Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.
Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.
I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.
Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."
L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.
L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.
Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.
Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).
Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.
Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro.
Dr Antonio Giangrande
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NEWS: RASSEGNA STAMPA - CONTROVOCE - NOTIZIE VERE DAL POPOLO - NOTIZIE SENZA CENSURA
L’ITALIA ALLO SPECCHIO
IL DNA DEGLI ITALIANI
ANNO 2023
L’ACCOGLIENZA
SECONDA PARTE
L’ATTACCO
UNDICESIMO MESE
DI ANTONIO GIANGRANDE
L’APOTEOSI
DI UN POPOLO DIFETTATO
Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2023, consequenziale a quello del 2022. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.
Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.
IL GOVERNO
UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.
UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.
LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.
LA SOLITA ITALIOPOLI.
SOLITA LADRONIA.
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.
SOLITA APPALTOPOLI.
SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.
ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.
SOLITO SPRECOPOLI.
SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.
L’AMMINISTRAZIONE
SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.
SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.
IL COGLIONAVIRUS.
SANITA’: ROBA NOSTRA. UN’INCHIESTA DA NON FARE. I MARCUCCI.
L’ACCOGLIENZA
SOLITA ITALIA RAZZISTA.
SOLITI PROFUGHI E FOIBE.
SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.
GLI STATISTI
IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.
IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.
SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.
SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.
IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.
I PARTITI
SOLITI 5 STELLE… CADENTI.
SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.
SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.
IL SOLITO AMICO TERRORISTA.
1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.
LA GIUSTIZIA
SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.
LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.
LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.
SOLITO DELITTO DI PERUGIA.
SOLITA ABUSOPOLI.
SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.
SOLITA GIUSTIZIOPOLI.
SOLITA MANETTOPOLI.
SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.
I SOLITI MISTERI ITALIANI.
BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.
LA MAFIOSITA’
SOLITA MAFIOPOLI.
SOLITE MAFIE IN ITALIA.
SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.
SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.
SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.
LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.
SOLITA CASTOPOLI.
LA SOLITA MASSONERIOPOLI.
CONTRO TUTTE LE MAFIE.
LA CULTURA ED I MEDIA
LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.
SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.
SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.
SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.
SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
SOLITO SPETTACOLOPOLI.
SOLITO SANREMO.
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.
LA SOCIETA’
AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.
I MORTI FAMOSI.
ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.
MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?
L’AMBIENTE
LA SOLITA AGROFRODOPOLI.
SOLITO ANIMALOPOLI.
IL SOLITO TERREMOTO E…
IL SOLITO AMBIENTOPOLI.
IL TERRITORIO
SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.
SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.
SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.
SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.
SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.
SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.
SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.
SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.
SOLITA SIENA.
SOLITA SARDEGNA.
SOLITE MARCHE.
SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.
SOLITA ROMA ED IL LAZIO.
SOLITO ABRUZZO.
SOLITO MOLISE.
SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.
SOLITA BARI.
SOLITA FOGGIA.
SOLITA TARANTO.
SOLITA BRINDISI.
SOLITA LECCE.
SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.
SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.
SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.
LE RELIGIONI
SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.
FEMMINE E LGBTI
SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.
L’ACCOGLIENZA
INDICE PRIMA PARTE
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
GLI EUROPEI
Quei razzisti come gli italiani.
Quei razzisti come i greci.
Quei razzisti come gli austriaci.
Quei razzisti come i croati.
Quei razzisti come i francesi.
Quei razzisti come i tedeschi.
Quei razzisti come gli olandesi.
Quei razzisti come i danesi.
Quei razzisti come i finlandesi.
Quei razzisti come gli svedesi.
Quei razzisti come gli inglesi.
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
GLI AFRO-ASIATICI
Quei razzisti come i zambiani.
Quei razzisti come i zimbabwesi.
Quei razzisti come i ghanesi.
Quei razzisti come i gabonesi.
Quei razzisti come i marocchini.
Quei razzisti come i tunisini.
Quei razzisti come gli egiziani.
Quei razzisti come gli israeliani.
Quei razzisti come i turchi.
Quei razzisti come gli iraniani.
Quei razzisti come gli yemeniti.
Quei razzisti come gli afghani.
Quei razzisti come i pakistani.
Quei razzisti come gli indiani.
Quei razzisti come gli indonesiani.
Quei razzisti come i birmani.
Quei razzisti come i bielorussi.
Quei razzisti come i russi.
Quei razzisti come i cinesi.
Quei razzisti come i giapponesi.
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
GLI OCEAN-AMERICANI
Quei razzisti come gli statunitensi.
Quei razzisti come i messicani.
Quei razzisti come i cubani.
Quei razzisti come i brasiliani.
Quei razzisti come i peruviani.
Quei razzisti come i neozelandesi.
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
La Guerra Calda.
L’ATTACCO. UNDICESIMO MESE
INDICE SECONDA PARTE
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
La Guerra Calda.
L’ATTACCO. DODICESIMO MESE
INDICE SECONDA PARTE
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
La Guerra Calda.
L’ATTACCO. TREDICESIMO MESE
INDICE SECONDA PARTE
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
La Guerra Calda.
L’ATTACCO. QUATTORDICESIMO MESE
INDICE SECONDA PARTE
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
La Guerra Calda.
L’ATTACCO. QUINDICESIMO MESE
INDICE SECONDA PARTE
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
La Guerra Calda.
L’ATTACCO. SEDICESIMO MESE
INDICE TERZA PARTE
SOLITI PROFUGHI E FOIBE. (Ho scritto un saggio dedicato)
SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI. (Ho scritto un saggio dedicato)
I Migranti.
Gli affari dei Buonisti.
Quelli che…porti aperti.
Quelli che…porti chiusi.
Cosa succede in Libia.
Cosa succede in Africa.
Gli ostaggi liberati a spese nostre.
Il Caso dei Marò.
L’ACCOGLIENZA
SECONDA PARTE
L’ATTACCO
UNDICESIMO MESE
SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)
La Guerra Calda.
L’ATTACCO. UNDICESIMO MESE
Il conflitto ucraino e la fine dell'era post Guerra Fredda. Piccole Note il 25 Dicembre 2022 su Il Giornale.
La guerra ucraina non è solo un conflitto ad alta intensità nel quale si sta consumando lo scontro a rischio terza guerra mondiale tra Nato e Russia, ma rappresenta anche una variabile nuova immessa nell’ordine internazionale che si è imposto dopo la fine della Guerra Fredda, che poi tanto ordine non era, dal momento che il momentum unipolare Usa è stato caratterizzato, non certo a caso, da guerre continue, o senza fine, sia convenzionali che ibride (primavera araba e altro).
In realtà, la guerra ucraina è solo il focus attuale di uno scontro più ampio tra due prospettive globali, unipolarismo o multipolarismo. Ne scrive in maniera didascalica, e per questo particolarmente interessante, Robert G. Rabil, docente di scienze politiche alla Florida Atlantic University, sul National Interest. Riportiamo parte del suo articolo.
“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha indubbiamente posto fine all’era post Guerra Fredda. Sebbene molti Paesi abbiano condannato l’invasione della Russia, la maggior parte di loro non ha sanzionato la Russia. In contrasto con la rappresentazione occidentale della crisi ucraina come un confronto tra democrazia e autoritarismo, questi Paesi ritengono che la crisi vada ben oltre il binomio democrazia-autoritarismo, colpendo potenzialmente la loro sicurezza nazionale, nonché la sostenibilità globale e la pace”.
I Paesi neutrali ritrovano la loro indipendenza
“L’insicurezza alimentare, lo sfollamento interno e i rifugiati, le minacce delle conseguenze della guerra e l’uso di armi non convenzionali mettono in pericolo i più vulnerabili di questi Paesi. Eppure la crisi ha rimodellato l’ordine internazionale e i riallineamenti globali offrendo agli stati l’opportunità di perseguire i propri interessi senza schierarsi con un campo politico”.
Questi Paesi ‘neutrali’ si muovono [nell’arena globale] come tante variabili geopolitiche guidate dal proprio interesse personale. Molti di questi sono amici o alleati degli Stati Uniti. Ma non sono né nemici né avversari di Russia e Cina a motivo della crisi ucraina o dei loro sistemi politici autoritari. Sono consapevoli che in un momento di competizione globale che li vede ritrovarsi con poche risorse non possono né sanzionare né andare contro la Russia, il paese più grande del mondo con la più grande quantità di risorse al mondo, né contro la Cina, il paese con la seconda economia più grande del mondo e il Paese con le più grande riserve di finanze estere al mondo”.
“Tuttavia, allo stesso tempo, non possono danneggiare il loro rapporto con gli Stati Uniti, il paese più potente e con la più grande economia del mondo. Di conseguenza, le loro politiche sono dettate dal proprio interesse nazionale, e si muovono liberi dal binario ideologico della Guerra Fredda. In altre parole, le loro politiche non si sovrappongono e non si sovrapporranno necessariamente a quelle degli Stati Uniti”.
“[…] Molti di questi Paesi hanno visto la fine dell’era post Guerra Fredda inaugurare una nuova era caratterizzata dal multipolarismo e dal multilateralismo. Hanno vissuto con disagio il momento del potere unipolare americano sin da quando ha invaso l’Iraq nel 2003. La crisi ucraina e le sue conseguenze sulla divisione del mondo, insieme alla percezione virtualmente universale che il potere americano sia in declino dopo le debacle subite in Iraq e Afghanistan, ha solo acuito la determinazione di questi Paesi nel cercare di frenare il potere globale americano sostenendo il multipolarismo e il multilateralismo”.
Gli Usa hanno i paraocchi
“[…] Oggi, Washington sta conducendo la sua politica estera con i paraocchi, ignorando intenzionalmente i segnali che mostrano che il suo potere globale è in lento ma costante declino. La crisi ucraina, arrivata all’indomani delle guerre in Iraq e in Afghanistan, ha di fatto rafforzato la visione di quasi tutto il mondo che vede il meglio maggiormente favorito dal multipolarismo e dal multilateralismo.
“Se si considera il mondo come fosse diviso in tre vaste aree, la crisi ucraina, alimentata dalla NATO, ha spostato il ‘campo neutrale’ sempre più vicino a Cina e Russia. Mentre Washington ha reso il sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa una priorità fondamentale della politica estera, molti Paesi neutrali e la Cina hanno osservato il mondo più da vicino. Hanno visto l’aumento dei costi della guerra sia socio-economici che politici, militari ed energetici salire verso l’implosione globale”.
“Mentre la leadership dell’Occidente cerca giustizia contro Putin e la Russia, indipendentemente dall’opinione dei popoli, la leadership del mondo non occidentale cerca la pace. Il problema è che la giustizia non può mai essere raggiunta a scapito della pace. Questa è una lezione che Washington non ha mai imparato, dall’Iraq e fino all’Afghanistan: i piani per la punizione sono venuti prima; il piano per il giorno dopo è arrivato solo dopo, se mai è stato fatto. Di conseguenza, la pace [nel mondo] è stata pausa fugace”.
“In particolare, spingendo per la ricerca della giustizia indipendentemente dalle conseguenze, Washington sta aprendo la strada al proprio declino, incoraggiando il multipolarismo. A questo proposito, è plausibile che lo yuan diventi un’alternativa al dollaro USA in un mondo ‘multipolare’ nel giro di pochi anni, non decenni o secoli. Ciò infliggerà un duro colpo all’economia americana e alla posizione globale da cui Washington potrebbe non essere in grado di riprendersi”.
Dagli Usa 45 miliardi. A Kiev anche i beni degli oligarchi russi. Il Wall Street Journal spiega: «Il presidente ucraino Zelensky presenterà un piano di pace». Freddo il Cremlino. Alessandro Fioroni su Il Dubbio il 24 dicembre,
Siamo al trecentoquattresimo giorno di guerra in Ucraina, sul campo si continua a combattere nelle stesse zone del sud est dove ormai il conflitto sembra essersi insediato stabilmente. Kherson, Melitopol. Bahkmut, sono solo i nomi di alcuni centri dove giornalmente russi ed ucraini si scambiano colpi anche se il sopraggiungere dell'inverno e del freddo pare aver congelato la situazione.
L'attenzione dunque è tutta spostata sulle dichiarazioni che giornalmente fanno pensare ad un miglioramento, a speranze di pace che poi vengono puntualmente disattese. Ne sono un esempio le parole di ieri dell'ambasciatore russo a Washington.
Per Anatoly Antonov infatti «gli Stati Uniti stanno conducendo una guerra per procura contro la Russia sul territorio dell'Ucraina, il rischio di uno scontro tra due stati è alto». Il riferimento e probabilmente al recente viaggio di Zelensky per incontrare Joe Biden, una visita dalla quale il presidente ucraino ha riportato a casa la promessa dell'invio di missili Patriot. Intanto il Senato degli Stati Uniti ha varato il bilancio per il 2023, un importo complessivo di 1,7 trilioni di dollari, incluso un altro pacchetto di aiuti a Kiev di circa 45 miliardi, in parte provenienti dai beni sequestrati agli oligarchi russi.
Con questa decisione è chiaro che il confronto tra Russia e America, seppur inframezzato da vaghe speranze di dialogo, tende a incancrenirsi. Non a caso Antonov ha ribadito che le relazioni tra Mosca e Washington sono paragonabili ad un era glaciale. E la risposta russa è già arrivata in settimana con l'annuncio di piani per formare 17 nuove divisioni e un nuovo corpo di armata.
Il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha svelato infatti che il numero degli effettivi militari sarà aumentato da 1,15 milioni a 1,5 milioni, senza mancare di citare l'altro fronte caldo che è quello dell'imminente espansione della Nato con Finlandia e Svezia.
A contribuire a far crescere la tensione c'è anche la possibile intenzione russa di tagliare ulteriormente la produzione di greggio o di spostarla verso altri mercati che non siano quelli europei. Un provvedimento che dovrebbe essere una risposta alla decisione in sede Ue di porre un tetto al prezzo e che ha già provocato evidenti rincari sui mercati internazionali. Ma a far discutere sono le rivelazioni del quotidiano Wall Street Journal su un piano di ace che Zelensky potrebbe annunciare nel primo anniversario dello scoppio della guerra. Le rivelazioni parlano di un lavoro che è stato concertato tra diplomatici europei e Usa per arrivare ad un cessato il fuoco.
In realtà qualcosa è emerso dalla visita del presidente ucraino negli Stati Uniti tanto che il segretario del Dipartimento di Stato, Antony Blinken, ha dichiarato in conferenza stampa di aver discusso con i partner del G7 una proposta di pace in Ucraina definita «un buon inizio» anche se non si e parlato di scadenze.
Il commento di Mosca è stato come al solito freddo. Il Cremlino infatti non sarebbe a conoscenza di nessuna proposta avanzata da Kiev. Per il portavoce Dimitri Peskov «tutto ciò che il presidente Zelensky ha detto finora è stato detto senza tener conto delle realtà attuali che hanno già preso forma oggi e che non possono essere ignorate».
Zelensky: per Natale non aspettiamo il miracolo, lo creiamo noi. Marta Serafini inviata a Kiev, Paolo Foschi e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 24 Dicembre 2022
Le notizie di sabato 24 dicembre, in diretta. Usa e Ucraina preparano un piano di pace per febbraio. Kiev: «Mosca ha aumentato il numero di militari in prima linea»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 304esimo giorno.
• Intelligence britannica: Mosca a corto di munizioni e missili.
• Nel nuovo pacchetto di aiuti statunitensi ci saranno 1,85 miliardi di dollari.
• Putin: distruggeranno i sistemi missilistici di difesa aerea Patriot.
Ore 00:02 - Putin, la Russia in grado di distruggere i Patriot
Il leader del Cremlino, Vladimir Putin, si è detto fiducioso che le Forze armate russe «distruggeranno» i sistemi missilistici di difesa aerea Patriot, una volta che dagli Usa saranno dispiegato in Ucraina. «Certo che li distruggeremo, senza dubbio, al cento per cento», ha detto Putin in un’intervista alla tv Rossiya-1, che ne ha pubblicato su Telegram un’anticipazione. Gli Stati Uniti hanno annunciato questa settimana la loro decisione di fornire a Kiev i sistemi di difesa aerea Patriot per contrastare gli attacchi di Mosca alle infrastrutture ucraine.
Ore 05:00 - Lituania e Moldavia temono una nuova ondata di profughi
La Lituania e la Moldavia devono prepararsi a una possibile nuova ondata di profughi in arrivo dall’Ucraina a causa dell’invasione russa e sono decise a coordinare le misure per farvi fronte. Lo hanno annunciato i ministri degli Interni lituano, Agn Bilotait, e moldavo, Ana Revenco, durante la visita ufficiale di quest’ultima a Vilnius. «Lituania e Moldavia si stanno misurando con le stesse minacce: la Russia e la guerra da loro provocata in Ucraina e le sue conseguenze», ha detto Bilotait. «Solo insieme, collaborando strettamente - ha continuato il ministro lituano -, possiamo superare le sfide che la Russia pone non solo all’Ucraina, ma ugualmente ai suoi vicini e al mondo intero. I nostri Paesi, nonostante le loro limitate risorse, hanno dimostrato di poter contribuire seriamente al sostegno dell’Ucraina fornendo aiuti e ospitando i profughi». Bilotait ha aggiunto che il suo Paese non solo intende continuare a rafforzare la cooperazione bilaterale con la Moldavia, ma ne sosterrà fortemente il percorso di integrazione europea.
Ore 05:10 - Attacco russo a centrale elettrica, morto un dipendente
La più grande compagnia energetica privata ucraina Dtek ha riferito che un attacco russo a una delle sue centrali elettriche ha provocato la morte di un dipendente e il ferimento di un altro. Lo rende noto il Kyiv Independent, sottolineando che la località dell’attacco non è stata precisata. A causa dell’attacco la struttura è stata disconnessa dalla rete elettrica, ha affermato la società, aggiungendo che i lavori per il ripristino della centrale cominceranno non appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno. Da ottobre la Russia ha ripetutamente preso di mira le infrastrutture energetiche ucraine, lasciando gran parte della popolazione al buio e al freddo.
Ore 05:17 - Kiev, la Russia ha aumentato il numero di militari inviati in prima linea
La Russia ha aumentato il numero di truppe, armi e attrezzature militari che vengono trasferite in prima linea in Ucraina tramite ferrovia. Lo ha rivelato lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nel suo aggiornamento serale, riporta il Kyiv Independent. L’esercito ucraino ha anche riferito che le truppe russe continuano a condurre offensive nei settori di Bakhmut, Avdiivka e Lyman nell’oblast orientale di Donetsk. Lo Stato maggiore ha poi precisato che oggi le forze di Mosca hanno lanciato un missile e quattro attacchi aerei, oltre ad altri 16 attacchi con sistemi missilistici a lancio multiplo.
Ore 05:20 - Usa, Biden autorizza budget militare da 858 miliardi di dollari
Joe Biden ha firmato il National Defense Authorization Act, il maxi budget per la difesa da 858 miliardi di dollari che serviranno, tra l’altro a finanziare gli aiuti a Ucraina e Taiwan. Lo riporta la Cnn. Nella legge è inserito anche un aumento dello stipendio del 4,6% per i militari e gli impiegati civili del dipartimento della difesa Usa, il più alto degli ultimi 20 anni. La misura stabilisce anche la fine dell’obbligo del vaccino anti-Covid per i membri delle forze armate ma non prevede il reinserimento di coloro che erano stati congedati per aver rifiutato l’immunizzazione.
Ore 05:22 - Zelensky, voci su un piano di pace di Kiev in 10 punti
La proposta della pace, a un anno dalla guerra. Volodymyr Zelensky lavora a un piano in 10 punti per porre fine al conflitto che ormai da oltre 300 giorni devasta l’Ucraina. Con l’intenzione - secondo il Wall Street Journal, che cita diplomatici Ue e ucraini - di presentarlo intorno al 24 febbraio prossimo, primo anniversario dell’invasione e periodo in cui si teme di più l’arrivo in Ucraina di una nuova offensiva russa su vasta scala. Fino a quella data, l’idea di Kiev è massimizzare le riconquiste territoriali con «più vittorie possibili», per poi presentarsi più forti ad un eventuale tavolo negoziale. Per il giornale americano, il leader ucraino ne ha già parlato con Biden durante la visita a Washington. E del piano di pace di Kiev «ne abbiamo parlato» anche coi partner del G7, ha riferito il segretario di Stato americano Antony Blinken. «Posso solo dirvi che stiamo valutando ciò che ha proposto» Zelensky, ha aggiunto il capo della diplomazia Usa, secondo cui la formula di Kiev è «un buon inizio», ma senza specificare quanto tempo ci vorrà a Stati Uniti e Ucraina per valutare congiuntamente il piano. Per quanto però si possa parlare di pace, per ottenerla bisogna che ci sia la volontà di entrambi i fronti. E dal Cremlino si sono affrettati a dire che a loro non risulta che da parte ucraina ci siano piani di pace, perché Kiev «non tiene conto della realtà attuale».
Ore 05:23 - Kiev: ospedali nei territori occupati pieni di soldati russi feriti
«Le strutture mediche nel territorio temporaneamente occupato dell’Ucraina sono sovraccariche e non sono in grado di far fronte a un gran numero di militari feriti delle forze di occupazione russe». Lo ha affermato la viceministra della Difesa ucraina Hanna Malyar, scrive l’Ukrainska Pravda. «Un numero significativo di loro muore senza attendere le cure mediche di base, anche a causa della mancanza di personale e della mancanza di attrezzature mediche e farmaci necessari», ha aggiunto Malyar, precisando che per impedire la diserzione dei feriti lievi, le stanze in cui sono tenuti sono chiuse con sbarre di metallo. Inoltre, la viceministra ha riferito che a causa delle ingenti perdite del personale di comando, agli incarichi dell’unità tattica vengono assegnati ufficiali richiamati dalle riserve, in particolare quelli in età pensionabile. «La loro mancanza di esperienza nel combattimento e l’incompetenza causa sfiducia nei confronti del personale e i timori che la loro gestione possa portare a perdite ancora maggiori», ha precisato.
Ore 05:24 - IL PUNTO MILITARE - I russi chiariscono l’obiettivo di Putin
(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Mosca lancia segnali sulla campagna militare mentre continuano le indiscrezioni sui flussi di armi, che chiamano in causa — di nuovo — la Nord Corea.
Gli obiettivi
Il capo di Stato Maggiore russo Valery Gerasimov ha indicato quale sia l’obiettivo dell’Armata: la conquista del Donetsk, la regione orientale teatro di combattimenti feroci, con perdite immense. Per il generale, in questo momento, vi sarebbe una «stabilizzazione» sui fronti. E forse è quello che il comandante del contingente Surovikin ha «inseguito» ordinando un nuovo assetto. Ha ripiegato su linee difensive migliori, ha rimpolpato i ranghi con i riservisti, ha continuato con i bombardamenti sulle città e il fuoco delle artiglierie. Una situazione presentata in modo positivo dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: ci sono stati progressi significativi nella «demilitarizzazione» dell’Ucraina, una delle mete indicate da Putin. Lo stesso leader si è lasciato sfuggire ieri durante un discorso la parola «guerra» auspicandone una fine rapida. È la prima volta che usa questo termine proibito dalla censura e non la definizione ufficiale di «operazione speciale». Forse è stato un errore — suggeriscono gli americani — oppure la semplice constatazione della realtà, con il neo-zar impegnato negli ultimi giorni a insistere sulle prove da affrontare: la caccia a spie e traditori, i problemi della mobilitazione, gli errori compiuti, l’ammodernamento dell’Armata. Tutti temi citati in interventi pubblici.
Ore 05:26 - Ferito nel Donbass il vicepremier russo Dmitrii Rogozin
(di Marta Serafini, nostra inviata a Kiev) Mentre il presidente Volodymyr Zelensky è tornato a Kiev, a tenere banco sui social ucraini è il ferimento dell’ex vice primo ministro russo ed ex presidente dell’agenzia spaziale Roscosmos Dmitrii Rogozin colpito insieme al funzionario di alto livello Vitalii Khotsenko in un attacco fuori Donetsk la sera del 21 dicembre.
Ore 08:17 - Il presidente bielorusso Lukashenko sarà oggi in Russia
(di Marta Serafini, nostra inviata a Kiev) Oggi è previsto l’arrivo in Russia del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, dopo la visita a Minsk del leader russo Vladimir Putin e dopo le voci che parlano di un’imminente offensiva su Kiev dal lato bielorusso. Su invito di Putin, Lukashenko visiterà oggi il centro di addestramento Gagarin per i cosmonauti di Zvezdny Gorodok, nella regione di Mosca. Il 26 e 27, il leader bielorusso parteciperà a San Pietroburgo ad un summit dei capi di Stato della Comunità degli Stati indipendenti, che riunisce diverse ex repubbliche sovietiche.
La Bielorussia è il più stretto alleato della Russia e ha offerto il suo territorio come base per l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio. In un’intervista al Ny Times, il direttore dell’agenzia di intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov ha dichiarato che «sarebbe sbagliato scartare questa possibilità» e, ha aggiunto, «ma anche sbagliato dire che abbiamo dati che ne confermano l’esistenza». In un’ampia intervista sullo stato della guerra in Ucraina, il capo dell’intelligence militare, ha anche parlato degli sforzi russi per incoraggiare l’Iran a continuare a fornire alle sue forze droni e missili, nonché dell’ossessione apparentemente insensata di Mosca di conquistare la città di Bakhmut, che - secondo Budanov - ha poco valore strategico.
Per settimane, la Russia ha rafforzato le sue basi militari in Bielorussia con coscritti e spostato truppe in treno avanti e indietro, sollevando preoccupazioni che potrebbe pianificare una seconda invasione dell’Ucraina da nord.
Ore 10:51 - L’intelligence britannica: «Mosca è a corto di munizioni e missili»
Nell’aggiornamento quotidiano sulla situazione della guerra, l’intelligence del regno Unito sottolinea una causa delle difficoltà dell’esercito russo impiegato sui fronti: «La carenza di munizioni rimane molto probabilmente il fattore chiave limitante dell’offensiva russa». La Russia, prosegue la nota, «ha probabilmente limitato i suoi attacchi missilistici a lungo raggio contro le infrastrutture ucraine a circa una volta a settimana a causa della scarsa disponibilità di missili da crociera».
Ore 11:27 - Kherson colpita 74 volte in un giorno, uccisi cinque civili
La città di Kherson e le aree circostanti sono state colpite 74 volte nelle ultime 24 ore dai missili russi. Cinque civili sono rimasti uccisi, altri 35 sono stati feriti. Yaroslav Yanushevych, capo dell’amministrazione militare regionale di Kherson, ha raccontato che «il nemico ha attaccato senza pietà i quartieri residenziali della città di Kherson per tutto il giorno. I proiettili russi hanno colpito strutture critiche, asili, una scuola, un ospedale, negozi, una fabbrica, case private e condomini». Un bambino è stato portato in ospedale con ferite multiple da schegge. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenksy ha definito gli attacchi «atti di terrorismo» finalizzati a «intimidire» il popolo ucraino.
Ore 11:42 - Von der Leyen: «18 miliardi per l’Ucraina, la porteremo verso l’Ue»
La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha pubblicato questa mattina un tweet per ricordare lo stanziamento da 18 miliardi deciso dall’Ue e destinato all’Ucrain il prossimo anno: «Aiuteranno con le riparazioni urgenti e apriranno la strada alla ricostruzione. Una ricostruzione che metterà l’Ucraina sulla strada verso l’Ue».
Ore 13:11 - Sale il bilancio delle vittime degli attacchi su Kherson
Il bilancio dei prolungati attacchi delle ultime ore sulla regione di Kherson e sulla città è salito da 5 a 8 vittime civili. Lo dichiara l’ufficio del procuratore generale ucraino, citato dal Kyiv Independent. I feriti sarebbero 20, mentre altri media citano Kyrylo Tymoshenko, vice dell’ufficio di presidenza ucraino, che su Telegram riferisce che i feriti sarebbero 58, di cui 18 gravi, e le vittime 7.
Ore 15:32 - Quattro soldati russi condannati per tortura
Quattro soldati russi sono stati condannati a 11 anni di carcere da un tribunale della regione di Kharkiv per torture contro cittadini ucraini che collaboravano con la resistenza. Due condannati fanno parte della 16esima brigata del Direttorato dello stato maggiore, gli altri due sono mercenari della compagnia privata russa Redut. I quattro sono stati ritenuti colpevoli di avere sequestrato a settembre tre cittadini del villaggio di Borova: le vittime sono state tenute prigioniere in un pozzo con le mani legate e interrogati a turno, oltre che minacciati di morte, prima di essere liberati.
Ore 15:53 - Pussy Riot lanciano un nuovo singolo contro la guerra
«Mamma, non guardare la Tv»: la band russa delle Pussy Riot pubblica una nuova canzone per protestare contro la guerra in Ucraina, la censura russa e anche contro l’occidente che «sponsorizza» il regime acquistando petrolio e gas russo, e nella quale chiedono che il leader russo Vladimir Putin venga processato da un tribunale internazionale. In una dichiarazione rilanciata dal Guardian, la band ha descritto il governo di Putin come un «regime terroristico» e definito lui, i suoi funzionari, i generali e propagandisti «criminali di guerra». «La musica della nostra rabbia, indignazione, disaccordo, un grido disperato e di rimprovero contro i burattini assetati di sangue di Putin, guidati da un vero mostro cannibale, il cui posto è nell’infinità di feroci fiamme infernali sulle ossa delle vittime di questa terribile guerra», attacca il gruppo musicale dissidente.
Il titolo e ritornello del singolo si basa sulle parole di un soldato di leva russo catturato che ha detto a sua madre: «Mamma, qui non ci sono nazisti, non guardare la Tv». «La propaganda russa avvelena quotidianamente i cuori delle persone con l’odio», denuncia la band. «Coloro che si oppongono a Putin vengono imprigionati, avvelenati e uccisi», hanno aggiunto, sottolineando che il denaro che il Cremlino riceve dalla comunità internazionale che conduce affari con la Russia viene trasformato «in sangue ucraino».
Ore 16:24 - Kiev: condannati 4 soldati russi, torturarono veterani ucraini
Un tribunale della città ucraina di Poltava ha condannato due mercenari russi e altri due soldati della Federazione russa con l’accusa di aver violato le leggi e le consuetudini di guerra, secondo l’ufficio del procuratore dell’oblast di Kharkiv. Lo riporta il Kyiv Independent, precisando che i quattro avevano brutalmente torturato tre veterani di guerra nel villaggio di Borova, nell’oblast nord-orientale di Kharkiv. Tutti e quattro hanno ammesso le loro colpe e sono stati condannati a 11 anni di carcere con la possibilità di presentare appello.
Ore 16:47 - «Tre navi da guerra russe con missili Kalibr nel mar Nero»
Le forze russe hanno dispiegato nel mar Nero tre navi da guerra, armate con un totale di 20 missili Kalibr, armi usate spesso negli attacchi massicci contro l’Ucraina. Lo rendono noto le forze navali ucraine, citate da Ukrainska pravda. «Vi sono almeno 11 incrociatori nemici in assetto da guerra nel mar Nero, tre di loro hanno a bordo missili Kalibr, con una capacita totale di fuoco di 20 missili», afferma la marina ucraina. Ieri una nave russa con missili Kalibr era entrata nel mar Nero per la prima volta dal 16 dicembre, quando vi fu un massiccio bombardamento dell’Ucraina.
Ore 17:53 – Bombardamento a Kherson, i morti salgono a 10
Sono saliti a 10 i morti del bombardamento russo di oggi a Kherson, mentre i feriti sono 58. Lo ha detto in televisione il governatore di Kherson, Yaroslav Yanushevych, citato dal Guardian.
Ore 18:00 - Le munizioni, lo spionaggio, le tre incognite: così si chiude il 2022 in Ucraina
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Si avvicina la fine dell’anno e si fanno i conti della guerra con molti interrogati sulle future mosse dei contendenti. Tante le incertezze, legate alla prudenza di facciata ma anche alle difficoltà del «campo». È c’è il velo della propaganda e delle tattiche per provare a ingannare il nemico sulle proprie intenzioni. Dagli Usa arrivano diverse analisi e indiscrezioni. Fonti ufficiose mettono in guardia sulla possibilità per gli ucraini di ripetere i successi registrati a Kherson e Kharkiv. Perché i russi sono ben trincerati ed hanno schierato molti uomini a difesa delle loro posizioni. L’esercito di Zelensky potrà contare sui soldati addestrati dalla Nato — alcune migliaia — e sulle tecniche impartite, a cominciare dall’esecuzione di manovre integrate. Ma il punto debole resta sempre il rifornimento di munizioni in quanto le scorte si assottigliano, la produzione è insufficiente.
Ore 19:50 - Zelensky: per Natale non aspettiamo il miracolo, lo creiamo noi
Per questo Natale, «celebreremo le nostre feste! Come sempre. Sorrideremo e saremo felici. Come sempre. La differenza è una. Non aspetteremo un miracolo. Lo creiamo noi stessi». È questo il messaggio del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky nell’augurare buon Natale ai cristiani ortodossi di rito occidentale, osservando che quest’anno tutte le festività hanno «un retrogusto amaro» per gli ucraini a causa della guerra.
«Potrebbero esserci sedie vuote. E le nostre case e strade non possono essere così luminose. E le campane di Natale non possono suonare così forte, attraverso sirene antiaeree, o peggio ancora, colpi di arma da fuoco ed esplosioni», ha detto il presidente. In queste festività «ci incontriamo in circostanze difficili. Qualcuno vedrà la prima stella nel cielo sopra Bakhmut, Rubizhne e Kreminna oggi? Qualcuno celebrerà la festa nelle case di altre persone - case di ucraini che hanno dato rifugio agli ucraini? Qualcuno ascolterà (la canzone ucraina) Shchedryk in un’altra lingua - a Varsavia, Berlino, Londra, New York, Toronto e molte altre città e Paesi». E qualcuno, ha aggiunto il presidente, trascorrerà questo Natale in cattività, «ma si ricordino che veniamo anche per il nostro popolo, restituiremo la libertà a tutti gli uomini e le donne ucraine. Ovunque siamo, saremo insieme oggi. Esprimiamo un desiderio. Uno per tutti. E proveremo gioia. Uno per tutti. E capiremo la verità. Uno per tutti», ha concluso il leader ucraino.
Marco Leardi per ilgiornale.it il 24 dicembre 2022.
La penna di Vauro funziona a inchiostro o a veleno? La domanda sorge pressoché spontanea, soprattutto dopo la visione della vignetta che il disegnatore ha dedicato nelle scorse ore alla visita di Zelensky negli Usa. Senza richiedere troppe interpretazioni, il fumetto lascia trasparire il pensiero anti-atlantista dell'autore, che non ha mai nascosto il proprio scetticismo sull'operato americano in Ucraina. L'incontro alla Casa Bianca, risoltosi con l'impegno degli Usa a rinnovare il proprio sostegno armato, è stato sintetizzato da Vauro con un'eloquente caricatura: quella di Zelensky ritratto come un cagnolino.
La vignetta di Vauro
Nel disegno del vignettista, che già in passato era intervenuto in modo irriverente sull'argromento, il presidente ucraino scodinzola di ritorno da Wasgington con un missile Patriot tra le fauci. Un riferimento al fatto che gli Usa abbiano annunciato un nuovo pacchetto di armi pro-Kiev da 1,85 miliardi di dollari. I Patriot "rafforzeranno significativamente la nostra difesa aerea... Voglio veramente vincere insieme. Scusate ma non solo lo voglio, ne sono sicuro", aveva affermato Zelensky durante la conferenza stampa alla Casa Bianca. Nella rilettura dell'attualità offerta da Vauro, il presidente è stato rappresentato come una sorta di animaletto "addestrato" dagli Stati Uniti.
Le critiche
"Back from Usa. Torna a casa Zelassie", recita la freddura scritta da Vauro a completamento della vignetta. Persino superfluo spiegare il riferimento ironico al popolare telefilm stunitense con protagonista una cagnolina di razza Rough Collie. La satira del disegnatore pistoiese non è piaciuta a tutti e anzi, in molti l'hanno aspramente criticata. Tra i giudizi più severi, quello espresso sui social dal professor Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali e Studi Strategici all'Università Cattolica di Milano. "Ci vorrebbe più rispetto per chi passerà l'inverno al gelo sotto i missili russi. Anche da parte dei rottami del veterostalinismo", ha attaccato il docente, facendo a pezzi il sacrasmo ideologico di Vauro.
E, nei commenti, qualcuno ha colto anche altri aspetti da contestare al disegnatore. "Nel disgusto, segnalerei il nasone, degno delle vignette naziste sugli ebrei. Osceno", ha scritto l'analista politico Lorenzo Pregliasco, riferendosi alla caricatura del presidente ucraino. In un successivo video, Vauro aveva espresso più completo le proprie perplessità sul sostegno americano a Kiev. "Ma c'è qualcuno che davvero è convinto che Washington spenda più di 40miliardi di dollari in armamenti perché all'amministrazione americana stanno a cuore i confini dell'Ucraina o la democrazia ucraina? Davvero qualcuno ci crede?", aveva domandato il vignettista in tono chiaramente polemico.
Bucha, i volti e i nomi delle vittime: le loro ultime ore. Samuele Finetti su Il Corriere della Sera il 24 Dicembre 2022.
Il «New York Times» ricostruisce le ultime ore di 36 delle 400 vittime del massacro scoperto all’inizio di aprile
Trentasei volti uno accanto all’altro, trentasei persone accomunate da una fine comune: uccise barbaramente dai soldati russi che hanno occupato la cittadina ucraina di Bucha. La loro colpa? Aver deciso di fuggire dalla città con i loro cari per proteggerli dagli invasori. Sono le vittime identificate — in tutto a Bucha i civili morti sono stati oltre 400 — da un lungo lavoro di inchiesta del New York Times , che ha ricostruito le loro ultime ore incrociando immagini satellitari, certificati di morte, video e foto postati dalle stesse vittime sui social e messaggi alle testimonianze dei loro familiari, dei loro amici e dei loro colleghi.
Tutto inizia la mattina del 3 marzo. Una mattina come altre: i video delle telecamere di sicurezza puntate sulle strade della città mostrano madri coi loro bimbi che passeggiano tranquillamente. Poche ore più tardi, appena prima delle 13.00, su quella stessa via compare un carro armato russo, affiancato da soldati che imbracciano mitragliatrici. Da quel momento, i cittadini di Bucha si trovano di fronte a una scelta: scappare o rifugiarsi nelle cantine delle proprie case.
Volodymyr Ruchkovskyi, quel mattino, esce di casa per portare delle scorte alimentari a suo padre. Sulla strada del ritorno, il 50enne e la moglie Olena si accorgono che il checkpoint dei militari ucraini è stato smantellato. Così preparano le valigie e si mettono in auto, del tutto inconsapevoli che si stanno dirigendo verso una colonna di mezzi russi. Attorno alle 13.00, la loro auto viene colpita dai proiettili dei soldati di Mosca e si schianta contro un albero. Olena riesce a fuggire, ma deve abbandonare il marito ferito. Per giorni, i familiari di Volodymyr hanno cercato di rintracciarlo senza successo. Un mese dopo, il suo corpo carbonizzato è stato ritrovato sul sedile della sua auto.
Il 3 marzo, quando sentono il rumore dei mezzi russi, decidono di scappare anche Mykhailo Hrabovliak e la sua famiglia, che da una settimana dormivano nella cantina della loro casa a Hostomel, la cittadina che confina con Bucha. La mattina seguente raccolgono quanto possono e salgono in auto. Ma su Yablunska Street, una delle principali arterie della città, si trovano di fronte un manipolo di soldati che iniziano a sparare. Mykhailo viene colpito e muore sul colpo. Sua figlia Sasha, nove anni appena, è ferita a un braccio ma si salva. Raggiunge un ospedale dopo giorni, quando il suo braccio ormai si è incancrenito: dopo poche ore le viene amputato.
Eppure Sasha è stata più fortunata di altre bambine. Più fortunata di Anna Mishchenko, per esempio. Sua madre Tamila all’inizio di marzo cercava disperatamente un passaggio per scappare. Ad aiutarla è Zhanna Kameneva, che nei primi giorni del conflitto aveva trasportato decine di concittadini lontano da Bucha con il suo furgone. Il 5 marzo decide di fare un’ultimo viaggio con Tamila, Anna — che aveva 14 anni — e la loro vicina, la 69enne Maria Ilchuk. Anche loro però, dopo pochi minuti di viaggio, inforcano Yablunska Street. L’epilogo è lo stesso. I colpi dei moscoviti le uccidono tutte e quattro, il van va a fuoco.
Anna Mishchenko, 14 anni
Anche Mykhailo Kovalenko stava cercando di scappare con la moglie e la figlia. Anche loro sono bersagliati dal fuoco russo, ma riescono a fermarsi. Mykhailo scende dall’auto con le mani alzate, ma i colpi non si placano. «Non ha fatto neppure in tempo ad abbassare le braccia», racconta ora sua moglie, che pur ferita è riuscita a scappare con la figlia. Quando il corpo di Mykhailo viene ritrovato, nella tasca del giubbotto viene recuperato un biglietto scritto a mano: una lista di numeri di telefono da contattare in caso di emergenza.
C’è poi chi è scomparso nel nulla fino a quando il cadavere non è stato ritrovato. Taras Panimash, di professione calzolaio, ha fatto fuggire la madre appena ha potuto, con la promessa che l’avrebbe seguita. L’ultima persona che ha parlato con lui è stato il suo datore di lavoro: «Ho appena passato il checkpoint, sto bene», gli ha detto. Nessuno ha più avuto sue notizie.
Qualcuno è persino riuscito a documentare le violenze dei russi, prima di esserne vittima. Oleksandr Hutorovych rimane a Bucha fino al 14 marzo per aiutare a distribuire le scorte di medicinali. Nel frattempo, invia alla moglie già fuggita foto e messaggi dalla città. Fino all’11 marzo, quando le conferma che è pronto a scappare. I due si parlano ancora per tre giorni. Poi, il silenzio. Così come nessuna notizia hanno avuto i familiari di Ihor Didkivskyi, muratore appassionato di arti marziali che si è offerto volontario per difendere la sua città. Lascia casa per l’ultima volta il 5 marzo.
Oleh Bilas, 55 anni, e Viacheslav Hordiichuk, 46, sono guardie di sicurezza, lavorano in una fabbrica di vetro. Per tre giorni si nascondono dai soldati russi, poi provano a scappare. Due giorni dopo la moglie di Viacheslav riceve una chiamata: entrambi sono stati uccisi durante la fuga.
Ma tra le vittime non c’è solo chi tenta di scappare. C’è anche chi esce di casa per andare a visitare parenti e conoscenti, assicurarsi che stiano bene e siano al sicuro. Per giorni, infatti, Bucha resta senza elettricità e le reti di comunicazione sono interrotte. Per questo il 40enne Ihor Samchenko, rifugiatosi con sua moglie e i suoi due figli in una cantina, decide di andare a trovare sua suocera. I suoi familiari non hanno contatti con lui per giorni, ma si convincono che sia a causa del blackout. Alla fine, alcuni amici decidono di andare a cercarlo. Vengono fermati da alcuni soldati russi: «Tornate indietro, o vi spareremo». Così la moglie di Ihor non può far altro che fuggire. Ma quando uscendo da Bucha percorrono Yablunska Street, si imbattono nel cadavere di Ihor, steso per terra coi vestiti che indossava quando li aveva salutati giorni prima. I familiari raccontano che la suocera di Ihor è morta di crepacuore dopo aver avuto la notizia.
Ihor Samchenko, 40 anni
Festeggiare durante una guerra? È quel che fanno Olena e Pavlo Valko per il loro 33esimo anniversario di matrimonio. Un anniversario interrotto dai carri armati russi che compaiono sulla strada, appena fuori dalla finestra. Pavlo si preoccupa subito della madre, che vive sola in una città vicina. Esce di casa per andare da lei, ma anche lui non si fa più vivo per settimane. Olena lo chiama per giorni, anche dopo che i russi hanno lasciato la città a inizio aprile. L’ultimo messaggio lo invia il 5 aprile.
Oleksandr Kovalevskyi, invece, lascia casa per cercare del cibo. E scompare, come tanti. Trascorre una settimana, poi sua moglie decide di andare a cercarlo. Percorrono appena pochi metri quando, su Yablunska Street, trovano il suo corpo. È un vicino a chiedere aiuto su un gruppo Telegram per spostare il cadavere. Nessuno risponde: il corpo di Oleksandr resta sull’asfalto per settimane.
Ha pagato con la vita l’affetto verso i suoi animali domestici Serhii Petrenko, rimasto a Bucha dopo aver fatto fuggire la moglie proprio per avere cura di loro. Intanto aiuta i volontari a raccogliere aiuti umanitari e a distribuirli. Il destino è comune a molte altre vittime: il suo cadavere viene ritrovato su Yablunska Street. Sua moglie, tornata a Bucha dopo settimane, adotta un cane randagio «che mi ricorda il mio Serhii».
I soldati russi non si fermano davanti a nessuno. Neppure davanti a Vitalii Vynohradov, decano del seminario di Bucha. «Era l’anima della famiglia», ricorda sua nipote, che ricostruisce le sue ultime ore: «Era uscito per andare al supermercato con un amico, Oleh Hryshchenko. Non sono più tornati, abbiamo cercato informazioni su Telegram». Dopo settimane, la nipote riceve una foto di due uomini senza vita su Yablunska Street e riconosce lo zio dal cappello. Era un regalo di sua madre.
Vitalii Vynohradov, 47 anni
Sull’asfalto viene ritrovato anche il cadavere di Oleh Verba, guardia in un cantiere di 54 anni, un sacco di patate poco lontano. Uscito per comprare del cibo, non è più rientrato. Così come sull’asfalto è rimasto il corpo di Yevhen Davydov, che all’inizio di marzo vuole far fuggire sua madre da Bucha. Inforca lo scooter dopo aver salutato la moglie che lo scongiura di fare attenzione perché «è pericoloso». Ci sono solo cinque minuti di strada tra la casa di Yevhen e quella di sua madre, ma Yevhen non ci è mai arrivato.
Ma i soldati russi non si sono limitati a uccidere decine di persone che percorrevano le strade di Bucha per scovare scorte di cibo o per raggiungere parenti e amici. LungoYablunska Street hanno setacciato le case una per una, trascinando con sé uomini decine di uomini dopo averli fatti spogliare e aver loro rubato il cellulare.
Dmytro Chaplyhin ha appena 20 anni e vive nella casa della nonna.Per giorni, filma le scene di guerra attorno a lui: colonne di fumo sollevate da bombardamenti e persino le truppe russe lungo le strade della città. Quando i russi sfondano la porta, trovano le immagini sul telefonino. Lo portano via, senza ascoltare le suppliche della nonna, che per giorni cammina fino alla base degli invasori per chiedere la liberazione di Dmytro. Senza sapere, però, che il ragazzo è già stato fucilato.
Se Dmytro si limita a filmare la guerra, alcune vittime imbracciano le armi e organizzano dei checkpoint lungo le strade per sorvegliarle e per ispezionare le auto che entrano in città. Tra loro Denys Rudenko, Anatolii Prykhidko e Vitalii Karpenko. Ma quando i russi arrivano non resta da far altro che scappare. Trovano rifugio a casa di Valerii Kotenko, che subito telefona alla moglie: «Non posso parlare per molto», dice a bassa voce mentre i soldati sono davanti alla porta, «temo che mi possano sentire». E infatti, il mattino dopo, tutti e quattro vengono fermati e portati nella base russa. Sul prato fuori dalla casa si trovano davanti il cadavere di Andrii Matviichuk. La stessa sorte tocca a loro: vengono fucilati assieme a Andrii Dvornikov, Sviatoslav Turovskyi, Andrii Verbovyi e Andrii Matviichuk.
Anche Mykhailo Romaniuk, 57 anni, decide di fare la guardia alle strade, che percorre sulla sua bicicletta. Un suo amico, che lo accompagna lungo Yablunska Street, ricorda: «C’è stato un rumore simile a un fischio, poi Mykhailo è caduto per terra. Un proiettile lo ha colpito alla testa».
Vitalii Karpenko, 28 anni, al checkpoint di Yablunska Street
Una volta assicuratisi il controllo di Yablunska Street, i russi creano uno sbarramento con due blindati: chiunque passi per la strada è un bersaglio. È un bersaglio Iryna Filkina, 52 anni, che il 5 marzo sale in sella alla sua bici e si dirige verso casa: «Sono una donna, non mi succederà nulla», dice per rassicurare i colleghi del negozio in cui lavora. I russi le sparano a vista: donna o uomo, per gli invasori non c’è differenza.
Il tesserino di Iryna ritrovato accanto al suo corpo dagli agenti ucraini
Iryna cade senza vita appena fuori dalla casa della famiglia Abramov, dove Oleh, 40 anni, si è rifugiato con la famiglia. Non passa molto: i russi entrano in casa e lo trascinano con sé. Lo spogliano, lo fanno inginocchiare e lo freddano, mentre la moglie urla disperatamente e inutilmente di non fargli del male. Quando vede il marito accasciarsi senza vita, prega i soldati di uccidere anche lei. Ma la risparmiano, e lei oggi racconta: «Si sono seduti davanti a me. Bevevano acqua, come se non fosse successo nulla».
Le uccisioni barbare continuano per settimane, mentre i soldati russi camminano lungo Yablunska Street tra i cadaveri che si fanno sempre più numerosi. C’è anche quello di Volodymyr Brovchenko, 68 anni, anche lui ucciso mentre era in bicicletta. Un suo amico ha trovato il corpo e ha cercato di toglierlo dall’asfalto, ma è dovuto scappare dopo essere stato ferito a una spalla da un proiettile.
Quando la guerra inizia, Maksym Kireev viene supplicato dalla fidanzata di lasciare Bucha. Lui però resto. E anche lui filma le esplosioni, che poi manda alla fidanzata e agli amici, che gli danno il soprannome di «Maksym l’impavido». Maksym resta in compagnia di un collega, Dmytro Shkirenkov, che intanto si è separato dalla moglie e dal loro figlio di 13 anni. Quando i russi li scovano, li portano vicino a una rotonda e gli sparano a bruciapelo. Un vicino vede tutto dalla sua finestra. Poi uccidono Oleksandr Chumak dopo avergli legato le mani. Oleksandr era rimasto a Bucha per difendere la città. Solo il giorno prima ha chiamato la moglie incinta. Dieci giorni dopo il suo omicidio, la moglie partorisce una bimba.
Queste sono 36 vittime, una piccola parte, identificate dalle autorità ucraine. Altre dozzine di cadaveri a Bucha e nelle città vicine sono ancora senza nome.
Le news sulla guerra del 25 dicembre. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 25 dicembre 2022.
Le notizie di domenica 25 dicembre. Putin: «Pronti a negoziare, loro no». Kiev: «È falso». Erdogan: «L’Occidente provoca, non cerca la mediazione»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 304esimo giorno.
• Strage a Kherson la vigilia di Natale: 16 civili morti.
• Usa e Ucraina preparano un piano di pace per febbraio.
• Kiev: «Mosca ha aumentato il numero di militari al fronte».
• Bucha, i volti e i nomi delle vittime: le loro ultime ore.
Ore 23:23 - Attacco mortale a Kherson, 64 civili feriti e almeno 16 morti
L’Ucraina sabato ha denunciato un atto di «terrore» e «vendetta» dopo un attacco russo al mercato di Kherson che ha provocato almeno 16 morti e 64 feriti, a dieci mesi dall’inizio dell’invasione delle truppe da Mosca. «Mentre le famiglie in Europa, Nord America e oltre preparano cene festive, dedicate un pensiero all’Ucraina che in queto momento sta combattendo contro il male», ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kouleba. Per il suo omologo della Difesa Oleskiï Reznikov, l’attacco a Kherson è «una vendetta contro i suoi abitanti che hanno resistito all’occupazione russa».
Kherson è stata liberata l’11 novembre dall’esercito ucraino dopo otto mesi di occupazione. «Mattina, sabato, vigilia di Natale, in centro. Queste non sono installazioni militari. Questa non è una guerra con regole fisse. Questo è terrore, questo è uccidere per intimidire e (trarre) piacere», ha criticato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sui social network . Secondo l’ultimo aggiornamento di questa mattina del governatore della regione di Kherson, Yaroslav Yanushevich, «per il momento abbiamo 64 civili feriti e 16 morti. Tra i feriti, 18 sono in gravi condizioni».
Ore 00:14 - Kherson, in tre muoiono durante operazione sminamento
Tre dipendenti dei servizi di emergenza statali ucraini sono morti domenica durante lo sminamento di un terreno nella regione di Kherson, quando è esplosa una mina. Lo scrive Ukrinform. Secondo quanto hanno scritto su Facebook i Servizi di emergenza, «tutti e tre prestavano nel Servizio di emergenza statale dell’Ucraina nella regione di Zhytomyr e si erano assunti il compito di sminare i territori della regione di Kherson liberati dal nemico».
Ore 09:02 - Il messaggio di Natale di Zelensky
In occasione del Natale, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha rivolto a tutti i cittadini del Paese un messaggio di perseveranza e unità: «La libertà ha un prezzo alto. Ma la schiavitù ha un prezzo ancora più alto», ha detto in un video diffuso su Telegram. La maggioranza della popolazione ucraina è di fede ortodossa e celebra il Natale il 7 gennaio, ma molti si uniscono alle celebrazioni del 25 dicembre. «Qualcuno celebrerà questo Natale lungo la linea del fronte, qualcun altro celebrerà questo Natale in prigionia, ma ricordatevi che restituiremo la libertà a tutti gli ucraini. Non aspetteremo un miracolo. Il miracolo lo creeremo noi stessi», ha concluso Zelensky.
Ore 09:27 - Allarme aereo in diverse regioni dell’Ucraina
Questa mattina un allarme aereo è stato lanciato a Kiev e in diverse regioni dell’Ucraina. L’amministrazione della capitale ha esortato i cittadini a recarsi nei rifugi in seguito all’annuncio dell’allerta aerea. Anche a Mykolaiv, riferisce il sindaco della città nel sud del Paese, l’allarme aereo è stato avvertito.
Ore 11:02 - Putin: «L’Occidente vuole dividere la Russia, ma noi pronti a trattare»
In una intervista concessa il giorno di Natale alla tv di Stato russa, Vladimir Putin è tornato sulla guerra in Ucraina. Secondo alcune anticipazioni rese pubbliche dall’agenzia statale Ria Novosti, il presidente russo ha ribadito che «la politica dei nostri avversari geo-politici punta a separare la Russia», ma ha difeso l’invasione dell’Ucraina: «Siamo stati costretti a farlo per difendere le persone che vivono in quei territori». Nonostante le massicce ritirate del suo esercito dopo l’estate, Putin ripete ancora che «stiamo procedendo nella direzione giusta». Infine il numero uno del Cremlino ha affermato che la Russia «è pronta a sedersi al tavolo per negoziare» sulla base di condizioni «accettabili»: «Non siamo noi a rifiutare i negoziati, ma loro».
Ore 11:51 - Kiev ribatte alle parole di Putin: «Mosca non vuole negoziare»
Non si è fatta attendere la reazione ucraina alle parole pronunciate da Vladimir Putin durante un’intervista odierna, in cui il presidente russo ha sostenuto che la sua volontà di negoziare venga rifiutata dall’Occidente: «Putin deve tornare alla realtà: la Russia non vuole negoziati, ma cerca di evitare ogni responsabilità», ha scritto su Twitter Mikhaylo Podoloyak, consigliere del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky. «La Russia ha attaccato per sua decisione l’Ucraina e sta uccidendo cittadini. per questo la porteremo in tribunale», conclude Podolyak.
Ore 15:44 - Razzi russi su Kramatorks
Oleksandr Honcharenko, sindaco di Kramatorks, ha fatto sapere tramite Facebook che la città del Donetsk, nel Donbass, è stata colpita oggi da tre missili russi che sono caduti sulla zona industriale. Non ci sono morti secondo i primi accertamenti, ma il primo cittadino ha chiesto a tutti i cittadini di restare nei propri rifugi in quanto «il pericolo ancora non è finito».
Ore 16:24 - Secondo l’esercito ucraino, Mosca vuole aprire un altro fronte a est
Il portavoce del Gruppo delle forze orientali dell’esercito ucraino, Serhiy Cherevaty, ha affermato che l’esercito russo intende lanciare una nuova offensiva nell’est del Paese e aprire un nuovo fronte nella regione di Donetsk, oltre a quelli di Bakhmut e quello di Avdiivka. L’est dell’Ucraina, sottolinea Cherevaty, resta «il teatro principale delle operazioni militari, dove il nemico ha concentrato la maggior parte delle forze». La città dove i russi sarebbero pronti a concentrare gli attacchi è Lyman, 50 chilometri a nord di Bakhmut. «I militari ucraini non permettono al nemico di sfondare le nostre difese e infliggono perdite sistematiche», ha concluso Cherevaty, secondo cui «più di 50 occupanti sono stati uccisi e circa 80 feriti nella sola direzione di Bakhmut».
Ore 17:55 - Bielorussia: va a fuoco caccia Mig-31K con missili ipersonici
Un caccia MiG-31K che trasportava missili ipersonici Kinzhal ha preso fuoco nell’aeroporto di Machulyshchy, in Bielorussia. Lo ha riferito il media investigativo «Belarusian Hajun» su Telegram.
Ore 19:23 - Kirill ha inviato gli auguri di Natale a Papa Francesco
Il Patriarca di Mosca Kirill ha inviato un messaggio di auguri per il Natale a Papa Francesco. Lo riferisce il sito del Patriarcato. Kirill porge a Francesco i suoi auguri «per la festa della Natività di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Ti auguro il suo aiuto nel tuo ministero e anche pace e prosperità per il gregge che ti è stato affidato», si legge nel messaggio.
Ore 19:49 - Erdogan: l’Occidente provoca, non cerca la mediazione
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sostenuto che l’Occidente ha solo provocato e non ha cercato di mediare nella crisi in Ucraina. «Sfortunatamente - ha detto Erdogan in un incontro con i giovani a Erzurume, secondo quanto riporta Ria Novosti - l’Occidente ha solo intensificato gli elementi di provocazione e non ha cercato di essere un mediatore» tra le due parti. «Noi come Turchia abbiamo invece assunto questo ruolo», in particolare «in relazione al corridoio del grano del Mar Nero», ha aggiunto.
Ore 22:10 - Medvedev: «L’obiettivo è abbattere il regime di Kiev»
La Russia non risparmierà nessuno sforzo per raggiungere gli obiettivi dell’operazione speciale in Ucraina e abbattere «il regime nazionalista» di Kiev: lo ha scritto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev in un articolo sulla Rossiyskaya Gazeta, secondo quanto riferisce la Tass. «Faremo del nostro meglio per raggiungere l’obiettivo dell’operazione militare speciale, in modo che il regime disgustoso dei nazionalisti di Kiev cessi di esistere. Oggi, nessuno tranne noi può farlo. Iniziare l’operazione speciale è stata una decisione difficile ma necessaria», ha scritto l’ex presidente.
Ore 23:24 - Mosca: pronti a riavviare consegne di a Ue con gasdotto Yamal
Mosca è pronta a riprendere le forniture di gas all’Europa attraverso il gasdotto Yamal-Europa. Lo ha detto il vice primo ministro russo, Alexander Novak, in una intervista all’agenzia Tass. La Russia, aggiunge, prevede che, nonostante la guerra in Ucraina, alla fine di quest’anno avrà inviato 21 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto in Europa. «L’Europa - osserva poi Novak - era un mercato chiave per la vendita dei nostri prodotti petroliferi. Aspettiamo e vediamo quali decisioni prenderanno a lungo termine. Al momento non abbiamo idea di come possa essere sostituito il nostro carburante».
La nuova corsa per l’Artico. Lorenzo Vita su Inside Over il 26 dicembre 2022.
In un mondo che sembra non avere più segreti per l’essere umano, l’Artico rappresenta per molti una sorta di prossimo (e forse ultimo) Eldorado che unisce l’interesse scientifico a quello più meramente economico, e dunque strategico. La regione più a nord della Terra, così remota e impossibile per larghi tratti della Storia umana, oggi non appare più un luogo misterioso né impraticabile, ma una regione che racchiude, come un enorme scrigno di terra e ghiaccio, quello che per le potenze mondiali è ancora qualcosa di fondamentale: materie prime e rotte che possono unire punti fino a oggi considerati impossibili da collegare.
Non deve sorprendere, dunque, che l’Artico, in questa spasmodica ricerca dell’essere umano verso nuove scoperte e risorse, ma anche nella più materiale volontà di avere un vantaggio sui rivali, venga considerato uno scenario potenzialmente rivoluzionario, palcoscenico selvaggio dove declinare la propria lotta. Le condizioni che si stanno creando sotto il piano ambientale e quello scientifico rendono più semplici l’esplorazione e lo sfruttamento sia sotto il profilo delle risorse che di quelle rotte. Mentre la rinnovata contesa internazionale tra Stati vede nell’Artico convivere e confliggere gli interessi delle tre maggiori potenze mondiali: Cina, Russia e Stati Uniti.
Le mire della Cina
Pechino cerca nel Polo Nord non soltanto la possibilità di sfruttare risorse inesplorate ma anche possibili nuove rotte che rappresentino una via d’uscita dall’utilizzo dalla “prigione” della via della seta: unico percorso attualmente disponibile via mare per raggiungere i ricchi mercati dell’Europa. Su questo tema, alcuni analisti storcono il naso: le rotte polari appaiono ancora come qualcosa di difficile concretizzazione e probabilmente anche troppo dispendiose, per tecnologie e spostamenti, rispetto a quelle più note che solcano Suez o circumnavigano l’Africa.
Ma sappiamo che la Cina, con le sue supercontainer e le sue indubbie capacità tecnologiche, non è una potenza che si ferma davanti a certi ostacoli. Il riscaldamento climatico, se continua con gli attuali ritmi, potrebbe in effetti sostenere questo sviluppo delle nuove rotte – oggi disponibili in pochissimi periodi dell’anno. E di certo il passaggio a nord-est, con la sua attuale “quiete” geopolitica e con la Russia a garantirne il tratto asiatico, può essere una rotta molto meno complicata di quella che passa per Malacca, Aden, Bab el Mandeb e Suez.
Le risorse in mano alla Russia
Se per Pechino l’Artico è una via, per la Russia esso rappresenta quel vasto mondo ghiacciato che per secoli è stato uno dei grandi ostacoli strategici allo sviluppo del Paese. Una massa d’acqua immensa, completamente sotto il controllo dei russi, ricca, ma inadatta alla vita e allo sfruttamento. Un tesoro sommerso dal ghiaccio che ha costretto zar, capi di partito e lo stesso Vladimir Putin, a “dimenticare” quel mare ma soprattutto a cercare lo sbocco altrove. Un incubo che ha sostanzialmente creato la dottrina russa e che ha incardinato le scelte della Terza Roma per secoli, fino ai giorni nostri.
E che se l’Artico fosse stato navigabile probabilmente sarebbe stato visto con minore interesse. Oggi, con le condizioni viste in precedenza, il grande nord rischia di non essere più quel muro di ghiaccio, gelo e acqua che ha chiuso la Russia. Ma la Federazione, costituendo il Paese che per migliaia di chilometri “possiede” quella regione, sa anche che deve proteggerlo da potenziali nemici. E lo fa partendo dall’idea che in larga parte risorse e rotte siano “sue”.
Il ruolo strategico per gli Usa
Dall’altro del mondo, il blocco occidentale, ha da tempo l’Artico sotto osservazione. Washington esplora da sempre le rotte del nord, con sottomarini e navi da ricerca che hanno spesso scandagliato e navigato quelle acque e egli abissi fino a raggiungere il Polo. Dai tempi della Guerra Fredda, l’Alto Nord è stato considerato un confine tra il blocco occidentale e quello sovietico, e può esserlo ancora oggi, specialmente con la rinascita militare della Russia e le mire polari della Cina. Gli Stati Uniti, sia attraverso gli alleati della Nato, sia attraverso una propria e autonoma strategia, vedono nell’Artico lo scenario di una nuova competizione globale per risorse e rotte.
E non è un caso che gli ultimi documenti strategici atlantici considerino quella regione un elemento sempre più importante, non solo da mantenere libero per la navigazione ma anche intatto sotto il profilo militare e politico nella sua parte terrestre, escludendolo dall’interesse russo e in parte asiatico. L’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia rientra in parte anche in questo scopo: avere sotto la propria influenza e sotto l’ombrello militare e politico l’intera Scandinavia rafforza la posizione dell’Occidente in quella vasta regione settentrionale del mondo.
Per gli equilibri ambientali, climatici e quindi non solo della regione ma dell’intero ecosistema mondiale, questa corsa all’Artico racchiude inevitabilmente sfide complesse e non prive di enormi pericoli. Organizzazioni internazionali, grandi istituti di ricerca, governi coinvolti nell’area, il Consiglio Artico (unico organismo internazionale a riunire Paesi occidentali e Russia per la salvaguardia del grande Nord) continuano a lanciare allarmi: ogni sfruttamento rischia di generare un cambiamento radicale, immutabile e dannoso per l’intero pianeta. Ma la competizione strategica rischia di coprire il tutto con interessi che molto poco hanno a che vedere con la tutela di un ambiente fragile e fondamentale per l’uomo, e che spesso racchiudono l’obiettivo di evitare che una potenza prevalga sull’altra in una regione che può davvero cambiare, in un futuro non così lontano, gli equilibri geopolitici. Ma anche quelli della stessa vita sulla Terra.
La guerra bianca. Il nuovo ordine mondiale si decide sull’Artico. Marzio Mian su L’Inkiesta il 6 Dicembre 2022.
Il conflitto in Ucraina ha sancito la fine dell’eccezionalismo della convivenza pacifica nel Grande Nord, dove la Cina è attiva alleata della Russia contro la Nato. Putin è pronto a giocare su questo fronte la sua ultima partita
«Quella della Russia e della Cina nell’Artico è un’aggressione all’ordine internazionale…»
«Ammiraglio, con il dovuto rispetto, il suo intervento è pieno d’arroganza e alquanto paranoico…»
«Ho una domanda per lei, ambasciatore. Visto che la Cina si richiama tanto al principio di sovranità, allora perché non avete ancora condannato l’attacco russo all’Ucraina?»
«Non stiamo parlando d’Ucraina qui. La verità è che voi della Nato state approfittando di questo conflitto per espandervi nell’Artico e dominarlo. È un gioco molto pericoloso…»
Lo scambio avviene all’assemblea dell’Arctic Circle di Reykjavík a metà ottobre 2022. Dal palco sta parlando l’ammiraglio Rob Bauer, presidente del comitato militare Nato, quando l’ambasciatore cinese in Islanda si alza in prima fila e lo interrompe. Volti attoniti e brusio generale. I due si puntano l’indice l’un altro. […]
Pubblicamente, alle conferenze internazionali sull’Artico come quella islandese, non ricordo d’aver mai sentito pronunciare la parola «conflitto», un tabù ben custodito, per scaramanzia o ipocrisia. Il mantra della diplomazia artica era «cooperazione, stabilità, dialogo». Un modo per esorcizzare la realtà, e cioè quella d’una regione fragile non solo dal punto di vista ambientale, ma destinata a essere contesa con la forza perché non esistono accordi capaci di garantire la spartizione pacifica dell’unica area del mondo ancora non sfruttata e che nasconde quelle risorse di cui il mondo è affamato – ora soprattutto i minerali alla base delle tecnologie green e militari –, cruciali per alimentare il modello capitalista della crescita permanente.
Non s’è infatti mai visto che si presenta l’opportunità di mettere le mani su un nuovo continente e gli uomini le tengono in tasca. Non basta abbattere le statue di Cristoforo Colombo per cancellare la cultura dell’impero e del dominio, o pensare che il colonialismo sia archiviato soltanto perché i nuovi colonialisti usano parole corrette come «resilienza» e «inclusione».
Eppure le speciali regole d’ingaggio nelle relazioni artiche hanno resistito. Non secondario il fatto che tra le nazioni che s’affacciano sull’oceano polare ci sono due potenze, Russia e Stati Uniti, che si combattono in vario modo da oltre settant’anni, entrambe chiamate dalla stessa missione d’espandere la propria influenza e supremazia, e poi che ci siano confini polari condivisi da Nato e Russia.
Nasceva soprattutto da qui l’eccezionalismo dell’Artico: il dovere di collaborare e mantenere la stabilità nonostante tutto, nonostante l’oceano di ghiaccio fosse stato il teatro più caldo della Guerra fredda con i sottomarini nucleari che si davano la caccia come il gatto col topo. Lo spirito era quello indicato da Michail Gorbačëv a Ronald Reagan nel 1987, auspicando il disarmo dei missili a medio raggio dispiegati in Artico: «Facciamo del Polo un polo di pace» disse il leader sovietico davanti alla Flotta del Nord a Murmansk.
Il Consiglio artico, quando nacque nel 1996, era poco più d’una dichiarazione di buoni e pacifici intenti tra gli otto Paesi artici – oltre a Russia e Usa, Cana- da, Norvegia, Islanda, Danimarca (grazie alla Groenlandia), Svezia e Finlandia – che si proponevano di ritrovarsi allo stesso tavolo per lavorare assieme sulle questioni ambientali, sulla navigazione o sui diritti delle popolazioni indigene.
Non sulla sicurezza, perché non si trattava d’una organizzazione internazionale, ma d’un forum intergovernativo. Per diversi anni nessuno s’accorse dell’esistenza del Consiglio artico, frequentato da diplomatici pronti alla pensione; man mano che il ghiaccio si fondeva, e cominciavano a circolare le stime delle ricchezze sfruttabili e addirittura s’annunciavano rotte artiche alternative a Suez e Panama, allora sono arrivati i pezzi grossi, ministri degli Esteri, da Sergej Lavrov a Hillary Clinton.
E i Paesi che volevano contare sulla scena mondiale facevano a sportellate per essere ammessi come osservatori al club boreale, in primis la Cina. Quell’area rimasta ai margini della Grande Storia dell’umanità si trovava improvvisamente sotto i riflettori, al centro d’interessi globali.
Lo spirito di Gorby ha retto sotto molte tempeste, l’Artico è rimasto un luogo speciale, in parte perché è il totem della lotta al riscaldamento globale, la fetta di mondo che paga il prezzo più alto, dove sono più estreme le conseguenze della nostra hybris. E poi per quel tabú della guerra, un’ipotesi che non andava nemmeno contemplata lassù, fosse solo per la quantità di testate nucleari con cui Vladimir Putin piantona i suoi 22mila chilometri di costa polare.
Le crisi internazionali sono rimaste fuori dall’uscio del Consiglio artico, Stati Uniti e Russia hanno continuato a parlarsi, a studiare insieme lo smottamento del permafrost, la decimazione degli orsi, lo stravolgimento dell’ecosistema marino. Le guardie costiere dei Paesi artici non hanno cessato di condividere codici di navigazione per gestire gli inediti pericoli creati dal crescente traffico commerciale e turistico.
Il «patto del ghiaccio» tra gli Otto aveva superato anche l’annessione russa della Crimea nel 2014. Ma non l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Sette Paesi artici hanno chiuso ogni collaborazione con la Russia, tra l’altro presidente di turno del Consiglio e titolare del 52 per cento di coste polari. L’Artico s’è spaccato
in due e s’è rotto il tabú della guerra. L’attenzione è sul Donbass e il Mar Nero, le mappe dei generali occidentali segnate in rosso riguardano il Grande Nord, il Mare di Barents e lo Stretto di Bering. «Dopo l’Ucraina è cambiato tutto. Ora la questione non è se ci sarà un conflitto nella regione polare, ma come evitarlo» mi ha detto Angus King, senatore indipendente del Maine: «Ciò che si prepara sul tetto del mondo è un problema di sicurezza nazionale per ogni Paese occidentale».
Con l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, il Consiglio artico è interamente euro-atlantico e di fatto il braccio politico della Nato. Dopo l’aggressione russa all’Ucraina, l’Alleanza ha presto accelerato verso una dottrina militare a trazione nordica, concentrando le sue attenzioni lì dove la Russia potrebbe sfidare l’articolo V del Patto atlantico perché è dove Putin ha ammassato la sua forza non convenzionale in grado di colpire l’Occidente con una gittata balistica più breve.
Da quello che ritiene il mare nostrum dei russi, lo zar proietta le sue ambizioni neo-imperiali, perché la Flotta del Nord, dalle acque polari, può collegarsi velocemente sia all’Atlantico sia al Pacifico. Nell’Artico, Putin protegge, armi (nucleari) in pugno, la sua cassaforte di gas e petrolio; ora che non può più confidare sulla barriera naturale dei ghiacci, su quei confini è pronto a giocarsi la partita finale. E, se servisse, a sparare l’ultimo colpo.
Nell’Artico tutto si tiene e tutto sembra convergere verso il peggio. Se Xi Jinping temporeggia sull’Ucraina, qui però è già militarmente alleato con Putin. Russia e Cina svolgono per la prima volta manovre navali congiunte nel Mare di Bering, hanno installato in due mesi – stando a quel che mi hanno detto al Dipartimento di Stato americano – una struttura integrata per la navigazione satellitare basata sulla piattaforma Huawei e il sistema di posizionamento BeiDou, l’alternativa cinese al gps utilizzato dalla Nato.
Non è un caso che, improvvisamente, Stati Uniti e Nato hanno alzato il tiro oltre Putin, parlando di «aggressione militare di Russia e Cina nell’Artico». Washington ha pubblicato in fretta e furia, sull’onda degli sviluppi seguiti al conflitto ucraino, la nuova National Strategy for the Arctic Region, dove s’avvisa la Russia che le verrà impedito «con ogni mezzo» di dominare l’Artico, ma molto spazio nel documento è riservato alla «minaccia militare cinese» e alle «finte basi scientifiche» nella regione. Le intelligence militari di alcuni Paesi euro-atlantici – come ho potuto verificare ascoltando varie fonti in Italia e Regno Unito – ritengono che Pechino e Mosca stiano dando per certa l’escalation nell’Artico.
Sarà Guerra bianca? «Quel che è certo è che il nuovo ordine mondiale si decide oltre il Circolo Polare» è il giudizio di Anton Vasiliev, ex ambasciatore russo in Islanda. «La Nato concentra le sue forze a nord-est approfittando dell’impegno russo in Ucraina. Sanno che la nostra esistenza dipende dal Grande Nord. Per noi anche l’embargo europeo al petrolio russo è un’azione ostile della Nato».
Lo scontro verbale alla conferenza di Reykjavík a metà ottobre 2022 è stato il momento in cui è finito un Artico, quello condannato alla pace, e ne sono nati due, condannati a scontrarsi. Non c’erano delegati russi, ma l’inviato speciale di Pechino per la regione polare, Feng Gao, ha parlato anche per Mosca. Annunciando che si andrà verso la creazione d’un Consiglio artico russo-asiatico, alternativo a quello dei sette Paesi occidentali e Nato. «Non riconosceremo mai un Consiglio artico senza la Russia» ha detto a brutto muso il diplomatico cinese.
Frasi che, a quelle latitudini, sono sembrate siluri. Non è più tempo di buone maniere, del bon ton di circostanza che s’usava verso un ambiente naturale in via di disfacimento e che disvela, insieme alle ricchezze, la nostra natura tracotante. Gli scenari di guerra che racconto in questo libro sono infatti gli stessi dove è già chiara, sul campo, la Waterloo del pianeta.
Il linguaggio è cambiato, ora è quello spietato della Storia che ingloba l’Artico, inquinandolo anche con le parole. Prima che spazio geografico, geopolitico o biologico, era soprattutto un’idea che nasce dal bisogno d’altrove, dalla speranza che vi sia infine un luogo diverso, senza Storia, dove le cose sono sempre state come sono, una parte del pianeta ibernata in un’immacolata, primordiale, purezza. Addio, mitica, ultima thule.
Percepita nei millenni lontana come una Luna, l’Artide in meno d’una generazione, con il cortocircuito climatico, è diventata luogo di conquista neo-coloniale; qualcuno sostiene che sia addirittura il Piano B dell’umanità in un globo sempre più desertificato, sovraffollato e scarso di risorse. Oggi non c’è regione del mondo dove le cannonate sparate in Ucraina rimbombino forte come nel Grande Nord.
Da “Guerra bianca. Il fronte artico“ di Marzio G. Mian, Neri Pozza, 304 pagine, diciannove euro.
Dossier: Corsa tra i ghiacci. Alaska, l’ultima frontiera americana verso l’Artico. Matteo Muzio il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.
Si può partire dal punto più a Nord, dalla città di Utqiagvik, per capire l’Alaska. Più che una città si tratta di un villaggio dove per trenta giorni all’anno, in pieno inverno, non c’è mai un minuto di luce. Solo questo ci dimostra che ci troviamo di fronte a uno territorio unico: lo Stato più esteso che è anche quello meno densamente popolato, forse l’unico dove avere un auto non basta per spostarsi, data la presenza del permafrost sotto le poche strade di terra battuta.
Dove gli effetti del cambiamento climatico si sentono da vicino, ma nel contempo non può fare a meno dell’estrazione del petrolio dal giacimento di Prudhoe, il più grande degli Stati Uniti. Da un così originale mix geografico, ne è nata una politica unica. Ovviamente per uno stato fondato nel 1959, con poche tradizioni di welfare state e con una memoria ancestrale che comincia con i cercatori d’oro del Klondike a inizio Novecento, il partito dominante è quello repubblicano, già presente prima del riconoscimento statuale in quello che allora era solo un territorio scarsamente popolato, con l’esclusione dei nativi, che ancora oggi costituiscono il 15% della popolazione.
L’Alaska e un’utilità tardiva
Oggi l’Alaska non incarna solo i tre voti elettorali delle elezioni presidenziali, ma è la porta con cui gli Stati Uniti d’America hanno accesso all’Artico e alle sue risorse naturali. Non solo: sin dalla Guerra Fredda è anche il punto in cui gli Stati Uniti sfiorano il territorio della Russia, che in quel periodo era la temibile Unione Sovietica. E pensare che quel territorio venne ceduto per 7 milioni e duecento mila dollari (pari a 144 milioni attuali) dall’impero zarista agli Stati Uniti nel 1867, durante la presidenza del dimenticabile Andrew Johnson, inadeguato successore del repubblicano Abraham Lincoln.
Una cifra irrisoria che però all’epoca sgravò San Pietroburgo da un grosso fastidio e per i primi quarant’anni non diede particolari vantaggi agli Stati Uniti che ancora non controllavano pienamente il proprio territorio. Nemmeno l’esercito giapponese, sbarcato nel territorio delle isole Aleutine nel 1942, ne trasse vantaggio per una potenziale invasione. Adesso però è uno Stato cruciale per le sue ingenti risorse energetiche e per la sua posizione fondamentale per contenere la presenza russa nell’Artico.
Adesso è uno Stato che ha grandi bisogni di rinnovo infrastrutturale, dato che la rete autostradale è ridotta ai minimi, con soli 1700 km di autostrade e un gran bisogno soprattutto di consolidare i ponti, sia autostradali che ferroviari. Anche le rotaie in realtà sono poca cosa, soltanto 756 km di cui 280 sono dedicati a una linea panoramica che viene usata per scopi turistici. Quindi, non troppo sorprendentemente, hanno ricevuto una bella fetta di finanziamento federale, grazie anche al voto dei due senatori repubblicani Lisa Murkowski e Dan Sullivan alla legge sulle Infrastrutture approvata lo scorso anno: 3,5 miliardi di finanziamento federale per mantenere e costruire nuove autostrade. Un finanziamento minore, ma non meno rilevante, è quello che riguarda le vie d’acqua: 180 milioni di dollari sono stati garantiti per garantire un sistema di trasporto via nave alle comunità native che vivono in territori non raggiunti dalle strade. Anche 73 milioni vengono dedicati all’acquisto di nuovi traghetti e alla costruzione di nuovi terminal. Per ridurre al minimo le difficoltà di muoversi in quello che viene definito lo stato dell'”Ultima Frontiera”.
L’unicità del The Last Frontier State
L’Alaska però è anche un laboratorio politico interessante, dopo decenni di dominio repubblicano d’establishment. Per quasi cinquant’anni è stato il collegio (sì, tutto lo stato elegge solo un deputato al Congresso di Washington) di Don Young, decano della Camera dei rappresentanti, così come per 36 anni ha garantito la rielezione a Ted Stevens, altra istituzione vivente del Senato. All’inizio degli anni 2000 lo stato ha fatto nascere la stella politica di Sarah Palin, incredibilmente ascesa prima alla carica di governatrice e poi candidata alla vicepresidenza con John McCain nel 2008: per una parte della destra del partito repubblicano, che allora si riconosceva nel movimento del Tea Party, era lei la guerriera che stavano cercando. La grande combattente delle guerre culturali contro il dominio che i progressisti esercitavano nei media e nella cultura. Risultato: l’abbiamo ritrovata negli scorsi anni a cantare travestita da orso in un talent televisivo ed è finita agli onori delle cronache per essersi fatta multare in un ristorante di New York durante le restrizioni pandemiche.
Quest’estate è tornata in politica per sfidare una democratica molto particolare, la giudice Mary Peltola, restia a sposare gli eccessi dei progressisti di Washington e ansiosa invece di conciliare le opposte esigenze della difesa dell’ambiente con la salvaguardia dei posti di lavoro. Dato che l’Alaska ha votato democratico alle presidenziali solo una volta e alla Camera lo ha fatto l’ultima volta nel 1970, sembrava una passeggiata per Palin, dato che il suo brand di guerriera culturale, poco interessata alle proposte concrete, sembrava le potesse garantire una vittoria facile. A sorpresa invece è prevalsa Peltola. E anche i due senatori repubblicani, Murkowski e Sullivan, sono molto moderati e disposti a collaborare con la presidenza di Joe Biden.
In conclusione, in uno stato dove l’ambiente e il clima giocano una parte così importante, c’è bisogno di soluzioni di compromesso che spezzino il soffocante bipolarismo muscolare della politica americana. E l’Alaska produce questo strano brand di centrismo che può essere indossato indifferentemente dai democratici o dai repubblicani: l’importante è che si difendano gli interessi economici dello Stato e si evitino catastrofi ambientali. Compiti per cui le ideologie e i preconcetti servono a poco.
La guerra per le rotte dell’Artico. Davide Bartoccini il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.
Per secoli e secoli regione dell’Artico ha visto le sue acque “bloccate” dalle impenetrabili banchise di ghiaccio; relegando quelle terre lontane e inospitali a polo estremo dell’esplorazione geografica e geofisica. I suoi confini, rivendicati da Russia, Stati Uniti, Norvegia, Danimarca, Islanda e Canada, dal manifestarsi di un recente processo di scioglimento dei ghiacci – che promettono di dare accesso a enormi giacimenti di preziose riserve di idrocarburi, minerali e metalli – aprono nel presente e nel futuro prossimo una questione che si preannuncia complessa quanto delicata. Una questione che sembra già prossima a condurre le grandi potenze, che si preparano a reclamare e difendere i propri interessi economici e commerciali, di fronte a un scontro certo per il dominio delle rotte che lo attraversano. Covando il rischio di una guerra nel cuore ghiacciato nell’Artico che potrebbe diventare in breve il punto più caldo del pianeta: almeno per transito di aerei, navi da guerra, e sottomarini nucleari.
Da oltre un decennio super potenze come la Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese e gli Stati Uniti d’America, sono impegnate nello sviluppo e nel varo di imponenti navi rompighiaccio – talvolta a propulsione nucleare per concedere un’autonomia pressapoco illimitata – garantendo agli armatori il vantaggio della “consuetudine” nella conquista delle rotte commerciali che giocheranno un ruolo chiave non solo nell’economia mondiale, ma nell’equilibrio geostrategico della regione che custodirebbe un quarto delle riserve mondiali di idrocarburi ancora non sfruttate nei suoi fondali.
Tali rivendicazioni hanno già provocato le prime tensioni e nuove controversie. Aumentando la pressione su un equilibrio già labile, nonché fondamentale per frenare – ove davvero si volesse frenare senza riserve – il surriscaldamento globale in parte provocato dalle nostre emissioni.
Un polo strategico da cui passano le sorti del mondo
Tanto sono importanti le rotte del Pacifico, tanto saranno importanti, una volta disciolti i giacchi, le rotte che tagliando l’Artico consentiranno a Pechino e a Mosca, ma non meno alle potenze minori che affacciano sulla regione, di risparmiare decine di migliaia di miglia nautiche per portare a destinazione il frutto dei propri interessi.
Era dai tempi della Guerra Fredda – oggi più calda che mai, dato il lento incedere della guerra in Ucraina – che non si concentrava tanto sull’Artico e i suoi asset. Ma dove oggi si possono incontrare le solitarie navi rompighiaccio di molti Paesi – perfino quelle della Corea del Nord – nei prossimi tempi potrebbero incrociarsi navi militari a salvaguardia di quei “confini”, siano ancestrali, riconosciuti o riconoscibili, di potenze avversarie che condividono lo stesso medesimo obiettivo: garantirsi il passaggio a “nord-est” nella Northern Sea Route anche in pieno inverno. E cercare di accaparrarsi con esso le risorse energetiche.
Basti pensare che un viaggio dal Giappone all’Europa attraverso una rotta marittima trans-artica, può durare un massimo di 10 giorni rispetto agli oltre 20 giorni previsti dalla rotte che sfrutta il Canale di Suez, per non parlare degli oltre 30 giorni da considerare per la rotta che doppia Capo di Buona Speranza e risale la costa dell’Africa.
Il conflitto ucraino incide sulla geopolitica nell’Artico
Secondo molti osservatori e non è certo questa l’occasione per dar loro torto, invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russia e l’impennata dei prezzi nel mercato degli idrocarburi, ha accelerato sensibilmente la corsa all’Artico intrapresa dalle grandi potenze per imporre il loro predominio.
Come ricordato da Bloomberg in un recente report, le conseguenze di questa “corsa al Polo nord” sono potenzialmente disastrose per il pianeta. E sul piano ambientale, e sul piano delle tensioni internazionali che dati gli attori interessati a porre la propria bandiera sui ghiacci, potrebbero raggiungere la massima tensione dai tempi della Guerra Fredda.
La nuova corsa per l’Artico. Lorenzo Vita il 26 Dicembre 2022 su Inside Over.
In un mondo che sembra non avere più segreti per l’essere umano, l’Artico rappresenta per molti una sorta di prossimo (e forse ultimo) Eldorado che unisce l’interesse scientifico a quello più meramente economico, e dunque strategico. La regione più a nord della Terra, così remota e impossibile per larghi tratti della Storia umana, oggi non appare più un luogo misterioso né impraticabile, ma una regione che racchiude, come un enorme scrigno di terra e ghiaccio, quello che per le potenze mondiali è ancora qualcosa di fondamentale: materie prime e rotte che possono unire punti fino a oggi considerati impossibili da collegare.
Non deve sorprendere, dunque, che l’Artico, in questa spasmodica ricerca dell’essere umano verso nuove scoperte e risorse ,ma anche nella più materiale volontà di avere un vantaggio sui rivali, venga considerato uno scenario potenzialmente rivoluzionario, palcoscenico selvaggio dove declinare la propria lotta. Le condizioni che si stanno creando sotto il piano ambientale e quello scientifico rendono più semplici l’esplorazione e lo sfruttamento sia sotto il profilo delle risorse che di quelle rotte. Mentre la rinnovata contesa internazionale tra Stati vede nell’Artico convivere e confliggere gli interessi delle tre maggiori potenze mondiali: Cina, Russia e Stati Uniti.
Le mire della Cina
Pechino cerca nel Polo Nord non soltanto la possibilità di sfruttare risorse inesplorate ma anche possibili nuove rotte che rappresentino una via d’uscita dall’utilizzo dalla “prigione” della via della seta: unico percorso attualmente disponibile via mare per raggiungere i ricchi mercati dell’Europa. Su questo tema, alcuni analisti storcono il naso: le rotte polari appaiono ancora come qualcosa di difficile concretizzazione e probabilmente anche troppo dispendiose, per tecnologie e spostamenti, rispetto a quelle più note che solcano Suez o circumnavigano l’Africa.
Ma sappiamo che la Cina, con le sue supercontainer e le sue indubbie capacità tecnologiche, non è una potenza che si ferma davanti a certi ostacoli. Il riscaldamento climatico, se continua con gli attuali ritmi, potrebbe in effetti sostenere questo sviluppo delle nuove rotte – oggi disponibili in pochissimi periodi dell’anno. E di certo il passaggio a nord-est, con la sua attuale “quiete” geopolitica e con la Russia a garantirne il tratto asiatico, può essere una rotta molto meno complicata di quella che passa per Malacca, Aden, Bab el Mandeb e Suez.
Le risorse in mano alla Russia
Se per Pechino l’Artico è una via, per la Russia esso rappresenta quel vasto mondo ghiacciato che per secoli è stato uno dei grandi ostacoli strategici allo sviluppo del Paese. Una massa d’acqua immensa, completamente sotto il controllo dei russi, ricca, ma inadatta alla vita e allo sfruttamento. Un tesoro sommerso dal ghiaccio che ha costretto zar, capi di partito e lo stesso Vladimir Putin, a “dimenticare” quel mare ma soprattutto a cercare lo sbocco altrove. Un incubo che ha sostanzialmente creato la dottrina russa e che ha incardinato le scelte della Terza Roma per secoli, fino ai giorni nostri.
E che se l’Artico fosse stato navigabile probabilmente sarebbe stato visto con minore interesse. Oggi, con le condizioni viste in precedenza, il grande nord rischia di non essere più quel muro di ghiaccio, gelo e acqua che ha chiuso la Russia. Ma la Federazione, costituendo il Paese che per migliaia di chilometri “possiede” quella regione, sa anche che deve proteggerlo da potenziali nemici. E lo fa partendo dall’idea che in larga parte risorse e rotte siano “sue”.
Il ruolo strategico per gli Usa
Dall’altro del mondo, il blocco occidentale, ha da tempo l’Artico sotto osservazione. Washington esplora da sempre le rotte del nord, con sottomarini e navi da ricerca che hanno spesso scandagliato e navigato quelle acque e egli abissi fino a raggiungere il Polo. Dai tempi della Guerra Fredda, l’Alto Nord è stato considerato un confine tra il blocco occidentale e quello sovietico, e può esserlo ancora oggi, specialmente con la rinascita militare della Russia e le mire polari della Cina. Gli Stati Uniti, sia attraverso gli alleati della Nato, sia attraverso una propria e autonoma strategia, vedono nell’Artico lo scenario di una nuova competizione globale per risorse e rotte.
E non è un caso che gli ultimi documenti strategici atlantici considerino quella regione un elemento sempre più importante, non solo da mantenere libero per la navigazione ma anche intatto sotto il profilo militare e politico nella sua parte terrestre, escludendolo dall’interesse russo e in parte asiatico. L’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia rientra in parte anche in questo scopo: avere sotto la propria influenza e sotto l’ombrello militare e politico l’intera Scandinavia rafforza la posizione dell’Occidente in quella vasta regione settentrionale del mondo.
Per gli equilibri ambientali, climatici e quindi non solo della regione ma dell’intero ecosistema mondiale, questa corsa all’Artico racchiude inevitabilmente sfide complesse e non prive di enormi pericoli. Organizzazioni internazionali, grandi istituti di ricerca, governi coinvolti nell’area, il Consiglio Artico (unico organismo internazionale a riunire Paesi occidentali e Russia per la salvaguardia del grande Nord) continuano a lanciare allarmi: ogni sfruttamento rischia di generare un cambiamento radicale, immutabile e dannoso per l’intero pianeta. Ma la competizione strategica rischia di coprire il tutto con interessi che molto poco hanno a che vedere con la tutela di un ambiente fragile e fondamentale per l’uomo, e che spesso racchiudono l’obiettivo di evitare che una potenza prevalga sull’altra in una regione che può davvero cambiare, in un futuro non così lontano, gli equilibri geopolitici. Ma anche quelli della stessa vita sulla Terra.
La “Cortina di Ghiaccio”: la rete delle basi russe nell’Artico. Andrea Muratore il 27 Dicembre 2022 su Inside Over.
La Russia si sta blindando nell’Artico per mettere in campo una catena di basi capaci di garantire a Mosca, potenza poco avvezza alla grande strategia marittima, ciò che nel resto del mondo a nessuno Stato è concesso: controllare un grande spazio marittimo sottraendolo alla sostanziale piena disponibilità degli Stati Uniti. E plasmando, di converso, un ritorno in forze nell’Artico, militare questa volta, dopo la grande corsa al Nord dell’epoca sovietica sulla scia di gas, petrolio e altri asset.
L’immenso Artico russo è strategico
La zona artica terrestre della Federazione Russa, presa singolarmente, sarebbe la settima nazione al mondo per estensione. Grande come India e Messico messe assieme, il territorio russo oltre il Circolo polare artico si estende per 5 milioni di chilometri quadrati e il suo profilo costiero è lungo quasi 25mila km. Cinque mari formano l’Oceano Artico russo dai confini con la Norvegia fino allo Stretto di Bering che lo separa dal Pacifico: Mare di Barents, del Mare di Kara, del Mare di Laptev, del Mare della Siberia orientale e del Mare di Chukchi.
L’Swp, istituto tedesco di affari internazionali e securitari, ricorda che “il 90% dell’attuale produzione russa di gas e il 60% della sua produzione di petrolio avvengono nell’Artico, che ha anche il 60% delle riserve di gas e petrolio della Russia”. E in sostanza “l’Artico consente alla Russia di perseguire una serie di obiettivi significativi”. Dell’economia si è detto. Il controllo sull’Artico, inoltre, in campo geopolitico “sostiene lo status del paese come grande potenza; economicamente”. Inoltre, in campo militare, “l’Artico e il subartico formano un bastione strategico per la deterrenza e la difesa”.
Da Kola, penisola al confine con la Finlandia, alle Isole Diomede, al fianco dell’Alaska, dove Usa e Russia distano pochi chilometri di mare, l’Artico russo si snoda per migliaia di chilometri e incontra centri decisivi; città come Murmansk e Arcangelo, dove arrivavano gli aiuti alleati all’Urss durante la Seconda guerra mondiale, sono assieme a isole come Novaya Zemlya, dove fu testata la più potente bomba termonucleare di sempre sessant’anni fa i simboli di una continuità col passato che oggi la Russia vuole rilanciare per blindare l’Artico. Una mosse che ha l’obbiettivo di interdire a ogni potenza rivale la navigazione nella Rotta Marittima Settentrionale aperta nell’oceano ghiacciato oltre il Circolo Polare.
La Cortina di Ghiaccio
Al contrario dell’Antartide, continente circondato da oceani, l’Artico è un grande mare circondato da terre. Ed è per il controllo delle rotte di accesso a quella che per gli Usa è la Northern Sea Route e per i cinesi la Via della Seta Polare che Mosca ha costruito quella che il Centre for Strategic and International Studies ha definito nel 2021 come “Cortina di Ghiaccio”. La rete, cioè, di installazioni militari, basi, strutture volta a rendere il più impermeabile possibile alle ingerenze esterne il Grande Nord di Mosca.
Il Csis nota che dal 2007 il governo di Vladimir Putin ha provveduto alla “riapertura di 50 postazioni militari dell’era sovietica precedentemente chiuse. Ciò include la ristrutturazione di 13 basi aeree, 10 stazioni radar, 20 avamposti di frontiera e 10 stazioni di soccorso di emergenza integrate. Alle unità delle forze speciali russe fa anche parte una brigata artica le cui truppe sono state schierate nella regione per esercitazioni e addestramento”. Nell’Artico dove fu testata la “Bomba Zar” sono oggi organizzati i lanci di missili da crociera ipersonici che secondo il Washington Examiner potrebbero avere nella regione la loro migliore via di avvicinamento agli States e sono testati droni sottomarini a propulsione nucleare.
Radar, caccia, missili: le forze di interdizione
In caso di conflitto con i Paesi Nato le strutture della “Cortina di Ghiaccio” si attiverebbero con forza. Negli ultimi anni lungo la penisola di Kola e il distretto di Nenets, e fino all’isola di Novaya Zemlya, vicino ai confini con la Norvegia, è stata sviluppata la rete di osservazione di cinque basi radar Rezonans-N con capacità di rilevare caccia stealth fino a 600 km di distanza, in grado di intercettare anche eventuali F-35 in decollo dalla Norvegia o, in futuro, dalla Finlandia. I radar russi sono progettati con rivestimenti antigelo tali da farli sopravvivere in operatività anche di fronte alle temperature glaciali del Grande Nord.
Il governo russo ha anche potenziato la capacità di deterrenza aerea diretta. Le basi aeree di Nagurskoye, vicino alle Svalbard e a metà strada tra Siberia e Groelandia, e Temp, che è a mezza via tra Arcangelo e l’Alaska, sono attrezzate per poter ricevere tutto l’anno cacciabombardieri Mig-31 operativi in continuità alla base di Rogachevo, su Novaya Zemlya, la maggiore isola dell’Artico russo. Spazio anche ai sistemi missilistici S-400 nella base aerea di Tiksi nella Russia centro-orientale.
Sottomarini e rompighiaccio “riscaldano” il Grande Nord
C’è poi la questione delle forze marittime. I battelli della classe Sierra II, uno dei sottomarini d’attacco rapido più efficaci a disposizione della Russia, sono schierati nelle basi diffuse sui 25mila chilometri di coste tra cui spiccano Severomorsk-1 (Penisola di Kola) e Vidayevo. Dai classe Borel ai Kilo, dagli Oscar ai Victor, un’ampia gamma di battelli completa la disposizione: sottomarini d’attacco nucleari, sottomarini tradizionali e lancia-missili balistici consentono alla Russia di militarizzare gli abissi a piena forza. Dalle fregate classe Gorshkov ai cacciatorpediniere classe Ulyanov, molte unità sono state distaccate per operare nel Mediterraneo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
Ma la flotta è pienamente capace di operare e vanta, ricorda il Csis, un asset decisivo: la più grande flotta al mondo di rompighiaccio, forte di 40 vascelli: “I rompighiaccio svolgono un ruolo cruciale non solo nel proteggere la costa russa, ma anche nel promuovere e osservare il commercio marittimo attraverso la rotta marittima artica”, che secondo il libro bianco russo per l’Artico rappresentano un obiettivo duale e convergente per assicurare il dominio nella regione. E proprio “la flotta rompighiaccio incarna la dualità della presenza militare della Russia, liberando il passaggio per navi militari e commerciali e fungendo da piattaforma scientifica mobile quando necessario. Alcuni rompighiaccio russi sono anche armati con missili da crociera Kalibr e sistemi di guerra elettronica”.
Nell’Artico non si dominerà il mondo né si metteranno in campo scenari decisivi in caso di una guerra. Ma poter decidere chi passerà e chi no nell’Oceano che si preannuncia essere, per cambiamenti climatici e apertura delle rotte del futuro, un teatro in divenire per i commerci e la competizione geopolitica alzerebbe indubbiamente il prestigio della Russia. Aprendo lo spazio per una territorializzazione di fatto degli spazi oceanici con un mix di penetrazione economica e controllo militare e fornendo istruzioni a chi (un esempio su tutti: la Cina nel Mar Cinese Meridionale) potrebbe replicare in teatri più caldi lo stesso approccio. E la prospettiva dell’emulazione è la più complessa quando si analizzano gli scenari geopolitici del Grande Nord. Importanti anche come monito per altri fronti di competizione tra le potenze.
Come sarebbe un conflitto nell’Artico. Paolo Mauri il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.
L’Artico ribolle, e non per questioni legate al cambiamento climatico sebbene questo abbia una parte non secondaria in quanto sta accadendo alle più alte latitudini del globo.
Proprio la minore presenza dei ghiacci perenni sui mari a ridosso del Circolo Polare ha innescato un meccanismo per il quale i Paesi che vi si affacciano – e non solo – stanno guardando con maggiore interesse alla possibilità di sfruttare le risorse minerarie ivi presenti e alle possibilità date dall’apertura di nuove linee di comunicazione marittima, che porta con sé la costruzione di nuove infrastrutture e quindi la necessità di difenderle.
La difesa dei confini artici però non è l’unico punto nelle agende di quelle nazioni che condividono confini marittimi e terrestri in quella regione inospitale: meno ghiaccio sui mari, o comunque meno spesso, significa poter avere proiezione lungo una direttrice (quella diretta e passante per il Polo Nord) sino ad ora preclusa. Meno ghiaccio, come accennato, significa anche apertura di nuove rivendicazioni territoriali: la Russia, da tempo, ha in essere un contenzioso con gli altri Paesi artici riguardante la definizione della sovranità su un’ampia porzione di Mar Glaciale Artico, che Mosca vorrebbe far rientrare nella propria Zona di Esclusività Economica “allargata” stante la grandezza dello zoccolo continentale e altri limiti geologici dati dalle dorsali oceaniche, per poter sfruttarne le ricchezze minerarie, date non solo dagli idrocarburi ma anche, ad esempio, da depositi di manganese e ferro che si trovano sui fondali nella forma di noduli.
Un Artico che, quindi, si sta progressivamente militarizzando, con evidenti disparità tra quanto sta facendo la Russia, che ha varato una politica più incisiva fatta di nuove installazioni militari, ristrutturazione di quelle ereditate dal periodo sovietico e soprattutto la programmazione della costruzione di nuovi rompighiaccio – che facilmente sarebbero dual use, e quanto stanno facendo Stati Uniti e alleati, che risultano essere più indietro sebbene dispongano, potenzialmente, di capacità di proiezione militare maggiori rispetto a quelle russe.
Un conflitto per le isole
Come e dove sarebbe, quindi, un ipotetico conflitto per il controllo dell’Artico?
A giocare una parte fondamentale sarebbero le isole e gli stretti, pertanto si tratterebbe, sostanzialmente, di un conflitto di tipo aeronavale con importanti operazioni anfibie. L’Artico è contornato da arcipelaghi e grosse isole che giocano un ruolo cruciale per il controllo dello spazio aero-marittimo: Groenlandia, Svalbard, Jan Mayen, Terra di Francesco Giuseppe, Nuova Zemlja e Severnaja Zemlja senza considerare il vasto arcipelago canadese sono tutti punti di partenza per operazioni militari, e potenzialmente obiettivi.
Lo Stretto di Bering e gli accessi al Mare di Barents sarebbero, inoltre, teatro di confronto aeronavale in quanto passaggi obbligati cruciali per il traffico marittimo e quindi per la sicurezza delle linee di rifornimento. In particolare il ben noto Giuk Gap, tornerebbe – anzi, è già tornato – a essere fondamentale: i bracci marittimi che separano Groenlandia, Islanda e Regno Unito (da cui l’acronimo Giuk) sono infatti tornati a essere costantemente pattugliati dallo strumento aeronavale della Nato in quanto la Russia, da tempo – almeno dal 2008 quando ha ricominciato le crociere dei suoi pattugliatori marittimi e bombardieri – ha ricominciato a proiettarsi verso l’Oceano Atlantico.
A fine ottobre del 2019, ad esempio, non meno di 10 sottomarini della Voenno-Morskoj Flot, la marina russa, hanno attraversato più o meno contemporaneamente quei passaggi per dirigersi in Atlantico in una mossa che, per entità, non si assisteva dai tempi della Guerra Fredda.
Tornando a un ipotetico conflitto, il primo colpo sarebbe quasi sicuramente sferrato nelle profondità marine tranciando i cavi di comunicazione avversari in modo da rendere difficoltosi i collegamenti con gli avamposti nelle isole.
Ovviamente il campo di battaglia vero e proprio sarebbe diverso a seconda dell’attore che si rende protagonista assumendo l’iniziativa. Ipotizzando un attacco russo, molto probabilmente Mosca cercherebbe di assumere il controllo delle Svalbard a occidente e dell’isola di San Lorenzo e di San Matteo nel Mare di Bering a oriente.
Il controllo di questi territori assicurerebbe la sorveglianza sulla rotta artica e, grazie alle Svalbard, la possibilità di allungare il proprio braccio nel Mar Glaciale Artico instaurando una nuova zona Anti Acess / Area Denial con la possibilità di farne anche una base di partenza per colpire gli insediamenti alleati in Groenlandia e in Islanda.
Le condizioni ambientali, come detto, sono proibitive pertanto le operazioni verrebbero effettuate durante il periodo di contrazione del pack e approfittando della superiorità nel numero dei rompighiaccio, che diventano fondamentali per assicurare i rifornimenti.
La componente aerea sarebbe essenziale per il buon esito delle operazioni, e la Russia ha dimostrato di voler guardare al fronte artico più attentamente da questo punto di vista: rischieramenti di bombardieri strategici hanno cominciato a vedersi nella penisola di Kola, oltre a diverse missioni addestrative condotte nei cieli artici, a cui si aggiunge la presenza, per il momento saltuaria, di caccia MiG-31 in basi a ridosso e oltre il Circolo Polare, per testarne le doti in clima artico. Questo caccia, nella versione K, è in grado di lanciare il missile balistico ipersonico Kh-47M2 che è un'arma adatta per effettuare attacchi di alta precisione in profondità, sfruttando l'autonomia del velivolo lanciatore.
Come detto il conflitto sarebbe principalmente aeronavale: la flotta russa verrebbe mobilitata in tutte le sue componenti – di superficie, aerea e subacquea – per garantire la protezione dei convogli e delle operazioni di sbarco anfibio in un ambiente che conosce bene e che rappresenta, sin dai tempi della Guerra Fredda, il “bastione” da cui operano i suoi sottomarini lanciamissili balistici a propulsione nucleare.
Non è da escludere la possibilità di un'azione terrestre verso i porti e le basi nel nord della Norvegia violando la “neutralità” - che ormai non è quasi più tale – di Finlandia e Svezia per allargare la fascia di sicurezza delle proprie linee di comunicazione verso le isole, ma più plausibile sarebbe un pesante attacco missilistico nelle prime ore dell'attacco per mettere fuori uso le infrastrutture e i comandi.
Il contrattacco dell'Alleanza
La risposta della Nato sarebbe innanzitutto rivolta a interrompere i tentativi di sbarco e interdire le linee di navigazione (marittime e aeree) utilizzando lo strumento navale e aereo partendo dalle basi su cui può contare in Norvegia, Regno Unito, Islanda (Keflavik) e Groenlandia (Thule). Sicuramente verrebbero impiegati i gruppi di portaerei statunitensi e britannici e molto probabilmente, come attività preventiva, forze sarebbero dispiegate in Islanda, Norvegia e Groenlandia per fornire un deterrente contro possibili ulteriori invasioni.
Dall'Alaska e dagli avamposti nelle Aleutine partirebbe l'attività di contrasto agli sbarchi russi nel Mare di Bering, in particolare l'hub di riferimento sarebbe la base aerea di Elmendorf (nei pressi di Anchorage). Anche in questo fronte l'U.S. Navy sarebbe in prima linea coi suoi gruppi navali. Probabilmente, data la maggiore superiorità numerica e qualitativa, Nato e Usa otterrebbero facilmente la superiorità aerea rendendo molto difficile la sopravvivenza dei contingenti da sbarco russi e l'attività navale, anche se Mosca dovesse scegliere di concentrarsi su uno solo degli obiettivi individuati in precedenza.
Consolidata questa superiorità l'Alleanza procederebbe alla riconquista delle isole occupate con uno sbarco anfibio massiccio che verrebbe contrastato principalmente dall'aviazione russa e dalla componente sottomarina, riservando alle unità di superficie l'attività di interdizione a lungo raggio utilizzando missili da crociera antinave, che Mosca ha montato anche su unità minori come da prassi russa. La Nato, che non ha mai abbandonato l'addestramento in climi freddi, recentemente ha mostrato di aver aumentato questo sforzo addestrativo organizzando esercitazioni in Norvegia ma soprattutto in Islanda, dove si è vista anche la partecipazione di distaccamenti di Marines in assetto da sbarco, ovvero supportati da unità tipo Lhd (Landing Helicopter Dock), durante Trident Juncture 2018. Guardando a una carta geografica, infatti, l'Islanda – più della Norvegia a causa della sua vicinanza al confine russo – rappresenterebbe il fulcro delle operazioni Nato oltre il Circolo Polare, e infatti le manovre che si effettuano nell'isola riguardano principalmente la difesa delle linee marittime intorno ad essa.
Uno scenario comunque lontano
Da questa trattazione è stata volutamente esclusa l'attività nell'area del Baltico, che molto probabilmente avrebbe luogo in concomitanza con un assalto nell'Artico, perché esula dai fini della nostra trattazione e non è stata considerata la partecipazione di Finlandia e Svezia, in quanto nel momento in cui scriviamo non sono ancora formalmente entrate nell'Alleanza Atlantica.
Questo scenario che abbiamo dipinto è, ovviamente, del tutto ipotetico: riteniamo che la Russia, in questo momento e per alcuni anni a venire, non abbia la capacità di mettere in atto un'azione simile per via dell'erosione della sua capacità bellica nel conflitto in Ucraina. Capacità che, riteniamo, debba essere fortemente ridimensionata stante il corso degli eventi in quel teatro.
La Svastica sull’Antartide. Emanuel Pietrobon il 4 Dicembre 2022 su Inside Over.
È dal XIX secolo che l’Antartide, il continente ghiacciato, è un’importante arena di confronto tra le grandi potenze. Oggi è una delle tante terre in cui vanno germogliando i semi della Terza guerra mondiale a pezzi, tra militarizzazione sottotraccia e giochi di spie. Ieri ospitò l’altro paragrafo glaciale della Guerra fredda. E l’altroieri, cioè durante la Seconda guerra mondiale, fu un obiettivo della Germania nazista.
Il mito della Nuova Svevia
La storia dell’ossessione antartica della Germania non inizia con Adolf Hitler, ma con Guglielmo II. La weltpolitik imponeva ai tedeschi di piantare ovunque la loro bandiera, dai Caraibi all’Oceania, perciò una prima spedizione antartica, guidata dal comandante Erich von Drygalski, fu organizzata fra il 1901 e il 1903. Poi, cause la Grande guerra e il successivo decennio nero, l’oblìo.
I tedeschi avrebbero dovuto attendere l’arrivo di Hitler per rimettere piede nel continente bianco. Berlino era alla ricerca di postazioni per la caccia alla balena, essendo il suo prezioso olio richiesto dall’industria nazionale, e l’Antartide sembrava il luogo perfetto in cui edificarne una. Anche perché, se fruttuosa, la spedizione avrebbe potuto soddisfare due obiettivi: uno economico, cioè la riduzione delle importazioni di olio di balena dalla Norvegia, e uno militare, ossia il possesso di una testa di ponte utile in caso di guerra.
La storia dimenticata dell’assalto nazista al Sudafrica
Nel dicembre 1938, nella più totale segretezza, il veterano della Marina tedesca Alfred Ritscher lasciò il porto di Amburgo alla volta dell’Antartide. Ritscher e l’equipaggio arrivarono nella costa della principessa Marta, parte di una più ampia regione che di lì a poco avrebbe reclamato la Norvegia – la terra della regina Maud –, poco più di un mese dopo.
Ritscher battezzò quella porzione di Antartide la Nuova Svevia, un omaggio alla nave catapulta sulla quale avevano viaggiato – la MS Schwabenland –, stabilendovi una base ed esplorandola da cima a fondo. Bandiere della Germania nazista furono piantate lungo la costa e colonne con in cima la svastica nell’entroterra.
A missione finita, nell’aprile dello stesso anno, Ritscher rincasò con più di diecimila fotografie aeree della Nuova Svevia e regioni adiacenti, equivalenti ad una mappatura territoriale dall’alto di circa 350mila chilometri quadrati di Antartide, e con dei rapporti oceanografici sui mari del polo sud e sull’Atlantico meridionale.
La Norvegia, venuta a conoscenza della spedizione nazista attraverso dei cacciatori di balene che avevano visto la nave catapulta in rotta verso il continente bianco, avrebbe reagito all’affronto estendendo le proprie rivendicazioni dalla costa della principessa Marta all’intera area mappata da Ritscher, chiamandola terra della regina Maud, ponendo fine alle ambizioni glaciali del Terzo Reich. O forse no.
Alla ricerca dei nazisti tra i ghiacci
Agosto 1946, la seconda guerra mondiale è finita da un anno quando un’imponente forza viene spostata dagli Stati Uniti al continente bianco. Una forza composta da 4.700 soldati, 33 aerei e 13 navi. Obiettivo dichiarato del dispiegamento, rispondente al nome di operazione Highjump, è la preparazione delle forze armate all’azione nei climi estremi. Passo necessario e propedeutico all’ingresso degli Stati Uniti in Antartide.
Ma Highjump potrebbe essere stata molto più di un’esercitazione avanzata. Highjump potrebbe aver perseguito, secondo letture controcorrente – e non per forza prive di senso –, anche un fine occulto: la ricerca di presunte installazioni naziste.
Gli Stati Uniti erano a conoscenza della grande trasmigrazione nazista verso le Americhe Latine e, seguendo le indiscrezioni ruotanti attorno la rete Odessa, si era fatta strada la convinzione, mai esplicitata, che da qualche parte tra il cono sud e l’Antartide i superstiti del Terzo Reich si stessero riorganizzando per un futuro colpo di mano.
Quando i nazisti tentarono l’assalto all’America Latina
Prove di attività naziste nel continente bianco non erano presenti. Dopo la spedizione di Ritscher, invero, Berlino avrebbe ufficialmente annullato le successive missioni in programma – almeno due – a causa dello scoppio del conflitto. Versione contestata dai pettegolezzi provenienti dall’Argentina, dove si parlava di basi sotterranee naziste nei pressi della penisola antartica, che il sensazionale approdo degli U-Boat 530 e 977 a Mar del Plata, sul finire della guerra, avrebbe contribuito in maniera determinante a investire di veridicità.
Gli Stati Uniti dovevano sapere se i superstiti del Terzo Reich avessero effettivamente costruito la vociferata Nuova Berlino nel continente bianco. E Highjump, secondo il filone cospirazionistico, avrebbe servito il proposito di scoprirla per distruggerla. Una teoria affascinante, ma che tale resterà fino a quando non emergeranno prove a suo supporto. Se mai emergeranno.
Il grande gioco per l’Antartide. Emanuel Pietrobon il 4 Dicembre 2022 su Inside Over.
La fame di egemonia delle grandi potenze non conosce limiti. Esse ambiscono al dominio di qualsiasi terra sulla quale posino lo sguardo o sulla quale camminino. È nel loro dna. Un determinismo genetico che può essere solo inibito, ma non estinto. È così da sempre. E sempre sarà.
Grandi potenze, la loro diplomazia parla la lingua delle cannoniere, dei preti e dei commercianti. Tra loro è grande gioco, torneo delle ombre, ovunque si trovino risorse in abbondanza. Perciò ogni epoca, sebbene in modo diverso, è stata testimone di competizioni egemoniche, corse coloniali e guerre di conquista nei polmoni del pianeta – Latinoamerica e Africa centrale – e nel suo cuore – Asia centrale.
Il cambiamento climatico e il progresso tecnologico hanno poco alla volta portato le grandi potenze a combattersi per le, e alle, estremità del pianeta: i due poli. Ma, mentre della corsa all’Artico è dato sapere di più, sul grande gioco per l’Antartide si scrive di meno. Anche se, numeri e fatti alla mano, ciò che sta accadendo nel continente ghiacciato è tutto fuorché irrilevante e trascurabile.
Tutti pazzi per l’Antartide
Antartide, l’anti-Artide, è da quando Fabian Gottlieb von Bellingshausen ne scoprì l’esistenza, nel lontano 1820, che le grandi potenze avanzano rivendicazioni su di essa. Il diritto internazionale la scherma dalle attività militari e commerciali – sulla base del Trattato del 1959 –, ma se la storia insegna qualcosa è che nulla è perpetuo. E, difatti, cambiamento climatico e competizione tra grandi potenze stanno lentamente portando il continente bianco al centro dell’attenzione di vecchi e nuovi attori.
Nel sottosuolo antartico giacciono quantità indefinite di risorse naturali dal valore strategico, in particolare terre rare, oro, rame, uranio, petrolio e gas naturale. Estrarre questo tesoro non è possibile in ragione del Trattato del 1959, che del continente vuole preservare anche il fragile ecosistema, ma le necessità dell’economia globale e la sfrontatezza di alcuni giocatori sono suscettibili di alterare lo status quo. La Russia, ad esempio, sta investendo nella mappatura del sottosuolo e dei fondali, delle cui ricchezze elabora stime generose da dare in pasto al pubblico, con l’obiettivo implicito di stuzzicare l’appetito delle influenti lobby degli idrocarburi.
Risorse naturali a parte, l’Antartide è un magnete per le potenze di ogni taglia per via della situazione sui generis che la caratterizza. Perché è, nonostante le rivendicazioni territoriali di sette stati – la sola Australia vorrebbe per se stessa il 42% dell’intero continente –, una terra di nessuno. Vuoto di sovranità conclamata che la rende aperta alla contesa e nel quale si è inserita con vigore la Repubblica Popolare Cinese, che sull’Isola Inexpressible sta costruendo la sua quinta base.
Tensioni lungo la Buenos Aires-McMurdo
L’Argentina è la terza nazione più attiva in Antartide in termini di stazioni di ricerca – ben sedici – ed è anche, per ragioni geografiche, naturalmente votata a incidere sulle geografie del potere dell’Atlantico meridionale. Due fattori che potrebbero renderla, in futuro, un attore-chiave all’interno del grande gioco antartico.
Chi controlla l’Atlantico meridionale è proiettato sull’Antartide, perciò il Regno Unito custodisce e continuerà a custodire con gelosia la sovranità sulle Falkland/Malvine. E perciò la Cina, facendo leva sul rancore argentino per l’esito della guerra delle Falkland, sta corteggiando la classe dirigente biancoazzurra e investendo massicciamente tra Patagonia e Terra del fuoco allo scopo di minare l’egemonia regionale britannica – e, dunque, statunitense.
Parlare di asse sino-argentino è precoce, sebbene negli Stati Uniti si parli già di “ArgenCina“, ma ritenerne improbabile la materializzazione e sottovalutarne le potenziali implicazioni è altrettanto sbagliato. Pechino gestisce una stazione radiospaziale in Patagonia dal 2012 – che, di concerto con le basi antartiche, è potenzialmente in grado di permettere intelligence dei segnali a lungo raggio – e starebbe trattando per l’apertura di un porto nella Terra del fuoco, balcone sul continente bianco.
Il surriscaldamento del teatro argentino è la prova del fatto che la grande partita per l’Antartide non si giocherà soltanto sui ghiacci, ma anche nei loro dintorni. Ragion per cui è lecito attendersi scossoni lungo la Buenos Aires-McMurdo e un giorno, forse, la riapertura della questione Falkland/Malvine.
Ucraina Russia, le notizie sulla guerra di lunedì 26 dicembre. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 26 Dicembre 2022.
Le notizie di lunedì 26 dicembre. Natale sotto le bombe in decine di città ucraine. Un drone di Kiev contro una base in Russia provoca tre morti. Papa: pace per un Paese martoriato. Putin non intende fare gli auguri a Biden
• La guerra in Ucraina è arrivata al 305esimo giorno.
• Secondo Erdongan l’Occidente provoca e non cerca una mediazione.
• Strage a Kherson la vigilia di Natale: 16 civili morti.
• Putin: «Noi pronti a negoziare, loro no». Kiev: «È falso».
• Bucha, i volti e i nomi delle vittime: le loro ultime ore.
Ore 04:01 - Missili russi piovono sulle città ucraine mentre Putin si dice aperto ai negoziati
Le forze russe hanno bombardato decine di città in Ucraina il giorno di Natale, mentre il presidente russo Vladimir Putin si è detto aperto ai negoziati, una presa di posizione Washington ha respinto come «una posa» a causa dei continui attacchi di Mosca. La Russia domenica ha lanciato più di 10 attacchi missilistici contro il Distretto di Kupiansk nella regione di Kharkiv, bombardato più di 25 città lungo la linea del fronte Kupiansk-Lyman e in Zaporizhzhia ha colpito quasi 20 città. È quanto ha dichiarato il massimo comando militare ucraino. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato domenica di aver ucciso circa 60 militari ucraini il giorno precedente lungo la linea di contatto Kupiansk-Lyman e distrutto numerosi pezzi dell’equipaggiamento militare ucraino.
Nonostante l’ultima offerta di negoziato di Putin, non c’è fine in vista per il conflitto in corso da 10 mesi. «Siamo pronti a negoziare con tutte le persone coinvolte a soluzioni accettabili, ma dipende da loro — non siamo noi quelli che si rifiutano di negoziare», ha detto Putin alla televisione di Stato Rossiya 1 in un’intervista trasmessa domenica. Un consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che Putin deve tornare alla realtà e riconoscere che è la Russia che non vuole colloqui di pace.
«La Russia ha attaccato l’Ucraina e ne sta uccidendo cittadini — ha twittato il consigliere Mykhailo Podolyak —. Mosca non vuole trattative, ma cerca di evitare le responsabilità». Gli attacchi russi alle centrali elettriche hanno lasciato milioni senza elettricità, e Zelensky ha detto che Mosca mira a rendere gli ultimi giorni del 2022 bui e difficili.
Ore 06:24 - Tre militari uccisi dai rottami di un drone ucraino abbattuto nella base militare russa di Saratov
Tre militari russi sono rimasti uccisi lunedì dalla caduta del relitto di un drone ucraino, abbattuto mentre stava attaccando una base nella regione di Saratov. Lo riferiscono le agenzie di stampa russe, citando il ministero della difesa. È il secondo attacco alla base questo mese. Lo riferiscono agenzie russe citando il ministero della Difesa del Paese. «Il 26 dicembre, verso l’1:35 ora di Mosca, un velivolo ucraino senza pilota è stato abbattuto a bassa quota mentre era in avvicinamento all’aeroporto militare di Engels, nella regione di Saratov», ha dichiarato il ministero della Difesa russo. «A seguito della caduta del relitto del drone, tre militari russi dello staff tecnico che erano al campo d’aviazione sono stati feriti a morte». Il ministero ha aggiunto che le attrezzature aeronautiche non sono state danneggiate.
Ore 06:36 - Kuleba, chiediamo che Mosca esca dal Consiglio di sicurezza Onu
L’Ucraina prevede di chiedere oggi l’esclusione della Russia dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Domani dichiareremo ufficialmente la nostra posizione. Abbiamo una domanda molto semplice: la Russia ha il diritto di rimanere un membro permanente del Consiglio di sicurezza e di far parte dell’Onu?» ha detto Kuleba parlando nella tarda serata di ieri durante una maratona televisiva nazionale in occasione del Natale.
«Abbiamo una risposta convincente e ragionata: no, non lo ha», ha affermato. Il ministro degli Esteri ucraino ha ricordato che la questione del seggio permanente della Russia nel Consiglio di sicurezza dell’Onu — tenuto anche da Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Cina — è già in discussione negli ambienti diplomatici. Affermando che la questione non è ancora stata sollevata nelle conferenze stampa e nelle dichiarazioni pubbliche dei leader statali e di governo, Kuleba ha sottolineato che «a un livello inferiore, le persone si stanno già ponendo la domanda su cosa dovrebbe diventare la Russia per non rappresentare una minaccia per la pace e la sicurezza».
Ore 07:40 - Mosca: pronti a riaprire il gasdotto Yamal per l’Europa
Mosca è pronta a riprendere le forniture attraverso il gasdotto Yamal verso la Polonia: lo ha detto il vice primo ministro russo Alexander Novak all’agenzia Tass. «Il mercato europeo rimane rilevante e abbiamo le possibilità di riprendere il flusso» ha detto Novak citando nello specifico il gasdotto Yamal. A maggio Varsavia aveva rifiutando il diktat del Cremlino di pagare in rubli e Gazprom aveva chiuso i rubinetti del Yamal. Novak ha detto che c’è la possibilità di aggiungere approvvigionamenti attraverso la Turchia e che nel 2022 la Russia ha inviato in Europa 21 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto.
Ore 07:56 - Mosca: per un decennio niente relazioni normali con l’Occidente
La Russia può dimenticarsi normali relazioni con l’Occidente per un decennio a venire, in attesa dell’arrivo al potere della «prossima generazione di politici ragionevoli». Lo ha affermato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, sottolineando che questa «non è una scelta» di Mosca. «Svilupperemo relazioni con il resto del mondo. Fortunatamente, è vasto e ci tratta normalmente».
Ore 08:39 - Medvedev: «Inutile qualsiasi dialogo con leadership»
«Qualsiasi colloquio con l’attuale amministrazione fantoccio ucraina è diventato assolutamente inutile». Lo ha affermato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, denunciando il sostegno dell’Occidente a Kiev con armi, addestramento di militari e aiuti economici.
Ore 08:43 - La Bielorussia schiera missili Iskander e sistemi S-400
La Bielorussia ha schierato sistemi missilistici tattici Iskander, in grado di trasportare testate nucleari, e sistemi di difesa aerea S-400 forniti dalla Russia. Lo ha riferito un alto funzionario del ministero della Difesa di Minsk, Leonid Kasinsky, sottolineando che i militari bielorussi «hanno completato la loro formazione nei centri di addestramento congiunti delle forze armate russe e bielorusse». «Questi tipi di armi sono oggi attivi e completamente pronti a svolgere compiti per lo scopo previsto». La notizia segue la recente visita del presidente russo Vladimir Putin a Minsk lo scorso 19 dicembre, tra i timori di un allargamento del conflitto in Ucraina con l’apertura di un nuovo fronte.
Ore 08:47 - A San Pietroburgo vertice informale Csi
In calendario oggi a San Pietroburgo un vertice informale dei leader della Comunità degli Stati indipendenti, un insieme di ex repubbliche sovietiche che comprende anche Armenia, Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan e Uzbekistan. Un meeting nel quale — secondo l’agenzia di stampa bielorussa Belta — i capi di stato «analizzeranno» quanto accaduto nel 2022 e discuteranno i piani per un rafforzamento della cooperazione. Il primo ad arrivare è stato proprio il presidente bielorusso Aleksandr G. Lukashenko giunto in Russia sabato, subito dopo la visita di Vladimir Putin a Minsk.
Ore 10:00 - Un artista svizzero «illumina» Kiev
(Marta Serafini, dalla nostra inviata a Kiev) La capitale ucraina sta soffrendo per la mancanza di elettricità dovuta alla guerra scatenata dall’invasione russa. A portare un po’ di luce e colore in città ci ha provato l’artista svizzero Gerry Hofstetter, che per due giorni ha illuminato gli edifici storici e più importanti della città. Hofstetter si è mosso con una squadra di quattro persone e un proprio generatore di corrente. Il percorso del tour di illuminazione non è stato annunciato in anticipo per motivi di sicurezza. Le proiezioni di motivi natalizi e altre immagini — come ritratti di defunti e colombe della pace sulla facciata della chiesa di Sant’Andrea — sono state visibili dal tramonto fino al coprifuoco. Le immagini saranno trasmesse in diretta streaming, così da raggiungere i soldati al fronte, ma anche le case e i rifugi del resto della popolazione. Secondo Hofstetter, diventato famoso per le sue spettacolari proiezioni su luoghi iconici del pianeta come ad esempio il Cervino, l’Ambasciata svizzera a Kiev ha sostenuto il progetto occupandosi della logistica sul posto.
Ore 10:08 - Quaranta attacchi nel giorno di Natale
La Russia ha lanciato «oltre 40 attacchi missilistici» in Ucraina nel giorno di Natale. Lo hanno riferito le forze armate di Kiev, sottolineando che proprio ieri il presidente russo Vladimir Putin aveva sostenuto di essere «pronto a negoziare». Nel mirino delle truppe di Mosca decine di città nelle regioni di Lugansk, Donetsk, Kharkiv, Kherson e Zaporizhzhia, ha precisato Kie, riferendo che il suo esercito ha sparato contro una ventina di obiettivi russi.
Ore 11:19 - Intelligence Gb: i russi posano mine per difendere le loro posizioni
Le truppe russe in Ucraina da ottobre sono dedite alla posa di mine anticarro e antiuomo, per difendere le posizioni da loro conquistate nell’est e nel sud dell’Ucraina, secondo quanto scrive il ministero della Difesa di Londra nell’ultimo bollettino dei servizi di intelligence. I campi minati — si legge nel rapporto — «costituiscono un ostacolo per truppe addestrate solo quando sono difesi dal fuoco e dalla vigilanza, che al momento sembrano far difetto alle forze russe stanziate nel teatro ucraino. La posa di mine in questo caso, dunque, non sarebbe conforme alle regole di guerra dettate dai manuali russi».
Ore 11:35 - Putin non farà gli auguri a Biden. E ai leader europei?
Vladimir Putin non ha intenzione di augurare a Joe Biden un felice anno nuovo perché l’attuale livello delle relazioni tra Mosca e Washington non presuppone «un momento per gli auguri», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «Non ora. Ora siamo così immersi nella reciproca ostilità che probabilmente non c’è tempo di farsi gli auguri», ha detto lunedì Peskov ai giornalisti, rispondendo a una domanda della Tass. Il portavoce del Cremlino non ha risposto a una domanda sul fatto che il leader russo possa invece fare gli auguri di buon 2023 a leader di altri Paesi ostili. «Non posso dirlo con certezza», ha affermato. Peskov ha chiarito che il servizio stampa del Cremlino, come al solito, preparerà un elenco di coloro a cui Putin farà gli auguri.
Ore 12:19 - Il Papa: «Chiediamo la pace per un popolo martoriato»
«Rinnovo il mio augurio di pace nelle famiglie, nelle comunità parrocchiali e religiose, nei movimenti e nelle associazioni. Pace per quelle popolazioni tormentate dalla guerra, pace per la cara e martoriata Ucraina». Lo ha detto il Papa questa mattina, affacciandosi dalla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, aggiungendo che nella piazza ci sono «tante bandiere dell’Ucraina». «Chiediamo la pace per questo popolo martoriato», ha continuato il Pontefice.
Ore 12:28 - Il Cremlino: colloqui Putin-Xi prima della fine dell’anno
Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping avranno un colloquio entro la fine dell’anno. Lo ha riferito l’agenzia di stampa statale russa Tass senza fornire dettagli sui tempi e sul format dei colloqui, citando il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
Ore 12:42 - Mosca: neutralizzati 4 sabotatori ucraini al confine
Un gruppo di quattro sabotatori ucraini è stato «eliminato» in uno scontro a fuoco al confine nella regione russa di Bryansk. Lo ha riferito il servizio di sicurezza federale russo (Fsb). «Quattro sabotatori che cercavano di entrare nella regione di Bryansk dall'Ucraina sono stati eliminati in uno scontro armato il 25 dicembre 2022», ha riferito l'Fsb, aggiungendo che i sabotatori erano armati con armi da fuoco straniere, tra cui fucili mitragliatori SIG Sauer di fabbricazione tedesca e munizioni, dispositivi di comunicazione e navigazione, nonché attrezzature per commettere atti di sabotaggio e terrorismo, inclusi quattro ordigni esplosivi improvvisati per un totale di circa 40 chili di tritolo.
Ore 13:00 - Rischia la paralisi Rogozin, oggi operato
(Marta Serafini, inviata a Kiev) — L’ex vice premier russo Dmitry Rogozin, già responsabile del programma spaziale russo, rischia la paralisi a causa di una ferita da scheggia subita durante un attacco mirato a Donetsk. Un’operazione chirurgica per rimuovere le schegge dal suo corpo dovrebbe avere luogo oggi.
Ore 13:54 - Il giornalista Christo Grozev nella lista dei ricercati dalla Russia
(Marta Serafini, inviata Kiev) Il giornalista investigativo Christo Grozev di Bellingcat, la piattaforma di giornalismo open source che ha contribuito a investigare molti crimini di guerra russi sia in Ucraina che in altre regioni, è stato inserito nella lista dei ricercati in Russia.
Ore 14:30 - Zelensky: supereremo l'inverno perché sappiamo per cosa lottiamo
Zelensky è convinto che gli ucraini «sopravvivranno a questo inverno» proprio come hanno sopportato attacchi missilistici, minacce e ricatti nucleari, perché «sanno per cosa stanno combattendo». «Abbiamo resistito all'inizio della guerra, abbiamo sopportato attacchi, minacce, ricatti nucleari, terrore, attacchi missilistici. Sopporteremo questo inverno. Perché sappiamo per cosa stiamo combattendo» ha scritto su Telegram il presidente ucraino. Aggiungendo: «Stiamo andando avanti attraverso le asperità sino alle stelle, sapendo cosa ci aspetta alla fine della strada. Crediamo che le lacrime saranno sostituite dalla gioia, la disperazione sarà seguita dalla speranza e la morte sarà sconfitta dalla vita».
Ore 14:32 - Kiev esorta i residenti di Kherson a evacuare
Le autorità hanno esortato i residenti di Kherson d evacuare a causa dell'intensificarsi dei bombardamenti russi. Lo afferma su Telegram il ministero del Reintegro dei territori temporaneamente occupati, citato da Ukrinform. «I continui bombardamenti nemici su Kherson liberata stanno diventando sempre più frequenti e su larga scala. La situazione della sicurezza è stata molto tesa negli ultimi giorni», ha sottolineato il ministero. Nell'attacco russo a Kherson del 24 dicembre sono morti 16 civili e 64 sono rimasti feriti.
Ore 14:42 - Kiev: l’attacco alla base russa? Mosca se l’è cercato
Le esplosioni alla base aerea russa di Engels, nella regione di Saratov, sono la «conseguenza delle azioni di Mosca in Ucraina». Lo ha dichiarato il portavoce dell’Aeronautica di Kiev, Yuriy Ignat, come riporta il Kyiv Independent. «Se i russi pensavano che la guerra non li avrebbe colpiti nelle retrovie, si sbagliavano».
Ore 14:54 - Kiev chiede esclusione della Russia dall'Onu
L'Ucraina ha chiesto la rimozione della Russia dalle Nazioni Unite, dove Mosca può porre il veto a qualsiasi risoluzione come membro permanente del Consiglio di sicurezza. «L'Ucraina chiede agli Stati membri delle Nazioni Unite... di privare la Federazione Russa del suo status di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e di escluderla dall'Onu nel suo insieme», si legge in una nota del ministero degli Esteri.
Ore 15:15 - Zelensky a Modi: l'India contribuisca al processo di pace
Zelensky, ha avuto una conversazione telefonica con il premier indiano, Narendra Modi, al quale ha detto di «contare sulla partecipazione» del suo Paese «all'applicazione della formula di pace ucraina, annunciata al G20» di Bali. «L'ho ringraziato per il sostegno all'Onu e gli aiuti umanitari», ha scritto su Telegram lo stesso Zelensky riferendo i contenuti del colloquio. Concludendo: «Gli ho augurato una produttiva presidenza del G20».
Ore 15:36 - Kiev: le nostre truppe non lontane da Kreminna, nel Lugansk
Il capo dell'amministrazione militare regionale di Lugansk, Sergy Gaidai, ha dichiarato in un post su Telegram che battaglie sono in corso a Kreminna, con le truppe ucraine «non lontane» dalla città. Lo riporta Sky News. «Il comando militare della Federazione Russa si è già trasferito da questa città a Rubizhny», ha aggiunto, sottolineando che è segno che la Russia potrebbe prepararsi a ritirarsi. Le dichiarazioni di Gaidai confermano quanto circolato nelle scorse ore sui social media, dove alcuni messaggi suggerivano che le forze ucraine potessero essere intorno al perimetro della città.
Ore 16:12 - Putin nomina Medvedev suo vice in Commissione militare-industriale
Putin ha nominato l'ex premier Dmitry Medvedev suo vice nella Commissione militare-industriale, secondo quanto riportato nel corrispettivo decreto presidenziale. Formalmente, Medvedev assume la carica di primo vicepresidente della Commissione: potrà tenere riunioni del complesso militare-industriale per conto di Putin e ha anche il diritto di «creare consigli e gruppi di lavoro nelle aree di attività della Commissione per esaminare questioni di sua competenza e preparare proposte per la loro soluzione». Medvedev è già vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, anche qui nel ruolo di vice del presidente Putin. La Commissione militare-industriale è un organo permanente che organizza e coordina le attività degli organismi esecutivi federali nell'attuazione della politica statale sulle questioni militare-industriali.
Ore 16:33 - Analista russo: «Putin curato con farmaci antitumorali occidentali»
Continuano a circolare voci sulla presunta malattia del leader russo Vladimir Putin, malgrado finora non abbiano trovato alcuna conferma. Stavolta è stato lo storico e analista politico russo Valery Solovei a sollevare il tema con i media ucraini, affermando che lo zar 70enne starebbe assumendo farmaci antitumorali occidentali, gli unici in grado di rallentare la diffusione del cancro e di tenerlo in vita. «Posso dire che senza questa terapia estera» Putin non ci sarebbe più, ha detto Solovei al canale YouTube ucraino Odesa Film Studio, secondo quanto riferisce il New York Post. «Usa i trattamenti più avanzati e una terapia mirata che la Russia non è in grado di fornirgli». Ma anche con l'aiuto della medicina occidentale, Solovei ha affermato che «la fine è vicina, anche secondo i medici che lo stanno curando, perché nessun farmaco può avere successo per un tempo infinito».
Ore 18:55 - Kuleba: «Puntiamo a un summit di pace entro fine febbraio all’Onu»
Il governo dell’Ucraina punta ad avere un summit di pace entro fine febbraio, preferibilmente alle Nazioni unite e con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres come possibile mediatore, più o meno nel periodo dell’anniversario dell’inizio della guerra da parte della Russia. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un’intervista ad Associated Press.
Ore 19:47 - Gli insulti della Wagner al capo di stato maggiore delle forze armate russe
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il reporter Christo Grozev di Bellingcat ha condiviso un video che mostra i membri della compagnia di mercenari russa privata, Wagner Group, che definiscono il capo di stato maggiore delle forze armate russe un «pezzo di m….a».
Il video mostra i combattenti di Wagner nella città ucraina in prima linea di Bakhmut, che si rivolgono a Valery Gerasimov e dicono: «Sei un pezzo di m...a. Dove sono le munizioni? Non abbiamo più munizioni qui».
Grozev riferisce che Yevgeny Prigozhin, l’uomo d’affari russo e fondatore del Wagner Group, ha detto di non avere «nulla da dire su questo video», il che secondo Grozev significa che l’alleato di Putin sta sostanzialmente sostenendo l’attacco a Gerasimov. Nelle scorse ore report dell’intelligence britannica hanno sottolineato come l’offensiva russa su Bakhmut sia rallentata. L’ Institute for the Study of War (ISW) ha citato un blogger militare russo che afferma che le forze ucraine abbiano respinto elementi della compagnia di mercenari privata russa, il gruppo Wagner, nelle stesse posizioni che detenevano giorni fa.
Ore 00:59 - Zelensky: «Circa 9 milioni di persone senza elettricità»
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un videomessaggio ha denunciato che da ieri sera «ci sono almeno 9 milioni di persone senza energia elettrica in varie regioni dell’Ucraina. Ma il numero e la durata delle interruzioni sta gradualmente diminuendo. Ci tengo a ringraziare tutti i lavoratori delle imprese energetiche, tutte le squadre di riparazione, grazie alle quali questo sabato e domenica, alla vigilia di Natale e a Natale, è stato possibile dare più energia alle persone».
«Ho avuto oggi un meeting speciale con funzionari governativi sul tema dell’energia e delle infrastrutture. Ci stiamo attrezzando per il prossimo anno, e non solo per i mesi invernali. Ci sono minacce che dobbiamo eliminare. Ci sono decisioni che vanno prese», ha aggiunto Zelensky.
Tonia Mastrobuoni per “il venerdì di Repubblica” il 26 Dicembre 2022.
"Lehrjahre", gli anni di apprendistato di Vladimir Putin, contrariamente a quelli del Wilhelm Meister creato da Goethe, non sono stati anni di svago o di passione per il teatro. Quando Putin arriva nel 1985 a Dresda per la sua prima missione all'estero come agente del Kgb, ha trentatré anni ed è sposato con Ljudmila Skrebneva da due: ha una figlia, un'altra in arrivo e da dieci anni è stato arruolato dai servizi segreti sovietici.
In quella fase cruciale della sua vita verrà promosso a capo della sede, importante, delle spie sovietiche nella vecchia Germania Est. Da lì assisterà in prima fila alla "rivoluzione pacifica" che abbatterà il Muro di Berlino. Putin è infatti ancora in Germania quando finisce il "Secolo breve": in tutto ci passerà cinque anni, fino al ritorno precipitoso in un'Unione sovietica che si sta sciogliendo come neve al sole. Un periodo di intenso lavoro che ha contribuito a rendere il futuro presidente russo quello che è oggi.
Ottanta infiltrati
Il "metodo Putin", le sue tecniche di reclutamento degli agenti infiltrati in Occidente, la creazione del suo attuale "cerchio magico", la sua attività di contrabbando intorno alla Robotron, la grande azienda di Stato produttrice di elettronica: tutti questi segreti sono contenuti nei testi e nelle fotografie custoditi all'archivio federale di Dresda. L'archivio raccoglie i documenti della Stasi, i servizi segreti della vecchia Germania Est, ed è stato scandagliato dall'ex direttore degli archivi della Stasi di Berlino-Hohenschoenhausen, Hubertus Knabe, che negli ultimi mesi, e alla luce della guerra in Ucraina, ha riesaminato 500 pagine di documenti e foto su Putin.
In un intervento poche settimane fa sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Knabe ha spiegato come da quelle carte emergano dettagli che lasciano intuire la traiettoria futura dell'autocrate che ha fatto ripiombare l'Europa nell'incubo della guerra. "I materiali non sono inediti, ma Knabe ha approfondito alcuni aspetti di Putin che ora sembrano più interessanti", argomenta Gianluca Falanga, storico italiano che ha lavorato a lungo negli archivi della Stasi ed è tra i maggiori esperti italiani di Germania Est, autore di Il ministero della paranoia. Storia della Stasi (Carocci), un viaggio dentro i famigerati servizi segreti della Germania Est.
Falanga spiega che negli anni in cui Putin era a Dresda, tra i tedeschi dell'Est e il Kgb c'era l'accordo che dalla loro base in Germania i sovietici avrebbero evitato di condurre operazioni nella Ddr e che si sarebbero concentrati sull'Occidente. Non a caso a Dresda era stato rinvenuto un elenco di circa 90 pagine con i nomi di spie sovietiche in Occidente gestite da Putin. "Oggi quasi tutte quelle pagine sono andate perse. Ma si è scoperto che su ognuna figuravano un'ottantina di infiltrati. Li moltiplichi per novanta. Sarebbe stato un tesoro prezioso", osserva lo studioso. Un tesoro concentrato nelle mani dell'uomo che un giorno avrebbe guidato la Russia.
Quando cade il Muro
Una delle mansioni principali di Putin era quella "di individuare persone, di studiarne il profilo prima di avvicinarle e ottenerne la collaborazione", prosegue lo storico. Lo scopo era soprattutto spiare obiettivi militari Nato e americani. Ma le attività dell'ufficio di Dresda e dei suoi agenti potevano spaziare: dai documenti risulta che nel 1986, l'allora capo del Kgb di Dresda partecipò a un piano segreto del capo della Stasi, Erich Mielke, che avrebbe dovuto garantire sostegno finanziario e operativo a un nucleo di agenti, qualora la Germania Est fosse collassata.
Tuttavia, Putin lavorava principalmente su altro: "Ingaggiare un agente non è una cosa che si fa in due mesi. Ci si lavora un periodo lunghissimo. Bisogna avere un'enorme pazienza e cura nell'osservare le persone in modo distanziato, nell'ombra. Bisogna diventare maestri nel tatticismo. Putin imparò a trovare il momento e il modo giusto per convincere, manipolare, raggirare. Una tecnica tipica di un cekista (uomo del Kgb, ndr) come lui era lanciare una provocazione e vedere come la persona reagiva. Un po' come fa adesso con la minaccia nucleare".
Il "metodo Putin", insomma, nasce anche a Dresda. Quando cadde il Muro di Berlino, novembre del 1989, anche nella sede periferica di Dresda la Stasi e il Kgb vissero momenti di panico. Gli agenti cominciarono a bruciare e ad annientare i loro archivi. Ma la risposta non si fece attendere: i cittadini dell'Est assaltarono le sedi della Stasi per scongiurare la distruzione dei documenti che attestavano quarant'anni di persecuzione. E la rabbia arrivò fino alle porte della sede del Kgb. Qui Putin affrontò la folla inferocita e la minacciò. "Se non vi fermate, darò l'ordine di sparare". Così, i manifestanti arretrarono.
I documenti a Mosca
Knabe, rileggendo i documenti di Dresda, sostiene che Putin sia rimasto in realtà scioccato dalla caduta del Muro, e che neanche il Kgb fosse preparato alla fine della Ddr. Falanga però non ne è convinto. "Putin e il Kgb reagirono molto rapidamente alla crisi di novembre del 1989. Credo che abbiano in qualche modo capito in tempo che la situazione era grave. E che abbiano riflettuto su come salvare dei pezzi della rete di infiltrati che avevano in Occidente. Ovviamente ciò non vuol dire che alcuni episodi drammatici non lo abbiano segnato".
Ad esempio, suggerisce lo storico, il suicidio del capo della Stasi di Dresda, Horst Boehm. Qualcuno sostiene che il disprezzo per le piazze che Putin ostenta da anni con la repressione di ogni dissidenza interna, sia nato proprio in quelle settimane.
È legittimo chiedersi anche che fine abbiano fatto le spie reclutate da Putin in Occidente. Falanga ritiene "improbabile" che, anche dopo il crollo dell'Unione sovietica, quelle reti siano state del tutto smantellate. Perché se è vero che la Stasi e l'ufficio di Dresda del Kgb si misero " freneticamente" a bruciare e a distruggere documenti, lo storico è "abbastanza sicuro che una parte siano stati portati via". Di più: "So per certo che una parte dei documenti della Stasi è stata portata a Mosca".
Cerchio magico
Quel che è certo è che alcuni attuali fedelissimi di Putin provengono dal periodo tedesco: il suo "cerchio magico" nasce a Dresda. Falanga ne elenca alcuni componenti. "Ci sono già Nikolaj Tokarev e Sergej Cemezov. Ma quello che emerge è soprattutto un metodo. Putin imparò come legarli a sé, a manovrarli. E più tardi divennero tutti capitani d'industria, top manager, uomini potenti. Oligarchi. Si scrive che Putin non controlli più una parte dei suoi oligarchi. Io non lo penso: credo che lui influenzi ancora notevolmente le persone che gli stanno intorno".
Un altro compito importante svolto da Putin a Dresda era di natura industriale. La città era la sede di Robotron, una grande azienda di computer e informatica: "lui si occupava di recuperare tecnologie occidentali aggirando l'embargo".
Guai in famiglia
Nei documenti ci sono anche i rapidi progressi nella carriera di agente segreto, registrati da Putin in quegli anni. Ma c'è anche molta vita privata, il matrimonio con Ljudmila, le due figlie. "Putin è ancora molto legato agli anni di Dresda" racconta Falanga "e vi è tornato spesso. Qui approfondì anche il suo tedesco insieme alla moglie. E ormai si sa, dall'interprete di Ljudmila, Lena S. che era in realtà spia dei servizi della Germania Ovest, che il loro matrimonio non era affatto idilliaco.
Lena era riuscita a diventare amica della moglie di Putin, e lei le confidò che la tradiva, che alzava anche le mani contro di lei, che lavorava come un ossesso". Infine, le fotografie. Quelle contenute nell'archivio mostrano un Putin "molto poco eccentrico, che si faceva notare poco, che aveva sempre un'aria concentrata e assorta". Nelle immagini lo si vede bere succhi di frutta mentre gli altri brindano a spumante, come a ostentare lucidità. E un assoluto controllo di sé.
Letizia Tortello per “la Stampa” il 30 dicembre 2022.
A Berlino, il caso della spia chiamata Carsten L. è stato considerato come «estremamente serio». Bisogna andare molto indietro nella storia, per trovare un livello così pericoloso e sofisticato di infiltrazione nei servizi segreti tedeschi (Bnd). Era il 1961 e si scoprì che Heinz Felfe, addirittura dirigente del dipartimento di controspionaggio sovietico, era in realtà un informatore del Kgb e aveva spiato la Germania per 17 anni. Aveva rivelato anche decine di operazioni della Cia.
Con l'aggressione dell'Ucraina, la minaccia rappresentata dallo spionaggio russo, dalle campagne di disinformazione agli attacchi informatici, hanno assunto un'altra dimensione. Dopo quasi un anno di indagini e in seguito a una soffiata da parte degli 007 occidentali, Berlino ha smascherato il presunto doppio agente, che ricopriva un ruolo delicatissimo nel Bundesnachrichtendienst: Carsten L. era capo del dipartimento di Technical Intelligence. Aveva accesso a documenti altamente classificati sulla guerra, condivisi con Washington, Londra e gli altri alleati. Informazioni coperte da segreto di Stato che la talpa avrebbe passato ai servizi russi. Se fosse così, rischierebbe l'ergastolo.
Ma il lavoro sotterraneo del funzionario d'alto rango rappresenta un duro colpo per l'apparato di sicurezza tedesco. Berlino teme che altri agenti russi stiano spiando autorità, ministeri, aziende tedesche. E che Putin usi l'intero arsenale a disposizione per influenzare, infiltrarsi, sovvertire. Una guerra parallela alla guerra in Ucraina. Che riguarderebbe anche lo spionaggio industriale, nel tentativo di compensare il mancato accesso alla tecnologia occidentale a causa delle sanzioni.
Soprattutto, nei settori dell'aerospazio, dell'elettronica, dei semiconduttori. La Germania era mal preparata a questo tipo di minacce, almeno quanto lo era a un conflitto militare. Dopo la caduta del Muro, l'Est è stato considerato amico per molti anni. Nel 2001, dopo l'11 settembre, il Bnd ha persino fermato per più di un decennio il controspionaggio, che indagava sui servizi segreti stranieri. La Russia era un partner nella lotta al terrorismo islamico e Putin al Bundestag dichiarava, applaudito: «La Guerra Fredda è finita».
Ad aprile scorso, dopo l'incontro dei capi delle intelligence europee a Parigi per cercare un fronte comune contro lo spionaggio del Cremlino, sono stati espulsi 600 funzionari in vari Stati, 40 da Berlino. I report di inizio 2022 ipotizzavano che più di 150 spie russe con accreditamento diplomatico stessero ancora lavorando nella sola Germania. Carsten L. pare sia riuscito a diventare il grande orecchio dei servizi tedeschi, superando severi controlli di sicurezza, in qualità di alto funzionario statale. Ha potuto filtrare, con buona probabilità, le comunicazioni top secret dell'Occidente su guerra, governi corrotti, terrorismo.
Le spie che diedero l'atomica a Stalin. Spesso spinti da un vero fervore ideologico, alcuni scienziati - traditori o eroi a seconda del punto di vista - passarono i segreti delle "armi finali" all'Unione Sovietica rubadoli a Stati Uniti e Regno Unito. Andrea Muratore il 16 Dicembre 2022 su Il Giornale.
