johnson a Kiev all’inizio del febbraio 2022, ha ricordato l’ex premier, ovvero all’epoca in cui Putin negava di voler invadere l’Ucraina nonostante i continui rafforzamenti dei contingenti militari russi al confine. Johnson racconta che in quella telefonata ha avvertito Putin dei rischi di sanzioni e isolamento internazionale nel caso di un’invasione, e della grave catastrofe che sarebbe stata una guerra. Ma il presidente russo, ricorda, insisteva nel chiedere se l’UCraina non sarebbe entrata nella Nato a breve.

Netanyahu, i sunniti e l'asse Cia-Mossad per colpire Teheran e avvisare Mosca. L'attacco di ieri è un messaggio al regime iraniano: stop allo sviluppo del nucleare e al sostegno a Putin. Il ruolo delle monarchie anti-sciite e del nuovo governo israeliano. L'incontro segreto tra i capi delle intelligence. Roberto Fabbri il 30 Gennaio 2023 su Il Giornale.

Chi di drone colpisce, di drone perisce. Senza bisogno di conoscere nel dettaglio gli autori del blitz di Isfahan (perfino elementi locali potrebbero aver agito nel quadro di un'escalation della ribellione contro il regime assassino degli ayatollah), è un fatto che ci sono diversi messaggi dietro l'attacco che l'altra notte ha devastato un centro di produzione di armi iraniano, certamente sintetizzabili nello slogan con cui apriamo l'articolo. Il primo, di ordine generale, è che né gli Stati Uniti né i loro alleati mediorientali (Israele in primis, ma anche una serie di Paesi sunniti che l'ascia di guerra con i «sionisti» l'hanno sepolta da un pezzo) sono disposti a lasciar proseguire indisturbata la Repubblica islamica nella sua corsa verso il riempimento degli arsenali con mezzi di distruzione sempre più pericolosi; il secondo riguarda il ruolo di Teheran nella guerra di aggressione russa all'Ucraina: continuate a rifornire Mosca di droni e missili per la sua guerra criminale e sarete colpiti anche voi; il terzo è un'allusione, non difficile da cogliere ora che Benjamin Netanyahu è tornato alla guida del governo israeliano: il vostro programma nucleare è già nel nostro mirino.

C'è anche, naturalmente, un quarto elemento. A nessuno è sfuggita la coincidenza temporale tra l'attacco sulla base di Isfahan e la presenza in questi giorni in Israele e in altri Paesi della regione di inviati della Casa Bianca, fra i quali il direttore della Cia William Burns, oltre al fatto che appena una settimana fa israeliani e americani avevano condotto manovre militari congiunte nel Mediterraneo. Cia e Mossad potrebbero aver agito insieme? È possibile, e il consueto intrico di smentite e controsmentite non aiuterà certo a far luce sull'identità di chi ha colpito.

Una cosa è certa: è in atto ormai da anni una guerra non dichiarata da parte di Israele e di diverse monarchie sunnite, con sostegno americano di difficile qualificazione, nei confronti dell'Iran. Bersagli prioritari sono stati gli scienziati che lavorano al programma atomico di Teheran, tra i quali il numero uno Mohsen Farkizadeh. Ma non si può dimenticare la spettacolare eliminazione, tre anni fa a Baghdad ad opera degli americani, del generale iraniano più importante in assoluto, Mohammad Suleimani, né l'attacco verosimilmente israeliano all'impianto nucleare di Natanz nell'aprile 2021.

Ma la guerra segreta all'Iran è ormai un capitolo di un conflitto più ampio che sempre più chiaramente vede schierata contro l'odiato Occidente (Israele incluso) un'articolata alleanza di regimi autoritari e guerrafondai. La guerra feroce all'Ucraina non viene condotta solo dalla Russia di Putin: vi partecipano a vario titolo dittature vicine a Mosca come la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko e la Corea del Nord di Kim Jong-un, mentre il cinese Xi Jinping preferisce muoversi con cautela (anche se sembra che abbia fatto avere ai macellai del Gruppo Wagner immagini satellitari utili per i loro attacchi nel Donbass). Ma l'alleato più concretamente prezioso per Putin è proprio l'Iran, che da mesi rifornisce gli arsenali russi depauperati da un impiego senza risparmio di riserve pur abbondantissime di indispensabili missili e droni. Non a caso tra le reazioni più tempestive all'attacco su Isfahan si è registrata quella della dirigenza ucraina, che saluta la «notte esplosiva» e il «costo pesante inflitto ad autori e complici» dell'aggressione al loro Paese.

Difficile meravigliarsi se fosse confermato che nell'impianto devastato a Isfahan si producevano missili destinati alla Russia: i colpi che l'agenzia ufficiale del regime iraniano ha sfacciatamente definito «vigliacchi» sarebbero serviti a evitarne altri ben più vigliacchi diretti contro un Paese aggredito dai suoi alleati.

Il ruolo di Teheran, vassallo dello Zar. Storia di Fiamma Nirenstein su Il Giornale il 31 gennaio 2023.

Gerusalemme L'Iran adesso promette vendetta, mentre a poche ore dall'attacco a Isfahan altri due obiettivi sono stati colpiti: due convogli di camion carichi di armi iraniane per gli Hezbollah al confine fra la Siria e l'Irak sono stati distrutti. Lo schiaffo è potente. Probabilmente si prepara una risposta. Ma gli Ayatollah non potranno uscire dai binari senza il permesso del loro alleato, Putin, ormai il loro boss. Chiunque ha attaccato le strutture che producono armi, velivoli, uranio arricchito per l'Iran ha collocato la questione delle armi iraniane in un punto centrale dello scenario mondiale. Se si dovesse aprire un fronte diretto della guerra, anche in Medio Oriente, si disegnerebbe come la scena di una guerra mondiale guerreggiata dalle due parti oggi in conflitto sulla scacchiera internazionale, quella della Russia con l'Iran e quella occidentale.

È stata un'operazione grandiosa l'attacco di droni, probabilmente lanciati da una cellula nella zona e attribuito a Israele, alla struttura militare nella città di Isfahan, nel cuore dell'Iran, un centro grande e difeso. I droni suicidi «quadcopter» sono piovuti diritti contro la struttura che produce, sembra, i missili ipersonici che possono arrivare fino a Gerusalemme, o a Kiev! e i migliori droni; oggi Zelensky deve sentirsi finalmente spalleggiato sul serio; e Putin è probabilmente al telefono con gli ayatollah o con il premier iraniano Raisi che lo tempestano di domande sul prossimo passo.

E intanto l'incontro di ieri fra il segretario di Stato americano Antony Blinken e Netanyahu a Gerusalemme ha certo preso una strada molto più vivace e fattiva dei soliti incontri amichevoli e tuttavia un po' ripetitivi fra Stati Uniti e Israele. Era stato Blinken, poche ore prima, a dichiarare improbabile un ritorno all'accordo sul nucleare cui Biden aveva puntato, e ad affermare che ogni ipotesi strategica è aperta, ovvero anche la guerra. Quello che ha portato a capire che un accordo con gli ayatollah era un'illusione, è stata certo la sua collaborazione con Putin, poi il dispiegamento della vera natura del regime con la repressione di massa di queste settimane, i 500 e più morti, ragazzi, donne e bambini, per le strade, le impiccagioni medievali, disumane; ma anche la sfacciata gestione iraniana della trattativa a Vienna col P5+1, la ripetizione delle menzogne all'Aiea sull'uranio arricchito.

E allora mentre l'orizzonte occidentale diventava sempre di più quello di un fronte tutto unito, dagli Usa all'Europa ai Paesi sunniti aperti al dialogo, contro la Russia dell'aggressione all'Ucraina e i suoi amici, mentre la Cina e anche la Turchia restano perplessi, l'Iran ha compiuto in maniera definitiva il salto strategico: è una scelta costosa, e gli Ayatollah devono averla fatta perché ormai stretti all'angolo dall'insurrezione. Fornendogli i droni, si sono messi sotto l'ala di Putin. Per la Russia, il vantaggio è stato grosso: senza quelle armi, si dice che avrebbe già perso. È la scelta di sottomissione che a suo tempo ha compiuto Assad di Siria, o che hanno fatto la Bielorussia e il Kazakistan: hanno scelto la protezione di Putin, dalla sua parte e ai suoi ordini.

Ma è anche naturalmente una scelta che dona all'Iran una dimensione strategica molto più larga di quella tradizionale della conquista sciita del mondo islamico e della vittoria apocalittica del «Mahdi» il profeta sciita, sull'Occidente. È anche per Putin un legame intrigante, che può portarlo a mettere in atto quelle minacce a Israele che ha sempre lanciato. Ma Israele stavolta un passo l'ha fatto, e molto più importante, come avviene da tempo, delle parole di solidarietà. L'ambasciatore israeliano in Germania Ron Prosor l'ha detto al Morgenpost: «Noi aiutiamo a battere l'invasione russa, anche se dietro le quinte, molto di più di quello che si sappia».

Mosca, precipita l'elicottero di Putin: cosa è successo. Matteo Legnani su Libero Quotidiano il 30 gennaio 2023

Potremmo definirlo lo scontro tra il “gigante piemontese” e il “nano moscovita”, quello avvenuto ieri tra il ministro della Difesa Guido Crosetto e il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo (più volte in passato presidente e primo ministro), Dmitri Medvedev. Sul piano fisico non c’è partita: l’esponente di Fratelli d’Italia torreggia a un metro e 96 centimetri d’altezza per quasi cento chili di peso, il moscovita misura 1 metro e 63 centimetri e non arriva ai 70 chili. Insomma, se la guerra in Ucraina si potesse decidere con un match di lotta libera tra i due, vincerebbe in un amen l'italiano, e con lui l’Ucraina e i suoi alleati. Ma Medvedev sa bene di avere le spalle coperte da un arsenale bellico anche nucleare, quando definisce «un certo ministro di una certa Italia» uno «sciocco raro».

Il braccio destro di Putin, che con lo “zar” si è spartito le due massime cariche di governo in Russia per un ventennio, ha risposto così alle parole che il nostro ministro della Difesa aveva pronunciato venerdì: «La terza guerra mondiale inizierebbe nel momento in cui carri armati russi arrivassero a Kiev e ai confini d'Europa. Fare in modo che non arrivino è l'unico modo per fermare la terza guerra mondiale». La replica di Medvedev, arrivata via Telegram, è stata a dir poco tagliente: «Non ci sono molti sciocchi nelle strutture di potere in Europa», ha scritto l’ex presidente russo su Telegram, ma «un certo ministro della Difesa, di una certa Italia ha definito la fornitura di veicoli corazzati e altre armi all’Ucraina una prevenzione della terza guerra mondiale. Un raro eccentrico».

CONTRATTI

Il botta e risposta è arrivato al termine della settimana in cui gli alleati europei dell’Ucraina e gli Stati Uniti hanno deciso di mandare a Kiev, nei prossimi mesi, oltre un centinaio di carri armati Leopard e Abrams. E nelle ore in cui sembrava ormai certo l’accordo tra Francia e Italia per l’acquisto di 700 missili Aster 30, con una gittata di 120 chilometri, da consegnare alle forze armate ucraine.

Accordo che è tuttavia stato per il momento smentito, ma che deve certamente aver ulteriormente acceso gli animi nella capitale russa. Il nostro ministro della Difesa ha risposto a Medvedev nel pomeriggio di ieri, spiegando che «probabilmente ha ragione lui nel definirmi “uno sciocco raro”. Ha “ragione” perché io mi ostino a pensare che sia giusto aiutare una nazione aggredita senza alcuna ragione e alcun motivo, come l’Ucraina. Sarei stato pronto a farlo anche per il popolo russo, a parti invertite. Se i russi non cercassero una vittoria totale, ma solo la fine delle ostilità, che sono l’unico obiettivo del Governo italiano, basterebbe che si sedessero al tavolo della pace. Solo in questo modo, e immediatamente cesserebbe tutto. Sia la guerra sia gli aiuti militari dell’Italia e degli altri Paesi che stanno soltanto aiutando uno Stato a difendersi da uno Stato aggressore».

 VLAD NON ERA A BORDO

Un segnale preoccupante per il Cremlino arriva dall’aeroporto di Vnukovo, a circa 16 miglia a sud ovest di Mosca, dove venerdì l’elicottero del presidente russo Vladimir Putin si è schiantato al suolo durante un atterraggio. È il Mil Mi-8, riferiscono l’agenzia di stampa statale russa Interfax e la rivista di aeronautica Aerotime Hub, appartenente al distaccamento di volo speciale "Rossiya", che gestisce aerei utilizzati per il trasporto di funzionari del governo russo. Non è chiaro chi fosse a bordo dell’elicottero e se vi siano stati feriti nell’incidente.

Macron: «Non escludo invio di caccia». Domani a Parigi incontro tra i ministri Lecornu-Reznikov. Andrea Nicastro, inviato, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 30 gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di lunedì 30 gennaio, in diretta. Militari ucraini seguono l’addestramento in Gran Bretagna. Guardian: «Alla Germania Kiev chiede un sottomarino»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 341esimo giorno.

• Kiev e gruppo Wagner si contendono il controllo di Blahodatne (Donetsk).

• Militari ucraini in Gran Bretagna per addestramento ai 14 tank Challenger 2, che verranno forniti da Londra.

• Domani a Parigi incontro tra i ministri della Difesa ucraino e francese Reznikov-Lecornu. Verrà discusso il riarmo a Kiev dopo l’accordo della Francia con l’Italia.

•I satelliti italiani che aiutano Kiev a seguire le mosse dei russi.

Ore 00:10 - Kiev ordina 105 droni da ricognizione ad una azienda tedesca

Il ministero della Difesa ucraino ha ordinato 105 droni da ricognizione Vector dalla società tedesca Quantum-Systems GmbH. Secondo l’annuncio dell’azienda, la fornitura sarà finanziata dal governo tedesco, riferisce Ukrinform. Kiev ne aveva già ordinati 33 in agosto.

Ore 00:28 - Bombe su Kharkiv, un morto e tre feriti

Il bombardamento di un edificio residenziale a Kharkiv avvenuto in serata ha ucciso una persona e ne ha ferite altre tre. Lo ha riferito il sindaco della seconda città ucraina, Igor Terekhov, citato dall’agenzia Unian. Secondo le testimonianze riportate, il quarto piano di una parte dell’edificio è stato distrutto; i servizi di emergenza sono ancora mobilitati.

Ore 01:28 - Johnson a Bbc, minacce da Putin prima dell’invasione all’Ucraina

L’ex primo ministro britannico Boris Johnson racco nta di essere stato «in qualche modo minacciato» dal presidente russo Vladimir Putin poco prima dell’inizio dell’invasione in Ucraina, partita il 24 febbraio dell’anno scorso. In un’intervista per un documentario della Bbc, colui che all’epoca era a Downing Street ha raccontato che il capo del Cremlino gli aveva detto che «per un attacco missilistico basterebbe un minuto». La minaccia fu pronunciata in occasione di una lunga telefonata fra i due leader, seguita a una visita di Johnson a Kiev all’inizio del febbraio 2022, ha ricordato l’ex premier, ovvero all’epoca in cui Putin negava di voler invadere l’Ucraina nonostante i continui rafforzamenti dei contingenti militari russi al confine. Johnson racconta che in quella telefonata ha avvertito Putin dei rischi di sanzioni e isolamento internazionale nel caso di un’invasione, e della grave catastrofe che sarebbe stata una guerra. Ma il presidente russo, ricorda, insisteva nel chiedere se l’UCraina non sarebbe entrata nella Nato a

Ore 02:50 - Scholz: «La guerra in Ucraina non si trasformerà in un conflitto fra la Russia e la Nato»

La guerra in Ucraina non si trasformerà in un conflitto fra la Russia e la Nato: lo ha sottolineato, al termine di un incontro con il presidente cileno Gabriel Boric durante la sua missione in America Latina, il cancelliere tedesco Olaf Scholz. «Abbiamo contribuito a che non ci sia un’escalation del conflitto, perché questa avrebbe gravi conseguenze per il mondo intero. Porterebbe, ad esempio, a una guerra fra la Russia e i Paesi della Nato, ma questo non succederà: lo impediremo con tutte le forze, siamo riusciti finora e continueremo a farlo». «Si tratta di sostenere l’Ucraina, di avere un dibattito serio per prendere le decisioni che devono essere prese e questo non deve diventare una gara su chi manda più armi», ha aggiunto. E ha spiegato che, come anche il suo omologo americano Joe Biden, non vuole inviare truppe in Ucraina proprio per evitare l’escalation. Oggi, Scholz aveva escluso di voler inviare aerei da combattimento in Ucraina dopo avere invece accettato nei giorni scorsi di fornire 14 carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca

Ore 04:43 - Stoltenberg chiede a Seul più sostegno militare

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha esortato la Corea del Sud ad aumentare il suo sostegno militare all’Ucraina, ricordando che altri Paesi hanno cambiato la propria politica di divieto di fornitura di armi a stati in guerra dopo l’invasione della Russia. Seul ha firmato importanti accordi per fornire carri armati, aerei e altre armi alla Polonia, membro della Nato.

Dall’inizio della guerra, pur esprimendo sostegno, il presidente Yoon Suk-yeol ha affermato che la legge sudcoreana contro la fornitura diretta di armi ai Paesi in conflitto rende difficile le forniture a Kiev, limitandosi per ora a fornire assistenza umanitaria. Stoltenberg, incontrando ieri a Seul il ministro degli Esteri sudcoreano Park Jin, ha detto che il sostegno nordcoreano alla Russia nella guerra in Ucraina rafforza la necessità per il resto del mondo di rimanere «interconnesso» negli sforzi condivisi sulla sicurezza. «Penso che in un mondo più imprevedibile e incerto, sia ancora più importante che i Paesi che credono nella libertà e nella democrazia in un ordine internazionale basato su regole stiano uniti - ha affermato il segretario generale della Nato, secondo la Yonhap -. Siamo, ovviamente, preoccupati per gli sconsiderati test missilistici e programmi nucleari della Corea del Nord. E la guerra in Ucraina ha anche ramificazioni per la vostra regione. E sappiamo anche che la Corea del Nord sta fornendo supporto militare agli sforzi bellici russi con razzi e missili. E questo evidenzia solo come siamo interconnessi». Durante la visita di due giorni a Seul, comprensiva dell’incontro con il presidente Yoon, Stoltenberg ha rimarcato l’importanza attribuita «al partenariato tra la Repubblica di Corea e la Nato», che può essere «un vantaggio reciproco».

Ore 05:31 - Ryabkov, dopo carri armati Usa, inutile negoziare

Visto che gli Stati Uniti hanno deciso di fornire all’Ucraina i carri armati, è inutile pensare di poter negoziare «non solo con Kiev, ma anche con i suoi burattinai». Lo ha detto in un’intervista all’agenzia russa Ria Novosti il viceministro degli Esteri di Mosca, Serghei Ryabkov. «La nostra posizione sull’argomento è nota, credo, anche a Washington . Siamo pronti a studiare iniziative serie per risolvere la crisi ucraina, ma finora nessuno le ha davvero formulate. Nelle condizioni attuali, quando Washington ha annunciato la decisione di fornire carri armati, e i suoi vassalli, tra cui Ottawa , competono su quanti ne forniranno, non solo è inutile parlare con gli ucronazisti, ma anche con i loro burattinai . Molti di loro sono semplicemente caricature nella loro ignoranza», ha sottolineato Ryabkov.

Ore 07:24 - Kiev: respinti attacchi russi in Donetsk e Luhansk

Nelle ultime 24 ore, le truppe ucraine hanno respinto gli attacchi della Russia vicino a Bilohorivka nell’oblast di Luhansk, e Yampolivka, Rozdolivka, Vasiukivka, Paraskoviivka, Bakhmut, Ivanivske, Klishchiivka, Kurdiumivka e Ozarianivka nell’oblast di Donetsk. Le forze ucraine hanno lanciato due attacchi alle basi temporanee delle truppe russe e un attacco ai sistemi missilistici antiaerei russi, ha riferito lo stato maggiore delle forze armate ucraine.

Ore 07:46 - Kiev: la Russia ha perso 126.650 soldati in Ucraina dal 24 febbraio

Lo Stato Maggiore dell’Ucraina ha riferito il 30 gennaio che la Russia ha perso anche 3.201 carri armati, 6.369 veicoli corazzati da combattimento, 5.041 veicoli e serbatoi di carburante, 2.196 sistemi di artiglieria, 453 razzi a lancio multiplo sistemi di difesa aerea, 221 sistemi di difesa aerea, 293 aeroplani, 284 elicotteri, 1.947 droni e 18 imbarcazioni

Ore 09:28 - Gb, probabile nuova ondata di reclutamenti

È probabile che le autorità russe mantengano aperta l’opzione di una nuova ondata di reclutamenti nell’ambito della «mobilitazione parziale» annunciata negli ultimi mesi: lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence sulla situazione nel Paese. Nel rapporto pubblicato su Twitter il ministero ricorda che lunedì scorso i media riportavano che le guardie di frontiera russe stavano impedendo ai lavoratori immigrati kirghisi con doppio passaporto di lasciare la Russia, dicendo loro che i loro nomi erano nelle liste di mobilitazione. Sempre il 23 gennaio, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha reso noto che il decreto sulla «mobilitazione parziale» continua a rimanere in vigore, sottolineando che è necessario per sostenere il lavoro delle Forze Armate. «È molto probabile che la leadership russa continui a cercare un modo per far fronte all’elevato numero di uomini necessari per sostenere qualsiasi futura grande offensiva in Ucraina, riducendo al minimo il dissenso interno», conclude il rapporto.

Ore 09:30 - Boris Johnson e la minaccia di Putin: «Mi disse: “Con un missile mi ci vorrebbe un minuto...”»

(Luigi Ippolito e Giuseppe Sarcina) Boris Johnson ha rivelato che il presidente russo Vladimir Putin ha minacciato di effettuare un attacco missilistico durante una conversazione telefonica avvenuta prima dell’invasione dell’Ucraina. L’ex premier britannico ha affermato che il commento di Putin è arrivato durante una conversazione «molto lunga» avvenuta nel mese di febbraio dello scorso anno, dopo l’avvertimento lanciato da Johnson, secondo cui la guerra sarebbe stata una «catastrofe totale».

Nel corso della conversazione, Putin ha detto che avrebbe potuto inviare un missile per colpire il Regno Unito «nel giro di un minuto». Queste dichiarazioni sono state riportate nel corso di un documentario della Bbc sul conflitto in Ucraina e le interazioni di Putin con i leader mondiali. Johnson ha raccontato all’emittente televisiva: «A un certo punto mi ha minacciato, dicendo: “Boris, non voglio farti del male ma, con un missile ci vorrebbe solo un minuto”. O qualcosa del genere». E poi: «Ma credo che dal tono molto rilassato che aveva, dalla sorta di aria di distacco che sembrava avere, stesse solo giocando con i miei tentativi di convincerlo a negoziare». Ha aggiunto commentando che Putin fu «molto informale» durante quella «straordinaria telefonata».

Ore 10:02 - Presidenza Kiev, «Il Comitato olimpico internazionale è promotore di guerra, omicidi e distruzione»

Il Comitato olimpico internazionale è «promotore di guerra, omicidi e distruzione». Sono durissime le parole usate su Twitter da Mychailo Podolyak, il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, per contestare il fatto che il Cio non abbia escluso la partecipazione di atleti russi e bielorussi alle Olimpiadi di Parigi 2024. «Il Cio osserva con piacere la distruzione dell’Ucraina da parte della Federazione russa e offre quindi alla Russia una piattaforma per promuovere il genocidio e incoraggia le loro ulteriori uccisioni», scrive Podolyak. «Ovviamente, i soldi russi che comprano l’ipocrisia olimpica non hanno l’odore del sangue ucraino. Vero signor Bach?» chiede il consigliere di Zelensky rivolgendosi al presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach.

Ore 10:53 - Kiev, «noi in Ue entro 2 anni»; Stati membri frenano

L’Ucraina ha l’obiettivo di entrare nell’Ue entro i prossimi due anni. Lo ha detto il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, in una intervista a Politico. Numerosi leader europei, fra cui il presidente francese Emmanuel Macron, hanno tuttavia già chiarito che serve molto più tempo per questo ingresso. «Bruxelles dice: non così presto», si legge infatti nel sottotitolo dell’intervista. Shmyhal sembra consapevole della difficoltà tanto è vero che parla di questo progetto definendolo «molto ambizioso». «Ci aspettiamo di espletare la fase di pre-ingresso dei negoziati nel corso del 2023», aggiunge.

Ore 11:10 - Lavrov, «Non ci siamo mai rifiutati di dialogare con partner europei»

La Russia non si è mai rifiutata di prendere parte a un dialogo paritario con i suoi partner europei o di cercare modi per risolvere i problemi di sicurezza. A dichiararlo è stato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, citato dal ministero. Lo riporta la Tass.

«Non abbiamo mai saltato né un dialogo paritario con i nostri partner europei né una ricerca dei modi per affrontare le questioni di sicurezza. Rimaniamo fiduciosi di vedere prima o poi forze politiche in Europa che saranno in grado di agire in base ai propri interessi nazionali piuttosto che per l’ambizione di compiacere qualcuno dall’altra parte dell’Oceano. Allora ci sarà qualcuno con cui raggiungere un accordo», ha affermato il ministro.

Ore 11:31 - Peskov: «Dialogo separato Putin-Macron può avanzare»

Tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il suo omologo francese, Emmanuel Macron, esiste un «dialogo separato, che può continuare se necessario». Lo ha detto il portavoce del Cremlino,Dmitry Peskov , secondo quanto riporta l’agenzia Ria Novosti.

All’inizio del mese, lo stesso Peskov aveva osservato che Putin e Macron mantengono i contatti. «Ora c’è una pausa nel dialogo, ma nella fase precedente il contatto è stato molto utile e molto costruttivo, nonostante tutti i disaccordi esistenti, anche profondi», aveva spiegato Peskov.

Ore 11:50 - Cremlino: una «menzogna» accuse Johnson su minacce Putin

Una «menzogna»: così il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha definito l’affermazione dell’ex premier britannico Boris Johnson secondo il quale il presidente russo Vladimir Putin avrebbe minacciato durante una telefonata di lanciare missili su Londra.

Ore 12:17 - Sunak: «Gb ha guidato il mondo nel suo sostegno all’Ucraina»

Sunak ha affermato che il Regno Unito sta inviando carri armati Challenger 2 in Ucraina ed è stato il «primo grande Paese ad annunciarlo». Ha aggiunto: «Quello che ha determinato attraverso i colloqui con i nostri partner in tutto il mondo è che altri Paesi come la Germania, come gli Stati Uniti e altri hanno inoltre indicato che faranno altrettanto. Quindi abbiamo guidato tutti».

«Questo è davvero importante perché fornirà il supporto di cui l’Ucraina ha bisogno per fare, si spera, ulteriori progressi contro la Russia nella prima parte di quest’anno», ha sottolineato il premier britannico, «L’aggressione russa ha un impatto su di noi, come abbiamo visto nel nostro Paese non molti anni fa. Resistere all’aggressione ovunque fa bene alla nostra sicurezza».

Ore 12:58 - Ue, tank a Kiev non sono escalation ma risposta a Mosca

La consegna dei carri armati all’Ucraina da parte di Paesi dell’Unione Europea non va considerata come una escalation nelle tensioni ma una risposta alle azioni della Russia, che continua ad attaccare l’Ucraina, comprese le sue infrastrutture energetiche e le aree residenziali. Lo ha detto un portavoce della Commissione Europea. «Visto che la Russia non abbandona la sua strategia di voler distruggere lo Stato ucraino, l’Ue sta aiutando l’Ucraina a difendersi», ha aggiunto.

Ore 13:39 - Iran-Russia: Teheran e Mosca firmano accordo per collegare sistemi comunicazione interbancaria

Dalla re-imposizione nel 2018 delle sanzioni statunitensi contro l’Iran, dopo che Washington ha abbandonato l’accordo sul nucleare iraniano, la Repubblica islamica e’ stata disconnessa dal servizio di messaggistica finanziaria Swift con sede in Belgio, che e’ un punto di accesso bancario internazionale chiave. Simili limitazioni sono state imposte ad alcune banche russe dall’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca lo scorso anno. Secondo Karimi, circa 700 banche russe e 106 banche non russe di 13 Paesi diversi saranno collegate con l’Iran.

Ore 14:23 - Tajani, probabile invio di sistemi difesa aerea

«Il Parlamento ha votato qualche giorno fa la possibilità di inviare nuove armi all’Ucraina, ed è probabile che verranno inviati sistemi di difesa aerea». Lo ha detto Antonio Tajani, ministro degli Esteri, a margine della cerimonia in cui ha ricevuto le chiavi della città di Firenze. «Verrà informato il Parlamento dal ministro della Difesa Crosetto» prima di qualsiasi invio, ha aggiunto.

Ore 15:14 - Cina nega sostegno alla Russia, Usa «responsabili» della crisi

Gli Stati Uniti sono «responsabili della crisi in Ucraina» e la loro fornitura di armamenti a Kiev sta estendendo la durata e l’intensità del conflitto. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri della Cina, Mao Ning, durante la conferenza stampa odierna, negando che le imprese statali abbiano garantito assistenza alla Russia durante l’invasione, come invece sostenuto da Washington.

«Piuttosto che riflettere sulle proprie azioni, gli Usa stanno alimentando sospetti e accuse infondate contro Pechino», che non resterà inerme mentre gli interessi delle sue aziende vengono danneggiati, ha aggiunto. «La Cina non getta benzina sul fuoco, non sfrutta la crisi» e ha sempre rivestito un «ruolo costruttivo» nella promozione di una soluzione politica al conflitto, ha evidenziato Mao. Gli Stati Uniti dovrebbero agire con «responsabilità» e creare le condizioni per i negoziati di pace russo-ucraini, ha concluso.

Ore 15:35 - Iran: funzionario ad «Al Jazeera», indagini preliminari su attacco a Isfahan mostrano coinvolgimento Israele

Le prime indagini sull’attacco contro le strutture della difesa iraniane a Isfahan indicano il coinvolgimento di Israele. Lo ha dichiarato un funzionario iraniano all’emittente qatariota «Al Jazeera», aggiungendo che l’operazione è stata lanciata dall’interno del Paese e le indagini non sono concluse. Inoltre, secondo il funzionario iraniano, Israele sa benissimo che ci sarà una risposta.

L’attacco contro il sito a Isfahan, nel centro del Paese, avvenuto sabato, 28 gennaio, non ha avuto successo, ha aggiunto la fonte. Il funzionario ha poi affermato che gli Stati Uniti hanno preso le distanze dall’attacco perché sanno che si tratta di un fallimento e non spingerà Teheran a cambiare le proprie politiche. Rivolgendosi a Israele, il funzionario iraniano ha dichiarato: «C’è chi gioca con il fuoco e senza dubbio sarà il primo a bruciare, se deciderà di intraprendere una guerra regionale».

Ore 17:12 - Usa, la vice segretario Karen Donfried in Italia e Vaticano

Missione in Italia, Vaticano e Polonia del vice segretario di Stato Usa per gli Affari europei, Karen Donfried, per «enfatizzare l’impegno americano verso i partner europei, la democrazia e la sicurezza transatlantica così come il sostegno continuo all’Ucraina». Nell’agenda della rappresentante di Washington - in viaggio da oggi al 3 febbraio - ci sono incontri con l’arcivescovo Paul Gallagher, esponenti della società civile, insieme a una visita a Napoli al comando della Sesta flotta americana. A Varsavia Donfried parteciperà al Dialogo strategico Usa-Polonia e avrà una serie di incontri con alti esponenti governativi per «riaffermare la cooperazione e discutere il comune impegno a sostenere l’Ucraina».

Ore 17:15 - Cremlino: «Occidente incoraggia richieste armi di Kiev». Guardian: «Anche un sottomarino dalla Germania»

«L’Ucraina chiede sempre più nuove armi e l’Occidente sta incoraggiando queste richieste, giurando di essere pronto a fornire armi». Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, parlando con i giornalisti, come riporta l’agenzia di stampa russa Ria Novosti. «La situazione è un vicolo cieco, perché, ancora una volta, questo porta a un’escalation significativa, al fatto che sempre più Paesi sono direttamente coinvolti», ha proseguito Peskov, aggiungendo però che l’invio di armi non può cambiare il corso degli eventi e che l’operazione militare speciale continuerà.

Il commento di Peskov arriva dopo che il viceministro degli Esteri ucraino, Andriy Melnyk, ha invitato in un tweet la Germania a inviare al suo Paese un sottomarino. Lo riporta il Guardian. «La Germania (ThyssenKrupp) produce uno dei migliori sottomarini al mondo, l’Hdw Classe 212A. La Bundeswehr ha 6 U-boot di questo tipo. Perché non inviarne uno all’Ucraina? Così cacceremo la Russia dal Mar Nero», si legge nel tweet.

Ore 17:18 - Ryanair assume ucraini: torneremo nel Paese dopo la guerra

Ryanair sta assumendo un numero significativo di piloti e personale di cabina ucraini per assicurarsi che sia la compagnia pronta a tornare nel Paese non appena la guerra con la Russia finirà. L’azienda è «molto impegnata a tornare in Ucraina non appena sarà sicuro farlo», ha dichiarato l’amministratore delegato Michael O’Leary, citato da Sky News. «Stiamo assumendo un certo numero di piloti ucraini e personale di cabina appositamente per poter... ripristinare le basi in Ucraina», ha aggiunto.

Ore 17:23 - Germania, Scholz chiude su caccia a Kiev, co-leader Spd elusiva

Sulla richiesta di Kiev di inviare aerei da combattimento in Ucraina, la co-leader della Spd, Saskia Esken, non ha dato una risposta. Durante un’intervista con la tv tedesca Ard di ieri sera, Esken ha solo replicato che la cosa «fondamentale» è che la Germania e la Nato non siano parti nella guerra. Poche ore dopo, il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha però detto da Santiago del Cile che è «ostinato che si tenga questo dibattito», che va invece condotto in maniera «razionale». Una portavoce di Scholz ha oggi inoltre ribadito che il cancelliere abbia già detto «che in gioco non ci sono caccia» da inviare a Kiev. Scholz mette «in guardia dal fare una corsa a rilancio» in questo senso. Come riporta Dpa, oggi pomeriggio il ministro tedesco della Difesa, Boris Pistorius, ha inoltre dichiarato che il cancelliere ha già detto «tutto quello che ci sia da dire» sulla questione.

Ore 17:36 - Gb: «Carri armati a Kiev in prima linea verso Pasqua»

Il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, ha dichiarato che i carri armati arriveranno in prima linea in Ucraina prima dell’estate. «Sarà probabilmente verso Pasqua», ha detto, come riporta il Guardian. Il Regno Unito ha deciso l’invio di 14 carri armati Challenger, ma per motivi di sicurezza non è ancora stato reso noto il calendario dell’addestramento dei soldati ucraini su questi mezzi corazzati.

Ore 17:58 - Accordo Italia-Francia confermato: «688 missili Aster per Kiev»

La Francia ha annunciato oggi la conclusione di un accordo con l’Italia per quasi 700 missili antiaerei Aster a medio raggio, un’intesa che riflette il comune desiderio dei due Paesi di «modernizzare e sostenere le loro capacità di difesa antiaerea terrestre e navale».

Già sabato, dopo l’incontro di Roma tra Sébastien Lecornu, ministro francese delle Forze armate, e il suo omologo italiano Guido Crosetto, il ministero italiano della Difesa, erano stati diffusi gli estremi dell’accordo.

Ora arrivano ulteriori dettagli. Si tratta di 688 missili da consegnare e distribuire entro il 2035. «L’ordine riguarda diverse versioni di questo missile, unico in Europa», ha precisato il ministero francese, evocando Aster 15 e Aster 30 B1 oltre all’ultima versione Aster 30 B1NT. Secondo il quotidiano L’Opinion, il costo totale ammonterebbe a circa 2 miliardi di euro.

Ore 18:05 - Il Cio risponde a Podolyak: «Dichiarazioni diffamatorie»

«Il Comitato olimpico internazionale respinge questa e altre dichiarazioni diffamatorie che non possono servire da base per una qualsiasi discussione costruttiva». È quanto si legge in un comunicato ufficiale del Cio in risposta alle dichiarazioni del consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak, che aveva accusato il Comitato di essere «promotore della guerra, dell’omicidio e della distruzione per il fatto di valutare l’eventuale partecipazione degli atleti russi alle Olimpiadi di Parigi nel 2024».

Ore 18:14 - Kiev: «Droni per 500 milioni di euro»

Le forze armate ucraine si doteranno quest’anno di droni per una spesa complessiva di circa 500 milioni di euro. Lo ha annunciato il ministro della Difesa Oleksii Reznikov, secondo quanto riferisce Sky News Uk.

«Nel 2023 aumenteremo la dotazione di droni per le forze armate». L’Ucraina ha già ricevuto un significativo quantitativo di droni dalla Turchia (Bayratkar TB2 dotati di missili) e Norvegia (Black Hornet da ricognizione), ma ora intende aumentare la produzione interna. La settimana scorsa Reznikov ha annunciato di voler avviare la produzione di droni d’assalto da parte dell’esercito.

Ore 18:27 - Lukashenko in Zimbabwe, prima visita in Africa sub-sahariana

Il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko ha iniziato una visita di tre giorni in Zimbabwe, la sua prima missione in Africa sub-sahariana. Lo rende noto la Bbc, sottolineando che il viaggio di Lukashenko segue la firma di accordi commerciali dal valore di 350 milioni di dollari con lo Zimbabwe, comprendenti anche la fornitura di macchine agricole. Il presidente del Paese africano, Emmerson Mnagagwa, visitò Minsk nel 2019, lo stesso anno in cui il presidente Lukashenko pubblicò sul proprio sito web ufficiale le grandi opportunità viste dal suo governo nella cooperazione tra Bielorussia e Zimbabwe.

Ore 18:38 - Chi è Pompeyo Gonzalez Pasqual, il pensionato basco che ha spedito pacchi bomba in tutta la Spagna e diffuso video che esaltavano Putin

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il PUNTO MILITARE 350 | Il pensionato aveva spedito pacchi bomba in tutta la Spagna ed è considerato vicino alla causa di Mosca: l’intelligence pensava fosse stato ispirato dai servizi di Mosca, ma per ora non ci sono prove.

Per ora Pompeyo Gonzalez Pasqual è considerato un lupo solitario. In tutti i sensi. Ex dipendente di un cimitero, 74 anni, in pensione dal 2013, era riservato quanto cortese e viveva con poche distrazioni nel suo mondo di nostalgie sovietiche. Un piccolo appartamento a Miranda de Ebro, località a nord est di Burgos, un «santuario» con immagini e testi con Che Guevara, i baschi, Lenin, Dolores Ibarruri, la celebre Pasionaria. Insieme alle icone, la polizia ha trovato indizi che hanno permesso l’arresto: Pasqual è accusato di aver inviato alla fine di novembre sei pacchi bomba in tutta la Spagna, fra il 24 novembre e il 2 dicembre.

Ore 18:57 - Il presidente della Croazia Milanovi: «Crimea non farà più parte dell’Ucraina»

«La Crimea non farà più parte dell’Ucraina». Lo ha detto il presidente della Croazia Zoran Milanovi, criticando i Paesi occidentali per aver fornito all’Ucraina carri armati pesanti e altre armi. «Queste scelte prolungano solo la guerra», ha aggiunto. Per il presidente croato, l’arrivo dei carri armati tedeschi in Ucraina servirà solo ad avvicinare la Russia alla Cina.

Ore 19:13 - Biden-Rutte, telefonata sull’Ucraina

Il presidente americano Joe Biden ha telefonato oggi al premier olandese Mark Rutte nell’ambito dello stretto coordinamento sulle questioni di sicurezza regionali, compresa l’Ucraina. Lo ha reso noto la Casa Bianca.

Ore 19:48 - Macron: «Non escludo invio di caccia». Domani a Parigi incontro tra i ministri Lecornu-Reznikov.

I ministri Difesa ucraino e francese Sebastien Lecornu e Oleksiy Reznikov si incontreranno domani a Parigi per discutere i rifornimenti militari. I due ministri discuteranno delle attrezzature che la Francia potrebbe cedere all’Ucraina. Sono in corso discussioni in particolare sulle capacità di difesa terra-aria. A Reznikov verranno presentati radar a medio raggio GM 200. Questo può essere integrato nel sistema di difesa terra-aria SAMP/T. I governi francese e italiano stanno anche confrontandosi sul fornirne uno alle forze ucraine.

Sul tema interviene anche il presidente Emmanuel Macron, aggiungendo ulteriori dettagli: «Non è escluso che tra gli aiuti possano essere inclusi anche dei caccia ». Un sostegno che era stato già chiesto da Kiev.

Ore 20:18 - Parlamento svizzero: «Valutiamo export Leopard a chi potrebbe sostenere Kiev»

La Svizzera possiede 134 carri armati Leopard di fabbricazione tedesca, più 96 in disuso. Ora una proposta nel parlamento svizzero potrebbe autorizzare l’export di una parte di questi 96 mezzi in disuso verso altri stati, inclusi quelli che inviano i propri Leopard 2 in Ucraina. Per ragioni di neutralità, però, questi carri armati svizzeri non potranno in nessun modo essere mandati a Kiev. Si tratterebbe di un modello di «scambio circolare» come quello già usato negli scorsi mesi dalla Germania con alcuni partner dell’Europa centro-orientale.

Ore 20:48 - Zelensky: «Decisioni buone, ma siano anche rapide»

«Le decisioni prese dagli alleati sono state buone, ma è fondamentale che siano anche tempestive. È di grande importanza per noi reagire rapidamente». Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla conferenza stampa con la premier danese Mette Frederiksen, scrive la Cnn. «Sono fiducioso nel nostro esercito. Penso che fermeremo gradualmente i russi e prepareremo la nostra grande controffensiva», ha aggiunto.

Ore 21:45 - Primi ministri baltici, incontro a Tallinn venerdì

I primi ministri di Estonia, Lettonia e Lituania si incontreranno a Tallinn venerdì prossimo, 3 febbraio, per il primo Consiglio dei Primi ministri baltici del 2023. All’ordine del giorno dell’incontro saranno l’assistenza all’Ucraina, i preparativi per il vertice NATO di Vilnius del prossimo luglio e la sicurezza energetica.

Ore 23:24 - Biden: «Non invieremo F16 a Kiev»

Il presidente Usa Joe Biden ha detto che non invierà aerei da combattimento americani in Ucraina. Il presidente aveva già detto in più occasioni che gli aerei non sono sul tavolo. La scorsa settimana, ad esempio, ha annunciato che avrebbe inviato 31 carri armati M1 Abrams in Ucraina, nonostante gli alti funzionari statunitensi avessero affermato in precedenza che i veicoli pesanti non erano adatti all’esercito del paese.

Biden ha anche detto di non essere sicuro se visiterà l’Europa il mese prossimo per l’anniversario dell’inizio della guerra. Poi, in risposta a una domanda separata, ha spiegato di aver intenzione di visitare la Polonia, ma di non sapere ancora quando.

Ore 01:47 - L’amministratrice dell’Usaid incontra il sindaco di Bucha

L’amministratrice dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid), Samantha Power, ha incontrato il sindaco della città di Bucha, Anatoliy Fedoruk, per discutere il futuro degli aiuti statunitensi all’Ucraina nel quadro della guerra con la Russia e i provvedimenti da mettere in campo per punire i militari che si sono responsabili di abusi e atrocità durante il conflitto. Lo riferisce una nota. L’amministratrice ha fatto le sue condoglianze per le vite perse durante l’occupazione di Bucha, ribadendo l’impegno dell’agenzia a fornire tutta l’assistenza necessaria sul piano umanitario: dal sostegno alle piccole imprese agli aiuti nel campo dell’energia.

(ANSA il 30 gennaio 2023) - Il presidente russo Vladimir Putin minacciò Boris Johnson con un attacco missilistico durante una telefonata "straordinaria" nel periodo precedente all'invasione dell'Ucraina da parte di Mosca il 24 febbraio scorso: lo ha detto lo stesso ex premier britannico intervistato dalla Bbc per un documentario dal titolo 'Putin contro l'Occidente'.

 L'allora primo ministro ha riferito che Putin gli disse che "sarebbe bastato un minuto". È impossibile sapere se la minaccia di Putin fosse genuina, scrive la Bbc.

Tuttavia, l'emittente britannica commenta che, visti i precedenti attacchi russi al Regno Unito - l'ultimo dei quali a Salisbury nel 2018 - qualsiasi minaccia da parte del leader russo, per quanto leggera, è probabilmente una minaccia che Johnson non avrebbe avuto altra scelta che prendere sul serio.

 Prima della minaccia del leader russo, Johnson lo aveva avvertito - durante una "lunghissima" telefonata all'inizio di febbraio 2022 - che la guerra sarebbe stata una "catastrofe totale" e che avrebbe portato a sanzioni occidentali e ad un aumento delle truppe Nato ai confini della Russia. Johnson cercò anche di dissuaderlo dicendogli che l'Ucraina non si sarebbe unita alla Nato "nel prossimo futuro".

"A un certo punto mi ha minacciato, dicendo: 'Boris, non voglio farti del male ma, con un missile, ci vorrebbe solo un minuto'. O qualcosa del genere", ha raccontato l'ex premier alla Bbc. "Ma credo che dal tono molto rilassato che aveva, dalla sorta di aria di distacco che sembrava avere, stesse solo giocando con i miei tentativi di convincerlo a negoziare", ha aggiunto commentando che Putin fu "molto informale" durante quella "straordinaria telefonata". Nove giorni dopo la telefonata, l'11 febbraio, il ministro della Difesa britannico Ben Wallace incontrò a Mosca il suo omologo russo, Sergei Shoigu. Il documentario rivela che Wallace ripartì per Londra con l'assicurazione che la Russia non avrebbe invaso l'Ucraina, ma disse che entrambe le parti sapevano che era una bugia.

(ANSA il 30 gennaio 2023) - Una "menzogna": così il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha definito l'affermazione dell'ex premier britannico Boris Johnson secondo il quale il presidente russo Vladimir Putin avrebbe minacciato durante una telefonata di lanciare missili su Londra.

(ANSA il 30 gennaio 2023) - Il presidente russo Vladimir Putin avrebbe minacciato personalmente Boris Johnson con un attacco missilistico durante una telefonata "straordinaria" nel periodo precedente all'invasione dell'Ucraina da parte di Mosca il 24 febbraio scorso: lo ha sostenuto lo stesso ex premier britannico intervistato dalla Bbc per un documentario dal titolo 'Putin contro l'Occidente'.

 L'allora primo ministro ha raccontato che Putin gli disse che "sarebbe bastato un minuto" e che la conversazione avvenne all'indomani di una sua visita in Ucraina: compiuta in extremis, qualche settimana prima dell'inizio della guerra, il primo febbraio di un anno fa.

Estratto dell’articolo di Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera” il 31 gennaio 2023.

Vladimir Putin minacciò Boris Johnson di ucciderlo all’istante. La straordinaria rivelazione è stata fatta alla Bbc dall’ex premier britannico, che ha raccontato di una lunga telefonata l’anno scorso col leader russo, nella quale Putin a un certo punto gli disse: «Boris, io non voglio farti del male, ma con un missile mi ci vorrebbe solo un minuto».

 Johnson ha commentato che «dal tono molto rilassato che aveva assunto, da quell’aria di distacco che sembrava avere, si stava solo prendendo gioco dei miei tentativi di indurlo a negoziare». Ma a Londra hanno preso sul serio la sparata e ieri la notizia campeggiava sulle prime pagine dei giornali inglesi.

[…] Il premier britannico cercò in qualche modo di rassicurare il leader russo e dissuaderlo dallo scatenare una guerra. Putin gli chiese: «Boris, tu dici che l’Ucraina non entrerà nella Nato “a breve”. Cos’è “a breve”?»; al che Johnson rispose: «Beh, non entrerà nella Nato per quanto si possa prevedere nel futuro, e tu lo sai molto bene».

 Ma allo stesso tempo Boris lanciò un chiaro ammonimento: «Guarda — disse a Putin — se fai questo sarà una catastrofe totale. Significherà un massiccio pacchetto di sanzioni occidentali e continueremo a intensificare il nostro sostegno all’Ucraina».

Johnson ha però confermato che c’erano «differenze di opinione» fra gli alleati occidentali, «particolarmente da parte dei nostri amici tedeschi», che riguardo alle sanzioni auspicavano una «ambiguità creativa».

 «Non lo capivo io stesso — ha raccontato Boris — pensavo che gli si potesse dire che taglieremo il gas e il petrolio russo, che sanzioneremo ciascuno degli oligarchi, e che tutti sarebbero stati con me. Ma Mario Draghi disse: “Guarda, mi dispiace, ma devo semplicemente dirti che non possiamo farlo, non possiamo fare a meno del gas e del petrolio russi”». […]

Estratto dell’articolo di Giuseppe Agliastro per “la Stampa” il 31 gennaio 2023.

[…]  Quella che l'ex premier Tory definisce «la più straordinaria telefonata» si sarebbe svolta il 2 febbraio 2022 e Johnson sostiene che durante la conversazione avvisò Putin che la guerra sarebbe stata «una completa catastrofe», che le sanzioni occidentali sarebbero aumentate e ci sarebbero state più truppe della Nato ai confini della Russia. 

Tutt'altra la versione di Mosca: «O questa è una bugia deliberata» o «non è stata intenzionale» e Johnson «di fatto non ha capito di cosa gli stesse parlando Putin». Secondo il Cremlino, Putin avrebbe detto che, in caso di adesione dell'Ucraina alla Nato, «un potenziale dispiegamento di missili (...) vicino ai confini» russi «significherebbe che qualsiasi missile potrebbe raggiungere Mosca in pochi minuti».

 «Se quel passaggio è stato percepito in questo modo», ciò «rende la situazione molto imbarazzante». Difficile dire come siano andate davvero le cose. Di certo c'è che purtroppo di lì a poco i soldati russi avrebbero invaso l'Ucraina in una guerra criminale costata la vita a migliaia e migliaia di persone.

Macchina da guerra ingolfata. L’uso scriteriato dei paracadutisti è lo specchio della disorganizzazione militare russa. Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 31 Gennaio 2023

I Vozdušno-desantnye vojsk (Vdv) sono una truppa d’élite, molto autonoma e poco interessata a cooperare con le altre unità delle forze armate. Ma il Cremlino li sta svilendo, usandoli in operazioni poco preparate e destinate al fallimento

Capire dove avverrà la prossima offensiva russa in Ucraina è un lavoro da rabdomanti. Non esistono infatti tracce totalmente affidabili, ma solo alcuni indicatori che permettono agli analisti di fare delle ipotesi.

Uno di questi indicatori dovrebbe essere la presenza di paracadutisti, che sono fra le unità più temibili delle forze armate russe. I Vozdušno-desantnye vojsk (Vdv) sono una truppa d’élite di fama mondiale che ha sempre avuto un ruolo di primo piano nelle guerre scatenate dal Cremlino. I Vdv hanno avuto ruoli importanti nella repressione in Cecenia, sono stati la punta di diamante durante l’invasione della Georgia nel 2008, sono stati fra le prime a formare le forze di “peacekeeping” russe in Kazakistan a gennaio 2022 e sono parte integrante della forza dislocata in Siria a sostegno di Assad. Seguire i dispiegamenti di queste unità, riconoscibili per la canottiera a righine blu stile mimo francese, dovrebbe in teoria far capire dove Mosca si attende i combattimenti più duri.

Guardare ai parà per capire la strategia russa

Questa almeno sarebbe la teoria. Nella realtà infatti è impossibile ignorare la trasformazione subita dai Vdv in dodici mesi di guerra in Ucraina. Capire cosa sia successo a queste unità non è interessante solo per chi è costretto per lavoro a seguire le vicissitudini delle forze armate russe. Il comportamento dei paracadutisti e la maniera con cui sono stati impiegati dal Cremlino sono infatti elementi utili per meglio comprendere lo stato in cui versa la macchina da guerra russa.

Prima di tutto, l’unità della struttura di comando. Uno dei concetti basilari della gestione di una forza armata è la necessità di una chiara gerarchia, coordinazione fra le unità e soprattutto una catena di comando che non sia né inutilmente lunga, né talmente corta e particolaristica da impedire agli alti comandi di avere una visione strategica d’insieme. Questo principio è stato violato più volte nel corso della guerra russa in Ucraina: i battibecchi e la competizione fra i mercenari della Pmc Wagner, le truppe cecene kadyroviste e l’esercito regolare hanno influenzato molte decisioni operative sul campo, come l’accanimento piuttosto inutile contro la cittadina di Bakhmut. Anche i paracadutisti hanno avuto un ruolo in questi conflitti intestini.

La Vdv è un corpo notoriamente autonomo e poco interessato a cooperare con le altre unità delle forze armate russe. In parte ciò è dovuto al fatto che si tratta di un corpo di élite, ma anche da una straordinaria indipendenza rispetto ad altre unità. I paracadutisti non fanno parte dell’esercito ma sono direttamente a disposizione del Presidente e del ministro della Difesa. Ciò dà ai comandanti delle cinque divisioni aviotrasportate un peso politico importante nell’ecosistema militare russo, peso politico che si traduce in benefit, risorse e influenza nelle decisioni. Non è un caso che per anni si sia parlato di una «mafia dei paracadutisti», grazie anche alla capacità del Vdv di resistere a riforme e tentativi di razionalizzazione delle forze armate russe.

La mafia dei paracadutisti alla prova del conflitto

Come tutto in Russia, un tale potere ha sia implicazioni ufficiali, sia ufficiose. Ciò vuol dire ad esempio che il Vdv ha a disposizione un apparato logistico a sé stante, infrastrutture sparse in giro per la Russia e addirittura i propri mezzi corazzati paracadutabili. D’altra parte, il termine “mafia” ha un suo perché: nel 2008, ad esempio, il comandante della Vdv ha utilizzato i propri uomini per minacciare degli agenti di polizia che stavano perquisendo l’azienda del figlio, noto campione di appalti e sospettato di corruzione plurima.

Questo ruolo privilegiato del Vdv nella gerarchia militare russa ha posto l’unità al centro dei piani iniziali per l’invasione dell’Ucraina. Nelle prime quarantotto ore di guerra i Vdv avrebbero dovuto espugnare l’aeroporto di Hostomel, nei pressi di Kyjiv, e da lì permettere a forze più fresche di isolare la capitale. La mancanza di preparazione si è però fatta sentire: i paracadutisti hanno saputo con soli tre giorni di anticipo dove sarebbero stati impiegati e le forze aeree non sono state in grado di eliminare le difese aeree ucraine. Il risultato è stata la perdita di interi plotoni abbattuti in volo sopra l’aeroporto, dal quale il Vdv si è poi dovuto ritirare a causa di forti ritardi nell’avanzata russa.

I Vdv non si sono mai veramente ripresi da queste perdite devastanti di veterani difficilmente sostituibili. Dopo il fallimento di Hostomel i paracadutisti sono stati relegati al ruolo di forza di intervento rapida, spostata su e giù per la linea del fronte per tappare “buchi” lasciati dalle unità regolari. Dopo l’evacuazione da Kherson, il grosso dei Vdv è stato schierato nei settori di Kremnina (regione di Luhansk) e Zaporizhzhia, dove molti commentatori si aspettano che l’Ucraina potrebbe lanciare le prossime offensive.

Parà sviliti

Questo utilizzo difensivo è stato percepito come svilente dagli ufficiali paracadutisti, ridotti a operare come semplici soldati piuttosto che un’unità di élite specializzata. Il comandante dei Vdv, il generale-colonnello Mikhail Teplisnky, sarebbe addirittura stato rimosso dopo aver apertamente contestato le decisioni del capo di stato maggiore Valerij Gerasimov, da poche settimane comandante supremo delle forze russe in Ucraina. Ma l’umiliazione peggiore di tutte, seppur non confermata, è che alcune unità di ricognizione della 106a Divisione Guardie aviotrasportate sarebbe stata ricostituita con hooligan calcistici reclutati nella mobilitazione parziale. Dover ricorrere a reclute di bassa qualità è doppiamente umiliante per una formazione che dovrebbe essere la crème de la crème per poter essere definita «guardie».

Ma ciò che è problematico per i paracadutisti russi indica in realtà un miglioramento relativo della gestione russa dell’«operazione speciale». L’utilizzo dei Vdv per rispondere a una precisa esigenza operativa è sicuramente più sensato rispetto ai primi mesi di guerra, durante i quali la strategia russa era poco guidata dalla realtà sul terreno. Essere costretti a schierare un corpo d’élite in questa maniera indica sicuramente delle profonde carenze nell’organico russo e l’assenza di soldati di qualità. Ma indica anche che il Cremlino ha abbandonato l’idea che questa guerra possa essere vinta con delle manovre ad alto rischio.

Per Mosca, la chiave sta nel riuscire a consumare le forze ucraine in combattimenti convenzionali, indebolendo i difensori per un periodo prolungato prima di tentare un nuovo sfondamento frontale.

Per far funzionare questa strategia di lungo termine è però necessario che Gerasimov riaffermi la propria autorità sui diversi potentati che guidano le forze di invasione. A prescindere da cosa sia negli interessi della mafia dei parà.

Il complesso intellettual-industriale d'Occidente: disastri di ieri e di oggi. Piccole None (Filo Putin) il 31 Gennaio 2023 su Il Giornale.

“I governi occidentali beneficiano oggi di un consenso ampio e in gran parte incontrastato tra gli intellettuali e i media mainstream: la sconfitta della Russia, se non la sua totale capitolazione, è cruciale per garantire l’integrità territoriale e il futuro dell’Ucraina come nazione sovrana. Ciò potrebbe anche essere giusto. Ma la fiducia sul fatto che le nostre élite politiche e mediatiche hanno preso le giuste decisioni e stiano agendo con lucidità stride con il ricordo dei loro recenti trascorsi”.

 Guerre infinite e previsioni sbagliate

“Tutti i più importanti Paesi dell’Alleanza occidentale sono stati [protagonisti o] complici dei fiaschi militari che hanno devastato intere regioni dell’Asia, del Medio Oriente e dell’Africa. I loro leader si sono imbarcati in disastri facilmente prevedibili, accompagnati dal coro e dal supporto dei media, da Fox News all’Economist [e altri], che hanno soffocato o deliberatamente delegittimato il dissenso”.

“C’è una buona ragione per preoccuparsi quando, ancora impuniti per i loro disastrosi pasticci, molti esponenti di tale complesso intellettual-industriale propugnano un altro intervento militare, stavolta contro il leader fanatico di un paese dotato di armi nucleari”. Così Pankaj Mishra in un articolo pubblicato su Bloomberg, uno dei più autorevoli media Usa.

L’articolo dettaglia poi come tutte le previsioni dei leader e dei media d’Occidente si siano rivelate errate, dalla rivolta interna contro Putin, alla riprovazione verso la Russia dei Paesi del Sud del mondo, che invece incolpano la Nato per quanto sta avvenendo.

Dalle democrazie all’autoritarismo

Analisi intelligente, che peraltro annota come i cittadini d’Occidente non siano stati nemmeno interpellati su una scelta tanto cruciale. La loro “opinione è difficilmente  richiesta”, anzi come ricorda il cronista, il governo Usa e quello e del Regno Unito si sono “appena degnati di informare i propri cittadini prima di fornire armi più avanzate” all’Ucraina.

Così l’apparente paradosso è che l’interventismo estremo, giustificato come necessario per contrastare l’autocrazia (in particolare russa), sta spostando sempre più l’asse della democrazia occidentale verso una forma di autoritarismo per ora soft, con media e algoritmi chiamati a contrastare-eliminare il dissenso, un compito un tempo ai tempi affidato alla polizia segreta (che comunque non è affatto inattiva, dal momento che media e social sono chiamati a interagire con le agenzie di intelligence, con l’evidente corollario di subirne l’influenza, che spesso arriva alla subordinazione).

“Anche il futuro dell’Ucraina come Stato democratico appare nebuloso – prosegue MishraPankaj Mishra – in particolare se si considera il destino di altri paesi inondati di recente di armi e dollari. Considerata, prima della guerra, una delle nazioni più corrotte al mondo, l’Ucraina sembra oggi ancor più lontana dalla prospettiva di dar vita a un’élite onesta e responsabile”.

“In un eventuale  [e forse futuro] resoconto delle irregolarità finanziarie e delle cadute morali avvenute nel corso di questa guerra, il recente scandalo che ha coinvolto alcuni funzionari vicini al presidente Volodymyr Zelenskiy si rivelerà probabilmente poca cosa”, al confronto di altro (per inciso, anche tali misfatti, godendo di complicità e mandanti esterni, non favorisce la conclusione della guerra: nessuno vuole che si apra il vaso di Pandora).

La follia e l’opzione militare

Questa la conclusione dell’articolo di MishraPankaj Mishra: “Una delle lezioni più semplici, quanto trascurata, della storia è che i governi sono portati a diventare sempre più sconsiderati quando pensano che l’unica via per arrivare alla pace sia l’escalation militare”.

Esempi di tale follia, la drammatica “militarizzazione” del Giappone e l’altrettanto drammatico riarmo della Germania. Ma “tali segni di irresponsabilità – conclude MishraPankaj Mishra – sono evidenti anche nelle istituzioni occidentali, che cercano in tutti i modi di espandere la loro influenza militare nonostante in patria siano alle prese con i morsi di una grave crisi economica. Tutto ciò suona come un avvertimento su quel che riserva il futuro, nel quale si prospetta uno scontro più profondo ed esteso” dell’attuale.

Ex mercenario Wagner racconta le brutalità al fronte. Andrea Nicastro, da Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 31 gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di martedì 31 gennaio. Gli Usa: «Non daremo gli F-16 all'Ucraina». Kiev: «Ci servono 200 caccia». Mosca annuncia: «Xi Jinping in Russia in primavera». Pechino: «Nessuna informazione in merito»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 342esimo giorno.

• Kiev e gruppo Wagner si contendono il controllo di Blahodatne (Donetsk).

• Biden: «Non invieremo aerei F16 a Kiev»

• Militari ucraini in Gran Bretagna per addestramento ai 14 tank Challenger 2, che verranno forniti da Londra.

• Oggi a Parigi incontro tra i ministri della Difesa ucraino e francese Reznikov-Lecornu. Il confronto dopo l’accordo della Francia con l’Italia.

•I satelliti italiani che aiutano Kiev a seguire le mosse dei russi.

10:32. Ex speechwriter di Putin, un golpe sta diventando possibile

L'ex speechwriter di Vladimir Putin, Abbas Gallyamov, dice in un'intervista alla Cnn che un colpo di stato militare sta diventando una possibilità in Russia. «L'economia russa si sta deteriorando. La guerra è persa. Ci sono sempre più cadaveri che tornano in Russia, quindi i russi incontreranno maggiori difficoltà e cercheranno di trovare una spiegazione al perché di tutto questo, guardando al processo politico e rispondendosi: "Beh, questo è perché il nostro Paese è governato da un vecchio tiranno, un vecchio dittatore"», ha detto Gallyamov, riferendosi a Putin. Per Gallyamov, il golpe potrebbe arrivare nei prossimi 12 mesi.

10:45. Allerta raid aerei in tutta l'Ucraina

Un'allerta aerea è stata diramata in tutte le regioni dell'Ucraina per il pericolo di attacchi missilistici.

11:27. Stoltenberg: «Guerra oggi in Europa, domani forse in Asia»

«Pechino osserva con attenzione cosa sta accadendo oggi in Ucraina e questo potrà influenzare le sue decisioni future: ciò che accade oggi in Europa potrà accadere domani in Asia». Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg nel corso del suo punto stampa con il premier giapponese Fumio Kishida. Giappone e Nato concordano che la sicurezza nell'area transatlantica e dell'indopacifico è «interconnessa» e che la guerra in Ucraina non è una sfida «solo europea». «La Cina non è un nostro avversario ma bullizza i suoi vicini e minaccia Taiwan, dunque dobbiamo capire e gestire questa sfida», ha aggiunto.

11:36. Mosca: incontro su controllo armamenti con ambasciatrice Usa

Il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov e l'ambasciatrice statunitense in Russia Lynne Tracy hanno discusso di questioni relative al controllo degli armamenti nel corso di un incontro avvenuto oggi, secondo quanto riferito dal Ministero degli Esteri russo e riferito dalla Tass. I due diplomatici hanno «discusso alcune questioni urgenti sul controllo degli armamenti», ha dichiarato l'agenzia russa.

12:26. Kiev: abbiamo bisogno di almeno 200 caccia occidentali

L'Ucraina ha bisogno di almeno 200 caccia occidentali per proteggere i suo cieli, in sostituzione degli attuali velivoli sovietici di vario tipo che sono ormai obsoleti: lo ha detto il portavoce dell'Aeronautica Militare ucraina, Yuriy Ignat, in commenti ai media internazionali. «Al momento, l'F-16 è il candidato più probabile per sostituire il vecchio aereo sovietico», ha sottolineato l'ufficiale. Biden ha già detto che non manderà jet a Kiev.

12:28. Medvedev: le sanzioni Occidente hanno fallito miseramente

«I Paesi nemici non hanno il coraggio di ammettere che le loro sanzioni "infernali" sono miseramente fallite. Non funzionano. La stragrande maggioranza dei prodotti industriali e dei beni di consumo è stata sostituita dai nostri, russi, e quelli mancanti, dai marchi asiatici». Lo ha scritto su telegram il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, sostenendo che «come sempre, gli americani fanno soldi con un'Europa umiliata» che «resiste e perde denaro».

12:49. Polonia: nessun colloquio in corso per gli F-16 a Kiev

L'ipotesi di inviare caccia F-16 a Kiev «non è al momento oggetto di discussioni ufficiali». Lo ha detto il vice ministro della Difesa polacco, Wojciech Skurkiewicz, a France Press.

13:06. Lavrov: ho ricevuto messaggio di Blinken a «fermarci»

«Il ministro degli esteri egiziano mi ha consegnato il messaggio del segretario di Stato americano», Antony Blinken che domenica è stato in Egitto prima di arrivare in Israele. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri russo, Serghey Lavrov, secondo quanto riporta la Tass. Il messaggio, aggiunge Lavrov, «contiene solo inviti alla Russia a "quit and stop", abbandonare e fermarsi».

13:36. Russia, condannato a 12 anni di carcere per aver lanciato una molotov contro un centro di reclutamento

Un tribunale della regione autonoma russa di Khanty-Mansi ha condannato il ventenne Vladislav Borisenko a 12 anni di carcere per terrorismo per aver lanciato diverse bombe molotov contro un centro di reclutamento lo scorso maggio. In seguito al suo atto, si è era sviluppato un incendio contenuto. Borisenko si era dichiarato colpevole.

13:56. Mosca, rimpatriati oltre 9.000 soldati russi mobilitati illegalmente

«Oltre 9.000 cittadini russi mobilitati illegalmente, compresi quelli che, a causa della loro salute, non avrebbero dovuto essere mobilitati in alcun modo, sono stati rimpatriati». Lo ha annunciato il procuratore generale russo Igor Krasnov in un incontro con il presidente russo Vladimir Putin. Lo riporta l'agenzia Tass. Durante la mobilitazione parziale, sono stati identificati molti problemi, ha detto Krasnov tra cui «problemi relativi al pagamento dell'indennità al personale militare». «Ciò è dovuto principalmente all'inserimento errato o prolungato di informazioni rilevanti nel database, bloccando ad esempio i fondi trasferiti sui conti dei cittadini quando questi erano stati bloccati per ordine del tribunale», ha dichiarato il procuratore generale.

14:18. Regno Unito come gli Usa: niente F-16 a Kiev

Carri armati pesanti e sistemi missilistici sì, F-16 no. Il premier britannico Rishi Sunak si accoda al presidente americano Joe Biden ed esclude per il momento ogni ipotesi d'invio di jet militari a Kiev, per far fronte alla Russia. «Gli aerei da combattimento in dotazione al Regno Unito sono estremamente sofisticati e richiedono mesi di addestramento per apprendere come farli volare», ha tagliato corto oggi una portavoce di Downing, rispondendo a una domanda ad hoc. «Per questo crediamo non sia pratico fornirli all'Ucraina», ha aggiunto, pur riservando al governo Tory di «continuare le discussioni» con gli alleati Nato. La dichiarazione arriva mentre l'ex premier Boris Johnson è atteso da interventi a sostegno della richiesta di F-16, venuta dall'amministrazione di Zelensky, ospite di alcuni eventi del Partito.

14:19. Kuleba: fino a 140 carri armati come prima consegna

L'Ucraina riceverà «dai 120 ai 140 carri armati nella prima consegna» che arriverà da 12 Paesi. Lo ha detto il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba. «La coalizione dei carri armati ora ha 12 membri. Posso notare che nella prima ondata di contributi, le forze armate ucraine riceveranno tra i 120 ei 140 carri armati di modello occidentale», ha detto il titolare della diplomazia ucraina.

15:13. Mattarella: aiuti militari a Kiev per far cessare la guerra

«Il sostegno politico, economico e militare all'Ucraina e le sanzioni alla Russia sono funzionali a far cessare la guerra, non ad alimentarla». Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricevendo al Quirinale Katalin Novak, Presidente di Ungheria, in visita ufficiale in Italia. Oltre al l'invasione russa dell'Ucraina e delle conseguenze politiche, economiche e umanitarie, i temi di discussione dell'incontro sono stati i rapporti bilaterali, il futuro dell'Ue e le relazioni con gli Usa, le migrazioni, i Balcani occidentali e la persecuzione dei cristiani nel mondo.

15:30. Kiev: il ripristino dei confini è la pre-condizione per la pace

Andriy Yermak, capo di gabinetto di Zelensky, in audizione alla commissione Affari esteri al Parlamento europeo, ha detto: «L'Ucraina deve ripristinare la sua integrità territoriale e la sua sovranità ai confini internazionali riconosciuti. Per noi è una pre-condizione per la pace».

16:01. Kiev, respinto tentativo russo di tagliare rifornimenti a Bakhmut

Le forze ucraine hanno respinto gli attacchi russi su una strada vicino alla città orientale di Bakhmut, impedendo a Mosca di ottenere il controllo di un’importante linea di rifornimento ucraina. Lo ha affermato il portavoce militare Serhiy Cherevaty, riporta Sky News. «Le truppe russe - ha spiegato il portavoce - non sono state in grado di tagliare la strada che porta dalla città di Chasiv Yar a Bakhmut» e quindi non ci sono problemi per «rifornire le forze armate ucraine». «L’esercito ucraino a Bakhmut è fornito di tutto il necessario», ha aggiunto.

16:23. Biden, parlerò di richiesta armi con Zelensky

Il presidente americano Joe Biden ha fatto sapere che discuterà con l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky delle ultime richieste di armi fatte da Kiev. Dopo aver annunciato la fornitura di carri armati Abrams, Washington si è opposta alla richiesta di inviare F-16.

17:13. Reznikov a Parigi, ottimista su invio caccia da Occidente

«Non so quanto sarà rapida la risposta degli alleati occidentali alle richieste di caccia di Kiev», ma «sono ottimista e penso che sarà il più presto possibile». Lo ha detto il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, dopo i colloqui a Parigi con il suo omologo francese Sebastien Lecornu. Reznikov ha riferito che i colloqui non hanno avuto come tema specifico i jet da combattimento ma hanno parlato di «piattaforme» aeronautiche per aiutare la difesa terra-aria dell’Ucraina. Il ministro della Difesa ucraino ha anche elencato le armi che l’Ucraina ha richiesto nell’ultimo anno, a partire dagli Stinger, e ha detto che la prima risposta è sempre stata: «Impossibile». Alla fine però, ha detto, «è diventato possibile».

17:32. Ex mercenario Wagner descrive brutalità in prima linea

Andrei Medvedev, l’ex mercenario del gruppo Wagner che ha disertati e ha chiesto asilo alla Norvegia, in un’intervista esclusiva alla Cnn da Oslo ha raccontato la brutalità alla quale ha assistito in Ucraina. Ha spiegato che i combattenti Wagner venivano spesso mandati in battaglia con poche indicazioni, e il trattamento riservato alle reclute riluttanti era spietato. «Riunivano quelli che non volevano combattere e gli sparavano davanti ai nuovi arrivati», ha rivelato. «Ad esempio, hanno portato due prigionieri che si sono rifiutati di andare a combattere e hanno sparato loro davanti a tutti, poi li hanno seppelliti nelle trincee scavate dalle reclute». Il 26enne, che afferma di aver precedentemente prestato servizio nell’esercito russo, si è unito a Wagner come volontario. È entrato in Ucraina meno di 10 giorni dopo aver firmato il suo contratto nel luglio 2022, prestando servizio vicino a Bakhmut, la città in prima linea nel Donetsk. Medvedev ha parlato alla Cnn da Oslo dopo aver attraversato il suo confine in un’audace defezione che, stando al suo racconto, lo ha visto sfuggire all’arresto «almeno dieci volte» e schivare i proiettili delle forze russe. A suo parere, al gruppo Wagner mancava una strategia: «Non c’erano vere tattiche. Abbiamo solo ricevuto ordini sulla posizione dell’avversario ma non c’erano ordini precisi su come comportarci. Pianificavamo come procedere passo dopo passo».

18:35. La Grecia non invierà i carri armati Leopard

La Grecia non fornirà carri armati Leopard all’Ucraina a causa delle tensioni con la Turchia. Lo ha annunciato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis durante una visita in Giappone, secondo quanto riferito dai media giapponesi e dalla televisione di stato greca Ert. «Non invieremo i Leopard-2 per il semplice motivo che sono assolutamente necessari per la nostra strategia di difesa», ha spiegato Mitsotakis. Le relazioni tra Grecia e Turchia stanno attraversando una fase molto tesa a causa di una disputa sulle acque territoriali nel Mar Mediterraneo orientale. La Grecia ha più carri armati Leopard di qualsiasi altro paese in Europa: circa 350 Leopard 2 e 500 Leopard 1.

18:45. Zelensky sente premier belga, focus su difesa e sanzioni

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sentito telefonicamente il primo ministro belga Alexander de Croo e lo ha ringraziato per l’ultimo consistente pacchetto di aiuti. Lo fa sapere Zelensky in un messaggio via Telegram. «Abbiamo discusso di un’ulteriore cooperazione in materia di difesa, del sostegno alle nostre iniziative all’Onu e dell’accelerazione del prossimo pacchetto di sanzioni dell’Unione Europea», si legge nel messaggio, «contiamo sulla posizione di principio del Belgio, che non permetterà agli atleti russi di partecipare alle Olimpiadi del 2024».

18:53. Vienna concederà visti ai russi per l’assemblea Osce

Vienna consentirà l’ingresso in Austria a politici, diplomatici e giornalisti russi in occasione dell’assemblea Osce, in programma il 24 febbraio nella capitale austriaca. Lo scrive il quotidiano Der Standard, che ricorda che la data coincide con il primo anniversario dell’ingresso delle truppe russe in Ucraina. «Mentre l’anno scorso Polonia e Gran Bretagna avevano rifiutato ai russi i visti per le riunioni dell’Osce, l’Austria sta adottando un approccio diverso. Il governo (di Vienna, ndr) consentirà l’ingresso nel Paese a numerosi politici e a un nutrito entourage di giornalisti russi», scrive Der Standard. Secondo il ministero degli Esteri, - citato dal quotidiano - «non si tratta di una questione di discrezione, ma di un obbligo legale».

19:03. Zelensky a colloquio con premier Belgio De Croo, focus su cooperazione

Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha avuto un colloquio con il premier del Belgio, Alexander De Croo. Lo ha reso noto lo stesso Zelensky attraverso Twitter. «Ho ringraziato il premier De Croo per il cospicuo pacchetto di difesa precedentemente assegnato. Abbiamo discusso di ulteriore cooperazione, sostegno alle nostre iniziative all’Onu, accelerazione del prossimo pacchetto Ue di sanzioni. Contiamo sulla posizione di principio del Belgio di non permettere agli atleti russi di fare (i Giochi olimpici) Parigi 2024», ha scritto Zelensky.

19:22. Confermato vertice Ucraina-Ue venerdì a Kiev

Il primo ministro ucraino ha confermato lo svolgimento di un vertice Ucraina-Unione europea venerdì a Kiev, un giorno dopo le «consultazioni intergovernative» tra Kiev e la Commissione europea che si svolgeranno «per la prima volta nella nostra storia». «Il fatto che questo vertice si tenga a Kiev è un segnale forte rivolto sia ai partner che ai nemici», ha dichiarato Denys Chmyhal in una riunione di governo, dicendo «di aspettarsi dal vertice una valutazione provvisoria positiva dei nostri sforzi per l’integrazione europea».

20:06. Abramovich devolve incasso vendita Chelsea a fondo sostegno Kiev

Il governo britannico sta aspettando il via libera finale dell’Unione europea per trasferire i 2,3 miliardi di sterline frutto della vendita della squadra di calcio del Chelsea, da parte di Roman Abramovich, a un fondo che sostiene l’Ucraina, rende noto il Daily Telegraph. L’oligarca russo sanzionato aveva anticipato già lo scorso marzo che avrebbe devoluto il ricavato della vendita della squadra di calcio agli ucraini, oltre che, aveva precisato allora, anche alle vittime russe della guerra.

20:16. Wall Street Journal: «Mosca rafforza commercio con Pechino per far fronte alle sanzioni»

La Russia ha rafforzato i suoi legami commerciali con la Cina lo scorso anno per aggirare le sanzioni occidentali. Secondo un rapporto della Free Russia Federation, organizzazione non governativa con base negli Stati Uniti, Mosca ha aumentato le importazioni dalla Cina di tecnologie cruciali per la guerra in Ucraina, inclusi i semiconduttori e i microchip. Pechino ha invece aumentato gli acquisti di beni e prodotti russi, in particolare di energia. «Con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Gran Bretagna che hanno fatto un passo indietro dalla Russia, la Cina è emersa - con ampio margine - il più importante partner commerciale della Russia», si legge nel rapporto, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal.

20:39. Blinken parlerà di Ucraina nel suo viaggio in Cina

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha intenzione di parlare del conflitto in Ucraina e discuterne con la controparte di Pechino durante il suo viaggio in Cina. Un modo per provare ad aprire uno spiraglio per possibili negoziati di pace. Lo ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca John Kirby.

21:29. Zelensky ringrazia il Belgio: «Nessun atleta russo ai Giochi del 2024»

«Ho ringraziato il primo ministro belga Alexander de Croo per il recente potente pacchetto di assistenza. Abbiamo discusso di una ulteriore cooperazione in materia di difesa, sostegno alle nostre iniziative presso le Nazioni Unite e accelerazione del prossimo pacchetto di sanzioni dell’Unione europea»: lo ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram. «Contiamo sulla posizione di principio del Belgio nel non consentire agli atleti russi di prendere parte alle Olimpiadi del 2024», ha aggiunto.

21:51. Sette aziende iraniane sanzionate dagli Usa per i droni forniti alla Russia

Gli Stati Uniti hanno sanzionato sette entità iraniane per aver fabbricato droni destinati alla Russia per attaccare l’Ucraina, lo scrive il Kyiv Independent. «Chiunque faccia affari con queste entità deve avere licenze speciali per la fornitura di beni e tecnologie, le licenze per qualsiasi cosa che non sia la fornitura di cibo o medicine saranno negate. Nel corso dell’invasione, la Russia ha iniziato a collaborare più strettamente con l’Iran per avere maggiore accesso ai suoi droni kamikaze, che ha lanciato contro l’Ucraina», così la testata ucraina.

22:23. Zelensky sul vertice del 3 febbraio: «Un’opportunità per l’integrazione con l’Europa»

«Stiamo ultimando i nostri preparativi per il vertice Ucraina-Ue, previsto per questa settimana. In generale, la settimana dovrebbe essere interamente dedicata a questa parola: integrazione europea», ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelensky su Telegram. «Attendiamo notizie per l’Ucraina. Stiamo aspettando le decisioni dei nostri partner nell’Unione europea, che corrisponderanno al livello raggiunto di interazione tra le nostre istituzioni e l’Ue e ai nostri progressi. Progresso che ovviamente c’è, anche a dispetto di una guerra su vasta scala», ha sottolineato. «Stiamo preparando proposte ucraine per i negoziati con i rappresentanti dell’Ue e anche nuove riforme in Ucraina».

01:36. Reuters: Usa preparano invio a Kiev di missili a lungo raggio

Gli Stati Uniti stanno preparando un pacchetto di aiuti per più di due miliardi di dollari che dovrebbe includere per la prima volta razzi a lungo raggio così come altre munizioni e armi. Lo riferisce la Reuters, da fonti dell’amministrazione Usa. Gli aiuti in armi dovrebbero essere annunciati già questa settimana e dovrebbero includere anche attrezzature di supporto per i sistemi di difesa aerea Patriot, munizioni guidate di precisione e armi anticarro Javelin

Ucraina - Russia, le news dalla guerra del 31 gennaio : Sanzioni Usa a entità iraniane che hanno fornito armi a Mosca. La Repubblica il 31 gennaio 2023.

Il ministro della Difesa ucraino Reznikov in visita a Parigi dopo che Macron, a differenza di Biden, ha aperto sull'invio dei caccia all'Ucraina. La Cina: basta armi dagli Usa, si lavori per un negoziato. Lavrov: "Ho ricevuto il messaggio di Blinken a 'fermarci'". Kuleba: "In prima fase prevediamo di ricevere 120-140 tank". Kiev: abbiamo bisogno di 200 caccia. Oltre 9mila russi mobilitati per errore

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede nuove armi per evitare che la Russia prolunghi la guerra. "Accelerare la fornitura e l'apertura di nuove opzioni di armamento necessarie per l'Ucraina". Intanto il presidente americano Biden annuncia che presto sarà in Polonia, senza dire però se lo farà in occasione dell'anniversario dell'attacco russo. Sulla stessa linea dell'amministrazione americana, il cancelliere tedesco Scholz, mentre il presidente francese Macron non esclude l'invio di caccia.

02:16. Biden, no agli F-16 a Kiev

Il presidente Usa Joe Biden ha risposto "no"a chi gli ha chiesto se gli Stati Uniti forniranno jet da combattimento F-16 all'Ucraina. La settimana scorsa Biden ha annunciato la decisione di inviare al Paese 31 carri armati Abrams. Poco dopo quell'annuncio, Yuriy Sak, consigliere del segretario alla Difesa ucraino, aveva detto di essere ottimista sulla possibilità di ricevere jet da combattimento occidentali, come gli F-16 americani.

02:18. Boris Johnson: "Putin ha aperto la strada a Kiev nella Nato"

"Bene, abbiamo provato l'ambiguità creativa e abbiamo visto dove ci ha portato. Per decenni abbiamo usato un doppio linguaggio diplomatico in materia di Nato e Ucraina, ed è finito in un disastro totale". Non usa mezzi termini Boris Johnson in un editoriale sul Washington Post in cui spiega perché, ora, "agli ucraini dovrebbe essere dato tutto ciò di cui hanno bisogno per finire questa guerra, il più rapidamente possibile, e dovremmo iniziare il processo di ammissione dell'Ucraina alla Nato, e iniziarlo ora".

"Abbiamo passato anni a dire agli ucraini che abbiamo una politica della "porta aperta" nella Nato e che hanno il diritto di "scegliere il proprio destino" e che la Russia non dovrebbe essere in grado di esercitare un veto. E per tutto quel tempo abbiamo apertamente segnalato a Mosca che l'Ucraina non aderirà mai all'alleanza, perchè così tanti membri della Nato eserciteranno semplicemente il proprio veto. Il risultato è la peggiore guerra in Europa da 80 anni. Il presidente russo Vladimir Putin ha distrutto innumerevoli vite, case, speranze e sogni. Ha anche distrutto la minima ragione per simpatizzare con lui o per assecondarlo nella sua paranoia".

07:49. Ucraina: caccia a Kiev, il ministro della Difesa di Kiev a Parigi da Macron

Il ministro della Difesa ucraino chiederà personalmente oggi a Parigi gli aerei da combattimenti alla Francia: Oleksij Reznikov, che dovrebbe incontrare anche il presidente Emmanuel Macron, avrà un faccia-a-faccia con il suo omologo Sebastien Lecornu.

Ieri il presidente Usa, Joe biden, ha escluso che si possano fornire gli F-16 all'Ucraina mentre Macron è apparso più possibilista: ha detto che in linea di principio "nulla è escluso" nell'aiuto a Kiev, ma che qualsiasi mossa del genere dipenderà da diversi fattori, tra cui la necessità di evitare l'escalation e l'assicurazione che gli aerei non colpiranno "il territorio russo" e che la consegna "non vada a indebolire la capacità delle forze armate francesi".

08:42. Russia, l'ex speechwriter di Putin: "Nei prossimi mesi è possibile un colpo di Stato"

"In questo momento, penso che un colpo di stato militare possa essere possibile". Sono le parole di Abbas Gallyamov, l'ex speechwriter del presidente russo Vladimir Putin, che nel corso di una intervista alla Cnn parla del numero dei soldati russi che hanno perso la vita in Ucraina e delle difficili condizioni di vita dovute dalle sanzioni come condizioni favorevoli a un golpe militare. Ora analista politico, Gallyamov ritiene che il colpo di stato potrebbe verificarsi nei prossimi dodici mesi.

"L'economia russa sta peggiorando. La guerra è persa. Ci sono sempre più cadaveri che tornano in Russia, quindi i russi incontreranno maggiori difficoltà e cercheranno di trovare una spiegazione del perché tutto questo sta accadendo. Si risponderanno da soli: 'Beh, questo è perché il nostro Paese è governato da un vecchio tiranno, un vecchio dittatore'", ha detto Gallyamov riferendosi a Putin.

Secondo l'analista, "tempo un anno, un colpo di Stato diventa una possibilità reale" perché "c'è un presidente impopolare davvero odiato a capo del Paese e la guerra è davvero impopolare, e hanno bisogno di spargere sangue per questo". Possibile, aggiunge, che Putin annulli le elezioni presidenziali previste per il marzo del prossimo anno. "A giudicare dalle sue azioni, potrebbe davvero annullare le elezioni. Senza vittoria sull'Ucraina, dovrà affrontare i russi in difficoltà. I russi non hanno bisogno di lui se non è forte.

Potrebbe davvero dichiarare la legge marziale e annullare le elezioni", ha detto Gallyamov.

09:19. Ucraina: Hrw lancia allarme, Kiev ha usato mine antiuomo a Izyum

Human Rights Watch (Hrw) ha invitato le autorità ucraine a indagare sull'uso da parte del suo esercito di mine antiuomo che sono state disperse dentro e intorno a Izyum, nella regione di Kharkiv, nel settore orientale del Paese.

"Sembra che le forze ucraine abbiano ampiamente disperso mine antiuomo nell'area di Izyum, mine che hanno causato vittime tra i civili e che comunque rappresentano un rischio costante", ha dichiarato Steve Goose, direttore della divisione armi dell'organizzazione non governativa.

"Le forze russe hanno ripetutamente utilizzato mine antiuomo e commesso atrocità in tutto il Paese, ma ciò non giustifica l'uso da parte dell'Ucraina di queste armi vietate"

09:55. Ucraina, stato maggiore: 127mila soldati russi uccisi dall'inizio della guerra

Le forze armate ucraine hanno annunciato oggi di aver ucciso 850 soldati russi durante l'ultima giornata di scontri. Il numero totale di soldati russi uccisi dall'inizio dell'invasione è salito a 127.500, dato che contrasta con quello fornito da Mosca, che da settimane non aggiorna il bilancio delle vittime. Dall'invasione russa, - ha reso noto su Facebook lo stato maggiore ucraino - sono stati distrutti 3.201 carri armati, 2.197 sistemi di artiglieria e 221 sistemi di difesa aerea.

La Russia non fornisce dati sulle vittime del conflitto da settembre, quando il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha confermato la morte di 5.937 soldati. Il portale di notizie russo Mediazona porta il numero totale dei decessi a 12.538, cifre che considera "confermate" da dati pubblicamente disponibili.

10:05. Mosca annuncia: Xi Jinping in Russia in primavera

È atteso che il presidente cinese, Xi Jinping, si recherà in Russia in primavera. È quanto ha annunciato il ministero degli Esteri russo, che ha affermato che questo sarà un evento centrale nelle relazioni fra Russia e Cina nel 2023. Lo riporta l'agenzia di stampa russa Tass. "Nel prossimo anno, attraverso sforzi congiunti, la Russia e la Cina saranno in grado di rafforzare e far progredire ulteriormente i legami bilaterali. Come sapete, il presidente russo Vladimir Putin ha invitato il leader cinese Xi Jinping a compiere una visita di Stato nella Federazione Russa in primavera. Riteniamo che questo diventerà un evento centrale nelle relazioni bilaterali nel 2023", ha dichiarato il ministero degli Esteri russo rispondendo alle domande dei media ricevute durante la conferenza stampa sui risultati delle attività della diplomazia russa nel 2022. Il South China Morning Post scrive che il viaggio di Xi in Russia è atteso intorno all'anniversario dell'invasione dell'Ucraina. Putin aveva invitato Xi durante una videochiamata di fine anno fra i due avvenuta a dicembre. Pechino non ha ancora confermato il viaggio di Xi.

10:29. Pechino al momento non conferma che Xi sarà a Mosca in primavera

La Cina al momento non conferma né smentisce la notizia di una visita del presidente cinese Xi Jinping questa primavera in Russia. Una portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, a una domanda in merito ha risposto così: "Cina e Russia mantengono stretti contatti a vari livelli per promuovere lo sviluppo dei due Paesi, contribuendo allo sviluppo globale pacifico. Per quanto riguarda questa visita in particolare, al momento non ho informazioni da condividere". Lo riporta l'agenzia di stampa russa Tass, ricordando che lunedì il ministero degli Esteri russo ha annunciato che la visita del presidente cinese Xi in Russia è in programma per la primavera e ha affermato che sarà un evento centrale nelle relazioni fra Mosca e Pechino nel 2023.

10:42. Allarme aereo in tutta l'Ucraina

Un allarme aereo è stato dichiarato poco fa in tutte le regioni dell'Ucraina per il pericolo di attacchi missilistici. Il governo consiglia "ai cittadini di mettersi al riparo o di osservare la regola delle 'due mura'". Il portavoce dell'Aeronautica Militare, Yuriy Ignat, ha dichiarato in diretta sul canale televisivo 24 che la rapida diffusione dell'allarme sul territorio dell'Ucraina indica la minaccia di attacchi missilistici Dagger.

10:57. Kiev: "Per chiudere i cieli servono almeno 180 caccia" 

Per proteggere il suo spazio aereo, l'Ucraina ha bisogno di sostituire i velivoli sovietici ormai obsoleti con un unico tipo di caccia multiuso, che può essere l'F-16; e ne servono fino a 180 esemplari. Lo ha detto il portavoce dell'aeronautica delle forze armate ucraine Yuriy Ignat. Si tratta, ha spiegato alla stampa ucraina, dei numeri in possesso dei più grandi Paesi della Nato. Ignat ha sottolineato che l'Ucraina è uno dei Paesi più grandi d'Europa e necessita dunque di copertura aerea sia in tempo di guerra che in tempo di pace.

11:18. Tribunale russo multa Twitch per "fake news" sulla guerra

Un tribunale russo ha multato di 4 milioni di rubli (oltre 52mila euro) Twitch, una delle piattaforme di streaming video più popolari al mondo, per non aver rimosso contenuti sulla campagna militare in Ucraina che le autorità ritengono essere "fake". Lo ha riferito l'agenzia di stampa Interfax. La società di proprietà di Amazon è solo l'ultimo big del web finito nel mirino della magistratura russa, che ha già multato per motivi analoghi YouTube, Google e Wikipedia.

11:31. Stoltenberg (Nato): "Guerra oggi in Europa, domani forse in Asia"

"Pechino osserva con attenzione cosa sta accadendo oggi in Ucraina e questo potrà influenzare le sue decisioni future: ciò che accade oggi in Europa potrà accadere domani in Asia". Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg nel corso del suo punto stampa con il premier giapponese Fumio Kishida. Giappone e Nato concordano che la sicurezza nell'area transatlantica e dell'indopacifico è "interconnessa" e che la guerra in Ucraina non è una sfida "solo europea". "La Cina non è un nostro avversario ma bullizza i suoi vicini e minaccia Taiwan, dunque dobbiamo capire e gestire questa sfida", ha aggiunto.

11:50. Cremlino: "Paesi Baltici e Polonia inaspriscono il confronto"

I Paesi Baltici e la Polonia sono pronti a fare di tutto per provocare un ulteriore scontro con la Russia, pensando poco alle ripercussioni, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ai giornalisti riportato dalla Tass. "Nel complesso, vediamo un atteggiamento piuttosto aggressivo da parte dei rappresentanti dei Paesi Baltici e della Polonia", ha detto rispondendo a una domanda sulla richiesta del presidente lituano Gitanas Nauseda di oltrepassare le linee rosse e fornire jet da combattimento all'Ucraina.

"A quanto pare, sono pronti a fare qualsiasi cosa per provocare l'aumento del confronto, probabilmente pensando poco alle conseguenze. Certo, è molto triste che in queste condizioni, diciamo, i leader dei principali Paesi europei che sono il motore di tutti i processi europei, purtroppo, non stiano svolgendo un ruolo di equilibrio e non stiano bilanciando i rappresentanti con inclinazioni estremiste". 

12:11. Kiev: abbiamo bisogno di almeno 200 caccia occidentali

L'Ucraina ha bisogno di almeno 200 caccia occidentali per proteggere i suoi cieli, in sostituzione degli attuali velivoli sovietici di vario tipo che sono ormai obsoleti: lo ha detto il portavoce dell'Aeronautica Militare ucraina, Yuriy Ignat, in commenti ai media internazionali.  "Al momento, l'F-16 è il candidato più probabile per sostituire il vecchio aereo sovietico", ha sottolineato l'ufficiale.

12:30. Mosca, "controllo armi" nel colloquio con gli Usa

Si è parlato di "questioni riguardanti il controllo degli armamenti" nell'incontro di ieri a Mosca, tra il vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov e il nuovo ammbasciatore Usa, Lynne Tracy. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri russo, in una nota.

12:47. Lula: "Il Brasile non invia le munizioni, vuole la pace"

"Il Brasile non ha alcun interesse a trasferire munizioni per la guerra tra Ucraina e Russia. Il Brasile è un Paese di pace. In questo momento bisogna trovare chi vuole la pace, parola che finora è stata usata pochissimo". Lo scrive il presidente Luiz Inacio Lula da Silva sul suo profilo Twitter, in risposta alle polemiche sorte dopo la sua decisione di non dare l'ok all'invio di munizioni per i tank Leopard e dopo aver ricevuto il cancelliere tedesco Olaf Scholz. "I cinesi hanno un ruolo molto importante in questa" partita. "Se andrò in Cina a marzo, voglio parlare della pace tra Russia e Ucraina con il presidente Xi Jinping", aggiunge.

13:00. Mosca: conquistato villaggio vicino Bakhmut

Le forze russe hanno annunciato di aver preso il villaggio di Blagodatnoye, a nord di Bakhmut, nel corso delle operazioni offensive condotte nel Donetsk. Lo ha riferito il portavoce del Ministero della Difesa, tenente generale Igor Konashenkov, riportato dalla Tass. "Nella direzione di Donetsk, i volontari delle unità d'assalto supportati da aerei operativi-tattici e dell'aviazione dell'esercito, dalle truppe missilistiche e dall'artiglieria del gruppo di battaglia meridionale hanno liberato la comunità di Blagodatnoye nella Repubblica Popolare di Donetsk come risultato di operazioni offensive di successo", ha detto il portavoce.

13:15. Polonia: "Per ora non è sul tavolo l'ipotesi dell'invio degli F-16"

L'ipotesi di inviare caccia F-16 a Kiev "non è al momento oggetto di discussioni ufficiali". Lo ha detto il vice ministro della Difesa polacco, Wojciech Skurkiewicz, a France Press.

13:24. Lavrov: "Ho ricevuto il messaggio di Blinken a 'fermarci'" 

"Il ministro degli esteri egiziano mi ha consegnato il messaggio del segretario di Stato americano", Antony Blinken che domenica è stato in Egitto prima di arrivare in Israele. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, secondo quanto riporta la Tass. Il messaggio, aggiunge Lavrov, "contiene solo inviti alla Russia a 'quit and stop', abbandonare e fermarsi".

13:52. Lavrov: "Le armi occidentali trasformano Kiev in una minaccia per la nostra sicurezza"

L'invio di armi dall'Occidente a Kiev non sono altro che "tentativi di trasformare l'Ucraina in una minaccia ancora più grave per la nostra sicurezza" e che le forze armate russe "stanno adottando tutte le misure necessarie affinché i piani dell'Occidente in Ucraina non si avverino, e non si avvereranno". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, in una conferenza stampa dopo i colloqui con il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukri. Lo riporta l'agenzia Tass. "Naturalmente stiamo osservando le discussioni in Occidente sulla possibilità di rifornire ulteriormente l'Ucraina di armi sempre più serie, comprese quelle offensive", ha aggiunto Lavrov.

13:59. Procuratore russo: rimandati a casa 9mila mobilitati per errore

Oltre 9mila cittadini mobilitati erroneamente, compresi quelli in cattive condizioni di salute, sono stati riportati a casa in seguito a controlli di sorveglianza: lo ha dichiarato il procuratore generale russo Igor Krasnov, come riporta Interfax. "Gli sforzi degli organi di controllo hanno riportato a casa più di 9mila persone mobilitate erroneamente, comprese quelle che non avrebbero mai dovuto essere mobilitate per motivi di salute", ha dichiarato Krasnov durante un incontro con il presidente Vladimir Putin.

14:15. Kiev: "120-140 carri armati occidentali come prima consegna"

L'Ucraina riceverà "dai 120 ai 140 carri armati nella prima consegna" che arriverà da 12 Paesi. Lo ha detto il ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba. "La coalizione dei carri armati ora ha 12 membri. Posso notare che nella prima ondata di contributi, le forze armate ucraine riceveranno tra i 120 ei 140 carri armati di modello occidentale", ha detto il titolare della diplomazia ucraina.

14:52. Ex membro del gruppo Wagner fuggito in Norvegia si scusa con gli ucraini

L'ex membro del gruppo Wagner che ha chiesto asilo in Norvegia, Andrey Medvedev, si è scusato con gli ucraini che vivono nel Paese scandinavo, che hanno criticato la sua presenza nel Paese. "Per voi sono una canaglia, ma vi chiedo solo di tenere conto del fatto che me ne sono reso conto, anche se in ritardo, e ho parlato contro tutto questo", ha detto Andrey Medvedev in un estratto della sua intervista all'emittente norvegese Nrk, che è stata pubblicata online oggi. "Vi chiedo di non condannarmi e in ogni caso mi scuso", ha aggiunto.

15:17. Russia: chiesti 9 anni in colonia penale per il giornalista Nevzorov

Il procuratore Oleg Lavrov ha chiesto al tribunale Basmanny di Mosca di condannare il giornalista Alexander Nevzorov, riconosciuto come agente straniero in Russia, a 9 anni di carcere in una colonia penale per aver diffuso informazioni false sull'esercito russo. Lo riporta l'agenzia Tass. È stato chiesto inoltra di vietare per 4 anni al giornalista l'uso di internet. Nevzorov è accusato di aver diffuso informazioni false sulla violenza contro le donne ucraine da parte di militari russi.

15:22. Mattarella: "Gli aiuti militari a Kiev servono per far cessare la guerra"

"Il sostegno politico, economico e militare all'Ucraina e le sanzioni alla Russia sono funzionali a far cessare la guerra, non ad alimentarla". Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricevendo al Quirinale Katalin Novak, Presidente di Ungheria, in visita ufficiale in Italia.

Oltre al l'invasione russa dell'Ucraina e delle conseguenze politiche, economiche e umanitarie, i temi di discussione dell'incontro sono stati i rapporti bilaterali, il futuro dell'Ue e le relazioni con gli Usa, le migrazioni, i Balcani occidentali e la persecuzione dei cristiani nel mondo.

15:50. Bombe russe su Bakhmut, due morti tra cui un 12enne

Due morti, un bambino di 12 anni e un uomo, sono il bilancio delle vittime di un attacco russo contro una zona residenziale di Bakhmut. Altri cinque civili sono rimasti feriti sotto i colpi dell'artiglieria di Mosca. Lo ha reso noto il servizio stampa della Procura generale ucraina, riporta Ukrinform.

16:07. Nato: Ankara, su Svezia decisione a giugno

La Turchia attenderà sei mesi per dare il tempo alla Svezia di cambiare le leggi antiterrorismo e solo dopo potrebbe togliere il veto all'ingresso nella Nato della Svezia. Lo ha dichiarato il portavoce e consigliere della presidenza Ibrahim Kalin, uno dei più stretti collaboratori del presidente Recep Tayyip Erdogan. "Ci aspettiamo che questi Paesi smettano di essere un porto per terroristi del Pkk e golpisti.

Siano sempre stati a favore dell'allargamento della Nato. La Svezia ha recentemente approvato delle modifiche della costituzione e c'è bisogno di attendere Giugno perchè entrino in vigore. Entrambi i Paesi vogliono entrare nella Nato prima del vertice programmato a Luglio. Le autorità svedesi ci hanno detto che le nuove leggi soddisfano gli impegni presi, noi in base a questo valuteremo e decideremo. La situazione della Finlandia è differente.", ha detto Kalin questo pomeriggio.

16:24. Francia: forniremo altri 12 cannoni semoventi Caesar

La Francia fornirà altri 12 cannoni semoventi Caesar all'Ucraina: lo ha annunciato il ministro delle Forze armate transalpine, Sebastien Lecornu, precisando che "saranno finanziati con il fondo di sostegno militare a Kiev, che ammonta a 200 milioni di euro. Parigi ha già consegnato 18 di questi cannoni da 155 mm.

17:00. L'ambasciatore russo Razov a Crosetto: "Da Italia azioni ingiuste e discriminazioni"

L'ambasciatore russo in Italia, Sergej Razov, ha inviato una lettera aperta al ministro della Difesa, Guido Crosetto. "Egregio signor Ministro - si legge nella lettera pubblicata sulla pagina Facebook dell'ambasciata - il 30 gennaio ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera in cui, tra l'altro, ha affermato che l'Europa non deve chiudere le porte ai russi e percepire il popolo russo come un nemico. 'Non ho mai condiviso chiusure verso gli artisti, gli sportivi, la popolazione civile. Dobbiamo lasciare dei canali di dialogo aperti', ha detto. E ha aggiunto: “Perché negare i visti ai cittadini russi? Sarebbe meglio che le persone venissero in Europa anche per ascoltare una voce diversa”.

Concordiamo di rado - prosegue l'ambasciatore russo - con le Sue dichiarazioni e azioni soprattutto per quanto riguarda la fornitura di armi italiane all'Ucraina, ma credo che quasi tutti i cittadini russi sottoscriverebbero senza esitazione queste parole. E lo stesso farebbero, suppongo, anche in Italia. Ma in che misura tali parole corrispondono alla realtà? Esaminiamo i fatti concreti. Chi è che sta riducendo le opportunità di contatto e di dialogo tra i popoli dei nostri Paesi?".

"La Russia - prosegue Razov - fondamentalmente per iniziativa del precedente governo italiano, è stata privata dell'accesso a 300 miliardi di dollari delle proprie riserve valutarie. Ora si discute della possibilità di uno scippo definitivo. E stiamo parlando dei soldi dei contribuenti russi. L'Italia continua a sequestrare immobili, proprietà e altri beni di uomini d'affari russi dichiarati 'oligarchi'. Su questa base, giuridicamente traballante, viene discriminata un'intera categoria di cittadini del nostro Paese che ha investito i propri capitali nello sviluppo dell'Italia".

17:21. Il ministro della Difesa ucraino Reznikov a Parigi: "Ottimista sull'invio di caccia dall'Occidente"

"Non so quanto sarà rapida la risposta degli alleati occidentali alle richieste di caccia di Kiev", ma "sono ottimista e penso che sarà il più presto possibile". Lo ha detto il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, dopo i colloqui a Parigi con il suo omologo francese Sebastien Lecornu. Reznikov ha riferito che i colloqui non hanno avuto come tema specifico i jet da combattimento ma hanno parlato di "piattaforme" aeronautiche per aiutare la difesa terra-aria dell'Ucraina. Il ministro della Difesa ucraino ha anche elencato le armi che l'Ucraina ha richiesto nell'ultimo anno, a partire dagli Stinger, e ha detto che la prima risposta è sempre stata: "Impossibile". Alla fine però, ha detto, "è diventato possibile".

17:34. New York Times: i Paesi vicini aiutano la Russia, le sanzioni sono quasi senza effetto

Le sanzioni contro la Russia non stanno avendo effetto e gli scambi commerciali esteri di Mosca sono quasi ai livelli precedenti alla guerra in Ucraina, grazie soprattutto al fatto che i Paesi vicini fungono da piattaforma per l'ingresso e l'uscita di molti prodotti. Lo scrive il New York Times, spiegando che la Russia ha smesso di pubblicare i dati del suo commercio estero dopo l'invasione dell'Ucraina, ma un'analisi dei dati dei Paesi vicini alla Russia mostra che stanno fornendo a Mosca molte delle merci colpite dalle sanzioni. Inoltre, prosegue il quotidiano newyorkese, Mosca sta approfittando dell'alleanza o della neutralità di Paesi che non applicano le sanzioni per dirottare gran parte del suo commercio.

I due indicatori che dimostrano, secondo il New York Times, che le sanzioni non stanno dando frutti sono la stabilità del rublo e i dati del Fondo monetario internazionale, secondo cui l'economia russa crescerà quest'anno dello 0,3%, ben al di sopra della contrazione del -2,3% della previsione precedente.

17:50. Ex mercenario Wagner ora in Norvegia descrive le brutalità in prima linea

Andrei Medvedev, l'ex mercenario del gruppo Wagner che ha disertati e ha chiesto asilo alla Norvegia, in un'intervista esclusiva alla Cnn da Oslo ha raccontato la bruitalità alla quale ha assistito in Ucraina. Ha spiegato che i combattenti Wagner venivano spesso mandati in battaglia con poche indicazioni, e il trattamento riservato alle reclute riluttanti era spietato. "Riunivano quelli che non volevano combattere e gli sparavano davanti ai nuovi arrivati", ha rivelato. "Ad esempio, hanno portato due prigionieri che si sono rifiutati di andare a combattere e hanno sparato loro davanti a tutti, poi li hanno seppelliti nelle trincee scavate dalle reclute".

Il 26enne, che afferma di aver precedentemente prestato servizio nell'esercito russo, si è unito a Wagner come volontario. È entrato in Ucraina meno di 10 giorni dopo aver firmato il suo contratto nel luglio 2022, prestando servizio vicino a Bakhmut, la città in prima linea nel Donetsk. Medvedev ha parlato alla Cnn da Oslo dopo aver attraversato il suo confine in un'audace defezione che, stando al suo racconto, lo ha visto sfuggire all'arresto "almeno dieci volte" e schivare i proiettili delle forze russe. A suo parere, al gruppo Wagner mancava una strategia: "Non c'erano vere tattiche. Abbiamo solo ricevuto ordini sulla posizione dell'avversario ma non c'erano ordini precisi su come comportarci. Pianificavamo come procedere passo dopo passo".

18:03. Casa Bianca: presto annuncio di nuovi aiuti a Kiev

Gli Stati Uniti probabilmente annunceranno "presto" ulteriori aiuti all'Ucraina. Lo ha affermato portavoce della Casa Bianca Olivia Dalton ai giornalisti a bordo dell'Air Force One, come riporta la Cnn. Alla domanda se gli Stati Uniti invieranno jet F16 in Ucraina, Dalton ha ribadito i commenti del presidente Joe Biden lunedì e ha sottolineato i miliardi di dollari di aiuti forniti finora. Dalton ha anche sottolineato che gli Stati Uniti rimangono in "contatti regolari" con i funzionari ucraini in merito alle loro esigenze.

18:22. Russia, chiesta condanna a 9 anni per giornalista accusata per diffusione notizie false

L'accusa ha chiesto una condanna a nove anni di colonia penale per il giornalista Aleksandr Nevzorov sotto processo per aver diffuso false notizie sulle forze armate. Nevzorov, che ha lasciato la Russia poco dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina, processato quindi in contumacia, non ha risparmiato le critiche a Vladimir Putin per aver invaso l'Ucraina e alla società russa per la sua complicità. Il procuratore ha anche chiesto il bando al lavoro di giornalista per quattro anni dopo che sarà uscito dalla colonia penale. Ad aprile era stato dichiarato 'agente straniero' e il suo sito bloccato dall'agenzia per le comunicazioni.

18:33. La Grecia non invierà i carri armati Leopard a Kiev

La Grecia non fornirà carri armati Leopard all'Ucraina a causa delle tensioni con la Turchia. Lo ha annunciato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis durante una visita in Giappone, secondo quanto riferito dai media giapponesi e dalla televisione di stato greca Ert. "Non invieremo i Leopard-2 per il semplice motivo che sono assolutamente necessari per la nostra strategia di difesa", ha spiegato Mitsotakis. Le relazioni tra Grecia e Turchia stanno attraversando una fase molto tesa a causa di una disputa sulle acque territoriali nel Mar Mediterraneo orientale. La Grecia ha più carri armati Leopard di qualsiasi altro paese in Europa: circa 350 Leopard 2 e 500 Leopard 1.

 18:47. Usa, Russia non rispetta trattato controllo armi nucleari

Gli Usa accusano la Russia di non rispettare il New Start, l'ultimo trattato per il controllo delle armi atomiche rimasto tra le due superpotenze nucleari. Rispondendo ad una richiesta del Congresso, il dipartimento di stato ha accusato Mosca di aver sospeso le ispezioni e cancellato i colloqui ma non le contesta di aver aumentato le testate nucleari oltre i limiti consentiti.

18:50. Presidente Algeria a maggio da Putin

Il Presidente algerino Abdelmadjid Tebboune sarà in visita di Stato in Russia a maggio, ha reso noto la presidenza algerina dopo una telefonata di Tebboune con Vladimir Putin. I due leader hanno anche discusso delle relazioni bilaterali e della cooperazione nel settore dell'energia.

18:59. Podolyak: "Guerra già nel centro d'Europa, armi perché non dilaghi"

"Alcuni Paesi della Ue ritengono che l'Ucraina non debba ricevere armi, perché altrimenti la guerra potrebbe estendersi all'Europa. Ma la guerra è già nel centro dell'Europa e la Russia uccide le persone nel modo più disumano. Se l'Ucraina non riceverà le armi, la guerra dilagherà in Europa, poiché la Russia non fermerà la propria espansione". Lo ha scritto su Twitter il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak.

19:43. Russia-Bielorussia: addestramento per esercitazioni congiunte 

Il ragguppamento di forze regionale russo-bielorusso sta conducendo un addestramento di una settimana. Lo ha reso noto il ministero della Difesa bielorusso in una nota, secondo quanto riporta il Guardian. L'addestramento fa parte della preparazione per le esercitazioni militari congiunte che i due Paesi terranno in Russia a settembre, precisa il comunicato. 

19:57. Polonia: "Non stiamo discutendo invio F-16"

"Non stiamo discutendo del trasferimento degli F-16 polacchi". Lo ha scritto su Twitter il vice ministro della Difesa polacco Wojciech Skurkiewicz, smentendo la notizia del possibile invio degli aerei da guerra F-16 polacchi in Ucraina.

20:10. Media, Abramovich devolve incasso vendita Chelsea a fondo sostegno Kiev

Il governo britannico sta aspettando il via libera finale dell'Unione europea per trasferire i 2,3 milioni di sterline frutto della vendita della squadra di calcio del Chelsea, da parte di Roman Abramovich, a un fondo che sostiene l'Ucraina, rende noto il Daily Telegraph. L'oligarca russo sanzionato aveva anticipato già lo scorso marzo che avrebbe devoluto il ricavato della vendita della squadra di calcio agli ucraini, oltre che, aveva precisato allora, anche alle vittime russe della guerra.

20:18. Russia rafforza commercio con Cina contro sanzioni

La Russia ha rafforzato i suoi legami commerciali con la Cina lo scorso anno per aggirare le sanzioni occidentali. Secondo un rapporto della Free Russia Federation, organizzazione non governativa con base negli Stati Uniti, Mosca ha aumentato le importazioni dalla Cina di tecnologie cruciali per la guerra in Ucraina, inclusi i semiconduttori e i microchip. Pechino ha invece aumentato gli acquisti di beni e prodotti russi, in particolare di energia. "Con gli Stati Uniti, l'Unione Europea e la Gran Bretagna che hanno fatto un passo indietro dalla Russia, la Cina è emersa - con ampio margine - il più importante partner commerciale della Russia", si legge nel rapporto, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal.

21:09. Ucraina, Lituania: "Si superi la linea rossa, subito i caccia a Kiev"

 "Le linee rosse riguardanti i rifornimenti bellici all'Ucraina dovrebbero essere superate e, nel complesso, molte linee rosse sono già state superate". Lo ha affermato il presidente lituano Gitanas Naus?da nel corso di un'intervista alla televisione di stato, auspicando che "anche la linea rossa" sui caccia e missili a lungo raggio richiesti da Kiev "venga attraversata".

21:13. Ucraina, la guardia di frontiera ha impedito a più di 13.000 persone di lasciare il Paese dall'inizio dell'invasione

La guardia di frontiera ucraina ha impedito a più di 13.000 persone di lasciare il paese dall'inizio dell'invasione russa lo scorso anno. "In totale, più di 9.100 persone sono state detenute al confine verde dal 24 febbraio", ha detto il portavoce della polizia di frontiera, Andriy Demchenko, aggiungendo che "la maggior parte è stata arrestata al confine con la Romania e la Moldavia. Ad altre 3.900 persone è stato impedito di attraversare il confine ai valichi ufficiali con documenti falsi. La maggior parte voleva proseguire verso l'Ungheria o la Polonia. Nell'ambito della mobilitazione generale all'inizio della guerra, agli ucraini di età compresa tra i 18 ei 60 anni soggetti al servizio militare è stato vietato di lasciare il paese, salvo poche eccezioni.

21:29. Zelensky ringrazia il premier belga per il "potente pacchetto di aiuti"

Ho ringraziato il primo ministro belga Alexander de Croo per il recente potente pacchetto di assistenza. Abbiamo discusso di una ulteriore cooperazione in materia di difesa, sostegno alle nostre iniziative presso le Nazioni Unite e accelerazione del prossimo pacchetto di sanzioni dell'Unione europea": lo ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram. "Contiamo sulla posizione di principio del Belgio nel non consentire agli atleti russi di prendere parte alle Olimpiadi del 2024", ha aggiunto.

21:33. Trudeau: "Ho parlato con Zelensky e ho confermato il supporto incondizionato del Canada all'Ucraina"

Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha informato su Twitter di aver parlato al telefono con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e avergli garantito l'appoggio incondizionato del suo Paese. Zelensky ha scritto su Telegram di aver discusso con il primo ministro canadese la necessità dell'Ucraina di "veicoli corazzati, artiglieria e aviazione".

21:40. Ucraina, sanzioni Usa a sette entità iraniane per i droni forniti alla Russia

Gli Stati Uniti hanno sanzionato sette entità iraniane per aver fabbricato droni destinati alla Russia per attaccare l'Ucraina, lo scrive il Kyiv Independent. Le entità sanzionate includono la Design and Manufacturing of Aircraft Engines, Islamic Revolutionary Guard Corps Aerospace Force, Islamic Revolutionary Guard Corps Research and Self-Sufficiency Jihad Organization, Oje Parvaz Mado Nafar Company, Paravar Pars Company, Qods Aviation Industry e Shahed Aviation Industries.  Chiunque faccia affari con queste entità deve avere licenze speciali per la fornitura di beni e tecnologie; le licenze per qualsiasi cosa che non sia la fornitura di cibo o medicine saranno negate. Nel corso dell'invasione, la Russia ha iniziato a collaborare più strettamente con l'Iran per avere maggiore accesso ai suoi droni kamikaze, che ha lanciato contro l'Ucraina. I modelli utilizzati dalla Russia comprendono i tipi Shahed 136 e 131.

Estratto da lastampa.it il 31 gennaio 2023.

«In questo momento, penso che un colpo di stato militare possa essere possibile'». Sono le parole di Abbas Gallyamov, l'ex speechwriter del presidente russo Vladimir Putin, che nel corso di una intervista alla Cnn parla del numero dei soldati russi che hanno perso la vita in Ucraina e delle difficili condizioni di vita dovute dalle sanzioni come condizioni favorevoli a un golpe militare. Ora analista politico, Gallyamov ritiene che il colpo di stato potrebbe verificarsi nei prossimi dodici mesi.

«L'economia russa sta peggiorando.. La guerra è persa. Ci sono sempre più cadaveri che tornano in Russia, quindi i russi incontreranno maggiori difficoltà e cercheranno di trovare una spiegazione del perché tutto questo sta accadendo. Si risponderanno da soli: “Beh, questo è perché il nostro paese è governato da un vecchio tiranno, un vecchio dittatore”», ha detto Gallyamov riferendosi a Putin.

 Secondo l'analista, «tempo un anno, un colpo di stato diventa una possibilità reale» perché '«c'è un presidente impopolare davvero odiato a capo del paese e la guerra è davvero impopolare, e hanno bisogno di spargere sangue per questo'». Possibile, aggiunge, che Putin annulli le elezioni presidenziali previste per il marzo del prossimo anno.

'«A giudicare dalle sue azioni, potrebbe davvero annullare le elezioni. Senza vittoria sull'Ucraina, dovrà affrontare i russi in difficoltà. I russi non hanno bisogno di lui se non è forte. Potrebbe davvero dichiarare la legge marziale e annullare le elezioni», ha detto Gallyamov.

Estratto dell'articolo di Oleg Smirnov per “La Stampa” il 31 gennaio 2023.

«Il panico è passato, ormai ci siamo abituati a questa situazione», dice Evgeny, 28 anni, parlando della possibilità di una nuova mobilitazione in Russia. Il ragazzo, che lavora come barista in un popolare locale nel centro di San Pietroburgo, ha ricevuto l'ordine di arruolamento durante la scorsa mobilitazione ma non si è presentato all'ufficio. Dopo settimane di tensione, Evgeny ha capito come funziona l'arruolamento e come evitarlo: non vivere al suo indirizzo di residenza ufficiale e lavorare in nero per evitare che lo vengano a cercare. […]

Da diverse settimane ormai, si diffondono le voci di una seconda ondata di mobilitazione imminente in Russia. Secondo le fonti governative della Cnn, il governo russo starebbe per chiamare alle armi fino a 200.000 uomini, in aggiunta ai 300.000 già arruolati lo scorso autunno per combattere in Ucraina. […]

 Una versione sostenuta ieri dal Ministero della Difesa britannico, secondo il quale il governo russo «tiene aperta l'opzione di un altro giro di arruolamenti», ma è preoccupato di provocare un aumento del dissenso interno.

Come mostra un sondaggio governativo riservato ottenuto dal canale Telegram russo Faridaily, la scorsa mobilitazione ha causato un forte choc nella popolazione ed è stata largamente percepita come il segnale che la guerra non stava andando secondo i piani. Per questo, secondo delle fonti governative interpellate da Faridaily, la prossima chiamata alle armi probabilmente non avrà carattere generalizzato ma avverrà in maniera più mirata e graduale.

[…] la settimana scorsa la retorica del Cremlino è cambiata: Peskov ha detto che il decreto di mobilitazione continua ad essere attivo in quanto, oltre alla chiamata alle armi, includerebbe «altre misure necessarie per garantire l'adempimento degli obiettivi delle forze armate». Non è chiaro di quali misure si tratti esattamente.

 Secondo alcuni media locali e canali Telegram, da qualche settimana gli uffici di reclutamento in diverse città della Russia starebbero convocando uomini per «verificare le loro credenziali». Per ora si tratta di casi singoli mentre, sempre secondo le fonti di Faridaily, non ci sarebbero segnali che indichino un'imminente chiamata alle armi su grande scala. Senza contare che una buona parte dei soldati arruolati lo scorso autunno non sono ancora stati impiegati al fronte. […]

Il Brasile di Lula non si allinea: “la nostra guerra è alla povertà, non alla Russia”. Giorgia Audiello su L'Indipendente  il 31 gennaio 2023.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz negli ultimi giorni ha svolto un tour diplomatico in Sudamerica, dove ha visitato, nell’ordine, Argentina, Cile e Brasile, incontrando i rispettivi presidenti. Tra le altre cose, l’intenzione del cancelliere era quella di compattare e ottenere l’aiuto delle principali nazioni sudamericane nello sforzo bellico contro la Russia e a favore dell’Ucraina. Tuttavia, mentre Cile e Argentina hanno condannato esplicitamente l’aggressione russa di un Paese terzo, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva – che Scholz ha incontrato lunedì a Brasilia – ha mantenuto una linea indipendente, non condannando esplicitamente Mosca, ma asserendo che la responsabilità della guerra in corso può essere attribuita a entrambe le parti. «Per un verso, penso che la Russia abbia commesso il classico errore di invadere il territorio di un altro paese, dunque la Russia ha torto», ha dichiarato Lula ai giornalisti lunedì. «Ma continuo anche a pensare che se uno non vuole, due non litigano. A volere la pace bisogna essere in due», ha aggiunto. Lula ha anche rifiutato la richiesta di Scholz di inviare armi all’Ucraina: «il Brasile non vuole avere alcuna partecipazione, nemmeno indiretta. Dovremmo cercare chi può trovare la pace tra Russia e Ucraina», ha detto. Il cancelliere tedesco, inoltre, è il primo premier europeo a incontrare il presidente brasiliano dopo la sua rielezione.

È, dunque, fallito il tentativo tedesco di coinvolgere il più grande Paese dell’America Latina nello sforzo internazionale di sostegno a Kiev: Lula ha detto che il Brasile non fornirà munizioni all’Ucraina per i cannoni antiaerei Gepard di fabbricazione tedesca, come richiesto dalla Germania. Il presidente brasiliano, infatti, intende porsi come mediatore del conflitto, poiché, secondo quanto riferito anche dal media statunitense Bloomberg, «Lula, in linea con la tradizione di politica estera brasiliana, vuole presentarsi come mediatore dei conflitti in un mondo multipolare, piuttosto che come un automatico alleato degli Stati Uniti e dell’Unione Europea». Viene smentita così, almeno per ora, la narrativa di quell’ala mediatica che si può ascrivere alla corrente sovranista e antiglobalista secondo cui Lula sarebbe una pedina delle élite economiche finanziarie internazionali e un falso protagonista della corrente multipolare internazionale che fa capo ai BRICS. Secondo tale visione sarebbe Bolsonaro il vero paladino anti-establishment: una lettura, tuttavia, che trova scarsa conferma nei fatti e nell’operato politico dell’ex presidente, il quale non di rado ha favorito le multinazionali e le politiche neoliberiste anche contro gli interessi dei popoli indigeni.

Fino ad ora, il presidente socialista ha dimostrato il contrario rispetto a quanto sostenuto da certi ambienti mediatici anti-establishment, mantenendo una politica autonoma e neutrale sulla questione ucraina e dando il via al progetto per la creazione di una moneta comune del sud America, che potrebbe chiamarsi “sur” e che servirebbe anche per ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense. Rispetto alla crisi ucraina, Lula avrebbe suggerito di creare un club di Paesi che vogliono costruire la pace sul pianeta: «Il Brasile è disposto a dare un buon contributo. Il mondo ha bisogno di pace […]. Una parola che finora è stata usata molto poco», ha affermato. Inoltre, ha ribadito che l’unica guerra che intende affrontare il Brasile è quella «contro la povertà». Subito dopo l’inizio del conflitto, inoltre, Lula – con riferimento a Zelensky – aveva dichiarato che «questo ragazzo è responsabile dello scoppio della guerra quanto Putin».

L’incontro tra Lula e Scholz ha avuto esito positivo, invece, per quanto riguarda il piano della cooperazione commerciale. I due, infatti, hanno detto di essere impegnati a finalizzare l’accordo Ue-Mercosur in questo semestre. Il Mercosur è il mercato comune dell’America meridionale che include anche Paraguay e Uruguay: «Ci siederemo al tavolo delle trattative con l’atteggiamento più aperto possibile per poter chiudere l’accordo nel semestre», ha assicurato Lula, il quale ha anche spiegato che durante il suo mandato, tra il 2007 e il 2010, è stato vicino a raggiungere l’intesa che però è naufragata a causa della propensione della Francia a difendere i suoi prodotti agricoli.

Lula ha rifiutato, invece, di aderire al cosiddetto “club del clima” tedesco, un insieme di Stati che dovrebbero coordinare le loro politiche industriali e climatiche, al contrario di Cile e Argentina. Tuttavia, il Brasile – essendo la più grande economia del continente – ha un peso di gran lunga superiore rispetto alle altre due nazioni e Lula ha sorprendentemente rifiutato di aderire. Per quanto riguarda, invece, il discorso di un «club di Paesi» per la pace, il presidente brasiliano ha sottolineato l’importante ruolo della Cina nei colloqui di pace, argomento di cui discuterà in una visita programmata a Pechino a marzo.

Scholz, dunque, ha incassato un doppio no dal presidente brasiliano, sia per quanto riguarda gli aiuti militari a Kiev, sia per l’adesione al “club del clima”. Allo stesso tempo, Brasile e Cina – membri del BRICS – intendono promuovere un piano di pace, come attestato dalle dichiarazioni del presidente brasiliano e dall’imminente viaggio dello stesso a Pechino. [di Giorgia Audiello]

«I soldati russi mi hanno picchiato, strappato le unghie, torturata con acqua bollente. Volevo solo morire». Il marito ucciso il primo giorno di guerra, la furia del nemico nell’inferno di Kherson. Oksana ha subito sevizie e un supplizio psicologico dalle truppe occupanti. E un chirurgo estetico le ha dovuto ricostruire il viso devastato dalle troppe violenze. Sabato Angieri su L’Espresso il 31 gennaio 2023.

«Prima di tutto voglio dire che quanto sto per raccontare è per il bene di mio marito». Inizia così l’intervista ad Oksana, vedova di guerra e vittima di torture ripetute da parte di alcuni soldati russi durante l’occupazione di Kherson. Suo marito, Oleksiy, era un militare ucraino caduto in combattimento nelle prime ore del 24 febbraio, il giorno dell’invasione, e da quel momento per la donna è iniziato un vero e proprio inferno durato mesi che l’ha portata in più occasioni a desiderare di morire.

Come a desiderare di morire.

«Il 24 Oleksiy mi ha chiamato di mattina presto e mi ha detto: tesoro, è iniziata la guerra. Raccogli tutte le mie cose, gli ordini, le medaglie, i certificati… tutto ciò che trovi e portalo via da casa perché potrebbe essere molto pericoloso se il nemico entra in città e non dovessimo avere il tempo di fuggire. Poco dopo, alle 3 del pomeriggio, abbiamo avuto la nostra ultima conversazione e alle 6 ho iniziato a cercarlo».

«Mi sono vestita e ho camminato fino al ponte Antonivskiy». Dal centro di Kherson, il ponte dista circa 10 chilometri e oggi è ancora una delle zone più pericolose della regione nonostante abbia perso ogni utilità strategica. «Sono arrivata alle 2 circa. C’era l’inferno, c’era l’orrore», qui si ferma e guarda in basso, come se quelle immagini terribili fossero ancora davanti a lei e inizia a martoriarsi le mani, «molte persone uccise, corpi straziati sulla strada, sul ponte. Ero disperata, confusa, non sapevo cosa fare». Ora sappiamo che sulla riva est, dove i russi erano già riusciti a sfondare, «ci sono stati molti… molti morti. Ho visto i militari russi farsi strada gettando corpi nel fiume».

I soldati ucraini tranquillizzano Oksana, le dicono che il marito sta bene e la convincono a tornare a casa. Tuttavia, «alle 8 del mattino del 25 febbraio un militare mi ha chiamato per dirmi che Oleksiy era stato trovato morto sul ponte». La donna si ferma, continua a muovere nervosamente le mani stringendosi spesso l’indice della destra nell’altra mano, la voce le si spezza per il pianto e chiede una pausa. «Il suo corpo era stato fatto a pezzi e i medici l’avevano ricucito insieme, si vedevano tutti i segni». In ogni caso Oksana decide di seppellirlo «ma eravamo già in piena occupazione, non si poteva neanche uscire».

«Il 3 marzo, dopo 8 giorni, mi ha chiamato una donna che non conoscevo. Ha detto che potevo seppellire mio marito, ma che avevo solo un’ora di tempo». Mentre stavamo celebrando il funerale, tre soldati russi si sono avvicinati. Hanno guardato la cerimonia, si sono girati e se ne sono andati». Malauguratamente Oksana, si trattiene di fronte alla bara più del dovuto. «Quando sono rientrata a casa, ho pensato: finalmente questo giorno è finito. Ma era appena iniziato. A notte fonda ho sentito bussare alla porta. Erano i militari russi. Mi hanno prelevato di forza e portato al cimitero, proprio davanti alla tomba di mio marito, e mi ci hanno lasciato mentre si allontanavano a passo lento. All’improvviso, senza avvertirmi, hanno iniziato a sparare. Ero atterrita e non riuscivo a muovermi. Intorno era tutto buio, non si vedeva nulla, pensavo che sarei morta in quel momento». Oksana racconta di aver sentito delle risate e di essere rimasta immobile per molto tempo. Solo quando si è resa conto del freddo che la faceva tremare ha notato che i soldati russi se ne erano andati e si è incamminata verso casa «piangendo e tremando».

«La volta successiva, alle 2 del mattino del 13 marzo, dei soldati si sono presentati di nuovo a casa mia. Mi hanno detto che avevano ricevuto una lista dove c’era scritto che mio marito era un militare e lo cercavano. Ho risposto che era morto, sepolto ma non si sono fidati e hanno iniziato a perquisire tutta la casa. Purtroppo in camera da letto hanno trovato alcuni indumenti dell’uniforme di Oleksiy ai quali non avevo fatto caso». La situazione a quel punto precipita, «hanno iniziato a urlare che ero la moglie di un nazista e mi hanno minacciato di farmi qualsiasi cosa».

Dalle parole sono passati subito ai fatti. «Mi hanno messo un sacchetto in testa, mi hanno legato le mani e mi hanno caricato su una macchina. Una volta arrivati, mi hanno ordinato di spogliarmi fino alla biancheria intima perché avevano visto un tatuaggio sulla mia schiena; poi mi hanno portato nella stanza adiacente dove c’erano dei giovani. Penso fossero partigiani o attivisti ucraini arrestati ma non ne sono sicura perché nessuno parlava. In ogni caso ero l’unica mezza nuda. Uno degli agenti russi ha aperto la finestra e ricordo che tremavo, a marzo qui fa freddo come in inverno. Non mi importava cosa mi avrebbero fatto dopo, volevo solo morire in quel momento, il prima possibile».

«Poco dopo gli agenti sono tornati e hanno chiesto: Kherson è russa?. I ragazzi hanno risposto: Kherson è Ucraina. Mettetevi in ginocchio, hanno detto gli agenti ma i ragazzi si sono alzati e i soldati li hanno colpiti alle ginocchia uno per uno. I militari sono tornati da me e mi hanno detto che se non avessi rivelato dov’era mio marito mi avrebbero fatto la stessa cosa». Oksana era terrorizzata, non parlava. «Mi hanno riportato nella prima stanza dove mi hanno fatto sedere, mi hanno legato i polsi ai braccioli della sedia e mi hanno coperto di nuovo la testa con un sacchetto prima di iniziare a picchiarmi. Poiché non sapevo cos’altro dire se non che mio marito era morto si sono arrabbiati e hanno iniziato a strapparmi le unghie; a tratti mi sembrava di svenire, ma loro nel frattempo continuavano a picchiarmi. Ho chiesto mentalmente a Oleksiy di portarmi via da quel posto, di proteggermi. Quando mi hanno buttato fuori dall’auto nella strada sotto casa mia, era già l’alba. Mi hanno scaricato a terra e hanno aspettato che qualcuno venisse ad aiutarmi perché non avevo la forza di muovermi».

In seguito i soldati sono tornati a casa di Oksana 9 volte, «mi hanno picchiato, minacciato, insultato, torturato con l’acqua bollente… hanno picchiato anche il mio cagnolino». Le chiedo se ha mai subito violenze sessuali durante quelle visite. «Ero molto preoccupata che mi violentassero la prima volta, quando sono stata spogliata nella prigione. Ma mi avevano picchiato talmente tanto che ero ridotta a un ammasso di carne maciullata, qualcuno mi ha anche detto che gli facevo schifo», quasi le viene da ridere e le pesanti labbra rifatte gonfiano gli zigomi, anch’essi con i segni della chirurgia estetica.

A causa delle violente percosse subite il 13 marzo, Oksana ha avuto bisogno di un’operazione chirurgica. «I muscoli vicino all’occhio si erano strappati durante la tortura» e non riusciva a vedere bene, «sembravo un mostro». Prende il cellulare per cercare delle foto e mostra delle immagini che non so come ha il coraggio di conservare. Si vede il suo volto tumefatto, gli occhi gonfi e neri e i segni su tutto il viso. «Mi vergognavo anche di uscire».

Finalmente il 14 luglio è riuscita a operarsi «ho avuto un medico molto bravo, grazie a Dio, nonostante fosse russo; mi ha anche consigliato di uscire e parlare con qualcuno, di non restare isolata. Ma io non volevo vedere nessuno, tra i vicini c’era chi aveva iniziato a chiamarmi Lady Frankenstein».

Oggi Oksana vive a Kherson, in una casa che la maggior parte del tempo è senza corrente a causa dei bombardamenti costanti. Attualmente è «in fase di riabilitazione» ed è seguita da uno psicologo, «ma ho molte questioni in sospeso». Nel suo appartamento ospita soldati del reggimento di suo marito di passaggio e si occupa di raccogliere cibo e beni di prima necessità che poi distribuisce al fronte. Dice che ha scritto più volte a Zelensky e al governo per chiedere un riconoscimento per Oleksiy ma non le hanno mai risposto, «hanno nominato “eroi dell’Ucraina” persone che non hanno mai combattuto, gente che non si è mai mossa da Kiev, di Oleksiy e di tanti come lui non gli interessa». Anche per questo resta a Kherson, oltre che per il volontariato: «Aiutare questi soldati è un modo per tenere viva la memoria di mio marito».

Ucraina: gli Usa invieranno proiettili all’uranio impoverito? Piccole Note (filo Putin) il 31 gennaio 2023 su Il Giornale.

“La Casa Bianca non è disposta a dire se gli Stati Uniti forniranno proiettili anticarro all’uranio impoverito all’Ucraina, secondo la trascrizione di una conferenza stampa, nonostante decenni di ricerche suggeriscano che l’ arma causi cancro e malformazioni congenite molto tempo dopo la  fine dei combattimenti”. Così The Intercept racconta quanto avvenuto in un briefing del 25 gennaio, quando un giornalista ha interpellato sul punto dei funzionari non meglio specificati dell’amministrazione Usa, uno dei quali si è limitato a rispondere: “Non entrerò nei dettagli tecnici”.

“Bomba sporca”

In realtà, non si tratta né di un dettaglio né di qualcosa di tecnico, anzitutto perché l’utilizzo di tale “dettaglio”, ha avvertito la Russia, sarà considerato alla stregua dell’uso di una bomba sporca, con le conseguenze del caso. E di tecnico c’è ben poco quando si usano proiettili che possono essere considerati una sorta di arma biologica, di cui faranno le spese anche gli ucraini che gli Usa dicono di voler salvare, dal momento che le radiazioni non fanno distinzioni tra popoli.

La domanda posta dal cronista al briefing nasceva da una preoccupazione reale, dal momento che gli Stati Uniti hanno fatto ampio uso di tali proiettili nelle loro precedenti invasioni, perché sono ottimi per bucare le corazze dei tank o per violare bunker, dal momento che l’uranio impoverito, prodotto con materiale di scarto delle centrali atomiche, è un materiale molto pesante e resistente.

Gli effetti dell’uranio impoverito sono riferiti nel libro di A. B. Abrams: Atrocity Fabrication and Its Consequences: How Fake News Shapes World Order. Il contenuto di tale libro è riferito, in estrema sintesi, da Military Warch: “L’impatto ambientale dell’utilizzo dei proiettili all’uranio impoverito può essere disastroso, dal momento che le particelle radioattive emesse nell’aria quando vengono utilizzati hanno un’emivita di oltre quattro miliardi di anni. La polvere, facilmente inalabile, può arrivare a oltre 40 km dal luogo dell’impatto” contaminando in tal modo un’area molto estesa. 

Effetti devastanti a lungo termine

“Gli effetti dei bombardamenti all’uranio impoverito furono osservati durante la Guerra del Golfo. Il comandante della Royal Navy britannica Robert Green riferì: che [dopo il loro utilizzo] “nella popolazione irachena. soprattutto nel sud, nelle aree prossime ai campi di battaglia, [si registrò] un’ondata di malattie inspiegabili, in particolare tumori e deformità genetiche tra i neonati“.

“Un rapporto confidenziale delle Nazioni Unite sulle armi all’uranio impoverito trapelato nel maggio 1999 concludeva in modo simile: ‘Questo tipo di munizioni è prodotto da scorie nucleari e il suo uso è molto pericoloso’. Nella successiva guerra irachena, avvenuta un decennio dopo, la città di Falluja fu pesantemente bombardata dalle forze statunitensi con proiettili all’uranio impoverito”.

“Il professor Chris Busby fu uno degli autori di uno studio condotto su 4.800 residenti di Fallujah e ha descritto la connessione tra il bombardamento e il rapido aumento di tumori e malformazioni congenite in questo modo: ‘Per produrre un effetto come questo, nel 2004, quando si + svolto l’attacco, deve essersi verificata un’esposizione mutagena molto importante’. E ha concluso che la causa di quelle malattie doveva essere fatta risalire a un qualche tipo di arma all’uranio”.

“L’indagine su Fallujah, condotta da 11 esperti, che ha riguardato oltre 700 famiglie, ha concluso che gli effetti sulla popolazione sono stati ‘simili a quelli dei sopravvissuti di Hiroshima, i quali furono esposti alle radiazioni ionizzanti della bomba e all’uranio nel fallout successivo’. Si è scoperto poi che armi all’uranio impoverito hanno avuto effetti molto simili in Jugoslavia e sono state utilizzate anche in Siria, nel corso di alcuni attacchi condotti dalle forze statunitensi”.

Regime di bugie che ricalca la farsa Urss. A coloro (sono tanti, che tristezza) che pretendono di mettere sullo stesso piano le contrapposte Russia e Ucraina, potrà essere utile un piccolo promemoria. Roberto Fabbri il 2 Febbraio 2023 su Il Giornale.

A coloro (sono tanti, che tristezza) che pretendono di mettere sullo stesso piano le contrapposte Russia e Ucraina, potrà essere utile un piccolo promemoria. Un paio di recentissimi episodi che ricordano quanto la Russia di oggi ormai sia simile all'Unione Sovietica la cui grandezza Vladimir Putin rimpiange. Similitudine nella grottesca propaganda ufficiale, che raccomanda per oggi ai media russi, nell'ottantesimo anniversario della vittoria di Stalingrado, di riferire dell'inaugurazione di un monumento a Stalin (non ai caduti: a Stalin) paragonando lo sforzo bellico contro i nazisti (veri) di allora a quello di oggi contro quelli (immaginari) in Ucraina. Nel bavaglio imposto alle organizzazioni come Memorial, che lavorano perché il ricordo degli orrori inflitti agli oppositori del regime sovietico venga tramandato e sia d'insegnamento. Soprattutto, nel quotidiano di ogni cittadino russo che si rispetti, questa somiglianza si manifesta nella facilità con cui si può essere arrestati e condannati per aver detto ciò che si pensa, soprattutto se è vero.

Il primo episodio è avvenuto tre giorni fa a Krasnodar, nel sud della Russia. Ristorante elegante, al tavolo siedono marito e moglie sulla quarantina con il figlioletto di nove anni. Conversano tra loro, si lasciano scappare una critica alla guerra all'Ucraina. Come ai «bei tempi» dell'Urss qualche probo cittadino si sente in dovere di avvisare la polizia, che accorre prontamente: i coniugi vengono ammanettati seduta stante, davanti al loro bambino in lacrime. La donna si ribella, grida che non si piegherà e non tacerà, si getta a terra e viene trascinata via così, davanti al pubblico ammutolito: i cinque anni di prigione che rischia potranno diventare dieci, perché aggiunge di augurarsi che Putin perda la sua guerra.

Secondo episodio, ieri. Otto anni di galera al giornalista 64enne Aleksandr Nevzorov per «diffusione di false notizie sull'esercito russo»: ha solo detto la verità sui massacri di civili a Bucha e a Mariupol in Ucraina, per questo Putin lo odia. Per sua fortuna il processo è in contumacia, si dice che Nevzorov sia in Italia con la moglie. Informato della sentenza, ha commentato: tra otto anni la Russia non esisterà più. Forse intendeva Putin, che con la Russia ormai coincide. Gli ha risposto, nel suo tipico stile aggressivo, il capo della milizia Wagner, Evgeny Prigozhin: «Affarista e necrofilo, torna in Russia, vai in galera e poi arruolati a Bakhmut». Ossia, vai a morire ammazzato. Al fronte, con la sua orda di galeotti prezzolati, nuovi eroi della Russia di oggi.

Il Cremlino favorevole a una taglia sui carri armati Abrams. Andrea Nicastro, da Kiev, e Redazione Esteri e Online su Il Corriere della Sera l’1 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di mercoledì 1 febbraio, in diretta. Kiev: «A Bakhmut i russi uccidono chiunque». Biden: «Parlerò con Zelensky dei nuovi aiuti». Liberazione amara: Kherson la città più colpita dalle bombe russe

• La guerra in Ucraina è arrivata al 343esimo giorno.

• Kiev e gruppo Wagner si contendono il controllo di Blahodatne (Donetsk).

• Confermato vertice Ucraina-Ue venerdì a Kiev. Zelensky: «Opportunità per l’integrazione».

• Stoltenberg in Giappone: «Avvicinamento Russia-Cina una minaccia per la sicurezza globale».

•Wall Street Journal: «Mosca rafforza commercio con Pechino per far fronte alle sanzioni».

•I satelliti italiani che aiutano Kiev a seguire le mosse dei russi.

Ore 01:23 - IL PUNTO MILITARE - KIev chiede nuove armi, Mosca prepara l’offensiva

(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio)

Da Kiev lanciano messaggi urgenti insistendo su due «note»: c’è il rischio di un’offensiva dei russi e abbiamo bisogno di armamenti senza altri ritardi. La Nato risponde, però ha i suoi tempi e non mancano segnali confusi.

Lo scenario

La Russia accumula uomini e mezzi, pronta a rilanciare la spinta mentre sacrifica plotoni su plotoni contro Bakhmut, sul fronte orientale. I parametri tenuti sott’occhio sono la cadenza accresciuta del fuoco d’artiglieria, le tattiche, l’impiego di unità scelte, la mobilitazione che ha portato a richiamare 9 mila soldati poi rimandati a casa. Avevano convocato anche chi non era idoneo, errore da imputare alla cattiva organizzazione e all’ordine di raggiungere le quote.

Spunti sono poi emersi da un’intervista del capo dell’intelligence ucraina, Kyrylo Budanov, al Washington Post: gli invasori hanno schierato in totale 326 mila soldati, puntano a conquistare territori nel Donetsk e Luhansk ma «noi siamo decisi a riprenderci la Crimea». Quindi ha rilanciato la tesi di un Putin in pessime condizioni di salute, costretto ad usare diversi sosia. Alta è l’attenzione sulla Bielorussia dove il Cremlino ha deciso di intensificare l’addestramento in comune, Budanov sostiene che si tratta al momento di un diversivo.

Ore 04:43 - La Cina non lo ammette, ma fornisce tecnologie militari alla Russia

(di Federico Rampini)

Nella versione ufficiale di Pechino, pur senza aver mai preso le distanze dalla guerra di Putin, la Cina non fornisce armi all’esercito d’invasione russo.

Finora ha retto questa descrizione del ruolo di Xi Jinping, «amico eterno» di Putin ma non al punto da rischiare di incorrere nelle sanzioni americane, è stata accettata un po’ da tutti. Compresa l’Amministrazione Biden.

Ma nuovi dati sull’interscambio della Russia con il resto del mondo gettano un’ombra sulla «non belligeranza» della Repubblica Popolare.

In realtà sono proprio delle aziende cinesi a fornire tecnologie cruciali per lo sforzo bellico dell’armata russa in Ucraina: semiconduttori e microchip made in China che possono essere usati anche a scopi militari, e perfino droni.

Lo rivelano le ricerche fatte dalla Free Russia Foundation in collaborazione con la IE-University di Madrid e un gruppo di economisti russi in esilio, tra cui un ex dirigente della banca centrale di Mosca e un ex viceministro delle Finanze.

Ore 4:53 - Mosca: «Xi Jinping andrà da Putin in primavera». Pechino deve confermare

(di Guido Santevecchi)

Xi Jinping è atteso a Mosca, dice il ministero degli Esteri russo. La visita, annuncia l’agenzia Tass, è prevista in primavera ed è già definita dalla propaganda «un grande evento nell’agenda dei rapporti tra Russia e Cina». Pechino deve ancora confermare: «Manteniamo stretti contatti a vari livelli per promuovere lo sviluppo dei due Paesi, contribuendo allo sviluppo globale pacifico. Per quanto riguarda questa visita in particolare, al momento non ho informazioni da condividere», ha risposto questa mattina la portavoce degli Esteri di Pechino.

Il cerimoniale mandarino è studiato per lasciar intendere che il presidente Xi si degna di accettare un invito solo dopo attenta ponderazione. In questa circostanza sembra chiara l’aspirazione di Vladimir Putin di uscire dall’isolamento facendosi vedere al fianco del leader della Repubblica popolare cinese, seconda potenza mondiale.

Ore 05:03 - Gli Usa preparano per la prima volta l’invio di missili a lungo raggio

Gli Stati Uniti stanno preparando un pacchetto di aiuti per più di due miliardi di dollari che dovrebbe includere per la prima volta razzi a lungo raggio così come altre munizioni e armi. Lo riferisce la Reuters, da fonti dell’amministrazione Usa. Gli aiuti in armi dovrebbero essere annunciati già questa settimana e dovrebbero includere anche attrezzature di supporto per i sistemi di difesa aerea Patriot, munizioni guidate di precisione e armi anticarro Javelin.

Ore 05:15 - Netanyahu: possibile fornitura di armi da Israele a Kiev

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato di considerare la possibilità di fornire aiuti militari all’Ucraina e di essere disposto a fare da mediatore, in seguito alle richieste degli Stati Uniti di un coinvolgimento più attivo. Netanyahu non ha preso impegni precisi nei confronti dell’Ucraina e Israele mantiene un contatto con la Russia, che controlla i cieli della vicina Siria. In un’intervista alla CNN è stato chiesto a Netanyahu se il suo Paese potrebbe fornire assistenza all’Ucraina, per esempio con Iron Dome, la tecnologia sostenuta dagli Stati Uniti che difende Israele dagli attacchi aerei. «Lo sto certamente valutando», ha risposto il premier israeliano, che ha confermato il trasferimento di una scorta di artiglieria degli Stati Uniti, che si trovava in Israele, e ha definito le operazioni dello Stato ebraico contro l’Iran come parte di uno sforzo simile. «Gli Stati Uniti hanno appena preso un’enorme quantità di munizioni di Israele e l’hanno passata all’Ucraina - ha detto -. Israele, francamente, agisce anche in modi che non elencherò in questa sede contro le produzioni di armi dell’Iran che vengono utilizzate contro l’Ucraina». Netanyahu ha anche detto che gli è stato chiesto di mediare in via non ufficiale dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia a febbraio, ma non ha proseguito perché all’epoca era all’opposizione. E ha aggiunto di essere disposto a mediare se le parti e gli Stati Uniti glielo chiedessero. «Sono stato abbastanza a lungo in giro per sapere che deve esserci il momento giusto e le circostanze giuste. Se si presenteranno, le prenderò certamente in considerazione», ha dichiarato.

Ore 07:18 - Stoltenberg: «La Cina sta collaborando sempre più con la Russia, abbiamo bisogno di amici»

La crescente assertività e collaborazione della Cina con la Russia rappresenta una minaccia non solo per l’Asia ma anche per l’Europa, ha detto stamattina il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in visita a Tokyo. «La sicurezza non è regionale ma globale, la Nato deve assicurarsi di avere degli amici», ha scandito sottolineando l’importanza di una cooperazione più forte nella regione indo-pacifica. Stoltenberg ha affermato che la Cina sta investendo sempre più in armi nucleari e missili a lungo raggio senza fornire trasparenza o impegnarsi in un dialogo significativo sul controllo degli armamenti per le armi atomiche, mentre aumentano le minacce contro Taiwan. «Il fatto che Russia e Cina si stiano avvicinando e gli investimenti significativi da parte della Cina e le nuove capacità militari avanzate sottolineano che la Cina pone una sfida anche agli alleati della Nato», ha detto Stoltenberg in un intervento alla Keio University di Tokyo.

Ore 07:33 - Il nuovo leader ceco Petr Pavel: «L’Ucraina merita di aderire alla Nato»

L’Ucraina dovrebbe essere autorizzata ad aderire alla Nato non appena la guerra sarà finita, ha detto il neo presidente ceco Petr Pavel, il generale dell’Alleanza atlantica in pensione che sabato ha vinto le elezioni e si insedierà il 9 marzo. L’Ucraina è «moralmente e praticamente pronta» ad aderire alla Nato una volta terminato il conflitto, ha detto alla Bbc, nella sua prima intervista tv con i media internazionali dalla sua elezione. Pavel ha difeso fermamente il sostegno militare occidentale a Kiev, dicendo che non dovrebbero esserci «quasi limiti» a ciò che i paesi dovrebbero inviare. Parlando dal rinascimentale Palazzo Hrzansky, a poche centinaia di metri dal Castello di Praga, si è detto «orgoglioso che il mio paese sia stato uno dei primi a fornire all’Ucraina un significativo aiuto militare».

Ore 07:48 - Zelensky: «Stiamo preparando riforme per rapida adesione alla Ue

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che la sua amministrazione sta pianificando una serie di riforme per assicurare negoziati rapidi in vista di un’adesione dell’Ucraina all’Unione europea: lo riferisce l’agenzia Reuters, ricordando che venerdì Kiev parteciperà a un vertice con funzionari dell’Ue. «Ciò che è molto importante è che stiamo preparando nuove riforme in Ucraina, riforme che sotto molti aspetti cambieranno le realtà sociali, legali e politiche rendendole più umane, più trasparenti e più efficaci», ha commentato Zelensky. Ma se lo status di candidato è stato concesso in tempi record, pochi a Bruxelles credono che il resto andrà così in fretta. «Le aspettative degli ucraini sono molto alte, ma (...) devono soddisfare tutte le condizioni per aprire i negoziati di adesione», ricorda un diplomatico europeo, sottolineando che è impossibile anticipare una data perché dipenderà dagli sforzi compiuti dai leader ucraini. «Non possiamo integrare l’Ucraina com’era prima della guerra. Abbiamo bisogno di riforme», insiste. Bruxelles ha definito sette primi passi da compiere, incentrati in particolare sulla lotta alla corruzione e sul rafforzamento dello stato di diritto.

Ore 07:59 - Biden: parlerò con Zelensky di nuovi aiuti

Joe Biden ha annunciato che nei prossimi giorni discuterà con Volodymyr Zelensky delle nuove forniture di armi statunitensi all’Ucraina. Il governo degli Stati Uniti sta approntando un pacchetto di aiuti militari del valore di 2 miliardi di dollari, che include tra le altre voci anche razzi e proiettili d’artiglieria a lunga gittata. Secondo le anticipazioni della stampa Usa, gli aiuti includeranno razzi Glsdb dalla gittata di 150 chilometri, proiettili d’artiglieria di precisione da 155 millimetri, componenti per i sistemi di difesa aerea Patriot e un’ulteriore fornitura di armi anticarro «a spalla» Javelin.

Ore 08:13 - L’ex presidente francese Hollande: «Putin lo conosco, non è pazzo»

Il presidente della Russia, Vladimir Putin, è un leader «radicalmente razionale», che sta scommettendo sul logoramento del sostegno europeo all’Ucraina per concludere il conflitto a condizioni vantaggiose. Lo ha dichiarato al quotidiano statunitense Politico l’ex presidente francese Francois Hollande. L’ex capo dello Stato, che nel 2014 dopo l’annessione della Crimea guidò assieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel i negoziati con la Russia nell’ambito del cosiddetto «formato Normandia», nega che il capo dello Stato russo sia «un pazzo». «È una persona radicalmente razionale, o razionalmente radicale, come preferite», ha dichiarato Hollande. «Ha la sua razionalità ed è disposto a usare la forza. Secondo l’ex presidente Putin starebbe cercando di «consolidare quanto guadagnato sul campo, sperando che l’opinione pubblica si stanchi e che l’Europa temendo un’escalation accetti la prospettiva di un negoziato a suo favore».

Ore 08:23 - Il presidente austriaco a Kiev

Il presidente austriaco Alexander van der Bellen è diretto oggi a Kiev. È lo stesso capo dello Stato ad annunciarlo sul suo profilo Twitter. «Questo viaggio è un gesto per la pace, un segno di solidarietà verso il popolo ucraino».

Ore 08:26 - Kherson la città più colpita

«Negli ultimi giorni, alcuni dei bombardamenti più intensi del conflitto si sono verificati lungo il fiume Dnipro, nel sud dell’Ucraina. Tra questi, il continuo bombardamento della città di Kherson, presa di mira da colpi di artiglieria da Est del fiume». La città prima occupata dai russi e poi riconquistata dagli ucraini vive la ritrovata libertà sotto le bombe. «È probabile che i comandanti russi vogliano minare il morale dei civili e al tempo stesso scoraggiare eventuali contrattacchi ucraini attraverso il fiume Dnipro».

Ore 08:36 - La Spagna invia Leopard in Ucraina

La Spagna invierà inizialmente tra i quattro e i sei carri armati Leopard 2A4 in Ucraina. Lo rivela El Pais, aggiungendo che la cifra finale dipenderà dallo stato dei 53 carri armati immagazzinati da un decennio presso il Gruppo di supporto logistico numero 41 a Saragozza, la cui urgente riabilitazione è in fase di negoziazione dal ministero della Difesa con l’industria militare.

Ore 08:43 - Netanyahu: pronto a mediare tra Mosca e Kiev

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è detto disponibile a mediare tra la Russia e l’Ucraina se entrambe le parti, e gli Stati Uniti, glielo domandassero. Parlando con la Cnn Netanyahu ha aggiunto che ci devono essere «tempi giusti e giuste circostanze». Tornato di recente sulla tolda del governo, il premier ha poi rivelato di essere già stato contattato come mediatore lo scorso febbraio, subito dopo l’invasione russa, ma di aver declinato.

Ore 08:49 - Australia: sanzioni all’Iran per i droni contro l’Ucraina

L’Australia ha annunciato nuove sanzioni contro l’Iran per le forniture di droni alla Russia nella guerra contro l’Ucraina. In un comunicato stampa, il ministro degli Esteri australiano Penny Wong ha dichiarato che verranno imposte sanzioni finanziarie a quattro individui e quattro entità iraniani coinvolti nella produzione e fornitura di droni a Mosca.

Ore 08:55 - Civili uccisi nel Donbass

Quattro persone sono state uccise e altre sei sono rimaste ferite durante gli attacchi russi di ieri nella regione di Donetsk, nell’Ucraina orientale: lo ha reso noto oggi su Telegram il capo dell’Amministrazione militare regionale, Pavlo Kyrylenko, come riporta Ukrainska Pravda. «I russi hanno ucciso quattro residenti della regione di Donetsk il 31 gennaio: due a Bakhmut, uno a Paraskoviivka e uno a Vuhledar. Altre sei persone sono rimaste ferite».

Ore 08:58 - L’intelligence russa: tre arresti, sventato attacco alla ferrovia

In Russia il Servizio per la sicurezza federale (Fsb), l’ex Kgb, avrebbe arrestato tre agenti dell’intelligence ucraina che pianificavano atti terroristici contro alcune infrastrutture ferroviarie nella regione russa di Sverdlovsk, nella Siberia occidentale. È quanto riferito nel comunicato stampa dell’Fsb. «Sono stati arrestati tre cittadini russi coinvolti nella preparazione di atti terroristici contro le infrastrutture ferroviarie nella regione di Sverdlovsk per una ricompensa in denaro», si legge nella nota.

Ore 09:01 - L’ex Segretario Nato Rasmussen: «I singoli Paesi partecipano alla guerra»

L’ex segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ritiene che i membri dell’Alleanza «in un certo modo» partecipino alla guerra in Ucraina: «La Nato non è parte della guerra. Ma non dovremmo nascondere il fatto che ogni singolo membro dell’Alleanza è parte della guerra», ha detto Rasmussen durante una discussione nella Commissione per gli affari esteri e la difesa del Parlamento europeo. L’Ucraina ha il diritto di difendersi e di chiedere aiuto ai suoi partner, pertanto l’aiuto militare degli alleati è conforme al diritto internazionale secondo la Carta delle Nazioni Unite. Rasmussen si è detto favorevole alla fornitura di tutta la necessaria assistenza a Kiev, perché «la pace con un dittatore non porterà alla pace, ma al conflitto e alla guerra».

Ore 09:31 - La Giornata Nazionale delle vittime civili

Oggi è la Giornata Nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo: su Twitter il ministro della Difesa Guido Crosetto scrive che questa è l’occasione, «oggi più che mai, per ribadire il valore della pace. E Per ricordare l’impegno dell’Italia in tutte le sedi a tutela del diritto internazionale umanitario».

Ore 09:34 - Biden potrebbe incontrare Zelensky in Europa

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden potrebbe incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in Polonia. Lo riporta il quotidiano polacco Dziennik Gazeta Prawna con riferimento a una fonte diplomatica a Kiev. Il presidente Usa dovrebbe effettuare un viaggio in Europa in occasione dell’anniversario del 24 febbraio. Zelensky intende presentare a Biden il suo piano di pace in 10 punti, inclusa la creazione di un tribunale speciale per indagare sui crimini di guerra commessi dagli occupanti russi. Allo stesso tempo, saranno condotti negoziati sugli armamenti per l’Ucraina.

Ore 10:00 - Il nuovo presidente ceco Pavel: «F-16 all’Ucraina? Niente tabù»

Il neopresidente ceco Petr Pavel ha detto alla Bbc che l’Ucraina dovrebbe essere autorizzata ad aderire alla Nato «non appena la guerra sarà finita». Pavel, un generale della Nato in pensione, ha affermato che l’Ucraina sarebbe «moralmente e praticamente pronta» ad aderire all’alleanza occidentale una volta terminato il conflitto. Il presidente ceco ha difeso fermamente il sostegno militare occidentale a Kiev, dicendo che non dovrebbero esserci «quasi limiti» agli aiuti. E anche l’invio di aerei da combattimento come gli F-16 «non è un tabù».

Ore 10:06 - «Razzo su monastero nel Donetsk»

Le forze ucraine avrebbero bombardato un monastero nella provincia di Donetsk, uccidendo un prete e ferendo gravemente una suora. Il sito religioso colpito è quello di San Nicola Vasilevsky a Nikolsky, secondo quanto reso noto dai responsabili del sito religioso sulla loro pagina del social network VKontakte, ripreso dall’agenzia russa Ria Novosti. «Ieri sera — si legge nel testo — criminali delle forze armate ucraine hanno lanciato un razzo sul monastero. Padre Bonifacio è stato ucciso e la monaca Savva è rimasta gravemente ferita».

Ore 10:09 - La vicepresidente del Bundestag a Kiev: «Ammiro il loro coraggio»

«Sono arrivata qui con il treno notturno. Gli ucraini difendono il loro paese e la nostra libertà comune. Ammiro il loro coraggio. Nei prossimi giorni vorrei farmi un’idea della ricostruzione, della situazione umanitaria e della difficile quotidianità». A scriverlo, su Twitter, è stata Katrin Goering-Eckardt, ecologista, vicepresidente del Bundestag, da oggi in visita nella capitale ucraina.

Ore 10:32 - Kiev: «A Bakhmut una rovina totale, i russi uccidono chiunque»

«I russi stanno radendo al suolo Bakhmut, nell’Ucraina orientale, è una rovina totale, stanno uccidendo chiunque riescano a trovare. Stiamo documentando attentamente tutti i crimini di guerra. Saranno ritenuti responsabili di tutto»: lo ha scritto su Telegram il capo dell’amministrazione militare ucraina della regione di Donetsk Pavlo Kyrylenko.

Ore 10:35 - Mattarella: «La Ue saprà superare le sfide, anche quella russa»

«Insieme a tutti i nostri partner, in uno spirito di autentica solidarietà europea, sapremo superare anche le sfide che l’aggressione russa all’Ucraina ha portato alla sicurezza ed alla prosperità globali, assumendo le decisioni necessarie perché l’Unione Europea sappia rispondere con rapidità ed efficacia alle sfide dei nostri tempi». lo assicura il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una dichiarazione nel giorno in cui entra in vigore il Trattato del Quirinale tra Italia e Francia.

Ore 10:42 - Kiev: «La Russia si prepara a massima escalation»

Il segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina, Oleksiy Danilov, ha affermato che la Russia si sta preparando per la «massima escalation» nel prossimo futuro e non ha escluso che il presidente russo Vladimir Putin tenterà un altro attacco all’Ucraina da nord, sud ed est, forse anche prima dell’anniversario dell’invasione. «Non escludiamo alcuno scenario nelle prossime due o tre settimane», ha detto il segretario dell’Nsdc in un’intervista a Sky News, aggiungendo che la Russia sta addestrando nuovi militari, che le battaglie più difficili devono ancora arrivare e che i prossimi mesi saranno decisivi per il corso della guerra. Danilov ha esortato gli alleati occidentali a inviare più armi, compresi i jet Typhoon della Royal Air Force britannica e gli aerei da combattimento di altri partner. «Qualsiasi aiuto sarebbe utile», ha detto, fiducioso che l’Ucraina vincerà «perché il mondo intero ci sostiene».

Ore 10:58 - Il presidente austriaco Van der Bellen in visita a Kiev

Il presidente austriaco Alexander Van der Bellen è oggi in visita a Kiev, in Ucraina. Dopo il suo arrivo, Van der Bellen è stato portato a Bucha, dove l’Ucraina ha scoperto una fossa comune dopo che le forze russe sono state espulse dalla città, all’inizio della guerra.

Ore 11:01 - Cremlino: «Per ora nessun piano per colloqui Biden-Putin»

«Finora non ci sono piani per negoziati tra Putin e Biden», ha detto oggi il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, rispondendo a domande della stampa. «Il nostro obiettivo principale è continuare l’operazione militare speciale, l’obiettivo principale è adempiere ai nostri compiti come delineati dal capo dello Stato», ha detto Peskov.

Ore 11:02 - Cremlino: «I missili a lungo raggio Usa aggraveranno escalation»

La potenziale fornitura di missili a lungo raggio all’Ucraina da parte degli Stati Uniti «non cambierà il corso degli eventi» e la Russia continuerà la sua offensiva a tutti i costi. Lo ha detto ha detto ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov spiegando che la fornitura di missili con una gittata di 150 km porterebbe «a un inasprimento delle tensioni e a un aumento del livello di escalation». «Lo vediamo - ha detto Peskov - questo comporterebbe per noi ulteriori sforzi, ma non cambierà il corso degli eventi, le operazioni militari speciali continueranno».

Ore 11:15 - Il Cremlino favorevole a una taglia sui carri armati Abrams

Il Cremlino accoglie con favore le proposte avanzate nei giorni scorsi da un’azienda privata, un attore e alcuni governatori di regioni, di pagare una ricompensa ai militari per ogni carro armato americano Abrams che verrà distrutto in Ucraina. Lo ha detto il portavoce Dmitry Peskov. «I carri armati occidentali bruceranno, e grazie alle ricompense dal mondo imprenditoriale e dalle regioni crescerà il numero degli entusiasti» pronti a distruggerli, ha affermato il portavoce, citato dall’agenzia Ria Novosti.

Ore 11:23 - «La Spagna invierà tra 4 e 6 carri armati Leopard»

La Spagna ha in programma una prima spedizione all’Ucraina di quattro-sei carri armati Leopard 2A4. Ne dà notizia El Paìs, che anticipa che l’esercito spagnolo formerà i militari ucraini sull’uso del carro armato tedesco presso il poligono di manovra di San Gregorio a Saragozza. Il numero finale di Leopard che verranno forniti a Kiev dipenderà dallo stato dei 53 carri armati stoccati da un decennio a Saragozza, per i quali il ministero della Difesa sta negoziando la messa a punto con l’industria militare, e dal contributo di altri Paesi. L’obiettivo è che l’esercito ucraino abbia due battaglioni operativi in primavera. I tempi previsti per la messa a punto del Leopard 2 spagnolo (che potrebbe superare il mezzo milione di euro per unità, secondo gli esperti) coincideranno con i due mesi e mezzo del corso che l’esercito ha progettato per addestrare gli ucraini, spiega il quotidiano spagnolo.

Ore 11:31 - Gli Usa pronti a inviare bombe a lungo raggio che sono anche un messaggio politico

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Gli Usa sono pronti a fornire all’Ucraina le Glsdb, bombe con un raggio di circa 150 chilometri. Un messaggio di sostegno al presidente Volodymyr Zelensky in vista di prove difficili al fronte, con la Russia pronta a nuove offensive e decisa a prendere Bakhmut.

Ore 11:37 - Podolyak: «In corso colloqui su missili a lungo raggio»

Il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, ha detto oggi che sono in corso colloqui per garantire all’Ucraina missili a lungo raggio e aerei d’attacco di partner stranieri. “Ogni fase della guerra richiede determinate armi. L’accumulo di riserve della Federazione russa nei territori occupati richiede delle specifiche da parte dell’Ucraina e dei partner”, ha scritto su Twitter Podolyak. “Quindi: 1. Esiste già una coalizione di carri armati (logistica, addestramento, rifornimento). 2. Ci sono già colloqui su missili a lungo raggio e fornitura di aerei d’attacco”, ha aggiunto.

Ore 11:43 - Cremlino: «L’operazione speciale è obiettivo principale Russia»

«Finora non ci sono piani per negoziati tra Putin e Biden, il nostro obiettivo principale è continuare l’operazione militare speciale, l’obiettivo principale è adempiere ai nostri compiti che sono stati delineati dal capo dello Stato». Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, alla domanda se la possibilità di negoziati tra Putin e Biden venga al momento presa in considerazione. Lo riporta l’agenzia di stampa russa Ria Novosti.

Ore 11:47 - Corruzione, accusato alto funzionario della Difesa ucraina

Un alto funzionario del ministero della Difesa ucraino e due ex funzionari del dicastero sono stati accusati dall’ufficio del procuratore generale di appropriazione indebita di grosse somme di denaro e altri reati: lo riporta oggi Ukrainska Pravda, che cita fonti delle forze dell’ordine. L’attuale funzionario è Volodymyr Tereshchenko, vice capo del Dipartimento di coordinamento delle attività economiche estere del ministero, che all’epoca dei fatti aveva un’alta carica nella società statale Promoboronexport attiva nel settore della difesa. Tereshchenko, è stato accusato di appropriazione indebita per un importo equivalente a circa 1,23 milioni di euro. Gli altri due sospetti sono l’ex viceministro della Difesa, Vyacheslav Shapovalov, e l’ex vicedirettore del dipartimento degli appalti statali del ministero della Difesa, Bohdan Khmelnytskyi.

L’ex viceministro è sospettato della mancata fornitura ad alcune unità delle forze armate di dispositivi di protezione individuale per un valore superiore a un miliardo di grivna (oltre 25 milioni di euro). Khmelnytskyi è stato accusato di appropriazione indebita di fondi statali per un importo di circa 107,8 milioni di grivna (circa 2,7 milioni di euro) e di aver fornito ad unità delle forze armate 5.700 giubbotti antiproiettile di bassa qualità. Ukrainska Pravda riporta inoltre che oggi la polizia ucraina ha perquisito l’abitazione dell’oligarca Igor Kolomoisky, un noto miliardario sanzionato dagli Stati Uniti e al quale sarebbe stata tolta la cittadinanza ucraina. Il Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU) e l’Ufficio per la sicurezza economica nazionale hanno effettuato la perquisizione questa mattina nella città centro-orientale di Dnipro. Secondo una fonte della polizia, l’operazione è legata all’appropriazione indebita da parte di Kolomoisky di prodotti petroliferi per un valore di 40 miliardi di grivna (circa un miliardo di euro) e all’evasione di dazi doganali per ingenti somme.

Ore 11:58 - Il giornalista russo Nevzorov condannato a 8 anni in contumacia

Il noto giornalista ed ex deputato russo Alexander Nevzorov è stato condannato in contumacia da una Corte di Mosca a otto anni di reclusione perché riconosciuto colpevole di avere diffuso «informazioni false» sull’operazione militare russa in Ucraina, in particolare accusando le forze russe di avere compiuto un bombardamento deliberato su un ospedale pediatrico a Mariupol. Lo riferiscono le agenzie russe. Nezvorov, che nel frattempo ha lasciato la Russia e non ha partecipato alle udienze, era stato incriminato nel marzo dello scorso anno con l’accusa di avere tra l’altro pubblicato «fotografie non accurate dei civili colpiti dal bombardamento».

Il giornalista, 64 anni, ha un canale YouTube seguito da quasi due milioni di utenti. Dopo l’inizio dell’operazione militare in Ucraina le autorità russe hanno approvato una nuova legge che prevede pene severe per la diffusione di quelle che Mosca considera notizie false o diffamatorie nei confronti delle forze armate. Diversi attivisti e giornalisti sono già stati condannati sulla base della normativa.

Ore 12:32 - Possibile vertice Biden-Zelensky in Polonia

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden potrebbe incontrare in Polonia il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Il vertice potrebbe avere luogo a Rzeszów o Varsavia, le due città attualmente perse in considerazione, secondo quanto riferisce oggi il quotidiano polacco Dziennik Gazeta Prawna, citando una fonte diplomatica a Kiev.

Zelensky dovrebbe presentare a Biden il suo piano di pace in 10 punti e chiedere una conferenza internazionale sull’Ucraina. Allo stesso tempo saranno condotti negoziati su ulteriori armamenti per Kiev, spiega il quotidiano. Il colloquio sulle ultime richieste dell’Ucraina di armi avanzate, d’altra parte, è stato confermato ieri anche dallo stesso Biden, seppur senza fare riferimento esplicito a un eventuale incontro con l’omologo di Kiev.

«Parleremo», ha detto Biden ai giornalisti, dopo avere risposto a risposto con un enfatico «no» a una domanda sulla disponibilità degli Stati Uniti a fornire aerei da combattimento F-16 all’Ucraina. Biden dovrebbe essere impegnato in una missione di Stato in Europa in occasione del primo anniversario della guerra in Ucraina, il 24 febbraio prossimo. Nel caso in cui l’incontro tra Biden e Zelensky dovesse essere organizzato in Polonia, il capo dello Stato ucraino esporrà il suo piano di pace in dieci punti, che presuppone tra le altre cose il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei confini precedenti all’annessione russa della Crimea nel marzo 2014. Una questione, sottolineano fonti diplomatiche a Kiev, che per il capo dello Stato «non è negoziabile».

Secondo quanto riferito dal quotidiano polacco, il piano di Zelensky comprenderà anche disposizioni sulla sicurezza nucleare relative alla centrale elettrica di Zaporoizhzhia e sulla sicurezza alimentare.

Ore 12:48 - Gazprom aumenta le forniture giornaliere attraverso l’Ucraina

Gazprom ha aumentato oggi del 20% la fornitura gas russo attraverso il gasdotto ucraino Sudzha verso l’Europa. Lo riferisce il portavoce di Gazprom, Sergei Kupriyanov, citato da Ria Novosti. Il colosso russo sta fornendo gas «attraverso il territorio dell’Ucraina nella quantità concordata con la parte ucraina attraverso la stazione di misurazione di Sudzha per 29,4 milioni di metri cubi al 1° febbraio».

Ore 13:06 - Erdogan, «No sostegno a Svezia fino a quando permetterà attacchi a Corano»

«La Turchia non potrà mai sostenere l’ingresso della Svezia nella Nato fino a quando Stoccolma permette che il Corano, libro sacro all’Islam, possa essere bruciato» pubblicamente. Lo ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel corso di una riunione dell’Akp, come riporta l’agenzia di stampa Anadolu. «Seguiamo da vicino gli sviluppi riguardo il processo di allargamento della Nato. Rispetto alla Finlandia abbiamo una visione positiva, ma lo stesso non vale per la Svezia», ha aggiunto Erdogan manifestando l’intenzione di sostenere l’ingresso di Helsinki nell’Alleanza Atlantica. Svezia e Finlandia hanno chiesto di poter entrare nella Nato lo scorso maggio in risposta agli aumentati rischi per la loro sicurezza dovuti all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Ore 13:32 - Visita di Putin a Volgograd a 80 anni dalla storica battaglia

Ottant’anni dopo la devastante battaglia per Stalingrado (oggi Volgograd) nel sud della Russia, uno dei capitoli più sanguinosi della seconda guerra mondiale, l’anniversario del 2 febbraio per commemorare quella battaglia cruciale ha assunto un significato in più, alla luce dell’invasione dell’Ucraina e mentre le truppe russe combattono contro gli ucraini.

Il Cremlino ha fatto di tutto per presentare il conflitto durato quasi un anno come l’ennesima lotta contro il nazismo, come quella di due generazioni fa nella città meridionale ora chiamata Volgograd, tanto da erigere nuovamente un monumento a Stalin («eroe» della destalinizzazione). E mentre si attende la venuta del presidente russo, circola ovunque, come un mantra la frase: «Putin va a Volgograd, ma arriverà a Stalingrado».

Ore 13:43 - Azzerata Agenzia delle Dogane ucraina. Kiev: «Provvedimento anticorruzione»

Le autorità ucraine hanno licenziato l’intera dirigenza dell’agenzia delle dogane del paese e hanno effettuato perquisizioni nel servizio fiscale statale, anche in vista dei colloqui sulle riforme tra Kiev e l’Unione Europea di venerdì.

La responsabile ad interim Oksana Datiy, è sospettata di operazioni illegali per un valore di oltre 15 miliardi di grivnie (oltre 375 milioni di euro).

Ore 14:22 - Licenziati vertici agenzia doganale per corruzione

Il Consiglio dei ministri ucraino ha licenziato i vertici dell’agenzia doganale, tra cui il capo ad interim del Servizio doganale statale Vyacheslav Demchenko e i suoi due vice, Shchutskyi e Cherkaskyi. Lo ha riferito il deputato Oleksiy Honcharenko su Telegram, come riporta Unian. Il nuovo responsabile ad interim delle dogane sarà il vice dell’attuale responsabile, Serhiy Zvyagintsev. All’interno dell’agenzia doganale sono stati scoperti schemi di corruzione in cui i crimini doganali hanno causato perdite per quasi 400 milioni di grivne (circa 9 milioni di euro) allo Stato.

Ore 14:23 - Mosca su corruzione a Kiev, «stupidità» dirigenti ucraini

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha parlato di «stupidità» dei dirigenti di Kiev commentando su Telegram le notizie oggi sulle inchieste per corruzione in Ucraina, con nuove perquisizioni a dirigenti dei ministeri della Difesa, dell’Energia, dell’ufficio centrale del fisco e almeno due oligarchi. Zakharova si riferisce in particolare a una foto pubblicata da media ucraini in merito alla perquisizione all’ufficio di Oksana Datiy, capo ad interim del servizio fiscale. Su un foglietto appaiono scritte a penna alcune richieste tra cui un milione di dollari, un orologio Breguet e una pelliccia.

Ore 14:49 - Ue valuta uso 300 mld beni russi congelati per ricostruzione

Il summit Ue-Ucraina di venerdì «sarà un’opportunità per avere una discussione con i nostri partner ucraini e attraverso l’uso della piattaforma che è stata concordata tra l’Ucraina, il G7 e altri partner internazionali per aiutare a ricostruire l’Ucraina. Stimiamo che collettivamente il G7 ha congelato oltre 300 miliardi di dollari Usa di beni della Banca centrale russa e ritiene che si dovrebbe considerare l’uso di queste attività per la ricostruzione dell’Ucraina». Lo riferisce un alto funzionario Ue in vista del vertice Ue-Ucraina di venerdì a Kiev.

Ore 15:11 - Netanyahu, sto esaminando altri aiuti oltre quelli umanitari

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che sta «esaminando» la possibilità di fornire all’Ucraina «altri tipi di aiuto» oltre a quelli umanitari, parlando in un’intervista alla Cnn, ripresa da The Times of Israel. Netanyahu è preoccupato delle conseguenze che questo possa avere sulle «complesse relazioni» di Israele con la Russia e la sua necessità di mantenere la «libertà di azione» in Siria nel suo sforzo per «tenere sotto controllo l’Iran».

Ore 15:27 - Zelensky: «Al momento non sono ancora stato invitato in Polonia»

Il presidente Volodymyr Zelensky ha affermato di non essere ancora stato invitato in Polonia per un possibile incontro con il presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden. Lo ha detto il presidente ucraino durante una conferenza stampa a Kiev con il presidente austriaco Alexander van der Bellen.

Ore 15:48 - Zakharov: «Macron sull'invio dei caccia? Dichiarazioni assurde»

«Un'assurdità». Così la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, ha definito le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron , che non escludeva la fornitura di aerei da caccia all'Ucraina. «Dichiarazioni come queste non fanno che aumentare l'appetito già insaziabile del regime di Zelensky».

Ore 16:00 - Putin: «Impediremo a Kiev di attaccarci nelle regioni di confine»

Il presidente russo Vladimir Putin ha definito come priorità «quella di eliminare la possibilità stessa di bombardamenti ucraini nelle regioni di confine con la Russia. Lo riporta l'agenzia Tass. «Questo è compito del dipartimento militare», ha aggiunto Putin, aprendo una riunione sul ripristino delle infrastrutture residenziali distrutte o danneggiate.

Ore 16:14 - Addestramento Ue ad altri 15mila soldati ucraini. Saranno 30mila in totale

«L'Ue fornirà addestramento militare ad altri 15mila soldati ucraini, oltre ai 15mila già annunciati nello scorso novembre». Lo ha spiegato un alto funzionario Ue, in vista del summit Ue-Ucraina che si terrà dopodomani a Kiev.

L'obiettivo di addestrare 15mila soldati ucraini, comunicato un paio di mesi fa, verrà raggiunto probabilmente prima della fine del secondo trimestre di quest'anno. Il numero di soldati ucraini complessivamente addestrati nell'ambito della missione salirà così a 30mila.

Ore 16:28 - Lettonia minaccia boicottaggio Olimpiadi se atleti russi e bielorussi riammessi

La Lettonia minaccia di boicottare le Olimpiadi di Parigi del 2024 nel caso vengano ammessi atleti di Russia e Bielorussia alle competizioni. Le autorità di Riga si sono unite all'Ucraina nel protestare contro la possibilità che il Comitato olimpico internazionale (Cio) permetta agli atleti russi e bielorussi di competere nelle qualificazioni e ai prossimi giochi sotto la bandiera neutrale.

Ore 16:28 - Stoltenberg: «Cina ha imparato lezione da invasione russa»

«La Cina osserva da vicino e impara lezioni da quanto sta accadendo in Ucraina». Pechino potrebbe così cambiare le sue decisioni future, alla luce dell'attualità. Lo ha evidenziato il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. «Quello che sta accadendo in Europa oggi, potrebbe accadere domani nell'Asia orientale», ha detto Stoltenberg alla Keio University di Tokyo, sottolineando la necessità che il Giappone e i Paesi che la pensano allo stesso modo collaborino con l'alleanza atlantica per sostenere e difendere l'ordine internazionale basato su regole condivise.

Ore 16:51 - Bozza vertice Ue-Ucraina, sostegno a una formula per la pace

«L’Ue ha ribadito la sua disponibilità a sostenere l’iniziativa dell’Ucraina per una pace giusta. Ad oggi, la Russia non ha mostrato alcuna reale disponibilità nei confronti di una pace equa e sostenibile». È quanto si legge nella bozza della dichiarazione congiunta del vertice Ue-Ucraina di venerdì prossimo. «Abbiamo espresso il nostro sostegno alla formula di pace del presidente Zelensky e il nostro impegno a collaborare attivamente con l’Ucraina al piano di pace in 10 punti - si legge ancora -. A questo proposito, sosteniamo l’idea di un Vertice sulla Formula di Pace volto ad avviarne l’attuazione».

Ore 17:30 - Navalny in cella di isolamento per i prossimi 6 mesi

Il leader dell’opposizione russa in carcere Alexei Navalny ha reso noto che le autorità carcerarie lo hanno messo in una cella di isolamento per i prossimi sei mesi. Una mossa che il suo avvocato ha descritto come parte degli sforzi del Cremlino per danneggiare la sua salute. Sul profilo Instagram del principale oppositore di Putin, 46 anni, è riportato che negli ultimi otto mesi gli è stata negata la possibilità di visitare la sua famiglia e il trasferimento in isolamento significa che non vedrà sua moglie e i suoi figli per un altro semestre. «Anche i maniaci e i serial killer che scontano l’ergastolo hanno il diritto di incontrarsi, ma io no», si legge sui social, «quando ti succede una cosa del genere, capisci ancora di più quanto sia importante combattere questo governo senza scrupoli, quanto sia importante fare almeno qualcosa per liberare la Russia dal giogo di questi furfanti ed eliminare la droga con cui hanno avvolto le teste di milioni di persone».

Ore 17:39 - Governatore Lugansk: «I russi allontanano i civili in vista dell’offensiva»

Le forze russe stanno portando via i civili dalla linea del fronte nella regione di Lugansk, in vista di una prossima offensiva. Lo afferma il governatore ucraino di questo oblast, Serhiy Gaidai, aggiungendo che l’obiettivo è impedire ai residenti di fornire a Kiev informazioni sui movimenti delle truppe. «C’è un attivo trasferimento» di truppe russe nella regione, «stanno preparandosi per qualcosa sul fronte orientale a febbraio», ha detto ancora Gaidai, citato da Sky News Uk.

Ore 17:42 - Mosca mette in guardia Israele dal consegnare armi a Kiev

La Russia ha messo in guardia Israele dalla possibilità evocata dal primo ministro, Benjamin Netanyahu, di consegnare armi all’Ucraina. Mentre Netanyahu ha indicato che esaminerà «la questione», la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha spiegato che «quando si tratta di consegne di armi (all’Ucraina, ndr), non classifichiamo i Paesi in base alla geografia. Tutti i Paesi che consegnano armi devono capire che le considereremo come obiettivi legittimi delle forze armate russe».

Ore 18:12 - Stoltenberg: «Avvicinamento Russia-Cina una minaccia per la Nato»

«La partnership tra Russia e Cina rappresenta una minaccia non solo per l'Asia ma anche per l'Europa e gli alleati». A rilanciare l'allarme è stato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in un discorso all'Università Keio di Tokyo, durante il quale ha tra l'altro sottolineato l'importanza di una più forte cooperazione e la necessità di più «amici» dell'Alleanza nella regione dell'Indo-pacifico. «Il fatto che la Russia e la Cina stiano avvicinandosi sempre più e gli investimenti significativi cinesi e le nuove capacità militari avanzate sottolineano che la Cina rappresenta una minaccia e una sfida anche agli alleati della Nato. La sicurezza non è regionale, ma globale», ha aggiunto.

Ore 18:21 - Zelensky chiede aumento sanzioni contro la Russia

«Ho sottolineato la necessità di aumentare le sanzioni contro la Russia e il nostro team ha sottolineato che lo stato terrorista deve sentire il prezzo del terrore e la sua capacità di continuare l'aggressione dovrebbe essere limitata». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nella conferenza stampa congiunta dopo l'incontro con il presidente austriaco Alexander Van der Bellen a Kiev. Lo riporta la Cnn.

Ore 18:51 - Sunak: «Non manderemo aerei a Kiev, non è pratico»

Il governo britannico non intende mandare aerei di combattimento in Ucraina, perché ritiene che sia poco pratico da realizzare. Lo ha detto il premier Rishi Sunak, mentre il suo predecessori Boris Johnson è impegnato in una serie di eventi e interviste negli Stati Uniti per sostenere con forza l’invio di aerei a Kiev. «Non è al momento pratico inviare jet britannici, continueremo a lavorare strettamente con gli ucraini per capire i loro bisogni e come gli alleati possono aiutarli ulteriormente. Data la complessità dei caccia britannici e i lunghi tempi necessari per l’addestramento al loro uso non pensiamo sia pratico», ha detto Sunak, citato dal Guardian.

Ore 19:24 - Kiev: attacco russo su Chernihiv, 4 morti e un ferito

L’esercito russo ha bombardato il villaggio di Yeline, nella regione ucraina di Chernihiv, uccidendo quattro civili. Uno è rimasto ferito. Lo afferma il comando operativo Nord, come riporta Unian.

Ore 19:39 - «I russi preparano offensiva per l’anniversario del 24/2»

Per il ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, i russi «tenteranno un’offensiva attorno al 24 febbraio», giorno in cui cade il primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Intervistato dall’emittente francese BFM-TV, Reznikov ha aggiunto: «non sottovalutiamo il nostro nemico», i russi «hanno già mobilitato 500 mila soldati. Ufficialmente ne hanno annunciati 300 mila ma quando vediamo le truppe ai confini, secondo le nostre valutazioni sono molti di più».

Ore 19:47 - Reznikov a Parigi: firmata intesa per i radar Mg-200

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ha annunciato la firma di un memorandum con il suo omologo francese, Sebastien Lecornu, ed il gruppo Thales per la fornitura di radar Mg-200 a Kiev. «Questi equipaggiamenti ci aiuteranno a individuare droni e missili nemici, compresi quelli balistici. I nostri cieli saranno protetti dagli attacchi mortali della Russia», ha dichiarato Reznikov su Twitter.

Ore 21:44 - Assemblea Baltica: perseguire i crimini russi

In una dichiarazione pubblicata in data odierna, l'Assemblea Baltica ha invitato gli stati europei e della Nato a «perseguire i crimini commessi dalla Russia in Ucraina» per mezzo della Corte Penale Internazionale, nonché attraverso l'istituzione di un apposito tribunale internazionale. L'Assemblea Baltica ha inoltre invitato a garantire senza titubanze gli aiuti all'Ucraina «per assicurare una rapida vittoria e salvaguardare le vite umane dei civili ucraini» sottoposti al fuoco dell'esercito russo. L'Assemblea Baltica è un'organizzazione regionale che promuove la cooperazione intergovernativa tra Estonia, Lettonia e Lituania. L'Estonia è il presidente di turno dell'organizzazione per l'anno 2023.

Ore 23:40 - Kiev: missili russi su Kramatorsk, 2 morti

Le truppe russe hanno bombardato in serata Kramatorsk nel Donetsk , in particolare hanno colpito un edificio residenziale, dove ci sarebbero due morti e sette feriti. Lo riferisce Ukirinform, citando il capo dell'amministratore regionale, Pavlo Kyrylenko. Il consiglio comunale della cittadina in un messaggio su Telegram ha aggiunto che un razzo ha colpito anche il cimitero.

Ore 23:42 - Zelensky: puniremo i responsabili del bombardamento di Kramatorsk

Zelensky ha assicurato che tutti i responsabili del bombardamento di Kramatorsk, a seguito del quale sono morte almeno due persone, saranno trovati e puniti. «Persone pacifiche sono morte e sono sotto le macerie. Questa è la realtà quotidiana della vita nel nostro Paese. Un Paese al confine con il male assoluto. E cosa dobbiamo sconfiggere per ridurre a zero la probabilità del ripetersi di tali tragedie», ha scritto il presidente, citato da Ukrinform. «Sincere condoglianze ai parenti e agli amici delle vittime. E troveremo e puniremo sicuramente tutti i colpevoli. Non meritano la grazia», ha sottolineato il presidente ucraino.

Ore 00:51 - Sale a 3 il numero dei morti accertati nell’attacco a Kramatorsk.

Almeno tre persone sono state uccise e circa 20 ferite mercoledì quando un missile russo si è abbattuto contro un condominio a Kramatorsk, nell’Ucraina orientale. «Tre persone sono state uccise e altre venti ferite» e «almeno otto condomini sono stati danneggiati, di cui uno completamente distrutto. Le persone potrebbero essere sotto le macerie», ha detto la polizia di Donetsk. «Più di un centinaio di agenti di polizia sono al lavoro sulla scena dell’attacco», ha aggiunto. I giornalisti dell’AFP hanno visto due corpi dove i soccorritori stavano ripulendo le macerie. «Le persone pacifiche sono morte e giacciono sotto le macerie», ha scritto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo il lancio del razzo. «È la realtà quotidiana della vita nel nostro paese. Un paese al limite del male assoluto», ha detto. La città di Kramatorsk si trova nella regione orientale di Donetsk. I separatisti sostenuti dal Cremlino controllano parzialmente la regione industriale dal 2014, compresa la sua città principale, Donetsk. Dopo aver decretato l’anno scorso che la regione era russa, Mosca sta cercando di conquistarla completamente.

Ore 01:22 - Con le nuove epurazioni , Zelensky ammette i problemi sul fronte orientale

Il presidente dell’Ucraina, Volodimir Zelensky, ha annunciato mercoledì il licenziamento dei capi del servizio doganale per un presunto abuso di potere, e ha ammesso che la situazione sul fronte militare a causa dell’invasione russa «è sempre più grave». Zelensky ha affermato nel suo consueto discorso a tarda notte che sono stati avviati procedimenti disciplinari contro alcuni dei licenziati dal servizio doganale. «Purtroppo in alcuni ambiti l’unico modo per garantire la legittimità è cambiare i padroni insieme all’attuazione di cambiamenti istituzionali», ha detto il presidente, aggiungendo che il cambiamento è «necessario per garantire che le persone non abusino del potere». Il servizio di sicurezza dell’Ucraina, l’ufficio investigativo statale, l’ufficio per la sicurezza economica e l’ufficio del procuratore hanno effettuato dozzine di perquisizioni e altre azioni in diverse regioni e contro diverse persone nell’ambito di procedimenti penali aperti, ha riferito Zelensky. Il presidente ucraino Ha spiegato che «la purezza dei processi all’interno del Ministero della Difesa e delle forze di difesa in generale è particolarmente importante», ricordando che qualsiasi fornitura o approvvigionamento interno «deve essere assolutamente pulito e onesto come fornitura esterna per la nostra difesa». Coloro che interferiscono con tale principio, ha detto, «non rimarranno nelle strutture competenti». Inoltre, il presidente ucraino ha riconosciuto che «c’è un certo aumento delle azioni offensive degli occupanti sul fronte, nell’est del nostro Paese. La situazione è sempre più grave». L’esercito russo, che ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022, sta cercando, secondo Zelensky, «di ottenere almeno qualcosa ora per dimostrare nell’anniversario dell’invasione che la Russia ha presumibilmente qualche possibilità»

Estratto dell'articolo di Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera” l’1 febbraio 2023.

Diplomazie al lavoro sulla «formula Zelensky». Il leader ucraino vorrebbe mettere ai voti il suo piano di pace nell’Assemblea generale dell’Onu, riunita in seduta straordinaria il prossimo 24 febbraio, cioè nell’anniversario dell’attacco russo. […]

 Va ricordato che l’Assemblea generale viene convocata dal segretario generale, Antonio Guterres, se lo richiede il Consiglio di Sicurezza oppure la maggioranza dei 193 Paesi che fanno parte dell’Onu. La prima ipotesi è esclusa: la Russia opporrebbe il veto a ogni iniziativa. Resta, quindi, la seconda strada: una mozione sottoscritta da almeno 97 Paesi. Ci sono davvero? […] Vediamo, punto per punto.

1 NUCLEARE

Si parte con la sicurezza nucleare, in particolare con la protezione della centrale atomica di Zaporizhzhia […]. Qui è già in campo il presidente francese Emmanuel Macron che da mesi sta premendo sul Cremlino perché si crei una specie di isola demilitarizzata intorno all’impianto […]

2 CEREALI

Secondo: «Sicurezza alimentare, compresa la protezione delle esportazioni di grano nelle nazioni più povere». È il capitolo delegato a Recep Tayyip Erdogan. Il presidente turco, in tandem con Guterres, il 22 luglio 2022 è riuscito a chiudere l’unico accordo con la Russia, sbloccando le forniture di grano. […] l’intesa ha consentito di spedire circa 18 milioni di tonnellate, in cereali, vale a dire il 75% dello stock accumulato nei magazzini a causa della guerra.

3 ENERGIA

Scrivono gli ucraini: «Garantire la sicurezza energetica, applicando restrizioni sul prezzo degli idrocarburi russi». I Paesi europei hanno concordato, con molta fatica, un tetto ai prezzi del petrolio e del gas. Ma India e Cina, altri due grandi clienti di Mosca, continuano a muoversi in autonomia. Altri Paesi ne seguiranno l’esempio. Ecco perché, in caso di voto nell’Assemblea Onu, questo sarebbe uno dei passaggi più divisivi.

 4 I PRIGIONIERI

Potrebbe esserci, invece, più condivisione sul quarto tema: «Liberazione di tutti i prigionieri di guerra e i deportati, compresi i bambini trasferiti in Russia». Alcune operazioni sono già state portate a termine. […]

 5 INTEGRITÀ TERRITORIALE

[…] Zelensky prevede «la restaurazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, sulla base dei principi fissati dalla Carte delle Nazioni Unite». Che cosa significa? Il leader di Kiev vuole riconquistare tutto il Donbass e anche la Crimea, annessa illegalmente dalla Russia nel 2014. È un proposito legittimo. Ma è anche realistico? I governi occidentali, a cominciare da quello americano, continuano a svicolare […]

 6 RITIRO DEI SOLDATI

Più o meno lo stesso discorso vale per il gradino numero 5: «Ritiro delle truppe russe e ripristino dei confini dell’Ucraina». Di nuovo: con o senza la Crimea? Con quanta parte del Donbass?

 7 CRIMINI DI GUERRA

[…] «Istituzione di un tribunale speciale per perseguire i crimini di guerra commessi dai russi». Si sta ancora discutendo quale istituzione debba occuparsene.

 In teoria toccherebbe alla Corte penale internazionale dell’Aja. Ma la Russia, come per altro gli Stati Uniti e la stessa Ucraina, non ne riconoscono la giurisdizione. E allora di che cosa stiamo parlando? Alla fine dello scorso novembre, la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, aveva suggerito di formare «un tribunale speciale sostenuto dall’Onu». […]

8 AMBIENTE

Un’altra clausola per il futuro: «Prevenzione dell’ecocidio e protezione dell’ambiente, con attenzione al ripristino degli acquedotti e dei depuratori». Di fatto è parte del programma di ricostruzione dell’Ucraina. […]

 9 EQUILIBRI MONDIALI

L’Ucraina chiede un meccanismo di prevenzione dei conflitti, costruendo «un’architettura di sicurezza in Europa che includa garanzie per l’Ucraina». Prematuro, osservano i diplomatici dei Paesi alleati, sollevare ora la questione di assetti futuri.

10 DICHIARAZIONE DI PACE

Si chiude con la richiesta di «un documento firmato da tutte le parti in causa che certifichi la fine della guerra». Sarebbe la naturale conclusione di un percorso difficile e che, in realtà, non è neanche cominciato.

Putin: «Siamo sicuri della vittoria, noi di nuovo minacciati dai tank tedeschi». Andrea Nicastro, da Kiev, e Marco Bruna su Il Corriere della Sera il 2 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di giovedì 2 febbraio, in diretta. Von der Leyen a Kiev incontra Zelensky: «Il presidente russo rischia il futuro del suo Paese». Lavrov: «Ne usciremo più forti di prima». Attacchi a Kramatorsk

• La guerra in Ucraina è arrivata al 344esimo giorno.

• Gli Usa pronti a inviare a Kiev missili a lungo raggio.

• Il Cremlino favorevole a una taglia sui carri armati Abrams.

• Bondarev: «Se Putin perde, il regime può crollare».

• Confermato vertice Ucraina-Ue venerdì a Kiev. Zelensky: «Opportunità per l’integrazione».

Ore 06:13 - Putin festeggia l’anniversario di Stalingrado mentre intensifica l’offensiva

Il presidente russo Vladimir Putin presiederà oggi alle commemorazioni per celebrare l’80 anniversario della vittoria sovietica nella battaglia di Stalingrado, una delle più sanguinose della seconda guerra mondiale. Le celebrazioni, di alto profilo, che si terranno nella città meridionale di Volgograd arrivano mentre il Cremlino sta raccogliendo le forze per la sua offensiva in Ucraina. Putin dovrebbe recarsi a Volgograd, precedentemente noto come Stalingrado, per prendere parte a una cerimonia di deposizione di ghirlande in un monumento ai caduti e parlare a un concerto, ha fatto sapere il Cremlino. La battaglia di Stalingrado durò più di sei mesi, terminando con la resa delle truppe tedesche il 2 febbraio 1943, dopo che furono uccise più di un milione di persone. L’anniversario della vittoria arriva mentre la Russia cerca di intensificare la sua offensiva in Ucraina, sostenuta da decine di migliaia di riservisti mobilitati lo scorso autunno. La Russia ha rivendicato recenti guadagni vicino alla città di Bakhmut nella regione orientale di Donetsk. Mosca ha anche recentemente annunciato la cattura della città orientale di Soledar mentre adesso cerca di strappare il controllo dell’intera regione di Donetsk.

Ore 06:45 - Bondarev al Corriere: «Se Putin perde, il regime russo potrà crollare»

In Russia «Le persone competenti si occupano di attuare, ma non decidono. Loro garantiscono il funzionamento della macchina statale: più si sale nella gerarchia, più si trovano gli incompetenti. I promossi in base al servilismo». È quanto ha detto in un’intervista al Corriere della Sera Boris Bondarev, che si è dimesso a maggio dal ministero degli Esteri russo, mentre lavorava alla missione presso l’Onu a Ginevra, precisando che se Putin perderà la guerra in Ucraina tutto il regime russo potrà crollare. «Putin si concentra su un unico obiettivo: combattere finché potrà dichiarare vittoria. Ha mobilitato tutte le capacità del Paese su quest’unico obiettivo, dunque è impossibile escludere che la Russia alla fine prevalga. L’Occidente non dovrebbe sottovalutarla. Se Stati Uniti ed Europa non forniscono sostegno più deciso all’Ucraina, Putin può ancora vincere», ha spiegato Bondarev. «Voglio che l’Ucraina vinca questa guerra. Non solo perché sarebbe giusto. Sarebbe anche l’unico modo per far cadere Putin e permettere la costruzione di un sistema più aperto in Russia. Ma perché accada, l’Occidente deve smettere di fornire armi all’Ucraina con il cucchiaino, poco per volta», ha insistito. « I governi occidentali devono sapere che saranno loro a decidere come finirà la guerra e se Putin resterà al potere. Possono far sì che perda»

Ore 07:57 - Kiev: «In vista maxi offensiva per l’anniversario dell’invasione»

La Russia sta pianificando una grande offensiva in occasione del primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina, cominciata il 24 febbraio scorso: lo ha detto il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ai media francesi. Reznikov ha avvertito che la Russia utilizzerà un grande contingente delle truppe mobilitate, riferendosi al reclutamento di 300.000 uomini avvenuto lo scorso settembre. Ma sulla base del numero di soldati al confine la dimensione reale della mobilitazione potrebbe essere più vicina alle 500.000 unità, ha precisato. «Non sottovalutiamo il nostro nemico», ha commentato Reznikov. «Ufficialmente ne hanno annunciati 300.000, ma quando vediamo le truppe ai confini, secondo le nostre valutazioni sono molti di più», ha aggiunto. Secondo Reznikov l’offensiva sarà probabilmente concentrata in due aree: l’est del Paese, che ha visto pesanti combattimenti nelle ultime settimane, e il sud. «Pensiamo che, dato che (la Russia) vive di simbolismo, cercherà di fare qualcosa intorno al 24 febbraio», ha concluso.

Ore 07:59 - «Tre vittime nell’attacco a Kramatorsk»

Il bilancio del bombardamento russo di ieri sera della città di Kramatorsk, nell’Ucraina orientale, è di tre morti: lo ha reso noto la polizia locale. «Tre persone sono state uccise e 20 ferite», ha annunciato la polizia sottolineando che «almeno otto edifici residenziali sono stati danneggiati, uno di essi completamente distrutto. Alcune persone potrebbero essere sotto le macerie».

Ore 08:18 - Media, per Pentagono riconquista Crimea è improbabile

È improbabile che le forze ucraine riescano a riconquistare la Crimea dalle truppe russe nel prossimo futuro: lo hanno detto quattro alti funzionari del Dipartimento della Difesa statunitense ai parlamentari della Commissione per i Servizi Armati della Camera in un briefing riservato. Lo riporta Politico. Non è chiaro cosa abbia spinto i funzionari a fare questa valutazione, ma secondo tre persone a conoscenza dei contenuti del briefing avvenuto giovedì il Pentagono non crede che l’Ucraina abbia attualmente - né l’avrà presto - la capacità di costringere le truppe russe alla ritirata dalla penisola che Mosca ha conquistato quasi 10 anni fa. Una quarta fonte ha detto che il briefing è stato più ambiguo, ma che la vittoria dell’Ucraina in un’offensiva per riprendere il territorio illegalmente annesso non è assicurata. Al briefing hanno partecipato tra gli altri la vice assistente del Segretario della Difesa per la Russia, l’Ucraina e l’Eurasia, Laura Cooper, e il tenente generale Douglas Sims, direttore delle operazioni dello Stato Maggiore.

Ore 08:25 - La Commissione europea in visita a Kiev, va anche Gentiloni

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è recata oggi a Kiev, in Ucraina, per un incontro tra collegio e governo con il governo ucraino, insieme ad altri 15 membri del collegio dei commissari. Ad accompagnare la presidente cinque vicepresidenti, l’Alto rappresentante/vicepresidente Borrell, e tra i commissari, anche Paolo Gentiloni.

«La visita del Collegio - scrive l’Esecutivo Ue in una nota - è un forte simbolo del sostegno della Commissione all’Ucraina di fronte all’aggressione immotivata e ingiustificata della Russia. L’incontro tra la Commissione e il governo ucraino sarà l’occasione per scambiare informazioni sui numerosi settori di cooperazione tra l’Ue e l’Ucraina e discutere dell’imminente ricostruzione e del percorso europeo del paese. È anche un’opportunità per approfondire ulteriormente la cooperazione con l’Ucraina».

Ore 08:31 - Il ministro della Difesa Reznikov: «Putin non attaccherà mai la Nato»

«Vladimir Putin non attaccherà mai la Nato». Lo ha detto il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov all’emittente televisiva francese «BfmTv». «Putin sa bene che se entra in conflitto con i Paesi dell’Alleanza perde al 100 per cento», ha detto il ministro. «Il presidente russo presenta la sua guerra in Ucraina come una guerra contro l’Occidente e spiga che non si può vincere perché contro di loro c’è la Nato ma in realtà affronta l’esercito ucraino», ha affermato Reznikov. L’Ucraina «sta acquisendo il suo diritto di essere membro della Nato», ha aggiunto il ministro.

Ore 08:35 - Borrell a Kiev: «Da Ue aiuti per 50 miliardi e continueranno»

«Arrivato a Kiev per trasmettere il più forte messaggio di sostegno dell’Ue a tutti gli ucraini che difendono il loro paese. L’assistenza dell’Ue ha raggiunto i 50 miliardi dall’inizio della guerra della Russia. L’Europa è rimasta unita all’Ucraina fin dal primo giorno. E starà ancora con voi per vincere e ricostruire». Così in un tweet l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, appena arrivato nella capitale ucraina.

Ore 08:57 - «70 soldati ucraini in Germania per addestrarsi all'uso dei Patriot»

Un gruppo di circa 70 soldati ucraini è arrivato in Germania per familiarizzare con l'uso con il sistema di difesa aerea Patriot che la Germania sta consegnando all'Ucraina per proteggere i suoi cieli. Il gruppo è arrivato martedì e dovrebbe iniziare ad addestrarsi proprio oggi. Lo riferisce l'agenzia tedesca Dpa, citando fonti delle agenzie di sicurezza.

Ore 09:16 - Armi a Kiev, Lavrov: «Scholz? È noto per capacità di cambiare idea»

«Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha promesso di non inviare aerei in Ucraina, è noto per la sua capacità di cambiare posizione»: lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, in un'intervista a Rossiya 24 e Ria Novosti. «Questa escalation è come una palla di neve. Tutto è iniziato con una specie di elmetti per l'esercito ucraino, poi sono apparse armi leggere, ora parlano con forza di aeroplani. Scholz giura che questo non accadrà mai, ma Scholz è troppo noto per la sua capacità di cambiare posizione abbastanza velocemente», ha commentato Lavrov.

«Se queste armi verranno consegnate - ha affermato il ministro - molto probabilmente verranno forniti anche gruppi di combattimento. Apparentemente (questi militari) verranno congedati dai loro eserciti e registrati come mercenari, con un certificato adeguato».

Ore 09:21 - Ex ufficiale russo alla Bbc: «Prigionieri ucraini torturati»

Un ex ufficiale militare russo ha raccontato in esclusiva alla Bbc di torture e interrogatori brutali a cui sono stati sottoposti prigionieri ucraini nel Sud del Paese: i prigionieri sono stati colpiti da proiettili e minacciati di stupro. Konstantin Yefremov, finora l'ufficiale russo più anziano che ha parlato apertamente delle torture agli ucraini, ha dichiarato che la Russia lo considera un traditore e un disertore. Ha riferito che si trovava nella regione di Zaporizhzhia, a Melitopol, e lì «gli interrogatori, le torture continuavano, ogni giorno, di notte, a volte due volte al giorno».

Ore 09:32 - L'Austria espelle quattro diplomatici russi

Quattro diplomatici russi, tra cui due accreditati presso le Nazioni Unite a Vienna, saranno espulsi dall'Austria, ha annunciato giovedì il Ministero degli Esteri in una dichiarazione inviata all'Afp. Hanno agito in un modo «incompatibile con il loro status diplomatico», ha detto la fonte. L'espulsione di diplomatici è molto rara in Austria, un Paese neutrale tradizionalmente vicino alla Russia prima dell'invasione dell'Ucraina.

Ore 09:37 - Lavrov: «Il rifiuto della Russia a negoziare è una "bugia"»

«Le affermazioni secondo cui la Russia si rifiuta di negoziare con l'Ucraina sono una bugia e Mosca continuerà a confutarle», ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un'intervista a Rossiya 24 e Ria Novosti. «La nostra diplomazia ha cose da fare: spiegare costantemente e quotidianamente cosa sta succedendo, sfatare le bugie, in particolare le bugie che si sentono ora sul nostro rifiuto di negoziare», ha detto Lavrov.

Ore 10:14 - Economist: «La Russia crolla nell'indice di democrazia»

La Russia sprofonda nella classifica 2022 della democrazia nel mondo, passando dal 124mo al 146mo posto con un punteggio di 2,28 su 10: è quanto emerge dal rapporto annuale dell'Economist Democracy Index, secondo cui Mosca ha registrato il maggior calo del punteggio tra tutti i 165 Paesi esaminati (più due territori), perdendo ben 0,96 punti rispetto al voto di 3,24 che aveva ricevuto nel 2021.Allo stesso tempo, la Cina perde 8 posizioni, con un punteggio di 1,94, scendendo al 156mo posto, a pari merito con il Tagikistan che ne guadagna una. Pressoché invariata l'Ucraina all'87mo posto (con 5,42 punti) rispetto all'86mo del 2021.

Ore 10:28 - Bombardamento russo a Kherson, uccisa una donna

L'esercito russo ha bombardato questa mattina la periferia e il centro di Kherson, colpita anche un'abitazione privata dove è morta una donna di 44 anni. Lo riportano i media ucraini riportando le informazioni dei capi militari regionali. Al momento non si conosce il numero totale delle vittime e dei feriti. La città dell'Ucraina meridionale è sotto continui attacchi russi a causa dei quali la popolazione sta abbandonando le proprie case. Il capo dell'amministrazione militare di Kherson Halyna Luhova ha riferito in tv che la gente sta scappando: «8.000 persone se ne sono andate a dicembre, circa 3.000 a gennaio. Nella città il numero di residenti registrati era di 66.800. Se sottraiamo 11.000, avremo circa 57.000 persone che rimangono in città oggi», ha detto.

Ore 10:35 - Il Cremlino «non ha programmato eventi in occasione del primo anno guerra»

Il Cremlino non ha programmato eventi in occasione dell'anno di guerra in Ucraina, che a Mosca chiamano `l'operazione militare speciale´: lo ha riferito ai giornalisti il portavoce della presidenza russa Dmitry Peskov. «Non sono a conoscenza di alcun evento in programma al riguardo», ha detto Peskov.

Ore 11:08 - Pier Silvio Berlusconi: «Zelensky a Sanremo? Non fa piacere»

«Da un lato c'è la questione della libertà di espressione, un presidente che vuole far sentire la sua voce e tutti noi siamo con lui e con l'Ucraina. La Rai deve fare le sue scelte e da editore non voglio mettere becco. Dall'altro c'è il mio essere cittadino che paga il canone e non riesco a non essere trasparente: a me che Zelensky» intervenga a Sanremo «con tutto quello che si deve dire a favore dell'Ucraina e della situazione che stanno vivendo, non fa piacere. Mi sembra una ricerca di visibilità che un pochino mi turba, preferirei di no». Lo afferma l'amministratore delegato di Mediaset, Pier Silvio Berlusconi.

Ore 11:30 - 007 Kiev: «Putin ha ordinato la conquista del Donbass entro marzo»

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ordinato la conquista di tutto il territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk entro marzo. È quanto affermato dall'alto funzionario dell'intelligence militare di Kiev, Andriy Chernyak, intervistato dal quotidiano ucraino «Kyiv Post». Secondo Chernyak, vi sarebbero dei segnali che la Russia si sta preparando per una nuova offensiva. «Osserviamo che le truppe di occupazione russe stanno schierando nuovi gruppi d'assalto, unità, armi e attrezzature militari verso la zona orientale dell'Ucraina», ha comunicato Chernyak.

Ore 11:58 - Nyt: «Danimarca e Paesi Bassi potrebbero fornire F-16»

I caccia F-16 richiesti dall'Ucraina ai partner occidentali potrebbero essere forniti da Danimarca e Paesi Bassi. E' quanto si legge in un articolo del New York Times, che cita funzionari americani ed europei. Secondo quanto si legge, il governo olandese prenderebbe in considerazione una richiesta di Kiev per gli F-16 con "mente aperta". Un atteggiamento che - riferisce il sito di notizie olandese NL Times - sarebbe già stato confermato a gennaio dal ministro degli Esteri Wopke Hoekstra. I Paesi Bassi hanno circa 40 F-16 e stanno passando al più avanzato caccia F-35, anch'esso realizzato da Lockheed Martin. L'invio di alcuni dei suoi F-16 in Ucraina quindi avrebbe senso e sarebbe plausibile, hanno spiegato funzionari americani citati dal Nyt.

Ore 12:28 - Borrell: Ue addestrerà altri 15mila soldati ucraini

«La Russia ha riportato la guerra in Europa, ma l’Ucraina continua a reagire. Lieto di annunciare al premier Denys Shmyhal che la Missione di assistenza militare dell’Ue Eumam addestrera’ altri 15.000 soldati ucraini, portando il numero totale di personale addestrato a 30.000». Lo scrive su twitter l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Josep Borrell, in visita a Kiev. «Ho anche annunciato al Primo Ministro che l’Ue fornirà 25 milioni di euro per sostenere gli sforzi di sminamento nelle aree a rischio. La protezione dei civili e dei loro mezzi di sostentamento è una priorità», ha aggiunto Borrell.

Ore 12:33 - Mosca: risponderemo a espulsione diplomatici dall’Austria

«La Russia darà una risposta adeguata» all’espulsione da parte dell’Austria di quattro diplomatici russi considerati persone non grate. Dovranno lasciare il Paese entro l’8 febbraio. Lo ha affermato il ministero degli Esteri russo all’agenzia Tass.

Ore 12:33 - Von der Leyen a Kiev: in arrivo nuove sanzioni alla Russia. Qui per costruire un futuro dell’Ucraina nella Ue

«L’Unione europea intende imporre nuove sanzioni alla Russia entro il 24 febbraio, anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina». Lo ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, oggi a Kiev, insieme a 15 componenti del collegio, per una riunione con il governo ucraino. «La Russia perde 160 milioni di euro al giorno a causa del tetto al prezzo del petrolio. Putin rischia il futuro del suo Paese», ha sottolineato von Der Leyen nel corso della conferenza stampa congiunta dopo aver incontrato il premier ucraino Volodymyr Zelensky . «È la mia quarta visita» a Kiev «ma stavolta non sono da sola», ha sottolineato la presidente, e «con i commissari europei e il governo ucraino allo stesso tavolo possiamo non solo aiutare il popolo ucraino, ma anche costruire un futuro nell’Ue per l’Ucraina». E rivolgendosi a Zelensky e al popolo ucraino ha aggiunto: «Siete diventati un Paese candidato combattendo una guerra d’invasione, continuate a fare progressi sui sette passi elencati nell’opinione della Commissione. E mentre l’Ucraina avanza sul cammino europeo, noi buttiamo giù muri che ci separano: oggi infatti proponiamo all’Ucraina di entrare in alcuni programmi chiave dell’Ue, che porteranno benefici vicini a quelli di una piena partecipazione in molte aree».

Zelensky ha invece spiegato che oggi è il momento della «ricostruzione» dell’Ucraina e «il sostegno Ue è molto importante». «È il momento dei dettagli, per dare slancio a una ripresa veloce abbiamo bisogno di tutto il sostegno possibile», ha detto. Zelensky ha spiegato che nel colloquio avuto stamane con la leader europea è stato discusso di «aumentare la fornitura di energia dell’Ucraina». Il presidente ha inoltre ricordato che «sono già arrivati 5 milioni di lampadine a risparmio energetico con finanziamenti dell’Unione europea, e questo porterà a un grande risparmio energetico».

Ore 12:42 - Premier Polonia: Putin non si arrende mai, colpirà di nuovo Kiev (probabilmente tra marzo e aprile)

Secondo il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, il presidente russo Vladimir Putin «non si arrende mai», quindi «possiamo aspettarci un nuovo tentativo di impadronirsi della capitale ucraina». Lo ha detto in un’intervista al quotidiano tedesco Bild. «Penso che, sfortunatamente, Putin non sia solo pieno di odio per l’Ucraina, ma voglia anche dimostrare ancora una volta alla sua gente che è un giocatore a lungo termine che non si arrende mai e attaccherà Kiev di nuovo. Sì, ho questa paura», ha affermato. Il capo del governo polacco ha sottolineato che la Russia ha mobilitato da 200 a 500mila persone e ha molte munizioni, molte armi e risorse finanziarie.

Le risorse disponibili potrebbero essere sufficienti per un tentativo di attaccare l’Ucraina da 2-3 direzioni: «Penso che il piano di Putin, come di Valery Gerasimov, nuovo comandante in capo dell’esercito russo, sia quello di circondare l’Ucraina. E mentre prepara tutti questi piani, probabilmente pensa di dover attaccare da due o tre direzioni diverse. Pertanto, penso che gli ucraini non possano escludere un attacco dalla Bielorussia, quindi Kiev sarà circondata da ovest», ha aggiunto. Secondo Morawiecki, la grande offensiva può iniziare a marzo o aprile, quando tutto il fango e le paludi si saranno asciugati.

Ore 12:58 - Lavrov: «Ne usciremo più forti di prima»

«Sono inequivocabilmente a favore della pace». Parole di Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, che in un’intervista televisiva ha affermato che chi vuole la pace, più che preparare la guerra «deve essere pronto ad autoproteggersi». Superare l’attuale situazione geopolitica, ha aggiunto, renderà la Russia più forte e ci renderà «capaci di proteggerci ancora meglio in qualunque situazione». Lo riferisce la Tass.

Ore 13:15 - La rete delle spie russe che raccoglie informazioni in tutta Europa

(Andrea Marinelli e Giudo Olimpio) La caccia ai «ragazzi venuti dal Brasile» continua. Uomini e donne mandati in Europa dai servizi russi facendosi passare per latino-americani o comunque originari di Paesi insospettabili. Gli ultimi «pesciolini» sono finiti nella rete in Slovenia il 5 dicembre, mentre sono emersi sviluppi investigativi in Germania e Austria. Prove di un duello ampio in parallelo alla crisi ucraina.

Ore 14:22 - Zelensky: «Mosca sta raggruppando le truppe in vista di una nuova offensiva per vendicarsi su Europa e Ucraina»

«Ora la Russia sta concentrando le sue forze, lo sappiamo tutti. Si sta preparando a vendicarsi, non solo contro l’Ucraina ma anche contro l’Europa e il mondo libero». Sono le parole del presidente ucraino Zelensky, che esorta gli alleati a fornire più armi.

Ore 14:34 - «Nuovo raid a Kramatorsk, colpito un reparto pediatrico»

Dopo gli attacchi di ieri sera e di stamattina a Kramatorsk, un nuovo attacco nel pomeriggio ha provocato il ferimento di 5 persone. «I russi hanno preso di mira il centro della città con due razzi che hanno danneggiato un reparto pediatrico, 16 edifici e una scuola». Lo ha riferito il capo militare regionale Pavlo Kyrilenko, citato dai media ucraini.

Ore 14:49 - Zelensky all’Ue: adottare le sanzioni più rapidamente

Zelensky ha invitato l’Unione Europea ad adottare «più rapidamente» nuove sanzioni contro la Russia, a quasi un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. «Oggi vediamo che il ritmo delle sanzioni in Europa è un po’ rallentato», ha dichiarato il presidente ucraino durante una conferenza stampa a Kiev con la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. «Quanto più velocemente e qualitativamente questo compito verrà svolto, tanto più vicini saremo a sconfiggere l’aggressione russa», ha dichiarato.

Ore 14:58 - Nuovi attacchi russi su civili a Kramatorsk

Una nuova raffica di missili russi ha colpito la città di Kramatorsk nell’Ucraina orientale, ferendo almeno cinque persone e danneggiando diversi edifici residenziali, una clinica pediatrica e una scuola, secondo quanto riferito da Pavlo Kyrylenko, capo dell’amministrazione militare della regione di Donetsk. I paramedici si sono precipitati sul posto per curare almeno uno dei civili feriti, come riporta la Cnn che aveva una sua troupe sul posto. Anche il sindaco di Kramatorsk, Oleksandr Honcharenko, ha confermato che il radi e ha esortato i residenti a rimanere nei rifugi antiaerei.

Ore 15:16 - Von der Leyen: presto centro all’Aia per perseguire i crimini

Ursula von der Leyen, ha annunciato la creazione di un centro internazionale per il perseguimento dei crimini in Ucraina con sede all’Aia nel corso del suo punto stampa con Zelensky. La misura è prevista dalle bozze di conclusioni del vertice Ue-Ucraina che si terrà domani, insieme al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. La bozza sostiene che Ue e Ucraina «sostengono lo sviluppo di un centro internazionale per il perseguimento del crimine di aggressione in Ucraina (International Centre for the Prosecution of the crime of Aggression, Icpa) che avrà sede all’Aja con l’obiettivo di coordinare le indagini sul crimine di aggressione contro l’Ucraina, preservare e conservare prove per processi in futuro». «Questo centro di coordinamento - si legge ancora - dovrebbe essere collegato al Team di indagini comune sostenuto da Eurojust».

Ore 15:25 - Tajani: mi auguro che si arrivi a un tavolo di pace nel 2023

«Mi auguro che arrivi un tavolo di pace entro il 2023». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ospite di Casa Italia proposto nel palinsesto di Rai Italia, parlando della guerra in Ucraina. «Non va sottovalutato il rischio di una escalation e il peggioramento della situazione militare, ma dobbiamo fare di tutto perché non si chiuda la porta del dialogo e dobbiamo sostenere tutti coloro che svolgono un ruolo per far sedere al tavolo Putin e Zelensky», come la Turchia e il Vaticano, ha spiegato. «Creare una zona franca attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia può essere un primo passo».

Ore 15:35 - Putin: «Siamo sicuri della vittoria, la Russia di nuovo minacciata dai tank tedeschi»

«Come a Stalingrado, siamo ancora minacciati dal nazismo. La Russia è nuovamente minacciata dai carri armati tedeschi (i Leopard donati a Kiev, ndr)». Sono le parole di Putin a Volgograd per commemorare la vittoria sovietica sui nazisti, nel giorno dell’80esimo anniversario della battaglia di Stalingrado. Per quanto riguarda la situazione dell’operazione speciale ha spiegato: «Siamo sicuri della nostra vittoria» (in Ucraina, ndr). Nonostante le armi occidentali inviate a Kiev. «Ci sono tentativi di spingere l’Europa, Germania compresa, alla guerra con la Russia», ha aggiunto. «Coloro che spingono la Germania in una nuova guerra e si aspettano di vincere sul campo di battaglia non capiscono che la guerra moderna con la Russia sarebbe un’altra cosa».

Ore 16:27 - Tajani: scudo per Kiev operativo entro 7-8 settimane

Lo scudo per proteggere Kiev e altre zone strategiche «credo che sarà operativo sul territorio ucraino nel giro di alcune settimane, 7-8 settimane». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani ospite di Casa Italia, mentre è in discussione tra Italia e Francia la fornitura del sistema anti-missile Samp-T.

Ore 16:14 - Putin: la guerra non finirebbe con i tank, abbiamo altro

Una guerra contro la Russia oggi non finirebbe con l’uso di carri armati, perché «abbiamo qualcosa con cui rispondere». Lo ha detto il presidente Vladimir Putin, citato dall’agenzia Interfax, parlando a Volgograd, la ex Stalingrado.

Ore 16:44 - Peskov: nuove armi a Kiev? Adegueremo il potenziale militare

«La Russia ha il potenziale e man mano che appaiono nuove armi fornite dall’Occidente collettivo, la Russia utilizzerà il suo potenziale esistente nel modo più completo»: lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano cosa intendesse Putin quando ha detto che la Russia ha «qualcosa con cui rispondere» per la fornitura di veicoli blindati occidentali all’Ucraina. Lo riporta l’agenzia Interfax.

Ore 17:31 - Soldati di Kiev: 50 ragazzi rapiti dai russi in scuole superiori

La Russia ha rapito 50 studenti delle scuole superiori nelle città occupate di Lysychansk, nella regione di Lugansk. Lo afferma il Centro di resistenza nazionale, organizzazione gestita dalle forze speciali ucraine, come riporta il Kyiv Indipendent. La Russia avrebbe offerto agli studenti ucraini deportati con la forza, una borsa di studio presso le università locali se avessero superato gli esami finali in Russia.

Ore 18:29 - Kiev: 600-750 miliardi dollari di danni causati dai russi

La Russia ha causato danni e distruzione all'Ucraina per un importo pari a 600-750 miliardi di dollari a seguito di un'aggressione su vasta scala. Lo ha detto il premier ucraino Denys Shmyhal durante un briefing congiunto con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a Kiev, scrive Ukrinform. «Per quanto riguarda la grande ripresa, secondo le stime della Banca mondiale , dal 1 giugno dello scorso anno, la Russia ha causato danni e distruzioni all'Ucraina per 600 a 750 miliardi di dollari», ha sottolineato Shmyhal.

Ore 19:01 - Putin, il discorso a Volgograd e la minaccia all’Occidente: «Pronti a tutto per vincere»

(di Marco Imarisio) «Cari veterani, amici! Oggi celebriamo una data importantissima, carica di destino, nella storia del nostro Paese e di tutto il mondo. Esattamente 80 anni fa, qui nella terra di Stalingrado, sulle rive del grande fiume Volga fu fermato e irrimediabilmente fatto ritirare l’inviso e feroce nemico».

La prima parte del discorso di Vladimir Putin sembra uscire dal magazzino della retorica guerresca usato a ogni latitudine, in ogni circostanza. Ma era chiaro a tutti che la visita in una Volgograd per l’occasione ribattezzata Stalingrado, con i cartelli sostituiti all’ingresso della città, come succede nove volte all’anno per ognuna delle ricorrenze che ricordano la disfatta dei nazisti, era l’occasione perfetta per apporre il sigillo sul cambio definitivo della dottrina imposta dal Cremlino. Per ribaltare il racconto dell’Operazione militare speciale e soprattutto il suolo della Russia. Non più aggressore di uno Stato sovrano, ma Paese aggredito da forze nemiche e obbligato a difendersi come accadde a Stalingrado. Le parole del presidente sono rivolte a un mercato interno, compresa la sua voce grossa sulla potenza di fuoco degli eredi dell’Armata Rossa. Nonostante una propaganda televisiva sempre più spinta su questa vittimizzazione della Russia, alcuni sondaggi, ai quali il Cremlino presta molta attenzione, tutto il mondo è Paese, dimostrano come la popolazione magari condivide l’attacco all’Ucraina dello scorso febbraio, ma non si sente molto coinvolta dall’attuale conflittoOre 05:02 - La Russia si prepara a un’offensiva su larga scala contro l’Ucraina

La Russia si prepara a lanciare a breve una offensiva su vasta scala contro l’Ucraina, per anticipare l’arrivo nel Paese delle forniture occidentali di carri armati e proiettili d’artiglieria a lungo raggio previsto per la prossima primavera. Lo scrive l’agenzia d’informazione economica «Bloomberg», che cita le valutazioni di «funzionari statunitensi ed europei» anonimi. Secondo le fonti, la situazione sul campo è sostanzialmente in stallo, ma le forze ucraine stanno subendo una progressiva erosione, e dopo la mobilitazione russa dei mesi scorsi si trovano a fronteggiare una forza di circa 300 mila uomini. La continua fornitura di armamenti occidentali all’Ucraina sta aiutando il Paese a resistere, ma non basta ad allestire un’offensiva che recuperi parte del terreno perduto e scongiuri un attacco russo su vasta scala, che sembra ormai imminente. «Bloomberg» cita anche Andriy Yusov, rappresentante del servizio di intelligence del ministero della Difesa ucraino, secondo cui il Paese si trova in una situazione «molto difficile» e «alla vigilia di una fase molto attiva» del conflitto.