Grandi scienziati diventati spie ma che oggi possiamo vedere, al contempo, come traditori e eroi. Traditori, perché passarono, spesso per ideologia, i segreti atomici e delle "armi finali" decisive per chiudere la Seconda guerra mondiale dagli Stati Uniti e il Regno Unito all'Unione Sovietica di Stalin. Eroi, col senno di poi, perché la parità atomica e l'incubo della mutua distruzione assicurata furono, in fin dei conti, il vero potere frenante, il katehon, contro la degenerazione della Guerra Fredda in Terza guerra mondiale.
Innescarono il riarmo, consegnarono i segreti dell'arma finale alla superpotenza comunista ai tempi di Iosif Stalin, piegarono alla politica la scienza. Ma quasi mai lo fecero per venalità e, anzi, proprio col loro agire fecero capire la necessità di regolamentare la competizione sugli armamenti per evitare un Far West nucleare.
Stalin, dal 1943, iniziò a desiderare ardentemente la bomba atomica. Risolta la fase più drammatica dell'aggressione nazista, diede al fedelissimo Lavrentij Beria il compito di strutturare politicamente il programma atomico guidato dal fisico Igor Kurcatov. A questo piano, lo spionaggio diede una sponda fondamentale per chiudere rapidamente il divario con l'Occidente, ai tempi ancora alleato dell'Urss, e portare Mosca al suo primo test atomico, condotto a Semipalatinsk, in Kazakistan, nel 1949.
Parliamo di un processo che i Paesi anglosassoni impegnati nella ricerca dell'atomica, anche dopo gli attacchi di Hiroshima e Nagasaki che ne svelarono al mondo l'impatto, avevano già iniziato a capire all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale. La "Guerra Fredda", in un certo senso, iniziò a Ottawa, capitale del Canada, il 5 settembre 1945, tre giorni dopo la resa del Giappone agli Alleati. Quel giorno Igor Gouzenko, attaché all'ambasciata sovietica, chiese asilo in Canada portando decine di documenti compromettenti sullo spionaggio sovietico in Canada e negli Usa, comprendenti anche dossier sulle ricerche industriali volte all'ottenimento dell'arma atomica.
La rete di spie comprendeva l'economista Angela Chapman, il fisico Raymond Boyer e il deputato comunista Fred Rose, che passava ai sovietici i verbali delle sedute straordinarie e segrete dedicate alla discussione sui risultati americani del Progetto Manhattan.
Fondamentale, come ricorda Alfredo Mantici in Spie atomiche, anche l'operato di Klaus Fuchs, cittadino tedesco in fuga dal regime nazista riparato in Gran Bretagna. Fuchs fu allievo di Max Born ed è ritenuto uno dei più grandi teorici della storia del Novecento. Entrò a far parte dell'équipe di scienziati del laboratorio di Harwell per le ricerche atomiche, e fu messo a capo di un dipartimento nel 1942, per poi andare in America alla Columbia a lavorare al Progetto Manhattan l'anno successivo. Fuchs, nota Mantici, fu "l'inventore di un metodo per calcolare l'energia di un assemblaggio fissile estremamente critico" e controllare la trasformazione dell'uranio in plutonio, decisivo per costruire un'arma atomica. Prontamente consegnato all'Nkgb, l'onnipotente servizio segreto di Mosca, per tramite della spia Harry Gold, industriale chimico di Philadelphia figlio di cittadini russi. E negli ultimi anni, importante anche lo studio che ha portato al nome di un altro agente doppiogiochista, Oscar Seborer, cittadino americano che, come ricordato da Davide Bartoccini su Il Foglio, passò documenti particolarmente preziosi ai sovietici.
La storia di queste figure si incrocia con quella mitica dei Cambridge Five, i cinque agenti doppiogiochisti britannici al servizio dei sovietici che oltre a trasferire segreti a Mosca fecero opera di trasmissione di nomi e identità di doppiogiochisti attivi sul suolo sovietico al soldo dell'Occidente. Kim Philby (nome in codice: Stanley), Guy Burgess (nome in codice: Hicks), Donald Duart Maclean (nome in codice: Homer), Anthony Blunt (nome in codice: Johnson) e John Cairncross (nome in codice: Liszt). Tra questi Maclean, nota Gnosis, ebbe un ruolo decisivo tra le spie atomiche: "aveva accesso all’Atomic Energy Commission e non gli fu difficile sottrarre documenti che furono utilizzati dall’Unione Sovietica per mettere a punto la bomba atomica".
Ancor più profonda l'infiltrazione di Caincross: funzionario del Foreign Office britannico prima e del Tesoro poi che "trasmise quasi tutta la documentazione sulle strategie pianificate da Churchill nel War Cabinet, il Consiglio di Guerra, fornì notizie sui comitati creati per studiare l’applicazione delle scienze allo sforzo bellico e, probabilmente, fu il primo agente a informare i sovietici della decisione di inglesi e americani di costruire la bomba atomica.
Una storia complessa e decisamente oscura che ebbe più ramificazioni attorno al "cervellone" centrale di Mosca. Prescindendo dai giudizi morali sul regime stalinista, va detto che indubbiamente, però, l'atomica sovietica ebbe il duplice risultato di ottenere quel pareggio atomico tra superpotenze che fu alla base dell'equilibrio del terrore della Guerra Fredda e, dall'altro lato, di compattare il campo occidentale aiutando a riscoprire comunanze valoriali e identitarie oltre ogni differenza. Le spie atomiche, anche se non in contatto tra loro, accelerarono la storia. E sul fronte occidentale la loro avventura deve insegnare molto circa la necessità di mediare tra rivoluzioni scientifiche, applicazioni concrete e tutela della sicurezza quando si tratta di asset critici decisivi per la sicurezza nazionale. Perché, ieri come oggi, a far la differenza è il fattore umano.
La matrioska delle scommesse. Report Rai. PUNTATA DEL 26/12/2022
di Lorenzo Vendemiale
Report ha scoperto i dettagli dell’accordo che lega la Serie A a 1XBet.
La squadra di Report è stata a Kyiv nei giorni dell’attacco russo al centro della Capitale per raccontare la resistenza del calcio ucraino sotto le bombe e chi prova a speculare. L'inchiesta fa luce su 1XBet, colosso delle scommesse online con origini russe, che ha provato ad aprire un business in Ucraina in piena guerra. Il misterioso bookmaker intanto è riuscito a sbarcare anche nel nostro Paese, grazie a un sito con dominio italiano, ma già da anni si era infiltrato in Italia attraverso il calcio. Report ha scoperto i dettagli dell’accordo che lega la Serie A a 1XBet. Mentre alcuni club si fanno sponsorizzare anche da Liga Stavok, bookmaker ufficiale di Mosca: l’inchiesta svela quali sono le squadre che incassano soldi da questo contratto.
LA MATRIOSKA DELLE SCOMMESSE di Lorenzo Vendemiale immagini di Chiara D’Ambros grafiche Michele Ventrone
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO A Kyiv la vita non si è mai fermata. Il popolo ucraino allena la sua resilienza anche col pallone. Interrotto a febbraio a causa dell’invasione, il campionato ucraino è ripreso in autunno
OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA Il presidente Zelensky in persona ha fortemente voluto la ripartenza del campionato, per dare morale al nostro popolo.
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Parlare di normalità però è impossibile. Le partite vengono giocate quasi tutte a Kyiv. Gli stadi sono blindati, perché riempirli di spettatori sarebbe troppo pericoloso, e ogni impianto deve essere dotato di un rifugio contro le bombe.
JURIJ VERNYDUB – ALLENATORE KRYVBAS Giocare in queste condizioni è molto difficile. Siamo lontani da casa, e senza i nostri tifosi. Gli allenamenti vengono continuamente interrotti dagli allarmi antiaerei.
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Jurij Vernydub un anno fa allenava in Moldavia, ed era diventato una star per aver battuto il Real Madrid. Quando è scoppiata la guerra, non ci ha pensato un secondo a mollare tutto
JURIJ VERNYDUB – ALLENATORE KRYVBAS Dovevo tornare, il resto non aveva senso. Nei primi mesi ho combattuto nella 152esima divisione. Ora sono di nuovo in panchina.
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Adesso il campionato si ferma per la sosta: anche il pallone dovrà sopravvivere a un lungo inverno senza elettricità. Dall’inizio del conflitto sono già scomparsi 25 club. E dopo l’annessione illegale di settembre, ci sono squadre che secondo Putin non appartengono neppure più all’Ucraina
OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA Luhans’k, Donetsk, Mariupol sono sempre città dell'Ucraina, e saranno sempre le nostre squadre.
LORENZO VENDEMIALE In un momento così difficile, ha senso pensare a una cosa futile come il calcio?
OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA Continuare a giocare è un altro modo di difendere i nostri confini, per noi oggi il pallone è un atto di resistenza. Per questo ci siamo candidati a organizzare i Mondiali del 2030. Perché significa che il nostro Paese esisterà ancora
LORENZO VENDEMIALE Sareste pronti ad accogliere e magari a giocare contro la nazionale russa?
OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA No comment, scusate!
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Mentre i riflettori del calcio mondiale erano accesi sul Qatar, in Ucraina si disputava il campionato di calcio sotto le bombe russe. Il calcio rappresenta una flebile fiamma accesa sulla resilienza ucraina ed è anche una forma di identità. Per questo l’Ucraina si è proposta di ospitare il Mondiale di calco nel 2030 con Spagna e Portogallo. La favorita è l’Arabia Saudita. Sarebbe una bella notizia perché significherebbe, se assegnassero la sede all’Ucraina, che la pace è stata siglata da tempo. Però che cosa è successo, che proprio poche settimane fa mentre i russi bombardavano Kyiv, i nostri inviati sono andati a vedere per raccontare il campionato di calcio che stava ricominciando. E che cosa hanno scoperto. Che ci sono dei russi che fanno affari proprio su quel campionato di calcio che stanno bombardando. Si tratta di bookmaker russi, un intreccio societario incredibile che arriva anche in Italia. Dove non solo scommettono sulle squadre italiane, ma le sponsorizzano anche. Aggirando le sanzioni. Il nostro Lorenzo Vendemiale.
FRANCESCO BARANCA – COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Questa partita che noi stiamo guardando in questo momento è offerta dal bookmaker russo, qua ci sono le quote
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Mosca specula anche sul pallone, come ci spiega l’italiano Francesco Baranca, che da anni è il responsabile trasparenza della Federcalcio ucraina
FRANCESCO BARANCA – RESPONSABILE COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Esiste un comparto che non è stato assolutamente toccato dalle sanzioni ed è il mondo protetto dei bookmaker russi
LORENZO VENDEMIALE Chi sono questi i bookmaker?
FRANCESCO BARANCA – RESPONSABILE COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Il bookmaker più famoso e più russofilo è Liga Stavok. E poi passiamo a 1xBet che pur non avendo licenza russa, è comunque conosciuto come essere di proprietà russa
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Proprio su 1Xbet a Kyiv è scoppiato uno scandalo. Il bookmaker ha addirittura provato ad aprire un business sul territorio ucraino
MIKHAIL MAKARUK – INFORMNAPALM Abbiamo scoperto che questa famosa agenzia di scommesse aveva ottenuto una licenza nel nostro Paese.
LORENZO VENDEMIALE In piena guerra? Come è stato possibile?
MIKHAIL MAKARUK – INFORMNAPALM Formalmente si trattava di una società tutta ucraina, senza legami con la Russia, ma le informazioni non erano complete.
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO La commissione per il gioco d’azzardo ha concesso la licenza a una società chiamata “Your betting company” per il marchio 1XBet. Il caso, rivelato dal collettivo InformNapalm, arriva fino al palazzo del presidente Zelensky
MIKHAIL MAKARUK – INFORMNAPALM Zelensky ha spiegato che si tratta di una questione di sicurezza nazionale. Perché il problema non è solo l’utilizzo di denaro ucraino. Il vero pericolo è la raccolta di dati personali di nostri cittadini, che non si sa dove finiscono
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Ma chi si nasconde dietro 1xbet, un colosso da oltre un milione di scommettitori in tutto il mondo? Sul sito le informazioni cambiano a seconda del luogo di connessione. Uno dei copyright dice che è di proprietà di 1XCorp, società con licenza a Curacao. A gestire i servizi operativi è invece la Klafkaniro limited, a Cipro. Un labirinto di cui è impossibile venire a capo
LORENZO VENDEMIALE Curacao è il paradiso delle scommesse online
GIANGAETANO BELLAVIA – ESPERTO RICICLAGGIO È il paradiso dei gestori delle scommesse online Ogni giurisdizione offshore si crea delle legislazioni apposite. Le Antille Olandesi si occupano dei casinò online: la licenza gliela danno in due giorni e ce ne sono già 450 di casinò online
LORENZO VENDEMIALE Ma alla fine della fiera noi sappiamo chi sono i proprietari di questa benedetta 1Xbet?
GIANGAETANO BELLAVIA – ESPERTO RICICLAGGIO Impossibile saperlo. Il vero tema è: ma se uno vince gli pagano le scommesse? sì, fin quando decidono di pagargliele, ma quando decidono di non pagargliele più scompaiono
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO È quello che è successo a Curacao. Nel paradiso caraibico 1XCorp è stata colpita da una sentenza di bancarotta
NARDY CRAMM – FONDAZIONE VITTIME DEL GIOCO ONLINE - CURAÇAO Alcuni giocatori sono venuti da noi, denunciando di essere stati truffati: gli avevano confiscato le vincite, o cancellato il conto.
LORENZO VENDEMIALE Quante sono le vittime che rappresentate?
NARDY CRAMM – FONDAZIONE VITTIME DEL GIOCO ONLINE - CURAÇAO 18, per un totale di circa un milione di dollari. Ma è solo la punta dell’iceberg.
LORENZO VENDEMIALE Lei ha avuto modo di guardare dentro 1XCorp. Che cosa ha trovato?
AREND DE WINTER – CURATORE FALLIMENTARE 1XCORP Niente! Non ci sono conti bancari, i soldi non arrivano qui. Ma la cosa più incredibile è che la sentenza non li ha fermati: si sono spostati su un’altra società con un’altra licenza
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO A rivelare i veri proprietari di 1XBet ci avrebbe pensato un’inchiesta giudiziaria in Russia
COMITATO INVESTIGATIVO REGIONE DI BRYANSK - DA FORBES RUSSIA 29/12/2021 Tra il 2014 e il 2019 tre ricercati a livello internazionale hanno incassato entrate criminali per 63 miliardi di rubli
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO A Cipro, nell’isola che custodisce i segreti di tanti oligarchi russi, vivono anche i tre imprenditori che secondo l’indagine sarebbero i beneficiari di 1XBet: Roman Semiokhin, Dimitry Kazorin e Sergey Karshkov. Gli imprenditori russi hanno sempre negato di essere i proprietari
ROMAN SEMIOKHIN - DA FORBES RUSSIA 29/12/2021 Abbiamo fatto la piattaforma, viene venduta in vari Paesi e ogni Paese ha il suo proprietario diverso
SERGEY KARSHKOV - DA FORBES RUSSIA 29/12/2021 È come il McDonald's. C'è un format, c’è un modello di business che viene ceduto. Ma le aziende non hanno niente a che fare con noi
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Così 1XBet è sbarcata anche nel nostro Paese. Grazie a una società italiana, nel cuore di Roma, domiciliata presso uno studio legale di settore. Report ha scoperto che in passato la proprietà era cipriota e nel Cda era presente un manager originario della stessa città dei tre imprenditori russi. Poi l’azienda è stata rivenduta in Spagna.
LORENZO VENDEMIALE Dottor Scoyni, mi dà un minuto per incontrarla
FABIO SCOYNI - PRESIDENTE CMOBET SRL No, scusi
LORENZO VENDEMIALE Lei mi ha detto che è qui solo per avviare un business e una volta avviato lei si farà da parte. Ma per conto di chi questo business? Me lo può dire per favore
LORENZO VENDEMIALE Dottore, cioè i voglio solo delle informazioni
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Il sito italiano ha ricevuto l’attivazione proprio nelle ultime settimane, con regolare licenza. Ma il bookmaker era riuscito da tempo a infiltrarsi nel nostro Paese, grazie al pallone: infatti da anni sponsorizza la Serie A. Solo all’estero, però, perché in Italia una pubblicità del genere è illegale
VOLODYMYR ZVEROV – TELECRONISTA MEGOGO TV Eccolo, vedete ai lati delle porte. C’è la scritta 1XBet. E adesso anche su tutti i lati del campo, è ovunque
LORENZO VENDEMIALE Quindi non si tratta di qualche piccola pubblicità
VOLODYMYR ZVEROV – TELECRONISTA MEGOGO TV Questo è uno sponsor ufficiale!
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Il contratto è stato sottoscritto per la prima volta nel 2018 attraverso l’agenzia Interregional Sports Group. Secondo fonti confidenziali, l’accordo oggi vale 12 milioni di euro l’anno
LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A Noi non abbiamo fatto un contratto direttamente con 1Xbet. Noi abbiamo venduto ad un'agenzia internazionale
LORENZO VENDEMIALE Voi non potete dire no questo sponsor non ci va bene
LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A Questo è uno sponsor che preesisteva, ma nell'ultimo contratto il suo ruolo si è sostanzialmente ridotto
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Dalla Russia arriva almeno un altro sponsor, Liga Stavok. Qui non ci sono dubbi: si tratta di un bookmaker ufficiale di Mosca.
VOLODYMYR ZVEROV – TELECRONISTA MEGOGO TV Io faccio il telecronista del campionato italiano sulla tv ucraina. La prima volta che ho visto queste pubblicità, sono rimasto stupito. Adesso sono disgustato, e come me tanti tifosi che seguono la Serie A
LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO E la Federcalcio ucraina ha scritto una lettera di protesta alla Lega Serie A
LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A La Lega non ha nessun rapporto diretto con questa cosa. Sono dei club singolarmente…
LORENZO VENDEMIALE Quali?
LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A …che hanno un contratto nei confronti di un intermediario che ha venduto a questo partner. Quello che posso dirle è che dal quattro di gennaio non andrà più se non in un territorio specifico, quello russo
LORENZO VENDEMIALE Cioè di fatto parliamo tanto di sanzioni. Però è fattuale dire che la serie A prende soldi russi
FRANCESCO BARANCA – RESPONSABILE COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Teoricamente è una triangolazione, ma alla fine la sponsorizzazione di soggetti russi arriva alla serie A.
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO 1Xbet somiglia più a una matrioska per il complesso intreccio societario. Ci scrivono da Cipro e dicono, noi non abbiamo legami con la Russia, ma è in Russia che sono stati perseguiti. Non ci dicono chi sono i proprietari e dove vanno a finire i soldi. Nel dubbio, in Ucraina, gli hanno strappato la licenza, anche perché temono per la tutela dei loro dati. Noi in Italia invece gli abbiamo spalancato le porte. Indirettamente ma consapevolmente. La nostra Lega calcio, guidata da De Siervo, non si è fatta troppe domande, non sa neppure con quale galassia delle società di 1XBet è collegata, anche perché l’advisor Isg non vuole dirlo. Mentre gli altri club non hanno neppure interrotto il contratto con un altro bookmaker russo, Liga Stavok. Scoperto dal nostro Lorenzo Vendemiale, attraverso l’intermediario Infront, hanno sponsorizzazioni Lazio, Torino, Empoli, Verona, Lecce, Spezia, Sampdoria, Salernitana, Udinese. Solo l’Atalanta ha rinunciato al contratto, per motivi etici. Ora noi ci chiediamo come conciliano Lega e club il fatto di scendere in campo con la fascia al braccio con scritto su pace, quando poi alle spalle hanno gli sponsor del Paese che bombarda.
Radio Mosca. Report Rai. PUNTATA DEL 26/12/2022
di Manuele Bonaccorsi
Collaborazione di Federico Marconi
Le telecamere di Report sono andate a Mosca
Il potere di Putin, con il difficile andamento della guerra in Ucraina e le durissime sanzioni decise dai Paesi Occidentali, è davvero in crisi. Report ha solcato le piazze delle manifestazioni di sostegno alla guerra organizzate dal regime, ha intervistato politici e intellettuali e ha parlato con la gente comune, coi giovani e coi militari, con avvocati per i diritti umani e dissidenti, proprio nelle settimane in cui la mobilitazione parziale invocata dal presidente russo era al suo culmine. Con le ritirate di questo autunno dalla regione di Kharkov e da Kherson, nell’establishment moscovita cresce l’influenza dei falchi, che chiedono una ulteriore escalation militare. L’opinione pubblica, dove è ancora forte la retorica nazionalista, forgiata anche da notissimi influencer pro guerra, si schiera passivamente col presidente. I più moderati sono messi all’angolo, per il fallimento delle ipotesi di trattativa legate agli accordi di Minsk. Mentre l’opposizione liberale è ormai ridotta ai minimi termini, falciata da multe, fermi e arresti, ma specialmente dalla fuga di oltre 100mila cittadini russi, riparati all’estero per sottrarsi alle cartoline di precetto. Le sanzioni economiche non mordono. L’economia russa regge, e non è difficile trovare beni alimentari e di lusso provenienti dall’Europa. Ma la vera sfida, per l’industria, è fare a meno delle tecnologie occidentali.
RADIO MOSCA Di Manuele Bonaccorsi Collaborazione Federico Marconi Immagini Carlos Dias Montaggio Raffaella Paris – Riccardo Zoffoli Grafiche Michele Ventrone
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Vi mostreremo ora un reportage esclusivo. Il nostro Manuele Bonaccorsi è andato in Russia, un viaggio tra Mosca, Rostov sul Don e Donbass, all’ombra del potere di Putin che controlla un paese complesso, 140 milioni di abitanti, grande quattro volte come il continente europeo. Ecco con quali trucchi contengono il dissenso, l’opposizione, con quali trucchi agirano le sanzioni economiche e soprattutto a che punto è il consenso per Vladimir Vladimirovich?
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Mosca, 30 settembre. Mentre nel palazzo presidenziale Putin proclama l’annessione delle quattro regioni occupate in Ucraina, nella piazza Rossa si raccolgono i suoi sostenitori: un fiume di persone, oltre centomila, si accalca sotto le mura del Cremlino.
PRESENTATRICE Ciao Mosca! Ciao Russia! Diversi milioni di nostri fratelli che sono stati separati dal nostro Paese per trent'anni stanno tornando in Russia. Finalmente siamo insieme! Siamo la Russia!
MANIFESTANTE Siamo sconvolti dal fatto che tutti impongano sanzioni contro di noi. Siamo stati calunniati.
MANIFESTANTE 2 Abbasso Gorbačëv! I miei nonni hanno combattuto la grande guerra patriottica. E io ora sono qui, con la mia bandiera sulla piazza Rossa.
CANZONE SOVIETICA Ricordati di me, mia Patria! Ricordati di me, mia Patria! Per te, terra mia, andiamo a combattere! A combattere!
MANIFESTANTE 3 Non spegneremo il fuoco della Russia!
GENTE Patria! Libertà! Putin!
CANTANTE La verità è con noi e Dio è con noi.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sul palco si alternano alcune tra le star del panorama musicale russo come i Lyube, storico gruppo rock anni ’90, i cui testi sono sempre incentrati sulla vita dei militari. O il rapper Akim Apachev, nei suoi videoclip scorrono immagini dell’Azovstal e della battaglia di Mariupol.
MANIFESTANTE Io sono una insegnante e questi sono i nostri studenti. Siamo preoccupati ma crediamo che il nostro presidente risolverà tutto e lo sosteniamo.
MANUELE BONACCORSI Avete visto che ci sono state proteste contro la guerra a Mosca?
MANIFESTANTE Non sapevo che ci fossero state. Forse qualcuno è contrario ma si tratta di traditori.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In Russia la guerra non è solo propaganda: è un’estetica. La si ascolta nella musica. La si vede nei memoriali della grande guerra patriottica, nei musei, nelle rotonde delle vie, ornate con i razzi Katjuša e carri T-34. Le famiglie conservano la memoria dei 27 milioni di morti della Seconda guerra mondiale, una tragedia che 80 anni non sono bastati a sbiadire.
FYODOR LUKYANOV – DIRETTORE DI RICERCA – VALDAI CLUB Prima del 24 febbraio molte persone credevano che la reazione dell'opinione pubblica russa a un’eventuale guerra sarebbe stata piuttosto negativa. L’Ucraina fa parte della nostra cultura, della nostra storia. Non è percepita come un nemico. Eppure, oggi non si vedono molti contrari. Si tratta di un profondo sentimento di risentimento che la popolazione russa prova dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Alcuni territori, e sfortunatamente l'Ucraina è tra questi, sono visti come parte integrante del nostro Paese.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Fyodor Lukyanov, direttore del think thank Valdai, è uno dei più noti intellettuali russi. È a tutti gli effetti un moderato. Poco prima del 24 febbraio non ebbe paura ad esporsi, dichiarando che la guerra non sarebbe scoppiata.
MANUELE BONACCORSI Qual è il vero obiettivo di questa campagna militare?
FYODOR LUGYANOV – DIRETTORE DI RICERCA – VALDAI CLUB È una domanda a cui nessuno può rispondere per il semplice motivo che né Putin ne nessun altro ha mai espresso chiaramente gli obiettivi del conflitto. Possiamo sospettare che fosse un cambio di regime a Kiev ma è fallito. Oggi mi pare che l’obiettivo sia conquistare il più possibile. Secondo me i referendum paradossalmente sono un invito all’armistizio: questo è ciò che possiamo prendere. Ma gli Ucraini non vogliono arrendersi, dato il supporto militare Occidentale senza precedenti.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Secondo l’ala moderata dell’establishment di Mosca la guerra si sarebbe potuta evitare. Nicolay Silaev, ricercatore dell’Università diplomatica Mgimo, era uno dei componenti della delegazione russa al tavolo degli accordi di Minsk, dove dal 2014 si trattavano le condizioni per la pace in Donbass, dopo la rivolta dei separatisti russofoni di Donetsk e Lugansk.
NICOLAI SILAEV – RICERCATORE ISTITUTO PER GLI STUDI INTERNAZIONALI UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Al tavolo la Russia chiedeva solo una maggiore autonomia per queste aree, che sarebbero così tornate all'Ucraina: il diritto di mantenere il russo come lingua ufficiale, maggiori poteri alle autorità locali, la possibilità di concludere accordi commerciali con la Federazione Russa. A mio parere, erano proposte molto moderate e infatti a Donetsk molti separatisti non erano per nulla d’accordo..
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Silaev ci fornisce questi documenti diplomatici. Il 29 ottobre 2021, quattro mesi prima dello scoppio della guerra, il ministro degli Esteri russo Lavrov propone ai colleghi di Francia e Germania di “avviare la discussione su tutti gli aspetti giuridici del futuro regime delle regioni di Donetsk e Lugansk all'interno dell'Ucraina”, come previsto dagli accordi di Minsk. Il documento denuncia in particolare l’approvazione in Ucraina di una legge che impedisce l’uso del russo come lingua ufficiale e la presentazione al parlamento di Kiev, il 9 agosto, di una legge che avrebbe tolto il diritto di candidarsi alle elezioni a tutti i componenti dell’amministrazione indipendentista. Una legge, dice Lavrov, che se approvata “equivarrebbe al ritiro dagli accordi”. Il capo della diplomazia russa ne ricava un netto rifiuto. “La piattaforma della Russia contiene molte valutazioni che non sono condivise da Germania e Francia”, rispondono i due ministri europei che rinviano a un nuovo incontro l’11 novembre. Lavrov però rinuncia a partecipare e ribatte: “L'11 ottobre 2021 si è svolta una riunione tra Merkel, Macron e Putin. I due leader europei avevano promesso di chiedere al Presidente ucraino di ritirare il progetto di legge di Kyiv. “Questo non è accaduto e voi ne siete ben consapevoli”, conclude duro Lavrov.
MANUELE BONACCORSI È stato Putin però a decidere lo stop alle trattative.
NICOLAI SILAEV – RICERCATORE ISTITUTO PER GLI STUDI INTERNAZIONALI UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Mi è sempre sembrato che le opinioni di Putin sulla politica internazionale siano molto più moderate di quelle di gran parte della classe dirigente russa. Pushkin diceva: «In Russia l’unico a essere europeo è il nostro governo».
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Anastasia Udalsova è una parlamentare eletta nelle fila del Partito Comunista. Animatrice, insieme ad Aleksey Navalny, delle proteste del 2011 contro Putin, è sposata con Sergei Udaltsov, noto attivista finito in carcere proprio per l’opposizione al presidente. Non è certo accusabile di essere una supporter di Putin. Eppure...
ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Siamo forze patriottiche di sinistra, siamo critici sulla politica economica del governo ma lo sosteniamo pienamente sulla politica estera. Se c'è una critica, è questa: la guerra nel Donbass dura da otto anni e da allora noi chiediamo di intervenire militarmente in difesa dei cittadini del Donbass. Ora per fortuna la liberazione è iniziata.
MANUELE BONACCORSI Lei partecipò alle proteste che ci furono nel 2011, denunciando brogli nelle elezioni. Ci racconta come è cambiata la situazione da allora?
CARLOS DIAS Aspetta che c’è la polizia.
POLIZIOTTO La stanno intervistando su qualche tema?
ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Sì, sul Donbass.
POLIZIOTTO E che tipo di commenti dà?
ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Commenti patriottici, schiacciare il regime nazista. Cos’altro potrei dire?
POLIZIOTTO Naturalmente è necessario coordinare tutto con il servizio di sicurezza federale.
ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Chiaro. Ci hanno detto di andarcene. Ora cancelleranno tutto.
POLIZIOTTO Sì, devono farlo in nostra presenza. Controlli.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Alla fine, siamo costretti a cancellare una scheda, ma riusciamo a recuperarne il contenuto. Chiediamo alla parlamentare di rifare l’intervista ma smette di risponderci al telefono. Questa è la fattoria statale Lenin di Mosca. I suoi lavoratori vivono in questo quartiere della periferia della capitale, dotato di una chiesa, scuole, spazi sportivi. Nella piazza centrale il Partito comunista russo raccoglie aiuti umanitari da inviare al fronte. C’è anche l’anziano leader comunista Zyuganov, storico avversario di Eltsin e Putin alle presidenziali russe.
ZUBRIN NIKOLAI GRIGORIEVICH – PARTITO COMUNISTA DELLA FEDERAZIONE RUSSA Questo è il centoduesimo convoglio che dal 2014 va in Ucraina, nel Donbass. Da allora i comunisti hanno inviato aiuti per centinaia di milioni di rubli, tutti raccolti dalla gente comune, mentre gli oligarchi che per 30 anni hanno vissuto da parassiti sul patrimonio della Federazione Russa non hanno fatto niente.
BORIS LITVINOV – SEGRETARIO PARTITO COMUNISTA REPUBBLICA DEMOCRATICA DI DONETSK Ecco il tipo di divisa che stiamo inviando al fronte: tute da chirurghi e da infermiere. E farmaci, eccoli. Abbiamo un intero camion.
DIRIGENTE PARTITO COMUNISTA FEDERAZIONE RUSSA Nei momenti di pericolo noi russi diventiamo un unico organismo coeso che nessuno può distruggere. Perché dobbiamo salvare non solo il nostro mondo ma l'intera civiltà.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Le ritirate di questo autunno, dalla regione di Kharkov e da Kherson, non sembrano indebolire la retorica nazionalista. Anzi, stanno rafforzando nell’opinione pubblica l’influenza dei cosiddetti falchi. A partire da due personaggi. Evgenij Prigožin, capo del gruppo di militari mercenari Wagner: di recente ha realizzato un film molto crudo che racconta le gesta dei suoi uomini sul fronte ucraino. Poi c’è il presidente della Repubblica Cecena Ramzan Kadyrov, le cui truppe hanno dato un contributo fondamentale nella presa di Mariupol. Entrambi hanno pubblicamente criticato il potente ministro della Difesa Shojgu, accusando l’esercito di inefficienza e chiedendo un’ulteriore escalation militare.
OLEG BARABANOV – PROFESSORE UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Abbiamo un fenomeno qui di una grossa popolarità dei giornalisti militari. E hanno milioni di followers.
MANUELE BONACCORSI E sono liberi di esprimere le loro critiche?
OLEG BARABANOV – PROFESSORE UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Sì, perché nel Telegram non c'è censura. Loro sono totalmente pro-guerra, dicono che la Russia fa la guerra solo con la mano sinistra.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sembrerà assurdo ma in Russia molti dicono che il comportamento dell’esercito in guerra è stato corretto. Fin troppo corretto. Boris Rozhin è uno dei blogger che sta indirizzando verso l’escalation l’opinione pubblica russa. Il suo canale Telegram “Colonelcassad” è seguito da oltre 800 mila utenti. E fornisce aggiornamenti costanti dal fronte. È tra i cittadini russi sanzionati, accusato di commercio di armi.
BORIS ROZHIN – GIORNALISTA Nel 2014 ho fornito munizioni e armi alle milizie del Donbass. Non me vergogno affatto. È ciò che ogni persona perbene dovrebbe fare.
MANUELE BONACCORSI Dopo l’attacco al ponte di Kerch, la Russia ha usato dei missili su centri logistici e centri decisionali dell’Ucraina. Qual è la tua opinione su questo?
BORIS ROZHIN – GIORNALISTA Se questa tattica fosse stata applicata fin dall’inizio, avrebbe accelerato la fine della guerra. La Russia ha cercato in ogni modo di dimostrare che combatte principalmente contro le forze armate senza toccare infrastrutture industriali, di trasporto e logistiche. A differenza di come hanno fatto gli Usa in Serbia o Iraq, dove venivano bombardati anche quartieri residenziali. Abbiamo dato tempo all’Ucraina di armarsi. Per fortuna ora la Russia ha cambiato tattica.
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Putin pare l’unico uomo in grado di tenere in piedi un Paese così vasto e complesso. Non c’è da sperare neppure che si apra una breccia sulla strada per la pace e per gli oppositori perché anche chi lo accusava un tempo di brogli durante le elezioni oggi lo oggi lo appoggia nel conflitto armato. Così come lo appoggiano gli oppositori di sempre, i comunisti, che inviano aiuti al fronte. Se poi dovesse cadere Putin, c’è il rischio che il Paese finisca in mano a uno dei falchi, insomma, che abbiamo visto hanno grande potere e considerazione. E non si sarebbe da star tranquilli visto che il Paese possiede seimila testate nucleari. Mentre chi invece era fautore di un accordo di pace è finito piano piano in un vicolo cieco. Questa guerra ha radici nel 2014, quando le regioni russofone del Donetsk e Lugansk avevano chiesto l’autonomia, si era scatenata una guerra civile che aveva portato a 14 mila morti, poi cessata con gli accordi di Misk,che prevedevano che le due regioni, una volta rientrate sotto la giurisdizione ucraina mantenessero una vasta autonomia. Invece, che cosa è successo in questi anni, abbiamo visto nella corrispondenza che abbiamo mostrato che risaliva a quattro mesi prima del conflitto armato, Lavrov, ministro degli esteri che ai suoi colleghi Maas e Le Drian, tedesco e francese, e stigmatizza il fatto che il governo ucraino avesse approvato una legge che impediva alla lingua russa di essere la seconda lingua ufficiale in quelle regioni a maggioranza russofona e poi di aver presentato un progetto di legge che impediva di candidarsi a tutti coloro che avevano collaborato con le regioni indipendentiste, dopo che l’Ucraina aveva preso possesso delle due regioni. Questo atteggiamento aveva fatto irritare Lavrov che si era ancora più irritato quando aveva sentito la risposta dei colleghi tedeschi e francesi che non condividevano la linea russa e Lavrov fa saltare l’incontro dell’11 novembre. È a quel momento che saltano i dialoghi, si interrompono e che erano dialoghi già difficili, perché un mese prima si erano riuniti Putin, Macron e Merkel e Macron aveva preso l’impegno di fare opera di moral suasion nei confronti di Zelensky per far ritirare la legge. Promessa che andata vuota, non è stata mantenuta. Ora in una intervista Merkel, ha ammesso che gli accordi di Minsk hanno sostanzialmente consentito negli anni di armare l’Ucraina. Un concetto che è stato anche ripreso da Poroshenko, l’ex presidente ucraino, che ha detto: “quelli accordi di Minsk mi aiutarono a costruire le nostre forze armate”. Quello che emerge è che la pace non è stata perseguita da entrambe le parti. Una guerra che ha provocato 6mila morti tra i civili, 100mila fra i militari. Ma che percezione hanno della guerra a Mosca?
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nonostante la mobilitazione parziale invocata da Putin, Mosca è una città da cui la guerra sembra lontana. Gli obiettivi fissati dal governo per la mobilitazione, a Mosca come a San Pietroburgo, non sono stati molto alti. Studenti universitari e lavoratori professionalizzati non ricevono le lettere di precetto.
GIOVANE1 Sto con la Russia.
GIOVANE 2 Credo che sia necessario pagare il proprio debito col paese che ti ha dato tutto: vita, educazione, istruzione.
GIOVANE 1 Putin ha fatto un ottimo lavoro per il nostro Paese. Auguri per il suo compleanno.
GIOVANE 1 Brindiamo a lei, Vladimir Vladimirovich!
GIOVANE 3 Mi piace questa guerra? No. Se voglio partecipare? No, ho parenti in Ucraina.
RAGAZZA È un disastro totale, a dire il vero. Ma resisto, sostengo il mio Paese e spero che la guerra finisca.
GIOVANE 5 La questione con l’Ucraina andrebbe risolta alla russa. A cazzotti. Destro, sinistro. Come facciamo noi. Senza esercito.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO La gran parte dei cittadini russi chiamati sotto le armi proviene dalle regioni orientali e caucasiche, le più povere. I militari partono silenziosamente per il fronte, volenti o nolenti. Nelle stazioni dei treni, nelle aree di servizio, in direzione sud, si incontrano facilmente. Alcuni di loro sono professionisti, altri volontari o di leva.
MANUELE BONACCORSI Dove siete diretti?
SOLDATI Andiamo a difendere la patria. Siamo russi. Non sappiamo mai dove stiamo andando. Non preoccupatevi, ci sarà pace ovunque. Certo, ci sarà la pace russa.
MANUELE BONACCORSI E chi la vince questa guerra?
SOLDATI Noi! Non vincerà nessuno. Ci sono sempre perdite in guerra e perdite molto grandi. Nessuno vincerà.
MANUELE BONACCORSI Siete convinti che questa guerra sia giusta. Perché?
SOLDATI Del tuo paese devi parlare bene oppure non devi dire niente. Il nazismo non passerà qui. A pensarci bene, qui il Presidente decide tutto. È tutta una questione politica. Ci è stato detto e noi ci siamo andati.
MANUELE BONACCORSI Cosa pensate del fatto che in Ucraina stiano morendo comunque tanti civili?
SOLDATI Vi dico che questi sono i nostri fratelli. Sono russi. Il mio cognome è ucraino. Abbiamo metà delle radici da lì, i nostri parenti. Non vogliamo questa guerra, vogliamo solo giustizia.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Questo è un tribunale, al centro di Mosca. Oggi c’è una udienza che riguarda Marina Ovsyannikova, giornalista del primo canale della tv di Stato che aveva criticato in diretta l’invasione dell’Ucraina. Licenziata, era stata messa ai domiciliari dopo aver esposto in piazza un cartello con scritto: “Putin assassino”. Lui è il suo avvocato. Parla davanti alle telecamere dei pochi blog di opposizione rimasti in Russia.
DMITRY ZAKHVATOV - AVVOCATO DI MARINA OVSYANNIKOVA Ieri il magistrato ha chiesto di cambiare la condanna dagli arresti domiciliari alla detenzione, poiché dal 30 settembre 2022 la mia assistita non si trova più nel luogo dell'esecuzione.
MANUELE BONACCORSI Dove si trova adesso?
DMITRY ZAKHVATOV – AVVOCATO DI MARINA OVSYANNIKOVA Non sono informazioni che posso divulgare. Le accuse alla mia assistita si basano su leggi illegali. Attualmente ci sono circa 860 prigionieri politici in Russia. Questa cifra è più alta rispetto agli ultimi anni dell'Unione Sovietica.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Chi vuole continuare ad opporsi sceglie la clandestinità. Come gli attivisti di Vesna, che si organizzano su Telegram e appendono volantini contro la guerra per la città. Ne troviamo uno anche noi- “Russi, non arruolatevi, rimanete vivi!”, dice il testo. Ma l’impressione è ormai che il problema dell’opposizione impensierisca molto poco il governo. In questo ponte sulla Moskova, vicino alla piazza Rossa, proprio nel luogo in cui nel 2015 venne assassinato il politico liberale Boris Nemtsov, si sono tre militanti antiputin. Non c’è polizia a controllarli.
OPPOSITORI Era il leader dell'opposizione democratica russa. È stato colpito alla schiena da un proiettile proprio qui.
MANUELE BONACCORSI Questo picchetto per la legge russa è legale?
OPPOSITORI È un memoriale spontaneo. Molte volte hanno provato a distruggerlo ma ultimamente i poliziotti ci aiutano quando capita che qualche balordo ci assale. Solo, le bandiere ucraine è vietato appenderle. Al mattino arriva qui appositamente un poliziotto a controllare che non ci siano drappi giallo-blu. Noi vogliamo che l'Ucraina vinca così la Russia cadrà a pezzi e Putin non ci sarà più.
MANUELE BONACCORSI C'è un'opposizione di massa in Russia che potrebbe ottenere qualche risultato?
OPPOSITORE Una parte significativa dei russi non capisce niente. Sono tutti zombi. Credono di essere ancora nell’Unione sovietica.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Con la mobilitazione parziale il consenso di Putin è calato solo dall’83 al 77 per cento come certifica il Levada center, centro di analisi sull’opinione pubblica indipendente, che continua ad operare nonostante sia stato definito dal governo un “agente straniero”.
DENIS VOLKOV – DIRETTORE LEVADA CENTER – MOSCA Il motivo è che questo conflitto è stato percepito non come la guerra della Russia contro l'Ucraina, ma come la guerra dell'Occidente contro la Russia. Sono andati all'estero solo coloro che hanno i soldi per andarci. Si tratta di circa 100 mila persone.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Molti di loro si sono recati in Georgia, il paese più vicino e uno dei pochi in cui i russi possono entrare senza un visto. A Tblisi, distante duemila chilometri da Mosca, si riuniscono in piazza per protestare contro la guerra.
MANIFESTANTE 1 L’annuncio della mobilitazione è arrivato due giorni prima del mio matrimonio. Mi sono sposato e sono subito partito in moto. Certo, è strano protestare fuori dalla propria patria ma è importante che si sappia che ci sono russi che sostengono l’Ucraina.
MANIFESTANTE 2 Ho partecipato a molte manifestazioni quando ero a Mosca ma, in effetti, quelle proteste non ci hanno permesso di influenzare in nessun modo la situazione. Sembra non sia più possibile cambiare la Russia dall’interno.
MANIFESTANTE 4 In Russia manca la cultura della protesta. Dovrà arrivare una nuova generazione perché il mio paese cambi davvero.
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO La strategia di Putin per disinnescare il dissenso è stata semplice: i giovani dell’alta borghesia che nelle grandi città protestavano per il conflitto armato, una volta che hanno sentito l’ordine di mobilitazione generale sono fuggiti. Putin non vedeva l’ora di aprirgli le frontiere perché sono andati a protestare a migliaia di chilometri da Mosca, i russi non li hanno visti, sentiti, né si son fatti condizionare. Poi invece per chi è restato e protesta, c’è una multa per la prima protesta di piazza di 30 mila rubli e alla seconda protesta finisci direttamente in carcere. Altro punto, Putin non ha reclutato i giovani che abitano, residenti a Mosca così hanno potuto continuare a fare la bella vita, non hanno alcuna percezione materiale della guerra. Chi ha reclutato Putin? i ragazzini provenienti dalle regioni più povere: Daghestan, Cecenia Siberia, Jacuzia. Ecco, sono i diseredati, quelli che non hanno voce in capitolo sulle politiche del governo. Il New York Times in un recente articolo che evidenziava le falle della guerra di Putin, ha sottolineato proprio l’impreparazione dei militari russi, sono mal vestiti, mal equipaggiati, mal armati, armi vecchie e senza munizioni, persino senza vivande. Poi comunicano con delle linee telefoniche che utilizzano codici criptati vecchi, degli anni Sessanta, e quindi vengono bucati. Ma attenzione che lo stesso tipo di protesta sulla impreparazione è arrivata anche dalle stesse truppe russe che con una lettera hanno evidenziato, stigmatizzato, la strage di Pavlivka: dove sono morti 300 militari russi questo perché un comandante voleva fare bella figura coi suoi superiori e sono caduti in una imboscata degli ucraini. Ecco, questo ha portato che il vicecapo dell’amministrazione russa, l’ex vice capo dell’amministrazione russa, di Kherson ha dichiarato: “il ministro della difesa Shoigu, dovrebbe spararsi per aver fatto arrivare la situazione ha questo punto”. La Russia aveva come idea di arrivare a Kiev in pochi giorni e ispirare il cambio di governo, aveva addirittura consigliato ai propri militari, agli ufficiali di portarsi dietro le divise da cerimonia con le medaglie per poter sfilare in maniera trionfale sulle strade della capitale. Ecco, ha fallito l’obiettivo. Questo da una parte per la resistenza ucraina e dall’altra per aver sopravvalutato la propria capacità militare. E dall’altra parte invece i governi occidentali hanno pensato di fiaccare il governo russo, e quindi la sua forza bellica, con le sanzioni economiche. Ma dopo nove mesi a che punto sono le sanzioni economiche? Quanto hanno indebolito la Russia?
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nei supermercati di Mosca si trova un po’ di tutto. Questa è una catena specializzata proprio nei prodotti di importazione. Pasta italiana, birra tedesca, vino francese, ketchup americano sono ordinatamente in bella vista sugli scaffali.
MANUELE BONACCORSI Le sanzioni dell’Occidente come sono state interpretate dai russi?
DENIS VOLKOV – DIRETTORE LEVADA CENTER – MOSCA Semplice: le sanzioni non hanno determinato nessuna reazione. C'era molta preoccupazione all’inizio, a febbraio e a marzo. Ma i russi pensano: poco male, ora aumenteremo la nostra produzione interna.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ma c’è il trucco. Questi sono i magazzini Gum, il tempio del lusso occidentale a Mosca. Sulle vetrine dei marchi di moda c’è scritto: chiuso per motivi tecnici, per qualsiasi evenienza chiamate questo numero.
TELEFONISTA Gentile signore, se vuole acquistare qualsiasi prodotto basta andare sul nostro sito web.
IVAN TIMOFEEV – DIRETTORE RUSSIAN INTERNATIONAL AFFAIRS COUNCIL La strategia delle sanzioni semplicemente non funziona. L'Iran è sotto sanzione da più di 40 anni ma questo non ha portato al cambiamento del sistema politico. Lo stesso capita a Cuba e in Venezuela.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ivan Timofeev è ritenuto in patria uno dei massimi esperti di sanzioni.
IVAN TIMOFEEV – DIRETTORE RUSSIAN INTERNATIONAL AFFAIRS COUNCIL La lista delle sanzioni è piuttosto impressionante e, ad essere sincero, credevo che avrebbero avuto un effetto molto grave. È stata una previsione pessimistica: il sistema finanziario è riuscito a stabilizzarsi rapidamente e le imprese si stanno muovendo piuttosto efficacemente nella ricerca di nuovi mercati.
MANUELE BONACCORSI In quale settori le sanzioni hanno avuto più effetto?
IVAN TIMOFEEV - RUSSIAN INTERNATIONAL AFFAIRS COUNCIL Specialmente nell'elettronica ad alta tecnologia. Tuttavia, molte tecnologie possono essere prodotte anche internamente. Avremo tecnologie meno preformanti di quelle occidentali ma è meglio di zero, giusto?
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In Russia si fa di necessità virtù. McDonald ha abbandonato il Paese ed è stato acquisito da imprenditori locali. Il nome è diventato Vkusno i tochka, che tradotto vuol dire “gustoso e basta”. MANUELE BONACCORSI È identico!
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ma se sostituire un panino è un compito assai facile, per quanto riguarda la meccanica le cose si fanno più complesse. A Rostov sul Don ha sede la Rostselmash, una delle più grandi fabbriche di trattori del mondo, fondata nel 1929. Produce mietitrebbiatrici di alta qualità, esportate in tutto il mondo. Questo è il reparto che produce le trasmissioni meccaniche.
INGEGNERE ROSTSELMASH Ognuna è composta da oltre 200 tenaglie. È una produzione molto complessa. MANUELE BONACCORSI Cosa è cambiato con le sanzioni?
INGEGNERE ROSTSELMASH In precedenza, i pezzi venivano acquistati in Germania e in Giappone. Ma abbiamo trovato altri produttori in Russia e alcune lavorazioni abbiamo cominciato a farle noi. Il nostro obiettivo è realizzare tutto all’interno e da due anni lavoriamo per farlo.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Rostselmash ci spiega che dopo lo scontro della guerra le vendite si sono ridotte del 16 per centro a causa del crollo delle commesse nel mercato europeo e che l’azienda si sta rivolgendo adesso al mercato orientale. Ma le forniture dall’estero non si sono mai interrotte del tutto.
VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Sono sicuro che moltissime merci sanzionate arrivano. Naturalmente…
MANUELE BONACCORSI Tipo?
VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Pezzi di ricambio per gli aerei, pezzi di ricambio per o componenti per l'auto, arrivano. Certi componenti elettronici arrivano.
MANUELE BONACCORSI Ma dall’Italia o da..?
VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Da diversi paesi. Se io spedisco un componente elettronico in India nessuno può dirmi niente. E poi io non so se l'indiano lo rivende ai russi o no.
MANUELE BONACCORSI Quali sono le imprese italiane che sono state più colpite dalle sanzioni?
VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Tutte le imprese che lavorano nel settore dell’oil&gas e delle altre tecnologie, che hanno dovuto praticamente rinunciare a contratti miliardari. Se guardiamo i dati, noi perdiamo un 19-20 per cento di export.
MANUELE BONACCORSI A quanto ammonta?
VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Sono tre miliardi di euro.
MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Vittorio Torrembini è il presidente dell’associazione delle imprese italiane in Russia. Ogni settimana riunisce i suoi iscritti per via telematica.
IMPRENDITRICE Poi avevo visto collegata Maria Tatarskaya della Ferrero, volevo chiedere come sta andando.
MARINA TATARSKAYA - RESP RELAZIONI ISTITUZIONALI FERRERO RUSSIA Non possiamo lasciare i bambini senza dolci,
IMPRENDITRICE Senza la Nutella non possono sopravvivere. Abbiamo fatto investimenti, dobbiamo proteggerli.
VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE GIM UNIMPRESA Non possiamo lasciare i bambini senza dolci. Nel senso che non è che la Ferrero sta finanziando Putin. Non è che siamo qui per sostenere lo zar. Siamo qui per gli interessi del nostro Paese. Tutto lì.
MANUELE BONACCORSI Vi danno dei putiniani, quindi?
VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE GIM UNIMPRESA Eh sì, in giro, perché siete ancora in Russia? Ma non capite che questo è un dittatore? Cosa state lì a fare? E allora le nostre aziende che sono in Cina cosa dovrebbero fare, dovrebbero chiudere domani mattina? Quelle che sono in Arabia Saudita? Cioè l'Italia è un Paese che si regge sulle esportazioni. E dove andiamo a vendere, su Marte?
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO È un tema. La Russia ha perso quello che era il suo mercato principale per le materie prime, l’Europa, tuttavia il suo Pil si è ridotto solo del 3,4 percento. È aumentata l’inflazione al 12 percento, è poco superiore della media che viene calcolata nel continente europeo che è 10,6 percento. Ora abbiamo capito che la Russia non ha avuto il crollo, se qualcuno se l’aspettava ha fatto i calcoli sbagliati. Ha sostituito le tecnologie che importava con quelle autoctone e poi ha cercato nuovi mercati, sta costruendo un nuovo gasdotto il Power of Siberia 2 che porterà gas e petrolio in Cina. Ha aperto con il Medio Oriente, con l’India, con l’Africa. Insomma, che cosa ci insegna questo? Che in un mondo globalizzato se le sanzioni non sono globalizzate non hanno effetto. Sono armi spuntate, hanno un peso invece su quelle aziende, eccellenze, italiane che puntano sull’export. In Russia, l’abbiamo visto, continuano ad aggirare le sanzioni comprando attraverso triangolazioni con Paesi terzi, comprando attraverso la piazza globale che è internet, insomma mancano però le materie prime. Mancano le materie prime e mancano soprattutto in occidente.
Paolo Valentino per corriere.it il 29 Dicembre 2022.
Quando il 26 settembre un’esplosione sottomarina danneggiò gravemente i tubi di Nord Stream I e Nord Stream II, i due gasdotti che collegano la Russia al Nord Europa adagiati sul fondo del Mar Baltico, quasi tutti i Paesi occidentali puntarono l’indice verso la Russia, ipotizzando l’ennesima operazione coperta, mirata a destabilizzare il mercato producendo un aumento dei prezzi.
Mosca, da parte sua, invocando l’assurdità di un atto terroristico ai propri danni, accusò la Gran Bretagna di essere dietro l’attacco. Nessuna delle due accuse era suffragata da alcuna prova. Poca attenzione e commenti suscitò invece un tweet del deputato europeo ed ex ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, che pubblicò una foto del tratto di mare con la bolla provocata dal gas fuoruscito dai tubi, con il commento: «Thank you Usa», grazie Stati Uniti.
Sono passati tre mesi. E l’esplosione del Mar Baltico, probabilmente provocata da bombe lanciate da navi o messe sul fondo da sottomarini, rimane un mistero di difficile e forse impossibile soluzione. Soprattutto, nell’era della continua sorveglianza satellitare, nel pieno di una crisi energetica globale e con l’intera Europa in stato di allerta a causa della guerra in Ucraina, appare incredibile come un’imbarcazione o un sommergibile abbia potuto avvicinarsi in incognito all’infrastruttura più controversa dello scontro Russia-Occidente, depositare un ordigno e poi allontanarsi senza lasciare tracce.
Ma veramente non ne ha lasciate? La domanda è lecita, se è vero che l’indagine compiuta dal governo svedese ha concluso che dietro l’attacco ci sia un «attore statale», cioè che ci sia stata un’operazione di intelligence organizzata e gestita da un governo. Stoccolma però ha deciso di tenere segreti molti dettagli dell’inchiesta, alimentando l’ipotesi che in realtà il caso è stato risolto ma strategicamente è meglio non rivelarne le conclusioni. La linea ufficiale, riassunta nelle parole del capo del controspionaggio svedese Daniel Stenling, è: «Al momento non abbiamo prove, ma auspicabilmente le avremo».
A complicare lo scenario è la notizia che Nord Stream AG, la società del gigante statale Gazprom proprietaria dei due gasdotti, nelle scorse settimane ha calcolato l’eventuale costo delle riparazioni, mettendo a punto diversi preventivi. Uno solo di questi interventi, secondo una fonte anonima citata dal New York Times, si aggirerebbe intorno ai 500 milioni di euro. Ovviamente, dando per buona l’ipotesi che sia stata Mosca a ordinare l’azione contro i suoi stessi gasdotti, la domanda è perché mai ora stia pensando di iniziare i costosissimi lavori di riparazione.
Ma come tutte le cose russe, il mistero è nascosto dentro un enigma. E come sempre nell’universo delle intelligence, nulla è come appare. Il ragionamento di chi accusa il Cremlino è che Putin abbia ormai dimostrato di saper usare il gas come un’arma.
Già in agosto, il presidente russo ha chiuso il Nord Stream I, invocando problemi tecnici, poi a settembre ha detto che sarebbe rimasto chiuso a tempo indeterminato. Il 26 settembre è avvenuta l’esplosione, che ha danneggiato entrambi i gasdotti e che non va certo a vantaggio di Mosca, costretta ancora a pagare all’Ucraina i diritti di transito della vecchia condotta Druzba.
Ma l’attacco ai due Nord Stream ha disarticolato i mercati, provocando un’impennata dei prezzi del gas e di fatto assicurando che rimangano alti ancora a lungo. Questo, secondo la teoria, costituirebbe un incentivo per gli Europei a far pressioni su Kiev per accettare un negoziato e porre fine alla guerra. Ulteriore effetto dell’esplosione, quello di essere un avvertimento russo per Paesi come Polonia e Norvegia, da poco collegati da un nuovo gasdotto, come a dire: «Possiamo farlo anche altrove». Indizio a favore di questa tesi: il 26 settembre il Nord Stream I non trasportava gas.
In realtà non c’è uno straccio di prova. L’improbabilità di un’operazione auto inflitta dei russi è palese. Gli omissis svedesi non aiutano l’accertamento della verità. I servizi di Stoccolma non vogliono neppure condividere tutte le loro conclusioni con altri servizi europei. Certo, episodi come la recente scoperta di una talpa russa nell’intelligence tedesca offrono un argomento alla loro diffidenza.
Ma il mistero del Baltico rimane. Come rimane senza ulteriori spiegazioni quello strano cinguettio di Sikorski. Che fra l’altro è marito della giornalista americana Anne Applebaum, una delle maggiori e meglio connesse esperte della Russia e dei Paesi dell’Est.
Le ultime rivelazioni sul gasdotto Nord Stream svelano le bufale del mainstream. Enrica Perucchietti su L'Indipendente il 30 Dicembre 2022.
«Dopo mesi di indagini, numerosi funzionari affermano in privato che la Russia potrebbe non essere responsabile degli attacchi ai gasdotti Nord Stream». In un lungo articolo, il Washington Post spiega che non ci sono prove che la Russia sia in qualche modo coinvolta nelle esplosioni ai gasdotti Nord Stream1 e 2. «A questo punto non ci sono prove che la Russia sia dietro al sabotaggio», ha dichiarato un funzionario europeo interpellato dal quotidiano statunitense, aggiungendosi alle valutazioni di 23 funzionari diplomatici e dell’intelligence di nove Paesi intervistati nelle ultime settimane. Secondo la ricostruzione del Washington Post, «alcuni si sono spinti fino a dire che non pensano che la Russia sia responsabile».
Dal Cremlino è arrivata la reazione di Putin che giovedì, in conferenza stampa, ha rimarcato che il danneggiamento ai gasdotti «è un atto di terrorismo di Stato», aggiungendo che «chi è interessato al fatto che la fornitura di gas russo all’Europa passasse solo attraverso l’Ucraina, ha fatto saltare tutto».
Dopo le esplosioni, in maniera avventata, Zelensky aveva puntato il dito contro il Cremlino, definendolo un «attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Unione Europea», mentre le intelligence di alcuni Paesi UE avevano diffuso la notizia della presenza, qualche giorno prima, di alcune navi russe nella zona dei danneggiamenti.
Il ministero della Difesa russa, in un rimpallo di responsabilità, aveva respinto l’accusa e aveva incolpato pubblicamente la Royal Navy britannica di aver partecipato alla preparazione e attuazione del sabotaggio.
La stampa internazionale ha individuato da subito il “suo” colpevole: Putin. Per settimane ha insinuato che la responsabilità delle perdite dai due gasdotti Nord Stream fosse russa, sebbene tale pista fosse poco logica e semplicistica e a giovare dell’attacco fossero semmai altri Paesi (Polonia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna e Stati Uniti).
Secondo fonti britanniche citate dal Times, lo scenario più probabile era che la Russia avesse lanciato un drone subacqueo con una carica esplosiva verso due diverse zone. Così per Sky Tg24, riprendendo un articolo di Spiegel, «i sospetti puntano verso la Russia», mentre Fanpage abbracciava la teoria avanzata degli esperti del The Guardian, secondo cui «potrebbero essere stati i robot [russi] di manutenzione che operano all’interno della struttura del gasdotto durante lavori di riparazione». Ancora meno diplomatico Formiche.net: «Difficile non pensare a un atto ostile, come riscontrano diversi leader europei, mentre dietro agli eventi si intravvede la possibile trama di Putin».
La fatidica domanda cui prodest? non è stata presa in considerazione dai media di massa, concentrati nella consueta demonizzazione del nemico dell’Occidente. Non è stata nemmeno adottata la prudenza nel raccontare quello che è successo: per l’informazione italiana sarebbero stati i russi, a priori, a colpire il gasdotto, sebbene l’attentato sia stato compiuto in un mare controllato dalle forze Nato, sul quale incrociano navi dell’Alleanza atlantica.
Il Washignton Post ora dimostra che la stampa avrebbe dovuto mostrare più cautela nell’accusare Mosca. Anche perché, tra gli indiziati, ci sono anche gli Stati Uniti: Washington non ha mai fatto mistero della sua contrarietà al gasdotto Nord Stream 2 e per diversi anni si è opposta alla realizzazione del progetto, con lo scopo di impedire il vincolo tra Russia ed Europa.
Il 23 marzo 2021 il neosegretario di Stato USA Blinken, in una conferenza stampa insieme al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, dichiarava: «Il Nord Stream 2 è una pessima idea sia per l’Europa che per gli Stati Uniti» per poi aggiungere in maniera sibillina: «Il progetto è in contraddizione con gli obiettivi di sicurezza energetica dell’Unione europea».
Diversi analisti hanno ricordato una risposta del presidente Joe Biden che, in una conferenza stampa del 7 febbraio, alla presenza del cancelliere Scholz, aveva minacciato Mosca di ripercussioni: «Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi porremo fine. Vi assicuro, saremo in grado di farlo». Biden faceva eco alle dichiarazioni del sottosegretario di Stato Victoria Nuland che, una decina di giorni prima, aveva avvertito il Cremlino: «Se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro Nord Stream 2 non andrà avanti». E così è stato.
[di Enrica Perucchietti]
Ucraina Russia, le notizie sulla guerra del 27 dicembre. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 27 dicembre 2022
Le notizie di martedì 27 dicembre. La Russia è pronta a riaprire il gasdotto Yamal verso l’Europa. Lavrov: «Denazificare il regime di Kiev»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 306esimo giorno.
• Kuleba, ministro degli Esteri ucraino: «Puntiamo a un summit di pace entro fine febbraio all’Onu».
• Il Cremlino annuncia un colloquio tra Putin e Xi prima della fine dell’anno.
• Putin nomina Medvedev come suo vice nella Commissione militare-industriale.
• Kiev ha esortato i residenti di Kherson a evacuare la città.
Ore 04:35 - Il Cremlino: colloqui Putin-Xi prima della fine dell’anno
Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping avranno un colloquio entro la fine dell’anno. Lo ha riferito l’agenzia di stampa statale russa Tass senza fornire dettagli sui tempi e sul format dei colloqui, citando il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
Ore 04:42 - Putin nomina Medvedev suo vice in Commissione militare-industriale
Putin ha nominato l'ex premier Dmitry Medvedev suo vice nella Commissione militare-industriale, secondo quanto riportato nel corrispettivo decreto presidenziale. Formalmente, Medvedev assume la carica di primo vicepresidente della Commissione: potrà tenere riunioni del complesso militare-industriale per conto di Putin e ha anche il diritto di «creare consigli e gruppi di lavoro nelle aree di attività della Commissione per esaminare questioni di sua competenza e preparare proposte per la loro soluzione». Medvedev è già vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, anche qui nel ruolo di vice del presidente Putin. La Commissione militare-industriale è un organo permanente che organizza e coordina le attività degli organismi esecutivi federali nell'attuazione della politica statale sulle questioni militare-industriali.
Ore 04:49 - Kiev esorta i residenti di Kherson a evacuare
Le autorità hanno esortato i residenti di Kherson d evacuare a causa dell'intensificarsi dei bombardamenti russi. Lo afferma su Telegram il ministero del Reintegro dei territori temporaneamente occupati, citato da Ukrinform. «I continui bombardamenti nemici su Kherson liberata stanno diventando sempre più frequenti e su larga scala. La situazione della sicurezza è stata molto tesa negli ultimi giorni», ha sottolineato il ministero. Nell'attacco russo a Kherson del 24 dicembre sono morti 16 civili e 64 sono rimasti feriti.
Ore 04:53 - Putin nomina Medvedev suo vice in Commissione militare-industriale
Putin ha nominato l'ex premier Dmitry Medvedev suo vice nella Commissione militare-industriale, secondo quanto riportato nel corrispettivo decreto presidenziale. Formalmente, Medvedev assume la carica di primo vicepresidente della Commissione: potrà tenere riunioni del complesso militare-industriale per conto di Putin e ha anche il diritto di «creare consigli e gruppi di lavoro nelle aree di attività della Commissione per esaminare questioni di sua competenza e preparare proposte per la loro soluzione». Medvedev è già vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, anche qui nel ruolo di vice del presidente Putin. La Commissione militare-industriale è un organo permanente che organizza e coordina le attività degli organismi esecutivi federali nell'attuazione della politica statale sulle questioni militare-industriali.
Ore 04:58 - Kuleba: «Puntiamo a un summit di pace entro fine febbraio all’Onu»
Il governo dell’Ucraina punta ad avere un summit di pace entro fine febbraio, preferibilmente alle Nazioni unite e con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres come possibile mediatore, più o meno nel periodo dell’anniversario dell’inizio della guerra da parte della Russia. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un’intervista ad Associated Press
Ore 05:03 - Kiev colpisce ancora in Russia e lancia il «vertice per la pace»
(Marta Serafini, nostra inviata) Tre militari russi morti. È lunedì mattina quando le immagini diffuse in rete mostrano un bagliore provenire dalla base aerea di Engels, vicino alla città di Saratov, nel sud della Russia. Secondo il ministero della Difesa di Mosca, si tratta di un drone ucraino abbattuto, i cui detriti, cadendo, hanno ucciso «tre membri del personale di servizio».
È la seconda volta nel giro di un mese che la base di Engels, costruita in epoca sovietica, e intitolata al filosofo Friedrich Engels, nonché sede del 121° reggimento dell’aviazione di bombardieri pesanti, compresi gli squadroni di bombardieri strategici Tu-95 e Tu-160 i cui missili hanno devastato le infrastrutture energetiche ucraine, viene colpita.
Ore 05:10 - Mosca: pronti a riaprire il gasdotto Yamal per l’Europa
Mosca è pronta a riprendere le forniture attraverso il gasdotto Yamal verso la Polonia: lo ha detto il vice primo ministro russo Alexander Novak all’agenzia Tass. «Il mercato europeo rimane rilevante e abbiamo le possibilità di riprendere il flusso» ha detto Novak citando nello specifico il gasdotto Yamal. A maggio Varsavia aveva rifiutando il diktat del Cremlino di pagare in rubli e Gazprom aveva chiuso i rubinetti del Yamal. Novak ha detto che c’è la possibilità di aggiungere approvvigionamenti attraverso la Turchia e che nel 2022 la Russia ha inviato in Europa 21 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto.
Ore 05:03 - Kiev colpisce ancora in Russia e lancia il «vertice per la pace»
(Marta Serafini, nostra inviata) Tre militari russi morti. È lunedì mattina quando le immagini diffuse in rete mostrano un bagliore provenire dalla base aerea di Engels, vicino alla città di Saratov, nel sud della Russia. Secondo il ministero della Difesa di Mosca, si tratta di un drone ucraino abbattuto, i cui detriti, cadendo, hanno ucciso «tre membri del personale di servizio».
È la seconda volta nel giro di un mese che la base di Engels, costruita in epoca sovietica, e intitolata al filosofo Friedrich Engels, nonché sede del 121° reggimento dell’aviazione di bombardieri pesanti, compresi gli squadroni di bombardieri strategici Tu-95 e Tu-160 i cui missili hanno devastato le infrastrutture energetiche ucraine, viene colpita.
Ore 05:10 - Mosca: pronti a riaprire il gasdotto Yamal per l’Europa
Mosca è pronta a riprendere le forniture attraverso il gasdotto Yamal verso la Polonia: lo ha detto il vice primo ministro russo Alexander Novak all’agenzia Tass. «Il mercato europeo rimane rilevante e abbiamo le possibilità di riprendere il flusso» ha detto Novak citando nello specifico il gasdotto Yamal. A maggio Varsavia aveva rifiutando il diktat del Cremlino di pagare in rubli e Gazprom aveva chiuso i rubinetti del Yamal. Novak ha detto che c’è la possibilità di aggiungere approvvigionamenti attraverso la Turchia e che nel 2022 la Russia ha inviato in Europa 21 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto.
Ore 05:22 - Zelensky: «Circa 9 milioni di persone senza elettricità»
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un videomessaggio ha denunciato che da ieri sera «ci sono almeno 9 milioni di persone senza energia elettrica in varie regioni dell’Ucraina. Ma il numero e la durata delle interruzioni sta gradualmente diminuendo. Ci tengo a ringraziare tutti i lavoratori delle imprese energetiche, tutte le squadre di riparazione, grazie alle quali questo sabato e domenica, alla vigilia di Natale e a Natale, è stato possibile dare più energia alle persone».
«Ho avuto oggi un meeting speciale con funzionari governativi sul tema dell’energia e delle infrastrutture. Ci stiamo attrezzando per il prossimo anno, e non solo per i mesi invernali. Ci sono minacce che dobbiamo eliminare. Ci sono decisioni che vanno prese», ha aggiunto Zelensky.
Ore 05:31 - Lavrov: «Dal Pentagono minacce di assassinio di Putin»
La denuncia arriva dal ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che in un’intervista all’agenzia Tass parla di dichiarazioni rilasciate da fonti «anonime» del Dipartimento della Difesa Usa. «Alcuni “funzionari anonimi” del Pentagono hanno effettivamente espresso la minaccia di sferrare un “attacco decapitante” al Cremlino, che in realtà è una minaccia di tentato omicidio del presidente russo - ha detto Lavrov -. Se tali idee sono davvero ponderate da qualcuno, allora questo qualcuno dovrebbe pensare meglio alle possibili conseguenze di tali piani», ha concluso il ministro degli Esteri russo.
Ore 07:46 - A Bakhmut situazione «difficile e dolorosa»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che i combattimenti nelle regioni orientali di Bakhmut e Kreminna e in altre aree del Donbass sono «difficili e dolorosi» per le truppe ucraine. Il governatore regionale di Donetsk Pavlo Kyrylenko ha aggiunto che oltre il 60% delle infrastrutture nella città di Bakhmut è stato parzialmente o completamente distrutto.
Ore 08:00 - Lavrov: denazificare l’Ucraina
«Le nostre proposte per la smilitarizzazione e la denazificazione dei territori controllati dal regime di Kiev, l’eliminazione delle minacce alla sicurezza della Russia provenienti da queste aree, compresi i nostri nuovi territori, sono ben note al nemico», ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov citato dall’agenzia russa Tass. «Il punto è semplice» — dice Lavrov rivolgendosi alle autorità ucraine — accettate queste condizioni «per il vostro bene. Altrimenti, la questione sarà decisa dall’esercito russo».
Ore 08:26 - Attacchi russi su Kherson
Le forze russe hanno lanciato nelle ultime 24 ore nuovi 40 attacchi contro la regione ucraina di Kherson, causando un ferito. Come ha affermato su Telegram il governatore della regione, Yaroslav Yanushevich, le truppe di Mosca hanno fatto uso d’artiglieria, mortai, carri armati e lanciarazzi multipli. In particolare, 11 attacchi sono stati lanciati contro la città di Kherson, riconquistata a novembre dalle forze ucraine: una persona ferita, danneggiati edifici residenziali e infrastrutture.
Ore 08:39 - Kiev: neutralizzati 4.500 attacchi informatici nel 2022
I servizi di sicurezza dell’Ucraina hanno neutralizzato più di 4.500 attacchi informatici russi dall’inizio dell’anno. Lo ha detto a My-Ukraine Ilya Vitiuk, capo del dipartimento di sicurezza informatica presso il Servizio di sicurezza dell’Ucraina (Ssu): «Il Paese aggressore lancia in media più di dieci attacchi informatici ogni giorno. Fortunatamente siamo entrati nel 2022 con otto anni di esperienza nella guerra ibrida. Al momento dell’invasione eravamo già preparati agli scenari peggiori», ha detto Vitiuk, spiegando che nel 2020 erano stati registrati quasi 800 attacchi informatici, saliti a più di 1.400 nel 2021, un dato che si è triplicato nel 2022.
Ore 10:12 - Lavrov minaccia: «Kiev accetti proposte o ci pensa l’esercito»
«Il nemico è ben consapevole delle nostre proposte sulla smilitarizzazione e la denazificazione dei territori controllati dal regime di Kiev, l’eliminazione delle minacce alla sicurezza della Russia che include i nostri nuovi territori (le repubbliche di Donetsk e Lugansk e le regioni di Kherson e Zaporizhzhia). Non resta molto da fare: accettare queste proposte in modo amichevole, o in caso contrario sarà l’esercito russo ad occuparsi della questione». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un’intervista alla Tass.
Ore 10:13 - Incontro Putin-Lukashenko a San Pietroburgo
I presidenti della Federazione Russa e della Bielorussia Vladimir Putin e Alexander Lukashenko stanno avendo un colloquio al Museo Russo di San Pietroburgo. Lo riferisce Ria Novosti. «Ci incontreremo di nuovo e discuteremo di ciò che è di reciproco interesse», ha spiegato Putin.
Ore 10:13 - Lavrov: «Il Pentagono ha minacciato di assassinare Putin»
«Alcuni “funzionari anonimi” del Pentagono hanno minacciato di infliggere un “attacco decapitante” al Cremlino: volevano eliminare fisicamente il capo dello stato russo. Se tali idee sono effettivamente valutate da qualcuno, questo qualcuno dovrebbe riflettere molto attentamente sulle possibili conseguenze di tali piani». Lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un’intervista alla Tass.
Ore 10:20 - Deputato russo muore in India: caduto dal terzo piano
Pavel Antov, parlamentare russo del partito Russia Unita, che lo scorso giugno aveva criticato la guerra di Putin in Ucraina, è stato trovato morto domenica sera, dopo una caduta dal terzo piano di un hotel di Rayagada, nello Stato indiano dell’Odisha.
Le autorità indiane hanno ipotizzato con i media che Antov, trovato senza sensi in una pozza di sangue, si sarebbe suicidato in preda alla depressione per la scomparsa, due giorni prima, «apparentemente per un attacco cardiaco», dell’amico Vladimir Budanov, anche lui russo, che faceva parte del gruppo di quattro turisti arrivati all’hotel qualche giorno prima per festeggiare il 66esimo compleanno di Antov.
Recentemente Antov aveva criticato il presidente russo Vladimir Putin per la guerra in Ucraina, ritrattando in seguito le proprie dichiarazioni.
Ore 10:39 - Von der Leyen: «Da Ue oltre 77mila tonnellate di aiuti da febbraio»
«Da febbraio, l’Unione Europea ha spedito oltre 77mila tonnellate di materiale di assistenza in Ucraina. Ciò include forniture salvavita come medicine, cibo, articoli per il riparo e oltre a veicoli antincendio e ospedali mobili. La solidarietà dell’Europa con l’Ucraina sta solo diventando più forte». Lo scrive in un tweet la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Ore 10:56 - «Miracolo di Natale» a Kherson: razzi su una chiesa ma non esplodono
Viene già chiamato «il miracolo di Natale». Il 23 dicembre, i russi hanno bombardato il centro di Kherson da Grady. Due razzi sono volati contro la chiesa cattolica che in quel momento era piena di persone e anche bambini, ma non sono esplosi. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Lo ha raccontato il vescovo cattolico latino di Odessa-Simferopol, monsignor Stanislav Szyrokoradiuk, durante la messa della veglia di Natale. La notizia è riportata dal sito della Chiesa cattolica latina in Ucraina, rilanciato in Italia dal Sir.
Durante l'omelia, il vescovo ha menzionato il bombardamento di Kherson, avvenuto il giorno prima, dicendo che ha già registrato molti casi miracolosi che si stanno verificando nel territorio della diocesi che comprende le città di Kherson e Mykolaiv. «Dio comanda. Una persona spara ma Dio controlla quel razzo», ha detto il vescovo. «Ci sono molti cattolici che digiunano ogni venerdì a pane e acqua per la vittoria, per i loro soldati. Kherson è stata pesantemente bombardata venerdì. Dopodiché, il nostro prete chiama e dice: "due razzi hanno colpito la chiesa. Tutti erano nel tempio. Le persone stavano pulendo: bambini, donne, due sacerdoti. Si stavano preparando per il Natale e? nessuno di questi razzi è esploso, lasciando solo buchi nel tetto. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Nessuno è esploso. Non è questa la grazia di Dio?" Questo significa che se preghiamo, se confidiamo in Dio, Dio controlla i razzi», ha sottolineato il vescovo Szyrokoradiuk. La Chiesa cattolica ucraina ricorda che il 24 dicembre 10 persone sono morte e 55 sono rimaste ferite a Kherson a causa dei bombardamenti russi.
Ore 11:09 - Ministero della Difesa inglese: «La Russia ha trasferito in Bielorussia carri armati»
«Elementi della prima armata delle Guardia russe sono stati probabilmente tra le forze russe che si sono recentemente spostate in Bielorussia». È quanto afferma il report quotidiano del ministero della Difesa del Regno Unito, osservando come si tratti di forze che necessitano di essere addestrate prima di poter essere utilizzate sul campo.
Ore 11:24 - Germania: «Una talpa avrebbe dato a Mosca informazioni sull'Ucraina»
Il dipendente del Bnd, i servizi segreti esteri tedeschi, arrestato mercoledì scorso per presunto spionaggio avrebbe anche passato all'intelligence russa valutazioni top secret sulla guerra in Ucraina. Lo scrivono Wdr e Ndr, come riporta Tagesschau. Gli ambienti di sicurezza, inoltre, sospetterebbero che il funzionario, Carsten L., fosse sotto ricatto da parte dei servizi di Mosca. L'uomo è stato arrestato mercoledì scorso, con l'accusa di tradimento, su ordine della Procura generale federale tedesca.
Ore 11:39 - Kiev: «La Russia venga espulsa dall'Onu»
«L'Ucraina chiede di espellere la federazione russa dall'Onu». Lo scrive il vicepresidente del parlamento ucraino, Oleksandr Korniyenko, via Twitter. «La Russia occupa territori stranieri», si legge nel tweet, «occupa seggi nelle organizzazioni internazionali. L'adesione della Russia all'Onu è illegittima. L'Ucraina non resterà in silenzio». Al tweet di Korniyenko si aggiunge una dichiarazione di ieri del ministero degli Esteri ucraino, secondo cui la Russia avrebbe occupato illegalmente il posto dell'Urss nel Consiglio di sicurezza dell'Onu dopo lo scioglimento dell'Unione Sovietica nel 1991: «Da un punto di vista giuridico e politico, la conclusione può essere una sola: la Russia è un usurpatore del seggio dell'Unione Sovietica nel Consiglio di sicurezza dell'Onu».
Ore 12:01 - Alexander Lambsdorff sarà il nuovo ambasciatore tedesco a Mosca
Alexander Lambsdorff, deputato liberale ed esperto di politica estera dei liberali della Fdp, dovrebbe diventare la prossima estate il nuovo ambasciatore tedesco in Russia. Lo riporta Spiegel, citando ambienti della coalizione di governo. Lambsdorff ha ripetutamente condannato con forza la guerra di aggressione russa contro l'Ucraina e negli scorsi mesi ha dichiarato di non ritenere possibile al momento una soluzione puramente diplomatica del conflitto. Già vicepresidente del parlamento Ue, diplomatico di formazione, Lambsdorff è discendente di una famiglia nobile tedesca. Attualmente, Ge'za Andreas von Geyr è in carica a Mosca come ambasciatore tedesco.
Ore 12:32 - Kiev: «Maggiori perdite dell'esercito russo a Bakhmut e Lyman»
Nelle ultime 24 ore «il nemico russo ha subito le maggiori perdite nelle direzioni Bakhmut e Lyman». Lo ha riferito lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nell'aggiornamento di questa mattina. Secondo il report, l'esercito di Kiev ha respinto gli attacchi russi nelle aree di due insediamenti nella regione di Luhansk e sei nella regione di Donetsk. «Nelle direzioni Volyn, Polissya, Siverskyi e Slobozhanskyi la situazione non è cambiata in modo significativo», si legge nell'aggiornamento.
Ore 12:52 - Tass: «Guterres sarebbe pronto a mediare con l'accordo delle parti»
L'agenzia di stampa statale russa Tass ha raccolto una dichiarazione dell'ufficio del capo delle Nazioni Unite, secondo cui il segretario generale Antonio Guterres è pronto a mediare sul conflitto in Ucraina, a condizione che tutte le parti siano d'accordo con questa proposta.
Ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, in un'intervista all'Associated Press, ha affermato che il governo di Kiev punta a tenere un vertice di pace entro la fine di febbraio alle Nazioni Unite con il segretario generale Antonio Guterres come possibile mediatore, proprio nel periodo del primo anniversario dell'invasione.
Ore 13:12 - Kiev: la Russia parla di pace solo per guadagnare tempo
I commenti della Russia sui negoziati di pace sono solo modi per il governo di Mosca di guadagnare più tempo. Lo ha affermato alla Cnn il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Alexander Rodnyansky. «La Blitzkrieg è andata terribilmente storta per loro (i russi ndr) e lo sanno, quindi hanno bisogno di più tempo per riorganizzarsi e ricostruire le loro truppe», ha detto Rodnyansky. «Non dobbiamo cadere in quella trappola», ha detto.
Ore 13:31 - Kiev: famiglia sterminata da gruppo Wagner, morti anche 4 bimbi
Una famiglia di otto persone, tra cui quattro bambini, è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco nella città di Makiivka, nella regione ucraina di Donetsk occupata dai russi. Una strage che Kiev ha attribuito ai mercenari del gruppo Wagner. Lo ha detto Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, fuggito quando la città nella regione di Donestk è stata conquistata dai russi, come riporta Ukrainska Pravda. Secondo Andriushchenko, tutti i cadaveri avevano ferite da arma da fuoco alla testa a bruciapelo.
Ore 14:15 - Allarme aereo in tutta l'Ucraina: in arrivo Mig russi
Allarme aereo in tutta l'Ucraina. Come scrive il gruppo di monitoraggio bielorusso Gayun si sono alzati in volo MiG-31K Kinzhaliv, così come l'aereo di tracciamento radar a lungo raggio Il-76 A-50 Serhiy Atayants. Entrambi gli aerei sono decollati dall'aeroporto bielorusso Machulyshchi.
Ore 14:22 - Kiev: «I russi hanno spostato gli aerei dopo attacco alla base Engels»
L'esercito russo ha spostato molti dei suoi bombardieri dalla base aerea di Engels ad altre località in seguito agli attacchi dell'Ucraina di ieri: lo ha dichiarato in tv il portavoce dell'aeronautica ucraina Yuriy Ihnat, come riferisce il Guardian.
Ore 14:26 - Podolyak: «Smilitarizzeremo la Russia, cacceremo gli invasori»
«Né la mobilitazione totale, né la ricerca spasmodica di munizioni, nemmeno i contratti segreti con l'Iran e neanche le minacce di Lavrov aiuteranno. La Russia deve affrontare la realtà. L'Ucraina smilitarizzerà la Federazione Russa, estromettendo gli invasori da tutti i territori occupati. Aspettate il finale in silenzio...». Lo scrive il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak su Twitter.
Ore 14:29 - La Lettonia dona altri 10 autobus alla città di Kiev
Il Consiglio comunale di Riga ha deciso di donare altri 10 autobus alla città di Kiev per collaborare alla ricostruzione del sistema di trasporto pubblico della capitale ucraina. Lo ha annunciato la società di trasporti pubblici Rigas Satiksme.
I dieci autobus saranno portati a Kiev alla metà di gennaio insieme a un carico di prodotti alimentari e igienici per gli abitanti della città raccolti in questi giorni grazie a una pubblica sottoscrizione.
Ore 15:03 - Kiev: «I russi bombardano la regione di Kherson, almeno un morto»
Una persona è stata uccisa e altre sono rimaste ferite a seguito del bombardamento dell'esercito russo sulla città di Oleshki, nella regione di Kherson. Lo riferisce il sindaco della cittadina, Yevhen Ryschuk, via Telegram, come riporta Ukrinform. L'attacco «ha rotto le finestre del grattacielo Zhytloselyshche 5A», si legge nel messaggio.
Ore 15:50 - Blinken: «Difenderemo le infrastrutture energetiche dell'Ucraina»
«Saremo a fianco dell'Ucraina per tutto il tempo necessario. Un inverno duro si prospetta per gli ucraini e noi lavoreremo senza sosta con il G7 e gli altri partner per riparare, sostituire e difendere l'infrastruttura energetica dell'Ucraina». Lo twitta il segretario di Stato americano Antony Blinken.
Ore 16:38 - Si rifiuta di combattere in Ucraina: condannato a 1 anno e mezzo di reclusione
Il tribunale militare di Petropavlovsk-Kamchatsky, nell'estremo oriente russo, ha condannato a un anno e otto mesi di reclusione un militare accusato di non aver eseguito un ordine e di essersi rifiutato di combattere in Ucraina: lo riportano diversi media, tra cui Meduza e l'edizione in lingua russa della Bbc. L'imputato ha presentato ricorso in appello contro la condanna di primo grado. Secondo Novaya Gazeta Europa, il tribunale sostiene che il 6 ottobre l'uomo avrebbe «violato la carta di servizio interno dell'esercito russo e la carta disciplinare dell'esercito russo» perché «consapevole che in Russia era stata annunciata la mobilitazione e rigettando l'idea di prendere parte alle ostilità» si sarebbe rifiutato di essere mandato in Ucraina.
Ore 16:48 - Zelensky: «Ho sentito e ringraziato Meloni»
«Ho ringraziato Giorgia Meloni per la solidarietà e il supporto all'Ucraina. Ho lodato lo stanziamento del governo italiano di ulteriori 10 milioni di euro in aiuti. Meloni mi ha informato che si sta valutando la questione della fornitura di sistemi di difesa aerea a protezione dei cieli ucraini. Abbiamo discusso del piano di pace». Lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
La premier ha anche confermato la sua intenzione di recarsi a Kiev e ha invitato il Presidente Zelensky a Roma.
Il colloquio, spiega Palazzo Chigi, ha fatto seguito alla conversazione telefonica che Meloni e Zelensky avevano avuto il 28 ottobre. Meloni ha rinnovato il pieno sostegno del Governo italiano a Kiev in ambito politico, militare, economico e umanitario, nel ripristino delle infrastrutture energetiche e nella futura ricostruzione dell'Ucraina. Meloni ha ribadito il massimo impegno dell'Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta per la Nazione ucraina.
Ore 17:18 - Kiev: «Capodanno senza blackout se non ci saranno attacchi»
I blackout di emergenza in Ucraina non si applicheranno durante le vacanze di capodanno, a meno che i russi non inizieranno a bombardare le infrastrutture energetiche ucraine. Lo ha detto il primo ministro ucraino Denys Shmyhal durante l'odierna riunione di governo. «Comprendiamo che la Russia si sta preparando a continuare gli attacchi al sistema energetico ucraino, quindi siamo quotidianamente pronti a nuovi massicci bombardamenti. Può accadere in qualsiasi momento: oggi, domani o anche alla vigilia del nuovo anno. Voglio sottolineare: in assenza di bombardamenti, le vacanze di Capodanno passeranno senza blackout di emergenza», ha affermato Shmyhal.
Ore 17:32 - Mosca: «Da febbraio stop petrolio ai Paesi con price cap»
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il decreto con il quale la Russia bloccherà le esportazioni di petrolio verso i Paesi che utilizzano il price cap a partire dal primo febbraio.
Ore 18:11 - Meloni a Zelensky: «Impegno per una pace giusta»
Su Twitter la premier Giorgia Meloni, riferendosi al colloquio telefonico con il presidente ucraino Zelensky, ha scritto: «Cordiale conversazione telefonica con Zelensky. Ho rinnovato il sostegno del Governo italiano a Kiev e ho ribadito il massimo impegno dell’Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta. Ho confermato l’intenzione di recarmi a Kiev e ho invitato Zelensky a Roma».
Cordiale conversazione telefonica con @ZelenskyyUa. Ho rinnovato il sostegno del Governo italiano a Kiev e ho ribadito il massimo impegno dell'Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta. Ho confermato l'intenzione di recarmi a Kiev e ho invitato Zelensky a Roma.
Ore 20:15 - Kiev, bombe russe sul reparto maternità di Kherson
«Oggi gli occupanti russi hanno sparato contro il reparto maternità di un ospedale di Kherson, nessuno è rimasto ferito». Lo ha reso noto il vice capo dell’ufficio presidenziale, Kyrylo Tymoshenko, riporta l’Ukrainska Pravda. «Kherson. I russi hanno bombardato il reparto maternità dell’ospedale. Hanno bombardato il luogo dove oggi sono nati due bambini - ha affermato -. Prima dell’attacco, i medici sono riusciti a completare un taglio cesareo. Ci sono cinque donne nell’istituto».
Ore 20:38 - Dal 10 gennaio esame in Senato del dl sulle armi a Kiev
Martedì 10 gennaio l’Aula del Senato esaminerà il dl sulle armi all’Ucraina. Lo ha annunciato il presidente Ignazio La Russa, indicando il calendario dei lavori per la ripresa nel 2023, dopo la conclusione della sessione di bilancio. «L’assemblea tornerà a riunirsi martedì 10 gennaio alle 16.30 - ha spiegato -. Il calendario della settimana dal 10 al 12 gennaio prevede la deliberazione sulla richiesta di procedura abbreviata per il disegno legge per l’istituzione di un fondo per le scuole per favorire l’organizzazione di viaggi della memoria nei campi di sterminio. Poi la discussione del decreto legge sulla cessione di equipaggiamenti e militari all’Ucraina. Poi ci sarà la votazione di 9 componenti effettivi e 9 supplenti della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che si riunirà in prima seduta il 15. Giovedì 12, se è finito tutto il resto, ci sarà sindacato ispettivo e alle 15 il question time».
Ore 22:23 - Zelensky: «Il 2023 sarà un anno decisivo»
Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha affermato che l’Ucraina sta preparando le forze di difesa e sicurezza per il prossimo anno che sarà «un anno decisivo». «Continuiamo a preparare le forze di difesa e sicurezza dell’Ucraina per il prossimo anno. Questo dovrebbe essere un anno decisivo. Comprendiamo i rischi dell’inverno, capiamo cosa dobbiamo fare in primavera e, quindi, capiamo i risultati che l’intero settore della difesa e della sicurezza deve ottenere», ha dichiarato Zelensky nel suo videomessaggio serale citato dall’Ukrainska Pravda.
Secondo il leader ucraino, questa settimana «sarà importante per l’Ucraina dal punto di vista politico. Stiamo entrando nel prossimo anno e dobbiamo mantenere una comprensione comune dei nostri obiettivi nazionali». Questi obiettivi sono «la liberazione dell’Ucraina dal nemico, la ricostruzione, il ritorno degli ucraini a casa, l’ulteriore riavvicinamento dello stato con i partner chiave, l’apertura di nuove opportunità per l’Ucraina nel mondo».
Zelensky ha annunciato che presto presenterà «la sua opinione sull’attuazione di questi compiti nel messaggio annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento) sulla situazione esterna e interna dell’Ucraina». Nel videomessaggio, Zelensky ha riferito di aver tenuto oggi una riunione dello Stato maggiore, durante la quale si è parlato della situazione a «Bakhmut, Kreminna e Donbass», le «possibili azioni del nemico nella direzione orientale e le nostre azioni».
Ore 01:52 - Kiev: colpito posto di comando russo nei territori occupati
Lo Stato maggiore di Kiev ha reso noto di aver colpito nelle ultime 24 ore un posto di comando russo nei territori occupati, un deposito di munizioni e alcuni concentramenti di truppe. Lo riferisce il sito Internet The Kyiv Independent.
Ore 02:17 - L’Ucraina teme attacchi massicci nella notte di Capodanno
Kiev teme massici attacchi russi la notte di Capodanno. Il ministro ucraino dell’Energia, Herman Halushchenko, ha espresso la sua preoccupazione parlando martedì alla televisione ucraina - come riportano diversi media internazionali - spiegando che la situazione energetica in Ucraina rimane «davvero difficile» a causa del rischio persistente di bombardamenti russi, e avvertendo che durante la notte di Capodanno potrebbe esserci «il massimo danno al sistema energetico».
Ore 01:57 - Kiev mostra le foto del reparto di maternità di Kherson bombardato
Il deputato ucraino Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio del presidente, ha pubblicato le foto del reparto di maternità dell’ospedale di Kherson dopo l’attacco russo. «Miracolosamente non ci sono state vittime» ha detto, aggiungendo che 2 bambini sono nati lì il 27 dicembre.
(ANSA il 27 dicembre 2022) - Viene già chiamato "il miracolo di Natale". Il 23 dicembre, i russi hanno bombardato il centro di Kherson da Grady. Due razzi sono volati contro la chiesa cattolica che in quel momento era piena di persone e anche bambini, ma non sono esplosi. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Lo ha raccontato il vescovo cattolico latino di Odessa-Simferopol, mons. Stanislav Szyrokoradiuk, durante la messa della veglia di Natale.
È quanto riporta il sito delle informazioni della Chiesa cattolica latina in Ucraina, rilanciato in Italia dal Sir. Durante l'omelia, il vescovo ha menzionato il bombardamento di Kherson, avvenuto il giorno prima, dicendo che ha già registrato molti casi miracolosi che si stanno verificando nel territorio della diocesi che comprende le città di Kherson e Mykolaiv. "Dio comanda. Una persona spara ma Dio controlla quel razzo", ha detto il vescovo. "Ci sono molti cattolici che digiunano ogni venerdì a pane e acqua per la vittoria, per i loro soldati. Kherson è stata pesantemente bombardata venerdì. Dopodiché, il nostro prete chiama e dice: 'due razzi hanno colpito la chiesa.
Tutti erano nel tempio. Le persone stavano pulendo: bambini, donne, due sacerdoti. Si stavano preparando per il Natale e… nessuno di questi razzi è esploso, lasciando solo buchi nel tetto. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Nessuno è esploso. Non è questa la grazia di Dio?' Questo significa che se preghiamo, se confidiamo in Dio, Dio controlla i razzi", ha sottolineato il vescovo Szyrokoradiuk. La Chiesa cattolica ucraina ricorda che il 24 dicembre 10 persone sono morte e 55 sono rimaste ferite a Kherson a causa dei bombardamenti russi.
Da leggo.it il 27 dicembre 2022.
In India è morto Pavel Antov, uomo d'affari russo e deputato di uno dei consigli regionali. Secondo i media locali sarebbe caduto dal terzo piano del Sai International hotel, nella città di Rayagada, nell'India orientale, vicino al Golfo di Bengala. Lì Antov era con i suoi amici, riportano Ndtv e Odisha tv.
La polizia sta indagando sulla morte del ricco deputato russo in quello che sembra un suicidio. Due giorni prima della sua morte, un collega amico di Antov, l’uomo d’affari di 61 anni Vladimir Bydanov, è morto nello stesso albergo. Vicino al suo cadavere sono state trovate diverse bottiglie di vino, che fanno pensare ad un eccessivo consumo di alcol come causa della morte.
Antov è stato il fondatore e vicepresidente del gruppo di società Vladimir Standard, un importante produttore russo di carne e insaccati. Nel 2019, il russo Forbes ha nominato Antov il deputato più ricco della Russia, quindi il suo reddito era di quasi 10 miliardi di rubli (circa 140 milioni di euro al tasso di cambio attuale).
Antov è stato molto critico nei confronti dell'invasione dell'Ucraina da parte di Putin. Un atteggiamento che ha fatto tornare di moda le morti "misteriose" che negli ultimi mesi hanno coinvolto personaggi e imprenditori di spicco dell'economia e della politica russa.
Missili, carri armati e palazzi in fiamme: la guerra nei disegni dei bambini. Storia di Nello Scavo su Avvenire il 28 dicembre 2022.
Un minaccioso carro armato russo punta il cannone nella direzione di una casa. All’interno, un neonato dorme nella culletta. L’immagine ferma il momento esatto dello sparo, ma già lascia presagire come andrà a finire. È solo un disegno, ma racconta un fatto vero. E in quei tratti scuri color pastello c’è tutta la guerra subita dai piccoli e decisa dai grandi.
Il polittico dell’aggressione è in quelle pagine in formato A4. Un atto d’accusa che da solo varrebbe un processo per l’infanzia rubata. Bisogna andare nelle “Scuole della pace” della Comunità di Sant’Egidio per farsi raccontare la verità che solo i bambini sanno dire. Perché quelli non sono semplici tratti di matite colorate, ma il tormento intimo del conflitto e dei suoi effetti collaterali sull’Ucraina del domani.
Anche l’Unicef ha pensato alla creatività per raccontare non solo a parole le paure dei bambini. Iryna, un’insegnante sfollata con la figlia di dieci anni dal Donbass a Zaporizhia, è volontaria in un centro per l’infanzia aperto dall’agenzia Onu per i più piccoli. «Dallo scoppio della guerra - racconta - ho notato un aumento dei colori scuri e di scene strazianti». Anche gli operatori della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina osservano la medesima tendenza nelle loro “scuole”.
A Leopoli, a Kiev e in altri oblast si trovano quei centri che guardano già al dopo. Posti dove si parla di bombe, di missili, di aerei il cui volo faceva una volta sognare i più piccoli ma che oggi il solo rombo lontano fa presagire il mostro d’acciaio piomba volte volteggiando per sganciare altra morte. Altri imprimono sui fogli bianchi alcuni incubi ricorrenti. Come il ponte distrutto di Irpin, simbolo delle vie di fuga spezzate per intrappolare i civili e tenerli sotto i colpi dell’artiglieria.
Storie che ricorrono tra un disegno e una canzoncina di Natale, quando finalmente si scioglie il nodo in gola, e i bambini riescono a dare un nome ai propri incubi. Servono anche a questo le “Scuole della pace”, a non aver paura di sentirsi fragili, a non covare l’odio come unica risposta alla propria paura. «Guerra», «soldato», «resistenza», «mine», «strage», non sono parole da bambino.
Ma con queste bisogna fare i conti. I grandi chiamano i russi «orchi». E non serve altro per scavare un fossato tra vittime e carnefici.
Ma tra un incubo e un desiderio, i bambini tornano bambini, e nei loro sogni c’è la vita di prima, quella normalità che ora è un lusso anche solo desiderare. Si pensa a cose più urgenti. Oleksandra ha 7 anni e dice di aver bisogno di un cappotto nuovo. Davyd è il più piccolo di cinque fratelli, gli servono un paio di scarpe. Anastasiya ha perso tutti i suoi giocattoli e immagina di avere una Barbie. Non la chiede. Pensa che sia sciocco parlare di bambole in tempo di guerra. Dice solo di desiderarla, e quasi se ne vergogna.
«Tutti noi, adulti e bambini, siamo cambiati in modo significativo dall’inizio della guerra», dice Iryna, che è stata costretta a fuggire dalla propria casa e ha trovato riparo nella regione di Zaporizhia, certo non il posto più sicuro dell’Ucraina, ma almeno le trincee sono lontane e bisogna fare i conti solo con i missili. «È difficile per tutti noi - ripete -, ma abbiamo tutti bisogno di sostegno e sollievo».
Il lavoro dei volontari è duro. «Ma quando si aiutano gli altri, si scopre il senso della vita e della libertà - osserva Yuri Lifanse, uno dei coordinatori delle attività di Sant’Egidio in Ucraina -. Aiutare i più fragili è la libertà più grande perché, sostenendoli, si comunica direttamente con tanti tipi di persone diverse: dai senzatetto ai ministri e ai sindaci. E si fa l’apparentemente impossibile».
E chissà che un giorno i piccoli sopravvissuti alla guerra possano disegnare i missili che non esplodono e le vite che non andrano perdute. Come quelle del “miracolo di Natale” a Kherson. Lo ha ribattezzato così il vescovo cattolico latino di Odessa-Simferopoli, Stanislav Szyrokoradiuk. Ha raccontato dei due razzi russi puntati contro la parrocchia cattolica, in quel momento piena di famiglie e bambini. «Un missile è caduto, si è spezzato a metà ma non è esploso. L’altro - ha raccontato il presule - ha sfondato un muro della chiesa, ma non c’è stato nessuno scoppio».
Fuoco amico. L’esercito ucraino è pieno di rottami bellici russi, ma non sa (ancora) cosa farsene. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 28 Dicembre 2022
I liberatori si sono impadroniti di centinaia di mezzi militari nemici: vengono riparati e impiegati in battaglia contro i loro ex proprietari. La ritirata di Mosca ha involontariamente rifornito di armi pesanti Kyjiv, che va aiutata a recuperare questo arsenale
La manutenzione comincia dalla carrozzeria. Per prima cosa si rimuove la Zeta simbolo dell’invasione, poi si ripara il resto. Gli ucraini si sono impadroniti di centinaia di carri armati e mezzi militari russi dall’inizio della guerra. Le ritirate hanno reso involontariamente Mosca una delle principali fornitrici di armi pesanti di Kyjiv. L’esercito li chiama «trofei», esistono unità votate alla loro riconversione. Hanno già contribuito alla liberazione dei territori occupati: con l’aiuto degli alleati, possono essere decisivi per le prossime vittorie.
Quando non li fanno direttamente saltare in aria, gli ucraini riescono a catturare i tank. La media è quasi di uno su due. Secondo le ricostruzioni, hanno sottratto al nemico 527 carri a fronte di 922 distrutti. L’inventario del bottino include 251 veicoli corazzati, 569 blindati della fanteria, 94 mezzi per il trasporto delle truppe e 51 lanciarazzi multipli. Le stime si fondano su bollettini e persino video e foto dai social, ma è probabile che i numeri reali siano più alti, anche perché non tutto l’equipaggiamento confiscato viene filmato.
A sua volta, la Federazione ha predato alcuni asset: 143 carri, 72 veicoli corazzati e 89 blindati. Ma queste razzie sono avvenute soprattutto nelle prime fasi del conflitto, quando le truppe di Vladimir Putin erano (brevemente) riuscite a controllare regioni che avrebbero perso di lì alla primavera o all’estate. L’arretramento russo ha lasciato indietro, per esempio a Izyum, una sbalorditiva quantità di carri, mezzi e munizioni che hanno contribuito ad alimentare l’avanzata ucraina.
Recentemente un tank T-80 e un semovente 2S23 Nona Svk sono stati impiegati contro i loro ex proprietari sul fronte di Bakhmut, in Donbas. In precedenza, le armi strappate agli aggressori in rotta hanno permesso la riconquista di Kharkiv e di Lyman, i successi nell’Est del Paese che hanno poi indotto gli occupanti a ritirarsi da Kherson. «Ci hanno lasciato dei regali e ora sparano contro di loro, ci aiutano a ricacciarli indietro», è l’entusiasmo di un soldato alla Reuters.
I «trofei» da soli non bastano. Per ripararli ci vogliono a volte mesi, dipende dalle condizioni. Il T-80 e il mortaio di Bakhmut, per esempio, erano finiti nelle mani di Kyjiv a marzo. Solo una piccola parte dell’equipaggiamento proviene da depositi militari o magazzini ed è già pronta all’utilizzo. È il caso dei proiettili d’artiglieria, fabbricati con standard sovietici comuni alle forze ucraine. I mezzi troppo danneggiati vengono invece saccheggiati per ricavarne pezzi di ricambio.
Il processo per dare una seconda vita ai veicoli che possono essere recuperati è laborioso. Quando funziona, però, offre ai liberatori risorse strategiche che prima del 24 febbraio non figuravano nemmeno nei loro arsenali. Il Washington Post ha visitato l’officina di una divisione meccanizzata. «È ovvio che dovrebbero combattere il nemico e non essere bloccati in un hangar», si è sfogato il comandante, parlando di un Bmp-3.
Mancano i ricambi. Per alcuni modelli, va bene la componentistica ucraina; per altri occorre ripiegare sui veicoli catturati, ma non esiste (ancora) un database a cui attingere. Spesso, anche i mezzi “intatti” erano in cattive condizioni o già non funzionanti. Se gli ucraini sono in grado di aggiustare il loro materiale a ridosso delle prime linee, per quello inviato dagli Stati della Nato devono affidarsi a centri oltreconfine. Per esempio, un obice va spedito in Polonia, ma così lo si perde per settimane.
Ogni brigata oggi ha una squadra con il compito di cercare nei campi carri armati e altri mezzi abbandonati, per poi portarli nei siti di riparazione, dove scarseggia l’elettricità a causa dei bombardamenti terroristici di Putin. Gli ucraini hanno dimostrato una grande capacità di adattamento: combattono con materiale russo, o di derivazione sovietica, e con quello (più preciso) occidentale e americano.
Più di trenta nazioni hanno inviato aiuti militari a Kyjiv. In quella classifica, dopo Stati Uniti e Regno Unito, si trova la Polonia che ha mandato 230 carri armati insieme alla Repubblica Ceca. Se c’è preoccupazione tra gli alleati per le scorte sotto pressione, per esempio sui proiettili d’artiglieria o i lanciarazzi da spalla, è tanto più importante aiutare gli ucraini a riscattare le armi che il Cremlino voleva usare contro di loro. Invece sta perdendo una guerra dove ha lasciato sul campo, in un anno, dieci volte le vittime del fallimento decennale in Afghanistan.
È la prova che le sanzioni funzionano, proprio come i price cap faticosamente raggiunti sul petrolio e sul gas di Mosca. Nel caso del greggio, il tetto al prezzo adottato da G7, Unione europea e Australia varrà una contrazione del Pil peggiore di quella prevista dal Cremlino. In particolare, il deficit sarà più vasto del due per cento. Secondo il Financial Times, una delle lezioni del conflitto è «il ritorno della grande guerra», che si regge cioè su un imponente apparato industriale. Per Putin è sempre più difficile pagarsi un’«operazione speciale» in perdita, perché le contromisure dell’Occidente – quando riesce a essere unito – stanno erodendo l’economia russa.
Noi, la guerra e il fattore Xi. Ernesto Ferrante su L’Identità il 27 Dicembre 2022
Tre militari russi sono morti dopo essere stati colpiti dai detriti di un drone ucraino che aveva attaccato la base aerea di Engels, nei pressi di Saratov, a circa 500 km a nord-est del confine con l’Ucraina. Il ministero della Difesa di Mosca, citato dal quotidiano Kommersant, ha spiegato come le difese aeree hanno abbattuto l’aeromobile nemico che volava a bassa quota intorno alle 01,35 ora locale della scorsa notte. Il primo a riferire del raid era stato il governatore di Saratov Roman Busargin sul suo canale Telegram. La base, che ospita uno stormo di bombardieri strategici, era stata già presa di mira lo scorso 5 dicembre.
L’azione è stata di fatto rivendicata da Kiev. “E’ una conseguenza di quello che ha fatto la Russia”, ha detto Yurii Inhat, un portavoce delle Forze Aeree ucraine. “Se i russi pensavano che la guerra non avrebbe toccato nessuno nelle retrovie della Russia si sbagliavano di grosso. Quindi, come potete vedere, queste cose succedono sempre più spesso e speriamo che questo sia solo a beneficio dell’Ucraina”, ha proseguito Inhat.
I servizi di sicurezza della Russia hanno reso noto che un “gruppo di sabotaggio” composto da quattro ucraini è stato “liquidato” mentre cercava di penetrare nella regione di Bryansk. Lo riporta l’agenzia Ria Novosti, specificando che il tentativo è stato sventato lo scorso 25 dicembre. I quattro sabotatori avevano armi di provenienza straniera e quattro ordigni improvvisati.
Volodymyr Zelensky ha discusso con il premier indiano Narenda Modi del suo piano di pace. Lo ha reso noto lo stesso presidente ucraino su Twitter, precisando di aver parlato con Modi per “fargli gli auguri di successo per la presidenza del G20”. “E’ stata su questa piattaforma che ho annunciato la formula per la pace ed ora io conto sulla partecipazione dell’India per la sua applicazione”, ha aggiunto Zelensky.
Colloquio imminente anche tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Lo ha reso noto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, senza fornire per il momento altri dettagli. La testata economica Vedomosti aveva già anticipato che il presidente russo e quello cinese si sarebbero parlati entro la fine di dicembre. Xi la scorsa settimana ha incontrato a Pechino l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, ora vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo.
“L’Ucraina si appella agli stati membri dell’Onu affinché privino la Russia del suo status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e che l’escludano dalle Nazioni Unite nel suo insieme”. E’ quanto si legge in una dichiarazione diffusa dal ministero degli Esteri ucraino. Il contenuto della nota era stato anticipato dal ministro Dmytro Kuleba in un intervento televisivo durante la notte di Natale: “Noi esprimeremo ufficialmente la nostra posizione. Abbiamo una domanda molto semplice: la Russia ha il diritto di rimanere membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ed essere all’interno delle Nazioni Unite?”, aveva detto Kuleba. Poi aveva aggiunto: “Noi abbiamo una risposta convincente e ragionata: no, non ha più questo diritto”. Il presidente della Duma di Stato russa Vyacheslav Volodin ha fatto sapere di ritenere giusta l’introduzione di tasse più elevate per i cittadini russi che hanno lasciato la Federazione. “È giusto cancellare le agevolazioni per coloro che hanno lasciato la Federazione Russa e introdurre un’aliquota fiscale più alta per loro”, ha scritto Volodin su Telegram, rivelando che sono in corso lavori “per cambiamenti rilevanti nella legislazione”, perché “la stragrande maggioranza della società non sostiene il loro atto credendo di aver tradito il proprio paese, parenti e amici”. Sergei Lavrov prevede un ridimensionamento dell’influenza occidentale. “Nel prossimo futuro assisteremo a una riduzione delle opportunità dell’Occidente, a una gravissima riduzione delle opportunità di guidare l’economia mondiale come vuole, e che lo voglia o no, dovremo negoziare”, ha affermato il ministro degli Esteri russo in un incontro di lavoro con i vertici dei media nazionali. Il capo della diplomazia non teme contraccolpi: “Abbiamo con chi sviluppare la cooperazione nell’economia, nel sociale, nella cultura, nello sport, alla fine. Punteremo su chi non ci ha mai deluso e con chi a volte abbiamo raggiunto compromessi molto difficili. Ma quando sono stati raggiunti nessuno ha mai ingannato nessuno. Con l’Occidente, è esattamente l’opposto”.
Ucraina Russia, le ultime notizie sulla guerra | Bombe su Kherson. L’ammiraglio De Carolis: navi russe nel Mediterraneo, le sorvegliamo. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 28 dicembre 2022.
Le notizie di mercoledì 28 dicembre, in diretta. Kiev mostra le foto del reparto di maternità bombardato a Kherson. Il presidente Zelensky ringrazia l’Italia per l’aiuto, Giorgia Meloni lo invita a Roma
• La guerra in Ucraina è arrivata al 307esimo giorno.
• Zelensky e Giorgia Meloni hanno avuto un colloquio telefonico: si è discusso della possibile fornitura italiana di sistemi di difesa aerea a Kiev.
• Pavel Antov, parlamentare russo che aveva criticato la guerra di Putin, è stato trovato morto domenica dopo essere caduto da una finestra in India.
• Dopo l’incontro a Minsk, il presidente bielorusso Lukashenko e Putin si sono incontrati al Museo Russo di San Pietroburgo.
Ore 05:19 - Zelensky: «Il 2023 sarà un anno decisivo»
Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha affermato che l’Ucraina sta preparando le forze di difesa e sicurezza per il prossimo anno che sarà «un anno decisivo». «Continuiamo a preparare le forze di difesa e sicurezza dell’Ucraina per il prossimo anno. Questo dovrebbe essere un anno decisivo. Comprendiamo i rischi dell’inverno, capiamo cosa dobbiamo fare in primavera e, quindi, capiamo i risultati che l’intero settore della difesa e della sicurezza deve ottenere», ha dichiarato Zelensky nel suo videomessaggio serale citato dall’Ukrainska Pravda.
Secondo il leader ucraino, questa settimana «sarà importante per l’Ucraina dal punto di vista politico. Stiamo entrando nel prossimo anno e dobbiamo mantenere una comprensione comune dei nostri obiettivi nazionali». Questi obiettivi sono «la liberazione dell’Ucraina dal nemico, la ricostruzione, il ritorno degli ucraini a casa, l’ulteriore riavvicinamento dello stato con i partner chiave, l’apertura di nuove opportunità per l’Ucraina nel mondo».
Zelensky ha annunciato che presto presenterà «la sua opinione sull’attuazione di questi compiti nel messaggio annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento) sulla situazione esterna e interna dell’Ucraina». Nel videomessaggio, Zelensky ha riferito di aver tenuto oggi una riunione dello Stato maggiore, durante la quale si è parlato della situazione a «Bakhmut, Kreminna e Donbass».
Ore 05:25 - Kiev: colpito posto di comando russo nei territori occupati
Lo Stato maggiore di Kiev ha reso noto di aver colpito nelle ultime 24 ore un posto di comando russo nei territori occupati, un deposito di munizioni e alcuni concentramenti di truppe. Lo riferisce il sito Internet The Kyiv Independent.
Ore 05:28 - Kiev mostra le foto del reparto di maternità di Kherson bombardato
Il deputato ucraino Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio del presidente, ha pubblicato le foto del reparto di maternità dell’ospedale di Kherson dopo l’attacco russo. «Miracolosamente non ci sono state vittime» ha detto, aggiungendo che 2 bambini sono nati lì il 27 dicembre.
Ore 05:31 - L’Ucraina teme attacchi massicci nella notte di Capodanno
Kiev teme massici attacchi russi la notte di Capodanno. Il ministro ucraino dell’Energia, Herman Halushchenko, ha espresso la sua preoccupazione parlando martedì alla televisione ucraina - come riportano diversi media internazionali - spiegando che la situazione energetica in Ucraina rimane «davvero difficile» a causa del rischio persistente di bombardamenti russi, e avvertendo che durante la notte di Capodanno potrebbe esserci «il massimo danno al sistema energetico».
Ore 07:23 - Quasi 6900 vittime civili in Ucraina, dal 24 febbraio
(Marta Serafini, inviata a Kiev ) - Quasi 6.900 civili sono stati uccisi e oltre 10.900 feriti in Ucraina dall’inizio dell’operazione militare russa. Lo indica un rapporto aggiornato dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, pubblicato oggi. «Dal 24 febbraio 2022...al 26 dicembre 2022, l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) ha registrato 17.831 vittime civili nel Paese: 6.884 morti e 10.947 feriti», si legge nel rapporto. Di queste, 2.116 vittime, con 483 morti e 1.633 feriti, sono state registrate nei territori controllati dalle truppe russe, ha indicato l’organismo delle Nazioni Unite per i diritti umani. Secondo le stime dell’Onu, delle 6.884 vittime, 2.719 erano uomini e 1.832 donne. Il numero comprende anche 175 ragazze e 216 ragazzi, oltre a 38 bambini e 1.904 adulti di cui non si conosce il sesso, ha aggiunto il dossier. I feriti comprendevano 2.364 uomini, 1.709 donne, 229 ragazze e 318 ragazzi, oltre a 253 bambini e 6.074 adulti di sesso sconosciuto, secondo l’Ohchr. La maggior parte delle vittime civili segnalate sono state provocate «dall’utilizzo di armi esplosive con effetti su vasta area, compresi i bombardamenti di artiglieria pesante, sistemi di razzi a lancio multiplo, missili e attacchi aerei», si legge nel rapporto. Il 24 febbraio, la Russia ha avviato un’operazione militare in Ucraina rispondendo alle richieste di aiuto delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Mosca ha ribadito ieri che lo scopo della sua operazione è la «smilitarizzazione e denazificazione» dell’Ucraina.
Ore 08:28 - Russi in mobilitazione generale potranno congelare sperma gratis
I cittadini russi che hanno preso parte alla mobilitazione parziale in Ucraina hanno il diritto di congelare gratuitamente il loro sperma nelle banche del seme. Lo ha annunciato Igor Trunov, presidente dell’Unione russa degli avvocati, all’agenzia di stampa Tass. Trunov ha spiegato che il ministero russo della Salute ha accolto la sua richiesta di assistenza finanziaria al piano, ovvero «ha concesso la possibilità di un sostegno finanziario dal bilancio federale per la conservazione e lo stoccaggio gratuito di cellule germinali (spermatozoi) per i cittadini mobilitati per partecipare all’operazione militare speciale per il 2022-2024».
Ore 08:31 - Civili in fuga da Kherson: «bombe di continuo, è spaventoso»
Centinaia di civili terrorizzati dai bombardamenti russi sono in fuga dalla città meridionale di Kherson, code di macchine si formano ai posti di blocco in uscita dall’area metropolitana. Lo scrive la Bbc pubblicando le foto delle auto in fila il 25 dicembre, proprio il giorno di Natale 400 residenti hanno abbandonato la loro città. «Prima i russi ci bombardavano da sette a 10 volte al giorno, ora sono 70-80 volte, tutto il giorno. È troppo spaventoso. Amo l’Ucraina e la mia cara città. Ma dobbiamo andare», ha raccontato una donna partita in treno con la famiglia. L’evacuazione è facilitata dal governo ucraino. L’esercito russo ha lasciato Kherson l’11 novembre scorso.
Ore 09:34 - Allerta anti-aerea a Kiev stamattina, poi rientrata
Stamattina un'allerta aerea è stata dichiarata a Kiev, la capitale dell'Ucraina, e le autorità hanno chiesto ai cittadini di mettersi al riparo. Lo ha riferito su Telegram l'amministrazione comunale di Kiev, che poco dopo ha dichiarato cessato l'allarmeOre 11:00 - Kiev: il comando russo ha lasciato Kreminna nel Luhansk
Il comando russo ha lasciato Kreminna, città occupata nella regione ucraina del Luhansk, e anche alcuni civili russi venuti in città per lavorare sono fuggiti. Lo riferisce su Telegram il governatore del Luhansk, Sergey Haidai, secondo il quale «dopo la liberazione di Kreminna ci sono due opzioni: spostarsi a Starobilsk, principale centro logistico della regione, o aiutare Bakhmut e andare a Rubizhne e Severodonetsk». Secondo Haidai, il comando militare russo di Kreminna si sarebbe spostato in altri insediamenti occupati.
Ore 10:01 - Medvedev: «Nemici dello Stato i russi che vogliono sconfitta, banditi a vita»
I russi che vogliono la sconfitta della cosiddetta operazione militare speciale lanciata da Mosca in Ucraina sono dei «traditori» e vanno considerati come «nemici dello Stato e della società», tanto da essere «banditi a vita» dal Paese. Lo ha detto il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, aggiungendo che a coloro che hanno lasciato la Russia «volendo la distruzione del Paese dovrebbe essere impedito di tornarvi fino alla fine dei loro giorni». Su Telegram, Medvedev ha anche detto che il ritorno dei «traditori sarà possibile solo dopo amnistia o pentimento pubblico».
Ore 11:43 - «Starlink di Musk importanti come lanciarazzi Usa»
Il ministro ucraino della Trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov, in una recente intervista rilasciata ad Associated Press nel suo ufficio nella sede del ministero, ha paragonato la donazione dei terminali satellitari Starlink da parte di Space X per la connessione internet ai lanciarazzi multipli forniti dagli Stati Uniti in termini di importanza per la capacità dell’Ucraina di difendersi dall’invasione russa. «Migliaia di vite sono state salvate», ha detto Fedorov, sottolineando l’importanza delle comunicazioni mobili per scopi civili e militari durante la guerra. Fedorov ha riferito che i luoghi più difficili per mantenere il servizio sono le regioni di Donetsk, Zaporizhzhia, Odessa e Kiev, nel centro e nell’est del Paese. E spiega che a volte meno della metà delle torri di telefonia mobile funziona nella capitale Kiev perché gli attacchi aerei russi hanno distrutto o danneggiato le infrastrutture che le alimentano. L’Ucraina ha circa 30mila torri di telefonia mobile e il governo sta cercando di collegarle a generatori in modo che possano continuare a funzionare anche quando gli attacchi aerei danneggiano la rete elettrica. Ma al momento l’unica alternativa sono i sistemi satellitari come Starlink, su cui gli ucraini potrebbero fare maggiore affidamento se i blackout iniziassero a durare più a lungo. «Dovremmo capire che in questo caso gli Starlink e le torri, collegate ai generatori, saranno l’infrastruttura base per internet», ha detto Federov.
Ore 12:57 - Cremlino: Kiev prenda atto delle annessioni russe
Il Cremlino ha oggi ribadito che qualsiasi piano di pace in Ucraina dovrà prendere atto della “realtà a oggi”, vale a dire dell’annessione unilaterale da parte russa di quattro regioni ucraine. “Non ci può essere piano di pace per l’Ucraina che non prenda atto delle realtà di oggi riguardo il territorio russo, con l’ingresso di quattro regioni nella Russia”, ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
Ore 13:00 - De Carolis: sorvegliamo le navi russe nel Mediterraneo
«Confermo la presenza di navi russe nel Mediterraneo. Per cui a noi il compito di sorvegliare il Mediterraneo e controllare da vicino queste navi. Un forte messaggio dal punto di vista della comunicazione strategica che l’alleanza dà». Lo ha detto il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, rispondendo ad una domanda dei giornalisti a margine della cerimonia di avvicendamento del Comando tattico dell’operazione Mediterraneo Sicuro (OMS), avvenuta oggi a bordo della nave anfibia San Giorgio, ormeggiata presso la stazione navale Mar Grande di Taranto.
Ore 13:15 - Il ministro della Difesa francese è a Kiev
Il ministro della Difesa francese Sebastien Lecornu è a Kiev. Lecornu si è recato al Muro della Memoria dei caduti per l’Ucraina per deporre una corona a nome della Francia e rendere omaggio ai soldati ucraini morti in guerra. Durante la visita il ministro francese terrà un incontro con i rappresentanti del ministero della Difesa e delle forze armate ucraini. Lekornu incontrerà anche il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov, al termine del quale si terrà una conferenza stampa congiunta.
Ore 13:27 - Annullato il concerto della pianista filo-Putin alla Fenice dopo le polemiche
(Alice D’Este) La polemica è iniziata con un dibattito «squisitamente» social. «Questa è Valentina Lisitsa e pare che stia per fare un concerto al prestigioso Teatro La Fenice di Venezia. È conosciuta per le sue posizioni pro Putin e ha perfino fatto un concerto in maggio nella Mariupol occupata». Apriti cielo. Il messaggio lanciato nell’etere da Mariia Kramarencko ha fatto il giro del mondo con tutte le conseguenze del caso: reazioni a catena, Twitter in fiamme, telefonate di smentite e lettere di cancellazione evento.
Ore 14:39 - Nyt, il piano degli Usa per fermare i droni iraniani alla Russia
L’amministrazione Biden ha lanciato un ampio sforzo per fermare la produzione e la consegna di droni iraniani alla Russia per la guerra in Ucraina. Lo riporta il New York times citando fonti di intelligence. Il piano americano punta innanzitutto a «soffocare» la capacità dell’Iran di fabbricare i droni, quindi rendere più difficile per le forze di Mosca di lanciare i velivoli «kamikaze» e se questi due obiettivi non fossero raggiunti fornire agli ucraini le difese necessarie per abbatterli. Lo sforzo dell’amministrazione Biden, rivelano le fonti, è stato «ampliato ed accelerato» nelle ultime settimane dopo che, dall’analisi dei rottami dei droni iraniani è emerso che molte delle componenti sono made in America.
Ore 15:21 - Kiev, nuovi attacchi a est provocano mancanza di corrente
Il deficit di elettricità nella rete elettrica ucraina è cresciuto mercoledì a causa del bombardamento delle infrastrutture del gas nell’Ucraina orientale, secondo l’ultimo aggiornamento dell’azienda elettrica statale Ukrenergo. «A partire dal 28 dicembre, il deficit elettrico nel sistema è aumentato. Ciò è dovuto all’arresto di alcune unità di centrali elettriche a causa del bombardamento delle infrastrutture del gas nella regione orientale», ha affermato Ukrenergo in una nota citata dalla Cnn. Il deficit non ha causato ulteriori restrizioni di potenza a causa del «clima relativamente caldo», ha detto Ukenergo, ma ha aggiunto: «la capacità disponibile nel sistema non è sufficiente per soddisfare tutte le esigenze dei consumatori nel Paese. A tal proposito, tutte le regioni sono state informate sui limiti di consumo, il cui superamento comporta la necessità di blackout di emergenza». Negli ultimi tre mesi, la rete elettrica ha subito 9 attacchi missilistici e 12 con droni russi, secondo Ukrenergo.
Ore 15:58 - Appiccano un incendio all’ufficio di arruolamento russo: arrestati due anziani
Una coppia di circa 70 anni è stata arrestata a Podolsk, a Mosca, dopo aver tentato di dare fuoco all’ufficio di arruolamento militare locale. Lo riporta Sky News. Il marito, 70 anni, è stato filmato mentre cercava di dare fuoco all’edificio, ma è riuscito solo ad appiccare un piccolo incendio prima dell’arrivo della polizia. Aveva cosparso uno straccio di benzina e lo aveva messo sul telaio della finestra dell’edificio. Il pensionato ha poi acceso lo straccio. Si presume che il filmato sia stato girato dalla moglie dell’uomo, di 76 anni. L’incendio è stato rapidamente domato e non ha provocato feriti. I due pensionati sono stati arrestati dalla polizia.
Ore 16:21 - Espulso diplomatico dall’ambasciata della Lituania a Mosca
«Uno dei diplomatici dell’ambasciata lituana è stato dichiarato “persona non grata” e deve lasciare il territorio della Federazione Russa entro cinque giorni». Lo rende noto il ministero degli Esteri russo in una nota. L’espulsione del funzionario lituano è la risposta all’«espulsione ingiustificata» di un dipendente dell’ambasciata russa a Vilnius il 1° dicembre scorso. La decisione di Mosca è stata comunicata a Jurgita Cibulskiene, Incaricata d’Affari della Lituania in Russia, convocata oggi al ministero degli Esteri russo.
Ore 16:28 - Zelensky: a Bakhmut non c’è luogo non coperto di sangue
A Bakhmut, nel Donbass, «l’anno scorso ci vivevano 70mila persone. Ora vi sono rimasti solo pochi civili. Non c’è luogo che non sia coperto di sangue. Non c’è ora in cui non si senta il terribile rombo dell’artiglieria». Lo scrive il presidente ucraino Voldymyr Zelensky via Telegram, elogiando la città di Bakhmut, teatro di feroci scontri tra esercito russo e ucraino negli ultimi giorni. «Eppure, Bakhmut resiste», aggiunge Zelensky, «le nostre forze di difesa resistono. Il Donbass ucraino resiste».
Ore 16:32 - Odessa si smantella il monumento a Caterina La Grande
(Marta Serafini, inviata a Kiev ) «In conformità con la decisione della sessione del Consiglio comunale di Odessa, è iniziato il processo di smantellamento e spostamento del monumento ai “Fondatori di Odessa”. Secondo la decisione, il monumento sarà installato nell’Odessa Art Museum». Con questo tweet il console di Odessa Attilio Malliani ha annunciato la rimozione della statua di Caterina II, la zarina Caterina la Grande da una delle piazze principali. La statua – che in precedenza era stata imbrattata – è stata rimossa dalla piazza in seguito ad un referendum cittadino che si è tenuto in ottobre. Caterina, imperatrice di Russia e fondatrice della città, è ora vista come un simbolo dell’oppressione di Mosca e della guerra. Sulla rimozione dei simbolici sovietici e russi in Ucraina, qui un approfondimento.
In conformità con la decisione della sessione del Consiglio comunale di Odessa, è iniziato il processo di smantellamento e spostamento del monumento ai "Fondatori di Odessa".
Ore 16:58 - Zelensky: «Finora liberati più di 1.800 tra città e villaggi»
L'Ucraina è riuscita a liberare più di 1.800 tra città e villaggi dagli occupanti russi. Lo ha detto Zelensky nel suo discorso annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento). Aggiungendo: «Ringrazio tutti gli Stati che ci aiutano a superare la tirannia russa proprio sul campo di battaglia», come riporta Ukrinform. «I soldati ucraini hanno cacciato gli invasori da Kiev, e questo è stato il primo punto di svolta nella guerra su vasta scala, ha mostrato la forza della nostra resistenza», ha affermato ancora il presidente ucraino, ricordando che i soldati hanno liberato l'isola dei Serpenti e «da allora ogni occupante sa quale unica risposta ascolterà dagli ucraini a una qualsiasi delle sue invasioni».
Ore 18:47 - Lavrov: con gli Usa contatti ma non c'è un canale di dialogo
I militari della Federazione Russa e degli Stati Uniti «mantengono i contatti e questo è positivo e utile ma in quanto tale non esiste un canale di dialogo tra Mosca e Washington». Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, come riporta l'agenzia Ria Novosti. Per Lavrov gli Stati Uniti non consentono a Kiev di condurre negoziati di pace con Mosca, sperando di esaurire la Russia. «Ora tutti parlano di nuovo della necessità di colloqui, ma ci accusano subito di rifiutarci di negoziare, anche se Putin ha ripetutamente affermato che non ci sono proposte serie», ha dichiarato Lavrov. «L'esempio dell'incontro di Istanbul ha mostrato chiaramente che anche quella volta gli Stati Uniti hanno detto a Kiev di trattenersi: "Non ancora. Non avete esaurito la Russia nella misura in cui noi americani riteniamo sufficiente"».
Da ilmessaggero.it il 28 dicembre 2022.
Un'altra scomparsa misteriosa in Russia. Un ex capo dell'esercito russo con legami di lunga data con l'Ucraina è morto "improvvisamente" a Mosca all'età di 69 anni. A darne notizia la fabbrica di carri armati in cui lavorava, l'azienda di costruzione di macchine Uralvagonzavod: il più grande produttore di carri armati al mondo. Il generale si chiamava Alexei Maslov e lavorava recentemente come rappresentante internazionale, non ha fornito ulteriori spiegazioni.
Chi è il generale Maslov
Il generale Maslov, che è stato comandante in capo delle forze di terra russe dal 2004 al 2008, è deceduto il giorno di Natale in un ospedale militare di Mosca, ha dichiarato l'azienda. Uralvagonzavod lo ha definito "un comandante distinto che ha compiuto un valoroso viaggio da comandante di plotone a comandante in capo delle forze di terra".
I legami con l'Ucraina
L'ex capo militare, originario di una regione russa confinante con l'Ucraina, aveva stretti legami con il Paese che la Russia ha invaso a febbraio. La carriera militare del generale Maslov è iniziata nell'Ucraina sovietica, dove ha studiato in una scuola superiore per comandanti militari a Kharkiv. In seguito è stato dislocato nei Carpazi, al confine con la Romania. Dopo un periodo di quattro anni al comando delle forze russe, il generale Maslov è stato nominato vice di Dmitry Rogozin, l'allora inviato russo alla Nato a Bruxelles.
Michele Farina per il “Corriere della Sera” il 28 dicembre 2022.Il volo: in comune con tante storie più o meno eccellenti di prominenti cittadini russi che hanno osato anche timidamente criticare lo zar Vladimir Putin c'è l'ultimo misterioso atto (forse coatto) della loro vita, il volo dalla finestra. Ora è entrato nella lista anche Pavel «Pasha» Antov, ricchissimo deputato di Vladimir (città a 200 km da Mosca) che militava nel partito dello zar omonimo, Russia Unita.
La scorsa estate aveva pubblicamente definito «terroristici» gli attacchi sull'Ucraina, salvo poi fare marcia indietro sui ceci e dichiarare fiducia assoluta nel signore di Mosca. Assoluta e forse tardiva: il corpo senza vita di Antov è stato rinvenuto il giorno di Natale a migliaia di chilometri da casa, sotto la finestra della stanza che occupava al terzo piano di un albergo di Rayagada nello Stato di Orissa, in India.
Psichiatra di formazione con studi a San Pietroburgo, era diventato ricco (nel 2019 la rivista Forbes gli attribuiva un patrimonio di 180 milioni di euro) nella Russia post-sovietica, prima cimentandosi con un banco dei pegni e poi nel campo delle carni e dei salumi. Gioviale e iperattivo, amava molto viaggiare e si trovava in India con quattro amici per celebrare il suo 65esimo compleanno. Poche, rarefatte notizie sono arrivate dall'Orissa, Stato di 43 milioni di abitanti affacciato sul Golfo del Bengala.
La guida che accompagnava i russi avrebbe scoperto Antov a terra in una pozza di sangue, sotto la sua finestra. Due giorni prima, il gruppo aveva già perso Vladimir Budanov, amico (non si sa quanto stretto) di Antov, ritrovato morto nella sua stanza d'albergo. Secondo gli inquirenti indiani citati dal canale Ndtv, l'industriale di Vladimir potrebbe essersi gettato nel vuoto perché sconvolto dalla scomparsa dell'amico.
Insieme stavano progettando anche un grande allevamento di polli ma il destino (o il Cremlino?) ci avrebbe messo lo zampino, interrompendo il sodalizio di affari e affetti. L'ambasciata russa in India ha subito fatto sapere che la polizia indiana non ha riscontrato elementi sospetti nella morte dei due concittadini: un malore fatale e un suicidio.
L'amicizia è una questione molto seria, e i casi della vita infiniti. Eppure il gioco barbaro delle coincidenze e delle vendette richiama alla memoria i precedenti voli di russi non perfettamente allineati con il capo supremo. A settembre era caduto dal sesto piano di un ospedale di Mosca il presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil, gigante petrolifero: Ravil Maganov aveva 67 anni e nei giorni della sua scomparsa Mash , sito con buone fonti nelle forze dell'ordine russe, aveva sostenuto che il manager fosse in cura per problemi di cuore e che gli fosse stata diagnosticata una forma di depressione.
L'agenzia statale Tass aveva parlato di infarto, spiegando che Maganov avrebbe assunto anti-depressivi. Non sufficienti a impedirgli di gettarsi dalla finestra.
Depressione interiore o pressioni dall'alto (o alle spalle)? Lo scorso marzo il board di Lukoil aveva chiesto «la rapida fine del conflitto armato in Ucraina». A finire rapidamente non è stata la guerra ma la vita di Maganov. La sua storia si è aggiunta a una serie di suicidi e incidenti più o meno oscuri, iniziati già prima dell'invasione di febbraio e poi via via più frequenti. Da Leonid Schulman a Sergey Protasenya, personaggio importante nel settore del gas, trovato morto con la moglie e la figlia in un resort in Spagna.
L'arma del delitto: un'ascia. Il volo dalla finestra è una modalità più complicata e meno credibile di inscenare una strage in famiglia. Più chiara, si fa per dire, è stata la scomparsa di Dan Rapoport, lettone che aveva fatto fortuna in Russia prima di diventare un puntuale critico di Putin: la notte della vigilia di Ferragosto è precipitato da un palazzo di Washington con un cappello in testa, le infradito arancioni e in tasca 2.620 dollari. Il re dei salumi di Vladimir ha seguito una traiettoria simile, volando giù da una finestra nella lontana città indiana di Rayagada, disperato per la morte improvvisa del suo compagno di viaggio. È il destino (o il Cremlino?) che ci ha messo lo zampino.
Da lastampa.it il 28 dicembre 2022.
Una scena filmata e diffusa sui canali telegram e social, mostra una donna che esprime le sue perplessità sulla necessità di un intervento militare in Ucraina. Viene accusata anche d essere lei stessa ucraina, lei risponde: "No, ci sono stata solo due volte in gioventù, non ho nemmeno conoscenti" e poi mette in discussione il fatto che i russi credano a tutto quello che viene raccontato : "la televisione è un grande potere" avverte, marcando poi sulle debolezze strutturali dell'esercito che è andato a combattere con mezzi inadeguati ("con stivali di gomma, hanno rubato tutto nell'esercito") ". Dopo un breve battibecco, la donna viene circondata da alcuni uomini che la strattonano, la gettano a terra e poi aperte le porte la gettano letteralmente giù dall'autobus.
“Nessuno può affrontarla oltre noi”. Il comandante della Squadra Navale della Marina Militare De Carolis: “Confermo presenza navi russe nel Mediterraneo”. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 28 Dicembre 2022
Il comandante in capo della Squadra Navale Aurelio De Carolis: «Attività di controllo intensificata già da mesi, in sinergia con gli alleati»
Il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, rispondendo alle domande dei giornalisti a margine della cerimonia di avvicendamento del Comando tattico dell’operazione “Mediterraneo Sicuro” (OMS), con il contrammiraglio Riccardo Marchiò che ha ceduto l’incarico al contrammiraglio Stefano Frumento, avvenuta oggi a bordo della nave anfibia “San Giorgio“, ormeggiata presso la stazione navale Mar Grande di Taranto, ha confermato “la presenza di navi russe nel Mediterraneo. Per cui a noi il compito di sorvegliare il Mediterraneo e controllare da vicino queste navi. Un forte messaggio dal punto di vista della comunicazione strategica che l’alleanza dà“
“Quello che tengo a evidenziare – ha continuato l’ammiraglio De Carolis – è che come Marina Militare italiana ci muoviamo in un contesto pienamente sinergico con le altre Marine alleate che operano nel Mediterraneo e con tutte le altre operazioni” aggiungendo “Quelle dell’Unione Europea come l’operazione Irini, e della Nato come la ‘Sea Guardian’, e quella ancora più importante che vede permanentemente presente nel Mediterraneo la portaerei americana Bush, a bordo della quale sono stato il 15 dicembre. La nostra nave Doria era in quel momento incaricata di curarne la protezione aerea. Questo ci fa molto piacere“.
L’impegno della Marina italiana in attività operative si è intensificata già dall’inizio del 2022, ha spiegato ancora De Carolis, sottolineando che “questo si traduce in un maggior numero di navi in mare, dunque uno sforzo più intenso per i nostri equipaggi, tant’è vero che anche in occasione di queste festività sono diverse le nostre navi in mare, alcune delle quali partite proprio qui da Taranto“. L’ultimo mezzo italiano a ripartire in missione è stato il cacciatorpediniere Andrea Doria, dispiegato il 27 dicembre nel quadro della forza permanente Nato che opera nel Mediterraneo.
“La nostra Marina Militare si muove, nel Mediterraneo, in un contesto di sinergia internazionale con le marine alleate. Oggi abbiamo operazioni nel mare nostrum con l’Unione Europea in Irini e con la Nato in Sea Guardian, si lavora anche insieme alla Portaerei Usa Bush nel Gruppo Portaerei dislocato in area“. ha affermato il Sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago. “Oggi è cambiato il Comando anche dell’Operazione Nazionale Mare Sicuro, sempre nei nostri mari – continua -. L’ Ammiraglio Marchiò ha lasciato il Comando all’ Ammiraglio Frumento che passerà con gli equipaggi delle navi impegnate nella missione questi giorni di festività in mare, svolgendo la propria missione che sarà anche quella di sorvegliare da vicino la presenza delle navi russe in Mediterraneo. Auguri a tutti i militari impegnati in attività operativa in Italia e all’estero, e alle loro famiglie lontane che li supportano, l’Italia tutta è orgogliosa di voi“.
La flotta russa non è presente solo nel Mediterraneo, scenario strategico fondamentale anche solo per tenere “impegnate” le forze Nato in Europa. Si sono infatti concluse le esercitazioni navali congiunte tra la Russia e la Cina nelle acque del Mar Cinese Orientale, altro luogo caldo nello scacchiere militare e geopolitico mondiale. In particolare, nel corso delle manovre, i marinai russi e cinesi hanno praticato il rilascio delle navi catturate, nonché la ricerca di persone in difficoltà e il loro salvataggio. Inoltre le navi dei due Paesi, con il supporto dell’aviazione antisommergibile, hanno effettuato dei test della ricerca di un sottomarino nemico e hanno lanciato attacchi con bombe di profondità. Gli equipaggi delle navi hanno anche sparato con artiglieria su bersagli di superficie. Infine, i marinai hanno lanciato dei missili antiaerei e colpi di artiglieria contro obiettivi aerei. Redazione CdG 1947
Così Mosca ha messo fuori gioco il 90% dei droni ucraini. Federico Giuliani il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.
Abbiamo più volte elencato gli errori commessi dalla Russia nella guerra in Ucraina, errori tanto tecnico-militari quanto a livello organizzativo e, più in generale, strategico. I più grossolani ed evidenti: aver intrapreso la cosiddetta operazione militare speciale attaccando lungo troppi settori e fronti, essersi affidata a poca fanteria per schermare i carri armati e – ed è forse la colpa più grave – aver allestito una logistica completamente inadeguata per un conflitto che si sarebbe presto trasformato in una guerra estenuante e lunga, senza contare l’eccessiva imprecisione nei colpi di artiglieria e le molteplici falle nei sistemi di comunicazione.
Eppure c’è anche qualcosa che ha funzionato nell’offensiva russa. Un punto di forza che Kiev dovrebbe analizzare a dovere al fine di realizzare un’adeguata difesa. In particolare, Mosca ha avuto fin qui un grande successo nella guerra elettronica. Bastare dare un’occhiata a cosa è successo sul campo di battaglia poche settimane dopo l’inizio della guerra.
Una volta che l’esercito russo ha dispiegato le sue infrastrutture di disturbo, i risultati non sono mancati. Come ha sottolineato Forbes, ben presto le truppe del Cremlino hanno iniziato a confondere i sofisticati sistemi degli ucraini, in primis i droni. Ebbene, la soppressione elettronica dei veicoli aerei senza pilota (UAV) dell’Ucraina ha arginato uno dei maggiori vantaggi che Kiev poteva vantare nei primi mesi della guerra.
L’importanza degli UAV per Kiev era e resta fondamentale. Grazie ai suoi droni, gli ucraini hanno messo in campo un’efficace capace di intelligence, di molto superiore rispetto a quella rivale. E che, in effetti, ha consentito all’esercito ucraino di sorprendere più e più volte le truppe rivali. In che modo? Rendendo il proprio arsenale di artiglieria più preciso del ben più numeroso arsenale russo formato da grossi cannoni e lanciarazzi.
In concreto, la guerra elettronica di Mosca ha impedito ai droni di Kiev di comunicare in maniera adeguata e distrutto la precisione dell’Ucraina. E proprio la sconfitta della precisione ucraina è stata decisiva per consentire ai russi di non essere spazzati via quando, superata l’ondata d’urto iniziale, gli uomini di Volodymyr Zelensky hanno reagito supportati dal blocco occidentale.
Non è un caso che, prima dello scorso 24 febbraio, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) – che stava monitorando il rafforzamento militare di Mosca – aveva notato il dispiegamento di un gran numero di sistemi di guerra elettronica ad est dell’Ucraina e nei pressi del Donbass controllato dai russi.
Tra gli strumenti individuati, e quindi utilizzati dalla Russia, erano presenti i sistemi di intelligence dei segnali TORN e SB-636 Svet-KU, in grado di individuare le unità ucraine tracciando i loro segnali radio, gli RB-341V Leer-3, che combinano droni Orlan-10 trasportanti payload di disturbo cellulare su un KamAZ- 5350, e disturbatori radio R-934B Sinitsa e Zhitel R-330Zh, incaricati di bloccare i collegamenti satellitari.
Guerra elettronica
Per capire l’efficacia dei sistemi russi, basti pensare che già nel 2021 gli UAV dell’OSCE dovevano fare i conti con pesanti interferenze di segnale, talvolta al punto da non riuscire ad operare. Nel contesto della guerra ucraina, la capacità della guerra elettronica scatenata da Mosca è stata particolarmente temibile nel Donbass, e cioè là dove gli operatori russi avevano tutto il tempo e la sicurezza per impostare e coordinare le loro funzioni.
In ogni caso, l’azione di disturbo elettronica russa non ha funzionato bene nelle prime settimane del conflitto, e questo perché i battaglioni del Cremlino hanno attaccato e si sono ritirati troppo presto affinché i sistemi di disturbo potessero tenere loro passo. Da aprile in poi, i piloti dei caccia ucraini hanno iniziato a toccare con mano gli effetti del disturbo russo, ad esempio ritrovando le loro apparecchiature di navigazione soppresse e il loro radar fuori uso.
Non solo: le brigate e le batterie ucraine dipendevano dai droni per individuare le forze russe e colpirle. I sistemi di disturbo del Cremlino hanno confuso il GPS e interrotto i collegamenti radio, martoriando gli UAV di Kiev. Lo scorso febbraio Kiev controllava migliaia di droni; arrivati all’estate, stando agli analisti della RUSI, il 90% di loro era stato colpito o distrutto. Facile intuire le conseguenze del tutto: senza più droni, il fuoco ucraino è diventato sempre più impreciso, facendo guadagnare tempo alle truppe russe.
L’enigma di Kadena e il futuro dell’Indo-Pacifico. Federico Giuliani il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.
Aumentare ulteriormente la presenza militare nell’Indo-Pacifico per scoraggiare la Cina dall’effettuare mosse azzardate, investendo ancora più risorse nell’area, oppure, al contrario, rimuovere i contingenti e lasciare operative soltanto quelle unità indispensabili per difendersi e attaccare in caso di emergenza, puntando quindi tutto sulla resilienza? È questo il dilemma che devono affrontare gli Stati Uniti nel bel mezzo di nuove e crescenti tensioni con la Repubblica Popolare Cinese.
Un dilemma, se così vogliamo definirlo, non inedito ma che è salito alla ribalta nel corso delle ultime settimane. Lo scorso 28 ottobre, l’aeronautica statunitense ha annunciato il ritiro dei caccia F-15C/D dalla base aerea di Kadena, a Okinawa, in Giappone, dopo ben 43 anni di onorato servizio. Poche ore prima gli Stati Uniti avevano pubblicato la loro strategia di difesa nazionale aggiornata, che indicava la Cina come la principale sfida per la sicurezza americana.
E allora per quale motivo gli Usa considerano Pechino una minaccia ma, allo stesso tempo, alleggeriscono la loro presenza nel Teatro indopacifico? Quella che potrebbe sembrare una contraddizione è in realtà una strategia “necessaria”.
La causa dell’apparente discrepanza risale ad una serie di decisioni sbagliate prese, negli ultimi tre decenni, dal Congresso e dai leader del Dipartimento della Difesa (DOD). Detto altrimenti, da 30 anni a questa parte gli Usa hanno investito nell’aviazione meno denaro rispetto ad ogni altro settore dell’esercito. Di conseguenza, l’Air Force adesso è più “antica”, più piccola e meno pronta di come non lo è mai stata nei suoi 75 anni di storia.
Tornando a Kadena, da qui ai prossimi due anni, una dozzina di F-22 Raptor sostituirà gli F-15, ma solo come misura provvisoria e non come soluzione a lungo termine. “Gli Stati Uniti continueranno a mantenere una presenza stazionaria a Kadena schierando temporaneamente velivoli più nuovi e più avanzati”, hanno informato dalla struttura militare. È vero che Washington sta modernizzando le proprie forze armate, nel tentativo di rimediare a vecchi errori, ma, allo stesso tempo, rischia di modellare al ribasso la sua postura nell’Indo-Pacifico. Ed è proprio su questo che si stanno consumando molteplici polemiche.
Le forze armate, le basi e gli accordi che formano la presenza militare americana all’estero costituiscono la spina dorsale delle strategie di deterrenza del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. La rimozione degli F-15 da Kadena ha letteralmente scatenato una tempesta di fuoco. L’annuncio Usa è stato seguito da numerose critiche, mosse anche da membri del Congresso e da esperti della difesa, molti dei quali hanno chiesto all’amministrazione Biden una maggiore postura nell’Indo-Pacifico per scoraggiare eventuali aggressioni cinesi a danno degli alleati asiatici.
L'”enigma Kadena”, come l’ha rinominato warontherocks, comprende il disallineamento tra le risorse impegnate da Washington e le sue priorità strategiche. Detto altrimenti, se davvero la Casa Bianca intende arginare la Cina non può pensare di farlo alleggerendo la propria presenza in Estremo Oriente.
La soluzione all’enigma non è né semplice né scontata, e chiama in causa il concetto di resilienza. Affinché la postura militare statunitense in Asia sia credibile in un eventuale combattimento, e affinché le sue forze armate contribuiscano efficacemente alla deterrenza, queste ultime devono essere in grado di resistere ad un attacco, sopravvivere a quell’attacco e quindi riprendere le operazioni per generare potenza di combattimento.
La riduzione delle forze Usa di base a Kadena, dunque, non sarebbe il segno che gli Stati Uniti starebbero abbandonando il Giappone o la First Island Chain. Al contrario, si tratterebbe di una misura prudente per ridurre la vulnerabilità degli aerei statunitensi in loco e, al contempo, aumentare la loro capacità di condurre operazioni di combattimento sostenute.
Kadena, inoltre, si trova in una posizione delicata, è particolarmente esposta al fuoco cinese e, in caso di offensiva di Pechino, un’enorme quantità di mezzi statunitensi presente sul suo territorio si ritroverebbe inerme, e senza più la capacità di contrattaccare.
I movimenti di Kadena rappresentano un primo, importante passo nella nuova postura statunitense nell’Indo-Pacifico: d’ora in avanti, Washington punterà sempre più sulla resilienza che non sulla postura.
Il Pentagono, sottolineano gli esperti, dovrebbe cogliere questa opportunità al fine di sfruttare al meglio tutte le risorse necessarie per garantire una distribuzione meno concentrata dei suoi mezzi nella regione, rotazionale e che consenta agli Usa una rapida transizione verso un piano di emergenza.
Concentrare mezzi su mezzi nelle singole basi, data la mancata modernizzazione in vari settori, in questa fase non farebbe nient’altro che esporre gli Stati Uniti di fronte a possibili offensive nemiche. Anche perché, dalla fine della Guerra Fredda fino a pochi anni fa, le forze armate statunitensi hanno operato da basi aeree quasi totalmente al sicuro da attacchi aerei e missilistici rivali.
Ebbene, quel periodo è finito da tempo. Specialmente nell’Indo-Pacifico, dove la Cina controlla adesso un gran numero di missili a lungo raggio e forze aeree sempre più moderne. Giusto per fare un esempio, i missili cinesi armati convenzionalmente possono oggi raggiungere la maggior parte delle basi americane nella regione, Guam inclusa. Ecco perché gli Stati Uniti devono incrementare la cooperazione con i propri partner locali.
Perché gli equilibri del Pacifico riguardano anche Europa (e Italia). Federico Giuliani l’1 gennaio 2023 su Inside Over.
Il Pacifico, o se vogliamo l’Indo-Pacifico, è l’ultimo epicentro della competizione tra Stati Uniti e Cina. Iniziato come guerra commerciale, e proseguito come confronto ideologico, il testa a testa sino-statunitense sta per entrare in una nuova fase. Molto più pericolosa delle precedenti, per il rischio di dare vita ad un conflitto militare vero e proprio, e pure più imprevedibile, per le molteplici e numerose variabili in campo.
La regione in questione ha infatti un peso geopolitico maggiore di quanto le sia ampiamente riconosciuto, in quanto il suo controllo effettivo consente al vincitore della contesa di dominare la scena globale. Per Washington, che si considera da sempre una potenza marittima, il Pacifico è l’autostrada prediletta che collega l’Occidente all’Oriente. La visione del mondo americanocentrica, inoltre, si basa sul mantenimento della libertà, oltre che sulla garanzia di sicurezza e stabilità.
Stiamo parlando di concetti che mal si sposano con la griglia interpretativa dell’altro attore protagonista, la Cina, che concepisce il pianeta come una “comunità dal futuro condiviso”, parla di “relazioni win-win” – dove gli affari non sono influenzati da ipotetiche mancanze democratiche degli altri partner – adotta una formula politica inedita, il “socialismo con caratteristiche cinesi”, agli antipodi rispetto al sistema Usa, e intende tornare al centro del palcoscenico internazionale a suo modo. Dal suo punto di vista, la Cina percepisce l’intera area indo-pacifica come una sorta di anticamera da superare per proiettare la propria forza – non solo economica – oltre i confini asiatici.