Ore 21:24 - Zelensky,meritiamo inizio negoziati adesione Ue quest’anno

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che il suo Paese, devastato dalla guerra, merita di iniziare i negoziati di adesione all’Ue già «quest’anno». «Credo che l’Ucraina meriti di avviare i negoziati per l’adesione all’Unione europea già quest’anno», ha dichiarato in vista del vertice Ue-Ucraina che si terrà domani a Kiev.

Ore 03:50 - Nyt: il numero dei soldati russi uccisi e feriti si sta avvicinando a 200mila

Il numero dei soldati russi uccisi e feriti in Ucraina si sta avvicinando dopo 11 mesi di guerra a 200 mila, 8 volte di più di quello dei militari americani in due decenni di conflitto in Afghanistan: è la stima di dirigenti americani e occidentali, scrive il New York Times. L’ultima stima pubblica del governo Biden risale a novembre, quando il capo dello stato maggiore congiunto Mark Milley parlò di oltre 100 mila soldati morti e feriti da ambo le parti. A far impennare i numeri gli scontri a Soledar e a Bakhmut, con l’invio in prima linea delle truppe meno preparate.

Ore 04:59 - Secondo Trump gli Usa dovrebbero moderare la fornitura di armi

Washington dovrebbe negoziare una soluzione pacifica del conflitto in Ucraina e adottare un approccio moderato alla questione delle forniture di armi a Kiev. Lo ha detto l’ex presidente americano, Donald Trump, in un’intervista al conduttore radiofonico Hugh Hewitt. «Credo che gli Stati Uniti dovrebbero negoziare la pace tra Russia e Ucraina, non credo che gli Stati Uniti dovrebbero fornire così tante armi. Dobbiamo negoziare la pace», ha sottolineato Trump, parlando della possibilità di forniture statunitensi all’Ucraina di aerei da combattimento F-16.

Guerra nell'artico, il senso dell'Italia per il Polo. Fausto Biloslavo su Panorama il2 Febbraio 2023 Guerra

La brigata Taurinense, con 250 alpini, ha partecipato alla missione Cold Response della Nato nell’estremo Nord, dove i russi si stanno rafforzando con nuove basi. Obiettivo, simulare la risposta a un conflitto con Mosca, con un’alta posta in gioco: il controllo delle future rotte marittime - e delle risorse del sottosuolo - che si stanno aprendo con lo scioglimento dei ghiacci.

«Task Force Lupi - Interrompere contatto con forze nemiche lungo la linea Thorland. Utilizzare fuoco indiretto e armi anticarro» è l’ordine in inglese che arriva in piena notte nell’infinito bianco dell’Artico. «Iniziare movimento alle 02.30 lungo il percorso Drakkar. Entro le 06.00 proteggere il terreno chiave “Roccaforte romana”. Ricevuto? Passo». Gli alpini del Terzo reggimento di Pinerolo devono sganciarsi dai «russi» nella simulazione dell’esercitazione Cold Response, che ha impegnato 30 mila uomini della Nato un paio di settimane dopo l’invasione, vera, dell’Ucraina. Una bufera di neve a - 20 gradi riduce la visibilità a pochi centimetri e le penne nere devono percorrere a tappe forzate 40 chilometri per salvare lo schieramento. «La fase “combat” di 10 giorni al Circolo polare artico è stata durissima. I cingolati speciali BV 206 S7 per i terreni ghiacciati erano la nostra casa, ma bisognava scavare postazioni e bivacchi nella neve» racconta il tenente colonnello Fortunato Sion, che ha guidato i 250 alpini della brigata Taurinense, unità dell’esercito con capacità artica, nel deserto bianco. Gli americani hanno già soprannominato il Circolo polare la «nuova cortina di ghiaccio» con i russi, che stanno riaprendo basi, rafforzando truppe e flotte all’estremo Nord. La posta in gioco sono le nuove rotte marittime aperte con lo scioglimento dei ghiacci, dettato dal cambiamento climatico, e un tesoro energetico e minerario del sottosuolo stimato in 20 trilioni di dollari. «Per sopravvivere a simili latitudini devi costruire con la neve le “trune” con il tetto fatto dagli sci. O le “tani di volpe” , buche che riparano al massimo due militari. All’interno accendiamo dei ceri con i lumini del cimitero per alzare la temperatura di un paio di gradi» dice l’ufficiale che ora comanda gli alpini dispiegati in Ungheria per la guerra in Ucraina. La brigata Taurinense, comandata dal generale Nicola Piasente, si addestra al combattimento in climi artici, altro fronte di attrito con i russi. Alpino paracadutista, veterano delle missioni all’estero più dure, come l’Afghanistan, dal comando di Torino l’ufficiale ha spiegato alla stampa locale che d’inverno «il corso Mountain warfare dura 4 settimane. Le prove di movimento e tiro in quota, superamento pareti, attraversamento di crepacci e pernottamento all’addiaccio si svolgono sui 2 mila metri di quota, con neve abbondante e temperature rigide, inferiori talvolta ai 20 gradi sotto zero». Per questo gli alpini faranno parte della futura brigata artica dell’Alleanza atlantica assieme a unità francesi e tedesche. Una fonte della Difesa osserva «che nel periodo post-guerra fredda l’attenzione sull’Artico era scesa, ma si è rialzata dopo l’annessione della Crimea e l’attrito è sempre più forte adesso con il conflitto in Ucraina». Durante l’esercitazione Cold Response il comando delle forze anfibie era a bordo dell’incrociatore porta aeromobili Garibaldi con il controammiraglio Valentino Rinaldi. «L’area è di interesse strategico» spiega il comandante della Terza divisione navale a Brindisi. «È prevista la partecipazione dell’Italia anche alla prossima esercitazione nell’Artico, nel 2024, che si chiamerà Nordic Response». Il 10 gennaio il ministero della Difesa russo ha pubblicato alcune immagini della fregata Admiral Gorshkov, nel mare di Norvegia a ridosso dell’Artico, armata con i missili ipersonici Zircon. Vladimir Putin vuole impiegare la nuova arma, quasi impossibile da intercettare, per colpire l’Ucraina. La Russia ha 11 sottomarini con capacità nucleari a lunga gittata, 8 sono di stanza nella penisola artica di Kola. Un terzo dell’Artico è russo e Mosca, dopo la Guerra fredda, ha riattivato una ventina di basi e stazioni radar realizzandone di nuove. Nel 2017 Putin e il ministro della Difesa, Sergej Šojgu, hanno inaugurato la più importante (14 mila metri quadrati): il «Trifoglio artico», che assomiglia a una base spaziale con i colori della bandiera russa. Per Mosca le ricchezze polari, stimate in due trilioni di dollari, rappresentano il 60 per cento del prodotto interno nazionale. L’Artico nasconde nel sottosuolo il 40 per cento delle riserve mondiali di petrolio e gas. In Groenlandia ci sono, ancora da esplorare, terre rare, giacimenti di uranio, rubini, diamanti, oro. Lo scioglimento dei ghiacci, con l’apice previsto per il 2050, comporterà un preoccupante innalzamento dei mari, ma in parallelo l’apertura totale di nuove rotte marittime, con tempi di transito ridotti di circa 14-20 giorni rispetto a quelle classiche attraverso gli stretti di Suez e Panama per i traffici Est-Ovest. Un obiettivo strategico cruciale per russi e cinesi. Gli esperti dell’Artico sono concordi nel sostenere che ci vorranno 10 anni agli Stati Uniti per equilibrare militarmente la Russia nell’estremo Nord. L’unità di misura (e di forza) sono anche i rompighiaccio: Mosca ne conta 37, compresi 7 a propulsione nucleare e gli Usa appena tre. La base di Thule è l’avamposto polare a stelle e strisce, ma anche Stati europei come Norvegia, Finlandia, Danimarca, Svezia puntano a rafforzarsi militarmente sul fronte dei ghiacci. Il Consiglio Artico, formato dalle nazioni che si affacciano sull’area, compresa la Russia (e con l’Italia come osservatore dal 2013), si è sciolto a causa dell’invasione dell’Ucraina.

La Danimarca ha stanziato 200 milioni di dollari per migliorare le sue capacità tra i ghiacci grazie a satelliti e droni di sorveglianza. E per di più ha riaperto una stazione radar della Guerra fredda sulle isole Faroe, tra Regno Unito e Islanda. Le forze speciali americane hanno intanto testato in Norvegia, non lontano dal confine russo, il lancio da un semplice aereo cargo C-130 di un particolare pallet con un missile da crociera Cruise, che viene lanciato quando scende verso terra con il paracadute. La guerra delle spie nel Nord Europa, alimentata dalla crisi ucraina, è emersa con casi clamorosi: il 24 ottobre è stato arrestato un ricercatore dell’Università norvegese di Tromsø sul Circolo polare artico, agente sotto copertura dei russi da anni. Mosca parla di «isteria», ma sette russi sono finiti in manette mentre facevano volare alcuni droni in zone con obiettivi sensibili. Fra questi, Andrey Yakunin, il figlio di un oligarca da lungo tempo vicino a Putin. Nell’esercitazione Cold Response, il plotone controcarri del Terzo reggimento alpini della brigata Taurinense ha inchiodato i «russi» con i missili Spike durante la simulazione sul campo. Una decina di uomini ha fermato un intero battaglione di invasori «centrando» un carro armato in mezzo a un ponte. «Tutti puntano a unità in grado di combattere in un ambiente particolarmente difficile ed estremo come l’Artico» spiega una fonte militare italiana. «Anche noi stiamo preparando le nostre forze a operare fra i ghiacci».

Armi e morti in Ucraina, l'orologio dell'Apocalisse continua la sua corsa. Sono però le armi a tenere la scena del dibattito attuale, che passa anche da Roma e corre fino a Parigi, col placet di Biden. Dorella Cianci su La Gazzetta del Mezzogiorno il 02 Febbraio 2023

Al momento la confusione è tanta circa l’evoluzione della guerra in Ucraina. Da una parte gli scienziati, che indicano l’orologio dell’apocalisse nucleare più vicina alla mezzanotte, dall’altra la tifoseria insensata e grossolana che accompagna l’invio dell’armi, ma c’è anche chi ricorda, in maniera del tutto superficiale e con scarso senso della storia, i carri armati verso Praga, invocando ulteriori armamenti per proteggere l’Europa.

I livelli di accuse reciproche, ora dirette anche al governo italiano, non tardano ad arrivare da parte dei fedelissimi di Putin e il teatrino nazionalpopolare nostrano cerca di ingabbiare Zelensky, alle prese da un anno con una feroce guerra che dilania il suo popolo, in uno spettacolino di basso profilo, in nome di un’ audience che il presidente ucraino cerca per ben altre ragioni (ben più importanti e comprensibili).

Sono però le armi a tenere la scena del dibattito attuale, che passa anche da Roma e corre fino a Parigi, col placet di Biden. Il New York Times ha appena scritto che, nonostante tutto il clamore sui carri armati, che l'Ucraina si è assicurata dall'Occidente in questa settimana, non saranno questi a essere la «pallottola d'argento quasi d’oro», che permetterà a Kiev di vincere la guerra. Vincere? Un verbo desueto in mezzo a tanta devastazione, che pare avere la sua fine sempre più lontana. Sempre secondo fonti americane, l'esercito Usa tenterà, ancora una volta, anche se a distanza, di rifare un esercito a propria immagine e somiglianza, per dare all'Ucraina la migliore possibilità «di sfondare le trincerate difese russe». (È probabile? Non è soltanto un modo per ritardare degli accordi che saranno comunque dolorosi?).

Per fare questo, gli Stati Uniti e i loro alleati non dovranno solo fornire i carri armati, i veicoli corazzati e le munizioni avanzate appena promessi, ma anche espandere quello che è stato una sorta di programma di addestramento ad hoc per insegnare all'esercito ucraino a utilizzare tutte le nuove attrezzature insieme. 

Occorre tempo, molto tempo. Inizierà un corso intensivo in quella che l'esercito americano chiama «guerra combinata», qualcosa che richiede appunto, come precisato da una parte della stampa estera, «mesi se non anni per essere padroneggiata dalle unità ucraine».

Intanto Francia e Italia hanno definito dei dettagli tecnici per la fornitura di un sistema di difesa aerea SAMP/T a Kiev. Di che cosa si tratta? L’asse Roma – Parigi, in nome delle armi – ci ricorda quel 2018-2019, quando questo sistema ha operato in Turchia nell'ambito dell'operazione Nato per la sorveglianza di Kahramanmaras, sul confine sud-est dell'Alleanza Atlantica, contro missili balistici provenienti dalla Siria.

Julian Borger, per il Guardian, ha precisato che sta per iniziare la terza fase di questa guerra: una battaglia a tutto campo per un vantaggio decisivo, che utilizza armi miste e poi fanteria meccanizzata, artiglieria, potenza aerea e possibilmente assalto via acqua.  Il mondo non ha visto nulla di simile dalla guerra Iran-Iraq negli anni '80, mentre l'Europa  non ha assistito a nulla del genere dalla Seconda guerra mondiale. Quell’orologio dell’apocalisse va pericolosamente avanti e la storia torna indietro. Basti solo ricordare che il bilancio delle vittime della feroce guerra in Bosnia, cioè di 100 mila morti, è probabilmente già stato superato.  In Bosnia la maggior parte dei morti erano civili, massacrati dalle forze serbe. L'Ucraina afferma che il numero dei morti di guerra russi, da solo, ha raggiunto i 100 mila, ma le cifre delle vittime ucraine non sono molto chiare. L'intelligence norvegese suggerisce che morti e feriti russi messi insieme sono già 180 mila, con un totale di vittime ucraine a ben più di 100 mila. E poi? Che cosa accadrà? Tutto questo finirà comunque con degli accordi provvisori, che chiameremo erroneamente «pace» e l’Europa dovrà farsi carico, anche per necessità, di un Paese da ricostruire.

A LUNGO RAGGIO. Ernesto Ferrante su L’Identità il 2 Febbraio 2023

Gli Stati Uniti starebbero preparando un pacchetto di aiuti militari da oltre 2 miliardi di dollari per l’Ucraina, che includerà artiglieria e missili a lungo raggio. Lo hanno riferito a Reuters due funzionari statunitensi informati sulla questione.

La mossa di Washington è stata definita dal Cremlino “un modo diretto per aumentare il livello di escalation ma non cambierà il corso degli eventi”. Sprezzante il portavoce Dmitry Peskov: “Ciò richiede ulteriori sforzi da parte nostra, ma l’operazione militare speciale continuerà”.

La Spagna sta pianificando l’invio di un numero tra i 4 e i 6 tank Leopard 2A4 a Kiev. A scriverlo è El Pais, citando fonti governative secondo cui la cifra finale dipenderà dalle condizioni dei 53 carri armati di cui può disporre Madrid e dal contributo di altri paesi.

Il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ha anticipato su Twitter le possibili prossime mosse degli alleati: “Ogni stadio della guerra richiede certe armi. L’ammasso di riserve russe nei territori occupati richiede specificità dall’Ucraina e i suoi partner. Quindi: 1) C’è già una coalizione per i tank (logistica, addestramento, fornitura). 2) Ci sono già colloqui su missili a più lungo raggio e fornitura aerei d’attacco”.

L’Ue fornirà addestramento militare ad altri 15mila soldati ucraini. Lo ha spiegato un alto funzionario Ue in vista del summit Ue-Ucraina che si terrà domani a Kiev.

L’ex segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha distrutto la “favoletta” della non partecipazione dei membri dell’Alleanza al conflitto in corso. “La Nato non è parte della guerra. Ma no dovremmo nascondere che ogni singolo membro dell’Alleanza è parte della guerra”, ha detto Rasmussen durante una discussione nella commissione per gli affari esteri e la difesa del Parlamento europeo.

Joe Biden e Volodymyr Zelensky potrebbero incontrarsi in Polonia a fine febbraio. Lo riporta il quotidiano polacco Dziennik Gazeta Prawna, rilanciato da Ukrainska Pravda. L’incontro potrebbe avvenire a Varsavia, o a Rzeszow, città più vicina al confine con l’Ucraina. Fonti diplomatiche ucraine menzionate dal quotidiano, hanno rivelato che il presidente ucraino dovrebbe presentare in quella sede un piano di pace e una proposta di conferenza internazionale.

I nuovi missili Usa all'Ucraina possono cambiare la guerra (in peggio) Sergio Barlocchetti su Panorama il 2 Febbraio 2023

Più missili a maggiore gittata Kiev può colpire più lontano e costringere Mosca a proteggere le sue forze allontanandole dal confine. Ma c’è un rischio: che Putin acceleri la controffensiva per arrivare prima delle armi americane.

Un invio di missili Glsdb dagli Usa all’Ucraina rappresenterebbe una vera esclation del conflitto. Non è necessario essere analisti militari comprendere che armi con gittata fino a 150 km potrebbero consentire alle forze di Kiev di colpire bersagli russi profondamente all’interno del territorio di Mosca, sia verso Nord, ma più probabilmente verso sud, ovvero sulla Crimea. Ma anche altrove, come in Bielorussia, qualora da quel fronte arrivassero truppe ostili, ma in un tale scenario si aprirebbe anche la possibilità che queste vengano utilizzate sul fronte opposto qualora le batterie fossero conquistate sul campo dai russi. Peraltro, quanto aveva dichiarato il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko a dicembre, di voler schierare i sistemi missilistici S-400 e Iskander in assetto da combattimento è stato realizzato. La sigla Glsdb arriva da Ground Launched Small Diameter Bomb (bomba di piccolo diametro lanciata dal suolo) e definisce un tipo di arma progettata dall’americana Boeing insieme con la svedese Saab, seguendo il progetto che vede l’installazione di una bomba d’aereo Gbu-39, quindi un armamento standard Nato, sulla sommità di un razzo che la trasporti. L’ordigno in sé pesa circa 140 kg e può essere guidato anche con sistemi di precisione. Il razzo sul quale vengono montate per realizzare gli Glsdb sono gli M26, ovvero vettori non guidati comunemente dotati di una carica bellica limitata. Il tutto, quando assemblato, diventa un sistema lungo circa 4 metri e con un diametro di 30 centimetri, dal peso di 270 chilogrammi. L’utilizzo è tipico nelle situazioni in cui sia necessario colpire fortificazioni poste su terreni accidentati, poiché l’arma è in grado di essere guidata e impostata in modo da far esplodere la carica della Gbu-39 soltanto dopo che questa hapenetrato la blindatura nemica, in modo da massimizzare l’effetto devastante. Il razzo è manovrabile e permette di ingaggiare bersagli in ogni direzione, tipicamente mezzi blindati e bunker, ma anche edifici. Per i russi, i missili Glsdb costituirebbero quindi una minaccia pari, se non peggiore, a quella rappresentata dagli Himars ma ampliando l’area delle zone da colpire. Di conseguenza l’esercito russo sarebbe costretto ad arretrare dal raggio di questi missili tutti i depositi (munizioni, carburante) e le postazioni da proteggere. Ma potrebbe anche affrettare la controffensiva russa per poter avanzare prima che avvengano le consegne all’esercito ucraino. Zelensky dal canto suo non nasconde la volontà di avere anche armi con portata maggiore come gli Mgm-140 Army Tactical Missile System (Atacms), ovvero armi tattiche a guida Gps e inerziale (quindi con buona precisione) appartenenti alla categoria dei missili balistici a corto raggio con gittata fino a 300km, realizzati negli anni Novanta dagli Usa. E in quell’evenienza sarebbe a rischio tutta la Crimea, ma anche una notevole parte del territorio che separa il confine ucraino con Mosca.

Il conflitto in Ucraina. “La pace oggi è impossibile, ecco perché”, intervista a Lucio Caracciolo. Umberto De Giovannangeli su Il Riformista il 2 Febbraio 2023.

L’Europa, l’Occidente di fronte al “bivio impossibile” della guerra in Ucraina. Il Riformista ne discute con Lucio Caracciolo, direttore di Limes, rivista italiana di geopolitica. Da leggere il suo ultimo libro “La pace è finita” (Feltrinelli, 2022).

Lei ha recentemente annotato: “Quando le forniture a Kiev non basteranno più ci scopriremo di fronte alla scelta che abbiamo finora evitato di considerare: fare davvero e direttamente la guerra alla Russia oppure lasciare che la Russia prevalga. Questo ‘bivio impossibile’ si sta avvicinando, a vantaggio di Mosca”. Siamo già a quel “bivio”?

No, ma se noi osserviamo lo sviluppo di questa guerra nell’anno quasi intero che ha percorso, sembra che ci sia un piano inclinato che se non arrestato arriva a quel punto, cioè la necessità di decidere se, detta brutalmente, lasciare l’Ucraina al proprio destino o fare la guerra alla Russia. Due scelte che sono teoricamente impossibili ma che potrebbero diventare a un certo punto addirittura necessarie.

Di fronte a questo bivio, l’Europa è pronta a praticare la possibilità di uno scontro diretto?

Alcuni paesi europei potrebbero anche immaginare qualcosa del genere. Penso a quelli che teorizzano la necessità della fine della Russia. Mi riferisco ai paesi dalla Scandinavia alla Polonia, alla Romania che non sostengono l’Ucraina semplicemente per l’Ucraina, d’altronde nessuno sostiene l’Ucraina solamente per l’Ucraina, ma la sostengono perché pensano che sia il grimaldello che può scardinare l’impero russo. D’altro canto, se si guarda anche alle dichiarazioni ufficiali di esponenti di quei paesi lo sostengono esplicitamente. L’Ucraina serve per far fuori la Russia.

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Di questo avviso è anche l’amministrazione Biden?

No, non lo è, e infatti questo, come si vede, sta creando più di una frizione fra i paesi che citavo in precedenza e l’amministrazione Biden, o quanto meno la sua parte più moderata che oggi è ancora dominante, che esclude di scontrarsi con la Russia. Ed esclude anche che l’obiettivo americano sia quello di far fuori la Russia a favore di una quantità di stati o staterelli successori, qualche decina, che dovrebbero subentrare in quello spazio immenso. Ma vale anche il discorso opposto. Se l’Ucraina perde viene spezzettata e magari in parte anche subappaltata a qualcuno dei paesi che oggi la difendono e quindi è in gioco anche l’esistenza dell’Ucraina. Ed è per questo che la pace è oggi impossibile, e anche per il futuro che si può prevedere. Perché è una lotta per l’esistenza. E sarà risolta, in un modo o nell’altro, sul terreno militare e poi si prenderà atto della vittoria dell’uno o dell’altro oppure di uno stallo che obbligherà entrambi a una forma di compromesso.

Basterà l’invio di qualche decina di carri armati Abrams o Leopard2 a Kiev per cambiare gli equilibri di forza sul campo?

Assolutamente no. Il problema è che l’Ucraina ha praticamente finito le riserve di armamenti e munizioni sovietiche ed ora è totalmente dipendente dal nostro aiuto militare. Senza l’aiuto americano e dei paesi Nato che vogliono contribuire allo sforzo bellico, l’Ucraina è finita. Ha bisogno di noi. A noi spetta decidere le sorti di questa guerra. Una bella responsabilità alla quale cerchiamo di sfuggire.

C’è il rischio che questa guerra possa estendersi ad altre aree e coinvolgere altre potenze, ad esempio la Cina?

E’ difficile dire se il rischio c’è o non c’è. La grande maggioranza di noi prima del 24 febbraio 2022 non immaginava che oggi potessimo trovarci in questa situazione di guerra. Questo per dire che non dobbiamo ragionare sulla base di quello che era il mondo precedente. Siamo entrati in una fase di grande caos, di grande incertezza, in cui i vecchi schemi interpretativi non funzionano. Ciò detto, siccome le cose non cambiano mai completamente, a oggi direi che la soluzione più probabile è ancora quella di uno stallo, cioè di un cessate-il-fuoco, di una tregua che sia più o meno sulla linea attuale del fronte, avendo poi entrambe le parti bene in mente di riprendere la guerra appena le condizioni saranno più favorevoli.

C’è il rischio di una ulteriore escalation per la primavera?

L’escalation potrebbe derivare o da un’offensiva ucraina, ma mi pare che in primavera non abbiano ancora le forze per farlo, o da un’offensiva russa, che sarebbe teoricamente più possibile visti i rapporti di forza complessivi. E qui vedremo effettivamente fino a che punto intenda spingersi Putin. Rischiare un’offensiva che dovesse finire in un flop, avrebbe degli effetti, anche morali, piuttosto devastanti sull’opinione pubblica russa e sulle forze in campo. Credo che un‘offensiva generale non sia in questo momento alle viste, anche perché la vedremmo, nel senso che ci vorrebbe una concentrazione di forze e di mezzi che sarebbero immediatamente visibili anche ai satelliti e alle agenzie di intelligence. Come ha detto di recente il ministro della Difesa americano, Lloyd Austin, non è pensabile che nel corso di quest’anno l’Ucraina possa recuperare tutti i territori persi, e forse nemmeno una gran parte. Al tempo stesso è anche difficile ritenere che la Russia possa avvicinarsi non dico a Kiev ma molto avanti. Allora a quel punto un esaurimento di entrambe le parti o una difficoltà interna di entrambe, potrebbe portare a qualche compromesso provvisorio, in stile coreano per intenderci. D’altro canto, se è vero che la guerra che si combatte in Ucraina è, fra le altre, anche una guerra tra Stati uniti e Russia, è altrettanto vero che per Washington è importante indebolire la Russia, ma non fino al punto di disgregarla, perché perderebbe la giustificazione principale per il mantenimento dell’impero europeo dell’America, e inoltre, insisto su questo punto, si aprirebbero degli scenari da incubo nell’area geopolitica russa ed ex sovietica, dove Mosca ha ancora un arsenale di 6mila bombe nucleari, che dal punto di vista americano potrebbero anche avvantaggiare la Cina. Se la Russia dovesse soccombere e disgregarsi, la Nato non avrebbe più motivo di esistere, come pure non sarebbe necessaria la presenza americana in Europa.

La politica ha abdicato alla “diplomazia delle armi”?

No, ancora no. Almeno da quello che possiamo intuire, si tratta di contatti, intanto ovviamente informali e segreti, e poi tecnici. Sono il Pentagono e la Difesa russa che hanno un contatto permanente diretto per cercare di evitare di doversi sparare addosso direttamente. L’incidente del missile russo caduto in Polonia e subito ribattezzato ucraino è un segnale evidente di questa cooperazione, cioè del fatto che non vogliono arrivare alla guerra diretta. Ma nelle guerre dirette spesso ci si finisce non per volontà ma per accidente, per caso, o per qualche insubordinazione ai livelli inferiori che genera una situazione incontenibile.

In questo scenario, come si sta comportando l’Italia?

Si è messa saggiamente nella scia americana, un po’ trascinando i piedi e qualche volta invece addirittura proponendo di fare cose che forse non può fare. Ha capito, poteva farlo anche prima, che noi dal punto di vista della difesa siamo totalmente nelle mani degli Stati Uniti.

Limes ha dedicato molti numeri alla geopolitica del gas e del petrolio. Come valuta il tentativo del governo Meloni di fare dell’Italia una sorta di hub mediterraneo?

In prospettiva mi parrebbe una buona idea. Bisogna vedere se abbiamo i mezzi per farlo. Quello che mi pare evidente è che l’approvvigionamento di gas per l’Italia e per l’Europa si sposta sempre più dal fronte nord al fronte sud, in particolare via Turchia. E la geografia ci dice che questo è qualcosa che implica un ruolo centrale per l’Italia, perché l’Italia è al centro del Mediterraneo, delle condotte algerine, libiche da una parte e del potenziale del Mediterraneo orientale ancora tutto da sfruttare dall’altra, oltre che dei tubi che dall’Asia, e quindi anche dalla Russia e dall’Azerbaigian, vanno in Turchia, che dovrebbero diventare sempre più rilevanti, passando per i Balcani o per l’Italia, anche per l’Europa.

Umberto De Giovannangeli. Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.

La rivendicazione della Russia sull'Ucraina. La memoria cortissima dei tifosi di Putin, non abbiamo imparato nulla dal passato. Paolo Guzzanti su Il Riformista il 2 Febbraio 2023.

Questa guerra di cui dobbiamo discutere azzuffandoci ogni giorno sui giornali e nelle televisioni, sta diventando un’altra buffa guerra. Ricorderete che il nome di “buffa guerra” o “Phony War” o “Drôle de guerre”, fu il nome sarcastico dato ai primi otto mesi della Seconda guerra mondiale, quando ancora erano in pochi ad aver capito di trovarsi nella Seconda guerra mondiale. Il mondo che aveva chiuso la prima guerra, fino al 1939 non aveva fatto altro che registrare e accompagnare colpi di Stato, insurrezioni, repressioni e nuove guerre.

Per questo motivo il giovane economista John Keynes che faceva parte della delegazione britannica alla conferenza di pace di Versailles, vista la folle intransigenza del presidente americano Thomas Woodrow Wilson e del primo ministro francese George Clemenceau nel castigare l’incolpevole popolo tedesco della Repubblica di Weimar, sbatté la porta per tornarsene a casa dicendo che erano tutti criminali di guerra coloro che firmavano la pace. Fu chiamata “la guerra buffa” perché quando i tedeschi invasero la Polonia il Primo settembre del 1939 seguiti due settimane dopo dai sovietici nella stessa impresa, di malavoglia i governi francese e inglese dichiararono guerra a Hitler senza muovere un dito per otto mesi durante i quali i polacchi scrutavano i cieli e gli orizzonti, senza veder arrivare armi e uomini.

I pacifisti francesi, inglesi e americani scesero in strada per chiedere che i loro Paesi non entrassero in guerra chiamando guerrafondai, assassini dalle mani grondanti sangue, trafficanti di armi e assassini coloro che volevano impedire il successo delle armate con la svastica. Le altre armate con la falce e il martello erano impegnate a conquistare la Finlandia e i paesi baltici secondo gli accordi con Hitler e Stalin aveva dato ordine a tutti i comunisti del mondo di onorare le imprese tedesche cosa cui lui stesso si dedicò con appassionati telegrammi tuttora leggibili sulle bacheche della Pravda e la sinistra mondiale si sfasciò. Il partito comunista francese fu messo al bando per tradimento e l’autore della Fattoria degli animali George Orwell dichiarò che i pacifisti andavano considerati “oggettivamente fascisti”.

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La buffa guerra si trascinò alla stracca con qualche piccola operazione militare in Norvegia per tagliare le risorse petrolifere che i tedeschi si erano già assicurati da Stalin, e poi la catastrofe: le armate tedesche dilagarono nei Paesi Bassi e in Francia, costrinsero gli inglesi a tornare a casa a nuoto beffandosi di tutti i piani e le esperienze dei grandi strateghi. Churchill aveva bocciato con parole di fuoco il pacifismo – l’“appeasement” del suo predecessore Chamberlain dicendo: “Hanno sacrificato l’onore per la pace ed avranno sia la guerra che il disonore”. Il resto dovrebbe essere noto, ma in realtà non lo è granché. Che senso hanno queste mie righe? Sono banali perché tornano su fatti noti e arcinoti e, al tempo stesso, dovrebbero essere scandalose, perché rievocano fatti di ieri che hanno molto a che fare con quelli di oggi: l’invasore che ottiene la solidarietà di fatto dei pacifisti e la derisione, la messa in perenne stato d’accusa di coloro che vorrebbero se non sconfiggere l’aggressore, almeno convincerlo del fatto che la sua turpe impresa non ha probabilità di successo.

E che se ne avesse, allora sarebbe la peggior ora della Storia dei nostri due ultimi secoli, perché si stabilirebbe che cento milioni di esseri umani sono morti invano nelle due guerre del Novecento, per stabilire il principio secondo cui mai più alcuno Stato sovrano potrà impunemente aggredire e depredare un altro Stato sovrano. Che cosa è successo? Ve lo dico io. È successo che sono tutti morti. È successo che nessuno di quelli che c’era sia ancora vivo, i più anziani che ancora ricordano sono quelli come me che hanno l’età dei bambini che passarono come fumo nei camini di Auschwitz. Del resto, senza andare troppo lontano: quanti anni bisogna avere per ricordare bene l’immane tragedia delle coscienze mondiali per la guerra nel Vietnam o per le invasioni russe nel campo comunista usando i carri armati a Potsdam, a Budapest, a Praga e poi in Afghanistan? Non è rimasto nulla, neanche in televisione. Scrivere quel che è accaduto è un’impresa editorialmente fallimentare. Chi è che oggi può ricordare con la stessa emozione e indignazione l’undici settembre di New York, o l’invasione dell’Iraq per inesistenti armi di distruzioni di massa?

Avete notato come i soldati combattenti non hanno più uniformi che li distinguono: oggi chi muore nel fango indossa una tuta detta mimetica, piena zeppa di ordigni tecnologici e radiofonici. Muoiono così tutti uguali riscoprendo la ferocia antica che credevamo sopita delle uccisioni di massa, delle torture, degli stupri, presa degli ostaggi, esattamente come accadeva ai tempi di Giulio Cesare ma anche prima ai tempi di Ramsete l’egiziano e anche dopo, da Carlo quinto a Napoleone. Si dovrebbe dunque qualunquisticamente concludere come al bar che la guerra è guerra, e che l’uomo è una bestia? Sarebbe un gran peccato perché l’umanità è andata avanti comunque, molto avanti fra milioni di morti, abusi, torture, stragi di innocenti e patti calpestati, arrivando a far solidificare una modesta crosta sugli abissi della morte e delle guerre: quella delle leggi e delle convenzioni delle Nazioni Unite e di tutte le altre baracche spesso incapaci ma comunque presenti, che almeno simbolicamente hanno potuto per ottant’anni far sperare nel tanto citato mondo migliore.

Questo non è un mondo migliore: basta ascoltare leggere e sfogliare per scoprire non solo che siamo tornati “da capo a dodici” ma che tutti invocano il diritto di non sapere e non ricordare. Sì, è molto amata e bene accolta la senatrice a vita Liliana Segre che porta la sua memoria del delitto più infame della Shoah. Ma la stessa senatrice ha dovuto rendersi conto che la memoria non può essere un dovere se non è accompagnata da un vissuto emotivo che la tenga accesa e non può essere imposta a suon di lapidi e di discorsi. Quel che intendo è che tutto il chiacchiericcio che accompagna la temeraria impresa del presidente russo animato soltanto dal desiderio di ricostituire un impero perduto, costituisce già una disfatta e un insulto per le generazioni che hanno sofferto e visto soffrire. In quelle generazioni mi metto anch’io perché ho vissuto la guerra con milioni di altri bambini e conosco il suo strascico di angoscia per una morte certa e improvvisa che ha devastato le nostre vite diverse: quelle di coloro che c’erano, che ricordano, che hanno respirato la paura e si sono nutriti di carni marce prendendo la tubercolosi. Ve la darei io la Nutella.

E parlo arbitrariamente anche a nome dei bambini che ho conosciuto e che sono morti. Avevamo, così ci sembrava, stabilito dopo tanta pena individuale e collettiva che mai più un predatore armato sarebbe stato premiato. Ma abbiamo anche imparato che esiste una forma di utile codardia che si chiama “sindrome di Stoccolma” che rende complici persecutori e perseguitati, i terroristi e i loro ostaggi. Tanto, male che vada, la colpa non può che essere degli Stati Uniti d’America che già per due volte sono venuti da barbari ad occupare con la loro arroganza e i loro corpi i nostri cimiteri, per vincere le nostre sconfitte e la nostra stessa pessima coscienza.

Paolo Guzzanti. Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.

Estratto dell’articolo di Paolo Brera per “la Repubblica” il 2 Febbraio 2023.

[…] Oleksiy Danilov — uno degli uomini più vicini al presidente Zelensky […] […]

 Avete perso molti soldati. La Russia può reclutarne per anni: con meno pedine alla fine si perde, no?

«La guerra non durerà cinque o dieci anni. Il mondo oggi è rapido. Nel 2024 ci saranno elezioni in molti Paesi, e la campagna elettorale inizierà già la prossima estate. Anche la nostra guerra parteciperà, in modo indiretto: voglio vedere coi miei occhi chi dirà di sostenere Putin, negli Usa o in Gran Bretagna o negli altri Paesi. E ci sono molti altri elementi che influiscono sulla guerra, e tutto quello che accade nel mondo è collegato: Putin si è chiuso da solo nell’angolo morto».

Attaccando l’Ucraina?

«Non solo. Dal 2003 sogna di rinnovare l’impero, e noi stiamo vivendo le conseguenze di questa sua follia. […] Hanno ancora le case con i bagni in strada, però si occupano di noi».

[…] «La Russia ha fatto una grande campagna informativa per diffondere fake sulla nostra mobilitazione. Vogliono descrivere la nostra situazione come terribile. Hanno coinvolto una grande quantità di rappresentati dei mass media occidentali. Hanno collaboratori che scrivono nei Paesi europei. Uno di quelli in cui sono più presenti è la Spagna, noi conosciamo bene tutta questa gente, sappiamo di cosa si occupano questi collaboratori della direzione numero “1” del Fsb, i servizi russi. La mobilitazione c’è da febbraio 2022 e procede secondo programma. Vicino a noi c’è un centro di reclutamento e ci sono code ogni mattina».

[…] Ha detto di aspettarsi per il 24 la nuova offensiva russa. Avete segnali di intelligence?

«Certamente sì, e sono evidenti. Ma siamo preparati». […] «Sono matti. Sono sicuro che da dieci anni Putin è malato, ha problemi mentali: vive nel suo mondo e non capisce cosa gli succede intorno».

 Perché lei e Zelensky avete detto di non sapere se sia vivo?

«Perché non c’è un solo Putin. Questo è sicuro. Non è una tesi cospirazionista, è realtà. Potete fare analisi comparative sulle sue immagini pubbliche. Osservate anche il suo modo di camminare, la paura ad avvicinarsi anche ai suoi stretti collaboratori e poi il bagno di folla il giorno dopo... Sono cose tipiche del Kgb».

Aspettate le armi italiane?

«Tutte le armi sono importanti, e lo è tutto l’aiuto dall’Italia. Dopo le vostre elezioni le cose non sono cambiate. Per dividere i Paesi occidentali Putin usava vecchi amici come Berlusconi, che voleva facesse parte delle trattative. Cercava di usare il ricatto energetico, ma ha fallito». […]

La Russia intensifica la guerra contro la libertà di parola e la crittografia. Walter Ferri su L'Indipendente il 2 Febbraio 2023.

Roskomsvoboda, gruppo che si definisce la “prima organizzazione russa attiva nel proteggere i diritti digitali” ha denunciato che il 19 gennaio 2023 un’”Agenzia statale sconosciuta” del Cremlino ha deciso di abbattere la sua scure normativa su Skiff, un portale che offre servizi di mailing e cloud. La sua colpa? Offrire strumenti con cui criptare i contenuti e i messaggi trasferiti dagli utenti, una pratica che complica non poco le strategie di sorveglianza promosse dalle varie autorità poliziesche.

L’informazione è stata autenticata dall’azienda, non dal Governo, il quale non si è ancora espresso pubblicamente in merito e che difficilmente lo farà. Il portale è nato a malapena un anno fa e la sospensione della sua operabilità in terra russa, almeno stando all’interpretazione degli attivisti, sarebbe stata ordinata in via anonima dall’Ufficio del Procuratore Generale, ovvero la branca istituzionale che tradizionalmente si occupa di emanare i blocchi internettiani. Dal 2020 a seguire, è provata da parte di Mosca una fitta storia di interventi amministrativi al limite della censura, quindi gli analisti possono tranquillamente attingere a un archivio di riferimento che staglia con una certa precisione il modus operandi dell’Amministrazione Putin.

Il 31 gennaio 2020 aveva fatto clamore la censura di Proton Mail, quindi il febbraio successivo era stato il turno di Tutanota, ambo realtà specializzate nella crittografia end-to-end. Il programma di messaggistica Telegram si è salvato dal patibolo, ma più per una questione di limiti tecnici che per un’apertura ideologica da parte delle autorità. Nel 2021 è toccato a Anonymousemail e Dropmail, ambo accusate di aver contribuito alla diffusioni di minacce di matrice terrorista, quindi persino Google Docs è caduto a fasi alterne nella maglia dell’oscurantismo governativo. Tra social, siti giornalisti e portali vari, l’Ufficio del Procuratore Generale è intervenuto negli anni in migliaia di occasioni e lo ha fatto appoggiandosi a pretesti di ogni genere. Non sempre a essere colpiti sono infatti portali che permettono la condivisione segreta di file, altre volte si tratta di elementi apparentemente più minuscoli e ideologici; un esempio su tutti sono i Monologhi Vaginali di Yulia Tsvetkova, i quali contraddirebbero “gli scopi e gli obiettivi dell’attuale legislazione”, minerebbero “la moralità dei minori” e creerebbero “una minaccia di danno alla loro salute e sviluppo” attraverso la pubblicazione di fumetti femministi. 

A differenza della Cina, la Russia non è dotata di un’infrastruttura utile a intavolare un controllo totale dei flussi di dati internettiani, quindi al Cremlino non resta che procedere con interventi più mirati, quasi artigianali. Nel frattempo Mosca stimola attraverso molteplici strategie lo sviluppo di un’industria informatica locale che sia docile nei confronti delle istituzioni e che possa un domani garantire una sovranità digitale che ha il sapore del controllo autocratico. Il tutto si muove dunque sotto la prospettiva della costruzione di un intranet che possa un giorno essere separato a tenuta stagna dal world wide web globalizzato. Complice la complicata situazione geopolitica, aziende e cittadini occidentali non sono oggi dotati dei mezzi per imporre diplomaticamente che il Cremlino faccia un passo indietro sulla sua campagna di controllo delle informazioni, tuttavia c’è non di meno molto da imparare dall’esempio del vicino russo.

Il confine tra sicurezza e sorveglianza è estremamente labile e uno slittamento progressivo degli equilibri democratici può trasformarsi molto velocemente nell’imposizione di una ferrea censura di Stato. Non serve guardarsi troppo lontano per rendersi conto che, facendo leva sui pretesti della lotta al terrorismo e alla pedopornografia, i cosiddetti Paesi democratici sono lieti di introdurre esenzioni al rispetto dei diritti che permettano alle agenzie di esercitare un maggiore dominio sul discorso pubblico. Fortunatamente, negli Stati Uniti come in Europa esistono ancora dei limiti che siamo disposti a difendere attraverso manifestazioni di sdegno pubblico, le quali vengono poi raccontate sulla stampa e dai social senza che un intervento amministrativo possa tacitare del tutto il discorso. Questo spirito combattivo viene messo però costantemente alla prova, smorzato da promesse melliflue o da repressioni violente. In tempo di guerra non possiamo convincere la Russia a riaprirsi alla pluralità di parola, ma possiamo comunque rimanere in guardia perché il clima belligerante non finisca con il sedare il dissenso che fa parte di un sistema di governo, quello democratico, la cui stessa natura si basa sul dare voce a tutti i cittadini, minoranze e opposizioni comprese. [di Walter Ferri]

Ucraina Russia, le notizie del 3 febbraio sulla guerra. Andrea Nicastro, da Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 3 Febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di venerdì 3 febbraio. Von der Leyen: «Il decimo pacchetto di sanzioni sarà da 10 miliardi». La Germania autorizza l'invio di Leopard 1 a Kiev

• La guerra in Ucraina è arrivata al 345esimo giorno.

• Putin: «La guerra non finisce così, siamo pronti a tutto».

• 300mila soldati russi in attesa: è imminente una seconda invasione?

•Atleti russi ai Giochi 2024, summit dei ministri dello Sport a Londra il 10 febbraio.

• Gli Usa pronti a inviare a Kiev missili a lungo raggio.

• Esplosioni a Mariupol e Melitopol in basi russe.

Ore 23:47 - Zelensky: «Meritiamo di iniziare negoziati per ingresso in Ue già quest’anno»

L’Ucraina merita di iniziare i negoziati sull’adesione all’Unione europea già quest’anno. Lo ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo messaggio serale dopo l’incontro con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a Kiev.

Zelensky ha dichiarato di aver raggiunto un’«importante intesa reciproca» con la presidente della Commissione europea in merito alla candidatura dell’Ucraina all’ingresso nell’Ue. Zelensky ha parlato di colloqui produttivi, che hanno dimostrato che tutte le parti hanno compreso «il fatto che l’Ucraina ha bisogno di un sostegno costante e completo nella difesa contro la Russia». «Credo che l’Ucraina meriti di avviare i negoziati sull’adesione all’Ue già quest’anno», ha detto il presidente ucraino.

Ore 23:50 - Putin, il discorso a Volgograd e la minaccia all’Occidente: «Pronti a tutto per vincere»

(Marco Imarisio) «Cari veterani, amici! Oggi celebriamo una data importantissima, carica di destino, nella storia del nostro Paese e di tutto il mondo. Esattamente 80 anni fa, qui nella terra di Stalingrado, sulle rive del grande fiume Volga fu fermato e irrimediabilmente fatto ritirare l’inviso e feroce nemico».

La prima parte del discorso di Vladimir Putin sembra uscire dal magazzino della retorica guerresca usato a ogni latitudine, in ogni circostanza. Ma era chiaro a tutti che la visita in una Volgograd per l’occasione ribattezzata Stalingrado, con i cartelli sostituiti all’ingresso della città, come succede nove volte all’anno per ognuna delle ricorrenze che ricordano la disfatta dei nazisti, era l’occasione perfetta per apporre il sigillo sul cambio definitivo della dottrina imposta dal Cremlino. Per ribaltare il racconto dell’Operazione militare speciale e soprattutto il ruolo della Russia. Non più aggressore di uno Stato sovrano, ma Paese aggredito da forze nemiche e obbligato a difendersi come accadde a Stalingrado. Le parole del presidente sono rivolte a un mercato interno, compresa la sua voce grossa sulla potenza di fuoco degli eredi dell’Armata Rossa. Nonostante una propaganda televisiva sempre più spinta su questa vittimizzazione della Russia, alcuni sondaggi, ai quali il Cremlino presta molta attenzione, tutto il mondo è Paese, dimostrano come la popolazione magari condivide l’attacco all’Ucraina dello scorso febbraio, ma non si sente molto coinvolta dall’attuale conflitto.

Ore 05:51 - La Casa Bianca per il blocco degli atleti russi e bielorussi alle Olimpiadi 2024

Gli Usa sostengono il blocco degli atleti russi e bielorussi alle Olimpiadi di Parigi del 2024 a meno che non sia “assolutamente chiaro” che non rappresentino i rispettivi paesi: lo ha detto la portavoce della Casa Bianca Katerine Jean-Pierre. Se il Comitato olimpico internazionale consentirà agli atleti russi e bielorussi di partecipare, l’uso di bandiere, emblemi o inni ufficiali russi o bielorussi dovrebbe essere vietato, ha aggiunto

Ore 06:15 - Nyt: sono quasi 200mila le vittime russe dall’inizio del conflitto

Sarebbero quasi 200mila i soldati russi uccisi e feriti nel corso della guerra in Ucraina. La stima arriva dal New York Times che parla di una «cifra simbolo» che indicherebbe, secondo «funzionari statunitensi e occidentali» quanto «stia andando male l’invasione voluta da Vladimir Putin». Si tratterebbe in ogni caso di una stima difficile da fare visto che Mosca sottostimerebbe «regolarmente i numeri di morti e feriti, sottolineando che il massacro dei combattimenti dentro e intorno alla città ucraina orientale di Bakhmut e alla città di Soledar avrebbe gonfiato ciò che era già un pesante tributo». In ogni caso, scrive ancora il New York Times, secondo «gli analisti russi è improbabile che la perdita di vite umane sia un deterrente per gli obiettivi di guerra di Putin».

Ore 08:29 - Autobomba a Enerogodar, ucciso un funzionario filorusso

Una persona è rimasta uccisa nell’esplosione di un’auto a Energodar, nella regione di Zaporizhzhia. Lo ha riferito su Telegram Volodymyr Rogov, membro dell’amministrazione regionale filorussa. «L’esplosione è stata così forte che si sono rotte le finestre delle case fino al nono piano», ha aggiunto Rogov spiegando che la vittima è un dipendente dell’ente per gli affari territoriali interni. Per i media russi si tratta di un «attentato terrorista». Zaporizhzhia è tra le quattro regioni ucraine annesse dalla Russia dopo l’invasione del Paese. Il sindaco di Melitopol, Ivan Fedorov, citato dall’agenzia ucraina Unian, ha riferito che l’auto «apparteneva all’ex poliziotto Yevhen Kuzmin, entrato a far parte dell’amministrazione degli occupanti».

Ore 08:46 - Ft, gli alleati spingono Fmi a prestare 14-16 miliardi a Kiev

Gli alleati dell'Ucraina stanno spingendo il Fondo monetario internazionale (Fmi) a finalizzare i piani per un programma di prestiti multimiliardario, scrive il Financial Times. I rappresentanti del Fmi dovrebbero incontrare i funzionari ucraini a metà febbraio per portare avanti i colloqui su un prestito da 14 a 16 miliardi di dollari, afferma il quotidiano, citando funzionari vicini al dossier.

Ore 09:02 - «Bombardato il distretto di Izyum, uccisi due fratelli»

Un bombardamento russo nelle prime ore del mattino ha colpito abitazioni private nella città di Barvinkovo, nel distretto di Izyum, uccidendo due fratelli e ferendo il padre. Lo ha reso comunicato il capo dell'amministrazione militare regionale di Kharkiv Oleg Synegubov, come riporta Unian. «Intorno alle 4,30, il nemico ha bombardato la città di Barvinkovo. Due fratelli, di 49 e 42 anni, sono stati uccisi. Il padre, di 70 anni, è rimasto ferito», ha dichiarato Synegubov.

Ore 09:21 - Bombe su Kherson nella notte, due vittime civili

Nella due civili sono rimasti uccisi e nove feriti, tra cui un bambino di 5 anni, a Kherson in seguito a una serie di bombardamenti russi. L'amministrazione militare regionale, citata da Unian. Colpiti condomini, un cantiere navale, una scuola. Attualmente, sottolinea l'amministrazione, Kherson è la grande città più bombardata al di fuori del Donbass.

Ore 09:27 - Zakharova: «L'Europa sta affondando con l'Ucraina»

«L'Europa occidentale, cadendo in recessione e avendo perso da tempo l'abitudine alla sopravvivenza, sta affondando con l'Ucraina legata ai suoi piedi»: ha scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, commentando le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky sul rallentamento delle sanzioni occidentali a Mosca.

Ore 09:41 - Kiev accusa: «La Russia sfrutta sessualmente i nostri bambini»

Il commissario ucraino per i diritti umani ha accusato i russi di aver rapito bambini dal suo Paese per alimentare il traffico sessuale. «Gli account Telegram rivelano che i russi rapiscono bambini ucraini e girano video a sfondo sessuale con loro», ha denunciato Dmytro Lubinets, in un messaggio su Telegram. «Ad esempio, offrono per 250mila rubli (oltre 3.200 euro) un ragazzo ucraino», ha aggiunto, assicurando che si trattava di un orfano.

Ore 09:46 - Allarme antiaereo a Kiev prima del vertice Ucraina-Ue

Le sirene d’allarme antiaereo risuonano a Kiev prima dell’inizio del vertice tra il governo ucraino e la Commissione Ue. Oltre alla presidente Ursula von der Leyen, prendono parte all’incontro anche i vice presidenti Margrethe Vestager, Valdis Dombrovskis e l’Alto Rappresentante Josep Borrell. Presente anche Paolo Gentiloni.

Ore 10:07 - 007 Kiev: «Putin vuole conquistare Lugansk-Donetsk entro marzo»

Secondo l'intelligence ucraina, Vladimir Putin ha ordinato al suo esercito di impadronirsi entro marzo delle regioni di Lugansk e Donetsk. E sul terreno effettivamente si registra «un'intensificazione degli attacchi russi, in particolare nel Lugansk», ha dichiarato alle tv ucraine il governatore Sergy Gaidai. «Gli occupanti sono diventati più attivi sul fronte orientale. In particolare nella regione di Luhansk, gli occupanti stanno raccogliendo ancora più riserve». Aggiungendo: «I russi stanno disattivando Internet mobile nella parte occupata del Lugansk per paura che i residenti locali denuncino il movimento di attrezzature».

Ore 10:17 - Michel a Kiev: sostegno in ogni fase del viaggio verso l'Ue

«Di nuovo a Kiev per il vertice Ue-Ucraina con Volodymyr Zelensky, Ursula von der Leyen e Josep Borrell. Non ci sarà tregua nella nostra determinazione. Vi sosterremo in ogni fase del vostro viaggio verso l'Ue». Lo scrive in un tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

Ore 10:36 - La procura Kiev accusa il capo della Wagner di crimini di guerra

L'ufficio del procuratore generale dell'Ucraina ha accusato di crimini di guerra Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo Wagner. Lo riporta Ukrinform.

Ore 10:41 - 007 Gb: «In calo il reclutamento della Wagner dalle carceri»

Il reclutamento dei detenuti da parte del gruppo Wagner è diminuito in modo significativo rispetto al picco dell'estate e autunno 2022. Lo ha detto l'Intelligence britannica nel suo bollettino quotidiano sui social media.

Ore 11:01 - Peskov: «L'operazione continua per la sicurezza del Donbass»

L'operazione militare russa in Ucraina continua per garantire «la sicurezza del Donbass», mentre quella della Crimea è già «garantita in modo affidabile». Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dall'agenzia Tass.

Ore 11:03 - Stoltenberg: la Russia rispetti obblighi New Start

«Gli alleati della Nato concordano sul fatto che il Trattato New Start contribuisce alla stabilità internazionale. Notiamo con preoccupazione che la Russia non ha rispettato gli obblighi giuridicamente vincolanti, anche in materia di ispezioni, e chiediamo alla Russia di adempiere agli obblighi previsti dal Trattato». Lo dichiara su Twitter il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.

Ore 11:06 - Medvedev: «La fine dell'Ucraina è inevitabile»

La prospettiva del «completo fallimento dello Stato ucraino» e della sua «inevitabile fine» è chiaramente visibile e l'Occidente assisterà silenziosamente alla «morte» dell'Ucraina. Lo ha scritto su Telegram il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. L'Ucraina «aspetta il triste destino» delle colonie «che una volta erano state violentate nella forma più perversa, e poi gettate a morire nella pattumiera putrescente della storia», ha aggiunto. A suo avviso, la «camarilla di Kiev» non è imbarazzata dalla rovina del Paese.

Ore 11:18 - Cremlino: l'embargo sui derivati del petrolio porterà squilibri

L'embargo europeo sui prodotti petroliferi raffinati, che deve entrare in vigore il 5 febbraio, porterà «ulteriori squilibri sui mercati», dopo quello già applicato sul petrolio russo esportato via mare, lo scorso dicembre. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dalla Tass.

Ore 11:21 - Tutte le case di Lyudmila, ex moglie di Putin

(Irene Soave) Bambina nell’exclave di Kaliningrad, poi studentessa a Leningrado; poi assistente di volo dell’Aeroflot, poi first lady. Per trent’anni è stata la compagna di vita dell’uomo più potente della Russia, Vladimir Putin. La quinta vita di Lyudmila Skrebneva, già Putina, classe 1958, è iniziata il 6 giugno 2013, con il divorzio consensuale dallo Zar. Ora di cognome fa Ocheretnaya: il suo secondo marito, Artur Ocheretny , un triatleta Ironman di vent’anni più giovane, è decisamente meno noto del primo. Ciò non basta a tenere gli Ocheretny al riparo delle sanzioni: del Regno Unito, per ora, ma è possibile che anche Bruxelles segua l’esempio.

Ore 11:42 - «Case bombardate con munizioni a grappolo nel Donetsk»

Secondo le autorità ucraine, l'esercito russo ha bombardato Pokrovsk, nella regione di Donetsk, usando munizioni a grappolo ad alto potenziale esplosivo vietate: i residenti hanno riferito di aver sentito 40 esplosioni. Lo scrive Rbc-Ucraina. «Il territorio del parco e una zona residenziale di Pokrovsk sono finiti sotto il fuoco degli occupanti. A seguito di circa 40 esplosioni, più di 30 case private ed edifici commerciali sono stati danneggiati. Anche le linee elettriche e veicoli civili sono stati distrutti».

Ore 12:15 - La Germania autorizza l’invio di Leopard 1 a Kiev

Il governo tedesco ha autorizzato i produttori a inviare Leopard 1 in Ucraina. La fornitura dei carri armati all’Ucraina è stata comunicata dal portavoce dell’esecutivo federale Steffen Hebestreit.

Finora la Germania si era impegnata a trasferire all’ex repubblica sovietica 14 Leopard 2A6. Allo stesso tempo, il governo federale aveva autorizzato altri Stati a consegnare propri Leopard al Paese aggredito dalla Russia.

Ore 12:20 - Peskov: «L’operazione speciale deve continuare. Donbass non ancora protetto»

«Il Donbass non è ancora completamente protetto, quindi l’operazione militare speciale continua». Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ai giornalisti, riporta l’agenzia di stampa russa Tass. «Dobbiamo proteggere le persone che vivono lì. Questo obiettivo non è stato ancora pienamente raggiunto». Diversa risposta dal portavoce sulla Crimea: «Sicurezza garantita».

Ore 13:52 - Mosca, proposta dei deputati per la detenzione dei militari senza processo

I deputati della Duma Andrey Kartopolov e Andrey Krasov hanno avanzato una proposta di legge che - nel caso in cui dovesse essere approvata - permetterebbe la detenzione fino a dieci giorni dei militari senza la sentenza di un tribunale. Lo riporta la testata online Meduza, secondo cui la proposta è quella di dare ai comandanti il potere di ordinare anche la reclusione nei carceri militari, cosa che al momento può essere decisa solo da un tribunale militare. L'elenco dei reati per i quali il personale militare potrebbe essere incarcerato comprende: l'abbandono non autorizzato di un'unità militare, la mancata comparizione per il servizio, l'evasione dai doveri militari, la distruzione intenzionale o non intenzionale di beni militari.

Ore 14:41 - Il presidente del Cio Bach rifiuta l'invito di Zelensky

Il presidente del Comitato olimpico internazionale (Cio), Thomas Bach, ha rifiutato l'invito del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a visitare la città di Bakhmut. Lo rende noto il Cio. Il motivo del diniego della visita è legato alle recenti minacce mosse dalle autorità ucraine nei confronti del Cio e dall'aver parlato di voler boicottare le Olimpiadi estive di Parigi 2024 nel caso dovessero partecipare atleti russi e bielorussi. Bach aveva visitato l'Ucraina nell'estate del 2022 su invito del Comitato olimpico nazionale ucraina incontrato anche Zelensky.

Ore 14:54 - Commissione Ue, Kiev parte con scarsa preparazione su adesione

La Commissione ha pubblicato una relazione analitica per completare il parere sulla domanda di adesione dell'Ucraina all'Ue adottata il 17 giugno 2021 in cui valuta la capacità complessiva del Paese di rispettare gli obblighi derivanti dall'adesione (l'acquis dell'Unione Europea). Sui 32 punti in cui il documento esprime delle valutazioni, divise su cinque livelli di preparazione (si va da «fase iniziale» ad «avanzato»), la maggioranza ricade nelle prime due categorie (23 capitoli in tutto). L'Ucraina viene definita «moderatamente» preparata o con un livello «buono» su soli otto capitoli. Il "voto" massimo non viene mai espresso. L'esecutivo Ue ha pubblicato relazioni analoghe anche per la Moldova e la Georgia. Nei report la Commissione ha valutato il livello di ravvicinamento dell'acquis dell'Ue sulla base delle risposte ai questionari dei tre Paesi candidati, nonché delle informazioni pertinenti ottenute nel quadro dei dialoghi intensivi condotti per molti anni nell'ambito degli accordi di associazione, comprese le zone di libero scambio globali e approfondite, per valutarne l'attuazione. «Tutti e tre i candidati sono stati valutati sulla base degli stessi criteri e dei loro meriti», si legge nella nota di accompagnamento. La Commissione riferirà sui progressi compiuti dai tre Paesi per affrontare le priorità di riforma individuate nei pareri nell'ambito del prossimo «pacchetto allargamento» previsto in autunno: queste relazioni terranno conto degli sviluppi politici dal giugno 2022 e forniranno raccomandazioni politiche sulle riforme da affrontare nel prossimo periodo.

Ore 15:34 - Michel: «Il futuro dell'Ucraina è in Ue, destino è comune»

«L'Ucraina è l'Europa e l'Europa è l'Ucraina. Non siamo intimiditi dal Cremlino e non lo saremo. Il futuro dell'Ucraina è nell'Unione europea. Il vostro destino è il nostro destino ed è per questo che siamo qui, per stare al vostro fianco». Lo ha detto il presidente del Consiglio Ue Charles Michel in conferenza stampa da Kiev con il presidente Volodymyr Zelensky.

Ore 15:36 - Zelensky: «L'Ue sosterrà il nostro piano di pace. Non lasciamo Bakhmut, è la nostra fortezza»

«Nel corso dei nostri negoziati oggi abbiamo discusso l'attuazione del nostro piano di pace, che l'Ue sosterrà, perché è l'unico progetto comprensivo per recuperare l'architettura di sicurezza in Europa distrutta dalla Russia». Lo Zelensky in conferenza stampa con Michel e von der Leyen.

Per quanto riguarda la situazione al fronte il presidente ucraino ha sottolineato: «Non abbandoneremo Bakhmut, è la nostra fortezza, chi è caduto lì è un eroe, combatteremo il più a lungo possibile».

Ore 15:43 - Von der Leyen: il decimo pacchetto di sanzioni sarà da 10 miliardi

«Il decimo pacchetto è in arrivo. Abbiamo l'obiettivo di metterlo in atto entro il 24 febbraio. Ha un volume di circa 10 miliardi di euro, è un enorme pacchetto. Il piano è di concentrarsi ancora una volta sulla tecnologia che può e non deve essere utilizzata dalla macchina da guerra russa. In altre parole, esaminiamo più a fondo i componenti che sono stati trovati, ad esempio nei droni, per assicurarci che non ci sia disponibilità per la Russia». Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella conferenza stampa al termine del vertice Ue-Ucraina a Kiev. «Il pacchetto conterrà anche proposte per combattere l'elusione delle ultime sanzioni», ha aggiunto.

Ore 15:46 - Von der Leyen a Zelensky: «Bisogna mantenere ritmo delle riforme»

«La vostra determinazione di andare avanti nel processo di adesione nell'Ue è notevole, continueremo a sostenervi in ogni passo: oltre alle riforme serve avere un buono storico nell'attuazione e ogni passo avanti sarà registrato nel nostro rapporto di autunno». Lo ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in conferenza stampa con Volodymyr Zelensky. «So che manterrete il ritmo, queste riforme ancoreranno il vostro Paese nel nostro mondo libero».

Ore 15:52 - Von der Leyen: «Durante il raid aereo siamo andati nel rifugio»

Subito dopo una visita in un ufficio postale a Kiev oggi «c'è stato un raid aereo e siamo dovuti andare in un rifugio. Questo mostra qual è la realtà di ogni giorno qui, la realtà della guerra». Lo dice la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in conferenza stampa a Kiev.

Ore 15:57 - L'Ue intensificherà gli sforzi per l'utilizzo dei beni congelati russi

«L'Ue intensificherà il suo impegno per l'utilizzo dei beni congelati dalla Russia a sostegno della ricostruzione dell'Ucraina e a scopo di riparazione, in conformità con il diritto dell'Ue e il diritto internazionale». Lo si legge nella dichiarazione congiunta al termine del summit Ue-Ucraina.

Ore 16:09 - Bach rifiuta invito di Zelensky a visitare Bakhmut

Il presidente del Comitato olimpico internazionale (Cio) Thomas Bach non ha intenzione di visitare l’Ucraina, nonostante l’invito del presidente ucraino Vladimir Zelensky a recarsi a Bakhmut, come ha fatto sapere il Cio in una nota. Bach ha visitato l’Ucraina nell’estate del 2022 su invito del Noc (Comitato olimpico nazionale dell’Ucraina). «Durante questa visita - afferma la nota del Cio - il presidente ha incontrato atleti colpiti dalla guerra, ha visitato le infrastrutture sportive distrutte ed ha anche incontrato il presidente Zelensky per un’ampia discussione. Dopo questa visita si sono anche scambiati contatti telefonici. Al momento però non è prevista un’altra visita in Ucraina».

Ore 16:14 - Zelensky: «Vittoria più facile con missili a lungo raggio»

«Le armi a lungo raggio possono cambiare il corso della guerra. Siamo fiduciosi nella vittoria, ma queste armi possono farla arrivare più rapidamente». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, parlando in conferenza stampa congiunta a Kiev con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. «Per noi necessario anche per prevenire le prossime offensive russe a est del Paese», ha aggiunto il presidente ucraino.

Ore 16:26 - Venerdì 10 febbraio summit dei ministri dello Sport europei a Londra

La Gran Bretagna organizzerà una riunione dei ministri dello sport europei il 10 febbraio per prendere in considerazione la possibilità di escludere gli atleti russi e bielorussi dalla partecipazione alle competizioni internazionali. Lo ha dichiarato il ministro dello sport ucraino e presidente del Comitato olimpico nazionale (Noc) Vadim Gutsait.

Alla fine di febbraio 2022, il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha raccomandato alle federazioni internazionali di vietare agli atleti russi e bielorussi di partecipare alle competizioni internazionali a causa degli sviluppi della guerra in Ucraina. Il 25 gennaio 2023, il Cio ha emesso un’altra raccomandazione suggerendo che quegli atleti che non supportano attivamente l’operazione militare speciale siano autorizzati a partecipare a tornei internazionali con uno status neutrale.

Ore 16:27 - Blinken rinvia viaggio in Cina. Il pallone spia è un caso diplomatico

L’amministrazione Biden ha deciso di posticipare la visita del segretario di Stato Antony Blinken in Cina dopo il pallone spia. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando alcune fonti.

Ore 16:35 - Zelensky: «Vorrei andare a Bruxelles, ma troppi rischi»

«Mi piacerebbe andare a Bruxelles, ma per me un viaggio di questo tipo è al momento troppo rischioso». Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla conferenza stampa congiunta post vertice a Kiev con i leader dell’Ue. Poi ha aggiunto: «Nessuno si arrenderà a Bakhmut. Combatteremo il più a lungo possibile. Consideriamo questa città la nostra fortezza».

Ore 16:49 - Von der Leyen da Kiev: «Mosca deve pagare i crimini commessi»

L’Ue sta raccogliendo le prove per i crimini di guerra in Ucraina. Lo ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel corso della conferenza stampa conclusiva del vertice Ue-Ucraina di Kiev. «Stiamo valutando con i nostri partner le opzioni che abbiamo a disposizione per far pagare alla Russia la distruzione che sta causando», ha detto.

«Stiamo raccogliendo insieme le prove dei crimini di guerra. I procuratori sono già sul posto. Stiamo discutendo su quale tipo di assetto istituzionale sia necessario, ma per noi è importante avere la volontà politica di far pagare alla Russia ciò che ha fatto all’Ucraina», ha concluso von der Leyen.

Ore 17:59 - Meloni-Scholz da Berlino: «Italia e Germania, strategia condivisa su Ucraina, immigrazione e mercato comune»

Il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni ha incontrato a Berlino il cancelliere Olaf Scholz per un bilaterale dove Italia e Germania hanno rinnovato la propria alleanza su diversi piani, economici, politici e in merito alla politica estera. «Nella Nato, come nell’Unione europea - hanno spiegato i due leader nella conferenza stampa congiunta - dai settori industriali al mercato comune europeo, intendiamo sviluppare ulteriormente la nostra competitività e cooperazione. Importante soprattutto continuare a sostenere la causa di Kiev e fare in modo di realizzare delle partnership direttamente con i Paesi dai quali partono tanti flussi migratori illegali, al fine di prevenirli e garantire la sicurezza delle persone. C’è forte sintonia in particolare sulla guerra. Sosterremo l’Ucraina fino a quando sarà necessario. Non va poi escluso che le due questioni possano essere legate. Nel Sahel c’e’ una forte presenza della Wagner, una forza che potrebbe sfruttare questo strumento come elemento di conflitto.

Infine una battuta da parte di Meloni, dopo aver ribadito di voler visitare Kiev prima del 24 febbraio, come d’accordo con lo stesso Zelensky: «Sui media è sempre stato detto che fossi allergica alla Germania, la verità è che non tutto quello che viene scritto su di me corrisponde a verità».

Ore 18:20 - Meloni: «Sarò a Kiev prima del 24 febbraio»

«L’Italia ha fatto ogni sforzo per dare una mano a 360 gradi: stiamo lavorando con la Francia sulla difesa missilistica, siamo arrivati al nostro sesto pacchetto di aiuti. Noi ci siamo e non faremo mancare il nostro sostegno per arrivare al dialogo. Aiutare l’Ucraina per portare gli attori al tavolo. Sarò a Kiev prima del 24 febbraio». Lo afferma la premier Giorgia Meloni da Berlino.

Ore 18:40 - Usa, nel nuovo invio armi missili a lungo raggio

Nel nuovo pacchetto di armi all’Ucraina ci sono missili di precisione a lungo raggio. Lo ha detto il portavoce del Pentagono in un briefing con la stampa.

Ore 18:42 - La battaglia di Bakhmut: finiranno prima gli uomini o le munizioni?

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il presidente Zelensky esclude un ritiro dalla «fortezza Bakhmut», mentre l’intelligence rilancia informazioni sui piani di Putin. Il Cremlino avrebbe ordinato ai generali di conquistare le regioni di Donetsk e Luhansk entro il 23 marzo.

Ore 18:47 - Accordo Italia-Francia, il sistema di difesa antiaerea Samp-T in Ucraina in primavera

Il sistema di difesa antiaerea Samp-T di fabbricazione italo-francese sarà consegnato all’Ucraina «nella primavera del 2023». È quanto afferma una nota della Difesa dopo un colloquio telefonico che si è tenuto nel pomeriggio tra il ministro Difesa Guido Crosetto e il ministro francese delle Forze armate Sebastien Lecornu nel quale sono stati definiti i dettagli tecnici per l’invio del sistema missilistico che «consentirà all’Ucraina di difendersi dagli attacchi dei droni, missili e aerei russi».

Ore 01:47 - Kherson, bombe russe su un centro commerciale

Un enorme incendio è scoppiato nel centro commerciale Epicentr K di Kherson dopo l’attacco di artiglieria della Russia. Non ci sono ancora informazioni sulle vittime. Giovedì i bombardamenti russi hanno distrutto un asilo a Zolota Balka, nel sud dell’oblast di Kherson, secondo l’amministrazione militare regionale citata dal Kyiv Independent .

Ore 01:49 - Sette adolescenti feriti nell’esplosione di una mina antiuomo

Sette adolescenti di età compresa tra 14 e 17 anni sono stati feriti da schegge per l’esplosione di una mina antiuomo antiuomo PFM a Izium, a sud-est di Kharkiv, intorno alle 20 ora locale, lo ha riferito il governatore dell’oblast di Kharkiv Oleh Syniehubov. «Uno degli adolescenti l’ha raccolta da terra e l’ha gettata accanto agli altri. La mina è esplosa», ha detto Syniehubov, aggiungendo che cinque adolescenti sono stati ricoverati in ospedale secondo il Kyiv Independent. Il 31 gennaio, Human Rights Watch ha invitato l’Ucraina a indagare sul presunto uso da parte dei militari di mine terrestri antiuomo lanciate da razzi dentro e intorno alla città di Izium durante l’occupazione russa. L’organizzazione afferma di aver documentato nove usi di mine antiuomo PFM, che sono state sparate in territori precedentemente controllati dalla Russia a Izium, suggerendo che sia stato l’esercito ucraino. L’Ucraina fa parte della Convenzione sulle mine antiuomo del 1997, che vieta l’uso di tali armi. Human Rights Watch ha precedentemente pubblicato rapporti sull’uso diffuso da parte della Russia di armi proibite. «Le forze russe hanno utilizzato mine antiuomo in diverse aree dell’Ucraina, comprese trappole esplosive attivate dalle vittime, sin dalla sua invasione su vasta scala dell’Ucraina il 24 febbraio 2022», si legge nel rapporto. Secondo Serhii Kruk, che dirige il servizio di emergenza statale dell’Ucraina, circa il 30% del territorio ucraino è minato a causa della guerra su vasta scala della Russia, un’estensione pari al doppio dell’area dell’Austria.

Ore 01:51 - Volontario americano ucciso a Bakhmut

Un volontario americano, Pete Reed, è stato ucciso giovedì a Bakhmut, nell’Ucraina orientale. Lo ha annunciato la Global Response Medicine, l’organizzazione umanitaria che aveva fondato. Trentatre anni, veterano della marina Usa, Reed «è rimasto ucciso mentre prestava aiuto» con un’altra organizzazione la Global Outreach Doctors, si legge in un post su Instagram. Ha anche guidato i team medici durante la battaglia per Mosul, in Iraq, curando oltre 10.000 pazienti. «Pete ha vissuto una vita al servizio degli altri, prima come marine decorato e poi nel settore degli aiuti umanitari», ha sottolineato la sua organizzazione. Un portavoce del dipartimento di Stato americano ha confermato «la morte di un cittadino statunitense in Ucraina» aggiungendo di essere in contatto con la famiglia per fornire tutta l’assistenza necessaria.

Dominio dell’aria. Perché l’Ucraina ha bisogno degli aerei da combattimento F16. Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 4 Febbraio 2023.

Il caccia multiruolo già usato da molti alleati Nato è l’unica arma che può assicurare a Kyjiv un vantaggio significativo nei cieli: sarà fondamentale nel caso in cui, come prevedibile, l’invasione russa dovesse protrarsi ancora a lungo

Punto a capo, il dibattito sull’invio di armi all’Ucraina è ormai ciclico, come le soap opera o le migrazioni degli uccelli. Kyjiv fa richiesta di un nuovo sistema d’arma, cruciale per rispondere a un cambio di strategia russo; i Paesi europei (Germania e Italia in testa) si mostrano scettici; la tensione fra Ucraina e Europa si scarica su Washington, mettendo in difficoltà i governi del Vecchio Continente; le capitali occidentali si accordano e nuovi carri armati – o sistemi antiaerei, o missili a lunga gittata – vengono consegnati ai difensori.

Questa volta è il turno degli aerei da combattimento. La richiesta di invio di caccia multiruolo F-16 di produzione americana è arrivata per bocca del viceministro della Difesa Andrei Melnyk pochi minuti dopo l’annuncio sui Leopard 2. Questo messaggio è stato poi ripreso da molti account della twittersfera ucraina, incluso il ministero della Difesa, che ha twittato un laconico «F-16», senza ulteriori spiegazioni.

L’F-16 questo sconosciuto

L’aereo sembra essere diventato il nuovo frutto proibito del rapporto fra l’Ucraina e i suoi sostenitori occidentali. Su entrambe le sponde dell’Atlantico ci sono infatti molte perplessità. Incalzato dalle opposizioni, il cancelliere Olaf Scholz si è detto contrario all’invio di aerei, e secondo indiscrezioni del Financial Times i sostenitori dell’Ucraina al Pentagono sono ancora impegnati in un’opera di persuasione nei confronti dei vertici del Dipartimento della Difesa.

Detto questo, la dialettica esasperata che ha accompagnato la precedente decisione sui panzer sembra aver convinto molti leader e opinionisti a trattare con più sobrietà il tema. Il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro olandese Mark Rutte si sono mostrati aperti alla discussione, mentre Lockheed Martin si è detta pronta a rifornire l’Ucraina in caso di necessità (i produttori del Leopard 2 erano stati molto più ambigui sulla propria capacità di produrre panzer a sufficienza, suggerendo un desiderio di adeguarsi alle richieste politiche di Berlino).

Il dibattito sul F-16 è oggettivamente meno isterico di quello sui carri armati anche a causa dell’oggettiva complessità tecnica e dottrinale insita nella fornitura di jet. L’F-16 è un caccia multiruolo prodotto a partire dagli anni Settanta e aggiornato numerose volte. Si definisce “multiruolo” perché, pur nascendo come aereo da superiorità aerea – cioè concepito per abbattere gli aerei nemici –, è in grado di svolgere diversi tipi di missione, anche l’attacco contro obiettivi di terra.

È utilizzato da trenta Paesi, otto Stati europei della Nato, permettendo così un ampio sostegno e una distribuzione dei costi equa fra gli alleati, come fu per il Leopard 2. Ma addestrare gli ucraini per l’utilizzo di un F-16 è di gran lunga più difficile rispetto all’artiglieria o ai carri armati, e richiederebbe almeno sei mesi: è dotato di una serie di miglioramenti (radar molto efficaci, munizioni guidate di alta qualità e diverse funzioni high-tech) non presenti nei Mig-29 ucraini.

Perché finora non si è parlato di aerei

Rispetto a sistemi di terra relativamente semplici (e chi ha seguito la questione su Linkiesta in queste settimane sa che non c’è niente di semplice nell’operare una formazione corazzata), l’integrazione di un caccia moderno nelle forze aree richiede uno sforzo importante in termini organizzativi.

Il sistema di supporto attorno all’aereo – manutenzione, ammodernamento, riparazioni, addestramento – è importante tanto quanto le ore di volo del velivolo, e un transfer di velivoli andrebbe accompagnato da un profondo impegno Nato in termini di materiale e know how. C’è anche la questione costi: un F-16 costa fra i dodici e i sessantaquattro milioni di dollari a seconda del modello, e soprattutto le varianti più vecchie hanno una durabilità in termini di ore di volo minore rispetto alle loro controparti.

Ma non c’è solo la dimensione operativa. Il passaggio a un aereo di produzione occidentale implicherebbe potenzialmente un cambio di paradigma strategico per le forze ucraine e i suoi sostenitori, che finora hanno privilegiato un approccio più “post-sovietico” al conflitto. La difesa dello spazio aereo ucraino è stata affidata a cannoni antiaerei e a missili terra-aria (come il Samp/T italofrancese), mentre il bombardamento delle truppe russe è stato svolto dall’artiglieria e da sistemi balistici. Questo è dovuto dalla natura contesa dei cieli sopra il campo di battaglia. Nessuno dei due Paesi è stato in grado di imporre la propria supremazia aerea sull’altro, e la proliferazione di sistemi antiaerei molto efficaci ha spinto entrambe le parti a essere prudenti nell’uso dell’aeronautica.

Perdere un aereo, e soprattutto il pilota, comporta un costo elevato, e dove possibile si è preferito ricorrere ad abbondanti unità di artiglieria. Effettivamente, questo approccio si è rivelato un successo per gli ucraini: grazie a sistemi di artiglieria come l’Himars e presto l’Atacms, Kyjiv è riuscita a sferrare attacchi sui centri nevralgici dell’«operazione speciale» russa e mettere in difficoltà le forze di invasione.

Perché all’Ucraina serviranno aerei

Tuttavia, non è da escludere che un giorno l’Ucraina non possa più permettersi un approccio interamente terrestre. Nel medio e lungo termine, la Russia sembra infatti favorita nella guerra aerea. La mancanza di superiorità aerea non significa che in questo anno siano mancati i combattimenti, anzi. I Su-35 e Mig-31 russi hanno una portata maggiore degli aerei ucraini, che sono in netto svantaggio nel combattimento diretto. In più, il logoramento degli assetti ha un effetto relativo molto più pesante sull’aeronautica ucraina rispetto a quella russa. Pur con difficoltà, i russi possono ancora sostituire gli assetti abbattuti e riparare gli aerei danneggiati. Mentre in assenza di una produzione indigena di aerei e pezzi di ricambio, Kyjiv non può sostituirli. Soprattutto, i difensori non possono permettersi di perdere troppi piloti, il cui addestramento è molto più prezioso dell’aereo stesso.

Se l’Ucraina non sarà in grado di rimpiazzare i propri aerei e migliorare le speranze di sopravvivenza dei piloti in combattimento, la Russia avrà sicuramente maggior margine di manovra per mitigare gli effetti della contraerea ucraina.

Pur non potendo imporre un dominio totale dell’aria, è verosimile che i russi cercheranno di guadagnarsi il controllo dei cieli in una manciata di settori, spianando la strada a offensive di terra e andando a caccia dei sistemi di artiglieria ucraini. Questo è anche il motivo per il quale il dibattito sui F-16 è stato lanciato proprio adesso: in primavera e estate, entrambi gli schieramenti proveranno a lanciare le proprie offensive. In questo frangente, una delle priorità sarà esattamente quella di garantire la superiorità aerea locale e escogitare tattiche per superare lo stallo della guerra di posizione, imposta dai duelli di artiglieria di questi mesi. È probabile che lo strumento aereo avrà un ruolo centrale in questo tentativo di sblocco.

È difficile a dirsi se i decisori occidentali faranno “ammuina” come è avvenuto per i veicoli corazzati. Le obiezioni mosse da chi ha dubbi sulla fornitura di jet, che si tratti di F-16 o dei meno costosi Saab Gripen suggeriti dal think tank britannico Rusi, sono tutte legittime. Ad ogni modo, il tema dei jet continuerà ad accompagnarci se il conflitto si protrarrà nel corso del 2023.

Pallone-spia sugli Usa, Blinken rinvia il viaggio in Cina. Pechino: «È solo uno strumento meteo». Un altro pallone-spia avvistato sopra l’America Latina. Guido Santevecchi e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 4 Febbraio 2023.

Il viaggio di Blinken è stato rinviato. Xi aveva necessità di evitare ogni possibile crisi con gli Usa, in questo momento: ecco perché

Un pallone-spia scoperto nel cielo americano sopra una base missilistica nel Montana (un innocente strumento per rilevazioni meteo, secondo la giustificazione cinese) ha fatto saltare la visita a Pechino di Antony Blinken. Il segretario di Stato era atteso in questo fine settimana per riannodare il dialogo con Xi Jinping. Dopo ore di consultazioni tese, mentre i repubblicani del Congresso invocavano l’abbattimento del pallone, il dipartimento di Stato ha detto che «di fronte a una violazione inaccettabile della sovranità statunitense non ci sono al momento le condizioni per il viaggio del segretario Blinken in Cina». Blinken ha chiamato Wang Yi, responsabile della politica estera del Partito comunista per avvisarlo della sospensione e dell’intenzione di «riprogrammare la missione». Poi nella tarda serata di venerdì l’annuncio del Pentagono che ha fatto salire ulteriormente la tensione: «Abbiamo ricevuto segnalazioni che un altro pallone-spia cinese è in transito sui cieli dell’America Latina» ha detto il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, alla Cnn.

A Pechino avevano cercato di temporeggiare. La prima risposta della portavoce degli Esteri cinese, ieri mattina, era stata un invito a «calma e alla cautela senza fare sensazionalismo prima di avere una chiara comprensione dei fatti». Diverse ore dopo, la versione ufficiale: «Il velivolo aerostatico aveva scopi civili, ricerca meteorologica; ha deviato dalla rotta prevista per cause di forza maggiore, venti di ponente che lo hanno spinto sullo spazio aereo americano». Conclusione di Pechino: «Ci rammarichiamo per l’accaduto e continueremo a comunicare con la parte americana per gestire questa situazione imprevista».

La sensazione è che Xi fosse molto interessato alla missione di Blinken. Nei giorni scorsi erano filtrate voci secondo cui il secretary of State, oltre che con il collega cinese degli Esteri, avrebbe avuto un faccia a faccia con il presidente comunista. Uno sviluppo notevole, visto che cinque anni fa Mike Pompeo, ultimo segretario di Stato arrivato a Pechino, era stato snobbato da Xi che non lo aveva ricevuto. Un editoriale uscito mercoledì sul Quotidiano del Popolo segnalava come la Cina voglia trovare terreno comune «nell’interesse della ripresa economica globale» (tradotto: serve la sponda americana per rivitalizzare la crescita cinese e anche una stretta di mano con Blinken sarebbe stata incoraggiante).

Mentre la diplomazia cinese cerca di minimizzare, il Global Times, quotidiano nazionalcomunista di Pechino, ha condensato in un tweet un commento irridente: «Il pallone, anche se civile, è un bersaglio grosso come tre autobus. Se è potuto entrare senza difficoltà nel cielo americano, prova che la difesa aerea degli Stati Uniti è un sistema puramente decorativo e non affidabile». Il mini-editoriale è accompagnato da una vignetta che mostra lo Zio Sam mentre gonfia un pallone con la scritta «Minaccia cinese».

Il «pallone-spia» era stato individuato e seguito già mercoledì dal Pentagono. Secondo i rilevamenti, prima di entrare nello spazio aereo degli Stati Uniti era passato sopra il Canada. L’allarme è scattato quando volava a circa 18.000 metri di quota sul Montana, dove nella base di Malstrom sono schierati circa 150 missili Minuteman III intercontinentali a testata nucleare. Luogo «sensibile» per la sicurezza nazionale, come dicono i militari, obiettivo di un’azione di «intelligence aggressiva» da parte cinese. La US Air Force ha fatto decollare due caccia F-22 pronti ad abbattere l’intruso, ma la decisione politica della Casa Bianca è stata di non aprire il fuoco per evitare la caduta a terra di rottami (e forse un atto ostile che avrebbe aperto una crisi più aspra con i cinesi).

Gli esperti ricordano che questi palloni di ultima generazione possono operare ad altissima quota: tra i 24.000 e i 37.000 metri, ben al di sopra delle rotte degli aerei civili, che non superano i 10 mila. Possono avere dei vantaggi sui satelliti: sono meno costosi e la miniaturizzazione delle apparecchiature elettroniche per la raccolta di informazioni «riduce il peso da imbarcare, permettendo di allestire palloni più piccoli e semplici da lanciare», dice alla Cnn Peter Layton, ex ufficiale dell’Air Force australiana. In più, i palloni possono essere manovrati dai computer a bordo, cambiando quota e direzione. In pratica, un solo pallone può svolgere il lavoro di più satelliti orbitanti.

Costi, interferenze, «saturazione»: perché i “palloni” cinesi possono davvero essere un problema, per gli Usa. Guido Olimpio Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023.

C’è ancora molto da capire, ma i palloni spia sono costosi da abbattere, possono essere usati per «saturare» le difese, e potrebbero generare interferenze agli apparati di bordo dei caccia impegnati nel tracciamento

C’è ancora molto da capire su palloni e «oggetti volanti» intercettati a ripetizione in Nord America. Interessanti un paio di spunti dell’esperto Tyler Rogoway.

1. I target sono stati distrutti usando missili Sidewinder, costo unitario di quasi 500 mila dollari. A questo si aggiungono le «spese» per la missione che ha coinvolto F22, aerei da ricognizione, velivoli di supporto per il recupero dei rottami. Un conto che potrebbe diventare molto alto nel caso questi episodi dovessero intensificarsi.

2. Gli avversari di Usa e Canada potrebbero usare palloni o simili per saturare le difese. E non è detto che gli «intrusi» debbano avere a bordo un carico operativo importante. Farebbero comunque da «esca» diventando dei diversivi. L’aviazione sarebbe comunque costretta ad agire per fermarli, con dispendio di risorse e mezzi. Uno scenario simile a quello visto in Ucraina durante i bombardamenti dei russi sulle città. Lanciano attacchi «a sciame» di missili e droni, con i secondi meno costosi rispetto alle armi che devono intercettarli.

Sempre i russi, insieme ai vettori con testate belliche, si affidano ad altri con testate inerti, al solo scopo di impegnare l’avversario e costringere la contraerea ha sparare molti «sistemi».

3. Secondo indiscrezioni sui media i piloti dei caccia impegnati nel tracciamento degli oggetti non identificati hanno segnalato interferenze agli apparati di bordo.

Cosa sono i palloni spia e perché Pechino ne ha usato uno sopra gli Usa? Redazione Esteri su Il Corriere della Sera il 3 Febbraio 2023.

I primi utilizzi nel Settecento, la rinnovata importanza dello spazio dell’atmosfera in cui volano e le ragioni della missione di Pechino

Da due giorni un pallone-spia cinese vola nei cieli degli Stati Uniti nordoccidentali, seguito da terra dal Pentagono. Pechino sostiene che si tratti di un «velivolo civile, uno strumento meteo», ma non è bastata come spiegazione a Washington: la Casa Bianca ha annunciato che la visita in Cina del Segretario di Stato Antony Blinken, in agenda per la prossima settimana, sarà rinviata.

Cos’è accaduto oggi?

Il Pentagono ha diffuso solo alcuni dettagli: «Il pallone viaggia a un’altitudine ben superiore a quella degli aerei commerciali e non rappresenta una minaccia fisica o militare chi si trova a terra». I media statunitensi riportano la ricostruzione di alcuni funzionari: gli aerei da caccia erano pronti al decollo, ma i vertici dell’Aeronautica e delle altre forze armate hanno consigliato al presidente Joe Biden di non autorizzare la missione per il rischio che eventuali frammenti cadessero a terra.

Cosa sono i palloni-spia?

I palloni-spia moderni sono aerostati cui sono appese delle telecamere, vengono spostati dal vento e possono essere alimentati da pannelli solari. In alcuni casi, sono anche dotati di radar. Di solito, questi palloni si muovono ad altitudini comprese tra i 24mila e i 37mila metri, ben al di sopra degli aerei di linea che non superano mai i 12mila metri.

Perché utilizzare un pallone piuttosto che un satellite?

Se per decenni le missioni di spionaggio aereo erano condotte principalmente con aerei spia o, nella maggior parte dei casi, satelliti, lo sviluppo di nuove tecnologie di difesa militare antisatellite — come, ad esempio, armi laser — ha spostato di nuovo l’interesse verso i palloni aerostatici. Non offrono lo stesso livello di affidabilità o di prestazioni (specie su lunghi archi temporali) di un satellite, ma sono più facili da recuperare e il loro lancio è notevolmente più economico. Inoltre, le telecamere che vengono appese ai palloni possono osservare un punto preciso più a lungo, perché si muovo più lentamente dei satelliti, e da un’altitudine minore.

Quando furono utilizzati per la prima volta?

I primi a utilizzare aerostati da ricognizione furono i soldati francesi nel 1794, nel corso delle guerre post-Rivoluzione. Sono stato poi utilizzati negli anni Sessanta dell’Ottocento durante la guerra civile negli Stati Uniti. In entrambi i casi si trattava di mongolfiere: i militari a bordo utilizzavano canocchiali per scandagliare il terreno e raccogliere informazioni sul nemico. Proprio gli Usa, negli ultimi anni, hanno sperimentato di nuovo l’utilizzo di questo tipo di velivoli, ma solo sul proprio territorio. Un esperto militare ha spiegato a Reuters che palloni-spia furono a lungo utilizzati sia dagli Stati Uniti che dall’Unione sovietica nel corso della Guerra Fredda, in quanto costituivano un mezzo economico di spionaggio.

Perché la Cina lo ha lanciato?

Le ragioni, sottolinea al Guardian il professore di Sicurezza internazionale e intelligence John Blaxland, potrebbero essere principalmente due: anzitutto, Pechino era consapevole che il pallone sarebbe stato scoperto, dunque potrebbe averlo usato come strumento per imbarazzare gli Stati Uniti e, nel frattempo, raccogliere informazioni di intelligence. Il secondo è mostrare agli Stati Uniti che la Cina è al passo con le tecnologie di Washington ed è in grado di replicarle.

Cosa ci si può aspettare nel futuro?

«Non c’è limite alle tecnologie che si possono attaccare sotto a un pallone», prosegue Blaxland. «La questione centrale è la fetta di cielo dove volano questi palloni: lo spazio, su cui le strategie militari si sono concentrati per decenni, è ormai congestionato. Così la fascia di atmosfera appena inferiore ha ora un’importanza del tutto nuova per quanto riguarda la sorveglianza e lo spionaggio internazionale».

Un secondo pallone spia cinese sui cieli americani. Pechino: «Episodio usato per diffamarci». Guido Santevecchi su Il Corriere della Sera il 4 Febbraio 2023.

Tensione tra Stati Uniti e Cina. Il pallone individuato venerdì volava su una base missilistica nel Montana; un secondo avvistato sull’America Latina. Pechino: «Si evitino giudizi errati»

Un pallone-spia scoperto nel cielo americano sopra una base missilistica nel Montana (un innocente strumento per rilevazioni meteo, secondo la giustificazione cinese) ha fatto saltare la visita a Pechino di Antony Blinken.

Il segretario di Stato era atteso in questo fine settimana per riannodare il dialogo con Xi Jinping.

Dopo ore di consultazioni tese, mentre i repubblicani del Congresso invocavano l’abbattimento del pallone, il dipartimento di Stato ha detto che «di fronte a una violazione inaccettabile della sovranità statunitense non ci sono al momento le condizioni per il viaggio del segretario Blinken in Cina».

Blinken ha chiamato Wang Yi, responsabile della politica estera del Partito comunista per avvisarlo della sospensione e dell’intenzione di «riprogrammare la missione».

Poche ore più tardi, il Pentagono ha detto di aver ricevuto «segnalazioni di un pallone in transito in America Latina: valutiamo che si tratti di un altro pallone di sorveglianza cinese».

A Pechino avevano cercato di temporeggiare. La prima risposta della portavoce degli Esteri cinese, ieri mattina, era stata un invito a «calma e alla cautela senza fare sensazionalismo prima di avere una chiara comprensione dei fatti». Diverse ore dopo, la versione ufficiale: «Il velivolo aerostatico aveva scopi civili, ricerca meteorologica; ha deviato dalla rotta prevista per cause di forza maggiore, venti di ponente che lo hanno spinto sullo spazio aereo americano». Conclusione di Pechino: «Ci rammarichiamo per l’accaduto e continueremo a comunicare con la parte americana per gestire questa situazione imprevista».

Più seccata la replica dopo la rinuncia alla visita da parte di Blinken: «La Cina agisce sempre in stretta conformità con il diritto internazionale e rispetta la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi. Alcuni politici e media negli Stati Uniti hanno esaltato» questa vicenda «per attaccare e diffamare la Cina. La parte cinese è fermamente contraria a questo. Cina e Stati Uniti devono rimanere concentrati, comunicare in modo tempestivo, evitare giudizi errati e gestire le divergenze di fronte a situazioni inaspettate».

La sensazione è che Xi fosse molto interessato alla missione di Blinken. Nei giorni scorsi erano filtrate voci secondo cui il secretary of State, oltre che con il collega cinese degli Esteri, avrebbe avuto un faccia a faccia con il presidente comunista. Uno sviluppo notevole, visto che cinque anni fa Mike Pompeo, ultimo segretario di Stato arrivato a Pechino, era stato snobbato da Xi che non lo aveva ricevuto.

Un editoriale uscito mercoledì sul Quotidiano del Popolo segnalava come la Cina voglia trovare terreno comune «nell’interesse della ripresa economica globale» (tradotto: serve la sponda americana per rivitalizzare la crescita cinese e anche una stretta di mano con Blinken sarebbe stata incoraggiante). Mentre la diplomazia cinese cerca di minimizzare, il Global Times , quotidiano nazionalcomunista di Pechino, ha condensato in un tweet un commento irridente: «Il pallone, anche se civile, è un bersaglio grosso come tre autobus. Se è potuto entrare senza difficoltà nel cielo americano, prova che la difesa aerea degli Stati Uniti è un sistema puramente decorativo e non affidabile».

Il mini-editoriale è accompagnato da una vignetta che mostra lo Zio Sam mentre gonfia un pallone con la scritta «Minaccia cinese». Il «pallone-spia» era stato individuato e seguito già mercoledì dal Pentagono. Secondo i rilevamenti, prima di entrare nello spazio aereo degli Stati Uniti era passato sopra il Canada. L’allarme è scattato quando volava a circa 18.000 metri di quota sul Montana, dove nella base di Malstrom sono schierati circa 150 missili Minuteman III intercontinentali a testata nucleare. Luogo «sensibile» per la sicurezza nazionale, come dicono i militari, obiettivo di un’azione di «intelligence aggressiva» da parte cinese.

La US Air Force ha fatto decollare due caccia F-22 pronti ad abbattere l’intruso, ma la decisione politica della Casa Bianca è stata di non aprire il fuoco per evitare la caduta a terra di rottami (e forse un atto ostile che avrebbe aperto una crisi più aspra con i cinesi). Gli esperti ricordano che questi palloni di ultima generazione possono operare ad altissima quota: tra i 24.000 e i 37.000 metri, ben al di sopra delle rotte degli aerei civili, che non superano i 10 mila. Possono avere dei vantaggi sui satelliti: sono meno costosi e la miniaturizzazione delle apparecchiature elettroniche per la raccolta di informazioni «riduce il peso da imbarcare, permettendo di allestire palloni più piccoli e semplici da lanciare», dice alla Cnn Peter Layton, ex ufficiale dell’Air Force australiana. In più, i palloni possono essere manovrati dai computer a bordo, cambiando quota e direzione. In pratica, un solo pallone può svolgere il lavoro di più satelliti orbitanti.

Il pallone spia cinese è stato abbattuto, ma la crisi (doppia) è solo all’inizio: ecco perché. Federico Rampini su Il Corriere della Sera il 4 Febbraio 2023.

Il pallone spia cinese è stato abbattuto con una operazione «di precisione chirurgica»: ma la crisi gemella che ha innescato - interna agli Stati Uniti, e tra Washington e Xi Jinping — continua

E adesso che succede, tra Washington e Pechino? Ora che il pallone-spia è stato abbattuto con un’operazione di «precisione chirurgica» (sulla costa atlantica, quando non poteva più far danni cadendo a terra, ma entro la zona delimitata dalle acque territoriali Usa) la crisi politico-diplomatica continua.

Anzi, le due crisi gemelle. Perché questa vicenda ha due versanti: lo scontro tra i parlamentari repubblicani e l’Amministrazione Biden da una parte, quello tra Stati Uniti e Cina dall’altra.

Biden è stato costretto a dare l’ordine al Pentagono di abbattere quel pallone perché era sotto un’escalation di attacchi interni. Molti deputati repubblicani – che sono la maggioranza alla Camera dall’inizio di quest’anno – hanno giudicato gravissimo che «uno strumento di spionaggio del partito comunista cinese sia stato lasciato sorvolare l’intero territorio continentale degli Stati Uniti, indisturbato». Il fatto che per le prime 48 ore di questa crisi la Casa Bianca si fosse limitata a condannare verbalmente la Cina, e a rinviare la visita del segretario di Stato Antony Blinken a Pechino, era stato stigmatizzato dalla destra come una prova di debolezza e arrendevolezza verso la grande rivale strategica. Alcuni esponenti del Grand Old Party erano arrivati a sostenere che il Pentagono, evitando di intercettare e abbattere o catturare l’oggetto volante, avesse violato i suoi stessi protocolli sulla difesa dello spazio aereo nazionale.

La scusa di Biden – non voleva correre il rischio che i detriti del pallone potessero colpire qualcuno a terra – è parsa inadeguata, tanto più che la U.S. Air Force dovrebbe essere in grado di reagire con efficacia a incursioni di oggetti volanti di ogni sorta. L’attacco «chirurgico» sul cielo sopra la South Carolina dovrebbe rassicurare almeno su questo.

Ammesso che Biden riesca a tacitare le critiche interne, lo fa al prezzo di alzare la tensione con Xi Jinping. Abbattere un pallone-spia che viola lo spazio aereo nazionale è del tutto lecito, e tuttavia questo significa denunciare pubblicamente come una menzogna la versione ufficiale cinese sul «pallone di osservazione meteorologica».

Inoltre, se il Pentagono prosegue la sua missione fino in fondo, ora deve recuperare i detriti, in particolare le apparecchiature usate per riprese fotografiche, e rivelare (almeno alla Casa Bianca e alle commissioni congressuali competenti) il contenuto delle immagini «rubate» dai cinesi sul territorio nazionale americano. Lungi dall’essersi conclusa con il gesto diplomatico di Antony Blinken che ha rinviato la visita a Xi, questa è una crisi che potrebbe essere solo agli inizi.

La versione della Cina sul pallone spia è credibile? E cosa succede ora? Guido Santevecchi su Il Corriere della Sera il 5 Febbraio 2023.

Il pallone spia cinese è stato abbattuto, la tensione tra Washington e Pechino è alta. Ma perché non è stato abbattuto subito? E che cosa succede ora con Xi Jinping?

La U.S. Navy sta recuperando i rottami del pallone-spia cinese abbattuto dopo cinque giorni di volo sugli Stati Uniti. «Ce ne stiamo prendendo cura», ha risposto Joe Biden ai giornalisti che gli gridavano domande sul pallone scoperto mercoledì mentre volava sulla base missilistica americana del Montana. Poco dopo, l’azione risolutiva: l’abbattimento con i caccia sopra l’Oceano Atlantico, dopo aver fermato i voli civili in tre aeroporti e tenuto a distanza imbarcazioni private nella zona. Infine è partita l’operazione di recupero del relitto, con unità della Marina militare.

Intanto i suoi detriti politici sono già precipitati sulla diplomazia Usa-Cina in questi tempi di Nuova Guerra Fredda. Il Segretario di Stato Antony Blinken ha sospeso la visita a Pechino denunciando «l’inammissibile e irresponsabile» aggressione alla sovranità territoriale di Washington. Pechino sostiene che la «navicella aerea» aveva scopi di pura ricerca scientifica e meteorologica e ha perso la rotta per «force majeure», come si dice in linguaggio diplomatico quando ci si vuole scusare negando la colpa. Dopo la versione difensiva, il Ministero degli Esteri cinese ha contrattaccato, accusando «certi politici e giornali americani» di voler cavalcare il pallone per diffamare la Repubblica popolare. È stato avvistato un secondo vascello volante, questa volta sull’America Latina, e si sta verificando una segnalazione canadese, che potrebbe riferirsi alla rotta seguita dal primo pallone cinese, poi individuato mercoledì sulla base dei missili intercontinentali Minuteman III nel Montana. Dietro il pallone aerostatico (o i palloni) c’è una scia di domande.

La versione cinese è credibile?

Il Pentagono mantiene il punto: le dimensioni del pallone, «lungo come tre scuola-bus in fila» fanno escludere un innocuo impiego per rilevazioni meteo; la «forza maggiore» accampata dai cinesi (venti da Ponente sul Pacifico) è «inattendibile», perché il velivolo «ha mutato rotta e dimostrato capacità di manovrare». Conclusione: non sono stati i venti a portare casualmente il pallone-spia nel cielo sopra i silos del Montana dove sono celati 150 missili intercontinentali americani. L’avvistamento del secondo pallone toglie ogni dubbio: due «errori di rotta» contemporanei sembrano impossibili.

Che cosa è un pallone-spia?

La forma somiglia a quella di una grande sonda-meteo, ma alcuni elementi differiscono e dimostrano lo scopo di intelligence, spiega William Kim, specialista di questi velivoli da ricognizione presso il think tank Marathon Initiative di Washington. Sotto la «pancia» del pallone si nota un imponente «carico utile», costituito da apparecchiature elettroniche per la guida e la raccolta di dati, e anche da pannelli solari per l’alimentazione, ha detto Kim alla France Presse. Il tecnico sostiene che l’apparecchio cinese potrebbe imbarcare tecnologie di guida non ancora utilizzate dall’intelligence americana (che pure non disdegna i palloni da ricognizione e dal 2019 li impiega per esempio per dare la caccia ai narcotrafficanti). Kim parla di Intelligenza Artificiale: «Basta dotare un pallone di un programma AI per poter fare a meno di mezzi di propulsione propri, il sistema "intelligente" controlla semplicemente l’altitudine per sfruttare le correnti in quota e dirigere il pallone verso la destinazione voluta».

Non bastano i satelliti?

Non passa giorno ormai senza che qualche foto satellitare venga pubblicata per svelare movimenti di truppe o armamenti, dall’Ucraina alla Nord Corea. Poi ci sono gli aerei-spia e i droni. Perché usare anche mezzi apparentemente «rudimentali» come i palloni? I satelliti celebrati come «Eye in the Sky», occhi elettronici nel cielo, sono gioielli molto costosi sia per i materiali usati nella costruzione sia per il lancio. Sono «prevedibili» nelle loro orbite e quindi vulnerabili con attacchi da terra o dallo spazio, dice ancora Kim. I palloni moderni invece «sono fatti di materiale che non riflette la luce, e anche se sono piuttosto voluminosi potrebbero sfuggire ai radar, al contrario di aerei e droni». Soprattutto, i palloni-spia «possono stazionare su un obiettivo e sorvegliarlo costantemente per mesi, al contrario dei satelliti che devono seguire la loro orbita. Si possono raccogliere informazioni più dettagliate».

Pericolo per i civili?

I palloni-spia di nuova generazione possono operare ad altissima quota: tra i 24.000 e i 37.000 metri, ben al di sopra delle rotte seguite dagli aerei civili, che non superano i 10 mila metri. Quello dello scandalo cinese è stato individuato ad altezza più bassa sul Montana: circa 18.000 metri, ma sempre a distanza di sicurezza rispetto ai jet con passeggeri. L’intrusione della sonda però, anche se non armata pone in pericolo gli Stati Uniti, dice il generale della riserva John Ferrari, oggi all’American Enterprise Institute. Il solo sorvolo può essere servito ai cinesi per mettere alla prova la capacità americana di individuare le minacce e per trovare «buchi nel sistema di allarme della difesa aerea». Ferrari ha detto alla Associated Press che le apparecchiature d’intelligence sul pallone possono aver fornito a Pechino dati sulle «emissioni elettromagnetiche che satelliti orbitanti a quote superiori non possono captare, come frequenze radio impiegate per le comunicazioni dei sistemi d’arma americani». E poi, conclude l’ex generale «i cinesi possono aver spedito il pallone per mostrarci che possono farlo e che la prossima volta potrebbe essere armato: ora dovremo spendere più tempo e denaro per difenderci».

Perché non è stato abbattuto subito?

Fonti americane dicono che il presidente Joe Biden era stato avvertito già martedì, quando il pallone cinese era ancora sul Canada. La US Air Force aveva lanciato due caccia F-22 per intercettarlo, ma è stato deciso di non aprire il fuoco per non rischiare che i rottami cadessero su zone abitate: da quella quota si sarebbero dispersi su un’area di almeno 400 chilometri quadrati. È possibile anche che la Casa Bianca abbia deciso di aspettare per motivi politici, per non riscaldare il clima da Guerra Fredda. C’è ancora tempo: il Pentagono valuta che il pallone-spia continuerà a viaggiare nello spazio aereo americano per altri cinque giorni. Comunque, «abbattere un pallone del genere non è così semplice come può sembrare alla gente», dice William Kim. «Funziona a elio, non prende fuoco se è colpito, non esplode. Se lo si perfora, si sgonfia molto lentamente». È successo nel 1998, quando un F-18 canadese ha dovuto sparare un migliaio di proiettili da 20 millimetri e il pallone è finito al suolo sei giorni dopo.

Perché proprio ora?

I militari di Washington dicono che la loro analisi si basa anche su «precedente attività spionistica» condotta con questo sistema dai cinesi e su «ammissioni di funzionari comunisti in comunicazioni private». Non è chiaro come a Washington abbiano raccolto queste «ammissioni»: intercettazioni o comunicazioni riservate e imbarazzate di Pechino in queste ore di tensione? Sta di fatto che Blinken non ha cancellato la visita a Pechino ma l’ha solo «sospesa e rinviata a quando le condizioni lo consentiranno». Pechino ora osserva che in realtà la missione dell’inviato americano non era stata annunciata ufficialmente e quindi formalmente non è stata neanche cancellata. Sottigliezze mandarine. Ma un altro aspetto interessante è la dichiarazione di funzionari americani secondo cui già in passato, anche ai tempi di Donald Trump, i cinesi hanno usato palloni-spia: perché denunciarli proprio ora? Forse perché è la prima volta che nel mirino dello spione volante è finita una base missilistica.

Che succederà a Pechino?

Se fosse stato davvero una sorta di dirigibile spinto fuori rotta dai venti di Ponente del Pacifico, pagherebbero gli «scienziati» che non li hanno saputi dirigere e hanno provocato un disastro d’immagine. Se era un pallone-spia, il mandarino di quel dipartimento di intelligence dovrebbe spiegare perché è stato preso il rischio di farsi scoprire proprio ora, in un momento politicamente così delicato. O forse no, forse era tutto calcolato in un gioco tra servizi segreti e politica.

L’unità militare cinese segreta: chi c’è dietro alla campagna dei palloni aerostatici. Federico Giuliani su Inde Over il 19 Febbraio 2023.

Joe Biden ha ammesso in conferenza stampa che soltanto uno dei quattro oggetti non identificati avvistati recentemente nei cieli degli Stati Uniti apparteneva alla Cina. Il primo rilevato in ordine cronologico, per l’esattezza un pallone aerostatico individuato in Michigan, è stato definito da Washington un pallone spia cinese. “Non sappiamo ancora cosa siano i tre oggetti abbattuti la settimana scorsa ma al momento nulla fa pensare che siano legati alla Cina”, ha invece chiarito il presidente dem parlando degli altri ospiti indesiderati.

Diversa la versione di Pechino, secondo cui il pallone aerostatico abbattuto dagli Usa lo scorso 4 febbraio non sarebbe stato nient’altro che un innocuo dirigibile appartenente ad un’azienda privata cinese, usato per effettuare rilevazioni meteorologiche e finito nello spazio aereo statunitense a causa di venti inattesi. Il governo cinese non ha invece parlato dei restanti tre bersagli apparsi nei giorni successivi e distrutti dal Pentagono.

A distanza di settimane i presunti palloni spia continuano a dominare i titoli dei giornali. Anche perché gli analisti della sicurezza nazionale Usa ritengono che dietro le operazioni di questi insospettabili palloni potrebbe esserci un’unità futuristica dell’Esercito popolare di liberazione (EPL) cinese, creata su ordine del presidente cinese Xi Jinping. Si tratta di una fobia americana basata sul niente ed esacerbata soltanto a causa delle tensioni con la Cina, oppure dietro a questa ipotesi si nasconde una tesi plausibile?

Che cos’è la Strategic Support Force

L’unità citata si chiama Strategic Support Force (SSF). Creata nel 2015, come parte di un’importante ristrutturazione dell’EPL, è un’organizzazione a livello di comando teatrale istituita per “centralizzare le missioni e le capacità di spazio strategico, cyberspazio, guerra elettronica, di informazione nonché di guerra psicologica dell’esercito cinese”, secondo a un rapporto del Pentagono.

Come ha sottolineato Nikkei Asian Review, il suo principale teatro d’azione sembrerebbe essere il Mar Cinese Meridionale, dove l’unità conduce attività di allerta e sorveglianza insieme ad attività di raccolta di informazioni. 

I palloni aerostatici rientrano in questo quadro, tanto che all’inizio del 2021 si è verificato un incidente da ricordare. Quando il gruppo di portaerei USS Theodore Roosevelt e le navi di scorta hanno solcato le acque del Mar Cinese Meridionale, passando vicino alle installazioni militari che la Cina stava installando nelle aree limitrofe, Pechino ha subito adottato le sue contromisure. Il Dragone ha inviato in volo, sopra il gruppo d’attacco della portaerei, un pallone spia – forse rilevato dalla flotta Usa – incaricato di raccogliere informazioni su ogni singola mossa americana.

La SSF è comunque avvolta nella nebbia. Uno scorcio della portata della sua missione si trova però in un articolo del 2016 pubblicato Global Times. Il quotidiano cinese ha scritto che la Strategic Support Force comprenderebbe tre unità con funzioni diverse: l’unità di guerra informatica, per respingere e difendere la Cina dagli attacchi di hacking; l’unità di guerra spaziale, che ha giurisdizione sui satelliti spia e sul sistema satellitare di navigazione cinese BeiDou; e l’unità di guerra elettronica, che interrompe i sistemi radar e le comunicazioni del nemico.

Ebbene, sembrerebbe che il pallone aerostatico abbattuto da Washington al largo delle coste della Carolina del Sud fosse dotato di antenne potenzialmente correlate all’intercettazione delle comunicazioni, suggerendo la sua stretta connessione con la SSF. 

Funzionamento e utilizzo

Ma qual è il compito della Strategic Support Force? “Integra le forze di terra, della marina, dell’aria e dei razzi dall’inizio alla fine di un’operazione. Questa è la chiave per vincere le guerre”, ha dichiarato nel 2016 un portavoce del Partito Comunista al People’s Daily, un mese dopo la creazione della forza.

In particolare, la Forza di Supporto Strategico può fornire all’esercito cinese un “posizionamento globale accurato”, monitorare l’ambiente circostante con i satelliti e garantire che le comunicazioni vengano inviate e ricevute in modo sicuro. E ancora, ha sottolineato il South China Morning Post, espande la forza della guerra informatica, elettronica e psicologica, e conduce ricerche su come le informazioni, i dati e le nuove tecnologie possono essere utilizzate in combattimento.

La Strategic Support Force gestisce due accademie militari, una per l’ingegneria aerospaziale e l’altra per l’ingegneria dell’informazione. La PLA Information Engineering University comprende major in crittografia, sicurezza informatica, big data, intelligenza artificiale, navigazione e posizionamento, telerilevamento e rilevamento e controllo dei droni. La PLA Space Engineering University ospita invece lezioni sull’analisi dell’intelligence, sul telerilevamento, sull’ingegneria radar, sui sistemi di allarme rapido e sull’ingegneria del lancio di armi.

La SSF ha inoltre due Dipartimenti funzionali principali. Il Dipartimento dei sistemi spaziali gestisce i satelliti di intelligence e di comunicazione e conduce operazioni di telerilevamento (ma gestisce anche diversi centri di lancio di satelliti e basi di addestramento in Cina, compresi quelli di Jiuquan, Taiyuan e Wenchang) e utilizza anche il sistema di navigazione satellitare cinese BeiDou per aiutare l’esercito nelle operazioni militari. Il Dipartimento dei sistemi di rete è la “forza informatica” responsabile della difesa e dell’attacco alle reti di computer, della difesa e dell’offesa elettromagnetica e dell’intercettazione dei segnali per raccogliere informazioni.

La SSF è guidata dal generale Ju Qiansheng, comandante in carica dal giugno 2021, quando è stato promosso a generale a pieno titolo. In precedenza, era stato responsabile del Dipartimento dei sistemi di rete. Il signor Ju è aiutato dal tenente generale Hao Weizhong, vice comandante della forza e capo del Dipartimento di stato maggiore.

FEDERICO GIULIANI

Palloni, satelliti e aziende: come funziona lo spionaggio cinese negli Usa. Federico Giuliani il 4 Febbraio 2023 su Inside Over.

Nel nord degli Stati Uniti un misterioso pallone spia cinese ha viaggiato per giorni nei depressi territori del Montana.

Monitorato dal Pentagono, che ha scelto di non abbatterlo per evitare che i detriti dell’esplosione potessero recare danno ai civili, l’ospite inatteso ha messo in allerta la Casa Bianca. Gli alti funzionari della Difesa hanno spiegato che il pallone – della dimensione di tre autobus – è stato rilevato appena entrato nel territorio Usa, e che le autorità hanno agito immediatamente per prevenire una possibile raccolta di informazioni sensibili. Sono via via emersi ulteriori dettagli, in primis sul suo percorso: ha sorvolato le isole Aleutine, in Alaska, e attraversato una porzione di Canada prima di apparire sopra la città di Billings, nel Montana.

Il governo statunitense ha quindi scaldato i motori dei suoi aerei da combattimento, compresi gli F-22, nel caso in cui arrivasse l’ordine di far fuoco. Al momento non è stata comunicata la posizione esatta del presunto pallone-spia. Si sa però che lungo il tragitto ha sorvolato uno spazio aereo critico, e cioè uno dei tre campi di missili nucleari americani, la Malmstrom Air Force Base di Billings. I capi militari hanno affermato che l’apparente velivolo spia stava sorvolando siti sensibili per raccogliere informazioni ma, al tempo stesso, hanno sconsigliato di intraprendere “azioni cinetiche” contro il bersaglio mobile. Il dipartimento della Difesa ha concluso dicendo che il pallone non rappresentava alcuna “minaccia significativamente rafforzata” capace di compromettere l’intelligence statunitense.

Il fronte repubblicano è insorto contro Joe Biden, accusandolo di non aver abbattuto la minaccia. In un secondo momento è arrivata la spiegazione ufficiale della Cina. Il ministero degli Esteri di Pechino ha ammesso che il pallone fosse cinese, aggiungendo tuttavia che era stato utilizzato per scopi “principalmente meteorologici“. Pechino si è poi rammaricato “dell’ingresso involontario” del pallone nello spazio aereo statunitense, ha aggiunto il dicastero in una nota.

Insomma, non ci sarebbe alcun pallone spia: stando alla versione cinese, il “dirigibile” stava effettuando alcune rilevazioni meteorologiche quando è stato colpito da forti venti che lo hanno portato fuori rotta.

Il pallone spia e il terreno agricolo: cosa succede nel nord degli Usa

La ricostruzione cinese, dunque, è semplice: il suddetto pallone-spia non sarebbe nient’altro che una sorta di rilevatore meteorologico che non aveva alcuna intenzione di carpire chissà quale informazione riservata. Anzi, il dirigibile, come lo ha definito Pechino, sarebbe finito sul territorio statunitense per sbaglio. C’è però da sottolineare che nell’area attraversata dall’oggetto volante era presente una base militare, per giunta munita di missili nucleari.

Ma non è finita qui: nella stessa zona, e cioè la parte settentrionale degli Stati Uniti, sta tenendo banco un’altra vicenda anticipata da InsideOver e collegata a un secondo, possibile, caso di spionaggio. In North Dakota, nell’anonima cittadina di Grand Forks, la scorsa estate una società cinese ha acquistato dei terreni agricoli in un’area posizionata ad una ventina di minuti d’auto dalla Grand Forks Air Force Base, base dell’aeronautica Usa sede di alcune tra le più sofisticate tecnologie dei droni militari degli Stati Uniti.

Scendendo nel dettaglio, Fufeng Group, una società con sede nella provincia cinese dello Shandong e specializzata in esalatori di sapidità e sostituti dello zucchero, ha acquistato 300 acri di terreno agricolo alla modica cifra di 2,6 milioni di dollari. Felicissimi i proprietari dei terreni che hanno concluso l’affare. Felici anche i cittadini della zona, visto che la società asiatica ha informato di voler utilizzare il terreno per costruire un impianto di macinazione del mais da 700 milioni di dollari, che creerebbe almeno 200 posti di lavoro, nonché opportunità per la logistica, il trasporto su gomma e altri servizi. Decisamente preoccupati, invece, i funzionari militari statunitensi, che hanno lanciato diversi allarmi.

Lo scorso aprile, gli alti ufficiali dell’aeronautica hanno diffuso un promemoria avvertendo che la presenza di Fufeng a Grand Forks si sarebbe rivelata una minaccia per la sicurezza nazionale. La Grand Forks Air Force Base, come detto, ospita droni militari e tecnologia sensibile, ed è anche la sede di un nuovo centro di networking spaziale che gestirebbe la spina dorsale di tutte le comunicazioni militari statunitensi in tutto il mondo. La vicinanza di un’azienda cinese ad un sito del genere sarebbe un azzardo, una minaccia che potrebbe danneggiare la sicurezza nazionale.

Ha quindi preso il via un acceso dibattito tra i favorevoli e i contrari all’operazione. Il lavoro sul progetto è stato congelato mentre il Comitato per gli investimenti esteri ha rivisto i piani dell’azienda, salvo poi chiarire di non poter intervenire in nessun modo. I rappresentanti di Fufeng hanno smentito di voler in qualche modo danneggiare la sicurezza Usa. Non si sa come andrà a finire la vicenda. È tuttavia curioso che due presunti episodi di spionaggio siano accaduti nel nord degli Stati Uniti, in due stati confinanti. In aree altrettanto sensibili.

Allarme spionaggio?

Gli Stati Uniti sostengono che la Cina stia in tutti i modi cercando di carpire informazioni e segreti militari. Sia con azioni commerciali, come l’acquisto di terreni in aree sensibili, che inviando presunti palloni spia camuffati da rilevatori meteorologici.

La Bbc ha ipotizzato che l’oggetto rilevato nei cieli del Montana possa essere simile ai comuni palloni aerostatici di sorveglianza: se così fosse, l’oggetto in questione potrebbe raggiungere un’altitudine compresa tra i 24 e i 37 chilometri e sarebbe formato da un pallone riempito di elio sotto il quale si troverebbe una parte solida formata da pannelli solari e vari strumenti, tra cui radar, sensori e camere.

La Cina stava allora spiando gli Stati Uniti? Non ci sono certezze assolute, anche se il Pentagono lo ritiene più che plausibile. Il Washington Post ha citato le rivelazioni di un funzionario secondo cui palloni del genere, inviati dalla Cina e con sistemi di guida a bordo, sarebbero stati precedentemente avvistati sopra le Hawaii e a Guam.

Bisogna comunque ricordare che la Cina può contare su diversi satelliti che orbitano a circa 300 miglia sopra la terra. E che, come i satelliti spia americani, anche quelli cinesi possono scattare foto e monitorare i lanci di armi. In un momento di massima tensione tra Washington e Pechino tutto può scatenare un incendio. Anche un’azienda agricola e un pallone aerostatico per rilevazioni meteorologiche.  

Cos’è e come funziona il pallone spia avvistato dagli Usa. Federico Giuliani il 4 Febbraio 2023 su Inside Over.

Un presunto pallone-spia cinese avvistato nei cieli del Montana, negli Stati Uniti; un altro in America Latina. In queste ore il Pentagono ha il suo bel da fare per monitorare due possibili minacce rilevate a ridosso di pochi giorni. Se per quanto riguarda il primo caso Washington sembra avere le idee chiare, sul secondo non si conoscono ancora i dettagli, se non che si troverebbe in Costa Rica.

La Cina ha spiegato che l’oggetto rilevato, tra l’altro, anche nei pressi della Malmstrom Air Force Base di Billings non sarebbe nient’altro che un dirigibile utilizzato per effettuare ricerche metereologiche finito per sbaglio nel territorio statunitense.

Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha stoppato il suo viaggio oltre la Muraglia, dove avrebbe dovuto incontrate Xi Jinping, e parlato espressamente di violazione della sovranità americana e della legge internazionale. Secca la replica di Pechino, secondo cui i media occidentali, Usa in testa, e i politici starebbero usando il caso sollevato dai palloni spia come pretesto per diffamare la Cina.

Eppure non sarebbe la prima volta che un governo invia questi palloni aerostatici in un Paese terzo nel tentativo di raccogliere informazioni riservate. Ecco cosa sono e come funzionano.

Cosa sono i palloni-spia?

Da un punto di vista tecnico, un pallone-spia è formato da uno o più strumenti di spionaggio – ad esempio una telecamera o particolari sensori – sospesi sotto un pallone che galleggia in aria. Il dispositivo viene solitamente trasportato dalle correnti del vento, anche se quello avvistato nel territorio statunitense potrebbe sfruttare un’avanzata tecnologia di intelligenza artificiale.

La suddetta ipotesi è di William Kim, esperto di questo tipo di sistemi di sorveglianza aerea presso il think tank Marathon Initiative di Washington. Secondo Kim, potremmo essere di fronte ad un “efficace mezzo di spionaggio, difficile da abbattere” ma potrebbe anche essere sfuggito al controllo ed essere entrato per errore nello spazio aereo Usa.

Anche se assomiglia a un normale pallone meteorologico, ha caratteristiche distinte: un carico grande e visibile che comprende l’elettronica per la guida e la raccolta di informazioni, alimentata da grandi pannelli solari. Apparentemente, ha aggiunto l’analista, il pallone avvistato nei cieli Usa dispone di tecnologie di guida avanzate che l’esercito statunitense non ha ancora messo in volo. Sarebbe infatti attraverso l’intelligenza artificiale che il pallone aerostatico, semplicemente “leggendo” i cambiamenti dell’aria circostante, riuscirebbe a regolare la sua altitudine e ne guida la direzione.

Caratteristiche e funzionalità

In generale, l’attrezzatura “attaccata” ai palloni può includere radar ed essere alimentata a energia solare. Operano intorno ad un’altitudine compresa tra i 24.000 e i 37.000 metri, ben al di sopra di dove vola il traffico aereo commerciale.

Ma perché affidarsi ai palloni aerostatici e non ai satelliti? Come ha dichiarato al Guardian John Blaxland, professore di studi sulla sicurezza internazionale e sull’intelligence presso l’Australian National University, ora che si stanno inventando laser e armi cinetiche per colpire i satelliti, è rinato l’interesse per i palloni aerostatici. “Non offrono lo stesso livello di sorveglianza persistente dei satelliti, ma sono più facili da recuperare e molto più economici da lanciare. Per inviare un satellite nello spazio è necessario un lanciatore spaziale, un’apparecchiatura che in genere costa centinaia di milioni di dollari”, ha fatto notare Blaxland.

I palloni, ha inoltre specificato Air Command and Staff College dell’aeronautica statunitense, possono scansionare più territorio da un’altitudine inferiore dei satelliti e trascorrere più tempo su una determinata area, proprio perché si muovono più lentamente.

Non sono, infine, una trovata inedita. Craig Singleton, analista presso la Foundation for Defense of Democracies, ha spiegato a Reuters che strumenti del genere, solo per restare in epoche recenti, sono stati ampiamente utilizzati dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda in quanto metodi di raccolta di informazioni a basso costo. FEDERICO GIULIANI

Usa - Cina: la crisi del pallone. Piccole Note il 4 Febbraio 2023 su Il Giornale.

“Novantanove palloncini all’orizzonte […] furono presi per UFO provenienti dallo spazio, tanto che un generale gli spedì contro uno squadrone aereo per dare una risposta all’allarme, ma erano solo 99 palloncini…”. È il testo, ignoto ai più,  di una canzone vintage di Nena, cantante tedesca di effimera carriera, che inquadra in maniera perfetta l’isterico, quanto ridicolo, incidente diplomatico che ha riacceso lo scontro Usa-Cina, causato da un pallone aerostatico, avvistato sui cieli del Montana.

Il Montana nel pallone

Il problema è che il pallone è cinese e il Montana, dicono, ospita una base per missili nucleari (come un po’ tutti gli Stati che ricadono sotto la giurisdizione di Washington, ma questo è un particolare). Ed è stato identificato come un pallone spia.

Da qui l’attacco isterico dei falchi americani contro la proditoria aggressione del pallone. “È una minaccia, e proprio qui a casa nostra. È una minaccia per la sovranità americana ed è una minaccia per il Midwest, per le zone come quelle in cui vivo”, ha dichiarato Mike Gallagher, presidente del comitato ristretto della Camera per gli affari cinesi. Altri politici si sono uniti al coro, mentre i media, al solito, suonano la grancassa.

I cinesi dicono che si tratta di pallone meteo, deviato dal suo corso dai venti occidentali, ma a nulla valgono tali rassicurazioni. Anzi, l’isteria ha raddoppiato, essendo stato avvistato un alto pallone del genere, stavolta scoperto a sorvolare nientemeno che l’America latina. Un riflesso condizionato della sindrome del cortile di casa: si tratta di Paesi sovrani, ma nel caso specifico sono considerati semplici appendici degli States… tant’è. Se continua così, si arriverà alla soglia fatidica dei 99 e all’invio di caccia.

Ipotesi, peraltro, già presa in considerazione, aggiungendo ridicolo al ridicolo, tanto da ricordare la scenetta del signore romano che, infastidito dai bambini che giocano a calcio nelle vicinanze, minaccia: “A ragazzi’, mo’ to’ buco sto pallone”.

Tale feroce isteria ha un obiettivo ben preciso: proprio in questi giorni Tony Blinken avrebbe dovuto recarsi in Cina. Visita rimandata/annullata a causa della crisi pallonara.

La sostenibile leggerezza dello spionaggio

Al di là della controversia sulla natura del pallone, se meteo o davvero spia, resta la tempesta in un bicchier d’acqua. Così Jake Werner su Responsible Statecraft: “La sorveglianza straniera dei siti statunitensi sensibili non è un fenomeno nuovo. ‘È stato un dato di fatto sin dagli albori dell’era nucleare e, con l’avvento dei sistemi di sorveglianza satellitare, è diventato molto tempo fa un evento quotidiano’, come afferma il mio collega ed ex analista della CIA George Beebe”.

“Anche la sorveglianza statunitense di paesi stranieri è alquanto comune. In realtà, il fatto che le grandi potenze raccolgano informazioni l’una sull’altra è uno dei fatti più banali e universali delle relazioni internazionali”. Peraltro, i Paesi più importanti “spiano persino i propri alleati”, ricorda RS, “come quando l’intelligence statunitense ha intercettato il cellulare della cancelliera tedesca Angela Merkel”.

“In genere, anche quando tale sorveglianza è diretta contro gli Stati Uniti da una potenza rivale, non minaccia la sicurezza degli americani e pone rischi gestibili ai siti per i quali la segretezza è della massima importanza. Tuttavia, nel contesto del rapido aumento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, incidenti prevedibili come questo possono rapidamente trasformarsi in pericolosi scontri”.

La vittoria dei falchi

“[…] Così la reazione di Washington al pallone cinese rischia di diventare una profezia che si autoavvera: l’allarmismo per una minaccia gestibile accelererà la corsa al confronto distruttivo con la Cina, trasformando quello che una volta era un evento quotidiano in un grave pericolo”.

Proprio per questo, prosegue RS, è necessaria la diplomazia, per evitare appunto che incidenti ridicoli assumano dimensioni parossistiche come l’attuale, creando crisi per nulla. “Eppure la politica tossica che predomina a Washington sembra aver convinto l’amministrazione Biden a limitare ulteriormente le comunicazioni con Pechino, annullando il viaggio di Blinken”, spiega RS.

Questa la conclusione dell’articolo: “Lasciare che i falchi guerrafondai dettino l’agenda americana sulla Cina non può che finire in un disastro. Il conflitto non è inevitabile, ma evitare un disastroso confronto militare USA-Cina richiederà una diplomazia tenace, non il disimpegno”.

Da ricordare che solo alcuni giorni fa i media hanno fatto trapelare un promemoria riservato del capo dell’US Air Mobility Command, il generale Mike Minihan, che annuncia come “inevitabile” una guerra con la Cina entro il 2025. L’isteria attuale non aiuta a fugare i rischi connessi a questa nefasta previsione iper-allarmista.

Poco da aggiungere, se non che le controversie che un tempo nascevano tra potenze si basavano su fatti oggettivamente gravi. Oggi la nube tossica che grava sulla politica e i media, e che obnubila le menti, crea escalation a getto continuo, aggravando al parossismo anche gli incidenti di percorso più insignificanti.

Il sonno della ragione genera mostri.

Estratto dell’articolo di Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera” il 14 gennaio 2023.

A che cosa stanno sparando ormai con cadenza quotidiana gli aerei da caccia della U.S. Air Force nel cielo sopra l’America? Non ha ancora una risposta chiara neanche il Pentagono. Sappiamo solo che tre «oggetti non identificati», senza nazionalità e scopi apparenti, sono stati abbattuti tra venerdì e domenica, dopo il pallone-spia cinese fatto esplodere con un missile il 4 febbraio.

 «Oggetti e palloni»

«Gli ultimi tre, li abbiamo chiamati “oggetti” e non palloni per una ragione», ha detto il generale Glen VanHerck, capo del Norad, la difesa aerospaziale americana. Quando una cronista gli ha chiesto se dietro il mistero di questi avvistamenti seriali possano esserci presenze extraterrestri, l’ufficiale ha risposto: «Non escludo niente a questo punto. Lascio il compito alla nostra intelligence e al controspionaggio».

 E subito, il Consiglio per la sicurezza nazionale ha escluso la possibilità che l’Air Force abbia buttato giù visitatori alieni: «È roba fabbricata su questa nostra terra». Il New York Times ha evocato in un titolo il termine Ufo, che significa «Unidentified flying object». Il National Security Council rassicura che li identificherà e «non ci sono altre tracce di oggetti nel nostro spazio aereo».

[…] Droni e palloni di vario genere sono utilizzati per ricognizione ormai di routine. Servono a catturare informazioni, disturbare le difese dell’avversario, metterle alla prova. La realtà può essere semplice e banale: il Norad ha ammesso di essere stato preso in contropiede dal pallone-spia cinese, almeno altri quattro erano già passati sui cieli americani, tre ai tempi di Trump e uno all’inizio della presidenza Biden. «Erano stati sottovalutati».

 Scoperta l’operazione di intelligence («Pechino ha costituito una flotta di palloni», dice la Casa Bianca) il Norad ha riprogrammato i suoi radar per individuare «oggetti molto, molto piccoli e a bassa velocità». Ecco spiegati nuovi avvistamenti.

[…] Il mese scorso il Pentagono aveva presentato al Congresso un rapporto dell’intelligence che dal 2021 aveva registrato «366 casi non spiegati», dei quali 163 erano stati in seguito identificati come palloni e 26 come droni. Due «incidenti» erano avvenuti sopra basi militari degli Stati Uniti e secondo gli analisti del Pentagono erano «esempi di tecnologia aerea avanzata, probabilmente sviluppati in Cina». […]

  I palloni aerostatici sembravano dinosauri di un’altra era. Ora sembrano strumenti della nuova sfida per lo spionaggio e il controllo del near space , lo «spazio vicino» tra la superficie della terra e l’orbita bassa. Si tratta di una fascia tra i 20 e i 40 chilometri di altezza, sopra le quote raggiunte dagli aerei civili e da quasi tutti i jet militari, ma sotto le orbite dei satelliti. […]

Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa” il 14 gennaio 2023.

Washington e Pechino si muovono sul filo dell'equilibrio fra l'escalation e la distensione con scambi di accuse reciproche sul disinvolto uso di palloni-spia e tentativi di riallacciare il dialogo ai massimi livelli.

Dapprima lo scambio al vetriolo con la Cina che accusa gli Usa di aver fatto volare nel 2022 ben 10 mongolfiere hi-tech nello spazio aereo cinese: «L'America dovrebbe riflettere bene prima di accusare», dice un portavoce Wang Wenbin. Segue a stretto giro la risposta statunitense: «Tutte falsità». Quindi l'affondo: «È la Cina a gestire un programma di spionaggio per raccogliere dati di intelligence tramite mongolfiere. Un programma connesso all'Esercito che ha portato a violare la sovranità degli Stati Uniti e di oltre 40 altre nazioni in cinque Continenti». La risposta Usa sarà affidata a Jake Sullivan che coordinerà il lavoro delle varie agenzie per elaborare una nuova policy.

Se la "Guerra fredda dei palloni" prende forma nei cieli, a terra si tenta di riannodare il filo della discussione con Pechino. L'agenzia Bloomberg ha riferito dei tentativi di organizzare a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco nel weekend, un incontro fra Antony Blinken e l'omologo cinese Wang Yi. […] Il faccia a faccia resta possibile,«ma non confermato» spiegano fonti diplomatiche che sottolineano comunque che se il colloquio non dovesse esserci in Baviera resta comunque il G20 dei ministri degli Esteri in India in marzo un luogo ad hoc per spiegazioni fra i leader.

 Nel tentativo di tenere la situazione sotto controllo, Washington sottolinea che le comunicazioni con Pechino sono costanti, i canali sono aperti, e al diniego cinese alla telefonata partita dall'ufficio di Lloyd Austin al Pentagono non si dà gran peso. Il viaggio di Blinken resta rubricato sotto la dicitura "posticipato". Si farà quando – spiega Wendy Sherman – le condizioni saranno più proficue. […]

La «Guerra dei Palloni» tra spionaggio e follie aliene. Sergio Barlocchetti su Panorama il 14 Febbraio 2023.

Da tre secoli le migliori vedette in battaglia, ecco che cosa sono, perché si usano ancora oggi, che cosa trasmettono e come si orientano

Negli ultimi giorni sempre più aviazioni militari stanno dicendo di aver abbattuto qualche pallone sonda, drone o altro oggetto volante, poco importa se si tratta di aerostati civili e innocui o meno. L’importante – o almeno la scusa ufficiale – è che si trovino all’interno dello spazio aereo nazionale, che per convenzione è quello compreso nelle dodici miglia dalla costa, a una quota che va dal suolo (o dall’acqua), normalmente da circa 150 metri fino a una altitudine di 60.000 piedi (18,2 km). In mezzo c’è lo spazio aereo controllato e non diviso in differenti classi, tipicamente da 3 a 15 km d’altezza, nel quale transita la maggioranza del traffico aereo civile commerciale. L’unico traffico per il quale un pallone come quello abbattuto per primo negli Usa, possa rappresentare un pericolo concreto. Certamente abbattere qualcosa che sta esaurendo la sua missione, come i palloni meteorologici o sonde di vario genere, non comporta alcuna perdita per chi lo ha lanciato, dal momento che ha previsto di perderlo comunque, ma offre alle nazioni sorvolate un’ottima occasione per far parlare di sé o per poter dire di essere spiati. Ebbene: gli Usa per tre giorni consecutivi hanno abbattuto “oggetti volanti” in Alaska e in Canada, che in comune hanno soltanto il fatto di essere lenti e voluminosi. La realtà è che ogni giorno nel mondo i piloti ne segnalano centinaia. A farlo non sono soltanto i militari, ma anche il traffico aereo civile che ha allertato l’autorità aeronautica nazionale (Faa), la quale ha chiuso lo spazio aereo al di sopra del lago Huron, nel Michigan per alcune ore del 12 febbraio.

Ad abbattere quello in volo sul Canada, con tanto di assenso del governo di Ottawa, uno F-16 che ha lanciato un missile Sidewinder. Una mossa che tra aeroplano e ordigno è costata al contribuente americano almeno mezzo milione di dollari, ma che di questi tempi, come successo con lo F-22 qualche giorno prima, è un grande investimento per mantenere alto il livello di tensione con la Cina. A denunciare incursioni di “strani oggetti volanti” c’è ovviamente anche Taiwan, che in realtà subirebbe queste incursioni da anni, e anche la Cina, che ha riferito di un oggetto in volo poco distante da Qingdao, a poche miglia dalla base navale dove Pechino ormeggia parte della sua flotta di portaerei e sommergibili. La Cina peraltro accusa gli Usa di aver sorvolato le sue basi almeno una decina di volte lo scorso anno con mezzi analoghi, mentre Washington nega. Altri paesi della regione asiatica, tra i quali il Giappone e le Filippine, hanno osservato incursioni di aerostati nel loro spazio aereo, ma i loro governi hanno fornito pochi dettagli, né pare abbiano i mezzi per effettuare rapide analisi sulle emissioni che partono dalle sonde. Ma posto che nel mondo, ogni giorno, vengono lanciate per varie ragioni – soprattutto meteorologiche – migliaia di palloni a gas, e che sono sempre più frequenti i droni a lungo raggio utilizzati dalle forze militari in genere, ciò che non viene mai detto per ragioni di intelligence è che cosa venga ricevuto e trasmesso dal carico utile di questi oggetti, analisi che viene facilmente compiuta con voli di ricognizione e puntamento di speciali antenne. Infatti, oltre a quanto possano osservare o misurare questi oggetti, tutto sarebbe inutile se quanto rilevato non venisse trasmesso a qualche satellite o direttamente a qualche centro di ascolto, sia esso su una nave oppure su un aeromobile che si mantiene a debita distanza. Ma vero è che in epoca di “big data” , per poter alimentare grandi algoritmi sono necessarie grandi quantità di dati e questi possono essere raccolti soltanto aumentando il numero di sonde lanciate. Differente invece sarebbe stato l’oggetto abbattuto il 4 febbraio scorso, poiché la Difesa Usa sostiene di avere le prove che esso fosse dotato di apparati fotografici, ricevitori radio. Questo, tuttavia, stava volando ai limiti dello spazio aereo controllato, a oltre 18 km di altezza, e da quanto recuperato dalla Guardia Costiera e inviato all’Fbi, conterrebbe anche tecnologia occidentale. Dunque, è ancora difficile, per chi non può vedere i rottami direttamente, comprendere la reale natura della sua missione. Aerostati, da tre secoli le migliori vedette in battaglia Perché si usano i palloni è presto detto: sono infinitamente meno costosi dei satelliti, le cui orbite oggi vengono monitorate dalla Difesa di qualsiasi potenza per capire chi spia che cosa, offrono la possibilità di ripresa da quote inferiori, possono permanere in volo per giorni senza bruciare alcun combustibile, sono più difficili da rilevare con i radar, lenti e per questo considerati ottime piattaforme per raccogliere segnali. Proprio sui radar è necessario un chiarimento: quelli installati su aeromobili civili sono apparati ti tipo meteorologico, emettono quindi frequenze che per la natura della lunghezza d’onda usata permettono di identificare le caratteristiche delle precipitazioni, dalla pioggia alla grandine, per intenderci. Mentre i radar militari sono costruiti per operare su bande di frequenza che riescono a identificare oggetti rigidi, le cui forme possano provocare la riflessione delle onde, anche se questi viaggiano molto veloci. Un pallone risulta poco visibile sia agli uni che agli altri per come è costruito. Sono però invasivi e facilmente osservabili da aeroplani in volo. Un altro utilizzo sarebbe quello di affidarsi a loro per controllare le condizioni meteorologiche in aree potenzialmente obiettivo di missili balistici contestate nucleare, in modo da poterne massimizzare gli effetti. Infatti, tutti i tipi di specifiche atmosferiche come la pressione e la densità dell’aria influenzano la precisione di un missile nel suo rientro nell'atmosfera ad altissima velocità. La considerazione ovvia è quindi che i dati raccolti, seppure direttamente utilizzabili per scopi civili, sono anche sfruttabili a livello militare. Secondo gli analisti Usa si tratterebbe di una delle attività previste dal piano di ammodernamento dell’esercito cinese condotta da una divisione non direttamente dipendente dallo Stato maggiore ma che agisce per conto dei servizi segreti, detta “Forza di supporto strategico” , una sorta di corpo simile alle forze spaziali e cibernetiche esistenti anche nella Difesa Usa e nella Nato. In pratica, se già nelle guerre di tre secoli fa venivano usati i palloni per osservare i movimenti del nemico, oggi la tecnologia consente di costruirli con materiali in grado di essere trasparenti o quali alle onde radio (radar) e spesso anche foto-assorbenti o foto-riflettenti secondo i casi, costituendo un’alternativa ai rilevamenti effettuati con aeroplani spia, si pensi agli U-2 e agli SR-71 della Guerra fredda, recentemente rimessi in azione dagli americani. Sulla possibilità di realizzare palloni “dirigibili” , ovvero dotati di un piccolo propulsore in grado di orientarne la rotta, ciò è possibile ma costituisce comunque una possibilità limitata di manovrabilità, poiché nella salita in alta quota si incontrano correnti impossibili da contrastare, che invece possono – e devono - essere sfruttate. Da questo punto di vista la navigazione dei palloni avviene come quella delle comuni mongolfiere: accertato con sistemi meteorologici satellitari e modelli matematici appositi, se non con gli stessi palloni sonda, che a una determinata quota la direzione del vento è favorevole allo scopo, si adatta la quota di volo di conseguenza. Quanto agli Ufo, secondo voi Lettori, gli alieni arriverebbero da un’altra galassia con il brevetto dei fratelli Montgolfier del 1782?

*L’autore è ingegnere aerospaziale, pilota di aerostato e nella sua carriera ha operato per anni nel settore dei dronicivili e militari.

Stasera Italia, Rampini sui palloni cinesi: "Ve lo posso confermare". Libero Quotidiano il 14 febbraio 2023

Diversi oggetti volanti non identificati stanno facendo parecchio discutere negli Stati Uniti ma non solo. Ne ha parlato anche Federico Rampini in collegamento con Barbara Palombelli a Stasera Italia su Rete 4. "Posso confermarvi che l'abbattimento di questi quattro oggetti volanti nel corso degli ultimi dieci giorni non significa che è in corso un'invasione né degli extraterrestri né dei cinesi o magari dei russi sullo spazio aereo americano", ha spiegato l'editorialista del Corriere della Sera.

"Quello che è successo - ha continuato Rampini, in collegamento con il talk - è che il primo pallone spia cinese, quello che è stato abbattuto sull'Atlantico, ha suscitato un tale putiferio, con l'opposizione repubblicana che ha accusato Joe Biden di aver lasciato che questo pallone sorvolasse l'intero territorio continentale degli Stati Uniti raccogliendo informazioni prima di abbatterlo, che è diventato una questione molto scottante sul piano interno". Secondo l'esperto, insomma, se ne sarebbe parlato tanto non per il rischio di un conflitto con una potenza straniera ma solo per via del caos che questa situazione ha scatenato tra i due schieramenti politici americani, dem e repubblicani, con i secondi che hanno accusato i primi di non aver gestito al meglio questa particolare circostanza.

(ANSA il 14 gennaio 2023) - L'oggetto volante non identificato abbattuto sabato sopra i cieli canadesi era un "piccolo pallone metallico con un carico legato sotto di esso". Lo rivela una nota del Pentagono inviata oggi al Congresso e di cui la Cnn ha preso visione. In precedenza l'oggetto era stato descritto, anche dal governo canadese, come di forma cilindrica.

 Nella nota i funzionari parlano anche di quelli distrutti sopra l'Alaska e sul lago Huron, in Michigan. Del primo scrivono che "dopo l'impatto è sceso lentamente verso il mare", l'altro viene descritto come "grande quanto una piccola automobile", quindi molto più piccolo del pallone-spia cinese.

(ANSA il 14 gennaio 2023) - Una parte "significativa" dei detriti del pallone-spia cinese caduta al largo della South Carolina dopo essere stato abbattuto dagli Stati Uniti è stata recuperata. Lo riferisce un funzionario del Pentagono alla Cnn.

 Tra i detriti recuperati da una nave di salvataggio grazie a una gru. arrivata nella zona venerdì, c'è anche parte del carico sotto al pallone, del peso di circa una tonnellata. Secondo il funzionario della Difesa, adesso gli elementi saranno consegnati all'Fbi per ulteriori analisi. Il capo del Pentagono, Lloyd Austin, aveva dichiarato che era stata raccolta "una discreta quantità di detriti" dal pallone-spia cinese abbattuto il 4 febbraio.

(ANSA il 14 gennaio 2023) - Il primo missile lanciato da un jet F-16 Usa contro l'oggetto volante sul lago Huron, nel Michigan, non ha colpito l'obiettivo. Lo riferiscono fonti informate alla Cnn. Il Pentagono e la Casa Bianca non hanno confermato, ma il comandante del North American Aerospace Defense Command (Norad), il generale Glen VanHerck, aveva spiegato ieri che l'abbattimento dell'obiettivo "era stato difficile a causa delle sue piccole dimensioni". Non è chiaro dove sia caduto il missile che ha mancato l'obiettivo.

Il retroscena sui palloni spia: cosa svela la reazione Usa. Alberto Bellotto, Federico Giuliani il 18 febbraio 2023 su Inside Over.

Gli ultimi tre palloni aerostatici abbattuti dagli Stati Uniti non fanno parte di alcun programma di sorveglianza cinese. Lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, secondo cui gli oggetti volanti neutralizzati potrebbero addirittura essere legati a qualche finalità commerciale o benigna. Nessun gruppo o individuo si è fatto avanti per rivendicarli e il mistero, se così vogliamo definirlo, resta intatto.

Il primo pallone avvistato in Montana all’inizio di febbraio, invece, era cinese. Ma l’intelligence statunitense sta valutando la possibilità che l’ospite indesiderato non sia volato sugli Stati Uniti di proposito, ma che la sua traiettoria possa essere stata deviata da forti venti.

Come se non bastasse, secondo quanto riportato dalla Cnn, i servizi americani avrebbero cominciato a seguire il pallone dal decollo ad Hainan, in Cina, a gennaio. Quindi lo avrebbero visto attraversare il Pacifico e dirigersi verso Guam per raccogliere informazioni sui siti militari dell’isola. Invece, il velivolo all’improvviso sarebbe andato a nord inaspettatamente e avrebbe attraversato l’Alaska, il Canada, e poi sarebbe rientrato negli Stati Uniti attraverso l’Idaho settentrionale e spostatosi verso il Montana.

Questo sarebbe il percorso che i funzionari Usa starebbero valutando. Tuttavia, ha sottolineato ancora l’intelligence, la Cina avrebbe mantenuto una certa capacità di manovrare il pallone, in particolare sul Montana, quando si è soffermato su siti che contenevano missili nucleari.

Il retroscena sul primo “pallone spia cinese”

Il Washington Post ha raccontato un interessante retroscena relativo al primo, presunto pallone spia cinese. Intorno al 24 gennaio, quando l’oggetto volante si sarebbe trovato a circa 1.000 miglia a sud del Giappone, le simulazioni del modello mostrano che avrebbe iniziato a guadagnare velocità fino a virare rapidamente verso nord.

Ciò sarebbe stato dovuto ad un forte fronte freddo che avrebbe scatenato aria eccezionalmente gelida sulla Cina settentrionale, sulla penisola coreana e sul Giappone. Normalmente, i movimenti di sterzata atmosferici avrebbero dovuto mantenere il pallone su una rotta molto più da ovest ad est, come mostrano i dati meteorologici storici. Tuttavia, l’intenso fronte freddo avrebbe costretto la corrente a getto e le correnti ad alta quota a scendere verso sud. E questo potrebbe aver portato il pallone verso nord. Risultato: il pallone aerostatico sarebbe entrato nello spazio aereo statunitense senza volerlo.

Se questa ricostruzione dovesse essere confermata, la versione cinese sarebbe in parte corretta: Pechino non avrebbe lanciato alcun pallone sulla terraferma statunitense. Resta però da capire la reale natura di quell’oggetto: era davvero un pallone spia?

Lo spionaggio e il dossier americano

Per quanto riguarda quest’ultima domanda, il Wp ha scritto che il passaggio del pallone nello spazio aereo degli Stati Uniti è stata una violazione della sovranità mentre il suo sorvolo su siti nucleari sensibili nel Montana non sarebbe stato un incidente. C’è, insomma, la possibilità che, anche se il pallone dovesse effettivamente esser finito per sbaglio sopra la terraferma degli Stati Uniti, Pechino possa aver colto l’opportunità per cercare di raccogliere informazioni classificate.

Fonti dell’intelligence americana e del Pentagono hanno insistito molto sul punto che la deviazione verso la terra ferma americana rimane un’incognita, ma che comunque il pallone fosse destinato allo spionaggio. È probabile, sostengono, che lo scopo principale fosse raccogliere informazioni sulle installazioni militari del Pacifico, Guam e Hawaii su tutte. Altri funzionari che hanno parlato con il Wp hanno sollevato l’ipotesi che Pechino abbia approfittato della “deviazione” per raccogliere anche altre informazioni.

L’eccesso di foga di Washington

Eppure anche sulla stampa americana non sono mancati i dubbi intorno alla reazione di Washington. C’è infatti chi si è chiesto come mai la risposta della triade Pentagono-Casa Bianca-Congresso sia stata così forte e soprattutto scomposta. Forte perché ha portato all’abbattimento di quattro oggetti volanti in poco meno di due settimane, scomposta perché a stretto giro è arrivata la cancellazione della missione diplomatica del segretario di Stato Antony Blinken in Cina. Tra i palazzi del potere di Washington il partito dei falchi anti cinesi è sempre più attivo. Come confermano le riclassificazioni di episodi precedenti in cui oggetti non identificati avevano sorvolato lo spazio aereo americano.

Su questo fronte è interessante un retroscena pubblicato dal Wall Street Journal. Secondo il quotidiano alcuni funzionari dell’amministrazione Trump avevano monitorato degli Ufo, forse dei palloni spia, ma non l’avevano mai segnalato alla Casa Bianca. Secondo l’articolo non si sarebbe trattato di sciatteria – molti dei funzionari che hanno raccolto e analizzato i dati erano operativi di lungo corso che avevano servito sotto diverse amministrazioni -, ma di prudenza. Non c’era infatti la certezza che i tre oggetti fossero in qualche modo legati a un programma di spionaggio targato Pechino: “Erano più piccoli di quello abbattuto il 4 febbraio, volevano a un’altezza più bassa e per meno tempo”, ha detto una delle fonti. Sempre secondo la stampa questi palloni avrebbero violato lo spazio aereo di Coronado, in California, di Norfolk in Virginia e di Guam.

Questi dossier preliminari con un basso livello di allarme risalgono all’estate del 2020, quindi si può supporre che fino a quel momento non esistesse un fascicolo corposo sullo spionaggio cinese coi palloni tra i corridoi delle agenzie americane, ma che tutto sia stato sviluppato in un secondo momento. Come ha notato lo stesso Wsj le preoccupazioni per il programma dei palloni cinesi sono esplose solo nelle ultime due settimane.

Un aspetto interessante che filtra dai funzionari che hanno parlato con la stampa americana è che l’amministrazione Biden si è offerta di condividere con gli ex funzionari dell’era Trump le informazioni raccolte sugli incidenti. Mercoledì l’ufficio del Director of National Intelligence, il centro che dirige tutte le agenzie di intelligence, ha notificato una serie di informazioni sul programma ai diversi ex consiglieri per la sicurezza nazionale come Roberto O’Brien e John Bolton, ma anche l’ex direttore della Cina e segretario di Stato Mike Pompeo. Ma la platea di persone che verranno informate potrebbe allargarsi.

I dubbi su come sia stato gestito questo episodio da parte degli apparati non mancano. Come ha notato Foreign policy nessuno mette in dubbio che ci sia un programma di spionaggio. Ma, ha notato Emma Ashford, “gli Stati Uniti usan tutti i tipi di tecnologia per raccogliere informazioni sulla Cina e gli altri Stati: satelliti, intercettazioni, incursioni informatiche e persino fonti umane”. “Sembra”, ha continuato, “che Washington abbia gonfiato la faccenda in modo sproporzionato, come accadde durante la Guerra fredda con l’abbattimento dell’U2 da parte dell’Unione Sovietica”. Spunti e tasselli che si uniscono e che fanno intuire come nelle ultime settimane si siano create le condizioni per allargare il fronte anti cinese che ormai è una realtà tra i corridoi di Washington. ALBERTO BELLOTTO e FEDERICO GIULIANI

(ANSA il 17 febbraio 2023) - Alcuni funzionari del Pentagono dell'amministrazione Trump avevano monitorato una serie di oggetti volanti misteriosi, forse palloni-spia, ma non lo hanno mai segnalato alla Casa Bianca perché non era chiaro cosa fossero.

 Lo riferiscono fonti informate al Wall Street Journal. I funzionari sospettavano che gli oggetti volanti fossero in qualche modo legati a un programma di spionaggio della Cina ma non erano certi.

Rispetto al pallone-spia abbattuto lo scorso 4 febbraio al largo del South Carolina, quelli "erano più piccoli, volavano a un'altitudine molto inferiore e per una durata molto più breve". I funzionari hanno spiegato che erano stati avvistati su siti della marina americana a Coronado, in California, Norfolk, in Virginia, e Guam, hanno detto i funzionari.

La lezione di 22 anni fa, quando fu la Cina a catturare un aereo-spia Usa. Storia di Federico Rampini su Il Corriere della Sera il 5 febbraio 2023.

Spionaggio dai cieli, tensione diplomatica tra Cina e Stati Uniti: un precedente importante e istruttivo risale a 22 anni fa. Fu a ruoli invertiti, e in un contesto profondamente diverso. Ricordare quel grave incidente aiuta a misurare quanto è cambiato il rapporto di forze tra le due superpotenze, e quali incognite esistono oggi dopo l’abbattimento del pallone-spia da parte della U.S. Air Force. Era il primo aprile 2001 quando un aereo spia americano che sorvolava l’isola di Hainan nel Mare della Cina meridionale (ma a 110 km dalla terraferma quindi fuori dallo spazio aereo nazionale) venne intercettato da due caccia dell’Esercito Popolare di Liberazione. Le manovre azzardate dei piloti finirono male, con una collisione in volo. Uno dei caccia cinesi precipitò e il pilota morì. L’aereo-spia americano riuscì a operare un atterraggio di emergenza, non prima di avere distrutto una parte dei materiali sensibili che aveva a bordo, presumibilmente le riprese effettuate durante la missione. I 24 militari dell’equipaggio americano vennero detenuti e interrogati dalle autorità cinesi. Esplose una crisi diplomatica grave. A Washington c’era da soli tre mesi un nuovo presidente, George W. Bush. A Pechino comandava l’anziano Jiang Zemin, continuatore della strategia di Deng Xiaoping nel convertire la Cina al capitalismo e nell’integrarla all’economia globale. Le due parti trovarono un’intesa per il rilascio degli americani dopo dieci giorni. La condizione fu una lettera di scuse da parte del governo Usa, redatta con sufficiente ambiguità diplomatica da non contenere ammissioni di colpa (l’unica violazione del diritto internazionale risultava dal non aver richiesto un’autorizzazione dalla Cina per l’atterraggio di emergenza ad Hainan).

A quell’epoca l’incidente ebbe un rilievo enorme – a differenza del pallone-spia in quel caso un morto e 24 prigionieri aggravarono la tensione – e fu oggetto di riflessioni sugli scenari strategici da ambo le parti. Ma la storia successiva cancellò quell’evento. Cinque mesi dopo l’America veniva colpita dagli attacchi dell’11 settembre, la sua attenzione strategica si rivolse verso il Medio Oriente, di lì a poco Bush infilò il suo paese nelle lunghe guerre in Afghanistan e in Iraq. Con il risultato di assorbire attenzione e risorse enormi. Con il senno di poi – questo oggi è il consenso della comunità di esperti americani e di molti dirigenti sia democratici sia repubblicani – l’America «sprecò» un ventennio in Medio Oriente sottovalutando l’unica sfida seria alla sua leadership, cioè quella cinese. Il riarmo della Repubblica Popolare in questo periodo è stato spettacolare, al punto che per la prima volta nella storia Pechino dispone di una flotta militare più grossa (per numero di navi) di quella statunitense. Una parte del riarmo cinese, e anche del decollo economico, è avvenuto grazie allo spionaggio. La vicenda del pallone-spia riporta a un’epoca e a strumenti che sembrano rudimentali (in attesa di scoprire quali apparecchiature conteneva, se saranno ritrovate). Ma negli ultimi decenni i successi dello spionaggio cinese sono avvenuti in ben altri campi: dalle università di élite alla Silicon Valley, l’Fbi ha dovuto inseguire un crescendo di furti di tecnologie e know how strategico, dalle applicazioni industriali a quelle belliche. L’ascesa di un colosso come l’azienda telecom Huawei, fondata da un colonnello dell’Esercito Popolare di Liberazione, è stata contrassegnata dalle accuse di aver rubato tecnologie occidentali con metodi illeciti. La velocità inaudita con cui la Cina ha modificato a suo favore i rapporti di forze è evidente in un teatro cruciale come Taiwan. Un quarto di secolo fa, quando il predecessore di George W. Bush nel 1995-96 dovette fronteggiare una tensione nello Stretto di Taiwan (con lanci di missili cinesi), bastò che Bill Clinton inviasse sul luogo quattro portaerei Usa per dissuadere Pechino e placare la crisi. L’anno scorso si è visto con quanta cautela il Pentagono è stato a guardare le formidabili manovre militari che Xi Jinping ha ordinato per sanzionare la visita di Nancy Pelosi a Taipei. I vertici della Difesa a Washington ritengono che in uno scenario di conflitto su Taiwan le probabilità di vittoria siano a favore della Cina. Resta, dal punto di vista di Xi Jinping, un’asimmetria intollerabile. Gli Stati Uniti, in quanto superpotenza globale ed anche difensori della libertà di navigazione in tutti gli oceani, hanno basi militari in paesi vicini alla Repubblica Popolare: dal Giappone alla Corea del Sud, con l’aggiunta recente di accordi per l’uso di basi filippine. È normale che squadroni della U.S. Navy transitino al largo delle coste cinesi, sia pure fuori dalle acque territoriali. L’Esercito Popolare di Liberazione non ha una presenza così imponente né così assidua al largo delle coste della California. Il pallone-spia è solo un minuscolo indicatore che la Cina di Xi è decisa a colmare i ritardi con tutti i mezzi possibili. La vicenda del pallone è , crea a Pechino danni imprevisti e indesiderati: la cancellazione della visita del segretario di Stato Usa è uno smacco in una fase in cui Xi voleva delimitare il contenzioso bilaterale. Però questo incidente avviene quando la Cina ha un’autostima ingigantita rispetto a 22 anni fa, ha aumentato la sua potenza di fuoco a dismisura, ha coltivato un’opinione pubblica iper-nazionalista. Coincide con una fase delicata anche sull’altra sponda del Pacifico. La nuova maggioranza repubblicana alla Camera di Washington ha deciso d’incalzare Joe Biden sulla politica cinese, denunciando il suo ritardo nell’abbattere il pallone-spia come una debolezza. Biden non è una «colomba», sulla Cina ha mantenuto tutte le politiche di Donald Trump (i dazi) e vi ha aggiunto di suo un embargo tecnologico. Però da ora in poi il presidente Usa .

Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per lastampa.it il 6 febbraio 2023.

 «Non era un pallone per il controllo del meteo, ma uno strumento per lo spionaggio che la Cina ha fatto alzare in volo con l’obiettivo di sorvolare il Canada e gli Stati Uniti. Siamo convinti che stesse cercando informazioni sensibili sui nostri siti militari».

 Così un funzionario del Pentagono in un briefing con alcuni giornalisti ha sintetizzato l’opinione del Dipartimento della Difesa sulla vicenda del pallone-spia che ha sorvolato gli Stati Uniti da martedì scorso fino al suo abbattimento al largo della South Carolina sabato alle 2:38 (le 20:38 in Italia) da parte di un missile lanciato da un F22 decollato dalla base dell’Air Force a Langley, Virginia.

 […]

Il caso di questa settimana riporta comunque sotto i riflettori la questione dello spionaggio. Giovedì quando per la prima volta il Pentagono ha diffuso la notizia che c’era un “oggetto” che fluttuava sopra il Montana aveva allo stesso tempo spiegato che i dati sensibili erano stati messi in sicurezza e che le capacità di spionaggio del “balloon” erano inferiori a quelle dei satelliti.

 La versione americana nelle ultime ore ha perso parzialmente questa convinzione per due ragioni: il primo è che non si sa ancora il grado di precisione e quanto siano sofisticati gli equipaggiamenti della sottostruttura del pallone, lunga 90 piedi, quasi 3 bus; il secondo è che dal 2021 il Pentagono ha monitorato 366 incidenti nello spazio (ovvero oggetti) in prima battuta definiti “inspiegabili”.

E di questi ben 163 erano balloon. Solo una manciata – si riferisce in un report della Difesa Usa consegnato in dicembre al Congresso – avevano avanzate tecnologie per lo spionaggio. Tuttavia lanciare un pallone ha costi inferiori ed è più semplice rispetto a mettere in orbita dei satelliti. Fra l’altro il ricorso alla miniaturizzazione della tecnologia elettronica potrebbe aver consentito a Pechino di aumentare la potenza e il grado di sofisticatezza del pallone rendendolo uno strumento perfettamente in grado di competere con i più costosi satelliti.

Il PLA sta investendo sullo spionaggio una cifra importante dei 209 miliardi di dollari del bilancio per la sicurezza. Un bilancio che a Washington non credono sia quello reale, poiché altre voci – come quelle di Research and Development, e quelle dello sviluppo di hi-tech con funzioni duali (civili e militari) – sono nascoste in altre pieghe del budget nazionale.

 Nella National Defense Strategy del 2022, il Pentagono ha collocato la Cina come l’avversario principale per gli Stati Uniti e ha fotografato una serie di trend nello sviluppo militare che stanno portando Pechino ad essere sempre più una minaccia.

Lo spionaggio cinese negli States però non si basa solo sui palloni-spia, più o meno sofisticati. Uno dei cavalli di Troia sono le antenne per la trasmissione di dati per i cellulari. Nelle zone rurali americane ci sono moltissimi ripetitori gestiti da piccole società di telefonia. […]

 Un’altra strada che Pechino percorre è l’acquisto di terreno. Nel 2017 ad esempio, la Cina offrì 100 milioni di dollari per costruire un giardino con tanto di pagoda al National Arboretum di Washington. Quando gli 007 Usa hanno scavato nei dettagli hanno trovato molti segnali di allerta; anzitutto il luogo è a meno di 4 chilometri dal Congresso ed è un perfetto posto per impiantare una stazione di raccolta dati.

In secondo luogo, i cinesi volevano costruire la pagoda interamente con materiale spedito tramite valige diplomatiche dalla Cina. Il governo ha cassato il progetto. Ma ci sono altri terreni sparsi negli Usa sui quali i cinesi hanno provato a mettere le mani, molti dislocati vicino a basi militari. […]

Estratto dell'articolo di Gianluca Di Feo per “la Repubblica” il 7 febbraio 2023.

In un'era di droni, cyber-attacchi e ordigni hi-tech, a risvegliare le paure dell'America è l'arma volante più antica: una mongolfiera, che si aggira indisturbata nei cieli degli States da tre giorni. […]

 Cosa faccia non è chiaro, probabilmente cattura dati sulle frequenze dei radar e li trasmette ai satelliti: realizza con una spesa minuscola lo stesso lavoro di intelligence svolto dai satelliti Usa che costano miliardi. Ha grandi pannelli solari per fornire energia e un sistema per correggere la rotta: "Può venire manovrata", ha sottolineato il Pentagono smentendo le dichiarazioni cinesi su una sonda meteorologica che ha smarrito la strada.

Vola a quasi 20mila metri di altezza, più in alto di dove possano arrivare gran parte dei caccia statunitensi: solo gli F-22 Raptor operano a quelle quote. Abbatterla è molto difficile: non riflette le onde radar e non emette calore, sfuggendo così alle testate che guidano i missili. E diversi piloti militari spiegano che sparargli addosso con i cannoncini degli intercettori è praticamente inutile: servono proiettili speciali.

 Per gli Stati Uniti è un incubo che viene dal passato. Dal novembre 1944 all'aprile 1945 i giapponesi lanciarono oltre novemila palloni Fu-Go con cariche incendiarie per appiccare roghi nelle foreste: solo settecento hanno raggiunto gli Stati Uniti, provocando danni limitati ma scatenando un'ondata di panico. Di fatto, sono state le prime armi intercontinentali della Storia […]

Una campagna simile ma, su una scala addirittura più grande, era stata condotta dai britannici. Fu un'idea di Winston Churchill: nel mezzo dei raid contro Londra, una bufera strappò i cavi di numerosi mongolfiere posizionate per ostacolare i bombardieri tedeschi che finirono nella neutrale Svezia, buttando giù antenne e strappando cavi dell'alta tensione.

 I generali erano preoccupati per le reazioni di Stoccolma, Churchill invece ebbe un lampo di genio: "Dobbiamo trarre vantaggio dalla nostra sfortuna". Centomila palloni furono modificati con bombe incendiarie e spediti dal 1942 sui territori occupati dall'Asse.  […]

È suggestivo notare come la prima sperimentazione del genere risale all'assedio austriaco di Venezia: il 2 luglio 1849 il maresciallo Radetzky attaccò la città assediata con duecento mongolfiere spargi-granate. All'epoca però la meteorologia era una scienza molto rudimentale e il vento disperse quasi tutti gli ordigni sulla laguna. […]

 Ma i palloni sono tornati di moda anche nel terzo millennio. Gli eserciti occidentali li hanno adottati durante le spedizioni in Iraq e Afghanistan per issare radar e sensori termici sopra le basi, in modo da sorvegliare le pianure desertiche e prevenire gli attentati: adesso Israele e India progettano reti di allerta con mongolfiere lungo le frontiere. Hamas invece nel 2020 le ha usate per appiccare il fuoco alle coltivazioni dei kibbutz. […]

La “seconda vita” di palloni e dirigibili per uso militare. Paolo Mauri l’8 Febbraio 2023 su Inside Over.

L’escursione sul continente nordamericano di un pallone aerostatico “spia” cinese ha generato facili ironie, ma soprattutto una ridda di considerazioni errate sulla reale efficacia dei sistemi “più leggeri dell’aria” come palloni o dirigibili, e quindi sugli effettivi scopi di un’azione simile da parte della Cina.

L’obiezione più comune è quella che sostiene l’inutilità di tali sistemi per raccogliere dati, in quanto esistono i satelliti spia che possono comodamente osservare la superficie terrestre dallo spazio senza venire intercettati o scoperti.

Cos’è e come funziona il pallone spia avvistato negli Usa

Una questione di… flessibilità!

In realtà i satelliti hanno alcune limitazioni per quanto riguarda l’attività di spionaggio/ricognizione: tutti gli assetti spaziali di questo tipo sono posizionati in orbite basse (Leo – Low Earth Orbit) ed effettuano dei passaggi a intervalli regolari, ovvero un satellite da osservazione attraversa “il cielo” di una porzione della superficie terrestre a intervalli prefissati; inoltre i satelliti spia, e in generale tutti i satelliti, sono assetti ad alto costo, quindi non spendibili.

Se bastassero i satelliti per fornire dati di intelligence, non ci sarebbe più bisogno di velivoli da ricognizione/spionaggio come gli Rc-135 e U-2 statunitensi o altre piattaforme Isr (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) rappresentate anche da Uav (Unmanned Air Vehicle). Eppure ancora oggi l’attività ISR è affidata a diverse classi di velivoli ad ala fissa presenti in tutte le principali forze aeree del mondo.

Questo perché un aereo da ricognizione è più flessibile rispetto a un satellite: oltre a poter operare “a chiamata”, garantisce una permanenza in zona operativa più continua rispetto a un assetto spaziale potendo volare per alcune ore nella stessa area – se rifornibile in volo anche molte – il limite è dato dalla resistenza dell’equipaggio.

Pertanto un assetto “più leggero dell’aria” come un pallone aerostatico o un dirigibile da alta e altissima quota si colloca in una posizione intermedia tra i satelliti e i velivoli da ricognizione: sebbene sia facilmente individuabile (ma un pallone potrebbe anche sfuggire), la sua persistenza in “zona attiva” è temporalmente più lunga rispetto a quella di un aereo e costringe l’avversario a prendere misure di sicurezza che possono anche diventare inabilitanti in caso di mobilitazione in fieri oppure a scoprire i suoi piani.

Non è da sottovalutare nemmeno la questione dei costi di produzione/esercizio: un pallone aerostatico “spia” ha un costo nettamente inferiore rispetto a quello di un satellite o di un velivolo spia, e nei riguardi di quest’ultimo esclude anche la presenza del prezioso equipaggio, che potrebbe andare perso in caso di reazione avversaria violenta o influire sulla durata del volo per via della necessità di riposo.

Vero è che i palloni aerostatici sono soggetti al “capriccio dei venti”, quindi risultano meno flessibili di un velivolo, ma è comunque possibile dotarli di un piccolo sistema di propulsione/navigazione automatico gestito da intelligenza artificiale che lavori in base alla rotta preimpostata.

Il pallone spia cinese

Ancora non sappiamo se questo tipo di soluzione sia stata adottata sul pallone cinese recentemente assurto alla ribalta delle cronache, ma il suo recupero potrebbe chiarire anche questo aspetto, ovviamente se le autorità militari statunitensi decideranno di rivelarne le caratteristiche.

Proprio il suo abbattimento, ad opera di un F-22 che ha usato un missile aria-aria Aim-9X, ci permette di chiarire alcuni aspetti di questa vicenda.

Quello che ha attraversato gli Stati Uniti da costa a costa, volando nel cielo del Montana dove è presente la base Usaf di Malmstrom deputata al lancio di missili balistici intercontinentali, non è il primo pallone di questo tipo: le autorità Usa hanno infatti affermato che negli anni precedenti altri assetti simili sono stati individuati sulle isole Hawaii, e ancora sul Texas e sulla Florida.

Inoltre, la decisione di abbatterlo (che è un atto ostile) è stata presa solo in un secondo momento, ovvero quando il pallone era in volo sopra l’Oceano Atlantico, per poterlo recuperare rapidamente: immaginiamo la difficoltà logistica di recuperare una struttura, comunque relativamente piccola, in un territorio boscoso oppure il rischio che possa finire in una zona abitata. Invece essendo caduto in mare, le unità navali della marina Usa hanno potuto seguirne la caduta e raggiungere rapidamente il punto in cui ha toccato la superficie marina.

Senza aspettare l’analisi della struttura, che dubitiamo sarà divulgata nella sua interezza, a farci pensare che possa ragionevolmente essere un pallone aerostatico per lo spionaggio è la grandezza dei pannelli fotovoltaici di cui era dotato: così tanta energia a disposizione fa pensare alla presenza di sensori passivi, fotocamere e a un sistema di trasmissione dei dati a grande distanza nonché a qualche forma di controllo di rotta. Se fosse stato un classico pallone sonda per ricerca meteorologica non avrebbe avuto bisogno di un sistema di alimentazione così importante.

Inoltre il fatto che non sia il primo scoperto sul territorio statunitense, come emerso nelle ultime ore, fa pensare a un uso continuativo di questa soluzione, proprio per via della spendibilità del sistema.

Del resto la Cina non ha basi nei pressi del continente americano, e non può effettuare la raccolta di segnali (Sigint – Signal Intelligence) usando velivoli come fanno gli Stati Uniti. Il pallone, poi, può essere anche idoneo per sondare la portata e la copertura dei radar da scoperta a lungo raggio e preallarme statunitensi in quanto vola a quote stratosferiche a limiti dell’atmosfera, le stesse che potrebbero essere sfruttate da sistemi ipersonici plananti (Hgv – Hypersonic Glide Vehicle).

La seconda vita del “più leggero dell’aria”

In generale la tecnologia del “più leggero dell’aria” non è stata accantonata dai progettisti: tutti abbiamo presente i dirigibili che venivano usati nei primi anni del ‘900 per il trasporto di persone o per scopi bellici (i tedeschi li usavano durante il Primo Conflitto Mondiale per il bombardamento), e c’è l’erronea convinzione che si tratti di uno strumento obsoleto.

L’Us Navy, ad esempio, utilizzò dirigibili e palloni senza intelaiatura rigida sino al 1962 e negli ultimi decenni l’idea di impiegare questi strumenti è tornata di moda grazie all’utilizzo di nuovi materiali e tecnologie per potersi dotare di un assetto Isr/radar a basso costo e più flessibile rispetto a velivoli, satelliti o stazioni terrestri.

Darpa, la Defense Advanced Research Projects Agency, nel 2006 ha richiesto lo sviluppo di un’antenna radar della lunghezza di un campo di calcio ultraleggera alla Raytheon Company.

L’antenna dell’array a scansione elettronica attiva (Aesa) verrebbe sistemata sullo scafo di un dirigibile senza equipaggio lungo da 150 a 300 metri che potrebbe volare per lunghi periodi sopra la corrente a getto ad altitudini comprese tra i 19 mila e 21 mila metri.

Lockheed Martin nel 2018 ha annunciato l’integrazione del sistema Sar (Synthetic Aperture Radar) nel dirigibile di sorveglianza senza pilota 74K Aerostat che include anche altri sensori di Telephonics, Leonardo e Northrop Grumman e telecamere a infrarossi.

Il dirigibile floscio (altrimenti detto blimp) Aerostat 74K è stato utilizzato in Afghanistan e può restare in volo per 30 giorni trasportando fino a 500 chilogrammi di carico utile arrivando a un’altitudine di 1400 metri.

La moderna tecnologia costruttiva è in grado di offrire soluzioni “ibride” tra il dirigibile e il velivolo che permettono di avere un carico molto grande: il dirigibile ibrido è tecnicamente più pesante dell’aria e combina la spinta di Archimede data dal gas elio con la portanza aerodinamica derivata dalla forma del corpo dell’involucro.

Questa soluzione è forse quella più interessante ed infatti gli Stati Uniti stanno sviluppandola per sistemi di sorveglianza radar e Isr: Lockheed-Martin ha in sviluppo l’High Altitude Long Endurance Demonstrator (Hale-D) come dimostratore di fattibilità delle tecnologie HAA.

Questo è un dirigibile automatico (senza equipaggio) spinto da due motori elettrici e ha convalidato diverse tecnologie chiave tra cui un sistema di energia rigenerativa basato su celle fotovoltaiche, nonché materiali avanzati per lo scafo e un esclusivo sistema di assetto.

Esistono tanti altri sistemi, sia a struttura rigida sia a involucro floscio, già impiegati per uso militare e altri ancora in fase avanzata di sviluppo.

E in Italia?

Anche in Italia si sta guardando verso questa direzione: nel Dpp (Documento Programmatico Pluriennale) Difesa 2022-2024 si legge che sono stati stanziati i primi finanziamenti (20 milioni di euro) per la ricerca e sviluppo di “piattaforme stratosferiche”.

Si tratta del programma Haps (High Altitude Platform System) finalizzato al potenziamento della capacità Isr dell’Aeronautica Militare Italiana e della Difesa attraverso la creazione di una piattaforma ibrida capace di elevata persistenza e ampia copertura d’area in grado di effettuare missioni Ew, Sigint, Elint (Electronic Intelligence) e per l’implementazione della capacità di navigazione, comunicazione e osservazione meteo.

Tornando al pallone aerostatico cinese, l’idea di usare un sistema simile per raggiungere il continente americano partendo dall’Asia sfruttando le potenti correnti a getto stratosferiche non è né nuova né originale: i primi a studiarla e metterla in pratica sono stati i giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Come vi avevamo raccontato dalle colonne de Il Giornale, coi palloni incendiari Fu-Go il Giappone ha cercato, senza successo grazie a una massiccia campagna di disinformazione Usa, di portare la distruzione negli Stati Uniti continentali.

PAOLO MAURI

Canada invia i primi Leopard 2 all’Ucraina. Odessa, 500 mila persone senza elettricità. Andrea Nicastro, da Kiev, e Lorenzo Nicolao su Il Corriere della Sera il 4 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di sabato 4 febbraio. Oltre 20 attacchi aerei e tre missilistici nella parte orientale del Paese. Scambio di prigionieri tra Kiev e Mosca

Questa diretta è stata chiusa. Trovate a questo link il nuovo articolo con tutte le notizie di oggi, in diretta, sulla guerra in Ucraina

• La guerra in Ucraina è arrivata al 346esimo giorno.

• Von der Leyen, nuove sanzioni a Mosca entro il 24 febbraio.

• Accordo Italia-Francia, il sistema di difesa antiaerea Samp-T in Ucraina in primavera.

•Zelensky telefona a Sunak: «Grazie per l'addestramento ai tank».

• Difesa russa: «Liberati 63 nostri militari». Kiev: «Rilasciati nostri 116 prigionieri di guerra».

• La battaglia di Bakhmut: finiranno prima gli uomini o le munizioni? Morto medico Usa in un attacco contro ambulanza.

• Mosca-Pechino: «Al lavoro per rafforzare relazioni bilaterali»

• L’annuncio di Giorgia Meloni: «Sarò a Kiev prima del 24 febbraio».

Ore 05:04 - La battaglia di Bakhmut: finiranno prima gli uomini o le munizioni?

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il presidente Zelensky esclude un ritiro dalla «fortezza Bakhmut», mentre l’intelligence rilancia informazioni sui piani di Putin. Il Cremlino avrebbe ordinato ai generali di conquistare le regioni di Donetsk e Luhansk entro il 23 marzo.

Ore 05:06 - Accordo Italia-Francia, il sistema di difesa antiaerea Samp-T in Ucraina in primavera

Il sistema di difesa antiaerea Samp-Tdi fabbricazione italo-francese sarà consegnato all’Ucraina «nella primavera del 2023». È quanto afferma una nota della Difesa dopo un colloquio telefonico che si è tenuto nel pomeriggio tra il ministro Difesa Guido Crosetto e il ministro francese delle Forze armate Sebastien Lecornu nel quale sono stati definiti i dettagli tecnici per l’invio del sistema missilistico che «consentirà all’Ucraina di difendersi dagli attacchi dei droni, missili e aerei russi».

Ore 05:07 - Kherson, bombe russe su un centro commerciale

Un enorme incendio è scoppiato nel centro commerciale Epicentr K di Kherson dopo l’attacco di artiglieria della Russia. Non ci sono ancora informazioni sulle vittime. Giovedì i bombardamenti russi hanno distrutto un asilo a Zolota Balka, nel sud dell’oblast di Kherson, secondo l’amministrazione militare regionale citata dal Kyiv Independent .

Ore 05:09 - Sette adolescenti feriti nell’esplosione di una mina antiuomo

Sette adolescenti di età compresa tra 14 e 17 anni sono stati feriti da schegge per l’esplosione di una mina antiuomo antiuomo PFM a Izium, a sud-est di Kharkiv, intorno alle 20 ora locale, lo ha riferito il governatore dell’oblast di Kharkiv Oleh Syniehubov. «Uno degli adolescenti l’ha raccolta da terra e l’ha gettata accanto agli altri. La mina è esplosa», ha detto Syniehubov, aggiungendo che cinque adolescenti sono stati ricoverati in ospedale secondo il Kyiv Independent. Il 31 gennaio, Human Rights Watch ha invitato l’Ucraina a indagare sul presunto uso da parte dei militari di mine terrestri antiuomo lanciate da razzi dentro e intorno alla città di Izium durante l’occupazione russa. L’organizzazione afferma di aver documentato nove usi di mine antiuomo PFM, che sono state sparate in territori precedentemente controllati dalla Russia a Izium, suggerendo che sia stato l’esercito ucraino. L’Ucraina fa parte della Convenzione sulle mine antiuomo del 1997, che vieta l’uso di tali armi. Human Rights Watch ha precedentemente pubblicato rapporti sull’uso diffuso da parte della Russia di armi proibite. «Le forze russe hanno utilizzato mine antiuomo in diverse aree dell’Ucraina, comprese trappole esplosive attivate dalle vittime, sin dalla sua invasione su vasta scala dell’Ucraina il 24 febbraio 2022», si legge nel rapporto. Secondo Serhii Kruk, che dirige il servizio di emergenza statale dell’Ucraina, circa il 30% del territorio ucraino è minato a causa della guerra su vasta scala della Russia, un’estensione pari al doppio dell’area dell’Austria.

Ore 05:11 - Volontario americano ucciso a Bakhmut

Un volontario americano, Pete Reed, è stato ucciso giovedì a Bakhmut, nell’Ucraina orientale. Lo ha annunciato la Global Response Medicine, l’organizzazione umanitaria che aveva fondato. Trentatre anni, veterano della marina Usa, Reed «è rimasto ucciso mentre prestava aiuto» con un’altra organizzazione la Global Outreach Doctors, si legge in un post su Instagram. Ha anche guidato i team medici durante la battaglia per Mosul, in Iraq, curando oltre 10.000 pazienti. «Pete ha vissuto una vita al servizio degli altri, prima come marine decorato e poi nel settore degli aiuti umanitari», ha sottolineato la sua organizzazione. Un portavoce del dipartimento di Stato americano ha confermato «la morte di un cittadino statunitense in Ucraina» aggiungendo di essere in contatto con la famiglia per fornire tutta l’assistenza necessaria.

Ore 05:26 - I soldati ucraini raccontano la prima linea: i russi avanzano anche se gli spariamo addosso

(di Andrea Nicastro, nostro inviato a Kiev)

Alexey è ferito, in un pronto soccorso militare a una cinquantina di chilometri da Bakhmut. Ha una connessione Starlink che gli permette di telefonare alla madre che, a Kiev, ci fa partecipare alla conversazione. «Non sono grave, mamma, ma devo tornare alla mia unità». «Come tornare? Cosa ti salta in mente?», la madre non si trattiene. «I russi sono vicinissimi a Bakhmut, avanzano continuamente, rischiano di circondarci». Lì sono tutti campi, piatti, aperti, come fanno ad avanzare? «Vengono allo scoperto, sì. Li ho visti davanti alla mia trincea. Ci martellano con i cannoni e i mortai e mentre noi stiamo riparati sotto terra, quattro loro pattuglie corrono avanti tutte assieme. Chi fa venti metri, chi trenta. Noi li vediamo dai visori dei droni e usciamo a sparargli. Ai primi colpi si buttano a terra e scavano una sorta di buco. Noi allora diamo le coordinate ai mortai e ai droni armati, ma appena vengono colpiti, invece di arretrare, avanzano. Altri pochi metri e di nuovo a terra. Chi muore serve da scudo a chi arriva dopo».

Ore 05:31 - Anche Ursula von der Leyen costretta a rifugiarsi nel bunker a Kiev

(di Francesca Basso e Andrea Nicastro)

Ormai Ursula è di casa a Kiev. Si muove rapida, sa cosa significa essere un potenziale bersaglio. Il presidente Zelensky l’aspetta ai piedi delle scale del palazzo meglio protetto della capitale ucraina. Si dice l’unico che abbia batterie di missili Patriot a disposizione. Il presidente in felpa verde militare strofina la mano sulla giacchetta color senape della presidente della Commissione europea. «Non hai freddo?». «Non ti preoccupare». Già perché c’è ben altro di cui preoccuparsi. Le sirene dell’allarme anti aereo sono già suonate all’ora di colazione e lo faranno altre due volte nel corso della giornata. Segni sui radar indicano missili nello spazio aereo che devono essere presi molto sul serio se in città ci sono 15 Commissari europei e i loro leader.

Ore 07:37 - Germania, abbiamo prove di crimini di guerra in Ucraina

La Germania ha raccolto prove di crimini di guerra in Ucraina. Lo ha detto il procuratore generale Peter Frank al quotidiano Welt am Sonntag, aggiungendo di vedere la necessità di un processo a livello internazionale.

«Attualmente, ci stiamo concentrando sulle uccisioni di massa a Bucha o sugli attacchi contro le infrastrutture civili ucraine», ha dichiarato Frank, aggiungendo che finora i procuratori dispongono di prove «a tre cifre». Alla domanda su chi dovrebbe essere processato ha risposto: «I leader della Russia e coloro che attuano le decisioni al più alto livello militare dovrebbero essere chiamati a rispondere».

Ore 07:50 - Perché il pallone-spia cinese sopra gli Usa è un autogol, per Xi Jinping

(Di Federico Rampini) La scoperta del pallone spia sopra gli Stati Uniti è un incidente di percorso che arriva nel pieno del tentativo di Washington e Pechino di «normalizzare» i rapporti.

La decisione di Antony Blinken di rimandare la visita ufficiale a Pechino (sarebbe stato il primo segretario di Stato Usa ricevuto da Xi Jinping da ben cinque anni, l’ultimo fu Rex Tillerson nel 2017 quando c’era Donald Trump alla Casa Bianca) dà improvvisamente un rilievo inaspettato alla crisi del pallone-spia cinese sui cieli d’America. Quasi a voler rievocare la vicenda dell’U2-spia americano abbattuto dai sovietici nel 1960, alla vigilia di un importante summit bilaterale Usa-Urss.

Ore 08:04 - Esercito di Kiev: «Continua l’offensiva russa, respinti attacchi in nove insediamenti»

« L’esercito russo sta attaccando in quattro direzioni in Donbass, le forze di difesa ucraine hanno respinto gli assalti dei nemici nelle aree di nove insediamenti». Lo scrive lo Stato maggiore dell’esercito ucraino nel suo report del mattino, citato dai media ucraini.

«Il nemico lancia operazioni offensive nelle direzioni Lyman, Bakhmut, Avdiiv e Novopavliv, ma subisce pesanti perdite», afferma lo Stato maggiore. Ieri le truppe russe hanno lanciato 20 attacchi aerei in particolare sulle infrastrutture civili delle regioni di Kharkiv e Mykolaiv, ci sono vittime tra la popolazione civile.

Ore 08:11 - Meloni-Scholz, parte il dialogo: la premier insiste sulla flessibilità

(Di Paolo Valentino) A Berlino intesa sul sostegno a Kiev ma sui migranti le vedute sono diverse. Il cancelliere: niente gara dei sussidi con gli Usa

«Non ricordo di avere detto di essere allergica alla Germania», spiega Giorgia Meloni a chi le ricorda una sua intervista della scorsa estate. È solo che, «a differenza di altre lingue, il tedesco proprio non sono riuscita a impararlo: è una lingua complessa». Un attimo prima Olaf Scholz si è subito proposto nel ruolo dell’«antiallergico»: «Cara Giorgia, la tua visita qui dimostra che Italia e Germania sono partner stretti in Europa e nell’Alleanza Atlantica». E ancora: «Germania e Italia sono due Paesi fortemente collegati politicamente, economicamente e anche culturalmente». Con buona pace della lingua di Goethe.

Ore 08:20 - Gb: «Esercito di Mosca integra formalmente aree occupate»

La riorganizzazione dell’esercito russo, che ieri ha annunciato l’integrazione formale delle aree occupate dell’Ucraina nel suo distretto militare meridionale con sede a Rostov-on-Don, rispecchia l’aspirazione di «integrare il territorio appena occupato in una posizione strategica a lungo termine». È quanto sottolinea nella sua analisi quotidiana l’intelligence della Difesa del Regno Unito.

Il 3 febbraio 2023, l’agenzia di stampa statale russa Tass ha riferito che le Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk e le regioni di Zaporizhzhia e Kherson sono state poste sotto il comando a tre stelle con sede a Rostov-on-Don. «Ciò fa seguito all’annuncio di gennaio del ministro della Difesa Sergei Shoigu, secondo cui l’espansione militare includerà la creazione di «raggruppamenti di forze autosufficienti» in Ucraina. La mossa evidenzia che le forze armate russe probabilmente aspirano a integrare il territorio appena occupato in una posizione strategica a lungo termine».

Ore 08:37 - Gruppo di monitoraggio bielorusso: «Allarme aereo in tutte le regioni del Paese»

Allarme aereo in tutte le regioni dell'Ucraina. Lo ha annunciato questa mattina dopo la segnalazione del gruppo di monitoraggio bielorusso Gayun. Sulla Bielorussia si è alzato in volo infatti l'aereo di sorveglianza radar a lungo raggio russo A-50U, che raccoglie dati sugli obiettivi per i prossimi attacchi della Federazione Russa.

Ore 08:51 - Oltre 30mila soldati russi a Mariupol

Nell'ultima settimana sono arrivati a Mariupol tra i 10 e i 15 mila militari russi, portando a 30mila il numero totale dei soldati della Federazione nella città sudorientale ucraina occupata. Lo riferisce il consigliere del sindaco in esilio Petro Andryushchenko: «Ci sono circa 30.000 occupanti, concentrati a Mariupol e nel distretto». Per queste truppe la priorità sembra essere l'attacco a Vugledar e Zaporizhzhia, ha detto.

Ore 08:55 - Difesa russa annuncia: «Liberati 63 militari russi, negoziato complesso»

Al termine di un «complesso processo di negoziato», sono stati liberati 63 militari russi che erano prigionieri in Ucraina. Lo fa sapere il ministero russo della Difesa precisando che il gruppo comprende anche alcuni soldati appartenenti a «categoria sensibile» e che la loro liberazione è avvenuta con uno scambio, reso possibile dalla mediazione della leadership ucraina. Sarebbero già stati rimpatriati, grazie anche alla mediazione esterna degli Emirati Arabi Uniti.

Ore 09:09 - Missile su ambulanza a Bakhmut: morto medico Usa

«Stava evacuando i civili e curando i feriti quando la sua ambulanza è stata colpita dal fuoco russo a Bakhmut . È morto facendo ciò che gli dava la vita e ciò che amava, e salvando un membro del suo team con il proprio corpo», ha reso noto su Instagram la moglie di Pete Reed, 34 anni, medico Usa volontario ucciso da un missile a poche settimane dal suo arrivo nella città orientale al centro di feroci combattimenti.

La notizia della morte è stata data ieri dalla Global Response Medicine, l'organizzazione che aveva fondato, ma non c'erano ancora dettagli. Reed aveva guidato team medici a Mosul, in Iraq, curando oltre 10.000 pazienti. Nel bombardamento in cui è rimasto ucciso Reed, sono state ferite altre cinque persone, ha riferito il Kyiv independent.

Ore 09:39 - Medvedev: «Se attaccati, useremo ogni genere di armi, anche nucleari»

Mosca è pronta a usare tutti i tipi di armi a disposizione in caso di un attacco dell'Ucraina alla Russia. Lo ha dichiarato il numero due del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, scrive Ria Novosti. «Non ci poniamo limiti, l'Ucraina brucerà se continuerà l'invio di armi da parte dei Paesi occidentali».

Ore 09:41 - Usa: «Primo trasferimento di fondi russi confiscati per aiutare Kiev»

«Annuncio oggi che ho autorizzato il primo trasferimento in assoluto all'Ucraina di fondi russi sequestrati», ha dichiarato il procuratore generale Merrick Garland, sottolineando che i beni confiscati sono il risultato dell'incriminazione dell'oligarca Konstantin Malofeyev avvenuta in aprile. «Il denaro andrà al Dipartimento di Stato per sostenere il popolo ucraino», ha affermato.

Il procuratore generale ucraino Andriy Kostin, a Washington da Garland, ha accolto con soddisfazione il trasferimento di 5,4 milioni di dollari per ricostruire l'Ucraina». «Tutti gli ucraini, in un modo o nell'altro, hanno sofferto per questa guerra. Dobbiamo garantire che ricevano un risarcimento per gli enormi danni subiti».

Ore 10:44 - Reznikov ringrazia ministri italiano e francese Crosetto e Lecornu

Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha ringraziato i propri omologhi di Italia e Francia Guido Crosetto e Sebastien Lecornu per l'invio dei sistemi di difesa aerea all'esercito di Kiev. Lo ha scritto in un tweet.

Ore 11:00 - Kiev: «Rilasciati dalla Russia 116 prigionieri di guerra»

Il capo dell'ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak ha reso noto che 116 prigionieri di guerra sono stati rilasciati dalla Russia: del gruppo fanno parte militari che hanno combattuto a Mariupol, partigiani di Kherson, soldati di Bakhmut. Lo riporta Rbc-Ucraina.

Restituiti anche i corpi dei volontari stranieri morti Christopher Matthew Perry e Andrew Tobias Matthew. In precedenza il ministero della Difesa russo aveva fatto sapere che 63 prigionieri di guerra russi sono stati rilasciati dall'Ucraina, con la mediazione degli Emirati arabi.

Ore 11:18 - Cina: «Con la Russia fiducia sempre più profonda»

La fiducia politica reciproca con la Russia ha «continuato ad approfondirsi» dopo che il vice ministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu ha visitato il Paese in settimana, incontrando anche il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. La Cina, si legge in una nota della diplomazia di Pechino, «è disposta a lavorare con la Russia per attuare la loro partnership strategica e promuovere ulteriori progressi nelle loro relazioni».

Valutazioni che ricorrono a un anno esatto dalla dichiarazione della «amicizia senza limiti» firmata dai presidenti cinese Xi Jinping e russo Vladimir Putin a Pechino nel loro incontro del 4 febbraio 2022.

Ore 11:22 - Ue mobilita 10 milioni di euro per orfani di guerra

La Commissione europea sta mobilitando 10 milioni di euro per assistere i bambini orfani di guerra in Ucraina. Lo rende noto Gert Jan Koopman, direttore generale delle politiche di vicinato dell'esecutivo comunitario, a seguito dell'impegno annunciato giovedì scorso da Ursula von der Leyen nel suo incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev. «Come parte di questo pacchetto, utilizzeremo il nostro strumento di gemellaggio: i dipendenti pubblici degli Stati membri lavoreranno con le autorità ucraine per progettare una strategia di assistenza all'infanzia moderna», ha spiegato.

Ore 11:30 - La denuncia di Kiev: «Prigionieri rilasciati dai russi hanno perso arti per congelamento»

Tra i 116 soldati ucraini tornati oggi dalla prigionia russa, 23 sono feriti o malati, alcuni hanno perso gli arti per congelamento, il più giovane ha da poco compiuto 20 anni, il più anziano ne ha 62. Lo rende noto il quartier generale del coordinamento per il trattamento dei prigionieri di guerra ucraino.

Ore 11:49 - Anche il Portogallo invierà carri armati Leopard a Kiev

« Il Portogallo invierà carri armati Leopard 2 in Ucraina». Lo ha detto oggi il primo ministro Antonio Costa spiegando di essere in trattative con la Germania per ottenere le parti necessarie per la riparazione dei tank al momento in disuso nelle forze armate portoghesi. Il premier non ha specificato quanti ne saranno inviati.

«Stiamo attualmente lavorando per poter dare alcuni dei nostri carri armati», ha detto Costa all'agenzia di stampa Lusa durante un viaggio nella Repubblica Centrafricana, come riporta il Guardian. «So quanti carri armati saranno inviati in Ucraina ma sarà annunciato al momento opportuno».

Ore 12:35 - Abodi: «Boicottaggio? Tema al di sopra dello sport»

«Il rinvio del boicottaggio dell'Ucraina a Parigi 2024? È un tema estremamente delicato, per il quale anche il ministro per lo sport deve confrontarsi col presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri. È un tema al di sopra della dimensione sportiva». Così il ministro per lo Sport Andrea Abodi.

«Bisogna tenere conto della geopolitica ma, al tempo stesso, della specificità dello sport, dei messaggi che deve mandare. È un tema che va affrontato con politiche che vanno al di là di quelle meramente sportive. Non vorrei che la politica diventasse un elemento predominante delle scelte dello sport, ma il rispetto per un tema così delicato presuppone un coordinamento con chi ha responsabilità su tematiche di livello superiore, il Governo appunto e chi ha la delega agli esteri», ha aggiunto.

Ore 12:46 - Von der Leyen, nuove sanzioni a Mosca entro il 24 febbraio

«Entro il 24 febbraio, a esattamente un anno dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, miriamo a mettere in atto il decimo pacchetto di sanzioni». Lo afferma la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dopo l'ok ai massimali di prezzo sui derivati del petrolio russo. «Stiamo facendo pagare a Putin la sua atroce guerra. La Russia sta pagando un prezzo pesante, le nostre sanzioni stanno erodendo la sua economia, facendola arretrare di una generazione», ha aggiunto.

Ore 12:59 - Podolyak: «Russi si fermeranno solo in caso di sconfitta»

«Niente fermerà le truppe di Mosca se non la sconfitta. I russi continuano a investire nel terrorismo, interferiscono negli esiti delle elezioni, uccidono i rivali politici. Questo è il mondo nel quale volete vivere?». Così il consigliere e capo ufficio della presidenza di Kiev Mikhailo Podoyak, lasciando intendere che non vi siano al momento troppe prospettive di negoziati per la pace.

Ore 13:19 - Chiude la brigata Mozart, il gruppo che raccoglieva i volontari internazionali in Ucraina

(Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il punto militare 355 | La chiusura della Mozart è un simbolo delle difficoltà dei volontari internazionali: erano fra 17 e 20 mila, ne sono rimasti fra 3 e 5 mila. A Bakhmut è morto il settimo americano: Pete Reed, infermiere di 34 anni.

Andrew Millburn e Andrew Bain. Stesso nome, stesso passato nei marines, stesso grado di colonnello, quasi coetanei: sono entrambi sulla cinquantina. Questi punti in comune hanno permesso alla coppia di creare la Mozart, la compagnia di sicurezza privata che doveva essere la risposta — almeno simbolicamente e non nei numeri — alla Wagner russa di Evgeny Prigozhin. Un’unione finita male, tra cause legali, liti e risse verbali. Una brutta pagina che documenta i problemi di alcuni stranieri accorsi in Ucraina a battersi.

Ore 14:06 - Kiev: «Odessa e parti della regione senza elettricità dopo avaria in una sottostazione»

Odessa e parti della regione di cui è capoluogo sono rimaste senza elettricità a causa di un'avaria in una sottostazione. Lo ha reso noto l'ufficio stampa dell'azienda che gestisce la rete elettrica locale, Dtek. «Nella mattina del 4 febbraio c'è stata la seconda avaria delle ultime 24 ore nella sottostazione di Npc Ukrenergo. In conseguenza di ciò, Odessa e parti della regione sono temporaneamente senza energia elettrica», si legge nel comunicato.

L'Ucraina ha così imposto un blackout di emergenza dopo l'«incidente tecnologico» , a causa dei danni riportati dagli attacchi russi. Lo ha riportato il Guardian. Le autorità hanno ordinato di portare generatori nell'area. Una turbina a gas fornita dagli Stati Uniti sarà poi portata nella città meridionale ucraina. Questa mattina, il media Nexta ha pubblicato filmati che mostrerebbero la sottostazione energetica in fiamme. I tecnici sono ora all'opera per ripristinare le forniture.

Ore 14:29 - Cina-Russia: «Al lavoro per rafforzare relazioni bilaterali»

«La Cina vuole lavorare con Mosca per avanzare nelle relazioni bilaterali quest'anno». Lo ha detto il vice ministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu, in un colloquio a Mosca con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, e i vice ministri Andrej Rudenko and Sergej Vershinin. «La Cina è disposta a lavorare con la Russia per concretizzare l'intesa raggiunta dai due capi di stato e per promuovere nuovi progressi nelle relazioni bilaterali nel nuovo anno», ha affermato il viceministro cinese.

Ore 14:51 - Mosca: «Vertice Ue-Kiev un modo per continuare a sostenere il regime neonazista ucraino»

«L'evento tenutosi il 3 febbraio a Kiev ha confermato ancora una volta che per indebolire la Russia e servire le aspirazioni egemoniche degli Stati Uniti e della Nato, l'Unione europea continua a sostenere sconsideratamente il regime neonazista di Kiev». Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, citata da Ria Novosti.

«Questo cancella completamente i principi su cui una volta era costruita l'Ue», ha aggiunto Zakharova. «Non meno ipocriti sono gli appelli alla pace delle pecore dell'UE in condizioni in cui dichiarano la loro disponibilità a investire nella continuazione delle ostilità con la fornitura di armi», ha affermato la portavoce.

Ore 15:09 - Kiev: «Ignorate Medvedev, liberiamo Crimea con ogni mezzo»

«La legge internazionale parla chiaro. L'Ucraina può liberare i suoi territori utilizzando qualsiasi strumento. La Crimea è Ucraina. Le minacce da parte dei funzionari russi con "attacchi di rappresaglia" sono solo una conferma dell'intenzione di commettere omicidi di massa e un tentativo di spaventare nello stile tradizionale russo. Ignorate sempre Medvedev».

Lo scrive su Twitter il consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak, dopo le parole del funzionario russo secondo cui Mosca «può usare armi nucleari se armi nucleari o di altro tipo di distruzione di massa vengono usate contro la Russia o i suoi alleati».

Ore 15:23 - Germania sul gas: «Nessuna prova di sabotaggio russo a Nord Stream»

Gli inquirenti tedeschi non hanno al momento prove della responsabilità della Russia nelle esplosioni ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 dello scorso settembre. «Questo al momento non può essere provato, le indagini sono in corso», ha detto il procuratore generale, Peter Frank, al quotidiano tedesco Welt am Sonntag. I siti dell'esplosione si trovano in acque internazionali nelle zone economiche esclusive di Danimarca e Svezia, che stanno conducendo le proprie indagini. «Ma siamo in contatto», ha precisato Frank. Lo scorso novembre le autorità svedesi hanno dichiarato che le esplosioni sono state frutto di un'azione di sabotaggio.

Ore 15:28 - Wall Street Journal: «Cina aiuta Russia in Ucraina. Le fornisce la tecnologia»

La Cina sta fornendo a Mosca la tecnologia di cui l'esercito russo ha bisogno per la guerra in Ucraina nonostante le sanzioni internazionali e i controlli all'export. Lo riporta il Wall Street Journal sulla base di un'analisi dei dati doganali, dai quali emerge che aziende statali cinesi della difesa stanno spedendo attrezzature per la navigazione, tecnologia e componenti per jet da combattimento a società statali russe sanzionate.

Ore 15:53 - Zelensky telefona a Sunak: «Grazie per addestramento tank»

«Parlando con Rishi Sunak, l'ho ringraziato per aver iniziato ad addestrare gli equipaggi ucraini sui Challenger», lo scrive il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky su Twitter. «Abbiamo parlato dell'ulteriore espansione delle capacità dell'esercito ucraino, del sostegno a tutto tondo all'Ucraina nel breve e nel lungo termine. Ho sottolineato che i rappresentanti dell'aggressore non hanno posto a Parigi 2024».

Ore 16:26 - Salvini: nuove sanzioni? Sosteniamo Ucraina

«Siamo al sesto pacchetto, settimo, ottavo... Noi abbiamo sostenuto fin dall’inizio ogni sostegno al popolo ucraino aggredito e continueremo a sostenerlo, sperando che si siedano intorno al tavolo». Lo afferma Matteo Salvini, segretario della Lega, rispondendo a una domanda sulle nuove sanzioni a Mosca entro il 24 febbraio annunciate dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. «Siamo qui a lavorare per gli italiani, sosteniamo l’Ucraina aggredita. Continuo a essere convinto che un’apparizione a Sanremo fra i Cugini di campagna e Ultimo non penso sia risolutiva per porre fine al conflitto», aggiunge Salvini a un gazebo elettorale della Lega a Milano.

Ore 16:29 - Wsj: Cina sta aiutando Russia fornendo tecnologia

La Cina sta aiutando la Russia nel conflitto in Ucraina fornendo all’esercito di Mosca la tecnologia di cui ha bisogno nonostante le sanzioni internazionali e i controlli sulle esportazioni. Lo scrive il Wall Street Journal. Secondo il giornale americano i registri doganali mostrano che le aziende statali cinesi del comparto della Difesa spediscono attrezzature di navigazione, tecnologia e parti di jet da combattimento a compagnie di difesa di proprietà del governo russo sanzionate.

Ore 17:51 - Kiev, 500 mila persone rimaste senza elettricità a Odessa

Mezzo milione di persone è rimasto senza elettricità a seguito dell’incidente «significativo» avvenuto in una sottostazione elettrica a Odessa, nel sud dell’Ucraina. Lo riporta il Guardian. Il colonnello ucraino Maksym Marchenko ha spiegato su Telegram che «si è verificato un grave incidente in una delle strutture energetiche dell’operatore energetico Ukrenergo, che ha provocato un incendio». Per questo motivo, «la regione di Odessa e la città di Odessa sono rimaste quasi completamente prive di energia. Ad oggi, quasi 500.000 utenti non hanno elettricità».

Ore 18:27 - Medvedev: attaccare Crimea è attaccare Russia

«Il diritto internazionale rispetta la volontà del popolo. La Crimea è Russia. Attaccare la Crimea significa attaccare la Russia e intensificare il conflitto. La banda ucraina di tossicodipendenti deve capire che tali attacchi saranno affrontati con inevitabili ritorsioni con armi di qualsiasi tipo». Lo scrive su twitter il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev.

Ore 20:12 - Zelensky: situazione al fronte dura a Bakhmut, Vugledar e Lyman

La situazione al fronte «si fa sempre più dura». Lo ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo messaggio serale riportato da Ukrainska Pravda. Il leader di Kiev ha fatto riferimento in particolare a «Bakhmut, Vugledar e Lyman». Zelensky nel suo discorso notturno, ribadisce però che «ora, come in ciascuno di questi 346 giorni, la resilienza dei nostri soldati decide tutto». «Non dipende dagli sforzi e dai piani della Russia, ma dal coraggio e dalla determinazione dei nostri soldati», ha concluso il presidente ucraino, sottolineando che «difendere tutti gli elementi della nostra resilienza è una garanzia di vittoria».

Ore 20:46 - Canada, primo Leopard 2 in viaggio verso l’Ucraina

«Oggi, un aereo della Royal Air Force canadese è partito da Halifax trasportando il primo carro armato Leopard 2 che il Canada sta inviando in Ucraina. Il Canada è dalla parte del popolo ucraino e continueremo a fornire alle forze armate ucraine l’equipaggiamento di cui hanno bisogno per vincere». Lo ha annunciato su Twitter la ministra della Difesa canadese Anita Anand, condividendo le immagini e un video della spedizione del tank. «I carri armati sono in viaggio per aiutare l’Ucraina. Il primo Leopard 2 canadese è partito. Il sostegno del Canada all’Ucraina è incrollabile», ha scritto in un altro tweet.

Ore 23:48 - In 24 ore entrati oltre 10 mila ucraini in Ungheria

Nella sola giornata di sabato, in Ungheria sono entrati oltre 10 mila profughi ucraini. Come riferiscono i media serbi, che citano un comunicato della centrale di polizia ungherese (Orfk), attraverso il confine con l’Ucraina sono entrati nel Paese 5.098 profughi, mentre sempre ieri altri 5.150 ucraini sono entrati in Ungheria provenienti dalla Romania. La polizia, secondo i media serbi, ha concesso a 78 profughi un permesso di soggiorno temporaneo di 30 giorni.

Ore 23:49 - Netanyahu non esclude invio sistema difesa «Iron Dome» a Kiev

In un’intervista alla tv francese il leader israeliano, Benyamin Netanyahu, non ha escluso l’invio dell’Iron Dome all’Ucraina. Si tratta di un sistema d’arma mobile per la difesa antimissile e tecnologia radar. «Stiamo studiando la questione in base al nostro interesse nazionale», ha spiegato.

Ore 01:30 - Scholz: «accordo» con Zelensky, le armi non colpiranno Russia

Una rassicurazione, per quanto riguarda il pericolo di una esclation della tensione, arriva da Kiev: le armi fornite dall’Occidente all’Ucraina non colpiranno il territorio russo: lo ha assicurato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che ne ha riferito in una intervista a Bild am Sonntag. «Su questo punto c’è accordo», ha detto Scholz, rispondendo alle preoccupazioni sul prossimo impiego nel conflitto di carri armati Leopard e di missili a lungo raggio.

È stato il Pentagono ad annunciare che potrebbero essere inclusi nel nuovo pacchetto di aiuti militari missili in grado di colpire un obiettivo a 150 chilometri di distanza, e dunque dietro le linee del fronte russo. Quanto ai carri armati, ne arriveranno «tra 120 e 140» da diversi Paesi, tra cui 14 dalla Germania. «Insieme con i nostri alleati - ha spiegato Scholz - li forniamo all’Ucraina affinché possa difendersi, e con loro, a cominciare dagli Stati Uniti, abbiamo valutato attentamente ogni consegna di armi. È un approccio comune che evita un’escalation della guerra».

Yulia Tymoshenko: «Putin senza scrupoli: può usare l’atomica». Andrea Nicastro, nostro inviato a Kiev, su Il Corriere della Sera il 5 Febbraio 2023.

L’ex premier ucraina: «La corruzione? Siamo sulla buona strada: Usa e Ue premono, se non farà qualcosa il governo, saranno gli stranieri a costringerci»

L a famosa treccia che compariva in ogni foto della Rivoluzione arancione c’è ancora. È biondo cenere ormai, ma resiste. Così come quella vena da patriota martire che la spinse, vent’anni fa, a scrivere al Financial Times: «Il presidente ucraino Kuchma sta cercando di eliminarmi, non solo politicamente, ma fisicamente, per impedirmi di combattere la corruzione, l’economia sommersa, e il totalitarismo che l’hanno portato alla presidenza». Lei stessa è finita in carcere tre volte, sempre prosciolta, sempre rieletta.

Yulia Tymoshenko, si continua a parlare della corruzione ucraina come quando lei cominciò a fare politica. Anche la missione europea a Kiev di questa settimana ve l’ha rimproverato.

«Spero che non ci sia impunità e chi ha sbagliato paghi. Le ragioni per criticare questo governo ci sono, ma bisogna anche autocensurarsi. Il primo giorno di guerra, maggioranza, opposizione e governatori regionali ci siamo riuniti e stretti la mano. La politica, intesa come rivalità e ricerca del potere, ha smesso di esistere. C’è un solo pensiero: sopravvivere. Comunque, anche sulla corruzione, siamo sulla buona strada. Usa, Gb e Ue premono. Se non ci riesce il governo lo faranno gli stranieri».

Gli ultimi scandali hanno riguardato vice ministri e vice procuratori. Possibile che i capi non sapessero nulla?

Timoshenko sorride. «Lei conosce il Paese, sa darsi una risposta da solo».

Insiste ad autocensurarsi? Ammetterà almeno che Zelensky avrebbe potuto governare con tutte le forze politiche, invece di farlo solo con il suo proprio partito?

«Adesso è tabù criticare il governo, ma quando finirà la guerra alzeremo la voce su tutto. L’Ucraina sarà un Paese diverso, i combattenti torneranno dal fronte decisi a pretendere riforme».

Spostare un corrotto senza punirlo ricorda la tendenza di Putin a pretendere lealtà invece di efficienza.

«Assomiglia è vero, ma con una differenza. La società russa tollera questo modo di mescolare politica e affari. Gli ucraini in venti anni hanno fatto due rivoluzioni per cambiare. Non è poco».

Gli avversari non sono altrettanto delicati con lei. L’accusano di aver passato il Capodanno nel lusso di Dubai.

«Non avevo mai lasciato Kiev dal 24 febbraio. A Dubai vivono mia figlia, mio genero e i miei tre nipoti. Forse ho sbagliato ad offrirmi alla calunnia politica, ma mi mancavano troppo e sono andata».

Lei è stata premier, ha incontrato molte volte Putin.

«Già 15 anni fa aveva perso umanità. Allora tagliò le forniture di gas all’Europa dell’Est. La gente gelava. Non era una ragione commerciale, non c’erano debiti. Noi premier orientali lo imploravamo di riaprire i rubinetti. Lui ci guardava godendo del suo potere. Già allora usava l’energia come arma, ma i leader occidentali non capirono e invece di ridurre la loro dipendenza dalla Russia, la aumentarono».

Perché?

«Per noi ex sovietici, Putin è sempre stato chiaro. Polonia e Paesi Baltici sanno che l’Ucraina sta difendendo anche loro. Alla Conferenza di Monaco del 2007, Putin era stato un libro aperto e, prima dell’invasione del 2022, ha ripetuto: arretrate la Nato alle posizioni del 1997, cioè senza i Baltici, perché tutta l’ex Urss è mia. Non so cos’altro serva per capirlo. Deve essere un problema di abitudine al giogo sovietico che noi abbiamo e voi no».

Teme che l’Occidente possa abbandonarvi?

«Dal vertice di Ramstein del mese scorso non più. I Paesi Nato hanno capito che Putin ha tre obbiettivi. Diminuire la leadership occidentale. Imporre la forza come unico valore. Ridisegnare i confini a scapito dei Paesi più deboli».

Seguendo il suo ragionamento non ci sono ostacoli a che Putin usi l’atomica tattica sull’Ucraina.

«Infatti non avrebbe alcun dubbio morale a usarla e dobbiamo preparaci al peggio. Ma ciò non significa rinunciare a difendere il Paese. Bisogna solo fargli capire che se usasse la Bomba verrebbe eliminato».

Come?

«Con il pieno impiego dell’arsenale convenzionale occidentale a cui il suo esercito non resisterebbe una settimana. Ciò porterebbe alla frantumazione della Federazione russa e alla eliminazione fisica di Putin da parte degli stessi russi. Non gli conviene usare l’atomica, ma solo per quell’unico principio che per primo condivide: la forza».

Un editoriale di Bloomberg, il colosso editoriale inglese, spiega bene perché il Governo inglese deve dare subito gli aerei da caccia e i carri armati all’Ucraina, anche a rischio di scatenare la terza guerra mondiale. Alessandro Plateroti Pubblicato il 9 Febbraio 2023 su Notizie.it.

Aiutare l’Ucraina è importante, ma più passa il tempo, meno diventa chiaro lo “spirito” (e soprattutto gli interessi) che si stanno allungando intorno al “fronte” anti-Putin. Non si tratta solo della nuova geografia delle esportazioni di gas e petrolio, ma della stessa logica che sembra ispirare le forniture di armi: chi più ne da, più conta di guadagnare in termini di affari con il controllo dei futuri appalti per la ricostruzione dell’Ucraina post-guerra.

Un editoriale di Bloomberg, il colosso editoriale inglese, spiega bene perché il Governo inglese deve dare subito gli aerei da caccia e i carri armati all’Ucraina, anche a rischio di scatenare la terza guerra mondiale.

Con un pazzo come Putin, prima o poi si rischia di avviare una spirale irreversibile. Morire per la democrazia va bene, ma rischiare un missile nucleare per la corsa agli appalti, sembra davvero grottesco. Ho inserito di seguito il succo della tesi di Bloomberg, ma vale la pena leggere tutto l’articolo: Zelensky è paragonato a Churchill, con l’Inghilterra che non può perdere l’opportunità di tornare alla centralità geopolitica sull’Europa. E Londra non è neanche sola: i primi a capire la logica degli affari sono stati i tedeschi, decidendo unilateralmente di mandare a Kiev i carri armati prodotti in Germania.

Business is business: se Berlino ha tutto il diritto di fornire (e vendere) i panzer all’Ucraina senza consultarsi con nessuno (eccetto gli USA e Inghilterra), perché non dovrebbe farlo Londra con l’economia dei caccia bombardieri.

Ma se questa è la logica che ispira inglesi, tedeschi e americani, c’è da chiedersi quale ruolo pensa di avere l’Italia nel futuro cantiere post-bellico. Noi siamo mossi dalle migliori intenzioni, ma qui si tratta di concorrenza, non di coalizione.

Mi chiedo anche che accadrebbe se le armi italiane non bastassero a Zelensky: come rilanciamo sui potenti caccia inglesi? Con la nuova portaerei Cavour, o con l’incrociatore tutto-ponte Garibaldi? Altro di importante non abbiamo.

Finché c’è guerra c’è speranza, spiegava agli italiani un film di Alberto Sordi: come sempre per gli appalti, oltre che per la democrazia.

Ma questa è l’Europa: tutti uniti, disordinatamente.

Il grande business della ricostruzione dell’Ucraina mette in moto tutti gli stati. YOUSSEF HASSAN HOLGADO su Il Domani il 04 febbraio 2023

Forse è prematuro parlare di ricostruzione mentre si discute ancora sull’invio di nuove armi verso Kiev, ma nonostante il processo di pace è in stallo e fermo oramai da tempo, il governo di Volodymyr Zelensky pensa già al futuro.

La concorrenza è spietata, paesi come Francia, Germania, Danimarca e Polonia vogliono la loro fetta di mercato. Oltre l’Unione europea ci sono in pole position gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Corea del Sud e la Turchia.

Confindustria ha inaugurato un desk nella sede dell’ambasciata italiana a Kiev, mentre il ministro Urso ha promesso una conferenza internazionale che si terrà a Marzo a Roma, ma di cui si sa ancora ben poco.

«Gli appetiti sono molti. La guerra è terribile ma porta anche a questa situazione», dice Walter Togni presidente della Camera di commercio italiana in Ucraina. Un passato da deputato leghista e promotore dell’associazione parlamentare di amicizia tra i due paesi, Togni ha impiegato sei mesi per organizzare la trasferta di 34 aziende italiane al forum internazionale che si terrà a Varsavia a metà febbraio, a circa un anno di distanza dall’invasione russa dell’Ucraina. Quello allestito in Polonia è il quarto evento internazionale sulla futura ricostruzione del paese.

Nonostante un reale processo di pace non sia all’orizzonte, il governo di Volodymyr Zelensky pensa già al futuro: all’occidente ha continuato a chiedere sostegno militare ma ha anche aperto subito ai contributi per la ricostruzione, innescando una gara parallela ai negoziati sugli aiuti militari fatta di donazioni ma anche di affari.

La concorrenza è spietata, paesi come Francia, Germania, Danimarca e Polonia vogliono la loro fetta di mercato. Oltre l’Unione europea ci sono in pole position gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Corea del Sud e la Turchia. C’è spazio per tutti, ma chi arriva primo parte avvantaggiato. Bisogna ricostruire ponti, infrastrutture energetiche, scuole e ospedali. Al momento il valore del mercato è di circa 500-600 miliardi di dollari secondo le stime della Banca mondiale. Una cifra destinata tristemente ad aumentare con il proseguio del conflitto. Paesi come la Francia, la Germania si sono mossi in anticipo e hanno già organizzato le loro conferenze internazionali sul tema. Alcune imprese francesi hanno incassato i primi accordi per ricostruire linee ferroviarie ed edifici istituzionali e residenziali. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha firmato un memorandum per la ricostruzione già nel vertice di Leopoli di agosto. «Sembrerà strano ma circa cinque mesi fa la Ukraine invest e la banca Credit agricole ci hanno chiesto di attivarci per pensare alla ricostruzione, in modo tale da essere pronti il più presto possibile quando finirà la guerra», spiega Togni.

COME SI PRESENTA L’ITALIA

Il governo di Giorgia Meloni, insediatosi a ottobre, sconta qualche ritardo rispetto ad altri paesi.

Palazzo Chigi ha creato un gruppo di lavoro per l’emergenza elettrica ucraina che è un primo canale di contributo alla ricostruzione, con il gestore della rete elettrica Terna che sta raccogliendo le attrezzature da inviare nel paese. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha visitato l’Ucraina a metà gennaio insieme al presidente di Confindustria Carlo Bonomi e al consigliere diplomatico di Giorgia Meloni Francesco Talò. Nella loro missione istituzionale hanno inaugurato all’interno dell’ambasciata italiana a Kiev un desk di Confindustria per facilitare la cooperazione tra le aziende italiane e il governo ucraino in vista della ricostruzione.

La visita di gennaio segue un memorandum siglato il 21 giugno del 2022 da Confindustria con l’esecutivo di Zelensky «volto a attuare progetti congiunti per ricostruire l’economia del paese, ripristinare le infrastrutture distrutte dalla guerra, attrarre investimenti e intensificare la cooperazione economica e industriale tra Italia e Ucraina», spiegano dall’ufficio stampa, ma al momento non ci sono accordi aziendali specifici delle aziende rappresentate dall’organizzazione.

A Kiev Urso, oltre ad aver ricevuto un’onorificenza al merito della Repubblica, ha però firmato un accordo sulla cooperazione tecnologica e industriale propedeutico al post-guerra e dopo il viaggio il ministro ha annunciato che a marzo si terrà a Roma una conferenza internazionale sulla ricostruzione.

Dal suo staff comunicazione confermano che sarà un evento analogo a quello che si è svolto in Francia a dicembre, durante il quale alla presenza di aziende nazionali e internazionali sono state raccolte donazioni per il valore di un miliardo di euro per la ricostruzione.

Di più il 13 gennaio il ministro si è recato a Verona dove insieme alle autorità locali punta a rendere il corridoio numero cinque che dal nord-est del paese arriva a Kiev come tratta logistica principale nelle prime fasi della ricostruzione, dato che al momento i porti ucraini non sono accessibili.

L’organizzazione della conferenza italiana è ancora nelle fasi preliminari, probabilmente l’annuncio della data potrà arrivare in concomitanza con la visita della premier Meloni a Kiev prevista entro questo mese. «Ufficialmente oggi non ne sappiamo ancora nulla», il presidente della camera di commercio Togni che, intanto tra qualche giorno sarà al Forum di Varsavia, una conferenza dove è attesa la presenza anche dei membri del governo tedesco.

LA CONFERENZA IN POLONIA

«Noi dopo due anni di pandemia con i nostri poveri mezzi abbiamo portato 34 aziende in Polonia», spiega Togni. I costi non sono indifferenti. La Camera di commercio è riuscita a ottenere un padiglione da 220 metri quadri con dei costi non indifferenti: 350 euro al metro.

«In qualità di presidente della Camera di commercio italiana per l’Ucraina, mi farò carico, visto che proprio per il forum di Varsavia purtroppo non vi è ad oggi una presenza governativa italiana, di chiedere un coordinamento più forte sulle iniziative inerenti alla ricostruzione dell’Ucraina, coordinamento assolutamente necessario per dare un’immagine di unità collaborativa delle istituzioni italiane», aggiunge Togni.

A Varsavia, al momento, non è prevista una visita da parte di ministri o membri del governo italiano. Diverso è il discorso per i tedeschi che godono di un padiglione di quasi 500 metri quadri e della presenza dei ministri dell’Economia e dell’Ambiente.

In Polonia sarà presente anche gran parte del governo ucraino e i rappresentanti le autorità locali delle città che sono state maggiormente colpiti dalla guerra. Gireranno per i padiglioni alla ricerca di contratti da siglare con le aziende europee. I polacchi, che hanno un credito da vantare per essere tra i paesi ad aver accolto il maggior numero di profughi ucraini nelle prime settimane della guerra si stanno muovendo di conseguenza.

Lo scorso 31 agosto, 800 imprenditori polacchi hanno partecipato ad alcune consultazioni insieme a membri del governo per varare un piano di ricostruzione. I settori più interessati sono tanti, ma ci saranno delle priorità quali scuole, ospedali e infrastrutture.

COORDINAMENTO TRA 40 STATI

Tutti i paesi, però, concordano in un coordinamento centrale che è stato avviato già in estate. A Lugano, nei primi giorni di luglio dello scorso anno, si è tenuta la prima conferenza internazionale che oltre ad aver raccolto le prime donazioni da parte di enti pubblici e privati si è conclusa con un documento firmato da 40 stati che ha l’obiettivo di tracciare sette principi che dovranno guidare il processo di ricostruzione dell’Ucraina.

Alla conferenza in Svizzera ne sono seguite altre, come quella di Berlino ospitata dalla presidenza tedesca del G7 e dalla Commissione europea. L’evento, che si è tenuto lo scorso 25 ottobre, è servito a gettare le basi per una piattaforma di donatori. Come saranno distribuite queste risorse e con che controlli, in un paese ad alto tasso di corruzione come l’Ucraina non si sa ancora.

Attualmente le istituzioni europee stanno anche studiando diverse proposte per capire se si possono utilizzare i beni e i soldi dei conti bancari degli oligarchi russi congelati con le sanzioni europee, per impiegarli nella ricostruzione. Interpellati sulla questione dalla Commissione europea dicono che ci sono diverse idee sul tavolo.

Come quella di creare «una nuova struttura che gestisca i beni pubblici russi congelati e immobilizzati, li investa e utilizzi i proventi per l’Ucraina». Sono opzioni già discusse con gli stati membri. «In seno al Consiglio si sta lavorando con la presidenza svedese per approfondire le opzioni presentate dalla Commissione», aggiungono.

YOUSSEF HASSAN HOLGADO

Giornalista di Domani. È laureato in International Studies all’Università di Roma Tre e ha frequentato la Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso. Fa parte del Centro di giornalismo permanente e si occupa di Medio Oriente e questioni sociali.

E arriva la solita minaccia del burattino Medvedev: "Nucleare se attaccati". Pete Reed, il medico ucciso in ambulanza da un missile russo: “Con il suo corpo ha salvato vite”. Redazione su Il Riformista il 4 Febbraio 2023

Da una parte il solito ritornello apocalittico di Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, dall’altra l’ennesima tragedia di una guerra che si appresta a tagliare il triste traguardo del primo anno di feroci combattimenti che stanno devastando, giorno dopo giorno, l’Ucraina.

Medvedev, fedelissimo nonché burattino di Putin, minaccia nuovamente il governo di Kiev avanzando l’ipotesi relative all’utilizzo di armi nucleare in caso di attacchi ucraini alla Crimea o ad altre regioni russe. “Secondo la nostra dottrina nucleare, la Russia può usare armi nucleari se armi nucleari o di altro tipo di distruzione di massa vengono usate contro la Russia o i suoi alleati, se riceve informazioni verificate sull’avvio di missili balistici per attaccare la Russia o i suoi alleati, e in caso di aggressione convenzionale se l’esistenza dello Stato è in pericolo”.

L’ex presidente russo ha poi affermato che l’invio di ulteriori armi in Ucraina incoraggerà soltanto nuovi attacchi dalla Russia: “Tutta l’Ucraina che rimane sotto il dominio di Kiev brucerà“. Queste le parole riportate dalla giornalista Nadana Fridrikhson a proposito dell’intervista scritta rilasciata da Medvedev. La giornalista ha chiesto all’ex premier se l’uso di armi a lungo raggio potrebbe costringere la Russia a negoziare con Kiev: “Il risultato sarà esattamente l’opposto. Solo i maniaci della morale, e ce ne sono abbastanza sia alla Casa Bianca che al Campidoglio, possono discutere in questo modo”.

LA MORTE DEL MEDICO – Intanto nel Donbass un medico statunitense, Pete Reed, 34 anni, è morto Bakhmut, città nell’oblast di Donetsk, ucciso da un missile russo che ha colpito l’ambulanza dove si trovava per assistere i feriti. Ad annunciarlo è la moglie con un post su Instagram: “Stava evacuando i civili e curando i feriti quando la sua ambulanza è stata colpita dal fuoco russo a Bakhmut. È morto facendo ciò che gli dava la vita e ciò che amava, e salvando un membro del suo team con il proprio corpo”.

Reed era arrivato da poche settimane nella zona orientale dell’Ucraina, al centro da mesi di feroci combattimenti. La notizia della morte è stata data ieri dalla Global Response Medicine, l’organizzazione che aveva fondato, ma non c’erano ancora dettagli. Reed in passato aveva guidato team medici a Mosul, in Iraq, curando oltre 10mila pazienti.

“A gennaio, Pete si è allontanato da Global Response Medicine per lavorare con Global Outreach Doctors nella loro missione in Ucraina ed è stato ucciso mentre prestava soccorso”, ha scritto l’organizzazione su Instagram. Le circostanze esatte della morte di Reed non sono state specificate. “Questo ci ricorda i rischi che corrono i soccorritori e gli operatori umanitari nelle zone di conflitto, mentre servono i cittadini che si trovano sotto il fuoco incrociato“. La notizia della morte di Reed arriva circa un mese dopo la scomparsa dei volontari britannici Andrew Bagshaw e Chris Parry durante una missione di evacuazione nella vicina città di Soledar. Alcune settimane dopo, le famiglie hanno confermato che entrambi sono stati uccisi a Soledar, coinvolti nell’assalto russo alla città.

Estratto dell’articolo di Domenico Quirico per “la Stampa” il 4 febbraio 2023.

Siamo una generazione che si è smarrita nella Storia. Nella guerra in Ucraina contiamo le cose distrutte o esaurite, i congegni bellici consumati e da sostituire. Non contiamo più i combattenti spezzati, feriti, amputati. La guerra avanza nel suo processo di disumanizzazione, riduce l'uomo a cosa, nel furore, comodo, di combattere una guerra a distanza solo alimentandola di congegni e denaro, in Occidente stiamo perdendo contatto con il genere umano.

Chi tra cento anni leggerà le peripezie lunghe e sanguinose della storia dei popoli alle frontiere d'Ucraina, stupefatto, si accorgerà che, nei resoconti, c'è la minuziosa contabilità dei carri armati distrutti e che devono essere rimpiazzati, dei proiettili necessari ogni giorno alle artiglierie, degli avanzi negli arsenali, fissata con la precisione di un cambusiere. Invano cercherà l'elenco delle perdite, dei fuori combattimento umani.

 Le tragiche cifre dei civili uccisi, quelle sì vengono riferite in dettaglio, ma strumentalmente, perché servono ad accusarsi l'un l'altro di crimini infami e di massacri illegittimi. Ma i soldati eliminati? Quelli sono altri numeri, colossali. Decine di migliaia certamente, si sussurra duecentomila almeno, una intera gioventù, russa e ucraina, aspirata, spazzata via per riassumere nel proprio morire la storia reale, non epica, solo sanguinante del secolo. […]

Ma gli uomini? Intendo quelli che muoiono ogni giorno che passa, quelli che hanno ragione, gli ucraini, e quelli che muoiono avendo torto, i russi. Perché anche quelli sono uomini. E chi è lì per dirglielo, che hanno torto mentre la vista si appanna e il cuore invano invoca sangue, che hanno più ragione di morire degli altri? Le vittime sono senza passato. La loro vita è cancellata. Vittime, eppure sappiamo tutti di poterlo diventare.

 […]

 Compio un piccolo esperimento. In fondo all'elenco inesauribile di armamenti e denaro con cui aiutiamo gli ucraini e che gli ucraini ci chiedono, lascio in sospeso una frasetta un po' filosofica: ma che accadrà quando finiranno gli uomini? Ormai assuefatti al dogma bellicista nessuno la legge nel senso antropologico. Rispondono sicuri: per gli ucraini può esser un problema addestrare reclute per armi sofisticate come quelle che Europa e Stati Uniti forniscono, ma imparano in fretta. Molto di più dei primitivi coscritti di Putin. Non resto né persuaso né convinto. Invece di rafforzare gli apparati di guerra, la morte fisica non dovrebbe essere in fondo ad ogni nostro pensiero, scrutare il nostro mondo e il nostro divenire?

Io intendevo: quando l'ultimo soldato sarà morto che si farà? Gli splendidi carri armati, i mirabolanti cannoni che non conoscono frontiere spareranno da soli? Si farà ricorso ai robot? Dimenticavo: è il grande sogno dell'arte occidentale della guerra. La guerra dei droni, un uomo e un computer che a mille chilometri di distanza può distruggere un esercito. La guerra senza morti, per noi, e con tutti i morti per loro. Finora non ha funzionato. Ma è vero: per scatenare la guerra atomica, l'apocalisse bastano due superstiti.

É come se questa spaventosa deflagrazione avesse stabilito, nella nostra società sgangherata e soddisfatta, di rifiutare la morte, di negarla. La distruzione di una centrale elettrica solleva indignazioni furibonde. Migliaia di spettatori in rete si incantano di fronte a immagini di carri armati che bruciano come fiaccole annerendo la neve d'inverno, di lanciafiamme che purificano le trincee e i tunnel come se fossero derattizzatori in placido lavoro.  […]

Agguato a uno dei leader della Wagner: colpito alla testa Mangushev. Missili russi sul centro di Kharkiv. di Andrea Nicastro, inviato a Kiev, Lorenzo Nicolao e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 5 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di domenica 5 febbraio. Condizioni gravi ma stazionarie per il fedelissimo di Prigozhin. Colpito un condominio: il numero dei feriti dell'attacco sale a cinque.

• La guerra in Ucraina è arrivata al 347esimo giorno.

• Guardian: «Forze speciali ucraine in missione in Russia»

• Zelensky revoca cittadinanza a politici filorussi. C'è anche l'ex presidente Yanukovich.

•Scholz: «Putin non ha minacciato né me né la Germania».

• Telefonata Zelensky- Sunak: «Vitale accelerare aiuti».

• Blackout a Odessa, in 500 mila senza luce.

Ore 03:00 - Volontario americano ucciso a Bakhmut

Un volontario americano, Pete Reed, è stato ucciso giovedì a Bakhmut, nell’Ucraina orientale. Lo ha annunciato la Global Response Medicine, l’organizzazione umanitaria che aveva fondato. Trentatre anni, veterano della marina Usa, Reed «è rimasto ucciso mentre prestava aiuto» con un’altra organizzazione la Global Outreach Doctors, si legge in un post su Instagram. Ha anche guidato i team medici durante la battaglia per Mosul, in Iraq, curando oltre 10.000 pazienti. «Pete ha vissuto una vita al servizio degli altri, prima come marine decorato e poi nel settore degli aiuti umanitari», ha sottolineato la sua organizzazione. Un portavoce del dipartimento di Stato americano ha confermato «la morte di un cittadino statunitense in Ucraina» aggiungendo di essere in contatto con la famiglia per fornire tutta l’assistenza necessaria.

Ore 03:23 - Kiev: «Rilasciati dalla Russia 116 prigionieri di guerra»

Il capo dell'ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak ha reso noto che 116 prigionieri di guerra sono stati rilasciati dalla Russia: del gruppo fanno parte militari che hanno combattuto a Mariupol, partigiani di Kherson, soldati di Bakhmut. Lo riporta Rbc-Ucraina.

Restituiti anche i corpi dei volontari stranieri morti Christopher Matthew Perry e Andrew Tobias Matthew. In precedenza il ministero della Difesa russo aveva fatto sapere che 63 prigionieri di guerra russi sono stati rilasciati dall'Ucraina, con la mediazione degli Emirati arabi.

Ore 03:36 - Zelensky telefona a Sunak: «Grazie per addestramento tank»

«Parlando con Rishi Sunak, l'ho ringraziato per aver iniziato ad addestrare gli equipaggi ucraini sui Challenger», lo scrive il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky su Twitter. «Abbiamo parlato dell'ulteriore espansione delle capacità dell'esercito ucraino, del sostegno a tutto tondo all'Ucraina nel breve e nel lungo termine. Ho sottolineato che i rappresentanti dell'aggressore non hanno posto a Parigi 2024».

Ore 03:52 - Kiev, 500 mila persone rimaste senza elettricità a Odessa

Mezzo milione di persone è rimasto senza elettricità a seguito dell’incidente «significativo» avvenuto in una sottostazione elettrica a Odessa, nel sud dell’Ucraina. Lo riporta il Guardian. Il colonnello ucraino Maksym Marchenko ha spiegato su Telegram che «si è verificato un grave incidente in una delle strutture energetiche dell’operatore energetico Ukrenergo, che ha provocato un incendio». Per questo motivo, «la regione di Odessa e la città di Odessa sono rimaste quasi completamente prive di energia. Ad oggi, quasi 500.000 utenti non hanno elettricità».

Ore 04:00 - Medvedev: «Se attaccati, useremo ogni genere di armi, anche nucleari»

Mosca è pronta a usare tutti i tipi di armi a disposizione in caso di un attacco dell'Ucraina alla Russia. Lo ha dichiarato il numero due del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, scrive Ria Novosti. «Non ci poniamo limiti, l'Ucraina brucerà se continuerà l'invio di armi da parte dei Paesi occidentali».

Ore 04:20 - Chiude la brigata Mozart, il gruppo che raccoglieva i volontari internazionali in Ucraina

(Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il punto militare 355 | La chiusura della Mozart è un simbolo delle difficoltà dei volontari internazionali: erano fra 17 e 20 mila, ne sono rimasti fra 3 e 5 mila. A Bakhmut è morto il settimo americano: Pete Reed, infermiere di 34 anni.

Andrew Millburn e Andrew Bain. Stesso nome, stesso passato nei marines, stesso grado di colonnello, quasi coetanei: sono entrambi sulla cinquantina. Questi punti in comune hanno permesso alla coppia di creare la Mozart, la compagnia di sicurezza privata che doveva essere la risposta — almeno simbolicamente e non nei numeri — alla Wagner russa di Evgeny Prigozhin. Un’unione finita male, tra cause legali, liti e risse verbali. Una brutta pagina che documenta i problemi di alcuni stranieri accorsi in Ucraina a battersi.

Ore 04:32 - Von der Leyen, nuove sanzioni a Mosca entro il 24 febbraio

«Entro il 24 febbraio, a esattamente un anno dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, miriamo a mettere in atto il decimo pacchetto di sanzioni». Lo afferma la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dopo l'ok ai massimali di prezzo sui derivati del petrolio russo. «Stiamo facendo pagare a Putin la sua atroce guerra. La Russia sta pagando un prezzo pesante, le nostre sanzioni stanno erodendo la sua economia, facendola arretrare di una generazione», ha aggiunto.

Ore 04:48 - Scholz: «accordo» con Zelensky, le armi non colpiranno Russia

Una rassicurazione, per quanto riguarda il pericolo di una esclation della tensione, arriva da Kiev: le armi fornite dall’Occidente all’Ucraina non colpiranno il territorio russo: lo ha assicurato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che ne ha riferito in una intervista a Bild am Sonntag. «Su questo punto c’è accordo», ha detto Scholz, rispondendo alle preoccupazioni sul prossimo impiego nel conflitto di carri armati Leopard e di missili a lungo raggio.

È stato il Pentagono ad annunciare che potrebbero essere inclusi nel nuovo pacchetto di aiuti militari missili in grado di colpire un obiettivo a 150 chilometri di distanza, e dunque dietro le linee del fronte russo. Quanto ai carri armati, ne arriveranno «tra 120 e 140» da diversi Paesi, tra cui 14 dalla Germania. «Insieme con i nostri alleati - ha spiegato Scholz - li forniamo all’Ucraina affinché possa difendersi, e con loro, a cominciare dagli Stati Uniti, abbiamo valutato attentamente ogni consegna di armi. È un approccio comune che evita un’escalation della guerra».

Ore 05:00 - Zelensky: «Situazione sul terreno si complica per noi»

L’offensiva russa si fa sempre più sentire in Ucraina. Colpita da nuovi bombardamenti russi, la situazione sul terreno ucraino si «complica ogni giorno di più» per le truppe di Kiev. «Il momento è difficile a Bakhmout, Vougledar, Lyman e in altre regioni », ha detto Volodymyr Zelensky nel suo quotidiano messaggio alla nazione. Era stata la Difesa ucraina, poco prima del messaggio, a entrare nel dettaglio, indicando che «il nemico si sta riorganizzando in alcune aree e concentrando i suoi principali sforzi nelle operazioni offensive a Kupyansk, Lyman, Bakhmout, Avdiivka e Novopavlivka».

Nella regione di Donetsk, un «massiccio» fuoco di artiglieria ha colpito Avdiivka, sulla linea del fronte orientale, dopo che Kramatorsk, altro obiettivo russo, era stata colpita durante la notte da razzi. Nelle ultime 24 ore, nella sola provincia meridionale di Zaporijjia, i proiettili sono caduti su «infrastrutture civili» situate nei territori di 26 località. E le bombe sono cadute di nuovo su Kherson. Quanto a Bakhmout, è stato respinto «un attacco degli invasori», inseguiti dai soldati ucraini dopo che un pattugliamento aereo ne aveva svelato «l’intenzione di mettere a punto un assalto» contro la città.

Ore 05:18 - Kiev: «Qualsiasi base militare in Russia è un obiettivo»

Scambio di minacce tra Russia e Ucraina. Il rappresentante del presidente Volodymyr Zelensky al parlamento ucraino, Fedir Venislavsky, dichiara in un’intervista al quotidiano tedesco Bild che tutte le installazioni militari in Russia da cui Mosca sta conducendo la sua guerra sono obiettivi militari legittimi per l’Ucraina. «La Russia - afferma Venislavsky - attacca le pacifiche città ucraine dal suo territorio, come anche dalla Bielorussia. I luoghi in cui la Russia immagazzina i suoi missili sono obiettivi militari legittimi? Certo, senza dubbio. E qualsiasi centro di comando nella capitale russa è un obiettivo militare legittimo», dice il funzionario di Kiev aggiungendo che spetta alla leadership militare ucraina decidere se colpire tali obiettivi.

Proprio ieri il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha minacciato l’uso dell’atomica come risposta ad attacchi dell’Ucraina alla Crimea o a qualsiasi altra regione russa.

Ore 08:56 - Kiev: «I russi stanno bombardando Kharkiv, missili sul centro. Vittime e danni in accertamento»

L’esercito russo questa mattina sta bombardando la città di Kharkiv e altre zone della regione, nell’Ucraina orientale, riferisce il capo dell’amministrazione militare regionale Oleg Sinegubov. Un missile S-300 ha colpito il centro della città, in particolare il condominio di un quartiere residenziale. «Le informazioni su eventuali vittime e distruzioni sono ancora in fase di accertamento», ha aggiunto Sinegubov. .

Ore 09:04 - Gb: «Bakhmut sempre più isolata»

«Mentre rimangono disponibili per le forze ucraine molteplici rotte di rifornimento alternative attraverso il Paese, la città di Bakhmut è sempre più isolata». Lo scrive su Twitter l’intelligence del ministero della Difesa britannico, spiegando che le due strade principali della città per i difensori ucraini - la M03 e la H32 - sono ora entrambe minacciate dal fuoco diretto, a seguito dell’avanzata russa.

Ore 09:10 - Scholz: «Putin non ha minacciato né me, né la Germania»

«Putin non ha minacciato né me né la Germania. Durante le nostre conversazioni telefoniche, le nostre posizioni molto diverse sulla guerra in Ucraina sono molto chiare». Lo ha affermato il cancelliere tedesco Olaf Scholz in una intervista a Bild am Sonntag, spiegando di aver detto al presidente Vladimir Putin «che la Russia è l'unica responsabile della guerra. La Russia ha invaso il Paese confinante per impossessarsi di parti dell'Ucraina o del Paese. Non possiamo accettarlo, perché viola la pace europea. Per questo sosteniamo l'Ucraina dal punto di vista finanziario, umanitario e anche con le armi», ha aggiunto.

Ore 09:35 - Missili su Kharkiv: «Quattro feriti, una donna è stata ricoverata»

«Per i due missili che hanno colpito un'area residenziale nel centro di Kharkiv ci sarebbero almeno tre feriti, una donna e tre uomini, di età compresa tra 51 e 55 anni». Lo riferiscono le autorità cittadine. La donna è stata ricoverata, mentre gli uomini sono stati curati al momento. Soccorsi e servizi di emergenza sono intervenuti sul posto.

Ore 09:44 - L'ex leader israeliano Bennet: «Putin mi disse che non avrebbe ucciso Zelensky»

L'ex primo ministro israeliano Naftali Bennet, in carica dal giugno 2021 al luglio 2022, ha detto che il presidente russo Vladimir Putin gli aveva assicurato all'inizio della guerra che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che si nascondeva in un bunker, non sarebbe stato eliminato. Queste dichiarazioni in un'intervista pubblicata dallo stesso Bennet sul suo canale YouTube

Ore 09:47 - Wagner: «A Bakhmut aspra lotta, ucraini non mollano»

Nella zona nord di Bakhmut sono in corso aspri combattimenti per ogni strada, casa, scala e gli ucraini non si stanno ritirando da nessuna parte. Lo ha riferito il fondatore della società di mercenari Wagner Yevgeniy Prigozhin, smentendo le notizie circolate sui media russi secondo cui le truppe di Kiev sarebbero in ritirata dalla città nel Donbass. «Stanno combattendo fino all'ultimo», ha ribadito. Venerdì il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva assicurato che i suoi soldati avrebbero lottato finché avrebbero potuto, ma la situazione sta diventando sempre più dura.

Rispondendo alle domande dei giornalisti russi sui resoconti che appaiono sui media in merito al ritiro delle unità ucraine dai quartieri settentrionali della città, Prigozhin ha precisato che «certo, è bello che i media vogliano il ritiro delle forze armate ucraine ma questo non accade né nei quartieri settentrionali, né a sud, né a est» della città. «Sono in corso battaglie dure nella zona settentrionale della città, in ogni strada», ha concluso.

Nei giorni scorsi, sono arrivati rinforzi alle truppe russe ammassate intorno alla città. In caso di conquista, sarebbe il primo grosso obiettivo strategico centrato dai soldati di Mosca dall'estate.

Ore 10:34 - Yulia Tymoshenko: «Putin è senza scrupoli: ecco perché può davvero usare l’atomica»

(Andrea Nicastro) L’ex premier ucraina: «La corruzione? Siamo sulla buona strada: Usa e Ue premono, se non farà qualcosa il governo, saranno gli stranieri a costringerci».

La famosa treccia che compariva in ogni foto della Rivoluzione arancione c’è ancora. È biondo cenere ormai, ma resiste. Così come quella vena da patriota martire che la spinse, vent’anni fa, a scrivere al Financial Times: «Il presidente ucraino Kuchma sta cercando di eliminarmi, non solo politicamente, ma fisicamente, per impedirmi di combattere la corruzione, l’economia sommersa, e il totalitarismo che l’hanno portato alla presidenza». Lei stessa è finita in carcere tre volte, sempre prosciolta, sempre rieletta.

Ore 10:39 - Kharkiv, bilancio feriti sale a cinque

Il numero di persone rimaste ferite nell'attacco missilistico che ha colpito il centro di Kharkiv questa mattina è salito a cinque. Una donna è stata ricoverata d'urgenza nella struttura sanitaria più vicina.

Ore 11:04 - Zelensky revoca cittadinanza a politici filo russi

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha revocato la cittadinanza a diversi politici filo russi. «Oggi ho firmato alcuni documenti per andare avanti a proteggere e ripulire il nostro stato da chi sta dalla parte dell'aggressore», ha detto Zelensky nel suo discorso. Tra questi politici c'è anche l'ex ministro dell'Istruzione e della Scienza Dmytro Tabachnyk, l'ex primo ministro e capo dell'amministrazione Viktor Yanukovich, Andriy Klyuyev e l'ex ministro degli Interni Vitaliy Zakharchenko, come riporta l'agenzia di stampa ucraina Rbc.

Ore 11:44 - Media ucraini: «Reznikov potrebbe passare dalla Difesa alla Giustizia»

A rischio il ruolo di Oleksii Reznikov come ministro della Difesa dell'Ucraina, incarico dal quale potrebbe essere rimosso la prossima settimana. Lo scrive il quotidiano ucraino Ukrainska Pravda.

A sostituirlo potrebbe essere Kyrylo Budanov, capo dell'agenzia di intelligence militare ucraina Hur, secondo quanto riferito dalle fonti. «Non ho avuto alcun colloquio sulle mie dimissioni da questa posizione», ha detto Reznikov nel corso di una intervista a Ukrainska Pravda che sarà prossimamente pubblicata.

Una fonte anonima ha confermato al Kyiv Independent che è molto probabile che Reznikov venga sostituito a breve ma potrebbe essergli assegnato un nuovo incarico, forse come ministro della Giustizia. E questo perché nessuno nell'ufficio presidenziale ha dubbi sul fatto che Reznikov debba rimanere al governo.

A fine gennaio, il Ministero della Difesa è stato coinvolto in uno scandalo per corruzione che ha portato al licenziamento di diversi alti funzionari.

Ore 12:11 - Arcivescovo Kiev: «Oltre 500 luoghi di culto devastati in un anno»

«In quasi un anno di guerra in Ucraina oltre 500 edifici religiosi sono stati devastati». Lo rende noto l'arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk diffondendo le informazioni sulla distruzione degli edifici religiosi portata dalla guerra.

«La maggior parte degli edifici di culto distrutti sono quelli della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. La nostra chiesa ha perso 17 edifici, mentre la Chiesa cattolica romana ne ha perse 12. Il nemico sta cercando di distruggere tutto ciò che può offrire uno spazio vivibile, in particolare nei territori occupati», fa sapere ancora Sviatoslav Shevchuk.

Ore 12:26 - Borrell: «Ue non invierà truppe e non sarà parte del conflitto»

L'Unione europea non ha mai espresso l'intenzione di inviare militari in Ucraina e prendere parte al conflitto con la Russia. Lo ha dichiarato il capo della diplomazia europea Josep Borrell, nel corso di una intervista al quotidiano spagnolo El Paìs . «Credo che l'Ucraina abbia bisogno di essere aiutata in ogni modo possibile», ha detto Borrell, ricordando comunque che l'Unione europea non è un soggetto belligerante.

Ore 12:48 - Esplosioni a Kherson e nella regione di Mykolaiv

Esplosioni sono state avvertite a Kherson e a Ochakiv, nella regione di Mykolaiv. Lo ha riferito il portale ucraino Suspilne. «Esplosioni sono state sentite a Ochakiv e anche a Kherson», si legge.

Ore 13:05 - Attacchi a Kharkiv: colpita anche l'università

Un missile russo ha colpito l'Università di economia Beketov di Kharkiv e secondo il rettore tre piani dell'ateneo sarebbero rimasti distrutti dall'esplosione. «L'edificio principale è stato colpito direttamente, finestre e porte sono saltate. Molti reperti sono stati nascosti». I missili, due S-300, sono stati lanciati dalla regione di Belgorod, nella Federazione Russa.

L'esercito russo da questa mattina sta bombardando la città di Kharkiv ed altre zone della regione nell'Ucraina orientale. Lo aveva riferito il capo dell'amministrazione militare regionale Oleg Sinegubov. Il bilancio del raid è di cinque feriti: una guardia giurata, un uomo di 58 anni, due donne di 54 anni e un'altra di 83 anni.

Ore 13:26 - Samp-T, soldati all'estero per l'addestramento al sistema anti-aereo

«Una squadra di militari dell'aeronautica di Kiev ha lasciato l'Ucraina per iniziare l'addestramento all'uso del sistema di difesa aereo franco-italiano Samp-T». Lo ha dichiarato il comandante dell'Aeronautica militare ucraina Mykola Oleshchuk citato dal quotidiano Kiev Independent. Si prevede che l'addestramento all'uso del sistema di difesa aereo a medio raggio venga completato in primavera, ha aggiunto Oleshchuk, senza fornire ulteriori dettagli sulla destinazione delle truppe coinvolte.

Ore 13:36 - Agguato al mercenario Wagner fedelissimo di Prigozhin

Il mercenario russo Igor Mangushev, salito alla ribalta lo scorso anno per aver pubblicato un video in cui mostra il teschio di un combattente di Azovstal, è stato colpito a bruciapelo alla testa in un agguato nell'Ucraina orientale, letto da molti come un avvertimento per Yevgeny Prigozhin, il capo della Wagner.

Mangushev, capitano di un battaglione russo soprannominato Bereg, è stato ferito ieri sera con un colpo di pistola alla testa e trasportato in ospedale nella città di Stakhanov. Al momento in condizioni gravi, ma stazionarie.

Il suo amico e collega, Boris Rozhkin, ha pubblicato sul suo canale Telegram le foto di Mangushev disteso su un letto d'ospedale con la testa fasciata e coperta di sangue. Al momento, le autorità russe della zona non hanno confermato l'incidente.

Ore 13:54 - Guardian: «Forze speciali ucraine in missione nel territorio russo»

«Militari del battaglione Bratstvo, un gruppo di volontari delle forze speciali ucraine, operano oltre le linee del fronte, in profondità in Russia». A raccontare la loro storia è il Guardian, sottolineando che non hanno paura di far sapere che esistono perché il loro obiettivo è dare un messaggio al nemico: «Vogliono fargli sentire il loro fiato sul collo, e attraversare il confine russo è molto facile». Le loro operazioni segrete vanno dal rapimento di alti funzionari del Cremlino alla distruzione di infrastrutture militari chiave, fino all'abbattimento di aerei nemici in territorio russo.

Ore 13:59 - La denuncia di Kiev: «Russi bruciano libri nelle zone occupate»

«Nelle aree ucraine occupate, i russi stanno sequestrando libri ucraini e li bruciano». La denuncia arriva dalle forze armate ucraine. Un post sul sito web del Centro di Resistenza nazionale, un sito web gestito dalle forze speciali ucraine, sostiene che i libri vengono requisiti dalle biblioteche e dalle scuole locali. «A Rovenki, nella regione di Lugansk, ci sono stati enormi incendi di libri di letteratura ucraina nelle fornaci locali».

Ore 14:07 - Intelligence Gb: «Truppe ucraine in difficoltà a Bakhmut»

«La situazione nella città di Bakhmut, nella regione del Donbass si sta complicando per le truppe ucraine». Lo sottolinea l'intelligence britannica. «Le due principali vie di accesso alla città per gli ucraini sono sotto la diretta minaccia di fuoco da parte delle truppe russe. Inoltre i combattenti di Wagner hanno fatto propria un'altra strada che collega Bakhmut con Siversk. Sebbene rimangano disponibili molte rotte di rifornimento alternative, la città resta sempre più isolata».

Ore 14:12 - Odessa al buio: 40% dei cittadini senza elettricità

Circa il 40 per cento dei cittadini di Odessa, nel sud dell'Ucraina, non ha elettricità. Lo ha detto il primo ministro dell'Ucraina Denys Shmygal, spiegando che in città sono stati inviati generatori di corrente.

«In città fino al 40% dei consumatori (pari a circa 280.000 persone) è ancora senza elettricità. Più di 25 generatori sono già stati ricevuti e circa altri 50 sono in arrivo. Ho dato l'incarico di studiare le possibilità di installare ulteriori fonti di generazione direttamente nella città di Odessa», ha scritto Shmyhal nel suo canale Telegram.

«La situazione dell'elettricità a Odessa potrebbe migliorare entro venerdì prossimo. I lavori di ripristino stanno procedendo il più rapidamente possibile», viene spiegato.

Ore 14:18 - Immagini di Kharkiv, colpita questa mattina da due missili russi

I danni riportati dal quartiere residenziale della città ucraina. Al momento si contano almeno cinque feriti.

Ore 14:58 - Kiev: «Non useremo armi a lungo raggio per colpire Russia»»

«L'Ucraina non utilizzerà le armi a lungo raggio promesse dagli Stati Uniti per colpire il territorio russo, e prenderà di mira solo le unità russe nel territorio ucraino occupato». Lo ha assicurato il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, citato dal quotidiano britannico Guardian. «Spariamo solo alle unità russe sul territorio ucraino temporaneamente occupato», ha detto il ministro in conferenza stampa. Gli Usa hanno confermato che missili da 150 km di gittata sono nel nuovo pacchetto di aiuti militari per Kiev.

Ore 15:01 - GB: «Armare l'Ucraina unica via per la pace»

«Armare l'Ucraina in modo che possa difendersi dalla Russia è la via più rapida e l'unica per raggiungere la pace». Lo ha affermato il ministro degli Esteri britannico James Cleverly in un articolo pubblicato sul Times of Malta e rilanciato dal Guardian. «Come tutti i governanti autoritari, Putin risponde solo alla forza dei suoi oppositori», ha scritto Cleverly. «Lo scorso dicembre ha rifiutato il piano in 10 punti per la pace di Volodymyr Zelensky. Ecco perché il Regno Unito e gli amici dell'Ucraina stanno facendo tutto il possibile per portare l'Ucraina al successo sul campo di battaglia.

Ore 15:03 - Podolyak: «Le garanzie di Putin sono finzione»

«Una finzione». Reagisce così Mikhaylo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, all'intervista rilasciata da Naftali Bennett in cui l'ex premier israeliano ha raccontato che Putin gli aveva assicurato di non voler uccidere il leader di Kiev. «Il desiderio della Federazione Russa è quello di distruggere l'Ucraina e uccidere gli ucraini», spiega Podolyak.

Ore 15:24 - Kiev: «Russia recluta detenute per combattere al fronte»

«Le forze russe stanno reclutando donne detenute nelle colonie penali delle regioni occupate in Ucraina per combattere a favore di Mosca al fronte». Lo scrive l'esercito di Kiev in un rapporto di intelligence, spiegando che l'obiettivo è quello di sostituire le perdite in battaglia.

«Per questo il nemico sta così cercando di coinvolgere le donne detenute nelle ostilità», si legge nel rapporto. «Nel corso di una settimana gli occupanti hanno reclutato circa cinquanta persone dalla colonia femminile della città di Snizhne nella regione di Donetsk».

Ore 15:34 - Kiev teme una nuova offensiva entro la fine del mese. Reznikov: «Indecisione occidentale sui caccia costerà più vite».

« L'Ucraina si aspetta una possibile grande offensiva russa entro la fine di febbraio, ma Kiev ha le risorse per resistere anche se non tutte le ultime forniture militari di armi occidentali saranno arrivate in tempo». Lo riporta il Guardian, attraverso le parole del ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov.

«La riluttanza occidentale a consegnare aerei da combattimento all'Ucraina costerà più vite», ha aggiunto il ministro.

Ore 17:33 - WSJ: Mosca e Teheran lavorano a fabbrica droni in Russia

Va avanti il piano di Teheran e Mosca per costruire una nuova fabbrica in Russia che potrebbe produrre almeno 6mila droni di progettazione iraniana per la guerra in Ucraina. Lo scrive il Wall Street Journal, che cita come fonte funzionari dell’amministrazione di un Paese occidentale. È la conferma, scrive il quotidiano finanziario, della crescente alleanza militare tra i due Paesi, provata dalla visita in Russia, a inizio gennaio, di una delegazione iraniana di alto livello: secondo le fonti, i due Paesi «puntano a costruire un drone più veloce che potrebbe creare difficoltà alle difese aeree ucraine».

Ore 18:20 - Papa: pronto ad incontrare tutte le parti del conflitto in Ucraina

«Io sono aperto a incontrare entrambe i presidenti, quello dell’Ucraina e quello della Russia, sono aperto per l’incontro, se io non sono andato a Kiyv è perché non era possibile in quel momento andare a Mosca, ma ero in dialogo, anzi il secondo giorno della guerra sono andato nell’ambasciata russa a dire che volevo andare a Mosca a parlare con Putin a patto che ci fosse una piccola finestrina da negoziare». Lo ha ricordato Papa Francesco ribadendo il suo impegno per la pace in Ucraina.

Ore 18:33 - Kiev: riceveremo anche gli aerei, bisogna capire quali

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ha affermato che i partner occidentali forniranno anche aerei da guerra a Kiev. «A oggi abbiamo ricevuto tutto per quanto riguarda le armi. Sono rimasti solo gli aerei. Posso aggiungere che ci saranno. La domanda è semplicemente: quali?», ha detto Reznikov in una conferenza stampa, secondo quanto riporta Ukrinform. Per Reznikov, l’Ucraina potrebbe ottenere sia gli F-16 che altri velivoli.

Ore 20:00 - Olena Zelenska: gli attacchi russi sono un genocidio

«Kharkiv e Kherson. Aree residenziali e ospedali vengono bombardati ogni giorno. Oggi - un’università. Non c’è logica militare, solo il desiderio della Federazione russa di trasformare le città in rovine e uccidere. Questo è genocidio, che deve essere percepito dal mondo come un terrore insensato e un male assoluto». Lo scrive su Twitter la first lady ucraina Olena Zelenska, commentando gli ultimi attacchi russi sulle città ucraine di Kharkiv e Kherson.

Ore 21:11 - Zelensky: sanzioni contro industria nucleare russa

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha firmato un decreto con il quale vengono introdotte sanzioni contro l'industria nucleare russa. Lo riportano i media ucraini. «Oggi - ha annunciato Zelensky nel suo consueto discorso serale - c'è stato un ulteriore inasprimento delle sanzioni da parte del nostro Stato contro uno Stato terrorista. Abbiamo infatti attuato la decisione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale sulle sanzioni contro l'industria nucleare russa». Il decreto è pubblicato sul sito web della presidenza ucraina. L'elenco comprende un totale di 200 aziende sanzionate. Fra queste spiccano la società statale Rosatom e le sue controllate. Nella lista ci sono anche Atomcapital, l'Istituto dei materiali dei reattori, il Centro scientifico statale della Federazione Russa, l'Istituto Troitsk per l'innovazione e la ricerca sulla fusione e la società per azioni russa Superconductor.

Ore 23:32 - Budanov sarà ministro della Difesa

Il capo dei servizi segreti militari Kyrylo Budanov sarà il ministro della Difesa ucraino in sostituzione di Oleksiy Reznikov. Lo ha confermato su Telegram Davyd Arakhamia, deputato del partito `Servitore del Popolo´ del presidente Volodymyr Zelensky.

Ore 23:33 - Amadeus: su Zelensky domani avremo risposta da ambasciatore ucraino

«Domani avremo una risposta dall'ambasciatore: siamo in contatto e capiremo esattamente cosa succederà». Lo ha detto il conduttore del festival di Sanremo Amadeus nel corso del collegamento con Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, in merito all'intervento in video al festival del presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky, previsto per la serata finale di sabato 11 febbraio.

Attesa su Zelensky a Bruxelles giovedì. Raffiche di missili nel Donetsk. Andrea Nicastro e redazione Esteri su Il Corriere della Sera il 6 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di lunedì 6 febbraio, in diretta. Tanti fronti da gestire per Zelensky, dall'offensiva russa alla corruzione interna

• La guerra in Ucraina è arrivata al 348esimo giorno.

• Pesanti combattimenti a Bakhmut, nel Donetsk. Secondo gli 007 britannici la città ucraina è sempre più isolata.

• Nell'est del paese agguato al mercenario della Wagner fedelissimo di Prigozhin.

• Kiev assicura che non verranno usate armi a lungo raggio per colpire la Russia.

• Zelensky silura il capo della Difesa Oleksii Reznikov.

• L'Ucraina si aspetta una possibile grande offensiva russa entro la fine febbraio ma conta di poter resistere con le risorse a disposizione.

• Greco-Cattolici ucraini cambiano la data del Natale. Sarà il 25 dicembre invece del 7 gennaio.

Ore 21:11 - Zelensky: sanzioni contro industria nucleare russa

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha firmato un decreto con il quale vengono introdotte sanzioni contro l'industria nucleare russa. Lo riportano i media ucraini. «Oggi - ha annunciato Zelensky nel suo consueto discorso serale - c'è stato un ulteriore inasprimento delle sanzioni da parte del nostro Stato contro uno Stato terrorista. Abbiamo infatti attuato la decisione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale sulle sanzioni contro l'industria nucleare russa». Il decreto è pubblicato sul sito web della presidenza ucraina. L'elenco comprende un totale di 200 aziende sanzionate. Fra queste spiccano la società statale Rosatom e le sue controllate. Nella lista ci sono anche Atomcapital, l'Istituto dei materiali dei reattori, il Centro scientifico statale della Federazione Russa, l'Istituto Troitsk per l'innovazione e la ricerca sulla fusione e la società per azioni russa Superconductor.

Ore 23:32 - Budanov sarà ministro della Difesa

Il capo dei servizi segreti militari Kyrylo Budanov sarà il ministro della Difesa ucraino in sostituzione di Oleksiy Reznikov. Lo ha confermato su Telegram Davyd Arakhamia, deputato del partito «Servitore del Popolo» del presidente Volodymyr Zelensky.

Ore 23:33 - Amadeus: su Zelensky domani avremo risposta da ambasciatore ucraino

«Domani avremo una risposta dall'ambasciatore: siamo in contatto e capiremo esattamente cosa succederà». Lo ha detto il conduttore del festival di Sanremo Amadeus nel corso del collegamento con Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, in merito all'intervento in video al festival del presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky, previsto per la serata finale di sabato 11 febbraio.

Ore 07:42 - Scatta oggi il divieto Ue su prodotti petroliferi russi

Entra in vigore oggi il divieto imposto dall’Ue sui prodotti petroliferi russi per via marittima. Il blocco riguarda prodotti petroliferi raffinati russi come il gasolio e si unisce al tetto massimo imposto da Stati Uniti e altri alleati alle vendite ai Paesi non occidentali. Il 5 dicembre è entrato in vigore il bando sul greggio marittimo russo e l’estensione ai prodotti petroliferi significherà che il 70% delle esportazioni energetiche russe sarà ora soggetto a sanzioni. I prodotti petroliferi rappresentano un terzo delle esportazioni petrolifere russe.

Ore 07:50 - Il video dei soldati ucraini liberati dopo mesi di prigionia

Il consigliere presidenziale ucraino Anton Gerashchenko ha condiviso un video sui soldati ucraini recentemente liberati dalla prigionia russa. Nel filmato, uno degli uomini racconta di essere stato trattenuto per otto mesi mentre un altro dice di aver mangiato frutta per la prima volta in un anno.

Ore 07:56 - Il viceministro russo: ripreso il dialogo con gli Usa su trattato nucleare, nessun contatto con l'Ucraina

Il viceministro degli esteri russo Sergei Ryabkov ha dichiarato stamattina di aver discusso il trattato New Start sul controllo delle armi nucleari con il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti Lynne Tracy la scorsa settimana. Lo riferisce Reuters citando l'agenzia di stampa Interfax. Ryabkov ha aggiunto che la Russia era impegnata nel trattato ma che non era stata fissata alcuna data per nuovi colloqui, per via del conflitto in Ucraina . I colloqui tra Mosca e Washington sul trattato New Start erano previsti per lo scorso novembre ma sono stati sospesi all'ultimo momento. Ryabkov ha riferito anche che non è invece al corrente di alcun dialogo in corso con l'Ucraina al momento.

Ore 08:11 - Arrivato in Polonia il primo Leopard 2 canadese per l'Ucraina

La ministra della Difesa canadese Anita Anand ha postato una foto del primo carro armato Leopard 2 arrivato in Polonia dal Canada per l'Ucraina. «Insieme ai nostri alleati, addestreremo presto le forze armate ucraine all'uso di queste attrezzature. Il Canada continuerà a essere solidale con l'Ucraina", ha twittato la ministra .

Ore 08:43 - Un drone-kamikaze esplode vicino a Kaluga, a 170 Km da Mosca

Stava volando a un'altitudine di 50 metri, cercando così di nascondersi dalle apparecchiature radar. Alle cinque del mattino il velivolo senza pilota è esploso: il boato è stato fortissimo, secondo alcuni residenti che lo hanno avvertito anche se avvenuto sopra un bosco fuori dalla città russa di Kaluga, 170 km a Sud-ovest di Mosca e 260 km dal confine ucraino.

Ne ha dato notizia il governatore regionale Vladislav Shapsha, assicurando che nessuno è rimasto ferito. «È stato accertato che il drone è esploso in aria a un'altitudine di 50 metri nella foresta vicino alla città alle cinque del mattino», ha scritto su Telegram. La Russia ha già denunciato in passato la presenza di droni ucraini in volo sul suo territorio per causare danni alle infrastrutture civili, un'affermazione che Kiev nega.

Ore 10:53 - Kiev, per ora il ministro della Difesa non viene sostituito

Non ci saranno cambiamenti ai vertici del ministero della Difesa ucraina questa settimana. Ad affermarlo è sul suo canale Telegram David Arakhamia, capo dei parlamentari del partito Servitore del Popolo del presidente Volodymyr Zelensky. Secondo Arakhamia, invece, questa settimana saranno nominati il nuovo ministro dell’Interno e il nuovo capo dell’Sbu, i servizi d’intelligence di Kiev. Ieri lo stesso Arakhamia aveva detto che il capo dei servizi segreti militari Kyrylo Budanov sarebbe stato nominato nuovo ministro della Difesa in sostituzione di Oleksiy Reznikov.

Ore 10:54 - Filorussi: Kiev ha usato armi chimiche a Bakhmut

Le forze armate ucraine avrebbero usato «armi chimiche lanciate dai droni» nei combattimenti in corso a Bakhmut e Vuhledar. Lo ha detto Denis Pushilin, capo dell’autoproclamata Repubblica russa di Donetsk. Lo riporta Ria Novosti.

Ma il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto di non disporre «di tali informazioni», aggiungendo: «R itengo che se ci sono informazioni, allora vengono segnalate al comandante in capo (Vladimir Putin) tramite i nostri militari, e qui, ovviamente, sarebbe opportuno che contattaste il ministero della Difesa per dati dettagliati».

Ore 11:09 - La legge marziale resta in vigore, sesta proroga da invasione russa

La commissione per la sicurezza nazionale, difesa e intelligence del Parlamento dell’Ucrania ha approvato una nuova proroga della legge marziale, la sesta dall’inizio dell’invasione russa lo scorso 24 febbraio, accogliendo il progetto di legge presentato dal presidente Volodymyr Zelensky. Lo ha reso noto il deputato Yaroslav Zheleznyak su Telegram, spiegando che la legge marziale resterà in vigore per i prossimi 9 giorni a partire dal 19 febbraio. La legge marziale va di pari passo con la «mobilitazione generale» proclamata da Kiev qualche ora dopo l’inizio dell’aggressione militare lanciata dalla Russia.

Ore 11:33 - Ucraina: pronti a invio «folto gruppo soccorritori»

«L’Ucraina è pronta a inviare un folto gruppo di soccorritori in Turchia a sostegno della riposta alla crisi» generata dal sisma. Lo ha ribadito su Twitter il ministro della Difesa di Kiev, Dmytro Kuleba, dopo l’offerta di aiuto già espressa dal presidente Zelensky. «Lavoreremo in stretto contatto con la parte turca per coordinare il loro dispiegamento», ha aggiunto il capo della diplomazia.

Ore 11:37 - Canada, arrivato in Polonia nostro primo Leopard 2

Il primo carro armato Leopard 2 fornito dal Canada all’Ucraina è arrivato in Polonia. Lo ha annunciato la ministra della Difesa canadese, Anita Anand, che sui social ha condiviso un’immagine del tank. «Il primo carro armato canadese Leopard 2 che abbiamo donato all’Ucraina è ora arrivato in Polonia», ha scritto la ministra. «Insieme ai nostri alleati, presto addestreremo le forze armate ucraine all’uso di questo equipaggiamento», ha aggiunto Anand (qui l’approfondimento: Perché l’Ucraina vuole i carri armati Leopard?) .

Ore 12:15 - Possibile visita Zelensky a Bruxelles in settimana

Si lavora a una possibile visita del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a Bruxelles in settimana in occasione del vertice Ue che si terrà giovedì e venerdì. A quanto riportano diversi media europei si lavora a una sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo alla quale interverrà il capo di Stato ucraino. Le tre Istituzioni europee (Consiglio, Commissione e Parlamento) non confermano la notizia. Il primo portavoce della Commissione europea, Eric Mamer, nel briefing con la stampa, non smentisce né conferma: «La risposta è no. Non ho né commenti, né informazioni su questo e, come potete immaginare, non è qualcosa che commenteremo qui in sala stampa».

Alla domanda circa una sua visita a Bruxelles, Zelensky ha assicurato che un viaggio simile è «inevitabile», spiegando però che esiste un «rischio significativo» nel fare visite all’estero.

Quello a Bruxelles sarebbe il secondo viaggio all’estero dall’inizio dell’invasione russa, quasi un anno fa. Il presidente ucraino ha fatto una prima visita negli Usa, della quale si è avuta conferma ufficiale solo alcune ore prima, per ragioni di sicurezza. La visita a Washington del 22 dicembre è stata caratterizzata da rigide misure di sicurezza e ha incluso, oltre ad una riunione alla Casa Bianca con il presidente Joe Biden, un discorso al Congresso, in seduta straordinaria con i rappresentanti di entrambe le Camere.

Ore 12:22 - Norvegia offre 6,8 mld euro di aiuti in cinque anni

Il governo norvegese si è offerto di fornire 75 miliardi di corone (6,8 miliardi di euro) in aiuti in cinque anni all’Ucraina, nonché ulteriore assistenza ad altri Paesi colpiti dalle conseguenze del conflitto. «Proponiamo di impegnarci a dare un contributo a lungo termine all’Ucraina», ha dichiarato il primo ministro Jonas Gahr Store in una conferenza stampa. «Proponiamo di stanziare 15 miliardi di corone ogni anno per l’Ucraina in cinque anni, o 75 miliardi di corone, in totale», ha spiegato.

Ore 13:35 - Ministro Difesa ucraina: non colpiremo la Russia con armi a lungo raggio

L’Ucraina non userà le armi a lungo raggio promesse dagli Stati Uniti per attaccare il territorio della Federazione Russa. Lo ha assicurato il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov. «Diciamo sempre ufficialmente ai nostri partner che non useremo le armi fornite dagli alleati stranieri per colpire sul territorio russo. Prendiamo di mira solamente le unità russe nel territorio ucraino temporaneamente occupato», ha spiegato il ministro in conferenza stampa.

Ore 13:42 - 007 Kiev, presto Russia riceverà altri droni da Iran

La Russia ha utilizzato circa 660 droni kamikaze iraniani «Shahed» nella guerra contro l’Ucraina e «presto arriverà un nuovo lotto». Lo ha detto Vadim Skibitsky, vice capo dell’Intelligence di Kiev. Lo riporta Ukrainska Pravda. Secondo il funzionario ucraino infatti il contratto fra Mosca e Teheran prevede la consegna di 1.750 droni «ma per la loro preparazione serve tempo».

Ore 15:15 - Russia, offensiva in Ucraina «in ogni momento» dopo il 15 febbraio

Un’offensiva dei russi in Ucraina potrebbe arrivare «in qualunque momento dopo il 15 febbraio». Lo ha sottolineato Serhiy Haidai, governatore della regione orientale di Lugansk. La guerra in Ucraina si sta avvicinando a un momento cruciale in quanto sia la Russia sia l’Ucraina sembrano pronte a lanciare nuove offensive. Il clima difficile durante l’inverno ha causato una sorta di tregua nei combattimenti, ma il responsabile ucraino ha affermato che la Russia sta ora inviando più riserve e attrezzature nell’Ucraina orientale. Il governatore di Lugansk ha affermato che i bombardamenti non sono più continui mentre le forze russe si preparano per un’offensiva su vasta scala. «Dopo il 15 febbraio possiamo aspettarci [questa offensiva] in qualsiasi momento», ha detto.

Ore 15:16 - Parlamento Kiev riconosce Wagner come organizzazione terrorista

La Verkhovna Rada, il parlamento dell’Ucraina ha riconosciuto la compagnia militare privata Wagner di Yevgeny Prigozhin come organizzazione criminale internazionale. Lo riporta Ukrainska Pravda citando il capo dell’ufficio della presidenza di Kiev, Andriy Yermak.

Ore 15:40 - Financial Times: «Offensiva russa nei prossimi dieci giorni»

«La Russia può lanciare una massiccia offensiva in Ucraina nei prossimi dieci giorni, secondo elementi molto solidi di intelligence sulle intenzioni di Mosca». Lo ha scritto il Financial Times citando un consigliere della Difesa ucraina rimasto anonimo.

Secondo gli analisti del quotidiano britannico, l’offensiva sarà con ogni probabilità diretta nella parte occidentale della regione di Luhansk, intorno a Kreminna e Lyman, la porzione di territorio riconquistata dagli ucraini nella controffensiva lanciata lo scorso autunno.

Da settimane, i russi stanno ammassando le forze nella regione. Nei giorni scorsi l’intelligence militare ucraina aveva denunciato l’ordine di Vladimir Putin per la conquista delle intere regioni di Donetsk e Luhansk entro il mese di marzo.

Ore 15:57 - Kiev, amministratori locali: «Lotta per il Donetsk sempre più dura»

«Lo scontro per la regione di Donetsk si sta scaldando, con Mosca che sta aumentando l’invio di rinforzi alle truppe, in vista dell’attesa offensiva nelle prossime settimane». È l’allarme lanciato dal governatore di Donetsk Pavlo Kyrylenko, sostenendo che le forze russe stanno «sradicando città e villaggi».

«Nella regione di Lugansk i bombardamenti si sono attenuati perché i russi stanno risparmiando munizioni per un’offensiva su larga scala», ha riferito il governatore Serhiy Haidai. Intensi combattimenti continuano a infuriare da settimane intorno alla città di Bakhmut e alle vicine città di Soledar e Vuhledar.

Ore 16:11 - Corte di Mosca condanna blogger in contumacia a 9 anni

Una Corte di Mosca ha condannato in contumacia a nove anni di carcere la blogger Veronika Belotserkovskaya, riconoscendola colpevole di avere disseminato false informazioni sulle forze armate. Lo riferisce l’agenzia Interfax.

L’inchiesta riguardava una serie di post della blogger sul suo profilo Instagram che secondo l’accusa contenevano informazioni deliberatamente false sull’uccisione di bambini da parte delle forze armate russe, il bombardamento di un ospedale pediatrico a Mariupol e l’uccisione di civili a Bucha.

Con le stesse accuse diversi giornalisti e attivisti sono stati condannati in Russia dall’inizio della cosiddetta «operazione militare speciale» in Ucraina, sulla base di una legge che prevede fino a 15 anni di reclusione per la diffusione di notizie giudicate false che diffamino le forze armate. L’ultimo è stato il noto reporter dissidente Aleksandr Nevzorov, condannato anch’egli in contumacia il primo febbraio scorso a otto anni di reclusione.

Ore 16:16 - Zakharova ironizza sul caso Zelensky a Sanremo

La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, ha espresso ironicamente la sua delusione per il mancato messaggio video del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Festival di Sanremo, dicendo che forse avrebbe potuto vincere il concorso canoro con un brano rap. «Zelensky - scrive Zakharova - non realizzerà un videomessaggio al Festival di Sanremo, ma invierà il testo. Beh non lo so, avrebbe anche potuto vincere questo concorso con un rap».

Il Festival di Sanremo è conosciuto in Russia ed era seguito specialmente ai tempi dell’Unione Sovietica.

Ore 16:32 - Zelensky nomina Vasyl Maliuk a capo intelligence

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha proposto al Parlamento la candidatura di Vasyl Malyuk alla carica di capo del Servizio di sicurezza dell’Ucraina (Sbu), l’intelligence nazionale.

Come riporta l’agenzia Unian, la richiesta è stata inviata formalmente oggi. A luglio scorso il Parlamento, su indicazione di Zelensky, aveva rimosso il capo dello Sbu Ivan Bakanov; insieme a lui era saltata anche la procuratrice generale Iryna Venediktova. Kiev aveva spiegato la mossa col fatto che ci fosse un numero significativo di traditori tra i dipendenti di entrambi i dipartimenti nei territori occupati dai russi.

Ore 16:44 - Bruxelles: «Plenaria ad hoc per visita Zelensky»

Non ci sono conferme da parte del Parlamento europeo sull’arrivo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Bruxelles questa settimana, ma se la visita dovesse essere confermata, l’Eurocamera ha già pronto un programma.

L’idea della presidente sarebbe dunque quella di organizzare una mini-plenaria straordinaria giovedì nello stesso formato di quella in gennaio ha ospitato il presidente israeliano Isaac Herzog. La scaletta prevedrebbe ampio spazio al presidente per il suo discorso in apertura e a seguito, dopo l’intervento della presidente Metsola, anche gli interventi in Aula degli eurodeputati.

Ore 17:19 - Guterres: «Rischio nucleare mai stato così alto in decenni»

«Il mondo è al più alto rischio da decenni di una guerra nucleare». Lo ha detto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. «Siamo al più alto rischio da decenni di una guerra nucleare, un annientamento nucleare causato in modo accidentale o in modo deliberato».

Guterres ha lanciato l’allarme durante il suo discorso all’Assemblea generale sulle sue priorità per il 2023. «Dobbiamo porre fine alla minaccia rappresentata dalle 13mila armi nucleari immagazzinate negli arsenali di tutto il mondo», ha insistito.

Ore 17:34 - Intesa da 6,8 miliardi in cinque anni. Zelensky ringrazia la Norvegia

Oslo ha promesso oggi 6,8 miliardi di euro in cinque anni in aiuti a Kiev. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha espresso la sua gratitudine in un tweet, salutando «un programma di aiuti senza precedenti».

L’importo rischia però di essere modificato in Parlamento, dove il governo di centrosinistra è in minoranza e ha bisogno del sostegno di altri partiti per far adottare le sue proposte.

Ore 17:46 - Govrnatore Luhansk: «Offensiva russa potrebbe cominciare dopo il 15 febbraio»

«L'offensiva militare russa inizierà in qualsiasi momento dopo il 15 di questo mese», ha anticipato il governatore della regione di Luhansk Serhiy Hayday. L'offensiva sarà concentrata nel Donbass, fra le regioni di Donetsk e Luhansk, secondo le previsioni degli analisti.

Ore 18:07 - Guerra in Ucraina, Prigozhin sfida a duello Zelensky nei cieli di Bakhmut. La Russia spinge sul fronte orientale

(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il punto militare 357 | Tanti fronti aperti per Kiev alla vigilia di una nuova offensiva. Oltre ai problemi militari, ci sono quelli interni, come la corruzione, e la gestione dei rifornimenti Nato.

L’Ucraina, a quasi un anno dall’invasione, ha molti fronti da gestire. I problemi militari si sommano a quelli più interni e a quelli dei rifornimenti Nato. Sull’altra barricata è sempre Evgeny Prigozhin a offrire spunti. Da spaccone.

Il capo della Wagner ha diffuso un breve video dove afferma di essere a bordo di un caccia Su-24 impegnato in un raid in Ucraina, uno «spot» con il quale ha lanciato una sfida a duello a Zelensky : «Domani volerò su un Mig-29. Se lo vuoi incontriamoci nei cieli. Se vinci prendi Artyomovsk (Bakhmut, ndr), in caso contrario avanzeremo fino al Dnipro». Secondo alcuni, il leader dei mercenari non sarebbe stato molto sobrio e probabilmente ha registrato la clip, diffusa dall’ufficio stampa, a scopi propagandistici. Nei mesi scorsi, nella sua polemica contro lo Stato Maggiore, ha spesso rimproverato i generali di restare lontani dal campo di battaglia mentre lui — come il ceceno Kadyrov — si è fatto vedere tra i reparti.

Ore 18:21 - Il Natale cambia data, anche per i greco-cattolici ucraini sarà il 25 dicembre

La Chiesa greco-cattolica ucraina cambia ufficialmente la data del Natale: da questo 2023 sarà celebrato il 25 dicembre, e non più il 7 gennaio, data che li accomunava agli ortodossi.

Lo ha annunciato oggi l'arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk, spiegando che il cambio del calendario partirà il primo settembre. La richiesta di rivedere la data di una delle feste più importanti per i cristiani c'era già da tempo da parte dei fedeli ma per loro la guerra ha accelerato il processo di decisione, spiegano dalla Chiesa ucraina. «Una decisione storica», così l'ha definita lo stesso Shevchuk.

Ore 19:09 - Mosca: «Se occidente respinge pace con invio armi noi punteremo a tutti gli obiettivi»

«Se l'Occidente nel suo insieme continua a respingere le prospettive di pace in Ucraina con le sue forniture di armi, allora tutti gli obiettivi della nostra operazione militare speciale saranno raggiunti». Lo ha detto Dmitry Polyansky, primo vice rappresentante della Federazione Russa presso le Nazioni Unite, in una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, secondo quanto riporta Ria Novosti.

Ore 19:52 - Commissario Ue Varhelyi: «Kiev lavora duramente per entrare nell'Unione»

«Siamo tornati da Kiev dove la scorsa settimana abbiamo discusso dei dettagli e dei criteri per l'ingresso in Europa. L'Ucraina sta lavorando tantissimo per accelerare questo percorso e la Commissione europea è più che disposta ad aiutala. Il percorso è chiaro e stiamo lavoriamo con loro per raggiungere l'obiettivo». Così il commissario europeo per l'Allargamento e la Politica di Vicinato Oliver Varhelyi rispondendo alle domande dei giornalisti a margine di un evento organizzato ad Adria (Rovigo).

Ore 20:40 - Meloni sente Macron, Rutte, Nehammer e Mitsotakis in vista Consiglio straordinario

Dopo gli incontri il 3 febbraio a Stoccolma e Berlino, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto una fitta serie di telefonate in preparazione del Consiglio Europeo straordinario del 9-10 febbraio, con il Presidente della Repubblica francese, Macron, con il Primo Ministro olandese, Rutte, con il Cancelliere federale austriaco, Nehammer, e con il Primo Ministro greco, Mitsotakis. Al centro dello scambio di vedute, la priorità di un segnale concreto del Consiglio Europeo sul pieno sostegno all’Ucraina a 360 gradi, e su soluzioni Ue a sostegno della competitività delle imprese e per una gestione finalmente europea dei flussi migratori incentrata sulla dimensione esterna e sul controllo dei confini. Lo comunica Palazzo Chigi in una nota.

Una capitale europea. Guida letteraria nella magnificenza di Kyjiv. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta il 7 Febbraio 2023.

L’antologia “Dimensione Kyiv” (Rizzoli), curata da Yaryna Grusha Possamai, racconta con la letteratura la bellezza millenaria della città ucraina

Questa antologia è stata ideata, composta e tradotta mentre a Kyjiv suonavano le sirene antiaeree, mentre molti dei suoi abitanti scappavano dalla città per portare in salvo i loro figli dalla guerra e mentre altri sceglievano di rimanere nei rifugi – i più sicuri si sono rivelati le stazioni della metropolitana. Le bombe russe hanno iniziato a cadere su tutta l’Ucraina il 24 febbraio 2022, lasciando segni profondi del loro passaggio sui volti dei kyjiviani e sulle facciate delle loro case. In primavera, dopo il ritiro delle truppe russe dal nord dell’Ucraina, in molti sono tornati in città. Nei giorni d’autunno in cui si conclude la redazione di questa antologia, la capitale ucraina sprofonda nuovamente nel buio, perché i continui attacchi russi hanno distrutto le centrali elettriche attorno alla città.

Malgrado la paura seminata tra le strette vie di Podil e le larghe piazze del Centro, Kyjiv tende verso l’alto, resiste, con le schiene delle sue numerose salite dritte verso le cupole d’oro delle sue storiche chiese. Mentre il futuro della capitale ucraina rimarrà segnato per lunghi anni a venire da questa guerra scatenata dalla Russia già nel 2014, ma che ancora non aveva toccato direttamente Kyjiv, questa antologia cerca di ripercorrere attraverso i testi selezionati la storia e il presente della città, fornendone una vera e propria guida letteraria, di raccontare le abitudini dei suoi cittadini, la loro vita e la loro cultura per far sì che l’immagine di Kyjiv non resti legata soltanto all’esperienza della guerra.

La scelta di Kyjiv come luogo privilegiato di osservazione è dovuta al suo essere stata la capitale di diverse entità statali che nel corso della storia hanno popolato l’Ucraina, e per questo è stata teatro di avvenimenti storici che hanno definito il percorso di tutto il Paese. La composizione dell’antologia segue la conformazione geografica di Kyjiv. La città è strutturata su tre livelli: Podil, Centro e Pecers’k, collegati tra loro da varie salite. La narrazione kyjiviana che è qui restituita percorre un movimento dal basso verso l’alto, dall’acqua del fiume Dnipro alla collina e al cielo delle cupole dorate e a forma di cipolla delle chiese, che viste da sotto sembrano sospese in aria, dalla calma dell’acqua al chiasso della città bassa e poi al suono delle campane nella città alta.

I personaggi dei brani selezionati si spostano, camminano, si muovono, sentendo attorno a loro parlare lingue diverse: l’ucraino, il russo, lo yiddish, il polacco, il francese e il tedesco, dimostrazione della dinamicità e vivacità culturale della capitale.

[…]

Nel primo testo che apre questa antologia, tratto dal diario del poeta Taras Ševcenko, Kyjiv appare in sogno, come teatro di un passato ideale trascorso insieme agli amici più vicini. Ogni sezione, accompagnata da una guida alla lettura, segue al suo interno un ordine cronologico. Si inizia dal 1831, l’anno in cui Nikolaj Gogol’ scrisse La terribile vendetta. Ciascun testo, che siano lettere, pagine di diario, poesie o brani tratti da romanzi, vuole proporre una panoramica sulla città e funge da tessera di un mosaico per un determinato periodo storico e letterario ma che alla fine intende rappresentare un’unica immagine che ci accompagni al 2022.

Sono stati inseriti alcuni scrittori di lingua russa come Nikolaj Gogol’, Michail Bulgakov e Anna Achmatova che, pur avendo trascorso periodi importanti della loro vita a Kyjiv, tradizionalmente non fanno parte del canone letterario ucraino. Nikolaj Gogol’, scrittore russo di origine ucraina, ha sempre trovato nella sua doppia anima ucraino-russa la sua più forte espressione artistica. Scrivendo in russo, nelle sue opere guarda spesso al contesto ucraino, come nel brano parte di questo volume, che è infatti dedicato al glorioso passato del cosaccato ucraino. Al contrario, Michail Bulgakov, nato a Kyjiv nel 1891, non si è mai identificato con il contesto ucraino, come conferma il suo trasferimento a Mosca subito dopo la fine del periodo rivoluzionario nel 1921, e che restituisce infatti un’immagine profondamente connotata della capitale. Anche Anna Achmatova trascorse a Kyjiv gli anni della sua giovinezza, immortalati nei suoi versi scritti e dedicati alla città.

Se i tre autori russi sono generalmente noti al lettore italiano, molti degli autori ucraini e dei loro testi vengono presentati per la prima volta in questo libro. Sin dai suoi albori alla metà dell’Ottocento, con le opere di Taras Ševcenko, la letteratura ucraina visse all’ombra della vicina letteratura russa, non tanto per mancanza di testi di qualità o di nomi di spicco, ma perché vista dalle autorità prima imperiali e poi sovietiche come una minaccia, la miccia che avrebbe potuto far esplodere il desiderio indipendentista ucraino. Non a caso tanti autori di lingua ucraina sono stati anche attivisti in prima persona dell’indipendenza dell’Ucraina, e per questo eliminati fisicamente, come nel caso di Valer’jan Pidmohyl’nyj, giustiziato nella foresta di Sandarmoch nel 1937, e di Vasyl’ Stus, morto per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute nella colonia penitenziaria Perm’-36 nel 1985.

Gli autori ucraini proposti in questa antologia, a eccezione di Attyla Mohyl’nyj, Aleksej Nikitin e Iryna Cilyk, non sono originari di Kyjiv, eppure molti di loro – Ivan Necuj-Levyc’kyj, Valer’jan Pidmohyl’nyj, Borys Antonenko-Davydovyc, V. Domontovyc, Pavlo Tycyna, Vasyl’ Stus – incarnano con le loro biografie e i loro testi il nucleo letterario della città, profondamente arricchito dalle loro voci. Altri, come Taras Ševcenko, Lesja Ukrajinka e Jurij Andruchovyc, hanno avuto bisogno del palco di Kyjiv per affermarsi definitivamente come autori. Il volume si chiude con alcune pagine del diario della scrittrice Olena Stjažkina, che vede in questa antologia la prima pubblicazione assoluta, appuntate tra il febbraio e l’agosto del 2022: qui il sogno di Ševcenko è diventato un incubo, un dolore al cuore della capitale che rimarrà a lungo una ferita aperta.

La scelta da parte dei traduttori di adottare il toponimo Kyjiv si basa sulla traslitterazione scientifica dall’ucraino; la guerra imperialista della Russia ha infatti riaperto il tema della grafia Kiev-Kyiv in varie lingue. Mentre la prima è una traslitterazione dal russo, entrata ormai da tempo nei dizionari, la seconda è la traslitterazione dall’ucraino all’inglese, ultimamente prediletta e utilizzata anche dai giornali italiani. Nel titolo dell’antologia abbiamo quindi mantenuto la grafia Kyiv, ormai nota anche al lettore italiano, mentre nei testi abbiamo optato per il rispetto della traslitterazione scientifica Kyjiv. Dopo l’inizio dell’invasione russa nel 2014 a livello internazionale infatti è partita la campagna #KyivNotKiev, con l’obiettivo di incoraggiare, per il toponimo della capitale, l’utilizzo della traslitterazione dall’ucraino, come simbolo dell’identità nazionale minacciata nella sua stessa esistenza da bombe russe. Esistono anche una Kyjiv polacca e una Kyjiv ebraica che meriterebbero di essere studiate e tradotte. Questa antologia ha cercato di offrire un primo invito, facendo da apripista nell’editoria italiana, alla lettura dei testi su Kyjiv, con la speranza che questo sia per il lettore italiano solo il primo di una lunga serie di appuntamenti letterari con questa città.

Da “Dimensione Kyiv. Viaggio letterario in una città ferita nelle voci di classici e contemporanei”, A cura di Yaryna Grusha Possamai, p. 400, 18€

Bennett: quando Usa e GB hanno fatto saltare l'accordo Mosca-Kiev. Piccole Note (filo Putin) su Il Giornale il 6 febbraio 2023

Nei primi giorni di guerra, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno “bloccato” la mediazione tra Russia e Ucraina ad opera di Naftali Bennet che stava portando frutti. A rivelarlo è stato lo stesso ex primo ministro israeliano in un’intervista su YouTube.

Pochi ricorderanno, ma va ricordato per la Storia, che il  4 marzo 2022, agli inizi della guerra, Bennett si era recato in Russia per incontrare Vladimir Putin, visita che aveva lo scopo di trovare una soluzione al conflitto. Un viaggio sollecitato dallo stesso Putin, come rivela nell’intervista.

La mediazione di Bennet

La mediazione aveva trovato terreno favorevole, ricorda Bennet, dal momento che le parti avevano accettato ampi compromessi. Putin aveva accettato di abbandonare l’idea di “denazificare” l’Ucraina, cioè di eliminare la leadership al governo e lo stesso Zelensky, e di disarmare l’esercito di Kiev. E aveva promesso che l’invasione si sarebbe fermata se la controparte avesse rinunciato alla richiesta di aderire alla Nato, richiesta che, come ricorda Bennet, ha innescato l’invasione.

Bennet ricorda come Zelensky avesse accolto la mano tesa di Putin, accettando di ritirare tale richiesta. Non solo, l’ex premier israeliano spiega che aveva trovato un modo di risolvere anche il problema delle garanzie che tanto preoccupavano Kiev, che aveva timore di un accordo che non le garantisse di evitare un’invasione futura.

Zelensky, nello specifico, voleva garanzie americane, ma Bennet gli aveva replicato: “Cerchi garanzie dall’America dopo che si è ritirata dall’Afghanistan?”. E così gli aveva proposto quello che ha definito il modello israeliano: Israele, aveva spiegato, sa che non riceverebbe alcun aiuto in caso di invasione, così ha creato un esercito in grado di dissuadere i nemici. Un’ipotesi che l’Ucraina aveva recepito.

Certo, nel riarmo c’era il nodo dei missili a lungo raggio, continua Bennet, che la Russia evidentemente temeva. Ma sul punto, l’ex premier israeliano fa un cenno significativo, spiegando di aver detto agli ucraini “non ti servono i missili d’assalto”… insomma, bastava che nel riarmo di Kiev non fossero compresi missili a lunga gittata (per inciso, sono quelli che adesso vuole inviare la Nato).

Per inciso, Bennet spiega che sia Zelensky che Putin erano stati entrambi “pragmatici”, aggiungendo che non c’era nulla di “messianico” nello zar russo (tale messianicità è stata declinata in vari modi dalla narrativa ufficiale; tale narrazione ha reso ancora più arduo adire alle vie diplomatiche, non essendo possibile trattare con un esaltato),

La mediazione israeliana doveva ovviamente essere supportata dall’Occidente, così Bennet ricorda di aver fatto partecipi dei colloqui i leader in questione, alcuni incontrandoli, altri contattandoli. E ricorda come Francia e Germania si fossero mostrati “pragmatici”, mentre la linea di Boris Johnson era più “aggressiva”. Gli Usa, per parte loro, si barcamenavano tra le due posizioni.

Ma alla fine, ricorda Bennet, in Occidente è prevalsa la linea dura. Si decise cioè di “continuare a colpire Putin e non [negoziare]”. Tale decisione, secondo Bennet, è stata “legittima”, ma è ovvio che non poteva dire diversamente, dal momento si tratta di rivelazioni già fin troppo pesanti, che gravano Stati Uniti e Gran Bretagna di tragiche responsabilità. Inutile aggiungere peso a peso.

La parole di Bennet, fonte autorevole e non di parte, chiariscono in via definitiva che la guerra poteva finire subito, con un bilancio di un migliaio di morti, forse meno, e con l’Ucraina in possesso di una parte dei territori oggi occupati dai russi, parte dei quali, se non tutti (e altri ancora) probabilmente rimarranno sotto il controllo di Mosca a titolo definitivo. Milioni di sfollati, centinaia di migliaia di morti, un Paese totalmente devastato… tutto per “punire” Putin… per “indebolire” la Russia.

Ricordiamo come, nonostante il fallimento della mediazione di Bennet, i negoziati tra Russia e Kiev furono comunque portati avanti, nonostante mille difficoltà, arenandosi dopo il fatale viaggio di Boris Johnson a Kiev, quando il premier britannico disse a Zelensky che l’Occidente non avrebbe supportato un’intesa con Mosca. Si tratta cose di cui abbiamo scritto ampiamente sul nostro sito, inutile ripetersi.

Interessante anche l’accenno di Bennet sugli avvenimenti di Bucha, quando spiega che con l’emergere di quella vicenda capì che non c’era più alcuna possibilità per la pace. Anche di questo abbiamo scritto, spiegando come gli asseriti orrori di Bucha furono una messinscena creata ad arte per rendere impossibile il negoziato.

Regime-change alla Difesa ucraina

Intanto da Kiev arriva l’annuncio della destituzione del potente ministro della Difesa. Al suo posto andrà Kyrylo Budanov, che abbiamo citato su Piccolenote perché recentemente aveva rilasciato un’intervista al Wall Street Journal nella quale raccontava l’uccisione a sangue freddo di Denis Keerev da parte della SBU.

Keerev stava partecipando ai negoziati con la Russia al momento del suo omicidio, ufficialmente presentato come non intenzionale (sarebbe stato ucciso perché ha resistito all’arresto) e fu fatto passare per una spia russa. Nell’intervista al WSJ Budanov dice invece che Keerev fu ucciso deliberatamente, aggiungendo che non era affatto una spia, anzi era un patriota. E, per confermare la sua affermazione, Budanov ha ricordato che è stato seppellito con un funerale di Stato.

Il fatto che prima di essere nominato a un incarico tanto delicato Budanov abbia concesso un’intervista al WSJ nella quale ha apertamente criticato la Sicurezza ucraina, risulta di grande interesse.

Di certo, c’è la necessità di rimettere mano ai meccanismi dell’esercito ucraino, che Zelenky sta mandando al macello, come dimostra in maniera plastica l’ordine di tenere a tutti i costi Bakmut nonostante sia ormai indifendibile (tanto che anche gli americani gli avevano chiesto di ritirare le truppe).

Da notare che la notizia arriva dopo la bufera suscitata dal quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung, che riferiva di una proposta di pace pervenuta a Mosca dagli Stati Uniti che ha avuto come focus la visita a Kiev del Capo della Cia William Burns. Gli Usa avrebbero offerto il 20% dell’Ucraina in cambio di un accordo. La notizia è stata smentita da tutte le parti interessate, ma ha un evidente fondo di verità, come dimostra la visita di Burns. Washington e Mosca Hanno iniziato a parlare (1).

Ma è prematuro fare previsioni. In attesa di capire meglio se e come cambierà qualcosa sul piano militare, ci limitiamo a riferire un tweet di M. K. Bhadrakumar (acuto analista di Indian Punchline), che ha destato la nostra curiosità.

“Notizie esplosive da Kiev! Sostituito il ministro della Difesa Reznikov (ex ufficiale dell’aeronautica sovietica); lo sostituisce l’astro nascente Kyrylo Budanov, a capo dell’Intelligence militare (e beniamino degli americani); ciò consente al Pentagono un ruolo pratico nella gestione della guerra. Dove finirà Zelenskyj?”

Vuoi vedere che hanno invitato Zelensky a Sanremo pensando di ospitare una stella senza accorgersi che si tratta di una stella cadente? Nell’incertezza, forse era meglio soprassedere (soprattutto per altre e più importanti ragioni).

D’altronde l’ambito della politica estera italiana (di certo interpellata sull’invito), come anche quella interna, da tempo registra deficit di lucidità. Forse lo hanno capito solo adesso, o forse il ragazzo è in difficoltà, perché il giorno dopo la notizia di cui sopra si è saputo che piuttosto che apparire, come usa fare a mo’ di Madonna, Zelensky invierà un messaggio, in stile Medjugorje.

(1) Sul punto vedi anche l’intervista all’analista Ted Snider su Youtube: “Biden sa tutto, Austin sa tutto, anche Sullivan lo sa. Sanno tutti che è finita, quindi stanno cercando un modo per guardare negli occhi il popolo americano e dire che abbiamo fatto del nostro meglio” per aiutare l’Ucraina, ma non è andata bene. Forse troppo ottimista, Snider, ma valeva la pena riportare le sue affermazioni.

Russia, giornalista condannata per aver «diffuso notizie false sulla guerra in Ucraina». Nove anni di carcere per Veronika Belotserkovskaya. Nei suoi post su Instagram, dove ha quasi un milione di follower, aveva scritto delle vittime civili dei raid russi a Mariupol e a Bucha. Il Dubbio il 6 febbraio 2023

La giornalista, socialite e food blogger russa, e nata in Ucraina, Veronika Belotserkovskaya, è stata condannata in contumacia da un tribunale di Mosca a nove anni di carcere dopo essere stata giudicata colpevole di aver diffuso informazioni false sulle forze militari.

Veronika era stata, lo scorso marzo, una delle prime tre persone a essere incriminate per questo reato introdotto, nel codice penale russo, poco dopo l'inizio della guerra. Nei suoi post su Instagram, dove ha quasi un milione di follower, aveva scritto delle vittime civili dei raid russi a Mariupol e a Bucha.

Da quanto è stata incriminata, le sono state sequestrati in Russia beni per 153 milioni di rubli (2,17 milioni di dollari). Belotserkovskaya, che era sposata con l'oligarca di cui mantiene il cognome, ha fondato una scuola di cucina in Francia, dove si è trasferita da tempo. Ha anche il sito Sobaka.ru.

Kiev: «Mosca mobilita altri 500mila soldati». Guterres: mondo verso una guerra più ampia. Andrea Nicastro e redazione Online su Il Corriere della Sera il 7 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di martedì 7 febbraio. Il segretario Onu avverte che «stanno crescendo le possibilità di escalation». In un video i soldati della Wagner picciano il loro comandate ferito

• La guerra in Ucraina è arrivata al 349esimo giorno.

• Prigozhin sfida a duello Zelensky nei cieli di Bakhmut.

• Kiev: non verranno usate armi a lungo raggio per colpire la Russia.

• L'Ucraina si aspetta una grande offensiva russa entro fine febbraio.

• Greco-Cattolici ucraini cambiano la data del Natale. Sarà il 25 dicembre.

Ore 22:01 - Kuleba: a Conferenza Monaco chiederemo jet e missili

Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, è convinto che l’attuale Conferenza sulla sicurezza di Monaco sarà di grande importanza, perché là si risolveranno i problemi di sicurezza dell’Ucraina, dell’Europa e del mondo in generale. Lo ha detto lunedì in onda sulla maratona nazionale, secondo il servizio stampa del ministero degli Esteri ucraino. «Quest’anno promuoveremo argomenti prioritari per l’Ucraina alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. La chiave è la fornitura di missili a lungo raggio e l’apertura della fornitura di aerei da combattimento, poiché gli aerei sono l’ultimo tipo di arma che deve essere sbloccata», tutte le altre sono state aperte grazie agli sforzi di squadra dell’anno scorso. «Parleremo anche dell’adesione dell’Ucraina alla NATO e del futuro della Russia in generale», ha affermato il ministro.

Il capo della diplomazia ucraina ha ricordato che un anno fa, alla conferenza di Monaco, Volodymyr Zelenskyi ha tenuto un discorso programmatico , in cui ha chiesto espressamente la fornitura di armi all’Ucraina. La Conferenza sulla sicurezza di Monaco si terrà dal 17 al 19 febbraio, alla vigilia dell’anniversario dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia. Quest’anno all’evento non è stato invitato un rappresentante del governo russo Tuttavia, invece di membri del governo russo, sono stati invitati rappresentanti della società civile e dell’opposizione della Federazione Russa. Tra loro ci sono l’ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov e il critico del Cremlino Mikhail Khodorkovsky.

Ore 05:05 - Media, Biden in Polonia per anniversario invasione

Il presidente americano Joe Biden avrebbe intenzione di recarsi in Polonia questo mese in occasione dell’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, secondo fonti informate citate da Nbc News. Il progetto prevede che Biden visiti la Polonia verso la fine di febbraio, hanno riferito tali fonti sottolineando che il viaggio non è definitivo fino a quando la Casa Bianca non lo annuncia e che tali piani potrebbero cambiare. Un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa ha rifiutato di commentare queste indiscrezioni.

Ore 05:26 - Segretario Onu: «Il mondo verso una guerra più vasta. Rischio nucleare»

Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres lancia l’allarme sul rischio che un’ulteriore escalation della guerra fra Russia e Ucraina possa trascinare il mondo in una «guerra più ampia» e «al più alto rischio da decenni di un conflitto nucleare». «Le possibilità di ulteriore escalation e spargimento di sangue continuano a crescere», ha detto Guterres all’Assemblea dell’Onu. «Temo che il mondo non stia camminando come un sonnambulo in una a guerra più ampia, temo che lo stia facendo con gli occhi ben aperti».

Ore 08:03 - La Svizzera potrebbe rivedere il proprio concetto di neutralità

La Svizzera potrebbe porre fine al divieto di esportazione di armi svizzere nelle zone di guerra poiché un cambiamento nell’opinione pubblica e politica esercita pressioni sul governo affinché metta fine a una tradizione secolare di essere uno stato neutrale. Così riferisce questa mattina l’agenzia Reuters.

Ore 10:31 - Senz’acqua per le bombe russe l’Oblast di Dnipropetrovsk

I bombardamenti della Russia lasciano 9 insediamenti nell’oblast di Dnipropetrovsk senza approvvigionamento idrico. Le truppe russe hanno sparato quasi 40 proiettili contro la comunità di Marhanets nell’oblast di Dnipropetrovsk durante la notte del 7 febbraio, colpendo le linee elettriche nell’area e lasciando una stazione di pompaggio senza elettricità, ha riferito Mykola Lukashuk, capo del consiglio dell’oblast.

Ore 11:09 - Kiev, il Parlamento vota per estendere la legge marziale

Il parlamento ucraino, la Verkhovna Rada, ha prolungato la legge marziale e la mobilitazione dell’Ucraina per la sesta volta dall’inizio della guerra con la Russia.

Ore 11:18 - Klymenko nominato nuovo ministro dell'Interno ucraino

Ihor Klymenko è stato nominato nuovo ministro dell'Interno ucraino. Lo ha reso noto su Telegram il parlamentare Yaroslav Zheleznyak. Sono 321 i deputati che hanno votato per la nomina di Klymenko, il quale stava svolgendo l'incarico del ministro ad interim dell'Interno dopo lo schianto di un elicottero a Brovary dello scorso gennaio, quanto è deceduto il ministro precedente, Denys Monastyrskyi.

Ore 11:23 - Mosca: «L'Occidente spinge Kiev a conquista territori russi»

Le azioni degli Usa e dei loro alleati stanno trascinando i paesi della Nato in un conflitto nell'area russa e potrebbero portare a un livello imprevedibile di escalation. Lo afferma il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu aggiungendo che gli Stati Uniti e i loro alleati invitano apertamente l'Ucraina a conquistare i territori russi.

Ore 11:28 - Shoigu: «Kiev bombarda civili e ospedali in regioni annesse»

«Le forze di Kiev conducono azioni volte a intimidire i cittadini delle regioni ucraine annesse dalla Russia, bombardando aree residenziali e ospedali». Lo ha affermato il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, citato dalla Tass.

Ore 11:41 - Mosca: «A gennaio Kiev ha perso oltre 6.500 soldati»

Solo nel mese di gennaio, le forze armate ucraine hanno perso più di 6.500 soldati, ha dichiarato il ministro della Difesa di Mosca, Serghei Shoigu, come riportano le agenzie russe. Per «perdite» la Russia intende sia i morti che i feriti. «Solo nel primo mese di quest'anno, le loro perdite ammontano a oltre 6.500 militari, 26 aerei, 7 elicotteri, 208 droni, 341 carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento», ha aggiunto. «Il coinvolgimento della Nato in Ucraina può portare a livelli di escalation imprevedibili».

Ore 12:18 - Orban all'Ue: «Le sanzioni distruggono Europa, ci sia dibattito»

In preparazione del vertice straordinario dei leader europei in programma giovedì e venerdì prossimo, si è tenuta una videoconferenza tra il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel e i premier di Ungheria, Polonia, Belgio, Finlandia, Malta, e il capo di Stato bulgaro, Rumen Radev in cui si è discusso della «guerra in Ucraina, delle difficoltà economiche in Europa e dell'immigrazione clandestina». Lo rende noto in un tweet Zoltan Kovacs, portavoce del premier ungherese, Viktor Orban. Nel corso della videoconferenza il primo ministro magiaro «ha affermato che l'accesso ai fondi Ue di coesione e ricostruzione dovrebbe essere reso molto più rapido e semplice per gli Stati membri dell'Ue». In merito all'Ucraina, spiega ancora Kovacs, Orban «ha nuovamente chiesto un cessate il fuoco immediato e colloqui di pace, nonché un dibattito politico sostanziale sulle sanzioni di Bruxelles, che stanno distruggendo l'economia europea».

Ore 12:23 - Mosca: «Prosegue con successo l'offensiva su Bakhmut»

L'offensiva russa prosegue «con successo» nelle aree di Ugledar e Bakhmut, nella provincia orientale ucraina del Donetsk, secondo quanto ha affermato il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu, che ha parlato di successi delle truppe russe anche nella provincia meridionale di Zaporizhzhia. Nel solo mese di gennaio, ha aggiunto Shoigu, citato dall'agenzia Ria Novosti, le forze ucraine hanno perso «oltre 6.500 uomini».

Ore 12:29 - Kiev insiste con Berlino: «Servono anche caccia e navi»

«L'Ucraina ha bisogno anche dei caccia». È quello che ha ribadito anche oggi il viceministro degli Esteri ucraino, Andrij Melnyk, in un'intervista alla ZDF, tornando a fare pressione su Berlino. «Sarebbe ora che la Germania facesse quello che ha annunciato e assumesse effettivamente un ruolo guida», ha aggiunto. «Dobbiamo aprire gli occhi sulla dimensione di questa guerra», continua Melnyk, sottolineando che contro l'aggressione russa non si vince solo sul terreno: «Abbiamo bisogno dell'aeronautica militare e della marina», ha incalzato l'ex ambasciatore a Berlino. Il viceministro ha anche affermato che l'Ucraina sarebbe pronta al negoziato di pace, ma la Russia no. In Germania, dopo la decisione dell'invio dei tank Leopard, il governo tedesco si è detto contrario alla consegna dei caccia.

Ore 12:50 - Media: «Berlino approva l'esportazione di 187 Leopard 1 per Kiev»

Secondo Business Insider, il governo tedesco ha approvato l'esportazione verso l'Ucraina di 187 Leopard 1 dai gruppi industriali Rheinmetall e Flensburger Fahrzeugbau Gesellschaft (Ffg): 88 Leopard 1 provengono da Rheinmetall, 99 da Ffg. L'annuncio ufficiale dovrebbe arrivare nelle prossime ore. I corazzati si aggiungono ai Leopard 2 già promessi a Kiev da Berlino. Al momento, però, non è ancora chiaro se e quando i Leopard 1 raggiungeranno l'Ucraina. Sempre secondo Business Insider, molti carri hanno bisogno di riparazioni, e alcuni potrebbero essere utilizzati per i pezzi di ricambio. Il finanziamento per le riparazioni, inoltre, deve essere ancora approvato. Difficile, quindi, che i corazzati arrivino in Ucraina in tempo per la prevista offensiva russa in primavera.

Ore 13:32 - Scontro nucleare o cessate il fuoco: i due scenari

(Gianluca Mercuri) C’è chi vuole andare dritto: sconfiggere Putin in modo definitivo , a costo di rischiare il conflitto nucleare. E c’è chi invece vuole rallentare in curva: evitare lo scontro nucleare, a costo di rischiare di non sconfiggere in modo definitivo Putin. In sintesi, con molti distinguo e numerose sottovarianti possibili o prevedibili, sono questi i due filoni che si scontreranno nelle prossime settimane e mesi.

Ore 13:51 - Kiev: «Gli F-16 Usa arriveranno, siamo fiduciosi»

Kiev si dice fiduciosa per l’arrivo degli F-16 americani, «è solo una questione di tempo». Lo sottolinea alla Cnn Oleksiy Danilov del consiglio nazionale ucraino per la sicurezza e la difesa. Precisando: «Arriveranno di sicuro. Purtroppo nel frattempo stiamo perdendo la nostra gente, mentre lottiamo per la nostra indipendenza».

Ore 14:14 - Zakharova a Borrell: restrizioni sui media come nel Terzo Reich

Il bando imposto dalla Ue ai media russi giudicati strumenti della propaganda ricorda quanto fatto dal Terzo Reich, quando «vennero vietati i libri di 300 autori». Lo ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, criticando Josep Borrell, che aprendo oggi la conferenza europea sulla disinformazione ha motivato le restrizioni con la necessità di «proteggere la libertà di espressione». Anche i nazisti giustificarono le proibizioni con le esigenze di protezione, aggiunge la portavoce, affermando che «tutto cominciò con le proibizioni, con gli incendi dei libri, e finì con gli incendi dei corpi».

Ore 16:27 - Kiev si aspetta che Mosca mobiliti 300-500mila persone

Kiev si aspetta che la Russia chiami a combattere fino a mezzo milione di soldati in più nei prossimi mesi: «La Russia mobiliterà 300-500mila persone per compiere le operazioni offensive nel sud e nell’est dell’Ucraina nella primavera e estate prossime», ha dichiarato Vadym Skibitskyi, vice capo dell’intelligence della Difesa ucraina, citato dalla Cnn. «I 500mila si sommano ai 300mila richiamati a ottobre. Questo dimostra che Putin non intende in alcun modo mettere fine alla guerra. L’offensiva di Mosca può colpire le regioni di Donetsk e Luhansk e forse quella di Zaporizhzhia. Le truppe russe resteranno in difesa nelle regioni di Kherson e in Crimea».

Ore 16:30 - «Forti esplosione nel porto di Mariupol»

Cinque forti esplosioni si sono succedute nell’area del porto di Mariupol, dove gli occupanti russi avevano di recente portato sistemi di difesa aerea. Lo riferisce Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco ucraino della città, in un post su Telegram ripreso da Ukrainska Pravda. Dopo le esplosioni, si legge, diversi aerei russi si sono levati in volo sulla città.

Ore 17:15 - In un video i soldati russi picchiano il loro ufficiale ferito

L’Ucraina ha pubblicato un video in cui i combattenti del gruppo Wagner trascinano un loro comandante gravemente ferito lontano dal campo di battaglia, per poi picchiarlo violentemente con quelle che sembrano pale. Il video è stato pubblicato dal Guardian. Un drone ucraino ha catturato la scena vicino alla città di Bakhmut. Si vedono quattro soldati russi trasportare l’ufficiale per gambe e braccia attraverso un paesaggio in rovina, per poi scaricarlo vicino a un fienile e lì iniziare a colpirlo.

Ore 17:31 - Visita a sorpresa del ministro tedesco Pistorius a Kiev

Il nuovo ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius è arrivato a Kiev per una visita a sorpresa. La notizia è stata diffusa dal ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov che ha pubblicato una foto insieme a Pistorius su Twitter con la didascalia: «Il “primo” Leopard 2 è arrivato a Kiev». In mano Reznikov ha un modello in scala del carro armato tedesco che verrà fornito all’Ucraina. Secondo la Bild, Pistorius ha annunciato che gli ucraini riceveranno oltre 100 tank del tipo Leopard 1A5 da diversi Paesi Ue.

Ore 18:00 - Zelensky: basta voci sulle dimissioni di Reznikov

È il presidente Zelensky in persona a chiedere un immediato stop alle «voci o a qualsiasi tipo di pseudo-informazione» che può minare l'unità nella guerra contro la Russia. Lo ha detto durante un intervento oggi in parlamento, riferisce Reuters sul suo sito online, e le sue parole sembrano dirette a zittire le voci che si rincorrono da giorni sul destino del ministro della Difesa Oleksii Reznikov, ovvero sulla sua possibile sostituzione che tuttavia non è ancora avvenuta. Zelensky sembra quindi sottolineare che l'annuncio di una decisione a riguardo spetta soltanto al presidente.

Ore 19:29 - Il vero effetto delle sanzioni? Liberarci dal ricatto di Putin

(Federico Rampini) Servono o sono controproducenti, le nostre sanzioni economiche contro la Russia? Il dubbio lo ha rilanciato il premier ungherese Orbansecondo cui queste restrizioni addirittura «distruggono l’economia europea». Gli ultimi dati dicono, al contrario, che cominciano a danneggiare l’economia russa. Non tanto quanto speravano i più ottimisti, perché molte grandi economie del pianeta aggirano le sanzioni: un ruolo speciale spetta a Cina, India, e alla Turchia di Erdogan specialista nel «doppio gioco». Ma il dibattito sulla inefficacia delle sanzioni perde di vista il loro obiettivo più importante, ormai ampiamente raggiunto: liberare l’Europa dalla sua dipendenza verso Mosca, recidere un cordone ombelicale che aveva un prezzo geopolitico insopportabile, vanificare così il ricatto economico di Putin nei nostri confronti.

Ore 19:46 - Berlino conferma invio Leopard 1A5 a Kiev

Il ministero tedesco dell’Economia conferma l’esportazione di un massimo di 178 carri armati Leopard 1A5 in Ucraina. Lo comunicano lo stesso ministero dell’Economia e il dicastero della Difesa. Quest’ultimo ha citato su Twitter la collaborazione nel lancio dell’iniziativa dei ministeri della Difesa di Danimarca e Paesi Bassi. I panzer si trovano attualmente nei magazzini della fabbrica e il numero di carri che saranno «effettivamente» consegnati a Kiev dipenderà quindi dai «necessari lavori di manutenzione». Proprio oggi, durante una visita a sorpresa in Ucraina, il ministro tedesco della Difesa ha parlato di «più di 100 panzer Leopard 1A5» per Kiev. Come riporta Tagesschau, la consegna dovrebbe avvenire in diverse fasi: 20-25 panzer entro l’estate e 80 entro la fine dell’anno. L’obiettivo di più di 100 carri inviati dovrebbe essere poi raggiunto nel corso del primo o secondo trimestre del 2024

Ore 21:04 - Sindaco Klitschko a Nardella: grazie Italia

«Caro Dario, tanti saluti da Kiev stiamo parlando dell’Italia e degli aiuti, di quanto l’Ucraina ha ricevuto dall’Italia con decine di tende e di generatori. Abbiamo ricevuto molto aiuto dall’Italia e per questo voglio ringraziarti per tutto quello che stai facendo. Grazie mille alla nostra città gemellata di Firenze e ancora tanti saluti da Kiev. Spero di rivederci presto a Firenze o accoglierti di nuovo a Kiev». È questo il contenuto di un video che il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, ha inviato al sindaco di Firenze e presidente di Eurocities Dario Nardella. È stato lo stesso Nardella a condividere il video su Instagram scrivendo di essersi «emozionato» e ricordando che «più di 300 generatori sono già stati mandati in Ucraina, portando elettricità salvavita a chi ne ha bisogno. E molti altri stanno per arrivare. Sindaco Klitschko, non siete soli».

Ore 00:42 - Invio Leopard 1, Zelensky «ringrazia» Germania, Olanda e Danimarca

Dopo l'annuncio dell'invio di almeno 100 carri armati Leopard 1 «nei prossimi mesi» da parte di Germania, Olanda e Danimarca, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha «ringraziato» in serata i tre Paesi per «il loro rilevante sostegno», al termine di un incontro con il ministro della Difesa tedesco, per il quale si è trattato del primo viaggio in Ucraina dalla sua nomina a metà gennaio.

Oltre alla consegna dei Leopard 1, Berlino, Copenaghen e L'Aia promettono addestramento per i soldati ucraini per la gestione di questi carri armati, nonché la fornitura di pezzi di ricambio e munizioni. I tre Paesi indicano che la loro iniziativa è «aperta ad altri partner». Citano quindi il Belgio, che ha «manifestato interesse a partecipare».

L’Argentina è “la nuova Miami” dei russi: «Ogni giorno arrivano qui 30 donne incinte (e benestanti) per partorire». Sara Gandolfi su Il Corriere della Sera il 6 Febbraio 2023.

Il Paese sudamericano concede la nazionalità ai bambini che nascono sul suo territorio e il suo passaporto permette di viaggiare senza visto in 171 Paesi, oggi vietati ai russi. Lo chiamano «el turismo de parto»

«L’Argentina è la nuova Miami dei russi». Così titolano i giornali del Paese sudamericano dove da mesi è in atto una vera e propria «invasione» di donne russe, incinte e benestanti. Ogni giorno ne sbarcano almeno una trentina, e soltanto dagli aerei di Turkish Airlines (i più utilizzati), pronte a partorire in una clinica privata argentina a fronte di una spesa che varia tra i 5.000 e i 30.000 dollari. Lo chiamano «el turismo de parto». Se il piccolo nasce qui acquista automaticamente per legge la nazionalità argentina e in breve tempo anche i genitori possono ottenere il passaporto. Un documento d’oro, di questi tempi, per i russi: permette di entrare in 171 Paesi senza visto, molti dei quali oggi vietati ai russi a causa dell’invasione dell’Ucraina e non solo.

Le autorità argentine hanno registrato l’ingresso di 2.500 russe nel 2022 e stimano che quest’anno si supererà la soglia di 10.000 neonati russo-argentini. Fino a tre anni fa, ossia prima della pandemia e dell’attacco russo all’Ucraina con relative sanzioni Usa, le russe prediligevano Miami per partorire e dare alla luce un figlio russo-americano. Ora la rotta punta più a Sud. E così il turismo medico cresce con un tasso record del 25 per cento all’anno in Argentina. «La domanda di assistenza con le procedure di immigrazione, residenza e ricerca dell’équipe medica è cresciuta di 15 volte dall’inizio della guerra», ha spiegato Kirill Makoveev, fondatore dell’agenzia turistica RuArgentina al giornale Perfil.

Sviatoslav — che ha preferito non rivelare il suo cognome — ha 28 anni, è project manager in un’azienda francese ed è arrivato in Argentina lo scorso novembre con la moglie Vera e la loro figlia di un anno Taissia , per avere qui il suo secondo figlio, Daniel, nato il 12 dicembre alla clinica Finochietto di Buenos Aires. «L’Argentina ha ottime cure mediche ed è molto più economico avere un figlio qui che in Russia - ha raccontato all’agenzia Telam —. A livello di sviluppo qui è meglio e non ci sono molti Paesi al mondo così aperti ai migranti». Aveva iniziato a organizzare la «fuga» nell’agosto 2022 «poco prima che i riservisti venissero richiamati per la guerra». «Non lo nascondo, all’inizio pensavo di venire solo per qualche mese per avere mio figlio qui, ma ora il Paese mi piace molto e la situazione in Russia sta peggiorando, non so se abbiamo una futuro lì», ha detto il giovane, che si è stabilito con la sua famiglia nel quartiere di Palermo a Buenos Aires.

«L’Argentina ha uno dei migliori passaporti al mondo ed è tra i più facili da ottenere. I russi hanno bisogno di un visto per viaggiare ovunque. Cercano un passaporto normale e sono pronti a spendere tanti soldi per poter vivere bene», conclude Makoveev.

Dalla Russia con disonore. Lo storico esodo dei russi innescato da Putin. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 15 Febbraio 2023.

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina sono andate via tra il mezzo milione e il milione di persone. Prima i lavoratori più qualificati, poi la comunità ebraica, dopo ancora i mobilitati e gli specialisti di tecnologia informatica (cruciali per il prosieguo della guerra)

La polizia federale argentina ha smantellato una rete che forniva documenti illegali a madri russe desiderose di far nascere i figli nel Paese sudamericano, in modo da conferire loro una cittadinanza per ius soli tale da farli entrare senza visto in ben centosettanta Stati, contro gli appena ottantasette del passaporto russo. Un numero ridotto al minimo anche per effetto delle sanzioni seguite all’aggressione all’Ucraina. Tra i ventimila e i venticinquemila dollari era la tariffa.

Secondo Florencia Carignano, direttrice dell’ufficio immigrazione argentino, ben diecimilacinquecento cittadine russe sono arrivate nell’Argentina nel corso dell’ultimo anno, che coincide con l’anno di guerra all’Ucraina. «Cinquemila di loro erano negli ultimi tre mesi, molte di loro dichiaravano di essere alla trentatreesima o trentaquattresima settimana di gravidanza».

Ben settemila donne sono tornate a casa dopo il parto, lasciando gli avvocati argentini incaricati di richiedere la cittadinanza argentina per il bambino – e poi i genitori. «Il problema è che arrivano, hanno i figli e poi lasciano l’Argentina per non tornare mai più», denuncia la Carignano. «Non possiamo permettere loro di mentirci spudoratamente dicendo che sono turisti quando non lo sono».

Oligarchi e gerarchi che cercano di aggirare sanzioni per sé e per i propri eredi? Molti, presumibilmente, sì. Ma secondo Christian Rubilar, un avvocato che rappresenta una delle donne trattenute in aeroporto, la sua cliente, incinta di trentadue settimane, era arrivata in Argentina «fuggendo dalla guerra: nel regime di Putin, non accettare la guerra è sufficiente per andare in prigione o per mandare i membri della sua famiglia in prima linea nella battaglia», ha detto.

Insomma, lo scandalo argentino non è in realtà che un aspetto più particolare dello storico esodo che la decisione di Putin di attaccare l’Ucraina ha innescato nel suo stesso popolo. La partenza delle persone più qualificate si era delineata subito, poi si era evidenziato l’esodo della comunità ebraica, dopo ancora la fuga dei mobilitati.

Adesso i dati confermano che tra il mezzo milione e il milione di russi sono partiti dall’inizio dell’invasione. Come ha ricordato il Washington Post, «un maremoto sulla scala dell’emigrazione che seguì la rivoluzione bolscevica del 1917 e il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991». Non tutti se ne vanno per avversità ideologica alla guerra o per mera paura di rimetterci la pelle. Per molti è mera questione di interessi economici. Ma il risultato comunque quello è. Un fenomeno che è destinato ad accentuarsi, con le previste nuove mobilitazioni e con l’ancora più previsto peggiorare delle condizioni economiche. E che rischia di definire il futuro della Russia per generazioni.

Varie sono state le destinazioni. Alcune quasi folkloriche, come i due che dall’Estremo Oriente russo sono scappati in barca fino all’Alaska. Molte sono state rivolte verso quei Paesi ex sovietici dove il russo è conosciuto e le possibilità anche legali di viaggiare e stabilirsi sono maggiori, come l’Armenia, il Kazakistan o la Georgia; altri ancora si sono recati nei Paesi subito oltre il confine, come la Finlandia o i Paesi baltici.

Chi aveva un’origine ebraica o comunque contatti di quel tipo si è spesso orientato su Israele. I più «creativi» si sono inventati destinazioni come quella già ricordate dell’Argentina, o cose tipo Tailandia o Emirati Arabi Uniti. A fine dicembre il ministero delle Comunicazioni ha comunque ammesso che nel corso del 2022 il dieci per cento dei lavoratori del settore IT se ne erano andati senza tornare. La Duma ha sia discusso su incentivi per farli tornare, sia minacciato di espropriare dei propri beni chi se ne è andato, sia definito gli espatriati «feccia» di cui è un bene che il Paese sia «ripulito». Ma né il bastone, né la carota, né gli insulti sembrano produrre effetti. Si sono invece create varie capitali dell’esilio: Berlino, Tbilisi, Riga, Vilnius. Il Washington Post cita l’opinione di Tamara Eidelman, una storica trasferitasi in Portogallo dopo l’invasione, secondo cui «questo esodo è un colpo terribile per la Russia: lo strato che avrebbe potuto cambiare qualcosa nel Paese ora è stato spazzato via».

Una stima relativa ai soli primi nove mesi valutava dentododicimila di questi espatriati russi in Georgia, centomila in Kazakistan, centomila in Serbia, settantottomila in Turchia, 65.141 in Armenia, 37.364 in Israele, trentamila in Kirghizistan, 21.763 negli Usa e settemilasettecento in Mongolia.

Secondo fonti vicine al ministero Comunicazioni almeno trentacinquemila specialisti in IT sarebbero fuggiti in primavera, dopo l’attacco all’Ucraina. Altri settantamila o ottantamila se ne sono andati a settembre, quando è stata annunciata la «mobilitazione parziale». Durante la prima ondata di emigrazione, uomini e donne se ne andarono in numero più o meno uguale. Tuttavia, nella seconda ondata, gli uomini erano più numerosi delle donne – due a uno.

I ricercatori in Austria hanno verificato i tassi di emigrazione tra gli sviluppatori open source utilizzando i metadati degli utenti di GitHub. Hanno riferito che, entro ottobre 2022, il 13,2 per cento dei programmatori russi aveva cambiato il proprio Paese d’origine nei propri profili e un ulteriore 13,2 per cento aveva cancellato i riferimenti alla Russia.

Questo è parecchie volte superiore alle cifre equivalenti per i programmatori altrove nell’Europa orientale. Gli stessi dati mostrano anche le destinazioni più popolari per gli esperti IT russi. Il gruppo più numeroso, oltre il dieci per cento, è andato negli Stati Uniti. Seguono Germania (7,6 per cento), Georgia (6,2 per cento), Paesi Bassi (5,3 per cento) e Armenia (4,7 per cento). È sorprendente che, dopo due ondate di emigrazione, il numero di utenti GitHub in Georgia sia aumentato del novantaquattro per cento e in Armenia del quarantuno per cento. Questi due Paesi del Caucaso meridionale sono stati i principali beneficiari dell’emigrazione russa: nel 2022, il loro Pil ha registrato un aumento a due cifre grazie a un afflusso di russi ben pagati e altamente qualificati.

Quelli della prima ondata tendevano ad andare in Paesi dove i russi non hanno bisogno di visti. Le prime cinque destinazioni sono state: Armenia, Georgia, Turchia, Serbia e Kazakistan. Ora, tuttavia, la migrazione IT russa si sta dividendo in due segmenti. La maggior parte dei dipendenti di base si attiene ai Paesi senza visto, ma i proprietari delle aziende si stanno dirigendo verso destinazioni come Cipro, Emirati Arabi Uniti, Stati Uniti e Paesi dell’Unione europea.

Sommersi e dannati. Nella Russia di Putin si è corroso il confine tra vittime e carnefici. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 15 Febbraio 2023.

“Russo no” di Michail Ševelëv (e/o) è un viaggio nel giornalismo disallineato che non esiste più e nella composita natura dei popoli russofoni, la cui gestione semplicistica del Cremlino – dice l’autore a Linkiesta – segna la fragilità del regime. La guerra all‘Ucraina può farlo crollare

Il pezzo migliore di Pavel Vladimirovič è quello che non è mai uscito. Il protagonista di “Russo no”, romanzo di Michail Ševelëv appena pubblicato da e/o dopo aver vinto il Premio Isaac Babel’ ucraino nel 2021, scrive il suo atto d’accusa alla società a cui lui stesso appartiene nel cuore di una notte. La mattina dopo deve trattare la liberazione di un gruppo di ostaggi, sequestrati nella Chiesa dell’Epifania. L’attentatore è una conoscenza sbiadita del suo passato: Vadik, salvato dall’inferno ceceno più per boria che per convinzione umanitaria, poi abbandonato al suo destino.

«Ce lo meritiamo. Non ce la saremo cercata, ma ci meritiamo tutto. Tutto quanto», è l’attacco dell’ultimo articolo di Pavel. Un testamento spirituale fuori tempo massimo, come il discorso allo specchio della “Venticinquesima ora”, tombato nel suo hard disk. Il racconto mescola al presente mediocre i prodromi che l’hanno permesso. La normalizzazione della tragedia fino al suo realizzarsi. Diventa una presa di coscienza di cose che i suoi personaggi (e non solo loro) hanno sempre saputo. Non ci sono sommersi o salvati, solo diversi gradi di colpevolezza.

Il libro si apre con un telegiornale e, in generale, restituisce una retrospettiva autentica del giornalismo russo. «Ho passato più di dieci anni da corrispondente di guerra – spiega Ševelëv a Linkiesta – e come curatore del dipartimento sui conflitti etnici al settimanale Moscow News negli anni Novanta e nei primi anni Duemila. Ossezia del Sud, Cecenia, Abkhazia, Karabakh e altri posti. L’esperienza è stata indimenticabile».

Quel tipo di redazioni, e di giornalisti, non esistono più oggi nella Federazione. «Sono state sradicate deliberatamente: è stata una delle prime cose che le nuove – nuove all’epoca – autorità russe hanno fatto. È stato intelligente dal loro punto di vista: la società, senza un riscontro in cui specchiarsi, è sempre più facile da conquistare».

Uno degli aspetti che colpisce, nel testo, è il potere mistico dell’informazione televisiva. In una pagina, un leader ceceno ripete il discorso davanti alle telecamere perché l’audio del primo era stato rovinato dagli spari. Guardare il telegiornale è un rituale. Si capisce così il rapporto tra l’informazione, che ormai è propaganda, e il pubblico.

«In realtà, è stata l’abitudine congenita – neppure russa, ma sovietica – di consumare e credere ai tg ad aver permesso ciò che succedeva all’epoca e accade oggi. Non potrei nemmeno immaginare quant’è debole la società russa di fronte alla propaganda. Parlando di responsabilità collettive, questa sottovalutazione è la mia colpa personale e professionale».

A un certo punto, un personaggio sentenzia: «I russi? Sono come tutti gli altri, solo che a furia di bastonate puoi farci quello che vuoi». La mobilitazione di massa e l’immenso numero di caduti in Ucraina lo dimostrano? «Andrebbe notato che il personaggio in questione è Shamil Basaev, il leader del terrorismo ceceno. Il significato esatto di ciò che ha detto (sia nel libro sia nella realtà) è: sì, come chiunque altro, ma sono stati bastonati troppo spesso nella Storia e ora vengono governati con la paura. Ero in disaccordo all’epoca, oggi la penso come lui».

Mosca, capitale tentacolare, è paragonata alla palude di Grimpen, l’ambientazione del “Mastino dei Baskerville” dello Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Un luogo di intossicazione e inganno. Si può estendere, forse, alla Russia intera. Fino a che punto i cittadini riconoscono di essere ingannati, e fino a che punto lo desiderano? «È una domanda essenziale e dolorosa. È difficile giudicare centoquaranta milioni di persone. Vivo lontano da Mosca. Da ciò che vedo e sento, per la maggior parte della gente ignorare la realtà attuale – non vedere, non sentire, non giudicare – è l’unico modo per restare sani di mente e salvare almeno i rimasugli dell’autostima».

Tra le pagine, il confine tra vittime e carnefici si fa sempre più labile. È questa la cifra della società nel ventennio putiniano? «Lo è. Ora nessuno sa più chi sono i carnefici e chi sono le vittime. Aiuta parecchio il regime a promuovere lo slogan: “Tutto il mondo è contro di noi, i russi”».

Uno dei valori aggiunti del testo è testimoniare quanto sia eterogenea la popolazione russofona. Sono soprattutto le minoranze etniche a sopportare lo sforzo bellico, che le sacrifica come carne da cannone. «Può influire sulla longevità del regime, perché sono il suo ventre molle. La natura della popolazione russofona è troppo composita e i metodi di gestione del Cremlino sono troppo semplici, per non dire semplicistici. Di conseguenza, il costrutto sociale e politico russo risulta molto rigido e quindi molto fragile».

Spesso, sui media occidentali, speculiamo sulla caduta di Putin, o sul presunto malcontento in seno alle “élite”. Fatichiamo, però, ad avere un’idea di quale sia davvero la situazione lì. La guerra può cambiare le cose? Una transizione democratica sarà mai possibile o è più probabile una successione all’interno della classe dominante?

«L’Ucraina funzionerà sicuramente da catalizzatore. Quanto agli scenari, nessuno dovrebbe essere escluso. Molto dipenderà da come si comporteranno le nazioni che oggi sostengono l’Ucraina. Stabilire l’obiettivo di aiutare la Russia in una transizione democratica? O utilizzeranno l’Ucraina meramente come cordone sanitario, lasciando i russi alle prese con i loro casini? Spianerebbero la strada al caos in una nazione ricca di missili balistici e di centrali nucleari molto più grandi di Chernobyl. La scelta va ancora presa».

“Russo no” di Michail Ševelëv è da poco uscito per e/o, 144 pagine, 17 euro.

Il calcio come la guerra. I russi provocano, ma le prendono dagli ucraini anche nella rissa tra calciatori in un albergo turco. L’Inkiesta il 14 Febbraio 2023.

Ci sono stati scontri tra i giocatori di due club in ritiro in Turchia che alloggiavano nello stesso hotel. Quelli dello Shinnik di Yarosalvl hanno provocato la scazzottata, le hanno prese e poi hanno cominciato a picchiarsi tra loro

C’è stata una rissa in albergo tra i giocatori di una squadra ucraina e quelli di una squadra russa, entrambe in ritiro in Turchia a causa dello stop dei campionati nazionali. I giocatori ucraini hanno prevalso dopo le provocazioni dei russi, ma poi i russi stessi, non soddisfatti, hanno preso a picchiarsi tra loro finché non sono stati fermati e allontanati dall’hotel. Sembra una versione caricaturale dei recenti sviluppi dell’invasione russa dell’Ucraina, ma è una storia accaduta realmente ieri lunedì 13 febbraio.

Le due formazioni alloggiavano al Royal Seginus Hotel nella città turca di Antalya – meta di vacanza molto gettonata dagli ucraini. Da alcune fonti, tra cui l’Ukrayinska Pravda, emerge che i calciatori dell’FC Shinnik, squadra di Yaroslavl (Russia), stavano importunando una dipendente dell’albergo e «proferivano insulti provocatori nei confronti dei calciatori della squadra ucraina» del Minaj FC, club della Transcarpazia, regione al confine occidentale del Paese.

Nel comunicato del Minaj si legge che «si è svolta una rissa nell’hotel turco Royal Seginus che ha coinvolto l’FC Minaj e i rappresentanti del “paese 404 – Yaroslavl Shinnyk”. Il motivo della rissa è il comportamento vergognoso dei giocatori di calcio russi verso una dipendente dell’hotel e le grida provocatorie verso i giocatori transcarpazi». La definizione di «paese 404», rigorosamente con la lettera minuscola, per indicare la Russia è un riferimento al messaggio di errore che appare sui browser internet quando la pagina di un sito web non risulta raggiungibile. Una gag che ha iniziato a circolare su internet da giugno 2022, cioè da quando Windows ha vietato il download dei sistemi operativi Windows 10 e 11 in Russia.

Le provocazioni sono sfociate rapidamente in scontro in uno dei corridoi dell’albergo. Ma anche una volta che le due squadre si sono separate i giocatori russi dello Shinnik avrebbero continuato a picchiarsi fra loro, al punto che solo l’intervento della polizia ha potuto fermare gli scontri tra calciatori russi.

Su diversi canali Telegram e Twitter sono state proposte diverse versioni della storia, compresa una in cui i giocatori del Minaj avrebbero costretto quelli dello Shinnik a cantare l’inno nazionale dell’Ucraina. Ma sono state smentite.

Il Minaj si trova ad Antalya per il suo ritiro, dal momento che il campionato è fermo. Ha giocato una partita amichevole domenica scorsa contro il Nasaf Qarshi, una formazione uzbeka, pareggiando zero a zero. Domani è in programma un’altra partita, contro il Maqtaaral (Kazakistan).

Nel comunicato del club emerge come lo staff avesse chiesto al management della struttura di Antalya di non far coincidere il loro soggiorno con quello della squadra russa che sarebbe arrivata nella stessa città, immaginando il rischio potenziale di uno scontro tra giocatori. Richiesta che l’albergo non ha accolto, accettando il soggiorno anche della squadra russa nelle sue stanze.

Lo Shinnik adesso dovrà cambiare albergo. Un comunicato del club riporta le parole del direttore generale dello Shinnik Serhiy Kulakov, il quale fa sapere che «ci stiamo spostando, ma non è vero che siamo stati sfrattati: l’iniziativa è del nostro staff».

Le vicende del mondo del calcio molto spesso rispecchiano fedelmente ciò che accade nel mondo, nella politica, nell’economia, nella diplomazia. La vittoria – se vittoria si può definire – dei giocatori ucraini nella rissa con quelli russi e i successivi contrasti interni tra gli stessi rappresentanti del club russo sembrano una versione in miniatura di quel che accade sul campo di battaglia da ormai diverse settimane, con le offensive russe prontamente respinte al mittente, l’esercito russo incapace di dialogare tra le sue parti e anzi sempre più soggetto a scontri interni, ammutinamenti e dissidi che minano la sua capacità bellica.

Estratto dell’articolo di Jacopo Iacoboni per lastampa.it il 7 febbraio 2023.

Che Kirill avesse un passato nel Kgb è stato scritto da molti storici e studiosi, benché lui lo neghi, ma ora emergono nuovi documenti dai servizi segreti svizzeri e dalla polizia federale che testimoniano che il patriarca fu un agente del Kgb in servizio nella cruciale Ginevra per tanti anni, con il compito di avvicinare e far simpatizzare alla causa sovietica le élite religiose e intellettuali del paese. E spiegano di cosa si occupasse.

 Già in Russia’s Dead End, una fonte autorevolissima, Andrei Kovalev, ex membro dello staff di Gorbachev, scrisse […] che Vladimir Mihailovic Gundyaev aveva un passato nel Kgb, l’agente “Mihailov”.

 Ovviamente il patriarca lo ha sempre negato. Ora però lo sappiamo da nuovi importanti documenti che sono stati pubblicati dal quotidiano Tages-Anzeiger. Una scheda della polizia federale svizzera racconta molto bene chi fosse, e di cosa occupasse. Prima di raccontarlo, facciamo un passo indietro.

Il bellicoso religioso che il 21 settembre […] esortò a cancellare dai cuori dei patrioti russi la paura, «la vera fede cancella la paura della morte, e quindi ogni meschinità e tradimento umano», […], esortando russi e ucraini a prendere atto di essere un solo popolo, in realtà ha qualche passione, e soprattutto un passato, assai profani.

 Parlando di lui, del patriarca Kirill da giovane, Vadim Melnikov, ex console dell’ambasciata sovietica a Ginevra, in realtà una spia del Kgb, scriveva, liricamente: «Com'era bello da giovane! Purtroppo non è sposato. Ma le donne lo amavano. Era alto, giovane e sempre di buon umore. La gente era attratta da lui».

[…] A 24 anni questo giovane brillante e promettente riesce a uscire dalla tetra Unione sovietica brezneviana e ottiene di trasferirsi nel cuore dell’Europa, in Svizzera, a Ginevra. A un passo dall’Italia e dalla Francia. […] Prende una casa in affitto da una famiglia di medici, in rue de Beaumont a Ginevra, e inizia la sua missione pastorale ortodossa. In realtà Gundyaev, nome in codice “Mihailov”, è un agente del Kgb, e la sua missione svizzera è un po’ diversa.

 […] Nella scheda della polizia federale svizzera c’è scritto testualmente che «Monsignor Kirill» […] apparteneva al Kgb. In vent’anni, dal luglio 1969 al febbraio 1989, ci sono su di lui 37 voci, per lo più richieste di visti, ma in due casi si dice che compare in una lista di funzionari sovietici «contro i quali sono state prese misure». Non si spiega di quali misure si trattasse, ma è il trattamento di solito riservato ai finti diplomatici e agli agenti sotto copertura.

La Chiesa ortodossa ha risposto al quotidiano di Zurigo di non avere «alcuna informazione» in merito, che non è esattamente una smentita. […]

 Melnikov […] racconta nel suo libro che Kirill amava cognac e champagne, fare tardi la sera, sciare (c’è anche una sua foto apparsa su twitter che lo ritrae sci ai piedi), girare con una appariscente Bmw bianca. A un certo punto ebbe un’incidente, in montagna, quando la sua Bmw si andò a schiantare contro un palo della luce. Cosa che accese troppo interesse su di loro, costringendoli di lì a poco a lasciare il Paese. […]

 […] Kirill da giovane affascina. Si fa amici importanti. Passa vacanze a Davos, dove viene ospitato da un professore americano, oggi scomparso. Tra i suoi amici c’è un’importante famiglia italiana, quella di Piero Savoretti. […] Ma Kyrill è anche amico del patriarca Alessio, che negli anni novanta […] vendeva le quote petrolifere assegnate dal governo attraverso un misterioso uomo d’affari russo, Vitaly K. La loro storia non ha portato a condanne, né a connessioni con Kirill, che però era assai vicino ad Alessio, e aveva la disponibilità di firma su uno dei suoi conti.

C’è un altro dettaglio interessante: uno dei presunti appartamenti di Kirill (a Pietroburgo sul canale) gli sarebbe stato donato […] da un uomo d’affari di nome Alexander Dimitrievich […].  Tages-Anzeiger racconta che la sua società di Zurigo è stata rilevata nel 2008 da Matthias Warnig, ex ufficiale della Stasi della Germania Est, considerato amico personale di Putin, se non l’amico per eccellenza di Putin in Occidente, poi messo a capo del gasdotto Nord Stream 2. Il mondo e piccolo, e i cerchi s’incontrano.

La bella vita di Kirill, spia sulle nevi svizzere. Storia di Roberto Fabbri su Il Giornale l’8 febbraio 2023.

Kirill e la Svizzera. Kirill e Vladimir Putin. Kirill e il KGB. Tre capitoli di un'unica storia che si tiene benissimo insieme. Soprattutto ora che le testate elvetiche Sonntagszeitung e Le Matin Dimanche accusano Vladimir Mikhailovic Gundyayev, alias Kirill dal 2009 patriarca moscovita e massima autorità della Chiesa ortodossa russa, alias «Mikhailov» che sarebbe stato il suo nome di copertura, di essere stato negli anni Settanta una spia del KGB sovietico che operava in Svizzera.

Le accuse sono basate su dossier desecretati della polizia federale elvetica. Gundyayev-Kirill-«Mikhailov» oggi ha 76 anni ed è uno dei più ferventi sostenitori del presidente Putin e della sua guerra in Ucraina: è arrivato a sostenere che «la Russia non ha attaccato nessuno ma sta soltanto riprendendo ciò che è suo» e ha benedetto personalmente i soldati russi «che combattono per il Mondo Russo (un cardine della propaganda nazionalistica putiniana, n.d.r.) e per la Santa Russia in Ucraina», assicurando che i caduti al fronte andranno direttamente in paradiso: la Chiesa moscovita considera l'Ucraina il cuore originario della fede ortodossa ed esecra il nazionalismo di Kiev. Negli anni tra il 1971 e il 1974, l'attuale patriarca di Mosca era un giovane prete che viveva a Ginevra, dove rappresentava la Chiesa ortodossa russa presso il Consiglio ecumenico mondiale. D'intesa con il KGB, agiva per ammorbidire le critiche contro le restrizioni della libertà religiosa in Unione Sovietica e orientare il Consiglio a prendere posizioni contro gli Stati Uniti. In cambio, poteva fare la bella vita in un Paese che ancor oggi dichiara di apprezzare moltissimo (racconta di esserci stato più di 40 volte), specialmente le sue montagne dove ama sciare e dove possiede uno chalet (secondo la rivista Forbes ha anche uno yacht sul Mar Nero, orologi di lusso e un patrimonio stimato oltre i 4 miliardi di dollari).

È noto che in epoca sovietica le posizioni di vertice della Chiesa ortodossa dovevano essere approvate dal KGB e che come documentò il celebre archivista del Cremlino Vassily Mitrokhin fotocopiando moltissime carte segrete i preti venivano usati come agenti d'influenza all'estero. Negli anni Novanta, secondo lo storico Felix Corley, documenti d'archivio del KGB avrebbero dimostrato il ruolo di «Mikhailov» in un'operazione che puntava a infiltrare il Vaticano per ostacolare azioni ostili all'URSS.

Con l'avvento al potere di Putin, il ruolo dei vertici dell'ex KGB (oggi FSB) non ha fatto che accrescersi, e la Chiesa ortodossa viene utilizzata come un alleato del regime. Putin, che ostenta in pubblico grande devozione, la considera anzi uno dei pilastri della sua ideologia nazional-imperialista, insieme con il recupero della grandeur anche militare d'epoca sovietica, depurata dell'ideologia marxista-leninista con l'eccezione della sinistra figura di Stalin, che nei libri di scuola viene presentato come un condottiero vincente della nazione russa. Kirill esalta questa retorica (e la guerra che ne è la logica conseguenza) e ottiene in cambio dal Cremlino totale appoggio alle posizioni ultraconservatrici della sua Chiesa e al recupero di un suo ruolo cardinale nella società. Nello scorso giugno, per insistenza del premier ungherese Viktor Orbàn, le sanzioni personali Ue contro Kirill sono state eliminate per consentire l'approvazione del bando europeo all'acquisto di petrolio russo. Il patriarca-oligarca può così continuare a godersi il suo lusso.

La guerra degli oligarchi. Storia di Angelo Allegri su Il Giornale il 7 febbraio 2023.

In una recente intervista alla Novaya Gazeta (pubblicata in Rete su server ben lontani dalla Russia) l'economista Thomas Piketty ha esposto una ricerca condotta con due colleghi. «Abbiamo fatto una stima delle attività finanziarie detenute dai ricchi russi in Occidente: i margini di incertezza sono ampi ma siamo convinti che siano nella fascia tra i mille e i 2mila miliardi di euro». La cifra equivale grosso modo al Pil di una nazione grande come l'Italia e i calcoli di Piketty si basano su un ragionamento: «Negli ultimi 20 anni la Russia ha esportato circa il 5-10% del Pil annuo, frutto del surplus commerciale principalmente legato alle esportazioni di petrolio e gas. Con un surplus commerciale del genere ogni anno per 20 anni, alla fine si dovrebbe arrivare a riserve estere tra il 100% e il 200% del Pil. Ma nel caso della Russia, le riserve estere sono dieci volte inferiori, forse il 10 o il 20% del prodotto interno».

Che fine ha fatto tutto il resto?

Il resto, dice l'economista, sono soldi di cui gli oligarchi legati al regime di Mosca sono riusciti a impadronirsi e che poi hanno «imboscato» nel sistema finanziario del mondo libero, utilizzando tutti i possibili escamotage offerti dal sistema giuridico occidentale. Molto di questo denaro è ormai perfettamente mimetizzato, figura nei bilanci di società off-shore o di gruppi finanziari registrati in paradisi fiscali europei come Cipro o il Lussemburgo, ed è indistinguibile da qualsiasi altra somma in circolazione sui mercati finanziari. Ma i reali proprietari sono cresciuti e hanno prosperato all'ombra del Cremlino e della corruzione del regime putiniano.

CACCIA AL LADRO

Di fronte a queste stime fanno sorridere le cifre sequestrate dopo l'invasione dell'Ucraina. L'Unione Europea ha reso noto di aver congelato patrimoni russi pari a 19 miliardi, negli Stati Uniti i miliardi sequestrati sono 30, in Svizzera (dove secondo alcune stime sarebbero depositati tra i 100 e i 200 miliardi di proprietà russa) meno di 10. A questi soldi di proprietà degli oligarchi si aggiungono, le riserve ufficiali della Banca Centrale di Mosca, valutate ufficialmente tra i 300 e i 350 miliardi di dollari. Depositate nelle casseforti degli istituti occidentali, sono state congelate nei giorni immediatamente successivi allo scoppio della guerra. Dell'ideazione del blitz, coordinato a livello internazionale, furono protagonisti due politici che per i loro passato di banchieri sapevano bene dove mettere la mani: il segretario al Tesoro americano Janett Yellen e l'allora premier Mario Draghi.

È su questi soldi che è destinata ad accendersi una battaglia di cui si vedono i primi segnali. La richiesta del governo di Volodymyr Zelensky è che i patrimoni per il momento «congelati», vengano sequestrati e destinati alla ricostruzione dell'Ucraina, che secondo le valutazione della Banca Mondiale potrebbe costare fino a 750 miliardi. L'Unione Europea sin dall'autunno scorso, per bocca della presidente della Commissione Ursula von Der Leyen si dichiarò d'accordo. E qualche giorno fa il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, in un'intervista al Financial Times ha confermato la volontà dei governi del Vecchio Continente: «È questione di giustizia ed equità. Tutto deve avvenire nel rispetto del principio di legalità ma c'è un interesse politico a procedere e ad arrivare a un risultato in questo senso». Un Paese come l'Estonia ha già dichiarato di voler andare avanti da solo senza la necessità di aspettare che si muova l'Europa: la premier Kaja Kallas ha annunciato che il governo di Tallin sta preparando una legge ad hoc.

MODELLO ITALIANO

Video correlato: Prigioniero di guerra fa causa alla Germania (Dailymotion)

Per i sostenitori del sequestro dei soldi russi un esempio spesso citato è quello dell'Italia e delle leggi approvate nella Penisola per sequestrare soldi dei mafiosi. È questa, per esempio, la posizione del Rusi (Royal United Services Institute), uno dei maggiori centri di ricerca britannici nel campo della difesa e della sicurezza. Norme come quelle anti-mafia, si legge in un paper dell'Istituto, «consentirebbero agli investigatori di confiscare proprietà immobiliari e altri beni nel caso si dimostri che oligarchi e cleptocrati costituiscono una minaccia alla sicurezza nazionale a causa dei loro legami con governi e individui protagonisti di casi di corruzione».

Quanto agli Stati Uniti, dove la legislazione già in passato, per esempio nel caso dell'Irak di Saddam Hussein, era stata modificata per consentire il sequestro di beni stranieri, non mancano i sostenitori della linea dura. Il più famoso e attivo su questi temi è un uomo d'affari, Bill Browder, che è stato il più efficace lobbista a favore delle sanzioni contro la Russia. Nei giorni scorsi una Corte Usa ha stabilito il primo sequestro che potrebbe essere utilizzato per la ricostruzione ucraina: 5,4 milioni di dollari all'oligarca Kostantin Malofeev.

MANI LEGATE

Impadronirsi dei soldi russi appare, però a molti tutt'altro che semplice. Non solo per la possibile reazione di Mosca. A motivare gli oppositori a confische generalizzate sono soprattutto ragioni legate al rispetto dei principi dello stato di diritto. I sequestri sarebbero giustificabili solo se collegati a concreti casi di illecito. Provvedimenti erga omnes si scontrerebbero anche con ragioni pratiche. «La confisca di asset russi senza che questa possa essere messa in relazione a casi di criminalità priverebbe i cittadini e le aziende occidentali all'estero di quella protezione legale che i governi occidentali si sono sforzati di ottenere dagli altri governi nel corso degli ultimi decenni», ha scritto su Foreign Policy Elizabeth Braw, dell'American Enterprise Institute.

La soluzione a cui l'ufficio giuridico del Consiglio Europeo sta lavorando e di cui si è parlato nel recente summit con al Ue di Kiev, è quella di un fondo a cui trasferire una parte (quella liquida e individuata tra i depositi che la Banca nazionale russa aveva nelle banche commerciali e nelle banche nazionali europee). Il fondo, per il momento si parla di 33,8 miliardi, sarebbe affidato in gestione all'Ucraina che finanzierebbe così la ricostruzione. L'utilizzo dei soldi sarebbe però temporaneo e accompagnato da garanzie di restituzione in un secondo tempo al legittimo proprietario e cioè alla Russia.

In attesa che il progetto arrivi a compimento la caccia ai patrimoni russi continua. Molti tra gli oligarchi più vicini a Putin, sono stati molto abili a far sparire le loro disponibilità liquide in un dedalo di società e di conti correnti inaccessibili. Quasi tutti ci hanno pensato per tempo. Roman Abramovich, ex padrone del Chelsea, che nei giorni immediatamente precedenti l'invasione dell'Ucraina trasferì parte dei suoi averi a trust intestati ai figli, è stato tra i tycoon russi più tardivi e meno provveduti.

Non a caso è stato anche tra quelli i cui averi si sono svalutati di più. Secondo i calcoli dell'agenzia finanziaria Bloomberg, che cura ogni anno una classifica internazionale dei miliardari, nel 2022 ha visto il suo patrimonio perdere il 57% del valore. Oggi «pesa» non più di 7,8 miliardi di dollari, ben oltre la posizione numero 200 tra i più ricchi del pianeta. Perdite paragonabili a quelle di Abramovich (-48% con un patrimonio ridotto a 11,8 miliardi) le ha subite Gennady Timchenko, mentre le perdite medie subite dagli oligarchi sono di poco inferiori a un terzo del loro patrimonio (vedi anche i riquadri pubblicati in queste pagine).

INDAGINE TEDESCA

Per qualcuno tra i super-ricchi del mondo ex sovietico guerra e sanzioni si sono tradotti in una specie di disastro perché hanno attirato l'attenzione delle autorità europee sulla loro attività. È il caso di Alischer Usmanov, uno degli oligarchi sanzionati dalla Ue accusato tra l'altro di riciclaggio : nel settembre dell'anno scorso le autorità tedesche hanno perquisito le sue residenze , tra cui una splendida villa vicino a Monaco di Baviera. Secondo l'accusa avrebbe sottratto al Fisco tedesco 550 milioni di euro in quello che potrebbe essere il più grande caso di evasione fiscale mai verificatosi in Germania.

Ma quanto difficile sia fare i conti con i beni russi sparsi in Europa lo dimostra il recente convegno di Davos. Secondo la squadra di giornalisti investigativi che fa capo ad Alexei Navalny i lavori del meeting si sono svolti a due passi dal splendido appartamento (prezzo di mercato almeno 3,5 milioni di euro) di proprietà di Liudmilla Putina e intestato al suo nuovo compagno. Farebbe parte della «dote» che l'inquilino del Cremlino le ha lasciato dopo la separazione.

Per gli oligarchi patrimoni giù del 30%. Abramovich in crisi. Storia di Angelo Allegri su Il Giornale il 7 febbraio 2023.

Da anni i miliardari russi erano i protagonisti del vertice di Davos. Quest'anno non ce n'era nemmeno uno. Ma per i super-ricchi che hanno fatto i soldi all'ombra del Cremlino l'ostracismo della comunità internazionale si è tradotto soprattutto in una sostanziale perdita finanziaria. Secondo Bloomberg, che cura in tempo reale un Indice globale dei miliardari, i 24 businessmen più ricchi del Paese hanno perso alla data del primo gennaio 2023 poco meno di 100 miliardi di dollari, quasi 40 solo nei giorni immediatamente successivi allo scoppio della guerra. Colpa di business svalutati a causa del conflitto e del congelamento degli asset di proprietà russa in tutto il mondo occidentale.

Ad aver perso più di tutti è l'ex proprietario del Chelsea Roman Abramovich che ha visto il suo patrimonio svalutarsi del 57% fino a precipitare (si fa per dire) a soli 7,8 miliardi di euro. Gennady Timchenko, amico fraterno di Putin, ha perso il 48% fino a 11,8 miliardi. Poco di meno ha lasciato sul terreno Vladimir Potanin, il re del nickel, che ai valori attuali è considerato l'uomo più ricco di Russia con il suo patrimonio, di poco superiore ai 29 miliardi che gli vale la posizione numero 40 nella classifica internazionale dei miliardari(per avere un termine di paragone basta pensare che la famiglia Ferrero, la più ricca d'Italia, ha beni stimati per circa 40 miliardi e si piazza al trentesimo posto a livello internazionale).

Secondo Forbes, la rivista Usa che delle classifiche dei miliardari è stata l'iniziatrice, i Paperoni di Mosca hanno perso per strada poco meno di un terzo dei loro averi, che hanno un valore complessivo di oltre 320 miliardi. Pochissimi tra loro hanno preso le distanze dalla guerra di Putin. Il caso più eclatante è quello di Oleg Tinkov, fondatore di un gruppo bancario, che ha rinunciato alla cittadinanza. Altri, come Oleg Deripaska hanno definito pubblicamente l'invasione dell'Ucraina, un colossale errore, mentre Mikahil Friedman, considerato vicinissimo a Putin, in una lettera ai dipendenti del suo gruppo ha criticato la decisione del Cremlino. Quanto ad Abramovich, senza criticare Putin, è riuscito ad accreditarsi anche presso le autorità ucraine e per questo ha partecipato ai colloqui di pace svoltisi nella primavera scorsa in Bielorussia.

Il petrolio russo sotto embargo arriva in Europa passando dall’India. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 7 Febbraio 2023.

Domenica scorsa è entrato in vigore l’embargo europeo sui prodotti petroliferi russi importati via mare, cui si è aggiunto un price cap che oscilla tra i 45 e i 100 euro al barile per le esportazioni – sempre marittime – dirette verso Paesi terzi. L’obiettivo delle sanzioni europee sul greggio russo è quello di privare il Cremlino delle sue entrate per sottrargli risorse da destinare alle operazioni belliche e, allo stesso tempo, mantenere il mercato europeo ben rifornito. Considerato però che con l’embargo si genera un indebolimento artificiale dell’offerta, appare difficile che – con la diminuzione delle scorte – non venga a crearsi nei prossimi mesi una carenza di diesel in Europa con il relativo aumento dei prezzi. Se, dunque, da una parte, l’embargo costringerà Mosca ad appiattirsi sui mercati orientali, vendendo alle economie asiatiche il greggio a prezzi ridotti, dall’altro, ciò espone l’Europa al rischio di un aumento dei prezzi a causa del possibile calo dell’offerta in presenza, invece, di una domanda costante. Mosca ha velocemente rimpiazzato gli acquirenti occidentali con i mercati asiatici – specialmente quello indiano e cinese – che lo rivendono agli occidentali a prezzi maggiorati dando il via a triangolazioni vantaggiose per gli esportatori ma sicuramente sconvenienti per gli importatori europei che lo acquisterebbero a meno comprandolo direttamente da Mosca. Tuttavia, questo meccanismo permette di rispettare le sanzioni senza rimanere completamente a corto di carburanti. Al momento non si può ancora dire se le sanzioni occidentali sul petrolio russo raggiungeranno effettivamente gli obiettivi per cui sono state varate, ma certamente esse stanno mettendo al centro le potenze emergenti come l’India conferendo loro un ruolo strategico nel panorama internazionale.

L’India acquista petrolio russo a prezzi decisamente vantaggiosi: nel mese di gennaio il greggio russo è stato esportato a 49,48 dollari al barile contro gli 80 dollari al barile del petrolio brent. Una volta raffinato, Nuova Dehli lo spedisce ai mercati occidentali: sempre il mese scorso ha spedito circa 89.000 barili al giorno di benzina e diesel a New York – il massimo in quasi quattro anni – secondo la società di dati Kpler, mentre i flussi giornalieri di diesel a basso tenore di zolfo verso l’Europa sono stati di 172.000 barili a gennaio, il massimo dall’ottobre 2021. Inoltre, il greggio russo sta trovando anche altre destinazioni come, ad esempio, il Brasile. Questo aiuta Mosca a mantenere le sue entrate e, allo stesso tempo, avvantaggia le economie asiatiche che sono diventate le principali acquirenti di idrocarburi russi da quando Mosca ha dato avvio alle operazioni militari in Ucraina e a cui sono costretti a rivolgersi i consumatori occidentali. «L’India è un esportatore netto di prodotti raffinati e gran parte di questo andrà in Occidente per aiutare ad allentare l’attuale tensione», ha affermato Warren Patterson, responsabile della strategia delle materie prime con sede a Singapore presso ING Groep NV. «È abbastanza chiaro che una quota crescente della materia prima utilizzata per questo prodotto proviene dalla Russia».

Nonostante il meccanismo della triangolazione – che dovrebbe servire proprio a mantenere normale il livello di greggio sui mercati – non è da escludersi un potenziale indebolimento dell’offerta, considerato che non tutto il petrolio russo prima destinato all’Occidente può trovare nuove destinazioni: in tal caso, in presenza di una domanda costante da parte dei consumatori europei e americani, si avrebbe un aumento dei prezzi e un aggravarsi ulteriore dell’inflazione. Uno studio di Bankitalia ha mostrato, infatti, che durante i primi nove mesi del 2022 oltre il 60% dell’inflazione nell’eurozona derivava dall’aumento dei costi energetici: «L’eccezionale shock energetico ha contribuito al rialzo dell’inflazione complessiva in modo rilevante, nonostante una contenuta elasticità della componente di fondo ai prezzi energetici. Nella media dei primi nove mesi del 2022 l’aumento dei prezzi dell’energia spiega direttamente o indirettamente circa il 60 per cento dell’inflazione nell’area dell’euro. Queste evidenze sono qualitativamente simili tra i maggiori paesi dell’area, seppure con alcune eterogeneità quantitative», si legge nel rapporto. Una prova in più del fatto che per abbassare l’inflazione si deve agire sui costi dell’energia più che sui tassi d’interesse, il cui rialzo finora non ha sortito l’effetto di contenere il carovita.

Se sul piano economico l’aumento dei prezzi potrebbe essere una conseguenza importante dell’embargo, su quello geopolitico, l’iniziativa del Paesi del G7 non farà che acuire il divario tra Occidente e il resto del mondo che non ha aderito alle sanzioni del blocco atlantico: i Paesi del gruppo BRICS, infatti, stanno rinsaldando i loro legami e avviando scambi bilaterali con le rispettive valute locali proprio sui prodotti petroliferi, accelerando il processo di de-dollarizzazione che va di pari passo con quello di de-globalizzazione, chiamato anche decoupling. Le triangolazioni, inoltre, contribuiscono alla crescita dell’importanza economica e geopolitica di potenze come l’India la cui economia sta rapidamente crescendo, tanto da essersi collocata al quinto posto nella classifica delle economie mondiali, superando la Gran Bretagna. Un rapido mutamento di assetti internazionali accelerato proprio dalle sanzioni in cui, se per la Cina è ancora troppo presto per tagliare i rapporti economici con l’Occidente, per la Casa Bianca è necessario agire in direzione protezionistica, puntando su una globalizzazione regionale – il cosiddetto frien-shoring auspicato dal segretario al Tesoro Janet Yellen – e su iniziative quali l’Inflaction Reduction Act che mira a difendere il mercato americano a scapito soprattutto di quello europeo. Allo stesso tempo, è ancora troppo presto per dire se l’embargo al petrolio russo raggiungerà i risultati per i quali è stato messo in atto, vale a dire privare Mosca delle risorse per finanziare la guerra. Quel che è certo è che, a dispetto di quanto sostenuto dalle istituzioni e dai media occidentali, le altre sanzioni comminate a Mosca dall’inizio del conflitto non sono riuscite a farla crollare né a far cessare la guerra. [di Giorgia Audiello]

Zelensky vede Macron e Scholz: «Servono i caccia». Paola Caruso, Redazione Esteri e Online su Il Corriere della Sera l’8 febbraio.

Le notizie sulla guerra di mercoledì 8 febbraio. Continua l’afflusso di truppe russe a Est. Il presidente ucraino chiede aerei al Regno Unito, Sunak ordina di valutare quali jet i britannici potrebbero dare a Kiev

• La guerra in Ucraina è arrivata al 350esimo giorno.

• Zelensky è in Gran Bretagna, dove visiterà le truppe che vengono addestrate nel Paese ed incontrerà il premier Sunak. Poi proseguirà per Bruxelles.

• Il ministro della Difesa tedesco Pistorius a Kiev ha annunciato che gli ucraini riceveranno oltre 100 tank Leopard 1A5 da diversi Paesi Ue.

• Le sanzioni stanno davvero distruggendo l’economia Ue? Gli ultimi dati dicono che iniziano a danneggiare l’economia russa.

• Continuano gli attacchi di Mosca sul Donetsk: secondo il ministero della Difesa britannico la Russia non dispone quasi certamente di munizioni e unità di manovra necessarie per un'offensiva di successo.

Ore 01:00 - Invio Leopard 1, Zelensky «ringrazia» Germania, Olanda e Danimarca

Dopo l’annuncio dell’invio di almeno 100 carri armati Leopard 1 «nei prossimi mesi» da parte di Germania, Olanda e Danimarca, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha «ringraziato» nella serata di martedì i tre Paesi per «il loro rilevante sostegno», al termine di un incontro con il ministro della Difesa tedesco, per il quale si è trattato del primo viaggio in Ucraina dalla sua nomina a metà gennaio. Oltre alla consegna dei Leopard 1, Berlino, Copenaghen e L’Aia promettono addestramento per i soldati ucraini per la gestione di questi carri armati, nonché la fornitura di pezzi di ricambio e munizioni. I tre Paesi indicano che la loro iniziativa è «aperta ad altri partner». Citano quindi il Belgio, che ha «manifestato interesse a partecipare».

Ore 01:04 - Usa: approvata vendita Himars alla Polonia per 10 miliardi

Il Dipartimento di Stato Usa ha approvato la vendita di batterie Himars e delle relative munizioni alla Polonia. Il valore della fornitura è di 10 miliardi di dollari. Si tratta di 18 sistemi missilistici Himars alla Polonia, membro della Nato confinante con l’Ucraina. «La vendita prevista migliorerà gli obiettivi militari della Polonia in termini di rinnovamento delle sue capacità, rafforzando al contempo l’interoperabilità con gli Stati Uniti e gli altri alleati», ha dichiarato in un comunicato la Defense Security Cooperation Agency statunitense.Il sistema Himars (High mobility artillery rocket system), prodotto dal colosso americano Lockheed Martin, è un lanciarazzi montato su veicoli corazzati leggeri, di cui l’esercito americano ha dotato in particolare le forze ucraine. Può essere equipaggiato con sei missili di una gittata di circa 80 km, oppure un singolo missile tattico con una gittata di 300 km denominato Atacsm (Army tactical missile system). Washington ha finora rifiutato di fornire missili Atamcs a Kiev per impedire che un’arma statunitense raggiunga il territorio russo, ma la transazione approvata per Varsavia prevede la fornitura di 45 missili Atacsm.

Ore 02:06 - Le riserve estere dell’Ucraina salgono a 29,9 miliardi di dollari

Le riserve internazionali di Kiev hanno raggiunto 29,9 miliardi di dollari (circa 27,8 miliardi di euro): lo ha reso noto la Banca Centrale ucraina (Nbu), come riportano i media nazionali. Al primo febbraio, le riserve internazionali ammontavano a 29,9 miliardi di dollari, il 5% in più rispetto al mese precedente, soprattutto grazie agli aiuti dei partner internazionali. Nel complesso, sono stati depositati sui conti in valuta estera dello Stato presso la Nbu 4,32 miliardi di dollari, di cui 3,25 miliardi provenienti dall’Unione Europea, un miliardo dagli Stati Uniti e 71,6 milioni provenienti dal collocamento di obbligazioni in valuta. Inoltre, il governo ha pagato 65 milioni di dollari per il servizio e il rimborso del debito statale in valuta estera, di cui 59 milioni sono andati al servizio e al rimborso del debito alla Banca Mondiale, 5 milioni in titoli di Stato in valuta estera e il resto verso altri creditori internazionali.

Ore 02:09 - Kiev, i russi hanno sferrato sette attacchi a Sumy

Le forze russe hanno attaccato sette comunità nell’oblast di Sumy il 7 febbraio, uccidendo un civile. Lo scrive The Kyiv Independent citando l’amministrazione militare dell’oblast di Sumy. I bombardamenti russi hanno colpito un edificio residenziale a Bilopillia, uccidendo una donna di 77 anni. Le forze russe hanno attaccato le comunità di Bilopillia, Krasnopillia, Yunakivka, Seredyna-Buda, Znob-Novhorodske, Shalyhyne e Hlukhiv, aggiunge il sito.

Ore 03:58 - La Russia intensifica gli attacchi a est. Kiev: «Più di mille soldati russi uccisi in 24 ore»

La Russia intensifica gli assalti nell’Ucraina orientale, spostando decine di migliaia di truppe appena mobilitate sul campo di battaglia. L’esercito ucraino ha riportato che sono 1.030 i soldati russi uccisi nell’arco di 24 ore, il numero giornaliero più alto dall’inizio della guerra, e che sotto gli attacchi russi sono finite più di 30 città e villaggi nell’area di Kharkiv e almeno 20 comunità in quella di Zaporizhzhia. La Russia ha dichiarato di aver causato 6.500 vittime ucraine nel mese di gennaio.

Ore 04:31 - Il primo ministro ucraino Shmyhal: «Per la ricostruzione servono 750 miliardi di dollari»

Il fabbisogno di ricostruzione dell’Ucraina nel giugno del 2022 era stato stimato dalla Banca mondiale e dalla Commissione europea a 350 miliardi di dollari. Ora questo importo «può superare i 600-750 miliardi di dollari». Lo ha detto il primo ministro ucraino Denys Shmyhal durante l’apertura del business forum «Rapid Recovery of Ukraine» in Lussemburgo. La prima priorità ora è l’energia: dopo gli attacchi russi, sono stati colpiti più di 400 impianti di fornitura di elettricità e calore, ha spiegato. L’Ucraina, quindi, intende non solo «ripristinare la rete energetica, ma anche decentralizzare, il che la renderà meno vulnerabile e garantirà la disponibilità di elettricità nelle case e nelle imprese ucraine». La seconda priorità sono gli alloggi: .«Alla fine dello scorso anno — ha quantificato Shmyhal — le perdite dovute alla distruzione del patrimonio abitativo ammontano a 54 miliardi di dollari, 150.000 case sono state danneggiate o distrutte. Il loro ripristino sarà un prerequisito per il ritorno di centinaia di migliaia di ucraini dall’estero».

Ore 06:11 - L’allarme Onu sulla guerra nucleare e «uno scontro carico di filosofia»

(di Gianluca Mercuri) L’allarme Onu sulla guerra nucleare. Lo ha lanciato il segretario generale Antonio Guterres, con queste parole: «Siamo al più alto rischio da decenni di una guerra nucleare, un annientamento nucleare causato in modo accidentale o in modo deliberato». C’è davvero il rischio di un’escalation fuori controllo del conflitto in Ucraina? Qui due scenari. La guerra in Ucraina è «uno scontro carico di filosofia», spiega Biagio de Giovanni, perché «la resistenza dell’Occidente è per la propria sopravvivenza come continente della libertà».

Ore 06:31 - Il presidente Usa Biden: «Sosterremo l’Ucraina per tutto il tempo necessario»

Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, il presidente americano Joe Biden non ha dimenticato l’Ucraina: «La sosterremo per tutto il tempo necessario», ha assicurato, ricordando come un anno fa, nel suo primo discorso, si fosse soffermato a lungo sulla guerra appena iniziata. Ieri ha ripetuto anche che, insieme agli alleati, bisogna continuare ad appoggiare Kiev in un conflitto che ha ramificazioni oltre l’Europa.

Ore 06:51 - Missili russi su Kharkiv nella notte

Le forze russe hanno bombardato nella notte la città di Kharkiv, nell’Ucraina nord-orientale: lo ha reso noto su Telegram il capo dell’Amministrazione militare regionale, Oleg Sinegubov, come riporta Ukrainska Pravda. «I missili nemici sono stati colpiti nella parte centrale di Kharkiv», ha scritto Sinegubov, aggiungendo che in precedenza erano stati lanciati da 6 a 10 missili S-300. Non si hanno per ora notizie di eventuali vittime o feriti.

Ore 08:07 - «In caso di accerchiamento, ci ritiriamo da Bakhmut»

Dopo mesi di combattimenti, la Russia ha compiuto evidenti progressi verso l’accerchiamento di Bakhmut, sia da nord che da sud. Anche se Kiev dice che la sua guarnigione tiene duro, c’è chi inizia a parlare di ritirata probabile. «Per il momento, possiamo tenere le nostre posizioni ma in caso di accerchiamento, ci sarà una ritirata da Bakhmut», ha detto l’analista militare ucraino Oleksiy Hetman a una radio ucraina. «Non avrebbe senso perdere ancora più persone. Bakhmut non ha un grande valore strategico».

Ore 08:27 - Mosca:«Le esenzioni sul price cap imposto dalla Ue mostrano che il nostro petrolio è ancora richiesto»

Il vice primo ministro russo Alexander Novak ha dichiarato mercoledì che l’Unione europea si sta muovendo per aggiungere quelle che ha chiamato «esenzioni» al suo price cap sui prodotti petroliferi e questo mostra che il petrolio russo è ancora richiesto. “Ieri abbiamo visto un altro cambiamento nei regolamenti dell’Unione europea, le esenzioni», ha detto all’agenzia di stampa statale Tass. «Questo sottolinea ancora una volta che i nostri prodotti petroliferi sono richiesti in Europa e che le azioni dei politici europei sfidano ogni logica» ha detto. Gli Stati membri dell’Ue la scorsa settimana hanno trovato un accordo e deciso di imporre un tetto per il prezzo dei prodotti derivati del petrolio russo così da limitare la capacità di Mosca di finanziare la sua guerra in Ucraina. Allo stesso tempo, l’Ue ha introdotto diverse esenzioni a questo tetto. Per esempio il prezzo massimo non si applica più a quei prodotti derivati dal petrolio quando le operazioni di miscelazione avvengono in un paese terzo.

Ore 09:32 - Zelensky oggi a Londra e poi a Bruxelles

Volodymyr Zelensky è oggi a Londra, per la sua prima visita nel Regno Unito dall’inizio dell’invasione russa. Il presidente ucraino visiterà le truppe di Kiev che vengono addestrate nel Paese e incontrerà il premier britannico Rishi Sunak a Downing Street. Parlerà anche alle Camere del Parlamento.

«La visita del presidente Zelensky nel Regno Unito è una testimonianza del coraggio, della determinazione e della lotta del suo Paese e una testimonianza dell’indissolubile amicizia tra i nostri due Paesi»ha dichiarato Sunak. E ancora: «Dal 2014, il Regno Unito ha fornito un addestramento vitale alle forze ucraine, consentendo loro di difendere il proprio Paese, proteggere la propria sovranità e combattere per il proprio territorio». Il premier britannico ha annunciato anche un potenziamento di questo supporto: « Sono orgoglioso che oggi espanderemo tale addestramento dai soldati ai marines e ai piloti di jet da combattimento, assicurando che l’Ucraina disponga di un esercito in grado di difendere i propri interessi anche in futuro».

Londra annuncerà oggi anche ulteriori sanzioni in risposta al continuo bombardamento russo dell’Ucraina: nel mirino coloro che hanno aiutato Putin a costruire la sua ricchezza personale e le società che traggono profitto dalla macchina da guerra del Cremlino.

Ore 11:31 - Sunak promette a Zelensky missili a «più lunga gittata»

Il Regno Unito è pronto a «offrire all’Ucraina» anche missili «a più lunga gittata» fra gli impegni annunciati dal primo ministro Rishi Sunak in vista dell’arrivo oggi del presidente Volodymyr Zelensky. Lo precisa Downing Street, indicando queste armi come uno strumento di contrasto alla «capacità della Russia di colpire continuamente le infrastrutture civili dell’Ucraina» e un aiuto «ad alleggerire la pressione sui fronti ucraini».

Ore 11:33 - Zelensky arrivato in UK a bordo di un aereo militare, vedrà anche re Carlo

Volodymyr Zelensky è arrivato nel Regno Unito a bordo di un aereo militare della Raf. Zelensky, alla sua prima vista in un paese europeo dopo lo scoppio della guerra con la Russia, è atteso dal premier Rishi Sunak. Otre al suo intervento al Parlamento di Westminster e a un incontro con militari di Kiev addestrati nel Regno, il programma prevede un colloquio con re Carlo.

Ore 12:01 - Russia invita Waters (Pink Floyd) a parlare a Consiglio Onu

La Russia ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di includere il fondatore dei Pink Floyd, Roger Waters, da tempo su posizioni filorusse, nell’elenco degli oratori per la riunione del Consiglio di oggi sull’Ucraina. Lo ha dichiarato il primo vice rappresentante permanente russo presso le Nazioni Unite Dmitry Polyansky, come riporta la Tass. In un’intervista rilasciata alla Tass nei mesi scorsi, Waters aveva accusato gli Stati Uniti e la loro leadership di aver provocato la crisi ucraina.

Ore 12:02 - Zelensky a Londra, Sunak pubblica la foto su Twitter

L’aereo da trasporto C-17 della Royal Air Force britannica che si ritiene trasportasse il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è atterrato all’aeroporto di Stansted, a nord di Londra. Lo riferisce la stampa britannica. Zelensky sarà oggi in visita nel Regno Unito per la prima volta da quando l’invasione su vasta scala della Russia è iniziata il 24 febbraio dello scorso anno. Il presidente ucraino ha incontrato il primo ministro Rishi Sunak, che gli ha dato il benvenuto twittando una foto, e le truppe ucraine addestrate nel Paese. «La visita del presidente Zelensky nel Regno Unito è una testimonianza del coraggio, della determinazione e della lotta del suo paese e una testimonianza dell'amicizia indissolubile tra i nostri due paesi», ha detto Sunak prima dell'arrivo di Zelensky. «Dal 2014, il Regno Unito ha fornito un addestramento vitale alle forze ucraine, consentendo loro di difendere il loro paese, proteggere la propria sovranità e lottare per il proprio territorio», ha ricordato ancora il primo ministro.

Ore 12:37 - Il Regno Unito impone nuove sanzioni contro gli armamenti russi

Londra ha imposto nuove sanzioni contro il settore militare della Russia impegnata nella guerra in Ucraina. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri britannico James Cleverly mentre è in corso la storica visita di Zelensky nel Regno Unito. Le nuove sanzioni prendono di mira in particolare «sei entità che forniscono attrezzature militari come i droni usati nell’invasione russa dell’Ucraina», ha dichiarato Cleverly.

Ore 13:28 - Sunak: l’obiettivo Gb è la vittoria militare dell’Ucraina

Il target del Regno Unito resta quello di assicurare «una vittoria militare decisiva all’Ucraina» con la Russia e d’impedire che «Vladimir Putin sia sconfitto». Lo ha detto il premier Tory Rishi Sunak rispondendo al leader laburista Keir Sttarmer a un Question Time dai toni unitari prima dell’intervento di Volodymyr Zelensky a Westminster. Sunak ha rivendicato il ruolo guida di Londra nella fornitura di tank pesanti (Challenger-2) a Kiev e gli ulteriori aiuti bellici promessi oggi. Starmer a sua volta ha invocato una «vittoria dell’Ucraina» e anche che «Putin e i suoi complici» finiscano di fronte «alla giustizia internazionale».

Ore 13:50 - Landini: 24 e 25 febbraio mobilitazione per pace

«In continuità con la manifestazione del 5 novembre il 24 e 25 febbraio, a un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, invitiamo tutti i territori e le strutture a scendere in piazza, a mobilitarci, per continuare a dire che è il momento della pace e non della guerra». Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, intervenendo al congresso della Fisac-Cgil.

Ore 13:51 - Mosca: a Kharkiv distrutta fabbrica di droni ucraina

Un bombardamento russo nella regione di Kharkiv ha distrutto una fabbrica ucraina per l’ammodernamento di droni da ricognizione e attacchi. Lo afferma il ministero della Difesa di Mosca citato dalle agenzie russe. Il portavoce, Igor Konashenkov, ha aggiunto che dall’inizio del conflitto le forze russe hanno distrutto oltre 3.000 droni ucraini.

Ore 14:15 - Zelensky a Westminster: «Putin è il male e perderà»

Dopo l’incontro con Sunak, Zelensky è arrivato a Westminster dove è stato accolto da un’ovazione dai rappresentanti del Parlamento britannico. Il presidente ucraino ha detto: «Vi parlo a nome dei coraggiosi che combattono nelle trincee o per difendere i cieli e per ripristinare la sovranità dell’Ucraina sul suo territorio». Aggiungendo: «Sappiamo che la libertà vincerà, sappiamo che la Russia perderà e sappiamo davvero che la vittoria cambierà il mondo e questo sarà un cambiamento di cui il mondo ha bisogno da tempo». Nel suo discorso ha anche ribadito la sua richiesta di jet, oltre ai tank già ottenuti.

Per quanto riguarda Putin, Zelensky è tornato a piegare ll’importanza di portare Vladimir Putin e i responsabili russi davanti alla giustizia internazionale, additandoli come «il male». Ha poi insistito sulla necessità di mettere fine «all’impunità» di Mosca e d’imporle in futuro di pagare per la ricostruzione dell’Ucraina. «La libertà - ha detto - vincerà e la Russia perderà».

Ore 14:45 - Zelensky stasera a Parigi da Macron, presente anche Scholz

Dopo Londra, in serata Zelensky sarà a Parigi da Macron.L’Eliseo conferma la visita del presidente ucraino, specificando che all’incontro tra Zelensky e Macron ci sarà anche il cancelliere tedesco Scholz. Mentre domani il leader ucraino sarà a Bruxelles per partecipare al Consiglio europeo e parlare al Parlamento Ue.

Ore 15:34 - Zelensky a Buckingham Palace in udienza da re Carlo

Zelensky è arrivato a Buckingham Palace per l’udienza con re Carlo III dopo il suo discorso al Parlamento di Westminster. In via eccezionale rispetto al cerimoniale di Palazzo il leader ucraino si è presentato all’appuntamento senza giacca e cravatta ma con la sua tenuta d’ordinanza in verde militare, quella che veste in tutti gli incontri ufficiali dall’inizio del conflitto e che è diventata un segno distintivo del presidente.

Ore 16:27 - Sunak ordina di valutare quali jet Gb potrebbe dare a Kiev

Il premier britannico, Rishi Sunak, ha incaricato il ministro della Difesa, Ben Wallace, di esaminare quali jet da combattimento il Regno Unito «potrebbe fornire all’Ucraina», secondo la richiesta rilanciata con forza oggi da Zelensky in visita a Londra e ribadita dinanzi al Parlamento di Westminster e indirizzata a tutti gli alleati occidentali. Lo ha reso noto un portavoce di Downing Street nel pomeriggio, precisando tuttavia che l’ipotesi d’inviare ipotetici jet militari all’Ucraina rappresenta «una soluzione da tempi lunghi».

Ore 17:03 - Waters (Pink Floyd) all’Onu chiede un accordo per la tregua

Il fondatore dei Pink Floyd Roger Waters, invitato dalla Russia a parlare alla riunione del Consiglio di Sicurezza chiesta da Mosca sull’Ucraina, ha lanciato un appello ad una tregua. «Presidente Biden, presidente Putin, presidente Zelensky, per favore cambiate il corso degli eventi, trovate un accordo oggi su un cessate il fuoco, anche se ovviamente questo sarà solo il punto di partenza», ha detto sottolineando che «l’invasione da parte della Russia è illegale e la condanno, ma non è stata non provocata, quindi condanno anche i provocatori nei termini più forti».

Ore 16:42 - Fonti, Zelensky vuole impegno Ue su più armi, anche aerei

Zelensky — a quanto si apprende — chiederà domani al Consiglio Europeo un impegno a fornire più rapidamente le armi all’Ucraina, inclusi jet di fabbricazione occidentale. Kiev capisce che le forniture vengono decise dagli Stati membri ma, allo stesso tempo, il presidente viaggia «per ottenere risultati», così come accaduto nella sua visita a Washington. Gli ucraini vogliono iniziare il prima possibile l’addestramento dei piloti e sono convinti di poter essere in grado di concluderlo «entro 10 settimane». Il prossimo appuntamento chiave sarà il vertice del formato Ramstein di martedì, a Bruxelles.

Ore 17:28 - Domani bilaterale Zelensky-Meloni

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky avrà domani a Bruxelles un incontro bilaterale con la presidente del consiglio Giorgia Meloni. L’incontro avverrà a margine del consiglio Ue.

Ore 20:29 - Russia: «Se Londra invia i jet, conseguenze per mondo intero»

L’ambasciata russa a Londra ha messo in guardia il governo del Regno Unito dall’invio di aerei da combattimento in Ucraina. Se deciderà di farlo potrebbero esserci «conseguenze militari e politiche per il continente europeo e il mondo intero», ha detto la sede diplomatica secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Tass.

Ore 20:49 - Zelensky a Parigi: a breve vedrà Macron e Scholz

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha lasciato Londra e dovrebbe atterrare a breve all’aeroporto di Orly a Parigi. Al suo arrivo nella capitale francese, è previsto un breve momento fotografico prima che venga accompagnato all’Eliseo e stasera a cena con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Ore 22:34 - Macron a Zelensky: «Vinceremo insieme»

Il presidente francese Emmanuel Macron, in occasione della dichiarazione congiunta all’Eliseo di Parigi con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha espresso al leader di Kiev «la solidarietà, il sostegno e la volontà di accompagnare l’Ucraina verso la vittoria, verso la pace, e verso l’Europa». L’Ucraina può contare sui suoi partner europei e internazionali per «vincere la guerra», ha assicurato Macron, dicendo che Kiev può «contare su di noi per costruire la pace’’.

Ore 22:50 - Il presidente ucraino a Macron e Scholz: «Servono i caccia»

Parlando a Parigi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto all’omologo francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz aerei e armi pesanti «il prima possibile».

Ore 01:59 - Scholz a Zelensky: «Vi sosterremo per tutto il tempo necessario»

Nuove rassicurazioni all’Ucraina. Gli alleati sosterranno militarmente l’Ucraina «per tutto il tempo necessario». È quanto ha sottolineato il cancelliere tedesco Olaf Scholz nella conferenza stampa all’Eliseo con il presidente francese Emmanuel Macron e il leader ucraino Volodymyr Zelensky. «L’Ucraina fa parte della famiglia europea - ha spiegato-. La Russia non deve vincere questa guerra».

Ore 02:37 - Biden: «Avanti con gli aiuti all’Ucraina, Putin ha già perso»

E nuove garanzie sul sostegno all’Ucraina arrivano anche dagli Stati Uniti. «Vladimir Putin ha già perso in Ucraina: pensava che con l’invasione sarebbe stato accolto da tutti coloro che parlano russo. Poi pensava che la Nato non avrebbe fatto niente, che avrebbe avuto paura di agire». Lo ha detto il presidente Usa Joe Biden definendo l’impegno ad aiutare Kiev «illimitato».

Educazione cremliniana. I gemelli diversi del putinismo e la cecenizzazione della Russia. Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 9 Febbraio 2023.

I metodi brutali di repressione del leader ceceno Ramzan Kadyrov e del capo di Wagner Evgeni Prigozhin si stanno diffondendo in tutta la Federazione russa. Riuscire a tradurre la forza delle armi in potere politico vuol dire guadagnarsi influenza istituzionale nel regime

L’invasione dell’Ucraina sta offrendo una serie di opportunità alle componenti più spregiudicate del regime russo. Il conflitto ha infatti aperto un vaso di Pandora di lotte fra gerarchi e regolamenti di conti fra branche delle forze armate, clan politici e servizi. Di questo spettacolo grottesco, il ceceno Ramzan Kadyrov è il principe. Il pugno di ferro con cui governa la Cecenia ha dei tratti totalitari e non ha mai disdegnato un aperto spargimento di sangue, sia contro clan rivali, sia contro indesiderabili di altro genere (in primo luogo omosessuali). 

D’altra parte, la biografia di Kadyrov è segnata dalla brutalità e dal conflitto perpetuo: figlio del principale alleato russo ai tempi delle insurrezioni separatiste in Cecenia, Ramzan ha cementato il potere del suo clan eliminando i suoi avversari a Grozny e sfruttando a proprio vantaggio il sostegno del Federál’naja služba bezopásnosti (Fsb) e del Cremlino. Kadyrov si è poi fatto le ossa imponendo un controllo rigidissimo sulla repubblica a maggioranza musulmana in nome di una politica antiterrorismo a tratti disumani. Nel quadro di “operazioni militari speciali” ante litteram, le milizie da lui controllate hanno imposto un clima di terrore nel tentativo di eliminare cellule salafiste collaterali alla lotta separatista. 

Ciò che era la normalità in Cecenia si è parzialmente allargato al resto della Federazione Russa, la cui sfera pubblica ha subito una sorta di brutalizzazione. La logica della politica come guerra perpetua si è lentamente ampliata. Atti di violenza inauditi come l’uso di martelli da lavoro per uccidere i disertori sono in corso di normalizzazione, e tutto ciò è congeniale all’uomo forte ceceno. 

Kadyrov ha intuito di avere un vantaggio competitivo rispetto ad altri potentati russi, comprendendo di poter esportare il modello già applicato in Cecenia (e, in parte, in Siria) anche in Ucraina. Già nei primissimi giorni della guerra, il presidente ceceno si è presentato in Ucraina con il suo esercito personale, posando da signore della guerra al servizio della patria.  a sua capacità non solo di mobilitare soldati e risorse per Putin, ma di impiegarli brutalmente e senza scrupoli, gli ha dato un peso non indifferente anche di fronte al ministero della Difesa e delle forze armate, che in teoria dovrebbero essere favoriti dalla mobilitazione e dalla guerra. 

Kadyrov e Prigozhin, gemelli diversi

Nel sistema russo, riuscire a tradurre la forza delle armi in potere politico vuol dire guadagnarsi influenza istituzionale, alleati e autonomia economica. Assieme al capo dei mercenari Wagner Evgeni Prigozhin, Kadyrov ha sfruttato i disastri militari dell’autunno per attaccare la gestione governativa della guerra, cercando di ritagliarsi un ruolo di peso dentro al regime. L’accoppiata Kadyrov/Prigozhin ha il suo perché. Entrambi condividono una posizione peculiare nella gerarchia sciovinistica russa: provengono da gruppi di serie B disprezzati dalle istituzioni e dai servizi di sicurezza (Prigozhin è un ex carcerato, Kadyrov non è di etnia slava ed è per di più musulmano); entrambi sono vicini a Putin, non come suggeritori di palazzo o tecnocrati ma come esecutori specializzati nel lavoro sporco.  Per questi underdog, prevalere su altre “cordate” che sostengono il regime (come l’esercito o i servizi segreti) richiede screditare le autorità costituzionali e dimostrare di poter soddisfare i bisogni del regime meglio dei burocrati federali. 

La guerra ha fornito questa opportunità. Dopo la caduta di Kharkiv, l’asse Prigozhin-Kadyrov ha fatto destituire l’allora comandante del distretto militare centrale Aleksandr Lapin tramite attacchi frontali a mezzo stampa. Ancora il 15 gennaio, Kadyrov e Prigozhin si sono lanciati contro la Difesa denunciando il divieto per i soldati di avere una barba come “lontano dalle esigenze della truppa”. Ciò equivale a mettere in discussione l’autorità degli ufficiali dell’esercito regolare, e la questione assume anche contorni religiosi nel caso di Kadyrov, che utilizza spesso argomentazioni islamiche (errate) per legittimare la propria politica. 

Questa competizione fra miliziani ceceni, mercenari e forze armate ha creato non pochi problemi alla forza di invasione; la frammentazione delle forze russe è infatti un incubo logistico e gestionale. In più, le tensioni politiche e gli interessi contrastanti si traducono spesso anche in una violenza controproducente per i fini politici dello stato russo. Ci sono stati numerosi casi di conflitti a fuoco fra kadyrovisti e reclute etnicamente russe, mentre nella regione di Luhans’k il comandante di un’unità Wagner è stato ritrovato con una pallottola nella nuca. Il Guardian riporta anche che l’Fsb è estremamente preoccupato dal tentativo di Prigozhin di minare la credibilità dello Stato (o meglio, della “gang” dei militari e dei servizi) e di accrescere il proprio status di gerarca. 

Kadyrov domato?

Ma è ormai da qualche settimana che Kadyrov sembra aver abbassato i toni nel conflitto con le forze armate. Le autorità militari sembrano aver convinto Putin che era necessario riaffermare l’autorità indiscussa delle forze armate sull’operazione speciale: Lapin è rientrato dalla finestra come vicecapo di stato maggiore dell’esercito, mentre Valery Gerasimov è stato posto al comando di tutte le unità russe presenti in Ucraina. Kadyrov sembra aver intuito il cambiamento e ha abbandonato la linea apertamente polemica nei confronti delle istituzioni. Un esempio: Kadyrov non sembra presentare i propri uomini come alternativi alle forze regolari russe. Basta leggere i post su Telegram pubblicati da Kadyrov sulla presunta conquista di posizioni strategiche vicino a Bakhmut: il presidente ceceno non ha infatti negato che la vittoria il battaglione della milizia Akhmat sia avvenuta assieme a unità dell’esercito regolare. Questo indica una differenza abissale con Prigozhin, che si trova in una perenne guerra a suon di comunicati stampa con il ministero della Difesa sul contributo a suo dire misconosciuto dei mercenari Wagner allo sforzo bellico. 

Forse Kadyrov ha preso coscienza dei rischi che corre mettendo troppo in discussione le autorità federali.  Quando il presidente polacco Morawiecki ha parlato dell’oppressione del popolo ceceno e di altre repubbliche etniche, Kadyrov si è lanciato in una durissima critica della Polonia che deve aver allarmato non pochi a Mosca: “Dov’erano loro quando l’Ichkeria [il nome della repubblica separatista cecena negli anni ’90] combatteva per la libertà?”. A suggerire cautela a Kadyrov c’è anche una situazione complessa a casa, in Cecenia. A metà del decennio scorso, le tensioni fra la comunità Sufi e i Salafisti si è esacerbata ulteriormente dalla comparsa dello Stato Islamico. La recente fuga dell’ordine Sufi Batal-Haji dall’Inguscezia in Cecenia, dove le autorità li percepiscono come un utile alleato contro il salafismo, potrebbe complicare ulteriormente le tensioni fra Cecenia e Inguscezia – due repubbliche parte della Federazione Russa ma con un burrascoso passato di scontri politici e militari. In questo contesto, è saggio evitare di attirarsi troppa ostilità da parte delle autorità federali che potrebbero un giorno dover mediare un nuovo conflitto. 

Tutti questi elementi hanno portato il dittatore ceceno a scalare una marcia nella sua guerra personale con il ministero della Difesa, accodandosi alle direttive moscovite per quel che riguarda lo sforzo bellico. Questo è uno sviluppo positivo per le autorità russe, che potranno verosimilmente meglio organizzare il fronte senza temere continui attacchi politici (e a volte militari) almeno da parte delle truppe cecene. E una migliore coordinazione e tenuta politica renderà la prossima offensiva russa che gli ucraini prevedono ormai imminente, molto più pericolosa rispetto ai combattimenti degli scorsi mesi. 

Soldati ucraini in rivolta dopo la nuova legge di Zelensky contro i disertori. Giorgia Audiello su L'Indipendente l’8 Febbraio 2023.

Sempre più soldati ucraini si stanno ribellando alla legge, voluta dal presidente Zelensky ed entrata in vigore a gennaio, che prevede il rafforzamento delle pene del personale militare in caso di diserzione, inosservanza o critiche degli ordini: così oltre 25.000 militari ucraini hanno sottoscritto una petizione in cui si legge che, con l’entrata in vigore della legge n. 8271, «il comando avrà una leva senza precedenti per ricattare e imprigionare i militari praticamente per qualsiasi critica alle loro decisioni, anche se le decisioni sono incompetenti e basate su una cattiva gestione del combattimento (come spesso accade)». In particolare, per abbandono volontario di un’unità o di un posto di servizio è prevista la reclusione da 5 a 10 anni, per la diserzione da 5 a 12 anni e per l’abbandono volontario del campo di battaglia o il rifiuto di agire con le armi da 5 a 10 anni. Il che significa che anche chi abbandona il campo per salvarsi la vita o perché a corto di munizioni può essere punito con il carcere. La legge, inoltre, priva i soldati della possibilità di appellarsi. «Invece di ringraziare l’esercito, che ha tenuto a bada un’invasione russa su vasta scala per quasi un anno e ha attuato operazioni di successo per liberare il territorio, otteniamo il carcere per il minimo disaccordo o commento ai comandanti (molti dei quali spesso danno ordini dal profondo delle retrovie)», scrivono gli uomini ucraini esternando tutta la loro frustrazione.

Lo Stato maggiore dell’esercito ucraino, che ha fatto pressioni per l’approvazione della nuova legge, ritiene che questa renderà la disciplina più equa: una nota esplicativa che accompagna il testo, infatti, spiega che giudicando le infrazioni caso per caso, come si faceva in precedenza, c’era il rischio che alcuni trasgressori potessero sfuggire alle pene per reati gravi, ricevendo, invece, condanne più severe per violazioni meno importanti. Da parte sua, Zelensky, nella risposta alla petizione, ha spiegato che «La garanzia della capacità di combattimento delle unità militari e, in definitiva, la vittoria dell’Ucraina sull’aggressore è, tra le altre cose, l’osservanza della disciplina militare, che si basa sulla consapevolezza dei militari del loro dovere militare, responsabilità per la protezione della Patria , indipendenza e integrità territoriale dell’Ucraina, sulla loro lealtà al giuramento militare». Tuttavia, secondo i militari, le legge sarebbe «vantaggiosa per il nemico», in quanto demoralizza i soldati delle forze armate ucraine, «già sfiniti dalla guerra di un anno con un nemico numericamente più grande», instillando in loro sfiducia verso il parlamento e lo stesso presidente ucraino. Ci sarebbero le prime avvisaglie serie di crisi, dunque, all’interno dell’esercito ucraino, una parte del quale non è più disposto a tollerare trattamenti eccessivamente severi e percepiti come ingiusti.

Soldati, avvocati e osservatori dei diritti umani hanno criticato le misure ritenendole non solo lesive del morale dei combattenti, ma anche inefficaci dal punto di vista della capacità di far rispettare la disciplina militare. «Le nuove regole punitive rimuovono la discrezionalità e trasformano i tribunali in un “calcolatore” per infliggere punizioni ai soldati, indipendentemente dai motivi delle loro offese”, ha affermato l’avvocato Anton Didenko all’agenzia di stampa ucraina Interfax. Mentre la ONG Reanimation Package of Reforms Coalition in una nota ha scritto che «Questa legge avrà conseguenze negative per la tutela dei diritti del personale militare accusato di aver commesso un crimine e ridurrà il livello di motivazione durante il servizio». Di tutt’altro avviso, ovviamente, l’amministrazione di Kiev e i comandanti militari, i quali ritengono che la legge sia necessaria per «rafforzare la responsabilità per la commissione di reati penali e amministrativi commessi in un ambiente di combattimento», ma anche per «evitare perdite ingiustificate di personale». Tuttavia, Zelensky si è detto convinto che «il reato deve essere applicato tenendo conto della

natura individuale della responsabilità giuridica, del grado di gravità del reato commesso, dei principi di giustizia e dello stato di diritto».

Da osservare come in Occidente, quando Putin aveva annunciato la mobilitazione militare parziale, la stampa aveva lanciato l’allarme contro la “coercizione totalitaria” che avrebbe obbligato indiscriminatamente chiunque ad arruolarsi nell’esercito, riservando pene durissime per i disertori: ai tg venivano mostrate immagini e video di code chilometriche ai confini con la Georgia per sottrarsi all’arruolamento. Notizia, peraltro, non veritiera in quanto la mobilitazione – al contrario di quanto sta accadendo in Ucraina – comprendeva solo i coscritti, tanto che lo stesso Putin aveva dichiarato che «la leva militare riguarderà i cittadini che fanno già parte delle riserve e quelli che hanno svolto servizio militare nelle forze armate e hanno esperienza. I richiamati, prima di essere mandati al fronte, svolgeranno ulteriore addestramento». Ora la stessa attenzione non sembra essere conferita alla nuova legge promulgata da Zelensky che prevede pene molto dure anche per semplici disobbedienze o critiche ai comandi militari, evitando accuratamente di amplificare troppo l’appello dei soldati ucraini, forse per non scalfire quell’immagine perfetta di Paese democratico e difensore dei “valori occidentali” che i media hanno contribuito a divulgare sull’Ucraina, da contrapporre all’autocrazia della Russia “putiniana”. [di Giorgia Audiello]

Colloquio Meloni-Zelensky: ribadito sostegno italiano. Redazione Online su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di giovedì 9 febbraio. Fonti, alcuni Paesi Ue disposti a una coalizione per i jet a Kiev. Confermato al presidente ucraino l’impegno di Francia e Germania «di portare l’Ucraina verso la vittoria finale»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 351esimo giorno.

• Zelensky ieri a Londra e Parigi: «Putin è il male, perderà». Oggi a Bruxelles.

• La Polonia ordina 18 Himars dagli Usa: il ruolo di Varsavia e del fianco nordorientale della Nato.

Ore 03:00 - Usa: approvata vendita Himars alla Polonia per 10 miliardi

l Dipartimento di Stato Usa ha approvato la vendita di batterie Himars e delle relative munizioni alla Polonia. Il valore della fornitura è di 10 miliardi di dollari. Si tratta di 18 sistemi missilistici Himars alla Polonia, membro della Nato confinante con l’Ucraina. «La vendita prevista migliorerà gli obiettivi militari della Polonia in termini di rinnovamento delle sue capacità, rafforzando al contempo l’interoperabilità con gli Stati Uniti e gli altri alleati», ha dichiarato in un comunicato la Defense Security Cooperation Agency statunitense.Il sistema Himars (High mobility artillery rocket system), prodotto dal colosso americano Lockheed Martin, è un lanciarazzi montato su veicoli corazzati leggeri, di cui l’esercito americano ha dotato in particolare le forze ucraine. Può essere equipaggiato con sei missili di una gittata di circa 80 km, oppure un singolo missile tattico con una gittata di 300 km denominato Atacsm (Army tactical missile system). Washington ha finora rifiutato di fornire missili Atamcs a Kiev per impedire che un’arma statunitense raggiunga il territorio russo, ma la transazione approvata per Varsavia prevede la fornitura di 45 missili Atacsm.

Ore 03:05 - Zelensky a Londra, Sunak pubblica la foto su Twitter

L’aereo da trasporto C-17 della Royal Air Force britannica che si ritiene trasportasse il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è atterrato all’aeroporto di Stansted, a nord di Londra. Lo riferisce la stampa britannica. Zelensky sarà oggi in visita nel Regno Unito per la prima volta da quando l’invasione su vasta scala della Russia è iniziata il 24 febbraio dello scorso anno. Il presidente ucraino ha incontrato il primo ministro Rishi Sunak, che gli ha dato il benvenuto twittando una foto, e le truppe ucraine addestrate nel Paese. «La visita del presidente Zelensky nel Regno Unito è una testimonianza del coraggio, della determinazione e della lotta del suo paese e una testimonianza dell'amicizia indissolubile tra i nostri due paesi», ha detto Sunak prima dell'arrivo di Zelensky. «Dal 2014, il Regno Unito ha fornito un addestramento vitale alle forze ucraine, consentendo loro di difendere il loro paese, proteggere la propria sovranità e lottare per il proprio territorio», ha ricordato ancora il primo ministro.

Ore 03:11 - Il Regno Unito impone nuove sanzioni contro gli armamenti russi

Londra ha imposto nuove sanzioni contro il settore militare della Russia impegnata nella guerra in Ucraina. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri britannico James Cleverly mentre è in corso la storica visita di Zelensky nel Regno Unito. Le nuove sanzioni prendono di mira in particolare «sei entità che forniscono attrezzature militari come i droni usati nell’invasione russa dell’Ucraina», ha dichiarato Cleverly.

Ore 03:22 - Zelensky a Westminster: «Putin è il male e perderà»

Dopo l’incontro con Sunak, Zelensky è arrivato a Westminster dove è stato accolto da un’ovazione dai rappresentanti del Parlamento britannico. Il presidente ucraino ha detto: «Vi parlo a nome dei coraggiosi che combattono nelle trincee o per difendere i cieli e per ripristinare la sovranità dell’Ucraina sul suo territorio». Aggiungendo: «Sappiamo che la libertà vincerà, sappiamo che la Russia perderà e sappiamo davvero che la vittoria cambierà il mondo e questo sarà un cambiamento di cui il mondo ha bisogno da tempo». Nel suo discorso ha anche ribadito la sua richiesta di jet, oltre ai tank già ottenuti.

Per quanto riguarda Putin, Zelensky è tornato a piegare ll’importanza di portare Vladimir Putin e i responsabili russi davanti alla giustizia internazionale, additandoli come «il male». Ha poi insistito sulla necessità di mettere fine «all’impunità» di Mosca e d’imporle in futuro di pagare per la ricostruzione dell’Ucraina. «La libertà - ha detto - vincerà e la Russia perderà».

Ore 03:30 - Zelensky a Buckingham Palace in udienza da re Carlo

Zelensky è arrivato a Buckingham Palace per l’udienza con re Carlo III dopo il suo discorso al Parlamento di Westminster. In via eccezionale rispetto al cerimoniale di Palazzo il leader ucraino si è presentato all’appuntamento senza giacca e cravatta ma con la sua tenuta d’ordinanza in verde militare, quella che veste in tutti gli incontri ufficiali dall’inizio del conflitto e che è diventata un segno distintivo del presidente.

Ore 03:43 - Russia: «Se Londra invia i jet, conseguenze per mondo intero»

L’ambasciata russa a Londra ha messo in guardia il governo del Regno Unito dall’invio di aerei da combattimento in Ucraina. Se deciderà di farlo potrebbero esserci «conseguenze militari e politiche per il continente europeo e il mondo intero», ha detto la sede diplomatica secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Tass.

Ore 04:00 - La Polonia ordina 18 Himars dagli Stati Uniti: il ruolo di Varsavia e del fianco nordorientale della Nato

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) L’ala nordorientale della Nato, con al centro la Polonia, è l’attore principale della crisi e lo diventerà ancora di più nei mesi a seguire. A marcare questo ruolo sono mosse attuali e piani per il futuro.

Gli Usa hanno dato ieri la prima luce verde ad un contratto di 10 miliardi di dollari che permetterà a Varsavia di acquistare 18 lanciatori Himars, razzi con un raggio d’azione di 300 chilometri — gli stessi negati a Kiev — ed altro materiale. L’annuncio è solo un tassello di un programma gigantesco in corso d’opera che permetterà al Paese di acquistare caccia americani di ultima generazione F35, 250 carri Abrams, elicotteri d’attacco Apaches, 980 tank sudcoreani K2, 672 cannoni semoventi da 155 K9 sempre sud coreani, velivoli FA50. Una lista poderosa alla quale si aggiunge molto altro. I polacchi diventeranno uno degli eserciti meglio armati, aumenteranno il loro ruolo, faranno da bastione.

Ore 04:10 - Intervista al premier polacco Morawiecki: «Per la Polonia come per l’Europa sconfiggere Putin è ragion di Stato»

(Paolo Valentino) «Se tutti i Paesi avessero reagito con la stessa rapidità e determinazione della Polonia, oggi saremmo molto più vicini alla vittoria dell’Ucraina». Lo dice il premier polacco Mateusz Morawiecki , in un’intervista esclusiva al nostro giornale. Cinquantaquattro anni, alla guida del governo di Varsavia dal 2017, Morawiecki è uno dei leader di Diritto e Giustizia, il partito di destra nazionalista fondato dai fratelli Jaroslaw e Lew Kaczynski.

Ore 04:30 - Biden: «Avanti con gli aiuti all’Ucraina, Putin ha già perso»

E nuove garanzie sul sostegno all’Ucraina arrivano anche dagli Stati Uniti. «Vladimir Putin ha già perso in Ucraina: pensava che con l’invasione sarebbe stato accolto da tutti coloro che parlano russo. Poi pensava che la Nato non avrebbe fatto niente, che avrebbe avuto paura di agire». Lo ha detto il presidente Usa Joe Biden definendo l’impegno ad aiutare Kiev «illimitato».

Ore 04:41 - Macron a Zelensky: «Vinceremo insieme»

Dopo Londra Volodymyr Zelensky è partito alla volta di Parigi dove ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Macron, in occasione della dichiarazione congiunta all’Eliseo di Parigi con il presidente ucraino e il cancelliere tedesco ha espresso al leader di Kiev «la solidarietà, il sostegno e la volontà di accompagnare l’Ucraina verso la vittoria, verso la pace, e verso l’Europa». L’Ucraina può contare sui suoi partner europei e internazionali per «vincere la guerra», ha assicurato Macron, dicendo che Kiev può «contare su di noi per costruire la pace’’.

Ore 04:45 - Scholz a Zelensky: «Vi sosterremo per tutto il tempo necessario»

Nuove rassicurazioni all’Ucraina. Gli alleati sosterranno militarmente l’Ucraina «per tutto il tempo necessario». È quanto ha sottolineato il cancelliere tedesco Olaf Scholz nella conferenza stampa all’Eliseo con il presidente francese Emmanuel Macron e il leader ucraino Volodymyr Zelensky. «L’Ucraina fa parte della famiglia europea - ha spiegato-. La Russia non deve vincere questa guerra».

Ore 05:00 - Il presidente ucraino a Macron e Scholz: «Servono i caccia»

Parlando a Parigi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto all’omologo francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Olaf Scholz aerei e armi pesanti «il prima possibile».

Ore 05:12 - Oggi incontro bilaterale Zelensky-Meloni

Quella di oggi sarà un’altra giornata di incontri istituzionali per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo Londra e Parigi. È infatti in programma a Bruxelles un incontro bilaterale con la presidente del consiglio Giorgia Meloni. L’incontro avverrà a margine del consiglio Ue.

Ore 06:34 - Macron e Zelensky volano insieme a Bruxelles per vertice Ue

Dopo Macron e Scholz, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky incontra oggi gli altri leader della Ue. Assieme al presidente francese e Zelensky voleranno questa mattina da Parigi al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue a Bruxelles: lo ha reso noto l’Eliseo.

Ore 08:37 - Intervista al premier polacco Morawiecki: «Per la Polonia come per l’Europa sconfiggere Putin è ragion di Stato»

«Se tutti i Paesi avessero reagito con la stessa rapidità e determinazione della Polonia, oggi saremmo molto più vicini alla vittoria dell’Ucraina». Lo dice il premier polacco Mateusz Morawiecki , in un’intervista esclusiva al nostro giornale. Cinquantaquattro anni, alla guida del governo di Varsavia dal 2017, Morawiecki è uno dei leader di Diritto e Giustizia, il partito di destra nazionalista fondato dai fratelli Jaroslaw e Lew Kaczynski. Qui l’intervista completa di Paolo Valentino.

Ore 08:40 - Kiev: 19 attacchi russi respinti nelle ultime 24 ore

Nelle ultime 24 ore, le forze ucraine hanno respinto gli attacchi russi nei pressi di 19 insediamenti. Lo ha affermato su Facebook lo Stato maggiore di Kiev. Inoltre, lo Stato maggiore ha aggiunto che le truppe russe continuano l’offensiva in sei direzioni nel Donbass. Nell’ultimo giorno, ha proseguito l’organismo, le forze ucraine hanno eliminato 910 militari russi, due carri armati, dieci veicoli corazzati da combattimento, otto sistemi di artiglieria, quattro sistemi di difesa aerea, due lanciarazzi multipli, sei droni e nove automobili e autocisterne.

Ore 08:43 - Prigozhin: Gruppo Wagner non recluta più prigionieri

Il Gruppo Wagner, composto da mercenari, ha smesso di reclutare prigionieri nelle carceri russe per combattere in Ucraina. Lo ha confermato il suo fondatore, Yevgeny Prigozhin, in un post sui social media. «Il reclutamento di prigionieri da parte della compagnia militare privata Wagner è completamente cessato. Stiamo adempiendo a tutti i nostri obblighi nei confronti di coloro che adesso lavorano per noi», ha dichiarato.

Ore 08:51 - Nikopol, attacco notturno russo nella notte

Le forze russe hanno bombardato nella notte il distretto di Nikopol, situato nella regione di Dnipropetrovsk, causando una vittima tra i civili. Lo ha reso noto su Telegram il governatore regionale di Nikopol, Evheniy Evtushenko «Sono stati danneggiate 16 abitazioni private, due auto e un’impresa privata, un altro edificio e’ stato completamente distrutto», ha scritto il funzionario. Inoltre, il sindaco di Nikopol, Oleksandr Sayuk, ha aggiunto che anche le linee elettriche e un gasdotto hanno subito danni, i servizi competenti stanno attualmente lavorando per ripristinarli.

Ore 08:55 - SpaceX, stop a uso Starlink a Kiev per controllare i droni

SpaceX ha preso provvedimenti per impedire all’esercito ucraino di utilizzare il servizio internet satellitare Starlink dell’azienda per controllare i droni, ha dichiarato ieri il presidente di SpaceX. Lo riportano i media internazionali. Il servizio internet satellitare Starlink di SpaceX, che ha fornito all’esercito ucraino comunicazioni a banda larga per difendersi dalle forze armate russe, «non è mai stato pensato per essere utilizzato come arma», ha dichiarato Gwynne Shotwell, presidente di SpaceX, facendo riferimento alle notizie secondo cui l’esercito ucraino avrebbe utilizzato il servizio Starlink per controllare i droni.

Ore 09:06 - Isw: l’offensiva russa è iniziata a Luhansk

Le forze russe hanno ripreso l’iniziativa in Ucraina e hanno iniziato la loro grande offensiva nel Lugansk. Lo scrive sul suo sito l’Institute for the study of war (Isw) nel suo ultimo report. Il ritmo delle operazioni russe lungo la linea Svatove-Kreminna, nel Lugansk, è aumentato notevolmente nel corso dell’ultima settimana e le fonti russe riferiscono ampiamente che le loro truppe convenzionali stanno attaccando le linee difensive ucraine e stanno facendo progressi marginali lungo il confine tra Kharkiv e l’oblast di Lugansk, in particolare a nord-ovest di Svatove, vicino a Kupyansk, e a ovest di Kreminna.

Ore 09:20 - Kallas: modello vaccini per acquisto armi per Kiev

«Dobbiamo accelerare sulla fornitura delle armi all’Ucraina, possiamo adottare il modello dei vaccini. Ossia gli Stati mettono a disposizione i fondi e la Commissione si occupa dell’acquisto. Per accelerare sui tempi e ottenere buoni prezzi. Ogni giorno di tentennamento ha un costo». Lo ha dichiarato la premier estone, Kaja Kallas, al suo arrivo al vertice Ue a Bruxelles.

Ore 09:50 - Kreminna sotto attacco

Le forze russe hanno intensificato in modo significativo gli attacchi nell’Ucraina orientale e stanno cercando di sfondare le difese ucraine vicino alla città di Kreminna: lo ha detto Serhiy Haidai, governatore della regione di Luhansk, secondo quanto riferisce il Guardian. Haidai ha affermato che i militari ucraini stanno mantenendo la loro posizione vicino a Kreminna, ma hanno affermato di aver bisogno di più armi e munizioni per resistere, riferisce Reuters. Kreminna, che si trova a circa 100 km (62 miglia) a nord-ovest della capitale regionale Luhansk, aveva una popolazione di circa 18.000 abitanti prima dell’invasione russa del 24 febbraio dello scorso anno. Sfondare le linee ucraine vicino a Kreminna porterebbe le forze russe un passo avanti verso la città molto più grande di Kramatorsk.

Ore 09:55 - 007 Tokyo: 20 generali russi uccisi da inizio della guerra

Secondo il Giappone, dall’inizio dell’invasione in Ucraina oltre 20 generali russi hanno pero la vita in battaglia, sulla base di informazioni di intelligence raccolte in collaborazione con gli Stati Uniti e l’Europa. Lo riporta il Nikkei Asia. Alcuni analisti ritengono che l’Ucraina sia stata in grado di colpire i comandanti tracciando i segnali dei cellulari. Infatti da tempo Mosca ha vietato l’uso di questi dispositivi. Un alto funzionario dell’intelligence giapponese ha ipotizzato un’altra possibilità. «Potrebbero esserci informatori nelle due regioni orientali, Donetsk e Lugansk, che forniscono indicazioni all’Ucraina».

Ore 10:02 - Metsola: Zelensky a Eurocamera, giornata storica per Ue

«Una giornata storica per l’Europa. Siamo orgogliosi di annunciare che il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, sarà presente al Parlamento Europeo questa mattina. Per rivolgersi ai cittadini europei dalla Casa della democrazia europea». Lo ha scritto su Twitter la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola.

Ore 10:06 - Zelensky a Bruxelles. Parla al Pe, poi summit Ue

È cominciata la storica missione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Bruxelles. Il presidente, che ha dormito a Parigi arrivato da Londra, è appena atterrato nella capitale belga. Tra poco parlerà dinanzi al Parlamento europeo, a seguire parteciperà al vertice dei leader dei Ventisette che dovranno affrontare il tema della guerra in Ucraina, e in particolare quello della consegna di armi più potenti, in primis i caccia, al governo di Kiev. A margine è previsto anche un suo bilaterale con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Macron, che a Londra ha incontrato il premier Rishi Sunak oltreché re Carlo III, ieri sera ha già perorato la sua causa con il presidente francese Emmanuel Macron (con il quale è arrivato a Bruxelles insieme in aereo) e il cancelliere tedesco Olaf Sholz.

Ore 10:10 - Russia: il direttore generale dell'Aiea atteso oggi a Mosca

Il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) Rafael Grossi è atteso a Mosca oggi: lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov all'agenzia Ria Novosti.

Ore 10:17 - Von der Leyen accoglie Zelensky: «Insieme verso l'Ue»

«Benvenuto a Bruxelles, caro Volodymyr Zelensky. Nel cuore della famiglia europea, a cui appartiene l'Ucraina. Sosterremo l'Ucraina in ogni fase del cammino verso la nostra Unione». Così la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha accolto il presidente ucraino giunto nella capitale belga.

Ore 10:24 - Meloni: Macron inopportuno su invito a Zelensky

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha definito «inopportuna» la scelta del presidente francese, Emmanuel Macron, di invitare il presidente ucraino, Volodymr Zelensky a Parigi prima del vertice europeo a Bruxelles.

«Mi è sembrato inopportuno l'invito di ieri a Zelensky perché credo che la nostra forza in questa vicenda sia l'unità e la compattezza e io capisco la questione politica interna, ma ci sono momenti nei quali privilegiare la propria opinione politica interna rischia di andare a discapito della causa e questo mi pare fosse uno di quei casi».

Meloni ha anche ribadito che «l'Italia è pienamente impegnata» per il sostegno all'Ucraina, «il nostro contributo è a 360 gradi e siamo consapevoli che il conflitto ucraino ci coinvolge tutti».

«Credo che il miglior modo per costruire una opzione di dialogo e di pace sia mantenere le forze in campo sul piano di equilibrio. Il sostegno all'Ucraina è il modo migliore per arrivare ad una possibile trattativa», ha continuato Meloni sottolineando come Roma «vuole essere protagonista anche nella parte della ricostruzione».

Ore 10:25 - Ambasciatore russo in Italia: nostre relazioni degradate

Le relazioni bilaterali tra Roma e Mosca «si sono notevolmente degradate. Da persona che lavora da tempo in Italia come ambasciatore, lo dico con sincero rammarico». Lo ha dichiarato l'ambasciatore russo in Italia, Sergei Razov, in un'intervista rilasciata all'agenzia Ria Novosti. «I meccanismi chiave del dialogo sono congelati, le restrizioni per le sanzioni aumentano ed il regime di Kiev riceve sempre più nuovi tipi di armi», ha proseguito Razov, secondo cui «nell'ambito di cinque pacchetti di aiuti, Kiev ha ricevuto armi e attrezzature militari per un valore di un miliardo di euro» ed è «in preparazione un sesto pacchetto, che comprende il trasferimento di un moderno e costosissimo sistema di difesa aerea».

Ore 10:29 - Scholz: a Zelensky segnale sostegno e unità da parte della Ue

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky riceverà un «segnale di sostegno ed unità all'Ucraina» da parte dell'Ue. Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz al suo arrivo a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario. Scholz, che ha espresso apprezzamento per l'unità dimostrata in Europa a sostegno dell'Ucraina, ha aggiunto che «è molto positivo che si possa parlare direttamente con il presidente ucraino Zelensky». Scholz ha nuovamente sottolineato che gli aiuti militari all'Ucraina possono essere decisi «solo congiuntamente». «La Germania è il Paese che sta facendo di più per l'Ucraina, sia in termini di aiuti civili che militari», ha aggiunto.

Ore 10:31 - Orban: sostegno a Kiev, ma cessate fuoco immediato

«Importante Consiglio europeo oggi con il presidente Volodymyr Zelensky. L'Ungheria continuerà a fornire sostegno umanitario e finanziario all'Ucraina. Sosteniamo un cessate il fuoco immediato per prevenire ulteriore perdita di vite umane». Lo scrive in un tweet il premier ungherese, Vito Orban, presente al vertice straordinario dei leader europei. «L'Ungheria - aggiunge - appartiene al campo della pace».

Ore 10:54 - Macron: importante presenza Zelensky per ribadire nostra unità

«La presenza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky» ieri a Parigi con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e «oggi» a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario «serve per ribadire la nostra unità e il nostro sostegno al popolo ucraino». Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron al suo arrivo a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario.

Riguardo alle parole della premier italiana Giorgia Meloni, che aveva definito «inopportuno» il suo invito a Zelensky a Parigi prima del vertice, Macron si è limitato a spiegare: «Non posso commentare, ritengo che invitare Zelensky fosse parte del nostro ruolo, la Francia ha avuto un ruolo particolare dall'inizio del conflitto». Zelensky «oggi vedrà tutti i leader» a Bruxelles e «l'unico obiettivo è difendere le frontiere e la sicurezza dell'Ucraina», ha detto arrivando al vertice.

Ore 10:56 - Zelensky arriva al Parlamento Ue, Metsola: gli Stati forniscano sistemi a lungo raggio e jet per proteggere la vostra libertà

Zelensky è stato accolto dalla presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola al Parlamento europeo. «Qui non è necessario convincere nessuno di quanto sia essenziale sostenere l'Ucraina. Per sostenere tutti coloro che stanno dando la vita. Per sostenere i valori che predichiamo con misure concrete», ha detto Metsola, nel suo intervento di introduzione della seduta in Aula con il presidente ucraino.

«Per garantire la vittoria, la vera pace, basata sul tuo piano in 10 punti, bisogna chiamare alle loro responsabilità coloro che hanno commesso crimini di guerra e offrire protezione della libertà per tutti gli ucraini», ha aggiunto. «E voglio ripetere la promessa che ti ho fatto quando ci siamo incontrati a Kiev lo scorso aprile: siamo con te. Eravamo con te allora, siamo con te adesso, saremo con te per tutto il tempo necessario», ha concluso Metsola.

«Conosciamo il sacrificio che il vostro popolo ha sopportato per l'Europa e dobbiamo onorarlo non solo con le parole, ma anche con i fatti: con la volontà politica di garantire scambi commerciali più facili e con un processo di adesione il più rapido possibile. Con fondi per il vostro popolo, con aiuti per la ricostruzione, con l'addestramento delle vostre truppe. Con equipaggiamenti militari e sistemi di difesa di cui avete bisogno per vincere». Poi, l'appello: «Ora, gli Stati devono considerare, rapidamente, come passo successivo, fornire sistemi a lungo raggio e i jet necessari per proteggere la libertà che troppi hanno dato per scontata».

Ore 11:20 - Zelensky: l'Ue significa libertà, è la casa dell'Ucraina

«L'Europa significa libertà, questo è il nostro modo di vivere è questa è la casa dell'Ucraina». Lo ha detto Volodymyr Zelensky nel suo discorso al Parlamento Europeo.

«Quando lo Stato di diritto prevale, quando gli Stati tendono a tutelare delle società aperte, allora si realizza un'unione dei popoli nell'uguaglianza. Tra un popolo e un presidente c'è una sola barriera, le elezioni; questa è l'Europa, questo è il nostro stile di vita. Per l'Ucraina questa è la nostra casa, il percorso da compiere per tornare a casa», ha spiegato Zelensky parlando all'Eurocamera. «Sono qui davanti a noi per difendere la casa del nostro popolo».

«A sei giorni di distanza dall'inizio dell'invasione, il Parlamento europeo ha votato una risoluzione non solo per sostenere la nostra lotta ma per anche il nostro status di candidato all'Ue. Questo ci ha motivato ad essere ancora più forti e determinati a resistere: grazie», ha detto Zelensky.

«Il destino dell'Europa non è mai dipeso dai politici, ma da ognuno di noi, ognuno di noi conta, ognuno di noi fa la sua parte, ognuno di noi può avere impatto sulla vittoria comune», ha detto Zelensky rivolgendosi direttamente ai cittadini europei e ringraziando «ogni villaggio» per il sostegno dato all'Ucraina. «Grazie a tutti in Europa per sostenere l'Ucraina in questa battaglia storica».

La guerra totale della Russia «è una minaccia di un dittatore» che cerca di distruggere i valori europei». Per combattere questa guerra «il Cremlino ha cercato di distruggere i nostri valori europei, il valore della vita umana, anche in Russia. 140 milioni di russi sono solo corpi per il Cremlino», ha detto Zelensky.

Ore 11:37 - Cremlino: fornitura armi a Kiev non cambierà nostri obiettivi

La fornitura di armi da parte dell'Occidente a Kiev non cambierà «l'esito di questo conflitto e non cambieranno la traiettoria che il nostro Paese sta seguendo in termini di raggiungimento degli obiettivi fissati nell'operazione speciale». È quanto ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, come riporta la Tass. Le azioni dell'Occidente non fanno che prolungare il conflitto e renderlo «più doloroso e doloroso per l'Ucraina», ha aggiunto.

Ore 12:14 - Zelensky al vertice Ue: «foto famiglia» con i 27 leader

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è arrivato al Palazzo Europa dove si tiene il vertice dei capi di Stato e di Governo dell'Unione europea. Parteciperà alla sessione di lavoro poi avrà colloqui bilaterali con diversi leader, tra cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Al suo arrivo è stata fatta la foto di famiglia con tutti i Ventisette.

Ore 12:16 - Video su esecuzione di due prigionieri russi da parte ucraini

Diversi canali Telegram, tra cui quello del noto giornalista ucraino in esilio Anatoly Shariy, hanno diffuso il video delle esecuzioni di due prigionieri russi da parte di soldati ucraini. I prigionieri, stesi a terra, vengono uccisi uno dopo l'altro con colpi di arma da fuoco alla testa. Poi si sente un soldato che grida «Gloria all'Ucraina».

Ore 12:54 - Meloni incontra Zelensky al Consiglio Europeo

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Consiglio Europeo, si apprende da fonti di palazzo Chigi.

Ore 12:59 - Zelensky all’Ue: «Mosca voleva occupare la Moldavia»

«Abbiamo intercettato i piani della Russia per distruggere la Moldavia, per spezzare la democrazia moldava e stabilire il controllo sul Paese: appena lo abbiamo intercettato ho avvisato la presidente Maia Sandu e sono sicuro che voi avreste fatto lo stesso». Lo ha detto Volodymyr Zelensky parlando al Consiglio Europeo. «Non sappiamo se Mosca avesse dato l’ok ad eseguire quel piano, che era molto simile a quello messo in campo per l’Ucraina», ha aggiunto.

Ore 13:15 - Michel a Zelensky: benvenuto a casa

«Benvenuto nell'Ue, benvenuto a casa. Siamo consapevoli dei rischi» che implica venire in Europa, quindi «lo apprezziamo ancora di più». Lo dice il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, accogliendo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky al summit in corso a Bruxelles. «Lei è un leader in tempo di guerra, che ispira il mondo, in particolar modo il mondo libero», aggiunge.

Ore 13:31 - L'appello di Zelensky: «Servono più armi»

«Sono grato per la vostra fornitura di carri armati, armi a lungo raggio, aerei da combattimenti», ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel suo discorso al vertice Ue.

Zelensky ha esortato i leader dell'Unione europea ad accelerare le consegne di armi, al fine di «andare più veloce» della Russia. «Abbiamo bisogno di artiglieria, munizioni, carri armati moderni, missili a lungo raggio, aerei da combattimento moderni», ha detto ai Ventisette. «Grazie per averci dato il supporto militare che ci state dando, grazie per aver fatto di più. Dobbiamo andare più veloci del nostro aggressore. Il nostro aggressore si sta mobilitando di più», ha spiegato.

Il presidente ha anche constatato che l'Unione europea non è più sotto ricatto di Mosca: «Siamo molto contenti che la Russia non possa più strumentalizzare l'energia e che negli ultimi tempi l'Europa abbia visto come la Russia usa l'energia come un'arma. Capiamo che il Cremlino vede l'energia solo come un'opportunità di influenza».

Infine, ha invitato i leader Ue a «creare un tribunale per la Russia»: «Parliamo di migliaia di vittime tra i civili e tra i nostri soldati», ha detto Zelensky, parlando dei morti in guerra e sottolineando che «l'Ucraina non ha mai provocato» l'aggressione russa.

Ore 13:46 - Cnn: Mosca ha perso la metà dei suoi carri armati

Secondo le informazioni raccolte dal gruppo Oryx, la Russia ha perso circa 2mila carri armati operativi dall'inizio della guerra in Ucraina, ossia fino alla metà di tutta la sua flotta di tank. Lo scrive la Cnn citando prove visive raccolte dal sito web di intelligence open source. Oryx ha verificato 1.000 perdite di carri armati russi durante la guerra. Altri 544 sono stati catturati dagli ucraini, 79 danneggiati e 65 abbandonati. Il bilancio non include le perdite non confermate visivamente, ha detto Jakub Janovsky, analista militare del blog: il bilancio effettivo potrebbe essere più vicino ai 2.000 carri armati.

Ore 13:48 - Orban unico leader a non appaudire Zelensky

Il premier ungherese, Viktor Orban, è stato l'unico leader Ue a non applaudire il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al suo arrivo al vertice Ue a Bruxelles.«Orbán non ha nemmeno la decenza di applaudire il leader di una nazione spazzata via dalla terra dalla Russia. Lo spirito del '56 ha lasciato definitivamente il regime ungherese», ha scritto su Twitter l'europarlamentare belga, Guy Verhofstadt.

Ore 14:11 - Presidenza Kiev: questione fornitura jet risolta

«La questione della fornitura di armi a lungo raggio e jet militari all'Ucraina è stata risolta. Dettagli tra breve». Lo scrive sul suo canale Telegram Andrey Yermak, capo dell'ufficio presidenziale ucraino, al seguito del presidente Volodymyr Zelensky nel suo viaggio in Europa.

Ore 14:13 - Zelensky, giusta la presenza ucraina al tavolo Ue

«È giusto che l'Ucraina abbia preso parte alla riunione tra i leader europei. La lingua ucraina è parte delle discussioni europee, del Parlamento europeo e della scena europea quando l'Ucraina sarà parte dell'Unione europea». Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nella conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Ore 14:30 - Zelensky: «Con Macron-Scholz decisioni che non posso annunciare»

A Parigi ieri sera «abbiamo avuto un incontro molto potente e importante» con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. «Lo vedo come un incontro positivo: non annuncerei le cose pubblicamente», ma si è parlato di «aumentare le capacità» militari ucraine, «inclusi i carri armati». Lo dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in conferenza stampa a Bruxelles a margine del Consiglio Europeo.

Ore 14:51 - Zelensky, segnali positivi su altri aiuti militari

«Ci sono segnali positivi con riferimento alle armi, mi sembra che ci siamo capiti e voglio davvero che questi segnali si trasformino in voci concrete. Se queste voci non saranno spaventate, la Russia le ascolterà. E sono assolutamente sicuro che i Paesi dell’Ue in questo ultimo anno abbiano superato i dubbi verso un approccio più maturo e potente. Abbiamo bisogno delle vostre voci potenti, abbiamo bisogno del vostro potente sostegno concreto». Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nella conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Ore 14:56 - Gb ribadisce, invio di jet non ancora deciso: Consapevoli di rischi di escalation, ma colpevole è Mosca

Downing Street ha ribadito oggi formalmente che «il Regno Unito non ha ancora preso una decisione» definitiva sull’eventuale fornitura di jet militari all’Ucraina, al di là di quanto detto ieri da Rishi Sunak a Volodymyr Zelensky sul fatto che sulla carta «nulla è escluso dal tavolo» degli aiuti a Kiev. Interpellato al riguardo, un portavoce ha insistito che per ora Londra ha aperto «all’addestramento di piloti ucraini», non senza aggiungere che il governo è «consapevole dei rischi di escalation» legati a un eventuale fornitura di aerei da combattimento, pur rigettandone nel caso la responsabilità sulla Russia.

Ore 14:56 - Zelensky, non possiamo obbligare a combattere come fa Mosca

«Non basta parlare solo di legge marziale. Non possiamo obbligare la gente a combattere, non siamo la Russia, ci stiamo battendo per i valori europei e anche quando combattiamo dobbiamo farlo con questi valori». Così il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nella conferenza stampa a margine del Consiglio europeo a Bruxelles, rispondendo a una domanda su reticenze o stanchezza per la guerra nelle forze armate ucraine. «Non possiamo trattare tutti allo stesso modo, è vero, tutti devono capire che purtroppo la guerra continua e che tutto dipenderà dall’unità che possiamo dimostrare, sarà il nostro sentimento di unità che darà forza ai nostri soldati. Il problema non è nuovo, si presenta a ogni guerra, e il presidente deve dare l’esempio, anche i giornalisti. Ne va della dignità», ha aggiunto, «non dimenticate che siamo tutti esseri umani e per questo siamo riusciti a fermare questa aggressione. Fin qui siamo riusciti solo a rallentarla ma dobbiamo vincere».

Ore 16:01 - Meloni incontrerà Zelensky solo in gruppo con altri leader

Ore 16:43 - A vertice con Zelensky intervenuti sette leader Ue

Sono sette i leader Ue intervenuti al vertice durante l’incontro con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Si tratta del presidente di turno dell’Ue, il premier svedese Ulf Kristersson; il presidente lituano Gitanas Nausda; i premier di Spagna (Pedro Sanchez), Slovacchia (Eduard Heger), Lussemburgo (Xavier Bettel); Polonia (Mateusz Morawiecki) e l’olandese Mark Rutte.

Ore 17:19 - Salvini, «Francia e Germania non rappresentano Ue»

“Mi spiace che Francia e Germania pensino da sole di poter rappresentare l’Europa. Senza l’Italia non si va da nessuna parte”. Così il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, a margine di un sopralluogo in piazzale Selinunte a Milano, ha commentato l’incontro di ieri sera a Parigi tra il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Conto che Francia e Germania lo capiscano, perché escludere non serve a nessuno, non è utile e non è intelligente”, ha aggiunto Salvini.

Ore 17:54 - Fonti Ue: Colloquio Meloni-Zelensky, ribadito sostegno contro aggressione

Secondo quanto si apprende, a margine del Consiglio europeo in corso e dopo uno dei quattro incontri insieme a gruppi di leader, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si sarebbe intrattenuto per un colloquio a due con la premier Giorgia Meloni, che avrebbe ribadito il sostegno italiano all’Ucraina contro l’aggressione russa. Il Presidente Zelensky, sempre secondo quanto si apprende, avrebbe manifestato gratitudine per l’impegno di Roma.

Ore 18:54 - Bilaterale tra Zelensky e il premier polacco a Bruxelles

«Siamo onorati di ospitare un incontro tra il primo ministro Mateusz Morawiecki e il presidente Volodymyr Zelensky». Lo annuncia la Polonia su Twitter, pubblicando una foto dei due leader seduti con le bandiere alle spalle.

Ore 19:21 - Zelensky lascia il vertice di Bruxelles

Ore 19:23 - Zelensky: non si può fermare Putin, è un drago che vuole divorare

In una intervista al giornale Spiegel, Zelensky ha detto: «Non si può fermare Putin, lui è un drago, che deve divorare. Per saziare il suo appetito devi dargli un Paese dopo l’altro, o perlomeno dei pezzi. Nel mondo di oggi né le frontiere né gli oceani fermeranno i russi. Di questo sono assolutamente sicuro».

Aggiungendo: «La questione non è il numero dei panzer, ma molto più una decisione politica, esattamente come le sanzioni. La consegna dei tank significa soltanto che noi siamo tutti insieme contro l’aggressione russa. E domani non si tratterà dei panzer ma dei caccia o di altro». E conclude: «Quando i russi saranno ai vostri confini dovrete sacrificare la vita della vostra genteOre 19:35 - Calderoli: «Francia? Macron galletto a tutti i costi»

«Credo ci sia in circolazione un residuo di complesso di superiorità, di primo della classe, del voler essere galletto a tutti i costi». Così il ministro per le Autonomie e gli Affari Regionali, Roberto Calderoli, parlando del caso Italia-Francia. «Se un indizio non crea una prova, un secondo indizio, l’invito di Parigi indirizzato solo a Zelensky prima di un Consiglio di Stato è un segno di non rispetto nei confronti degli altri capi di governo».

. Per questo quello che l’Ucraina fa oggi è conveniente per il vostro Paese ».

Ore 20:14 - Zelensky in missione in Europa per avere equipaggiamenti: cosa otterrà?

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Zelensky, in missione in Europa per ottenere altri equipaggiamenti, ha detto: non posso tornare a casa a mani vuote. E una risposta — in parte «segreta» — l’ha ricevuta. Alla fine potrebbe ottenere caccia e armi a lungo raggio. Ci sono questioni che però, ha spiegato il suo capo dello staff Andrei Yermak, sono risolvibili, frase preceduta da un più ottimistico «sono state risolte». Cosa gli daranno? Da settimane gli esperti sfogliano il catalogo bellico, ricordando sempre tre fattori: devono essere disponibili, esportabili e la fornitura non deve intaccare la sicurezza nazionale.

Ore 20:48 - Zelensky ricevuto dal re del Belgio

Zelensky è stato ricevuto questa sera in udienza dal re del Belgio, Filippo, insieme al primo ministro Alexander De Croo.

Ore 21:01 - Fonti, alcuni Paesi Ue disposti a coalizione-jet per Kiev

«Bisogna costruire una coalizione per i jet così come è stata fatta per i tank. Zelensky ha visto che tra i Paesi europei c’è la volontà di procedere in questo senso. Il prossimo passaggio sarà la riunione di Ramstein la settimana prossima, è una data importante». Così un’alta fonte diplomatica commentando l’ottimismo sfoggiato oggi dal presidente ucraino sulla possibilità di ricevere armamenti avanzati dall’Europa. Nel corso dei bilaterali di gruppo organizzati a margine del Consiglio alcuni leader sarebbero entrati nei dettagli degli armamenti richiesti da Kiev e sarebbe emersa un’esigenza particolare di ottenere i Mig-29, in dotazione di alcuni alleati, sebbene adattati agli standard Nato.

Ore 21:49 - Zelensky atteso in Polonia dopo visita a Bruxelles

Dopo la visita a Bruxelles, Zelensky è atteso in Polonia dove dovrebbe incontrare il capo di Stato polacco, Andrzej Duda. La visita non è confermata in via ufficiale, ma sugli spostamenti del leader ucraino c’è grande riservatezza per ragioni di sicurezza.

Ore 00:27 - Kiev: colpito aeroporto di Berdyansk occupata, uccisi 100 russi

Dopo aver colpito ieri l’aeroporto di Berdyansk, nella regione di Zaporizhzhia occupata dai russi, più di 100 soldati russi sono stati uccisi e l’aeroporto è stato danneggiato. Lo riportano i media ucraini riprendendo quello che l’amministrazione militare della città di Berdyansk ha scritto su Telegram. «Abbiamo ricevuto dai nostri difensori informazioni dettagliate sulle esplosioni di ieri: l’aeroporto è stato colpito», si legge nel post.

Ore 02:30 - Il Belgio non può donare carri armati a Kiev, li ha già venduti a un privato

Il Belgio non è in grado di offrire carri armati Leopard all’Ucraina perché li ha venduti tutti e starebbe cercando di ricomprarli a un prezzo ragionevole. Secondo quanto riportato dal canale Rtl, buona parte dei mezzi blindati un tempo appartenuti all’esercito belga adesso si trovano nella città meridionale di Tournai, nei depositi di Freddy Versluys, imprenditore del settore dei veicoli militari. Secondo la tv belga, il governo di Bruxelles, che non ha più carri armati nei suoi depositi di difesa, ha esplorato la possibilità di riacquistare da Versluys i carri armati per inviarli in Ucraina. Ma per il ministro della Difesa i prezzi sono irragionevoli ed estremamente alti. «Questi carri armati sono stati venduti per una cifra stimata intorno ai 10-15mila euro perché non funzionavano più. Nulla vieta di riacquistarli, ma non sono operativi» e «il prezzo di riacquisto è di 500mila euro ciascuno», ha precisato la titolare della Difesa Ludivine Dedonder. Da parte sua, Versluys ha negato di essere stato contattato dal governo belga. L’imprenditore ha affermato che è difficile stimare il prezzo a cui venderà i carri armati. «Non ho mai dato un prezzo al governo e le tariffe possono variare dai 200 ai 300mila euro», ha spiegato.

Ore 02:37 - Terremoto in Turchia, al lavoro anche una squadra di soccorritori ucraini

È già operativa ad Antiochia in Turchia una squadra di soccorritori inviata del servizio di emergenza nazionale ucraino. La squadra ha allestito una tendopoli e ha iniziato a cercare i sopravvissuti sotto le macerie in aree loro assegnate nella provincia di Hatay. Il governo di Kiev aveva annunciato martedì scorso la decisione di inviare 87 soccorritori in Turchia.

Ore 03:02 - Washington Post: attacchi di Kiev guidati da coordinate Usa

Gli Stati Uniti e i Paesi alleati forniscono o confermano alle forze ucraine le coordinate per la maggior parte degli attacchi condotti con i sistemi missilistici avanzati forniti dagli Usa, quali gli Himars. Lo riporta il Washington Post citando alcune fonti, secondo le quali le forze ucraine non lanciano quasi mai attacchi con i sistemi avanzati senza le coordinate specifiche fornite dal personale militare americano in qualche base in Europa. Secondo una fonte statunitense, l’assistenza americana nel mirare i colpi serve per assicurare la precisione e usare le munizioni con il massimo effetto. Gli Stati Uniti, precisa la fonte, offrono le coordinate solo in un ruolo di consulenza e le forze ucraine non cercano il via libera americano prima di procedere.

Ore 03:37 - Allarme antiaereo a Kiev e in altre città ucraine

Sono risuonate questa mattina a Kiev le sirene che indicano l’allarme per un attacco aereo. L’allerta è scattata poco prima delle 4 ora locale (le 3 in Italia) e non è ancora rientrata. Secondo alcune indicazioni allarmi antiaerei sono stati emessi anche in alcune regioni dell’est del Paese: Kharkov, Chernigov, Zhitomir, Nikolayev, Sumy, Poltava, Dnepropetrovsk e Kirovograd. Inoltre, l’allarme è scattato anche nelle aree controllate dall’Ucraina delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia.

Ore 03:39 - Macron: impossibile consegnare a Kiev aerei da guerra in tempi brevi

Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che gli aerei da combattimento richiesti dall’Ucraina non potranno «in nessun caso» essere «consegnati nelle prossime settimane», assicurando di voler offrire armi «più utili» e «più veloci». «Non escludo assolutamente nulla», ha assicurato alla stampa il presidente francese a Bruxelles sulle consegne di aerei da combattimento, dopo un vertice europeo alla presenza del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Ma «non corrisponde alle esigenze di oggi», ha stimato, «i jet da guerra non sono una priorità in questo momento per le forze armate di Kiev».

Ore 03:43 - Van der Leyen: nuove sanzioni per colpire la macchina da guerra russa

«Sulle nuove sanzioni alla Russia i preparativi sono ancora in corso. Vogliamo colpire in particolare la macchina da guerra russa, cercando di individuare le tecnologie e i pezzi di ricambio utilizzati dalle forze armate russe. Bloccheremo tutte le esportazioni dei beni di cui siamo fornitori unici»: lo ha detto Ursula von der Leyen in conferenza stampa al termine della riunione del Consiglio Europeo.

Ore 05:01 - Rientrato l’allarme aereo a Kiev

È rientrato l’allarme per un attacco aereo a Kiev. L’allerta - con la conseguente indicazione di recarsi in un rifugio antiaereo - era scattata nella capitale ucraina intorno alle 4 del mattino locali, le 3 in Italia.

Estratto dell’articolo di Sofia Ventura per “la Repubblica” il 9 febbraio 2023.

Mentre in Italia si discute dell’intervento registrato, di due minuti, di Volodymyr Zelensky a Sanremo, con appelli contrari e preoccupazioni per la banalizzazione della guerra, la Bbc trasmette un documentario in tre episodi su Putin, l’Occidente e la guerra: Putin vs the West, che giunge dopo altri sullo stesso tema; particolarmente significativo tra questi è Putin, Russia and the West, del 2012.

 Putin vs the West (come il precedente realizzato dalla documentarista Norma Percy) riprende il filo delle vicende dal 2013: le pressioni russe sul presidente ucraino Janukovyc per non firmare il trattato di associazione con l’Ue, Maidan, l’invasione del Donbass e della Crimea; l’intervento russo in Siria; l’invasione dell’Ucraina.