L’importanza dell’Indo-Pacifico
L’ostacolo principale che impedisce a Pechino di raggiungere l’agognato obiettivo è la cosiddetta strategia della catena di isole (Island Chain Strategy), concepita dall’allora Segretario di Stato Usa, John Foster Dulles, nel 1951, in piena Guerra Fredda. Dulles riteneva che il potenziale di un’alleanza sino-sovietica potesse essere limitato, o anche azzerato, stabilendo una catena contenitiva nel Pacifico occidentale sfruttando gli alleati locali.
La prima catena di isole inizia con le Isole Curili e termina tra il Borneo e la parte settentrionale delle Filippine. Nella versione più diffusa, la seconda catena di isole comprenderebbe le isole giapponesi di Ogasawara e Vulcano, oltre alle isole Marianne (fra cui l’isola di Guam, importante base militare Usa), che sono parte del territorio degli Stati Uniti. La terza catena, infine, inizia dalle Isole Aleutine e termina in Oceania, con un occhio di riguardo per le Isole Hawaii, anch’esse parte integrante del territorio degli Stati Uniti, nonché sedi di basi navali statunitensi. Ebbene, oggi queste catene rappresentano tre barriere che soffocano i sogni di gloria della Cina, schiacciandola lungo le proprie coste e, di fatto, impedendole di diventare (o tornare ad essere) una potenza marittima.
Con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, gli Stati Uniti sono tornati ad inserire il Pacifico in cima all’agenda delle priorità. Washington ha elevato il Quad (Quadrilateral Security Dialogue), il gruppo che collega gli Stati Uniti all’Australia, all’India e al Giappone, ad un vertice regolare. Ha inoltre accettato di aiutare l’Australia a costruire sottomarini a propulsione nucleare nell’ambito del patto AUKUS con il Regno Unito. La strategia indo-pacifica della Casa Bianca, pubblicata nel febbraio 2022 (consultabile qui), ha inoltre menzionato alleati o alleanze più di 30 volte in un documento di 19 pagine.
Ma se gli Stati Uniti di Biden sono diversi da quelli di Donald Trump, anche la Cina di Xi Jinping è ben lontana dal Paese guidato da Deng Xiaoping o Hu Jintao negli ultimi decenni. Dopo anni in sordina, la Repubblica Popolare Cinese non si accontenta più di assumere un basso profilo e aspettare il momento giusto. Al contrario, afferma con forza i propri interessi nazionali e spinge a rivedere gli assetti regionali e internazionali. Xi, tra le altre cose, ha militarizzato il Mar Cinese Meridionale, dopo aver promesso al presidente Obama che non lo avrebbe fatto, incrementato la pressione per risolvere la questione taiwanese e scelto di rafforzare l’Esercito Popolare di Liberazione, marina compresa.
La variabile Ue
È impossibile tuttavia analizzare la sfida Usa-Cina nell'(Indo-)Pacifico senza parlare dell’Unione europea. Anche perché l’Indo-Pacifico crea il 60% del pil globale e due terzi della crescita globale, è la seconda destinazione delle esportazioni dell’Ue e ospita quattro dei dieci principali partner commerciali di Bruxelles. Le destabilizzazioni regionali mettono dunque a rischio affari e commercio.
Un chiaro segnale della direzione verso la quale stiamo andando è il forte rafforzamento militare della zona. La quota della spesa militare globale dell’Indo-Pacifico è passata dal 20% nel 2009 al 28% nel 2019 e sta aumentando ulteriormente. In altre parole, significa che i Paesi di questa regione stanno investendo molto nelle loro forze armate perché non sono sicuri di cosa riserverà il futuro. L’interesse delle potenze europee, dunque, è proprio questo: che l’ordinamento regionale resti aperto e regolamentato.
Le esportazioni europee verso i paesi dell’ASEAN, ad esempio, sono cresciute da 54 miliardi di euro nel 2010 a 85 miliardi di euro nel 2019, mentre le importazioni dai Paesi dell’ASEAN sono cresciute ancora di più, da 72 miliardi di euro nel 2019 a 125 miliardi di euro. Entro il 2050, l’ASEAN è destinata a diventare la quarta economia mondiale. E l’Ue non vuole restare in seconda o terza fila.
Sul campo militare, in passato l’Ue aveva sempre delegato i temi della difesa e della sicurezza dell’Indo-Pacifico agli Stati Uniti. Con l’avvento della Cina di Xi sono aumentate le esercitazioni militari congiunte tra le potenze europee e i vari partner locali, in concerto con la regia statunitense.
In ogni caso, poiché l’Ue non ha ancora assunto una posizione forte su nessuna delle questioni di sicurezza dell’Indo-Pacifico, finora Bruxelles è stata considerata come un attore secondario. Eppure, nel caso in cui le tensioni tra Washington e Pechino dovessero sfociare in uno scontro militare, a seconda di ciò che succederà, l’Europa rischia di finire nell’occhio del ciclone al fianco degli Usa. È per questo che il continente europeo non può che farsi trovare pronto di fronte a qualsiasi evenienza. FEDERICO GIULIANI
La battaglia per le risorse del Pacifico. Andrea Muratore il 4 Gennaio 2023 su Inside Over
L’Oceano Pacifico è l’epicentro della grande partita geopolitica globale, è la massa d’acqua che copre da sola un terzo della superficie terrestre e su cui insistono gli Stati con l’economia più vasta del pianeta (Stati Uniti, Cina e Giappone sono ai primi tre posti per Pil), le nazioni a tasso di crescita più alto (dall’Indonesia al Vietnam) e una serie di nazioni, dalla Corea del Sud al Cile, dal Messico all’Australia, ambiziose per gli obiettivi su risorse naturali e commerci.
Il Pacifico è un “miracolo geologico” e naturalistico. Lo si nota guardando gli ecosistemi variegati in superficie (dal reef australiano alle Galapagos) e nei fondali (gli habitat non basati sul carbonio delle fosse oceaniche) ma anche apprezzando l’ampiezza delle sue fonti di materie prime ed energia, contese e desiderate dalle grandi potenze.
Gas e petrolio animano la sfida
Il primo terreno di scontro è quello sulle risorse più contese del presente: gas naturale e petrolio. A Occidente del Pacifico, la Cina è il maggior consumatore al mondo di entrambi. A Oriente, gli Stati Uniti usano a fini strategici il gas naturale, di cui sono i maggiori produttori mondiali, e hanno nell’Alaska, affacciata sul Pacifico, lo scrigno del loro sistema petrolifero.
L’Encyclopedia Britannica ricorda a tal proposito che “le principali aree del Pacifico sud-occidentale per l’esplorazione offshore di petrolio e gas sono nel Mar Cinese Meridionale – le acque al largo del Vietnam e al largo dell’isola di Hainan in Cina e sulla piattaforma continentale a nord-ovest dell’isola di Palawan nelle Filippine”, al centro di un’importante sfida geostrategica.
La “cintura di fuoco” del Pacifico non è solo quella dei vulcani che ha l’epicentro nell’arcipelago indonesiano e nelle Hawaii, ma anche quella umana del confronto tra le potenze laddove le risorse naturali diventano terreno di conflitto. E così diventa terreno “caldo” il Mar Cinese Meridionale per la contesa sulle Isole Spratly, ricchissime di gas e petrolio nel loro offshore, in cui si trovano strutture occupate da forze militari cinesi che si confrontano con quelle di Taiwan, della Malesia, delle Filippine e del Vietnam. Inoltre, anche il Sultanato del Brunei ha rivendicato una zona economica esclusiva nella parte sud-orientale delle isole Spratly, che comprende la disabitata Louisa Reef. Discorso simile per le Isole Paracelso contese tra Cina, Taiwan e Vietnam.
Petrolio e gas si trovano anche al largo delle Isole Curili e di Sakhalin dove il contrasto territoriale è invece tra Russia e Giappone. Le aree più “pescose” per questi preziosi idrocarburi, ricorda la Britannica, “includono anche l’area al largo delle isole Natuna e alcune aree al largo della costa di Sumatra in Indonesia”, cosa che fa di Giacarta un’importante potenza regionale, mentre “nel Pacifico meridionale, la produzione e l’esplorazione di idrocarburi si stanno svolgendo al largo dell’Australia nord-occidentale e settentrionale e nel bacino del Gippsland, al largo dell’Australia sudorientale”.
Sempre più strategiche, nel quadro della contesa globale per la transizione energetica e dell’ascesa del gas naturale a risorsa ponte tra fonti fossili e rinnovabili, diverranno nazioni apparentemente periferiche nell’ordine del Pacifico. Un caso su tutti è quello della Papua Nuova Guinea, nazione in cui ExxonMobil ha costruito un impianto di rigassificazione capace di produrre 8,3 milioni di tonnellate di Gnl l’anno dall’oro blu estratto nel cuore dell’isola degli uccelli del paradiso. L’agenzia di Canberra per gli investimenti esteri, Export Finance Australia, acquisirà per oltre 1,1 miliardi di dollari una partecipazione del 5% nell’impianto, cruciale per costruire una “cintura protettiva” capace di creare una catena del valore occidentale del gas e del petrolio in grado di contenere il dinamismo cinese.
La battaglia per le risorse minerarie
Non solo gas e petrolio, però, animano la partita delle risorse. Manganese, ferro, rame, nichel, titanio e cobalto, così come piccole tracce di altri metalli, si trovano in profondità nelle acque del Pacifico. La Britannica ricorda che “i minerali di solfuro marino, contenenti ferro, rame, cobalto, zinco e tracce di altri elementi metallici, sono depositati in grandi quantità vicino alle sorgenti idrotermali in acque profonde, come quelle che si trovano nel Pacifico al largo delle isole Galapagos e sulle creste Juan de Fuca e Gorda nella depressione di Okinawa e nel bacino di Manus al largo della Nuova Guinea”. Questo dà a Stati come Ecuador, Giappone, Papua Nuova Guinea e Indonesia (che controlla la metà occidentale della Nuova Guinea) un ruolo strategico crescente nella partita delle risorse che serviranno ad alimentare l’industria del futuro.
Strategica sarà sempre di più, in futuro, la Clarion Clipperton Zone (CCZ), la zona di frattura formata dall’accumulazione di più zolle continentali nel fondo dell’oceano, che forma un enorme regione di 4,5 milioni di chilometri quadrati, più grande dell’Europa occidentale, compresa tra le Sporadi Equatoriali, le Hawaii, Kiribati e il Messico, in cui si concentrano importanti risorse di terre rare ritenute decisive per la transizione energetica.
L’International Seabed Autorithy che governa la Ccz ha dato sinora 19 licenze di esplorazione per ricerche minerarie in acque profonde, tra cui la principale è quella della canadese The Metals Company (Tmc) nel piccolo Stato insulare di Nauru. “I sostenitori dell’estrazione mineraria sostengono che questi metalli sono necessari per produrre batterie per veicoli elettrici e negli alimentatori di potenza che distribuiscono energia rinnovabile”, nota China Dialogue Ocean, ma c’è un grave problema per il rischio ambientale, come dimostrato dal documentario oceanografico del 2022 Blue Peril, realizzato da Interprt, un’agenzia norvegese che si occupa di ricerca ambientale, e Ozeanien Dialog, una Ong tedesca che intende proteggere gli Stati più periferici e insulari dell’Oceania.
La recente scoperta, nel cuore dell’area della Ccz bersagliata dalle compagnie minerarie, di vere e proprie aree-santuario per la fauna abissale in cui potrebbero esistere centinaia di specie animali rare e ignote alla scienza alza l’asticella per la tutela ambientale dell’area.
La “guerra” della pesca e le mosse cinesi
Last but not least, c’è la partita della pesca. Nei suoi 149 milioni di chilometri quadrati, l’Oceano Pacifico mostra la più ampia varietà di biodiversità tra le superfici marittime del pianeta. Le principali zone di pesca sono concentrate nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar del Giappone, oltre al Mar di Celebes nell’arcipelago indonesiano. Altrove, zone del Pacifico sono importanti per singole risorse, come l’area di Macao o, all’estremo opposto dell’oceano, il Nicaragua per l’allevamento delle ostriche da perle e il Mar dei Coralli al largo dell’Australia per il procacciamento dell’analogo animale. In Alaska sono invece importanti le pesche dei salmoni e del pregiato granchio reale, mentre in Perù è concentrata la pesca dell’acciuga del Pacifico, importante a fini commerciali perché alla base della produzione di farine e olii di pesce.
Al di là delle ripercussioni alimentari e di biodiversità della partita della pesca, bisogna ricordare che essa ha anche un fronte geopolitico spesso sottovalutato, legato all’avventurismo della Cina e alla “militarizzazione” dei pescherecci. “Negli ultimi dieci anni la flotta di navi da pesca che battono la bandiera della Cina è cresciuta del 500% nell’oceano Pacifico centrale, il mare più ricco di pesce”, ha fatto notare nel 2021 un’inchiesta del Guardian e di Repubblica. “A farne le spese sono 17 piccoli Paesi del Pacifico centro-occidentale, tra cui Papua Nuova Guinea, Figi, Vanuatu, le isole Salomone e gli stati federati della Micronesia, oltre alla fauna acquifera di quella che è considerata l’area più fertile del Pianeta, che rischia di essere gravemente danneggiata o addirittura nel lungo termine di estinguersi”, ha commentato Repubblica. 290 le navi cinesi ufficialmente registrate, tra 1.600 e 3.400 quelle effettivamente operanti a caccia di acciughe, tonni, salmoni e altri animali, fondamentali per il mercato interno ma anche per il delicato sistema produttivo di molti contesti regionali a cui sfavore la Cina rischia di manipolare il mercato.
E non finisce qui. L’industria della pesca cinese, forte di 20 milioni di uomini e circa 500mila imbarcazioni, diventa la base per una proiezione strategica, essendo spesso pescherecci armati i primi “colonizzatori” mandati da Pechino negli atolli contesi con i Paesi confinanti e la pesca stessa la scusa per tentare di occupare aree contese. I diritti di pesca, hanno ricordato su queste colonne Lorenzo Vita e Paolo Mauri, sono spesso i primi contesi tra i diritti del mare tra le potenze e creare situazioni di fatto con la flotta illegale di pescherecci può contribuire alla strategia cinese di condizionare a favore di Pechino la grande sfida per le risorse che su ogni angolo del Pacifico si è aperta a tutto campo. Unendo analisi geopolitiche, sfide economiche e partite ambientali in un contesto unico e complesso.
Russia, i soldati sorpresi dagli infrarossi: un massacro, il video choc. Libero Quotidiano il 28 dicembre 2022
Un vero e proprio blitz fatale. I soldati russi si sono fatti sorprendere da una mossa dei militari ucraini che ha spiazzato completamente le truppe dello Zar. Un video che sta facendo il giro del web di fatto immortala l'operazione notturna in Donbass che ha inflitto pesanti perdite ai russi. I militari, come si vede nella clip, hanno provato a sfuggire all'occhio dei militari ucraini ma con scarsi risultati. Lo scenario di guerra è uno dei più caldi in questo momento. Il Donbass come è noto è la vera miccia per cui si è accesa la guerra tra Mosca e Kiev. E le notti, in questi contesti, possono riservare amare sorprese per i militari.
Ed è in una di queste, una delle ultime, che lo spostamento nelle tenebre di otto militari russi ha fatto scattare l'allarme sulle linee ucraine. Con i mirini a infrarossi che hanno in dotazione i militari delle 92esima brigata meccanizzata di Kiev per i militari russi non c'è stato scampo. Infatti in pochi istanti i soldati di Putin sono stati localizzati. A quel punto è scattata una pioggia di granate che non ha lasciato speranze ai soldati dell'armata russa.
In pochi secondi la fuga dei militari russi si è arrestata e di fatto gli ucraini hanno annullato il riposizionamento di questa piccola truppa. Storie di una notte di guerra.
Gerasimov "pezzo di m***a". Putin, un terremoto al Cremlino. Libero Quotidiano il 27 dicembre 2022
"Un pezzo di m***a". A insultare e umiliare Valery Gerasimov, capo di Stato maggiore dell'esercito russo e referente militare del presidente Vladimir Putin in Ucraina, non è quale reduce del Battaglione Azov o un esponente del governo di Kiev. L'attacco, come riportato da Christo Grozev di Bellingcat, è contenuto in un video che ritrae alcuni ufficiali del Wagner Group, la temutissima organizzazione di mercenari cui ricorre il Cremlino in teatri di guerra particolarmente complicati.
Il filmato è stato rilanciato dal quotidiano The Guardian e mostra appunto i combattenti del Wagner Group nella città ucraina sulla prima linea di Bakhmut che si rivolgono a Gerasimov e dicono: "Sei un pezzo di m***a. Dove sono i proiettili? Non abbiamo più proiettili qui". Grozev ha riferito che Yevgeny Prigozhin, imprenditore russo e fondatore del Wagner Group, ex cuoco personale di Putin vicinissimo allo Zar, ha dichiarato di non avere "nulla da dire su questo video". Secondo Grozev significa che l'alleato del presidente sta sostanzialmente dando il suo endorsement all'attacco a Gerasimov. Grozev, leader del gruppo di giornalismo investigativo Bellingcat (indicato come agente straniero in Russia), è stato inserito nella lista dei ricercati dal ministero degli Interni russo.
Tutto questo è accaduto nelle stesse ore in cui Putin ha nominato l'ex presidente Dmitry Medvedev primo vice presidente della commissione militare industriale. Il decreto comprende, oltre alla nomina dell'attuale vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo (di fatto, il "supplente" dell'amico Putin), anche altri cambiamenti all'interno dell'organismo permanente creato per applicare la politica statale nel settore dell'industria bellica, per fornire supporto militare-tecnico alla Difesa, alla sicurezza nazionale e alle forze dell'ordine. Putin è il presidente della commissione. Il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, il capo degli Stati Maggiori, il generale Gerasimov il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Nikolai Patrushev, insieme ai capi dei servizi Fsb e delle altre agenzie di sicurezza, sono gli altri componenti della commissione.
Kiev: il 90% dei residenti di Bakhmut ha lasciato la città. Minsk convoca l'ambasciatore ucraino. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 29 Dicembre 2022.
Le notizie di giovedì 29 dicembre. Pioggia di bombe in mattinata su diverse regioni. Un drone ucraino colpisce in Russia e distrugge un sistema di difesa aerea. Zelensky: grazie a noi ora l’Europa è più unita
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• La guerra in Ucraina è arrivata al 308esimo giorno.
• La città di Kherson è sotto attacco dei missili russi, per questo motivo l’esercito ucraino sta procedendo all’evacuazione dei civili.
• Il comandante in capo della Squadra Navale ha confermato la presenza di navi russe nel Mediterraneo.
• Zelensky alla nazione: mesi terribili ma non abbiamo perso l’umanità.
Ore 13:00 - De Carolis: sorvegliamo le navi russe nel Mediterraneo
«Confermo la presenza di navi russe nel Mediterraneo. Per cui a noi il compito di sorvegliare il Mediterraneo e controllare da vicino queste navi. Un forte messaggio dal punto di vista della comunicazione strategica che l’alleanza dà». Lo ha detto il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, rispondendo ad una domanda dei giornalisti a margine della cerimonia di avvicendamento del Comando tattico dell’operazione Mediterraneo Sicuro (OMS), avvenuta oggi a bordo della nave anfibia San Giorgio, ormeggiata presso la stazione navale Mar Grande di Taranto.
Ore 23:21 - Zelensky: «Finora liberati più di 1.800 tra città e villaggi»
L'Ucraina è riuscita a liberare più di 1.800 tra città e villaggi dagli occupanti russi. Lo ha detto Zelensky nel suo discorso annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento). Aggiungendo: «Ringrazio tutti gli Stati che ci aiutano a superare la tirannia russa proprio sul campo di battaglia», come riporta Ukrinform. «I soldati ucraini hanno cacciato gli invasori da Kiev, e questo è stato il primo punto di svolta nella guerra su vasta scala, ha mostrato la forza della nostra resistenza», ha affermato ancora il presidente ucraino, ricordando che i soldati hanno liberato l'isola dei Serpenti e «da allora ogni occupante sa quale unica risposta ascolterà dagli ucraini a una qualsiasi delle sue invasioni».
Ore 01:53 - Zelensky, la guerra ha rafforzato l’unità dell’Europa
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo discorso annuale al Parlamento ucraino, ha sostenuto che la guerra condotta dalla Russia contro il suo Paese ha rafforzato l’unità dell’Europa e che «nessuno in Occidente ha paura e avrà mai paura della Russia». «È stata l’Ucraina a unire l’Unione Europea. Si è visto che è possibile», ha detto Zelensky dall’aula del Parlamento. «E ora l’Europa si protegge. L’Europa supera le crisi. E questo nonostante le enormi risorse gettate dalla Russia per distruggere il nostro continente». «Per la prima volta nella storia, alcuni Paesi europei hanno riconsiderato l’idea di rimanere neutrali e stanno resistendo all’aggressione insieme a noi, insieme all’Ucraina», ha aggiunto. «Abbiamo aiutato l’Europa e la maggior parte del mondo a percepire che essere neutrali ora è, mi dispiace, ma è immorale». Zelensky ha poi affermato che i Paesi non sono più interessati «a sapere se la Russia li ascolterà», ma piuttosto «a sapere cos’altro aspettarsi dall’Ucraina, cos’altro l’Ucraina può dare all’Europa, cos’altro noi possiamo dare al mondo». Zelensky ha anche ringraziato i militari ucraini, definendoli “eroi” e ha detto che le potenti armi che l’Ucraina ha ricevuto hanno rafforzato il suo vantaggio. «E permettetemi di ricordarvi che un anno fa sembrava impossibile che il nostro Stato potesse avere i sistemi di difesa aerea “Patriot”. Ma ora abbiamo un accordo di questo tipo», ha detto. «Questo è un segno speciale di fiducia verso l’Ucraina. Questa è una vera alleanza con gli Stati Uniti d’America. Abbiamo raggiunto questo obiettivo».
Ore 02:21 - Sindaco Kharkiv: «La nostra città è nuovamente sotto attacco»
Il sindaco di Kharkiv, Ihor Terekhov, ha riferito che la città è stata attaccata dai russi due volte. Non sono state segnalate vittime.
Ore 02:44 - Zelensky: «Sono stati mesi terribili ma non abbiamo perso l’umanità»
«Non abbiamo perso la nostra umanità, anche se abbiamo attraversato mesi terribili. E non la perderemo, anche se ci aspetta anche un anno difficile. Raggiungeremo la vittoria. E dobbiamo farlo davvero insieme». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo video discorso serale. «Non dimenticate di dire grazie quando siete aiutati. Per favore, sostenete coloro che combattono per il nostro Paese», ha aggiunto.
Ore 03:16 - Consigliere Zelensky: dopo la morte di Putin? Sarà peggio
«La nostra gente pensa che la morte di (del presidente russo Vladimir) Putin sia la fine di tutto. Assolutamente no? Sarà peggio che con Putin». Lo ha detto il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Oleksij Arestovich. Secondo lui, ai microfoni di Latynina Tv (canale youtube dell’oppositrice russa Yulija Latynina), dopo un eventuale decesso del leader del Cremlino, ci sarebbe un’altra guerra con la Russia.
Ore 05:41 - «Correte nei rifugi», allarme di attacchi aerei anche a Kiev
Intorno alle 6:00 di giovedì 29 dicembre, gli allarmi antiaerei hanno suonato nella capitale ucraina Kiev, così come nelle regioni meridionali di Kherson e Mykolaiv e nella regione occidentale di Zhytomyr. «Un’allerta aerea è stata annunciata nella capitale! Per favore, correte al rifugio!» ha pubblicato l’amministrazione militare della città di Kiev su Telegram. Finora, non ci sono stati attacchi confermati.
Ore 05:43 - Gli Usa: la Russia è in stallo su Bakhmut
Gli analisti dell’Istituto statunitense per lo studio della guerra ritengono che la Russia abbia raggiunto una situazione di stallo a Bakhmut, con «diversi indicatori a sostegno della valutazione secondo cui le forze russe intorno a Bakhmut hanno raggiunto il culmine». «La dottrina militare statunitense definisce il culmine come “il punto in cui una forza non ha più la capacità di continuare la sua forma di operazioni, attacco o difesa» e, scrive il Guardian, «quando una forza non può continuare l’attacco e deve assumere una posizione difensiva o eseguire una pausa operativa».
Ore 06:05 - Lavrov: nessun dialogo su “formula di pace” di Zelensky
La Russia non parlerà con nessuno sulla base della «formula di pace» proposta dal leader ucraino Volodymyr Zelensky, ha detto oggi il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un’intervista a Ria Novosti, aggiungendo che Kiev non è pronta al dialogo. “È ovvio che Kiev non è pronta per il dialogo. Proponendo ogni sorta di idee e ‘formule di pace’, Zelensky nutre l’illusione di ottenere, con l’aiuto dell’Occidente, il ritiro delle nostre truppe dal territorio russo delle regioni del Donbass, della Crimea, di Zaporizhzhia e Kherson, il pagamento dei danni dalla Russia, l’ammissione di colpa nei tribunali internazionali, ecc. Certamente non parleremo con nessuno in questi termini», ha detto Lavrov.
Ore 07:31 - Esplosioni a Kiev
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Esplosioni in diversi quartieri di Kiev vengono segnalati in questi minuti dai residenti della capitale, secondo i media ucraini. Oleksiy Arestovych, Il consigliere presidenziale Oleksiy Arestovych ha scritto su Facebook che oltre 100 missili stavano arrivando in diverse ondate. L’amministrazione militare di Kiev ha avvisato i cittadini su Telegram che la difesa antiaerea sta funzionando. Il governatore di Zhytomyr Vitaliy Bunechko ha dichiarato che razzi russi stanno piovendo sulla regione. Il capo dell’amministrazione militare di Kryvyi Rih, riferisce che i missili vengono lanciati da navi nel Mar Nero, riporta il Guardian.
Ore 08:02 - Le immagini delle esplosioni a Kiev
Alcune immagini delle esplosioni a Kiev, pubblicate sui social Ore 08:33 - Esplosioni anche a Leopoli
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il sindaco di Leopoli Andriy Sadovy ha riferito che intorno alle 9:18 ora locale ci sono state esplosioni anche nella sua città senza dare ulteriori dettagli.
Ore 08:07 - Ancora esplosioni a Kiev
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Ancora forti esplosioni in centro a Kiev.
Ore 08:20 - Pioggia missili sull’Ucraina: «La contraerea attiva»
«Dopo un attacco notturno di droni, la Russia ha attaccato massicciamente l’Ucraina con missili da crociera dal mare e dall’aria da diverse direzioni, ma la contraerea ucraina ha funzionato». È quanto riferisce il comando dell’Aeronautica Militare dell’esercito ucraino, che ha invitato i cittadini a cercare riparo. Nelle ultime ore sono stati segnalati attacchi anche su Zhytomyr, Kharkiv e Odessa, oltre che su Kiev e Kherson.
Ore 08:31 - Sindaco di Kiev: possibili blackout in città
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il sindaco di Kiev Klitscho ha avvisato della possibilità che ci siano blackout in città e ha invitato la popolazione a ricaricare i cellulari e a fare scorta di acqua.
Ore 08:39 - Missili russi su Leopoli, Kharkiv, Odessa e Sumy: città in blackout
Oltre che a Kiev e Kherson, esplosioni vengono segnalate dai governatori e dai sindaci di Leopoli (nell’ovest dell’Ucraina), che si trova lontano dalla linea del fronte, Kharkiv (a est), Odessa (a sud), Sumy (nord-est). Lo riportano agenzie e tv ucraine. Interruzioni di corrente sono state annunciate nelle regioni di Odessa, Dnipropetrovsk e Kryvyi Rih. Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, ha scritto su Twitter che oltre 120 missili sono stati lanciati in Ucraina questa mattina dalla Russia «per distruggere infrastrutture critiche e uccidere civili in massa».
Ore 08:42 - A Kiev un missile abbattuto ha colpito un edificio residenziale
(Marta Serafini, inviata a Kiev) L’amministrazione militare della città di Kiev ha affermato che un missile russo abbattuto nella capitale ha colpito un «edificio privato» sulla riva orientale (sinistra) del fiume Dnipro. Almeno quattro esplosioni sono state udite in tutta Kiev.
Ore 08:48 - Drone ucraino in Russia colpisce un sistema di difesa aerea
Secondo quanto riportano le agenzie russe, un drone ucraino ha colpito il distretto di Unechsky nella regione russa di Bryansk, distruggendo un sistema di difesa aerea S-300. A Belgorod la difesa aerea è entrata in funzione, come ha comunicato il governatore regionale, Vjacheslav Gladkov, secondo cui non vi sarebbero vittime, mentre le informazioni su possibili danni sono ancora in aggiornamento. In un messaggio su Telegram Gladkov ha precisato che uno dei frammenti di un missile è caduto allo svincolo della strada Komsomolskij-Mayskij, si è verificato un incendio che è stato prontamente spento.
Ore 09:10 - A Kiev civili nella metropolitana durante gli attacchi
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Come sempre durante gli attacchi aerei i cittadini di Kiev sono scesi nella metropolitana. Come raccontato qui, le fermate diventano un rifugio sicuro mentre in superficie cadono i frammenti dei droni e dei missili abbattuti dalla contraerea ucraina. In foto una fermata della metro questa mattina durante l’allerta aerea.
Ore 09:36 - A Kiev ci sono feriti. Il 90% di Leopoli senza luce
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il sindaco di Kiev Vitaliy Klitschko ha scritto su Telegram che nella capitale ci sono state diverse esplosioni. Secondo la tv 5 Kanal, i detriti di un missile abbattuto dalla contraerea ucraina nel quartiere di Darnytskyi hanno colpito un edificio residenziale provocando due feriti. Subito dopo è scoppiato un incendio. Danneggiato una delle strade principali nel centro della capitale. Altre fonti parlano di tre feriti, compresa una minore. Intanto a Leopoli, la principale città dell'Ucraina occidentale, è rimasta per il 90% senza elettricità dopo il bombardamento russo dell'infrastruttura energetica: «Il sindaco Andriy Sadovy ha dichiarato su Telegram che il 90% della città è senza elettricità, tram e filobus non funzionano più, potrebbero esserci tagli all'acqua».
Ore 09:39 - «Ecco il terrore di Capodanno»
(Marta Serafini, inviata a Kiev) «Ecco come appare il terrore del Capodanno russo», ha scritto il vicepresidente dell'ufficio del presidente Kyrylo Tymoshenko e ha postato le immagini delle conseguenze dell'attacco russo nel distretto di Darnytsia, alla periferia della città di Kiev.
Ore 09:51 - A Odessa rimossa la statua della zarina Caterina II
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Intanto è stata rimossa nella notte la statua della zarina Caterina II di Russia a Odessa che sarà trasportata in un museo. La decisione è stata presa dall’amministrazione cittadina, dopo un referendum cittadino e dopo che la statua è stata vandalizzata più volte. Al posto della zarina, fondatrice della città, ora campeggia una bandiera ucraina.
Ore 10:00 - Lavrov: «Il piano di pace di Kiev? Zelensky si illude»
«Proponendo idee e "formule di pace" di ogni tipo, Zelensky coltiva l'illusione di ottenere, con l'aiuto dell'Occidente, il ritiro delle nostre truppe dal territorio russo nel Donbass, in Crimea, a Zaporizhzhia e nella regione di Kherson, il pagamento di risarcimenti da parte della Russia, l'apparizione "di colpevolezza nei tribunali internazionali" e simili». Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un'intervista a Ria Novosti. «È chiaro che Kiev non è pronta al dialogo», ha aggiunto, «naturalmente, non parleremo con nessuno in questi termini».
Ore 10:04 - Kiev: 16 missili russi distrutti dalla difesa aerea nella capitale
Le forze di difesa aerea ucraine hanno distrutto 16 missili russi sopra la capitale: lo ha detto il sindaco di Kiev Vitaliy Klitschko su Telegram.
Ore 10:40 - Allerta aerea finita a Kiev
Ore 10:48 - Il 40% dei cittadini della capitale è senza elettricità
Il 40% dei residenti di Kiev è senza elettricità dopo l'attacco missilistico: lo dice il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, fornendo un aggiornamento sulla situazione su Telegram. «Gli ingegneri energetici stanno attualmente lavorando per ripristinare l'alimentazione», spiega.
Ore 11:15 - Kiev condanna la barbarie russa: «Non esiste neutralità»
«Barbarie senza senso. Queste sono le uniche parole che mi vengono in mente vedendo la Russia lanciare un altra pioggia di missili contro le pacifiche città ucraine prima di Capodanno». Lo ha affermato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, alla luce del massiccio attacco missilistico sferrato dalle truppe russe in tutto il Paese. «Non può esserci `neutralità´ di fronte a tali crimini di guerra di massa - ha aggiunto il capo della diplomazia - Fingere di essere `neutrali´ equivale a schierarsi dalla parte della Russia».
Ore 11:16 - Mosca: «Attivata difesa anti-aerea a 500 km dall’Ucraina»
Le difese aeree russe hanno distrutto un oggetto non identificato nel distretto di Engels della Regione di Saratov, a 500 chilometri dal confine con l’Ucraina. Lo dichiara il governatore regionale Roman Busargin sul suo canale Telegram, come riporta la Tass. «Le difese aeree erano al lavoro sul territorio del distretto di Engels. Un oggetto non identificato è stato distrutto. I servizi di emergenza sono stati inviati sul posto. Non c’è alcuna minaccia per la sicurezza dei residenti», ha dichiarato il governatore. Nell’ultimo mese la base aerea militare di Engels è stata colpita due volte da droni.
Ore 11:22 - Kiev: «Abbattuti 54 su 69 missili russi lanciati stamattina»
L’esercito ucraino ha dichiarato di aver abbattuto 54 dei 69 missili lanciati oggi sul paese dall’esercito russo. Dopo l’attacco di oggi, il 40% dei residenti di Kiev è senza elettricità dopo l’attacco missilistico, ha detto il sindaco della capitale Vitaly Klitschko.
Ore 11:35 - L’intelligence di Kiev alla «Bbc»: «I combattimenti sono a un punto morto»
La guerra in Ucraina è attualmente a un punto morto poiché né l’Ucraina né la Russia possono fare progressi significativi. Lo ha detto il capo dell’agenzia di intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, in un’intervista all’emittente televisiva «Bbc». «La situazione è semplicemente bloccata», ha dichiarato Budanov, «non si muove nulla». Dopo che le truppe ucraine hanno riconquistato la città meridionale di Kherson a novembre, Budanov ha affermato che la Russia è «ora completamente in un vicolo cieco» e sta subendo perdite molto significative. Tuttavia, ha aggiunto, le forze ucraine non hanno ancora le risorse per andare avanti in più aree. «Non possiamo sconfiggerli in tutte le direzioni in modo completo. Non vediamo l’ora di ricevere nuove forniture di armi e l’arrivo di armi piu’ avanzate», ha concluso.
Ore 11:55 - Habeck: «L’invasione russa terminerà con una sconfitta militare»
L’invasione russa dell’Ucraina si concluderà con una sconfitta militare, «il presidente russo Vladimir Putin sta perdendo questa guerra sul campo di battaglia», perché l’esercito ucraino sta ricevendo armi dall’Europa, dalla Nato e dagli Stati Uniti e le sta usando abilmente e strategicamente, con intelligenza ed eroismo». A dichiararlo è stato il ministro dell’Economia tedesco e vicecancelliere, Robert Habeck. «Nessuno avrebbe potuto immaginare che il 2022 si sarebbe concluso in questo modo», ha detto, in un’intervista alla Dpa. «Appoggio il fatto che la Germania, assieme agli alleati, sostenga l’Ucraina in modo tale che possa vincere la guerra», ha aggiunto.
Ore 12:09 - Putin e Xi si parleranno in videoconferenza domani
Il presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese Xi Jinping avranno un colloquio domani sui «problemi regionali più scottanti». Lo ha detto il portavoce del portavoce, Dmitry Peskov. «Stiamo preparando una comunicazione tra il presidente Putin e il presidente Xi, che avverrà domani mattina, orario di Mosca. Sarà in videoconferenza, c’è un collegamento chiuso tra i due capi di Stato», ha spiegato. Secondo Peskov, la prima parte della conversazione sarà pubblica, poi la conversazione proseguirà a porte chiuse. I capi di Stato discuteranno delle relazioni bilaterali russo-cinesi.
Ore 12:38 - Kiev: «Molti danni alle reti elettriche ucraine»
Il ministro dell’Energia ucraino Herman Halushchenko ha riferito che il pesante attacco russo di questa mattina ha prodotto danni agli impianti di produzione di energia elettrica e alla rete energetica del Paese nonostante l’eccellente lavoro della difesa aerea. Lo riporta il Kyiv Independent. Il ministro ha spiegato che la situazione energetica è particolarmente difficile nei distretti di Kiev e Odessa, oltre che nell’Ucraina occidentale. In precedenza la compagnia elettrica Dtek ha dichiarato che a Odessa nella regione di Dnipropetrovsk sono stati costretti a interrompere l’energia elettrica.
Ore 12:40 - Putin annuncia la costruzione di quattro sottomarini nucleari
Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la costruzione di quattro nuovi sottomarini nucleari. Il capo dello Stato ha parlato in videoconferenza alla cerimonia del lancio dell’incrociatore sottomarino nucleare Imperatore Alessandro III. «Nell’ambito dell’attuale programma statale di armamento saranno costruiti altri quattro sottomarini nucleari, che garantiranno la sicurezza della Russia per i decenni a venire», ha detto Putin. Il presidente ha osservato che i vettori di missili nucleari russi «non hanno analoghi al mondo», e le nuove navi sottomarine e di superficie sono attrezzate con moderni sistemi di navigazione e comunicazione, nonché di armi di precisione. Putin ha ribadito che la Russia aumenterà il ritmo della costruzione di vari tipi di navi da guerra, preparerà i marinai tenendo conto dell’esperienza acquisita durante l’operazione militare speciale in Ucraina e «farà di tutto per proteggere i suoi interessi negli oceani del mondo».
Ore 12:42 - Minsk: «Un missile antiaereo ucraino è caduto in Bielorussia»
Un missile antiaereo ucraino è caduto in Bielorussia. Lo ha denunciato Minsk. I russi hanno lanciato un massiccio attacco missilistico stamane in tutta l’Ucraina, sparando oltre un centinaio di proiettili ai quali ha risposto la contraerea ucraina.
Ore 13:06 - Meloni: «Le scelte del Cremlino non ricadano su popolo russo»
I rapporti culturali tra Italia e Russia sono «solidi e antichi» ed è per questo «ho difeso la scelta fatta dalla Scala di Milano» di inaugurare la stagione con un’opera russa. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa di fine anno. «Non credo che le scelte che il governo russo sta facendo debbano ricadere sul popolo russo», ha sottolineato.
Ore 13:27 - Kiev: le mine hanno già causato 185 morti dall'inizio della guerra
Dall'inizio dell'invasione russa, le mine terrestri hanno provocato 185 morti e 404 feriti in Ucraina: lo ha reso noto il Servizio emergenze dell'Ucraina in un messaggio di Telegram. E annuncia: «Se vedete la parola "Mine", non fatevi avanti». Il capo dell'amministrazione regionale di Kharkiv, Oleh Syniehubov, ha esortato ancora una volta i residenti della regione alla prudenza, soprattutto nei territori liberati. Questa regione è la più contaminata dei territori che sono stati liberati dalle forze ucraine.
Ore 13:35 - Borrell: ennesimo attacco insensato russo, nessuna impunità
«L'ennesimo insensato e massiccio attacco missilistico russo all'Ucraina, che ha distrutto indiscriminatamente infrastrutture e strutture mediche, prendendo deliberatamente di mira e uccidendo i civili. Non ci sarà impunità per i crimini di guerra russi. Il nostro sostegno all'Ucraina continuerà, senza sosta». Lo ha scritto su Twitter l'alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell.
Ore 13:43 - «Qui ora è tutto distrutto»
(Marta Serafini, inviata a Kiev) SOBBORGO DI DARNYTSKYI - «Qui ora è tutto distrutto, ci hanno colpito questa mattina e mia nipote è rimasta ferita insieme a mia figlia. Ora sono entrambe all’ospedale». La signora Tatiana, 74 anni, rovista tra le macerie della sua casa colpita questa mattina da un missile nella periferia sud Est di Kiev. «Anche un altro uomo è rimasto ferito», aggiunge. I soccorritori sono al lavoro per rimuovere le macerie. Questa mattina in uno degli attacchi più grandi dall’inizio della guerra le forze russe hanno sganciato missili e droni provenienti dal Mar Nero e da altre direzioni. 54 dei 69 missili sganciati in totale sono stati abbattuti secondo le forze ucraine.
Ore 14:00 - Meloni: penso di andare a Kiev prima del 24 febbraio
Durante la conferenza stampa di fine anno la premier Giorgia Meloni ha detto che pensa di andare a Kiev prima del 24 febbraio (data dell'invasione russa ). «L'Italia è pronta a farsi garante di un eventuale accordo di pace, e penso di recarmi a Kiev prima della fine di febbraio, prima cioè dell'anniversario dell'invasione del 24 febbraio». Riguardo a una possibile conferenza internazionale di pace, Meloni ha quindi detto di essere «ovviamente favorevole a tutto quello che possiamo fare per favorire la pace. Bisogna sapere però che il tema della pace non si ottiene solo rivendicandolo, bisogna lavoraci concretamente e avere segnali dalle parti in campo, e oggi non ci sono grandi segnali in particolare dalla Russia».
Ore 14:43 - Bielorussia su missile sul suo territorio: non c'è nulla da temere
Ha ridimensionato la vicenda del missile caduto in territorio bielorusso Oleg Konovalov, il commissario militare responsabile per la regione di Brest, dove è avvenuto l'incidente. I residenti «non hanno assolutamente nulla di cui preoccuparsi. Purtroppo, queste cose accadono», ha dichiarato in un messaggio video postato sui social.
Ore 15:03 - Kiev: oggi uno degli attacchi più massicci da inizio guerra
I russi hanno lanciato «uno degli attacchi missilistici più massicci dall’inizio dell’invasione su vasta scala, negli ultimi giorni dell’anno». Lo scrive su Twitter il ministero della Difesa ucraino. «Sognano che gli ucraini festeggino il nuovo anno nell’oscurità e nel freddo. Ma non possono sconfiggere il popolo ucraino», ha aggiunto. Secondo i dati preliminari, l’aeronautica ucraina ha affermato che le forze russe hanno lanciato 69 missili da crociera oggi e che ne hanno abbattuti 54, insieme alle forze di difesa ucraine. La forza aerea ha aggiunto di aver anche respinto attacchi con droni Shahed. In precedenza Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, aveva dichiarato in un post su Twitter che la Russia aveva lanciato più di 120 missili nell’attacco di oggi, senza fornire ulteriori dettagli.
Ore 15:21 - Putin: «Su nuove navi le armi più moderne»
Il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato in collegamento video alla cerimonia di entrata in servizio di tre nuove navi della Marina militare russa, tra cui il sommergibile nucleare Generalissimus Suvorov: lo riporta la Tass, secondo cui un altro sommergibile nucleare, l'Alessandro III, è stato varato oggi e deve essere sottoposto ad alcuni test a partire da giugno. «Aumenteremo il ritmo e il volume di costruzione di navi di varia progettazione, dotandole delle armi più moderne, condurremo l'addestramento operativo e di combattimento dei marinai tenendo conto dell'esperienza acquisita, anche durante l'operazione militare speciale», ha detto Putin riferendosi alla guerra in Ucraina.
Costruito nello stabilimento Sevmash di Severodvinsk, nella Russia nord-occidentale, il Generalissimus Suvorov è il secondo sottomarino di serie del Progetto Borei-A e appartiene alla quarta generazione di sottomarini nucleari armati con missili, siluri e sistemi di navigazione, radiotecnici e idroacustici di ultima generazione. Il sottomarino, riporta inoltre Interfax, è dotato di un'elevata manovrabilità e una bassa segnatura acustica. La serie di sottomarini nucleari di quarta generazione Borei e Borei-A, armati con missili balistici intercontinentali Bulava, costituirà il nucleo delle forze navali strategiche nucleari per i prossimi decenni, ha dichiarato l'esercito russo.
Ore 15:34 - Kiev, truppe avanzate di 2,5 km verso Kreminna in 7 giorni
Nell'ultima settimana, le truppe ucraine sono avanzate di 2,5 km in direzione della città di Kreminna, nella regione di Lugansk. Lo riporta Ukrainska Pravda, citando il vice capo della direzione operativa principale dello stato maggiore delle forze armate ucraine, Alexei Gromov. «I nostri soldati continuano le operazioni offensive nell'area della città di Kreminna. Durante la settimana, i difensori dell'Ucraina sono avanzati fino a 2,5 km in direzione dell'insediamento indicato», ha detto il funzionario durante un briefing.
Ore 15:42 - Minsk, missile ucraino abbattuto da nostri sistemi di difesa
Il ministero della Difesa della Bielorussia sostiene che le sue forze di difesa aerea avrebbero abbattuto un missile guidato S-300 «lanciato dal territorio ucraino» attorno «alle 10 di oggi» ora locale, quando la Russia è tornata a bombardare l'Ucraina con un massiccio attacco missilistico. Lo riporta la Tass. Secondo la Bielorussia, frammenti del missile sarebbero stati ritrovati nei pressi della cittadina di Gorbakha, nella regione di Brest. Stando a quanto riporta il sito internet della Reuters, il commissario militare della regione di Brest, Oleg Konovalov, ha minimizzato quanto avvenuto in un videomessaggio pubblicato sui social media dall'agenzia di stampa statale BelTA, affermando che i residenti locali non hanno «assolutamente nulla di cui preoccuparsi» e che «sfortunatamente queste cose accadono».
Ore 16:37 - Minsk convoca l'ambasciatore ucraino per missile abbattuto
L'ambasciatore dell'Ucraina in Bielorussia è stato convocato al ministero degli Esteri di Minsk per ricevere la forte protesta in relazione all'incidente nel quale - secondo quanto sostiene la Bielorussia - un missile antiaereo ucraino è stato abbattuto in territorio bielorusso. Lo ha riferito ai giornalisti l'addetto stampa del ministero degli Esteri bielorusso Anatoly Glaz, citato da BelTA. «Oggi, le forze di difesa aerea bielorusse hanno abbattuto un missile S-300 ucraino sul territorio della Bielorussia. Si tratta di un incidente molto grave, e la parte bielorussa prende la questione il più seriamente possibile», ha detto Glaz. «A questo proposito, l'ambasciatore dell'Ucraina Igor Kizim è stato convocato oggi al ministero degli Esteri bielorusso» per ricevere «la protesta» di Minsk. «Abbiamo chiesto che la parte ucraina conduca un'indagine approfondita su tutte le circostanze del lancio di questo missile, assicuri alla giustizia i responsabili e adotti misure globali per prevenire il ripetersi di tali incidenti in futuro, che potrebbero portare a conseguenze catastrofiche per tutti», ha sottolineato il portavoce.
Ore 16:39 - Kiev, 11.000 soldati russi si addestrano in Bielorussia
Circa 11.000 soldati russi e oltre 400 unità del loro equipaggiamento militare si trovano attualmente nei campi di addestramento bielorussi: lo ha reso noto in un briefing a Kiev il vice capo del Dipartimento operativo dello Stato Maggiore, il generale di brigata Oleksiy Hromov, come riporta Ukrinform. «La situazione lungo il confine di Stato dell'Ucraina con la Repubblica di Bielorussia rimane sotto controllo e stabile. Il nemico continua ad aumentare il suo livello di addestramento, conducendo addestramenti sul territorio bielorusso, dove attualmente sono presenti fino a 11.000 persone e più di 400 unità di armi e attrezzature militari della potenza occupante», ha detto Hromov. «Oggi, il gruppo di truppe russe dispiegate in Bielorussia, nelle regioni di Bryansk e Kursk della Federazione Russa è la metà di quello utilizzato per l'attacco a Kiev nel febbraio di quest'anno: 22.000 contro 45.500», ha sottolineato osservando che anche nel caso del coinvolgimento di tutte le unità militari bielorusse da combattimento provenienti dalle forze di terra e le forze per le operazioni speciali, il gruppo congiunto ammonterebbe a circa 30.000 unità.
Ore 16:40 - Kiev, due civili uccisi ieri in attacchi russi
Due civili sono stati uccisi e altri 12 sono rimasti feriti in Ucraina durante gli attacchi russi di ieri: lo ha reso noto su Telegram il vice capo dell'Ufficio del presidente ucraino, Kyrylo Tymoshenko, come riporta Ukrinform. In particolare, una persona è stata uccisa nella regione di Zaporizhzhia e un'altra nella regione di Kherson. Ieri le forze russe hanno preso di mira un totale di otto regioni ucraine.
Ore 17:03 - Kiev, oltre 1.100 corpi di civili scoperti in 4 regioni liberate
Dall'inizio della liberazione nelle regioni di Mykolaiv, Donetsk, Kherson e Kharkiv, la polizia ucraina ha rinvenuto 1.116 corpi di civili. Lo ha annunciato un funzionario di polizia durante un briefing a Kiev, secondo quanto riportato da Ukrinform. «Dall'inizio delle misure di liberazione dall'occupazione nelle regioni di Donetsk, Mykolaiv, Kherson e Kharkiv, sono stati scoperti i corpi di 1.116 civili, tra cui 31 bambini. I corpi di tre persone sono stati trovati ieri nella regione di Kherson», ha detto il funzionario. Gli investigatori sostengono di aver documentato 5.398 crimini di guerra nelle aree liberate dai russi. In totale, dall'inizio della guerra, la polizia ha aperto più di 53.700 procedimenti penali per reati commessi da militari russi e dai loro complici. La scorsa settimana, 36 tombe di persone uccise durante l'occupazione russa sono state scoperte in un cimitero a Kherson.
Ore 17:25 - Kiev, oggi colpite dieci regioni in attacco russo
L'attacco sferrato oggi dalle forze russe sull'Ucraina ha colpito 10 regioni del Paese ferendo cinque persone: lo ha reso noto il portavoce del Servizio di Emergenza di Stato, Oleksandr Khorunzhyi, come riporta Ukrinform. «Per quanto riguarda i massicci attacchi missilistici sull'Ucraina, hanno colpito dieci regioni, 28 obiettivi sono stati danneggiati. Diciotto di essi sono edifici residenziali privati, e il resto sono infrastrutture critiche... Tre uomini, una donna e un bambino sono rimasti feriti durante i bombardamenti», ha affermato Khorunzhyi.
Ore 17:41 - Kiev, il 90% dei residenti di Bakhmut ha lasciato la città
Quasi il 90% dei residenti della città Bakhmut, nella regione di Donetsk, ovvero più di 70.000 persone, ha lasciato l'area, mentre 8.700 persone continuano a vivere sotto i bombardamenti: lo ha reso noto su Facebook il sindaco di Bakhmut, Oleksii Reva, come riporta Ukrinform. «Nonostante la difficile situazione della sicurezza, l'evacuazione dei residenti di Bakhmut continua. Quasi il 90% dei residenti della comunità di Bakhmut, che conta più di 70.000 persone, si è già trasferito in regioni più sicure o ha lasciato temporaneamente il territorio dell'Ucraina. Circa 8.700 residenti di Bakhmut rimangono nella comunità e vivono sotto costante bombardamenti», ha scritto il sindaco.
Ore 18:15 - Russia: «Politico picchiato durante una perquisizione in casa»
Il politico russo e professore universitario Mikhail Lobanov sarebbe stato picchiato durante una perquisizione nella sua abitazione e condannato poi a 15 giorni di arresto amministrativo con l'accusa di «disobbedienza alla polizia»: è quanto viene denunciato nei social network del politico, stando a Radio Liberty. «Mikhail è riuscito a comunicare che durante la perquisizione è stato picchiato al volto e al petto. C'era del sangue sul pavimento dell'appartamento», dice il messaggio ripreso da Radio Liberty. Secondo la testata, l'appartamento di Lobanov è stato perquisito stamattina nell'ambito di un procedimento penale che vede l'ex deputato Ilia Ponomaryov accusato di «diffusione di false informazioni sull'esercito russo» nell'ambito di una nuova legge bavaglio che di fatto proibisce di criticare l'invasione dell'Ucraina. Secondo la moglie di Lobanov, la polizia non ha permesso al politico di contattare un avvocato e gli ha chiesto di firmare dei documenti. «Durante la perquisizione, un investigatore ha fatto il nome di Ponomaryov, che Lobanov non conosce e col quale non ha legami. Tutti gli apparecchi sono stati sequestrati», si legge su un post sulla pagina Facebook di Lobanov secondo Radio Liberty.
Ore 19:14 - Leader ceceno Kadyrov dice di accettare scuse del Papa
Oggi, dopo la consegna di una medaglia ricevuta dalla Guardia Nazionale russa per «il rafforzamento della cooperazione militare, anche con altri paesi», il capo della Repubblica Cecena, Ramzan Kadyrov, ha detto di accettare le scuse di papa Francesco per le sue parole sui ceceni e buriati. Lo riferisce l'agenzia russa Ria Novosti, citata dal sito d'informazione vaticana Il Sismografo. Il 15 dicembre scorso, la portavoce ufficiale del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, aveva affermato che era pervenuta una nota diplomatica (senza precisare se verbale o scritta) del cardinale Pietro Parolin con le scuse per le parole del Papa sui ceceni e i buriati. Zakharova aveva detto che con questa dichiarazione l'incidente poteva essere considerato chiuso e che la Russia contava d'ora in poi su una continua interazione costruttiva con il Vaticano.
Oggi è toccato al leader ceceno accettare le scuse della Santa Sede. «Siamo lieti che si siano resi conto del loro errore e si scusino. Accettiamo le scuse, ma diciamo a tutti: state attenti, non toccate i nostri sentimenti, specialmente i ceceni», ha risposto Kadyrov. Il Pontefice, in un'intervista alla rivista dei gesuiti statunitensi `America´, aveva affermato che la massima crudeltà durante la guerra in Ucraina era opera di soldati cresciuti al di fuori della tradizione russa, citando come esempio i buriati e i ceceni. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov aveva osservato `a caldo´ che la dichiarazione del Papa non aiutava né le autorità del Vaticano né alla risoluzione del conflitto in Ucraina.
Ore 19:32 - Kiev, missile in Bielorussia possibile provocazione Mosca
In merito al missile abbattuto oggi in territorio bielorusso, l'Ucraina «non esclude una deliberata provocazione» da parte della Russia per «coinvolgere la Bielorussia nella sua guerra». Lo ha affermato in una nota il ministero della Difesa ucraino. «La parte ucraina non esclude una deliberata provocazione da parte dello stato terrorista russo, che ha tracciato una tale rotta per i suoi missili da crociera al fine di provocarne l'intercettazione nello spazio aereo sopra il territorio della Bielorussia», afferma il ministero nel comunicato, dicendosi «pronto» a partecipare a un'indagine sulle circostanze di questo «incidente».
Ore 19:46 - Kiev, almeno 3 civili uccisi dagli attacchi russi in Ucraina
Almeno tre persone sono state uccise e sette sono rimaste ferite negli attacchi missilistici lanciati oggi dai russi in Ucraina, secondo gli ultimi dati forniti dal Servizio di emergenza statale ucraino. L'addetto stampa del servizio, Oleksandr Khorunzhyy, ha detto alla Cnn che due persone sono state uccise nella regione nord-orientale di Kharkiv, mentre una persona è stata uccisa nella regione orientale di Donetsk. Nella regione di Kiev, quattro persone sono rimaste ferite negli attacchi, mentre due sono rimaste ferite nella regione di Kharkiv e una nella regione occidentale di Ivano-Frankivsk.
Ore 20:22 - Usa valutano invio di veicoli da combattimento Bradley
Gli Stati Uniti valutano l'invio in Ucraina di veicoli da combattimento Bradley. Lo riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali una decisione definitiva non è ancora stata presa. Gli analisti ritengono che l'invio dei Bradley aumenterebbe le capacità di combattimento sul terreno di Kiev.
Ore 22:13 - Zelensky si congratula con Netanyahu, rafforzare legami
«Congratulazioni al primo ministro Netanyahu per la formazione del nuovo governo. Auguro successo sulla strada per il benessere e la sicurezza di Israele. Confermo la disponibilità dell'Ucraina a una stretta collaborazione per rafforzare i nostri legami e affrontare sfide comuni, raggiungere la prosperità e la vittoria sul male». Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un messaggio su Twitter.
Ore 01:05 - Zelensky: la maggior parte dell’Ucraina è senza corrente dopo ultimi raid
«La maggior parte delle regioni» dell’Ucraina è senza corrente elettrica a causa dei raid russi di oggi (giovedì 29 dicembre, ndr) sul Paese. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «La situazione è particolarmente difficile nella regione di Kiev e nella capitale stessa, nella regione di Leopoli, a Odessa, Kherson e dintorni, a Vinnytsia e in Transcarpazia», ha detto Zelensky nel consueto videomessaggio serale diffuso dai suoi social. Il presidente ucraino ha inoltre riferito che «54 missili e 11 droni d’attacco sono stati abbattuti» e ha ringraziato l’aeronautica militare, le forze di difesa aerea ucraine, «che oggi hanno respinto con successo un altro attacco russo».
Ore 03:29 - Allarme antiaereo a Kiev e nelle regioni centrali dell’Ucraina
Le sirene d’allarme antiaereo sono state attivate nella capitale Kiev e in tre regioni dell’Ucraina centrale nelle prime ore di oggi, secondo quanto riportano l’agenzia russa Tass e il Kyiv Independent. L’allarme è scattato nell’oblast di Kiev e in quelli di Kirovograd e Cherkasy. I cittadini sono stati invitati dalle autorità a rimanere nei rifugi.
Quanti militari russi morti: "Blitz con gli infrarossi". La fotosequenza dell'agguato ucraino. Giada Oricchio su Il Tempo il 29 dicembre 2022
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia continua senza sosta. Oggi il Paese del presidente Volodymyr Zelensky si è svegliato sotto una pioggia di attacchi: oltre 120 missili in diverse regioni e blackout in molte città (il 40% degli abitanti di Kiev è rimasto senza elettricità). Nonostante ciò, la resistenza va avanti e la documenta il canale Twitter @TpyxaNews English.
Nel breve filmato si vede un blitz vincente dei soldati ucraini durante un’operazione notturna nella regione del Donbass che la Federazione russa si è annessa con un referendum farsa a fine settembre. Un manipolo di soldati russi si stava riposizionando con il favore dell’oscurità, ma grazie ai mirini a infrarossi, in dotazione alla 92esima brigata, le truppe di Kiev li hanno localizzati e hanno contrattaccato. E’ partita una batteria di granate che non ha lasciato scampo agli occupanti.
Sul fronte dei negoziati si registra una nuova battuta d’arresto. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un'intervista a Ria Novosti, è tornato ad alzare la voce: “Proponendo idee e formule di pace di ogni tipo, il presidente Zelensky coltiva l'illusione di ottenere, con l'aiuto dell'Occidente, il ritiro delle nostre truppe dal territorio russo nel Donbass, in Crimea, a Zaporizhzhia e nella regione di Kherson, il pagamento di risarcimenti da parte della Russia, la dichiarazione di ‘colpevolezza nei tribunali internazionali’ e simili. È chiaro che Kiev non è pronta al dialogo. Non parleremo con nessuno in questi termini”.
Rick Mave per “la Stampa” il 29 Dicembre 2022.
Allo scoppio della guerra, dieci mesi fa, il corpo militare ucraino pubblicava un post su Facebook in cui chiedeva a tutti i cittadini che possedevano un drone di donarlo al governo per aiutare nelle operazioni di sorveglianza. Dai droni Bayraktar turchi a quelli kamikaze iraniani fino all'impiego di quelli civili dal costo di poche centinaia di euro, l'utilizzo dei droni ha cambiato il corso della guerra e il modo in cui i conflitti saranno combattuti nel futuro.
Dzhyhit, guerriero del Caucaso e Hagrid, il mezzogigante guardiacaccia della saga di Harry Potter, sono i due giovani soldati ucraini che incontriamo sulla strada all'entrata di Bakhmut, utilizzano solo nomi di battaglia per motivi di sicurezza. Ci lampeggiano con i fari del loro fuoristrada ricoperto di fango e senza fanali.
Hagrid ha il passamontagna perché non vuole farsi riprendere in viso, ha paura che i militari russi possano riconoscerlo e accanirsi contro la sua famiglia che vive in un territorio occupato nella regione di Kherson. Saliamo sul loro fuoristrada e andiamo a circa tre chilometri dal fronte a far volare un drone super leggero verso le linee nemiche per comunicare le coordinate delle posizioni russe che l'artiglieria ucraina a sua volta bombarderà.
Le strade di campagna che percorriamo ad alta velocità sono una distesa di fango e pozzanghere, superiamo qualche postazione ucraina poi, dopo venti minuti, ci fermiamo, uno dei due scende per controllare che non ci siano pericoli. Quando torna alla macchina ci dice di seguirlo, cominciamo a correre tra gli alberi e gli arbusti imbiancati dalla neve, bisogna essere veloci per non essere individuati dai droni russi. Attraversiamo una radura ed entriamo in un avvallamento dove poterci riparare in caso di bombardamento.
Dzyhit prepara il drone, Hagrid con un fucile automatico gli copre le spalle e sorveglia l'area. Lo fanno alzare in cielo e quindi lo dirigono verso le posizioni russe, ci spiegano che bisogna essere rapidi in quanto ci sono dei dispositivi che riescono ad identificare il controllo remoto del drone e a geolocalizzarlo, quindi a bombardarne la posizione.
D'improvviso, tra i costanti e ripetuti echi dei bombardamenti che ci sovrastano, sentiamo un sibilo di bomba vicinissimo che ci fa lanciare tutti a terra nel minor tempo possibile. Non succede nulla ma c'è apprensione tra i soldati, Hagrid si guarda intorno, Dzyhit è accovacciato per terra e attraverso una radiotrasmittente invia le coordinate. Poco dopo vediamo dallo schermo del telecomando del drone l'artiglieria ucraina colpire, missione compiuta, lo fanno rientrare.
Appena atterrato il drone, un militare corre via verso l'auto, l'altro recupera il velivolo telecomandato, lo smonta e comincia a correre, questo è il momento più pericoloso, ci dicono, bisogna uscire il più in fretta possibile dall'area che potenzialmente può essere colpita.
Corriamo fino all'automobile che ci attende a motore acceso e con le portiere aperte. Saltiamo su. In quindici minuti di guida sfrenata, sgommate e derapate siamo fuori pericolo da un attacco russo. Ci riportano alla nostra auto e ci salutiamo. La mattina seguente andiamo a trovarli in una casa dove preparano esplosivi per il drone, delle piccole bombe - di tritolo e polvere da sparo - da attaccare al velivolo e sganciare sul nemico.
Dzyhit è in una stanza con una luce frontale di colore rosso a smontare munizioni di lanciagranate AGS17 e AGS40, le modifica affinché queste una volta sganciate tocchino terra ed esplodano. Vediamo che su un comodino ne ha svariate da preparare, mentre sul davanzale di una finestra ci sono altri droni, alcuni, racconta, sono russi, colpiti e abbattuti. Finita la preparazione delle bombe, prende un elemento di plastica che si aggancia al drone per trattenere la bomba finché questa non venga sganciata, racconta che il pezzo è stato disegnato al computer e stampato in 3D.
Per assicurarsi che tutto funzioni vi posiziona una bomba priva di carica esplosiva e fa delle prove di volo in casa, dice che il rischio maggiore è che la bomba si sganci mentre il drone sorvola le loro teste o le posizioni ucraine e colpisca il bersaglio sbagliato. I due ragazzi sono amici sin dall'infanzia, entrambi di Odessa, Hagrid ha raggiunto Dzyhit per aiutarlo e non lasciarlo da solo, ben sapendo, che se gli succederà qualcosa il suo amico si prenderà cura dei suoi quattro figli. Combattono una guerra tecnologica utilizzando computer, stampanti 3D, droni e iPad per la libertà della loro terra.
Andrea Deugeni per “Milano Finanza” il 29 Dicembre 2022.Il sostegno americano al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel conflitto con la Russia non arriva soltanto dalla Casa Bianca. Anche BlackRock, il più grande asset manager del mondo con circa ottomila miliardi di dollari in portafoglio, è sceso in campo per collaborare con Kiev.
Lo scopo? Aggregare masse di capitali pubblici e privati da destinare alla ricostruzione del Paese, alle prese dal 2014 con la guerra nelle regioni separatiste del Donbass e martoriato da oltre 300 giorni di bombardamenti dopo l'invasione militare da parte di Mosca.
E chi meglio del colosso a stelle e strisce di gestione del risparmio fondato da Larry Fink può mettere a servizio del governo ucraino expertise tecnica e una rete mondiale di contatti con investitori di ogni tipo per raccogliere i fondi necessari a rimettere rapidamente in piedi, una volta terminate le ostilità, il Paese.
Secondo quanto riferito ieri dall'agenzia di stampa nazionale di Kiev, Ukrinform, Zelensky e Fink hanno discusso in videoconferenza del coordinamento di potenziali investitori per la ricostruzione dell'Ucraina.
In base agli accordi preliminari stipulati all'inizio dell'anno fra il ceo di BlackRock e il numero uno ucraino, fresco di visita a Washington al presidente americano Joe Biden, il financial market advisory team del gestore che lavora a stretto contatto con istituzioni finanziarie, authority e governi di tutto il mondo in maniera separata dalla squadra dei gestori, sta studiando da diversi mesi un progetto per costruire una piattaforma per raccogliere i fondi da convogliare poi alle spese post-belliche.
I due hanno concordato di concentrarsi nel breve termine sul coordinamento degli sforzi di tutti i potenziali investitori e partecipanti alla ricostruzione del Paese, incanalando gli investimenti nei settori più rilevanti e d'impatto per l'economia ucraina.
Si partirà dunque dalle infrastrutture energetiche, dalla rete idrica e da quella di trasporto, asset colpiti dalla Russia per mettere in ginocchio Kiev non solo militarmente. Per organizzare meglio l'operazione, alcuni dirigenti di BlackRock visiteranno l'Ucraina nel 2023. A novembre l'asset manager e il ministero dell'Economia ucraino avevano firmato un memorandum d'intesa sulla consulenza, dopo un incontro ad hoc a settembre fra Fink e Zelensky.
In base a stime risalenti ad agosto della World Bank, la ricostruzione potrebbe costare circa 350 miliardi di dollari. Altri calcoli portano invece il conto a 1.000 miliardi. Lo scorso giugno l'istituto di economia dell'Università di Kiev denunciava danni strutturali per 95,5 miliardi che avrebbero avuto bisogno di 550 miliardi di fondi pubblici e 200 miliardi di fondi privati per il ripristino materiale e socio-economico del Paese. In tutto 750 miliardi. A settembre, la stima dei danni da parte del governo ucraino è salita a 127 miliardi.
L'allora premier italiano Mario Draghi prevedeva un nuovo Piano Marshall tra i 250 e 500 miliardi.
Zelensky vola a Davos e appalta l’Ucraina del futuro al fondo Blackrock. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 30 Dicembre 2022.
Il presidente ucraino Volodomyr Zelensky ha annunciato che parteciperà al prossimo raduno del World Economic Forum (WEF) che si terrà come di consueto il mese prossimo – dal 16 al 20 gennaio – a Davos nelle Alpi svizzere: il presidente interverrà in un panel intitolato “Restoring Security and Peace” il 18 gennaio, insieme al segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, e al giornalista della CNN, Fareed Zakaria. Secondo alcune fonti, Zelensky parteciperebbe al forum di Davos anche per firmare nuovi accordi per la ricostruzione post-bellica con Blackrock, la società d’investimenti più grande del mondo, dopo che all’inizio dell’anno l’amministrazione ucraina aveva già stipulato degli accordi col colosso finanziario circa servizi di consulenza su come investire i fondi per la ricostruzione del Paese martoriato dalla guerra. Anche il CEO di Blackrock, Larry Fink, infatti, sarà protagonista del Forum, intervenendo il 17 gennaio nel panel intitolato “Rilanciare il commercio, la crescita e gli investimenti”, insieme al fondatore del WEF, Klaus Schwab, al capo dell’Organizzazione mondiale del commercio, al primo ministro belga e al vicecancelliere e ministro dell’economia tedesco. Blackrock, del resto, è uno dei principali “partner” del WEF, essendo finanziatore globale dell’agenda ESG – Environmental (ambiente), Social (società) e Governance) – promossa da Davos.
Mercoledì, l’ufficio presidenziale ucraino ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che «In conformità con gli accordi preliminari raggiunti all’inizio di quest’anno tra il capo dello Stato e Larry Fink, il team di BlackRock ha lavorato per diversi mesi su un progetto per consigliare il governo ucraino su come strutturare i fondi per la ricostruzione del Paese”. Il comunicato ha sottolineato inoltre che «Volodymyr Zelensky e Larry Fink hanno concordato di concentrarsi a breve termine sul coordinamento degli sforzi di tutti i potenziali investitori e partecipanti alla ricostruzione del nostro Paese, incanalando gli investimenti nei settori più rilevanti e di impatto dell’economia ucraina». La collaborazione con Blackrock si affianca al piano per la ricostruzione dello stato ucraino discusso nella Ukraine Recovery Conference 2022, cui avevano partecipato l’estate scorsa 41 paesi e 19 organizzazioni internazionali, mettendo a disposizione una cifra pari a 750 miliardi di dollari. Tuttavia, il piano prevede che in cambio dei prestiti, Kiev faccia delle riforme sul piano economico che comprendono, tra le altre cose, la privatizzazione di buona parte del sistema industriale pubblico del Paese. A ciò si aggiungono quindi le mire di Blackrock sulle aziende di Kiev: l’obiettivo, infatti, è quello di promuovere gli interessi dei milioni di investitori del colosso finanziario che possiede già un’enorme quantità di azioni nelle più importanti società e banche del mondo.
Già a settembre, Zelensky aveva reso noto che «L’obiettivo del fondo è quello di creare opportunità per gli investitori sia pubblici che privati di partecipare alla ricostruzione e al ringiovanimento dell’economia di mercato in Ucraina, offrendo rendimenti equi e giusti agli investitori». Due mesi dopo, il gigante americano è riuscito a siglare un memorandum d’intesa con Kiev e si apprende che alcuni leader del fondo hanno in programma di recarsi in Ucraina nel 2023, probabilmente anche per monitorare l’andamento del processo di privatizzazione. Il rischio è quello che l’intero settore pubblico ucraino venga svenduto alla finanza internazionale, cosa già accaduta in passato per quanto riguarda il settore agricolo del Paese: quest’ultimo, infatti, è ormai quasi interamente nelle mani di multinazionali americane e occidentali – quali Monsanto, Cargill e Du Pont – come attestato anche dal documento “The corporate takeover of ukraine agriculture”, redatto dall’Oakland Institute. La guerra in Ucraina ha avuto, dunque, un duplice effetto: da una parte, quello di allontanare la Russia dall’Europa dal punto di vista commerciale e diplomatico; dall’altro, quello di agevolare la vendita dei beni pubblici di Kiev agli investitori occidentali. In entrambi i casi, a guadagnarci sono gli Stati Uniti d’America, sia dal punto di vista economico che della politica estera.
Il World Economic Forum sarà quindi, tra le altre cose, la sede per discutere del futuro dell’Ucraina e della sua ricostruzione che, in base alle condizioni (im)poste, finirà per coincidere con acquisti a prezzi di saldo per le corporation e gli investitori finanziari. Se la guerra sul campo condotta da Mosca ha certamente distrutto l’Ucraina, dunque, la distruzione della sua sovranità economica e del patrimonio industriale pubblico, invece, potrebbe essere portata a termine proprio dalle potenze occidentali e in particolare dalla finanza americana. [di Giorgia Audiello]
Il genocidio di Mosca. La Russia continua indisturbata a rapire e deportare migliaia di bambini ucraini. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 30 Dicembre 2022
Come denuncia un editoriale del Washington Post, il despota del Cremlino ha pianificato il sistematico rapimento di minori ucraini come componente essenziale della strategia di invasione dell’Ucraina. Finora sono almeno undicimila i bimbi sottratti alle loro famiglie
C’è davvero un genocidio nel Donbas, e anche in altre zone dell’Ucraina. Ma è Putin che lo sta facendo, e lo confessa pure, anzi se ne vanta! Non è infatti il genocidio farlocco agitato dai propagandisti putiniani (e ripetuto, ahimè, da Berlusconi), con la cifra di «14.000 vittime» costruita mettendo assieme tutte le vittime di un conflitto montato per otto anni da agenti del Cremlino: compresi i caduti ucraini; e compresi i civili dell’aereo Boeing 777-200ER della Malaysia Airlines che si trovava in volo tra Amsterdam e Kuala Lumpur e che, ha attestato una sentenza olandese, fu abbattuto per responsabilità di cittadini russi e loro complici locali al servizio di Putin. Ai sensi del Diritto Internazionale, ricorda il Washington Post, costituisce genocidio la politica di cui il governo russo si vanta, di prendere bambini ucraini alle loro famiglie per «rieducarli» come «buoni russi».
A livello di codici penali nazionali sarebbe sequestro di persona, con l’aggravante di essere commesso ai danni di minorenni. Come riferimenti storici il sequestro dei bambini cristiani per trasformarli in scherani ferocissimi del potere ottomano, i giannizzeri, è una pagina particolarmente infame della storia dell’espansionismo islamico. Ma anche le potenze «occidentali» fino a un passato più o meno recente si resero colpevoli di politiche di educazione forzata di bambini di popoli indigeni per i quali oggi infatti in molti stanno chiedendo scusa. Come per la stessa guerra di aggressione russa all’Ucraina, sono cose che il passato dell’umanità ha conosciuto, anche di recente. Esattamente come per la reintroduzione della schiavitù da parte dell’Isis, la cosa inaudita è voler riproporre oggi cose del genere, nel momento che finalmente la coscienza dell’umanità era sembrata consegnarle alla pattumiera della Storia.
Come ricorda appunto l’editoriale del Washington Post, Putin sta commettendo un genocidio, secondo la definizione data dalle istituzioni e dalle organizzazioni internazionali «La guerra è caotica, inspiegabile e devastante per i bambini coinvolti in essa», inizia il testo. «Ma la guerra non può essere una scusa per togliere i bambini ai genitori e alla loro nazione, come sta facendo ora la Russia in Ucraina. Ciò è specificamente proibito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio del 1948. Il trasferimento di bambini ucraini in Russia – e i tentativi di fare loro il lavaggio del cervello, eliminando la loro lingua e cultura – è un crimine di genocidio che richiede essere giudicato».
Purtroppo, il rapimento di minori era stato pianificato dalle autorità russe come componente essenziale della strategia di invasione dell’Ucraina. L’editoriale cita un precedente articolo in cui si descrivono i meccanismi usati dalla Russia per appropriarsi dei bambini ucraini. «Vladimir Putin ha emesso un decreto a maggio che rende più facile per i russi adottare bambini ucraini, e il commissario russo per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova, che “sostiene apertamente la pratica di spogliare i bambini della loro identità ucraina e insegnare loro ad amare la Russia”, sta “vigorosamente” perseguendo questa politica».
In recenti dichiarazioni alla televisione ufficiale, la Lvova-Belova ha spiegato come ha trasformato i minori rapiti, facendo sì che gli insulti a Putin dei piccoli «si trasformino in amore per la Russia». Il numero di bambini ucraini rapiti dalla Russia non è chiaro. Ma Daria Herasymchuk, responsabile ucraina dei diritti dei bambini, stima che almeno undicimila bambini siano stati sottratti ai genitori.
Come ricorda il Washington Post, «il sequestro di questi bambini sembra violare il trattato, che pretende di vietare gli atti “con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Il trattato vieta “il trasferimento forzato di bambini dal gruppo a un altro gruppo”. Alcuni esperti di diritto internazionale hanno sostenuto che la convenzione sul genocidio proibisce anche atti volti a distruggere la cultura, la lingua e la religione di un gruppo protetto, compreso quello dei bambini. I fatti che la signora Lvova-Belova e il signor Putin hanno riconosciuto sull’assimilazione dei bambini ucraini in Russia e lo sradicamento della loro cultura forniscono la prova dell’intenzione di commettere un genocidio come definito dal trattato».
Per la precisione, l’articolo II dice: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo a un altro.».
Quella Convenzione fu redatta dopo i crimini di guerra nazisti. Il Washington Post confronta infatti ciò che sta facendo Putin con i piani della Germania nazista. «La disposizione del trattato sul genocidio è stata adottata nel ricordo delle atrocità naziste, compreso un piano guidato da Heinrich Himmler per rapire bambini dalla Polonia e collocarli in orfanotrofi tedeschi o con famiglie tedesche per essere cresciuti tedeschi». Appunto, «le prime condanne nei processi per crimini di guerra nazisti furono per rapimento di minori. Il procuratore Harold Neely disse che “non è una difesa per un rapitore affermare di aver trattato bene la sua vittima”, osservando che “questi bambini innocenti sono stati rapiti allo scopo di essere indottrinati con l’ideologia nazista ed educati come ’buoni’ tedeschi”. Questo serve ad aggravare, non a mitigare, il reato”.
Conclusione: «la Russia, successore dell’Unione Sovietica, è parte della convenzione sul genocidio. Ma Putin ha mostrato scarso rispetto per il diritto internazionale o le norme di qualsiasi tipo nella sua guerra per abbattere la democrazia dell’Ucraina e del suo popolo. Lui e altri funzionari russi complici di crimini di genocidio contro i bambini devono essere ritenuti responsabili».
Lessico per la vittoria. Dizionario dei nuovi termini introdotti dalla guerra in Ucraina. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 30 Dicembre 2022
I neologismi, le espressioni ironiche e le parole che abbiamo imparato in questi dieci mesi. Da «borscht» a «javelin» a «discoteca» come sinonimo dei bombardamenti andati a segno sui russi, fino agli «orchi di Mordor»
Vladimir Putin ci ha messo dieci mesi a chiamare la guerra con il suo nome. Le parole sono importanti, dopo il 24 febbraio ne abbiamo imparate di nuove. Così in Ucraina un invito in «discoteca» può significare qualcosa di diverso dall’andare a ballare, alle ragazze si regalano mazzi di cotone e San Javelin è un protettore laico. In questo nuovo lessico si intrecciano termini coniati nel 2014, l’antefatto dell’invasione, con i neologismi sbocciati dall’inventiva o dal senso dell’umorismo degli ucraini. Qui abbiamo riassunti i principali. Costituiscono una forma di resistenza, perché l’ironia è un’arma incruenta ma efficace come un missile Patriot.
“Another Love”
In questo vocabolario, dove procederemo in ordine alfabetico, non può mancare la colonna sonora di chi lotta contro l’oscurantismo, a Kyjiv come a Teheran. Il brano del cantautore inglese Tom Odell risale al 2013, ma è stato riesumato sui social e in particolare su TikTok, dov’è diventata virale una versione corale di voci femminili a un concerto. Le strofe, struggenti e cariche di una sofferenza stanca che però non si arena nella rassegnazione, sono diventate l’inno di una generazione in lotta contro gli oppressori. Sono suonate anche in Iran. Una specie di nuova “Bella ciao”.
Appeasement
È una delle parole del Novecento che ci siamo sorpresi a (ri)pronunciare nel 2022. Le concessioni del primo ministro inglese Neville Chamberlain al Reich nazista non bastarono a disinnescare il Secondo conflitto mondiale. Anzi. Si è evocato lo «spirito di Monaco», dal nome della conferenza di pace che nel 1938 consegnò la Cecoslovacchia ad Adolf Hitler senza consultare il governo di Praga, di fronte al rischio di cedere a un altro fanatismo totalitario e imperialista, quello di Mosca. Ma «l’appeasament con la Russia non ha mai funzionato e mai funzionerà», come ha ammonito la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.
Bavovna
Con «cotone», ci si riferisce ai bombardamenti ai danni del nemico. Quando Kyjoiv centra gli obiettivi, lo Stato maggiore e la propaganda del Cremlino si rifiutano di ammetterlo, provano a negare in modo surreale, parlando di generiche «esplosioni», boati o colpi molto forti. La parola è hlopok, ma è omofona e omografa a quella della fibra tessile, bavovna in ucraino. I liberatori hanno iniziato a chiamare così gli attacchi ai magazzini russi, a sfregio del negazionismo. Non fiori, ma cotone: va di moda regalare mazzi di questa pianta candida.
Borscht
È sinonimo di casa. Ogni famiglia custodisce e tramanda la ricetta di questa zuppa che dovrebbe diventare il terzo colore della bandiera ucraina. Gli ingredienti: patate, carota, barbabietola, cipolla, cavolo cappuccio, aglio, pomodoro, aromi, brodo di carne o di fagioli, cotti a fuoco lento per un’ora e mezza. Va trovato il giusto equilibrio tra il sapore aspro e dolce. Molto più di una semplice minestra, il piatto a luglio è diventato Patrimonio dell’Umanità. Era la pietanza regina nei libri di cucina dell’Urss, che provò invano ad appropriarsene. Proprio come con l’Ucraina.
Come va con i russi?
Spoiler: non bene. È una delle frasi più famose. «Rusnya» è un dispregiativo per intendere i russi: con «sho po rusni?» ci si chiede come stiano. La risposta è «rusni pyzda!», cioè «i russi si sono fanculizzati». Si stima siano morti centomila soldati della Federazione nell’operazione speciale fallimentare di Putin: dieci volte quelli dello sprofondo decennale in Afghanistan. Rimanda all’epoca sovietica anche lo slang per indicare i caduti, «duecento», dal peso in chili delle bare che tornavano dalla tomba degli imperi.
Chornobaity
È un verbo. Deriva dalla città di Chornobaivka, nella regione di Kherson. All’inizio della guerra, l’esercito russo si era attestato qui, istallando depositi di munizioni. Gli ucraini li hanno centrati una ventina di volte, ma nonostante le perdite il nemico rioccupava le vecchie posizioni. «Chornobaity» significa commettere di continuo lo stesso errore, pagandone le conseguenze.
Discoteca
Non si tratta di andare a ballare. Non in senso letterale, almeno. «Discoteca» è un sinonimo di azione militare. Un’altra immagine curiosa ma evocativa è «candelabro»: descrive un’esplosione al fosforo nel cielo, una specie di fuoco d’artificio bianco. «A zero» è la linea del fronte, mentre «il seminterrato» allude sarcasticamente a cosa succede a chi finisce nelle mani degli occupanti, che si sono lasciati dietro una scia di torture e massacri. A Bucha, a Irpin, ovunque siano passati.
Finlandizzazione
Il vocabolo, mutato dall’equilibrio di Helsinki durante la Guerra fredda, ipotizza(va) per l’Ucraina una condizione simile a quella del Paese scandinavo: neutrale e formalmente indipendente, ma esposto all’influenza di un vicino ingombrante (ieri l’Urss, oggi la Russia). Uno scenario del genere, che avrebbe sacrificato Kyjiv, piaceva ai russofili ansiosi di una trattativa arrendevole e di una resa disarmata. Lo hanno smentito i trionfi della controffensiva. Intanto la Finlandia ha abbandonato la neutralità storica per entrare nella Nato e la sua premier, Sanna Marin, ricorda l’unica formula possibile per la pace: la guerra si ferma solo se la Russia lascia l’Ucraina.
In-tre-giorni
La parola ucraina è «Затридні», si scrive tutto attaccato. Sfotte la boria degli invasori, convinti che la capitale sarebbe caduta «in tre giorni». Dieci mesi dopo, Kyjiv è sempre lì. Libera. Il nemico invece è stato ricacciato indietro. Oggi l’espressione condensa piani irrealistici, idee in cui qualcuno crede ciecamente destinate però a sgretolarsi al contatto con la realtà. Come la fantomatica potenza bellica di Mosca.
Koloradi
È il nome degli scarafaggi della patata del Colorado, un parassita funesto, deleterio per le coltivazioni. L’insetto ha un corpo striato di nero e arancione, i colori dell’ordine di San Giorgio che listano le Zeta e le divise degli invasori. Per estensione, vengono derisi così i separatisti filorussi al soldo del Cremlino. Un altro termine, appioppato soprattutto ai collaborazionisti, è «gauleiter». Rispolvera un lemma tedesco, era la carica degli ufficiali nazisti incaricati di governare le regioni occupate.
Javelin
Una divinità terrena e benigna è invece San Javelin. Meme e persino tatuaggi celebrano questi missili anticarro. Il lanciatore portatile è diventato un’icona profana, degna di una reliquia. Prodotti su larga scala dal 1997, sono stati una delle forniture degli alleati occidentali più apprezzate sul campo. La loro capacità di sfondare la corazza dei tank di Mosca è proverbiale. Sono un fenomeno culturale, con tanto di icona sacra, a effigie di una pagina social che raccoglie fondi per il Paese.
Macronita
Nelle interminabili settimane di escalation, il presidente francese Emmanuel Macron passava settimane al telefono con Vladimir Putin. A giudicare dai risultati, deve aver parlato con la segreteria telefonica. In Ucraina non hanno apprezzato il suo atteggiamento: un’apertura che sembrava fin troppo ansiosa di ascoltare le condizioni del dittatore, seguita da un’antologia di dichiarazioni controverse. Somiglia all’inquilino dell’Eliseo chi si mostra terribilmente preoccupato per qualcosa, ma poi non fa nulla di tangibile per aiutare. C’è anche una versione dedicata al cancelliere tedesco: fare come Scholz vuol dire promettere e promettere, ma non mantenere mai gli impegni. Un omaggio al ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, è invece «shoiguing», cioè fingere sul lavoro che tutto stia andando secondo i piani quando si è «nella merda fino al collo».
Nato
L’Alleanza atlantica non è mai stata così cool. Quanti non addetti ai lavori sapevano che faccia avesse il segretario generale Jens Stoltenberg prima del confitto? Oppure cosa fossero gli articoli 4 e 5 del Patto. Gli Stati membri hanno sostenuto gli sforzi bellici di Kyjiv, ma qui li citiamo per poter trascrivere una barzelletta stupenda raccontata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante l’intervista di David Letterman.
«Due ebrei di Odessa si incontrano. Uno chiede all’altro: “Che si dice?”.
— C’è la guerra.
— Una guerra? quale guerra?
— La Russia si scontra con la Nato.
— Seriamente?
— Ti dico di sì.
— E come sta andando?
— Beh, settantamila soldati russi sono morti. Le scorte di missili sono quasi esaurite e un sacco di equipaggiamento è danneggiato, distrutto.
— E la Nato?
— La Nato non è ancora arrivata».
Nave russa, vai a farti fottere.
D’accordo, non è una parola sola. Ma è già Storia la risposta della guarnigione dell’isola dei Serpenti, sul mar Nero, di fronte alle minacce di un incrociatore russo. Il nemico intimava la resa, altrimenti avrebbe bombardato. «Nave russa, vai a farti fottere» ribattono via radio i tredici soldati (poi liberati) che presidiavano quello snodo strategico. Stampato su adesivi e francobolli, il messaggio è assurto a slogan, simbolo – in un rinnovo del mito delle Termopili – del coraggio di opporsi a forze soverchianti. L’ammiraglia in questione, la Moskva, sarebbe stata affondata ad aprile dai missili Neptune sparati dagli ucraini. «Fare la fine della nave russa» è un modo di dire per cui non servono spiegazioni.
Non-ce-ne-sono
Anche qui, la grafia non prevede spazi. «Ihtamnetu» prende in giro, rovesciandola, una frase di Putin che negava la presenza di soldati russi in Donbas dopo il 2014. Era l’ennesima menzogna, a cui troppi media in Occidente hanno creduto per convenienza, connivenza o entrambe. Nonostante gli accordi di Minsk in due edizioni, il «conflitto congelato» nella regione era già costato quattordicimila caduti prima del 2022.
No fly zone
I leader ucraini hanno chiesto a più riprese agli alleati di aiutarli a «chiudere lo spazio aereo» sopra il Paese. Ricordate? Gli alleati hanno disatteso queste speranze, attenti a evitare quello che Mosca avrebbe interpretato come un coinvolgimento diretto nel conflitto, ma hanno inviato sistemi di contraerea vitali per intercettare le bombe russe e i droni kamikaze. Gli Stati Uniti hanno moltiplicato gli sforzi per impedire all’Iran di fabbricare gli ordigni, che in alcuni casi contengono componentistica occidentale.
Orchi di Mordor
Le truppe nemiche vengono chiamate così, come la mostruosa soldataglia al servizio del Male nella saga del Signore degli Anelli. In un caso la fanteria obbedisce a un signore oscuro e proviene da una terra desolata, imprigionata nelle tenebre di un passato che non passa e invidiosa dei progressi dei popoli confinanti; l’altra esiste solo nella fantasia di Tolkien. Sauron come Putin, insomma. Le armate di entrambi calano da Mordor.
Operazione militare speciale
È una delle distorsioni con cui il Cremlino ha provato a falsificare la realtà. Nello stesso sottogenere troviamo «mobilitazione parziale». Accostamenti ossimorici in assonanza con la «non belligeranza» che si era inventato Benito Mussolini, prima di trascinare pure lui un Paese al disastro. In Russia è vietato chiamare «guerra» l’invasione su larga scala di una nazione libera e sovrana. Recentemente Putin ha rotto il tabù, millantando come al solito di volere la pace. I comuni cittadini che avevano rigettato l’inganno semantico, invece, sono accusati di «screditare le forze armate» e puniti con pene fino a quindici anni di carcere.
Palyanytsia
Significa «pane fatto in casa». È una parola in codice. I soldati russi non riescono a pronunciarla, perché troppo difficile da articolare per chi non parli l’ucraino. Il 21 giugno è apparsa sul New York Times, come ha certificato l’account Twitter che tiene questa speciale contabilità.
Rascismo
È una crasi tra «Russia» e «fascismo». Racchiude crimini di guerra e volontà d’annientamento. Il suo simbolo è la zeta. Il 24 febbraio ha segnato uno spartiacque nella traiettoria della Federazione: non può essere più considerata “solo” un’autocrazia. È cominciato l’ultimo esperimento putiniano, la costruzione di un regime totalitario, fondato su questa ideologia aberrante. È la presunta superiorità «spirituale» di un nazionalismo razzista, una xenofobia claustrofobica, la conversione bellica dell’economia sotto sanzioni, l’imperialismo di matrice coloniale, l’idolatria della morte che – bollinata dal patriarca Kirill – darà «la vita eterna».
Slava Ukraini!
Anche leader e capi di Stato stranieri hanno adottato il motto. Si forgia nelle lotte per l’indipendenza del 1917-21, anche allora contro la spregevole dominazione russa che sarebbe sfociata nel genocidio dell’Holodomor. Traduzione: «Gloria all’Ucraina». Al grido si risponde con «Heroiam slava!», cioè «gloria agli eroi».
TikTok army
L’esercito di TikTok. Sono le bande cecene di Ramzan Kadyrov, iperattive sui social ma ridotte a carne da cannone sul campo di battaglia, alla stregua delle altre minoranze non etnicamente russe della Federazione. Non reggono il confronto con le truppe regolari e i loro upload su TikTok, intrisi di autocelebrazione, sono serviti agli ucraini per geolocalizzarli. E bombardarli.
Trattore
Tra le iconografie più memorabili della guerra c’è sicuramente questa. Un mezzo agricolo ucraino che traina un carro armato russo ridotto a rottame di lamiera. Online c’è una vera e propria compilation. Come per il manipolo dell’isola dei Serpenti, anche questo scatto è finito sui francobolli. Riproduce la caparbietà dei difensori, capaci di smentire tutti i pronostici. Proprio come un trattore, prezioso in tempo di pace, che sconfigge un tank foriero di morte. «Avviare il trattore» ora significa ricorrere a qualcosa di inaspettato, un’arma segreta per sbaragliare gli avversari.
Ucrainizzare
È il contrario di «denazificare», il pretesto delirante di Putin. Invece sono state le forze di Kyjiv a «ucrainizzare» l’esercito nemico. I nazisti, insomma, stavano a Mosca. Le colonne russe avrebbero dovuto marciare al contrario. I soldati ucraini, carichi di equipaggiamento all’avanguardia, sono soprannominati «cyborg», le loro divise «pixel» per la texture che le mimetizza. «Avatar», ispirato al film di Cameron, è invece un fante ubriaco.
Ultimo
Vietato dirlo. Era una superstizione dell’aviazione: mai parlare di «ultima riunione», per esempio. Porta male, è una premonizione di morte. Meglio usare «krajne», difficile da tradurre, ma meno assoluto e più vicino ai nostri «al limite», «sull’orlo». L’accorgimento si è diffuso nella società civile, dove tutti conoscono qualcuno al fronte. Più di semplice scaramanzia, è la commemorazione in vita di chi rischia di morire per noi.
Zeta
Nell’alfabeto cirillico non esiste, eppure campeggia sui carri armati e sui veicoli degli invasori. È diventata l’icona dell’«operazione militare speciale» e pure del rascismo (vedi sopra). Tra le ipotesi sulla sua adozione: la direzione dell’avanzata, verso Ovest (Zapad), e il nome di Zelensky, nemico pubblico numero uno del Cremlino. Le sfere militari russe hanno avvalorato «Za pobedu», «per la vittoria». In Ucraina circola una battuta: «È una mezza svastica, perché l’altra metà se la sono rubata in magazzino». Deride al tempo spesso la miseria dell’esercito nemico e la corruzione sistemica che ha contribuito a indebolirlo.
A questo dizionario, forse, manca una parola. Ci permettiamo di aggiungerla.
Ucraina, sinonimo di coraggio indomito e di libertà.
(Si ringraziano per l’aiuto Yaryna Grusha Possamai e Kateryna Kovalenko)
Gianfranco Ferroni per veritaeaffari.it il 29 Dicembre 2022.
Al Pd non piace più Romano Prodi
“Romano Prodi fa l’antiamericano”, dicono nel Pd. Tutta colpa del fondo che è stato pubblicato dal quotidiano romano Il Messaggero, intitolato “Nessun ambasciatore, il conflitto economico tra Usa ed Europa”.
Cosa ha scritto l’ex premier? “Come nella vita, così anche in politica, i grandi amori vanno custoditi e coltivati: ogni matrimonio ha bisogno di manutenzione. Questo semplice pensiero mi è più volte venuto in mente riflettendo sulla particolare evoluzione dei rapporti fra gli Stati Uniti e l’Europa, per secoli uniti come padre e figlio. Un rapporto in cui il ruolo di padre è stato a lungo riservato all’Europa, ma che si è invertito con le due guerre mondiali, nelle quali è stata l’America a venire in soccorso al vecchio continente, aiutandolo prima a salvarsi e poi a crescere sempre più forte”.
La demolizione di Biden
Un prologo che non lascia sperare bene, e infatti il seguito è tutto contro l’America guidata da Joe Biden: “Nella mia non breve esperienza, ho avuto la possibilità di osservare la complessità di questi rapporti nella politica dei diversi presidenti americani e mi sono reso conto della necessità di esercitare un’attenta manutenzione perché tali rapporti non si deteriorino eccessivamente.
Se, ritornando ai miei diretti ricordi, penso ai presidenti appartenenti alla famiglia Bush (intendo sia il padre che il figlio) vi erano tra di noi diversità politiche e quindi anche decisioni non condivise, ma erano ancora discussioni in cui tutti ci ritenevamo membri di una stessa famiglia”.E “poi è arrivato Clinton che non era nato con un particolare legame con l’Europa, ma che lo ha poi costruito in conseguenza della sua sensibilità politica e della sua evoluzione culturale. Quindi è seguito Obama, presidente certo di grande spessore, ma per cui, nella sua visione globale, Roma e Singapore erano la stessa cosa. A lui è seguito Trump che vedeva l’Europa solo come un rivale (se non quasi un nemico), sia dal punto di vista politico che economico. Infine, da un paio di anni, abbiamo Joe Biden, un presidente americano molto attento a ricostruire i rapporti politici e militari con l’Europa, ma poco preoccupato per il progressivo deterioramento delle relazioni economiche fra il vecchio e il nuovo continente”.
Le critiche
Colpito e affondato l’attuale inquilino della Casa Bianca, Prodi discetta: “Il ruolo americano è sostanzialmente dominante. Nel campo economico, invece, la distanza è sempre maggiore. La divergenza più rimarcata dai media riguarda naturalmente il prezzo del gas, fonte di vita per molti settori industriali. La differenza fra i prezzi americani ed europei è abissale. È vero che gli Stati Uniti hanno aumentato la loro fornitura di gas all’Europa ma, ovviamente, ad un livello di prezzo che ha raggiunto anche cinque volte quello delle imprese americane.
Nulla da obiettare perché questo è il mercato, ma molti osservano che nulla è stato fatto per mitigare gli effetti, e quindi il disagio, che tutto questo provoca. Sentimento identico riguarda le sanzioni nei confronti della Russia, un provvedimento logico e necessario, ma che incide in modo quasi esclusivo nei confronti dei nostri produttori”.
E dopo aver criticato i sussidi decisi a favore delle aziende americane per 500 miliardi di dollari, ecco il gran finale prodiano, accusando Biden di non aver “ancora indicato il nome dell’ambasciatore americano in Italia”, a due anni dal suo insediamento. Per il professore “si tratta di una situazione anomala non solo fra paesi fratelli, ma anche fra paesi cugini. Mi risulta, tra l’altro, che mentre la sede di Roma è oggi ancora vacante, da quasi un anno e mezzo l’ambasciatore americano a Singapore si è regolarmente insediato”.
Zelensky: «Manteniamo le posizioni nel Donbass». Liberato un villaggio nel Lugansk. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 30 Dicembre 2022.
Le notizie di venerdì 30 dicembre. Nella giornata di giovedì oltre 120 attacchi missilistici russi sulle città dell’Ucraina, l’emergenza energetica è sempre più grave
• La guerra in Ucraina è arrivata al 309esimo giorno.
• Colloquio tra Putin e Xi: «Vogliamo rafforzare la cooperazione militare»
• La città di Kherson è sotto attacco dei missili russi, per questo motivo l’esercito ucraino sta procedendo all’evacuazione dei civili.
Ore 00:10 - Ucraina: disposti a inchiesta su missile caduto in Bielorussia
L’Ucraina è disposta ad aprire un’inchiesta sul missile antiaereo caduto in territorio Bielorussia, alla quale potranno partecipare esperti provenienti da Paesi non legati alla Russia: lo ha reso noto il Ministero della Difesa di Kiev. “La parte ucraina, pur riservandosi il pieno diritto di difendere e proteggere il proprio spazio aereo, è pronta a condurre un’inchiesta obbiettiva sull’incidente avvenuto il 29 dicembre sullo spazio aereo bielorusso in risposta ad un massiccio attacco missilistico russo”, si legge nel comunicato diffuso dal Ministero.
Ore 00:16 - Kiev, il 90% dei residenti di Bakhmut ha lasciato la città
Quasi il 90% dei residenti della città Bakhmut, nella regione di Donetsk, ovvero più di 70.000 persone, ha lasciato l’area, mentre 8.700 persone continuano a vivere sotto i bombardamenti: lo ha reso noto su Facebook il sindaco di Bakhmut, Oleksii Reva, come riporta Ukrinform. «Nonostante la difficile situazione della sicurezza, l’evacuazione dei residenti di Bakhmut continua. Quasi il 90% dei residenti della comunità di Bakhmut, che conta più di 70.000 persone, si è già trasferito in regioni più sicure o ha lasciato temporaneamente il territorio dell’Ucraina. Circa 8.700 residenti di Bakhmut rimangono nella comunità e vivono sotto costante bombardamenti», ha scritto il sindaco.
Ore 5:10 - Usa valutano invio di veicoli da combattimento Bradley
Gli Stati Uniti valutano l'invio in Ucraina di veicoli da combattimento Bradley. Lo riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali una decisione definitiva non è ancora stata presa. Gli analisti ritengono che l'invio dei Bradley aumenterebbe le capacità di combattimento sul terreno di Kiev.
Ore 05:29 - Zelensky: la maggior parte dell’Ucraina è senza corrente dopo ultimi raid
«La maggior parte delle regioni» dell’Ucraina è senza corrente elettrica a causa dei raid russi di oggi (giovedì 29 dicembre, ndr) sul Paese. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «La situazione è particolarmente difficile nella regione di Kiev e nella capitale stessa, nella regione di Leopoli, a Odessa, Kherson e dintorni, a Vinnytsia e in Transcarpazia», ha detto Zelensky nel consueto videomessaggio serale diffuso dai suoi social. Il presidente ucraino ha inoltre riferito che «54 missili e 11 droni d’attacco sono stati abbattuti» e ha ringraziato l’aeronautica militare, le forze di difesa aerea ucraine, «che oggi hanno respinto con successo un altro attacco russo».
Ore 05:31 - Allarme antiaereo a Kiev e nelle regioni centrali dell’Ucraina
Le sirene d’allarme antiaereo sono state attivate nella capitale Kiev e in tre regioni dell’Ucraina centrale nelle prime ore di oggi, secondo quanto riportano l’agenzia russa Tass e il Kyiv Independent. L’allarme è scattato nell’oblast di Kiev e in quelli di Kirovograd e Cherkasy. I cittadini sono stati invitati dalle autorità a rimanere nei rifugi.
Ore 05:42 - Kiev: abbattuti i droni russi lanciati contro la città
Il governatore dell’Oblast di Kiev, Oleksiy Kuleba, ha riferito che le forze di difesa aerea hanno abbattuto tutti i droni russi che avevano come obiettivo le infrastrutture della regione. Lo riferisce Kyiv Independent. I rapporti preliminari indicano che nessuno dei droni ha raggiunto i propri obiettivi.
Ore 08:31 - Da Gb rilevatori di metalli e kit anti-bombe
La Gran Bretagna ha inviato a Kiev più di 1.000 rilevatori di metalli e 100 kit per la disattivazione delle bombe per aiutare a bonificare i campi minati ucraini. Lo riporta il Guardian. «L’uso delle mine antiuomo da parte della Russia e gli attacchi alle infrastrutture civili sottolineano la scioccante crudeltà dell’invasione di Putin», ha detto il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace. «Quest’ultimo pacchetto di aiuti del Regno Unito aiuterà l’Ucraina a bonificare in sicurezza terreni ed edifici mentre reclama il suo legittimo territorio», ha aggiunto.
Ore 08:35 - Mosca, arrestato cittadino ucraino che pianificava attacco
Il servizio di sicurezza russo Fsb ha arrestato un cittadino ucraino che stava pianificando un attacco terroristico nel Caucaso del Nord su ordine dei servizi speciali ucraini: lo ha reso noto lo stesso Fsb alla Tass. All’inizio del mese, «l’Fsb ha sventato un tentativo di un sostenitore del nazismo ucraino di commettere un attacco terroristico su ordine dei servizi speciali ucraini», ha aggiunto il servizio di sicurezza russo.
Ore 09:20 - Il teatro Arcimboldi cancella lo spettacolo di Polunin
(Irene Soave) Cancellato Sergei Polunin, il ballerino filo-Putin, dal cartellone del teatro milanese degli Arcimboldi, dove aveva in programma per il 28 e il 29 gennaio la sua sola esibizione italiana in «Rasputin - Dance Drama». Lo ha comunicato al Corriere il direttore degli Arcimboldi Gianmario Longoni. La decisione è stata presa «d’accordo con la compagnia. Non c’è il clima per rappresentare uno spettacolo d’arte e trarne le sensazioni corrette. Forse il clima è cambiato per sempre». Il riferimento è alla campagna lanciata da associazioni della diaspora ucraina e bielorussa per chiedere al teatro e al Comune di Milano di cancellare lo show.
Per molti critici Polunin è il più grande ballerino vivente; per tutti è il più controverso. Ucraino di Kherson, ma filorusso tanto da avere sul petto tre tatuaggi di Putin (e un «sole nero» nazista), è noto al grande pubblico per il videoclip 2015 di «Take me to Church», di Hozier. Negli anni ha detto frasi come «Putin è la mia luce» e attaccato donne, obesi, neri. Gli Arcimboldi e il Comune di Milano hanno ricevuto nei giorni scorsi centinaia di messaggi. Lo stesso è accaduto a Polunin all’Opéra di Parigi, a Berlino, a Praga. Seguita a esibirsi in Russia, dove ha partecipato a uno show per finanziare l’Armata.
Ore 09:45 - Kiev, ieri 81 raid russi sulla regione di Kherson
Ieri, 29 dicembre, l’esercito russo ha bombardato 81 volte la regione di Kherson, secondo quanto riferito da Yaroslav Yanushevych, capo dell’amministrazione militare locale su Telegram e ripreso da Ukrinform. «Gli occupanti russi hanno bombardato il territorio della regione di Kherson 81 volte. Il nemico ha sparato contro insediamenti pacifici in tutta la regione, impiegando artiglieria, sistemi MLR e mortai», ha detto Yanushevych. Secondo il funzionario, la città di Kherson è stata attaccata 27 volte. Colpiti un negozio, varie infrastrutture sensibili, imprese industriali, nonché un certo numero di case e condomini. A seguito del bombardamento, un civile è rimasto ferito. In precedenza, due persone erano rimaste ferite in un attacco che ha colpito una clinica per le malattie cardiache a Kherson.
Ore 10:02 - Zelensky: «Combattiamo per valori che uniscono Europa e mondo»
«Stiamo combattendo per l’Ucraina, per i valori che uniscono l’Europa e il mondo democratico, per il valore globale della vita. Per tutto ciò che lo Stato terrorista sta cercando di distruggere. Non è facile, è difficile, ma sono fiducioso che ce la faremo e che l’aggressione russa fallirà, in modo che tutti gli altri potenziali aggressori del mondo non osino ripetere ciò che fa il russismo»: lo scrive oggi su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Ore 10:04 - Al via incontro on-line, Putin invita Xi a Mosca
È cominciato il colloquio in collegamento on-line tra il presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese, Xi Jinping. Putin ha invitato Xi a Mosca il prossimo anno. La Tass riporta che Putin avrebbe definito le relazioni russo-cinesi come «le migliori di sempre», oltre a essere «un modello di cooperazione». La replica di Xi è stata: «Pronti a partnership globale». Putin ha anche invitato il leader cinese a Mosca, affermando la visita sarà «il principale evento politico dell’anno per le relazioni bilaterali», e inoltre «dimostrerà al mondo la forza dei legami russo-cinesi su diverse questioni chiave».
Ore 10:11 - Putin a Xi: «Vogliamo rafforzare la cooperazione militare»
Vladimir Putin ha detto a Xi Jinping che Mosca intende rafforzare la cooperazione militare e tecnico-militare tra Russia e Cina. Lo riporta la Tass. Putin e Xi parlano in collegamento video.
Ore 10:13 - Putin: «Gli scambi commerciali con la Cina aumenteranno del 25% a fine anno»
Nonostante «il ricatto di alcuni Paesi occidentali», gli scambi commerciali tra la Russia e la Cina aumenteranno del 25 per cento a fine del 2022. Lo ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin nel corso dei colloqui in videoconferenza con l’omologo cinese Xi Jinping. «Nonostante le sfavorevoli condizioni esterne, le restrizioni illegittime e il ricatto diretto da parte di alcuni Paesi occidentali, Russia e Cina sono riusciti a garantire un tasso di crescita record del fatturato reciproco, che aumenterà del 25 per cento secondo i risultati del fine anno», ha osservato Putin. Con questa dinamica, ha aggiunto, «saremo in grado di raggiungere in anticipo il nostro obiettivo di 200 miliardi di dollari entro il 2024».
Ore 11:02 - Putin: «Aspetto Xi a Mosca in primavera»
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto di attendere il presidente cinese Xi Jinping a Mosca nella primavera del 2023 per una visita di Stato. «Non ho dubbi che troveremo l’occasione per incontrarci di persona. Ti aspettiamo, caro presidente, caro amico, la prossima primavera con una visita di Stato a Mosca», ha detto Putin a Xi Jinping in un colloquio in collegamento video. Lo riporta la Tass.
Ore 11:09 - Nuovo allarme esplosioni a Kiev
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Nuovo allarme ed esplosioni a Kiev dopo l’attacco di ieri su tutto il Paese che solo nella capitale ha ferito 3 persone. La sirena ha suonato anche nella notte, quando secondo la Difesa ucraina sono stati abbattuti dei droni Shahed sulla città.
Ore 11:41 - Calenda incontra ambasciatore Melnyk
Ho incontrato l’ambasciatore Yaroslav Melnyk per fare il punto della situazione dopo la mia visita in Ucraina. L’ho aggiornato sulle azioni concrete che stiamo mettendo in atto per aiutare il popolo ucraino”. Lo scrive su Twitter Carlo Calenda, leader del Terzo Polo- si legge in una nota - dopo il colloquio avuto questa mattina con l’ambasciatore ucraino in Italia.
Ore 12:01 - Kiev: russi hanno lanciato 16 droni nella notte, tutti abbattuti
La Russia ha tentato di attaccare l’Ucraina la notte scorsa con 16 droni Shahed-131/136, ma la difesa aerea ucraina ha abbattuto tutti gli obiettivi: lo hanno reso noto le forze armate ucraine, come riportano i media locali. «Sono stati lanciati in totale 16 Shahed» dalle direzioni sud-est e nord, ha spiegato l’esercito. Da parte sua, il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, ha detto che i russi hanno lanciato sette droni contro la capitale, sottolineando che due sono stati distrutti durante il loro avvicinamento e cinque sui cieli della città. «I droni nemici di fabbricazione iraniana sono stati distrutti dai combattenti dei comandi aerei Est e Centro, nonché da unità di difesa aerea di altri componenti delle Forze di difesa dell’Ucraina», ha affermato l’esercito.
Ore 12:05 - Mosca: «Bombe ucraine su regione Belgorod, colpita industria»
Le forze ucraine hanno colpito oggi una società industriale nella città di Shebekin, nella regione russa di Belgorod al confine con l’Ucraina: lo ha reso noto il governatore della regione, Vyacheslav Gladkov, come riportano i media ucraini. «Non ci sono vittime. I proiettili hanno colpito l’area di un’impresa industriale: le finestre sono rotte, la recinzione è danneggiata», ha detto Gladkov. Secondo il governatore, le esplosioni nella regione continuano, ma al momento non ci sono notizie di altri siti danneggiati, né di feriti o vittime.
Ore 12:06 - Putin: «Commercio Russia-Cina da record nonostante difficoltà»
Il bilancio commerciale tra Russia e Cina ha raggiunto livelli record «nonostante le sanzioni e i ricatti occidentali», ha affermato il presidente russo Vladimir Putin durante i colloqui con il leader cinese Xi Jinping, aggiungendo che l’obiettivo di aumentare i volumi commerciali a 200 miliardi di dollari sarebbe stato raggiunto prima del previsto. Lo riporta la Tass. «Nonostante l’ambiente esterno sfavorevole, le restrizioni illegittime e il ricatto diretto di alcuni Paesi occidentali, Russia e Cina sono riuscite a garantire tassi record di crescita del fatturato commerciale reciproco», ha affermato il presidente russo. Il fatturato commerciale «è aumentato di circa il 25%», ha osservato, aggiungendo che tali dinamiche consentirebbero ai due Paesi «di raggiungere il livello auspicato di 200 miliardi di dollari entro il 2024». «Nel periodo gennaio-novembre il fatturato commerciale è cresciuto del 36% raggiungendo i 6 miliardi di dollari», ha detto Putin, rilevando «un forte aumento del commercio agricolo».
Ore 12:13 - Putin non invierà gli auguri a Biden, Macron e Scholz
Vladimir Putin non invierà gli auguri di buon anno a Joe Biden, Olaf Scholz, Emmanuel Macron ed agli altri leader dei Paesi «ostili». Lo riferisce il Cremlino, aggiungendo che il premier ungherese Viktor Orban e il presidente serbo Aleksandar Vucic saranno gli unici leader europei che riceveranno gli auguri. Lo riporta la Tass.
Ore 12:21 - Kiev, quattro civili morti nell’attacco russo di ieri
Quattro civili sono stati uccisi e altri otto sono rimasti feriti in Ucraina a causa del massiccio bombardamenti russo di ieri: lo ha reso noto su Telegram il vice capo dell’Ufficio del presidente ucraino, Kyrylo Tymoshenko, come riporta Ukrinform. In particolare, una persona è stata uccisa nella regione di Donetsk e tre sono morte nella regione di Kharkiv.
Ore 12:31 - Putin ha inviato auguri nuovo anno a Berlusconi
Il presidente russo Vladimir Putin ha inviato gli auguri di Natale e per il nuovo anno ad alcuni ex ed attuali capi di Stato e di governo stranieri, tra cui Silvio Berlusconi. Ne dà notizia la Tass citando il servizio stampa del Cremlino. Il leader russo si è rivolto anche al presidente cinese Xi Jinping, al presidente uscente del Brasile Jair Bolsonaro e a quello venezuelano Nicolas Maduro. Niente auguri invece per l’ex cancelliera della Germania Angela Merkel, fa notare la Tass, mentre gli auguri sono stati rivolti all’ex cancelliere Gerhard Schroder, al centro di feroci critiche per la vicinanza a Mosca.
Ore 12:43 - Xi: «Bene la disponibilità russa a una soluzione pacifica»
«La Cina accoglie con favore la posizione della Russia che non respinge una soluzione pacifica per la crisi ucraina». Lo ha affermato il presidente Xi Jinping nel colloquio con Vladimir Putin, secondo quanto riporta la Tass. «Abbiamo sottolineato il fatto che la parte russa non ha mai escluso la possibilità di risolvere il conflitto in Ucraina attraverso colloqui diplomatici. La Cina accoglie con favore tale posizione», ha detto Xi. I colloqui di pace non possono sempre andare bene, ha affermato il presidente cinese, citato dalla Tass. «Tuttavia, non bisogna rallentare gli sforzi, la pace alla fine arriverà», ha osservato. Pechino continuerà ad assumere una posizione obiettiva sulla questione ucraina e a svolgere un ruolo costruttivo nella sua soluzione, ha concluso il presidente cinese nel colloquio con Putin.
Ore 13:08 - Xi, Cina pronta a riapertura graduale dei confini con Russia
La Cina è pronta al ripristino graduale dei traffici transfrontalieri con la Russia. Lo ha detto il presidente cinese Xi Jinping, secondo la Tass.
Ore 13:27 - Kiev, a Capodanno coprifuoco e niente fuochi d’artificio
Per la notte di Capodanno a Kiev non sarà annullato il coprifuoco dalle 23 alle 5 del mattino e i fuochi d’artificio saranno vietati: lo ha comunicato l’amministrazione della capitale ucraina ricordando ai cittadini di pianificare in anticipo il rientro a casa per il 31 dicembre. Le restrizioni riguardano anche il divieto di fermarsi per strada e in altri luoghi pubblici fuori dagli orari consentiti, così come l’indicazione di raggiungere i rifugi più vicini in caso di allarme aereo.
Ore 14:18 - Il rabbino capo di Mosca in esilio: «Ebrei lasciate il Paese»
Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di Mosca in esilio all’estero dallo scorso luglio, sollecita la comunità ebrea a lasciare la Russia fino a che è ancora possibile e prima che vengano considerati come capri espiatori della crisi che si abbatterà sul Paese in conseguenza all’invasione dell’Ucraina.
Ore 14:46 - Putin omaggia Pelé: «Tanti russi amano il calcio grazie a lui»
«Grazie al suo talento, le sue qualità uniche, un modo di giocare bellissimo e affascinante, il calcio è diventato lo sport preferito da milioni di persone, anche in Russia»: questo che Vladimir Putin ha fatto di Pelé in un telegramma di cordoglio inviato al presidente brasiliano Jair Bolsonaro. «Edson Arantes do Nascimento era un figlio eccezionale del popolo brasiliano», si legge nel messaggio diffuso dal Cremlino di cui dà notizia la Tass, «ho avuto la fortuna di incontrare quest’uomo eccezionale (nel dicembre 2017 a un evento in vista dei mondiali in Russia del 2018, ndr), e conserverò per sempre il miglior ricordo di lui».
Ore 16:03 - Zelensky ai vertici militari: rafforzare la difesa aerea
La situazione operativa al fronte, il rafforzamento della difesa aerea e il ripristino del sistema energetico ucraino sono stati i temi al centro di una riunione tenuta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky con i vertici della Difesa e militari, riferisce Ukrinform citando il servizio stampa del presidente. «Sono stati ascoltati rapporti sulla situazione operativa al fronte e possibili azioni del nemico nell'immediato futuro. I partecipanti all'incontro si sono concentrati sulla fornitura di armi e mezzi per le unità impegnate nei punti più caldi», si legge, mentre si specifica che i partecipanti all'incontro hanno affrontato anche la questione del rafforzamento della difesa aerea dell'Ucraina, in particolare, per la protezione delle infrastrutture critiche. È stato poi fornito un aggiornamento sulla ripresa delle infrastrutture energetiche del Paese dopo l'ultimo attacco missilistico russo.
Ore 17:43 - Aiea: forti esplosioni vicino alla centrale Zaporizhzhia
Gli esperti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) hanno affermato di aver sentito forti esplosioni vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Lo riporta l’agenzia Ria Novosti.
Ore 18:25 - Zelensky sente il premier greco Mitsotakis
Zelensky, ha reso noto su twitter di aver avuto un colloquio telefonico con il premier greco Kyriakos Mitsotakis. «Ho ringraziato per i calorosi auguri per il popolo ucraino e per il sostegno alla difesa nell’anno in corso. Mi è stato assicurato lo stesso livello di supporto anche nel prossimo. Abbiamo delineato attività congiunte», ha scritto il presidente ucraino.
Ore 19:41 - Zelensky: nel Donbass manteniamo le nostre posizioni
«Ho tenuto una riunione dello Stato Maggiore, la 45esima di quest'anno. La chiave è la regione di Donetsk e Luhansk. Il nostro Donbass, dove continuano le battaglie più feroci. Bakhmut, Soledar, Kreminna... Manteniamo le nostre posizioni. Ci sono anche aree del fronte dove stiamo lentamente avanzando. Ringrazio tutti i nostri soldati che garantiscono questo. Siete dei veri eroi!». Sono le parole del presidente Zelensky nel consueto messaggio serale. «Abbiamo discusso - aggiunge - della situazione a sud, al nostro confine. Rifornimento di armi. Un maggiore rafforzamento della difesa aerea. Quest'anno non solo abbiamo mantenuto le nostre difese aeree, ma le abbiamo rese più forti che mai. Nel 2023 la difesa aerea ucraina diventerà più forte ed efficace».
Ore 23:07 - Kiev: liberato un villaggio nel Lugansk
L' esercito ucraino ha liberato il villaggio di Novoselivske, nella regione di Luhansk, alcuni militari russi sono stati catturati. Lo afferma l'amministrazione militare regionale di Lugansk, come riporta Unian. Il villaggio è ora controllato dall'esercito ucraino.
Ore 01:33 - Bach, Cio: sanzioni sportive contro Russia e Bielorussia devono restare
Le sanzioni sportive imposte a Russia e Bielorussia per l’invasione dell’Ucraina devono rimanere saldamente in vigore nel 2023. Lo ha ribadito il capo del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach. «Le sanzioni contro gli stati e i governi russo e bielorusso devono e rimarranno saldamente in vigore», ha affermato Bach nel messaggio di fine anno. «Stiamo sostenendo gli atleti e i membri della comunità olimpica ucraina ovunque, con tutta la nostra solidarietà. Nel nuovo anno - ha sottolineato - gli atleti ucraini possono contare sul pieno impegno per questa solidarietà da parte del Cio e dell’intero Movimento Olimpico. Vogliamo vedere una squadra ucraina forte ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 e ai Giochi Olimpici Invernali di Milano Cortina 2026».
Ore 01:36 - Usa, preoccupazione per il sostegno cinese alla Russia
Gli Stati Uniti sono preoccupati dal sostegno cinese alla Russia nel contesto dell’invasione dell’Ucraina e stanno monitorando le attività di Pechino: lo ha reso noto il Dipartimento di Stato americano. «Stati Uniti ed Europa hanno avvertito la Repubblica Popolare cinese delle conseguenze della fornitura di assistenza militare alla Russia o di assistenza nell’elusione delle sanzioni», ha detto il portavoce
Ore 02:52 - Kiev: alla Russia serviranno 10 anni per ripristinare le forze armate
La Russia potrebbe impiegare fino a 10 anni per ripristinare le sue forze armate dopo le perdite in Ucraina, secondo Kiev. La previsione è del ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, citato dal Kyiv Independent. Reznikov afferma anche che l’esercito russo deve affrontare una carenza di armi ad alta precisione, avendone utilizzato già la maggior parte del suo arsenale. Tale carenza, secondo il ministro della Difesa ucraino, riguarderebbe anche i missili balistici Iskander.
Dalla A di Amini alla Z di Zelensky: la doppia cover di 7. Dedicata a Mahsa, uccisa in Iran, e al leader ucraino. Viviana Mazza su Il Corriere della Sera il 30 Dicembre 2022.
Dopo le rivolte scoppiate in seguito all’omicidio di Masha, migliaia di ragazze e ragazzi sono stati imprigionati nel Paese degli Ayatollah, quasi 500 uccisi. Escono di casa e salutano come se non dovessero tornare più
Una manifestazione in memoria di Mahsa Amini: al momento in Iran sono quasi 19 mila i ragazzi e le ragazze rinchiusi in prigioni dove si viene torturati e stuprati
Questo servizio, che è stato pubblicato sul numero di 7 in edicola il 30 dicembre, ha dato vita ad una parte della doppia copertina che il magazine del Corriere ha dedicato all’anno appena trascorso, con una carrellata di personaggi e storie - dalla A di Amini alla Z di Zelensky - che raccontano, con un alfabeto di persone e parole, eventi e protagonisti del 2022. Lo proponiamo online per i lettori di Corriere.it
Z come Zelensky. L’ex attore va alla guerra: ogni notte, dal 24 febbraio, racconta l’Ucraina assediata. Lorenzo Cremonesi su Il Corriere della Sera il 30 Dicembre 2022.
Venuto dal nulla, noto come protagonista di Servo del Popolo, è diventato un leader populista e ha vinto le elezioni nel 2019. Quando Biden dopo l’attacco russo gli offrì aiuto per fuggire, gli ha risposto «Ho bisogno di munizioni, non di una via di fuga»
Volodymyr Zelensky, 44 anni, con la vice presidente americana Kamala Harris (a sinistra) e la speaker della Camera Nancy Pelosi al Congresso di Washington il 21 dicembre scorso
Questo servizio, che è stato pubblicato sul numero di 7 in edicola il 30 dicembre, ha dato vita ad una parte della doppia copertina che il magazine del Corriere ha dedicato all’anno appena trascorso, con una carrellata di personaggi e storie - dalla A di Amini alla Z di Zelensky - che raccontano, con un alfabeto di persone e parole, eventi e protagonisti del 2022. Lo proponiamo online per i lettori di Corriere.it
Ci sono momenti nelle biografie dei leader politici importanti che marcano indelebilmente le loro esistenze e la storia della loro epoca. Spesso si manifestano con azioni repentine e incisive, sono scelte dettate dall’urgenza, eppure le loro conseguenze diventano pietre miliari, dividono un’era dall’altra. Winston Churchill maturò in meno di una notte il discorso delle «lacrime e sangue», che spiegò al popolo inglese il motivo per cui occorreva combattere con le armi l’espansionismo militare di Hitler. Gandhi divenne «il padre della nazione» indiana di fama internazionale grazie alle campagne pacifiste di non cooperazione col regime coloniale dei primi Anni 20. Per Volodymyr Zelensky quel momento si palesò molto presto dopo l’invasione militare russa del 24 febbraio. Avvenne all’alba del 26, le teste di cuoio russe stavano penetrando nel cuore di Kiev con l’intenzione di catturare, se non assassinare, il presidente e il suo entourage. Da Washington Joe Biden lo esortava a fuggire, si offriva di mandare i commando migliori, che in elicottero avrebbero potuto salvarlo. «Ti porteremo in Polonia, nei Paesi Baltici o dove preferisci per installare il tuo governo in esilio e coordinare la resistenza armata», gli disse il presidente americano.
Munizioni e corso della storia
Ma fu allora che avvenne qualche cosa di inaspettato e per molti europei addirittura fastidioso per come irrompeva negli schemi del “quieto vivere” dominante nelle società occidentali, cresciute dopo il 1945 nell’illusione che si possano sempre e comunque dirimere le crisi con il mercanteggiamento, la diplomazia e la mediazione. «Il combattimento è qui, per le nostre strade; io ho bisogno di munizioni, non di una via di fuga», disse Zelensky. E la storia prese un corso completamente diverso da quello che aveva pianificato Putin con arrogante sicurezza.
La decisione
Attenzione: ciò non era per nulla scontato ed è bene insistere su questo punto, anche perché quella scelta lui l’ha ribadita con gli appelli «alla resistenza ad oltranza» nei discorsi notturni alla nazione e al mondo ogni notte, dal 24 febbraio. Una scelta vincente confermata nella sua visita, di dieci ore, il 21 dicembre a Washington, accolto da eroe da Joe Biden e dal Congresso americano. Zelensky, con l’ormai immancabile maglia verde da soldato, ha raccolto il sostegno militare e politico dell’occidente e la sua nuova centralità sulla scena internazionale contro un Putin in evidenti difficoltà, isolato e il cui esercito da tempo ha perso l’iniziativa. Ma la storia va capita nelle incertezze del momento in cui si svolge, troppo semplice giudicare col senno del poi. E in quel momento era data per certa la rapida vittoria russa: la ritenevano scontata tutti i massimi esperti di cose militari, i politologi e gli storici. Non c’era verso che gli ucraini potessero resistere; anche gli americani valutavano che, al meglio, i combattimenti importanti si sarebbero esauriti nel giro di un mese. A Kiev sarebbe nato presto un governo fantoccio asservito al volere di Mosca. E il presidente defenestrato sarebbe comunque finito male: ucciso, sparito, prigioniero, criticato dalla sua gente, comunque irrisorio.
Dalla commedia alla realtà
Ma, tutto sommato, chi era Zelensky? Un attore, un politico populista 44enne venuto dal nulla e destinato a finire presto nel dimenticatoio della storia. La sua vittoria contro Petro Poroshenko alle presidenziali del 2019 era figlia della sua fama in Servo del Popolo, una commedia diffusa sui social, in cui recitava in russo, la sua lingua madre, il ruolo di un presidente deciso a fare la guerra ai corrotti e rilanciare la legge contro i poteri forti. Putin credeva di averlo in mano, anche perché proprio lui, Zelensky, nel 2014 aveva condotto la campagna degli attori contro i politici ucraini che volevano mettere al bando la cultura russa, e poi da presidente si era detto continuamente disposto a cercare un compromesso politico con Mosca, che manu militari si era presa la Crimea e adesso armava e finanziava le cosiddette “repubbliche indipendenti” di Donetsk e Lugansk. Talmente inesperto era questo presidente che neppure aveva creduto sino in fondo agli allarmi lanciati dagli americani già agli inizi autunno 2021 circa «l’inevitabilità» dell’aggressione russa e ancora il 28 gennaio scorso, se la prendeva con i media locali e internazionali accusandoli di essere «troppo allarmisti». I nazionalisti del reggimento Azov lo detestavano per essere completamente avulso dalle questioni militari. (continua a leggere dopo i link e le foto della doppia copertina di 7 in edicola il 30 dicembre)
I rischi
Ecco allora che diventa evidente la grandezza di Zelensky: il suo personaggio domina sulle cronache del 2022 ed è destinato a condizionare il futuro prossimo del nostro continente. E ciò per il fatto che in realtà Zelensky è un europeo che ragiona come tale. Anche lui sino al 23 febbraio non crede che Putin possa sferrare un attacco brutale come quello che ha fatto. Anche lui ama la nostra cultura, le nostre scuole, le nostre vacanze, le nostre seconde case, la nostra libertà di viaggiare. Crede nella pace, non vuole la guerra, gli sembra assurdo morire in combattimento, cerca il dialogo con Putin. Eppure, quando poi la guerra avviene e lo minaccia personalmente, mette a rischio la vita di sua moglie e dei suoi due bambini, allora sceglie di combattere e di morire se necessario. Sarebbe molto più scontato e prevedibile se fosse un militante della Azov. Non lo è, ma lo diventa in seguito all’aggressione e con lui il Paese intero.
Quando lo scorso 24 ottobre lo abbiamo intervistato per un’ora nel suo ufficio nel centro di Kiev ci ha subito colpito per il suo desiderio spontaneo di comunicare. Commentando le dichiarazioni filo-Putin di Silvio Berlusconi, ha insistito per parlare in inglese. E così anche per spiegare come mai oggi, a differenza dei primi giorni di guerra, esige che Putin si ritiri non solo dai territori occupati dal 24 febbraio, ma sui confini internazionali del 1991. «Putin si è comportato come un criminale terrorista. Non credo più a una sua parola. Ora stiamo vincendo, sarebbe assurdo fermarci», ha detto. Zelensky resterà al suo posto e continuerà a chiedere agli alleati di stare al suo fianco.
I despoti hanno le ore contate. Marco Gervasoni il 31 Dicembre 2022 su Il Giornale.
C' è un mito che fortunatamente ci lascia, con questo 2022. È quello del despota postmodermo, dell'uomo forte, del tiranno «democratico». Solo un anno fa Putin, Xi Jinping, Erdogan, gli ayatollah iraniani, e anche Orban, sembravano sentire nelle loro vele il vento della storia. Erano temuti, non solo all'interno del loro paesi, governati con un dispotismo che da amarissimo, quello cinese, arrivava fino al dolce di Orban, ma anche fuori, nei paesi liberi; ed erano ammirati. Si sprecavano le parole di miele dei Sarkozy e delle Merkel, dei Macron e dei Scholz, e dei Trump, verso Putin, ma soprattutto, Trump a parte, verso il dittatore comunista cinese. Proprio Sarkozy l'aveva spiegato, in una conferenza di qualche anno fa: saranno anche despoti, ma sono efficienti. E soprattutto, non sono sottomessi alla volatilità del potere esecutivo, tipico dei regimi liberali. In fondo poi, sono eletti, no? Pure gli ayatollah lo sono, e persino Xi Jinping afferma di esserlo, a suo modo. Peccato che Russia, Ungheria, Turchia siano delle democrazie plebiscitarie, l'Iran una demoteocrazia, la Cina un sistema a partito unico. Fino a un anno fa si credeva che, in nome della efficienza, si potesse sacrificare anche la libertà - l'idea era persino penetrata nella sua patria par excellence, gli Usa. E invece oggi tutto è rovesciato. Putin non è più infallibile, anche se usa gli stessi metodi sanguinari del passato. La Cina di Xi Jinping è un disastro per il Covid. L'Iran è economicamente allo sfascio, e pure Turchia e Ungheria navigano in malmostose acque. Soprattutto in Cina e in Iran, abbiamo avuto la prova che la libertà non è un sentimento occidentale, ma universale. E che i popoli non vogliono essere schiavi. E, a proposito di occidente, un anno fa sembrava diviso, ripiegato, abbattuto, fino nella sua avanguardia, gli Usa. Ora invece ha ripreso vigore e senso, ha dimostrato forza, e quello che sembrava il sonnolento Joe, il presidente Biden, si sta dimostrando all'altezza della missione della difesa della libertà, assai più dei suoi due predecessori. A cosa si deve tutto questo? A numerosi fattori, come sempre, ma il merito va all'esempio che il popolo ucraino ha esibito e che sta ancora prodigando, nella sua resistenza all'invasione russa. Gli ucraini hanno mostrato che si può, ancora, nel centro dell'Europa, morire per la patria e per la libertà; e per la libertà della patria. Immaginiamo cosa sarebbe successo se Putin non avesse riscontrato resistenza: oggi i despoti starebbero brindando. E invece sono contestati, almeno in Cina e in Iran, oppure stanno perdendo la guerra, mentre si illudevano di potere solo vincere, come Putin. Auguriamoci allora che passino un nuovo anno ancora peggiore.
Esercito russo allo sbando, via il comandante nel Donbass. Pioggia di missili su Kherson. Luigi Guelpa il 31 Dicembre 2022 su Il Giornale.
Il Giornale l'aveva anticipato 4 giorni fa, ieri è arrivata la comunicazione ufficiale del Cremlino: il tenente generale Yevgeniy Nikiforov prende il posto del colonnello Sergei Kuzovlev al comando delle truppe russe impegnate nel Donbass. È il quarto cambio della guardia ordinato da Putin nell'area più calda del conflitto, ma le perplessità sulla scelta di Nikiforov sono state sollevate dagli analisti internazionali. Conosciuto come il «macellaio di Tbilisi» per i crimini commessi in Georgia, porta in dote il fallimento dell'invasione di Kiev durante le prime settimane del conflitto. Era stato lo stesso Nikiforov a garantire al ministro della Difesa Shoigu che si sarebbe trattata di un'operazione lampo, di un gioco da ragazzi. Ma l'avanzamento sulla capitale, attraverso l'area di Chernobyl, si era poi tramutato in un fallimento colossale che aveva mandato all'aria l'architettura dell'Operazione Speciale.
L'MI6 britannico ha osservato che il continuo ricambio di alti ufficiali riflette divisioni interne sulle mosse future nella guerra da parte di Shoigu. Putin punta quindi su un nome nuovo, ma al tempo stesso vecchio e discusso, per tentare un sussulto nello scontro. La leadership di Mosca inoltre ha deciso di iniziare una nuova ondata di arruolamenti dal 5 gennaio a causa delle pesanti perdite al fronte. Lo rivela il capo degli 007 ucraini Budanov, ribadendo l'intenzione di Mosca di mobilitare fino a 5 milioni di persone se necessario. L'establishment della Russia manifesta tuttavia sempre più dubbi sulle tattiche che Putin sta utilizzando in Ucraina ed è divisa, come riporta il Washington Post, fra quelli che vogliono una fine delle operazioni e chi preme per un'escalation con il coinvolgimento diretto della Bielorussia.
Da parte sua il presidente ucraino Zelensky chiede il rafforzamento della difesa aerea e una nuova fornitura di armi nei punti nevralgici del conflitto. Si spera soprattutto nell'arrivo dei missili balistici Atacms, che hanno una gittata fino a 300 km, e di moderni droni. Il ministro degli Esteri Kuleba resta alla finestra e manifesta un cauto ottimismo: «È vero che riceviamo più supporto di quanto ne abbia ricevuto qualsiasi Paese nel XXI secolo, ma siamo in guerra, e le armi non bastano mai».
Sul campo la battaglia continua e nel 309º giorno di combattimenti i russi hanno sferrato un centinaio di raid aerei con missili e colpi di artiglieria sulla regione di Kherson. Il solo capoluogo è stato colpito per 32 volte. I razzi nemici hanno devastato negozi, infrastrutture, industrie e appartamenti privati. Nella città di Semenivka (Chernihiv) gli invasori hanno bombardato con cannoni d'artiglieria. Ci sarebbero vittime civili, mentre l'elettricità è stata interrotta. Tre missili da crociera Kalibr sono stati lanciati da una nave russa verso il territorio di Odessa, mentre alcuni ordigni sono esplosi nell'area del canale d'acqua che collega la vicina centrale termica di Zaporozhye con il fiume Dnepr, a circa 2 km di distanza dal sito nucleare di Zaporizhzhia. In risposta le forze armate di Kiev hanno abbattuto nella notte 16 droni kamikaze Shahed iraniani diretti sulla capitale, colpito la sede di un'impresa industriale nella città di Shebekin, nella regione russa di Belgorod, e attaccato sei aree di attrezzature militari, cinque depositi di munizioni e una stazione radar. Diversi di questi attacchi sono stati concentrati su Sebastopoli, come si vede dai video che circolano sui social.
Putin cerca la sponda cinese: "Nuova cooperazione militare". Ma Xi lo gela: "Ora la pace". Matteo Basile il 31 Dicembre 2022 su Il Giornale.
All'angolo, isolato dal mondo, sfiduciato dall'interno, alle prese con una crisi economica senza precedenti. Ma Vladimir Putin non molla. Va avanti con la sua folle impresa bellica in Ucraina e cerca un alleato che lo sostenga. La mossa della disperazione dello Zar è quella di provare a coinvolgere l'unico stato forte che non lo ha ancora palesemente spernacchiato, la Cina, anche a costo di prostrarsi al Dragone. Sarebbe un asse del male tremendo e pericolosissimo per l'Occidente ma finora i risultati ottenuti sembrano pochini. Ci ha provato, e continua a provarci Putin. Ieri ha organizzato anche una videoconferenza di fine anno con Xi Jinping per «rinsaldare la partnership» e ribadire quanto importanti siano i rapporti tra i due stati ma più di tanto, Xi, non ci sente. Puntando sul rapporto di amicizia e di collaborazione radicato, il presidente russo infatti ha detto, tra le altre cose, di volere rafforzare la cooperazione militare con la Cina, chiedendo implicitamente di trasformare l'asse in alleanza, ricevendo però in cambio una risposta vaga e diplomatica che sa tanto di «no grazie».
«Naturalmente, un posto speciale nell'intera gamma della cooperazione russo-cinese, nelle nostre relazioni sono occupate dalla cooperazione militare e tecnico-militare, che aiuta a garantire la sicurezza dei nostri Paesi e mantenere la stabilità in regioni chiave. Miriamo a rafforzare l'interazione tra le forze armate russe e cinesi», ha detto Putin nella prima parte della conferenza, quella pubblica. Ma il leader di Pechino si è dimostrato parecchio freddo sul tema, anzi, evocando ancora una volta la pace. «La Cina accoglie con favore la posizione della Russia che non respinge una soluzione pacifica per la crisi ucraina», ha detto Xi, quasi a pungolare l'amico e alleato. «Abbiamo notato che la parte russa non ha mai escluso la possibilità di risolvere il conflitto in Ucraina attraverso negoziati diplomatici. La Cina approva questa posizione. È necessario non indebolire gli sforzi, e alla fine la pace arriverà», ha aggiunto Xi Jinping, spiegando che la posizione cinese sul conflitto resterà «obiettiva» per svolgere un ruolo costruttivo nella sua soluzione. Non esattamente la base per ottenere quanto serve alla momento alla Russia, ovvero soldi, armamenti e un appoggio internazionale che vede Mosca isolata, fatta eccezione per stati canaglia come l'Iran. Il leader cinese, peraltro alle prese con il caos Covid nel suo Paese con tutte le problematiche internazionali che ne derivano, è autoritario, spietato anche, ma certo non uno sprovveduto. Inimicarsi l'Occidente schierandosi apertamente con chi ha invaso uno Stato sovrano, significherebbe gettarsi a capofitto in un conflitto che di fatto non lo sfiora nemmeno e che metterebbe la Cina in condizioni difficili, con interessi economici globali che Pechino si guarda bene dal mettere a rischio.
Eppure Putin le sta tentando tutte. Nel colloquio ha sottolineato l'importanza della partnership russo-cinese anche come fattore stabilizzante, previsto un aumento del 25% del fatturato tra i due Paesi e invitato Xi Jinping a Mosca per la prossima primavera. «Ti aspettiamo, caro presidente, caro amico, per la prossima primavera in visita di Stato a Mosca», ha detto Putin. Troppo poco per risolvere le difficoltà russe, sotto gli occhi del mondo ma anche delle classi più influenti del Paese. Come sottolinea il Washington Post, Putin infatti sarebbe nel mirino anche delle élite russe, una volta fedelissime alleate del presidente russo. L'invasione dell'Ucraina ha spaccato l'opinione pubblica e in molti sarebbero pronti a mollare il leader. Che, non a caso, cerca sponde all'estero che per ora non producono i risultati sperati. Non proprio un fine anno memorabile dalle parti del Cremlino.
La videoconferenza: energia, guerra, partnership, l'Occidente. Putin e Xi Jinping pronti alle sfide del 2023: “Rafforziamo la cooperazione militare”. Antonio Lamorte su Il Riformista il 30 Dicembre 2022
Critiche all’Occidente, la guerra in Ucraina e la partnership energetica, la pianificazione di una visita di stato che “dimostrerà a tutto il mondo i forti legami russo cinesi” e che diventerà “il principale evento politico dell’anno nelle relazioni bilaterali”. Come annunciato, prima della fine del 2022 il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente cinese Xi Jinping hanno avuto una conversazione in videoconferenza. “Nel prossimo anno continueranno intensi scambi bilaterali, non ho dubbi, e troveremo l’opportunità di incontrarci di persona. Ti aspettiamo, caro presidente, caro amico, per la prossima primavera in visita di Stato a Mosca“, l’invito di Putin al suo omologo.
L’alleanza “senza limiti”, com’era stata definita già l’anno scorso prima che scattasse l’invasione russa dell’Ucraina, passa soprattutto attraverso la comune ostilità nei confronti del mondo occidentale. Pechino “è disposta a lavorare con la Russia e tutte le forze progressiste del mondo che si oppongono all’egemonismo e alla politica di potere“, ma anche al protezionismo, all’unilateralismo e al bullismo, ha detto Xi. Difetti attribuiti all’Occidente ma in particolar modo agli Stati Uniti. Il Presidente cinese ha individuato un bivio nelle relazioni internazionali in questa fase “turbolenta”: un ritorno alla Guerra Fredda o la ricerca di una via per il “benessere dell’umanità”. Per il Presidente cinese “i fatti” hanno “ripetutamente dimostrato che il contenimento e la repressione sono impopolari e che le sanzioni e le interferenze sono destinate a fallire”.
Pechino intanto si è detta pronta a una partnership globale con la Russia e ha elogiato Mosca perché “non si è mai rifiutata di risolvere il conflitto attraverso negoziati diplomatici“. Conflitto esploso in Ucraina proprio per l’invasione lanciata da Putino lo scorso febbraio. E verso il quale la Cina ha sempre rifiutato di farsi coinvolgere a pieno. Xi ha comunque sottolineato che “la strada verso i colloqui di pace non sarà agevole, ma finché gli sforzi non verranno abbandonati, la prospettiva della pace esisterà sempre“. La Cina, da parte sua manterrà una posizione “obiettiva ed equa” sul conflitto e assicura che “svolgerà un ruolo costruttivo nella soluzione pacifica” della crisi. Secondo quanto riportato dalla Tass Putin ha detto a Xi Jinping che Mosca intende rafforzare la cooperazione militare e tecnico-militare tra Russia e Cina.
All’ordine del giorno anche la questione energetica: Mosca è diventata una dei principali fornitori di gas e petrolio della Cina, il principale di greggio. 13,8 miliardi di metri cubi nei primi undici mesi del 2022 tramite la condotta Power of Serbia, consegne sensibilmente aumentate dopo l’inizio dell’operazione russa in Ucraina e il via alle sanzioni inflitte dai Paesi occidentali. Putin all’imposizione di un tetto al prezzo del petrolio russo da parte dei Paesi dell’Unione Europea ha risposto con un decreto che bloccherà le esportazioni verso i Paesi che adotteranno il price cap da febbraio.
Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.
Annalisa Cangemi per fanpage.it il 30 dicembre 2022.
Il sito web del Cremlino informa che Vladimir Putin ha fatto gli auguri di buon anno ad alcuni ex ed attuali capi di Stato e di governo stranieri, tra cui Silvio Berlusconi e Gerhard Schröder, considerati da vent'anni amici del presidente russo.
Ne dà notizia la Tass citando il servizio stampa del Cremlino. Il leader russo si è rivolto anche al presidente cinese Xi Jinping, al presidente uscente del Brasile Jair Bolsonaro e a quello venezuelano Nicolas Maduro. Niente auguri invece per l'ex cancelliera della Germania Angela Merkel, fa notare la Tass, mentre gli auguri sono stati rivolti all'ex cancelliere Gerhard Schroeder, a cui vengono indirizzate feroci critiche per la sua vicinanza a Mosca.
Secondo quanto specifica il Cremlino, Putin ha inviato gli auguri a "ai leader di Abkhazia, Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Ossezia del Sud, Bolivia, Brasile, Ungheria, Venezuela, Vietnam, India, Cina, Cuba, Nicaragua, Serbia, Siria, Turchia".
"Putin si è congratulato con alcuni ex capi di Stato e di governo stranieri per il Natale e il nuovo anno imminente, in particolare Silvio Berlusconi, Robert Kocharyan (ex presidente armeno), Nursultan Nazarbayev (ex presidente kazakho), Serzh Sargsyan (ex presidente armeno), Gerhard Schroeder (ex cancelliere tedesco)", si legge nel messaggio.
Il rapporto speciale che c'è tra Berlusconi e Putin ha portato il settimanale britannico The Spectator a rilanciarel'ipotesi di un ruolo da mediatore per l'ex premier e leader di Forza Italia, in un possibile negoziato di pace per porre fine alla guerra in Ucraina. Si trattava però di una possibilità suggerita da Vittorio Sgarbi, il quale sosteneva che "Silvio Berlusconi crede che solo lui possa attirare al tavolo delle trattative il suo vecchio amico Vladimir Putin e intende provarci prima di Natale".
La notizia era stata anche commentata dal Cremlino, attraverso il portavoce Dmitry Peskov: "Il Presidente Putin ha ripetutamente affermato che siamo sempre pronti ad accogliere qualsiasi sforzo per il mantenimento della pace e a sostenere tali sforzi", precisando però che bisognerebbe convincere Volodymyr Zelensky,e non Valdimir Putin: "Se bisogna ‘attirare' qualcuno al tavolo, sarebbe meglio attirare da qualche parte Zelensky", aveva aggiunto Peskov.
Non è pervenuta alcuna notizia circa un colloquio tra Berlusconi e Putin per avviare un negoziato di pace, e a quanto risulta non ci sarebbero stati contatti in tal senso.
Del resto l'eventualità che Berlusconi potesse agevolare una trattativa di pace con Putin era stata già smentita dal numero due di Forza Italia e vicepremier, Antonio Tajani: "Non si va a Mosca così liberamente. Io in passato avevo detto che Silvio Berlusconi e Angela Merkel sarebbero stati dei buoni mediatori, magari in ambito Onu, vista la loro conoscenza personale con Putin pur in una chiara collocazione atlantica. Ma questa proposta ormai è superata dai fatti", aveva detto il ministro degli Esteri, chiudendo la questione.
Riccardo Staglianò per “il Venerdì-la Repubblica” il 30 dicembre 2022.
Un attimo finire in Caoslandia, il campionato dei Paesi instabili che va dall'Africa al Medio Oriente fino al Latinoamerica. D'altronde già confiniamo con i Balcani e, di fatto, con Libia e Tunisia. «Se il mare attorno a noi s' incendiasse e la circolazione da e verso gli oceani ne fosse pregiudicata, il nostro Paese si troverebbe a lottare per la sopravvivenza» scrive Lucio Caracciolo in La pace è finita (Feltrinelli), un sapienziale trattato che mette in guardia gli Stati, a partire dal nostro, dalla confortevole quanto perniciosa illusione che ci si possa disinteressare di geopolitica. La disciplina di cui questo sessantottenne romano, dopo i primi passi nella rivista della Fgci e la militanza a Repubblica dalla fondazione (prima cronista parlamentare poi capo del politico), è diventato sinonimo vivente.
Da quando, su suggerimento dell'amico francese che aveva fondato l'analoga rivista Hérodote, convinse l'editore Carlo Caracciolo («Nessuna parentela, ma una bella amicizia») a fondare Limes nel 1993. «La guerra in Jugoslavia ci aiutò. Ristampammo subito il primo numero e da allora non ho mai smesso di divertirmi», dice nella sala riunioni del mensile che ha da poco festeggiato anche il terzo anno di una scuola «non accademica» in cui insegnano ai giovani perché, nel mondo, succede quel che succede. Nella fase storica in cui gli esperti di politica internazionale hanno preso il posto dei virologi come guide per decrittare un presente minaccioso, ha conosciuto un'esposizione mediatica senza pari: «Non era nel mio carattere, ma mi piace discutere e anche confliggere, se serve.
E senz' altro ha fatto bene alla rivista i cui numeri sono triplicati». Il libro - coltissimo, densissimo, che non disdegna giochi di parole e il conio di un certo numero di neologismi come quello che apre questo articolo - tiene insieme le radici profonde con gli epifenomeni, non temendo di rimarcare verità fattuali che il derby politico e il wrestling social spesso arruolano nella blasfemia giustificazionista (tipo l'avvicinamento del confine Nato da 1.500 a 400 chilometri dal confine russo).
E si chiude con l'invito a trarre spunto dal realismo del trattato di Versailles «prima che la guerra in Ucraina dilaghi fuori controllo o che scoppi il conflitto per Taiwan» non necessariamente per arrivare a una «vera pace - orizzonte coperto da troppe nubi - ma verso una successione di tregue e intese limitate, sulla base della garanzia reciproca non scritta ma effettiva della rinuncia a sovvertire il regime avverso, fosse solo per non doversi caricare i costi della gestione di un popolo umiliato e offeso». Con l'auspicio che l'Italia possa promuovere un tale percorso. A lui, che ci ricorda pagina dopo pagina come siamo immersi nella Storia fino al collo, abbiamo chiesto di ripercorrere questo anno vissuto pericolosamente.
A memoria sua quanto bisogna tornare indietro per ritrovare un anno così?
«Al 1989 quando, in meno di un anno, passammo dal Muro di Berlino al suo abbattimento e all'unificazione tedesca, mettendo le premesse per la disintegrazione del patto di Varsavia e dell'Unione sovietica. Un cambio di paradigma analogo a quello che stiamo vivendo i cui assestamenti potremo capire forse tra un paio di anni».
Si pensò allora che la Storia fosse finita, come da titolo di un fortunato saggio di Francis Fukuyama che lei fa a pezzi nel suo libro
«Finita era la pace, non la Storia. Perché la Guerra fredda non era affatto un paradigma negativo ma l'unico equilibrio possibile per evitare la guerra calda che avrebbe distrutto l'Europa, sterminato noi europei e dilagato nel pianeta. Mentre oggi la competizione è ormai al grado bellico (Russia contro Usa in Ucraina) o vi è vicina (Cina contro Usa per Taiwan). A rischio di degenerare in guerra mondiale in cui potremmo essere fatti fuori tutti. Quella sì incontestabile fine della Storia».
Ecco, affrontiamo i fronti più caldi a partire dall'Ucraina: a che punto siamo?
«Assodato che nessuno dei due contendenti può davvero vincere, c'è da determinare rispettivamente in che misura perderanno entrambi. Il che significa che la guerra è destinata a durare, sperabilmente con qualche intervallo, ma la vera pace è lontana. D'altronde anche le radici del conflitto affondano a un secolo fa quando una nazione in formazione, l'Ucraina, decise di emanciparsi dall'impero russo. Spero solo che la soluzione non richieda lo stesso tempo».
All'inizio, tranne i servizi Usa, si sono sbagliati quasi tutti nel prevedere l'invasione, lei compreso. Cosa abbiamo imparato?