Filmati, numerosi quelli dove è lo stesso Presidente russo a parlare, ma soprattutto testimonianze dei protagonisti, alti responsabili Ue e Nato, presidenti, capi di governo, ministri, consiglieri. Anche russi. Come ogni narrazione anche quella realizzata attraverso questo documentario può avere pecche ed essere criticata.

 The Guardian l’ha fatto senza sconti, soprattutto osservando colpevoli omissioni da parte degli intervistati. Ma tante sono le voci, tante e su un punto convergenti, ovvero il profilo di Putin: l’inaffidabilità; l’attitudine alla menzogna, anche di fronte all’evidenza e nella consapevolezza che gli interlocutori sanno che sta mentendo; l’indifferenza per la vita umana; l’idea fissa di ricostruire una grande Russia come sentimento di rivalsa. […]

Pensando all’informazione televisiva italiana sulla guerra, non si può non riflettere sulla differenza tra format che, pur condizionati dal punto di vista degli autori, cercano di fare conoscere, ricostruire, collocare gli avvenimenti, e format che soprattutto cercano la sensazione, con la disattenzione per i fatti e l’ossessione per le opinioni, tutte lecite, anche le più infondate. E, al tempo stesso, è inevitabile interrogarsi sull’impatto sull’opinione pubblica dei diversi tipi di informazione.

 […] La narrazione en continue dei nostri talk show (e non solo) tende a rendere ogni posizione equivalente, tanto che importanti animatori dei nostri “format delle opinioni” sono sin dall’inizio della guerra “esperti” preoccupati soprattutto di sensibilizzarci al punto di vista russo e di Putin, alle loro “ragioni”, nonché alle conseguenze catastrofiche che ci attendono se non teniamo conto della (e ci pieghiamo alla) loro potenza e determinazione.

Con una elevata indifferenza sia ai fatti sia ai principi. I media sono uno strumento importante per la formazione dell’opinione pubblica. Nessuna meraviglia, dunque, e purtroppo, se la nostra continua ad essere la più ostile di tutta l’Unione europea al sostegno all’Ucraina aggredita.

Ucraina, report svela le perdite russe: "Distrutta la metà dei carri armati". Il Tempo il 09 febbraio 2023

L'invio a Kiev dei carri armati tecnologicamente più avanzati da parte di Usa e Germania, gli Abrams e i Leopard 2, può davvero cambiare il corso della guerra in Ucraina. Questo anche a causa dello stato delle armi pesanti dell'esercito di Vladimir Putin. La Russia, infatti ha potenzialmente perso fino alla metà di tutta la sua flotta di  carri armati operativi dall’inizio della guerra in Ucraina. È quanto risulta dalle informazioni raccolte dal gruppo di monitoraggio Oryx, secondo quanto riporta la Cnn. L'organismo ha raccolto prove visive delle perdite di equipaggiamenti militare in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa, il 24 febbraio 2022, e questa settimana  ha riferito di aver verificato la perdita di mille carri armati russi durante l'intero conflitto, aggiungendo che 544 tank russi sono stati catturati dalle forze ucraine, 79 danneggiati e 65 abbandonati.

Questo bilancio, inoltre, non include le perdite che Oryx non è stato in grado di confermare visivamente, ha dichiarato Jakub Janovsky, un analista militare che contribuisce al blog del gruppo, stimando che il bilancio effettivo potrebbe essere più vicino alle 2mila unità. "La Russia ha iniziato la guerra con circa 3mila carri armati operativi, quindi c’è una buona probabilità che la Russia abbia perso la metà dei suoi"mezzi utilizzabili, ha detto Janovsky, citato da Cnn. 

Sul tema è intervenuto anche Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo. "La Russia ha in programma la costruzione e l’ammodernamento di migliaia di carri armati", mentre l’Ucraina "implora per avere armi dall’estero", ha detto l'ex presidente secondo quanto riporta la Tass. "Ieri, come sappiamo, il nostro avversario chiedeva, implorando, aerei, missili, carri armati mentre era all’estero. Cosa dobbiamo fare in risposta: è chiaro che in questo caso è naturale per noi aumentare la produzione di vari tipi di armi ed equipaggiamenti militari, compresi i carri armati moderni", ha detto Medvedev durante una visita a Omsk. "Stiamo parlando della produzione e dell’ammodernamento di migliaia di carri armati", ha proseguito Medvedev, sottolineando che questo compito deriva dalle decisioni prese da Putin. 

Il premio Pulitzer Seymour Hersh: “Così gli USA hanno fatto saltare il Nord Stream”. Enrica Perucchietti su L'Indipendente su L’Identità il 9 Febbraio 2023.

L’esplosione dei gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico sarebbe stata un’operazione segreta ordinata dalla Casa Bianca e portata avanti dalla CIA. Questa la rivelazione di uno dei più noti giornalisti investigativi statunitensi, Seymour Hersh. Secondo l’inchiesta curata dal più volte Premio Pulitzer, pubblicata sul suo blog, ripresa anche dal Times, lo scorso giugno sommozzatori della Marina USA, utilizzando un’esercitazione militare della NATO come copertura, nota come Baltops 22, avrebbero piazzato degli ordigni esplosivi lungo gli oleodotti che sono stati fatti detonare tre mesi dopo. La rivelazione, d’altra parte, segue un articolo pubblicato dal Washington Post a dicembre 2022, nel quale la testata americana aveva spiegato che non c’erano prove a suffragio della tesi che Russia fosse in qualche modo coinvolta nelle esplosioni ai gasdotti Nord Stream1 e 2. 

La stampa internazionale aveva da subito insinuato che la responsabilità delle perdite dai due gasdotti Nord Stream fosse russa, seppure fin dall’inizio molteplici indizi facessero quantomeno traballare l’interpretazione e portassero piuttosto dritti al coinvolgimento di Washington, come su L’Indipendente avevamo argomentato in un lungo articolo intitolato “Chi ha sabotato il Nord Stream? Se troppi indizi fanno una prova…” pubblicato lo scorso 4 ottobre 2022, ad appena una settimana di distanza dai fatti.

Se in precedenza Mosca aveva puntato il dito contro la marina britannica, la scorsa settimana, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva accusato Washington di essere responsabile dell’attacco.

Ora, dai dubbi sulla Russia e dai rimpalli di responsabilità tra Mosca e Kiev, si passa, con Hersh, alle accuse circostanziate sugli USA: «Chi ha fatto saltare il gasdotto Nord Stream? Incredibilmente, stampa e politici europei sembrano non interessati a conoscere la verità su questo grave attentato, che ha fatto saltare in aria un’infrastruttura energetica di livello strategico per la Germania in primis, ma anche per l’intera Europea. In realtà ormai è ben chiaro chi ci sia dietro l’attacco e chi aveva l’interesse nel far saltare i gasdotti. I governanti europei preferiscono glissare sulla questione perché non hanno alcuna possibilità di protestare o di giustificarsi davanti ai propri popoli. L’Europa è ormai ridotta a un protettorato di Washington». 

Secondo il giornalista, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, avrebbe deciso di realizzare questo atto di sabotaggio dopo nove mesi di operazioni top secret con la sua squadra di sicurezza nazionale. Il problema principale «non era se portare a termine la missione», ma come sbarazzarsi delle prove, scrive Hersh, in modo che non si individuasse il colpevole. La segretezza era essenziale per Washington, per evitare l’ira del Cremlino e rischiare di peggiorare i già delicati rapporti, deterioratisi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Con l’acuirsi delle tensioni tra Kiev e Mosca, l’amministrazione Biden si è concentrata anche su Nord Stream. Il motivo? «Finché l’Europa continuerà a dipendere dai gasdotti per l’approvvigionamento di gas naturale a basso costo, Washington temeva che Paesi come la Germania sarebbero stati riluttanti a fornire all’Ucraina il denaro e le armi necessarie per sconfiggere la Russia», spiega Hersh, sottolineando che è stato in quel momento di incertezza che Biden avrebbe autorizzato Jake Sullivan a elaborare il piano. Hersh sostiene, infatti, che Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, fosse coinvolto nella preparazione del piano di sabotaggio, in modo da assecondare «i desideri del presidente». 

Hersh cita una fonte anonima «con conoscenza diretta della pianificazione» e racconta che i sommozzatori del Diving and Salvage Center della Marina degli Stati Uniti a Panama City, in Florida, avrebbero piazzato esplosivi C4 lungo l’oleodotto, poi attivati ​​da una boa sonar lanciata da un aereo.

Le rivelazioni rilanciate da numerosi media internazionali, sono state smentite dalla Casa Bianca e dalla CIA che hanno definito le notizie sul coinvolgimento di Washington nel sabotaggio del gasdotto una menzogna e una montatura. Adrienne Watson, portavoce della Casa Bianca, ha liquidato la ricostruzione di Hersh come «una finzione completamente falsa». Similmente, Tammy Thorp, portavoce della CIA, ha commentato i fatti in modo analogo, affermando che «questa affermazione è completamente e totalmente falsa». [di Enrica Perucchietti]

Estratto dell’articolo di  Michela A.G. Iaccarino per “il Fatto quotidiano” il 9 febbraio 2023.

“Come l’America ha eliminato l’oleodotto Nord Stream” è il titolo dell’ultimo articolo del reporter premio Pulizer, Seymour Hersh. L’inchiesta, diffusa ieri sul blog del giornalista americano, cita alcune fonti militari statunitensi – tutte anonime – coinvolte nella presunta pianificazione delle esplosioni che hanno distrutto i due gasdotti russi lo scorso novembre 2022.

“La decisione di Biden di sabotare gli oleodotti è arrivata dopo 9 mesi di dibattiti segreti”, scrive Hersh, secondo cui gli attori principali coinvolti nella distruzione dei gasdotti Nord Stream sono William Burns, capo della Cia, il consigliere per la sicurezza Usa Jake Sullivan, la sottosegretaria Victoria Nuland, ed, ovviamente, il presidente Biden. Riunitisi molte volte a porta chiusa, hanno creato una task force composta da membri dell’intelligence e del dipartimento di Stato alla fine del 2021.

 LA QUESTIONE, in quella stanza dei bottoni, è sempre la stessa: non se far esplodere i tubi che trasportano gas russo, ma come farlo “senza dare la minima idea di chi fosse responsabile, qualunque cosa fosse stata fatta, avrebbe dovuto essere segreta”. [...] Oltre che un atto di guerra, “un’azione riconducibile all’amministrazione Usa avrebbe violato le promesse di ridurre al minimo il conflitto con la Russia”, scrive il giornalista.

[…] Secondo quanto riferito dalle fonti di Hersh, in maniera indiretta e oscura, anche il cancelliere Scholz era stato messo a conoscenza del piano di Biden. […]

Hersh: il bombardamento Usa del Nord Stream 2. Piccole Note il 10 Febbraio 2023 su Il Giornale.

La ricostruzione del sabotaggio del Nord Stream 2 ad opera degli Stati Uniti scritta dal premio pulitzer Samuel Hersh è molto dettagliata e ben documentata. Rimandiamo alla lettura integrale dell’articolo per i dettagli, limitandoci a commentare alcuni passaggi.

Negoziare per bombardare

Il primo di grande interesse, è che la prima riunione riservata di alto livello, presieduta da Jake Sullivan, nella quale, a nome della Casa Bianca, il Consigliere per la Sicurezza nazionale chiese alla Cia un piano per distruggere il Nord Stream 2 ebbe luogo agli inizi di dicembre del 2021.

Praticamente in concomitanza con l’incontro virtuale del 7 dicembre tra Biden e Putin, nel quale i due leader avevano stabilito di ridurre le tensioni, incaricando le “rispettive squadre [negoziali] di dare seguito” a quanto concordato (bollettino ufficiale della Casa Bianca).

Invece, mentre in apparenza negoziava, l’amministrazione Usa nel segreto dava ordine di distruggere la più importante infrastruttura geostrategica di Mosca… non si tratta solo di evidenziare una tragica ambiguità, quanto di rilevare che le diffidenze di Mosca sulle rassicurazioni Usa – in particolare che l’adesione dell’Ucraina alla Nato non rappresentava una minaccia per la Russia – avevano un certo fondamento.

Il secondo particolare di certa rilevanza è che l’incarico di far saltare in aria il gasdotto, come scrive Hersh, è stato affidato alla Cia perché le operazioni segrete dell’esercito devono essere autorizzate dal Congresso e a questo devono poi eventualmente rispondere organizzatori ed esecutori.

Come scrive Hersh, un’operazione segreta di tale importanza, che avrebbe potuto innescare un’escalation con Mosca (come da obiezioni sollevate da alcuni funzionari investiti da tale responsabilità), non ricadeva sotto la giurisdizione della Costituzione americana, ma sotto la tutela della Corona. Segno del dispregio dell’establishment per la democrazia.

Alto tradimento

Il terzo particolare che ci sembra importante da sottolineare è il ruolo centrale assunto dalla Norvegia nella vicenda. Non solo fu scelto questo Paese come base operativa, ma all’azione ha partecipato attivamente la Marina norvegese (sia i suoi sommozzatori che l’aereo che, al momento opportuno, ha sganciato la boa che ha attivato i detonatori).

Sul punto, Hersh ricorda, non certo a caso, che l’attuale Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg è stato per otto anni primo ministro norvegese. Hersh non trae conclusioni, ma è difficile immaginare che il capo della Nato non sapesse nulla di quanto stava architettando l’esercito del suo Paese con gli Usa.

Peraltro, Hersh annota che la Norvegia aveva un particolare interesse nella vicenda, dal momento che il collasso del gas russo avrebbe incrementato le vendite del proprio gas all’Europa, come infatti è successo. Ma questo è particolare secondario, mentre restano le domande sul ruolo del Capo della Nato nella vicenda.

Dal momento che la Nato non era e non è in guerra con la Russia, l’eventuale (e non tanto eventuale) placet di Stoltenberg all’operazione rappresenta una deviazione dai binari entro i quali dovrebbe svolgere il suo mandato.

Un tradimento nei confronti dei Paesi che dovrebbe rappresentare, con l’aggravante che, nel caso specifico, ne avrebbe addirittura messo a rischio la Sicurezza, cosa che invece è chiamato a tutelare. Ovviamente, nessuno gli chiederà se sapeva né gli chiederà conto di eventuali responsabilità, cioè del crimine di alto tradimento (come tale si configura nell’ambito militare). Tant’è.

Altro punto di certa rilevanza della ricostruzione di Hersh è quando ricorda che se il 51% della compagnia che gestiva il Nord Stream 2 era di proprietà russa, il restante 49% era appannaggio di quattro società europee, una francese, una olandese e due tedesche, le quali avevano diritti sulla vendita del gas russo.

Così gli Stati Uniti hanno bombardato 4 aziende europee, procurando alle stesse danni ingenti. Evidentemente negli Usa il concetto di alleanza si declina in modi alquanto bizzarri.

L’esercitazione e la fiala all’antrace

Infine, l’ultimo punto che rileviamo della ricostruzione di Hersh è che gli ordigni sul gasdotto sono stati piazzati a giugno, nel corso di una delle usuali esercitazioni militari svolte in quei mari, le Baltops (questa era la Baltops 22), che si è svolta come le altre precedenti con l’appendice del sabotaggio.

Come nota anche Hersh, un’esercitazione militare può offrire una copertura perfetta per un’operazione segreta. Particolare che può trovare applicazioni ad ampio spettro.

Quanto documentato da Hersh ha una portata gravissima, dal momento che gli Stati Uniti ufficialmente non sono in guerra con la Russia, mentre quanto accaduto è chiaramente un’azione di guerra e avrebbe potuto avere conseguenze terribili, come si evince facilmente se solo si pensa al corrispettivo. Infatti, se russi distruggessero una delle più importanti infrastrutture americane, come reagirebbe Washington? L’immagine di un Occidente ragionevole che sta combattendo contro il folle Putin appare, in tal modo, rovesciata.

Due annotazioni conclusive. Anzitutto, tale follia evidenzia tutta la vacuità e l’ipocrisia del mantra che vuole che l’America stia supportando l’Ucraina per salvare l’ordine del mondo e le auree regole sul quale si basa. L’operazione in questione ha le caratteristiche di un crimine da gangster o da Terrore internazionale.

Infine, si noti come, ancora una volta, la forza della Menzogna si sia imposta sull’informazione. Non è solo l’America ad aver mentito al mondo, cosa che continua a fare smentendo il documentato dossier di Hersh, ma ha anche imposto tale Menzogna all’opinione pubblica occidentale attraverso i media ufficiali, peraltro ingaggiandoli nell’accreditare la responsabilità dell’accaduto alla Russia (un’azione suicida già incredibile allora, oggi ancora più incredibile).

La fiala all’antrace sventolata da Colin Powell all’Onu il lontano 5 febbraio 2013 per dare avvio all’invasione dell’Iraq non è un lontano e isolato episodio del passato. Quell’immagine è fotografa più di altre la tragedia presente, del potere e della presa del potere sull’informazione.

Estratto dell'articolo di Valerio Benedetti per “La Verità” il 10 febbraio 2023

Per mesi si è sostenuto che il sabotaggio del Nord Stream, avvenuto lo scorso 26 settembre, fosse opera della Russia. In realtà, di informazioni se ne avevano poche e la logica faceva supporre il contrario: perché mai Mosca avrebbe dovuto danneggiare un gasdotto che gli fruttava miliardi di dollari di entrate? […]

 Ora, però, arriva un’accusa molto forte. Ma l’obiettivo non è più il Cremlino, bensì la Casa Bianca. La «bomba» è stata sganciata dal Seymour Hersh, autorevole giornalista investigativo, esperto di intelligence e settore militare. Vincitore del Premio Pulitzer nel 1970, Hersh ha lavorato per testate liberal come il New York Times e il New Yorker. […]

L’altro ieri, Hersh ha pubblicato sul suo sito internet un’inchiesta molto dettagliata sul sabotaggio del Nord Stream. Già il titolo non lascia adito a dubbi di sorta: Ecco come l’America ha fatto fuori il gasdotto Nord Stream. All’interno del dossier, il giornalista sostiene che l’esplosione che ha danneggiato irreparabilmente la condotta è stata un’operazione ideata dalla Casa Bianca e realizzata dalla Cia.

Nello specifico, gli Stati Uniti avrebbero predisposto il piano nel giugno dello scorso anno, sfruttando un’esercitazione militare della Nato: l’operazione Baltops22, che ha avuto luogo a Kiel, è durata 13 giorni e ha coinvolto 7.000 soldati della Nato, nonché 47 navi militari e 89 aerei. Durante le manovre, i sommozzatori della Marina militare americana avrebbero piazzato cariche di C4 lungo il gasdotto che, attraverso il Mar Baltico, connette la Russia alla Germania.

 Per piazzare le cariche sottomarine, la Cia avrebbe sfruttato la Norvegia. La Marina militare norvegese avrebbe cioè identificato il punto ideale per realizzare l’attentato, vale a dire a poche miglia da Bornholm. Nei pressi di quest’isola danese, infatti, le condotte del Nord Stream 1 e del Nord Stream 2 si intersecano a soli 80 metri di profondità.

 […] Tuttavia, come c’era da aspettarsi, il governo degli Stati Uniti ha negato ogni addebito: «Tutto ciò è completamente falso», hanno commentato all’unisono Adrienne Watson e Tammy Thorp, portavoce rispettivamente della Casa Bianca e della Cia, contattati da Hersh. […]

Estratto dell’articolo di Tino Oldani per “Italia Oggi” il 10 febbraio 2023

«Devo ammettere che il ragazzo ha un bel paio di palle. Aveva detto che l’avrebbe fatto, e l’ha fatto». Così la fonte anonima dello scoop giornalistico mondiale del momento elogia Joe Biden, il «ragazzo» di 80 anni che, forte dei poteri in capo al presidente degli Stati Uniti, ha ordinato di eliminare il gasdotto russo Nord Stream, facendolo saltare.

 L’elogio è nelle righe conclusive di un’inchiesta durata mesi, firmata dal giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh, 85 anni, per decenni penna di punta del New York Times e del New Yorker, che mercoledì 9 febbraio l’ha pubblicata come suo primo post sul blog Substack, immediatamente rilanciato da Zero Hedge.

[…] La notorietà e la fama di cui Hersh gode negli Stati Uniti si devono al fatto che sono state le sue inchieste, scomode per il potere, a rivelare il massacro di civili a My Lai in Vietnam (1968) e lo scandalo della prigione di Abu Ghraib in Iraq (2003).

 […] L’opposizione americana ai due gasdotti Nord Stream (il primo avviato nel 2005, il secondo completato nel settembre 2021, ma mai entrato in funzione) si basava sul fatto che i profitti di Gazprom, azionista russo di maggioranza, bastavano da soli a coprire il 49% del bilancio statale russo. Risorse fondamentali, con cui Putin ha potuto riarmare la Russia, finanziare alcune guerre (Cecenia, Georgia, Crimea), per poi invadere l’Ucraina.

Risorse finanziarie, sottolinea Hersh, fornite a Putin soprattutto dalla Germania, ma anche da altri paesi europei, i quali «sarebbero diventati dipendenti dal gas naturale a basso prezzo fornito dalla Russia, riducendo al contempo la dipendenza dall’America. Esattamente come è avvenuto».

 Come spezzare questo legame, soprattutto tra Germania e Russia, è un tema sul quale negli Usa si dibatteva fino dai tempi della presidenza di Donald Trump. L’obiettivo è stato fatto proprio anche da Biden, ma sul modo di realizzarlo i suoi consiglieri sono stati divisi a lungo.

Scrive Hersh: «La Marina ha proposto di utilizzare un sottomarino di recente costruzione per attaccare direttamente l’oleodotto. L’aeronautica ha suggerito di sganciare bombe con spolette ritardate che potessero essere innescate a distanza. La Cia sosteneva che qualunque cosa fosse stata fatta, doveva restare segreta. Se l’attacco fosse stato riconducibile agli Stati Uniti, sarebbe stato considerato un atto di guerra».

 Secondo la fonte di Hersh, «alcuni uomini della Cia e del Dipartimento di Stato dicevano: non fatelo, è stupido, sarà un incubo politico se si venisse a sapere». C’era poi un ostacolo non da poco. Gli Stati Uniti, a differenza della Russia, sono una democrazia e le operazioni militari sotto copertura devono essere comunicate al Congresso.

A meno che l’operazione non sia preannunciata pubblicamente, sia pure con la dovuta cautela. Ed è proprio questo che è avvenuto quando Biden ha ricevuto Olaf Scholz a Washington il 7 febbraio 2022, pochi giorni prima dell’invasione dell’Ucraina, con migliaia di carri armati russi già schierati ai confini. Nel briefing con la stampa dopo l’incontro, a sorpresa, Biden disse: «Se la Russia invade… non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a tutto». Lo stesso messaggio fu ribadito dalla sottosegretaria Victoria Nuland: «Se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro il Nord Stream 2 non andrà avanti». A quel punto l’operazione Nord Stream venne declassificata a «operazione di intelligence altamente riservata», quindi senza più l’obbligo di informare il Congresso. […]

“Gli Stati Uniti hanno sabotato il gasdotto Nord Stream 2”, lo ‘scoop’ del Pulitzer Hersh (tra tanti dubbi). Carmine Di Niro su Il Riformista il 9 Febbraio 2023

Scoop di rilevanza mondiale o “patacca”? C’è da credere alla notizia riportata dal giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh, decano dei giornalisti americani oggi 85enne, che gli Stati Uniti abbiano sabotato il gasdotto Nord Stream 2, danneggiato da una esplosione sottomarina lo scorso settembre nel pieno della guerra in Ucraina tra Kiev e Russia?

Secondo Hersh l’importante struttura che passa sotto il mar Baltico collegando Russia e Germania per il trasporto del gas, mai entrata in funzione proprio per lo scoppiare del conflitto, sarebbe stata sabotata per volere della Casa Bianca col supporto della Cia e dei governi di Norvegia, Svezia e Danimarca.

L’obiettivo, sempre secondo il giornalista, era quello di ‘slegare’ Berlino dalla dipendenza del gas russo, cosa poi effettivamente accaduto per lo stop anche al primo gasdotto Nord Stream e alle sanzioni internazionali imposte al Cremlino.

Ma al di là del racconto ‘geopolitico’, che pure ha un suo senso, lo scoop di Hersh poggia su basi traballanti. A partire dalla singola fonte riportata nel suo articolo, ovviamente anonima, e dall’assenza di documenti o elementi fattuali che possano supportare la tesi dell’85enne Hersh, vincitore del premio Pulitzer per il suo scoop sul massacro commesso nel 1969 dalle truppe americane nel villaggio vietnamita di My Lai e di numerosi altri premi.

Non è un caso se il giornalista sia stato di fatto costretto a pubblicare il suo “scoop” su Substack, piattaforma online per blogger: nessuno tra i quotidiani con cui ancora oggi collabora, tra cui il New York Times, ha accettato di pubblicare un articolo così sprovvisto di prove.

Dell’unica fonte citata per l’articolo non viene infatti specificato, neanche in termini vaghi, il suo ruolo nella vicenda e perché sarebbe a conoscenza dei dettagli dell’operazione che avrebbe coinvolto anche i governi di Svezia, Norvegia e Danimarca.

Il ‘reportage’ di Hersh parte da presupposti veritieri, ovvero l’ostilità degli Stati Uniti nei confronti del gasdotto che avrebbe dovuto aumentare le importazioni di gas russo verso la Germania, aggirando tra l’altro Paesi ostili al regime di Mosca come Polonia e Ucraina.

Da questa base parte però un racconto lacunoso e inverificabile. Hersh scrive che l’amministrazione Biden già nel dicembre 2021, quindi prima dello scoppiare della guerra, aveva deciso di agire con un sabotaggio della struttura. La Cia sarebbe stata aiutata da forze speciali norvegesi, che avrebbero piazzato le cariche esplosive per danneggiare il gasdotto durante l’esercitazione Nato Baltops 2022, utilizzata come copertura.

Non a caso l’articolo di Hersh è stato accolto con forte scetticismo dai media internazionali e smentito rapidamente dalla stessa Casa Bianca, dalla Cia e dal Pentagono, che parlano di accuse “assolutamente false” e di “invenzioni”. Gli unici a sfruttare l’occasione sono ovviamente i russi, che tramite la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, chiedono una commissione d’inchiesta internazionale.

Sul sabotaggio del Nord Stream 2 resta certamente il mistero, visto che ad oggi non è chiaro cosa abbia provocato il suo danneggiamento, lasciando così lo spazio per scambi di accuse reciproci tra Stati Uniti e Russia. Nelle scorse settimane una indagine tedesca aveva evidenziato che non vi sono prove di un coinvolgimento di Mosca nel sabotaggio del gasdotto, ma gli stessi investigatori non hanno potuto accedere all’area dell’attacco perché in acque territoriali svedese, che hanno proibito ogni accesso. Da Stoccolma l’unica notizia filtrata è che l’attacco sia effettivamente il risultato di un sabotaggio, con tracce di esplosivo trovare intorno all’area danneggiata.

Quanto a Hersh, il problema col suo racconto deriva anche dalla fama sempre più scadente del giornalista negli ultimi a causa di scoop rivelatisi falsi. Due in particolare quelli che hanno affossato la sua reputazione: il primo nel 2013 in cui metteva in dubbio la versione ufficiale sugli attacchi chimici sul distretto ribelle di Ghouta in Siria, compiuti dal regime di Assad. Secondo il premio Pulitzer sarebbe stata opera degli stessi ribelli per spingere Washington ad attaccare il regime di Damasco. Senza documenti e basato su una sola fonte, l’articolo venne rifiutato dal New York Times e pubblicato sulla London review of books.

Quindi due anni dopo un secondo scoop-fiasco riguardante la “vera storia” dell’uccisione del leader dei Talebani Osama Bin Laden. Secondo Hersh infatti il terrorista internazionale era da tempo prigioniero dei pakistani e la sua cattura da parte degli americani era stata una messa in scena per nascondere la complicità di Islamabad nella fuga di Bin Laden. Le fonti in questo caso sono due funzionari dell’intelligence Usa e pakistana in pensione da anni: anche questa volta il ‘suo’ giornale rifiuta la pubblicazione dell’articolo, poi stroncato da esperti e giornalisti.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Perché Cina e India non condannano Putin. Storia di Aldo Cazzullo su Il Corriere della Sera il 9 febbraio 2023.

Caro Aldo, per sostenere la guerra in Ucraina l’Europa e gli Usa si stanno impoverendo inviandole grandi quantità di aiuti gratuiti e dovendo acquistare sul mercato mondiale prodotti energetici a caro prezzo. Per la stessa ragione invece la Cina sta facendo guadagni colossali acquistando petrolio e gas russo a prezzo scontato e fornendole prodotti, non più acquistabili dall’Europa, a prezzi piu alti (così anche l’India). Mi sembra chiaro che chi è più interessato al proseguimento della guerra sia la Cina. Che poi approfitta anche per minacciare, con pochi rischi, il mondo occidentale e anche per ottenere un maggior peso internazionale. La conseguenza è che la guerra in Ucraina si potrà chiudere solo quando il mondo occidentale lascerà unire Taiwan alla Cina. Sbaglio? Giovanni Decio

Caro Giovanni, Per certi versi credo sia vero il contrario: il sostegno all’Ucraina da parte dell’Unione europea e più ancora degli Stati Uniti serve proprio a distogliere la Cina dal suo proposito di attaccare Taiwan. Joe Biden ha lasciato chiaramente intendere che l’America sosterrebbe Taiwan con ancora maggior convinzione di quella con cui sostiene l’Ucraina. L’America ha combattuto la seconda guerra mondiale — oltre ovviamente che con gli sbarchi in Marocco, in Sicilia, in Normandia — principalmente nel Pacifico. Ha da sempre il complesso di non essere intervenuta nella guerra civile cinese, al punto che combatté un conflitto in Corea per frenare Pechino, e Truman dovette esautorare il generale MacArthur che contro nordcoreani e cinesi voleva usare l’atomica. Abbandonare Taiwan equivarrebbe per gli americani al riconoscimento dell’egemonia mondiale di Pechino. Ciò detto, è significativo che sia il presidente cinese Xi Jinping sia il premier indiano Narendra Modi non abbiano condannato l’aggressione russa. L’atteggiamento dell’India non deve stupire: New Delhi ha un’antica tradizione filosovietica; inoltre ha pessimi rapporti con Pechino, e non intende inimicarsi pure Mosca. Ma l’economia cinese è tra quattro e cinque volte più grande di quella indiana. La Cina condannerà la guerra in Ucraina e magari interverrà come mediatrice quando avrà la percezione che in termini economici, mercantili e politici sarà suo interesse farlo. E cioè se e quando la contrazione degli scambi e della crescita internazionale finirà per danneggiare la Cina stessa.

Ucraina Russia, le notizie sulla guerra del 10 febbraio. Marco Bruna, Paolo Foschi, Redazione Online su Il Corriere della Sera il 10 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di venerdì 10 febbraio. Giallo sul missile nello spazio aereo moldavo. La premier della Moldavia si è dimessa, al suo posto nominato Dorin Recean. Kiev chiede all'Olanda i caccia F-16

• La guerra in Ucraina è arrivata al 352esimo giorno.

• Le sirene antiaereo sono scattate a Kiev e in altre città.

• Lavrov: «L’Occidente vuole distruggerci come Hitler».

• Zelensky in missione in Europa per avere armi: cosa otterrà? Il presidente ucraino è stato rassicurato sul sostegno militare, ma Macron ha gelato le aspettative sugli aerei: «Impossibile la consegna in tempi brevi».

Ore 05:05 - Zelensky in missione in Europa per avere equipaggiamenti: cosa otterrà?

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Zelensky, in missione in Europa per ottenere altri equipaggiamenti, ha detto: non posso tornare a casa a mani vuote. E una risposta — in parte «segreta» — l’ha ricevuta. Alla fine potrebbe ottenere caccia e armi a lungo raggio. Ci sono questioni che però, ha spiegato il suo capo dello staff Andrei Yermak, sono risolvibili, frase preceduta da un più ottimistico «sono state risolte». Cosa gli daranno? Da settimane gli esperti sfogliano il catalogo bellico, ricordando sempre tre fattori: devono essere disponibili, esportabili e la fornitura non deve intaccare la sicurezza nazionale.

Ore 05:06 - Fonti, alcuni Paesi Ue disposti a coalizione-jet per Kiev

«Bisogna costruire una coalizione per i jet così come è stata fatta per i tank. Zelensky ha visto che tra i Paesi europei c’è la volontà di procedere in questo senso. Il prossimo passaggio sarà la riunione di Ramstein la settimana prossima, è una data importante». Così un’alta fonte diplomatica commentando l’ottimismo sfoggiato oggi dal presidente ucraino sulla possibilità di ricevere armamenti avanzati dall’Europa. Nel corso dei bilaterali di gruppo organizzati a margine del Consiglio alcuni leader sarebbero entrati nei dettagli degli armamenti richiesti da Kiev e sarebbe emersa un’esigenza particolare di ottenere i Mig-29, in dotazione di alcuni alleati, sebbene adattati agli standard Nato.

Ore 05:07 - Zelensky atteso in Polonia dopo visita a Bruxelles

Dopo la visita a Bruxelles, Zelensky è atteso in Polonia dove dovrebbe incontrare il capo di Stato polacco, Andrzej Duda. La visita non è confermata in via ufficiale, ma sugli spostamenti del leader ucraino c’è grande riservatezza per ragioni di sicurezza.

Ore 05:08 - Kiev: colpito aeroporto di Berdyansk occupata, uccisi 100 russi

Dopo aver colpito ieri l’aeroporto di Berdyansk, nella regione di Zaporizhzhia occupata dai russi, più di 100 soldati russi sono stati uccisi e l’aeroporto è stato danneggiato. Lo riportano i media ucraini riprendendo quello che l’amministrazione militare della città di Berdyansk ha scritto su Telegram. «Abbiamo ricevuto dai nostri difensori informazioni dettagliate sulle esplosioni di ieri: l’aeroporto è stato colpito», si legge nel post.

Ore 05:10 - Terremoto in Turchia, al lavoro anche una squadra di soccorritori ucraini

È già operativa ad Antiochia in Turchia una squadra di soccorritori inviata del servizio di emergenza nazionale ucraino. La squadra ha allestito una tendopoli e ha iniziato a cercare i sopravvissuti sotto le macerie in aree loro assegnate nella provincia di Hatay. Il governo di Kiev aveva annunciato martedì scorso la decisione di inviare 87 soccorritori in Turchia.

Ore 05:10 - Il Belgio non può donare carri armati a Kiev, li ha già venduti a un privato

Il Belgio non è in grado di offrire carri armati Leopard all’Ucraina perché li ha venduti tutti e starebbe cercando di ricomprarli a un prezzo ragionevole. Secondo quanto riportato dal canale Rtl, buona parte dei mezzi blindati un tempo appartenuti all’esercito belga adesso si trovano nella città meridionale di Tournai, nei depositi di Freddy Versluys, imprenditore del settore dei veicoli militari. Secondo la tv belga, il governo di Bruxelles, che non ha più carri armati nei suoi depositi di difesa, ha esplorato la possibilità di riacquistare da Versluys i carri armati per inviarli in Ucraina. Ma per il ministro della Difesa i prezzi sono irragionevoli ed estremamente alti. «Questi carri armati sono stati venduti per una cifra stimata intorno ai 10-15mila euro perché non funzionavano più. Nulla vieta di riacquistarli, ma non sono operativi» e «il prezzo di riacquisto è di 500mila euro ciascuno», ha precisato la titolare della Difesa Ludivine Dedonder. Da parte sua, Versluys ha negato di essere stato contattato dal governo belga. L’imprenditore ha affermato che è difficile stimare il prezzo a cui venderà i carri armati. «Non ho mai dato un prezzo al governo e le tariffe possono variare dai 200 ai 300mila euro», ha spiegato.

Ore 05:11 - Washington Post: attacchi di Kiev guidati da coordinate Usa

Gli Stati Uniti e i Paesi alleati forniscono o confermano alle forze ucraine le coordinate per la maggior parte degli attacchi condotti con i sistemi missilistici avanzati forniti dagli Usa, quali gli Himars. Lo riporta il Washington Post citando alcune fonti, secondo le quali le forze ucraine non lanciano quasi mai attacchi con i sistemi avanzati senza le coordinate specifiche fornite dal personale militare americano in qualche base in Europa. Secondo una fonte statunitense, l’assistenza americana nel mirare i colpi serve per assicurare la precisione e usare le munizioni con il massimo effetto. Gli Stati Uniti, precisa la fonte, offrono le coordinate solo in un ruolo di consulenza e le forze ucraine non cercano il via libera americano prima di procedere.

Ore 05:13 - Macron: impossibile consegnare a Kiev aerei da guerra in tempi brevi

Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che gli aerei da combattimento richiesti dall’Ucraina non potranno «in nessun caso» essere «consegnati nelle prossime settimane», assicurando di voler offrire armi «più utili» e «più veloci». «Non escludo assolutamente nulla», ha assicurato alla stampa il presidente francese a Bruxelles sulle consegne di aerei da combattimento, dopo un vertice europeo alla presenza del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. Ma «non corrisponde alle esigenze di oggi», ha stimato, «i jet da guerra non sono una priorità in questo momento per le forze armate di Kiev».

Ore 05:13 - Van der Leyen: nuove sanzioni per colpire la macchina da guerra russa

«Sulle nuove sanzioni alla Russia i preparativi sono ancora in corso. Vogliamo colpire in particolare la macchina da guerra russa, cercando di individuare le tecnologie e i pezzi di ricambio utilizzati dalle forze armate russe. Bloccheremo tutte le esportazioni dei beni di cui siamo fornitori unici»: lo ha detto Ursula von der Leyen in conferenza stampa al termine della riunione del Consiglio Europeo.

Ore 07:26 - «Escalation dell’offensiva russa nell’Ucraina orientale»

Le truppe russe hanno lanciato un’importante offensiva nell’Ucraina orientale, stanno cercando di avanzare verso Ovest tra neve e foreste, puntando a sfondare le difese vicino alla città di Kreminna. C’è stata una «massima escalation» e un grande aumento di sparatorie e bombardamenti, ha riferito il governatore della regione di Luhansk, Serhiy Haidai. «Vediamo piccoli gruppi (di soldati russi) che cercano di avanzare, a volte con il supporto di armature pesanti – veicoli da combattimento di fanteria e carri armati – e a volte no. C’è un fuoco continuo. Finora non hanno avuto alcun successo. I nostri difensori sono stati in grado di trattenerli completamente» ha assicurato.

Nella notte le forze russe hanno attaccato anche le regioni di Kharkiv, Zaporizhzhia e Khmelnytskyi, prendendo di mira le infrastrutture energetiche, hanno confermato le autorità locali. La città di Zaporizhzhia, nel sudest dell’Ucraina, è stata colpita la notte scorsa 17 volte in un’ora, ha reso noto un funzionario ucraino, citato dalla Cnn.

Ore 08:09 - Media: «Kiev pronta a colpire Crimea con missili lungo raggio»

«L’Ucraina è pronta a usare missili a lungo raggio forniti dal Regno Unito per colpire la Crimea annessa dalla Russia, in una potenziale escalation del coinvolgimento occidentale nel conflitto»: lo riporta il quotidiano britannico The Times. Il premier britannico Rishi Sunak ha promesso di inviare a Kiev ulteriori aiuti militari dopo la visita a sorpresa del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Londra questa settimana, ricorda il giornale. Secondo il Times, si sta discutendo se questi aiuti debbano includere missili antinave Harpoon o gli Storm Shadow. Fonti della difesa ucraina hanno confermato, sempre al Times, che Kiev sarebbe pronta a usare i missili per colpire la Crimea dopo un avvertimento di Zelensky che le armi a lungo raggio fornite dagli alleati occidentali colpirebbero «in profondità nei territori occupati», scrive il quotidiano.

Ore 08:19 - Allarme antiaereo in tutta l’Ucraina

Un allarme antiaereo è scattato questa mattina in tutta l’Ucraina, mentre funzionari di Kiev hanno messo in guardia da possibili attacchi missilistici russi, invitando i residenti a mettersi al riparo. «C’è una forte minaccia di attacco missilistico. Voglio ribadire che non bisogna ignorare le sirene di allarme aereo», ha dichiarato Serhiy Popko, capo dell’amministrazione militare della capitale ucraina. Da parte sua, anche il consigliere presidenziale, Anton Gerashchenko, ha parlato di «minaccia di un massiccio attacco missilistico russo» e ha esortato la popolazione a rimanere nei rifugi.

Ore 08:24 - Duda riceve Zelensky: focus sul sostegno a Kiev

Il presidente polacco Andrzej Duda ha ricevuto il suo omologo ucraino Volodymyr Zekensky a Rzeszow, in Polonia. Sull’account Twitter della presidenza di Varsavia sono state diffuse immagini del bilaterale ed è stato spiegato che i due leader «hanno parlato della situazione attuale al fronte e della sicurezza nella nostra regione», oltre che della «necessità di ulteriori azioni per fornire il sostegno militare». I due leader hanno anche parlato del prossimo vertice della Nato che si terrà a Vilnius. Zelensky ha quindi ringraziato Duda per gli aiuti che la Polonia ha offerto all’Ucraina dopo l’aggressione russa e la cura che ha disposto di migliaia di rifugiati ucraini, come si legge sull’account Twitter della presidenza polacca.

Ore 08:29 - Missili russi su Kharkiv nella notte

Le forze russe hanno lanciato la notte scorsa un attacco missilistico contro la città e la regione di Kharkiv: lo ha reso noto su Telegram il governatore della regione, Oleg Synyehubov, come riporta il Guardian. «Alle 4 del mattino, il nemico ha lanciato attacchi missilistici sulla città di Kharkiv e sulla regione con missili S-300. Sono state prese di mira strutture critiche e infrastrutture. Sono scoppiati incendi, che i soccorritori sono riusciti a spegnere rapidamente. Tuttavia, alcune aree della città rimangono senza elettricità... Fortunatamente non ci sono vittime», ha scritto Synyehubov.

Ore 08:47 - Presidente delle ferrovie ucraine Kamyshin: «Accompagneremo Meloni a Kiev in treno»

«Accompagneremo Giorgia Meloni a Kiev in treno». Lo ha detto Oleksandr Kamyshin, presidente delle Ferrovie ucraine, in un’intervista esclusiva rilasciata a FSNews, la testata online del Gruppo FS Italiane. Il Presidente ha aggiunto che fino ad ora sul treno diplomatico delle ferrovie ucraine «sono state ospitate 227 delegazioni» e «organizzato un viaggio memorabile per l’ex primo ministro italiano Mario Draghi a Kiev». «Ora aspettiamo il presidente Giorgia Meloni - ha detto Kamyshin - per rendere anche il suo viaggio eccezionalmente confortevole». Il numero uno delle Ferrovie ucraine ha anche sottolineato le difficoltà affrontate dall’inizio del conflitto per mantenere in efficienza il sistema ferroviario del Paese e di come gli iron people (uomini di ferro), come chiamiamo i ferrovieri ucraini in questi giorni, siano diventati un simbolo della resilienza civile.

Ore 09:19 - Kiev: «Attacco missilistico russo contro Kryvyi Rih»

Esplosioni sono state udite questa mattina a Kryvyi Rih, nell’Ucraina centrale, durante un allarme antiaereo che ha interessato tutto il Paese: lo ha reso noto il capo dell’amministrazione militare della città, Oleksandr Vilkul, come riportano i media nazionali. «Restiamo tutti nei rifugi. Altri 7 missili si stanno avvicinando a noi», ha scritto Vilkul, esortando i residenti a non pubblicare nulla su Internet.

Ore 09:22 - Esplosioni a Kiev, Kremenchuk e Poltava

Esplosioni in diverse zone dell’Ucraina dopo che l’allerta anti-aerea era stata dichiarata in tutto il Paese. La testata Ukrinform riferisce che esplosioni sono state udite a Kiev e nella regione di Kiev. Inoltre l’emittente di Stato ucraina Suspilne riferisce di esplosioni anche nel distretto di Kremenchuk e nella regione di Poltava.

Ore 09:44 - Kiev: «Ieri 18 attacchi contro le forze russe»

L’aviazione militare ucraina ha lanciato ieri 18 attacchi contro le forze russe, mentre altri quattro attacchi sono stati lanciati contro i sistemi russi di difesa antimissile: lo rende noto il capo di stato maggiore ucraino in un aggiornamento questa mattina su Facebook.

Ore 09:55 - Medvedev contro Biden: «Potrebbe distrattamente scatenare III guerra mondiale»

L’ex presidente russo Dmitry Medvedev, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Russia, torna a evocare lo spettro di una Terza guerra mondiale e lo fa attaccando il presidente Usa Joe Biden, al quale si riferisce chiamandolo «vecchio Biden», che a suo dire «potrebbe distrattamente scatenare la Terza guerra mondiale».

Ore 10:01 - Kiev: «La difesa aerea in azione nella capitale»

La difesa aerea è entrata in azione a Kiev: lo scrive su Twitter la parlamentare ucraina Lesia Vasylenko, mentre il sindaco della capitale, Vitali Klitschko, svrive su Telegram che «i rottami di un missile hanno danneggiato un’auto e il tetto di una casa privata nel quartiere Holosiivskyi». «L’attacco missilistico continua. Rimanete nei rifugi!», aggiunge il sindaco. Vasylenko commenta che la capitale rimane immobile e avvolta in un silenzio paragonabile all’attesa prima della tempesta.

Ore 10:24 - Zelensky fa tappa in Polonia, vertice di due ore con Duda

Di ritorno da Bruxelles il presidente ucraino Volodymyr Zelesnky ha fatto tappa in Polonia, dove ha visto il suo omologo polacco Andrzej Duda. L’incontro della durata di ore è avvenuto nella località di Rzeszow, ultima città polacca prima di entrare nel territorio ucraino. Lo riferisce sui social Marcin Przydacz, capo del dipartimento affari internazionali della presidenza polacchi. Zelensky ha a parlato con Duda degli incontri a Bruxelles e nelle altre capitali europee, riferendo della necessità dell’Ucraina di ulteriori forniture militari. La prossima settimana Duda incontrerà il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.

Ore 10:47 - Aiea: «Prosegue lavoro con Mosca per sicurezza Zaporizhzhia»

«Sono a Mosca per continuare il lavoro tecnico dettagliato per la creazione di una zona di sicurezza intorno alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia. Ho incontrato il direttore generale di Rosatom Alexey Likhachev e un gruppo intergovernativo»: lo ha scritto ieri sera in un tweet il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi.

Ore 11:02 - Kiev: «Missili russi sono passati nello spazio aereo romeno e moldavo»

Durante il massiccio attacco di stamattina, due missili da crociera russi Kalibr hanno attraversato lo spazio aereo romeno. Lo afferma il comandante in capo delle forze armate dell’Ucraina Valery Zaluzhny su Facebook. «L’11 febbraio alle 10.18, due missili da crociera Kalibr russi hanno attraversato il confine di Stato dell’Ucraina con la Repubblica di Moldavia. Intorno alle 10.33, questi missili hanno attraversato lo spazio aereo rumeno per poi rientrare nello spazio aereo dell’Ucraina nel punto di intersezione del confine dei tre Stati. I missili sono stati lanciati dal Mar Nero».

Ore 11:09 - Macron non esclude di ritirare la Legion d’Onore a Putin

«Nulla è vietato»: il presidente francese, Emmanuel Macron, non esclude di ritirare la Gran Croce della Legion d’Onore, il massimo riconoscimento della Francia, attribuito nel 2006 al presidente russo Vladimir Putin. Interrogato sulla questione a margine del consiglio informale Ue di Bruxelles, Macron ha detto che si tratta di una «questione simbolica ma importante». «Nulla è vietato - ha proseguito - ma non è una decisione che ho preso oggi». E ancora, per il leader di Parigi, si tratta sempre di «decisioni pesanti di significato e penso che si debba valutare il buon momento per farlo». Nel corso dell’incontro dell’altro ieri a Parigi, prima di ripartire per il consiglio straordinario Ue di Bruxelles, Macron, ha decorato lo stesso omologo ucraino, Volodymyr Zelensky con la Gran Croce della Legion d’Onore. Nel 2006 Putin, venne insignito della stessa distinzione dall’allora presidente, Jacques Chirac, e in Francia c’è chi chiede ora di ritirargliela.

Ore 11:14 - Romania: «Non confermato che missili russi hanno sorvolato spazio aereo nazionale»

Il ministero della Difesa della Romania non conferma che uno o più missili russi avrebbero sorvolato lo spazio aereo nazionale. Lo ha detto il portavoce del dicastero, Constantin Spinu, in merito alle informazioni riportate dal comandate delle forze armate ucraine Valerij Zaluzhnyj. «Le informazioni su un missile russo che avrebbe sorvolato lo spazio aereo romeno non sono confermate», ha detto Spinu.

Ore 11:22 - Kiev: «Respinti 13 missili nella regione di Odessa»

Nella regione di Odessa il sistema di difesa aerea ucraino ha respinto 13 missili. Lo riferisce Maxim Marchenko, capo dell’amministrazione regionale locale.

Ore 11:23 - Lavrov: «Come Hitler e Napoleone vogliono smembrarci»

Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov attacca «coloro che hanno deciso di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, hanno deciso di adottare la triste esperienza di Napoleone e Hitler, dichiarando apertamente l’obiettivo di distruggere la Russia o indebolirla il più possibile, le loro richieste per lo smembramento della nostra patria stanno diventando sempre più forti. Ma afferma il ministro, come riporta Ria Novosti, «è chiaro che non solo sopravviveremo ma usciremo da questo confronto ancora più forti».

Ore 11:34 - «Putin farà un discorso al Parlamento russo il 21 febbraio»

Il presidente russo Vladimir Putin il 21 febbraio terrà un discorso all’Assemblea Federale russa: lo ha annunciato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ripreso dalla Tass.

Ore 11:36 - Moldova conferma: «Un missile ha violato il nostro spazio aereo»

Il ministero della Difesa della Moldova ha dichiarato che questa mattina un missile diretto in Ucraina ha attraversato il suo spazio aereo. «Alle 10.18 un missile ha attraversato lo spazio aereo della Repubblica di Moldova, sopra la città di Mocra nella regione della Transnistria e, successivamente, sopra la città di Cosaui nel distretto di Soroca, dirigendosi verso l’Ucraina - ha scritto il ministero in un comunicato - il ministero della Difesa, con le autorità competenti nel Paese, monitora attentamente la situazione nella regione, e condanna fermamente la violazione dello spazio aereo della Repubblica di Moldova», ha aggiunto. Il comunicato non menziona specificamente che il missile fosse russo. Valeriy Zaluzhnyi, comandante in capo delle forze armate ucraine, ha detto oggi che due missili lanciati dai russi hanno attraversato lo spazio aereo rumeno e moldavo prima di entrare in Ucraina.

Ore 11:43 - Il Cremlino non commenta missili russi in spazio aereo rumeno

Il Cremlino non commenta le notizie secondo cui missili russi hanno attraversato lo spazio aereo rumeno e rimanda la questione al ministero della Difesa. Lo afferma il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov.Ore 11:45 - Kiev: «Colpiti impianti termici e a idrogeno in sei regioni»

Nell’attacco di oggi in Ucraina sono stati colpiti impianti di generazione termica e di idrogeno, oltre ad infrastrutture per l’alta tensione, in sei regioni del Paese. Lo fa sapere il ministero ucraino dell’Energia attraverso Fecebook. La situazione più difficile è nelle regioni di Zaporizhzhia, Kharkiv, e Khmelnystskyi.

Ore 11:49 - Il ruolo degli Usa: Washington fornisce coordinate per gli strike e vuole riattivare un programma segreto

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Ogni guerra ha il suo «lato oscuro», fatto di segreti e attività coperte. Che emergono per ragioni politiche, quando si vuole ottenere qualcosa. Il Washington Post ha proiettato un fascio di luce su due «fronti» in parte noti: gli Usa hanno fornito a Kiev coordinate precise per la maggioranza degli strike degli Himars; il Pentagono vuole riattivare un programma riservato che permette alle forze speciali di collaborare in modo stretto con gli ucraini.

Ore 12:01 - Michel: «Da Mosca tattica terroristica, avanti su difesa aerea»

«Gli attacchi indiscriminati della Russia alle città ucraine sono crimini di guerra. Questa tattica terroristica non scoraggerà l’Ucraina o i suoi partner. L’Ue e i suoi Stati membri sono al fianco dell’Ucraina e di tutti gli ucraini. E accelererà ulteriormente la fornitura di attrezzature militari, compresa la difesa aerea». Così il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, su Twitter.

Ore 12:01 - Ministero della Difesa romeno: «Nessun missile russo ha attraversato il nostro spazio aereo»

Il ministero della Difesa della Romania non conferma le informazioni, fornite dall’Ucraina, sul sorvolo di un missile russo sul territorio del Paese. Lo riportano i media rumeni. «Le informazioni su un missile russo che ha sorvolato lo spazio aereo della Romania non sono confermate», ha detto il ministero. In un’ulteriore dichiarazione ha affermato che i sistemi di sorveglianza hanno rilevato quello che sembrava un missile da crociera lanciato da una nave russa vicino alla Crimea, ma che non ha attraversato lo spazio aereo rumeno.

Ore 12:05 - Mattarella: «La Russia porta indietro le lancette storia»

«La civiltà della convivenza, del dialogo, del diritto internazionale, della democrazia è l’unica alternativa alla guerra e alle epurazioni, come purtroppo ci insegnano - ancora oggi - le terribili vicende legate all’insensata e tragica invasione russa dell’Ucraina. Un inaccettabile tentativo di portare indietro le lancette della storia, cercando di ritornare in tempi oscuri, contrassegnati dalla logica del dominio della forza». Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alle celebrazioni del Giorno del Ricordo al Quirinale.

Ore 12:18 - Meloni: «L’impegno dell’Italia sull’Ucraina è a 360 gradi»

«La posizione dell’Italia è estremamente chiara e coerente sull’Ucraina con un impegno a 360 gradi che riguarda il fronte finanziario, militare e civile e a Zelensky con cui ho parlato ho ribadito questo». Così la premier Giorgia Meloni a Bruxelles.

Ore 12:24 - Meloni: «A Zelensky ribadito il sostegno di Italia e Ue»

«L’Ue ritiene di restare al fianco di Kiev con tutti gli strumenti necessari. Ieri a Volodymyr Zelensky ho ribadito la nostra piena disponibilità, ma era importante che al di là degli stati lo facesse il Consiglio europeo nel suo complesso». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa.

 

Ieri dall’Europa si è data «un’immagine di compattezza e credo che sia un segnale molto importante, chiaramente dentro al Consiglio Ue e nelle conclusioni c’è la conferma del pieno sostegno alla causa della sovranità e della libertà. Abbiamo ribadito che l’Ue rimarrà al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario», ha aggiunto.

Ore 12:32 - Seconda allerta aerea per oggi su tutta l’Ucraina

Le autorità dell’Ucraina hanno diramato per la seconda volta nella giornata il segnale di allerta aerea in tutto il Paese. È quanto emerge dalla mappa di allerta aerea online del ministero degli Affari digitali di Kiev. Inoltre, l’agenzia di stampa «Rbk Ucraina» ha affermato che almeno tre aerei da combattimento russi sono decollati dalla Bielorussia.

Ore 12:44 - Meloni: «Pronti all’invio di Samp-T a Kiev con la Francia»

«Assolutamente sì, siamo da tempo impegnati in joint venture» con Parigi «su una materia molto importante per l’Ucraina. Credo che si stia procedendo speditamente e nei prossimi giorni saremo in grado di annunciarlo definitivamente». Così la premier Giorgia Meloni conferma l’invio dell’Italia con la Francia del sistema Samp-T a Kiev.

Ore 12:51 - Meloni: «L’incontro a Parigi politicamente sbagliato»

«Non è facile per nessuno di noi gestire la questione Ucraina con l’opinione pubblica, quello che noi facciamo lo facciamo perché è giusto ma forse non è la cosa migliore sul piano del consenso. Quello che era giusto era la foto dei 27 con Zelensky, anticipare la compattezza con una riunione a Parigi era politicamente sbagliato. Il tema non era stare nella fotografia e io non ho condiviso» la scelta. Così la premier Giorgia Meloni a Bruxelles sull’incontro all’Eliseo tra Macron e Scholz con Zelensky.

Ore 12:52 - Kiev: «Recuperati 61 corpi di soldati caduti»

Il ministero ucraino per la Reintegrazione dei territori informa che sono stati recuperati i corpi di 61 soldati ucraini morti al fronte. Lo si legge in un comunicato dello stesso ministero, diffuso via Telegram

Ore 12:55 - La premier della Moldavia rassegna le dimissioni

La premier filo-occidentale della Moldavia, Natalia Gavrilita, ha rassegnato le dimissioni. Gavrilita ha dichiarato in una conferenza stampa che «è giunto il momento», sottolineando che nessuno si aspettava che il suo governo, eletto nell’estate del 2021, dovesse gestire «così tante crisi causate dall’aggressione russa in Ucraina». La premiership di Gavrilita è stata segnata da una lunga serie di problemi, dalla crisi energetica all’inflazione, ai missili sparati nel corso del conflitto in Ucraina che hanno sorvolato lo spazio aereo moldavo. Un nuovo governo sarà nominato dalla presidente Maia Sandu e dovrà poi essere approvato dal parlamento.

Ore 13:09 - Meloni: jet a Kiev? L’Italia fa sua parte, non dico di più

«Noi siamo disponibili a fare la nostra parte a 360 gradi. Preferisco non dire di più. Dipende dagli equilibri della comunità internazionale, ma noi ci siamo e ci siamo sempre stati. Dei timori, sentiti più dall’opposizione che dalla maggioranza, sul fatto che aiuti militari portino ad un’escalation della guerra io non sono assolutamente d’accordo». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa a Bruxelles rispondendo a chi gli chiede della posizione italiana sull’invio di jet a Kiev e sui malumori in Italia per un’escalation degli aiuti militari.

Ore 13:46 - Zelensky: «I missili su Romania e Moldavia? Una sfida alla Nato»

«Diversi missili russi sono passati attraverso lo spazio aereo della Moldavia e della Romania. Questi missili sono una sfida per la Nato e la sicurezza collettiva. Questo è il terrore che può e deve essere fermato. Il mondo deve fermarlo». Lo ha detto Zelensky intervenendo sul suo canale Telegram mentre l’allarme a Kiev è ancora in corso.

Ore 13:12 - Mosca: conquistato un villaggio nella regione di Kharkiv

Le forze russe hanno conquistato il villaggio di Dvurechnoye, nella regione di Kharkiv, secondo quanto annuncia il ministero della Difesa di Mosca citato dalle agenzie russe.

Ore 13:20 - Meloni: «Io avrei preferito Zelensky presente a Sanremo»

«Io avrei preferito che Zelensky fosse stato presente a Sanremo». Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa aggiungendo di aver «apprezzato» la scelta del presidente ucraino di inviare poi la lettera. «Mi dispiace più che altro che si sia creata una polemica: non è mai facile far entrare la politica in una manifestazione come Sanremo, anche se poi ci entra sempre», ha detto. Sottolineando: «Credo che fosse comunque importante una sua presenza».

Ore 13:28 - Kiev: abbiamo deciso di non abbattere i razzi su Romania e Moldova

Secondo il portavoce dell’aeronautica militare ucraina, Kiev avrebbe potuto oggi abbattere i razzi russi che hanno sorvolato la Romania e la Moldavia ma ha scelto di non farlo. Intervistato da un’emittente tv, il portavoce ha detto: «Abbiamo compreso il rischio per la popolazione di uno Stato straniero e non lo abbiamo fatto». Kiev ha annunciato di aver abbattuto 61 dei 71 missili lanciati oggi dalla Russia.

Ore 14:06 - Amadeus: la modalità di intervento a Sanremo scelta da Zelensky

«La vicenda di Zelensky è chiara a tutti — ha detto Amadeus in conferenza stampa a Sanremo, ritornando sulla questione della presenza del leader ucraino —. Avete visto Vespa con la sua intervista al presidente: io ho preso atto del suo desiderio di essere al festival. Inizialmente l’idea era di mandare un videomessaggio. Poi lo stesso presidente, con il quale siamo in contatto tramite ambasciata, ci ha fatto sapere di voler intervenire con una lettera. Abbiamo lasciato totale libertà di scegliere la modalità dell’intervento». La lettera di Zelensky sarà letta domani, nella giornata finale del festival. Il direttore dell’intrattenimento Prime Time della Rai, Stefano Coletta, in conferenza stampa, ha precisato che il testo del messaggio non è ancora arrivato. «Da parte della Rai c’è stata assoluta libertà di scelta sulla forma dell’intervento, questa è stata sempre la nostra posizione», ha aggiunto Coletta.

Ore 14:48 - Premier Estone: sulle armi ho visto fare promesse a Zelensky

«Sul tema degli armamenti sono stata testimone di discussioni molto concrete, molto precise, e per questo sono ottimista, anche sulle promesse che sono state fatte». Lo ha detto la premier estone Kaja Kallas nel corso di un’intervista rilasciata a un gruppo di media internazionali tra cui l’Ansa. «Non posso dare ulteriori dettagli perché alcuni Paesi non vogliono parlare pubblicamente delle forniture: io non ho jet da dare, se li avessi li darei all’Ucraina ma non mi sento di commentare le scelte degli altri», ha precisato. «La visita di Zelensky ha avuto senz’altro un impatto», ha concluso.

Ore 15:22 - Dorin Recean nominato nuovo primo ministro della Moldavia

Dorin Recean, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale della Moldavia, è stato nominato nuovo primo ministro dalla presidente Maia Sandu dopo le dimissioni di Natalia Gavrilita. Il nuovo premier dovrà presentarsi davanti al Parlamento entro due settimane per ottenere il voto di fiducia. Fino a quel momento rimane in carica il governo dimissionario.

Ore 15:23 - Kiev chiede all’Olanda la fornitura di caccia F-16

L’Ucraina «ha presentato una richiesta ai Paesi Bassi per la fornitura di caccia F-16». Lo ha riferito l’Aeronautica ucraina in un messaggio su Twitter, aggiungendo che la richiesta è stata confermata dalla ministra della Difesa olandese Kajsa Ollongren, che alla tv Nos aveva annunciato la richiesta di Kiev per gli aerei da combattimento.

Ore 15:37 - Filorussi: «Avanziamo a Vuhledar e Bakhmut»

Le forze russe hanno preso il controllo di alcuni sobborghi delle cittadine di Vuhledar e Bakhmut, nell’est dell’Ucraina, secondo quanto annunciato da Denis Pushilin, capo dell’autoproclamata repubblica filorussa del Donetsk. Secondo Pushilin, citato dalle agenzie di Mosca, unità russe sono entrate in alcuni sobborghi meridionali di Vuhledar, ad ovest della città di Donetsk, mentre miliziani della Wagner sono penetrati in quartieri settentrionali di Bakhmut e sono riuscite a tagliare tre delle quattro vie di rifornimento per le truppe ucraine. L’unica che rimane aperta è quella con la città di Chasov Yar. Pushilin aggiunge che intensi combattimenti sono in corso in queste ore specialmente a Vuhledar, dove gli ucraini continuano a fare convergere rinforzi.

Ore 16:16 - Lavrov: niente può impedirci di difendere gli interessi nazionali

«Nessuna accusa, nessuna minaccia» potranno fermare la Russia dal portare avanti le sue decisioni per difendere i suoi «interessi nazionali vitali». Lo ha detto il ministro degli Esteri Serghei Lavrov parlando in occasione della giornata dei diplomatici. «Vogliamo sottolineare ancora una volta — ha affermato Lavrov, citato dall’agenzia Tass — che nessuna accusa e nessuna minaccia in risposta alle nostre decisioni per assicurare i nostri interessi nazionali vitali ha o avrà un impatto sulle nostre attività».

Ore 17:41 - Capo Wagner: per prendere il Donbass necessari fino a 2 anni

La conquista dell'intero Donbass da parte delle forze russe potrebbe richiedere ancora da un anno e mezzo a due anni: lo ha detto Yevgeny Prigozhin, capo della milizia privata Wagner, in prima linea nell'offensiva in corso nelle regioni orientali ucraine. Lo riferisce l'agenzia Tass riprendendo un'intervista dello stesso Prigozhin al blogger Semyon Pegov. «Se dobbiamo arrivare fino al Dnepr, tre anni, se dobbiamo prendere gli interi Donetsk e Lugansk, un anno e mezzo o due anni», ha detto Prigozhin rispondendo alla domanda su quanto dureranno ancora le ostilità.

Ore 17:25 - Zelensky: «I rappresentanti di un Stato terrorista non hanno posto nelle competizioni olimpiche»

appresentanti dello stato «che uccide e terrorizza» non hanno posto nelle competizioni olimpiche. Lo ribadisce Zelensky su Twitter: «L’Ucraina ha lanciato una maratona dell’onestà, e vi esorto ad unirvi. Il Comitato Olimpico Internazionale ha bisogno di onestà. L’onestà purtroppo ha perso. Mentre la Russia uccide e terrorizza, i rappresentanti dello stato terrorista non hanno posto nelle competizioni sportive e olimpiche».

Ore 17:59 - Tajani: «Errore della Francia non coinvolgerci con Zelensky»

In merito al trilaterale Scholz-Macron-Zelensky, con la Francia «non c'è stato uno strappo», ma «secondo me è stato un errore non coinvolgere l'Italia, visto che c'è un Trattato del Quirinale». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine del convegno Medor di Leonardo Foundation alla Luiss di Roma. «Dobbiamo andare avanti, perché quello che conta è l'unita degli europei per sostenere l'Ucraina in questo momento così importante», ha aggiunto.

Ore 18:22 - Zelensky-Macron-Scholz: retroscena di una cena che non doveva esserci

(Danilo Taino) Avrebbe probabilmente fatto bene, Giorgia Meloni, a non protestare per il mancato invito alla cena organizzata in fretta e furia da Emmanuel Macron per Volodymyr Zelensky, mercoledì sera. Avrebbe dovuto lasciar perdere per molte ragioni. Ma innanzitutto perché non si è trattato di una cosa seria. L’incontro iniziato alle 10 di sera, al quale ha partecipato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, non ha prodotto niente di significativo. Non era previsto fino a poche ore prima, non era preparato ed è stato organizzato solo perché il presidente francese era rimasto impressionato dal successo della visita del leader ucraino a Londra, il giorno stesso.

Ore 19:38 - Ministra Difesa Spagna: non abbiamo i caccia che chiede Zelensky

La ministra della Difesa spagnola, Margarita Robles, ha affermato che la Spagna «non sarebbe in grado di inviare» all'Ucraina «aerei» come «quelli richiesti» dal presidente ucraino perché «non li ha». «La Spagna è fermamente impegnata con l'Ucraina e, in termini di invio di armi, agiamo sempre in coordinazione con i nostri alleati», ma «tutti sanno che non sarebbe possibile per Madrid inviare il tipo di aerei» che Zelensky chiede «perché la Spagna non li ha», ha detto la ministra parlando da Jaen, secondo quanto riportano i media spagnoli. Sebbene si sia parlato dell'invio di F-16 all'Ucraina, un tipo di caccia che non fa parte dell'equipaggiamento dell'Aeronautica militare spagnola, precisa la stampa iberica, Zelensky non ha rifiutato la possibilità di ricevere altri tipi di aerei da combattimento.

Ore 19:42 - Un anno fa Biden ordinava agli americani di lasciare l’Ucraina: cos’abbiamo imparato, da allora?

(Federico Rampini) La data è 10 febbraio 2022. Esattamente un anno fa. Joe Biden quel giorno viene intervistato da Lester Holtper la televisione Nbc News. Parla della possibile invasione russa in Ucraina. Il suo messaggio più forte è questo: «Gli americani rimasti in quel paese devono lasciarlo subito». L’intervistatore lo incalza: esiste uno scenario in cui Biden si vedrebbe costretto a mandare dei soldati, per garantire l’evacuazione dei suoi concittadini? Biden è categorico: «No. Dall’altra parte del confine c’è uno dei più grandi eserciti del mondo. Se americani e russi cominciano a spararsi, è una guerra mondiale».

Ore 19:44 - La Slovacchia potrebbe dare aerei Mig-29 a Kiev

La Slovacchia potrebbe dare i suoi Mig 29 di fabbricazione sovietica all'Ucraina. Zelensky lo ha chiesto ufficialmente al premier slovacco ad interim Eduard Heger, il quale ha detto che farà di tutto per soddisfare la richiesta, scrive il sito Slovak Spectator. Martedì prossimo, si legge, vi sarà una seduta straordinaria del parlamento di Bratislava sulla questione dei Mig-29. Contro la fornitura dei Mig si è schierato l'ex premier Robert Fico, leader del principale partito di opposizione Smer, secondo il quale un premier ad interim non può prendere decisioni di questa portata. Intanto il ministro della Difesa slovacco Jarslav Nad ha reso noto che la Germania fornirà gratuitamente a Bratislava due sistemi di difesa aerea Mantis per rafforzare la protezione del confine con l'Ucraina.

Ore 04:56 - Lula a Biden: «Bisogna trovare una via d’uscita alla guerra in Ucraina»

Il presidente del Brasile Luiz Ina’cio Lula da Silva ha detto al suo omologo statunitense Joe Biden, in un incontro alla Casa Bianca, che bisogna «creare un gruppo di Paesi» con l’obiettivo di «trovare una via d’uscita per porre fine» alla guerra in Ucraina. «Ho parlato col presidente Biden della necessità di creare un gruppo di Paesi che non siano direttamente o indirettamente coinvolti nella guerra della Russia contro l’Ucraina, affinché si trovi il modo di fare la pace», ha dichiarato Lula ai giornalisti al termine dell’incontro alla Casa Bianca. «Sono convinto che dobbiamo trovare una via d’uscita per porre fine a questa guerra». La sua proposta è costituire «un gruppo di negoziatori, che godano della fiducia di entrambe le parti», perché «la priorità è porre fine alla guerra e poi negoziare quello che accadrà in futuro, ma prima «bisogno cessare di sparare, altrimenti non c’è soluzione». Lula ha sottolineato l’opportunità di formare questo gruppo col suo omologo francese Emmanuel Macron e col cancelliere tedesco Olaf Scholz e annunciato che ne parlerà in marzo col leader cinese Xi Jinping.

Carri armati Leopard scarsi e carenti, grande operazione commerciale tedesca. Storia di Francesco Palmas su Avvenire l’11 febbraio 2023

Scricchiola da più parti la «Grande coalizione Leopard», come l’hanno già ribattezzata facendo il verso alla vecchia alleanza politica tedesca. La Grecia si è appena sfilata dall’alleanza che fornirà carri tedeschi a Kiev. Il Portogallo balbetta e la Polonia inganna tutti.

Carri armati Leopard scarsi e carenti, grande operazione commerciale tedesca© Fornito da Avvenire

Kyriakos Misotakis, primo ministro greco, ha gelato le aspettative residue: «aiutiamo Kiev, ma i nostri Leopard sono incedibili. Ci attendono tempi duri e i carri ci servono, perché la Turchia resta una mina vagante». L’Ucraina perde in un colpo solo il supporto del primo operatore mondiale di Leopard.

Vacilla pure il Portogallo. Il premier Antonio Costa ha tagliato corto: «addestreremo gli ucraini, ma non ci separeremo mai dai nostri Leopard». Costa teme un’escalation del conflitto e il prezzo dell’operazione, perché i suoi 37 carri sono zeppi di falle. Rimetterli in sesto sarebbe un salasso anche se alla fine probabilmente Lisbona ne fornirà non più di tre.

Gli ucraini non si perdono tuttavia d’animo. Sanno che il premier portoghese fa e disfa: il 7 febbraio, durante un viaggio in Centrafrica, si è mostrato possibilista, convinto forse da ipotetici creditori stranieri. Sarebbe una boccata d’ossigeno, perché le cattive notizie si accavallano.

Citando funzionari governativi, il quotidiano El Pais ha affondato il dito nella piaga: i carri che Madrid girerà a Kiev «sono scarti». Per i militari spagnoli si tratta di «autentica spazzatura», del tutto inutile in battaglia. Le blindature di questi carri non possono nulla contro i razzi russi.

Video correlato: Carri armati Leopard: "Fondamentale grande disponibilità pezzi di ricambio", esperto militare al Tg1 (RaiNews)

Non se la passano molto meglio gli 88 mezzi gettati nella mischia da Rheinmetall. Parliamo di un’operazione esosa, finanziata in perdita dall’erario tedesco. Imperterrito, il cancelliere Olaf Scholz butterà altri soldi per ricondizionare 99 carri aggiuntivi, dell’azienda Ffg: parliamo sempre di Leopard 1, ormai decrepiti, e dai calibri diversi dagli altri carri promessi a Kiev.

Se va bene, creeranno solo un guazzabuglio logistico. Probabilmente rinfrancheranno Mosca, costretta a servirsi di decine di carri T-62, altrettanto inutili.

Sembra che nessuno abbondi, ma che agli occidentali manchi pure un intento chiaro. Si agitano in ordine sparso.

Varsavia è la più frenetica. Sente che il tempo del Donbass stringe e allora che fa? Dimezza l’iter di formazione dei carristi ucraini, esponendoli a rischi futuri. Un carro armato è un ecosistema. Funziona solo se la sua integrazione con le altre armi di terra e di cielo è perfetta e se i suoi equipaggi sono esperti.

Verrebbe da dire che l’affare Leopard potrebbe ridursi a une mera operazione commerciale: farà le fortune del produttore, Rheinmetall, ma non avvantaggerà Kiev.

Guarda caso, non appena il governo tedesco ha dato il via libera ai trasferimenti, le azioni del gruppo tedesco che produce il Leopard 2 sono schizzate verso l’alto, toccando livelli mai raggiunti in 134 anni di storia. Vale oggi 10 miliardi di euro. La guerra in Ucraina ne ha moltiplicato il fatturato, più che raddoppiandolo nel giro di un anno.

Se tutto andrà come previsto, Rheinmetall entrerà presto nel novero del Dax, l’indice più esclusivo della Borsa di Francoforte. Dai soli carri armati l’azienda di Dusseldorf ricaverà 350 milioni di euro quest’anno e altrettanti nel 2024, senza contare i contratti milionari per le munizioni associate. La guerra si conferma una tragedia per tutti e un affare per pochi.

Non è mai lunedì. La storia della coppia ucraina che ha ispirato la canzone di Tananai. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta l’11 Febbraio 2023

Mentre l’Italia polemizzava su Zelensky a Sanremo, il cantante ha portato all’Ariston Olha e Maksym Rastieriaiev, separati a causa della guerra imperialista russa. La fuga in Italia con la figlia quattordicenne, mentre il marito liberava Kherson. In attesa della vittoria finale

La polemica sull’intervento di Volodymyr Zelensky a Sanremo ha superato qualsiasi limite di logica e di umanità. Mentre il presidente dell’Ucraina raccoglieva applausi in tutta Europa, suscitando emozioni forti dalla Westminster Hall di Londra all’Aula del Parlamento Europeo di Bruxelles, in Italia c’era chi spiega che la guerra non c’entra niente con il festival della canzone, probabilmente nel timore che Zelensky potesse fare, in diretta tra i fiori sanremesi, l’elenco delle armi che servono all’Ucraina per proteggersi da un’altra invasione russa oppure che facesse vedere i video delle vittime dell’invasione barbarica russa, o chissà cos’altro. Sembrava che la voce degli ucraini fosse stata negata su quel palco, con l’eccezione di una lettera del presidente letta da Amadeus. 

Sembrava, ma poi ci ha pensato Tananai con una dolcissima canzone d’amore, Tango, accompagnata da un video che in un solo giorno ha raccolto 750 mila visualizzazioni e che ha fatto assumere un significato del tutto diverso rispetto a una semplice canzone d’amore. 

«Amore tra le palazzine a fuoco / la tua voce riconosco / noi non siamo come loro», incanta il ritornello. A non essere come loro sono una coppia di ucraini, Olha e Maksym Rastieriaiev, della regione di Kropyvnyts’kyy in Ucraina. Olha e Maksym quasi da un anno vivono nel cellulare uno dell’altro a causa dell’aggressione russa. Una delle tante storie d’amore nella guerra e la nuova realtà che tutti gli ucraini si sono trovati a vivere dopo il 24 febbraio 2022. 

Linkiesta ha contattato Olha per farsi raccontare la loro storia, la loro «notte in cui ti ho conosciuta». Maksym Rastieriaiev, marito di Olha, è un militare di professione, già difensore dell’Ucraina durante la prima invasione russa nel Donbas nel 2014, dove ha trascorso un anno e mezzo al fronte. 

Nel febbraio del 2022, l’invasione russa è stata più ampia, più feroce e più crudele. Maksym è stato chiamato alla fine di febbraio a riprendere il servizio e Olha è rimasta da sola a casa con la loro quattordicenne figlia Liza. Alla fine di aprile, la paura ha fatto mettere in moto Olha e sua figlia verso la Toscana e, alla fine di agosto, sono arrivate a Milano, dove Olha ha trovato un lavoro, una sistemazione e la scuola per la figlia. 

Nel video montato dalla squadra di Tananai si vedono le scene della comunità ucraina che a Milano si raduna in piazza Duomo ogni sera e ogni fine settimana non solo per ricordare ai cittadini e ai turisti la grande tragedia che vivono gli ucraini ogni giorno, ma anche per stare un po’ tutti insieme. Lontani da casa, in un paese dove non si conoscono né la lingua né le regole, ritrovarsi in piazza Duomo è una specie di terapia di gruppo necessaria a superare ancora un altro giorno, il giorno che la connessione sul fronte si ristabilisca, il giorno che arriva un messaggio, qualsiasi messaggio, come segno di un altro giorno da sopravvissuti.

Una delle produttrici del video di Tananai è nata a Kyjiv, così la storia di Olha e Maksym è arrivata a Tananai e l’ha aiutato a far nascere un testo molto più profondo di un semplice amore vissuto a distanza. Olha nel frattempo ha lasciato tutte le cose che ha saputo mettere in piedi a Milano ed è tornata a casa sua, perché il marito e l’Ucraina le mancavano tanto, troppo, proprio perché quel lunedì in cui finalmente suo marito tornerà sembra non arrivare mai. 

Dopo sette mesi di vita attaccata a un filo telefonico, dopo la gioia della liberazione di Kherson cui ha preso parte Maksym, finalmente Olha ha rivisto Maksym per 2 giorni. È dovuta andare fino alla più grande città vicina alla linea del fronte, ma è pronta a tutto pur di abbracciare suo marito «lo so quanto ti manco / Ma chissà perché Dio / Ci pesta come un tango». 

La comunità ucraina in Italia ha ringraziato Tananai e la sua squadra per aver dato forma alle emozioni degli ucraini. Su YouTube, Twitter e Instagram, i commenti pullulano di ringraziamenti e cuori gialloblù che si fondono negli sms con il codice 06 assegnato a Tananai nella terza serata del festival di Sanremo. Tananai ha buone prospettive per la serata finale, gli ucraini sicuramente non smetteranno di dargli il sostegno. Sono, siamo, alquanto tenaci nel perseguire i nostri giusti obbiettivi. 

La storia di Olha e Maksym è la tenera illustrazione di una vita bruscamente interrotta, una condizione che tutti gli ucraini vivono ogni giorno ormai da un anno: «È un anno che mi hai perso / E quel che sono non volevo esserlo». 

Nella polemica pompata dalla propaganda russa sull’escalation, sugli ucraini guerrafondai che non vogliono fermarsi né cedere alla Russia le proprie terre, sugli ucraini che chiedono solo più e più armi, l’amore di Olha e Maksym restituisce il volto umano a un intero popolo che ogni giorno combatte insieme e unito per far arrivare quel lunedì.

Low Gun. La spesa militare degli Stati Uniti è di 816 miliardi di dollari all’anno, ma l’esercito è sempre più sguarnito. Paolo von Schirach su L’Inkiesta l’11 Febbraio 2023

Durante la guerra fredda il prodotto interno lordo destinato alla difesa superava l’8 per cento, oggi è al 3,7 per cento. Washington non ha più la flotta per prevalere contro la Cina nel caso di un attacco contro Taiwan, né può aumentare in modo significativo l’afflusso di armamenti per sostenere l’Ucraina

Alla fine del 2022 il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato il National Defense Authorization Act, la legge di spesa per la difesa, rendendola così esecutiva. Per l’anno in corso il governo federale americano spenderà 816 miliardi di dollari per il Pentagono. Una cifra per molti sbalorditiva. E tuttavia le forze armate americane sono sempre più piccole e più sguarnite. Meno aerei da combattimento; meno navi, meno carri armati, meno Marines. E la base industriale del settore difesa si restringe sempre di più, il che rende impossibile una rapida crescita della produzione di armamenti in caso di crisi. Ma come è possibile tutto questo con un bilancio difesa apparentemente stratosferico? Se facciamo paragoni, Francia, Regno Unito e Germania, prese insieme, spendono circa 165 miliardi di dollari. Nemmeno un quarto di quello che spenderà l’America.

Ma, paradossalmente, se guardiamo alla storia della spesa militare americana, gli 816 miliardi di oggi non sono un gran cifra. Come percentuale della ricchezza nazionale la spesa americana per la difesa, pari a circa il 3.7 per cento del Prodotto Nazionale Lordo, è in realtà in calo. Durante la guerra fredda il bilancio difesa superava regolarmente l’8 per cento del Pnl, cioè più del doppio in percentuale di quello che si spende oggi. Dopo anni di calo negli anni 70, il riarmo voluto dal presidente Ronald Reagan per fronteggiare la crescente minaccia sovietica, per un paio di anni riportò la spesa militare al 6.8 per cento del Pnl. Ma questo riarmo durò poco. Dopo pochi anni le percentuali sono tornate a calare.

Quindi calo netto delle spese per la difesa come percentuale del Pnl. E, quello che è peggio, con questi soldi si compra sempre di meno, in quanto i costi degli armamenti moderni sono stratosferici. E non dimentichiamo poi che i militari americani sono tutti volontari. Quindi, una grossa parte del bilancio della difesa va per pagare stipendi, vitto ed alloggio a quasi un milione di persone più le loro famiglie. E un’altra grande percentuale va per pagare i costi operativi quotidiani (Operations and Maintenance, O&M) di questa grande macchina bellica. Manovre, addestramento, esercitazioni, ore di volo per i piloti. E poi costruzioni, riparazioni alle installazioni militari, fiumi di carburante per autocarri, navi, aerei da trasporto e da combattimento, e così via. Il Pentagono è il più grosso consumatore di energia del mondo. E questa costa.

Faccio un esempio. Un carrier group, una squadra navale che ha una super portaerei al suo nucleo centrale, è composta dalla portaerei stessa che ha a bordo 2600 tra marinai, piloti e personale sussidiario, un complemento di sessanta velivoli, e poi 2 incrociatori lanciamissili, 2 navi per difesa antiaerea, 2 fregate o cacciatorpedinieri. (Poi c’è sempre almeno un sottomarino. Ma la US Navy non annuncia mai la posizione dei suoi sottomarini). Quando il carrier group è in navigazione, tra carburante, cibo, acqua, cure mediche e tutto il resto, questo dislocamento costa in media sei milioni e mezzo di dollari al giorno. Già, al giorno. E questo è per ogni carrier group. La US Navy ne ha 11.

Guardiamo i costi degli armamenti. Le nuove super portaerei costano 12 miliardi e 800 milioni di dollari per unità. I previsti 12 nuovi sommergibili nucleari classe Columbia dotati di missili intercontinentali, la forza invulnerabile di rappresaglia che rappresenta il nerbo del deterrente nucleare statunitense, costeranno complessivamente 112 miliardi di dollari. (E questa è solo una stima. Sicuramente i costi effettivi saranno molto più alti). L’F-35 prodotto dalla Lockheed Martin, indubbiamente il miglior aereo da combattimento del mondo, costa adesso 78 milioni per unità.

Credo sia più chiaro adesso che con queste enormi spese operative, indispensabili per mantenere le forze armate in condizioni di buon funzionamento, e i costi stratosferici per i nuovi armamenti, si fa presto a spendere 816 miliardi di dollari all’anno.

E non è tutto. Per quanto l’America rimanga all’avanguardia in molte tecnologie militari, ci sono sempre meno imprese nel settore dell’industria per la difesa. E questo per varie ragioni. Se una grande impresa vince un grosso contratto, gli altri concorrenti che hanno speso cifre enormi per realizzare studi e prototipi per poter partecipare alla gara d’appalto non prendono niente. Quindi perdite finanziarie, licenziamenti, e perdita di personale specializzato. Molte imprese non hanno la resilienza finanziaria per fronteggiare un andamento ciclico di alti e bassi. E quindi hanno chiuso, o sono state comprate da un concorrente. Per cui la base industriale si restringe.

Le grandi industrie militari americane, per quanto illustri, sono poche. Oggi rimangono la Lockheed Martin, seguita da Raytheon, Boeing, General Dynamics, Northrop Grumman e BAE Systems. Poi molte altre medie e piccole imprese. Ci sono solo quattro cantieri in America che producono navi per la marina militare. Solo quattro! È evidente che una base industriale ridotta non consente l’espansione rapida. Se si vogliono più missili bisogna costruire un’altra fabbrica, con costi proibitivi. E nessuna impresa investe nell’allargamento della base produttiva senza una garanzia di commesse sicure per molti anni a venire. E questo presumerebbe un bilancio difesa in grande e continua espansione. Ma questo è impossibile in un quadro fiscale americano molto deteriorato, caratterizzato da enormi deficit strutturali del bilancio federale.

Seguendo l’esempio europeo, l’America ha perso il controllo della spesa pubblica, soprattutto a causa dell’aumento inesorabile del costo delle spese sociali, (più del 60 per cento del totale della spesa federale), finanziate da una forza lavoro attiva in rapido calo rispetto al numero crescente dei pensionati. I deficit federali annuali sono in crescita. Da qui la crescita del debito pubblico.

Di male in peggio, nei recenti anni del covid, Washington, temendo il collasso economico del paese quando era tutto chiuso, ha distribuito centinaia di miliardi di dollari ai cittadini. Il risultato di queste enormi spese è che oggi il debito pubblico è più elevato dell’epoca della Seconda guerra mondiale. In questo quadro fiscale così deteriorato, l’idea che ci sia margine politico per significativi aumenti di spesa per il Pentagono, per quanto questi siano veramente necessari, è politicamente non proponibile.

Ma cosa significa tutto questo in pratica? Significa che la Pax Americana, per più di mezzo secolo mantenuta da una democrazia egemone ultra-armata, in quanto molto ricca, non esiste più. L’America non ha più le risorse per finanziarla.

All’atto pratico, la mancanza di soldi ha ritardato il necessario ammodernamento degli arsenali nucleari. E non è tutto. Nel dicembre 2022 il Pentagono ha svelato un prototipo del B-21 Raider. Questo è il primo nuovo bombardiere strategico in 30 anni. Ci vorranno anni prima che questi velivoli veramente avveniristici entrino in servizio. Ma intanto, in mancanza d’altro, la US Air Force continua a far volare vetusti bombardieri strategici B-52, alcuni dei quali in servizio dal 1960.

Sul piano operativo, non avendo forze sufficienti dislocate nella regione, l’America non ha potuto prevenire l’occupazione e la conseguente militarizzazione del tutto illegale da parte cinese di vari atolli nel Mar della Cina del Sud. Con questa occupazione, la Cina ha creato – con assoluta impunità – un vero e proprio lago cinese in acque internazionali. L’America ha protestato. Ma la occupazione illegale continua.

Ed ormai è assodato che Washington non ha più la flotta che le consentirebbe di prevalere contro la Cina nel caso di un attacco contro Taiwan. La marina cinese ha 340 vascelli, con il vantaggio, nel caso di Taiwan, di avere la flotta vicino casa. L’America ha solo 280 navi, dislocate in tutto il mondo. Nel caso di guerra per Taiwan, Washington dovrebbe mandare scarsi rinforzi dal Giappone, da Pearl Harbor o da San Diego.

All’epoca del riarmo di Reagan, l’obbiettivo era una flotta con 600 navi. Oggi le 280 navi (la US Navy ne vorrebbe perlomeno 300) hanno il compito di difendere la libera navigazione in tutto il mondo. È chiaro che non bastano per questa missione tutto campo. Quello che è successo è che, volendo fare di più con mezzi ridotti, le missioni navali della US Navy sono sempre più lunghe. Il che significa equipaggi logorati e stanchi. Negli ultimi anni c’è stata una serie di incidenti navali veramente imbarazzanti, (navi finite in secco, collisioni in porto), causati da ufficiali stanchi e distratti. Per cui, o si aumenta il numero delle navi, o si ridefinisce la missione. In poche parole, ci si ritira per mancanza di mezzi.

E non è tutto. Questa base industriale ridotta significa che gli Stati Uniti non sono in grado di aumentare in modo significativo l’afflusso di armamenti per sostenere l’Ucraina, perché le industrie non possono incrementare più di tanto la produzione. Per mandare le armi anticarro a Kyiv, il Pentagono ha dovuto svuotare i suoi magazzini, creando vuoti pericolosi per le forze armate americane. 

Tutto questo è molto preoccupante. Si vis pacem, para bellum. Il modo migliore per preservare la pace è essere sempre pronti per la guerra. Il vero deterrente risiede in una forza militare preponderante che scoraggia gli avversari con cattive intenzioni, e nella chiara volontà politica di usarla in caso di aggressione. Nonostante la crisi della finanza pubblica, l’America rimane una grande potenza militare. Ma non è più la forza militare preponderante. Il che significa che la sua capacità di dissuasione è in calo.

Quando Saddam Hussein invase il Kuwait nell’Agosto del 1990, il presidente George H. W. Bush, dopo varie consultazioni con gli alleati, mandò in Arabia Saudita una forza militare americana di 697.000. Oggi l’intero esercito americano ha solo 482.000 effettivi. (Al paragone, l’esercito turco ne ha 425.000). il che significa che una operazione militare come Desert Storm, con i numeri di oggi, sarebbe impossibile.

Con tutti i suoi acciacchi, l’America rimane una grande potenza militare. Ma storicamente la forza militare americana è sempre stata il prodotto di una grande economia di scala continentale, dinamica, innovativa, sempre in crescita. Oggi la crescita è modesta, mentre la spesa pubblica è fuori controllo. I crescenti deficit di bilancio, con la conseguente esplosione del debito pubblico, non creano lo spazio per significativi aumenti del bilancio difesa. O l’America risana la sua economia e le sue finanze pubbliche, o Washington dovrà rassegnarsi ad un ruolo meno significativo sulla scena mondiale. 

Paolo von Schirach è presidente del Global Policy Institute; Professore di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, Bay Atlantic University, Washington, DC

Bucha, My Lai, Foibe, le stragi di russi, americani italiani che servono ad accettare la guerra. Piero Sansonetti su Il Riformista il 6 Aprile 2022

Bucha, My Lai, Cirenaica, Katyn, Foibe. Senza scomodare i nazisti, perché il nazismo è un storia a sé. Questi nomi che ho messo vicini rappresentano altrettanti orrori e prove di ferocia umana. I protagonisti e le vittime sono diversi, i metodi e l’infamia sono uguali. Bucha l’abbiamo visto in queste ore, i massacratori sono russi. A My Lai erano americani. in Cirenaica italiani. Nelle foibe jugoslavi. I numeri che riguardano quelle stragi sono mostruosi. Le vittime furono terrorizzate, torturate, uccise nei modi più atroci. Molte di loro erano persone vecchie, molte erano persone giovanissime, cioè bambini. A My Lai c’erano anche centinaia di donne, e molte furono stuprate dai marines. A Bucha le vittime sono ucraine, europee. A My Lai vietnamite, asiatiche. A Katyn polacche, ed erano in gran parte soldati. Nelle Foibe erano in maggioranza italiani.

Perché cito queste stragi? Perché sono identiche, nell’orrore, e perché – in modi e tempi diversi – hanno suscitato rabbia e indignazione. Anche in questi giorni. Hanno scosso un’opinione pubblica propensa ad accettare l’ineluttabilità della guerra. La guerra è considerata in linea generale un fenomeno razionale, forse persino utile. Dignitoso o anche eroico. Recentemente un alto esponente della diplomazia italiana mi ha spiegato come e perché la guerra sia connaturata con la civiltà umana e col suo sviluppo, e come sia uno strumento decisivo per regolare i rapporti di forza tra le potenze e la gerarchia dei diritti umani. La strage, il singolo episodio di violenza e di sopraffazione e di prepotenza e di omicidio, invece, urtano la sensibilità e addirittura aiutano gli stati e gli eserciti a convincere l’opinione pubblica che la guerra è necessaria. È una risposta di livello elevato. Certo che è un paradosso: la strage – cioè la repulsione per la strage – serve a far accettare la guerra. Talvolta questo schema funziona in modo autonomo, spontaneo, casuale. Talvolta è guidato.

Parliamo di My Lai, anche per capire che l’orrore non è solo lontano da noi, spesso è vicinissimo. A My Lai operarono alcuni ragazzi americani più o meno della mia generazione, o forse un po’ più vecchi, della generazione di Bob Dylan e di Joan Baez, e che venivano, forse, dalle stesse città di Dylan e Baez. Ma non erano pacifisti. Arrivarono in una mattina di marzo in questo paesino del Sud Vietnam a un migliaio di chilometri a nord di Saigon, lo circondarono e lo annientarono. Si accanirono per ore. Nel villaggio trovarono solo persone anziane, bambini e donne, e questo li fece infuriare. Dove stavano i giovani maschi? Erano nascosti nella giungla, perché erano vietcong, dunque nemici. E allora i soldati blu, i marines, guidati da un tenente che si chiamava William Calley, decisero di punirli. Bruciarono le case, alcune coi loro abitanti, violentarono le ragazze, e poi uno a uno iniziarono a uccidere tutti. Tutti: anche i neonati. Il sangue scorreva giù impetuoso dai viottoli. Si stava facendo sera, e il lavoro era quasi finito, quando un elicottero americano sorvolò My Lai, al comando di un ufficiale che si chiamava Thompson, il quale vide cosa stava succedendo, atterrò proprio nella piazza del paese, puntò i bazooka contro i suoi colleghi e ordinò di allontanarsi minacciando di aprire il fuoco. Salvò chi ancora non era stato ucciso. Undici persone.

Gli altri 547 erano già morti. La strage fu messa a tacere. La scoprì un giornalista l’anno dopo, ricevendo le confidenze di uno dei soldati dell’elicottero. La denunciò. All’inizio non fu creduto. Il generale Colin Powell, incaricato dell’inchiesta, minimizzò. Poi ci fu un processo. Calley fu condannato all’ergastolo, ma l’ergastolo durò solo un giorno. Nixon lo graziò. Volete che vi parli degli orrori che fece il maresciallo Badoglio in Cirenaica? Forse basta che vi dica il numero dei civili che trucidò. Ventimila. Lo fece durante la deportazione delle tribù che abitavano il Gebel. Circa 100 mila persone. L’uccisione dei civili avvenne in forme tremende, feroci. Badoglio non ebbe bisogno di ricevere la grazia dal re, come il tenente americano: lui non fu processato ma qualche anno dopo diventò presidente del Consiglio. Fu processato invece un suo sottoposto (e poi successore), il generale Rodolfo Graziani, che tra l’altro si era reso protagonista dell’uso di armi chimiche contro gli etiopi. Graziani fu condannato a 19 anni di carcere nel 1948, ma scontò solo due mesi. Poi tornò alla ribalta e diventò presidente dell’Msi.

Nel 1954, sugli altipiani di Arcinazzo, incontrò Giulio Andreotti, già astro nella Dc e vice di De Gasperi. Tra i due ci fu un grande abbraccio. Katyn è stata una delle più gigantesche stragi politiche della storia. La ordinò Stalin. Le vittime son state circa 22mila. In grande maggioranza ufficiali dell’esercito polacco, portati in catene nella foresta di Katyn e trucidati. Insieme a loro furono fucilati anche diversi politici e giornalisti polacchi, considerati il nucleo forte dell’intellighenzia. L’orrore delle Foibe, che fu tenuto nascosto per molti anni, fu realizzato all’inizio del 1945 dai partigiani jugoslavi che si accanirono con i civili dalmati e giuliani considerati collaborazionisti del fascismo. Ne uccisero un numero spaventoso. Tra i 5000 e i 15 mila. Le vittime furono gettate nei crepacci che in quella zona d’Italia si chiamano Foibe e lasciate morire con le mani legate. e poi, tutti insieme, sotterrati. Per molto tempo non se ne è parlato, di questa atrocità, perché gli autori erano esponenti della resistenza al nazismo. Calò il silenzio politicamente corretto.

Da qualche anno è iniziata la ricostruzione storica, ormai non discussa più da nessuno tranne da qualche professore un po’ scapestrato. Le stragi dei civili da molto tempo sono una caratteristica di tutte le guerre. Colpiscono meno l’opinione pubblica, se sono frutto di un bombardamento, come quello russo che ha distrutto almeno due ospedali ucraini, o quello americano e italiano che 1999 rase al suolo un ospedale di Belgrado. Ma non sono meno orrende di My Lai e Bucha. È una contraddizione pazzesca quella tra la commozione mondiale per alcuni episodi e il presunto buonsenso con il quale viene perdonata la guerra, o dichiarata giusta. Del resto io credo che finché il buon senso accetterà la guerra, sarà difficile evitare l’orrore dei singoli episodi. E credo anche che la discussione su Bucha sia abbastanza inutile. Dobbiamo sapere esattamente chi è stato? E che importanza ha? Quel che sappiamo è che è stato. Scriveva Hemingway: non chiederti mai per chi suona la campana: suona per te.

Piero Sansonetti. Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.

Ucraina, a Milano le foto di un anno di guerra: «A Bucha ho capito cos’è la dignità». Irene Soave su Il Corriere della Sera il 9 Febbraio 2023.

Mikhail Palinchak, fotografo ucraino, espone per il Consolato generale Usa a Milano le immagini del primo anno dall’invasione russa. «Io, fotografo di guerra mio malgrado»

Bambini paffuti, dal volto rilassato e dai vestiti puliti, che non somigliano a bambini di guerra: sembrano giocare con dei fucili di legno, la loro è in realtà un’esercitazione. È il 6 febbraio 2022, in un parco pubblico di Kiev, tutto è coperto di neve. «Di lì a pochi giorni dopo sarebbe cominciata la guerra, ma non lo sapevamo. Ce n’erano i primi segni: volontari civili che si addestravano a usare le armi. Ma sembrava solo una possibilità. Un anno dopo, questa foto è un documento».

Le foto di Mikhail Palinchak, classe 1985, fotografo di strada diventato fotografo di guerra «mio malgrado», raccontano il primo anno dell’invasione russa del suo Paese, l’Ucraina. Ponti distrutti, fiumane di sfollati, volti sempre più tesi. «Non ho mai fatto il militare, quel che potevo fare per il mio paese era documentarne la storia: così ho iniziato a scattare dal primo giorno». Le sue foto, insieme a quelle della fotografa monzese Arianna Arcara, sono in mostra dal 10 febbraio al 12 marzo a Milano, a Palazzo del Risorgimento, raccolte - sotto il titolo Ucraina, storie di resistenza - dal Consolato generale degli Stati Uniti. «Spero le vedano in tanti. Il nostro lavoro è doppio. Certo, costruiamo archivi per il futuro. Ma lo scopo è anche informare i contemporanei. Queste foto, scattate negli scorsi mesi, sono già a metà strada: non danno più notizie, sono cose che sapete già, gli orrori di Bucha, la resistenza di Kiev, ma iniziano a raccontare una storia».

Come ha lavorato?

«Partendo da Kiev. Ci vivo da quindici anni, è la mia città. Da prima che la guerra iniziasse ho documentato i cambiamenti nell’aria. I bambini che si addestravano, la tensione nelle persone. Nelle prime settimane ho lavorato su Kiev e dintorni. Poi mia moglie e i miei figli sono usciti dal Paese: ora sono rifugiati a Danzica, in Polonia, e io sono più tranquillo per loro. Ho iniziato a girare: Kharkiv, Odessa. Volevo essere dappertutto, poi ho capito che potevo raccontare con solo uno sguardo per volta, ed era sempre il mio».

Ha visto orrori e violenze. Che regole si dà?

«Per scattare: nessuna. Fotografo ogni cosa. Voglio documentare, archiviare, sapere. Per pubblicare: la dignità delle persone fotografate, comprese quelle che non sono più tra i vivi. Non deve succedere che una figlia cercando su internet veda il cadavere sfigurato del padre. L’ho capito a Bucha, dove eravamo circondati da cadaveri lasciati a marcire per giorni. Viceversa sono in molti a chiedermi anche gli scatti più crudi, per documentare crimini di guerra o per farsi un’idea di come è morta una persona che amavano. Do tutto a tutti».

Euromaidan, la presidenza di Poroshenko, la prima fase delle ostilità in Donbass. Lei ha documentato ogni evento della storia recente ucraina.

«Voglio costruire un archivio per il futuro. È ironico perché quando sono stato in Donbass la prima volta, da fotografo, nel 2014, ho proprio pensato: non farò mai il fotografo di guerra. Ero lì al seguito di Poroshenko, ho preso del tempo per scattare foto a Shyrokhyne, un villaggio vicino a Mariupol già massacrato dalle ostilità. Mi ero detto: basta guerre. Trovo che ci siano fotografi degnissimi che le documentano, semplicemente non è il mio registro. Poi la guerra è venuta letteralmente a bussarmi alla porta».

Lei è stato il fotografo ufficiale di Petro Poroshenko, presidente ucraino dal 2013 al 2019. Che ricordo ne ha?

«Personalmente, ottimo. Professionalmente era un lavoro di routine, quasi un lavoro d’ufficio, ma a me piaceva. La guerra è iniziata in quegli anni, ma grazie alla sua diplomazia è stata sventata. Era un eccellente diplomatico, e io ho sempre tentato di immortalare anche questo aspetto (in un progetto intitolato Bilateral Rooms, ndr). Non so se Zelensky avrebbe potuto fare meglio da questo punto di vista, non so giudicare. Ma più della guerra a me affascinava la diplomazia».

Come sta ora?

«Mah. La mia famiglia è al sicuro. Io… vivo a Kiev. Se un anno fa mi avesse chiesto qual era il mio prossimo progetto non avrei saputo cosa risponderle. Ora eccomi qui a Milano, città in pace, a esporlo, e ringrazio il Consolato per l’occasione. Credo che il nostro passaggio sulla terra vada usato per fare la cosa in cui siamo bravi, e non per pianificare. Gli ultimi 12 mesi lo hanno dimostrato».

Zelensky: «Nella Ue tra due anni e nella Nato alla fine del conflitto». Redazione Online su Il Corriere della Sera l’11 dicembre 2023.

Le notizie sulla guerra di sabato 11 febbraio. Zelensky all’incontro con i membri di Jp Morgan per organizzare la ricostruzione dell’Ucraina. «Rivalità tra la Difesa di Mosca e la Wagner “chiave” per lo stop al reclutamento dei prigionieri»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 353esimo giorno.

• A Kiev il primo lotto di cannoni antiaerei dalla Lituania

• La vera storia della coppia ucraina nel video di Tananai

• Ucraina: la Russia ha perso 136.880 soldati dall’inizio del conflitto

• Lavrov: «L’Occidente vuole distruggerci come Hitler».

• Zelensky-Macron-Scholz: retroscena di una cena che non doveva esserci

Ore 20:19 - La premier della Moldavia si dimette e nomina Recean primo ministro

Maia Sandu, la presidente filoeuropea della Moldavia, ha nominato un nuovo primo ministro, poche ore dopo che le dimissioni del precedente capo del governo ha inasprito il clima politico in questa ex repubblica sovietica. Sandu ha scelto Dorin Recean, ex ministro dell’Interno, la cui nomina dovrebbe essere appoggiata senza grossi ostacoli in Parlamento dove il partito al governo ha la maggioranza. Ieri, i servizi di intelligence della Moldavia hanno confermato informazioni provenienti dall’Ucraina secondo cui Mosca intendeva «destabilizzare» il Paese con l’obiettivo di rovesciare il governo. La Moldavia soffre di interruzioni di corrente dopo che l’Ucraina ha smesso di esportare elettricità a causa della guerra e il gigante russo Gazprom ha dimezzato le vendite di gas, secondo il governo. Il Paese, anche candidato all’Unione europea, è inoltre minacciato militarmente dalla Russia, che ha soldati sul suo territorio, nella regione separatista filorussa della Transnistria.

Ore 20:19 - Kiev: Mosca ha lanciato 71 missili cruise, 61 sono stati intercettati

Nell’attacco contro l’Ucraina le forze russe hanno lanciato 71 missili cruise, 61 dei quali sono stati intercettati. I missili sono stati lanciati a partire da navi e aerei russi. A riferirne è lo stato maggiore ucraino nel suo rapporto serale. La Russia ha inoltre lanciato 29 missili del suo sistema S-300 - che dovrebbe essere usato per la difesa aerea - contro bersagli di terra in Ucraina.

Ore 05:42 - Diffusi blackout dopo nuovi attacchi missilistici russi contro l’Ucraina

Gli ultimi attacchi missilistici russi contro l’Ucraina hanno danneggiato notevolmente il sistema energetico, secondo il gestore energetico Ukrenerho. I missili hanno colpito diverse centrali termiche e idroelettriche, ha detto alla televisione ucraina l’amministratore delegato dell’azienda Volodymyr Kudrytskyi, affermando che la situazione è particolarmente difficile nella regione di Kharkiv. L’attacco ha rallentato i piani per ripristinare l’approvvigionamento energetico dell’Ucraina, ha detto Kudrytskyi, aggiungendo che «ancora una volta, tuttavia, non si è verificato alcun disastro.» Il sistema elettrico ucraino non è stato distrutto dalla quattordicesima ondata di attacchi russi da ottobre, ha affermato. Tuttavia, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, le centrali nucleari di Rivne e dell’Ucraina meridionale hanno dovuto ridurre la produzione a causa dell’instabilità della rete. Uno dei reattori è stato spento nella centrale nucleare di Khmelnytskyi.

Ore 05:44 - Lula incontra Biden: «Creare un gruppo di Paesi per porre fine alla guerra»

Il presidente del Brasile Luiz Ina’cio Lula da Silva ha detto al suo omologo statunitense Joe Biden, in un incontro alla Casa Bianca, che bisogna «creare un gruppo di Paesi» con l’obiettivo di «trovare una via d’uscita per porre fine alla guerra in Ucraina». «Ho parlato col presidente Biden della necessità di creare un gruppo di Paesi che non siano direttamente o indirettamente coinvolti nella guerra della Russia contro l’Ucraina, affinché si trovi il modo di fare la pace», ha dichiarato Lula ai giornalisti al termine dell’incontro alla Casa Bianca. «Sono convinto che dobbiamo trovare una via d’uscita per porre fine a questa guerra». La sua proposta è costituire «un gruppo di negoziatori, che godano della fiducia di entrambe le parti», perché «la priorità è porre fine alla guerra e poi negoziare quello che accadrà in futuro, ma prima «bisogno cessare di sparare, altrimenti non c’è soluzione». Lula ha sottolineato l’opportunità di formare questo gruppo col suo omologo francese Emmanuel Macron e col cancelliere tedesco Olaf Scholz e annunciato che ne parlerà in marzo col leader cinese Xi Jinping.

Ore 07:37 - Dnipropetrovsk, tre centrali energetiche colpite nella notte

Le forze russe hanno attaccato con droni la notte scorsa tre infrastrutture energetiche nella regione di Dnipropetrovsk, nell’Ucraina centrale, provocando ingenti danni: lo ha reso noto su Telegram il capo dell’amministrazione militare regionale, Serhiy Lysak, come riporta Ukrainska Pravda. «La notte nella regione di Dnipropetrovsk è trascorsa con allarmi e attacchi di droni nemici. Hanno mirato alla nostra infrastruttura critica. Gli Shahed (i droni di fabbricazione iraniana, ndr) hanno colpito due impianti energetici nel distretto di Kryvorizka e uno nel distretto di Nikopol. A Kryvorizky, lo stesso obiettivo è stato attaccato due volte», ha scritto Lysak. Non ci sono vittime o feriti.

Ore 09:13 - Kiev: abbattuti venti «droni kamikaze» russi nella notte

Secondo l’esercito ucraino, i droni sono stati lanciati dalla costa orientale del Mar d’Azov e hanno preso di mira le infrastrutture critiche dell’Ucraina. Il numero totale di droni lanciati in Ucraina non è stato specificato.

Ore 09:33 - Bombe russe nella notte anche sull’Isola dei Serpenti

Le forze russe hanno bombardato la notte scorsa l’Isola dei Serpenti, nel Mar Nero, ed hanno attaccato la regione di Odessa: lo scrive su Telegram il capo dell’amministrazione militare della regione di Odessa, Maksym Marchenko, come riportano i media ucraini. Marchenko ha precisato che quattro bombe hanno colpito l’Isola dei Serpenti, da cui le forze di Mosca si sono ritirate nel luglio scorso, e negli attacchi non ci sono state vittime. Ieri le forze di difesa aerea ucraine avevano abbattuto 13 missili russi sulla regione di Odessa

Ore 09:53 - L’intelligence britannica: «Rivalità tra la Difesa di Mosca e Wagner chiave per lo stop alla campagna di reclutamento dei prigionieri»

L’ultimo aggiornamento dell’intelligence del ministero della Difesa del Regno Unito afferma che «un fattore chiave» nel presunto stop alla campagna di reclutamento di prigionieri del gruppo mercenario russo Wagner è probabilmente la «rivalità sempre più diretta tra il ministero della Difesa russo e Wagner». Wagner ha iniziato a reclutare prigionieri nel tentacolare sistema penale russo la scorsa estate, offrendo ai detenuti la grazia in caso di sei mesi di sopravvivenza in Ucraina. Non è chiaro quanti detenuti siano stati ingaggiati, ma i dati del servizio penale russo pubblicati a novembre hanno mostrato che la popolazione carceraria del Paese è diminuita di oltre 20.000 persone tra agosto e novembre.

Ore 09:58 - Lukashenko: «Spero di visitare presto Teheran»

Stando a quanto riferito dall’agenzia russa Tass, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko avrebbe in programma di visitare presto Teheran. «Spero di visitare presto Teheran per discutere le questioni urgenti dell’agenda bilaterale, regionale e internazionale», ha detto Lukashenko inviando un messaggio al suo omologo iraniano Ebrahim Raisi nel 44esimo anniversario della vittoria della Rivoluzione islamica. Secondo Lukashenko, l’Iran «è stato un attore importante nella regione e a livello globale, poiché ha mostrato una rapida crescita economica e sociale nelle complicate circostanze odierne». «La Bielorussia è sempre rimasta vicina all’Iran, fedele all’amicizia e al dialogo paritario, e si è impegnata a dare attuazione agli accordi raggiunti», ha precisato il leader bielorusso.

Ore 10:12 - Ucraina: la Russia ha perso 137 mila soldati

Secondo lo Stato Maggiori ucraino, dall’inizio della guerra la Russia avrebbe perso 136.880 militari. A riportare i numeri è il “The Kyiv independent”, stando a quanto riferito la Russia ha perso anche 295 caccia, 286 elicotteri, 18 navi, 1.997 droni. Inoltre si aggiungono anche 3.267 carri armati, 6.474 veicoli corazzati da combattimento, 2.270 sistemi di artiglieria, 234 sistemi di difesa aerea.

Ore 10:37 - Missili russi sulla regione di Kharkiv in mattinata

Le forze di Mosca hanno attaccato questa mattina la città di Vovchansk, al confine con la Russia, nella regione di Kharkiv: a renderlo noto è stato Serhii Melnyk, capo della guarnigione militare regionale, come riportano i media ucraini. «Il nemico ha lanciato un attacco missilistico (con caccia, ndr) Su-35 nella regione di Kharkiv, in particolare a Vovchansk», ha scritto Melnyk precisando che non ci sono ancora notizie di eventuali vittime o feriti.

Ore 10:49 - Zelensky incontra Jp Morgan per la ricostruzione dell’Ucraina

Il presidente ucraino Zelensky ha annunciato su Twitter di aver «avuto un incontro importante con i membri senior di Jp Morgan e di avere partecipato al summit sugli investimenti online. Abbiamo discusso della creazione di una piattaforma per coinvolgere il capitale privato nella ricostruzione dell’Ucraina. Sono state discusse le fasi di crescita a lungo termine del dopoguerra. Abbiamo concordato una cooperazione».

Ore 11:04 - Kiev: «Negoziati con Mosca fuori discussione»

È un Tweet secco che non ammette repliche quello di Mykhailo Podolyak, consigliere presidenziale ucraino: «Nella sua retorica periodica su pace e negoziati il Cremlino afferma che non lascerà i territori ucraini e non sarà responsabile di crimini... È un’altra prova che i negoziati sono fuori discussione» l’obiettivo è «la vittoria dell’Ucraina, altrimenti la guerra in Europa non finirà, e la Russia dominerà criminalmente il mondo».

Ore 11:18 - Disney lascia la Russia, niente film a partire da marzo. Non rinnovato il contratto con le piattaforme di streaming

A partire da marzo in Russia non sarà possibile vedere i film della Disney dopo la decisione dell’azienda di non rinnovare il contratto con le piattaforme internet russe a causa dell’intervento militare in Ucraina. Come altri grandi studios, Disney ha lasciato il mercato russo a marzo dell’anno scorso dopo l’inizio del conflitto ma gli utenti potevano ancora guardare le produzioni online. Tuttavia, il contratto di Disney con piattaforme come Okko, Kinopoisk e Ivi scade il prossimo mese e la società ha fatto sapere che non lo rinnoverà, hanno riferito delle fonti al giornale. I film più popolari nel Paese sono «Il Re Leone», «Zootropolis», «Frozen» e «Mamma ho perso l’aereo». A metà gennaio, le principali catene cinematografiche russe hanno iniziato a proiettare «Avatar: La via dell’acqua», nonostante il film non avesse una licenza ufficiale e il governo avesse minacciato di multarle. Il film di James Cameron, il più grande incasso della storia del cinema, è prodotto dai 20th Century Studios, di proprietà della Disney.

Ore 11:39 - Zelensky: «Nella Ue tra due anni e nella Nato alla fine del conflitto»

«Oggi ci sono alcuni pessimisti tra i leader mondiali che credono che l’Ucraina abbia bisogno di 10 anni per diventare membro della Ue. Ma per lo più ci conoscono e talvolta temono persino il nostro spirito, la nostra energia. Pertanto, vediamo che possiamo essere nella Ue tra due anni», così Zelensky, nel suo intervento durante il summit sugli investimenti organizzato da Jp Morgan. «Servono garanzie di sicurezza», ha detto il presidente ucraino aggiungendo che la migliore garanzia per l’Ucraina sarebbe l’adesione alla Nato. «Crediamo che saremo nella Nato prima che tutti i leader decidano che il nostro pacchetto di garanzie di sicurezza è quello giusto. Perché prendono le decisioni lentamente, è la burocrazia... E credo che dopo la vittoria saremo nella Nato».

Ore 11:55 - Una delle cantanti più famose della Russia nell’elenco degli «agenti stranieri» perché contro l’invasione

Come riportato dal Guardian, Zemfira, una delle cantanti più famose della Russia, è stata inserita nell’elenco degli «agenti stranieri» perché a sostegno dell’Ucraina e critica nei confronti «dell’operazione militare speciale» della Russia. Zemfira «ha apertamente sostenuto l’Ucraina, ha tenuto concerti in paesi ostili mentre parlava contro l’operazione militare speciale e ha ricevuto sostegno da fonti straniere», ha precisato l’agenzia di stampa statale russa Tass. Dopo l’invasione dell’Ucraina, Zemfira ha lasciato la Russia per stabilirsi in Francia. Le personalità etichettate come «agenti stranieri» dal governo russo sono state spesso sottoposte a perquisizioni della polizia e ad altre misure punitive. Molti hanno lasciato il paese nell’ultimo anno.

Ore 12:26 - «La pace mantenga l’Ucraina integra»

Una proposta di risoluzione che verrà presentata all’Assemblea generale delle Nazioni Unite sottolinea la necessità di una pace che garantisca la «sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale dell’Ucraina». La bozza di risoluzione, ottenuta dall’Associated Press, come riporta il Guardian, è più ampia e meno dettagliata del piano di pace in 10 punti annunciato a novembre dal presidente Volodymyr Zelensky. Una sessione di emergenza dell’Assemblea sull’Ucraina inizierà il 22 febbraio con il voto previsto per il giorno successivo, ha detto la portavoce del presidente dell’Assemblea Generale, Paulina Kubiak. La bozza sottolinea la necessità di raggiungere «una pace globale, giusta e duratura» in Ucraina «il prima possibile», in linea con i principi della Carta delle Nazioni Unite. E ribadisce la precedente richiesta dell’Assemblea generale che la Russia «ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari» dai confini riconosciuti a livello internazionale dell’Ucraina. Oltre a sottolineare che nessun territorio acquisito con la minaccia o l’uso della forza sarà considerato legale.

Ore 13:20 - Russia: «Inaccettabile che Kiev chieda di bandire atleti da Olimpiadi»

La Russia ha denunciato la richiesta di Zelensky di bandire gli atleti russi dalle Olimpiadi di Parigi 2024: «Il tentativo di dettare le condizioni per la partecipazione degli atleti alle competizioni internazionali è assolutamente inaccettabile (...) Attualmente stiamo assistendo a un desiderio palese di distruggere l’unità dello sport internazionale», ha dichiarato il ministro dello sport russo, Oleg Matytsin, citato dalle agenzie di stampa russe.

Ore 14:00 - Attacco missilistico russo, colpite le centrali elettriche: blackout in tutta la nazione

La Russia ha colpito con missili e droni le centrali elettriche di sei regioni dell’Ucraina causando diversi blackout in tutta la nazione: a sostenerlo è il ministro dell’energia ucraino, German Galushchenko. A conferma è arrivato anche il punto quotidiano sul conflitto del ministro della Difesa russo il quale ha riportato come gli attacchi siano serviti a fermare il trasporto di forniture militari estere che stavano viaggiando su rotaia.

Ore 14:09 - Il comandante della Wagner: «Ci vorranno due anni per conquistare l’est dell’Ucraina»

In un video pubblicato dal blogger militare russo Semyon Pegov, ripreso da Reuters, il comandante della brigata Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha affermato che per conquistare le regioni orientali dell’Ucraina ci vorranno due anni, «tre se dobbiamo raggiungere il Dnipro». Il Cremlino ha preferito non fare previsioni sulla possibile durata del conflitto, sostenendo che l’invasione dell’Ucraina, denominata «operazione militare speciale», andrà avanti fino a quando non saranno raggiunti gli obiettivi.

Ore 14:36 - Olga e Maxim: la storia (vera) della coppia ucraina nel video di Tananai

Insieme su un battello, su una pista da sci, avvolti nel fumo di uno shisha bar; poi separati dalla guerra, lui al fronte, lei sfollata a Milano. Olga Rastieriaiev, 35 anni, e il marito Maxim, coetaneo, sono i protagonisti di «Tango» , il brano con cui Tananai è in gara alla 73esima edizione del Festival di Sanremo: esistono davvero. Un milione di visualizzazioni in poche ore. (di Irene Soave)

Ore 15:09 - Attacco ucraino sulla regione di confine russa: un morto

Una persona è rimasta uccisa dopo il bombardamento delle forze armate ucraine sul villaggio di Guevo, nella regione russa di Kursk. Ad annunciarlo è stato il governatore locale, Roman Starovoit, secondo il quale a essere colpita è stata una squadra di operai edili. «Una brigata di muratori è stata colpita da un attacco arrivato dal lato ucraino. Sfortunatamente, una persona è morta. C’è anche un ferito, che è stato portato all’ospedale per ricevere assistenza medica», ha scritto il governatore nel suo canale Telegram.

Ore 15:52 - Tajani: «Errore della Francia, alla Russia dobbiamo mostrarci uniti»

Il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, bacchetta la Francia: «Ha commesso un errore (in occasione della visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky),ma non si tratta di fatti personali»: bisogna «lavorare perche’ l’Europa sia unita e agisca insieme». Secondo il titolare della Farnesina, infatti, occorre mandare un messaggi di coesione alla Federazione Russa, che cerca di sfruttare ogni divisione in seno all’Europa. «La coesione c’è - ha aggiunto però Tajani - e ieri è emersa chiaramente durante il Consiglio europeo».

Ore 16:02 - Zelensky visita l’ambasciata turca a Kiev per commemorare le vittime del terremoto

Il presidente dell’Ucraina Zelensky, insieme al capo dell’ufficio presidenziale, Andriy Yermak, ha visitato l’ambasciata turca a Kiev per commemorare le vittime del terremoto di lunedì notte. «Le nostre condoglianze alle famiglie, ci uniamo al popolo turco in questa dura prova».

Ore 16:20 - L'attacco russo al ponte di Odessa con un barchino esplosivo

La Russia ha aperto un nuovo fronte nella guerra contro l’Ucraina.

Ore 16:53 - Kiev, arriva il primo lotto di cannoni antiaerei dalla Lituania

È arrivato a Kiev il primo lotto di cannoni antiaerei donati dalla Lituania. Lo ha annunciato il ministro della Difesa lituano Arvydas Anusauskas su Twitter: «Un lotto di cannoni e munizioni antiaerei L-70 inviato dalla Lituania, che aiuteranno a difendere le infrastrutture critiche, è già arrivato in Ucraina». Secondo quanto spiegato da Kyiv Independent, a gennaio la Lituania aveva annunciato che avrebbe consegnato dozzine di cannoni antiaerei L-70 all'Ucraina come parte del suo ultimo pacchetto di aiuti militari, che comprende anche due elicotteri Mi-8 e munizioni. Il 9 febbraio, Anusauskas ha anche confermato che la Lituania fornirà all'Ucraina 36 sistemi antiaerei portatili per «contrastare efficacemente i droni di fabbricazione iraniana che la Russia sta usando per attaccare il Paese».

Ore 01:16 - Tre missili russi su infrastruttura a Kharkiv

Nuovi attacchi da parte dei russi. «I primi rapporti indicano che sabato notte tre missili S-300 russi hanno colpito la città ucraina orientale di Kharkiv», lo ha scritto il governatore regionale Oleh Sinehubov su Telegram. «Un’infrastruttura è stata danneggiata. Le informazioni sulle vittime e l’entità della distruzione sono in fase di chiarimento», ha affermato.

Ore 02:25 - La lettera di Zelensky a Sanremo: «L’Ucraina sicuramente vincerà»

Dopo giorni di polemiche durante la finale di Sanremo 2023 Amadeus ha letto (molto tardi, intorno alle 2.15) un messaggio inviato da Volodymyr Zelensky, il presidente dell’Ucraina . Una lettera indirizzata a tutti i protagonisti del Festival: «Cari partecipanti, organizzatori e ospiti del Festival. Da più di sette decenni il Festival di Sanremo si sente in tutto il mondo...».

Ore 02:52 - Usa, Pentagono a Ucraina: «Aiuti arriveranno velocemente»

Il Pentagono ha ribadito a Kiev l’impegno a consegnare il pacchetto di aiuti «il più velocemente possibile». È quanto ha comunicato il dipartimento della Difesa Usa, che ha dato notizia di una telefonata avvenuta tra il capo del Pentagono Lloyd Austin e il ministro della Difesa ucraina Oleksii Reznikov. La prossima settimana, a Bruxelles, è in programma l’incontro dell’Udcg, Ukraine Defense Contact Group, l’alleanza di oltre cinquanta Paesi che sostengono il diritto dell’Ucraina a difendersi dall’invasione russa. Tra i temi che verranno affrontati, la difesa aerea e l’impiego dell’artiglieria.

I villaggi-caserma dietro le trincee. «Le nostre case per i soldati al fronte». Storia di Giacomo Gambassi, inviato nella regione di Donetsk su Avvenire l’11 Febbraio 2023.

La casa di Kostyantyn è una villetta modesta che si affaccia sulla via principale del paese, una strada malmessa che il ghiaccio e la melma rendono ancora più accidentata. Due camere, un soggiorno, la cucina. Poi il giardino con una rimessa che fa da garage. Ed è da lì che spunta un cannone, o meglio la cresta del cannone. Compare dietro una rete fogliata sistemata come copertura per riparare da droni e satelliti un carro armato. Kostyantyn non vive più nell’abitazione di famiglia, ma viene di tanto in tanto a sincerarsi che sia ancora intatta. «Siamo sfollati con mia moglie e i due figli. Qui serve lasciare spazio a chi ci difende», racconta mentre esce dalla cancellata. «E mi fa piacere poter dare un tetto ai nostri militari», aggiunge. Non è un’eccezione ciò che accade nella proprietà dell’impiegato pubblico trasferito in una «località più sicura», come lui riferisce. Tutte, o quasi, le case dell’agglomerato sono abitate dai soldati. E anche quelle dell’insediamento successivo. Villaggi che si sono trasformati nelle retrovie dell’esercito ucraino. Villaggi requisiti, verrebbe da dire. Anche se la gente racconta un’altra versione. «È vero che ci è stato chiesto di evacuare ma sappiamo che tutto ciò è utile per la patria», sostiene Ivan, anche lui rifugiato più a valle.

​Il fronte è a meno di venti chilometri, in un angolo dell’est dell’Ucraina dove convergono tre regioni: quelle di Donetsk, Lugansk e Kharkiv. Ed è una linea di contatto che da qualche giorno è diventata “calda” dove la battaglia non è più soltanto a colpi d’artiglieria ma anche sul terreno e con il supporto dell’aviazione. Perché, secondo i servizi di sicurezza, è iniziata una nuova offensiva russa verso i territori riconquistati da Kiev quattro o cinque mesi fa. Compresi gli agglomerati-caserma. In base alle regole d’ingaggio, i militari restano dai sette ai dieci giorni in trincea; poi si ritirano in quelle che gli arruolati chiamano le «safest positions», le postazioni più sicure. Abitati persi fra le campagne, per lo più preservate da missili e attacchi. Come anche qualche cittadina che conta su un ospedale destinato a essere il punto di primo soccorso per i feriti in divisa.

Viaggiare fra le retrovie significa immergersi in luoghi fantasma dove è ben chiaro come i combattimenti siano dietro l’angolo ma dove al tempo stesso tutto è anonimo. Un paesaggio dai contorni bellici che parla e non parla. Non parla perché nessuno è autorizzato a dire di quale armata faccia parte, da dove arrivi o dove abbia l’alloggio temporaneo, se sia un professionista o volontario che ha lasciato la famiglia per «opporsi all’invasore», quale sia la sua nazionalità o il compito assegnato. Eppure ogni dettaglio racconta le operazioni di difesa e resistenza. A cominciare dalle strade. Le auto “ordinarie” si contano su una mano. Il resto dei mezzi ha un unico colore: il verde militare. Incluse le utilitarie ridipinte in maniera artigianale con la tintura della guerra. Quasi sempre senza targa; ma tutte con una croce sulle portiere o nei vetri a indicare di essere a servizio dell’esercito. E ai bordi della carreggiata o nelle aiuole sono sistemati depositi, magazzini avanzati, attrezzature necessarie per i rifornimenti, gli sgombri, le riparazioni. Dalle case escono soltanto mimetiche: segno che sono state lasciate ai militari. E le scuole sono riempite di brandine.

«Se servono medicine, noi li portiamo. Se occorre cibo, lo reperiamo», racconta Oleksandr Yalovol, responsabile dell’hub umanitario “Est-Ovest” di Kharkiv, mentre consegna un carico di farmaci e un depuratore per l’acqua nel presidio ospedaliero dove civili e militari convivono nelle stesse corsie. Succede anche nell’intera cittadina che, a differenza dei centri minori, non è unicamente in mano a chi combatte. «I miei vicini di appartamento sono soldati», sorride la signora Ludmilla in coda al negozio di alimentari. Dietro di lei quattro uomini che hanno lasciato la prima linea. Vive in un piccolo condominio. «L’abitazione di fianco alla mia era vuota. I proprietari se ne sono andati da qualche mese ed è stato loro chiesto di poter concedere le stanze ai militari». L’energica anziana riprende fiato. «Se ho paura a restare qui? Non più di tanto». E spiega che rimangono anche diverse famiglie con i bambini. «A loro abbiamo donato i libri», aggiunge Oleksandr.

Eppure preoccupa ciò che accade sul campo. Il fronte più vicino si sta muovendo verso Kupyansk, città devastata dai russi prima di essere liberata a metà settembre e che adesso è tornata nel mirino di Mosca tanto da essere bombardata ogni giorno. Dal territorio occupato di Lugansk dove il Cremlino ha concentrato divisioni e carri armati, i militari di Putin avanzano seppur a piccoli passi. E la direzione è quella di Kharkiv. Non è un caso che nella seconda città del Paese si stiano rincorrendo voci incontrollate di una possibile invasione. È toccato alle autorità locali rassicurare: «La linea del fuoco è a 120 chilometri. Il nemico non è riuscito a impadronirsi della metropoli il 24 febbraio. Il nostro esercito la proteggerà ancora».

Con gli ucraini che sognano di liberare Melitopol: «I russi sono nel mirino, ma sarà dura sorprenderli». Il Corriere della Sera l’11 Febbraio 2023.

Venerdì sono piovuti su Zaporizhzhia 20 ordigni russi. Alcuni erano missili S300, altri droni iraniani shahid. Nello stesso giorno, 120 chilometri a sud, a Melitopol, nel territorio occupato dalle forze di Mosca sin dai primi giorni dell’invasione, ci sono state 9 esplosioni. L’Ucraina non ha rivendicato, ma pare il lavoro di suoi infiltrati con droni o forse anche mortai.

Olena Zhuk è evasiva il giusto dal momento che è la presidente del Parlamento regionale di Zaporizhzhia. «Avvisaglie della battaglia per Melitopol? Credo che nessuno sappia davvero cosa succederà. É certo che se riuscissimo a riprendere Melitopol avremmo vinto la guerra. Il problema è come? Tutto cambia in fretta. Noi ucraini ci stiamo preparando. Però anche i russi hanno il loro disegno strategico. Dipenderà dalle condizioni meteorologiche. Ma anche da quante munizioni i russi riusciranno ad avere e dalle armi che verranno consegnate a noi. E quando».

Liberare Melitopol. Da mesi è il sogno neppure troppo segreto di tanti ucraini. Significherebbe arrivare di nuovo sul Mare d’Azov, mettere sotto tiro sia la Crimea sia Mariupol, ma soprattutto tagliare il «ponte terrestre» tra la Russia e tutte le sue truppe ad ovest, in Crimea e nella provincia di Kherson. Il comandante in capo delle Forze Armate di Kiev, generale Zaluzhny, si accontenterebbe anche di fermarsi fuori dalla città. «Basta avanzare di 80 chilometri a sud di Zaporizhzhya — ha dichiarato all’ Economist — per mettere sotto il tiro dei missili Himars le linee di rifornimento russe. Le loro truppe in Crimea e Kherson rimarrebbero isolate e in qualche mese dovrebbero capitolare». Sarebbe la vittoria o comunque l’obbligo per Putin a negoziare.

Havryil è un semplice sergente, ma ha 54 anni e per tre volte è stato così vicino a un’esplosione da perdere conoscenza. Curate le ferite del corpo «mi deve essere rimasto qualcosa dentro qui — sorride toccandosi il cuore — perché ho cominciato a balbettare». Da due mesi comanda una trincea 18 chilometri a sud di Zaporizhzhia proprio verso Melitopol. «Se guarda col mio cannocchiale, li vede i russi. Ci possiamo anche sparare con i kalashnikov». Havryil è convinto che l’offensiva verso Melipopol ci sarà, ma non adesso. «Per voi di città è difficile capire». Mentre parla fa strada in una trincea alta come un uomo, poi si scende di almeno un altro metro e mezzo ed ecco la «sala comando» che è anche cucina e dormitorio. «Sa quanto ci ha messo un soldato a scavarla con la pala? Due giorni. Qui la terra è morbida, neanche un sasso. Prima della guerra c’era chi la vendeva al metro cubo agli Emirati Arabi tanto è fertile». Bene, ma cosa c’entra con l’offensiva? «Se un tank o anche un blindato lascia l’asfalto per i campi, affonda. Non c’è cingolo che lo tiri fuori. Per un’offensiva come si deve, con brigate corazzate e carri armati che avanzano nella steppa e non sulle autostrade dove è facile fermarli, bisogna che il terreno sia ghiacciato con una settimana a meno venti oppure che d’estate non piova da almeno un mese». «È stato un errore non prendere Melitopol quest’estate — argomenta l’ex colonnello ucraino Roman Svitan —. Quando sono arrivati gli Himars, il Comando ha scelto di liberare Kherson, ma ha dato 4 mesi ai russi per fortificare le difese».

In effetti, sembra che sul fronte di Zaporizhzhia sia schierato uno dei (due) migliori reparti a disposizione del Cremlino. Trentamila uomini minimo. «Hanno scavato chilometri di trincee, steso filo spinato e blocchi anti carro», conferma la presidente Zhuk. Il villaggio di Mikhailovka è diventato una base per 1.500 mercenari della Wagner e tutta Melitopol è sostanzialmente diventata una guarnigione militare. Approfittano del fatto che due case su tre sono state abbandonate.

«La controffensiva dell’autunno che ci ha permesso di liberare Kharkiv e Kherson è stata un capolavoro di comunicazione — sostiene Oleksii Hodzenko, consigliere del ministero della Difesa di Kiev —. I russi ci aspettavano da una parte e noi abbiamo colpito dall’altra. Ora sarà più difficile sorprenderli perché con i nuovi coscritti hanno fatto densità lungo tutti gli 800 chilometri di fronte. Per questo servono armi diverse. Adesso dobbiamo resistere alle 300 mila reclute, ma appena avremo le nuove armi, le cose cambieranno. Primavera, resistiamo sino a primavera, poi le cose cambieranno».

"Sanremo, la guerra, gli hater: vi svelo tutti i segreti di Zelensky". Storia di Gianluca Lo Nostro su Il Giornale l’11 Febbraio 2023.

Iuliia Mendel è una giornalista ucraina. Classe 1986, rappresenta la nuova generazione di ucraini che ha rottamato la vecchia classe dirigente con l’arrivo di Volodymyr Zelensky sulla scena politica ucraina. È stata la portavoce del presidente ucraino dal 2019 al 2021, rimanendo come collaboratrice freelance per le relazioni con la stampa estera. Originaria di Kherson, attualmente vive a Kiev e sta lavorando a un documentario sulla guerra. Ha raccontato il suo periodo insieme a Zelensky nel libro The Fight for Our Lives.

Dottoressa Mendel, lei ha seguito Volodymyr Zelensky fino allo scoppio della guerra. Come si è evoluta la comunicazione del presidente ucraino in questi anni?

Nel 2019, Zelensky aveva appena esordito in politica. Quando entrai in ufficio la prima volta trovai molti uomini potenti che volevano influenzarlo, affiancandolo durante la campagna elettorale. Queste persone insistevano sul fatto che il Presidente non dovesse parlare con la stampa, evitando di raccontare loro ciò che stava accadendo. All’inizio mi è stato vietato di rispondere alle richieste dei media e non ho potuto organizzare alcuna intervista con il Presidente. Sono felice che mi abbia ascoltato e che abbia scelto la via dei leader democratici. Col tempo abbiamo iniziato a rilasciare sempre più interviste e lui si è abituato, capendo che era qualcosa che doveva fare e che gli sarebbe piaciuto nella sua vita.

Il popolo ucraino lo sente più vicino ora che c’è la guerra?

Gli ucraini sono molto grati per la sua missione storica, perché ha unito tutto il mondo civilizzato per aiutarci. Sta facendo qualcosa che nessuno vorrebbe mai fare nella vita. Stava combattendo la corruzione, stava combattendo il coronavirus, ora sta combattendo Putin. So che a Zelensky non piace molto chiedere l'elemosina e lo sta facendo in maniera alquanto nobile, ma sta chiedendo al mondo di salvare la sua nazione. Si sta comportando da leader ed è per questo che è rispettato in Ucraina.

In Italia, la presenza di Zelensky al Festival di Sanremo ha scatenato una ridda di polemiche. Non crede che questa sovraesposizione mediatica possa diventare controproducente?

Siamo molto grati a tutti gli europei che si sono schierati a favore dell'Ucraina. Non chiediamo senza dare. Capiamo che vi costa qualcosa, ma costa anche a noi. Non dovete rinunciare a qualcosa, state solo difendendo dei valori. In Italia ci sono stati diversi scandali che hanno turbato parecchi ucraini. Penso al teatro che vendeva i biglietti per lo spettacolo di Sergey Polunin, ballerino con il volto di Putin tatuato sul petto. Come è stato possibile? È della mia stessa città e avevamo anche lo stesso insegnante di danza. Ci sono stati molti fraintendimenti tra italiani e ucraini e credo che questo sia dovuto alla distanza geografica: non erano tantissimi gli italiani che venivano in Ucraina prima della guerra. Non credo che Zelensky abbia bisogno di essere amato, ma sicuramente ha qualcosa per cui essere rispettato. Che vi piaccia o meno, il nostro leader un giorno potremo cambiarlo perché siamo una democrazia.

Più si parla, più persone si raggiungono: è l’Abc della comunicazione e non è una cosa facile da fare, a essere sinceri. È necessario essere sempre concentrati, intelligenti, empatici, serve una grande energia e Zelensky ce l'ha. Non posso parlare per quelli che lo odiano. Ci sono 144 milioni di russi e la maggior parte di loro ci odia. Il fatto è che l'odio non porta da nessuna parte. Stiamo parlando di una minaccia esistenziale. Immaginate se l'Ucraina, un Paese di 40 milioni di persone, venisse completamente distrutta in questo momento. La Polonia, la Moldavia, gli Stati baltici e tutti i Paesi confinanti con la Russia: vi piacerebbe se questo avvenisse a loro? È ciò che Putin voleva. Non siamo colpevoli per aver combattuto qui e non siamo colpevoli per aver detto la verità.

Cosa dobbiamo al suo lavoro da portavoce se oggi Zelensky è diventato così famoso?

Nessun altro presidente ucraino è apparso sulla cover del New Yorker. Quando era percepito solo come un comico, ho fatto sì che apparisse sulla copertina di Time e sul Guardian. Nel settembre 2019, prima dell'incontro con Putin, ha rilasciato la sua prima intervista ai media stranieri. Sono stata io a insegnargli come fare un'intervista e sono molto fiera di questo.

Che differenze ha notato con Putin?

Ho visto Putin nella vita reale al tavolo dei negoziati (Formato Normandia, ndr) ed è un negoziatore scarsissimo. Si sentiva a disagio perché negli ultimi 20 anni non ha mai negoziato nulla. È abituato a dare ordini che qualcuno esegue senza farsi troppe domande. Quando ha incontrato Zelensky non è riuscito nemmeno a contraddirlo, ha abbassato gli occhi, restando seduto a disagio sulla sedia, chiedendo continuamente informazioni ai suoi consiglieri. Si è mostrato come una persona molto debole. Non è forte, è un dittatore.

E Zelensky che tipo è?

Lavora spesso da solo e per questo è esigente. Non è un gran dormiglione. Gli piace andare a letto tardi e svegliarsi presto. Quando si sveglia fa jogging o va in palestra e fa un primo giro di telefonate. Beve molti caffè ogni giorno perché è un gran lavoratore. Mi è capitato più volte di essere svegliata dalle sue telefonate. Non si arrende mai. Ha il guizzo di dire "questo non ha funzionato, quindi proviamo qualcosa di nuovo".

Zelensky è ancora un populista?

Il populismo ha spesso connotazioni negative, ma non è sempre una brutta cosa. Ogni politico è in qualche misura un populista, ma ci sono populisti che rovinano la vita delle persone e populisti che usano il loro talento per arrivare al cuore e alla mente delle persone. Penso che Zelensky si sia guadagnato il cuore e la mente delle persone.

"Bloccate armi straniere a Kiev": la rivelazione dietro ai raid di Mosca. Mosca ha parlato anche di un massiccio attacco sferrato contro le strutture energetiche critiche che assicurano il funzionamento delle imprese dell'industria della difesa e del sistema di trasporto dell'Ucraina. Federico Giuliani l’11 Febbraio 2023 su Il Giornale.

La Russia sarebbe riuscita a bloccare il rifornimento su ferrovia di armi e munizioni straniere dirette verso l’Ucraina. È questo, secondo quanto riportato dallo Stato maggiore della Federazione Russa, il risultato più importante del massiccio attacco sferrato nelle ultime 24 ore dall’esercito russo contro Kiev. Decine di missili hanno anche colpito vari siti energetici e altre strutture critiche ucraine. Il governo di Volodymyr Zelensky ha confermato l’attacco sferrato da Mosca senza tuttavia scendere nei dettagli.

Gli effetti dell’attacco russo

"Ieri le Forze Armate russe hanno sferrato un massiccio attacco a strutture critiche del sistema energetico che garantiscono le operazioni dell'industria della difesa e dei trasporti ucraini", ha dichiarato il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov. "Gli obiettivi sono stati raggiunti. È stato bloccato il dispiegamento di armi, hardware e truppe su ferrovia", ha aggiunto.

L’agenzia russa Tass ha inoltre scritto che le forze del Cremlino avrebbero ucciso oltre 140 militari ucraini e distrutto due obici M777 di fabbricazione statunitense, oltre ad un obice Krab polacco vicino a Donetsk.

"Come risultato di un'offensiva di successo da parte del Gruppo di forze meridionale nella direzione di Donetsk, sono stati uccisi più di 140 militari ucraini. Distrutti due obici M777 di fabbricazione statunitense, un obice semovente Krab di fabbricazione polacca, Giatsint-B e D -30 obici e un sistema radar AN/TPQ-50 di fabbricazione statunitense sono stati distrutti", ha precisato lo stesso Konashenkov.

La versione di Kiev

Secondo Kiev, due missili lanciati dalla Russia durante il suddetto attacco avrebbero attraversato lo spazio aereo della Romania e, quindi, della Nato, circostanza poi smentita da Bucarest e finita in un giallo ancora parzialmente avvolto nella nebbia.

"Missili russi sorvolano la Romania": cosa succede sul fianco est della Nato

"L'Ucraina ha perso al momento il 44% della sua capacità di produrre energia nucleare, il 75% di quella delle centrali termiche e il 33% di quella dei propri impianti di cogenerazione", ha riferito il primo ministro ucraino Denys Chmygal. "La grande maggioranza degli ucraini continua ad aver accesso al riscaldamento, all'acqua e all'elettricità", ha quindi chiarito.

L'Aiea, l'agenzia internazionale dell'energia atomica, ha precisato in una nota che un reattore della centrale nucleare di Khmelnytskyi, nell'ovest del Paese, è stata fermata a causa dell'instabilità della rete elettrica. Eppure gli attacchi di Mosca, stando alla versione di Mosca, avrebbero anche bloccato il rifornimento ferroviario che consente, tra l’altro, il trasporto di armi occidentali verso l’Ucraina.

La conta dei danni

L’agenzia ucraina Unian ha parlato di 106 missili lanciati da Mosca e 59 attacchi aerei, 28 dei quali con droni Shahed-136. Sarebbero state colpite anche infrastrutture civili.

Nel dettaglio, l'attacco russo sarebbe stato sferrato con 32 missili guidati antiaerei S-300 e 74 missili da crociera aerei e marittimi, 61 dei quali distrutti dalla difesa ucraina, che ha abbattuto anche 22 droni. Quello di ieri è stato il quattordicesimo massiccio attacco missilistico subito dall'Ucraina dall'inizio della guerra.

Secondo il ministero dell'Energia, citato sempre da Unian, sono stati colpiti impianti di riscaldamento e di generazione idroelettrica e quattro centrali termiche hanno subito danni.

Estratto dell’articolo di Guido Santevecchi per corriere.it il 13 febbraio 2023.

Nel giro di dieci giorni Stati Uniti e Cina sono passati dai preparativi per un incontro tra Antony Blinken e Xi Jinping all’ordine di sparare a vista su palloni volanti veri e presunti. Presi con le mani nel sacco di una vasta operazione di sorveglianza elettronica condotta per diversi anni con «una flotta di palloni-spia spediti su cinque continenti» (così dice il Pentagono), i cinesi ora additano un oggetto non identificato sopra il loro Mar Giallo.

[…] Da quando il 4 febbraio è stato tirato giù con un missile l’ormai famoso pallone-spia «grande come tre scuola-bus» e irto di antenne per le comunicazioni che aveva attraversato gli Stati Uniti, i «fenomeni aerei non identificati» si moltiplicano. Fino a una decina di giorni fa, i palloni aerostatici sembravano dinosauri di un’era finita. Ora si scopre che sono strumenti della nuova sfida per lo spionaggio e il controllo del «near space», lo «spazio vicino» tra la superficie della terra e l’orbita bassa.

A Washington sembrano convinti che Pechino sia in vantaggio in questa corsa. La faccenda del pallone-spia si è gonfiata fino a prendere (nelle parole di diversi politologi americani) le dimensioni di un «Momento Sputnik»: lo choc psicologico provocato nel 1957 dall’inaspettato lancio in orbita del primo satellite della storia, lo Sputnik dell’Unione Sovietica.

Gli Stati Uniti abbattono un quarto oggetto volante non identificato sopra il Michigan. Il Domani il 13 febbraio 2023

È il quarto oggetto volante abbattuto dopo il pallone cinese e i due eliminati nel fine settimana in Alaska e in Canada. Non si sa ancora moto della loro origine ma sembra improbabile possano venire da un altro pianeta

Un caccia F-16 dell'esercito americano ha lanciato su ordine del presidente Joe Biden un missile che ha abbattuto un oggetto volante ''ottagonale'' vicino a siti militari nel Michigan, sopra il lago Huron, dopo essere stato individuato come oggetto non identificato dai radar.

Lo ha detto la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, dicendo di essere «lieta di annunciare che è stato rimosso rapidamente, in modo sicuro e protetto».

Il Pentagono ha spiegato che l'oggetto aveva viaggiato vicino a siti militari americani e ha rappresentato una minaccia per l'aviazione civile, oltre ad essere un potenziale strumento di sorveglianza. Si tratta del quarto oggetto volante abbattuto a febbraio da jet americani o canadesi dopo il grande pallone cinese del 4 febbraio.

LE CARATTERISTICHE

L'oggetto aveva la forma di un ottagono con fili appesi e nessun carico utile distinguibile, secondo il funzionario e un'altra fonte informata sulla questione. Era stato rilevato per la prima volta sabato notte dal Comando di difesa aerospaziale nordamericano e dal Comando settentrionale degli Stati Uniti sul Montana. Sono in corso le operazioni di recupero da parte della Guardia costiera.

Per il momento, non c’è certezza sull’origine degli oggetti abbattuti, a differenza del pallone cinese che è stato identificato relativamente presto. Il New York Times citando fonti della Difesa ipotizza che possa essere il tentativo di Cina o Russia di scoprire di quanto tempo hanno bisogno le forze americane per identificare e neutralizzare un oggetto che entra nello spazio aereo. Sembra a questo punto invece piuttosto improbabile la pista dell’oggetto alieno. 

Cosa c’è dietro «l’invasione» di palloni-spia. Storia di Federico Rampini su Il Corriere della Sera il 13 febbraio 2023.

Siamo al terzo «oggetto volante non identificato» che la U.S. Air Force ha abbattuto sui cieli del Nordamerica (Stati Uniti e Canada), in aggiunta al primo pallone-spia che è stato colpito mentre sorvolava la costa atlantica. Che cosa significa questa improvvisa proliferazione, che cosa c’è dietro? E che cos’abbiamo scoperto di rilevante sul primo pallone-spia? Alcune conclusioni sono allarmanti: c’è una vera mancanza di coordinamento fra Xi Jinping e le sue forze armate, e sono assenti dei meccanismi di de-escalation tra Stati Uniti e Cina. Né rassicura scoprire la ragione vera per cui i cinesi stanno puntando così tanto su uno strumento di spionaggio diverso dai satelliti, e teoricamente meno sofisticato. La vicenda chiama in causa anche l’Europa.

Vi fornisco qui una mia sintesi delle spiegazioni più aggiornate: vengono dall’intelligence Usa e dalla Casa Bianca, da alcuni politici che siedono nelle commissioni parlamentari con accesso a informazioni militari, e dall’analisi di uno dei miei esperti preferiti di geopolitica, Ian Bremmer dello Eurasia Group. Ho anche avuto accesso al Capo di stato maggiore dell’aviazione Usa, il generale Charles Q. Brown (Air Force Chief of Staff) grazie a una interessante conversazione organizzata dalla Brookings Institution di Washington.

Comincio dalla parte meno inquietante, prima di passare alle cose di cui dobbiamo preoccuparci di più. I tre «Ufo» (unidentified flying objects) abbattuti negli ultimi tre giorni non stanno a significare che è in atto una improvvisa invasione dei cieli americani da parte di una potenza nemica. Quelli abbattuti sui cieli della costa Nord-Ovest, tra Alaska e Canada (uno dei quali su richiesta del premier canadese Justin Trudeau che ha fatto scattare l’assistenza militare del North American Aerospace Defense Comand o Norad, struttura di comando militare bilaterale Usa-Canada) non sono ancora stati identificati, sono di dimensioni inferiori al pallone-spia, e non è detto che siano di origine cinese. «C’è un sacco di spazzatura in cielo», ha osservato un esponente dell’intelligence Usa: ivi compresi oggetti volanti di origine privata, non dichiarati e sprovvisti di autorizzazione. Più naturalmente gli strumenti di spionaggio di varie nazioni, non solo la Cina (c’è la Russia che confina con l’Alaska, per esempio).

La ragione per cui improvvisamente ci sembra di assistere a un’invasione, è che la Casa Bianca ha ordinato al Pentagono di modificare gli standard in base a cui far scattare le missioni di intercettazione e abbattimento. Prima gli stessi oggetti sarebbero stati ignorati, ora i radar americani sono stati modificati per avere una sensibilità molto superiore. Lo conferma il capo della U.S. Air Force generale Brown: «Abbiamo modificato la sensibilità dei nostri radar, ora vediamo cose che prima non vedevamo». La spiegazione? Anche se nessuno lo ammette troppo esplicitamente, in buona parte è legata alla politica interna. I repubblicani hanno accusato Biden di aver lasciato che il pallone-spia cinese sorvolasse l’intero territorio continentale degli Stati Uniti per quattro giorni, raccogliendo informazioni e trasmettendole a Pechino. La questione è diventata scottante, Biden ha dovuto reagire di conseguenza. I cieli Usa ora sono in uno stato di allerta molto superiore rispetto a una settimana fa, le intercettazioni scattano più facilmente. Qualcuno si chiede se il conto che paga il contribuente americano non sia eccessivo: ogni missione di caccia che intercettano e abbattono un oggetto volante ha costi stratosferici. (Una nota divertente per gli appassionati di fantascienza: una corrente di pensiero sostiene che tutta la leggenda degli avvistamenti di Ufo extraterrestri sia stata incoraggiata per anni dal Pentagono per evitare di dare conto dei troppi sorvoli che sfuggivano alla sorveglianza militare).

Vengo alle notizie più allarmanti. Primo. Sembra che la Cina abbia effettivamente ampliato il suo programma di spionaggio con il palloni. La ragione: è un piano B nel caso che scoppi un conflitto in cui i suoi satelliti potrebbero subire attacchi di «accecamento» da parte degli Stati Uniti. È uno dei tanti scenari di «terza guerra mondiale in seguito all’invasione di Taiwan», insomma. I palloni, strumenti a bassa tecnologia, potrebbero rappresentare una soluzione di scorta, per continuare a spiare l’America dai cieli qualora la rete satellitare cinese abbia delle difficoltà. Inoltre la stessa intercettazione-abbattimento di un pallone-spia fornisce ai cinesi una messe di informazioni preziose sullo stato di preparazione della U.S. Air Force, sul funzionamento dei radar americani, eccetera. L’intelligence Usa ritiene di avere raccolto le prove che Xi Jinping sia stato colto impreparato, quando gli americani lo hanno accusato per il pallone-spia e hanno deciso di rinviare la visita a Pechino del segretario di Stato Antony Blinken. Sarebbero state intercettate comunicazioni fra Xi e i vertici dell’Esercito Popolare di Liberazione, con le prove che il presidente della Repubblica nonché segretario generale del partito comunista non era informato sui dettagli del programma dei palloni-spia, o per lo meno non sapeva che uno di quei palloni stava sorvolando i cieli Usa in quel momento e poteva mettere a repentaglio le prove generali di un parziale disgelo bilaterale (la visita di Blinken, per l’appunto). Questo livello di autonomia operativa delle sfere militari cinesi dal potere politico può essere normale, ma al tempo stesso moltiplica le occasioni di malintesi fra Washington-Pechino, con conseguenze potenzialmente disastrose.

Tanto più alla luce della reazione successiva di Xi: ha continuato ad avallare la menzogna del «pallone per studi meteorologici», non ha accennato ad alcun tipo di scuse diplomatiche, anzi ha reagito rabbiosamente, col risultato di acutizzare la crisi anziché sdrammatizzarla. Questa assenza di meccanismi concordati per una de-escalation sull’asse Pechino-Washington — a differenza di quel che accadde con il «telefono rosso» Mosca-Washington durante la prima guerra fredda — è forse la cosa più preoccupante in vista di tutte le crisi che possono scoppiare. All’orizzonte, per esempio, c’è una visita a Taiwan da parte del nuovo presidente della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy. La Cina reagirà come fece per quella di Nancy Pelosi? Oggi Pechino ha accusato gli Stati Uniti di avere a loro volta dei palloni-spia sui cieli della Repubblica Popolare. Attenzione: la Cina considera come «suoi cieli» anche quelli sopra l’isola di Taiwan.

L’ultimo elemento di preoccupazione riguarda l’Europa. L’intelligence Usa ha rivelato che ci sono almeno 40 palloni-spia cinesi in giro per il mondo, molti dei quali sorvolano il Vecchio continente. Stati Uniti e Canada hanno creato un precedente con l’abbattimento. Che cosa faranno adesso gli europei? Se reagiscono diversamente, si crea un doppio standard all’interno della Nato.

La febbre degli USA contro gli oggetti volanti. Walter Ferri su L'Indipendente il 13 Febbraio 2023.

Domenica 12 febbraio, jet statunitensi abbattono per la quarta volta nell’arco di otto giorni un oggetto volante. In tre di questi quattro casi, il Governo ha dovuto fare i conti con dei UAP, dei fenomeni aerei non identificati. L’escalation delle ostilità della Casa Bianca nei confronti di questi strumenti di origine imprecisata è iniziata da che, il 4 febbraio, un pallone sonda cinese è stato intercettato e atterrato con la forza al largo delle coste della Carolina del Sud, un intervento che ha evidentemente fomentato una profonda tensione di natura politica di cui viviamo ancora gli strascichi.

La questione del drone cinese rappresenta d’altronde un caso estremamente spinoso, un pasticcio diplomatico che rasenta fin troppo da vicino una dichiarazione di guerra tra superpotenze. Washington accusa la Cina di aver inoltrato sulle sue basi militari uno strumento di spionaggio, Beijing risponde sostenendo che gli USA abbiano distrutto un mezzo accademico progettato «perlopiù a scopi meteorologici». Secondo la Convenzione sull’aviazione civile internazionale, meglio nota come Convenzione di Chicago, la distruzione da parte di una nazione di un pallone sonda civile appartenente a un secondo Paese è da leggersi come un attacco diretto al suolo straniero.

Facendo leva sul trattato in questione, il Partito Comunista dipinge la manovra statunitense come un uso eccessivo della forza, lamentela che si assesta però più su di una dimensione propagandistica che su quella puramente legislativa. Leggendo le carte citate si scopre infatti che queste tutelano palloni sonda con una capacità di carico di molto inferiore a quella stimata nel caso specifico e, soprattutto, che gli standard internazionali prevedono che gli strumenti siano adoperati «esclusivamente a scopo meteorologico». Il mezzo cinese abbattuto non rispetterebbe dunque i parametri richiesti per poter far leva sulla lettura dell’attacco statunitense.

Dal canto suo, la Casa Bianca farà il possibile per analizzare i resti rinvenuti e quasi certamente continuerà a lamentare di essere finita al centro di una manovra di spionaggio perpetrata dal gigante asiatico. Che si tratti o meno di un’infiltrazione inopportuna, resta il fatto che questo attrito internazionale sia stato sfruttato internamente al Campidoglio per sferrare un attacco diplomatico intestino. Il Presidente Joe Biden è stato additato dalla parte Repubblicana per aver atteso troppo prima di intervenire, per aver reagito fiaccamente a una minaccia di portata internazionale, fondamentalmente per essere inadeguato per la posizione che ricopre. Poco importa che le scelte del Governo fossero o meno ragionevoli. Come sanno bene tutte le opposizioni che si muovono in contesti polarizzati, l’ingiuriare l’Amministrazione al potere rimane una strategia politica estremamente potente, quindi Washington si è trovata necessariamente nella situazione di dover reagire con solerzia.

Il 10 febbraio un aereo F-22 ha esploso un missile contro un «oggetto ad alta altitudine» che fluttuava sulle acque dell’Alaska, quindi, il giorno dopo, il Primo Ministro canadese Justin Trudeau ha chiesto l’intervento dei jet a stelle e strisce per neutralizzare un «oggetto non identificato» avvistato sopra allo Yukon. Dopo il primo esemplare cinese, insomma, gli oggetti volanti sembrano materializzarsi in ogni angolo dei cieli nordamericani, una coincidenza che è ora motivo di profonde analisi. Le visioni più nefaste suggeriscono che Russia e Cina stiano lanciando palloni autonomi al fine di studiare i tempi di reazione dei propri avversari, tuttavia il Rappresentante Democratico Jim Himes ha fornito una lettura decisamente meno caustica della questione sostenendo che vi sia «molta spazzatura» lanciata in aria da amatori e sprovveduti. «La mia ipotesi sul perché vediamo questi avvenimenti susseguirsi rapidamente è che ci stiamo semplicemente abituando a cercare questi oggetti», ha dichiarato Himes ai microfoni dell’NBC. [di Walter Ferri]

Guerra Cina-Usa. Giallo negli Usa, abbattuto un Ufo: l’ombra dei cinesi. Gli Usa hanno abbattuto un oggetto non identificato che volava sopra i cieli dell’Alaska. Matteo Milanesi su Nicolaporro.it l’11 Febbraio 2023,

Non sembrano placarsi le tensioni tra le nuove superpotenze della nuova Guerra Fredda: Stati Uniti e Cina. Dopo il caso del pallone aerostatico di Pechino sui cieli americani, poi abbattuto da un Jet di Washington nell’Atlantico, in giornata c’è stato un altro abbattimento americano, ovvero quello di un oggetto non identificato che volava in alta quota a nord dell’Alaska. Questa volta da parte di un jet F-22 dell’aviazione statunitense. A bordo del mezzo, specificano le fonti Usa, non c’era nessuno.

L’ordine, come specificato portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale per la Casa Bianca, John Kirby, sarebbe arrivato direttamente dal presidente Joe Biden, e questo perché avrebbe potuto creare un pericolo per il transito degli aerei commerciali. Eppure, rimane difficile non collegare l’intera vicenda proprio al probabile pallone-spia cinese (“probabile”, perché le autorità comuniste hanno smentito qualsiasi accusa di “spionaggio” nei confronti del loro competitor). La motivazione ufficiale del Dragone, infatti, sarebbe quella di un pallone con funzioni di rilevazioni metereologiche. Nonostante tutto, anche in questo caso, molti analisti hanno già affermato come l’oggetto fosse troppo grande – corrispondeva infatti a tre camion in verticale – per essere adatto a questo genere di rilevazioni.

Sull’oggetto non identificato abbattuto oggi, però, rimangono molti misteri. Gli Usa, infatti, avrebbero deciso di abbatterlo e diffondere immediatamente la notizia, nonostante si trattasse comunque di un mezzo di cui erano ancora ignote sia la provenienza che la funzione. L’unico accertamento ha riguardato le sue dimensioni, che corrispondevano grosso modo a quelle di una piccola automobile, come ribadito da Kirby: “Era della dimensione – ha spiegato – di una piccola auto. Non sappiamo a chi appartenesse, se fosse di proprietà statale o di una corporation. Non conosciamo quali fossero gli obiettivi”.

Nel frattempo, dopo il dietrofront del segretario di Stato americano, Antony Blinken, il quale aveva deciso di annullare la sua visita a Pechino dopo lo scontro diplomatico causato dal pallone-spie cinese, sono scattate anche le prime sanzioni americane contro il Dragone. Come riportato dal New York Times, infatti, l’amministrazione Biden ha bloccato le vendite di numerose tecnologie Usa a diverse società cinesi del settore hi-tech tech e aviazione, in particolare per quelle coinvolte nei programmi militari relativi a dirigibili e palloni utilizzati per l’intelligence e la ricognizione. A ciò, si affianca l’inserimento di cinque società e un istituto di ricerca cinese nella black list americana, impendendo loro di vendere tecnologie statunitensi senza una specifica licenza. Intanto, in queste ore, si attendono nuove indiscrezioni sull’oggetto abbattuto in Alaska: c’è dietro la mano di Xi Jinping, anche in questo caso? Matteo Milanesi, 11 febbraio 2023

Dal Canada alla Cina: mistero sugli “ufo” abbattuti. Sono quattro gli ufo abbattuti sui cieli di Canda e Stati Uniti. E ora anche la Cina ne denuncia un altro. Matteo Milanesi su Nicolaporro.it il 13 Febbraio 2023.

Sono ormai quattro gli episodi di oggetti non identificati segnalati sui cieli di Canada e Stati Uniti. Dopo l’abbattimento del pallone-spia cinese in South Carolina, che sarebbe partito da una base militare del Dragone situata nella regione della Mongolia cinese, 48 ore fa è ancora l’amministrazione dem americana ha optare per la distruzione di un secondo ufo – di dimensioni più piccole – ma che volava nei cieli dell’Alaska. La versione ufficiale della Casa Bianca sarebbe quella di un pericolo per le linee degli aerei commerciali; nonostante tutto, il stretto legame temporale tra i due episodi ha portato molti analisti a ritenere che ci possa essere dietro ancora la mano di Pechino.

Ebbene, sempre sabato scorso, si conta l’abbattimento di un terzo oggetto nei cieli del Canada, mentre ieri l’Air Force americana ha abbattuto un quarto ufo sul Lake Huron, in Michigan. Un vero e proprio giallo, che ha portato il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ad annullare la sua visita a Pechino, programmata durante lo scorso G20 di Bali, proprio per cercare di sanare le forti tensioni tra le due potenze. Eppure, la responsabile della Difesa di Ottawa cerca di stemperare gli animi, scacciando le responsabilità cinesi parlando di “oggetto cilindrico, forse simile a quelli usati per la

Eppure, nonostante le fortissime tensioni diplomatiche di queste ultime ore, né gli Stati Uniti né la Cina – almeno in questo momento – vogliono che la Guerra Fredda, per ora solo tecnologica ed economica, si trasformi e sfoci in un vero e proprio conflitto. Dal lato di Washington, il sostegno incessante all’Ucraina sta causando importanti penurie, soprattutto in termini di munizioni, con il rischio che i deficit possano diventare sempre più preoccupanti col prolungarsi dell’invasione russa. Dall’altra parte, invece, Pechino è entrata ufficialmente in un periodo di stagflazione, causa le rigidissime chiusure anti-Covid, che hanno portato una larga fetta della popolazione a scendere in strada ed affrontare, anche violentemente, le forze dell’ordine del regime comunista. Per di più, non si può trascurare neanche la questione Taiwan. Xi ha annunciato ormai da tempo che l’invasione ci sarà, e questo entro il 2049 (centenario dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese). Eppure, molti analisti, accanto a questo anno simbolico, ne affiancano altri due, decisamente più reali: 2029 o addirittura 2027.

Nel frattempo, in queste ultime ore, anche Pechino ha denunciato la presenza di un oggetto non identificato sopra i cieli del Mar Giallo, vicino alla costa della città di Rizhao, nella provincia di Shandong. Come riportato dal Global Times: “Le autorità marittime si stanno preparando ad abbatterlo, ricordando ai pescatori di stare al sicuro tramite messaggi”. Difficile stabilire se si tratti effettivamente di un ufo, o se sia una “mossa” del regime comunista per mantenere alte le tensioni. Per ora, non sono stati pubblicati né video né immagini.

Matteo Milanesi, 13 febbraio 2023

Usa, abbattuto un altro oggetto non identificato: era in volo al confine con il Canada. Corriere della Sera il 12 Febbraio 2023.

L'operazione segna il terzo giorno consecutivo in cui un oggetto non identificato viene abbattuto nello spazio aereo nordamericano

L'esercito degli Stati Uniti ha abbattuto un altro oggetto non identificato ad alta quota sul lago Huron, tra gli Stati Uniti e il Canada. La notizia è arrivata in prima battuta dalla Cnn, che citava come fonti un funzionario statunitense e una fonte del Congresso informata sulla questione. In seguito, lo ha confermato il deputato repubblicano Jack Bergman, in un messaggio pubblicato su Twitter. «Le Forze armate statunitensi hanno neutralizzato un nuovo oggetto volante non identificato nei pressi del lago di Huron, in Canada», ha scritto. Poco dopo fonti del Pentagono hanno confermato ai media «contatti fra Stati Uniti e Cina sul caso del pallone spia».

La deputata Elissa Slotkin, del Michigan, ha spiegato in un tweet che «l'oggetto è stato abbattuto da piloti dell'Aeronautica e della Guardia Nazionale degli Stati Uniti». Nel corso della giornata di domenica, le autorità statunitensi e canadesi avevano limitato alcuni spazi aerei sopra il lago per diverse ore, mentre i velivoli venivano fatti decollare per intercettare e cercare di identificare l'oggetto.

L'operazione segna il terzo giorno consecutivo in cui un oggetto non identificato viene stato abbattuto nello spazio aereo nordamericano. Ci sono già stati tre abbattimenti di oggetti in volo sui cieli del Nord America in una sola settimana.

La Difesa britannica: «La Russia ha più vittime che mai». Lorenzo Cremonesi, Andrea Nicastro e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 12 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di domenica 12 febbraio. Tre missili hanno danneggiato un’infrastruttura. Lettera di Zelensky letta a Sanremo: «L’Ucraina vincerà grazie alla voce della cultura»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 354esimo giorno.

• Colpito un ponte a Odessa con un barchino esplosivo: è un nuovo fronte della guerra, qui Andrea Marinelli e Guido Olimpio spiegano perché

• Il capo della Wagner ha dichiarato: «Ci vorranno due anni per conquistare l’est dell’Ucraina».

• Un anno fa Biden ordinava agli americani di lasciare l’Ucraina: cos’abbiamo imparato, da allora? L’editoriale di Federico Rampini

• La vera storia della coppia ucraina nel video di Tananai

Ore 04:12 - Kiev, arriva il primo lotto di cannoni antiaerei dalla Lituania

È arrivato a Kiev il primo lotto di cannoni antiaerei donati dalla Lituania. Lo ha annunciato il ministro della Difesa lituano Arvydas Anusauskas su Twitter: «Un lotto di cannoni e munizioni antiaerei L-70 inviato dalla Lituania, che aiuteranno a difendere le infrastrutture critiche, è già arrivato in Ucraina». Secondo quanto spiegato da Kyiv Independent, a gennaio la Lituania aveva annunciato che avrebbe consegnato dozzine di cannoni antiaerei L-70 all'Ucraina come parte del suo ultimo pacchetto di aiuti militari, che comprende anche due elicotteri Mi-8 e munizioni. Il 9 febbraio, Anusauskas ha anche confermato che la Lituania fornirà all'Ucraina 36 sistemi antiaerei portatili per «contrastare efficacemente i droni di fabbricazione iraniana che la Russia sta usando per attaccare il Paese».

Ore 04:28 - Olga e Maxim: la storia (vera) della coppia ucraina nel video di Tananai

(Irene Soave) Insieme su un battello, su una pista da sci, avvolti nel fumo di uno shisha bar; poi separati dalla guerra, lui al fronte, lei sfollata a Milano. Olga Rastieriaiev, 35 anni, e il marito Maxim, coetaneo, sono i protagonisti di «Tango» , il brano con cui Tananai è in gara alla 73esima edizione del Festival di Sanremo: esistono davvero. Un milione di visualizzazioni in poche ore.

Ore 04:35 - Un anno fa Biden ordinava agli americani di lasciare l’Ucraina: cos’abbiamo imparato, da allora?

(Federico Rampini) La data è 10 febbraio 2022. Esattamente un anno fa. Joe Biden quel giorno viene intervistato da Lester Holtper la televisione Nbc News. Parla della possibile invasione russa in Ucraina. Il suo messaggio più forte è questo: «Gli americani rimasti in quel paese devono lasciarlo subito». L’intervistatore lo incalza: esiste uno scenario in cui Biden si vedrebbe costretto a mandare dei soldati, per garantire l’evacuazione dei suoi concittadini? Biden è categorico: «No. Dall’altra parte del confine c’è uno dei più grandi eserciti del mondo. Se americani e russi cominciano a spararsi, è una guerra mondiale».

Ore 04:41 - Il comandante della Wagner: «Ci vorranno due anni per conquistare l’est dell’Ucraina»

In un video pubblicato dal blogger militare russo Semyon Pegov, ripreso da Reuters, il comandante della brigata Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha affermato che per conquistare le regioni orientali dell’Ucraina ci vorranno due anni, «tre se dobbiamo raggiungere il Dnipro». Il Cremlino ha preferito non fare previsioni sulla possibile durata del conflitto, sostenendo che l’invasione dell’Ucraina, denominata «operazione militare speciale», andrà avanti fino a quando non saranno raggiunti gli obiettivi.

Ore 04:51 - Ucraina, il fronte marittimo: i russi colpiscono un ponte nella regione di Odessa con un barchino esplosivo

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Nuovi lampi sul fronte marittimo e questa volta sono i russi ad accenderli con la probabile incursione di un barchino esplosivo radiocomandato o un drone navale. L’obiettivo un ponte che collega la regione di Odessa a Zatoka, località poco più a sud. Un target già preso di mira con i missili.

Sono stati i «canali» degli invasori a diffondere una brevissima clip che mostra un «oggetto» avanzare nell’oscurità e detonare sotto un’arcata. Non sono visibili le caratteristiche del mezzo e neppure gli eventuali danni con conseguente impatto sulle comunicazioni, specie ferroviarie. Uno sviluppo bellico comunque interessante.

Ore 05:00 - Con gli ucraini che sognano di liberare Melitopol: «I russi sono nel mirino, ma sarà dura sorprenderli»

(Andrea Nicastro) ZAPORIZHZHIA — Venerdì sono piovuti su Zaporizhzhia 20 ordigni russi. Alcuni erano missili S300, altri droni iraniani shahid. Nello stesso giorno, 120 chilometri a sud, a Melitopol, nel territorio occupato dalle forze di Mosca sin dai primi giorni dell’invasione, ci sono state 9 esplosioni. L’Ucraina non ha rivendicato, ma pare il lavoro di suoi infiltrati con droni o forse anche mortai.

Ore 05:11 - Usa, Pentagono a Ucraina: «Aiuti arriveranno velocemente»

Il Pentagono ha ribadito a Kiev l’impegno a consegnare il pacchetto di aiuti «il più velocemente possibile». È quanto ha comunicato il dipartimento della Difesa Usa, che ha dato notizia di una telefonata avvenuta tra il capo del Pentagono Lloyd Austin e il ministro della Difesa ucraina Oleksii Reznikov. La prossima settimana, a Bruxelles, è in programma l’incontro dell’Udcg, Ukraine Defense Contact Group, l’alleanza di oltre cinquanta Paesi che sostengono il diritto dell’Ucraina a difendersi dall’invasione russa. Tra i temi che verranno affrontati, la difesa aerea e l’impiego dell’artiglieria.

Ore 05:22 - La lettera di Zelensky a Sanremo: «L’Ucraina sicuramente vincerà»

Dopo giorni di polemiche durante la finale di Sanremo 2023 Amadeus ha letto (molto tardi, intorno alle 2.15) un messaggio inviato da Volodymyr Zelensky, il presidente dell’Ucraina . Una lettera indirizzata a tutti i protagonisti del Festival: «Cari partecipanti, organizzatori e ospiti del Festival. Da più di sette decenni il Festival di Sanremo si sente in tutto il mondo...».

Ore 05:45 - Tre missili russi su infrastruttura a Kharkiv

Nuovi attacchi da parte dei russi. «I primi rapporti indicano che sabato notte tre missili S-300 russi hanno colpito la città ucraina orientale di Kharkiv», lo ha scritto il governatore regionale Oleh Sinehubov su Telegram. «Un’infrastruttura è stata danneggiata. Le informazioni sulle vittime e l’entità della distruzione sono in fase di chiarimento», ha affermato. L’allerta aerea è scattata poco prima della mezzanotte.

Ore 08:18 - Jens Stoltenberg «lascerà la guida della Nato, in autunno»

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, non sta cercando un’ulteriore estensione del mandato e lascerà il suo incarico come previsto nell’autunno di quest’anno.

«Il mandato del segretario generale Jens Stoltenberg è stato prorogato tre volte e ha prestato servizio per un totale di quasi nove anni», ha detto ieri sera il portavoce della Nato Oana Lungescu su richiesta della Dpa.

«Il mandato del segretario generale scade nell’ottobre di quest’anno e non ha intenzione di chiedere un’altra proroga del suo mandato».

Il mandato di Stoltenberg è stato prorogato fino al 30 settembre 2023 nel marzo dello scorso anno, poco dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Di recente, si è ipotizzato che il mandato del 63enne potesse essere nuovamente esteso durante il conflitto in Ucraina.

Ore 08:23 - Il capo della brigata Wagner: «Due anni per il Donbass»

(Lorenzo Cremonesi, inviato a Mykolaiv)

Ondata dopo ondata le truppe russe stanno lasciando migliaia di morti e feriti negli attacchi alle terre contese del Donbass.

Tanto che persino gli ex carcerati senza nulla da perdere, mandati al massacro dai comandanti della milizia privata Wagner di fronte alle postazioni ucraine nel settore tra la cittadina di Bakhmut e le zone a est di Lyman e Kreminna, pare incontrino immense difficoltà ad avanzare.

I media ucraini parlano di 40.000 morti in tre mesi. La conseguenza potrebbe essere che Vladimir Putin rischi di vedere nuovamente disattesa la speranza di presentarsi vittorioso agli occhi del mondo, e questa volta in occasione del primo anniversario dall’inizio della sua «operazione speciale» il 24 febbraio 2022.

A dirlo pubblicamente non sono i responsabili di Kiev, bensì il falco di tutti fanatici sostenitori dell’attacco contro l’Ucraina: quello stesso Yevgeny Prigozhin che, in qualità di padrone della Wagner e fedelissimo di Putin, da tempo ormai si presenta come l’unico in grado di risolvere gli enormi problemi di armamenti, motivazione e catena di comando evidenziati dall’esercito regolare russo e regalare al suo presidente quei successi necessari alla sua sopravvivenza politica e al sogno della rinascita imperiale.

«Combatteremo per ogni strada e ogni casa di Bakhmut, presto sarà nostra e continueremo ad avanzare», aveva dichiarato in autunno, dopo le sconfitte subite dai russi prima a sud di Kharkiv e poi a Kherson. A sentire lui, il destino del Donbass era ormai segnato, aveva addirittura sfidato Zelensky in un duello aereo nei cieli di Kiev, quasi fossero due antichi cavalieri su destrieri alati.

Poi però a fine novembre aveva ammesso che «gli ucraini si battono bene, difendono ogni metro di terra».

E adesso arriva la doccia fredda. «Occorre avere pazienza. Potremmo avere bisogno di un anno e mezzo o due per prendere il cuore industriale del Donbass e forse tre per liberare i territori più ampi a est del fiume Dnipro», ha dichiarato Prigozhin l’altra sera, durante una rara intervista sui social di Mosca.

Ma se così fosse, s’affievolirebbe la speranza russa di vincere prima dell’arrivo dei tank e delle nuove armi occidentali, che potrebbero davvero garantire la superiorità ucraina.

E ciò avviene mentre gli stessi ufficiali ucraini ammettono che Bakhmut potrebbe cadere nei prossimi 15 giorni. Anche se, ribadisce il portavoce dell’intelligence militare Andriy Chernyak, non sembra che Mosca abbia le risorse per continuare l’avanzata.

Intanto, il Paese torna a fare i conti con i bombardamenti sulle infrastrutture elettriche. Da giovedì i russi avrebbero lanciato 110 missili e una quarantina di droni. È il quattordicesimo attacco su larga scala dai primi di ottobre. Kharkiv, Odessa, Dnipro e ampie aree del Donbass hanno l’elettricità a singhiozzo.

Ore 08:28 - La lettera di Zelensky, a Sanremo

(Renato Franco, inviato a Sanremo) Dopo uno scontro politico che ha tenuto banco per giorni, ieri sera (o meglio ieri notte, quando le 2 erano già passate, televisivamente una follia) si è materializzata finalmente sul palco del Festival di Sanremo la lettera di Zelensky.

Perché prima di diventare protagonista — con Amadeus che è stato incaricato di leggerla — ha dovuto aspettare l’esibizione di tutti i 28 cantanti in gara.

Le luci abbassate in sala, il conduttore si prende i 3 minuti necessari per leggere il testo, una lettera indirizzata a tutti i protagonisti del Festival: «Da più di sette decenni, il Festival di Sanremo si sente in tutto il mondo. Si sente la sua voce, la sua bellezza, la sua magia, la sua vittoria. La Musica vince! E questa è una delle migliori creazioni della civiltà umana. Sfortunatamente, per tutto il tempo della sua esistenza, l’umanità crea non solo cose belle. E purtroppo oggi nel mio Paese si sentono spari ed esplosioni. Ma l’Ucraina sicuramente vincerà questa guerra. Vincerà insieme al mondo libero. Vincerà grazie alla voce della libertà, della democrazia e, certamente, della cultura». Il leader ucraino augura «successo a tutti i finalisti» e invita «i vincitori di quest’anno a Kyiv, in Ucraina, nel Giorno della Vittoria».

Subito dopo sul palco è salito il gruppo musicale ucraino degli Antytjla (la sorpresa di giornata, si è saputo solo ieri della loro presenza). Una canzone e poi le parole del leader della band: «Vinceremo».

L’attesa è stata lunga, con tanto di giallo in corsa. Perché l’intervento di Zelensky era stato messo in scaletta prima dello spareggio per la vittoria finale tra i cinque finalisti, invece è stato collocato in un secondo momento, più avanti, prima dell’annuncio del vincitore.

A molti la scelta di relegare a notte fonda l’intervento del leader ucraino è parsa un po’ pilatesca — va bene la lettera, ma quando c’è meno gente davanti alla tv —, ma Amadeus ne ha spiegato così il senso: «Avevo detto fin dall’inizio che qualsiasi comunicazione, ben accetta, sarebbe avvenuta a fine gara. Mi è piaciuto mantenere questa scelta, che l’ambasciatore ha condiviso».

Pochi minuti ma che hanno smosso mille diplomazie. Prima della messa in onda e per evitare speculazioni (che comunque ci sono state, la polemica non è mai sopita) l’ambasciatore ucraino in Italia, Yaroslav Melnyk, e l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, hanno voluto precisare congiuntamente che è stata una scelta condivisa. «La cultura non può stare fuori dalla politica in tempo di guerra. È una piattaforma in cui possono essere sollevati temi sociali, politici, a volte dolorosi. Ne è testimonianza anche il Festival di Sanremo, che ha sollevato diverse questioni importanti — ha sottolineato l’ambasciatore Melnyk —. Il palco dell’Ariston è l’occasione di trasmettere la verità e il messaggio di sostegno di cui abbiamo bisogno perché la pace torni sul territorio europeo».

Parole che provano a sgombrare il campo dalle illazioni secondo cui l’intervento di Zelensky a Sanremo, con polemiche annesse, sarebbe diventato un caso internazionale in grado di pesare sui rapporti tra l’Italia e gli altri principali partner europei, nei giorni del disappunto della premier Meloni esclusa dall’incontro all’Eliseo tra il presidente Macron e il cancelliere tedesco Scholz con lo stesso Zelensky.

Ore 09:29 - I bollettini: la Russia è «impreparata» e ha più vittime che mai

Due bollettini sulle condizioni dell’Armata. La Russia «probabilmente subirà il maggior numero di vittime dalla prima settimana di guerra su vasta scala»: così l’aggiornamento regolare della Difesa britannica. Secondo il ministero, l’aumento delle perdite russe è probabilmente dovuto a vari fattori, come la mancanza di personale addestrato, coordinamento e risorse in prima linea, anche a Vuhledar e Bakhmut nell’Oblast di Donetsk orientale.

Per l’Institute of Study of War invece «l’esercito russo sembra non essere stato in grado di preparare il personale che ha mobilitato a condurre efficaci operazioni offensive meccanizzate nel breve periodo di tempo dalla loro chiamata».

Ore 10:14 - Wagner: «Preso un villaggio vicino a Bakhmut»

Evgheny Prigozhin, il capo e fondatore de l gruppo di mercenari russi Wagner, ha annunciato la conquista de l villaggio di Krasna Hora, all’estremità settentrionale della città assediata di Bakhmut nella regione ucraina di Donetsk. In un messaggio audio pubblicato dal suo servizio stampa su Telegram, Prigozhin ha dichiarato: «Oggi l’insediamento di Krasna Hora è stato preso dalle truppe d’assalto della compagnia militare privata Wagner». Prigozhin ha anche pubblicato un breve video, apparentemente mostrando i combattenti di Wagner all’ingresso di Krasna Hora.

Ore 10:55 - Zelensky rimuove il responsabile della logistica militare

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sollevato dall’incarico il numero due della Guardia Nazionale, Ruslan Dziuba, con un ordine esecutivo in data di ieri nel quale tuttavia non vengono specificate le ragioni del provvedimento. Dziuba era responsabile della logistica militare. In quest’ottica quindi, la decisione di Zelensky sembra rientrare nei cambi ai vertici di istituzioni e agenzie governative seguiti agli scandali e alle accuse di corruzione. La Guardia Nazionale ucraina fa capo al ministero dell’Interno e ha responsabilità di sicurezza pubblica. In questa fase è anche direttamente impegnata al fronte.

Ore 12:11 - Kiev: da febbraio, 540 ospedali bombardati

Le forze russe hanno danneggiato un totale di 1.218 strutture mediche ucraine, inclusi 540 ospedali, nel corso dell’invasione su vasta scala. Lo ha detto il ministro della Sanità ucraino Viktor Liashko.

Ore 12:16 - Kiev: distrutte due barche russe sabotatrici nel delta del Dnipro

L’Ucraina ha distrutto due barche russe nel delta del fiume Dnipro. Le forze russe stavano presumibilmente preparando le barche per i gruppi di sabotaggio da manovrare nel delta del fiume Dnipro nel sud di Kherson Oblast, ha detto Humeniuk alla televisione nazionale, come citato dall’agenzia di stampa ucraina Interfax-Ucraina.

Ore 13:14 - Marco Mengoni: «Andrò a Kiev»

Il presidente ucraino Zelensky, nella sua lettera letta sul palco di Sanremo durante la finale, ha invitato il vincitore del Festival a Kiev. Marco Mengoni, fresco di vittoria, ha confermato ai microfoni del Corriere la sua intenzione di andare nella capitale ucraina: «Non ci sono mai stato. Se sarà un'occasione importante? Assolutamente sì».

Ore 15:03 - Il ministro delle Finanze ucraino Marchenko: «Escludere Russia da sistema globale»

«E' ora di escludere la Russia dal sistema finanziario globale». Così il ministro delle Finanze ucraino Sergii Marchenko. «L'ordine internazionale può sopravvivere solo se le regole vengono rispettate - dice - disponiamo di potenti meccanismi per far rispettare queste regole. E' giunto il momento di usarli».

Ore 17:45 - La Gran Bretagna vuole produrre armamenti in Ucraina

Londra vuole ampliare il sostegno a Kiev. Come? Secondo le indiscrezioni riportate dal Sunday Telegraph, c’è l’idea di produrre armamenti su licenza in territorio ucraino. Sono piani per ora sulla carta e l’ufficio del premier non ha voluto commentare la fuga di notizie. Tutti i dettagli nel punto militare di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Ore 18:34 - Kherson, esplode una mina: morti due uomini

Una mina è esplosa al passaggio di un'auto lungo una strada di campagna nei pressi del villaggio di Novoraysk, nell'oblast di Kherson, e i due uomini a bordo del veicolo, di 45 e di 48 anni, sono rimasti uccisi. Lo riferisce Kyiv Independent, citando le amministrazioni miliari e civili locali.

Novoraysk è stata liberata dall'occupazione russa nel novembre scorso durante una massiccia controffensiva ucraina nel sud del Paese, da allora è stata avviata una operazione per sminare il territorio, mine e ordigni possono tuttavia emergere nelle campagne e nelle foreste della regione. Lo scorso gennaio il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha affermato che l'Ucraina è diventato «il più grande campo minato al mondo» in seguito all'invasione russa, ricorda ancora Kyiv Independent.

Ore 19:47 - Berlusconi: «Io parlare con Zelensky? Se fossi stato premier, non ci sarei mai andato»

Silvio Berlusconi non avrebbe incontrato Volodymyr Zelensky se fosse stato presidente del Consiglio. Il motivo? «Stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore». Il leader di Forza Italia, incalzato dai cronisti all'uscita del seggio elettorale, ha anche spiegato che, secondo lui, c'è un solo modo per porre fine alla guerra: «Biden dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli: "È a tua disposizione, dopo la fine della guerra, un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina da 9 mila miliardi di dollari, a una condizione, che tu domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi”». I dettagli nell'articolo di Claudio Bozza.

Ore 03:24 - Kiev: Mosca usa palloni-spia nell’oblast di Dnipropetrovsk

Le truppe russe stanno utilizzando droni e palloni spia nell’oblast di Dnipropetrovsk per individuare i bersagli e per monitorare gli spostamenti delle forze ucraine. E’ quanto reso noto dal comando dell’aeronautica militare di Kiev. Nella stessa provincia nella giornata di domenica sono stati almeno tre gli attacchi russi, morta una donna ucraina.

ANSA il 12 febbraio 2023) "Il capo del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin è arrivato alla prigione in elicottero tra agosto e settembre. Avevo ancora 10 anni di carcere da scontare per omicidio colposo. Ho pensato che sei mesi a combattere in Ucraina fossero meglio dei 10 o 11 anni che avrei dovuto passare in prigione".

 E' il racconto fatto alla Cnn di uno dei due ex mercenari catturati dall'esercito ucraino alla fine del 2022, reclutati nel gruppo paramilitare del cosiddetto 'cuoco di Putin', per i suoi trascorsi nella ristorazione ai tempi in cui il presidente russo era vicesindaco a San Pietroburgo.

I due combattenti ed ex detenuti hanno raccontato di perdite orribili in assalti "a prima ondata": “Un giorno "eravamo in 90. Sessanta sono morti in un primo assalto, uccisi dai colpi di mortaio. Alcuni sono rimasti feriti, ma non si poteva prestare soccorso", ha raccontato uno di loro, "se un gruppo non ha successo, ne viene inviato subito un altro. Le vittime si accumulavano a decine".

 L'altro combattente riferisce di aver fatto parte di un attacco durato cinque giorni, attraverso una foresta vicino alla città di Lysychansk, al confine tra Lugansk e Donetsk: "I primi passi nella foresta sono stati difficili per le mine. Su 10 ragazzi, sette sono stati uccisi immediatamente. Sono stato lì per cinque giorni, con persone che morivano accanto a me, pregando Dio, chiedendo acqua.

Pensavo di poter abbassare l'arma ma il combattimento ricominciava 10 minuti dopo, non c'era nessuna emozione, solo un'ondata dopo l'altra. Quattrocento combattenti Wagner sono stati portati lì, e poi sempre di più, in continuazione". Secondo le stime dei servizi segreti occidentali e dei gruppi di difesa delle carceri, sono stati reclutati tra i 40.000 e i 50.000 uomini.

Gli orrori della brigata Wagner. "Carne da macello in prima linea". Storia di Matteo Basile su Il Giornale il 13 febbraio 2023.

Più passa il tempo, più tra le pieghe del conflitto emergono dettagli legati alla brigata di mercenari Wagner. E sono sempre particolari macabri e tragici che aggiungono vergogna ad un'operazione militare già inaccettabile. Dopo le rivelazioni del disertore riuscito a fuggire in Norvegia, adesso arrivano le parole di due ex mercenari catturati dall'esercito ucraino che raccontano come funziona la più temuta e cruenta brigata russa. «Il capo del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin è arrivato alla prigione in elicottero tra agosto e settembre. Avevo ancora 10 anni di carcere da scontare per omicidio colposo. Ho pensato che sei mesi a combattere in Ucraina fossero meglio dei 10 anni che avrei dovuto passare in prigione», racconta uno dei soldati, confermando gli arruolamenti di criminali nelle carceri.

Agghiaccianti i dettagli di alcune operazioni: «Eravamo in 90. Sessanta sono morti in un primo assalto, uccisi dai colpi di mortaio. Alcuni sono rimasti feriti ma non si poteva prestare soccorso. Se un gruppo non ha successo, ne viene inviato subito un altro. Le vittime si accumulavano a decine. Se venivi ferito, dovevi allontanarti da solo, in ogni modo possibile, in un luogo neutrale e se non c'era nessuno in giro, prestarti da solo i primi soccorsi». Altri dettagli arrivano dall'ex compagno di armi che racconta di un'operazione al confine tra Lugansk e Donetsk: «Su 10 ragazzi, sette sono stati uccisi immediatamente. Sono stato lì per cinque giorni, con persone che morivano accanto a me, pregando Dio, chiedendo acqua. Non c'era nessuna emozione, solo un'ondata dopo l'altra».

Secondo le stime dei servizi segreti occidentali, nelle carceri russe sono stati reclutati tra i 40mila e i 50mila uomini, usati poi come carne da macello per le operazioni più a rischio in prima linea. Senza nessuna pietà e senza nessuna considerazione della loro vita, al punto che disobbedire agli ordini dei comandanti comportava conseguenze letali. «Un uomo era davvero spaventato, era il suo primo assalto - Racconta uno degli ex soldati - Abbiamo ricevuto l'ordine di correre avanti ma lui si è nascosto sotto un albero e si è rifiutato di andare avanti. Il fatto è stato segnalato al comando, è stato portato a 50 metri dalla base ed è stato messo a scavare la propria fossa prima di essere ucciso». Lo stesso racconto era stato fatto da Andrei Medvedev, secondo cui le esecuzioni sommarie di chi contestava gli ordini erano all'ordine del giorno.

Gli Usa ai cittadini americani: «Lasciate la Russia». La Francia ai connazionali: «Via dalla Bielorussia». Lorenzo Cremonesi, Andrea Nicastro, Paolo Foschi e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 13 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di lunedì 13 febbraio, in diretta. «Complicata» la situazione a Nord di Bakhmut. L’ira di Kiev: «Berlusconi bacia le mani insanguinate di Putin»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 355esimo giorno.

• Secondo i media britannici, il Regno Unito sarebbe intenzionato a produrre armamenti in Ucraina: qui Andrea Marinelli e Guido Olimpio spiegano cosa c’è dietro (e perché è importante).

• Reportage da Melitopol, città occupata dalle forze di Mosca che Kiev sogna di riconquistare.

• Secondo il ministero della Sanità ucraino, dall’inizio dell’invasione le forze armate russe hanno bombardato 540 ospedali.

• Secondo un’analisi del britannico Institute of Study of War, la Russia è «impreparata»: «L’esercito russo sembra non essere stato in grado di preparare il personale che ha mobilitato a condurre efficaci operazioni offensive meccanizzate». Nell’ultima settimana secondo i servizi inglesi la Russia avrebbe registrato il numero più alto di morti dall’inizio della guerra.

Ore 02:19 - Berlusconi: «Io parlare con Zelensky? Se fossi stato premier, non ci sarei mai andato»

Silvio Berlusconi non avrebbe incontrato Volodymyr Zelensky se fosse stato presidente del Consiglio. Il motivo? «Stiamo assistendo alla devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili. Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto, quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore». Il leader di Forza Italia, incalzato dai cronisti all'uscita del seggio elettorale, ha anche spiegato che, secondo lui, c'è un solo modo per porre fine alla guerra: «Biden dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli: "È a tua disposizione, dopo la fine della guerra, un Piano Marshall per ricostruire l’Ucraina da 9 mila miliardi di dollari, a una condizione, che tu domani ordini il cessate il fuoco, anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi

Ore 02:20 - La Gran Bretagna vuole produrre armamenti in Ucraina

Londra vuole ampliare il sostegno a Kiev. Come? Secondo le indiscrezioni riportate dal Sunday Telegraph, c’è l’idea di produrre armamenti su licenza in territorio ucraino. Sono piani per ora sulla carta e l’ufficio del premier non ha voluto commentare la fuga di notizie. 

Ore 03:07 - Domenica 20 attacchi russi nell’oblast di Kherson

Sono almeno 20 gli attacchi condotti dalle forze aeree russe nell’oblast di Kherson nella giornata di domenica 12 febbraio. Lo riferiscono le autorità locali. In tutto il paese sono almeno 23 i missili lanciati dalle truppe di Mosca.

Ore 03:10 - Kiev, Mosca lancia palloni-spia nell’oblast di Dnipropetrovsk

Le truppe russe stanno utilizzando droni e palloni spia nell’oblast di Dnipropetrovsk per individuare i bersagli e per monitorare gli spostamenti delle forze ucraine. E’ quanto reso noto dal comando dell’aeronautica militare di Kiev. Nella stessa provincia nella giornata di domenica sono stati almeno tre gli attacchi russi, morta una donna ucraina.

Ore 07:50 - L’allarme degli Usa: «Americani, via subito dalla Russia»

L’ambasciata americana in Russia ha esortato i cittadini statunitensi a lasciare «immediatamente» il Paese: è quanto si legge in un comunicato della sede diplomatica pubblicato online.

I cittadini statunitensi che «risiedono o viaggiano in Russia dovrebbero partire immediatamente», recita la nota, che invita ad «esercitare una maggiore cautela a causa del rischio di detenzioni illegali».

Ore 07:58 - La tensione nel governo sulle parole di Berlusconi: il retroscena

(Monica Guerzoni) Le pallottole verbali di Silvio Berlusconi contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky («Non va preso sul serio, io da premier non gli avrei parlato») piombano su Palazzo Chigi di domenica sera, quando le luci di Sanremo (ma non ancora le polemiche) si vanno spegnendo.

La prima reazione della maggioranza è un rumoroso silenzio, telefoni sempre occupati o staccati ad arte per non parlare con i giornalisti. Imbarazzo, tensione, paura che le clamorose parole dell’ex premier possano provocare conseguenze sul voto regionale in Lombardia e Lazio o, ancor peggio, incrinare pericolosamente la stabilità del governo.

Giorgia Meloni è colpita, dispiaciuta a dir poco. A caldo, la premier confida ai ministri che le sono più vicini tutto il disagio nei confronti di un leader della sua maggioranza che sembra, sussurra un esponente di primo piano del governo, «vittima della propaganda di Mosca e delle fake news russe, che riescono a permeare le posizioni di tanti, in Italia e in Europa».

Ore 08:02 - Kolesnikov: «Io, “agente straniero” nella Mosca di Putin»

(Federico Fubini) Andrei Kolesnikov guidava il programma politico del Carnegie Endowment for International Peace a Mosca. Da mesi il governo ha chiuso il suo think tank, ma lui non ha lasciato la Russia. Manda articoli a Foreign Affairs che restano la descrizione più acuta di quel che accade nel profondo della società russa. Ma il 23 dicembre scorso per lui qualcos’altro è cambiato: il governo lo ha dichiarato «agente straniero».

Kolesnikov, come lo ha scoperto?

«Ogni venerdì alle dieci di sera il ministero della Giustizia pubblica la lista aggiornata degli agenti stranieri. Ogni settimana, una macchina burocratica che non si ferma mai. E per mesi ogni venerdì sera tutta la mia famiglia ha tremato cercando il mio nome sulla lista. Molte volte abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Ok, pensavamo, anche stavolta l’abbiamo scampata».

E quel venerdì?

«Era stata una giornata piacevole. Eravamo andati a cercare un albero di Natale con mia figlia, avevamo comprato dei biscotti e ci stavamo godendo la serata. Improvvisamente ho ricevuto diverse telefonate da giornalisti di YouTube. Volevano sapere se il nome sulla lista era il mio. Non ne avevo la più pallida idea. Così ho controllato e, anche se ce lo aspettavamo da un pezzo, è stato uno choc. I primi giorni ero nel panico».

Panico per cosa?

«Non sapevo cosa fare. I miei capi a Carnegie erano nel panico, la mia famiglia anche. Poi mi sono messo al lavoro con degli ottimi avvocati che assistono gli “agenti stranieri” gratuitamente. Tutte le questioni pratiche legate al mio nuovo status mi hanno distratto. E quando sono andato all’ufficio postale per mandare il mio primo resoconto al ministero della Giustizia, mi è parso che questo peso fosse sopportabile».

In che senso?

«Ho pensato che potevo conviverci. Che la vita in uno Stato autoritario, o addirittura totalitario ormai, è questa. Quindi, devo adattarmi».

In pratica cosa comporta essere «agenti stranieri»?

«In apparenza, un cumulo di problemi burocratici. Devo presentare resoconti periodici al ministero della Giustizia sulle mie attività professionali, con ripetute dichiarazioni dei redditi durante l’anno. Tutto ciò che pubblico sui media e sui social media deve apparire con un marchio e una spiegazione che segnali che sono un “agente straniero”. Lo stesso vale se compaio in radio o in tivù. Per qualsiasi media è obbligatorio contrassegnarmi come “agente straniero” con una dichiarazione speciale, che è piuttosto lunga e umiliante. Ti senti come se portassi addosso una stella gialla: invisibile quando cammino per strada, ma molto visibile quando mi esprimo in pubblico».

Ore 08:22 - I media cinesi: «Se le richieste di Mosca saranno ignorate, ci sarà un’escalation»

Gli analisti cinesi ritengono che le speranze di pace in Ucraina siano basse e che, «se la richiesta di colloqui di Mosca viene ignorata, il conflitto si intensificherà senza alcun dubbio»: ne parla in un editoriale, il Global Times, che riflette spesso la voce del governo di Pechino.

Alla vigilia del primo anniversario della guerra in Ucraina, «Mosca ha inviato un messaggio per (sollecitare) negoziati basati sulla “realtà esistente” e senza “precondizioni”», rileva l’editorialista, questo «mentre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden dovrebbe visitare la Polonia per mostrare il fermo sostegno di Washington a Kiev».

«Le molteplici tornate di colloqui Russia-Ucraina nell’ultimo anno, che non hanno raggiunto alcun risultato significativo, hanno dimostrato che anche se Mosca e Kiev raggiungessero alcuni accordi, Washington riuscirà immediatamente a essere coinvolto e a rovinare l’intero processo. Quindi la chiave al momento non è se i colloqui tra Russia e Ucraina possano ripetersi, ma se Washington e Mosca possano raggiungere almeno un tacito consenso per evitare un’escalation», osserva Song Zhongping, esperto militare cinese e commentatore televisivo.

Ma secondo gli osservatori cinesi, aggiunge il quotidiano, «gli Stati Uniti non sono pronti o disposti a colloqui con la Russia in questo momento» e «l’amministrazione Biden impedirà la fine del conflitto e continuerà a usarlo per minare la Russia e l’Ue: l’Ucraina è il prezzo che Washington è disposta a pagare, cosa che Mosca comprende chiaramente».

Ore 08:28 - Gli Ucraini «pronti a lasciare Bakhmut: una ritirata strategica»

(Lorenzo Cremonesi, inviato a Kherson) Bakhmut starebbe per essere abbandonata dagli ucraini. Una ritirata strategica, finalizzata a risparmiare soldati e continuare a massacrare le unità russe in avanzata, con il proposito di fiaccare il loro piano di occupare tutto il Donbass.

Sono settimane che in modo discreto gli ufficiali ucraini posizionati a difesa della cittadina diventata il cuore dello scontro nelle regioni orientali del Paese e accerchiata dai mercenari russi del battaglione Wagner ammettono di essere pronti a ripiegare su due linee di difesa già approntate nelle campagne e lungo i canali appena a sud-ovest di Bakhmut.

Da un punto di vista strettamente militare sarebbe un riposizionamento minimo, quasi di routine. È normale fare arretrare le proprie truppe su posizioni migliori nel caso quelle avversarie stiano avendo il sopravvento in un dato settore. E non significa certo avere perso la guerra, tutt’altro. Ma è dalle disastrose ritirate dell’autunno nel Donbass settentrionale e a Kherson che Mosca cerca la rivincita. Ed è stato lo stesso comandante-proprietario della Wagner, Yevgeny Prigozhin l’oligarca amico di Putin, a trasformarla nel luogo-simbolo del riscatto e soprattutto del successo della sua milizia, che potrebbe garantirgli un ruolo politico rilevante al Cremlino.

L’acuirsi dello scontro con l’approssimarsi del primo anniversario della guerra il 24 febbraio vede crescere il duello delle propagande. È atteso un discorso pubblico di Putin.

Ore 08:37 - Kiev denuncia: «I russi stanno prosciugando il bacino di Kakhovka»

La Russia sta deliberatamente prosciugando il bacino di Kakhovka, nell’Ucraina meridionale: è il grido d’allarme lanciato ieri sera dalla vice premier ucraina, Iryna Vereshchuk, che ha definito un «ecocidio» le operazioni di Mosca nello specchio d’acqua utilizzato anche come fonte di raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia. A dare la notizia è il Kyiv Independent. «Questo è un ecocidio», ha affermato Vereshchuk. «Gli occupanti stanno prosciugando il lago artificiale di Kakhovka. È una minaccia per l’ambiente, l’approvvigionamento idrico e l’agricoltura delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson», ha aggiunto. All’inizio di febbraio l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) aveva notato un abbassamento del livello del bacino di Kakhovka. «Anche se l’abbassamento del livello dell’acqua non rappresenta una minaccia immediata per la sicurezza nucleare, può diventare una fonte di preoccupazione se si lascia che continui», aveva dichiarato il direttore generale dell’Agenzia, Rafael Grossi. L’emittente radiofonica pubblica Npr aveva riferito, citando immagini satellitari, che il bacino idrico ha raggiunto il punto più basso in tre decenni.

Ore 08:55 - Bombe russe nella notte su regione Kherson, ucciso un civile

Una persona è stata uccisa la notte scorsa nella regione di Kherson, nell’Ucraina meridionale, dopo che le forze russe l’hanno bombardata cinque volte. Nella giornata di ieri, secondo il governatore della regione Pavlo Kyrylenko, un civile è morto e un altro è rimasto ferito in seguito agli attacchi russi.

Ore 09:30 - Kiev, in arrivo nuove sanzioni alla Russia il 24 febbraio

Nuove sanzioni contro la Russia e altre misure saranno annunciate il 24 febbraio, giorno in cui ricorre il primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze di Mosca: lo ha annunciato il ministro degli Esteri ucraino, Dymtro Kuleba, in un discorso televisivo. Lo riporta il Kyiv Independent. Le sanzioni «saranno annunciate in diversi Paesi, in diverse istituzioni», ha affermato Kuleba. «All’Onu, a Kiev, in molte altre capitali mondiali, si svolgeranno vari eventi che invieranno un segnale molto chiaro al presidente (russo Vladimir) Putin: se lei, Putin, sta giocando allo sfinimento e pensa che il tempo sia dalla sua parte, allora si sbaglia di grosso — ha aggiunto il ministro —- Perché l’unità con gli ucraini cresce di giorno in giorno e lei perderà sicuramente in questa guerra».

Ore 11:06 - Kiev: «Berlusconi agitatore filo-Putin, danneggia l’Italia»

«Berlusconi è un agitatore vip che agisce nel quadro della propaganda russa, baratta la reputazione dell’Italia con la sua amicizia con Putin. Le sue parole sono un danno per l’Italia». Lo dice Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Zelensky, commentando a Repubblica le dichiarazioni di ieri del leader di Forza Italia. «Getti la maschera e dica pubblicamente di essere a favore del genocidio del popolo ucraino», aggiunge Podolyak citato ancora da Repubblica.

Ore 11:39 - Le reazioni della stampa internazionale alle parole di Berlusconi su Zelensky

(Marco Bruna) Le parole di Silvio Berlusconi sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky rimbalzano - ancora una volta - sulla stampa internazionale. «Io parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili», ha detto ieri il leader di Forza Italia ai giornalisti dopo avere votato per le Regionali, a Milano.

Ore 11:42 - Gentiloni: «Berlusconi? Guardare a decisioni governo»

«Penso che dobbiamo guardare agli atti, alle decisioni del governo italiano che fin qui sono state credo molto coerenti e positive a sostegno della posizione comune europea sull’ucraina. Le dinamiche politiche interne io non le commento e non le posso commentare». Lo ha detto il commissario europeo, Paolo Gentiloni, interpellato sulle dichiarazioni di Silvio Berlusconi a margine della presentazione del previsioni economiche.

«La posizione del Governo è sempre la stessa. Berlusconi è un uomo di pace, non ha cambiato di certo le sue posizioni a sostegno dell’Ucraina, della Nato e dell’Occidente. Abbiamo sempre votato nella stessa maniera e continueremo a votare così».

Ore 11:52 - Lollobrigida: «Nessuna crisi. Con Kiev fino a vittoria»

Ore 11:55 - Kiev: «Berlusconi bacia le mani insanguinate di Putin, bene Meloni»

«Le accuse insensate di Berlusconi contro Zelensky sono un tentativo di baciare le mani di Putin, insanguinate fino ai gomiti. Un tentativo di dimostrare la sua lealtà al dittatore russo». Lo scrive su Facebook il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Nikolenko ricordando di aver lavorato in Libia nel 2010 quando l’allora premier incontrò Gheddafi e «baciò le mani del dittatore per mostrare lealtà. Diffondendo la propaganda russa, incoraggia Mosca a continuare i suoi crimini e quindi ha responsabilità politica e morale. Apprezziamo invece molto la pronta risposta di Meloni, che ha riaffermato l’incrollabile sostegno all’Ucraina».

Ore 12:04 - Crosetto: «La posizione dell’Italia non può essere messa in discussione»

«I governi parlano con gli atti. Gli atti di questo governo approvati da questo parlamento, dalle tutte le forze politiche e pare siano abbastanza chiari. La posizione dell’Italia non può essere messa in discussione dalla maggioranza nè da gran parte dell’opposizione». Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, rispondendo ai cronisti a margine della inaugurazione dell’Anno Accademico della Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma.

Ore 12:16 - Ciriani: «La politica estera era ed è chiarissima»

«Per quanto ci riguarda la politica estera del Governa e del centrodestra era chiarissima in campagna elettorale, è stata chiarissima quando la presidente Meloni si è rivolta alle Camere per la fiducia e non cambia neanche adesso, soprattutto alla luce dell’incontro internazionale che abbiamo svolto. Quindi la politica estera è quella che ha disegnato e confermato la nostra Presidente, dunque per quanto mi riguarda nulla è cambiato». Lo ha detto stamani il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani rispondendo a una domanda sulle dichiarazioni di Silvio Berlusconi.

Ore 12:38 - Peskov: gli inviti Usa a lasciare Russia? Non è una novità

«Inviti a non visitare la Russia, a lasciare la Russia, non è la prima volta che lo sentiamo. Il Dipartimento di Stato americano lo ha espresso molte volte, non è una novità». Con queste parole il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato l’invito dell’ambasciata degli Stati Uniti in Russia ai propri cittadini a lasciare immediatamente il Paese.

Ore 12:56 - Media, Mosca potrebbe aver perso brigata di 5mila uomini a Vugledar

La Russia potrebbe aver perso «l’intera brigata» della 155esima fanteria di marina russa nei combattimenti a Vugledar, nella regione di Donetsk: lo scrive Politico, che cita il funzionario militare ucraino Oleksii Dmytrashkivskyi. La brigata contava circa 5.000 soldati, i cui membri sono stati uccisi, feriti o catturati, secondo Dmytrashkivskyi. «Mentre la Russia sonda le linee difensive dell’Ucraina in vista di una prevista offensiva, potrebbe aver perso un’intera brigata della 155ma fanteria di marina durante l’assalto a Vugledar, una città mineraria nella regione di Donetsk», scrive Politico.

Ore 13:11 - Kadyrov: «Le truppe russe devono prendere Kharkiv e Odessa»

Il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha dichiarato che «è necessario» che le truppe russe «prendano» le città ucraine di Kharkiv e Odessa: lo riporta l’agenzia Ria Novosti, citando un’intervista di Kadyrov alla tv di Stato russa. «Odessa deve essere presa, Kharkiv deve essere presa, e poi in futuro metteremo al sicuro il nostro Stato in questo modo», ha detto Kadyrov, che è accusato di gravissime violazioni dei diritti umani e ha inviato i suoi battaglioni in Ucraina al fianco delle truppe del Cremlino.

Il luogotenente di Putin in Cecenia si è inoltre detto certo che entro la fine dell’anno tutti gli obiettivi delle forze russe «saranno completati al 100 per cento» e ha affermato che l’esercito russo ha «una forza viva, che può raggiungere Kiev, prendere Kiev»: la capitale ucraina che le forze del governo di Mosca hanno tentato senza successo di conquistare all’inizio della guerra, circa un anno fa.

Ore 13:13 - Stoltenberg: «Putin prepara offensive, gli aiuti salvano vite»

«Siamo nel pieno di una gara logistica per dare all’Ucraina i mezzi che servono per rispondere alla Russia, perché Putin non è pronto alla pace e lancia nuove offensive. La velocità salverà vite». Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in conferenza stampa.

Ore 13:25 - Kiev, a Nord di Bakhmut la situazione è «complicata»

Mentre il capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, ieri ha annuncia di aver conquistato villaggio di Krasna Gora, a Nord di Bakhmut, la presidenza ucraina oggi ha ammesso che la situazione a Nord della città è «complicata». «La situazione vicino a Soledar è complicata: il villaggio di Paraskovivka sta affrontando pesanti bombardamenti e aggressioni», ha affermato la presidenza ucraina nel suo rapporto quotidiano.

Soledar, una città conquistata dai russi a gennaio, si trova a Nord di Bakhmut, che i russi cercano di catturare dall’estate scorsa, a costo di pesanti perdite da entrambe le parti. La località di Paraskovivka è sulla strada che scende a Bakhmut, nelle immediate vicinanze di quella di Krasna Gora, la cui cattura è stata rivendicata appunto ieri dal gruppo di mercenari russi.

Ore 13:38 - Fonti Ue: «Berlusconi? Meloni chiara su Kiev, questo conta»

«Non commentiamo le parole di Berlusconi. La premier Giorgia Meloni è stata molto chiara nel suo messaggio sull’Ucraina ai leader europei, la scorsa settimana. È questa l’unica cosa che conta». Lo sottolineano all’Ansa fonti del Consiglio Ue. Giovedì scorso l’Ucraina è stata al centro del summit dei leader al quale, per la prima volta dall’inizio della guerra, ha partecipato anche Zelensky.

Ore 13:40 - Stoltenberg: «Domani parleremo dei jet a Kiev»

«Mi aspetto che al prossimo incontro del formato di Ramstein, qui domani a Bruxelles, si affronterà la questione di fornire jet all’Ucraina». Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in conferenza stampa. Aggiungendo: «Quello che è importante però è l’urgenza. Fornire jet da combattimento richiede tempo, invece all’Ucraina servono armi per reagire ora. Serve inoltre fornire tutto il necessario per garantire che le armi che hanno già siano pienamente operative. Parliamo di munizioni, pezzi di ricambio, un enorme sforzo logistico quotidiano che va garantito».

Ore 14:04 - Piantedosi: la volontà del Governo granitica sul sostegno a Kiev

«Non c’è nessuna compromissione della granitica volontà e convincimento del Governo di essere dalla parte giusta che è quella parte degli aggrediti e non degli aggressori. Poi qualsiasi opinione è autorevole ed è legittima in uno stato democratico ma il governo, e credo sia stato chiaro prima e dopo, non ha nessuna possibilità di ripensamento e nessuna incrinatura della convinzione ferma e granitica sul sostegno all’Europa, alla Nato e all’Ucraina per quella che è stata una aggressione che è contraria ai nostri principi e ai nostri valori». Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sulle dichiarazioni di Berlusconi su Zelensky.

Ore 15:14 - Stoltenberg: vediamo l’inizio di una nuova offensiva russa

Stiamo «già vedendo» l’inizio di una nuova offensiva russa in Ucraina. Lo ha detto in conferenza stampa il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Putin, ha proseguito, sta inviando «migliaia e migliaia di truppe in più», accettando «un tasso molto alto di perdite» e dunque mettendo sotto pressione Kiev. «Ciò che la Russia manca in qualità, cerca di compensarlo in quantità», afferma sottolineando quanto sia urgente per l’Occidente fornire all’Ucraina più armi.

Ore 16:02 - La Francia ai connazionali: lasciate «immediatamente» la Bielorussia

Il ministero degli Esteri francese ha invitato i suoi connazionali in Bielorussia a lasciare «immediatamente» il Paese via terra, a causa delle ostilità in corso in Ucraina. «Nel contesto dell’offensiva della Russia in Ucraina e della chiusura dello spazio aereo bielorusso, qualsiasi viaggio in Bielorussia è severamente sconsigliato. I francesi, che si trovano sul territorio della Bielorussia, sono invitati a lasciare il Paese senza indugio su strada attraverso Lituania, Polonia o la Lettonia», si legge in una nota sul sito web dell’agenzia.

Ore 16:25 - Presidente Moldavia: «Mosca trama per rovesciare il governo»

La presidente della Moldavia, Maia Sandu, accusa Mosca di tramare per rovesciare con la forza la leadership filo-Ue del suo Paese col sostegno di «sabotatori con formazione militare, camuffati in abiti civili». Secondo Sandu, sotto l’apparenza di «proteste della cosiddetta opposizione», i presunti «sabotatori» mirerebbero a «rovesciare l’ordine costituzionale e sostituire il potere legittimo di Chisinau con uno illegittimo». Le dichiarazioni di Sandu al momento non sono verificabili. Recentemente Zelensky ha affermato che Kiev avrebbe «intercettato un piano per la distruzione della Moldavia da parte dell’intelligence russa».

Ore 16:42 - In Germania iniziato l’addestramento degli ucraini sui Leopard 2

Le forze armate tedesche hanno iniziato oggi l’addestramento dei soldati ucraini all’uso del carro armato Leopard 2. L’addestramento avverrà principalmente presso la scuola della Bundeswehr di Munster, in Bassa Sassonia. Il corso dovrebbe terminare entro la fine di marzo, anche per «sincronizzare» al meglio la consegna dei panzer a Kiev. Lo ha detto una portavoce del ministero tedesco della Difesa, come riporta Dpa.

Ore 17:21 - Zelensky sente primo ministro della Norvegia, discusso di cooperazione

«Ho avuto una telefonata con il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre. Ho ringraziato per il nuovo pacchetto di difesa che ci rafforzerà a terra, in cielo e in mare. Sono anche grato per il sostanzioso pacchetto di aiuti quinquennale che si sta preparando per l’approvazione in Norvegia. Abbiamo discusso della nostra ulteriore cooperazione. Vittoriosi insieme!». Lo scrive il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un messaggio su Telegram.

Ore 17:25 - Lollobrigida: l’intero governo non condivide le parole di Berlusconi

«Le parole» di Silvio Berlusconi sull’Ucraina «non le condivido, come mi pare di capire non le condivida l’intero governo. Dal punto di vista dell’azione concreta, siamo in linea con quanto Berlusconi e il suo partito hanno sottoscritto nel programma. Se eventualmente uno cambia idea, lo pone nei tavoli o negli atti parlamentari. Se questo non avviene, vuol dire che andiamo nella direzione giusta e continuiamo a confermarlo». Lo ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, al comitato elettorale di Francesco Rocca. «Il governo rappresenta la posizione univoca che era scritta sul programma - ha osservato -. Serve un chiarimento? Il chiarimento dipende dai fatti, quando ci dovesse essere un problema parlamentare ci si chiarisce, ma se non c’è questo problema non abbiamo nulla da chiarire».

Ore 17:28 - Armi all’Ucraina, le munizioni come i vaccini: l’Estonia chiede un sistema unico europeo per acquistarle e produrle

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Avevamo poche munizioni rispetto al nemico: è questa una delle spiegazioni offerte da ucraini per giustificare le ritirate. Non è l’unica ragione, ma quella citata più spesso dall’inizio della guerra. I russi hanno continuato a sparare molto mentre i rifornimenti occidentali non hanno tenuto testo al ciclo infernale. Ora l’Estonia ha suggerito una soluzione.

Ore 17:39 - Kiev: «Mosca non ha preso il villaggio Krasna Gora vicino Bakhmut»

L’Ucraina contesta la rivendicazione russa secondo cui avrebbe catturato il villaggio di Krasna Gora, nei pressi di Bakhmut. «Non è vero — ha detto alla Cnn Serhii Cherevatyi, un portavoce delle Forze armate di Kiev —. Ci sono battaglie in corso, è sotto il nostro controllo». Il portavoce ha riferito che «il nemico ha condotto 85 attacchi nel settore di Bakhmut, ci sono stati 33 scontri, mentre nell’area della città 25 attacchi e 19 combattimenti». Cherevatyi ha affermato che le forze ucraine «sono impegnate in una serie di contrattacchi per ridurre» il fuoco russo, «abbiamo la capacità di fornire armi, cibo, equipaggiamento, medicine e di evacuare i feriti». Lo stesso ministero della Difesa in un post su Telegram ha assicurato che «la battaglia per Bakhmut continua».

Ore 17:46 - Tajani: «Sì ad un tribunale sui crimini di guerra»

«Uccidere la popolazione inerme è un crimine di guerra e lì vedremo come intervenire: se ci sarà un tribunale ad hoc, non siamo contrari». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani durante una lectio magistralis all’università Luiss di Roma. «Non abbiamo mai inviato armi per colpire il territorio russo e non abbiamo mai dichiarato guerra alla Russia, abbiamo un problema con la leadership, non con il popolo - ha spiegato Tajani -. Se la leadership viola le norme di diritto internazionale non possiamo che avere una sola posizione: condanna delle violazioni del diritto, dei crimini di guerra, delle violenze».

Anticamera perenne. I due fattori che bloccano l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Pier Virgilio Dastoli su L’Inkiesta il 14 Febbraio 2023

La determinazione di Kyjiv a entrare a far parte pienamente della famiglia europea è encomiabile, ma tutto dipenderà dai tempi e dalle modalità dei negoziati con i paesi dei Balcani Occidentali e l’imprescindibile necessità di un’ampia riforma del sistema europeo

Come avviene sempre a conclusione delle riunioni del Consiglio europeo i Capi di Stato e di governo si rivolgono alle loro opinioni pubbliche nazionali da Bruxelles, ciascuno di fronte a un gruppo ristretto di corrispondenti della carta stampata e dei media, per esprimere la loro personale soddisfazione sui risultati raggiunti. In un rapporto di “eurosaggi” elaborato nel 2017 su incarico della Camera dei deputati sullo «stato e le prospettive dell’Unione europea», i relatori avevano suggerito di «facilitare lo sviluppo di un’opinione pubblica europea con un’informazione e media sensibili alle notizie “europee”.

In quest’ottica, sarebbe fortemente simbolico se le conclusioni di ogni Consiglio Europeo e dei Consigli UE fossero presentate in un’unica conferenza stampa congiunta dei vertici delle Istituzioni UE. Questo darebbe ai giornalisti e quindi alle opinioni pubbliche una visione davvero europea di quanto discusso e deciso dall’insieme dei governi, riducendo gli spazi per le unilaterali narrazioni d’impronta nazionale.

Da allora le narrazioni nazionali sono aumentate invece di ridursi e il Consiglio europeo del 9 febbraio 2023 non ha fatto eccezione a questa prassi di dannosa frammentazione dell’immagine dell’Unione europea. La presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, si è ancor più distinta in quest’esercizio di rivendicazione del ruolo della “nazione” attribuendo spudoratamente all’Italia meriti e influenze che non le appartenevano come il fatto che nelle conclusioni del Vertice era stato scritto per la prima volta su sua richiesta che «la politica migratoria è un problema europeo che esige una soluzione europea».

La lettera inviata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al Consiglio europeo il 26 gennaio 2023 – che commenteremo più avanti – iniziava invece affermando che «Migration is a European challenge for which we must provide a European response» con un approccio introdotto nella narrazione europea dalla Commissione Juncker fin dal 2015 poi ripreso regolarmente dal Consiglio europeo che si è occupato di questo tema anche se nulla è avvenuto di concreto per adottare una risposta europea a cominciare dalla mancata revisione del “Regolamento di Dublino” e di tutte le nove proposte legislative che da esso conseguono, una revisione rinviata per ora alla primavera del 2024.

Come sappiamo il Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio 2023, inizialmente convocato per essere dedicato solo alla risposta europea al controllo dei flussi migratori, è stato mediaticamente vissuto per l’incontro fra il presidente Volodymyr Zelensky con i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea a cui si sono aggiunti i temi dell’economia, del dialogo fra la Serbia e il Kosovo e del terremoto in Turchia e Serbia.

L’economia europea nella nuova realtà geopolitica

I temi economici, divenuti più urgenti di fronte alla nuova realtà geopolitica ed ai rischi per la competitività europea nel quadro della transizione verde e digitale, sono apparsi ancora più sensibili  di fronte alla sfida dei duemila miliardi di dollari in sussidi all’industria offerti dall’amministrazione Biden con i piani sulle infrastrutture (Build Back Better), sui semiconduttori (Chips Act) e soprattutto sulle tecnologie verdi (Inflation Reduction Act- IRA) che hanno spinto il 6 febbraio i ministri dell’economia tedesco Robert Habeck e francese Bruno Le Maire a un singolare viaggio a Washington – ben più inopportuno della cena all’Eliseo fra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky dell’8 febbraio – da cui sono tornati a mani vuote con il solo effetto fortemente negativo di violare il potere esclusivo della Commissione europea sulla politica commerciale.

Dal Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio Olaf Scholz è tornato a Berlino e Emmanuel Macron è tornato a Parigi con un momentaneo successo sul tema degli aiuti di Stato – che interessano soprattutto le industrie tedesche della chimica, dell’automobile e dei semiconduttori – perché i Capi di Stato e i governo hanno autorizzato la Commissione europea ad accettare sostegni nazionali «mirati, temporanei e proporzionati anche mediante crediti di imposta nei settori strategici per la transizione verde che subiscono l’impatto negativo delle sovvenzioni estere e degli elevati prezzi dell’energia» sapendo che i due terzi di questi aiuti sono concessi alle industrie tedesche e francesi.

Giorgia Meloni, che era volata a Bruxelles per ottenere soprattutto una doppia flessibilità sui tempi e sulle condizioni dell’uso dei fondi europei (coesione e Pnrr), è tornata invece a Roma con una disponibilità solo teorica che dovrà essere negoziata prima con la Commissione europea e poi con il Consiglio sapendo che la flessibilità riguarderà esclusivamente i progetti che agevoleranno la transizione verde (e non quella digitale e gli investimenti nella politica energetica) e che essa sarà condizionata comunque al ritmo di attuazione delle riforme interne.

Il successo franco-tedesco rende irrilevante e puramente retorica l’affermazione dello stesso Consiglio europeo e l’appello della Commissione europea per «mantenere l’integrità del mercato unico e le parità di condizioni al suo interno» e la necessità di «prestare grande attenzione al mantenimento della competitività delle piccole e medie imprese» ma questo successo è una vittoria di Pirro perché le industrie dalle due parti del Reno non sono in grado di competere da sole contro le grandi potenze industriali americane e cinesi.

Le profonde trasformazioni dell’economia mondiale (dispersione globale della produzione, automazione e robotizzazione, competizione con le economie emergenti, superamento della distinzione fra manifattura e servizi) impongono da tempo un cambiamento di rotta alla politica industriale europea. 

Non si tratta più di valutare «l’addizionalità» di politiche europee rispetto a quelle messe in campo dagli Stati membri dell’Unione europea; piuttosto, è il momento di dare forma a una politica comune che parta dalla dimensione europea e che definisca, a cascata, gli spazi d’intervento per i livelli di governo nazionali e regionali. 

È necessaria una politica industriale europea innovativa, che incoraggi pienamente e favorisca l’efficienza energetica, l’economia circolare, la digitalizzazione e lo sviluppo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale compatibile con l’obiettivo della piena occupazione. 

È a livello europeo che le frammentazioni del mercato unico a trent’anni dalla sua introduzione producono costi maggiori ed è a tale livello che la necessità di un partenariato pubblico/privato capace di “creare i mercati” si fa più forte. 

Non si tratta principalmente di creare adeguate capabilities, com’è imprescindibile in contesti in via di sviluppo, ma di risolvere il coordination problem che nasce nel tentativo di organizzare la specializzazione produttiva e innovativa di un intero continente. 

L’Unione europea deve in primo luogo lavorare a fianco delle industrie europee, tenendo conto del suo tessuto produttivo composto essenzialmente da piccole e medie imprese (99,8 per cento) per sostenerle nella trasformazione digitale e per costituire il corretto quadro di riferimento nonché le condizioni per promuovere l’innovazione, gli investimenti e gli strumenti finanziari e fiscali che consentano loro di crescere e di espandersi. 