«Mi sembrava che Putin sarebbe dovuto impazzire per ficcarsi in una situazione da cui difficilmente poteva uscire bene e ritenevo più probabile che facesse leva sugli ucraini russofili per condizionare il futuro di quel Paese. Però questa razionalità esterna non teneva conto della ratio di Putin di tentare il colpo di Stato. Ma qui entriamo in una logica diversa, quella di considerare reale ciò che, a detta del capo, dovrebbe esserlo. Se c'è una cosa che insegna la geopolitica è proprio di considerare, e anche empatizzare con, i punti di vista molto lontani dal proprio».
Per lunghi mesi anche da noi c'è stata un'inedita polarizzazione e sembrava bastasse amare Dostoevskij per venir considerato putiniano: perché?
«C'è stata una fase eccitata, tipo scontro di civiltà, con Putin paragonato a Hitler e i russi ai nazisti. Paragoni paradossali spiegabili con l'emozione e un certo grado di disinformazione.
Ora viviamo una fase opposta, col disincanto accentuato in buona parte dell'opinione pubblica e di molti governi per cui la guerra dovrebbe finire alla svelta, anche male, perché - anche se in maniera incommensurabilmente inferiore - ne paghiamo anche noi le conseguenze».
Sta parlando dei contraccolpi economici delle sanzioni
«Non solo economici. Chi le ha immaginate, America e alleati europei, voleva dimostrare innanzitutto l'unità del blocco occidentale. Tranne poi scoprire il contrario, ovvero che la Nato è un'alleanza che comprende i polacchi, molto antirussi, i turchi a metà strada, i tedeschi refrattari a rompere con Mosca e i baltici che vorrebbero sparisse dalla faccia della terra. E l'Italia con una posizione simile a quella tedesca, anche se molto meno esplicita».
A un certo punto si è cominciato a parlare di atomica come uno degli esiti possibili: com' è possibile uno sdoganamento del genere?
«Cambiamo prospettiva. Com' è possibile che le maggiori potenze producano migliaia di armi nucleari senza poi vagheggiarne l'uso? Durante la Guerra fredda esisteva la dottrina Mad, "deterrenza mutua assicurata". Americani e sovietici erano diversi su tutto tranne che sulla grammatica: si capivano e fingevano addirittura che l'una potenza valesse come l'altra per scongiurare il conflitto atomico.
Ora non si capiscono più, anche perché il lavoro di analisi e spionaggio americano è tutto concentrato sulla Cina, e quindi si parla di armi atomiche tattiche di "potenza minore" che, a scanso di equivoci, sarebbero comunque venti volte Hiroshima».
Nel libro liquida l'ingenuità di Reagan di sconfiggere l'impero del male e il suicidio imperiale di Gorbaciov. Non ha dubbi che si stesse meglio nella Guerra fredda, vero?
«(Caracciolo mi guarda costernato per l'ingenuità della domanda) Noi certamente sì. Ovviamente a spese degli europei che stavano sotto i sovietici. Secondo la sintesi di Kennedy per cui "much better a wall than a war". Era un mondo ordinato in cui l'Italia contava e la pace sembrava addirittura un orizzonte eterno. Oggi i confini, il limes, sono tutti in discussione».
All'inizio dell'invasione russa altro argomento tabù era parlare del coinvolgimento Nato e Usa. È così?
«Ci voleva molta fantasia per sostenere che la pur straordinariamente coraggiosa resistenza fosse alimentata solo dall'eroismo ucraino. Quando è stata resa possibile da almeno otto anni di aiuti americani, britannici e occidentali che le hanno permesso di avere l'esercito più potente d'Europa.
Una confusione iniziale in cui anche i media hanno responsabilità, avendo fornito una rappresentazione astorica del conflitto, che prescinde dal contesto e racconta la guerra come la cronaca nera, con una successione di orrori presentati come fossero assurde eccezioni».
Abbiamo sfiorato davvero la Terza guerra mondiale?
«Sì, fino a quando Stati Uniti e Cina, ma anche Russia, hanno stabilito che non si poteva entrarci per il Donbass. Il momento decisivo è stato il 15 novembre, il giorno del missile russo prontamente travestito da ucraino caduto in territorio polacco. In quel frangente le potenze hanno dimostrato tutta la loro saggezza.
Mentre in Italia già si diceva "prepariamoci a difendere la Polonia" Biden e Xi dichiaravano che 1) il missile non era russo 2) comunque era finito oltre confine per errore 3) era addirittura ucraino. Specificazione, quest' ultima, che serviva anche come segnale a Kiev di darsi una regolata».
A proposito di Usa e Cina, a che temperatura è la loro sfida?
«Il punto più basso si è toccato al momento della visita della speaker del Congresso Nancy Pelosi a Taiwan. La guerra ha portato un riavvicinamento. Per i russi la partita ucraina sembra questione di vita o di morte, per i cinesi no. Anzi per Pechino Kiev era un partner cruciale sia come fornitore di cereali che come passaggio fondamentale per la Via della seta.
All'inizio Pechino aveva creduto a Mosca quando diceva che il conflitto si sarebbe risolto in tre giorni e aveva avvisato i propri connazionali in Ucraina di esporre la bandiera cinese alla finestra per evitare che russi sparassero loro. Poi, al vertice di Samarcanda, l'"amicizia senza limiti" era diventata più tesa».
Rischiamo davvero un altro conflitto globale per Taiwan?
«Voglio sperare di no. Ma Taiwan è importante perché i cinesi la considerano propria e gli americani han deciso che non dovrà esserlo mai perché si trova tra Mar cinese meridionale e orientale, tra Cina, Giappone e Filippine, l'area asiatica dove gli americani hanno più soldati proprio per bloccare la proiezione cinese verso gli oceani. Se Pechino controllasse gli stretti dove passano rotte commerciali diverrebbe egemone».
A proposito di talassocrazia, di recente ha scritto dell'importanza del canale di Sicilia: perché il ponte non è necessariamente "di destra"?
«La geopolitica va oltre gli schieramenti. Un Paese legittima la propria influenza nel mondo anche con grandi opere che contribuiscono a far apprezzare il suo marchio. L'olimpiade di Roma del 1960 fu un formidabile trampolino di lancio per noi, così come il tunnel sotto la Manica. Unire la Sicilia alla terraferma sarebbe un moltiplicatore per il nostro Meridione dal momento che, in una crisi demografica generalizzata, perdiamo proprio più persone nel Sud e nell'Italia appenninica. Possiamo perdere, oggi demograficamente, domani geopoliticamente, metà del Paese?».
Tantopiù che il post-Ucraina non significherà per noi confini terrestri più sicuri, o sbaglio?
«La nostra sponda adriatico-balcanica uscirà ulteriormente destabillizzata dalla guerra in Ucraina, il cui confine è più vicino a Trieste di quanto la città giuliana lo sia da Napoli. Cosa ne sarà di quella wasteland dopo la fine della guerra? E chi si accollerà la ricostruzione? Non l'America».
E sul fronte marittimo?
«Ci troveremo, nei fatti, confinanti con Turchia (già presente in Cirenaica) e Russia (impegnata in Tripolitania). Il tutto come effetto del conflitto che abbiamo perso con la Francia sul futuro della Libia. La trascuratezza verso le nostre frontiere è molto pericolosa».
Mentre ragioniamo di possibili conflitti futuri ce ne sono altri presenti.
L'Iran è infiammato da proteste con pochi precedenti: come le valuta?
«È una crisi profonda con radici antiche. Il problema, come insegnava Mao, è che il potere nasce dalla canna del fucile e quello ce l'hanno i pasdaran, che non hanno intenzione di cederlo.
Dall'altra parte ci sono donne coraggiose, una popolazione giovane, contro un potere soffocante e stupido che confidano di poter portare al suicidio».
Si riaccende anche lo scontro tra Kosovo e Serbia...
«La verità è che le guerre jugoslave non sono mai davvero finite. Furono sedate grazie all'intervento americano ma il Kosovo reso indipendente con l'omonima guerra in realtà controlla solo l'85 per cento del territorio che Pristina ritiene suo. E il rischio di guerra guerreggiata c'è».
Il ritiro dall'Afghanistan che Paese ha lasciato? Nel libro scrive che è stato «il prologo del 24 febbraio»: in che senso?
«Nel senso che quella ritirata precipitosa dà l'idea di un'America ripiegata su se stessa, sui suoi problemi interni. Il risultato più importante è aver rafforzato i talebani lasciando loro un arsenale simile a quello oggi fornito agli ucraini»..
Altre guerre che ignoriamo a nostro rischio e pericolo?
«Non dove si spara ma bisogna allargare la definizione. La dimensione cibernetica sta diventando primaria e può fare danni anche peggiori dell'atomica dal momento che, facendo saltare le infrastrutture, può mettere in ginocchio un Paese, come si vede anche in Ucraina. Per non dire delle infowars in cui i media classici contano meno di prima rispetto a singoli con un cellulare dal fronte».
Descrive un'Europa fuori gioco, ininfluente: nessuna speranza?
«Come disse Kissinger "ne parliamo come se avesse numero telefono" ma l'Europa, al di là dell'idea, non esiste tant' è che, a segnalarne la genericità, scrivo Leuropa senza apostrofo. Vi sembra che Von der Leyen, per dire, rappresenti Macron? È nata per iniziativa americana, dal piano Marshall alla Nato, ed è stata tenuta insieme da una loro attiva presenza. Tant' è che ora che questa presenza è in declino vengono fuori i singoli interessi, particolari e inconciliabili. Si vede soprattutto con i Paesi dell'Est, che stanno vivendo la loro fase risorgimentale: avremmo preteso da Mazzini e Cavour, non appena conquistata la sovranità, di scioglierla in un modello pensato da altri? Ecco non possiamo farlo neppure con polacchi e ungheresi, sebbene io preferisca di gran lunga il nostro modello al loro. Ma vogliamo far finta che sia possibile».
Racconta gli Stati Uniti come un "Antimpero in crisi" e paventa addirittura la possibilità di una seconda guerra di secessione: tra chi e chi?
«Tra l'America rossa e quella blu, intesi come stati repubblicani e democratici. Ormai la polarizzazione è tale che ci si sposa più tra bianchi e neri che tra democratici e repubblicani. Sono gruppi che differiscono in tutto: concezione della vita (vedi aborto), canone storico (una nazione fondata da schiavisti o da liberatori di colonialisti?), con più armi che abitanti. Perciò l'America è occupata più a pensare a se stessa che al resto del mondo. È un problema nuovo per tutti».
America che non soffre le sanzioni a Mosca di cui noi «paghiamo prezzi altrettanto alti di quelli che imponiamo ai russi». Si chiede: «sanzionare, cioè autosanzionarsi all'infinito?».
Ma che alternative ci sono?
«In ogni guerra la priorità è non spararsi sui piedi. Quindi, ammesso che abbiano senso, ragioniamo. Certamente hanno causato più problemi per noi e non hanno fermato i russi. Quindi magari avremmo dovuto valutare di mandare più armi e più soldi all'Ucraina a patto di decidere cosa vogliamo in cambio, tipo dire - come fanno gli americani - che con quegli aiuti possono fare alcune cose e non altre e pretendere di avere un peso al tavolo negoziale. Una volta messe le sanzioni è difficile toglierle.
Ma possiamo convincerci in modo più intelligente. Dicendo: vogliamo che voi resistiate, esistiate innanzitutto, ma stabilite dove volete/potete arrivare. Se alla fine avremo milioni di ucraini in giro per il mondo e un Paese alla fame, i primi a pagare saranno gli ucraini».
Per il nuovo anno cosa dobbiamo aspettarci?
«Intanto una tensione molto forte tra noi, Germania e Paesi nordici quando ci sarà da ridiscutere il Patto di stabilità. Per questo la crisi franco-italiana va sanata rapidamente altrimenti finiremo male tutti e due. Non dimentichiamo che la nostra crescita post Covid è dovuta alla sospensione del patto di stabilità che per noi è più un Patto di instabilità e decrescita, basta vedere gli ultimi vent' anni. E poi spero che sia l'anno della sospensione, non della fine, della guerra in Ucraina. Kiev deve respirare ma anche Mosca, che ha già perso 100 mila uomini. Comunque finisca ci sarà sempre un confine comune».
Che fine faranno Donbass e Crimea?
«Se parliamo di territori non si va da nessuna parte. Intanto smettere di sparare. Poi col tempo si discuterà. L'Ucraina non può rinunciare ai confini del '91 così come la Russia non può tornare dov' era prima del 24 febbraio. Dovremo convivere con questa situazione».
Estratto dell’articolo di Daniele Raineri per “la Repubblica” il 30 dicembre 2022.
A questo punto la battaglia per la piccola città di Kreminna e quella per la città di Bakhmut, ottanta chilometri più a Sud, sono diventate le due sfide gemelle che decideranno chi si prende l'intero Donbass. I soldati ucraini sono in vantaggio attorno a Kreminna, tenuta ancora in queste ore dai soldati russi, e se la prendessero potrebbero avanzare in profondità nella regione di Lugansk. Fonti locali dicono a Repubblica di avere visto militari e mezzi russi lasciare Kreminna e spostarsi verso Est, ma non è una prova definitiva e se la città fosse caduta gli ucraini lo avrebbero già annunciato su tutti i canali: per ora non è successo.
Tra aprile e giugno i governi occidentali realizzarono che gli ucraini erano in grado di vincere uno scontro convenzionale contro i russi e cominciarono a mandare armi pesanti ai soldati ucraini nel Donbass, inclusi pezzi d'artiglieria e lanciarazzi Himars, ma era ormai troppo tardi per rovesciare sul breve termine il rapporto di forze con le divisioni russe.
I soldati di Putin conquistarono tutte le città della regione di Lugansk - come Kreminna, Rubizhne, Lysychansk e Severodonetsk - e cacciarono indietro gli ucraini di una quarantina di chilometri prima che la situazione si stabilizzasse.
Adesso i soldati ucraini stanno facendo in avanti le stesse strade che in estate avevano fatto all'indietro. Come scrive il Washington Post, dispongono di una mappa digitalizzata del territorio che consente di vedere in tempo reale gli spostamenti e le posizioni di ogni singola unità russa - anche di un solo carro armato - grazie al sostegno dei militari e dell'intelligence americana. L'intelligenza artificiale esamina le foto satellitari (non soltanto quelle militari, ma anche quelle dei satelliti commerciali) e riconosce, metro per metro, la presenza militare della Russia in Ucraina.
Questo tipo di intelligence, così minuziosa e localizzata, consente agli ucraini di vedere dove le difese russe sono più deboli. È così che a settembre hanno sfondato nella regione di Kharkiv, ma il Donbass è sempre una faccenda differente, i russi hanno preparato molte linee fortificate di difesa e il governo Putin ha ordinato negli ultimi tre mesi una mobilitazione di massa proprio per non cedere più terreno. Più a Sud, i russi tentano da sei mesi di conquistare la piccola città di Bakhmut. Se riuscissero, questa volta sarebbero loro ad avanzare in profondità nella regione di Donetsk. Non sta andando bene per loro.
I soldati ucraini in queste settimane descrivono lo spettacolo senza senso delle ondate successive di soldati russi mandati avanti a morire su terreno scoperto, una dopo l'altra. Questa ostinazione suicida è frutto di un calcolo politico: il capo della forza mercenaria Wagner, Evgenij Prigozhin, vuole provare a Putin di essere più efficiente e quindi più utile dell'esercito regolare. Bakhmut doveva essere il trofeo di Prigozhin, entrerà nella storia russa come il luogo di una strage senza significato. […]
Bianchi in una notte. Il dolore per la guerra all’Ucraina, l’odio per l’aggressore e l’amore che vincerà su tutto. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta il 31 Dicembre 2022.
In oltre 300 giorni, il popolo ucraino ha scoperto risorse all’interno di se stesso, fondi ai quali forse nessuno accede mai nella vita se non nelle situazioni critiche e ha infine compreso una frase spesso pronunciata dai nonni
No, non ci saranno le conclusioni di quest’anno, perché non c’è niente da concludere, l’evento che ha sconvolto le nostre vite non è concluso, la guerra è in corso, sono in corso le atrocità che l’esercito russo commette sul territorio ucraino, in corso ci sono la violenza e il dolore che oltrepassano il varco tra il 2022 e il 2023 e si allungano con una coda velenosa nei mesi dell’anno nuovo come una piovra. Quanto eravamo ingenui con i buoni propositi per il 2020, quando la pandemia ci ha scompigliato qualsiasi piano. Quanto eravamo ingenui con i buoni propositi per il 2022, quando dopo 2 anni di pandemia la guerra si è allargata da alcuni territori del Donbas a tutto il paese dell’Ucraina. Non c’è nessuna famiglia in Ucraina, e siamo in 41 milioni in Ucraina, che non sia stata direttamente urtata dall’onda di terrore chiamata guerra. Direttamente o indirettamente ci siamo dentro tutti. Nell’anno passato, in 310 giorni di guerra, abbiamo conosciuto cose che non avevamo mai conosciuto prima, abbiamo scoperto risorse all’interno di noi stessi, abbiamo scoperto quei fondi ai quali forse nessuno accede mai nella vita se non nelle situazioni critiche.
Abbiamo scoperto che cosa sia il dolore, profondo, lacerante, fisico, che penetra nelle ossa, che distorce il viso. Le rughe intorno alla bocca, agli occhi, sulla fronte sono diventate solchi che sprofondano sempre di più fino al cranio. Le nostre teste sono diventate bianche, come in quella frase che dicevano i nostri nonni e noi non l’avevamo mai capita fino a poco fa: «diventare bianchi in una notte». Siamo diventati bianchi in diverse notti fino a non riconoscere il colore dei nostri capelli.
Abbiamo provato la paura di non avere un domani, di non sopravvivere, di perdere le persone più care, di diventare orfani in un tratto. La paura che ci ha fatto reagire, fare qualcosa, arruolando ciascuno al suo fronte da militare, da volontario, da medico, da giornalista. A volte la paura ci ha bloccato, a volte ci ha fatto scappare. Tutti i nostri sentimenti in una guerra sono leciti. Di illecito qui c’è solo la guerra.
Abbiamo provato e tuttora continuiamo a provare odio. L’odio che ci è stato inflitto, quasi imposto a comando da un pulsante che fa partire i missili sui civili o che fa premere un grilletto che spara pallottole nei corpi dei difensori ucraini. L’odio devastante, forte, preciso e mirato. L’odio per quelle bare che tornano a casa con i corpi dei ragazzi pacifici che fino al giorno prima facevano i buoni propositi per il 2022: finire l’università, magari sposarsi, fare finalmente quel benedetto passaporto e compiere il primo viaggio oltre i confini dell’Ucraina. Invece hanno scelto di proteggere le loro famiglie e le famiglie degli altri, hanno scelto di proteggere, non hanno scelto di avere la guerra in casa. L’odio per le bare che non tornano e restituiscono solo il silenzio straziante, una speranza cieca come le città senza elettricità, di poter comunque un giorno rivedere la persona più cara. Magari non è stata uccisa, magari è stata solo catturata, è solo dispersa e presto troverà il modo il mettersi in contatto. L’odio per le fosse comuni con tutta la gente che ci è finita dentro senza aver avuto diritto nemmeno alla sepoltura, una sepoltura che poteva avvenire dopo una lunga vita e dopo una morte naturale, invece ci sono file di cumuli di erra senza un nome e senza una croce.
Nell’obitorio di Bucha, la città liberata negli ultimi giorni di marzo, ci sono ancora corpi non riconosciuti. L’odio per tutte quelle faccine di bambini che presto diventeranno facce adulte ma con un trauma che non andrà via presto, che irromperà nei momenti meno opportuni, nelle piazze affollate, nei posti circoscritti, con le persone più care quando cade qualsiasi difesa protettiva.
Abbiamo scoperto cosa è importante e cosa non lo è più: le foto di famiglia, qualche indumento della madre e una vecchia pipa del padre sono diventati tesori che non possono essere comprati a nessun prezzo, che non possono essere sostituti con niente e scambiati con niente. Il materiale ha assunto un valore simbolico, è diventato un legame, una parte di noi che non potrà essere mai recuperata, perché giace sotto le macerie. Gli ucraini hanno lasciato la casa con una valigia sola senza mai avere un ritorno, come una lumaca con la casa attaccata al proprio corpo, in attesa di poterne ricostruire un’altra da quello zaino.
Abbiamo scoperto che cosa è la solidarietà, la gente sconosciuta che aspetta sui binari i profughi, che lascia le carrozzine alla stazione per le madri ucraine, che apre le porte della propria casa a persone sconosciute, che dona soldi, vestiti, cibo, generatori senza volere indietro niente. Quel calore delle mani umane che si sente anche se si indossa un guanto. Solidarietà e rispetto che ci siamo guadagnati con la risposta decisa all’aggressore russo.
E l’amore? Abbiamo provato l’amore in questo 2022? Quanto amore c’è nel donare i soldi all’esercito ucraino per salvare la vita di un padre, di una sorella, di un figlio, di una madre? Quanto amore c’è nel curare e incoraggiare le persone che arrivano mutilate dal fronte. Quanto amore c’è nell’uscire a fare il turno di notte in un ospedale, nel reparto di maternità che viene poi bombardato? Nell’uscire in piazza in una città europea per stare tutti insieme a rincuorarci. Quanto amore c’è nel parlare con le persone care, parlare oggi, scrivere che gli vuoi bene perché domani potrebbe non arrivare.
L’amore infinito, che traspira dai video delle città liberate, dell’incontro dei soldati in rotazione dal fronte che abbracciano i loro figli, l’amore che si manifesta nello sposarsi lì direttamente sul fronte, in uniforme. L’amore di chiedere scusa e ritrovare la persona con cui ci si è persi di vista per anni. L’amore nell’allacciare i cavi dell’elettricità abbattuti dopo l’ennesimo attacco russo. L’amore nel curare le aiuole della capitale con le sirene che piombano dal cielo. L’amore di attaccare alla busta i francobolli con il trattore che trascina il carro armato russo. L’amore nel calpestare mille palchi con il nodo finalmente sciolto alla bocca per poter parlare di tutto questo. Che sia il proposito dell’amore, quello sincero, il proposito degli ucraini per il 2023. Perché l’amore vincerà su tutto.
Sotto la propaganda niente. L’anno in cui abbiamo capito che per combattere i tiranni dobbiamo smettere di mitizzarli. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 31 Dicembre 2022.
Nel 2022 l’Occidente si è fatta prendere di sorpresa per l’ultima volta (si spera). Sono evidenti i piani criminali, quanto la fragilità degli autocrati: la loro caduta dipende dalle democrazie liberali. Ricordiamolo nel 2023
I tiranni si possono combattere, nel 2022 ce lo siamo ricordato. Leadership mitizzate, mai abituate a perdere, hanno sbattuto contro una realtà fallimentare. Russia, Iran, Cina, Bielorussia, Ungheria, le loro succursali a Mar-a-Lago e nel mondo. A questi «capi carismatici» si è ritorta contro l’auto-narrazione da vincenti. Sta a vedere che eravamo noi ad alimentarla quest’aura di impunità. I nostri media sono ossequiosi nel trascrivere repliche ufficiali di poteri spregevoli, di cui «vanno capite le ragioni», e sedotti dal fascino dell’«uomo forte», i cui «trionfi» si sono sgretolati non appena abbiamo smesso di raccontarli come tali, non appena l’Occidente si è ricompattato dopo anni di arrendevolezza.
Vladimir Putin non ha un buon rapporto con gli insuccessi. All’alba del suo ventennio al potere, nell’agosto del 2000, preferì lasciar morire affogato l’equipaggio del sottomarino nucleare “Kursk” (centosette persone) che accettare l’aiuto straniero, offerto da Regno Unito e Norvegia. Sta perdendo il conflitto in Ucraina dal 24 febbraio, ma nessuno deve averglielo detto. Anche perché la morìa di oligarchi – l’ultimo è Pavel Antov, “caduto” due giorni fa dalla finestra di un albergo in India – potrebbe indurre alla prudenza il cerchio magico del Cremlino.
Un po’ come quando si tace una notizia sgradevole per risparmiarla a un parente anziano, gliela si dà annacquata o in ritardo. Solo che il «nonno» in questione siede su seimila testate nucleari e andrebbe processato per crimini di guerra. Nel 2022 ai piani alti della cleptocrazia ci sono stati decessi a dozzine, parecchi spacciati per suicidi. Esprimere critiche, anche felpate o involontarie, al governo di Mosca accorcia significativamente l’aspettativa di vita nella Federazione. Da quelle parti, «defenestrare» non è un eufemismo per la fine della carriera politica.
L’assassinio è un «lavoro sporco» (mokroye delo in russo). Può servire a togliere di mezzo un individuo scomodo, rappresaglia per un tradimento vero o fasullo. Spesso rappresenta un messaggio. A volte i mandanti non vogliono nemmeno depistarci: se avvelenano, lasciano residui che suggeriscano, «come un biglietto da visita», un omicidio. Non abbastanza, però, perché sia dimostrabile la responsabilità dei Servizi russi. L’informazione è connivente quando si presta a questi giochi, facendosi manipolare perché trasmetta un avvertimento.
Abbiamo avvalorato la fama di sicari implacabili, da romanzo spionistico, anche di fronte a errori marchiani, come quando Alexei Navalny ha smascherato con una telefonata i suoi goffi attentatori. L’immaginario collettivo è rimasto intrappolato nella narrativa, l’allucinazione di Putin che cavalca orsi a torso nudo, anche quando la realtà confutava la propaganda di Stato. Qualcosa di simile è avvenuto con la fantasmagorica potenza militare russa. Attesa per settimane, mentre gli ucraini sfatavano anche quel mito meglio di qualsiasi debunking, con sgomento degli opinionisti che avevano magnificato «il secondo esercito del mondo».
La corruzione metastatica aveva drenato miliardi di rubli. Fissavamo un gigantismo di facciata, senza accorgerci che si trattava di villaggi Potëmkin. Lo stesso stratagemma – una finzione posticcia – veniva adottato per nascondere le caserme in rovina durante le visite ufficiali. La peggiore politica, che aveva inviato osservatori e delegazioni in Donbas, si sgola perché l’Ue addolcisca le sanzioni «che fanno più male a noi». È surreale credere a un inganno di cui persino una parte dell’élite russa ha iniziato ad accorgersi. Senza neppure la scusante di essere tenuti in ostaggio.
Il 2022 è l’anno in cui abbiamo capito che per contrastare i tiranni dobbiamo smettere di mitizzarli, in cui la fragilità dei regimi autocratici ha messo a nudo la loro inadeguatezza come «modelli» alternativi. Il modello, semmai è Kyjiv. Quella «illiberale» non solo non è democrazia, ma non funziona nemmeno meglio. È vero il contrario. Davanti allo sprofondo di Putin, all’incapacità cinese di contenere i contagi, è brillato il controesempio degli Stati liberali, con tutta la loro farraginosità. È bastato che l’Occidente si unisse perché evaporassero decenni di fake news.
Mentre cerca di smerciare sottoprezzo gas e petrolio all’India, Putin non è mai stato così isolato. I suoi alleati non se la passano meglio. Abbraccia Alexander Lukashenko, che resta in carica solo grazie alla repressione sponsorizzata dal Cremlino, però non riesce a convincerlo ad aprire un secondo fronte. Ha mobilitato trecentomila disgraziati, non ha più armi né equipaggiamento, eppure li scaraventerà in tritacarne come quello di Bakhmut, dove cresce l’influenza della Wagner in quell’ultimo irrigidimento totalitario chiamato rascismo.
Alla vigilia dell’invasione, il dittatore ha incassato una cooperazione «senza limiti» con Xi Jinping e pare avergli portato sfiga. Dieci mesi dopo, a Pechino è esplosa in casa una bomba pandemica – sembra un replay del 2020 solo che l’Occidente ha i vaccini – dopo quella del dissenso in autunno. La retorica bellica ha smesso di funzionare quando s’è incrinato il patto con la popolazione. In un bilaterale virtuale ieri i due si sono ripromessi «collaborazione strategica» e, magari, di vedersi dal vivo in primavera. Ottimisti.
Putin non può più contare sulla sua quinta colonna americana. Anche se è ancora molto influente tra i repubblicani, dove accusa la concorrenza del più giovane Ron De Santis, Donald Trump è un ex presidente azzoppato. Era convinto di stravincere le Midterm: da re Mida al contrario, ha fatto perdere molti dei candidati che ha benedetto. L’annuncio di correre per la Casa Bianca serve anche e soprattutto a oscurare i guai giudiziari di un golpista ed evasore. L’ala alt-right del Gop, però, può complicare i nuovi aiuti da quarantacinque miliardi di dollari.
Al macellaio russo resta l’asse con Teheran. Arrivano dall’Iran (e dalla Corea del Nord) i droni kamikaze e le bombe che continuano a piovere sull’Ucraina. La presa degli ayatollah però scricchiola: una nuova generazione si ribella all’oscurantismo di un Medioevo senza fine e rigetta il velo come strumento di oppressione. È l’alba di una rivoluzione? Le rivolte «sembrano sempre impossibili il giorno prima, e sempre inevitabili il giorno dopo». Le donne iraniane ci ricordano che le teocrazie possono crollare. Non dobbiamo fare l’errore di crederle eterne: a Mosca, a Pechino, a Minsk.
Il Cremlino ragiona per «sfere d’influenza». Quella di Mosca è stata amputata con l’aggressione insensata a Kyjiv. Georgia e Moldavia hanno affiancato l’Ucraina nella richiesta di entrare nell’Unione europea, Svezia e Finlandia hanno riscritto una storica neutralità per ripararsi sotto l’ombrello della Nato. Il brand di Putin è diventato tossico, ha perso ogni attrattiva (salvo in certi salotti televisivi italiani). I gruppi politici che avevano intrattenuto relazioni con Russia Unita si sono affrettati a cercare di cancellare quel passato.
Soffiare sul fuoco dei Balcani, sulle tensioni in Kosovo, dà le dimensioni della disperazione di Mosca. Dopo il presidente serbo Aleksandar Vučić, un altro fiancheggiatore è il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Budapest per mesi ha fatto ostruzionismo sulle sanzioni e ha ottenuto esenzioni che minavano l’unità europea. Oggi vieta il transito di armi sul suo territorio e usa il dossier ucraino per ricattare i Ventisette. Nulla di nuovo. Alla fine capitola sempre. Prima o poi dovrà pagare le conseguenze di questa ambiguità.
È un autocrate pure l’autoproclamatosi pacificatore, Recep Tayyip Erdoğan. Il presidente turco ha officiato i negoziati falliti, si è intestato la riapertura dei corridoi del grano sul mar Nero. «È un dittatore con cui dobbiamo fare i conti», insuperata formula draghiana. Nel dubbio l’Italia gli vende munizioni navali. Il sultano è instabile come la lira turca. Agita la repressione del «terrorismo» e ordina sentenze politiche perché perde consensi. A giugno 2023 si vota, chissà se entro allora avrà sollevato il veto sull’ingresso di Stoccolma ed Helsinki nell’Alleanza atlantica.
«La cosa scioccante è che i crimini di guerra, i sistematici eccidi di massa, le deportazioni e le torture in Ucraina sono una ripetizione delle atrocità del Cremlino in passato – ha scritto la premier estone Kaja Kallas (una delle nostre donne europee dell’anno) –. Da febbraio molti si sono chiesti “perché?” Perché la Russia sta conducendo una guerra genocida contro l’Ucraina? La mia risposta è sempre: guardate la Storia. L’Urss è scomparsa, l’imperialismo no. L’uso della forza è continuato contro la Moldavia, poi la Georgia, la Crimea e il Donbas. Troppi fuori dalla Russia hanno sottovalutato questi eventi. L’aggressione su larga scala dell’Ucraina non avrebbe dovuto essere una sorpresa».
Il 2022 è l’anno in cui il mondo libero smette di farsi prendere di sorpresa. Ci ha messo sotto gli occhi la fallibilità dei tiranni, a cui possiamo attivamente contribuire. Abbiamo appreso che la loro statura temibile era spesso un (nostro) artificio prospettico. In retrospettiva, sono evidenti le falle nei loro trionfi. Avremmo potuto evitarli, ma non le abbiamo viste, come non abbiamo creduto a chi ce le indicava. Sotto la propaganda niente. Il 2023 può essere l’anno in cui cadrà qualcuno di loro: ora sappiamo che dipende dalle democrazie occidentali. Da noi.
Ucraina Russia, le notizie del 31 dicembre 2022. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 31 Dicembre 2022.
Le notizie di sabato 31 dicembre, in diretta: coprifuoco anche nella notte dell’ultimo dell’anno nella capitale ucraina
Artiglieria in azione vicino Bakhmut (Afp)
• La guerra in Ucraina è arrivata al 310esimo giorno.
• Continuano a cadere missili su Kiev, Kherson e altre città. Esplosioni a Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare.
• Zelensky: «Nel Donbass manteniamo le posizioni, avanzando lentamente».
• Colloquio tra Putin e Xi: «Vogliamo rafforzare la cooperazione militare».
• Pace o nuove offensive? Lo stallo dell’inverno.
Ore 04:57 - Kiev: liberato un villaggio nel Lugansk
L' esercito ucraino ha liberato il villaggio di Novoselivske, nella regione di Luhansk, alcuni militari russi sono stati catturati. Lo afferma l'amministrazione militare regionale di Lugansk, come riporta Unian. Il villaggio è ora controllato dall'esercito ucraino.
Ore 05:01 - Bach, Cio: sanzioni sportive contro Russia e Bielorussia devono restare
Le sanzioni sportive imposte a Russia e Bielorussia per l’invasione dell’Ucraina devono rimanere saldamente in vigore nel 2023. Lo ha ribadito il capo del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach. «Le sanzioni contro gli stati e i governi russo e bielorusso devono e rimarranno saldamente in vigore», ha affermato Bach nel messaggio di fine anno. «Stiamo sostenendo gli atleti e i membri della comunità olimpica ucraina ovunque, con tutta la nostra solidarietà. Nel nuovo anno - ha sottolineato - gli atleti ucraini possono contare sul pieno impegno per questa solidarietà da parte del Cio e dell’intero Movimento Olimpico. Vogliamo vedere una squadra ucraina forte ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 e ai Giochi Olimpici Invernali di Milano Cortina 2026».
Ore 05:02 - Usa, preoccupazione per il sostegno cinese alla Russia
Gli Stati Uniti sono preoccupati dal sostegno cinese alla Russia nel contesto dell’invasione dell’Ucraina e stanno monitorando le attività di Pechino: lo ha reso noto il Dipartimento di Stato americano. «Stati Uniti ed Europa hanno avvertito la Repubblica Popolare cinese delle conseguenze della fornitura di assistenza militare alla Russia o di assistenza nell’elusione delle sanzioni», ha detto il portavoce
Ore 05:02 - Kiev: alla Russia serviranno 10 anni per ripristinare le forze armate
La Russia potrebbe impiegare fino a 10 anni per ripristinare le sue forze armate dopo le perdite in Ucraina, secondo Kiev. La previsione è del ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, citato dal Kyiv Independent. Reznikov afferma anche che l’esercito russo deve affrontare una carenza di armi ad alta precisione, avendone utilizzato già la maggior parte del suo arsenale. Tale carenza, secondo il ministro della Difesa ucraino, riguarderebbe anche i missili balistici Iskander.
Ore 05:07 - Kiev: timori per attacchi nella notte di Capodanno
Il ministero della Difesa ucraino teme un massiccio attacco russo nella notte di Capodanno sulla capitale Kiev e su altri obiettivi. E’ quanto riferiscono i media locali. La preoccupazione dell’intelligence ucraina è che Mosca voglia condurre un’azione dimostrativa per celebrare l’inizio del nuovo anno. Proprio per questo timore, anche nella notte di San Silvestro sarà in vigore il coprifuoco a Kiev e in altre città.
Ore 05:19 - IL PUNTO MILITARE - Pace o nuove offensive? Ecco cosa sta succedendo
(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) I fronti con cambiamenti minimi, i pesanti bombardamenti russi, le esigenze per la difesa: queste le ultime note sul taccuino militare.
Logoramento delle forze
Il capo dell’intelligence ucraina Kyrylo Budanov ha dichiarato alla BBC che la guerra è di nuovo in fase di stallo, nessuna delle parti riesce a prendere il sopravvento nelle aree di maggior attrito. Così gli schieramenti si logorano con perdite consistenti, situazione raccontata da testimonianze ma anche dai video che trapelano. A volte sembra di rileggere un copione con Kiev priva degli equipaggiamenti necessari (munizioni in quantità, corazzati, velivoli) per poter dare una nuova spallata. Le forniture Nato continuano, però richiedono dei tempi lunghi, specie quando si parla di apparati complessi. Mosca si affida ai rinforzi schierati in queste settimane, spedisce i militari nel «tritacarne», divide il peso tra i mercenari della Wagner e le truppe regolari.
Ore 05:37 - Schierati 20 mila soldati per difendere Mosca nella notte di Capodanno
Circa 20.000 militari saranno dispiegati per la difesa «aerea e missilistica» di Mosca nella notte di Capodanno. Lo ha comunicato il ministero della Difesa russo secondo quanto riporta l’agenzia Ria Novosti. I soldati saranno impiegati in parte per scopi speciali di difesa aerea e missilistica e con altri compiti di vigilanza di obiettivi sensibili.
Ore 08:00 - Gran Bretagna, possibili nuovi raid per minare morale popolazione
Due giorni fa le forze russe hanno lanciato un’altra ondata di attacchi missilistici a lungo raggio in tutta l’Ucraina, ancora una volta mirando principalmente alla rete di distribuzione elettrica. A riferirlo è un tweet del ministero della Difesa britannico in uno dei consueti aggiornamenti d’intelligence. Da ottobre la Russia si è attenuta a un modello generale che prevede un’intensa ondata di attacchi ogni sette-dieci giorni, si spiega.
Le forze di Mosca stanno «quasi certamente seguendo questo approccio nel tentativo di sopraffare le difese aeree ucraine». L’aggiornamento prevede tuttavia la «possibilità realistica che la Russia rompa questo schema per colpire di nuovo nei prossimi giorni, nel tentativo di minare il morale della popolazione ucraina durante le vacanze di Capodanno».
Ore 08:48 - Kiev, 200 soldati russi uccisi a Kherson in un giorno
Duecento soldati russi sono stati uccisi in un solo giorno nell’oblast di Kherson, nel sud dell’Ucraina. Lo riporta l’esercito di Kiev, facendo riferimento all’esito degli scontri dello scorso 29 dicembre.
Lo stesso giorno 115 soldati russi sono rimasti feriti nell’oblast di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale, dove si trova la centrale nucleare più grande d’Europa.
Ore 08:49 - Kiev ai cittadini russi: «Mosca prepara una nuova mobilitazione, fuggite»
Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ha avvertito i cittadini russi che il Cremlino sta preparando una nuova ondata di mobilitazione e prevede di chiudere il confine entro una settimana. «So per certo che hai circa una settimana prima di avere ancora una scelta», ha detto, parlando in russo, in un discorso video trasmesso ieri.
«All’inizio di gennaio le autorità russe chiuderanno le frontiere agli uomini, dichiareranno la legge marziale e avvieranno una nuova ondata di mobilitazione. I confini saranno chiusi anche in Bielorussia». Anche Kyrylo Budanov, capo della direzione dell’intelligence ucraina, aveva anticipato nei giorni scorsi che la Russia sta pianificando una nuova mobilitazione dal 5 gennaio perché mancano gli uomini al fronte di guerra. Reznikov ha anche tenuto a precisare che quest’ultima ondata di arruolamento riguarderà «gli abitanti delle grandi città russe».
Secondo il Kiyv Independent, Mosca e San Pietroburgo sono state risparmiate dalle campagne di mobilitazione del Cremlino, che invece hanno interessato in maniera pesante le minoranze etniche in altre regioni russe, i cui uomini sono stati chiamati ad arruolarsi in maniera sproporzionata.
Ore 09:48 - Bombardamenti russi sulla regione di Sumy
Questa notte e ancora questa mattina le forze aeree russe hanno lanciato missili su alcuni villaggi della regione di Sumy, nel nordest dell’Ucraina. Lo ha dichiarato alla stampa locale il capo dell’amministrazione regionale Dmitro Zhivitsky: «Oggi, dopo le 8.00 del mattino, i russi hanno aperto il fuoco di artiglieria sulla comunità di Krasnopillia. Ci sono stati tre attacchi». Nella notte sono stati colpiti cinque comuni a ridosso del confine con la Russia: due di questi avrebbero subito danni alle infrastrutture civili.
Ore 12:47 - Il ministro della Difesa russo Shoigu: «Inevitabile la nostra vittoria»
«La nostra vittoria è inevitabile». Lo ha affermato Sergei Shoigu, ministro della Difesa della Russia, nel suo messaggio di fine anno ai miliatri dell’Armata: «L’imminente festa di capodanno rimane non solo una buona tradizione popolare, ma acquista anche un significato più profondo, essendo un simbolo delle nostre speranze per un futuro pacifico. La nostra vittoria, come l’arrivo del nuovo anno, è inevitabile».
Ore 13:16 - Dieci esplosioni nel centro di Kiev
Una decina di esplosioni sono state udite nelle zone residenziali di Kiev questa mattina, dopo che un allarme aereo era risuonato in tutto il Paese. Poco dopo il governatore della regione di Kiev aveva lanciato un allarme sulla possibilità che avvenissero attacchi missilistici. Le esplosioni nella capitale sono state confermate su Telegram dal sindaco Vitaliy Klitschko. Anche a Kharkiv e a Zaporizhzhia sono avvenute esplosioni.
Ore 13:40 - Un morto dopo le esplosioni a Kiev
Dalla nostra inviata a Odessa — Secondo le prime informazioni diffuse dal sindaco Vitaly Klitschko un uomo anziano è stato ucciso e 20 persone sono rimaste ferite nel distretto di Solomianskyi a seguito delle esplosioni nella zona residenziale durante l'attacco missilistico russo. Una persona è in condizioni critiche. Tra i feriti anche un giornalista giapponese. I soccorritori sono al lavoro, l’allerta è ancora in corso. Secondo l’amministrazione della città un hotel è rimasto danneggiato dall'attacco missilistico russo in corso. Si tratta dell’hotel Alfavito nel centro di Kiev. Danneggiato anche il Palace of Ukraine, sede di norma dei concerti di fine anno. (Marta Serafini)
Ore 14:15 - Il discorso di fine anno di Putin
Ha parlato per nove minuti, il messaggio di fine anno più lungo da che guida la Russia. E ha scelto un'ambientazione insolita: non le sale del Cremlino, ma il quartier generale del distretto militare meridionale, a Rostov sul Don. Lì, circondato dai militari, il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto ai suoi concittadini: «L'anno sta volgendo al termine: è stato un anno di decisioni difficili e necessarie, di passi importanti per ottenere la piena sovranità della Russia e il consolidamento della nostra società. Ha dimostrato che la difesa della Patria è il nostro sacro dovere verso gli antenati e discendenti», ha esordito lo Zar.
Che poi ha difeso la scelta di invadere l'Ucraina e accusato l'Occidente: «La correttezza morale e storica è dalla nostra parte. Oggi noi combattiamo per proteggere il nostro popolo nei nostri territori storici. L'Occidente ha mentito sulla pace, stava preparando un'aggressione. Per anni ci hanno assicurato sulla pace, ma hanno incoraggiato in ogni modo i neonazisti».
E ancora: «Le élite occidentali usano cinicamente l'Ucraina e il suo popolo per indebolire e dividere la Russia. Non abbiamo mai permesso a nessuno di farlo, e non lo permetteremo».
Ore 16:26 - Esplosioni in un aeroporto in Crimea
Su alcuni canali Telegram è stato riportato che nel pomeriggio sono avvenute delle esplosioni nell'aeroporto di Dzhankoi, in Crimea, utilizzato dalle forze di occupazione russe come base militare. Poco dopo, anche l'esercito ucraino ha confermato le esplosioni. L'aeroporto, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato colpito da un'arma ad alta precisione, ma finora nessuna delle due parti ha rilasciato dichiarazione ufficiali in proposito.
Ore 23:09 - Il messaggio di fine anno di Zelensky
«Il 2022 ci ha ferito al cuore. Abbiamo pianto tutte le lacrime», lo afferma il presidente dell'Ucraina Volodimir Zelensky nel suo messaggio di fine anno. «Abbiamo gridato tutte le preghiere. 311 giorni. Abbiamo qualcosa da dire su ogni minuto. Ma la maggior parte delle parole non sono necessarie. Non abbiamo bisogno di spiegazioni, di decorazioni. Abbiamo bisogno di silenzio. Per ascoltare. Abbiamo bisogno di pause. Realizzare». «Non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il nuovo anno 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria. E questo è l'aspetto principale. Un augurio a tutti gli ucraini. Che quest'anno sia l'anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. I guerrieri alle loro famiglie. I prigionieri alle loro case. Gli sfollati interni alla loro Ucraina. Restituzione delle nostre terre. E chi è temporaneamente occupato sarà libero per sempre. «Ritorno alla vita normale. Ai momenti felici senza coprifuoco. Alle gioie terrene senza raid aerei. Restituzione di ciò che ci è stato rubato. L'infanzia dei nostri figli, la serena vecchiaia dei nostri genitori. «Che il nuovo anno porti tutto questo. Siamo pronti a lottare per questo. È per questo che ognuno di noi è qui. Sono qui. Siamo qui. Siete qui. Sono tutti qui. Siamo tutti ucraini. Gloria all'Ucraina! Buon anno!»
Ucraina Russia, le notizie del 1° gennaio. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera l’1 Gennaio 2023.
Le notizie di domenica 1° gennaio: coprifuoco anche nella notte dell’ultimo dell’anno nella capitale ucraina
Questa diretta è stata chiusa. Trovate a questo link il nuovo articolo con tutte le notizie di oggi, in diretta, sulla guerra in Ucraina.
• La guerra in Ucraina è arrivata al 311esimo giorno.
• Continuano a cadere missili su Kiev, Kherson e altre città. Esplosioni a Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare. La capitale è stata colpita poco dopo lo scoccare della Mezzanotte.
• Il messaggio di fine anno di Zelensky: «Non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria».
Ore 00:22 - Esplosione a Kiev, difesa antiaerea in azione
Un'esplosione è risuonata sopra Kiev a meno di un'ora dall'inizio del 2023. Lo ha reso noto il sindaco aggiungendo che il sistema di difesa aerea stava «funzionando» per difendere la città dagli attacchi russi. «Esplosione udita nella capitale. La difesa aerea sta funzionando», ha detto Vitali Klitschko su Telegram dopo l'esplosione avvenuta intorno alle 00.35 ora locale
Ore 07:13 - Borrell: «Ue al fianco di Kiev anche nel 2023»
«Siamo decisi a continuare a stare al fianco dell’Ucraina, anche nel 2023»: così il l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Josep Borrell. «Nel 2022 la Russia ha deciso di abbandonare completamente gli impegni per i diritti umani fondamentali e di attaccare l’Ucraina e la sicurezza globale», ha scritto Borrell sul suo account Twitter.
Ore 07:17 - Zelensky, il discorso in russo: «L’Ucraina non perdonerà»
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Gli attacchi sono continuati su Kiev pochi minuti dopo che Zelensky ha pronunciato il suo primo discorso di Capodanno in tempo di guerra.
Ha detto: «Non sappiamo con certezza cosa ci porterà il nuovo 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria. E questa è la cosa principale. Che quest’anno sia l’anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. Soldati - alle loro famiglie. Prigionieri – alle loro case. Immigrati - nella loro Ucraina. Il ritorno delle nostre terre. E i temporaneamente occupati diventeranno per sempre liberi. Ritorna alla vita normale. A momenti felici senza coprifuoco. Alle gioie terrene senza avvisi aerei. Il ritorno di ciò che ci è stato rubato. L’infanzia dei nostri figli, la tranquilla vecchiaia dei nostri genitori».
Gli attacchi di Capodanno sono andati avanti per tutta la notte di sabato con una raffica di oltre 20 missili da crociera in tutta l’Ucraina, in quello che il difensore civico per i diritti umani dell’Ucraina, Dmytro Lubinets, ha definito «terrore alla vigilia di Capodanno».
L’attacco di sabato - il secondo attacco missilistico di Mosca in tre giorni - ha danneggiato gravemente un hotel a sud del centro di Kiev e un edificio residenziale in un altro distretto. Un giornalista giapponese tra i feriti e portato in ospedale, ha detto Klitschko.
Zelensky ha risposto agli attacchi di sabato - e al discorso di Capodanno di Vladimir Putin in cui ha incolpato l’Occidente per aver provocato la guerra - con un messaggio al popolo russo, consegnato in russo. «Il tuo leader vuole dimostrare di avere le truppe dietro di sé, è avanti. Ma si sta nascondendo. Si nasconde dietro le truppe, i missili, le sue residenze, i palazzi. Si nasconde dietro di te, brucia il tuo paese, il tuo futuro», ha detto. «Nessuno perdonerà per il terrore. Nessuno al mondo ti perdonerà. L’Ucraina non perdonerà».
Vyacheslav Gladkov, il governatore della regione russa meridionale di Belgorod, al confine con l’Ucraina, ha affermato che a causa dei bombardamenti notturni della periferia della città di Shebekino, ci sono stati danni alle case, ma nessuna vittima. L’Ucraina non ha mai rivendicato pubblicamente la responsabilità di eventuali attacchi all’interno della Russia, ma li ha definiti karma per l’invasione russa.
Ore 07:33 - I discorsi paralleli di Putin e Xi Jinping, e che cosa si nasconde sul futuro della guerra nelle loro parole
(Federico Rampini) Quali messaggi contiene l’ultima telefonata tra Vladimir Putin e Xi Jinping, con cui i due leader hanno concluso il 2022? Il rapporto fra le due superpotenze anti-occidentali rimane saldo, e la loro «cooperazione strategica» farà un passo avanti in occasione della prossima visita di Xi a Mosca. Nella versione cinese però la guerra in Ucraina viene per la prima volta definita una «crisi internazionale», un’espressione negativa che Xi aveva evitato in passato. Di qui a ipotizzare una divergenza o perfino un conflitto, il passo è troppo lungo. La Cina sta pagando un prezzo per il conflitto lanciato da Putin, e la conseguenza più probabile è che… alzerà il prezzo del suo appoggio alla Russia.
Ore 07:36 - Kiev: «Ieri respinti attacchi russi in 9 villaggi
Le forze ucraine hanno respinto ieri gli attacchi russi vicino a nove villaggi, mentre Mosca ha lanciato 31 attacchi missilistici, 12 raid aerei e oltre 70 attacchi con lanciarazzi multipli: lo ha reso noto su Facebook lo Stato Maggiore delle Forze Armate di Kiev, come riporta Ukrinform.
I russi, si legge nel rapporto dell’esercito, hanno preso di mira le infrastrutture civili nelle regioni di Chernihiv, Sumy, Kiev, Khmelnytskyi, Donetsk, Zaporizhzhia, Mykolaiv e Kherson. Non ci sono per il momento notizie di eventuali feriti o vittime. Inoltre, le forze russe hanno lanciato 13 droni kamikaze di fabbricazione iraniana (Shahed-136), che sono stati distrutti dalla contraerea ucraina.
La minaccia di attacchi aerei e missilistici nemici rimane su tutto il territorio nazionale, scrive l’esercito. Le forze ucraine hanno respinto gli attacchi russi nelle aree di Stelmakhivka, Ploshchanka e Bilohorivka nella regione di Lugansk e di Soledar, Bakhmutske, Bakhmut, Ozarianivka, Maryinka e Pobieda nella regione di Donetsk.
Ore 07:44 - Ritorno a Gorodnya: l’orfanotrofio che non c’è
(Marta Serafini, inviata a Gorodnya) «Lì un tempo c’era la latrina. Noi ragazze ci andavamo sempre in coppia, avevamo paura. E quello è il laghetto dove pescavamo». Gorodnya, 30 chilometri dal confine con la Russia e la Bielorussia, epicentro della guerra. La superficie dello stagno ora è ricoperta di ghiaccio. Liuba ha 28 anni. Gli occhi da donna, le guance ancora da bambina.
All’orfanotrofio di Gorodnya, Liuba è cresciuta, dai 6 ai 17 anni. Con lei altri 300 bambini. È la vigilia di Natale, quello cristiano. «Qui festeggiamo il 7 gennaio secondo la tradizione ortodossa però voglio portare un po’ di regali ai bambini». Il cancello di metallo verde cigola. Sulla porta l’abbraccia Larissa, amministratrice dell’orfanotrofio. «Ben tornata, vieni al caldo». Dentro, un gruppo di bambini è seduto in classe. Aspetta.
Ore 09:41 - Kiev: «Abbattuti 45 droni kamikaze russi nella notte di Capodanno»
La contraerea ucraina ha distrutto la notte scorsa 45 droni kamikaze Shahed-131/136 di fabbricazione iraniana lanciati dalle forze russe: lo ha reso noto su Telegram il servizio stampa del Comando delle Forze aeree, come riporta Ukrinform. «Nella notte tra il 31 dicembre 2022 e il primo gennaio 2023, gli invasori russi hanno attaccato l’Ucraina con droni kamikaze Shahed-131/136 di fabbricazione iraniana. Quarantacinque droni d’attacco sono stati distrutti grazie al lavoro della difesa aerea dell’Aeronautica Militare in collaborazione con la difesa aerea di altri elementi delle Forze di Difesa dell’Ucraina», si legge nel messaggio. «Tredici droni sono stati abbattuti nel 2022 e 32 nel 2023», precisa il Comando.
Ore 09:43 - «Putin in cura per un cancro a febbraio»: il report dell’intelligence danese
(Marco Bruna) Il presidente russo Vladimir Putin non soffre di una malattia incurabile, ma di forti dolori cronici: lo riferiscono i servizi di intelligence militare danesi (Fe), secondo cui, al momento dell’invasione dell’Ucraina, il leader russo era in cura per una forma di cancro. Proprio la malattia potrebbe avere influenzato la sua decisione di lanciare l’«Operazione speciale».
Ore 10:20 - Kiev: «Mosca ha ancora missili per 3 attacchi su larga scala»
La Russia ha a disposizione missili da crociera per lanciare al massimo altri tre attacchi su larga scala contro l’Ucraina: lo ha detto in una conferenza stampa il vicecapo dell’intelligence di Kiev, Vadym Skibitsky, come riporta Rbc-Ucraina. «I russi hanno un deficit oggi. È principalmente correlato ai missili balistici Iskander. Come si può vedere, usano questo tipo di armi da molto tempo. Si tratta di balistica. E lo stock di (missili) Kalibr sta per esaurirsi», ha detto Skibitsky. «I nostri calcoli sono molto semplici - ha aggiunto -. Il massimo di cui la Russia è capace sono due o tre missioni di attacco della stessa potenza che abbiamo visto negli ultimi tempi», ha aggiunto spiegando che, secondo gli standard militari russi, le armi ad alta precisione sono i missili da crociera Kh-101, Kh-555 e i Kalibr. Secondo l’alto ufficiale la produzione di missili in Russia continua, sebbene sia leggermente diminuita. Il capo dell’intelligence ucraina, Kyrylo Budanov, aveva stimato di recente che Mosca ha ancora circa 150 missili, che potrebbero essere sufficienti per due massicci attacchi su larga scala contro l’Ucraina.
Ore 10:39 - Papa: «Preghiamo per chi vive giorni festa nella violenza e nella guerra»
«Preghiamo la Madre in modo speciale per i figli che soffrono e non hanno più la forza di pregare, per tanti fratelli e sorelle colpiti dalla guerra in molte parti del mondo, che vivono questi giorni di festa al buio e al freddo, nella miseria e nella paura, immersi nella violenza e nell’indifferenza! Per quanti non hanno pace acclamiamo Maria, la donna che ha portato al mondo il Principe della pace». Così Papa Francesco nel corso dell’omelia per la Messa della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella ricorrenza della 56.ma Giornata Mondiale della Pace sul tema: «Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace».
Ore 11:16 - Mattarella: «Bisogna sostenerne il popolo martire»
«L’inaccettabile aggressione russa all’Ucraina, con il suo pesante carico di morte e di sofferenze, oltre che di gravissime conseguenze al livello regionale e globale, impone di sostenere quel popolo che con sollecitudine pastorale Ella ha definito “martire”». Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio a Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Pace.
Ore 11:25 - Media: «Su Kiev anche un drone russo con scritta “Buon Anno”»
Uno dei droni kamikaze lanciati dalla Russia sulla capitale ucraina Kiev la notte di Capodanno portava la scritta `Buon Anno´: lo riporta in un tweet il Kyiv Post, che pubblica un’immagine pubblicata dal capo della polizia della regione di Kiev, Andriy Nebytov, con i frammenti del velivolo e il messaggio delle forze russe.
Ore 12:06 - Kiev: «Ventenne uccisa da bombardamento russo ieri nell’ovest»
Una ragazza di 22 anni è morta a causa dei bombardamenti russi di ieri su Khmelnytskyi, città dell’Ucraina occidentale. «La giovane era stata ricoverata in ospedale in gravissime condizioni dopo l’attacco alla nostra città, è morta per le ferite riportate», ha reso noto il capo dell’amministrazione militare regionale Sergy Gamalii, come riportano i media ucraini. E ha aggiunto che otto civili sono rimasti feriti nell’attacco, tra cui due donne che sono in gravi condizioni. I missili lanciati ieri dall’esercito russo sulla città hanno colpito una struttura militare e 13 edifici residenziali. Un’altra persona era morta ieri nei raid di Mosca su Kiev.
Ore 13:44 - Mosca: «Raid su fabbriche droni ucraine, sventati attacchi»
I raid di ieri sull’Ucraina hanno preso di mira fabbriche di droni e siti di lancio. Lo riferisce il ministero della Difesa russo, citato da Interfax, spiegando di aver così sventato i tentativi di Kiev di compiere «attacchi terroristici» contro la Russia.
Ore 14:06 - Il tweet del ministero degli Esteri inglese: «Cessate le importazioni di gas liquefatto russo»
Il ministero degli Esteri russo (UK Foreign, Commonwealth and Development Office), attraverso il canale twitter ufficiale, ha annunciato che cesserà di importare il gas liquefatto russo. «Vogliamo smettere di finanziare la guerra illegale di Putin e invitiamo altri paesi del mondo a ridurre la loro dipendenza dalla Russia».
Ore 17:27 - Il mistero della donna in divisa che compare nel messaggio di Capodanno di Putin
Nel suo messaggio di Capodanno Vladimir Putin è apparso affiancato da truppe che avrebbero combattuto in Ucraina. In realtà, secondo le accuse di molti osservatori (compresi alcuni reporter di Cnn e Bild), avrebbe arruolato «attori» che recitassero la parte dei soldati mentre brindava per elogiare i loro sforzi bellici. L’attenzione è stata catturata in particolare da una donna bionda.
Sebbene sia in mimetica, il sospetto è che abbia più presenza scenica che esperienza al fronte. Questo perché la misteriosa donna sembra essere già comparsa in una serie di photo opportunity con Putin: in tuta arancione impermeabile da marinaio su una barca, poi con il velo sul capo da credente devota in chiesa.
Ore 17:41 - Mosca potrebbe essere a corto di missili
La Russia continua nella strategia per fiaccare il morale del nemico, devasta infrastrutture e rete elettrica, costringe la resistenza a impiegare risorse enormi, spera di incidere sulla produzione industriale, stravolge e toglie vite di innocenti. Lo spionaggio ucraino, intanto, tiene il conto dei «colpi». E ipotizza che l’esercito russo sia a corto di alcuni tipi di missili. A Bakhmut, ad esempio, l’Armata sparava 60 mila proiettili d’artiglieria al giorno: ora sarebbe scesa a 19-20 mila. Quali sono le implicazioni?
Ore 18:39 - Stoltenberg: «Dobbiamo essere pronti a sostenere Kiev a lungo termine»
I paesi occidentali devono essere pronti a fornire sostegno «a lungo termine all’Ucraina» poiché la Russia «non mostra segni di cedimento». Lo ha affermato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista alla Bbc. Secondo Stoltenberg la Russia «è pronta a continuare la guerra e anche a tentare di lanciare potenzialmente una nuova offensiva».
Ore 19:21 - Zelensky: «I russi hanno paura perché perdono. Si sente»
«Quarantacinque droni Shahed sono stati abbattuti la notte di Capodanno, 33 dall’Air Force e altri 12 dalla difesa aerea delle forze di terra». Ad affermarlo, nel suo messaggio serale, è il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Per Zelensky, secondo quanto riferisce Ukrainska Pravda, il sentimento di unità degli ucraini è in netto contrasto con la paura che ha prevalso in Russia: «Hanno paura. Si sente. E giustamente hanno paura. Perché perdono. Droni, missili, tutto il resto non li aiuteranno. Perché siamo insieme. E loro hanno paura».
Ore 23:45 - Nuovo attacco con droni kamikaze
L’esercito russo ha lanciato un nuovo attacco aereo contro obiettivi in Ucraina utilizzando i cosiddetti droni kamikaze, riferisce l’agenzia di stampa statale Ukrinform, secondo cui due gruppi di droni Shahed di fabbricazione iraniana sono stati avvistati vicino a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina. «Allarme aereo, due gruppi di droni», ha scritto il capo dell’amministrazione militare regionale Vitali Kim in un messaggio pubblicato su Telegram. Gli allarmi aerei sono stati lanciati in tutto il sud del paese.
Ore 00:49 - Ucraina: esplosioni in oblast Kiev, Zaporizhzhia e Dnipro
Ancora una notte di attacchi da parte dell’esercito russo. Esplosioni vengono segnalate nelle regioni ucraine di Kiev, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk. Lo riportano i media locali e russi, aggiungendo che l’allarme antiaereo è scattato in diversi oblast del Paese. Il Kyiv Independent parla di deflagrazioni avvenute nelle prime ore della notte nella capitale ucraina, con l’Amministrazione militare cittadina che conferma di aver attivato la contraerea. L’emittente Strana riporta di un’esplosione a Dnipro. L’agenzia Tass parla di tre deflagrazioni segnalate a Zaporizhzhia e di una a Melitopol. L’allarme antiaereo è scattato nelle regioni di Kiev, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia, Kherson, Mykolaiv, Kirovohrad, Vinnytsia, Cherkasy e Poltava.
"Un farmaco alla base dei suoi 'attacchi'". “Putin in cura per un cancro mentre decideva l’invasione in Ucraina”: il report dell’intelligence danese. Redazione su Il Riformista l’1 Gennaio 2023
Nelle ore decisive per l’invasione dell’Ucraina il presidente russo Vladimir Putin sarebbe stato in cura per una forma di cancro assumendo un farmaco che potrebbe avere influenzato la sua decisione di lanciare l’operazione speciale, lo scorso 24 febbraio. Putin – come sostengono i servizi di intelligence militare danesi (Fe) – non soffrirebbe di una malattia incurabile, ma di forti dolori cronici.
Uno dei fattori che hanno scatenato il più grande conflitto in Europa dalla Seconda guerra mondiale, scrive il quotidiano danese Berlingske, è stato probabilmente il farmaco che il presidente russo stava assumendo in quel momento. “Le manie di grandezza sono uno degli effetti collaterali più noti collegati al tipo di trattamento ormonale che stava seguendo Putin”, spiega uno degli esperti del Danish Defence Intelligence Service, intervistato da Berlingske.
Nel rapporto risalente al 2021, la Fe dava come “molto probabile” un altro mandato di Putin dopo le prossime elezioni presidenziali, che si terranno nel 2024. Nel 2022 i servizi militari danesi hanno corretto questa stima: la conferma di Putin alla presidenza fino al 2029 diventa adesso soltanto “probabile”. “Qualcuno potrebbe pensare di rimuoverlo dall’incarico a causa della salute cagionevole”, ha detto un ufficiale dell’intelligence. L’agenzia ipotizza che Putin soffrirebbe di forti dolori cronici dopo diverse cadute e incidenti: “Ecco perché cerca di sedersi e aggrapparsi alle cose. Lo fa per alleviare il dolore”.
Il rapporto ricorda che la salute di Putin, come riferito da vari media, sarebbe peggiorata dopo una caduta da cavallo negli anni 2000. Negli ultimi anni si sarebbe anche infortunato durante le lezioni di judo e hockey. Gli esperti dell’Fe non si aspettano che Putin muoia a causa delle sue condizioni di salute ma ritengono che nel tempo l’élite russa pretenderà una persona più forte al timone del Paese. “Abbiamo la forte impressione che una parte dell’establishment capisca che stanno andando nella direzione sbagliata”, ha aggiunto l’ufficiale dell’intelligence militare danese.
Nei mesi scorsi, la prima speculazione sulla salute di Putin ha riguardato la schiena, ovvero possibili problemi alla colonna vertebrale per pregressi traumi sportivi, come accennato da Lukashenko, o addirittura una neoplasia al midollo spinale, la cui sintomatologia sarebbe compatibile con alcune difficoltà deambulatorie e certe irrequietezze posturali di Putin. Un’altra ipotesi sulle patologie di Putin riguarda la possibilità che una forma di long covid possa aver prodotto una nebbia cognitiva.
Altri sostengono invece che soffrirebbe di disturbi cerebrali causati dalla demenza, conseguenze del morbo di Parkinson, oppure avrebbe attacchi di rabbia provocati dai trattamenti con gli steroidi per curare il cancro. A tornare sui presunti problemi di salute del presidente russo è stato anche il Daily Mail, che cita fonti di intelligence occidentali vicino al Cremlino.
Sono rimbalzate in Rete e sui giornali anche teorie su un possibile cancro alla tiroide di Putin. Lo ha svelato un’inchiesta di Proekt, media russo indipendente specializzato in giornalismo investigativo, che mostra l’elenco dei medici che accompagnano il presidente nei suoi viaggi tra cui Alexei Shcheglov, Yaroslav Protasenko e Yevgeny Selivanov, che avrebbero visitato Putin per un lungo periodo, quando “apparentemente aveva problemi alla schiena”, e in tempi più recenti lo zar avrebbe chiesto il supporto di “uno specialista in cancro alla tiroide che è andato a trovarlo 35 volte in quattro anni nella sua residenza di Sochi”.
Soldatessa, marinaia e fedele devota: le tante «comparse» della donna misteriosa accanto a Putin. Alessandra Muglia su Il Corriere della Sera l’1 Gennaio 2023.
La donna sarebbe uno degli «attori» di cui si è circondato il presidente russo per il suo discorso di Capodanno registrato in una base militare. Con lei ci sarebbero altri volti ripresi al suo fianco in altri eventi. L'ironia della premio Nobel Matviichuk: «Anche i figuranti scarseggiano»
Nel suo messaggio di Capodanno Vladimir Putin è apparso affiancato da truppe che avrebbero combattuto in Ucraina. In realtà avrebbe arruolato «attori» che recitassero la parte dei soldati mentre brindava per elogiare i loro sforzi bellici.
L'accusa è rimbalzata sui social, rilanciata anche da reporter di testate autorevoli come Cnn e Bild, mentre circolano pure nuove indiscrezioni sullo stato di salute dello zar: in particolare una nuova analisi dell'intelligence occidentale afferma che Putin avrebbe deciso di attaccare l'Ucraina a febbraio sotto effetto di farmaci antitumorali che inducono stati di megalomania come effetti collaterali.
Tra i primi a ironizzare sulle «comparse» per Putin è Tadeusz Giczan, già caporedattore di Nexta, media bielorusso dell'opposizione. «Una soldatessa, una marinaia e una cristiana devota. Dio si muove in un modo misterioso » ha twittato riferendosi alla donna bionda con la coda alla destra di Putin, mentre pronuncia il suo discorso. Julian Röpcke, caporedattore politico della Bild, ha rilanciato anche un video in cui la si vede raccontare che i soldati russi feriti non vogliono essere evacuati dal campo di battaglia perché desiderano continuare a combattere con i loro compagni. «Anche il dittatore sembra annoiato da questa orrenda propaganda» commenta Röpcke.
Sebbene sia in mimetica, il sospetto è che abbia più presenza scenica che esperienza al fronte. Questo perché la misteriosa donna — secondo alcune segnalazioni sui social — sarebbe già comparsa in una serie di photo opportunity con Putin: in tuta arancione impermeabile da marinaio su una barca, poi con il velo sul capo da credente devota in chiesa.
Con lei altri volti «ricorrenti» come ha notato Clarissa Ward, corrispondente internazionale della Cnn, con una domanda: «Chi è lei? Una guardia del corpo? Un'attrice?» e facendo notare che «ci sono altre facce che appaiono in entrambe le foto a destra».
Anche due suoi «compagni» erano stati avvistati nel filmato in barca con Putin e alla funzione religiosa, sempre al fianco del presidente russo.
Alcuni hanno sostenuto che la donna misteriosa sia Sergukhina Larisa Borisovna, parlamentare della Duma di Russia Unita, il partito di Putin. Sempre lei era delle «mamme speciali» dei soldati ricevute a novembre al Cremlino.
Il presidente era già stato accusato lo scorso maggio di aver inscenato una visita a un ospedale militare usando «attori»: uno dei «soldati feriti» sarebbe anche apparso nei panni dell'operaio in una precedente visita in una fabbrica.
L'ipotesi è che il ricorso a «controfigure» fidate sia il modo ormai abituale di Putin per portare avanti la sua propaganda di leader acclamato dalla gente comune evitando però i rischi di qualsiasi contatto ravvicinato — visto anche il calo del consenso per la guerra in Ucraina.
Ora sarebbe costretto anche a ricorrere allo stesso cast, notano con ironia alcuni commentatori sui social. A iniziare dalla co-vincitrice del premio Nobel per la pace 2022 Oleksandra Matviichuk, la 39enne ucraina avvocata e attivista per i diritti umani: «Putin voleva copiare Zelensky, che è venuto dai difensori ucraini a Bakhmut. Ma dopo dieci mesi di guerra su vasta scala, anche gli attori scarseggiano in Russia».
Il caso rimbalzato sulla stampa internazionale. La comparsa di Putin, il ‘mistero’ sulla donna onnipresente nelle foto dello Zar: la propaganda russa la schiera come soldatessa, fedele devota e marinaia…Carmine Di Niro su Il Riformista il 2 Gennaio 2023
Onnipresente e in più, in posa sempre accanto al presidente russo Vladimir Putin: prima come soldato, poi come membro di un equipaggio su una nave, quindi come fedele in una Chiesa.
È la donna che in questi giorni ha attirato le attenzioni della stampa internazionale: a sollevare il caso è stato per primo il giornalista bielorusso Tadeusz Giczan, già caporedattore di Nexta, media di opposizione a Minsk.
Quest’ultimo ha notato infatti che una donna bionda, molto visibile in primo piano durante il discorso di fine anno di Putin, era apparentemente presente in almeno altre due occasioni, sempre molto visibile vicina al numero uno del Cremlino.
Scavando a ritroso, altri giornali e reporter hanno scoperto altre foto in cui la stessa donna che compare nel video di fine anno girato in una base militare è presente in altre circostanze sempre assieme al presidente russo. Non solo: assieme a lei altre persone sono presenti, con ruoli diversi, in foto recuperate online di Putin.
Il ruolo della “misteriosa bionda” e degli altri personaggi che compaiono accanto al presidente russo resta sconosciuto e al momento si possono fare solo delle ipotesi: vi è la possibilità che si tratti di attori o guardie del corpo, ruoli che potrebbero anche coincidere vista la nota ‘psicosi’ del presidente russo per la sua sicurezza personale; altra ipotesi è che lo Zar, che per mesi avrebbe vissuto sostanzialmente isolato per timore di contagiarsi col Covid-19, si circondi sempre delle stesse persone per ragioni sanitarie.
Sulla vicenda è intervenuta con ironia anche la co-vincitrice del premio Nobel per la pace 2022 Oleksandra Matviichuk, attivista per i diritti umani e avvocato ucraino: “Putin voleva copiare Zelensky, che è venuto dai difensori ucraini a Bakhmut. Ma dopo dieci mesi di guerra su vasta scala, anche gli attori scarseggiano in Russia“.
L’uso di “controfigure” da parte del regime russo non è una novità. Lo scorso maggio Putin era stato accusato di aver inscenato una visita a un ospedale militare usando degli attori: uno dei soldati feriti visitati dallo Zar sarebbe anche apparso nei panni dell’operaio in una precedente visita in una fabbrica da parte del leader del Cremlino.
Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia
Ucraina Russia, le notizie del 2 gennaio sulla guerra. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 2 Gennaio 2023
Ancora blackout a Kiev, colpita da droni russi. Kiev ha colpito una base russa a Makiivka nel Donetsk occupato e ha rivendicato l'attacco. Mosca: «Morti 63 soldati russi». Ma secondo gli ucraini sarebbero 400 le vittime dell'Armata
• La guerra in Ucraina è arrivata al 312esimo giorno.
• Continuano a cadere missili su Kiev, Kherson e altre città. Esplosioni a Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare. La capitale è stata colpita poco dopo lo scoccare della Mezzanotte.
• Il messaggio di fine anno di Zelensky: «Non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria».
• Il mistero della donna in divisa che compare nel messaggio di Capodanno di Putin.
• Mosca potrebbe essere a corto di missili.
Ore 04:35 - Borrell: «Ue al fianco di Kiev anche nel 2023»
«Siamo decisi a continuare a stare al fianco dell’Ucraina, anche nel 2023»: così il l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Josep Borrell. «Nel 2022 la Russia ha deciso di abbandonare completamente gli impegni per i diritti umani fondamentali e di attaccare l’Ucraina e la sicurezza globale», ha scritto Borrell sul suo account Twitter.
Ore 04:43 - Zelensky, il discorso in russo: «L’Ucraina non perdonerà»
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Gli attacchi sono continuati su Kiev pochi minuti dopo che Zelensky ha pronunciato il suo primo discorso di Capodanno in tempo di guerra.
Ha detto: «Non sappiamo con certezza cosa ci porterà il nuovo 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria. E questa è la cosa principale. Che quest’anno sia l’anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. Soldati - alle loro famiglie. Prigionieri – alle loro case. Immigrati - nella loro Ucraina. Il ritorno delle nostre terre. E i temporaneamente occupati diventeranno per sempre liberi. Ritorna alla vita normale. A momenti felici senza coprifuoco. Alle gioie terrene senza avvisi aerei. Il ritorno di ciò che ci è stato rubato. L’infanzia dei nostri figli, la tranquilla vecchiaia dei nostri genitori».
Gli attacchi di Capodanno sono andati avanti per tutta la notte di sabato con una raffica di oltre 20 missili da crociera in tutta l’Ucraina, in quello che il difensore civico per i diritti umani dell’Ucraina, Dmytro Lubinets, ha definito «terrore alla vigilia di Capodanno».
L’attacco di sabato - il secondo attacco missilistico di Mosca in tre giorni - ha danneggiato gravemente un hotel a sud del centro di Kiev e un edificio residenziale in un altro distretto. Un giornalista giapponese tra i feriti e portato in ospedale, ha detto Klitschko.
Zelensky ha risposto agli attacchi di sabato - e al discorso di Capodanno di Vladimir Putin in cui ha incolpato l’Occidente per aver provocato la guerra - con un messaggio al popolo russo, consegnato in russo. «Il tuo leader vuole dimostrare di avere le truppe dietro di sé, è avanti. Ma si sta nascondendo. Si nasconde dietro le truppe, i missili, le sue residenze, i palazzi. Si nasconde dietro di te, brucia il tuo paese, il tuo futuro», ha detto. «Nessuno perdonerà per il terrore. Nessuno al mondo ti perdonerà. L’Ucraina non perdonerà».
Vyacheslav Gladkov, il governatore della regione russa meridionale di Belgorod, al confine con l’Ucraina, ha affermato che a causa dei bombardamenti notturni della periferia della città di Shebekino, ci sono stati danni alle case, ma nessuna vittima. L’Ucraina non ha mai rivendicato pubblicamente la responsabilità di eventuali attacchi all’interno della Russia, ma li ha definiti karma per l’invasione russa.
Ore 04:49 - Il mistero della donna in divisa che compare nel messaggio di Capodanno di Putin
Nel suo messaggio di Capodanno Vladimir Putin è apparso affiancato da truppe che avrebbero combattuto in Ucraina. In realtà avrebbe arruolato «attori» che recitassero la parte dei soldati mentre brindava per elogiare i loro sforzi bellici.
L’accusa è rimbalzata sui social, rilanciata anche da reporter di testate autorevoli come Cnn e Bild, mentre circolano pure nuove indiscrezioni sullo stato di salute dello zar: in particolare una nuova analisi dell’intelligence occidentale afferma che Putin avrebbe deciso di attaccare l’Ucraina a febbraio sotto effetto di farmaci antitumorali che inducono stati di megalomania come effetti collaterali.
Ore 05.00 - Mosca potrebbe essere a corto di missili
La Russia continua nella strategia per fiaccare il morale del nemico, devasta infrastrutture e rete elettrica, costringe la resistenza a impiegare risorse enormi, spera di incidere sulla produzione industriale, stravolge e toglie vite di innocenti. Lo spionaggio ucraino, intanto, tiene il conto dei «colpi». E ipotizza che l’esercito russo sia a corto di alcuni tipi di missili. A Bakhmut, ad esempio, l’Armata sparava 60 mila proiettili d’artiglieria al giorno: ora sarebbe scesa a 19-20 mila. Quali sono le implicazioni?
Ore 05:06 - Zelensky: «I russi hanno paura perché perdono. Si sente»
«Quarantacinque droni Shahed sono stati abbattuti la notte di Capodanno, 33 dall’Air Force e altri 12 dalla difesa aerea delle forze di terra». Ad affermarlo, nel suo messaggio serale, è il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Per Zelensky, secondo quanto riferisce Ukrainska Pravda, il sentimento di unità degli ucraini è in netto contrasto con la paura che ha prevalso in Russia: «Hanno paura. Si sente. E giustamente hanno paura. Perché perdono. Droni, missili, tutto il resto non li aiuteranno. Perché siamo insieme. E loro hanno paura».
Ore 05:12 - Nuovo attacco con droni kamikaze
L’esercito russo ha lanciato un nuovo attacco aereo contro obiettivi in Ucraina utilizzando i cosiddetti droni kamikaze, riferisce l’agenzia di stampa statale Ukrinform, secondo cui due gruppi di droni Shahed di fabbricazione iraniana sono stati avvistati vicino a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina. «Allarme aereo, due gruppi di droni», ha scritto il capo dell’amministrazione militare regionale Vitali Kim in un messaggio pubblicato su Telegram. Gli allarmi aerei sono stati lanciati in tutto il sud del Paese.
Ore 05:22 - Ucraina: esplosioni nella notte in oblast Kiev, Zaporizhzhia e Dnipro
Ancora una notte di attacchi da parte dell’esercito russo. Esplosioni vengono segnalate nelle regioni ucraine di Kiev, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk. Lo riportano i media locali e russi, aggiungendo che l’allarme antiaereo è scattato in diversi oblast del Paese. Il Kyiv Independent parla di deflagrazioni avvenute nelle prime ore della notte nella capitale ucraina, con l’Amministrazione militare cittadina che conferma di aver attivato la contraerea. L’emittente Strana riporta di un’esplosione a Dnipro. L’agenzia Tass parla di tre deflagrazioni segnalate a Zaporizhzhia e di una a Melitopol. L’allarme antiaereo è scattato nelle regioni di Kiev, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia, Kherson, Mykolaiv, Kirovohrad, Vinnytsia, Cherkasy e Poltava.
Ore 06:05 - Kiev, abbattuti 20 bersagli aerei dell’aviazione russa
Venti bersagli aerei russi sono stati abbattuti dalla difesa aerea ucraina questa notte. Lo riferisce Kiev Independent riprendendo informazioni fornite dall’amministrazione militare della città di Kiev. Nel distretto di Desnyanskyi della città, i balconi e le finestre di un grattacielo sono stati danneggiati dai detriti. Rimane attivo l’allerta antiaereo in città.
Ore 07:35 - Nel Lugansk si combatte per il controllo dell’autostrada
È in corso, in Ucraina, una battaglia per il controllo di una autostrada strategica nell’Est del Paese, controllata dalla Russia. Così riferisce l’intelligence della Difesa britannica. «Da cinque giorni le forze russe e ucraine combattono per il controllo dell’autostrada P66, a nord della città di Kremina, nella regione di Lugansk, sotto controllo russo». Si tratta, continua l’analisi, di «una via di rifornimento fondamentale per la sezione settentrionale del fronte russo del Donbass dalla regione russa di Belgorod. Il suo utilizzo è stato interrotto dall’artiglieria ucraina a partire da ottobre», e se l’Ucraina riuscirà a riprenderne il controllo «molto probabilmente minerebbe ulteriormente la difesa russa di Kremina», valutano gli analisti britannici.
Ore 07:40 - Da Kiev: un diciannovenne ferito, 20 droni russi fermati dall’antiaerea
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Altre ondate di droni hanno colpito infrastrutture critiche nella capitale ucraina, Kiev, e nelle aree circostanti questa notte. Alle 3 del mattino di lunedì, i sistemi di difesa aerea ucraini hanno distrutto 20 droni sopra Kiev, ha detto la sua amministrazione militare. L’allerta è durata 4 ore. I detriti di un drone distrutto hanno colpito il distretto nord-orientale di Desnianskiy di Kiev, ferendo un 19enne che è stato successivamente portato in ospedale, ha detto il sindaco della città Vitali Klitschko. Il distretto, situato sulla riva sinistra del fiume Dnipro, è principalmente una zona residenziale e il distretto più popoloso della capitale. Il comando militare regionale nell’est dell’Ucraina ha detto che i sistemi di difesa aerea hanno distrutto nove droni Shahed di fabbricazione iraniana sulle regioni di Dnepropetrovsk e Zaporizhzhia nelle prime ore di lunedì.
Ore 08:13 - Interruzioni di corrente e riscaldamento a Kiev dopo i raid
I raid aerei russi di questa notte contro la capitale dell’Ucraina hanno danneggiato le infrastrutture energetiche, causando interruzioni di corrente e riscaldamento, ha detto il sindaco della città, Vitali Klitschko.
«A seguito dei bombardamenti notturni della capitale, le strutture delle reti energetiche sono state danneggiate. Ci sono state interruzioni di corrente in città. Di conseguenza, ci sono impianti di fornitura di calore senza energia», ha scritto in un aggiornamento questa mattina presto. Klitschko ha aggiunto che l’approvvigionamento idrico di Kiev non è stato invece interessato da guasti conseguenti agli attacchi.
Ore 08:59 - Melitopol, colpita una base russa
Secondo il sindaco in esilio di Melitopol, Ivan Fedorov, una base militare russa è stata colpita vicino alla città occupata, nell’Ucraina sud-orientale. Secondo Ria Melitopol questa mattina alle 5 locali ci sono state esplosioni tra i villaggi di Myrne e Severnye, dove si trova la base russa. Nell’area operano le truppe del leader ceceno Ramzan Kadyrov.
Ore 09:28 - Attacchi nel Donetsk a Capodanno, i russi: «Morti e feriti»
Un attacco alla città ucraina orientale di Makiivka, nella regione di Donetsk, ora occupata dalle forze di Mosca, avrebbe causato diverse vittime e feriti, dopo che è stato colpito e danneggiato un quartiere militare. L’amministrazione insediata da Mosca nella regione di Donetsk ha dichiarato che almeno 25 razzi sono stati lanciati contro l’area durante la notte di Capodanno. Secondo quanto riferito da un funzionario filorusso, Alexey Kulemzin, un «edificio del Centro per la creatività dei bambini e dei giovani» è stato danneggiato negli attacchi a Makiivka. E Daniil Bezsonov, un altro funzionario sostenuto dalla Russia nella regione, ha precisato che l’attacco ha provocato «morti e feriti»: «Il numero esatto è ancora sconosciuto», ha aggiunto.
Ore 10:07 - Attacchi nel Donetsk, «centinaia» di soldati russi morti
Diverse persone sono morte e altre sono rimaste ferite in un attacco lanciato ieri dalle forze di Kiev contro «un alloggio militare» russo nella città ucraina di Makiivka, nella regione di Donetsk (est) occupata dalle forze di Mosca: lo conferma il Guardian.
Secondo i media ucraini sarebbero morti «centinaia» di soldati russi; funzionari filorussi hanno indicato che il numero delle vittime è ancora sconosciuto.
Ore 11:44 - Che cosa sappiamo dell’attacco alla base russa di Makiivka, finora
Fonti ucraine sostengono che Kiev avrebbe ucciso circa 400 soldati russi e ne avrebbe feriti altri 300 in un attacco missilistico a Makiivka, una città nella regione ucraina del Donetsk che le truppe russe hanno occupato.
L’attacco sarebbe avvenuto pochi istanti dopo le 24 nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio, e avrebbe colpito una scuola all’interno della quale si erano stabiliti militari russi.
Le autorità filorusse hanno ammesso che l’attacco ci sia stato, ma non hanno confermato il numero di vittime né di feriti.
Daniil Bezsonov, uno dei leader filorussi della regione, ha detto che il bombardamento è stato condotto con gli HIMARS, un sistema missilistico fornito dagli Stati Uniti all’Ucraina.
Alcuni canali social, che sembrano essere collegati alle forze di sicurezza russe, affermano che nell’attacco a Makiivka sarebbero morti 45 soldati russi mobilitati, per lo più reclutati dalla regione di Saratov.
Vladimir Solovyov, voce della propaganda russa, ha detto che il numero di militari russi uccisi è «significativo», ma «nemmeno vicino» alla cifra di 400.
Il giornalista investigativo Christo Gozev ha postato le immagini della scuola prima dell'attacco, e di quella che sarebbe la scuola ora, dopo il bombardamento: l'edificio appare raso al suolo. Aric Toler, reporter che lavora al sito Bellingcat, ha postato un video che mostra la devastazione dell'edificio.
Ore 11:59 - Girkin critica Mosca e conferma attacco Kiev a Makiivka
(Marta Serafini, inviata a Kiev) L’ex ufficiale dei servizi russi Igor Girkin, conosciuto come Strelkov (il fuciliere) che più volte ha criticato la gestione della guerra in Ucraina, ha confermato sui social che una scuola adibita ad alloggi per il personale militare russo mobilitato è stata quasi completamente distrutta a Makiivka, in Donetsk. Girkin ha scritto che in seguito all’arrivo dei missili ucraini è esplosa la zona dove si trovavano i militari così come «praticamente tutto l’equipaggiamento militare che si trovava vicino all’edificio senza il minimo segno di mimetizzazione». «Per quanto riguarda il numero delle vittime - non ci sono ancora dati definitivi, poiché molte persone sono considerate disperse (lasciate sotto le macerie). In ogni caso - il numero di morti e feriti è di molte centinaia, ci sono numeri approssimativi di 200, ma non li conosco e lo annuncerò in seguito», ha affermato Girkin. «I nostri generali non imparano in linea di principio, sebbene loro stessi - dopo i pogrom del quartier generale dell’estate - preferiscano stare lontano dalla posizione delle truppe - fuori dal raggio dei missili del nemico», ha aggiunto.
Ore 12:53 - Mosca, nel 2023 in campo i missili a lungo raggio
Le autorità russe hanno annunciato che quest’anno parteciperà alla guerra in Ucraina anche la cosiddetta «aviazione a lungo raggio», vale a dire il ramo delle forze aerospaziali di Mosca responsabile del lancio di missili nucleari e convenzionali a lunga gittata da aerei piuttosto che da postazioni a terra: lo ha detto il comandante dell’aviazione a lungo raggio, Sergei Kobilash, come riportano i media russi. «È previsto l’uso dell’aviazione nei corsi di addestramento operativo e di combattimento» con l’obiettivo di «migliorare le capacità pratiche e operative nei sistemi di controllo automatico e di informazione delle armi di alta precisione», ha affermato Kobilash.
Secondo i dati ufficiali, le Russia dispone di bombardieri strategici Tu-95MS e Tu-160, nonché di bombardieri a lungo raggio Tu-22M3. Questi aerei sono dotati di capacità nucleare, sebbene possano anche utilizzare armi convenzionali, compresi i missili da crociera. Mosca sarebbe già ricorsa all’aviazione a lungo raggio per bombardare l’Ucraina.
Ore 12:55 - Von der Leyen chiama Zelensky: Ue con voi finché necessario
«Nella prima chiamata del nuovo anno con il presidente Zelensky ho espresso il mio sincero sostegno e i migliori auguri per il 2023 al popolo ucraino. L’Ue è al vostro fianco, finché sarà necessario. Sosteniamo la vostra eroica lotta. Una lotta per la libertà e contro la brutale aggressione». Lo scrive la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, su Twitter.
Ore 13:10 - Kiev: almeno 5 feriti in attacco russo a mercato in Kherson
Nell'attacco russo che ha colpito questa mattina un mercato a Beryslav, nella regione di Kherson, sono rimaste ferite almeno 5 persone, tre delle quali sono «in gravi condizioni». Lo riferisce governatore di Kherson Yaroslav Yanushevych, come riportato da Kyiv Indipendent. Secondo Yanushevych, Beryslav potrebbe essere stata attaccata dalla vicina città di Kakhova.
Ore 13:37 - Accoltellato sacerdote ortodosso a Vinnytsia, è grave
Un sacerdote della Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Mosca è stato accoltellato da uno sconosciuto a Vinnytsia, nell'Ucraina centrale, e si trova ricoverato in gravi condizioni. «L'arciprete Anthony Kovtonyuk, è stato accoltellato alla gola», hanno riferito le autorità ecclesiastiche locali in una nota in cui si precisa che i fatti sono accaduti nella chiesa dell'Intercessione della Madre di Dio.
Ore 14:12 - Kiev: ci stiamo preparando a un nuovo massiccio attacco russo
Nessuno sa, ad eccezione della leadership russa, se la Federazione colpirà l'Ucraina alla vigilia e a Natale, che alcuni ucraini celebrano il 7 gennaio, ma ci stiamo preparando a un nuovo massiccio attacco. Lo ha dichiarato il portavoce delle Forze armate ucraine Yuriy Ignat a Canale 24, come riferisce Unian. «Ce lo aspettiamo, ci stiamo preparando. Vediamo che ci sono stati attacchi per tre giorni di fila. Non sappiamo ancora che cosa hanno pianificato. Dobbiamo solo preparare e mantenere asciutta la polvere, le persone devono essere pronte», ha detto.
Ore 14:22 - Attacco a Makiivka, Mosca: morti 63 soldati russi
Il ministero della Difesa russo ha comunicato che sono 63 i soldati russi uccisi nell'attacco a Mikiivka. Lo riporta l'agenzia Tass.
Ore 14:49 - Zelensky ringrazia l'Ue: a gennaio attesa prima tranche di aiuti
«Felice di iniziare l'anno con una conversazione con Ursula von der Leyen. L'ho ringraziata per il sostegno dell'Ue. A gennaio aspettiamo la 1° tranche dell'assistenza macrofinanziaria, il 1° lotto di lampade led, scuolabus, generatori e case modulari. Passi coordinati per quanto riguarda il vertice Ue-Ucraina. Ci sentiamo sostenuti e stiamo andando verso la vittoria insieme». Sono le parole di Zelensky su Twitter, dopo aver avuto un colloquio telefonico con la presidente della Commissione europea von der Leyen.
Ore 15:03 - Esercitazioni congiunte Russia-Bielorussia prolungate fino all'8
Le forze armate russe bielorusse hanno prorogato le loro esercitazioni congiunte fino all'otto gennaio. Lo riferisce Belaruski Hajun, un media indipendente bielorusso che monitora le attività militari, tramite il suo canale Telegram. Viene fatto notare che le esercitazioni congiunte, sono iniziate il 29 aprile, ovvero da 36 settimane.
Ore 15:34 - Mosca: russi localizzati a Makiivka per l'uso dei cellulari
L'elevato utilizzo dei cellulari da parte dei soldati russi arrivati a Makiivka, nel Donetsk, ha permesso alle forze ucraine di localizzare la struttura militare e di sferrare un attacco che la notte di Capodanno. L'attacco «è stato causato dall'uso attivo dei telefoni cellulari da parte dei militari in arrivo», riferiscono le forze dell'ordine della repubblica di Donetsk, come riporta la Tass, «il nemico ha usato un complesso di ricognizione Echelon per identificare l'attività dei cellulari e la posizione» di chi li stava usando.
Ore 15:37 - Raid russi su Legione straniera ucraina, «uccisi 70 mercenari»
Le forze armate russe hanno colpito i punti di dispiegamento temporaneo della cosiddetta Legione straniera ucraina nella Repubblica popolare di Donetsk e nella regione di Kharkiv, uccidendo più di 70 mercenari stranieri. Lo riferisce l'agenzia Tass che cita il portavoce del ministero della Difesa russo, tenente generale Igor Konashenkov. «Le forze aerospaziali russe hanno sferrato colpi di alta precisione contro i punti di dispiegamento temporaneo della Legione straniera vicino a Markovo e Kramatorsk nella Repubblica Popolare di Donetsk e a Novoosinovo nella regione di Kharkiv, uccidendo più di 70 mercenari stranieri e ferendone oltre 100», ha riferito Konashenkov.
Ore 17:00 - La contraerea di Mosca abbatte un drone ucraino in territorio russo
Le difese aeree di Mosca hanno abbattuto un drone ucraino mentre si avvicinava alla città russa di Voronezh. Lo ha reso noto il governo regionale, precisando che l'intercettazione del veicolo senza pilota è avvenuta di notte e che non ci sono state vittime e né danni.
Ore 17:53 - Kiev rivendica l'attacco a Makiivka
Kiev si è attribuita la responsabilità dell'attacco contro le forze russe nella regione orientale ucraina di Donetsk, che secondo Mosca ha causato la morte di 63 soldati. «Il 31 dicembre, fino a 10 unità di equipaggiamento militare nemico di vario tipo sono state distrutte e danneggiate» nella città di Makiivka, nella regione orientale di Donetsk, si legge in una nota dello Stato maggiore delle forze armate ucraine, secondo cui le «perdite» umane sono ancora da definire.
Ore 17:04 - Famoso montatore di film ucraino ucciso al fronte
Il famoso montatore ucraino Viktor Onysko è stato ucciso al fronte. Lo ha reso noto il ministero della Difesa ucraino su Twitter. «Così tanti ucraini coraggiosi e talentuosi stanno sacrificando le loro vite in questa guerra contro le orde dell'oscurità per proteggere la loro patria. Possa la luce della memoria dei nostri eroi risplendere eternamente», si legge nel tweet. Sua moglie Olga Birzul ha scritto in un post su Facebook ripreso dalla Cnn: «Il mio cuore rimarrà per sempre nel terribile anno 2022. Perché sei rimasto lì. Il mio eroe. Il mio amore. Il mio tutto. Non so come vivere e respirare senza di te. Io non so se potrò mai più sognare», «l'unica cosa che ho da te è una bambina di 9 anni con i tuoi occhi grigi».
Ore 17:42 - L'attacco ucraino alla caserma russa nel Donbass cosa significa
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Gli ucraini rispondono al martellamento quotidiano sulle loro città, riuscendo a infliggere colpi: devastante quello su una caserma dei russi a Makiivka, nella regione orientale di Donetsk, sferrato nella notte di Capodanno. In questa località del Donbass la resistenza ha centrato un edificio che ospitava un reparto uccidendo dozzine di riservisti. Quasi 400 secondo Kiev mentre per gli invasori sarebbero «meno di cento», una sessantina di soldati. Perdite importanti ammesse direttamente da Mosca solo oggi, dopo aver cercato di minimizzare.
Ore 18:03 - La Russia concentra gli sforzi su Bakhmut
La Russia continua a concentrare i suoi sforzi principali su Bakhmut e ha aperto il fuoco 224 volte in questa direzione nelle ultime 24 ore, secondo il portavoce del gruppo orientale delle forze armate ucraine, Serhii Cherevatyi. «Ci sono stati 34 combattimenti e un attacco aereo. Il nemico ha perso 213 persone nell'area», ha detto Cherevatyi alla televisione ucraina. «In altre direzioni, come Kupyansk, Lyman e Avdiivka, hanno cercato di migliorare la propria posizione tattica, conducendo anche azioni di controffensiva, ad esempio nell'area di Stelmakhivka e Bilohorivka nella direzione di Lyman».
Ore 18:33 - Comandante ucraino: liberato 40% territori occupati da febbraio
L'esercito ucraino ha liberato il 40% dei territori occupati dai russi dopo l'invasione del 24 febbraio. Lo ha detto su Telegram il comandante in capo delle forze armate ucraine, generale Valerii Zaluzhnyi, secondo quanto riferiscono i media ucraini. «Ogni giorno, le forze armate non combattono non solo per l'Ucraina, ma anche per l'Europa, che è vicina a noi in spirito, per il mantenimento della pace, la sicurezza e la libertà in tutto il mondo. E vinceremo», ha scritto Zaluzhnyi.
Ore 19:23 - «Le fabbriche militari russe lavorano 24 ore su 24»
Le fabbriche in Russia che producono attrezzature militari stanno lavorando senza sosta e hanno ritirato le vacanze di Capodanno ai dipendenti. Lo ha affermato il ceo della Rostec, il conglomerato di fabbriche militari della difesa russa, Sergei Chemezov. «Le fabbriche di Rostec coinvolte nell'adempimento dei contratti statali - ha detto alla Tass - lavorano quasi 24 ore su 24 e il loro personale mostra sacrificio e comprensione in relazione all'aumento del carico di lavoro».
Ore 20:02 - L’esercito di volontari che telefona a caso ai russi per smascherare le bugie di Putin sulla guerra
Contro l’invasione russa dell’Ucraina è sceso in campo un «esercito» molto particolare, che cerca di disinnescare la guerra con le parole. Lo ha fondato a marzo scorso uno scrittore ed esperto di pubblicità lituano, Paulius Senuta, 46 anni, insieme a un gruppo di esperti di tecnologie informatiche, ed è formato da volontari, per lo più lituani, ma anche russi che vivono all’estero: in tutto 51 mila persone. «Armati» di un generatore di numeri casuali, che ha creato un database di 40 milioni di numeri di telefono, telefonano in Russia senza conoscere l’identità di coloro che rispondono e cercano di parlare della guerra in Ucraina.
Ore 20:33 - Difesa aerea in azione a Sebastopoli: abbattuto un drone
Un drone è stato abbattuto sul Mar Nero vicino a Sebastopoli, e la difesa aerea è stata attivata nella regione della Crimea. Lo riferito il governatore della città Mikhail Razvozhayev sul suo canale Telegram. «La difesa aerea è stata attivata a Sebastopoli. Secondo i rapporti preliminari, un drone è stato abbattuto sopra il mare. Tutti i servizi funzionano normalmente», ha detto Razvozhayev.
Gruppo Wagner, la rivelazione che ribalta la guerra: "Avanzata russa difficile". Libero Quotidiano il 03 gennaio 2023
A Bakhmut l’esercito ucraino ha creato "cinquecento linee di difesa", quindi l’avanzata procede delle forze russe con grande difficoltà. Lo ha affermato Yevgeny Prigozhin, fondatore del gruppo di mercenari Wagner, citato da Ria Novosti. "Bakhmut è una fortezza. I ragazzi si scontrano casa per casa", ha detto Prigozhin, soprannominato "il cuoco di Putin". "Oggi, al mattino, hanno preso una casa e hanno sfondato le difese. Ma dietro questa casa c’è una nuova linea di difesa, e non solo una. Quante di queste linee di difesa ci sono a Bakhmut? Se diciamo 500, probabilmente non sbagliamo: ogni 10 metri c’è una linea di difesa".
Intanto il numero di militari russi uccisi a Makiivka, nell’Ucraina orientale occupata dai russi, è "in fase di chiarimento". Lo ha comunicato l’esercito ucraino nel suo ultimo aggiornamento in cui ha reso noto che "fino a 10 unità di equipaggiamento militare nemico di vario tipo sono state distrutte e danneggiate nell’area". In precedenza, l’esercito ucraino aveva affermato che circa 400 soldati russi erano stati uccisi e altri 300 feriti, senza riconoscere direttamente un proprio ruolo. Il ministero della Difesa russo ha affermato che "63 militari russi" sono morti nell’attacco. Insomma la guerra si fa sempre più dura e adesso a comandare le operazioni è arrivato il "generale inverno". Una variabile in più che può decidere le sorti della battaglia.
Soldati russi morti in Ucraina, strage nel Donetsk con i missili Himars sulla caserma. Giada Oricchio su Libero Quotidiano il 02 gennaio 2023
Centinaia di vittime nell’esercito russo: la resistenza ucraina avrebbe sferrato un colpo durissimo al Cremlino. Quando siamo giunti ormai al 312esimo giorno di invasione e all’alba del nuovo anno, fonti governative di Kiev (ancora in blackout) hanno fatto sapere di aver ucciso 400 soldati russi e di averne feriti altri 300 a Makiivka, città nella regione del Donetsk, occupata illegalmente dalle forze armate russe.
L’attacco con i missili americani Himars è avvenuto a cavallo tra la notte del 31 dicembre e l’1 gennaio e ha colpito l’obiettivo pianificato: una scuola usata come quartier generale dai militari di Putin. Le autorità filorusse hanno confermato la notizia senza però specificare se vi siano state vittime o feriti, alcuni canali social hanno riferito di 45 soldati morti, mentre Vladimir Solovyov, volto noto della propaganda russa, ha ammesso che il numero dei militari rimasti uccisi è “significativo, ma non vicino ai 400”.
Intanto, come riporta il “Corriere.it”, il giornalista investigativo Christo Gozev ha postato su Twitter le immagini dell’ex edificio scolastico adibito a base prima e dopo l’attacco: adesso è un cumulo di macerie. Sul fronte opposto, ci sono 5 feriti civili, di cui 3 in gravi condizioni, nel bombardamento di un mercato a Beryslav, nella regione di Kherson.
Ucraina, 400 militari russi uccisi a Capodanno mentre erano a tavola. Il Tempo il 02 gennaio 2023
Il nuovo anno inizia con non poche difficoltà per l'esercito russo sul territorio ucraino. Secondo quanto riportato dalle Forze armate di Kiev, ben 400 soldati russi sarebbero stati colpiti e uccisi la notte del 31 dicembre durante un attacco alla base del personale militare russo a Makiivka, nel Donetsk. Altri 300 invece sarebbero rimasti feriti. Lo riportano i media ucraini, che pubblicano anche le foto e i video del luogo, ora distrutto, dove si trovavano i militari russi, molti dei quali mobilitati.
Secondo Alexander Sladkov, corrispondente di guerra del canale televisivo Rossiya, nella base presa di mira dagli ucraini c'erano perlopiù russi mobilitati. Il colpo alla base sarebbe stato sferrato intorno alla mezzanotte, mentre i soldati dell'esercito di Mosca erano a tavola per festeggiare il Capodanno. Ma non è tutto. Perché la notte scorsa le forze di Kiev sarebbero riuscite ad abbattere anche 41 droni russi: lo ha reso noto l'esercito ucraino su Telegram.
"Nella notte tra l'1 e il 2 gennaio 2023, gli invasori russi hanno lanciato un attacco massiccio con droni kamikaze Shahed 131/136 di fabbricazione iraniana. Come risultato del lavoro di combattimento, la difesa delle Forze aeree, in collaborazione con altre componenti dell'esercito ucraino, ha distrutto tutti i droni d'attacco - hanno fatto sapere gli ucraini -. Unità missilistiche antiaeree, aerei da combattimento delle Forze aeree e gruppi di fuoco mobili sono stati coinvolti nel respingere l'attacco. Le attrezzature e le armi fornite all'Ucraina dai nostri partner occidentali sono sempre più coinvolte".
Guerra Ucraina, il missile russo saltare in aria la base delle forze speciali a Khmelnitsky. Il Tempo il 02 gennaio 2023
Un'esplosione potentissima e un fungo alto decine di metri che fa ipotizzare che, all'interno, ci fossero riserve di munizioni. Il missile russo colpisce la base delle forze speciali ucraine nella città di Khmelnitsky, nella regione occidentale dell'Ucraina, non lontano dalla Moldavia. La caserma della più famosa unità di spetsnaz ucraini, l'Ottavo SSO, viene completamente distrutta.
L'Ottavo SSO sin dall'inizio della guerra ha condotto incursioni dietro le linee russe, sabotando ponti e depositi. Sarebbero questi reparti speciali a coordinare gli assalti dei droni ucraini a lungo raggio.
La controffensiva nel Donetsk. Gli ucraini bombardano Makiivka, caserma russa rasa al suolo dai missili HIMARS: “Centinaia di morti”. Redazione su Il Riformista il 2 Gennaio 2023
Sono giorni chiave quelli in corso in Ucraina, dove il conflitto innescato dalla truppe russe è giunto ormai al 312esimo giorno. Mentre infatti dal Cremlino continuano a piovere missili sulla capitale Kiev, su Kherson e nei pressi di Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare, non si ferma neanche la controffensiva ucraina.
Il più pesante è avvenuto nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio a Makiivka, città nella regione ucraina del Donetsk che le truppe russe hanno occupato da tempo.
Missili ucraini avrebbero colpito un edificio, una scuola professionale, che faceva da alloggio a personale militare di varie unità militari russe. Le autorità filorusse che controllano la città, che fa parte di quel Donetsk “tecnicamente” annesso da Mosca con un referendum farsa, hanno effettivamente confermato che l’attacco c’è stato.
“Ci sono stati morti e feriti, il numero esatto è ancora sconosciuto“, ha ammesso Daniil Bezsonov, rappresentante dei separatisti filo-russi nella regione di Donetsk, in un aggiornamento su Telegram nella tarda serata di domenica.
Ma per Kiev, che canta vittoria, si sarebbe trattato di un evento-svolta. Secondo fonti ucraine il bombardamento contro la base russa ha ucciso circa 400 soldati e ne avrebbe feriti altri trecento. Bombardamento avvenuto con i missili HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System) forniti dagli Stati Uniti, come confermato anche sulla sponda russa.
L’HIMARS è un sistema di artiglieria lanciarazzi ad alta mobilità: si tratta in sostanza di camionette sulle quali vengono montati dei lanciarazzi capaci di sparare missili che coprono una distanza fino a 80 chilometri.
Il grado di distruzione dell’attacco ucraino a Makiivka viene testimoniato dalle immagini postate sui social da Christo Gozev, giornalista investigativo del noto sito Bellingcat: Gozev ha postato le immagini della scuola prima dell’attacco e dopo il bombardamento, con la struttura quasi completamente rasa al suolo.
Anche alla vigilia di Capodanno, come ricorda l’Agi, l’esercito ucraino aveva sostenuto di aver ucciso 200 soldati russi in un attacco vicino alla città di Nova Kakhovka nella regione di Kherson. Per l’attacco a Makiivka il giornalista Vladimir Solovyov, volto e voce della propaganda russa, ha detto che il numero di militari russi uccisi è “significativo”, ma “nemmeno vicino” alla cifra di 400, come riferito da Kiev.
Quei super lanciarazzi sono (anche) italiani. Precisissimi e letali, fanno tremare il Cremlino. Nel pacchetto di aiuti militari inviati a Kiev anche gli Mlrs: missili guidati da gps che arrivano fino a 100 chilometri e possono colpire pure obiettivi nascosti. Fausto Biloslavo su Il Giornale il 3 Gennaio 2023
I moderni lanciarazzi multipli occidentali, terrore delle truppe russe, sono anche italiani. Due Mlrs previsti dal quinto e ultimo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina ancora del governo Draghi. Razzi di precisione Himars hanno polverizzato la notte di Capodanno un centro di smistamento dei riservisti russi vicino a Donetsk. Quattrocento morti secondo Kiev, 63 ammessi da Mosca, ma gli stessi blogger militari filo Putin confermano perdite pesanti. Mlrs è il sistema lanciarazzi multiplo in versione europea simile agli Himars americani. La gittata è minore, dai 70 chilometri ottimali ad un massimo di 100, ma la potenza di fuoco e la precisione, grazie al sistema Gps, praticamente uguale. L'Italia ha fornito due batterie semoventi corazzate provenienti dalle 22 in linea presso il reggimento di artiglieria Superga, a Portogruaro.
Gli Mlrs donati all'Ucraina sono lanciarazzi montati su un veicolo cingolato, più lento rispetto a quello ruotato degli Himars, ma adatto ai campi di battaglia accidentati del Donbass. Rispetto al cugino Usa ha il doppio dei tubi di lancio (12) ognuno armato con un razzo da 277 millimetri che trasporta circa 300 chilogrammi di esplosivo. Noi non lo facciamo in rispetto ad una convenzione internazionale, ma gli ucraini potrebbero utilizzare razzi armati con bombe a grappolo, che probabilmente hanno causato la pesante distruzione dell'attacco di Capodanno. La potenza di fuoco dei 12 razzi, che volano a 1.100 chilometri l'ora, può saturare un'area fino a 200mila metri quadrati.
Sul sito della Difesa si legge che l'Mlrs garantisce «una precisione che permette l'impiego in operazioni volte a colpire anche obiettivi puntiformi quali, ad esempio, bunkers o postazioni nemiche». Non solo: «Possiede un sistema di auto-caricamento e auto-puntamento altamente automatizzato ed è dotato di un computer di controllo del fuoco che integra le operazioni del veicolo e della rampa di lancio».
Durante il primo impiego operativo nella guerra per la liberazione del Kuwait, gli iracheni avevano soprannominato il bombardamento con i lanciarazzi a guida satellitare «pioggia d'acciaio» proprio per la potenza e rapidità di tiro. Il comando russo li considera assieme, agli Himars, l'arma più temibile degli ucraini. Il Cremlino ha pavento addirittura l'escalation nucleare quando è stato deciso l'invio di questi sistemi d'arma a Kiev.
L'ultimo pacchetto di aiuti del precedente governo ha previsto anche un'altra arma di artiglieria efficace sul campo di battaglia ucraino. A cominciare da Bakmut, la piccola Stalingrado ucraina, e Melitopol dove le forze di Kiev vorrebbero spezzare in due il fronte russo. I Pzh2000 sono obici semoventi che tirano proiettili di 155 millimetri fino a 40 chilometri di distanza con direzione computerizzata. Il caricamento automatico permette di sparare venti colpi in tre minuti. Sei obici, che costano 9 milioni di euro ciascuno, sarebbero stati destinati all'Ucraina.
Il governo Meloni ha prorogato gli aiuti militari a Kiev per tutto il 2023, ma non ancora deciso il sesto pacchetto di forniture. L'Italia sarebbe disponibile a rafforzare la difesa dei cieli ucraini. Secondo indiscrezioni francesi potremmo fornire una moderna batteria di missili Samp/T, Aster, che ha «capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio» con un raggio d'azione di 150 chilometri. Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa fa notare che «il problema sarà quanti missili abbiniamo ai lanciatori. Se ne hai pochi l'autonomia è di qualche settimana» per intercettare quelli russi. E per un sistema d'arma del genere va debitamente istruito il personale ucraino. L'addestramento di 15mila militari di Kiev nella Ue è già iniziata a Brzeg, in Polonia e nei paesi baltici. L'Italia ha dato la sua disponibilità, ma per ora nessun soldato ucraino è arrivato nelle nostre caserme.
Zelensky firma un decreto che abolisce la libertà di stampa. Piccole Note (i suoi interventi sembrano essere anti ucraina n.d.a) su Il Giornale il 3 Gennaio 2023
Riprendiamo da un articolo di Anushka Patil pubblicato sul New York Times il 30 dicembre: “Giovedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un disegno di legge che amplia il potere del governo sui mezzi di informazione, una norma che secondo gli organi di stampa potrebbe erodere la libertà di informazione nel Paese”.
Prima i partiti, poi la stampa
“Nonostante il fatto che alcune delle disposizioni più rigorose della legge siano state allentate per rispondere alle critiche precedenti, sono rimaste serie preoccupazioni sull’indipendenza dell’organismo di regolamentazione, hanno affermato venerdì media nazionali e internazionali, aggiungendo che stavano ancora studiando i dettagli della legislazione finale, composta da 279 pagine”.
“La legge estende le prerogative dell’autorità di regolamentazione delle trasmissioni televisive ucraine per coprire i mezzi di informazione online e cartacei. Le bozze precedenti davano all’autorità di regolamentazione il potere di multare i media, revocare le loro licenze, bloccare temporaneamente i siti online senza un ordine del tribunale e di richiedere che le piattaforme dei social media e i giganti tecnologici come Google rimuovano contenuti contrari alla legge”.
Un ulteriore giro di vite, dopo quello che ha visto il governo di Kiev mettere fuorilegge tutti i partiti e le forze di opposizione. Tale sviluppo si spiega con le ristrettezze imposte dalla guerra, ovviamente, ma sembra andare oltre le ragionevoli necessità, stando anche a quanto riferisce il Nyt.
La “censura” esiste se esiste una opposizione
Alcune considerazioni a margine. Anzitutto tale misura indica che, nonostante le restrizioni già esistenti e la soppressione delle opposizioni, nel Paese c’era un’insofferenza nei confronti del governo, che iniziava a emergere in siti, Tv e giornali, altrimenti non si spiega l’esigenza di un più severo controllo.
L’altra considerazione riguarda i resoconti dei media mainstream, che da tempo riferiscono che il popolo si è stretto attorno al suo presidente e sostiene la sua decisione di resistere alla Russia fino allo stremo, rigettando negoziati e compromessi.
Evidentemente non hanno mai letto le notizie e le fonti di informazione che preoccupano così tanto il governo da decidere per un ulteriore giro di vite e che certo riflettono l’opinione di parte – quanto grande non lo sappiamo, né forse mai lo sapremo – della popolazione (che, ricordiamo, aveva votato per Zelensky perché facesse la pace con la Russia).
Né evidentemente hanno mai parlato veramente con la gente del posto, se non con interlocutori selezionati (prima o dopo), altrimenti tale sostegno a Zelensky non apparirebbe così unanime come riferiscono usualmente nei loro resoconti. Insomma, la decisione di Kiev evidenzia che tali rapporti sono mera propaganda.
La democrazia ucraina e l’autoritarismo russo
In terzo luogo, la decisione di sopprimere – o controllare che dir si voglia – ogni forma di libertà, politica e di informazione, non sembra rispecchiare né lo slogan tanto in voga per la guerra ucraina, che vede una lotta tra una democrazia, quella di Kiev, contro l’autoritarismo, quello russo; né lo slogan che vede in Kiev un baluardo che, per conto dell’Occidente, sta difendendo le regole fondate sul diritto che hanno retto il mondo nel post Seconda guerra mondiale.
Inoltre c’è una discrasia di fondo. Quando il nemico è percepito come oppressore, e come tale è dipinta la Russia, in genere le forze politiche di un Paese tendono a fare fronte comune, come accadde in Italia contro il nazi-fascismo. Nel caso ucraino tale convergenza non si è data, anzi si assiste a un preoccupante unipolarismo, sempre più stringente. L’assenza di tale fronte comune può non ledere l’immagine di una Russia come stato autoritario, ma certo non aiuta a percepire il governo ucraino come una democrazia.
Il fatto che l’Occidente stia sostenendo in modo tanto incondizionato un governo così autoritario non può non preoccupare. L’urgenza di contrastare la Russia non può passare sopra tutto, altrimenti si cade nella trappola di Pinochet, che fu sostenuto in maniera incondizionata solo perché la sua alternativa erano i “rossi”.
Una bizzarria ulteriore viene registrata nel sottotitolo del New York Times: “I parlamentari che hanno approvato il disegno di legge hanno affermato che aiuterebbe a soddisfare le condizioni per l’adesione all’Unione europea”. Davvero per entrare nella Ue occorre limitare la libertà di stampa in questo modo? Sarebbe interessante cosa ne pensa un altro Parlamento, quello cosiddetto europeo…
Armi e soldi a pioggia…
Infine, cosa non meno importante, va considerato che l’Ucraina in questi mesi è letteralmente inondata di armi e di soldi provenienti dal blocco occidentale. Tali flussi avevano già scarsi controllo in loco, ora non ne hanno alcuno. Ciò non può che alimentare il traffico di armi internazionale, preoccupazione peraltro già presente in passato (vedi Responsible Statecraft), e la corruzione, di cui l’Ucraina è preda da tempo.
L’ultima considerazione è registrata anche da un recente rapporto del CSIS (Center for Strategic & International Studies), peraltro molto ben disposto nei confronti dell’Ucraina, sul quale si legge: “Ricercatori esperti in anti-corruzione hanno anche scoperto che la guerra tende ad esacerbare i rischi di corruzione. Gli sforzi per promuovere l’integrità e individuare le responsabilità dei funzionari disonesti spesso non hanno priorità rispetto alle ragioni della salvaguardia della sicurezza nazionale. L’urgenza e la segretezza degli appalti nel settore della difesa e l’afflusso di assistenza straniera, tra gli altri fattori, creano nuove opportunità di corruzione in un momento in cui lo stato e la società civile hanno una capacità ridotta di monitorare e indagare sui comportamenti illeciti”.
È classica scoperta dell’acqua calda, ma in un momento come questo, nel quale la realtà è distorta al parossismo tanto che i media vendono per vere anche le fole più astruse, anche una simile scoperta è rivoluzionaria.
Guerra in Ucraina. Successi ed errori: i servizi segreti in Ucraina. L'ultimo libro di Aldo Giannuli, intitolato Spie in Ucraina (editore Ponte alle grazie) accende i riflettori sulla longa manus dei servizi segreti in Ucraina. E ricostruisce le dinamiche più nascoste della guerra in corso. Federico Giuliani su Il Giornale il 3 Gennaio 2023
Le cronache dei corrispondenti, le dichiarazioni dei leader politici, le testimonianze dei civili e le analisi degli esperti rappresentano soltanto la punta dell'iceberg della guerra in Ucraina.
Più in profondità, immerso in un mare di incertezze, troviamo il lavoro oscuro delle intelligence. La mano invisibile dei servizi segreti – russi, ucraini e occidentali - ha plasmato il conflitto, nel bene e nel male, dalle sue battute iniziali al presente, tra valutazioni errate e colpi di genio. Scopriamo così che le vittorie e le sconfitte raccontate dai media di tutto il mondo hanno autori senza nome. Non tanto Vladimir Putin, Volodymyr Zelensky o qualche generale pluridecorato, bensì, per usare un termine molto generico ma d'impatto, le cosiddette "spie".
L'ultimo libro di Aldo Giannuli, Spie in Ucraina (editore Ponte alle grazie), tocca proprio questa interessante tematica. E lo fa ricostruendo la vicenda ucraina alla perfezione, dotando il lettore di tutti gli strumenti cognitivi necessari per districarsi nella complessa contesa in corso.
Alle origini della guerra in Ucraina
Il libro di Giannuli passa in rassegna tutte le dinamiche e i retroscena della guerra in Ucraina. Si parte con una eccellente ricostruzione dei fattori alla base della cosiddetta "operazione militare speciale" voluta da Putin. Il capo del Cremlino, all'inizio della sua presidenza, fu esplicito: "O la Russia sarà una grande una potenza o non sarà affatto". Gli analisti occidentali etichettarono tuttavia questa frase come una mera trovata propagandistica, sottovalutandone la reale portata programmatica.
Ma senza conoscere la storia, la cultura e le particolarità russe, passate in rassegna da Giannuli con rara profondità, è impossibile comprendere l'attuale sistema politico guidato da Putin. Allo stesso tempo, è utopico sperare di capire come abbia fatto l'Ucraina a non esser stata travolta dall'onda d'urto di Mosca senza conoscere il background storico-culturale di Kiev.
La collaborazione tra i servizi ucraini e quelli occidentali
Nel passaggio successivo il volume accende i riflettori sulla longa manus dei servizi segreti in Ucraina, ovvero il nucleo dell'intero testo. Innanzitutto, se Kiev è riuscita a tener testa all'Orso russo, dotato di risorse e armamenti considerevoli, lo deve per lo più al legame esistente tra ucraini e servizi occidentali, statunitensi in primis.
Un primo indizio di questa collaborazione sarebbe stato segnalato dall'uccisione di una quindicina di generali russi, localizzati grazie al traffico telefonico. Lo scorso 2 maggio fu il New York Times a dare notizia del ruolo dei servizi Usa nella vicenda, irritando l'amministrazione Biden.
Un altro caso per il quale si è parlato di cooperazione tra i diversi servizi schierati contro i russi è stato il fallito sbarco delle truppe del Cremlino a Hostomel, nonché il mancato assassinio di Zelensky. Per non parlare dell'attacco ucraino del 12 agosto a Popasna, che portò alla distruzione del comando della Wagner.
Il ruolo delle spie
I servizi di intelligence sono stati coinvolti in tempi diversi nella fornace ucraina. Prima, sottolinea Giannuli, i servizi russi hanno studiato il terreno e avviato le operazioni di penetrazione. Quasi in contemporanea gli americani hanno monitorato l'addensamento delle truppe russe al confine ucraino e previsto l'invasione, ed è lecito supporre che in questa fase si siano attivati anche i cinesi.
I servizi ucraini sembravano invece increduli, non preparati al pericolo imminente, anche se su questo permangono numerosi dubbi. Soltanto in seguito, probabilmente, si sono mobilitati i servizi britannici, polacchi e baltici, seguiti da quelli rumeni, slovacchi e boemi. Per ultimi sono invece venuti i restanti europei: francesi, italiani e tedeschi.
Giannuli elenca dunque ipotesi, passa in rassegna prove, più o meno evidenti, e invita i lettori a riflettere su quanto avvenuto. Per comprendere il ruolo e le scelte dei servizi, e il significato stesso della guerra in corso, è necessario inserire i fatti attuali in un contesto, capire la Russia profonda e la lunga storia della Russia come "impero a trazione militare". Ed è per questo che Spie in Ucraina si candida a diventare un libro fondamentale per interpretare il mosaico ucraino.
La Francia riarma, Macron investe 400 miliardi in armi. Basteranno? Marco Valle su Inside Over il 2 Gennaio 2023
In questi giorni all’Eliseo ma anche ai Ministeri della Difesa e delle Finanze vi è molto fermento (e qualche segreto imbarazzo…). Nonostante il clima festivo le riunioni si intrecciano e si sovrappongono senza requie. Entro gennaio il presidente Emmanuel Macron dovrà presentare la nuova “Loi de programmation militare” (LPM), ovvero il piano d’investimenti 2024-2030 per le forze armate transalpine, e sottoporlo a marzo al Parlamento.
Un puzzle complicato. I nuovi scenari bellici ad Est hanno bruscamente interrotto la lunga, sonnacchiosa (e assai sparagnina) routine governativa — un susseguirsi costante di tagli al budget della Difesa con disastrose conseguenze sui mezzi e i sistemi d’arma convenzionali— che tanto aveva fatto brontolare i generali col kepì. Un caso su tutti. Nel luglio 2017 l’allora capo di stato maggiore, il generale Pierre de Villiers, si dimise clamorosamente in aperta polemica con l’appena nominato Macron per protestare contro l’ennesimo colpo basso. Il neo presidente, dimentico delle tante promesse fatte in campagna elettorale, sforbiciò di colpo 850 milioni di euro il già risicato bilancio delle forze armate causando uno scontro durissimo con l’istituzione militare.
Torniamo all’oggi. Il conflitto ucraino, sommato alle difficoltà crescenti nell’ex Africa francese e alla penuria estrema degli arsenali — ormai quasi completamente svuotati dopo anni di lesina e dai troppo generosi aiuti a Kiev —, impone ormai un radicale cambio di paradigma politico e strategico e soprattutto tanti, tantissimi quattrini. Se la Francia vuole restare una potenza militare credibile sono necessari almeno 400 miliardi di euro spalmati su sette anni: cento miliardi e rotti in più della precedente LPM 2019-2025. Un investimento pesantissimo ma già insidiato dall’inflazione, dai costi dell’energia oltre che dalla corsa mondiale agli armamenti. Dunque si prospetta un percorso disseminato d’imprevisti e infinite variabili che costringerà i legislatori a scelte difficili.
Come si legge nella “Revue national stratégique”, il documento preparatorio alla LPM presentato da Macron a Tolone lo scorso 8 novembre, la Francia investirà non solo nelle nuove tecnologie (difesa cibernetica e sicurezza spaziale) ma cercherà di forgiare nuovamente un dispositivo capace di condurre operazioni convenzionali ad alta intensità privilegiando artiglieria e carri armati — drasticamente ridotti nell’ultimo trentennio — e si doterà, alla luce delle lezioni ucraine, di droni d’ultima generazione. Uno sforzo industriale importante che necessita però di munizionamento adeguato e ingenti stock di pezzi di ricambio e, dato non secondario, anzi — di personale più giovane e meglio addestrato. Sul terreno servono soldati giovani e motivati.
Da qui, anche in vista dei Giochi olimpici dell’estate 2024, il bisogno di rimpolpare, raddoppiando i 40 mila effettivi oggi disponibili, i ranghi della Riserva dell’Esercito (CESR) composta da ex militari e destinati per lo più alla sorveglianza del territorio nazionale nell’operazione “Sentinelle” e compiti similari.
A fare le spese della nuova LPM saranno i programmi ritenuti meno urgenti posticipando (o cancellando) la consegna di nuove fregate e sommergibili, di altri jet Rafale e di veicoli blindati leggeri. Ma la vittima più illustre rischia d’essere la tanto attesa nuova portaerei. Gli analisti considerano ormai defunto il progetto PANG — la portaerei di nuova generazione a propulsione nucleare, che doveva sostituire nel prossimo decennio l’ormai acciaccata “Charles de Gaulle” ormai in linea dal 1994 e sempre più spesso ormeggiata in cantiere per continui lavori di manutenzione. Per la vecchia signora dei mari la pensione è sempre più lontana.
MARCO VALLE
Pentagramma e moschetto. La musica ha accompagnato (o denunciato) le guerre di ogni epoca. Carlo Piccardi su L’Inkiesta il 3 Gennaio 2023
Armonie e ritmi di ogni genere hanno rappresentato, sostenuto e anche contestato i conflitti armati. Il critico musicale Carlo Piccardi rintraccia il legame tra due mondi solo apparentemente distanti dai tempi di Machiavelli fino a oggi
Al gennaio del 1788 risale La battaglia K 535, contraddanza composta da Mozart un mese prima che Giuseppe II dichiarasse guerra ai turchi. Il clamore della percussione «alla turca» e il penetrante suono dell’ottavino che attraversano le trame di questa svagata musica da ballo, destinata proprio a quell’imperatore, ne erano quindi il preannuncio, tant’è che la Wiener Zeitung ribattezzò la modesta composizione mozartiana col titolo L’assedio di Belgrado.
Era infatti quello il «grosser Schall» che si era impresso minacciosamente nella memoria dei viennesi fin dall’assedio subìto dalla capitale asburgica nel 1529, quando le cronache riferivano della presenza fragorosa nell’esercito ottomano di una banda di trombe, zampogne, tamburi, piatti, campanelli e triangolo.
Trombe, pifferi e tamburi sono sempre stati in prima fila nelle armate a incitare i soldati all’assalto. Niccolò Machiavelli non mancò di considerare tale componente nel trattato intitolato L’arte della guerra, in cui Fabrizio, dialogando con Cosimo, afferma:
«Vorrei che ciascuno connestabole avesse la bandiera e il suono. Sarebbe pertanto composto uno battaglione di dieci battaglie, di tremila scudati, di mille picche ordinarie, di mille estraordinarie, di cinquecento veliti ordinarii, di cinquecento estraordinarii; e così verrebbero ad essere seimila fanti, tra quali sarebbero mille cinquecento capidieci e, di più, quindici connestaboli con quindici suoni e quindici bandiere, cinquantacinque centurioni, dieci capi de’ veliti ordinarii, e uno capitano di tutto il battaglione, con la sua bandiera e il suo suono.
[…] Vuolsi adunque che la prima e ultima fila d’ogni centurie sieno capidieci; il connestabole con la bandiera e con il suono stia nel mezzo della prima centuria degli scudi; i centurioni in testa d’ogni centuria ordinati».
In tale trattato, stampato nel 1521 e dedicato al cardinale Giulio de’ Medici, queste considerazioni si collegano allo sfoggio di sapienza umanistica, tanto da riprendere pari pari dalle antiche testimonianze il racconto degli inverosimili effetti prodotti dalla musica nelle contese:
«Deono adunque i fanti camminare secondo la bandiera e la bandiera muoversi secondo il suono; il quale suono, bene ordinato, comanda allo esercito; il quale, andando con i passi che rispondano a’ tempi di quello, viene a servare facilmente gli ordini. Onde che gli antichi avieno sufoli, pifferi e suoni modulati perfettamente; perché, come chi balla procede con il tempo della musica e, andando con quella, non erra, così uno esercito, ubbidendo nel muoversi a quel suono, non si disordina.
E però variavano il suono, secondo che volevano variare il moto e secondo che volevano accendere o quietare o fermare gli animi degli uomini. E come i suoni erano vari, così variamente gli nominavano. Il suono dorico generava costanzia, il frigio furia; donde che dicono che, essendo Alessandro a mensa e sonando uno il suono frigio, gli accese tanto l’animo, che misse mano all’armi. Tutti questi modi sarebbe necessario ritrovare; e quando questo fusse difficile, non si vorrebbe almeno lasciare indietro quegli che insegnassono ubbidire al soldato; i quali ciascuno può variare e ordinare a suo modo, pure che con la pratica assuefaccia gli orecchi de’ suoi soldati a conoscerli. Ma oggi di questo suono non se ne cava altro frutto in maggiore parte, che fare quel rumore».
Al di là dei dotti riferimenti, vi risalta l’importanza che Machiavelli attribuiva alla musica nella funzione simbolica, in combinazione con il vero simbolo rappresentato dalla bandiera. Oltre al ruolo incitante nel combattimento, essa era chiamata quindi a costituire un emblema in cui riconoscersi, da cui trarre la forza di sentirsi uniti per raggiungere un fine comune.
Nel prosieguo delle sue argomentazioni egli entra anche nel dettaglio, a differenziare in modo stupefacente vari tipi e gradi di interventi sonori. Così nel dialogo di Fabrizio con Luigi leggiamo: «E, perché l’importanza di questo comandamento dee nascere dal suono, io vi dico quali suoni usavano gli antichi. Da’ Lacedemoni, secondo che afferma Tucidide, ne’ loro eserciti erano usati zufoli; perché giudicavano che questa armonia fusse più atta a fare procedere il loro esercito con gravità e non con furia. Da questa medesima ragione mossi, i Cartaginesi, nel primo assalto usavano la citera. Aliatte,re de’ Lidi, usava nella guerra la citera e i zufoli; ma Alessandro Magno e i Romani usavano i corni e le trombe, come quelli che pensavano, per virtù di tali istrumenti, potere più accendere gli animi de’ soldati e fargli combattere più gagliardamente.
Ma come noi abbiamo, nello armare lo esercito, preso del modo greco e del romano, così nel distribuire i suoni serveremo i costumi dell’una e dell’altra nazione. Però farei presso al capitano generale stare i trombetti, come suono non solamente atto a infiammare l’esercito, ma atto a sentirsi in ogni romore più che alcuno altro suono. Tutti gli altri suoni che fussero intorno a’ connestaboli e a’ capi de’ battaglioni, vorrei che fussono tamburi piccoli e zufoli sonati, non come si suonano ora, ma come è consuetudine sonargli ne’ conviti. Il capitano adunque, con le trombe, mostrasse come quando si avesse a fermare o ire innanzi o tornare indietro, quando avessono a trarre l’artiglierie, quando muovere gli veliti estraordinarii, e, con la variazione di tali suoni, mostrare all’esercito tutti quegli moti che generalmente si possono mostrare; le quali trombe fussero di poi seguitate da’ tamburi. E in questo esercizio, perch’egli importa assai, converrebbe assai esercitare il suo esercito. Quanto alla cavalleria, si vorrebbe usare medesimamente trombe, ma di minore suono e di diversa voce da quelle del capitano».
Per quanto oggi siamo poco propensi a comprendere e ad accettare tale tipo di teorizzazione, non possiamo sottrarci alla constatazione ne del fascino dei suonatori scozzesi di cornamusa segnalati fin dal XIV secolo, nella Battaglia di Bannockburn. Di quelle antiche teorie, nella concreta dimostrazione di una capacità motivante al combattimento, essi sono infatti più di un riflesso. Li ritroviamo a Waterloo e nella guerra di Crimea a incitare i soldati all’attacco con effetto galvanizzante.
Nella Prima guerra mondiale non solo furono presenti nella sanguinosa offensiva della Somme, ma comparvero su tutti i fronti in cui era impegnato l’esercito britannico, sia su quello occidentale sia in Russia, in Macedonia, in Turchia, in Egitto, in Palestina, in Mesopotamia e perfino in India, con un tributo di sangue che ne vide 500 uccisi e 600 tra feriti e invalidi, provenienti, sì, dai reggimenti scozzesi ma anche dai numerosi battaglioni anzacs (giunti da Australia, Nuova Zelanda, Africa e Canada).
La diramazione coloniale della Gran Bretagna fece sì che troviamo le pipe bands anche nelle truppe di filiazione scozzese che facevano capo ai sikh, ai gurkha, ai pathan e droga al servizio della corona. Nella Seconda guerra mondiale intervennero a El Alamein, a Dieppe, sulle spiagge della Normandia e nell’attraversamento del Reno. Persino nella Seconda guerra del Golfo in Iraq (2003), quando lo spazio acustico della battaglia era saturato dai suoni meccanici dell’arsenale tecnologico e dall’assordante scoppio delle bombe, nelle compagnie scozzesi c’era ancora posto per l’accompagnamento di pungenti cornamuse.
Era quella in fondo anche la declinazione occidentale della banda dei giannizzeri, procedente di pari passo con stragi di teste tagliate e terra bruciata, che fu per l’Europa il terrorizzante annuncio sonoro di barbarica invasione. Si tratta di una fama radicata e testimoniata a vari livelli.
Da “Il suono della guerra” di Carlo Piccardi, Il Saggiatore, 688 pagine, euro 36,00.
La rabbia di Mosca dopo l'attacco a Makiivka. Colpito un hotel di giornalisti nel Donbass, non ci sono vittime. Marta Serafini, inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 3 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di martedì 3 gennaio. Zelensky avverte il Paese del rischio di una guerra di logoramento portata avanti dai «terroristi russi»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 313esimo giorno.
• A Capodanno la resistenza ha centrato un edificio che ospitava soldati russi nel Donbass: Mosca ha ammesso 63 vittime, per Kiev sono 400.
• Un esercito di volontari telefona a caso ai russi per smascherare le bugie di Putin sulla guerra.
• Nella notte nuovi bombardamenti russi hanno colpito le regioni di Kiev, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk causando feriti e blackout.
• L’Ue ha confermato che a breve partiranno le prime tranche degli aiuti finanziari a Kiev, annunciando anche l’invio di generatori, lampadine e scuolabus.
Ore 01:09 - Kiev, vertice con Ue il prossimo 3 febbraio
L'Ucraina e l'Unione Europea terranno un vertice a Kiev il 3 febbraio per discutere del sostegno finanziario e militare. Lo ha dichiarato lunedì l'ufficio del Presidente Volodymyr Zelensky in un comunicato. Zelensky ha discusso i dettagli dell'incontro ad alto livello con il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen durante la sua prima telefonata dell'anno. «Le parti hanno discusso i risultati attesi del prossimo vertice Ucraina-UE che si terrà il 3 febbraio a Kiev e hanno concordato di intensificare i lavori preparatori», si legge nel comunicato.
I leader hanno parlato della fornitura di armi «adeguate» e di un nuovo programma di assistenza finanziaria all'Ucraina da 18 miliardi di euro (19 miliardi di dollari), con Zelensky che ha spinto per l'invio della prima tranche questo mese. Il mese scorso, l'Unione Europea ha spianato la strada alla concessione degli aiuti all'Ucraina con un cosiddetto «megadeal» che includeva l'adozione di un'aliquota fiscale globale minima del 15%. La decisione ha fatto seguito a un accorato appello di Zelensky a non lasciare che le dispute interne al blocco dei 27 paesi ostacolassero il sostegno a Kiev.
Ore 02:15 - Reporter tedesco di «Bild» ferito da scheggia in esplosione
Un giornalista di «Bild» è stato ferito alla testa da una scheggia dopo un'esplosione in Ucraina. Lo ha reso noto lo stesso quotidiano tedesco. Il reporter, Bjorn Stritzel, ha comunicato in seguito che la ferita non è grave e di essere in buone condizioni.
Ore 04:51 - Media, 538 coscritti russi morti in ultimi 3 mesi
Almeno 538 coscritti russi mobilitati sono morti negli ultimi tre mesi, secondo la Bbc News Russian e il sito di notizie indipendente russo Mediazona che indica le vittime nome per nome. L’età media dei morti è di 30-35 anni. «Le perdite effettive tra coloro che sono stati mobilitati potrebbero essere molto più elevate, poiché molte segnalazioni di soldati uccisi in Ucraina da ottobre non indicano il loro status. Quindi a volte è impossibile dire se una persona ha prestato servizio come soldato professionista, combattente volontario o coscritto, riferisce la Bbc aggiungendo che solo nell’ultima settimana sono stati uccisi 46 russi mobilitati.
Alla fine ottobre la Russia ha affermato di aver mobilitato 300.000 coscritti con un’età media di 35 anni. Circa 80.000 sono stati inviati in Ucraina di cui quasi la metà in prima linea, secondo il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu. Un’analisi di Mediazona stima che circa 492.000 uomini siano stati arruolati nell’esercito russo da quando il presidente Vladimir Putin ha annunciato la «mobilitazione parziale» di 300.000 uomini il 21 settembre.
Ore 05:48 - Zelensky: «Mosca pianifica l’uso prolungato di droni iraniani per logorarci»
La Russia sta pianificando una lunga campagna di attacchi con droni iraniani per «logorare» l’Ucraina. Lo ha detto lunedì il presidente Volodymyr Zelenskiy. «Abbiamo informazioni secondo cui la Russia sta pianificando un lungo periodo di attacchi usando i droni Shahed», ha detto Zelenskiy nel suo video notturno indirizzato alla nazione. «Probabilmente sta puntando al logoramento. Della nostra gente, delle nostre difese antiaeree, della nostra energia». L’Ucraina, ha detto il leader, deve «agire e fare di tutto affinché i terroristi russi falliscano nel loro obiettivo, così come hanno fallito in tutti gli altri».
Ore 07:15 - L’attacco ucraino su Makiivka (63 soldati russi uccisi)
Dalla nostra inviata Marta Serafini
Kiev — Le immagini satellitari scattate dalla società statunitense Planet Labs datate 20 dicembre e 2 gennaio mostrano le conseguenze dell’attacco ucraino alla città di Makiivka, controllata dai russi. Mosca ha ammesso che 63 militari russi sono stati uccisi nell’attacco (gli ucraini sostengono invece che le vittime siano 400).
Ore 07:19 - Raid su hotel in Donbass
Dalla nostra inviata Marta Serafini
Kiev — Danneggiato in un raid un hotel in Donbass alle porte di Kramatorsk, utilizzato come base dai giornalisti che «coprono» la guerra a Est. Si tratta dell’Hotel Man. Qui il momento dell’esplosione mentre un collega francese è in diretta. Non paiono esserci feriti o vittime per fortuna.
Ore 07:34 - Stoltenberg: alcuni Paesi Nato chiedono più spese militari
Alcuni Paesi della Nato vorrebbero aumentare le spese militari, tenendo l’attuale barra del 2% del Pil (che alcuni non hanno ancora raggiunto) come obbiettivo minimo. Lo ha detto Jeans Stoltenberg, Segretario generale dell’Alleanza, in un’intervista all’agenzia tedesca Dpa. Stoltenberg non ha specificato quali siano gli Stati favorevoli ad alzare i livelli di spesa. «Ne discuteremo nei prossimi mesi», ha detto il norvegese: «Vogliamo arrivare a un accordo entro il summit che si terrà a Vilnius a luglio».
Ore 07:56 - Progozhin: l’avanzata russa a Bakhmut è difficile, gli ucraini hanno 500 linee di difesa
«L’avanzata delle truppe russe a Bakhmut in Donetsk è complicata. Lì l’esercito di Kiev ha creato cinquecento linee di difesa». Parola di Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo di mercenari Wagner e amico personale di Putin, all’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti . «Bakhmut è una fortezza. I nostri militari combattono per il controllo di ogni singolo edificio», ha detto Prigozhin, «e dopo la conquista di un edificio non si può dire che la difesa dell’esercito ucraino sia stata sfondata».
Ore 08:08 - Intelligence Gb: improbabile svolta russa a Bakhmut
È improbabile che la Russia raggiunga una svolta significativa vicino a Bakhmut, nelle prossime settimane, riporta l’ultimo bollettino sulla guerra dell’intelligence militare britannica. Ciò è dovuto in parte al fatto che la Russia sta probabilmente conducendo operazioni offensive nell’area solo a livello di plotone o di sezione. «A metà dicembre, l’esercito russo e le forze della Wagner hanno aumentato la frequenza degli assalti di fanteria intorno a Bakhmut, tuttavia, molte di queste operazioni sono state scarsamente supportate», ha osservato il ministero della Difesa. «Negli ultimi dieci giorni, l’Ucraina ha impegnato rinforzi significativi per difendere il settore e la frequenza degli assalti russi si è ridotta rispetto al picco di metà dicembre. Entrambe le parti hanno subito perdite elevate».
Ore 08:30 - Kiev e la caccia alle spie fra i religiosi ortodossi
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Non si ferma la caccia alle spie nelle chiese ortodosse ucraine. Ieri — a pochi giorni dal Natale ortodosso che si celebra il 7 gennaio — l’arciprete Anthony Kovtonyuk della Chiesa legata al Patriarcato di Mosca è stato accoltellato alla gola da uno sconosciuto a Vinnytsya, nell’Ucraina centrale. Kovtonyuk non è morto ma è in gravi condizioni. Ed è stato ferito proprio davanti all’altare della sua chiesa, quella dell’Intercessione della Madre di Dio. Quello di Vinnytsya è solo l’ultimo episodio di una lunga serie di veleni, vendette e odio che dal 24 febbraio agita la Chiesa ortodossa ucraina.
Ore 08:54 - Il ladro del murale di Bansky rischia 12 anni di carcere
È stato incriminato a Kiev per furto sotto legge marziale il presunto ladro del murale di Bansky a Hostomel. Rischia fino a 12 anni di carcere. «Era a conoscenza del valore dell’opera e intendeva venderla e usare quanto guadagnato. Ha cercato l’aiuto di persone non al corrente delle sue intenzioni, a cui aveva garantito di avere i permessi necessari per smantellare il murale», ha affermato il Procuratore generale.
Ore 09:01 - Kherson bombardata 80 volte in 24 ore, due vittime
Nel corso delle ultime 24 ore l'esercito russo ha bombardato la regione di Kherson per 80 volte, due civili sono stati uccisi e nove feriti: ha riferito il capo dell'amministrazione militare regionale Yaroslav Yanushevich. «Il nemico ha attaccato gli insediamenti della regione con artiglieria, lanciarazzi, mortai e carri armati», ha detto Yanushevich.
Ore 09:28 - Il punto militare | Perché l’inverno non ha fermato la carneficina: ecco come prosegue la guerra
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) La lunga guerra marcia seguendo tre assi: i fronti terrestri in stallo o quasi; i duelli a distanza con i bombardamenti; la catena dei rifornimenti. L’inverno ha rallentato le operazioni di ampio respiro, ma non ha arrestato la carneficina. Molto dura la battaglia attorno a Bakhmut e nella regione orientale. La Wagner prova a sfondare usando riservisti, mercenari, ex detenuti come carne da cannone. E i cannoni li divorano. Gli ucraini contro-manovrano cercando di assicurarsi il controllo di snodi stradali e pagano il loro tributo di vite. Gli osservatori continuano a prevedere una prossima avanzata ucraina in direzione di Melitopol e seguono le mosse degli invasori, con le ipotesi su una ripresa di un attacco da nord o persino con il coinvolgimento della Bielorussia. Siamo solo agli scenari, con molte variabili e poche conferme.
Ore 09:54 - Danneggiato l'albergo dei giornalisti a Kramatorsk
Il raid che ieri sera intorno alle 20 ha colpito un hotel a Kramatorsk, usano come base dai giornalisti inviati nell'Ucraina dell'Est, ha danneggiato la struttura alberghiera. Durante le esplosioni il reporter della «Bild» Bjorn Stritzel è stato ferito alla testa da una scheggia mentre cenava. Stritzel ha detto: «Il luogo dell'esplosione si trova fuori dal raggio dell'artiglieria russa e quindi forse si è trattato di un drone». Il giornalista ha affermato anche che ci sono state diverse esplosioni, e alcuni colleghi francesi che erano in diretta hanno filmato l'arrivo di un razzo a Kramatorsk :Paul Gasnier, Heloise Grégoire e Theo Palfrai erano in onda su TF1-TMC da Kramatorsk quando l'esplosione di un missile è entrata nell'inquadratura.
Ore 10:50 - Zelensky: «Siamo tutti combattenti al fronte»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha pubblicato su Telegram una selezione di immagini della guerra accompagnate da un messaggio: «Non ci sono piccole azioni in una grande guerra. Non ce ne sono di inutili. Ognuno di noi è un combattente. Ognuno di noi è al fronte. Ciascuno di noi è la base della difesa. Combattiamo come una squadra: l'intero Paese, tutte le nostre regioni».
Ore 11:07 - Kiev: in 2 giorni distrutto il 100% dei droni lanciati dai russi
«La difesa antiaerea ucraina ha distrutto 84 droni di fabbricazione iraniana nei primi due giorni del nuovo anno. Cioè, il 100% dei droni lanciati dalle truppe russe», ha dichiarato in tv il portavoce dell'aeronautica militare Yuriy Ignat. «Questi risultati non sono mai stati raggiunti prima», ha sottolineato. Secondo Ignat, da settembre le forze ucraine hanno distrutto quasi 500 droni nemici.
Ore 11:18 - Kiev: l'obiettivo è tornare ai confini del 1991
«La battaglia per il Sud continua», «Il compito è chiaro: tornare ai confini del 1991. Succederà sicuramente». Lo scrive via Telegram il capo dell'ufficio di presidenza ucraino Andryi Yermak, riferendosi quindi anche ai territori della Crimea e delle due repubbliche separatiste di Donestk e Lugansk. «Il nemico riceve una dura risposta per il bombardamento di Kherson. Le azioni del nostro esercito sono ragionevoli ed efficaci. Il nemico sta subendo perdite», si legge nel messaggio.
Ore 12:25 - Mosca: attacco di Kiev contro un ospedale a Zaporizhzhia
Le truppe ucraine hanno bombardato questa notte un ospedale nella città di Tokmak, nella regione di Zaporozhzhia. Lo ha riferito a Ria Novosti Vladimir Rogov, membro dell'amministrazione regionale. «Alle quattro del mattino, armi pesanti hanno colpito diversi ospedali di Tokmak. Il numero delle vittime è in fase di accertamento», ha dichiarato Rogov.
Ore 12:46 - Colpita con artiglieria una città nel Donetsk, un civile morto
Questa mattina le truppe russe hanno sparato con l'artiglieria su una zona residenziale della città di Kurakhovo, nella regione di Donetsk, uccidendo un civile e ferendone altri due. I colpi hanno centrato un condominio e danneggiato un impianto di approvvigionamento idrico. Lo riferisce il capo dell'amministrazione regionale Pavel Kirilenko, citato dall'Ukrainska Pravda. Kirilenko ha osservato che l'intera regione di Donetsk è pericolosa per i civili e ne ha chiesto l'evacuazione.
Ore 12:53 - Blogger russo premiato da Putin: il numero di morti a Makiivka forse è più alto
Un noto blogger militare russo, a cui il presidente Vladimir Putin ha conferito personalmente al Cremlino il 20 dicembre il riconoscimento dell«Ordine del coraggio, ha espresso dubbi sul bilancio ufficiale delle vittime della caserma russa a Makiivka. Semyon Pegov, che blogga con lo pseudonimo di «WarGonzo», ha pubblicato oggi un video di cinque minuti sul suo canale Telegram discutendo di quella che ha definito la «tragedia di Makiivka». «Nonostante la dichiarazione ufficiale del Ministero della Difesa, il numero esatto delle vittime è ancora sconosciuto», ha detto Pegov nel video, aggiungendo che si sta ancora cercando sotto le macerie.
Ore 13:13 - Zelensky sente Rutte: focus su rischio escalation al fronte
«Ho avuto una telefonata con il primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte. Abbiamo parlato del rischio di escalation al fronte e delle potenziali sfide, nonché delle nostre esigenze di difesa per una risposta adeguata. Contiamo su passi concreti da parte dei nostri partner per massimizzare il rafforzamento dell'Ucraina al prossimo Ramstein». Lo ha scritto su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Ore 13:22 - La rabbia di Mosca per l'attacco alla base russa nel Donetsk
Cresce la rabbia in Russia per l'uccisione dei soldati nella base di Makiivka nel Donetsk: nazionalisti russi e altri i legislatori hanno chiesto una punizione per i comandanti che hanno ignorato i pericoli per le truppe. A quanto pare, l'enorme esplosione, nella notte di Capodanno, che ha causato la distruzione dell'edificio dove si trovavano i soldati, è stata generata dal fatto che nello stesso edificio c'era anche un deposito di munizioni, come riportano alcuni blogger russi. Secondo Mosca, che normalmente non comunica il numero dei caduti nel conflitto, nell'attacco sono morti 63 militari, mentre secondo Kiev le vittime sarebbero centinaia. In risposta all'attacco subito, nella serata di ieri Mosca ha lanciato missili nel Donbass contro le postazioni ucraine, colpendo un hotel di giornalisti, senza fare vittime.
Ore 14:22 - Kiev accusa due generali russi degli attacchi ai civili
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Come sottolinea su Twitter l’esperta ucraina Maria Avdeeva, Kiev per la prima volta accusa due comandanti russi per aver devastato le città ucraine. Uno dei due è il generale Serhii Kobylash, comandante dell'aviazione russa a lungo raggio. Kobylash è responsabile dei bombardamenti di Mariupol. È accusato di aver ordinato «massicci attacchi missilistici contro edifici residenziali, ospedali e infrastrutture critiche in varie regioni dell'Ucraina». Kobylash è nato a Odessa. Ha partecipato alla guerra in Cecenia e in Georgia. In una sua recente dichiarazione Kobylash ha detto che l'aviazione strategica russa continuerà a bombardare oggetti civili in Ucraina nel 2023.
Ore 14:39 - Kiev: due persone uccise da mine antiuomo a Kherson
Due persone sono rimaste uccise in un'esplosione causata da mine antiuomo, lasciate dalle truppe russe nel distretto di Beryslav nell'Oblast di Kherson. Lo ha riferito il governatore dell'oblast Yaroslav Yanushevych, come riporta il Kyiv Indipendent. Secondo Yanushevych, le vittime erano in auto quando si sono imbattuti nella mina russa vicino al villaggio liberato di Mala Oleksandrivka.
Ore 14:56 - Esplosioni nella regione russa di Belgorod
I cittadini di Novy Oskol, nella regione russa di Belgorod, hanno segnalato esplosioni in città. Lo riporta il canale Telegram My Belgorod, secondo cui una struttura militare ha preso fuoco. Il governatore regionale Vyacheslav Gladkov non ha commentato queste informazioni.