L’Unione europea dovrebbe prevedere politiche di sviluppo dell’innovazione tecnologica, con una cabina di regia europea che sia in grado di indicare strategie da seguire e coordini il lavoro dei partecipanti facendo attenzione a che le ricadute industriali siano quanto più diffuse sul territorio europeo in un’ottica di aumento della quota percentuale del prodotto industriale sul Pil. 

In questo quadro il processo di automazione che coinvolgerà anche l’industria manifatturiera e che richiederà misure di sostegno anche a livello europeo dovrà essere accompagnato da cambiamenti radicali nella formazione dei lavoratori ripensando programmi e metodologie didattiche e utilizzando la robotica come stimolo alle capacità cognitive e alla creazione di lavori di alta qualità.

La politica industriale europea deve essere fondata su una strategia globale che comprenda misure finanziarie, legislative e non legislative nei settori della digitalizzazione, della sostenibilità, dell’economia circolare, dell’efficienza energetica ma anche delle imprese di economia sociale. 

In questo spirito la proposta della Commissione europea per un Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age presentata il 1° febbraio 2023 e il progetto di un Fondo Sovrano Europeo per l’Industria come bene pubblico europeo lanciato da Thierry Breton e Paolo Gentiloni il 3 ottobre 2022 torneranno inevitabilmente di attualità quando si aprirà nel prossimo giugno la discussione sulla revisione del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027.

In questo quadro, il Movimento europeo ha presentato una serie di proposte articolate sullo sviluppo di beni pubblici europei che riguardano sia la politica economica che quella fiscale e intende rilanciare la proposta avanzata dal premio Nobel dell’economia Robert Shiller e poi del governo spagnolo di Pedro Sanchez per titoli europei perpetui come forma innovativa di azionariato dell’Unione europea.

L’Unione che respinge e che esclude

Come abbiamo scritto più sopra, la revisione del Regolamento di Dublino è stata rinviata di comune accordo dal Parlamento europeo e dal Consiglio alla primavera del 2024 durante la presidenza belga del Consiglio con l’impegno di concludere i negoziati prima della fine dell’attuale legislatura.

Legittimati dalla sorprendente lettera della presidente della Commissione europea del 26 gennaio 2023 – che annuncia un mutamento di approccio dell’esecutivo europeo rispetto al Migration Pact del settembre 2020 passando dalla priorità del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali all’Europa che respinge e che esclude – e sospinti dalle richieste di Danimarca, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Grecia.

Malta e Austria su ispirazione del cancelliere austriaco Karl Nehammer con la complicità di Italia e Paesi Bassi, i capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno deciso di concentrarsi sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione, sul controllo delle frontiere esterne, sulla strumentalizzazione dei migranti a fini politici e sulla cooperazione con Europol, Frontex e Eurojust confermando il principio secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza.

Nulla è stato detto sulle ragioni dei movimenti di popolazioni, che avvengono in larga parte all’interno dei paesi di origine, fra paesi dell’Africa sub-sahariana e verso paesi in via di sviluppo, sul fatto che il cosiddetto pull factor non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre interstatali, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre, che i rimpatri sono in molti casi impossibili per l’impossibilità di sottoscrivere accordi con paesi terzi, che molti rimpatri avranno come conseguenza la morte o la schiavitù dei migranti definiti irregolari e che l’Unione europea avrebbe dovuto adottare da tempo un piano per lo sviluppo dell’Africa.

Nulla è detto sul valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture dall’accoglienza dei migranti economici e sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione considerandole come gli unici strumenti efficaci per garantire la sicurezza di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie.

Quel che deve suscitare una fortissima reazione da parte delle organizzazioni non governative e delle associazioni rappresentative della società civile – al fine di spingere il Parlamento europeo a rifiutare le conclusioni del Consiglio europeo usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone – è il paragrafo 23.e (scusate il linguaggio burocratico) delle conclusioni in cui si dice senza vergogna: «chiede alla Commissione europea di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’Unione europea per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza – compresa la sorveglianza aerea – e delle attrezzature. In tale contesto, il Consiglio europeo invita la Commissione (che si era già auto-invitata nella lettera della presidente Ursula von der Leyen del 26 gennaio 2023, n.d.r.) a mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere». 

Pudicamente, Ursula von der Leyen ha specificato in conferenza stampa che il controllo delle frontiere esterne sarà garantito da telecamere, sorveglianza elettronica, strade, torri, veicoli e personale evitando di contraddire se stessa quando aveva detto che l’Unione europea non avrebbe finanziato né muri né fili spinati.

Poiché gli ingenti fondi dovranno essere prelevati dal bilancio dell’Unione europea, che è finanziato dalle cittadine e dai cittadini europei, il Movimento europeo intende inviare una petizione al Parlamento europeo per sapere – in quanto movimento di cittadini-contribuenti – su quale linea di bilancio saranno prelevati, se sarà necessario un bilancio suppletivo e rettificativo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola e se saranno esclusi finanziamenti per muri e fili spinati.

L’Ucraina e l’Unione europea

Il Consiglio europeo ha ribadito tutti gli impegni assunti dall’Unione europea fin dall’inizio dell’aggressione russa del 24 febbraio 2022 che si possono leggere nelle conclusioni ma non ha ritenuto opportuno rispondere alla richiesta del presidente Zelensky di inviare a Kyjiv aerei da combattimento oltre che carri armati.

Nessun impegno è stato preso sui tempi dell’adesione dell’Ucraina all’Unione europea (che Kyjiv vorrebbe fissare entro il 2026) limitandosi a riconoscere «la determinazione dell’Ucraina a soddisfare i requisiti necessari al fine di avviare quanto prima i negoziati di adesione» e «il potenziale dell’accordo di associazione, compresa la zona di libero scambio globale e approfondita, in modo da creare le condizioni per il rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali in vista dell’integrazione dell’Ucraina nel mercato unico dell’Unione europea».

Appare evidente che i tempi di adesione dell’Ucraina all’Unione europea saranno strettamente legati a due fattori che prescindono dalla determinazione di Kyjiv a entrare a far parte pienamente della famiglia europea: i tempi e le modalità dei negoziati con i paesi dei Balcani Occidentali che attendono da anni sulle porte dell’Unione europea e l’imprescindibile necessità di un’ampia riforma del sistema europeo le cui inefficienze sono già evidenti in una unione a ventisette e che diventerebbero insopportabili in una unione che sarebbe chiamata a integrare fino a trentacinque paesi membri.

Questo stato di cose rafforza la posizione del Movimento europeo secondo cui la legislatura che inizierà a luglio 2024 dovrà avere una dimensione costituente sotto la guida del nuovo Parlamento eletto – ispirandosi al metodo e al contenuto del progetto adottato dall’assemblea il 14 febbraio 1984 – al fine di dotare l’Unione europea di un nuovo trattato di natura federale, fondato sui principi di una sovranità condivisa e non sulla somma di sovranità nazionali, sul rispetto dello stato di diritto, sul primato del diritto europeo e su una democrazia sovranazionale rappresentativa, partecipativa, paritaria e di prossimità

Guerra ucraina: «Fanculo Europa». Piccole Note (filoPutin) il 13 Febbraio 2023 su Il Giornale.

L’entusiastica dimostrazione di affetto per il Vecchio Continente che abbiamo usato per titolare questa nota non appartiene a Salvini o ad altri veri o asseriti anti-europeisti del nostro continente, ma a un’autorevole e rispettata esponente dell’establishment Usa, la signora Victoria Nuland, moglie del politologo Robert Kagan.

Non infastidite Victoria

La famiglia Kagan merita un ritratto, ma sul punto rimandiamo all’appendice della nota, per ora ci soffermiamo sulla Nuland, sottosegretario di Stato per gli affari politici dell’amministrazione Biden ed esponente di punta della politica estera Usa, la quale ebbe a pronunciare quelle dolci parole al tempo del colpo di Stato di Maidan (vedi il video del Guardian), del quale essa fu artefice, facendosi filmare anche nell’atto di distribuire pane ai manifestanti.

La donna ebbe a usare quell’espressione perché infastidita da alcuni leader europei che si erano permessi di intromettersi nella sua rivoluzione, che coronò intronizzando come primo ministro il suo pupillo Arseny Yatsenyuk, come documenta un’altra sua conversazione (BBC).

La Nuland appartiene alla ristretta élite neocon grazie soprattutto al marito, rampollo del fondatore dei neocon, un gruppo di intellettuali che hanno predicato la necessità per gli Stati Uniti di dar vita a una politica estera aggressiva per conservare il primato globale.

Tale ambito è diventato la voce ufficiale l’apparato militare industriale Usa e ha imperversato negli ultimi decenni, ispirando e legittimando tutte le avventure belliche di Washington, da quella irachena a quella afghana etc.

Oggi i neocon sono il motore intellettuale dell’ingaggio della Nato nella guerra ucraina. Un ingaggio che va via aumentando, arrivando ora a comprendere anche la possibilità di fornire jet a Kiev.

Riportiamo, sul punto, quanto scrive Jonathan Cook su Antiwar: “C’è una logica nel modo in cui opera la NATO. Passo dopo passo, si immerge sempre più in profondità nella guerra. Ha iniziato con le sanzioni, seguite dalla fornitura di armi difensive. È poi passata all’invio di armi più offensive, inviando aiuti che finora hanno toccato un totale di circa 100 miliardi di dollari solo dagli Stati Uniti”.

Dopo i panzer è il turno dei jet

“E ora la NATO sta fornendo armi essenziali per condurre una guerra di terra. Perché non dovrebbe unirsi alla battaglia per conquistare la supremazia aerea? O come ha recentemente osservato il capo della NATO, Jens Stoltenberg, facendo eco al romanzo distopico di George Orwell1984 : ‘Le armi sono la via per la pace’”.

Il punto è che se si inviano jet militari, come da pulsioni suddette, l’escalation potrebbe arrivare a un punto di non ritorno, innescando un conflitto su scala europea. Anzitutto perché i missili dei Jet potrebbero colpire in territorio russo, ma soprattutto per un altro il fattore, ancora più importante.

I jet abbisognano di basi aeree. Ma immaginare che tali aeroporti possano godere di una confort zone nell’Ucraina in guerra è utopia allo stato puro. Se i velivoli Nato arrivassero a Kiev, si aprirebbe la caccia alle loro basi aeree. E tali infrastrutture non sono mimetizzabili né mobili come gli Himars o i carri armati.

I russi li individuerebbero facilmente e altrettanto facilmente li prenderebbero di mira con missili e droni. Alcuni sarebbero intercettati, ma non tutti. In pochi giorni tali basi sarebbero messe fuori uso e, con queste, anche i jet che li ospitano.

Si tratta di velivoli che costano miliardi di dollari. La Nato non si rassegnerebbe facilmente a vedere i suoi giocattoli vanificati tanto facilmente.

Da cui due possibilità. La prima è quella di farli decollare da aeroporti in uso all’aviazione civile, costringendo i russi a decidere se rendere o meno inutilizzabili anche questi, finora risparmiati. Con tutte le conseguenze del caso.

Possibile scenario: un avvertimento previo a sospendere i voli, con alcune compagnie che si rifiuterebbero di accattare; lancio di missili e droni, alta probabilità di vittime civili di voli internazionali (vere o inventate che siano) e via così con l’escalation.

La seconda possibilità è quella di far decollare i velivoli da basi aeree non ucraine, cioè dalla Polonia o altri Paesi limitrofi. Invitando così i russi a colpire delle infrastrutture Nato.

UE braccio “civile” della NATO

Tanta la follia in tutto ciò, tanto che il presidente polacco Andrzej Duda, dopo aver snocciolato le tante difficoltà logistiche legate all’invio dei jet, ha avvertito che tale eventualità richiede comunque “una decisione congiunta” (Politico). Già, prima di fare il passo, vuole avere la spalle coperte dalla Nato. Si ricordi che la Seconda guerra mondiale iniziò in Polonia…

Eppure politici e i media sedicenti  “europeisti” non solo non allarmano sul pericolo, ma addirittura sono possibilisti su tale escalation. Nulla importando che tale passo, voluto fortemente dai neocon Usa, serve non solo a indebolire la Russia, ma anche a soggiogare l’Europa sempre più alla Nato, e quindi a Washington.

Su quest’ultimo punto una riflessione del politologo britannico Richard Sakwa, riferita da Coock su Antiwar: “Invece di una visione che abbraccia l’intero continente, [l’Unione Europea] è diventata poco più che la sezione civile dell’Alleanza atlantica”.

Idea che Sakwa ha ribadito in altra forma, sintetizzata così da Jonathan Steele sul Guardian: “La prospettiva di una maggiore indipendenza europea preoccupava […] Washington e il ruolo della NATO è stato, in parte, quello di mantenere il primato degli Stati Uniti sulla politica estera europea”.

Il paradosso di tutto ciò è quindi che gli asseriti europeisti stanno ballando sulle note di uno spartito scritto per loro da Nuland & c., dal titolo, appunto, “Fanculo Europa”.

Appendice. Marito della Nuland è Robert Kagan, figlio di Donald, che è stato il fondatore dei neoconservatori americani, testimone che ha poi lasciato ai figli, che con lui hanno condiviso il documento che ha informato la politica estera americana degli ultimi decenni, il Progetto per un nuovo secolo americano.

I figli continuano alacremente tale opera. Robert grazie all’influenza del Council on Foreign Relations, think tank del quale è membro più che autorevole, Frederick grazie all’American Enterprise Institute, think tank similare e altrettanto influente (un articolo del Foglio dà conto della sua rilevanza sia nel conflitto iracheno che in quello afghano).

La moglie di Frederick ha fondato ed è presidente dell’Institute for the Study of War (al quale collabora il marito) che è l’organo di riferimento, – consultato in stile oracolo – dei media mainstream americani per quanto riguarda la guerra ucraina, come spiega bene un articolo di Responsible Statecraft (tale informazione viene poi riciclata dai media mainstream delle colonie, con il classico effetto a cascata).

Disastro pianificato. Le sanzioni hanno creato il più pesante deficit russo dal 1991. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 14 Febbraio 2023

Le entrate fiscali legate all’energia sono diminuite del 46 per cento rispetto al gennaio del 2022. Putin ha annunciato un taglio alla produzione del petrolio del 5 per cento per stabilizzare i prezzi ormai in caduta libera e la Banca centrale ha iniziato a vendere in massa gli yuan

Putin mostra di irridere le sanzioni brindando con vini da duecentomila euro a bottiglia che sarebbe riuscito a far venire lo stesso in Russia tra novembre e dicembre, il dibattito se le stesse sanzioni stiano funzionando continua, ma la tesi che l’impatto sia arrivando un po’ per volta in crescendo sembra confermato dai dati dello stesso ministero delle Finanze russo. Le entrate pubbliche derivanti dalla vendita di energia sono diminuite infatti del 46 per cento a gennaio rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, segnando il livello più basso dall’inizio della pandemia. E a questo crollo degli afflussi di cassa del Cremlino si aggiunge la sempre più pesante spesa per la guerra. Messi assieme, i due fattori hanno portato la Russia a registrare in gennaio il suo più grave deficit fiscale per un gennaio dai tempi del crollo dell’Urss, nel 1991.

Proprio per provare a fronteggiare questa emergenza, venerdì Putin ha annunciato un taglio alla produzione del petrolio del 5 per cento, con l’intento di stabilizzare prezzi in caduta libera. Ma il quasi mezzo milione di barili al giorno che la Russia smetterà di estrarre nei prossimi mesi equivale più o meno a quanto ha già smesso di immettere sui mercati internazionali negli ultimi mesi.

 Insomma, è la antica favola della volpe che dice «tanto non mi piace» dell’uva cui non riesce ad arrivare. D’altra parte, dal 5 febbraio la pressione è ulteriormente aumentata attraverso l’entrata in vigore di un price cap Ue anche sui derivati del petrolio russo, tra cui il diesel occupa un posto di primissimo piano. E a differenza che per il greggio per questi altri prodotti la Russia non riesce a trovare tanti altri acquirenti. 

In tutto, il deficit russo ha raggiunto i 1760 miliardi di rubli nel primo mese dell’anno: circa 22,4 miliardi di euro, secondo l’attuale tasso di cambio instabile. A gennaio, le entrate totali – non solo quelle energetiche – sono diminuite di oltre il 35 per cento su base annua e le spese sono aumentate di quasi il 59 per cento. 

Il 5 dicembre l’Ue ha chiuso completamente alle importazioni di petrolio russo e i suoi alleati del G7 – guidati dagli Stati Uniti – hanno imposto un prezzo massimo per il petrolio russo che le navi e gli assicuratori possono trasportare senza sanzioni. La prima misura ha lasciato la Russia senza il suo mercato principale. La seconda ha completamente stravolto la logistica necessaria al funzionamento della sua principale fonte di risorse. Conseguenza: le compagnie petrolifere russe si trovano a dover vendere con sconti fino al 50 per cento, e in più devono pure accollarsi le enormi spese di trasporto del greggio in queste nuove e più onerose condizioni. 

È vero che sono riusciti a mantenere i volumi complessivi, ma al costo di un forte calo dei prezzi di vendita. È vero che l’export comunque continua, e l’embargo viene aggirato attraverso una flotta ombra di navi che fanno triangolazioni, che Bloomberg ha stimato in almeno 600. Ma anche ciò ha un costo.

Insomma, le previsioni di Mosca erano che almeno del budget russo annuale fosse coperto dalle compagnie energetiche, sia con tasse che con royalties. Per ottenere ciò, però, bisognerebbe che il mix immesso sui mercati fosse di almeno 70 dollari al barile, mentre a gennaio ne faceva 50. 

A causa di una nuova regola di bilancio che rende necessario compensare i minori afflussi di denaro petrolifero quando il prezzo del petrolio scende, a metà gennaio la banca centrale russa ha dunque iniziato a vendere yuan dalle sue riserve. In particolare, dal 13 gennaio al 6 febbraio il ministero delle Finanze ha messo in vendita valuta estera per un valore di 54,5 miliardi di rubli attingendo alle sue riserve di 3.100 miliardi di rubli di attività liquide in yuan, che costituiscono oltre il 40 per cento delle attività liquide distribuibili nella ricchezza nazionale Finanziare. Si tratta comunque di una cifra irrisoria, che ammonta a meno del 3 per cento dello yuan russo circolante negli ultimi tre mesi. 

A fine 2022 il ministero delle Finanze ha inoltre rivisto la struttura della componente valutaria del fondo sovrano russo, raddoppiando la sua quota in yuan, e arrivando così al 60 per cento. Eventuali entrate in eccesso di petrolio e gas nel 2023 saranno pure accumulate in yuan. Ma così quella de-dollarizzazione dell’economia per cui le autorità russe mostrano così tanto orgoglio si traduce in una sostanziale yuanizzazione, con una crescente dipendenza dalle decisioni del Partito Comunista Cinese. 

E lo yuan costituisce solo il 3 per cento delle riserve valutarie globali, contro il 60% del dollaro e il 20% dell’euro. La crescente dipendenza della Russia dallo yuan sta effettivamente aiutando le autorità cinesi a farne una valuta di riserva internazionale, e lo scorso ottobre, la Russia è diventata il quarto più grande centro commerciale offshore per lo yuan, mentre ancora ad aprile non era nemmeno tra i primi quindici. Ma la Cina ha bisogno del dollaro per sostenere la stabilità dello yuan sui mercati offshore, principalmente a Hong Kong. Di conseguenza, la forza dello yuan come valuta di riserva non indebolisce il dollaro; piuttosto, le due valute si completano a vicenda. Ciò significa che Pechino non può davvero aiutare Mosca nella crociata dichiarata contro il dollaro.

Estratto dell’articolo di Marco Ventura per “il Messaggero” il 13 febbraio 2023.

L'offensiva c'è, ma non si vede. I russi attaccano a est, nel Donbass che Putin ha ordinato di conquistare tutto entro marzo, ma non sfondano. […] i russi continuano a morire in numeri che sono sempre più imponenti. Coincidono le analisi dei servizi segreti ucraini e occidentali. Quello britannico considera «probabilmente accurati» i calcoli dei colleghi di Kiev del Gru, per i quali gli attacchi delle due settimane trascorse sono costate a Mosca «il più alto numero di vittime dall'invasione».

Per il ministero della Difesa del Regno Unito, «nell'ultima settimana una media di 824 vittime al giorno, oltre quattro volte il tasso riportato nel periodo giugno-luglio 2022», nei primi due mesi di conflitto. Una carneficina, dovuta ai sistemi adottati dai vertici militari, sia quelli ufficiali che rispondono al ministro della Difesa, Shoigu, sia quelli irregolari, che fanno capo all'organizzazione di mercenari dello "chef di Putin", Prigozhin. L'aumento delle perdite russe è probabilmente dovuto […] «alla mancanza di personale addestrato, coordinamento e risorse su tutto il fronte[…]».

 Due ex combattenti di Wagner hanno raccontato alla CNN quello che succedeva sul campo. Per esempio, nell'assalto al villaggio di Bilohorivka. Uno scenario «da prima guerra mondiale», con ondate ininterrotte. E tanti caduti. […]

 […] Un dirigente Gru […] afferma che «La Russia non ha le risorse necessarie per lanciare operazioni offensive su larga scala il 24 febbraio, a un anno dall'invasione». Quello che gli invasori starebbero facendo adesso, è mandare pattuglie di incursori per individuare i punti deboli delle difese ucraine […] E diventa virale il video di una colonna di forze meccanizzate russe distrutta dagli ucraini nell'area di Vuhledar. […]

Buco nero. La guerra scellerata di Putin costerà alla Russia almeno 190 miliardi di dollari. Maurizio Stefanini su L’Inchiesta il 21 Febbraio 2023.

L’economia dell’invasore potrebbe non collassare, ma è destinata a rimanere sotto pressione e potrebbe ancora ridursi dell’otto per cento entro il 2026 rispetto a quel che sarebbe stato senza l’«operazione speciale» ordinata un anno fa

La guerra di Putin è costata un Kuwait, si potrebbe sintetizzare. Un anno è ormai passato dall’inizio del conflitto, e ancora non se ne intravede la fine. Già si calcola però che per il Pil russo entro il 2026 ci sarà un buco da centonovanta miliardi di dollari. Appunto, è praticamente l’equivalente dell’intero Pil di Paesi tipo Ungheria o Kuwait. Una botta micidiale, se si pensa che Putin si era posto come obiettivo di portare l’economia russa tra le prime cinque del mondo.

Il calcolo lo ha fatto Bloomberg, nell’ambito di un’analisi più generale sui dati economici russi. Sebbene Mosca abbia registrato il suo terzo trimestre consecutivo di contrazione fino alla fine del 2022, il suo rallentamento per l’intero anno è stato una frazione del crollo di quasi il dieci per cento che qualcuno aveva previsto un mese dopo l’invasione. La banca centrale russa stima il calo dello scorso anno al 2,5 per cento e prevede che la crescita possa riprendere da quest’anno. Come è stato ripetuto anche di recente, però, le sanzioni occidentali sono state studiate per colpire gradualmente e in crescendo, e inoltre il relativo calo del Pil potrebbe essere stato compensato dal forte aumento delle spese militari.

Secondo gli analisti intervistati da Bloomberg, però, il calo probabilmente si è intensificato nell’ultimo trimestre su base annua, e potrebbe essere anche peggiore quest’anno. «L’effetto delle sanzioni è prolungato», ha riconosciuto Oleg Vyugin, ex alto funzionario della banca centrale e del ministero delle Finanze. «E il processo di sanzioni non è finito. Nuove e nuove sanzioni vengono introdotte». Le sanzioni per molto tempo non hanno riguardato le principali esportazioni russe vitali per i mercati mondiali, come petrolio, gas e prodotti agricoli. Solo negli ultimi mesi sono state aggiunte alcune restrizioni sull’energia, che sono però bastate per produrre effetti devastanti.

Bloomberg osserva che la resistenza mostrata finora deriva da anni di sforzi da parte dei tecnocrati vicini a Vladimir Putin per sostenere l’economia contro i problemi, con politiche che nascondevano entrate energetiche inaspettate e cercavano di rendere la Russia meno dipendente da alcune importazioni.

La posta in gioco ora è la capacità di Putin di sostenere il più grande conflitto in Europa dalla Seconda guerra mondiale continuando a spostare risorse, ma senza inimicarsi una popolazione sempre più preoccupata per il proprio benessere finanziario. La previsione di questa analisi è che nel corso del 2023 questo compito diventerà sempre più difficile, poiché il governo di Mosca cerca di prevenire un crollo delle entrate petrolifere e aumentare la spesa per i programmi sociali in un momento in cui la mobilitazione di centinaia di migliaia di uomini svuota il mercato del lavoro.

L’analisi di Bloomberg Economics ha identificato diversi indizi sulla sopravvivenza economica della Russia, dopo imposizione di sanzioni che includevano il sequestro di beni destinati a persone vicine a Putin e il blocco di circa trecento miliardi di dollari in riserve internazionali.

La necessità per gli Stati Uniti e i suoi alleati di preservare l’accesso all’energia li ha portati a scendere a compromessi per bilanciare le misure punitive con altri interessi. La Russia ha effettivamente pompato più petrolio e gli alti prezzi delle materie prime hanno fatto sì che guadagnasse abbastanza per sostenere le sue entrate attingendo alla domanda di Paesi come Cina e India. Paesi che rappresentano oltre il trenta per cento del Pil mondiale hanno così mantenuto legami commerciali e si sono astenuti dal condannare l’invasione, consentendo alla Russia di ricostruire le catene di approvvigionamento e combattere l’isolamento economico. Insieme ai controlli sui capitali, un forte aumento dei tassi di interesse ha evitato una crisi finanziaria. Al costo, però, di ridurre i prestiti al dettaglio e danneggiare i consumi.

Pur se riesce a evitare un collasso, l’economia russa è però destinata a rimanere sotto pressione, e secondo la stima di Bloomberg Economics potrebbe ancora ridursi dell’otto per cento entro il 2026 rispetto a quello che sarebbe stato se Putin non avesse ordinato l’attacco all’Ucraina nel febbraio 2022. «Il calo delle importazioni di tecnologia riduce il potenziale di crescita dell’economia nel lungo periodo, piuttosto che portare a un crollo una tantum che si materializza in un solo anno», ha affermato Natalia Lavrova, capo economista di Bcs Financial Group.

Ft: «I russi ammassano caccia al confine con l'Ucraina». Austin: «Non li vediamo». Lorenzo Cremonesi, inviato a Kherson, Paola Caruso e Redazione Online, su Il Corriere della Sera il 14 gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di martedì 14 febbraio, in diretta. Capo della Wagner: «Ancora lontana la conquista di Bakhmut». Media olandesi: «Tre caccia russi intercettati nei cieli della Polonia»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 356esimo giorno.

• Tre aerei militari russi sono stati intercettati nello spazio aereo polacco, secondo i media olandesi (vedi notizia delle 06:46).

• Kiev: l'Armata ha attaccato in otto regioni nelle ultime 24 ore.

• Chiuso per 3 ore lo spazio aereo moldavo, forse tentativo di golpe russo.

• Putin si sposta solo su treni blindati per ragioni di sicurezza.

Ore 02:30 - Usa: Parole Berlusconi? Lavoriamo a stretto contatto con premier Meloni

Le parole di Silvio Berlusconi su Zelensky non scalfiscono i rapporti tra Washington e Roma. «Lavoriamo a stretto contatto con il governo della premier Giorgia Meloni su una gamma di interessi condivisi, così come abbiamo fatto per tanti anni con i governi italiani, e apprezziamo il forte sostegno dell’Italia all’Ucraina», ha detto a LaPresse un portavoce del dipartimento di Stato, riguardo agli ultimi commenti dell’ex premier sul presidente ucraino.

Ore 02:33 - Putin usa sempre meno gli aerei, viaggia su treno blindato

Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, «Vladimir Putin viaggia sempre più non sugli aerei presidenziali, ma su un treno personale speciale corazzato». A sostenerlo è un’inchiesta del Dossier Center, progetto investigativo fondato dall’ex oligarca e oppositore russo Mikhail Khodorkovsky.

Secondo l’inchiesta, che cita una fonte vicina alla presidenza russa, «il treno è stato preparato per il presidente nel 2014-2015, ma il capo dello stato ha iniziato a utilizzarlo costantemente nella seconda metà del 2021, quando l’esercito russo ha iniziato a prepararsi per l’invasione dell’Ucraina.

La compagnia proprietaria del treno apparteneva al nipote di Yuri Kovalchuk, il principale azionista della Rossiya Bank e amico intimo del presidente». Dopo lo scoppio della guerra, «a febbraio-marzo, ha iniziato a utilizzare molto attivamente il treno, soprattutto per raggiungere la sua residenza in Valdai», ha dichiarato la fonte al Dossier Center. Secondo l’inchiesta, la scelta di utilizzare il treno blindato è dettata da motivi di sicurezza e «segretezza: i movimenti dell’aereo presidenziale possono essere monitorati utilizzando vari servizi, mentre non esistono servizi di questo tipo per i treni». Quello di Putin è poi «visivamente quasi indistinguibile dagli altri treni delle ferrovie russe» ma in ogni caso «ci sono molte differenze: innanzitutto, le carrozze presidenziali sono blindate. In secondo luogo, ha la massima priorità» sul resto del traffico ferroviario «in modo che possa viaggiare alla massima velocità e senza fermate».

Ore 05:02 - «Politico», Usa hanno informato Kiev che non forniranno missili a lungo raggio

L'amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha informato le autorità militari dell'Ucraina di non poter fornire missili a lungo raggio per i sistemi lanciarazzi multipli Himars, in quanto gli Usa dispongono di scorte insufficienti di quel tipo di proiettili. Lo riferisce il quotidiano «Politico», che cita quattro fonti anonime della Difesa. Durante un recente incontro al Pentagono, Washington avrebbe spiegato a Kiev che le scorte di missili Atacm (acronimo di «Army Tactical Missile Systems») a disposizione delle forze armate Usa sono insufficienti alle loro stesse esigenze, e che trasferire i missili a Kiev danneggerebbe la prontezza al combattimento degli Stati Uniti nell'eventualità di un futuro conflitto. La fornitura di missili balistici da teatro all'Ucraina, che consentirebbero a Kiev di colpire obiettivi in Crimea e all'interno del territorio della Russia, è oggetto di discussioni sin dall'inizio del conflitto. Mosca ha avvertito più volte che fornendo all'Ucraina armi balistiche a lungo raggio la Nato attraverserebbe una «linea rossa», confermando il suo coinvolgimento diretto nelle ostilità.

Ore 06:46 - Media olandesi: «Tre caccia Russia intercettati su Polonia»

Il Ministero della Difesa olandese ha riferito che due suoi caccia F-35 hanno intercettato ieri una formazione di tre aerei militari russi sopra la Polonia e li hanno scortati fuori da tale spazio aereo. Lo riportano diversi media internazionali.

Ore 07:53 - In Ucraina 325 mila case distrutte da marzo 2022

Da marzo, gli ucraini hanno presentato oltre 325.000 segnalazioni di residenze danneggiate o distrutte attraverso le applicazioni di servizi elettronici del governo ucraino, ha dichiarato Olena Shulyak, deputata e capo del Partito Servitore del popolo al potere, secondo quanto riportato da Ukrinform.

Ore 08:29 - Kiev: La Russia ha perso 139.080 soldati in Ucraina

Lo Stato Maggiore dell’Ucraina ha riferito, nel consueto bollettino, che le perdite militari russe dall’inizio dell’invasione siano 139.080. La Russia ha perso anche 3.286 carri armati, 6.500 veicoli corazzati da combattimento, 5.155 veicoli e serbatoi di carburante, 2.299 sistemi di artiglieria, 466 razzi a lancio multiplo sistemi di difesa aerea, 234 sistemi di difesa aerea, 298 aeroplani, 286 elicotteri, 2.011 droni e 18 barche.

Ore 09:06 - Stoltenberg: «Jet non urgenti, ora serve consegnare i tank»

«La priorità ora è consegnare i tank, i Leopard e gli altri che sono stati promessi, nonché i veicoli blindati di fanteria. Ed è quello che stanno facendo gli alleati. Poi bisogna far sì che ci siano le munizioni. I jet non sono la questione più urgente ora, ma la conversazione è in corso perché le necessità dell’Ucraina evolvono con l’evolversi della guerra». Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg aprendo l’incontro a Bruxelles del formato di Ramstein.

Ore 09:08 - Gli alleati «in soccorso» di Meloni dopo le dichiarazioni di Berlusconi su Zelensky

(Monica Guerzoni) I ministri hanno fatto a gara nel ribadire che la maggioranza non è spaccata sulla politica estera, nonostante le clamorose dichiarazioni di Silvio Berlusconi contro il presidente ucraino Zelensky. Eppure, dietro l’euforia per la vittoria piena alle elezioni regionali, la posizione filo-russa del fondatore di Forza Italia continua a imbarazzare Giorgia Meloni e a mettere in difficoltà la coalizione, sul piano interno e internazionale.

Ore 09:12 - Salvini: «Cav? No comment ma la politica ha segno chiaro»

«Non commento, ciascuno è libero di fare le sue affermazioni»: così il vicepremier Matteo Salvini, segretario della Lega, ha parlato delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi critiche sul presidente ucraino Zelensky. «La politica estera - ha aggiunto - ha un chiaro segno» di difesa dell’Ucraina. Poi «l’obiettivo di tutti» è arrivare alla pace.

Ore 09:14 - Sirene a Kiev, allarme su tutto il territorio nazionale

È riecheggiata nuovamente la sirena d’allarme questa mattina a Kiev. L’allarme è ancora in corso e l’allerta aerea riguarda tutto il territorio nazionale dell’Ucraina, segnalando una possibile attività dell’aviazione strategica nemica.

Ore 09:56 - Stoltenberg: «La Nato non è parte di questa guerra»

«Quello che facciamo come alleati è fornire sostegno all’Ucraina, ma né la Nato né gli Alleati della Nato sono parte di questa guerra», così il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, al suo arrivo al quartier generale. «Il tipo di sostegno si è evoluto, così come si è evoluta la guerra. L’Ucraina si sta difendendo: questa è una guerra di aggressione, la Russia ha attaccato una nazione sovrana e indipendente in Europa e naturalmente l’Ucraina ha il diritto di difendersi. Noi sosteniamo l’Ucraina nel suo diritto all’autodifesa».

Ore 10:04 - Borrell: «Usare l’Epf per comprare munizioni per l’Ucraina»

«Con lo European Peace Facility, che è un fondo inter-governativo, diamo già fondi ai Paesi membri dell’Ue per acquistare armi per l’Ucraina. Al momento lo facciamo Stato per Stato ma l’EPF può senz’altro essere utilizzato per acquistare munizioni per l’Ucraina in modo coordinato, presenterò proposte in merito ai ministri degli Esteri Ue la prossima settimana». Lo ha detto l’alto rappresentante per la politica estera e difesa Ue Josep Borrell arrivando alla riunione del formato di Ramstein al quartier generale della Nato.

Ore 10:21 - 007 Gb: i russi avanzano a Est, progressi «non decisivi»

Anche se le forze armate russe stanno avanzando sui diversi fronti aperti in Donbass, e in particolare verso la città di Bakhmut dove da settimane infuriano i combattimenti, i progressi che ottengono non sono decisivi a causa della insufficiente «potenza di combattimento offensivo» su ogni asse. È la valutazione dell’intelligence della Difesa britannica, esposta nell’ultimo aggiornamento della situazione sul campo diffuso oggi. «Negli ultimi tre giorni, le forze del gruppo Wagner hanno quasi certamente compiuto ulteriori piccole conquiste intorno alla periferia settentrionale della città contesa di Bakhmut» e in particolare «il villaggio di Krasna Gora». Tuttavia, «la difesa ucraina organizzata continua a combattere nella zona. L’avanzata tattica russa a sud della città ha probabilmente fatto pochi progressi».

Ore 10:26 - Austin: «Dopo un anno siamo più uniti che mai, cruciali le prossime settimane. Kiev vincerà nonostante gli arretramenti»

«A un anno dall'inizio della guerra voluta da Vladimir Putin siamo più uniti che mai e siamo pronti a sostenere l'Ucraina nelle prossime settimane, difficili e cruciali, che abbiamo davanti». Lo ha detto il segretario di Stato Usa per la Difesa Lloyd Austin III aprendo la riunione del formato di Ramstein, nel quartier generale della Nato a Bruxelles.

Per quanto riguarda la situazione al fronte, Austin ha spiegato: «Nonostante alcuni arretramenti l'Ucraina ha mostrato che prevarrà in questa guerra e che questi arretramenti non saranno altro che temporanei: il gruppo di Ramstein sosterrà Kiev per tutto il tempo necessario, daremo ciò che abbiamo promesso e faremo sì che gli equipaggiamenti siano integrati nel campo di battaglia».

Ore 10:31 - La ferrovia segreta di Putin: il presidente russo si sposta su treni blindati per ragioni di sicurezza

(Marco Bruna) Il presidente russo Vladimir Putin ha fatto costruire una rete ferroviaria segreta nel Paese, con relative stazioni, per raggiungere le sue residenze: la notizia, diffusa su Telegram dall’organo di stampa indipendente «Proekt Media», segue quella di ieri secondo cui dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina il leader russo fa ricorso sempre di più a un treno personale blindato per motivi di sicurezza.

Ore 10:58 - Peskov: «La Nato è ostile alla Russia e lo conferma ogni giorno»

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, durante la conferenza stampa di oggi, ha detto che «la Nato è un'organizzazione ostile alla Russia e lo conferma ogni giorno» con il suo coinvolgimento nel conflitto in Ucraina. Lo riporta Ria Novosti.

Ore 11:31 - «I russi hanno attaccato in 8 regioni in 24 ore»

Attacchi russi in 8 oblast ucraini nelle ultime 24 ore: Donetsk, Kherson, Kharkiv, Sumy, Mykolaiv, Chernihiv, Zaporizhzhia e Lugansk nell'est, nel sud e nel nord dell'Ucraina. Secondo le autorità locali, tre persone sono state uccise e sei ferite nelle ultime 24 ore, scrive il Kyiv Independent.

Ore 11:35 - Rientrato l'allarme aereo a Kiev e nelle altre città ucraine

È da poco rientrato l'allarme a Kiev e nel resto dell'Ucraina, che era stato diramato in mattinata, annunciato da sirene che segnalano la necessità di recarsi nei rifugi antiaerei. L'allarme questa mattina è durato circa un'ora e mezza.

Ore 11:42 - La Germania produrrà da sola le munizioni dei Gepard per Kiev

La Germania si occuperà della produzione di munizioni per i mezzi corazzati antiaereo Gepard, di cui Berlino sta completando la consegna di 37 esemplari a Kiev. Da luglio potranno essere inviate in Ucraina 300mila munizioni, prodotte tramite l'azienda tedesca Rheinmetall. Verrà così superata la dipendenza dalla produzione proveniente dalla Svizzera, che ha più volte bloccato l'export in nome della neutralità di Stato. Lo riportano Tagesschau e la Sueddeutsche Zeitung.

Ore 11:45 - Pistorius: «La Germania ha addestrato 1.200 militari di Kiev»

Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha sottolineato oggi l'importanza di garantire ai militari ucraini l'addestramento e le munizioni necessarie. «Ad oggi la sola Germania ha provveduto a fornire a 1200 soldati ucraini un addestramento speciale per i sistemi di armi», ha dichiarato il ministro arrivando a Bruxelles al vertice dei ministri della Difesa della Nato.

Ore 11:52 - Filorussi: attaccata ultima via di rifornimento di Kiev a Bakhmut

Le truppe russe hanno attaccato oggi l'area di Paraskovievka, a nord di Bakhmut, con l'intento di bloccare l'autostrada M-03, l'ultima importante via di rifornimento delle truppe ucraine. Lo ha detto, citato dall'agenzia Ria Novosti, Denis Pushilin, il capo dell'autoproclamata repubblica filorussa di Donetsk. Sono in corso intensi combattimenti nell'area.

Ore 12:06 - L'Ue inserisce la Russia nella lista dei paradisi fiscali

L'Unione europea ha inserito la Russia nella lista dei paradisi fiscali. L'elenco, approvato oggi dal consiglio dei ministri dell'Economia, include ora anche le Samoa americane, Anguilla, Bahamas, Isole Vergini Britanniche, Costa Rica, Figi, Guam, Isole Marshall, Palau, Panama, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini americane e Vanuatu. Per l'Ue sono «giurisdizioni non cooperative a fini fiscali».

Ore 13:26 - Cnn, audio soldato russo: non mandate più persone qui a morire

«Ho perso molte persone lì (in Ucraina, ndr). Ricordate questo: non mandate altre persone qui. Basta, vogliono ucciderci tutti». È questo l'ultimo audio dal letto di un ospedale al fronte, inviato dal soldato russo Viktor Sevalnev alla moglie, prima di essere condannato a morte. La sua storia è stata raccontata dalla Cnn, che è venuta in possesso di quell'ultimo messaggio. «Sono stato preso per essere fucilato», avvertiva Sevalnev, ex detenuto che, prima di essere mandato a combattere in Ucraina, stava scontando una pena per rapina a mano armata e aggressione. Il soldato russo racconta di temere che i funzionari del ministero della Difesa russo lo avrebbero presto prelevato dal suo letto d'ospedale, da dove aveva registrato l'audio, e lo avrebbero condannato a morte. Giorni dopo, il suo corpo è stato restituito alla moglie a Mosca, in una bara chiusa.

Ore 13:35 - La Norvegia invierà otto tank Leopard 2 in Ucraina

Il governo norvegese ha annunciato che donerà otto dei suoi carri armati Leopard 2 all'Ucraina. L'esercito norvegese ha attualmente in servizio 36 carri armati Leopard 2. «La Norvegia donerà otto carri armati e fino a quattro veicoli di supporto all'Ucraina. Inoltre, stiamo stanziando fondi per munizioni e pezzi di ricambio», ha detto il ministro della Difesa Bjorn Arild Gram.

Ore 13:43 - Moldavia: chiuso temporaneamente lo spazio aereo

Lo spazio aereo della Moldavia è stato temporaneamente chiuso. Lo rende noto la compagnia Air Moldova sulla sua pagina Facebook, senza fornire spiegazioni sui motivi.

Ore 14:16 - La Moldavia riapre lo spazio aereo

Lo spazio aereo della Moldavia è stato riaperto. Lo comunica l'Aviazione civile di Chisinau citata dalla Tass. Lo spazio aero è stato chiuso dalle ore 11.24 locali, al fine di garantire la sicurezza dell'aviazione civile, ed è stato riaperto alle 14.47 locali. In queste ore la tensione è alta in Moldavia, dopo che ieri la presidente, Maia Sandu, ha denunciato un presunto piano della Russia per attuare un colpo di Stato. Mosca ha respinto tale accusa.

Ore 14:30 - «Suicida» l’ex vicecapo della polizia politica russa. Continua la serie di morti misteriose

(Irene Soave) Già funzionario del ministero dell’Interno, maggiore generale, numero due dell’«unità anti-estremismo» della polizia russa, incaricata cioè della caccia a attivisti e giornalisti scomodi: Vladimir Makarov, 72 anni, da poco licenziato per ordine diretto del Cremlino, è stato trovato morto in casa sua a Golikovo, nella periferia di Mosca. Il corpo è stato trovato lunedì dalla polizia, che ha subito derubricato il caso a suicidio. Ma sono in molti a mettere in relazione questo suicidio ai numerosi altri che si sono verificati, negli ultimi mesi, in più di un ambiente vicino al presidente Putin, dai servizi di sicurezza alla finanza all’imprenditoria.

Ore 15:15 - Kiev: la Russia ha rilasciato di nuovo palloni, li monitoriamo

Nello spazio aereo ucraino la Russia ha rilasciato oggi nuovi palloni con riflettori angolari. Lo ha riferito il portavoce dell'Air Force ucraino Yuri Ignat. «Probabilmente si tratta di palloni con riflettori angolari, di cui abbiamo parlato di recente - ha affermato - Il radar della difesa aerea ucraina osserva questi bersagli aerei, che si muovono in correnti d'aria a bassa velocità. Gli aerei da combattimento sono costantemente in servizio nel cielo ucraino. La situazione è sotto controllo».

Ore 15:02 - Dombrovskis: recessione in Russia continuerà quest'anno e in futuro

«Le sanzioni stanno mordendo duramente e contribuiscono alla recessione economica in Russia. Assieme ad altre istituzioni ci aspettiamo che il Pil continui a contrarsi quest'anno. Ed è probabile che i venti contrari economici persistano per gli anni a venire». Lo ha affermato il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa al termine dell'Ecofin.

Ore 16:10 - Prigozhin: «Ancora lontana la conquista di Bakhmut»

La città ucraina di Bakhmut, teatro da mesi di feroci combattimenti e divenuta il simbolo della lotta tra Mosca e Kiev per il controllo della regione di Donetsk, non è pronta a cedere nonostante le recenti avanzate russe. Lo ha affermato oggi il capo dell'organizzazione paramilitare russa Wagner, Yevgeny Prigozhin. «Non faremo festa presto», ha detto Prigozhin, secondo il suo servizio su Telegram. «Bakhmut non sarà presa domani, c'è una forte resistenza, bombardamenti, il tritacarne è in azione». Aggiungendo: «L'avversario attiva e invia continuamente nuove riserve. Ogni giorno, tra i trecento e i cinquecento combattenti arrivano a Bakhmut da ogni parte, il fuoco dell'artiglieria aumenta ogni giorno».

Ore 16:13 - Putin: «Viviamo sotto costante pressione di infinite sanzioni»

«Viviamo sotto una costante pressione dall'estero, intendo tutte queste infinite sanzioni». Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin, parlando a una riunione dei giudici dei tribunali militari e civili, come riporta l'agenzia Tass. «Come tutti possiamo vedere, stiamo attraversando con calma tutte queste sanzioni», ha aggiunto.

Ore 16:41 - Austin: «Nessun annuncio su jet, consegnare quanto promesso»

«Non ho annunci sulla questione dei jet». È stato chiaro il segretario della Difesa Usa Lloyd Austin III, parlando al termine della riunione del formato Ramstein a Bruxelles. «Siamo concentrati sul consegnare quanto promesso all'Ucraina», ha aggiunto. Sull'ipotesi che la Polonia possa inviare i suoi Mig-29 (in passato secondo alcuni bloccata da Washington), Austin ha precisato che si tratta di una «decisione della leadership del Paese» e gli Usa non hanno mai interferito.

Ore 16:45 - Usa: «La caduta di Bakmhut non ha alcun impatto strategico»

I russi stanno facendo crescenti progressi a Bahkmut: lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby in un briefing, precisando di non poter dire se Bahkmut cadrà ma assicurando che l'eventuale caduta non avrà un impatto strategico sul conflitto in Ucraina.

Ore 16:54 - Ft: «I russi ammassano caccia al confine con l'Ucraina»

I russi stanno ammassando caccia ed elicotteri al confine con l'Ucraina per sostenere la nuova offensiva di terra. È l'allarme lanciato dagli 007 occidentali di cui scrive il Financial Times citando due funzionari informati del warning. Negli incontri con i Paesi alleati che sostengono l'Ucraina di oggi, il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin ha sottolineato la minaccia della forza aerea russa. «Abbiamo una breve finestra di tempo per aiutare gli ucraini a prepararsi all'offensiva. Le forze terrestri russe sono piuttosto alle corde, quindi è probabile che punteranno sugli aerei», ha riferito un alto esponente americano.

Ore 17:01 - Austin: «Caccia russi ai confini ucraini? Non li vediamo»

«Non vediamo che la Russia stia ammassando forze aeree per lanciare un'offensiva ma certamente Mosca continua ad avere grandi capacità in termini di aviazione». Lo ha detto il segretario della Difesa Usa Lloyd Austin III al termine della riunione del formato Ramstein a Bruxelles. «L'Ucraina ha fatto un buon lavoro nell'intercettare i missili russi e vogliamo che abbiano tutti i mezzi per difendersi, anche nel caso in cui russi dovessero decidere di dispiegare l'aviazione», ha aggiunto Austin.

Ore 18:16 - Gli 007 norvegesi: «Russia dispiega navi con armi nucleari nel Baltico»

La Russia ha iniziato a dispiegare navi tattiche con armi nucleari nel Mar Baltico, per la prima volta negli ultimi 30 anni, ha affermato il servizio di intelligence norvegese nel suo rapporto annuale citato da Politico. «La parte fondamentale del potenziale nucleare è sui sottomarini e sulle navi di superficie della Flotta del Nord», hanno osservato gli 007 di Oslo aggiungendo che le armi nucleari tattiche sono «una minaccia particolarmente seria in diversi scenari operativi in cui i Paesi della Nato potrebbero essere coinvolti».

Ore 18:40 - Ucraina, i «segnali» degli Usa: ora chiedono a Zelensky di inseguire «obiettivi raggiungibili»

(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Grandi manovre attorno all’agenda Ucraina. La Nato studia come sostenerla in modo più efficace mentre gli Stati Uniti premono su Zelensky perché insegua obiettivi raggiungibili senza disperdere forze. Si guarda lontano, per capire dove sia la «fine» della crisi.

La Casa Bianca — secondo il Washington Post — ha trasmesso un messaggio chiaro a Kiev. Vi daremo il massimo supporto, avrete nuove armi ma dovete cercare successi possibili.

La nota è stata comunicata da diplomatici e dal capo della Cia, William Burns, nei contatti diretti. Washington sta per chiedere un altro maxi-pacchetto in equipaggiamenti in vista delle operazioni di primavera/estate forse uno degli ultimi di questa consistenza. L’amministrazione Biden teme il freno dei repubblicani al Congresso così come la «stanchezza» europea.

Per questo insiste con la resistenza affinché usi al meglio cannoni, tank, Himars e fa trapelare la contrarietà per alcune scelte dei generali di Zelensky, a cominciare dalla difesa ad oltranza di Bakhmut.

Ore 18:56 - Ppe, «respingiamo fermamente parole Berlusconi»

«Il gruppo del Ppe respinge fermamente le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina. Non riflettono la nostra linea politica. La Russia è l’aggressore, l’Ucraina è la vittima. Non cederemo alla narrazione di Putin e l’Ucraina può contare sul nostro pieno sostegno». È quanto si legge sull’account ufficiale twitter del Ppe. Si tratta del primo commento ufficiale dei Popolari alle parole di Silvio Berlusconi sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

(ANSA il 13 gennaio 2023) Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, "Vladimir Putin viaggia sempre più non sugli aerei presidenziali, ma su un treno personale speciale corazzato". A sostenerlo è un'inchiesta del Dossier Center, progetto investigativo fondato dall'ex oligarca e oppositore russo Mikhail Khodorkovsky.

 Secondo l'inchiesta, che cita una fonte vicina alla presidenza russa, "il treno è stato preparato per il presidente nel 2014-2015, ma il capo dello stato ha iniziato a utilizzarlo costantemente nella seconda metà del 2021, quando l'esercito russo ha iniziato a prepararsi per l'invasione dell'Ucraina. La compagnia proprietaria del treno apparteneva al nipote di Yuri Kovalchuk, il principale azionista della Rossiya Bank e amico intimo del presidente".

Dopo lo scoppio della guerra, "a febbraio-marzo, ha iniziato a utilizzare molto attivamente il treno, soprattutto per raggiungere la sua residenza in Valdai", ha dichiarato la fonte al Dossier Center. Secondo l'inchiesta, la scelta di utilizzare il treno blindato è dettata da motivi di sicurezza e "segretezza: i movimenti dell'aereo presidenziale possono essere monitorati utilizzando vari servizi, mentre non esistono servizi di questo tipo per i treni".

 Quello di Putin è poi "visivamente quasi indistinguibile dagli altri treni delle ferrovie russe" ma in ogni caso "ci sono molte differenze: innanzitutto, le carrozze presidenziali sono blindate. In secondo luogo, ha la massima priorità" sul resto del traffico ferroviario "in modo che possa viaggiare alla massima velocità e senza fermate".

La ferrovia segreta di Putin: vagoni blindati e vuoti per raggiungere le sue dacie. Marco Imarisio su Il Corriere della Sera il 14 Febbraio 2023.

Secondo un’inchiesta del giornale indipendente Project sarebbero anche state costruite delle stazioni private per far viaggiare il presidente in sicurezza

La scena risale all’ultima volta in cui sembrava che una relazione «normale» con la Russia fosse davvero ad un passo. Stadio Luzhniki di Mosca. Quindici luglio del 2018. Manca un’ora alla finale dei Mondiali di calcio. Un Vladimir Putin dall’aria rilassata e contenta fa gli onori di casa nel salotto della tribuna d’onore. Gli si avvicina un suo fan, il campione di arti marziali miste Conor McGregor , uno degli sportivi più pagati e celebri del mondo. Il presidente, grande appassionato di queste discipline ed ex judoka di buon livello, lo accoglie con un sorriso. Il colloquio è cordiale. Al momento dei saluti, il lottatore chiede se può scattare una foto ricordo. Permesso accordato. McGregor commette l’errore di cingere con il suo braccio le spalle di Putin. Una delle cinque guardie del corpo presenti si fa avanti e con un gesto deciso, se non minaccioso, gli fa segno di levare subito la mano.

L’immagine di potenza dello Zar si fonda anche sul mito della sua intoccabilità. Su un sistema di sicurezza personale che coinvolge oltre cinquecento che si dedicano solo a lui, ed è fonte continua di leggende, come quella dei sosia pronti all’uso che verrebbero utilizzati in certe situazioni particolari. All’elenco bisogna aggiungere una nuova voce, questa volta almeno in parte vera. Putin utilizzerebbe una rete ferroviaria segreta nel Paese per raggiungere le sue principali residenze. La notizia è stata diffusa su Telegram dalla pubblicazione Project, giornale online fondato da ex redattori della televisione Rain, bollati come agenti stranieri ed emigrati all’estero. «Tutte le principali abitazioni del presidente sono state collegate da linee ferroviarie e nelle vicinanze sono state costruite stazioni private», rivela Project citando almeno tre località interessate.

Sul territorio del Parco nazionale di Valdai è stata individuata una stazione ferroviaria con un eliporto vicino al villaggio di Dolgiye Borody, circa 435 km a nord-est di Mosca, l’ultimo centro abitato prima di una tenuta di Putin. Tre residenti locali hanno riferito che la stazione e una linea ferroviaria speciale sono state costruite appositamente per lui. Secondo le immagini satellitari, nel 2015 è apparsa la stazione di Novo-Ogaryovo, che si trova a 400 metri dalla casa di Putin nella regione di Mosca, dove il presidente ritorna quasi ogni sera. Sarebbe nascosta dietro un’alta recinzione, sulla quale sono installate telecamere di sorveglianza ogni 10 metri. Nel 2017, una piattaforma e un nuovo ramo ferroviario sono apparsi per una fermata vicino alla magione estiva di Bocharov Ruchey, a Sochi, sul Mar Nero.

La definizione di «ferrovia segreta» appare esagerata. Così come la voce generata sui social dall’inchiesta di Project che Putin attraverserebbe l’intera Russia, per altro il Paese più grande del mondo, sopra questi binari dei quali sarebbe l’unico utente. La verità è che il tratto di ferrovia «ad personam» ammonta a poche decine di chilometri, e collega la stazioni o gli aeroporti delle città più vicine alle dimore presidenziali, o ai loro dintorni. È stato invece Dossier Center, progetto investigativo finanziato dall’ex oligarca e oppositore russo Mikhail Khodorkovsky, a far emergere come Putin «preferisca un treno personale corazzato agli aerei presidenziali», quando le distanze consentono di farvi ricorso. Abitudine che avrebbe preso piede dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

Le misure di sicurezza che riguardano Putin sono da sempre rigidissime, e si sono ancora intensificate nel 2020 con l’arrivo della pandemia. Le persone che devono incontrare il presidente a distanza ravvicinata, secondo diversi media, devono passare quindici giorni di autoisolamento. Durante una recente visita a San Pietroburgo per una ricorrenza dell’assedio di Leningrado, e a Volgograd per la fine della battaglia di Stalingrado, Putin ha deposto un mazzo di fiori ai rispettivi monumenti in perfetta solitudine. Non una sola persona accanto. Corrono voci sul fatto che in queste occasioni, la figura del presidente sia sempre protetta da invisibili schermi di vetro antiproiettile posti dietro la sua schiena. E quando piove, nell’equipaggiamento del suo staff figurano anche ombrelli da difesa rinforzati in kevlar. Per tacere del resto. La notizia del treno blindato ha generato commenti caustici sugli account Telegram della propaganda ucraina, che ha paragonato Putin al leader nordcoreano Kim Jong-un , il quale come noto usa esclusivamente il treno. Purtroppo per Kiev, ci sono delle differenze. Non solo per quanto riguarda le modalità di trasporto.

Da sempre il potere corre veloce sulle rotaie. Per vincere guerre o per stabilire la pace. Storia di Matteo Sacchi su Il Giornale il 21 febbraio 2023.

 Da Biden a Meloni, passando anche per Zelensky gli statisti sono tornati a spostarsi con il treno. L'aereo sembra aver perso il suo primato nel trasportare il potere da un luogo ad un altro. Insomma se negli anni Cinquanta del secolo scorso nasceva il termine jet set, per indicare che i ricchi e potenti erano gente da aeroplano a reazione, ora sembra si stia tornando al train-set, che sembra ricordare i fasti della Transiberiana per l'esposizione di Parigi del 1900. Del resto però la politica ha sempre amato i treni e si è fatta politica sia con il treno che sul treno. Tra i precursori in questo senso ci fu Abramo Lincoln. Il presidente Usa fu tra i primi a utilizzare la locomotiva come mezzo per rendere più efficiente la sua campagna politica. Venne assassinato nel 1865 proprio il giorno prima di inaugurare la United States, la nuova carrozza del treno presidenziale costruita da George Pullman. La utilizzò da morto. Il corpo di Lincoln venne trasportato a bordo della United States attraverso tutto il Paese, fino a Springfield (Illinois), in un corteo funebre composto da nove lussuosissime carrozze.

Il treno, a un certo punto, diventò anche lo strumento politico fondamentale per vincere o far finire le guerre. E non stiamo parlando di spostare truppe ovviamente.

Il 9 aprile del 1917 un treno con vagoni piombati, che gode di extraterritorialità e con a bordo una nutrita scorta di soldati tedeschi, parte dalla Svizzera alla volta della Svezia. A bordo si trova Lenin con un seguito di 32 persone, tra le quali la moglie, l'amante e il figlio di nove anni. Tutto nasce da un piano dell'Alto comando tedesco, precisamente del ministro Von Berger, capo del così detto ministero per la sovversione. I tedeschi sono entrati in contatto con Aleksandr Gelfand detto Parvus, un rivoluzionario russo, e con lui hanno concertato il rientro di Lenin in Russia. Il governo menscevico, presieduto da Aleksandr Kerenskij, deposto lo zar, aveva dichiarato di voler continuare la guerra. Che effetti destabilizzanti ebbe il treno dei rivoluzionari non serve spiegarlo.

E se il treno piombato non bastò a vincere la guerra fu sempre su un vagone ferroviario che vennero stabilite le durissime condizioni di armistizio della Prima guerra mondiale. Il cessate il fuoco fu sottoscritto alle ore 5.00 dell'11 novembre 1918 a Compiègne, in una elegante carrozza, il vagone sala del maresciallo Foch, in cui di fatto i tedeschi accettarono di deporre le armi senza condizioni. I nazisti riesumarono lo stesso vagone per far firmare l'armistizio ai francesi sconfitti (nel 1940) nella Seconda guerra mondiale e poi se lo portarono a casa per sicurezza (venne distrutto durante i bombardamenti alleati o più probabilmente fatto saltare in aria dalle Schutzstaffel nel 1945).

Ma a essere sinceri il treno non è mai tramontato del tutto. La dittatura nord coreana sono anni che utilizza treni blindati per i suoi viaggi di Stato verso la Cina e la Russia. Putin ha recentemente solo rispolverato le metodiche di spostamento di Kim Jong-un e prima di lui di Kim Jong-il. Purtroppo non ha copiato solo il treno...

Estratto dell'articolo di Irene Soave per corriere.it il 14 febbraio 2023.

Già funzionario del ministero dell’Interno, maggiore generale, numero due dell’«unità anti-estremismo» della polizia russa, incaricata cioè della caccia a attivisti e giornalisti scomodi: Vladimir Makarov, 72 anni, da poco licenziato per ordine diretto del Cremlino, è stato trovato morto in casa sua a Golikovo, nella periferia di Mosca.

 Il corpo è stato trovato lunedì dalla polizia, che ha subito derubricato il caso a suicidio. Ma sono in molti a mettere in relazione questo suicidio ai numerosi altri che si sono verificati, negli ultimi mesi, in più di un ambiente vicino al presidente Putin, dai servizi di sicurezza alla finanza all’imprenditoria.

[...]

 Il canale Telegram Baza, che si ritiene abbia collegamenti con i servizi di sicurezza russi, ha citato fonti anonime secondo le quali Makarov si sarebbe sparato con un fucile da caccia mentre la moglie Valentina e il figlio erano in un’altra stanza: dopo il licenziamento, così ricostruisce Baza, era «caduto in depressione». Quindi si sarebbe tolto la vita.

La catena di suicidi misteriosi

Makarov è l’ultima figura di alto rango della sicurezza russa ad essersi — ufficialmente — tolto la vita negli ultimi mesi. […] Decine di morti, quasi tutte definite «suicidio» o «incidente», anche tra gli «oligarchi» […]

C’è chi è caduto dalla barca, come Ivan Pechorin, 39 anni, capo dell’Istituto per lo sviluppo nell’Estremo Oriente e nell’Artico, che rispondeva direttamente a Putin. Chi da una finestra dell’ospedale dove era ricoverato: è morto così Ravil Maganov, dirigente della statale Lukoil.

Chi è stato raggiunto all’estero, come il magnate Sergey Protosenya massacrato in Spagna con la famiglia o il banchiere Dan Rapoport, o il produttore di carne suina (e deputato più ricco della Duma) Pavel Antonov, che aveva criticato l’invasione dell’Ucraina e a dicembre è caduto dal balcone di un hotel di lusso in India, dove passava il Natale. Chi si è «suicidato»: il dirigente di Gazprom Leonid Shulman, il suo collega Alexander Tyulyakov, a distanza di tre mesi l’uno dall’altro. E così via.

Continua la serie di morti misteriose in Russia. Morto per “suicidio” l’ex numero due della polizia politica russa: il generale Makarov era stato licenziato a gennaio. Carmine Di Niro su Il Riformista il 14 Febbraio 2023

Si allunga in Russia il lungo eletto di “morti sospette” tra funzionari di Stato, servizi di sicurezza e imprenditori vicini al Cremlino. L’ultima della lista è il generale Vladimir Makarov, ex vice capo del Dipartimento per la lotta contro l’estremismo, di fatto il numero due dell’unità della polizia russa che si occupa di dare la caccia e reprimere il dissenso interno.

Il 72enne, rimosso dal suo incarico lo scorso gennaio, è stato trovato morto lunedì nel villaggio di Golikovo, vicino la capitale Mosca. A confermarlo all’agenzia russa Tass è stato un rappresentante delle forze dell’ordine: “In una abitazione privata nel villaggio di Golikovo vicino a Mosca, è stato trovato il corpo dell’ex vice capo del dipartimento principale per la lotta contro l’estremismo del ministero dell’Interno, generale Vladimir Makarov. Secondo la versione preliminare, si tratterebbe di suicidio“, ha detto la fonte della Tass.

Di fatto Makarov si occupava di perseguire coloro che il Cremlino definisce col termine “estremista”, tra cui gruppo di opposizione come la fondazione del dissidente incarcerato Alexey Navalny o media critici nei confronti del regime di Vladimir Putin.

Ovviamente da Mosca è immediatamente partita la corsa a minimizzare l’accaduto. Makarov sarebbe “caduto in depressione” dopo il licenziamento subito a gennaio, viene riferito sul canale Baza, che si ritiene abbia collegamenti con i servizi di sicurezza russi. Il 72enne generale avrebbe rivolto contro sé stesso un fucile da caccia mentre la moglie, Valentina, e il figlio, erano in un’altra stanza della casa di Golikovo dove è stato trovato morto.

Negli scorsi mesi hanno destato scalpore le morti in circostanza misteriose di manager e oligarchi russi. A maggio dello scorso anno Andrei Krukowski, direttore del resort sciistico di Gazprom, è morto a 37 anni cadendo da una scogliera a Sochi, in Russia.

Altri casi recenti risalgono all’aprile del 2022. Vladislav Awajew, ex vicepresidente della Gazprombank, è stato trovato senza vita nel suo appartamento di Mosca, insieme a sua moglie e sua figlia: tutti e tre con ferite da arma da fuoco. Secondo la polizia russa Awayev avrebbe sparato a sua moglie e sua figlia per poi suicidarsi.

L’oligarca russo Sergey Protosenya, ex presidente di Novotek, è stato trovato impiccato nella sua villa a Lloret de Mar, vicino Barcellona, in Spagna. Accanto a lui, i corpi di moglie e figlia diciottenne massacrate a colpi d’ascia. Anche in questo caso si è parlato di omicidio-suicidio, ma il figlio sopravvissuto non crede a questa tesi: “Mio padre non è un assassino”, aveva dichiarato al Mail Online. A marzo era stata la volta di Vasily Melnikov, proprietario di MedStom, una compagnia di forniture mediche, trovato senza vita insieme a moglie e due figli con ferite da taglio. Vicini di casa e amici avevano dichiarato di non riuscire a credere che l’uomo abbia potuto uccidere la sua famiglia.

Tra fine gennaio e febbraio i corpi di altri due alti funzionari di Gazprom, Aleksandr Tyulyakov e Leonid Shulman, erano stati rinvenuti nelle loro residenze nei pressi di San Pietroburgo. Mentre Mikhail Watford, vero cognome Tolstosheya, nato in Ucraina ma diventato ricco grazie al petrolio e al gas dopo il crollo dell’Urss, si sarebbe impiccato nella sua casa nel Regno Unito il 28 febbraio.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Dmitrij Peskov, il portavoce di Putin. Emanuel Pietrobon il 15 Febbraio 2023 su Inside Over.

Alcune figure hanno più potere di quello che il ruolo gli conferirebbe. Segretari che, in realtà, sono consiglieri. Viceré che, in realtà, sono eminenze grigie. Come nel caso di Dmitrij Peskov, il portavoce di Vladimir Putin, che un mero ventriloquo non lo è mai stato.

La lunga ascesa

Dmitrij Sergeevič Peskov nasce a Mosca, il 17 ottobre 1967, in una famiglia di diplomatici. Dal padre Sergej, capo della missione diplomatica sovietica in Pakistan, il giovane avrebbe appreso l’amore per la politica internazionale, la diplomazia e il Grande Medio Oriente.

La sua infanzia è un’altalena tra Unione Sovietica e Mondo arabo, dato il seguire i frequenti trasferimenti del padre, che lo conduce in Egitto, Emirati Arabi Uniti e Libia. Anni di continui spostamenti che obbligano il piccolo Dmitrij ad imparare le lingue straniere, tra cui inglese, arabo e turco, e ne forgiano la propensione a trovarsi a suo agio negli ambienti multiculturali e internazionali.

Ispirato dal padre, diplomatico rinomato in patria e all’estero, Dmitrij si iscrive al corso di laurea in storia e studi orientali dell’Istituto dei paesi africani e asiatici dell’Università statale di Mosca, presso il quale si congeda con ottimi voti nel 1989. Lo stesso anno, forte del cognome e delle competenze possedute – la fluenza in lingue di importanza critica come turco e arabo –, entra nel ministero degli Affari esteri.

Nel 1990, mentre l’Unione Sovietica dà sempre più segni di cedimento, Peskov viene inviato all’ambasciata di Ankara. Luogo in cui entra come assistente amministrativo e, nell’arco di quattro anni, salirà di grado per ben due volte: prima attaché e dopo terzo segretario dell’ambasciata. Una scalata non dovuta né legata al nome portato, così dicono i colleghi, ma per le abilità dimostrate nella comprensione delle dinamiche più profonde del mondo turco.

Nel 1994, Peskov viene richiamato a Mosca dal Cremlino. Ma nella capitale della neonata Federazione Russa, Peskov, resterà soltanto due anni. Nel 1996, invero, fa ritorno ad Ankara, all’ambasciata che lo ha formato, della quale diventerà il primo segretario, e ivi rimarrà sino alla fine dell’era Eltsin.

Il portavoce di Putin

Il ritorno in Russia è dei più traumatici. Boris Eltsin è stato detronizzato da una congiura di palazzo. La Federazione Russa è (di nuovo) in guerra con la Cecenia. Al potere si trova un securocrate sanpietroburghese del quale Peskov, uomo cresciuto tra Mosca e Ankara, sa poco e nulla. Ma quel securocrate, Vladimir Putin, di Peskov sa tutto, o forse sa quel che basta, e lo vuole al proprio fianco.

Nell’aprile 2000, dopo essere stato confermato alla presidenza dal suffragio popolare, Putin assume Peskov come proprio portavoce. Un incarico ricoperto per due mandati consecutivi, fino al 2008, a dimostrazione dell’ottimo rapporto instauratosi tra i due. Durante il breve paragrafo della cosiddetta tandemocracy, il quadriennio Medvedev-Putin, Peskov continua a seguire l’ex presidente nelle vesti di capo delle operazioni con la stampa.

Dmitry Kiselyov, il propagandista del Cremlino

Hermann Gref, il tesoriere di Putin

Sergei Korolev, la “scommessa” di Putin

Nel 2012, anno del grande ritorno di Putin all’ultimo gradone della piramide del potere, Peskov viene richiamato al Cremlino. Portavoce del presidente, di nuovo. Portavoce di un presidente in rotta di collisione con l’Occidente nel contesto dell’allora albeggiante competizione tra grandi potenze: la Rivoluzione di neve, la guerra civile siriana, Euromaidan, la controversia delle interferenze elettorali nelle presidenziali statunitensi del 2016.

Peskov si dimostra, negli scoppiettanti anni della fase uno della Terza guerra mondiale in frammenti, un messaggero valido, affidabile, in grado di calibrare il peso delle parole utilizzate con la stampa domestica e straniera. Non ha il carisma della collega Maria Zakharova, la portavoce di Sergej Lavrov, ma Putin non ha mai voluto un megafono che gli rubasse la scena. E Peskov, uomo discreto e di formazione diplomatica, gioca il proprio ruolo alla perfezione. Motivo per cui viene riconfermato come portavoce presidenziale, di nuovo, nel 2018.

Molto più di un portavoce

Più di un semplice portavoce, poiché non si è mai limitato a ripetere a pappagallo il copione preparatogli da altri, Peskov è stato ed è uno dei personaggi-chiave di quel club ad accesso limitato che è la cerchia putiniana.

Fine turcologo, che ha dedicato alle cività turche studi e lavoro, Peskov ha tradizionalmente svolto un lavoro di diplomazia parallela per conto di Putin. È l’uomo che cura i rapporti privati con le eminenze grigie che sussurrano alle orecchie dei capi di stato dello spazio turcofono. È l’uomo che ha contribuito alla materializzazione dell’Unione Economica Eurasiatica, entità pensata per competere con il Consiglio Turco attingendo al meglio dell’Unione Europea.

La fedeltà all’ideale e i traguardi tagliati nell’incarico di diplomatico parallelo, secondo varie indiscrezioni, sarebbero stati ampiamente ricompensati. Pare, invero, che la famiglia Peskov abbia accumulato un patrimonio – non dichiarato – di oltre dieci milioni di dollari. Una ricchezza conquistata portando risultati a casa, e che non gli è stata donata, come ricordano alcuni dei suoi più importanti contributi:

Co-sceneggiatore della strategia comunicativa del Cremlino durante le proteste del 2011-12 guidate dall’allora sconosciuto Aleksei Navalny;

Primo intermediario informale tra Putin e Donald Trump;

Uno dei mediatori ufficiosi tra Putin e Xi Jinping;

Emissario moscovita in Asia centrale;

Promotore dell’eurasismo russocentrico in patria e nello spazio postsovietico, in particolare nelle repubbliche a maggioranza turcica, in funzione anti-turanista;

Portavoce che mero portavoce non è, Peskov ha perseguito gli interessi nazionali di Mosca più di quanto si creda comunemente ed è per questo motivo che, grandi ricchezze a parte, è stato insignito di un gran numero di onorificenze e di titoli prestigiosi, tra i quali l’Ordine dell’Amicizia (2003), la Gratitudine del Presidente (2004, 2007), l’Ordine dell’Onore (2007) e la Gratitudine del Governo (2009). E il suo ruolo nel miglioramento delle relazioni tra Russia e Mondo turcico, leitmotiv sin dall’adolescenza, gli è valso il riconoscimento del Kirghizistan – che lo ha premiato con l’Ordine di Manas nel 2017 – e della Mongolia – dalla quale ha ricevuto l’Ordine della Stella polare nel 2021. EMANUEL PIETROBON

Chi è Oleg Tatarov, “l’avvocato del diavolo” di Zelensky. Mauro Indelicato il 14 Febbraio 2023 su Inside Over.

Oleg Tatarov è il vice capo dello staff del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Di professione avvocato, il suo nome appare tra i più discussi nella cerchia della governance di Kiev. Non a caso più volte in passato è stato soprannominato “l’avvocato del diavolo”, soprattutto per via della sua capacità di sopravvivere alle diverse stagioni politiche dell’Ucraina e rimanere molto vicino ai centri del potere.

Nei palazzi del potere già nel 1999

Il nome di Tatarov in via Bankova, sede della presidenza ucraina, viene per la prima volta pronunciato durante l’era di Leonid Kucma. Quest’ultimo, presidente della Repubblica dal 1994 al 2005, lo nomina consulente e ottiene diverse deleghe relative alla sicurezza e alla gestione del ministero dell’Interno.

Rimane nell’orbita dell’organigramma della sicurezza ucraina anche negli anni successivi, quando a Kiev si insedia per la prima volta un governo marcatamente filo occidentale guidato da Viktor Yushenko, vincitore delle elezioni nel 2004 a seguito della cosiddetta “rivoluzione arancione”. Ma è con il suo successore che Tatarov acquisisce maggiore potere.

Nel 2011 infatti, il presidente Viktor Yanukovich, lo nomina Vice Capo del Dipartimento Investigativo Principale del Ministero dell’Interno. Un ruolo importante nell’organizzazione del ministero e dei vertici della sicurezza.

Il ruolo di Tatarov durante la presidenza Yanukovich

La sua nomina nel 2011 da parte di Yanukovich certifica la scalata dell’avvocato Tatarov nella cerchia del potere ucraino. In questi anni stabilisce molti contatti, diventa uno dei punti di riferimento dell’amministrazione della sicurezza. Una scalata che raggiunge il culmine nel 2014, nell’anno cioè delle proteste di piazza Maidan a Kiev.

Tatarov difende l’operato della polizia e la linea del governo contro i manifestanti. Proprio durante la fase più acuta degli scontri, il presidente Yanukovich gli assegna una medaglia al valore per via della sua attività a difesa delle forze dell’ordine. Poche settimane dopo, le manifestazioni con cui si chiede una svolta filo occidentale dell’Ucraina e la cacciata dei politici in sella fino a quel momento, travolgono Yanukovich. Quest’ultimo è costretto a scappare in Russia, assieme ad una stretta cerchia di collaboratori.

Sorte che non tocca a Tatarov. E questo nonostante in quel momento l’avvocato, per via dell’assegnazione della medaglia al valore, viene definitivo come il “vero volto” del ministero dell’Interno. Tatarov viene sì licenziato ma non è costretto all’esilio, né vengono aperti su di lui fascicoli per il comportamento durante le rivolte.

La chiamata di Zelensky nell'estate del 2020

Dopo l’Euromaidan, Tatarov riprende a tempo pieno l’attività di avvocato. Molti media locali però si interrogano sul fatto che l’ex collaboratore di Yanukovich risulti ancora vicino agli apparati di potere e della sicurezza. In diverse inchieste giornalistiche, viene evidenziata la capacità dell’avvocato di rimanere in sella nonostante il rapido e repentino cambiamento delle varie stagioni politiche. In alcuni casi Tatarov risulta vicino ai partiti filorussi, in altri invece a quelli filo occidentali.

Sorprende, ma solo a un certo punto quindi, la sua nomina come vice capo dello staff presidenziale da parte di Zelensky. Il decreto di nomina viene firmato il 5 agosto 2020. Per lui le deleghe riguardano anche la sicurezza. Ma in tanti, all’interno del mondo giornalistico ucraino, avanzano dubbi sulla compatibilità di Tatarov con il governo di Kiev visti i suoi trascorsi di consulente di Yanukovich.

Il procedimento contro Tatarov insabbiato dagli organi giudiziari

Contro Tatarov nell’estate del 2021 viene anche avviata una raccolta firme, sposata da almeno 25.000 cittadini ucraini. Il motivo questa volta non riguarda più i suoi trascorsi politici, bensì il sospetto che la sua rete di potere sia riuscita a far insabbiare un caso di corruzione che vedeva l’avvocato come protagonista.

In particolare, la Nabu, l’autorità anti corruzione dell’Ucraina, accusa Tatarov di aver corrotto il funzionario del ministero dell’Interno Kostiantyn Dubonos. I fatti risalgono a prima della sua nomina di Zelensky, ma il procedimento avviene dopo l’estate del 2020.

La ricostruzione del caso viene pubblicata nei mesi scorsi su Transparency International Ukraina. Il 30 novembre 2020, la procuratrice generale Iryna Venediktova (fedelissima di Zelensky e sostituita a guerra in corso la scorsa estate) sostituisce i pubblici ministeri incaricati del caso Tatarov. Pochi giorni dopo la Nabu ufficializza però l’incriminazione per l’avvocato. Nel febbraio del 2021, un nuovo colpo di scena: Venediktova trasferisce il caso dalla Nabu all’Sbu, il servizio segreto ucraino. Il tutto grazie a una sentenza del tribunale di Pechersk, la quale però viene annullata dall’alta corte di appello. Una sentenza quest’ultima non menzionata nel documento con il quale la procuratrice generale trasferisce le carte all’Sbu.

Un ente in cui Tatarov appare molto ramificato visti i suoi ruoli precedenti. E infatti dell’indagine si sa poco e nulla. I vertici Nabu ricorrono contro la decisione di affidare le carte all’Sbu, la stampa chiede conto di quanto sta accadendo allo stesso Zelensky e si aprono petizioni contro Tatarov. Tuttavia il presidente ucraino dichiara di non voler licenziare l’avvocato e che i procedimenti di cui è accusato non sembrano portare a qualcosa di concreto. Nel gennaio del 2022, la corte del distretto di Shevchenkivsky, a Kiev, chiude le indagini per sopraggiunta prescrizione.

La nomina di un fedelissimo a capo dei servizi segreti

Il caso di corruzione insabbiato non sembra aver arrestato l’influenza di Tatarov all’interno dello staff presidenziale. A Kiev viene descritto come uno dei più fidati consiglieri. Così come sottolineato su IlFattoQuotidiano, il politico Yaroslav Yurchyshyn, membro del partito Golos, in molte interviste sottolinea la centralità di Tatarov nella gestione della sicurezza anche e soprattutto a guerra iniziata.

Tanto da prevedere la nomina di un suo fedelissimo a capo dell’Sbu. Il sodale in questione risponde al nome di Vasyl Maliuk. Il 7 febbraio 2023 la previsione di Yurchyshyn si rivela esatta: Maliuk è nominato dal parlamento, su indicazione di Zelensky, quale capo dei servizi segreti. MAURO INDELICATO

L'amministrazione Usa sta cercando di convincere Kiev a mollare. Piccole Note (filo putin) il 15 Febbraio 2023 su Il Giornale.

“‘Continueremo a provare a convincerli che non possiamo fare qualsiasi cosa e tutto per sempre’, ha detto un alto funzionario dell’amministrazione [Usa], riferendosi ai leader ucraini. Il funzionario, che ha parlato a condizione di anonimato perché si tratta di questioni diplomatiche delicate, ha aggiunto che l’amministrazione Biden è ‘decisamente convinta’ che sarà difficile continuare a ottenere lo stesso livello di sicurezza e assistenza economica dal Congresso”. Così Yasmeen Abutaleb e John Hudson sul Washington Post di oggi, in un articolo di cui riportiamo alcuni brani.

“[…] Biden e i suoi più stretti collaboratori affermano di essere determinati a sostenere l’Ucraina il più a lungo e il più completamente possibile. Ma avvertono che il percorso politico diventerà più duro quando l’Ucraina avrà esaurito l’attuale pacchetto [di aiuti] del Congresso, cosa che potrebbe avvenire già quest’estate”.

“[…] In questo contesto, gli assistenti di Biden affermano che stanno perseguendo la migliore linea d’azione: consentire all’Ucraina di riconquistare quanto più territorio possibile nei prossimi mesi prima di sedersi al tavolo dei negoziati con Putin”.

Abbiamo riportato i passi più rilevanti dell’articolo, diluiti nei soliti topos narrativi sulla guerra ucraina, che hanno l’effetto di sminuire la portata di queste rivelazioni.

E, però, nonostante il ridimensionamento della notizia, l’articolo evidenzia in maniera esplicita che le aspettative dell’amministrazione Biden sull’esito della guerra sono altre dalle pretese di Kiev di arrivare a una vittoria totale su Mosca.

I prossimi mesi saranno critici…

Ancora più interessante la consapevolezza dell’amministrazione Usa sul fatto che i prossimi mesi saranno critici, concetto ribadito in tutte le salse dai due cronisti del Wp.

Sul punto appare cruciale un passaggio dell’articolo: “Il fatto che i prossimi mesi si annunciano critici è stato comunicato a Kiev in termini schietti dagli alti funzionari di Biden, tra cui il vice consigliere per la sicurezza nazionale Jon Finer, il vice segretario di stato Wendy Sherman e il sottosegretario alla difesa Colin Kahl, che hanno tutti visitato l’Ucraina il mese scorso”. A questi si aggiunge anche il Capo della Cia William Burns, anch’egli recatosi a Kiev a inizio gennaio, anch’egli per dire che incombono nubi sul cielo di Kiev.

Pur non chiarendo bene cosa abbiano davvero comunicato tutti questi messaggeri, dall’articolo traspare che la criticità da essi riferita riguarda i rapporti tra i due Paesi, il fatto cioè che gli Usa, pur ribadendo in pubblico il sostegno a oltranza a Kiev – anche per evitare defezioni nell’alleanza -, potrebbero in futuro diminuire se non cessare il proprio supporto.

Il fatto che Biden abbia mandato così tanti messaggeri indica sia la ritrosia di Kiev ad accettare tale prospettiva, sia, allo stesso tempo, la determinazione dell’amministrazione Usa a perseguire la via del disimpegno.

Non potendo il Wp dar eccessivo credito a tale prospettiva negoziale, conclude l’articolo in maniera interlocutoria, riportando le affermazioni di Seth Jones, autorevole analista del Center for Strategic and International Studies: “Adesso c’è un supporto sufficiente e gli ucraini sono disposti a combattere, quindi c’è una forte spinta per far guadagnare all’Ucraina il più possibile. Per quanto tempo si può continuare così è una domanda aperta”.

Nonostante l’incertezza finale d’obbligo, resta appunto la partita aperta tra Kiev e Washington, che sarebbe facilmente risolvibile se l’intransigenza del governo ucraino non fosse supportata da potenti ambiti (i falchi Usa e Ue, l’apparato militar industriale americano e il Regno Unito).

Francia e Germania e il summit con Zelensky

Anche l’Europa sembra muoversi in parallelo all’amministrazione Usa. Infatti, nonostante il tour di Zelensky a Bruxelles abbia goduto dei soliti toni trionfali (roba da Cinegiornale Luce), resta il mistero sull’incontro tripartito tra questi e i leader di Francia e Germania.

Questo summit riservato ha fatto notizia solo per le lamentele della non invitata Meloni. Lamentele alle quali Macron ha risposto affermando che “Francia e Germania hanno una posizione particolare sull’Ucraina da otto anni”, chiaro riferimento agli accordi di Minsk.

Ma dei contenuti summit non si è saputo nulla (a parte alcune ricostruzioni ipotetiche del tutto aleatorie). Sul punto ci permettiamo un semplice ragionamento. Se i due leader europei fossero stati condiscendenti con Zelensky, accettando le sue richieste e rilanciando il loro supporto incondizionato, siamo abbastanza certi ciò sarebbe stato annunciato ai quattro venti in maniera trionfale, com’è sempre avvenuto finora.

Invece, il fatto che non sia trapelato nulla ci spinge a supporre che i due abbiano provato a mettere alle strette il leader ucraino, cercando di convincerlo ad aprirsi al negoziato (magari non nell’immediato). Idea che sembra confermata dalla risposta di Macron alla Meloni, dal momento che ha evocato gli accordi di Minsk, cioè l’intesa Kiev – Mosca.

Ma Macron e Sholz non avrebbero potuto fare alcun tipo di pressione senza una parallela spinta Usa, quella che l’articolo del Washington Post descrive in maniera chiara.

Il tragico gioco di prestigio di Bakhmut

Il citato articolo, peraltro, ribadisce la follia di difendere a tutti i costi Bakhmut, dove i poveri soldati ucraini sono mandati al macello in una battaglia che anche gli americani considerano inutile.

Nonostante il suggerimento d’oltreoceano, Zelenky ha chiesto una resistenza a oltranza, sebbene sappia che perderà, solo per evitare che la caduta della città abbia un contraccolpo morale sulle truppe.

Quest’ultima considerazione è espressa dal Wp, ma in realtà, non ci sarebbe tale contraccolpo nel caso di una ritirata ordinata, che i russi consentirebbero di buon grado perché gli eviterebbe ulteriori perdite per ottenere l’agognato successo. Peraltro, la macchina della propaganda occidentale, che in questi mesi ha fatto cose fantasmagoriche, potrebbe persino presentare tale ritirata con gli usuali toni trionfali.

Così l’unica spiegazione a tale folle resistenza è che Zelensky vuole dimostrare al mondo la ferrea determinazione di Kiev e, allo stesso tempo, evitare un vulnus alla sua immagine. Una questione di prestigio… per il quale val la pena, evidentemente, mandare al macello tanti uomini in una battaglia senza speranza.

David Smith, la spia inglese smascherata da Irina: ora rischia 14 anni di carcere. Luigi Ippolito su Il Corriere della Sera il 14 Febbraio 2023.

Ex ufficiale dell’aviazione militare, addetto alla sicurezza dell’ambasciata britannica a Berlino, fin dal 2018 aveva cominciato a raccogliere informazioni sensibili e a passarle ai russi in cambio di denaro, inclusi dettagli sulle identità e le attività degli agenti segreti britannici

Forse lui si sentiva un po’ James Bond ne La spia che mi amava (ma quelli erano Roger Moore e Barbara Bach): fatto sta che il 58enne David Smith, l’addetto alla sicurezza dell’ambasciata britannica a Berlino colto a passare segreti al Cremlino, è stato smascherato grazie alla solita «Irina», una finta spia russa che lo ha ammaliato con i suoi sguardi.

«Irina» era in realtà una agente del controspionaggio britannico che ha avvicinato Smith per strada, a una fermata del tram a Potsdam: «Scusi, è inglese?», gli ha chiesto, prima di aggiungere in russo «Eccellente!». La finta «Irina», con una mappa stradale in mano, ha cominciato a chiedergli indicazioni, per poi sussurrare: «Sono una agente dell’intelligence militare russo, è proprio te che stavo cercando…».

Smith ha abboccato e quando «Irina» gli ha chiesto informazioni riservate, lui ha accettato di incontrarla il giorno dopo: ed è così che è stato arrestato in flagrante. Ma l’operazione coperta per incastrarlo era stata montata dopo che i britannici avevano intercettato una sua lettera diretta a un generale russo di stanza alla rappresentanza diplomatica di Mosca a Berlino: una missiva che suggeriva l’esistenza di contatti in corso.

Infatti fin dal 2018 Smith, un ex ufficiale dell’aviazione militare, aveva cominciato a raccogliere informazioni sensibili e a passarle ai russi in cambio di denaro, inclusi dettagli sulle identità e le attività degli agenti segreti britannici. Nel materiale su cui era riuscito a mettere le mani figurava anche una lettera top secret indirizzata a Boris Johnson, allora premier, da parte di Liz Truss, all’epoca ministra del Commercio.

In cambio del tradimento, l’addetto alla sicurezza aveva ricevuto sostanziosi pagamenti cash dai russi: nel suo appartamento sono state trovate otto banconote da 100 euro di cui non si poteva spiegare la provenienza e inoltre si è appurato che non faceva mai prelievi di denaro in banca, cosa che si spiega solo con la presenza di altre fonti di introito.

Il processo a Smith si è concluso a Londra in questi giorni e lui ora rischia una condanna a 14 anni di carcere: ma quando impareranno questi 007 improvvisati a non fidarsi delle affascinanti «Irine», vere o presunte che siano?

Ucraina Russia, le notizie sulla guerra del 15 febbraio. Lorenzo Cremonesi, inviato a Kherson, Paola Caruso e Redazione Online su il corriere della Sera il 15 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di mercoledì 15 febbraio. Nuove sanzioni a Mosca da 11 miliardi. Secondo l’Onu servono 5,6 miliardi di dollari per gli aiuti umanitari a Kiev

• La guerra in Ucraina è arrivata al 357esimo giorno.

• Russia, «suicida» l’ex vicecapo della polizia politica. Continua la serie di morti misteriose.

• Intercettati aerei russi nei cieli della Polonia: intervengono caccia olandesi. E gli Usa bloccano quattro jet russi in Alaska.

• Putin si sposta solo su treni blindati per ragioni di sicurezza.

• Il ruolo dell’Iran nella guerra: Teheran si prende parte della scena negando di farlo.

• Lavrov: «L’Occidente verso il punto di non ritorno» (notizia delle ore 10.30).

Ore 01:27 - Due caccia olandesi intercettano aerei russi vicino Polonia

Due caccia F-35 olandesi hanno intercettato tre aerei russi vicino alla Polonia e li hanno scortati a distanza finché non hanno lasciato lo spazio aereo del Paese. Lo ha reso noto il ministero della Difesa olandese. È accaduto lunedì mattina «presto». I due caccia sono decollati dopo l’attivazione dell’allerta di azione rapida olandese in Polonia e lo hanno fatto per identificare e scortare una formazione di aerei che in quel momento era ancora sconosciuta, si legge nella nota del ministero. Uno di quegli aerei «si è avvicinato all’area di responsabilità polacca della Nato da Kaliningrad», l’enclave russa situata tra Polonia e Lituania. «Dopo la loro identificazione, si è scoperto che si trattava di 3 velivoli: un IL-20M Coot-A russo che era accompagnato da 2 Flanker SU-27».

«Gli F-35 olandesi hanno scortato la formazione (russa) a distanza e li hanno consegnati ai partner della Nato». In questo momento ci sono otto F-35 olandesi in Polonia, per i mesi di febbraio e marzo. Quattro di questi caccia sono presso la base aerea di Malbork per la sorveglianza dello spazio aereo della Nato nell’Europa orientale. Gli altri quattro stanno completando un programma di addestramento con gli alleati, ma «possono essere utilizzati anche immediatamente se la situazione lo richiede», conclude la nota.

Ore 23:15 - Gli 007 norvegesi: «Russia dispiega navi con armi nucleari nel Baltico»

La Russia ha iniziato a dispiegare navi tattiche con armi nucleari nel Mar Baltico, per la prima volta negli ultimi 30 anni, ha affermato il servizio di intelligence norvegese nel suo rapporto annuale citato da Politico. «La parte fondamentale del potenziale nucleare è sui sottomarini e sulle navi di superficie della Flotta del Nord», hanno osservato gli 007 di Oslo aggiungendo che le armi nucleari tattiche sono «una minaccia particolarmente seria in diversi scenari operativi in cui i Paesi della Nato potrebbero essere coinvolti».

Ore 23:36 - Berlusconi, guardiamo ai fatti, io sempre con Kiev e per la pace

«Guardiamo ai fatti. Noi abbiamo sempre sostenuto il popolo ucraino, abbiamo sempre votato in Italia e in Europa senza esitazioni e tentennamenti il sostegno all’Ucraina con l’invio di finanziamenti e di armi. Io sono sempre stato e sto dalla parte del popolo ucraino e della pace. La mia speranza è quella che si possa trovare presto una soluzione diplomatica a questa guerra molto pericolosa per tutti noi». Lo afferma in una nota il leader di Fi, Silvio Berlusconi.

Ore 23:36 - Zelensky: «La situazione nelle regioni orientali è molto difficile»

La situazione sul fronte ucraino è «estremamente difficile», soprattutto nelle regioni orientali di Donetsk e Lugansk. Lo ha detto il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky nel consueto messaggio serale. Nel settore orientale si combatte «letteralmente metro per metro», ha sottolineato.

Ore 01:01 - Usa: intercettati 4 aerei da guerra russi vicino all’Alaska

Gli Stati Uniti hanno intercettato lunedì quattro aerei da guerra russi in prossimità dell’Alaska. Lo ha comunicato oggi il Norad (North American Aerospace Defense Command), riferendo di avere rilevato gli aerei russi, compresi dei bombardieri TU-95 BEAR-H e un caccia SU-35, che operavano all’interno della Zona di identificazione di difesa aerea dell’Alaska (Adiz). Gli ufficiali del Norad hanno riferito di avere anticipato le attività russe e di avere rapidamente dispiegato due caccia F-16 per intercettare gli aerei russi. Nell’area sono stati inviato anche due caccia F-35, un E-3 Sentry e due aereo cisterne KC-135 Stratotankers. Il Norad ha sottolineato che l’incidente non è in alcun modo collegabile agli oggetti avvistati e abbattuti nei cieli del Nordamerica la scorsa settimana.

Ore 01:42 - Ventenne russa rischia 10 anni per una storia su Instagram

Studentessa universitaria, 20 anni, agli arresti domiciliari per un commento sui social contro la guerra in Ucraina. È la storia della giovane russa Olesya Krivtsova, raccontata dalla Bbc. «Ho pubblicato una storia su Instagram sul ponte riflettendo su come gli ucraini fossero contenti di quello che era successo», dice Olesya all’emittente pubblica britannica, riferendosi all’attacco al ponte che collega la Russia alla Crimea dello scorso ottobre. «Stavo parlando al telefono con mia madre», ricorda, «quando ho sentito la porta d’ingresso aprirsi. Sono entrati molti poliziotti. Mi hanno portato via il telefono e mi hanno urlato di sdraiarmi sul pavimento». È stata accusata di giustificare il terrorismo e screditare le forze armate russe. Rischia fino a 10 anni di carcere. «Non avrei mai immaginato che qualcuno potesse ricevere una pena detentiva così lunga per aver pubblicato qualcosa su Internet», dice la studentessa dell’Università Federale Settentrionale di Arkhangelsk, che è stata aggiunta alla lista nera di terroristi ed estremisti. La ragazza, che ha tatuato Vladimir Putin raffigurato come un ragno, con la scritta orwelliana Il Grande Fratello ti sta guardando, aggiunge che alcuni suoi colleghi studenti di storia «stavano discutendo all’interno di una chat «se denunciarmi al autorità». Accusandola di «post provocatori di carattere disfattista ed estremista». La Bbc ricorda che dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, Putin ha invitato l’opinione pubblica russa a separare «i veri patrioti dalla feccia e dai traditori». Da allora, in tutto il Paese ci sono state segnalazioni di denunce contro i critici della guerra. Anche tra studenti che informano su insegnanti e lavoratori che denunciano colleghi.

Ore 02:11 - Usa valutano invio presunte armi iraniane sequestrate in Ucraina

L’esercito americano sta valutando la possibilità di inviare all’Ucraina migliaia di armi sequestrate e più di un milione di munizioni che si ritiene fossero destinate ai miliziani sostenuti dall’Iran nello Yemen: lo scrive in esclusiva il Wall Street Journal citando dirigenti americani ed europei. Si tratterebbe di un passo senza precedenti che aiuterebbe Kiev a combattere le forze russe. Dirigenti Usa hanno riferito che stanno cercando di inviare all’Ucraina più di 5.000 fucili d’assalto, 1,6 milioni di munizioni per armi leggere, un piccolo numero di missili anticarro e più di 7.000 micce di prossimità sequestrate negli ultimi mesi al largo della costa dello Yemen da contrabbandieri sospettati di lavorare per Iran. L’inedita mossa aprirebbe un nuovo canale per aumentare la potenza di fuoco a cui gli Usa e i suoi alleati potrebbero attingere mentre faticano a soddisfare il bisogno di supporto militare dell’Ucraina alla vigilia del secondo anno di guerra.

Ore 02:28 - Media, Paesi Bassi e Danimarca non daranno Leopard a Kiev

I governi di Paesi Bassi e Danimarca hanno annunciato che nessuno dei due paesi consegnerà i carri armati Leopard-2 all’Ucraina, secondo quanto riferisce il canale tv tedesco Welt. Il primo ministro nederlandese Mark Rutte ha affermato che gli unici carri armati che il suo Paese potrebbe fornire in teoria erano 18 carri armati Leopard-2 affittati al paese dalla Germania. Ma entrambi i paesi hanno deciso che questi carri non sono disponibili per Kiev. Il governo danese, che possiede 44 carri armati nel suo arsenale, ha detto a Welt che non avrebbe partecipato alla coalizione di carri tedeschi.

Ore 02:33 - Berlino: presto per parlare di jet della Germania a Kiev

La questione della consegna di aerei da combattimento da parte della Germania all’Ucraina «al momento non è centrale» ma sarà discussa in futuro, ha dichiarato il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius in un’intervista all’emittente Ard. La priorità è mettere in sicurezza lo spazio aereo di Kiev, ha detto Pistorius al canale tedesco. «Solo quando i cieli sopra l’Ucraina rimarranno al sicuro per i prossimi tre-quattro mesi, allora si potrà parlare di passi successivi», ha detto il ministro di Berlino.

Ore 02:36 - «Operai Zaporizhzhia negano formazione a russi»

I lavoratori ucraini della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia si sono rifiutati di fare formazione a quelli russi arrivati dalla centrale di Kalinin, nell’oblast di Tver in Russia. Lo rende noto l’azienda statale ucraina per il nucleare Energoatom, citata dai media locali. Energoatom — riporta il Kyiv Independent — ha sottolineato che i lavoratori russi non hanno le conoscenze e le competenze per far funzionare la centrale nucleare di Zaporizhzhia, e ha elogiato i lavoratori ucraini per essersi rifiutati di cooperare con il nemico.

Ore 02:37 - Commessa Usa di 522 milioni per munizioni da 155 mm a Kiev

L’esercito Usa ha annunciato di aver assegnato 522 milioni di dollari in ordini a due società per la produzione di munizioni di artiglieria da 155 mm per l’Ucraina. Gli ordini, decisi ufficialmente il 30 gennaio, sono andati a Northrop Grumman Systems Corp e Global Military Products Inc, e arrivano sullo sfondo delle preoccupazioni che Kiev stia rapidamente esaurendo le scorte di proiettili di artiglieria forniti dagli Stati Uniti e da altri alleati. Le consegne delle nuove munizioni dovrebbero iniziare a marzo di quest’anno. Il contratto è finanziato dall’Iniziativa di assistenza alla sicurezza dell’Ucraina del Pentagono.

Ore 02:44 - Usa vogliono inasprire sanzioni alle banche legate alla Russia

Gli Stati Uniti potrebbero sanzionare un maggior numero di banche con legami con la Russia e intensificheranno l’applicazione delle sanzioni nei confronti di quelle che eludono le regole esistenti. Lo ha dichiarato a Reuters James O’Brien, capo dell’Ufficio di coordinamento delle sanzioni del Dipartimento di Stato americano. I commenti dell’alto funzionario statunitense arrivano mentre i diplomatici occidentali cercano di concordare una nuova serie di sanzioni per l’anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio. «Abbiamo immobilizzato circa l’80% delle attività del settore bancario russo - ha dichiarato O’Brien - Stiamo esaminando altre banche e istituzioni finanziarie per vedere come la Russia si comporta con il mondo esterno. È molto probabile che ci saranno ulteriori azioni».

Ore 05:15 - Allarme in Francia: «Non ci sono più munizioni»

Le forze armate della Francia stanno affrontando una carenza di munizioni, sullo sfondo degli aiuti militari del Paese all’Ucraina. Lo scrive il quotidiano francese Le Figaro. «Le nostre forze di terra si stanno confrontando con una carenza di munizioni da 155 mm, usate negli obici e nei cannoni di artiglieria», afferma il deputato francese Julien Rancoule che ha compilato un rapporto sulle riserve di munizioni del Paese. «Le tensioni tra coloro che sono favorevoli a sostenere l’Ucraina e coloro che vogliono salvaguardare le scorte per motivi di difesa nazionale potrebbero crescere» in Francia nel prossimo futuro, sottolinea Rancoule parlando a Le Figaro.

Ore 05:37 - Rapporto Usa, 6mila minori in campi «rieducazione» russi

Almeno 6.000 bambini ucraini hanno frequentato i campi di “rieducazione” russi nell’ultimo anno, e diverse centinaia vi sono stati trattenuti per settimane o mesi oltre la data prevista per il ritorno. La Russia ha anche accelerato l’adozione e l’affidamento di bambini provenienti dall’Ucraina in quello che potrebbe costituire un crimine di guerra. Lo rivela il rapporto dello Yale Humanitarian Research Lab, finanziato dal Dipartimento di Stato americano. Dal rapporto emerge che dall’inizio della guerra, quasi un anno fa, bambini di appena quattro mesi sono stati portati in 43 campi in tutta la Russia, anche in Crimea e in Siberia, per «un’educazione patriottica e militare a favore della Russia». In almeno due campi, la data di rientro dei bambini è stata ritardata di settimane, mentre in altri due campi il rientro di alcuni bambini è stato posticipato a tempo indeterminato. Secondo il rapporto, le autorità russe hanno cercato di fornire ai bambini un punto di vista favorevole a Mosca attraverso i programmi scolastici, le gite in luoghi patriottici e i discorsi dei veterani. I bambini sarebbero stati anche addestrati all’uso delle armi da fuoco, anche se Nathaniel Raymond, un ricercatore di Yale che ha supervisionato il rapporto, ha detto che non ci sono prove che siano stati mandati a combattere.

Ore 07:54 - Duma riunita in via straordinaria il 22 febbraio

Le due Camere del parlamento russo si riuniranno separatamente il prossimo 22 febbraio in seduta straordinaria. Lo annuncia Ria Novosti, citando il parlamentare e presidente di Commissione del Consiglio della Federazione, Vyacheslav Timchenko, secondo il quale nel corso delle riunione verranno adottate le leggi di integrazione di quattro regioni all’interno della Federazione russa. Un chiaro riferimento alle regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, dove alla fine dello scorso settembre si sono svolti referendum-farsa.

Ore 08:05 - Intervista a Hollande: «Putin? Un bugiardo. Ha perso l’inizio della guerra: ma non è finita»

(Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi) «Bisogna accettare la coppia, sapendo al contempo che c’è anche un terzo partner», dice sorridendo François Hollande a proposito dell’asse franco-tedesco e dei fastidi italiani. Negli uffici con vista sulle Tuileries e con il labrador nero Philae che si aggira pacifico tra le stanze, il presidente emerito accoglie il Corriere per parlare di Ucraina, di Europa e di Italia. Hollande ha avuto un ruolo di primo piano nella vicenda russo-ucraina: lontano dalla fascinazione che altri presidenti possono avere provato per l’uomo forte Putin, nel 2014 l’allora capo di Stato francese inaugurò al castello di Benouville i colloqui a quattro (Francia, Germania, Ucraina, Russia) del «formato Normandia» per contenere la minaccia russa e l’anno successivo si rifiutò di consegnare a Mosca gli incrociatori francesi Mistral già venduti.

Presidente Hollande, qual è il suo sguardo sulla guerra in Ucraina oggi, a quasi un anno dall’invasione russa?

«Vladimir Putin ha perso l’inizio della guerra, ma siamo solo all’inizio. È diventata una guerra di posizione, di trincea, come ne abbiamo conosciute in passato, per esempio la Prima guerra mondiale, e potrà durare ancora a lungo. Negoziare adesso sarebbe concedere alla Russia i territori conquistati. Non c’è negoziato possibile senza un rapporto di forza militare favorevole all’Ucraina».

Ore 08:09 - Il PPE contro Berlusconi per le parole su Zelensky

«Il gruppo del Ppe respinge fermamente le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina. Non riflettono la nostra linea politica».

Il Partito popolare europeo ha commentato così — dopo 48 ore di silenzio — le frasi di Silvio Berlusconi su Zelensky («Da premier non ci avrei parlato. Biden dovrebbe dirgli: hai un piano Marshall a disposizione, ma solo se cessi immediatamente tutte le ostilità»).

In principio, il presidente e capogruppo dei Popolari aveva scelto di non esprimersi. Ma a Strasburgo gli attacchi delle opposizioni si sono moltiplicati.

Il tweet di Weber lanciato in serata ha reso il tutto più esplicito: «La Russia è l’aggressore, l’Ucraina è la vittima. Non cederemo alla narrazione di Putin e l’Ucraina può contare sul nostro pieno sostegno».

Come scrive Monica Guerzoni qui: «Lunedì sera, nel chiamare la premier per i complimenti di rito, Berlusconi ha voluto chiarire lo scivolone di domenica. Le critiche a Zelensky sono «opinioni personali» ha detto il leader azzurro e ha promesso che FI continuerà a sostenere l’Ucraina. Concetti che ieri, dopo la presa di distanza del Ppe (“respingiamo le frasi su Kiev”), Berlusconi è stato costretto a scolpire in una nota: “Sono sempre stato e sto dalla parte dell’Ucraina e della pace. La mia speranza è che si possa trovare presto una soluzione diplomatica a questa guerra molto pericolosa per tutti”. Lo strappo dell’alleato sembrava aver messo a rischio la visita della presidente nella capitale del Paese aggredito da Putin, ma ora Meloni si dice sicura che la missione si farà nei tempi previsti: “Certo che vado a Kiev. La linea del governo non cambia, soprattutto in politica estera”».

Ore 09:03 - Kiev: collaboratori ucraini anche nella cerchia ristretta di Putin

I servizi ucraini hanno collaboratori anche nella cerchia ristretta di Putin: lo ha affermato al sito di notizie greco Iefimerida un funzionario dell’agenzia di intelligence di Kiev, Andriy Cherniak. «In guerra usiamo tutti i mezzi che la legge ci consente. Abbiamo trovato meccanismi di collaborazione anche con persone molto vicine a Putin. Queste sono persone al di sopra di ogni sospetto, conosciute come sostenitori della “grande Russia”», rivela il funzionario. Rispondendo alla domanda sui motivi che spingono queste persone a cooperare con lo spionaggio ucraino, Cherniak spiega che «ci sono parecchie persone nella cerchia di Putin che non supportano la sua politica nei confronti dell’Ucraina. In breve, sono contro questa particolare guerra. Tuttavia, non c’è quasi nessuno che lo faccia perché nutre sentimenti amichevoli per l’Ucraina o perché detesta la guerra. Lo fanno tutti a proprio vantaggio, perché è nel loro interesse. Qualcuno per salvarsi la vita, qualcuno perché perde soldi».

Ma queste persone sono in grado di rovesciare Putin?

«Solo se Putin è abbastanza indebolito — risponde Cherniak —. In questo momento non sono pronti a intraprendere alcuna azione rivoluzionaria. Se perde il potere, lo distruggeranno».

Ore 09:25 - Borrell: «Fare di più per aiutare Kiev a vincere. La guerra si deciderà in primavera-estate»

Parlando al Parlamento europeo, l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell, ha detto: «Abbiamo sostenuto l’Ucraina sul piano militare, economico, finanziario e diplomatico. Abbiamo fatto il massimo ma non basta. Voglio essere chiaro, io non voglio una guerra come nessuno, ma per ottenere un negoziato, per ottenere la pace bisogna aiutare l’Ucraina a vincere la guerra che si deciderà questa primavera e questa estate». Aggiungendo: «Non solo dobbiamo continuare con gli aiuti ma dobbiamo aumentarli. La realtà sul campo è estremamente preoccupante al momento. Più di 360mila soldati russi sono lì, il doppio rispetto a prima della guerra. La controffensiva russa è iniziata, anche se su piccola scala. E per la prima volta, l’Ucraina non ha il vantaggio di avere più truppe sul terreno».

Ore 09:33 - Von der Leyen: nuovo pacchetto di sanzioni per 11 miliardi

«Per mantenere questa forte pressione» sulla Russia «proponiamo un decimo pacchetto di sanzioni con nuovi divieti commerciali e controlli sulle esportazioni di tecnologia verso la Russia. Questo pacchetto vale un totale di 11 miliardi di euro. Proponiamo, tra le altre cose, restrizioni all’esportazione su più componenti elettronici utilizzati nei sistemi armati russi, come droni, missili, elicotteri». Lo ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo intervento al Parlamento europeo sulla guerra in Ucraina.

Ore 09:56 - Onu, servono 5,6 miliardi di dollari per aiuti umanitari

Le Nazioni Unite hanno lanciato oggi un appello per la raccolta di 5,6 miliardi di dollari in aiuti umanitari nel 2023 da destinare all’Ucraina per alleviare la difficile situazione di milioni di persone colpite dal conflitto. «A quasi un anno di distanza, la guerra continua a provocare quotidianamente morte, distruzione e spostamenti (di persone, ndr) su una scala sconcertante», ha affermato in un comunicato il capo delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari, Martin Griffiths, secondo il quale i fondi dovrebbero aiutare più di 15 milioni di persone.

Ore 10:17 - Von der Leyen: «Mosca perde 160 milioni al giorno sul petrolio»

«Il tetto del prezzo del petrolio significa che la Russia sta perdendo 160 milioni di euro in entrate ogni giorno. I prezzi del gas in Europa sono oggi più bassi rispetto a prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. L’Europa sta investendo nelle energie pulite e nell’indipendenza energetica come mai prima d’ora. Espandendo le energie rinnovabili, stiamo battendo un record dopo l’altro». Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen in Aula a Strasburgo.

Ore 10:22 - Wallace: se mandassimo jet a Kiev, dovremmo mandare 200 uomini

Gli alleati occidentali stanno rispondendo alle richieste di sostegno militare rafforzato dell’Ucraina inviando «migliaia di missili terra-aria, droni e missili a più lungo raggio»: lo ha sottolineato oggi il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, alla Bbc a margine di una riunione della Nato a Bruxelles. Wallace ha aggiunto che queste armi possono avere «gli stessi effetti» dei cacciabombardieri per aiutare Kiev a «rendere impossibili» ulteriori «avanzate della Russia».

Non senza rimarcare ancora una volta gli ostacoli che invece si frappongono a un’ipotetica fornitura di caccia: per un fatto di tempi tecnici necessari, di disponibilità, ma soprattutto perché - laddove il Regno Unito inviasse un suo contingente di aerei - dovrebbe necessariamente mandare in Ucraina anche «200 militari della Raf».

Ore 10:30 - Lavrov: «L’Occidente verso il punto di non ritorno»

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov nel suo intervento al Parlamento russo ha detto che la politica estera del Cremlino si concentrerà nel contrastare e sconfiggere il dominio dell’Occidente nel mondo. Secondo Lavrov, la politica dell’Occidente per trasformare l’Ucraina in una roccaforte anti-russa sta raggiungendo il punto di non ritorno, come riporta la Tass.

Ore 11:16 - Borrell: «Avremo bisogno di nuovi leader a Mosca»

«Dovremo pensare anche al dopoguerra. L’Europa deve avere un ruolo. Dobbiamo pensare alla ricostruzione dell’Ucraina. Probabilmente avremo bisogno di nuovi leader in Russia, che magari aiutino la riconciliazione. In Europa dopo la seconda guerra mondiale è successo». Lo ha detto l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell in replica alla Plenaria del Pe. Borrell ha quindi risposto a chi, in Aula, ha messo in dubbio l’efficacia delle misure restrittive anti-russe. «Le sanzioni hanno un effetto lento ma certo, ed era quello che avevamo previsto», ha sottolineato.

Ore 11:27 - Medvedev: «Von der Leyen ginecologa che non capisce di economia»

«È brutto quando il capo della Commissione europea non capisce niente di economia ed è abituata a guardare oggetti puramente medici». In questo modo «la ginecologa di più alto rango della Ue, con malcelata gioia, sta calcolando le perdite della Russia a causa della nuova ondata di sanzioni, ma non conta le perdite delle sue società» europee. Così il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha commentato il discorso della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen al Parlamento di Strasburgo riunito in plenaria. «Ahimé, qui non valgono le regole mediche, cura te ipsum! Dottore guarisci te stesso» ha aggiunto Medvedev. Von der Leyen si è laureata in medicina e chirurgia con specializzazione in ginecologia all’Università di Hannover.

Ore 11:29 - Peskov: media “non amici” non invitati al discorso di Putin

I rappresentanti dei media di Paesi «non amici» della Russia non saranno invitati al discorso di Putin all’Assemblea federale il 21 febbraio. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov.

Ore 11:43 - Governatore Lugansk: duri scontri a Bilohorivka e Kreminna

Si registra un aumento delle ostilità nelle direzioni di Bilohorivka e Kreminna, nella regione di Lugansk. È quanto comunica il governatore regionale Serhiy Haidai sul suo canale Telegram: «Nelle direzioni di Bilohorivka e Kreminna ci sono molti bombardamenti, a ondate, con il supporto l’aeronautica. I russi non sono comunque entrati nei confini amministrativi della regione grazie alle nostre truppe che mantengono la difesa».

Ore 12:11 - Tajani: le parole di Berlusconi non inficiano la visita di Meloni a Kiev

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine di un evento alla Farnesina ha risposto a chi gli chiede se le parole di Silvio Berlusconi su Zelensky, possano aver inficiato la visita di Giorgia Meloni a Kiev. «Assolutamente no — ha sottolineato Tajani —. Deciderà con il governo ucraino il momento in cui andare».

Ore 12:29 - La giornalista russa condannata a 6 anni di carcere per un post sull’attacco al teatro di Mariupol

La giornalista russa Maria Ponomarenko è stata condannata a 6 anni in una colonia penale per «aver fornito false informazioni sull’esercito russo», pubblicando un post sui social sull’attacco al teatro di Mariupol. Lo riporta l’agenzia Tass. A Ponomarenko è stato anche revocato il diritto a svolgere l’attività giornalistica per 5 anni. La reporter era stata arrestata la prima volta nell’aprile del 2022, per poi passare ai domiciliari a novembre.

Ore 12:35 - Il premier svedese Ulf Kristersson è a Kiev

Il premier svedese Ulf Kristersson si trova a Kiev per incontrare Zelensky: lo riferisce l’agenzia di stampa svedese Tt. Al centro dell’incontro dovrebbe esserci la discussione sugli aerei militari chiesti dal presidente ucraino anche alla Svezia.

Ore 12:50 - A Mosca arrestato un agente di Kiev che voleva compiere attentati

I servizi di sicurezza interni russi (Fsb) hanno detto di avere arrestato un agente dell’intelligence ucraina arrivato a Mosca con l’intento di compiere attentati alla rete ferroviaria con il sostegno dei servizi polacco e lettone. Il servizio stampa dell’Fsb ha detto all’agenzia Tass che l’uomo, un ucraino di 46 anni di cui non è stato reso noto il nome, è stato reclutato nella città polacca di Bydgoszcz dai servizi ucraini, con la collaborazione di quelli polacchi. Successivamente, nel novembre scorso, è arrivato in Russia dopo essere stato «addestrato con i servizi speciali della Repubblica di Lettonia a Riga». L’uomo è entrato in Russia fingendosi un rifugiato che intendeva chiedere la cittadinanza russa.

Ore 13:00 - Nato: «Dagli alleati impegno per armi e addestramento. Incrementeremo la produzione di munizioni»

Gli alleati della Nato ha annunciati nuovi aiuti «in armi pesanti e addestramento di truppe». Lo ha annunciato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in conferenza stampa al termine della riunione dei ministri della Difesa. «L’Ucraina ha una finestra di opportunità per il bilanciamento delle forze in campo. Il tempismo è essenziale», ha aggiunto.

Inoltre, Stoltenberg ha sottolineato che per fare fronte ai fabbisogni delle truppe ucraine, i partner della Nato si sono impegnati oggi a collaborare con le industrie per incrementare la produzione di munizioni.

Ore 13:20 - Stoltenberg: l’Ucraina entrerà nella Nato ma prima deve vincere

«Sull’Ucraina la posizione della Nato non è cambiato, abbiamo sempre detto che l’Ucraina diventerà membro della Nato. Ma ora la priorità è assicurare che l’Ucraina vinca la guerra. È l’unico modo per integrarla e avvicinarla alla cooperazione euro-atlantica». Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. «La Russia era contraria anche all’adesione della Macedonia del Nord e del Montenegro ma i due Paesi e gli Alleati hanno deciso di compiere questo passo e ora sono membri. Così come ormai sono al tavolo della Nato la Svezia e la Finlandia», ha spiegato.

Ore 14:09 - Nel centro di Kramatorsk continuano a cadere missili russi

Nel Donbass la pressione russa è forte a pochi giorni dal 24 febbraio, data dell’invasione. La città è sempre più vicina al fronte, come racconta in un video Lorenzo Cremonesi.

Ore 14:45 - Reznikov resta: «Decisione del presidente»

Il ministro ucraino della Difesa, Oleksii Reznikov, mantiene al momento il suo posto, per decisione del presidente Zelensky. Lo ha detto lo stesso Reznikov, il quale - scrive il Guardian - alla domanda se si aspetta di mantenere il suo posto al vertice della Difesa per i prossimi mesi, ha risposto: «Si, è stata una decisione del mio presidente». Il posto di Reznikov era stato messo in dubbio dopo che il dicastero che guida era stato interessato da casi di sospetta corruzione.

Ore 14:46 - Austin: «Non ci faremo trascinare nella guerra di Putin»

«Non ci lasceremo trascinare nella guerra che Vladimir Putin ha scelto di fare». Lo assicura il segretario Usa alla Difesa Lloyd Austin, in conferenza stampa a Bruxelles al termine della Ministeriale Nato. «Ma non defletteremo dal compito principale della Nato, che è quello di difendere il territorio e la popolazione» dei Paesi dell’Alleanza atlantica, aggiunge.

Ore 15:00 - Ex pilota italiana arruolata in Ucraina si sposa: «Nuova vita»

Giulia Schiff si è sposata in Ucraina, ha smesso di combattere e adesso ha fondato un’associazione umanitaria con suo marito, anche lui ex soldato. La 24enne italiana, che si era arruolata dall’inizio della guerra con le truppe di Kiev, ha combattuto in diversi territori, dal Donbass a Karkhiv, ma ora ha fondato un’organizzazione di beneficenza di supporto alle milizie. La giovane ex pilota veneziana, che in Italia qualche anno prima da allieva dell’Accademia di Pozzuoli aveva denunciato di essere stata vittima di mobbing e nonnismo, si dice soddisfatta della sua esperienza e della sua nuova vita. Giulia, nome di battaglia Kida, si trova a Dnipro, dove ora vive con Victor, 29enne israelo-ucraino che aveva conosciuto nel maggio scorso nella legione straniera e che ieri ha sposato in un matrimonio civile. «Lui ha dovuto fermarsi per motivi di salute, a causa dei danni subiti per le pressioni delle bombe in diversi episodi. Per stargli vicino, a novembre ho mollato tutto e sono tornata da lui. Ma non abbiamo smesso di andare al fronte. Adesso abbiamo fondato un’organizzazione di beneficenza che porta aiuti ai soldati e sono in cantiere tanti altri progetti».

Ore 15:21 - Tajani: «Forza Italia non ha mai esitato nel sostenere Kiev»

«Contano i fatti ed i voti che abbiamo dato. Forza Italia non ha mai avuto esitazioni nel sostenere Kiev con finanziamenti e armi. Ha sempre votato con gli alleati di governo ed in linea con il programma di tutta la coalizione». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervenendo al question time alla Camera.

Ore 15:57 - Zelensky: «A Bakhmut e Vugledar la situazione più difficile»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyi ha affermato che la situazione più difficile e più calda sul terreno in Ucraina è verso Bakhmut e Vugledar, spiegando però che i soldati ucraini stanno resistendo e infliggendo il massimo delle perdite al nemico. Lo ha detto durante una conferenza stampa congiunta con il primo ministro svedese Ulf Kristersson a Kiev, riferisce Ukrinform.

Ore 16:00 - Attivato sistema antiaereo a Kiev, allarme durato un’ora

Nel pomeriggio di oggi il sistema di difesa antiaerea è stato attivato nella regione di Kiev, secondo l’amministrazione militare regionale di Kiev, come riferisce Ukrinform. Come conseguenza nell’area, e quindi anche nella capitale ucraina, sono nuovamente risuonate le sirene attivando un allarme che è adesso rientrato ed è durato poco meno di un’ora.

Ore 16:12 - Il ruolo dell’Iran nella guerra in Ucraina: Teheran si prende parte della scena negando di farlo

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) L’Iran ha conquistato un ruolo in Ucraina, un conflitto lontano dai suoi confini anche se armi e mosse accorciano le distanze tra i diversi scacchieri. E la proposta di sanzioni contro gli iraniani da parte dell’Unione Europea lo sottolinea.

Ore 16:19 - Putin ringrazia i russi per l’assistenza agli sfollati interni

Putin ha ringraziato i cittadini che forniscono assistenza agli sfollati interni. In un incontro dedicato all’apertura di nuove strutture sanitarie in diverse regioni russe, Putin ha chiesto al governatore della regione di Belgorod Vyacheslav Gladkov come è organizzata l’assistenza medica per le persone che sono costrette a lasciare i loro luoghi di residenza permanente «a causa dei ben noti eventi al confine con l’Ucraina». Lo riporta Ria Novosti. Gladkov ha affermato di essere orgoglioso dell’atteggiamento dei residenti di Belgorod nei confronti delle persone che si trovano in una situazione difficile, «non lavorano per uno stipendio», ma con la comprensione di trovarsi in una situazione difficile.

Ore 16:23 - Kiev: «Abbattuti obiettivi aerei nei cieli della capitale»

La tv statale ucraina riferisce che sei obiettivi aerei sono stati intercettati su Kiev durante l’ultimo allarme aereo e che la maggior parte sono stati abbattuti. «Nello spazio aereo di Kiev durante l’allerta sono stati registrati circa sei target aerei, la maggior parte dei quali sono stati abbattuti dai sistemi di difesa aerea», afferma citando l’amministrazione della città. «Secondo informazioni non confermate, si sarebbe trattato di palloni che potevano trasportare attrezzature da ricognizione, forse lanciati per rilevare le difese antiaeree», ha affermato ancora citando l’amministrazione militare della città di Kiev.

Ore 16:26 - L’Ucraina diventa il 178/o membro dell’Ifad

L’Ucraina è diventata il 178mo Paese membro del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad). L’adesione dell’Ucraina è stata sostenuta dal Consiglio dei Governatori Ifad, la più alta autorità decisionale del Fondo. «Siamo lieti di accogliere l’Ucraina come nostro nuovo membro. La sua adesione è in linea con la missione dell’Ifad nell’assicurare che tutte le popolazioni rurali, in particolare i piccoli agricoltori, siano inclusi e rafforzati», ha affermato Alvaro Lario, Presidente di Ifad.

«In quanto membro fondatore delle Nazioni Unite, l’Ucraina è annoverata tra i garanti della sicurezza alimentare globale e tra i maggiori produttori agricoli e ha molto da contribuire come stato membro Ifad,» ha dichiarato Yaroslav Melnyk, Ambasciatore dell’Ucraina in Italia. «Nonostante la guerra, l’Ucraina si impegna ancora a contribuire alla sicurezza alimentare globale per porre fine alla crisi alimentare e salvare milioni di persone dalla fame» ha aggiunto.

Si stima che a partire dall’inizio del conflitto, un anno fa, l’Ucraina, Paese tra i maggiori produttori e esportatori di grano, mais, e olio di girasole, abbia subito danni per oltre 2 milioni di dollari. L’Ucraina sarà pienamente integrata nel prossimo ciclo di finanziamenti dell’Ifad, a partire dal 2025. Nel frattempo, l’Ifad esplorerà i modi per mobilitare fondi a sostegno delle priorità di sviluppo rurale dell’Ucraina, tra cui la riabilitazione delle infrastrutture, attività che contribuiscono ad aumentare la produttività agricola, migliorare la competitività e generare occupazione.

Ore 16:41 - La Banca di Lituania conia moneta commemorativa da 2 euro

La Banca di Lituania ha annunciato l’emissione a breve di una nuova moneta commemorativa da 2 euro dedicata all’Ucraina. Il ricavato della vendita delle monete - che saranno in vendita a partire dalla metà di marzo al prezzo di 14,52 euro - sarà devoluto sotto forma di aiuto umanitario all’Ucraina. Si tratta della seconda moneta da collezione dedicata all’Ucraina coniata dalla Banca di Lituania. La prima era stata emessa nello scorso dicembre.

Ore 17:03 - Sabato Meloni sarà a Monaco per la conferenza sulla sicurezza

Sabato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà a Monaco alla Conferenza sulla sicurezza (Msc). La premier dovrebbe partecipare nella mattinata a un panel moderato dalla giornalista della Cnn, Christiane Amanpour

Ore 17:06 - Sei «palloni volanti» rilevati sui cieli di Kiev

Sei «palloni volanti» sono stati rilevati sui cieli di Kiev. Lo riporta su Telegram l’amministrazione militare ucraina. Secondo le prime informazioni si tratterebbe di «palloncini che si muovevano nello spazio sotto l’influenza del vento». I militari di Kiev sottolineano che questi oggetti «potrebbero trasportare riflettori radar piramidali e apparecchiature di intelligence». La maggior parte di loro - viene spiegato - «è stata abbattuta». «Il loro scopo era forse quello di rilevare le nostre postazioni di difesa antiaerea», sottolineano gli ucraini. I resti degli oggetti abbattuti verranno analizzati.

Ore 17:37 - Guardian: «L’Armata russa ha perso la metà dei carri armati»

Si stima che l’esercito russo abbia perso quasi il 40% della sua flotta di carri armati dopo nove mesi di combattimenti in Ucraina, secondo un conteggio del think tank dell’International Institute of Strategic Studies (IISS), citato dal Guardian.

John Chipman, presidente del think tank, ha affermato che la guerra è stata «un fallimento politico e militare per la Russia», evidenziando le carenze nella leadership e quelle nei rifornimenti di munizioni, nonostante gli sforzi di modernizzazione del Cremlino.

Ore 17:59 - Almeno 6.000 bambini ucraini in campi rieducazione russa

L’Osservatorio sui conflitti, un programma sostenuto dal Dipartimento di Stato americano, che sta raccogliendo prove di presunti crimini di guerra e atrocità commesse dalla Russia in Ucraina, ha dichiarato che almeno seimila bambini ucraini sono stati “sistematicamente trasferiti” nei campi russi con particolare attenzione agli «sforzi di rieducazione». L’Humanitarian Research Lab dell’Università di Yale, partner dell’iniziativa ha identificato almeno 43 strutture che vengono utilizzate per la rieducazione sistematica dei bambini. I campi sono pubblicizzati come “programmi di integrazione”, con l’apparente obiettivo di integrare i bambini ucraini nella visione del governo russo della cultura, della storia e della società nazionale”, osserva il rapporto. Almeno due dei campi hanno collocato bambini ucraini presumibilmente orfani presso famiglie affidatarie in Russia, e almeno altri quattro hanno sospeso il ritorno dei bambini alle loro famiglie in Ucraina.

Ore 18:12 - Vescovi, da oggi fino al 24 febbraio novena di preghiera

Nel primo anniversario dell’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina, il 24 febbraio, si terrà una veglia di preghiera nel santuario nazionale di Santa Maria a Berdychiv e sarà celebrata una santa messa per «la fine della guerra, la vittoria sul nemico e l’instaurazione di una pace giusta in Ucraina». Ad annunciarlo sono i vescovi della Chiesa cattolica latina ucraina. All’iniziativa - si legge in una nota della conferenza episcopale ucraina, riportata dal Sir - sarà presente anche l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina. Inoltre, per nove giorni, a partire da oggi fino al 23 febbraio, i vescovi ucraini invitano le comunità cattoliche del Paese, parrocchiali, monastiche, familiari o individualmente, a unirsi a una novena di preghiera.

Ore 18:32 - Gb, Shenkin è l’ottavo britannico morto in guerra

Si chiamava Jonathan Shenkin il paramedico 45enne morto in Ucraina lo scorso dicembre, l’ottavo britannico a perdere la vita nel conflitto dall’inizio dell’invasione russa. A identificarlo pubblicamente è stata la famiglia dell’uomo, originario di Glasgow, che «è morto da eroe in un atto di coraggio come paramedico». Shenkin ha vissuto a Londra e Malta prima di arruolarsi nell’esercito israeliano e poi in quello ucraino; ha lavorato in Iraq, Afghanistan, Oman, Somalia, Angola, Filippine e Corea del Sud. «Stiamo sostenendo la famiglia di un cittadino britannico morto in Ucraina e siamo in contatto con le autorità locali», ha fatto sapere il ministero degli Esteri di Londra.

I parenti hanno scritto su Facebook che «arruolandosi nelle forze armate ucraine, ha compiuto l’estremo sacrificio per difendere i valori in cui tutti crediamo. Gli sopravvivono suo figlio e sua figlia, ai quali era devoto».

Ore 19:07 - Sei anni alla reporter russa, Amnesty attacca cinismo Mosca

Amnesty International ha attaccato la condanna a sei anni in una colonia penale della giornalista russa Maria Ponomarenko, accusata di aver diffuso `notizie false´ per aver denunciato sui social media il bombardamento del teatro nella città ucraina di Mariupol lo scorso anno. La sua condanna «dimostra che in Russia dire la verità, denunciare un crimine di guerra e chiedere giustizia per l’uccisione di civili è diventato esso stesso un grave reato punibile con molti anni di carcere», ha sottolineato l’organizzazione umanitaria internazionale in una nota, denunciando «l’ennesimo esempio dell’ingiustizia e del cinismo delle autorità russe».

Ore 19:09 - Stoltenberg : «Aumentare le scorte di munizioni»

«L’Ucraina ha una finestra di opportunità per far pendere la bilancia dalla propria parte e il tempo è essenziale». Lo ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.

Ore 19:11 - Biden incontrerà Zelsnky in Polonia

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden incontrerà l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky nel corso della sua visita in Polonia: è quanto pubblica il quotidiano polacco Dziennik Gazeta Prawna senza che la notizia abbia ricevuto alcuna conferma ufficiale. Stando a quanto riporta la testata polacca l’incontro dovrebbe avvenire o a Varsavia o a Rzeszow: Zelensky illustrerà il proprio piano di pace in dieci punti, già presentato nel novembre scorso.

Ore 19:15 - Al Parlamento Ue la Kalush Orchestra, vincitrice dell’Eurovision

La band ucraina vincitrice dell’edizione 2022 dell’Eurovision Song Contest, la Kalush Orchestra, è stata oggi ospite del Parlamento europeo a Strasburgo. I musicisti hanno avuto modo di incontrare i capigruppo dei principali schieramenti politici, tra cui il presidente del Ppe Manfred Weber e la socialista Iratxe Garcia Perez. Questa sera il gruppo si esibirà al Consiglio d’Europa di fronte a parlamentari e membri delle istituzioni comunitarie.

Ore 19:22 - Zelensky in video domani ad apertura festival Berlino

Il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky apparirà in video domani al Festival del Cinema di Berlino. «È un onore speciale per noi poter accogliere digitalmente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky giovedì sera all'apertura del nostro festival», affermano i direttori della Berlinale Mariëtte Rissenbeek e Carlo Chatrian. Dopo un'introduzione sul palco del regista e attore Sean Penn che porta al festival Superpower a lui dedicato, ci sarà uno streaming video in diretta con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Ore 19:42 - Tajani: sarò all'Onu per l'anniversario dell'invasione

«La mia presenza a New York a un anno dall'aggressione della Russia all'Ucraina è un chiaro segnale di sostegno al ruolo che l'Onu sta avendo in questa crisi, sia con la condanna dell'aggressione russa da parte dell'Assemblea Generale, sia attraverso l'azione del Segretario Generale Guterres per l'accordo sull'esportazione di grano dal Mar Nero». Lo sottolinea il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, in un'intervista a La voce di New York, confermando che dal 22 al 24 febbraio sarà al Palazzo di Vetro dove si riuniranno il Consiglio di Sicurezza e l'Assemblea Generale per fare il punto a un anno dall'invasione russa.

Ore 19:51 - Kiev, abbattuti palloni russi sopra capitale

Le autorità ucraine hanno annunciato di aver individuato e abbattuto nei cieli sopra la capitale diversi palloni che ritengono siano stati lanciati dai russi per «rilevare e logorare le nostre forze di difesa aerea». I detriti verranno analizzati, hanno aggiunto. La presenza dei palloni ha fatto scattare l'allarme missilistico a Kiev. Per il portavoce delle forze aeree Yuriy Ignat, Mosca usa i palloni che «non costano praticamente nulla» per logorare le difese ucraine.

Ore 02:25 - Le forze russe stanno tentando di conquistare Bakhmut da mesi

La Russia sta subendo pesanti perdite durante l’assalto quasi continuo alla città di Bakhmut, nell’Oblast orientale ucraina di Donetsk, lo scrive il Kyiv Independent. Il gruppo mercenario privato Wager, sostenuto dal Cremlino, e i gruppi militanti sostenuti dalla Russia e attivi nell’Ucraina orientale stanno perdendo fino all’80% di alcune unità d’assalto, ha dichiarato il vice ministro della Difesa Hanna Malyar su Telegram. «Potete vedere voi stessi che tipo di guerra sta conducendo la Federazione Russa», ha detto, aggiungendo che le forze ucraine stanno trattenendo le avanzate russe nell’area. Secondo Malyar, le perdite significative della Russia sono in parte dovute alla scarsa fiducia nel comando militare russo. «Sempre più militari russi si rendono conto che i loro comandanti valutano in modo inadeguato la situazione sul campo di battaglia, come dimostra l’uso intensivo dei cosiddetti «squadroni della morte» - unità con personale mobilitato non sufficientemente addestrato, che ogni giorno subiscono pesanti perdite in combattimento e sanitarie». Le forze regolari russe, insieme al gruppo di mercenari Wagner, controllato dal Cremlino, stanno tentando di conquistare Bakhmut da mesi, mentre la Russia cerca di consolidare la sua presa sull’intera Oblast orientale di Donetsk, di cui attualmente controlla circa la metà.

Ore 03:06 - La Nato accelera sulla produzione di munizioni per l’Ucraina

La Nato incrementerà la produzione di munizioni per sostenere l’impegno bellico dell’Ucraina. Lo ha affermato Stoltenberg, che oggi sarà in visita in Turchia. Von der Leyen annuncia un nuovo pacchetto di sanzioni Ue contro Mosca per 11 miliardi. Secondo il Financial Times, «i russi stanno ammassando caccia ed elicotteri al confine per sostenere la nuova offensiva di terra» contro l’Ucraina. L’Occidente sta raggiungendo «il punto di non ritorno», minaccia intanto Lavrov.

La Russia continua a far confluire un gran numero di militari in Ucraina, ma non è in grado di addestrarli e armarli adeguatamente. Lo ha sostenuto il segretario della Difesa Usa Lloyd Austin ieri, durante una conferenza stampa al termine dell’incontro della Nato a Bruxelles. La superiorità numerica della Russia sul campo «è la sua forza», ha detto Austin, aggiungendo però che «questi soldati sono male addestrati e male equipaggiati, e per questo motivo vediamo che subiscono ingenti perdite». Austin ha aggiunto di non credere che la Russia muterà il suo approccio tattico al conflitto, e ha spiegato che l’obiettivo della Nato è di fornire un’assistenza sempre maggiore all’Ucraina «cosicché non possa avere successo solo marginalmente, ma (...) possa avere la meglio» sulle forze russe.

Ore 04:50 - Allarmi aerei durante la notte in molte regioni Ucraine

Intorno alle 2:40 le sirene hanno risuonato in alcune regioni dell’Ucraina, compresa la capitale Kiev. A partire dalle 3:00 è stato annunciato un allarme aereo in tutto il territorio nazionale, poi rientrato. Ma il governatore dell’oblast di Leopoli, Maksym Kozytskyi, in seguito all’allarme, ha esortato i residenti a rimanere nei rifugi fino alla fine dell’allerta, sottolineando che a suo avviso esiste una reale minaccia, su cui tuttavia non ha fornito dettagli. Lo riferisce il Kyiv Independent, citando l’account Telegram del governatore.

Ore 04:55 - Esplosioni nella regione di Poltava. Attivato il sistema di difesa aerea

Esplosioni sono state udite a Kremenchuk nell’oblast di Poltava, nell’Ucraina centrale, durante l’allarme in corso nel Paese. Lo ha riferito il sindaco di Kremenchuk, Vitalii Maletskyi, in un post su Telegram, stando al Kyiv Independent. Maletskyi ha anche avvertito di una «maggiore minaccia di un attacco missilistico» e ha esortato i residenti a rimanere nei rifugi. Successivamente, il governatore dell’oblast di Poltava, Dmytro Lunin , ha affermato a sua volta su Telegram che il sistema di difesa aerea nell’oblast era stato attivato.

Le forze russe hanno colpito «infrastrutture critiche» nell’oblast di Leopoli nelle prime ore del 16 febbraio, ha riferito il governatore regionale Maksym Kozytskyi su Telegram. Secondo il governatore non ci sono vittime. I vigili del fuoco sono riusciti a spegnere un incendio causato dall’attacco. Kozytskyi ha detto che seguiranno maggiori dettagli. Durante la notte sono suonati allarmi antiaerei in tutte le regioni ucraine. Esplosioni sono state udite in diverse parti dell’Ucraina, tra cui gli oblast di Kiev, Lepoli e Poltava.

Ore 05:08 - I Paesi Bassi forniranno a Kiev un «pacchetto completo»

I Paesi Bassi forniranno all’Ucraina munizioni e pezzi di ricambio per i carri armati Leopard 2, oltre a partecipare all’addestramento degli equipaggi ucraini. Lo ha detto il ministro della Difesa nederlandese Kajsa Ollongren, in un’intervista al De Telegraaf. «Non ha molto senso consegnare solo i carri armati: dobbiamo fornire un pacchetto completo», ha sottolineato Ollongren parlando al quotidiano nederlandese.

Ore 05:21 - Il bilancio dell’attacco a Pokrovsk è di tre morti e 11 feriti

È di tre morti e 11 feriti il bilancio finale delle vittime dell’attacco missilistico russo di ieri a Pokrovsk, nell’oblast ucraino di Donetsk. Lo rendono noto le autorità locali citate dal Kyiv Independent, specificando che quattro condomini e una scuola sono stati danneggiati dall’attacco.

Ore 05:38 - Usa: «Militari russi male armati e male equipaggiati»

Ore 05:41 - Colpite nella notte infrastrutture nella provincia di Leopoli

Le forze russe hanno colpito stanotte infrastrutture critiche nell’oblast ucraino di Leopoli. Lo riferiscono le autorità locali su Telegram, citate dal Kyiv Independent. Non ci sono vittime, secondo il governatore regionale Maksym Kozytskyi. I vigili del fuoco sono riusciti a spegnere un incendio causato dall’attacco.

Crimine pianificato. Le prove della deportazione di (almeno) seimila bambini ucraini in Russia. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 16 Febbraio 2023.

Mosca detiene minori ucraini in 43 centri, di cui 41 utilizzati in passato come campi estivi. E il 78 per cento di queste strutture svolge una forma di “rieducazione”

LaPresse

Oltre seimila bambini ucraini di età compresa tra i quattro mesi e i 17 anni sono stati inviati dalle truppe di Vladimir Putin nei campi di rieducazione o nel sistema di adozioni russo, e diverse centinaia sono stati trattenuti nei campi di rieducazione per settimane o mesi oltre la data prevista per il ritorno. 

Già a dicembre la cosa era stata denunciata dal Washington Post, che aveva pure ricordato come ciò rappresenti una chiara violazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948. Ma adesso l’accusa è dettagliata con prove in un rapporto dello Humanitarian Research Lab (Hrl) della Yale School of Public Health, che è finanziato dal Dipartimento di Stato Usa. In conferenza stampa Nathaniel Raymond, direttore esecutivo dello Yale Hrl, ha aggiunto che ciò rappresenta anche una violazione della Convenzione di Ginevra sui diritti dei minori e la loro protezione nei conflitti armati, oltre ad altri «elementi» di diritto internazionale 

Secondo l’inchiesta, Mosca detiene minori ucraini in 43 centri, di cui 41 utilizzati in passato come campi estivi per bambini. Raymond ha anche precisato che «il 78 per cento di queste strutture svolge una qualche forma di rieducazione dei minori ucraini, principalmente provenienti da zone come Donetsk e Lugansk», nell’est dell’Ucraina. Ha aggiunto che ci sono altri minori che hanno confermato di essere stati inseriti nel sistema di adozione e negli orfanotrofi russi. In almeno due campi, la data di rientro dei bambini è stata ritardata di settimane, mentre in altri due campi il rientro di alcuni bambini è stato posticipato a tempo indeterminato

L’esperto ha messo in guardia sulla «massiccia» portata geografica di queste attività russe, perché i centri dove vengono inviati i minori ucraini si trovano in varie parti: dalla penisola di Crimea a Mosca, al Mar Nero e alla Siberia. Esiste persino una struttura del genere a Magadan, sulla costa russa del Pacifico, «più vicino alla terraferma degli Stati Uniti che a Mosca». I minori appartengono a due gruppi. Il grosso è costituito da provenienti da Donetsk e Lugansk, e il loro numero è stato calcolato sulla base dei rapporti sui trasferimenti nei campi di rieducazione. Il secondo gruppo è costituito da minorenni «evacuati» da Kherson, Kharkiv e Zaporizhzhia, e poi inseriti nel sistema di adozione russo. Raymond spiega che si sono potuti identificare circa 32 centri in cui sarebbero in corso «sforzi sistematici di rieducazione» per «esporre» i minori ucraini all’educazione militare, oltre che all’educazione accademica russa e al patriottismo culturale.

Secondo il rapporto, le autorità russe hanno cercato di fornire ai bambini un punto di vista favorevole a Mosca attraverso i programmi scolastici, le gite in luoghi patriottici e i discorsi dei veterani. Un’altra delle responsabili dello studio, Caitlin Howarth, ha specificato che quando si parla di addestramento militare non si intendono minori seduti in classe ad ascoltare ciò che dicono i loro istruttori, ma di «maneggiare armi da fuoco». «Abbiamo immagini video e fotografiche di minori che percorrono strade con ostacoli, in allenamento fisico, alla guida di veicoli e armi». Insomma, una combinazione tra i Giannizzeri dell’Impero Ottomano e i Balilla del regime fascista. 

Non ci sono prove che i piccoli siano stati mandati addirittura a combattere, almeno per ora. Secondo Raymond, però, con questi atti la Russia starebbe adottando un approccio globale a livello di governo per rieducare, reinsediare e realizzare adozioni forzate di minori ucraini. Come già fatto dal Washington Post, anche lui ha ricordato che «ciò è esattamente coerente con quanto ipotizzato da alcuni dei primi processi ai nazisti davanti al tribunale di Norimberga. Non c’è dubbio che non ci sia confusione nel diritto internazionale: le azioni della Russia sono illegali e possono costituire un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità».

Secondo il report, già 350 bambini sono stati adottati da famiglie russe. Più di mille sono in attesa di adozione. L’ambasciata russa a Washington ha replicato via Telegram: «La Russia ha accettato i bambini che sono stati costretti a fuggire con le loro famiglie dai bombardamenti. Mosca fa del suo meglio per mantenere i minorenni nelle famiglie e, in caso di assenza o morte di genitori e parenti, per trasferire gli orfani sotto tutela». «Le prove sempre più evidenti delle azioni della Russia mettono a nudo gli obiettivi del Cremlino di negare e sopprimere l’identità, la storia e la cultura dell’Ucraina», ha dichiarato il Dipartimento di Stato americano in un comunicato. «Gli impatti devastanti della guerra di Putin sui bambini ucraini si faranno sentire per generazioni».

Il rapporto chiede di fermare le adozioni e di consentire l’accesso ai campi a un organismo neutrale.

«Così l’Ucraina potrà sconfiggere la Russia»: le parole di 4 super-generali. Federico Rampini su Il Corriere della Sera il 15 Febbraio 2023

Il destino della guerra secondo quattro generali autorevoli, due americani, un canadese, un australiano: David Petraeus, Wesley Clark, Rick Hillier e Mick Ryan

Di che cosa ha bisogno l’Ucraina per vincere? Pazienza strategica da parte nostra, con tutto quello che richiede anche nel rilancio delle nostre capacità militari. Precise garanzie per la sicurezza futura dell’Ucraina: promessa di adesione alla Nato o qualcosa di simile. Un Piano Marshall per la sua ricostruzione. Un’offensiva diplomatica globale per sganciare da Putin i «non allineati» dell’Asia Africa Sudamerica. Più armi e una logistica adeguata per arrivare a minacciare il controllo russo anche sulla Crimea. Riforme interne contro la corruzione. Sono alcune idee offerte da quattro generali molto autorevoli, due americani, un canadese, un australiano. Tutti e quattro hanno alle spalle carriere operative di spicco, e oggi lavorano in compiti di consulenza (per cui hanno maggiore libertà di parola). I due statunitensi sono celebri per il pubblico italiano, gli altri due sono considerati tra i massimi esperti strategici in campo alleato. Li ho sentiti nell’ambito di un’iniziativa dell’Atlantic Council di Washington. Sono David Petraeus e Wesley Clark (Usa), Rick Hillier (Canada), Mick Ryan (Australia). Qui trovate un mio riassunto delle loro analisi, che vi dà «lo stato dell’arte» del dibattito strategico occidentale a un anno dall’invasione russa.

Wesley Clark fu il capo delle forze Nato durante la guerra del Kosovo alla fine degli anni Novanta, fu anche brevemente candidato alla nomination democratica per l’elezione presidenziale. È convinto che la posta in gioco è immensa per tutti noi, «siamo a una svolta nella storia mondiale, a seconda se l’Ucraina vince o perde, il nostro futuro sarà molto diverso». Clark sgombra il campo dal dibattito sul presunto errore che l’Occidente avrebbe fatto compattando Cina e Russia tra loro. «Non è possibile scegliere se affrontare la Russia oppure affrontare la Cina, in alternativa. Ambedue queste superpotenze vogliono smantellare l’ordine mondiale; sono collegate tra loro. E un nostro successo in Ucraina avrebbe un effetto deterrente sulla Cina». L’errore che abbiamo fatto è un altro, secondo lui: «Abbiamo rinunciato fin da principio ad una escalation verso il dominio strategico». L’allusione è alla scelta di Joe Biden e di tutta la Nato, di escludere l’imposizione di una no-fly zone per interdire lo spazio aereo ucraino ai missili russi; o in generale la rinuncia preventiva a un intervento diretto della Nato che avrebbe potuto cambiare i calcoli di Putin. Clark è preoccupato per le «incertezze europee». Ritiene che con la nostra cautela abbiamo «spostato il centro di gravità di questo conflitto dentro la testa di Putin, per cui la guerra finirà solo quando lui si convincerà finalmente che non può prevalere». Perciò dobbiamo attaccare Putin «da tutte le angolature possibili». Clark stila questo elenco. Sul piano economico dobbiamo ancora intensificare le sanzioni. Su quello legale dobbiamo preparare il terreno perché Putin sia giudicato per crimini di guerra. Su quello diplomatico dobbiamo incalzare il mondo dei non allineati. Sul terreno militare è urgente dare all’Ucraina armi di lunga portata, inclusi i caccia. Conclude osservando che «arrivare a minacciare il suo controllo della Crimea è essenziale per costringere Putin al tavolo di negoziato».

Il generale David Petraeus è stato capo delle forze multinazionali sia in Afghanistan che in Iraq, nonché capo della Cia. Vede una «estrema urgenza di approvvigionare l’Ucraina con nuove armi e munizioni, perché l’offensiva russa in corso è una minaccia seria». Non basta mandare gli aiuti militari, bisogna accompagnarli con tutta la logistica in senso lato: manutenzione, componenti, munizioni, addestramento in profondità. L’obiettivo è resistere per poi lanciare a maggio-giugno una controffensiva che prenda di mira in modo particolare la Crimea. I militari ucraini vanno accompagnati in una transizione dai vecchi arsenali sovietici (che conoscono) ai nuovi armamenti occidentali, è una riconversione che richiede investimenti importanti nella loro formazione. Petraeus vede la necessità di discutere subito sul Piano Marshall per la ricostruzione, «probabilmente da gestire in seno al G7». Va messa all’ordine del giorno anche la sicurezza futura dell’Ucraina. «Perfino Henry Kissinger ha cambiato parere e ora è favorevole al suo ingresso nella Nato». Se l’adesione alla Nato dovesse incontrare ostacoli (per esempio le obiezioni di qualche membro europeo o un veto della Turchia), per Petraeus non bisogna perdere tempo e passare all’alternativa: «Mettere insieme una coalizione dei volenterosi, tutti quei paesi che sono disposti sotto la guida degli Stati Uniti a fornire subito delle garanzie formali di difesa militare dell’Ucraina», con trattati bilaterali o multilaterali ad hoc.

Il generale canadese Rick Hillier, che ha combattuto in Afghanistan ed è stato capo di stato maggiore di una delle forze armate più integrate con quelle statunitensi, vede come priorità l’unità dell’Occidente e la tenuta della leadership di Zelensky. Lo preoccupano, nell’ordine: Paesi oscillanti e ambigui come Turchia e Ungheria; i segnali di dissenso in alcune frange del Congresso Usa; una stanchezza o assuefazione visibile anche nell’opinione pubblica canadese alla luce dei sondaggi dove molti dichiarano di «aver già fatto abbastanza per Kiev». Il ruolo di Zelensky per lui è stato decisivo in questo conflitto, non saremmo qui a parlare di resistenza ucraina un anno dopo l’invasione se non ci fosse stato alla guida del paese un personaggio così determinato. «Difendere la leadership di Zelensky significa che non possiamo costringerlo a fare concessioni inaccettabili, che lo distruggerebbero politicamente». Perciò considera importante anche il suo impegno nella lotta contro la corruzione, che deve rassicurare gli alleati sul buon uso degli aiuti.

Il generale australiano Mick Ryan (anche lui con esperienze di comando in Afghanistan, tra l’altro) rappresenta le forze armate di una nazione in prima linea nell’Indo-Pacifico e nelle strategie di contenimento dell’espansione cinese. Indica come un imperativo la ricostruzione della nostra industria militare, «che avevamo abbandonato». Vede la necessità di una nuova «architettura della sicurezza europea, in cui i Paesi del continente si assumano le loro responsabilità anziché dipendere in modo soverchiante dagli Stati Uniti». Conclude sullo stesso tema geopolitico e valoriale evocato da Clark: «Dobbiamo contrastare la narrazione di Putin e Xi Jinping sul declino dell’Occidente, in Ucraina si gioca la prova che la democrazia è un valore prezioso, che possiamo prevalere contro l’assedio degli autoritarismi».

Capo di stato maggiore Usa: nessuno può vincere il conflitto. Lorenzo Cremonesi, inviato a Kherson, Giuseppe Benedini e Redazione Online, su Il Corriere della Sera il 17 febbraio 2023.

Le notizie sulla guerra di giovedì 16 febbraio, in diretta. Risoluzione Onu per la pace: integrità territoriale di Kiev e ritiro di Mosca. Domani incontro Putin-Lukashenko a Mosca

• La guerra in Ucraina è arrivata al 358esimo giorno.

• Mosca perde uomini e mezzi, ma insiste nell’offensiva.

• La Nato incrementerà la produzione di munizioni per sostenere l'impegno bellico dell'Ucraina. Lo ha detto il segretario generale della Nato Stoltenberg.

• Nuovo pacchetto di sanzioni Ue contro Mosca per 11 miliardi. Proposte sanzioni anche contro l'Iran.

Ore 05:58 - Per le unità Wagner perdite dell’80%

La Russia sta subendo pesanti perdite durante il suo assalto continuato alla città di Bakhmut, nell’oblast orientale ucraino del Donetsk. Lo affermano le autorità di Kiev, citate dai media ucraini. Il gruppo mercenario privato Wager e agli altri i gruppi militanti sostenuti dalla Russia attivi nell’Ucraina orientale stanno perdendo fino all’80% di alcune delle loro unità d’assalto, ha dichiarato il viceministro della Difesa ucraino Hanna Malyar su Telegram.

Ore 06:22 - Putin dovrà scegliere tra sconfitta o negoziato

«Il 2023 sarà l’anno in cui Putin verrà costretto a scegliere tra la sconfitta totale, o il negoziato». Lo ha detto l’ex direttore della Cia Leo Panetta in un’intervista a La Repubblica. Per arrivare a questo successo, però, secondo l’ex capo del Pentagono e della Cia «gli alleati devono dare a Kiev tutto ciò di cui ha bisogno per difendersi, inclusi i caccia». Condanna poi i commenti di Silvio Berlusconi contro Zelensky, ma si dice sicuro che «il governo italiano resterà dalla parte della Nato».

Ore 06:29 - Wang Yi incontra Macron: «La Cina pronta a lavorare per la pace»

La Cina è pronta a lavorare con la comunità internazionale per trovare una soluzione politica e porre fine al conflitto in Ucraina il prima possibile, ha dichiarato il direttore dell’Ufficio centrale per gli Affari esteri cinese Wang Yi in un incontro con il presidente francese Emmanuel Macron. Wang è in tour europeo dal 14 febbraio: dopo la Francia, visiterà Italia, Ungheria, Russia e parteciperà anche alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. «Le parti si sono scambiate opinioni sulla questione ucraina», ha affermato il ministero degli Esteri cinese in un comunicato dopo l’incontro in Francia. Wang ha sottolineato che la Cina aderisce fermamente a una posizione obiettiva ed equa sulla questione ucraina e si sforza sempre di contribuire alla riconciliazione e ai colloqui di pace. «La Cina attribuisce grande importanza al ruolo della Francia come grande paese indipendente ed è pronta a lavorare con la comunità internazionale, compresa la Francia, per cercare un modo per una soluzione politica e per il cessate il fuoco il prima possibile, per porre fine alla guerra il prima possibile», ha detto Wang.

Ore 07:11 - Pronta una risoluzione di pace dell’Onu

La prossima settimana l’Assemblea generale delle Nazioni Unite voterà una bozza di risoluzione in cui si sottolinea «la necessità di raggiungere, il prima possibile, una pace globale, giusta e duratura» in Ucraina.Il voto si terrà il 24 febbraio, un anno esatto dopo l’invasione russa, secondo quanto riferisce Reuters. L’Onu, dunque, chiederà di nuovo a Mosca di ritirare le sue truppe dall’Ucraina e cessare le ostilità.

Ore 07:28 - Missili sulla regione di Leopoli, danni ad una infrastruttura

Nelle prime ore di questa mattina, un raid russo sulla regione di Leopoli, nell’Ucraina occidentale, ha danneggiato una infrastruttura critica: lo scrive su Telegram il governatore della regione, Maksym Kozytskyi, il quale ha precisato che non ci sono vittime e che l’incendio che si è sviluppato dopo l’attacco è stato domato. In molte città di tutto il Paese sono suonate le sirene di allarme aereo. L’ufficio stampa dell’Aeronautica ucraina ha comunicato che la difesa aerea del Paese ha abbattuto nella notte 16 missili su un totale di 32 lanciati dalle forze russe contro obiettivi sull’intero territorio ucraino.

Ore 08:20 - Secondo le forze armate di Kiev, la Russia avrebbe perso 140 mila soldati

Nel loro ultimo aggiornamento sulla situazione dei fronti, le forze armate ucraine sostengono che l’Armata di Mosca avrebbe perso circa 140 mila soldati. Nelle ultime 24 ore i soldati russi morti in battaglia sono stati 690 per un totale di 140.460 dallo scorso 24 febbraio.

Ore 08:45 - «Così l’Ucraina potrà sconfiggere la Russia»: le parole di 4 super-generali

(di Federico Rampini) Di che cosa ha bisogno l’Ucraina per vincere? Pazienza strategica da parte nostra, con tutto quello che richiede anche nel rilancio delle nostre capacità militari. Precise garanzie per la sicurezza futura dell’Ucraina: promessa di adesione alla Nato o qualcosa di simile. Un Piano Marshall per la sua ricostruzione. Un’offensiva diplomatica globale per sganciare da Putin i «non allineati» dell’Asia Africa Sudamerica. Più armi e una logistica adeguata per arrivare a minacciare il controllo russo anche sulla Crimea. Riforme interne contro la corruzione. Sono alcune idee offerte da quattro generali molto autorevoli, due americani, un canadese, un australiano. Tutti e quattro hanno alle spalle carriere operative di spicco, e oggi lavorano in compiti di consulenza. Qui trovate un mio riassunto delle loro analisi, che vi dà «lo stato dell’arte» del dibattito strategico occidentale a un anno dall’invasione russa.

Ore 09:06 - Ucraina, la prima visita del ministro degli Esteri israeliano dall’inizio del conflitto

Eli Cohen, il ministro degli Esteri di Israele, è arrivato a Kiev per la prima visita ufficiale in Ucraina di un esponente del suo governo dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Cohen incontrerà il presidente ucraino, Zelensky e l’omologo Dmytro Kuleba. In precedenza Israele aveva cercato di mantenere la neutralità tra le parti in guerra. Durante la sua visita, il ministro degli Esteri dovrebbe riaprire completamente l’ambasciata israeliana a Kiev. La missione diplomatica «tornerà alla continua attività, con l’obiettivo di rafforzare le relazioni tra i Paesi», ha affermato Cohen in una nota. Israele ha inviato aiuti umanitari all’Ucraina durante il conflitto, ma ha smesso di consegnare armi. Il primo ministro, Benjamin Netanyahu ha detto all’inizio del mese che sta «certamente valutando» di inviare aiuti militari all’Ucraina, in un’intervista alla Cnn.

«È impossibile rimanere indifferenti davanti alle scene e le fosse comuni che abbiamo visto», ha detto Cohen che ha iniziato a Bucha la sua visita in Ucraina. «Siamo qui in una importante visita di solidarietà al popolo ucraino. Sono arrivato oggi per la prima vista di un ministro israeliano dall'inizio delle ostilità. In questo anno, Israele è stato a fianco dell'Ucraina e del popolo ucraino. Oggi alzeremo la bandiera israeliana sull'ambasciata israeliana a Kiev, che tornerà alla sua attività con l'obiettivo di rafforzare i rapporti fra i nostri paesi».

Ore 09:18 - Zelensky ringrazia la Norvegia per il pacchetto di aiuti da 7 miliardi di dollari

Zelensky ha ringraziato la Norvegia per aver approvato in Parlamento un pacchetto di aiuti da 7 miliardi di dollari in 5 anni. Il presidente dell'Ucraina, in collegamento video con i parlamentari ha detto che «questo pacchetto di aiuti rende entrambi i nostri Paesi più forti. Vi ringrazio per questo importante esempio di resilienza a livello internazionale che arriva ora dalla Norvegia», rivolgendosi a Jonas Gahr Store, primo ministro norvegese.

Ore 09:39 - Crosetto: «Dall'Ucraina richiesta di attrezzature contro attacchi nucleari, batteriologici e chimici»

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto , nella sua audizione sulle linee programmatiche alle commissioni riunite Difesa Camera ed Esteri e Difesa Senato, ha spiegato che dall'Ucraina è arrivata la richiesta «attrezzature di difesa da attacchi di tipo nucleare, batteriologico e chimico (Nbcr). Probabilmente come Italia le daremo, fanno meno notizia dei tank ma sono anche più preoccupanti». Si spera in un cessate il fuoco, che comunque non significa la fine della guerra in Ucraina, ma «oggi non mi pare che ci siano le condizioni».

«Ho parlato di tempi più lunghi auspicando di sbagliarmi. Guardo quello che succede. Vedo che la Russia ha reclutato 300 mila persone e le butta al fronte. L'Ucraina non può consentire che le aree occupate restino russe, né la Russia può permettersi di perderle», ha detto il ministro. «Ad ogni riunione Kiev chiede rinforzi perché ogni giorno cadono bombe e ci sono truppe che cercano di occupare città. Tutti i giorni suona una sirena che ti dice di andare nei rifugi», ha continuato, segnalando che «si parla sempre di armi ma sono arrivate richieste anche più preoccupanti».

Ore 09:44 - Lukashenko: «Bielorussia nel conflitto solo se attaccata». Domani l'incontro con Putin

La Bielorussia si unirà all'offensiva russa «solo se almeno un militare ucraino invaderà il nostro territorio con l'intento di uccidere i nostri cittadini. Se commetteranno un'aggressione contro la Bielorussia, la nostra risposta sarà la più brutale possibile. E la guerra assumerà un carattere completamente diverso» : lo ha detto il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko che domani (venerdì 17 febbraio) incontrerà Putin nella residenza di Novo-Ogaryovo fuori Mosca. Il presidente bielorusso ha aggiunto che la Russia non gli ha mai chiesto di unirsi al conflitto, riferisce l'agenzia di stampa "Belta".

Ore 10:03 - I missili russi colpiscono «infrastrutture critiche» nel Dnipropetrovsk e Kirovohrad

La notte scorsa la Russia ha messo a segno il quindicesimo attacco su larga scala ai danni dell'Ucraina dall'inizio dell'invasione. Sono stati colpiti obiettivi nelle regioni di Dnipropetrovsk e Kirovohrad e nel nord e nell'ovest del Paese: come reso noto su Telegram dal capo di gabinetto del presidente Zelensky, Andriy Yermak. Yermak ha aggiunto che le forze russe hanno cambiato tattica, utilizzando finti obiettivi per operazioni di sorveglianza prima degli attacchi per confondere la difesa aerea di Kiev. «Tuttavia - ha sottolineato -, le unità di difesa aerea hanno abbattuto la maggior parte dei missili e degli UAV del nemico». L'Aeronautica militare ha poi precisato che alcuni di missili X-22 hanno colpito infrastrutture critiche in varie regioni.

Ore 10:29 - Bce: «Con la guerra prezzi del gas sensibili alle oscillazioni. Per Ue rischio stoccaggio per l'inverno 2023-2024»

«La flebile attività economica mondiale e l'elevata incertezza geopolitica, soprattutto a causa dell'aggressione ingiustificata della Russia all'Ucraina e alla sua popolazione, continuano a creare condizioni sfavorevoli alla crescita dell'area dell'euro. Tali circostanze sfavorevoli, unitamente all'elevata inflazione e alle condizioni di finanziamento più restrittive, frenano la spesa e la produzione, in particolare nel settore manifatturiero». È quanto si legge nel bollettino economico della Bce che segnala anche come «la guerra ha sia ridotto l'offerta di gas all'Ue e anche generato rischi per l'offerta futura. L’Ue potrebbe affrontare maggiori sfide nel ricostituire i livelli di stoccaggio del gas prima dell’inverno 2023-2024». Con l’esaurirsi delle forniture di gas dalla Russia, l’Unione europea si è dovuta orientare verso i mercati mondiali di gas naturale liquefatto (Gnl). Se «da un lato ciò ha attenuato i problemi immediati di approvvigionamento», dall’altro lato ha fatto sì che «la fornitura e i prezzi del gas nell’Ue siano diventati più sensibili alle oscillazioni della domanda di energia proveniente dal resto del mondo, in particolare dalla Cina».

Ore 10:44 - Papa Francesco: «Il mondo è in guerra, andiamo verso il baratro. Sono pessimista»

«Dobbiamo aprire gli occhi sul mondo perché tutto il mondo è in guerra! La Siria da 12 anni e poi lo Yemen, il Myanmar con il dramma dei Rohingya. Anche in America Latina ci sono tensioni e conflitti. E poi questa guerra in Ucraina. Tutto il mondo è in guerra, ricordiamocelo bene. Io mi domando: l'umanità avrà il coraggio, la forza o persino l'opportunità di tornare indietro? Si va avanti, avanti verso il baratro. È una domanda che io mi faccio. Mi dispiace dirlo, ma sono un po' pessimista». Così Papa Francesco ai Gesuiti d'Africa durante gli incontri privati avvenuti nella Repubblica del Congo e in Sud Sudan e di cui dà conto oggi la rivista "La Civiltà Cattolica".

«C'è ancora tanta fame nel mondo e noi continuiamo a fabbricare le armi. È difficile tornare indietro da questa catastrofe. E non parliamo delle armi atomiche! Credo ancora in un lavoro di persuasione. Noi cristiani dobbiamo pregare tanto. Non solo si uccide, ma lo si fa crudelmente - ha detto il Papa -. Anche le notizie che arrivano dall'Ucraina ci parlano di crudeltà. E qui in Congo lo abbiamo ascoltato dalle testimonianze dirette delle vittime».

Ore 11:05 - Metsola: «Berlusconi? Non condivido le parole su Zelensky»

(di Francesca Basso) Roberta Metsola, presidente dell'Europarlamento: «Berlusconi? Non solo la mia posizione personale ma anche quella del Parlamento Ue è sempre stata a favore del popolo ucraino e contro il Cremlino. Non condivido le parole di domenica sera. Mi hanno confortato le parole del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri. A Roma avrò solo incontri con cariche istituzionali».

Ore 11:44 - Era fuggito dall'Ucraina, tenore muore durante le prove a Ravenna

(di Redazione Spettacoli) Fuggito dalla guerra in Ucraina, il 46enne tenore Oleh Yarovyi aveva trovato rifugio a Ravenna grazie a una iniziativa organizzata tra gli altri anche dal Ravenna Festival. Yarovyi è morto la sera di San Valentino, martedì scorso, al cineteatro «Silvio Pellico» di Sarsina (Forlì-Cesena), durante le prove per la «Serata di lirica», a sostegno degli artisti ucraini costretti a lasciare il loro Paese. Yarovyi si è accasciato a terra poco dopo avere finito di cantare, morendo sotto agli occhi della moglie, la soprano Nataliia Krasovska. La coppia era fuggita dall’Ucraina l’anno scorso ad aprile. Con il figlio di 8 anni, avevano chiesto asilo a Ravenna come profughi di guerra.

Ore 11:47 - Wagner: «Senza burocrati militari avremmo preso Bakhmut lo scorso anno»

Il capo della brigata Wagner, Evgenij Prigozhin, contro la burocrazia militare russa: «Avremmo preso Bakhmut già prima della fine dello scorso anno se non ci avesse messo i bastoni tra le ruote come fa ogni giorno» . Oltre a un attacco al ministro della difesa Sergey Shoigu, al quale senza nominarlo, lancia una pesante frecciata: «Da un salone di bellezza fuori città, da un ufficio da 500 mq, durante un trattamento per ringiovanire o qualsiasi altro massaggio cosmetico, non puoi condurre i soldati in battaglia! È impossibile controllare i soldati in guerra da enormi uffici. Un soldato non è un gioco per il computer, non ha una dozzina di vite. Ogni soldato deve essere curato. Finché non si prende Bakhmut ci devono essere altri successi».

Ore 11:53 - Lukashenko a Biden: «Venga a Minsk a incontrare Putin»

«Se vuole la pace in Ucraina» Joe Biden dovrebbe «venire a Minsk per un colloquio serio» con Vladimir Putin, invece di «andare in Polonia». «Possiamo vederci noi tre, due aggressori e un presidente pacifista», ha aggiunto ironicamente Lukashenko, citato da Ria Novosti, dicendo però di ritenere «improbabile» che il presidente Usa accetti l'invito.

Ore 12:36 - La prima ministra francese: «Aiuto europeo continuerà a essere massiccio»

«Tra otto giorni sarà passato esattamente un anno dall'inizio della guerra di aggressione russa contro l'Ucraina. L'Europa ha dimostrato la sua unità di fronte a questa tragedia che riguarda tutti noi. Siamo al fianco dell'Ucraina e il nostro aiuto continuerà a essere massiccio». A dirlo è stata la prima ministra francese Elisabeth Borne in un punto stampa congiunto con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a Bruxelles. «L'obiettivo dei pacchetti di sanzioni è semplice: soffocare l'economia russa e impedirle di finanziare questa guerra immotivata e ingiustificata».

Ore 12:45 - Svizzera, confische da 130 milioni all'entourage dell'ex presidente ucraino Yanukovich

Il governo Svizzero ha avviato un procedimento per confiscare beni per oltre 130 milioni di franchi svizzeri (circa 131.7 milioni di euro), che si presume siano di «origine illecita», appartenenti a personaggi politici legati all'ex presidente ucraino Viktor Yanukovich , deposto nel 2014. Poco dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio 2022, il governo svizzero ha iniziato a valutare i casi in cui si potevano avviare procedimenti di confisca e il 25 maggio scorso ha affidato al Dipartimento federale delle Finanze (Dff) il compito di avviare il primo procedimento per la confisca di circa 100 milioni di franchi. Successivamente, è stato avviato di un altro procedimento per ulteriori 30 milioni di franchi. I beni resteranno congelati in attesa di essere restituiti al popolo ucraino in base a un accordo internazionale.

Ore 12:54 - Tajani: «La Cina convinca la Russia a sedersi al tavolo di pace»

Dopo aver incontrato Macron, il capo dell'Ufficio della Commissione Centrale per gli Affari Esteri del Partito Comunista Cinese e fedelissimo di Xi Jinping, l'ex ministro degli Esteri Wang Yi vedrà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro Tajani a Roma. Tajani auspica che «la Cina possa svolgere un ruolo importante per convincere la Russia a sedersi a un tavolo di pace, perché quella in Ucraina è una guerra che dura da troppo tempo e ha fatto troppi morti, e convinca la Russia a rispettare il diritto internazionale».

Ore 13:04 - Il Parlamento europeo chiede alla Russia il rilascio di Navalny e degli altri prigionieri politici

Il Parlamento europeo ha chiesto alla Russia il rilascio di Alexei Navalny e «di tutti gli altri coraggiosi prigionieri politici che lottano per la democrazia russa». Gli eurodeputati chiedono anche le condizioni di detenzione dei prigionieri politici come Navalnyj, che è stato sottoposto a maltrattamenti, tra cui la tortura, e rischia una nuova condanna fino a 25 anni, siano «conformi agli obblighi internazionali della Russia. In particolare, Navalnyj ha bisogno di avere accesso a medici di sua scelta e ai suoi avvocati, nonche' di comunicare con la sua famiglia».

Ore 13:21 - Vie libera Pe: aiuti a Kiev finché serve, anche invio jet

Via libera dell’Eurocamera alla risoluzione, presentata ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, in cui si chiede di fornire a Kiev «aiuti militari per tutto il tempo necessario». Nel testo si invita la Commissione a «prendere in seria considerazione la fornitura di aerei da combattimento, elicotteri, sistemi missilistici e un aumento delle munizioni. Il via libera è arrivato con con 444 voti favorevoli, 26 no e 37 astensioni. La risoluzione chiede di utilizzare i beni russi congelati dall’Ue per ricostruire l’Ucraina, rafforzare le sanzioni contro Mosca e i suoi alleati e avviare i negoziati di adesione con Kiev quest’anno.

Ore 13:45 - Difesa britannica: «Posizioni delle truppe russe e gli ultimi attacchi in Ucraina»

Ore 14:08 - Frammento di missile russo cade sulla Moldavia

La Ukrainska Pravda riporta del ritrovamento di un frammento di missile russo sul territorio della Moldavia dopo l'ultimo raid delle forze armate di Mosca. «Una pattuglia della polizia di frontiera ha trovato un frammento di razzo nella zona di Larga nel distretto di Brychansky», ha spiegato un funzionario di Chisinau.

Ore 14:10 - Forte esplosione in Crimea

Una forte esplosione ha scosso oggi la Crimea occupata: lo riporta il sito di notizie polacco Onet, che pubblica alcune foto della deflagrazione postate su Twitter dal profilo NOELreports. Secondo il sito, l'esplosione sarebbe avvenuta ad Armyansk, nel nord della penisola annessa alla Russia nel 2014.

Ore 14:16 - La Russia espelle quattro diplomatici austriaci

La Russia ha deciso di espellere quattro diplomatici austriaci che dovranno lasciare il Paese entro il 23 febbraio. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri, citato dall'agenzia Tass. Il provvedimento sarebbe stato preso in risposta alla decisione dell'Austria di espellere quattro diplomatici russi a inizio mese. Il ministro russo ha comunicato in una nota che l'Austria ha rovinato la sua posizione di rispettato stato neutrale.

Ore 15:46 - Il cancelliere Scholz alla Casa Bianca da Biden il 3 marzo

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz sarà ricevuto da Joe Biden alla Casa Bianca il prossimo 3 marzo. Lo ha annunciato la portavoce dell’amministrazione Usa.

Ore 15:56 - Cohen: aiuteremo Kiev a sviluppare un sistema di allerta missili

Israele darà fino a 200 milioni di dollari in garanzie di prestito all’Ucraina da destinare a progetti sanitari e di infrastrutture civili e aiuterà il Paese sotto attacco a «sviluppare un sistema rapido di allerta (missilistica)». Lo ha annunciato il ministro degli Esteri dello Stato ebraico, Eli Cohen, da Kiev dove si è recato in visita, la prima di un alto rappresentante israeliano dall’inizio dell’invasione russa un anno fa.

Ore 16:00 - Risoluzione Onu per pace: integrità dell’Ucraina e ritiro di Mosca

A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, l’Assemblea Generale Onu voterà la prossima settimana una risoluzione che sottolinea «la necessità di raggiungere, quanto prima, una pace globale, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite». Nella bozza diffusa ai paesi membri, di cui l’Ansa ha avuto copia, «si ribadisce l’impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’unità e integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti», e si chiede nuovamente alla Russia di «ritirare immediatamente» le sue truppe.

Ore 16:46 - Spiò per la Russia, britannico sarà giudicato per «tradimento»

Sarà giudicato per «tradimento» l’ex guardia giurata dell’ambasciata britannica in Germania - e veterano dell’esercito di Sua Maestà - David Ballantyne Smith, 58 anni, sotto processo dinanzi alla corte londinese di Old Baileys con l’accusa di aver spiato per conto di Mosca in odio al suo mondo. Lo ha preannunciato il giudice Mark Wall, alla vigilia d’una sentenza che si attende molto severa, anche sullo sfondo dell’escalation del confronto fra Regno Unito e Russia seguita all’invasione dell’Ucraina: con una pena prevista fino a 14 anni di carcere, a prescindere dal fatto che Smith non avesse accesso a segreti d’alto livello. L’imputato si è dichiarato colpevole durante il processo, ma ha sostenuto di aver consegnato, in cambio della promessa di qualche centinaio di sterline, informazioni sui numeri di telefono e altri dati relativi al personale della sede diplomatica di Londra a presunti emissari dell’intelligence militare russa (Gru) - in realtà agenti provocatori del controspionaggio di Londra presentatisi sotto i falsi nomi di Dmitri e Irina - solo le due volte in cui è stato intercettato. E solo per «imbarazzare» il Regno. Ma il giudice ha chiarito di ritenere questa versione non credibile e d’essersi convinto che Smith avesse iniziato a raccogliere materiale già dal 2018-19 con l’idea di consegnarlo ai russi.

Ore 16:53 - Ministero Difesa russo: tornati in patria 101 prigionieri liberati

La Russia ha ottenuto la liberazione di 101 prigionieri di guerra dall’Ucraina. Lo ha reso noto il ministero della Difesa di Mosca. «In seguito a un processo negoziale complesso, 101 militari delle forze armate russe sono tornati dal territorio controllato dal regime di Kiev», si legge nel comunicato. I soldati rilasciati faranno ritorno a Mosca su aerei da trasporto delle forze aerospaziali russe per ricevere cure e riabilitazione nelle istituzioni mediche del ministero della Difesa.

Ore 17:08 - Capo di stato maggiore Usa: nessuno può vincere la guerra

Né l’Ucraina né la Russia saranno in grado di vincere la guerra. Lo sostiene in un’intervista al Financial Times il capo di stato maggiore Usa, il generale Mark Milley, per il quale il conflitto può solo finire al tavolo dei negoziati. «Sarà praticamente impossibile per i russi raggiungere i loro obiettivi ed è improbabile che la Russia riesca a conquistare l’Ucraina. Non succederà», ha dichiarato il leader militare sottolineando anche come «è molto, molto difficile che le forze di Kiev riescano a cacciare quelle di Putin dai loro territori».

Milley ha anche spiegato che a quasi un anno dalla guerra in Ucraina, il Pentagono sta facendo un inventario delle sue scorte di armi per valutare se sia necessario aumentare le spese per far fronte ai bisogni, soprattutto di munizioni, di Kiev.

Ore 17:18 - Il punto militare | Mosca perde uomini e mezzi ma insiste nell’offensiva

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Mosca perde intere unità, mezzi, singoli soldati. Però insiste nella sua offensiva. Kiev non cede ma sacrifica uomini e non rinuncia a progettare future offensive. È il pendolo della guerra tra successi e sconfitte parziali, un andamento logorante che permette agli osservatori di scegliere ciò che preferiscono.

L’Istituto di studi strategici di Londra ha affermato in un report che i russi hanno subito la distruzione del 40/50 per cento dei tank più moderni e li rimpiazza con corazzati meno moderni, conservati però in gran numero nei depositi. Una decimazione provocata da tattiche dissennate, scarsa preparazione, qualità delle armi in dotazione agli ucraini. I sistemi Javelin e simili, le mine tradizionali e quelle più moderne, l’artiglieria combinata con l’uso dei droni hanno avuto un grande impatto. Le numerose testimonianze — da prendere sempre con cautela per schivare la propaganda — raccontano di marinai trasformati in fanti, di personale con training carente, di poco coordinamento.

Ore 17:31 - Il nuovo premier della Moldavia Dorin Recean ottiene la fiducia in parlamento

Le truppe russe hanno lanciato un attacco contro l’oblast di Sumy, nel nord dell’Ucraina. Sono state bombardate - secondo quanto riportato dal Kiev Independent, citando l’amministrazione militare - le comunità di Velyka Pysarivka, Esman, Khotin, Bilopollia, Novoslobidske, Krasnopillia e Shalyhyne. Non sono state segnalate vittime, ma sono state danneggiate quattro case, oltre a fabbricati agricoli.

Ore 17:52 - Regno Unito e Polonia agli alleati: accelerare sulle armi a Kiev

«Accelerare» nell’invio di aiuti militari a Kiev fin «dalle prossime settimane», in termini sia di nuove armi per contrastare la Russia sia di programmi di «addestramento di piloti ucraini all’uso di jet da combattimento di standard Nato»: è l’appello congiunto rivolto oggi agli alleati occidentali dal premier britannico Rishi Sunak e dal presidente polacco Andrzej Duda, ospite nel pomeriggio a Downing Street per un faccia a faccia, in vista del prossimo vertice dell’Alleanza Atlantica in programma a Vilnius, in Lituania.

Ore 18:08 - Ucraina: «Scambio di 202 prigionieri tra Mosca e Kiev»

Russia e Ucraina si sono scambiati 202 prigionieri, stando alle dichiarazioni rilasciate dal ministero della Difesa russo e dalla presidenza ucraina. Il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak - ripreso da Interfax-Ukraine - ha annunciato che 100 militari e un civile ucraini sono stati rilasciati dalla Russia. «Novantaquattro di loro sono difensori di Mariupol, tra cui 63 soldati dell’Azovstal. I loro familiari li stavano aspettando da tanto tempo», ha dichiarato Yermak. Precedentemente, il ministero della Difesa di Mosca aveva annunciato che 101 militari russi prigionieri erano stati rilasciati dall’Ucraina «in seguito a un processo di negoziati». «A tutti i rilasciati viene fornita l’assistenza medica e psicologica necessaria», ha dichiarato il ministero della Difesa russo secondo l’agenzia Interfax.

Ore 19:29 - Zelensky esclude di cedere territori in accordo pace

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un’intervista rilasciata alla Bbc esclude la possibilità di cedere territori alla Russia in un eventuale accordo di pace. A suo parere, fare concessioni territoriali significherebbe che la Russia potrebbe «continuare a tornare».

Ore 02:14 - Nuovo attacco russo nell’oblast di Sumy

Le truppe russe hanno lanciato un attacco contro l’oblast di Sumy, nel nord dell’Ucraina. Sono state bombardate - secondo quanto riportato dal Kiev Independent, citando l’amministrazione militare - le comunità di Velyka Pysarivka, Esman, Khotin, Bilopollia, Novoslobidske, Krasnopillia e Shalyhyne. Non sono state segnalate vittime, ma sono state danneggiate quattro case, oltre a fabbricati agricoli.

Estratto dell’articolo di Jacopo Iacoboni per “la Stampa” il 16 febbraio 2023.

«Mai un regime totalitario è stato così forte come prima del crollo. Credetemi, ci sono persone molto più rispettabili dietro le sbarre che nel partito «Distruggi la Russia» (un sarcasmo sul nome di United Russia, il partito di Putin, ndr). È improbabile che io arrivi alla libertà condizionale: i cambiamenti ci raggiungeranno prima». Insomma, crollerete prima voi di me.

 Chi parla così è Maria Ponomarenko, la giornalista che raccontò, assai semplicemente, che l'attacco al teatro di Mariupol era stato un bombardamento russo, e che era stato un massacro. Ieri è stata condannata in Russia a sei anni di galera e cinque anni di interdizione da qualunque attività giornalistica e digitale.

Secondo il tribunale distrettuale Leninsky di Barnaul, Ponomarenko è colpevole di aver scritto un post sul canale Telegram «No Censorship» sui residenti di Mariupol morti durante il bombardamento russo del teatro cittadino. Cose semplicissime, ma evidentemente di un coraggio inaudito in Russia adesso.

Ponomarenko, secondo quanto riferisce Novaya Gazeta, si era tagliata le vene nel centro di detenzione preventiva a settembre. Secondo RusNews, soffre di claustrofobia e le è stato diagnosticato un disturbo della personalità. In sostanza, l'hanno fatta ammalare, o hanno inventato tout court che fosse pazza, e spedita in un centro di detenzione psichiatrica. Uno dei canoni più cupi degli universi concentrazionari.

[…]

L'invasione russa. Zelensky: "Se il mondo temporeggia avvantaggia Putin. Se vince, Mosca punterà armi su Paesi vicini". Il presidente ucraino in videocollegamento con Monaco, dove è in corso la Conferenza sulla sicurezza. Scholz: "Chi può mandare tank a Kiev lo faccia ora". Rainews il 17/02/2023

03:50 17 Febbraio

Forze russe attaccano zona residenziale a Bakhmut, 5 morti

L'artiglieria e i razzi russi hanno colpito una zona residenziale a Bakhmut nel Donetsk. È quanto ha riferito l'ufficio del procuratore generale. Nell'attacco sono morte cinque persone e altre nove sono rimaste ferite. Secondo il 'Kyiv independent', il vice primo ministro ucraino Iryna Vereshchuk ha fatto sapere che 6.000 civili vivono ancora nella città di Bakhmut e li ha esortati ad abbandonare le loro case prima possibile. Le truppe russe hanno colpito anche le comunità di Velyka Pysarivka, Esman, Khotin, Bilopollia, Novoslobidske, Krasnopillia, Shalyhyne, secondo quanto riferito dall'amministrazione militare di Sumy.

04:00 17 Febbraio

Mosca: Il sostegno all'attacco in Crimea è la conferma del coinvolgimento americano

"Le dichiarazioni rilasciate dal sottosegretario per gli affari politici del Dipartimento di Stato americano Victoria Nuland  in merito al sostegno agli attacchi dell'ucraina in Crimea sono una chiara conferma del fatto che gli Stati Uniti sono direttamente coinvolti nel conflitto. Mosca considera questa posizione come una chiara manifestazione dell'atteggiamento bellicoso nei suoi confronti". Lo dichiara - secondo quanto riferito dalla Tass - il portavoce dell'ambasciata russa negli Stati Uniti, Igor Girenko. "l'Amministrazione Usa sta alimentando le ambizioni del regime di Kiev - ha aggiunto - di attaccare il nostro paese. Dovrebbe finalmente diventare ovvio per l'intera comunità internazionale che gli Stati Uniti sono il vero istigatore del conflitto in ucraina".  03:58

05:15 17 Febbraio

Biden parlerà sull'anniversario dell'invasione dell'Ucraina il 21 Febbraio, lo stesso giorno di Putin

Joe Biden terrà un discorso in vista del primo anniversario dell'inizio della "brutale e non provocata invasione dell'Ucraina" il 21 febbraio al castello reale di Varsavia, alle 17.30 locali.  Lo rende noto la Casa Bianca. È lo stesso giorno in cui è previsto il discorso di Vladimir Putin. In una sorta di sfida a distanza, Biden affronterà "il modo in cui gli Stati Uniti hanno mobilitato il mondo per sostenere il popolo ucraino mentre difende la sua libertà e democrazia, e come continueremo a stare con il popolo ucraino per tutto il tempo necessario". 

05:58 17 Febbraio

Zelensky alla Berlinale: Russia vuole un nuovo muro

Un videomessaggio di Volodymyr Zelensky è stato proiettato nel corso della serata inaugurale del Festival del cinema di Berlino. "La Russia ha scatenato una guerra contro l'Ucraina, una guerra che dura da ormai quasi un anno, distruggendo città, uccidendo uomini. L'arte può restare fuori dalla politica? No, quando è una politica di aggressione. In questo caso l'arte non può essere neutrale", ha affermato il presidente ucraino rivolto alla platea della Berlinale. "Berlino è stata a lungo una città divisa da un muro, un muro che divideva civiltà e tirannia, democrazia e totalitarismo. Era un muro che divideva le persone ma anche la loro cultura, le loro filosofie. Ora la Russia vuole ricostruire lo stesso muro da noi", ha avvertito. "Vuole costruire un muro tra noi e l'Europa". "In tempi come questi, in una situazione come questa, l'arte non può restare fuori, non può essere indifferente, non può essere neutrale. Deve pronunciarsi, deve esplicitare la sua posizione. Certo, tecnicamente il cinema, un film, non possono cambiare il mondo. Ma un buon film puo' influenzare, puo' ispirare, puo' contribuire a cambiare il mondo", ha concluso. "Il vostro sostegno e' importante per noi; ci separano centinaia di chilometri ma siamo fianco a fianco. Parliamo lingue diverse ma parliamo la stessa lingua. Oggi l'Ucraina è la fortezza del mondo libero, noi difendiamo questa fortezza per noi, col vostro aiuto, e la difendiamo anche per voi". 

06:56 17 Febbraio

Zelensky: "Europa non può essere neutrale"

07:55 17 Febbraio

Wang Yi: cercare una soluzione accettabile per tutti

Di fronte a una situazione complicata come quella della guerra in Ucraina bisogna insistere per trovare una "soluzione accettabile per tutti". È quanto ha detto il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, Wang Yi, nel colloquio avuto ieri a Roma con il ministro degli Esteri Antonio Tajani. "Quello che la Cina ha sempre fatto è di promuovere la pace e i negoziati", ha affermato Wang, secondo una nota della diplomazia cinese diffusa nella notte. Quanto più complicata è la situazione, "tanto più è necessario insistere negli sforzi politici e diplomatici per trovare una soluzione accettabile per tutte le parti".

07:58 17 Febbraio

Esercito Kiev: morti in battaglia oltre 140mila soldati russi

 Secondo lo Stato maggiore ucraino l'esercito russo ha perso in battaglia dal 24 febbraio 2022, giorno dell'invasione, più di 141.000 militari. Nel suo report quotidiano, citato da Unian, ha riferito che nelle ultime 24 ore sono rimasti uccisi nei combattimenti 800 soldati della Federazione.   "Ora le perdite del nemico ammontano a 141.260 invasori, superata un'altra linea rossa", ha riferito lo Stato maggiore delle forze armate ucraine sulla sua pagina Facebook .

07:58 17 Febbraio

Il momento in cui il medico Usa è stato ucciso dal missile russo (video)

08:17 17 Febbraio

Intelligence Gb: in Ucraina morti fino a 60mila soldati russi

Circa 60.000 militari russi potrebbero essere stati uccisi in poco meno di un anno di guerra in Ucraina e la percentuale di vittime "è aumentata in modo significativo dal settembre 2022, quando è stata imposta la mobilitazione parziale". Lo riferisce l'intelligence britannica nel suo ultimo bollettino sulla guerra in Ucraina, citato dal Guardian. Le reclute arruolate dal gruppo russo di mercenari Wagner potrebbero avere una percentuale di vittime del 50%, una su due.

09:09 17 Febbraio

Oggi a Monaco Conferenza sulla sicurezza. Zelensky interverrà in videoconferenza

Il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, interverrà oggi all'apertura della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Il discorso in videoconferenza è stato annunciato dal governo tedesco, il cui cancelliere, Olaf Scholz, terrà un discorso alle 14:15, subito dopo quello di Zelensky. 

La situazione in Ucraina è al centro degli incontri di Monaco, a cui partecipano, tra gli altri, la vice presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, il presidente francese, Emmanuel Macron, il primo ministro britannico, Rishi Sunak, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

La Conferenza inizierà ufficialmente nel pomeriggio, anche se già questa mattina si stanno svolgendo diversi dibattiti e tavole rotonde con interventi, tra gli altri, del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e dell'amministratore delegato dell'International Fondo monetario, Kristalina Georgieva.

09:29 17 Febbraio

Kiev: i civili a Bakhmut lascino immediatamente la città

Il governo ucraino ha esortato i circa 6.000 civili che, secondo i suoi calcoli, sono ancora a Bakhmut a lasciare immediatamente la città, bersaglio di continui attacchi da parte delle forze russe. "Devono evacuare immediatamente" la città, dove "l'artiglieria nemica" sta attaccando le aree residenziali, ha detto il vice primo ministro ucraino, Iryna Vereshchuk, sul suo canale Telegram. 

Solo nell'ultimo giorno, cinque civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi, ha aggiunto Vereshchuk, che è rimasta sorpresa dal fatto che in città vi siano ancora 6.000 civili. Bakhmut è una delle roccaforti delle truppe ucraine nella regione orientale di Donetsk ed è considerata la chiave per accedere a Sloviansk e Kramatorsk, i più grandi centri della regione controllate dalle forze di Kiev. Pertanto, la sua conquista è uno dei principali obiettivi attuali delle truppe russe.

08:24 17 Febbraio

La visita di Gleeson (Game of Thrones) a Kiev interrotta da un allarme aereo (video)

09:49 17 Febbraio

Kiev: istruttori iraniani nel Lugansk per addestrare le truppe russe all'uso dei droni

Secondo lo Stato maggiore dell'esercito ucraino, istruttori militari dall'Iran sono arrivati nella zona del Lugansk occupata per addestrare le truppe russe all'uso di nuovi sistemi aerei senza pilota in grado di lanciare missili aria-terra e sganciare bombe. Lo scrive Unian.

09:53 17 Febbraio

Mordvichev nuovo comandante del distretto militare centrale della Russia

Il tenente generale Andrey Mordvichev è stato nominato comandante del distretto militare centrale della Russia. Lo ha riferito il portale d'informazione Rbc, precisando che prende il posto del generale Alexander Lapin, che il mese scorso è stato promosso capo di Stato maggiore delle forze di terra russe.

L'anno scorso Mordvichev aveva guidato le truppe russe alla conquista della città portuale meridionale di Mariupol, culminata con la presa delle acciaierie Azovstal dopo un lungo assedio.

10:08 17 Febbraio

Mosca: il coinvolgimento della Nato nel conflitto è massimo

Il coinvolgimento dei paesi della Nato nel conflitto in Ucraina è massimo: lo ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova durante un briefing, come riporta la Tass. "I Paesi della Nato stanno facendo gli innocenti, cercando di dimostrare che non sono parte del conflitto. Il coinvolgimento è massimo, hanno svolto attività provocatorie per molti anni. Ora controllano direttamente la leadership del regime di Kiev".

 10:37 17 Febbraio

Ue, congelati finora 21,5 miliardi di asset degli oligarchi russi

"Finora siamo riusciti a congelare 21,5 miliardi di euro in asset di oligarchi ed entità nella lista di sanzioni" alla Russia per l'invasione dell'Ucraina "e continueremo a lavorare su diversi tipi di beni come le riserve della Banca centrale russa, che è possibile immobilizzare, e sulle transazioni congelate in diverse istituzioni". Lo ha dichiarato il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, nel punto stampa con il procuratore generale ucraino, Andriy Kostin.

10:40 17 Febbraio

Kiev: "Presto i negoziati per estendere l'accordo sul grano"

Cominceranno la prossima settimana i negoziati per estendere l'accordo sul grano che, con il sostegno dell'Onu, era stato raggiunto per consentire l'esportazione di grano dall'Ucraina dai porti bloccati a causa dell'invasione russa. Lo conferma a Kiev il viceministro ucraino per le infrastrutture, Yuriy Vaskov, citato da alcuni media internazionali fra cui Reuters. "I negoziati cominceranno fra una settimana e lì capiremo la posizione di tutte le parti", ha detto Vaskov. "Credo che il buonsenso prevarrà e il corridoio verrà esteso", ha aggiunto.

11:01 17 Febbraio

Tajani, Xi Jinping terrà un discorso di pace in vista del 24 febbraio

Il presidente cinese, Xi Jinping, farà "un discorso di pace" in occasione dell'anniversario dell'invasione dell'Ucraina. È quanto ha riferito il capo dell'Ufficio della Commissione Centrale Affari Esteri del Partito Comunista Cinese, Wang Yi, al ministro degli Esteri Antonio Tajani, durante l'incontro di ieri a Roma. Secondo quanto riferito dal vicepremier italiano a Radio Anch'io, l'alto diplomatico cinese gli ha detto che Xi "farà un discorso di pace in occasione del primo anno di guerra". "Ha insistito sulla pace, ha detto che la Cina vuole la pace, io mi auguro che la Cina faccia reali pressioni su Mosca".

 11:07 17 Febbraio

Allarme antiaereo a Zaporizhzhia

Un allarme antiaereo è stato dichiarato a Zaporizhzhia, nel sud dell'Ucraina, dove si trova la più grande centrale dell'Europa. Lo ha annunciato il segretario del consiglio comunale di Zaporizhzhia Anatoly Kurtev, che sul suo canale Telegram ha parlato di una "incursione aerea nella regione di Zaporizhzhia. Resta sintonizzato per ulteriori messaggi".

11:23 17 Febbraio

Il ministero dell'Economia ucraino prevede una crescita del pil del 2% nel 2023

Il prodotto interno lordo dell'Ucraina potrebbe crescere del 2% nel 2023 se il Paese dovesse fare ulteriori progressi nella lotta contro l'invasione russa. È la previsione del vice ministro dell'Economia Oleksandr Gryban, secondo cui - dopo la contrazione dell'economia superiore al 30% nel 2022 - è ancora un rimbalzo seppur marginale per quest'anno, ma ciò dipenderà dagli sviluppi militari. 

"Ci aspettiamo ancora una crescita moderata, se la guerra continuerà ad essere a vantaggio dell'Ucraina", ha affermato Gryban in un'intervista a Bloomberg Tv. La Banca centrale ucraina prevede una crescita dello 0,3% quest'anno, mentre il Fondo monetario internazionale stima un aumento dell'1%. Gryban ha sottolineato che quest'anno l'Ucraina avrà bisogno di 6 miliardi di dollari in fondi per la ricostruzione.

11:42 17 Febbraio

Oms, quasi un terzo popolazione ucraina ha disturbi mentali

Circa 10 milioni di ucraini, quasi un terzo della popolazione rimasta nel Paese dopo l'invasione russa, soffre di problemi mentali e tra questi, circa 4 milioni presentano sintomi da moderati a gravi. Lo riferisce L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). "I nostri sondaggi indicano che una persona su 10 ha difficoltà ad accedere ai farmaci, a causa della mancanza di approvvigionamento o perché le farmacie più vicine sono state distrutte o danneggiate, mentre un terzo degli intervistati ammette di non poterli pagare", ha riferito il direttore per la regione europea, Hans Kluge.

11:46 17 Febbraio

Mosca: gli Stati Uniti incitano Kiev a colpire il territorio russo

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno incitando l'Ucraina a colpire direttamente il territorio russo. "Ancora una volta, dobbiamo affermare il coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto in Ucraina. Forniscono armi in quantità enormi, forniscono intelligence, partecipano direttamente alla pianificazione delle operazioni militari, addestrano le formazioni armate ucraine. Ora i guerrafondai americani si sono spinti oltre: stanno incitando il regime di Kiev a un'ulteriore escalation, semplicemente per trasferire la guerra sul territorio del nostro Paese", ha detto Zakharova nel briefing con la stampa riportato dal Guardian.

12:01 17 Febbraio

Consigliere Zelensky: il ritiro di Mosca è precondizione per i colloqui di pace

Il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, è tornato a ribadire che la precondizione per colloqui di pace è che la Russia si ritiri dal Paese. "I negoziati possono iniziare quando la Russia ritira le sue truppe dal territorio dell'Ucraina. Altre opzioni danno solo alla Russia il tempo di riorganizzare le forze e riprendere le ostilità in qualsiasi momento", ha sottolineato in un tweet, in vista dell'avvio della Conferenza di Monaco sulla sicurezza alla quale interverrà in video anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

12:15 17 Febbraio

Putin, "nonostante la concorrenza sleale Gazprom continua ad avanzare"

"Nonostante la concorrenza sleale e i tentativi esterni di impedire e limitare il suo sviluppo, la Gazprom continua ad avanzare". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin intervenendo a un evento per i 30 anni dalla fondazione della società. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. Il gas naturale continuerà ad essere "la più importante risorsa e un vero capitale" per la Russia "per lungo tempo" e "la domanda continuerà ad aumentare".

12:25 17 Febbraio

Intelligence Nato: "Mosca fatica a mettere in piedi l'offensiva"

I russi stanno affrontando "enormi difficoltà" nel mettere in piedi l'offensiva di febbraio in occasione del primo anniversario del conflitto in Ucraina. È quanto riporta l'intelligence Nato sugli ultimi sviluppi. A Bakhmut gli ucraini sono "sotto pressione" ma i russi stanno pagando "costi astronomici" in termini di vite umane, con circa "2.000 soldati" morti solo lo scorso weekend per strappare "pochi metri". L'offensiva poi non si sta dipanando lungo tutto il fronte ma su "piccoli punti di pressione". Le truppe russe sono "male equipaggiate e mal addestrate" e al momento gli ucraini sembrano avere la situazione "sotto controllo".

12:27 17 Febbraio

Mosca, i missili di ieri sull'Ucraina hanno colpito fabbriche militari

Gli attacchi missilistici russi di ieri sull'Ucraina hanno colpito "aziende che rifornivano di carburante e munizioni le forze ucraine" e hanno centrato gli obiettivi. Lo afferma il ministero della Difesa di Mosca. Di conseguenza, aggiunge il ministero, citato dall'agenzia Ria Novosti, "la fornitura alle unità delle forze armate ucraine è stata scompaginata e le capacità di produzione di esplosivi e carburante solido per missili in Ucraina sono state significativamente ridotte".

12:40 17 Febbraio

Mosca, improbabile che Biden accetti un summit con Putin a Minsk

Il Cremlino ritiene "improbabile" che il presidente americano Joe Biden accetti la proposta del leader bielorusso Alexander Lukashenko di partecipare a un summit con il presidente russo Vladimir Putin a Minsk, mentre si trova in Europa. "Avrete sentito il comunicato della Casa Bianca, secondo il quale il presidente Usa non prevede altri scali oltre a quello in Polonia. Quindi, è improbabile Washington dia una risposta positiva a questa iniziativa" bielorussa, ha sottolineato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.

12:57 17 Febbraio

Il presidente del Consiglio di sicurezza ucraino: Mosca vuole conquistare Bakhmut entro il 24 febbraio

Il presidente del Consiglio di sicurezza ucraino, Oleksi Danilov, ha affermato che la Russia tenterà di conquistare la città di Bakhmut entro il 24 febbraio, perché allora, venerdì della prossima settimana, sarà trascorso un anno dall'inizio dell'offensiva russa. 

Il sito di notizie ucraino Glavcom e il servizio in lingua ucraina della BBC hanno riportato, tra gli altri, le parole di Danilov. Il think tank Institute for the Study of War (ISW) ha stimato nel suo sommario quotidiano di giovedì che la presa di Bakhmut entro l'anniversario richiederebbe alla Russia di accelerare il suo attacco alla città, ma non ci sono segnali che ciò stia avvenendo. 

"Avremmo preso Bakhmut già prima della fine dello scorso anno se la nostra burocrazia militare mostruosa, non avesse messo i bastoni tra le ruote come fa ogni giorno", ha detto il capo della compagnia militare privata russa Evgenij Prigozhin in un incontro con la stampa pubblicato sul suo canale Telegram, e prevede entro fine marzo, inizio aprile di prendere la città per la quale sul terreno ucraino si sta combattendo da oltre 6 mesi, con scontri sempre più sanguinosi. Secondo Danilov, la Russia sta anche pianificando una vasta serie di attacchi missilistici contro l'Ucraina per l'anniversario.

13:05 17 Febbraio

Sono diecimila i soldati russi al confine con Sumy

Diecimila soldati russi sono concentrati nel territorio russo al confine di Sumy, nell'Ucraina nord orientale. Lo riferisce il Times che cita soldati ucraini di guardia nella regione. 

"Dall'altra parte del confine con Sumy, sono concentrati 10.000 soldati russi. Questa è la più grande concentrazione che ci sia mai stata qui", riporta il Times citando il tenente delle forze armate ucraine Andrii Gulakov. Gulakov ha aggiunto che i russi hanno costruito un ospedale da campo nella loro sede e questo indica il fatto che i russi stanno pianificando azioni offensive.

13:52 17 Febbraio

Mattarella: la Cina eserciti la sua influenza per la pace in Ucraina

La Cina faccia valere la sua influenza per la pace e la fine della guerra in Ucraina. Questo l'invito del presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il colloquio di stamattina al Quirinale con il direttore dell'ufficio della commissione centrale degli affari esteri del comitato centrale del partito comunista cinese Wang Yi

13:58 17 Febbraio

L'ambasciatore d'Italia a Mosca convocato dal ministero degli Esteri russo

L'Ambasciatore d'Italia a Mosca Giorgio Starace è stato convocato dal ministero degli Esteri della Federazione russa. Il ministero dice di aver fornito all'ambasciatore le proprie valutazioni sulla fornitura di armamenti ed equipaggiamenti militari da parte italiana all'Ucraina

14:04 17 Febbraio

Decreto di perdono di Putin per detenuti che hanno combattuto con la Wagner

Vladimir Putin ha concesso personalmente il perdono, con un decreto ad personam, a reduci dal fronte, ex detenuti reclutati come mercenari dalla Wagner. Lo ha reso noto il giornalista Andrei Zakharov citato dal Moscow Times. In un database della polizia, si indica che almeno due ex detenuti, un condannato per omicidio e uno per rapina, sono stati oggetto della clemenza del Presidente lo scorso sei luglio.

14:40 17 Febbraio

Zelensky: "Se il mondo temporeggia avvantaggia Putin"

15:01 17 Febbraio

Il 24 febbraio in Laterano la veglia per la pace ad un anno dall'inizio del conflitto

Si terrà a San Giovanni in Laterano, venerdì 24 febbraio alle 18, una celebrazione per la pace in Ucraina, a un anno dall'invasione da parte della Russia.

Sarà presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis e promossa dalla diocesi di Roma con tutte le realtà impegnate nell'accoglienza e nella carità: la Comunità di Sant'Egidio, il Centro Astalli, l'Opera Don Calabria, gli scalabriniani, i comboniani, i vincenziani. 

Un canto sarà intonato dal coro del Pontificio Collegio Ucraino di San Giosafat. E i nomi dei tanti Paesi in guerra verranno ricordati durante la liturgia. Saranno tanti i segni nella veglia di preghiera "E la pace non avrà fine".

15:09 17 Febbraio

Scholz: "Non vogliamo una escalation ma sosteniamo Kiev"

"Abbiamo la preoccupazione che non si arrivi a una guerra fra la Nato e la Russia. Continueremo a mantenere l'equilibrio fra il migliore sostegno possibile all'Ucraina e l'evitare una escalation non voluta. E sono contento e grato del fatto che anche il presidente Biden e molti altri alleati la pensino esattamente come me". Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Schoz, intervenendo alla conferenza di sicurezza di Monaco.

"Non sono le consegne delle armi a prolungare la guerra. È vero il contrario: quanto più presto Putin vedrà che le sue mire imperialistiche non sono raggiunte, tanto prima la guerra finirà e si avrà un ritiro delle truppe russe dal territorio conquistato. Questo è l'obiettivo dell'Ucraina, secondo quanto ci ha confermato Zelensky a Parigi. Questo obiettivo perseguiamo noi come in grande unità a livello europeo, transatlantico e internazionale".

15:18 17 Febbraio

Macron, non è il momento del dialogo con la Russia

"Oggi chiaramente non è il momento del dialogo perché la Russia ha scelto la guerra e compie crimini. C'è un diritto che va reclamato: il nuovo imperialismo, il nuovo colonialismo non possono essere legittimati. Questa guerra non ha violato solo la carta dell'Onu ma anche quella del Consiglio di sicurezza". Così il presidente francese Emmanuel Macron, intervenendo alla conferenza di Monaco sulla sicurezza.

16:31 17 Febbraio

Kiev, 142 raid russi nelle ultime 48 ore sul territorio di Zaporizhzhia

Sono stati registrati 142 attacchi russi nelle ultime 48 ore sul territorio di Zaporizhzhia, sede della più  importante centrale nucleare dell'Ucraina. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri ucraino, secondo cui "edifici residenziali sono stati danneggiati e parzialmente distrutti in 20 zone".

17:00 17 Febbraio

Piano Onu e di architetti italiani per la ricostruzione della città ucraina Mykolaiv

La Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite e lo studio di architettura e urbanistica One Works, con sede a Milano, hanno presentato la prima fase del piano di ricostruzione della città ucraina di Mykolaiv, una delle tante colpite dall'invasione russa.

Il progetto, diretto da una dozzina di architetti guidati dagli italiani Leonardo Cavalli e Giulio De Carli, è in un momento preliminare e di studio. Il sindaco di Mykolaiv, Oleksandr Syenkevych, ha espresso l'auspicio che il piano di ricostruzione possa servire da esempio per altre città distrutte nel Paese. Situata a 500 chilometri da Kiev, Mykolaiv era uno dei porti più importanti dell'Ucraina sul Mar Nero prima dell'invasione russa.

17:07 17 Febbraio

Kuleba lunedì a Bruxelles per il Consiglio Affari Esteri

Il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba, parteciperà lunedì prossimo al Consiglio Affari Esteri di Bruxelles. I 27 ministri avranno poi un pranzo di lavoro con il vice primo ministro moldavo Nicu Popescu.

17:37 17 Febbraio

Podolyak: a Monaco per discutere del mondo post guerra

"L'Ucraina è l'argomento centrale della conferenza di Monaco". Lo sottolinea il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, ricordando che quello che si temeva alla conferenza dell'anno scorso, "una guerra scatenata dalla Russia per rompere il sistema globale di sicurezza, è diventato una realtà". "Oggi solleviamo le questioni cruciali", scrive Podolyak su Twitter, citando" una vera sicurezza globale", "l'accelerazione dei trasferimenti di armi e il mondo post guerra".

18:09 17 Febbraio

Media: Bielorussia pronta a costruire aerei Su-25 per Mosca

La Bielorussia è pronta a costruire aerei da attacco al suolo Sukhoi Su-25, che "si sono dimostrati efficaci in Ucraina": lo ha detto il presidente Alexander Lukashenko a Vladimir Putin durante un incontro, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa statale Belta. Il presidente russo ospita il suo omologo bielorusso per colloqui sull'espansione della cooperazione militare ed economica.

18:20 17 Febbraio

Wagner: conquistato villaggio strategico a nord di Bakhmut

I miliziani russi della Wagner hanno preso "completamente sotto il loro controllo" l'insediamento di Paraskovievka, situato immediatamente a nord di Bakhmut, posto

sull'autostrada M-03, l'unica via di rifornimento rimasta finora per le truppe ucraine rimaste a difendere la città. Lo ha affermato il capo della milizia privata, Yevgeny Prigozhin, ammettendo comunque "pesanti perdite".

18:39 17 Febbraio

Minsk chiede alla Polonia di ridurre presenza diplomatica in Bielorussia

Il ministero degli Esteri della Bielorussia ha chiesto oggi al governo polacco di ridurre la propria presenza diplomatica nel suo consolato a Grodno, città vicina alla frontiera con la Polonia. Ad annunciarlo è stato il governo di Minsk, dopo che l'incaricato d'affari ad interim della Polonia in Bielorussia è stato convocato al ministero degli Esteri, dove ha ricevuto critiche per la chiusura del valico di frontiera di Bobrowniki.

18:44 17 Febbraio

Conferenza di Monaco. Macron: l'Europa si armi se vuole difendersi

"Se l'Europa vuole poter difendere l'Europa deve armarsi. Dobbiamo reinvestire massicciamente nella difesa europea": lo scrive il presidente francese, Emmanuel Macron, in un tweet a cui ha allegato il video di un suo intervento alla conferenza sulla sicurezza di Monaco.

19:38 17 Febbraio

Usa. Gruppo di deputati bipartisan chiede a Biden l'invio a Kiev di caccia F-16

Cinque deputati americani, democratici e repubblicani, hanno scritto al presidente Joe Biden esortandolo a inviare aerei caccia F-16 all'Ucraina. Gli F-16 "potrebbero rivelarsi decisivi per il controllo dello spazio aereo ucraino", si legge nella lettera, ottenuta dal sito Politico. "La fornitura di questi aerei è necessaria per aiutare l'Ucraina a proteggere il suo spazio aereo, specie alla luce delle rinnovate offensive russe e considerando l'atteso aumento delle operazioni di combattimento su larga scala", continua la lettera.

20:00 17 Febbraio

Usa: la prossima settimana telefonata Biden-Meloni sull'Ucraina

La prossima settimana Joe Biden avrà colloqui telefonici sull'ucraina con la premier italiana Giorgia Meloni, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Rishi Sunak. Lo ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale usa, John Kirby, in un incontro con la stampa.

 20:17 17 Febbraio

BBC: a febbraio quintuplicato numero soldati russi uccisi

Il numero di soldati russi rimasti uccisi in Ucraina è quintuplicato dall'inizio di febbraio. Lo scrive l'edizone russa della Bbc, che ha raccolto informazioni sui caduti in collaborazione con Mediazona attraverso l'esame di fonti aperte. Il forte aumento delle perdite viene interpretato come un possibile segnale dell'inizio dell'offensiva russa nel Donbas.

21:05 17 Febbraio

Arrivato nuovo pacchetto di aiuti energetici dall'Estonia

Un nuovo pacchetto di aiuti energetici estoni - contenente trasformatori e strumenti per il ripristino della rete elettrica danneggiata dagli attacchi russi - è arrivato in Ucraina. Lo fa sapere il ministero degli esteri di Tallinn. A partire dagli ultimi mesi dello scorso anno, l'Estonia - in collaborazione con aziende private - ha cominciato a fornire a Kiev generatori, componenti elettrici, batterie e stabilizzatori di tensione.

21:18 17 Febbraio

Blinken: preoccupati dai piani russi sulla Moldavia

Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto che gli Stati Uniti sono "molto preoccupati" riguardo i tentativi russi di destabilizzare il governo della Moldavia. Il commento arriva a pochi giorni dalla deuncia della presidente moldava Maia Sandu che ha parlato di un possibile colpo di stato guidato da Mosca. "Noi - ha detto Blinken, incontrando la presidente a Monaco per il vertice sulla sicurezza - abbiamo una profonda preoccupazione riguardo la possibilità che la Russia voglia destabilizzare il governo. Siamo con forza al fianco della Moldavia e a sostegno della sua sicurezza, la sua indipendenza, la sua integrità territoriale".

22:17 17 Febbraio

Russia: bozza su sabotaggio Nord Stream a Consiglio di Sicurezza dell'Onu

La Russia ha preparato una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu che chiede al segretario generale Antonio Guterres di istituire una commissione internazionale indipendente per indagare sul sabotaggio degli oleodotti Nord Stream 1 e 2. Lo riferiscono fonti diplomatiche del Palazzo di vetro.

22:31 17 Febbraio

Pentagono: 600 soldati ucraini hanno completato l'addestramento a guida Usa

Un primo gruppo di oltre 600 soldati ucraini ha completato l'addestramento guidato dagli Stati Uniti, comprese le manovre su larga scala che potrebbero aiutare l'Ucraina nelle sue prossime operazioni contro la Russia. Lo fa sapere il Pentagono. "Questa settimana, il primo battaglione ucraino ha completato l'addestramento alle armi combinate sul carro armato M2 Bradley in una base statunitense in Germania", ha dichiarato il portavoce del Pentagono, generale Pat Ryder.

Mosca cieca alla guerra di civiltà. Storia di Marco Gervasoni su Il Giornale il 18 febbraio 2023.

«Mettere fine al dominio dell'Occidente!». Dove abbiamo già sentito queste parole? Facile: sulla bocca di Khomeini o nel parlamento iraniano, che apre le sessioni invocando la morte del Grande Satana, cioè gli Stati Uniti, avanguardia dell'Occidente. Oppure, più recentemente, nei video di Osama Bin Laden e in quelli dei terroristi dell'Isis. Terrorismo sciita dell'Iran e quello sunnita che, storicamente rivali, negli ultimi tempi stanno facendo fronte comune. Alleati con chi? Con il capo della diplomazia che ha pronunciato queste parole, il ministro degli esteri di Putin, Lavrov. In un discorso di tre giorni fa alla Duma, egli ha sferrato l'attacco ideologicamente più violento e ha fissato gli obiettivi di questa guerra che, ha concluso Lavrov, non riguarda solo l'Ucraina ma la messa fuori gioco dell'Occidente. Ci troviamo quindi di fronte, con la vicenda ucraina, a uno scontro di civiltà nel vero senso della parola, e a decretarlo sono coloro che hanno iniziato la guerra, i russi. Una guerra in tal senso non molto diversa da quella che avevano sferrato Khomeini negli anni Ottanta, poi il terrorismo di Al Qaeda e quello dell'Isis: abbattere l'egemonia degli Stati Uniti e sostituire la democrazia liberale, fondata sulla libertà individuale, con una sorta di internazionale del dispotismo, che tiene assieme Mosca, Pechino e Teheran, ma che possiede le sue quinte colonne anche nella Ue (l'Ungheria di Orban) e nella Nato (la Turchia di Erdogan). Si tratta insomma, come abbiamo già scritto citando il filosofo Biagio De Giovanni, di una «guerra filosofica». Che non sarà tanto facile chiudere: e in ogni caso, anche risolta, e non si vede bene come, la crisi ucraina, i dati della minaccia per noi non cambieranno. Noi chi? Noi occidente, che vuol dire Stati Uniti ma vuol dire anche, e forse soprattutto, Europa. Quando qualcuno afferma che l'Europa sarebbe stata strattonata nella guerra dagli Stati Uniti, e sono tanti in Italia, il paese più antiamericano tra quelli che più debbono all'America, non sa autenticamente quel che dice. Una volta venuto meno il pilastro degli Stati Uniti, l'Europa, intendendo con questo anche il Regno Unito, non avrebbe la forza militare e politica di contrastare un blocco, quello cinese e russo, militarmente ma soprattutto (per la Cina) economicamente in grado di schiacciare i quattro staterelli della Ue, per di più divisi e litigiosi tra loro. L'Europa oggi senza gli Usa non è più capace di combattere, ma anche quando lo è stata, per tre volte nel secolo scorso, cioè due guerre mondiali e la guerra fredda, ha sempre avuto bisogno degli Stati Uniti per salvarsi. E la posta in gioco di oggi non è molto diversa.

Il Sud America è per la pace: nessun invio di armi all’Ucraina. L'Indipendente il 17 febbraio 2023.

Alla ricerca di alleanze e armi da inviare all’alleato ucraino, il generale Laura Richardson, capo del comando meridionale degli Stati Uniti, ha inviato a tutti i Paesi sudamericani una precisa offerta, chiedendo ai loro governi di approvare l’invio a Kiev dei loro vecchi armamenti di origine sovietica ed offrendo in cambio la progressiva sostituzione con equipaggiamenti militari americani di più nuova fabbricazione. Un’offerta che nasceva dalla considerazione che gli armamenti russi sono quelli più familiari ai soldati di Kiev, che possono utilizzarli da subito senza necessitare di lunghi addestramenti. Non solo alla proposta americana è stato opposto un coro di “no”, ma i governi sudamericani hanno denunciato la proposta ribadendo – con toni diversi ma ugualmente risoluti – il rifiuto alla guerra. Dal Messico all’Argentina, passando per Cile, Brasile e Colombia, dai paesi latinoamericani non una sola pallottola prenderà la strada di Kiev.

«Anche se finiscono come rottami in Colombia, non consegneremo armi russe da portare in Ucraina per prolungare una guerra (..) Non siamo con nessuna delle due parti. Siamo per la pace» ha dichiarato il presidente colombiano Gustavo Petro. «Il Brasile non ha alcun interesse a trasmettere munizioni da utilizzare nella guerra tra Ucraina e Russia (…) Il Brasile è un paese di pace», ha affermato Lula. «Non credo che l’invio di armi per prolungare un conflitto abbia sostegno in America Latina» gli ha fatto eco Marcelo Ebrard, ministro degli Esteri messicano. Da Buenos Aires non hanno degnato gli USA nemmeno di una risposta da parte di un profilo di vertice del governo, chiudendo la questione con uno scarno comunicato del portavoce del ministero della Difesa: «L’Argentina non coopererà con la guerra». Opposizione ferma anche da parte del governo cileno, che ha offerto all’Ucraina solo un sostegno per l’aiuto nello sminamento del territorio. Il Perù e l’Ecuador non hanno fornito alcuna risposta ufficiale, ma niente lascia presagire che abbiano intenzione di assecondare Washington.

L’opposizione di questi Paesi si aggiunge a quella più volte ribadita dai Paesi storicamente socialisti, come Cuba, Venezuela, Bolivia e Nicaragua. Con questi stati “canaglia” Washington non ha nemmeno tentato un approccio.

Il rifiuto di massa dei paesi sudamericani non nasce solo da ragioni ideali ed ideologiche, ma è la testimonianza plastica di un cambiamento profondo in atto nel continente. Da tempo i Paesi di quello che un tempo era considerato “il giardino di casa” degli Stati Uniti d’America guardano con interesse a proficui rapporti con la Russia, la Cina e ogni altro partner che possa stringere rapporti economici improntati allo sviluppo reciproco: un continente che punta alla neutralità e guarda con attenzione al redivivo movimento dei Paesi non allineati. Il processo di allontanamento da Washington pare irreversibile ed è culminato poche settimane fa nella proposta comune di Brasile e Argentina di progettare una moneta comune, intanto tra i due giganti del continente ma potenzialmente aperta alle altre nazioni latinoamericane. Un progetto visto come fumo negli occhi dagli Stati Uniti, ancora tutt’altro che rassegnati a perdere la loro storica egemonia sulla regione.

Tra i «fantasmi» di Bakhmut sotto le raffiche dei cecchini. «Venite, ci sono bambini morti qui». Storia di Lorenzo Cremonesi, inviato a Bakhmut, su Il Corriere della  Sera il 17 Febbraio 2023.

Il sibilo dei proiettili in arrivo si ode soltanto appena prima dello scoppio. Chiunque abbia vissuto in zone di guerra ne sa leggere il significato: sono stati sparati da molto vicino, sfiorano i tetti delle abitazioni e in genere risultano di piccolo calibro, molto diversi dai potenti missili che cadono sulle aree centrali dell’Ucraina.

colpi continui,, accompagnati dal tintinnio delle finestre che precipitano a terra, le schegge impazzite e lo squasso di tetti e muri. La città di Bakhmut è ormai parte integrante del campo di battaglia. Non c’è alcuna differenza tra i bunker scavati nei prati delle periferie, le trincee, i rifugi dei soldati ricavati dalle cantine, o le scuole, le cliniche, la municipalità, i negozi, le abitazioni civili.

I russi sono penetrati nelle periferie orientali, hanno posto i cecchini in un’area di edifici alti 5 o 6 piani e adesso sparano su tutto e tutti, anche se sanno bene che tra i 5-6000 civili che assurdamente sopravvivono come topi in questa landa di assedio, sofferenza e morte, sono in tanti ad attenderli come «liberatori».

Gli altri, la grande maggioranza degli oltre 70.000 abitanti originari di questa, che una volta era la perla del Donbass minerario e industriale, sono ormai da molto tempo sfollati nelle regioni controllate dal governo di Kiev o addirittura emigrati nei Paesi della Ue.

«Ve la dico io la verità. Il 90 per cento di coloro che restano ammira Putin e detesta Zelensky. Sta con la dittatura, non capisce cosa sia la libertà europea», dice Alexei, che afferma di avere 58 anni ma ne dimostra almeno 15 di più, incontrato nel cortile di un gruppo di palazzi ancora relativamente intatti nei quartieri occidentali.

Alexei è sceso dal suo appartamento per venire a visitare Elena, la vicina 63enne, la quale però spiega la scelta di rimanere con argomenti molto diversi. «Sono anziana, malata, la mia pensione di 2.000 grivne mensili (circa 50 euro) non serve a nulla. Se lascio casa mia divento una povera alla mercé di chiunque. Resto perché non so dove andare e, dovessi morire, importerà nulla a nessuno», spiega seduta in compagnia di due cagnolini nell’androne del suo stabile. Ci saranno una trentina d’appartamenti, ma sembra sia rimasta solo lei. «Durante le ore più dure dei bombardamenti me ne sto qui vicina alla strada, perché se dovesse cadere l’edificio potrei forse cercare di salvarmi», aggiunge, alzando le spalle nell’udire che, dopo le notizie dei nuovi morti civili due giorni fa, la vicepremier Iryna Verashuk è tornata ad invitare la gente ad evacuare. «Partono i giovani, non chi non ha più nulla da perdere come me», .

È l’ottava volta che entriamo a Bakhmut dallo scorso giugno, quando le unità russe, guidate dai battaglioni della milizia mercenaria Wagner, iniziarono a stringere l’assedio. Ma non era mai stato tanto difficile e pericoloso. A metà ottobre il loro capo, l’oligarca Evgeny Prigozhin, aveva promesso a Putin che sarebbe caduta in poche settimane. Poi però i tempi si sono allungati e ultimamente ancora lui ha ammesso che non riusciranno a prenderla per festeggiare il primo anno di guerra entro il 24 febbraio. «Forse tra marzo e fine aprile», ha dichiarato. Intanto i russi si stanno dissanguando: secondo gli osservatori militari occidentali potrebbero perdere sino a 800 uomini al giorno, la maggioranza proprio qui di fronte a noi. Ma, vista da vicino, la posizione degli ucraini appare adesso disperata. A metà dicembre c’erano ancora tre strade di collegamento tra Bakhmut e le retrovie ucraine tra Kostantinisvka e Kramatorsk. Oggi ne resta solo una fragilissima e passa per il villaggio sotto attacco di Chasiv Yar. «I russi avanzano da est, sud e nord. Il loro sforzo è concentrato a tagliare quest’ultima strada. Dall’inizio del mese qui la situazione è peggiorata di giorno in giorno», afferma il poliziotto che controlla il nostro lasciapassare alla periferia di Chasiv Yar. Anche qui le bombe russe colpiscono ovunque, nei boschi attorno si vedono i carri armati ucraini pronti ad intervenire. I loro genieri stanno scavando trincee e mettono in posizione i bunker prefabbricati in cemento grezzo che dovranno servire a garantire una nuova linea del fronte una volta la città dovesse cadere. I tre o quattro chilometri appena prima della zona urbana di Bakhmut sono una sfida con le bombe, le auto li percorrono a 120 chilometri all’ora nonostante il ghiaccio e le buche. E una volta dentro viene naturale sentirsi in trappola. «Giornalisti? Venite ci sono due bambini morti qui nella strada vicino», ci dice un’anziana. Ma anche noi non vediamo l’ora di andarcene. Scappiamo, letteralmente scappiamo da quest’inferno.

Vera Politkovskaja: «Mia madre Anna e il suo sacrificio umano per il dittatore Putin». Vera Politkovskaja su Il Corriere della  Sera il 18 Febbraio 2023.

La figlia della giornalista uccisa nel 2006 ha dedicato un volume alla storia della madre reporter: «Con la guerra sono tornate le minacce»

Vera, anche lei reporter, ha scritto con Sara Giudice «Una Madre», in uscita per Rizzoli il 21 febbraio. Il libro, del quale pubblichiamo alcuni estratti, è dedicato al ricordo del lavoro della madre Anna e alla lunga battaglia per ottenere la verità sul suo omicidio. Vera incontrerà i lettori alle presentazioni del volume a Roma, il 20 febbraio, all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone; a Torino, il 21 febbraio, alle Officine Grandi Riparazioni; e il 22 febbraio a Milano, alla Fondazione Feltrinelli, con la vicedirettrice vicaria del «Corriere» Barbara Stefanelli.

Mia madre è sempre stata una persona scomoda, non solo per le autorità russe, ma anche per la gente comune che sfoglia un giornale e ne legge gli articoli . Purtroppo la maggioranza della popolazione russa crede a quello che le viene detto dagli schermi dei canali di Stato: un mondo virtuale creato dalla propaganda, dove, nel complesso, tutto va bene. E i problemi, che periodicamente vengono segnalati all’opinione pubblica, hanno origine nei Paesi occidentali o, come si dice in Russia con un sorrisetto, «nell’Occidente in decomposizione».