Ore 15:26 - Macron: l'Ucraina ha bisogno del nostro sostegno più che mai
Il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito che l'Ucraina «ha bisogno del nostro sostegno più che mai», nel suo incontro oggi a Parigi con il primo ministro svedese Ulf Kristersson.
Ore 15:40 - Lavrov a ministro Israele: rafforzare la nostra cooperazione
Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov e quello israeliano Eli Cohen hanno avuto oggi una conversazione telefonica durante la quale Lavrov ha detto che Mosca è pronta ad «un lavoro congiunto per rafforzare la cooperazione bilaterale». Lo riferiscono le agenzie russe. Il colloquio ha riguardato anche la situazione in Ucraina.
Ore 15:42 - Kiev: nuova camera di tortura scoperta nella regione di Mykolaiv
Le forze dell'ordine ucraine hanno scoperto una nuova camera di tortura nella regione di Mykolaiv, nel villaggio di Oleksandrivka liberato. Lo ha reso noto l'ufficio del procuratore generale, scrive Ukrinform. In base alle prime indagini, «i russi hanno arrestato illegalmente e brutalmente torturato i residenti locali che si sono rifiutati di collaborare con loro». Le vittime sono state soffocate con sacchetti di plastica, ma anche percosse con oggetti pesanti e sottoposte a scariche elettriche. Nel corso di un'ispezione sono stati rinvenuti degli strumenti usati per le torture. Sono in corso le indagini per identificare i responsabili di questi crimini.
Ore 15:51 - Zelensky: «Con Sunak prese decisioni concrete»
Zelensky ha detto di aver preso delle «decisioni concrete» col primo ministro britannico Sunak durante una telefonata. «Insieme al primo ministro del Regno Unito Rishi Sunak, abbiamo discusso di un'ulteriore cooperazione nel campo della difesa. Abbiamo concordato di intensificare i nostri sforzi per avvicinarci alla vittoria già quest'anno. Abbiamo già decisioni concrete a riguardo», ha scritto il presidente ucraino su Twitter.
Ore 16:02 - Tajani: vogliamo la pace, che sia giusta
Tutti vogliamo la pace, «ma deve essere una pace giusta». Lo ribadisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani rispondendo a domande sulla guerra in Ucraina durante il programma di Rai Uno «Oggi è un altro giorno».
«Abbiamo chiesto all’Iran di interrompere le esecuzioni e aprire un dialogo con i manifestanti perché quello che stava accadendo per noi era inaccettabile», ha detto Tajani, rispondendo sulla recente convocazione dell’ambasciatore iraniano a Roma. «La pena di morte è una linea rossa che noi non possiamo tollerare, possiamo però per esempio dialogare sul nucleare», ha aggiunto.
Ore 16:03 - Decreto di Putin per risarcimenti ai caduti e feriti in Ucraina
Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato oggi un decreto sui risarcimenti ai feriti e alle famiglie dei caduti nell’operazione militare in Ucraina. Tra le misure previste vi è il pagamento di cinque milioni di rubli (circa 66.000 euro) alla famiglia di ciascun militare ucciso e tre milioni di rubli a ciascun ferito.
Ore 16:42 - Lituania, nel 2023 Ucraina sconfiggerà i russi, vittoria vicina
«Nel 2023 la Lituania continuerà il suo sostegno militare all’Ucraina. Questo deve essere l’anno in cui l’Ucraina sconfiggerà l’aggressore». È l’augurio del presidente lituano Gitanas Nauséda su Twitter. «La Lituania invierà equipaggiamento militare, munizioni e fornirà addestramento militare all’Ucraina - promette Nauséda -. È fondamentale aumentare il ritmo del sostegno di tutti gli alleati. La vittoria è vicina».
Ore 17:12 - Il tweet del Ceo Oleksandr Kamyshin: «Le ferrovie ucraine tra le migliori d’Europa»
Il capo delle ferrovie ucraine Oleksandr Kamyshin annuncia che una delle guide turistiche più famose al mondo ha inserito la linea Chisinau—Kiev, ossia quella che collega la Moldavia con la capitale ucraina, nella lista delle tratte più interessanti per il 2023, a fianco della linea ligure che passa da Monterosso e dalle Cinque Terre e insieme a quella e di quella che va da Amburgo a Stoccolma.
Ore 17:46 - Putin ordina proiezione documentari su offensiva russa in Ucraina
Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato oggi al suo governo di organizzare entro febbraio la proiezione nei cinema di «film documentari»sull’offensiva delle forze moscovite in Ucraina. Il ministero della Cultura dovrà dunque «presentare proposte per garantire la proiezione di film documentari nazionali nelle reti cinematografiche su temi relativi all’operazione militare speciale, alla lotta alla diffusione dell’ideologia neonazista e neofascista», si legge in un messaggio pubblicato sul sito web del Cremlino. La Russia ha giustificato la sua offensiva in Ucraina in particolare con la volontà di «denazificare» il Paese, con il Cremlino che ha accusato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e le autorità di Kiev di collusione con circoli ultranazionalisti. La Russia ha già approvato diverse leggi per controllare la narrativa sulla sua «operazione militare speciale». In particolare, la legge punisce severamente chiunque diffonda quelle che i tribunali considerano «menzogne» sulle forze armate.
Ore 18:17 - Putin ordina di utilizzare gli ospedali civili per i feriti
Vladimir Putin ha incaricato il ministero della Salute e il ministero della Difesa di utilizzare gli ospedali civili per la cura e la riabilitazione dei militari feriti nell’«operazione militare speciale». I due dicasteri, scrive l’agenzia di stampa Tass, dovranno presentare entro il 15 gennaio un rapporto sulla possibilità di utilizzare le strutture mediche civili che fanno capo al ministero della Salute.
Ore 18:41 - La gestione della battaglia: il tridente di Kiev e i contrasti di Mosca
Preparazione, ricerca dei bersagli, esecuzione. È il tridente usato da Kiev per gestire questa fase del conflitto e tener testa al nemico. A Mosca, invece, litigano sugli ultimi rovesci e Vladimir Putin ordina risarcimenti ai parenti dei caduti (qui il punto militare di Marinelli e Olimpio).
Ore 18:47 - Governatore pagherà spese legali a ginnasta Kuliak
Il governatore della regione di Kaluga, Vladislav Shapsha, ha annunciato che pagherà personalmente le spese legali del ginnasta russo Ivan Kuliak, squalificato per un anno dalle competizioni dalla Federazione Internazionale di Ginnastica (Fig) per essere salito sul podio in una gara internazionale a Doha vinta dall’ucraino Ilia Kovtun con la lettera `Z´ sulla canottiera. Il fatto risale al 5 marzo scorso. Kuliak ha applicato il simbolo associato all’operazione militare russa in Ucraina scattata il 24 febbraio scorso. Oltre alla sospensione, la Fondazione etica della ginnastica ha chiesto al ventenne ginnasta di restituire la medaglia di bronzo e il premio in denaro (505 euro) e pagare le spese legali (2.000 euro). Il governatore Shapsha è membro del partito Russia Unita di Vladimir Putin.
Ore 19:12 - Zelensky al premier norvegese: grazie per sostegno sull’energia
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sentito al telefono il premier norvegese Jonas Gahr Store al quale ha parlato «dei rischi di escalation al fronte». Il leader ucraino ha riferito su Twitter di aver delineato al primo ministro del paese scandinavo «le attuali esigenze di difesa dell’Ucraina» e di averlo «ringraziato per il sostegno fornito alla nostra infrastruttura energetica e per aver finanziato i volumi di gas necessari per il periodo invernale».
Ore 19:34 - Kiev, 500 soldati russi uccisi o feriti a Kherson
Le forze ucraine hanno ucciso o ferito in un attacco d’artiglieria nella regione di Kherson. E’ quanto sostiene lo Stato maggiore di Kiev, fornendo il bilancio - che non è stato verificato in modo indipendente - dell’attacco del 31 dicembre scorso nei pressi del villaggio di Chulakivka. Lo Stato maggiore ha anche dato notizia di un attacco contro le unità russe il primo gennaio nel villaggio di Fedorivka, senza fornire dettagli sul numero delle vittime. Fedorivka e Chulakivka sono entrambi situati sul lato sudorientale del fiume Dnipro. Ieri le Forze armate ucraine avevano rivendicato l’uccisione la notte di capodanno di 400 soldati russi in un attacco con missili Himars contro Makiivka, nel Donetsk, mentre Mosca ha confermato la morte «solo» di 63 militari.
Ore 01:51 - Usa: il nostro appoggio all’Ucraina avrà sostegno bipartisan
«Abbiamo totale fiducia che il nostro approccio all’Ucraina avrà sostegno bipartisan» al Congresso americano. Lo ha detto il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price, in un briefing con la stampa, sottolineando che gli Stati Uniti «saranno al fianco di Kiev per tutto il tempo necessario». «Abbiamo avuto da parte di membri del 118esimo Congresso di entrambi i partiti la parola che il sostegno all’Ucraina proseguirà», ha aggiunto il portavoce.
Ore 01:52 - Mosca ammette 89 morti nell’attacco ucraino a Makiivka
Sono 89, secondo Mosca, i soldati russi morti nel corso dell’attacco ucraino nel centro di addestramento russo di Makiivka, nel Donetsk occupato. Dopo un iniziale silenzio, il ministero della Difesa russo aveva ammesso la perdita di 65 militari. Seconfo fonti di Kiev invece le vittime sarebbero 300, forse anche 400. Mosca ha confermato che l’attacco è stato condotto dalle forze di Kiev dopo aver localizzato il bersaglio seguendo le tracce dei cellulari dei soldati russi.
Ore 02:07 - Bombe russe su Zaporizhzhia, allarme aereo in varie zone dell’Ucraina
Una persona è rimasta ferita ieri sera in un attacco russo alla periferia di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale: lo ha reso noto su Telegram il capo dell’amministrazione militare regionale, Oleksandr Starukh, come riporta Ukrainska Pravda. «Ancora una volta il nemico ha colpito con missili la periferia di Zaporizhzhia. A seguito dell’attacco, è scoppiato un incendio in una infrastruttura civile», ha scritto Starukh. Sempre ieri sera, poco prima della mezzanotte, sono scattati allarmi aerei nelle regioni di Donetsk, Charkiv, Poltava e Dnipropetrovsk.
Ore 03:19 - Un altro cittadino russo morto in India, nuovo mistero
Un terzo cittadino russo è morto in India in due settimane dopo la scomparsa del parlamentare Pavel Antov e del suo amico Bydanov Vladimir. Secondo quanto riporta l’Independent, il corpo di un ingegnere navale di Murmansk - Sergey Milyakov - è stato trovato ieri a bordo della nave M B Aldnah, nel porto di Paradip, nel distretto di Jagatsinghpur dello Stato dell’Odisha. Non si conosce ancora la causa del decesso. Milyakov, 51 anni, era il capo ingegnere della nave, che era diretta a Mumbai dal porto di Chittagong, in Bangladesh, via Odisha. La sua morte segue quella di Vladimir il 22 dicembre scorso, per arresto cardiaco, e quella il 24 dicembre di Antov, caduto dal terzo piano di un hotel di Rayagada, sempre nello Stato dell’Odisha.
La guerra in Ucraina è già costata all’Italia 76 miliardi di euro. Salvatore Toscano su L'Indipendente il 3 Gennaio 2023
Le sanzioni alla Russia, le speculazioni sulla borsa del gas e i rincari seguiti alla guerra in Ucraina sono già costati alle casse italiane 76 miliardi di euro solo per contenere l’impatto del caro energia su famiglie e imprese. È questo l’ammontare raggiunto dopo la finanziaria da 35 miliardi del governo Meloni, 21 dei quali destinati proprio a mitigare i rincari energetici. Stanziamento che si va a sommare ai 46 miliardi messi in campo dal governo Draghi in tre diversi decreti aiuti e ai 9,1 miliardi stanziati a novembre nel primo decreto aiuti del governo Meloni. Si tratta oltretutto di una stima per difetto, in quanto non considera i costi in termini di perdita della produttività delle imprese, di erosione dell’economia reale e del potere d’acquisto delle famiglie.
Con la diplomazia ormai “posata in un angolo e poi dimenticata” e una tregua tra Ucraina e Russia lontana, si fatica a ritornare a quella normalità tanto invocata dopo le ondate di coronavirus. Un’emergenza di fronte alla quale l’Italia si è impegnata a limitare la propria sovranità sottoscrivendo un accordo con l’Unione Europea: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 209 miliardi di euro, spalmati nel corso di sei anni, in cambio di 528 vincoli da rispettare, pena il congelamento dei fondi. Di recente, il governo Meloni ha annunciato il raggiungimento dei 55 vincoli preventivati per il 2022, clausola fondamentale per sbloccare la terza rata da 21 miliardi di euro. La stessa cifra è stata destinata dall’esecutivo alla mitigazione del caro energia nell’ultima manovra finanziaria e rappresenta quasi un quarto delle risorse italiane spese per mitigare l’impatto economico della guerra in Ucraina. [di Salvatore Toscano]
Dopo 10 mesi di sanzioni…la Russia è entrata nelle prime 10 economie mondiali. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 3 Gennaio 2023
Nonostante gli innumerevoli pacchetti di sanzioni che l’Occidente ha varato contro la Russia e le previsioni di fallimento nel breve periodo della sua economia da parte delle istituzioni europee e americane, secondo i dati del Fondo monetario internazionale, nel 2022 Mosca è entrata nella classifica delle prime 10 economie mondiali, collocandosi al nono posto e scavalcando Italia – che si colloca al decimo posto – Brasile e Corea del sud per prodotto interno lordo (Pil). La medesima tendenza proseguirà nel 2023, anno in cui è previsto che la Russia mantenga la posizione attuale in classifica. Nel 2022, Mosca ha registrato un Pil pari a 2.133,1 miliardi di dollari, anche grazie al rafforzamento del valore del rublo e all’aumento dei prezzi delle materie prime, tra cui quelle energetiche, di cui la Russia è una grande produttrice. A fronte della resistenza dell’economia moscovita, si registra – al contrario – una tendenza alla recessione di molte tra le principali economie occidentali: è di oggi, ad esempio, la notizia riportata dal Financial Times secondo cui il Regno Unito affronterà la recessione peggiore e più lunga delle economie del G7, ma anche quella secondo cui la decisione della BCE di aumentare i tassi di interesse metterà in difficoltà molti Stati europei, tra cui l’Italia, considerata l’anello debole della zona euro.
I risultati dell’economia russa e soprattutto l’apprezzamento del rublo contraddicono la narrazione dominante che per mesi è stata portata avanti dalle istituzioni europee circa l’efficacia delle sanzioni: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nell’aprile del 2022, in un’intervista al quotidiano tedesco Bild, aveva affermato che «le sanzioni ogni settimana entrano più a fondo nell’economia russa: le esportazioni verso la Russia sono crollate del 70%, 700 aerei russi hanno perso la licenza per mancanza di pezzi di ricambio e aggiornamenti software. Centinaia di grandi aziende e migliaia di esperti stanno voltando le spalle al Paese. Secondo le attuali previsioni, il prodotto interno lordo in Russia crollerà dell’11%. Il fallimento nazionale della Russia è solo questione di tempo». Ora si apprende, invece – dai dati dell’FMI – che in un contesto di recessione globale, i Paesi della zona euro saranno quelli più colpiti dal rallentamento economico. Dunque, se le sanzioni hanno indubbiamente creato dei problemi a Mosca, allo stesso tempo non ne hanno decretato quel crollo che il mondo occidentale si attendeva e auspicava. Hanno indebolito notevolmente, invece, la forza commerciale del Vecchio continente rallentandone la produzione industriale a causa degli alti costi energetici.
Anche lo stesso FMI ha dovuto rivedere più volte le stime di crescita dell’economia russa: inizialmente, infatti, aveva previsto una contrazione della crescita dell’8,6%, a luglio la previsione era scesa al 6% e ad ottobre al 3,2%. Intanto, l’economia moscovita ha dimostrato la sua enorme resistenza grazie alle manovre della governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, e all’apprezzamento del rublo, dovuto in buona parte dalla mossa strategica del Cremlino di esigere i pagamenti delle forniture energetiche in rubli piuttosto che in dollari o euro. Tutto ciò ha scosso gli interi equilibri economici internazionale dando il via a nuovi sistemi di pagamento globali che stanno progressivamente intaccando l’egemonia del dollaro come moneta di riferimento negli scambi internazionali.
Il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, ha affermato che il calo del Pil russo nel 2022 è stato pari al 2,7%, spiegando anche che nel 2023 il calo potrebbe continuare: «Gli ultimi dati mostrano che il PIL per l’anno in corso scenderà a circa il 2,7%, è ancora possibile che il calo continui l’anno prossimo, secondo le nostre previsioni», ha asserito. Anche l’economia di Mosca, dunque, è stata colpita dal rallentamento globale e dalle sanzioni occidentali. Tuttavia, queste ultime non solo non hanno avuto l’effetto dirompente desiderato dall’Occidente, ma hanno anche aperto le possibilità all’emergere di nuovi sistemi finanziari e nuove rotte commerciali proprio come antidoto alle sanzioni. Non a caso, il primo ministro russo Mikhail Mishustin ha dichiarato in una riunione del governo che le previsioni negative degli analisti occidentali sulla situazione economica in Russia non si sono avverate. In particolare, «il PIL del paese per 11 mesi è diminuito solo del 2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, nonostante tutte le sanzioni», ha affermato.
La classifica stilata in base ai dati dell’FMI non mette solo in luce l’inesattezza delle analisi e delle previsioni occidentali riguardo al crollo di Mosca, ma mostra anche come l’economia occidentale sia destinata nel medio-lungo periodo ad essere soppiantata dalle potenze asiatiche se la tendenza media di crescita proseguirà nello stesso modo: l’India, infatti, quest’anno ha sostituito il Regno Unito tra le prime cinque economie del mondo, collocandosi al quinto posto con un Pil di 3.468,6 miliardi di dollari. Le sanzioni, dunque, stanno contribuendo al crollo delle economie occidentali più che di quelle russe e asiatiche: secondo i dati dell’FMI, infatti, ad essere maggiormente esposte alla recessione prevista per il 2023 sono proprio Unione Europea e Stati Uniti, cui si aggiunge la Cina a causa delle politiche Zero Covid. Nel frattempo, la Russia regge l’urto e l’India avanza, mentre nuovi equilibri internazionali prendono forma. [di Giorgia Audiello]
Europea e anti tirannica. Ecco che cos’è la cultura ucraina (e perché sopravviverà all’imperialismo russo). Volodymyr Yermolenko su L’Inkiesta il 4 Gennaio 2023.
Kyjiv è da sempre più legata agli slavi occidentali che ai russi. E ora non sta dando all’Europa meno di quello che ne riceve. Anzi, è diventata una casa per l’Europa e aiuta gli europei a sentirsi di nuovo una famiglia
La crudele violenza contro l’Ucraina non è nata né ieri né il 24 febbraio del 2022 e nemmeno nel 2014. Questo sadico culto imperiale di umiliazione esiste da secoli. La Russia si comporta in Europa orientale come uno schiavista sfacciato che reputa la libertà un’anomalia. La Russia brucia le terre trasformando la vita in morte, la libertà in schiavitù, l’energia in indifferenza. Cancellando, sterminando, divorando qualsiasi testimonianza dei suoi crimini. Anche le radici della resistenza coraggiosa e ardua dell’Ucraina contro questa aggressione risalgono lungo i secoli. Il popolo ucraino ha sempre vissuto qui, facendosi sentire con le sue rivolte e le sue resistenze. Queste radici sono piantate in profondità nelle nere e fertili terre ucraine e arrivano fino al cuore di queste zone. Affondano nella memoria di quelli che sono morti, ma che mai si sono arresi. L’Ucraina vive ancora nel loro respiro che si percepisce ancora oggi nelle canzoni della resistenza.
Oggi in tanti ci chiedono: Chi siete? Da dove venite? Perché non vi arrendete? Finalmente cominciamo a raccontare la nostra storia. Finalmente c’è qualcuno pronto (almeno così crediamo) ad ascoltarci.
La cultura politica ucraina è anti tirannica. Il tiranno, lo zar, l’autocrate è il suo nemico principale. Nella lotta eterna delle idee tra Impero e Repubblica, l’Ucraina sta dalla parte della Repubblica. L’idea ucraina di Repubblica risale ai tempi dell’organizzazione politica dei cosacchi, dei guerrieri liberi, che oggi si sono reincarnati nei militari del XXI secolo. La vediamo anche all’inizio del XVIII secolo nei Pacta et constitutiones dell’etmano Pylyp Orlyk. E anche nel patto firmato tra i cosacchi ucraini e Mosca nel XVII secolo, un contratto che prevedeva responsabilità reciproche e non un rapporto padrone-schiavo come poi lo ha interpretato Mosca. Vediamo l’idea repubblicana nella resistenza degli intellettuali ucraini al dominio autocratico della prima metà del XIX secolo, nell’idea di una comunità come base della politica che si trova nel pensiero di Mykhajlo Drahomanov, il principale filosofo ucraino di quei tempi.
La resistenza alla tirannia è una storia radicata nel tempo che arriva fino alle proteste di Majdan nel XXI secolo. La linea della cultura politica ucraina passa per la Corona del Regno di Polonia e del Granducato di Lituania, per il sistema decentralizzato della Rus’ medievale, del quale ha scritto nel XIX secolo lo storico ucraino Kostomarov, e per il “diritto tedesco” che gestiva l’autonomia delle città dell’Europa orientale e che stava alla base dell’idea dell’autonomia delle città- Stato tedesche e italiane. Questa linea è radicata nei secoli a partire dall’idea di polis nell’Antica Grecia, il concetto dello Stato come unione dei cittadini liberi e responsabili. Quando Drahomanov scrive della hromada (comunità) ucraina come base della politica, la descrive quasi come Aristotele descrive le origini della polis. La cultura politica ucraina è un processo che si muove dal basso in alto. I cittadini formano le comunità, le comunità formano gli Stati, gli Stati formano le statualità interstatali.
La politica imperialista è diversa, si muove dall’alto verso il basso, tutto viene deciso nella parte alta della piramide e la politica diventa un movimento verticale basato su ordini e punizioni. Trovandosi nell’Europa orientale, nel punto di scontro di diversi Imperi, spesso con modelli gestionali tirannici, l’Ucraina è riuscita miracolosamente a conservare l’idea della Repubblica, della antica politeia.
E poi c’è il tempo. La cultura ucraina ha un rapporto particolare con il tempo. Non vede un conflitto aperto tra il passato e il futuro, tra il tradizionale e il moderno. Il passato e il presente si intrecciano tra di loro come i disegni floreali sulle facciate delle case ucraine. La cultura ucraina spesso si è sviluppata nella guerra dell’aggressore contro la tradizione. Le epoche di emancipazione culturale e di rinascita culturale sono state caratterizzate da un doppio salto nella tradizione profonda e allo stesso tempo in un futuro illusorio. La rottura principale degli ultimi secoli in Europa sin dalla Rivoluzione francese è stata la rottura tra il tradizionale e il moderno. Ma questa rottura non è così evidente nella cultura ucraina.
Taras Ševčenko (1814-1861), il padre fondatore della letteratura ucraina, riscopre la tradizione ucraina, ma per i suoi tempi svolge un’azione moderna e rivoluzionaria, per questo Dmytro Horbačov, uno dei più grandi specialisti dell’avant- garde ucraina, paragona i suoi testi a quelli dei futuristi del XX secolo. I modernisti ucraini di fin de siècle – Lesja Ukrajinka, Mychajlo Kocjubyns’kyj, Ol’ha Kobyljans’ka, Vasyl’ Stefanyk – hanno modernizzato la lingua e lo stile della letteratura ucraina, facendo un salto nella tradizione che era radicata nella cultura dei contadini ucraini. L’avant-garde ucraina, dai futuristi fino a Kazimir Malevič, ha riconosciuto nella tradizione visuale e orale una base per un salto rivoluzionario. E anche oggi tra i trend principali della musica ucraina c’è una combinazione di tradizione etnica e ritmo moderno, come nel caso di DakhaBrakha, Onuka, Go- A, Kalush Orchestra, Mar’jana Sadovs’ka.
La terra è uno degli archetipi e dei concetti chiave della cultura ucraina, che è ricca di idee botaniche, floreali e organiche. Le parole e i suoni sembrano crescere sottoterra per poi tornare in superficie. Già nelle idee filosofiche di Hryhorij Skovoroda, il principale pensatore dell’epoca barocca ucraina, vediamo l’identificazione dell’idea con il seme, una metafora cristiana e agricola che in Ucraina trova terreno fertile.
I fondatori delle letterature moderne del XIX secolo, l’ucraino Taras Ševčenko e il russo Aleksandr Puškin, sono radicalmente diversi. Puškin crea la lingua della letteratura russa prestando a quest’ultima la leggerezza delle belles lettres francesi dell’epoca rococò, con parole dolci e decorate intrecciate nell’aria ma non sempre importanti e spesso politicamente labili. Ševčenko, invece, estirpa le sue parole da sottoterra, le sue parole crescono come radici, come i boschi della Polesia, sono radicate in questa terra e non hanno intenzione di andare da nessuna parte: per questo sono politicamente forti.
Quando lo scrittore (e latifondista) russo Ivan Turgenjev descriveva agli amici i racconti della giovane scrittrice Marija Markovyč (Marko Vovčok) diceva che «crescevano dalla terra come un alberello». La letteratura ucraina è creata dalla terra e dal fuoco, più che dall’aria. Per questo è sempre stata forte e irremovibile nei confronti dell’Impero e per questo non vuole cedere le proprie terre.
Nonostante queste metafore organiche, la cultura ucraina è spesso una cultura di scelta. È abbastanza inclusiva e accoglie tutti quelli che hanno deciso di essere ucraini. Ol’ha Kobyljans’ka poteva essere una scrittrice di lingua tedesca, invece ha scelto l’ucraino come lingua di sua espressione artistica. Jurij Ševeljov, uno dei più importanti intellettuali del XX secolo, era di origine tedesca, così come Maik Yohansen, uno degli scrittori più interessanti dell’epoca del Rinascimento giustiziato (con questa espressione si intende la generazione di poeti, scrittori e artisti di lingua ucraina degli anni 1920-1930, giustiziati nelle colonie penali in Russia tra il 1937 e il 1938). Ha scelto l’identità ucraina anche Wilhelm Franz Joseph Karl von Habsburg-Lothringen, il nipote di terzo grado dell’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria, che ha voluto chiamarsi Vasyl’ Vyšyvanyj, diventando il colonnello della legione di Sičovi Stril’ci, una legione ucraina all’interno dell’esercito dell’Impero austro-ungarico con l’ambizione di diventare il “re dell’Ucraina”. E hanno scelto l’identità ucraina anche i polacchi Volodymyr Antonovyč, V’jačeslav Lypys’kyj, Mikhail Čajkovs’ky, Mikhail Hrabovs’kyj e tanti altri.
Oggi sono di nazionalità ucraina, oltre agli ucraini autoctoni, i tatari di Crimea e molti ebrei, russi, polacchi, ungheresi, greci e tante persone appartenenti a diverse altre etnie. La cantante ucraina Jamala, di origine tatara di Crimea, è una delle voci più interessanti della scena musicale ucraina. I registi ucraini Achtem Seitablajev e Nariman Alijev, di origine tatara di Crimea, sono i registi più interessanti dell’Ucraina odierna.
La cultura ucraina ha un’incredibile forza di rigenerarazione. La metafora della palingenesi, la rinascita dell’universo dopo la sua distruzione avvenuta attraverso il fuoco o la morte, è stata un elemento chiave del romanticismo europeo del XIX secolo e, assieme al romanticismo, questa metafora è arrivata anche in Ucraina. Ma è probabile che in nessun altro Paese sia mai stata messa alla prova come è avvenuto nel nostro. I nostri rinascimenti sono stati annientati, bruciati, cancellati dalla faccia della terra per rinascere di nuovo dalle ceneri. La Rus’ di Kyjiv era scomparsa dopo l’invasione mongola nel XIII secolo per rinascere nel XVI-XVII.
L’Impero russo ha cancellato l’Ucraina dalla faccia della terra e dalla memoria nel xviii secolo, cosa che ha creato un “vuoto” nella letteratura ucraina all’inizio del XIX secolo. Ma poi, invece, all’improvviso, come se spuntasse dalla terra, Ševčenko è diventato la testa di un popolo che era stato decapitato. Per la sua generazione, Ševčenko è stato l’etmano, il presidente, il sacerdote e il comandante militare. L’uso della lingua ucraina è stato proibito nell’Impero russo per più di mezzo secolo, per questo il rinascimento ucraino degli anni 1910-1920 è stato ancora più potente. E anche questo rinascimento è stato giustiziato negli anni Trenta, per rinascere negli anni Sessanta e successivamente negli anni Novanta. E anche oggi, di nuovo, la Russia sta cercando di distruggerlo.
Gli ucraini però hanno dimostrato che sono capaci di superare la morte. Sono capaci di rinascere da un seme. Sono capaci di essere una fenice collettiva. Sono stati creati dalla terra e dal fuoco e questi due elementi non li annientano anzi li rafforzano.
Nella cultura ucraina, una parte fondamentale è dedicata alla donna. Penso che l’autore più canonico della letteratura ucraina sia la scrittrice Lesja Ukrajinka. Non c’è niente che si possa paragonare all’ironia dei suoi testi e alla scala del suo pensiero. Nel xix secolo quando il femminismo stava solo per nascere e quando le donne scrittrici si nascondevano dietro pseudonimi maschili, nella letteratura ucraina ci sono già Marko Vovčok, Hanna Barvinok, Olena Pčilka, Ol’ha Kobyljans’ka e poi c’è lei, Lesja Ukrajinka. Lo scrittore austriaco, nato a Leopoli, Leopold von Sacher-Masoch, simpatizzante della Galizia ucraina, diceva che «la donna ucraina ha nel sangue l’idea di libertà e di parità. La donna ucraina è democratica ». E anche nella cultura ucraina di oggi le voci femminili sono quelle che danno un tocco personale, veritiero e umano, alla realtà.
La cultura ucraina si è sempre considerata come parte della cultura europea. Le nostre discussioni sul nazionalismo e sul liberalismo, sulla tradizione e sul moderno, sulla comunità e sull’individualismo hanno sempre avuto una radice comune con il contesto europeo. E questa è una delle differenze fondamentali tra l’Ucraina e la Russia, visto che in Russia la rivalità con l’Europa è una strategia centrale. Anche nei casi in cui le idee occidentali sono penetrate in Russia – ai tempi di Pietro i e di Caterina, ai tempi di Alessandro i, ai tempi della rivolta bolscevica, ai tempi della rivolta capitalista del 1991 – alla fine esse sono state sempre usate per creare uno nuovo Impero antioccidentale, ogni volta ancora più terribile del precedente.
L’Ucraina, al contrario, è stata da sempre legata agli slavi europei, agli slavi occidentali più che ai russi. Il nostro marxismo è stato europeo, il nostro conservatorismo è stato europeo e anche il nostro liberalismo è europeo.
Nei secoli scorsi, l’Ucraina ha provato a rientrare nella sua casa europea, nella sua famiglia europea. E, in questi giorni, l’Ucraina non dà all’Europa meno di quello che ne riceve. Essa stessa è diventata una casa per l’Europa, aiutando gli europei a sentirsi di nuovo una famiglia. Superando la morte e le sofferenze e avendo questa grande capacità di rinascere di nuovo e di nuovo, l’Ucraina oggi è una possibilità anche per l’Europa di rinascere di nuovo.
Marta Serafini per il “Corriere della Sera” il 3 Gennaio 2023.
Non si ferma la caccia alle spie nelle chiese ortodosse ucraine. Ieri - a pochi giorni dal Natale ortodosso che si celebra il 7 gennaio - l'arciprete Anthony Kovtonyuk della Chiesa legata al Patriarcato di Mosca è stato accoltellato alla gola da uno sconosciuto a Vinnytsya, nell'Ucraina centrale. Kovtonyuk non è morto ma è in gravi condizioni. Ed è stato ferito proprio davanti all'altare della sua chiesa, quella dell'Intercessione della Madre di Dio.
Quello di Vinnytsya è solo l'ultimo episodio di una lunga serie di veleni, vendette e odio che dal 24 febbraio agita la chiesa ortodossa ucraina. Quando il 25 novembre l'Sbu, l'intelligence ucraina, ha fatto irruzione nel monastero delle grotte di Kiev, santuario tra i più celebri di Ucraina, la frattura è emersa con tutta la sua forza. Dopo il raid, gli agenti hanno arrestato o identificato come sospetti più di 30 ecclesiastici e suore della Chiesa ortodossa ucraina filorussa, accusandoli di alto tradimento.
A maggio, la Chiesa ucraina affiliata a Mosca ha proclamato «piena indipendenza» dalla Chiesa ortodossa russa, affermando di «condannare la guerra» e di non essere d'accordo con la posizione del patriarca Kirill di Mosca, lo stesso Kirill accusato dal governo di Kiev di essere uno dei maggiori sponsor dell'invasione e di aver fornito con i suoi sermoni una giustificazione teologica all'aggressione di Vladimir Putin.
Per gli scettici, i proclami della Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca sono solo uno stratagemma per placare gli animi: il ramo ucraino non a caso non ha dichiarato «autocefalia», termine ortodosso che si usa per indicare la vera indipendenza e che implicherebbe la sua fusione con la Chiesa ortodossa indipendente dell'Ucraina, operazione cui Mosca si oppone. E il motivo è solo uno: la Chiesa ortodossa ucraina filorussa è ancora filorussa.
Sul tavolo del presidente Volodymyr Zelensky è arrivata la richiesta di annullare le sanzioni stabilite contro i rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina. Secondo i diretti interessati queste misure «hanno bloccato le attività di intere diocesi», comprese quelle di assistenza alla popolazione interessata dalla guerra e di aiuto ai militari.
La Chiesa affiliata a Mosca ha anche esortato Zelensky a impedire l'adozione di quattro progetti di legge che limitano i diritti della chiesa, definendoli «incostituzionali» e «discriminatori». Richieste cui il 2 dicembre il presidente ucraino ha risposto con un decreto che approva la proposta del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale e bandisce la Chiesa ucraina filorussa.
Nella black list di Zelensky compaiono Vadym Novynsky, ex legislatore del blocco di opposizione filorusso; Rotyslav Shvets, vescovo che ha «annesso» la sua diocesi di Crimea alla Chiesa ortodossa russa a giugno in segno di totale fedeltà a Putin. E soprattutto compare Pavlo Lebid, vicario del monastero delle grotte di Kiev dal 1994 ed ex deputato del partito delle Regioni filorusso. Lebid, alias «Pasha Mercedes» - è stato soprannominato così dai suoi detrattori perché si muove solo su auto di lusso - è un personaggio discusso.
Contrario alle operazioni ucraine in Donbass fin dal 2014, oppositore del movimento di Euromaidan e degli studenti che vi hanno preso parte, nemico giurato del sindaco di Kiev Vitaly Klitschko e dei giornalisti in generale (li ha aggrediti più volte, spezzando loro arti e lanciando anatemi di ogni tipo), nel 2021 per sua stessa ammissione non ha consegnato alla polizia un serial killer che aveva ucciso 52 persone, pronto a costituirsi alla polizia dopo essersi confessato.
Nel 2019, soprattutto, Lebid ha dichiarato pubblicamente come la Crimea non sia parte dell'Ucraina. Facile capire perché «Pasha Mercedes» non riscuota al momento molte simpatie nella capitale. Ma non è solo Kiev ad essere travolta dallo scandalo. Durante le perquisizioni di novembre, agenti dell'Sbu hanno trovato un passaporto russo.
Era del patriarca Meletiy di Chernihiv e della Eparchia di Bukovyna scappato in Moldavia solo poche ore prima, per evitare l'arresto. Sulla Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca - secondo la stampa ucraina - graverebbero inoltre accuse di pedofilia. Un episodio su tutti: il giorno del raid, il segretario della diocesi di Chernihiv Archimandrite Nikita è stato trovato a letto con un ragazzo del coro locale.
I giornalisti ucraini hanno pubblicato una foto che lo mostra accanto al giovane in biancheria intima che, secondo la Bbc Ucraina , avrebbe 17 anni. Nikita ha negato le accuse e sostiene che durante le perquisizioni, gli agenti dell'Sbu lo avrebbero costretto a spogliarsi e solo poi avrebbero scattato le foto. All'ombra delle cupole d'oro dei monasteri ortodossi ucraini si agitano veleni e colpi di scena che non sembrano destinati a finire. Ai quali ieri, a Vinnytsya, si è aggiunto il tentato omicidio di padre Kovtonyuk.
Base russa colpita, 89 morti. Mosca accusa i suoi soldati: «Usavano i cellulari». Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 4 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di mercoledì 4 gennaio. Kiev: «Probabili nuovi nostri attacchi su territorio russo». Putin: «I missili ipersonici ci proteggeranno dalle minacce esterne». Zelensky: «Giorno 315 di resistenza, combattiamo per la vittoria»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 315esimo giorno.
• La gestione della battaglia: il tridente di Kiev e i contrasti di Mosca.
• Kiev accusa due generali russi degli attacchi ai civili.
• La rabbia di Mosca dopo l'attacco a Makiivka, lo Stato maggiore prepara la risposta. Colpito intanto un hotel di giornalisti nel Donbass, non ci sono vittime.
Ore 18:41 - La gestione della battaglia: il tridente di Kiev e i contrasti di Mosca
Preparazione, ricerca dei bersagli, esecuzione. È il tridente usato da Kiev per gestire questa fase del conflitto e tener testa al nemico. A Mosca, invece, litigano sugli ultimi rovesci e Vladimir Putin ordina risarcimenti ai parenti dei caduti (qui il punto militare di Marinelli e Olimpio).
Ore 05:00 - Kiev, 500 soldati russi uccisi o feriti a Kherson
Le forze ucraine hanno ucciso o ferito in un attacco d’artiglieria nella regione di Kherson. E’ quanto sostiene lo Stato maggiore di Kiev, fornendo il bilancio - che non è stato verificato in modo indipendente - dell’attacco del 31 dicembre scorso nei pressi del villaggio di Chulakivka. Lo Stato maggiore ha anche dato notizia di un attacco contro le unità russe il primo gennaio nel villaggio di Fedorivka, senza fornire dettagli sul numero delle vittime. Fedorivka e Chulakivka sono entrambi situati sul lato sudorientale del fiume Dnipro. Ieri le Forze armate ucraine avevano rivendicato l’uccisione la notte di capodanno di 400 soldati russi in un attacco con missili Himars contro Makiivka, nel Donetsk, mentre Mosca ha confermato la morte «solo» di 63 militari.
Ore 05:05 - Usa: il nostro appoggio all’Ucraina avrà sostegno bipartisan
«Abbiamo totale fiducia che il nostro approccio all’Ucraina avrà sostegno bipartisan» al Congresso americano. Lo ha detto il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price, in un briefing con la stampa, sottolineando che gli Stati Uniti «saranno al fianco di Kiev per tutto il tempo necessario». «Abbiamo avuto da parte di membri del 118esimo Congresso di entrambi i partiti la parola che il sostegno all’Ucraina proseguirà», ha aggiunto il portavoce.
Ore 05:10 - Mosca ammette 89 morti nell’attacco ucraino a Makiivka
Sono 89, secondo Mosca, i soldati russi morti nel corso dell’attacco ucraino nel centro di addestramento russo di Makiivka, nel Donetsk occupato. Dopo un iniziale silenzio, il ministero della Difesa russo aveva ammesso la perdita di 65 militari. Secondo fonti di Kiev invece le vittime sarebbero 300, forse anche 400. Mosca ha confermato che l’attacco è stato condotto dalle forze di Kiev dopo aver localizzato il bersaglio seguendo le tracce dei cellulari dei soldati russi.
Ore 05:12 - Bombe russe su Zaporizhzhia, allarme aereo in varie zone dell’Ucraina
Una persona è rimasta ferita ieri sera in un attacco russo alla periferia di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale: lo ha reso noto su Telegram il capo dell’amministrazione militare regionale, Oleksandr Starukh, come riporta Ukrainska Pravda. «Ancora una volta il nemico ha colpito con missili la periferia di Zaporizhzhia. A seguito dell’attacco, è scoppiato un incendio in una infrastruttura civile», ha scritto Starukh. Sempre ieri sera, poco prima della mezzanotte, sono scattati allarmi aerei nelle regioni di Donetsk, Charkiv, Poltava e Dnipropetrovsk.
Ore 05:17 - Un altro cittadino russo morto in India, nuovo mistero
Un terzo cittadino russo è morto in India in due settimane dopo la scomparsa del parlamentare Pavel Antov e del suo amico Bydanov Vladimir. Secondo quanto riporta l’Independent, il corpo di un ingegnere navale di Murmansk - Sergey Milyakov - è stato trovato ieri a bordo della nave M B Aldnah, nel porto di Paradip, nel distretto di Jagatsinghpur dello Stato dell’Odisha. Non si conosce ancora la causa del decesso. Milyakov, 51 anni, era il capo ingegnere della nave, che era diretta a Mumbai dal porto di Chittagong, in Bangladesh, via Odisha. La sua morte segue quella di Vladimir il 22 dicembre scorso, per arresto cardiaco, e quella il 24 dicembre di Antov, caduto dal terzo piano di un hotel di Rayagada, sempre nello Stato dell’Odisha.
Ore 06:28 - Esplosioni in Crimea a Sebastopoli e all'aeroporto di Belbek
Nelle prime ore della mattina forti esplosioni sono state udite in Crimea a Sebastopoli e presso l'aeroporto militare russo di Belbek. Lo riferiscono sui social persone residenti nella zona, non ci sono conferme ufficiali. L’ipotesi è di un nuovo attacco ucraino con i droni.
Ore 07:57 - L’ipotesi di un attacco con i droni
Arrivano le prime ricostruzioni sulle esplosioni avvenute questa notte poco lontano dall’aeroporto di Belbek, a Sebastopoli: il governatore della città Mikhail Razvozhaev ha riferito su Telegram che si tratterebbe di un attacco con droni ucraini, che hanno fatto scattare le difese aeree russe. Due dei droni sarebbero stati abbattuti. Ora, ha aggiunto Razvozhaev, «tutti i servizi operano in modalità normale».
Ore 08:31 - Nuovi bombardamenti russi su Nikopol
Nel corso della notte la città di Nikopol, che si trova sulla sponda opposta del Dnipro rispetto alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, è stata colpita più volte da una decina di missili russi. Lo riferisce Valentyn Reznichenko, capo dell’amministrazione militare regionale di Dnipropetrovsk: «I russi hanno colpito il centro del distretto con artiglieria pesante». Ci sarebbero due feriti tra i civili. Oltre alle abitazioni sono stati danneggiati anche un gasdotto e parte della rete elettrica locale. Intanto lo Stato maggiore dell’esercito di Kiev ha reso noto di aver respinto ieri diversi attacchi russi nel Donetsk e nel Lugansk.
Ore 09:12 - Mosca: «L’attacco ucraino a Makiivka ha fatto 89 vittime»
Fra le 89 vittime ufficializzate da Mosca nell’attacco ucraino sul «punto di schieramento temporaneo» di Makiivka c’è anche «il vice comandante del reggimento, il tenente colonnello Bachurin». Lo riporta Interfax citando il ministero della Difesa di Mosca. «Quattro razzi con una testata a frammentazione altamente esplosiva hanno colpito l’edificio in cui era di stanza il personale militare russo. La detonazione ha causato il crollo dei soffitti dell’edificio», viene spiegato.
L’attacco a Makiivka, nella regione orientale di Donetsk, è stato sferrato dalle forze ucraine nella notte di Capodanno. In un primo momento, Mosca ha minimizzato l’accaduto, poi è stata costretta ad ammettere l’entità delle perdite subìte. Qui l’approfondimento a cura di Andrea Marinelli e Guido Olimpio.
Ore 09:34 - Secondo i media russi, Erdogan offrirà a Putin e Zelensky la mediazione della Turchia
Nei due colloqui telefonici previsti per oggi con Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, «intende offrire ancora una volta la mediazione di Ankara nel processo negoziale». Lo ha riferito una fonte diplomatica a Ria Novosti.
Non è la prima volta che Erdogan tenta di qualificarsi come mediatore tra le due parti in conflitto. Lo aveva già fatto in estate, ad esempio; quando aveva giocato un ruolo decisivo, insieme all’Onu, per portare alla fima dell’accordo sul grano.
Ore 09:48 - Gas, sanzioni e Crimea: così Ankara prova la mediazione
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Ancora una volta il presidente turco Erdogan si propone come interlocutore tra Ucraina e Russia. Cerca di svolgere un ruolo di interlocutore, sostenendo diplomaticamente Kiev senza imporre sanzioni a Mosca. Ma riuscirà davvero a mediare? E quali sono i suoi obiettivi?
Vladimir Putin ed Erdogan, ricorda la nostra inviata a Kiev Marta Serafini, si sono già incontrati di persona più volte da quando è iniziata l’invasione — ad esempio a luglio a Teheran, ad agosto nella località russa di Sochi e a settembre nella città uzbeka di Samarcanda, oltre che al vertice di Astana ad ottobre. Dall’inizio della guerra in Ucraina, inoltre, i due leader hanno parlato spesso al telefono. Ma non è tutto. Il presidente turco, oltre ad andare d’accordo con Putin, ha anche una forte relazione con Volodymyr Zelensky. Contano la geografia e la storia, che fanno della Turchia un passaggio obbligato per russi e ucraini. I dettagli in quest’articolo di Marta Serafini.
Ore 10:05 - L’ira di Mosca per Makiivka - e la teoria dei «telefonini traditori»
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Mentre cresce la rabbia in Russia per uno degli attacchi più letali contro le forze di Mosca dall’inizio della guerra, ora la colpa viene data agli stessi soldati presi di mira, accusati di aver con i loro cellulari aiutato le forze ucraine a individuare la l posizione della base di Makiivka.
Già ieri il ministero della Difesa russo aveva condannato l’uso collettivo dei cellulari da parte del personale all’interno delle basi in Ucraina. «Stavano usando i telefoni nonostante il divieto», ha detto il ministero. L’uso da parte dei soldati russi di linee telefoniche aperte in Ucraina è stato un elemento vulnerabilità per i suoi militari, come già accaduto in passato.
E non solo. Le intercettazioni delle chiamate dei soldati hanno rivelato il disordine e il malcontento nei ranghi della Russia.
E anche i generali russi sono stati individuati grazie le loro conversazioni telefoniche e radio , consentendo almeno in un caso agli ucraini di geolocalizzare e uccidere almeno un generale e il suo staff.
Alcuni deputati e blogger militari russi hanno però criticato la teoria dei telefoni colpevoli del raid di Maakivka definendolo un tentativo da parte dell’esercito russo di incolpare la base piuttosto che i loro comandanti.
Andrei Medvedev, un parlamentare di Mosca e conduttore della televisione di stato, ha scritto su Telegram che era «prevedibile» che la colpa sarebbe stata attribuita ai singoli soldati. «Beh, certo. La colpa non è del comandante che ha dato l’ordine di collocare il personale nell’edificio della scuola professionale», ha scritto.
Un blogger militare che scrive sotto il soprannome di «Grey Zone» ha definito la valutazione secondo cui l’uso del telefono avrebbe consentito il raid «una bugia al 99%» e «un tentativo di liberarsi della colpa»». Il blogger ha affermato che la causa più probabile è stata un fallimento dell’intelligence.
L’indignazione sui social media russi per la morte dei soldati è diretta contro gli alti funzionari, ma non sembra estendersi per il momento al presidente Vladimir Putin.
Ore 10:18 - Prove di dialogo, Erdogan oggi sente Putin e Zelensky
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan torna oggi a dialogare con il presidente russo Vladimir Putin e con il presidente ucraino Volodimir Zelenski. L’ultimo atto, in ordine di tempo, di una mediazione che la Turchia ha cercato di imbastire ormai un anno fa, mantenendo una posizione sempre equilibrata tra i due Paesi in conflitto che, come anche nel recente passato, è passata attraverso telefonate a Putin e Zelensky nello stesso giorno, spesso a distanza di pochi minuti l’una dall’altra. «È qualcosa che può fare solo la Turchia», sono le parole con cui il consigliere capo di Erdogan, Ibrahim Kalin, ha rivelato delle telefonate di oggi. L’ultimo di una serie di ripetuti tentativi di Erdogan, il cui vero obiettivo è far sedere allo stesso tavolo i presidenti di Russia e Ucraina. Tentativi al momento tutti falliti.
Ore 10:26 - Allerta aerea a Kiev e Mykolaiv
L’allerta aerea è scattata a Mykolaiv e Kiev. Vitaliy Kim, il governatore di Mykolaiv, ha postato su Telegram un aggiornamento per segnalare un’allerta aerea nella regione. Allo stesso tempo Suspilne, l’emittente statale ucraina, ha riferito che è in corso un allarme anche a Kiev. Esplosioni sarebbero state sentite a Kherson, secondo i media locali.
Ore 10:31 - Wsj, Kiev ha creato una rete satellitare improvvisata esemplare
L’Ucraina ha creato una rete improvvisata di comunicazioni satellitari e software che le consente di coordinare le unità combattenti sul campo di battaglia e che sta dando ai suoi soldati «inizialmente in inferiorità numerica» un livello molto alto di intelligence, coordinazione e precisione. Lo rivela il Wall Street Journal che, citando esperti di digitalizzazione militare, evidenzia come la rete si sia dimostrata più economica di quella americana, per la costruzione della quale il Pentagono ha speso decenni e miliardi di dollari. Il successo dell’Ucraina nella creazione di un sistema di comando e controllo virtuale veloce, osserva il quotidiano Usa, offre lezioni preziose per l’Occidente, in particolare sulla necessità di sperimentare e coinvolgere esperti non militari.
«In Ucraina, sede di una fiorente industria di outsourcing tecnologico e di hacker che operano al di fuori della legge — osserva il Wsj — le persone motivate sono spesso ingegneri del software che si connettono utilizzando servizi digitali come il segnale di messaggistica crittografato e le reti di aziende come SpaceX di Elon Musk . E i loro strumenti sono diventati app mobili, stampanti 3D e droni».
Ore 10:46 - 007 Gb: i morti a Makiivka indicano che i militari russi non sono esperti
L’attacco alla caserma di Makiivka «evidenzia come le pratiche non professionali contribuiscano all’alto tasso di vittime della Russia». Lo scrive su Twitter l’intelligence del ministero della Difesa britannico nel suo report quotidiano. «L’edificio è stato completamente distrutto e data l’entità dei danni è realistico pensare che le munizioni fossero immagazzinate vicino agli alloggi delle truppe e che siano deflagrate durante l’attacco creando esplosioni a catena». Inoltre, il bollettino degli 007 di Londra evidenzia che non è la prima volta che Mosca sceglie spazi di stoccaggio poco sicuri per le munizioni. Senza contate che l’edificio colpito si trovava a soli 12,5 chilometri dalla linea del fronte, una delle aree più intensamente contese del conflitto.
Ore 11:12 - Kiev: la Russia ha 9 navi da guerra nel Mediterraneo
La Russia mantiene nel Mediterraneo 9 navi, di cui 5 portatrici di missili da crociera Kalibr. È quanto riferisce le forze navali dell'esercito ucraino, come riporta l'Ukrainska Pravda. Tre navi sono invece in servizio di combattimento nel Mar Nero e 2 sono in allerta nel Mar d'Azov, per controllare le comunicazioni marittime.
Ore 11:49 - Putin al varo della Gorshkov, fregata con missili ipersonici
Putin ha partecipato in video collegamento alla cerimonia di messa in servizio della fregata «Admiral Gorshkov» dotata di sistemi missilistici marittimi ipersonici Zircon. Lo riporta Ria Novosti. Lo scorso 21 dicembre il leader russo aveva detto che la nave sarebbe entrata in servizio all'inizio di gennaio precisando che la sua area di servizio sarebbe stata scelta «in base all'interesse di garantire la sicurezza della Russia».
Ore 11:50 - Kiev: il trasferimento dei Patriot Usa è già cominciato
Il sistema dei Patriot americani arriverà in Ucraina il prima possibile e i preparativi per il trasferimento sono già iniziati. Lo ha detto il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba durante un briefing online: «Ci aspettiamo il dispiegamento di Patriots il prima possibile. Preparativi per il trasferimento di questi sistemi è già iniziato».
Ore 11:54 - La moglie del generale russo chiede vendetta per i soldati di Makiivka
Kateryna, la moglie del comandante della Seconda armata della Federazione russa Andriy Kolotovkin ha detto di aver chiesto al marito di «vendicarsi per le lacrime di madri, vedove e orfani» dei soldati morti a Makiivka, in Donetsk . La donna ha parlato ieri a Samara, città russa sul Volga, dove si è tenuta una cerimonia in memoria degli 89 militari russi (secondo il bilancio di Mosca) rimasti uccisi la notte di Capodanno quando una caserma è stata centrata da quattro missili. Il video del suo discorso è stato rilanciato dai media ucraini. Kateryna Kolotovkina ha affermato che «i russi non volevano la guerra», ma l'Occidente li avrebbe costretti. E ha concluso affermando: «La vittoria sarà della Russia».
Ore 12:06 - Kiev: nuovo attacco a Kherson dopo le esplosioni di questa mattina
Per la seconda volta in un giorno ci sono esplosioni a Kherson, un'allerta aerea è stata annunciata in precedenza in tutta la regione. Secondo le autorità militari nell'ultimo giorno l'esercito russo ha bombardato il territorio 73 volte, utilizzando artiglieria, Mlrs, mortai e carri armati. Lo riportano i media ucraini.
Ore 12:33 - Putin: «I missili ipersonici ci proteggeranno da minacce esterne, continueremo a sviluppare le capacità delle forze armate»
Collegato in video conferenza alla cerimonia per il varo della fregata «Admiral Gorshkov» dotata di sistemi missilistici marittimi ipersonici Zircon, Putin ha detto che questo il sistema missilistico ipersonico Zircon «non ha rivali al mondo». Aggiungendo: «Sono sicuro che armi così potenti proteggeranno in modo affidabile la Russia da potenziali minacce esterne. Contribuiranno a garantire gli interessi nazionali del nostro Paese». E ancora: «Voglio sottolineare che continueremo a sviluppare le potenzialità di combattimento delle forze armate e produrre armi avanzate che aiuteranno a difendere la sicurezza della Russia nei prossimi decenni».
Ore 12:44 - Zelensky: 315 giorni di resistenza, combattiamo per la vittoria
Giorno 315 di resistenza, «Stiamo combattendo e continueremo a combattere. Per la parola principale: vittoria. Arriverà di sicuro», ha scritto su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky pubblicando alcune foto dai territori del Paese invaso dall'esercito russo.
Ore 13:06 - Missili ipersonici su fregata russa, anche nel Mediterraneo
La fregata russa Admiral Gorshkov, varata oggi da Putin, è partita per una missione nell'Atlantico, nell'Oceano Indiano e nel Mediterraneo. Ha a bordo anche un sistema per i missili ipersonici Tsirkon.
Ore 13:17 - La via per la pace in Ucraina, secondo l’Ft (e la parola chiave: Crimea)
«Non è il momento di prendere in considerazione l’idea di cessate il fuoco o di negoziare. Con la Russia ancora in controllo di gran parte delle quattro regioni “annesse” a ottobre, oltre alla Crimea e a parti del Donbass orientale sequestrate nel 2014, non ci sono le condizioni perché Kiev si metta al tavolo».
Certo al Financial Times non difetta la chiarezza, e il suo primo editoriale del 2023 dedicato alla guerra ne è la dimostrazione chirurgica. Nel dibattito ormai quasi annuale sul modo migliore per aiutare il Paese aggredito — con le continue oscillazioni tra «la Russia deve essere sconfitta totalmente» e «la Russia non deve essere umiliata troppo» —, uno dei quotidiani più autorevoli d’Europa dà l’idea di propendere in modo drastico per la prima via. Con un significativo caveat territoriale, però. Talmente significativo da riportare il dibattito al punto iniziale. In una parola: Crimea.
Ore 13:37 - 007 di Kiev: probabili altri attacchi su territorio russo
«Probabilmente» ci saranno ulteriori attacchi in territorio russo. Lo ha detto a Abc news il capo dell'intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, in un'intervista realizzata a Kiev. L'Ucraina non ha rivendicato la responsabilità dell'attacco del 26 dicembre alla base aeronautica russa di Engels, che si trova a più di 800 miglia dal confine ucraino, ma Budanov ha ammesso di essere stato «contento di vederlo». Secondo gli 007 di Kiev gli attacchi saranno «sempre più profondi» all'interno della Russia. E per quanto riguarda la Crimea «è territorio ucraino. Possiamo usare qualsiasi arma sul nostro territorio», ha concluso Budanov.
Ore 14:05 - Filorussi: 2 morti in attacco ucraino a Vasilyevka
Due persone sono morte in seguito a un attacco ucraino che ha colpito un edificio a Vasilyevka. Lo ha detto Vladimir Rogov, membro dell'amministrazione filorussa della regione di Zaporizhzhia. Lo riporta Ria Novosti. Secondo Rogov l'attacco è stato effettuato con razzi Himars e l'obiettivo era la sede del comando militare locale. Invece è stato colpito un condominio vicino.
Ore 14:13 - «Mosca invia nuove unità militari in Crimea»
Secondo gli 007 ucraini, la Russia sta ridistribuendo nuove unità militari nel nord della Crimea e costruisce strutture di difesa sia nel nord che nella parte temporaneamente occupata della regione di Kherson per preservare il cosiddetto corridoio di terra verso la Crimea. Ad affermarlo è il rappresentante della direzione dell'intelligence del ministero della Difesa ucraino Andriy Chernyak. Come riportano i media ucraini. «L'obiettivo della Russia era quello di catturare la regione di Donetsk, la costa del Mar d'Azov e di tagliare l'Ucraina fuori dall'accesso al Mar Nero. Ma, considerando che i nostri partner stranieri ci forniscono nuovi tipi di armi, il cosiddetto corridoio di terra verso la Crimea, ovviamente, non è sicuro. L'Ucraina colpirà le posizioni russe in tutto il territorio occupato».
Ore 14:37 - Cnn, trovate componenti Usa e occidentali in drone Iran
Componenti prodotte da oltre una decina di società americane e occidentali sono stati trovati in un drone iraniano usato nel conflitto ucraino lo scorso autunno. Lo riferisce in esclusiva la Cnn citando l'intelligence ucraina. In dicembre la Casa Bianca ha creati una task force per indagare come la tecnologia Usa e di Paesi occidentali finisca nei droni sviluppati da Teheran, nonostante le sanzioni e le restrizioni all'export di materiale high-tech.
Ore 14:59 - Rogozin ferito invia scheggia di proiettile a Macron. «È vostra»
L'ex vicepremier russo e ex capo dell'agenzia spaziale russa Roscosmos, Dmitry Rogozin, ha annunciato di aver inviato al presidente francese Emmanuel Macron una scheggia di proiettile che lo ha ferito in Ucraina, in un attacco delle forze ucraine che secondo lo stesso Rogozin è stato realizzato utilizzando un cannone francese Caesar, fornito a Kiev per contrastare l'offensiva russa. Rogozin, che attualmente guida un gruppo di consiglieri militari che forniscono assistenza alle forze separatiste in Ucraina, è stato ferito alla schiena lo scorso dicembre in un attacco ucraino contro un hotel a Donetsk, nell'est dell'Ucraina sotto controllo russo, che aveva provocato diversi morti e feriti. Quel giorno, in quell'hotel, Rogozin celebrava il suo compleanno, secondo quanto aveva riferito la stampa russa, e nell'agguato furono colpiti anche il capo della Repubblica Popolare di Donetsk, Vitaly Khotsenko, e il sindaco filorusso della città di Horliivka, Ivan Prykhodko.
Ore 15:18 - Mosca: «L'Italia non può mediare, appoggia Kiev»
«L'Italia non può fare da mediatore tra Russia e Ucraina perché appoggia il regime sanguinario di Kiev e prende una posizione aggressiva anti-russa». Lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, citata dall'agenzia Tass. «Ovviamente - ha detto la portavoce rispondendo a una domanda - considerata la posizione di parte presa dall'Italia, non possiamo vederla come un onesto mediatore o un possibile garante del processo di pace».
Ore 17:05 - Filorussi: 5 morti nel bombardamento ucraino nel sud
È salito a 5 morti e 15 feriti il bilancio dei bombardamenti delle forze ucraine su un'area residenziale della città di Vasilyevka, nella parte della regione di Zaporizhzhia occupata dai russi, nel sud dell'Ucraina. Lo riferisce il governatore Yevhen Balitsky, citato dall'agenzia Ria Novosti. Balitsky aggiunge che i bombardamenti continuano.
Ore 17:47 - Kiev: i russi usano i cadaveri dei compagni come scudo
Ci sono cataste di cadaveri di soldati russi nei campi di battaglia del Donbass, i loro compagni li usano come scudo negli attacchi. Il macabro racconto è del capo dell'intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, che si è detto scioccato da quanto ha visto quando si è recato a fine dicembre sul fronte di Bakhmut. «I soldati mi hanno mostrato un'area dove c'erano pile di cadaveri, una cosa da film. Ci sono centinaia di corpi che si decompongono nei campi. In certi luoghi sono accatastati uno sull'altro, come una specie di muro, quando i russi attaccano usano questi corpi per ripararsi, come uno scudo», ha detto Budanov in un'intervista alla Abc.
Ore 17:53 - Il punto militare | L’Ucraina attende la risposta russa
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) L’Ucraina è in guardia, attende una possibile risposta russa all’attacco contro la caserma di Makiivka. Intanto la sua artiglieria ha colpito un comando nemico nella cittadina di Vasylivka, regione di Zaporizhzhya: incerto per ora il bilancio, i filorussi parlano di 5 morti e 15 feriti in un’area residenziale. Le immagini mostrano un edificio con devastazioni a partire dal tetto.
Ore 18:55 - Capo intelligence ucraina: «Putin ha il cancro e morirà presto»
Il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, si dice certo che il presidente russo Vladimir Putin abbia il cancro e che «morirà presto». «È malato da molto tempo, sono sicuro che abbia il cancro. Penso che morirà in fretta. Spero presto», ha detto Budanov in un’intervista all’emittente americana Abc. Alla domanda se l’intelligence ucraina abbia ottenuto questa informazione da fonti vicine a Putin, Budanov ha risposto di sì.
«Questa guerra deve finire prima della sua morte.. vinceremo nel 2023», ha poi assicurato. A suo parere, la morte di Putin porterà ad un cambiamento di potere in Russia. «Non dovremmo spaventarci di questa trasformazione, perché sarà un beneficio per tutto il mondo», ha commentato.
Ore 19:16 - L’intelligence di Kiev: «Arriveranno altri attacchi sul suolo russo»
Il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, in un’intervista alla Abc ha annunciato che probabilmente ci saranno ulteriori attacchi in territorio russo, senza però precisare se ci sarà o meno l’Ucraina dietro i raid. L’Ucraina da parte sua non ha rivendicato la responsabilità dell’attacco del 26 dicembre alla base aeronautica russa di Engels, che si trova a più di 800 miglia dal confine ucraino, ma Budanov ha ammesso di essere «contento» che ci sia stato.
Secondo il capo dell’intelligence militare di Kiev gli attacchi potrebbero diventare «sempre più profondi» all’interno della Russia. Alla domanda sugli attacchi alla Crimea, annessa illegalmente dalla Russia nel 2014, Budanov ha sottolineato che la penisola è «territorio ucraino» e dunque, «possiamo usare qualsiasi arma sul nostro territorio». Raccapricciante il racconto di quanto sta accadendo al fronte, dove stando a Budanov «ci sono centinaia di cadaveri che stanno semplicemente marcendo in campo aperto e vengono usati dai soldati russi come «scudi» umani.
HIMARS KO. Redazione L'Identità il 4 Gennaio 2023
I russi hanno risposto duramente all’attacco ucraino a Makeevka con un raid missilistico che ha distrutto l’arena del ghiaccio a Druzhovka, nella parte della provincia di Donetsk sotto il controllo di Kiev. L’impianto sportivo era diventato una caserma e fungeva anche da luogo di distribuzione di armi occidentali. Si parla di almeno un centinaio di vittime, tra le quali vi sarebbero dei consiglieri americani. Sono state colpite e messe fuori uso anche due postazioni di lanciarazzi Himars.
Le truppe di Mosca hanno bombardato nella mattinata il villaggio di Kurakhove, danneggiando pesantemente l’infrastruttura di approvvigionamento idrico.
Il governatore dell’oblast di Kherson, Yaroslav Yanushevych, ha accusato i russi di aver piazzato la mina che ha provocato la morte di due persone nel distretto di Beryslav, precisando che le vittime si trovavano in un’auto che è passata sugli esplosivi vicino al villaggio di Mala Oleksandrivka. Kherson e altri insediamenti sulla riva occidentale del fiume Dnipro sono stati riconquistati dai soldati dell’Ucraina a novembre. Secondo Serhii Kruk, che dirige il servizio di emergenza statale, circa il 30% del territorio ucraino è stato minato dal nemico. La sua estensione è pari al doppio di quella dell’Austria. “L’Ucraina ha sopportato la barbara invasione della Russia per quasi un anno. I prossimi mesi sono cruciali. Ho appena parlato con il presidente Zelensky e gli ho assicurato che i Paesi Bassi faranno tutto il possibile per aiutare l’Ucraina non solo a difendersi, ma anche a vincere la guerra”, ha scritto su Twitter il primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte, al termine della conversazione telefonica avuta con Volodymyr Zelensky.
Da parte sua, Zelensky ha rivelato su Telegram di aver parlato con Rutte “del rischio di escalation al fronte, nonché delle nostre esigenze di difesa per una risposta adeguata e di contare “su misure specifiche dai nostri partner per rafforzare al massimo l’Ucraina”.
E’ in programma per il 3 febbraio a Kiev il vertice Ue-Ucraina per discutere del supporto militare e finanziario. Lo ha reso noto l’ufficio della Presidenza ucraina. Il leader del Paese, che lunedì ha parlato con Ursula von der Leyen, ha detto di aspettarsi a gennaio la prima tranche del pacchetto di aiuti da 18 miliardi di euro.
Il presidente ucraino ha annunciato su Twitter di aver parlato “con il primo ministro britannico, Rishi Sunak, di cooperazione ulteriore in materia di difesa” ed aver concordato di intensificare i rispettivi sforzi “per avvicinare la vittoria già quest’anno”. A tale scopo, “sono state prese decisioni concrete al riguardo”.
“È impossibile che le condizioni poste dalla Russia per porre fine alla guerra vengano accettate dall’Ucraina”. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha confessato di ritenere difficili i negoziati parlando con un gruppo di giornalisti durante il volo di ritorno dal Brasile.
“Non so se ci sarà un incontro tra Russia e Ucraina. All’inizio della guerra, c’era una possibilità per la diplomazia. Ora questa possibilità non è del tutto eliminata, ma le condizioni sono difficili”, ha aggiunto Cavusoglu, secondo cui è “bassa” la possibilità che i ministri degli Esteri dei due Paesi possano incontrarsi di nuovo, come accaduto lo scorso anno a margine del Forum della diplomazia di Antalya.
Ucraina, la vera storia: intervista a Nicolai Lilin. Andrea Legni su L'Indipendente il 4 Gennaio 2023
Nicolai Lilin è uno scrittore, tatuatore e artista russo di origine siberiana con cittadinanza italiana. Nato nel 1980 in Transnistria, in Unione Sovietica, è divenuto conosciuto in Italia con il suo romanzo di esordio, Educazione Siberiana, pubblicato nel 2009. Studioso di storia e attento osservatore dell’attualità dell’area ex sovietica, dall’inizio del conflitto in Ucraina è una delle rare voci fuori dal coro talvolta presenti nei salotti del mainstream mediatico. Ha da poco pubblicato il libro Ucraina, la vera storia (edizioni PIEMME) che racconta l’identità storico-politica dell’Ucraina e, con questa, le ragioni profonde che hanno portato al conflitto dapprima con la minoranza russa del Donbass e poi con la Russia. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per una chiacchierata su questo e, più in generale, sull’attualità del conflitto.
Ucraina, la vera storia: già dal titolo del libro lei lascia intendere che esista una storia ampiamente diffusa ma falsa, che il testo si occupa di confutare. Quali sono le informazioni parziali o le menzogne che hanno contribuito a distorcere la conoscenza dell’opinione pubblica su quanto sulla guerra in corso?
Ciò che noi in Italia conosciamo dell’Ucraina è un insieme di informazioni distorte, derivate dalla nostra incapacità occidentale di esprimere in maniera coerente i processi geopolitici che hanno avuto luogo in Unione Sovietica dopo il crollo del comunismo. La storia dell’Ucraina non è conosciuta come questo momento storico richiederebbe, tanto meno da parte di chi si lancia in facili analisi. Con questo libro volevo dare la possibilità alle persone, politici e giornalisti, di affacciarsi a questa situazione. Quando è cominciata questa guerra è stato chiaro che gran parte di loro non sapesse niente dell’Ucraina, tanto che alcuni in diretta televisiva commettevano errori geografici, non riuscendo a capire dove si trovavano certe regioni o sbagliandone la pronuncia, o senza saper indicare dove fosse l’Ucraina sulla cartina. Si tratta da un lato di una palese mancanza di informazione, dall’altro di pregiudizi culturali legati all’epoca del crollo dell’Unione Sovietica, in base ai quali in Occidente abbiamo un’immagine dell’Ucraina come Paese libero invaso dall’Impero. L’Ucraina prima della metàdel diciannovesimo secolo non è esistita. Era una regione dell’Impero russo e aveva il nome di Malorossiya, ovvero Piccola Russia. Anche geograficamente era diversa da com’è oggi. Per parlare della guerra attuale è necessario conoscere le basi della Storia. Nel mio libro ho cercato di spiegarle, raccontando a grandi linee la creazione dell’Ucraina, avvenuta in due fasi ben distinte. La prima riguarda la creazione dell’identità dell’Ucraina, ovvero quando i suoi abitanti – prima definiti russini – hanno cominciato a chiamarsi ucraini. Questo è avvenuto dopo il 1863, con il fallimento della seconda rivoluzione polacca nella quale gli intellettuali polacchi, che ebbero la peggio contro il regime zarista russo, cominciarono a fare un lavoro propagandistico nelle regioni remote dell’impero. In questo modo corruppero il potere zarista nelle regioni vicine all’Impero austro-ungarico, vicino alla Polonia. Nacque così il movimento detto ucrainofilo e, di conseguenza, l’identità ucraina: per mano dei polacchi, e con il sostegno economico e militare degli austro-ungarici. Fu un lavoro di propaganda unito alle minacce di interventi sul territorio contro i contadini, i quali furono così costretti a cambiare la loro identità. La seconda parte inizia nel 1917, quando arrivarono i comunisti e fu creata l’Unione Sovietica. Data la loro visione multiculturale, socialista e internazionalista della società, i comunisti fecero di tutto per far emergere, all’interno dell’Impero russo, le differenze etniche mentre l’Impero cercava di spianarle. Per i comunisti la questione dell’etnia divenne fondamentale, tanto che uno dei primi e più brillanti lavori di Stalin fu La questione nazionale, nel quale viene spiegata la visione del comunismo internazionalista. Fu in base a questo che furono creati tutti i Paesi asiatici ex sovietici (Turkmenistan, Kazakistan, Kurdistan eccetera) e così è stata creata anche l’Ucraina. Nel 1917, grazie a personaggi storici come Lenin, Kaganovic e Stalin, l’Ucraina divenne una struttura geopolitica, seppure con confini molto diversi da oggi. Poi fu creato il governo ucraino. La creazione dell’Ucraina è avvenuta all’interno dell’Unione Sovietica, perché è uno Stato appendice creato dal partito comunista in funzione geopolitica. Questa, a grandi linee, è la storia dell’Ucraina che non viene raccontata in occidente e che dovremmo avere bene in testa per comprendere perché in questi territori adesso c’è una guerra sanguinosa, quest’euforia dei nazionalisti contrapposta ai filorussi fedeli ai vecchi simboli del comunismo. Per capirlo dobbiamo partire dalla storia.
Un approccio del genere, tutto incentrato sulla genesi storica della nazione ucraina, non rischia di tramutarsi in una negazione del suo stesso diritto all’indipendenza? I nazionalisti russi si appoggiano proprio alla storia per sostenere come l’Ucraina, in fondo, sia nient’altro che una propaggine di Mosca incidentalmente e momentaneamente indipendente. Lei ritiene che l’Ucraina abbia diritto a esistere come nazione indipendente?
Senza dubbio, l’Ucraina ha il diritto ad esistere come nazione indipendente. Ma è importante conoscere le condizioni per le quali l’Ucraina ha perso la sua indipendenza dal 1991. La tragedia di questo Paese, come spiego nel libro, sta nel fatto che prima del 1991 non è mai stata indipendente e non ha potuto coltivare una cultura politica indipendente. È importante comprendere che si tratta di un Paese differente, ad esempio, dai Paesi baltici, dove vi è un’etnia dominante. L’Ucraina è divisa grossomodo in tre fazioni. La prima corrisponde alla zona occidentale di Galizia, dove abitano le persone che guardano più agli ideali occidentali, ai polacchi, all’impero austro-ungarico, a quello rumeno e anche al cattolicesimo. Attraverso la Polonia e l’Austro-Ungheria la Chiesa cattolica entrò in quelle zone e fece molti adepti. La zona centrale è invece stata storicamente dominata da diverse nazione, mentre la zona a sud-est è abitata a stragrande maggioranza da persone di etnia russa che pensano che la Russia sia la loro patria. Il Paese ha diverse identità al suo interno, staccate dopo il crollo dell’Urss senza che vi fosse un governo forte né una cultura indipendentista. Per questo sin da subito l’Ucraina è stata oggetto di speculazioni, tanto interne quanto esterne. Mentre provavano a ottenere l’indipendenza arrivano al potere gruppi nazisti, cominciava una guerra civile, il Paese diventava preda delle mire imperialistiche dei russi da una parte e delle manipolazioni statunitensi dall’altra. Si tratta di un caos in buona parte dovuto proprio alla mancanza di una cultura dell’indipendenza.
Questo conflitto era inevitabile per via delle diverse coscienze nazionali presenti nella nazione? O forse con una gestione più rispettosa dei diritti delle varie minoranze – a partire da quella in Donbass dove, lo ricordiamo, era in corso già dal 2014 una guerra civile – sarebbe stato possibile evitare questa escalation e magari anche l’invasione russa?
La questione della differenza etnica all’interno di uno Stato non è mai un problema se esiste una cultura politica in grado di mandare avanti un Paese con questo tipo di struttura sociale. La differenza etnica diventa problematica quando ci sono in gioco forze politiche che la usano per creare contrasti all’interno della società e portare avanti programmi legati alla guerra, agli scontri, alla destabilizzazione della situazione interna del Paese. L’abbiamo visto in Jugoslavia: in Ucraina è accaduto lo stesso. Qui il problema non è la diversità etnica interna, quanto il fatto che Paesi potenti si sono interessati all’Ucraina e hanno deciso di sfruttare questa diversità, che potrebbe essere una risorsa per il Paese. Se manca una classe politica in grado di gestire questo tipo di struttura sociale, arrivano forze esterne interessate che investono nel fomentare la guerra tra le etnie interne allo Stato. Questa è l’Ucraina dal momento del crollo dell’Unione Sovietica: l’occidente non ha fatto altro che favorire i nazionalismi e portare allo scontro. Un conflitto che è anche culturale, tra due modelli di vita: quello occidentale e quello russo. Quest’ultimo è un modello che ancora conserva una visione di vita basata sulla coscienza sindacale – sviluppata con la cultura sovietica – per la quale tutti erano uguali e godevano di uguali diritti, tutti dovevano lavorare allo stesso modo per vivere, dove non c’erano ricchi né poveri ma una classe media nella quale tutti avevano uguali diritti sociali indipendentemente dall’etnia e dalla provenienza. Non esistevano classi. Questi due sistemi, insieme con le etnie e tutte le stratificazioni sociali di cui abbiamo parlato, sono entrati in guerra tra di loro quando gli USA hanno pagato, organizzato e portato avanti il cambio illegale del governo ucraino, quello che avvenne nel 2014. Il popolo era martoriato dalla propaganda e dalle difficoltà economiche dovute alla criminalità e alla corruzione del proprio governo il quale, dal momento del crollo dell’Unione Sovietica, non ha fatto altro che rubare. C’era scontento della popolazione nei confronti di una classe politica che non risolveva le questioni in maniera diplomatica, attraverso un percorso costituzionale: gli USA hanno sostenuto un colpo di Stato e hanno portato così al potere i nazionalisti, legalizzando di fatto il nazismo. Oggi mi sento di dire che il problema più grave in Ucraina è la totale legittimazione del nazismo hitleriano.
In questo conflitto culturale e di visione di società nascono anche le spinte indipendentiste del Donbass?
Sì, dopo il colpo di stato del 2014 quella parte di Paese costituita da russofoni con una cultura tipicamente molto lontana dai loro concittadini che guardano ad occidente, si è ribellata verso il nuovo governo centrale. Inizialmente non hanno chiesto la separazione e non sono voluti andare in Russia: hanno chiesto il riconoscimento di uno statuto speciale con una rappresentanza parlamentare e il riconoscimento del russo come lingua regionale. Invece, la prima legge che hanno fatto i parlamentari della nuova coalizione portata al potere dagli americani è stata quella di togliere alla lingua russa lo statuto ufficiale. Lì è stato fatto un primo passo verso la guerra: la popolazione ha capito che doveva difendersi dal proprio governo. La problematica dell’Ucraina oggi non è etnica, come vogliono farci credere i media, ma deriva dal fatto che USA e NATO hanno investito in un nazionalismo che ha schiacciato le minoranze. Senza di loro non vi sarebbe stata nessuna guerra, se ci fosse stato un esecutivo in grado di governare oggi forse l’Ucraina sarebbe uno dei Paesi più ricchi d’Europa. Ma non è stato così.
È lecito in qualche modo affermare che cultura russa e ucraina siano gemelle che si è tentato a un certo punto di separare?
Non sono gemelle, sono proprio la medesima cultura. Almeno fino a quando l’Ucraina non ha deviato dalla cultura russa su pressione occidentale. Se si legge ad esempio La guardia bianca di Bulgakov questo emerge chiaramente.
Anche se la narrazione mainstream tende a raccontare il sistema di potere ucraino come una democrazia compiuta quasi di stampo liberale, sappiamo invece che nel Paese hanno peso specifico notevole gli oligarchi. Lo stesso Zelensky è un ex attore comico entrato in politica come prodotto di un disegno oligarchico. Inoltre i giornalisti in Ucraina vivono in un regime di censura e diversi di essi sono scomparsi o sono stati uccisi in strane circostanze, anche ben prima dell’inizio della guerra. Anche in questo Ucraina e Russia sono Paesi molto simili?
No, sono totalmente differenti. La Russia è un Paese autoritario, dove gli oligarchi non esistono più da tempo. Solo una certa narrazione occidentale continua a straparlare degli oligarchi russi. Putin li ha fatti uccidere tutti, quelli rimasti sono stati privati delle loro intenzioni oligarchiche – e quindi politiche – e si sono trasformati semplicemente in uomini molto ricchi. Il potere lo detiene Putin e sotto di lui vi sono i servizi, l’esercito e così via: la struttura politica è totalmente sotto il suo controllo. Gli oppositori possono esprimersi, ma fino a un certo punto. L’Ucraina è un Paese dove non c’è mai stato un presidente o un leader politico come può essere Putin per la Russia e allo stesso tempo non è neppure una democrazia compiuta. È un Paese dominato da grandi sistemi oligarchici, dove le famiglie potenti tengono sotto controllo l’esercito, i servizi segreti, e in buona sostanza il governo stesso.
Qual è il peso specifico dei gruppi neonazisti nella società e nel sistema di potere politico ucraino?
Un gruppo di estremisti non può disegnare la politica di un intero Paese. In tutti gli Stati esistono estremismi, persino in Russia. In Ucraina il problema principale non sono gli estremisti, ma la loro unione con le strutture governative. I nazisti sono nel governo e persino nell’esercito, dove hanno integrato illegalmente simboli del Terzo Reich. Il problema è che personaggi come Stepan Bandera e Roman Shukhevych, dei quali l’Ucraina dovrebbe vergognarsi, sono venerati a livello statale. Il primo è diventato ufficiale delle SS, il secondo comandante del battaglione Nachtigall, composto dai tagliagole dei criminali nazisti che hanno compiuto crimini atroci. A Kiev ogni anno si festeggia alla presenza di rappresentanti di Stato la fondazione della divisione, ci sono foto e video amatoriali come prova. In Ucraina ci sono cittadini che credono che il nazismo sia un valore antisovietico per permette loro di raggiungere le vette della democrazia occidentale: si tratta di propaganda inculcata a partire dal crollo del comunismo, quando il Paese doveva creare la propria ideologia e la propria propulsione storica. Non avendo il tempo di crearne una hanno attinto dal passato e quella che contrastava il comunismo era il nazismo.
Quindi il problema non è tanto la presenza più o meno forte di gruppi espressamente neonazisti ma il fatto che l’ideale neonazista è culturalmente egemone in Ucraina?
Certo. Le persone sostengono il nazismo. Nel centro di Kiev vi sono monumenti a Shukhevych, le strade portano il nome di militari nazisti e su questo nessuno se non sparute minoranze ha nulla da ridire.
Come risponde ad alcuni detrattori che hanno definito il suo libro come un testo che sembra scritto “dall’ufficio stampa del Cremlino”?
Io ragiono in maniera obiettiva, senza entrare nelle trincee ideologiche. Io non sostengo affatto Putin, ma questo non significa che io debba andare a braccetto con i nazisti ucraini e con Zelensky, cose che invece la gran parte degli analisti che hanno accesso ai canali di comunicazione ufficiali in Italia fa. Io ho le mie opinioni, che si basano su studi seri che ho fatto della storia. Ciò che dico sono in grado di argomentarlo, non sono posizioni per partito preso. Quindi accetto le critiche in quanto tali, ma non le diffamazioni, concetti che nella cultura occidentale spesso si confondono. Io vorrei animare un dibattito costruttivo basato sulle argomentazioni, invece mi trovo davanti persone abbagliate dalla propaganda di regime, che rispondono con opinioni e diffamazioni. Quando ho scritto il libro su Putin alcuni critici sostenevano che fossi un venduto alla NATO, ora chi sostiene i nazisti in Ucraina mi critica perché credono si tratti di un Paese democratico, quando io dimostro in maniera scientifica che non è così. E si arrabbiano, perché scoprono di essere in torto.
Ultima cosa: come immagina la fine del conflitto in Ucraina?
La storia ci ha insegnato che tutte le guerre hanno una fine e io sono sicuro che anche questa finirà con un accordo. L’unico problema è capire quante persone dovranno ancora morire, quanta sofferenza e distruzione dovrà ancora subire il popolo. Da aprile e maggio in Ucraina combatte la NATO: l’Ucraina è stata sconfitta dalla Russia nei primi tre mesi della guerra, ora è la NATO a combattere usando carne da cannone ucraina. Questa guerra è combattuta tra la Russia, gli USA e 23 Paesi dell’Unione europea, quindi sono questi soggetti che dovranno sedersi al tavolo per trovare un accordo. L’opinione dell’Ucraina, in tutto questo, sarà irrilevante. [di Andrea Legni]
Il ventottesimo stato. Gli ucraini sembrano gli unici disposti a morire per l’Unione europea. Celestine Bohlen su L’Inkiesta il 5 Gennaio 2023.
La Polonia postcomunista è stata un modello di riforme. Da alcuni anni, però, Varsavia vive un’involuzione che l’allontana dalla democrazia liberale. E ora il testimone della corsa verso la libertà nell’Europa orientale è passato a Kyjiv
Gli ormai numerosi mesi di guerra in Ucraina hanno messo alla prova l’unità e la determinazione dei 27 Paesi che fanno parte dell’Unione europea, ma hanno anche mostrato chiaramente quanto possa essere importante e potente l’idea democratica. Questa è la conclusione a cui si è giunti nelle due sessioni dell’Athens Democracy Forum che si sono occupate specificamente l’una della Polonia e l’altra della Russia e della Cina ma hanno in definitiva entrambe discusso, direttamente o indirettamente, il senso di urgenza relativamente ai valori democratici che ha colto l’Europa in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin. «Sembra che gli ucraini siano l’unico popolo che è capace di difendere a costo della propria vita i valori dell’Unione europea e che è pronto a farlo», ha detto Karolina Wigura, docente all’Università di Varsavia durante il panel intitolato Un decennio di democrazia: la Polonia. «E il paradosso è che per ora l’Ucraina non fa nemmeno parte dell’Unione europea», ha aggiunto.
Nell’ambito dell’Ue i Paesi dell’Europa orientale, che hanno vissuto decenni di occupazione sovietica, hanno osservato la guerra e le ambizioni di Mosca con un punto di vista diverso da quello dei loro vicini occidentali, la cui esperienza, a partire dal Secondo dopoguerra, è stata all’insegna della pace e della prosperità. «Questa guerra rappresenta il momento storico in seguito al quale o ci uniremo di più o ci divideremo», ha detto Vera Jourová, vicepresidente della Commissione Valori e trasparenza dell’Ue. «Io la definisco “il grande incontro”, perché improvvisamente l’Ovest ha iniziato ad ascoltare l’Est».
Nel panel intitolato Un decennio di democrazia: la Cina e la Russia, Jeffrey Sachs, direttore del Center for Sustainable Development della Columbia University, ha affermato che è un errore considerare questa guerra come «una lotta tra le autocrazie e le democrazie». Ogni Paese ha una diversa narrativa che ha la sua specificità, ha detto: «Se ci sedessimo e ci parlassimo, prenderemmo in considerazione punta di vista diversi». La Polonia, che nell’Europa orientale dopo il collasso del comunismo è stata un modello di riforme verso una democrazia liberale, nell’ultimo decennio ha visto rallentare la sua trasformazione democratica a causa dei tentativi da parte del governo conservatore di prendere il controllo del potere giudiziario e di imbavagliare l’informazione indipendente.
Karolina Wigura ha detto che l’impegno dell’Ucraina nel difendere la sua libertà e la sua democrazia sono ora una fonte di ispirazione per il resto dell’Europa. «L’Ucraina è diventata una meravigliosa fonte di speranza», ha detto. «Anche la Polonia è stata un’analoga fonte di speranza. E poi che cosa è successo? Come mai siamo stati una simile delusione?». Wigura – che è una sociologa, una storica e una giornalista – ha spiegato che la Polonia ha fatto un lungo percorso per costruire «una nuova casa per la democrazia e per lo Stato di diritto», ma che questa casa non è ancora stata costruita. «Diciamo pure che la nostra democrazia è piena di difetti», ha detto. «Lo Stato di diritto è stato privatizzato dal governo». Allo stesso tempo, molti polacchi, così come la Corte di giustizia dell’Unione europea, hanno reagito. «La polarizzazione in Polonia ha dimostrato di essere una delle forze che stanno difendendo la democrazia».
La controversa concezione che il governo polacco ha dello Stato di diritto e di altre norme democratiche sarà messa alla prova nelle elezioni dell’anno prossimo, ha affermato Wigura. E ha spiegato che la guerra in Ucraina potrà avere un ulteriore impatto sulla Polonia: l’arrivo di milioni di rifugiati ucraini potrà infatti influire sulla politica di Varsavia. «Non penso che il governo si convertirà di colpo alla democrazia liberale, ma in qualche modo dovrà pensare a come integrare queste persone, a come convivere con loro», ha detto Wigura.
Per quanto concerne la Russia e la Cina, i partecipanti al panel dell’Athens Democracy Forum hanno messo in guardia dal wishful thinking riguardo a qualunque sviluppo democratico in questi Stati autoritari, date la storia e la cultura politica di ciascuno di essi. Eppure, Su Yun Woo, ricercatrice presso l’Istituto di scienze politiche dell’Università di Zurigo, ha sostenuto che, benché la Cina non sia democratica, «c’è qualche sviluppo democratico che rende più efficienti gli amministratori locali». Il Partito comunista cinese è soprattutto preoccupato di esercitare il controllo, ma si sforza anche di fornire una governance funzionante, ha detto Su Yun Woo, «ed è per questo che talvolta applica un metodo partecipativo». Ciò nonostante, ha specificato, tutto è gestito dal partito «che può in ogni momento invertire la marcia».
Jarosław Kuisz, direttore del gruppo editoriale polacco centrista e liberale Kultura Liberalna, ha detto che la storia spiega la «sovranità nervosa» dei Paesi che confinano con i grandi imperi – come è il caso di Taiwan, che vive sotto la minaccia della Cina popolare, e come è anche il caso della Polonia, della Finlandia e degli Stati baltici, che hanno sofferto sotto la dominazione russa e sovietica. Queste esperienze pregresse con l’aggressione russa sono la lente attraverso cui questi Paesi osservano la guerra in Ucraina. «Quello che sta succedendo non è un evento isolato, una guerra, ma è un anello in una catena di eventi», ha detto Kuisz. «Quindi facciamo cose diverse e ci aspettiamo esiti diversi».
La differenza di punti di vista tra i Paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale e apparsa chiaramente nei loro approcci diplomatici alla guerra. Nei primi giorni di conflitto, quando le forse russe minacciavano Kyjiv, i leader di Francia e Germania stavano al telefono con il Cremlino, mentre quelli dei Paesi dell’Europa orientale andavano di persona nella capitale ucraina per mostrare la loro solidarietà. Dal momento che questi Paesi «vedono la guerra come parte di un processo e non come un evento isolato, non si aspettano alcuna tregua temporanea », ha detto Kuisz.
Sachs ha sostenuto che la democrazia non è necessariamente il criterio giusto con cui giudicare un Paese. «Noi trattiamo le democrazie come fossero il bene», ha detto. «Eppure il Paese più violento del mondo nel XIX secolo era forse anche il più democratico: l’Inghilterra. Si può essere democratici in patria e spietatamente imperialisti altrove. Il Paese più violento del mondo a partire dagli anni Cinquanta del Novecento sono gli Stati Uniti».
Sachs ha affermato che l’allargamento dell’Alleanza atlantica ai Paesi dell’Europa orientale e ai Paesi Baltici è stato una «provocazione» che ha portato alla guerra in Ucraina. Kuisz ha respinto questo punto di vista e ha ricordato che proprio Sachs è stato uno degli architetti delle riforme economiche liberali nella Polonia degli anni Novanta. «Nel 1989 e negli anni successivi, tu hai promosso la libertà, la democrazia e i valori che alla fine hanno fatto sì che potessimo sottrarci a quella orribile sfera di influenza», ha detto Kuisz a Sachs, riferendosi con queste parole al controllo esercitato dall’Unione sovietica sull’Europa orientale dopo la Seconda guerra mondiale. «Tu stavi dalla parte dei diritti umani e ci hai aiutato a uscire dalla trappola della storia».
Kuisz ha concluso: «Se attribuiamo all’Occidente la colpa di questa guerra ciò significa eliminare parzialmente o del tutto le responsabilità di Vladimir Putin. Ma è lui che a febbraio ha preso la decisione di iniziare questa guerra» Su Yun Woo ha notato che, mentre la guerra si prolunga, «l’opinione pubblica cinese ha iniziato ad allontanarsi dalla Russia e che i media hanno diminuito» la loro copertura del conflitto. E ha aggiunto: «La Cina ha tutto l’interesse di non schierarsi».
La guerra elettromagnetica. La provvidenziale incompetenza delle nuove reclute russe. Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 4 Gennaio 2023.
Alcuni soldati spediti dal Cremlino in Ucraina non hanno tolto il gps allo smartphone, rivelando la loro posizione alla resistenza. Non è la prima volta che i militari russi svelano la propria posizione a causa di un utilizzo troppo disinvolto dei cellulari
La notte del primo gennaio l’esercito ucraino ha effettuato un attacco mirato con una batteria di Himars contro un edificio scolastico a Makiivka, nella regione di Donetsk, utilizzato dai russi come caserma. Il bombardamento in sé non è certo una novità, così come l’incapacità russa di intercettare il razzo. Piuttosto, ciò che ha fatto scalpore sono sia l’entità delle perdite subite, sia la modalità con cui gli ucraini hanno individuato l’obiettivo. Mosca ha infatti ammesso che nell’attacco sarebbero rimasti uccisi almeno 63 dei propri soldati, mentre fonti ucraine e blogger di guerra nazionalisti russi (milbloggers) parlano di svariate centinaia di caduti. Che la loro posizione sia stata tradita dall’uso di smartphones da parte di alcune reclute aggiungerebbe una malevola beffa al danno.
Se telefonando
Le forze armate russe rivendicano da decenni la supremazia militare nello spettro elettromagnetico, facendo vanto di sistemi avanzati e personale capaci di leggere, disturbare e sfruttare i segnali emessi dagli eserciti avversari. Durante il periodo di guerra a bassa intensità, fra il 2015 e il 2022, gli occupanti facevano regolarmente uso dello spettro elettromagnetico per intorbidire le acque sulla linea di contatto fra ucraini e separatisti. Ci sono stati casi in cui soldati di Kyjiv ricevevano sms e messaggi WhatsApp provenienti dall’altra parte che intimavano di abbandonare le trincee e di pensare alle proprie famiglie rimaste a casa.
Ma la digitalizzazione non ha aperto soltanto le porte a raffinate operazioni informative.
La progressiva interconnessione dei sistemi d’arma ha permesso di immaginare che una forte componente cyber ed elettromagnetica potesse permettere di disturbare le operazioni nemiche e individuare con più precisione l’avversario, creando un ambiente degradato dentro al quale gli eserciti fanno più fatica a manovrare. Come se non bastasse, l’arrivo di uno smartphone nelle tasche di ogni soldato ha aperto nuove prospettive per l’intelligence (senza parlare degli smartwatches e delle sigarette elettroniche). Qui non bisogna pensare tanto ad azioni di spionaggio di alto profilo, quanto a informazioni tattiche che permettono alle forze sul campo di orientarsi, decidere e agire con più consapevolezza dell’avversario. Ciò è possibile soprattutto quando si fa ricorso a telefoni e radio non criptate o quando i singoli soldati postano immagini e video sui social: i segnali sono spesso riconducibili a posizioni Gps, mentre la geolocalizzazione (che sia digitale o visiva, ad esempio ricostruendo la posizione usando paesaggi e l’altezza del sole sullo sfondo di una foto) offre indizi sul tipo di unità schierata in un settore del fronte.
Falle di sicurezza e aiuto occidentale
Non c’è modo di sapere con certezza se la versione degli eventi fornita dalle autorità separatiste (la sedicente repubblica popolare di Donetsk, Dnr) sia accurata. Tuttavia, non sarebbe la prima volta che i soldati russi svelano la propria posizione a causa di un utilizzo troppo disinvolto dei cellulari. Già in passato, il sito investigativo Bellingcat era riuscito a individuare diverse formazioni russe in Siria e nei territori ucraini occupati, mentre nelle prime fasi di questa guerra i soldati russi, totalmente impreparati e privi di radio con standard di sicurezza militari, si erano esposti alle imboscate ucraine producendo un traffico radio-elettronico equivalente ad accendere un enorme falò nella notte.
Ciò che rende il caso di Makiivka particolare è quanto esso sia sintomatico della scarsa organizzazione russa e dei limiti strutturali di cui soffre la forza di invasione. Le autorità della Dnr sostengono che gli ucraini avrebbero utilizzato il sistema americano Echelon, una rete di portata globale per la detezione e l’elaborazione di Sigint (signal intelligence). È noto che Kyjiv riceva alcuni pacchetti informativi e intercettazioni da Stati Uniti, Regno Unito e forse Germania, utili all’individuazione di obiettivi per l’artiglieria e incursioni coi droni. Da scartare è però l’ipotesi che gli ucraini abbiano diretto accesso a Echelon, e la giustificazione della Dnr rivela il solito linguaggio del Cremlino con il quale i russi e i loro alleati giustificano i propri fallimenti, additandoli a un intervento diretto della Nato.
Soprattutto, il probabile uso di informazioni occidentali non giustifica una mancanza di sicurezza operativa da parte dei russi. Per “sicurezza operativa” si intendono quelle misure con cui un’unità di combattimento cerca di evitare proprio i casi menzionati sopra: la fuga di notizie critiche, l’emissione di segnali elettromagnetici tramite l’utilizzo di cellulari non autorizzati, e in generale, la moltiplicazione di pericoli evitabili per i soldati schierati. Non si tratta di una semplice lista di regole, ma di un processo analitico che tiene conto anche del comportamento nemico, delle sue capacità e del contesto militare.
Scaricabarile sul fronte
Proprio questa flessibilità è qualcosa verso la quale gli ufficiali russi si sono dimostrati poco portati, complice una struttura di comando opaca. L’Institute for the Study of War ipotizza che la sicurezza operativa a Makiivka sia stata affidata ad autorità separatiste proprio per allontanare la colpa di queste catastrofi dal ministero della Difesa russo. Allo stesso tempo, la Dnr è frammentata da diversi conflitti politici intestini che pongono banalità come l’incolumità dei soldati in secondo piano. Allo stesso tempo, è verosimile che le truppe irregolari schierate nella regione – mercenari Wagner, ceceni, miliziani Rosgvardia – abbiano misure di sicurezza operativa eterogenee e incompatibili fra loro, che si tratti per l’appunto dell’utilizzo di telefoni o la distribuzione di munizioni e carburanti pericolosi lontani dalle caserme.
Ancora una volta, le forze armate russe si sono dimostrate impreparate a combattere una guerra moderna. Al di là del colabrodo elettromagnetico con cui sono andati in battaglia, il problema alla base delle operazioni russe rimane un fondamentale disinteresse per l’umanità anche dei propri soldati. È normale che una recluta impaurita, richiamata per una guerra nella quale non crede e mandata senza preparazione al fronte, rischiando di unirsi ai centomila fra morti e feriti degli ultimi dieci mesi, voglia rimanere in contatto con la propria famiglia. Che tutto ciò venga considerato con più attenzione dall’artiglieria ucraina che dai comandanti russi ha qualcosa di tristemente ironico.
CELLULARE FATALE. Ernesto Ferrante su L’Identità il 5 Gennaio 2023.
L’uso massiccio di telefoni cellulari nonostante il divieto è la causa principale della morte dei soldati russi a Makeevka. Lo ha affermato il primo vice capo della Direzione principale politico-militare delle forze armate della Federazione Russa, il tenente generale Sergei Sevryukov: “Questo fattore, ha spiegato Sevryukov, ha permesso al nemico di localizzare e determinare le coordinate della posizione del personale militare per lanciare un attacco missilistico”. Il tenente generale ha annunciato che “sono state prese le misure necessarie per prevenire tali tragici incidenti in futuro”. Secondo lui, dopo le indagini, i funzionari colpevoli saranno puniti.
Bilancio “aggiornato” anche per Mosca, dopo che altri corpi sono stati trovati sotto le macerie. Il ministero della Difesa ha confermato l’uccisione di 89 militari nell’attacco. Tra loro c’erano il vice comandante del reggimento e il tenente colonnello Bachurin.
Esplosioni sono state udite a Sebastopoli, sul Mar Nero, durante la notte scorsa. Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, ha riferito su Telegram che la difesa aerea è stata attivata nella città della Crimea almeno due volte.
I missili ipersonici Zircon “proteggeranno in modo affidabile la Russia da potenziali minacce esterne e contribuiranno a garantire la sicurezza nazionale”. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin, partecipando alla cerimonia di entrata in servizio di combattimento della fregata Admiral Gorshkov, dotata di missili ipersonici. La Russia, ha avvertito il leader del Cremlino, “continuerà a sviluppare il potenziale di combattimento delle sue forze armate” e “produrremo armi e attrezzature in grado di proteggere la sicurezza della Russia nei prossimi decenni”.
L’Italia non può essere considerata una “possibile garante” del processo di pace né “un’ intermediaria onesta” nel conflitto in corso in Ucraina. Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando durante il suo consueto punto stampa le parole del premier, Giorgia Meloni, che nei giorni scorsi aveva annunciato che “l’Italia è pronta a farsi garante di un eventuale accordo di pace”. “Molti Paesi sostengono di essere disponibili a partecipare alla risoluzione della crisi ucraina”, ha proseguito la portavoce, secondo cui “alcuni lo fanno sinceramente, altri perseguono i propri obiettivi egoistici, cercando di ‘incunearsi’ nel processo negoziale per ottenere dividendi in politica estera”.
“Tuttavia, è strano per noi ascoltare proposte di mediazione da Paesi che, fin dall’inizio dell’operazione militare speciale in Ucraina, hanno assunto una posizione anti-russa inequivocabile e molto aggressiva”, non solo sostenendo “il regime sanguinario di Kiev”, ma fornendo assistenza militare e tecnico-militare e “pompando deliberatamente in Ucraina le armi più moderne. È noto che l’Italia, insieme a una vasta gamma di armi e attrezzature militari, fornisce a Kiev mine antiuomo”, ha attaccato Zakharova.
“Queste azioni irresponsabili non solo moltiplicano il numero delle vittime, anche tra la popolazione civile del Donbass, ma ritardano la fine del conflitto. Data la posizione di parte assunta dall’Italia, non possiamo considerarla né un’intermediaria onesta né una possibile garante del processo di pace”, ha concluso la portavoce.
Contro la russificazione forzata. Il falso mito storico dei confini ucraini artificiali. Matteo Zola su L’Inkiesta il 5 Gennaio 2023.
La nazione ucraina si è sviluppata aggregando elementi diversi e costruendo un apparato simbolico, fatto di valori e memorie, attorno cui si è coagulato un popolo che non si definisce per una specifica appartenenza linguistica o religiosa, ma per l’adesione a un’idea di comunità civile
Il Cremlino, tra le ragioni con cui ha motivato la propria aggressione, ha affermato l’artificialità dello Stato ucraino negandone l’esistenza al di fuori del «mondo russo». In particolare, l’invasione e annessione della Crimea sono state giustificate da Mosca asserendo che quello non fosse in realtà territorio ucraino bensì russo, arbitrariamente donato da Nikita Chruščëv, a riprova di come i confini del Paese siano fittizi.
Prima di addentrarci nell’analisi dello sviluppo territoriale dell’Ucraina, occorre ricordare come i confini «di certi Paesi del Medio Oriente o dell’Africa» siano di matrice coloniale, tracciati nel secondo dopoguerra dalle potenze occidentali. I Paesi europei, compresa l’Ucraina, hanno invece esteso i propri confini nazionali partendo da un nucleo di territori che, per omogeneità culturale o opportunità politica, hanno rappresentato la culla delle moderne nazioni. Questo processo è più antico per Paesi come la Francia o la Spagna, e più recente per altri come Italia e Germania.
Tuttavia, nessuno si sognerebbe di affermare che il confine del Brennero sia artificiale o che la Savoia sia un dono arbitrario di Cavour alla Francia. Esistono ragioni storiche che hanno indirizzato lo sviluppo territoriale delle nazioni europee, ci sono state guerre, migrazioni, conversioni religiose. Esattamente come per l’Ucraina.
(…)
L’Ucraina ha visto mutare i propri confini diverse volte, per ragioni storiche, guerre, deportazioni, come avvenuto per ogni Stato europeo. La presenza di popolazioni russofone all’interno di quei confini si deve in larga parte a movimenti di popolazione coatti che hanno interessato le regioni orientali del Paese in epoca relativamente recente. Ma la «frontiera» tra le due comunità non ha mai prodotto conflitti, anzi, ha dato vita a elementi culturali comuni (si pensi al surzhik, dialetto nato dalla fusione di elementi linguistici russi e ucraini).
Lungo questa «frontiera etnica» è impossibile scindere ciò che è russo da ciò che è ucraino. Proprio per questo la nazione ucraina si è sviluppata aggregando elementi diversi e costruendo un apparato simbolico, fatto di valori e memorie, attorno cui si è coagulata una nazione che non si definisce per una specifica appartenenza linguistica o religiosa, ma per l’adesione a un’idea di comunità civile. Per questo, nel caso ucraino, si parla di nazionalismo civico più che di nazionalismo etnico. I confini allora, più o meno artificiali, perdono di importanza proprio perché l’identità ucraina è il risultato di un incontro, di una fusione, lungo una «frontiera». Dove corra questa frontiera non si sa, ma certo la guerra e le strumentalizzazioni politiche rischiano di creare cesure e spaccature insanabili distruggendo così l’identità del Paese, seminando divisione dove c’era coesistenza.
Affermare quindi che l’Ucraina è il risultato di una costruzione artificiale è falso sotto il profilo storico e antropologico, ma soprattutto alimenta l’idea – cara al Cremlino – che possano esistere solo comunità nazionali omogenee, coese, integrali mentre tutta la nostra storia di europei è fatta di mescolanze, incontri, negoziazioni e identità sovrapposte e plurime, bilinguismi, matrimoni misti, molteplici eredità. In un’epoca di tensioni etno-nazionali e di separatismi, dalla Scozia alla Catalogna, dalle Fiandre alla ex-Jugoslavia, l’Ucraina era rimasto un Paese dove le diverse identità concorrevano alla realizzazione della nazione. Ci è voluta una guerra per distruggerlo.
(…)
L’evoluzione territoriale ucraina è il risultato di molteplici fattori ma non può in nessun caso dirsi artificiale. I confini del Paese sono in parte mutati a seguito di eventi epocali, come le due guerre mondiali, ma hanno sempre teso a ricalcare frontiere linguistiche e culturali. Se il confine tra Siria e Iraq può dirsi artificiale perché non ricalca nessuna frontiera etnica o linguistica, ma è solo la linea di spartizione delle sfere di influenza inglese e francese nel Medio Oriente, il confine tra Russia e Ucraina risponde a criteri culturali e demografici.
La russificazione del Donbass, avvenuta massicciamente nel secondo Novecento, ha alterato il quadro demografico di regioni in cui il contado era prevalentemente ucraino. La legittimità dei confini ucraini non è data solo dai trattati internazionali, ma anche da elementi culturali e dallo storico radicamento in quei territori.
Tuttavia, anche così non fosse, questo non giustificherebbe alcuna azione di riconquista. Se valesse il principio secondo cui ogni Stato ha il diritto di muovere guerra al Paese vicino per recuperarne porzioni storiche o popolazioni affini, l’intera Europa diventerebbe rapidamente un enorme teatro di guerra. Ecco perché il diritto internazionale sancisce l’integrità territoriale degli Stati.
Per queste ragioni affermare l’artificialità dei confini ucraini non è solo falso, ma anche pretestuoso, in quanto nessun confine, nemmeno il più «artificiale», può essere violato.
Da “Alle radici della guerra” di Matteo Zola, Paesi edizioni, 222 pagine, 12,35 euro
Dalla Germania panzer e missili a Kiev. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 5 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di giovedì 5 gennaio. Erdogan ha avuto un colloquio con Putin e sentirà Zelensky per avviare i negoziati. Biden: «Potremmo inviate a Kiev veicoli da combattimento Bradley»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 316esimo giorno.
• Putin inaugura una fregata con i missili ipersonici Zircon.
• La via per la pace, secondo il Financial Times (e la parola chiave: Crimea).
• Il capo dell’intelligence ucraina: «Putin ha il cancro e morirà presto». Gli 007 di Kiev: «Mosca invia nuove unità militari in Crimea».
Ore 23:40 - Zelensky,dobbiamo porre fine quest’anno ad aggressione russa
«Dobbiamo porre fine all’aggressione russa esattamente quest’anno e non rimandare nessuna delle capacità difensive che possono accelerare la sconfitta dello Stato terrorista»: lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo messaggio serale su Telegram. «Oggi abbiamo nuovi e potenti risultati della nostra maratona diplomatica — ha affermato riferendosi alla sua conversazione telefonica con il presidente francese — . La Francia porta il sostegno della difesa europea all’Ucraina a un nuovo livello e ringrazio il presidente Macron per questa leadership».
«Riceveremo più veicoli blindati e in particolare carri armati su ruote di produzione francese. Questo è ciò che invia un chiaro segnale a tutti gli altri nostri partner: non vi è alcuna ragione razionale per cui l’Ucraina non sia ancora stata rifornita di carri armati di tipo occidentale. E questo è molto importante per ripristinare la sicurezza per tutti gli ucraini e la pace per tutti gli europei».
Ore 01:10 - Filorussi, forte esplosione a Melitopol
Una forte esplosione è stata udita questa notte a Melitopol, città occupata dalle forze russe nella regione di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale: lo ha reso noto Vladimir Rogov, membro nominato da Mosca del consiglio dell’amministrazione regionale, come riporta l’agenzia di stampa russa Ria Novosti. Non ci sono per il momento notizie di eventuali feriti o vittime.
Ore 02:37 - Kiev, Mosca si prepara a escalation militare a febbraio
La Russia si prepara a un’escalation della situazione al fronte a febbraio e allo stesso tempo si muove dietro le quinte per spingere Kiev a firmare «accordi di pace» sul modello di quelli di Minsk: lo ha detto all’emittente pubblica ucraina Suspilne il segretario del Consiglio di sicurezza e di difesa ucraino, Oleksii Danilov. «Febbraio sarà decisivo per loro — ha affermato Danilov —. Perché le date sono importanti per loro, gli anniversari, ecc. Si stanno preparando a un’escalation».
«Adesso un uomo di nome (Taras) Kozak (collaboratore del politico ucraino filo-Cremlino e amico personale di Putin, Viktor Medvedchuk, ndr) è diventato più attivo — ha proseguito —. Sta organizzando incontri con i rappresentanti europei per costringerci a firmare alcuni accordi di pace, o almeno così credono, una sorta di Minsk 3. Naturalmente non accetteremo».
Ore 03:43 - Kiev, distrutto oltre il 60% della città di Bakhmut
Oltre il 60% della città di Bakhmut, nell’Ucraina sud-orientale, è stato distrutto durante i combattimenti e l’offensiva russa, che va avanti da sei mesi: lo ha reso noto in una conferenza stampa il capo dell’amministrazione militare della regione di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, come riporta RBC-Ucraina. «Non importa quali tentativi abbia fatto il nemico per entrare in città, non è stato in grado di avanzare. Non importa quale successo abbiano avuto, sono stati respinti alle loro precedenti posizioni fuori città», ha commentato Kyrilenko aggiungendo che le forze russe «ora si trovano in una zona pianeggiante e devastata, che sta contribuendo anche all’enorme perdita di soldati». Kyrylenko ha inoltre affermato che due civili sono morti ieri nei bombardamenti russi sulla città.
Ore 04:23 - Isw, Mosca vuole rafforzare cooperazione militare con Iran
La Russia cercherà di rafforzare la sua cooperazione con l’Iran per ottenere sistemi d’arma più precisi da utilizzare in Ucraina: lo scrive l’Istituto per lo studio della guerra (Isw) nel suo rapporto pubblicato ieri, mercoledì 4 gennaio. L’Isw ricorda che il 28 dicembre i media statali iraniani affermavano che l’Iran riceverà presto 24 caccia Su-35 dalla Russia, probabilmente in cambio di droni e missili balistici di fabbricazione iraniana.
Secondo un blogger russo questi sistemi d’arma di precisione consentirebbero alle forze russe di colpire in modo più efficace le retrovie ucraine protette dai sistemi antiaerei e antimissile occidentali. In precedenza, alti funzionari statunitensi avevano annunciato che la Russia sta fornendo un livello senza precedenti di supporto militare e tecnico all’Iran in cambio di sistemi d’arma di fabbricazione iraniana. In questo quadro, secondo gli esperti dell’Isw, la Russia e l’Iran stanno studiando una nuova rotta commerciale transcontinentale per aggirare le sanzioni ed effettuare spedizioni di armi più consistenti tra i due Paesi.
Ore 07:47 - Governatore Dnipropetrovsk: «Nuovi attacchi russi a Nikopol»
Un nuovo attacco delle forze russe lanciato nella notte contro la città di Nikopol, nella regione di Dnipropetrovsk, ha provocato diversi danni. Lo ha riferito su Telegram il governatore regionale, Valentyn Reznichenko. «Sono stati danneggiati diversi edifici residenziali e annessi, infrastrutture sociali e linee elettriche. Non ci sarebbero feriti», si legge nel messaggio del governatore. Il governatore ha aggiunto che è deceduto in ospedale un uomo di 64 anni, rimasto ferito a causa dei bombardamenti russi effettuati ieri.
Ore 07:50 - Usa valutano invio veicoli corazzati Bradley
Gli Stati Uniti stanno valutando l’ipotesi di inviare in Ucraina veicoli corazzati Bradley, dotati di potenti cannoni. Lo ha annunciato il presidente americano Joe Biden. L’esercito Usa possiede migliaia di Bradley, che utilizza dalla metà degli anni Ottanta per trasportare le truppe sui luoghi di battaglia e che aumenterebbero le capacità delle forze armate ucraine. Questi veicoli non hanno però la potenza dei carri armati Abrams, che l’Ucraina ha ripetutamente chiesto.
Ore 07:59 - Usa: soldati russi a Makiivka sono obiettivi legittimi
Non c’è assolutamente alcuno «sfregarsi di mani da parte dell’amministrazione» americana in merito ai soldati morti nell’attacco sulla base di Makiivka effettuato con artiglieria fornita dagli Stati Uniti, «questa è una guerra», gli ucraini «sono stati invasi e stanno contrattaccando e difendendosi», ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby. «I soldati russi nel loro territorio sono obiettivi legittimi per l’azione militare ucraina, punto». «Non entrerò nel conteggio delle vittime. È una guerra. E ci sono feroci combattimenti in questo momento. E la guerra è una faccenda sanguinosa», ha detto.
Ore 08:35 - Stato maggiore ucraino: 810 militari russi uccisi nelle ultime 24 ore
Nelle ultime 24 ore, le forze ucraine hanno eliminato 810 militari russi. Come ha riferito su Facebook lo Stato maggiore ucraino, le perdite totali della Russia superano 109 mila militari. Inoltre, le forze di Kiev hanno distrutto altri tre carri armati, due veicoli corrazzati di combattimento, 12 sistemi di artiglieria, due sistemi di lanciarazzi multipli, un aereo e un elicottero, due droni e 14 autocisterne e automobili. Nell’ultimo giorno, ha proseguito lo Stato maggiore, le forze di difesa ucraine hanno attaccato tre punti di controllo, quattro zone di concentrazione di militari e attrezzature militari e due depositi di munizioni della Russia. Nella regione del Donbass, le truppe di Kiev hanno respinto altri attacchi russi vicino agli insediamenti di Stelmakhivka e Ploshanka nella regione di Luhansk e Belohorivka, Soledar, Krasna Hora, Vyimka, Pidhorodne, Bakhmut, Kurdyumivka, Majorsk, Pivnichne, Vodyane, Vesele, Krasnohorivka, Mariinka e Pobeda nella regione di Donetsk.
Ore 09:01 - Governatore Kherson, tre feriti in 24 ore a causa degli attacchi russi
Sono tre le persone che sono rimaste ferite a causa dei bombardamenti russi effettuati nelle ultime 24 ore nella regione di Kherson. Secondo quanto riferito su Telegram dal governatore regionale, Yaroslav Yanushevich, le truppe di Mosca hanno fatto uso di artiglieria pesante, mortai e carri armati. «Nell’ultimo giorno, tre persone hanno riportate ferite di varia gravità», ha scritto Yanushevich. Inoltre, come ha aggiunto il governatore, nella zona residenziale di Kherson «i proiettili nemici hanno colpito abitazioni private e edifici residenziali».
Ore 09:30 - 452 bambini uccisi dall’inizio della guerra
Sono 452 i bambini rimasti uccisi in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa mentre i feriti sono 877. Lo rende noto la Procura generale su Telegram, scrive Ukrinform. Questi dati non sono definitivi, poiché sono in corso sforzi per stabilire le vittime nelle aree di ostilità e nei territori temporaneamente catturati e liberati. La maggior parte dei morti e dei feriti è stata registrata nella regione di Donetsk. Un totale di 3.126 istituti scolastici sono stati danneggiati dai bombardamenti russi. Di questi, 337 sono stati completamente distrutti. Al momento, sono 352 i bambini che risultano dispersi in Ucraina dall’inizio della guerra.
Ore 10:07 - Patriarca russo Kirill chiede tregua per il Natale ortodosso
Il patriarca russo Kirill ha proposto di stabilire un cessate il fuoco in occasione del Natale ortodosso dalle 12 di domani (le 10 in Italia), 6 gennaio, alla mezzanotte (le 22 in Italia) del 7 gennaio. È quanto riferito dal sito web del Patriarcato di Mosca. «Io, Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, faccio appello a tutte le parti coinvolte nel conflitto intestina con un appello a cessare il fuoco e stabilire una tregua natalizia dalle 12 del 6 gennaio alle 24 del 7 gennaio, in modo che gli ortodossi possano partecipare servizi alla vigilia di Natale e nel giorno di Natale», si legge nella nota.
Ore 10:36 - Erdogan a Putin: «Per i negoziati serve un cessate il fuoco»
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha chiesto in una telefonata con Vladimir Putin un cessate il fuoco «unilaterale» in Ucraina e una soluzione pacifica della crisi. È quanto è emerso dal colloquio telefonico tra i due leader, riferisce la presidenza turca, secondo quanto scrive la Tass. Putin e Erdogan hanno parlato anche della crisi siriana, di questioni energetiche e di relazioni bilaterali.
Ore 11:14 - Stoltenberg: «Le armi sono la via per la pace»
Le armi sono la via per la pace in Ucraina. Lo ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, sottolineando l’apprezzamento dell’Alleanza per il sostegno della Norvegia a Kiev. «Se vogliamo una soluzione di pace negoziata, allora dobbiamo sostenere l’Ucraina», ha affermato Stolternberg intervenendo alla conferenza annuale della Confederazione delle imprese norvegesi. «Mi avete già sentito parlare di questo molte volte, ma ora credo che non ci possano essere dubbi sulla necessità di investire in sicurezza. Abbiamo bisogno di più soldati, equipaggiamento e munizioni», ha aggiunto Stoltenberg rivolgendosi ai cittadini norvegesi.
Ore 11:48 - Cnn, droni iraniani realizzati con componenti prodotti da società Usa
Componenti realizzate da 13 diverse società statunitensi sono state trovate all’interno di un drone iraniano abbattuto in Ucraina lo scorso autunno, secondo informazioni dell’intelligence ucraina ottenute in esclusiva dalla Cnn. Il rapporto della difesa di Kiev, sottoposto ai funzionari del governo degli Stati Uniti alla fine dello scorso anno, rende chiara l’entità del problema che deve affrontare l’amministrazione Biden, la quale ha promesso di interrompere la produzione iraniana di droni che la Russia sta lanciando a centinaia in Ucraina. La Cnn ha riferito il mese scorso che la Casa Bianca ha creato una task force per indagare su come la tecnologia prodotta dagli Stati Uniti e dall’Occidente, che va da apparecchiature più piccole, come semiconduttori e moduli Gps, a parti più grandi, come motori, sia finita nei droni iraniani. Dei 52 componenti rimossi dagli ucraini dal drone iraniano Shahed-136, 40 sembrano essere stati fabbricati da 13 diverse società americane, mentre i restanti 12 componenti sono stati fabbricati da aziende in Canada, Svizzera, Giappone, Taiwan e Cina.
Ore 11:59 - Bombardato il centro di Kherson, morto un 20enne
Le forze russe hanno bombardato ancora una volta Kherson, uccidendo un ventenne. Lo rende noto su Telegram il capo dell’amministrazione militare della regione, Yaroslav Yanushevych, precisando che è stata colpita una casa nel centro cittadino.
Ore 12:18 - Putin: «L’Occidente ha un ruolo distruttivo in Ucraina»
Durante il colloquio telefonico con il presidente turco Erdogan, Putin ha anche sottolineato che l’Occidente ha un ruolo distruttivo in Ucraina. Lo riferisce il Cremlino, come riporta la Tass.
Ore 12:33 - Putin: «Pronto al dialogo se Kiev riconosce i territori annessi»
La Russia è pronta a dialogare con l’Ucraina se Kiev riconoscerà le nuove realtà territoriali emerse a seguito del conflitto in corso tra i due Paesi. Lo ha detto Vladimir Putin nel corso di una telefonata con il suo omologo turco Tayyip Erdogan, secondo quanto riferisce il Cremlino. Il presidente russo ha anche sottolineato il ruolo distruttivo dell’occidente in Ucraina.
Ore 13:06 - Podolyak: tregua per il Natale ortodosso? È una trappola cinica
La proposta del patriarca russo Kirill di stabilire un cessate il fuoco in occasione del Natale ortodosso è «una trappola cinica». Ad affermarlo su Twitter è il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, secondo cui la Chiesa ortodossa russa «non è un’autorità per l’ortodossia globale e agisce come un propagandista di guerra». Il patriarcato di Mosca, ha aggiunto il consigliere, «in precedenza aveva incitato al genocidio degli ucraini, al massacro e alla militarizzazione della Russia».
Ore 13:12 - Erdogan: «Oggi parlerò anche con Zelensky»
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che oggi discuterà al telefono anche con l'omologo ucraino Volodymyr Zelensky, dopo aver sentito Putin, su come impostare un «piano più morbido» per avviare le relazioni tra Mosca e Kiev. Lo rende noto Anadolu. Durante la conversazione, Erdogan si confronterà con Zelensky anche sulla discussione avuta in mattinata con il presidente russo.
Ore 13:16 - Crosetto: l'Italia non produce né fornisce mine anti uomo
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto definisce «completamente false, infondate e gravemente denigratorie dell'onore del nostro Paese le dichiarazioni del portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova», secondo cui l'Italia avrebbe fornito mine antiuomo all'Ucraina. «l'Italia ha firmato il Trattato di Messa al Bando delle Mine antiuomo (Trattato di Ottawa) il 3 dicembre 1997 ed è divenuta Stato parte del Trattato stesso il I Ottobre 1999. L'Italia non produce mine antiuomo e non le fornisce a nessun Paese al Mondo, Ucraina compresa», spiega Crosetto.
Ore 13:37 - Kiev: pesanti bombardamenti vicino a Zaporizhzhia, 2 morti
Nella comunità di Stepnohorsk, nella regione di Zaporizhzhia, due persone sono state uccise e altre tre sono rimaste ferite a causa dei bombardamenti russi. Lo ha annunciato il capo dell'Amministrazione militare regionale di Zaporizhia Oleksandr Starukh in un briefing, come riporta Ukrinform.
Ore 14:59 - Kiev: bombe russe uccidono una famiglia a Kherson
Una coppia e il loro figlio di 12 anni sono morti a Berislav, nella regione di Kherson, a seguito di un missile russo che ha colpito la loro casa. Lo annuncia il vice capo dell'ufficio del presidente dell'Ucraina Kyrylo Tymoshenko su Telegram, come riporta Ukrinform. Secondo Tymoshenko, «questa è la bassezza e la meschinità della Russia: la mattina parlano di una "tregua natalizia" e a mezzogiorno uccidono l'intera famiglia. Qual è la colpa del marito, della moglie e del loro figlio di 12 anni? Il fatto solo che siano ucraini. Si stavano preparando a festeggiare insieme il Natale, ma un colpo cinico dei russi li ha uccisi nella loro stessa casa...» ha sottolineato Tymoshenko.
Ore 15:04 - Biden: potremmo inviare veicoli da combattimento Bradley
Joe Biden conferma che gli Stati Uniti potrebbero inviare in Ucraina veicoli da combattimento Bradley. A chi gli chiedeva se i veicoli Bradley fossero una delle opzioni sul tavolo nel nuovo pacchetto di aiuti a Kiev, il presidente americano ha risposto: «Sì». Gli osservatori ritengono che l'invio dei Bradley aumenterebbe le capacità di combattimento.
Ore 15:25 - Medvedev: la fregata Gorshkov è il «regalo di Capodanno» alla Nato
Il varo della fregata Ammiraglio Gorshkov con il suo carico di munizioni dei missili Zircon è il «regalo principale per il nuovo anno» della Russia alla Nato. Lo ha scritto sul suo canale Telegram vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev. «Voi e i vostri scagnozzi che uccidete la nostra gente non sarete mai perdonati. Vi parleremo con il linguaggio del potere, se non lo capite in altro modo. Produrremo armi ancora più moderne», ha aggiunto.
Ore 15:49 - Erdogan a Zelensky: pronti a mediare per una pace duratura
La Turchia è pronta a mediare per ottenere una «pace duratura» tra Russia e Ucraina. Lo detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan all'omologo ucraino Volodymyr Zelensky durante una telefonata, come riporta Anadolu, dopo avere avuto in mattinata un colloquio telefonico anche con il capo di Stato russo Vladimir Putin.
Ore 16:13 - Zelensky: «Contento Turchia pronta a partecipare a nostra formula pace»
«Sono contento di sapere che la Turchia è pronta a partecipare all'attuazione della nostra formula di pace». Lo ha scritto su twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo il colloquio telefonico con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, con il quale ha discusso della «cooperazione sulla sicurezza, in particolare a Zaporizhzhia, dove non dovrebbero esserci invasori, dello scambio di prigionieri di guerra, dello sviluppo dell'accordo sul grano».
Ore 16:14 - Putin ordina la tregua per il Natale ortodosso
(di Marta Serafini, inviata a Kiev) Il Cremlino annuncerà una tregua unilaterale in Ucraina per il Natale ortodosso da mezzogiorno del 6 gennaio alle 24 del 7 gennaio. La notizia – data dall’agenzia di stato russa Interfax - arriva dopo la richiesta del presidente turco Recep Tayyip Erdogan al suo omologo russo Vladimir Putin di una tregua unilaterale in Ucraina e dopo l’offerta del patriarca di Mosca Kirill di una tregua da far coincidere con le festività ortodosse. Kiev aveva già bollato la richiesta come «una trappola cinica e di propaganda».
Una nota del Cremlino aggiunge: «Anche Kiev ordini la tregua per il Natale ortodosso».
Ore 17:09 - Podolyak: «Tregua russa? Tenete l'ipocrisia per voi»
La Russia deve lasciare i territori ucraini occupati, e solo allora si potrà parlare di una «tregua temporanea». Lo ha dichiarato su Twitter il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak. «L'Ucraina non attacca i territori stranieri e non uccide i civili, a differenza della Federazione Russa», ha affermato Podolyak, aggiungendo che le forze di Kiev «eliminano solo i membri dell'esercito di occupazione sul proprio territorio». «Seconda cosa: la Russia deve lasciare i territori occupati - solo allora avrà una "tregua temporanea". Tenete l'ipocrisia per voi», ha concluso.
Ore 17:30 - Trovate componenti prodotte in Usa nei droni iraniani usati da Mosca
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) C’è un tipo di arma che attira l’attenzione quanto gli Himars: i droni venduti dall’Iran alla Russia. Per due ragioni. Rappresentano una minaccia per le infrastrutture ucraine e al tempo stesso sono un tema propagandistico, in quanto costituiscono la prova del supporto garantito da un regime oppressivo.
Ore 17:46 - Kiev: «Danneggiati 1.189 beni culturali da inizio conflitto»
Sono 1.189 i beni culturali ucraini danneggiati dall'inizio del conflitto. Inoltre circa un terzo di essi - precisamente 446 - è attualmente completamente distrutto. Lo ha reso noto il ministero della Cultura di Kiev. Lo riporta Ukrainska Pravda. Per quanto riguarda le statistiche per regione, le più colpite sono state Donetsk, Kiev, Kharkiv, Luhansk, Mykolaiv, Zaporizhzhia, Sumy e Kherson.
Ore 17:48 - Zelensky a colloquio con l'omologo lettone Levits, focus su pace e cooperazione
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha avuto oggi un colloquio telefonico con l'omologo lettone Egils Levits. Lo ha reso noto lo stesso Zelensky su proprio canale Telegram, precisando che si è parlato della formula di pace e di cooperazione bilaterale. «Ho avuto una fruttuosa conversazione con un caro amico, il presidente della Lettonia, Egils Levits. Abbiamo discusso la formula di pace. L'ho ringraziato per il suo forte sostegno al nostro Paese e l'aiuto multidimensionale della Lettonia», ha scritto Zelensky, aggiungendo di aver concordato con l'omologo «di continuare la cooperazione per rafforzare la capacità di difesa dell'Ucraina».
Ore 18:23 - Colloquio di Zelensky con il premier spagnolo Sanchez, focus su esigenze della difesa
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha avuto un colloquio telefonico con il premier spagnolo, Pedro Sanchez. Lo ha reso noto il primo con un messaggio su Twitter. «Ho parlato delle sfide al fronte e ho trasmesso le esigenze di difesa dell'Ucraina. Continuo a consolidare il sostegno dei partner prima del prossimo incontro a Ramstein», ha scritto Zelensky.
Ore 18:30 - Biden: «Tregua Putin? Cerca solo un po' di ossigeno»
«Credo che cerchi solo di trovare un po' di ossigeno». Così il presidente Usa Joe Biden, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha commentato l'annuncio della tregua in Ucraina fatto da Vladimir Putin.
Ore 18:42 - La Bielorussia rafforza il contingente militare con la Russia
Minsk e Mosca hanno rafforzato il loro contingente militare congiunto in Bielorussia con armi, soldati e attrezzature specializzate e stanno preparando esercitazioni congiunte per le forze aeree. Lo ha affermato oggi il ministero della Difesa bielorusso. Il ministero ha spiegato che l'obiettivo è di «rafforzare la protezione e la difesa dell'unione di Russia e Bielorussia».
«Il personale, le armi, le attrezzature militari e speciali delle forze armate della Federazione Russa continueranno ad essere consegnate alla Repubblica di Bielorussia», ha affermato il comunicato. Secondo il piano, le esercitazioni tattiche dell'Aeronautica hanno lo scopo di «aumentare il livello di addestramento al combattimento delle unità aeronautiche». Il ministero non ha reso nota la data delle prossime esercitazioni e non ha fornito dettagli.
Ore 20:17 - Dalla Germania panzer e missili a Kiev
La Germania fornirà i panzer tipo Marder all’Ucraina, mentre gli Usa forniranno panzer Bradley. È quello che si legge in una nota della cancelleria, che rende conto di un accordo trovato fra Joe Biden e Olaf Scholz in una telefonata. La Germania si unisce inoltre agli Usa nel rifornire sistemi Patriot.
Roberto Fabbri per “Il Giornale” il 5 gennaio 2023.
In quel mondo alla rovescia che è la Russia di Putin, dove puoi beccarti 15 anni di galera se chiami guerra la guerra e altrettanti se critichi chi non riesce a vincerla, gli unici autorizzati a sparare sul pianista sono blogger e commentatori certificati come fedelissimi del Cremlino.
Quelli con la Z dell'«operazione speciale» tatuata sul bicipite, per intenderci, quelli che se criticano lo fanno comunque partendo dall'assunto che attaccando l'Ucraina «nazificata» Putin ha avuto tutte le ragioni dalla sua. Tra questi personaggi spicca un signore che si chiama Semyon Pegov, meglio conosciuto dagli appassionati del mondo dei blog militari con lo pseudonimo WarGonzo con cui preferisce firmarsi.
Pegov, che lo scorso 20 novembre è stato premiato da Putin in persona con l'Ordine del Coraggio, è al di sopra di ogni sospetto: la Z ce l'ha tatuata nel cervello. L'occasione per muovere critiche severe ai vertici militari russi gliel'ha fornita la strage di Capodanno compiuta dagli ucraini a Makiivka, nel Donbass occupato, di cui si parla con entusiasmo a Kiev e con crescente imbarazzo in Russia da ormai cinque giorni.
Un centinaio scarso di soldati uccisi secondo fonti ufficiali russe, circa 400 a sentire gli ucraini. In ogni caso, un'umiliazione non inferiore a quella dell'affondamento dell'ammiraglia della flotta del Mar Nero «Moskva» nello scorso aprile, o della ritirata da Kherson in novembre.
Come sempre capita in simili occasioni, i generali negano l'evidenza o scaricano le colpe verso il basso: la «Moskva», ad esempio, non è mai stata colpita dagli ucraini secondo la versione ufficiale russa, e se a Makiivka quattro missili Himars hanno fatto scempio di un intero battaglione la colpa non è degli ufficiali responsabili del loro folle accasermamento accanto a un deposito di armi non mimetizzato, ma dei soldatini freschi di mobilitazione che si sono fatti individuare dal nemico usando i loro cellulari privati per telefonare a casa.
WarGonzo - sorta di Walter Cronkite del regime putiniano - non è riuscito a inghiottire questa ennesima menzogna, e un po' come il cronista americano dei tempi del Vietnam ha aperto il suo virtuale fuoco amico contro il quartier generale. Il tono complessivo è cauto, ma il messaggio è chiaro: «La storia dei cellulari non è molto convincente, anche se il loro uso contro il regolamento è censurabile - ha scritto su Telegram -. Raramente mi esprimo così, ma questo è un caso in cui sarebbe probabilmente meglio rimanere in silenzio, almeno fino alla conclusione delle indagini.
Così, sembra un tentativo di scaricare altrove le responsabilità». No dunque a «un palese tentativo di diffamare e di incolpare», mentre «secondo mie fonti che non posso rivelare ma che ritengo affidabili, i morti sarebbero notevolmente di più degli DIF ufficialmente riconosciuti». Pegov ricorda inoltre che i droni ucraini possono vedere dall'alto i movimenti delle truppe russe e che «siccome i proiettili Himars di fabbricazione americana sono armi costose, non vengono sparati a caso».
Nella città russa di Samara (la ex Kuybishev sovietica), da cui proveniva la gran parte delle vittime, e in altri centri minori della sua provincia, si sono intanto svolte rare pubbliche celebrazioni in onore dei caduti di Makiivka (di solito il regime cerca di non dare pubblicità ai funerali dei soldati uccisi in Ucraina).
Qui non sono state ammesse pubbliche critiche, il clima era patriottico ed erano presenti militanti del partito putiniano Russia Unita con le bandiere. La moglie di un generale, a nome di un gruppo di spose di militari, ha chiesto «vendetta» e ha pronunciato, inconsapevolmente, una verità imbarazzante per il Cremlino: «Dobbiamo schiacciare il nemico uniti, perché ormai non abbiamo più scelta».
I soldati russi sbriciolati nel raid di Capodanno a Makiivka. «I resti sugli stivali dei sopravvissuti». Storia di Marta Serafini su Il Corriere della Sera il 5 gennaio 2023.
Sono passati due minuti dalla mezzanotte — è la notte di Capodanno — quando sulla scuola di Makiivka iniziano a piovere i colpi. Né il soldato Sergei né il tenente Alexander né il tenente colonnello Bachurin hanno idea di cosa stia accadendo.
Secondo quanto ricostruito da iStories, un sito web russo indipendente specializzato in giornalismo investigativo con base in Lettonia e secondo quanto raccolto dalle informazioni dei canali russi e ucraini su Telegram dal blogger ChrisO_wiki, a Makiivka in quel momento, nell’edificio ci sono circa 400 uomini del 44° e 45 ° reggimento, buona parte dei quali è stata trasferita lì dopo la mobilitazione generale ordinata dal presidente russo Vladimir Putin. Si tratta di una cifra che coincide con il bilancio finale delle vittime fornito dagli ucraini, mentre i russi parlano di 89 morti accertate.
I parenti di due uomini mobilitati della regione di Samara — nella città si terrà due giorni dopo una veglia funebre per i caduti cui hanno partecipato 200 persone perché è da qui che proviene la maggior parte dei caduti — raccontano a iStories che un totale di quattro missili Himars hanno colpito l’edificio.
Secondo le testimonianze anonime, alcuni dei soldati riescono a scappare dopo che il primo missile colpisce l’edificio. Una parte di questi si mette in salvo nel seminterrato. Ma la maggior parte non ce la fa tanto che «molte delle vittime dovranno essere identificate dal Dna», afferma un sopravvissuto citato da iStories aggiungendo che lui e gli altri hanno «ripulito i cervelli dei compagni morti dai nostri stivali». Questo macabro dettaglio viene confermato anche dalla moglie di un sopravvissuto che sempre restando anonima dice: «Molti morti sono stati fatti a pezzi a tal punto che dei corpi non è rimasto più nulla».
I parenti dei sopravvissuti della strage di Makiivka a Samara (Afp)
Alcuni dei sopravvissuti vengono portati in ospedale nella regione russa di Rostov. Mosca dà solo un nome delle vittime. Ed è quello del vice comandante del reggimento, il tenente colonnello Bachurin», come spiega Interfax citando il ministero della Difesa di Mosca. Il blogger There are no losses, che dall’inizio del conflitto posta su Twitter informazioni e fotografie dei caduti russi, mette in rete i commenti dei familiari che piangono nell’ordine: il soldato Sergei Bastrakov e il soldato Alexander. Ma cita anche il caso del tenente colonnello Aleksej Bachurin, «che è riuscito a portare in salvo i feriti per circa 5 secondi» prima di essere a sua volta ucciso.
Tra i sopravvissuti è il caos. La moglie di uno di loro dichiara che secondo suo marito «tutti se ne vanno in giro nudi con le infradito. Non hanno più niente: niente medicine, niente soldi, niente cibo... È semplicemente orribile». La mancanza di assistenza emerge anche in un appello pubblicato dai parenti degli uomini mobilitati di Saratov: «È andato tutto perso, siamo con il sedere scoperto».
Uno dei parenti dei sopravvissuti sospetta che la gente del posto a Makiivka abbia dato la posizione agli ucraini: «Ci stavano sputando addosso del veleno», dice. Questo dettaglio è importante perché qualche giorno prima del raid, il 27 dicembre, è stata diffusa dagli ucraini la notizia che sempre a Makiivka una famiglia di 8 persone è stata uccisa, compresi i tre figli, di 1, 7 e 9 anni. Si tratta di un’operazione che, secondo molti commentatori, porta la firma dei miliziani Wagner per la ferocia e la precisione con cui è stata condotta: tutti, compresi i bambini, sono stati freddati con un colpo in testa. Che fosse già chiaro ai russi che qualcuno nella regione stava tradendo le forze occupanti? In rete non c’è traccia del collegamento ma tra i due episodi potrebbe esserci un nesso.
Le immagini satellitari pubblicate nelle ore successive al raid confermano quanto ipotizzato in un primo momento. L’edificio dove si trovavano i soldati russi era una scuola trasformata in base. Subito in Russia si diffondono critiche sulla decisione di concentrare un così alto numero di soldati in un edificio civile e dunque individuabile. Sull’account Telegram Rybar, che ha un milione di follower, si legge che è «criminalmente ingenuo immagazzinare munizioni vicino ai dormitori». Poi il tenente generale Sergei Sevryukov in un video dice che la «tragedia è probabilmente avvenuta perché le truppe russe nonostante il divieto hanno usato i telefoni cellulari, rivelando la loro posizione alle forze ucraine». E il ministero della Difesa di Mosca promette un’indagine e di punire i colpevoli.
Il tenente generale Sergei Sevryukov accusa i suoi soldati di aver usato i loro telefoni
La teoria dei telefonini viene da subito messa in dubbio da tutti. Alcuni esperti militari russi compreso Semyon Pegov, alias WarGonzo, spiegano: «Makiivka è una piccola città, vicino a Donetsk e di conseguenza, chiunque poteva vedere chi e cosa si trovava nel’edificio. Anche lì, non tutti sono filo-russi. E ci sono spie che segnalano le posizioni al nemico consentendogli di aggiustare il tiro». E questo riconduce al raid avvenuto prima di Natale contro l’intera famiglia. Secondo Pegov infine l’esercito ucraino non avrebbe utilizzato missili Himars di fabbricazione americana a meno che non fosse certo del suo obiettivo: «Questa è un’arma costosa ad alta precisione. Prima di colpire con gli Himars, il nemico ovviamente verifica le informazioni. L’Ucraina non spara a caso».
Estratto dell'articolo di Daniele Raineri per “la Repubblica” il 5 gennaio 2023.
Masha è una prostituta e batte nel viale d'ingresso di Kherson, quello dove la nuova amministrazione ucraina dopo la liberazione di due mesi fa ha messo cartelloni gialli due metri per tre - "Kherson citta di eroi!" oppure "Ora siete liberi!" - al posto dei cartelloni degli occupanti russi. (…)
Dove lavori?
«Quando c'erano i russi qualche ragazza è andata nelle trincee, qualcuna ai posti di blocco, qualcuna ai villaggi, come Sofiyivka e Chernobaevka. C'erano case vicino ai posti di blocco, quelle che erano state abbandonate dalla gente, e i soldati le usavano come bordelli. Hanno dato alle ragazze le cose che c'erano in queste case».
Le ragazze andavano da sole ai posti di blocco o alle trincee?
«No, prima i soldati le bendavano e poi le portavano nelle trincee, in modo che non sapessero dove stavano andando. Io su questo non ero d'accordo. E c'erano molti che usavano droga, ce n'erano molti. Sono andata soltanto al ponte Antonovsky».
Una ragazza poteva lavorare con più soldati in un viaggio solo?
«Quanti ne vogliono. C'era chi si concedeva molto».
Come si comportavano i russi con le ragazze?
«La maggior parte di loro era gentile. Ma per esempio gli osseti sono persone terribili. Bevevano molto e poi non conoscevano il loro limite. Avevo paura, ce ne erano molti, sembra che ce ne siano abbastanza di noi ragazze, ma credetemi... uno mi ha fatto persino tenere una granata in mano, qui alla stazione di servizio, ha tirato via l'anello della sicura. Facevano scherzi del genere. Ho avuto un cliente che ha fermato un passante e ha iniziato a picchiarlo senza motivo, ho provato a fermarlo ma non ci sono riuscita».
Che droghe usavano?
«Roba diversa, erano alcolisti, tossicodipendenti. Droghe sintetiche. Krokodil. Sale (è una parola usata per indicare la droga in cristalli, ndr ). Vedi laggiù? - indica la carcassa di un'auto a bordo della strada, sembra uno dei tanti rottami bellici lasciati dai combattimenti - su quell'auto una ragazza si è schiantata con i russi. Avevano drogato anche lei, si chiama Lesya. Non so come sia riuscita ad arrivare in albergo dopo l'incidente. È diventata disabile». (…)
C'è più lavoro con i russi o con gli ucraini?
«Con i russi, sono arrivati qui affamati ».
Quanti clienti al giorno?
«Sono 'forte', è successo anche più di dieci, non ce la facevo più. Né mentalmente né fisicamente».
Fare l’amore e fare la guerra. I matrimoni degli ucraini al fronte, le famiglie spezzate dal conflitto e un’intimità da ricostruire. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 6 Gennaio 2023.
La legge marziale consente di sposarsi il giorno stesso del reclutamento: lo hanno fatto più di centomila coppie nel Paese. I traumi dei soldati al ritorno dalla prima linea, il sesso sotto le bombe, il nuovo significato di una gravidanza
La divisa risolve dilemmi da tempi di pace. «Cosa mi metto?». I pixel mimetici sono l’abito di chi si sposa a ridosso della zona dove si combatte. Abbiamo visto sui social le foto del giorno speciale dei mobilitati, il velo bianco a coronare il verde militare dell’uniforme della sposa. Molti, invece, attendono le licenze, per tornare a casa e non rinunciare a un rituale immaginato da bambini, respinto da adolescenti.
Nell’Ucraina che resiste vige la legge marziale. I maschi tra i diciotto e i sessant’anni non possono lasciare il Paese. Un’altra clausola prevede però che chi si arruola possa sposarsi il giorno stesso della coscrizione. A Kyjiv ne hanno approfittato più di quattromila fidanzati. I tempi d’attesa, prima della guerra, erano di circa un mese. Nei primi sei mesi del 2022, sono convolate a nozze oltre centomila coppie.
Più in generale, il conflitto è stato un catalizzatore. Di nuove relazioni, ma anche della fine di rapporti in crisi. Di separazioni e divorzi. Il senso di precarietà che si porta dietro ha spinto numerose persone a smettere di aspettare. Li ha messi davanti all’importanza delle persone amate, ha fatto riconsiderare errori del passato. Ha raso al suolo finte priorità, restano solo le cose che contano.
Nelle interviste è evidente la volontà di riappropriarsi del destino. È un moto di libertà, quella che Putin voleva negare. Anna, trent’anni, ha voluto la limousine. «La vita deve andare avanti», ha detto alla Cnbc. Pavlo e Oksana hanno ribadito i loro voti dopo diciott’anni di matrimonio civile, in una piccola chiesa di Chernihiv. Murzak ha traslocato nelle retrovie, per poter stare assieme al marito tra un’azione e l’altra.
Dopo la vittoria, l’Ucraina sarà chiamata a ricostruire anche la sua demografia. Già nel 2014, l’annessione illegale della Crimea da parte dei russi l’ha privata di 2,4 milioni di abitanti. Le vittime civili della guerra, secondo l’Onu, sono state quasi settemila; i feriti undicimila. Sono stime al ribasso, mancano quelle dei territori ancora sotto occupazione, come Mariupol, dove i russi hanno bombardato il teatro stipato di profughi. Izium, Lysychansk e Sievierodonetsk. I nemici in ritirata hanno lasciato dietro di sé massacri, fosse comuni e mine nascoste nei cadaveri.
Uomini e donne in età fertile sono morti in battaglia. Le nascite, tra marzo e ottobre, sono state sessantottomila, meno della metà delle centoquarantaseimila dello stesso periodo nel 2021. Per questo, oggi, un pancione ha un significato nuovo e diverso. «Quando dico di essere incinta – ha raccontato Tetiana a Politico – e mi fanno le congratulazioni, so che sono felici non solo perché l’ho voluto così a lungo, ma perché questi bimbi sono i nostri figli comuni per il futuro».
Con quindici milioni di sfollati e sette milioni, soprattutto donne e bambini, di ucraini rifugiati in Europa, sono molte le famiglie spezzate dal conflitto. Sono relazioni a distanza, alimentate dalle videochiamate. Yaroslav, 43 anni, non vede la moglie e i figli da inizio 2022. Risente della distanza, della mediazione di un display: «È come se non l’avessi più vista, è come parlare con una sconosciuta. Dovremo imparare a conoscerci daccapo».
Le conseguenze sulla salute mentale saranno un altro aspetto da approfondire. Quando Putin a settembre ha paventato la bomba atomica, nella capitale è diventata virale sui social la proposta semiseria di organizzare un’orgia sulla collina Ščekavycja. O un rave. «Bisogna ridere delle fregnacce di Putin, sennò diventi matto», ha detto uno dei partecipanti alla Ukrainska Pravda. «Putin non sa amare, non prova sentimenti».
È un istinto umano. Il sesso come palliativo della morte. Senza scomodare il mito, Eros e Thanatos, la filosofia: divertirsi, svagarsi per scordare tutto il resto, fosse solo per un attimo. Anche per questo, i fanti hanno cantato nelle trincee delle guerre più atroci, di cui l’alcol e gli stupefacenti sono stati un propellente alla pari della polvere da sparo.
L’aspetto goliardico, quasi epicureo, secondo il terapista Alexander Kolomiychuk ha prevalso soprattutto le prime fasi del conflitto. Un’inchiesta del Washington Post ha raccontato il fronte, privato, della sessualità. I traumi seguono i sopravvissuti quando sono in libera uscita. Dopo i «match» su Tinder faticano a sostenere una conversazione con le coetanee. È così difficile andare oltre il «come stai», ritrovare qualche boccata di normalità, di frivolezza persino.
Per loro, scrive il giornale americano, «l’intimità è stata un’altra vittima della guerra». Il senso di sopravvivenza che scatta al fronte – l’adrenalina degli scontri, i boati dell’artiglieria, i compagni da soccorrere e quelli per cui è troppo tardi – segue i veterani pure a casa. Resta un alone di sfiducia. Un vuoto problematico da riempire.
Nelle città, al buio per i missili e i droni, ci si ingegna per la resilienza. «Quando le luci sono spente e senti volare i razzi, non puoi limitarti ad aspettare. Dobbiamo vivere, e amarci». Sono aumentate le vendite di sex toys con i led e di profilattici fosforescenti, ha riferito il titolare di un negozio al Washington Post. Ai liberatori fanno lo sconto, spesso sono le loro compagne a passare, per far loro una sorpresa in una rara licenza.
Tinder era stato un campo di battaglia virtuale. Si basa sulla geolocalizzazione. Prima dell’invasione, alcuni soldati russi erano comparsi sulla app delle donne ucraine, tradendo la presenza di contingenti sul confine. Un vizio, quello di usare cellulari privati nonostante i divieti, che le reclute non hanno perso (e continuano a pagarlo con la vita).
La piattaforma ha ospitato «operazioni digitali speciali». Sfruttando la funzione (a pagamento) che permette di localizzarsi in città all’estero, numerosi attivisti hanno raggiunto cittadini della Federazione per raccontare loro la verità. Molti russi contattati in questo modo hanno chiesto aiuto per fuggire dal Paese, altri hanno esibito un nazionalismo xenofobo alla «Hitler non aveva tutti i torti» e dimostrato di essere intrisi di propaganda.
Nel 2022 abbiamo provato odio e scoperto che cos’è la solidarietà. Ma pure amore. E gli ucraini, più di tutti, conoscono il suo significato, lo custodiscono per noi.
Imperfetta e felice. La democrazia è una promessa, non rendiamola una delusione. Roger Cohen su L’Inkiesta il 6 Gennaio 2023.
Negli ultimi anni i Paesi pluralisti hanno disatteso le aspettative, alimentando rabbia e populismo. Ma ora le minacce di Putin offrono al mondo libero la possibilità di riscattarsi e di restituire attrattività ai suoi veri valori
Il cielo blu sopra la decima edizione dell’Athens Democracy Forum non riusciva a spazzare via l’angoscia. Per la prima volta si stava discutendo della possibilità di un guerra nucleare. I sabotaggi del gasdotto Nord Stream annunciavano l’arrivo di un inverno aspro. L’inflazione in Germania – un Paese che non ha mai dimenticato l’orrore che seguì il rialzo dei prezzi negli anni Venti del Novecento – si era impennata, superando il 10 per cento. E, proprio nel giorno in cui ha avuto termine il ciclo di incontri ad Atene, venerdì 30 settembre, il presidente della Russia, Vladimir V. Putin, ha annesso più di 100.000 chilometri quadrati dell’Ucraina orientale e meridionale rendendoli parte di una “madrepatria” russa che – così ha detto – difenderà con ogni mezzo a sua disposizione.
Il modo in cui affronteranno le minacce di Putin e il suo disprezzo del diritto internazionale sarà un banco di prova per le democrazie di tutto il mondo. Questo è risultato chiaro nel corso di affilate conversazioni da cui è emerso che – come dice il presidente francese Emmanuel Macron – «se si parla da un punto di vista demografico» la maggioranza del mondo non sta dalla parte dell’Occidente. L’India e la Cina sono state riluttanti nel prender partito per quanto riguarda questa guerra. E molti Paesi africani, che covano ancora rancore per il colonialismo e che sono diffidenti verso le promesse occidentali, inclinano verso la Russia, che è un importante fornitore di armi per tutto quel continente.
Quando Jeffrey Sachs, che dirige il Center for Sustainable Development della Columbia University, ha affermato la visione secondo cui gli Stati Uniti sono «una società razzista dominata dai bianchi» e non sono migliori della Russia con la sua «cultura dell’autorità» o della Cina «con i suoi professionisti che sono i più aggiornati al mondo», ha ricevuto un applauso per aver sostenuto questa equivalenza morale. Le grandi potenze mondiali dovrebbero parlarsi, ha detto Sachs, invece di cercare di provare la superiorità di un modello sugli altri.
Secondo il suo punto di vista, una parte rilevante di responsabilità nello scoppio della guerra è da attribuire all’espansione della Nato verso i confini della Russia. E ha sostenuto che, qualora la guerra dovesse svilupparsi in un conflitto nucleare, bisognerebbe biasimare soprattutto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, per non aver voluto negoziare e per aver perseguito un’avventata strategia del “tutto o niente”.
Il giornalista polacco Jarosław Kuisz è tra coloro che si sono imbestialiti per queste parole. Facendo riferimento al collasso dell’impero sovietico di trent’anni fa e al ruolo svolto all’epoca da Sachs (che lavorò per accompagnare la Polonia dall’economia pianificata a quella di mercato), Kuisz ha detto: «Sono affascinato perché allora promettesti libertà a queste società. Promettesti che esse sarebbero uscite da trecento anni di soggiogamento e che si sarebbero sottratte a questa orribile sfera di influenza per avanzare verso l’autodeterminazione e il rispetto dei diritti umani». E adesso? Momenti tesi come questo hanno sempre caratterizzato l’Athens Democracy Forum convocato dalla Democracy and Culture Foundation in collaborazione con il New York Times. La capacità di gestire un civile disaccordo è il segno distintivo di ogni società sana.
Kuisz ha raccontato di aver incontrato un bambino ucraino che ha perso entrambe le gambe e una mano e una donna che veniva dalla devastata Mariupol’ e che era disperata perché non aveva notizie del figlio disperso. Se non fosse stato per l’ossessione di Putin sulla non-esistenza della nazione ucraina, quel bambino avrebbe ancora i suoi arti e quella madre avrebbe ancora suo figlio. E decine di migliaia di persone, ucraine e russe, molte delle quali giovani, sarebbero ancora in vita. Di fronte a quella che una volta John le Carré definì come «la classica, sempiterna, sfacciata, enorme menzogna panrussa» è opportuno ricordare un semplice fatto: è stato Putin, e non qualcun altro, a iniziare questa guerra. Non dite ai polacchi che dovrebbero confidare nella gentilezza degli stranieri. E non ditelo neanche agli estoni, ai lettoni, ai lituani. Tutto loro hanno conosciuto il totalitarismo sovietico. È non sono sorpresi per il revanscismo imperialista che riaffiora ora nella Russia di Putin. È probabile che la loro intransigenza nel fronteggiare Mosca possa creare tensioni tra i ventisette Paesi che formano l’Unione europea. Paesi come la Francia, la Germania o l’Italia saranno più inclini a cercare un compromesso negoziato, anche se un simile compromesso al momento sembra inconcepibile.
Perché c’è una cosa sulla quale al Forum tutti erano d’accordo: la guerra in Ucraina sarà lunga. E più sarà lunga, più ci sarà il rischio di un’escalation. Basta che succeda una qualunque cosa, anche un solo incidente. E l’ipotesi che sull’umanità possa abbattersi una distruzione di questa portata non appariva così verosimile fin dai tempi della crisi dei missili di Cuba del 1962. Christopher Clark, uno storico australiano che insegna alla Cambridge University, ha intitolato I sonnambuli un suo libro sull’accumularsi delle decisioni, grandi e piccole, che nel luglio 1914 hanno condotto alla Prima guerra mondiale. I leader di oggi – che operano in un’altra epoca di poteri nuovi che avanzano, di trasformazioni economiche e di forze imprevedibili – sono anch’essi dei sonnambuli che, senza accorgersene, stanno accompagnando il mondo verso una deflagrazione? Proprio come accade nella descrizione che Ernest Hemingway dà della bancarotta, è nella natura delle tragedie abbattersi sul mondo «prima poco a poco e poi tutto il resto all’improvviso» La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso al Forum ha espresso una nota di ottimismo. «Sono profondamente convinta che la democrazia prevarrà», ha detto. E ha aggiunto: «La democrazia potrà non essere perfetta, ma è perfezionabile».
I sistemi democratici, ha sottolineato, sono molto più flessibili e hanno molta più capacità di reinventarsi rispetto ai regimi autocratici: «La democrazia è una promessa». Ma la democrazia, negli ultimi anni, è stata anche una delusione. Per molti cittadini la promessa della democrazia non è stata mantenuta. La rabbia ha radicalizzato le società occidentali. Un senso di esclusione ha condotto al proliferare di movimenti estremisti e di decisioni prese all’impazzata, come la Brexit (che alla fine non è la panacea di tutti i mali, come l’Inghilterra sta ora capendo).
La scrittrice turca Ece Temelkuran ha fatto un discorso vigoroso sulla crescente disuguaglianza prodotta dal capitalismo globalizzato, che ha annientato la promessa democratica per la quale tutti avrebbero avuto la loro parte secondo equità. Bombardati dai social media, privati di un qualsiasi concetto condiviso di che cosa sia la verità, divorati da paure spesso irrazionali, polarizzati in tribù rivali, isterizzati dalla pandemia, isolati in conseguenza del lavoro da remoto, gli americani stanno facendo fatica a persuadere il mondo che la loro società democratica sia la risposta giusta. E, almeno per certi aspetti, anche gli europei non stanno messi tanto meglio.
Mo Ibrahim, un uomo d’affari anglo-sudanese che ha investito una parte del suo patrimonio nel miglioramento delle pratiche di governo in Africa, si è chiesto per quale ragione mai quel continente dovrebbe prendere l’Occidente come modello. Ibrahim ha fatto riferimento a quanto è politicizzata la Corte suprema degli Stati Uniti, all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio del 2021, all’incetta che gli europei hanno fatto dei vaccini che erano stati promessi all’Africa, alle crescenti disuguaglianze, al ridisegno dei collegi e alle modifiche delle regole elettorali per ridurre il diritto di voto degli americani e al diffuso scontento e al senso di esclusione che, dalla Svezia all’Italia, hanno condotto a una crescita dell’estrema destra. E allora perché mai l’Africa dovrebbe prendere come modello l’Occidente? Forse perché la Russia repressiva di Putin non è un modello alternativo attraente, né lo è la Cina di Xi Jinping, che è uno “Stato di sorveglianza”. Eppure, un mondo dominato dalla Cina e dalla Russia è per molti un orizzonte seducente, anche solo perché la Cina e la Russia non sono l’Occidente, i cui peccati – e tra questi il colonialismo, il razzismo e la guerra in Iraq – non sono stati dimenticati.
Ad Atene è risultato chiaro come abbia preso forma un mondo riconfigurato di grandi rivalità di potere, un mondo nel quale l’influenza degli Stati Uniti non è più così determinante, neppure in un momento in cui si combatte una guerra in Europa. La crisi è anche un’opportunità. Le democrazie possono essere scosse, ma è palpabile la loro volontà di trovare soluzioni e nuove idee. L’Unione europea è stata galvanizzata prima dal Covid-19 e poi da una guerra sul proprio uscio di casa e si è mossa verso un’Europa più federale, con una politica comune più integrata per ciò che concerne la fiscalità, la difesa, l’energia e la politica estera.
I progressi saranno lenti, ma la direzione sembra impostata. Tra gli studenti presenti al Forum erano evidenti un desiderio appassionato di ripensare la democrazia e un forte impegno per salvare il pianeta. Ed essi hanno ben chiaro che lo Stato-nazione non può essere la dimensione con cui affrontare i problemi più rilevanti della nostra epoca, il primo dei quali è il cambiamento climatico, che non tiene conto dei confini. Ad Atene Michel Castrezzati, Elena Vocale e Larissa Möckel – tre studenti che fanno parte dell’International Youth Think Tank – hanno illustrato un’iniziativa che ha l’obiettivo di ripensare l’economia in modo che il grado di successo di una società sia definito non in base alla crescita ma in base alla diffusione del benessere.
Carsten Berg, uno studioso di politica che fa parte del Berggruen Institute, ha portato l’Irlanda come esempio del modo in cui assemblee popolari, formate da cittadini selezionati a caso, possano restituire un sentimento di partecipazione a quelle democrazie le cui istituzioni sembrano lontane dalla persone. Se le giurie funzionano, perché non dovrebbero funzionare delle assemblee di questo tipo? C’è una teoria secondo la quale le autocrazie sono avvantaggiate nel rimanere al potere in tempi di crisi perché non sono soggette ai venti del cambiamento politico. Ma se le società democratiche sono lente ad arrabbiarsi sono anche capaci di grande risolutezza. La storica e sociologa polacca Karolina Wigura ha sostenuto che ci sia stato un eccesso di il pessimismo sul futuro della democrazia, sia nel suo Paese sia altrove. E ha detto che la situazione non è «o bianca o nera, ma è piuttosto come una zebra».
Le sfumature non sono di moda in quest’epoca di grandi proclami, di “tutto o niente”, di presunzione di colpevolezza e di rifiuto dei compromessi. Ma la gran parte della vita avviene nelle zone grigie. Le democrazie sono goffe, ma sono flessibili. Non sono monocrome. Forse la Polonia, anche nelle sue svolte illiberali, sta in realtà percorrendo, come l’Italia e la Svezia, la difficile strada verso una società in cui le varie fazioni abbiano meno disprezzo reciproco.
Isaiah Berlin scrisse nel suo Il legno storto dell’umanità che «nelle cose umane non è possibile, né in pratica né in teoria, una soluzione perfetta» e che «ogni tentativo di produrne una è probabile che conduca a sofferenza, delusione e fallimento». La democrazia è imperfetta e in quella imperfezione risiedono la sua particolare umanità, la sua elasticità, la sua spaventosa fragilità e cioè quelle qualità che ogni ricerca di soluzioni utopiche finisce per distruggere lungo il suo percorso verso il terrore.
La convinzione secondo cui le democrazie di tutto il mondo, per quanti difetti possano avere, incarnino i valori di libertà, apertura, Stato di diritto, libertà di espressione e diritti umani, è stata evidente come non mai nelle parole di Oleksandr Chekmeniov, un fotografo ucraino che nelle sue immagini ha catturato l’eroismo quotidiano delle persone – un panettiere, un aiuto cuoco, un macchinista ferroviario – il cui Paese è stato attaccato semplicemente perché voleva costruire il proprio futuro democratico. Chekmeniov crede che la lotta dell’Ucraina sia essenziale per garantire che il mondo non precipiti nuovamente nella tirannia e nell’orrore: «Tutto questo terminerà con la nostra vittoria, che sarà la vittoria di tutto il mondo civilizzato, della luce sull’oscurità, del bene sul male».
Linkiesta Magazine + New York Times World Review 2022 in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia da mercoledì 23 novembre.
Mosca, Atene e Nicosia. Il grande gioco nella Chiesa di Cipro. Lorenzo Vita il 5 Gennaio 2023 su Inside Over.
Cipro ha un nuovo arcivescovo. Una notizia che può apparire secondaria rispetto alla grande macchina della geopolitica mediterranea. Eppure, in un mosaico complesso come quello di Cipro, diviso tra turchi a nord e greco-ciprioti a sud, vecchio avamposto degli interessi russi ma con due basi britanniche, incastonato nel bollente Mediterraneo orientale e con Ankara che sfrutta il suo protettorato nella parte nord dell’isola, anche la Chiesa ortodossa assume un ruolo centrale.
Un intricato gioco di fede, religione, politica e diplomazia che è interessante per due ragioni: il modo in cui si elegge il primate e il risultato che si è raggiunto.
Il primo è un elemento solo apparentemente secondario: l’arcivescovo della Chiesa ortodossa di Cipro viene eletto anche attraverso il voto “popolare”. Anche ma non solo, perché se la prima parte dell’elezione è basata sul suffragio universale, la seconda, dove si sceglie tra i tre candidati più votati al primo turno, avviene a porte chiuse nel Santo Sinodo.
Le ultime elezioni sono avvenute a dicembre. La comunità ortodossa di Cipro doveva eleggere il successore di Chrysostomos II, morto a novembre per un male incurabile, e il voto popolare si è tenuto il 18 dicembre con un primo elemento di novità: sono stati esclusi gli elettori stranieri. Una norma della Chiesa cipriota permetteva infatti la possibilità che gli stranieri residenti sull’isola e attivamente coinvolti nella comunità ortodossa partecipassero al voto. Questa volta invece – secondo alcuni analisti per escludere la folta comunità russa – si è preferito circoscrivere l’elezione ai soli cittadini. I tre candidati che avevano ottenuto più consensi sono stati il vescovo di Limassol, Athanasios, il vescovo di Paphos, Georgios, e il vescovo di Tamasos, Isaiah. Athanasios, con circa un terzo dei consensi, è risultato il più votato al primo turno ed era considerato il candidato “filorusso”, particolarmente legato alla comunità russa presente sull’isola e in particolare nella sua città, Limassol. Anche su Isahia, terzo più votato, si vocifera di un profondo legame con la Russia dato dai suoi studi a Mosca e da alcune posizioni molto più vicine alla “Terza Roma”. Diverso invece il profilo di Georgios di Paphos, profondamente legato al vecchio arcivescovo di Cipro e al patriarca ecumenico Bartolomeo, sostenitore dell’autocefalia della Chiesa ucraina da quella russa, ha studiato in Grecia e in Inghilterra e ha avuto anche un rapporto burrascoso con la Turchia finito di fronte alle corti internazionali.
Il Santo Sinodo, che riunisce i vescovi del Paese, ha scelto Georgios. Con 11 voti su 16, i vescovi della Chiesa di Cipro hanno deciso con voto segreto di dare al metropolita di Paphos le chiavi della Chiesa nazionale. E così, Nicosia si mantiene nel solco del precedente primate, Chrysostomos, ma mostra anche delle venature interessanti sia sotto il profilo interno che sotto quello internazionale. Sotto il primo profilo, il fatto che i fedeli votanti siano stati una minoranza pone dei dubbi sull’interesse di larga parte della popolazione ma anche del vulnus rappresentato dall’esclusione degli stranieri, ammessi nel 2010. In secondo luogo, è interessante che un terzo dei voti tra tutti i candidati sia andato a un vescovo molto distante dal predecessore, già sfidato alle elezioni, e non a uno fedele alla linea voluta da Nicosia e apprezzata anche nel patriarcato di Costantinopoli.
Dal punto di vista interno ma anche internazionale, invece, è interessante la scelta di Georgios soprattutto se letta nell’ottica delle prossime elezioni politiche che si svolgeranno nell’isola e del percorso strategico intrapreso da Cipro negli ultimi anni. La Chiesa nazionale sarà probabilmente in linea con il nuovo governo così come con il corso dell’attuale esecutivo. Come ha spiegato il quotidiano greco Kathimerini, il nuovo primate della comunità ortodossa dell’isola esprime, sul piano ecclesiastico, quello che lo Stato cipriota esprime sul piano internazionale. Da tempo Nicosia si sta sganciando dalla forte influenza di Mosca e dell’oligarchia russa, che vede da sempre Cipro come una centrale dei propri interessi. In asse con Israele e con la Grecia, e sempre più attenta alle posizioni degli Stati Uniti e dell’Unione europea, Cipro oggi è un Paese molto più occidentale dei decenni precedenti, e questo lo si nota anche sul piano militare. Goergios, arcivescovo di “Nuova Giustiniana e di tutta Cipro”, sostenendo la linea dell’autocefalia di Kiev e dell’avvicinamento al patriarca ecumenico Bartolomeo contro l’influenza del patriarca di Mosca, Kirill, rappresenta perfettamente questo nuovo corso politico sul piano della religione. E in questo senso, il Santo Sinodo sembra avere le idee molto chiare sul futuro dell’isola.
Ratzinger e la lettera segreta su Putin prima di morire. Libero Quotidiano il 05 gennaio 2023
Ai funerali di Benedetto XV anche diversi vescovi ucraini. Tra questi Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina. È stato lui a parlare di una missiva giunta dallo stesso Ratzinger. All’inizio dell’aggressione russa, infatti, il papa emerito ha inviato una breve lettera al Capo e Padre della Chiesa greco-cattolica ucraina: "All’inizio della guerra, il Papa Emerito ha voluto inviarmi la sua lettera assicurando al popolo aggredito la sua vicinanza e le preghiere per la pace". Sentimenti poi ribaditi da Ratzinger durante un faccia a faccia con Shevhcuck, quello avvenuto lo scorso 9 novembre. "Il Papa Emerito - ha fatto sapere l'arcivescovo di Kiev - intercedeva per la Chiesa in Ucraina ed era attento a ogni situazione".
Nella missiva datata 7 marzo 2022, Benedetto XVI scriveva: "In quest’ora di grande difficoltà per il Suo popolo, Le sono vicino e vorrei assicurarLe che Lei e la Sua Chiesa siete sempre presenti nelle mie preghiere. Che il Signore La protegga e La guidi giorno dopo giorno. Che Egli soprattutto vinca l’accecamento che ha condotto a simili misfatti. Con questi sentimenti, rimango Suo nel Signore. Benedetto XVI".
E ancora, spiega Shevchuk, "in mezzo al dramma della guerra eravamo sicuri che nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano nella sua grande e altrettanto umile personalità abbiamo un supplicante del Signore per la pace nella “martoriata Ucraina". Shevchuk ha così voluto ringraziare personalmente Benedetto XVI: "Nella nostra conversazione – ricorda – Papa Benedetto XVI, già molto debole però lucido, mi ha assicurato: ‘Continuo a pregare per l’Ucraina’. Sono convinto che anche adesso nella sua persona il nostro popolo avrà un intercessore davanti al trono del Signore". Sua Beatitudine conclude la lettera assicurando a Papa Francesco "le preghiere per l’anima di Benedetto XVI da parte dei vescovi, clero, religiosi e fedeli della Chiesa greco-cattolica ucraina".
Ecco cosa scrisse Benedetto XVI all’arcivescovo di Kiev dopo lo scoppio della guerra. Il Domani il 05 gennaio 2023
«In quest’ora di grande difficoltà per il suo popolo, le sono vicino e vorrei assicurarle che lei e la sua chiesa siete sempre stati presenti nelle mie preghiere», aveva scritto Benedetto XVI lo scorso 7 marzo
C’è una lettera che Benedetto XVI ha scritto per l’arcivescovo di Kiev Sviatoslav Shevchuk e che è stata resa pubblica solo ora a quasi una settimana dalla sua morte. Nella lettera l’allora papa emerito aveva espresso la sua solidarietà al popolo ucraino a pochi giorni dall’inizio della guerra iniziata il 24 febbraio.
Nella lettera, datata 7 marzo, Benedetto XVI scrive: «In quest’ora di grande difficoltà per il suo popolo, le sono vicino e vorrei assicurarle che lei e la sua chiesa siete sempre stati presenti nelle mie preghiere. Che il signore le protegga e la guidi giorno dopo giorno. Che egli soprattutto vinca l’accecamento che ha condotto a simili misfatti».
Un messaggio di forte vicinanza all’arcivescovo ucraino nel momento in cui l’esercito russo stava tentando di prendere il controllo di Kiev e avanzava nel Donbass. Poche settimane prima della morte l’arcivescovo Shevchuk aveva fatto visita a Benedetto XVI e aveva citato la lettera ricevuta a marzo.
Lo scorso 31 dicembre non appena saputa la notizia del decesso di papa Ratzinger, l’arcivescovo ha inviato a Francesco una lettera di cordoglio: «Il pontificato di Benedetto XVI ha abbracciato la nostra chiesa con tanti gesti provvidenziali che hanno favorito la sua rinascita dopo la persecuzione comunista, e lo sviluppo autentico nei tempi moderni. Siamo riconoscenti al suo predecessore per il grande contributo nella crescita e nella formazione delle strutture della nostra chiesa e il sostegno in diversi ambiti della vita pastorale».
IL MESSAGGIO DI CORDOGLIO DI PUTIN
Nei giorni scorsi dopo la morte di Benedetto XVI, il presidente russo Vladimir Putin ha inviato un telegramma a Papa Francesco, nel quale ha ricordato Joseph Ratzinger come «un importante leader religioso e statista e un convinto sostenitore dei valori cristiani tradizionali».
«Durante il periodo del suo Pontificato, la Russia e il Vaticano hanno intessuto relazioni diplomatiche su vasta scala e le relazioni tra la chiesa ortodossa russa e la chiesa cattolica romana si sono sviluppate», ha aggiunto Putin. «Ho avuto la possibilità di incontrare questa persona straordinaria e conserverò i ricordi più cari di lui. Vorrei estendere la mia sincera solidarietà in quest’ora dolorosa», ha concluso il presidente russo.
Putin e il Natale da solo al Cremlino. Violata la tregua. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 6 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di venerdì 6 gennaio, in diretta. Il cessate il fuoco era stato chiesto ieri dal Cremlino, ma non accettato da Zelensky. Biden: «Il cessate il fuoco? Il presidente russo cerca solo un po' di ossigeno»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 317esimo giorno.
• Il capo dell’intelligence ucraina: «Putin ha il cancro e morirà presto». Gli 007 di Kiev: «Mosca invia nuove unità militari in Crimea».
• Trovate componenti prodotte in Usa nei droni iraniani usati da Mosca.
• I soldati russi sbriciolati a Makiivka. «Resti sugli stivali dei sopravvissuti».
Ore 04:25 - Erdogan a Zelensky: pronti a mediare per una pace duratura
La Turchia è pronta a mediare per ottenere una «pace duratura» tra Russia e Ucraina. Lo detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan all'omologo ucraino Volodymyr Zelensky durante una telefonata, come riporta Anadolu, dopo avere avuto in mattinata un colloquio telefonico anche con il capo di Stato russo Vladimir Putin.
Ore 04:37 - Trovate componenti prodotte in Usa nei droni iraniani usati da Mosca
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) C’è un tipo di arma che attira l’attenzione quanto gli Himars: i droni venduti dall’Iran alla Russia. Per due ragioni. Rappresentano una minaccia per le infrastrutture ucraine e al tempo stesso sono un tema propagandistico, in quanto costituiscono la prova del supporto garantito da un regime oppressivo.
Ore 04:45 - Kiev: «Danneggiati 1.189 beni culturali da inizio conflitto»
Sono 1.189 i beni culturali ucraini danneggiati dall'inizio del conflitto. Inoltre circa un terzo di essi - precisamente 446 - è attualmente completamente distrutto. Lo ha reso noto il ministero della Cultura di Kiev. Lo riporta Ukrainska Pravda. Per quanto riguarda le statistiche per regione, le più colpite sono state Donetsk, Kiev, Kharkiv, Luhansk, Mykolaiv, Zaporizhzhia, Sumy e Kherson.
Ore 04:53 - Dalla Germania panzer e missili a Kiev
La Germania fornirà i panzer tipo Marder all’Ucraina, mentre gli Usa forniranno panzer Bradley. È quello che si legge in una nota della cancelleria, che rende conto di un accordo trovato fra Joe Biden e Olaf Scholz in una telefonata. La Germania si unisce inoltre agli Usa nel rifornire sistemi Patriot.
Ore 05:00 - Putin ordina un «cessate il fuoco» per il Natale ortodosso (ma per Kiev è una trappola)
(Marta Serafini, inviata a Kiev) La notizia era nell’aria e rappresenta una novità dopo oltre 10 mesi di guerra. Il presidente russo Vladimir Putin ha incaricato il capo del ministero della Difesa, Sergei Shoigu, di predisporre un cessate il fuoco unilaterale lungo l’intera linea di contatto tra le parti in Ucraina dalle 12 del 6 gennaio alle 24 del 7 gennaio.
Il cessate il fuoco di 36 ore coincide con i festeggiamenti del Natale ortodosso. Il Cremlino stesso fa appello all’Ucraina perché rispetti anch’essa la tregua. «In considerazione del fatto che un gran numero di cittadini di fede ortodossa vivono nelle zone di combattimento, facciamo appello alla parte ucraina perché dichiari un cessate il fuoco, per dare loro la possibilità di presenziare alle cerimonie della vigilia così come del giorno della Natività di Cristo», si legge in un comunicato del servizio stampa della presidenza russa ripreso dall’agenzia Ria Novosti.
Ore 05:09 - Biden: «Tregua Putin? Cerca solo un po’ di ossigeno»
«Credo che cerchi solo di trovare un po’ di ossigeno». Così il presidente Usa Joe Biden, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha commentato l’annuncio della tregua in Ucraina fatto da Vladimir Putin.
Ore 05:15 - Onu favorevole alla tregua natalizia
Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres, accoglierebbe volentieri qualsiasi iniziativa di un cessate il fuoco in Ucraina durante il Natale ortodosso, pur ribadendo che una tregua temporanea non potrebbe sostituire una pace giusta in linea con la Carta dell’Onu e il diritto internazionale: lo ha dichiarato un portavoce delle Nazioni Unite. Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato una tregua natalizia di 36 ore, dalle 12 del 6 alle 24 del 7 gennaio «lungo tutta la linea del fronte in Ucraina», come richiesto anche dal patriarca ortodosso di Mosca Kirill.
Ore 08:14 - La Germania fornirà a Kiev 40 veicoli blindati Marder
Il governo tedesco ha in programma di inviare 40 veicoli blindati di tipo Marder in Ucraina: lo scrive il settimanale Der Spiegel, dopo che ieri Berlino e Washington avevano annunciato la decisione di dare per la prima volta a Kiev veicoli da combattimento. I primi Marder saranno consegnati nel primo trimestre di quest’anno, dopo che l’esercito tedesco avrà addestrato i soldati ucraini al loro utilizzo, scrivono ancora i media tedeschi.
Inoltre, secondo fonti di Der Spiegel, il governo di Olaf Scholz sta valutando la possibilità di inviare altri veicoli corazzati antiaerei di tipo Gepard all’esercito ucraino. Il governo tedesco consegnerà anche un sistema antiaereo di tipo Patriot, che andrà ad aggiungersi a quelli che vogliono inviare gli Stati Uniti. Secondo l’agenzia Reuters, Washington manderà a Kiev 50 veicoli Bradley.
Ore 08:28 - Fonte Usa: Wagner combatte a Bakhmut per le miniere di sale e gesso
Ievgheni Prigozhin, l’oligarca russo e creatore della milizia mercenaria del gruppo Wagner (soprannominato «il cuoco di Putin»), starebbe combattendo a Bakhmut perché interessato a impossessarsi delle locali miniere di sale e di gesso, secondo quanto dichiara oggi un funzionario statunitense, che resta anonimo, citato da vari media fra cui il Guardian. Secondo la fonte, ci sono indicazioni che «l’ossessione di Prigozhin per Bakhmut» sia di tipo «pecuniario».
Ore 08:39 - I soldati russi sbriciolati a Makiivka. «I resti sugli stivali dei sopravvissuti»
(Marta Serafini, inviata a Kiev) Sono passati due minuti dalla mezzanotte — è la notte di Capodanno — quando sulla scuola di Makiivka iniziano a piovere i colpi. Né il soldato Sergei né il tenente Alexander né il tenente colonnello Bachurin hanno idea di cosa stia accadendo.
Secondo quanto ricostruito da iStories, un sito web russo indipendente specializzato in giornalismo investigativo con base in Lettonia e secondo quanto raccolto dalle informazioni dei canali russi e ucraini su Telegram dal blogger ChrisO_wiki, a Makiivka in quel momento, nell’edificio ci sono circa 400 uomini del 44° e 45 ° reggimento, buona parte dei quali è stata trasferita lì dopo la mobilitazione generale ordinata dal presidente russo Vladimir Putin. Si tratta di una cifra che coincide con il bilancio finale delle vittime fornito dagli ucraini, mentre i russi parlano di 89 morti accertate.
Ore 08:44 - Kiev: i russi continuano a bombardare nella zona di Nikopol
Per tutta la notte i russi hanno continuato a bombardare con l’artiglieria pesante le comunità di Marhanetska e di Chervonohryhorivka, nei pressi di Nikopol, nell’oblast di Dnipropetrovsk (fra gli oblast di Zaporizhzhia e Kharkiv). Lo fa sapere sul suo account Telegram il governatore della regione, Valentyn Reznichenko, citato dal Kyiv Independent.
Ore 08:54 - 007 Gb: milizie filorusse in Donbass integrate nell’Armata
Le milizie filorusse delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, nel Donbass ucraino, che combattono al fianco delle truppe di Mosca, sono state formalmente integrate nell’esercito russo lo scorso 31 dicembre: è quanto sostiene oggi l’intelligence britannica nel suo briefing quotidiano sulla guerra in Ucraina. Nello stesso bollettino si ricorda che Mosca considera ora questi territori come parte della Federazione russa, ma si afferma che questi sarebbero percepiti come un elemento divisivo in Russia, dove secondo molti essi drenano risorse finanziarie e hanno un costo politico e diplomatico per il Paese.
Ore 10:05 - Medvedev: Kiev rifiuta la tregua, per noi meno problemi
L'ex presidente russo e attuale vice del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, ha dichiarato - citato dalla Tass - che «una mano di pietà cristiana è stata tesa all'Ucraina» per la Grande festa (il Natale ortodosso) e che Kiev «l'ha rifiutata», aggiungendo che questo per i russi significa «meno problemi». Secondo Medvedev, «molti dei nostri soldati credo abbiano tirato un sospiro di sollievo quando hanno saputo del rifiuto della tregua natalizia (da parte dell'Ucraina). Meno problemi e astuzie», ha commentato sul suo canale Telegram, secondo la Tass.
Ore 10:15 - Entra in vigore la tregua annunciata da Putin
A mezzogiorno ora di Mosca (le 10 in Italia) è entrato ufficialmente in vigore il cessate il fuoco natalizio nelle operazioni militari in Ucraina annunciato dalla Russia, che durerà fino alla mezzanotte (le 22 italiane) di domani.
Ore 10:20 - Lo storico Ignatieff: «La tregua di Natale di Putin è solo uno stratagemma»
(Viviana Mazza, corrispondente da New York) «Certamente è uno stratagemma e una provocazione. Se la questione è se l’Ucraina sia pronta ad osservare o no il cessate il fuoco, Putin dirà: “Vedete, ve l’ho detto, questa gente merita di essere sconfitta”», spiega Michael Ignatieff, professore di Storia alla Central European University di Vienna. «Ma c’è anche un altro aspetto, l’interpretazione culturale. Putin sta dicendo: “Siamo un solo popolo, perché abbiamo una sola fede, la nostra religione è iniziata a Kiev e tutti i credenti ortodossi dovrebbero vivere in un solo Stato”. Nella sua dichiarazione del cessate il fuoco, Putin afferma che “ci sono credenti da ambo le parti”: questo riferimento apparentemente innocente è un aspetto centrale della sua narrazione. La realtà è che, benché ci siano credenti da ambo le parti, la Chiesa ucraina è separata da quella ortodossa di Mosca e quest’ultima è una spudorata apologeta dei crimini di guerra di Putin. Gli ucraini non si faranno ingannare e nemmeno il mondo».
Ore 10:24 - La Russia vuole più soldi dalle imprese per sostenere la guerra
La Russia sta pensando di chiedere più contributi alle proprie imprese e di tagliare le spese non collegate alla difesa per far fronte ai costi provocati dall'invasione dell'Ucraina. Secondo quanto riferisce Bloomberg, che ha visionato un ordine governativo emesso dal primo ministro Mikhail Mishustin a metà dicembre, la proposta prevede il pagamento di dividendi più alti da parte delle società statali e di una "una tantum" da parte dei produttori di fertilizzanti e di carbone. Lo sforzo chiesto alle imprese russe fa parte di quello che viene definita "mobilizzazione delle entrate" dal documento, che prevede anche una spesa extra di 175 miliardi di rubli (2,3 miliardi di euro) per ricollocare in Russia 100 mila persone dalla regione di Khersom, riconquistata da Kiev.
Ore 11:10 - Lituania, Ue decida come usare fondi russi congelati
La Lituania ritiene che le modalità di utilizzo dei beni russi e bielorussi congelati in conseguenza delle sanzioni imposte dall'Unione Europea «debbano essere prese collegialmente e coordinate in sede europea, di modo che possano essere massimamente efficaci». Lo ha affermato oggi intrattenendosi con i giornalisti la ministra degli Interni lituana Agnė Bilotaitė. «La Lituania e io stessa abbiamo sollevato svariate volte la questione in Europa», ha detto la ministra. «La nostra proposta è di trovare una soluzione europea, di trovare una politica unitaria, affinché sia possibile utilizzare i fondi congelati e con essi si proceda alla ricostruzione dell'Ucraina». Si tratta di beni per un valore complessivo di circa 87 milioni di euro.
Ore 11:43 - Tass, l' Ucraina viola il cessate il fuoco unilaterale di Putin
L'Ucraina ha attaccato a colpi di artiglieria l'area di Donetsk per tre volte subito dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco unilaterale dichiarato da Putin per il Natale ortodosso. Lo riporta la Tass.
Ore 11:58 - Sirene antiaereo per 2 caccia decollati dalla Bielorussia
Sirene antiaereo sono risuonate in gran parte dell'Ucraina per il decollo di due caccia e di un A-50U Awacs dalla Bielorussia. Lo riporta l'agenzia di stampa ucraina Unian.
Ore 12:04 - Violata la tregua: i russi bombardano Kramatorsk
La tregua annunciata da Putin (unilaterale, non accettata da Kiev) per il Natale ortodosso ed entrata in vigore a mezzogiorno, orario di Mosca (le 10 in Italia) è stata violata dai russi che hanno bombardato Kramatorsk. «Gli occupanti hanno attaccato la città due volte con razzi», ha detto il vicecapo dell'ufficio di presidenza ucraino Kyrylo Tymoshenko sui social, specificando che è stato colpito un edificio residenziale, senza fare vittime.
Ore 12:09 - Turchia: il conflitto si inasprirà nei prossimi mesi
«La guerra tra Russia e Ucraina probabilmente si inasprirà nei prossimi mesi». Lo ha affermato su Twitter il portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Ibrahim Kalin, aggiungendo che «la Turchia continuerà con i suoi sforzi per il negoziato, il cessate il fuoco, lo scambio dei prigionieri, la sicurezza a livello nucleare e l'esportazione del grano».
Ore 12:25 - Papa: «Preghiamo per la pace»
«Rivolgo di cuore il mio augurio alle comunità delle Chiese orientali sia cattoliche sia ortodosse che domani celebreranno il Natale del Signore. In modo particolare vorrei farlo giungere ai fratelli e alle sorelle del martoriato popolo ucraino. La nascita del Salvatore infonda conforto, infonda speranza, ispiri passi concreti che possano finalmente condurre alla fine dei combattimenti e alla pace. Preghiamo tanto per l'Ucraina e per la pace». Lo ha detto il Papa all'Angelus.
Ore 12:27 - Mosca: Kiev attacca nonostante la tregua, noi rispondiamo
«Nonostante l'osservanza del regime di cessate il fuoco da parte del gruppo di truppe russe oggi, 6 gennaio, dalle 12:00 ora di Mosca, il regime di Kiev ha continuato a bombardare insediamenti e posizioni delle truppe russe». È quanto denuncia il ministero della Difesa russo in un briefing, in cui sono state elencate le aeree degli attacchi ucraini di questa mattina. «Le posizione delle forze armate ucraine, da cui sono stati effettuati i bombardamenti, sono state colpite dal fuoco di risposta delle truppe russe», ha aggiunto il dicastero.
Ore 12:56 - Zelensky sente Kishida: il Giappone partecipi agli sforzi di pace
Zelensky, ha avuto una conversazione telefonica con il premier giapponese, Fumio Kishida, il cui Paese ha iniziato la presidenza del G7. «L'ho ringraziato per i potenti generatori e trasformatori inviatici e che aiuteranno centinaia di migliaia di ucraini a stare al caldo e ad avere luce», ha scritto su Telegram Zelensky, «l'ho invitato a partecipare all'attuazione della formula di pace ucraina».
Ore 13:09 - Kiev: la Russia pianifica attacchi a chiese a Natale
La Russia pianifica attacchi alle chiese nei territori occupati in Ucraina, durante le celebrazioni del Natale ortodosso, domani. Lo ha denunciato la vice premier ucraina, Iryna Vereshchuk, come riporta il Kyiv Independent. Gli attacchi, scrive la testata, avrebbero lo scopo di far passare l'Ucraina come aggressore e incoraggiare potenziali coscritti ad arruolarsi nell'esercito.
Ore 13:32 - Ambasciata russa: «L'invio di blindati dalla Germania? Un passo verso l'escalation»
L'ambasciata russa a Berlino ha condannato la decisione della Repubblica federale di Germania di inviare a Kiev il veicolo da combattimento della fanteria Marder e una batteria aggiuntiva di sistemi di difesa aerea Patriot. Lo rende noto l'agenzia di stampa Tass, citando la missione diplomatica russa in Germania. «Condanniamo fermamente questa decisione e la consideriamo un altro passo verso l'escalation del conflitto in Ucraina», ha osservato l'ambasciata.
Ore 13:54 - Mosca: gli ucraini bombardano il Donbass e la regione di Zaporizhzhia
Le truppe ucraine continuano a bombardare quelle russe in diversi punti del fronte nonostante la tregua unilaterale dichiarata da Mosca, secondo quanto riferisce il ministero della Difesa russo. In particolare, il ministero, citato dall'agenzia Ria Novosti, segnala nel Donbass 4 bombardamenti da mortaio nell'area di Krasnolimansky, nella regione di Donetsk, e 3 di artiglieria nella zona di Belogorovka, nel Lugansk. Otto attacchi di artiglieria sono invece riportati a Novopavlovka, nella regione di Zaporizhzhia, con una risposta russa che, dice la fonte, ha eliminato le postazioni ucraine che avevano compiuto i bombardamenti.
Ore 14:01 - Prima della guerra i fondi di Abramovich riorganizzati in favore dei figli
I fondi multi miliardari di Roman Abramovich sono stati riorganizzati, con trasferimenti di proprietà ai suoi figli, poco prima dell'inizio della guerra di Mosca contro l'Ucraina e le successive nuove sanzioni imposte contro personalità russe come lui dai Paesi Occidentali, ha scoperto il Guardian. L'operazione ha interessato dieci fondi off shore segreti e si è svolta tre settimane prima del 24 febbraio 2022.
Ore 14:23 - Colloquio tra Sullivan e il consigliere diplomatico di Meloni
Il consigliere per la Sicurezza Nazionale americana Jake Sullivan ha parlato oggi con Francesco Talò, il consigliere diplomatico di Giorgia Meloni. Lo riferisce la Casa Bianca in una nota. I due funzionari hanno condannato l'aggressione della Russia contro l'Ucraina e i suoi attacchi contro infrastrutture critiche e hanno ribadito il loro impegno a fornire assistenza a Kiev sia in termini di aiuti energetici che militari.
Ore 15:37 - Griffiths (Ocha): la tregua permette l'ingresso di aiuti in Ucraina
«L'annuncio della Federazione Russa di un cessate il fuoco di 36 ore in Ucraina è una buona notizia» . Lo scrive in un tweet Martin Griffiths, capo dell'ufficio dell'Onu per il Coordinamento degli Aiuti umanitari (Ocha) secondo cui ciò « offrirà l'opportunità di inviare un convoglio di assistenza tanto necessaria alle persone a cui non siamo stati in grado di accedere a causa degli intensi combattimenti».
Ore 16:17 - Borrell, cessate fuoco russo tentativo guadagnare tempo
«Non dobbiamo dimenticare che la Russia sta occupando illegalmente e violentemente parti del territorio ucraino. Che è stata la Russia a compiere questa aggressione illegittima. È stata la Russia a violare i principi della Carta delle Nazioni unite. E quando l'aggressore parla di cessate il fuoco, penso che la risposta che viene in mente a tutti noi sia lo scetticismo di fronte a tanta ipocrisia. Il Cremlino manca completamente di credibilità e questa dichiarazione di volontà di un cessate il fuoco unilaterale non è credibile». Lo ha dichiarato l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, a margine della sua visita in Marocco.
«Dobbiamo avere, dobbiamo vedere, cose concrete, azioni concrete sul campo da parte della Russia. Ci deve essere una completa cessazione degli attacchi militari. Dobbiamo ottenere il ritiro delle sue truppe e del suo equipaggiamento militare dal territorio ucraino», ha aggiunto. «In assenza di tali azioni concrete, un cessate il fuoco unilaterale appare come un tentativo da parte della Russia di guadagnare tempo per raggruppare le sue truppe e cercare di ripristinare la sua reputazione internazionale gravemente danneggiata», ha evidenziato il capo della diplomazia europea.
Ore 17:44 - Usa, nuove sanzioni contro industria della difesa Iran
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha annunciato nuove sanzioni contro il settore della difesa dell'Iran. In particolare le misure colpiscono sette figure di primo piano dell'iraniana Qods Aviation Industries (Qai), che produce droni, e dell'Iran's Aerospace Industries Organization (Aio), che supervisiona i programmi di missili balistici. «Il sostegno militare del regime iraniano alla Russia non solo alimenta il conflitto in Ucraina, ma ha anche portato a violazioni della risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite», si legge in una nota del dipartimento di Stato.
Ore 17:50 - Ucraina, cosa significano le forniture congiunte di Berlino e Washington
IL PUNTO MILITARE (Di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) - I mercenari russi della Wagner continuano nel sanguinoso assalto a Bakhmut non solo per ragioni belliche. C’è — secondo gli Stati Uniti — un obiettivo da non sottovalutare: il controllo di alcune miniere di sale e gesso. Una ricerca di guadagni simile a quella condotta in alcuni Stati africani, dove la milizia di Evgeny Prigozhin ha avuto il battesimo del fuoco.
Le ambizioni
L’accusa di Washington può avere un fondamento. La «compagnia» si occupa di sicurezza ma è anche uno strumento di penetrazione dispiegato dal Cremlino a tutela di affari, investimenti, sfruttamento di risorse. E molte zone dell’Ucraina occupata rivestono importanza sotto questo profilo. Al tempo stesso, la versione statunitense si sposa alla rappresentazione dei «wagneriti» come un braccio speciale del Cremlino, una versione russa dei pasdaran iraniani. I guardiani della rivoluzione oltre a rappresentare una forza poderosa hanno vincoli, attraverso loro rappresentanti, con l’economia.
Ore 18:30 - Governatore di Luhansk: «14 violazioni cessate fuoco in prime 3 ore tregua»
Le forze russe hanno aperto il fuoco 14 volte a Luhansk nelle prime tre ore del cessate il fuoco unilaterale annunciato da Putin, ha denunciato il governatore ucraino. Le forze russe hanno anche provato a fare irruzione in uno dei villaggi liberati della regione, ha aggiunto.
Ore 19:36 - Casa Bianca, 3 miliardi di aiuti militari all’Ucraina
Gli Stati Uniti forniranno aiuti militari all’Ucraina per 3 miliardi di dollari. Lo afferma la Casa Bianca.
Ore 19:56 - Abramovic trasferì beni a figli per evitare sanzioni
L’oligarca russo Roman Abramovic ha tentato di proteggere la sua fortuna trasferendo beni per diversi miliardi di dollari ai suoi figli subito prima di essere sanzionato da Europa e Stati Uniti, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Lo rivela il quotidiano britannico Guardian, che parla di una riorganizzazione del sistema di fiduciarie che custodivano il suo patrimonio nelle settimane precedenti l’inizio di quella che i russi chiamano l’«operazione militare speciale» in Ucraina. Le modifiche hanno reso i sette figli di Abramovic (il più piccolo ha solo 9 anni) i beneficiari degli attivi detenuti da dieci fiduciarie, pari a oltre 4 miliardi di dollari. La riorganizzazione, secondo la ricostruzione del quotidiano, è stata fatta in modo perfettamente legale, e fra gli attivi ci sono immobili, yacht, elicotteri e jet privati.
Ore 19:59 - Sindaco Melitopol: esplosione vicino alla stazione
Una forte esplosione è risuonata vicino alla stazione ferroviaria di Melitopol nel sud dell’Ucraina, temporaneamente occupata dai russi, nella regione di Zaporizhzhia. Ad annunciarlo è stato il sindaco in esilio Ivan Fedorov su Telegram. «I residenti segnalano una forte esplosione nei pressi della stazione ferroviaria», ha precisato il primo cittadino, citato l’Ukrainska Pravda.
Ore 23:13 - Il Natale di Putin, da solo, al Cremlino
Il presidente russo Vladimir Putin ha assistito alla cerimonia ortodossa di celebrazione del Natale alla Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino, a Mosca. E lo ha fatto — secondo quanto si vede in un video — completamente da solo.
Negli anni passati, ricorda il dispaccio dell’agenzia di stampa Tass, aveva di solito partecipato alle celebrazioni in chiese che si trovavano in altre regioni della Federazione, ma già l’anno scorso si era «avvicinato» andando alla chiesa vicina alla sua residenza fuori città, a Novo-Ogaryovo, che si trova comunque nella regione di Mosca.
Ore 20:57 - Zelensky ringrazia Biden per i nuovi aiuti militari
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato Joe Biden per il nuovo pacchetto di aiuti militari. «Grazie Potus per le armi completamente nuove, inclusi i veicoli Bradley, i missili antiaerei - ha scritto su Twitter Zelensky -. Un fantastico regalo di Natale per l'Ucraina! Insieme agli Usa ci stiamo avvicinando a una vittoria comune!»
Ore 22:23 - Usa, cessate il fuoco di Putin è tattica cinica
Gli attacchi di oggi in Ucraina orientale hanno dimostrato che il cessate il fuoco annunciato ieri dal presidente russo Vladimir Putin era uno «stratagemma cinico. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price, in un briefing con la stampa.
Ore 22:43 - Kiev, Mosca ha ancora 19% missili strategici alta precisione
Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha pubblicato in serata un'infografica aggiornata sul numero di missili rimasti in Russia. «Ecco la formula della sicurezza: la potenza missilistica del secondo esercito del mondo è inversamente proporzionale al rigore del rispetto delle sanzioni moltiplicato per la forza della difesa aerea ucraina», ha detto Reznikov, aggiungendo che la Russia ha attualmente il 19% di missili strategici ad alta precisione, circa il 78% di missili tattici e il 12% di droni di fabbricazione iraniana. La Russia ha anche il 9% dei missili Kalibr e l'11% dei missili balistici Iskander rimasti. Allo stesso tempo Mosca ha ancora un numero sufficiente di missili da crociera Iskander e S-300.
Ore 00:23 - Ue: ritiro delle truppe russe è l’unica opzione per la pace
Il cessate il fuoco dichiarato unilateralmente dal presidente russo Vladimir Putin «non cambia il fatto che la Russia sta occupando illegalmente parti del territorio ucraino. Il ritiro delle truppe e delle attrezzature militari russe dall’intero territorio ucraino all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti è l’unica opzione seria per ripristinare la pace e la sicurezza». È quanto ha detto l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, in un colloquio telefonico avuto oggi con il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. «In assenza di tali azioni concrete, un cessate il fuoco unilaterale sembra solo un tentativo della Russia di guadagnare tempo per rifornire e riorganizzare le sue truppe o per riparare la sua reputazione internazionale distrutta», ha aggiunto Borrell secondo quanto riferito dal Servizio di azione esterna dell’Ue.
Ore 00:26 - Attacco hacker russo contro laboratori nucleari Usa ad agosto 2022
Un gruppo di hacker russi noti come `Cold River´ ha colpito tre laboratori di ricerca nucleare negli Stati Uniti la scorsa estate. Lo riferisce in esclusiva la Reuters sul suo sito. L’attacco è avvenuto tra agosto e settembre proprio nei giorni in cui il presidente russo Vladimir Putin minacciava l’uso di armi nucleari per difendere il proprio territorio. I laboratori Usa presi di mira da Cold River , che dall’inizio della guerra in Ucraina ha sferrato diversi cyberattacchi contro Kiev, sono Brookhaven, Argonne e Lawrence Livermore.
Ore 03:13 - Boris Bondarev, asilo politico in Svizzera per il diplomatico nemico di Putin
(di Claudio Del Frate) Boris Bondarev il diplomatico russo che diede le dimissioni a maggio a causa dell’invasione in Ucraina, ha ottenuto asilo politico in Svizzera. L’ex rappresentante di Mosca presso la sede Onu di Ginevra ed esperto in armamenti continua a vivere nella città elvetica a racconta in una intervista al sito Moscow Times che sta cercando lavoro. «Nel frattempo litigo su twitter e sto con i miei gatti» racconta .
Boris Bondarev, 41 anni, era stato tra i primissimi a manifestare il suo dissenso al Paese di origine dopo lo scoppio della guerra. «Mi vergogno di Putin» aveva dichiarato il 22 maggio scoro rendendo esplicita la sua contrarietà all’aggressione dell’Ucraina. Sembrò l’inizio di un progressivo sgretolarsi del consenso della classe dirigente verso lo zar (pochi giorni prima aveva sbattuto la porta l’ex vicepremier Anatolij Chubais) e invece da lì in avanti furono pochissimi i «grand commis» russi a rivoltarsi al Cremlino.
Ore 03:20 - Ecco che cosa comprende il nuovo pacchetto di aiuti militari Usa
Il nuovo pacchetto di aiuti militari Usa all’Ucraina comprende fra le varie forniture 50 veicoli corazzati da combattimento Bradley equipaggiati con 500 missili anticarro TOW e 250.000 colpi di munizioni da 25 mm. Il pacchetto include anche 100 M113 APC, 55 veicoli antimine, 138 veicoli HMMWV, 18 pezzo di artiglieria M109 semoventi e 36 obici trainati da 105 mm. Inizierà a breve inoltre il training per l’utilizzo dei missili Patriot, che richiederà alcuni mesi.
Il clamoroso flop dei blindati Nato: vanno in tilt sul campo di battaglia. L’incredibile racconto di Repubblica: le armi Nato più sofisticato vanno in tilt sul campo di battaglia ucraino. Matteo Milanesi su Nicolaporro.it il 6 Gennaio 2023.
Esattamente due mesi fa, sul sito nicolaporro.it, raccontavamo le difficoltà della Nato a produrre e garantire l’esportazione di munizioni in Ucraina. Secondo quanto riportato da La Repubblica, infatti, l’Occidente sarebbe seriamente preoccupato perché non in grado di trovare munizioni sufficienti per alimentare la resistenza, tant’è che il Pentagono sarebbe prossimo a dichiarare la soglia critica delle scorte strategiche.
Questo, però, non sembra aver intimorito la Casa Bianca. Fino all’incontro tra Zelensky ed il presidente americano a Washington, gli Usa avevano inviato armi a Kiev per una cifra che sfioravano i 19 miliardi di dollari. Ora, i democratici hanno formalizzato un nuovo pacchetto da 1,8 miliardi di dollari. Cifre che fanno degli Stati Uniti la principale spina nel fianco per Putin e per la sua “operazione speciale”.
Ma è sempre La Repubblica, questa volta nella firma di Floriana Bulfon, a sollevare ulteriori dubbi sull’invio di armamenti dell’alleanza atlantica all’aggredito. Non solo munizioni, ma adesso pure le armi, in particolare quelle di origine tedesca, sembrano testare problemi sul campo di battaglia. Non è un caso, infatti, che i mezzi hi-tech inviati da Berlino “non reggono alla prova e vanno subito in tilt“. Anzi, “la realtà della guerra scatenata da Putin si sta rivelando una doccia fredda per i comandi atlantici, che devono capire se una generazione di armamenti hi-tech possa funzionare in un conflitto totale o vada rottamata”.
La Nato, per ora, sembra propendere per la seconda soluzione. Infatti, “questi strumenti hanno bisogno di una manutenzione minuziosa e frequente, con scorte limitate e costose di pezzi di ricambio”. E ancora: “I video di autoblindo e obici imprigionati nella melma fanno comprendere quanto sia problematico spostare un semovente da trenta tonnellate anche con otto ruote motrici: vanno benissimo sulle strade, dove però rischiano di essere un bersaglio facile per i droni nemici, ma quando entrano nei boschi o nei campi fangosi le prestazioni non brillano”.
Uno smacco per i nuovi mezzi dell’alleanza atlantica, accompagnati dall’inchiesta del New York Times di poche settimane fa, secondo cui la finalità dei vertici Nato non sarebbe quella di aiutare l’Ucraina e combattere la Russia; ma al contrario testare i propri sistemi sul campo di guerra, e trarne esiti per un futuro eventuale scontro a fuoco.
Nonostante tutto – sottolinea Rep – “i tedeschi hanno preso il comando della Forza di Risposta Rapida della Nato attivando un contingente che fa perno sulla 37ma brigata di fanteria corazzata per riunire reparti olandesi, norvegesi, sloveni, lettoni, cechi e lituani: l’avanguardia di un complesso che può mobilitare 40mila soldati, con navi e aerei”. Una marcia in più che, però, rischia di non bastare. E Stoltenberg sta cercando di porre ai ripari, avendo già chiesto agli Stati membri di “studiare uno schieramento all’altezza delle nuove minacce”.
Matteo Milanesi, 4 gennaio 2023
Viviana Mazza per il “Corriere della Sera” il 6 gennaio 2023.
«Certamente è uno stratagemma e una provocazione. Se la questione è se l'Ucraina sia pronta ad osservare o no il cessate il fuoco, Putin dirà: "Vedete, ve l'ho detto, questa gente merita di essere sconfitta"», spiega Michael Ignatieff, professore di Storia alla Central European University di Vienna.
«Ma c'è anche un altro aspetto, l'interpretazione culturale. Putin sta dicendo: "Siamo un solo popolo, perché abbiamo una sola fede, la nostra religione è iniziata a Kiev e tutti i credenti ortodossi dovrebbero vivere in un solo Stato".
Nella sua dichiarazione del cessate il fuoco, Putin afferma che "ci sono credenti da ambo le parti": questo riferimento apparentemente innocente è un aspetto centrale della sua narrazione. La realtà è che, benché ci siano credenti da ambo le parti, la Chiesa ucraina è separata da quella ortodossa di Mosca e quest' ultima è una spudorata apologeta dei crimini di guerra di Putin. Gli ucraini non si faranno ingannare e nemmeno il mondo».
In che modo Putin usa la religione?
«Nella sua narrazione la Russia cristiana ortodossa è iniziata a Kiev quando San Vladimiro si convertì; tornando all'VIII e IX secolo, c'era "una fede per un popolo", per cui l'Ucraina non esiste ed è un'invenzione del periodo sovietico; Lenin diede uno Stato all'Ucraina e questo spazzò via mille anni di "un popolo, una fede".
Kirill, il leader della Chiesa ortodossa in Russia, ci crede davvero: crede che i luoghi santi di Kiev siano i luoghi santi della sua fede e dovrebbero trovarsi in uno Stato chiamato Russia, non Ucraina. Gli ucraini ortodossi però vogliono che la loro Chiesa sia governata in Ucraina, proprio perché non vogliono una Chiesa che difenda la distruzione del loro Paese».
A chi si rivolge Putin?
«Si rivolge soprattutto ai russi: ricorda che questa è una autocrazia unita alla Chiesa e ciò rafforza la sua legittimità di autentico portavoce del Paese. Ma si rivolge anche agli ucraini di lingua russa, una minoranza dei quali sono ortodossi che riconoscono il patriarca di Mosca. Cerca di alimentare divisioni. Ci sono molti giochi - e alcune difficoltà per gli ucraini. Non c'è dubbio che siano furiosi perché a Natale e Capodanno sono stati bombardati e ora Putin vuole una tregua.
Ma l'altro loro problema è che al fronte la situazione è estenuante. Non so cosa faranno, ma la mia opinione è che tutto sommato, nonostante la falsità della narrazione di Putin, potrebbe essere nel loro interesse strategico e militare osservare una tregua di 36 ore, per dare ai loro ragazzi una pausa».
Gli Usa non vedono segnali di vera apertura di Putin alla pace in questo cessate il fuoco. Dicono che appoggeranno Kiev finché sarà necessario ma evitano di dire fino alla «vittoria». Perché?
«Gli americani devono evitare trappole come dire a persone che rischiano la vita che dovrebbero negoziare con chi li bombarda e li uccide. Spetta agli ucraini decidere cosa vogliono e fino a che punto sono pronti ad arrivare.
Per me la questione non è se debbano mirare alla vittoria o no, questo verrà deciso sul campo di battaglia. Nessuno lo sa. Tutti sono colpiti da quello che gli ucraini hanno fatto finora, nessuno però - nemmeno gli ucraini - sa quanto a lungo si possa sopportare di vivere senza luce e riscaldamento, perdere figli e figlie al fronte. La vera domanda è quanto possono resistere, perché i russi non crolleranno».
Perché non crolleranno?
«Per quanto incompetenti e criminali, sono 150 milioni di persone contro un Paese di 50 milioni. I russi possono assorbire enormi misure punitive, non perché lo voglia la gente comune ma perché è una questione di sopravvivenza del regime. Il regime deve combattere fino a una posizione in cui può sostenere di aver vinto, altrimenti cadrà. Non finirà presto. I russi hanno appena subito forti perdite di truppe nei bombardamenti degli Himars: questa potrebbe essere un'altra ragione per cui vogliono la tregua, spostare le truppe, riorganizzarle. È un incubo per i russi ed è un incubo per gli ucraini».
Zelensky: «Tregua falsa, pace solo quando i russi saranno espulsi». Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 7 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di sabato 7 gennaio. Pesanti combattimenti nel Donetsk, nonostante la tregua di Natale annunciata da Putin. Kiev: «Nel 2022 ricevuti 32 miliardi di aiuti». Per gli 007 il Cremlino mobiliterà 500 mila russi
• La guerra in Ucraina è arrivata al 318esimo giorno.
• La tregua di Natale non regge e i due fronti si accusano a vicenda di non aver rispettato il cessate il fuoco.
• I mercenari della Wagner continuano nel sanguinoso assalto a Bakhmut non solo per ragioni belliche.
• Emergono dubbi sul cessate il fuoco di Putin.
• Abramovich, i beni trasferiti ai figli prima del conflitto.
Ore 05:11 - Governatore di Lugansk: «14 violazioni cessate fuoco in prime 3 ore tregua»
Le forze russe hanno aperto il fuoco 14 volte a Lugansk nelle prime tre ore del cessate il fuoco unilaterale annunciato da Putin, ha denunciato il governatore ucraino. Le forze russe hanno anche provato a fare irruzione in uno dei villaggi liberati della regione, ha aggiunto.
Ore 05:11 - Cosa significano le forniture congiunte di Berlino e Washington
IL PUNTO MILITARE (di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) - I mercenari russi della Wagner continuano nel sanguinoso assalto a Bakhmut non solo per ragioni belliche. C’è — secondo gli Stati Uniti — un obiettivo da non sottovalutare: il controllo di alcune miniere di sale e gesso. Una ricerca di guadagni simile a quella condotta in alcuni Stati africani, dove la milizia di Evgeny Prigozhin ha avuto il battesimo del fuoco.
Le ambizioni
L’accusa di Washington può avere un fondamento. La «compagnia» si occupa di sicurezza ma è anche uno strumento di penetrazione dispiegato dal Cremlino a tutela di affari, investimenti, sfruttamento di risorse. E molte zone dell’Ucraina occupata rivestono importanza sotto questo profilo. Al tempo stesso, la versione statunitense si sposa alla rappresentazione dei «wagneriti» come un braccio speciale del Cremlino, una versione russa dei pasdaran iraniani. I guardiani della rivoluzione oltre a rappresentare una forza poderosa hanno vincoli, attraverso loro rappresentanti, con l’economia.
Ore 05:19 - Il Natale di Putin, da solo, al Cremlino
Il presidente russo Vladimir Putin ha assistito alla cerimonia ortodossa di celebrazione del Natale alla Cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino, a Mosca. E lo ha fatto — secondo quanto si vede in un video — completamente da solo.
Negli anni passati, ricorda il dispaccio dell’agenzia di stampa Tass, aveva di solito partecipato alle celebrazioni in chiese che si trovavano in altre regioni della Federazione, ma già l’anno scorso si era «avvicinato» andando alla chiesa vicina alla sua residenza fuori città, a Novo-Ogaryovo, che si trova comunque nella regione di Mosca.
Ore 05:19 - Ue: ritiro delle truppe russe è l’unica opzione per la pace
Il cessate il fuoco dichiarato unilateralmente dal presidente russo Vladimir Putin «non cambia il fatto che la Russia sta occupando illegalmente parti del territorio ucraino. Il ritiro delle truppe e delle attrezzature militari russe dall’intero territorio ucraino all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti è l’unica opzione seria per ripristinare la pace e la sicurezza». È quanto ha detto l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, in un colloquio telefonico avuto oggi con il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. «In assenza di tali azioni concrete, un cessate il fuoco unilaterale sembra solo un tentativo della Russia di guadagnare tempo per rifornire e riorganizzare le sue truppe o per riparare la sua reputazione internazionale distrutta», ha aggiunto Borrell secondo quanto riferito dal Servizio di azione esterna dell’Ue.
Ore 05:20 - Attacco hacker russo contro laboratori nucleari Usa ad agosto 2022
Un gruppo di hacker russi noti come `Cold River´ ha colpito tre laboratori di ricerca nucleare negli Stati Uniti la scorsa estate. Lo riferisce in esclusiva la Reuters sul suo sito. L’attacco è avvenuto tra agosto e settembre proprio nei giorni in cui il presidente russo Vladimir Putin minacciava l’uso di armi nucleari per difendere il proprio territorio. I laboratori Usa presi di mira da Cold River , che dall’inizio della guerra in Ucraina ha sferrato diversi cyberattacchi contro Kiev, sono Brookhaven, Argonne e Lawrence Livermore.
Ore 05:21 - Boris Bondarev, asilo politico in Svizzera per il diplomatico nemico di Putin
(di Claudio Del Frate) Boris Bondarev il diplomatico russo che diede le dimissioni a maggio a causa dell’invasione in Ucraina, ha ottenuto asilo politico in Svizzera. L’ex rappresentante di Mosca presso la sede Onu di Ginevra ed esperto in armamenti continua a vivere nella città elvetica a racconta in una intervista al sito Moscow Times che sta cercando lavoro. «Nel frattempo litigo su twitter e sto con i miei gatti» racconta .
Boris Bondarev, 41 anni, era stato tra i primissimi a manifestare il suo dissenso al Paese di origine dopo lo scoppio della guerra. «Mi vergogno di Putin» aveva dichiarato il 22 maggio scoro rendendo esplicita la sua contrarietà all’aggressione dell’Ucraina. Sembrò l’inizio di un progressivo sgretolarsi del consenso della classe dirigente verso lo zar (pochi giorni prima aveva sbattuto la porta l’ex vicepremier Anatolij Chubais) e invece da lì in avanti furono pochissimi i «grand commis» russi a rivoltarsi al Cremlino.
Ore 05:23 - Che cosa comprende il nuovo pacchetto di aiuti militari Usa
Il nuovo pacchetto di aiuti militari Usa all’Ucraina comprende fra le varie forniture 50 veicoli corazzati da combattimento Bradley equipaggiati con 500 missili anticarro TOW e 250.000 colpi di munizioni da 25 mm. Il pacchetto include anche 100 M113 APC, 55 veicoli antimine, 138 veicoli HMMWV, 18 pezzo di artiglieria M109 semoventi e 36 obici trainati da 105 mm. Inizierà a breve inoltre il training per l’utilizzo dei missili Patriot, che richiederà alcuni mesi.
Ore 08:17 - Anne Applebaum: «Dobbiamo immaginarci una vittoria ucraina, sarà la fine di Putin»
(Viviana Mazza, corrispondente a New York) A settembre, dopo la controffensiva ucraina nella regione di Kharkiv, Anne Applebaum — scrittrice e giornalista, coinvolta in passato anche in importanti colloqui voluti dal presidente Joe Biden con storici e intellettuali — scrisse sull’Atlantic: «Gli ucraini potrebbero vincere questa guerra. Noi nell’Occidente siamo davvero preparati a una vittoria ucraina? Sappiamo quali altri cambiamenti potrebbe portare?». Già a marzo Applebaum diceva che bisognava «immaginare la possibilità di una vittoria», definita in termini più limitati («l’Ucraina resta una democrazia sovrana con il diritto di scegliere i propri leader e trattati»). Come ha chiarito Zelensky a Washington, la «vittoria» per Kiev non significa ormai solo recuperare territori, ma anche ottenere risarcimenti economici e giustizia per i crimini di guerra. Una definizione che per Applebaum è giustificata, anche se «straordinariamente ambiziosa». Difficile immaginare come la Russia possa accettarlo, se Putin resta al potere. «Dobbiamo aspettarci che una vittoria ucraina, e certamente una vittoria per come l’Ucraina la concepisce, porterà anche la fine del regime di Putin», secondo Applebaum, il che è anche monito, poiché in assenza di meccanismi di successione, ciò comporta opportunità ma anche rischi.
Ore 08:31 - In 3.000 a Zaporizhzhia «costretti a prendere cittadinanza russa»
Nella città di Enerhodar, nella regione di Zaporizhzhia, i russi hanno costretto circa 3.000 lavoratori della centrale nucleare a prendere «i cosiddetti passaporti russi». Lo affermano i comandi militari ucraini, citati da Ukrinform. Secondo Kiev, la grivna ucraina è stata tolta dalla circolazione in città mentre gli imprenditori locali sono minacciati di multe e confisca dei beni per aver accettato la valuta ucraina. Il numero di locali residenziali sequestrati dagli occupanti e abbandonati da coloro che sono stati costretti a fuggire è aumentato in modo significativo, affermano.
Ore 09:14 - Messa per il Natale ortodosso, tanti controlli di polizia ma l’allarme è generalizzato
( Dalla nostra inviata a Kiev Marta Serafini) - È’ iniziata la messa del Natale ortodosso nel monastero delle grotte di Kiev, lo stesso dove a novembre le Sbu le forze di sicurezza ucraine hanno condotto un raid a caccia di spie. Per la prima volta la messa è stata celebrata da Epifanio I, metropolita della Chiesa ortodossa di Kiev che nel 2018 si separò dal patriarcato di Mosca, ponendo fine a secoli di legami religiosi tra i due Paesi. Appena due giorni fa la Chiesa ortodossa ancora fedele alla Russia aveva fatto sapere che Epifanio non aveva il permesso di tenere la funzione del 7 gennaio nel complesso del Monastero, denunciando un tentativo di «sequestrare» la Cattedrale con la forza. Il via libera è invece arrivato dal ministero della cultura di Kiev che ha rivendicato la propria autorità sul complesso del Monastero, uno dei tesori culturali dell’Ucraina adagiato su una collina lungo il fiume Dnepr nella capitale e patrimonio mondiale dell’Unesco. La messa è partecipatissima e numerosi sono i controlli di polizia. Resta comunque una celebrazione ad alto rischio, nonostante la tregua unilaterale decisa da Vladimir Putin per 36 ore. «Al momento non ci sono informazioni su possibili provocazioni», ha riferito il capo della polizia, Ivan Vyhivskyi, assicurando tuttavia che le forze dell’ordine sono pronte a «garantire la sicurezza e l’ordine pubblico durante la funzione nella Cattedrale della Dormizione». L’allarme tuttavia è generalizzato. La vicepremier Iryna Vereshchuk ha messo in guardia i fedeli da possibili «attacchi terroristici dei russi nelle chiese nei territori temporaneamente occupati», e ha invitato i cittadini «a evitare i luoghi affollati».
Ore 10:37 - Tregua vacilla, notizie di raid su Kherson e Donbass
Sembra vacillare il cessate il fuoco in Ucraina proclamato dal presidente russo, Vladimir Putin, in occasione del Natale ortodosso. Secondo il vice capo dell’ufficio presidenziale di Kiev, Kyrylo Tymoshenko, alcuni missili hanno bersagliato una caserma dei pompieri a Kherson, nel sud del Paese. Testimoni, inoltre, riferiscono di colpi d’artiglieria sparati dalle posizioni dei filo-russi nel Donetsk, mentre il governatore ucraino di Luhasnk, Serhiy Haidai, ha sostenuto che sono stati lanciati 14 missili dall’entrata in vigore del cessate il fuoco.
Ore 10:56 - Gb, tregua Natale non ha fermato combattimenti
Il cessate il fuoco proclamato unilateralmente dalla Russia in occasione del Natale ortodosso non ha fermato i combattimenti in Ucraina, che secondo l’intelligence del ministero della Difesa britannico sono proseguiti come da routine. In particolare, spiega l’ultimo bollettino da Londra, nell’area contesa attorno alla città di Kremina, nella regione di Lugansk a Est, la battaglia continua nel bosco a occidente della città. «Poiché i boschi di conifere forniscono una certa copertura dall’osservazione aerea anche in inverno, è molto probabile che entrambe le parti abbiano difficoltà a regolare con precisione il fuoco dell’artiglieria». Secondo gli analisti di Londra, i comandanti militari russi considerano la pressione intorno a Kremina come «una minaccia al fianco destro del loro settore Bakhmut, fondamentale per consentire qualsiasi futura avanzata nel resto dell’Oblast’ di Donetsk».
Ore 11:11 - Kiev: Russia prepara nuova mobilitazione
La Russia si prepara a mobilitare in gennaio altri 500.000 coscritti, in aggiunta ai 300 mila dello scorso ottobre: lo ha detto il numero due dell’intelligence militare ucraina citato dal Guardian. Secondo il vice capo dei servizi segreti di Kiev, Vadym Skibitsky, questo dimostrerebbe che il presidente russo Vladimir Putin non ha intenzione di porre fine alla guerra. Moasca ufficialmente smentisce una seconda mobilitazione. Attualmente, secondo le stime di Kiev, i soldati russi mobilitati contro l’Ucraina ammontano a 280 mila. Skibitsky ha osservato che ci vorranno circa due mesi alla Russia per addestrare ed equipaggiare i nuovi militari.
Ore 11:59 - Kiev, regione Kherson bombardata 39 volte in ultime 24 ore
Le forze russe hanno bombardato la regione di Kherson 39 volte nel giro di 24 ore, provocando una vittima e sette feriti. Lo ha riferito Telegram Yaroslav Yanushevich, governatore della regione, come riporta Ukrinform. «Gli occupanti russi hanno bombardato il territorio dell’Oblast di Kherson 39 volte. Gli insediamenti pacifici della regione sono stati attaccati con artiglieria, cannoni antiaerei, mortai e carri armati. Ieri, una persona - un soccorritore - è stata uccisa a causa dei bombardamenti russi, 7 residenti della regione di Kherson sono rimasti feriti con diversi gradi di gravità», ha dichiarato Yanushevich. Secondo i suoi dati, l’esercito russo ha bombardato Kherson 9 volte, «i quartieri residenziali della città sono stati attaccati dall’esercito nemico. I proiettili hanno colpito edifici privati, condomini e una caserma dei vigili del fuoco».
Ore 12:19 - Londra, a marzo riunione ministri Giustizia per indagine su crimini di guerra
Il Regno Unito ospiterà a marzo una riunione dei ministri della Giustizia di diversi Paesi per discutere il sostegno pratico alla Corte penale internazionale (Cpi) per investigare sui crimini di guerra in Ucraina. L’incontro si terrà a Lancaster House, a Londra, presieduto dal vicepremier britannico Dominic Raab e dalla ministra per la Giustizia e la sicurezza dei Paesi Bassi, Dilan Yesilgoz-Zegerius, come ha reso noto il governo britannico. L’incontro si concentrerà su come i vari Paesi possano fornire ulteriore aiuto alla Cpi. La riunione «mira ad aumentare il sostegno finanziario e pratico globale offerto alla Cpi e coordinare gli sforzi per garantire che abbia tutto ciò di cui ha bisogno per svolgere indagini e perseguire i responsabili», ha affermato il governo britannico.
Ore 13:24 - Mosca: osserviamo tregua nonostante violazioni ucraine
Nuovo scambio di accuse tra Kiev e Mosca sul cessate il fuoco. Secondo il ministro della Difesa russo, Igor Konashenkov, la Russia continua a osservare la tregua per il Natale ortodosso in Ucraina, malgrado «gli attacchi» da parte di Kiev in violazione di essa. «L’insieme delle truppe russe nell’area dell’operazione speciale (così Mosca chiama l’invasione ucraina, ndr) dalle 12:00 del 6 gennaio osserva il cessate il fuoco lungo l’intera linea di contatto», mentre «il regime di Kiev ha continuato a bombardare gli insediamenti e le posizioni russe il giorno precedente», scrive la Tass.
Ore 13:42 - Monsignore Shevchuk: nostro Natale tra lacrime e sangue
«Quest’anno, quando nel cielo ucraino il nemico con i suoi missili e le sue bombe sta cercando di oscurare il bagliore della stella di Natale, dovremmo prestare attenzione non al calendario, non ai fenomeni astronomici, ma al fatto che Cristo è venuto oggi per essere nato nel corpo dell’Ucraina martoriata, crocifissa e ferita. Forse suona paradossale, ma la nostra vittoria in questa guerra non avverrà con la forza dei potenti di questo mondo, ma con la potenza del Figlio di Dio appena nato». È quanto afferma il Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sviatoslav Shevchuk, nel messaggio di Natale che i cattolici di rito bizantino celebrano oggi. «Celebrare il Natale significa non avere paura della gioia celeste in mezzo a un mare di lacrime e di sangue. Far entrare la gioia del Natale nei nostri cuori è garanzia della nostra stabilità e invincibilità, della nostra capacità di superare tutte le sfide della vita», prosegue mons. Shevchuk. «Ora, durante la guerra, dobbiamo celebrare il Natale nel modo più che mai solenne e aperto, cantando con gioia sia in casa e nelle chiese parrocchiali sia per le strade dei nostri paesi e villaggi», è l’appello dell’arcivescovo maggiore di Kiev.
Ore 14:00 - Lukashenko: bielorussi sostengono fratelli russi ma ricordano anche profughi ucraini
«Non ci limitiamo ad aiutare i nostri fratelli russi. Ma non dimentichiamo gli ucraini», ha affermato il Presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko tornando alla sua tradizionale retorica di equilibrista. «Circa mille persone che sono fuggite dalla guerra lo scorso anno hanno trovato una sistemazione stabile e un rifugio nel nostro Paese», ha affermato nel giorno del Natale ortodosso. «Farò il possibile -ha detto- perché i bielorussi vivano in pace, caldo e tranquillità e si ricordino del grande valore della pace».
Ore 14:15 - Kiev rende noto di aver ricevuto 32 miliardi in aiuti e prestiti lo scorso anno
La Banca centrale ucraina lo scorso anno, dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina, ha ricevuto in prestiti e aiuti dall’estero più di 32 miliardi di dollari, una cifra pari al 16 per cento del pil del Paese prima della guerra. Il 40 per cento di questa cifra è arrivata dagli Stati Uniti, poco meno del 25 per cento dall’Unione europea, e l’8 per cento dal Fondo monetario internazionale. Da sola, la Germania, ha contribuito con 1,6 miliardi. Il Pil del Paese è crollato del 30 per cento nel 2022, a causa della guerra.
Ore 14:36 - Patriarca Kirill: i due popoli sono un’unica nazione
Russi e ucraini sono un’unica nazione e la Chiesa deve fare di tutto affinché non diventino nemici. Lo ha detto il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia, nel corso di un’intervista all’emittente russa «Rossiya 1». «Questa è una sola nazione che è uscita dal fonte dell’Epifania di Kiev, ma un popolo molto numeroso si è diffuso dal Mar Bianco al Mar Nero. E questa enormità ha sempre causato paure e invidie tra gli altri; quindi, sin dai tempi antichi, forze esterne hanno lavorato per dividere questo popolo, allontanarlo o addirittura metterlo l’uno contro l’altro», ha detto il patriarca ortodosso.
Ore 16:09 - Kiev: 3 morti in attacchi russi durante la «presunta» tregua
Durante il «presunto cessate il fuoco» di 36 ore annunciato dal Cremlino per il Natale ortodosso «le truppe russe hanno compiuto attacchi su sette regioni dell’Est e del Sud dell’Ucraina uccidendo almeno tre persone e ferendone 14». Lo riporta il Kiev Independent, citando i governatori locali.
Ore 16:22 - Abramovich ha trasferito i suoi beni ai figli per evitare le sanzioni
(Paola De Carolis) Miliardi di dollari in contanti e immobili intestati ai figli alla vigilia della guerra in Ucraina. Le mosse di Roman Abramovich per proteggere il patrimonio dalle sanzioni emergono in un’esclusiva del Guardian, dal quale si apprende che si tratterebbe di almeno 4 miliardi di dollari, per un totale di dieci fondi
Ore 17:11 - Zelensky sospende la cittadinanza a 13 sacerdoti filorussi
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sospeso la cittadinanza a 13 sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. Lo riporta Unian. Il decreto — viene specificato — non è stato pubblicato ufficialmente perché contiene informazioni personali.
L’intelligence ucraina ha condotto perquisizioni in alcune chiese a seguito delle quali sono stati trovati sacerdoti con passaporti russi, contanti e materiale propagandistico russo.
off shore alla cui proprietà Abramovich senior ha rinunciato a favore della generazione successiva.
Ore 17:24 - Zakharova: «La decisione di Zelensky sui sacerdoti è satanismo»
La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha definito su Telegram «satanismo» la decisione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di sospendere la cittadinanza di 13 sacerdoti della Chiesa canonica ortodossa ucraina. Lo riporta Ria Novosti.
Ore 17:44 - Kiev: pesanti combattimenti in corso a Soledar nel Donetsk
Pesanti combattimenti sono in corso a Soledar nella regione di Donetsk. Lo rende noto il comando orientale delle forze armate di Kiev, Serhiy Cherevaty, citato da Unian. Aggiungendo: «Le forze di occupazione non controllano la città e stanno subendo pesanti perdite».
Ore 18:30 - Zelensky sanziona 119 personalità della cultura russa
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ratificato la decisione del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina imponendo sanzioni a 119 personalità della cultura russa. Lo riporta Ukrinform. Fra loro gli artisti Yevgeny Petrosyan, Mikhail Galustyan, Dmitry Bilan e Philip Kirkorov.
Ore 18:42 - Esplosione in un gasdotto nella regione del Lugansk
Un’esplosione si è verificata nel gasdotto principale della città di Lutuhyne nell’autoproclamata repubblica di Lugansk. Lo riporta Ria Novosti. «È scoppiato un incendio, circa 11mila abbonati sono rimasti senza gas», ha detto l’agenzia locale dell’energia.
Ore 18:53 - I primi veicoli Bradley stanno arrivando in Ucraina
Ieri Zelensky aveva ringraziato con un tweet il presidente americano Joe Biden per le nuove armi inviate a Kiev che comprendono i nuovi veicoli Bradley. L'arrivo dei Bradley è testimoniato da un video che mostra il trasporto di questi mezzi attraverso la Bulgaria. In Bulgaria i veicoli, caricati sui tir, sono scortati dalla polizia.
Ore 18:57 - Polonia e Finlandia pronte a inviare carri armati all’Ucraina
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) IL PUNTO MILITARE - La Polonia è pronta a cedere tank tedeschi all’Ucraina, lo è anche la Finlandia dove due deputati hanno lanciato la campagna «Liberate i Leopard» e la Danimarca ci sta pensando. È un aiuto che avrebbe un grande impatto, uno sviluppo a lungo inseguito da Zelensky ma che trova un ostacolo nel veto della Germania, produttrice di questo mezzo potente.
Ore 20:38 - Zelensky: «Tregua falsa, pace solo quando russi verranno espulsi»
Il presidente ucraino Zelensky nel suo discorso serale allo scadere della «tregua» annunciata da Mosca: «Il mondo ancora una volta à in grado di vedere oggi quanto siano false le parole di qualsiasi livello che provengono da Mosca. I russi hanno parlato di un presunto cessate il fuoco ma la realtà è che i proiettili russi hanno colpito di nuovo Bakhmut e altre postazioni ucraine. Solo l’espulsione degli invasori dalla terra ucraina significherà il ripristino della sicurezza e della pace».
Ore 21:48 - Kiev: attività militari russe avvistate a Mariupol
«Stiamo registrando attività militare a Mariupol», che comprende tra l'altro «un convoglio di due sistemi antiaerei S-300 e due camion (apparentemente) civili accompagnati dalla polizia di occupazione attraverso il centro di Mariupol». È quanto ha scritto su Telegram Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, che è in esilio, considerato che la città ucraina è sotto occupazione russa. Lo riferisce Ukrinform. Anche l'aviazione russa mostra un'intensa attività, che assomiglia più all'addestramento che alle operazioni di combattimento: «Un aereo russo diretto a Rostov sul Don ha preso fuoco ed è precipitato vicino a Mariupol nel pomeriggio», ha aggiunto.
Ore 22:44 - Kiev: missili su Kharkiv e allarme aereo in varie regioni
Dopo la fine della tregua, dichiarata da Mosca dalle 12 ora locale del 6 alle 24 del 7, Mosca torna a colpire con missili l'Ucraina. «I russi stanno attaccando la regione di Kharkiv e in diverse regioni è stato dichiarato un raid aereo», afferma il presidente dell'amministrazione statale regionale di Kharkiv Oleg Sinegubov, come riporta Ukrainska Pravda citando anche il sito «alerts.in.ua». L'allarme anti-aereo è stato dichiarato nelle regioni di Kharkiv, Poltava, Dnepropetrovsk, Zaporizhzhia e nel Lugansk.
Ore 23:24 - «Attacco missilistico russo alla periferia di Zaporizhzhia»
L'esercito russo ha bombardato la periferia di Zaporizhzhia. Lo ha detto il sindaco ucraino della città Anatoly Kurtev. Lo riferisce Ukrinform. I dettagli dell'attacco missilistico sono in fase di chiarimento.
Ore 01:18 - Esplode gasdotto nel Lugansk, colpite 13 mila utenze
Un’esplosione ha sventrato un tratto di un gasdotto nei pressi della città di Lutugino, nell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk, e ha causato l’interruzione dell’approvvigionamento per 13 mila utenze. Lo riferiscono, secondo l’agenzia Tass, le autorità filorusse della regione ucraina, in larga parte controllata dalle truppe di Mosca. Secondo il governo separatista locale, l’incendio originato dall’esplosione è stato spento e il personale specializzato sta indagando le possibili cause della deflagrazione.
Ore 03:15 - Le sirene antiaereo suonano in tre regioni ucraine
Le sirene di allarme antiaereo hanno suonato nelle regioni ucraine di Poltava, Kirovograd e Dnipropetrovsk. È quanto risulta dai dati pubblicati su internet dal ministero ucraino per la Trasformazione Digitale, rilanciati da Ria Novosti.
Domenico Quirico per lastampa.it il 7 gennaio 2023.
Sì, è proprio una reazione simile a quella di un ramo piegato e improvvisamente slegato. Il ramo riprende la posizione con tanta maggiore violenza quanta è stata la forza con cui è stato ritorto. Negli anni Novanta del Novecento la Terza guerra mondiale finì con la auto dissoluzione dell’Unione sovietica.
Il grande nemico su cui poggiava l’equilibrio del sistema globale del secondo dopoguerra sparì in un modo inedito e apparentemente irrazionale, per implosione e non per sconfitta sul campo. C’era proficuo spazio per il millenarismo del trionfo dell’Occidente, o meglio degli Stati Uniti, e la fine di ogni possibile matassa ingarbugliata di Storia. Dopo trent’anni con la Quarta guerra mondiale in corso, di cui ci si avvicina l’anniversario del primo anno, il ramo torna violentemente al suo posto.
Evitiamo il solito catechismo di bugie sull’ampiezza limitata del conflitto. Gli ucraini sono soltanto la prima linea europea e ne sopportano le tragiche conseguenze. Ma la presenza anglo americana sul terreno si accresce in battaglie ormai telecomandate. Si combatte più silenziosamente negli Stati proletari del terzo mondo, Africa, Vicino oriente, secondo lo scenario della competizione tra i blocchi per le zone grigie, un classico che fu della Guerra Fredda.
In attesa che la Cina, sempre cauta, apra i suoi fronti. Si torna alla contrapposizione frontale, guerresca, economica, direi umana, tra due schieramenti globali fondati su immaginari accuratamente cesellati dalla propaganda delle due parti come portatori del Bene e del Male assoluti. Qualcosa di primitivo che sembrava appartenere semmai alle guerre di religione e di cui si è fatta la prova nella fase più brutale della guerra al terrorismo.
Da una parte l’Occidente capitalistico liberale, saldamente tenuto in pugno da Washington senza cui Europa e satelliti asiatici sarebbero sguarniti dell’unica cosa che conta, la forza militare come avvenne contro l’Urss staliniana. Dall’altra l’Eurasia russo cinese con le insegne del capitalismo autocratico; che riprende la sfida alla superpotenza americana dal punto in cui l’aveva interrotta negli anni Novanta del secolo scorso. Primo assalto portato a riguadagnare quella che era la fascia di sicurezza, l’impero interno con Ucraina e Taiwan.
La Russia, a cui è sempre stato riconosciuta, anche nella Terza guerra mondiale, la caratteristica di potenza europea, questa volta, tagliata fuori dall’ Europa centrale dalla avanzata della Nato, deve volgersi alla componente asiatica: per necessità o per scelta. Perché quella immensa parte del suo impero, per risorse, territorio e vicinanza alla alleata ormai indispensabile, è più ampia e ricca.
Che guerra è questa, la quarta con scenario mondiale? Se Lenin fosse a Zurigo a scrutare come nel 1915 l’Europa in fiamme, sarebbe soddisfatto. Potrebbe riscrivere, con qualche marginale aggiornamento, il saggio L’imperialismo, fase suprema del capitalismo. Altro che geografia politica arcaica!
La guerra iniziata in Ucraina con la brutale, e disastrosa, aggressione russa è uno scontro classico di imperialismi. Qualcuno, appena uscito con qualche lacrima furtiva dalla “Belle epoque”’, ammette che gli imperi esistono ancora. Omettendo, per pudore, un diabolico “ismo”. Gli imperialismi esistono eccome.
Russia, Cina, Stati Uniti, come in modo scolastico constatò Lenin (confessò che l’aveva scritto in fretta quel saggio perché aveva bisogno di denaro nell’esilio svizzero) ricorrono alla guerra come conclusione obbligata delle loro evoluzioni economiche. Il rivoluzionario russo esulterebbe nel verificare che, anche cento anni dopo, la guerra è la conseguenza del crescere della oligarchia finanziaria e di categorie parassitarie, che siano gli oligarchi di Stato putiniani o i capital-comunisti cinesi o i plutocrati del libero mercato occidentale.
La guerra è il consumarsi sanguinoso della crisi della globalizzazione, il progetto di un sistema economico mondiale, a parole, inclusivo, in cui tutti, o quasi tutti, dovevano diventare soci o complici. Il tempo in cui economisti sentenziavano: «Due paesi che esibiscono i loghi di McDonald’s non possono farsi la guerra».
E infatti c’era allora un posto a tavola anche per Putin e i signori di Tiananmen. Prevaleva, non dimentichiamolo, una grande svogliatezza per le ideologie della libertà. Non ci si assillava certo sulla questione prioritaria di dittature ora definite mostruose. Si pontificava di una civiltà orizzontale, diffusa, decentrata, di densità omogenea. Incantevole. Ma non ha funzionato.
Altro che spengleriana crisi dell’Occidente! Semplicemente alcuni soci di questa globalizzazione “aperta’’ ne hanno approfittato, per riarmarsi come la Russia o per passare dall’economia volontaristica degli altoforni alimentati con le padelle a prima potenza economica mondiale come la Cina. Hanno chiesto ad alta voce e in modo prepotente il riconoscimento dei nuovi equilibri.
I custodi del tempio del libero mercato intanto si coprivano di debiti e contemplavano il panorama tetro delle loro economie. All’imperialismo dei vecchi soci di affari era il momento di opporre quindi l’imperialismo della virtù, le etichette di impero del Male. Niente di originale per Biden. Nel 1917 un altro presidente democratico, Wilson, portò gli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale, mischia sanguinosa di voraci imperialisti, dichiarando che agiva «per assicurare la democrazia sulla terra». L’essere missionari purtroppo torna di moda.
È già pronta la nuova globalizzazione bellica, quella che viene definita “friendshoring”. La si farà con i Paesi su cui gli americani possono contare, quelli che accetteranno, riconoscenti e obbedienti, i cantucci e lo spartito della integrazione economica senza alzare pretese geopolitiche. Si esigono di nuovo omologazioni, ratifiche, consacrazioni che fino a ieri si praticavano con indulgenza, a manica larga. La tessera di ingresso sarà il premio, innanzitutto, per l’eroico Volodymyr Zelensky. Lo ha ben meritato.
Estratto dell’articolo di Simone Pierini per ilmessaggero.it il 7 gennaio 2023.
Roman Abramovich e la mossa disperata a pochi giorni dalla guerra per evitare il declino che, dopo dieci mesi di conflitto, è divenuto inesorabile. Roman Abramovich è tra gli oligarchi russi che ha accusato di più le sanzioni. Anzi, tra i miliardari colpiti è colui che ha perso di più: il suo patrimonio è infatti crollato del 57 per cento, attestandosi a 7,80 miliardi di dollari. Una cifra senza dubbio enorme, ma parte di questa ricchezza secondo il Bloomberg Billionaires Index è oramai illiquida, ovvero un asset piuttosto complicato da vendere se non a prezzi stracciati.
A inizio febbraio 2022 i trust che detengono miliardi di dollari di beni per Roman Abramovich sono stati modificati per trasferire la proprietà effettiva ai suoi figli cercando di anticipare le sanzioni imposte all'oligarca russo. I file trapelati analizzati dal Guardian, e pubblicati in esclusiva, suggeriscono che 10 trust segreti offshore istituiti a beneficio di Abramovich siano stati rapidamente riorganizzati all'inizio di febbraio 2022, tre settimane prima dell'inizio della guerra di Vladimir Putin in Ucraina. La radicale riorganizzazione degli affari finanziari del magnate russo è iniziata pochi giorni dopo che i governi hanno minacciato di imporre sanzioni contro gli oligarchi russi in caso di invasione.
In quei giorni la comunità internazionale già minacciava di colpire gli oligarchi legati a Mosca con sanzioni (tra cui il congelamento dei beni), se i russi avessero scatenato la guerra. I beni contenuti nei trust includono proprietà immobiliari di lusso, una flotta di super-yacht, elicotteri e jet privati. Le rivelazioni, scrive il giornale, potrebbero porre la questione di sanzioni che colpiscano anche i figli di Abramovich, che ha cittadinanza russa, israeliana e portoghese. […]
I file illustrano come Abramovich abbia utilizzato per decenni strutture di fiducia opache per proteggere la sua ricchezza in paradisi segreti al largo e indicano le sfide che le autorità occidentali devono affrontare nel penetrare queste strutture complesse per imporre sanzioni. Le partecipazioni finanziarie di Abramovich sono state oggetto di un attento esame dal giorno dell'invasione […]
In un'escalation di attività finanziarie avvenute nel febbraio 2022, poco prima dell'invasione, Abramovich è stato rimosso come beneficiario dei due trust individuati dall'Fbi. Nel frattempo i suoi figli sarebbero stati nominati beneficiari di altri otto trust istituiti a beneficio del padre. Gli esperti di sanzioni hanno affermato che i cambiamenti potrebbero essere stati un tentativo deliberato, ma non illegale, di allontanare l'oligarca dalla sua ricchezza prima che venissero imposte le sanzioni. […]
"Sto bene a Mosca, non torno in Italia". Chi è Lanfranco Cirillo, l’architetto delle ville di Putin e degli oligarchi è latitante: “Mi accusano ma nascondono le carte”. Redazione su Il Riformista il 5 Gennaio 2023
E’ stato ribattezzato l’architetto di Putin e di decine di oligarchi russi per le ville progettate e costruite in passato, in particolare quella sul Mar Nero da un miliardo di euro riconducibile al leader del Cremlino. Lanfranco Cirillo è ricercato dalla giustizia italiana dal primo agosto scorso per evasione fiscale. La procura di Brescia ha chiesto la custodia cautelare in carcere ma lui, 63 anni, si trova a Mosca e non intende tornare in Italia.
Nato a Treviso ma trapiantato nel Bresciano, Cirillo è accusato di di una serie di reati fiscali che vanno dall’infedele dichiarazione dei redditi, all’autoriciclaggio. Nei mesi scorsi ha subito il sequestro di beni per oltre 140 milioni di euro tra ville, opere d’arte originali di Picasso, Cezanne, Kandinsky, De Chirico e Fontana e gioielli. Sequestrati anche uno yacht, l’elicottero personale dell’Architetto e 670mila euro in contanti trovati in casa.
L’imprenditore è iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero ed è cittadino russo per decreto presidenziale. “La Russia è la mia casa. Qui ho il mio lavoro, i miei interessi e le mie principali relazioni. Al momento non ho motivo, e neppure desiderio, di rientrare in Italia, visto il trattamento che mi è stato riservato” ha spiegato raggiunto dall’agenzia ANSA.
“Non si è mai sottratto. È stato interrogato due volte dal pubblico ministero e ha chiesto lui stesso un terzo interrogatorio. Poi ha ripreso la sua vita, è residente a Mosca da 20 anni dove lavora. Per questo chiederemo l’annullamento del decreto di latitanza” ha spiegato nei giorni scorsi il suo legale, l’avvocato Stefano Lojacono in vista del processo che inizierà il 23 febbraio davanti al tribunale di Brescia dopo che la Procura ha ottenuto il giudizio immediato.
Cirillo non sarà presente in aula e chiede alla giustizia italiana spiegazioni: “Mi è stato detto che non avrei neppure la possibilità di prendere un aereo per venire in Italia, perché è stato diffuso un mandato interpol nei miei confronti, addirittura una red notice, normalmente riservata a terroristi e narcotraffficanti”.
Poi la provocazione. “La domanda che mi pongo è: se fossi stato l’Architetto di Biden e non di Putin avrei avuto questo trattamento?” si chiede provocatoriamente. “Non riesco a capire due cose. Primo a che cosa serve un mandato Interpol, che come tutti sanno è lo strumento per ‘ricercare’ nel mondo una persona, quando l’autorità giudiziaria italiana non ha nessun bisogno di cercarmi perché sa benissimo che mi trovo a Mosca e conosce perfettamente il mio indirizzo; secondo: perché è stato chiesto un mandato Interpol e, invece, non viene chiesta la mia estradizione in Italia, attraverso la ordinaria procedura prevista dalla legge, che consentirebbe di conoscere quali sono le contestazioni che mi riguardano e i documenti su cui si fonderebbero. E’ un trattamento “speciale” che trovo molto strano e non capisco, ma sarà perché sono un Architetto e non un avvocato.
In Russia negli ultimi anni Cirillo ha acquisito un patrimonio immobiliare da capogiro: possiede l’intero piano al 51esimo piano del grattacielo Imperia di Moscow City di quasi 4.000 metri quadri oltre a una azienda agricola che produce vini. Oltre all’imprenditore – ricorda l’ANSA – saranno processati anche la moglie, Adriano Gafforini, ritenuto dagli inquirenti il suo factotum italiano e attualmente ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta fiscale, Alberto Guerini e i cittadini russi Anna Novitscalia e Vladimir Krutskikh. Tutti accusati a vario titolo di concorso nei reati fiscali.
Danilo Taino per corriere.it l’8 gennaio 2023.
Non poteva che essere la Svizzera a porre una questione importante come i diritti di proprietà di fronte alla guerra in Ucraina. Nella Confederazione, è accesso il dibattito su come il Paese, neutrale e decisamente rispettoso delle proprie leggi, debba comportarsi nei confronti di Kiev e di Mosca. La scelta di campo di Berna è stata netta fin dall’inizio: non solo solidarietà ma anche sostegno concreto agli ucraini.
Ora, però, si pone un problema che per gli svizzeri è di importanza fondamentale e che dovrebbe essere considerato anche dalle altre democrazie: i fondi della banca centrale russa e i depositi degli oligarchi che stanno nelle banche elvetiche possono essere confiscati per aiutare la difesa dell’Ucraina, la sua economia e per ricostruire le sue infrastrutture distrutte?
La domanda non è affatto banale. Il diritto di proprietà è un pilastro dei diritti di libertà in una società democratica, non ci si può passare sopra facilmente. È giustificato confiscare o espropriare al cospetto di una guerra alle porte dell’Europa? Su questo la Svizzera è sotto pressione. L’Associazione bancaria elvetica calcola che nel Paese siano depositati tra i 150 e i 200 miliardi di franchi (è circa lo stesso valore in euro) appartenenti a russi.
La maggior parte di queste persone, però, non è soggetta a sanzioni da parte della Confederazione e quasi sempre nemmeno della Ue e degli Stati Uniti. Non sono dunque denari toccabili.
Finora, Berna ha bloccato asset russi sottoposti a sanzioni per 7,5 miliardi di franchi, oltre a 15 proprietà. I fondi della banca centrale di Mosca (non sanzionata da Berna) non si sa invece quanti siano nella Confederazione: certamente non ce ne sono nella Banca Nazionale Svizzera, forse una decina di miliardi stanno in banche private.
La questione è stabilire se i fondi bloccati o che lo saranno in futuro possono essere usati a favore di Kiev. Il Senato degli Stati Uniti ha, in dicembre, passato una misura in base alla quale Washington potrebbe usare i fondi russi congelati a sostegno dell’Ucraina: alcuni senatori vorrebbero che anche la Svizzera facesse qualcosa del genere. Con forza, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha chiesto di utilizzare i capitali in Svizzera per la ricostruzione del Paese attaccato da Putin.
Ma altri, in Europa, sono meno convinti che ci sia lo spazio legale per farlo, a cominciare dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. E, nella Confederazione, l’opposizione alla confisca – che è cosa diversa dal congelamento – è forte. Citato dalla Neue Zürcher Zeitung, il presidente della Commissione Esteri del Parlamento, Franz Grüter, ha sostenuto che certe proposte di confisca equivarrebbero a espropri. “Allora possiamo abolire direttamente la certezza del diritto”, ha commentato. L’aggressione all’Ucraina è un evento enorme ma un passo del genere renderebbe più facile muoverlo anche in caso di conflitti meno gravi.
Una cosa diversa – si dice a Berna – saranno gli indennizzi per i danni di guerra provocati dall’invasione russa: ma questi si decideranno solo dopo un accordo di pace. La Svizzera sta insomma ponendo una questione rilevante per tutte le democrazie: la guerra giustifica la sospensione di alcune leggi fondamentali che garantiscono la libertà?
Accusare Berna di poca solidarietà sarebbe una forzatura. Anche perché si è allineata a praticamente tutte le sanzioni contro Mosca decise dalla Ue, ha dato asilo ai rifugiati ucraini, ha congelato i fondi di individui vicini a Putin, sostiene la ricollocazione di imprese ucraine medie e piccole fuori dalle zone più colpite dalla guerra e ha limitato il commercio di materie prime russe sul suo territorio (prima dell’invasione, più di tre quarti del petrolio di Mosca veniva scambiato a Ginevra).
Il totem della neutralità elvetica, dunque, è stato pragmaticamente messo da parte. C’è però un altro punto, legato alla neutralità, che la Svizzera deve affrontare. La Germania ha mandato a Kiev veicoli per la difesa antiaerea. Per farli funzionare, servono le munizioni: Berlino possiede più di 12 mila proiettili ma non può mandarli agli ucraini perché sono stati prodotti in Svizzera e la legge elvetica vieta la riesportazione delle armi realizzate nella Confederazione. Ciò irrita ucraini, tedeschi, europei e Nato.
In Svizzera c’è naturalmente chi domanda di cambiare la legge. Anche questa è una questione aperta. Viviamo in tempi di cambiamento, come hanno segnalato Svezia e Finlandia quando hanno deciso di aderire alla Nato. Anche per la Svizzera, neutralità è forse un concetto da ridefinire nel Ventunesimo Secolo.
Mosca: «A Kramatorsk uccisi oltre 600 soldati ucraini». Kiev smentisce. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera l’8 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di domenica 8 gennaio. L'attacco russo a Kramatorsk per «rappresaglia» dopo la distruzione della base a Makiivka. Scambio di 50 prigionieri per parte tra Russia e Ucraina
• La guerra in Ucraina è arrivata al 319esimo giorno
• La tregua di Natale non ha retto, aspri combattimenti nel Donetsk.
• Zelensky: «Tregua falsa, pace solo quando i russi saranno espulsi».
• Per gli 007 di Kiev Putin mobiliterà 500 mila persone.
• Polonia e Finlandia pronte a inviare carri armati a Kiev.
• Abramovich, i beni trasferiti ai figli prima del conflitto.
Ore 22:44 - Kiev: missili su Kharkiv e allarme aereo in varie regioni
Dopo la fine della tregua, dichiarata da Mosca dalle 12 ora locale del 6 alle 24 del 7, Mosca torna a colpire con missili l'Ucraina. «I russi stanno attaccando la regione di Kharkiv e in diverse regioni è stato dichiarato un raid aereo», afferma il presidente dell'amministrazione statale regionale di Kharkiv Oleg Sinegubov, come riporta Ukrainska Pravda citando anche il sito «alerts.in.ua». L'allarme anti-aereo è stato dichiarato nelle regioni di Kharkiv, Poltava, Dnepropetrovsk, Zaporizhzhia e nel Lugansk.
Ore 23:24 - «Attacco missilistico russo alla periferia di Zaporizhzhia»
L'esercito russo ha bombardato la periferia di Zaporizhzhia. Lo ha detto il sindaco ucraino della città Anatoly Kurtev. Lo riferisce Ukrinform. I dettagli dell'attacco missilistico sono in fase di chiarimento.
Ore 01:18 - Esplode gasdotto nel Lugansk, colpite 13 mila utenze
Un’esplosione ha sventrato un tratto di un gasdotto nei pressi della città di Lutugino, nell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk, e ha causato l’interruzione dell’approvvigionamento per 13 mila utenze. Lo riferiscono, secondo l’agenzia Tass, le autorità filorusse della regione ucraina, in larga parte controllata dalle truppe di Mosca. Secondo il governo separatista locale, l’incendio originato dall’esplosione è stato spento e il personale specializzato sta indagando le possibili cause della deflagrazione.
Ore 03:15 - Le sirene antiaereo suonano in tre regioni ucraine
Le sirene di allarme antiaereo hanno suonato nelle regioni ucraine di Poltava, Kirovograd e Dnipropetrovsk. È quanto risulta dai dati pubblicati su internet dal ministero ucraino per la Trasformazione Digitale, rilanciati da Ria Novosti.
Ore 09:01 - Il numero due degli 007 di Kiev al Corriere: «Presto Mosca attaccherà di nuovo le nostre infrastrutture. Ma le restano pochi missili»
«Ci potrebbe essere un nuovo raid già oggi o domani. Le temperature stanno scendendo. Ed è qualche giorno che i russi non attaccano le nostre infrastrutture». Ad affermarlo è Vadim Skibitsky, vice dell’intelligence militare ucraina, in un’intervista al Corriere della Sera. I russi potrebbero attaccare di nuovo appena finita la cosiddetta ½tregua» unilaterale? «Sì ce lo aspettiamo ovviamente. Sappiamo molto bene cosa siano i loro cessate il fuoco, era così anche nel 2014. Non significano nulla. Non escludiamo che ci sarà un nuovo attacco alla fine di questa vacanza», indica Skibitsky (qui l’intervista completa).
Ore 08:22 - Mosca, colpita da razzi ucraini centrale elettrica Donetsk
Missili d’artiglieria ucraini hanno colpito e danneggiato la centrale elettrica di Starobeshevskaya, nella regione di Donetsk, nel Donbass occupato dai russi. Lo scrive l’agenzia russa Tass, citando fonti locali dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Le fonti affermano che almeno due persone, due addetti alla centrale termica, potrebbero essere rimaste sotto le rovine della centrale colpita, dove stanno operando i soccorritori. I missili, dicono le fonti alla Tassi, sono stati sparati da un lanciatore multiplo in dotazione alle forze di Kiev.
Ore 08:24 - Shmyhal: guerra ha creato più grande campo minato al mondo
La guerra ha creato in Ucraina un campo minato di 250.000 chilometri quadrati. Lo afferma il primo ministro ucraino Denys Shmyhal: «Attualmente è il più grande campo minato del mondo», ha detto all’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap in un’intervista pubblicata oggi. L’area minata, secondo Shmyhal, equivale a oltre il 40% della superficie totale dell’Ucraina. «Non solo rende difficile per le persone viaggiare, ma causa anche gravi interruzioni nell’agricoltura, che è una delle nostre industrie principali», ha affermato. Le aree residenziali dei civili sono state le più colpite: «La Russia sta prendendo di mira le infrastrutture in aree densamente popolate», ha detto Shmyhal. Inoltre, strutture industriali come impianti chimici, acciaierie e infrastrutture di viaggio erano tra gli obiettivi dell’invasore.
Ore 09:23 - Putin: negoziati o guerra totale. Il dilemma del presidente russo, sempre più solo e confuso
Sergey Markov, che fu uno dei più longevi consiglieri politici dello zar, in servizio dal 2011 al 2019, spiega al Corriere la logica che muove Putin, apparentemente contraddittoria: «Ma è ispirata al giorno per giorno, una mossa per tastare le cancellerie europee, un’altra per far capire a Zelensky che possiamo andare fino in fondo, nulla è escluso. Il peso che l’insuccesso della prima fase dell’Operazione militare speciale sta avendo sullo sviluppo del conflitto ucraino sta diventando sempre più evidente».
Ore 10:04 - Gb, Mosca teme controffensive a Lugansk e Zaporizhzhia
Le mosse della Russia delle ultime settimane mostrano un timore per possibili controffensive ucraine nella zona orientale di Lugansk o in quella meridionale di Zaporizhzhia. È quanto sostiene nel suo ultimo bollettino l’intelligence della Difesa britannica. «Decidere a quale di queste minacce dare priorità» nei preparativi del contrasto, secondo l’analisi di Londra, «è probabilmente uno dei dilemmi centrali per i pianificatori operativi russi». «Nelle ultime settimane - spiegano - la Russia ha rafforzato le fortificazioni difensive nella regione di Zaporizhzhia centrale, nell’Ucraina meridionale, soprattutto tra le città di Vasilyvka e Orikhiv».
Mosca, si sottolinea nell‘analisi dell’intelligence di Londra, «mantiene una grande forza in questo settore. Il modo in cui la Russia ha lavorato per migliorare le difese suggerisce che i comandanti sono molto probabilmente preoccupati dalla possibilità di un’importante azione offensiva ucraina in due settori: o nel nord della regione di Lugansk o in quella di Zaporizhzhia». In particolare, secondo gli inglesi, «un’importante avanzata ucraina a Zaporizhzhia metterebbe seriamente in discussione la fattibilità del «ponte di terra» russo che collega la regione di Rostov alla Crimea», mentre «un successo ucraino a Luhansk comprometterebbe ulteriormente l’obiettivo di guerra professato dalla Russia di «liberare» il Donbas».
Ore 10:19 - Kiev accusa: bombe russe a grappolo su Zaporizhzhia
La notte scorsa i russi hanno utilizzato bombe a grappolo su Zaporizhzhia: l’uso di queste armi «proibite» è stato denunciato dal Oleksandr Starukh, il capo dell’amministrazione militare ucraina della regione in cui si trova la città, nuovamente colpita nelle scorse ore. Sul suo profilo Telegram, Starukh ha postato foto delle bombe cadute sulla periferia sud di Zaporizhzhia, che hanno danneggiato magazzini e altre strutture.
Ore 11:49 - Mosca: uccisa una donna in un raid ucraino nel Donetsk
«Una donna è morta in seguito dei bombardamenti delle forze armate ucraine nell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (Dnr)» . Lo scrive l’agenzia russa Tass, citando un rappresentante dei servizi di emergenza. Il corpo della vittima è stato rimosso dalle macerie a Starobeshevskaya, dove è stata colpita una centrale elettrica.
Ore 11:54 - Da oggi limiti a consumi elettrici in Ucraina
Per fare fronte a temperature sempre più rigide e quindi aumentato fabbisogno energetico, l’Ucraina da oggi introduce limiti di consumo e blackout automatici in caso di superamento dei livelli massimi ammessi. Lo ha annunciato l’operatore di rete statale Ukrenergo, precisando che le restrizioni - necessarie per gestire il deficit di energia causato dai raid russi sulle infrastrutture ucraine - non saranno applicate durante la notte.
Ore 11:55 - Federico, consulente di Kiev: Putin? Soffre della sindrome di Cushing
Il luminare pugliese Massimo Federico, da dieci anni consulente della sanità di Kiev, individua nella sindrome di Cushing il male che rende così aggressivo Putin: “E che si manifesta visivamente con il volto a forma di luna”. L’oncologo spiega tutto in questa intervista.
Ore 12:22 - Papa: prego per mamme che hanno perso figli, ucraine e russe
«Oggi vedendo la Madonna che porta il Bambino nel presepio, che lo allatta, penso alle mamme delle vittime della guerra, dei soldati che sono caduti in questa guerra in Ucraina, le mamme ucraine e le mamme russe, ambedue hanno perso i figli, questo il prezzo delle guerre. Preghiamo per le mamme che hanno perso i figli soldati, siano ucraine siano russe». Lo ha detto il Papa all’Angelus.
Ore 12:46 - Kiev, 3 civili uccisi e 8 feriti in 24 ore attacchi russi
Almeno tre civili sono morti e altri 9 sono rimasti uccisi nelle ultime 24 ore, malgrado la tregua offerta da Mosca, in attacchi russi nelle regioni ucraine di Donetsk, Kherson e Krakiv. Lo scrive l’ufficio della presidenza ucraina citata dal Kyiv Independent.
Ore 14:34 - Mosca: « A Kramatorsk uccisi 600 soldati ucraini»
Il governo di Mosca sostiene che le truppe russe hanno condotto un «attacco di rappresaglia» nella città di Kramatorsk, in Ucraina orientale, attaccando due caserme militari, per vendicare la morte degli 89 soldati russi uccisi nei giorni scorsi a Makiivka. Secondo la nota diffusa dal ministero della Difesa russo, nel suo consueto briefing, nell’attacco alle truppe di Kiev di stanza nei due edifici «sono rimasti uccisi più di 600 militari ucraini».
Ore 14:42 - Mosca: noi osservato cessate il fuoco, Kiev ha invece bombardato
Continuano le recriminazioni di Mosca all’indomani della pausa natalizia. «Le forze armate russe hanno osservato un cessate il fuoco fino alla mezzanotte del 7 gennaio» mentre «l’Ucraina ha continuato a bombardare intensamente», afferma il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov, scrive Interfax.
Ore 15:13 - Kiev: nessuna mobilitazione obbligatoria delle donne fino 2026
«Nessuna mobilitazione obbligatoria delle donne ucraine fino al 2026». Lo ha annunciato il viceministro della Difesa dell’Ucraina Hanna Maliar, riporta Ukrinform, precisando che le donne ucraine possono essere chiamate alla mobilitazione se «hanno una specialità medica».
Ore 15:44 - Scambio di 50 prigionieri fra Mosca e Kiev
Si è verificato uno scambio di 50 prigionieri per parte fra Mosca e Kiev, per un totale di 100. Russia e Ucraina lo hanno comunicato così. Il ministero della Difesa russo ha detto: «Cinquanta militari russi che erano in pericolo di vita sono stati rimpatriati dal territorio controllato dal regime di Kiev». Mentre il capo dell’ufficio di presidenza ucraino, Andriy Yermak, ha invece fatto sapere che fra i rimpatriati «vi sono personale militare delle forze armate, delle forze per le operazioni speciali e delle forze navali, delle forze di difesa territoriale, della guardia nazionale e del servizio di frontiera». Il canale Telegram del Kiev Independent pubblica il video dei prigionieri ucraini rilasciati nello scambio (mentre cantano).
Ore 16:16 - Kiev smentisce la strage di soldati a Kramatorsk: «Sciocchezze»
Gli ucraini hanno liquidato come «una sciocchezza» la rivendicazione russa secondo cui un gran numero di soldati ucraini sarebbero stati uccisi, in segno di rappresaglia, a Kramatorsk. «Questa è una sciocchezza», ha detto alla Cnn Serhii Cherevatyi, un portavoce delle forze armate di Kiev nel settore orientale. L’emittente americana, che ha inviati sul posto, ha aggiunto che non ci sono indicazioni di un alto numero di vittime. E non sono state rilevate attività insolite dentro o intorno a Kramatorsk, neanche nei pressi dell’obitorio.
Ore 16:25 - Premier di Kiev: «L’Ucraina è diventata più grande campo minato del mondo»
La guerra ha trasformato l’Ucraina nel «più grande campo minato del mondo con un’area di 250mila chilometri quadrati». Lo ha detto il premier di Kiev, Denys Shmyhal, in un’intervista all’agenzia sudcoreana Yonhap riportata da Ukrinform. «Questo non solo rende difficile per le persone viaggiare, ma causa anche gravi interruzioni nell’agricoltura, che è uno dei rami principali dell’economia ucraina», ha aggiunto.
Ore 16:26 - «Mosca ha usato bombe a grappolo su Zaporizhzhia»
Secondo Oleksandr Starukh, capo dell’amministrazione militare regionale di Zaporizhzhia, nella notte i russi hanno usato «munizioni a grappolo» per colpire la periferia meridionale della città.
Ore 16:34 - Sindaco di Kramatorsk: nessuna vittima dopo l’attacco russo
Il sindaco di Kramatorsk, Alexander Goncharenko, ha confermato l’attacco russo sulla città ma ha smentito che ci siano delle vittime parlando solamente di «molti edifici danneggiati». Lo riporta Ukrainska Pravda.
Ore 17:16 - La Wagner insiste su Bakhmut: Prigozhin vuole miniere e tunnel
IL PUNTO MILITARE - (di Andrea Marinelli e Giudo Olimpio) Evgeny Prigozhin vuole conquistare i tunnel di Bakhmut, una rete estesa usata per le miniere di sale e gesso ma dal valore militare. Il capo della Wagner lo ha dichiarato ai media per spiegare l’insistenza negli assalti alla località ucraina.
Da cinque mesi i mercenari della compagnia privata vanno all’attacco per aprire una breccia nelle difese attorno a Bakhmut e al sobborgo di Soledar, epicentro della battaglia. Miliziani — compresi ex detenuti liberati a patto che indossassero la divisa —, riservisti e regolari hanno investito le linee nemiche lasciando sul campo centinaia di elementi e provocando perdite altrettanto gravi tra i difensori. Spazzati via dal fuoco dell’artiglieria, dalle incursioni di piccoli droni che sganciano granate dentro le trincee, da un diluvio di bombe. Le case sono state trasformate in bunker, le macerie in protezioni supplementari. Un bastione duro da superare, lo stesso Prigozhin lo ha ammesso per giustificare l’avanzata lentissima.
Ore 17:24 - Usa: 682 milioni di dollari ai Paesi del fianco est della Nato
L’amministrazione Usa ha annunciato che invierà anche 682 milioni di dollari ai Paesi sul fianco orientale della Nato, alcuni dei quali hanno prosciugato i loro arsenali militari per fornire armi all’Ucraina. La notizia è stata data nell’ambito dell’annuncio di un altro pacchetto di forniture militari all’Ucraina da oltre 3 miliardi di dollari che include 50 veicoli da combattimento Bradley, particolarmente adatti a combattere le forze della Russia in Donbass, con 500 missili anti-carro TOW e 250mila munizioni da 25 millimetri.
Ore 19:16 - Mosca: «Kiev sfigura cadaveri per incolparci di torture»
«I servizi speciali dell'Ucraina hanno preparato una provocazione su larga scala nella regione di Kharkiv aprendole tombe in diversi cimiteri». Lo ha riferito il ministero della Difesa russo. Lo riporta Ria Novosti. Secondo Mosca «i cadaveri dissotterrati sono stati sfigurati per farli passare come prova delle "torture" e delle "esecuzioni" russe». Le tombe sarebbero state nei cimiteri degli insediamenti di Cossack Lopan, Veliky Burluk, Shipovatoe e Khatnoye.
Ore 20:13 - Zelensky: solo il rafforzamento dell'Ucraina è garanzia per pace
Zelensky nel suo consueto messaggio serale, pubblicato sui social, ha detto: «Il mondo ha visto di nuovo in questi giorni che la Russia mente anche quando richiama l'attenzione sulla situazione al fronte con le sue stesse dichiarazioni. Bombardamento russo di Kherson con munizioni incendiarie subito dopo Natale. Gli attacchi a Kramatorsk e in altre città del Donbass hanno preso di mira i civili proprio quando Mosca parlava di "tregua". Nessun tentativo da parte della Russia di manipolare la diplomazia e la politica funzionerà mai. Solo il rafforzamento dell'Ucraina, solo i successi dell'Ucraina, solo il ripristino dell'integrità territoriale dell'Ucraina, solo il ritorno di tutto il nostro popolo dalla prigionia russa sono garanzie per il ripristino della pace. Ci stiamo avvicinando ogni giorno di più».
Ucraina, lettera di 10 giornalisti ex corrispondenti di guerra contro la propaganda dei nostri media sulla guerra. Storia di Redazione Tgcom24 l’8 gennaio 2023.
Undici storici corrispondenti di grandi media lanciano l'allarme sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto: "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin". L'ex inviato del Corriere Massimo Alberizzi: "Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni". Toni Capuozzo (ex TG5): "Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos'è la guerra".
"Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male". Inizia così l’appello pubblico di undici storici inviati di guerra di grandi media nazionali (Corriere, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama, Sole 24 Ore), che lanciano l'allarme sui rischi di una narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto nel giornalismo italiano (qui il testo integrale sul quotidiano online Africa ExPress). "Noi la guerra l'abbiamo vista davvero e dal di dentro: siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti", esordiscono Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Cristiano Laruffa, Alberto Negri, Giovanni Porzio, Amedeo Ricucci, Claudia Svampa, Vanna Vannuccini e Angela Virdò. "Proprio per questo – spiegano – non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi", notano i firmatari. "Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo".
"L’opinione pubblica spinta verso la corsa al riarmo” – Gli inviati, come ormai d’obbligo, premettono ciò che è persino superfluo: “Qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: è l’unico responsabile? Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandino perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin“. Mentre, notano, “manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo”. Quegli stessi media che “ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica e la preparano a una pericolosissima corsa al riarmo. Per quel che riguarda l’Italia, a un aumento delle spese militari fino a raggiungere il due per cento del Pil. Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L’emergenza guerra – concludono – sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre".
Alberizzi: “Non è più informazione, è propaganda” – Parole di assoluto buonsenso, che tuttavia nel clima attuale rischiano fortemente di essere considerate estremiste. “Dato che la penso così, in giro mi danno dell’amico di Putin”, dice al fattoquotidiano.it Massimo Alberizzi, per oltre vent’anni corrispondente del Corriere dall’Africa. “Ma a me non frega nulla di Putin: sono preoccupato da giornalista, perché questa guerra sta distruggendo il giornalismo. Nel 1993 raccontai la battaglia del pastificio di Mogadiscio, in cui tre militari italiani in missione furono uccisi dalle milizie somale: il giorno dopo sono andato a parlare con quei miliziani e mi sono fatto spiegare perché, cosa volevano ottenere. E il Corriere ha pubblicato quell’intervista. Oggi sarebbe impossibile“. La narrazione del conflitto sui media italiani, sostiene si fonda su “informazioni a senso unico fornite da fonti considerate “autorevoli” a prescindere. L’esempio più lampante è l’attacco russo al teatro di Mariupol, in cui la narrazione non verificata di una carneficina ha colpito allo stomaco l’opinione pubblica e indirizzandola verso un sostegno acritico al riarmo. Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni e nemmeno chi si informa leggendo più quotidiani al giorno riesce a capirci qualcosa”.
Negri: “Fare spettacolo interessa di più che informare” – “Questa guerra è l’occasione per molti giovani giornalisti di farsi conoscere, e alcuni di loro producono materiali davvero straordinari“, premette invece Alberto Negri, trentennale corrispondente del Sole da Medio Oriente, Africa, Asia e Balcani. “Poi ci sono i commentatori seduti sul sofà, che sentenziano su tutto lo scibile umano e non aiutano a capire nulla, ma confondono solo le acque. Quelli mi fanno un po’ pena. D’altronde la maggior parte dei media è molto più interessata a fare spettacolo che a informare”. La vede così anche Toni Capuozzo, iconico volto del Tg5, già vicedirettore e inviato di guerra – tra l’altro – in Somalia, ex Jugoslavia e Afghanistan: “L’influenza della politica da talk show è stata nefasta”, dice al fattoquotidiano.it. “I talk seguono una logica binaria: o sì o no. Le zone grigie, i dubbi, le sfumature annoiano. Nel raccontare le guerre questa logica è deleteria. Se ci facciamo la domanda banale e brutale “chi ha ragione?”, la risposta è semplice: Putin è l’aggressore, l’Ucraina aggredita. Ma una volta data questa risposta inevitabile servirebbe discutere come si è arrivati fin qui: lì verrebbero fuori altre mille questioni molto meno nette, su cui occorrerebbe esercitare l’intelligenza”.
Capuozzo: “In guerra i dubbi sono preziosi” – “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori”, argomenta Capuozzo. “Invece è proprio in queste circostanze che i dubbi sono preziosi e l’unanimismo pericolosissimo. Credo che questo modo di trattare il tema derivi innanzitutto dalla non conoscenza di cos’è la guerra: la guerra schizza fango dappertutto e nessuno resta innocente, se non i bambini. E ogni guerra è in sè un crimine, come dimostrano la Bosnia, l’Iraq e l’Afghanistan, rassegne di crimini compiute da tutte le parti”. Certo, ci sono le esigenze mediatiche: “È ovvio che non si può fare un telegiornale soltanto con domande senza risposta. Però c’è un minimo sindacale di onestà dovuta agli spettatori: sapere che in guerra tutti fanno propaganda dalla propria parte, e metterlo in chiaro. In situazioni del genere è difficilissimo attenersi ai fatti, perché i fatti non sono quasi mai univoci. Così ad avere la meglio sono simpatie e interpretazioni ideologiche”. Una tendenza che annulla tutte le sfumature anche nel dibattito politico: “La mia sensazione è che una classe dirigente che sente di avere i mesi contati abbia colto l’occasione di scattare sull’attenti nell’ora fatale, tentando di nascondere la propria inadeguatezza. Sentire la parola “eroismo” in bocca a Draghi è straniante, non c’entra niente con il personaggio”, dice. “Siamo diventati tutti tifosi di una parte o dell’altra, mentre dovremmo essere solo tifosi della pace”.
Ucraina, rappresaglia russa a Kramatorsk: 600 morti. Kiev nega tutto. Il Tempo l’08 gennaio 2023
Guerra sul campo di battaglia e su quello dell'informazione tra Russia e Ucraina. Le celebrazioni per il Natale ortodosso si sono concluse ieri ma le festività comuni fra russi e ucraini non hanno portato spiragli di pace, anzi. La tregua di trentasei ore annunciata da Mosca non è stata rispettata nemmeno dalle forze del Cremlino, che hanno colpito diverse località in Donbass. Kiev, dal canto suo, aveva subito bollato come una farsa la richiesta del presidente russo Vladimir Putin di una "sospensione" delle armi per un giorno e mezzo: "Nessuno stop - è stato il messaggio ucraino - fino a quando gli occupanti non se ne andranno dal Paese". Così è stato per tutto il fine settimana e anche oggi domenica 8 gennaio si sono segnalati attacchi in diverse regioni.
Il più cruento sarebbe avvenuto a Kramatorsk, in quella parte di Donbass tuttora in mani ucraine: il condizionale è d'obbligo perché sui fatti ci sono le versioni opposte di turi e ucraini. Secondo Mosca sarebbero stati uccisi 600 soldati di Kiev come ritorsione per la strage di Makiivka nelle ore di Capodanno. L’Ucraina parla invece di totale fake news e ha liquidato la notizia come "sciocchezza".
Particolarmente critica è inoltre la situazione nella zona di Zaporizhzhia dove, secondo l’entourage di Zelensky, i russi avrebbe sparato bombe a grappolo, proibite in base alle convenzioni internazionali. Ma una vittima si è registrata anche nell’oblast di Kharkiv mentre Mosca ha riferito di missili ucraini sulla centrale elettrica di Starobeshevskaya, nella regione di Donetsk occupata, e di una potente esplosione nei pressi di un gasdotto nel territorio di Lugansk, anch’esso controllato dal Cremlino. L’attacco all’infrastruttura avrebbe provocato l’interruzione delle utenze per oltre tredici mila famiglie rimaste al freddo.
Intanto le temperature nel Paese invaso sono in picchiata, fino a -16 in molte città del centro-est. Si teme che Putin possa approfittarne e colpire ancora una volta le principali fonti di energia e riscaldamento, anche se alcuni analisti - nazionali e stranieri - sostengono invece che le riserve balistiche russe si stiano assottigliando e la Russia in questo momento debba centellinare gli attacchi. Mosca ha smentito poi la mobilitazione di altri 500mila uomini per il fronte ma la sensazione è che Putin sia di fronte ad un bivio: tentare la spallata definitiva, accrescendo i coscritti e provando a prendersi quanto meno l’intero Donbass, o aprire la strada ad un negoziato che per ora, però, appare un miraggio.
Kramatorsk, l'ultimo bluff Mosca: "Uccisi in 600". Kiev: "Falso, neanche uno". Attacco missilistico sulla città: è strage secondo i russi. Ma per i testimoni non c'è nessuna vittima. Matteo Basile il 9 gennaio 2023 su Il Giornale.
Durante una guerra la propaganda è inevitabile. E può anche giocare un ruolo importante se non per le sorti del conflitto almeno per indirizzare le opinioni, sia all'interno che oltre confine. Ma c'è un punto in cui la propaganda va oltre e raggiunge un livello che rasenta l'assurdo. Perché un conto è manipolare le notizie e cercare di indirizzare quello che accade dalla propria parte. Ci sta. È sempre successo e sempre succederà. Ma inventare di sana pianta un fatto, infarcirlo di particolari e poi venire smentiti va davvero oltre. Sempre al netto, si intende, di quella che è la propaganda nemica. Ma i fatti, alla fine, al netto dei proclami, sembrerebbero piuttosto chiari.
Succede tutto a Kramatorsk, nell'oblast di Donetsk, Sud-Est dell'Ucraina. «Le forze armate russe hanno ucciso più di 600 militari ucraini in un massiccio attacco missilistico su basi temporanee», annuncia in pompa magna il portavoce del ministero della Difesa Igor Konashenkov, aggiungendo che «l'intelligence russa ha rilevato e confermato in modo affidabile attraverso vari canali indipendenti alcune basi temporanee di militari ucraini» e che l'attacco è stato «una risposta a un attacco illecito del regime di Kiev a una base militare russa temporanea nell'insediamento di Makiivka», la stessa in cui secondo gli ucraini erano morti 400 soldati russi mentre per il Cremlino, che all'inizio aveva cercato di negare tutto, le vittime erano state «solo» 89. Seicento vittime sarebbero il bilancio più pesante in un singolo attacco registrato dalle forze armate ucraine dall'inizio della guerra. Una carneficina? «No, questa è una sciocchezza», ha detto Serhii Cherevatyi, portavoce delle forze armate di Kiev. «Sono stati danneggiati due istituti scolastici, otto condomini e garage. Ma non sono segnalate vittime», ha riferito Oleksandr Honcharenko, sindaco della città smentendo nettamente la versione di Mosca.
Fin qui, potremmo essere di fronte alle ormai consuete schermaglie delle rispettive propagande. Ma sia la Cnn che la Reuters che hanno visitato la zona subito dopo l'attacco hanno confermato in toto la versione ucraina. I due dormitori che, secondo il ministero della Difesa russo ospitavano temporaneamente oltre mille militari ucraini vicino al fronte di guerra, non solo non sono stati seriamente danneggiati ma al momento del blitz sarebbero stati deserti. Al punto che nessuno ha trovato persone ferite o morte e nemmeno tracce di sangue e anche nei pressi dell'obitorio cittadino non sono state rilevate attività insolite, così come nel resto della città.
Una bufala quindi, alla luce dei fatti. Un tentativo di propaganda che sfocia nella pura falsità. Nella migliore delle ipotesi un'operazione fallita: un attacco che doveva essere clamoroso e che invece si è dimostrato un buco nell'acqua. E che anzi si trasforma in un autogol perché sostenendo la tesi della vendetta per la strage, quella sì reale, di Makiivka la notte di capodanno, di fatto conferma quanto l'attacco ucraino sulla base russo abbia causato vittime e creato scompiglio interno alle forze armate di Mosca, finite nel mirino della critica per la gestione della base. Un altro colpo alla tanto sbandierata potenza militare russa oltre che l'ennesima dimostrazione di come ogni parola che esce dal Cremlino debba essere soppesata con attenzione. E, quasi sempre, bollata come non credibile.
Usa ancora in pressing su Roma e Parigi. "Spedite il sistema antimissile Mamba". Dal Pentagono obici semoventi e tank. Ma Zelensky punta alla batteria che intercetta aerei e droni. E i governi tentennano. Francesco De Remigis il 9 gennaio 2023 su Il Giornale.
L'assistenza umanitaria e militare a Kiev è fuor di dubbio, nelle cancellerie occidentali. Ma il crescendo degli attacchi di Mosca, tanto nel Donbass quanto in altre regioni ucraine dove per la pioggia di missili i civili sono ancora costretti ai rifugi antiaerei ha spinto pure gli Stati Uniti a bussare agli alleati europei, e non più il solo Zelensky. L'imperativo della Casa Bianca sembra essere rimpolpare le truppe gialloblù con mezzi più moderni. Stavolta sul tavolo c'è il sistema di difesa aerea terra-aria noto come Mamba. È una produzione italo-transalpina, e sembra la sola a rientrare nella definizione di «scudo efficace», chiesto da Kiev già lo scorso autunno per difendere le città. Finora il Mamba è però rimasto dov'è, nonostante il pressing.
Il Samp/T, questo il nome, è in grado di intercettare anche aerei e droni; quindi è considerato vitale da Zelensky. E pure dal Pentagono che, contestualmente alla sveglia lanciata agli alleati europei, ha svelato i contenuti del nuovo pacchetto da 3 miliardi di dollari che gli Usa manderanno a Kiev; compresi, per la prima volta, 18 obici semoventi Paladin con cartucce da 105 millimetri e 50 tank Bradley adatti a combattere in Donbass. Il Samp/T è invece progettato per proteggere trincee e siti sensibili, valido contro tutte le minacce aeree. Ma non si trova nei magazzini, come buona parte dei carri e delle armi che l'Europa ha spedito in Ucraina. Sono 5 le batterie in dotazione al 4° reggimento artiglieria controaerei di Mantova, più una per l'addestramento. Si tratta di valutare se l'Italia possa permettersi di fare a meno di una di queste, che oltre a essere costose dovrebbero essere rimpiazzate per non dar l'impressione di sguarnire la sicurezza nazionale. C'è poi il fatto che questa dotazione sia frutto di joint venture tra Roma e Parigi. La cessione va concordata con la Francia, che a sua volta tergiversa; perché l'intero sistema dovrebbe essere spostato in aereo da velivoli tattici Nato, come l'Airbus A400M Grizzly e il Lockheed C-130J Super Hercules. Cadrebbe il segreto sulle armi che l'Italia sta inviando a Kiev, e il nostro Paese sarebbe ancor più esposto (con Parigi) alle minacce di Mosca.
Dal Pentagono altri soldi a Kiev, veicoli corazzati e missili a Kiev: 500 anti-carro Tow e 250mila munizioni. Ma non sistemi così avanzati come il Samp/T. E se il raggio d'azione garantisce un ombrello di protezione su una grande città, non sarebbe il solo; l'altra ipotesi è ricondizionare il vecchio Spada 2.000 con missili Aspide, meno efficace, che monta invece Aster 30 a lancio verticale capaci d'intercettare aerei entro 100 km e missili entro 25 km.
Roma è nel novero del «nuovo livello» di assistenza militare a cui si chiede di far fronte, specie dopo la telefonata del consigliere per la Sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan al consigliere diplomatico del premier Meloni, Francesco Talò. Il sesto pacchetto di aiuti è però in stand by. E lo sarà almeno fino al 20 gennaio, quando l'Ukraine defense contact group (il «formato Ramstein» con 50 Paesi) si confronterà sulle effettive necessità gialloblù e sui nuovi possibili apporti. Sul campo restano gli Himars statunitensi (ma depotenziati per non colpire la Russia). Germania, Francia e Gran Bretagna hanno promesso l'invio di altri corazzati: Marder tedeschi, Amx-10 francesi e Warrior britannici che in un paio di mesi fortificheranno le brigate mobili in vista dell'offensiva russa di primavera; di ampia scala, stando agli 007. E non solo per far passare i tank dell'Alleanza, il fronte orientale Nato riceverà 682 milioni di dollari da Washington. Ma per riarmarsi.
Ucraina Russia, le notizie del 9 gennaio sulla guerra. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 9 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di lunedì 9 gennaio, in diretta. L'attacco russo a Kramatorsk per «rappresaglia» dopo la distruzione della base a Makiivka. Scambio di 50 prigionieri per parte tra Russia e Ucraina
• La guerra in Ucraina è arrivata al 320esimo giorno
• Pesanti combattimenti nel Donetsk. Mosca dichiara di aver ucciso oltre 600 soldati ucraini a Kramatorsk , ma Kiev smentisce.
• I mercenari della Wagner insistono su Bakhmut: ecco perché.
• Scambio di 50 prigionieri per parte tra Mosca e Kiev.
• Berlino non esclude l’invio di carri Leopard all’Ucraina
Ore 04:35 - Kiev, 3 civili uccisi e 8 feriti in 24 ore attacchi russi
Almeno tre civili sono morti e altri 9 sono rimasti uccisi nelle ultime 24 ore, malgrado la tregua offerta da Mosca, in attacchi russi nelle regioni ucraine di Donetsk, Kherson e Krakiv. Lo scrive l’ufficio della presidenza ucraina citata dal Kyiv Independent.
Ore 04:50 - La Wagner insiste su Bakhmut: Prigozhin vuole miniere e tunnel
Ore 04:41 - Scambio di 50 prigionieri fra Mosca e Kiev
Si è verificato uno scambio di 50 prigionieri per parte fra Mosca e Kiev, per un totale di 100. Russia e Ucraina lo hanno comunicato così. Il ministero della Difesa russo ha detto: «Cinquanta militari russi che erano in pericolo di vita sono stati rimpatriati dal territorio controllato dal regime di Kiev». Mentre il capo dell’ufficio di presidenza ucraino, Andriy Yermak, ha invece fatto sapere che fra i rimpatriati «vi sono personale militare delle forze armate, delle forze per le operazioni speciali e delle forze navali, delle forze di difesa territoriale, della guardia nazionale e del servizio di frontiera». Il canale Telegram del Kiev Independent pubblica il video dei prigionieri ucraini rilasciati nello scambio (mentre cantano).
IL PUNTO MILITARE - (di Andrea Marinelli e Giudo Olimpio) Evgeny Prigozhin vuole conquistare i tunnel di Bakhmut, una rete estesa usata per le miniere di sale e gesso ma dal valore militare. Il capo della Wagner lo ha dichiarato ai media per spiegare l’insistenza negli assalti alla località ucraina.
Da cinque mesi i mercenari della compagnia privata vanno all’attacco per aprire una breccia nelle difese attorno a Bakhmut e al sobborgo di Soledar, epicentro della battaglia. Miliziani — compresi ex detenuti liberati a patto che indossassero la divisa —, riservisti e regolari hanno investito le linee nemiche lasciando sul campo centinaia di elementi e provocando perdite altrettanto gravi tra i difensori. Spazzati via dal fuoco dell’artiglieria, dalle incursioni di piccoli droni che sganciano granate dentro le trincee, da un diluvio di bombe. Le case sono state trasformate in bunker, le macerie in protezioni supplementari. Un bastione duro da superare, lo stesso Prigozhin lo ha ammesso per giustificare l’avanzata lentissima.
Ore 05:00 - Mosca: « A Kramatorsk uccisi 600 soldati ucraini»
Il governo di Mosca sostiene che le truppe russe hanno condotto un «attacco di rappresaglia» nella città di Kramatorsk, in Ucraina orientale, attaccando due caserme militari, per vendicare la morte degli 89 soldati russi uccisi nei giorni scorsi a Makiivka. Secondo la nota diffusa dal ministero della Difesa russo, nel suo consueto briefing, nell’attacco alle truppe di Kiev di stanza nei due edifici «sono rimasti uccisi più di 600 militari ucraini».
Ore 05:03 - Kiev smentisce la strage di soldati a Kramatorsk: «Sciocchezze»
Gli ucraini hanno liquidato come «una sciocchezza» la rivendicazione russa secondo cui un gran numero di soldati ucraini sarebbero stati uccisi, in segno di rappresaglia, a Kramatorsk. «Questa è una sciocchezza», ha detto alla Cnn Serhii Cherevatyi, un portavoce delle forze armate di Kiev nel settore orientale. L’emittente americana, che ha inviati sul posto, ha aggiunto che non ci sono indicazioni di un alto numero di vittime. E non sono state rilevate attività insolite dentro o intorno a Kramatorsk, neanche nei pressi dell’obitorio.
Ore 05:10 - Berlino: «Non escluso invio di carri Leopard a Kiev»
Nuovi aiuti militari all’Ucraina. Il vicecancelliere e ministro dell’Economia e della Protezione del clima tedesco Robert Habeck non esclude che la Germania decida in futuro di fornire carri armati Leopard all’Ucraina. Lo riporta l’agenzia russa Tass. «No, questo ovviamente non è escluso», ha detto Habeck al canale televisivo Ard quando gli è stato chiesto della possibilità di fornire tali mezzi a Kiev. «Stiamo studiando la situazione, stiamo allineando le nostre azioni con altri Paesi. Osserveremo come si svilupperà ulteriormente la discussione» su questo tema in Germania», ha affermato il ministro. Secondo lui, la dinamica della fornitura di armi a Kiev cambierà a seconda dello sviluppo del corso delle ostilità in Ucraina.
L’ambasciata russa a Berlino ha condannato la decisione delle autorità tedesche di inviare veicoli da combattimento di fanteria a Kiev e l’ha definita un altro passo verso l’escalation del conflitto in Ucraina. La missione diplomatica di Mosca ha aggiunto che le autorità tedesche hanno compiuto questo passo «in particolare sotto la forte pressione di Washington».
Ore 08:32 - Bakhmut al centro degli scontri. Mosca: «Liberata». Kiev: «Resiste»
Due versioni diverse, ancora una volta, sulla presa di Bakhmut, arrivano dai due fronti. Secondo il Quartier Generale della Difesa Territoriale dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, le forze russe hanno «liberato» l’insediamento di Bakhmut. «Bakhmut resiste, nonostante tutto- ha invece affermato il presidente ucraino Zelensky nel suo consueto messaggio notturno alla nazione- E anche se la maggior parte della città è stata distrutta dagli attacchi russi, i nostri soldati respingono i continui tentativi russi di avanzare».
Intorno alla città dell’Ucraina orientale feroci combattimenti sono in corso da cinque mesi, con i mercenari del gruppo Wagner, fondato dall’alleato del presidente russo Vladimir Putin, Evgeny Prigozhin che attaccano le difese ucraine per aprire una breccia nelle difese attorno a Bakhmut e al sobborgo di Soledar, epicentro della battaglia.
Ore 09:23 - Kiev, attacco massiccio dei russi nella notte a Bakhmut
Secondo il comandante del battaglione Libertà della Guardia nazionale ucraina Yevgeny Oropai nel corso della notte ci sono stati diversi assalti della fanteria russa vicino alla città orientale di Bakhmut, nel Donetsk. Lo ha detto alle tv ucraine, citato da Unian. «I russi stanno cercando di attaccare in maniera massiccia», ha detto Oropai. Intanto il portavoce del Gruppo delle forze orientali dell’esercito di Kiev Sergiy Cherevaty, ha dichiarato che la situazione nell’area della città di Soledar, Donetsk, rimane tesa. Per stabilizzare la situazione, il comando ucraino ha inviato forze e mezzi aggiuntivi.
Ore 10:10 - Bakhumt caduta? Kiev smentisce
(dalla nostra inviata a Kiev, Marta Serafini) Kiev smentisce le voci dei filorussi secondo cui Bakhmut sarebbe caduta. L’Ucraina sta rafforzando le sue forze nella regione orientale del Donbass e respingendo i continui attacchi a Bakhmut e ad altre città da parte del gruppo mercenario russo Wagner, hanno dichiarato le autorità ucraine a Reuters. Rinforzi sono stati inviati a Soledar, una piccola città vicino a Bakhmut dove la situazione è particolarmente difficile dato l’assalto delle forze della Wagner. Bakhmut è sotto assedio da maggio ed è una città per lo più distrutta, dove sono rimaste poche decine di civili.
Ore 10:27 - Papa: cessi immediatamente conflitto insensato
Il Papa torna a parlare di «terza guerra mondiale» e a chiedere che cessi «immediatamente questo conflitto insensato» in Ucraina. Ricordando che «gli attacchi alle infrastrutture civili» in questa guerra «portano le persone a perdere la vita non solo a causa degli ordigni e delle violenze, ma anche di fame e di freddo», il Papa, parlando agli ambasciatori, richiama la Gaudium et spes, secondo la quale «ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione».
Ore 10:50 - Autorità denunciano raid russo su mercato, morte due donne
Due donne sono rimaste uccise e altre tre donne e una bambina di 10 anni sono rimaste ferite in un attacco missilistico russo, questa mattina, su un mercato nel villaggio di Shevchenkove, nell’Ucraina orientale. Lo ha riferito Oleh Synyehubov, governatore della regione di Kharkiv, su Telegram. «Secondo informazioni confermate, purtroppo è morta una donna di 60 anni. Tutte le altre vittime sono state ricoverate in ospedale. I medici li stanno aiutando. I soccorritori continuano a rimuovere i detriti», ha scritto. La notizia non è stata per ora confermata da altre fonti indipendenti. Anton Gerashchenko, consigliere del ministro dell’Interno ucraino, ha dichiarato che 7 civili sono rimasti feriti, tra cui una ragazza di 13 anni. I russi hanno bombardato il mercato nel villaggio di Shevchenkove con sistemi di difesa aerea S-300, ha detto.
Ore 11:06 - Cremlino: nessuna nuova mobilitazione, Macron e Putin mantengono i contatti
Il portavoce del Crermlino, Dmitri Peskov, ha esortato a non attribuire molta importanza alle voci su una nuova ondata di mobilitazione parziale in Russia, apparse su numerosi canali Telegram durante le vacanze di Capodanno. «Non è necessario attribuire tanta importanza, in generale, ai canali Telegram», ha detto Peskov ai giornalisti. «La fonte primaria è il governo guidato dal presidente della Federazione russa. Non c’è bisogno di dare molta importanza ai canali Telegram», ha sottolineato riferendosi agli allarmi diffusi negli ultimi giorni sull’imminente ripresa della campagna di mobilitazione.
Peskov ha anche aggiunto che i presidenti di Russia e Francia, Vladimir Putin ed Emmanuel Macron, «mantengono i contatti». Lo riporta Ria Novosti. «Ora c’è una pausa nel dialogo, ma nella fase precedente il contatto è stato molto utile e molto costruttivo, nonostante tutte le differenze, anche profonde», ha aggiunto.
Ore 11:16 - Kiev: stiamo respingendo continui attacchi russi a Bakhmut
Le autorità ucraine hanno affermato oggi che l’esercito sta respingendo i continui attacchi a Bakhmut e in altre città da parte del gruppo mercenario russo Wagner. Lo riferisce il Guardian. L’esercito ucraino ha dichiarato: «Il nemico ha fatto un nuovo disperato tentativo di assaltare la città di Soledar da diverse direzioni e ha buttato sul campo di battaglia le unità più professionali dei wagneriti».
Ore 11:31 - Cremlino: fornitura armi a Kiev prolunga sofferenze ucraini
Le forniture all’Ucraina di carri armati e altre armi, annunciate la scorsa settimana da diversi Paesi occidentali, non farebbe altro che «prolungare le sofferenze» degli ucraini e non «cambierebbe» gli equilibri di potere. Lo ha dichiarato ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. La scorsa settimana, Stati Uniti e Germania hanno dichiarato che avrebbero consegnato carri armati per la fanteria, mentre la Francia ha annunciato che avrebbe inviato carri armati leggeri a Kiev.
Ore 11:45 - Russia, registrati atti tortura su nostri soldati prigionieri
Il comitato investigativo istituito dalla Russia ha registrato «nuovi episodi di tortura» dei prigionieri russi in Ucraina. Lo riporta Ria Novosti. In particolare una persona «è stata interrogata per dieci giorni senza poter mangiare o dormire» mentre a un’altra «sono stati estratti i denti superiori».
Ore 11:45 - Filorussi annunciano conquista villaggio vicino Bakhmut
Le forze dei separatisti ucraini, sostenuti dalla Russia, nella regione orientale di Donetsk in Ucraina hanno annunciato la conquista di un villaggio vicino alla città chiave di Bakhmut che Mosca da mesi cerca di prendere sotto il suo controllo. Il villaggio di Bakhmutske nel «territorio della Repubblica popolare di Donetsk è stato liberato dalle forze armate della Federazione russa», si legge in un comunicato delle autorità separatiste su Telegram ma che non è stato possibile verificare in modo indipendente. Il villaggio si trova a Nord-Est di Bakhmut, una città vinicola e mineraria che aveva una popolazione di 70 mila persone ed è ora un epicentro dei combattimenti. Il villaggio è appena fuori dalla città di Soledar, anch’essa teatro di pesanti combattimenti in cui sono ingaggiati i mercenari della società privata russa Wagner.
Ore 13:01 - Mosca su mine Italia: «Quanti souvenir da Roma?»
«Mine di fabbricazione italiana TS/6.1, TS50 e TS/2,4 (MATS/2) sono state disinnescate dai genieri russi sul territorio ucraino ed esposte nell’estate del 2022 in una mostra di armi catturate, nel parco `Patriot´ di Mosca. E quanti di questi `souvenirs d’Italie´ rimangono ancora in terra ucraina? Le persone ne soffriranno per molto tempo a venire». Lo ha scritto in un post l’ambasciata russa a Roma, pubblicando una foto delle mine in questione. Nei giorni scorsi, il ministero degli Esteri di Mosca aveva dichiarato che l’Italia non può svolgere il ruolo di garante in un’eventuale trattativa di pace con l’Ucraina, perché «è di parte e non sarebbe un’intermediaria onesta». «È noto che Roma fornisce mine antiuomo a Kiev», aveva detto Mosca poi smentita dal ministro della Difesa, Guido Crosetto. «L’Italia non produce mine antiuomo e non le fornisce a nessun Paese al mondo, Ucraina compresa», aveva precisato Crosetto.
Ore 14:39 - Media: Gb valuta primo invio carri armati a Kiev
Il Regno Unito sta valutando la possibilità di fornire, per la prima volta, all’Ucraina carri armati britannici per combattere le forze russe. Lo riporta Sky News. Sono in corso discussioni «da alcune settimane» sulla consegna di un certo numero di carri armati Challenger 2 dell’esercito britannico alle forze armate ucraine, ha affermato una fonte occidentale a conoscenza della discussione.
Ore 14:40 - Kuleba: nessun alleato avrà fatto abbastanza finché i russi rimarranno in Ucraina
«L’Ucraina è grata ai suoi partner per il loro aiuto militare, ma dobbiamo essere onesti l’uno con l’altro: nessuno avrà fatto abbastanza finché gli stivali russi rimarranno sul suolo ucraino. Armare il nostro Paese per la vittoria è la via più breve per ripristinare la pace e la sicurezza in Europa e oltre». Lo ha scritto su Twitter il ministro ucraino degli Esteri, Dmytro Kuleba
Ore 15:59 - Kiev: ospedale vicino a Mykolaiv colpito da truppe russe
Le truppe russe hanno bombardato la città di Ochakiv, nella regione di Mykolaiv, colpendo un ospedale. Lo ha riferito su Telegram Vitaliy Kim, capo dell’amministrazione militare regionale di Mykolaiv. Il capo della polizia regionale di Mykolaiv, Serhiy Shaikhet, ha riferito che «secondo i dati preliminari, tre persone sono rimaste ferite» nell’attacco e che circa 50 edifici - case e appartamenti - sono stati danneggiati dai bombardamenti.
Ore 19:03 - Crosetto,diffidiamo Russia e diplomatici su fake news mine
«Diffidiamo la Russia e i suoi terminali diplomatici dal continuare a propagare notizie false su questo argomento». Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in merito alle foto di mine di presunta fabbricazione italiana diffuse sui social dall’ambasciata russa in Italia. Per Corsetto, l’ambasciata russa in Italia, come già il ministero degli Esteri russo, «mente sapendo di mentire. L’ultimo tweet dell’ambasciata russa contiene, in particolare, informazioni volutamente fuorvianti, non veritiere e gravemente denigratorie», aggiunge il Crosetto parlando di «un’allusiva e tendenziosa propaganda contro il nostro Paese».
Ore 23:53 - Zelensky, duri attacchi a Soledar, soldati resistono
Le forze ucraine stanno resistendo a «nuovi e ancora più duri assalti» a Soledar, vicino alla città orientale di Bakhmut che Mosca sta cercando di catturare da mesi. Lo afferma il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky nel suo tradizionale discorso serale. «Ringrazio tutti i nostri soldati che proteggono la nostra Bakhmut... (e) tutti i combattenti di Soledar, che stanno resistendo ai nuovi e ancora più duri assalti degli invasori!», ha detto Zelensky, aggiungendo che le sue truppe «hanno guadagnato più tempo e (preservato) forze per l’Ucraina».
Washington ordina all’Italia di fornire lo scudo antimissile all’Ucraina Salvatore Toscano su L'Indipendente il 9 gennaio 2023.
I Paesi occidentali schierati a difesa dell’Ucraina attendono la prima mossa del governo Meloni – e dunque il sesto pacchetto di armi dirette a Kiev – che dovrebbe arrivare nelle prossime settimane. Gli Stati Uniti premono affinché l’Italia fornisca all’Ucraina il sistema antimissile Samp-T (Sol-Air Moyenne Portée Terrestre), lo scudo antiaereo prodotto in consorzio tra Roma e Parigi, anch’essa destinataria delle pressioni di Washington. Lo riportano fonti diplomatiche statunitensi, che citano una telefonata avvenuta lo scorso 7 gennaio tra il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e Francesco Talò, consigliere diplomatico di Giorgia Meloni, in cui si è discusso della mini-tregua lanciata da Putin in occasione del Natale ortodosso e delle forniture militari dei prossimi mesi.
Era l’11 ottobre scorso quando il presidente ucraino Zelensky faceva il suo primo appello per ricevere il sistema antimissile. Da allora sono trascorsi tre mesi e in Italia si sono susseguiti due governi, apparentemente in continuità sull’indirizzo di politica estera. Giorgia Meloni vorrebbe infatti soddisfare la richiesta del presidente ucraino prima dell’incontro previsto per il prossimo 24 febbraio. Persistono, tuttavia, due problemi, uno di natura economico-militare e l’altro politico. L’Italia possiede infatti soltanto 6 sistemi antimissile Samp-T (la Francia ne ha 10), «fondamentali per la difesa del territorio nazionale», come sottolineato dall’esperto di Aresdifesa Aurelio Giansiracusa. Inoltre, il costo di un singolo scudo antiaereo è pari a 800 milioni di euro. Nonostante ciò, su spinta statunitense, l’Italia starebbe valutando di cederne uno a Kiev, al pari dei francesi. Dal punto di vista politico, invece, sembra che Lega e Forza Italia facciano resistenza all’idea di un nuovo invio di armi all’Ucraina. Al dire il vero tutto il centro destra, nei singoli programmi elettorali, era apparso abbastanza vago sulla questione, accennando a un generico sostegno al Paese. Nelle scorse ore, il ministro degli Esteri Antonio Tajani (FI) ha sottolineato che per qualsiasi invio futuro di armi da Roma a Kiev sarà prima necessario passare dalle Camere.