Nei suoi articoli mia madre parlava raramente di cose piacevoli e quasi sempre era messaggera di cattive notizie. Scriveva la verità, nuda e cruda, su soldati, banditi e gente comune finita nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi smembrati e destini infranti.

Il 7 ottobre 2006, il giorno in cui è stata uccisa, avevo ventisei anni e mi stavo preparando a diventare madre. Fino ad allora avevo voluto credere che la sua popolarità in Occidente avrebbe potuto in qualche modo salvarla da possibili rischi o da una morte violenta. Mi sbagliavo. I dittatori hanno bisogno di offrire sacrifici umani per consolidare il loro potere.

L’unico modo per proteggere la libertà è combattere la menzogna e dire la verità.

In Russia la libertà manca, eppure non me ne sarei mai voluta andare. Il Paese che aveva dato i natali agli assassini di mia madre era anche il Paese dove volevo vivere e lavorare. In Russia tutti si sono dimenticati in fretta di Anna Politkovskaja, soprattutto la gente che conta, perché mantenere la memoria di persone come mia madre è pericoloso. È molto più comodo perderne le tracce e dimenticare la sua verità.

In Occidente il nome Politkovskaja è fonte di orgoglio. A mia madre intitolano piazze e vie, la sua attività giornalistica viene studiata nelle università, i suoi libri si vendono in tutto il mondo. In Russia quel nome è avvolto dal silenzio. La Cecenia, al centro delle più importanti inchieste di mia madre, è adesso pacificata e il potere nella repubblica si è stabilizzato. Comanda Ramzan Kadyrov, che ha sempre mostrato apertamente il suo odio per lei.

La guerra in Ucraina ha stravolto la nostra vita. Dopo il 24 febbraio 2022 il nostro cognome è tornato ad avere un peso, a essere oggetto di minacce, ancora di morte, questa volta contro mia figlia, che è solo un’adolescente. Da quando a scuola hanno iniziato a parlare del conflitto in Ucraina, i compagni si sono scagliati contro di lei. Pesantemente. Così abbiamo scelto l’esilio volontario, la fuga in un altro Paese. Da un giorno all’altro abbiamo fatto le valigie e ce ne siamo andate da Mosca, che già ci aveva tolto tanto. A me la madre, a mia figlia la nonna.

Ho deciso di scrivere questo libro per ricordare la lezione che mia madre ci ha lasciato: siate coraggiosi e chiamate sempre le cose con il loro nome, dittatori compresi.

[...]

Nel 1999 mia madre approdò al giornale dove sarebbe rimasta fino alla fine dei suoi giorni, la Novaja Gazeta. La Cecenia entrò nella sua vita attraverso la storia di una casa di riposo a Groznyj, i cui ospiti, circa novanta persone, si erano ritrovati nel mezzo delle operazioni militari. Insieme alla Novaja Gazeta , mamma organizzò la loro evacuazione in un posto sicuro al di fuori del Paese e in seguito si occupò di trovare loro una sistemazione definitiva.

Da quel momento cominciò una serie infinita di storie e di questioni legate al Caucaso: campi profughi, indagini sui crimini commessi dai militari in Cecenia e molti, molti altri temi. [...] Appena uscirono i primi articoli, la sua popolarità crebbe. Così, con il tempo, le missioni in Cecenia, e in generale nella regione del Caucaso, si trasformarono in vere e proprie operazioni di intelligence.

Mia madre mi raccontò che una volta, per superare uno dei posti di blocco in Cecenia, l’avevano fatta sdraiare sotto il sedile posteriore di un fuoristrada Uaz, ricoprendola di stracci e coperte. Oltrepassato il checkpoint, era rimasta in quella posizione per un centinaio di chilometri.

[...]

Quando mamma era via, in pratica non avevamo alcun contatto con lei, perché non esistevano linee telefoniche adeguate. Eppure non sono mai rimasta a casa ad aspettare che tornasse. Del resto, lei non l’avrebbe voluto. Mia madre era una donna estremamente indipendente e con questo spirito ha cresciuto anche noi .

Anna Politkovskaja con l’amato doberman Martyn

[...]

...il nonno veniva spesso anche quando c’era mamma. Discutevano di politica davanti al caffè mentre io e mio fratello ci preparavamo per uscire. Veniva per controllare sua figlia, per capire se dovesse partire ancora. «Perché devi andare lì, Anjutik? È pericoloso, figlia mia» si lamentava. [...] «È necessario, papà» rispondeva lei, provando a tagliare corto, poi si avvicinava e mi diceva all’orecchio di non parlare ai nonni delle sue prossime partenze, per non farli preoccupare troppo. Tanto poi lo avrebbero saputo comunque . Anche i parenti più stretti le chiedevano spesso perché continuasse ad andare in Cecenia. Succedeva ogni volta che ci incontravamo, per esempio alle feste di compleanno. E lei rispondeva sempre allo stesso modo: «Perché nessuno lo fa e quelle persone hanno bisogno di aiuto!». O, più semplicemente: «E chi ci andrebbe, se non io?».

Guerra Ucraina - Russia, le news del 18 febbraio. La Cina: "Presenteremo piano di pace". La Repubblica il 18 febbraio 2023.

Stoltenberg: "Dare a Kiev ciò di cui ha bisogno per vincere". Macron: "Putin non cadrà, pronti a una guerra lunga". Schiaffo del Ppe a Berlusconi dop attacco a Zelensky: niente summit a Napoli

Prova di compattezza dei leader europei a Monaco di Baviera per la Conferenza sulla Sicurezza con focus sull'Ucraina. "Siamo il mondo libero. Dobbiamo vincere contro Golia", ha detto il presidente ucraino Zelensky. "Chi può mandare tank all'Ucraina lo faccia adesso", ha esortato il cancelliere tedesco Olaf Schoz, sollecitando la consegna dei Leopard da parte dei Paesi che li hanno annunciati a Kiev e che ora tentennano.

A Monaco, anche il segretario Nato Stoltenberg e il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi, che a Roma ha incontrato il ministro Tajani e il presidente Mattarella. Intanto, il governo russo ha convocato l'ambasciatore italiano a Mosca, lamentando la "discriminazione verso gli artisti russi". A far discutere, però, la decisione del Partito Popolare Europeo "di annullare le giornate di studio in programma a Napoli, a seguito delle osservazioni di Silvio Berlusconi sull'Ucraina".

Punti chiave

18:44

Orban: "L'Europa è già indirettamente in guerra con la Russia"

 13:56

Kuleba, avremo i caccia, è solo una questione di tempo

12:42

Tajani vede Kuleba: "Posizione Italia per Kiev mai cambiata"

11:09

Cina, presenteremo nostra proposta di pace

10:35

Von der Leyen, "Putin deve fallire, Ucraina deve vincere"

09:49

Stoltenberg, dare a Kiev ciò che serve per vincere guerra

00:00 Intelligence Nato: "Mosca fatica a montare l'offensiva"

I russi stanno affrontando "enormi difficoltà" nel mettere in piedi l'offensiva di febbraio in occasione del primo anniversario del conflitto. Lo riporta l'intelligence Nato sugli ultimi sviluppi. A Bakhmut gli ucraini sono "sotto pressione" ma i russi stanno pagando "costi astronomici" in termini di vite umane, con circa "2.000 soldati" morti solo lo scorso weekend per strappare "pochi metri". L'offensiva poi non si sta dipanando lungo tutto il fronte ma su "piccoli punti di pressione". Le truppe russe sono "male equipaggiate e mal addestrate" e al momento gli ucraini sembrano avere la situazione "sotto controllo".

00:00 Kiev: "10mila soldati russi al confine con Sumy"

Diecimila soldati russi sono concentrati nel territorio russo al confine di Sumy, nell'Ucraina nord orientale. Lo riferisce il Times che cita soldati ucraini di guardia nella regione. "Dall'altra parte del confine con Sumy, sono concentrati 10.000 soldati russi. Questa è la più grande concentrazione che ci sia mai stata qui", riporta il Times, citando il tenente delle forze armate ucraine Andrii Gulakov. Gulakov ha aggiunto che i russi hanno costruito un ospedale da campo nella loro sede e questo indica il fatto che i russi stanno pianificando azioni offensive.

00:09 Tajani: Xi terrà discorso di pace in vista del 24 febbraio

Il presidente cinese, Xi Jinping, farà "un discorso di pace" in occasione dell'anniversario dell'invasione dell'Ucraina. E' quanto ha riferito il capo dell'Ufficio della commissione centrale Affari esteri del Partito comunista cinese, Wang Yi, al ministro degli Esteri Antonio Tajani. "Ha insistito sulla pace - ha detto Tajani- ha detto che la Cina vuole la pace, io mi auguro che la Cina faccia reali pressioni su Mosca".

00:19 Mosca: il coinvolgimento della Nato nel conflitto è massimo

Il coinvolgimento dei paesi della Nato nel conflitto in Ucraina è massimo: lo ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova durante un briefing. "I Paesi della Nato stanno facendo gli innocenti, cercando di dimostrare che non sono parte del conflitto. Il coinvolgimento dei Paesi della Nato è massimo, hanno svolto attività provocatorie per molti anni. Ora controllano direttamente la leadership del regime di Kiev".

00:29 007 Gb: il 50% dei detenuti reclutati da Wagner morto in guerra

Secondo l'intelligence britannica, i reclutati tra i detenuti russi dal gruppo di mercenari Wagner hanno subito il 50% di perdite: uno su due di loro sarebbe rimasto ucciso in battaglia in Ucraina. Si legge nel report quotidiano del ministero della Difesa britannico pubblicato su Twitter. "I militari dell'esercito russo e dei contractor privati (Wagner) hanno subito tra i 175 e 200.000 tra morti e feriti, di cui circa 60mila uccisi". "Per gli standard, queste cifre rappresentano un'alta percentuale di persone uccise rispetto ai feriti: ciò è dovuto a un'assistenza medica estremamente rudimentale", si legge nel report.

00:34 Wang: cercare soluzione accettabile per tutti

Di fronte a una situazione complicata come quella della guerra in Ucraina bisogna insistere per trovare una "soluzione accettabile per tutti". E' quanto ha detto il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, Wang Yi, nel colloquio avuto a Roma con il ministro degli Esteri Antonio Tajani. "Quello che la Cina ha sempre fatto è di promuovere la pace e i negoziati", ha affermato Wang, secondo una nota della diplomazia cinese. Quanto più complicata è la situazione, "tanto più è necessario insistere negli sforzi politici e diplomatici per trovare una soluzione accettabile per tutte le parti".

00:39 Discorso di Biden su anniversario del conflitto martedì 21, come Putin

Joe Biden terrà un discorso in vista del primo anniversario dell'inizio della "brutale e non provocata invasione dell'Ucraina" il 21 febbraio al Castello reale di Varsavia, alle 17.30 locali. Lo rende noto la Casa Bianca. È lo stesso giorno in cui è previsto il discorso di Vladimir Putin, una sorta di sfida a distanza. Biden affronterà "il modo in cui gli Stati Uniti hanno mobilitato il mondo per sostenere il popolo ucraino mentre difende la sua libertà e democrazia, e come continueremo a stare con il popolo ucraino per tutto il tempo necessario".

00:49 Usa: prossima settimana telefonata Biden-Meloni

 La prossima settimana Joe Biden avrà colloqui telefonici sull'Ucraina con la premier italiana Giorgia Meloni, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Rishi Sunak. Lo ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, John Kirby, in un briefing con la stampa.

01:01 Kiev: istruttori Iran nel Lugansk per addestramento con nuovi droni

"Un'altra squadra di istruttori dall'Iran è recentemente arrivata nella Lugansk per addestrare l'esercito russo all'uso di droni", ha riferito su Facebook lo Stato maggiore ucraino, spiegando che negli ultimi tempi l'esercito della Federazione ha iniziato  a combinare lanci di missili e droni sull'Ucraina per calcolare le posizioni della difesa aerea ucraina. "Inoltre, di recente, i russi hanno iniziato a utilizzare droni modificati: le nuove testate hanno un effetto cumulativo radiale". Intanto, secondo i media ucraini, "l'Iran ha trasferito segretamente droni bombardieri avanzati alla Russia, diversi dai più noti droni Shahed 131 e 136, ossia droni di attacco in grado di lanciare missili aria-terra e sganciare bombe".

01:12 Wagner: "Conquistato villaggio strategico a nord Bakhmut"

I miliziani russi della Wagner hanno preso "completamente sotto il loro controllo" l'insediamento di Paraskovievka, situato immediatamente a nord di Bakhmut, posto sull'autostrada M-03, l'unica importante via di rifornimento rimasta finora per le truppe ucraine rimaste a difendere la città. Lo ha affermato il capo della milizia privata, Yevgeny Prigozhin, in una dichiarazione diffusa dal suo servizio stampa.

02:24 Sunak oggi a Monaco: Nato cambi il Trattato Atlantico per garantire Kiev

La Gran Bretagna propone un cambiamento del Trattato Atlantico della Nato per proteggere l'Ucraina da una futura aggressione russa, garantendo a Kiev un sostegno "a lungo termine". E' quanto il premier britannico Rishi Sunak afferma nel suo discorso in programma oggi alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, come anticipato da una nota di Downing Street. "Dobbiamo dimostrare che rimarremo al loro fianco, disposti e in grado di aiutarli a difendere il loro Paese ancora e ancora", aggiunge il primo ministro. Sunak lancia anche un appello ai Paesi alleati per "raddoppiare" il sostegno militare a Kiev.

Intervista a Ben Wallace, ministro Difesa britannico: "L'Ucraina deve attaccare, lo stallo favorisce la Russia. Jet a Kiev? Non ora"

02:29  Sunak: "Raddoppiare il sostegno militare"

Mentre i nostri sforzi collettivi stanno facendo la differenza sul campo, "ora è il momento di raddoppiare il sostegno" alle forze armate di Kiev, ha afferma Sunak anticipando i contenuti del suo intervento a Monaco. "Quando Putin ha iniziato questa guerra ha scommesso sul fatto che la nostra determinazione sarebbe venuta meno. Anche adesso scommette sul che fatto non avremo i nervi saldi - aggiunge Sunak -. Ma allora gli abbiamo dimostrato che si sbagliava, e lo dimostreremo ancora". In ballo non c'è solo il destino dell'Ucraina. "La posta in gioco in questa guerra è persino più grande della sicurezza e della sovranità di una nazione, riguarda la sicurezza e la sovranità di ogni nazione - sottolinea Sunak - perché l'invasione della Russia, i suoi ripugnanti crimini di guerra e la sua irresponsabile retorica nucleare sono sintomatici di una più ampia minaccia a tutto ciò in cui crediamo".

02:34 Harris incontra Macron: Nato più forte che mai

"È stato bello incontrare di nuovo il presidente Macron oggi. Il nostro impegno nei confronti dell'Ucraina continua e la Nato rimane più forte che mai". Lo scrive la vicepresidente statunitense, Kamala Harris, su Twitter, dopo aver incontrato il presidente francese a margine della Conferenza sulla sicurezza a Monaco.

05:22 Usa: monitorati i tentativi della Russia di aggirare sanzioni

Il vice segretario al Tesoro americano, Wally Adeyemo, intende avvertire la Russia che gli Stati Uniti stanno monitorando i loro tentatvi di aggirare le sanzioni imposte dopo l'invasione dell'Ucraina. Lo riferisce la Cnn che ha preso visione di un discorso che il vice segretario terrà martedì prossimo al Council on Foreign Relations. "Sappiamo che la Russia sta cercando attivamente modi per aggirare le misure e ha dato incarico i suoi servizi di intelligence - Fsb e Gru - di trovarli", si legge nell'intervento che il funzionario del Tesoro terrà a pochi giorni dal primo anniversario della guerra in Ucraina.

07:02 Biden "manderà un messaggio" a Putin da Varsavia

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, "manderà un messaggio" all'omologo russo Vladimir Putin quando parlerà a Varsavia la prossima settimana, salutando al contempo lo sforzo senza precedenti della Nato per aiutare gli ucraini a salvare il loro Paese, mentre la guerra raggiunge il traguardo dell'anno. Biden terrà il discorso in Polonia - un alleato chiave degli Stati Uniti e fulcro di vasti sforzi per armare l'Ucraina e accogliere i rifugiati - martedì, lo stesso giorno in cui Putin parlerà a Mosca, a tre giorni dall'anniversario del 24 febbraio, quando i carri armati russi entrarono in Ucraina.

 08:14 Allarme aereo a Kiev, "minaccia attacchi molto alta"

L'allarme anti-aereo è scattato a Kiev e in 10 regioni ucraine, secondo quanto riferito dai media locali. Lo Stato maggiore, nel suo rapporto mattutino, ha fatto sapere che ieri la Russia ha sferrato 29 attacchi aerei e lanciato 10 missili contro l'Ucraina. Mosca, fa sapere Kiev come riporta l'agenzia Unian, "continua a condurre un'aggressione armata su vasta scala contro l'Ucraina. Il nemico non smette di distruggere le infrastrutture chiave del nostro Stato, continua a colpire, a sparare con l'artiglieria su obiettivi civili e sulle case della popolazione". "La minaccia di ulteriori attacchi missilistici russi rimane molto alta in tutto il territorio dell'Ucraina", avverte lo Stato maggiore secondo il quale, ieri, "sono stati respinti attacchi nemici intorno a 20 insediamenti in tre regioni: Lugansk, Donetsk e Kharkiv.

08:37 Ucraina, ministro ambiente: acqua a rischio per un milione di persone

Più di un milione di ucraini rischiano di perdere l'accesso all'acqua potabile secondo il ministro dell'ambiente dell'Ucraina, Ruslan Strilets, a causa di alcuni interventi delle forze russe ai danni un bacino idrico nel sud-est del Paese. Strilets in una conferenza stampa, secondo quanto riferito dalla cnn, ha accusato la russia di aver deliberatamente fatto fuoriuscire acqua dalla centrale idroelettrica di Kakhovka. C'è stato un "enorme calo" del livello dell'acqua nel bacino idrico di Kakhovka, secondo Strilets che ora si trova a 13,83 metri, rispetto al livello medio di 16 metri. Sotto i 12 metri sarebbe devastante per l'ambiente circostante, ha concluso il ministro.

08:45 Ucraina, a Monaco oggi riunione ministri Esteri G7

Si svolge questa mattina a Monaco di Baviera, in Germania, l'incontro dei ministri degli Esteri del G7, che avrà al centro la questione del sostegno a Kiev, a pochi giorni dal primo anniversario dell'aggressione russa.

Al vertice, che si svolge nel quadro della Conferenza di Monaco sulla sicurezza, partecipa il titolare della Farnesina, Antonio Tajani. Al termine del vertice, è attesa la diffusione di una dichiarazione finale da parte dei capi della diplomazia di Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Gran Bretagna e Usa.

08:56 Usa, tra mercenari della Wagner oltre 30 mila "perdite"

Dall'invasione russa dell'Ucraina, più di 30 mila mercenari russi della Wagner sono stati uccisi o feriti. Lo detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, come riporta la Cnn. Circa il 90% dei russi uccisi a dicembre in Ucraina, secondo Kirby, sono mercenari reclutati dalle carceri. "Trattano le loro reclute, per lo più detenuti, come carne da cannone, gettandole letteralmente nel tritacarne, in modo disumano, senza pensare", ha denunciato il portavoce. Il vice segretario del Dipartimento di Stato americano, Victoria Nuland, ha dichiarato all'inizio di febbraio che la Russia ha perso più di 200 mila uomini, tra morti e feriti, in un anno di ostilità. Una valutazione simile è stata fatta il 17 febbraio dall'intelligence militare britannica, secondo cui le forze del ministero della Difesa della Federazione e le compagnie militari private hanno probabilmente perso da 175 a 200 mila uomini, di cui tra 40-60 mila sono quelli uccisi.

09:40 Governatore Lugansk: "Russi cercano di sfondare nostre linee di difesa"

"Gli attacchi delle forze russe aumentano. Oggi è difficile lungo tutte le direzioni e ci sono continui tentativi di sfondare le nostre linee di difesa". Ad affermarlo è stato oggi il governatore della provincia orientale ucraina di Lugansk, Serhiy Haidai, che - parlando con le emittenti locali - ha raccontato dei combattimenti vicino alla città di Kreminna.

09:49 Stoltenberg, dare a Kiev ciò che serve per vincere guerra

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, nel suo intervento alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza lancerà un appello per "dare all'Ucraina ciò di cui ha bisogno per vincere" la guerra. "Dobbiamo dare all'Ucraina ciò di cui ha bisogno per vincere e sopravvivere come nazione indipendente e sovrana in Europa", dirà Stoltenberg secondo un'anteprima del suo intervento visionato da Afp.

10:15 Ucraina, missili lanciati in profondità nell'Ovest

La Russia ha lanciato due missili in profondità in Ucraina, colpendo la città di Khmelnytskyi, 350 chilometri a Ovest di Kiev. Il governatore regionale della città ha avvertito che nelal giornata di oggi potrebbero verificarsi interruzioni di corrente, poichè diverse regioni limitano la fornitura di elettricità per ridurre qualsiasi potenziale danno alla rete derivante da ulteriori raid. Questa mattina sono stati emessi allarmi anti-aerei su praticamente tutto il Paese. Mosca ha preso di mira le infrastrutture critiche in Ucraina dallo scorso ottobre. Un missile è stato abbattuto a Mykolaiv, a Sud, ha scritto su Telegram il governatore Vitaliy Kim.

10:35 Von der Leyen, "Putin deve fallire, Ucraina deve vincere"

"Dobbiamo fare pressione per fare in modo che le mire imperialistiche della Russia falliscano e che l'Ucraina vinca. Dobbiamo raddoppiare gli sforzi e continuare il massiccio sostegno militare". Lo ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Monaco. "E dobbiamo fare in modo che l'Ucraina possa avere munizioni standard". "Non può essere che si debbano aspettare mesi e anni per inviare obici". "Possiamo raggruppare l'industria militare europea e cercare di capire cosa serve". "Dobbiamo fare la stessa cosa che abbiamo fatto nella pandemia. Quando abbiamo chiesto all'industria farmaceutica di cosa avesse bisogno", ha concluso.

10:55 Kiev, "Oggi 4 missili lanciati da Mar Nero, 2 distrutti"

Questa mattina le forze russe hanno lanciato quattro missili Kalibr dal Mar Nero contro l'Ucraina, due dei quali sono stati distrutti. Lo ha riferito l'aeronautica militare ucraina su Telegram, scrive Ukrinform.

11:09 Cina, presenteremo nostra proposta di pace

La Cina presenterà la sua posizione su una soluzione politica della crisi in Ucraina. Lo ha annunciato il capo dell'Ufficio della Commissione centrale per gli Affari esteri del Partito comunista cinese, Wang Yi, nel suo intervento alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza. "La Cina resta dalla parte della pace e del dialogo", ha detto Wang. "Non ci devono essere guerre nucleari. Se c'è una guerra nucleare, nessuno vince.  Va evitata una catastrofe nucleare, per questo è necessario impegnarci contro l'uso di armi chimiche e biologiche".

11:49 Stoltenberg: "Più sostegno a Kiev, Putin non pianifica pace"

"Dobbiamo mantenere e aumentare il sostegno all'Ucraina. Putin non sta pianificando la pace, ma nuove offensive. E non ci sono segnali che lui abbia cambiato le sue ambizioni. Cerca contatti con altri regimi autoritari come Iran e Corea del Norea. Dobbiamo fornire all'Ucraina quello che le serve per vincere". Lo ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltengberg.

11:55 Stoltenberg, il rischio maggiore è che la Russia vinca

"Alcuni sono preoccupati che il nostra impegno in Ucraina possa portare a una escalation. Non c'è nessuna opzione priva di rischi. Ma il più grande rischio è che Putin vinca. Questo renderebbe il mondo più vulnerabile". Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a Monaco.

12:27 Papa: "Guerra feroce ha tolto il sorriso ai bambini"

 Per colpa di una "guerra feroce", i bambini dell'Ucraina "si sono dimenticati di ridere". Così Papa Francesco intervistato da Don Davide Banzato nel programma 'I Viaggi del cuore', su Canale 5. "Qui sono venuti tanti bambini, tanti dell'Ucraina, non ridono - dice il Papa - Sono amabili, ma non ridono, hanno perso quello. Sono andato a trovare i bambini che erano al Bambino Gesù, ucraini, feriti, nessuno (aveva) un sorriso". Per Francesco "togliere il sorriso a un bambino significa una tragedia!".

12:42 Tajani vede Kuleba: "Posizione Italia per Kiev mai cambiata"

"Ho incontrato a Monaco, a margine della riunione G7, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. La posizione del governo italiano a difesa dell'Ucraina e in favore di una pace giusta non è mai cambiata". Lo scrive il ministro degli Esteri Antonio Tajani su Twitter, postando le foto del faccia a faccia con il collega ucraino.

12:49 G7: "Determinati a proseguire sostegno anche militare a Kiev"

I membri del G7 ribadiscono "la loro determinazione a continuare a sostenere l'Ucraina nell'esercizio del suo diritto di difendersi dall'invasione della Russia, anche fornendo assistenza militare e di difesa". Lo si legge nel documento finale della riunione dei ministri alla Conferenza di Monaco, la prima sotto presidenza giapponese alla quale ha partecipato anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Il G7, si afferma inoltre, evidenzia "gli sforzi concertati dei partner del G7+ nel fornire assistenza energetica per mitigare gli effetti dei brutali attacchi della Russia ai civili e alle infrastrutture critiche".

12:54 Mosca: "Conquistata Gryanikovka nella regione di Kharkiv"

Le unità del gruppo occidentale delle truppe russe avrebbero conquistato il villaggio di Gryanikovka, nella regione di Kharkiv, durante l'offensiva lanciata in direzione di Kupyansk. Lo riporta l'agenzia di stampa russa Ria Novosti, citando il ministero della Difesa.

13:00 Harris: "Dopo un anno Kiev resiste, Nato più forte che mai"

"Un anno dopo sappiamo che Kiev resiste ancora. La Russia è indebolita. L'alleanza atlantica è più forte che mai". Lo ha detto la vicepresidente americana Kamala Harris a Monaco.

13:03 Usa: "Russia ha commesso crimini contro umanità"

"Nel caso delle azioni russe in Ucraina, abbiamo esaminato le prove e conosciamo gli standard legali e possiamo dire che non ci sono dubbi: si tratta di crimini contro l'umanità". Lo ha denunciato la vicepresidente Usa, Kamala Harris, nel suo intervento alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza.

13:04 G7 ribadisce sostegno per diritto Kiev a difendersi

 I membri del G7 hanno ribadito la loro "determinazione a continuare a sostenere l'Ucraina nell'esercizio del suo diritto di difendersi dall'invasione della Russia, anche fornendo assistenza militare e di difesa". Lo si legge in un comunicato finale della riunione dei ministri degli Esteri del G7 che si è tenuta a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco,  e alla quale ha partecipato anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

13:06 Italia sostiene creazione 'zona franca' a Zaporizhzhia

 L'Italia sostiene gli sforzi dell'Aiea e dell'Onu perché la centrale nucleare di Zaporizhzhia sia una "zona franca". Lo si apprende da fonti diplomatiche a margine della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco secondo le quali il ministro degli Esteri Antonio Tajani si è detto soddisfatto per il riferimento alla situazione di Zaporizhzhia nel documento a conclusione della riunione dei ministri del G7. E a questo proposito proseguono, secondo le stesse fonti, i contatti della Farnesina con lo staff del direttore generale dell'Aiea Rafael Grossi. Sostegno anche all'Iniziativa per l'esportazione dei cereali ucraini dal Mar Nero da parte del governo italiano che supporterà ogni azione diplomatica della Turchia a favore della pace in Ucraina.

 13:39 Sunak: "Risposta ucraina ad aggressione è stata insufficiente"

"La risposta della comunità internazionale all'aggressione russa contro l'Ucraina non è stata abbastanza forte". Lo ha detto il premier britannico Rishi Sunak parlando alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Per questo "serve un nuovo trattato da siglare a Vilnius in occasione del prossimo vertice Nato, per proteggere l'Ucraina anche da future aggressioni".

13:56 Kuleba, avremo i caccia, è solo una questione di tempo

"L'Ucraina avrà i caccia. È solo una questione di tempi e procedure. Ci vorrà un po' più di tempo rispetto ai carri armati, ma alla fine avremo gli aerei da combattimento. Sono sicuro che il Regno Unito avrà una parte in questo". Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. "Un anno fa c'era chi ci diceva che non saremmo durati", ha ricordato Kuleba. "Che la Russia era troppo forte. Dopo un anno, anche grazie all'aiuto degli alleati, abbiamo dimostrato che uniti niente è impossibile. Per questo dico, dateci fiducia. Vogliamo vincere questa guerra".

14:22 Blinken accusa, Russia ha commesso crimini contro umanità

Gli Stati Uniti hanno stabilito "formalmente" che la Russia ha commesso "crimini contro l'umanità" in Ucraina. Lo ha annunciato il segretario di Stato americano Antony Blinken precisando che Washington è arrivata a questa conclusione "sulla base di un'attenta analisi delle leggi e dei fatti disponibili". Tra i crimini contro l'umanità commessi dalle forze di Mosca, "esecuzione di uomini, donne e bambini ucraini; tortura di civili detenuti, stupri e deportazioni in Russia centinaia di migliaia di ucraini, compresi bambini che sono stati separati con la forza dalle loro famiglie".

15:36 Blinken: "Serve una pace duratura, rispetteremo decisioni Kiev"

"In questa guerra c'è un aggressore e una vittima. Gli Stati Uniti sosterranno le decisioni dell'Ucraina, questo è il loro Paese". Lo ha detto Antony Blinken a Monaco sottolineando che serve "una pace duratura". "Dobbiamo fare in modo che la Russia non ripeta le sue azioni tra cinque anni e che l'Ucraina sia in grado di difendersi anche in futuro per avere sicurezza e stabilità per Kiev ma anche per l'Europa", ha sottolineato il segretario di Stato americano.

16:27 Incontro Tajani - Weber a Monaco

Incontro a Monaco tra Antonio Tajani e  Manfred Weber. A quanto si apprende, a margine della conferenza sulla  sicurezza di Monaco, il ministro degli Esteri ha avuto un faccia a  faccia con il presidente del Ppe, all'indomani della decisione di  cancellare due giornate di studio a Napoli del Partito popolare  europeo dopo le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sull'Ucraina. Una  decisione che Tajani aveva già detto ieri di "non condividere". Il  ministro degli Esteri ha ribadito con chiarezza a Weber le posizioni  di Forza Italia sulla guerra, come già fatto in mattinata anche con il capo della diplomazia di Kiev, Dmytro Kuleba

16:53 Tajani: "Arrivare alla pace, non alla resa di Kiev"

"L'obiettivo è quello di arrivare alla pace ma lo strumento non può essere la resa dell'Ucraina".Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Monaco, rispondendo a una domanda della stampa sul G7 di oggi. "Abbiamo confermato il nostro impegno a difesa dell'indipendenza dell'Ucraina, dello stato di diritto, e del diritto internazionale", ha aggiunto Tajani.

17:02 Kuleba: "Nessuna concessione territoriale"

No a concessioni e compromessi  sull'integrità territoriale dell'Ucraina. Lo ha ribadito il ministro  degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, in un incontro con i giornalisti a margine della conferenza sulla sicurezza di Monaco, durante la quale  la Cina ha anticipato l'annuncio di un piano di pace. "Nessuna  concessione, nessun compromesso è possibile per quanto riguarda  l'integrità territoriale dell'Ucraina o di qualsiasi altra nazione nel mondo", ha detto Kuleba.

17:19 Von der Leyen: "Chiedo di raddoppiare il supporto militare all'Ucraina"

La Presidente della Commissione europea  Ursula von der Leyen chiede agli alleati di "raddoppiare" il loro  supporto militare all'Ucraina per fare in modo che Vladimir Putin non  raggiunga "i suoi obiettivi imperialistici e che l'Ucraina vinca".Parlando alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, von der Leyen ha  chiesto agli alleati di lavorare insieme per accelerare la produzione  delle armi di cui ha bisogno l'Ucraina, a partire dalle munizioni,  come era stato fatto durante la pandemia. "Non possiamo permetterci di aspettare mesi o anni per poter consegnare all'Ucraina ciò di cui ha  bisogno", ha spiegato. "Possiamo pensare ad accordi avanzati per  l'acquisto di armi che possano offrire all'industria della difesa la  possibilità di investire nelle linee di produzione più velocemente e  di aumentare le quantità da consegnare".

17:23 A Pisa corteo contro l'invio di armi in Ucraina

"Dalla Toscana ponti di pace non voli di guerra" è lo slogan scritto sullo striscione che ha aperto il corteo di Pisa, al quale hanno partecipato decine di persone provenienti da tutta la regione, per chiedere "lo stop all'invio di armi in Ucraina e l'immediata soluzione diplomatica del conflitto", e che dall'aeroporto di Pisa ha sfilato per alcune centinaia di metri fino l'ingresso dell'aeroporto militare. La manifestazione si è svolta pacificamente e vi hanno aderito il sindacato di base Usb, Potere al popolo e il Pci, e lavoratori dello scalo pisano e del porto di Genova.

17:45 G7 Monaco: "Fondamentale proseguire l'export del grano ucraino"

E' fondamentale che prosegua l'export di grano ucraino, lo afferma la nota conclusiva del G7 dei ministri degli Esteri di oggi a Monaco di Baviera. "I membri del G7 si sono impegnati ad alleviare le sofferenze globali causate dalla guerra russa e dall'armamento del governo russo in materia di energia e cibo. Hanno ribadito l'importanza cruciale di continuare ed espandere l'Iniziativa per il grano del Mar Nero e hanno sottolineato la necessità che le autorità russe aumentino il ritmo delle ispezioni e delle operazioni per soddisfare la domanda globale. Hanno denunciato il continuo ricorso della Russia alla manipolazione delle informazioni e alle campagne di disinformazione che si svolgono a livello globale e che cercano di scaricare la colpa su altri".

17:46 Sunak: "Raddoppiare il supporto militare"

"Nei prossimi tre mesi invieremo all'Ucraina più sistemi di difesa che lo scorso anno", ha aggiunto Rishi Sunak, ricordando che la Gran Bretagna è il primo Paese ad aver inviato a Kiev armi con  gittata più lunga e che sta addestrando personale militare ucraino  agli aerei militari che saranno forniti dagli alleati per difendere il Paese. Londra è disposta a fornire supporto ai Paesi che decideranno  di fornire immediatamente aerei militari a Kiev, forniture che la Gran Bretagna ora non è in grado di assicurare, come ha ammesso il Premier  limitandosi a citare "complicazioni".

17:50 Tajani: "Finora solo armi difensive a Kiev"

"Noi abbiamo sempre detto che non vogliamo fare la guerra alla Russia. Abbiamo dato armi difensive all'Ucraina. L'ultimo invio è un sistema di difesa aerea, quindi non serve per offendere ma per difendere". Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, rispondendo a una domanda dei giornalisti italiani a Monaco sull'invio dei caccia a Kiev dopo la riunione del G7."L'Italia per adesso non ha inviato e non invierà strumenti militari per colpire fuori dell'area Ucraina. Abbiamo mandato strumenti di difesa antiaerea", ha concluso.

17:52 Il direttore della Cia Burnes: "Condivisione informazioni di intelligence essenziale per sostenere l'Ucraina"

Il direttore della Cia William Burns ha dichiarato che la condivisione di informazioni di intelligence tra alleati è stata "essenziale" per la coalizione a sostegno dell'Ucraina. "E' una strada a doppio senso noi abbiamo imparato molto dai nostri partner della Nato e dagli ucraini", ha detto il funzionario americano durante una sessione della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. "È una sfida quotidiana: lavorare duramente, noi dell'intelligence statunitense con la Nato e i nostri partner in Europa, per assicurarci di avere il quadro più chiaro possibile", ha sottolineato il direttore della Cia

17:55 G7: "Ritiro immediato dai russi di Zaporizhzhya"

La russia non può permettersi di far correre rischi con i combattimenti intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhya. I ministri degli Esteri del G7, riuniti a margine della conferenza per la sicurezza a Monaco di Baviera, "hanno condannato il continuo sequestro e la militarizzazione della centrale nucleare di Zaporizhzhya da parte della Russia e hanno chiesto il ritiro immediato delle forze e del personale russo. Hanno sottolineato il loro pieno sostegno agli sforzi dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica per affrontare i problemi di sicurezza nucleare e di salvaguardia in Ucraina

18:06 Tajani: "Berlusconi non ha mai abbracciato la retorica russa"

"Berlusconi non ha mai abbracciato la retorica russa. Ha sempre detto che bisogna lavorare per la pace. Fermo restando che noi siamo dalla parte dell'Ucraina". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a Monaco, rispondendo a una domanda sulle affermazioni della presidente della commissione Difesa del Bundestag Agnes Strack-Zimmermann, che ha definito "pericolosa la narrativa russa" di Silvio Berlusconi.   "Berlusconi non solo l'ha sempre detto ma l'ha sempre anche votato nel Parlamento europeo - ha aggiunto Tajani -. Io sono il ministro della Repubblica italiana  e non ho mai avuto tentennamenti. Non c'è nessuna retorica russa".

18:44 Orban: "L'Europa è già indirettamente in guerra con la Russia"

 Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato che l'Europa è "indirettamente in guerra con la Russia" mentre diversi Paesi europei si impegnano a inviare carri armati per aiutare l'Ucraina a combattere l'invasione di Mosca, lo scrive il Guardian. Il premier, rieletto nel 2022 per il quarto mandato consecutivo, ha ribadito che essere un membro della Nato è "vitale" per l'Ungheria, ma ha affermato che il suo governo non invierà armi all'Ucraina ne' interromperà le relazioni economiche con Mosca. Orban ha dichiarato: "L'Europa sta andando alla deriva verso la guerra proprio in questi minuti, sta facendo un pericoloso gioco di equilibri. "In realtà, sono già indirettamente in guerra con la Russia". "E' iniziata con gli elmetti... ora stiamo inviando carri armati, e i jet da combattimento sono all'ordine del giorno, e presto sentiremo parlare delle cosiddette truppe di pace".

19:03 Botta e risposta fra Praga e Kiev: "Attenti a incoraggiare l'Ucraina". "Credete in noi"

Botta e risposta tra Kiev e Praga in occasione del pranzo ospitato dalla Fondazione Victor Pinchuk, durante la Conferenza sulla sicurezza a Monaco. Prima le parole di Petr Pavel, ex generale Nato fresco vincitore delle elezioni presidenziali ceche, che ha invitato a "stare attenti a incoraggiare l'Ucraina a raggiungere determinati risultati", aggiungendo che il Paese "potrebbe cambiare la sua visione a un certo punto". Poi la risposta del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba: "C'è una trappola intellettuale che deve essere evitata. Mentre si sostiene l'Ucraina, bisogna anche credere nell'Ucraina e non prepararla al peggio". Il ministro degli Esteri ha definito inaccettabile pensare che Kiev possa fare concessioni: "Non c'è differenza tra chi pronuncia la frase 'l'Ucraina può cedere' e la frase 'l'Ucraina probabilmente dovrà cedere' - ha aggiunto Kuleba -. Pertanto, credi nell'Ucraina, sostieni l'Ucraina, e vinceremo". Nell'ambito dello stesso intervento Pavel ha sottolineato che la sconfitta della Russia potrebbe avvenire in base a diversi scenari, compresi alcuni che l'Occidente dovrebbe evitare: "Se Mosca crolla, potremmo avere più problemi, non avremo nessuno con cui negoziare il disarmo", ha sottolineato.

19:47 L'Olanda espelle 10 diplomatici russi

L'Aja espelle dieci diplomatici russi, chiude l'ufficio commerciale russo ad Amsterdam e il consolato  olandese a San Pietroburgo. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri  Wopke Hoekstra, accusando Mosca di "aver cercato di nuovo di  infiltrare segretamente nei Paesi Bassi funzionari dei servizi segreti in qualità di diplomatici...Non possiamo permetterlo e non lo  permetteremo". "Allo stesso tempo - si legge in una nota del ministero - la Russia si rifiuta di rilasciare i visti ai diplomatici olandesi  per il consolato generale a San Pietroburgo e dell'ambasciata a  Mosca".      I dieci diplomatici dichiarati 'persona non grata' avranno due  settimane di tempo per lasciare il Paese, mentre l'ufficio commerciale russo ad Amsterdam dovrà chiudere dal 21 febbraio. "Quello che è  giusto è giusto - ha affermato Hoekstra - Bisogna dire che rapporti  normali con la Russia non esistono già da molto tempo". L'Olanda aveva già espulso lo scorso anno 17 diplomatici russi, accusati di essere  spie, e Mosca aveva reagito espellendone 14 olandesi.      Il consolato a San Pietroburgo chiuderà da lunedì a causa del  personale insufficiente, ma la misura potrebbe essere temporanea se da Mosca arriveranno i visti necessari.  

20:09 Wall Street Journal: La Cina fornisce alla Russia piccoli droni commerciali

La Cina continua fornire alla Russia piccoli droni commerciali che stanno aiutando le forze del Cremlino nella guerra contro l'Ucraina. Lo rivelano fonti dell'intelligence occidentale al Wall Street Journal. Alcuni dei velivoli arrivano al fronte direttamente dall'impianto cinese della Da-Jiang Innovations Science & Technology Co., meglio conosciuta come DJI, mentre altri vengono trasportati attraverso gli Emirati Arabi Uniti.    Il Pentagono teme che i droni non stiano solo aiutando Mosca nel conflitto ma Russia, ma stiano consentendo a Pechino di raccogliere informazioni cruciali sul campo di battaglia.

Estratto dell’articolo di Micol Flammini per “il Foglio” il 18 febbraio 2023.

Varcare il confine tra la guerra e la pace è diventato un rito per alcuni ucraini. Vanno e vengono, dall’Ucraina alla Polonia, ognuno con le sue missioni, gli affari da portare a termine, i pensieri da trascinare al di qua e al di là della frontiera. Si aspetta al freddo, il treno arrivato alla stazione di Przemysl, la prima fermata su rotaia in Polonia, fa scendere i passeggeri che, passati i controlli, sembrano scivolare via dal binario, come se si fossero tolti di dosso un peso.

 Chi va nella direzione opposta il peso sembra caricarselo in spalla a ogni passo verso il treno. Si attende a lungo, sia in un verso sia nell’altro, a placare il freddo ci pensano i volontari che portano tè caldo: sono polacchi che in questo anno di guerra hanno imparato qualche parola di ucraino. Przemysl è ormai bilingue.

Attorno alla stazione [...] la segnaletica è in polacco e in ucraino, tutto ha due vite, due modi di dire, due facce: l’insegna per il supermercato della stazione è indicata in due versioni, sklep e mahazin .

 Parlare l’una e l’altra lingua è spesso un gesto di cortesia venuto su in modo spontaneo e a volte le due si confondono formando una neolingua, un esperanto slavo. Questa è la quotidianità di una cittadina di sessantamila abitanti, che lo scorso anno nella sua stazione neobarocca ha accolto centinaia di ucraini che fuggivano, pochi erano invece coloro che si mettevano in fila e con pazienza aspettavano di tornare indietro.

[...] “Ha ancora senso parlare di fuga, ma è una fuga ordinata. Chi arriva adesso spesso sa dove andare, ha un piano di viaggio, Przemysl è tornata a essere uno snodo, non più un centro della speranza. Sono aumentate invece le persone che fanno il viaggio al contrario, dalla Polonia all’Ucraina”, spiega al Foglio una volontaria [...]. Il senso di urgenza è scomparso, ma non quello di necessità.

 In fila per prendere il treno, in un attimo ci si accorge che questo popolo che varca la frontiera tanto spesso è costituito soprattutto da donne, un fiume di frontaliere, tra la guerra e la pace. [...] Tre signore dicono di aver trascorso più tempo della loro vita in Polonia che in Ucraina, e che il servizio alla frontiera è migliorato dal 24 febbraio, data di inizio dell’invasione.

 [...] Ci si sposta più rapidamente [...] e una signora più ottimista delle altre dice che andrà sempre meglio perché più ci si stringe all’Europa, più tutto questo diventerà una formalità. Viaggiano leggere, [...] stanno in fila come se fosse una manovra che sono abituate a compiere almeno una volta al mese e dispensano consigli su come fare la valigia rapidamente, su come hanno insegnato alle figlie rimaste in Ucraina a fare scorte, perché loro l’arte l’hanno appresa durante l’Unione sovietica, erano più preparate e certe cose non si dimenticano.

 

[...] Nessuno parla di normalità, ma quello che lo scorso anno era il confine della fuga, oggi è un punto di contatto, è una catena di rapporti e scambi che arriva dritta fino a Leopoli e poi prosegue per tutta l’Ucraina. [[...]

Ecco chi vuole che il conflitto duri il più possibile. E perché. Adolfo Spezzaferro su L’Identità il 18 Febbraio 2023

Tutto ci indica che le forze russe impegnate nel conflitto contro quelle ucraine intensificheranno l’offensiva in atto ormai da settimane, puntando a raggiungere e conquistare più obiettivi strategici possibili nel minor tempo possibile. Perché a marzo arriveranno i tank della Nato, che, uniti ai caccia richiesti dall’Ucraina di Zelensky e che presto saranno nei cieli del Donbass, potranno contrastare l’offensiva di Mosca. Tutto ci indica che nei prossimi giorni la guerra sarà ancora più dura, con bombardamenti russi sulle infrastrutture strategiche. Non solo le reti energetiche ma tutto quello che può servire a Kiev sul fronte della logistica una volta arrivati caccia e tank Nato.

Adesso che anche i media mainstream occidentali parlano di avanzata da parte dei russi, dopo che hanno negato per giorni che le città ucraine conquistate nella nuova offensiva fossero davvero sotto il controllo delle forze di Mosca, il coro unanime in Occidente è “fare presto”. Inviare subito i caccia, far arrivare il prima possibile i tank. Perché è una lotta contro il tempo.

Ma se così è, perché fior fiore di analisti Usa e non solo ritengono che la guerra durerà ancora a lungo? C’è una sola possibile spiegazione: perché l’Occidente intende fare in modo che il conflitto russo-ucraino si protragga il più possibile. Questo significherà il collasso dell’Ucraina, una ecatombe in termini di vittime tra militari e civili, di entrambe le parti: ucraini e russofoni filorussi nel Donbass. Con costi inimmaginabili, in termini di aiuti militari, se si considera, per dare un’idea dell’ordine di grandezza della spesa, che gli ucraini sparano circa 10mila colpi al giorno, tra armi da fuoco e artiglieria.

Numeri che spiegano perché il segretario della Nato Stoltenberg sta dicendo ai Paesi dell’alleanza militare di aumentare la produzione di armamenti. Così come spiegano perché l’amministrazione Biden ha appena chiuso un contratto da oltre 520 milioni di dollari per aumentare la produzione di munizioni. La guerra sta consumando armi, armamenti, pallottole e vite umane a ritmi impressionanti. Un business senza eguali, purtroppo.

Torniamo a chiederci dunque se Mosca intende intensificare l’offensiva proprio ora, che Kiev non ha ancora gli armamenti pesanti in arrivo e non è in grado di fermare l’avanzata (le autorità ucraine ieri hanno intimato ai civili di lasciare la città chiave di Bakhmut), perché la guerra durerà ancora a lungo? Forse perché le forze russe non riusciranno in tempi brevi a mettere in sicurezza il Donbass, a delineare una cortina di ferro per proteggere le popolazioni russofone separatiste e quindi proporre i negoziati per un cessate il fuoco? E’ possibile. Non è escluso che l’operazione militare speciale non si concluderà prima della fine dell’inverno, quando poi sarà impossibile avanzare, perché il ghiaccio si scioglierà e il terreno diventerà un mare di fango. Escluso poi che per l’anniversario dell’inizio dell’operazione voluta da Putin, il 24 febbraio, il presidente russo possa parlare di vittoria.

Il punto è tuttavia un altro: Zelensky vuole entrare nella Ue e nella Nato recuperando i territori ora sotto il controllo russo. Questo significa che fino a che non conseguirà tali obiettivi la guerra non finirà. Questo significa che quando Mosca avrà ultimato l’operazione e proporrà i negoziati per un cessate il fuoco, Kiev respingerà l’offerta e proseguirà i combattimenti. Anzi, con tank e caccia magari Zelensky tenterà – peggio ancora – una controffensiva.

Questo anche e soprattutto perché dietro Kiev c’è la Nato e gli Usa che puntano a far durare il più possibile il conflitto per indebolire il più possibile la Federazione russa. A farne le spese è ovviamente l’Ucraina, che allo stato attuale è senza un’economia, prossima al collasso, e che un giorno rischierà di ritrovarsi senza più militari ucraini. Questo è il vero paradosso: l’Occidente che invierà sempre più armamenti e Kiev che non avrà più soldati per utilizzarli. A quel punto possiamo escludere che i militari Nato scenderanno direttamente in campo contro i russi: sarebbe la terza guerra mondiale.

Altro dato da non sottovalutare: la sempre più massiccia fornitura di sistemi d’arma pesanti e a lunga gittata scatenerà una reazione da parte dei russi, che dovranno intensificare in modo direttamente proporzionale lo sforzo bellico, con l’impiego di armi più sofisticate e letali. Tutto quello che hanno a disposizione, insomma, tranne le armi nucleari, s’intende. Se non coinvolgere nel conflitto la Bielorussia (dove, lungo il confine con l’Ucraina, Mosca sta ammassando da tempo uomini e mezzi). Il risultato sarà una guerra di posizione, di logoramento. Quasi di trincea, come fu la Grande guerra. Qualcosa di molto lontano dalla guerra tecnologica, “al sicuro”, con droni kamikaze, missili a lunga gittata, dove resistere non comporta ingenti perdite umane. Nel Donbass presto sarà l’esatto contrario: attacchi violenti e difese senza speranza, per piccole porzioni di territorio. A dare il polso di questo scenario quasi già in atto sono le esternazioni del ministro della Difesa britannico Wallace, il quale commentando la penuria di munizioni lamentata da Kiev ha invitato gli ucraini a sparare “con maggiore precisione per risparmiare proiettili”. Sarà un massacro. In cui la Ue, nel suo appiattimento sulle posizioni della Nato, ha rinunciato a proporsi come mediatore per i negoziati, assumendo invece il ruolo di cobelligerante. Lasciando alla Turchia di Erdogan o alla Cina di Xi Jinping – che paradosso – la possibilità di intestarsi il ruolo di chi chiede di porre fine al conflitto, di chi chiede la pace.

Grido di guerra. Ernesto Ferrante su L’Identità il 18 Febbraio 2023

No ai negoziati, sì alla Nato e all’Ue. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, attraverso l’intervista alla Bbc e il collegamento video alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha dettato l’agenda politica ad un’Europa sempre meno autonoma e a quell’Occidente che sembra avere Washington come unica stella polare. Per Zelensky, che ha parlato di un’offensiva russa già in atto, non ci può essere alcun accordo di pace tra l’Ucraina e la Russia che preveda la cessione di territori, perché “qualsiasi compromesso ci renderebbe più deboli come stato” e “non c’è fiducia con Putin”.

“L’Ucraina sarà presto nella Nato per poter arginare la Russia”, ha annunciato l’ex comico, aggiungendo che “non c’è alternativa per l’Ucraina se non la vittoria. Non c’è alternativa se non l’Ucraina nella Nato”.

Nuova richiesta di armi agli alleati: “La determinazione non è mai astratta. Davide ha sconfitto Golia non con il potere della conversazione, ma con le sue azioni, il suo coraggio e la sua fionda. Il coraggio lo abbiamo, la fionda ci renderà più forti”. E ancora: “E’ importante velocizzare l’invio di armi all’Ucraina da parte dei Paesi occidentali “perché la vita delle persone dipende da questa velocità”.

Kiev guarda a Bruxelles: “E’ il momento, per l’Ucraina, di essere parte integrante dell’Unione europea. La maggior parte degli europei sostengono la nostra membership, abbiamo già ottenuto lo status di Paese candidato. Ci stiamo preparando per iniziare con i negoziati e siamo già allineati con economia, logistica ed energia europea”.

“Non c’è alternativa a una eliminazione completa dell’aggressione russa, alla liberazione di tutto il territorio e del popolo, perché i cittadini vengono ancora tenuti prigionieri in alcune zone”, ha affermato il capo di Stato ucraino, evidenziando la necessità di “liberare l’intera Ucraina ed Europa” perché “quando le armi russe ci colpiscono stanno già colpendo anche i nostri vicini”.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, aprendo la Conferenza nella città bavarese, ha risposto direttamente alle parole di Volodymyr Zelensky, sottolineando che l’Ucraina è parte dell’Europa e invitando gli alleati ad accelerare la consegna dei blindati a Kiev: “Vorremmo che tu, Zelensky, fossi con noi. L’Ucraina ha il suo posto qui, tra noi, in un’Europa libera e unita”, ha dichiarato Scholz. Allo stesso tempo, il cancelliere tedesco ha ribadito l’impegno ad evitare “un’escalation non voluta” tra Nato e Russia.

Nefaste le sue previsioni su una possibile conclusione anticipata del conflitto: “Io penso che sia saggio prepararsi per una lunga guerra”.

Di armi ha parlato ancora una volta il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Chiedo agli alleati di fare tutto quello che è in loro potere per inviare armi moderne, compresi mezzi corazzati e tank da combattimento”, ha detto Stoltenberg, ripetendo che anche eventuali negoziati dipenderanno dal campo di battaglia. “Perché, ha concluso il segretario generale, Vladimir Putin deve capire che nei negoziati deve accettare che l’Ucraina sopravviva come nazione sovrana ed indipendente”.

“L’ora del dialogo non è ancora arrivata perché la Russia ha scelto la guerra, ha scelto di colpire le infrastrutture civili e di commettere crimini di guerra. L’attacco della Russia deve fallire”. Il presidente francese Emmanuel Macron ha scaricato tutte le colpe su Mosca.

La pace, a suo avviso, è possibile solo ad una condizione: quella di “fornire all’Ucraina i mezzi per andare al tavolo negoziale in modo accettabile e lavorare ad una pace a lungo termine alle condizioni decise dagli ucraini”.

Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, “è improbabile” che la Casa Bianca accolga positivamente la proposta del presidente bielorusso Alexander Lukashenko di un incontro a Minsk tra il presidente americano Joe Biden e quello russo Vladimir Putin. “Si tratta di una nuova iniziativa del presidente della Bielorussia. Probabilmente avete sentito la dichiarazione della Casa Bianca secondo cui il presidente degli Stati Uniti non ha in programma altre soste se non in Polonia. Pertanto, è improbabile che Washington risponda positivamente a questa iniziativa”, ha spiegato Peskov ai giornalisti nel corso di una conferenza stampa. Lukashenko si era detto disponibile a incontrare il capo della Casa Bianca nella capitale bielorussa, eventualmente anche insieme allo “zar”.

Il coinvolgimento dei paesi della Nato nel conflitto in Ucraina è “massimo”. E’ questa la convinzione espressa dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, durante il suo consueto punto stampa. “I paesi della Nato, che si mostrano innocenti, stanno cercando di dimostrare di non essere parte del conflitto – ha tuonato la portavoce – Ma il loro coinvolgimento è massimo”.

Continua a percorrere la via diplomatica il Brasile. “Invece di prendere parte ad una guerra preferiamo parlare di pace”. Così il ministro degli Esteri brasiliano, Mauro Vieira, ha ribadito il no del governo Lula all’invio di munizioni per i carri armati all’Ucraina. Il capo della diplomazia ha riaffermato la disponibilità a svolgere un ruolo di mediazione per il cessate il fuoco e la pace e ad intervenire “in qualsiasi momento possibile”. Il presidente Lula ha ricordato l’offerta durante la sua recente visita negli Usa.

Neue-Zeitenwende. A Monaco Scholz dice esattamente quello che gli alleati speravano di sentire. Luigi Daniele su L’Inkiesta il 18 Febbraio 2023.

Dopo mesi di reticenze, il cancelliere tedesco fa mostra di decisionismo alla Conferenza di Sicurezza in Baviera: «Non sono le nostre forniture di armi a prolungare la guerra». Per Berlino potrebbe aprirsi una nuova fase, più risoluta, di sostegno all’Ucraina

Per la prima volta da diversi decenni, l’annuale Conferenza di Sicurezza di Monaco, la cui edizione 2023 è iniziata ieri, non vede la partecipazione di rappresentanti della Russia. Eppure, come è ovvio, la Russia è l’unico, vero tema della due giorni, dal collegamento d’apertura del presidente ucraino Volodymyr Zelensky fino all’intervento del neoministro della Difesa tedesco Boris Pistorius.

Ma era il discorso del Cancelliere Olaf Scholz a essere uno dei momenti più attesi, cadendo a pochi giorni dal primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina e a quasi un anno dal discorso sulla Zeitenwende, spartiacque della politica estera tedesca degli ultimi anni. Monaco, dunque, è stata l’occasione per Scholz per fare un punto sulla situazione, rilanciando il ruolo della Germania e del suo governo all’interno del blocco occidentale.

«L’Ucraina e l’Europa sono più unite di prima», ha affermato il Cancelliere in apertura, sottolineando come «le ucraine e gli ucraini difendono la libertà a prezzo di molte vittime, ma con incredibile risolutezza», prima di ricordare gli aiuti tedeschi in termini di supporto economico e accoglienza dei rifugiati.

Tuttavia, Scholz sa bene che finora è stata proprio la Germania l’osservata speciale del blocco occidentale: prima con i dubbi su Nord Stream 2 e alcune sanzioni, e poi con le titubanze riguardo l’invio di armi, con la questione dei carri Leopard come episodio più recente di una vicenda svoltasi a più riprese.

In diverse fasi, infatti, la Germania si è mostrata in difficoltà, tra la necessità di assumere un ruolo guida a livello europeo in politica estera e la volontà di non esporsi eccessivamente, per tutelare la sua economia. L’anno della Zeitenwende, infatti, è stato prima di tutto l’anno in cui la Germania ha dovuto prendere atto che il suo ruolo di ponte con la Russia è divenuto impossibile, che la sua Ostpolitik che mirava a tenere vicina Mosca attraverso il commercio è naufragata. Un vero e proprio shock d’identità, per Berlino.

Nel suo discorso, quindi, Scholz ha ricordato le decisioni prese subito dopo l’invasione, prime fra tutte l’istituzione di un fondo speciale di cento miliardi di euro per ammodernare l’esercito tedesco e l’impegno a raggiungere presto l’obiettivo Nato di dedicare il due per cento del Pil alla difesa (punto su cui è intervenuto ieri anche il ministro Pistorius, che sostenuto come questa vada considerata una soglia minima).

Ma è il tema dell’invio di armi a colpire maggiormente nel discorso del Cancelliere: Scholz ha infatti affermato come «non sono le nostre forniture di armi a prolungare la guerra», anzi «prima il Presidente Putin si renderà conto che non raggiungerà il suo obiettivo imperialista, maggiori saranno le possibilità di una fine anticipata del conflitto, di un ritiro delle truppe di conquista russe».

Parlando dei carri armati, ha sostenuto la necessità «che tutti coloro che sono in grado di fornirli lo facciano effettivamente ora», aggiungendo che lui, il ministro della Difesa Pistorius e la ministra degli Esteri lavoreranno perché sia fatto «tutto ciò che la Germania può fare per rendere questa decisione più facile per i nostri partner», per esempio «addestrando i soldati ucraini qui in Germania o sostenendoli con forniture e logistica».

È abbastanza facile, tuttavia, scorgere nel discorso di Scholz due livelli. Il primo è legato a ciò che il cancelliere ha espressamente detto: quello di Monaco è un discorso chiaro, netto, senza sbavature, pronunciato nella tradizionale occasione in cui, in Germania, si discutono i temi caldi della politica estera. Il discorso di Scholz è inattaccabile nel suo ricordare il ruolo tedesco nel sostegno all’Ucraina, nel rivendicare l’unità europea e occidentale di fronte all’invasione, nell’esortare a continuare a difendere Kyjiv per difendere la libertà europea.

Un discorso rassicurante nel suo ribadire l’impegno tedesco a sostegno del Paese aggredito, nel rispetto della linea comune decisa con i partner internazionali. Per di più, un discorso che dice esattamente quello che i partner speravano di sentire.

Al tempo stesso, è inevitabile notare un secondo livello, legato a ciò che il discorso non dice. Non è possibile, infatti, pensare alle parole di Scholz sulla posizione tedesca senza ricordare il primo anno di guerra in Ucraina come caratterizzato anche da una certa reticenza tedesca nel sciogliere le riserve su una serie di misure di contrasto allo sforzo bellico russo: dal blocco di Nord Stream 2, su cui Berlino ha sempre tergiversato fino all’invasione, sino al caso recentissimo dell’invio dei carri Leopard, ritardato per settimane da Scholz.

Se è vero che l’attacco russo ha costretto Berlino a trovare una nuova identità politica internazionale, con tutte le fisiologiche (e per certi versi comprensibili) difficoltà del caso, è innegabile che la Germania, in alcune fasi, sia apparsa come l’anello debole del blocco occidentale; e il discorso di Scholz, nel suo rivendicare il ruolo tedesco, non riesce a impedire di pensare anche ai chiaroscuri della transizione tedesca in materia di politica estera. Tanto più se si pensa al passaggio in cui Scholz parla della necessità di evitare escalation: una priorità innegabile, ma che non può non far pensare anche ai tentennamenti tedeschi.

I toni di rivendicazione e decisionismo del discorso si sposano benissimo con la sede in cui è stato pronunciato, ed è del resto ovvio che Scholz debba rivendicare l’operato tedesco senza indulgere in mea culpa. Ma la risolutezza che traspare dalle parole del cancelliere potrebbero non essere solo il prodotto delle necessità causate dal contesto, ma rivelare, al contrario, una nuova fase della Germania nel supporto all’Ucraina e, più ampiamente, nei rapporti europei e occidentali. Per saperlo, dovremo osservare Berlino nei prossimi mesi.

Monaco, Kamala Harris accusa Putin: «Abbiamo le prove dei crimini contro l’umanità». Giuseppe Sarcina su Il Corriere della Sera il 18 Febbraio 2023.

La vicepresidente Harris protagonista a Monaco: «Processeremo i responsabili». Poi accusa Pechino: basta appoggiare Mosca. Von der Leyen: raddoppiare gli aiuti a Kiev

Prima un attacco durissimo a Vladimir Putin: «Non ci sono dubbi, la Russia ha commesso crimini contro l’umanità». Poi un avvertimento secco a Xi Jinping: «Se la Cina aiuta Mosca, ci saranno sempre più morti in Ucraina». La vice presidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha lasciato il segno nella «Conferenza sulla sicurezza» a Monaco, in Germania. Nel suo discorso ha mescolato le emozioni, l’indignazione per gli «atti di crudeltà» di cui si sono macchiati i soldati e i mercenari agli ordini di Putin. «Bombardamenti sulle case, torture, violenze sessuali, deportazioni, esecuzioni di civili: prima di entrare in politica, sono stata una procuratrice. Posso dirvi che abbiamo raccolto le prove, conosciamo la legge e non ci possono essere dubbi: questi sono crimini contro l’umanità».

Poco dopo il dipartimento di Stato farà sapere di aver censito 30.600 casi di azioni criminali. Ancora Harris: «Faremo il possibile per processare i responsabili materiali e i loro superiori, anche nelle sedi internazionali». Questa è la conclusione giuridica dell’impegno pubblico preso da Joe Biden, nell’aprile scorso, subito dopo la scoperta dei massacri di Bucha, la cittadina alle porte di Kiev, brutalizzata dall’armata putiniana. Il primo aprile 2022 Biden aveva definito Putin «un criminale di guerra»; il 12 aprile lo aveva accusato di «genocidio». Adesso, il 18 febbraio 2023, la sua vice annuncia al mondo: possiamo provare le nostre imputazioni.

L’altro messaggio di Harris è per Xi Jinping: «Da quando è scoppiata la guerra, la Cina ha approfondito le sue relazioni con la Russia. Ogni supporto letale (a Mosca, ndr) porterà ancora morti in Ucraina e destabilizzerà l’ordine mondiale fondato sul rispetto del diritto». Più tardi, però, il segretario di Stato, Antony Blinken, ha precisato che «al momento non ci sono tracce di aiuti militari cinesi». Anche se proprio ieri il Wall Street Journal ha scritto che «la Russia continua a importare droni per uso bellico dalla Cina».

Alla vigilia , in realtà, l’attesa si era concentrata su Wang Yi, il plenipotenziario per la politica estera del partito comunista cinese. Wang Yi è uno dei più stretti collaboratori di Xi Jinping e negli ultimi giorni ha più volte accennato a «un piano di pace» elaborato da Pechino. Ne ha parlato anche con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, quando ha fatto tappa a Roma, nel corso del suo tour europeo che si concluderà a Mosca (e a pochi giorni dalla visita, ormai imminente della premier italiana Giorgia Meloni a Kiev). «L’impegno della Cina è un fatto positivo — ha commentato Tajani che a Monaco guida la delegazione italiana — vediamo come si concretizzerà. L’obiettivo è arrivare alla pace, ma lo strumento non può essere la resa dell’Ucraina».

Nel suo intervento, però, Wang Yi, è stato molto generico: «Noi sosteniamo la necessità di arrivare a colloqui per la pace. Dobbiamo dare una possibilità alla pace». Il membro del Politburo di Pechino avrebbe anticipato i particolari alla pari grado tedesca, Annalena Baerbock che, a sua volta, ha confermato l’esistenza di questo progetto ai giornalisti.

I più scettici sono gli americani. Se non altro perché da mesi i cinesi auspicano «il negoziato tra le parti», senza voler essere coinvolti. I rapporti tra le due Superpotenze restano tesi, complicati. In giornata si era diffusa l’indiscrezione di un possibile colloquio tra Blinken e Wang Yi, ma non ci sono state conferme. Sarebbe il primo contatto al vertice, dopo la «crisi dei palloni». Dal palco, Wang Yi ha definito «assurda e isterica la reazione americana». L’aviazione statunitense ha abbattuto una mongolfiera cinese, sospettata di spionaggio, e altri tre aerostati risultati innocui.

In ogni caso anche a Monaco il blocco occidentale ha dimostrato compattezza, sia pure con diverse sfumature. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha detto che le forniture «andrebbero raddoppiate». Sulla stessa linea il premier britannico, Rishi Sunak. I ragionamenti, invece, diventano vischiosi quando si cerca di capire che cosa si intenda per «vittoria ucraina», espressione ricorrente anche a Monaco. Significa la riconquista di tutti i territori occupati, compresa la Crimea? Solo il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, è stato netto: «Sì,anche la Crimea. Ma la guerra finirà davvero quando Putin o chi ci sarà al suo posto, verrà a Kiev e si inginocchierà davanti al monumento alle vittime dei russi, supplicando il perdono».

Estratto dell’articolo di Uski Audino per “La Stampa” il 19 febbraio 2023.

[…] È la vicepresidente americana Kamala Harris a puntare il dito contro la Russia per i massacri di civili, un fatto a suo dire ormai accertato. «Gli Stati Uniti hanno formalmente stabilito che la Russia ha commesso crimini contro l'umanità» dichiara con forza dal palco del Bayerischer Hof. In base alla informazioni raccolte, la Russia ha condotto un attacco «sistematico e su larga scala» contro la popolazione civile e «le sue azioni sono un attacco ai nostri comuni valori e alla nostra comune umanità».

 Su questo «siamo tutti d'accordo: a nome di tutte le vittime, sia conosciute che sconosciute: deve essere fatta giustizia» perché, conclude, «se l'azione di Putin avrà successo altri Paesi potrebbero seguire il suo esempio, mettendo a rischio l'ordine internazionale».

La presa di posizione americana corrobora l'idea di istituire un tribunale speciale internazionale per i crimini di guerra russi. «Esiste un modo per punire l'uomo forte del Cremlino: un nuovo tribunale speciale delle Nazioni Unite», conferma il presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco ed ex consigliere per la Sicurezza di Angela Merkel, Christoph Heusgen.

 […] Stati Uniti ed Europa sono compatti su questo punto, come sulla necessità di armare Kiev, ma in un'edizione della Conferenza che vede presenti diversi paesi del cosiddetto "Global South" – dal Brasile alle Filippine – anche se tiene fuori la Russia, il confronto tra Pechino e Washington continua a tenere banco. Wang è tornato a criticare gli Usa di aver avuto una «reazione isterica» sull'affaire dei palloni-spia cinesi e gli imputa «protezionismo al 100%, egoismo al 100%, azione unilaterale al 100%». In serata, poi, l'incontro con il collega americano Antony Blinken.

[…] Gli europei invece sperano in una mediazione cinese nel conflitto ucraino, una via d'uscita per una guerra che minaccia di diventare un "frozen conflict". «La Cina può svolgere un ruolo importante di convincimento verso la Russia» ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani alla stampa: «È quello che l'Italia ha chiesto al capo della diplomazia cinese Wang Yi nei suoi incontri con me e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella» nei giorni scorsi, ha aggiunto il capo della diplomazia italiana.

 Il punto di partenza di questo percorso di pace potrebbe essere il cosiddetto "corridoio verde" sui cereali e la neutralità della centrale nucleare sul territorio ucraino di Zaporizhzhia che si è riusciti a includere nel comunicato finale del G7, dopo l'incontro avvenuto ieri a Monaco.

Nel comunicato finale si afferma che i sette grandi «ribadiscono l'importanza cruciale di proseguire ed espandere l'Iniziativa del Mar Nero per i cereali» e «condannano il continuo sequestro e la militarizzazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte della Russia, chiedendo il ritiro immediato delle forze e del personale russo» e continuando a ribadire il sostegno «agli sforzi dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica».

 Passerà davvero dalla Cina la risoluzione del conflitto? Gli analisti americani e tedeschi sono cauti e aspettano di vedere quale sarà in dettaglio il piano cinese. […]

La testimonianza del tenente russo: «Ho visto le torture. Il comandante ha preso una mazza e ha rotto il naso e i denti di un prigioniero. A un altro ha sparato nei piedi». Greta Privitera su Il Corriere della Sera il 19 Febbraio 2023.

Konstantin Yefremov è scappato da Melitopol a fine maggio, dopo tre mesi di guerra. Oggi è in una località segreta: «Soldati sempre ubriachi, violenze atroci»

Testa rasata, occhi di ghiaccio, accende la sigaretta con quella che sta per spegnere. Ne fuma una dietro l’altra Konstantin Yefremov, 33 anni, nei cinquanta minuti in cui ci parla via video. Ufficiale a capo di un’unità di sminamento della 42a divisione fucilieri dell’esercito russo, dice di sentirsi in trappola: «Il mio destino è la morte. Per il mio Paese sono un traditore». Aiutato dal gruppo di attivisti Gulagu.net, è scappato dalla Russia e si trova in una località segreta. Il suo racconto di torture, saccheggiamenti e amici uccisi, stride con il canto degli uccelli in sottofondo.

Per quanto ha combattuto in Ucraina?

«Da fine febbraio a maggio».

Dove si trovava?

«Ero in Crimea, il 27 febbraio mi hanno mandato con la mia squadra di venti persone a Bilmak, vicino a Melitopol. Facevamo la guardia a un quartier generale».

Immaginavate che sarebbe iniziata la guerra?

«No, l’abbiamo capito il 24 febbraio. Pensavamo fossero le solite minacce di Putin. Bombardavano e marchiavano i mezzi con la lettera Z. Ho chiesto di lasciare l’esercito».

Ma poi è rimasto.

«Non ho avuto altra scelta. Sono andato dal mio comandante per comunicargli che volevo partire. Mi ha chiamato traditore. Ho consegnato la pistola e ho provato a lasciare Melitopol, volevo tornare in Russia e dimettermi ufficialmente. Mi hanno fatto sapere che ero ricercato dalla polizia militare e che mi avrebbero arrestato».

Era l’unico contro la guerra dei suoi?

«No, lo eravamo quasi tutti. La maggior parte di noi si è arruolato perché povero. Vengo da un villaggio del Caucaso, nel 2013 sono entrato nell’esercito per aiutare mia madre. Nessuno dei miei voleva uccidere gli ucraini, abbiamo amici e parenti che vengono da lì».

Come si fa a combattere contro un popolo amico?

«È devastante. Sappiamo che stanno solo difendendo le loro case, noi le invadiamo».

Un edificio militare in fiamme a Melitopol

I dati dicono che a febbraio sono morti 824 soldati russi al giorno, il numero più alto dall’inizio della guerra. Lei ha perso qualcuno in battaglia?

«Sì, sette persone della mia squadra durante un’esplosione. Erano amici».

Ha mai ucciso?

«No».

Ha mai torturato?

«No, ma ho visto torturare. Ho assistito a quelle di tre uomini, tra cui un cecchino. Il comandante ha preso una mazza di legno e gliela picchiava sulle dita, sulle ginocchia, gli ha rotto il naso e i denti. Quando beveva faceva anche peggio».

Cioè?

«Ha sparato alle mani e ai piedi di un prigioniero».

Dopo il massacro di Bucha si è detto che i soldati russi erano sempre ubriachi.

«Non solo i ragazzini impreparati, i graduati sono perennemente ubriachi. Scorre alcol a fiumi, è una situazione fuori controllo».

Quindi è vero che ci sono molte persone non addestrate alla guerra?

«Sì, la maggior parte sono soldati che non sanno combattere. Ci sono tassisti, panettieri, gente comune».

Ha mai visto saccheggi?

«Decine di volte. I militari entrano nelle case e rubano di tutto: oggetti di valore, televisori, tappeti, cibo. Alcuni addirittura le macchine».

Che cosa è impossibile immaginare da qui?

«La violenza è immaginabile, è difficile capire chi crede alla propaganda di Putin: è il diavolo».

Come è scappato?

«A fine maggio mi trovavo in una zona di campagna e con altri sette compagni abbiamo deciso di andarcene. Avevamo degli amici tra i comandanti che non ci hanno denunciati. Una volta in Cecenia ho scritto una lettera di dimissioni, mi hanno chiamato disertore e sono stato licenziato. Con la mobilitazione parziale di settembre non ero comunque al sicuro: volevano che tornassi a combattere. Mi sono nascosto finché un’associazione mi ha aiutato a espatriare. Per queste parole rischio la morte».

Dove si trova ora?

«In un Paese delle Americhe. Ho chiesto asilo agli Stati Uniti, ma nessuna risposta».

Come sta?

«Sono fisicamente stanco di avere paura. La notte sogno i miei amici uccisi».

Che cosa pensa di Zelensky?

«Questa guerra è la storia di un comico che diventa un presidente e di un presidente diventato un comico».

Come vede il futuro?

«Non so quando, ma l’Ucraina vincerà. Chiedo scusa al popolo ucraino, so che si libereranno del nemico e allo stesso tempo libereranno noi dal dittatore».

Wagner, mercenari contro soldati russi: a Putin sfugge di mano la guerra? su Libero Quotidiano il 18 febbraio 2023

L'esercito russo, aiutato da milizie del Donbass e mercenari della compagnia Wagner, continua a concentrare l'offensiva a Bakhmut, sempre più martoriata. Ieri sono stati bombardati quartieri residenziali in cui vivono ancora fra 5.000 e 6.000 civili, su una popolazione che prima della guerra toccava 70.000 persone. Almeno 5 civili ucraini sono morti e 10 sono rimasti feriti. Perciò da Kiev la vicepremier Irina Vereshchuk ha rinnovato l’appello ai civili rimasti in città perchè la evacuino. I russi lottano per tagliare le comunicazioni fra il presidio ucraino e le retrovie, ma non si sa se la conquista della città precederà l'anniversario dell'inizio della guerra, il 24 febbraio.

Ieri l'Istituto americano ISW ha commentato che «è improbabile che la Russia prenda Bakhmut in tempo per l'anniversario, poiché significherebbe avanzare più velocemente di quanto mai fatto dai russi».

Proprio la «lentezza dovuta alla burocrazia» aveva spinto due giorni fa il capo della Wagner, Evgeni Prigozhin, a criticare il ministero della Difesa russo e il suo titolare Sergei Shoigu. Prigozhin sa che può permettersi di criticare i vertici, almeno fino a un certo punto, perché l'esercito ha bisogno dei Wagner come truppe di rottura. Ma i mercenari russi lamentano la mancanza di munizioni.

Alcuni membri della Wagner hanno postato video in cui si dicono «lasciati a corto di munizioni». Una ripicca di Shoigu a Prigozhin? I Wagner dicono: «Ci appelliamo ai nostri colleghi e amici del Ministero della Difesa. Siamo sicuri che da qualche parte nei magazzini queste munizioni ci sono. Vi saremo grati se ci aiutate e le consegnate. Un gran numero di persone sopravviverà e potrà continuare a lottare». Da Londra, il rapporto quotidiano dell'intelligence britannica azzarda che il gruppo Wagner abbia sofferto «il 50% di caduti nei propri ranghi».

L’amministrazione ucraina di Kherson ha dichiarato che i russi hanno bombardato la zona con 76 ordigni, fra razzi, granate e droni, uccidendo 3 persone e ferendone 7. Lo Stato Maggiore ucraino dice che i russi hanno installato nella Melitopol occupata «un’antenna per intercettare le telefonate della gente» e così scoprire gli informatori di Kiev. Gli ucraini, a loro volta, hanno cercato di colpire con un drone la centrale elettrica di Balaklava, in Crimea, ma secondo il governatore russo Mikhail Razvozhaev l'ordigno ucraino è stato abbattuto. Il generale russo Igor Konashenkov ha comunicato che l'antiaerea ha abbattuto «un elicottero ucraino Mil Mi-8, tre razzi Himars e un missile Harm». Per l'Ucraina ripianare il consumo d'armi e munizioni è sempre arduo. Ieri la CNN ha riferito che una grande fabbrica di munizioni americana, la Scranton Army Ammunition Plant della Pennsylvania, sforna 11.000 granate da 155 mm al mese, «ritmo inferiore alla velocità con cui l'Ucraina le spara». Da Parigi è stata annunciata l'avvenuta consegna di «missili anticarro Akeron MP», da 5 km di gittata, ma non è nota la quantità. Il Congresso USA chiede al presidente Joe Biden di dare caccia F-16 agli ucraini, ma resta il problema dei tempi lunghi. Il piccolo Lussemburgo, con le sue finanze, ha comprato sul mercato internazionale 600 proiettili per lanciarazzi Grad da donare a Kiev, ma è una goccia nel mare.

Ursula von der Leyen: «Non accetteremo mai i piani imperialistici di Putin». Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Europea. L’intervento della presidente della Commissione europea alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera Il Dubbio il 18 febbraio 2023

«Dobbiamo chiarire al mondo che i piani imperialistici di Putin sono assolutamente inaccettabili. Non accetteremo mai questa guerra imperialista. Non accetteremo che Putin calpesti il diritto internazionale. Non accetteremo che possano essere inviati carri armati per invadere un Paese vicino». Non usa giri di parole la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, durante il suo intervento alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera.

E per fermare i piani di Mosca l'Unione europea sta valutando degli accordi con l'industria della difesa europea per accelerare la produzione di munizioni. «Valutiamo degli accordi di acquisto preventivo con l'industria della difesa europea simili a quelli che abbiamo siglato per i vaccini contro il Covid-19», annuncia von der Leyen. «È il momento di fornire il nostro aiuto perché l'Ucraina ha davvero bisogno di questi materiali». Obiettivo: «Raddoppiare e continuare il massiccio sostegno militare che è necessario per fare fallire completamente questo piano imperialistico di Putin e possa permettere all'Ucraina di vincere».

In ogni caso, tutte le decisioni a livello di negoziati devono essere concordate con l'Ucraina. «Per noi la formula resta

“nulla sull'Ucraina senza l'Ucraina”. Sono loro che devono decidere quando e come sedersi a un tavolo di negoziati», ha concluso la presidente della Commissione.

Sean Penn: "Putin? Un bullo criminale". Storia di Redazione su Il Giornale il 19 febbraio 2023.

«Putin è un bullo e un criminale di guerra». Parola dell'attore e regista americano Sean Penn in occasione della presentazione della sua ultima pellicola, Superpower, al festival del cinema di Berlino. Il suo documentario, fuori concorso a Berlino, ha detto che per lui è stato molto importante «mostrare la verità dell'assoluta unità dell'Ucraina nel perseguire tutto ciò senza il quale la vita non ha senso di essere vissuta». L'attore e regista americano ha più volte sottolineato la necessità di aiutare Kiev con «armi di precisione a lungo raggio» e di fornire all'Ucraina «l'hardware» per difendersi. Parlando del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Penn ha detto che un «piccolo e inquietante bullo minaccia lui e il suo Paese», aggiungendo però che Zelensky non è una persona che si faccia intimidire. Il presidente ucraino ha «grande cuore e coraggio» e Penn dice di averlo capito molto intensamente quando nei primi giorni della guerra lo ha visto personalmente rifiutarsi di essere evacuato da Kiev. Raccontando la sua esperienza personale in Ucraina, Penn ha detto di essere stato in compagnia di persone che rappresentano la libertà e che «nessuno di loro ha una preferenza per esprimersi con armi violente, ma non gli è stata data una scelta». L'attore e regista ha aggiunto di cogliere «ogni possibilità di essere in compagnia di eroi», elogiando il senso di unità e di comunità degli ucraini durante il conflitto: «Fanno quello che devono fare, perché semplicemente amano il loro Paese e si amano a vicenda». «Questo ci tengo a dirlo è un film di parte, perché questa non è una guerra ambigua. Con questo docu volevo mostrare l'assoluta unità e compattezza dell'Ucraina nel perseguire tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta» ha ribadito Sena Penn che insieme al co-regista Kaufman e al produttore Billy Smith si trovava a Kiev il 24 febbraio scorso, giorno dell'invasione russa. Nel film, sono presenti tre conversazioni con Zelensky.

"La follia di Putin ha ucciso 200mila russi". Il conto dei morti reso noto da Blinken molto più alto delle stime fatte finora. Redazione il 19 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Duecentomila morti. Sarebbe questo il tributo fatto pagare al suo popolo dalla follia espansionistica di Vladimir Putin. La stima è stata resa nota ieri a Monaco di Baviera da Antony Blinken, segretario di stato Usa: «Dalle nostre valutazioni risulta che almeno 200mila soldati russi sono morti in Ucraina. E quasi un milione di russi hanno lasciato il Paese dall'inizio dell'invasione. Questo è quello che Putin ha fatto alla Russia».

Naturalmente il calcolo fatto dal capo della diplomazia americana ha una chiara valenza propagandistica. Sottolineare l'enorme prezzo di un anno di guerra sottolinea la protervia dello Zar e avvicina l'Ucraina alla vittoria (e infatti Blinken aggiunge: «Non abbiamo dubbi che l'Ucraina vincerà perché sta lottando per il proprio Paese, la Russia no»). Ma di certo colpisce una stima così enormemente superiore ai dati circolati finora. Il più recente, quello dell'intelligence britannica di un paio di giorni fa, si limitava a 40-60mila morti, mercenari compresi, mentre Kiev aveva parlato, lo scorso 11 febbraio, di 137.780 croci russe.

Sul campo ieri è stata una giornata di paura. Un allarme aereo è scattato ieri mattina a Kiev e in altre dieci regioni dell'Ucraina, ed è rientrato dopo circa un'ora. Secondo l'aeronautica militare ucraina ieri mattina le forze russe hanno lanciato quattro missili Kalibr dal Mar Nero contro il territorio del Paese, due dei quali sono stati distrutti. Difficile la situazione nel Luhansk, il territorio dell'Est dell'Ucraina occupato dai russi: «Oggi è piuttosto difficile in tutte le direzioni. Ci sono continui tentativi di sfondare le nostre linee di difesa», ha affermato a una tv locale Sergiy Gaidai, governatore della provincia, secondo cui gli attacchi terrestri e aerei delle forze russe sono in aumento e ci sono violenti combattimenti in corso vicino alla città di Kreminna. Combattimenti anche nell'Ovest, dove le forze russe hanno attaccato la città di Khmelnytskyi, colpendo una struttura militare ed edifici civili. Lo hanno riferito le autorità locali, sottolineando che l'attacco ha provocato due feriti. «Sfortunatamente - ha scritto su Telegram il governatore della regione Serhiy Gamaly - è stata colpita una struttura militare e un colpo è caduto vicino a una fermata del trasporto pubblico. Case civili, tre istituti scolastici sono stati danneggiati dall'onda d'urto, centinaia di finestre sono state rotte e 11 auto sono state danneggiate. Due civili, un uomo e una donna, sono andati in ospedale per chiedere aiuto». La Russia rivendica anche la conquista di Gryanykivka, piccolo villaggio vicino alla città di Kupiansk nella regione di Kharkiv.

Il vicesegretario al Tesoro americano, Wally Adeyemo, annuncia che gli Stati Uniti stanno monitorando i tentativi russi di aggirare le sanzioni imposte dopo l'invasione dell'Ucraina. «Sappiamo che la Russia sta cercando attivamente modi per aggirare le misure e ha dato incarico i suoi servizi di intelligence Fsb e Gru di trovarli», ha detto Adeyemo.

Così nel 2007 lo Zar anticipò la guerra. Storia di Gian Micalessin su Il Giornale il 19 febbraio 2023.

Con il senno di poi potremmo dire che tutto era già scritto. E che la guerra per l'Ucraina non è iniziata il 24 febbraio 2022, ma 15 anni prima proprio in seno a quella conferenza di Monaco trasformata oggi in una corte d'accusa alla Russia. Forse se avessimo dato peso alle parole pronunciate da Vladimir Putin il 10 marzo 2007, durante la stessa Conferenza, avremmo compreso con largo anticipo quanto rischioso fosse il tentativo di allagare la Nato ad Ucraina e Georgia offrendo alla Russia la sensazione di un progressivo accerchiamento.

«La Nato - disse quel giorno il presidente russo - ha schierato le sue forze di prima linea alle nostre frontiere e noi non abbiamo ancora reagito». Una mossa definita «una seria provocazione che riduce il livello di reciproca fiducia. Per questo - aggiunse Putin - abbiamo il diritto di chiederci contro chi si rivolge questa espansione? E cosa ne è stato delle assicurazioni che i partner occidentali ci avevano dato dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia?». Dietro quelle domande non si celavano solo le aspirazioni di un presidente deciso a contenere l'espansione della Nato e restituire a Mosca il ruolo di grande potenza, ma anche l'umiliazione di un popolo russo convinto che la fine dell'Urss non fosse stata una liberazione, ma un'umiliante sconfitta. Un sentimento consolidato dal fallimentare approccio alla democrazia dell'era Eltsin.

Questioni ben comprese da Robert Gates il Segretario alla Difesa nominato dal presidente repubblicano George W. Bush, ma rimasto in carica anche durante la prima presidenza Obama. «Quando riferii al presidente (George W Bush) le mie impressioni sulla Conferenza di Monaco espressi la sensazione che dal 1993 in avanti l'Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, avessero malamente sottostimato l'enormità dell'umiliazione russa per la sconfitta nella Guerra Fredda» scrive Gates nel suo libro di memorie intitolato Duty (Dovere). Sensazioni ignorate - fa capire l'ex segretario - sia dal presidente Bush sia dal suo successore democratico. Eppure il risentimento di Putin nei confronti di un'America pronta ad allargare la propria influenza a un'Ucraina e una Georgia considerati retroterra naturali della Federazione Russa, era evidente. Anche perché le mosse sulle scacchiere di Kiev e Tblisi arrivavano dopo le vittorie sui talebani in Afghanistan e su Saddam Hussein in Irak che trasformavano gli Stati Uniti nell'indiscusso ago della bilancia dell'ordine mondiale.

Un «unipolarismo» duramente contestato da Putin proprio nell'ambito della Conferenza sulla Sicurezza del 2007. «Per quanto uno possa tentare di abbellire la situazione, alla fin dei conti siamo alle prese con una condizione in cui c'è un solo centro di forza, un solo centro d'autorità e un solo centro decisionale. In pratica ci troviamo - denunciò Putin - al centro di un mondo in cui c' è un solo signore e un solo sovrano». Parole a cui segui l'attacco a quella Georgia che dopo una «rivoluzione colorata» seguita dal passaggio allo schieramento filo-americano aveva pensato di poter sfidare il gigante russo. Quei 5 giorni di guerra combattuti tra i territori dell'Ossezia meridionale, di cui Mosca riconoscerà in seguito l'indipendenza, passeranno probabilmente alla storia come il prologo, più contenuto, di quanto successo 15 anni dopo in Ucraina.

Ma allora tutti fecero finta di non capire. Tutti tranne l'allora premier Silvio Berlusconi che spiegò così la sua mediazione con Putin e la richiesta all'Ue di non procedere con sanzioni verso la Russia. «Spero ci sia concordia - auspicò - nel decidere di non dare sanzioni alla Russia. Bisogna assolutamente evitare che la crisi del Caucaso diventi la miccia per il ritorno alla guerra fredda». Una lungimiranza archiviata assieme alla sua leadership politica.

Putin go home. Aiutiamo l’Ucraina a liberare la Crimea e a fermare la guerra. Christian Rocca su L’Inkiesta il 20 Febbraio 2023.

Il mondo libero ha sostenuto generosamente, ma con cautela, la resistenza di Kyjiv. Adesso, per evitare un secondo anniversario di carneficine, è arrivato il momento di dare agli ucraini tutto quello di cui hanno bisogno per sconfiggere la strategia imperialista e assassina del Cremlino

Un anno dopo la barbara aggressione russa all’Ucraina, il mondo libero si interroga su come evitare agli ucraini un altro anno di sofferenze causate dai crimini russi e di ritrovarsi di nuovo, nel febbraio 2024, a chiacchierare di sanzioni e di aiuti alla resistenza di Kyjiv.

Un anno dopo l’invasione su larga scala dell’esercito di Mosca contro un Paese libero e democratico nel cuore dell’Europa sappiamo che la guerra è stata scatenata da Vladimir Putin in forza di un’ideologia suprematista e revanscista che, assieme a un apocalittico culto della morte, permea implacabilmente la società russa.

Sappiamo anche che Putin ha inviato le squadracce russe a Kyjiv per destituire il governo democratico di Volodomyr Zelensky proprio perché nel 2014, quando ha invaso e annesso la Crimea ucraina, il mondo intero si è girato dall’altra parte lasciandogli eseguire la sua violenta strategia imperialista.

A febbraio 2022, Putin ha creduto di poter ripetere lo stesso schema di guerra, uno schema peraltro radicato nella storia della Russia zarista e sovietica, prima ancora che putiniana. E non aveva torto, il criminale del Cremlino, visto che la prima reazione occidentale è stata quella di accettare l’ineluttabilità della capitolazione degli ucraini, mentre gli americani hanno subito offerto a Zelensky una via di fuga da Kyjiv in modo da salvargli la vita.

E invece Zelensky ha detto di no, «mi servono armi, non un passaggio», ed è stato in quel preciso momento che il comico populista, responsabile tra le altre cose di aver sottovalutato le intenzioni di Putin fino al giorno dell’attacco neanche avesse letto Limes, si è trasformato nel Churchill degli ucraini, guidandoli nella resistenza e nel contrattacco e mobilitando l’Europa e gli Stati Uniti nella grande operazione di salvataggio dell’Ucraina.

Il mondo occidentale ha fornito aiuti di ogni tipo, con un investimento intorno ai 150 miliardi di euro, e ha offerto una sincera e sentita solidarietà politica al popolo ucraino.

Il merito è di Joe Biden e di gran parte dei Paesi Nato, a cominciare dall’Italia di Mario Draghi e ora di Giorgia Meloni, ma soprattutto delle istituzioni europee guidate da Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, con un ruolo importante anche dell’italiana Pina Picierno, e delle leadership dei Paesi baltici, da Sanna Marin in Finlandia, a Kaja Kallas in Estonia a Magdalena Andersson in Svezia.

Con l’aiuto di Biden e delle leader europee, l’Ucraina ha resistito e la Russia ha fallito il suo obiettivo militare e strategico.

Mosca aveva investito molto sull’insipienza europea, rendendo l’Unione europea dipendente dal suo gas e finanziandone il caos politico dalla Brexit in poi. Quel progetto di ammorbidimento dell’Europa e di ricostruzione dell’impero russo è fallito grazie alla resistenza ucraina che nel combattere per la propria indipendenza ha svegliato l’Occidente dal torpore e dall’illusione che il mondo fosse diventato piatto.

Malgrado il fallimento del disegno di Putin, la guerra però non è affatto finita e anzi le prossime settimane rischiano di essere ancora più dure. L’unico che ha il potere di fermare la guerra, ovvero il criminale di Mosca, non ha nessuna intenzione di farlo. Putin spera sempre che prima o poi l’Occidente si possa stancare, magari pensa che nel 2024 Trump o qualche altro fanatico possa riconquistare la Casa Bianca oppure crede davvero alle pagliacciate che si sentono su La7 e Retequattro. Intanto lavora per costruire l’asse del male con Cina e Iran e altre canaglie.

Gli Stati Uniti e l’Europa fin qui hanno centellinato gli aiuti militari all’Ucraina con la comprensibile cautela di chi ha sperato in una soluzione pacifica dell’aggressione, ma di fronte ai crescenti crimini di guerra del Cremlino contro la popolazione civile sono stati costretti a fornire prima i razzi terra-aria Javelin, poi i sistemi lancia missili Himars, infine la protezione dei Patriot e i carri armati (che però non sono ancora arrivati a destinazione).

Si tratta di armi sofisticate prevalentemente di uso difensivo, fornite agli ucraini per respingere gli attacchi indiscriminati dei russi, ma non sono ancora sufficienti a fermare le stragi perché Mosca continua a cercare la soluzione finale con ripetuti attacchi missilistici e mandando a morire ai confini dell’Ucraina le raccogliticce ma apparentemente infinite truppe russe arruolate con la forza nelle retrovie dell’impero.

Un anno dopo è arrivato il momento di suturare le ferite ucraine, come hanno spiegato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco gli attuali e i precedenti vertici militari della Nato, e ieri finanche le solitamente caute pagine degli editoriali del New York Times.

La svolta necessaria passa per i caccia F-16, per i droni Gray Eagle e per i missili a lunga gittata Atacms, fondamentali per liberare la Crimea dall’invasore russo.

Prima si deciderà di liberare la Crimea, più vite ucraine si salveranno, prima finirà la guerra. La via più veloce per fermare la carneficina è la vittoria dell’Ucraina, un Paese che per oltre un secolo la Russia ha provato ad annichilire politicamente e culturalmente, ma che non ha mai ceduto. Da quando, alla caduta dell’Unione Sovietica, ha riconquistato l’indipendenza, l’Ucraina ha cacciato democraticamente i leader fantocci imposti da Mosca e ha dimostrato di essere una nazione democratica e non autoritaria, europea e non russa.

Il mondo libero fin qui ha generosamente aiutato l’Ucraina a resistere, ma ora dovrà aiutarla a cacciare i russi anche dai territori occupati illegalmente nel 2014, anticipando le manovre militari del Cremlino di ricominciare da capo.

La guerra può finire soltanto con un’Ucraina più forte di prima e con il mondo libero che a quel punto avrà dimostrato di avere la determinazione e la capacità di fermare i criminali agenti del caos.

Arsenico e resistenza. Le sanzioni alla Russia richiedono tempo per produrre effetti, ma sono efficaci e irreversibili. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 17 Febbraio 2023.

I pacchetti di misure europee stanno limitando l’economia e la macchina da guerra del Cremlino, e il loro peso è destinato ad aumentare nei prossimi mesi. Il deficit pubblico di Mosca è cresciuto di quattordici volte e la bilancia commerciale è ai minimi storici

«Le sanzioni Ue sono un veleno ad azione lenta come quello prodotto dall’arsenico. Richiedono tempo per produrre i loro effetti, ma lo fanno ed è irreversibile». Così ha spiegato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Josep Borrell, nel mentre Bruxelles decideva su un decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia volte a limitare le esportazioni di materiale sensibile per un valore di undici miliardi di euro.

Il commento riguarda il complesso dibattito sull’efficacia di questo strumento. Da una parte, si osserva infatti che l’economia russa non è ancora crollata, come qualcuno aveva previsto. Dall’altra si ribatte che però gli effetti delle sanzioni già si sentono, e il loro peso è destinato ad aumentare gradualmente.

È vero che nel 2022 i ricavi delle vendite di idrocarburi sono stati eccezionali, ma in questo anno l’Europa ha accelerato il suo sganciamento dal petrolio e dal gas di Putin, per cui i relativi utili a gennaio sono quasi dimezzati e il deficit pubblico «sta esplodendo» perché «è quattordici volte superiore nel gennaio 2023 e la bilancia commerciale della Russia è al suo minimo storico medio dal 2007», ha sottolineato Borrell.

Presentato mercoledì, il decimo pacchetto dovrà essere discusso e approvato dai governi dei 27 Stati membri. Cosa non facilissima, perché a parte la presenza del cavallo di Troia putiniano, Viktor Orbán, ci sono comunque varie sfumature, riserve e punti complicati. Stavolta l’obiettivo sarebbe «privare l’economia russa di tecnologia e beni industriali critici», elettronica essenziale, veicoli specializzati, parti di macchinari, parti di camion e motori, nonché beni per la costruzione settore che può essere indirizzato all’esercito russo, come antenne o gru. Insomma, si vuole del tutto prosciugare il flusso di componenti di tutto ciò che viene utilizzato sul campo di battaglia, da armi, veicoli e droni alle comunicazioni.

Il pacchetto punta inoltre a tenere i cittadini russi lontani dai consigli di amministrazione delle società che controllano le infrastrutture critiche nell’Unione o che immagazzinano o promuovono lo stoccaggio del gas. Si aggiungono i nomi dei responsabili delle campagne di propaganda e disinformazione, autorità giudiziarie e soggetti finanziari finora risparmiati, come Alfa Bank, Rosbank e Tinkoff.

Bruxelles vuole poi identificare ogni rublo depositato (e ora congelato) nei conti delle istituzioni finanziarie europee, a cominciare da quelli della sua Banca centrale, in vista di un possibile utilizzo per generare benefici che possano finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Il diritto comunitario consente il sequestro di questi beni mentre le sanzioni sono attive, ma non la confisca, quindi un’alternativa potrebbe essere quella di investire temporaneamente quei beni liquidi e utilizzare il reddito derivante dalle loro prestazioni.

L’Ucraina chiede inoltre una punizione immediata contro il settore nucleare russo e, in particolare, contro Rosatom, il monopolio di Stato che controlla il nucleare civile e l’arsenale di armi del Paese. Lo stesso Volodymyr Zelensky lo ha chiesto di persona ai leader continentali la scorsa settimana a Bruxelles. Rosatom sta infatti sfruttando la centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia nell’est dell’Ucraina, nonostante il rischio generato dai combattimenti nell’area. Ma per ora l’Unione europea ha scelto di non percorrere quella strada. Ritiene che non ci sia abbastanza consenso o che interrompere la collaborazione su una questione così delicata con Mosca sia rischioso.

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha spiegato invece che se la proposta andrà avanti, le sanzioni limiteranno ulteriormente l’esportazione di beni a duplice uso e beni di tecnologia avanzata. «Proponiamo controlli su quarantasette nuovi componenti elettronici utilizzabili nei sistemi d’arma russi, tra cui droni, missili, elicotteri. E su specifici materiali minerali rari e telecamere termiche. Con questo abbiamo messo al bando tutti i prodotti tecnologici trovati sul campo di battaglia e faremo sì che non trovino altri modi per arrivarci. Ecco perché, per la prima volta, stiamo aggiungendo entità di paesi terzi alle sanzioni a duplice uso della Russia, a cominciare dalle Guardie rivoluzionarie iraniane», che hanno fornito alla Russia droni Shahed per attaccare le infrastrutture civili in Ucraina.

Di mira è anche il settore bancario, e al Consiglio sarà presentato un elenco di proposte per sanzionare quasi cento ulteriori persone ed entità che hanno avuto un ruolo nel minare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Ciò include i responsabili di attività militari, decisioni politiche, propaganda e disinformazione. «Stiamo prendendo di mira coloro che sono coinvolti in rapimenti disumani, deportazioni e adozioni forzate di bambini ucraini in Russia e anche coloro che consentono il saccheggio delle risorse ucraine», ha aggiunto Borrell, agganciandosi alle denunce da Yale sul sequestro di minori.

«Colpiremo ancora una volta duramente il settore militare e della difesa russo, le organizzazioni ad essi collegate, i responsabili dello sviluppo di droni che prendono di mira i civili e le infrastrutture civili». Le sanzioni verrebbero inoltre «estese alle autorità delegate e ai giudici autoproclamati nelle quattro regioni ucraine illegalmente annesse di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia che stanno fornendo falsa legittimità ai governanti russi e alle loro decisioni illegali».

Inchiesta e bufera su Auchan: “Ha rifornito l’esercito della Russia”. Il Tempo il 18 febbraio 2023

Il colosso francese Auchan è finito di nuovo nel mirino delle critiche da parte dell’Ucraina, dove è accusato di essere «un’arma a tutti gli effetti dell’aggressione russa». A far scattare le polemiche è stata l’inchiesta del quotidiano Le Monde secondo cui il gruppo francese avrebbe contribuito allo sforzo bellico di Mosca. Un’accusa che Auchan ha però «smentito categoricamente». «Auchan si è trasformato in un’arma a tutti gli effetti dell’aggressione russa. Ho intenzione di discuterne con il mio omologo francese» Catherine Colonna, ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. 

Secondo l’inchiesta che Le Monde ha condotto con The Insider e Bellingcat, dopo l’invasione russa i punti venditi di Auchan a San Pietroburgo hanno raccolto vari prodotti, inclusi vestiti, stufe a gas, asce, chiodi e sacchi a pelo, e li ha consegnati all’esercito russo. Ieri Auchan Retail, filiale del gruppo francese, ha reagito all’inchiesta smentendo le accuse che «non sono in alcun modo avvalorate dalla realtà delle nostre ricerche interne che confermano il rigoroso rispetto della normativa vigente». Kuleba, l’anno scorso, aveva già chiesto il boicottaggio di Auchan che, come Leroy Merlin, ha deciso di rimanere in Russia nonostante l’aggressione sferrata dal Cremlino, a differenza di molte altre aziende internazionali. Auchan ha una presenza di lunga data in Ucraina e Russia. Al 30 giugno 2022 gestiva 230 punti vendita in Russia e 42 in Ucraina: i due Paesi insieme, nel 2022, rappresentavano circa il 12% del fatturato del gruppo, ovvero quasi 3,6 miliardi di euro. E ora la bufera.

Le ambiguità della Cina: parla di pace e punta Taiwan. Il ministro di Pechino atteso a Mosca: «Diamo una chance al termine del conflitto». Marco Liconti il 19 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Le minacce continue contro Taiwan e l’annuncio di un’iniziativa di pace per l’Ucraina che rispetti il principio della «sovranità e dell’integrità territoriale». La promessa di voler rendere il mondo «un posto più sicuro» e il tappeto rosso steso a Pechino per la visita del presidente iraniano Ebrahim Raisi, che fornisce droni d’attacco a Mosca; il no a una nuova Guerra Fredda e il lancio di palloni spia sul territorio della superpotenza rivale e di una quarantina di altri Paesi. L’elenco delle ambiguità cinesi è lungo e il ministro degli Esteri Wang Yi ne ha illustrate molte nel suo intervento alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, nel quale - almeno in questo l’ambiguità è stata superata - ha per la prima volta usato il sostantivo «guerra» per definire l’operazione speciale di Vladimir Putin. Se fosse già previsto prima dell’incidente del pallone spia che sorvolava le installazioni nucleari Usa in Montana, o se sia stato scritto per uscire dall’angolo diplomatico nel quale i cinesi si erano cacciati da soli, il discorso di Wang a Monaco ha tentato di mostrare, ancora una volta, il volto responsabile e dialogante del regime comunista di Pechino. «Questa guerra non può continuare» ha detto in riferimento all’invasione russa dell’Ucraina. E ancora, «bisogna dare una chance alla pace» con una citazione, forse inconsapevole, forse no, del John Lennon post Beatles.

Che sia solo tattica, lo si vedrà nei prossimi giorni e settimane. Wang andrà a Mosca nei prossimi giorni a parlare di «pace», mentre Putin ammassa truppe e mezzi al confine con l'Ucraina per la prevista'seconda invasione'. L'annuncio del ministro degli Esteri cinese è accolto con garbo diplomatico dal collega ucraino Kuleba: «Pensiamo che la Cina possa avere un ruolo importante». Ma solo di garbo, al momento, si tratta. Zelensky non sembra aperto ad una qualsiasi forma di dialogo che non preveda prima la vittoria ucraina sul campo di battaglia, mentre gli Stati Uniti innalzano l'asticella del confronto con Mosca. La vice presidente Kamala Harris, capo delegazione Usa a Monaco, ha pubblicamente accusato la Russia di «crimini di guerra».

Nel frattempo, il Pentagono ha inviato il sottosegretario per gli affari cinesi, Michael Chase, a Taiwan. Scordiamoci di Sun Tzu e ricordiamo i classici latini: si vis pacem, para bellum.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 19 febbraio. Consigliera Zelensky: "Aspettiamo Meloni, grati per l'aiuto". La Repubblica il 19 febbraio 2023.

Blinken a Pechino: conseguenze se sostiene la Russia. Zelensky: i nostri piani dipendono dall'esito degli scontri nel Donetsk. Kuleba: "Riceveremo i caccia. È questione di tempo"

Punti chiave

15:33

Consigliera Zelensky: Aspettiamo Meloni, grati a lei e al governo per aiuto

12:31

Ucraina: Tajani, rischio nucleare, serve area sicurezza a Zaporizhzhia

09:59

Borrell: Ucraina ha bisogno di munizioni, va rifornita meglio

00:42 Zelensky: nostri piani dipendono da esito scontri nel Donetsk

Nel Donetsk continua "la lotta più feroce" tra truppe russe e ucraine e dall'esito di quello scontro "dipende gran parte di ciò che stiamo preparando per il prossimo futuro". Lo ha detto il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, nel suo discorso serale.

00:43 Blinken avverte la Cina, conseguenze se sostiene la Russia

Sulla brutale guerra della Russia contro l'Ucraina, si legge in una nota del portavoce del dipartimento di Stato Ned Price, Blinken ha avvertito il suo omologo cinese "delle implicazioni e delle conseguenze se la Cina fornisse supporto materiale alla Russia o aiuto nell'aggirare le sanzioni". Il segretario di Stato americano ha anche ribadito la condanna per il test del missile balistico da parte della Corea del Nord.

01:52 Kasparov: fine regime Putin solo con sconfitta militare

"La liberazione dal fascismo del presidente Vladimir Putin passa attraverso l'Ucraina". Lo dice l'ex campione di scacchi e critico del Cremlino, Garry Kasparov, durante una tavola rotonda sul "futuro democratico" della Russia alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. "I russi vivono in una bolla", sostiene Kasparov: "Questa bolla non può essere spezzata a meno che l'idea di impero non crolli, grazie a una sconfitta militare". Alla tavola rotonda hanno partecipato anche l'ex magnate Mikhail Khodorkovsky, l'attivista per i diritti Zhanna Nemtsova - figlia dell'oppositore del Cremlino Boris Nemtsov - e Irina Scherbakova, cofondatrice dell'organizzazione per i diritti russi Memorial, vincitrice del Premio Nobel per la Pace. Il campione di scacchi ha infine esortato l'Occidente a continuare a sostenere Kiev, affermando che "nessuna spesa è eccessiva per l'Ucraina".

02:03 G7: "Sostenere l'Ucraina anche fornendo assistenza militare e di difesa"

I Paesi membri del G7 ribadiscono la loro determinazione a continuare a sostenere l'Ucraina "nell'esercizio del suo diritto di difendersi dall'invasione della Russia, anche fornendo assistenza militare e di difesa". È uno dei passaggi centrali del documento finale della riunione dei ministri degli Esteri del G7 a Monaco di Baviera, letto dal capo della diplomazia giapponese Hayashi Yoshimasa, in cui si evidenziano anche gli sforzi concertati dei partner del G7+ nel "fornire assistenza energetica per mitigare gli effetti dei brutali attacchi della Russia ai civili e alle infrastrutture critiche".

02:07 Wsj: Russia continua a importare dalla Cina droni per la guerra

Nonostante le sanzioni la Russia continua ad acquistare e importare dalla Cina droni da utilizzare nella guerra contro l'Ucraina. Lo rivela il Wall Street Journal, che cita documenti doganali in cui si legge che una parte dei droni viene fornita dalla società cinese Dji, mentre il resto passa attraverso gli Emirati Arabi Uniti. La Russia avrebbe pagato i droni attraverso la Sberbank di proprietà statale e soggetta sanzioni.

Secondo il quotidiano americano, il Pentagono teme che questi droni non stiano solo alimentando lo sforzo bellico della Russia, ma consentono anche alla Cina di raccogliere informazioni preziose sul campo di battaglia che possono migliorare le sue capacità di risposta bellica.

02:37 Usa: la Russia ha commesso crimini contro l'umanità, abbiamo le prove

Stupri, deportazioni di donne e bambini strappati alle loro famiglie, torture ed esecuzioni di civili innocenti. A quasi un anno dall'inizio della guerra, per gli Stati Uniti non ci sono più dubbi che la Russia in Ucraina abbia commesso crimini contro l'umanità e per questo deve essere punita. Un annuncio formale, il primo, da parte della vice presidente americana Kamala Harris arrivata alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco dopo un'indagine approfondita avviata dal dipartimento di Stato in seguito ai massacri di Mariupol e Bucha. "Abbiamo esaminato le prove, conosciamo le leggi. Non c'è alcun dubbio che la Russia abbia commesso crimini contro l'umanità", ha accusato la numero due dell'amministrazione Biden assicurando che "tutti coloro che hanno perpetrato" questi atti orribili "e i loro complici saranno perseguiti".

03:16 Blinken: il governo Usa ha discusso con Musk dell'uso dei satelliti Starlink

Il governo americano ha avuto dei colloqui con Elon Musk sull'uso dei satelliti Starlink in Ucraina. Lo ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in un'intervista a Nbc news. "Non posso condividere i contenuti  dei colloqui che abbiamo avuto, posso solo dire che ci sono stati dei colloqui", ha risposto Blinken alla domanda se l'amministrazione avesse chiesto al proprietario di Tesla, Twitter e Space X di non limitare l'uso dei suoi satelliti in Ucraina. A inizio febbraio era emerso che il miliardario avesse deciso di tagliare il suo internet satellitare dopo che Kiev lo aveva usato per scopi militari, contravvenendo agli accordi.

04:06 Ucraina, forniva informazioni a russi: arrestata una donna

 Il servizio di sicurezza dell'Ucraina ha arrestato una donna accusata di aver  fornito all'esercito russo le coordinate delle scuole e delle infrastrutture critiche della regione di Donetsk. Lo ha riferito l'agenzia Unian. "Il servizio di sicurezza ha smascherato un altro membro della rete di informatori russi, che operava nelle aree di prima linea dell'Ucraina orientale", si legge nel messaggio. Nei mesi precedenti, sono state arrestate altre quattro persone che "hanno cercato di trasmettere agli invasori informazioni sulla base delle forze di difesa nelle direzioni Bakhmut e Kramatorsk": il tribunale li ha condannati a pene fino a 8 anni di carcere.

06:41 Nella città di Biden si costruiscono le bombe per Kiev

La Scranton Army Ammunition Plant è la fabbrica di munizioni con un ruolo decisivo per stabilire se un tiranno come Vladimir Putin riuscirà a dettare le regole della convivenza tra i popoli e i rapporti di potere nel nostro futuro prossimo. E la risposta, a giudicare da come qui accelera la produzione, è che se punta sull'esaurimento dell'arsenale occidentale ha sbagliato ancora una volta i calcoli.

07:10 Ambasciatore russo in Usa: "Whashington fomenta crisi"

 L'ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov ha affermato che Washington sta cercando di giustificare le proprie azioni per fomentare la crisi ucraina, accusando crimini russi contro l'umanità in Ucraina. E' quanto riporta l'agenzia russa Ria Novosti sul suo sito.

"Non c'è dubbio che lo scopo di tali attacchi di Washington è quello di giustificare le proprie azioni per fomentare la crisi ucraina. Prima di tutto, la militarizzazione sfrenata del regime di Kiev. Una volta che gli americani hanno detto che avrebbero fornito alla repubblica esclusivamente armi difensive armi, ma ora stanno trasferendo mezzi corazzati pesanti, artiglieria, MLRS con munizioni a lungo raggio. Gli Stati Uniti stanno fornendo intelligence ai nazisti, addestrando militanti", ha detto l'ambasciatore, commentando le dichiarazioni del vicepresidente Kamala Harris, che alla La Conferenza sulla sicurezza di Monaco ha accusato la Russia di crimini contro l'umanità in Ucraina.

Antonov ha osservato che gli Stati Uniti ignorano l'uso di munizioni proibite da parte delle truppe ucraine, che vengono importate in grandi quantità in Ucraina. Inoltre, Washington "preferisce voltare le spalle alle orribili scene dell'esecuzione dei soldati russi catturati. Perché il Dipartimento di Stato tace sulle atrocità dei teppisti ucraini? Dove stanno guardando gli esperti delle organizzazioni americane per i diritti umani? Perché nessuno chiede la punizione dei giovani fascisti?".

08:05 Macron, la Russia "va sconfitta" non "schiantata"

"Voglio che la Russia sia sconfitta in Ucraina e voglio che l'Ucraina sia in grado di difendere la sua posizione, ma sono convinto che alla fine (la guerra, n.d.r.) non si concluderà militarmente", ha detto il presidente francese Macron in un'intervista. "Non penso, come fanno alcune persone, che si debba mirare a una sconfitta totale della Russia, attaccando la Russia sul suo stesso territorio". "Costoro - ha insistito - vogliono soprattutto schiantare la Russia. Questa non è mai stata la posizione della Francia e non lo sarà mai"

09:59 Borrell: Ucraina ha bisogno di munizioni, va rifornita meglio

"Zelensky e l'Ucraina non hanno abbastanza munizioni, ma hanno abbastanza motivazione. Devono essere riforniti meglio. Questa guerra avviene sul territorio europeo e ha conseguenze per la nostra sicurezza". Lo ha detto l'Alto rappresentante per gli Affari Esteri dell'Ue, Josep Borrell a Monaco, alla conferenza sulla Sicurezza. "Dobbiamo accelerare il nostro sostegno all'Ucraina". "Dobbiamo passare dalle parole ai fatti", ha aggiunto a proposito della consegna delle armi.

10:21 Borrell: 'Ucraina certamente in Ue, il suo posto è in Europa'

"L'Ucraina diventerà certamente un membro dell'Ue. Dopo il bombardamento della Russia è diventato assolutamente chiaro che l'Ucraina appartiene all'Europa". Lo ha detto l'Alto rappresentante degli Affari Esteri per l'Ue Josep Borrell. "Dopo seguiranno diversi Paesi balcanici". "E  dobbiamo capire come opereremo, dovremo cambiare determinate procedure".

Per l'Ucraina sarà un compito difficile, ha anche sottolineato, "aveva già davanti a sè molti compiti prima della guerra", ha spiegato e "adempiere a questi compiti mentre cadono le bombe è molto difficile". Ma la commissione agisce più velocemente che mai".

10:43 Mosca, Nuland sulla Crimea? Sintesi "profondità cesura tra Usa e Russia"

Le dichiarazioni del Dipartimento di Stato Usa, secondo cui gli Stati Uniti sostengono gli attacchi dell'Ucraina in Crimea, sono la sintesi della profondità della cesura tra Russia e Usa: ne è convinto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

"La signora Nuland appartiene a un settore molto ampio dei falchi più aggressivi della politica americana. Conosciamo molto bene questo punto di vista che sottolinea ancora una volta la profondità dei nostri disaccordi", ha detto Peskov in un'intervista per un programma alla televisione russa.

Il vice segretario di Stato americano, Victoria Nuland, durante un forum on line organizzato dalla Carnegie Foundation, ha detto che gli Usa considerano la Crimea un territorio dell'Ucraina, trasformato dalla Russia in un'enorme base militare, e non contraddiranno la decisione della parte ucraina di attaccare le strutture militari russe nella penisola.

10:58 Ucraina: attacco missilistico su Druzhkivka nel Donetsk

 I russi hanno lanciato un attacco missilistico contro la città di Druzhkivka, nel Donetsk, distruggendo almeno due grattacieli. Non si ha per il momento notizia di vittime, ha riferito il governatore dell'oblast, Pavlo Kyrylenko citato da Ukrainska Pravda.

"Druzhkivka è una città relativamente lontana dalla linea del fronte, ma è costantemente soggetta a attacchi missilistici da parte delle forze terroristiche russe", ha scritto su Telegram Kyrylenko.

11:05 Ucraina: Wang a Blinken, Usa non gettino benzina sul fuoco

La Cina, sulla questione ucraina, "ha sempre svolto un ruolo costruttivo aderendo ai principi guida e promuovendo i colloqui e la pace". È quanto ha detto il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi nel colloquio avuto ieri con il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in base a un resoconto rilasciato oggi dal ministero degli Esteri di Pechino. "In quanto grande Paese, gli Stati Uniti dovrebbero promuovere una soluzione politica alla crisi, piuttosto che aggiungere benzina sul fuoco e sfruttare l'opportunità per realizzare profitti", ha aggiunto Wang.

 11:18 Ucraina: Musk vuole limitare Starlink? Governo Usa parla a Musk

Il governo statunitense ha avuto contatti con Elon Musk sull'uso della sua costellazione di satelliti, nei cieli sopra l'Ucraina. Lo ha detto il segretario di Stato, Antony Blinken, senza però rivelare il contenuto dei colloqui.

Nei giorni scorsi SpaceX ha fatto sapere che vuole impedire all'esercito ucraino di utilizzare il servizio Starlink per controllare i droni, perchè il sistema - ha ricordato - non è stato concepito "per essere utilizzato come un'arma". In un'intervista sulla Nbc, a Blinken è stato chiesto se gli Stati Uniti abbiano fatto pressioni sul miliardario per ripensare il bando.

Blinken non ha voluto rendere noto cosa il governo abbia chiesto al ceo di Starlink ma ha ammesso che ci sono stati colloqui. Nei mesi scorsi, SpaceX ha spedito privatamente camion carichi di antenne in Ucraina e la galassia di satelliti ha garantito finora la connessione Internet alle forze armate ucraine.

11:44 Ucraina: Zakharova replica a Macron, "Ricordati di Napoleone"

La Russia replica alle parole del presidente francese Emmanuel Macron, che ha detto che la Russia "va sconfitta" (anche se "non schiantata"): lo fa tramite la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, che con un messaggio su Telegram ricorda Napoleone Bonaparte, sconfitto durante la campagna di Russia.

"La Francia non è iniziata con Macron e le spoglie di Napoleone giacciono nel centro di Parigi", "in modo che sia la Francia che la Russia capiscano tutto".

"La parola di Macron ha poco valore. La fornitura di armi, quando si aggiunge che la vittoria della Russia non è possibile, non lascia nessun'altra conclusione logica, tranne: vogliono che perdiamo". Zakharova ha anche commentato le parole di Macron alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco sul cambio di regime in Russia: "Ha ammesso apertamente che in tutti questi anni l'Occidente non ha soltanto interferito negli affari interni della Russia, ma ha cercato di cambiare il governo" a Mosca.

11:50 Tajani, vogliamo pace in Ucraina ma non senza giustizia

 "Vogliamo che ci sia la pace in Ucraina, ma non si può avere pace senza giustizia". Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Monaco, intervenendo a un panel della Conferenza sulla sicurezza. "Vogliamo l'indipendenza per l'Ucraina e anche la sua integrità".

 "L'invasione dell'Ucraina è un atto contro il diritto internazionale", ha precisato il vicepremier.

12:27 Cremlino: da Occidente nessuna apertura a iniziative pace

L'Occidente non mostra ancora alcuna apertura a iniziative di pace sulla situazione in Ucraina. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in un'intervista al canale televisivo Rossiya 1,. "Finora non c'è volontà o apertura nei confronti di iniziative di pace da parte dell'Occidente intero", ha affermato, citato dalla Tass.

12:31 Ucraina: Tajani, rischio nucleare, serve area sicurezza a Zaporizhzhia

Nella guerra in Ucraina, c'è un rischio nucleare, per questo l'Italia insiste per la creazione di una zona di sicurezza attorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia: lo ha ricordato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco.

"Questo dovrebbe essere il primo punto per la pace, creare una zona di sicurezza e fermare la battaglia attorno a Zaporizhzhia dove c'è una situazione molto pericolosa per tutti".

13:04 Tajani: in Italia la propaganda russa non c'è, non è un problema

"Il 99% italiani è a favore dell'Ucraina. Per me la propaganda russa non esiste nel mio Paese, non è un problema". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, rispondendo a una domanda dalla platea dopo il suo intervento alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. "Nessuno guarda la televisione russa o legge i giornali russi, la propaganda russa non è assolutamente un problema in Italia", ha proseguito Tajani, evidenziando che non c'è in Europa un Paese che "sta facendo quello che fa la guardia di finanza contro gli oligarchi, un'azione molto, molto forte".

13:09 Kuleba, più vantaggi da cooperazione aziende armi Kiev e Berlino

 Ieri a Monaco, con la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock "ho co-presieduto una riunione congiunta delle principali aziende dell'industria della difesa dell'Ucraina e della Germania. Abbiamo organizzato questo importante evento per collegare direttamente i nostri produttori. Sono fiducioso che la loro cooperazione creerà nuove opportunità per rafforzare l'Ucraina". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

13:39 Ucraina, due missili "pericolosamente vicini a centrale nucleare nel Sud"

Due missili russi hanno sorvolato in modo "pericolosamente vicino" una centrale nucleare nel Sud dell'Ucraina.

Lo ha reso noto Energoatom, l'azienad di stato che gestisce il sito, secondo cui alle 8.25 e alle 8.27 di ieri mattina due missili Cruise hanno sorvolato l'impianto nella regione di Mykolaiv, circa 130 chilometri a nord della costa del Mar Nero.

13:41 Kiev, bombe russe su oblast Kherson, 3 morti e 2 bambini feriti

 Le forze russe hanno bombardato il villaggio di Burhunka, nell'oblast di Kherson, uccidendo tre membri della stessa famiglia - una madre, un padre e uno zio - e ferendo il loro bambino di 13 anni. Lo ha riferito l'amministrazione militare regionale, citata dal Kyiv Independent.

I quattro membri della stessa famiglia, insieme a un altro bambino che è sopravvissuto all'attacco senza riportare ferite, erano in casa quando i russi hanno iniziato a bombardare il villaggio, riferiscono le autorità ucraine. Anche un bambino di otto anni di un'altra famiglia è stato ferito nel bombardamento, ed è stato ricoverato in ospedale.

14:08 Blinken, la Cina è pronta a fornire armi alla Russia

La Cina sta valutando la possibilità di fornire alla Russia armi e munizioni per la guerra in Ucraina. Lo ha detto in un'intervista a Cbs news il segretario di Stato americano Anthony Blinken a poche ore dall'incontro a Monaco con il più alto diplomatico cinese Wang Yi. Al momento le aziende cinesi stanno fornendo "supporto non letale" alle forze di Vladimir Putin, ma se Pechino fornirà armi a Mosca, ha ribadito Blinken, ci saranno "gravi conseguenze" per la Cina. La preoccupazione di Washington è basata "su una serie di informazioni che abbiamo ricevuto", ha aggiunto il segretario senza tuttavia precisare quali.

14:39 Ucraina: carri leggeri dalla Francia consegnati in settimana

 Carri da combattimento leggeri AMX-10 saranno consegnati "a partire dalla fine della prossima settimana" all'Ucraina: lo ha annunciato il ministro della Difesa francese, Sébastien Lecornu, in un'intervista al quotidiano Le Parisien, senza precisare il numero dei mezzi in questione.

Le consegne coincideranno con il primo anniversario dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio 2022. Ad inizio gennaio, il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva annunciato la decisione di inviare i carri leggeri, nel quadro dell'aumento delle consegne di armamenti dalla Nato all'Ucraina, senza precisarne la quantità: "Mi prendo la responsabilità di non annunciarne il numero - ha precisato ora Lecornu - per non dare un'informazione strategica alla Russia".

Il ministro ha invece precisato che la formazione degli ucraini all'uso dei nuovi mezzi è "sul punto di completarsi" e per questo i carri sono in procinto di essere consegnati.

15:06 Ucraina: Kiev, priorità no a secondo anniversario guerra

La priorità per il governo di Kiev è che "non ci sia un secondo anniversario della guerra": lo ha detto, intervistata da Lucia Annunziata a Mezz'ora in più a pochi giorni dal primo anniversario dell'inizio dell'invasione russa, la consigliera del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Dasha Zarivna.

"Il supporto dei Paesi occidentali è da considerare un investimento, perché la Russia non si fermerà e dopo l'Ucraina sarebbe la volta dei Paesi baltici o della Polonia", ha aggiunto. "Noi stiamo difendendo la nostra terra, non è qualcosa che abbiamo cominciato. Quello di cui abbiamo bisogno è un aiuto efficace per punire l'aggressore".

15:33 Consigliera Zelensky: Aspettiamo Meloni, grati a lei e al governo per aiuto

"Aspettiamo la Meloni e saremo molto lieti di accoglierla. Siamo grati di quello che lei, il governo e tutto il popolo italiano stanno facendo per il supporto ed il sostegno all'Ucraina". Lo ha dichiarato la consigliera presidenziale ucraina, Daria Zarivna, in un'intervista a 'Mezz'ora in più' commentando la prossima visita del presidente del Consiglio a Kiev.

"Penso che l'Italia continuerà con il suo impegno", ha proseguito Zarivna, sottolineando come sia "molto importante considerare gli aiuti all'Ucraina come un investimento per la vostra sicurezza".

17:31 Il leader ceceno Kadyrov: "Pronto a creare una compagnia militare privata"

Il leader ceceno, Ramzan Kadyrov, ha  annunciato di voler creare una compagnia militare privata analoga al  gruppo Wagner, il cui leader è Yevgeny Prigozhin. "Quando il mio  servizio allo Stato sarà completato, ho seriamente in programma di  competere con il nostro caro fratello Yevgeny Prigozhin e creare una  compagnia militare privata. Penso che tutto funzionerà", ha detto  Kadyrov, che dal 2007 è a capo della Repubblica cecena.

18:19 Borrell: "Meno applausi, più munizioni"

Meno applausi e più munizioni per gli  ucraini. E' il senso della richiesta arrivata dall'Alto rappresentante europeo per la politica estera, Josep Borrell, nel suo intervento alla conferenza di Monaco. "Zelensky e gli ucraini hanno ricevuto molti  applausi e munizioni non a sufficienza. E' un paradosso, questo - ha  sottolineato Borrell - Hanno bisogno di essere applauditi di meno e di essere meglio equipaggiati con le armi"

18:40 Morawiecki: "Con Biden discuteremo aumento truppe Usa in Polonia"

Con il presidente degli Stati Uniti  Joe Biden, atteso domani a Varsavia, si discuterà della possibilità di aumentare la presenza delle truppe americane in Polonia e di rendere  più permanente questa presenza. Lo ha anticipato il premier polacco  Mateusz Morawiecki, in un'intervista alla Cbs. "Siamo nella fase di  discussione con l'amministrazione del presidente Biden per rendere la  presenza delle loro truppe più permanente e per aumentarle - ha detto, alla vigilia dell'arrivo del presidente, che martedì farà un discorso  in occasione del primo anniversario della guerra in Ucraina - Sono  anche molto grato per l'invio di nuovi missili patriot e altre armi  moderne e munizioni". Gli Stati Uniti hanno attualmente in Polonia  circa 11mila soldati a rotazione.     

19:06 Moldavia, filorussi in piazza contro il governo

Migliaia di manifestanti si sono radunati oggi a Chisinau, capitale della Moldavia, per protestare contro il nuovo governo filo-occidentale di Dorin Recean, nato dopo le dimissioni della premer Gavrilita. Alcuni dei presenti hanno chiesto le dimissioni della presidente del Paese, Maia Sandu. I manifestanti chiedevano al governo di coprire interamente le bollette del riscaldamento dei cittadini. La protesta è stata organizzata da un gruppo di recente formazione chiamato Movimento per il Popolo, e sostenuto da membri del partito filorusso Shor, che detiene 6 seggi al parlamento su 101.

19:09 Colloquio tra Zelensky e Macron

"Prosegue il dialogo amichevole con presidente della Francia Emmanue Macron. Ha toccato la cooperazione in materia di difesa e avvicinato alla pace". Lo ha scritto su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha poi sintetizzato l'argomento del colloquio: "Riassunto i risultati delle recenti visite e discusso i prossimi eventi diplomatici, in particolare, sull'attuazione della nostra Peace Formula in 10 fasi".

 19:25 La Russia ha aumentato la produzione di missili da crociera ipersonici Kinzhal

Lo scrive il Jerusalem Post citando la società di difesa statale Rostec. "E' entrato in produzione molto tempo fa, inizialmente non avevamo bisogno di una tale quantità. Ora stiamo aumentando", ha riferito il CEO di Rostec Sergey Chemezov in un'intervista al canale televisivo Zvezda Plus. Chemezov ha affermato che la compagnia di difesa ha aumentato di 50 volte la produzione di alcune munizioni. Il Kh-47M2 Kinzhal è un missile ipersonico lanciato dall'aria tipicamente caricato su aerei da guerra MiG-31K specializzati. IMiG-31K sono stati visti in Bielorussia in missioni di addestramento negli ultimi mesi, così come a Kaliningrad a seguito delle tensioni con la Lituania. Il missile ipersonico, in grado di lanciare testate convenzionali e nucleari ad alta velocità eludendo i moderni sistemi di difesa aerea, sarebbe stato utilizzato per la prima volta per colpire una posizione ucraina all'inizio della guerra. Un altro sistema missilistico ipersonico, l'anti-nave 3M22 Zircon, ha attirato l'attenzione dei servizi di sicurezza all'inizio di gennaio quando è stato dispiegato per la prima volta a bordo della fregata Admiral Gorshkov nell'Oceano Atlantico. L'ammiraglio Gorshkov è impegnato in esercitazioni navali congiunte con Cina e Sud Africa dal 17 al 27 febbraio. Era prevista anche una versione lanciata dall'aria dello Zircon, ma e' stata ritardata a marzo per far avanzare la versione marittima poichè il Cremlino aveva già in servizio il Kinzhal

22:20 L'Estonia investe nella formazione della forza volontaria di supporto all'Esercito dello Stato baltico

L'Estonia intende investire 132 milioni di euro nella formazione e nell'equipaggiamento della Lega della difesa, la forza volontaria di supporto all'Esercito dello Stato baltico. Ne dà notizia un comunicato stampa del ministero della Difesa di Tallinn. La somma servirà per l'addestramento e l'equipaggiamento dei volontari il cui numero dovrà passare da 9.500 a 20.000 unità entro il 2024.   "L'importanza della implementazione delle capacità della Lega della difesa e dell'aumento della difesa territoriale militare è una delle lezioni più importanti apprese dalla guerra in Ucraina", ha affermato il ministro della Difesa estone Hanno Pevkur sottolineando che "il raddoppio del personale afferente alla Lega della difesa  richiede anche una formazione aggiuntiva, e proprio per tal ragione la Lega deve disporre delle risorse necessarie".

22:39 Kiev: abbattuti un aereo e tre droni russi

 "Durante il giorno, i difensori ucraini hanno abbattuto un aereo Su-25 nemico, due veicoli aerei senza pilota del tipo Orlan-10 e un drone kamikaze del tipo Lancet-3". È quanto riferisce lo Stato maggiore dell'esercito ucraino, come riporta Ukrainska Pravda.

 23:05 Kiev: bombe su Dnipropetrovsk, centinaia famiglie senza corrente

 Il governatore della regione di Dnipropetrovsk, Serhii Lysak, ha riferito che un bombardamento russo sulla comunità di Myrivska ha lasciato 350 abitazioni private senza elettricità. Lo riporta il Kyiv Indipendent. Nel villaggio di Marhanets, due civili, un uomo di 70 anni e una donna di 63 anni, sono rimasti feriti nell'attacco e sono stati trasferiti in un ospedale locale. Nella comunità di Nikopol sono state danneggiate 13 abitazioni private e due gasdotti.

"La libertà ha un prezzo amaro, ma sopporteremo", ha detto Lysak.

Zelensky, l’intervista: «Grato all’Italia per la scelta di mandarci armi. Berlusconi? Meloni è forte e terrà compatto il suo governo a sostegno di Kiev». Lorenzo Cremonesi su il Corriere della Sera il 19 Febbraio 2023.

Volodymyr Zelensky ci ha ricevuti nel suo ufficio nel centro della capitale ucraina nell’imminenza dell’arrivo della premier a Kiev. «Le dichiarazioni di Berlusconi su Putin? Se gli piace la Vodka anche noi gliene mandiamo. Noi ne abbiamo di ottima qualità in Ucraina»

«Con Giorgia Meloni ci siamo appena visti a Bruxelles e sono felice di accoglierla in Ucraina. L’attendevamo da tempo a Kiev. Sin dall’inizio della guerra l’Italia del governo di Mario Draghi aveva scelto di sostenerci, un passo importante con un ruolo decisivo del vostro Paese per accettare l’Ucraina quale pieno membro dell’Unione Europea. E oggi la cosa procede bene. Infatti, con Giorgia avevo avuto alcune lunghe telefonate molto cordiali subito dopo la sua nomina a premier e avevo notato che si muoveva nel senso della continuità», spiega al Corriere della Sera Volodymyr Zelensky, che per quasi un’ora e mezza ci ha ricevuti insieme ai colleghi di Repubblica e del Sole 24 Ore nel suo ufficio presidenziale nel centro della capitale ucraina nell’imminenza dell’arrivo della premier italiana.

Durante l’incontro hanno suonato le sirene degli allarmi aerei, si è deciso di non scendere nei rifugi, la guerra continua: Mosca sta intensificando le offensive in vista del primo anniversario dell’invasione il 24 febbraio. «Sono molto grato all’Italia per la scelta di mandarci armi sia per la difesa antiaerea che per le artiglierie, le decisioni di principio sono state prese: noi si aveva insistito particolarmente di avere armi per garantire la difesa delle nostre infrastrutture energetiche», prosegue. «Non so con precisione quando arriveranno quelle armi. Noi, comunque, ci attendiamo la piena cooperazione dell’Europa e siamo certi che ne diventeremo membri, anche perché noi stiamo ripulendoci dai nostri oligarchi e dalla corruzione interna. Dopo la guerra, potremmo anche scoprire che ci sono più oligarchi in Italia che non in Ucraina. Sto facendo passare leggi speciali contro gli oligarchi locali».

Presidente, come lei ha detto la premier Meloni ha espresso forte sostegno per la causa ucraina. Ma due suoi stretti alleati, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, non nascondono le loro simpatie filo-Putin. Teme che l’Italia potrebbe ad un certo punto abbandonare il fronte europeo contro la Russia?

«Per noi è fondamentale non perdere il sostegno italiano e di nessun altro Paese, che abbiamo coltivato con grande sforzo contro l’intensa campagna di disinformazione diffusa dal Cremlino negli ultimi anni. Credo che parte della nostra debolezza sia dovuta al lavoro della propaganda russa. Ecco il motivo per cui io di persona dal primo giorno dell’invasione ho creato un sistema di comunicazione continua per fornire la vera versione dei fatti. Abbiamo visto dall’invasione russa della Crimea e del Donbass (nel 2014, ndr) che l’arrivo dei carri armati è preceduto dalla campagna delle false notizie. Noi riteniamo che sia centrale mantenere il sostegno italiano per garantire quello degli altri Paesi e ciò vale anche per la compattezza dell’Europa, dove l’Italia ha un ruolo trainante in campo economico, sociale e politico. Sono comunque fiducioso: Giorgia è una donna forte che può tenere compatto il suo governo».

Ne parlerà con la Meloni?

«Assolutamente sì. Ho sentito le dichiarazioni di Berlusconi. Non lo conosco personalmente. Ma forse anche noi dobbiamo mandargli qualche cosa (il riferimento è a un audio in cui Berlusconi diceva di aver ricevuto 20 bottiglie di vodka da Putin, ndr ). Gli piace la Vodka? Noi ne abbiamo di ottima qualità in Ucraina, se crede gliela regaliamo».

Alla luce della crescente tensione tra Washington e Pechino, gli americani hanno espresso il timore che la Cina possa inviare armi alla Russia. Teme sia possibile?

«Il tema è complesso. Io personalmente mi sono rivolto ai dirigenti cinesi per canali diretti e pubblicamente affinché non offrano alcun sostegno ai russi in questa guerra. La mia speranza è che Pechino mantenga un atteggiamento pragmatico, si rischia altrimenti la Terza Guerra Mondiale, credo ne siano ben consapevoli. Dai primi anni Novanta, al memorandum di Budapest e per tutti gli accordi raggiunti da allora in poi, la Cina ha sempre mantenuto i suoi impegni. Personalmente mi auguro che la comunità internazionale aderisca compatta per sostenere il mio piano di pace in 10 punti, dove sono contemplate le garanzie americane, cinesi e delle maggiori potenze per difendere la sicurezza mondiale. Non credo invece sia più possibile restare neutrali, occorre scegliere. Il mio piano mira alla pace globale. Il nostro rapporto con la Cina è sempre stato ottimo, abbiamo intense relazioni economiche da molti anni ed è nell’interesse di tutti che non mutino. La sfida globale è sventare qualsiasi rischio di conflitto nucleare».

Ma avete rilevato l’arrivo di armi cinesi ai russi?

«Oggi non lo vediamo».

Il presidente Macron dice che la Russia va battuta ma non schiacciata e lascia aperto il dialogo con Putin. Concorda?

«Sarà un dialogo inutile, in realtà Macron sta perdendo il suo tempo. Sono arrivato alla conclusione per cui noi non siamo in grado di cambiare l’atteggiamento russo. Se hanno deciso di isolarsi nel sogno della ricostruzione del vecchio impero sovietico non possiamo farci nulla, sta a loro scegliere o meno di cooperare con la comunità delle nazioni sulla base del rispetto reciproco. Quando si erano imposte le sanzioni economiche c’era chi ci aveva accusato di isolare la Russia, ma non era la verità: è stata invece la decisione di lanciare la guerra che ha marginalizzato Putin».

Ad un anno dall’invasione come vede la situazione sul campo?

«I russi non hanno ancora capito che oggi siamo più forti di un anno fa e non potranno mai prendere l’Ucraina come speravano».

Putin però cambia tipo di guerra e si prepara per un conflitto di lunga durata, potete resistere?

«Ci prepariamo per una guerra corta e per la nostra vittoria. Più veloce sarà e meno vittime avremo, nel 2014 il conflitto si congelò e per noi non è andata bene. Gli accordi di Minsk hanno dato a Putin il tempo per preparare l’attacco improvviso dell’anno scorso, non cadremo più nella stessa trappola. I nostri soldati sono più motivati perché difendono le loro famiglie, le loro case. Abbiamo visto invece che le sanzioni economiche contro Mosca sono di grande aiuto, danno tempo e spazio per organizzarci».

Ma vale ancora la pena perdere uomini per difendere Bakhmut, una località minore del Donbass?

«Sì, non è una città particolarmente grande. In realtà come tante altre nel Donbass devastate dai russi. Per noi è importante difenderla, ma non a ogni prezzo e per morire tutti. Combatteremo sino a che sarà ragionevole, i russi vogliono poi continuare per Kramatorsk e Sloviansk, sino ai confini del Donbass e sino a Dnipro se possono. Noi resistiamo e intanto prepariamo il prossimo contrattacco».

Non teme che, se questa guerra dovesse durare ancora a lungo, il sostegno alleato ad un certo punto potrebbe svanire?

«Nessuno ama lottare da solo. Ma chi dovesse valutare che ad un certo punto noi potremmo venire abbandonati significa che non ha capito le motivazioni profonde della nostra battaglia. Non siamo i trecento spartani, neppure ci sentiamo eroi, ma dietro di noi sappiamo che c’è l’Europa e chi comprende il pericolo della minaccia russa».

Lo sa che un recente sondaggio rileva che soltanto il 50 per cento degli italiani ritiene che Putin sia l’aggressore?

«Ciò non significa che l’altro 50 per sento sia filorusso. Credo vi sia una parte significativa della popolazione che è indifferente, che teme la guerra, teme il costo dell’energia, l’inflazione. Insomma, gente normale che non vuole fastidi. Il mio sforzo è quello di spiegare perché ci difendiamo, per ricordare gli orrori dell’invasione, la violenza come se all’improvviso un bandito arrivasse a casa vostra per rubare, violentare vostra figlia e uccidervi. Voglio dire agli italiani che qui siamo come voi, mangiamo i vostri piatti, amiamo i nostri figli, noi combattiamo per sopravvivere».

Sarebbe pronto a mandare il suo esercito a difendere la Moldavia dai russi della Transinistria?

«La nostra intelligence ha avvisato la presidente Maia Sandu di questo pericolo e lei spiega di avere conferme in questo senso. Ci ringrazia e sa che noi siamo pronti ad aiutare. La Moldavia non confina con la Russia, ma i russi possono utilizzare gli aeroporti locali e i loro militari in Transinistria».

Come vede la ricostruzione dell’Ucraina?

«Noi abbiamo scelto di dare priorità al mercato europeo. Dobbiamo esportare cercando di ridurre le difficoltà logistiche, per esempio non il grano ma la farina già raffinata. Gli Stati Uniti stanno contribuendo ad accrescere le nostre tecnologie avanzate, siamo all’avanguardia nella progettazione e costruzione dei droni, nei sistemi di puntamento, le comunicazioni, la robotica di ogni tipo: la guerra ci spinge a rinnovare e sviluppare continuamente. I problemi energetici provocati dai bombardamenti russi, le carenze idriche, ci pungolano e esplorare la ricerca dell’energia verde e rinnovabile a partire dall’elettrico. Noi oggi siamo in grado di accumulare il gas, ma non l’elettricità, occorrono batterie di nuova concezione. In Africa stiamo pensando di ampliare i depositi per i nostri prodotti agricoli in almeno due Paesi importanti. Ovvio che qualsiasi investimento dall’estero necessita di sicurezza, gli imprenditori stranieri devono sentirsi sicuri. Da noi stiamo costruendo bunker nelle scuole: i genitori non vanno a lavorare se temono che i figli possano morire sotto le bombe. Attendiamo investimenti francesi, tedeschi, ma ovvio anche italiani. Noi invitiamo le vostre aziende a lavorare da noi, venite a partecipare alla nostra ricostruzione».

Ucraina un anno dopo. Zelensky ringrazia l’Italia per le armi e invita i nostri imprenditori a partecipare alla ricostruzione. L’Inkiesta il 20 Febbraio 2023.

Il presidente ucraino accoglie i media italiani nel palazzo presidenziale in attesa dell’arrivo di Giorgia Meloni a Kyjiv. Parla della disinformazione russa, ironizza sulle uscite Berlusconi e si appella agli italiani. «Siamo più forti di un anno fa. I russi, invece, sono più deboli. Non hanno le stesse motivazioni dei nostri soldati. Noi combattiamo per difendere le nostre case. Abbiamo scelto l’Europa. Vogliamo difendere la democrazia e la nostra libertà»

Volodymyr Zelensky incontrerà la premier italiana Giorgia Meloni a Kyjiv nelle prossime ore. Alla vigilia dell’incontro, il presidente ucraino ha accolto i media italiani nel palazzo presidenziale, rilasciando interviste a Repubblica, Corriere e Sole 24 Ore.

Zelensky è al corrente delle posizioni pro-Putin di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini dentro la maggioranza. Vuole raggiungere il pubblico italiano e parlare al nostro Paese. «È importante che Ucraina e Italia si capiscano bene», esordisce, dicendo di essere «molto grato a Draghi e al nuovo governo Meloni per il sostegno». Affronta a chiare lettere quello che definisce «l’impatto della disinformazione russa all’ora del breakfast» e spiega che «non possiamo permetterci di perdere il sostegno dell’Italia perché siete importanti nella coalizione e perché siete un Paese leader dell’Unione europea».

Di questo «parlerò con Meloni», precisando di conoscere le ripetute di dichiarazioni filorusse di Berlusconi: «Se può servire per portarlo dalla nostra parte, possiamo fagli recapitare una cassa di vodka», scherza.

E davanti ai sondaggi italiani che indicano un’opposizione crescente alla guerra, con solo il 50% che ritiene che Putin sia l’aggressore, dice: «Ciò non significa che l’altro 50 per sento sia filorusso. Credo vi sia una parte significativa della popolazione che è indifferente, che teme la guerra, teme il costo dell’energia, l’inflazione. Insomma, gente normale che non vuole fastidi. Il mio sforzo è quello di spiegare perché ci difendiamo, per ricordare gli orrori dell’invasione, la violenza come se all’improvviso un bandito arrivasse a casa vostra per rubare, violentare vostra figlia e uccidervi. Voglio dire agli italiani che qui siamo come voi, mangiamo i vostri piatti, amiamo i nostri figli, noi combattiamo per sopravvivere».

E poi aggiunge: «Sono molto grato all’Italia per la scelta di mandarci armi sia per la difesa antiaerea che per le artiglierie, le decisioni di principio sono state prese», prosegue Zelensky. «Non so con precisione quando arriveranno quelle armi. Noi, comunque, ci attendiamo la piena cooperazione dell’Europa e siamo certi che ne diventeremo membri, anche perché noi stiamo ripulendoci dai nostri oligarchi e dalla corruzione interna. Dopo la guerra, potremmo anche scoprire che ci sono più oligarchi in Italia che non in Ucraina. Sto facendo passare leggi speciali contro gli oligarchi locali».

«Credo che parte della nostra debolezza sia dovuta al lavoro della propaganda russa», dice il presidente ucraino. «Ecco il motivo per cui io di persona dal primo giorno dell’invasione ho creato un sistema di comunicazione continua per fornire la vera versione dei fatti. Abbiamo visto dall’invasione russa della Crimea e del Donbass (nel 2014, ndr) che l’arrivo dei carri armati è preceduto dalla campagna delle false notizie. Noi riteniamo che sia centrale mantenere il sostegno italiano per garantire anche per la compattezza dell’Europa, dove l’Italia ha un ruolo trainante in campo economico, sociale e politico. Sono comunque fiducioso: Giorgia è una donna forte che può tenere compatto il suo governo».

Intanto, «ci prepariamo per una guerra breve e per la nostra vittoria. Più veloce sarà e meno vittime avremo, nel 2014 il conflitto si congelò e per noi non è andata bene. Gli accordi di Minsk hanno dato a Putin il tempo per preparare l’attacco improvviso dell’anno scorso, non cadremo più nella stessa trappola»

A quasi un anno dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, Zelensky dice: «Siamo più forti di un anno fa. I russi, invece, sono più deboli. Non hanno le stesse motivazioni dei nostri soldati. Noi combattiamo per difendere le nostre case. Abbiamo scelto l’Europa. Vogliamo difendere la democrazia e la nostra libertà». E aggiunge: «Abbiamo visto invece che le sanzioni economiche contro Mosca sono di grande aiuto, danno tempo e spazio per organizzarci».

Come vede Zelensky la ricostruzione dell’Ucraina? «Noi abbiamo scelto di dare priorità al mercato europeo», risponde. «Dobbiamo esportare cercando di ridurre le difficoltà logistiche, per esempio non il grano ma la farina già raffinata. Gli Stati Uniti stanno contribuendo ad accrescere le nostre tecnologie avanzate, siamo all’avanguardia nella progettazione e costruzione dei droni, nei sistemi di puntamento, le comunicazioni, la robotica di ogni tipo: la guerra ci spinge a rinnovare e sviluppare continuamente. I problemi energetici provocati dai bombardamenti russi, le carenze idriche, ci pungolano e esplorare la ricerca dell’energia verde e rinnovabile a partire dall’elettrico. Noi oggi siamo in grado di accumulare il gas, ma non l’elettricità, occorrono batterie di nuova concezione. In Africa stiamo pensando di ampliare i depositi per i nostri prodotti agricoli in almeno due Paesi importanti. Ovvio che qualsiasi investimento dall’estero necessita di sicurezza, gli imprenditori stranieri devono sentirsi sicuri. Da noi stiamo costruendo bunker nelle scuole: i genitori non vanno a lavorare se temono che i figli possano morire sotto le bombe. Attendiamo investimenti francesi, tedeschi, ma ovvio anche italiani. Noi invitiamo le vostre aziende a lavorare da noi, venite a partecipare alla nostra ricostruzione».

Estratto dell'articolo di Aldo Grasso per il “Corriere della Sera” il 19 febbraio 2023.

[...] Un lungo applauso ha accolto il presidente Zelensky, intervenuto in video-collegamento all’apertura del Festival del cinema di Berlino: «La cultura può parlare contro il male o fare silenzio: la Berlinale ha fatto la sua scelta».

Anche noi abbiamo fatto la nostra scelta: al Festival di Sanremo, Zelensky lo abbiamo nascosto nel cuore della notte, quasi cancellato con un gesto pusillanime e ambiguo, trasformandolo in un foglietto letto da Amadeus.

 Ci sono momenti in cui bisognerebbe ragionare di più sui valori simbolici della rappresentazione […].

«Wim Wenders abbatté il muro di Berlino prima che cadesse, con gli angeli di Il cielo sopra Berlino », ha detto Zelensky. Noi ci dobbiamo accontentare dei calci alle rose sul palcoscenico. Non lamentiamoci poi se, in ambito internazionale, la nostra reputazione soffre di appannamento e dobbiamo dire addio all’asse Roma-Parigi-Berlino.

Estratto dell'articolo di Carlo Tecce per espresso.repubblica.it il 19 febbraio 2023.

[…] La notte fra il 23 e il 24 febbraio 2022 accadde ciò che da settimane è descritto nei rapporti per i governi con esemplare pignoleria dai servizi segreti occidentali.

 In Ucraina, fianco destro d’Europa, si proietta uno spettacolo cruento. La Russia di Vladimir Putin, che invade per aria, terra, mare, è scontata quanto feroce.

 […] Con particolari inediti e colloqui con le autorità istituzionali del tempo, l’Espresso ha ricostruito in versione italiana la notte fra il 23 e il 24 febbraio 2022 e il prologo che l’ha forgiata mesi prima.

 ORE 3:39

A Washington hanno l’annuncio ufficiale in bozza. L’armata russa sta per lanciare un attacco su larga scala e sta per essere trasmesso il discorso registrato di Putin. Il senatore repubblicano Mark Rubio segnala il massiccio movimento di mezzi nel Donbass. Le strutture informatiche ucraine sono bersagliate. I ministri italiani vanno a dormire con il telefono acceso e la suoneria ben alzata.

 ORE 4:02

L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa, comunica con un messaggio l’avvio delle operazioni al ministro Lorenzo Guerini. Ne seguono altri per illustrare l’offensiva russa sul versante orientale e soprattutto nei sobborghi di Kiev.

Le informazioni fra gli alleati provengono da americani e inglesi e sono condivise all’istante nel gruppo dei “cinque” per l’Ucraina che si è formato nel settembre 2021. In quel periodo di mendace tepore, tra estate e autunno, la Russia ha svolto una esercitazione militare congiunta con la Bielorussia che ha coinvolto 200.000 soldati.

 Così gli americani e gli inglesi, che hanno incrementato le relazioni ucraine dopo l’annessione russa della Crimea (2014), creano il “Gruppo dei Cinque”, il quintetto, per muoversi compatti in qualsiasi scenario: la collaborazione viene allargata a tedeschi, francesi, italiani.

Se la storia in cammino, come la verità, non si può fermare, secondo le puntuali analisi angloamericane, presto Putin sarà costretto a innescare la guerra. Per ragioni interne. Per disfunzioni nel regime. Perché una volta allertate le furerie e accesi i motori, non resta che sparare. […]

 Il presidente Mario Draghi ha i suoi contatti con gli americani e non esprime opinioni dissonanti. Non ha dubbi su dove porre l’Italia appena la Russia farà partire il primo colpo. L’energia è il suo principale timore. È un timore che attraversa anche gli apparati di intelligence.

In autunno differenziare i rifornimenti e rafforzare la presenza in Africa è già una ipotesi concreta. Il viaggio di Sergio Mattarella in Algeria (6-7 novembre 2021) è di grande conforto. Quando Draghi ordina alle aziende italiane di disertare la videoconferenza con Putin (26 gennaio 2022), è sicuro che il processo di avvicinamento alla guerra sia ormai irreversibile. […]

 ORE 6:00

La Nato convoca subito gli ambasciatori a Bruxelles, l’Unione europea dà appuntamento in serata. Roma è rappresentata presso la Nato da Francesco Maria Talò, che poi sarà chiamato a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni come consigliere diplomatico. La Nato è ancora lo strumento di risposta degli occidentali per preservare o inoculare la democrazia.

 La stessa Nato che ad agosto era scappata da Kabul sotto l’assedio dei talebani dopo decenni di morti, soldi, errori. La stessa Nato che per il francese Macron era «morta». […]

ORE 7:00

Il generale Francesco Paolo Figliuolo, conclusa la campagna vaccinale da commissario, è passato al Comando operativo del vertice Interforze. All’alba ha già ricontrollato le procedure con i suoi e parlato col ministro Guerini. A Figliuolo spetta il compito di organizzare le spedizioni di materiale bellico in Ucraina per il tramite polacco.

 L’indomani il Consiglio dei ministri (Cdm) comporrà la cornice legislativa per un Paese che ripudia la guerra. Quella costituzionale è garantita dal Quirinale. «L’equipaggiamento militare non letale di protezione» è pronto da settimane. Un vecchio accordo di cooperazione fra gli eserciti di Roma e di Kiev permette di sapere, e poi gli angloamericani lo sanno perfettamente, di cosa ha bisogno Kiev e cosa può offrire (non molto) nell’immediato Roma.

 In una riunione europea presieduta dal commissario Josep Borrell, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, francesi, tedeschi, spagnoli e italiani - con i primi abbastanza indifferenti - scelgono di secretare gli elenchi di armi da inviare a Kiev: non per non dare indebiti vantaggi ai russi (sciocchezze, tutti sanno tutto), ma per non spaventare i propri concittadini […]. Quando il decreto interministeriale di Guerini viene firmato (2 marzo 2022), decolla il primo C-130 con le armi per Kiev.

 ORE 8:00

L’ambasciatore russo Sergey Razov viene svegliato all’alba dalla Farnesina. Roma è la capitale occidentale più lesta a convocare i diplomatici di Mosca, lo fa il segretario generale Ettore Sequi su istruzioni del ministro Luigi Di Maio. La posizione italiana è inequivocabile: l’ambasciatore Sequi esprime a Razov «la ferma condanna per la gravissima, ingiustificata e non provocata aggressione all’Ucraina». Roma non ha crepe. Mosca lo apprende subito.

 ORE 10:00

Draghi presiede il Comitato per la sicurezza della Repubblica, ci sono i cinque ministri che lo compongono, il sottosegretario Franco Gabrielli che ha la delega all’Intelligence, l’ambasciatrice Elisabetta Belloni che è capo del Dipartimento di Coordinamento dei servizi segreti. Le questioni italiane sono due: il flusso di gas da Mosca e l’arrivo di decine di migliaia di profughi. […] La situazione è monitorata dall’intelligence, l’unica ossatura statale che ha diminuito e però non interrotto, non si interrompono mai, i contatti con i russi.

ORE 13:30

Draghi parla ai giornalisti nella sala dei Galeoni di Palazzo Chigi prima di partire per un Consiglio europeo straordinario e poi collegarsi con un G7 allargato al Segretario Generale della Nato. Il presidente fa un discorso appassionato sui valori della democrazia e ribadisce tre concetti: sostegno agli ucraini, coesione europea, strategia Nato.

[…] Draghi ha gestito la vicenda con il suo gabinetto e l’intelligence. Roma non può farfugliare, le sanzioni sono necessarie, ma possono spingere l’inflazione, i rincari dei prezzi, il disagio sociale. Il pericolo per l’Italia e per l’Europa in generale viene esposto agli interlocutori americani che hanno l’agio della distanza economica e geografica.

 ORE 16:15

Al Quirinale si tiene il Consiglio Supremo di Difesa, leggermente in anticipo per non sovrapporsi all’imminente incontro Nato a distanza per i ministri della Difesa. È l’occasione per rimarcare la linea tracciata già dal presidente Draghi e offrire riparo istituzionale a ogni tipo di aiuto.

 ORE 17:00

Allenati i muscoli col lavoro diplomatico e presto dimenticata la disfatta afghana, la parte militare Nato può eseguire il piano di reazione: protezione dei confini, forniture agli ucraini. Sembra una prova estemporanea di coraggio e di solidità, invece è la riproduzione in un giorno e in una notte di quanto studiato per mesi, anni. Che dura ancora oggi.

Estratto dell'articolo di Domenico Quirico per “La Stampa” il 19 febbraio 2023.

[…] Proviamo a lasciarla da parte la parola pace. Liberiamocene. In questo momento della guerra è troppo grande, inutile. Proviamo a calarci, con fantasia e coraggio, nella sacrosanta tecnologia dell'impedire che gli uomini si uccidano, a imparare l'abbecedario che aiuta a circoscrivere e spegnere i conflitti. Questo impone di scartare i reciproci progetti di vittorie totali, di rese senza condizioni, l'idea di asservire l'Ucraina o di dividere in pezzi la Russia. Sono tentazioni impossibili.

Mosca ha imparato a sue spese che la Ucraina non può essere cancellata, perché trasformata dal 2014 in una potenza militare moderna, protetta dall'ombrello americano. Kiev continua a parlare di controffensive di primavera per umiliare la Russia ma sa che è propaganda, a corto com'è di uomini e di munizioni.

 L'unico risultato possibile […]  ora è fermare il potere devastatore che uccide migliaia di uomini ogni giorno. Coraggio pacefondai! Come in una elettrolisi che parte da due poli estremi si deve sostituire alla pace impossibile il concetto minimo, iniziale di cessate il fuoco. Quello che bisogna realizzare è l'interruzione, per una settimana, delle operazioni sul terreno, bloccare le rispettive posizioni sul campo di battaglia.

Ci sono le condizioni: i due avversari sono esausti, l'Occidente che tiene in piedi la guerra inizia [….] ad interrogarsi sulla mostruosa usura economica e militare e sui rischi di sviluppi atomici. Bisogna impedire che i due eserciti si asserraglino nelle trincee trasformando il conflitto in un lento macello senza fine.

 Rileggiamo un precedente ricco di insegnamenti, la guerra di Corea a metà del secolo scorso. Fu un macabro tributo alla totalità della guerra moderna, alimentato per tre anni da un giulivo entusiasmo bellicista («fermare i rossi»… «annientare i capitalisti»). […]

La guerra, quando iniziarono i difficili incontri tra le parti, tra litigi, accuse e rinvii, era in una situazione di stallo, nessuno era in grado di vincere. Come accade ora nel Dombass: ci si massacra per qualche centinaio di metri di rovine e di steppa dove si attende che alla neve si sostituisca il fango. 

Per accettare di fermare i combattimenti senza vittoria l'America dovette prima licenziare Mac Arthur, il generale che sognava folli attacchi atomici e aveva, a colpi di bugie, trasformato il macello nella sua guerra privata, l'ultima occasione di gloria per un vecchio "Cesare americano'".

 Il cessate il fuoco anche ora farebbe passare la parola dai militari ai politici, toglierebbe voce agli oltranzisti della vittoria a tutti i costi, a Washington, a Mosca, a Kiev. […] il cessate il fuoco interrompe il massacro degli innocenti e fa guadagnare tempo. Tempo per allargare la breccia, prolungarlo, rafforzare la squadra dei mediatori neutrali, dar voce ai moderati, determinare crepe nelle autocrazie che la guerra combattuta invece consolida, trovare un luogo dove le parti, Russia e Ucraina, Stati Uniti e Cina, possano discutere, litigare, fissare nuovi incontri.

Il cessate il fuoco può diventare armistizio che non è certo la pace, per cui occorrono anni. Ma quello firmato a Pannunjon in Corea sul trentottesimo parallelo non è mai diventato una pace; ma regge, precario, incerto, dal 27 luglio 1953. La guerra di Corea ha fatto quasi tre milioni di morti. Da quel giorno, per quel conflitto nato da anche esso una invasione, non è morto più nessuno.

Chi vince le guerre, le democrazie o le dittature? Federico Rampini su il Corriere della Sera il 18 Febbraio 2023.

Erodoto vide nella vittoria dei greci contro i persiani la prova che i popoli liberi sanno combattere meglio. Tra i fautori della tesi contraria c’è Alexis de Tocqueville. I governi democratici devono conquistare il consenso dell’opinione pubblica, tendono a combattere solo guerre che sono sicuri di poter vincere

 Un anno fa in questa data l’Occidente era diviso e intimorito di fronte alle minacce dell’invasione dell’Ucraina, molti leader europei si genuflettevano nei confronti dello Zar e gli offrivano di tutto: a cominciare da un diritto di veto sul futuro dell’Ucraina. In un anno Putin ha fatto il miracolo, ricompattando l’Occidente: ancora ieri alla conferenza strategica di Monaco si è avuta prova di questa coesione.

Ricordo le due profezie sbagliate di Putin, condivise da molti sedicenti pacifisti di casa nostra. Primo, che la soverchiante superiorità militare della Russia avrebbe generato una vittoria veloce e facile. Secondo, che la guerra avrebbe messo in ginocchio le nostre economie. Sbagliate tutt’e due, clamorosamente, ma non sentirete molte autocritiche dai putiniani.

Dubbio esistenziale: siamo deboli?

Torna così d’attualità un dilemma antichissimo. Qual è il sistema più adatto a vincere le guerre: la democrazia, o un regime autoritario? Noi democratici siamo afflitti da un complesso d’inferiorità atavico, siamo assaliti da mille dubbi sulla nostra capacità di tenuta. È tenace la convinzione – anche tra chi «tifa» per le democrazie – che la natura stessa del nostro sistema politico fondato sul consenso lo renda più fragile. Al contrario attribuiamo alle dittature una innata capacità militare: perché sanno sottoporre i propri popoli (e i propri soldati) a sofferenze infinite, e sanno tenere duro molto a lungo nel perseguire obiettivi strategici.

La dottrina di Erodoto

Esiste una copiosa letteratura che dimostra l’esatto contrario. Il capostipite è nientemeno che il padre della disciplina storica: Erodoto. Ne ho scritto nel libro che porta lo stesso titolo della mia rubrica quotidiana sul Corriere, Oriente Occidente (Einaudi). Erodoto vede nella vittoria dei greci contro i persiani la prova che i popoli liberi sanno combattere meglio, e vincere, quando affrontano eserciti smisurati guidati da sovrani dispotici. Dopo Erodoto, e attingendo al suo esempio, si è sviluppato un filone millenario di analisi sui diversi sistemi politici messi di fronte al test bellico. Tra i fautori della tesi contraria, per cui le democrazie sono meno capaci di vincere i conflitti, c’è nientemeno che Alexis de Tocqueville, pensatore di sicura fede democratica: a riprova che i dubbi serpeggiano nel nostro campo. Troverete due ottime sintesi delle analisi più autorevoli in questi saggi: «Democracies at War» di Dan Reiter e Allan Stam (Princeton University Press) e «The return of Great Power Rivalry» di Matthew Kroenig (Oxford University Press).

La nostra vera forza: cautela, alleanze, tecnologia

Riassumo alcune ragioni evocate dagli esperti per dimostrare che la libertà politica non è un ostacolo alla vittoria. Al primo posto viene questa constatazione: proprio perché i governi democratici devono conquistare il consenso dell’opinione pubblica, tendono a combattere solo guerre che sono sicuri di poter vincere. Al secondo posto c’è la questione delle alleanze: le nazioni democratiche ispirano più fiducia e quindi sono in grado di tessere e mantenere ampie coalizioni. Al terzo posto c’è la tecnologia: i sistemi politici liberali, tanto più se si accompagnano all’economia di mercato, generano maggiori innovazioni e quindi dispongono di tecnologie belliche più avanzate.

Due guerre mondiali, ma poi il Vietnam

In quanto agli esempi storici, un lungo elenco viene ad aggiungersi alle guerre persiane di Erodoto. Anche i successi militari di sistemi relativamente liberali o società aperte (per l’epoca) come la Repubblica Serenissima di Venezia, i Paesi Bassi, l’impero bitannico, vengono attribuiti al vantaggio di avere avuto sistemi politici meno dispotici dei loro avversari. Gli esempi-chiave rimangono la prima e seconda guerra mondiale. La Francia e l’Inghilterra democratiche, con l’aiuto finale degli Stati Uniti, ebbero la meglio sul Reich tedesco autoritario nel 1914-18. La coalizione guidata dall’America di Franklin Roosevelt finì per piegare nel 1945 i nazifascismi tedesco italiano e giapponese, benché questi avessero una chiara impronta militarista. Si potrebbe aggiungere la guerra fredda tra Occidente e Unione sovietica, 1947-89, mai combattuta in modo aperto e tuttavia conclusa con una vittoria delle democrazie. Ci sono esempi recenti che vanno in senso opposto e smorzano un eccesso di ottimismo: l’America ha combattuto in Corea, Vietnam, Afghanistan, Iraq, quattro conflitti che si sono conclusi nella migliore delle ipotesi con delle “ritirate senza vittoria”. In Vietnam si è potuto parlare di una guerra “perduta a casa propria”, perché fu l’opinione pubblica americana a decretare la sconfitta, non il verdetto dei combattimenti. Dunque la storia non è una scienza esatta, non esistono teorie che possano darci con certezza l’esito dell’attuale guerra in Ucraina. Il comportamento degli ucraini sul campo di battaglia però sembra rilanciare l’insegnamento di Erodoto: i popoli liberi combattono meglio dei popoli oppressi. Tanto più se difendono da un’aggressione la patria, la terra dei propri avi e delle proprie famiglie. La schiacciante superiorità della Russia – per arsenali di armi e per numero di soldati – si è impantanata da un anno contro un avversario più piccolo.

Le faremo sapere. I tempi (e i modi) dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 20 Febbraio 2023.

Non si può lasciare Kyjiv in un’anticamera perenne, vanno date risposte a un popolo che combatte e si sacrifica sognando un futuro nell’Unione. Lo dobbiamo al nostro ventottesimo Stato

«L’Ucraina è Europa». La corrispondenza d’amorosi virgolettati è già agli atti. Lo ha detto il presidente Volodymyr Zelensky nella sua storica visita alle istituzioni comunitarie di Bruxelles, dai cui vertici si è – giustamente – sentito ribadire lo stesso concetto. Quando si va oltre la retorica, però, qualcosa scricchiola. Da un lato il viaggio di gruppo della presidente Ursula von der Leyen, a Kyjiv con quattordici commissari, è servito a dimostrare che l’integrazione è già cominciata. Dall’altro, il frasario, coraggioso nella teoria, del trilogo annaspa di fronte alla prassi e alla richiesta di tempistiche più precise.

L’entusiasmo delle dichiarazioni pubbliche, insomma, non si converte automaticamente nell’avanzamento di un dossier su cui l’Unione europea rischia di replicare la sua specialità (almeno, quella che le viene imputata nei pregiudizi): la farraginosità burocratica, il dinamismo imbrigliato dentro i report chilometrici. Zelensky vorrebbe cominciare i negoziati di adesione entro l’anno: «Proprio quest’anno, il 2023», ha detto esplicitamente in conferenza stampa, scandendo le cifre. 2-0-2-3. Prima, ai giornalisti: «La domanda riguarda tutti, non solo me». A fianco aveva von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Cioè: la domanda riguarda tutti, la risposta soprattutto loro.

Vanno gestite le aspettative ucraine e quelle di Bruxelles. I discorsi registrano e incoraggiano i progressi, lo status di Paese candidato conferito a giugno ha motivato le truppe, come ha confidato Zelensky all’emiciclo. Però poi c’è la trafila – la stessa per ogni Stato, ce ne sono altri sette in lista d’attesa – con i criteri da soddisfare e i progressi da accertare. Non esistono né «tempistiche rigide» né «corridoi privilegiati». Quello di Kyjiv, dal 24 febbraio 2022, non è un caso come gli altri, ma gli si chiede di proseguire con le riforme.

Il Consiglio europeo straordinario a cui si è unito Zelensky ha elogiato, nelle conclusioni, «gli sforzi considerevoli» del Paese. Un pronunciamento formale sui passi in avanti è atteso in primavera. Lì si capirà quanto sono realistiche le speranze ucraine di concretizzare, passare cioè alla fase delle trattative. Di nuovo, il riconoscimento di giugno è stato straordinario, perché viviamo tempi straordinari: dalla candidatura, inoltrata a febbraio 2022 a pochi giorni dall’inizio della guerra, sono passati mesi e non gli anni, che sono stati l’ordine di grandezza del passato.

Una storia europea. È vero anche che il percorso di avvicinamento della repubblica nata nel 1991 era già decennale. Nel 1994, a soli tre anni dall’indipendenza, viene firmato il primo trattato di cooperazione tra Kyjiv e Bruxelles. Nel 2013 è proprio il rifiuto dell’allora presidente Janukovyč di proseguire l’integrazione economica con l’Ue, preferendo l’adesione all’Unione doganale Euroasiatica offerta da Vladimir Putin, a far insorgere il Paese per rivendicare un futuro diverso. Un futuro in Europa. Piazza Maidan cambia nome, per sempre.

Uno degli obiettivi – forse l’unico non pienamente raggiunto – del tour tra le capitali di Zelensky era anche raccogliere sostegno all’ingresso nell’Ue del suo Paese. Sul fronte dell’assistenza economica ma anche militare ha invece ottenuto rassicurazioni. Sui caccia, in particolare, c’è stato meno attendismo: è una fornitura più complicata dei carri armati, ma Londra si è impegnata ad addestrare i piloti ucraini, oltre ai soldati, e Kyjiv ha incassato qualche apertura, seppur declinata al futuro. Come spesso accade, il Parlamento europeo è stato più ambizioso (anche perché non deve conciliare, come il Consiglio, le posizioni di ventisette governi): la presidente Roberta Metsola ha chiesto esplicitamente una mobilitazione anche sugli aerei.

Per la membership non basta il parere favorevole di un’istituzione sola (ne basta mai solo una?). La trafila ordinaria prevede come prima cosa il raggiungimento delle condizioni fissate dalla Commissione, i cosiddetti «criteri di Copenaghen». Con l’eccezione dei Balcani, che hanno un addendum legato soprattutto alla cooperazione regionale, i punti sono generici: istituzioni stabili, stato di diritto, rispetto dei diritti umani, una funzionante economia di mercato, la capacità di implementare i vincoli di uno Stato membro nella prospettiva di un’unione sia politica sia monetaria. Su questa parte, l’Ucraina può essere ottimista.

Quando Bruxelles dà il suo assenso – Kyjiv spera che arrivi in primavera – si può iniziare a trattare, per importare l’attuale architettura legislativa europea (in gergo, l’«acquis»). I capitoli sono trentacinque, coprono ogni aspetto dall’energia ai trasporti, dall’ambiente alla protezione dei consumatori, dalla giustizia alla pesca (la lista completa, ce n’è anche uno conclusivo del tipo «varie ed eventuali»). Ognuno viene discusso separatamente. Possono venire previsti accordi finanziari, una specie di prospetto su quanto il Paese contribuirà al bilancio comunitario e quanto riceverà, o periodi di transizione per consentire di adattarsi gradualmente, scaglionando l’introduzione delle misure.

La Commissione monitora – e guida – i progressi in questi trentacinque campi. Tieni informate le altre due istituzioni, Parlamento e Consiglio, attraverso report periodici. Quando reputa raggiunti gli obiettivi, dà il suo assenso e a quel punto la palla passa al Consiglio. L’organo espressione dei governi dei Ventisette avvia allora i negoziati con il candidato per la piena appartenenza all’Unione. Non è una fase formale: la durata media è di tre anni e mezzo. Solo la Finlandia ci ha messo meno di tre anni; a Cipro, la più lenta, ne sono serviti più di cinque. Il dato si riferisce al post-candidatura, che comunque resta il pezzo più lungo, ma il processo completo ha avuto una tempistica media di nove anni per i ventuno Paesi non fondatori.

Alla fine di questo iter potrà venire finalmente firmato il trattato d’adesione tra l’Ucraina e l’Ue. Deve essere ratificato dal Parlamento del Paese candidato e da quello di tutti gli Stati membri, è lecito aspettarsi un certo ostruzionismo per esempio dalla solita Ungheria. Non solo Budapest, in questi mesi, ha nicchiato – o ha frenato per ottenere concessioni – sulle sanzioni contro Mosca. Abbiamo fatto una fuga in avanti, torniamo alla posizione in cui si trova Kyjiv oggi, cioè incassato l’ottenimento dello status, ma ancora in attesa del parere della Commissione e, quindi, del mandato negoziale.

Durante il vertice a Kyjiv, il primo tra Ue e Ucraina dall’inizio della guerra, il governo ospitante ha comunicato di aver raggiunto il settantasette per cento degli obiettivi (e il novanta per cento di quelli del settore Giustizia). La delegazione, di fatto, non ha contestato questi numeri. A giugno, nel documento della Commissione che dava luce verde alla candidatura, venivano enfatizzate alcune lacune da sanare: «L’indipendenza di tutte le istituzioni anticorruzione rimane cruciale», si leggeva, in particolare con la nomina di un procuratore nazionale. Si chiedevano, infine, riforme per «ridurre l’impronta dello Stato e l’influenza degli oligarchi» e una nuova legislazione contro il riciclaggio di denaro.

In un report di lavoro diffuso a inizio febbraio dal commissario europeo all’allargamento, Oliver Varhelyi, si tracciano i progressi in ognuno dei trentacinque settori di cui sopra. Visto che i miglioramenti riempiono la maggior parte delle pagine, concentriamoci sulla minoranza di quelli che ancora mancano, secondo l’analisi della Commissione.

Carente coordinazione istituzionale sul controllo dell’immigrazione e dei confini

Mancano regole per il partneratiato pubblico-privato e sulle concessioni

La revisione contabile interna (internal audit) va puntellata per non compromettere la tracciabilità dei fondi pubblici

Maggiore allineamento sulla protezione dei diritti dei consumatori e della proprietà intellettuale contro la contraffazione

Rafforzare gli strumenti della Banca centrale, i suoi poteri di supervisione e la sua indipendenza

Integrare una legislazione sull’eguaglianza di genere e contro le discriminazioni sul posto di lavoro

Prevedere riserve strategiche di petrolio

Recepire le regole comunitarie su benessere animale e misure fitosanitarie

Controllo della pesca e divieto di introdurre specie aliene negli allevamenti

Contrasto al traffico illegale di armi, munizioni ed esplosivi

Sulla politica estera, l’integrazione economica, lo stato di diritto e la libertà di movimento – sulle cose che più contano, insomma – non ci sono rilievi. Abbiamo elencato temi lunari con una guerra in corso, come la pesca o la protezione del copyright. Ci si aspetta meno dogmatismo nella religione laica della burocrazia comunitaria. Più flessibilità. In particolare, sarà decisiva la volontà politica che ha permesso già di riconoscere la straordinarietà del caso ucraino, con le pratiche per la candidatura riempite sotto le bombe dagli uffici di Zelensky.

Un precedente c’è: alla Grecia – che attraversava una situazione sociale e politica difficile, ma non paragonabile a un conflitto in cui sono in gioco la sicurezza e il futuro dell’Europa intera – fu consentito di entrare nella Comunità europea nel 1981, grazie all’appoggio decisivo di Francia e Germania (Ovest). Non si può lasciare l’Ucraina nell’anticamera perenne, nel limbo di un «Le faremo sapere». Vanno date risposte a un popolo che combatte e si sacrifica sognando un futuro nell’Unione. Lo dobbiamo a loro, al nostro ventottesimo Stato.

Guerra in Ucraina: perché l’Unione europea è in trappola. Francesco Battistini e Milena Gabanelli su il Corriere della Sera il 20 Febbraio 2023.

A un anno dall’inizio della guerra la dipendenza Ue dalle fonti energetiche russe, scrive la Commissione europea, è passata dal 36% del totale al 9,7%. Le sanzioni, da una stima Eurostat, hanno pesato sulla crescita del Pil europeo con un calo del 2,5% . E molti colossi che hanno dovuto smantellare i loro investimenti in Russia - Ikea, Volkswagen, Lego, Netflix TikTok, Samsung, Visa, MasterCard, Bp – stanno ora studiando i futuri rientri su quei mercati. Intanto la Ue ha già speso 30 miliardi in aiuti economici e finanziari, altri 18 sono stati stanziati per il 2023, a cui vanno aggiunti quelli dei singoli Paesi membri.

Nel 2022 l’Estonia ha donato a Kiev l’1% del Pil, una cifra enorme, e in quella direzione sono andate anche la Polonia, la Lituania, la Slovacchia, la Svezia e la Repubblica Ceca. Hanno donato molto anche la Germania e la Francia, meno Italia, Spagna e Belgio, mentre in coda troviamo Romania, Cipro, Slovenia e Irlanda. Sta di fatto che per la prima volta l’Europa ha superato gli Stati Uniti, il tradizionale supporter finanziario di Kiev.

La tenuta dell’Unione

Nel suo primo viaggio in Europa, Volodymyr Zelensky s’è presentato nelle capitali con la lista della spesa. Di ciascun Paese dell’Ue, il presidente ucraino conosce le armi disponibili nei depositi. E a tutti ha espresso richieste molto precise. «Sapeva esattamente di che cos’avesse bisogno e che cosa chiedere», ha commentato un diplomatico tedesco. Anche i governi europei sanno bene di che cos’ha bisogno l’Ucraina, e quali sono i timori dei Paesi più prossimi ai confini con la Russia. Infatti la Finlandia e la Svezia hanno chiesto di corsa l’ingresso nella Nato. Polonia e Romania sono state sfiorate e colpite da missili. Mentre Estonia, Lettonia e Lituania sono impaurite dall’espansionismo russo. Sono molti i fattori che possono trascinare in guerra l’intero continente. E mandare in pezzi un’Unione europea che, di fronte a Mosca, ha interessi e problemi diversi.

Quali armi dai Paesi membri

Almeno a parole, il sostegno a Zelensky e all’Ucraina non è mai stato un tema che dividesse l’Ue, ad esclusione dell’Ungheria: Viktor Orbán chiede di smettere di fornire armi e vuole interrompere le sanzioni a Mosca

Le ragioni di questo incondizionato sostegno, anche militare, sono la difesa del principio di sovranità territoriale d’un Paese che non è nell’Ue, ma sta comunque in Europa, e l’obbligo di rassicurare chi è più prossimo al confine russo. Il rischio per tutto il continente è quello di rimanere senza difese per sé. «Avevamo dimenticato la guerra dal nostro orizzonte intellettuale – dice il responsabile europeo degli Esteri, Josep Borrell - e la prova di questo è il nostro bassissimo livello di scorte militari e la scarsa capacità della nostra industria della difesa per rifornirle». Dai dati dell’International Institute for Strategic Studies la disponibilità di Germania, Francia e Italia messe insieme non arriva a 4mila carri armati moderni. All’Ucraina la Francia manderà alcuni dei suoi carri leggeri Amx-10, la Germania 14 carri Leopard e sistemi antimissile; l’Italia non si è pronunciata su cosa invierà. L’Olanda ha dato l’ok alla fornitura di qualche F-16. La Slovacchia ha scelto di inviare i suoi vecchi aerei Mig-29 sovietici. Varsavia, che avverte una minaccia diretta, consegnerà subito i carri armati Leopard richiesti, per quanto non siano quelli d’ultima generazione, e cannoni antiaerei. La Spagna «contribuirà» con pezzi di ricambio, e insieme al Portogallo con 7 Leopard. I Paesi Baltici sistemi di difesa Stinger, 4 elicotteri, droni e munizioni. La premier estone Kaja Kallas dice: «Io non ho jet da dare, ma se li avessi li darei» e ripete che siamo addirittura in ritardo, perché la Russia s’è ormai convertita totalmente a un’economia di guerra e ha organizzato un’industria bellica dove si lavora h24 con tre turni quotidiani

Le paure dei confinanti

I russi non danno cifre ufficiali, ma secondo l’International Institute for Strategic Studies (IIss) hanno a disposizione 15.857 tank, inclusi i vecchi mezzi. I numeri salgono a 30.122 se si sommano anche i mezzi corazzati (secondo l’Istituto Global Firepower).

Nella guerra, Mosca sta impiegando una mole di 20mila proiettili d’artiglieria al giorno, una quantità che tutta l’Europa impiega un mese a produrre. Per dare un’idea, sono venti volte i proiettili che sta sparando l’Ucraina. Quindi tutti compatti nell’aiuto bellico a Kiev, con dei distinguo però sui tempi e i modi

La Finlandia, che pure condivide 1.300 km di confine con la Russia, esita a dare i suoi Leopard. Lo stesso vale per la Svezia che considera «non urgente» la questione. Va anche considerato il problema di non allarmare le opinioni pubbliche: «Molti governi europei – ha rivelato la premier estone – mandano gli armamenti, ma esigono il silenzio». Del resto l’Europa può permettersi scelte diverse, mentre Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca temono per la loro stessa sovranità? L’unanimità nello sforzo bellico è per ora considerata una via obbligata. «Europei e ucraini hanno legato il loro destino», ha scritto il Washington Post.

Ingresso di Kiev nella Ue

Il 2022 ha portato al pettine anche il nodo dell’ingresso di Kiev nell’Unione europea, che va avanti da più di vent’anni. «Il futuro di Kiev è con noi», proclamava nel 2005 José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. E c’era anche la Germania, a spingere per l’integrazione. Nello stesso anno il commissario per l’Allargamento Olli Rehn (finlandese) invitava a «evitare la super-espansione» verso Kiev. Nel 2011, la responsabile della politica estera Catherine Ashton (britannica) rallentò la procedura d’ingresso. Nel 2016, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, avvertiva che «ci vorranno 25 anni per far entrare l’Ucraina nella Ue». E ancora l’anno scorso l’ex commissario europeo Guenther Verheugen (tedesco) parlava di 10-15 anni. In sostanza questo abbraccio è sempre stato molto contrastato, ma dopo l’aggressione di Mosca il percorso si è accelerato. A giugno scorso Kiev ha ottenuto lo status di Paese candidato, ma si piò parlare di un imminente ingresso nella Ue in piena guerra?

Chi spinge, chi frena

I polacchi e i lituani spingono da sempre per una procedura rapida: una fretta che sorpassa e scontenta altri storici candidati che avrebbero i numeri già a posto, come l’Albania o la Macedonia del Nord. Ma anche qui i 27 Stati membri non la pensano allo stesso modo. Nel 2016 per esempio, su spinta del partito populista alleato della Lega, l’Olanda boccia con un referendum il primo accordo di libero scambio fra Ucraina e Ue. Quel «no» costringe l’Europa a cambiare il testo dell’accordo e a inserire anche un impegno a non «fornire a Kiev garanzie di sicurezza, aiuti finanziari e aiuti militari». Ora alcuni Paesi si chiedono che fine abbia fatto quell’impegno, specie in materia d’aiuti militari. Tirando le somme, sono tutti d’accordo sul fatto che l’Ucraina debba entrare nell’Ue, con qualche tentennamento sui tempi. La Germania, dipendente dal gas russo e chiamata ad addestrare le truppe di Kiev, è per non accelerare. La Francia va con i piedi di piombo perché ha un canale diplomatico aperto col Cremlino. Mentre l’Italia è condizionata dai dubbi di Lega e Forza Italia, partiti di governo più vicini ai russi.

Negoziati al punto zero

Le trattative per un cessate il fuoco non hanno fatto un solo passo: Russia e Ucraina sono ferme sulle loro posizioni. Il piano di dieci punti proposto da Zelensky per un accordo con Putin (ripristino dell’integrità territoriale ucraina, inclusa la Crimea) è considerato inaccettabile. Non esiste una proposta unica europea, ma iniziative sparpagliate. Il Consiglio di sicurezza delle nazioni Unite è paralizzato dal veto della Russia e dall’astensione della Cina. Chi sta mettendo l’aggredito in grado di difendersi con pesanti forniture d’armi sono la Gran Bretagna e gli Usa. E sarà Biden a dare il timing per veri negoziati. Intanto prosegue l’oscena contabilità di morte e distruzione.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 20 febbraio. La Repubblica.

Le notizie in diretta dal conflitto Ucraina-Russia

Punti chiave

23:14

Biden sente Meloni, focus su sostegno a Kiev

21:11

Biden arrivato in Polonia

20:00

Tass, inviato cinese Wang Yi a Mosca domani

18:20

Borrell: "Ok a nuove sanzioni prima del 24 febbraio"

14:54

Navalny: "Servono il ritiro dall'Ucraina e la fine del regime di Putin"

13:51

Ap: "Gli Usa hanno avvertito Mosca della visita di Biden a Kiev, per evitare rischi da conflitto"

13:09

Zelensky a "Die Welt": "Se la Cina si alleasse con la Russia ci sarebbe una guerra mondiale"

13:04

Biden ha lasciato Kiev

12:39

Zelensky a Biden: "Il 2023 sia l'anno della vittoria" 

12:09

Biden: "La guerra russa sta fallendo, Putin ha pianificato tutto in modo sbagliato"

10:49

Il presidente Usa Joe Biden è a Kiev

10:19

Kiev blindata: voci di una possibile visita a sorpresa di Biden

10:01

Ucraina: Borrell, senza munizioni risultato guerra a rischio

02:05

Allarme antiaereo in Zaporizhzhia, Dnipro e Kharkiv

 L'allarme antiaereo è scattato stanotte nelle regioni ucraine di Zaporizhzhia, Dnipro e Kharkiv. Lo rendo noto il portale ufficiale di allerta antiaerea del Paese, citato dai media locali.

06:01

Missili russi su Kramatorsk

Due missili russi hanno colpito ieri sera una zona industriale della città di Kramatorsk, nella regione di Donetsk.

Si registrano danni ma nessuna vittima, secondo il sindaco Oleksandr Honcharenko citato dai media locali.

06:12

Ambasciatore Usa presso Onu, Cina oltrepasserebbe linea con aiuti a Mosca

In un'intervista alla CNN, l'ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite ha affermato che "si oltrapasserebbe  la linea rossa" se la Cina fornisse aiuti letali alla Russia. "Accogliamo con favore l'annuncio cinese che vogliono la pace perché è quello che vogliamo sempre perseguire in situazioni come questa", ha detto come riporta Kyiv Independent. "Ma dobbiamo anche essere chiari sul fatto che se ci sono pensieri e sforzi da parte dei cinesi e di altri per fornire un supporto letale ai russi nel loro brutale attacco contro l'Ucraina, ciò è inaccettabile", ha aggiunto. Il 18 febbraio il segretario di Stato americano Antony Blinken ha dichiarato che Washington teme che Pechino stia valutando la possibilità di fornire a Mosca "supporto letale", come armi.

Secondo Blinken, gli Stati Uniti hanno già visto aziende cinesi fornire supporto non letale alla Russia. Blinken ha avvertito l'alto diplomatico cinese Wang Yi che la fornitura di armi alla Russia "avrebbe gravi conseguenze nel nostro rapporto".

 07:59

Intelligence Gb: Mosca potrebbe fingere conquista di Bakhmut a un anno dal'invasione

La Russia potrebbe rivendicare la conquista della città ucraina di Bakhmut in occasione dell'anniversario della guerra, indipendentemente dalla realtà sul campo. A sostenerlo è il ministero della Difesa britannico nel suo ultimo aggiornamento di intelligence pubblicato su Twitter.

"Le forze russe sono probabilmente sottoposte a crescenti pressioni politiche con l'avvicinarsi dell'anniversario dell'invasione. È probabile che la Russia affermi che Bakhmut è stata catturata per allinearsi con l'anniversario, indipendentemente dalla realtà sul campo", si legge nell'aggiornamento. "Se l'offensiva di primavera della Russia non riuscirà a ottenere alcun risultato, le tensioni all'interno della leadership russa probabilmente aumenteranno".

Secondo l'intelligence britannica, "la Russia continua a perseguire diversi assi offensivi nell'Ucraina orientale: Vuhledar, Kreminna e Bakhmut. Secondo quanto riferito, le vittime rimangono elevate, in particolare a Bakhmut e Vuhledar.

In particolare, la 155a e la 40a brigata di fanteria navale "d'élite" hanno subito perdite molto elevate a Vuhledar e sono probabilmente inefficaci in combattimento".

08:29

Ucraina: Estonia, sta finendo munizioni; servono appalti Ue

"L'Ucraina sta finendo le munizioni. E l'Estonia propone di avviare degli schemi pan-europei per appalti comuni per la consegna in particolare dei proiettili 155 mm. L'Ucraina vuole un milione per un costo di 4 miliardi di euro". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri estone, Urmas Reinsalu, al suo arrivo al Consiglio Esteri a Bruxelles. "Siamo in una situazione in cui l'Ucraina usa tutti i giorni è la produzione europea mensile. In base alla capacità industriale attuale possiamo soddisfare la necessità dell'Ucraina in sei anni. Ed è inaccettabile", ha aggiunto.

09:07

Ucraina: governatore Belgorod, un morto in raid Kiev su territorio russo

 Una donna è morta e un'uomo è rimasto ferito nel villaggio di Novaya Tavolzhanka nella regione russa di Belgorod, a seguito di un raid ucraino. È quanto riporta su Telegram il governatore della regione, Vyacheslav Gladkov. Le esplosioni si sono verificate nei pressi di un allevamento di pollame dove i dipendenti si stavano preparando per il loro turno di lavoro.

09:23

Media, Wang Yi a Mosca per colloqui su piano di pace

Il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi è arrivato a Mosca per colloqui su un possibile piano di pace per l'Ucraina. Lo riporta Sky News.

Wang Yi si è recato ieri in Russia per l'incontro, secondo il quotidiano russo Kommersant. "Lo scopo principale del suo viaggio è aumentare il ruolo di Pechino" sulla questione ucraina, scrive il giornale, aggiungendo che i colloqui sono "disegnati per accelerare la risoluzione della crisi, che comporta costi crescenti per Pechino nei rapporti con l'Occidente", mentre sullo sfondo restano le accuse occidentali sul fatto che Pechino possa fornire assistenza militare a Mosca.

09:34

Ucraina, Cina: "Sono gli Usa che inviano armi, non Pechino"

La Cina fa notare che sono gli Stati Uniti che "non smettono di fornire armi al campo di battaglia" in Ucraina e "non la Cina": lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, dopo che domenica il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha dichiarato di avere le prove che il Paese asiatico sta pensando d'inviare armi alla Russia.

"Quelli che non smettono di fornire armi al campo di battaglia sono gli Stati Uniti, non la Cina. Gli Stati Uniti non sono qualificati per dare ordini alla Cina e non accetteremo mai che gli Stati Uniti dettino o impongano come dovrebbero essere le relazioni sino-russe", ha aggiunto nel consueto appuntamento con la stampa.

09:39

Estonia, Ue lanci programma per consegna 1 mln munizioni a Kiev

 "L'Ucraina sta esaurendo i proiettili", per questo l'Estonia ha proposto di "lanciare un programma di approvvigionamento paneuropeo" del valore di 4 miliardi di euro per "avviare una consegna sistematica" di "un milione di proiettili di artiglieria". Lo ha detto il ministro degli Esteri estone, Urmas Reinsalu, prima del Consiglio Affari Esteri, aggiungendo che "con le attuali capacità dell'industria militare, possiamo raggiungere il bisogno dell'Ucraina in circa sei anni e questo è del tutto inaccettabile".

09:43

Al via Consiglio Esteri Ue, Kuleba cancella partecipazione

 

Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba ha cancellato la sua partecipazione al Consiglio Affari Esteri Ue e posticipato il suo viaggio a Bruxelles per "impegni urgenti concomitanti". Lo spiegano fonti europee.

I ministri degli Esteri europei si riuniranno oggi nella capitale belga. Tra i dossier principali sul tavolo il decimo pacchetto di sanzioni anti-russe (che includerà anche misure restrittive all'Iran) e il sostegno militare all'Ucraina.

I ministri discuteranno anche della situazione dei diritti umani in Afghanistan e della possibilità di revisionare le sanzioni alla Siria per permettere un più facile accesso degli aiuti umanitari dopo il devastante terremoto  dei giorni scorsi. Per l'Italia partecipa alla riunione il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

09:54

Ucraina, gli Usa alla Cina: "Armi alla Russia? Problemi con molti Paesi"

Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, avverte la Cina che se consegnerà armi letali alla Russia per sostenerla nella guerra in Ucraina avrà "un vero problema nelle relazioni con molti altri Paesi, non solo con gli Stati Uniti".

"Siamo preoccupati del fatto che la Cina stia valutando di sostenere lo sforzo bellico della Russia in Ucraina con aiuti letali, qualcosa che stiamo osservando molto, molto da vicino", ha detto il capo della diplomazia statunitense in una conferenza stampa ad Ankara con il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu.

Blinken non ha voluto illustrare "le conseguenze" ventilate, ma ha detto di aver messo in guardia la Cina, parlandone direttamente con il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, a margine della Conferenza sulla Sicurezza a Monaco di Baviera.

10:01

Ucraina: Borrell, senza munizioni risultato guerra a rischio

"Domani andrò alla Nato insieme al ministro agli Affari esteri, Dmytro Kuleba. Insieme al segretario generale della Nato avremo un incontro e il tema sarà, come lo è oggi, come fornire velocemente armi all'Ucraina, specialmente munizioni. Il problema più pressante oggi per l'esercito ucraino è avere un flusso continuo di munizioni di calibro 1.55 che sono le più importanti. L'artiglieria russa spara circa 50 mila colpi al giorno e l'Ucraina deve essere allo stesso livello di capacità".

Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, al suo arrivo al Consiglio Affari esteri dell'Ue.

"Faremo tutto il possibile, usando l'European peace facility (Epf) per dare finanziamenti, cercando il modo con cui l'Agenzia europea per la difesa e la Commissione europea, tutti insieme, possiamo fare acquisti congiunti, chiedendo ai Paesi membri di dare parte delle riserve all'esercito ucraino. È il tema più urgente. Se falliamo questo, il risultato della guerra è a rischio", ha evidenziato Borrell.

 10:19

Kiev blindata: voci di una possibile visita a sorpresa di Biden

(Paolo Brera)

Girano voci di una visita in corso a sorpresa del presidente Biden a Kiev. La città è blindata come non succedeva dai tempi del primo coprifuoco, un anno fa, è c'è un allarme aereo in corso. Le misure di sicurezza sono al massimo livello, come accade solo in occasione di visite di Stato importanti. 

Il ministro degli Esteri Kuleba ha annullato la sua partecipazione al consiglio dei ministri degli esteri Ue previsto per oggi. Alcuni media locali speculano su una possibile visita del presidente americano anche se non ci sono conferme o smentite ufficiali per il momento. Per ragioni di sicurezza, le notizie di una eventuale visita di Biden verrebbero comunicate solo al rientro del presidente in un territorio Nato.

Nei giorni scorsi si era diffusa la notizia della volontà di Biden di raggiungere Kiev o in subordine Leopoli durante il suo viaggio in Polonia, ma secondo Politico l'intelligence americana avrebbe bocciato la missione considerando troppo elevato il rischio per le conseguenze incalcolabili di un eventuale incidente in caso di attacchi russi.

10:42

Ue: 'Cina smentisce armi a Mosca ma restiamo vigili'

"Ho sentito lo statement del segretario Blinken. Ho parlato con Wang Yi, ho espresso la nostra forte preoccupazione che Pechino fornisca armi alla Russia. Ho chiesto che la Cina non assista la Russia e ho detto che sarebbe una linea rossa delle nostre relazioni. Lui mi ha detto che la Cina non lo farà ma dobbiamo restare vigili". Lo ha detto l'Alto Rappresentante Ue per la politica Estera Josep Borrell nel punto stampa prima del Consiglio Affari Esteri.

10:49

Il presidente Usa Joe Biden è a Kiev

Il presidente Usa Joe Biden è arrivato a sorpresa a Kiev per una visita a Zelensky nell'anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina. Il leader americano si è recato in piazza Mykhailivska con Zelensky e ha reso omaggio alle vittime della guerra mentre suonvano le sirene dell'allarme aereo .

11:28

Biden: da Usa nuovo pacchetto aiuti militari da 500 milioni di dollari

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato lunedì, durante una visita non annunciata nella capitale ucraina, che Washington fornirà a Kiev un nuovo pacchetto di aiuti militari del valore di 500 milioni di dollari.

Biden ha detto che il pacchetto sarà annunciato martedì e che Washington fornirà anche più munizioni per i sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità in possesso dell'Ucraina.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha scritto su Telegram che la visita di Biden è stata un "segno di sostegno estremamente importante per tutti gli ucraini" e ha pubblicato una foto dei due leader che si stringono la mano.

11:25

Biden: a Kiev in vigilia anniversario a conferma impegno

"Mentre si avvicina l'anniversario della brutale invasione dell'Ucraina da parte della Russia, sono oggi a Kiev per incontrare il presidente Zelensky e riaffermare il nostro fermo impegno per la democrazia, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina". Lo ha scritto sul suo profilo Twitter Joe Biden.

11:30

Ucraina: Zelensky, con Biden discusso anche di nuove armi

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha detto di aver parlato con il presidente Usa, Joe Biden, di "armi a lungo raggio e di nuove armi che potrebbero ancora essere fornite all'Ucraina, senza però specificare impegni". È quanto riferisce il pool della Casa Bianca dopo l'incontro dei due leader a Kiev.

Le osservazioni di Biden si sono concentrate sulla resilienza della resistenza ucraina mentre la guerra entra nel suo secondo anno, osservando come la comunità internazionale inizialmente temesse che Kiev sarebbe caduta di fronte all'invasione russa del 24 febbraio.

11:33

Biden: Putin pensava di avere la meglio su di noi, sbagliava

"Putin ha lanciato la sua invasione quasi un anno fa, pensava che l'Ucraina fosse debole e che l'Occidente fosse diviso. Pensava di poter avere le meglio su di noi. Ma si sbagliava di grosso". Così il presidente Usa Joe Biden in una dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca, riportata dal Guardian.

11:40

Biden a Zelensky: avete dimostrato al mondo d'essere eroici

"Come alleati e partner continueremo a sostenere la vostra causa, siamo sempre pronti a parlare con voi di quello di cui avete bisogno, siamo dalla vostra parte, e sono qui per sostenere non solo le istituzioni ma anche i comuni cittadini. Avete dimostrato di essere eroici e tutto il mondo lo ha visto". Così il presidente Usa Joe Biden parlando nel palazzo presidenziale di Kiev.

11:43

Zelensky, la visita di Biden ci avvicina alla vittoria

"Questa visita ci porta più vicini alla vittoria". Lo ha detto il presidente Zelensky in conferenza stampa congiunta con il presidente degli Stati Uniti in visita a Kiev, secondo la traduzione dell'intervento di Zelensky che parla in ucraino. "È la visita più importante nell'intera storia delle relazioni fra l'Ucraina e gli Stati Uniti".

12:09

Biden: "La guerra russa sta fallendo, Putin ha pianificato tutto in modo sbagliato"

"La guerra di conquista di Putin sta fallendo. L'esercito russo sta perdendo i territori occupati. I soldati russi stanno scappando dall'esercito e le persone dalla Russia stessa, perché non vedono futuro nel loro Paese". Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel corso di una conferenza stampa congiunta a Kiev con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "L'economia russa sta rallentando, è isolata nella sua lotta. Putin pensava che l'Ucraina fosse debole e l'Occidente fosse diviso. Ma noi siamo rimasti uniti, la Nato è rimasta unita e lui non è stato in grado di dividerci", ha aggiunto Biden. "Solo Dio sa cosa Putin sta pensando al momento, ma sicuramente ha sbagliato", ha detto.

12:23

Media: Biden arrivato in treno dalla Polonia

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è arrivato a Kiev dopo un viaggio in treno di un'ora dal confine con la Polonia. Lo riferisce il New York Times, rimarcando che Biden ha lasciato Washington in via riservata dopo che lui e la moglie Jill hanno cenato fuori in un ristorante sabato sera. Secondo il programma ufficiale diramato dalla Casa Bianca oggi il presidente sarebbe partito da Washington in serata per Varsavia, dove l'arrivo sarebbe stato previsto per domani mattina per una visita di due giorni. Biden ha camminato per la capitale ucraina insieme al presidente Volodymyr Zelenskiy e insieme hanno visitato il monastero di San Michele, mentre l'allarme aereo risuonava in tutta la città.

12:34

Biden: "Kiev ha catturato una parte del mio cuore"

L'Ucraina ha "catturato una parte del mio cuore". Lo ha detto il presidente americano, Joe Biden, in un passaggio del suo discorso a Kiev in occasione della visita a sorpresa nella capitale ucraina. Lo riporta la Cnn.

12:39

Zelensky a Biden: "Il 2023 sia l'anno della vittoria" 

"Oggi i nostri negoziati sono stati molto fruttuosi e importanti". Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in conferenza stampa congiunta con il presidente degli Stati Uniti in visita a Kiev. "Speriamo che quest'anno 2023 diventi un anno di vittoria", ha aggiunto, lodando la "visione comune" condivisa da entrambe le nazioni.

13:04

Biden ha lasciato Kiev

Il presidente americano Joe Biden ha lasciato Kiev dopo oltre cinque ore, dopo la visita a sorpresa alla vigilia del primo anniversario dell'invasione russa.

13:09

Zelensky a "Die Welt": "Se la Cina si alleasse con la Russia ci sarebbe una guerra mondiale"

In un'intervista al quotidiano tedesco Die Welt il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che per Kiev è fondamentale la posizione della Cina: "Se si alleasse con la Russia ci sarebbe una guerra mondiale".

13:24

"Slava Ukraini!": il testo della nota lasciata da Biden al palazzo presidenziale di Kiev

"Sono onorato di essere accolto di nuovo a Kiev e di poter così mostrare la mia solidarietà e la mia amicizia al popolo ucraino, che ama la libertà", ha scritto il presidente americano Joe Biden in una nota per la sua visita al palazzo presidenziale di Kiev: "Signor presidente, la prego di accettare il mio profondo rispetto per il suo coraggio e la sua leadership. Slava Ukraini! Joe Biden".

13:43

Tajani: "Sostegno a Kiev per la pace, presto l'invio del Samp-T. I caccia? Abbiamo sempre mandato armi difensive"

"Noi siamo impegnati a fare tutto ciò che è possibile affinché non ci sia una sconfitta dell'Ucraina, ma ci possa essere una difesa del territorio di questo Paese, per poi arrivare ad un accordo di pace". Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine del Consiglio Affari Esteri europeo. "L'Ucraina è un Paese amico. Voglio dare un messaggio chiaro che il presidente del Consiglio invierà a Zelensky, vogliamo essere protagonisti della ricostruzione. Stiamo inviando strumenti per la difesa aerea assieme alla Francia e credo che nelle prossime settimane si perfezionerà l'invio del Samp-T", ha spiegato. Per poi aggiungere: "No, di caccia non se ne è parlato. Abbiamo sempre inviato armi difensive e non offensive".

13:47

Mosca: "Zelensky farà la fine di tutti gli altri 'progetti' Usa"

"Quando guardi il filmato di oggi di Biden con il suo protetto Zelensky da Kiev, non dimenticare il destino di tutti i precedenti progetti americani". Lo ha scritto sul suo canale Telegram Maria Zakharova, la portavoce del ministro degli Esteri russo. Zakharova ha fatto riferimento al venezuelano Juan Guaidò e al georgiano Mikhail Saakashvili "maledetti dalla loro stessa gente, inutili per chiunque, costretti a spendere i soldi guadagnati in America per il tradimento dei loro Paesi in avvocati americani".

13:51

Ap: "Gli Usa hanno avvertito Mosca della visita di Biden a Kiev, per evitare rischi da conflitto"

Prima della visita di Joe Biden a Kiev, gli Stati Uniti hanno avuto "una comunicazione di base" con Mosca per escludere rischi che potessero portare a uno scontro diretto tra le due potenze nucleari. Lo riferisce l'Associated Press sul proprio sito web. "La visita ha segnato la rara occasione in cui un presidente Usa si è recato in una zona di conflitto in cui gli Stati Uniti o i suoi alleati non hanno il controllo dello spazio aereo. La Casa Bianca non è entrata nei dettagli, ma ha affermato che 'una comunicazione di base con i russi è avvenuta per garantire una prevenzione della conflittualità' poco prima della visita di Biden, nel tentativo di evitare qualsiasi errore di calcolo che potesse portare le due nazioni dotate di armi nucleari in un conflitto diretto", riferisce l'agenzia. "L'esercito americano non ha una presenza in Ucraina a parte un piccolo distaccamento di marines a guardia dell'ambasciata a Kiev, rendendo la visita di Biden più complicata di altre recenti visite di precedenti leader statunitensi in zone di guerra. Mentre Biden era in Ucraina, aerei di sorveglianza statunitensi, tra cui il radar aviotrasportato E-3 Sentry e un velivolo elettronico RC-135W Rivet Joint, sorvegliavano Kiev dallo spazio aereo polacco", sottolinea l'Ap.

14:10

La Casa Bianca: "Biden e Zelensky hanno parlato di armi e del processo di pace'"

Joe Biden ha avuto un "lungo colloquio" con il presidente ucraino a Kiev durante il quale hanno affrontato il tema dei "prossimi mesi di guerra" e di ciò di cui l'Ucraina ha bisogno per difendersi dall'aggressione russa, nonchè del processo verso una "pace giusta e durevole". Lo ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan, in un briefing virtuale da Kiev con un gruppo di giornalisti.

14:33

Medvedev: "Biden ha giurato fedeltà al regime neonazista fino alla morte"

"Dopo aver ricevuto garanzie di sicurezza in anticipo, Biden è finalmente andato a Kiev: ha promesso molte armi e ha giurato fedeltà al regime neonazista fino alla tomba". Così il vicepresidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo, Dmitri Medvedev, ha commentato su Telegram la visita del capo della Casa Bianca nella capitale ucraina. Washington ha avvisato Mosca della visita top secret di Biden poche ore prima della partenza del suo treno per Kiev dalla Polonia.

 14:54

Navalny: "Servono il ritiro dall'Ucraina e la fine del regime di Putin"

"Fermare l'aggressione, porre fine alla guerra, ritirare tutte le truppe russe dal territorio dell'Ucraina" e "risarcire l'Ucraina per i danni causati". È quanto chiede l'oppositore russo Alexei Navalny in un programma politico in 15 punti diffuso in occasione del primo anniversario dell'avvio dell'operazione militare di Mosca. Il testo integrale è stato pubblicato dal sito Meduza. Navalny afferma inoltre che è necessario "smantellare il regime di Putin e la sua dittatura, idealmente attraverso libere elezioni generali e la convocazione di un'Assemblea Costituente". 

Secondo l'oppositore, in carcere da oltre due anni, "le vere cause della guerra sono i problemi politici ed economici all'interno della Russia, il desiderio di Putin di mantenere il potere a tutti i costi e la sua ossessione per la sua eredità storica". Ma Mosca sta subendo "una sconfitta militare" e quindi non vi è alternativa al ritiro. "Dobbiamo essere parte dell'Europa e seguire il cammino europeo dello sviluppo. Non ne abbiamo un altro - conclude Navalny - e di un altro non ne abbiamo bisogno".

15:05

Biden a Kiev, venerdì la decisione di partire

Il presidente americano Joe Biden ha deciso solo venerdì di procedere con la visita a Kiev, dopo essersi riunito con i vertici del suo Consiglio di Sicurezza Nazionale nell'Ufficio Ovale. Poche ore prima della partenza Washington ha quindi informato Mosca dei piani del presidente di visitare la capitale "per deconflittualizzare", secondo il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.

La riunione venerdì all'interno dell'Ufficio ovale è stata il culmine di mesi di lavoro ad opera di un piccolo gruppo di consiglieri di Biden. Alla pianificazione hanno preso parte l'ufficio del capo dello staff, il Consiglio di Sicurezza nazionale e l'Ufficio militare della Casa Bianca. Hanno dato il loro contributo un certo numero di funzionari del Secret Service, del Pentagono e della comunità di intelligence. Biden è stato regolarmente tenuto al corrente sui piani del viaggio.

Le discussioni tra Casa Bianca e "i più alti livelli del governo ucraino" hanno contribuito a portare il viaggio a buon fine. Il presidente era soddisfatto del "rischio gestibile".

15:34

Blogger filorussi critici con Mosca per la visita di Biden a Kiev

Blogger e siti facenti riferimento a profili militari filorussi hanno fortemente criticato Mosca per la visita di Joe Biden a Kiev. Zapiski michmana Ptichkina, account Telegram gestito dai membri del servizio militare e navale russo, ha fatto notare ironicamente che Biden aveva raggiunto Kiev prima del presidente russo Vladimir Putin. "Quasi un anno dopo l'inizio dell'operazione militare speciale, stavamo aspettando nella città russa di Kiev il presidente della Federazione Russa, non gli Stati Uniti", hanno scritto postando un video di Biden insieme a Zelensky. Ancora più duro il commento del giornalista Sergey Mardan che ha parlato di "umiliazione della Russia". Per Igor Girkin, ex colonnello del Fsb, il "nonno", ovvero il presidente americano Joe Biden, potrebbe essere portato "fino a Bakhmut senza che gli accada nulla".

16:06

Re Carlo visita le truppe ucraine in addestramento nel Regno Unito

Re Carlo III ha visitato le truppe ucraine che si stanno addestrando nel Wiltshire, nel sud-ovest dell'Inghilterra. Lo riporta il Guardian che posta una foto dove si vede il sovrano britannico stringere la mano ai militari di Kiev. Carlo era accompagnato dal generale Sir Patrick Sanders, Capo di stato maggiore dell'esercito.

16:24

Save the Children: 438 i bambini uccisi dall'inizio del conflitto, 851 i feriti

gni giorno in Ucraina vengono uccisi o feriti in media 4 bambini, per lo più in attacchi con armi esplosive in aree popolate. Sono stati 438 i bambini che hanno perso la vita dall'inizio del conflitto e 851 quelli rimasti feriti. Delle centinaia di civili che hanno avuto incidenti con ordigni esplosivi, circa il 40% è morto per le ferite riportate, il 22% di questi decessi riguarda donne e bambini. Più del 20% degli edifici scolastici del Paese, 1 su 5 sono stati danneggiati o distrutti. La guerra colpisce in maniera drammatica i più piccoli. Nell'ultimo anno le bambine, i bambini e i ragazzi sono stati costretti a nascondersi sottoterra per circa 920 ore, pari a 38,3 giorni, più di un mese. Questo l'allarme lanciato da Save the Children nel rapporto Un pesante tributo: l'impatto di un anno di guerra sui bambini in Ucraina.

16:49

Tajani: "Prepariamo documento a Onu per Kiev e la pace"

"All'Assemblea delle Nazioni Unite presenteremo, su spinta dei paesi occidentali, un documento. Stiamo raccogliendo le firme, stiamo concludendo il testo. Sarà un messaggio importante di solidarietà all'Ucraina, finalizzato alla pace, che verrà approvato nella sede prestigiosa delle Nazioni Unite. In occasione dell'anniversario una voce forte si leverà da New York". Così il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine del Consiglio Ue Esteri a Bruxelles.

17:19

Russia: rogo in bunker militare al confine, morti 6 soldati 

Sei militari russi sono rimasti uccisi nel rogo scoppiato all'interno di un bunker militare nella regione di Kursk, al confine con l'Ucraina. Lo riportano le agenzie russe citando i servizi di emergenza. L'incendio è avvenuto vicino al villaggio di Ulanok, a meno di 10 km dal confine nord-orientale dell'Ucraina. Al momento dell'incendio, nel bunker erano presenti sette militari erano all'interno del bunker al momento dell'incidente, solo uno di loro è sopravvissuto.

Secondo il ministero della Difesa, il rogo è stato causato da "un grave violazione da parte del personale militare dei requisiti di sicurezza durante la manipolazione di materiali combustibili".

17:40

Videomessaggio di Zelensky a serata di gala milanese per la ricostruzione dello stadio di Irpin

Atteso un videomessaggio di Volodymyr Zelensky alla cena di gala in programma questa sera a Milano, all'hotel Gallia. La serata organizzata da United Onlus, che con l'ex pallone d'oro ucraino Andriy Shevchenko ha dato vita a United for Ukraine per raccogliere aiuti per sostenere la resistenza di Kiev all'invasione russa, anche con la collaborazione del mondo dello sport. Il presidente ucraino invierà un messaggio per ringraziare il popolo italiano e alcuni club come il Milan e altri di Serie A che si sono spesi per aiutare la popolazione ucraina. In particolare, la raccolta fondi della cena di gala sarà destinata alla ricostruzione dello stadio della città di Irpin. Alla serata parteciperanno molte personalità, tra cui i ministri del Turismo, Daniela Santanchè, e dello Sport, Andrea Abodi.

18:14

Prigozhin denuncia "un grave problema" con il rifornimento delle munizioni

Il fondatore del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin ammette "un grave problema" del rifornimento di munizioni per i suoi mercenari a conferma delle divergenze con il ministero della Difesa. "Le questioni che ho sollevato sulle munizioni rimangono irrisolte", ha affermato in una registrazione audio diffusa su Telegram. "L'industria ha raggiunto la produzione richiesta" dalle necessità del Paese ma allo stesso tempo la Wagner non riesce ad avere le munizioni necessarie in Ucraina "malgrado tutte le mie conoscenze". A Prigozhin è stato consigliato di scusarsi con una persona di potere. "Ditemi chi è, così che i miei uomini sappiano per chi stanno morendo". "Ogni giorno a causa della mancanza di munizioni muoiono il doppio di mercenari Wagner e di altre unità militari e non siamo autorizzati a usare quelle che si trovano nei magazzini".

18:20

Borrell: "Ok a nuove sanzioni prima del 24 febbraio"

"Abbiamo discusso del decimo pacchetto di sanzioni che abbiamo presentato. Siamo sulla strada per approvarlo, è questione di ore o giorni. In ogni caso sarà approvato prima del 24 febbraio". Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, al termine del Consiglio Esteri a Bruxelles. "Presenterò proposte concrete ai ministri della Difesa a Stoccolma i prossimi 7 e 8 marzo" perché, nell'ambito del sostegno militare all'Ucraina, "è evidente che dobbiamo lanciare procedure per aumentare la capacità dell'industria europea per produrre di più e più velocemente" attraverso "possibili gare d'appalto a livello europeo per affrontare i bisogni urgenti dell'Ucraina", così Josep Borrell, al termine del Consiglio Ue Affari esteri. "Ma è anche chiaro - ha aggiunto - che nelle prossime settimane il modo migliore per offrire munizioni all'Ucraina è condividere le munizioni e le riserve già esistenti tra i vari eserciti europei".

19:43

Media cinesi: "La visita di Biden a Kiev irrazionale ed egoista"

"Irrazionale ed egoista". Così il Global Times, il tabloid in lingua inglese pubblicato dal Quotidiano del Popolo, organo del Partito Comunista cinese, giudica, citando l'opinioni di alcuni "osservatori", la visita a sorpresa a Kiev di Joe Biden che "smaschera l'intenzione degli Usa di approfittarsi del conflitto, senza preoccuparsi del fatto che questa vista potrebbe provocare un contrattacco più aggressivo da parte della Russia". "Gli esperti dicono che i segnali pericolosi inviati da questo viaggio provocheranno un'escalation del conflitto" si legge ancora nell'articolo che sottolinea che Biden "sembra che stia spingendo l'Ucraina ad agisre come un suo pedone per sconfiggere la Russia, ma l'obiettivo è pericoloso e irrazionale". "Gli Stati Uniti stanno gettando benzina sul fuoco di una situazione già tesa e il conflitto potrebbe aumentare ancora ed andare fuori controllo", conclude citando Li Haidong, docente dell'istituto per le relazioni internazionale della China Foreign Affairs University.

20:00

Tass, inviato cinese Wang Yi a Mosca domani

Arriverà domani a Mosca Wang Yi, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, che dovrebbe illustrare alle autorità russe un piano di pace di Pechino per l'Ucraina. Lo scrive l'agenzia Tass citando "una fonte vicina agli organizzatori della visita".

21:11

Biden arrivato in Polonia

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è in Polonia. Biden è arrivato verso le 20, ora locale, alla stazione di Przemysl, la stessa da dove ieri sera aveva preso, in gran segreto, il treno che, dopo 10 ore di viaggio, accompagnato solo da pochi consiglieri e due giornalisti del pool, è arrivato a Kiev. Dalla stazione della località polacca, Biden andrà a Varsavia - dove domani e dopodomani continua la sua visita - a bordo dell'Air Force One dall'aeroporto di Rzeszow.

21:47

Videomessaggio di Zelensky a evento a Milano: "Grazie Italia, vincere è nostro destino"

"Noi vinceremo, Ucraina, Europa e tutto il mondo libero, vincere è il nostro destino". Lo dice Volodymyr Zelensky in un videomessaggio proiettato nel corso della cena di gala all'hotel Gallia a Milano per raccogliere fondi per la ricostruzione dello stadio di Irpin. La serata è organizzata da United Onlus, che con l'ex pallone d'oro ucraino Andriy Shevchenko ha dato vita a United for Ukraine per raccogliere aiuti per sostenere la resistenza di Kiev all'invasione russa, anche con la collaborazione del mondo dello sport. "Lo scorso anno - dice il presidente ucraino, introdotto da un breve intervento di Shevcenko - è stato uno dei più difficili della storia dell'Ucraina indipendente e uno dei più difficili nella storia europea ma il nostro destino è vincere. E l'Iitalia vincerà con noi e con tutti coloro che sostengono il nostro popolo e la nostra lotta". "Grazie a tutti voi per l'aiuto, ringrazio l'intera comunità italiana: Giorgio Armani, Ac Milan e altri club di Serie A, per il loro continuo supporto all'Ucraina nella nostra lotta per la libertà e ricorderemo sempre il vostro contributo alla notra vittoria. Lasciamo che la libertà prevalga", conclude Zelensky.

 23:14

Biden sente Meloni, focus su sostegno a Kiev

Giorgia Meloni ha avuto un colloquio telefonico con Joe Biden. Il presidente Usa - rende noto Palazzo Chigi - ha chiamato la premier italiana appena rientrato in Polonia, dopo la visita a sorpresa a Kiev. I due leader hanno discusso del loro stretto coordinamento in corso sul sostegno all'Ucraina, compresa l'assistenza in materia di sicurezza, economica e umanitaria.

23:51

Casa Bianca: Biden aspetta Meloni a Washington

"Il presidente Biden ha parlato questa sera al telefono con il premier italiano Giorgia Meloni dopo il viaggio del presidente in Ucraina e prima della visita del premier italiano. I due leader hanno discusso del loro stretto coordinamento in corso sul sostegno all'Ucraina, compresa l'assistenza in materia di sicurezza, economica e umanitaria. Il presidente Biden non vede l'ora di darle il benvenuto a Washington quando i loro programmi saranno allineati". Lo comunica la Casa Bianca a LaPresse.

(ANSA il 20 febbraio 2023) - "Kiev ha catturato il mio cuore, sapevo che sarei tornato". Lo ha twittato Joe Biden pubblicando una foto del suo messaggio sul libro degli ospiti del palazzo presidenziale ucraino dopo l'incontro con il presidente Volodymyr Zelensky.

 Estratto dell’articolo di Massimo Basile per AGI – 28 settembre 2019

 La richiesta di impeachment nei confronti del presidente Donald Trump potrebbe disorientare gli elettori democratici perché porterà al centro del dibattito politico quello che è stato definito "il lato oscuro" di Joe Biden e il ruolo avuto nel siluramento del procuratore ucraino che indagava sull'azienda per cui lavorava il figlio, Hunter Biden.

Mentre la maggior parte dei media americani è concentrata nel denunciare il conflitto d'interessi del presidente degli Stati Uniti, non sembra interessata a quello del suo potenziale sfidante, non meno importante in vista delle presidenziali del 2020. L'ex vicepresidente di Obama ha detto "non ho mai parlato con mio figlio dei suoi affari oltreoceano", ma la successione dei fatti suscita più di un imbarazzo.

Hunter Biden entrò nel consiglio d'amministrazione della Burisma Holdings, compagnia ucraina del gas, nel maggio 2014, con uno stipendio di 50 mila dollari al mese. Il figlio di Biden venne scelto nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze nel campo energetico. Ma venne preso pochi mesi dopo la decisione di Obama di affidare al suo vice il compito di seguire la transizione politica in Ucraina, travolta dagli scandali, con il presidente Viktor Yanukovich costretto dalla "rivoluzione arancione" all'autoesilio in Crimea per evitare la guerra civile. […]

Estratto dell’articolo di Guido Olimpio per corriere.it il 20 febbraio 2023.

Le visite di un presidente americano in zona di guerra comportano grandi rischi. Di solito il Secret Service e il Dipartimento tendono a scoraggiarle, per ovvie ragioni. L’idea era di un incontro Biden-Zelensky al confine polacco. Però vi sono alcuni momenti dove è necessario mandare un messaggio forte: Bush andò in Iraq, Obama in Afghanistan. […]

La Casa Bianca ha fatto credere che il presidente avesse degli impegni a Washington per lunedì prima della partenza per la Polonia. Invece ha anticipato i tempi. Nella capitale ucraina, però, le voci sono iniziate a circolare e si può dire che si è trattato di una visita «non annunciata» ma in qualche modo attesa.

[…] Biden ha usato – secondo le prime informazioni – il treno in partenza dal territorio polacco. Mezzo impiegato da tutte le delegazioni ufficiali straniere da quando è scoppiato il conflitto. Lo spazio aereo è troppo esposto. […]

 Americani e ucraini hanno dovuto preoccuparsi della sicurezza ravvicinata – ossia dei VIP – come della linea ferroviaria. Possibile l’uso di un convoglio «civetta» che ha preceduto quello con a bordo la delegazione statunitense. Stesse precauzioni per i veicoli.

Estratto da repubblica.it il 20 febbraio 2023.

Prima della visita di Joe Biden a Kiev, gli Stati Uniti hanno avuto "una comunicazione di base" con Mosca per escludere rischi che potessero portare a uno scontro diretto tra le due potenze nucleari. Lo riferisce l'Associated Press sul proprio sito web.

"La visita ha segnato la rara occasione in cui un presidente Usa si è recato in una zona di conflitto in cui gli Stati Uniti o i suoi alleati non hanno il controllo dello spazio aereo. La Casa Bianca non è entrata nei dettagli, ma ha affermato che 'una comunicazione di base con i russi è avvenuta per garantire una prevenzione della conflittualità' poco prima della visita di Biden, nel tentativo di evitare qualsiasi errore di calcolo che potesse portare le due nazioni dotate di armi nucleari in un conflitto diretto", riferisce l'agenzia.

"L'esercito americano non ha una presenza in Ucraina a parte un piccolo distaccamento di marines a guardia dell'ambasciata a Kiev, rendendo la visita di Biden più complicata di altre recenti visite di precedenti leader statunitensi in zone di guerra.

 Mentre Biden era in Ucraina, aerei di sorveglianza statunitensi, tra cui il radar aviotrasportato E-3 Sentry e un velivolo elettronico RC-135W Rivet Joint, sorvegliavano Kiev dallo spazio aereo polacco", sottolinea l'Ap.

Estratto da iltempo.it il 20 febbraio 2023.

La visita lampo del presidente americano Joe Biden a Kiev ha provocato l'immediata reazione di Mosca. "Guardando le immagini di oggi di Biden con il suo protetto Zelensky a Kiev, non dimenticate il destino di tutti i precedenti progetti americani", come Juan Guaidò in Venezuela o Mikhail Saakashvili in Georgia, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova in un post su Telegram.

 "Il destino di Saakashvili, di Guaidò è quello che attende tutti coloro che hanno venduto l’anima agli americani", ha avvertito Zakharova, "maledetti dalla loro stessa gente, inutili per chiunque, costretti a spendere in avvocati americani i soldi guadagnati in America per tradire i loro Paesi". […]

(ANSA il 20 febbraio 2023) - Joe Biden ha avuto un "lungo colloquio" con il presidente ucraino a Kiev durante il quale hanno affrontato il tema dei "prossimi mesi di guerra" e di ciò di cui l'Ucraina ha bisogno per difendersi dall'aggressione russa, nonche' del processo verso una "pace giusta e durevole". Lo ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan, in un briefing virtuale da Kiev con u gruppo di giornalisti.

 (ANSA il 20 febbraio 2023) - "Biden, avendo ricevuto in precedenza garanzie di sicurezza, è finalmente andato a Kiev. Ha promesso molte armi e ha giurato fedeltà al regime neonazista fino alla tomba". Lo scrive il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev su Telegram riferendosi al fatto che gli Usa avessero avvisato Mosca della visita del presidente Usa.

Estratto da repubblica.it il 20 febbraio 2023.

[…] Il presidente americano Joe Biden ha deciso solo venerdì di procedere con la visita a Kiev, dopo essersi riunito con i vertici del suo Consiglio di Sicurezza Nazionale nell'Ufficio Ovale. Poche ore prima della partenza Washington ha quindi informato Mosca dei piani del presidente di visitare la capitale "per deconflittualizzare", secondo il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.