[di Salvatore Toscano]
“In Ucraina ci sono mine antiuomo italiane”: l’Ambasciata russa accusa Roma. Valeria Casolaro su L'Indipendente il 10 gennaio 2023.
In un comunicato apparso sui canali social dell’Ambasciata russa in Italia viene mostrata la foto di alcune mine antiuomo che sarebbero state disinnescate dai genieri russi in territorio ucraino. L’accusa è che si tratti di ordigni di fabbricazione italiana, affermazione immediatamente smentita dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Le smentite arrivano anche dalla onlus Campagna italiana contro le mine e dal coordinatore della campagna di Rete pace e disarmo Francesco Vignarca, che dichiara come «la foto dell’ambasciata russa dimostra solo il “lungo” impatto delle armi (alcune in particolare), ma non c’entra con forniture militari recenti».
“Queste mine di fabbricazione italiana TS/6.1, TS50 e TS/2.4 (MATS/2) sono state bonificate da genieri russi in Ucraina. E quanti di questi ‘souvenir dall’Italia’ rimangono in terra ucraina? Le persone ne soffriranno per molto tempo…”: così l’Ambasciata russa in Italia descrive l’immagine che appare in foto. A distanza di poche ore il ministero della Difesa italiano ha pubblicato un comunicato di risposta del ministro Crosetto, nel quale la Russia viene accusata di “mentire sapendo di mentire”. “Le mine riprodotte nel tweet”, spiega Crosetto, “ricordano le mine di fabbricazione italiana Valsella/Tecnovar, che non possono essere italiane per una moltitudine di ragioni. Primo fra tutti perché la produzione di mine antiuomo in Italia si è interrotta più di 28 anni fa con una moratoria del governo italiano e la successiva legge 374/1997 che le mise definitivamente al bando a partire dall’adesione del nostro Paese, tra i primi firmatari del trattato di Ottawa contro le mine antiuomo. Inoltre, le mine antiuomo di produzione italiana sono state esportate fino agli inizi degli anni ’90. La licenza di produzione fu concessa anche ad altri Paesi, come si può evincere dalla sigla dell’unica mina antiuomo ritratta in foto, una VS50 non prodotta in Italia ma in estremo oriente”.
Come ricordato dalla onlus Campagna Italiana Contro le Mine, inoltre, la Russia, al contrario dell’Italia, non è firmataria del trattato di Ottawa del 1997, il quale sancisce la messa al bando di tutti i tipi di ordigni esplosivi attivati dalle vittime. La Russia, denuncia la Campagna, ha utilizzato almeno 7 tipi di mine antiuomo nelle regioni ucraine di Donetsk, Charkiv, Kiev e Sumy, come sottolineato anche da Human Rights Watch. Non è stato possibile, fino ad ora, reperire informazioni certe sull’utilizzo di tali ordigni da parte dell’Ucraina, mentre è certo che sia Kiev che Mosca facciano ampio uso di mine anticarro.
Il direttore della Campagna, Giuseppe Schiavello, ha inoltre sottolineato come nostro Paese sia «comprovatamente e riconosciutamente uno dei Paesi più impegnati al mondo nella “Mine Action” che in ambito di cooperazione va dalla bonifica umanitaria, all’assistenza alle vittime, al reinserimento socio economico dei sopravvissuti, all’educazione al rischio mine oltre che all’universalizzazione del Trattato di messa al bando delle mine antipersona e della Convenzione sulle Munizioni Cluster». A suscitare perplessità, aggiunge Schiavello, è che le mine non siano state fotografate sul luogo del ritrovamento, ma rimosse, lavate ed esposte.
Anche Francesco Vignarca, coordinatore della campagna di Rete pace e disarmo, ha appoggiato la replica di Crosetto, aggiungendo tuttavia che la vicenda “dovrebbe far riflettere decisori politici (e opinione pubblica) sulla delicatezza dell’esportazione di armi, che sfugge sempre ai percorsi ‘ideali’ di chi vuole vendere armi con troppa faciloneria (ed interesse). Triangolazioni, traffici, effetti di lungo periodo sono pericolosi”. [di Valeria Casolaro]
"Mine italiane", "Basta fake news". Mosca provoca, ira di Crosetto. Ennesima provocazione di Mosca contro l'Italia per fare pressioni sull'opinione pubblica: netta la replica di Crosetto, che ha smontato la propaganda russa. Francesca Galici il 9 Gennaio 2023 su Il Giornale
Nuove provocazioni da Mosca all'Italia per il suo sostegno all'Ucraina. L'ambasciata russa a Roma ha pubblicato la foto di quelle che dichiara essere delle mine italiane disinnescate dall'esercito di Putin. "Queste mine di fabbricazione italiana TS/6.1, ТS50 е TS/2,4 (MATS/2) sono state disinnescate da genieri russi sul territorio ucraino ed esposte nell'estate del 2022 in una mostra di armi catturate nel parco 'Patriot' di Mosca", ha scritto l'ambasciata sui suoi social, alla quale ha risposto in modo particolarmente duro il ministro della Difesa, Guido Crosetto.
"Quanti di questi 'souvenir d'Italie' rimangono ancora in terra ucraina? Le persone ne soffriranno per molto tempo a venire...", ha chiosato l'ambasciata russa a Roma. Ancora una volta, si assiste al tentativo di diffonder fake news contro il nostro Paese da parte della Russia ma a questo giro Guido Crosetto, in qualità di ministro della Difesa, ha deciso di replicare a muso duro ai russi. Guido Crosetto, infatti, ha "diffidato la Russia e i suoi terminali diplomatici dal continuare a propagare notizie false su questo argomento". Mosca "mente sapendo di mentire", ha detto ancora il ministro della Difesa, che ha respinto "informazioni volutamente fuorvianti, non veritiere e gravemente denigratorie".
Le parole di Guido Crosetto sono state piuttosto taglienti nei confronti della diplomazia russa, tanto che il ministro ha accusato le autorità russe di una "allusiva e tendenziosa propaganda contro il nostro Paese, che ha sempre rispettato le norme del diritto internazionale". Il ministro della Difesa, quindi, ha spiegato che gli ordigni mostrati sui social "ricordano mine di fabbricazione italiana Valsella/Tecnovar, che non possono essere italiane per una moltitudine di ragioni". Primo, perché "la produzione di mine antiuomo in Italia si è interrotta più di 28 anni fa con una moratoria del governo italiano e la successiva legge che le mise definitivamente al bando, a partire dall'adesione del nostro Paese, tra i primi firmatari del trattato di Ottawa contro le mine antiuomo".
In ragione di questo, Crosetto ha anche ricordato che "mine antiuomo di produzione italiana sono state esportate solo fino agli inizi degli anni '90". Pertanto, la ricostruzione della Russia, come ha sottolineato il ministro, non è solo fallace ma è assolutamente non veritiera in ogni sua parte. L'obiettivo dell'ambasciata russa in Italia è semplice: dividere l'opinione pubblica del nostro Paese affinché vengano aumentate le pressioni sul governo per l'interruzione degli aiuti all'Ucraina.
La ministra tedesca Baerbock visita Kharkiv. Il 20 gennaio nuovo vertice pro-Kiev in Germania. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 10 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di martedì 10 gennaio. Filorussi: «Soledar sta per essere conquistata». Usa: il fuoco di artiglieria russo calato fino al 75%
• La guerra in Ucraina è arrivata al 321esimo giorno.
• Pesanti combattimenti nel Donetsk. Mosca dichiara di aver ucciso oltre 600 soldati ucraini a Kramatorsk , ma Kiev smentisce.
•Gli Stati Uniti valutano l’invio di veicoli corrazzati Stryker, secondo quanto riferisce il portale «Politico»
• Lapin nuovo capo delle forze di terra russe.
•La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock visita Kharkiv.
• Nuovi e durissimi attacchi a Soledar, vicino alla città orientale di Bakhmut.
• Kadyrov torna a minacciare Zelensky: «Va eliminato».
Ore 21:18 - Usa, Sullivan: popolo e Congresso continuano a supportare Ucraina
La maggioranza degli americani e il Congresso degli Stati Uniti continuano a sostenere l’Ucraina e gli sforzi per fornire aiuti militari al Paese. Lo ha affermato il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan. “Penso che la stragrande maggioranza dei Democratici e dei Repubblicani...e la stragrande maggioranza del popolo americano, continuino a sostenere con forza la politica di fornire all’Ucraina i mezzi per difendersi”, ha detto Sullivan ai giornalisti. Sullivan ha affermato che le narrazioni sul calo del sostegno all’Ucraina sono il risultato di una “distinta minoranza” di un unico partito. Il sostegno all’Ucraina interessa tutte le parti del Paese e persone di ogni estrazione sociale, ha aggiunto Sullivan.
Ore 21:21 - Mine antiuomo a Ucraina, Crosetto: «Russi mentono sapendo di mentire»
«L’Ambasciata russa in Italia, come già il ministero degli Esteri russo, sulle presunte mine antiuomo prodotte e vendute dall’Italia mente sapendo di mentire». Lo ha denunciato in una nota il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto. «L`ultimo tweet dell’Ambasciata russa contiene, in particolare, informazioni volutamente fuorvianti, non veritiere e gravemente denigratorie», ha aggiunto Crosetto, «Un`allusiva e tendenziosa propaganda contro il nostro Paese che ha sempre rispettato le norme del Diritto Internazionale. Sorprende l’utilizzo di fake news e foto non contestualizzate per indurre il lettore a trarre conclusioni completamente false». «Le mine riprodotte nel tweet (1 antiuomo e 2 anticarro) ricordano mine di fabbricazione italiana Valsella/Tecnovar, che non possono essere italiane per una moltitudine di ragioni», ha aggiunto il titolare della Difesa.
Ore 23:41 - Zelensky: «Duri attacchi a Soledar, ma i soldati resistono»
Le forze ucraine stanno resistendo a «nuovi e ancora più duri assalti» a Soledar, vicino alla città orientale di Bakhmut che Mosca sta cercando di catturare da mesi. Lo afferma il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky nel suo tradizionale discorso serale. «Ringrazio tutti i nostri soldati che proteggono la nostra Bakhmut... (e) tutti i combattenti di Soledar, che stanno resistendo ai nuovi e ancora più duri assalti degli invasori!», ha detto Zelensky, aggiungendo che le sue truppe «hanno guadagnato più tempo e (preservato) forze per l’Ucraina».
Ore 23:43 - Perché la Wagner vuole a tutti i costi Bakhmut e Soledar
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Evgeny Prigozhin vuole conquistare i tunnel di Bakhmut, una rete estesa usata per le miniere di sale e gesso. Il capo della Wagner lo ha dichiarato ai media per spiegare l’insistenza negli assalti alla località ucraina. Da cinque mesi i mercenari della compagnia privata vanno all’attacco per aprire una breccia nelle difese attorno a Bakhmut e al sobborgo di Soledar, epicentro della battaglia. Miliziani — compresi ex detenuti liberati a patto che indossassero la divisa —, riservisti e regolari hanno investito le linee nemiche lasciando sul campo centinaia di elementi e provocando perdite altrettanto gravi tra i difensori. A questa realtà il direttore della «ditta» preferita dal Cremlino ha aggiunto il particolare delle gallerie nella zona di Soledar, lunghe decine di chilometri, con spazi giganteschi dove in passato sono stati tenuti concerti ed eventi.
Ore 06:27 - Media, Usa valutano invio veicoli corazzati Stryker
Gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione l'invio di veicoli corazzat i da combattimento Stryker in Ucraina in un imminente pacchetto di aiuti per aiutare Kiev a respingere un'attesa offensiva russa di primavera, secondo fonti vicine al dossier citate dal sito «Politico». La notizia segue l'annuncio della scorsa settimana dell'amministrazione Biden che invierà 50 veicoli da combattimento Bradley, un potente corazzato cingolato che trasporta un cannone automatico, una mitragliatrice e missili Tow. Secondo le fonti del quotidiano Usa, gli Stryker potrebbero far parte della prossima tranche di aiuti militari. L'amministrazione americana potrebbe annunciare il pacchetto, alla fine della prossima settimana, in concomitanza con la riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina in Germania.
Ore 07:53 - Lo Stato Maggiore di Kiev: uccisi in 24 ore 700 militari russi e una nave
Le forze ucraine hanno eliminato 710 militari e una nave della Russia nell’arco delle ultime 24 ore. Lo ha rivendicato su Facebook lo Stato maggiore di Kiev, promettendo di «fornire ulteriori dettagli sulla distruzione della nave nemica» in un secondo momento. Secondo lo stato maggiore ucraino, dallo scorso febbraio la Russia ha perso 112.470 soldati. Le forze armate russe avrebbero perso nelle ultime 24 ore anche quattro carri armati, sette veicoli corazzati da combattimento, quattro sistemi di artiglieria, quattro droni di ricognizione e otto automobili e autocisterne. Secondo lo Stato maggiore, le forze russe stanno conducendo operazioni offensive nelle direzioni di Bakhmut, Avdiivka e Lyman, cercando di migliorare la posizione tattica nella direzione di Kupjansk, e concentrando gli sforzi sulla conquista dell’intero territorio della regione di Donetsk.
Ore 08:16 - Kiev: «La Russia e Wagner controllano probabilmente la maggior parte di Soladar»
(di Marta Serafini) Nel suo aggiornamento giornaliero pubblicato poco fa, il Ministero della Difesa del Regno Unito afferma che Russia e Wagner hanno «probabilmente il controllo della maggior parte di Soledar» in mezzo a feroci combattimenti per la città del Donbass. Russia e Wagner hanno fatto progressi tattici negli ultimi quattro giorni, dice il ministero, in quello che ha descritto come «molto probabilmente uno sforzo per accerchiare Bakhmut dal nord e per interrompere le linee di comunicazione». Aggiunge che la Russia, tuttavia, è «improbabile che riuscirà ad accerchiare la città nel breve periodo perché le forze ucraine mantengono linee difensive stabili in profondità e controllano le rotte di approvvigionamento».
Ore 08:32 - Tajani: lavoriamo con i francesi per dare scudo aereo a Kiev, ma ci vuole tempo
Sulla fornitura del cosiddetto scudo per la difesa aerea all’Ucraina i ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha detto ai microfoni di Radio Anch’io su Radio 1: «Abbiamo votato in Parlamento il rinnovo dell’autorizzazione a inviare armi all’Ucraina, in un contesto europeo e della Nato, previa informazione del Parlamento». Aggiungendo: «È un progetto italo-francese stiamo lavorando intensamente con i francesi, ci sono dei problemi tecnici da risolvere, tecnici per quanto riguarda gli aspetti militari, non tecnici burocratici». E ha ribadito: «Ma naturalmente prima di un qualsiasi invio verrà informato il Parlamento».
Ore 09:31 - Mattarella riconvoca per il 17 gennaio il Consiglio Supremo di Difesa
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riconvocato il Consiglio Supremo di Difesa, al Palazzo del Quirinale, per martedì 17 gennaio 2023 alle ore 17.00, a seguito del mancato svolgimento della riunione già stabilita per il 12 dicembre 2022. L'ordine del giorno non ha subito variazioni e prevede la trattazione dei seguenti temi: punto di situazione sulla guerra in Ucraina, conseguenze sugli equilibri geopolitici e implicazioni complessive per l'Italia; esame dei principali scenari di crisi, con particolare attenzione al Mediterraneo allargato, e della posizione nazionale rispetto alle relazioni politico-strategiche in ambito europeo e transatlantico; stato di efficienza e processo di ammodernamento dello Strumento militare. È quanto si legge in una nota del Quirinale.
Ore 09:34 - Mosca: il conflitto in Ucraina è uno scontro tra Nato e Russia
«Gli eventi in Ucraina non sono uno scontro tra Mosca e Kiev, questo è uno scontro militare tra la Nato, e soprattutto Stati Uniti e Inghilterra, e la Russia. Temendo il contatto diretto, gli istruttori della Nato stanno portando i ragazzi ucraini a morte certa. Con l'aiuto di un'operazione militare speciale, la Russia sta liberando le sue regioni dall'occupazione e deve porre fine al sanguinoso esperimento dell'Occidente per distruggere il fraterno popolo ucraino». Lo afferma il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev, fedelissimo di Vladimir Putin, in un'intervista al giornale russo Argumenty i Fakty.
Ore 10:00 - «Nelle ultime 24 ore morti 4 civili e 30 feriti»
Quattro civili ucraini sono rimasti uccisi e trenta feriti nelle ultime 24 ore a causa dei raid russi. Lo ha reso noto il vice capo dell'ufficio del presidente Kyrylo Tymoshenko su Telegram. Lo riporta Ukrinform. «Ci sono stati 6 feriti nella regione di Donetsk, 15 feriti nella regione di Mykolaiv, 2 morti e 7 feriti nella regione di Kharkiv, 2 morti e 2 feriti nella regione di Kherson», ha spiegato.
Ore 10:24 - Kiev: «Potenti esplosioni a Kherson, allerta a Odessa e Mykolaiv»
Potenti esplosioni sono in corso a Kherson questa mattina: «Un altro bombardamento russo a Kherson. Attenzione, potrebbero esserci ripetuti arrivi di missili», ha scritto su Telegram il vicepresidente del Consiglio regionale di Yuriy Sobolevskyi, citato dai media locali. Intanto l'allarme aereo sta risuonando nelle regioni meridionali dell'Ucraina di Odessa e Mykolaiv.
Ore 10:35 - Mosca: esercitazioni della Admiral Gorshkov nel Mare di Norvegia
La fregata Admiral Gorshkov, armata con missili ipersonici Zirkon, ha respinto un attacco aereo nemico fittizio durante le esercitazioni nel Mare di Norvegia: lo ha riferito oggi l'ufficio stampa della Flotta russa del Nord, come riporta la Tass. «L'equipaggio della fregata Admiral of the Fleet of the Soviet Union Gorshkov ha condotto un'esercitazione per contrastare un attacco aereo nemico fittizio con armi, aerei e missili antinave nel Mare di Norvegia in condizioni meteorologiche avverse», ha dichiarato l'ufficio stampa.
Ore 10:54 - Tass: «Lapin è il nuovo capo di Stato maggiore russo»
Il colonnello generale Alexander Lapin è stato nominato capo dello Stato Maggiore delle Forze di terra russe: lo hanno dichiarato alla Tass fonti vicine al Ministero della Difesa russo. «Il generale Lapin è stato effettivamente nominato capo dello Stato maggiore dell'esercito russo», ha confermato una fonte della Tass. Il Ministero della Difesa russo e altre agenzie statali non hanno ancora comunicato ufficialmente la nomina di Lapin.
Ore 11:01 - Zelensky: la presenza dei russi in Ucraina significa morti e dolore
«Il mondo sa che ogni giorno di presenza russa sul suolo ucraino significa morti, feriti, dolore e sofferenza delle persone». Lo ha scritto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo canale Telegram, pubblicando una selezione di foto dal conflitto, come fa spesso da quando è iniziata la guerra. E ha aggiunto: «L'Ucraina deve ottenere tutto ciò di cui ha bisogno per espellere i terroristi dalla nostra terra e per proteggere in modo affidabile il nostro popolo da qualsiasi piano di escalation russo».
Ore 11:07 - Shoigu: «Espanderemo l'arsenale delle armi moderne d'attacco e nucleari»
Le forze armate russe amplieranno presto il loro arsenale di armi d'attacco. Lo ha annunciato il ministro della Difesa Serghei Shoigu come riporta Ria Novosti. «I nostri piani immediati includono l'espansione degli arsenali delle moderne armi d'attacco», ha affermato il ministro, sottolineando che la Russia continuerà a sviluppare la triade nucleare - terrestre, navale a aerea - e a mantenere la sua prontezza di combattimento. «Lo scudo nucleare è stato e rimane il principale garante della sovranità e dell'integrità territoriale del nostro Stato», ha ribadito Shoigu.
Ore 11:45 - Intesa su nuova cooperazione Ue-Nato, «più aiuti a Kiev»
«Il presidente Putin voleva dividerci ma ha fallito. Il regime a Mosca voleva un’Europa differente, e ciò avrebbe conseguenze sulla nostra sicurezza. quindi noi dobbiamo continuare sulla nostra alleanza transatlantica, sulla cooperazione Ue-Nato e rendere più forte il nostro supporto all’Ucraina». Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg spiegando che la terza dichiarazione di cooperazione tra Ue e Alleanza porta la loro partnership «a un livello superiore». «Approfondiremo la nostra eccellente cooperazione e la estenderemo a nuovi settori», ha aggiunto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
Ore 12:17 - Ue, tank all’Ucraina? Dare a Kiev quello di cui ha bisogno
«Ho detto più volte che l’Ucraina va sostenuta con tutti gli armamenti di cui ha bisogno per difendere il proprio territorio e difendere il diritto internazionale». Lo ha detto al presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, rispondendo ad una domanda sul possibile invio dei carri armati Leopard all’Ucraina. «Accolgo con favore l’accordo tra Usa, Germania e Francia nel provvedere all’invio di veicoli militari avanzati. La prossima settimana il gruppo di Contatto si vedrà a Ramestein e valuteremo con Kiev di cosa ha bisogno», ha aggiunto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.
Ore 12:24 - Stoltenberg: «Esaurite scorte armi, aumentare produzione»
«È vero, i Paesi della Nato e dell’Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all’Ucraina. Ed è stata la cosa giusta da fare, perché si tratta della nostra sicurezza. Ho sempre detto che tra rispettare le linee guida della Nato sulle scorte di armi o sostenere l’Ucraina è più importante scegliere l’Ucraina». Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg sottolineando che, «nel lungo periodo, la soluzione ora è aumentare la produzione di armamenti e i ministri della Difesa della Nato hanno preso la decisione di aumentare lo stock».
Ore 13:12 - Filorussi del Donetsk: «Soledar sta per essere conquistata»
L’esercito russo «è vicino alla liberazione di Soledar». Lo ha dichiarato a Channel One Denis Pushilin, capo dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Lo riporta Ria Novosti.
Ore 13:31 - Capo della Wagner: «Kiev difende Soledar ”con onore”»
Gli ucraini stanno difendendo Soledar «con onore». Lo ha riconosciuto il fondatore della milizia Wagner, Evegny Prigozhin, mentre l’intelligence britannica sostiene che la città situata ad una quindicina di chilometri a nord di Bakhmut è quasi interamente sotto il controllo dei russi. In un post su Telegram Prigozhin sostiene che «le battaglie più dure e più sanguinose» per Soledar «devono ancora essere combattute».
Ore 13:58 - La Russia non rivelerà i nomi dei soldati uccisi a Makiivka
Le autorità della regione russa di Samara hanno dichiarato che non verranno pubblicati i nomi dei soldati rimasti uccisi e feriti a Makiivka nell’attacco ucraino di Capodanno. Il governo regionale ha postato un video in cui il commissario militare Alexey Vdovin spiega che i nomi non possono essere diffusi per motivi di sicurezza.
Ore 14:01 - Meloni: garantire tutto il sostegno a Kiev
«Oltre a garantire tutto il sostegno all’Ucraina, vogliamo lavorare con la presidenza giapponese su alcune priorità proposte dal Giappone, come la tutela dell’ordine internazionale basato sulle regole, il rafforzamento della sicurezza economica, delle catene di approvvigionamento, la lotta ai cambiamenti climatici. Sono tutte sfide sulle quali c’è molto lavoro da fare, approfondiremo queste materie, le questioni legate alla politica internazionale, partendo dalle conseguenze della guerra in Ucraina». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni dopo l’incontro col primo ministro del Giappone Fumio Kishida, a Palazzo Chigi.
Ore 14:22 - Esercito di Kiev: «Soledar oggi attaccata già per 86 volte»
«Solo durante la giornata di oggi, Soledar e i suoi dintorni sono stati colpiti da 86 attacchi russi con diversi sistemi di artiglieria»: lo ha detto alla tv ucraina il capo del Gruppo orientale delle Forze Armate ucraine Sergiy Cherevaty, citato dall’Ukrainska Pravda. Nella cittadina a 10 km a nord di Bakhmut — ora il principale obiettivo di Mosca — la battaglia infuria tra le truppe ucraine e i mercenari del gruppo Wagner di Yevgeny Prigozhin. Cherevaty ha dichiarato che «il nemico sta subendo perdite colossali, ma cerca di andare avanti, anche un piccolo avanzamento tattico viene presentato come un grande risultato».
Ore 14:40 - Cnn, il fuoco di artiglieria russa diminuito del 75%
Funzionari statunitensi e ucraini hanno riferito alla Cnn che il fuoco dell’artiglieria russa è drasticamente diminuito rispetto al suo massimo, in alcune aree addirittura del 75%. Si ipotizza che la Russia potrebbe razionare i colpi di artiglieria a causa della scarsità di rifornimenti, o la decisione potrebbe essere parte di una più ampia rivalutazione delle tattiche di fronte al successo della controffensiva ucraina. In ogni caso, il notevole calo del fuoco di artiglieria è un’ulteriore prova della posizione sempre più debole di Mosca sul campo di battaglia dopo quasi un anno dall’inizio dell’invasione, hanno rilevato le fonti.
Ore 15:55 - Soldati ucraini negli Usa per addestramento sui Patriot
I soldati ucraini inizieranno l’addestramento sui Patriot negli Stati Uniti la prossima settimana. Lo hanno detto alla Cnn due funzionari Usa. Il training si svolgerà a Fort Sill, in Oklahoma, dove le forze americane svolgono abitualmente i loro programmi di addestramento sul sistema di difesa anti-aerea. Il percorso di formazione per i militari di Kiev dovrebbe richiedere diversi mesi.
Ore 16:09 - Zelensky ringrazia il Belgio per i rifugiati accolti e invita il premier De Croo a sostenere i suoi dieci punti per la pace
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invitato il Belgio a unirsi agli sforzi per l’attuazione della sua formula di pace in dieci punti.
Questo quanto emerge dal colloquio con il premier belga Alexander De Croo. «Abbiamo discusso delle esigenze della difesa ucraina dinanzi alla possibilità di un’escalation al fronte e l’ho ovviamente ringraziato per l’accoglienza dei cittadini ucraini», ha scritto Zelensky in un messaggio su Twitter.
Ore 16:19 - Perego: «Italia potrebbe contribuire invio Samp-T in Ucraina»
«L'aviazione e la marina russe prendono di mira le centrali elettriche ucraine e molte infrastrutture civili», ha ricordato in un'intervista il sottosegretario italiano alla Difesa Matteo Perego di Cremnago. «A fronte di questa situazione, il Congresso americano ha deliberato l'invio del sistema Patriot. Non è da escludere che anche l'Italia possa contribuire con l'invio del sistema del programma italofrancese (SAMP-T) per la difesa terra-aria».
Ore 16:29 - Michel-von der Leyen: «Cooperazione Ue-Nato sempre più forte». Dichiarazione congiunta nel contrasto alla «guerra russa»
L'Ucraina e il contrasto alla guerra russa priorità della nuova dichiarazione congiunta. «Quasi un anno fa iniziava l’invasione dell’Ucraina, Vladimir Putin voleva prendere il Paese in due giorni e dividerci, ma ha fallito su entrambi i fronti», hanno ricordato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. «Questo sarà il punto di partenza di una rinnovata sinergia tra Unione europea e Nato», hanno dichiarato congiuntamente i due presidenti.
Fanno eco a queste dichiarazioni le parole del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg: «Di fronte alla più grave minaccia alla sicurezza euro-atlantica degli ultimi decenni Ue e Nato sono rimaste unite a supporto dell’Ucraina. Dobbiamo continuare il legame vitale transatlantico e sostenere Kiev».
Ore 16:50 - Golden Globes, atteso messaggio di Zelensky
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky interverrà in un video-messaggio durante la diretta della cerimonia dei Golden Globes. Sarà introdotto dall'attore Sean Penn, alla sua terza visita in Ucraina e tra i principali difensori della causa del Paese contro l'invasione russa.
Ore 16:59 - La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock a Kharkiv
Annalena Baerbock visita Kharkiv. Si tratta della prima volta di un ministro occidentale. Il suo corrispettivo ucraino Dmytro Kuleba, scrivono i media tedeschi, ha mostrato alla collega la distruzione causata dagli attacchi russi a Kharkiv. La visita è stata tenuta segreta fino alla fine e la capo della diplomazia tedesca ha viaggiato in treno dalla Polonia durante la notte. Al mattino è stata ricevuta a Kiev, secondo quanto riporta il TagesschauOre 17:09 - Kuleba dopo la visita di Baerbock: «Confidiamo negli aiuti dalla Germania. Kharkiv simbolo della resistenza»
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha scritto un tweet e postato alcune foto della visita della corrispettiva tedesca Annalena Baerbock alla città di Kharkiv, definita dal ministro uno dei simboli della resistenza ucraina. «Siamo certi gli aiuti dalla Germania arriveranno presto. La nostra controffensiva è dovuta in gran parte al sostegno ricevuto dai nostri partner occidentali».
Ore 17:33 - Michel a Kiev: «La cooperazione per la pace e la stabilità sarà ancora più forte»
«Ho ribadito a Volodymyr Zelensky il fermo sostegno dell'Ue all'Ucraina. Ci impegniamo a fornire il supporto militare necessario, anche più degli Stati Uniti, perché in Europa non siamo esportatori di energia come loro e non viviamo le stesse conseguenze della guerra». Ha scritto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel dopo aver sentito al telefono il presidente ucraino. Ha poi ricordato che sono sul tavolo i preparativi per il prossimo vertice con la delegazione ucraina.
Ore 17:54 - Terza conferenza Paesi pro-Kiev in Germania il prossimo 20 gennaio
Il prossimo 20 gennaio in Germania si svolgerà nella base americana di Ramstein una terza conferenza dei Paesi che sostengono la resistenza ucraina. Saranno presenti ministri della Difesa e alti ufficiali, nell'intento di discutere soluzioni per respingere l'invasione russa.
Ore 18:19 - Il Punto Militare, Vladimir Putin cambia i generali come fossero soldatini
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio)
Il presidente russo lancia carriere e le distrugge usando come metro l’andamento dell’invasione in Ucraina. L’ultima nomina — non confermata e né smentita dal portavoce Dmitry Peskov — riguarda il generale Alexander Lapin, designato quale nuovo capo di Stato Maggiore delle forze terrestri. E la notizia è doppia: perché l’ufficiale era stato sollevato dall’incarico di comandante del settore centrale a ottobre dopo il disastro di Kharkiv, dove gli ucraini avevo travolto le linee nemiche. Un rovescio che era diventato parte della faida tra i protagonisti dell’operazione speciale. Il capo della Wagner, Evgeny Prigozhin, e il dittatore ceceno Ramzan Khadirov avevano addossato ogni colpa su Lapin, definito un «mediocre e incompetente» per la cattiva gestione delle unità. Attacco accompagnato da racconti sul trattamento riservato ai soldati, su sbagli tattici, sullo spostamento del quartier generale a 150 chilometri dalla prima linea.
Ore 18:41 - Gela il terreno nel Luhansk. Militari ucraini temono ripresa degli scontri nella regione
L'abbassamento delle temperature, che fa gelare il terreno, rende probabile una ripresa dei combattimenti nell'oblast di Luhansk, permettendo ai tank russi di avanzare senza impantanarsi nel fango. «Ci aspettiamo una intensificazione dei combattimenti. Il terreno sta gelando, così che saranno coinvolti anche mezzi pesanti», ha previsto oggi su Facebook il capo dell'amministrazione militare ucraina della regione, Serhii Haidai. Secondo Haidai, i russi stanno cercando di tenere le posizioni a Kremina, dove sono state trasferite diverse unità di parà e nuovi tank. Unità, aggiunge, prese di mira ogni notte dalle forze ucraine.
Ore 19:10 - Kuleba a Baerbock: «Senza vostri carri rischiamo altri morti»
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha sollecitato alla sua controparte tedesca Annalena Baerbock la consegna dei carri armati tedeschi Leopard per il prima possibile. «Ne abbiamo bisogno per liberare le nostre città, i villaggi e tutto quello che è sotto occupato dai russi», ha affermato. I carri sono necessari «per salvare le nostre infrastrutture dell'energia, per salvare gli ucraini dai crimini dei russi», ha aggiunto. «Più tempo ci vorrà, più persone moriranno a causa della mancanza di armamenti delle forze ucraine», ha aggiunto. Berlino ha nel frattempo promesso a Kiev altri 40 milioni di euro di fondi destinati allo sminamento e per rafforzare la connettività internet.
Ore 19:29 - Pentagono conferma: training militari ucraini su Patriot in Usa
Il portavoce del Pentagono Pat Ryder, ha confermato in un briefing con la stampa che dalla prossima settimana inizierà negli Stati Uniti il training di forze ucraine sull’uso dei Patriot. L’addestramento, come anticipato dalla Cnn, si svolgerà a Fort Sill, in Oklahoma. Quanto ai tempi, normalmente il training sui Patriot dura «un anno ma gli Stati Uniti stanno lavorando con Kiev per accelerare i tempi».
Ore 19:48 - Pentagono: «Militari ucraini addestrati negli Usa già dopo invasione»
«Gli Stati Uniti hanno già addestrato militari ucraini sul territorio Usa dopo l'invasione russa del 24 febbraio dello scorso anno». Lo ha riferito il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder.
Ore 19:52 - Podolyak: «Europa allineata contro minaccia russa»
«Più aiuto per l'Ucraina e più armi, compresi equipaggiamento pesante, tank, artiglieria. Più Nato. Più unità europea. E ancora più importante, meno Russia in tutto». Così su Twitter il consigliere presidenziale ucraino Mikhaylo Podolyak, orgoglioso degli sforzi fatti fino a questo momento ma con la richiesta di non mollare proprio ora il supporto alla resistenza del suo Paese .
Ore 21:30 - Esercito: possibile attacco a Kiev da Bielorussia
L’esercito ucraino si sta preparando a un possibile nuovo attacco delle truppe di terra russe dalla Bielorussia in direzione della capitale Kiev. «A tal fine, le posizioni difensive nel nord del paese sono già state preparate e rafforzate», ha detto il tenente generale Oleksiy Pavlyuk, responsabile della difesa di Kiev.
Proprio all’inizio della guerra di Russia, nel febbraio dello scorso anno, le forze ucraine hanno respinto un’avanzata delle truppe russe fuori dalla Bielorussia e dirette verso Kiev. Una colonna di carri armati e veicoli russi lunga molti chilometri è stata decimata nelle fitte foreste a nord di Kiev e costretta a ritirarsi. La leadership ucraina teme un altro attacco dell’esercito russo, che da diverse settimane sta schierando unità lungo il confine con l’Ucraina in Bielorussia.
Ore 21:34 - Filorussi annunciano: conquistato il centro di Soledar
Le forze russe hanno conquistato il centro della città di Soledar, in Ucraina, nell’oblast di Donetsk. Lo ha affermato il leader ad interim della Repubblica popolare russa di Donetsk (Dpr), Denis Pushilin. «Secondo le ultime informazioni, il centro di Soledar è sotto il controllo del Gruppo Wagner e qui i ragazzi hanno guadagnato terreno da una parte e dall’altra. Stanno già effettivamente andando avanti», ha detto Pushilin a Channel One.
Ore 00:17 - I russi bombardano Kharkiv poche ore dopo visita Baerbock
I russi hanno colpito Kharkiv in serata, poche ore dopo la visita della ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, alla città ucraina devastata: lo scrive il governatore dell’oblast, Oleg Synegubov, su Telegram. «Restate nei rifugi. Gli invasori stanno bombardando di nuovo!», scrive, rivolto ai concittadini, il governatore. Fonti giornalistiche sul posto affermano di aver udito diverse esplosioni.
Ore 01:27 - La compagnia Wagner: ucraini circondati nel centro di Soledar
Dopo l’amministrazione filorussa del Donetsk, anche il gruppo di mercenari Wagner ha rivendicato il controllo della città di Soledar nell’Ucraina orientale. Kiev però afferma che i suoi soldati stanno resistendo. Il capo di Wagner, Yevgeniy Prigozhin, in una dichiarazione riportata dai media russi ha affermato che gli ucraini sono circondati nel centro della città. «Le unità Wagner hanno preso il controllo dell’intero territorio di Soledar. Nel centro della città sono in corso combattimenti», ha spiegato. Il vice ministro della Difesa ucraino, Hanna Maliar ha dichiarato che «i combattimenti continuano. I nostri soldati si stanno difendendo coraggiosamente». La caduta di Soledar, piccola città di estrazione del sale nella regione di Donetsk, potrebbe aiutare le truppe russe ad accerchiare la vicina città strategica di Bakhmut.
Ore 02:47 - Il Canada dona a Kiev un sistema antiaereo
Il Canada acquisterà dagli Usa un sistema di difesa anti-aereo per regalarlo all’Ucraina. L’annuncio è stato fatto dopo un incontro bilaterale tra il presidente canadese Justin Trudeau e il presidente americano Joe Biden in Mexico
Ore 03:18 - Zelensky revoca la cittadinanza a 4 ex politici filorussi
Il presidente Vladimir Zelensky ha revocato la cittadinanza ucraina a quattro tra politici ed ex politici legati alla Russia. Tra di loro c’è anche il deputato Viktor Volodymyrovych Medvedchuk, amico di Vladimir Putin e contrario all’adesione dell’Ucraina all’Ue. «Sulla base dei materiali preparati dal Servizio di sicurezza dell’Ucraina e dal Servizio statale per la migrazione dell’Ucraina, e in conformità con la Costituzione del nostro Stato - ha detto ieri sera Zelensky nel suo consueto discorso di fine giornata -, ho deciso di sospendere la cittadinanza a quattro persone: Andriy Leonidovych Derkach, Taras Romanovych Kozak, Renat Raveliyovych Kuzmin e Viktor Volodymyrovych Medvedchuk». «Se i deputati del popolo scelgono di servire non il popolo ucraino ma gli assassini che sono venuti in Ucraina, le nostre azioni saranno appropriate. E non sono le ultime decisioni del genere. I servizi stanno funzionando», ha aggiunto il presidente ucraino.
Estratto dell’articolo di Marco Ventura per “il Messaggero” il 10 gennaio 2023.
Si combatte casa per casa, metro dopo metro, a Bakhmut e Soledar, dove i mercenari russi dell'organizzazione Wagner di Prigozhin non sono ancora riusciti, dopo mesi di attacchi, a conquistare le due cittadine nel cuore di una ricca regione vinicola e, soprattutto, mineraria del Donetsk.
Campagna che diversi osservatori, tra cui gli analisti dell'Institute for the Study of War, considerano insensata perché collima con lo scenario di una guerra d'attrito con obiettivi militari insufficienti. Neppure la conquista di questi due centri consentirebbe ai russi di aggirare le posizioni difensive ucraine e, se anche dovesse avvenire, avrebbe effetti non decisivi sull'andamento del conflitto.
L'Isw ipotizza che in realtà l'accanimento di Prighozin, ex cuoco di Putin oggi proiettato verso un futuro da leader e forse verso il Cremlino, derivi dal desiderio di «sfruttare le risorse naturali attorno a Bakhmut e usare la guerra in Ucraina per legare la sua forza sul terreno alla leadership regionale russa per fini politici». Sarebbe per questo che le truppe russe hanno puntato su Soledar.
Spiega la viceministra della Difesa ucraina, Hanna Molyar, che «dopo un primo tentativo fallito di conquistare Soledar e un ritiro, il nemico ha condotto un raggruppamento di truppe, ha cambiato tattica e ha lanciato un potente assalto con le migliori riserve dei mercenari del gruppo Wagner». Terribile la sua descrizione.
«Il nemico sta letteralmente calpestando i cadaveri dei suoi soldati, usa artiglieria, sistemi di lanciarazzi multipli e mortai, coprendo anche i propri combattenti con il fuoco. I nostri militari scrive su Twitter difendono coraggiosamente ogni metro della terra natale». […]
«Lo scopo è quello di estrarre sale e gesso dalle miniere di quell'area per guadagnarci». Non solo. Le dichiarazioni degli ultimi giorni, che potevano sembrare da parte del capo di Wagner un modo per giustificare la lentezza di mesi di (mancata) avanzata dei mercenari, nasconderebbero l'intento economico. […]
E Mosca ha quasi finito le scorte di armi. Storia di Matteo Basile su Il Giornale il 10 gennaio 2023.
Isolati dal resto del mondo, alle prese con lotte intestine, in difficoltà sul campo, a corto di uomini e adesso anche di armi e munizioni. Al Cremlino puntavano a una guerra lampo e a una conquista senza quasi colpo ferire, invece le cose stanno andando diversamente. Secondo fonti americane e ucraine citate dalla Cnn, armi e munizioni a disposizione delle forze armate russe sono drasticamente diminuite e in alcune aree sono anche del 75% inferiori rispetti ai rifornimenti massimi. Al punto che Mosca potrebbe essere costretta a razionare i colpi di artiglieria o anche a rivalutare completamente le tattiche del conflitto sul campo. Dopo quasi un anno dall'invasione dell'Ucraina, si tratta dell'ennesimo segnale di debolezza per il Cremlino.
Eppure, il fonte amplissimo schierato con Kiev e a sostegno della sua difesa territoriale, non sta molto meglio. La conferma arriva dal segretario generale della Nato Jens Stoiltenberg che ammette: «Aiutare Kiev è la cosa giusta da fare, si tratta della nostra sicurezza. Ma i Paesi della Nato e dell'Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all'Ucraina». Stoltenberg ha individuato anche la soluzione al problema, sottolineando che, «nel lungo periodo è necessario aumentare la produzione di armamenti e i ministri della Difesa della Nato hanno preso la decisione di aumentare lo stock». Anche perché l'alleanza atlantica e l'Unione Europea continuano ad andare a braccetto. «Cooperazione sempre più forte», si legge in una nota congiunta dopo il vertice di Bruxelles. «Vladimir Putin voleva prendere il Paese in due giorni e dividerci, ma ha fallito su entrambi i fronti», hanno ricordato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, ricordando che «Ue e gli Stati membri hanno contribuito con quasi 50 miliardi di euro» e annunciando una nuova sinergia con la Nato che conferma: «Di fronte alla più grave minaccia alla sicurezza euro-atlantica degli ultimi decenni Ue e Nato sono rimaste unite a supporto dell'Ucraina». Il prossimo 20 gennaio, nella base americana di Ramstein, in Germania, si terrà una conferenza dei Paesi che sostengono la resistenza ucraina. Nel frattempo, Stati Uniti, Germania e Francia stanno provvedendo a inviare in Ucraina veicoli militari avanzati, così come l'Italia è un passo dal dare il via libera ai sistema di difesa aerea Samp/T. Mentre alcuni soldati ucraini sono pronti a partire per Fort Sill, in Oklahoma, dove verranno istruiti sull'utilizzo dei missili Patriot, fondamentali per la difesa antiaerea.
All'angolo, scaricata da tutti i big, Cina compresa, ad eccezione dell'Iran che è alle prese con le proteste e il caos interno, alla Russia non resta che cercare di alzare il tiro. «I nostri piani immediati includono l'espansione degli arsenali delle moderne armi d'attacco», ha detto il ministro della Difesa Sergei Shoigu citando, come al solito, anche le armi nucleari. Ma è consapevole, Shoigu, che a rischio c'è anche il suo posto e che le minacce sono l'unica cosa in cui a Mosca vanno forte.
Da liberoquotidiano.it il 10 gennaio 2023.
Lo Stato Maggiore dell'Esercito russo ha un nuovo capo. Come confermato dal ministro della Difesa, Vladimir Putin ha rimosso Valerij Vasil’evic Gerasimov per affidare al colonnello generale Alexander Lapin il piano di addestramento, combattimento e riarmo delle forze di terra.
Capo di stato maggiore delle truppe russe in Siria da ottobre 2018 a gennaio 2019, proclamato "Eroe della Russia" nel luglio 2022, con decreto del presidente russo, Lapin rientra in una precisa strategia dello zar che sta prendendo forma in queste settimane: quella di limitare lo strapotere della Wagner ma soprattutto far in mondo che il fondatore Prigozhin dimentichi in fretta i suoi sogni di successione al Cremlino.
Nelle ultime settimane, infatti, numerosi esperti avevano fatto il suo nome come possibile papabile a una ipotetica successione a Putin, oltre che indicarlo come interessato a prendere il controllo del sale e del gesso dalle miniere vicino alla città di Bakhmut. Lo zar non lo permetterebbe mai e così - nonostante le critiche anche tra i fedelissimi - ha affidato l'importante ruolo a Lapin, detestato sia il comandante della Wagner Prigozhin, sia dal capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov reputandolo responsabile per la "resa" di Liman e la sconfitta nella regione di Kharkiv.
"Se potessi, declasserei Lapin a soldato semplice", lo ha duramente criticato Kadyrov definendolo generale "senza talento". ""Lo priverei dei suoi riconoscimenti e, con una mitragliatrice in mano, lo manderei in prima linea per lavare la vergogna con il sangue", aveva detto lo scorso 1° ottobre il ceceno. Ora dovrà mettersi sull'attenti davanti al nuovo Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Russo.
Andrea Marinelli e Guido Olimpio per il “Corriere della Sera” l’11 Gennaio 2023.
Vladimir Putin cambia i generali come fossero soldatini. Lancia carriere e le distrugge usando come metro l’andamento dell’invasione in Ucraina. L’ultima nomina — non confermata e né smentita dal portavoce Dmitry Peskov — riguarda il generale Alexander Lapin, designato quale nuovo capo di Stato Maggiore delle forze terrestri.
E la notizia è doppia: perché l’ufficiale era stato sollevato dall’incarico di comandante del settore centrale a ottobre dopo il disastro di Kharkiv, dove gli ucraini avevo travolto le linee nemiche. Un rovescio che era diventato parte della faida tra i protagonisti dell’operazione speciale.
Il capo della Wagner, Evgeny Prigozhin, e il dittatore ceceno Ramzan Khadirov avevano addossato ogni colpa su Lapin, definito un «mediocre e incompetente» per la cattiva gestione delle unità. Attacco accompagnato da racconti sul trattamento riservato ai soldati, su sbagli tattici, sullo spostamento del quartier generale a 150 chilometri dalla prima linea.
Critiche con motivazioni diverse. Intanto per la batosta, resa ancora più umiliante dall’abbandono di tanti mezzi in una fuga disordinata. Poi per la sfida aperta lanciata dal duo Prigozhin-Kadyrov, entrambi mossi dall’ambizione di essere gli unici — o quasi — a risolvere i problemi sul terreno.
Una posizione contrapposta a quella dell’establishment rappresentato dal ministro della Difesa Shoigu e dal capo di Stato Maggiore della Difesa Gerasimov. Sarà dunque interessante comprendere se quella di Lapin è una rivalutazione nonostante l’ostilità dei falchi o, invece, è una semplice ricollocazione sia pure su un gradino alto. Qualche osservatore occidentale ha rilevato come Putin «giochi» sulle rivalità dei comprimari, li usi uno contro l’altro. Come ogni monarca.
Dall’inizio della crisi l’Armata ha assistito ad altri cambiamenti nelle gerarchie. Il generale Dvornikov è rimasto al suo posto per poche settimane dopo aver disatteso le aspettative. Cacciato il responsabile dei reparti aerotrasportati Serdyukov al quale hanno addossato la responsabilità delle alte perdite. L’ammiraglio Igor Osipov sostituito alla guida della Flotta del Mar Nero: ha perso l’incrociatore Moskva affondato dai missili nemici nonostante la supremazia dei mezzi a disposizione.
Il neo-zar si è affidato a elementi che avevano dimostrato qualche capacità in Siria contro i ribelli anti-Assad, un test non probante, visto che i guerriglieri non avevano certo gli strumenti degli ucraini. O comunque la loro esperienza si è rivelata insufficiente in un teatro nuovo e complesso, reso arduo dalle carenze della logistica e dalla sottovalutazione dell’intelligence.
L’operazione speciale è iniziata come un grande pattuglione con i veicoli tutti in colonna, esposti alle tattiche agili della resistenza e al tiro delle armi moderne fornite dalla Nato. Rigidità, guai storici, dottrina, incompetenza di alcuni, equipaggiamenti superati hanno trasformato la missione in un impegno infinito.
Putin ha rimediato dando le chiavi al generale Surovikin, anche lui con un passaggio nel conflitto siriano. E l’alto ufficiale ha risposto puntando ad una stabilizzazione dei fronti schierando la massa dei riservisti, adottando posizioni più protette, arando con droni e missili le città dell’Ucraina. C’è chi sostiene che Surovikin abbia una buona intesa con Prigozhin, particolare che lo metterebbe al riparo dalle pugnalate alle spalle. Interessanti gli sviluppi successivi.
A sud gli invasori hanno assunto una linea d’attesa per impedire nuove spallate avversarie e a est hanno mandato ondate su ondate all’assalto di Bakhmut/Soledar. La battaglia è diventata un simbolo per la Wagner, una questione di vita e di morte. Ma al fianco dei mercenari ci sono anche reparti scelti dell’esercito. Tutti uniti alla ricerca di una vittoria, non importa quanto costosa. La spinta ha messo gli ucraini in una situazione estremamente critica: lo ha ammesso il governo di Kiev, è rimarcato dagli esperti indipendenti.
Fonti americane hanno rivelato alla Cnn che in alcuni settori il fuoco dell’artiglieria russa è diminuito del 75%, non è chiaro se perché mancano le scorte o per scelta. Però gli ucraini continuano anche loro a morire, anche loro hanno un continuo bisogno di rifornimenti ed è lo stesso Zelensky a riconoscere quanto sia feroce la lotta. Il presidente ha chiesto altre armi all’Unione Europea, un appello urgente che deve fare i conti con la realtà. Il segretario della Nato Jens Stoltenberg ha sottolineato come i depositi Nato siano ormai vuoti.
Estratto dell'articolo di Marco Ventura per “Il Messaggero” il 10 gennaio 2023.
Lo strano caso di Mister L, la talpa arruolata dai russi ai piani alti del Bnd, il servizio segreto federale tedesco, rischia di creare una fattura in piena guerra tra l'intelligence britannica e quella di Berlino. A quanto riporta il Daily Telegraph che cita Erich Schmidt-Eenboom, massimo esperto dell'Intelligence tedesca, gli 007 di Londra sarebbero irritatissimi e pronti a chiudere i rubinetti degli scambi di informazioni coi cugini tedeschi.
Ma anche gli americani dell'NSA, la National Security Agency, faticano in questi giorni a trattare con gli alleati del Bnd. Tutto nasce dall'arresto di Carsten L., cognome top secret, comparso davanti a un giudice e subito internato, dopo che un servizio amico ha fatto una soffiata sul suo doppio gioco a favore dei russi. […]
Ma perché Mister L ha tradito? Si vocifera che sia caduto nella trappola da Guerra Fredda del Kompromat, dossier di materiali compromettenti e conseguente ricatto fondato su dettagli inconfessabili della vita privata. Un filone secondario d'indagine riguarda possibili affiliazioni politiche della talpa all'estrema destra: un pamphlet dell'Fdp sarebbe stato trovato in suo armadietto nel campo di calcio della squadra che allenava in Baviera.
L'imbarazzo deriva dal fatto che Mister L avrebbe passato ai russi informazioni che gli arrivavano dal britannico Government Communications Headquarters che si trova a Cheltenham e si occupa di controspionaggio delle comunicazioni. L'agente infedele avrebbe fatto trapelare dati sensibili relativi all'analisi di alcune intercettazioni, compromettendo la segretezza delle operazioni sul terreno. Il suo livello era tale da fargli avere accesso a fonti classificate delle intelligence alleate. In particolare, della NSA americana.
Non si tratta della prima falla. Nel 2019, un dissidente ceceno era stato giustiziato in un parco berlinese in pieno giorno, come se il russo Gru non avesse alcun timore di nascondere i propri delitti sul territorio tedesco. […]
Nell'aprile scorso, quindi a invasione dell'Ucraina cominciata, il governo tedesco era stato costretto a espellere 40 presunte spie del Cremlino. Già allora il capo del controspionaggio, Thomas Haldenwang, aveva avvertito che si era lontani dall'avere smascherato tutti gli agenti di Putin. Altre due presunte spie russe erano state scoperte al ministero dell'Economia tedesco.
Esattamente come ai tempi della Guerra Fredda, in prima linea nella guerra delle spie si trovano i Paesi scandinavi. In Svezia due fratelli, Peyman e Payman Kia, sono stati arrestati lo scorso novembre nella tranquilla periferia di Stoccolma per aver passato segreti al russo Gru per oltre un decennio.
La Norvegia, da parte sua, deve fronteggiare un altro tipo di spionaggio, riguardo allo sfruttamento delle risorse artiche, perché anche lì si combatte una guerra freddissima. Nella rete è caduto un professore di origini brasiliane dell'Università di Tromso. In marzo, anche l'Olanda ha espulso 17 diplomatici russi con l'accusa di spionaggio. E in giugno un altro tentativo di infiltrare la Corte penale internazionale che indaga sui crimini di guerra in Ucraina. […]
Da La Zanzara – Radio 24 il 10 gennaio 2023.
La combattente italiana Giulia Schiff torna in Ucraina e a La Zanzara su Radio 24 racconta: “Ho sparato, tutti lo abbiamo fatto. Putin è più di un criminale, è peggio di Hitler”. “Se Putin scomparisse tante famiglie starebbero meglio, i bambini avrebbero un futuro”. “Per me sarebbe un onore ucciderlo. Non ci sono nazisti in Ucraina, è pieno di ebrei che combattono. Anche il mio compagno è ebreo ed ha una collana con un simbolo come la svastica, ma non è quella dei nazisti…”. “Non sono una mercenaria, come dice qualcuno. La Legione fa parte dell’esercito ucraino…”. “La mia lotta è come quella dei partigiani”
L’ex pilota dell’Aeronautica Giulia Schiff, 24 anni, negli ultimi giorni è stata in Italia, ma adesso sta per tornare in Ucraina a combattere come volontaria per la Legione Internazionale. E la giovane veneta, dice a La Zanzara su Radio 24 che già oggi sarà nuovamente sul fronte insieme al suo fidanzato ucraino.
“Non posso attualmente combattere – dice la Schiff - per motivi di salute, e anche il mio compagno ha avuto un problema. Comunque andiamo al fronte a portare aiuti umanitari con la nostra ambulanza. Io non sono una mercenaria come qualcuno mi accusa di essere, faccio parte della Legione Internazionale all’interno delle forze armate ucraine”.
Poi racconta i primi tempi in guerra: “Ho fatto lavoro di logistica a fianco di ufficiali dell’Intelligence e dopo un periodo come istruttrice sono entrata nell’esercito. Ho sparato? Tutti abbiamo sparato. Mi venivano dati poco più di un migliaio di euro, ma con mesi di ritardo, quindi ho campato con i miei soldi".
Su Vladimir Putin, Giulia Schiff, non fa sconti: “E’ molto più di un criminale, è l’Hitler 2.0 di questo secolo. Ma è un complimento perché dovrebbe esser definito peggio ma non abbiamo altri paragoni possibili. Senza di lui tanti bambini avrebbero futuro, tante famiglie la casa e non sarebbero state spezzate. Se sparisse sarebbe un posto migliore. Sarebbe un grande onore essere la persona con la mira libera su una persona del genere. La vivo come una lotta partigiana".
Ai microfoni de La Zanzara, la Schiff chiarisce sulla presenza di nazisti in Ucraina: “Non ci sono, ma sono arrivati da altri parti d’Europa, dall'est, sono stati stimolati dalla propaganda putiniana. Anzi, è pieno di ebrei che combattono sul fronte, il mio ultimo team era a prevalenza ebraica e si chiamava Masada. Pure il mio compagno è ebreo e al collo ha una collanina con una cosa simile alla svastica. Sono simboli, questi, che esistevano prima del nazismo. Gli ucraini sono legati alla propria storia”.
Il capo della Wagner: «Soledar è conquistata». Zelensky: «Falso, si sta combattendo». Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera l’11 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di mercoledì 11 gennaio. Putin, nuovo cambio ai vertici delle forze russe: più potere a Gerasimov in Ucraina
• La guerra in Ucraina è arrivata al 322esimo giorno.
• «Solo oggi, Soledar è stata colpita da 86 attacchi russi», denuncia Kiev. Zelensky: Soledar è coperta di cadaveri dei russi.
• Il generale Alexander Lapin nominato capo di Stato Maggiore delle forze terrestri russe. Sostituirebbe Oleg Salyukov.
• I soldati ucraini inizieranno l’addestramento sui Patriot negli Stati Uniti la prossima settimana.
• Intesa su nuova cooperazione Ue-Nato: più aiuti a Kiev.
Ore 04:53 - Il Punto Militare, Vladimir Putin cambia i generali come fossero soldatini
(Andrea Marinelli e Giudo Olimpio) Il presidente russo lancia carriere e le distrugge usando come metro l’andamento dell’invasione in Ucraina. L’ultima nomina — non confermata e né smentita dal portavoce Dmitry Peskov — riguarda il generale Alexander Lapin, designato quale nuovo capo di Stato Maggiore delle forze terrestri. E la notizia è doppia: perché l’ufficiale era stato sollevato dall’incarico di comandante del settore centrale a ottobre dopo il disastro di Kharkiv, dove gli ucraini avevo travolto le linee nemiche. Un rovescio che era diventato parte della faida tra i protagonisti dell’operazione speciale. Il capo della Wagner, Evgeny Prigozhin, e il dittatore ceceno Ramzan Khadirov avevano addossato ogni colpa su Lapin, definito un «mediocre e incompetente» per la cattiva gestione delle unità. Attacco accompagnato da racconti sul trattamento riservato ai soldati, su sbagli tattici, sullo spostamento del quartier generale a 150 chilometri dalla prima linea.
Ore 04:54 - Esercito: possibile attacco a Kiev da Bielorussia
L’esercito ucraino si sta preparando a un possibile nuovo attacco delle truppe di terra russe dalla Bielorussia in direzione della capitale Kiev. «A tal fine, le posizioni difensive nel nord del paese sono già state preparate e rafforzate», ha detto il tenente generale Oleksiy Pavlyuk, responsabile della difesa di Kiev.
Proprio all’inizio della guerra di Russia, nel febbraio dello scorso anno, le forze ucraine hanno respinto un’avanzata delle truppe russe fuori dalla Bielorussia e dirette verso Kiev. Una colonna di carri armati e veicoli russi lunga molti chilometri è stata decimata nelle fitte foreste a nord di Kiev e costretta a ritirarsi. La leadership ucraina teme un altro attacco dell’esercito russo, che da diverse settimane sta schierando unità lungo il confine con l’Ucraina in Bielorussia.
Ore 04:55 - I russi bombardano Kharkiv poche ore dopo visita Baerbock
I russi hanno colpito Kharkiv in serata, poche ore dopo la visita della ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, alla città ucraina devastata: lo scrive il governatore dell’oblast, Oleg Synegubov, su Telegram. «Restate nei rifugi. Gli invasori stanno bombardando di nuovo!», scrive, rivolto ai concittadini, il governatore. Fonti giornalistiche sul posto affermano di aver udito diverse esplosioni.
Ore 05:12 - Il Canada dona a Kiev un sistema antiaereo
Il Canada acquisterà dagli Usa un sistema di difesa anti-aereo per regalarlo all’Ucraina. L’annuncio è stato fatto dopo un incontro bilaterale tra il presidente canadese Justin Trudeau e il presidente americano Joe Biden in Mexico.
Ore 05:13 - Zelensky revoca la cittadinanza a 4 ex politici filorussi
Il presidente Vladimir Zelensky ha revocato la cittadinanza ucraina a quattro tra politici ed ex politici legati alla Russia. Tra di loro c’è anche il deputato Viktor Volodymyrovych Medvedchuk, amico di Vladimir Putin e contrario all’adesione dell’Ucraina all’Ue. «Sulla base dei materiali preparati dal Servizio di sicurezza dell’Ucraina e dal Servizio statale per la migrazione dell’Ucraina, e in conformità con la Costituzione del nostro Stato - ha detto ieri sera Zelensky nel suo consueto discorso di fine giornata -, ho deciso di sospendere la cittadinanza a quattro persone: Andriy Leonidovych Derkach, Taras Romanovych Kozak, Renat Raveliyovych Kuzmin e Viktor Volodymyrovych Medvedchuk». «Se i deputati del popolo scelgono di servire non il popolo ucraino ma gli assassini che sono venuti in Ucraina, le nostre azioni saranno appropriate. E non sono le ultime decisioni del genere. I servizi stanno funzionando», ha aggiunto il presidente ucraino.
Ore 06:52 - Zelensky in videocollegamento alla cerimonia dei Golden Globe
Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, è intervenuto tramite videocollegamento alla cerimonia di consegna dei premi cinematografici Golden Globe di Hollywood. Rivolgendosi a un uditorio di attori, imprenditori cinematografici e giornalisti, il presidente ucraino ha ribadito la propria fiducia nella vittoria militare del suo Paese contro la Russia, assicurando che «non ci sara’ una terza guerra mondiale». Ricordando l’origine dei Golden Globe nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, Zelensky ha dichiarato che il conflitto in corso in Ucraina simboleggia «la lotta per il diritto delle nuove generazioni a conoscere la guerra solo attraverso i film». «La Prima guerra mondiale ha reclamato milioni di vite. La Seconda guerra mondiale ne ha reclamate a decine di milioni. Non ci sarà una terza guerra mondiale. Questa non è una trilogia», ha detto il presidente, promettendo che l’Ucraina «fermerà l’aggressione russa» col «sostegno del mondo libero». «La guerra in Ucraina non è finita, ma il vento sta cambiando, ed è già chiaro chi vincerà. (...) Spero che tutti voi sarete con noi nel giorno vittorioso del nostro trionfo», ha affermato Zelensky.
Ore 07:40 - Zaporizhzhia, vietato l’accesso alla centrale a 1.500 dipendenti
Niente pass d’accesso alla centrale nucleare di Zaporizhzhia per oltre 1.500 dipendenti che si sono rifiutati di ricevere il passaporto russo e di firmare un accordo con Rosatom, l’Agenzia nucleare nazionale russa. È quanto hanno deciso le autorità filorusse della regione, secondo il rapporto quotidiano dello Stato maggiore delle forze armate di Kiev. Mosca starebbe anche cercando nuovi dipendente in Russia da trasferire presso la centrale e sta preparando loro dei nuovi alloggi negli appartamenti degli abitanti ucraini fuggiti a causa della guerra.
Ore 08:32 - Autorità russe di Donetsk: Mariinka quasi sotto nostro controllo
La città di Mariinka, situata nella regione di Donetsk, è quasi passata sotto controllo totale delle forze alleate della Russia. Lo ha dichiarato in un’intervista al canale YouTube «Solovjev Live» il governatore ad interim della repubblica popolare di Donetsk, Denis Pushilin. «L’insediamento è quasi sotto il nostro controllo. Tuttavia, alla periferia della città il nemico è riuscito a consolidare la propria presenza nel settore residenziale, in alcuni edifici», ha detto Pushilin. Inoltre, secondo il governatore ad interim, attualmente sono migliorate le condizioni per la conquista di Bakhmut e Siversk. «Questa ci aprirebbe la strada tanto attesa verso la testa di ponte di Kramatorsk e di Slovjansk», ha spiegato Pushilin, aggiungendo che questo sarebbe «un punto di svolta».
Ore 09:08 - Tajani: Italia pronta a inviare altre armi
«Per l’Ucraina stiamo facendo tutto ciò che possiamo. Siamo pronti a inviare altre armi per quanto possibile, prima di farlo ovviamente sarà informato il Parlamento. Abbiamo inviato oltre 50 tonnellate di materiale elettrico per la ricostruzione della rete elettrica distrutta dagli attacchi russi. Stiamo discutendo con i francesi per le armi di difesa aerea. Anche ieri durante l’incontro tra il premier giapponese e Giorgia Meloni abbiamo ribadito l’intenzione di sostenere la totale indipendenza dell’Ucraina». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani intervistato da Radio Capital.
Ore 09:21 - Famoso attore ucraino ferito gravemente in battaglia a Soledar
Famoso attore e paracadutista ucraino ferito gravemente nella cruenta battaglia in corso a Soledar, nel Donetsk, come riporta Unian. Dmytro Linartovych è stato colpito alla testa, ma nonostante le sue condizioni ha voluto dare un messaggio video al suo Paese: «Non saremo mai spezzati. Stiamo vincendo. Gloria all’Ucraina», ha detto. Nella cittadina a 10 chilometri a nord di Bakhmut - al momento il principale obiettivo di Mosca - la battaglia infuria tra le truppe ucraine e i mercenari del gruppo Wagner di Yevgeny Prigozhin. Ieri sera lo stesso Prigozhin ha rivendicato la conquista di Soledar.
Ore 09:30 - Negato accesso a 1.500 dipendenti in centrale nucleare Zaporizhzhia
Circa 1.500 dipendenti della centrale nucleare di Zaporizhzhia, che si sono rifiutati di ricevere passaporti russi e di firmare un accordo con Rosatom, l’azienda di Stato russa per l’energia nucleare, non possono entrare nella struttura, essendo stati negati loro i pass di accesso. Mosca sta cercando nuovi dipendenti in Russia da portare alla centrale nucleare. Secondo le forze armate ucraine, sono in corso di allestimento alloggi per futuri dipendenti grazie alla «nazionalizzazione» degli appartamenti dei residenti locali che se ne sono andati.
Ore 09:31 - Dl armi, oggi il voto in Senato
Oggi dalle 9.30 prosegue in Aula a Palazzo Madama la discussione del ddl n. 389, di conversione del d-l n. 185 sulla cessione di materiali militari all’Ucraina, avviata nella seduta di ieri con la relazione del presidente della Commissione Affari Esteri Stefania Craxi. Alle dichiarazioni di voto seguirà la votazione finale, come stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo.
Ore 09:32 - Kiev: non è vero che Soledar è sotto il controllo russo
L’esercito ucraino smentisce le affermazioni del capo dei mercenari della «Wagner» Yevgeny Prigozhin secondo cui la città di Soleadr sarebbe sotto il controllo russo. «I russi dicono che Soledar è sotto il loro controllo, questo non è vero», afferma il rappresentante del gruppo orientale delle forze armate dell’Ucraina Serhiy Cherevaty come riporta Ukrainska Pravda. «Sembra che l’ubicazione di Prigozhin non sia vera, e non si trova nelle miniere di Soledar», aggiunge Kiev.
Ore 09:52 - Turchia invia a Kiev bombe a grappolo della guerra fredda
La Turchia ha iniziato a inviare all’Ucraina una forma di bomba a grappolo progettata dagli Stati Uniti, arma potente e controversa dell’epoca della Guerra fredda per distruggere i carri armati russi: lo hanno dichiarato a Foreign Policy funzionari Usa ed europei. Le armi sono progettate per esplodere in submunizioni più piccole, possono rimanere sul campo per anni se non esplodono subito. La legge vieta agli Usa di esportarle. «Dopo che gli Usa hanno negato a Kiev l’accesso a queste munizioni, solo la Turchia poteva fornirle. Questo dimostra che Ankara è un importante sostenitore militare dell’Ucraina», hanno spiegato le fonti.
Ore 10:12 - Stoltenberg: vitale aumentare sostegno militare
I «feroci combattimenti» che si svolgono nell’Ucraina Orientale segnalano «il coraggio delle forze armate ucraine che combattono per difendere la loro patria», ma anche quanto sia di importanza «vitale aumentare il sostegno militare all’Ucraina». Lo sottolinea il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, prima di partecipare al seminario di inizio anno del collegio dei commissari europei, a Bruxelles.
Ore 10:28 - Incontro in Turchia russi-ucraini su corridoio umanitario
Incontro in Turchia tra i funzionari ucraini e russi per i diritti umani, Dmytro Lubinets e Tatyana Moskalkova. I colloqui si sono tenuti ieri e al momento è in corso ad Ankara un altro incontro trilaterale dei difensori civici di Turchia, Russia e Ucraina. Ieri è stata discussa «un’ampia gamma di questioni umanitarie e dell’assistenza ai cittadini di entrambi i Paesi», ha dichiarato oggi Lubinets. Secondo Ria Novosti, la Turchia conta sull’apertura di un corridoio umanitario con la mediazione di Ankara per aiutare bambini, donne e feriti colpiti dalla crisi in Ucraina, ha detto il difensore civico turco Sheref Malkoch.
Ore 10:49 - Peskov: non affrettiamoci a dichiarare vittoria a Soledar
«Non affrettiamoci. Aspettiamo dichiarazioni ufficiali. C’è una tendenza positiva in corso. Il successo delle operazioni militari sarà raggiunto quando raggiungeranno gli obiettivi fissati dal Comandante in capo supremo durante un’operazione militare speciale». Così il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha smorzato i toni sull’avanzata russa a Soledar, dove il leader del gruppo Wagner ha dichiarato che è stato raggiunto «il controllo totale».
Ore 10:55 - Cremlino: non c’è prospettiva di colloqui di pace con Kiev
Non ci saranno colloqui di pace con Kiev finché il dialogo con la Russia rimarrà vietato dalla legge ucraina: lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Commentando una dichiarazione del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, secondo cui la Russia è disposta a tenere colloqui con l’Ucraina, Peskov ha detto che «in una situazione in cui la legge ucraina vieta al presidente ucraino di contattarci o di impegnarsi in qualche modo con noi e l’Occidente è ovviamente riluttante a concedere a Kiev una certa flessibilità, non è possibile discutere di qualsiasi prospettiva (di dialogo) a questo punto». Lo riporta la Tass.
Ore 11:20 - Dl Ucraina: ok Senato con 125 sì e 28 no, passa alla Camera
Con 125 voti favorevoli, 28 contrari e 2 astensioni il decreto Ucraina è stato approvato dal Senato. Il provvedimento, che proroga la cessione di materiali militari all’Ucraina fino al 31 dicembre 2023, passerà alla Camera per l’ok definitivo. Come hanno specificato poi fonti del gruppo M5s, i senatori del Movimento hanno votato `no´, come quelli di Verdi-Sinistra italiana che avevano annunciato la loro contrarietà in Aula.
Ore 11:31 - Mosca: aviazione russa bombarda Soledar
«L’aviazione russa sta colpendo le roccaforti nemiche» a Soledar. Lo riferisce il ministero della Difesa russo, come riporta Ria Novosti. Le truppe aerotrasportate hanno circondato Soledar, bloccandola a nord e a sud. Il ministero ha aggiunto che le unità d’assalto stanno combattendo in città.
Ore 12:17 - Fonte a Tass, testato supersiluro russo Poseidon
Un sottomarino nucleare russo, il Belgorod, ha ultimato una serie di test del supersiluro Poseidon, secondo quanto afferma una fonte vicina al ministero della Difesa citata dall’agenzia Tass. «Prove di lancio del supersiluro Poseidon sono state effettuate per valutare le performance del sottomarino a varie profondità», ha precisato la fonte. La Tass sottolinea di non avere informazioni ufficiali a conferma di questo. Lo scorso maggio il conduttore della tv russa Rossija1 Dmitry Kiselyov aveva illustrato agli spettatori le potenzialità del Poseidon, affermando che esso è in grado di «innescare uno tsunami radioattivo di 500 metri che potrebbe spazzare via il Regno Unito».
Ore 12:38 - Zelensky a Leopoli onora la memoria dei soldati caduti
Il presidente Volodymyr Zelenskyi è arrivato oggi nella città occidentale di Leopoli, e ha iniziato la sua visita onorando la memoria dei soldati ucraini, come riportano i media ucraini. «Ho iniziato la mia visita a Leopoli con la cosa più importante: onorare la memoria dei soldati ucraini. Gloria a tutti coloro che hanno dato la vita per la nostra libertà e l’indipendenza del nostro Stato. Gloria all’Ucraina», ha scritto Zelensky sotto il video che ha pubblicato su Telegram.
Ore 12:49 - Guardian: i mercenari Wagner rappresentano il 25% dei combattenti russi
Impegnati nel Donbass dall’inizio della guerra, i mercenari della milizia Wagner fanno parlare di loro da settimane. Dal 17 maggio stanno portando avanti una feroce battaglia nella regione di Bakhmut. Questa mattina, il loro fondatore Evegny Prigozhin ha annunciato su Telegram di aver conquistato la vicina città di Soledar. Annuncio smentito dall’esercito ucraino e dal Cremlino.
Da quando è entrato in Ucraina, il gruppo Wagner ha lasciato spazio a dubbi sulla sua organizzazione ed efficacia. Tuttavia, il Guardian ha affermato questa mattina, citando «funzionari dell’intelligence occidentale», che la milizia rappresenta una parte significativa dell’esercito russo in termini di organico. In particolare, «c’è la possibilità realistica che gli uomini di Wagner ora rappresentino il 25 per cento o più dei combattenti russi», hanno sostenuto le fonti. A metà dicembre, la Casa Bianca aveva già stimato in 50mila uomini la «forza lavoro» di Wagner schierata in Ucraina: 10mila mercenari e 40mila reclutati dalle carceri russe. Malgrado il loro numero, l’avanzata degli uomini di Prigojine è definita «millimetrica». Uno dei funzionari occidentali che ha parlato al Guardian ha stimato ci vogliano «a volte due settimane per prendere una sola casa».
Ore 12:50 - Kiev: bombe russe sull’ospedale pediatrico di Kherson
Le forze russe hanno colpito ieri sera un ospedale pediatrico di Kherson, nel sud dell’Ucraina, danneggiando un’unità di cura neonatale: lo ha reso noto su Telegram il capo dell’Amministrazione militare regionale, Yaroslav Yanushevych, riporta Ukrinform. «Gli occupanti russi continuano a colpire l’ospedale clinico pediatrico regionale di Kherson. Ieri sera, i russi hanno attaccato di nuovo la struttura sanitaria, sparando contro l’unità in cui vengono fornite cure mediche ai neonati», ha scritto Yanushevych. L’edificio di sei piani è stato danneggiato. Nuove esplosioni sono state udite a Kherson anche questa mattina.
Ore 12:59 - Von der Leyen propone riunione Commissione Ue a Kiev
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto una «riunione tra collegio e governo a Kiev all’inizio di febbraio». Lo riferisce Politico, citando un funzionario Ue. Von der Leyen ha annunciato il piano ai suoi colleghi nella riunione del Collegio dei commissari di oggi. Il funzionario ha affermato che il piano iniziale prevedeva che circa «da 10 a 15 commissari» che lavorano su file relativi all’Ucraina che vanno dal commercio alle politiche digitali incontrassero le loro controparti a Kiev, tra cui figura il commissario italiano Paolo Gentiloni. L’obiettivo è «approfondire ulteriormente i rapporti» e mostrare solidarietà. È un «riconoscimento dei progressi che l’Ucraina sta facendo nel suo cammino verso l’Europa», ha detto il funzionario. Von der Leyen «ha sottolineato che questo esercizio sarebbe ovviamente volontario per i membri del collegio».
Ore 13:22 - Zelensky: preparati a difendere confine con Bielorussia
L’Ucraina deve essere pronta a reagire al confine con la Bielorussia: Kiev infatti teme che la Russia potrebbe tentare di utilizzare la Bielorussia per il lancio di una nuova invasione di terra dell’Ucraina da nord. Zelenskyj ne ha parlato dopo aver preso parte a una riunione di coordinamento sulle questioni di sicurezza nella regione di Lviv. «Abbiamo discusso della protezione del confine di stato, della situazione al confine con la Repubblica di Bielorussia, e delle misure controffensive in questi territori», ha affermato. «Sappiamo che dobbiamo essere pronti sia al confine che nelle regioni».
Ore 13:38 - Putin: risolveremo problemi forniture a forze in Ucraina
La Russia «rafforzerà le sue capacità difensive» e «risolverà tutti i problemi relativi alle forniture alle forze armate impegnate nell’operazione militare speciale» in Ucraina. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin citato dall’agenzia Ria Novosti. «Allo stesso tempo - ha aggiunto - continueremo a realizzare programmi e piani di vasta scala in campo socio-economico».
Ore 14:01 - Governo, pronto materiale per emergenza elettrica Ucraina
Si è riunito stamane a Palazzo Chigi il gruppo di lavoro «emergenza elettrica Ucraina», voluto dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, operativo già da inizio dicembre. Lo comunica Palazzo Chigi. Nella riunione odierna è stata definita la lista delle disponibilità di materiali e attrezzature da parte dei principali operatori del settore elettrico e sulle modalità logistiche per il successivo imminente invio. Si tratterà di uno sforzo di grande impatto considerato che la donazione da parte del governo italiano di tale materiale potrebbe contribuire a garantire l’alimentazione elettrica di una comunità di circa 3 milioni persone.
Ore 14:14 - Mosca: «Soledar bloccata, si combatte in città»
Unità delle forze militari russe hanno bloccato la città di Soledar, nella regione di Donetsk, ora impegnate in scontri con le truppe ucraine. Lo ha riferito il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkov. «Le forze russe stanno attaccando le roccaforti nemiche», così sull’agenzia Tass.
Ore 14:29 - Kiev fiduciosa: «Con i missili a lungo raggio vinceremo entro la fine del 2023»
«L’Ucraina può vincere la guerra quest’anno con i missili a lungo raggio dall’Occidente». Lo ha dichiarato la presidenza ucraina, assicurando che Kiev non attaccherà il territorio russo se l’Occidente gli fornirà questo tipo di armi.
Ore 14:33 - Ministro Kuleba: «Visita Baerbock per noi molto importante»
«La città è viva, la gente sta ricostruendo tutto. Anche questo è eroico», ha dichiarato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba su Kharkiv, città coinvolta in molti attacchi dell’esercito russo negli ultimi giorni. «Kharkiv è anche una regione in cui si sono verificate terribili atrocità russe. Dovremmo ricordarlo quando faremo le valutazioni per come ritenere la Russia responsabile di questi crimini. Per questo la visita della ministra tedesca Annalena Baerbock e il sostegno della Germania è stata per noi molto importante, dal punto di vista simbolico e pratico», ha aggiunto.
Ore 14:38 - Kiev risponde ai russi: «Gli invasori non sfondano a Soredar»
«Le truppe russe hanno cercato di sfondare le linee difensive ucraine per conquistare totalmente la città di Soledar, ma il tentativo non è andato a buon fine. Lo ha scritto su Telegram la vice ministra della Difesa ucraina, Ganna Maliar, sottolineando che nella città del Donbass città sono ancora in corso «violenti combattimenti».
Ore 14:50 - Kiev: Soledar-Bakhmut battaglia più sanguinosa della guerra
La lotta per il controllo di Soledar e Bakhmut nell’Ucraina orientale è la «più sanguinosa» battaglia per le forze russe e ucraine dall’inizio dell’invasione nel febbraio 2022. Lo ha affermato Mykhailo Podoliak, consigliere della presidenza ucraina, in un’intervista all’Afp. «Qualunque cosa stia accadendo oggi in direzione di Bakhmut o Soledar, è lo scenario più sanguinoso di questa guerra», ha detto il funzionario. «Molto sangue, molti duelli di artiglieria, molti combattimenti di contatto, soprattutto a Soledar oggi», ha riassunto Podoliak, osservando che attualmente è il «punto più caldo della guerra».
Ore 15:07 - Stoltenberg sente Kiev, inviare sistemi avanzati più in fretta
«Buon colloquio con il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba sul supporto vitale che gli alleati Nato stanno fornendo all’Ucraina nella loro coraggiosa lotta contro l’invasione russa. Il tempismo è fondamentale. Dobbiamo fornire attrezzature più avanzate più velocemente». Così il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, su Twitter.
Ore 15:29 - Niente presidenza russa per il Premio Andersen, Arkhipova si è dimessa
L’Ibby ha colto l’occasione per ricordare che «Anastasia Arkhipova è stata democraticamente eletta presidente della giuria per il premio che verrà assegnato nel 2024 nel corso della 38esima assemblea generale al suo congresso biennale nel settembre 2022 in Malesia, alla presenza dei 42 rappresentanti delle sezioni nazionali Ibby. Non è stata espressa alcuna opposizione alla sua nomina o elezione». Si tratta di un riferimento alla rivolta di diverse sezioni nazionali Ibby per le presunte attività filo-Putin di Anastasia Arkhipova. Pochi giorni fa sono state segnalate critiche da parte dei comitati nazionali svedese, finlandese, norvegese, belga, estone, lituano e lettone, mentre i comitati danese e svedese hanno ritirato le loro candidature per l’assegnazione del riconoscimento per protesta. La regina di Danimarca Margherita II ha ritirato il patrocinio al premio la scorsa settimana.
Ore 16:34 - Gb apre a possibile di fornitura di carri armati
Il governo britannico sta predisponendo piani per una possibile fornitura di tank all’Ucraina per la guerra contro la Russia. Lo ha confermato una portavoce di Downing Street pur precisando che al momento una decisione finale non è stata presa. La portavoce ha detto che il premier Rishi Sunak ha incaricato il ministro della Difesa, Ben Wallace, di coordinarsi con gli alleati su piani di ulteriori forniture belliche a Kiev, «incluso il trasferimento di carri armati» che le autorità ucraine invocano da mesi. Laddove si trattasse di cingolati Challanger 2, Londra diventerebbe il primo Paese Nato a inviare tank pesanti.
Ore 17:12 - Gerasimov nominato comandante forze russe «operazione speciale»
Mosca ha deciso di affidare la conduzione delle operazioni delle forze congiunte in Ucraina direttamente al capo di Stato maggiore Valery Gerasimov a causa della «espansione delle dimensioni dei compiti» e alla necessità di una «maggiore efficienza». Lo fa sapere il ministero della Difesa, citato dall’agenzia Interfax. I vice di Gerasimov saranno, per le forze aerospaziali, il generale Serghei Surovikin, finora comandante delle operazioni, e per l’esercito Oleg Salyukov. Il terzo vice di Gerasimov sarà Alexey Kim.
Ore 18:03 - Zelensky: la Nato dovrebbe accelerare l’adesione dell’Ucraina
Zelensky ritiene opportuno che la Nato avvii un meccanismo per accelerare l’integrazione dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica. «Ci stiamo preparando a nuovi passi che uniranno sempre più l’esperienza della difesa ucraina, la nostra forza, e la forza dell’intera comunità euro-atlantica. La decisione degli Stati membri della Nato di avviare un meccanismo per accelerare l’integrazione dell’Ucraina sarebbe molto efficace e coerente con la realtà e il nostro potenziale di difesa, come è avvenuto con Svezia e Finlandia», ha dichiarato Zelensky durante una conferenza stampa dopo il secondo vertice del Triangolo di Lublino a Leopoli, citato da Ukrinform.
Ore 18:11 - Duda: «Polonia invierà carri armati Leopard in Ucraina»
Il presidente polacco Andrzej Duda nel corso di una sua visita a Leopoli ha annunciato l'invio di carri armati Leopard. «Come chiesto da Kiev, riteniamo giusto continuare a sostenere militarmente l'Ucraina, perciò, in base all'accordo della coalizione internazionale invieremo un altro gruppo di mezzi militari». Queste parole dopo l'incontro con gli omologhi di Ucraina e Lituania.
Ore 18:21 - Kiev, il sondaggio di New Europe Center: «69% degli ucraini contrario ai negoziati»
Il 69% degli ucraini respinge l'idea di un negoziato di pace con la Russia in cambio di un ritiro dai territori occupati e dell'impegno di Kiev di non aderire alla Nato: è quanto risulta da un sondaggio del think tank ucraino New Europe Center. L'83% degli intervistati dichiara invece di aver fiducia nell'Unione Europea, il 76% nella Nato e il 71% nel G7; per quanto riguarda i leader stranieri, il meglio considerato è il presidente polacco Andrzej Duda (86,8%), seguito da quello statunitense Joe Biden (79,4%) e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (73%)
Ore 18:29 - Zelensky smentisce i russi: «Soledar non è stata conquistata, battaglia prosegue»
Zelensky smentisce le dichiarazioni di Mosca circa la conquista della città di Soledar da parte delle truppe russe, almeno della parte orientale della città, confermando che la battaglia prosegue.
Ore 18:37 - Il punto militare: Gerasimov nuovo capo delle operazioni russe in Ucraina: cosa succederà ora sui due fronti della guerra?
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Surovikin, che era in ascesa, cala di un gradino. Volava troppo alto e faceva ombra a qualcuno? L’Armata avanza a est, la mobilitazione ha fornito i riservisti per manovrare.
Volontà politica, disponibilità ad accettare perdite altissime, adattamento, quantità. Sono i fattori che hanno permesso a Mosca di avanzare nel settore di Bakhmut-Soledar. Il Cremlino ha «scelto» di concentrare il massimo sforzo nelle due località orientali dell’Ucraina, mentre a sud ha rimpolpato le difese per ostacolare iniziative del nemico. Dunque attacco, stabilizzazione, in parallelo alla campagna di bombardamenti sulle città. La mobilitazione ha fornito all’Armata russa i riservisti per manovrare.
Preparati o meno, li hanno mandati all’assalto adottando una nuova tattica ben descritta da fonti ucraine citate da Le Monde. Invece di muovere grandi reparti sono stati creati nuclei di 8-10 elementi, ognuno dotato di razzi anti-carro termobarici o simili, che si sono avvicinati il più possibile alle posizioni avversarie. Largo l’impiego di lanciagranate da 40 millimetri, intenso il fuoco di copertura dell’artiglieria e dei mortai. La combinazione si è rivelata efficace. Alle spalle della prima ondata, a circa 500 metri, erano pronti altri team, lanciati nella «fornace» a sostituire i caduti e con equipaggiamenti più leggeri. Altri ancora trasportavano armi che dovevano essere usate dai rimpiazzi. Lo schema è stato ripetuto in modo continuo, strappando ogni giorno pochi centimetri di territorio, lasciandosi alle spalle centinaia di morti. Tra loro i mercenari della Wagner ma anche reparti scelti...
Ore 19:29 - Chi è Gerasimov, il generale che ha inventato la «guerra ibrida»
(Claudio Del Frate) Un militare che si è fatto le ossa ai tempi dell’Urss, che ha scalato i vertici della gerarchie russa in seguito alla guerra in Cecenia e che è considerato il teorizzatore della cosiddetta «guerra ibrida», vale a dire un conflitto fatto non più con aerei, carri armati e truppe di terra ma attraverso intrusioni informatiche e cyberattacchi. Ecco i tratti salienti della personalità di Valery Gerasimov, il generale già capo di stato maggiore di tutte le forze di Mosca, viceministro della difesa e che da oggi è stato nominato da Putin diretto responsabile delle operazioni in Ucraina.
Ore 19:31 - «A Pechino si sono convinti che Putin sia pazzo»
(Guido Santevecchi) È possibile un riavvicinamento a sorpresa tra la Cina marxista-leninista di Xi Jinping e l’Occidente? Non sembrerebbe, a giudicare dalla videoconferenza di fine anno del leader cinese con Vladimir Putin, nella quale ha detto di essere pronto ad alzare il livello della collaborazione strategica con la Russia. Ma poi Xi ha fatto diverse mosse interessanti che lasciano pensare a un tentativo di recuperare una relazione utile da un punto di vista politico (oltre che commerciale) con Stati Uniti ed Europa.
Ore 19:36 - Capo della Wagner insiste: «Soledar completamente liberata»
Il capo del gruppo di mercenari Wagner insiste affermando che le sue forze hanno «completamente liberato» la città ucraina orientale di Soledar, uccidendo circa 500 soldati ucraini. Lo riportano Sky News e Al Jazeera, citando una dichiarazione del leader mercenario Yevgeny Prigozhin. «L’intera città è disseminata di cadaveri di soldati ucraini», ha detto Prigozhin, in una dichiarazione che contraddice quanto affermato dallo stesso Cremlino, e solo pochi minuti dopo la smentita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo il quale a Soledar continuano i combattimenti.
Ore 19:51 - Così muoiono i coscritti di Putin: c’è chi è sopravvissuto al fronte solo sei giorni
(Federico Fubini) Alexey Prostakishin è sopravvissuto sei giorni, non uno di più. Aveva 44 anni, una moglie e due figli ed era stato reclutato il 29 settembre a Ust-Karenga, il suo villaggio nella Transbaikalia ai confini con la Mongolia e la Cina. Il 4 ottobre era già sul fronte nel Donetsk, quando è diventato il primo coscritto di Vladimir Putin morto in guerra. Come lui non hanno superato il 4 ottobre vari altri fra i rastrellati di fine settembre. Non c’è riuscito Andrei Pichuyev, 38 anni, una moglie e due figli — ex volontario nella devastazione della Cecenia vent’anni fa — portato via pochi giorni prima da un remoto villaggio della Buriazia, una repubblica asiatica di cultura mongolica. È stato ucciso quel giorno anche Dmitry Sidorov, diplomato meccanico, anche lui buriato di campagna con una faccia da bambino a 23 anni. Ed è morto il 4 ottobre anche Alexey Roik, un ufficiale delle dogane di 36 anni di Cita, nell’Estremo Oriente russo.
Ore 20:58 - Usa: «Gerasimov? Mosca sta facendo molti cambiamenti»
La Russia «sta facendo molti cambiamenti». Lo ha detto la portavoce della Casa Bianca, Karine-Jean Pierre, a proposito della decisione di Putin di affidare al capo di stato maggiore Valery Gerasimov il comando delle truppe di Mosca in Ucraina. «Questa è una guerra che la Russia ha iniziato, una guerra brutale, alla quale potrebbe mettere fine domani», ha ribadito.
Ore 21:55 - Wagner: trovato morto uno dei volontari britannici dispersi
Il gruppo russo Wagner ha affermato in una nota di aver trovato il corpo senza vita di uno dei due volontari britannici dichiarati dispersi a Soledar nell’est dell’Ucraina. Lo riferisce la Tass, aggiungendo che sul cadavere sono stati trovati i passaporti di entrambi gli uomini, Andrew Bagshaw e Christopher Parry. Secondo la polizia ucraina, dei due si erano perse le tracce dal 6 gennaio.
Dagospia l’11 gennaio 2023. Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Dago, si legge sul Domani dell'11 gennaio una interessante notizia: arriva a Repubblica, in qualità di editorialista, il Prof. Jeffrey Sachs, della Columbia University. Il Prof. Sachs è (guarda caso) membro della Pontificia accademia delle scienze sociali ed è (ad es. in materia di conflitto ucraino, Covid, genocidio degli Uiguri) uno strenuo propagandista delle ragioni politiche della Russia e della Cina, ovvero - sempre quando si dice il caso - dei due Paesi verso i quali è maggiormente orientata l'attuale politica estera vaticana.
Che si sappia, da mesi Stellantis ha sospeso le proprie attività produttive sia in Russia che in Cina. Non dovrebbe dunque avere impellenti motivi di "captatio benevolentiae" di quei due Paesi. Chi potrebbe, dunque, per pura ipotesi, aver "suggerito" al Gruppo Agnelli - Elkann, o al Direttore di Repubblica, di permettere al Prof. Sachs di propalare, su un giornale a larga diffusione, le farneticazioni e i rutti di cui si dà conto nell'articolo del Domani, a tutto vantaggio dei russi e dei cinesi? E perché? Oh, come sarebbe bello saperlo...
Distinti saluti e auguri di buon lavoro.
(Giancarlo Lupi, Roma)
Estratto dell'articolo di Jeffrey D. Sachs per "la Repubblica" l’11 gennaio 2023.
[…] Qui in Occidente siamo bombardati quotidianamente da narrazioni ufficiali ridicole, per lo più provenienti da Washington: la Russia è il male puro, la Cina è la più grande minaccia per il mondo e solo la Nato può salvarci. Queste dabbenaggini, imbastite all'infinito dal Dipartimento di Stato americano, sono di grande ostacolo alla soluzione dei problemi globali. Ci intrappolano in mentalità sbagliate e persino in guerre che non avrebbero mai dovuto verificarsi e che devono essere fermate con i negoziati piuttosto che con l'escalation.
[…] Le alleanze militari sono infatti un pericoloso anacronismo, non una vera fonte di sicurezza nazionale o regionale. Dopo tutto, è stato il tentativo degli Usa di espandere la Nato alla Georgia e all'Ucraina a scatenare le guerre in Georgia (nel 2010) e in Ucraina (dal 2014 a oggi). Né il bombardamento di Belgrado da parte della Nato nel 1999, né i quindici anni di missione fallita in Afghanistan, né il bombardamento della Libia nel 2011 hanno centrato reali obiettivi.
Neppure la Cina è una grave minaccia come viene dipinta oggi in Occidente. Gli Stati Uniti cercano di dare a intendere che viviamo ancora in un mondo guidato dagli Usa e che la Cina è un pericoloso contendente da bloccare.
Ma la realtà è diversa. La Cina è un'antica civiltà di 1,4 miliardi di persone (quasi un individuo su cinque nel mondo è cinese) che punta a sua volta ad alti standard di vita e all'eccellenza tecnologica. Non risolveremo i nostri problemi globali tentando invano di "contenere" la Cina, ma attraverso il commercio, la cooperazione e, sì, anche la concorrenza economica con quel Paese. […]
Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per “il Fatto quotidiano” l’11 gennaio 2023.
Allarme russo, ripeto: allarme russo. Un pericoloso putiniano, aiutato dai soliti hacker moscoviti, s' è infiltrato nelle pagine di Repubblica per ribaltare di 180 gradi la linea di Sambuca Molinari. L'ignoto intruso, che si spaccia per l'economista americano Jeffrey D. Sachs e - leggiamo sgomenti - "comincia con questo articolo la sua collaborazione con Repubblica", riempie un'intera pagina sotto il titolo ingannevole "Lula uscirà rafforzato. Ora la vera sfida è salvare l'Amazzonia" per bombardarne senza pietà 11 mesi di editoriali turboatlantisti sulla guerra russo-ucraina: "Qui in Occidente siamo bombardati da narrazioni ufficiali ridicole, perlopiù provenienti da Washington".
Quali? Guardacaso, le stesse di Sambuca, Johnny Riotta, Merlo, Messina, Folli, giù giù fino a Cappellini. […] E tutto questo - ripetiamo con sgomento - su Rep: un autobombardamento in piena regola, che non può restare impunito. Prima però bisogna dare un nome e un volto al putribondo figuro.
[…] Che aspettano il Copasir, il Dis, l'Aise, l'Aisi e la Digos a indagare? E dove sono Riotta, la Tocci, il commissario Iacoboni, il duo Sarzanini-Guerzoni e gli altri ghostbuster di hacker e agenti russi? Urge aggiornare le liste di proscrizione. Non c'è un minuto da perdere.
Youssef Hassan Holgado per editorialedomani.it l’11 gennaio 2023.
«Qui in occidente siamo bombardati quotidianamente da narrazioni ufficiali ridicole, per lo più provenienti da Washington: la Russia è il male puro, la Cina è la più grande minaccia per il mondo e solo la Nato può salvarci. Queste dabbenaggini, imbastite all’infinito dal dipartimento di Stato americano, sono di grande ostacolo alla soluzione dei problemi globali».
A scrivere è Jeffrey D. Sachs, economista della Columbia e membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze sociali. Sono frasi tratte dal suo articolo pubblicato il 10 gennaio sulla Repubblica, quotidiano con il quale ha cominciato una collaborazione.
Sachs è un economista riconosciuto a livello internazionale, ma è anche molte altre cose: le sue dichiarazioni negli ultimi tempi su Russia, Cina e Covid-19 sono state oggetto di aspre critiche e gli hanno procurato anche copiosi attestati di stima da parte del sottobosco più oscuro della americana e degli apparati di propaganda russa e cinese.
Il 6 gennaio il Wall Street Journal ha pubblicato un commento al vetriolo contro Sachs e altri personaggi legati all’establishment americano come Mark Episcopos e Dimitri Simes, qualificati fin dal titolo come «le cheerleader di Putin».
Nel commento, Adrian Karatnycky accusa Sachs, Episcopos e Simes di alimentare la propaganda anti occidentale del presidente russo Vladimir Putin.
Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, Sachs è stato intervistato almeno tre volte nel programma televisivo di Vladimir Solovyov, il più noto propagandista del Cremlino, che più volte ha invocato un attacco russo contro i paesi dell’Unione europea ed è noto per il suo odio nei confronti dell’occidente. Di recente ha attaccato anche la Corte penale internazionale, che sta indagando sui crimini di guerra commessi dai soldati russi a Bucha e altrove.
Sachs ha accusato la Nato di aver spinto la Russia a invadere l’Ucraina – cosa che ha ripetuto nell’articolo di Repubblica, che però è titolato sull’Amazzonia – e ha chiesto a Zelensky di fare un passo indietro rispetto ad alcune sue richieste – tra cui riavere il controllo della Crimea – e tornare al tavolo dei negoziati per siglare la pace.
Prestando il suo nome e il suo volto a Solovyov, Sachs ha contribuito a legittimare la visione del Cremlino, e ha anche scagionato la Russia per il sabotaggio del gasdotto Nord Stream.
«Scommetto che la distruzione del gasdotto Nord Stream è stata un’azione degli Stati Uniti, forse degli Stati Uniti e della Polonia», aveva detto Sachs a Bloomberg Tv subito dopo la notizia del sabotaggio avvenuto a metà settembre.
E poi ha aggiunto: «So che questo va contro la nostra narrazione e che in occidente non è permesso dire queste cose». Le affermazioni, fatte senza portare alcuna prova, sono state immediatamente rilanciate dai siti e dalle agenzie di stampa russe.
Lo scorso luglio, le dichiarazioni di Sachs sul Covid-19 – secondo cui «molto probabilmente è emerso da un programma di ricerca di laboratorio sostenuto dagli Stati Uniti» – hanno messo in imbarazzo l’Alto rappresentante dell’Unione europea, Josep Borrel, che lo ha scelto come consigliere di politica estera.
Contattato da Politico, il portavoce di Borrel ha specificato che Sachs non riceve uno stipendio per la sua attività di consigliere e che non è un funzionario europeo, pertanto le sue opinioni non rappresentano quelle di Borrell.
La sua tesi è ribadita anche nelle raccomandazioni finali della commissione sul Covid-19 per la rivista scientifica Lancet.
Sachs, che è stato scelto come presidente della commissione, ribadisce che il virus può essere sia uscito da un laboratorio sia giunto tramite trasmissione animali. Entrambe le ipotesi sono valide, ma lui si spinge oltre, dicendo che gli esperimenti di laboratorio erano guidati dagli americani e per questo l’ipotesi non è stata indagata a dovere.
Secondo lui non c’è stata una discussione pubblica onesta e trasparente sull’origine del virus, cosa che ha mandato in solluchero tutti quelli che, a ogni latitudine, gridano indignati che «non ce lo dicono».
Durante la presentazione del rapporto finale della commissione sul Covid-19, il direttore dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, ha criticato pubblicamente Sachs, al quale ha detto: «Nutriamo notevoli preoccupazioni per le omissioni e gli errori fattuali contenuti nel rapporto della Commissione in relazione alle prestazioni dell’Oms».
Nell’aprile del 2021 in un articolo pubblicato sul suo sito aveva chiesto all’amministrazione americana di ritrattare le dichiarazioni dell’ex vicepresidente Mike Pompeo che accusava la Cina di genocidio contro gli uiguri.
Per Sachs sono dichiarazioni che portano all’escalation militare e benché «esistano accuse credibili di violazioni dei diritti umani contro gli uiguri», «queste non costituiscono di per sé un genocidio».
Inoltre, secondo Sachs «dobbiamo comprendere il contesto della repressione cinese nello Xinjiang» ovvero «fermare il terrorismo dei gruppi islamici militanti», una giustificazione tratta dall’armamentario propagandistico del regime di Xi Jinping.
Sono anche dichiarazioni in controtendenza rispetto alle inchieste giornalistiche pubblicate negli ultimi anni e alle risoluzioni approvate da diversi parlamenti (Regno Unito, Canada, Paesi Bassi ecc.) che hanno concluso che nello Xinjiang è in corso un genodicio.
Armi a Kiev, il Pd spaccato: ecco chi ha votato contro. Arriva l'ok del Senato al decreto legge che proroga la cessione di materiali militari all'Ucraina. Due senatori del Pd votano contro. William Zanellato l’11 Gennaio 2023 su Il Giornale.
La posizione in politica estera di Giorgia Meloni è stata limpida fin dalle prime ore del suo insediamento a Palazzo Chigi. Il conflitto russo ucraino obbliga il governo di centro destra a prendere una posizione netta e, nonostante le critiche da parte dell’opposizione, la linea atlantista dell’esecutivo non è mai stata messa in dubbio dalle forze di maggioranza. Al contrario, all’interno del Nazareno, qualche esponente dem si sta riposizionando. Tra i 28 contrari al decreto Ucraina, approvato in mattinata al Senato, ci sono due senatori del Partito democratico.
Il Pd vota contro
Il decreto legge che proroga la cessione di materiali militari all’Ucraina fino al 31 dicembre di quest’anno è stato approvato al Senato. Con 125 voti favorevoli, 28 contrari e 2 astensioni il provvedimento passerà alla Camera per il via libera definitivo. Tra i 28 voti contrari spuntano due senatori del Partito democratico e anche i due astenuti sono della truppa dem. A denunciare il voto contrario del Pd al decreto Ucraina è il Terzo Polo con la voce di Raffaella Paita:“I senatori Giorgis e Valente del Pd hanno votato contro il decreto Ucraina, mentre i senatori Rando e Camusso si sono astenuti”. La presidente del gruppo Azione-Italia Viva si toglie qualche sassolino dalla scarpa e chiede al Partito democratico di chiarire la propria posizione:“Il Pd prenderà le distanze dai senatori ribelli? Mi chiedo però a questo punto quale sia la vera linea del Pd e cosa voglia fare”.
Il riposizionamento del Partito democratico sul conflitto russo ucraino è sempre più evidente. La linea di Enrico Letta, fieramente atlantica, sembra passata di moda all’interno del Nazareno. E la rincorsa al Movimento 5 stelle, dettata forse dai sondaggi in picchiata, scalfisce l’atlantismo del Pd. Se ne accorge sempre Raffaella Paita che aggiunge sui suoi canali social:“Non è arrivato finalmente il momento di dire una volta per tutte la parola FINE ad ogni ipotesi alleanza con il M5S?”. Una domanda chirurgica ma che purtroppo rimarrà senza risposta, almeno per il momento. Il continuo tira e molla tra dem e grillini è ancora in corso e un possibile “nuovo” campo largo non è da escludere. Raffaella Paita parla, giustamente, di una “perfetta comunione ideale con il M5S”. Come darle torto.
Passando dalla parte opposta dell’emiciclo, la maggioranza di governo tira dritto sul decreto Ucraina e ribadisce la linea atlantista. Ed è lo stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani a dare l’idea di compattezza del governo: “L’Italia farà la sua parte, manderemo altre armi in Ucraina”.
Le giustificazioni del Pd
Intanto arrivano le prime giustificazioni del Partito democratico e la prima ad esporsi è Simona Malpezzi. La Presidente dei senatori dem prova a difendere i due ribelli, Valente e Giorgis, e lo fa sparando a zero su Raffaella Paita, la presidente del gruppo Azione Italia Viva. “I colleghi Valente e Girogis – esordisce Malpezzi – hanno già chiarito che sul dl Ucraina hanno commesso un errore materiale votando contro e hanno già comunicato alla Presidenza del Senato la rettifica del proprio voto”. Simona Malpezzi prende la palla al balzo e attacca l’esponente del Terzo Polo colpevole, a detta sua, di aver montato una polemica inutile: “Raffella Paita non ha perso l’occasione per utilizzare strumentalmente la vicenda” Dispiace che una collega decida di creare una polemica sul nulla per di colpire il Pd e creare un caso che non esiste”. Insomma, la nota di Simona Malpezzi prefigura un passo indietro da parte dei ribelli ma agli atti rimangono i voti contrari. Al Nazareno la confusione regna sovrana.
Nuova minaccia russa. Il siluro Poseidon e lo tsunami atomico. Il Cremlino: "Test positivi sull'arma". La Nato promette altri aiuti a Kiev, le bombe a grappolo da Ankara. Matteo Basile il 12 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Non è un caso che da qualche settimana si parli poco o nulla di pace, dialogo e possibili trattative. A tenere banco è sempre il discorso legato alle armi. Quelle che Kiev sta chiedendo con insistenza ai partner della Nato e dell'Unione Europea per difendersi dall'aggressione russa e quelle di Mosca, spesso utilizzate come minaccia nei confronti dell'Occidente.
Dal fronte Ucraino arriva l'ennesimo appello: «L'Ucraina può vincere la guerra quest'anno con i missili a lungo raggio dall'Occidente», assicurando che nel caso non verrà attaccato il suolo russo, spauracchio per l'Occidente che vuole evitare un'ulteriore escalation. «Dobbiamo fornire attrezzature più avanzate più velocemente», ha prontamente replicato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg che ha avuto un colloquio con il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Si muovono anche i partner europei. Oltre all'Italia, il governo britannico sta predisponendo piani per una possibile fornitura di carri armati. Londra potrebbe essere il primo governo che manda a Kiev dei tank pesanti. Intanto la Turchia, da tempo in prima fila alla ricerca di possibile canale di dialogo, ha iniziato a inviare all'Ucraina una forma di bomba a grappolo, progettata dagli Stati Uniti, per distruggere i carri armati russi. Le armi sono progettate per esplodere in submunizioni più piccole e hanno il gravissimo difetto che possono rimanere sul campo per anni se non esplodono subito, motivo per cui la legge vieta agli Usa di esportarle.
Sul fonte russo invece, Putin dice che «rafforzerà le sue capacità difensive e risolverà tutti i problemi relativi alle forniture alle forze armate». Il primo atto concreto però sembra andare ben oltre ed è un rischio per il mondo intero. Si tratta di «Poseidon», un missile sottomarino di ultima generazione potenzialmente armabile con testate nucleari al quale Mosca sta lavorando da tempo. Secondo fonti russe «il sommergibile Belgorod ha completato una serie di test di lancio» con modelli di prova del peso e delle dimensioni del razzo-drone che hanno dato esito positivo. Nei mesi scorsi membri di spicco del Cremlino avevano rivelato minacciosi che un missile «avrebbe potuto innescare uno tsunami radioattivo di 500 metri che potrebbe spazzare via la Gran Bretagna». Secondo gli esperti britannici l'impatto non sarebbe però così devastante ma comunque molto pesante. Il razzo sottomarino è lungo circa 20 metri, può viaggiare a mille metri di profondità e ha un raggio d'azione di almeno 10.000 chilometri, raggiungendo i 90 km/h. La potenza della sua testata nucleare sarebbe di due megatoni, cento volte superiore alla bomba di Hiroshima. Al di là della potenzialità distruttiva, reale o presunta, un'ulteriore intimidazione che grava sull'Europa.
Ucraina Russia, le notizie sulla guerra di giovedì 12 gennaio. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 12 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di giovedì 12 gennaio, in diretta. Le immagini satellitari confermano la violenza degli scontri. Putin cambia i vertici delle forze armate
• Questa diretta è stata chiusa. Trovate a questo link il nuovo articolo con tutte le notizie di oggi, in diretta, sulla guerra in Ucraina.
• La guerra in Ucraina è arrivata al 323esimo giorno.
• A giugno nuova riunione della Comunità politica europea in Moldavia.
• Per il capo della Wagner Soledar è in mano russa, ma gli ucraini rivendicano un'avanzata.
•Lavrov visiterà la Bielorussia il 19 gennaio.
• Perché Putin ha retrocesso Sergei Surovikin, il generale Armageddon che guidava le operazioni in Ucraina.
• L'Ucraina devastata dai crateri: le foto satellitari mostrano la distruzione.
• Al generale Gerasimov più poteri per la gestione dell’operazione speciale.
Ore 04:32 - Mosca: «Soledar bloccata, si combatte in città»
Unità delle forze militari russe hanno bloccato la città di Soledar, nella regione di Donetsk, ora impegnate in scontri con le truppe ucraine. Lo ha riferito il portavoce del ministero della Difesa russo, il generale Igor Konashenkov. «Le forze russe stanno attaccando le roccaforti nemiche», così sull’agenzia Tass.
Ore 04:43 - Duda: «Polonia invierà carri armati Leopard in Ucraina»
l presidente polacco Andrzej Duda nel corso di una sua visita a Leopoli ha annunciato l'invio di carri armati Leopard. «Come chiesto da Kiev, riteniamo giusto continuare a sostenere militarmente l'Ucraina, perciò, in base all'accordo della coalizione internazionale invieremo un altro gruppo di mezzi militari». Queste parole dopo l'incontro con gli omologhi di Ucraina e Lituania.
Ore 04:49 - Così muoiono i coscritti di Putin: c’è chi è sopravvissuto al fronte solo sei giorni
(Federico Fubini) Alexey Prostakishin è sopravvissuto sei giorni, non uno di più. Aveva 44 anni, una moglie e due figli ed era stato reclutato il 29 settembre a Ust-Karenga, il suo villaggio nella Transbaikalia ai confini con la Mongolia e la Cina. Il 4 ottobre era già sul fronte nel Donetsk, quando è diventato il primo coscritto di Vladimir Putin morto in guerra. Come lui non hanno superato il 4 ottobre vari altri fra i rastrellati di fine settembre. Non c’è riuscito Andrei Pichuyev, 38 anni, una moglie e due figli — ex volontario nella devastazione della Cecenia vent’anni fa — portato via pochi giorni prima da un remoto villaggio della Buriazia, una repubblica asiatica di cultura mongolica. È stato ucciso quel giorno anche Dmitry Sidorov, diplomato meccanico, anche lui buriato di campagna con una faccia da bambino a 23 anni. Ed è morto il 4 ottobre anche Alexey Roik, un ufficiale delle dogane di 36 anni di Cita, nell’Estremo Oriente russo.
Ore 04:53 - Zelensky smentisce i russi: «Soledar non è stata conquistata, battaglia prosegue»
Zelensky smentisce le dichiarazioni di Mosca circa la conquista della città di Soledar da parte delle truppe russe, almeno della parte orientale della città, confermando che la battaglia prosegue.
Ore 04:58 - Capo della Wagner insiste: «Soledar completamente liberata»
Il capo del gruppo di mercenari Wagner insiste affermando che le sue forze hanno «completamente liberato» la città ucraina orientale di Soledar, uccidendo circa 500 soldati ucraini. Lo riportano Sky News e Al Jazeera, citando una dichiarazione del leader mercenario Yevgeny Prigozhin. «L’intera città è disseminata di cadaveri di soldati ucraini», ha detto Prigozhin, in una dichiarazione che contraddice quanto affermato dallo stesso Cremlino, e solo pochi minuti dopo la smentita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo il quale a Soledar continuano i combattimenti.
Ore 05:00 - Il punto militare: Gerasimov nuovo capo delle operazioni russe in Ucraina: cosa succederà ora sui due fronti della guerra?
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Surovikin, che era in ascesa, cala di un gradino. Volava troppo alto e faceva ombra a qualcuno? L’Armata avanza a est, la mobilitazione ha fornito i riservisti per manovrare.
Volontà politica, disponibilità ad accettare perdite altissime, adattamento, quantità. Sono i fattori che hanno permesso a Mosca di avanzare nel settore di Bakhmut-Soledar. Il Cremlino ha «scelto» di concentrare il massimo sforzo nelle due località orientali dell’Ucraina, mentre a sud ha rimpolpato le difese per ostacolare iniziative del nemico. Dunque attacco, stabilizzazione, in parallelo alla campagna di bombardamenti sulle città. La mobilitazione ha fornito all’Armata russa i riservisti per manovrare.
Preparati o meno, li hanno mandati all’assalto adottando una nuova tattica ben descritta da fonti ucraine citate da Le Monde. Invece di muovere grandi reparti sono stati creati nuclei di 8-10 elementi, ognuno dotato di razzi anti-carro termobarici o simili, che si sono avvicinati il più possibile alle posizioni avversarie. Largo l’impiego di lanciagranate da 40 millimetri, intenso il fuoco di copertura dell’artiglieria e dei mortai. La combinazione si è rivelata efficace. Alle spalle della prima ondata, a circa 500 metri, erano pronti altri team, lanciati nella «fornace» a sostituire i caduti e con equipaggiamenti più leggeri. Altri ancora trasportavano armi che dovevano essere usate dai rimpiazzi. Lo schema è stato ripetuto in modo continuo, strappando ogni giorno pochi centimetri di territorio, lasciandosi alle spalle centinaia di morti. Tra loro i mercenari della Wagner ma anche reparti scelti...
Ore 05:05 - Chi è Gerasimov, il generale che ha inventato la «guerra ibrida»
(Claudio Del Frate) Un militare che si è fatto le ossa ai tempi dell’Urss, che ha scalato i vertici della gerarchie russa in seguito alla guerra in Cecenia e che è considerato il teorizzatore della cosiddetta «guerra ibrida», vale a dire un conflitto fatto non più con aerei, carri armati e truppe di terra ma attraverso intrusioni informatiche e cyberattacchi. Ecco i tratti salienti della personalità di Valery Gerasimov, il generale già capo di stato maggiore di tutte le forze di Mosca, viceministro della difesa e che da oggi è stato nominato da Putin diretto responsabile delle operazioni in Ucraina.
Ore 05:10 - Wagner: trovato morto uno dei volontari britannici dispersi
Il gruppo russo Wagner ha affermato in una nota di aver trovato il corpo senza vita di uno dei due volontari britannici dichiarati dispersi a Soledar nell’est dell’Ucraina. Lo riferisce la Tass, aggiungendo che sul cadavere sono stati trovati i passaporti di entrambi gli uomini, Andrew Bagshaw e Christopher Parry. Secondo la polizia ucraina, dei due si erano perse le tracce dal 6 gennaio.
Ore 05:15 - Diplomatico di Mosca: «Il 17 gennaio riunione del Consiglio Sicurezza Onu»
Mentre si continua a combattere con violenza soprattutto nell’area di Donetsk, proseguono i tentativi di trovare una soluzione al conflitto in Ucraina. Martedì 17 gennaio si terrà una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dedicata alla questione ucraina e convocata su iniziativa di Mosca. Lo ha annunciato Dmitry Polyansky, primo vice rappresentante della Russia presso le Nazioni Unite. «Non entrerò nei dettagli su ciò che accadrà al Consiglio di sicurezza sull’Ucraina il 17 gennaio (alle 23 ora di Mosca) - ha scritto Polyansky su Telegram, secondo quanto riferisce la Tass - per ora lasciamo che i nostri avversari vivano all’oscuro. Ci saranno relatori e fatti interessanti - come sapete, in tali riunioni, a differenza delle riunioni formali del Consiglio di sicurezza, possiamo mostrare materiale video e fotografico. Scriverò di questo incontro in modo più preciso», ha promesso il diplomatico.
Ore 05:23 - Immagini satellitari confermano la distruzione di gran parte della città di Soledar
È a Soledar che si concentrano in questi giorni gli scontri più sanguinosi. Le immagini satellitari scattate dalla statunitense Maxar sulla città, nell’oblast di Donetsk in Ucraina, al centro da giorni di furenti attacchi da parte delle forze russe, mostra una Soledar quasi completamente distrutta. La prima immagine pubblicata da Maxar su Twitter mostra la città prima dell’1 agosto 2022. La seconda mostra una parte della città dopo il 10 gennaio 2023, mostrando palazzi completamente distrutti. La città mineraria di Soledar è «quasi completamente distrutta», ma i combattimenti continuano e la linea del fronte orientale «tiene», aveva d’altronde spiegato lo stesso presidente Volodymyr Zelensky nel suo discorso di ieri sera.
Ore 07:51 - Kiev: più di cento soldati russi uccisi a Soledar
Le autorità militari ucraine hanno diramato un dispaccio da Soledar che parla di «almeno cento» soldati russi uccisi. Il presidente Zelensky, nel suo briefing, ha smentito che le forze russe e le milizie Wagner abbiano circondato e catturato il centro. «Lo stato terrorista e i suoi propagandisti stanno cercando di fingere che una parte della nostra città di Soledar sia una sorta di conquista della Russia». I russi, ha detto, «Presenteranno - e stanno già presentando - questo alla loro società in modo tale da sostenere la mobilitazione e dare speranza a coloro che sostengono l’aggressione. Ma i combattimenti continuano. La direzione di Donetsk sta resistendo».
Ore 09:24 - Urso (ministro delle Imprese) e Bonomi (presidente di Confindustria) in visita a Kiev
Il ministro delle Imprese Adolfo Urso è giunto questa mattina a Kiev per incontrare i vertici del governo e delle istituzioni ucraine. La delegazione è composta anche dal consigliere diplomatico del presidente Meloni, Francesco Talò, e dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Come primo atto della missione Urso inaugurerà, con il presidente Bonomi, il desk di Confindustria a sostegno delle imprese presso la nostra Ambasciata a Kiev. Urso giunge a Kiev il giorno dopo il voto espresso a larga maggioranza dal Senato al nuovo decreto che autorizza l’invio di armi e equipaggiamento nel 2023, con l’annuncio del sesto pacchetto in preparazione e la predisposizione delle misure di soccorso umanitario anche nel campo delle infrastrutture energetiche ed elettriche annunciate sempre ieri da Palazzo Chigi. Negli incontri che avrà in giornata il ministro Urso illustrerà gli impegni italiani nel campo degli aiuti umanitari, sociali ed economici e affronterà le tematiche di cooperazione industriale e tecnologica, ponendo le basi di quelle che saranno le possibili partnership per la ricostruzione del Paese.
Ore 10:36 - Mosca: nuove sanzioni contro politici e giornalisti britannici
La Russia ha ampliato la sua lista di sanzioni contro i cittadini britannici, inserendovi 36 politici, funzionari della sicurezza e giornalisti: lo ha dichiarato giovedì il ministero degli Esteri russo in un comunicato, come riporta la Tass.
Ore 10:37 - Londra non conferma il ritrovamento del corpo del britannico disperso
Lunedì la polizia nazionale ucraina aveva riferito della scomparsa di due cittadini britannici che lavoravano come volontari nell’est dell’Ucraina, spiegando che i contatti con loro erano stati persi dopo che venerdì erano partiti da Kramatorsk diretti verso la città di Soledar, dove infuriano i combattimenti. Secondo i media neozelandesi, Andrew Bagshaw — il cui corpo Mosca dice di aver ritrovato con addosso il suo passaporto e anche il passaporto di un altro britannico, Christopher Parry — residente in Nuova Zelanda, si trovava in Ucraina per consegnare aiuti umanitari.
Ore 10:45 - Podolyak: la Russia non speri, la guerra non finirà come nel 2014
Il consigliere di Zelensky, Mikhaylo Podolyak, ha scritto su Twitter: «La Russia non speri in una ripetizione dello scenario del 2014 con la dinamica “ti uccidiamo, tu ci paghi con le tue terre, ci prendiamo una pausa, poi veniamo a ucciderti di nuovo”». Aggiungendo: «La guerra finirà alle frontiere del 1991 con un tribunale, riparazioni ed ergastoli».
Ore 10:51 - Kiev: a Soledar i russi camminano sui corpi loro soldati
«Oggi gli ingressi in città sono disseminati dei corpi dei soldati di Putin uccisi ma i russi si muovono direttamente sui corpi dei loro soldati caduti». Lo afferma la viceministra della Difesa, Hanna Malyar, come riporta Unian spiegando che continuano aspri combattimenti nell'area di Soledar e il nemico tenta senza successo di sfondare le difese subendo perdite significative. «Nonostante la difficile situazione, i soldati ucraini stanno combattendo disperatamente. Il nemico sta cercando senza successo di catturare Soledar», afferma Malyar.
Ore 11:12 - L'Ucraina orientale devastata dai crateri: le foto satellitari che mostrano la distruzione
(Guido Olimpio) Una superficie lunare. Un campo di battaglia del primo conflitto mondiale. Lo sfregio della guerra in Ucraina. Racconto molto la foto satellitare diffusa da Maxar, «fissa» un’area nel settore di Bakhmout-Soledar, le due località teatro del grande confronto. Il terreno ai lati di una strada è marcato da dozzine di crateri creati dalle esplosioni, ogni buca corrisponde ad una cannonata, all’impatto di un razzo. I due contendenti fanno largo uso delle artiglierie che devono devastare le postazioni, minacciare le vie di comunicazione, falciare le unità che avanzano. Non a caso lo definiscono questo fronte come il «tritacarne».
Ore 11:30 - Bonomi inaugura la sede di Confindustria a Kiev
«Inaugurata ufficialmente la sede di Confindustria Ucraina all'interno dell'ambasciata d'Italia a Kiev». Lo scrive su Twitter il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.
Ore 11:44 - Cremlino: tutti gli obiettivi in Ucraina rimangono in agenda
Tutti gli obiettivi dell'operazione militare russa in Ucraina «rimangono in agenda». Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dall'agenzia Interfax. Tra questi Peskov ha citato quello di «liberare» tutti i territori delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk.
Ore 11:53 - Peskov: la situazione alla centrale di Zaporizhzhia è allarmante
La situazione intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia rimane «allarmante, perché l'Ucraina ritiene possibile continuare i bombardamenti». Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dall'agenzia Tass. Il portavoce ha anche aggiunto che Putin parlerà con il direttore generale dell'Aiea, Rafael Grossi, se sarà «necessario».
Ore 11:59 - «A Soledar ci sono ancora 523 civili, impossibile evacuarli»
Più di 500 civili risiedono ancora a Soledar, dove le forze russe e ucraine continuano a lottare per il controllo della città. A dichiararlo è stato Pavlo Kyrylenko, capo dell'amministrazione militare regionale di Donetsk. Parlando alla televisione ucraina questa mattina, Kyrylenko ha affermato che «al momento lì ci sono 523 persone». La maggior parte di loro è di età superiore ai 50 anni, ha precisato, sottolineando poi che non risultano informazioni sulla presenza di bambini. «Stiamo facendo del nostro meglio per aiutare le persone a lasciare il posto», ha affermato, parlando però di un'operazione di evacuazione «semplicemente irrealistica» al momento.
Ore 12:34 - Onu, 8 milioni i rifugiati ucraini in Europa da inizio guerra
Sono quasi 8 milioni (7.967.409) i rifugiati ucraini arrivati nei Paesi europei dal 24 febbraio 2022, il giorno dell'invasione russa in Ucraina. Lo riportano i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) secondo l'ultimo aggiornamento del 10 gennaio.
Ore 12:35 - Filorussi: a Soledar solo «sacche di resistenza» degli ucraini
Nella città di Soledar rimangono ancora solo alcune «sacche di resistenza» delle forze di Kiev, mentre le truppe russe hanno già preso il controllo totale dei quartieri occidentali. Lo affermano le milizie dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk, citate dall'agenzia Tass.
Ore 12:53 - Russia, 5 anni carcere a 24enne per il rifiuto di combattere
Un uomo di 24 anni è stato condannato a cinque anni di carcere per essersi rifiutato di combattere per la Russia in Ucraina. Lo hanno reso noto le autorità di Mosca. Marsel Kandarov non si è presentato in servizio nel maggio 2022 perché «non voleva prendere parte all'operazione militare speciale», ha riferito il servizio stampa dei tribunali nella regione del Bashkortostan. È stato localizzato a settembre e si è presentato davanti a un tribunale militare. La corte ha stabilito che Kandarov aveva eluso il servizio militare durante la mobilitazione per più di un mese.
Ore 13:17 - Esplosioni a Berdiansk nella regione di Zaporizhzhia
Esplosioni hanno scosso questa mattina la città portuale di Berdiansk, nella regione di Zaporizhzhia. Lo ha reso noto su Telegram il consigliere del sindaco di Mariupol, Petro Andriushchenko, come riporta Ukrinform. «Le prime tre (esplosioni) si sono verificate intorno alle 11:00-12:00 (le 10:00-11:00 in Italia). Ora le esplosioni sono riprese», ha scritto Andriushchenko. Inoltre, un giornalista di Ukrinform parla di 39 case danneggiate nelle prime ore di oggi nella città di Zaporizhzhia a causa di un attacco missilistico russo.
Ore 13:20 - Clarissa Ward al fronte col pancione: la reporter della Cnn in Ucraina è al quinto mese
(Irene Soave) Ha già due figli (maschi, di 2 e 4 anni), e alle spalle un lungo curriculum di guerre documentate in ogni parte del mondo, dalla Siria all’Afghanistan, dall’Iraq al Libano. Clarissa Ward, 42 anni, capa dei corrispondenti internazionali della Cnn, è diventata nota al grande pubblico internazionale per le sue cronache — indosso un hijab nero — dalla Kabul ripresa dai talebani di due estati fa, che fu tra gli ultimi giornalisti a lasciare. Ora la sua scelta fa discutere (come quasi ogni scelta professionale di quasi ogni madre: se si ferma ha perso l’ambizione, se continua è una carrierista...). Al quinto mese della sua terza gravidanza, da pochi giorni, è tornata in Ucraina: a Kharkiv, sul fronte orientale, gira uno speciale in vista dell’imminente anniversario della guerra, il 24 febbraio.
Ore 14:33 - Comandante russo visita i soldati di stanza in Bielorussia
Il comandante delle forze di terra russe, Oleg Salyukov, ha visitato oggi i soldati di Mosca di stanza in Bielorussia per ispezionare la loro prontezza al combattimento. Lo ha detto il ministero della Difesa di Minsk, come riporta il Guardian. Salyukov è stato nominato ieri come uno dei vice comandanti dell'operazione militare russa in Ucraina.
Ore 15:00 - Granata inesplosa rimossa dal petto di un soldato ucraino
(Marta Serafini, inviata a Kiev) All’operazione hanno partecipato anche due artificieri e non è stata eseguita l’elettrocoagulazione per evitare che l’ordigno esplodesse nel pezzo del paziente. Come spiega l’agenzia di stampa Ukrainform, un soldato ucraino ha subito un intervento chirurgico per rimuovere una granata inesplosa dal petto. I chirurghi hanno rimosso l’arma appena sotto il cuore del militare ferito, mentre due artificieri hanno assicurato che l’operazione fosse condotta in sicurezza. A darne notizia è stata Hanna Maliar, vice ministra della difesa ucraino, che ha postato un’immagine che mostra una radiografia degli ordigni all’interno del corpo del soldato.
Ore 15:40 - Kiev, introdotti blackout di emergenza in 9 regioni
Il sistema energetico ucraino continua ad avere un «significativo» deficit, perché il consumo è aumentato a causa del freddo. Lo ha riferito l'operatore di rete statale ucraino Ukrenergo, citato da Kyiv Independent. Ukrenergo ha affermato che sono stati messi in atto limiti di consumo in tutti gli oblast ucraini per gestire la tensione sul sistema. Inoltre, sono stati introdotti blackout di emergenza in nove oblast ucraine in cui i limiti di consumo sono stati superati.
Ore 15:53 - Kiev: feroci battaglie nel Lugansk
Il capo dell'Amministrazione militare regionale di Lugansk, Sergei Gaidai, in un briefing, ha riferito che nella regione si stanno svolgendo «feroci battaglie», in particolare in direzione Svatove-Kreminna. Lo riporta Unian. Il villaggio di Bilogorivka, vicino a Lysychansk, è stato completamente distrutto. «Su questo territorio si stanno svolgendo gravi ostilità», fa sapere Gaidai, «le nostre forze di difesa mantengono le loro posizioni lì, le hanno persino migliorate un po' e non danno alle forze di occupazione l'opportunità di avanzare». «Gradualmente, passo dopo passo, stanno liberando la regione di Lugansk», ha sottolineato Gaidai.
Ore 16:01 - Rilasciato dalla Russia il veterano della marina Usa
Taylor Dudley, un veterano della marina Usa che era detenuto in Russia dallo scorso aprile, è stato rilasciato, dopo mesi di trattative guidate da Bill Richardson, ex governatore dello Stato del New Mexico. Lo riporta la Cnn. Dudley, 35 anni e proveniente da Lansing, in Michigan, è stato preso in custodia dalla polizia di frontiera russa nell'aprile del 2022, dopo aver attraversato il confine tra la Polonia e l'exclave russa di Kaliningrad. Secondo i familiari, Dudley si sarebbe trovato in Polonia in occasione di un festival musicale, e non sono ancora chiare le motivazioni che lo hanno portato ad attraversare il confine.
Ore 16:22 - Zelensky: «Tutto il supporto militare alle unità a Soledar e Bakmut»
Zelensky ha presieduto oggi pomeriggio una riunione del quartier generale del comandante supremo, dove hanno discusso della situazione a Bakhmut e Soledar. «Le unità a protezione di queste città saranno fornite di munizioni e di tutto il necessario in modo tempestivo e senza interruzioni. Si tratta di rafforzare le forze armate ucraine con equipaggiamenti e armi provenienti dai partner», ha detto Zelensky.
Ore 16:33 - Erdogan parlerà al telefono con Putin e Zelensky
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha in programma colloqui telefonici venerdì e sabato con Putin e con Zelensky in merito alla possibile apertura di un «corridoio umanitario» per l'Ucraina. Lo riferisce il responsabile governativo turco per i diritti umani, come riporta l'agenzia russa Tass.
Ore 17:48 - Urso a Kiev vede la vicepremier e il capo amministrazione di Zelensky
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha incontrato a Kiev la vice premier e ministro dell'Economia Svyrydenko e il capo dell'amministrazione presidenziale Yermak ribadendo il pieno sostegno dell'Italia all'Ucraina e ad un rapido avvio della ricostruzione. Lo scrive il Mimit su Facebook e Twitter.
Con la sua omologa ucraina Urso ha inoltre firmato una dichiarazione congiunta che istituisce un gruppo di lavoro bilaterale per la cooperazione su logistica, alta tecnologia, spazio, macchine agricole, startup e Pmi, attrazione investimenti e settore fieristico, aggiunge il ministero.
Ore 18:19 - Il punto militare: perché Putin ha retrocesso Sergei Surovikin, il generale Armageddon che guidava le operazioni in Ucraina
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il comandante è diventato il vice del capo di Stato maggiore Gerasimov, a cui Putin ha offerto un «calice avvelenato». Surovikin è stato punito, però resta nella catena gerarchica.
Ultima settimana dell’anno. Vladimir Putin conferisce al generale Sergei Surovikin la medaglia dell’Ordine di San Giorgio, onorificenza che si aggiunge ad un’altra di livello inferiore e al titolo, concesso nel 2017, di Eroe di Russia. Tutto per «i meriti» mostrati nelle campagne belliche, dalla Siria all’Ucraina. Neppure due settimane dopo il comandante è stato retrocesso al gradino di vice del capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. Una parabola fatta di salite e discese per un personaggio risoluto, architetto di una strategia di distruzione, noto anche come il Generale Armageddon.
Ore 18:32 - Soledar, piccola avanzata per i soldati ucraini
Le forze ucraine contrattaccano a Soledar, la cittadina del Donetsk teatro da giorni di feroci combattimenti con i miliziani russi della Wagner.
La 46ma Brigata aeromobile lo scrive su Telegram e rivendica una piccola avanzata: «La stazione ferroviaria è nostra, la miniera è nostra, siamo in attesa di supporto, Soledar è Ucraina».
Ore 19:02 - Telegraph: «Cyberattacco alla Royal Mail provocato da hacker filorussi»
Il malfunzionamento dei sistemi della Royal Mail dovuti a un attacco provocato da un gruppo di hacker filorussi, che ha bloccato gran parte dei servizi internazionali dell'equivalente inglese di Poste Italiane. Questa la rivelazione del quotidiano britannico Telegraph. Gran parte del traffico postale ancora non è stato ristabilito.
Ore 19:11 - Governatore Donetsk: a Soledar 559 civili che non possono essere evacuati
Pavlo Kyrylenko, governatore della regione ucraina del Donetsk, ha detto alla tv di stato ucraina che a Soledar ci sarebbero ancora 559 civili che non possono essere evacuati. Tra loro una quindicina di bambini.
Nella città infuriano gli scontri più feroci di questi giorni tra russi e ucraini, con il conseguente rimpallo delle vittime. Kiev ha dichiarato che in tre mesi a Bakhmut e Soledar siano morti 80mila russi. Mosca risponde che nella sola Bakhmut gli ucraini avrebbero perso circa 100 unità al giorno.
Ore 19:22 - Michel: «Primo giugno a Chisinau nuova riunione per la pace in Europa»
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha annunciato via Twitter una seconda riunione della Comunità politica europea a Chisinau (Moldavia), in programma per il primo giugno, un focus su pace e interessi comuni dopo la prima che si è svolta a Praga lo scorso ottobre. «L'incontro avrà come obiettivo la promozione della pace e la difesa degli interessi comuni dell'Europa. Insieme alla presidente Maia Sandu non vediamo l'ora di partecipare», ha scritto Michel.
Ore 20:03 - Aeronautica ucraina: «Sempre viva la minaccia missilistica dalla Bielorussia»
Yurii Ihnat, un portavoce del comando dell'aeronautica ucraina, ha avvertito della possibilità di attacchi missilistici dalla Bielorussia. «I recenti attacchi con missili contro l'Ucraina sono stati effettuati principalmente dalla Russia o dai territori occupati, tuttavia il territorio della Bielorussia è stato costantemente utilizzato dalle truppe russe per condurre lì determinate manovre. La minaccia rimane sempre», ha affermato il portavoce Yurii Ihnat, citato dal Guardian.
Ore 20:52 - Meloni: «Da Zelensky per parlare di futuro e ricostruzione»
«Gli dirò che l'Italia c'è. Ora esattamente come prima. Poi vorrei parlare di futuro, perché non rinunceremo a fare la nostra parte per arrivare a una soluzione del conflitto il prima possibile». Queste le parole di Giorgia Meloni al Tg1, con l'intenzione di venire presto in visita a Kiev.
Ore 20:57 - Lavrov in Bielorussia il 19 gennaio
Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov visiterà la Bielorussia il 19 gennaio. Lo riferisce Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo.
«Saranno discussi anche la cooperazione nel campo della pianificazione della politica estera, il coordinamento delle azioni nei confronti dell'Unione Europea, della Nato e del Consiglio d'Europa, il lavoro congiunto nel quadro dell'Osce e l'interazione su piattaforme multilaterali nell'ambito del controllo degli armamenti e l'opposizione alla politica occidentale volta a politicizzare le organizzazioni internazionali economiche e per i diritti umani», così la portavoce.
Secondo Zakharova, i partecipanti alla riunione dovrebbero firmare una risoluzione sull'incontro, un piano sulle consultazioni ministeriali nel 2023 e un memorandum d'intesa intergovernativo.
Ore 21:29 - Washington: «Caduta Bakhmut non avrà impatto sulla guerra»
«Il presidente supporta completamente la decisione del Regno Unito o di altri Paesi di fornire carri armati all'Ucraina, sono decisioni sovrane». Lo ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby, dopo che era trapelata la notizia che il governo di Londra sta predisponendo piani per una possibile fornitura di tank a Kiev.
Poi, in relazione ai combattimenti, ha precisato che una possibile caduta di Bakhmut non avrà un impatto sull'andamento della guerra.
Ore 21:49 - Pentagono: «Leader militari sostituiti da Mosca per problemi sul campo»
«I persistenti problemi della Russia in Ucraina hanno probabilmente portato all'ultimo scossone nella leadership militare, a causa dell'andamento prolungato e non favorevole della guerra». Lo ha affermato Patrick Ryder, generale di brigata delle forze aeree statunitensi e portavoce del Pentagono.
Poi ha invitato Mosca a mettere fine alla guerra invece di rivolgersi a nuovi generali per supervisionare l'invasione lanciata lo scorso 24 febbraio. «La nomina del capo di stato maggiore Valery Gerasimov come sovrintendente della campagna militare in Ucraina probabilmente riflette alcune delle sfide sistemiche che l'esercito russo ha dovuto affrontare dall'inizio di questa invasione».
Ore 22:59 - Zelensky: «Inflitte grandi perdite ai russi nel Donetsk»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sottolineato che i soldati ucraini stanno infliggendo perdite significative ai russi a Soledar.
Ringrazio voi ragazzi che siete al fronte», ha affermato Zelensky in un videomessaggio. Il leader ucraino ha poi precisato che alla riunione odierna del quartier generale del comandante supremo si sono analizzate in dettaglio quali decisioni sono necessarie e quali misure dovrebbero essere prese dai comandanti nella direzione di Donetsk nei prossimi giorni.
Ore 02:01 - Il cambio ai vertici militari russi riflette i problemi sistemici interni
La brusca sostituzione da parte della Russia del suo comandante di guerra in Ucraina questa settimana è probabilmente un riflesso delle stesse lotte che l’esercito russo ha affrontato dall’inizio del conflitto, ha detto stasera un portavoce del Pentagono. Lo riporta il New York Times. Il generale Sergei Surovikin, che guidava le forze russe in Siria, è stato retrocesso dopo appena tre mesi di guida dello sforzo bellico in Ucraina, e il suo comando è stato affidato al generale Valery V. Gerasimov, il massimo ufficiale militare del Cremlino, che ha contribuito a pianificare il pasticcio dell’invasione di febbraio. Il generale Patrick S. Ryder, portavoce del Pentagono, ha affermato che la scossa probabilmente riflette gli ostacoli sistemici che l’esercito russo ha incontrato, tra cui «problemi logistici, problemi di comando e controllo, problemi di sostegno, morale e il grande fallimento nel raggiungere gli obiettivi strategici che si sono prefissati». «Francamente», ha aggiunto, «penso che il mondo preferirebbe che la Russia si concentrasse sul ritiro dall’Ucraina e sul salvataggio di vite innocenti piuttosto che dedicare tempo a numerosi rimpasti di gestione. Probabilmente anche i soldati russi e le loro famiglie vorrebbero vederlo».
Ore 08:01 - Zelensky, «tutto il necessario» per difendere Soledar
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha promesso di fornire «tutto il necessario» ai soldati che resistono agli assalti russi a Soledar e Bakhmut, due città orientali che la Russia sta cercando di conquistare a tutti i costi per cambiare il corso della guerra. «Voglio sottolineare che le unità che difendono queste città saranno rifornite di munizioni e di tutti i rifornimenti necessari in modo rapido e senza interruzioni», ha dichiarato ieri Zelensky su Facebook dopo una riunione con il suo staff. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà oggi alle 20:00 per discutere della situazione in Ucraina. La situazione a Soledar è stata «difficile» per l’esercito ucraino negli ultimi giorni e «i combattimenti più feroci e violenti continuano oggi», ha dichiarato il vice ministro della Difesa Ganna Maliar.
Ore 08:11 - Soledar, le foto della distruzione: case e scuole in macerie e campi ridotti a distese di crateri
(Marta Serafini) DALLA NOSTRA INVIATA ODESSA — Fanno rabbrividire le immagini satellitari diffuse da Maxar delle città di Soledar e Bakhmut e di altre località che circondano la regione di Donetsk, nell’est dell’Ucraina. Mettendo a confronto le stesse aree a qualche mese di distanza, tra l’agosto 2022 e il gennaio 2023, la furia della battaglia è evidente.
Crateri nei campi e lungo le strade, nonché case, scuole ed edifici distrutti. «I russi hanno camminato sopra i cadaveri dei loro stessi soldati, bruciando tutto ciò che incontravano sulla loro strada», ha dichiarato il capo dell’amministrazione regionale di Donetsk, Pavlo Kyrylenko. Le forze russe stanno utilizzando mortai e razzi per bombardare Soledar in un assalto implacabile, combattendo per una svolta in una guerra che va avanti da 11 mesi. «I civili stanno cercando di sopravvivere in mezzo a quel bagno di sangue mentre i russi stanno premendo con i loro attacchi», ha detto Kyrylenko. Sempre secondo il governatore ci sarebbero 523 civili intrappolati, per lo più anziani, la cui evacuazione è ormai «impensabile».
Soledar, le foto della distruzione: case e scuole in macerie e campi ridotti a distese di crateri. Marta Serafini su Il Corriere della Sera il 12 Gennaio 2023.
Nella città si combatte ancora in mezzo alla distruzione pressoché totale. Peskov smentisce Prigozhin: «Non l’abbiamo ancora conquistata»
Fanno rabbrividire le immagini satellitari diffuse da Maxar delle città di Soledar e Bakhmut e di altre località che circondano la regione di Donetsk, nell’est dell’Ucraina. Mettendo a confronto le stesse aree a qualche mese di distanza, tra l’agosto 2022 e il gennaio 2023, la furia della battaglia è evidente.
Crateri nei campi e lungo le strade, nonché case, scuole ed edifici distrutti. «I russi hanno camminato sopra i cadaveri dei loro stessi soldati, bruciando tutto ciò che incontravano sulla loro strada», ha dichiarato il capo dell’amministrazione regionale di Donetsk, Pavlo Kyrylenko. Le forze russe stanno utilizzando mortai e razzi per bombardare Soledar in un assalto implacabile, combattendo per una svolta in una guerra che va avanti da 11 mesi. «I civili stanno cercando di sopravvivere in mezzo a quel bagno di sangue mentre i russi stanno premendo con i loro attacchi», ha detto Kyrylenko. Sempre secondo il governatore ci sarebbero 523 civili intrappolati, per lo più anziani, la cui evacuazione è ormai «impensabile».
Intanto funzionari ucraini hanno affermato che un attacco a una posizione russa vicino a Soledar ha ucciso 100 soldati nemici. Il presidente Volodymyr Zelensky ha presieduto ieri pomeriggio una riunione del quartier generale del comando supremo ucraino, per discutere della situazione a Bakhmut e Soledar. «Le unità a protezione di queste città saranno fornite di munizioni e di tutto il necessario in modo tempestivo e senza interruzioni. Si tratta di potenziare le forze armate ucraine con equipaggiamenti e armi provenienti dai partner», ha detto Zelensky. Intanto da Mosca sono state ridimensionate le parole del capo della Wagner Evgeny Prigozhin che due giorni fa dava già Soledar per presa.
Nell’ottobre del 2020, quando la foto di sinistra è stata scattata, l’edificio era una scuola. Il complesso è stato distrutto dalle bombe
«È troppo presto per sfregarsi le mani. A Soledar è stato fatto un immenso sforzo e tali azioni sono state eroiche e di sacrificio, come in molte altre aree in cui le operazioni offensive sono in corso e proseguiranno», ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
Tra i campi del Donbass corrono molte trincee scavate dagli ucraini: i russi le hanno colpite centinaia di volte, come si vede nella foto di destra.
L'Ucraina orientale devastata: le immagini satellitari svelano l'apocalisse. Storia di Federico Giuliani su Il Giornale il 12 gennaio 2023.
Palazzi distrutti, edifici rasi al suolo e dozzine di crateri a terra causati dal lancio dei missili. È questo il paesaggio apocalittico tra Bakhmout e Soledar, nel Donetsk, in Ucraina orientale, dove infuria da giorni la battaglia tra russi e ucraini. Le immagini satellitari scattate e diffuse da Maxar Tecnologies, in particolare, mostrano la città di Soledar nell'agosto 2022 e la situazione attuale. La differenza è tanto evidente quanto agghiacciante.
La devastazione dell’Ucraina orientale
Gli intensi combattimenti tra l’esercito ucraino e le forze russe nei pressi di Soledar e Bakhmut, sulla linea del fronte orientale dell'Ucraina, hanno trasformato l’Ucraina orientale in un film dell’orrore. Soledar è una città "quasi completamente distrutta", ma i combattimenti continuano e la linea del fronte orientale "tiene", ha spiegato il presidente Volodymyr Zelensky.
L'esercito ucraino difende la città di Soledar nonostante una "situazione difficile" sul terreno, ha dichiarato invece il viceministro della Difesa di Kiev, Ganna Maliar, mentre sono ancora in corso combattimenti "accaniti" con le forze russe all'interno e intorno a questa cittadina dell'Ucraina orientale.
"I combattimenti più accaniti e violenti continuano oggi nella zona di Soledar", ha detto durante una conferenza stampa. "I soldati ucraini si battono senza sosta", ha quindi concluso Maliar.
Crateri, morte e distruzione
Le foto satellitari di Maxar Technologies parlano da sole. Le strade sono circondate da decine di fitti crateri, simbolo di una frenetica attività missilistica e di molteplici colpi di cannoni. Sia le forze di Kiev che di Mosca fanno uso dell'artiglieria. Entrambe sono impegnate a distruggere le postazioni nemiche, con l’intenzione anche di compromettere qualsiasi via di comunicazione.
Il prezzo da pagare è altissimo. Secondo gli ucraini, oltre cento soldati russi sarebbero rimasti uccisi nei pressi di Soledar. In particolare, i militari russi sarebbero stati uccisi in un'operazione coordinata di "soldati, artiglieri e lanciarazzi". La stessa fonte ha annunciato inoltre che Kiev avrebbe utilizzato il sistema missilistico Tochka-U per l'attacco. Il risultato sarebbe di "cento occupanti uccisi, due postazioni di mitragliatrici e due mortai distrutti".
La battaglia prosegue
Il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha affermato di non avere conferme in merito alle affermazioni fatte dai russi sulla presunta "cattura" di Soledar.
Ricordiamo che nelle ultime ore il capo del gruppo di mercenari Wagner aveva più volte dichiarato che le sue forze avevano "completamente liberato" la città ucraina orientale, uccidendo circa 500 soldati filo-ucraini. "L'intera città è disseminata di cadaveri di soldati ucraini", aveva detto il leader Yevgeny Prigozhin.
Anche Zelensky, come detto, ha negato la presa russa di Soledar. "Lo Stato terrorista e i suoi propagandisti stanno cercando di fingere che una parte della nostra città di Soledar - una città che è stata quasi completamente distrutta dagli occupanti - sia presumibilmente una sorta di conquista della Russia", ha dichiarato Zelensky in un video su Telegram.
"Presentano questo alla loro società in modo tale da sostenere la mobilitazione e dare speranza a coloro che sostengono l'aggressione. Ma i combattimenti continuano. La linea di Donetsk tiene", ha concluso.
L'Ucraina ridotta come la Luna. I crateri scavati dalle bombe. Storia di Luigi Guelpa su Il Giornale il 13 gennaio 2023.
Nonostante le tecnologie moderne, gli assalti a Soledar somigliano drammaticamente ai feroci scontri della prima guerra mondiale. I due eserciti sono barricati nelle trincee. Ogni giorno la dinamica delle operazione è più o meno la stessa: dopo i bombardamenti dell'artiglieria, i russi si lanciano verso le postazioni ucraine, che rispondono con colpi di mitragliatrice e lanciagranate. Il fazzoletto di terra tra le trincee si ricopre di soldati morti e di crateri scavati dalle bombe. La conquista di questa piccola località mineraria, 15mila abitanti (oggi 600) a 18 km da Bakhmut, potrebbe permettere ai russi di dilagare nella regione di Donetsk, motivo per cui ogni metro è considerato di vitale importanza da entrambi gli eserciti. Impossibile dire quante vittime stia causando la battaglia, ma secondo Mosca e Kiev muoiono decine se non centinaia di soldati ogni giorno. Gli scontri in quell'area sono cominciati a maggio, si sono intensificati in piena estate e hanno raggiunto la massima intensità nelle ultime settimane.
Da una parte infuria la battaglia, dall'altra la propaganda. «I soldati ucraini stanno combattendo disperatamente», assicura Kiev, mentre Mosca sostiene di aver ormai conquistato Soledar. Il governatore del Donetsk ha lanciato l'allarme per i civili: in 559 sarebbero rimasti intrappolati, tra di loro una ventina di bambini. Ciò che sta accadendo passa dai racconti, ma anche dalle immagini satellitari, e parlano chiaro: la cittadina mineraria è un cumulo di macerie. Le fotografie mettono impietosamente a confronto la Soledar di agosto e quella di oggi, con i palazzi rasi al suolo dalle bombe e i terreni talmente crivellati di bombe da ricordare un paesaggio lunare. Sui social circolano anche le foto dei cadaveri di decine di «wagneriani» caricati sui camion per essere riportati in territorio russo.
Kiev si aggrappa al coraggio dei suoi uomini, e il vice ministro della Difesa, Hanna Malyar, ribadisce che «la città non è stata ancora conquistata. Gli ingressi di Soledar sono disseminati dai cadaveri dei russi». Zelensky assicura che i militari «saranno riforniti di munizioni e di tutto il necessario in modo tempestivo e senza interruzioni. Il fronte tiene».
Mosca non recita certo lo stesso copione, e spiega di avere la situazione sotto controllo. Secondo il Cremlino ci sarebbero solo sacche di resistenza, mentre le truppe avrebbero già preso il controllo totale dei quartieri occidentali. Putin, attraverso il portavoce Peskov, rincara la dose e si congratula con i miliziani del gruppo Wagner, definiti «eroi che hanno svolto un lavoro colossale. Le ostilità continuano, ma c'è ottimismo».
I due schieramenti si sono affrontati anche in altre zone del Paese, e nel 322esimo giorno di combattimenti l'aviazione delle forze di difesa dell'Ucraina ha messo a segno 20 attacchi aerei su siti di sistemi missilistici. I russi hanno bombardato gli oblast di Kharkiv e Luhansk (feroci battaglie sono in corso in direzione Svatove-Kreminna), gli insediamenti lungo la riva destra del fiume Dnepr, e i sobborghi di Kherson. Ad Avdiivka, a 5 km dalla linea del fronte, una bimba di 6 anni, Elya, è morta d'infarto: il cuore non avrebbe retto allo stress dei violenti combattimenti tra gli eserciti. Esplosioni hanno scosso ieri mattina la città portuale di Berdiansk, nella regione di Zaporizhzhia. L'intelligence di Kiev controlla nuovi movimenti sul confine con la Bielorussia.
Un anno di guerra. Von der Leyen ha proposto ai commissari europei una missione collettiva a Kyjiv a febbraio. Linkiesta su L’Inkiesta il 12 Gennaio 2023.
La presidente Ursula pensa a una riunione tra il collegio di Bruxelles e il governo ucraino. Il viaggio dovrebbe riguardare tra i dieci e i quindici responsabili dei dossier relativi all’Ucraina, dal commercio alle politiche digitali, per incontrare le controparti nel Paese aggredito dalla Russia. Un «riconoscimento dei progressi che l’Ucraina sta facendo nel suo cammino verso l’Europa»
Un’ulteriore dimostrazione di sostegno al popolo ucraino aggredito dalla Russia. Secondo quanto riporta Politico, la Commissione europea starebbe pianificando un viaggio a Kyjiv a febbraio per una consultazione di alto livello tra commissari e il governo ucraino.
Mercoledì scorso, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen lo avrebbe proposto ai suoi colleghi. Il piano, illustrato dal commissario per l’Ambiente Virginijus Sinkevičius, prevede che il viaggio coinvolga «da dieci a quindici commissari» che lavorano sui dossier relativi all’Ucraina, dal commercio alle politiche digitali, per incontrare le loro controparti a Kyjiv L’obiettivo è «approfondire ulteriormente i rapporti» e mostrare solidarietà. È un «riconoscimento dei progressi che l’Ucraina sta facendo nel suo cammino verso l’Europa», ha spiegato un funzionario a Politico. Von der Leyen ha sottolineato che questa missione sarebbe ovviamente volontaria per i membri del collegio e non obbligatoria.