La riunione venerdì all'interno dell'Ufficio ovale è stata il culmine di mesi di lavoro ad opera di un piccolo gruppo di consiglieri di Biden. Alla pianificazione hanno preso parte l'ufficio del capo dello staff, il Consiglio di Sicurezza nazionale e l'Ufficio militare della Casa Bianca. Hanno dato il loro contributo un certo numero di funzionari del Secret Service, del Pentagono e della comunità di intelligence. Biden è stato regolarmente tenuto al corrente sui piani del viaggio. Le discussioni tra Casa Bianca e "i più alti livelli del governo ucraino" hanno contribuito a portare il viaggio a buon fine. Il presidente era soddisfatto del "rischio gestibile".

Due giornalisti italiani censurati e a rischio arresto in Ucraina. Salvatore Toscano su L'Indipendente il 20 febbraio 2023.

Dal 6 febbraio scorso, il Ministero della Difesa di Kiev ha sospeso gli accrediti stampa ad Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, due giornalisti italiani che seguono il conflitto nel Donbass dal 2014. I due freelance che lavorano per le principali testate mainstream italiane erano appena stati al fronte di Bakhmut a realizzare un reportage per il Tg3. Ai due giornalisti è bastato essere segnalati da alcuni fixer (consulenti locali che lavorano come traduttori e accompagnatori di giornalisti stranieri) come “collaboratori del nemico” per vedersi ritirare i permessi dal Ministero della Difesa ucraino. Sceresini e Bosco ora vivono rinchiusi, nell’impossibilità di muoversi in territorio ucraino dove potrebbero essere arrestati, e da oltre dieci giorni aspettano di essere interrogati dai funzionari statali. Un caso di censura non isolato che si inserisce, invece, in un quadro più ampio, quello della blacklist dell’intelligence ucraina. Della sua esistenza ne ha parlato Salvatore Garzillo, giornalista italiano a cui il 14 febbraio è stato negato l’accesso nel Paese perché presente nell’elenco e dunque considerata “persona non gradita”.

Alessandra Ballerini, avvocato che assiste i due giornalisti fermati in Ucraina, ha dichiarato che Sceresini e Bosco saranno interrogati dai servizi di sicurezza ucraini (SBU) per aver svolto alcuni reportage sulla situazione nel Donbass tra il 2014 e il 2015. Nel frattempo, i due giornalisti non possono difendersi dalle accuse – particolarmente pericolose in zone di guerra – di essere spie russe, come circolato su alcune chat dei fixer. Carlo Bartoli, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, ha lanciato un appello alla Farnesina per «garantire ai due connazionali condizioni di sicurezza e agibilità così da poter svolgere il loro lavoro». Il Ministero degli Esteri ha risposto di star seguendo la vicenda con le ambasciate italiane a Kiev e Varsavia.

Salvatore Garzillo, giornalista italiano respinto al di là del confine polacco dalle autorità ucraine, ha affermato di essere finito nella blacklist dell’intelligence di Kiev e per questo non potrà rientrare nel Paese per cinque anni. Come lui, altri 7 giornalisti italiani. Una cifra al ribasso, dal momento in cui «nessuno ti avverte finché non sei lì, quindi potenzialmente potrebbero essercene molti di più». Sceresini, sui propri profili social, ha commentato: «Scopriamo che la nostra colpa – e quella di Salvatore, e di tutti gli altri – sarebbe quella di aver raccontato, nel 2014 e nel 2015, ciò che accadeva a Donetsk e Lugansk. Il che ci renderebbe automaticamente “collaboratori dei russi”». [di Salvatore Toscano]

In tutta Italia si preparano manifestazioni per la pace. Valeria Casolaro su L'Indipendente il 20 febbraio 2023.

In occasione dell’anniversario dello scoppio della guerra in Ucraina avvenuto il 24 febbraio dello scorso anno, con l’irruzione delle truppe russe nel territorio del Paese, in tutta Europa verranno organizzate manifestazioni e iniziative per chiedere immediate trattative di pace e lo stop alla fornitura di armi e attrezzature militari da parte dei Paesi occidentali a Kiev. Solamente in Italia sono già 65 le città dove vi sono iniziative confermate: ad inaugurarle sarà la Marcia per la Pace notturna straordinaria da Perugia ad Assisi la sera di giovedì 23 febbraio, mentre la chiusura simbolica degli eventi sarà costituita dalla fiaccolata di Pace che si svolgerà a Roma nel pomeriggio del 25 febbraio e che avrà come meta finale il Campidoglio. Sit-in, manifestazioni, flash mob, presidi, assemblee e dibattiti verranno inoltre organizzati in quasi tutte le principali città italiane, dal nord al meridione.

Già lo scorso 5 novembre erano state oltre 100 mila le persone che erano scese in piazza a Roma per chiedere la fine della guerra e del supporto militare a Kiev da parte degli Stati occidentali. In quell’occasione, come oggi, si ribadiva come il crescente arsenale militare porti alla vittoria sul nemico ma non alla pace tra i popoli e che “non esiste una guerra giusta, solo una pace giusta”. Decine di iniziative, che verranno coordinate da Europe for Peace, sono poi organizzate in tutta Europa, con oltre 20 eventi programmati in Germania, Spagna e Portogallo e una quindicina in Francia. Attese manifestazioni anche nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in Austria. [di Valeria Casolaro]

La visita di Biden a Kiev: lo show e il piano di pace cinese. Piccole Note (filo Putin) il 01 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Visita in stile hollywoodiano quella di Biden a Kiev. L’obiettivo non era solo simbolico, ma anche pratico: rassicurare Zelensky del sostegno della Casa Bianca, dopo mesi di frizioni tra Washington e Kiev, con la prima recalcitrante a supportare il massimalismo del presidente ucraino (Piccolenote).

Massimalismo che, ovviamente, Zelensky ha rilanciato grazie a questa visita, con Biden accodato nel ripetere come un mantra il supporto “incrollabile” all’alleato.

Per ora non è dato sapere cosa i due si siano detti in realtà, al di là delle frasi ottime per la propaganda e della promessa di altri 500 milioni di aiuti, sicuramente al di sotto delle aspettative di Zelensky. Peraltro, a conferma di questo basso profilo tenuto dal presidente Usa, sempre sul Nyt, si legge che Biden “non ha parlato delle armi più avanzate richieste dall’Ucraina”.

Lo show degli allarmi anti-aerei

Resta lo stile hollywoodiano della visita. Così il New York Times racconta la scena più drammatica della visita: “Mentre suonavano le sirene dei raid aerei, Biden passeggiava sotto il sole con il presidente Volodymyr Zelensky”.

E ancora, sempre il Nyt: “Le sirene dei raid aerei scandiscono la passeggiata di Biden nel centro di Kiev”. Tocco drammatico che non guasta. Resta che il Consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan ha dichiarato: “Abbiamo informato i russi che il presidente Biden si sarebbe recato a Kiev. Lo abbiamo fatto alcune ore prima della sua partenza per scopi di deconfliction” (The Hill).

Insomma, si era chiesto ai russi di non sparare durante la visita, cosa che la Russia si sarà peritata di fare: se un solo missile fosse caduto per sbaglio a Kiev durante la visita, sarebbe scoppiata la Terza guerra mondiale.

Peraltro, Sullivan non ha voluto dire che i russi avevano acconsentito a un breve cessate il fuoco (senza questo, la visita sarebbe saltata, ovviamente). Ciò perché nella mente degli strateghi di Washington tale risposta condiscendente avrebbe fatto guadagnare qualche punto di immagine a Mosca e avrebbe vanificato l’effetto drammatizzante degli allarmi aerei.

Infatti, dalle dichiarazioni di Sullivan appare chiaro che le sirene anti-aeree sono state attivate per l’occasione solo per dare alla visita quel tocco di drammaticità che non guasta, sia per la causa ucraina sia per l’immagine del presidente americano, che, offuscata dai tanti passi falsi, grazie al coraggio dimostrato nello sfidare le bombe del nemico, spera di guadagnare qualche punto (anche se ne dubitiamo: troppo forte la polarizzazione che lacera l’America).

Wang Yi e Blinken

Va segnalato che, in parallelo alla visita ucraina di Biden, il ministro degli Esteri cinese ha annunciato la sua prossima visita a Mosca: annuncio che arriva subito dopo il suo incontro a Monaco con il Segretario di Stato americano Tony Blinken (incontro, va ricordato, a porte chiuse).

Nel congedarsi da Wang Yi, Blinken ha minacciato la Cina, affermando che un suo eventuale ausilio a Mosca avrebbe avuto dure conseguenze. Ma, al di là delle minacce di prammatica, nel segreto è certo che il diplomatico cinese abbia parlato al suo interlocutore del piano di pace per l’Ucraina sul quale sta lavorando.

E nel segreto qualche concordanza Wang Yi deve averla pur ottenuta, altrimenti, se avesse ottenuto un secco niet da Blinken, non andrebbe a parlare di pace a Mosca (Jakarta Post). Gli Usa, sul punto, hanno diritto di veto (vedi anche l’interessante intervista dell’ex premier israeliano Naftali Bennet).

Questa dinamica ricorda quanto è avvenuto agli inizi di febbraio, quando Blinken inviò a Mosca un messaggio tramite il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry.

Nulla si sa del contenuto del messaggio, tranne lo scoop rilanciato da Newsweek sul fatto che la Casa Bianca avrebbe concesso a Putin il 20% dell’Ucraina pur di far finire la guerra. Scoop che serviva ad affondare la trattativa sul nascere, come di fatto è avvenuto, con l’amministrazione Usa che si è affrettata a smentire tutto.

Ora c’è il rilancio cinese. E la visita di Biden a Kiev potrebbe essere servita, oltre che per le ragioni suddette, per tranquillizzare Zelensky sul fatto che non sarà escluso da un eventuale accordo, pur non partecipando alla trattativa (che dovrà solo ratificare).

Dal fronte segnali contraddittori

In questo quadro vanno probabilmente visti i recenti sviluppi militari. Da una parte Mosca sembra stia rallentando gli attacchi a Bakhmut, con il capo dei mercenari della Wagner che si è lamentato perché i vertici dell’esercito non gli offrono il supporto adeguato (a Mosca “non vogliono vincere la guerra”, questo l’interessante cenno del suo leader).

Da parte sua Zelensky ha detto che Kiev difenderà Bakmuth, ma “non a qualsiasi prezzo” (The Hill). Un ammorbidimento della determinazione dimostrata finora di difenderla fino all’ultimo uomo. Insomma, i duellanti sembrano frenare.

Certo, alla base di tali mutamenti ci sono anche strette ragioni militari, problemi logistici per i russi e gravi difficoltà a tenere la posizione per Kiev. Ma questo momento di sospensione può aiutare a trovare accordi sottobanco.

Va comunque tenuto presente che affondare uno spiraglio di pace è facilissimo, basta un incidente, un’inchiesta, uno scoop… vedremo.

Articolo del “New York Times” – dalla rassegna stampa estera di “Epr comunicazione” il 20 febbraio 2023.

In Ucraina, l'invasione del Presidente Vladimir V. Putin ha subito una battuta d'arresto dopo l'altra. Ma i suoi effetti in patria sono stati molto diversi.

 Le rimostranze, la paranoia e la mentalità imperialista che hanno spinto il presidente Vladimir V. Putin a invadere l'Ucraina sono penetrate in profondità nella vita russa dopo un anno di guerra - un ampio, anche se disomogeneo, sconvolgimento della società che ha lasciato il leader russo più dominante che mai in patria. Scrive il NYT.

Gli scolari raccolgono lattine vuote per costruire candele per i soldati in trincea, mentre in una nuova lezione settimanale imparano che l'esercito russo ha sempre liberato l'umanità dagli "aggressori che cercano di dominare il mondo".

 I musei e i teatri, che erano rimasti isole di libertà artistica durante le precedenti repressioni, hanno visto evaporare questo status speciale e i loro artisti e performer contrari alla guerra sono stati espulsi. Le nuove mostre allestite dallo Stato hanno titoli come "NATOzismo" - un gioco di parole sul "nazismo" che cerca di presentare l'alleanza militare occidentale come una minaccia esistenziale pari a quella dei nazisti della Seconda Guerra Mondiale.

 Molti dei gruppi di attivisti e delle organizzazioni per i diritti sorti nei primi 30 anni della Russia post-sovietica hanno subito una brusca fine, mentre i gruppi nazionalisti, un tempo considerati marginali, hanno conquistato il centro della scena.

 Mentre si avvicina il primo anniversario dell'invasione, l'esercito russo ha subito una battuta d'arresto dopo l'altra, non riuscendo a raggiungere l'obiettivo di prendere il controllo dell'Ucraina. Ma in patria, di fronte alla scarsa resistenza, l'anno di guerra di Putin gli ha permesso di spingersi più in là di quanto molti pensassero possibile nel rimodellare la Russia a sua immagine e somiglianza.

"Il liberalismo in Russia è morto per sempre, grazie a Dio", si è vantato sabato in un'intervista telefonica Konstantin Malofeyev, un magnate d'affari ultraconservatore. "Più dura questa guerra, più la società russa si sta ripulendo dal liberalismo e dal veleno occidentale".

Il fatto che l'invasione si sia trascinata per un anno ha reso la trasformazione della Russia molto più profonda, ha detto, di quanto non sarebbe stato se le speranze di Putin di una rapida vittoria si fossero realizzate. "Se la guerra lampo fosse riuscita, non sarebbe cambiato nulla", ha detto.

Per anni il Cremlino ha cercato di tenere Malofeyev a distanza, anche se ha finanziato i separatisti filorussi nell'Ucraina orientale e ha chiesto di riformare la Russia in un impero di "valori tradizionali", libero dall'influenza occidentale. Ma le cose sono cambiate dopo l'invasione, quando Putin ha trasformato i "valori tradizionali" in un grido d'allarme - firmando, ad esempio, una nuova legge anti-gay - e si è presentato come un altro Pietro il Grande che riconquista le terre russe perdute.

Soprattutto, ha detto Malofeyev, i liberali russi sono stati messi a tacere o sono fuggiti dal Paese, mentre le aziende occidentali se ne sono andate volontariamente.

 Questo cambiamento è stato evidente mercoledì scorso in un raduno fuori dall'anello dei giardini, intasato dal traffico, a Mosca, dove alcuni dei più importanti attivisti per i diritti che sono rimasti in Russia si sono riuniti per l'ultimo di molti addii recenti: Il Centro Sakharov, un archivio per i diritti umani che è stato un centro liberale per decenni, stava inaugurando la sua ultima mostra prima di essere costretto a chiudere in base a una nuova legge.

Il presidente del centro, Vyacheslav Bakhmin, un tempo dissidente sovietico, ha detto alla folla riunita che "quello che non avremmo potuto immaginare due anni fa o anche solo un anno fa sta accadendo oggi". "È stato costruito un nuovo sistema di valori", ha dichiarato Aleksandr Daniel, esperto di dissidenti sovietici. "Valori pubblici brutali e arcaici".

 Un anno fa, mentre Washington avvertiva di un'imminente invasione, la maggior parte dei russi aveva scartato la possibilità; Putin, dopo tutto, si era presentato come un presidente amante della pace che non avrebbe mai attaccato un altro Paese. Così, dopo l'inizio dell'invasione - che ha stupito alcuni dei più stretti collaboratori del presidente - il Cremlino si è affrettato a modificare la sua propaganda per giustificarla.

 È stato l'Occidente a entrare in guerra contro la Russia sostenendo i "nazisti" che hanno preso il potere in Ucraina nel 2014, si leggeva nel falso messaggio, e l'obiettivo dell'"operazione militare speciale" di Putin era quello di porre fine alla guerra iniziata dall'Occidente.

In una serie di discorsi volti a rafforzare il sostegno interno, Putin ha presentato l'invasione come una guerra quasi santa per l'identità stessa della Russia, dichiarando che stava combattendo per impedire che le norme liberali di genere e l'accettazione dell'omosessualità fossero imposte da un Occidente aggressivo.

 Per diffondere e far rispettare questo messaggio è stato utilizzato tutto il potere dello Stato. I canali televisivi nazionali, tutti controllati dal Cremlino, hanno abbandonato la programmazione di intrattenimento a favore di un maggior numero di notiziari e talk show politici; le scuole sono state indirizzate ad aggiungere una regolare cerimonia dell'alzabandiera e un'educazione "patriottica"; la polizia ha dato la caccia alle persone per reati come i post antibellici su Facebook, contribuendo a spingere centinaia di migliaia di russi fuori dal Paese.

"La società in generale è uscita dai binari", ha dichiarato in un'intervista telefonica Sergei Chernyshov, che gestisce una scuola superiore privata nella metropoli siberiana di Novosibirsk. "Hanno capovolto le idee di bene e male".

 Chernyshov, uno dei pochi dirigenti scolastici russi che si è espresso contro la guerra, ha descritto la narrazione dei soldati russi che combattono in difesa della loro nazione come così facilmente digeribile che gran parte della società è arrivata a crederci - soprattutto perché il messaggio si è intrecciato perfettamente con uno dei capitoli più emotivamente evocativi della storia russa: la vittoria della nazione nella Seconda Guerra Mondiale.

Una campagna a livello nazionale che esorta i bambini a fabbricare candele per i soldati è diventata così popolare che chiunque la metta in discussione in un gruppo di chat scolastico potrebbe essere definito "nazista e complice dell'Occidente".

 Allo stesso tempo, ha sostenuto, la vita quotidiana è cambiata poco per i russi che non hanno un familiare che combatte in Ucraina, il che ha nascosto o attenuato i costi della guerra.

 I funzionari occidentali stimano che almeno 200.000 russi siano stati uccisi o feriti in Ucraina, un tributo molto più grave di quanto gli analisti avessero previsto all'inizio della guerra. Tuttavia, l'economia ha sofferto molto meno di quanto previsto dagli analisti, con le sanzioni occidentali che non sono riuscite a ridurre drasticamente la qualità della vita dei russi medi, anche se molti marchi occidentali sono partiti.

"Una delle osservazioni più spaventose, credo, è che per la maggior parte delle persone non è cambiato nulla", ha detto Chernyshov, descrivendo il ritmo urbano di ristoranti e concerti e gli appuntamenti dei suoi studenti. "Questa tragedia viene relegata alla periferia".

 A Mosca, la nuova ideologia di guerra di Putin è esposta al Museo della Vittoria, una vasta struttura in cima a una collina dedicata alla sconfitta dell'Unione Sovietica contro la Germania nazista. Una nuova mostra, "NATOzismo", dichiara che "lo scopo della creazione della NATO era quello di ottenere il dominio del mondo".

Una seconda, "Il nazismo quotidiano", include manufatti del Battaglione Azov dell'Ucraina, che ha legami con l'estrema destra, come prova della falsa affermazione che l'Ucraina sta commettendo un "genocidio" contro i russi.

 "È stato spaventoso, raccapricciante e orribile", ha detto un'avventrice di nome Liza, 19 anni, a proposito di ciò che la mostra le ha mostrato, rifiutando di fornire il suo cognome a causa della sensibilità politica dell'argomento. Ha detto di essere rimasta angosciata nell'apprendere questo comportamento da parte degli ucraini, come presentato dalla propaganda russa. "Non dovrebbe essere così", ha detto, segnalando il suo sostegno all'invasione di Putin.

 Centinaia di studenti erano in visita in un recente pomeriggio, e i bambini delle elementari hanno marciato con cappellini verdi dell'esercito mentre i loro accompagnatori li chiamavano "Sinistra, sinistra, uno, due, tre!" e si rivolgevano a loro come "soldati". Nella sala principale, lo studio di Victory TV - un canale avviato nel 2020 per concentrarsi sulla Seconda Guerra Mondiale - stava girando un talk show in diretta.

"La cornice del conflitto ha aiutato la gente a farsene una ragione", ha detto Denis Volkov, direttore del Levada Center, un sondaggista indipendente di Mosca. "L'Occidente è contro di noi. Qui ci sono i nostri soldati, lì ci sono i soldati nemici, e in questo quadro bisogna schierarsi".

 Settimane dopo aver lanciato l'invasione, Putin ha dichiarato che la Russia si trovava di fronte a una necessaria "autopurificazione della società". Ha augurato con disinvoltura "ogni bene!" alle imprese occidentali che hanno lasciato il Paese e ha detto che le loro partenze hanno creato "opportunità di sviluppo uniche" per le aziende russe.

Ma a Khabarovsk, una città al confine con la Cina nell'Estremo Oriente russo, Vitaly Blazhevich, un insegnante di inglese locale, dice che la gente del posto sente la mancanza di marchi occidentali come H&M, il rivenditore di abbigliamento. Quando si parla di guerra, prosegue, l'emozione dominante è quella di un'accettazione passiva e della speranza che le cose finiscano presto."La gente è nostalgica di quelli che si sono rivelati essere i bei tempi", ha detto.

 Blazhevich ha insegnato in un'università statale di Khabarovsk fino a quando, venerdì scorso, è stato costretto a dimettersi per aver criticato Putin in un'intervista su YouTube con Radio Liberty, l'emittente russa finanziata dagli americani. Erano commenti che probabilmente non sarebbero stati puniti prima della guerra. Ora, ha detto, la repressione del dissenso da parte del governo "è come un rullo compressore": "tutti vengono fatti rotolare nell'asfalto".

Malofeyev, il magnate conservatore, ha detto che la Russia ha bisogno di un altro anno "perché la società si purifichi completamente dagli ultimi fatidici anni". Malofeyev ha affermato che qualsiasi cosa che non sia una "vittoria" in Ucraina, con tanto di parata a Kiev, potrebbe ancora causare l'annullamento di parte della trasformazione dell'ultimo anno. "Se nel corso della primavera ci sarà un cessate il fuoco", ha detto, "allora sarà possibile un certo ritorno liberale".

 A Mosca, in occasione dell'evento di commiato al Centro Sakharov, alcuni dei partecipanti più anziani hanno fatto notare che, nell'arco della storia russa, la repressione del dissenso da parte del Cremlino non è una novità. Yan Rachinsky, presidente di Memorial, il gruppo per i diritti costretto a sciogliersi alla fine del 2021, ha detto che i sovietici hanno vietato così tanto "che non c'era più nulla da vietare".

"Ma non si può vietare alle persone di pensare", ha proseguito Rachinsky. "Quello che le autorità stanno facendo oggi non garantisce loro alcuna longevità".

(ANSA il 20 febbraio 2023) - Il leader della compagnia militare privata russa Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha inasprito di nuovo pubblicamente il confronto con il Ministero della Difesa russo a causa della sospensione delle forniture di munizioni ai suoi mercenari, motivo per il quale - sostiene - i suoi combattenti stanno subendo enormi perdite.

 Lo riferiscono i media ucraini rilanciando alcune dichiarazioni di Prigozhin, secondo il quale ogni trattativa con i rappresentanti del Ministero della Difesa sulla fornitura di munizioni si conclude con il consiglio di scusarsi con "chi sta in alto".

"A chi devo chiedere scusa? A chi devo obbedire ora che i miei ragazzi muoiono due volte più di prima? Oggi il doppio dei combattenti dell'organizzazione Wagner e di altre unità viene ucciso ogni giorno, e non possiamo proteggerli a causa della totale mancanza di munizioni", ha detto Prigozhin. Inoltre, pur non facendo direttamente il suo nome, ha accusato il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu di lavorare per il nemico, e ha pure menzionato la vacanza della figlia di Shoigu a Dubai: "Coloro che ci impediscono di vincere questa guerra lavorano direttamente per il nemico. Stanno aiutando il nemico a spezzare la schiena della Russia. Voi fate colazione, pranzate e cenate con piatti d'oro e mandate le vostre figlie, nipoti e amici a riposare a Dubai, senza esitare, nel momento in cui un soldato russo sta morendo al fronte, vi chiedo di darci le munizioni", ha sottolineato Prigozhin.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 21 febbraio 2023. La Repubblica.

Gli ultimi aggiornamenti dalla crisi Russia-Ucraina. Al capo del Cremlino risponde il presidente americano dalla Polonia. Mosca convoca l'ambasciatrice Usa: "Adottare misure per il ritiro delle forze armate e delle attrezzature Usa-Nato". Stoltenberg sulla sospensione di Start: "La Russia ci ripensi". Bombe su Kherson: almeno sei morti - Il discorso di Putin: "Avanti con operazione speciale. Sospendiamo trattato Start". Biden da Varsavia: "Kiev resiste, il mondo non si è voltato dall'altra parte"

È il giorno di Giorgia Meloni a Kiev, dopo essere stata a Varsavia, e del discorso di Vladimir Putin a quasi un anno dall'inizio della guerra. Ma è anche il giorno del capo della diplomazia cinese Wang Yi, arrivato nel primo pomeriggio a Mosca per discutere della proposta cinese di un piano di pace, annunciata alla conferenza di Monaco. E infine è il giorno di Joe Biden, che ha parlato da Varsavia.

Ieri il presidente Usa, dopo aver avvertito Mosca, ha incontrato a Kiev il leader ucraino Zelensky, che ha detto: "Abbiamo parlato anche di armi a lungo raggio".

Punti chiave

18:02

Biden: "Putin si credeva un duro e si è scontrato con la volontà di ferro degli Usa. Articolo 5 della Nato è solido come una roccia"

17:53

Biden: "Gli Usa non cercano di distruggere la Russia"

17:50

Biden: "Il dittatore non riuscirà a ricostruire l'impero"

17:44

Biden: "Kiev resiste e continua a essere libera. Il mondo non si è voltato dall'altra parte"

13:20

Mosca convoca l'ambasciatrice americana: "Adottare misure per il ritiro delle forze armate e delle attrezzature Usa-Nato"

13:13

Attacco a Kherson durante il discorso di Putin: ci sarebbero morti e feriti

11:49

Putin: "Sospendiamo partecipazione a trattato Start, ma non useremo l'arma nucleare per primi"

11:29

Putin a oligarchi: "Non ci dispiace per sequestro dei vostri yacht"

10:57

Putin: "L'Occidente vuol fare di un conflitto locale una guerra mondiale"

10:46

Putin: "Più missili forniti a Kiev, più dura la risposta"

10:31

Meloni arrivata a Kiev

10:30

Putin: "Difendere i nostri figli da catastrofe spirituale"

10:22

Putin: "L'intero pianeta costellato di basi americane"

10:09

 Putin: "Raggiungeremo i nostri obiettivi"

09:52

Prigozhin: "Il ministero della Difesa russo tenta di distruggere la Wagner"

08:39

Onu: dall'inizio della guerra morti 7.200 civili

07:27

Oggi, alle 10, il discorso di Putin alla nazione

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Biden impaziente di accogliere di Meloni a Washington

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Biden impaziente di accogliere di Meloni a Washington

 Il presidente Joe Biden "non vede l'ora di dare il benvenuto" alla premier Giorgia Meloni a Washington "quando i loro programmi (di lavoro) saranno allineati". Lo rende noto la Casa Bianca dopo la telefonata tra i due leader. La Casa Bianca ha confermato che nella loro telefonata i due "hanno discusso del loro stretto coordinamento in corso sul sostegno all'Ucraina, compresa l'assistenza di sicurezza, economica e umanitaria.

02:56

La Cina "Profondamente preoccupata per l'escalation del conflitto in Ucraina"

La Cina è profondamente preoccupata per l'escalation del conflitto in Ucraina e per la possibilità che la situazione vada fuori controllo, ha detto martedì il ministro degli Esteri cinese Qin Gang. "Esortiamo alcuni paesi a smettere immediatamente di alimentare il fuoco", ha detto Qin, pronunciando un discorso chiave. "Siamo fermamente contrari a qualsiasi forma di egemonia, a qualsiasi ingerenza straniera negli affari cinesi", ha affermato.

06:28

La Cina presenterà una proposta per trovare una "soluzione politica" alla crisi

La Cina questa settimana presenterà una proposta per trovare una "soluzione politica" alla crisi ucraina. Riferendosi al prossimo primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina,  Qin Gang ha detto che Pechino "continuerà a promuovere i colloqui di pace. Allo stesso tempo, esortiamo i paesi interessati a smettere di gettare benzina sul fuoco il prima possibile e a smettere di addossare  colpe alla Cina", riferendosi alle affermazioni degli Stati Uniti secondo cui Pechino potrebbe prendere in considerazione l'invio di armi a Mosca. Il ministro ha poi esortato a "smettere di fare chiasso con lo slogan: 'Oggi Ucraina, domani Taiwan"

07:27

Oggi, alle 10, il discorso di Putin alla nazione

Vladimir Putin aggiornerà i russi sulla guerra in Ucraina, a quasi un anno dal giorno in cui ha ordinato un'invasione che ha scatenato il più grande confronto con l'Occidente dai tempi della Guerra Fredda. Nel discorso si concentrerà su quella che definisce "l'operazione militare speciale" in Ucraina, farà la sua analisi della situazione internazionale e delineerà la sua visione dello sviluppo della Russia dopo che l'Occidente ha imposto le sanzioni più severe della storia recente.

"In un momento così cruciale e molto complicato del nostro sviluppo, delle nostre vite, tutti aspettano un messaggio nella speranza di sentire una valutazione di quanto sta accadendo, una valutazione dell'operazione militare speciale", ha detto alla tv di stato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

Il discorso, ai membri di entrambe le camere del parlamento e ai comandanti militari e ai soldati, dovrebbe iniziare alle 09:00 GMT, le 10 in Italia

07:55

Meloni in viaggio verso Kiev

La presidente del Consiglio Giorgia Meoni è in viaggio verso Kiev, per la sua prima visita in Ucraina. Nella notte, attorno alle 2, una tappa per i controlli a Leopoli, dopo avere attraversato con un treno blu, un convoglio speciale partito dalla stazione di Przemysl, il confine con la Polonia diretta nella capitale ucraina. La premier con la delegazione italiana (con lei, tra gli altri, il sottosegretario alla presidenza Giovanbattista Fazzolari) era arrivata ieri pomeriggio a Varsavia dove ha incontrato il primo ministro Morawietcky e il presidente Duda e poi si è diretta a Kiev. In mattinata dovrebbe visitare alcuni dei luoghi simbolo della resistenza ucraina, e nel pomeriggio l'incontro con Zelensky nella capitale.

08:07

Bielorussia, Lukashenko crea una nuova forza di difesa di volontari

Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha ordinato la formazione di una nuova difesa territoriale volontaria, affinché tutti sappiano "maneggiare le armi" e siano pronti a rispondere a un atto di aggressione e a mantenere l'ordine pubblico in tempo di pace. "La situazione non è facile. L'ho detto più di una volta: ogni uomo - e non solo un uomo - dovrebbe essere in grado di maneggiare almeno le armi", ha detto Lukashenko alla riunione del Consiglio di Sicurezza. "Almeno per proteggere la propria famiglia, se necessario, la propria casa, il proprio pezzo di terra e - se necessario - il proprio Paese".

08:39

Onu: dall'inizio della guerra morti 7.200 civili

Dall'inizio dell'invasione quasi un anno fa in Ucraina hanno perso la vita per la guerra quasi 7.200 civili, secondo un computo dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani (Ohchr), che calcola i feriti in 11.756, ma che stima che il numero complessivo di vittime sia molto più alto. L'organismo Onu è citato dal Guardian.

09:05

Oggi Biden parlerà al castello reale di Varsavia

Dopo la missione a sorpresa a Kiev, Joe Biden oggi continua la visita in Polonia secondo il programma che era stato annunciato mentre si preparava in gran segreto il blitz in Ucraina. E c'è grande attesa per il discorso che questo pomeriggio il presidente americano pronuncerà al castello reale di Varsavia sul primo anniversario dell'inizio dell'invasione russa. Discorso che arriverà poche ore dopo quello di Vladimir Putin, atteso per questa mattina a Mosca. Oltre all'incontro con il presidente polacco Andrzej Duda, la visita di Biden a Varsavia prevede domani un vertice con i leader del gruppo "Bucharest Nine", Paesi ex sovietici che attualmente fanno parte della Nato: Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia.

09:41

Ucraina, intelligence Kiev: "Russia prepara mobilitazione di studenti"

Una nuova ondata di mobilitazione che potrebbe coinvolgere gli studenti universitari a tempo pieno. È quanto afferma un report dell'intelligence ucraina. Secondo l'intelligence, come riporta Ukraiska Pravda, a questo scopo vengono create le cosiddette 'stazioni di allerta', che aiuteranno gli uffici di arruolamento militare a consegnare le convocare gli studenti a tempo pieno. In particolare, la direzione dell'Università pedagogica statale di Novosibirsk, del Politecnico di Tomsk e dell'Università pedagogica statale di Tomsk hanno emesso documenti che obbligano le istituzioni a destinare un certo numero di studenti e dipendenti a lavorare presso le "stazioni di allerta".

 09:52

Prigozhin: "Il ministero della Difesa russo tenta di distruggere la Wagner"

Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo mercenario russo Wagner, ha dichiarato su Telegram, alla vigilia del discorso del presidente russo Vladimir Putin al Parlamento, che il ministro della Difesa russo e il capo di Stato Maggiore del Paese stanno privando i suoi combattenti delle munizioni in "un tentativo di distruggere Wagner". "C'è semplicemente un'opposizione diretta in corso", ha detto Prigozhin in un messaggio vocale pubblicato sul suo canale Telegram.

09:56

Cremlino: "Seguiamo con attenzione Biden a Kiev e Varsavia"

Il Cremlino ha detto di seguire "con attenzione" le visite del presidente Usa, Joe Biden, a Kiev e Varsavia. Lo ha dichiarato il portavoce Dmitri Peskov che ha poi aggiunto che il presidente russo Vladimir Putin non seguirà personalmente il discorso di Joe Biden oggi in Polonia. Putin sarà solo informato sui punti principali del discorso del presidente americano, ha aggiunto il portavoce.

10:09

 Putin: "Raggiungeremo i nostri obiettivi"

"Raggiungeremo i nostri obiettivi". Lo garantisce Vladimir Putin nel suo discorso all'Assemblea Federale a Mosca.

10:12

Putin: "Operazione speciale per liquidare minaccia neonazista"

"Parlo in un momento molto complesso e decisivo di cambiamenti radicali che defineranno il futuro del nostro paese e popolo. Su ciascuno di noi c'è una grandissima responsabilità per difedere il nostro paese e liquidare la minaccia del regime neo nazista". Così Vladimir Putin nel suo discorso al parlamento. "Abbiamo fatto di tutto per risolvere conflitto pacificamente", ha aggiunto.

10:14

Putin: "La Russia ha fatto di tutto per risolvere pacificamente"

La Russia "ha svolto pazientemente trattative per uscire pacificamente dal conflitto in Donbass, ma alle nostre spalle l'Occidente ordiva un altro scenario". Lo ha dichiarato il presidente russo Putin nel suo messaggio all'Assemblea federale. "L'Occidente si è impegnato in imbrogli, ha chiuso gli occhi sugli omicidi politici e sulle repressioni del regime di Kiev e ha incoraggiato i nazisti a commettere atti terroristici

10:16

Putin: "L'Ucraina voleva armi nucleari"

L'Ucraina "voleva dotarsi di armi nucleari". Lo ha affermato il presidente russo Vladimir Putin spiegando le ragioni dell'operazione militare avviata un anno fa.

10:18

Putin: "Nel Febbraio 2022 erano pronti per azione sanguinosa in Donbass"

"Nel febbraio 2022, tutto era pronto per un'altra sanguinosa operazione punitiva in Donbass", dovevamo intervenire "per difendere la vita delle nostre persone". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso all'Assemblea federale. E l'Ucraina "preparava anche un attacco contro la Crimea".

10:20

Putin: "Continueremo sistematicamente operazione speciale"

Vladimir Putin assicura che la Russia continuerà "sistematicamente" l'offensiva in Ucraina. "La guerra è stata iniziata dall'Occidente". "Voglio ripeterlo, loro hanno iniziato la guerra e noi abbiamo usato la forza per fermarla". Il leader russo  presenta così la sua narrativa sull'attacco all'Ucraina del 24  febbraio scorso nel discorso sullo stato della nazione che sta  pronunciando di fronte all'assemblea federale. "Non avevamo dubbi", ha aggiunto, sul fatto che nel febbraio dello scorso anno "tutto era pronto per un'azione punitiva di Kiev in Donbass". "Tutto questo era completamente contrario ai documenti accettati dal consiglio di Sicurezza nazionale", ha detto ancora.

10:22

Putin: "L'intero pianeta costellato di basi americane"

"L'intero pianeta è costellato di basi americane. Tutto il mondo è testimone di come gli Stati Uniti siano usciti da trattati internazionali, di come abbiano interrotto in modo unilaterale tutti gli accordi che volevano mantenere la pace sul pianeta". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso all'Assemblea federale.

10:27

Putin: "E' in gioco l'esistenza della Russia"

"Più useranno sistemi a lungo raggio, più dovremo tenere lontana la minaccia dai nostri confini, è chiaro e naturale. L'obiettivo dell'Occidente è portare la Russia ad una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre. Non si rendono conto che è in gioco l'esistenza stessa della Russia". Così Vladimir Putin nel suo discorso all'assemblea federale. Dove ha parlato anche di attacco alla società: "Vogliono dividerci". Aggiungendo: "La chiesa anglicana pensa a un Dio senza genere. Non sanno cosa fanno"

10:30

Putin: "Difendere i nostri figli da catastrofe spirituale"

Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che è necessario proteggere i bambini russi dagli attacchi mediatici dall'Occidente, dall'ideologia del degrado e della degenerazione. "Siamo obbligati a proteggere i nostri figli e lo faremo. Proteggeremo i nostri bambini dal degrado e dalla degenerazione", ha detto il leader del Cremlino nel suo discorso all'Assemblea federale. "In Occidente sono diretti verso una vera catastrofe spirituale. L’elite, va detto francamente, stanno semplicemente impazzendo e sembra che non se ne preoccupino. Ma questo è il loro problema, e noi siamo obbligati a proteggere i nostri figli", ha detto. Secondo Putin, l'Occidente sceglie, prima di tutto, la gioventù russa come bersaglio dei suoi attacchi mediatici. "Non possono non rendersi conto che è impossibile sconfiggere la Russia sul campo di battaglia. Pertanto, stanno conducendo attacchi nel campo dell'informazione sempre più aggressivi contro di noi". "E anche qui mentono costantemente, distorcono i fatti storici, non fermano gli attacchi alla nostra cultura, alla Chiesa ortodossa russa e ad altre organizzazioni religiose tradizionali del nostro Paese", ha accusato Putin. A suo avviso, neanche l'Occidente risparmia i propri popoli. "Guardate cosa stanno facendo con i loro stessi popoli: la distruzione della famiglia, dell'identità' culturale e nazionale, la perversione e l'abuso dei bambini, fino alla pedofilia, sono dichiarate la norma della loro vita e i sacerdoti sono costretti a benedire i matrimoni tra persone dello stesso sesso", ha sottolineato Putin.

10:31

Meloni arrivata a Kiev

La premier Giorgia Meloni é appena arrivata a Kiev, a bordo del treno partito nella notte dalla stazione ferroviaria di Przemysl. Il presidente del Consiglio è attesa nel pomeriggio da Volodymyr Zelensky, con cui terrà una conferenza stampa. In mattinata, dopo una breve pausa in albergo post 'traversata' Meloni visiterà Bucha e Irpin, due località simbolo del conflitto e  dell'aggressione russa.

10:42

Putin: "Il Mar d'Azov è tornato ad essere russo"

Il Mar d'Azov è "tornato ad essere un mare interno della Russia". Lo ha detto il presidente Vladimir Putin del discorso sullo Stato della Nazione

10:46

Putin: "Più missili forniti a Kiev, più dura la risposta"

"Più sistemi a lungo raggio riceverà l'Ucraina, più saremo costretti a spingere lontano dai nostri confini la minaccia". Così il presidente della Russia Vladimir Putin in riferimento alla strumentazione missilistica fornita a Kiev, nel corso del suo discorso annuale alle camere riunite dell'Assemblea federale. Nel corso del suo intervento, pronunciato a tre giorni dal primo anniversario del lancio di un'offensiva militare in Ucraina, Putin ha affermato che  per Kiev "è impossibile sconfiggere la Russia sul campo di battaglia". Il capo dello Stato ha aggiunto: "Non siamo in guerra con il popolo ucraino, loro stessi sono diventati ostaggi del regime di Kiev".

10:49

Putin: "Non siamo in guerra col popolo ucraino"

"Non siamo in guerra con il popolo ucraino": lo ha detto Vladimir Putin nel suo discorso al Parlamento russo. Il capo del Cremlino ha accusato Kiev e i suoi protettori occidentali di aver "occupato il Paese politicamente, militarmente ed economicamente", dopo aver sostenuto che il regime di Kiev "tiene in ostaggio il suo popolo".

10:50

Putin: "Lavoriamo a nuove tecnologie militari"

La Russia produce nuove tecnologie che "migliorano la preparazione al combattimento dell'esercito e della Marina". Lo ha detto il presidente Vladimir Putin nel discorso sullo Stato della Nazione. "Queste tecnologie esistono, e il ritmo della loro produzione e applicazione sta migliorando", ha aggiunto.

10:54

Putin: "Nostro arsenale atomico ha armi avanzate"

"La forza di deterrenza nucleare della Russia è dotata al 90% di armi avanzate: un livello che dovrebbe essere esteso all'intero esercito": lo ha detto Vladimir Putin nel suo discorso al Parlamento russo, citato dalla Tass. "Stiamo investendo in nuove tecnologie"

10:56

Putin: "L'economia russa è fuori pericolo"

"L'economia russa ha superato tutti i rischi". Lo ha detto il presidente Vladimir Putin nel discorso sullo Stato della Nazione, sottolineando tra l'altro che nel 2022 il calo del Pil è stato del 2,1% rispetto alle previsioni molto peggiori del marzo del 2022, dopo l'avvio dell'operazione militare in Ucraina. "Abbiamo tutto per garantire la sicurezza e lo sviluppo del Paese", ha aggiunto

10:57

Putin: "L'Occidente vuol fare di un conflitto locale una guerra mondiale"

"L'Occidente intende trasferire un conflitto locale in una fase di confronto globale". Il presidente della Russia Vladimir Putin lo ha affermato nel corso del suo discorso annuale alle camere riunite dell'Assemblea federale. Il capo dello Stato, si apprende dall'agenzia filo governativa Ria Novosti, ha affermato ancora in riferimento alla comunità internazionale occidentale: "Il progetto 'anti-russo" fa parte della politica revanscista dell'Occidente. C'è solo un'idea: accendere una guerra in Europa tramite le mani di qualcun altro". Obiettivo vero delle grandi potenze occidentali, secondo Putin, sarebbe "instillare nel mondo valori neoliberisti, essenzialmente totalitari". Il presidente ha sostenuto inoltre che "a seguito delle campagne militari statunitensi, circa un milione di persone sono morte e più di 30 milioni sono diventate profughe". Fatti, questi, che "nessuno al mondo dimenticherà", ha aggiunto Putin.   Parlando ancora delle politiche della comunità internazionale, Putin ha affermato che le sanzioni economiche imposte negli ultimi mesi, fra gli altri, da Stati Uniti e Unione Europea, "sono solo un mezzo, mentre l'obiettivo è far soffrire i nostri cittadini".   Il discorso del presidente si svolge a tre giorni dal primo anniversario dello scoppio della guerra in Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022 con il lancio di un'offensiva militare da parte della Russia.

11:01

Putin: "Faremo di tutto per la vittoria"

"Faremo di tutto per la vittoria". Lo ha  detto Vladimir Putin nel suo discorso sullo stato della nazione,  affermando che la Russia ha progetti di armi "che superano come  caratteristiche quelle dell'Occidente". "Ora dobbiamo iniziare la loro produzione in serie nelle nostre fabbriche", ha aggiunto.

11:18

Putin: "La Russia sta entrando in un nuovo ciclo economico"

"La Russia sta effettivamente entrando in un nuovo ciclo di sviluppo economico, ci sono tutte le opportunita' per una svolta in molti settori". Lo ha dichiarato il presidente russo, Vladimir Putin, nel suo intervento davanti all'Assemblea federale. "La Federazione Russa ha stanziato oltre un trilione di rubli a sostegno della sua economia per contrastare le sanzioni occidentali: fondi che saranno reperiti non con emissione di titoli ma con un forte contributo del mercato"  Il capo del Cremlino ha aggiunto che molte industrie nell'ultimo anno non solo non hanno diminuito la loro produzione, ma "l'hanno anzi aumentata, e che anche l'agricoltura ha mostrato una crescita a due cifre". Il Prodotto interno lordo "è diminuito del 2,1 per cento, quando si prevedeva che a febbraio-marzo l'economia sarebbe crollata". Così il presidente russo Vladimir Putin, nel corso del suo discorso annuale alle camere riunite dell'Assemblea federale. Il capo dello Stato ha parlato delle conseguenze economiche del conflitto in Ucraina, scoppiato il 24 febbraio 2022 con il lancio di un'offensiva militare da parte della Russia, e delle sanzioni economiche imposte come reazione da parte della comunità internazionale. Le cifre esposte da Putin sono sostanzialmente in linea con le previsioni dei principali organismi finanziari internazionali: secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), il Pil di Mosca nel 2022 è diminuito del 2,2 per cento mentre secondo la Banca Mondiale, che fa la previsione peggiore, del 3,9 per cento. Il presidente ha proseguito nel suo intervento: "La quota del rublo negli accordi internazionali è raddoppiata, continueremo a lavorare con i partner per l'indipendenza dal dollaro". Ancora: "Le autorità sono riuscite a mantenere la stabilità dell'economia, prevenendo il collasso del sistema finanziario".

11:21

Putin: "Vi chiedo un momento di silenzio per i nostri eroi. Fondo speciale per le loro famiglie"

"Voglio ringraziare tutti, il popolo russo per il suo coraggio ed i nostri eroi nelle forze armate, le forze di  frontiera e tutte le forze di sicurezza, in particolare gli squadroni  in Donetsk e Luhansk". Lo ha detto Vladimir Putin che durante il suo  discorso all'Assemblea Federale ha chiesto un momento di silenzio in  memoria del caduti russi in questo anno di guerra in Ucraina. Il presidente russo ha aggiunto che il Cremlino costituirà un fondo  speciale "per l'assistenza mirata alle famiglie dei soldati caduti e  dei reduci dell'operazione militare speciale", come continua a  chiamare la guerra in Ucraina.

11:24

Il Consigliere presidenziale ucraino Podolyak su discorso Putin: "Irrilevante e confuso". Aggiungendo: "Ha perso ogni contatto con la realtà"

 "Putin ha dimostrato pubblicamente la sua irrilevanza e la sua confusione. Non ha soluzioni promettenti e non ne avrà. Perché ovunque ci sono 'nazisti, marziani e teorie del complotto'... Sic transit gloria mundi di Putin nel parlamento russo". Lo scrive su Twitter Mychailo Podolyak, consigliere presidenziale ucraino commentando l'intervento del presidente russo all'assemblea federale

11:25

Il consigliere alla sicurezza nazionale Jake Sullivan su discorso di Putin: "Assurdo, nessuno sta attaccando la Russia"

Gli Stati Uniti hanno attaccato il discorso anti-occidentale del presidente russo Vladimir Putin, denunciandone "l'assurdità". "Nessuno sta attaccando la Russia. C'è una sorta di assurdità nell'idea che la Russia fosse sotto qualche forma di minaccia militare da parte dell'Ucraina o di chiunque altro", ha commentato il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan.

11:28

Putin: "Elezioni presidenziali russe 2024 nel rispetto della legge"

"Le elezioni a settembre e le presidenziali nel 2024 saranno tenute nel rispetto della legge". Lo ha assicurato Vladimir Putin nel suo discorso all'assemblea federale. Di fatto, lasciando la porta aperta a una sua possibile ricandidatura. "Ci tengo a sottolineare che le elezioni, sia quelle locali e regionali di settembre di quest'anno che quelle presidenziali del 2024, si svolgeranno in stretta conformità con la normativa, rispettando tutte le procedure democratiche costituzionali". Un riferimento alla controversa riforma costituzionale approvata nel 2020 che permette al leader del Cremlino di ripresentarsi nel 2024 e nel 2030.

11:29

Putin a oligarchi: "Non ci dispiace per sequestro dei vostri yacht"

"Invece che produrre tecnologia e creare posti di lavoro in Russia, i grandi uomini d'affari investivano in yacht all'estero". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel discorso sullo Stato della Nazione, in un duro attacco agli oligarchi che si sono arricchiti a partire dalla stagione delle privatizzazioni degli anni '90, quando le aziende dello Stato venivano vendute "quasi per niente". Riferendosi ai sequestri di yacht e altri beni degli oligarchi russi all'estero, Putin ha aggiunto: "Nessuno dei comuni cittadini è dispiaciuto per coloro che hanno perso i loro capitali, yacht e palazzi all'estero". "Non supplicate l'Occidente per riavere i vostri soldi - ha insistito Putin -, Non investite all'estero ma in Russia. Lo Stato e la società vi sosterranno"

11:34

Il consigliere alla sicurezza nazionale Usa Sullivan: "Biden non replicherà a Putin"

Nel suo discorso di oggi pomeriggio a Varsavia Joe Biden offrirà "una affermazione di valori" piuttosto che una replica al discorso di Vladimir Putin. Lo ha detto il consigliere  per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan: "non  consideriamo il discorso come una sorta di testa a testa, non è una  sfida oratoria con nessuno".  Aggiungendo: "Il discorso del presidente avrà un respiro più ampio noi abbiamo scelto questo momento, questa data non perché il presidente Putin parlava oggi".

11:34

Putin: "Preservare la Russia per i posteri"

"La Russia ci è stata consegnata dai nostri antenati, e noi dobbiamo preservarla e passarla" alle generazioni future. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin nel discorso sullo Stato della Nazione.

11:36

Putin: "Nato fu sorda a nostre richieste"

"Nel dicembre 2021, abbiamo inviato ufficialmente alla Nato le bozze di un accordo sulle garanzie di sicurezza, ma abbiamo ricevuto un rifiuto diretto su tutte le posizioni. Poi è diventato finalmente chiaro che era stato dato il via libera all'aggressione. La minaccia cresceva ogni giorno".Il presidente della Russia, Vladimir Putin, ha ricostruito così le ultime settimane che hanno preceduto il lancio di un'offensiva in Ucraina quasi un anno fa esatto, il 24 febbraio 2022.   L'occasione è stata il discorso annuale alle Camere riunite dell'Assemblea federale.   Putin, parlando ancora dell'Ucraina e della Nato, ha affermato quindi che "sono stati loro a scatenare la guerra" e che la Russia "sta usando la forza per fermarla". Il presidente ha aggiunto: "Nel 2014-2015 ci sono stati molti tentativi di attaccare il Donbass, ma tutti hanno fatto finta che non stesse succedendo nulla"

11:37

Il Segretario di Stato Usa Blinken: "La guerra di Putin un fallimento strategico"

La guerra scatenata dal presidente russo, Vladimir Putin, è stata un "fallimento strategico". Lo ha dichiarato  il capo della diplomazia americana, Antony Blinken, durante una  conferenza stampa ad Atene con il suo omologo greco, Nikos Dendias. "A un anno dall'attacco del presidente Putin all'Ucraina, è chiaro che la sua guerra è stata un fallimento strategico sotto ogni aspetto", ha detto Blinken. "Ciò è dovuto al coraggio del popolo ucraino, ma anche  alla forza e all'unità di alleati e partner di tutto il mondo che  hanno sostenuto l'Ucraina", ha aggiunto il segretario di Stato  americano, arrivato ieri sera ad Atene da Ankara per incontrare il  primo ministro Kyriakos Mitsotakis. 

11:44

Putin: "In Donbass la Russia darà lavoro e costruirà strade"

La Russia "ripristinerà posti di lavoro e costruirà strade" nelle zone dell'Ucraina sotto il suo controllo. Il presidente della Russia, Vladimir Putin, lo ha affermato oggi nel corso del suo discorso annuale alle Camere riunite dell'Assemblea federale.   L'intervento del capo dello Stato è giunto a tre giorni dal primo anniversario dello scoppio del conflitto nel Paese, cominciato il 24 febbraio 2022 con il lancio di un'offensiva militare da parte di Mosca.   Putin ha ringraziato i residenti nelle regioni sotto il controllo russo, situate tutte nell'est e nel sud-est del Paese: Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhya. Il capo dello Stato ha affermato che gli abitanti di queste aree hanno "determinato da soli il loro futuro". Un probabile riferimento, questo, a un referendum sull'annessione alla Russia che si è svolto in queste quattro zone nel settembre scorso e che ha avuto esito positivo. La validità del plebiscito non è riconosciuta dalla maggioranza della comunità internazionale.      Putin ha anche indetto un minuto di silenzio per le persone morte nel Donbass, area dell'Ucraina orientale che comprende Donetsk e Lugansk, sede dal 2015 di due autoproclamate repubbliche indipendenti.   "Ora siamo di nuovo insieme, il che significa che siamo diventati ancora più forti" ha aggiunto poi il presidente. "E faremo di tutto affinché la pace tanto attesa ritorni nelle nostre terre. I nostri eroi stanno combattendo per questo, per i loro antenati, per il futuro di figli e nipoti, per la riunificazione del nostro popolo".

11:49

Putin: "Sospendiamo partecipazione a trattato Start, ma non useremo l'arma nucleare per primi"

Putin: ""Sospendiamo partecipazione a trattato Start". Ovvero l'ultimo trattato sulla riduzione delle armi nucleari ancora in vigore con gli Usa, perché non può permettere agli ispettori americani di visitare i siti nucleari russi mentre Washington è intenta ad infliggere "una sconfitta strategica" a Mosca. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin nel discorso sullo Stato della Nazione. "Sospendiamo il trattato, ma non ce ne ritiriamo. Non useremo mai l'arma nucleare per primi", ha sottolineato. "Se Stati Uniti azzarderanno test nucleari, li faremo anche noi. E la richiesta dell'Occidente di far entrare i loro ispettori è assurda"

12:04

Putin: "La verità è con noi"

"La Russia risponderà a ogni sfida, perché siamo un unico Paese, un popolo unito. Siamo fiduciosi nella  nostra potenza, la verità è con noi". Così Vladimir Puin ha concluso  il discorso sullo stato della nazione all'Assemblea Federale, durato  quasi due ore.

12:05

Concluso il discorso di Putin: "La Russia risponderà a qualsiasi sfida"

"La Russia risponderà a qualsiasi sfida. Perché siamo tutti un unico paese. Siamo un grande popolo unito. Siamo fiduciosi nel nostro potere. La verità è con noi.Grazie". Così il presidente russo Vladimir Putin ha chiuso il suo discorso all'assemblea federale dopo circa due ore.

12:17

Il blogger militare russo Girkin: "Da Putin non una parola sulle sconfitte russe"

L'ex ufficiale russo oggi seguito blogger militare, Igor Girkin, ha criticato il discorso pronunciato  all'Assemblea federale dal presidente russo, Vladimir Putin, per non  aver ammesso i problemi affrontati dall'esercito nell'invasione  dell'Ucraina. "Ok, è chiaro: l'operazione militare speciale continuerà nella sua  attuale modalità oscura. Non è stata dichiarata guerra né  un'operazione antiterrorismo e non lo sarà", ha scritto Girkin in un  post su Telegram. "Va tutto bene nell'esercito e si sta facendo ancora meglio. Non una parola su fallimenti e sconfitte", ha aggiunto.

13:13

Mentre il presidente russo Vladimir Putin teneva il suo atteso discorso alla nazione accusando nuovamente l’Occidente e difendendo la sua “operazione speciale” in corso in Ucraina, i russi hanno centrato Kherson con una serie di colpi di artiglieria facendo un massacro. Almeno sei morti, secondo le prime notizie ufficiali diffuse dall’amministrazione locale che ha parlato di “una ventina di esplosioni”. Il bilancio non è astato ancora confermato. A colpire sarebbe stata l’artiglieria, i micidiali Grad avrebbero centrato un edificio civile in centro e una fermata dell’autobus in cui si trovavano diverse persone. Le prime immagini diffuse sono strazianti. Ci sono molti feriti.

13:20

Mosca convoca l'ambasciatrice americana: "Adottare misure per il ritiro delle forze armate e delle attrezzature Usa-Nato"

L'ambasciatrice degli Stati Uniti a Mosca Lynn Tracy è stata convocata oggi al ministero degli Esteri russo, "in relazione al crescente coinvolgimento degli Stati Uniti nelle ostilità a fianco del regime di Kiev", ha affermato il ministero. All'ambasciatrice è stato anche detto che "l'attuale corso aggressivo degli Stati Uniti, volto ad approfondire il confronto con la Russia in tutte le aree è controproducente". Per ridurre la tensione, è stato sottolineato, Washington deve adottare misure che implichino il ritiro delle forze armate e delle attrezzature Usa-Nato, nonché la cessazione delle attività ostili anti-russe. La parte russa ha anche sottolineato che gli Stati Uniti dovrebbero fornire spiegazioni sulle esplosioni sui gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 e non interferire con un'indagine obiettiva per identificare i responsabili". Lo riporta la Tass.

13:26

Stoltenberg: "Deploro la decisione dello stop a Start, Mosca ci ripensi"

"Deploro la decisione odierna della Russia di sospendere la sua partecipazione al nuovo trattato Start. Negli ultimi anni, la Russia ha violato e si è allontanata dagli accordi chiave sul controllo degli armamenti. Con la decisione odierna sul nuovo Start l'intera architettura del controllo degli armamenti è stata smantellata. Incoraggio vivamente la Russia a riconsiderare la sua". Lo ha detto il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un punto stampa nel quartier generale dell'Alleanza, con l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, e il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.

13:29

Biden arrivato a Varsavia, accolto da Duda e Morawiecki

Il presidente americano, Joe Biden, è arrivato a Varsavia, dove è stato accolto dal presidente polacco, Andrej Duda, e dal premier, Tadeusz Morawiecki.

13:32

Wang Yi arrivato a Mosca, domani vede Lavrov

Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, incontrerà domani il responsabile della diplomazia cinese, Wang Yi, arrivato in visita a Mosca. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri russo.

13:46

Media, "Documento segreto, Mosca vuole sottomettere Minsk"

La Russia pianificherebbe di sottomettere e inglobare progressivamente la Bielorussia, entro il 2030. È quello che emerge da un documento segreto dell'amministrazione russa, pubblicato da Sueddeutsche Zeitung, Wdr e Ndr in Germana. I servizi occidentali, secondo i media tedeschi, riterrebbero il documento autentico. L'obiettivo sarebbe quello di arrivare alla fondazione di uno Stato comune sotto la leadership russa.

13:50

Usa a Russia: "Sospensione partecipazione Start irresponsabile"

"L'annuncio della Russia di sospendere la sua partecipazione all'accordo New Start sul disarmo nucleare è molto deludente e irresponsabile". Lo ha detto il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. "Ma ovviamente - ha aggiunto - rimaniamo pronti a discutere in qualsiasi momento con la Russia di limitazione delle armi strategiche".

14:08

Zelensky: "La Russia uccide senza pietà i civili a Kherson"

"La Russia uccide senza pietà i civili a Kherson. L'esercito ha colpito oggi un parcheggio, un'area residenziale un edificio e una fermata dell'autobus nella città meridionale di Kherson. Questi attacchi terroristici hanno provocato morti e feriti", lo ha scritto il presidente Volodymyr Zelensky su Telegram dopo l'attacco russo a Kherson che ha provocato la morte di 6 civili.

14:33

Ucraina, lezioni da remoto da domani al 24 per motivi di sicurezza

Il ministro ucraino dell'Istruzione, Sergey Shkarlett, ha ordinato che dal 22 al 24 febbraio, quando cadrà il primo anniversario dell'invasione russa, le lezioni dovranno tenersi esclusivamente da remoto. La decisione, si legge in una nota, è stata presa per "garantire la vita e la salute di tutti i partecipanti al processo educativo, come misura di prevenzione" in vista di possibili attacchi massicci della Russia su tutto il territorio nazionale.

14:35

Biden a Varsavia: "La Nato è più forte che mai"

"La Nato è più forte che mai", così il presidente Usa, Joe Biden, nel suo incontro a Varsavia con il collega polacco, Andrzej Duda. "Per la sicurezza dell'Europa gli Stati Uniti hanno bisogno della Polonia e della Nato", ha aggiunto Biden. 

15:00

Biden, in gioco non solo futuro dell'Ucraina ma democrazia

Nella guerra in Ucraina "non c'è solo in gioco il successo e la sopravvivenza della nazione ucraina, ma l'ordine internazionale basato su regole, principi di sovranità e integrità territoriale, i valori fondamentali di indipendenza, democrazia, libertà". E' uno dei passaggi del discorso che Joe Biden terrà a Varsavia secondo quanto anticipato dal Consigliere per la sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan.

15:16

Casa Bianca, il discorso di Biden non è una gara con Putin

Il discorso di Joe Biden a Varsavia non "è stato studiato per un confronto testa con testa" con Vladimir Putin. Lo ha detto il Consigliere per la sicurezza nazionale americana Jake Sullivan, in un briefing con i giornalisti mentre il leader del Cremlino stava parlando. "Non è una gara di retorica con qualcuno", ha sottolineato il braccio destro del presidente americano. "E' un'affermazione di valori, di una visione del mondo che vogliamo costruire e difendere".

15:20

Inviato cinese incontra capo Consiglio sicurezza russo

Il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, Wang Yi, arrivato oggi a Mosca con una proposta per una soluzione negoziata del conflitto in Ucraina, ha incontrato il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale russo Nikolai Patrushev. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. Domani Wang ha in programma un colloquio con il ministro degli Esteri Serghei Lavrov.

15:31

Il segretario del Consiglio di Sicurezza russo a Wang Yi: "Sosteniamo Pechino contro l'Occidente"

Il segretario del Consiglio di Sicurezza russo ha detto al capo della diplomazia cinese Wang Yi che Pechino è una priorità assoluta per la politica estera russa e che i due Paesi devono restare uniti contro l'Occidente, secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa statali russe. Nikolai Patrushev, stretto alleato del presidente Vladimir Putin, ha anche detto a Wang che Mosca appoggia la posizione della Cina su Taiwan, Hong Kong e sullo Xinjiang, secondo una dichiarazione citata dall'agenzia di stampa Ria Novosti.

15:48

Casa Bianca: "Pronti a parlare con Mosca di stabilità nucleare"

"Gli Stati Uniti rimangono pronti ad incontrare la Russia per discutere il trattato ed altre questioni di stabilità nucleare". Lo ha dichiarato un portavoce del consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, sottolineando come questa disponibilità è "dimostrata dai nostri recenti incontri P5 sui rischi della riduzione". "Come abbiamo detto in passato, a prescindere dalle altre cose che succedono nel mondo, gli Stati Uniti sono sempre pronti a cercare misure cruciali per il controllo delle armi", ha concluso.

15:52

Mosca, partenariato strategico Cina "priorità" politica estera 

Il segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Nikolai Patrushev, incontrando a Mosca il diplomatico più alto in grado di Pechino, Wang Yi, ha affermato che lo sviluppo di un partenariato strategico con la Cina è una priorità della politica estera di Mosca, "queste relazioni non sono soggette a congiunture esterne".

"Il percorso verso lo sviluppo di un partenariato strategico con la Cina è una priorità assoluta della politica estera della Russia. Le nostre relazioni sono preziose e non soggette a condizioni esterne", ha affermato Patrushev. Patrushev, alleato di ferro del presidente Putin, ha sottolineato che "il legame strategico russo-cinese si basa su un dialogo reciprocamente rispettoso, un comportamento responsabile nell'arena internazionale e approcci comuni o simili per risolvere i problemi mondiali". Secondo Patrushev, Russia e Cina sono favorevoli alla costruzione di "un ordine mondiale più giusto, accolgono con favore la crescita del numero di Stati che scelgono la via dello sviluppo libero e sovrano sulla base della loro identità e delle loro tradizioni".

16:07

Duda: "Visita Biden a Kiev un gesto straordinario"

La visita di Joe Biden a Kiev è stato "un gesto straordinario per i nostri alleati della Nato e per i popoli che sono al nostro fianco nel mondo libero". Lo ha detto il presidente polacco Andrzej Duda ringraziando il presidente americano per la missione lampo nella capitale ucraina che non solo ha sollevato il morale delle truppe di Kiev. "Ma è stato anche un segnale significativo del fatto che il mondo libero non li ha dimenticati, del fatto che il mondo libero e il suo principale leader, il presidente degli Stati Uniti, sta al loro fianco", ha concluso.

16:10

Wall Sreet Journal: "Xi Jinping a Mosca nei prossimi mesi"

Il presidente cinese, Xi Jinping, si recherà in visita a Mosca nei prossimi mesi. Lo riporta il Wall Street Journal, citando persone a conoscenza della missione. Pechino afferma di voler svolgere un ruolo più attivo per porre fine al conflitto in Ucraina, e le stesse fonti hanno affermato che un incontro con Putin farebbe parte degli sforzi di Xi per arrivare a colloqui di pace e consentirebbe alla Cina di ribadire che le armi nucleari non debbano essere usate. La visita di Xi in Russia era già stata annunciata da Mosca, ma non è ancora stata confermata da Pechino.

16:20

Kuleba, condivisi con Wang punti chiave del piano di pace cinese

Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha affermato che  Wang Yi ha condiviso con lui i punti chiave del "piano di pace", che sarà analizzato in dettaglio dalla parte ucraina dopo aver ricevuto il testo integrale. Lo riporta l'Ukrainska Pravda citando le parole del capo della diplomazia ucraina: "Sì, abbiamo avuto un incontro con il massimo diplomatico cinese, Wang Yi, e ha condiviso con me i punti chiave del 'piano di pace' della Cina. Attendiamo con impazienza di ricevere il testo, perché non è qualcosa in cui si possono trarre conclusioni solo ascoltando di cosa tratta il piano. Dobbiamo conoscere tutti i dettagli. Non appena avremo il documento, lo studieremo attentamente e trarremo delle conclusioni", ha sottolineato Kuleba.

16:24

Macron, da Putin propaganda, economia russa sta soffrendo

"L'economia russa soffre molto": lo ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, dicendo di "non credere alla 'propaganda' delle statistiche ufficiali pubblicate oggi da Mosca. Interrogato a margine della sua visita ai mercati generali di Rungis, a sud di Parigi, Macron ha risposto a una domanda sui dati ufficiali di Mosca circa una contrazione del Pil russo del 2,1% nell 2022. "Sono loro che dicono -2%, io dico che è molto di più", ha affermato  il leader francese, aggiungendo che i russi "fanno soldi con il  gas che vendono agli altri, ma il resto dell'economia soffre molto. Quindi non credo per niente  a questi dati". Per il capo dell'Eliseo, le statistiche russe "sono propaganda,  è un Paese che non è più un Paese democratico, libero, con un istituto (di statistiche,ndr.) indipendente".

Secondo i dati pubblicati oggi dall'agenzia di statistica russa Rosstat, il Pil della Russia si è contratto del 2,1% nel 2022, con un'attività economica che sembra resistere meglio del previsto all'impatto delle sanzioni occidentali. Macron ha aggiunto che in Russia "centinaia di migliaia di giovani sono partiti per non essere mobilitati" e i russi hanno "perso tantissime opportunità" dal punto di vista economico.

16:37

Zelenska, 12 morti nel raid russo sui civili a Kherson

Sono "almeno 12 i morti" nel bombardamento russo sulla città di Kherson, nel sud dell'Ucraina. Lo ha riferito la first lady Olena Zelenska su Twitter. "Oggi è stata colpita una stazione di trasporto pubblico, un bombardamento su civili che avevano dei progetti, andavano di fretta da qualche parte o stavano semplicemente vivendo", ha scritto la moglie del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "L'aggressore ha preso le loro vite solo perché può. Finché non viene fermato", ha concluso.

16:39

Varsavia, attesa per il discorso di Biden

Attesa per il discorso del presidente degli Stati Uniti Joe Biden dai giardini del Castello Reale di Varsavia, dove dovrebbe sottolineare l'impegno del Paese centroeuropeo e di altri alleati nei confronti dell'Ucraina nell'ultimo anno.

16:46

Media, Putin premia brigata sospettata per abbattimento MH17

Il presidente russo Vladimir Putin ha concesso un'onorificenza alla 53/a Brigata missilistica antiaerea, alla quale, secondo gli investigatori olandesi, apparteneva il missile Buk che nel 2014 abbatté nei cieli dell'Ucraina l'aereo di linea MH17 della Malaysia Airlines in volo da Amsterdam a Kuala Lumpur. Lo scrive la testata russa d'opposizione Novaya Gazeta. Per quell'episodio una Corte olandese ha condannato lo scorso anno all'ergastolo tre imputati: i russi Igor Girkin e Serghei Dubinsky e l'ucraino Leonid Kharchenko. Il missile fu lanciato dal territorio della autoproclamata repubblica filorussa del Donetsk. La 53/a Brigata, scrive Novaya Gazeta, è stata insignita dell'onorificenza per "l'eroismo collettivo e coraggioso dei suoi membri in azioni di combattimento in difesa della madrepatria e gli interessi dello Stato".

16:49

Wang, relazioni con Mosca roccia che resiste a tutto 

"Le relazioni sino-russe sono solide come una roccia e resisteranno a qualsiasi prova della mutevole situazione internazionale". Lo ha detto il diplomatico cinese più alto in grado, Wang Yi, incontrando a Mosca il segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Nikolai Patrushev.

17:09

DeSantis: "Gli aiuti degli Usa sono un assegno in bianco"

Il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis, indicato come il potenziale rivale principale di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca, ha criticato gli aiuti americani all'Ucraina definendoli un "assegno in bianco aperto" e ha messo in dubbio che gli Stati Uniti debbano essere coinvolti nel conflitto russo. "Non credo sia nel nostro interesse entrare in una guerra per procura con la Cina, essere coinvolti in cose come i confini o la Crimea", ha detto alla Fox, riferendosi ai territori ucraini che la Russia si è annessa con la forza. DeSantis ha quindi minimizzato le azioni militari di Mosca fino ad oggi e ha sostenuto la Russia è stata "veramente ferita" e ha subito "enormi, enormi perdite" senza riconoscere peròil ruolo svolto dalle armi, dall'intelligence militare e dagli aiuti statunitensi. DeSantis ha insistito sul fatto che la Russia non è una minaccia "allo stesso livello della Cina". "La paura che la Russia entri nei paesi della Nato e tutto il resto, è lontano dall'accadere", ha detto DeSantis. "Penso che abbiano dimostrato di essere una potenza militare di terz'ordine", ha aggiunto.

17:27

Il presidente polacco Duda: "L'Ucraina vincerà, la Russia andrà via con vergogna"

"L'Ucraina deve vincere e per questo la aiutiamo". Lo ha detto il presidente polacco, Andrzej Duda, parlando a Varsavia prima dell'intervento del collega Usa, Joe Biden. "L'Ucraina vincerà e la Russia se ne andrà con vergogna", ha aggiunto. 

17:44

Biden: "Kiev resiste e continua a essere libera. Il mondo non si è voltato dall'altra parte"

"Un anno fa il mondo temeva la caduta di Kiev, ma Kiev resiste con forza e soprattutto continua a essere libera. Il mondo non si è voltato dall'altra parte". Lo ha detto il presidente Usa, Joe Biden, parlando a Varsavia. "Le democrazie del mondo sono diventate ancora più forti e gli autocrati si sono indeboliti", ha aggiunto.

17:50

Biden: "Il dittatore non riuscirà a ricostruire l'impero"

"Un dittatore vuole ricostruire un impero ma non sarà mai in grado di farlo. L'Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia". Lo ha detto il presidente Usa, Joe Biden, parlando a Varsavia, in riferimento a Vladimir Putin, a proposito del quale ha aggiunto: "Dubita ancora della nostra capacità di resistere, ma noi non ci stancheremo mai". 

17:53

Biden: "Gli Usa non cercano di distruggere la Russia"

"Gli Usa non stanno cercando di distruggere la Russia, l'Occidente non vuole attaccare la Russia. La guerra è una tragedia e continua per scelta di Putin". Lo ha detto il presidente Usa, Joe Biden, parlando a Varsavia e accusando la Russia di "crimini contro l'umanità senza vergogna", ad esempio hanno stuprato donne e rubato bambini.

18:02

Biden: "Putin si credeva un duro e si è scontrato con la volontà di ferro degli Usa. Articolo 5 della Nato è solido come una roccia"

"Putin credeva di essere un duro ma si è scontrato con la volontà di ferro" dell'America. Lo ha detto il presidente Usa Joe Biden da Varsavia, ricordando di esser pronto a difendere ogni centimetro di territorio Nato: "L'articolo 5 del trattato Nato, è solido come una roccia, un giuramento sacro, un attacco contro uno è un attacco contro tutti".

18:09

Biden: "Il prossimo anno gli Usa ospiteranno il summit della Nato"

Gli Usa ospiteranno il summit della Nato il prossimo anno: lo ha detto Joe Biden parlando dal Castello di Varsavia.

18:25

Peskov: "Colloquio Putin-Biden sull'accordo Start per ora non in programma"

Il presidente russo Vladimir Putin al momento non ha in programma alcun contatto con il suo omologo statunitense Joe Biden. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov alla Tass, dopo la decisione della Russia di sospendere la propria partecipazione dall'accordo New Start. "Abbiamo sentito la reazione del segretario generale della Nato Stoltenberg e del segretario di Stato americano Blinken", ma "nessun contatto" tra Putin e Biden "è stato pianificato", ha detto Peskov, quando gli è stato chiesto se ci siano state richieste di contatto da parte degli Stati Uniti per un colloquio tra i due presidenti.

18:29

Mosca, continueremo a rispettare i limiti del New Start

La Russia continuerà a rispettare i limiti quantitativi del New Start finché il trattato è in vigore. Lo ha precisato il ministero degli Esteri russo citato da Interfax. La Russia "continuerà a scambiare notifiche con gli Stati Uniti sui lanci di missili balistici", ha poi sottolineato il ministero citato dalla Tass.

18:35

Ucraina: Meloni, l'Italia non tentennerà

"Ho ribadito il pieno sostegno dell'Italia di fronte all'aggressione Russa, l'Italia non intende tentennare e non lo farà. E' passato quasi un anno dal giorno che ha riportato le lancette della storia indietro di qualche decennio, l'invasione sarebbe dovuta durare qualche giorno ma non è andata così perché è stata sottovalutata l'eroica reazione di una nazione disposta a tutto per difendere la sua libertà, identità e sovranità". Così la premier Giorgia Meloni dopo l'incontro a Kiev con il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky.

18:37

Meloni, fino al negoziato daremo ogni aiuto militare a Kiev 

"Al cospetto del mondo l'Ucraina ha già vinto la sua battaglia per affermare la sua identità". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa a Kiev con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "L'Italia darà ogni possibile assistenza perché si creino le condizioni di un negoziato, ma fino ad allora darà ogni genere di supporto militare, finanziario, civile. Chi sostiene anche militarmente l'Ucraina è chi lavora per la pace".

18:40

Zelensky, Berlusconi? Sua casa non è stata bombardata

"I diversi leader hanno diritto di pensiero, il vero problema è l'approccio della società italiana che a quei leader hanno dato un mandato. Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata dai missili, mai siano arrivati con i carri armati nel giardino di casa sua, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle 3 di notte per scappare o la moglie ha dovuto cercare da mangiare e tutto questo per amore dei fratelli russi". Così il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, rispondendo a una domanda sulle parole di Silvio Berlusconi dopo le dichiarazioni congiunte con il premier Giorgia Meloni. "Io auguro pace a tutte le famiglie italiane, anche a chi non sostiene l'Ucraina, ma la nostra è una grande tragedia che va capita. Voglio che vengano qui a vedere con i propri occhi, vedano la scia di sangue che hanno lasciato", rimarca il capo della resistenza Ucraina .

18:49

Zelensky, non ho visto Putin, stavo difendendo i nostri cieli

"Non ho guardato il suo discorso perché in quel momento stavano bombardando Kherson, dove ci sono stati sei morti. Stavamo pensando a difendere il nostro cielo, non abbiamo altro modo di fare". Così il presidente ucraino Zelensky in conferenza stampa congiunta con la premier Giorgia Meloni. Quanto alla sospensione del trattato Start, annunciata da Putin, "se si preparano a fare questi esercizi, questa persona avrà deciso prima cosa fare. Non c'è logica, l'unica differenza con i terroristi e che questi hanno il volto scoperto. Vediamo cosa faranno davvero...", ha aggiunto.

19:13

Cremlino, discorso Putin "sarà studiato in tutto il mondo"

"Posso dire una cosa con certezza: il discorso di oggi di Vladimir Putin sarà attentamente studiato in tutto il mondo". Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, parlando alla tv russa mentre mancano pochi minuti all'inizio del discorso del presidente russo all'Assemblea federale.

19:15

Cremlino, Biden a Kiev non influenza politica interna russa

La visita del presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Ucraina è un evento importante, ma non può influenzare la politica interna della Russia. Lo ha detto il portavoce presidenziale russo, Dmitri Peskov. "Non credo che la visita del presidente degli Stati Uniti in Ucraina sia un evento così straordinario che possa influenzare la nostra politica interna. Rimaniamo comunque uno Stato sovrano", ha detto Peskov in un'intervista con il Primo canale della tv russo, rispondendo alla domanda se la missione di Biden ieri in Ucraina potesse avere riflessi sul messaggio di oggi di Vladimir Putin all'Assemblea Federale. Peskov ha comunque ammesso che si è trattato di un evento "importante che naturalmente abbiamo seguito molto da vicino".

19:26

Kiev, nessun attacco con centinaia di aerei russi il 24/2

La Russia non utilizzerà in modo massiccio aerei contro il Paese nell'anniversario dell'invasione. Lo sostiene il capo dell'Aeronautica ucraina, il colonnello Yuri Ignat, citato da Ukrainska Pravda. "Molti 'esperti' parlano di centinaia di aerei. Beh, non succederà, nessuno combatte così, questa non è la Seconda guerra mondiale. Nella guerra moderna si usano armi di precisione, armi missilistiche", ha affermato.

19:37

Podolyak, Putin il passato che muore, Biden il futuro che domina

"Bianco e nero. Morto e vivo. Il passato e il futuro. Il declino di Putin e il dominante Biden. Due discorsi che mettono ogni cosa al suo posto. Le lamentele e le bugie di Putin contro la chiara affermazione della posizione globale che 'la Russia è destinata a perdere', che Biden ha scritto nella storia". Così su Twitter Mychailo Podolyak, consigliere presidenziale ucraino, commenta l'intervento del presidente russo all'assemblea federale e di quello americano Joe Biden a Varsavia.

19:46

Zelensky incontra delegazione deputati Usa

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ricevuto una delegazione di deputati americani guidata dal Presidente della Commissione esteri della Camera dei Rappresentanti, Michael McCaul. "E' un segnale molto potente. Ieri la visita di Biden, oggi incontro voi. E' la prova importante del fatto che gli Usa sostengono l'Ucraina", ha dichiarato il Presidente ucraino che ha discusso con loro della situazione al fronte e dei crimini contro l'umanità di cui sono accusate le forze russe.

19:54

Zelensky, "grazie Biden, assicuriamoci la vittoria quest'anno!"

"Ringrazio il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e tutta l'America per la loro leadership nel mobilitare il mondo a sostegno della libertà e per la loro vitale assistenza all'Ucraina. Insieme stiamo andando verso una vittoria comune, e dobbiamo assicurarcela già quest'anno!". Lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

"Kiev è forte. Kiev è orgogliosa, sta in piedi e, cosa più importante, è libera. Il presidente Biden lo ha detto oggi a Varsavia dopo una storica visita in Ucraina. Siamo tutti uniti e coraggiosi - Ucraina, Stati Uniti e tutta la nostra coalizione di vittoria", ha affermato il leader ucraino in un altro tweet.

20:06

Putin presenta alla Duma la sospensione del New Start

Il presidente russo Vladimir Putin ha presentato alla Duma la legge sulla sospensione della partecipazione della Russia al trattato New Start. Lo ha riferito il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, secondo quanto riportato dalla Tass. La legge, ha aggiunto, sarà esaminata dalla Camera bassa russa domani.

20:08

Medvedev: "Con sospensione Start gli Stati Uniti hanno avuto quello che meritano"

"Gli Stati Uniti hanno avuto quello che meritavano". Il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev ha commentato così l'annuncio di Vladimir Putin sulla sospensione dell'adesione di Mosca al nuovo Start con Washington. Su twitter, Medvedev - che nel 2010, mentre era presidente firmò il trattato insieme a Barack Obama - ha scritto: "Gli Stati Uniti hanno avuto ciò che si meritavano per la loro stupida politica antirussa, ovvero la sospensione del Nuovo Start. Non si può combattere contro la Russia facendo credere che... si tratta di affari come al solito. Vi sta bene!".

20:14

Lavrov, la visita di Biden a Kiev è stata uno show

"Uno show". Così il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha commentato la visita del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a Kiev e le informazioni sulle nuove consegne di armi in Ucraina, sottolineando "l'inutilità" delle azioni dell'Occidente. "Mentre lo show continua, tutto funziona esattamente dal punto di vista dei nostri ex colleghi occidentali e dal punto di vista del salvataggio del regime nazista. I tentativi sono inutili", ha detto Lavrov, citato dalla Tass.

20:54

Zelensky, con Italia condividiamo visione comune di pace

"Ho accolto oggi a Kiev alla delegazione italiana guidata dal Primo Ministro italiano Giorgia Meloni. L'Italia e noi condividiamo una visione comune del valore della pace. Ecco perché stiamo lottando insieme per fermare il terrore russo il prima possibile - per fermare questa guerra russa completamente non provocata e aggressiva". Lo scrive su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, condividendo un video dell'incontro a Kiev con la premier Giorgia Meloni.

21:10

Biden incontra presidente Moldavia

Il presidente americano Joe Biden ha incontrato oggi a Varsavia, a margine della sua visita in Polonia, la presidente della Moldavia Maja Sandu, per riaffermare "il sostegno degli Stati Uniti alla sovranità ed all'integrità territoriale" del Paese dopo le notizie su un piano russo per un golpe. Biden ha assicurato anche "l'assistenza continua" di Washington a Chisinau per "rafforzare la sua resilienza politica ed economica", anche attraverso le riforme democratiche e la sicurezza energetica della Moldavia, e per "affrontare le conseguenze della guerra russa contro l'Ucraina". La settimana scorsa Sandu aveva denunciato un piano russo per un golpe a Chisinau attraverso il sostegno all'opposizione filorussa, che sarebbe stata infiltrata da personale addestrato militarmente in Bielorussia, Serbia e Montenegro.

21:22

Onu, "non in grado verificare affermazioni" su Nord Stream

"Ribadisco che le Nazioni Unite non sono in grado di verificare o confermare alcuna delle affermazioni relative" agli incidenti ai gasdotti Nord Stream nel settembre 2022, e che "attendiamo i risultati delle indagini nazionali in corso". Lo ha detto il capo degli affari politici dell'Onu, Rosemary DiCarlo, alla riunione del Consiglio di Sicurezza chiesta dalla Russia. "Invitiamo tutti gli interessati a mostrare moderazione, dovremmo evitare qualsiasi accusa infondata che potrebbe intensificare ulteriormente le già elevate tensioni nella regione e potenzialmente inibire la ricerca della verità", ha aggiunto DiCarlo, sottolineando che tuttavia "una cosa è certa: qualunque sia la causa dell'incidente, le sue ricadute sono tra i tanti rischi che l'invasione dell'Ucraina ha scatenato. A un anno dall'inizio della guerra dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per porvi fine, in linea con il diritto internazionale e la Carta Onu".

21:49

Zelensky, con Meloni discusso contributo Italia in iniziativa pace

"Dall'inizio dell'invasione su vasta scala della Russia, abbiamo ricevuto un sostegno di principio dall'Italia a tutti i livelli. Questo include il sostegno alla difesa, nonché il sostegno politico, umanitario ed economico. Oggi, con il primo ministro italiano Giorgia Meloni, abbiamo discusso della cooperazione nel settore della difesa e della sicurezza, nonché delle nuove sanzioni contro la Russia". Lo ha scritto su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Abbiamo discusso di come l'Italia può contribuire all'attuazione dell'iniziativa di pace. Abbiamo toccato separatamente la partecipazione dell'Italia alla ricostruzione dell'Ucraina. Sono grato per il sostegno e per questi negoziati", ha aggiunto.

21:59

Onu, Usa e Russia riprendano attuazione New Start senza indugio

La posizione del segretario generale Antonio Guterres è chiara, "Usa e Russia dovrebbero riprendere senza indugio la piena attuazione del trattato New Start". Lo ha detto il portavoce dell'Onu, Stephane Dujarric. "Il New Start e i successivi trattati bilaterali sulla riduzione delle armi nucleari strategiche tra i due Paesi hanno dato sicurezza non solo alla Russia e agli Stati Uniti, ma all'intera comunità internazionale - ha aggiunto - Non c'è bisogno di dirlo, ma un mondo senza il controllo delle armi nucleari è molto più pericoloso e instabile, con conseguenze potenzialmente catastrofiche". Il portavoce ha quindi sottolineato che "è fondamentale mantenere un impegno continuo ad alto livello tra le due più potenti potenze nucleari del mondo ed è per questo che chiediamo una ripresa della piena attuazione da parte di tutte le parti del New Start".

22:17

Italia e Ucraina "impegnate per ingresso Kiev in Ue e Nato"

"Italia e Ucraina confermano il loro impegno a rafforzare gli sforzi congiunti per garantire ulteriori progressi verso l'attuazione degli standard dell'Ue e della Nato e l'integrazione dell'Ucraina con l'Unione Europea e l'Alleanza Nord Atlantica". E' quanto si legge nella dichiarazione congiunta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e della premier Giorgia Meloni, pubblicata sul sito della presidenza ucraina. "La Repubblica Italiana continuerà a promuovere il forte ed efficace sostegno politico e materiale dell'UE e degli Alleati all'Ucraina volto a garantire la capacità dello Stato ucraino di difendere efficacemente i propri territori a terra, in mare e in aria. L'Ucraina apprezza molto tutta l'assistenza fornita dalla Repubblica italiana al fine di rafforzare le capacità di difesa dell'Ucraina. Per quanto possibile, la Repubblica Italiana continuerà a fornire un forte supporto militare, tecnico, di difesa e umanitario all'Ucraina". 

22:24

Italia sostiene la Formula di pace presentata da Zelensky

"La Repubblica Italiana esprime il suo apprezzamento per la Formula di Pace dell'Ucraina presentata dal Presidente Zelensky per la prima volta al Vertice dei Leader del G20 a Bali il 15 novembre 2022. L'Italia si impegna per una pace giusta per l'Ucraina basata sulla Formula di Pace e ribadisce il proprio impegno a collaborare attivamente con Ucraina sul piano di pace in 10 punti". E' quanto si legge in una dichiarazione congiunta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e della premier Giorgia Meloni, pubblicata sul sito della presidenza ucraina.

22:46

Zelensky: "Le forze ucraine tengono il fronte nonostante la pressione di massa"

Il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky ha dichiarato che le forze ucraine stanno mantenendo le loro posizioni sulla linea del fronte nell'Ucraina orientale, nonostante la notevole pressione esercitata dai continui attacchi russi. "È molto importante che, nonostante la grande pressione sulle nostre forze, la linea del fronte non abbia subito alcun cambiamento", ha dichiarato Zelensky nel suo discorso video notturno. Zelensky ha detto che le forze russe stanno subendo "perdite impressionanti" nei continui attacchi nelle regioni di Donetsk e Lugansk, il fulcro dei combattimenti.

22:59

Jill Biden, Joe mi ha detto di Kiev solo poco prima di partire

Jill Biden era preoccupata che il marito andasse in visita a Kiev. Lo ha rivelato la First Lady ai giornalisti al seguito prima di partire per una missione di sei giorni in Namibia e Kenya. "Ero preoccupata. Mi ha detto del viaggio solo poco prima di partire  e io gli risposto: 'Cosa? Dove stai andando?'", ha raccontato la moglie del presidente americano. La First Lady ha anche rivelato di aver sentito il marito "ieri  dopo la sua visita a Kiev e oggi, per due volte". "Mi ha detto di essere felice di essere andato", ha detto Jill Biden.

Estratto dell’articolo di Micol Flammini per ilfoglio.it il 21 febbraio 2023.

Dopo quasi due anni senza apparire di fronte all’Assemblea federale, un obbligo per il presidente previsto dalla Costituzione russa, Vladimir Putin si è presentato con vecchi discorsi, promettendo: la prosecuzione della guerra contro l’Ucraina, la protezione della cultura russa, ottime prestazioni dell’economia.

 Una cassetta degli attrezzi vecchia, arrugginita, per dire che l’occidente ha aizzato l’Ucraina contro la Russia, che Mosca protegge gli uomini, le vite, mentre l’occidente porta avanti soltanto i suoi affari in Ucraina come in Libia, come in Siria. Ha ripreso e ingigantito i ritornelli della propaganda, finiti tra le frecce dell’arco di chi accusa la Nato e gli Stati Uniti di aver distrutto il mondo costruito dopo la Guerra fredda e, dopo aver detto che la Russia ha sempre rispettato i trattati, ha annunciato il ritiro di Mosca da uno di questi, uno dei più importanti: il New Start per la riduzione delle armi nucleari.

Non consentirà più le ispezioni dell’occidente, ha ratificato in poche parole la fine di un mondo fatto di equilibri ed equilibrismi e, nonostante questo, ha accusato “le persone dell’occidente” di aver armato l’Ucraina ancora prima che la guerra iniziasse, di aver tolto i diritti al Donbas. Diritti che ora lui, Putin, con il suo esercito che distrugge case, uccide persone, vuole restaurare.

 […] Nessuna parola sul viaggio di Joe Biden a Kyiv, nessuna parola sull’isolamento russo, anzi, secondo il capo del Cremlino, il mondo ha capito che l’occidente è interessato alle armi, non alle persone, non ai paesi poveri.

In un anno non è cambiato nulla, anzi, anche sulla bocca di Putin la protervia sembra offuscata. Putin si è accomodato in questa guerra, i disastri, le morti non lo scompongono.  […]  Nel discorso di un anno fa con cui dichiarò guerra all’Ucraina, Putin disse di essere stato costretto a prendere questa decisione per proteggere i russi, chi cercava la protezione di Mosca.

 Lo ha detto anche oggi, nel Gostiny Dvor, sede inusuale per il discorso all’Assemblea federale dove alle spalle degli astanti – ministri, soldati, religiosi, uomini e donne – era stato preparato un banchetto.

Ma ha poi aggiunto che la Russia è fatta di molti popoli e molte anime, tutti pregano in modi differenti, ma pregano tutti per la vittoria. Ha ripetuto spesso che la Russia è multietnica, più del solito, quasi a contraddire l’idea del suo mondo russo. Quasi a rassicurare che la Federazione è unita.  Un anno fa Putin iniziò un’invasione che ha ucciso soldati e civili e capovolto il mondo, la Russia inclusa. Ora ha sradicato ogni appiglio, ogni sistema di pesi e contrappesi, scomponendo i trattati che lo legavano all’occidente.

Enrico Franceschini per repubblica.it il 21 febbraio 2023.

In 1984, il suo celebre romanzo di fantapolitica, George Orwell lo chiamava “bispensiero”: uno spudorato capovolgimento della realtà. […] Vladimir Putin sembra avere ripassato il capolavoro dello scrittore inglese in vista del discorso pronunciato stamane davanti al parlamento di Mosca. Ecco […] il “doublethink” del capo del Cremlino, alla vigilia del primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina: una lunga lista di falsità, il cui intento ovviamente non è convincere l’Occidente, […] ma di fare propaganda all’opinione pubblica russa […].

 “Operazione militare speciale”

Putin comincia continuando a definire l’invasione come una “operazione militare speciale”, invece di chiamarla con il suo vero nome: una guerra che in dodici mesi ha causato alla Russia da due a quattro volte più morti, secondo varie stime, di quante vittime abbiano sofferto gli Stati Uniti in quindici anni di guerra nel Vietnam […]. […]

 “La Nato parlava apertamente di fornire armi nucleari all’Ucraina”

[…] Un’accusa platealmente falsa: non solo l’Alleanza Atlantica non ha mai progettato di fornire ordigni nucleari all’Ucraina, che peraltro non era, non è e verosimilmente non sarà per il prossimo futuro nemmeno membro della Nato, ma l’Alleanza Atlantica non ha stazionato armi atomiche nemmeno nei Paesi che della Nato sono entrati a fare parte dopo il crollo dell’Unione Sovietica, come le tre repubbliche baltiche di Lituania, Lettonia ed Estonia, e neppure in Polonia e negli altri ex-“paesi satelliti” dell’Urss […].

“L’Occidente e l’Ucraina erano pronti per attaccare la Russia”

“Quello che è accaduto è colpa loro, erano pronti ad attaccarci, stiamo usando la forza per fermarli” dice Putin. Altra menzogna: come se il presidente francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz e il capo della diplomazia americano Blinken non avessero passato buona parte del 2021 e i primi due mesi del 2022 a cercare un dialogo con Mosca […].

“La Russia voleva risolvere il conflitto ucraino pacificamente”

Invece è stato Putin a rompere unilateralmente ogni negoziato e tutti i principi degli accordi di Minsk fra Russia e Ucraina: prima riconoscendo l’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbass (21 febbraio 2022), quindi dichiarando che gli accordi Minsk “hanno cessato di esistere” (22 febbraio 2022), infine ordinando alle sue truppe di entrare in Ucraina (24 febbraio 2022).

 […] “Con le sanzioni l’Occidente ha punito sé stesso”

Il capo del Cremlino afferma che l’economia russa non ha sofferto danni come conseguenza delle sanzioni occidentali e che l’Occidente viceversa ha subito “il collasso del proprio settore energetico”.

In realtà il pil russo si è contratto del 3-4 per cento e Mosca ha “perso la guerra del gas”, come sottolinea un’inchiesta del Financial Times […].

“È in gioco l’esistenza stessa della Russia”

Putin afferma che l’Occidente mira a infliggere alla Russia “una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre, non si rendono conto che è in gioco l’esistenza stessa della Russia […]”. In realtà la Nato ha più volte offerto a Mosca un negoziato sulla sicurezza europea come pedina di scambio per non invadere l’Ucraina, proposte sempre respinte dal Cremlino. I missili a più lungo raggio forniti dall’Alleanza Atlantica a Kiev servono a difendersi, non certo a bombardare Mosca […].

Putin e la guerra esistenziale dalla quale dipende il destino dell’intera Russia: il significato del discorso dello zar. Marco Imarisio su Il Corriere della Sera il 22 Febbraio 2023.

Lo zar parla al Paese e non arretra sull’Ucraina. L’ossessione per il nemico che trama contro la madrepatria, l’autarchia e l’uscita dal multilateralismo

Nella visione del mondo di Vladimir Putin, la fonte del pericolo era sempre stata un bersaglio in continuo movimento. Poteva essere il terrorismo ceceno, la pedofilia, potevano essere i gay, oppure l’Ucraina , oltre naturalmente agli Stati Uniti che manovrano dietro le quinte contro il bene della Russia. Ma doveva esserci sempre una minaccia. Nel recente passato era stato quello il modo per generare un senso di appartenenza in cittadini privi di certezze, magari ansiosi per il calo del loro potere d’acquisto, per il deterioramento della vita quotidiana. Non posso farti più ricco, ma posso farti sentire parte di un disegno più grande. E sono io l’unica persona che te lo garantisce.

Con il discorso di ieri, uno dei più attesi degli ultimi anni, trasmesso anche sugli schermi delle aule universitarie per chi non poteva stare davanti alla televisione, questo legame si è fatto ancora più stretto, dando l’idea di essere ormai inscindibile. Ancora prima di sentire una singola parola, la visione d’insieme del Gostiny Dvor, il Cortile degli Ospiti, un palazzo delle esposizioni convertito in sala d’assemblea poco distante dalla cattedrale di San Basilio, diceva già molto. C’erano quasi tutti i personaggi di cui tanto si è parlato in questo anno tragico. Politici, falchi, colombe, oligarchi, intellettuali, artisti. Questo inedito schieramento al completo pronto ad applaudire a comando, ad ascoltare senza battere ciglio affermazioni molto discutibili come quella sulla costruzione di laboratori nucleari e chimici in Ucraina da parte di Usa e Nato, è già di suo il segno di una resa implicita. Non ci sono alternative possibili, non ora, non qui.

Adesso c’è solo da stringersi intorno alla figura che negli ultimi vent’anni è stata capace di passare dal ruolo di forza calma, che garantiva stabilità, a quello Uomo del destino. Non ci sono più tanti nemici, ne esiste uno solo, grande e ben definito. «Loro», la parola che Putin ha ripetuto più volte, ogni tanto muovendo la mano con un gesto all’infuori, come se indicasse inconsciamente l’esterno. «Loro» sono il passato. Non ne parla mai al presente, il mondo di prima non esiste più, l’Occidente collettivo è una entità ostile che trama per annientare Madre Russia. Con le «bugie e le menzogne senza scrupoli delle élite», che per nuocere al suo Paese farebbero patti anche con i nazisti, i terroristi o con il «diavolo calvo», espressione russa che esprime il concetto di somma malvagità. Ma anche con la corruzione dei costumi.

Ieri ha destato come al solito scalpore misto a indignazione il passaggio sullo stile di vita dei nemici «che celebrano i matrimoni gay e stanno per legalizzare la pedofilia». Ma lui ci crede davvero, ne è prova l’espressione e il tono di disgusto con la quale ha pronunciato queste frasi. A partire dal 2013, dopo le grandi proteste dell’anno precedente, che unirono i principali capi dell’opposizione, fu la battaglia contro«diversi e perversi» che gli permise di ricompattare il suo elettorato, di dargli un obiettivo, di creare un nuovo nemico interno, un’altra ossessione collettiva.

Aveva ragione Angela Merkel, Putin pensa quello che dice, e viceversa. Non ci sono state grandi sorprese, nel discorso alle Camere riunite, semmai la cristallizzazione di uno statu quo, la conferma di un metodo e di una direzione su una strada senza ritorno. Ogni ponte alle proprie spalle è stato bruciato, non ci saranno ripensamenti. La vittimizzazione del popolo russo, vessato dall’Occidente, è una leva che sta pagando lauti dividendi presso la popolazione più anziana, il suo alleato più forte. In un discorso rivolto soprattutto al proprio interno, l’invito all’unità è stato declinato a colpi di verbi al futuro, faremo, costruiremo, provvederemo, elencando promesse e progetti «per i quali mi sono già consultato con il governo» tutti in divenire, all’insegna della autarchia più assoluta. Sono mancati anche i consueti riferimenti al multilateralismo, solo un breve accenno, nessuna menzione di alleati importanti come India o Cina. Come se la Russia si stesse avvolgendo su sé stessa e sulle proprie convinzioni. Faremo da soli e ce la faremo, è il messaggio. Anche la decisione di sospendere la propria partecipazione dall’Accordo di non proliferazione nucleare ha un valore simbolico di questa volontà di tagliare ogni ponte e di ridefinire un Nuovo Ordine Mondiale. Era l’ultimo trattato di controllo sulle armi ancora in vigore tra Usa e Russia.

Ma per mantenere questo equilibrio serve un altro elemento, quello decisivo. Con toni pacati, senza alcun proclama, tra un annuncio e l’altro di sostegno economico alla società, il presidente ha fatto scivolare nel suo discorso il concetto di guerra esistenziale, dalla quale dipende il destino dell’intera Russia. Maestro del parlare per allusioni, ha lasciato intendere che l’Operazione militare speciale durerà a lungo, rinnovando il suo patto implicito con il popolo, parziale benessere in cambio di un sostegno concentrato solo sulla sua persona. Ogni formalità è stata così sbrigata. Putin è libero di seguire l’idea che sembra radicata nella sua testa: contro di «Loro», la pace può essere soltanto una fragile anomalia. E così la guerra diventa anch’essa un destino ineluttabile.

(ANSA il 22 febbraio 2023) - Il presidente russo Vladimir Putin ha revocato, di fronte ai "profondi cambiamenti nelle relazioni internazionali", il decreto sulle linee di politica estera risalente al 2012 in cui metteva tra gli obiettivi la cooperazione con la Ue per la creazione di "un unico spazio economico e umano dall'Atlantico all'Oceano Pacifico" e lo sviluppo delle "relazioni con la Nato". Lo si legge sul sito del Cremlino.

Tra gli obiettivi indicati vi era anche la "soluzione del problema della Transnistria basato sul rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale" della Moldavia, anch'essa revocata con il decreto.

Estratto dell'articolo di Tommaso Carboni per lastampa.it il 22 febbraio 2023.

[…]  "Puniremo i traditori", ha detto Putin in un discorso zeppo di risentimento e paranoia. Ma assieme alle parole del capo, altrettanto rivelatorio è ciò che trapela da figure un tempo tenute a debita distanza, che con la guerra hanno guadagnato peso e autorevolezza.

Non c’è solo il fondatore delle milizie Wagner, Yevgeny V. Prigozhin, i cui soldati piano piano avanzano verso la città di Bakhmut, nel Donbas […]. C’è anche il miliardario ultraconservatore Konstantin Malofeev, detto anche "l’oligarca di Dio", che ha finanziato i separatisti sempre nel Donbas e in Europa è conosciuto per essere sponsor della destra sovranista – avrebbe dato soldi al partito di Marine Le Pen, oltre ad aver definito Matteo Salvini, che dice di aver incontrato varie volte, "il futuro dell’Italia e dell’Europa".

La nuova Russia in guerra è un’occasione anche per lui. Putin l’ha rimodellata in totale opposizione ideologica all’Occidente. Ciò che indica Putin è la Russia "eterna", religiosa, culla dei valori "della tradizione", libera dal virus corruttore del progressismo liberale. Esattamente quello che predicava da anni un tipo come Malofeev.

Tanto che proprio Malofeev si è detto contento che la guerra in Ucraina non si stia risolvendo in fretta. «Se il blitzkrieg (contro Kiev) avesse avuto successo, se Putin fosse riuscito a sottomettere in fretta l'Ucraina, nulla sarebbe cambiato», parole sue riportate dal New York Times. «Più a lungo dura questa guerra, più la società russa si sta purificando dal liberalismo progressista e dal veleno occidentale. In Russia, il liberalismo è morto per sempre, grazie a Dio». […]

Le mire di Putin infiammano la Moldavia. Stefano Piazza su Panorama il 22 Febbraio 2023

Gli occhi sulla Transnistria ed un decreto di oggi del Cremlino sullo Stato confinate tra Russia e Ucraina

Il presidente russo Vladimir Putin questa mattina ha revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell'ambito delle politiche sul futuro della Transnistria, regione separatista sostenuta da Mosca che confina con l'Ucraina e dove la Russia ha dispiegato le sue truppe. Come scrive The Guardian il decreto, che comprendeva una componente moldava, delineava la politica estera russa di 11 anni fa che presupponeva relazioni più strette con Ue e Usa. La revoca è stata pubblicata sul sito del Cremlino e afferma: «La decisione è stata presa per garantire gli interessi russi in relazione ai cambiamenti nelle relazioni internazionali». Che significato ha questa mossa?

Di certo stiamo assistendo all'intensificazione di una campagna ibrida contro la Moldavia cruciale per la sua vicinanza all’Ucraina. Non a caso agli inizi di febbraio il governo filoeuropeo si è dimesso dopo essere stato a lungo destabilizzato a causa di alcune crisi politiche. Secondo Valentina Chabert analista geopolitica di Opinio Juris: «La Moldavia si trova in una situazione di neutralità tra l’Ucraina e il blocco atlantico, tuttavia si registra attualmente una certa divisione tra il governo e l’opinione pubblica anche per il timore di un’infiltrazione di Mosca attraverso la regione separatista della Transnistria (in cui la Russia é presente militarmente), che rende tangibile il rischio per il Paese di essere coinvolto nel più ampio gioco della guerra attualmente in corso». Come detto durante tutto il 2022 i rapporti Russia - Moldavia sono stati caratterizzati da una crescente escalation, anche per via della presenza a capo dell’esecutivo moldavo di Natalia Gavrilita che si caratterizza come europeista di ferro. «La Transnistria -continua Chabert- può essere concepito come una sorta di Donbass moldavo e ospita una presenza militare russa di circa 1.500 unità dal 1992, anno del congelamento del conflitto, e che hanno una funzione ufficiale di mantenimento dello status quo ma che ora nel contesto del conflitto ucraino sta generando forti tensioni con il governo centrale di Chisinau con risonanza anche in Occidente». Possibile quindi che la Russia voglia invadere la Moldavia? Benché si tratti di un piccolo paese di 33mila chilometri quadrati in cui vivono meno di 3 milioni di abitanti che potrebbe capitolare in pochi giorni, per i russi aprire un nuovo fronte di guerra appare oggi impossibile. Più probabile che il Cremlino voglia aumentare la presenza delle proprie truppe in Transnistria obbligando così Kiev a spostare sul confine delle truppe impegnate in altre aree di guerra. Un tentativo di indebolire le forze ucraine con un diversivo. Sempre a proposito di manovre russe, lo scorso 21 febbraio la Süddeutsche Zeitung, WDR, NDR e altri nove media europei hanno riferito di un documento interno del Cremlino di 17 pagine intitolato «Obiettivi strategici della Federazione Russa in Bielorussia». Nel documento che sarebbe stato scritto nell’estate 2021 si parla della volontà della Federazione russa di annettere la Bielorussia entro il 2030. Gli obiettivi strategici della Russia in Bielorussia sono nei settori della politica/difesa, commercio ed economia e società, e si dividono in dividono in breve termine (fino al 2022), medio termine (fino al 2025) e lungo termine (2030) . Secondo la Süddeutsche Zeitung l’obbiettivo strategico finale della Russia è di «assicurare l'influenza dominante della Federazione Russa nei settori della politica sociale, del commercio, dell'economia, della scienza, dell'istruzione e della cultura». Segnale inequivocabile è il fatto che riforma costituzionale bielorussa, decisa nel febbraio 2022, dovrebbe essere completata secondo le condizioni dettate da Mosca quindi le leggi dovrebbero essere «armonizzate con quelle della Federazione Russa». Per Martin Kragh, vicedirettore del Centro di studi sull'Europa orientale (SCEEUS) di Stoccolma: «Nella sua forma esteriore, il documento assomiglia a un documento standard della burocrazia o dell'amministrazione politica russa e il contenuto è in gran parte coerente con gli obiettivi politici della Russia nei confronti della Bielorussia sin dagli anni '90». Evidente che con l’operazione Mosca voglia evitare qualsiasi influenza occidentale su Minsk e allo stesso tempo alzare una sorta di muro contro la NATO. Ma che ne pensa il dittatore Alexander Lukashenko presidente della Bielorussia dal 1994 che senza la protezione russa e i brogli elettorali (come quelli del 9 agosto 2020) sarebbe stato cacciato dal suo popolo? Il presidente bielorusso è ormai «prigioniero» di Vladimir Putin ed è molto probabile che i loro continui incontri servano solo a trovare una soluzione che salvaguardi Alexander Lukashenko e la sua famiglia, dall’inevitabile annessione russa.

Putin ultrà a Mosca: "Battaglia eroica per le terre storiche". E punta la Moldavia. Storia di Matteo Basile su Il Giornale il 22 febbraio 2023.

Entra allo stadio Luzhniki di Mosca con passo svelto, sguardo alto, sorridente. Quasi come un divo del cinema. La perfetta rappresentazione scenica del leader di un regime autoritario. Che non a caso ha chiamato a raccolta migliaia di persone a cui sono state fornite bandierine, vessilli, una diaria di 500 rubli (meno di 7 dollari ma da quelle parti non sono pochi), permessi speciali per assentarsi da lavoro e da scuola, oltre cibo e bevande calde per tutti i partecipanti. Dal palco condiviso con generali, militari e plotoni di uomini armati che si sono esibiti sparando qua e là, Vladimir Putin ha recitato il suo solito copione. Quello dell'uomo forte che difende «patria e famiglia» da minacce più immaginarie che reali e ribadisce le sue più che arbitrarie motivazioni per portare avanti una guerra che domani girerà la boa dell'anno di durata. E che si prevede ancora lunga.

«In Ucraina stiamo portando avanti una battaglia per la nostra gente e per i nostri confini storici», ha detto Putin, rilanciando così il vecchio mito della grande Russia. «Tutto il nostro popolo è difensore della patria», ha aggiunto prima del concerto a cui lui stesso ha dato il via cantando l'inno nazionale non prima di aver mescolato concetti patriottici, religiosi e mistici. Un evento così nazionalistico che un militare intonato una canzone rap in cui scandiva «la bandiera rossa sventolerà su Berlino», chiaro richiamo alla seconda Guerra mondiale. Celebrare l'unità di facciata, la coesione, la forza e l'assenza di paura da parte di un gigante azzoppato che continua comunque a spaventare l'Occidente. Ma ha ben chiari anche i propri di timori. Oltre a le voci contrarie che stanno prendendo sempre più piede nell'establishment russo, ieri nei pressi dello stadio sono installati sistemi di difesa aerei per proteggere il presidente e i suoi sodali. Il rischio era l'attacco da parte di droni ucraini, dopo che le forze armate di Kiev sono riuscite a colpire nei mesi scorsi aeroporti e punti strategici in varie città russe. Non a caso dalla metà di gennaio sono spuntate barriere antimissile nel centro di Mosca, in prossimità di tutti gli obiettivi considerati più sensibili come il ministero della Difesa, il Cremlino, l'aeroporto militare di Ostafyevo.

Ma oltre alle parole, alle dimostrazioni muscolari e i proclami più o meno strampalati, quel che più preoccupa sono i provvedimenti adottati da Mosca. Dopo l'annuncio dello stesso Putin, la Duma ha adottato un disegno di legge (naturalmente approvato all'unanimità) per sospendere la partecipazione russa al trattato New Start sul controllo delle armi nucleari. Nel testo, che sancisce il cambio di rotta fortemente voluto dallo Zar, viene sottolineato che la decisione di riprendere la partecipazione al trattato spetta al capo dello Stato. Una scelta volutamente provocatoria verso l'Occidente che il presidente americano Biden ha bollato come «un grave errore». Non solo minaccia nucleare. Putin ha anche firmato un decreto che revoca il provvedimento del 7 maggio del 2012 con le linee guida del Cremlino sulla politica estera di Mosca. E non si tratta di un atto formale. Il documento infatti riguarda anche le relazioni internazionali, in particolare il rispetto della sovranità della Moldovia, con l'impegno ad attivarsi per risolvere la questione della Transnistria sulla base dell'integrità territoriale della Moldova e dell'assistenza attiva per rafforzare Abkhazia ed Ossezia del sud come moderni stati democratici. Il tutto, grazie a relazioni internazionali «amichevoli tra gli Stati sulla base dell'uguaglianza, del rispetto per la loro sovranità e integrità territoriale», sotto l'egida della Nazioni Unite. Tutto nel cestino. L'ennesima svolta autoritaria decisa da Putin non significa necessariamente ostilità contro la Moldavia ma di fatto lascia carta bianca a Mosca. Proprio mentre il Paese confinante ha denunciato l'organizzazione di un colpo di stato promosso da forze filorusse infiltrate. Forse non il preludio per un'altra invasione in stile Ucraina ma un altro, pericoloso, segnale di una Russia sempre più lontana dalle basi della democrazia.

Il discorso di Putin nello stadio dei mondiali: «Dio, patria e famiglia». Marco Imarisio su il Corriere della Sera il 23 Febbraio 2023

Ai piedi della statua di Lenin si combatte tra fratelli. Dopo un virile confronto con una fazione zarista e moscovita, reso più spigoloso dalle abbondanti libagioni, il prezioso avamposto viene conquistato dalla sezione siberiana del Movimento di liberazione nazionale (Nod). È l’organizzazione diventata celebre negli anni scorsi per i pestaggi e le cariche contro i cortei dei «Navalniti», i giovani sostenitori di Alexei Navalny, dettaglio che forse spiega anche il rapido esito della contesa.

Il monumento al padre fondatore, il secondo più alto della capitale, viene avvolto da bandiere che richiamano i colori del nastro di San Giorgio, simbolo della vittoria russa nella Grande Guerra Patriottica. La posizione è strategica. Da qui si gode di ampia visuale sul mega schermo ai cancelli dello stadio Luzhniki, e al tempo stesso siamo a poca distanza dalle cucine da campo montate da finti militari, che distribuiscono «il rancio dei nostri soldati dell’Operazione militare speciale», una vaschetta di grano saraceno bollente con salsiccia.

Sergey, il capo, riassume in modo veloce il programma del Nod. Ritorno ai confini del 1945 mediante annessione di tutte le Repubbliche ex sovietiche, nessuna esclusa, ripristino della sovranità russa, e già che ci siamo liberazione da ogni tipo di dipendenza coloniale dagli Usa, con metodi non meglio precisati, si suppone non pacifici.

Ma ora bando alle ciance, si canta. Il concerto non può che cominciare dai Liubé, il gruppo preferito da Vladimir Putin, che deve il suo nome a una località della periferia moscovita diventata celebre negli anni Novanta per essere il crogiuolo delle più feroci bande criminali dell’epoca. «Sergente, devi credere nell’anima del soldato, lei ci condurrà alla gloria» è il ritornello. Tutti insieme, intima il cantante. Sergey e i suoi compagni eseguono intonando la strofa con la mano sul cuore.

Non è folclore. Molto semplicemente, ci credono. Sono una ventina di persone, arrivate da Orenburg, ai piedi degli Urali, e dal Kuzbass, il più grande bacino di carbone della Russia, Siberia sudoccidentale. Sono arrivati in pullman, due giorni e mezzo di viaggio per quasi 4 mila chilometri. Nessuno di loro ha il biglietto per entrare a questa festa che anticipa la Giornata dei Difensori della Patria e vista con occhi occidentali somiglia molto a una fiera dell’ultranazionalismo. «Non importa, basta esserci» dice Yurij, siberiano allampanato che sventola una bandiera con la scritta «Per la madrepatria, per la sovranità, per Putin». Nod è una formazione così estrema da essere stata bandita da ogni consesso presentabile. «È una autentica ipocrisia» dice ammiccando verso lo stadio. «Stanno ripetendo le nostre parole d’ordine». Ci saluta al grido di Dio, patria e famiglia.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

Dentro, è un concertone a inviti per almeno 80 mila persone. Si entra solo con il biglietto, facsimile di una bandiera russa, reperibile attraverso associazioni regionali. Trecento rubli di incentivo, l’equivalente di due pacchetti di sigarette, e una indispensabile coperta per proteggersi dal freddo feroce, 15 sottozero alle due del pomeriggio, che obbligherà alla resa anticipata molti spettatori e poi gli stessi organizzatori. Alcuni canali Telegram sostengono che nel pacchetto vi sia anche un decalogo di istruzioni tra le quali compaiono le voci «negare di aver ricevuto alcuna ricompensa, evitare di rispondere alle domande dei giornalisti».

La formula è quella ben oliata dei grandi raduni filogovernativi. Una coppia di presentatori di successo, il palco con tre passerelle montato in fondo al campo che nel 2018 ospitò la finale dei Mondiali di calcio, tanti ospiti, un solo filo conduttore. A differenza delle ultime occasioni, forse toni più forti. I cantanti Akim Apacev e Darya Frei propongono un canto funebre ucraino con parole riadattate. «Nella fabbrica dell’Azovstal sono stati sepolti i demoni nazisti…». Nikolay Romanenko, un soldato decorato con l’Ordine del coraggio, intona un rap sulla melodia di Katiuscia, la più famosa canzone popolare sovietica, che in italiano è il tema dell’inno partigiano Fischia il vento. «Non so cosa ci aspetta/ma so che sicuramente vinceremo/è una guerra, che non abbiamo iniziato noi/ma la finiremo, non so quando/ma la nostra bandiera sventolerà a Berlino/nell’attesa non ho paura di sporcarmi le mani di sangue». Il testo originale era meno truculento.

Alle 16.30 arriva il momento tanto atteso. Putin sale sul palco. Parla solo cinque minuti, con concetti conformi all’evento e annessa escursione teologica. «Difensore della patria. In queste parole c’è qualcosa di enorme, potente, mistico e sacro. Non a caso la preghiera più nota inizia con Padre nostro, non a caso noi diciamo Madre Patria: perché c’è qualcosa di molto vicino a ogni persona, a ogni anima. Alla fine dei conti, patria e famiglia sono la stessa cosa. Quando siamo uniti come oggi, non abbiamo uguali. Tutto il nostro popolo è difensore della patria. Evviva!». In contemporanea con l’uscita del presidente, si alzano almeno 20 mila persone per dirigersi ai cancelli. La fede patriottica non conosce limiti, ma anche il freddo non scherza. Avvolti da coperte termiche, Sergey e gli altri resistono impavidi sotto lo sguardo severo di Lenin. «Come nel 1943».

Putin: "Impossibile sconfiggere la Russia sul campo di battaglia". Ernesto Ferrante su l’Identità il 22 Febbraio 2023

Un’ora e 45 minuti, con alcune parole ripetute in maniera martellante: 34 volte "Russia", 24 "Ovest", 19 "Ucraina", 11 "Stati Uniti" e 10 "Nato". Nel suo discorso sullo stato della nazione pronunciato davanti all’Assemblea federale, il presidente russo Vladimir Putin ha condensato retorica, visione strategica, analisi, frasi ad effetto e alcuni pesanti avvertimenti. I parlamentari hanno applaudito 53 volte, di cui quattro alzandosi in piedi.

L’incipit era molto prevedibile, visto l’approssimarsi del primo anniversario dell’inizio dell’operazione militare speciale: "Voglio ripeterlo, loro hanno iniziato la guerra e noi abbiamo usato la forza per fermarla. Non avevamo dubbi. Tutto era pronto per un’azione punitiva di Kiev in Donbass. Tutto questo era completamente contrario ai documenti accettati dal consiglio di Sicurezza nazionale". "Ucraina e Donbass sono diventati simbolo di menzogne totali", ha detto ancora, accusando l’Occidente di aver tradito "accordi fondamentali" e di fare "dichiarazioni ipocrite". "Abbiamo fatto questa mossa un anno fa per difendere le persone che abitavano le nostre terre da sempre che erano sotto minaccia di un regime neonazista ucraino dopo il golpe del 2014", ha ribadito con forza il capo del Cremlino, sottolineando come "passo passo" si stia cercando "di risolvere i problemi, raggiungere gli obiettivi".

Putin davanti alle Camere riunite ha parlato di "un periodo complicato per il Paese in un momento di drastici cambiamenti nel nostro mondo". "Eventi storici determineranno il futuro del nostro Paese e ciascuno di noi ha un’enorme responsabilità", ha affermato non nascondendo le insidie che si potrebbero incontrare lungo il percorso.

Lo "zar" ha sostenuto che prima dell’inizio delle ostilità, Mosca "ha cercato di fare il possibile per risolvere il problema pacificamente, negoziando una via pacifica per uscire da questo conflitto, ma dietro le nostre spalle è stato preparato uno scenario molto diverso".

"Speciale gratitudine" è stata espressa per i cittadini delle regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia, che hanno determinato il loro futuro con i referendum "nonostante le minacce terroristiche dei nazisti" e le "azioni militari in corso".

Secondo il presidente russo, l’Occidente ha punito se stesso con le sanzioni alla Russia. "L’Occidente, ha dichiarato, "ha dato il via ad un’aggressione non solo militare e di informazione, ma anche economica. I promotori delle sanzioni stanno punendo se stessi. Hanno provocato un aumento dei prezzi nei loro stessi paesi, la chiusura di fabbriche, il collasso del settore energetico e dicono ai loro cittadini che sono i russi quelli da biasimare".

I deputati sono stati chiamati a sostenere la "crociata valoriale" russa: "Dobbiamo difendere i nostri figli, i nostri bambini dal degrado dell’Occidente che cercherà di distruggere la nostra società". Dito puntato contro la "catastrofe spirituale dell’Occidente" dove "persino la pedofilia viene considerata una cosa normale".

Il leader ha affrontato poi in maniera decisa la questione dei matrimoni gay. "Questo va bene, si tratta di adulti, noi siamo tolleranti su questo in Russia", ha spiegato, rivendicando però che "la famiglia è l’unione tra un uomo ed una donna", come viene sancito "dai testi sacri di ogni religione" che "l’Occidente mette in dubbio".

Chiaro e forte il messaggio indirizzato a chi vede in difficoltà le sue truppe: "Faremo di tutto per la vittoria". Poi un annuncio: "Abbiamo progetti di armi che superano come caratteristiche quelle dell’Occidente. Ora dobbiamo iniziare la loro produzione in serie nelle nostre fabbriche".

Spazio anche ai ringraziamenti, "al popolo russo per il suo coraggio" e soprattutto agli "eroi nelle forze armate, le forze di frontiera e tutte le forze di sicurezza, in particolare gli squadroni in Donetsk e Luhansk".

Sarà costituito un fondo speciale "per l’assistenza mirata alle famiglie dei soldati caduti e dei reduci dell’operazione militare speciale".

"La Russia non può essere sconfitta sul campo di battaglia". L’Occidente, secondo Vladimir Putin, non sta cercando di nascondere il suo obiettivo, che è quello di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, né le sue intenzioni di trasformare un conflitto locale in una guerra globale. Inequivocabile il passaggio: "Questo è precisamente il modo in cui lo intendiamo e noi reagiremo di conseguenza. In questo caso in agenda c’è l’esistenza del nostro paese. Ma non possono fare a meno di realizzare che è impossibile sconfiggere la Russia sul campo di battaglia".

Infine l’annuncio più pesante per le ricadute che potrebbe avere: "La Russia sospende la sua partecipazione dallo Start", il trattato sul controllo delle armi nucleari tra Washington e Mosca firmato a Praga da Barack Obama e Dmitry Medvedev il 10 aprile del 2010 quando "Stati Uniti e Russia non si consideravano avversari".

"Una circostanza dovrebbe essere chiara a tutti: più i sistemi occidentali a lungo raggio arriveranno in Ucraina, più saremo costretti ad allontanare la minaccia dai nostri confini. Questo è naturale", ha avvertito ancora il presidente. Durissimo l’affondo contro gli Stati Uniti, ritenuti responsabili di aver brutalmente distrutto l’ordine mondiale del secondo dopoguerra per costruire un mondo in stile americano dove "c’è un solo padrone".

"Per fare questo, secondo quanto riferisce la Tass, hanno iniziato a distruggere grossolanamente tutte le basi dell’ordine mondiale, stabilite dopo la seconda guerra mondiale, al fine di cancellare l’eredità sia di Yalta che di Potsdam. Passo dopo passo, hanno iniziato a rivedere il mondo esistente, a smantellare i sistemi di sicurezza e di controllo degli armamenti". Gli Usa "hanno pianificato e condotto un’intera serie di guerre in tutto il mondo. E tutto, ripeto, con un unico obiettivo: rompere l’architettura delle relazioni internazionali creata dopo la seconda guerra mondiale".

Le solite menzogne (e due cose vere): lo Zar sulla difensiva deve alzare i toni. Storia di Roberto Fabbri su Il Giornale il 22 febbraio 2023.

Vladimir Putin costruisce una sua realtà molto fantasiosa sulle vere cause del conflitto in cui si è impelagato in Ucraina, indirizza minacce sul futuro della coesistenza tra superpotenze nucleari e promette che la sua guerra andrà avanti fino all'immancabile vittoria. Il tempo di un'intera partita di calcio, intervallo compreso, per dire poco o niente di diverso dai soliti temi che è ormai costretto a ripetere da molti mesi a questa parte. Visto da Occidente, il discorso del leader russo non offre elementi di novità al di fuori della sospensione della partecipazione di Mosca al trattato Start. Ma è proprio dal nostro punto di vista che è possibile notare forse l'unico sviluppo davvero significativo: l'accentuarsi inevitabile davanti al crescere delle difficoltà di elementi difensivi. Lo «zar» è strategicamente con le spalle al muro ed è costretto ad alzare i toni della retorica del falso assedio cui la Russia sarebbe sottoposta e ad assicurare che non ci sarà nessuna sconfitta: tutto il contrario rispetto all'aggressiva sicumera di un anno fa.

Nel suo discorso Putin è ricorso a palesi falsità. La principale è la pretesa che sia stato l'Occidente a cominciare il conflitto. A suo dire, Mosca avrebbe fatto di tutto per risolvere pacificamente la questione del Donbass, ma ha dovuto usare la forza di fronte all'inganno occidentale: non è andata così, con la sua lettura degli accordi di Minsk Putin puntava a mettere un piede nel governo di Kiev per impedirne l'avvicinamento all'Europa, ma il gioco non gli è riuscito ed è passato a un'invasione travestita da soccorso ai connazionali minacciati dai «nazisti». Ha poi ribadito anche ieri che il teatro della guerra sarebbe «storica terra russa», disprezzando la chiara volontà di chi oggi ci vive. Ha minacciato di respingere una minaccia militare alla Russia che non esiste, mentre appare ogni giorno più chiaro il tragico bluff sulla qualità delle sue forze armate.

Dalla Nato e da Kiev sono giunte chiare risposte. Il segretario generale dell'Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg ha sottolineato di non vedere in Putin, che si è rivolto all'Iran e alla Corea del Nord per rifornirsi di armi, alcuna volontà di pace, ma solo di continuare a lungo la sua guerra. Insieme con il capo della diplomazia Usa Antony Blinken e di quella europea Josep Borrell, ha deplorato «la deludente decisione» di ritirarsi dal Trattato Start. Una scelta abbinata a nuove minacce di Putin sull'uso possibile di armi sempre più potenti, che appaiono però a ben vedere vuote come quella di impiegare in Ucraina il meglio della sua aviazione militare. Il che non avviene non perché Mosca scelga di limitarsi, ma perché teme di vedersela decimare in breve tempo.

Due cose vere Putin ha detto: che non si fermerà (non può, e anche questo è chiaro da un pezzo) e che non intende «cedere alle idee occidentali»: e questo è ancor più credibile. Perché è esattamente contro queste (certo non contro i fantomatici nazisti, utili solo per la sua grossolana propaganda) che ha mandato i suoi uomini a combattere in Ucraina, un Paese che non doveva diventare un'alternativa democratica di successo al suo regime. Ed è per questo che ha cacciato in galera Aleksei Navalny e costretto all'esilio Mikhail Khodorkovskij, gli unici due russi che pur diversissimi sarebbero in grado di contrapporgli una vera alternativa politica.

Poi ci sono i cinesi. Ieri Wang Yi ha confermato con Putin «relazioni solide come la roccia». Logico: la Cina non potrebbe smentirsi dopo un anno di retorica in tal senso, a parte il fatto che l'attuale alleanza diseguale con Mosca è convenientissima per Pechino. Inoltre, al di là delle difficoltà contingenti, Putin e Xi Jinping condividono l'obiettivo di fondo di sovvertire a proprio favore gli attuali equilibri mondiali. Inutile illudersi: Pechino non proporrà mai un progetto di pace che non convenga al suo alleato, perché danneggerebbe se stessa.

Lo Zar 'cita' anche l'Italia. Il delirio di Putin contro Kiev e l’Occidente e la minaccia nucleare: “L’Ucraina ha iniziato la guerra”. Fabio Calcagni su Il Riformista il 21 Febbraio 2023

L’Assemblea Federale di Mosca è lo scenario per ascoltare il disco rotto di Vladimir Putin. Il leader del Cremlino nel suo discorso sullo Stato della Nazione, a quasi due anni dall’ultima volta in cui aveva pronunciato il suo ‘sermone’ al popolo russo, torna a sproloquiare di propaganda e falsità sulla guerra in Ucraina.

Davanti a entrambe le camere del parlamento, l’obiettivo dello Zar è uno e uno soltanto: attaccare a testa bassa l’Occidente, vero e unico responsabile del conflitto in Ucraina, la “operazione militare speciale” che anche Putin durante il suo discorso ad un certo punto chiama “guerra”.

Si parte dall’oggetto originale del contendere, quel Donbass dove dal 2014 è in corso una guerra civile tra Kiev e i separatisti filo-russi appoggiati da Mosca. Secondo Putin la Russia “ha fatto il possibile per risolvere la questione in modo pacifico”, ma “sono stati loro”, ovvero gli ucraini, “a iniziare la guerra, noi usiamo la forza per fermarla”.

Modo pacifico che Putin spiega così: “Nel dicembre 2021 abbiamo inviato ufficialmente alla Nato le bozze di un accordo sulle garanzie di sicurezza, ma abbiamo ricevuto un rifiuto diretto su tutte le posizioni. Poi è diventato finalmente chiaro che era stato dato il via libera all’aggressione. La minaccia cresceva ogni giorno“.

L’obiettivo è triplice per Putin: l’Occidenta, la Nato e Volodymyr Zelensky. Per questo il leader del Cremlino assicura che la Russia continuerà “sistematicamente” l’offensiva in Ucraina. Secondo lo Zar “l’Occidente ha preso in giro le sue persone” giocando “con carte false” per ingannare i russi, che auspicavano invece una  soluzione pacifica per evitare l’intervento militare mentre l’Ucraina invece “voleva dotarsi di armi nucleari”.

Poi i due leitmotiv: l’Ucraina ostaggio dell’Occidente e il presunto regime nazista a Kiev. Putin parla infatti di un “popolo ucraino ostaggio del regime dell’Occidente, che per decenni ha saccheggiato le sue risorse e portato il popolo alla povertà. L’Occidente usa l’Ucraina come una piazza d’armi, come un poligono contro la Russia. Più verranno forniti sistemi a lungo raggio all’Ucraina più saremo costretti a tenere lontana la minaccia dai nostri confini. L’obiettivo dell’Occidente è portare la Russia ad una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre. Non si rendono conto che è in gioco l’esistenza stessa della Russia”.

Quindi l’accusa all’Occidente di aver aperto la strada al nazismo in Germania negli anni ’30 e che “adesso fa lo stesso in Ucraina”, appoggiando “milizie naziste”. Anche perché, è la minaccia che arriva davanti ai parlamentari russi, “la forza di deterrenza nucleare della Russia è dotata al 90% di armi avanzate: un livello che dovrebbe essere esteso all’intero esercito”, dunque “è impossibile sconfiggere la Russia sul campo di battaglia”.

E a proposito di nucleare, da Mosca arriva un messaggio importante a Washington. Putin annuncia dal palco la sospensione della partecipazione al trattato Start, l’ultimo accordo sulla riduzione delle armi nucleari ancora in vigore con gli Stati Uniti, perché non può permettere agli ispettori americani di visitare i siti nucleari russi mentre Washington è intenta ad infliggere “una sconfitta strategica” a Mosca- “Sospendiamo il trattato, ma non ce ne ritiriamo. Non useremo mai l’arma nucleare per primi“, ha sottolineato Putin nel suo discorso sullo Stato della Nazione. “Se Stati Uniti azzarderanno test nucleari, li faremo anche noi. E la richiesta dell’Occidente di far entrare i loro ispettori è assurda”

Il palcoscenico dell’Assemblea Federale di Mosca serve a Putin anche per rassicurare il suo fronte interno davanti alle sanzioni economiche che rischiano di affossare il Paese, sempre più isolato a livello internazionale. Secondo Putin “l’economia ha superato tutti i rischi”, anzi il Cremlino “ha tutto per garantire la sicurezza e lo sviluppo del Paese”.

Al contrario, le sanzioni internazionali “sono solo un mezzo” con cui l’Occidente “vuole far soffrire i nostri cittadini” ma in realtà quest’ultimo “sta punendo sé stesso”. Putin infatti spiega ai suoi che “hanno provocato un aumento dei prezzi nei loro paesi, la chiusura di fabbriche, il collasso del settore energetico, e stanno dicendo ai loro cittadini che la colpa è dei russi” e aggiunge che invece di crollare, l’economia russa è stata ristrutturata e la Russia fa ancora affari con molte aree del mondo.

Un lungo monologo in cui Putin ad un certo punto si rivolge chiaramente agli oligarchi che il suo stesso regime ha aiutato ad arricchirsi. Parlando infatti di chi ha portato i fondi all’estero e che causa sanzioni internazionali “è stato saccheggiato, derubato, ha perso tutto“, Putin sottolinea che “nessuno dei semplici cittadini del Paese è dispiaciuto per chi ha perso i capitali all’estero, per chi si è comprato yacht e ora ha i fondi bloccati“. A questi ‘imprenditori’ però lo Zar dà un consiglio o per meglio dire “una seconda scelta“: “Lavorare per la propria patria e questi imprenditori sono tanti e qui è il futuro del business“.

Rivolgendosi al suo popolo, il numero uno del Cremlino ricorda che “la maggioranza assoluta dei russi ha espresso il proprio sostegno all’operazione militare speciale” e che “saremo ancora più forti, faremo di tutto perché sulla nostra terra ritorni la pace”.

La contronarrazione di Putin usa come strumento di ‘accusa’ all’Occidente anche i diritti civili. Lo Zar, come il Patriarca Kirill, tira in ballo ancora una volta l’idea di una “guerra santa” tra opposti stili di vita. “La famiglia è l’unione fra un uomo e una donna: lo si legge in tutte le sacre scritture che oggi vengono messe in dubbio. Milioni di persone in Occidente stanno andando verso una catastrofe spirituale, è una follia. Noi dobbiamo difendere i nostri figli dal degrado e dall’estinzione. Perdona loro Signore, perché non sanno quello che fanno…. Ci sono anche preti che approvano i matrimoni omosessuali”, le parole di Putin dal palco dell’Assemblea Federale di Mosca.

Lo Zar durante il suo discorso cita espressamente anche il nostro Paese. Nel ‘rivendicare’ come Mosca “sostiene sempre i suoi partner in situazioni difficili”, Putin cita l’aiuto russo “ai Paesi europei, come l’Italia, durante il momento più difficile della pandemia di Covid, esattamente come stiamo andando in aiuto nelle zone del terremoto” in Turchia e Siria.

“La Russia risponderà a qualsiasi sfida. Perché siamo tutti un unico paese. Siamo un grande popolo unito. Siamo fiduciosi nel nostro potere. La verità è con noi. Grazie“. Così infine il presidente russo  ha chiuso il suo discorso all’Assemblea Federale dopo circa due ore di monologo.

Fabio Calcagni. Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.

Putin torna a parlare alla nazione: i passaggi principali del discorso. L'Indipendente il 22 Febbraio 2023

Nel discorso di due ore tenuto oggi all’Assemblea Federale a Mosca, il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito l’intenzione di proseguire l’offensiva in Ucraina fino al raggiungimento dei propri obiettivi. L’ultimo discorso sullo stato della nazione si era tenuto nel 2021, mentre nel 2022 era saltato per via dello scoppio della guerra. Nel discorso di fronte alle Camere riunite il leader ha dichiarato che la Russia auspica una soluzione pacifica per evitare il conflitto in Ucraina, ma l’Occidente ha giocato «con carte false» per ingannare Mosca. Per questo motivo, Putin ha annunciato la «sospensione» (ma non il ritiro) del trattato Start sulla riduzione delle armi nucleari stipulato con gli Stati Uniti. La Casa Bianca ha definito «assurdo» il discorso di Putin, il quale per la NATO si starebbe preparando «a una nuova guerra».

Il presidente russo ha spiegato che le operazioni militari in Ucraina iniziate un anno fa sono state motivate dal fatto che quest’ultima voleva «dotarsi di armi nucleari». «Non avevamo dubbi che a febbraio avevano pronte operazioni punitive nel Donbass, dove già avevano fatto bombardamenti, e questo era in contraddizione con la risoluzione dell’ONU». L’inizio della guerra sarebbe quindi da imputare agli ucraini, ha dichiarato Putin, che avrebbero avuto l’intenzione di attaccare non solo il Donbass, ma anche la Crimea. «Loro hanno fatto cominciare la guerra, noi usiamo la forza per fermarla» ha dichiarato. A questo si è aggiunto l’intento dell’Occidente di «portare la Russia a una sconfitta strategica», al fine di «eliminarci per sempre». «Non si rendono conto che è in gioco l’esistenza stessa della Russia» ha dichiarato Putin, aggiungendo che «l’Occidente ha preparato l’Ucraina a una grande guerra e oggi lo riconosce», spendendo (e continuando a spendere) miliardi di dollari in aiuti militari. Agli occidentali «non interessa niente e sono pronti a usare chiunque» per colpire la Russia, ha affermato il leader, denunciando l’appoggio degli Stati occidentali alle milizie naziste ucraine. «Più useranno sistemi a lungo raggio, quindi più armi a lunga distanza arrivano in Ucraina, più lontano noi saremo costretti a respingere la minaccia dai nostri confini, è chiaro e naturale». Putin ha poi dichiarato che «la forza di deterrenza nucleare» del Paese è dotata «al 90% di armi avanzate: un livello che dovrebbe essere esteso all’intero esercito». L’applicazione dello Start, il trattato sulla riduzione delle armi nucleari stretto con gli Stati Uniti, verrà «sospesa» ma non ritirata, ha annunciato il presidente, invitando il ministero della Difesa e l’azienda Rosatom a essere preparati per effettuare test sulle armi nucleari. «Non le useremo mai per primi, ma se lo faranno gli Stati Uniti dobbiamo essere pronti. Nessuno deve farsi illusioni: la parità strategica non deve essere infranta».

Tenuto conto di ciò, Putin ha sottolineato di non essere «in guerra con il popolo dell’Ucraina», il quale «è ostaggio del regime nazista di Kiev e dei suoi patrocinatori, che hanno realmente occupato quel Paese politicamente, militarmente ed economicamente». In riferimento alle regioni annesse di Donetsk, Lugansk, Cherson e Zaporizhzhia, il presidente russo ha specificato che «sono sotto il nostro appoggio diretto e voglio dire che adesso siamo con voi, faremo di tutto perché in questi nostri territori torni la pace, la ripresa sociale ed economica per far ripartire le imprese e il lavoro e costruiremo strade moderne come in Crimea».

In riferimento alle sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia, il leader ha commentato che l’unico effetto è stato provocare «la crescita dei prezzi e la perdita dei posti di lavoro: sono vittime delle loro stesse decisioni e i cittadini lo sanno». «Le sanzioni anti-russe sono soltanto un mezzo, mentre l’obiettivo è, come dichiarano gli stessi leader occidentali, cito direttamente: ‘Far soffrire i nostri cittadini’. Ecco che tipo di umanisti sono. vogliono far soffrire le persone in modo da destabilizzare la nostra società dall’interno. Ma i loro calcoli non hanno dato buoni risultati». Per far fronte alle sanzioni, la Federazione Russa ha stanziato più di un trilione di rubli, reperiti con un forte contributo del mercato, mentre l’economia russa «ha superato tutti i rischi». «Espanderemo la cooperazione economica con altri Paesi e costruiremo nuovi corridoi logistici. Grazie a una buona bilancia dei pagamenti della Russia, non abbiamo bisogno di inchinarci e mendicare soldi all’estero» ha dichiarato il leader. Per gli oligarchi russi che hanno perso beni e capitali perché congelati dall’Occidente, Putin ha dichiarato che «nessuno dei comuni cittadini è dispiaciuto», invitando i miliardari a «non supplicare» l’Occidente per riavere i propri soldi. «Non investite all’estero, ma in Russia. Lo Stato e la società vi sosterranno».

Riferendosi poi direttamente all’Italia, Putin ha dichiarato che «la Russia sa essere amica e mantenere la parola data, lo dimostra il nostro aiuto ai Paesi europei, come l’Italia, durante il momento più difficile della pandemia di Covid, esattamente come stiamo andando in aiuto nelle zone del terremoto». Sottolineando poi che «le elezioni a settembre e le presidenziali nel 2024 saranno tenute nel rispetto della legge», Putin ha infine dichiarato che «la Russia risponderà a qualsiasi sfida, perché siamo tutti un unico Paese. Siamo un grande popolo unito. Siamo fiduciosi nel nostro potere».

Biden a sorpresa da Zelensky “Altre armi per 500 milioni”. Ernesto Ferrante su l’Identità il 21 Febbraio 2023

Il presidente americano Joe Biden è arrivato a sorpresa a Kiev dopo un viaggio di 10 ore in treno dalla Polonia. La decisione sarebbe stata presa venerdì, dopo una riunione con i vertici del suo Consiglio di Sicurezza Nazionale nell’Ufficio Ovale.

Poche ore prima della sua partenza dagli Usa, verso le quattro di pomeriggio di domenica, Washington ha informato Mosca “per deconflittualizzare”, ha rivelato Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale. Sullivan ha definito la visita “senza precedenti in tempi moderni” dal momento che è avvenuta “nella capitale di un Paese in guerra dove i militari Usa non controllano le infrastrutture cruciali”.

Biden ha reso omaggio al “coraggio e alla leadership” del suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, nel messaggio lasciato sul libro degli ospiti di Palazzo Mariinsky, residenza ufficiale del presidente dell’Ucraina. “Sono onorato di essere accolto di nuovo a Kiev per mostrare solidarietà e amicizia al popolo ucraino che ama la libertà, signor presidente”, ha scritto l’anziano “dem”. “Per favore accetta il mio più profondo rispetto per il tuo coraggio e la tua leadership. Slava Ukraini!. Joe Biden”, ha aggiunto ancora.

Lasciato il palazzo, i due hanno visitato il monastero di San Michele. Poi hanno passeggiato insieme in piazza Mikhailovskaya mentre risuonavano le sirene di allarme antiaereo. “Biden è volato a Kiev. Putin, attraverso canali segreti, su richiesta di Washington, ha dato garanzie di sicurezza per la visita di Biden a Kiev. Ma Zelensky ha dato l’ordine di attivare deliberatamente un falso allarme antiaereo”, ha accusato il politologo russo Sergei Markov sui social.

Forte l’incoraggiamento dell’inquilino della Casa Bianca agli ucraini: “Quella in atto è la più grande guerra in Europa da anni e voi la state vincendo contro qualsiasi aspettativa. E abbiamo fiducia che continuerete così”. Guanto di sfida lanciato a Putin: “Un anno dopo, Kiev è in piedi. E l’Ucraina sta in piedi. La democrazia resiste”.

“È presuntuoso da parte mia dirlo – ha affermato – ma ho pensato che fosse importante che il presidente degli Stati Uniti fosse qui il giorno in cui è iniziato l’attacco” perché “come il presidente ricorda, avevo avvertito il mondo che Putin avrebbe attaccato”.

Nel corso della conferenza stampa congiunta con l’ex comico, il leader statunitense ha minimizzato le possibilità di Mosca, con dei toni apocalittici: “La guerra di conquista di Putin sta fallendo. L’esercito russo sta perdendo i territori occupati. I soldati russi stanno scappando dall’esercito e le persone dalla Russia stessa, perché non vedono futuro nel loro Paese. L’economia russa sta rallentando, è isolata nella sua lotta. Putin pensava che l’Ucraina fosse debole e l’Occidente fosse diviso. Ma noi siamo rimasti uniti, la Nato è rimasta unita e lui non è stato in grado di dividerci”.

“Speriamo che il 2023 diventi l’anno della vittoria”, ha dichiarato Volodymyr Zelensky, lodando il fatto che Ucraina e Stati Uniti condividano “una visione comune”. Evidenziato il supporto a stelle e strisce: “Gli Stati Uniti non hanno sostenuto il paese solo con la solidarietà, con le parole ma anche fornendo sistemi di difesa aerea, i missili Patriot, un equipaggiamento cruciale che ha permesso al nostro esercito di difendersi e di resistere”.

Annunciati nuovi “doni” di guerra: “So che ci sarà un pacchetto di misure di sostegno all’Ucraina nelle prossime settimane e questo è un segno chiaro della posizione che hanno deciso di assumere gli Stati Uniti, che ci aiuterà sicuramente a difendere le nostre città, i nostri cittadini dall’aggressione e dall’invasione da parte della Russia e che alla fine ci porteranno alla vittoria”. Altri cinquecento milioni di dollari in aiuti. Il pacchetto prevederà equipaggiamento militare, munizioni di artiglieria, armi anticarro portatili Javelin e obici Howitzer. Zelensky ha aggiunto di aver discusso con il presidente USa anche di “armi a lungo raggio”.

Parole di fuoco da Sergei Medvedev. “Biden, avendo ricevuto garanzie di sicurezza, è finalmente andato a Kiev” dove “ha promesso molte armi e ha giurato fedeltà al regime neonazista fino alla tomba”, ha scritto su Telegram il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo. Secondo Medvedev “è importante notare che l’Occidente consegna davvero armi e denaro a Kiev abbastanza regolarmente” e “in enormi quantità, consentendo al complesso militare-industriale dei Paesi della Nato di guadagnare denaro e rubare armi da vendere ai terroristi di tutto il mondo”.

Ai russi: "L'Occidente non stava complottando per attaccare". Il mondo è in guerra, Biden avvisa Putin: “La Nato fino alla fine con l’Ucraina, in gioco c’è la libertà”. Redazione su Il Riformista il 21 Febbraio 2023

Un anno dopo, la guerra in Ucraina è destinata a durare ancora a lungo. Dopo Vladimir Putin, a ribadirlo è anche il suo principale antagonista, il presidente americano Joe Biden. Nel suo discorso da Varsaiva, dopo aver visitato a sorpresa Kiev nella giornata di ieri, il leader della Casa Bianca ribadisce il sostegno incondizionato all’Ucraina, annuncia nuove sanzioni alla Russia, specificando che la nazione guidata da Zelensky non sarà mai un territorio del Cremlino.

“Un anno fa il mondo temeva la caduta di Kiev ma Kiev ancora resiste, è forte, resiste orgogliosamente e soprattutto continua a essere libera” ha sottolineato Biden dal castello di Varsavia. “Ciao Polonia, i nostri grandi alleati, presidente Duda, primo ministro, sindaco, ministri, presidenti precedenti ma anche tutti leader politici accorsi. Grazie per avermi accolto nuovamente”, ha esordito Biden. “È passato un anno dalla mia ultima visita, quando ho parlato da qui, dal castello reale di Varsavia, poco dopo che Putin aveva lanciato l’attacco omicida, la grande guerra di terra più grande in Europa dalla Seconda guerra mondiale”, ha proseguito, ricordando che “un anno fa il mondo temeva la caduta di Kiev ma Kiev ancora resiste, è forte, resiste orgogliosamente e soprattutto continua a essere libera”.

“Quando la Russia ha invaso l’Ucraina ha messo alla prova tutto il mondo, l’Europa, gli Usa, la Nato, tutte le democrazie. L’interrogativo era semplice ma profondo, avremmo risposto o ci saremmo girati dall’altra parte? Saremmo stati uniti o ci saremmo divisi? Siamo stati forti, siamo rimasti uniti, il mondo non si è voltato dall’altra parte”, ha detto Biden. E ancora: “Sì, abbiamo resistito, abbiamo difeso diritti delle persone” e “continueremo a difendere queste cose a tutti i costi”, ha detto parlando di libertà, democrazia e diritti. “Le democrazie del mondo sono diventate più forti, non più deboli, ma gli autocrati del mondo si sono indeboliti, non si sono rafforzati. In momenti di incertezza bisogna sapere quali principi difendere”, ha detto ancora.

“Putin non può più dubitare del nostro sostegno all’Ucraina e del fatto che la Nato resta unita. La Nato non si dividerà” e “non ci stancheremo mai” di fornire sostegno all’Ucraina. Putin “pensava che la Nato si sarebbe frammentata invece è più unita che mai”, ha proseguito Biden. “Pensava che poteva far diventare armi l’energia, ma in realtà l’Europa ha deciso di smarcarsi dai combustibili fossili russi” e Putin “si è trovato davanti a un uomo che guida una nazione con coraggio, il presidente Zelensky”, ha detto ancora il presidente Usa.

Poi ha ricordato l’articolo 5 della Nato: “Non ci sono dubbi, l’impegno Usa nei confronti dei nostri alleati della Nato secondo l’articolo 5 è solido come una roccia. L’attacco contro un membro è come fosse un attacco contro tutti, è un giuramento sacro e un impegno sacro, difendere ogni centimetro del territorio Nato”. Putin che “vuole terra, potere, ma prevarrà l’amore del popolo ucraino per il suo Paese, le democrazie del mondo saranno con voi oggi, domani e per sempre. La posta in gioco è la libertà”.

Numerosi i riferimenti al leader russo definito “un dittatore” che “vuole ricostruire un impero ma non sarà mai in grado di farlo”, “l’Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia”. Le forze russe “hanno commesso crimini contro l’umanità”, hanno “utilizzato lo stupro come arma da guerra, hanno rubato i bambini ucraini cercando di rubare il futuro“, “hanno colpito scuole e ospedali”, “nessuno potrà dimenticare quanto successo”.

Poi l’appello al popolo russo: “Gli Stati Uniti e le nazioni europee non cercano di controllare o distruggere la Russia. L’Occidente non stava complottando per attaccare” Mosca “come ha detto Putin oggi”, “la guerra non è mai una necessità. È una tragedia. E il presidente Putin ha scelto questa guerra”.

Basta sottovalutare Joe. Sostenendo l’Ucraina Biden ha fatto coraggio all’Europa (e reso possibile la resistenza di Kyjiv). Luciana Grosso su l’Inkiesta il 23 Febbraio 2023.

L’America è tornata, era lo slogan del presidente, per essere non solo leader muscolare dell’Occidente, ma soprattutto partner affidabile delle democrazie che volessero restarlo. Oggi possiamo dire che è vero

Foto: Evan Vucci/AP Photo

In politica ci sono le parole, le analisi, persino le tifoserie. Poi, sullo sfondo, quasi sempre inascoltati pur nel loro gridare, ci sono i fatti. E i fatti sono che martedì a Varsavia c’era una piazza piena di giovani e di bandiere polacche, ucraine, americane ed europee ad ascoltare un leader americano che parlava.

L’ultima volta che un americano ha riempito una piazza europea era l’estate del 2008, e a parlare, a Berlino, c’era Barack Obama, all’epoca ancora semplice candidato ma già formidabile oratore.

Poi, per anni, più niente. Anzi, meno di niente, visto che nel 2016 è arrivato Donald Trump e i rapporti tra Stati Uniti ed Europa si sono fatti diffidenti, se non addirittura platealmente ostili.

Poi ancora, all’inizio del 2021, è arrivato Joe Biden, e le cose sono cambiate ancora. «America is back» fu una delle sue prime stentoree affermazioni da Presidente: l’America, intendeva dire Biden, non era più una nave senza nocchiero, guidata da un leader così insipiente da averla resa irrilevante. La versione politica di un culturista un po’ scemo.

L’America, diceva Biden, era tornata per essere non solo (e non tanto) leader muscolare dell’Occidente, ma anche e soprattutto partner affidabile delle democrazie che volessero restarlo. Oggi, due anni dopo quella affermazione un po’ da film di Biden, se guardiamo all’Ucraina, possiamo dire che è vero.

E possiamo dire che il vero asso nella manica di Joe Biden, fin da quando era un giovanissimo senatore del Delaware eletto contro tutti i pronostici contro un mammasantissima del partito repubblicano, alla fine degli anni Settanta, è sempre lo stesso: è sempre stato sottovalutato.

Sarà per i suoi modi un po’ impacciati, sarà per la balbuzie che sa di innocuità (grande asso nella manica dei balbuzienti, inclusa chi scrive), sarà per la propensione alla gaffe, sarà per il modo crudele in cui la vita lo ha suonato come un pugile (una moglie morta, una figlia morta ancora bambina, il figlio prediletto morto di tumore a 46 anni), sarà per l’età avanzata.

Sarà quel che sarà, ma in un modo o nell’altro, Joe Biden viene sempre sottovalutato. Dicono che è lento e rimbambito. Eppure – questo è divertente – chi glielo rimprovera, chi lo chiama «sleepy Joe» e gli dice di essere vecchio, in genere, sostiene o Trump o Bernie Sanders, che sono due suoi coetanei (anzi, no: Sanders è un po’ più anziano).

Ma mentre Biden lascia giocare i suoi detrattori con la sua anzianità, la sua lentezza, la sua balbuzie, come fossero un gatto con un gomitolo, i fatti lavorano per lui. Nessuno al di fuori dello Studio Ovale sa se il presidente si ricandiderà, né cosa farà nei prossimi mesi. Ma sappiamo cosa ha fatto sin qui.

E così, mentre i trumpiani si divertono con i complotti e i democratici più a la page sospirano rimpiangendo il cestista Obama o immaginando le nobili gesta del Comandante Sanders, Biden ha inanellato in pochi mesi la più imponente campagna di vaccinazione di sempre, la più importante legge sul clima mai licenziata negli Stati Uniti, la più incisiva legge sulle infrastrutture mai vista, un pacchetto di misure di ripresa dal CoVid che, da solo, vale più della somma dei più importanti legislativi di tutta l’era Obama, ha portato a casa una timidissima (ma tant’è) riforma sulle armi, ha cancellato parte del debito studentesco, ha portato la disoccupazione ai minimi dal 1969, ha avviato un piano di produzione di microchip in America, ha messo a segno la più rapida crescita economica dai tempi di Reagan, ha vinto le elezioni di Medio Termine al Senato.

Il tutto alle prese con le code del Coronavirus, un ambiente politico tossico e diviso, l’inflazione più alta dagli anni Settanta, gli strascichi della scellerata decisione (firmata da Trump) di lasciare l’Afghanistan e, ovviamente, la guerra.

Eppure proprio questa guerra, che altrove e per altri leader (vedi alla voce Scholz, Olaf) è stata occasione di esitazioni e tentennamenti, per Biden è stato il modo di dimostrare che era vero che «America is Back»: sostenendo l’Ucraina ha fatto coraggio all’Europa; sostenendo l’Europa ha reso possibile l’esistenza stessa, oggi, dell’Ucraina.

Ha preso, Joe Biden, l’Occidente atterrito e spaventato e lo ha tolto dal mirino ricattatore di Vladimir Putin, dandogli coraggio e gas. Ha trasformato l’Occidente diviso in un attore politico unico, efficace, concreto, coeso. Ha preso la guerra e ne ha fatto politica. Ha preso la politica e ne ha fatto identità comune. Ha preso una piazza di Varsavia e l’ha riempita.

Il tutto, ancora attorniato dalle alzate di sopracciglia di chi dice che è vecchio, lento, un po’ pippa a giocare a basket, mascalzone che ruba le elezioni e che comunque, maxima culpa, si impapera quando legge il gobbo. Già. Non come quel figo di Putin che l’altro giorno ha letto per due ore senza inciampare mai. Ma per favore.

La premier Meloni arrivata a Kiev: visita Bucha e Irvin poi incontro con Zelensky. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 21 Febbraio 2023.

La premier italiana sorridente, è stata accolta con un mazzo di fiori prima di uscire dalla stazione e salire in auto per trasferirsi in hotel. "Sono curiosa, determinata a capire quello di cui questo popolo ha bisogno". Così la Meloni rispondendo a chi le domandava se fosse emozionata., scendendo dal treno a bordo del quale è giunta a Kiev

La premier Giorgia Meloni è appena arrivata a Kiev a bordo del treno partito nella notte dalla stazione ferroviaria di Przemysl. La presidente del Consiglio è attesa nel pomeriggio da Volodymyr Zelensky, con cui terrà una conferenza stampa. La sua missione in Ucraina ha avuto inizio realmente, proprio come aveva promesso a Volodymyr Zelensky: “Prima del 24 febbraio“. E prima che, con un giro immenso che ha però già scavallato le Politiche e le Regionali, la sua maggioranza torni ad apparire spaccata nel sostegno all’Ucraina. 

D’altro canto il senso della giornata per la premier è quello di dimostrare che, dichiarazioni e voti in Parlamento a parte, l’Italia c’è. Anche nelle manifestazioni e nella comunicazione che Zelensky reputa centrale. L’Italia c’è e non solo con le armi. Il Samp-T, il sistema di difesa aerea italo-francese a lungo agognato dagli ucraini perché indispensabile a difendere le città dai continui bombardamenti russi su obiettivi civili. O ancora, con il suo assenso ai jet europei, il bottino più ambito dalla resistenza in questa fase della guerra. 

La Meloni è arrivata all’aeroporto di Rzeszôu, con una sosta obbligata di circa un’ora in attesa che l’Air Force Four con a bordo il presidente americano Joe Biden si alzasse in volo. I due aerei sono stati a lungo ‘posteggiati’ a circa un chilometro di distanza, e tra i due presidenti non c’è stata possibilità di incontro per motivi di sicurezza. L’agenda blindata di Biden non ha consentito cambi di programma in corsa, ma ‘ è stata una lunga telefonata tra i due che ha ribadito il sostegno di entrambi all’Ucraina. I due leader hanno discusso del loro stretto coordinamento in corso sul sostegno all’Ucraina, compresa l’assistenza in materia di sicurezza, economica e umanitaria.

Dopo la missione a sorpresa a Kiev, Joe Biden oggi continua la visita in Polonia secondo il programma che era stato annunciato mentre si preparava in gran segreto il blitz in Ucraina. E c’è grande attesa per il discorso che questo pomeriggio il presidente americano pronuncerà al castello reale di Varsavia sul primo anniversario dell’inizio dell’invasione russa. Discorso che arriverà poche ore dopo quello di Vladimir Putin, atteso per questa mattina a Mosca. Oltre all’incontro con il presidente polacco Andrzej Duda, la visita di Biden a Varsavia prevede domani un vertice con i leader del gruppo “Bucharest Nine”, Paesi ex sovietici che attualmente fanno parte della Nato: Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia.

Giorgia Meloni è arrivata a Kiev, per la sua prima visita in Ucraina. Nella notte, attorno alle due, una tappa per i controlli a Leopoli, dopo avere attraversato con un treno blu, un convoglio speciale partito dalla stazione di Przemysl, il confine con la Polonia diretta nella capitale ucraina. La premier con la delegazione italiana (con lei, tra gli altri, il sottosegretario alla presidenza Giovanbattista Fazzolari) era arrivata ieri pomeriggio a Varsavia dove ha incontrato il primo ministro Morawietcky e il presidente Duda e poi si è diretta a Kiev. In mattinata prevista la visita ad alcuni dei luoghi simbolo della resistenza ucraina, e nel pomeriggio l’incontro con Zelensky nella capitale.

“La visita a Kiev del Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana Giorgia Meloni, alla vigilia dell’anniversario dell’invasione su vasta scala del suolo ucraino da parte della Russia, è senza dubbio un segnale forte del sostegno dell’Italia all’Ucraina e al popolo ucraino in questo periodo difficile per il nostro Paese“. dice all’Adnkronos Yaroslav Melnyk, ambasciatore d’Ucraina in Italia. “Siamo sinceramente grati all’Italia per la sua posizione chiara e incrollabile sulla sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina – aggiunge – che è stata ripetutamente espressa dai nostri amici italiani nell’arena politica internazionale“.

La premier italiana sorridente, è stata accolta accolta con un mazzo di fiori sul binario dal vice ministro degli Esteri, Yehven Perebynis e dall’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnyk, prima di uscire dalla stazione e salire in auto per trasferirsi in hotel. “Sono curiosa, determinata a capire quello di cui questo popolo ha bisogno”. Così la Meloni rispondendo a chi le domandava se fosse emozionata., scendendo dal treno a bordo del quale è giunta a Kiev. “Credo sia doveroso essere qua per ribadire la posizione del governo italiano e forse anche rendersi conto personalmente di quel che serve a un popolo che si batte per la libertà. È sempre diverso vedere con i propri occhi credo che aiuti anche gli italiani a capire“.

Il premier Giorgia Meloni si è recata a Bucha, una delle città-martiri ucraine, alle porte di Kiev. Il presidente del Consiglio ha fatto tappa nella chiesa ortodossa di Sant’Andrea e deposto una corona di fiori per le vittime delle fosse comuni. Ad aprile 2022, quando venne scoperto il massacro, le fosse comuni e le altre atrocità commesse dalle forze russe a Bucha, il mondo intero si strinse nella commozione e nell’indignazione all’Ucraina. Mosca ha sempre negato la responsabilità di quei crimini parlando di una ‘trappola mediaticà dell’Occidente. Bucha è diventata uno dei luoghi simbolo del conflitto ucraino.

Il sindaco di Bucha, Anatoly Fedouk, ha accolto la premier Giorgia Meloni esponendele, nei minimi dettagli, quello che è passato alla storia come il ‘”massacro” della cittadina alle porte di Kiev. Accompagnata da una traduttrice che riportava al premier le parole del primo cittadino. Ad aprile 2022, quando venne scoperto il massacro, le fosse comuni e le altre atrocità commesse dalle forze russe a Bucha, il mondo intero si strinse nella commozione e nell’indignazione all’Ucraina. Mosca ha sempre negato la responsabilità di quei crimini parlando di una ‘trappola mediatica’ dell’Occidente.

A Bucha diventata uno dei luoghi simbolo del conflitto ucraino il premier Giorgia Meloni ha deposto sotto la pioggia battente un mazzo di fiori rossi per rendere omaggio alle vittime davanti a una fossa comune dove si trovano i resti di decine di ucraini uccisi. Davanti a questo luogo simbolico, la presidente del Consiglio si è chiusa in raccoglimento, facendosi il segno della croce. Evidentemente commossa, nella sua visita la premier Meloni ha ascoltato i racconti da varie autorità ucraine delle tragedie causate in questi luoghi dall’aggressione russa. Dopo aver passato in rassegna anche una piccola mostra fotografica con le immagini degli orrori, la presidente del Consiglio ha chiesto all’interprete di tradurre un messaggio ai suoi interlocutori: “Non siete soli“.

“Siamo in attesa del vostro sostegno per creare un tribunale speciale, la Russia è responsabile dell’aggressione, senza questa aggressione non ci sarebbero stati 77 mila casi di crimini di guerra, qui a Bucha e in tante città. Insieme potremo assicurare la giustizia a tutti gli ucraini, è una lotta giustizia non solo per tutto il mondo”, ha detto alla premier Giorgia Meloni il procuratore generale dell’Ucraina, Andriy Kostin. “”L’Italia è stata con voi dall’inizio e lo sarà fino alla fine, avete tutto il nostro sostegno, combatteremo per voi e la vostra libertà” ha detto la presente del consiglio Giorgia Meloni alle autorità locali ucraine, a conclusione della visita sui luoghi dei massacri di Bucha. Una medaglia composta con le pallottole usate: è l’omaggio che le autorità locali ucraine hanno riservato alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante la sua visita a Bucha. La premier ha osservato con attenzione la medaglia e letto con interesse, ad alta voce, l’incisione sul retro: “Città non conquistata“.

Durante la sua successiva visita a Irpin, località oggetto dei bombardamenti andati in scena nelle prime fasi del conflitto la premier Giorgia Meloni ha autografato lasciando la sua firma sulla bandiera della città, accanto a quella di altri leader che in questi mesi hanno visitato quest’area dell’Ucraina particolarmente colpita dall’aggressione russa. Accolta a Irpin dal sindaco, la premier Giorgia Meloni ha ascoltato dal primo cittadino il racconto della distruzione di quest’area rivolgendogli varie domande sulla popolazione e su quanto tempo serve per ricostruire la città. “Avendo i soldi – ha risposto il sindaco -, in due anni si può ricostruire tutta la città“.

A Irpin, tappa lo scorso anno della visita congiunta di Mario Draghi con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, la premier Meloni ha consegnato alle autorità locali due generatori a supporto delle infrastrutture critiche, che sono parte di un lotto di 52 generatori, per un valore di oltre 660mila euro donati dal governo italiano all’Ucraina. Alla cerimonia simbolica, accanto a due dei 45 mezzi dei vigili del fuoco donati sempre dagli italiani, saranno presenti associazioni italiane attive a Kiev.

“È diverso parlare di numeri o vedere a caldo la vita della gente distrutta senza che ci sia una ragione, abbiamo visto fiori e peluche: è diverso, vale la pena di vederlo” ha detto la premier Giorgia Meloni aggiungendo “Spero di riuscire a trasferire quello che ho visto agli italiani, l’importanza del lavoro che stiamo facendo l’amicizia la riconoscenza, perché anche questo è importante per dare una mano con sempre maggiore impegno” prima di lasciare Irpin per tornare a Kiev, dove incontrerà il presidente ucraino Volodymir Zelensky.

“Incontrerò fra poco il presidente Zelensky e gli chiederò cos’altro possiamo fare per dare una mano. Questa battaglia gli ucraini la stanno combattendo anche per noi”. Così il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, rispondendo alle domande dei giornalisti ucraini durante la sua visita a Irpin. “L’Italia – ha aggiunto – sostiene l’Ucraina finanziariamente e politicamente”.

La premier Giorgia Meloni ha commentato ad Irpin il discorso del presidente russo Vladimir Putin: “Quello che abbiamo sentito stamattina è stata una propaganda che già conosciamo, i fatti sono diversi. Lui è il responsabile di tutto questo — ha aggiunto Meloni alzando gli occhi ai palazzi divelti, agli alberi carbonizzati —. Dice la propaganda russa che qui in Ucraina c’è un regime e che loro vogliono liberare il popolo ucraino. Ma io qui non vedo un regime, vedo gente che chiede al governo di combattere contro i russi. Sono venuta a vedere a caldo la vita della gente distrutta senza che ci sia una ragione“.

Mentre nella tarda mattinata la premier Giorgia Meloni è arrivata a Kiev, il ministro degli Esteri Antonio Tajani invece sbarcherà a New York in occasione delle iniziative al Palazzo di Vetro dell’ ONU per il primo anniversario della guerra in Ucraina. Il capo della diplomazia italiana parteciperà alla sessione speciale d’emergenza dell’assemblea generale sull’Ucraina, dove verrà discussa una mozione.

È un bilancio tragico quello che emerge dal rapporto di Save The Children a un anno esatto dall’inizio dell’invasione russa. Più di 4 bambini al giorno sono stati uccisi o feriti dall’inizio della guerra in Ucraina. L’allarme è per i tanti bambini, vittime innocenti, di un conflitto che li ha messi in prima linea. Per loro c’è anche il pericolo mine: tanti, troppi, gli ordigni esplosivi disseminati dai russi che incombono sui giochi e sul futuro di almeno 2 milioni di bimbi, stima l’organizzazione internazionale.

(askanews il 21 febbraio 2023) - "Diversi leader hanno diritto di pensiero, il vero problema è l'approccio della società italiana che a quel leader hanno dato un mandato. Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata dai missili, mai siano arrivati con i carri armati nel giardino di casa sua, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle 3 di notte per scappare o la moglie dovuto cercare da mangiare e tutto questo grazie all''amore fraterno' della Russia". 

Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in conferenza stampa con Giorgia Meloni a Kiev.

Estratto dall'articolo di Tommaso Ciriaco per repubblica.it il 21 febbraio 2023.

Un attacco devastante. Un incidente diplomatico che massacra la missione di Giorgia Meloni a Kiev e oscura la piena collaborazione offerta dalla premier a Volodymyr Zelensky. Per due volte i giornalisti domandano al Presidente ucraino delle critiche di Silvio Berlusconi.

 E il leader replica con parole durissime, mentre al suo fianco ascolta una impietrita Meloni: ‘’Berlusconi? Nessuno gli hai mai bombardato casa con i missili come fanno i suoi fraterni amici russi. Non sono mai arrivati con i carri armati nel suo giardino di casa. Nessuno ha mai ammazzato i suoi parenti’’. […]

Meloni ascolta ancora. Poi viene di nuovo sollecitata dai cronisti, stavolta ucraini, su Berlusconi. E replica: ‘’ Non sono d’accordo, in Parlamento abbiamo sempre votato compattamente. Una cosa sono le frasi dette, un'altra le posizioni. Il centrodestra vuole rispettare il programma, ci tiene, e continuerà a farlo in futuro’’.

Zelensky: «Berlusconi? La sua casa non è mai stata bombardata». Il leader di Fi: «Anche io ho vissuto gli orrori della guerra».  Valentina Santarpia su Il Corriere della Sera il 21 Febbraio 2023.

Il presidente ucraino in conferenza stampa con la premier italiana: «Vengano a vedere con i propri occhi». Meloni: Berlusconi? Contano i fatti, la maggioranza è sempre stata compatta

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky entra a gamba tesa nelle questioni politiche italiane, parlando in maniera diretta di Silvio Berlusconi e delle sue posizioni sulla guerra: «Diversi leader hanno diritto di pensiero, il vero problema è l'approccio della società italiana che a quel leader ha dato un mandato- ha detto durante la conferenza stampa congiunta a Kiev con la premier Giorgia Meloni al palazzo presidenziale Mariinskij-  Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata, mai siano arrivati con i carri armati nel suo giardino, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle 3 di notte per scappare e tutto questo grazie all'amore fraterno della Russia». Zelensky poi chiarisce: «Io auguro pace a tutte le famiglie italiane, anche a chi non ci sostiene, ma la nostra è una grande tragedia che va capita. Voglio che vengano qui a vedere con i propri occhi la scia di sangue che hanno lasciato». 

L'affondo di Zelensky ha colto di sorpresa il leader di Fi: «Non è vero che non conosco la guerra — dice ai suoi Berlusconi — da ragazzino sono stato sfollato anche io, gli orrori della guerra li ho vissuti».

Il presidente di Forza Italia non ha mai nascosto la sua amicizia con Putin, e anche se ha ufficialmente condannato l'invasione russa e ribadito le sue posizioni atlantiste, e più volte si è lasciato scappare le sue idee filorusse.  L'ultima gaffe, che ha messo a disagio il governo, risale alla settimana scorsa, quando le sue parole su Zelensky sono rimbalzate sulla stampa internazionale. «Io parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili», ha detto il leader di Forza Italia ai giornalisti dopo avere votato per le Regionali, a Milano. «Giudico molto, molto negativamente il comportamento di questo signore», ha aggiunto riferendosi sempre a Zelensky. Palazzo Chigi, per arginare le reazioni, ha dovuto precisare che il sostegno del governo a Kiev è «saldo e convinto», e Meloni ha dovuto ricordare a Berlusconi che la maggioranza si è espressa a favore dell’Ucraina in «tutti i voti parlamentari». Il penultimo episodio, che aveva rischiato di far vacillare la tenuta della maggioranza appena uscita dalle urne, risale invece al 18 ottobre scorso, quando il Cavaliere si era messo a parlare a ruota libera in una riunione con i deputati di Forza Italia. L’intervento, che doveva restare riservato, era stato registrato da una manina rimasta ignota e l’audio poi trasmesso dall'agenzia LaPresse: «Io non vedo come possano mettersi a un tavolo di mediazione Putin e Zelensky. Zelensky, secondo me, lasciamo perdere, non posso dirlo…». La responsabilità della guerra, secondo lui, ricade tutta sull’uomo di Kiev.

Finora Zelensky era rimasto cauto, limitandosi a una battuta nei confronti di Berlusconi: «Non lo conosco personalmente- aveva detto nell'intervista rilasciata al Corriere-  Ma forse anche noi dobbiamo mandargli qualche cosa (il riferimento è a un audio in cui Berlusconi diceva di aver ricevuto 20 bottiglie di vodka da Putin, ndr ). Gli piace la Vodka? Noi ne abbiamo di ottima qualità in Ucraina, se crede gliela regaliamo», aveva aggiunto. Ma adesso si è spinto più in là, forse reso più forte dalla presenza a Kiev della premier Meloni, che ha immediatamente frenato: «Per me valgono i fatti e qualsiasi cosa il Parlamento è stato chiamato a votare a sostegno dell'Ucraina i partiti che fanno parte della maggioranza l'hanno votata- ha detto Meloni prendendo la parola in conferenza stampa-  Al di là di alcune dichiarazioni, nei fatti la maggioranza è sempre stata compatta. C'è un programma chiaramente schierato a sostegno dell'Ucraina, è sempre stato rispettato da tutti e confido che sarà ancora così. A questa maggioranza piace rispettare gli impegni presi». 

Da Forza Italia è il senatore Maurizio Gasparri a commentare: «Zelensky sta sotto le bombe e quindi esprime il suo punto di vista ma per noi, come Forza Italia, contano i voti a favore dell'invio di armi e di aiuti all'Ucraina espressi finora. Noi siamo preoccupati soprattutto del rischio di una escalation militare e Berlusconi si sta ponendo il problema. Lui sta sempre una casella avanti e come è successo nel 2001 a Pratica di mare e poi con Gheddafi, anche ora con le sue dichiarazioni sull'Ucraina ha dimostrato che si pone la questione su come si possa aprire un tavolo di pace e avviare negoziati».

Zelensky a muso duro contro Berlusconi per la sua vicinanza a Putin Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 21 Febbraio 2023.

Zelenskiy: “Diversi leader hanno diritto di pensiero, il vero problema è l’approccio della società italiana che a quel leader ha dato un mandato. Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata, mai siano arrivati con i carri armati nel suo giardino, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle 3 di notte per scappare e tutto questo grazie all’amore “fraterno” della Russia“.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante la conferenza stampa congiunta a Kiev con la premier Giorgia Meloni nel palazzo presidenziale Mariinskij, si è rivolto direttamente e senza tanti giri di parole a Silvio Berlusconi poco apprezzato in Ucraina per le sue posizioni ed esternazioni sulla guerra: “Diversi leader hanno diritto di pensiero, il vero problema è l’approccio della società italiana che a quel leader ha dato un mandato. Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata, mai siano arrivati con i carri armati nel suo giardino, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle 3 di notte per scappare e tutto questo grazie all’amore “fraterno” della Russia“. Zelensky precisa: “Io auguro pace a tutte le famiglie italiane, anche a chi non ci sostiene, ma la nostra è una grande tragedia che va capita. Voglio che vengano qui a vedere con i propri occhi la scia di sangue che hanno lasciato“. 

Il presidente di Forza Italia non ha mai nascosto i suoi legami e la stretta amicizia consolidata ed esibita spesso e volentieri con Vladimir Putin, più volte si è lasciato andare a sostenere le proprie idee filorusse, salvo poi condannare ufficialmente l’invasione russa sopratutto per ribadire delle posizioni atlantiste.  L’ultima gaffe di Berlusconi, che ha messo in forte disagio il governo italiano, risale appena alla scorsa settimana, quando le sue parole su Zelensky sono finite, amplificate  sulla stampa internazionale. “Io parlare con Zelensky? Se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili” aveva dichiarato il leader di Forza Italia ai giornalisti subito dopo avere votato per le Regionali, a Milano. “Giudico molto, molto negativamente il comportamento di questo signore” aveva aggiunto riferendosi sempre a Volodymyr Zelensky. 

Palazzo Chigi, per spegnere le reazioni internazionali, ma anche interne in Italia, aveva dovuto precisare immediatamente che “il sostegno del governo a Kiev è saldo e convinto“, e la Meloni ha dovuto ricordare a Berlusconi che la maggioranza in “tutti i voti parlamentari” si è sempre espressa a favore dell’Ucraina . Ancora prima, per esattezza lo scorso 18 ottobre vi era stata un’altra esternazione, che aveva rischiato di far vacillare la stabilità della maggioranza appena uscita dalle urne, quando il Cavaliere si era messo a parlare a ruota libera in una riunione con i deputati di Forza Italia. L’intervento, che doveva restare riservato, era stato registrato da una manina rimasta ignota e l’audio poi trasmesso dall’agenzia LaPresse: “Io non vedo come possano mettersi a un tavolo di mediazione Putin e Zelensky. Zelensky, secondo me, lasciamo perdere, non posso dirlo…“. La responsabilità della guerra, quindi secondo Berlusconi, ricadrebbe tutta su Zelensky.

Finora Zelensky era rimasto cauto, limitandosi a una battuta nei confronti di Berlusconi: “Non lo conosco personalmente– aveva detto nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera–  Ma forse anche noi dobbiamo mandargli qualche cosa. Gli piace la Vodka? (il riferimento è a un audio in cui Berlusconi raccontava di aver ricevuto 20 bottiglie di vodka da Putin, ndr ) Noi ne abbiamo di ottima qualità in Ucraina, se crede gliela regaliamo“, aveva aggiunto. Ma questa volta si è spinto più in là, forse reso più forte dalla presenza a Kiev della premier Meloni, che ha immediatamente frenato: “Per me valgono i fatti e qualsiasi cosa il Parlamento è stato chiamato a votare a sostegno dell’Ucraina i partiti che fanno parte della maggioranza l’hanno votata– ha detto la Meloni prendendo la parola in conferenza stampa-  Al di là di alcune dichiarazioni, nei fatti la maggioranza è sempre stata compatta. C’è un programma chiaramente schierato a sostegno dell’Ucraina, è sempre stato rispettato da tutti e confido che sarà ancora così. A questa maggioranza piace rispettare gli impegni presi“.

Un improvviso blackout ha interrotta per pochi secondi la conferenza stampa congiunta di Meloni e Zelensky. Al ritorno della luce, in mancanza della traduzione simultanea delle parole del presidente ucraino, la premier si improvvisa interprete traducendo in inglese una domanda su Silvio Berlusconi fatta da una giornalista italiana. “Presidente operaio…”, ha scherzato la Meloni. Una battuta ‘rubata’ all’ex premier che nel 2001 si era definito un “presidente operaio“. 

Quando in serata verso alle sei e mezza, Silvio Berlusconi ha cominciato a leggere le agenzie provenienti da Kiev, di colpo ha cambiato umore . Il Cavaliere è nero, nerissimo, perdendo il sorriso che aveva manifestato poche ore prima a un post di commento all’aumento delle pensioni minime: “Un’altra promessa mantenuta“. Adesso davanti agli occhi leggendo la reazione durissima di Zelensky alle critiche che l’ex premier gli aveva mosso due domeniche fa, in un seggio elettorale. Le parole del presidente ucraino colpiscono Berlusconi.

Parole che il leader di Forza Italia non si attendeva ma che avrebbe dovuto prevedere a cui replica: “Ma che ne sa, questo signore, di me? Non sa nulla. Io i bombardamenti li ho vissuti da bambino“. Ed in quel “signore” c’è, di nuovo, una presa di distanze che ribadisce una scarsa simpatia nei confronti di Zelensky. Anche se tutti comprendono, da Arcore a Roma, la portata dell’incidente “diplomatico” causato da Berlusconi rischia di rovinare la missione in Ucraina di Meloni. E come per incanto nello stato maggiore di Forza Italia è calato un imbarazzato silenzio.

La no-fly zone intellettuale sulla mistica Ucraina. Piccole Note (filo Putin) il 21 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Riportiamo ampi brani di un articolo di Stephen Kinzer pubblicato su Responsible Statecraft: “Mentre la guerra infuria in Ucraina, tutto è beatamente pacifico sul fronte interno. Gli americani hanno abbracciato la narrativa ufficiale. Nessun film western ha mai tracciato la linea del bene contro il male in modo così chiaro e netto. La Casa Bianca, il Congresso e la stampa insistono sul fatto che l’Ucraina è la vittima innocente di un’aggressione non provocata, che le forze russe minacceranno tutta l’Europa se non vengono fermate e che gli Stati Uniti devono stare con l’Ucraina ‘per tutto il tempo necessario’, per ‘assicurarne la vittoria’.”

“Dissentire da questo consenso è quasi impossibile. Anche prima dell’invasione dell’Iraq nel 2003, solo alcune voci solitarie avevano chiesto moderazione. Da quando siamo entrati nella guerra in Ucraina, tali voci sono ancora più difficili da rinvenire”.

“Oggi è considerato eretico, se non addirittura un tradimento, insinuare che tutte le parti coinvolte nel conflitto ucraino abbiano qualche colpa, sostenere che gli Stati Uniti non dovrebbero riversare armi sofisticate in una zona di guerra aperta, o chiedersi se abbiamo un interesse vitale sull’esito di questo conflitto. Una no-fly zone intellettuale rigidamente imposta ha quasi soffocato il dibattito razionale [e internazionale, si può aggiungere ndr] sull’Ucraina”.

“Nelle stanze del potere politico di Washington, l’Ucraina è diventata un’idea quasi mistica. Più che un luogo geografico, è un piano cosmico dove si sta svolgendo una battaglia decisiva per il futuro dell’umanità. La guerra è vista come una gloriosa opportunità per gli Stati Uniti per far sanguinare la Russia e dimostrare che, sebbene l’equilibrio del potere mondiale possa cambiare, noi continueremo a governare”.

Il buono e il brutto – cattivo

“L’esplosione di amore appassionato dell’America per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato il trionfo di un’irresistibile campagna mediatica. È stato presentato come il nuovo eroe globale della libertà. Da un giorno all’altro la sua immagine è comparsa su tutte le vetrine dei negozi e sui siti internet”.

“Nell’angolo opposto c’è un’altra caricatura, il presidente russo Vladimir Putin, ritratto come il compendio di tutte viltà e degenerazioni. Ciò soddisfa il nostro bisogno di concentrare l’odio non su un paese, un movimento o un’idea – troppo diffuso [si diluirebbe ndr] – ma su un individuo. Per anni ci siamo crogiolati sulla nostra superiorità morale verso pittoresche nemesi come Castro, Gheddafi e Saddam Hussein. Putin si inserisce perfettamente in questa costellazione. Avere un nemico così malvagio, da cartone animato, è rassicurante quasi quanto avere il santo Zelensky come alleato“.

“Nessun paese in guerra, direttamente o per procura, incoraggia il dibattito” interno sulla stessa. “Gli Stati Uniti non fanno eccezione. Abraham Lincoln e Woodrow Wilson imprigionarono quanti criticavano le guerre da essi intraprese. Alcuni oppositori della guerra del Vietnam furono perseguitati. La spettrale assenza di dibattito sul nostro coinvolgimento in Ucraina segna l’ultima vittoria della creazione di una narrativa ufficiale“.

Quindi, dopo aver accennato al fatto che la costruzione del cattivo era facile, dal momento che la propaganda della Guerra Fredda aveva creato le basi psichiche per accogliere l’idea del malvagio russo, e dopo aver aggiunto che la propaganda appartiene alla politica, da cui una certa giustificazione dei politici che la brandiscono, Kinzer si interpella sul ruolo della stampa.

Questa, piuttosto che “porre domande scomode” è diventata per lo più la cinghia di trasmissione del potere, modulando una narrazione dove tutto l’errore sta da una parte, la Russia, e tutto il buono dall’altra, l’Ucraina. Ciò anche perché i media sembrano credere di essere parte di una squadra, così che vincere la partita con la Russia supera la necessità di dare informazioni il più possibile veritiere.

“Questa visione – scrive Kinzer – è la morte del giornalismo. La stampa non dovrebbe essere nella squadra di nessuno. Il nostro compito è sfidare le narrazioni ufficiali, non amplificarle senza pensare. Questa è la differenza tra giornalismo e pubbliche relazioni“.

L’informazione, non più base della democrazia, ma minaccia

Così, “nessun grande giornale sembra porre domande fondamentali su questa guerra”. E le elenca, ma su tale elenco, che può essere facilmente essere immaginato, rimandiamo al testo integrale. Resta appunto, che questa guerra ha proseguito l’opera di demolizione della libertà di stampa già iniziata con le guerre infinite e la pandemia.

Sebbene media e giornalisti  possano sbizzarrirsi su temi secondari e/o futili, dalla cronaca nera al gossip, sui temi essenziali, quelli che il potere giudica tali, sono chiamati, appunto, a essere semplici strumenti di PR, pena la loro esclusione dal pubblico proscenio (e altro e più inquietante).

D’altronde a forza di esportare la democrazia con le bombe in mezzo mondo, lo stesso concetto di democrazia in Occidente si è modificato e ha dato vita a prassi che un tempo erano proprie dei Paesi autoritari. Una di queste è la censura, applicata in forme soft, ma molto più efficaci di quelle in vigore negli Stati autoritari.

Sul punto si può notare, solo per fare un esempio, uno strano capovolgimento. Un tempo si diceva che la libertà dell’informazione era essenziale per la tenuta di una democrazia, tanto da risultarne elemento essenziale. Ora, all’opposto, la libertà dell’informazione è rappresentata come una minaccia esistenziale della democrazia, tanto che il potere sta dispiegando risorse enormi per contrastarla.

Anche in questo caso la narrazione è essenziale: la caccia alle streghe dell’informazione prende il nome di contrasto alle Fake news. Tale operazione Verità, che sta desertificando i canali dell’informazione, ha un corrispettivo sovietico, essendo l’organo di informazione dell’URSS chiamato Pravda (Verità, appunto).

Estratto da ansa.it

Continua, a distanza, la 'saga' tra Silvio Berlusconi e Volodymyr Zelensky. E stavolta è il presidente ucraino che affonda il colpo contro il leader di Forza Italia. "Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata, mai siano arrivati con i carri armati nel suo giardino", osserva il presidente in guerra, come a dire che altrimenti il Cavaliere non avrebbe mai tuonato contro di lui pochi giorni fa.

 

L'eco di quelle frecciate arriva immediato ad Arcore. Monta l'irritazione, anche se è il gelo che avvolge la villa e il suo inquilino, schermando ogni commento. Un silenzio che appare ancor più pesante. Bocche cucite anche fra i fedelissimi del patriarca azzurro ma a nessuno sfugge il contesto di quelle dichiarazioni. […]

Estratto da michelesantoro.it il 22 febbraio 2023.

Marcello Dell’Utri è stato condannato definitivamente in Cassazione a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’intercettazione Berlusconi-Dell’Utri su Mangano il commento dei due sulla bomba che l’ex stalliere d’eccezione avrebbe piazzato davanti ai cancelli della villa dell’ex premier.

Intercettazione Berlusconi-Dell’Utri su Mangano

Berlusconi: Pronto?

Dell’Utri: Pronto!

B: Marcello!

D: Eccomi!

B: Allora, è Vittorio Mangano…

D: Eh!… Che succede?

B: …che ha messo la bomba!

D: Non mi dire!

B: Si.

D: E come si sa?

B: Eh, da una serie di deduzioni, per il rispetto che si deve all’intelligenza.

D: Ah!

B: è fuori…

D: Ah, è fuori?

B: Si, è fuori.

D: Ah, non lo sapevo neanche!

B: E questa cosa qui, da come l’ho vista fatta, con un chilo di polvere nera

D: Ah!

B: Una cosa rozzissima

D: Ah!

B: .Ma fatta con molto rispetto, quasi con affetto

D: Ah!

B: è stata data soltanto sulla cancellata esterna

D: Ah!

Estratto dell’articolo di Luca Bottura per "La Stampa" il 22 febbraio 2023.

Simpatico evento artistico ieri a Kiev: subito dopo le parole di Volodymir Zelensky sul filoputinismo di Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni ha imitato perfettamente il Monte Rushmore.

La presidente del consiglio era così affranta, dopo le parole del presidente ucraino, che persino Letta l'ha chiamata per tirarle su il morale.

Zelensky a Berlusconi: "Non gli hanno mai bombardato casa". La risposta: "Si, ma a Villa Certosa avevo un vulcano attivo in giardino"

La battuta su Berlusconi che, secondo Zelensky, Berlusconi prima o poi sarebbe inevitabilmente finito a Putin, è così facile e sciocca che manco vale la pena di scriverla.

Curiosamente pare che in Ucraina, quando dici una serie continua, indefessa, non smentibile di frasi a favore di un dittatore sanguinario, ne sostieni gli interessi, gli garantisci amicizia a vita, ti ridano in faccia quando sostieni di essere filo-atlantista. Sarà perché a Kiev non arriva Rete 4.

[…] Meloni ha portato in regalo a Zelensky il più avanzato sistema mondiale per impedire agli aerei russi di alzarsi in volo: il Cda di Ita.

Morire per Kyjiv, oppure no. La ridicola spaccatura nell’opinione pubblica sulla guerra all’Ucraina spaventa anche Giorgia. Amedeo La Mattina su l’Inkiesta il 23 Febbraio 2023.

La premier sa che politicamente il problema non sono le posizioni degli alleati Berlusconi e Salvini, ma l’afflato filoputiniano che c’è tra gli elettori del centrodestra e nel suo stesso partito

Nessuno poteva immaginare che Giorgia Meloni tornasse a Roma accolta dalle fanfare e dagli applausi per la sua visita a Kyjiv. Nessuno poteva pensare che bastasse dire che l’Italia e le nostre aziende si sono assicurate il ruolo di protagonista nella ricostruzione dell’Ucraina. Nessuno può gioire per il fatto che questa maledetta e sanguinosa guerra scatenata da Putin duri a lungo, non si veda un piano di pace degno di questo nome, a prescindere da chi – gli ucraini – deve accettarlo. Nessuno può rimanere tranquillo quando dall’altra parte c’è una potenza nucleare in mano a un macellaio.

Bene, nessuno, con tutti gli eccetera del mondo, ma quello che è veramente assurdo è il teatrino politico mediatico che si è scatenato. Ora, che piaccia o no Meloni, e su come la pensi Linkiesta non ci sono dubbi, è la grancassa che batte nella nostra piccola Italia a essere un fastidioso rumore di fondo di fronte a quello che c’è in ballo ed è successo in queste ore tra Varsavia e Kyjiv con la visita del presidente Joe Biden e le parole bugiarde del padrone del Cremlino.

Sembra che il vero problema sia Volodymyr Zelensky e il fatto che lui abbia invitato i nostri "pacifisti" putiniani, come Silvio Berlusconi, a venire in Ucraina a vedere come sono ridotte le città bombardate. E quanto sia facile parlare quando nessun carro armato ti ha sventrato la casa e ucciso i tuoi cari. Certo, anche il Cavaliere bambino era sfollato durante la guerra, quindi sa di cosa si stia parlando. Per fortuna che a difenderlo c’è la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che blatera di «un ennesimo attacco di rabbia impotente di Zelensky contro Berlusconi perché questi ha ricordato al regime di Kyjiv del Donbas».

Ma lasciamo perdere Berlusconi, che non stringerebbe la mano a «questo signore», Zelensky, che il suo amico Vladimir voleva sgozzare e mettere al suo posto delle «persone perbene». Lasciamo perdere pure la Lega: ieri il capogruppo Massimiliano Romeo ha ricordato che non è il caso di continuare con il linguaggio guerrafondaio, che bisogna dare una chance alla pace e non farla dipendere da Zelensky, della serie "caro Volodymyr, alza le mani e consegnati". Come se quello che è accaduto e sta accadendo non contasse nulla.

Il vero problema per Meloni non è Berlusconi e nemmeno Matteo Salvini – che per il momento sta zitto ma tutti sanno che la pensa esattamente come il Cavaliere. Starete pensando, ma come non è questo il problema. Sono gli alleati. Il punto è invece la spaccatura nell’opinione pubblica italiana sul conflitto in Ucraina, con una tendenza negativa, contraria, anche tra gli elettori del centrodestra e dello stesso partito della premier.

Questo sì che è un problema per la premier: dire che gli interessi degli ucraini coincidono con i nostri, come ha fatto lei, passa per livelli complessi, non del tutto lineari rispetto alla vita quotidiana degli italiani. Passa per le parole «libera» e «democrazia» che Biden ha usato, se volete anche retoricamente, a Varsavia. Parole con cui apparentemente non si mangia ma che sono il presupposto per tenerci stretta la società e la vita che abbiamo, brutta o bella che sia, ma senza dubbio migliore di quella in cui vivono i russi o i cinesi. Se poi qualcuno vuole fare a cambio, si accomodi. Ci deve pure essere un motivo per cui milioni di persone dall’Asia e dall’Africa sono venuti e vogliono venire in Europa, compresi gli ucraini, così come è successo per i polacchi, per gli abitanti dei Paesi baltici e dell’ex dominio sovietico.

È questa la forca caudina che preoccupa Meloni. Non è un caso che appena scesa dal treno a Kyjiv abbia detto di essere lì «per aiutare gli italiani a capire». «Farò quel che posso per trasferire a ogni italiano l’importanza della nostra scelta. Non possiamo guardare dall’altra parte, anzi sarebbe stupido», ha precisato durante la conferenza stampa accanto a Zelensky. Il quale avrebbe preferito non rispondere alle domande dei giornalisti su Berlusconi. Ha ripetuto due volte «cosa volete che aggiunga dopo quello che ha detto Giorgia?». Ma i giornalisti devono pur fare il loro lavoro e hanno insistito. Il traduttore ha perso l’attimo e a tradurre in inglese l’ennesima domanda ci ha pensato la Meloni, con la postilla velenosa «faccio pure il presidente operaio», che è una delle auto definizioni che il Berlusconi premier dava di se stesso. A quel punto Zelensky non si è trattenuto, ma non credo abbia messo in imbarazzo la premier italiana. Ovvio che Meloni avrebbe preferito che tutto filasse liscio, era però l’occasione per mandare un messaggio ai suoi alleati.

C’è una linea rossa che non devono superare: il sostegno all’Ucraina era un punto centrale e dirimente del programma di governo "votato dagli italiani". Va bene che Meloni ci mette il carico sovranista di identità e patriottismo come fanno i polacchi. Che deve accreditarsi con Washington dove si recherà ad aprile. Va bene pure che sulle questioni interne non stia brillando. E si trova con le mani legate per quanto riguarda l’invio di armi (dipendesse da lei manderebbe tutti gli aerei di combattimento che ci sono in Occidente). Ma sulla politica estera Berlusconi e Salvini non devono metterle i bastoni tra le ruote perché su questo è disposta ad aprire una crisi di governo.

Sa che questo pericolo non c’è perché gli alleati non hanno alternative e al governo stanno comodi, con tutte le nomine che ci sono da fare e i soldi da gestire con il Pnrr. Rimane il problema di quella parte di italiani, per svariati motivi, dai più nobili ai più prosaici, che non vogliono morire per Zelensky e gli ucraini. Convincerli non è facile, se poi ci si mette di mezzo pure Berlusconi e si fa credere che tutti i nostri mali vengono da «questo signore» che non ha preso un passaggio per fuggire e ha osato sfidare lo zar.

Berlusconi: io offeso da Zelensky. E Mosca interviene per difenderlo. Paola Di Caro su il Corriere della Sera il 23 Febbraio 2023

Il leader di Forza Italia offeso per le parole «irridenti» di Zelensky: resta convinto che, anche se il sostegno all’Ucraina «non è in discussione», le responsabilità del conflitto siano «da entrambe le parti». Il  ministero degli Esteri russo: attaccato perché ha ricordato il Donbass

L’operazione estintore, per ora, funziona. Nonostante la forte delusione, l’irritazione, la voglia di ribadire le sue ragioni a Zelensky — che gli sta per così dire ogni giorno meno simpatico — Silvio Berlusconi non replica al presidente ucraino. I suoi ritengono sia meglio «spegnere l’incendio» e «chiudere il caso», pur consapevoli che «alla fine decide lui...». Mercoledì sera però, anche se il suo primo istinto era stato quello di rispondere a tono tanto che una nota era in preparazione, alla fine ci ha ripensato. Se convinto dai consiglieri più stretti non si sa, di certo finora non c’è stato contatto diretto con Giorgia Meloni. 

Raccontano che non è tanto per quello che lei ha detto in conferenza stampa che ce l’ha, anche se forse qualcosa di più poteva farlo, piuttosto del fatto che «di uno con la mia grande esperienza di governo e di rapporti internazionali» Meloni non si sia avvalsa per consigli o indicazioni. Che non l’abbia mai consultato, insomma. Con Zelensky è invece proprio arrabbiato. Soprattutto, pare, per averlo quasi irriso in interviste a quotidiani italiani: «Forse dovrei mandargli delle bottiglie di vodka come fa Putin...». Quella era stata «una vera e propria offesa», si lamenta Berlusconi. Sul discorso invece in cui Zelensky dice che lui non capisce perché non gli è mai stata «bombardata la casa», il leader azzurro si indigna: «Io l’ho conosciuto eccome l’orrore della guerra, i bombardamenti, ho dovuto lasciare la mia casa, ho sofferto la fame, subito la lontananza di mio padre... Questo signore non sa nulla di me», ripete. 

E il forzista Fabrizio Sala: «Più che dare una stoccata, direi che il presidente Zelensky ha preso una stecca...». Berlusconi in pubblico quindi tace ma continua ad essere convinto che, anche se il sostegno all’Ucraina «non è in discussione», le responsabilità del conflitto siano «da entrambe le parti», e oggi servirebbe impegno di tutti per la pace: «Sono stato il primo a parlare di piano Marshall per l’Ucraina». Ma le sue parole vengono utilizzate anche in Russia: ieri la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha attaccato così Zelensky: «In un altro impeto di rabbia impotente, l’abitante del bunker ha attaccato Berlusconi, che aveva ricordato al regime di Kiev il Donbass». E dopo aver anche lei assicurato che Berlusconi da bambino ha vissuto la guerra, ha aggiunto: «Così Zelensky ha confrontato il suo regime con quello fascista e l’operazione militare speciale con l’azione degli alleati durante la Seconda guerra mondiale. Gli è scappata la verità».

La situazione resta delicata insomma, il ministro degli Esteri Antonio Tajani oggi all’Onu dovrà rivendicare l’appoggio dell’Italia all’Ucraina senza delegittimare il suo leader, mentre FdI invierà una propria delegazione all’ambasciata ucraina per testimoniare sostegno. In questo clima, fanno quindi rumore le parole del capogruppo leghista Massimiliano Romeo che, nel silenzio del suo partito, lancia un avvertimento: «È giusto sostenere l’Ucraina anche a livello militare, tanto è vero che abbiamo votato tutti i provvedimenti. Poi attenzione a non inviare armi che rischino di trascinare l’alleanza atlantica in un conflitto diretto con la Russia. Perché questo vorrebbe dire far scoppiare la guerra nucleare. Ci vuole prudenza. Usiamo la ragione e usiamo meno la propaganda bellicistica».

Meloni: Zelensky su Silvio Berlusconi non voleva accendere micce. Italia affidabile grazie a FdI. Monica Guerzoni su il Corriere della Sera il 22 Febbraio 2023

La premier: non è stato aggressivo, poteva dire cose ben più pesanti

Alle nove e mezzo del mattino, in terra polacca, Giorgia Meloni scende con le sneakers ai piedi dal vagone di testa dello stesso treno su cui ha viaggiato Joe Biden, sale sull’aereo di Stato diretto a Roma e finalmente si addormenta. «Ero stanchissima, eppure non ho chiuso occhio per tutta la notte», racconta. Non tanto per le parole che, a distanza e in favor di telecamere (italiane e ucraine), Volodymyr Zelensky ha rivolto a Silvio Berlusconi, quanto per l’importanza e la delicatezza della sua prima missione a Kiev. La distruzione che ha visto a Irpin, la commozione che ha provato sull’orlo della fossa comune di Bucha e i ringraziamenti che ha ascoltato dal capo della resistenza ucraina l’hanno ancor più convinta che la linea dell’Italia a sostegno del Paese aggredito da Mosca «è quella giusta». E che la guerra di Putin, con i peluche accanto alle foto e ai fiori sulle tombe dei bambini, «non ha senso». 

Tornata a Palazzo Chigi e accolta dall’ennesima polemica politica, Meloni risponde «a quanti vogliono per forza attaccarci» ricordando che il nostro Paese, anche dopo il governo di Mario Draghi, ha avuto sull’aggressione del Cremlino all’Ucraina «una posizione chiarissima» da subito: «Grazie a Fratelli d’Italia, abbiamo dimostrato di essere un partner serio, affidabile, credibile. È quello che volevo, perché è il modo migliore di difendere gli interessi nazionali. Una nazione coraggiosa e affidabile, che non tentenna sulla politica estera». E questo, lei ne è convinta, il presidente Zelensky e il suo popolo lo riconoscono: «Lo dice l’accoglienza non solo delle istituzioni, ma dei cittadini comuni, lo hanno detto le persone che ci aspettavano con i cartelli sotto ai palazzi bombardati». Ad averla colpita, oltre alla fermezza di Zelensky e alla resistenza degli ucraini, è stata «l’attenzione delle persone normali, una cosa che mi ha molto commossa». Sulle prime la risposta di Zelensky alle domande su Berlusconi, il leader di un partito della sua maggioranza, sembrava averla spiazzata, persino gelata. E invece no. «Non sono irritata — assicura la presidente del Consiglio —. Trovo che alcune letture della conferenza stampa siano fuori dal mondo. Quando gli hanno chiesto di Berlusconi, Zelensky ha tentato di gettare acqua sul fuoco. Poteva dire cose ben più pesanti».

Il presidente ucraino ha dichiarato davanti alla stampa, nella sede più ufficiale possibile, che l’ex premier italiano mai si è trovato i carrarmati russi nel giardino, mai ha avuto la casa bombardata, mai gli sono stati uccisi parenti, mai sua moglie è stata costretta a rischiare per procurare il cibo per la famiglia... Davvero poteva essere più pesante di così? «Non erano parole aggressive — continua la premier — Zelensky ha provato a spiegare alla gente comune che ti ci devi trovare per capire cosa stanno vivendo gli ucraini. Non voleva certo accendere una miccia». Insomma, per lei non è stato uno schiaffo? «No, tutt’altro. Il presidente ucraino ha premesso che lui rispetta le posizioni diverse, quindi anche quella del fondatore di Forza Italia. Ma poiché la domanda è stata reiterata più volte, da giornalisti italiani e ucraini, lui ha risposto e ha detto "ti ci devi trovare". Poteva dire cose ben più pesanti e non lo ha fatto». Insomma, a irritarla non sono le ruvidissime critiche di Berlusconi, pronunciate ormai diversi giorni fa, né la reazione di Zelensky che ha provocato molto clamore anche fuori dai confini, ma piuttosto sono alcuni commenti «surreali» che la conferenza stampa congiunta di Kiev ha suscitato in Italia, in Parlamento e sulla stampa. 

La premier, come ha confidato anche a esponenti del governo a lei molto vicini, è delusa dal tentativo di molti, non solo nei partiti di opposizione, di sminuire la portata della sua visita nella capitale ucraina. Una missione che, a suo giudizio, ha avuto e avrà «esiti molto concreti, su vari fronti». Dagli aiuti umanitari alle forniture militari, dall’impegno italiano per la ricostruzione all’offerta di «ragionare su come far lavorare insieme Roma e Odessa», entrambe candidate per Expo 2030. Per Giorgia Meloni insomma la giornata di martedì a Kiev, nelle stesse ore dei discorsi al mondo di Putin e di Biden, è andata bene davvero. Anche e soprattutto sul piano della politica internazionale. Perché il governo è riuscito «a tenere la barra dritta in politica estera» nonostante il nostro Paese abbia, lo confermano i sondaggi, l’opinione pubblica più divisa dell’Occidente e con il sostegno più basso alla causa di Kiev. «E questo lo ha capito benissimo Zelensky, che ci ha pubblicamente ringraziati e ha mostrato grande apprezzamento. E lo hanno capito anche i cittadini ucraini». I quali forse non possono comprendere come e quanto i vertici di Fratelli d’Italia, a cominciare dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, siano «orgogliosi» di aver alzato un muro per fermare la «tentazione al disimpegno» nei confronti dell’Ucraina, che si avverte anche nella Lega.

Il mio eroe antipatico. Massimo Gramellini su il Corriere della Sera il 23 Febbraio 2023

Signor Zelensky, non credo che avrà né il tempo né la voglia di ascoltare i mugugni di uno scribacchino che allo scoppio della guerra, un anno fa, le dedicò questo elogio: «L’uomo che si è spostato da un set a un bunker senza mai smettere di essere il Presidente: prima per finta e poi sul serio, in un crescendo che dal comico è passato al drammatico e adesso sfiora addirittura l’epico».

Come tanti altri italiani non ho cambiato idea, continuo a considerare eroica la sua decisione di resistere sotto le bombe e a non condividere la posizione di chi, proclamandosi equidistante, in nome del quieto vivere accetterebbe di darla vinta a Putin.

Però proprio il fatto di averla sempre sostenuta mi spinge a darle un affettuoso consiglio non richiesto. La smetta di farci sentire perennemente in colpa, che è l’atteggiamento tipico dei manipolatori.

E la smetta di considerare tutto per dovuto, mostrando di sottovalutare le conseguenze che certe sue parole hanno sui suoi amici. Per esempio, quando durante la conferenza stampa ha sparato a palle incatenate contro l’ingestibile Berlusconi, ha pensato per un attimo che stava mettendo in imbarazzo un governo alleato?

Le ragioni che la spingono a sovraesporsi sono più che comprensibili, ma le assicuro che dopo un anno cominciano a sortire l’effetto opposto.

Presidente Zelensky, lei rimane il mio eroe, ma corre il rischio di diventare meno popolare della causa del suo popolo. E sarebbe un vero peccato.

Il gelo in conferenza stampa. Zelensky insulta Berlusconi, fallisce la visita di Meloni a Kiev. Claudia Fusani su il Riformista il 22 Febbraio 2023

"Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata dai missili, mai siano arrivati con i carri armati nel giardino di casa sua, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle tre di notte per scappare o la moglie dovuto cercare da mangiare e tutto questo grazie all’amore fraterno’ della Russia". Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in conferenza stampa accanto a Giorgia Meloni a Kiev.

Nel confronto tra Biden e Putin, tra Varsavia e Mosca, lo spazio se lo prende tutto Zelensky. E Giorgia Meloni si ritrova nel ruolo della comprimaria. Una scena troppo affollata di big e di proclami per la piccola Italia persino un po’ tentennante rispetto al sostegno a Kiev. Per carità, la missione della premier Meloni è stata "politicamente necessaria", "giusta" e "onorevole" – "è un dovere e un onore essere qui" ha detto appena scesa ieri mattina alla stazione ferroviaria di Kiev – e certamente fa chiarezza della posizione e del ruolo dell’Italia nello schieramento occidentale rispetto alla guerra in Ucraina ("faremo tutto il possibile per questo popolo, la sua libertà e la pace di tutti"). Ce n’era bisogno e su questo possiamo dichiarare missione compiuta.

Ma la forza emotiva dell’abbraccio tra il piccolo (di statura) Volodymir Zelensky e il "gigante" Joe Biden in piazza Mykhailivska di Kiev (lunedì mattina), quasi un padre che stringe il figlio e lo accoglie sulla sua spalla, e la forza belluina delle parole di Putin pronunciate a Mosca ieri mattina ("l’esercito russo non ha mai perso una battaglia e non ci sarà una prima volta") mettono in fondo alla classifica delle emozioni l’agognato arrivo di Giorgia Meloni a Kiev. La premier preparava da mesi questo viaggio. "Prima del 24 febbraio sarò a Kiev" disse nella conferenza stampa di fine anno. Quel giorno è arrivato. Ma è rimasto schiacciato agli altri eventi paralleli e concomitanti di queste ore lungo l’asse Varsavia-Kiev, cioè Occidente-Nato e Mosca. Si dice che il rischio sia stato calcolato. E che il vero colpaccio dovesse essere un bilaterale nella capitale polacca tra la premier italiana e il Presidente Usa. Ma i due si sono sfiorati e mai incontrati: mentre il capo della Casa Bianca arrivava a Varsavia (lunedì sera) di ritorno da Kiev, la delegazione italiana raggiungeva la stazione ferroviaria della capitale polacca per il lungo viaggio notturno verso la capitale ucraina. Tra i due "solo" una telefonata.

Il resto lo hanno fatto il potere delle parole dette in pubblico. Quelle di Putin ieri mattina davanti all’Assemblea federale: le accuse all’Occidente "che vuole distruggere strategicamente la Russia"; l’annuncio della "sospensione alla partecipazione al trattato New Start", l’accordo con gli Stati Uniti prorogato fino alla fine del 2026 per tenere sotto controllo i rispettivi arsenali nucleari; fino alla promessa di "continuare la guerra fino al raggiungimento degli obiettivi. "E’ stato l’Occidente a volere questo conflitto" ha ripetuto per due ore il presidente russo. Che nelle due ore di orazione ha deciso di riservare all’Italia un commento insidioso: "La Russia sa essere amica e mantiene le promesse" ricordando gli aiuti forniti all’Italia e ad altri Paesi Ue durante la pandemia e l’aiuto che Mosca sta fornendo ora nelle zone colpite dal terremoto in Turchia e Siria.

Le parole del presidente della Nato Jens Stoltenberg che ha voluto rispondere a stretto giro dal quartier generale di Bruxelles augurandosi un "ripensamento da parte di Putin" sul fronte del nucleare e lanciando l’allarme sulle "possibili forniture di armi a Mosca da parte di Cina e Iran". Circostanza questa subita non confermata dal commissario europeo Borrell. Un’escalation verbale che Joe Biden non ha voluto alimentare parlando per 21 minuti dal Castello di Varsavia, mentre fuori per tutto il giorno si sono accalcate migliaia di giovani polacchi, ucraini e bandiere americane. "L’Occidente non voleva attaccare la Russia come ha detto oggi Putin" ha detto il numero 1 della Casa Bianca, "la guerra è una scelta di Putin". Ma il presidente Usa è stato chiaro e ha saputo emozionare quando ha ripetuto: "Kiev resiste e continua ad essere libera. La posta in gioco di questa guerra è la libertà. Abbiamo difeso la democrazia, il diritto delle persone ad essere libere e continueremo a difendere questi valori a qualunque costo. L’Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia".

Ecco di fronte a tutto questo, con il carico di tensione legata alle misure di sicurezza per la presenza del presidente Usa a Kiev per la sua prima visita a Zelensky (la Casa Bianca lunedì mattina ha avvisato Mosca del viaggio di Biden), la missione di Giorgia Meloni è stata ovviamente offuscata. Appena menzionata qua e là nelle home page dei siti americani ed europei sebbene tutti concentrati in dirette dall’Ucraina per l’anniversario di un anno di guerra. Appena menzionata ma non per questo la visita è stata meno importante. Politicamente la missione ha chiarito da che parte sta l’Italia, "la compattezza" del fronte interno dopo le polemiche e i distinguo dei giorni scorsi nella sua maggioranza, il Berlusconi "pacifista" e i no di Salvini alla presenza di Zelensky a Sanremo. "Le sorti della democrazia passano dalla vittoria dell’Ucraina, la sua sconfitta potrebbe essere il preludio ad altre occupazioni" ha esordito Meloni nella conferenza stampa ospitata nel palazzo presidenziale di Kiev, sullo sfondo le bandiere italiana e ucraina, la premier con un maglione bianco, Zelensky nella consueta mimetica.

Dunque non ci sono dubbi né tentennamenti su dove sta l’Italia. "Oggi sono stata a Bucha e a Irpin – ha spiegato Meloni – ho voluto vedere con i miei occhi il sacrificio di questo popolo nella consapevolezza che le nazioni si fondano sul sacrificio dei popoli. Solo guardando saprò raccontare e spiegare meglio agli italiani perchè siamo orgogliosamente al fianco dell’Ucraina". Dunque con molta chiarezza la premier ha spiegato perché l’Ucraina deve vincere e perché l’Italia è al suo fianco in difesa della democrazia e contro i crimini dell’umanità quei "fatti che smentiscono le propaganda di Putin". "Tutti vogliamo la pace – ha continuato – ma nessuna pace può prevedere la resa dell’Ucraina perché sarebbe solo un’invasione. Ecco perché chi sostiene l’Ucraina anche militarmente lavora per la pace".

Zelensky ha ringraziato l’Italia che ha avuto fin dall’inizio della guerra un ruolo importante anche per l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. Ha ringraziato per l’aiuto che ogni giorno viene assicurato e ha promesso un ruolo importante nella ricostruzione. Parole importanti. In piena continuità con quelle pronunciate da Biden lunedì a Kiev e ieri a Varsavia. Oggi il ritorno a palazzo Chigi. Dove però l’aspettano i soliti mal di pancia della sua maggioranza.

Claudia Fusani. Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.

Le lacrime della premier a Bucha e a Irpin: "Qui migliaia di vite distrutte senza ragione". Adalberto Signore il 22 Febbraio 2023 su Il Giornale.

Una pioggerella lieve ma battente da giorni rende quasi un pantano il viottolo che porta alla fossa comune di Bucha. Il piccolo centro vicino Kiev prima, e Irpin subito dopo, sono due dei simboli della devastazione russa a cui Giorgia Meloni decide di rendere omaggio. Visite brevissime, perché il ritardo accumulato la sera prima in Polonia - quando la delegazione italiana ha dovuto bloccarsi per oltre un'ora sulla pista dell'aeroporto di Rzeszòw - per far passare il corteo di Joe Biden - costringe tutti a tempi strettissimi, forse persino troppo considerando la sacralità di luoghi dove il popolo ucraino è stato vittima dei crimini di guerra di Mosca, con uccisioni, sequestri, stupri e deportazioni.

La premier si commuove, soprattutto davanti alla fossa comune di Bucha che raccoglie, spiega l'ambasciatore italiano Francesco Zazo, «116 civili uccisi». Meloni ha infatti gli occhi lucidi quando depone le composizioni floreali in memoria delle vittime e decide di ritornare sulla sua decisione di saltare la visita alla Chiesa ortodossa di Sant'Andrea. È vero che l'agenda - ormai strettissima - lascia pochi margini, come le fa notare l'ambasciatore che spinge per accorciare i tempi. La premier, però, ascolta il suggerimento delle autorità di Bucha (che le donano una medaglia fatta con le pallottole e l'incisione «città non conquistata») e inverte la rotta per visitare la mostra fotografica sul massacro presente all'interno della chiesa. Poi di corsa verso Irpin, dove non c'è quasi tempo per far scendere i giornalisti italiani al seguito. È in questo sobborgo di Kiev che si è tenuto uno dei massacri più cruenti del conflitto, con i cecchini dell'esercito russo che dai tetti dei palazzi sparavano alla gente nel parco. È qui, non a caso, che lo scorso giugno sfilarono insieme Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Mario Draghi. Con quest'ultimo che ammise di far fatica a trattenere la commozione.

Sono passati otto mesi da allora e la ricostruzione - seppure con i tempi di un Paese in guerra - sembra iniziata. Anche se Bucha e Irpin resteranno sempre due luoghi simbolo, tanto che il governo di Kiev non nasconde di tenere molto che le delegazioni straniere (possibilmente accompagnate da giornalisti) vi facciano visita. È brutto dirlo, davanti a tanto orrore. Ma è evidente che la guerra in corso tra Russia e Ucraina non si combatte solo con le armi ma anche con la comunicazione. Non è un caso che Volodymyr Zelensky ci tenga così tanto a che i primi ministri in visita a Kiev siano accompagnati dalla stampa del Paese ospite. D'altra parte, lasciando Irpin è la stessa Meloni a parlare di «vite distrutte senza ragione». È diverso parlare di numeri o vedere a caldo la vita della gente distrutta senza che ci sia una ragione». Perché qui, spiega la premier, «abbiamo visto fiori e peluche». Quando incontrerò il presidente Zelensky gli «chiederò cosa possiamo fare di più». Poi un affondo su Vladimir Putin e il suo intervento alla Duma. «Le sue parole sono solo propaganda che già conosciamo, ma i fatti sono diversi da quello che dice Putin». Poi, prima di congedarsi, firma una bandiera dell'Ucraina con la dedica «at your side!». «Dalla vostra parte!». Perché «questa battaglia gli ucraini la stanno combattendo anche per noi». Adalberto Signore

Estratto dell’articolo di Francesco Semprini per lastampa.it il 22 febbraio 2023.

«Tutto questo non ha senso». È il messaggio che Giorgia Meloni invia a Vladimir Putin nel giorno della missione a Kiev della Premier italiana. «Dopo la sua visita di oggi ha un messaggio per il Cremlino e il presidente Vladimir Putin?», è la domanda che le viene posta nel corso di un’intervista in esclusiva a Mediaset di cui solo La Stampa ha avuto alcune anticipazioni. «Tutto questo non ha senso», risponde Meloni rivolgendosi al leader del Cremlino. «Vedere i peluche dei bambini vicino ai fiori (sulle lapidi) non ha senso, non ha senso, e non si può tentare di trovare un senso a una cosa che non ce l’ha - prosegue la presidente del Consiglio -. È volontà di potere? È l'ego? L’ego non giustifica i morti».

Sulla ricerca di una soluzione di pace Meloni spiega che «è l’obiettivo al quale tutti tendiamo, pensare che a qualcuno piaccia la guerra o sostenere la guerra è fuori dai radar del buon senso, il punto è capirci su cosa sia la pace». La premier pensa che non possa esistere una pace o un accordo «nel quale non sia coinvolto o d’accordo l’aggredito, il principio fondamentale è il rispetto del diritto internazionale».

Meloni fa riferimento al piano di pace in dieci punti presentato da Volodymyr Zelensky alle Nazioni Unite che sarà votato il 23 febbraio in Assemblea Generale. «Io credo che vada tenuto in considerazione anche lo sforzo di una nazione, quella aggredita, di immaginare, nonostante tutto, quale possa essere la soluzione di un conflitto. Credo che sia un ragionevole punto di partenza e siamo impegnati come Italia, come G7 e con le organizzazioni internazionali di cui facciamo parte ad aprire consultazioni e raccogliere adesioni a un’ipotesi di questo tipo. È importante il voto in Assemblea Generale sul quale sarà necessario trovare nuove adesioni, ci piacerebbe convincere anche quei Paesi che si sono dimostrati meno coinvolti o che hanno tenuto posizioni meno chiare».

Meloni sostiene la necessità di "smontare" la retorica dell’Occidente da una parte e degli altri dall’altra. «Il tema - chiosa - non è Occidente contro resto del mondo, il tema è stare dalla parte del diritto internazionale. L’Italia è impegnata in questi sforzi ma credo che il sostegno all’Ucraina è l’altra base per ottenere la pace". Sul rischio di replicare un muro di Berlino nel Donbass la Premier afferma: «Spero di no, ma dipenderà dalla volontà di tutti e dai tempi in cui questa vicenda si riuscirà a risolvere».

Il discorso integrale del premier Meloni nella conferenza stampa di Kiev con Zelensky. Redazione su Il Secolo d’Italia il 23 Febbraio 2023.

Pubblichiamo il discorso integrale del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni nel corso della sua visita a Kiev del 21 febbraio durante la conferenza stampa con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Buongiorno a tutti.

Grazie. Grazie per l’accoglienza, grazie per il tempo che abbiamo passato insieme, che passeremo ancora insieme in questa emozionante giornata. Io sono particolarmente contenta di essere qui, ho fortemente voluto essere qui in una delle mie prime missioni bilaterali entro pochi mesi dall’avvio del nuovo governo. Ho voluto farlo per ribadire il pieno sostegno dell’Italia all’Ucraina di fronte all’aggressione russa, per ribadire che l’Italia non intende tentennare in questa vicenda e non lo farà. Noi siamo a quasi un anno – anche questo volevamo che accadesse: che questa visita si celebrasse prima del 24 febbraio – dal giorno che ha portato indietro le lancette della storia d’Europa di qualche decennio. L’invasione, che è iniziata in quello scorso 24 febbraio, nella mente di chi la muoveva doveva durare lo spazio di qualche giorno, ma le cose non sono andate come ci si aspettava. E non sono andate come ci si aspettava perché evidentemente è stata sottovalutata l’eroica reazione di un popolo disposto a fare tutto ciò che va fatto per difendere la propria libertà, la propria sovranità, la propria identità.

Mi ha ricordato la nascita dello Stato italiano, presidente Zelensky. Perché c’era un tempo nel quale si diceva che l’Italia come Nazione non esistesse e che l’Italia fosse semplicemente un’espressione geografica. Poi arrivò il Risorgimento italiano e l’Italia dimostrò di essere una Nazione. È un po’ simile a quello che accade a voi oggi: che qualcuno riteneva che sarebbe stato facile piegare l’Ucraina, perché l’Ucraina non era una Nazione, ma con la capacità che avete avuto di battervi, di resistere, voi avete dimostrato di essere una straordinaria Nazione. 
Quindi intanto voglio dire che l’Ucraina al cospetto del mondo ha già vinto la sua battaglia per rivendicare la propria identità. 

Ho letto su un quotidiano italiano il verso di un giovane soldato ucraino che prima di arruolarsi nell’esercizio faceva il giornalista, scriveva delle poesie. Dedica dei versi a un suo commilitone che non ce l’ha fatta e gli dice “prima del confine salva questo amore che cresce dappertutto come le more selvatiche”. Mi ha fatto riflettere perché racconta il tema che l’amor di Patria è qualcosa che nasce spontaneamente e che non puoi fermare; non ha bisogno di essere indotto e non è qualcosa rispetto a cui puoi far valere la tua coercizione.

E allora noi dobbiamo ricordarci questo, dobbiamo ricordarci che le Nazioni si fondano soprattutto sulla dimensione dei sacrifici che si è disposti a compiere insieme, sulla dimensione dei sacrifici che si sono compiuti insieme. Questo è un grande insegnamento che l’Ucraina dà oggi, è qualcosa che la storia di questo Paese ha già conosciuto, per esempio con il genocidio per carestia indotta provocato dal regime sovietico di Stalin, l’Holodomor, e io sono fiera di venire qui con una risoluzione approvata dalla Commissione affari esteri della Camera dei Deputati sul riconoscimento dell’Holodomor come genocidio, perché solo sulla verità e sulla giustizia si costruisce la pace tra i popoli.

Il prezzo che l’Ucraina sta pagando è un prezzo molto alto. Noi l’abbiamo visto stamattina. Abbiamo voluto recarci a Bucha, a Irpin per vedere con i nostri occhi la devastazione, la sofferenza e per cercare di trasmettere quello che abbiamo visto anche ai nostri popoli, perché a volte si tende a raccontare la storia magari con i numeri, con le astrazioni, ma è vita, carne, morte, sofferenza, capacità di reagire. E credo che vada raccontata questa storia nella sua umanità, credo che vada ricordato che quello che ieri accadeva Bucha o a Irpin oggi accade in molte altre città in Ucraina – penso alla città simbolo di Bachmut, penso a quello che mi è stato raccontato stamattina su persone che venivano uccise mentre erano al mercato, non lontano da qui, nella stessa ora in cui noi visitavamo la devastazione dei mesi passati. 

E credo, ripeto, che sia diverso vederlo con i propri occhi e io farò quello che posso per trasferire questo racconto a ogni italiano, perché qui non sono in gioco teorie astratte, ma sono in gioco la vita e la morte delle persone, e di fronte a questo è impossibile girarsi dall’altra parte. Però dico qualcosa di più: è impossibile girarsi dall’altra parte e sarebbe anche molto stupido farlo, non solo perché qui c’è un popolo aggredito, ma perché gli interessi ucraini coincidono con gli interessi dell’Europa. Le sorti dell’Unione europea e delle democrazie occidentali passano anche per la vittoria dell’Ucraina di fronte a chi vuole calpestare il diritto internazionale con la forza. E si illude chi pensa che girandosi dall’altra parte costruirà la pace. Chi pensa di potersi girare dall’altra parte sta solamente avvicinando la guerra.

La battaglia che combatte il popolo ucraino è una battaglia che combatte per ciascuno di noi ed è giusto che noi si faccia la nostra parte. È quello che l’Italia ha fatto dall’inizio, anche lavorando come abbiamo fatto anche oggi nelle nostre interlocuzioni sulla soluzione del conflitto, immaginare strade per arrivare a una soluzione del conflitto. Tutti vogliamo la pace, però bisogna intendersi su cosa pace sia, perché nessuna pace ingiusta per l’Ucraina può essere vera pace; nessuna pace che preveda una resa degli ucraini può essere vera pace, sarebbe banalmente un’invasione e un’invasione non è pace, è un’altra cosa; così come una vittoria della Russia non sarebbe pace ma sarebbe appunto un’invasione, e una sconfitta dell’Ucraina altro non rappresenterebbe che il preludio di una possibile invasione di altri Stati europei. Questo è quello che alcuni in Europa fingono di non capire. Io credo che le cose vadano chiamate con il loro nome. 

Chi sostiene l’Ucraina anche militarmente è chi lavora per la pace, ed è quello che facciamo noi ogni giorno per offrire la possibilità a un popolo, che chiaramente non aveva di partenza le stesse forze da mettere in campo, la possibilità di difendersi. 

Io penso che vada riconosciuto in ogni caso che, oltre a esserci un aggressore e un aggredito, oggi è l’aggredito, per paradosso, a presentare un piano di pace in dieci punti alla comunità internazionale. Lo dico perché ho sentito le dichiarazioni di questa mattina, di chi dall’altra parte sostiene di aver fatto del suo meglio per impedire il conflitto. Rimane agli atti che c’è un aggredito e c’è un aggressore. Rimane agli atti che per paradosso è l’aggredito che cerca soluzioni diplomatiche, che cerca di discutere di ipotesi di piani di pace. E io penso che questo sia uno sforzo notevole che va riconosciuto al Presidente Zelensky, che va riconosciuto all’Ucraina.

Noi siamo pronti a fornire ogni possibile assistenza quando ci dovessero essere le condizioni per avviare un qualsiasi negoziato, ma fino ad allora noi offriremo all’Ucraina ogni genere di supporto. Lo abbiamo fatto finora e continueremo a farlo: supporto militare  – siamo arrivati al nostro sesto pacchetto di invio anche di strumenti militari – basato soprattutto su sistemi di difesa anti-aerea per difendere la popolazione civile, per difendere le infrastrutture strategiche, perché il gioco cinico di provare a piegare la popolazione civile è un gioco a cui bisogna rispondere con determinazione- , sul piano umanitario, sul piano finanziario, sul piano civile – abbiamo visto stamattina la consegna di uno dei tanti generatori di elettricità che l’Italia ha inviato proprio per sostenere la popolazione civile -, sul tema della ricostruzione.

Noi abbiamo parlato molto oggi di ricostruzione, non solo della ricostruzione di quando dovesse finire il conflitto, la ricostruzione è anche adesso, perché il simbolo di un palazzo distrutto che viene ricostruito è un simbolo di speranza e perché parlare di ricostruzione per l’Ucraina vuol dire scommettere sulla vittoria dell’Ucraina, vuol dire sapere che l’Ucraina può vincere questo conflitto. E io credo che questo sia un grande segnale ed è il motivo per il quale l’Italia lavora per la organizzazione di una conferenza sulla ricostruzione da tenersi in aprile, sulla quale intendiamo collaborare con grande dinamicità insieme. C’è un know-how che le imprese italiane, che le eccellenze italiane possono offrire: lo metteremo tutto a disposizione perché l’Italia intende giocare un ruolo da protagonista nella ricostruzione, da oggi, di questo Paese.

E poi il sostegno politico. L’Italia riconosce le legittime aspirazioni europee dell’Ucraina che si batte per difendere valori europei di democrazia, di libertà, che è un avamposto della sicurezza nel continente europeo. Noi per questo abbiamo avuto un ruolo decisivo nel sostenere l’attribuzione per l’Ucraina dello status di Paese candidato all’Unione europea. E anche su questo intendiamo fare pienamente la nostra parte, così come su un tema che viene discusso meno degli altri, ma che per noi non è secondario: la cooperazione sul piano culturale, sul piano della tutela del patrimonio culturale, del patrimonio artistico. Su questo l’Italia, che obiettivamente ha un’esperienza senza uguali essendo la Nazione con il più ricco patrimonio artistico del pianeta, sappiamo che può fare la differenza. Stiamo già collaborando nella difesa dell’identità culturale dell’Ucraina.

Tutte queste materie sono oggetto di questa Dichiarazione congiunta che abbiamo firmato oggi con il presidente Zelensky sul percorso di pace, sul percorso di avvicinamento dell’Ucraina all’Unione europea, sulla ricostruzione della Nazione.

Torno sul tema della ricostruzione, perché riflettevo stamattina sul fatto che in Italia il nostro ultimo dopoguerra è stato un periodo di grande crescita e di sviluppo. Sono quelli anni che noi chiamiamo “il miracolo Italiano”, sono gli anni che hanno fatto dell’Italia una delle più grandi potenze industriali e la Nazione che è oggi. Ecco, io sono certa che nei prossimi anni noi potremo parlare anche di un miracolo ucraino. Ed è questo l’augurio che faccio, ed è questo l’impegno che prendo a nome dell’Italia per sostenere questa Nazione in questo importante obiettivo e ribadire, Volodymyr, che l’Italia è con l’Ucraina, che il mondo libero è con voi e che noi vi siamo debitori e non lo dimentichiamo.

(ANSA il 23 Febbraio 2023) - "Grazie a Fratelli d'Italia, abbiamo dimostrato di essere un partner serio, affidabile, credibile. È quello che volevo, perché è il modo migliore di difendere gli interessi nazionali. Una nazione coraggiosa e affidabile, che non tentenna sulla politica estera". Lo afferma la premier Giorgia Meloni che, in un colloquio con il Corriere della sera dopo la visita in Ucraina, risponde "a quanti vogliono per forza attaccarci" e sostiene che nelle sue considerazioni su Silvio Berlusconi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky abbia "tentato di gettare acqua sul fuoco. Poteva dire cose ben più pesanti".

L'Italia, anche dopo il governo Draghi, ha avuto "una posizione chiarissima", dice la presidente del Consiglio, sottolineando che la linea tenuta "è quella giusta", mentre la guerra di Vladimir Putin "non ha senso".

 È convinta che lo riconoscano Zelensky e il suo popolo: "Lo dice l'accoglienza non solo delle istituzioni, ma dei cittadini comuni, lo hanno detto le persone che ci aspettavano con i cartelli sotto ai palazzi bombardati".

 Nel viaggio in Ucraina Meloni è rimasta colpita dalla "attenzione delle persone normali, una cosa che mi ha molto commossa". Sulle dichiarazioni di Zelensky, assicura: "Non sono irritata.

Trovo che alcune letture della conferenza stampa siano fuori dal mondo. Quando gli hanno chiesto di Berlusconi, Zelensky ha tentato di gettare acqua sul fuoco. Poteva dire cose ben più pesanti". Per Meloni "non erano parole aggressive. Zelensky ha provato a spiegare alla gente comune che ti ci devi trovare per capire cosa stanno vivendo gli ucraini. Non voleva certo accendere una miccia".

 Uno schiaffo? "No, tutt'altro - risponde -. Il presidente ucraino ha premesso che lui rispetta le posizioni diverse, quindi anche quella del fondatore di Forza Italia.

 Ma poiché la domanda è stata reiterata più volte, da giornalisti italiani e ucraini, lui ha risposto e ha detto 'ti ci devi trovare'. Poteva dire cose ben più pesanti e non lo ha fatto". Meloni, si legge nel colloquio, è irritata da alcuni commenti "surreali" suscitati in Italia dalla conferenza stampa.

Una missione che ha avuto "esiti molto concreti, su vari fronti", anche per l'offerta di "ragionare su come far lavorare insieme Roma e Odessa", entrambe candidate per Expo 2030. Il governo, è convinta la premier, è riuscito "a tenere la barra dritta in politica estera" nonostante i sondaggi confermino che l'opinione pubblica è divisa: "E questo lo ha capito benissimo Zelensky, che ci ha pubblicamente ringraziati e ha mostrato grande apprezzamento. E lo hanno capito anche i cittadini ucraini". Nell'articolo si racconta poi che i vertci di FdI, a cominciare dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, sono "orgogliosi" di aver alzato un muro per fermare la "tentazione di disimpegno" nei confronti dell'Ucraina, che si avverte anche nella Lega. (ANSA).

Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa” il 23 Febbraio 2023.

Breve resoconto di una ventina di inviati al seguito di Giorgia Meloni. In treno e in aereo con lei. La premier schiva i giornalisti per tre giorni […], e non manda nessuno dello staff per un briefing. […] Apparentemente l'ordine è: evitiamo che mi facciano un agguato come a Berlino parlando di politica interna. I cronisti «sporcherebbero» la sua immagine internazionale. E così a Irpin si ferma con una tv ucraina e non con gli inviati da Roma.

 Ore dopo, mentre i giornalisti mangiano ignari patatine fritte e brodo di pollo nel bar dell'hotel […], […] Meloni rilascia un'intervista non alla Rai, ma al Tg4 dell'alleato Berlusconi. Palazzo Chigi lo rende noto solo l'indomani, una volta in Italia. Ps: il brodo era buonissimo.

DAGONOTA il 23 Febbraio 2023.

La giornalista che, durante la conferenza stampa di Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky a Kiev, ha chiesto al presidente ucraino cosa pensasse delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, con tanto di traduzione simultanea della Ducetta, è Monica Guerzoni, la “chigista” del “Corriere della Sera”.

 Guarda caso Meloni ha affidato i suoi pensieri alla stessa Guerzoni che ha firmato, nell’edizione di oggi del quotidiano, un articolo contenente un “colloquio” molto ben informato con la premier, in cui si minimizzavano le sparate di Zelensky contro il Cav: “Poteva dire cose ben più pesanti”.

È solo una coincidenza che sia stata la Guerzoni a fare la domanda e a ottenere quelle dichiarazioni? Non è che l’uscita dell’ex comico diventato eroe di guerra era stata preparata, con la regia di Palazzo Chigi?

 L’unica cosa certa è che gli altri giornalisti della delegazione spedita a Kiev per seguire l’incontro si sono lamentati del trattamento riservato loro dal governo italiano (vedi articolo di Ilario Lombardo, sulla “Stampa”, a seguire).

Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per “il Fatto quotidiano” il 23 Febbraio 2023.

[…] Non che l’ingerenza zelenskiana negli affari interni italiani sia un caso isolato: le cancellerie Ue, Nato e Usa non fanno altro da tempo immemorabile. Ma almeno quelle ce le siamo scelte come alleate e ci tocca sopportarle. L’Ucraina no. Ed è a Kiev che servono i soldi e le armi di Roma, non viceversa. Quindi l’idea che Zelensky distribuisca pagelle e patenti di affidabilità a questo o quel Paese che si svena per Kiev è già ridicola. Ma ancor più ridicolo è che in Italia la cosiddetta informazione accusi quel leader che non nominiamo di screditare l’Italia nel mondo per aver espresso il suo pensiero, giusto o sbagliato non importa.

In un Paese serio, a rimettere in riga l’ucraino, sarebbe già intervenuto il presidente della Repubblica, con le stesse parole con cui tappò la bocca alla ministra francese Boone che ci insegnava come votare il 25 settembre e minacciava di “vigilare” su di noi: “L’Italia sa badare a se stessa”. Invece purtroppo Mattarella tace. E tace anche la Meloni, mostrando vieppiù com’è il suo “sovranismo”: a sovranità limitata.

Otto e mezzo, Severgnini stronca Travaglio: "Chi sono gli scemi di guerra". Gruber sbotta. Giada Oricchio su Il Tempo il 23 febbraio 2023

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la sua narrazione e la propaganda da entrambi i fronti fanno litigare Beppe Severgnini e Marco Travaglio a “Otto e Mezzo”, il talk preserale di LA7, giovedì 23 febbraio. La conduttrice Lilli Gruber ha domandato a Travaglio chi fossero gli “Scemi di guerra” del suo nuovo libro e il direttore de “Il Fatto Quotidiano” non ha avuto peli sulla lingua: “Chi dice scemenze e soprattutto chi le subisce, cioè i popoli europei. Se un anno fa potevano farsi abbindolare dalla propaganda sull’onda dell’emozione, adesso dovrebbero aver imparato a vaccinarsi dalla favola di Cappuccetto rosso”.

Travaglio ha sostenuto che ogni tentativo di negoziato è stato mandato all’aria dall’Occidente (Biden o Nato) e che la visione manichea del buono da una parte e del cattivo dall’altra è una “balla”. Se Putin è certamente l’aggressore, è altrettanto vero che in Ucraina ci sono “i finti buoni che si fanno i loro porci comodi sulla pelle delle uniche vere vittime, i cittadini ucraini”, mentre dal punto di vista economico i Paesi europei “stanno pagando carissimo la propaganda della Casa Bianca”.

Il giornalista del “Corriere della Sera” Beppe Severgnini ha sbuffato più volte davanti alla tesi di una stampa acriticamente filoatlantica in Italia: “Non è vero. A differenza di Travaglio, io di questi temi mi sono sempre occupato. E gli chiedo: perché devi chiamare scemi di guerra chi non la pensa come te? Prendere posizione sulla resistenza in Ucraina è lacerante, è un dilemma morale, perché li tratti come scemi?! È un titolo quasi volgare”. Il direttore si è difeso sostenendo di appellare in quel modo “chi dice scemenze, non chi la pensa diversamente da me” e ha aggiunto: “Il nostro livello di propaganda è doppiamente grave. Stiamo mentendo e in più crediamo alle nostre balle illudendo gli ucraini”.

Gruber è intervenuta decisa: “Ma quali balle?! Raccontare le guerre è una delle cose più difficili al mondo, mi pare che la stampa italiana, pur con certe differenze, stia facendo il suo lavoro”. Marco Travaglio ha colto l’assist per tirare una bordata a Severgnini: “Si lamenta per il titolo del libro, ma per un anno chi ha messo in dubbio la santità di Biden e Stoltenberg, sono stati sbattuti dal suo giornale in prima pagina: ecco la lista dei putiniani d’Italia schedati dai servizi segreti. Poi si è scoperto che sei nomi su undici, ve li eravate inventati voi del Corriere! Questa è una cosa vergognosa, è stato criminalizzato chi criticava il pensiero unico”.

L’intemerata del direttore è proseguita ricordando il flop (attualmente) delle sanzioni alla Russia e del sabotaggio (sembra americano e non russo) al gasdotto Nord Stream, ma Severgnini: “Banalmente ti segnalo che tutti i governi europei sostengono il mio pensiero cioè se non aiuti l’Ucraina, Putin diventa ancora più pericoloso. Tutti scemi?”.

Ancora una volta il direttore ha dissentito: “Non è vero niente, l’Europa ha almeno quattro posizioni diverse”, ma questa volta Gruber ha messo la parola fine: “Sì, ma l’Europa non è unita in tante occasioni, adesso sta cercando di trovare un minimo comune denominatore. I Paesi Ue hanno aiutato moltissimo l’Ucraina con soldi e armamenti. Qui stiamo discutendo della tua idea che la stampa italiana racconti bugie”.

Tagadà, Peter Gomez: "Zelensky e Putin? Chi ce l'ha più lungo". In studio è il caos. Giada Oricchio su Il Tempo il 23 febbraio 2023

Così sboccato da scioccare Tiziana Panella e gli ospiti di “Tagadà”. L’argomento? L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e le possibilità di tregua. Peter Gomez, direttore de “ilfattoquotidiano.it”, in collegamento con il programma di LA7, giovedì 23 febbraio, si è detto pessimista sul piano di pace cinese: “Appena se n’è parlato, dagli Stati Uniti sono trapelate accuse, smentite, che loro (il regime di Xi Jinping, nda) rifornivano di armi la Russia. Poi che pensano di farlo e l’amministrazione americana tirerà fuori le prove. Certo, è possibile, ma l’accusa di doppiogioco dà la sensazione di voler delegittimare il negoziatore”.

Nella sua disamina, il direttore ha evidenziato che, quasi, la guerra “regionale” ha assunto un altro significato, quello di decidere le potenze davvero importanti nello scacchiere mondiale: “Adesso Biden ha difficoltà a trattare con Putin perché lo ha definito ‘animale e criminale di guerra’. Come giustifica ai repubblicani, in vista della prossima campagna elettorale, che lo incontra? Mentre in Europa, il capo della diplomazia, Borrell, continua a dire che occorrono altri carri armati e missili, nemmeno fosse il ministro della Difesa o della Guerra”. Boccaccesco Gomez quando ha commentato la replica puntuta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Silvio Berlusconi: “Se ha sbagliato? Penso che Zelensky da Capo di uno Stato sotto attacco se ne fo**a, per dirla volgarmente!”.

Reazione divertita della conduttrice Panella: “Oggi sta così! È un Peter Gomez in libertà”, “Ma no ragazzi, è che ormai siamo a un pelo dalla guerra mondiale… questi sono tutti ti-ti-ti…” ha ribattuto il direttore piazzando un’altra risposta colorita: “La penso come Papa Francesco: c’è un aggressore, Putin che è il pazzo principale, ma anche gli altri leader mondiali stanno dimostrando di essere dei pazzi. Giocano con il fuoco, sono apprendisti stregoni e vogliono prendere una strada che finora ha fatto registrare solo un’escalation”.

La conclusione del ragionamento è stata degna del “Vernacoliere”: “Dato che ormai il discorso è il machismo, giocano a chi ce l’ha più lungo (nuove risatine in studio, nda) ... eh ragazzi, ma stiamo alle parole: dicono ‘io sono più forte di te’, ‘io ti sparo’, ‘io ti faccio’… questo sta succedendo” ha affermato Gomez prima di calare il sipario con un complimento alla premier: “Per avere Berlusconi come alleato, è stata anche abbastanza zitta. Sa che Forza Italia al momento è Berlusconi, ma spera che non lo sia in futuro. Non dimentichiamo che quello è andato davanti alle telecamere a dire ‘tu Giorgia Meloni hai sbagliato, io non sarei andato a parlare con quel signore’”. E Panella: “Penso anch’io che non potesse fare meglio di quanto ha fatto”.

Cuore gialloblu. L’Ucraina sta vincendo la guerra grazie all’amore dei suoi uomini. Kateryna Kovalenko su L’Inkiesta il 22 Febbraio 2023

Lo stress e la paura portati dal conflitto pesano sulla salute mentale della popolazione che da un anno si difende dagli attacchi russi. Lo psicoterapeuta Ihor Larin spiega che «l’unico modo per affrontare l’orrore dell’invasione è toccarlo con le proprie mani, entrarci dentro e non rimanere in disparte»

La guerra è stress, la guerra porta problemi psicologici, la guerra affligge l’intera società ucraina. Ma è anche vero che la guerra è il modo attraverso cui una società può crescere, diventare più matura, moderna e forte.

Si avvicina il 24 febbraio, l’anniversario dell’invasione russa su vasta scala in Ucraina. Un anno segnato da bombardamenti, morte, disperazione, paura, odio ma anche amore. Stando agli ultimi sondaggi l’ottantacinque per cento degli ucraini è disposto a continuare a combattere a ogni costo. Com’è possibile? Come hanno fatto gli ucraini a non crollare mentalmente di fronte a un evento così tragico e sconvolgente? Come è cambiato il loro stato mentale dall’inizio dell’invasione?

Ihor Larin è uno psicoterapeuta ucraino, è originario di Odessa e ha diciotto anni di esperienza alle spalle. Dal 2016 tra i suoi pazienti ci sono anche i militari. Ora fa il volontario presso la clinica Feofania a Kyjiv nel reparto di riabilitazione per i militari. «Nei primi due mesi le persone erano afflitte dallo stato di shock, lo erano anche i militari: vedere aerei ed elicotteri in tv è ben diverso che vederli dalla propria finestra», dice Larin. «Distinguo due categorie di persone: nella prima, la maggioranza, ci sono coloro che sono riusciti ad accettare i fatti, hanno capito che nel breve la situazione non cambia e hanno trovato la forza di andare avanti. Sono delle persone che sapranno preservare la propria stabilità mentale anche quando sarà finita la guerra. La seconda categoria, invece, è di quelli che aspettano. Aspettano la vittoria e non fanno nulla. Sono coloro che non hanno saputo superare le nevrosi, l’ansia, l’irritazione e ora le riversano fuori. Purtroppo questa è la categoria che avrà maggiori problemi dal punto di vista psicologico. Per affrontare la guerra bisogna toccarla con le mani, entrarci dentro e non rimanere in disparte».

Nel 2005 l’Organizzazione mondiale della sanità affermava che il livello di depressione negli ucraini è oltre la media, nel 2014 questo dato è aumentato ulteriormente per ovvie ragioni. Come lei vede la situazione oggi?

Coloro che sono impegnati hanno da fare, non hanno modo di alimentare la depressione. Ovviamente parlo basandomi su quel che vedo, ma non lo percepisco nella società. È un periodo in cui ci si sente sempre un po’ depressi tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera anche in tempi di pace. Tuttavia non posso affermare che questa sia una tendenza generale.

Mi parli invece dei militari. Al fronte combattono non soltanto i militari professionisti ma anche dei volontari e i mobilitati che prima non erano in alcun modo legati all’arte militare? Riescono ad affrontare tutte le sfide psicologiche di questa guerra?

Da quando è iniziata l’invasione, ho portato la mia famiglia in salvo, prima a ovest, poi in Germania. Fino a giugno sono rimasto a Mykolaiv, prestando aiuto ai militari. Dopodiché sono stato chiamato dall’amministrazione della clinica Feofania a Kyjiv. La clinica ha un reparto dedicato completamente alla riabilitazione dei militari. Ha degli ottimi strumenti e professionisti di alto livello. Io ci lavoro su base volontaria. Mi occupo perlopiù dei feriti gravi o medio gravi e di coloro che hanno subito amputazioni avendo combattuto in prima linea. Direi che ho seguito lo sviluppo della guerra attraverso loro: arrivavano i soldati da Bucha, Lysychansk, Severodonetsk, Soledar, Bakhmut. Nel reparto ci sono sempre almeno cento soldati, ovviamente alcuni vengono dimessi, ma ne arrivano sempre altri. Lavoro con i disturbi da stress post-traumatico (Ptsd): di solito si manifesta sei mesi dopo la fine delle azioni belliche, ma per coloro che hanno avuto amputazioni, ad esempio, la guerra è già finita e il disturbo inizia a svilupparsi fin da subito, o quasi. I militari professionisti riescono ad affrontare meglio lo stress, inquadrano il servizio militare come un lavoro, per quanto insolito. Loro hanno maggiori probabilità di superare le difficoltà. Per quanto riguarda i volontari, i mobilitati, devo dire che molti di loro vanno in guerra per affermarsi come uomini ed in questo modo risolvono i propri problemi interiori. Eseguono molto bene i compiti assegnati. Tuttavia vedere la morte violenta del proprio compagno segna profondamente. La percentuale di Ptsd tra di loro è più alta rispetto ai soldati professionisti. Questa è una categoria a rischio.

I militari si rivolgono da soli allo specialista? Oppure c’è ancora riluttanza verso questo tipo di sostegno?

La fiducia verso questo tipo di terapia è aumentata molto, la parola psicologo non spaventa più, nella clinica nessuno si è mai rifiutato di parlare con me. E tra l’altro mi raccontano delle storie in cui i militari stessi ammettono davanti ai propri cari di aver bisogno d’aiuto, di non farcela da soli e di aver bisogno di uno specialista. La società è diventata più matura, più moderna. Sa, di recente, parlando con degli amici, abbiamo cercato di definire il nostro esercito. Abbiamo trovato due parole che lo rappresentano al meglio: amore e coraggio, quest’ultimo include la forza e l’audacia. Ecco l’esercito russo è forte, però gli manca l’amore. E quindi la formula non è completa. Sono come dei robot. Tuttavia l’amore non riguarda soltanto la tenerezza, la sincerità, la gioia. L’amore è anche rabbia. I nostri soldati, per quanto suoni strano, uccidono per amore, in nome dell’amore. Il nostro esercito combatte per difendersi.

L’Ucraina è pronta ad affrontare il numero tanto alto dei militari che necessitano di supporto?

In generale abbiamo molti specialisti qualificati e tanti ancora desiderosi di formarsi, fortemente motivati. Per quanto riguarda, invece, le strutture, i centri di riabilitazione, le onlus, i volontari – sono pochi. Erano sufficienti prima dell’invasione ma ora la portata è molto più vasta e profonda. Molti militari, purtroppo, rimangono scoperti.

Ci sono dei Paesi da cui esempio potremmo attingere per quanto riguarda la cura dei disturbi da stress?

Credo che dovremmo utilizzare ogni esperienza disponibile. Potremmo prendere molto dagli Stati Uniti e Israele, quest’ultimo credo sia più vicino a noi per il contesto e la mentalità. In quanto tutt’oggi il paese subisce degli attacchi. Non serve inventare la ruota, esistono già dei protocolli di gestione del Ptsd. Tuttavia dato il contesto, la portata della guerra, il fatto che accada sul nostro suolo e la mentalità dovremmo comunque elaborare i nostri strumenti per affrontare le sfide cui ci troviamo davanti.

Quanto tempo servirà agli ucraini per riprendersi e ritornare allo stato “normale” dopo la vittoria?

Io credo che, se non ci saranno interferenze né dall’interno né dall’esterno, agli ucraini ci vorrà un anno per ritornare alla “normalità”. Abbiamo degli specialisti e dei protocolli per gestire la situazione. Di fronte a tante notizie scoraggianti le sue parole rassicurano molto. Specialmente ciò che riguarda quanto sia cambiato l’atteggiamento degli ucraini verso gli strumenti di supporto. In realtà l’uomo ucraino è molto sensibile. Spesso non lo dimostra, non lo ammette. Ma noi stiamo vincendo perché i cuori dei nostri uomini portano tanto amore.

Biden: "Difenderemo la democrazia ad ogni costo". La Cina propone la pace. Adolfo Spezzaferro su l’Identità il 22 Febbraio 2023

"Difenderemo la democrazia e la sovranità nazionale ad ogni costo": così il presidente Usa Joe Biden ribadisce l’impegno della Nato e dell’Occidente al fianco di Kiev, "per la libertà". Nel suo discorso a Varsavia, all’indomani della sua visita a sorpresa nella capitale ucraina, Biden assicura che "il nostro impegno non vacillerà, la Nato è più forte di prima". "Un anno fa il mondo si aspettava la caduta di Kiev, che invece resta forte, libera e orgogliosa. Kiev non sarà mai una vittoria per la Russia perché il mondo non si è voltato dall’altra parte", afferma il presidente Usa.

Poi, a dispetto di quanto dichiarato dalla Casa Bianca poche ore prima, ossia che il discorso di Biden non sarebbe stato una replica a quello del presidente russo Vladimir Putin, il presidente Usa chiama in causa il leader russo: "Non è vero che l’Occidente sta cercando di distruggere la Russia. Putin pensava che la Nato si sarebbe spaccata e invece è unita come mai prima. Pensava ci saremmo arresi, si sbagliava. L’articolo 5 dell’Alleanza è solido come roccia: un attacco contro uno dei suoi membri è un attacco contro tutti". Quest’ultimo passaggio a dire il vero è un po’ forzato, considerato che l’Ucraina non è (ancora) un membro della Nato.

Poi il capo della Casa Bianca accusa la Russia: "Ha commesso crimini contro l’umanità, ha rapito bambini, ha usato gli stupri come arma di guerra. Putin è un dittatore che vuole ricostruire un impero ma non ci riuscirà. La guerra è stata una sua scelta, non una necessità. Mosca dovrà pagare un prezzo per le sue azioni e continueremo e rafforzeremo le sanzioni economiche già questa settimana". Infine il passaggio chiave: "Solo Putin può porre fine alla guerra, interrompendo l’invasione". Ciò significa che Nato e Occidente continueranno a fornire armi a Zelensky ad oltranza. Anche se, come ha sottolineato Putin nel suo discorso alla nazione, "è impossibile sconfiggere la Russia sul campo di battaglia".

Insomma, a sentire il presidente Usa, la guerra procederà ad oltranza. Perché Mosca non intende fermarsi prima di raggiungere il suo obiettivo, ossia mettere in sicurezza il Donbass e le popolazioni russofone e filorusse. Ma c’è qualcuno che propone una soluzione negoziale e un piano per la pace. E’ l’altra super potenza mondiale oltre agli Usa: la Cina, che si propone come garante della sicurezza globale, rilanciando la sua Iniziativa per una sicurezza globale (Global Security Initiative), a partire ovviamente dal conflitto russo-ucraino. Il ministro degli Esteri di Pechino, Qin Gang, ha presentato ieria Pechino un "concept paper", dopo che l’alto diplomatico Wang Yi ha annunciato nella Conferenza sulla sicurezza di Monaco un impegno per favorire una soluzione di pace in Ucraina. In attesa di quello che dirà il presidente Xi Jinping – che nei prossimi mesi andrà a Mosca – il 24 febbraio, anniversario dell’invasione russa, vediamo come si compone la proposta di pace cinese. Posto che "una guerra nucleare non deve essere mai combattuta", Pechino parla di iniziativa "aperta e inclusiva" e promette "sostegno" a ogni Paese che voglia "unirvisi e voglia sinceramente salvaguardare la pace". Nello specifico del conflitto nel Donbass, la Cina "continuerà a promuovere i colloqui di pace, a fornire la saggezza cinese per una soluzione politica e a lavorare con la comunità internazionale per promuovere il dialogo e la consultazione in modo da gestire le preoccupazioni di tutte le parti e cercare la comune sicurezza".

Wang Yi intanto a Mosca ha iniziato un tour molto ampio di consultazione dal segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev, uomo chiave delle relazioni russo-cinesi, che ha garantito sostegno a Pechino per alcuni dossier che stanno a cuore a Xi: Taiwan, Xinjiang, Hong Kong e Tibet. L’alto diplomatico cinese dovrebbe incontrare anche il ministro degli Esteri Sergey Lavrov e forse il presidente Vladimir Putin, il quale ieri ha annunciato la sospensione del Trattato Start contro la proliferazione delle armi strategiche offensive. Un vento (di guerra), insomma, che spira nella direzione contraria rispetto all’iniziativa cinese. Xi ha tenuto finora una posizione defilata nello scenario ucraino. Da un lato non ha condannato l’invasione russa, dall’altro non ha riconosciuto le annessioni di Mosca.

Più in generale, la Cina si pone ora come unica garanzia di pace globale. Pechino sostiene il suo sostegno a una struttura di gestione della sicurezza globale incentrata sull’Onu. Inoltre chiede che i principali Paesi del mondo s’impegnino a respingere politiche egemoniche e di intimidazione, in modo che si possa costruire una coesistenza pacifica. L’iniziativa di Pechino "individua anche piattaforme e meccanismi di cooperazione. Finora, più di 80 Paesi e organizzazioni regionali hanno elogiato ed espresso sostegno al Gsi. Siamo convinti che con la pubblicazione del concept paper, sempre più Paesi e organizzazioni si uniranno allo sforzo di implementare l’iniziativa e formare una maggiore sinergia nel consenso internazionale e nell’azione per trasformarla in realtà". Ora parola all’Occidente.

Guerra in Ucraina, ecco la proposta di pace che la Cina presenterà ai russi. YOUSSEF HASSAN HOLGADO su il Domani il 22 febbraio 2023

Un piano di dodici punti, alcuni dei quali sono stati anticipati dalla stampa internazionale, è quello che Wang Yi presenterà al Cremlino durante la sua visita. La diplomazia europea, però, non è convinta del contenuto del documento 

Dopo il tour europeo il capo della diplomazia cinese Wang Yi, emissario del presidente Xi Jinping, è arrivato in Russia. Un viaggio che ha sia l’obiettivo di rafforzare le relazioni bilaterali tra i due paesi, mai messi in crisi dalla guerra in Ucraina, sia quello di gettare le prime basi per costruire la pace tra Mosca e Kiev a un anno esatto dall’inizio del conflitto.

Il primo alto funzionario russo incontrato da Wang Yi è Nikolai Patruschev, segretario del Consiglio di sicurezza del Cremlino. «Voglio confermare al compagno Wang il nostro sostegno sulle questioni di Taiwan, Xinjiang, Tibet e Hong Kong», ha detto Patrushev alla televisione di stato. 

IL PIANO DI PACE

Non è ancora stato presentato ufficialmente ma la stampa internazionale ha già anticipato alcuni punti di quello che è stato definito il piano di pace che Wang Yi proporrà al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, nel suo incontro di oggi. Si tratta di un documento diviso in circa 12 punti, il primo prevede il rispetto dei principi dell’integrità territoriale e della sovranità, seguito dalla richiesta di garanzie di sicurezza per entrambe le parti.

La Cina chiede anche il cessate il fuoco e lo stop alle forniture di armi che l’occidente garantisce a Kiev per la difesa del suo territorio. Il piano prevede anche garanzie che non ci siano attacchi nucleari e quindi la messa in sicurezza delle centrali ucraine per evitare un’escalation nel conflitto. Per mesi, infatti, il direttore dell’Aiea ha chiesto ai due eserciti di creare un cordone di sicurezza intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, finita più volte al centro del fuoco incrociato. Infine, l’emissario di Xi Jinping chiederà anche che non vengano usate armi biochimiche.

LA REAZIONE OCCIDENTALE

Il piano, però, al momento non convince gli alleati della Nato dato che non menziona, tra le altre cose, una condanna esplicita all’invasione russa. I paesi occidentali sostengono il documento di dieci punti presentato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky al G20 di Bali, testo che per ora è considerato irricevibile da parte di Mosca.

Gli alleati criticano anche il linguaggio diplomatico “neutro” utilizzato da Pechino e non è chiaro neanche come i cinesi vogliano risolvere il punto più delicato della trattativa: ovvero lo status dei territori della Crimea e del Donbass (le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk). Al momento il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba ha detto che vuole vedere il testo formale e completo prima di dare un parere e presto conosceremo anche quello del Cremlino.

Intanto, secondo il Wall Street Journal il presidente Xi Jinping ha in programma una visita a Mosca nei prossimi mesi.

Wang va al Cremlino. Ma il patto d'acciaio è già sbilanciato. Comanda il Dragone. Storia di Roberto Fabbri su Il Giornale il 22 febbraio 2023.

«Nonostante la situazione instabile nel mondo, la Cina rimane impegnata a sviluppare le relazioni con la Russia». In questa frase, che il capo della diplomazia di Pechino Wang Yi ieri in visita a Mosca ha rivolto al suo omologo russo Sergei Lavrov, ci sono tutte le contraddizioni dell'attuale rapporto tra due Paesi a parole uniti da un'alleanza d'acciaio. Bisogna tener presente che, nella comunicazione diplomatica cinese, le sfumature hanno grande importanza. Quando Wang cita la «situazione instabile», certamente fa riferimento all'attuale complessa fase delle relazioni internazionali, ma soprattutto allude al problema del conflitto in Ucraina: un problema causato dal suo alleato russo e che deve essere risolto. Ed è per questo che poi aggiunge «rimane impegnata» e non ad esempio «è più che mai impegnata»: vuole rendere il senso di una oggettiva difficoltà che la guerra sta provocando. In pratica, come lo stesso Wang ha ripetuto, Cina e Russia continueranno a sostenersi reciprocamente dimostrandosi «più forti delle pressioni», ma non si tratta di un'alleanza militare (affermazione discutibile: in queste ore sono in corso manovre navali congiunte russo-cinesi cui partecipa tra le polemiche anche il Sud Africa).

Wang va al Cremlino. Ma il patto d'acciaio è già sbilanciato. Comanda il Dragone© Fornito da Il Giornale

L'inviato di Xi Jinping ha quindi insistito con Putin e Lavrov sulla volontà cinese di «creare le condizioni per un negoziato di pace». La Cina dice di puntare a soluzione politica al conflitto, ma lo farà alle sue condizioni ed è facile prevedere che Xi pretenderà di collegare il punto più interessante per Kiev e i suoi alleati occidentali la disponibilità a negoziare per il rispetto dell'integrità territoriale dell'Ucraina con la pretesa cinese di considerare Taiwan, che Pechino vuole annettere entro pochi anni, una propria questione interna: nel linguaggio diplomatico cinese, «il rispetto dell'integrità territoriale della Cina». Ovvio che questa idea verrà rispedita al mittente dall'Occidente.

Sgombrato il campo dalle illusioni, rimangono i fatti. Il principale è che Cina e Russia continueranno ad agire d'intesa per il loro vero obiettivo comune: quello di sovvertire l'attuale ordine internazionale basato sull'egemonia americano/europea. Lo ha detto nel solito diplomatichese Lavrov («Coesione e intenzione di difendere gli interessi reciproci nel rispetto della legge internazionale e del ruolo centrale dell'Onu»), lo ha ribadito Wang a Putin («Lavoriamo insieme per la stabilità mondiale. Le relazioni tra Russia e Cina non sono dirette contro Paesi terzi, ma non cedono nemmeno alle loro pressioni»). Qui c'è un'altra sfumatura da cogliere: Pechino non accetta ordini americani sul livello del suo sostegno a Mosca, ma rifiuta l'accusa di essere un fornitore di armi a Putin.

Da questo viaggio, che secondo indiscrezioni sarà seguito in aprile da quello di Xi a Mosca in corso di preparazione, si ricava la sensazione che la relazione speciale russo-cinese sia sempre più sbilanciata a favore di Pechino. Rispetto a un anno fa, quando alla vigilia dell'invasione dell'Ucraina Putin volò in Cina per mostrare al mondo la novità di un'alleanza tra potenze autocratiche definita «ferrea e senza limiti», è Putin a essersi indebolito sia strategicamente (non è in grado di vincere la guerra) che economicamente: le sanzioni occidentali e il fallimento del ricatto energetico ai nostri danni lo stanno costringendo a svendere gas e petrolio alla Cina e ad altri Paesi più o meno neutrali come l'India. Xi, però, vuol tenere un piede anche in quel mondo globalizzato che intende cambiare nel lungo termine (i nostri soldi gli servono), mentre la Russia ne è stata estromessa. Alla lunga, questa fondamentale differenza accentuerà il dato di fatto di un'alleanza diseguale, con una Cina più forte che applicherà alla Russia il trattamento che Putin vuol imporre oggi all'Ucraina: quello riservato a una colonia.

Il piano di pace della Cina per la guerra in Ucraina, in 12 punti. Paolo Foschi su il Corriere della Sera il 24 febbraio 2023

Il governo della Cina ha presentato il documento. Al primo punto: rispettare la sovranità nazionale di tutti i paesi

Ecco il piano per la pace presentato dal governo cinese a un anno esatto dell’attacco russo all’Ucraina.

1) Rispettare la sovranità di tutti i paesi. Il diritto internazionale universalmente riconosciuto, compresi gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, deve essere rigorosamente osservato. La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i paesi devono essere efficacemente sostenute. Tutti i paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, sono membri uguali della comunità internazionale. Tutte le parti devono sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l’equità e la giustizia internazionali. Dovrebbe essere promossa un’applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

2) Abbandonare la mentalità della guerra fredda. La sicurezza di un paese non dovrebbe essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari. I legittimi interessi e preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi devono essere presi sul serio e affrontati adeguatamente. Non esiste una soluzione semplice a un problema complesso. Tutte le parti dovrebbero, seguendo la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile e tenendo presente la pace e la stabilità a lungo termine del mondo, contribuire a creare un’architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile. Tutte le parti dovrebbero opporsi al perseguimento della propria sicurezza a scapito della sicurezza altrui, prevenire il confronto tra blocchi e lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico.

3) Cessare le ostilità. Il conflitto e la guerra non giovano a nessuno. Tutte le parti devono rimanere razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni e impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura sfugga al controllo. Tutte le parti dovrebbero sostenere la Russia e l’Ucraina nel lavorare nella stessa direzione e riprendere il dialogo diretto il più rapidamente possibile, in modo da ridurre gradualmente la situazione e raggiungere infine un cessate il fuoco globale.

4) Riprendere i colloqui di pace. Dialogo e negoziazione sono l’unica soluzione praticabile alla crisi ucraina. Tutti gli sforzi volti a una soluzione pacifica della crisi devono essere incoraggiati e sostenuti. La comunità internazionale dovrebbe rimanere impegnata nel giusto approccio per promuovere i colloqui per la pace, aiutare le parti in conflitto ad aprire la porta a una soluzione politica il prima possibile e creare le condizioni e le piattaforme per la ripresa dei negoziati. La Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo in questo senso.

5) Risolvere la crisi umanitaria. Tutte le misure atte ad alleviare la crisi umanitaria devono essere incoraggiate e sostenute. Le operazioni umanitarie dovrebbero seguire i principi di neutralità e imparzialità e le questioni umanitarie non dovrebbero essere politicizzate. La sicurezza dei civili deve essere efficacemente tutelata e devono essere istituiti corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili dalle zone di conflitto. Sono necessari sforzi per aumentare l’assistenza umanitaria nelle aree interessate, migliorare le condizioni umanitarie e fornire un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli, al fine di prevenire una crisi umanitaria su scala più ampia. Le Nazioni Unite dovrebbero essere sostenute nel svolgere un ruolo di coordinamento nell’incanalare gli aiuti umanitari nelle zone di conflitto.

6) Protezione dei civili e dei prigionieri di guerra. Le parti in conflitto devono rispettare rigorosamente il diritto internazionale umanitario, evitare di attaccare civili o strutture civili, proteggere donne, bambini e altre vittime del conflitto e rispettare i diritti fondamentali dei prigionieri di guerra. La Cina sostiene lo scambio di prigionieri di guerra tra Russia e Ucraina e invita tutte le parti a creare condizioni più favorevoli a tale scopo.

7) Mantenere sicure le centrali nucleari. La Cina si oppone agli attacchi armati contro le centrali nucleari o altri impianti nucleari pacifici e invita tutte le parti a rispettare il diritto internazionale, inclusa la Convenzione sulla sicurezza nucleare (CNS), e a evitare risolutamente incidenti nucleari provocati dall’uomo. La Cina sostiene l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) nello svolgere un ruolo costruttivo nella promozione della sicurezza e della protezione degli impianti nucleari pacifici.

8) Riduzione dei rischi strategici. Le armi nucleari non devono essere utilizzate e le guerre nucleari non devono essere combattute. La minaccia o l’uso di armi nucleari dovrebbe essere contrastata. La proliferazione nucleare deve essere prevenuta e la crisi nucleare evitata. La Cina si oppone alla ricerca, allo sviluppo e all’uso di armi chimiche e biologiche da parte di qualsiasi paese e in qualsiasi circostanza.

9) Facilitare le esportazioni di grano. Tutte le parti devono attuare pienamente ed efficacemente, in modo equilibrato, l’iniziativa per i cereali del Mar Nero firmata da Russia, Turchia, Ucraina e Nazioni Unite e sostenere le Nazioni Unite affinché svolgano un ruolo importante in tal senso. L’iniziativa di cooperazione sulla sicurezza alimentare globale proposta dalla Cina fornisce una soluzione fattibile alla crisi alimentare globale.

10) Stop alle sanzioni unilaterali. Sanzioni unilaterali e massima pressione non possono risolvere la questione; creano solo nuovi problemi. La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali e della “giurisdizione a braccio lungo” contro altri paesi, in modo da fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina e creare le condizioni affinché i paesi in via di sviluppo possano far crescere le loro economie e migliorare la vita della loro gente.

11) Mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento. Tutte le parti dovrebbero mantenere seriamente l’attuale sistema economico mondiale e opporsi all’uso dell’economia mondiale come strumento o arma per scopi politici. Sono necessari sforzi congiunti per mitigare le ricadute della crisi e impedire che interrompa la cooperazione internazionale nei settori dell’energia, della finanza, del commercio alimentare e dei trasporti e comprometta la ripresa economica globale.

12) Promuovere la ricostruzione postbellica. La comunità internazionale deve adottare misure per sostenere la ricostruzione postbellica nelle zone di conflitto. La Cina è pronta a fornire assistenza e svolgere un ruolo costruttivo in questo sforzo.

Il piano di pace della Cina per la crisi ucraina: ecco i 12 punti di Pechino. Federico Giuliani su Inside Over il 24 febbraio 2023.

Ad un anno esatto dallo scoppio della guerra in Ucraina, la Cina ha presentato una proposta formata da 12 punti per porre fine al conflitto.

Il documento è stato pubblicato sul sito del ministero degli Esteri ed è, di fatto, una sintesi approfondita degli appelli fin qui lanciati da Pechino. In particolare, il governo cinese ha chiesto la ripresa dei colloqui di pace e la fine delle sanzioni unilaterali contro la Russia e sottolineato la sua opposizione all’utilizzo di armi nucleari.

Se il paper è una novità assoluta, utile per accreditare Xi Jinping come mediatore ufficiale della questione ucraina, il contenuto non è per niente inedito. Si tratta, come accennato, di un sunto delle principali affermazioni fin qui uscite dalla bocca dei massimi funzionari cinesi. Attenzione però, perché non stiamo parlando semplicemente di una raccolta di massime e luoghi comuni. Quello pubblicato dalla Cina è il primo passo istituzionale effettuato dal Dragone per bilanciare, da un lato la sua partnership “senza limiti” con il Cremlino e dall’altro il processo di consolidamento delle relazioni con il blocco occidentale.

Il contenuto del documento

Il documento si intitola La posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina. “Il conflitto e la guerra non giovano a nessuno. Tutte le parti devono restare razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni per impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura vada fuori controllo“, si legge.

La proposta della Cina include la richiesta di un cessate il fuoco e colloqui di pace, oltre alla fine delle sanzioni occidentali contro la Russia. Sottolinea che “i Paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali” e “fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina”.

Il primo punto riguarda il “rispetto della sovranità di tutti i Paesi”: “Tutte le parti dovrebbero sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l’equità e la giustizia internazionali. Dovrebbe essere promossa un’applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti”.

Si passa poi alla richiesta di abbandonare la “mentalità della Guerra fredda”, in una velata critica rivolta agli Usa: “Tutte le parti dovrebbero opporsi al perseguimento della propria sicurezza a scapito della sicurezza altrui, prevenire il confronto tra blocchi e lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico”.

Il terzo punto richiama la necessità di “cessare le ostilità”. Segue l’urgenza di riprendere i colloqui di pace perché “dialogo e negoziazione sono l’unica soluzione praticabile alla crisi ucraina”. Il quinto punto è dedicato alla risoluzione della crisi umanitaria, con l’incoraggiamento di tutte le misure “atte ad alleviare” questa emergenza, secondo principi di neutralità e imparzialità.

La proposta della Cina

La Cina ha poi sottolineato l’urgenza di proteggere civili e prigionieri di guerra, chiedendo alle parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario, evitare di attaccare civili o strutture civili e rispettando i diritti fondamentali dei prigionieri di guerra.

Onde evitare rischi, al settimo punto c’è il mantenimento della sicurezza nelle centrali nucleari: “La Cina si oppone agli attacchi armati contro le centrali nucleari o altri impianti nucleari pacifici e invita tutte le parti a rispettare il diritto internazionale”.

Il documento si conclude quindi con la “riduzione dei rischi strategici” (“le armi nucleari non devono essere utilizzate e le guerre nucleari non devono essere combattute”), la facilitazione delle esportazioni di grano, lo stop alle sanzioni unilaterali (“creano solo nuovi problemi”) il mantenimento delle catene industriali e di approvvigionamento e, infine, la promozione della ricostruzione postebellica.

Nonostante nei 12 punti si affermi che la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi devono essere sostenute, hanno fatto notare alcuni funzionari statunitensi che nello stesso documento non si riconosce la violazione della sovranità ucraina da parte della Russia.

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Risoluzione Onu: l’assemblea vota il «ritiro immediato» della Russia dall’Ucraina: 141 sì, India e Cina si astengono. Viviana Mazza su il Corriere della Sera il 23 febbraio 2023

Sono sette i Paesi che si sono schierati contro: con Mosca, anche Siria, Bielorussia, Eritrea, Nord Corea, Nicaragua e Mali

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato, con maggioranza di 141 voti su 193, una risoluzione che invita la Russia a ritirarsi «incondizionatamente e immediatamente» dall’Ucraina per il raggiungimento, il prima possibile, di una pace «complessiva, giusta e duratura» nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite. Oltre 70 Paesi tra cui l’Italia hanno co-sponsorizzato la risoluzione presentata da Kiev. Sette i voti contrari (Russia, Bielorussia, Siria, Nord Corea, Eritrea, Mali, Nicaragua). Ma la Cina, il Sudafrica, l’India e altri Paesi del Sud del mondo (per un totale di 32 voti) hanno continuato ad astenersi, sottolineando la loro distanza da quella che considerano una guerra dell’Occidente. Il numero totale è lo stesso del 2 marzo scorso, quando 141 Stati votarono per condannare l’invasione russa dell’Ucraina e chiedere che Mosca ritirasse le truppe (allora i contrari erano 5, ai quali si sono aggiunti Mali e Nicaragua, che prima erano tra gli astenuti). Sei mesi dopo, un numero più ampio (143 Paesi) difese l’integrità territoriale e sovranità dell’Ucraina, dopo che Putin dichiarò l’annessione di quattro regioni.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina, in diretta

La risoluzione di ieri è il risultato di settimane di negoziati, in cui gli alleati del G7 hanno convinto Kiev a non premere per richieste molto specifiche o ampie, rischiando che alcuni Paesi che in passato hanno votato a favore della sovranità ucraina si tirassero indietro (il timore era che il sostegno scendesse a 135 voti). All’inizio l’Ucraina sperava di includere un riferimento al piano di pace in dieci punti di Zelensky, ma il ministro Dmytro Kuleba si è limitato a menzionarlo nel suo intervento iniziale, in cui ha affermato che nonostante «le vuote richieste» di negoziati la Russia vuole ancora «distruggere l’Ucraina come nazione». Kuleba ha lanciato un messaggio ai Paesi che vogliono essere «amici di entrambi» e porre fine alla guerra «qualunque sia il risultato»: «In questa guerra non ci sono due lati, c’è un aggressore e c’è una vittima». «C’è qualcuno in questa sala che sia pronto a rinunciare ad un metro quadrato del suo territorio per darlo ad un vicino assetato di sangue?», ha aggiunto.

Kiev sperava inoltre in una richiesta più specifica per la costituzione di un tribunale speciale che giudichi Putin per il crimine di aggressione, ma l’Occidente non è unito sul tema. L’idea viene considerata troppo punitiva da alcuni. Molti Paesi del Sud del mondo, inoltre, desiderano la fine della guerra «al più presto possibile» (come indica la risoluzione) e temono che un tribunale che giudica i crimini di guerra possa rendere più restia l’elite politica russa a raggiungere una soluzione.

Mentre si teneva questo voto diventato un barometro sull’opinione mondiale sulla guerra, all’Onu c’era grande attesa per il «piano di pace cinese». Pechino afferma che presenterà un documento che contiene riferimenti alla Carta delle Nazioni Unite e terrà conto dunque dell’integrità territoriale, della sovranità e della sicurezza. Oggi Xi Jinping dovrebbe fare un «discorso sulla pace». Il ministro Kuleba ha detto che Wang Yi ha condiviso alcuni punti del documento con lui a New York, ma attende di vedere il testo prima di esprimersi. Anche Zelensky ha dichiarato ieri di non aver visto il piano cinese ma di auspicare un incontro tra i rappresentanti di Pechino e di Kiev: «Sarebbe nel nostro interesse». Intanto la tensione resta alta nella regione: lo stato Maggiore della Marina avverte sul rischio di incidenti nel Mediterraneo per l’aumento della presenza di navi russe, mentre Mosca accusa Kiev di preparare un attacco alla Transnistria (e la Moldavia smentisce), dopo che ieri Putin ha ritirato il programma di rapporti con l’Europa che prevedeva anche l’impegnò a trovare una soluzione per la regione separatista.

Dopo la visita della Meloni a Kiev hackers russi attaccano siti del Governo italiano , imprese, Carabinieri e banche. Redazione CdG 1947 su il Corriere del Giorno il 22 Febbraio 2023

Questa è la prima volta che questi pirati informatici prendono di mira l’Italia. Anche se non è la prima volta che l’Italia viene colpita da gruppi di hacker filorussi. Lo scorso anno, ad aprile, il gruppo Killnet (anche questo sarebbe vicino ai servizi segreti esteri russi) aveva messo a terra il sito del Senato, della Difesa e degli Esteri con un attacco simile a quello messo a segno oggi da No name

Un collettivo di hacker noto come NoName 057(16) vicini ai servizi segreti esteri russi, il Servizio di intelligence internazionale, ha rivendicato un massiccio attacco informatico all’Italia effettuato mediante una decina di attacchi ad altrettanti siti di istituzioni e aziende italiane. Il gruppo in una rivendicazione online ha affermato di aver cominciato l’offensiva in risposta alla visita ufficiale del premier italiano Giorgia Meloni in Ucraina.

NoName 057(16) è tra i gruppi russi più attivi nella cyberguerra che affianca il conflitto cinetico in Ucraina. Il gruppo è stato creato un anno fa, a marzo 2022, poco dopo l’ingresso dei carri armati russi nel territorio di Kiev. Si è reso subito protagonista di una serie di attacchi contro enti governativi e infrastrutture critiche in Ucraina e nei Paesi che la supportano. In particolare Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Norvegia e Finlandia.

La rivendicazione è stata diffusa questa mattina sui canali Telegram del gruppo che in queste ore continua a condividere messaggi fornendo dettagli di nuovi attacchi e annunciandone altri nelle prossime ore. Si tratta di attacchi Ddos – Denial of service attack – che avvengono tramite un’offensiva coordinata di decine di migliaia di tentativi di accesso a dei siti simultaneamente, così facendone collassare i server. 

Tra i siti attaccati ci sarebbero quello dei Carabinieri, del ministero degli Esteri, della Difesa ma anche quelli di società come Tim, la banca Bper e la società utility A2a. Da quanto si è potuto verificare in queste ore, i siti istituzionali hanno avuto a tratti problemi di accesso. Mentre nessun problema si è evidenziato finora sui siti delle aziende. 

I loro attacchi, secondo un report di Google Mandiant, sono piuttosto sofisticati e difficili da prevedere. Un attacco che, è stato più complicato da gestire rispetto a quelli sferrati finora all’Italia dai criminali informatici. Un nuovo livello di pericolosità raggiunto come "reazione" russa  all’appoggio del governo italiano alla causa ucraina. L’Agenzia nazionale per la Cybersicurezza ha reso noto di essere a lavoro sul caso e di stare "seguendo gli eventi già dalle prime ore della mattinata". 

"L’Italia fornirà all’Ucraina il sesto pacchetto di assistenza militare, che includerà tre tipi di sistemi di difesa aerea", scrivono gli hackers russi sul loro canale Telegram. Tutti i messaggi sono stati condivisi con l’immagine di un orso, chiaro riferimento alla Russia, che da una zampata alla bandiera italiana.

"Come ha detto il primo ministro italiano Giorgia Meloni durante una conferenza stampa a Kiev, si parla dei sistemi anticarro SAMP-T, Skyguard e Spike. Oggi continueremo il nostro affascinante viaggio attraverso l’Italia russofoba", continua il messaggio-minaccia degli hacker, che, come tutti i successivi, si chiude con una bandiera russa seguita da una frase in cirillico: "Vittoria a noi", calcando la ‘Z’, la lettera diventata famosa per marchiare i carri armati russi durante l’invasione in Ucraina.

Questa è la prima volta che questi pirati informatici prendono di mira l’Italia. Anche se non è la prima volta che l’Italia viene colpita da gruppi di hacker filorussi. Lo scorso anno, ad aprile, il gruppo Killnet (anche questo sarebbe vicino ai servizi segreti esteri russi) aveva messo a terra il sito del Senato, della Difesa e degli Esteri con un attacco simile a quello messo a segno oggi da No name. Anche se, spiegano gli esperti, sicuramente meno complicato da gestire. Redazione CdG 1947

Le preoccupazioni dell’intelligence. L’attacco hacker ai siti istituzionali contro «l’Italia russofoba». L’Inkiesta il 23 Febbraio 2023.

I siti di aziende, ministeri e banche sono finiti nel mirino del collettivo filorusso "NoName057" dopo la visita di Meloni in Ucraina. Gli 007 sono preoccupati: i software utilizzati sono più sofisticati e maggiori sono le risorse economiche messe in campo

«Mamma mia». Poi un orso e la bandiera tricolore. La premier Giorgia Meloni aveva appena terminato la conferenza stampa congiunta a Kyjiv con il presidente Zelensky, e immediatamente sono partiti gli attacchi di hacker filorussi. Un gruppo che usa il nome collettivo “NoName057” ha tentato un attacco di tipo DDos (Distributed Denial of Service) – niente furto di dati, ma sistemi informatici mandati in tilt – contro i siti di enti pubblici e società private in Italia, tra banche, aziende e ministeri. Obiettivo dichiarato: «Smascherare l’Italia russofoba».

Sono stati colpiti i server dei Carabinieri, del ministero degli Interni, alcuni pezzi della Difesa, il portale per il rilascio delle carte di identità elettroniche, un paio di ministeri, la società di utility A2a e il sito di Tim. Danni minimi, quasi nulli, ma un segnale che non piace per nulla alla nostra intelligence – spiega Repubblica.

Per la prima volta, dall’inizio del conflitto in Ucraina, si è trattato di un attacco dalla chiara matrice politica. Come sempre avviene in questi casi, è di fatto impossibile risalire al mandante: si sa che "NoName57" è un collettivo particolarmente vicino ai servizi russi che non ha mai nascosto di lavorare «al fianco della propria Patria», scrivevano a marzo dello scorso anno quando per la prima volta sono apparsi sulla scena attaccando alcune infrastrutture strategiche dei paesi dell’ex Unione sovietica non schierati con Putin. Nessuno però potrà mai provare che a ordinare l’attacco di ieri sia stato il Cremlino.

Non c’è stata alcuna richiesta di riscatto. Ma soltanto il tentativo di paralizzare alcuni servizi essenziali per lanciare un segnale politico. La rivendicazione non lascia spazio alle interpretazioni: «Dopo la colazione con i croissants francesi, siamo andati a mangiare una pizza in Italia», hanno scritto sui propri canali Telegram. «L’Italia fornirà all’Ucraina il sesto pacchetto di assistenza militare, che includerà tre tipi di sistemi di difesa aerea. Come ha detto il primo ministro italiano Giorgia Meloni durante una conferenza stampa a Kyjiv, si parla dei sistemi anticarro Sampt-t, Skyguard e Spike. Per questo continueremo il nostro affascinante viaggio attraverso l’Italia russofoba».

L’Italia, grazie al lavoro di questi mesi dell’Agenzia di cybersecurity diretta da Roberto Baldoni, è stata in grado di rispondere immediatamente e di evitare collassi sulla rete. In questi mesi è stato organizzato un sistema in grado di bloccare l’accesso da Ip esteri, in modo da ridurre i danni in casi di questo genere.

Ma a preoccupare gli esperti italiani è l’escalation a cui stiamo assistendo da settimane: il numero di attacchi nel 2022 è salito del circa il 40 per cento rispetto allo scorso anno. Negli ultimi due mesi c’è stata un’ulteriore crescita. E la qualità delle incursioni è notevolmente cresciuta. I software utilizzati sono più sofisticati e maggiori sono le risorse economiche messe in campo. Questo significa che chi sta giocando questa partita ha deciso di alzare l’asticella.

Quello di NoName057 rientra in un filone classico dei cyber-attacchi, chiamato DDos, Distributed Denial of Service: un’offensiva in cui un gran numero di computer o dispositivi inviano una enorme quantità di traffico verso un sito specifico, con lo scopo di intasarlo e renderlo inaccessibile (o lentissimo). In questo caso però si sarebbe trattato di un sottotipo particolare del DDoS, chiamato «Slow Http Attack». Come spiega il sito specializzato Red Hot Cyber, in questa cyber-offensiva, detta anche Slowloris, l’attaccante invia una richiesta Http con una velocità molto rallentata. La connessione così rimane forzatamente aperta, con il server in attesa della sequenza di caratteri «di chiusura richiesta» del client. Rallentando moltissimo la richiesta, l’attaccante mette nella condizione il server di attendere il codice all’infinito. In questo modo il server deve tenere attive molte connessioni nello stesso tempo e le sue risorse vengono saturate. Gli utenti che cercano di collegarsi non riescono così a trovare soddisfazione alle loro richieste di accesso.

Hacker russi all’attacco dell’Italia, colpiti siti di governo, banche e imprese dopo la visita di Meloni a Kiev. Carmine Di Niro su il Riformista il 22 Febbraio 2023

Una serie di attacchi hacker portati avanti sin dal pomeriggio di martedì ai danni dei siti interne del ministero dell’Interno e di quello del ministero degli Esteri, rivendicati su Telegram dal collettivo filorusso NoName057 sul proprio canale.

L’offensiva via web è stata confermata da fonti investigative italiane citate dall’agenzia Ansa: a finire nel mirino degli hacker anche una serie di siti di aziende strategiche, come banca Bper e gruppo A2a, ma anche il portale istituzionale dei Carabinieri, quello per il rilascio delle carte d’identità, quello del ministero delle Politiche agricole e quello di Tim.

Da quanto si è potuto verificare in queste ore, i siti istituzionali hanno a tratti problemi di accesso, mentre nessun problema si è evidenziato finora sui siti delle aziende.

Nella rivendicazione del collettivo russo, ritenuto vicino ai servizi segreti esteri di Mosca, si fa espressamente riferimento al supporto italiano e del governo di Giorgia Meloni alla causa ucraina.

Sui canali Telegram di NoName057 è in bella mostra la rivendicazione con tanto di foto sorridente di un orso, simbolo della Russia utilizzato come una sorta di sfottò. Ben più severe invece le parole utilizzata dagli hacker: "L’Italia fornirà all’Ucraina il sesto pacchetto di assistenza militare, che includerà tre tipi di sistemi di difesa aerea. Come ha detto il primo ministro italiano Giorgia Meloni durante una conferenza stampa a Kiev, si parla dei sistemi anticarro Sampt-t, Skyguard e Spike". Dunque, aggiungono, "continueremo il nostro affascinante viaggio attraverso l’Italia russofoba".

L’attacco ai danni dei portali istituzionali, aziende e ministeri è stato avviato mentre la premier Meloni era in Ucraina per incontrare il presidente Volodymyr Zelensky.

Quanto alla ‘tipologia’, si tratta di un attacco di tipo Ddos (Distribuited denial of service): in sostanza, i server che gestiscono i siti vengono presi di mira da migliaia di false richieste di accesso che ne rallentano il funzionamento e li rendono irraggiungibili.

A differenza del precedente attacco hacker dello stesso tipo avvenuto nel maggio scorso, questa volta le contromisure messe in piedi hanno retto in maniera decisamente migliore. Lo scorso anno infatti  di siti, compreso quello del Senato e dello stesso ministero della Difesa andarono in down a causa di un attacco da parte degli hacker di Killnet, altro collettivo filorusso che dall’inizio della guerra ha preso di mira tutti i paesi che sostengono l’Ucraina.

Il collettivo NoName57, secondo le ricostruzioni degli esperti, è apparso a marzo del 2022, a ridosso dell’invasione russa, e ha iniziato a prendere di mira i paesi dell’Est Europa, dalla Polonia alla Lettonia.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Cos’è il collettivo NoName57, gli hacker russi e gli attacchi all’Italia: "13mila dall’invasione dell’Ucraina". Antonio Lamorte su il Riformista il 23 Febbraio 2023

Era ancora in visita in Ucraina la Presidente del Consiglio Giorgia quando l’Italia è finita di nuovo sotto attacco degli hacker. Hacker filorussi. A un anno – domani – dall’invasione da parte della Russia sono stati quasi 13mila gli attacchi informatici all’Italia. "L’Italia fornirà all’Ucraina il sesto pacchetto di assistenza militare – si legge nella rivendicazione del collettivo NoName057 – Continueremo il nostro affascinante viaggio attraverso l’Italia russofoba". Fonti investigative hanno dichiarato che il sistema di difesa degli obiettivi ha retto, le conseguenze della cyber-azione sono state mitigate e i siti sono per la maggior parte raggiungibili.

L’attacco Ddos è scattato ieri e ha imperversato su più fronti: il collettivo ha citato il Ministero degli Esteri e dell’Interno, i Carabinieri, la banca Bper, il gruppo A2A e il Ministero della Difesa. Presi di mira anche i portali per la carta d’identità, quello del ministero delle Politiche Agricole e quello del gruppo Tim. "Dopo la colazione con i croissants francesi, siamo andati a mangiare una pizza in Italia", hanno rivendicato sarcastici gli hacker.

Gli attacchi Ddos, che sta per Distributed Denial of Service, prendono di mira i server che gestiscono i siti, bersagliati da migliaia di false richieste di accesso che ne rallentano il funzionamento e li rendono irraggiungibili. "Stiamo analizzando l’attacco, che riguarda una decina di soggetti pubblici e privati, e seguendo gli eventi", hanno confermato all’Ansa fonti dell’Agenzia nazionale per la cybersicurezza sottolineando che quello in corso un "attacco diretto alle applicazioni, quindi più complesso".

Le stesse fonti investigative hanno subito dichiarato che però questa volta le contromisure hanno funzionato. Secondo le ricostruzioni degli esperti il collettivo NoName57 è apparso nel marzo del 2022, quindi subito dopo dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della russa. Ha preso di mira tanti paesi dell’Est Europa come Polonia e Lettonia. Sui canali Telegram del collettivo, che conta oltre 28mila iscritti, è comparso l’orso simbolo della Russia davanti al tricolore. O lo stesso animale che balla con messaggi canzonatori. "Mamma mia", per esempio. O il riferimento diretto al pacchetto di fornitura militare "che includerà tipi di sistemi di difesa aerea. Come ha detto il primo ministro italiano Giorgia Meloni durante una conferenza stampa a Kiev, si parla dei sistemi anticarro Sampt-t, Skyguard e Spike".

"Queste formazioni utilizzano i gruppi Telegram per vere e proprie chiamate alle armi – ha spiegato all’Ansa l’esperto di cybersicurezza Pierluigi Paganini – si tratta di gruppi criminali ed attivisti che a vario titolo operano in supporto di Mosca". Stando ai dati della Polizia Postale, l’anno del conflitto in Ucraina ha visto un vertiginoso aumento di cyber attacchi a livello internazionale contro "infrastrutture critiche, sistemi finanziari e aziende" tramite pishing, malware e disinformazione. 13mila in Italia in tutto tra attacchi di matrice islamista, formazioni suprematiste di estrema sinistra e di estrema destra, gruppi russofili. Il Cnaipic, la struttura specializzata in cybersicurezza della Polizia Postale e delle comunicazioni, ha rilevato 12.947 attacchi. L’anno prima erano stati soltanto 5.434, un aumento del 138%, 332 le persone indagate, 113.226 gli alert diramati.

La guerra ha portato a un’escalation degli attacchi ramsomware, Ddos, di tipo Atp ("Advanced Persistent Threat"). La Polizia ha parlato di un "vertiginoso incremento dell’utilizzo delle piattaforme di comunicazione online, social network e di applicazioni di messaggistica istantanea, con una allarmante diffusione di contenuti propagandistici riconducibili al terrorismo". Il Servizio polizia postale ha implementato l’attività informativa e di monitoraggio, anche nel dark web "attivando canali di diretta interlocuzione sullo scenario in atto con Europol, Interpol e Fbi".

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 22 febbraio. La Repubblica il 22 Febbraio 2023

Gli ultimi aggiornamenti dalla crisi Russia-Ucraina. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova commenta le critiche del presidente ucraino al leader di Forza Italia. Ungheria ostacola decimo pacchetto sanzioni a Mosca. Cremlino: "Armi dalla Cina? Pechino ha già negato"

Punti chiave

19:14

Razov, "l'Italia è ormai parte del conflitto"

14:13

Putin allo stadio Lushniki: "Tutto il popolo è difensore della patria"

13:30

Putin a Wang: "Raggiunte nuove pietre militari in relazione tra Russia e Cina"

12:56

Ucraina, la Spagna manderà sei carri armati Leopard

12:39

Razov: "Con le armi a Kiev l'Italia è parte del conflitto"

12:16

Putin incontra l'inviato di Xi

11:37

Mosca, "Guerra nucleare rimane inammissibile"

10:40

Cremlino: "Putin riceverà oggi l'inviato cinese"

10:27

Lavrov a Wang: "Pronto a difendere gli interessi reciproci"

10:05

Papa Francesco: quella costruita sulle macerie non sarà mai vera vittoria, serve negoziato di pace

 09:48

Cremlino revoca il decreto sulla sovranità della Moldavia

09:42

Mosca: "Da Zelensky attacco di rabbia impotente a Berlusconi"

08:44

Russia-Cina: al via incontro Wang-Lavrov a Mosca

08:30

Ucraina, nuovo allarme aereo in tute le regioni del Paese

06:02

Cnn: Russia ha testato missile balistico mentre Biden era a Kiev

00:35

Italia sostiene la Formula di pace presentata da Zelensky

"La Repubblica Italiana esprime il suo apprezzamento per la Formula di Pace dell'Ucraina presentata dal Presidente Zelensky per la prima volta al Vertice dei Leader del G20 a Bali il 15 novembre 2022. L'Italia si impegna per una pace giusta per l'Ucraina basata sulla Formula di Pace e ribadisce il proprio impegno a collaborare attivamente con Ucraina sul piano di pace in 10 punti". E' quanto si legge in una dichiarazione congiunta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e della premier Giorgia Meloni, pubblicata sul sito della presidenza ucraina.

06:02

Cnn: Russia ha testato missile balistico mentre Biden era a Kiev

La Russia avrebbe effettuato - senza successo - un test di un missile balistico intercontinentale Sarmat mentre il presidente americano Joe Biden era in Ucraina. Lo dice la Cnn citando due funzionari statunitensi. Mosca - si legge - avrebbe informato gli Stati Uniti in anticipo del lancio attraverso le linee di deconflitto, ha detto un funzionario. Un altra fonte ha affermato che il test non rappresentava un rischio per gli Stati Uniti e che gli Usa non lo consideravano un'anomalia o un'escalation.

I funzionari statunitensi ritengono che il presidente russo Vladimir Putin, se fosse andato a buon fine, avrebbe evidenziato il test nel suo discorso sullo stato della nazione martedì.

07:57

Russia: commissioni Duma raccomandano sospensione Start

Le commissioni della Duma per gli affari esteri e la difesa hanno raccomandato l'approvazione di una legge che sospende l'adesione della Russia al Trattato di riduzione delle armi strategiche (START). Lo hanno annunciato i presidenti, Leonid Slutsky e Andrei Kartapolov, citati da Ria Novosti. L'iniziativa è stata presentata alla Camera bassa dell'Assemblea federale dal Presidente Vladimir Putin. Il documento sarà esaminato oggi dal Consiglio della Federazione. Nel suo discorso di ieri Putin ha annunciato la sospensione della partecipazione di Mosca al Trattato sottolineando che la Russia non si ritira dall'accordo.

 08:30

Ucraina, nuovo allarme aereo in tute le regioni del Paese

Scatta di nuovo l'allarme aereo in Ucraina, con le sirene che riecheggiano anche a Kiev. Dai siti di monitoraggio emerge che l'allerta riguarda tutte le regioni del Paese, secondo alcune indicazioni l'allarme è scattato in seguito al sospetto lancio di missili e droni.

08:30

Medvedev: "Diritto a difenderci anche con armi nucleari"

"Se gli Stati Uniti vogliono sconfiggere la Russia, allora abbiamo il diritto di difenderci con ogni arma, comprese quelle nucleari". Lo ha scritto sul suo canale Telegram l'ex presidente russo Dmitry Medvedev.

08:44

Russia-Cina: al via incontro Wang-Lavrov a Mosca

E' iniziato l'incontro a Mosca del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov con il diplomatico più alto in grado di Pechino, Wang Yi.

09:42

Mosca: "Da Zelensky attacco di rabbia impotente a Berlusconi"

"In un ennesimo attacco di rabbia impotente, l'abitante del bunker si è scagliato contro Berlusconi, perché questi ha ricordato al regime di Kiev del Donbass". Così la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova commenta su Telegram le critiche del presidente ucraino al leader di Forza Italia. Zakharova ricorda quanto detto da Berlusconi sui bombardamenti alleati su Milano quando era bambino, e poi conclude: "In modo banale Zelensky ha paragonato il proprio regime a quello fascista e l'operazione militare speciale russa alle azioni degli Alleati nella Seconda guerra mondiale. Gli è scappata la verità".

09:46

Ucraina, Ungheria ostacola decimo pacchetto sanzioni a Mosca

L'Ungheria si mette di nuovo di traverso e blocca l'adozione del decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Per dare il proprio via libera chiede che vengano rimossi dalla blacklist dell'Ue quattro nomi. Gli ambasciatori all'Ue si riuniranno di nuovo in giornata per tentare di arrivare a un accordo e dare l'approvazione al pacchetto di misure restrittive entro il 24 febbraio (primo anniversario dell'invasione), come promesso da Commissione e Consiglio. Budapest tuttavia è contraria anche all'ampliamento del periodo di estensione delle sanzioni che dagli attuali sei mesi dovrebbe passare a un anno. In sostanza ogni sei mesi gli Stati devono confermare le sanzioni e molti vorrebbero che il periodo fosse di un anno anche per privare l'Ungheria di questa leva politica.

09:48

Cremlino revoca il decreto sulla sovranità della Moldavia

Il presidente russo Vladimir Putin ha revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell'ambito delle politiche sul futuro della Transnistria, regione separatista sostenuta da Mosca che confina con l' Ucraina e dove la Russia ha truppe. Lo riporta il Guardian. Il decreto, che comprendeva una componente moldava, delineava la politica estera russa di 11 anni fa che presupponeva relazioni più strette con Ue e Usa. La revoca è stata pubblicata sul sito del Cremlino e afferma che la decisione è stata presa per "garantire gli interessi russi in relazione ai cambiamenti nelle relazioni internazionali".

10:00

Lavrov, Russia e Cina difendono gli interessi reciproci

La Russia e la Cina stanno "dimostrando coesione e l'intenzione di difendere gli interessi reciproci nel rispetto della legge internazionale e del ruolo centrale delle Nazioni Unite". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov incontrando a Mosca il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi. Lo riferisce la Tass.

10:05

“Quella costruita sulle macerie non sarà mai una vera vittoria”: a un anno dalla “invasione dell’Ucraina” Papa Francesco torna a fare appello "ad un cessate-il-fuoco e all’avvio di negoziati di pace per porre fine a quella che definisce una guerra “assurda e crudele”. “Cari fratelli e sorelle”, ha detto Jorge Mario Bergoglio al termine dell’udienza generale in aula Paolo VI, “dopodomani, 24 febbraio, si compirà un anno dall’invasione dell’Ucraina: un anno dall’inizio di questa guerra assurda e crudele. Un triste anniversario. Il bilancio di morti, feriti, profughi, isolati, distruzioni danni economici e sociali parla da sé. Vorrà il Signore – si è domandato il Papa – perdonare tanti crimini e tanta violenza? Egli è Dio della pace: restiamo vicini al martoriato popolo ucraino che continua a soffrire, e – ha proseguito Francesco: chiediamoci: è stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra? Faccio appello a quanti hanno autorità sulle nazioni perché si impegnino concretamente per la fine del conflitto, per raggiungere il cessate-il-fuoco e avviare negoziati di pace. Quella costruita sulle macerie – ha concluso il Pontefice argentino – non sarà mai una vera vittoria”.

10:12

Cina a Nato: "Stop a diffamazioni"

La Cina ha sollecitato la Nato a smettere di diffamare Pechino, dopo le ultime dichiarazioni del segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, che si e' detto "sempre piu' preoccupato" che la Repubblica popolare possa fornire armi alla Russia per la guerra in Ucraina. "La Cina si e' sempre schierata dalla parte della pace e ha sostenuto una posizione obiettiva ed equa e promosso attivamente i colloqui di pace", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin."Chiediamo alla Nato di smettere di diffamare la Cina con speculazioni infondate sulla questione Ucraina e di abbandonare la mentalita' da Guerra Fredda, dei giochi a somma zero e dello scontro tra blocchi, e smetterla di istigare il confronto e soffiare sul fuoco", ha aggiunto il portavoce, esortando a "fare davvero qualcosa per la pace e la stabilita' dell'Europa e del mondo".

10:13

Attacco hacker in Russia, radio commerciali trasmettono false notizie di allarmi aerei

Attacco hacker in Russia dove alcune stazioni radio commerciali hanno trasmesso notizie allarmi di raid aerei, riferisce la Tass. Gli allarmi sono stati lanciati dalle stazioni radio in diverse regioni russe. Il ministero per le emergenze russo ha poi dichiarato che queste informazioni sono false e non corrispondono alla realtà. Il dipartimento ha aggiunto che a seguito di un attacco hacker ai server di alcune stazioni radio commerciali in diverse regioni, sono state trasmesse informazioni sul presunto annuncio di un allarme raid aereo e la minaccia di un attacco missilistico.   Negli ultimi dodici mesi la Russia ha affermato che obiettivi all'interno della Russia, il più delle volte nelle regioni di Kursk e Belgorod che confinano con l'Ucraina , sono stati colpiti dal fuoco dall'interno dell'Ucraina.

 10:19

Meloni a Kiev: "Sostegno senza riserve"

La premier italiana Giorgia Meloni "promette sostegno senza riserve a Kiev durante la visita nella  capitale ucraina": i media tedeschi riportano la notizia della visita  nella capitale ucraina del presidente del Consiglio Giorgia Meloni riferendo appunto dell'impegno assunto: "L'Italia non intende tentennare", ha  dichiarato in conferenza stampa con il presidente Zelensky, riporta il settimanale di Amburgo 'Der Spiegel', sottolineando come, "in carica  da ottobre" Meloni "abbia sempre preso una posizione netta contro la  guerra di aggressione della Russia in ucraina". "Il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha promesso ulteriori aiuti militari, economici e umanitari all'ucraina durante la sua visita a  Kiev", scrive la Faz, riferendo dell'impegno ribadito in conferenza  stampa sulla prossima consegna "del sistema di difesa aerea  italo-francese Samp/T per difendere la popolazione civile e le  infrastrutture contro gli attacchi aerei russi". A Kiev "Meloni ha  fatto marcia indietro rispetto alla disponibilità che aveva  manifestato poco prima del viaggio di fornire cinque caccia AMX''Ghibli'' italiani", nota ancora il quotidiano, riportando anche  l'annuncio dato da Meloni della conferenza internazionale sulla  ricostruzione dell'ucraina che Roma ospiterà ad aprile.  

10:27

Lavrov a Wang: "Pronto a difendere gli interessi reciproci"

Mosca e Pechino sono pronte a "difendere  gli interessi reciproci" sulla scena internazionale. E' quanto ha  dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov nell'incontro  con il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, che continua la sua  missione a Mosca. "Le nostre relazioni si stanno sviluppando in modo  costante e dinamico e, nonostante l'elevata turbolenza sulla scena  mondiale, dimostriamo solidarietà e disponibilità a difendere gli  interessi reciproci sulla base del rispetto del diritto internazionale e del ruolo centrale delle Nazioni Unite", ha affermato Lavrov,  secondo quanto riferisce Ria Novosti. "Nonostante la volatilità della situazione internazionale, Cina e  Russia mantengono sempre la determinazione strategica, si muovono con  fermezza e fiducia in linea con la formazione di un mondo multipolare  e rimangono impegnate nel multipolarismo", ha aggiunto, da parte sua  Wang.

10:28

Esplosioni a Kharkiv, almeno due feriti

Due persone sono rimaste ferite questa mattina negli attacchi russi su Kharkiv, dove sono state registrate almeno quattro esplosioni. A riportarlo è il governatore della regione di Kharkiv, Oleh Synyehubov, in un post su Telegram, in cui precisa  che i due feriti non sono in condizioni gravi e che l'attacco aveva per obiettivo le infrastrutture della città. 

10:30

Putin revoca decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranita' della Moldavia nel futuro della Transnistria

Vladimir Putin ha revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranita' della Moldavia nel futuro della regione della Transnistria, regione separatista, confinante con l'Ucraina  e sostenuta da Mosca dove ha appostate delle truppe. Il  decreto delineava la politica estera russa di 11 anni fa che presupponeva relazioni piu' strette di Mosca con l'Unione  Europea e gli Stati Uniti. L'ordine di revoca del documento  del 2012 e' stato pubblicato sul sito del Cremlino e afferma  che la decisione e' stata presa per 'garantire gli interessi  nazionali della Russia in relazione ai profondi cambiamenti  in atto nelle relazioni internazionali'. Fa parte di una  serie di mosse anti-occidentali annunciate ieri da Putin

10:39

Filorussi: "Quasi raggiunto il centro di Bakhmut"

Le forze russe hanno quasi raggiunto il centro di Bakhmut, nel Donbass, secondo quanto affermato da una fonte dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk citata dall'agenzia Ria Novosti.

10:40

Cremlino: "Putin riceverà oggi l'inviato cinese"

Il presidente russo Vladimir Putin riceverà oggi il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall'agenzia Tass.

10:48

Cremlino: "Armi da Cina? Pechino ha già negato"

In merito alla presunta vendita di armi da parte della Cina alla Russia per aiutarla nel conflitto in Ucraina "non credo di poter rispondere a questo argomento in modo più colorato di quanto abbiano già fatto i rappresentanti cinesi. Lo hanno decisamente negato e non c'è niente da aggiungere". Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. La Cina ha sollecitato la Nato a smettere di diffamare Pechino, dopo le ultime dichiarazioni del segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, che si è detto "sempre più preoccupato" che la Repubblica popolare possa fornire armi alla Russia per la guerra in Ucraina. "La Cina si è sempre schierata dalla parte della pace e ha sostenuto una posizione obiettiva ed equa e promosso attivamente i colloqui di pace", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin. 

 10:55

Cremlino: "Muro di gomma dell'Occidente su Nord Stream"

Da parte dell'Occidente c'è un "muro di gomma" che impedisce una seria indagine sugli attentati al Nord Stream del settembre scorso. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, commentando la riunione di ieri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sull'argomento. Da parte dell'Occidente, ha affermato  Peskov, citato dall'agenzia Interfax, c'è "il desiderio di non affrontare la questione e lasciarla scomparire gradualmente nella sabbia". "Continueremo a lavorare per impedirglielo", ha aggiunto.

11:11

 Cremlino, tra Putin e Xi contatti stretti e regolari

I leader di Russia e Cina, Vladimir Putin e Xi Jinping, hanno contatti stretti e regolari. Lo ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. "Sapete che i leader di Russia e Cina mantengono un dialogo onesto, in generale, apprezziamo e manteniamo le nostre relazioni di un partenariato strategico così avanzato, che implica una comunicazione regolare tra i capi di Stato", ha detto Peskov.

11:14

Russia, Duma adotta legge per la sospensione del trattato Start

La Duma ha adottato un disegno di legge per sospendere la partecipazione russa al trattato Start sul controllo delle armi nucleari, come annunciato lunedì dal presidente Vladimir Putin. Nel testo, proposto ieri alla Duma dallo stesso leader del Cremlino, si sottolinea che la decisione di riprendere la partecipazione spetta al capo dello Stato, come ribadito oggi anche dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.

11:30

Unione europea: atteso l'ok al decimo pacchetto di sanzioni anti-russe

Riunione decisiva, questo pomeriggio, per l'ok dell'Ue al decimo pacchetto di sanzioni anti-russe. Il dossier sarà al centro dell'incontro dei Rappresentanti Permanenti dei 27 (Coreper II), chiamati ad approvare le misure entro il 24 febbraio, come d'intesa al Consiglio Affari Esteri di lunedì. La strada, tuttavia, resta in salita perché l'Ungheria, come è già accaduto negli ultimi mesi, ha già manifestato riserve sul decimo pacchetto e potrebbe porre il veto bloccando l'iter, dato il necessario quorum dell'unanimità.

Il pacchetto ha un valore complessivo di undici miliardi, prevede il divieto di export verso Mosca di componenti elettronici utilizzati nei sistemi armati russi e l'inserimento nella lista nera di ulteriori personalità legate al Cremlino, tra i quali i "propagandisti" di Putin. Esclusi dalle misure, invece, il settore dei diamanti e quello del nucleare.

11:37

Mosca, "Guerra nucleare rimane inammissibile"

Per la Russia una guerra nucleare rimane "inammissibile". Lo ha detto il vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov commentando la decisione di Mosca di sospendere l'adesione al trattato nucleare New Start. Secondo Ryabkov, citato dall'agenzia Ria Novosti, è "impossibile sconfiggere una potenza nucleare", e ciò spiega "l'inammissibilità di una guerra nucleare".

12:08

Wagner a russi: "Fate pressioni su esercito per darci munizioni"

Il capo di Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha esortato i russi a fare pressioni sulle forze armate affichè diano ai suoi uomini le munizioni per combattere. L'appello arriva dopo che nei giorni scorsi Prigozhin aveva espresso critiche contro i vertici militari russi, circostanza sulla quale il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov oggi si è rifiutato di commentare, rimandando le domande dei giornalisti alla Difesa.

12:16

Putin incontra l'inviato di Xi

È Cominciato l'incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il capo della diplomazia cinese Wang Yi.

12:17

Meloni rientrata a Roma dopo visita a Kiev

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è rientrata a Roma dopo la visita a Kiev. Dalla capitale ucraina la premier è partita ieri sera con lo stesso treno dell'andata, utilizzato anche dal presidente americano Joe Biden il giorno prima. Arrivata in Polonia, ha ripreso l'aereo di Stato all'aeroporto militare di Rzeszow e da lì è tornata nella capitale.

12:26

Putin "Relazioni Russia-Cina importanti per stabilità mondo"

Le relazioni tra Russia e Cina sono importanti per "stabilizzare la situazione internazionale". Lo ha affermato il presidente russo, Vladimir Putin, alla luce dell'incontro con Wang Yi, il diplomatico cinese di più alto rango, in visita a Mosca.

12:27

Wang Yi: "Relazioni Cina-Russia non cedono a pressioni terze"

"Le relazioni tra la Russia e la Cina non sono dirette contro paesi terzi, ma non cedono nemmeno alle pressioni di questi ultimi". Così il capo della diplomazia cinese Wang Yi nell'incontro con il presidente russo Putin, come riporta Interfax.

12:39

Razov: "Con le armi a Kiev l'Italia è parte del conflitto"

"Fornendo armi a Kiev, l'Italia, forse contro la propria volontà (perlomeno contro la volontà di gran parte dei suoi cittadini), si fa trascinare in una contrapposizione militare, diventando parte in causa nel conflitto". Lo dice l'ambasciatore russo Sergey Razov in un'intervista all'Ansa. "In termini di prospettiva - sottolinea il diplomatico russo - rifornire il regime di Kiev di armi ed equipaggiamenti militari sempre più sofisticati non avvicina la pace, anzi non fa che alimentare e inasprire la guerra, moltiplicando le vittime, la distruzione e la sofferenza".

12:56

Ucraina, la Spagna manderà sei carri armati Leopard

La Spagna manderà all'Ucraina sei carri armati Leopard, lo ha annunciato la ministra della Difesa Margarita Robles. I sei carri sono attalmente in riparazione e la Spagna potrebbe inviare altri Leopard in Ucraina "se è necessario" e se "i nostri alleati lo chiedono", ha aggiunto in Parlamento.

13:17

La ministra dell'Economia ucraina: "Ricostruzione, una grande opportunità per la Ue"

"Abbiamo discusso del decimo pacchetto di sanzioni. E' importante per noi persuadere i nostri partner su Rosatom e sull'industria nucleare russa. Comprendiamo che vi sia un impatto globale su diversi Stati ma non puo' essere la ragione per evitare la sanzione su Rosatom". Lo ha dichiarato il vice premier ucraina e ministra dell'Economia, Yulia Svyrydenko, al termine del suo incontro con gli ambasciatori Ue a Bruxelles. "La Russia usa il nucleare per comportarsi da Stato terrorista", ha evidenziato

13:20

Ancora accuse di Prigozhin ai vertici della Difesa russa: "Traditori"

Evgheny Prigozhin continua a martellare  contro i vertici della difesa in Russia che accusa già da alcuni  giorni di "alto tradimento" e di voler distruggere i mercenari della  Wagner lasciandoli al fronte, in Ucraina, senza munizioni. Oggi l'ex detenuto originario di San Pietroburgo a capo di un impero che spazia dai servizi di catering alle scuole ai militari ai  mercenari impegnati in Ucraina, ma anche in Siria e in diversi Paesi  africani, chiede a ogni russo di esercitare pressioni sulle forze  armate perché condividano le loro munizioni con i suoi uomini. "Se ognuno al suo livello si limitasse a dire 'date le munizioni alla  Wagner', come già avviene sui social media, avremmo fatto un passo  importante", ha scritto su Telegram. "Li costringeremo a darci le  munizioni", ha aggiunto.

13:24

Meloni: "Impegnati sul piano di pace di Zelensky"

Il punto è capirsi su cosa sia pace: io penso che non possa esistere una pace o qualsiasi tipo di accordo sul quale non sia coinvolto e d'accordo l'aggredito". Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un'intervista durante la sua visita a Kiev. "Zelensky ha presentato un piano di pace in dieci punti - ha aggiunto -, e siamo impegnati, come Italia come G7 e tutte le organizzazioni internazionali di cui facciamo parte, ad aprire consultazioni e adesioni". "Se alla fine - ha osservato - chi aggredisce l'ha vinta e ottiene quello che vuole, il giorno dopo non abbiamo allontanato la guerra, abbiamo solo reso più facile una nuova invasione e la guerra si avvicina, non si allontana". A Putin direi "che tutto questo non ha senso", ha aggiunto, "quando vedi i peluche dei bambini vicini ai fiori, non ha senso, non ha senso".

13:30

Putin a Wang: "Raggiunte nuove pietre militari in relazione tra Russia e Cina"

"Le relazioni russo-cinesi si stanno sviluppando come avevamo pianificato negli anni scorsi, tutto sta andando avanti e si sta sviluppando. Stiamo raggiungendo nuove pietre miliari". Lo ha detto Vladimir Putin nel suo incontro con Wang Yi, secondo quanto riferisce la Tass. All'inizio del colloquio con il capo della diplomazia cinese in missione a Mosca, il presidente russo ha detto di voler cogliere l'occasione per "trasmettere i migliori auguri al nostro, mio amico, il presidente della Repubblica popolare cinese, compagno Xi Jinping".

13:37

Vice premier ucraina a Ue, ora sanzionare diamanti e finanza 

"E' difficile dire che le sanzioni non funzionano, perchè funzionano. Il problema è quando metti sanzioni su alcuni settori e c'è una differenza di tempo tra l'adozione della decisione e l'attuazione reale delle sanzioni o il reale impatto sull'economia russa. Se guardiamo ai numeri e ad alcune aree, vorremmo più sanzioni, come nell'industria nucleare, nel settore finanziario e abbiamo parlato dei diamanti". Lo ha dichiarato la vice premier e ministra dell'Economia dell'Ucraina, Yulia Svyrydenko, in un punto stampa a margine della riunione degli ambasciatori Ue in cui si discute del decimo pacchetto di sanzioni alla Russia. "Per questo abbiamo sempre detto che bisogna rafforzare la politica delle sanzioni, ma perchè la guerra dura ancora. Le sanzioni dovrebbero essere mirate fino alla fine della guerra", ha aggiunto.

13:43

Russia approva sospensione Trattato Start

Dopo la Duma, la camera bassa del Parlamento russo, anche la camera alta, il Consiglio della Federazione, ha approvato la legge che sospende il trattato New Start con gli Usa per la limitazione delle armi nucleari. La legge, approvata all'unanimità, entrerà in vigore al momento della pubblicazione. Ne dà notizia l'agenzia Tass.

13:51

Kiev, "offensiva russa è già in corso, ma non tutti la vedono"

La "grande" offensiva della Russia in Ucraina è già in corso, ma è di una tale qualità che non tutti la vedono. A sostenerlo è Kyrylo Budanov, capo dei servizi segreti militari di Kiev, in un'intervista rilasciata a Forbes. Budanov è convinto che i russi abbiano un "compito strategico": raggiungere i confini amministrativi delle regioni di Donetsk e Lugansk entro il 31 marzo. Ovviamente, aggiunge, "questo è ciò che sognano", ma non saranno in grado di farlo". Le battaglie decisive al fronte  saranno quelle della primavera e, conclude il capo dei servizi segreti militari di Kiev, potrebbero diventare un punto di svolta nella guerra.

13:58

G20: presidenza indiana non vuole nuove sanzioni alla Russia 

L'India non vuole che le nazioni del G20 discutano ulteriori sanzioni alla Russia durante il suo anno di turno alla presidenza. Sei alti funzionari del governo indiano hanno detto che l'impatto macroeconomico della guerra in Ucraina sarà discusso nella riunione dei ministri delle finanze e dei capi delle banche centrali del G20 di questa settimana, ma che l'India non vuole deliberare su ulteriori azioni contro la Russia. "L'India non è disposta a discutere o sostenere ulteriori sanzioni contro la Russia durante il G20. Le attuali sanzioni contro la Russia hanno avuto un impatto negativo sul mondo". Ieri, il ministro delle finanze giapponese aveva detto che i leader finanziari delle nazioni del G7 si incontreranno domani, a margine della riunione del G20 in India, per discutere le misure contro la Russia. Il governo del primo ministro indiano Narendra Modi non ha criticato apertamente la Russia per la sua invasione dell'Ucraina, ma ha chiesto dialogo e diplomazia per porre fine alla guerra. L'India ha anche notevolmente aumentato gli acquisti di petrolio dalla Russia, il suo più grande fornitore di hardware per la difesa.

14:13

Putin allo stadio Lushniki: "Tutto il popolo è difensore della patria"

Il presidente russo Vladimir Putin è arrivato allo stadio Lushniki di Mosca per partecipare al concerto patriottico in occasione della festa dei Difensori della patria."Tutto il nostro popolo è il difensore della patria", ha detto intervenendo al concerto. "La Russia sta combattando per le sue terre storiche", ha continuato Putin.

14:29

La Russia accoglie con favore il ruolo attivo della Cina nella crisi ucraina

La Russia ha dichiarato di accogliere con favore l'assunzione di un ruolo più attivo da parte della Cina negli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina e di apprezzare l'"approccio equilibrato" della Cina nei confronti della questione. Parlando poco dopo che l'alto diplomatico cinese Wang Yi ha incontrato il presidente Vladimir Putin al Cremlino, la portavoce del Ministero degli Esteri Maria Zakharova ha detto che il viaggio di Wang ha dimostrato che Russia e Cina sono d'accordo su molte questioni globali. "Accogliamo con favore la disponibilità della Cina a svolgere un ruolo positivo nella risoluzione della crisi ucraina", ha dichiarato Zakharova in un briefing.

15:00

Wang a Lavrov, non possiamo rinunciare a sforzi pace

Quanto più complicata è la situazione, "tanto più non possiamo rinunciare agli sforzi per la pace, sperando che tutte le parti superino le difficoltà". E' quanto ha detto sulla questione dell'Ucraina il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi, in occasione dell'incontro avuto oggi a Mosca con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. L'auspicio, si legge in una nota serale della diplomazia di Pechino, è che le tutte le parti "continuino a creare le condizioni per il dialogo e il negoziato, trovando modalità efficaci di soluzione politica".

15:07

Biden, con sospensione New Start Putin ha commesso un errore

 Il presidente russo Vladimir Putin ha commesso "un errore" sospendendo la partecipazione della Russia al trattato New Start. Lo ha detto il presidente Usa, Joe Biden, nei suoi primi commenti dopo l'annuncio di Putin di ieri. Biden si trova in Polonia per incontrare gli alleati del fianco orientale della Nato.

15:11

Biden, leader fianco est Nato sono in prima linea

"Dopo l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin, è ancora più importante restare uniti".  Lo ha detto Joe Biden parlando alla riunione con i leader del fianco est della Nato a Varsavia. "Voi siete al fronte, e sapete bene cos'è in gioco", ha sottolineato il presidente americano ribadendo che gli Stati Uniti difenderanno "ogni centimetro del territorio della Nato".

15:13

Stoltenberg, "Putin vuole più guerra, aumentare aiuti a Kiev"

"Putin non vuole la pace, vuole più guerra. Ecco perché dobbiamo aumentare il nostro sostegno all'Ucraina." Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg partecipando a Varsavia, assieme al presidente degli Usa Jose Biden, al summit B9 che riunisce i Paesi del fianco Est dell'Alleanza.

15:25

Biden: "Usa difenderanno ogni centimetro dell'Alleanza"

Gli Stati Uniti difenderanno "letteralmente ogni centimetro della Nato". Lo ha detto il presidente americano Joe Biden a Varsavia prima di incontrare il Segretario generale dell'Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg e i leader dei 'Nove di Bucarest'. I cosiddetti B9 sono le "linee del fronte" per la difesa collettiva della Nato e "per la libertà delle democrazie in Europa e nel mondo", ha detto Biden. Parlando del presidente russo Vladimir Putin, Biden ha affermato che "in una delle ultime conversazioni che ho avuto con il nostro amico in Russia gli ho detto 'continui a chiedere la finlandizzazione della Nato, otterrai la Natoizzazione della Finlandia'".

15:29

Wang, da Putin volontà soluzione crisi con dialogo

Il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi ha espresso al presidente russo Vladimir Putin "il suo apprezzamento per la riconferma della volontà di Mosca di risolvere la questione dell'Ucraina attraverso il dialogo e il negoziato". Lo riporta una nota serale diffusa dalla diplomazia di Pechino, sull'incontro di oggi tra i due,secondo cui "la Cina, come sempre, manterrà una posizione obiettiva ed equa e svolgerà un ruolo costruttivo nella soluzione politica della crisi".

Il partenariato strategico globale di coordinamento Cina-Russia "non è mai rivolto a terzi, né è soggetto a interferenze da parte di terzi, per non parlare della coercizione da parte di terzi", ha aggiunto Wang, secondo cui le relazioni bilaterali "hanno una solida base politica, economica e di civiltà", nel mezzo della "multipolarizzazione del mondo e della democratizzazione delle relazioni internazionali che sosteniamo congiuntamente in modo conforme allo sviluppo dei tempi e dei desideri della maggior parte dei Paesi". La Cina, pertanto, "è disposta a lavorare con la Russia per mantenere l'attenzione strategica, approfondire la fiducia politica reciproca, rafforzare il coordinamento strategico, espandere la cooperazione pratica, salvaguardare gli interessi legittimi dei due Paesi e svolgere un ruolo costruttivo nella promozione della pace e dello sviluppo nel mondo".

15:37

Putin cancella linee politica estera del 2012 con Ue-Nato

Il presidente russo Vladimir Putin ha revocato, di fronte ai "profondi cambiamenti nelle relazioni internazionali", il decreto  sulle linee di politica estera risalente al 2012 in cui metteva tra gli obiettivi la cooperazione con la Ue per la creazione di "un unico spazio economico e umano dall'Atlantico all'Oceano Pacifico" e lo sviluppo delle "relazioni con la Nato". Lo si legge sul sito del Cremlino. Tra gli obiettivi indicati vi era anche la "soluzione del problema della Transnistria basato sul rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale" della Moldavia, anch'essa revocata con il decreto.

15:58

Slitta intesa su sanzioni, riunione Ue aggiornata a domani

Manca ancora l'accordo sul decimo pacchetto di sanzioni che l'Ue punta a mettere in campo entro il 24 febbraio. A quanto si apprende da fonti europee la riunione dei Rappresentanti Permanenti dei 27 (Coreper II), chiamata a dare via libera alle misure,  è stata aggiornata a domani pomeriggio. Bruxelles, a questo punto ha solo la giornata di giovedì per vedere concretizzarsi l'ok al decimo pacchetto entro il 24, come annunciato da Ursula von der Leyen. Sulle misure permangono le divergenze nell'Ue: l'Ungheria ha minacciato il veto mentre c'è chi, come i Baltici e la Polonia, punterebbe a sanzioni più estese, anche al nucleare.

16:16

Tikhanovskaya, "in Bielorussia pena di morte per dissidenti"

"Il Parlamento bielorusso ha votato lunedì per applicare la pena di morte per militari o ufficiali che commettono tradimento. Questo vuol dire che chi critica il regime o semplicemente chiunque mi sostenga può essere ucciso per fucilazione". Questo l'allarme lanciato dalla leader dell'opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya nel suo intervento alla plenaria del Comitato economico e sociale europeo in corso a Bruxelles. "E' diventato impossibile per partiti o organizzazioni lavorare in Bielorussia. Dal 2021 oltre 1.700 Ong hanno chiuso e molte di loro lavorano in esilio. I bielorussi in esilio costituiscono un risorsa per il cambiamento e Lukashenko, nella sua lotta disperata per sopravvivere ha iniziato a minacciare anche chi è scappato in Europa", ha concluso Tikhanovskaya.

16:27

Kiev, oltre 200 bambini uccisi in guerra russa

Sono 202 i bambini uccisi in Ucraina dalla guerra lanciata dalla Russia lo scorso 24 febbraio. Lo denuncia l'ufficio del procuratore generale aggiungendo che altri 361 bambini sono rimasti feriti. La maggior parte delle vittime si è registrata nella regione di Donetsk, ha scritto su Telegram il procuratore generale. Inoltre a causa dei bombardamenti russi sono stati danneggiati più di mille istituti scolastici, e 95 sono stati distrutti completamente.

 16:42

Sánchez, aiuti all'Ucraina per tutto il tempo necessario

"Continueremo ad aiutare l'Ucraina per tutto il tempo necessario": è la promessa del premier spagnolo, Pedro Sánchez, dopo aver incontrato alcuni rifugiati di quel Paese a un anno dall'inizio dell'invasione russa. "Ne stiamo accogliendo più di 165.000", ha aggiunto il presidente spagnolo, "la Spagna è un Paese solidale, di aiuto e accoglienza". Sßnchez ha anche affermato che "dire 'no' alla guerra di Putin in Ucraina è dire 'no' all'imperialismo e 'sì' alla pace e alla libertà dei popoli".

16:47

Tajani, chiesto a Cina di spingere Russia ad accordo

"Ai cinesi, il presidente della Repubblica ed io abbiamo detto, 'lavorate per la pace, lavorate per trovare un accordo che permetta alla Russia di ritirare le proprie truppe'. Noi stiamo facendo il nostro dovere per la difesa dei valori, dei diritti, dei confini e dell'interità territoriale dell'Ucraina, ma stiamo anche lavorando perché si possa trovare un accordo di pace".  Lo ha detto il ministro degli esteri Antonio Tajani parlando a New York. "Siamo pronti anche a sostenere tutte le iniziative che faranno i turchi, appena sarà terminata l'emergenza terremoto. Noi sosteniamo tutte le iniziative di pace, ma queste non possono essere la resa dell'Ucraina", ha aggiunto.

17:03

Oms: "Rischio nucleare reale, tutti devono essere attenti"

Il rischio di una escalation nucleare nel conflitto tra Russia e Ucraina "è un problema reale e tutti devono essere estremamente attenti. Non sono così preoccupato però per l'uso di un'arma. Sono più preoccupato per gli incidenti e ancora di più per il fatto che le centrali nucleari continuino a essere gestite in un modo che richiede molto coraggio". Così Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma Emergenze sanitarie dell'Organizzazione mondiale della sanità, rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa Oms sulle principali emergenze sanitarie, Covid-19 e terremoto in Turchia e Siria.

17:12

Procuratore generale: "Identificati 91 militari russi per crimini Bucha"

Il procuratore generale ucraino ha annunciato che il suo ufficio ha identificato 91 soldati russi responsabili di crimini di guerra a Bucha. "Durante l'occupazione l'esercito russo ha commesso più di 9mila crimini di guerra nel distretto di Bucha, nella regione di Kiev, e più di 1.700 civili sono stati uccisi", ha dichiarato il procuratore, citato dai media locali. "Finora sono stati identificati 91 militari russi implicati in questi crimini", ha aggiunto, precisando che l'obiettivo è "assicurare alla giustizia tutte le persone coinvolte".

17:24

Zelenska, Onu crei tribunale speciale per crimini Russia

"Il genocidio in una nazione significa che nessun paese può vivere in pace. Quando la Russia colpisce l'Ucraina, è un attacco ai principi dei diritti umani. Noi non stiamo solo combattendo per il nostro paese, ma per i diritti umani, del nostro popolo e di tutti quanti voi". Lo ha detto la first lady ucraina Olena Zelenska in un video messaggio ad un evento organizzato a Kiev all'Onu in occasione dell'anniversario dell'invasione russa. "Abbiamo chiesto all'Onu di istituire un tribunale speciale per i crimini di aggressione della Russia - ha aggiunto - serve a tutti perchè questo non si ripeta mai più".

18:10

Kiev, "sistema missilistico S-300 usato oggi contro Kharkiv"

Le forze russe hanno utilizzato il sistema missilistico S-300 per attaccare Kharkiv oggi, ha riferito il portavoce dell'aeronautica militare ucraina Yuriy Ignat, affermando inoltre che lungo la linea del fronte è aumentato l'utilizzo dell'aviazione da parte delle forze russe.

18:57

Mosca: "Lavrov e Wang non hanno discusso del piano cinese"

Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, non hanno discusso del "piano di pace cinese" per risolvere il conflitto in Ucraina nel corso dell'incontro che hanno avuto oggi a Mosca. Lo ha precisato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, citata dall'agenzia Tass. A proposito di un presunto "piano di pace cinese", Zakharova ha spiegato che "alcuni politici occidentali e media" hanno distorto la realtà in quanto "i partner cinesi ci hanno informato delle loro opinioni sulle cause profonde della crisi ucraina, così come degli approcci alla sua soluzione politica. Non si è parlato di alcun 'piano' ".

 19:11

Kiev: "Mosca sta rafforzando posizioni al fronte"

La Russia sta rafforzando le sue posizioni sul fronte, ha denunciato lo stato maggiore ucraino anticipando una nuova ondata di attacchi da parte dei militari di Mosca. Le forze russe hanno concentrato i loro sforzi per "operazioni offensive nelle direzioni di Kupiansk, Lyman, Bakhmut, Avdiivka e Shakhtarsk", si precisa. In particolare, proseguono i combattimenti intensi intorno a Bakhmut. E con aerei da ricognizione, le forze di Mosca stanno cercando di rendere più precisi i loro attacchi di artiglieria. Attacchi russi sono stati respinti dagli ucraini vicino ad Avdiivka e Shakhtarsk.

19:14

Razov, "l'Italia è ormai parte del conflitto"

"Fornendo armi a Kiev, l'Italia, forse contro la propria volontà (perlomeno contro la volontà di gran parte dei suoi cittadini), si fa trascinare in una contrapposizione militare, diventando parte in causa nel conflitto", ha detto in un'intervista all'Ansa l'ambasciatore russo Sergey Razov. Il diplomatico, rispondendo per iscritto alle domande dell'Agenzia, cita "un caso recente, a mio avviso vergognoso: i sindaci di Bergamo e Brescia - città in cui tre anni fa i rappresentanti russi hanno prestato il loro aiuto nella lotta contro il coronavirus - su richiesta  dell'ambasciata ucraina in Italia hanno vietato la prevista esibizione del nostro virtuoso pianista Matsuev". O il ritiro "delle onorificenze dello Stato italiano" a "rappresentanti di spicco della società civile russa, premiati tra l'altro per l'aiuto disinteressato nella ricostruzione della città dell'Aquila colpita dal devastante terremoto del 2009".

"Quell'Italia che si era vantaggiosamente distinta da molti altri Paesi occidentali per il suo approccio equilibrato e ponderato e per la sua attenzione al dialogo e alla cooperazione costruttiva, si è purtroppo schierata incondizionatamente con il fronte unito dei detrattori della Russia che si sono prefissi di infliggerle una sconfitta strategica". "Non so chi abbia più da perdere da questo sviluppo: la Russia o l'Italia", avverte il diplomatico, che insiste sulla miopia della scelta di rinunciare al gas russo a basso costo che pesa su famiglie e imprese e costituisce "un sacrificio vano e inutile". Affermando di non comprendere "il senso della retorica trionfalistica che occasionalmente echeggia su questo argomento" e portando l'esempio del "gas naturale liquefatto, compreso quello proveniente dagli Stati Uniti, 4-5 volte più costoso di quello russo via gasdotto".

19:41

First lady ucraina: "Abbiamo il diritto di non essere uccisi nelle nostre case"

"Indipendentemente dal paese o dalla nazionalità, abbiamo il diritto di non essere uccisi nelle nostre case. Tuttavia, gli ucraini vengono uccisi davanti a tutto il mondo già da un anno". Lo ha affermato la first lady ucraina Olena Zelenska intervenendo in collegamento video a una sessione speciale delle Nazioni Unite incentrata sulle violazioni dei diritti umani causate dall'invasione russa. "La vittoria dell'Ucraina significherebbe la vittoria dei diritti umani sull'illegalità, la tortura e la distruzione. Pertanto giustizia per l'Ucraina è giustizia per il mondo intero", ha detto Zelenska, ribadendo l'appello per l'istituzione di un tribunale speciale per i crimini russi.

20:55

Sondaggio, 95% degli ucraini crede nella vittoria

Il 95% degli ucraini crede nella vittoria del proprio Paese contro la Russia. E' quanto emerge da un sondaggio condotto all'inizio di febbraio dall'istituto ucraino Rating Group e diffuso a due giorni dal primo anniversario dell'invasione. Sempre secondo lo stesso sondaggio, il 97% degli ucraini intervistati afferma di avere fiducia nel proprio esercito (rispetto al 65% nel 2019) e il 90% nel proprio presidente, Volodymyr Zelensky (erano il 36% nel gennaio 2022). Mentre il 17% della popolazione ha dichiarato di aver perso una persona cara in guerra, più della metà (58%) ha ritenuto "impossibile" ristabilire rapporti amichevoli con russi e bielorussi.

 21:28

Guterres, invasione Ucraina affronto coscienza collettiva

"Il traguardo di un anno dall'invasione russa dell'Ucraina è una triste pietra miliare. L'invasione è un affronto alla nostra coscienza collettiva, una violazione della Carta Onu e del diritto internazionale. L'attacco russo sfida i principi e i valori fondamentali del nostro sistema multilaterale". Lo ha detto il segretario generale Antonio Guterres in Assemblea Generale. "Oggi le prospettive possono sembrare fosche, ma una pace duratura deve basarsi sulla Carta Onu - ha aggiunto - Più a lungo continuano i combattimenti, più difficile sarà questo lavoro". 

21:34

Zelensky sente Sunak: focus su aiuti militari

 Gli aiuti militari che la Gran Bretagna intende fornire all'Ucraina sono stati al centro di un nuovo colloquio telefonico tra il presidente Volodymyr Zelensky ed il primo ministro britannico Rishi Sunak. Il presidente ucraino su Twitter ha definito Sunak "un vero amico" dell'Ucraina e ha spiegato di apprezzare la comprensione del governo britannico sul fatto che dalla velocità "delle forniture di aiuti militari" dipenda "il successo" di Kiev campo di battaglia. "Insieme stiamo avvicinando la nostra vittoria comune!", ha aggiunto Zelensky.

21:39

Kuleba accusa la Russia di genocidio

Genocidio: è l'accusa lanciata contro la Russia dal  ministro degli Esteri Dmytro Kuleba mentre introduceva all'assemblea generale la risoluzione per una pace giusta nel suo Paese, dopo l'invasione di Mosca.

22:04

Kuleba: "Piano di pace cinese? Il diavolo si nasconde nei dettagli"

"Non so se esistano cose del genere in Cina, ma in Europa abbiamo il detto che il diavolo si nasconde nei dettagli". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, commentando con i giornalisti il piano di pace cinese. Kuleba ha spiegato di essere a conoscenza degli elementi chiave del piano, ma di aver bisogno di vedere l'intero documento prima di esprimere un giudizio definitivo.

22:25

Tajani a Onu, raddoppiare sforzi diplomatici su Ucraina

"Ora più che mai serve diplomazia, anche tenendo in considerazione le legittime preoccupazioni e le attese dei paesi del Sud del mondo che stanno subendo le conseguenze di questo conflitto. L'Italia è pronta a fare la sua parte in questa direzione. Ora è il momento di raddoppiare il nostro sostegno collettivo alla diplomazia sforzi per raggiungere questo obiettivo": lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani intervenendo all'assemblea generale dell'Onu sull'Ucraina.

22:08

Russia, Occidente ignora 8 anni precedenti

"Credere alle accuse contro la Russia di azioni non provocate contro l'Ucraina è possibile solo ignorando gli otto precedenti anni in cui il regime nazionalista criminale è arrivato a Kiev supportato dall'Occidente. Iniziare la storia nel 2022 è un'azione intenzionale dell'Occidente per confondere le persone". Lo ha detto l'ambasciatore russo all'Onu, Vassily Nebenzia, in Assemblea Generale. Quindi ha sottolineato che "non avevamo nessuna altra opzione per difendere le persone del Donbass".

22:14

Borrell: "Guerra illegale, non è Occidente contro la Russia"

"Questa non è una questione europea. Non è l'Occidente contro la Russia. Questa guerra illegale riguarda tutti. Siamo qui per ribadire il sostegno alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina all'interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale. Questi sono i principi che la Russia attacca ogni giorno. Se oggi non condanniamo e fermiamo le azioni di Mosca in Ucraina aumenta il rischio per qualsiasi altro paese di affrontare un'aggressione simile". Lo ha detto l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri Ue, Josep Borrell, in Assemblea Generale Onu.

I Putinisti. Controcorrente, rivelazione di Capuozzo su Putin: l'alibi per scatenare l'offensiva. Il Tempo il 22 febbraio 2023

Si continua a discutere della guerra in Ucraina nel corso dell’edizione del 22 febbraio di Controcorrente, il programma televisivo del mercoledì sera su Rete4 con Veronica Gentili alla conduzione. Tra gli ospiti appare il giornalista ed inviato di guerra Toni Capuozzo, che dà una propria lettura sulle prossime mosse della Russia nel conflitto con Kiev: "Vladimir Putin si impegna a non scatenare un'offensiva perché vuole lasciare spazio all'iniziativa di pace della Cina. Se questo piano di pace venisse guardato con indifferenza Putin avrebbe l'alibi per scatenare un’offensiva".

Un altro degli ospiti di Gentili è Moni Ovadia, che si concentra principalmente sulle colpe della Nato che hanno portato alla reazione di Mosca, tirando fuori una delle contraddizione del patto atlantico: "La Nato si è avvicinata sempre di più al confine russo fino a lambirlo. Se l’Alleanza Atlantica difende i valori di libertà e democrazia perché la Turchia ne fa parte? Perché non vengono mandate armi al popolo curdo?".

Estratto dell’articolo da liberoquotidiano.it il 22 febbraio 2023.

"Vedo che anche loro sono ormai martellati dalla propaganda sulla guerra che somiglia tanto a una canzone di Sanremo". Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu hanno appena concluso la loro copertina satirica a DiMartedì, dove sono ospiti fissi di Giovanni Floris, e Michele Santoro, anche lui opinionista ormai di casa nel salotto di La7 in quota "contestatore controcorrente", li gela. […]

"Loro dicono che non dire che non ci deve essere un vincitore significa essere un cog***e che dichiara che ci vorrebbe lo 0-0. Peccato che questo cog***e è il Capo di stato maggiore americano, che ha detto che non ci può essere un vincitore e che c'è il rischio che questa guerra possa durare 20 anni. Vorrei che in questa trasmissione ci fosse un contatore dei morti: si parlava di 10mila morti e io inorridivo, oggi siamo a 100mila morti da una parte e 100mila dall'altra.

E dobbiamo stare attenti a non superare la linea rossa, cioè i missili che possono andare a colpire la Crimea. Perché Putin, come tutti gli animali feriti, potrebbe fare la grande caz***tona che ci farebbe precipitare immediatamente in un conflitto nucleare. E quindi nella possibile distruzione del mondo. Sto parlando con le parole del capo di Stato maggiore degli Usa, non siamo 4 scemi putiniani a pensare certe cose".

Europa: la ricreazione è finita. Da alleati a colonie dell'Impero. Piccole Note il 22 Febbraio 2023 su il Giornale.Interessante un articolo di Ishaan Tharoor pubblicato sul Washington Post a commento del tour europeo di Biden. A quanto pare, scrive il cronista del Wp, i discorsi di Biden sulla minaccia russa e la necessità di difendere l’Ucraina a "tutti i costi" sono in consonanza con quanto pensa la maggior parte dell’opinione pubblica dei Paesi europei.

Questa consonanza sarebbe rivelata da un recente sondaggio del Consiglio europeo sulle relazioni estere (ECFR). Al di là dell’esattezza del sondaggio, data la fonte di parte (ad esempio, in Italia tale consonanza non sembra esserci), è probabile che ciò sia conseguenza anche dell’informazione unilaterale sul tema.

Come ha scritto Stephen Kinzer su Responsible Statecraft, sulla guerra ucraina è stata creata una no-fly zone intellettuale, nella quale il dissenso viene abbattuto. Basta vedere, ad esempio, la feroce reazione suscitata dall’intervista a Seymour Hersh al FattoQuotidiano, nella quale ribadiva il contenuto del suo scoop, cioè che il North Stream 2 è stato distrutto dagli Stati Uniti.

Hersh ha vinto il premio Pulitzer e fu lui a rivelare al mondo gli orrori del massacro di My Lai, che per la prima volta raccontarono al mondo una faccia diversa della guerra del Vietnam. Ma ciò non lo ha protetto dalla canea montante di opinionisti e giornalisti d’accatto.

Probabile che la visita in Polonia di Biden serva pure a coprire la pericolose rivelazioni sul Nord Stream 2, incenerendo sul nascere possibili domande scomode sul tema da parte delle colonie europee (per inciso, il presidente polacco Duda aveva chiesto esplicitamente la "cancellazione" del gasdotto russo-tedesco).

Chiusa la frattura dell’invasione irachena

Ma al di là del particolare, resta interessante quanto riporta ancora Tharoor: "Gli autori del rapporto ECFR, studiosi e scrittori di lungo corso come Timothy Garton Ash, Ivan Krastev e Mark Leonard, hanno sottolineato che l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 ha segnalato ad alcuni intellettuali europei dell’epoca un momento di divergenza geopolitica, con alcuni importanti governi europei contrari all’intervento degli Stati Uniti. Due decenni dopo, sono completamente allineati, con Washington ancora al comando".

Interessante annotare che Biden votò a favore di quell’intervento basato sulle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam. E che, allora come ora, quella sanguinaria iniziativa fu giustificata per eliminare la minaccia posta da quel Paese e da quel leader al mondo e presentata come una lotta per la libertà contro la tirannia. Lo stesso Biden, nel ricordare quel voto disse che l’attacco era "necessario far rispettare le regole internazionali" (CNN)… ricorda qualcosa? (sulla gestione della guerra ucraina da parte dei neocon, fautori di quell’invasione, rimandiamo a Piccolenote).

Al di là del particolare, resta che la ricreazione è finita. L’Europa non ha più spazi di manovra fuori dalle direttive che l’Impero considera prioritarie. Non più alleati e partner, solo colonie. Da questo punto di vista, l’eliminazione del Nord Stream 2 appare anche un simbolo ineludibile e provvisoriamente irrevocabile di tale determinazione imperiale.

Un mondo post-occidentale

Ma torniamo all’articolo del Wp: "Allo stesso tempo, l’inchiesta [dell’ECFR] ha rilevato anche un diverso atteggiamento in Cina, Turchia e India, dove pluralità o maggioranze di persone ritengono che la guerra in Ucraina dovrebbe finire il prima possibile, anche se ciò significa che l’Ucraina debba fare delle concessioni".

"C’è scetticismo nei confronti della forte retorica di Biden e dei suoi omologhi europei, dal momento che meno di un quarto degli intervistati in Cina e Turchia ritiene che l’Occidente sostiene l’Ucraina per difendere il principio della difesa del suo territorio o la democrazia. Alla base di tali convinzioni, ovviamente, c’è una lunga storia riguardo la miopia occidentale, le disavventure e le ingerenze".

"Molte nazioni non occidentali hanno avuto le loro delusioni per come i paesi occidentali hanno trascurato le crisi che questi attori ritenevano esistenzialmente importanti", si legge sul rapporto ECFR. "I discorsi sull’ipocrisia occidentale sono più accesi per quanto riguarda il diverso trattamento offerto ai rifugiati dell’Ucraina rispetto a quelli della Siria, ma questa è solo la punta dell’iceberg per quanto riguarda molte potenze emergenti" [già, c’è molto altro e ben più importante alla base di tale diffidenza ndr.].

"Gli autori del rapporto indicano una realtà più ampia, non affrontata da Biden a Varsavia: la prevalenza di un mondo più frammentato e fratturato che ha una scarsa sintonia geopolitica con l’Occidente".

Così nel documento ECFR: "L’Occidente adesso può apparire più compatto, ma non per questo è necessariamente più influente nella politica globale. Il paradosso è che questa ritrovata unità coincide con l’emergere di un mondo post-occidentale. L’Occidente non si è disintegrato, ma il suo consolidamento è arrivato in un momento in cui le altre potenze non si limitano più a fare ciò che [l’Occidente] vuole".

Interessante anche la conclusione del rapporto, che, esplicitando, dice che il mondo ordinato da regole che l’America sta difendendo in Ucraina, così nelle dichiarazioni di Biden, è un mondo nel quale l’America può fare quel che vuole con gli altri Paesi chiamati a sottostare a tali voleri. C’è in tale concezione una chiara superfetazione dell’eccezionalità americana.

Stasera Italia, "a cosa mira Putin". Minzolini, i retroscena sul discorso alla Russia. Il Tempo il 22 febbraio 2023

Siamo a poche ore dall’anniversario del primo anno della guerra tra Russia ed Ucraina e Vladimir Putin si è distinto negli ultimi giorni per le sue parole alla nazione. Le argomentazioni del leader di Mosca sono al centro del discorso di Augusto Minzolini, direttore de Il Giornale, ospite dell’edizione del 22 febbraio di Stasera Italia, il talk show pre-serale di Rete4 che vede Barbara Palombelli alla conduzione: "Il discorso di Putin e tutto l’elemento nazionalista, che ha caratterizzato soprattutto quello di oggi, è rivolto più che altro internamente, lui deve galvanizzare la Russia rispetto a una serie di errori ed una situazione che è veramente difficile. È passato un anno e siamo di fatto al punto di partenza, ma lui continua a rullare i tamburi, promette questo e quell’altro, però alla fine l’unica cosa che è riuscita ad ottenere è - la sottolineatura di Minzolini - una situazione per cui la Nato ha preso altri due membri e contemporaneamente l’Ucraina è nei fatti entrata nella Nato".

Struttura protetta dedicata alla terza età che sorge in via Torricelle 24 a Retorbido (Pv), splendido comune situato tra i vigneti dell'oltrepo' pavese 

Stasera Italia, da Rampini il sonoro schiaffo a Putin: che uomo è oggi. Il Tempo il 22 febbraio 2023

Federico Rampini, giornalista del Corriere della Sera, è ospite della puntata del 22 febbraio di Stasera Italia, talk show di Rete4 che vede Barbara Palombelli come conduttrice, e si scaglia contro Vladimir Putin e i suoi progetti di conquista dell’Ucraina, che ad un anno dall’inizio dell’invasione non sono andati in porto: "Putin si aspettava che l’Occidente si sarebbe spappolato e diviso, si aspettava che tutti i Paesi europei fossero totalmente ricattabili con l’arma del gas e che quindi non avrebbero osato prendere delle posizioni dure sull’invasione, si aspettava che almeno una parte del popolo ucraino lo ricevesse come un liberatore. Ma non ha capito niente dell’Ucraina, ma anche di noi, ha anche sbagliato la sua analisi su quello che è oggi l’Occidente. Oggi è un uomo che ha perso il suo capitale di influenza che poteva spendere per ricostruire l'impero russo, è a livello zero. Un anno fa in questa data lui stava ricominciando a ricostruire l’impero russo, decidendo che poteva essere lui il padrone del futuro dell’Ucraina".

Tagadà, Romano spara a zero su Di Battista e Orsini: "Scappati di casa putiniani". Il Tempo il 22 febbraio 2023

Andrea Romano, storico dell’Università Tor Vergata ed ex deputato del Partito Democratico, è ospite dell’edizione del 22 febbraio di Tagadà, talk show pomeridiano di La7 condotto da Tiziana Panella, e affronta i discorsi relativi alle conseguenze delle parole di Silvio Berlusconi sull’Ucraina e su Volodymyr Zelensky: "Penso che Berlusconi abbia messo in imbarazzo un po’ tutto il Paese, non è Alessandro Di Battista, non è uno scappato di casa qualunque putiniano, ce ne sono tanti purtroppo nel nostro Paese. Non è Alessandro Orsini. Berlusconi è un leader politico importante, le sue parole hanno avuto larga circolazione. Il putinismo in Italia ha avuto una sua grande popolarità, ha investito molti soldi nel nostro Paese, è probabile, anche se non lo sappiamo, che abbia finanziato qualche forza politica, ha investito su di noi da anni. Non è un caso che la visione del mondo delirante di Vladimir Putin ha avuto tanti fan in Italia, non entusiasti di lui perché è un criminale di guerra, ma entusiasti della visione del mondo di Putin, di cui ieri abbiamo avuto un assaggio. Il putinismo in Italia ha una storia e una popolarità, Forza Italia, al di là di Berlusconi, è sempre stata molto vicina a Putin, la Lega, il Movimento 5 Stelle…".

"Nessuno oggi - rimarca l'ex piddino Romano prima di concludere - può dire ‘viva Putin’, è inaccettabile, però ci sono quelli che dicono che l’Ucraina dovrebbe arrendersi. C’è anche una fetta oltre Berlusconi, c’è una parte di politica italiana che è stata putiniana". Durante il discorso di Romano è intervenuta anche Panella, che ha stigmatizzato le parole su Di Battista e Orsini: "Non è carino, non sono presenti, non lo possiamo dire". La conduttrice è apparsa visibilmente imbarazzata per le parole del suo ospite ed ha cercato di metterci una pezza, dissociandosi da tali appellativi.

Boots on the ground. Il ritorno della guerra di terra in Europa e l’impreparazione dell’occidente. Carlo Panella su l’Inkiesta il 23 Febbraio 2023.

L’invasione dell’Ucraina costringe Stati Uniti e la Ue a interrogarsi sulla decisione, ormai assimilata da diversi anni, di limitare l’impiego di militari sul campo

«No boots on the ground». Con queste cinque parole, nel 2013, Barack Obama ha detto molte cose. Innanzitutto non voleva pagare il prezzo della morte di militari americani in Siria, ma ha anche concluso un fondamentale processo iniziato nel 1973: la netta separazione tra il cittadino e il guerriero, il combattente.

Peraltro, lo stesso principio di risparmiare le truppe di terra impiegando solo l’aviazione è stato adottato da Obama nella guerra di Libia del 2011 contro Mohammad Gheddafi, e sarà poi impiegato nel 2015 contro lo Stato Islamico in Siria e Iraq. Una scelta che mette al riparo da contraccolpi politici nell’opinione pubblica e elettorale interna, ma che cinicamente comporta la morte di migliaia di civili innocenti. Si pensi che in Iraq e Siria i bombardamenti della coalizione anti Stato Islamico hanno ucciso ventimila civili, per avere un paragone in Ucraina i russi in un anno di guerra hanno ucciso 7.200 civili, secondo l’Onu.

Ma torniamo al punto focale: il processo maturato nelle società civili dell’Occidente di radicale separazione del cittadino dal combattente, dall’esercizio delle armi, il rifiuto di mettere a disposizione dello Stato la propria vita, sempre e comunque, foss’anche per difendere la patria. Una svolta epocale, inedita nella storia dell’umanità, maturata alla fine del secolo dalle due guerre mondiali.

Separazione che la feroce aggressione della Russia all’Ucraina sta mettendo però oggi in discussione, tanto che in ambito Nato si sta prudentemente valutando se non si debba in futuro ricorrere nuovamente al servizio militare obbligatorio. Valutazione non “di destra” – l’ha proposta anche Boris Pistorius, ministro della Difesa tedesco e socialdemocratico – motivata dal pesantissimo contraccolpo che la ferocia di Vladimir Putin e la dinamica dei combattimenti hanno avuto su un Occidente largamente convinto di avere bandito la guerra sul suo territorio.

Invece i combattimenti infuriano sul suolo europeo, la battaglia per Bakhmut assomiglia sempre più a una piccola Verdun e la massacrante guerra di trincea è tornata attuale. Ma soprattutto – questo è il punto – l’eroica resistenza dell’Ucraina si incardina essenzialmente su una disponibilità passata di moda nelle società occidentali: ogni cittadino ucraino è e vuole essere, senza coscrizione, per libera scelta, un militare combattente, pronto e disposto a morire per la patria. Un concetto ormai radicalmente, totalmente estraneo, avulso, nelle menti e nella vita dei cittadini europei.

In Occidente, infatti, il processo di separazione totale tra il cittadino e il militare, il combattente, è iniziato già negli anni Sessanta, con la rivolta dei giovani americani contro la coscrizione obbligatoria – a sorteggio – che li costringeva a andare a combattere e morire in Vietnam. Un movimento di massa, alimentato dalle testimonianze dei reduci, che ha saputo radicarsi nella coscienza di tutta la nazione e diventare maggioritario tanto che nel 1973 il presidente Richard Nixon abolì la leva obbligatoria.

In Europa il servizio di leva ha resistito per alcuni anni dopo la caduta dell’Unione sovietica e quindi la fine della guerra fredda, in Francia è stata abolita nel 1998, in Italia nel 2004 ( la "Legge Martino" in realtà "sospende", non abolisce la leva obbligatoria). Con la fine della minaccia armata del comunismo reale si è infatti totalmente stemperato in Europa e in Italia il legame tra l’essere cittadino di uno Stato e il dovere di difenderlo con le armi.

Non solo, si è aperta soprattutto una fase caratterizzata dalla illusione della "fine della Storia" nella quale la guerra era diventata impossibile nell’Occidente evoluto, in primis in Europa, e ne sono rimasti solo alcuni focolai periferici in Africa e Asia. Non più incombente sui doveri potenziali di ogni singolo cittadino, la guerra è diventata affare esclusivo di professionisti.

In Italia, addirittura, le stesse Forze Armate hanno mutato missione. Smobilitati i trecentomila e più soldati dislocati alla frontiera orientale pronti a combattere l’aggressione del Patto di Varsavia – e non impegnati in conflitti africani nelle ex colonie, come i francesi – dalla missione in Libano degli anni ottanta in poi, i militari professionisti italiani si sono dedicati essenzialmente a missioni di “peace enforcing”. Non di “peacekeeping” e men che meno di guerra combattuta.

Peraltro, l’assetto dell’esercito italiano è essenzialmente difensivo e i corpi d’assalto (Col Moschin, Tuscania, San Marco, Comsubin, Folgore…) contano non più di 10-20mila uomini, un nulla su un qualsiasi teatro operativo. Le uniche azioni di terra offensive di militari italiani negli ultimi trenta anni sono state in Afghanistan e hanno coinvolto poche decine di uomini.

Questo assetto difensivo delle nostre Forze Armate – a differenza di quelle di Francia, Inghilterra e Olanda – è stato scelto dai vari governi di destra e di sinistra a causa di un doppio, stringente, vincolo ideologico. Ha pesato infatti l’intreccio tra il pacifismo della Chiesa, interpretato con vigore per quasi un trentennio da quel gigante che era Papà Wojtyla, e quello della sinistra che andava al governo sempre condizionata dai voti indispensabili dell’estrema sinistra iper pacifista.

Vi fu una eccezione in questo percorso: la guerra contro la Serbia del 1999. Guerra che l’Italia ha combattuto sotto la guida del premier Massimo D’Alema ma solo unicamente grazie all’ossimoro di «guerra umanitaria» prendendo a pretesto la feroce repressione dei kosovari da parte dei serbi.

Invece il vero obbiettivo strategico di Bill Clinton e della Nato, che l’Italia di fatto subì, messo in luce inequivocabilmente dai bombardamenti su Belgrado, era la caduta e la fine del regime di Slobodan Miloševiæ che garantiva la proiezione della zona di influenza della Russia sino all’Adriatico.

Fu quella la prima guerra «no boots on the ground», combattuta dalla Nato solo con massicci e ripetuti bombardamenti aerei, tentottomila missioni, che fecero più di duemila vittime tra la popolazione civile serba e uccisero più di mille militari serbi. La Nato non contò nessuna vittima nelle operazioni di combattimento. La scelta dell’Alleanza atlantica di non impegnare suoi militari sul terreno, che avrebbe evitato la quasi totalità delle vittime civili serbe, fu motivata ovviamente da ragioni politiche: né Bill Clinton, né gli alleati europei erano disposti a pagare il prezzo di fronte alle opinioni pubbliche interne di militari morti.

Nel 2011 la Nato e l’Italia hanno poi replicato lo stesso modello di «guerra umanitaria» condotta in Libia contro il regime di Muammar Gheddafi esclusivamente con l’arma aerea, di nuovo «no boots on the ground». Guerra con conseguenze disastrose.

Non fu così nella guerra di Stati Uniti e Nato in Afghanistan contro i Talebani e in quella in Iraq contro Saddam Hussein per la semplice ragione che non era sufficiente abbattere quei regimi e per vincerle era indispensabile conquistare materialmente il territorio. Ma i più di quattromilasettecento militari occidentali caduti in Iraq e i più di tremilacinquecento soldati morti in Afghanistan hanno avuto un peso enorme sulle opinioni pubbliche interne degli Stati Uniti e degli alleati che, unito al non conseguimento degli obiettivi di democratizzazione perseguiti, ha portato alla fine non gloriosa dell’impegno bellico occidentale.

Di più, in Afghanistan hanno portato ad una fuga ingloriosa nell’estate 2022 a sigillo della indisponibilità dell’Occidente di far morire i propri militari in guerra.

Durante queste guerre si è peraltro consolidato un nuovo fenomeno che ha allontanato ancora più il cittadino dalle armi, dal combattimento: per non pagare il prezzo politico della morte in combattimento dei propri militari, sia pure volontari e professionisti, per avere mano libera per condurre operazioni militari non ortodosse e infine per risparmiare sui costi, il governo americano ha assoldato e impiegato decine e decine di migliaia di contractors dei quali nel solo Iraq ne sono morti più di tremilaottocento. E il contractor, un civile professionista della guerra al servizio di chi lo paga e che combatte unicamente per il (lauto) stipendio segna proprio la separazione assoluta, definitiva del cittadino dalla guerra, dalla sua disponibilità a combattere e morire per la patria.

Specularmente, la Russia di Vladimir Putin ha innervato la sua politica estera in Asia e Africa utilizzando i contractors della agenzia Wagner, largamente poi impegnati in Ucraina.

Ed è proprio l’Ucraina oggi a obbligare a interrogarsi le società europee e occidentali. La ferocia e la volontà espansiva dimostrata da Vladimir Putin e dall’esercito russo e i suoi crimini di guerra possono riproporsi un domani su altri obiettivi. La guerra di terra combattuta da uomini contro uomini, feroce e sanguinaria è tornata sul suolo d’Europa. Bene lo sanno i Paesi baltici e la Polonia che si preparano a fronteggiare una eventuale invasione russa.

Ma – Dio non volendo – se questa si concretizzasse quale sarebbe l’impegno della società civile italiana? Sarebbe sufficiente l’impiego in ambito Nato dei nostri militari di professione o dovremmo iniziare a pensare che i nostri figli, cittadini comuni vengano chiamati a addestrarsi e poi a combattere rischiando la vita boots on the ground? È questo un dilemma terribile con cui potremo essere confrontati.

(ANSA il 22 febbraio 2023) - Prima di essere arrestato, era addirittura in lizza per diventare ministro degli Esteri. Poi, Arne Treholt venne fermato nel 1984 dalle autorità norvegesi all'aeroporto di Oslo: stava per prendere un volo per incontrare a Vienna l'agente del Kgb Gennadi Titov. Treholt, 80 anni, è morto a Mosca il 12 febbraio, come ha confermato il governo norvegese citando la sua famiglia. La causa non è stata diffusa. 

L'ex diplomatico e politico norvegese era una spia di primo piano, al soldo dei sovietici per almeno un decennio: quando fu arrestato, nella sua valigetta vennero trovati 65 documenti riservati, inclusi piani su come e dove le forze Nato in Europa avrebbero rafforzato la Norvegia in un potenziale conflitto con l'Unione Sovietica. Treholt ha trascorso in carcere solo 8 dei 20 anni a cui era stato condannato, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90.

I servizi del controspionaggio norvegese trovarono anche documenti che mostravano le prove del coinvolgimento di Treholt con il governo di Saddam Hussein, durante la guerra tra Iran e Iraq negli anni '80, oltre a 50 mila dollari versati dagli iracheni per conoscere la valutazione sul conflitto da parte della Nato. Quelle di Treholt è stata una delle più grandi spy-story dal 1974, quando il cancelliere della Germania occidentale Willy Brandt fu costretto a dimettersi dopo che il suo più stretto collaboratore, Günter Guillaume, fu scoperto a trasmettere informazioni per conto della Germania orientale comunista.

Guerra Ucraina - Russia, le news del 23 febbraio. La Repubblica. Gli ultimi aggiornamenti dalla crisi Russia-Ucraina. Tajani: "Hackeraggi? Una minaccia dopo la visita di Meloni". Secondo il Ministero della Difesa russo, Kiev prepara "una provocazione armata" in Transnistria. Ma il governo moldavo smentisce. La Marina italiana: "La flotta russa aumenta in Mediterraneo, c'è il rischio di incidenti". Pedro Sánchez a Kiev

Punti chiave

21:43

Ucraina: assemblea Onu approva la risoluzione con 141 sì 

14:51

Svizzera: a Ginevra in corso negoziati segreti

11:07

Cina: "Gli Usa continuano a diffamare sulle armi alla Russia"

10:29

Wall Street Journal: gli Usa valutano la pubblicazione delle informazioni sul possibile invio di armi dalla Cina alla Russia

09:35

Aereo militare russo si schianta vicino al confine con l'Ucraina

09:23

Moldavia smentisce le accuse di Mosca sulla possibile "invasione ucraina" della Transnistria 

09:14

Marina italiana: la flotta russa aumenta in Mediterraneo, rischio di incidenti

08:54

Stoltenberg: "Ci sono segnali che la Cina intende fornire armi a Mosca"

08:28

Il premier spagnolo Pedro Sánchez è arrivato a Kiev

23:58

Tajani a Onu, raddoppiare sforzi diplomatici su Ucraina

"Ora più che mai serve diplomazia, anche tenendo in considerazione le legittime preoccupazioni e le attese dei paesi del Sud del mondo che stanno subendo le conseguenze di questo conflitto. L'Italia è pronta a fare la sua parte in questa direzione. Ora è il momento di raddoppiare il nostro sostegno collettivo alla diplomazia sforzi per raggiungere questo obiettivo": lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani intervenendo all'assemblea generale dell'Onu sull'Ucraina.

00:26

Tajani, hackeraggi? Una minaccia dopo visita Meloni a Kiev

 "Una minaccia, un avvertimento", dopo la visita di Giorgia Meloni a Kiev: lo ha detto il ministro degli esteri Antonio Tajani alla stampa italiana commentando gli ultimi attacchi degli hacker filorussi all'Italia.

01:32

Usa, scelta Russia su Start non cambia nostra postura nucleare

Non c'è "nessun cambiamento nella postura nucleare" degli Stati Uniti dopo la decisione della Russia di sospendere il trattato New Start. lo ha detto la vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, in un briefing con la stampa.

"Crediamo che una potenza nucleare debba continuare a collaborare con gli altri Paesi dotati di armi atomiche e quindi la decisione di Mosca è stata irresponsabile", ha sottolineato.

06:50

Ministero Difesa russo, Kiev prepara provocazione in Transnistria

"Secondo le informazioni disponibili, il regime di Kiev sta tramando una provocazione armata contro la Repubblica moldava di Pridnestrovia (nota anche come Transnistria, ndr) nel prossimo futuro, che sarà condotta da unità delle Forze armate ucraine, comprese quelle che coinvolgono la formazione nazionalista Azov". Lo afferma in un post sul suo canale Telegram il Ministero della Difesa russo.

"Il pretesto per l'invasione sarà un attacco inscenato da presunte forze russe dal territorio della Transnistria. A questo scopo, i sabotatori ucraini coinvolti nella messinscena dell'invasione saranno travestiti da personale militare della Federazione Russa", prosegue il post.

"Il Ministero della Difesa russo sta monitorando attentamente la situazione al confine dell'Ucraina con la Repubblica Moldava di Pridnestrovia ed è pronto a rispondere a qualsiasi cambiamento della situazione", conclude il post del Ministero della Difesa.

08:09

Mosca accusa Kiev: prepara provocazione in Transnistria

"Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Transnistria", ha affermato il ministero della Difesa russo su Telegram, citato da Ria Novosti. "Secondo le informazioni disponibili, nel prossimo futuro il regime di Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Repubblica Moldava transnistriana che sarà condotta dalle Forze Armate ucraine, anche con il coinvolgimento della formazione Azov", ha dichiarato il ministero. "Come pretesto per l'invasione, Kiev ha in programma di organizzare una offensiva dal territorio della Transnistria. I sabotatori indosseranno uniformi militari russe", ha detto il dipartimento.

08:28

Il premier spagnolo Pedro Sánchez è arrivato a Kiev

Dopo la visita a sorpresa del presidente Usa Joe Biden e della premier Giorgia Meloni, anche il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez si è recato a Kiev. Il viaggio non era stato annunciato ufficialmente. "Torno a Kiev un anno dopo l'inizio della guerra. Staremo al fianco dell'Ucraina e del suo popolo fino a che la pace tornerà in Europa", ha scritto il leader in un post su Twitter, accompagnato da una breve clip che mostra il suo arrivo alla stazione.

08:54

Stoltenberg: "Ci sono segnali che la Cina intende fornire armi a Mosca"

Ci sono "alcuni segnali" che la Cina avrebbe piani per supportare la Russia nell'invasione dell'Ucraina, ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, il quale fa appello a Pechino perché "desista" dai suoi piani che, appoggiando una guerra illegale, costituirebbero una violazione del diritto internazionale. "Abbiamo visto alcuni segnali che (i cinesi) potrebbero star progettando di farlo. Gli alleati Nato e gli Usa li hanno messi in guardia dal farlo, questo non dovrebbe accadere. La Cina non dovrebbe appoggiare la guerra illegale della Russia", ha detto Stoltenberg in un'intervista all'Ap ripresa dal Guardian.

09:14

Marina italiana: la flotta russa aumenta in Mediterraneo, rischio di incidenti

"Gli effetti immediati sulla nostra sicurezza della guerra in Ucraina si sono riverberati ancora una volta sul mare e sono l'aumento impressionante dei numeri della flotta russa nel Mediterraneo e nel Mar Nero a un livello che non si vedeva nemmeno ai tempi della guerra fredda. Il numero di navi russe nel Mediterraneo è aumentato, un numero alto che non è una minaccia diretta al territorio nazionale ma aumenta tantissimo la tensione. I russi hanno un atteggiamento aggressivo che non era usuale nel Mediterraneo e prima era evidente solo nel Baltico. Il rischio di incidente è possibile e quando c'è un incidente di questa natura non si sa mai dove si può andare a finire". Lo ha detto il Capo di Stato maggiore della Marina militare, Enrico Credendino, in audizione alla Commissione Difesa della Camera.

09:23

Moldavia smentisce le accuse di Mosca sulla possibile "invasione ucraina" della Transnistria 

La Moldavia ha smentito le affermazioni della Russia secondo cui l'Ucraina starebbe pianificando un'azione militare contro la Transnistria, regione separatista filo-Mosca. Lo riporta la Cnn. "Le autorità statali non confermano le informazioni diffuse questa mattina dal Ministero della Difesa russo", si legge in un messaggio sul canale Telegram ufficiale del governo moldavo. "Invitiamo alla calma e invitiamo la popolazione a seguire le fonti ufficiali e credibili della Repubblica di Moldavia. Le nostre istituzioni collaborano con i partner stranieri e in caso di pericolo per il Paese informeranno il pubblico senza indugio".

09:35

Aereo militare russo si schianta vicino al confine con l'Ucraina

Un aereo militare si è schiantato nel distretto di Valuysky, nella regione di Belgorod, non lontano dal confine con l'Ucraina. Lo ha reso noto il governatore della regione, Vyacheslav Gladkov, sul suo canale Telegram. "Un aereo del ministero della Difesa si è schiantato nel distretto urbano di Valuysky. Una squadra investigativa e dipendenti del Ministero per le situazioni di emergenza stanno lavorando sul posto", ha scritto, precisando che non sono chiare le cause dello schianto.

09:44

Ucraina: morto Mudrak, comandante Azov, aveva fatto 100 giorni di prigionia a Mariupol

Il comandante del primo battaglione del reggimento Azov, Oleg Mudrak, che ha preso parte alla difesa dell'acciaieria Azovstal a Mariupol e ha trascorso diversi mesi in cattività russa, è morto. Lo ha reso noto il nipote, Daniel, su Instagram. Secondo alcuni media ucraini, la causa della morte di Mudrak, 35 anni, è stata un arresto cardiaco.

I soldati dell'Azov hanno resistito all'assedio russo per quasi due mesi nella primavera del 2022. A metà maggio, seguendo l'ordine di Kiev, hanno lasciato l'impianto e si sono arresi. Il ministero della Difesa russo ha riferito che un totale di 2.439 militari si erano arresi. A settembre, la Russia ha rilasciato cinque comandanti della difesa dell'Azovstal e 108 combattenti del battaglione Azov come parte di uno scambio di prigionieri su larga scala. Mudrak era tra quelli rilasciati. Mudrak era finito sotto i riflettori della stampa dopo che lo scrittore Stanislav Aseev aveva pubblicato una sua foto, che mostrava quanto fosse deperito e provato dai suoi tre mesi di prigionia.

10:09

Domani conferenza stampa di Zelensky nell'anniversario dell'invasione: "Un anno di invincibilità"

Il presidente Volodymyr Zelensky terrà una conferenza stampa il 24 febbraio, giorno dell'anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina. Lo riferiscono i media ucraini, citando il sito web dell'ufficio presidenziale. "Venerdì 24 febbraio si terrà la conferenza stampa del presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky". Il tema sarà "Un anno di invincibilità", si legge nel messaggio.

10:29

Wall Street Journal: gli Usa valutano la pubblicazione delle informazioni sul possibile invio di armi dalla Cina alla Russia

L'amministrazione Biden sta valutando la possibilità di rendere pubbliche le informazioni che, a suo avviso, dimostrano che la Cina sta considerando l'invio di armi per sostenere la guerra della Russia in Ucraina: lo hanno riferito alcuni funzionari Usa al Wall Street Journal. Le discussioni sulla divulgazione pubblica precedono la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di venerdì, che segna un anno dall'invasione dell'Ucraina. E seguono una serie di appelli a porte chiuse alla Cina che sono culminati in un avvertimento formale consegnato nel fine settimana a Monaco di Baviera a Wang Yi.

10:52

Media: forte esplosione a Kiev

na forte esplosione è stata avvertita nella parte occidentale di Kiev. Lo ha riferito su Twitter il Kyiv Independent, precisando che pochi minuti prima dell'esplosione si era attivato l'allarme antiaereo.

11:07

Cina: "Gli Usa continuano a diffamare sulle armi alla Russia"

Dallo scoppio della crisi ucraina, la Cina "è stata con fermezza dalla parte del dialogo e della pace, promuovendo i colloqui a modo suo e svolgendo un ruolo responsabile e costruttivo per alleviare la situazione e risolvere la crisi". Così il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin ha respinto le nuove accuse provenienti dagli Usa sulla possibile fornitura cinese di armi alla Russia. "La cosiddetta intelligence degli Stati Uniti non è altro che speculazione e calunnia contro la Cina", ha aggiunto Wang nel briefing quotidiano, puntando il dito contro Washington che continua "a diffamare" Pechino.

11:20

Kiev: "Berlusconi eviti i commenti"

"Se non sei più attuale, è meglio non commentare poiché non riesci a capire neppure gli effetti che certe vicende possono avere sulla sicurezza dell'Italia. Se un Paese è aggredito, se una casa è aggredita, devi difenderli. Consiglio di smettere di pensare che la Russia sia un giocatore globale. Maria Zakharova (portavoce del ministero degli Esteri russo) deve finire sul banco degli imputati", lo ha detto il consigliere del presidente ucraino Mykhailo Podolyak, commentando le parole del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi sulle responsabilità della guerra. "L'Ucraina sta dimostrando che liberà non è una parola: per essa devi combattere", ha aggiunto.

 11:42

Kiev: le truppe russe preparano provocazioni al confine Nord

Le truppe russe stanno preparando provocazioni vicino al confine della regione di Chernihiv, nell'Ucraina settentrionale, "ciò è evidenziato dai dati dell'intelligence che hanno registrato il movimento di colonne militari con il personale che indossa uniformi senza segni di identificazione e simili a quelle delle Forze Armate ucraine", lo scrive il Comando operativo Nord dell'esercito ucraino su Facebook, citato da Unian.

11:57

Dopo le critiche di Prigozhin, Mosca invia munizioni alla Wagner

Il fondatore della forza mercenaria russa Wagner, Evgheni Prigozhin - che in questi giorni ha accusato di tradimento la leadership militare di Mosca - ha affermato che le munizioni necessarie per le sue truppe al fronte verranno finalmente inviate dal ministero della Difesa. Ieri, Prigozhin - anche noto come lo 'chef di Putin' - ha pubblicato l'immagine macabra di decine di uomini che, secondo lui, sono stati uccisi perchè il ministro della Difesa Serghei Shoigu e il capo di stato maggiore Valery Gherasimov hanno trattenuto le necessarie munizioni per boicottarlo. Nessuno dei due diretti interessati ha commentato, ma il ministero ha respinto l'accusa.

In un messaggio audio oggi, Prigozhin ha invece dichiarato che grazie alla pressione che lui e altri hanno esercitato sul dicastero della Difesa, sono stati ottenuti frutti e le munizioni stanno arrivando al fronte. "Finora è tutto sulla carta ma, così ci è stato detto, i documenti principali sono già stati firmati", ha detto Prigozhin.

12:21

Kiev: "In Donetsk di migliaia soldati russi morti, quelli della Wagner neanche si contano"

"Nell'ultimo mese l'esercito russo ha lanciato centinaia di attacchi contro l'Ucraina", lo ha detto il vice capo dello Stato maggiore ucraino Oleksiy Gromov durante un briefing con la stampa, citato da Rbc-Ukraine. "Feroci combattimenti sono in corso in Donetsk sulle direttive di Avdiivka e Shakhtar, le forze armate ucraine hanno respinto più di 350 attacchi, le truppe russe stanno cercando di catturare gli insediamenti di Maryinka e Vugledar e stanno perdendo centinaia di soldati e dozzine di pezzi di equipaggiamento ogni giorno", ha spiegato Gromov. E ha aggiunto che la situazione più difficile è quella di Bakhmut, dove "restano sul terreno migliaia di soldati russi, le vittime tra i mercenari Wagner neppure si contano", ha detto.

12:42

Putin in un discorso video: "Rafforziamo l'armamento nucleare"

Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato in un discorso video pubblicato sul sito del Cremlino in occasione della Giornata del Difensore della Patria che sarà data particolare enfasi al potenziamento dell'armamento nucleare del Paese. Lo riporta la Tass. Putin ha affermato che i sistemi missilistici russi di punta basati sui silo Sarmat, armati con missili balistici intercontinentali orbitali pesanti a propellente liquido in grado di trasportare cariche nucleari, entreranno in servizio nel 2023. Anche le consegne dei missili ipersonici Zirkon a bordo delle navi inizieranno nel 2023.

13:04

Kiev: esplosioni a Mariupol, città occupata dai russi

Esplosioni sono state udite chiaramente a Mariupol, la città martire ucraina occupata dai russi dallo scorso maggio: lo indica il consiglio comunale (filorusso), citato dal giornale ucraino Ukrainska Pravda, che colloca le detonazioni nella zona degli impianti siderurgici Ilyich, dove c'è anche una prigione. Le esplosioni, scrive il giornale, hanno attivato le difese antiaeree, e sono state tre, in due momenti diversi, partendo dalle locali 11.02.

13:31

Zelensky: "Mosca ha scelto la strada dell'assassinio e ne sarà responsabile"

"La Russia ha scelto la via dell'assassino. Il percorso del terrorista. Il sentiero del torturatore. Il percorso del saccheggiatore. Questa è la scelta statale della Russia e ci sarà responsabilità statale per il terrore commesso". Così il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, su Telegram.

13:57

Kiev: "Nostro esercito è ormai di fatto parte della Nato"

La decisione degli alleati occidentali di fornire a Kiev armi a lungo raggio è stata presa, ormai l'esercito ucraino è di fatto diventato un esercito della Nato. Lo ha dichiarato la viceministra della Difesa dell'Ucraina, Hanna Maljar, in un briefing come riporta l'agenzia Unian."Dal punto di vista degli armamenti, il nostro esercito è' di fatto già diventato un esercito della Nato", ha detto, "siamo riusciti a ottenere la fornitura di armi pesanti di tipo occidentale; le truppe preposte ai carri armati sono già in fase di addestramento ed è' stata presa la decisione di fornire armi a lungo raggio. Abbiamo missili anti-nave e anti-radar"

14:15

Francia: "Offensiva russa prosegue, ma pochi progressi"

Negli ultimi giorni "l'offensiva russa  sta andando avanti" sul territorio ucraino, ma si registrano "pochi  progressi". E' quanto rileva il ministero francese delle Forze armate, secondo cui a Bakhmut, nel Donbass, "i russi continuano a circondare  la città", ma ad est "la linea del fronte non cambia in modo  significativo". Anche sul fronte meridionale, precisa il ministero  delle Forze armate, "nonostante i numerosi colpi di artiglieria, la  linea di contatto non è cambiata"

14:21

Meta: "Propaganda russa sui social aumentata da inizio della guerra"

Dall'inizio dell'offensiva russa in Ucraina un anno fa, le campagne di propaganda pro-Mosca si sono moltiplicate sui social media. Lo ha detto in una conferenza stampa Nathaniel Gleicher, responsabile della sicurezza di Meta, la società proprietaria di Facebook e Instagram. "Stiamo assistendo a un numero crescente di tentativi da parte delle reti russe di creare account falsi" per promuovere la guerra e diffondere disinformazione anti-Kiev."Provano di tutto, ma sfortunatamente per loro, questi account hanno pochissimi follower perché vengono avvistati e rimossi prima che il loro seguito possa crescere", ha sottolineato

14:24

G7 aumenta a 39 miliardi gli aiuti all'Ucraina

I ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali hanno deciso di aumentare a 39 miliardi di dollari gli aiuti all'Ucraina ed esortano il Fondo monetario internazionale a portare a termine i lavori per un programma di assistenza a Kiev entro fine marzo. E' una delle conclusioni del meeting del G7 finanze a Bangalore di cui dà conto la Bloomberg. Il G7 "resta vigile" sui rischi economici, incluse le pressioni inflazionistiche, e ribadisce la condanna della guerra lanciata dalla Russia in Ucraina.

14:32

Spagna: "Consegna Leopard tra fine marzo e primi di aprile"

La consegna di sei carri armati Leopard all'Ucraina da parte della Spagna potrebbe avvenire a "fine marzo-inizio aprile": lo ha affermato la ministra della Difesa Margarita Robles, in dichiarazioni a cronisti trasmesse dalla televisione pubblica Tve. Robles ha precisato che tale consegna dovrà avvenire "di comune accordo con gli alleati" e solo una volta terminata la "messa a punto" dei carri e la formazione dei militari ucraini per il loro uso

14:51

Svizzera: a Ginevra in corso negoziati segreti

A Ginevra sono in corso negoziati sulla crisi in Ucraina: lo ha annunciato il ministro degli Esteri svizzero, Ignazio Cassis. Secondo Cassis - che non è entrato nel dettaglio nell'intervista a Le Temps - le trattative si stanno svolgendo in un clima di "massima discrezione" anche se "attualmente non si svolgono ai massimi livelli".

15:15

Kiev inserisce la catena Auchan nella lista degli sponsor della guerra

L'Agenzia Nazionale per la Prevenzione della Corruzione dell'Ucraina ha incluso la società francese di supermercati Auchan nell'elenco degli sponsor internazionali della guerra, con l'accusa di sostenere Mosca nella guerra contro l'Ucraina. Secondo l'agenzia ucraina, Auchan ha continuato a lavorare sul mercato russo dopo l'invasione dell' Ucraina e ha rifiutato di aderire al boicottaggio di Mosca. "Secondo un'inchiesta di Le Monde e Bellingcat, Auchan è attivamente coinvolta nella guerra contro l'Ucraina, fornendo merci all'esercito russo nei territori ucraini occupati con il pretesto di aiuti umanitari ai civili e contribuendo alla mobilitazione in Russia. Ecco perché Auchan è uno sponsor diretto della guerra contro l'Ucraina", si legge nel messaggio dell'agenzia ucraina. Di recente, una inchiesta pubblicata da Insider e Le Monde ha denunciato che la società francese - che ha scelto di continuare le sue attività sul territorio russo nonostante l'offensiva in Ucraina - avrebbe consegnato gratuitamente merci all'esercito di Vladimir Putin, secondo documenti ottenuti dai media. La dirigenza del gruppo Auchan ha tuttavia smentito.

15:47

Zelensky, "Ci piacerebbe un incontro con la Cina"

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha reso noto di non aver esaminato il piano di pace cinese, ma che vedrebbe con favore un incontro tra Ucraina e Cina. Lo riferisce l'agenzia Reuters. "Vorremmo incontrare la Cina", ha detto durante una conferenza stampa a Kiev, organizzata dopo la visita del premier spagnolo Pedro Sánchez, alla vigilia del primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina.

15:59

Kuleba, non useremo caccia per attaccare la Russia

Qualora l'Ucraina dovesse ricevere aerei da combattimento da parte dell'Occidente non li utilizzerà per effettuare attacchi in Russia. Lo ha detto il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, in un'intervista a Sky News effettuata alle Nazioni Unite a New York. "Stiamo usando le armi che riceviamo dai partner per colpire la Russia nei territori occupati dell'Ucraina", ha dichiarato. E a domanda diretta su eventuali garanzie che l'Ucraina non avrebbe usato i caccia per bombardare la Russia il ministro degli Esteri ucraino ha detto di poter "garantire che useremo armi occidentali per liberare i territori ucraini".

16:11

Sánchez a Kiev promette altri Leopard, 10 in tutto

Il premier spagnolo, Pedro Sánchez, arrivato a Kiev per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, alla vigilia del primo anniversario dell'invasione russa, ha annunciato una nuova spedizione di carri armati Leopard: Sánchez ha confermato che la Spagna invierà 6 Leopard a Kiev e potrebbe aumentarne il numero a 10. Il leader spagnolo, che ha assicurato che Spagna sosterrà il Paese invaso "fino al ritorno della pace in Europa", ha anche promesso a Kiev di appoggiare le sue aspirazioni europee durante la prossima presidenza spagnola del Consiglio europeo. E' la seconda visita di Sánchez nella capitale ucraina, dopo quella compiuta nell'aprile dello scorso anno. La Spagna occuperà la presidenza a turno dell'Ue nel secondo semestre di quest'anno. Sánchez ha anche sottolineato la necessità di unità nell'Ue per continuare con le sanzioni a Mosca finchè non cessi l'aggressione all'Ucraina.

16:50

Ucraina: Corea Nord, crisi è prodotto della coercizione Usa

I media statali della Corea del Nord hanno celebrato il primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina accusando la Nato e definendo il coinvolgimento degli Stati Uniti un "percorso verso l'autodistruzione". In un commento rilanciato dall'agenzia ufficiale Kcna, il notista per gli affari internazionali Kim Yoo-chul ha osservato che il conflitto in Ucraina è stato il "prodotto inevitabile della coercizione e dell'egemonia" degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Se l'Ucraina non avesse preso parte ciecamente alla politica statunitense di confronto anti-russo, se avesse abbandonato gli 'sporchi demoni' degli Stati Uniti e promosso la riconciliazione e l'unità con i suoi vicini, la situazione non sarebbe arrivata al punto attuale in cui è così grave". L'attuale situazione in Ucraina "dimostra ancora una volta che non può esserci pace nel mondo in nessun momento a meno che la politica di forza, di tirannia e di avida aggressione degli Stati Uniti non sia terminata".

La Corea del Nord ha consolidato i legami con la Russia da quando il presidente Vladimir Putin ha ordinato alle sue truppe di lanciare un'invasione su vasta scala dell'Ucraina, sostenendo pubblicamente Mosca nelle dichiarazioni alle Nazioni Unite ed esprimendo sostegno al riconoscimento delle autoproclamate Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk. Washington ha accusato Pyongyang di fornire missili e altro materiale bellico alla Russia, fornendo anche immagini satellitari sulle presunte spedizioni via ferrovia.

17:11

Shojgu: "Occidente vuole smembrare la Russia, ma fallirà"

"Usando l'Ucraina, l'Occidente cerca di smembrare la Russia, privandola della sua indipendenza. Questi tentativi sono destinati al fallimento". Lo ha detto il ministro della Difesa russo, Serghej Shojgu. Lo riporta la Tass. "I nostri soldati e ufficiali stanno difendendo ciò per cui hanno combattuto i nostri nonni e bisnonni - ha aggiunto - per loro, il benessere e la sicurezza della Patria è sempre stato il significato più alto della vita. E per noi, i loro successori, la devozione alla Patria è il principale valore".

17:43

Filorussi, 4 morti e 12 feriti in bombardamento ucraino

Sono quattro le persone uccise e 12 quelle rimaste ferite oggi in un bombardamento delle forze ucraine su Donetsk, nell'Est del Paese. Lo riferiscono le autorità locali dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk, citate dall'agenzia Ria Novosti. Il bombardamento ha colpito il distretto di Petrovsky. In precedenza il ministero locale per le situazioni d'emergenza aveva detto che tre degli uccisi erano operatori del servizio di ambulanze.

18:14

Regno Unito: attivisti dipingono bandiera Ucraina davanti ambasciata russa

Attivisti del gruppo 'Led By Donkeys' hanno dipinto un'enorme bandiera ucraina di 500 metri quadrati davanti alla sede dell'ambasciata russa a Londra, usando 160 litri di vernice. La polizia britannica ha fermato quattro persone con l'accusa di danneggiamento e ostruzione del traffico. Gli attivisti hanno spiegato che il loro gesto è stato effettuato per ricordare al presidente russo Vladimir Putin che "l'Ucraina è uno stato indipendente e un popolo con ogni diritto all'autodeterminazione".

18:41

Ucraina: oggi voto a Onu su richiesta ritiro delle forze russe 

Le Nazioni Unite dovrebbero votare oggi una risoluzione che chiede alla Russia di ritirare le truppe dall'Ucraina un anno dopo averla invasa. Sebbene non sia vincolante, il voto definirà l'entità del sostegno a Kiev in tutto il mondo mentre la guerra continua, con la Russia che occupa ampie zone dell'Ucraina ed entrambe le parti che si preparano a intensificare i combattimenti in primavera. "La Russia può e deve fermarsi, domani", ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Catherine Colonna nel secondo giorno di dibattito, appoggiando la risoluzione. "Questa guerra condotta dalla Russia è un affare di tutti perchè minaccia l'esistenza di uno Stato, perchè rappresenta un piano dominante e imperialista e perchè nega l'esistenza di confini", ha dichiarato. "L'anno prossimo non dovremmo riunirci qui per celebrare il secondo anniversario di questa insensata guerra di aggressione", ha dichiarato il ministro degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi, anch'egli a sostegno della risoluzione.

18:59

Iran si asterrà da voto Onu sulla richiesta del ritiro delle forze russe dall'Ucraina

L'Iran ha annunciato che si asterrà dal votare la risoluzione delle Nazioni Unite che esorta la Russia a lasciare l'Ucraina. Lo ha annunciato il suo rappresentante permanente all'Onu Amir Saeid Irvani.

19:02

Wang Yi, l'Europa abbia un ruolo più attivo per pace

La crisi in Ucraina "ha avuto luogo in Europa, ha ripercussioni globali e non può essere trascinata all'infinito: la Cina sostiene l'Europa affinché svolga un ruolo più attivo e costruttivo nella promozione dei colloqui di pace". Lo afferma il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi in un'intervista ai media statali diffusa in serata. "L'Europa dovrebbe pensare seriamente a che tipo di condizioni possono essere create per ottenere un cessate il fuoco e la fine della guerra, a che tipo di quadro per garantire la stabilità a lungo termine in Europa e a che tipo di ruolo per riflettere la sua autonomia strategica".

19:14

Wang, crisi non si può trascinare all'infinito

La crisi ucraina è nata in Europa, ma ha ripercussioni globali, "e non può essere trascinata all'infinito". Lo ha dichiarato l'alto diplomatico di Pechino, Wang Yi, in un'intervista rilasciata ai media statali cinesi, dopo il ritorno dal lungo tour in Europa e Russia, che ha avuto al centro dei colloqui con le controparti straniere la guerra in Ucraina. "La Cina sostiene l'Europa perchè svolga un ruolo più attivo e costruttivo nella promozione dei colloqui di pace", ha dichiarato il capo della Commissione Affari Esteri del Partito Comunista Cinese, aggiungendo che l'Europa deve pensare a quali condizioni "si possano creare per un cessate il fuoco e la fine della guerra".

19:29

Metsola, "stasera diciamo con orgoglio: noi siamo l'Ucraina"

"La bandiera blu e gialla dell'Ucraina ha conquistato tutti i nostri cuori nell'ultimo anno. Simboleggia l'audacia, il coraggio e la forza dell'impressionante popolo ucraino che sta sconfiggendo le avversità. Stasera diciamo con orgoglio: Noi siamo l'Ucraina". Lo scrive su twitter la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola pubblicando le immagini di uno degli edifici del Pe illuminato di blue e giallo, a Bruxelles. 

 19:37

Scholz, in telefonate con Putin gli dico che l'Ucraina resiste

Nelle telefonate con Vladimir Putin "gli dico quanto forte l'Ucraina resiste e che non vuole essere conquistata da lui. Gli parlo della distruzione in Ucraina e delle perdite che la guerra sta causando anche dalla parte russa. Se lui vuole ascoltare queste cose, è un'altra questione". Lo ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in un'intervista a Bild. "Nelle nostre discussioni al telefono è sempre emerso chiaramente quanto siano diverse le nostre opinioni" ha anche detto Scholz, "la Nato è un'alleanza difensiva, non minaccia nessuno. La Russia non aveva alcun motivo di preoccupazione. La guerra è una follia. Continuo a spiegarlo a Putin, l'ultima volta a dicembre. E continuerò a impegnarmi in questo". In un'altra intervista, rilasciata a Zdf, Scholz ha oggi spiegato che Putin dovrà "prima o poi" capire che non può raggiungere i suoi obiettivi.

19:53

Media, colpita linea ferroviaria in Crimea

dal nostro inviato Paolo Brera

In Crimea, sarebbe stata colpita una linea ferroviaria tra Sinferopoli e San Pietroburgo. Secondo il canale Baza, una parte dei binari è stata colpita per un tratto e sarebbero stati fermati tre treni: uno diretto a San Pietroburgo, su cui a bordo viaggiavano 166 persone. "La direzione principale del ministero delle situazioni di emergenza per la Repubblica di Crimea ha annunciato che il messaggio sui danni al binario ferroviario è stato ricevuto alle 19:55. Sul posto stanno lavorando le divisioni antincendio e di soccorso, un gruppo operativo del ministero e una squadra di riparazione". Secondo i media ucraini, si tratterebbe di un'azione dei partigiani e non di un lancio dall'Ucraina.

Il segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale, Alexei Danilov, commentando le recenti esplosioni a Mariupol aveva affermato che le forze ucraine possono effettuare attacchi "a 100, o 150, chilometri". Secondo Danilov, tali attacchi ai russi avverranno anche nelle altre città che sono temporaneamente sotto il controllo russo.

20:05

Casa Bianca, finora la Cina non ha fornito armi a Mosca

"Finora la Cina non ha fornito armi alla Russia ma continuiamo a monitorare la situazione". Lo ha detto la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, in un briefing con la stampa.

20:21

Casa Bianca, proposta cinese? Putin non vuole negoziare pace

"Vogliamo vedere la fine della guerra" e questo "potrebbe accadere se Putin decidesse di fermare la guerra", ma "al momento non vediamo ragioni o evidenze che la Russia voglia negoziare". Lo ha detto la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, rispondendo ad una domanda sulla proposta di pace preannunciata da Pechino.

20:48

Zelensky, Putin vuole ancora occupare Kiev

"Penso che il presidente Putin voglia ancora occupare Kiev. Ma le loro idee, la loro missione e speranza riguardano tutta l'Ucraina: vogliono che perdiamo la nostra indipendenza e la nostra sovranità. Ed è per questo che, credo, tutti hanno capito: se non puoi occupare la capitale, se non puoi occupare Kiev, non puoi occupare l'Ucraina". Così alla viglia dell'anniversario dell'invasione russa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un'intervista alla Bbc. "Penso che abbia il tipo di pensieri che hai menzionato, ma penso che siamo forti", aggiunge il leader ucraino.

20:49

 Mosca studia proposta mediazione avanzata da Lula

Mosca analizza la proposta del presidente brasiliano di creare un gruppo di Paesi non coinvolti nella guerra ucraina per cercare di mediare una via d'uscita pacifica dal conflitto. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri Mikhail Galuzin in un'intervista all'agenzia Tass, seppure esprimendo riserve sulla fattibilità dell'idea, e affermando che occorre tener conto dell'evoluzione militare del conflitto. Nelle sue dichiarazioni Galuzin ha tra l'altro ricordato che i russi sono partner di brasiliani, cinesi, indiani e sudafricani nel gruppo dei Brics. Lula aveva già presentato la proposta al primo ministro tedesco Olaf Scholz a Brasilia e al presidente Joe Biden durante il suo viaggio a Washington

21:14

Usa, continuano discussioni su fornitura caccia a Kiev

"Continuiamo ad avere queste discussioni, sia internamente" che "anche con l'Ucraina". Lo ha detto in un'intervista al Washington Post Victoria Nuland, sottosegretaria agli Affari politici del dipartimento di Stato, discutendo della fornitura a Kiev di caccia di 4a e 5a generazione. "Ci sono alcuni Paesi europei che sono interessati a fornirli e - ha proseguito - come ha detto il presidente Biden, si tratta di una loro scelta. La situazione è in "evoluzione e vedremo di cosa ha bisogno l'Ucraina", ha concluso Nuland.

21:23

Cina all'Onu: "Invio armi aggiunge benzina sul fuoco"

"I fatti brutali" di questo anno di guerra "offrono un'ampia prova che l'invio di armi non porterà la pace, aggiungere benzina sul fuoco non farà altro che esacerbare tensioni". Lo ha detto il vice ambasciatore cinese alle Nazioni Unite Dai Bing nel suo intervento all'Assemblea generale dell'Onu, sottolineando che "prolungare ed espandere il conflitto non farà altro che far pagare alla gente comune un prezzo ancora più alto".

21:35

Brasile annuncia il sì alla risoluzione per pace giusta

Il rappresentante del Brasile all'Onu ha annunciato il voto a favore della risoluzione per una pace giusta in Ucraina, contro alcune previsioni.

21:43

Ucraina: assemblea Onu approva la risoluzione con 141 sì 

L'Assemblea Generale Onu ha approvato con 141 voti a favore, 7 contrari e 32 astenuti una risoluzione in cui si sottolinea "la necessità di raggiungere, il prima possibile, una pace completa, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite". Il testo "ribadisce l'impegno per la sovranità, l'indipendenza, l'unità e integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti" e chiede "la cessazione delle ostilità e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe". Tra i 75 co-sponsor anche l'Italia. Sono sette i paesi che hanno votato contro la risoluzione. Oltre alla Russia i no sono arrivati da Siria, Bielorussia, Eritrea, Nord Corea, Nicaragua e, per la prima volta, il Mali. Cina e India sono tra i 32 Paesi che si sono astenuti insieme a Cuba, Pakistan, Angola, Etiopia, Algeria, Sudafrica, Zimbabwe.

22:00

Tajani: "Voto assemblea generale Onu grande vittoria in nome della libertà"

"L'Italia ha votato a favore della Risoluzione per la pace in Ucraina che è stata adottata dalle Nazioni Unite con ben 141 voti. Un testo che difende l'Ucraina ma che è soprattutto in favore della pace. Una grande vittoria in nome della libertà". Questo il primo commento su twitter del ministro degli Esteri Antonio Tajani, presente al voto all'Onu a New York.

22:13

Zelensky: "Risoluzione Onu è un segnale potente dell'instancabile sostegno a Kiev"

"Questa risoluzione è un segnale potente del sostegno globale instancabile globale per l'Ucraina. Una potente testimonianza della solidarietà della comunità internazionale con il popolo ucraino nel contesto dell'anniversario dell'aggressione su vasta scala della Federazione russa. Una potente manifestazione di supporto globale la formula di pace" proposta da Kiev. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha salutato così il voto al Palazzo di Vetro, dicendosi "grato a tutti i paesi che hanno approvato questa "risoluzione cruciale dell'Assemblea Generale "Principi della Carta delle Nazioni Unite che sottolineano la pace globale, giusta e duratura in Ucraina".

22:25

Von der Leyen: "141 Paesi all'Onu con Kiev. Russia fermi guerra di aggressione"

"141 paesi hanno chiesto il ripristino della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina. Un anno dopo, la comunità internazionale è forte con l'Ucraina. La richiesta è chiara: la Russia deve porre fine alla sua guerra di aggressione". Così su Twitter la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

23:41

Sunak solleciterà G7 ad accelerare su armi a Kiev

Il primo ministro britannico Rishi Sunak dirà domani agli alleati del G7 che devono aumentare gli aiuti a Kiev più velocemente per dare all'Ucraina un vantaggio "decisivo" sul campo di battaglia. "Perché l'Ucraina vinca questa guerra - e per accelerare quel giorno - deve ottenere un vantaggio decisivo sul campo di battaglia. Invece di un approccio incrementale, dobbiamo muoverci più velocemente per quanto riguarda l'artiglieria, l'armatura e la difesa aerea", dovrebbe dire Sunak al vertice in videoconferenza nel primo anniversario dell'invasione russa.

La mossa di Putin: così la guerra può sconfinare in Moldavia. Ernesto Ferrante su L’Identità il 23 Febbraio 2023

Il presidente russo Vladimir Putin ha revocato un decreto del 2012 che sanciva “il rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e dello status neutrale della Repubblica di Moldova nel determinare lo status speciale della Transnistria”, la regione separatista che nel 2014 ha chiesto l’adesione alla Federazione Russa. Il provvedimento è stato pubblicato sul sito web del Cremlino, dove si legge che la decisione è stata presa per “garantire gli interessi nazionali della Russia in relazione ai profondi cambiamenti in atto nelle relazioni internazionali”.

Alexandru Flenchea, presidente moldavo della commissione congiunta di controllo nella zona di sicurezza intorno alla Transnistria, ha precisato che la cancellazione non significa che Putin “stia abbandonando la nozione di sovranità moldava”. “Il decreto è un documento politico che implementa il concetto di politica estera della Russia”, ha spiegato Flenchea a Publika-TV, sottolineando che “la Moldavia e la Russia hanno un accordo politico di base che prevede il rispetto reciproco dell’integrità territoriale dei nostri paesi”.

Le relazioni tra Mosca e Chisinau, che spinge per aderire all’Ue, sono molto tese. I russofoni della piccola striscia di terra situata a Est del fiume Nistru si separarono dalla Moldavia nel 1990, un anno prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica, temendo una sua fusione con la Romania. Dopo un conflitto di breve durata nel 1992, la situazione sembrava essersi quasi del tutto stabilizzata. Ma le fibrillazioni ai confini e l’escalation in Ucraina, rischiano di far aprire un altro fronte di scontro.

Toni tutt’altro che diplomatici ha usato Dmitry Medvedev per replicare alla richiesta di Joe Biden di ritirare le truppe dall’Ucraina: “Comunque chi è quello strano nonno che parlava con uno sguardo perso dalla Polonia? Perché si rivolge al popolo di un altro paese in un momento in cui ha sufficienti problemi nel suo?”.

Alla guerra, secondo il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale russo, si arriva in un solo modo: “Se gli Stati Uniti smettono di fornire armi al regime di Kiev, la guerra finirà”. Escluso un ritiro dei suoi soldati alle condizioni attuali: “Se la Russia concludesse l’operazione militare speciale senza una vittoria, finirebbe in frantumi”.

Commentando su Telegram il discorso di Putin e l’annuncio della decisione di sospendere la partecipazione della Russia al New Start, l’ex presidente ha lanciato un avvertimento a Washington: “Se gli Stati Uniti vogliono sconfiggere la Russia, allora abbiamo il diritto di difenderci con qualsiasi arma, compreso il nucleare”.

Tutti gli scambi di informazioni previsti nel quadro del Nuovo Trattato per la riduzione delle armi strategiche, sono congelati. A rivelare questo dettaglio è stato il viceministro degli Esteri russo, Sergei Riabkov. “Tutto questo è sospeso. Tutti gli scambi di informazioni, tutti gli elementi dell’intesa relativi alle attività di verifica non vengono attuati, tenendo conto dell’annuncio di sospensione e della prevista esecuzione legislativa della decisione”, ha chiarito Riabkov.

La Duma di Stato e poche ore dopo anche il Consiglio della Federazione hanno votato all’unanimità il provvedimento di sospensione dell’accordo sottoscritto con gli Stati Uniti nel 2010 ed esteso nel 2021.

Bruno Kahl, capo del Bnd, l’intelligence tedesca per l’estero, ritiene che la leadership moscovita stia puntando “a concludere le ostilità sul campo di battaglia ottenendo una posizione di vantaggio da cui poi poter dettare i termini di un eventuale futuro accordo”. La Russia, a suo avviso ha “un ulteriore potenziale di mobilitazione” anche di “un milione di persone se questo venisse considerato necessario al Cremlino”. A ribaltare l’esito del confronto militare, che al momento appare segnato, potrebbero essere gli aiuti esterni a Kiev: “Ma sul lungo periodo diventa una lotta difficile e potrà concludersi con un successo da parte ucraina se l’Occidente darà un appoggio continuo”.

Gli Stati membri dell’Ue, riuniti ieri nel Coreper, non sono riusciti a trovare un accordo sul decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. A quanto si è appreso a Bruxelles, la discussione riprenderà in un’altra riunione del comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue prevista per oggi pomeriggio, con l’obiettivo di trovare un’intesa entro il 24 febbraio.

C’è distanza sul nuovo criterio di designazione dei familiari più stretti degli oligarchi, che è stato richiesto energicamente dalla Polonia e dei Paesi Baltici. Un altro punto sul quale le posizioni divergono, è costituito dagli obblighi di rendicontazione in capo al settore finanziario, una misura voluta dalla Commissione Europea per rafforzare il monitoraggio dei beni immobilizzati e congelati in capo a soggetti russi raggiunti dalle sanzioni.

Brigata boomer. Quelli che vorrebbero dare lezioni di anti-imperialismo alla resistenza ucraina e altri bias politico-cognitivi. Francesco Cundari su L’Inkiesta il 24 Febbraio 2023

A un anno dall’invasione russa, nella sinistra italiana è ancora diffuso un atteggiamento di superiore condiscendenza (nel migliore dei casi) nei confronti dell’Europa dell’Est

Non sempre la storia è maestra di vita, spesso però l’attualità è maestra di storia. Per anni a sinistra, in tanti, me compreso, ci siamo cullati nell’idea della diversità del Partito comunista italiano rispetto agli altri partiti comunisti dell’Est. Un’idea che conteneva peraltro una buona dose d’ingenerosità nei confronti di dirigenti politici e intellettuali che i loro tentativi di elaborazione autonoma e originale li avevano pagati a caro prezzo, davanti ai carri armati sovietici, per giunta inviati con la piena approvazione (se non su diretta esortazione) degli autonomi e originalissimi compagni italiani. Ma quello del 1956, ci dicevamo, era un errore, che aprì già allora una discussione lacerante e che sarebbe stato corretto in seguito: appena una dozzina di anni dopo, s’intende, con la condanna dell’intervento sovietico a Praga da parte del Pci.

Per rivendicare autonomia e originalità del comunismo italiano abbiamo esaltato gli strappi di Enrico Berlinguer, e prima ancora la via italiana al socialismo di Palmiro Togliatti, e prima ancora qualunque cosa nei Quaderni del carcere e negli altri scritti di Antonio Gramsci consentisse di sostenere la tesi che ci stava a cuore. Ma se l’albero si riconosce dai frutti, la qualità di quella scuola si riconosce dai suoi ultimi epigoni, da quanti politici, intellettuali, giornalisti oggi vorrebbero dare lezioni di anti-imperialismo a chi combatte nelle trincee per difendere la propria casa e la propria famiglia dall’espansionismo russo. Da come rimasticano malamente la peggiore propaganda putiniana sulle malefatte della Nato, gli accordi di Minsk e il Donbas, con la stessa sicumera con cui un tempo i loro padri parlavano dei provocatori e degli elementi controrivoluzionari dietro le rivolte polacche o ungheresi.

È il fardello del post-comunista occidentale, cui tocca far capire a tanti rozzi europei del Nord e dell’Est, preoccupati dall’imperialismo russo, le sottigliezze della geopolitica e della Realpolitik. È il marxplaining di chi sarebbe capace di insegnare pure ai superstiti di Bucha la necessità di lottare contro l’allargamento della Nato (o di spiegare ai socialdemocratici finlandesi e svedesi perché non dovrebbero neanche chiederci di entrare nell’Alleanza atlantica, per usare un esempio tratto da una storia vera).

Accettare che oggi gli Stati Uniti e l’occidente abbiano semplicemente e completamente ragione, e la Russia di Vladimir Putin semplicemente e completamente torto, autorizzerebbe quanto meno il sospetto che potesse essere così anche prima. Per questo, anche quando non si ha il coraggio di mettere in dubbio i crimini russi, i bombardamenti quotidiani sui civili, le camere di tortura, i massacri indiscriminati, non c’è demagogo a sinistra che non raccolga applausi prendendosela con Jens Stoltenberg, la Nato e gli americani.

C’è qualcosa di moralmente insopportabile, oltre che patetico, nella dissonanza cognitiva di questa brigata boomer schierata a sostegno dei responsabili dei peggiori crimini contro l’umanità. Tanto più insopportabile per lo smaccato contrasto con la retorica antifascista esibita in ogni altra occasione, in tutte le occasioni possibili, tranne che dinanzi al fascismo dichiarato e messo in atto dal regime di Putin, con il suo esibito nazionalismo militarista, la sua repressione violenta di ogni dissenso, la sua esplicita negazione di ogni diritto e libertà civile, in nome della vecchia triade Dio Patria Famiglia.

I misteriosi bombardamenti dietro le linee russe a Mariupol: la resistenza ucraina ha armi a lungo raggio? Andrea Marinelli e Guido Olimpio su Il Corriere della Sera il 23 Febbraio 2023.

Il punto militare 375 | Un anno fa l’Ucraina doveva solo difendersi, cercando di fermare l’aggressore alle porte di Kiev. Oggi resta in attesa delle mosse nemiche, ma è in grado di colpire in profondità

Un anno fa l’Ucraina doveva solo pensare a difendersi, cercando di fermare con qualsiasi mezzo l’aggressore alle porte della sua capitale. Oggi resta in attesa di qualche nuova mossa nemica, ma è in grado di colpire in profondità.

Negli ultimi giorni sono emerse molte le segnalazioni — e supposizioni — sull’uso di nuovi equipaggiamenti per bombardare nella zona occupata di Mariupol, dove l’Armata ha depositi considerati sicuri, colpendo target a una distanza superiore a 70-80 chilometri, il limite massimo dei razzi «sparati» dagli Himars. I canali russi hanno attribuito gli attacchi — 11 solo mercoledì — alle Glsdb, ordigni con un raggio d’azione di circa 150 chilometri lanciabili sempre dagli Himars. Problema: gli Usa hanno considerato una fornitura, ma non c’è stato alcun annuncio ufficiale in merito. Dunque se la tesi degli occupanti fosse vera, vuol dire che le hanno spedite senza dirlo. È una mossa possibile: in guerra — e non solo — vale tutto. L’alternativa, suggerita da fonti locali, è che siano stati «sparati» dei Vilkha M, creazioni locali delle quali era stata annunciato lo sviluppo mesi fa. Oppure che si siano affidati a droni, o missili terra-terra.

La danza di teorie ne ricorda altre. L’affondamento del Moskva il 14 aprile nel Mar Nero: prima si parlò dell’uso di mezzi occidentali, poi fu rivelato che era stata colpita con dei cruise Neptune ucraini. Il raid contro una base aerea: prima sabotaggio di forze speciali, poi droni da ricognizione Tu 141 modificati con l’aggiunta di testata esplosiva. L’esplosione sul ponte di Kerch che collega la Crimea alla Russia: la responsabilità oscillò fra il camion-bomba, il missile, il barchino radiocomandato. Le incursioni dal cielo e dal mare nel porto strategico di Sebastopoli: riecco i battelli-kamikaze e i piccoli velivoli radiocomandati.

È un incrociarsi di ricostruzioni da parte degli esperti, compito non facile perché si devono basare su dati incompleti e osservati da lontano. Chi attacca non ha alcun interesse, tranne in qualche occasione, nel raccontare «come» e cerca di proteggere il metodo per poterle ripetere con successo. Chi difende ha gli stessi motivi e in qualche caso attribuisce i problemi ad apparati «nuovi» per giustificare i buchi nella «rete» di protezione. Tre punti.

1) L’insieme degli attacchi è la conferma delle capacità della resistenza, che porta fendenti in autonomia e con il supporto delle intelligence occidentali.

2) L’Ucraina ha sempre avuto un’ottima industria militare.

3) Gli exploit a sorpresa corrispondono ad una strategia duplice: crei insicurezza in campo avversario, provi a mantenere l’iniziativa anche nella narrazione del conflitto.

IL PUNTO MILITARE GIORNO PER GIORNO

22 febbraio2023 - Quali saranno le prossime mosse di Russia e Ucraina?

21 febbraio2023 - Olanda e Norvegia temono sabotaggi da parte dei russi nel Mare del Nord

20 febbraio2023 - Joe Biden porta a Zelensky un pacchetto da 500 milioni di dollari: cosa c’è negli aiuti?

19 febbraio2023 - Quale materiale bellico può fornire la Cina alla Russia?

18 febbraio2023 - Gli Usa hanno addestrato 635 soldati ucraini, la Gran Bretagna 10 mila: terminano i primi corsi

17 febbraio2023 - Russia, la guerra delle ombre: il doppio arresto in Germania e la rete degli illegali in Europa

16 febbraio2023 - Il pendolo della guerra: Mosca perde uomini e mezzi ma insiste nell’offensiva

16 febbraio2023 - Nato, più munizioni per l’Ucraina. Per Lavrov l’Occidente è al punto di non ritorno

15 febbraio2023 - Il ruolo dell’Iran nella guerra in Ucraina: Teheran si prende parte della scena negando di farlo

14 febbraio2023 - Ucraina, i «segnali» degli Usa: ora chiedono a Zelensky di inseguire «obiettivi raggiungibili»

13 febbraio2023 - Armi all’Ucraina, le munizioni come i vaccini: l’Estonia chiede un sistema unico europeo per acquistarle e produrle

12 febbraio2023 - La Gran Bretagna vuole produrre armamenti in Ucraina, Slovacchia e Repubblica Ceca al fianco della resistenza

11 febbraio2023 - Ucraina, il fronte marittimo: i russi colpiscono un ponte nella regione di Odessa con un barchino esplosivo

10 febbraio2023 - Guerra in Ucraina, il ruolo degli Usa: Washington fornisce coordinate per gli strike e vuole riattivare un programma segreto

9 febbraio2023 - Zelensky in missione in Europa per avere equipaggiamenti: Mirage o Eurofighter, cosa otterrà?

8 febbraio2023 - La Polonia ordina 18 Himars dagli Stati Uniti: il ruolo di Varsavia e del fianco nordorientale della Nato

7 febbraio2023 - Gli aiuti Nato, le capacità russe, le difese di Kiev: i tre dossier al centro della guerra in Ucraina

6 febbraio2023 - Guerra in Ucraina, Prigozhin sfida a duello Zelensky nei cieli di Bakhmut. La Russia spinge sul fronte orientale

5 febbraio2023 - Ucraina, l’offensiva russa è già cominciata con gli attacchi delle ultime settimane

4 febbraio2023 - Chiude la brigata Mozart, il gruppo che raccoglieva i volontari internazionali in Ucraina

3 febbraio2023 - Ucraina, la battaglia di Bakhmut: finiranno prima gli uomini o le munizioni?

2 febbraio2023 - Slovenia, Austria, Germania: la rete delle spie russe che raccoglie informazioni in tutta Europa

1 febbraio2023 - Usa pronti a fornire a Kiev le nuove bombe Glsdb: cosa sono, e che cosa cambia ora

31 gennaio 2023 - Guerra in Ucraina, caccia e carri armati: Kiev chiede di accelerare i rifornimenti, Mosca prepara l’offensiva

30 gennaio 2023 - Chi è Pompeyo Gonzalez Pasqual, il pensionato basco che ha spedito pacchi bomba in tutta la Spagna e diffuso video che esaltavano Putin

29 gennaio 2023 - Guerra in Ucraina, i satelliti italiani che aiutano Kiev a seguire le mosse dell’Armata russa

28 gennaio 2023 - Carri armati all’Ucraina, i tre fattori delle forniture occidentali: rotte, manutenzione, integrazione

27 gennaio 2023 - Carri armati all’Ucraina, i tre fattori delle forniture occidentali: rotte, manutenzione, integrazione

26 gennaio 2023 - Zelensky non ha ancora ricevuto i tank ma già chiede i caccia agli alleati

25 gennaio 2023 - Guerra in Ucraina, 14 Leopard dalla Germania e 31 Abrams dagli Usa: ma per vederli sul campo ci vorranno mesi

24 gennaio 2023 - Carri armati Abrams, Usa pronti a inviarli in Ucraina: cosa cambia nella guerra?

24 gennaio 2023 - Corruzione e collaborazionisti: il secondo fronte della resistenza ucraina

23 gennaio 2023 - Ucraina, la babele dei tank: aspettando i Leopard la resistenza si adatta con mezzi «sovietici», francesi, britannici

22 gennaio 2023 - Ucraina, come funzionano i carri armati Leopard e perché Zelensky insiste per averli

21 gennaio 2023 - Ucraina, ucciso un ex Navy Seal americano: che fine hanno fatto i volontari della legione straniera?

20 gennaio 2023 - I 10 punti sulla guerra in Ucraina da tenere d’occhio in vista della decisiva battaglia di primavera

19 gennaio 2023 - Gli Usa pronti a inviare a Kiev munizioni con un raggio da 150 chilometri per colpire le basi russe e la Crimea

19 gennaio 2023 - Scholz aspetta, ma Berlino è pronta a dire sì ai carri armati Leopard per la resistenza ucraina

18 gennaio 2023 - Guerra in Ucraina, grandi preparativi sui due fronti: l’Occidente pensa alla primavera, la Russia al lungo periodo

17 gennaio 2023 - Così il direttore della Cia Burns ha convinto Zelensky (e l’Europa) che Putin stava per invadere l’Ucraina

16 gennaio 2023 - Addestramento, forniture, prospettive: cosa serve all’Ucraina nei prossimi, decisivi mesi di guerra

15 gennaio 2023 - Ucraina, la conta di lance e scudi: Mosca bombarda e ha missili a disposizione, Kiev ha bisogno di sistemi di difesa aerea

14 gennaio 2023 - La Bielorussia attaccherà davvero l’Ucraina? Le pressioni, i movimenti, gli allarmi da non sottovalutare

13 gennaio 2023 - La Russia dichiara di aver conquistato Soledar: cosa cambia e perché è importante

12 gennaio 2023 - Perché Putin ha retrocesso Sergei Surovikin, il generale Armageddon che guidava le operazioni in Ucraina

11 gennaio 2023 - Gerasimov nuovo capo delle operazioni russe in Ucraina: cosa succederà ora sui due fronti della guerra?

10 gennaio 2023 - Guerra in Ucraina, i movimenti ai vertici dell’esercito di Putin. Lapin capo di Stato maggiore delle forze terrestri

10 gennaio 2023 - Perché la Wagner vuole a tutti i costi Bakhmut e Soledar

9 gennaio 2023 - Anche Londra valuta di fornire carri armati a Kiev: gli alleati preparano il terreno?

8 gennaio 2023 - La Wagner insiste su Bakhmut nel Donetsk: il capo Prigozhin vuole le miniere e i tunnel

7 gennaio 2023 - Polonia e Finlandia pronte a inviare carri armati all’Ucraina: un passo avanti militare e politico

6 gennaio 2023 - Ucraina, cosa significano le forniture congiunte di Berlino e Washington

5 gennaio 2023 - Trovate componenti prodotte in Usa nei droni iraniani usati da Mosca

5 gennaio 2023 - Ucraina, i comandi russi sotto tiro: Kiev colpisce e attende la reazione dello zar

4 gennaio 2023 - L’Ucraina attende la risposta russa. E Putin inaugura una fregata con il missile ipersonico Zircon

3 gennaio 2023 - La gestione della battaglia: il tridente di Kiev e i contrasti di Mosca

3 gennaio 2023 - Ucraina, perché l’inverno non ha fermato la carneficina: ecco come prosegue la guerra

2 gennaio 2023 - Cosa significa il colpo degli ucraini sulla caserma dei russi nel Donbass, a Makiivka

1 gennaio 2023 - Ucraina, l’anno comincia con nuovi raid. Ma i russi potrebbero essere a corto di alcuni missili

31 dicembre - La rete di aiuti che porta generatori in Ucraina e gli attacchi di Capodanno

30 dicembre - Pace o nuove offensive? Lo stallo dell’inverno e l’incognita della primavera

24 dicembre - Le munizioni, lo spionaggio, le tre incognite: così si chiude il 2022 in Ucraina

23 dicembre - I russi chiariscono quale è l’obiettivo di Putin (e accusano la Romania di aiutare Kiev)

22 dicembre - In Norvegia l’arresto di una spia russa ha fatto scattare l’ossessione per «illegali» e sabotaggi

21 dicembre - Missili Patriot, cosa sono e perché sono così importanti per la guerra in Ucraina?

21 dicembre - Attacchi, ricognizioni e pesca dei disertori: gli ucraini hanno creato una flottiglia di droni

20 dicembre - Putin chiede ai servizi segreti russi di aumentare la sorveglianza interna e dei confini

19 dicembre - Ucraina, allarme dell’intelligence: i russi pronti a fornire armi Nato agli estremisti dei Paesi occidentali

18 dicembre - Shoigu ispeziona le posizioni russe e Israele aiuta Kiev sui droni iraniani

17 dicembre - Il sentiero della Wagner che dalla guerra in Ucraina conduce fino in Africa

16 dicembre - Missili, trincee, mobilitazione: perché in Ucraina non bisogna sottostimare l’Armata russa

15 dicembre - Gli ucraini colpiscono in Russia e aspettano le «bombe intelligenti» dagli Usa

14 dicembre - Che cosa c’è dietro i successi della contraerea ucraina rivendicati dalla resistenza

13 dicembre - La decisione di Putin sul budget che fa capire che la guerra in Ucraina sarà lunga

12 dicembre - Dalla guerra lampo al gelo: così i due eserciti si sono adattati alla battaglia in Ucraina

11 dicembre - Guerra in Ucraina, cade il veto degli Usa sui raid in Russia (e il timore di escalation nucleare)?

10 dicembre - Così il generale russo Sergey Surovikin ha riorganizzato l’Armata in Ucraina

9 dicembre - Griner-Bout, lo scambio all’aeroporto di Abu Dhabi e il ruolo delle monarchie del Golfo

8 dicembre - Guerra in Ucraina, Kiev chiede bombe a grappolo, Washington non esclude la fornitura

6 dicembre - Il «patto nordico» per la fornitura di armi e assistenza a Kiev: intanto l’Ucraina colpisce ancora in Russia

5 dicembre - Russia, esplosioni in due aeroporti: forse usato un nuovo drone con un raggio d’azione di mille chilometri

4 dicembre - La bandiera ucraina piantata sulla riva orientale del Dnipro, i russi spingono nel Donbass

3 dicembre - Armi moderne, avanzi di magazzino, vecchi mezzi e triangolazioni: tutti i canali delle forniture all’Ucraina

2 dicembre - L’evoluzione della guerra di trincea in Ucraina: artiglieria precisa e droni per spiare le posizioni

1 dicembre - Ungheria, la rete delle spie russe gestita dall’ambasciata di Mosca a Budapest

30 novembre - Ucraina, così la Finlandia promette di aiutare la resistenza di Kiev ad affrontare l’inverno

29 novembre - Ucraina, la Nato invia generatori e trasformatori per l’emergenza energetica

28 novembre - Svezia, smantellata la rete di spie russe: la doppia esistenza, durata un decennio, di Sergei ed Elena

28 novembre - Guerra in Ucraina, la linea difensiva del Dnipro: l’ostacolo naturale usato dai russi, che aumentano le difese sul fiume

25 novembre - Kiev dà la caccia ai consiglieri iraniani che hanno assistito i russi con i droni: «Obbligati a ucciderli»

24 novembre - Ucraina, le prossime mosse: Mosca cercherà di paralizzare il conflitto, Kiev di lanciare nuove offensive

23 novembre - La Svezia insegue le spie russe: forze speciali in elicottero per arrestare due sessantenni

22 novembre - Gli ucraini puntano la penisola di Kinburn, Mosca aumenta le protezioni nel Mar Nero

21 novembre - Guerra in Ucraina, quale effetto avrà il Generale Inverno sulle operazioni?

15 novembre - Svezia, caccia alle spie: incriminati due fratelli di origine iraniana sospettati di essere agenti russi

14 novembre - Usa-Russia, diplomazia parallela: i colloqui segreti ad Ankara fra Burns e Naryshkin

14 novembre - L’incursione delle forze speciali ucraine nella penisola di Kinburn e le prossime mosse della resistenza

13 novembre - Al fianco delle truppe russe arriva la compagnia militare della Chiesa ortodossa

12 novembre - La colletta della resistenza ucraina per comprare droni navali: un indizio sul futuro della guerra

11 novembre - Ucraina, l’amministrazione Usa divisa sul proseguimento del conflitto

10 novembre - Kherson, quali sono le conseguenze militari e diplomatiche del ripiegamento russo

9 novembre - Kherson, i russi annunciano la ritirata: inizia una nuova fase nella guerra

8 novembre - Le tre linee di Kherson: così i russi difendono l’unica città conquistata a ovest del Dnipro

7 novembre - Guerra in Ucraina, Prigozhin ironizza sulle intromissioni nel voto americano e crea campi di addestramento della Wagner

6 novembre - Guerra in Ucraina, gli Stati Uniti chiedono a Kiev di mostrarsi aperti ai negoziati

5 novembre - Guerra in Ucraina, il nuovo comando americano per gestire il flusso degli aiuti occidentali

4 novembre - Cosa sta succedendo a Kherson (e perché Putin la vuole a tutti i costi)

3 novembre - Ucraina, l’esplosione a Melitopol e la guerra dietro le linee della resistenza

2 novembre - Così la pressione di Putin sulla rete elettrica ucraina può spaccare l’alleanza occidentale

1 novembre - Kiev deve riparare la rete elettrica e aumentare lo scudo aereo: la guerra è in fase di logoramento

31 ottobre - Ucraina, il ruolo dei droni iraniani nella campagna di terrore di Putin

30 ottobre - Sebastopoli, attacco alle navi russe: cos’è successo davvero, e come la resistenza ucraina ha colpito in Crimea

28 ottobre - Gli Stati Uniti mettono a punto il programma di tracciamento delle armi inviate a Kiev

27 ottobre - Il direttore della Cia in missione segreta a Kiev: i contatti servono a fissare le linee

26 ottobre - «L’Ucraina va de-satanizzata»: Mosca gioca la carta della religione (e si prepara a momenti difficili)

25 ottobre - Mosca, da domani le esercitazioni con le forze strategiche nucleari: la strategia dell’attenzione di Putin

24 ottobre - La Russia alza la tensione «verbale» e Kiev dà i suoi numeri della guerra: la battaglia delle parole

23 ottobre - La campagna di terrore russa in Ucraina raccontata in cinque punti

22 ottobre - Ucraina, la «linea Wagner» scavata dai mercenari di Putin per fermare la controffensiva di Kiev

21 ottobre - Ucraina, la diga di Kakhovka nel mirino russo: Zelensky lancia l’allarme, Mosca nega

20 ottobre - Putin e il suo metodo Seicentesco che costringe gli ucraini a combattere per la Russia (mentre sposta uomini dalla Siria)

20 ottobre - L’Iran loda i suoi droni-kamikaze: Teheran invia armi alla Russia e addestratori in Crimea

19 ottobre - Le difficoltà dell’Armata russa nel sud dell’Ucraina e la legge marziale di Putin nelle aree occupate

18 ottobre - I tre fronti della crisi in Ucraina: droni, operazioni terrestri, riorganizzazione delle forze

17 ottobre - I droni kamikaze iraniani usati dalla Russia: cosa sono, e come funzionano

15 ottobre - Guerra, il fronte «segreto» si trova in Russia. Le esplosioni misteriose della regione di Belgorod

14 ottobre - Elon Musk chiede al Pentagono di finanziare la rete satellitare Starlink della resistenza ucraina

13 ottobre - Il Canada, la Germania e gli altri alleati dell’Ucraina forniscono equipaggiamenti per combattere il «Generale Inverno»

12 ottobre - La via «privata» delle armi in Ucraina: così gli Usa aggirano la burocrazia e assistono la resistenza

11 ottobre - Il meccanismo degli aiuti militari a Kiev segue l’andamento della guerra

10 ottobre - La Bielorussia al fianco di Putin: i tre scenari del coinvolgimento di Lukashenko

9 ottobre - Ucraina, il fronte interno di Putin: il nuovo generale Surovikin e i dissidi tra i vertici militari

8 ottobre - Il ponte di Kerch era considerato un «bersaglio legittimo»: ora sono più difficili i rifornimenti per i russi

7 ottobre - I russi colpiscono le infrastrutture in Ucraina con i droni-kamikaze iraniani

6 ottobre - Dugina, perché gli Usa hanno rivelato il coinvolgimento dell’Ucraina nella sua morte

5 ottobre - La guerra delle immagini in Ucraina: Kadyrov al fronte, i premier europei armati

4 ottobre - Ucraina, il dilemma Usa: come sostenere Kiev senza accentuare il contrasto con la Russia?

3 ottobre - Ucraina, cosa sta succedendo sul campo? L’aggiornamento sul fronte orientale e meridionale

2 ottobre - Ci sono fratture interne al Cremlino? E quant’è vicino un attacco nucleare? I tre assi dell’intelligence occidentale

1 ottobre - Nord Stream, le ipotesi sul sabotaggio: tritolo, robot e navi

30 settembre - Nord Stream, allarme sabotaggi dal Mar Nero al Baltico: i russi piazzano una barriera mobile a Sebastopoli

29 settembre - Gli Usa stanziano altri 1,1 miliardi pensando a una guerra in Ucraina a «lungo termine»

28 settembre - La Russia usa i droni-kamikaze: sono l’arma del momento e Kiev li teme

27 settembre - Le «sorprese» di Zaluzhny, il generale che ha inventato la resistenza ucraina

25 settembre - Ucraina, la battaglia «nascosta» di Kherson: il fronte sud in cui si può decidere questa fase della guerra

24 settembre - Putin guarda oltre il 2023: «Vuole spingere l’Ucraina a restare senza proiettili prima che la Russia finisca i soldati»

23 settembre - Il primo effetto della mobilitazione: Putin torna a dettare l’agenda della guerra

22 settembre - Putin e la mobilitazione parziale: quando si vedranno gli effetti sul campo, in Ucraina?

22 settembre - L’ombra dell’atomica dopo i referendum: così Putin usa la minaccia estrema contro l’Occidente

21 settembre - Cos’è la mobilitazione parziale ordinata da Putin in Russia (e perché è una dichiarazione di guerra)

20 settembre - Guerra in Ucraina, gli Usa valutano l’invio dei carri armati alla resistenza

19 settembre - La Russia minaccia i satelliti di Elon Musk che tengono l’Ucraina connessa (ma sono difficili da neutralizzare)

18 settembre - Armi atomiche, è difficile (ma non impossibile) che Putin le usi: ecco perché

16 settembre - I funzionari filorussi uccisi e i nuovi aiuti militari americani: l’aggiornamento sulla guerra in Ucraina

15 settembre - Yevgeny Prigozhin al centro della guerra: lo chef di Putin arruola detenuti e (forse) gestirà le operazioni in Ucraina

14 settembre - Così l’Ucraina ha battuto i russi allo sbando, a Kharkiv (ma l’euforia può essere rischiosa)

13 settembre - Il bottino di guerra degli ucraini «quantifica» la sconfitta russa nel nordest

12 settembre - La prudenza dell’Ucraina e la minaccia della Russia: quali saranno le mosse future?

11 settembre - Psicologia, intelligence, armi e addestramento: le chiavi della svolta ucraina nel nordest

10 settembre - I sei passi della resistenza ucraina: così è cambiata la guerra

9 settembre - La guerra in Ucraina è cambiata: gli ucraini avanzano, ora i russi sono in difficoltà

8 settembre - La guerra in Ucraina entra in una nuova fase: Kherson, Kharkiv e Bakhmut i fronti della battaglia

7 settembre - Gli ucraini contrattaccano a Kharkiv: la resistenza conduce una guerra delle opportunità

6 settembre - Perché Putin sta comprando milioni di proiettili dalla Nord Corea?

5 settembre - Kherson, i filorussi rinviano il referendum per l’annessione: un segnale positivo per Kiev?

4 settembre - Controffensiva di Kiev a Kherson, prevale l’incertezza: gli ucraini avanzano o sono in difficoltà?

2 settembre - La Nato «insegue» (di nuovo) un sottomarino russo?

1 settembre - Il suggerimento degli Usa agli ucraini: concentrarsi su un solo fronte

31 agosto - Obiettivi militari, ma anche politici, per la controffensiva su Kherson

30 agosto - I «trucchi» della resistenza ucraina per ingannare i raid russi

29 agosto - Ucraina, è partita la controffensiva per Kherson? La resistenza colpisce sul fronte meridionale

28 agosto - I partigiani ucraini a caccia di traditori e la tattica di resistenza americana: cosa sta succedendo

27 agosto - Droni iraniani e missili dalla Siria: l’angolo mediorientale della guerra in Ucraina

26 agosto - Guerra in Ucraina, tre aspetti decisivi dei combattimenti: sorpresa, durata, difesa

25 agosto - Putin ordina l’aumento delle truppe: entro gennaio 137 mila uomini in più per la guerra in Ucraina

24 agosto - Le forniture di Washington e Berlino allungano l’orizzonte della guerra in Ucraina: armi sul campo fra 1 o 2 anni

23 agosto - Gli Stati Uniti forniscono alla resistenza ucraina armi in modo «coperto»?

22 agosto - Sei mesi di guerra tra Ucraina e Russia: la marcia su Kiev, il gelo delle trattative

21 agosto - L’offensiva dei droni: così gli ucraini colpiscono un nemico più potente

20 agosto - L’attacco dell’Ucraina contro la base della Flotta russa del Mar Nero, in Crimea, in pieno giorno

19 agosto - Putin, gli errori dei servizi segreti russi e il piano (fallito) di un governo fantoccio a Kiev

17 agosto - Razzi, commandos, partigiani: il triplo cerchio sulla Crimea

16 agosto - Cosa c’è dietro le nuove esplosioni in Crimea (e i problemi ai cannoni arrivati dalla Germania)

14 agosto - Duello di artiglieria a sud e a est: il passo lento russo, la risposta ucraina

11 agosto - Guerra in Ucraina, a che punto siamo: eserciti bloccati, sud conteso e forniture occidentali

10 agosto - Le esplosioni in Crimea e la gestione «all’israeliana» del conflitto da parte di Kiev

8 agosto - La «guerra dei ponti»: colpiti dagli ucraini, rimpiazzati dai russi

7 agosto - Guerra in Ucraina, dalla Lituania alla Macedonia del Nord: le piccole retrovie «coraggiose» di Kiev

6 agosto - Ucraina, gli Usa inviano blindati da soccorso per i feriti: un aiuto per il morale di Kiev

5 agosto - Gli Himars sotto il veto di Washington, Mosca lancia un satellite spia iraniano

4 agosto - Kiev e Mosca, le prossime mosse: due scenari e molte incognite

3 agosto - Zelensky: «Il Donbass è un inferno, gli Himars un sinonimo di giustizia»

2 agosto - Kiev crea la «valle dei droni» con Polonia e Stati Uniti: un laboratorio d’innovazione per la guerra moderna

1 agosto - Ucraina, la strategia della corrosione: così la resistenza colpisce il morale e la capacità di combattere dei russi

31 luglio - Kiev, i «guai» delle armi inviate e i ritardi tedeschi

30 luglio - L’Ucraina come il Vietnam: a Washington pensano di inviare «consiglieri» per gestire gli aiuti

29 luglio - Ucraina, missili su città e civili: cosa c’è dietro la strategia del terrore di Putin

28 luglio - Kherson, come sarà la controffensiva degli ucraini per riconquistare parte del sud

27 luglio - Se gli ucraini riconquistano Kherson potrebbero trattare con Mosca: hanno «3-6 settimane cruciali»

26 luglio - Guerra in Ucraina, il bilancio dei primi 5 mesi: operazioni, artiglieria, intelligence, logistica

25 luglio - Ucraina, la battaglia dei ponti e quella dei droni: la narrazione del conflitto si sposta a Kherson

24 luglio - La Russia prepara i referendum nei territori occupati, l’Ucraina è pronta alla controffensiva per liberarli

23 luglio - Per Zelensky un cessate il fuoco farebbe il gioco dei russi: potrebbero consolidare i territori

22 luglio - Ucraina, i russi stanno davvero rallentando le operazioni nel Donbass?

21 luglio - Putin, quali sono i nuovi obiettivi di Mosca in Ucraina? Gli scenari

20 luglio - Mosca teme gli Himars ucraini, Kiev è alle prese con la «Babele» degli aiuti

19 luglio - Zelensky a caccia di spie e traditori: cosa c’è dietro la rimozione di Bakanov e Venediktova

18 luglio - Ucraina, il doppio binario del conflitto: gli obiettivi sul campo e quelli politici degli alleati

17 luglio - Kiev-Mosca, la lunga battaglia dell’estate prima che l’inverno «ostacoli» le manovre

16 luglio - L’ordine di Mosca: attacchi più intensi per fermare l’artiglieria ucraina. Inizia una «nuova fase»?

15 luglio - Ucraina, la battaglia dei numeri: Kiev non fornirà più i dati sulle perdite subite

14 luglio - Il raid dietro le linee degli ucraini a Kherson per liberare 5 prigionieri

13 luglio - Gli alleati di Kiev temono il contrabbando delle armi fornite alla resistenza ucraina

12 luglio - Mosca chiede droni all’Iran, Kiev colpisce con gli Himars: la battaglia si allunga nelle retrovie

11 luglio - Putin e la mobilitazione fantasma con «volontari», soldati da province remote, detenuti

10 luglio - I russi «cercano» i cannoni nemici, nuove munizioni americane per Kiev

9 luglio - In Ucraina è caccia ai traditori: oltre 800 collaborazionisti arrestati dall’inizio della guerra

8 luglio - La resistenza Ucraina colpisce i depositi di munizioni e complica la logistica russa

7 luglio - Ucraina, l’impatto delle armi occidentali e la «pausa» dell’Armata russa

6 luglio - Shaman, il battaglione d’élite con cui gli ucraini conducono sabotaggi in territorio russo

5 luglio - L’Ucraina è in difficoltà: quali sono i problemi e di cosa ha bisogno la resistenza?

4 luglio - La Russia ha raggiunto l’obiettivo nel Donbass: come proseguirà ora la guerra in Ucraina?

3 luglio - Kiev, Melitopol, Belgorod: la guerra delle città porta la battaglia nelle case

2 luglio - Putin vuole la mobilitazione industriale della Russia: Mosca ammette di essere a corto di armi e munizioni

1 luglio - Gli ucraini danno la caccia alle spie russe: arrestato un ex agente del Kgb che ha favorito il colpo di Yavoriv

30 giugno - I russi si ritirano dall’Isola dei Serpenti: quali sono le conseguenze nella battaglia del Mar Nero?

29 giugno - Ucraini in difficoltà: mancano i visori e le comunicazioni sono precarie

28 giugno - Usa, i dubbi sulla guerra: «Difficile che gli ucraini riescano a conquistare i territori perduti»

27 giugno - Campagna di terrore sui civili ucraini: 60 missili in 72 ore. Centrati (grazie agli aiuti) depositi russi

26 giugno - Shoigu visita il Donbass mentre i raid «puniscono» i civili ucraini

25 giugno - Sabotaggi e sotterfugi: la guerra delle munizioni tra Russia e Ucraina

24 giugno - Che cosa significa la ritirata degli ucraini da Severodonetsk?

23 giugno - Così la Russia invia il grano rubato all’Ucraina nei porti siriani

22 giugno - Nel Donbass la situazione è critica ma la resistenza contrattacca a sud

21 giugno - Missili e piattaforme per l’estrazione del gas: riprende la battaglia del Mar Nero

20 giugno - Armi all’Ucraina, la prova del tempo e della «fatica» occidentale: per quanto continueranno gli aiuti?

19 giugno - La controffensiva degli ucraini per riconquistare Kherson: raid aerei, sabotaggi e attacchi partigiani

18 giugno - Eserciti impantanati e migliaia di vittime: senza vincitori si va allo scenario coreano?

17 giugno - La Russia ha tentato di infiltrarsi con una spia nella Corte internazionale dell’Aja

16 giugno - Gli ucraini perdono 1.000 uomini al giorno, i due schieramenti sono al limite delle forze

15 giugno - Vecchie armi «sovietiche», usura, manuali: tutte le difficoltà (e i dubbi) dei rifornimenti all’Ucraina

14 giugno - La battaglia aerea nei cieli dell’Ucraina: Mosca intensifica l’azione, i piloti di Kiev addestrati dagli Usa

13 giugno - Il fronte naturale del fiume Siverskiy Donets, il «Piave ucraino» usato per rallentare la marcia russa

12 giugno - Nel Donbass la guerra elettronica dei russi ha «accecato» gli ucraini

11 giugno - Ucraina, il dilemma delle munizioni: quelle sovietiche stanno finendo, ma le armi occidentali non bastano

10 giugno - Mar Nero, la battaglia navale e commerciale: mine e missili nel duello fra Mosca e Kiev

9 giugno - Donbass, l’urbanicidio dei russi: l’Armata attua la tattica della «terra bruciata»

8 giugno - Armi, mezzi e uomini: come si sta riorganizzando l’esercito ucraino?

7 giugno - La guerriglia dei partigiani ucraini: bombe, sabotaggi e proteste per respingere l’invasore russo

6 giugno - Severodonetsk, nella battaglia per il Donbass gli ucraini schierano i volontari stranieri

5 giugno - La guerra dei convogli: Mosca attacca gli aiuti occidentali, Kiev «ricuce» strade e binari

4 giugno - Severodonetsk, le truppe russe rallentano e gli ucraini contrattaccano: l’Armata è caduta in trappola?

3 giugno - Ucraina, il peso del fattore umano nell’offensiva russa in Donbass

3 giugno - Putin rimuove il generale Dvornikov, secondo gli ucraini: al suo posto il vice ministro della Difesa Zhidko?

2 giugno - Armi, trincee, logistica, intelligence: i primi 100 giorni di guerra in Ucraina

1 giugno - A Severodonetsk la Russia sfonda, ma è una guerra di lunga durata

31 maggio - Così la Russia è riuscita ad avanzare nel Donbass

31 maggio - Assalto russo a Severodonetsk dal cielo e via terra: è guidato da Zhidko, fedelissimo di Putin

30 maggio - Ucraina, come proseguirà l’avanzata russa in Donbass (e quanto reggerà)?

29 maggio - Gli aiuti all’Ucraina alla prova del campo di battaglia: le difficoltà di armi e volontari

28 maggio - Severodonetsk, gli ucraini pensano al ripiegamento: i 3 fattori che avvantaggiano i russi

27 maggio - Ucraina, dai «piccoli» Stinger ai lanciarazzi a lunga gittata: cronologia della svolta americana

26 maggio - Armi, obiettivi e propaganda: la settimana nera dell’esercito ucraino

25 maggio - La Russia sta vincendo nel Donbass?

24 maggio - L’estate di guerra: la manovra aggirante dei russi e la controffensiva in stallo degli ucraini

24 maggio - A Kiev i nuovi missili Harpoon: cosa sono e come saranno usati per rompere il blocco navale di Mosca

23 maggio - Missili, intelligence, incursioni: il ruolo dei sommergibili russi nel Mar Nero

23 maggio - Donbass, l’avanzata russa e la paura di Zelensky: «Perdiamo 100 soldati al giorno»

22 maggio - Donbass, il punto militare: la spinta russa e l’allarme lanciato da Zelensky

22 maggio - Porto di Odessa, il blocco navale russo che affama il mondo. Perché gli alleati ora vogliono forzarlo

21 maggio - Sabotaggi, assalti ai treni e collaborazionisti: la guerra dietro le linee

20 maggio - Russia, nuove epurazioni del Cremlino: sospesi il generale Kisel e il viceammiraglio Osipov

20 maggio - Ucraina, dagli Usa un altro pacchetto di aiuti da 100 milioni: fornito un intero battaglione di artiglieria

19 maggio - Il vantaggio della Russia: l’Armata avanza nel Donbass e cerca di consolidare i territori conquistati

18 maggio - Donbass, i russi accerchiano Lyman e guadagnano territorio: l’avanzata è lenta, ma prosegue

18 maggio - Cosa significa la caduta di Mariupol e la resa degli ultimi combattenti della Azov?

17 maggio - Il reticolo colorato dei voli Nato verso Rzeszow e i missili russi per intercettare i rifornimenti di armi

16 maggio - Il reclutamento mascherato di Putin per colmare i vuoti nei battaglioni in Ucraina

16 maggio - L’informazione social sulla guerra in Ucraina: gli account non ufficiali che tengono il conto di ponti saltati, mezzi distrutti e voli Nato

15 maggio - Perché ora si avvicina una fase decisiva della guerra: i russi sono indietro sui piani, ma avanzano a Est

14 maggio - Ucraina, il fronte dell’intelligence: il mistero Gerasimov, le epurazioni russe e gli errori delle spie Usa

13 maggio - Gli ucraini avanzano verso il confine a Kharkiv, la «testa di ponte» dei russi a Severodonetsk

12 maggio - L’Uber dell’artiglieria e le torrette dei tank: l’altra faccia della guerra in Ucraina

12 maggio - La battaglia di Bilohorivka: gli ucraini fanno saltare il ponte rallentando la manovra russa

11 maggio - Kiev si riprende i confini, i russi minacciano Odessa: battaglia feroce nell’Est

10 maggio - Biden firma una legge per velocizzare gli aiuti militari, ma gli ucraini sono esposti: la guerra sarà lunga

9 maggio - «I loro soldati iniziano a disobbedire»: così la guerra di logoramento pesa sulle truppe

8 maggio - L’isola dei Serpenti al centro della guerra: dai 13 marinai alla Moskva, fino ai raid ucraini con i droni

7 maggio - La campagna flessibile degli ucraini: unità mobili che si disperdono e mandano in tilt l’Armata russa

6 maggio - Zelensky promette la controffensiva, ma Putin ha tempo e artiglieria

5 maggio - La potenza russa contro gli aiuti esterni ucraini: il ruolo dell’artiglieria nella seconda fase della guerra

5 maggio - L’intelligence Usa ha aiutato l’Ucraina a eliminare i generali russi

4 maggio - L’esercitazione bielorussa e la mobilitazione generale della Russia: il 9 maggio Putin dichiarerà guerra all’Ucraina?

3 maggio - Droni, ricognitori, radar: così la Nato ascolta e localizza le unità russe in Ucraina

2 maggio - Valerij Gerasimov e il viaggio in Ucraina: l’attacco «fallito» al generale e i rischi corsi dai russi

2 maggio - Belgorod e la guerra «segreta» degli ucraini in Russia: così la resistenza mette in crisi Mosca

1 maggio - Le voci su Gerasimov «ferito» e le prossime due settimane, decisive, nella guerra

1 maggio - Nawabi, l’uomo che produce i droni-kamikaze: fuggì da Kabul invasa dall’Urss, oggi dona le sue armi agli ucraini

30 aprile - Non solo super armi: le soluzioni «creative» usate dall’Ucraina e dalla Russia sul campo di battaglia

29 aprile - La Russia avanza più lentamente del previsto: ecco le ragioni (e le due opzioni in campo)

29 aprile - Zelensky racconta le prime 24 ore della guerra in Ucraina: i russi arrivarono a un passo dal catturarlo

28 aprile - Kiev è a corto di munizioni, a Ramstein decisa la transizione verso le armi Nato

28 aprile - Quali sono le armi della Russia e perché Putin dice che nell’arsenale di Mosca ci sono mezzi «che i suoi avversari non hanno ancora»

27 aprile - Così la Cia «guida» la resistenza ucraina: dalla difesa aerea alla protezione di Zelensky, il sostegno Usa a Kiev

27 aprile - I nuovi tank e i razzi possono bastare per fermare i russi?

26 aprile - Gli attacchi alle ferrovie in Ucraina e quelli «legittimi» in territorio russo: l’escalation della guerra

25 aprile - Raid, incendi e sabotaggi in territorio russo: il «fronte fantasma», tra realtà e propaganda

25 aprile - I «droni-prototipo» degli Usa e il bando del Pentagono: le armi in arrivo a Kiev

24 aprile - La Russia può davvero vincere? Quanto durerà ancora la guerra?

23 aprile - L’Armata rossa «non avanza», ma ha preso 40 villaggi: Boris Johnson non esclude la vittoria della Russia

23 aprile - Mozart contro Wagner: così la legione straniera di Kiev sfida i miliziani di Putin

22 aprile - Armi all’Ucraina, gli alleati accelerano: Putin può ancora vincere, decisive le prossime 4 settimane

21 aprile - Perché Putin ha annullato l’assalto all’acciaieria Azovstal di Mariupol

20 aprile - Tank, aerei, addestramento: gli aiuti all’Ucraina che possono cambiare gli equilibri

19 aprile - Bombardamenti, meteo, logistica: il ruolo dell’artiglieria nell’offensiva russa

18 aprile - Cosa aspettarci dalle prossime settimane di guerra?

18 aprile - Moskva, cosa ci dicono le prime foto dell’incrociatore russo affondato dai missili ucraini

17 aprile - Perché Mariupol è così importante per i russi e perché la sua caduta può cambiare gli equilibri della guerra

17 aprile - Che fine hanno fatto i marinai del Moskva: il video della Difesa russa è vecchio?

16 aprile - Armi nucleari tattiche e «super bomba» Fab-3000, la Russia le userà davvero?

15 aprile - Cosa sappiamo sul Moskva, l’incrociatore colpito e affondato da missili ucraini

15 aprile - La Russia minaccia le forniture di armi dagli Usa, che arrivano attraverso Polonia e Slovacchia

14 aprile - I tre fattori della fase due conflitto: sorpresa, forza, armi

14 aprile - Colpita la Moskva, la nave ammiraglia della flotta russa nel Mar nero

14 aprile - La battaglia delle spie: dopo le espulsioni, a Mosca restano gli 007 illegali»

13 aprile - Gli Usa con l’invio di nuove armi all’Ucraina hanno fatto un passo avanti?

12 aprile - I russi hanno davvero usato armi chimiche a Mariupol?

11 aprile - È possibile difendere il Donbass? I vantaggi russi e quelli ucraini

10 aprile - La Transnistria, il convoglio di 12 chilometri verso sud e le prossime mosse della Russia

9 aprile - Addestramento, tattiche, esercito digitale: gli ucraini sono stati sottovalutati (non solo dai russi)

8 aprile - L’ultima trincea di Mariupol: i tunnel sovietici dell’acciaieria Azovstal

7 aprile - Quali sono e come arrivano le armi della Nato in Ucraina?

6 aprile - La resistenza della Prima Brigata di Kiev, l’unità che ha fermato i russi

5 aprile - Il doppio binario della Bielorussia: la retrovia dei russi e la sfida dei sabotaggi

4 aprile - I russi si muovono a sud e verso la Bielorussia, pronte le reclute

3 aprile - Così la Cia aiutò gli ucraini a difendere Kiev, sventando il piano per uccidere Zelensky

2 aprile - Quali sono le armi che Biden «trasferirà» all’Ucraina

2 aprile - Biden e i carri armati all’Ucraina: perché la decisione Usa è una svolta

1 aprile - Gli ucraini possono contrattaccare, ma hanno bisogno di altre armi

31 marzo - Putin cerca la vittoria «sporca» e intanto pensa ad armi e logistica

30 marzo - Il piano dei russi: circondare Mariupol e costringere gli ucraini alla resa

29 marzo - A Kiev i russi «riducono la presenza», ora si gioca la partita delle retrovie

28 marzo - Sistemi non criptati e cellulari rubati, tutti i problemi di comunicazione dei russi

27 marzo - Gli ucraini chiedono tank e aerei e ora la Nato considera una svolta nelle forniture

26 marzo - I russi entrano in una nuova fase, ma in una parola c’è il futuro del conflitto

26 marzo - Ombre, social network, pubblicità geolocalizzate: la guerra e la «pesca delle spie»

25 marzo - I russi dichiarano di aver raggiunto i primi obiettivi, mezza vittoria o mezzo insuccesso?

24 marzo - Adesso i russi al fronte chiedono soldati esperti

23 marzo - L’Armata della Russia è nel pantano: l’Ucraina si prepara a respingerla?

23 marzo - Armi difensive o offensive? La linea sottile delle forniture all’Ucraina

22 marzo - La «rivoluzionaria» guerra d’intelligence: così gli Usa guidano le mosse degli ucraini (con i satelliti)

21 marzo - L’assedio di Mariupol riassume il dilemma di Putin e Zelensky

20 marzo - I missili russi dal fronte del mare, a terra trincee e bombe sulle città

19 marzo - Putin manda messaggi politici con i missili

18 marzo - I russi colpiscono a Leopoli, la battaglia si combatte sui rifornimenti di armi

17 marzo - L’avanzata russa è in stallo, il peso di armi e training americani

16 marzo - Russi a corto di uomini e tattiche, Putin sta cercando una via d’uscita?

15 marzo - Quando finirà la guerra in Ucraina? Due scenari opposti

14 marzo - I russi minacciano i convogli di armi occidentali, ma non sono in grado di colpirli

13 marzo - Gli errori dei russi e gli obiettivi degli attacchi, anche a ovest

12 marzo - I russi puntano gli aeroporti militari e minacciano i convogli di armi occidentali

11 marzo - I russi si riorganizzano (ma un terzo generale è stato ucciso)

10 marzo - Russia e Stati Uniti si sfidano sulle armi biologiche

9 marzo - Perché Mosca non è riuscita a imporre la superiorità aerea?

8 marzo - L’avanzata russa e il generale Gerasimov ucciso: l’aggiornamento militare

7 marzo - Il bilancio (incerto) di vittime e mezzi distrutti

6 marzo - La mappa dell’invasione russa: esercito in pausa, bombe sui civili

2 marzo - Mosca bombarda gli edifici nelle città: l’aggiornamento militare

1 marzo - La mappa dell’avanzata russa in Ucraina: colpite le città, vittime civili

28 febbraio - Le bombe su Kharkiv sono un cambio di strategia, in Ucraina?

27 febbraio - Kiev, Kharkiv e Chernhiv resistono all’offensiva

26 febbraio - Perché l’avanzata della Russia ha rallentato, in Ucraina?

25 febbraio - La mappa dell’invasione russa e le truppe alle porte di Kiev

24 febbraio - Invasione dell’Ucraina, la mappa dell’attacco: così le truppe russe hanno invaso via terra, mare e cielo