Insieme alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, i commissari che stanno lavorando sull’Ucraina che potrebbero fare il viaggio includono il capo del commercio dell’Ue Valdis Dombrovskis; il commissario all’ì’Economia Paolo Gentiloni; il capo degli affari esteri Josep Borrell; la commissaria per gli affari interni Ylva Johansson; il commissario per il bilancio Johannes Hahn; il commissario per l’allargamento Olivér Várhelyi; Janez Lenarčič, responsabile della gestione delle crisi e dell’assistenza umanitaria; il commissario per i servizi finanziari Mairead McGuinness; e il commissario Sinkevičius.
Nel viaggio sarebbero coinvolti anche la commissaria per la concorrenza Margrethe Vestager e il capo dell’industria Thierry Breton; ma anche i commissari Margaritis Schinas e Stella Kyriakides, che hanno coordinato le forniture di medicinali e le operazioni di evacuazione medica; i commissari Frans Timmermans e Kadri Simson, che hanno contribuito a collegare l’Ucraina alla rete elettrica dell’Ue; i commissari Elisa Ferreira e Nicolas Schmit, che organizzano il sostegno ai paesi dell’Ue che ospitano i rifugiati ucraini; i commissari Věra Jourová e Didier Reynders, che stanno lavorando al congelamento e alla confisca dei beni russi; così come la commissaria per l’istruzione Mariya Gabriel e quella per i trasporti Adina-Ioana Vălean.
Soldi, lusinghe e ambiguità tra Sarkozy e Putin. FRANCESCA DE BENEDETTI su Il Domani il 12 gennaio 2023
Un assegno da 200mila euro e uno da 100mila, prima e dopo quella serata in cui Sarkozy elogiava Putin e la Russia «potenza mondiale». Questo episodio che risale al 2018 e che viene alla luce oggi è solo uno dei tasselli di una relazione a dir poco particolare
Gli elementi di opacità nei rapporti tra l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy e il Cremlino aumentano, e non possono essere accantonati come un episodio del passato: Sarkozy non è più presidente, in Francia, ma ha tuttora un ruolo influente nella politica francese e soprattutto è in grado di condizionare il presidente attuale, che lui e i suoi fedelissimi supportano. Lo stesso ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, proviene dalla galassia dell’ex presidente.
ASSEGNI E LUSINGHE
L’ultimo caso riguarda due assegni del valore complessivo di 300mila euro e alcune dichiarazioni lusinghiere di Sarkozy verso Putin. I fatti in questione si svolgono tra il 2018 e il 2019, e assieme agli assegni vengono ora portati alla luce da Fabrice Arfi e Yann Philippin di Mediapart. A novembre 2018 il fondo sovrano della federazione russa ha invitato Sarkozy al galà di fine anno, serata nella quale l’ex presidente francese se n’è uscito con lusinghe pubbliche verso il regime putiniano: «Sono sempre stato un amico di Putin; anche quando non eravamo d’accordo, con lui si poteva parlare. La Russia è diventata una potenza mondiale, ed è questo il suo destino». Prima dell’evento, a ottobre 2018, a Sarkozy è arrivato un assegno da 200mila euro; e dopo, a febbraio 2019, un altro da 100mila. A trasmettere il denaro è stata la Rs Capital Limited, e coincidenza vuole che il fondo sovrano russo abbia una filiale che porta lo stesso nome. Quei soldi erano forse il compenso per le belle parole?
UN LEGAME DURATURO
Non è l’unico episodio anomalo. Sarkozy, che ai tempi della presidenza di turno in Ue, nel 2008, aveva vestito i panni di mediatore con Mosca nella crisi georgiana, dal 2019 è stato ingaggiato dai fratelli Sarkisov con un contratto di consulenza pluriennale da tre milioni di euro. Stando allo staff dell’ex presidente, il suo accordo economico con la compagnia assicurativa russa Reso-Garantia è terminato nel 2021. L’anno seguente, è da Sarkozy che Viktor Orbán è passato, prima di raggiungere Putin al Cremlino. Pochi giorni dopo, la Russia ha aggredito l’Ucraina; gli incontri tra il premier ungherese, cavallo di Troia della Russia in Ue, e Sarkozy sono proseguiti.
Svezia e Nato, nozze a rischio. "Ankara chiede l'impossibile". "La Turchia ci chiede cosa che non possiamo dare". Risponde di sciabola il primo ministro svedese Ulf Kristersson per scoprire ufficialmente il gioco ambiguo di Recep Tayyip Erdogan con la Nato. Francesco De Palo il 9 gennaio 2023 su Il Giornale.
«La Turchia ci chiede cosa che non possiamo dare». Risponde di sciabola il primo ministro svedese Ulf Kristersson per scoprire ufficialmente il gioco ambiguo di Recep Tayyip Erdogan con la Nato. Da un lato il Presidente turco per mesi ha bloccato le richieste di adesione all'Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia, dall'altro ora ha avanzato richieste che la Svezia non può accettare. «La Turchia ha confermato che abbiamo fatto quello che avevamo detto ma vuole anche cose che noi non possiamo e non vogliamo dare», ha precisato Kristersson durante una conferenza sulla sicurezza a cui ha partecipato anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, mentre il ministro degli esteri Pekka Haavisto ha aggiunto che la Finlandia «non ha tanta fretta di aderire alla Nato da non poter aspettare che la Svezia ottenga il via libera».
Ad oggi solo i parlamenti turco e ungherese non hanno ratificato l'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Stoltenberg ha ricordato una volta di più il dogma dell'alleanza: «In un mondo diventato meno sicuro è ancora più importante che Finlandia e Svezia diventino membri». Anche per questa ragione si è detto convinto che «sottostimare la Russia potrebbe avere le maggiori conseguenze proprio sulla sicurezza della regioni nordiche» europee. Pochi giorni fa la Turchia, per bocca del ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, pur sottolineando le «misure positive» adottate da Stoccolma, ha chiesto «altri passi importanti» per rimuovere le obiezioni. La presa di posizione ad orologeria di Cavusoglu ha seguito di pochi giorni il no della Corte Suprema svedese di estradare il giornalista Bulent Kenes, ricercato da Erdogan perché accusato di essere coinvolto nel golpe farlocco del 2016 e ritenuto vicino al predicatore Fetullah Gülen. Le istituzioni svedesi avevano osservato come alcune delle accuse contro Kenes non fossero crimini in Svezia, il che, insieme alla natura politica del caso e al suo status di rifugiato, ha reso impossibile l'estradizione: «Esiste anche il rischio di persecuzione basata sulle convinzioni politiche di questa persona», disse il giudice Petter Asp.
Il 53enne Kenes, caporedattore del quotidiano Today's Zaman, ora chiuso, venne arrestato nell'ottobre 2015 per «aver insultato il presidente» a causa dei suoi tweet. Rilasciato quattro giorni dopo, nell'ottobre 2016 un tribunale spiccò un mandato d'arresto.
Stallo alla turca. Perché Erdogan sta bloccando l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Carlo Panella su L’Inkiesta il 13 Gennaio 2023.
Tra Ankara e Stoccolma c’è un contenzioso che riguarda l’estradizione del giornalista Bülent Kenes, rifugiato politico. Il caso è un punto centrale nella propaganda politica del Sultano in vista delle elezioni del 18 giugno
Svezia e Finlandia non entreranno, per ora, nella Nato, a causa del veto della Turchia. In vista delle elezioni parlamentari e presidenziali del 18 giugno 2023, Recep Tayyp Erdogan ha tutto l’interesse a tenere aperto il braccio di ferro con Stoccolma su un punto capitale della sua agenda e propaganda politica: la vendetta sui supposti autori del tentativo di colpo di Stato del 2016.
Il contenzioso col governo svedese che ne blocca l’ingresso nell’organizzazione atlantica riguarda appunto il rifiuto della Corte Suprema svedese di concedere l’estradizione in Turchia del giornalista Bülent Kenes, rifugiato politico – dopo che la stessa Corte aveva concesso l’estradizione in Turchia di Mahmut Tat, militante del Pkk reclamato da Ankara, al quale peraltro era stato precedentemente rifiutato l’asilo politico.
La ragione del giudizio difforme della più alta magistratura svedese è semplice: mentre il Pkk è considerato, dall’Unione europea come dagli Stati Uniti, un’organizzazione terrorista; Bülent Kenes è accusato dalla Turchia di reati di opinione. Era infatti redattore capo del giornale Levent Kenes, chiuso d’autorità da una magistratura turca totalmente asservita al governo di Erdogan, perché accusato di fare parte del complotto organizzato dal famoso leader religioso Fetullah Gülen, sfociato nel tentativo di golpe del 2016.
La più spietata persecuzione politica e giudiziaria dei seguaci di Fetullah Gülen è infatti il mezzo col quale Erdogan ha distrutto la democrazia turca, incarcerando decine e decine di migliaia di prigionieri politici, licenziando migliaia di funzionari pubblici, centinaia di magistrati e professori universitari, arrestando migliaia di ufficiali e chiudendo decine di testate giornalistiche.
Dunque, durante la campagna elettorale già iniziata, che si presenta molto difficile per Erdogan – a causa dello stato disastroso dell’economia, l’inflazione è all’83,45 per cento – il battuto e ribattuto appello al voto per proseguire la lotta contro i “gülenisti” sarà centrale, così come la lotta contro tutte le organizzazioni curde democratiche (come il Partito Democratico dei Popoli, o Halkların Demokratik Partisi, Hdp).
Il contenzioso sulla Nato con la Svezia farà quindi parte di questa campagna. Da parte sua, Stoccolma ha agito con linearità democratica, innanzitutto perché l’esecutivo non ha ovviamente fatto pressioni sulla magistratura, come pretende Erdogan, e poi perché quest’ultima ha agito nel pieno rispetto dello Stato di diritto: il premier svedese Ulf Kristersson, conservatore e sovranista, è stato netto: «La Turchia vuole cose che noi non possiamo e non vogliamo darle».
La Turchia mantiene il suo veto sull’ingresso della Svezia nella Nato – la Finlandia intende entrare solo al fianco della Svezia – in uno stallo che potrà essere superato solo da una più che auspicabile, ma assolutamente non certa, sconfitta elettorale nell’estate prossima di Tayyp Erdogan. Avvenimento che sarebbe peraltro più che eccellente per tutto il Mediterraneo, per l’Europa e per la Nato.
"Bruciare il Corano è legale". Lo schiaffo della Svezia a Erdogan. Tobias Billström, ministro degli Affari Esteri svedese, ha spiegato che Stoccolma non sostiene la distruzione col fuoco di scritture musulmane considerate sacre, ma che in Svezia esiste la libertà di espressione. L'ira della Turchia: "Crimine contro l'umanità". Federico Giuliani il 23 Gennaio 2023 su Il Giornale.
La Svezia ha preso le distanze dall'episodio avvenuto lo scorso sabato davanti all'ambasciata turca di Stoccolma, quando il politico di estrema destra svedese, Rasmus Paludan, ha dato fuoco a una copia del Corano. Il ministro degli Affari Esteri, Tobias Billstrom, ha tuttavia fatto presente che, dal punto di vista legale, all'interno del Paese un'azione del genere, ossia dare alle fiamme un libro sacro, in questo caso il Corano, è permessa. Il fatto ha generato l'ira della Turchia che, in seguito alla dimostrazione di Paludan, potrebbe ostacolare il negoziato relativo all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.
La posizione della Svezia
Direttamente da Bruxelles, dove è in corso il consiglio degli Affari Esteri, Billstrom è stato chiaro: "Il governo svedese non sostiene in nessun modo la distruzione col fuoco di scritture considerate sacre". Allo stesso tempo, ha aggiunto il ministro, "in Svezia abbiamo la libertà di espressione" e quindi, legalmente parlando, "questo caso (bruciare il Corano ndr) è permesso". "Abbiamo però detto chiaramente che non prendiamo le parti di chi lo ha fatto", ha sottolineato Billstrom cercando di trovare un complicato equilibrio diplomatico in una situazione delicatissima.
Il riferimento, come anticipato, è alla provocazione messa in scena dal politico di estrema destra svedese Paludan, che ha dato fuoco a una copia del Corono davanti alla rappresentanza diplomatica turca a Stoccolma. Dopo aver ottenuto l'autorizzazione per una manifestazione, il leader del partito Stram Kurs ha dato alle fiamme il libro sacro per protestare contro il veto di Ankara all'ingresso nella Nato della Svezia.
La risposta della Turchia
"Bruciare il Corano è un crimine di odio e contro l'umanità. Nonostante tutti i nostri avvisi il fatto che sia stata permessa la manifestazione spiana la strada all'odio nei confronti dell'Islam. Attaccare valori sacri è un esempio di moderna barbarie, non di libertà", ha detto Ibrahim Kalin, portavoce e stretto consigliere del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Non è da escludere che la vicenda possa avere serie conseguenze negative sul già problematico percorso di Stoccolma verso l'Alleanza Atlantica. Le autorità svedesi potevano bloccare la manifestazione ma hanno comunque deciso di autorizzarla in nome della libertà di espressione. Tra l'altro Paluden aveva annunciato che avrebbe bruciato il Corano dinanzi l'ambasciata turca mentre Ankara aveva chiesto ripetutamente di revocare il permesso.
Negoziato in salita
Come se non bastasse, il direttorato per gli Affari religiosi in Turchia (Diyanet) e altri Paesi islamici si stanno organizzando per portare dinanzi a organi di giustizia internazionali la Svezia. In base a quanto reso noto dal capo del Diyanet, Ali Erbas, la causa sarà fatta partire non solo dalla Turchia, ma da tutti i Paesi che si sono sentiti offesi non tanto dalla manifestazione di Paluden.
"Abbiamo intenzione di portare questo atto in tribunale, insieme ad altri 120 Paesi. Stiamo preparando una lettera da inviare a intellettuali europei e organizzando una riunione con i rappresentanti dell'Organizzazione dei Paesi Islamici. Dobbiamo mostrare una reazione al dilagare dell'islamofobia in Europa" ha detto Erbas.
Nel frattempo, ricordiamo che Erdogan non ha accettato di dare il via libera all'ingresso della Svezia nella Nato in cambio dei jet da guerra F-16 che Ankara attenderebbe nell'ambito di un accordo con la Casa Bianca. La proposta di fornire i caccia in cambio del semaforo verde alla Svezia, che Washington ha avanzato in maniera non ufficiale, non ha fin qui trovato il favore della Turchia, che non avrebbe aderito prima e a maggior ragione non accetterà ora. Dopo il Corano dato alle fiamme e dopo le manifestazioni curde avvenute nel Paese.
Le parole di Erdogan
La risposta di Erdogan nei confronti delle autorità svedesi non si è fatta attendere: "Chi insulta i valori sacri non si aspetti sostegno per entrare nella Nato".
"Dobbiamo soffermarci su questa manifestazione in Svezia durante la quale è stato addirittura bruciato un Corano. Qualcosa per cui si è tirato in ballo i diritti e le libertà personali. Se parliamo di diritti e libertà però nessuno può prendersi la libertà di molestare nè i musulmani nè i credenti di qualsiasi altra fede", ha tuonato il presidente turco.
Erdogan ha continuato nella sua replica: "Quello che è successo in Svezia è un insulto ai diritti e alle libertà personali sopratutto dei musulmani. Prendere posizione contro questo atto è un nostro dovere, come popolo e come nazione. Chi ha autorizzato questa scandalosa dimostrazione non si aspetti nessun tipo di sostegno per entrare nella Nato".
"Sappiano che hanno superato il limite disonorandoci con un colpo basso. Se davvero credono di essere rispettosi delle libertà allora rispettino la fede dei musulmani. Se non lo faranno non avranno mai il nostro sostegno ad entrare nella Nato", ha concluso il presidente turco al termine del consiglio dei ministri.
La Camusso celebra il matrimonio tra Cgil e Movimento 5 Stelle. Andrea Soglio su Panorama il 12 Gennaio 2023.
Ieri Susanna Camusso, senatrice Pd, si è astenuta nel voto per le armi all'Ucraina, andando contro il suo partito e strizzando l'occhio ai grillini. Come stanno facendo molti altri
Durante il voto di ieri al Senato sull’invio delle armi italiana all’Ucraina è successa una cosa passata un po’ sotto silenzio tra le polemiche sulla presunta incoerenza di Giorgia Meloni sulle accise della benzina.
Tra i voti contrari infatti a Palazzo Madama, oltre a quelli annunciati di Sinistra Italiana, Verdi e Movimento 5 Stelle ce ne sono stati anche 4 del Pd. Ad essere tecnicamente precisi per due di questi 4 si è trattato di «astensione» e non voto contrario, ma la sostanza è quella. Su tutti quello di Susanna Camusso, senatrice appunto del Partito Democratico, che ha così motivato la sua decisione (contro gli ordini della segreteria): «Non ho votato perché fornendo armi non si svolta verso la Pace». Una spiegazione ed una posizione libera e sulla quale non c’è nulla da eccepire. Ma che mostra qualcosa di politicamente rilevante. Susanna Camusso infatti non è una semplice senatrice del Pd; è, da sempre, una sindacalista, della CGIL, estensione del Partito Democratico sul mondo del lavoro. Il sindacato più rosso dei rossi, più di sinistra della sinistra. E di cui lei è stata per anni il Segretario. Il suo, quindi, non è un voto uguale a quello degli altri; spiega, racconta, mostra una tendenza, uno spostamento politico che rischia davvero di segnare un’epoca. Non è infatti la prima volta che figure di oggi o di ieri legate alla CGIL si mostrano più vicine al Movimento 5 Stelle che ai vertici del Nazareno. Non è nemmeno la prima volta che il sindacato della sinistra, guarda con favore ai pentastellati, anzi. Gli ammiccamenti e le mezze parole sono numerose e raccontano quello che sarebbe una sorta di un evento storico: lo strappo tra la CGIL ed il Partito Democratico. Strappo da leggersi in due modi: il primo è quello che vede Conte abile nel rendersi tutte le battaglie della sinistra, la difesa del Reddito di Cittadinanza, il salario minimo; insomma, Conte paladino dei lavoratori, degli operai (ma con la vacanza a Cortina, sia chiaro) ed il sindacato che in qualche modo ne viene naturalmente risucchiato. Oppure la teoria della fuga. Alla Cgil hanno capito che il Pd è sempre più debole, sempre più distratto, cosa di questi giorni, dalle regole sul voto per il nuovo segretario o dal prossimo congresso; un Pd che nei sondaggi viene dato in caduta libera, pronto a scendere sotto il 14%; voti che vanno tutti ai pentastellati. Insomma, la Cgil sembra aver scelto una nuova strada che la porta in quella che viene ormai riconosciuta sempre di più come non solo la vera opposizione al Governo ma addirittura la vera sinistra.
I numeri dei 'coscritti' smentiscono il Cremlino. Come muoiono i soldati di Putin, dalle regioni più remote al fronte: c’è chi sopravvive pochi giorni e chi si toglie la vita. Riccardo Annibali su Il Riformista il 12 Gennaio 2023
Alexey Prostakishin 44 anni una moglie e due figli, Andrei Pichuyev 38 anni, anche lui una moglie e due figli, Alexey Roik 36 anni, Dmitry Sidorov 23 anni, Vladimir Potanin 46 anni, Sergei Fedoseenko e Evgenij Fedoshenko sono solo alcuni dei soldati di leva appena arruolati pescati dalle province più remote della Russia e spediti al fronte che non hanno mai fatto ritorno a casa. Alcuni di loro, tra le 25mila vittime dell’esercito di Putin, non sono nemmeno arrivati sui campi di battaglia.
L’analisi dell’esperta di calcolo quantistico al centro di ricerca computazionale dell’università di Notre Dame Mariya Vyushkova, russa di etnia buriata, mostra come la mobilitazione voluta dal Cremlino sia più ampia di quanto ammesso ufficialmente e stia producendo migliaia di vittime.
Dai dati raccolti Vyushkova fa emergere anche che la rete a strascico del regime è caduta sulle province remote dell’Est e dell’Artico, dove eventuali proteste preoccupano meno il Cremlino. Ad esempio la Chukotka, un angolo dell’estremo oriente artico, ha già pagato con i suoi coscritti un tributo di sangue decine di volte più alto della media russa. Non a caso le minoranze ora iniziano a reagire. Il leader dell’Associazione dei popoli indigeni che include gli allevatori di renne della Chukotka, Andrey Krivoshapkin, chiesto “un approccio obiettivo alla mobilitazione” perché – ha detto –, “è necessario preservare il patrimonio genetico dei nostri popoli”.
Su alcuni canali russi dei social Telegram, VKontakte o Odnoklassniki esiste una rete clandestina che, dai necrologi nei giornali locali o dai post, tiene ogni giorno il conto dei caduti. Vyushkova è in contatto con i volontari e mette in ordine i dati. Dal 24 febbraio la rete ha contato 11 mila russi morti in guerra, 541 solo fra le reclute di fine settembre.
Ma i caduti in realtà sono molti di più perché alcuni restano ufficialmente – come scrive Vyushkova – “dispersi” e di questi il necrologio non è mai stato scritto. Fra loro devono esserci circa 1.500 caduti, in tutto l’esercito russo almeno 22 mila: una stima in linea con quella dell’intelligence di Londra che, fra morti e feriti, calcola circa 100mila morti.
Il 2 dicembre la televisione ufficiale della Buriazia, seppur filo governativa, ha fatto sapere che la “commissaria ai diritti umani” della provincia aveva ricevuto già 656 lettere da famiglie che non hanno più notizie dei loro congiunti al fronte: dispersi probabilmente perché morti e lasciati lì, sul terreno. Numeri che sono più del doppio rispetto ai 300 caduti stimati fino a quel momento attraverso il conto dei necrologi.
Alexey Prostakishin è sopravvissuto sei giorni, non uno di più. Aveva 44 anni, una moglie e due figli ed era stato reclutato il 29 settembre in un villaggio nella Transbaikalia non lontano dalla Mongolia e dalla Cina. Il 4 ottobre era già morto nel Donetsk, primo coscritto di Vladimir Putin a cadere in questa guerra. Come lui Andrei Pichuyev, 38 anni, una moglie e due figli – ex volontario in Cecenia – portato pochi giorni prima da un villaggio della Buriazia, una repubblica asiatica di cultura mongola. Falciato all’arrivo anche Dmitry Sidorov, meccanico con una faccia da bambino di 23 anni. E sempre il 4 ottobre finisce nel sangue anche la guerra di Alexey Roik, un doganiere di 36 anni appena portato là da Cita, nell’Estremo Oriente russo.
Alcuni di loro non sono neanche arrivati vivi al fronte. Vladimir Potanin, 46 enne della regione dell’antica Ekaterinenburg, cinque giorni dopo la chiamata si è suicidato nella sua base militare. Il 39 enne Sergei Fedoseenko di Vladivostok, non lontano dalla Corea del Nord, è misteriosamente deceduto mentre era nelle mani della polizia per essersi ribellato al reclutamento poche ore prima.
I militari di leva sembrano quindi essere più dei 300mila dichiarati dal regime. Secondo Mediazona, un sito indipendente, la mobilitazione di settembre ha rastrellato circa 450mila uomini. Lo si desume dal numero dei matrimoni in autunno, triplicati rispetto alle medie stagionali soprattutto nelle province remote ad alta intensità di reclutamento: migliaia di coscritti hanno sposato le conviventi, per lasciar loro qualche diritto civile in più prima di rischiare la vita al fronte. Oggi Vyushkova stima che in ottobre il 18% dei caduti russi fosse fra i coscritti, ma in novembre erano già saliti al 25%. Per dicembre non sono ancora apparsi i necrologi, dunque non ci sono le stime sugli uomini massacrati dai missili di fine anno a Makiivka.
La mobilitazione continuerà e il clima di rivolta nella società russa non riuscirà a fermare il Cremlino. E ora aziende e imprese russe preferiscono assumere donne o anziani smettendo di offrire contratti agli uomini sotto scacco da rastrellamenti e di finire nel tritacarne ucraino. Riccardo Annibali
Mosca mette i saldi. Le sanzioni sul petrolio costano alla Russia 160 milioni di euro al giorno (meglio continuare). Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 13 Gennaio 2023.
Il Cremlino è costretto a esportare il greggio a prezzi ribassati a causa dell’embargo di Unione europea e G7. La macchina bellica di Putin forse non si fermerà, ma sarà certamente limitata
Le sanzioni sul petrolio stanno costando alla Russia ogni giorno centosessanta milioni di euro – 172 milioni di dollari. Lo riferisce Bloomberg, a conferma dell’altra precedente stima di come si fosse più che dimezzato l’export di petrolio russo nella prima settimana di funzionamento dell’embargo deciso da Unione europea e G7. Per la precisione, nella settimana terminata il 16 dicembre, del cinquantaquattro per cento, 1,86 milioni di barili al giorno: un botto che sempre secondo Bloomberg sarebbe dovuto alla carenza di petroliere disposte a trasportare il greggio di Putin.
La stima è stata riferita da Lauri Myllyvirta, analista capo del think tank finlandese Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea). Secondo lui «l’embargo sul petrolio deciso dall’Unione europea e il limite massimo sul prezzo del petrolio sono finalmente entrati in vigore e l’impatto è significativo come previsto». La previsione del rapporto, anzi, è che quando il 5 febbraio il limite sarà stato esteso ai prodotti raffinati i ricavi persi saliranno a duecentottanta milioni di dollari al giorno. La ricerca indica inoltre che in seguito alle misure prese da G7 e Unione europea il greggio russo si sta già vendendo a meno della metà dei prezzi internazionali: al momento, quaranta dollari contro ottanta.
Ovviamente, il Cremlino smentisce. Citato da Interfax, il portavoce di Putin, Dmitrj Peskov, dice che è troppo presto per stimare l’impatto poiché il mercato globale dell’energia è troppo volatile e gli esportatori di petrolio russi devono ancora trattare con i clienti che osservano il prezzo massimo. Principali acquirenti di greggio russo, India, Cina e Turchia, non hanno aderito al price cap occidentale.
Inoltre il decreto di Putin, pubblicato il mese scorso e in vigore da febbraio, vieta la fornitura di greggio e carburanti agli acquirenti stranieri che rispettano la soglia nei loro contratti. Infatti, ad esempio, a dicembre, i volumi di esportazione verso l’India hanno superato il milione di barili al giorno. La lontananza geografica dei porti cinesi e indiani fa però aumentare i costi di trasporto verso mercati alternativi.
Il Crea consiglia comunque di stringere il cappio ancora di più. Ridurre ulteriormente il limite da venticinque a trentacinque dollari al barile – prima ancora era sessanta dollari. Sarebbe ancora al di sopra dei costi di produzione e trasporto russi, ma taglierebbe le entrate delle esportazioni di petrolio del paese di almeno altri cento milioni di euro al giorno. Secondo Myllyvirta, «è essenziale abbassare il prezzo massimo a un livello che neghi i profitti petroliferi tassabili al Cremlino e limitare le restanti importazioni di petrolio e gas dalla Russia».
Secondo questa analisi, anche se lo sconto sul petrolio russo potrebbe aumentare a dismisura, c’è sempre la possibilità che per aumentare i prezzi e contrastare un limite che definisce «illegale» Putin possa tagliare l’offerta, come ha minacciato.
L’ampliamento dello sconto su quell’Urals grade, che è il brand di riferimento per l’export russo, è seguito al divieto che il 5 dicembre l’Unione europea ha imposto quasi tutte le importazioni di greggio via mare dalla Russia.
Allo stesso tempo, il blocco si è unito al G7 e all’Australia nell’imporre un limite al prezzo dell’offerta russa. Chiunque desideri accedere ai servizi occidentali, come l’assicurazione standard del settore, può farlo solo se paga sessanta dollari o meno. E circa il novanta per cento dei servizi connessi al mercato del petrolio viene erogato da Paesi del G7. Per aggirare il problema, sono in aumento le navi cisterna che lasciano i porti russi senza una chiara destinazione finale, in modo da poter presumibilmente trasbordare il greggio su altre navi, e nasconderne l’origine. Ma anche questo aumenta i prezzi dell’export e riduce i margini di guadagno.
Secondo il Crea, la Russia avrebbe finora spedito greggio per 3,1 miliardi di euro su navi coperte dal price cap, la maggior parte del quale è tassata dal governo. Altre misure messe in atto insieme a un taglio del tetto massimo, come l’inasprimento delle sanzioni per il mancato rispetto e sanzioni aggiuntive sulle vendite di navi cisterna, potrebbero ridurre le entrate dei combustibili fossili di ulteriori duecento milioni di euro al giorno.
Ciò andrà avanti anche nel 2023. Martedì il ministro delle finanze russo ha detto che ci sarà un deficit di bilancio del due per cento del Pil per il 2023. Ha assicurato che questo non limiterà lo sforzo bellico, ma ha ammesso che il governo dovrà scegliere quali risorse distrarre da altri settori per proseguirlo.
Da open.online il 12 gennaio 2023.
Clarissa Ward, giornalista e conduttrice statunitense, è inviata dalla Cnn al fronte in Ucraina. Ed è attualmente incinta al quinto mese di gravidanza. La sua foto con il pancione tra le rovine di Kharkiv ha circolato molto sui social network. Nata a Londra da padre britannico e madre americana, Ward ha lavorato agli esteri con Fox News.
Ha seguito l’esecuzione di Saddam Hussein prima di cominciare a seguire la Russia per Abc. Successivamente è diventata corrispondente dall’Asia. In Cnn è entrata nel 2015 e ha coperto l’Afghanistan prima del ritiro delle truppe americane ad agosto 2021. Nel novembre 2016 si è sposata con il gestore di fondi Philipp von Bernstorff e ha altri due figli: Caspar (2 anni) ed Ezra (4). Ma la scelta di partire lo stesso per il fronte ha generato polemiche.
Ward ha parlato con People della sua decisione di partire per il fronte incinta. Alla rivista americana ha rivelato che il terzo figlio sarà maschio. E ha detto che si trova in Ucraina in primo luogo per girare uno speciale sul primo anniversario dell’invasione della Russia, datato 24 febbraio 2022. «Non andrò in prima linea. La squadra ha fatto di tutto per individuare le strutture prenatale che si troveranno lungo il nostro percorso», ha spiegato.
«Sarà piuttosto impegnativo con i viaggi e il freddo intenso. Ma migliaia di ucraine vivono la stessa esperienza», ha aggiunto. Perché in questo periodo non ha ancora nausee e sente molta energia dentro. Sta bene, insomma. Mentre la sua famiglia è oltremodo eccitata per la terza nascita in arrivo: «Sono figlia unica. Quindi ho sempre amato l’idea di avere una grande famiglia». Mentre si trovava a Kabul lei e la sua troupe rischiarono di essere aggrediti dai talebani. Forse per questo l’esperienza in Ucraina le sembra più leggera.
Chi la critica fa invece notare che le donne ucraine non hanno scelta. Mentre scegliere di mettersi deliberatamente in una situazione pericolosa mentre si è in gravidanza può essere controproducente per tutte le donne che con fatica hanno conquistato il diritto ad essere tutelate e a lavorare in sicurezza durante la gravidanza. Monica Maggioni, direttrice del Tg1, dice oggi in un’intervista a la Repubblica che lei non sarebbe partita.
Mentre se fosse stata la sua direttrice e Ward avesse espresso il desiderio di partire «avrei innanzi tutto parlato a lungo. Chiedendole ragione delle sue motivazioni e del suo stato psicofisico. Una volta constatata l’idoneità della scelta, avrei però rispettato la decisione. Ben sapendo che una persona che fatica a muoversi, o per esempio non può correre, non è idonea ad affrontare una situazione del genere. Noi in redazione valutiamo caso per caso: e questo, lo ripeto, vale sia per gli uomini che per le donne».
La corrispondente inviata in Ucraina. Chi è Clarissa Ward, la giornalista in guerra al quinto mese di gravidanza: “E’ il prezzo del nostro lavoro ma non andrò in prima linea”. Redazione su Il Riformista il 12 Gennaio 2023
Nell’agosto del 2021, quando gli americani abbandonarono dopo 20 anni l’Afghanistan lasciando campo libero al ritorno dei talebani, Clarissa Ward, reporter della Cnn, fu costretta a lasciare Kabul dopo aver subito un’aggressione in strada dai combattenti talebani perché indossava solo un’abaya (testa e collo coperti da un velo nero) ma il volto era visibile. In questi giorni la giornalista della Cnn si trova invece in Ucraina per documentare la guerra in corso dopo l’invasione russa ma a fare il giro dei social (tra qualche polemica è la foto della reporter con il pancione (è al quinto mese di gravidanza) tra le macerie di Kharkiv.
Ward ha 42 anni, è capo dei corrispondenti internazionali della Cnn ed ha scelto di continuare a seguire il conflitto nonostante la gravidanza. Da inizio gennaio si trova a Kharkiv per girare uno speciale che andrà in onda nelle prossime settimane, in concomitanza con il primo, triste, anniversario della guerra in Ucraina dove è stata a marzo dello scorso anno per seguire i primi mesi del conflitto.
“Quando ero incinta di cinque mesi ero a Sirte, in Libia, l’automobile su cui viaggiavamo fu colpita da un mortaio vicino al fronte che pareva fermo da giorni, e invece non lo era” ha raccontato in una intervista a Francesca Mannocchi (che lei inviata di guerra) su La Stampa. “Da quando sono madre, sono emotivamente più esposta e più sensibile alle sofferenze degli altri, tendo ad essere più fisica, ad abbracciare di più le persone, ad essere più coinvolta dalle storie di sofferenza delle persone normali”. Il suo messaggio è chiaro: “Si può vivere la maternità, essere donna e raccontare conflitti. E’ il prezzo da pagare nel nostro lavoro”.
In una intervista invece a People, la reporter della Cnn chiarisce: “Non andrò in nessun luogo in prima linea e il mio team ha fatto di tutto per individuare tutte le strutture ospedaliere lungo i nostri percorsi. Può ancora essere piuttosto impegnativo con i lunghi viaggi e il freddo intenso e bisogna essere vigili, ma ricordo a me stessa che migliaia di donne ucraine vivono questa esperienza ogni giorno” chiarisce. Riconosce che sicuramente è “una esperienza diversa tornare in Ucraina incinta di 20 settimane”.
Riguardo le sue condizioni di salute, sottolinea che “non ho la nausea e ho molta energia, il pancione non è ancora enorme anche se sono un po’ stufa perché tendo ad entrare nel terzo trimestre”. Ward è sposata e già madre di due bimbi: Caspar 2 anni, ed Ezra, 4 anni. “Ovviamente è un’esperienza diversa tornare in Ucraina incinta di 20 settimane” riconosce la giornalista.
Ma le polemiche non mancano. C’è chi infatti accusa la giornalista della Cnn di non pensare al bambino che porta in grembo, altri sostengono invece che la decisione di lavorare nonostante la gravidanza rappresenta una sconfitta per le numerose battaglie portate avanti dalle donne in tutti questi anni. Ma molti invece esprimono sostegno e congratulazioni al coraggio della reporter.
Nata a Londra da padre britannico e madre statunitense e cresciuta a New York, Clarissa Ward ha una lunghissima esperienza da corrispondente. In passato ha seguito la cattura di Saddam Hussein in Iraq, lo tusnami nell’Oceano Indiano, la morte di Yasser Arafat e di Giovanni Paolo II. Come anticipato in apertura, nell’estate del 2021 è stata in Afghanistan documentando il ritorno al potere, e le violenze, dei talebani. Oltre all’inglese, parla anche francese, italiano, russo, arabo, spagnolo e un po’ di cinese.
La «normalità» di Clarissa Ward. Elvira Serra su Il Corriere della Sera il 15 gennaio 2023
Corrispondente di guerra della Cnn, 43 anni e due figli piccoli in Inghilterra, ha mostrato il profilo del suo pancione di cinque mesi da Kharkiv, dov’è andata per servizio
Nash Wilder Poynter è nato a Chicago l’8 giugno di tre anni fa alle 9.33. Pesava tre chili e ottocento, era lungo 53,34 centimetri ed era bellissimo e sano. Cinque settimane prima sua madre aveva postato su Instagram l’ultima foto dal posto di lavoro, un Pronto soccorso, bardata dalla testa ai piedi, con una mascherina N95 e la visiera, perché eravamo in piena emergenza Covid. Sotto l’immagine scrisse: «Noi mamme incinte non pubblichiamo foto di noi stesse per vantarci di lavorare durante la gravidanza o perché siamo orgogliose. Le pubblichiamo per ricordarci la nostra gravidanza, la nostra esperienza, il tempo trascorso con i nostri piccoli. Pubblichiamo queste immagini per trovare risate nel caos, per festeggiare in mezzo all’ansia e alla paura».
Non so se stia provando le stesse cose Clarissa Ward, corrispondente di guerra della Cnn, 43 anni a fine gennaio e due figli piccoli in Inghilterra. Il profilo del suo pancione di cinque mesi da Kharkiv, in mezzo alle macerie e ai palazzi distrutti, trasmette intanto la semplice deduzione che è incinta. Ma ha anche acceso il dibattito sull’opportunità di trovarsi lì in quelle condizioni. Dove l’equivoco, forse, sta nel definire quali siano le sue «condizioni»: quelle, cioè, di una professionista esperta, che ha coperto servizi in Afghanistan, in Siria, in Iraq, nello Yemen, e che adesso, alla vigilia del primo anno dall’invasione russa in Ucraina, è ritornata dove già era stata per testimoniare cosa è cambiato. Si è presa dei rischi, calcolati, che ha valutato con la sua famiglia.
E ha scelto di partire — immagino — perché si sentiva bene, perché avrebbe potuto affrontare una questa trasferta come centinaia in passato. La maternità semmai, ha spiegato, le ha dato una sensibilità in più nell’osservare e raccontare quello che vede, perché si immedesima nelle vite degli altri, nella loro sofferenza, in quello che hanno perduto in questi mesi. E con questo nuovo sguardo lo racconta. Questo non fa di lei un’eroina e nemmeno Wonder Woman. Ci sono donne che vivono la gravidanza in stato di grazia, altre che hanno la nausea per nove mesi; c’è chi vuole lavorare fino all’ultimo giorno e chi vorrebbe non farlo, ma non può. Il punto è che la gravidanza non definisce la loro identità: non smettono all’improvviso di essere intelligenti, curiose e appassionate. Lo erano già (o anche no).
Domenico Quirico per “la Stampa” il 12 gennaio 2023.
La conoscenza di una guerra è come la visione di un cannocchiale: si aggiusta guardando, fino a quando non si riesce a mettere a fuoco. Il 20 gennaio si dovrà puntarlo nella direzione di un luogo che si chiama Ramstein.
E lì tutto si fisserà, dopo quasi un anno di indecisioni, imprecisioni, frottole, ripugnanze, in una immagine chiara, ben delineata nei contorni.
Perché alla fine risulta un ben inutile lavoro quello di soffiare sulle trombe della propaganda. La guerra non ama che la si camuffi, si accanisce e distrugge tutto ciò che è immateriale, anche le illusioni e le speranze, le bugie e i distinguo, lo calpesta con le sue ruvide suole.
Allora: logorati dal vivere questo intervallo tra passato e presente, tra il luminoso avvenire che ci era promesso e il tragico nulla, puntate il cannocchiale su Ramstein. Si badi bene: non su Bruxelles, capoluogo della Alleanza atlantica miracolosamente sottratta al funerale.
Su Ramstein: base aerea dell'esercito americano fin dal 1948, quando Churchill aveva appena sillabato la Cortina di ferro. E il presidente americano Truman l'aveva trovata perfetta per la nuova guerra che iniziava contro la Russia dell'ex simpatico "zio Joe" regredito sveltamente a orco Stalin.
Si elimini subito un equivoco geografico: Ramstein non è Germania come fallacemente dice l'Atlante. Ramstein è un monumentale frammento di Stati Uniti conficcato in territorio europeo per ricordare che il mondo è guidato, sempre e comunque, da quando invase Messico, Cuba e Filippine da chi è convinto di spianare le armi per un impulso irrefrenabile di bontà.
Benvenuti a Ramstein, la capitale del nuovo impero d'Occidente in guerra contro i barbari dell'Eurasia, l'impero d'Oriente di Russia e Cina. Dove non a caso, con la guerra appena in boccio, il segretario alla Difesa chiarì che il conflitto ucraino aveva come scopo l'annientamento della potenza militare russa. La resa senza condizioni dunque, niente di meno.
Per questo, con la boria chiarificatrice che sempre muove chi comanda gli imperi, qui sono stati convocati, il 20 gennaio, gli Stati clienti: una quarantina, «socii» legati da un «foedus» come li definiva Roma, ovvero gli aderenti all'Alleanza atlantica già messi alla prova in questo primo anno di guerra con vari tributi, e una decina di fedeli più periferici ma necessari nel momento in cui lo scontro con il nemico si fa davvero globale, Corea del Sud, Giappone, quel po' di Occidente trasportato agli antipodi che sono Australia e Nuova Zelanda.
L'impero passerà in rassegna le truppe, rampognerà quelli che sono stati finora poco lesti o addirittura subdolamente renitenti nel fornire armi, contingenti, rifornimenti, distribuirà le medaglie ai più baldanzosi. Detterà gli ordini sulla nuova fase della guerra che cambia etichetta, non più semplicemente la difesa della aggredita marca di confine ucraina ma terra bruciata e impegno totale contro il nuovo Blocco nemico. Siamo rientrati in un'era di conflitto costante, in forme mutevoli, sparse per tutto il mondo.
Non ci saranno più scuse. Per l'olfatto molto sensibile degli esperti di Washington basta con le distinzioni ambigue e i limiti, la fedeltà dei discorsi priva di rischi e di vincoli, le chiacchiere sulla pace da cercare sempre e i salamelecchi con mediatori prossimi e venturi. A Ramstein si va per prendere ordini poiché si entra nel vivo della quarta guerra mondiale e l'unica politica possibile è quella di obbedire. Ognuno avrà i suoi compiti: armi sofisticate da fornire, accelerare le catene di montaggio della produzione bellica, impegno diretto nelle zone come l'Africa e il vicino Oriente dove lo scontro sarà subito diretto.
Si rinuncia al carattere fluido, avventuroso e aleatorio del dominio adatto a tempi normali, quelli della globalizzazione consumistica entusiasta. Putin con criminale determinazione l'ha assassinato quel tempo, e già ora appare come Storia: lui ha bisogno di un evo di ferro e di odio per dare una giustificazione, interna e non solo, alla propria esistenza autocratica.
In questo periodo climaterico l'America deve serrare le fila, stringere il morso ai renitenti, ribadire chiaro che d'ora in avanti quel che conta è la forza: noi l'abbiamo eccome! Voi alleati del mondo libero potete esistere e resistere senza di noi?
A Ramstein saranno tollerate solo obbedienze assolute. Non sono certo che tutto questo ritorno al passato non sia visto a Washington, da larga parte della Amministrazione, con rammarico. Suvvia: basta con tormentati e crepuscolari amleti di Manhattan, sarà un nuovo secolo americano.
Allo stesso modo Diocleziano e Solimano il magnifico chiamavano a raccolta gli Stati dipendenti in qualche campo militare vicino al «limes» germanico o partico, o al Danubio dove finivano «le terre di Dio» e iniziava il Jihad. Accorrevano i frombolieri balearici, gli arcieri palmireni, la cavalleria sarmata; e per aiutare la «Spada di Allah» volteggiatori curdi e fanatici convertiti balcanici.
A Ramstein arriveranno gli insostituibili inglesi, i polacchi e i baltici troppo vicini ai barbari per non conoscerne bene le feroci abitudini, francesi e tedeschi più renitenti nel prendere ordini ma le cui velleità astratte si scontrano con i crudi limiti della realtà. E poi i piccoli, come l'Italia, militarmente irrilevanti (non bisogna però dirglielo, per carità) ma che fanno numero e segnano i confini. Sono federati che obbediscono per non doversi accollare gli oneri della propria difesa ma che sono spesso tentati da infedeltà diplomatiche ed economiche se conviene loro.
Adesso che il nemico ha fatto il regalo di presentarsi di nuovo, letale e minaccioso, in fondo a quella steppa tutta eguale e che non si lascia dividere, dove se uno cercasse il suo nessuno troverebbe niente, dovranno allinearsi scordando giri di valzer e improvvisate tentazioni bipolariste. Finito il disordinato panorama geopolitico del dopo '89. Oggi a Ramstein si va per gridare: presente. L'Europa tentata fino al febbraio del 2022 da fumose ambizioni da protagoniste è invitata bruscamente a acclimatarsi.
Ucraina Russia, le notizie sulla guerra in Ucraina del 13 gennaio. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 13 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di venerdì 13 gennaio. Allarme aereo in 4 regioni. Cremlino: «A Soledar uccisi 700 militari ucraini in tre giorni». 007 ucraini: «Putin vuole creare un esercito di 2 milioni di soldati»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 324esimo giorno.
• Elementi dell'esercito russo si contendono la conquista di Soledar. Ma Kiev smentisce ancora.
• A giugno nuova riunione della Comunità politica europea in Moldavia.
• Lavrov visiterà la Bielorussia il 19 gennaio.
• Perché Putin ha retrocesso Surovikin, il generale Armageddon.
• L'Ucraina devastata dai crateri: le foto satellitari mostrano la distruzione.
Ore 08:25 - Zelensky, «tutto il necessario» per difendere Soledar
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha promesso di fornire «tutto il necessario» ai soldati che resistono agli assalti russi a Soledar e Bakhmut, due città orientali che la Russia sta cercando di conquistare a tutti i costi per cambiare il corso della guerra. «Voglio sottolineare che le unità che difendono queste città saranno rifornite di munizioni e di tutti i rifornimenti necessari in modo rapido e senza interruzioni», ha dichiarato ieri Zelensky su Facebook dopo una riunione con il suo staff. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà oggi alle 20:00 per discutere della situazione in Ucraina. La situazione a Soledar è stata «difficile» per l’esercito ucraino negli ultimi giorni e «i combattimenti più feroci e violenti continuano oggi», ha dichiarato il vice ministro della Difesa Ganna Maliar.
Ore 08:25 - Soledar, le foto della distruzione: case e scuole in macerie e campi ridotti a distese di crateri
(Marta Serafini) DALLA NOSTRA INVIATA ODESSA — Fanno rabbrividire le immagini satellitari diffuse da Maxar delle città di Soledar e Bakhmut e di altre località che circondano la regione di Donetsk, nell’est dell’Ucraina. Mettendo a confronto le stesse aree a qualche mese di distanza, tra l’agosto 2022 e il gennaio 2023, la furia della battaglia è evidente.
Crateri nei campi e lungo le strade, nonché case, scuole ed edifici distrutti. «I russi hanno camminato sopra i cadaveri dei loro stessi soldati, bruciando tutto ciò che incontravano sulla loro strada», ha dichiarato il capo dell’amministrazione regionale di Donetsk, Pavlo Kyrylenko. Le forze russe stanno utilizzando mortai e razzi per bombardare Soledar in un assalto implacabile, combattendo per una svolta in una guerra che va avanti da 11 mesi. «I civili stanno cercando di sopravvivere in mezzo a quel bagno di sangue mentre i russi stanno premendo con i loro attacchi», ha detto Kyrylenko. Sempre secondo il governatore ci sarebbero 523 civili intrappolati, per lo più anziani, la cui evacuazione è ormai «impensabile».
Ore 08:34 - Kiev: resistiamo a offensiva russa alta intensità a Soledar
Le forze ucraine stanno resistendo a un’offensiva russa «ad alta intensità» a Soledar: lo ha detto oggi la viceministra della Difesa ucraina, Hanna Maliar. «Il nemico ha inviato quasi tutte le sue forze principali in direzione della regione di Donetsk e sta mantenendo un’offensiva ad alta intensità», ha dichiarato Maliar su Telegram. «Questa è una fase difficile della guerra», ha aggiunto, sottolineando che «i combattimenti continuano».
Ore 09:40 - Intelligence Gb, i russi usano detenuti per produrre armi
I ministero della Difesa russo «ricorre all’utilizzo della manodopera carceraria» per «tentare di soddisfare le richieste» di materiale bellico da usare nel conflitto. Lo dice l’intelligence britannica nel suo aggiornamento quotidiano su twitter. I detenuti - viene spiegati - vengono utilizzati per la produzione di armi «a bassa tecnologia». Lo scorso novembre Uralvagonzavod (UVZ), il più grande produttore di carri armati della Russia, aveva detto che avrebbe impiegato 250 prigionieri.
Ore 10:07 - Oltre 200 militari Kiev in Spagna per addestramento
Più di duecento militari ucraini sono arrivati in Spagna per partecipare a un addestramento alla base dell’aeronautica di Torrejon de Ardoz. Durante l’addestramento impareranno a curare le persone che vengono ferite in battaglia e come utilizzare sul campo di battaglia alcuni dispositivi specifici.
Ore 10:29 - Kiev: «Mosca vuole creare un esercito di 2 milioni di soldati»
Mosca prevede di creare un esercito di 2 milioni di soldati: lo afferma l’intelligence della difesa ucraina (Gur) in base alla portata della mobilitazione in corso in Russia. Nel primo reclutamento sono state arruolate 300mila persone, ha ricordato l’intelligence di Kiev, come riporta Rbc-Ucraina. Il Gur non esclude ora che Mosca annunci un’altra mobilitazione nei prossimi giorni e ritiene che questa volta altri 500mila russi si uniranno alle forze armate. L’entità di queste misure indica i piani di Mosca di creare un esercito di circa due milioni di persone rispetto al precedente obiettivo di 1,5 milioni di soldati.
Ore 10:43 - La Russia sta per disintegrarsi come l’Urss? Segnali e incognite
(Luca Angelini) Nel momento in cui, sul terreno ucraino, l’Armata russa sembra poter riconquistare posizioni, nel settore di Soledar e Bakhmut, in Donbass, parlare di possibile dissoluzione della Federazione russa può sembrare wishful thinking, uno scambiare per realtà i propri desideri. Eppure, il tema ricorre. Ne abbiamo scritto sulla Rassegna del 23 novembre. Guido Santevecchi ha segnalato che, secondo quanto hanno rivelato alcune fonti cinesi al Financial Times, «a Pechino si sono convinti che “Putin è pazzo” e che la sua Russia uscirà dal pantano ucraino ridotta a “una potenza minore”». Federico Fubini, parlando delle migliaia di soldati russi, soprattutto delle regioni più lontane da Mosca, mandati a morire in Ucraina, ha aggiunto che «le minoranze ora iniziano a reagire». E Danilo Taino ha ricordato che gli «scontri di potere e proteste sociali in Russia» sono risultati, secondo i 540 esperti contattati dal Center for Preventive Action, una delle sette crisi più probabili del 2023.
Ore 10:44 - Ministro Difesa Kiev: «Ucraina di fatto già membro Nato»
L’Ucraina è ormai «di fatto un membro della Nato» e presto riceverà armi come carri armati e aerei da combattimento che finora l’Alleanza Atlantica ha rifiutato di fornirle per il timore di una escalation con Mosca. Lo ha detto il ministro della Difesa ucraino, Olekskii Reznikov, in un’intervista alla Bbc. «Queste preoccupazioni per una escalation per me sono solo una questione di etichetta», ha aggiunto.
Ore 10:52 - Allarme aereo in 4 regioni
È scattato l’allarme aereo in quattro regioni dell’Ucraina, come spiegano le autorità di Kiev. Si tratta delle regioni di Kharkiv, Sumy, Poltava e Dnipropetrovsk dove le sirene sono suonate alle 11:15 ora locale. Gli attacchi russi alle infrastrutture energetiche dell’Ucraina sono iniziate lo scorso 10 ottobre.
Ore 11:40 - Mosca: «Conquistata la città di Soledar»
Il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato che le truppe russe hanno conquistato la città di Soledar, in Ucraina. Lo riferisce l’agenzia Tass. Il ministero precisa la Russia ha il controllo di Soledar da ieri sera e che la conquista della città consente di tagliare le vie di rifornimento delle truppe ucraine anche per la città di Bakhmut, 15 chilometri a sud.
Ore 12:07 - Mosca: a Soledar uccisi 700 soldati ucraini in tre giorni
«Negli ultimi tre giorni, più di 700 soldati ucraini e più di 300 armi e sistemi di armamento sono stati distrutti a Soledar». Lo ha reso noto il ministero della Difesa russo, come riporta Ria Novosti.
Ore 12:22 - Mosca: «Soledar presa grazie a raid aerei e manovra a tenaglia»
La presa di Soledar «è stata possibile grazie al costante fuoco di artiglieria e attacchi aerei e missilistici che hanno impedito il trasferimento di riserve e la fornitura di munizioni» delle truppe ucraine. Lo ha riferito il ministero della Difesa russo, come scrive Ria Novosti. A questo -va aggiunta una sorta di manovra a tenaglia con le forze aviotrasportate che «hanno attaccato con successo le posizioni delle forze armate ucraine occupando le alture dominanti e bloccando la città dai lati nord e sud».
Diversa è la ricostruzione della Wagner che si attribuisce il successo. Il gruppo di Progozhin giovedì notte, in un video su Telegram citato dalla Cnn, aveva detto che le forze militari russe regolari «non hanno partecipato» all'assalto a Soledar attribuendosi così la totale paternità dell'operazione.
Ore 12:40 - Kiev smentisce: Soledar non ancora conquistata, si sta combattendo
La città di Soledar non è stata conquistata dalle forze russe. Lo ha affermato all'agenzia di stampa «Rbk Ucraina» il portavoce del gruppo orientale delle Forze armate di Kiev, Serhiy Cherevaty. «No, non è ero. Le battaglie in città proseguono», ha detto Cherevaty, commentando le dichiarazioni del ministero della Difesa di Mosca.
Ore 13:51 - Reporter Cnn vicino a Soledar: «Forze ucraine in ritirata»
Una troupe della Cnn che staziona vicino alla città di Soledar in Ucraina ha riferito di un ritiro organizzato delle truppe ucraine. «La troupe posizionata a circa 2,5 miglia dalla città, sta assistendo a quello che sembra essere un ritiro abbastanza organizzato», ha scritto l'emittente Usa. Gli stessi reporter della Cnn hanno anche riferito che «non c'è alcun senso di panico tra le truppe ucraine». Questa mattina Mosca ha annunciato di aver preso il controllo di Soledar. Una dichiarazione smentita poco dopo dalle forze armate di Kiev.
Ore 14:31 - Usa: «La vittoria russa a Soledar non inciderà sulla guerra»
«Anche se Bakhmut e Soledar dovessero cadere in mano ai russi, questo non avrà un impatto strategico sulla guerra stessa. E certamente non fermerà gli ucraini né li rallenterà». Lo ha detto ai giornalisti alla Casa Bianca il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby. Lo riporta il Guardian.
Ore 14:48 - Il Parlamento ucraino revoca i poteri a 4 deputati filorussi
La Verkhovna Rada (Parlamento dell'Ucraina) ha revocato il mandato di quattro parlamentari, tra cui Viktor Medvedchuk, amico di Vladimir Putin e contrario all'adesione dell'Ucraina all'Ue. Lo ha annunciato il deputato Yaroslav Zhelezniak su Telegram, citato da Ukrinform.
Ore 14:58 - Zelensky al parlamento lituano: «Il 2023 decisivo, vinceremo»
Quest'anno è «decisivo» e l'Ucraina è «sulla via della vittoria» sulla Russia. In collegamento video con il Parlamento lituano il presidente Volodymyr Zelensky ha poi affermato che Mosca «deve essere sconfitta in terra ucraina». Lo riportano Ukrinform e il Kiev Independent. «Voglio ringraziarvi per non aver tradito la libertà neanche per un minuto - ha affermato il leader di Kiev -. E non solo durante questi 323 giorni di crudele e disumana guerra russa. Ora si va verso la vittoria finale. La Russia non potrà più dettare nulla ai popoli d'Europa quando termineremo questa guerra con la sconfitta inequivocabile dell'aggressore».
Ore 15:41 - Crosetto sente Austin: continueremo a supportare Kiev
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha avuto oggi un colloquio telefonico con il segretario alla Difesa degli Stati Uniti d'America, Lloyd Austin, incentrato soprattutto sulla collaborazione tra i due Paesi per supportare l'Ucraina. Il segretario Usa - rende noto il ministero della Difesa - «nel confermare la storica e fraterna amicizia che lega Italia e Stati Uniti d'America, ha ringraziato il ministro Crosetto e l'Italia per la ferma e decisa volontà del governo italiano nel supportare l'Ucraina e il popolo ucraino». Il ministro Crosetto ha ribadito che «continueremo a supportare l'Ucraina in modo che si possa difendere dagli attacchi della Russia».
Ore 15:46 - Filorussi: gli ucraini hanno usato armi chimiche a Soledar
«L'uso di armi chimiche da parte dell'esercito e dei mercenari ucraini è un fatto che ha avuto luogo, è documentato. Armi chimiche sono state utilizzate sia a Soledar che ad Artemovsk». Lo ha affermato Yan Gagin, esperto politico-militare della Repubblica del Donetsk, all'agenzia Tass. «Queste includono granate chimiche prodotte dall'Unione Sovietica e granate chimiche di fabbricazione straniera», ha specificato Gagin, riferendo di combattenti del battaglione Wagner ricoverati in ospedale con edemi polmonare e ustioni alle vie respiratorie, causati da armi chimiche.
Ore 16:27 - Premier svedese: la vittoria di Kiev è esistenziale per l'Ue
«La vittoria ucraina nella guerra in corso è esistenziale per l'Europa, l'unità è la nostra risorsa principale e durante la presidenza svedese dell'Ue continueremo a sostenere l'assistenza militare Ue all'Ucraina. Nessun altro compito è più importante per la presidenza svedese. Il destino dell'Ucraina è anche il destino dell'Europa». Lo ha dichiarato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, nella conferenza stampa con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Ore 16:37 - Von der Leyen: «Continueremo la nostra pressione sulla Russia»
«Dobbiamo mantenere la pressione sulla Russia e continueremo il nostro incrollabile sostegno all'Ucraina. Partiremo a gennaio con l'erogazione della prima tranche del pacchetto di 18 miliardi di euro di aiuti. E stiamo preparando per la ricostruzione dell'Ucraina». Lo ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella conferenza stampa a Kiruna con il premier svedese Ulf Kristersson.
Aggiungendo: «La Russia ha sfruttato la nostra dipendenza energetica, ha provato a ricattarci ma ha fallito: ha tagliato l'80% delle sue forniture di gas ma noi siamo stati capaci di compensare senza blackout. Tra le varie misure abbiamo introdotto il price cap al gas e aumentato i permessi per le rinnovabili: questo duro lavoro ha pagato e i prezzi del gas sono più bassi che prima dell'invasione russa in Ucraina».
Ore 16:48 - Scholz: «Leopard a Kiev? Solo passi concordati con gli alleati»
«Tutti i passi che abbiamo fatto sono stati coordinati in modo stretto con gli alleati e i partner. Principio che continueremo a seguire anche adesso». Lo ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, a Berlino, rispondendo, in conferenza stampa con il premier iracheno, a una domanda sulla pressione polacca e finlandese sulla consegna all'Ucraina dei panzer Leopard 2 all'Ucraina.
Ore 17:08 - Von der Leyen: «Kiev ha straordinaria ambizione di adesione all'Ue»
«Il processo di adesione all'Ue è un processo "step by step". L'Ucraina ha un'ambizione e una rapidità impressionanti. Per sostenere quel processo il collegio dei commissari visiterà il Paese all'inizio di febbraio, avremo un incontro tra il collegio e il governo. Sono circa 18-20 i punti a cui stiamo già lavorando» e la visita sarà un modo «per approfondire e intensificare i diversi argomenti che sono nella nostra agenda». Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen soffermandosi, nel corso della conferenza stampa da Kiruna in Svezia, sul processo di adesione all'Ue di Kiev. «Per noi è importante progredire con qualità, rapidità e ambizione insieme al governo ucraino, in modo che la relazione sull'allargamento rifletta tutto ciò. E questo ovviamente porta poi a decisioni speranzose e positive da parte del Consiglio», ha concluso.
Ore 17:22 - Il capo della Wagner contro la Duma
«Un danno significativo al gruppo Wagner può essere causato dalla nostra lotta intraspecifica, dalla corruzione, dalla burocrazia e dai funzionari che vogliono rimanere al loro posto. Questa è una minaccia più seria per noi». Lo ha detto in un messaggio via Telegram il capo del gruppo mercenario Wagner, Yevgeny Prigozhin, riferendosi alla Duma. Lo riporta la Cnn. Queste osservazioni evidenziano la spaccatura tra Prigozhin e il ministero della Difesa russa, nata dopo la presa di Soledar, in cui Mosca non avrebbe riconosciuto i meriti del battaglione Wagner.
Ore 17:54 - Grossi (Aiea) in Ucraina la prossima settimana
Il direttore generale dell’Aiea Rafael Grossi si recherà in Ucraina «la prossima settimana, per stabilire una presenza continuativa di esperti di sicurezza e protezione nucleare in tutte le centrali nucleari del Paese, intensificando gli sforzi per aiutare a prevenire un incidente nucleare». Lo ha annunciato la stessa Aiea in una nota.
Ore 18:12 - Difesa russa ammette ruolo Wagner: «Soledar conquistata grazie al vostro supporto»
Il ministero della Difesa russo ha ammesso la partecipazione nella battaglia di Soledar, in Ucraina orientale, dei mercenari della società privata Wagner lodandone «il coraggio e l’altruismo». Questa la nota diffusa dal dicastero per chiarire composizione e partecipazione di varie unità delle truppe russe nella presa della cittadina ucraina del Donbass, annunciata oggi da Mosca ma ancora smentita da Kiev.
Ore 19:06 - Il Punto Militare: la Russia dichiara di aver conquistato Soledar: cosa cambia e perché è importante
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) I russi hanno iniziato a contendersi la vittoria prima ancora di aver assunto il controllo totale di Soledar. Dualismi e rivalità testimoniano il valore «politico» della località sul fronte orientale.
I russi hanno iniziato a contendersi la vittoria prima ancora di aver assunto il controllo totale di Soledar. Evgeny Prigozhin, capo della Wagner, ha esaltato il sacrificio dei suoi mercenari. La Difesa ha rivendicato il ruolo delle unità aerotrasportate. Contro-risposta dello «chef» di Putin: è sempre così, provano a rubarmi il merito. Dualismi e rivalità testimoniano il valore «politico» della località sul fronte orientale.
Ore 19:15 - Raid russo nella regione di Kharkiv. Morte due donne
Nella regione di Kharkiv due persone sono morte nei bombardamenti russi e un'altra è rimasta ferita. Lo ha annunciato su Telegram il capo dell'amministrazione militare regionale di Kharkiv Oleg Sinegubov. Le vittime avevano 59 e 64 anni, mentre la terza donna, ferita, di 63, è stata ricoverata d'urgenza in ospedale.
Ore 19:21 - Intesa Ucraina-Israele su tecnologia anti-drone
Ucraina e Israele hanno trovato un accordo per il trasferimento di tecnologia di allerta nei confronti di missili e droni. L'accordo è stato riferito dall'ambasciatore ucraino in Israele Yevgen Korniychuk.
Poi ha aggiunto che sono in corso lavori sul trasferimento della tecnologia israeliana relativa a smart alert nel Paese invaso. Lo ha riportato il Jerusalem Post. Tutta tecnologia ufficialmente trasferita dalla parte israeliana.
Ore 19:33 - Kiev smentisce: «I combattimenti proseguono a Soledar»
L'Ucraina continua a smentire le rivendicazioni russe di aver conquistato Soledar. Un video postato su Telegram dallo stato maggiore mostra un soldato che racconta di «intensi combattimenti» in corso nel pomeriggio. Lo riferisce la Cnn.
«Le truppe ucraine mantengono una solida linea di difesa», riferiscono i militari, aggiungendo che «le unità di assalto della Wagner continuano ad attaccare».
Ore 20:22 - Conferme e smentite tra russi e ucraini su Soledar
Dopo giorni di intensi combattimenti, Mosca ha annunciato che «la liberazione della città di Soledar dalle forze ucraine è stata completata già ieri sera». Più di 700 i soldati di Kiev sarebbero stati uccisi negli ultimi tre giorni, secondo le stime riportate dal ministero della Difesa russo.
Kiev smentisce categoricamente: «I combattimenti in città sono in corso. I russi ci sono ma non controllano la città», ha rimarcato Andriy Yermak, capo dell'ufficio del presidente ucraino, che ha paragonato la situazione alla battaglia di Verdun, la più lunga, logorante e brutale della Grande guerra.
La versione di un conflitto ancora in corso nella località del Donbass viene ribadita più volte nella giornata dall'esercito ucraino, nonostante il reporter della Cnn sul posto racconti di un ritiro «in maniera ordinata» dei soldati di Kiev.
Mosca ha lodato i raid aerei mirati e la «manovra a tenaglia» delle truppe russe che ha bloccato la città da nord a sud e che ha reso possibile la presa della cittadina del Donetsk. Il ministero della Difesa russo ha ringraziato anche «le azioni coraggiose e disinteressate dei volontari delle squadre d'assalto Wagner», che hanno liberato «i quartieri di Soledar occupati dalle truppe ucraine». Un riferimento al battaglione arrivato, in realtà, in seguito alla polemica sollevata dal suo leader, Yevgeny Prigozhin, che ha duramente attaccato perché il gruppo non è stato inizialmente menzionato da Mosca nell'annuncio della presa di Soledar. «Rubano costantemente la vittoria alla Wagner», aveva scritto Prigozhin su Telegram, denunciando una spaccatura con la Difesa russa.
Ore 21:09 - Mosca, scontro Peskov-Volodin sulla confisca dei beni ai cittadini che hanno lasciato il paese
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov è contrario all'idea del presidente della Duma Vyacheslav Volodin di confiscare i beni dei cittadini che hanno lasciato la Russia per sostenere l'Ucraina o semplicemente fuggiti dal Paese.
Questo il punto di vista di Peskov: «I nemici sono nemici e dobbiamo combatterli ma tutti gli altri sono nostri cittadini e devono rimanere tali».
Ore 21:23 - Crosetto: «Massimo supporto. Kiev deve potersi difendere militarmente»
Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto in un colloquio telefonico con il Segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin ha ribadito che «l'Italia continuerà a supportare l'Ucraina in modo che si possa difendere dagli attacchi della Russia».
La Francia ha invece promesso a Kiev l'invio entro sessanta giorni dei carri armati AMX-10 RC. Sarebbe la prima volta che un Paese accetta di fornire veicoli militari di progettazione occidentale all'Ucraina, un supporto che in realtà Zelensky chiede da molto tempo. La Germania dovrebbe invece prendere una decisione sull'invio di carri armati Leopard la prossima settimana.
Ore 21:38 - Kuleba: «Ho discusso con Blinken ulteriori sanzioni alla russia»
«Ho avuto una telefonata con il Segretario Usa Antony Blinken sui modi per aumentare il sostegno statunitense e internazionale all'Ucraina, compresi gli aiuti militari. Ho sottolineato la necessità che l'Ucraina riceva carri armati di tipo occidentale. Abbiamo anche discusso di ulteriori sanzioni alla Russia. Grato agli Stati Uniti per essersi schierati con l'Ucraina». Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, riferendo del colloquio telefonico con il Segretario di Stato americano Blinken.
Ore 21:54 - Zelensky: «La lotta per Bakhmut e Soledar prosegue»
«La battaglia per il Donetsk continua. Vale per Bakhmut, per Soledar, per Kreminna, per tutte le altre città e villaggi nell’est del nostro Stato. Le forze militari ci stanno proteggendo». Così il presidente ucraino Voldymyr Zelensky nel suo abituale messaggio serale. «Ringrazio ogni soldato, sergente e ufficiale di brigata e le altre unità dell’esercito che svolgono con coraggio e fermezza i loro compiti», ha aggiunto.
Ore 22:07 - Ambasciatrice Usa all’Onu: «Non dimentichiamo responsabilità russe nel conflitto»
«Continuiamo a fare tutto ciò che è in nostro potere per contenere gli effetti a catena delle azioni della Russia, aiutare coloro che stanno soffrendo sia in Ucraina che al di fuori dei suoi confini, e ritenere responsabile chiunque violi il diritto internazionale e sostenga questa guerra illegale e immorale». Lo ha detto l’ambasciatrice americana all’Onu Linda Thomas-Greenfield, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza sull’Ucraina.
Ore 22:15 - Vertici militari di Kiev: «Esplosivi e munizioni hanno contaminato il 40% del territorio ucraino»
«Circa il 40% del territorio della regione di Kiev è contaminato da oggetti esplosivi». Lo afferma il generale Oleksandr Pavliuk, capo dell’amministrazione militare regionale di Kiev su Telegram. Da febbraio, le forze di difesa hanno esaminato 36.461 ettari di territorio e neutralizzato 205.684 oggetti esplosivi», ha scritto Pavliuk. Tra i distretti più contaminati del Paese quelli di Bucha, Brovary e Vyshgorod.
Ore 22:36 - Crosetto: «Nostro pacchetto di aiuti in via di definizione»
«Nella telefonata odierna con le autorità statunitensi si è parlato del sistema che l’Italia fornirà per sostituire la batteria americana in Slovacchia», ha sottolineato il ministro della Difesa Guido Crosetto. «Il pacchetto di aiuti per l’Ucraina è in fase di definizione, in relazione alle richieste pervenute in questi mesi ed alle possibilità concrete di fornite materiali efficienti ed in tempi rapidi», ha poi aggiunto il ministro.
Soledar, guerra di annunci. L'allarme di Kiev su Mosca "Avrà 2 milioni di soldati". Matteo Basile il 14 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Il Cremlino elogia la Wagner: "Città liberata, in tre giorni uccisi 700 nemici". La replica dell'Ucraina: "Si combatte ancora, è la Verdun del XXI secolo"
La città del sale si sta sgretolando giorno dopo giorno. Lentamente ma inesorabilmente, l'esercito russo sta annientando la resistenza ucraina di Soledar, diventata un simbolo. Città martire, quasi completamente distrutta e abbandonata dai civili, e nel contempo simbolo dell'eroica abnegazione dell'esercito di Kiev e dell'avanzata senza scrupoli di quello invasore. Con il consueto rimpallo di proclami al sapore di propaganda, la città è, a seconda di chi parli, già in mano russa oppure ancora in ballo ma alla luce dei fatti la caduta definitiva dell'ultimo baluardo in difesa dell'altra città chiave, Bakhmut, è solo questione di tempo. Poco.
«Abbiamo il pieno controllo della città di Soledar», spiegano fonti ufficiali del ministero della Difesa russo, «grazie al costante fuoco di artiglieria e attacchi aerei e missilistici che hanno impedito il trasferimento di riserve e la fornitura di munizioni», continuano i funzionari del Cremlino in festa per la riuscita dell'operazione, specificando anche come solo negli ultimi tre giorni siano stati uccisi 700 soldati ucraini. Un'operazione però rivendicata in toto dalla famigerata brigata Wagner, che tiene a precisare come le forze regolari dell'esercito russo non abbiano preso parte alla conquista della città, merito quindi esclusivo dei mercenari guidati da Prigozhin. Mosca ammette parzialmente, dando merito ai Wagner per l'assalto finale e lodandone il coraggio. Opposta invece la versione fornita da Kiev. «Non è vero nulla, la battaglia in città procede». Anzi, Mykhailo Podolyak, principale consigliere di Zelensky attacca: «È scoppiata una rissa pubblica fra l'agenzia di fake news russa, il ministero della Difesa, e i criminali ultras militari (Progozhin/Zolotov/Surokin) su chi sta combattendo meglio a Soledar. Un buon segno dell'inizio della loro fantastica fine!», ha scritto su Twitter. A Soledar si sta combattendo «la battaglia di Verdun del XXI secolo» dice invece Andriy Yermak, capo dell'ufficio di presidenza ucraina, parlando di situazione sempre più difficile e paragonando l'assedio ad una battaglie più sanguinose della Prima Guerra mondiale. Zelensky intanto ha promesso di fornire tutto il supporto necessario ai soldati impegnati a Soledar e Bakhmut. Ma nonostante l'ottimismo ucraino, troupe della Cnn vicine a Soledar riferiscono che le truppe di Kiev hanno organizzato un ritiro dalla città, pur senza riferire di nessuna scena di panico. In ogni caso, un altro segnale di quanto prossima sia la caduta.
In attesa di notizie ripulite dalla propaganda, una nota di speranza arriva, comunque, dagli Stati Uniti. «Anche se Bakhmut e Soledar dovessero cadere in mano ai russi, questo non avrà un impatto strategico sulla guerra stessa. E certamente non fermerà gli ucraini né li rallenterà» ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby, facendo intendere che l'esito della guerra non dipenderà da questa battaglia. Anche perché Kiev sta andando avanti, oltre che su quelle militare, anche nelle sue strategie politiche. «L'Ucraina è ormai di fatto un membro della Nato», ha detto il ministro della Difesa ucraino Olekskii Reznikov, specificando che presto riceverà armi più potenti che fino a questo momento erano state negate per paura di attacchi su suolo russo che avrebbero portato a un'ulteriore escalation. «Preoccupazioni di etichetta», ha aggiunto.
La Russia continua invece a preoccupare ancora l'Occidente. Secondo l'intelligence ucraina infatti, nonostante le tante difficoltà sul campo, tra mancanza di rifornimenti e di uomini, Mosca prevede di creare un esercito di 2 milioni di soldati, con la previsione di una nuova maxi mobilitazione che porterebbe al fronte altri 500mila soldati. Il tutto, ovviamente, va preso col beneficio del dubbio, considerato come le difficoltà di Mosca siano comunque palesi, anche per quanto riguarda l'arruolamento. Intanto, più di duecento militari ucraini sono arrivati in Spagna per partecipare a un addestramento alla base dell'aeronautica di Torrejon de Ardoz per apprendere l'utilizzo di alcuni dispositivi e imparare tecniche di soccorso sul campo. Kiev, l'Europa e il resto del mondo, fatta eccezione per i pochi stati canaglia che vanno a braccetto con la Russia, non stanno quindi a guardare.
Ucraina. La caduta di Soledar e l'arrivo dei carri armati magici. Piccole Note (filoPutin) il 14 Gennaio 2023 su Il Giornale.
La controffensiva delle forze ucraine non si arresta. I russi hanno finito le munizioni, sono allo sbando e lo stesso Putin è confuso, tanto che ha dovuto sostituire l’ennesimo comandante delle forze di invasione.
Di ieri, la caduta di Soledar, che gli ucraini contestano dichiarando che le loro forze resistono ancora ai margini della città, comunque ormai persa. Tale sviluppo indica che quanto dicevano i soliti media non era esatto. Anche definire la nomina di Gerasimov a capo del Comando interforze dell’operazione speciale russa una sollevazione dall’incarico fa parte della stessa stolida narrativa (in realtà, ora comanda tutto lui, soldati, aerei e navi).
Resistere fino alla fine
Non si tratta di magnificare i russi, solo di evidenziare la vacuità della propaganda, che impedisce di guardare in faccia la realtà e di porsi domande su quanto sta avvenendo.
E di prendere atto che l’Ucraina non può vincere questa guerra, cioè non può ricacciare i russi fuori dai suoi confini, al massimo può arrivare a uno stallo che vede comunque una parte dei suoi territori ormai controllati in via permanente da Mosca. E continuare questa macelleria per liberare, magari tra anni, una città o un paesino in più, non ha alcun senso. Per questo occorre mentire, far credere che invece l’impresa impossibile sia possibile etc.
Per questo serve dire che la conquista di Soledar ha solo un valore simbolico, laddove invece risulta di rilievo, grande o relativo che sia, per le sorti delle cittadine vicine, in particolare Bakhmut, attorno alla quale i due eserciti si confrontano da mesi.
Ma di tanto in tanto, tra le pieghe dell’informazione, qualcosa sfugge alla narrativa ufficiale, così, tra le analisi trionfalistiche della Cnn, anche la testimonianza di un soldato ucraino anonimo, che racconta quanto si consumato a Soledar e che i media non hanno raccontato.
“Abbiamo cercato di ritirarci, ma gli orchi [i russi] erano già lì. Se non ci sarà l’ordine di ritirarsi oggi, molto probabilmente non avremo il tempo di andarcene. Ci è stato detto che saremmo stati ritirati. Ma siamo stati abbandonati“. L’intervistato, annota ancora la Cnn, “ha detto che i soldati avevano finito i viveri, stavano finendo l’acqua e alcuni di essi erano feriti. Ha ha aggiunto che avevano ancora delle munizioni”.
“L’ultimo ritiro è stata tre giorni fa. – ha detto ancora il soldato – L’ordine era di resistere fino alla fine. A giudicare dai rumori della battaglia, i nostri vicini [le altre unità] si sono ritirati o hanno ricevuto l’ordine di ritirarsi. A noi è stato detto di resistere”.
Due considerazioni: la prima è che riscontra quanto dichiarato dai russi, che cioè le forze ucraine erano circondate, la seconda è che l’ordine di resistere fino alla fine indica che gli ucraini non consideravano tale battaglia tanto irrilevante. A margine, si può notare che la strategia usata tiene poco conto delle risorse umane, tanto da indurre un contingente accerchiato a un’inutile strenua resistenza.
Date queste ultime considerazioni, il comunicato dei russi che parla di 700 vittime ucraine negli ultimi 3 giorni acquista certa veridicità. Quante nei giorni precedenti? E se si tiene conto, che per ritorsione alla strage di Capodanno, quando gli ucraini uccisero un’ottantina di coscritti russi, i russi hanno ucciso 600 nemici, tra soldati ucraini e contractors, si può avere un’idea della macelleria in corso, della quale non sembra importare nulla a nessuno.
I carri armati magici
Per rilanciare la propaganda e ridurre gli echi del rovescio, la Nato sta reclamizzando trionfalmente l’invio di nuovi carri armati, provenienti da varie nazioni. Si tratta degli “M2 Bradley, degli AMX-10 RC, dei Leopard 2 e dei Challenger 2”. Per ora si tratta di un centinaio di veicoli, ma ne arriveranno altri.
La prima considerazione che va fatta, al netto del trionfalismo di cui sopra, è che questi non faranno da moltiplicatore delle forze esistenti, vanno semplicemente a sostituire corazzati e artiglieria distrutti.
Al di là del particolare, il National Interest spiega le criticità logistiche legate dall’arrivo di veicoli tanto diversi, dovendo provvedere a fornire a ogni modello le proprie specifiche munizioni e gli specifici pezzi di ricambio.
Altre e maggiori criticità sono indicate in un articolo di Military War, che conclude spiegando la riluttanza a inviare tali armamenti Nato registrata finora con il fatto che essi potrebbero risultare troppo vulnerabili, “minando così la possibilità di competere per le vendite all’estero nel prossimo futuro”.
“Il rendimento in combattimento del Leopard 2 – prosegue la nota – è stato già profondamente offuscato quando sono stati utilizzati dai turchi contro i miliziani curdi e dello Stato islamico, a causa delle pesanti perdite subite contro avversari scarsamente armati, cosa che ha portato i generali turchi a descrivere tale esperienza come ‘traumatica’.
“L’M1 Abrams si è rivelato altrettanto deludente nelle mani degli iracheni contro le forze dello Stato islamico e, in misura minore ma comunque significativa, nelle mani dei sauditi nella guerra in Yemen. Di conseguenza rimane un’alta possibilità che i carri armati occidentali consegnati non vengano schierati in prima linea nel Donbass, almeno per il prossimo futuro, per evitare la possibilità della loro distruzione o cattura”.
Le armi magiche non esistono. Né esistono bacchette magiche che permettano a Kiev di scacciare completamente i russi. Questa la tragica realtà che non si vuol dire, perché rischierebbe di indurre l’opinione pubblica a chiedere di porre fine al mattatoio.
Lo dice in maniera chiara anche Bing West, ex consigliere del Segretario della Difesa, sulla National Review, che analizza i tanti conflitti precedenti, dalla Corea al Vietnam ad altri, nei quali gli Stati Uniti si sono astenuti dall’attaccare i territori dei Paesi che sostenevano i loro nemici, come in questo caso si stanno astenendo dall’attaccare la Russia, rifiutando agli ucraini i missili a lungo raggio e, si potrebbe aggiungere, l’ingaggio diretto.
Senza attaccare in profondità la Russia, cioè senza scatenare la terza guerra mondiale, la guerra è persa. Già l’alternativa, drammatica, alla sconfitta dell’Ucraina è la terza guerra mondiale. Tale follia va fermata.
In Germania si usa il carbone. A partire da questa settimana per cercare di neutralizzare il blocco del gas russo. In Italia non si aumenta l'estrazione del gas (che c'è). Paolo Annoni su Italia Oggi l’11 ottobre 2022.
La Germania ha proclamato lo stato di emergenza sul gas dopo il calo delle forniture russe. Il ministro dell'Economia tedesco, Habeck, ha dichiarato che «non dobbiamo prenderci in giro. Il taglio delle forniture di gas è un attacco economico contro di noi da parte di Putin».
L'allarme in Germania da ieri è al livello 2 su una scala di tre e significa che «l'offerta di gas è diminuita ma è assicurata»; il livello d'allarme «3» sarebbe proclamato se l'offerta non fosse in grado di soddisfare la domanda. L'altro ieri il responsabile dell'Agenzia internazionale dell'energia ha dichiarato al Financial Times che «l'Europa dovrebbe essere pronta nel caso il gas russo venisse completamente tagliato». L'«mministratore delegato di Volkswagen questa settimana ha dichiarato che le fabbriche sarebbero a rischio nel caso di interruzione del gas.
Le parole del capo dell'azienda automobilistica sono in linea con le dichiarazioni rese settimane fa dall'Amministratore delegato di Basf secondo cui staccare il gas russo metterebbe in dubbio la sopravvivenza delle società medio-piccole e probabilmente causerebbe in Germania la «peggiore crisi economica» dalla fine della Seconda guerra mondiale; una crisi che «distruggerebbe la nostra prosperità».
Lo scenario che potrebbe materializzarsi, si pensi all'ipotesi della chiusura delle fabbriche Volkswagen, non è coerente con una narrazione di «qualche sacrificio», più o meno grande, imposto ai cittadini per aiutare l'Ucraina. È uno scenario di impatti economici e sociali difficilmente calcolabili.
Fino a qualche settimana fa, ricordiamo, valeva l'assunto che era l'Europa a danneggiare la Russia con le sanzioni su gas e petrolio.
È un'interpretazione che può essere difesa fino a un secondo prima dell'interruzione. Fino a quel momento si può ancora sostenere che la Russia stia minacciando per ottenere prezzi più alti con cui compensare o più che compensare i minori volumi. Se i volumi andassero a zero la variabile prezzo diventerebbe ininfluente. La Russia avrebbe comunque le entrate dei Paesi verso cui ha dirottato le forniture; Germania e Italia dovrebbero chiudere le fabbriche.
A fronte di questa situazione offriamo un piccolo riassunto della politica energetica tedesca degli ultimi sei mesi. A gennaio del 2022 la Germania ha spento tre delle sue sei centrali nucleari con cui al momento si produce l'energia più economica del Paese. A fine febbraio ha dichiarato di voler raggiungere una produzione di energia da rinnovabili del 100% entro il 2035. A metà aprile è apparso chiaro che senza gas russo, si vedano le dichiarazioni di Basf, la Germania sarebbe entrata in una recessione profonda. Questa settimana è ripartita la produzione a carbone.
Ci sarà ancora un'industria tedesca quando il Paese avrà raggiunto i suoi obiettivi green? Oppure si festeggerà il risultato dopo aver ridotto la Germania a un'economia pre-industriale? L'Italia è in una situazione simile. Mentre si fanno i conti con le ipotesi di spegnimento dell'industria con ripercussioni occupazionali difficili da immaginare l'Europa continua nel suo sogno «green»; la riapertura delle centrali a carbone, che non arriva da Marte, è una misura non strutturale. L'Italia incentiva e sussidia di tutto e di più, costruisce nuove ferrovie, ma di costruire un impianto normativo e incentivi che spingano al massimo la produzione di gas nazionale non si parla.
Dove finisce la colpa di Putin, che è quello che è, e dove inizia la responsabilità dell'Europa, della Germania e dell'Italia?
Terre rare, la scoperta che potrebbe staccarci dalla Cina. In Svezia è stato scoperto il più grande giacimento di terre rare in Europa. Redazione su nicolaporro.it il 13 Gennaio 2023.
Novità importanti, quelle che arrivano dalla Svezia, dove il governo di Stoccolma ha annunciato la scoperta del più importante giacimento di terre rare in Europa, rivenuto a 150 chilometri a Nord del circolo polare artico, in una regione svedese tradizionalmente mineraria. La scoperta pare essere una svolta per l’intero continente, e questo in particolare per il ruolo decisivo che le terre rare svolgono nella produzione di elementi altamente tecnologici, come le batterie.
Fino ad oggi, la Cina risulta essere stato il principale Paese esportatore di terre rare in Europa, fino a sfondare quota 91 per cento. Eppure, nonostante l’ultima scoperta, c’è il rischio che questa fortissima dipendenza possa ancora prolungarsi nel tempo. A causa dei numerosi iter autorizzativi per lo sfruttamento di queste risorse, c’è il serio pericolo che se ne possa parlare addirittura tra 10 o 15 anni, rischiando di ingrassare ulteriormente la casse e le esportazioni del regime di Pechino.
Lo ha specificato l’ad della società pubblica mineraria svedese, Jan Moström, al Sole 24 Ore, rimanendo però ottimista sulla possibilità di abbreviare radicalmente i tempi burocratici: “Gli iter sono stati messi a punto quando avevamo il lusso di poter aspettare. Oggi, c’è urgenza di sfruttare il giacimento e dobbiamo fare in modo che i tempi autorizzativi vengano diminuiti, sperabilmente del 50-60 per cento”.
Tra le terre rare potenzialmente a disposizione vi sono il litio, lo scandio ed il lantanio, anche se non si conoscono ancora i costi di sfruttamento e le effettive dimensioni delle riserve: “Potremo avere stime precise solo tra uno o due anni”, ha aggiunto l’amministratore delegato.
Nonostante tutto, il via libera per l’inizio dei lavori è già arrivato. Come specificato dal Sole 24 Ore: “La società sta già costruendo un tunnel sotterraneo per collegare le nuove riserve con il giacimento di ferro di Kiruna, che le autorità svedesi stanno sfruttando dall’inizio del Novecento e che ha portato alla nascita della città, oggi abitata da circa 20mila anime”. E ancora: “Sempre secondo le autorità svedesi, la nuova scoperta potrebbe essere sufficiente per rispondere alla domanda europea dei magneti permanenti, utilizzati nella produzione di motori elettrici”, un altro settore dove la Cina si sta rivelando – tanto per cambiare – il più grande produttore mondiale.
Terre rare in Svezia: un’opportunità per l’Europa? Andrea Muratore su Inside Over il 13 Gennaio 2023.
La compagnia di estrazione svedese Lkab ha annunciato nella giornata del 13 gennaio la scoperta del più grande deposito europee di terre rare nella regione di Kiruna, cittadina nel Nord del Paese vicino al confine con la Norvegia.
Il ministro dell’Industria del governo svedese di centrodestra Ebba Busch ha dichiarato che “l’elettrificazione, l’autosufficienza e l’indipendenza dell’Ue da Russia e Cina inizieranno nella miniera”. Propositi importanti per una nazione che vuole essere avanguardia comunitaria nella transizione energetica e che richiama al fatto che nella partita odierna per le tecnologie di frontiera la sfida del controllo dei giacimenti dei materiali critici è la vera sfida.
La scoperta del colosso di Stato svedese aggiunge prospettive all’autonomia di sistema europea e dà un indirizzo chiaro alla politica industriale del Vecchio Continente che ha la prima, credibile speranza di autonomia strategica sul fronte delle terre rare, decisive per la realizzazione di dispositivi come le batterie e gli accumulatori. Ma non sarà un processo breve. Lkab, nota Deutsche Welle, “prevede di presentare una domanda per una concessione di sfruttamento nel 2023, ma ha aggiunto che probabilmente ci vorranno almeno 10-15 anni prima di poter iniziare a estrarre il deposito e la spedizione al mercato”.
Il fatto sta nella necessità di dover approntare una logistica per lo sfruttamento a pieno titolo del giacimento, ricercare in profondità nel sottosuolo il materiale grezzo, estrarlo e distribuirlo al mercato. Le terre rare si trovano in depositi legati a formazioni rocciose sopraelevate o sottomarine che devono essere esplorate in forma invasiva per estrarre i preziosi elementi.
La “rarità” di questi elementi non sta infatti nella loro scarsità nella crosta terrestre, ma nella carenza di giacimenti sfruttabili in tempi brevi e ottimali. Ragion per cui la scoperta di Lkab appare capace di aprire a prospettive operative tutt’altro che secondarie. Anche se del giacimento, chiaramente, andranno valutate portata, prospettive estrattive e dinamiche di mercato.
Le prime stime parlano di un milione di tonnellate: bisognerà capire quante di queste terre rare saranno estraibili in forma non eccessivamente costosa in tempi ragionevoli e se effettivamente l’impianto avrà le dimensioni dei più grandi giacimenti che si trovano in Cina, Russia, Australia o si preferirà, per accelerare i tempi, operare su scala e matrice più ridotta.
In secondo luogo, va sottolineato il fatto che molto dipenderà dall’atteggiamento del governo di Stoccolma verso la sua politica industriale futura. La Svezia ha un colosso delle tlc attivo nel 5G e nelle reti di ultima generazione come Ericsson pronto a essere alimentato con i nuovi prodotti dell’estrazione nazionale, ma a sua volta è perfettamente inserita nel mercato mondiale e non è detto che voglia mettere, in futuro, al servizio dell’industria europea le sue terre rare. La geoeconomia insegna che chi ottiene un controllo strategico su una risorsa è preso da un comprensibile “sacro egoismo” che può uscire allo scoperto se, al momento dell’entrata in opera del giacimento, la percezione di una minaccia russa o cinese sarà meno cogente.
In terzo luogo, c’è il problema ambientale legato al processo industriale. La Svezia è una delle nazioni a più alta attenzione verso il tema della sostenibilità e l’enorme costo ecologico dell’estrazione di terre rare non potrà non suscitare polemiche nel contesto della civile nazione nordica. Inoltre, nessuno ha fatto i conti senza l’oste della collettività locale di Kiruna, città in passato al centro dell’industria del ferro svedese, le cui attività in passato hanno costretto a spostare di ben 3 km le case della città a causa degli effetti sul terreno dovuti all’attività mineraria. Dunque, parliamo di una grande opportunità strategica per l’Europa che sarà, però, in piena disponibilità svedese negli anni a venire. E prima di abbandonarsi a facili entusiasmi circa una presunta “indipendenza” bisognerà capire come Stoccolma vorrà sfruttare (e se vorrà farlo) questo giacimento. E soprattutto se al momento dell’entrata in operatività del giacimento l’Europa avrà le politiche industriali necessarie a sfruttarne il potenziale. Dieci-quindici anni, in questa fase, sono un orizzonte troppo lungo per provare a rispondere a tali domande.
Colpito condominio a Dnipro, 14 i morti. Zelensky: «Terrorismo». Marta Serafini. inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 14 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di sabato 14 gennaio, in diretta. Il segretario della Difesa americano Lloyd Austin in una telefonata a Crosetto per discutere del ruolo importante dell’Italia nel garantire la sicurezza del fianco orientale della Nato»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 325esimo giorno.
• Elementi dell'esercito russo si contendono la conquista di Soledar, ma Kiev smentisce ancora.
• Raid nella regione di Kharkiv. Morti due civili.
• A giugno nuova riunione della Comunità politica europea in Moldavia.
• Lavrov visiterà la Bielorussia il 19 gennaio.
• L'Ucraina devastata dai crateri: le foto satellitari mostrano la distruzione.
Ore 00:00 - Crosetto: «Nostro pacchetto di aiuti in via di definizione»
«Nella telefonata odierna con le autorità statunitensi si è parlato del sistema che l’Italia fornirà per sostituire la batteria americana in Slovacchia», ha sottolineato il ministro della Difesa Guido Crosetto. «Il pacchetto di aiuti per l’Ucraina è in fase di definizione, in relazione alle richieste pervenute in questi mesi ed alle possibilità concrete di fornite materiali efficienti ed in tempi rapidi», ha poi aggiunto il ministro.
Ore 03:32 - Colloquio Austin-Crosetto, «elogiato impegno di Italia»
«Ho parlato con il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto oggi per discutere del ruolo importante dell’Italia nel garantire la sicurezza del fianco orientale della Nato». Lo ha dichiarato il segretario della Difesa americano Lloyd Austin in una conversazione telefonica con Crosetto riportata dal Pentagono. «L’ho elogiato per la continua assistenza italiana alla sicurezza dell’Ucraina».
Ore 06:11 - Media: udite esplosioni a Kiev
Una serie di esplosioni è stata udita nelle prime ore del mattino a Kiev, senza che fosse risuonato alcun allarme aereo: lo riporta il sito del settimanale Zerkalo Nedeli. «Al momento non è noto se si sia trattato di esercitazioni pianificate o di un attacco nemico», aggiunge il settimanale. Corrispondenti della testata confermano almeno due esplosioni sulla riva sinistra del fiume Dnepr, che attraversa la città. «L’ufficio del presidente ha reagito a questo incidente invitando alla calma, ma non sono stati ancora forniti altri dettagli».
Ore 13:10 - Il Regno Unito vuole ampliare il sostegno militare
Il premier ucraino Rishi Sunak ha avuto un colloquio telefonico con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in cui i due leader hanno discusso della situazione del conflitto in Ucraina. Secondo quanto reso noto da Downing Street, Sunak ha manifestato la volontà di ampliare il sostegno militare all’Ucraina anche mediante la fornitura di carri armati Challenger 2 e di altri sistemi di artiglieria.
Ore 13:31 - Medvedev, premier Giappone si vergogni e faccia harakiri
Il premier giapponese Fumio Kishida dovrebbe vergognarsi per il suo umiliante servilismo nei confronti degli Stati Uniti e al suo ritorno da Washington, durante la riunione di Gabinetto, dovrebbe fare harakiri (suicidio per sventramento): lo scrive su Telegram l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza, Dmitry Medvedev. L’alleato di Putin si riferisce all’incontro di ieri a Washington tra il presidente americano Joe Biden e Kishida, al termine del quale la Casa Bianca ha diffuso una dichiarazione congiunta, in cui i due leader mettono in guardia Mosca contro l’uso di un’arma nucleare in Ucraina.
Ore 14:21 - Ankara, pronti a spingere su cessate fuoco locali
La Turchia si è detta pronta a spingere per «cessate il fuoco locali» in Ucraina. Lo annuncia la presidenza turca, aggiungendo che per Ankara «né la Russia né l’Ucraina possono vincere» la guerra.
Ore 14:26 - Zelensky, carri armati da Gb sono «giusto segnale» ad alleati
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accolto con favore la decisione del Regno Unito di fornire carri armati al suo Paese, affermando che «invierà il segnale giusto» poiché Kiev sta facendo pressioni sugli alleati per armi più pesanti. «In una conversazione con il primo ministro Rishi Sunak, l’ho ringraziato per le decisioni che non solo ci rafforzeranno sul campo di battaglia, ma invieranno anche il segnale giusto ad altri partner», ha scritto Zelensky su Twitter.
Ore 14:42 - Allarme aereo in tutta l’Ucraina
L’allarme aereo è stato attivato in tutte le regioni dell’Ucraina, per la terza volta oggi, compresa la capitale Kiev, e «missili russi stanno sorvolando i cieli» del Paese. Lo riporta l’Ukrainska Pravda, che cita Vitalii Kim, governatore della regione di Mykolaiv. Il funzionario ha riferito che la difesa aerea è attiva. «Crediamo nelle forze armate ucraine. Siamo nei rifugi», ha sottolineato Kim su Telegram.
Ore 15:21 - Mosca, tank di Londra porteranno escalation in Ucraina
L’invio di carro armati britannici a Kiev «comporterà un’escalation delle ostilità in Ucraina e nuove vittime». Lo dichiara l’ambasciata russa a Londra - citata dalla Tass - commentando la decisione del governo britannico di fornire carri armati Challenger 2 a Kiev. «Londra è sempre più coinvolta nel conflitto ucraino e trascura le vite dei comuni ucraini», ha aggiunto l’ambasciata.
Ore 17:38 - Zelensky, a Dnipro terrorismo russo, mondo fermi questo male
«Memoria eterna a tutti coloro che sono stati uccisi dal terrore russo! Il mondo deve fermare questo male. Continuano le operazioni di sgombero delle macerie a Dnipro. Tutti i servizi stanno lavorando. Stiamo lottando per ogni persona, per ogni vita». Lo scrive su Telegram il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, allegando una foto del condominio che le autorità ucraine hanno riferito che è stato colpito a Dnipro da un attacco missilistico russo e che ha fatto 12 morti e almeno 64 feriti.
Ore 01:40 - Annunciati tre giorni di lutto cittadino per le vittime di Dnipro
Le autorità di Dnipro hanno annunciato tre giorni di lutto ufficiale per le vittime dell’attentato missilistico. «A Dnipro, a causa della tragedia alla stazione ferroviaria di Peremoha, è stato annunciato un periodo di lutto di tre giorni per le persone uccise in un attacco missilistico contro un edificio residenziale», ha dichiarato il consiglio comunale in una nota.
Ore 02:24 - Secondo Mosca, l’Ucraina vuole screditare la Russia sull’accordo sul grano
«Il servizio di sicurezza ucraino sta preparando una provocazione nella regione di Kharkiv per incolpare la Russia di un deficit alimentare»: lo ha riferito una struttura di coordinamento presso il ministero della Difesa russo, secondo la Tass. «Il servizio di sicurezza ucraino sta tramando una grande provocazione nei prossimi giorni per screditare la Russia come parte dell’accordo sul grano e accusarla di causare una crisi alimentare in Ucraina», ha detto la struttura di coordinamento della Federazione russa per la risposta umanitaria.
Ore 02:35 - Si aggrava il bilancio dell’attacco a Dnipro: 14 morti
Si aggrava il bilancio dell’attacco missilistico russo a Dnipro. Sarebbero stati trovati altri due corpi tra le macerie. Secondo The Kyiv Independent l’attacco della Russia contro un condominio ha ucciso 14 persone, tra cui una ragazza di 15 anni. Lo ha riferito il governatore della regione di Dnipropetrovsk, Valentyn Reznichenko.
Sei generali russi silurati in 10 mesi, ma i conti di Putin non tornano. Storia di Francesco Palmas su Avvenire il 14 gennaio 2023.
Non c’è pace per i comandanti russi. In dieci mesi di guerra, il Cremlino ne ha fatti fuori sei, segno delle difficoltà irriducibili dell’Armata Rossa. Sergeij Surovikin è l’ennesima vittima. È durato solo tre mesi, come prima di lui Dvornikov e Zhidko. Senza fanfare, Vladimir Putin l’ha silurato, degradandolo a mero aiutante di campo di Valeri Gerasimov, capo di Stato maggiore e nuovo numero uno del corpo di spedizione russo in Ucraina.
Lo zar è frenetico: sente che la strategia della pressione irresistibile, ultima carta rimastagli, non sta funzionando. Non è nelle corde russo-sovietiche, da sempre fautrici di guerre lampo. Rivivremo il fallimento che fu di Stalin in Finlandia? Putin non sa come barcamenarsi in una guerra fattasi complicata. Nella sua vita non ha fatto che il politico o l’ufficiale subalterno dell’intelligence. Non ha passato bellico. Affronta alla cieca una crisi militare che pare senza sbocchi. Da giugno a oggi il suo esercito è riuscito a conquistare unicamente Soledar, un paesone che contava appena 11mila abitanti prima del conflitto. Averla espugnata è un fatto d’armi minore, aggravato da costi umani esorbitanti.
L’Istituto per gli studi sulla guerra, molto partigiano, è stranamente cauto. Non azzarda nemmeno una critica allo zar. Vede anzi nell’avvicendamento in Ucraina una mossa ragionevole, in vista della prossima offensiva, data per certa a inizio primavera. Una teoria sposata anche dal quotidiano Izvestia, che plaude alla mossa del Cremlino: «come comandante, Surovikin non aveva autorità sull’aviazione strategica, sulle navi e sullo spionaggio». Era un leader dimezzato, che non poteva coordinare esercito e guardia nazionale. Gli sfuggivano anche le forze di polizia. Gerasimov «galvanizzerà invece le sinergie «fra le varie componenti».
L’azzardo di Putin però sorprende. Sembra dettato da logiche politiche, più che militari, perché Surovikin non meritava il licenziamento. Stava comandando bene. Era riuscito a imporre una visione lineare, riducendo obiettivi e fronte d’attacco. Era parsimonioso con gli uomini e aveva riorganizzato la logistica. Nei tre mesi di comando, gli si possono imputare solo il massacro di Makiinkva e l’eccesso di bombardamenti terroristici, frutto di una fiducia illimitata nelle teorie di Giulio Douhet, fallimentari nelle guerre passate, dai blitz del 1940 agli inutili raid del 1944-45.
Ma Surovikin è stato brillante: ha saputo orchestrare il ritiro da Kherson, compiendo una manovra militare fra le più difficili. Purtroppo per lui non è bastato. La sua carriera è stata stroncata dall’irrazionalità che domina l’operazione russa in Ucraina, fin da febbraio.
Declassando Surovikin, Putin ha voluto forse lanciare un monito a Eugenij Prighozin, capo dei mercenari, e al leader ceceno Kadirov? Il Generale era troppo contiguo al padrone della Wagner e alla galassia nazionalista, mondi estremamente critici verso il ministro della Difesa, Shoigu, e lo stesso Gerasimov, due pupilli di Putin, incapaci di contraddirlo, ma inconsistenti e dannosi nella gestione della guerra. È un cortocircuito che ricorda le traversie del terzo Reich, asserragliato nel bunker: un regime al collasso senza più consapevolezza del campo.
Putin ha scelto i suoi protetti, che l’hanno ingannato più di una volta in passato e che sono i massimi artefici del disastro ucraino dell’Armata Rossa. Il valzer dei generali, fattisi ambiziosi e critici verso il Cremlino, sembra però la via maestra per nuovi fallimenti.
Estratto dell’articolo di Jacopo Iacoboni per “la Stampa” il 14 gennaio 2023.
La figlia di Shoigu a fare shopping di lusso a Dubai assieme al marito - che pure sarebbe in età utile per il fronte. La figlia di Sergey Naryshkin, il capo dei servizi esteri russi, a Bali, poi in Turchia, poi anche lei a Dubai. Il figlio del senatore antiamericano e anti Nato (e ex generale Kgb) Dzhabarov, dove, se non in California? Nei giorni di Capodanno e Natale, mentre erano in corso massacri a Bakhmut e Soledar, non pochi figli e mogli di oligarchi, élite e spie russe se ne stavano in ricche vacanze occidentali.
[…] quell'Occidente che i loro papà dicono di voler distruggere o, nei casi estremi, radere al suolo (vedi esortazioni di Dmitry Medvedev). […] Ma Ksenia Shoigu non è la sola, a spassarsela mentre il padre dirige il carnaio provocato dall'aggressione dei russi in Ucraina, assieme a Valery Gerasimov (la cui figlia è in ricca vacanza anche lei, ma in un resort extra lusso in Crimea).
E singolarmente, per lei o altri figli di oligarchi o di capi dei servizi segreti russi, non sorgono campagne online di protesta […] Veronica Naryshkin ha un profilo Instagram chiuso, ma la sua amica, Victoria Kosolapova, no, e posta le foto delle vacanze insieme. Oltre a Bali e Turchia compaiono Grecia e, ovviamente, Italia. In barba alle sanzioni ai padri. Ma ci sono anche, dopo l'inizio della guerra, belle foto di lei su The Ins a pesca nei mari delle Seychelles […]
La figlia di Shoigu […] ha invece una società d'investimenti che riceve subappalti dall'oligarca Gennady Timchenko per costruzioni di infrastrutture pubbliche, è stata consulente del vicepresidente della Gazprombank, e amministratore della fondazione dell'oligarca Vladimir Evtushenkov. A Dubai ha svernato in un albergo piacevole, il Caesars Palace, che ha costi anche di tremila euro a notte. Non sembrano persone slegate dai padri. L'élite dorata non soffre il macello.
A luglio Vladimir Plotnikov, uno dei deputati della Duma più vicini a Putin, sotto sanzioni nell'Ue (e negli Usa), con divieto di viaggio in Europa e conti congelati, se ne stava in laguna, fu la figlia stessa a segnalarci che erano in vacanza a Venezia. C'è qualche problemino nei controlli di frontiera italiani? Erano arrivati per mare? […]
Estratto dell’articolo di Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera” il 14 gennaio 2023.
Da una parte il governo italiano, dall'altra una società straniera, rappresentata da due avvocati che chiedono l'anonimato e garantiscono di non sapere chi sia il loro cliente in carne e ossa: «Il referente è per noi questa società».
Si è aperta così, davanti ai giudici del Tar del Lazio, la battaglia legale che ha per oggetto la barca a vela più grande del mondo, il Sailing Yacht A, bloccato a Trieste dalla Guardia di Finanza nel marzo dello scorso anno in esecuzione delle sanzioni decise dall'Unione Europea contro gli oligarchi russi. E il panfilo in questione, secondo le Fiamme Gialle, è di Andrej Melnichenko, […] Descritto come uomo della «cerchia più stretta di Vladimir Putin», […] con un patrimonio stimato da Forbes in 27,5 miliardi di dollari in buona parte legato al carbone e ai fertilizzanti.
Il provvedimento che ha disposto il congelamento del megayacht, da mesi all'ancora nel golfo di Trieste, è stato impugnato dal sedicente proprietario del bene: «Una società che non fa parte dell'elenco di quelle listate da Bruxelles», precisano i legali che naturalmente puntano al dissequestro e al risarcimento del danno subito. «Non ci sono dubbi, il proprietario è Melnichenko», taglia corto la Guardia di Finanza, le cui ragioni sono sostenute in Tribunale dall'Avvocatura dello Stato che difende il ministero dell'Economia e delle Finanze.
[…] A complicare la vicenda si è messa poi un'altra questione: i costi di mantenimento […] Un gigante del mare ultramoderno, luccicante, blindatissimo, che ha richiesto per mesi la presenza a bordo di un equipaggio di una ventina di uomini. Naturalmente pagati dallo Stato italiano. A ciò vanno aggiunte le spese di vigilanza e di stallo e quelle sostenute per tenere in efficienza un gruppo elettrogeno particolarissimo. Insomma, a conti fatti, gli esperti hanno stimato un esborso di circa 750-800 mila euro al mese.
[…] Se anche il governo italiano vincesse davanti al Tar la disfida della proprietà, che peraltro costituisce un importante test per tutti i ricorsi fatti dagli oligarchi in questi mesi, i legali della «misteriosa» proprietà intravedono già un possibile contenzioso su questo fronte.
La procedura prevede che, il giorno in cui il panfilo verrà riconsegnato al legittimo proprietario, quest' ultimo possa rientrarne in possesso solo dopo aver pagato le spese di manutenzione sostenute dall'Italia. «Che però potrebbero essere considerate eccessive». C'è infine un rischio, questo ventilato dai finanzieri: «Che il proprietario decida di lasciare il bene allo Stato e a quel punto potrebbe diventare una grana: chi se la va a prendere una barca del genere?». […]
I Nostalgici. Gennady Zyuganov, l’ultimo comunista di Russia. Emanuel Pietrobon il 13 Gennaio 2023 su Inside Over.
Il comunismo è morto, vinto dalla storia, ma c’è chi ancora crede in quest’utopico e inconcretizzabile ideale di uguaglianza. Da Cuba alla Repubblica Popolare Cinese, passando per Corea del Nord e Vietnam, il comunismo continua a godere di un certo seguito e a fare seguaci. Anche se, certo, non più come in passato.
In Russia, dove l’implosione dell’Unione Sovietica viene vissuta come un trauma nazionale, a portare avanti le tesi dell’ideologia che più di ogni altra ha plasmato il Novecento è il vulcanico Gennady Zyuganov, capo storico del Partito Comunista ed eterno candidato alla presidenza.
Genesi dell'ultimo homo sovieticus
Gennady Andreevič Zyuganov nasce in un minuscolo villaggio nell’oblast’ di Orël, Mimrino, il 26 giugno 1944. Proveniente da una famiglia di insegnanti, Zyuganov studia fisica con l’obiettivo di diventare un professore e di proseguire, dunque, la tradizione ereditata da genitori e nonni.
Il 1961 è l’anno del compimento del sogno di famiglia: Zyuganov riceve tre cattedre presso la scuola in cui si è appena diplomato, la secondaria di Mymrinsk, ottenendo di insegnare matematica, fisica e addestramento militare basico. Ma l’esperienza dura soltanto un anno, perché nel 1962 abbandona l’incarico per studiare matematica e fisica all’università statale di Orël.
Per un breve periodo, dal 1963 al 1966, Zyuganov mette in stand-by gli studi per servire nell’unità di intelligence biologica, chimica e radiologica del Gruppo di forze sovietiche in Germania. Di ritorno a Orël, nel 1966, premerà sull’acceleratore per completare la laurea, conseguita infine nel 1969.
Terminare ciò che aveva iniziato era un dovere nei confronti di se stesso, ma Zyuganov aveva cambiato idea sul proprio futuro: non sarebbe stato un insegnante. Iscrittosi al Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), il giovane diventa in breve tempo il primo segretario della Komsomol di Orël, trampolino di lancio verso gli apparati nazionali.
Dopo un trascorso a Mosca, utilizzato per perfezionare gli studi e per addentrarsi negli ambienti che contano, Zyuganov fa ritorno a Orël. Questa volta, però, per ricoprire il ruolo di capo dell’ideologia e della propaganda della sezione locale del PCUS. Nel 1983, dopo tre anni di capo ideologo regionale, a Zyuganov viene offerta una posizione prestigiosa nella capitale: istruttore nel dipartimento della propaganda del PCUS.
Il trasferimento a Mosca è il coronamento di un sogno. Un sogno destinato a durare poco, però, perché l’epopea sovietica è agli sgoccioli. A Orël lo si poteva ignorare, ma a Mosca la sensazione della fine permeava l’aria. Affranto, ma non vinto, Zyuganov si sarebbe trasformato in uno dei più grandi detrattori del riformismo di Michail Gorbačëv.
Ad un soffio dal trono
Il 1991 è l’anno della discesa in campo di Zyuganov. È l’anno della pubblicazione di due aspre lettere aperte sulla Sovetskaya Rossiya, una indirizzata ad Aleksandr Jakovlev, l’ideologo della perestrojka, e una all’emergente Boris Eltsin. Le lettere sono la prova che Zyuganov, sino ad allora un funzionario semisconosciuto e ininfluente, coltiva aspirazioni presidenziali.
Quando l’Unione Sovietica giunge al capolinea, e con lei il PCUS, Zyuganov si organizza per dare vita al Partito Comunista della Federazione Russa, del quale diventa prima co-segretario e poi, nel 1993, presidente. Aiutato dai modi autoritari, dalla noncuranza per i problemi sociali e dalla pessima gestione dell’economia di Eltsin, che col tempo avrebbero trascinato la neonata Russia in una quasi guerra civile, Zyuganov emerge come il capofila dell’opposizione.
La ricetta per la salvezza proposta da Zyuganov si basa sulla mescolanza di elementi comunisti – controllo statale dell’economia, pianificazione delle attività produttive, rinazionalizzazione delle grandi imprese che sono state privatizzate – e patriottici – il culto della Russia in sostituzione della defunta rivoluzione –, e vuole creare un fronte comune contro Eltsin che trascenda i concetti di destra e sinistra. L’idea piace, così suggeriscono i numeri su tesseramenti e manifestazioni, e Zyuganov si candida alla presidenza nel 1996.
La possibilità che Zyuganov possa vincere e dare seguito alle promesse di restaurare l’Unione Sovietica è molto concreta. È un trascinatore di folle, ha appena conquistato la maggioranza alla Duma, mentre Eltsin è inviso al ceto medio impoverito e ai ceti popolari affamati dalle sue politiche che hanno condotto al cosiddetto “genocidio economico”. Zyuganov sarà fermato, questo giureranno di fare i sette banchieri, perché rappresenta una minaccia per il (nuovo) sistema emerso dalle ceneri dell’Unione Sovietica.
In quello stesso anno, mentre Zyuganov è convinto di sentire il sapore della vittoria nell’aria, ai margini del Forum Economico Mondiale viene stretto il “patto di Davos” tra i sette banchieri e i loro sponsor occidentali. Obiettivo dichiarato del patto, la cui esistenza sarebbe venuta alla luce soltanto anni più tardi, era di impedire la vittoria di Zyuganov finanziando la campagna elettorale di Eltsin e trasformando l’intero mondo dell’informazione in una macchina propagandistica anticomunista.
Il 16 giugno, a ultima scheda scrutinata, l’amara sorpresa per Zyuganov: secondo posto, con il 32% delle preferenze. Eltsin e il nuovo sistema avevano prevalso, anche se di poco (35%), conquistando un ulteriore mandato. Ma il redivivo stato profondo, sopravvissuto alle purghe e in fase di riorganizzazione, di lì a poco avrebbe posto prematuramente fine al dominio di Davos su Mosca. Lo avrebbe fatto l’ultima sera del 1999, data altamente simbolica, costringendo Eltsin a cedere lo scettro ad un oscuro e semisconosciuto securocrate di nome Vladimir Putin.
Fedelissimo di Putin
Che il sogno di ascendere al Cremlino fosse già finito, Zyuganov lo avrebbe capito molto presto, alle presidenziali del 2000: secondo posto, con il 29% dei voti, dietro al roboante 53,4% di Putin. Un risultato inevitabile, impossibile da alterare, giacché il popolo aveva apprezzato l’umiliante uscita di scena di Eltsin e la durezza del neopresidente nei confronti del terrorismo ceceno.
Dopo un periodo di iniziale ostilità, probabilmente genuina, tra Zyuganov e Putin si è instaurato un rapporto basato sulla competizione controllata, non privo, comunque, di episodici disaccordi e tensioni. A Zyuganov è stato affidato il ruolo di capofila dell’opposizione sistemica, cioè quella legalizzata, tollerata e persino utile al Cremlino per dare una parvenza di democraticità al regime, che ha permesso al Partito comunista di sopravvivere, crescere e fuggire a censure e repressione.
Eterno candidato alla presidenza, eterno secondo, Zyuganov ha vinto la stima e il rispetto di Putin, per il quale è un uomo indispensabile – perché in grado di sottrarre voti a radicalismi extraparlamentari –, come dimostrato dagli scambi di regali tra i due e dalla collaborazione parlamentare tra comunisti e Russia Unita. Finta opposizione.
La cooperazione tra Zyuganov e Putin, inizialmente circoscritta all’egemonizzazione del panorama partitico, col tempo si è estesa alla legislazione e alla politica estera. Di Zyuganov è stata l’idea di porre fine alla demonizzazione di Stalin – cosa poi avvenuta a partire dal 2012. Il leader comunista ha supportato l’entrata in vigore della legge sulla propaganda gay. E sempre Zyuganov ha sostenuto il pivot to China e gli sforzi per ravvicinare le repubbliche ex sovietiche nell’Unione Economica Eurasiatica.
Fondamentale è stato il ruolo rivestito da Zyuganov, lo spianatore di tendenze di Putin, nello scoppio della guerra in Ucraina. Dal Partito Comunista è infatti provenuta la proposta di riconoscere l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, in data 15 febbraio 2022, che, approvata dalla Duma sei giorni dopo, ha creato il presupposto legale per l’invasione dell’Ucraina: gli accordi di amicizia, cooperazione e assistenza con le due entità.
Zyuganov non è riuscito a trasporre in realtà il sogno più recondito, quello di sedersi sul trono del Cremlino, ma, intuendo i benefici promananti da un sano e intelligente modus vivendi con Putin, ha ottenuto qualcosa di parimenti importante: il potere di incidere sul corso degli eventi e di trasformarsi in un rivale indispensabile. Perché se è vero che Zyuganov senza Putin sarebbe cieco, lo è altrettanto che Putin senza Zyuganov sarebbe zoppo.
Colpito condominio a Dnipro, 25 morti. Zelensky: «Terrorismo». Andrea Nicastro, inviato a Leopoli e Redazione Esteri su Il Corriere della Sera il 15 Gennaio 2023
Le notizie sulla guerra di domenica 15 gennaio. Un missile russo fa una strage in un palazzo dove vivevano 200 persone. Il presidente ucraino: «Ennesimo crimine di guerra»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 326esimo giorno.
• Elementi dell’esercito russo si contendono la conquista di Soledar, ma Kiev smentisce ancora.
• È salito a 14 morti e 64 feriti in Ucraina il bilancio dell’attacco missilistico russo che ha colpito un condominio nella città sudorientale di Dnipro.
Ore 19:47 - Missile russo su edificio Dnipro dove vivevano in 200: almeno cinque morti
«Memoria eterna per tutti coloro le cui vite sono state prese dal terrore russo! Il mondo deve fermare questo male». Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, commentando il raid russo contro un condominio di Dnipro costato la vita ad almeno12 persone. Oltre sessanta i feriti. In un messaggio su Telegram, Zelensky ha sottolineato che i servizi di emergenza stanno lavorando per rimuovere le macerie e salvare vite umane.
L’edificio di Dnipro, colpita dal missile russo, aveva 16 ingressi e ospitava circa 1.700 persone. Lo riporta l’agenzia di stampa ucraina Unian. «In quell’ingresso, che è stato completamente distrutto, vivevano circa 200 persone, di cui una cinquantina erano bambini. Ora la casa non ha elettricità, acqua, gas, riscaldamento e nemmeno finestre. È necessario fornire alloggi a più di 1000 persone».
Ore 05:09 - Uno di cinque missili lanciati da Mosca è quello che ha colpito Dnipro
Il comando dell’aeronautica ucraina ha riferito che la Russia ha utilizzato cinque bombardieri supersonici a lungo raggio Tu-223 per lanciare cinque missili Kh-22 contro l’Ucraina ieri. Sono stati lanciati dalla regione di Kursk in Russia e dal Mar d’Azov. Uno di quei missili ha colpito un grattacielo nella città di Dnipro, uccidendo 14 persone e ferendone 73, riferisce il The Kyiv Independent. Secondo l’esercito ucraino, il radar ha rilevato il sito di lancio approssimativo, l’altitudine e la velocità di volo. «Non c’è dubbio che si trattasse di un missile Kh-22», ha detto il comando dell’aeronautica, aggiungendo che l’Ucraina non ha «una potenza di fuoco in grado di abbattere questo tipo di missile».
Ore 05:17 - Si aggrava il bilancio a Dnipro, 14 morti tra cui una giovane di 15 anni
Si aggrava il bilancio dell’attacco missilistico russo a Dnipro. Sarebbero stati trovati altri due corpi tra le macerie. Secondo The Kyiv Independent l’attacco della Russia contro un condominio ha ucciso 14 persone, tra cui una ragazza di 15 anni e provocato 64 feriti, ha riferito il governatore di Dnipropetrovsk Valentyn Reznichenko sull’app di messaggistica Telegram. Tra i feriti ci sono sette bambini, il più piccolo di tre anni, ha aggiunto. Finora 38 persone sono state estratte dalle macerie e le operazioni di ricerca stanno continuando. I soccorritori hanno anche lavorato tutta la notte per liberare una donna intrappolata sotto le macerie, dopo aver sentito la sua voce, ha detto il servizio di emergenza statale. Si calcolano tra le 100 e le 200 persone senza casa mentre circa 1.700 erano senza elettricità e riscaldamento, ha detto il vice capo della presidenza Kyrylo Tymoshenko.
Ore 08:19 - Ungheria, sondaggio su sanzioni Ue anti Russia: il 97% le respinge
L’Ue si prepara al suo viaggio in Ucraina dove, a inizio febbraio, i vertici delle istituzioni comunitarie e buona parte dei commissari terranno un duplice summit per rilanciare il sostegno a Kiev. Ma la strategia europea ha ormai un avversario al suo interno: l’Ungheria. Il governo di Viktor Orban ha diffuso i risultati della consultazione nazionale sulle sanzioni anti-russe: il 97% le ha respinto dando così nuova linfa alla posizioni ungherese.
Ore 08:24 - Kiev: giunto il momento per il Papa di visitare l’Ucraina
«Penso che sia giunto il momento per il Papa di visitare l’Ucraina e dare così un segnale molto chiaro che è la Russia che deve fermare ciò che ha avviato». Lo ha affermato Andriy Yermak, capo dell’Ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Apprezziamo tutte le iniziative di pace, incluse quelle portate avanti dal Papa», ha aggiunto parlando con Sky Tg24. «Credo che la Russia debba fermare la guerra, spetta a loro arrestare il conflitto: stanno uccidendo civili, distruggendo le nostre infrastrutture. Ne ho parlato anche con il cardinal Parolin - ha ricordato Yermak -, che ringrazio per il suo coinvolgimento».
Ore 08:30 - Diversa traiettoria balistica e cambio di difesa aerea: perché l’Ucraina si è rivelata così vulnerabile
(di Andrea Nicastro, inviato a Leopoli) Il primo attacco russo dall’inizio dell’anno lontano dal fronte ha rivelato le debolezze ucraine. Sono stati almeno due ieri i round di lanci da parte di Mosca: uno al mattino e uno nel pomeriggio. Di solito il Cremlino tentava di saturare le difese aeree con molti missili e droni con la speranza che l’Ucraina non avesse abbastanza contraerea per fermarli tutti. Ieri è stata tentata un’altra via. Il portavoce delle Forze aeree di Kiev ha sostenuto che «probabilmente gli ordigni hanno seguito una traiettoria da Nord, molto alta, il che ha reso più difficile per noi individuarli e colpirli». La traiettoria balistica può non essere l’unica spiegazione dell’efficacia del bombardamento di ieri. Proprio in queste settimane, l’Ucraina sta transitando da una difesa aerea interamente sovietica ad una di tipo occidentale. Lanciatori e sistemi radar, però, sono diversi e faticano a lavorare assieme. Non solo. I nuovi non sono ancora abbastanza numerosi per sostituire i vecchi.
Ore 08:41 - La voce di una donna dalle macerie, notte di ricerche. Il bilancio di vittime e danni dei raid russi si aggrava
La voce di una donna intrappolata sotto le macerie di una casa distrutta ha risuonato nella notte a Dnipro e i soccorritori hanno lavorato senza sosta per liberarla. Lo ha riferito il servizio di emergenza statale ucraino mentre si continua a scavare tra le macerie alla ricerca di sopravvissuti. L’attacco missilistico russo di ieri su un condominio di Dnipro ha fatto strage - almeno 14 morti e 64 feriti - e ha distrutto decine di appartamenti, lasciando tra le 100 e le 200 persone senza casa. Oltre 1.700 persone sono rimaste senza elettricità e riscaldamento, ha detto. Almeno 14 persone sono state uccise nell’attacco della Russia a Dnipro sabato, hanno detto le autorità ucraine.
Ore 08:51 - Centinaia di reclute ucraine partite per addestrarsi all’estero
(di Andrea Nicastro, inviato a Leopoli)
Al confine con la Polonia centinaia di reclute ucraine hanno passato ieri la dogana carichi di zaini per andare ad addestrarsi in Europa o negli Stati Uniti. Non si tratta di ventenni, ma 40, 50enni con occhiali e pancetta destinati ad usare le nuove armi tecnologiche che l’Occidente ha promesso di fornire. Con qualche settimana di addestramento dovranno diventare artiglieri, operatori radar e piloti di droni così come addetti alla contraerea. Ciascuno specializzato in un’arma specifica. Per restare alla contraerea, i Patriot nel caso Usa o i Samp/T nel caso dell’Italia più almeno altre cinque batterie da nazioni diverse.
Ore 10:04 - Dnipro, cresce il bilancio della strage: 20 vittime, 40 dispersi, 73 feriti
E’ salito a 20 morti, 40 dispersi e 73 persone ferite il tragico bilancio della strage di Dnipro per il crollo della palazzina centrata ieri da un missile russo. Lo ha comunicato via Telegram il capo dell’amministrazione militare regionale di Dnipropetrovsk, Valentyn Reznichenko. Confermando che permane lo stato di allarme nella città nel timore di nuovi bombardamenti. E che si continua a scavare in ogni modo sotto le macerie nel tentativo di salvare il più possibile delle persone ancora intrappolate sotto le macerie e che continuano a lanciare a voce e via smartphone richieste di soccorso.
Ore 10:45 - Da Londra in arrivo 14 carri armati Challenger 2: è apripista in Occidente
La Gran Bretagna invierà all’Ucraina 14 dei suoi carri armati Challenger 2 e altri supporti di artiglieria, ha precisato Downing Street in una nota dopo la telefonata di ieri tra il premier Rishi Sunak e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Finora i Paesi occidentali si erano rifiutati di fornire all’Ucraina carri armati e altre armi potenti nel timore di innescare un’escalation sul campo. Il cambio di rotta è stato deciso in vista dell’annunciata offensiva russa di primavera e accelerato dopo la pioggia di missili di sabato. Quattro Challenger 2 dell’esercito britannico saranno inviati immediatamente e gli altri otto poco dopo, secondo i media britannici. Londra consegnerà all’Ucraina anche diversi elicotteri Apache armati di missili Hellfire, riporta il Daily Mirror che descrive la fornitura come un «game changer». «In primo luogo, arriveranno i carri armati e ci vorrà del tempo prima che verranno dispiegati gli elicotteri», ha riferito al quotidiani britannico un alto funzionario della difesa.
Ore 11:09 - Il capo della milizia Wagner: «Abbiamo conquistato Soledar con la nostra ferrea disciplina»
«Indipendenti» e soggetti a «ferrea disciplina». Il leader del gruppo paramilitare Wagner ha elogiato l’efficacia delle sue truppe in Ucraina, spesso in rivalità con quelle dell’esercito regolare russo. In un video pubblicato sabato sera dal suo servizio stampa, Yevgeny Prigozhin, ha parlato dei motivi per cui i suoi combattenti sono riusciti a catturare la cittadina di Soledar, nell’est dell’Ucraina, annuncio però ancora smentito da Kiev. Prigozhin ha affermato che i suoi uomini sono molto esperti e «realizzano tutti i loro obiettivi in modo indipendente» poiché dispongono di aerei, pezzi di artiglieria e veicoli corazzati propri. «La cosa più importante è il sistema di comando, che è stato perfettamente perfezionato. Il gruppo Wagner ascolta tutti, ognuno può dire la sua opinione», ha assicurato Prigozhin. Ma «dopo aver preso una decisione, tutte le missioni sono portate a termine e nessuno può tornare indietro. È la disciplina più ferrea», ha spiegato.
Ore 15:00 - Kiev, saliti a 25 i morti nell’attacco al condominio a Dnipro
È salito a 25 morti, il bilancio dell’attacco missilistico russo contro un condominio a Dnipro. Lo riferisce il consiglio comunale della città, diffuso da Ukrinform. «Secondo il servizio di emergenza statale, alle ore 13, ventitré persone, tra cui un minore, sono state uccise. Settantadue persone, tra cui 13 bambini, sono rimaste ferite», si legge nel post. Trentanove persone, tra cui sei bambini, sono state salvate, mentre 43 persone risultano disperse.
Ore 15:00 - Kiev, Russia uccide deliberatamente ucraini in massa
La Russia «attacca deliberatamente i civili in tutta l’Ucraina» e «uccide deliberatamente in massa gli ucraini». Lo scrive su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere dell’ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Solo l’ultimo giorno: missili da crociera contro i condomini (Dnipro); artiglieria contro quartieri residenziali ogni giorno (Kherson); missili balistici (S-300/S-400) - Kharkiv, Kyiv», si legge ancora nel tweet.
Ore 17:19 - Stoltenberg, più armi pesanti a Kiev nel prossimo futuro
Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha dichiarato in un’intervista rilasciata oggi ai media tedeschi che l’Ucraina può aspettarsi presto altre consegne di armi pesanti da parte dei Paesi occidentali. «I recenti impegni per l’acquisto di equipaggiamento bellico pesante sono importanti e mi aspetto di riceverne altri nel prossimo futuro», ha dichiarato Stoltenberg al quotidiano Handelsblatt in vista della riunione di questa settimana del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, che coordina le forniture di armi a Kiev, presso la base aerea di Ramstein, in Germania.
Ore 17:38 - Kiev, raid russi su locali della Croce Rossa a Kherson
Le forze russe hanno bombardato «i locali in cui lavorano i rappresentanti della Croce Rossa» a Kherson. Lo denuncia il vice capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina, Kyrylo Tymoshenko, sul suo canale Telegram. «I proiettili nemici hanno colpito i locali in cui lavorano i rappresentanti della Croce Rossa» a Kherson, «il bombardamento ha provocato un grave incendio. I soccorritori stanno lavorando. Non ci sono informazioni sulle vittime». «Durante il bombardamento dello stesso edificio a metà dicembre, è morta una volontaria e membro dell’unità di risposta rapida della Croce Rossa, Viktoria Yaryshko», ha ricordato.
Ore 17:58 - Vespa, Zelensky in collegamento a serata finale Festival di Sanremo
Prima a Porta a porta poi a Sanremo. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rilasciato a Kiev un’intervista a Bruno Vespa, che andrà in onda martedì 17. Intervenendo a Domenica In, Vespa ha rivelato che Zelensky gli ha chiesto di poter essere ospite al Festival di Sanremo. Il giornalista ha chiamato Amadeus, che ha confermato che il presidente ucraino si collegherà in video con la kermesse a febbraio.
Ore 21:27 - Zelensky, su Dnipro silenzio codardo del popolo russo
Volodymyr Zelensky ha condannato il «silenzio codardo» del popolo russo a seguito dell’attacco missilistico su un palazzo nella città di Dnipro che ha ucciso almeno 30 persone. «Il vostro codardo silenzio, il vostro tentativo di aspettare la fine di ciò che sta accadendo, finirà solo con il fatto che un giorno questi stessi terroristi verranno a prendervi», ha detto il presidente ucraino nel discorso serale. Zelensky ha aggiunto di aver ricevuto molti messaggi di solidarietà da tutto il mondo. E rivolgendosi ai russi nella loro lingua, ha rilevato «che anche adesso non hanno potuto pronunciare parole di condanna di questo terrore».
Ore 02:44 - Al via in Germania l’addestramento di 500 soldati ucraini
Il nuovo e ampliato addestramento al combattimento delle forze ucraine da parte delle forze armate statunitensi è iniziato domenica in Germania. L’obiettivo è preparare un battaglione di circa 500 soldati da mandare sul campo di battaglia contro i russi nelle prossime cinque-otto settimane, come ha spiegato il generale Mark Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff. Milley, che prevede di visitare l’area di addestramento di Grafenwoehr lunedì, ha detto che le truppe in addestramento hanno lasciato l’Ucraina pochi giorni fa. I soldati ucraini dovranno imparare come muoversi e coordinare meglio le loro attività al fronte, usando anche le nuove armi in arrivo dagli alleati.
Dnipro, madri, figlie, amiche: tutte le vite stroncate dal missile sul condominio. Andrea Nicastro su Il Corriere della Sera il 15 Gennaio 2023.
Progettato per sventrare portaerei, ha colpito un palazzo da 72 appartamenti: i morti sono decine
In Italia sono le 14:30 di sabato quando al comando del 52° Reggimento Shaikovka dell’aviazione russa un colonnello dà l’ordine ai bombardieri di sganciare. È il via alla seconda ondata di attacchi missilistici del giorno. Dal 24 ottobre è la decima volta che il Cremlino tenta di azzoppare le infrastrutture energetiche ucraine per lasciare i civili al buio e al freddo. Questa volta l’attacco non prevede alcun drone. Solo ordigni potenti, veloci, difficili da intercettare.
Alle 14:31 un missile Kh-22 si stacca dalle ali del bombardiere nello spazio aereo della provincia russa di Kursk e inizia il suo volo verso un obbiettivo a Dnipro. Pochi secondi e il missile rompe il muro del suono. È un ordigno sovietico, pensato per affondare una portaerei. Pesa 5,5 tonnellate e trasporta una testata convenzionale da una tonnellata.
In quel momento, a Dnipro 400 chilometri in territorio ucraino, Olga Korenovskaya approfitta del bel sole per far giocare il figlio al parco. Ha appena salutato il marito Mikhail che è tornato con la spesa a casa nel grande condominio in Lungofiume Vittoria 118. Non si rivedranno più.
Alle 14:32 Anastasia Shvets, è a casa, al settimo piano dello stesso palazzo. Ha 23 anni, due grossi tatuaggi sulle cosce e un anello al naso. Da quando in settembre il suo ragazzo è stato ucciso al fronte non è più la stessa. Anche questo sabato non è voluta uscire. Eppure c’è tanta gente in centro anche se i saldi non sono ancora cominciati. I genitori sono restati a casa per farle compagnia, caso mai avesse voglia di sfogarsi un po’. Nastya , come la chiamano gli amici, si è chiusa in bagno per stare da sola. Lo fa spesso. Come scriverà sul suo account Facebook, i genitori sono in cucina.
Alle 14:33, davanti allo stesso condominio di nove piani sul Dnipro, camminano due amiche. Sono Olga Usova e Iryna Solomatenko. Sono dentiste, sono state assieme su un autobus attrezzato a studio dentistico vicino alla prima linea. Iryna ha due figli, all’inizio della guerra era scappata in Polonia, ma poi è rientrata. Olga ha un bimbo di tre anni. È profuga da Donetsk, dal 2014 quando i filorussi presero il controllo della capitale del Donbass. Le due amiche stanno andando nella palestra dove a volte fa lezione anche Mykhailo Korenovsky, maestro della Federazione pugilistica ucraina. Il coach, in quel momento è a casa in Lungofiume Vittoria 118.
Alle 14:34, una donna, di cui non si conosce il nome, non è nella sua cucina al quinto piano del palazzo. Ha sistemato un piatto di mele sul tavolo. Le ha scelte al mercato gialle in modo che stiano bene col colore dei mobili. Fosse rimasta ad osservare la sua composizione sarebbe sopravvissuta.
Alle 14:34, Rusana Babkina invece sta per salvarsi perché è lontana da casa. Abita al pian terreno di Lungofiume Vittoria con la nonna, la sorella più grande e la mamma. Fra pochi secondi nove piani di cemento armato le schiacceranno. Sono profughi di Mariupol. Padre e madre, entrambi militari, hanno combattuto sino all’ultimo nell’Azovstal e fatti prigionieri alla fine dell’assedio. In autunno la mamma è stata scambiata con soldati russi e ha ripreso servizio. Sabato marcava visita, a casa, perché influenzata. Il padre è ancora prigioniero. Rusana ha appena chiamato casa: «la nonna stava friggendo i panzerotti (chebureki), la sorella puliva e la mamma si sentiva meglio».
Alle 14:35 il missile supersonico K-22 si abbatte sul condominio. L’esplosione sventra l’edificio, polverizza decine di vite. Altri muoiono schiacciati in 72 appartamenti o sul marciapiede come le due dentiste Iryna e Olga. Inabitabili altre 290 case. Iniziano i soccorsi.
Alle 15:05 Anastasia Shvets riesce a liberarsi dalla porta del bagno che si è ritrovata addosso, ma che l’ha anche protetta. Non trova i pantaloni. Guarda la voragine davanti a sé: è là dove dovrebbero esserci la cucina e i suoi genitori. La ragazza si accuccia su quel che resta del pavimento. È tutto coperto da macerie, dietro ha una vasca da bagno rovesciata, sulla sua testa oscillano travi di cemento armato. Anastasia si tappa la bocca con le mani. Anche un grido, pensa, può smuovere qualcosa. Un’ora dopo, i pompieri riescono a salvarla. La famiglia di Rusana è scomparsa così il pugile, il marito di Olga e tanti altri. Il conto per ora è 30 morti, 42 dispersi, 73 feriti. Tutti in gran parte già colpiti dalle conseguenze della guerra come ogni ucraino.
Ieri, con le immagini della strage su tutti i siti, i soccorritori che ancora sentivano sms e voci provenire da sotto le macerie, il miracolo di Olga Korenovskaya, salvata dopo 20 ore tra le macerie, ormai con il corpo a 31 gradi, ma viva, il portavoce della Difesa russa ha finalmente parlato del bombardamento di sabato. «È stato un attacco perfettamente riuscito alle strutture di comando e controllo nemiche e alle infrastrutture energetiche», ha detto. Della strage del condominio di Dnipro non una parola, neppure l’odiosa formula del «danno collaterale». Così come non un cenno all’ospedale di Kherson, bombardato ieri, dove sono stati distrutti anche gli uffici della Croce Rossa e ferite due persone. D’altra parte, assicura il presidente russo Putin «tutto procede come programmato» e l’Operazione in Ucraina ha assunto «una dinamica positiva».
Grida dalle macerie di Dnipro. E razzi russi sulla Croce Rossa. Decine di morti, sms dei sepolti vivi per farsi aiutare. Putin: "Tutto secondo i piani". La Nato: "Armi più pesanti a Kiev". Francesco De Remigis il 16 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Stavolta ci sono i video, le voci dalle macerie. Dopo i massicci raid del Capodanno ortodosso, Kiev è tornata a denunciare il «terrorismo russo». Triste è la conta dei morti a Dnipro dopo la pioggia scagliata dai bombardieri partiti dal Mar d'Azov: salgono a 29 le vittime nel condominio residenziale di 9 piani semidistrutto due giorni fa, tra cui una 15enne; 73 feriti, 14 i bambini. «Tutte le strutture designate sono state colpite, lo scopo è stato raggiunto», ha scritto il ministero della Difesa russo senza citare la strage. Ma a Dnipro si scava ancora.
Si seguono le indicazioni lanciate via sms dalle persone inghiottite dallo stabile. E le grida di aiuto, come quella della 23enne Anastasia Shvets salvata miracolosamente ieri mattina, sono un'àncora di salvezza e un ulteriore atto di accusa contro l'esercito di Vladimir Putin. Anastasia era in bagno al momento dell'impatto. Il missile - «senza dubbio» un Kh-22, precisa l'Aeronautica ucraina, che lamenta di non avere capacità di difesa per abbatterli - ha centrato l'edificio. E poco conta se in un primo momento un consigliere di Kiev, Oleksij Arestovych, aveva sostenuto che potrebbe essere stato deviato dalla contraerea; il segretario generale Nato Jens Stoltenberg dice che l'Ucraina può aspettarsi «presto» altri invii di armi pesanti. Anastasia parla al telefono ricoperta dalla polvere. Viene portata in salvo dai pompieri con indosso soltanto una felpa, a gambe nude, nella notte. E il filmato del suo «recupero», diffuso dall'agenzia Afp, ha spinto ieri decine di cittadini di Dnipro a raggiungere la zona per aiutare i 550 soccorritori: come ha scritto su Instagram, c'erano infatti anche i suoi genitori in casa, e il loro destino è sconosciuto, come quello di una quarantina di altri civili dispersi. Continuiamo a lottare per ogni vita», ha detto il presidente Volodymyr Zelensky proclamando tre giorni di lutto nazionale. L'ultimo bollettino dice «72 appartamenti distrutti e più di 230 danneggiati». Intorno al condominio scava pure una ragazzina, immortalata sui social dal ministero della Difesa: «I bambini in Ucraina oggi». Un'altra donna, 27 anni, viene estratta viva dalle rovine; in terapia intensiva con ipotermia.
Gli smartphone diventano strumento di salvezza per chi è rimasto intrappolato sotto i calcinacci. I «sommersi» segnalano la posizione con le torce dei telefonini. «E continuano a inviare sms», ha detto Mikhailo Lysenko, vicesindaco della città. «Ogni tanto interrompiamo il lavoro per far silenzio e sentiamo la gente gridare da sotto le macerie». L'attacco a Dnipro è stato il più grave dei raid lanciati due giorni fa dai russi contro civili e infrastrutture elettriche. Dopo un'altra giornata di ricerche, e 39 estratti in gravi condizioni, il sindaco Borys Filatov parla di possibilità «minime» di trovare sopravvissuti.
Bombe russe anche sui locali «in cui lavorano i rappresentanti della Croce Rossa», ieri a Kherson. Bersagliato pure un ospedale. Esplosioni in diverse regioni e altri missili balistici S-300 e S-400 su Kharkiv. Per il ministero della Difesa russo, Kiev starebbe invece pianificando un attacco al corridoio del grano incolpando Mosca. Un rovesciamento della realtà, misto al disprezzo del dolore mostrato ieri dallo stesso Putin, che in un'intervista alla tv Rossiya1 ha dichiarato che «l'operazione militare speciale in Ucraina» sta seguendo «una dinamica positiva». Tutto «procede secondo i piani della Difesa, spero che i nostri combattenti ci diano ancora altre soddisfazioni con i loro successi». Ora più che mai è difficile negare che i raid abbiano avuto come obiettivo la popolazione e non solo le infrastrutture strategiche.
Estratto dell’articolo di ilfattoquotidiano.it il 15 Gennaio 2023.
[...] L’incidente musicale che è successo ieri sera al congresso della Cgil di Bologna sta creando imbarazzi e polemiche: quando il neoeletto segretario Michele Bulgarelli è stato proclamato ed è salito sul palco alla presenza del segretario generale Maurizio Landini, dalle casse, al circolo Arci di San Lazzaro di Savena, è infatti partito l’Inno dell’Unione Sovietica, che peraltro ha la stessa musica dell’attuale inno della Russia.
[...]Si sarebbe trattato, a quanto spiegano al sindacato, di un malinteso con la regia: alla proclamazione del segretario sarebbe infatti dovuta partire l’inno dell’Internazionale, storico canto del socialismo mondiale che affonda le proprie origini nella Comune di Parigi. Ma alla consolle qualcosa è andato storto[...].
[...] Fratelli d’Italia [...] attacca: “Landini si scusi – dice il capogruppo alla Camera di Fdi Tommaso Foti – e condanni pubblicamente quanto avvenuto ieri sera a Bologna. È un’offesa alle tante vittime del popolo ucraino che combattono per la libertà. E Landini, che era presente all’evento, ne prenda immediatamente le distanze”.
Alla Cgil negano la nostalgia per l’Urss: “L’inno solo un errore materiale”. Ma questo video li sconfessa. Redazione su Il Secolo d’Italia il 14 Gennaio 2023.
L’inno dell’Urss diffuso all’assemblea della Cgil è un errore materiale, come dichiara l’apparato ufficiale della sigla sindacale? Forse. Di sicuro, come documenta il video che pubblichiamo, non è dispiaciuto a nessuno dei partecipanti. Anzi. Qualche anziano nostalgico dei tempi del compagno Stalin, avrà avuto anche i lucciconi agli occhi.
L’inno dell’Urss confuso con l’Internazionale: la scusa non regge
Chiamatela nostalgia canaglia, di sicuro risponde imbarazzatissimo e lapidario, il neo segretario generale della Cgil di Bologna, Michele Bulgarelli inciampato a pochi minuti dalla sua elezione in una figuraccia.
Il vecchio inno sovietico che ha fatto da colonna sonora alla sua proclamazione è difficile da giustificare. “Abbiamo già scritto che si è trattato di un errore materiale e lo riconfermo. Dalla destra d’altra parte che ci dobbiamo aspettare? Non voglio abbassare il livello della discussione”, risponde all’Adnkronos.
Venerdì sera , quando alla fine di una intensa giornata di lavori alla quale ha partecipato il segretario generale Maurizio Landini, è stata proclamata l’elezione a segretario, come previsto, del leader uscente della Fiom bolognese Michele Bulgarelli, dalle casse del circolo Arci di San Lazzaro ,dove era in corso il congresso, è partito l’inno dell’Unione Sovietica nella versione cantata dall’Armata Rossa.
Sulle prime nessuno ci ha fatto troppo caso, tanto che il sindacato pensionati della Cgil ha immortalato il momento e lo ha pubblicato sulla propria pagina Facebook, per poi rimuoverlo poco dopo. La cosa non è però sfuggita agli esponenti di Fratelli d’Italia che hanno attaccato duramente il sindacato. Il capogruppo del partito alla Camera Tommaso Foti ha chiesto le scuse da parte di Landini, parlando di “un’offesa alle vittime dell’Ucraina”.
La musica dell’inno dell’Urss è infatti identica a quella dell’inno della Federazione russa. Cambiano solo le parole che vennero tolte al crollo del regime e poi fatte riscrivere da Putin, all’inizio del ventunesimo secolo, dal poeta Sergei Michalkov, perché fossero più consonanti con il nuovo corso politico.
“Landini si scusi – ha detto Foti, seguito da molti altri esponenti del suo partito e del centrodestra – e condanni pubblicamente quanto avvenuto a Bologna al Circolo Arci San Lazzaro di Savena. È un’offesa alle tante vittime del popolo ucraino che combattono per la libertà. E Landini, che era presente all’evento, ne prenda immediatamente le distanze”.
L’inno dell’Unione sovietica come ai tempi di Peppone e Don Camillo
La Cgil di Bologna definisce l’accaduto come un mero errore tecnico: all’atto della proclamazione di Bulgarelli era infatti previsto che dalle casse risuonasse l’inno dell’Internazionale, il canto dei socialisti europei che risale alla Comune di Parigi del 1871.
Chi era in regia avrebbe però fatto confusione ed è partito l’inno dell’Unione Sovietica, senza, peraltro, che nessuno dei presenti ci facesse caso. Il che, se è possibile, è ancora più grave.
Il monopolio della memoria a senso unico. Al termine del congresso nazionale della Cgil a Bologna (la rossa più che la dotta in questo frangente), alla presenza del segretario generale Maurizio Landini, è risuonato a tutto volume l'inno dell'Unione Sovietica. Francesco Giubilei il 15 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Dopo una campagna elettorale basata sull'accusa alla destra di «non aver fatto i conti con la storia» agitando lo spauracchio del «pericolo fascista», la sinistra italiana cala la maschera e dimostra il proprio carattere nostalgico, anche se di tutt'altro genere.
Al termine del congresso nazionale della Cgil a Bologna (la rossa più che la dotta in questo frangente), alla presenza del segretario generale Maurizio Landini, è risuonato a tutto volume l'inno dell'Unione Sovietica. Immancabili i sorrisi, i cenni di assenso e i pugni chiusi tanto dalla platea quanto dal palco in un revival dell'Urss di cui francamente non si sentiva il bisogno.
Eppure quanto accaduto a Bologna non è un episodio isolato ma testimonia un vizio che la sinistra nostrana non ha mai perso ed è la nostalgia del comunismo e, in fondo in fondo, anche degli anni dell'Unione Sovietica. I compagni, troppo impegnati a puntare il dito contro la destra, si sono dimenticati di prendere le distanze dal comunismo e dai suoi crimini e non perdono occasione per dimostrarlo.
Il concetto dei due pesi e due misure non è purtroppo una novità ma la nonchalance con cui la sinistra esercita il proprio monopolio della memoria è sconcertante. Supponiamo per un momento che quanto avvenuto a Bologna fosse accaduto al contrario, ovvero che un sindacato di destra avesse messo a tutto volume l'inno di un'altra dittatura novecentesca al proprio congresso, cosa sarebbe accaduto? La risposta è scontata, avremmo assistito, come è giusto che sia, a un coro unanime di condanna che però non è avvenuto nel caso della Cgil. Eppure c'è una risoluzione del parlamento europeo del 2019 che mette sullo stesso piano comunismo e nazismo condannando la dittatura dell'Unione Sovietica.
Sempre attenta alle indicazioni che arrivano da Bruxelles, la sinistra italiana deve essersi dimenticata dei contenuti di questa risoluzione.
Non a caso l'episodio al congresso della Cgil è solo l'ultimo in ordine di tempo, pochi mesi fa, durante la campagna elettorale, un candidato del PD scriveva: «Buon anniversario della Rivoluzione Bolscevica» corredato da foto di Lenin e Armata Rossa. Che dire poi delle esaltazioni del «modello cinese»: «La Cina contribuisce all'ordine mondiale e il suo sviluppo offre una prospettiva alle nuove generazioni» Massimo D'Alema dixit. Per i compagni italiani è vietato essere nostalgici se non del comunismo, in quel caso vale tutto.
La battaglia giusta. Siamo nei guai, meglio concentrarsi sulla salvezza dell’Ucraina (sarà anche la nostra). Christian Rocca su L’Inkiesta il 16 Gennaio 2023.
Meloni non sa governare, il Pd è finito, la Cgil suona l’inno sovietico, l’America per fortuna ha Biden ma i successori sono spaventosi. L’unica sfida ideale, civile e purtroppo anche militare per cui vale la pena vivere è quella di aiutare il popolo ucraino a sconfiggere il suprematismo nazista dei russi. Diamoci una mossa, sul serio
Giorgia Meloni è inadeguata a governare l’Italia, si è circondata di una squadra di saltimbanchi con cui però, grazie alla complicità dei media e all’inconsistenza degli avversari, riesce comunque a dominare il discorso pubblico intorno a temi da asilo infantile, tipo il Pos, le accise e Dante padre fondatore della destra.
Il Partito democratico perde consensi al ritmo di un punto percentuale a sondaggio, proprio nel momento di massima mobilitazione sul territorio e di maggiore esposizione mediatica, mentre i leader o presunti tali della cosiddetta ditta sono ormai consapevoli che la pacchia sia finita e che sia inevitabile un declino come quello dei socialisti francesi o, peggio ancora, un destino da portatori d’acqua dei populisti di Giuseppe Conte e Marco Travaglio (per decenza, meglio non soffermarsi sull’inno sovietico oscenamente suonato in chiusura di un raduno della Cgil).
I liberal democratici ancora non ci sono, anche se sabato Carlo Calenda ha finalmente delineato la roadmap della nascita del nuovo partito, tra marzo e settembre, spiegando pannellianamente ai liberali tutti d’un pezzo di smetterla di rompere i coglioni sul grado di purezza liberale degli interlocutori da coinvolgere nel progetto e sull’intransigenza ideologica che nei casi più estremi finisce per dare ragione ai picchiatelli no vax e no green pass (Più Europa è un caso a parte, forse disperato: in Lombardia sta con Majorino e i Cinquestelle e al massimo parla di lista elettorale comune alle Europee del 2024, non di partito unitario. Auguri).
L’America e il mondo libero possono contare sulla barra dritta tenuta dal vecchio e malandato Joe Biden, sia fatto santo subito, il quale però guida un partito più frastornato dell’omologo italiano dalle politiche identitarie e adesso affronta una Camera dei rappresentanti guidata da repubblicani così fulminati da sembrare usciti da una trasmissione di Retequattro o da una pagina della Verità (senza contare il golpista e truffatore Donald Trump, inspiegabilmente ancora a piede libero e in testa ai sondaggi delle primarie repubblicane).
In Italia e nel mondo, il quadro non è promettente, mentre non si conoscono ancora gli effetti dei tentativi americani di preservare il dominio tecnologico e militare degli Stati Uniti con enormi investimenti pubblici e con misure protezionistiche volte a evitare una pericolosa dipendenza dalla Cina, mentre le previsioni di Goldman Sachs raccontano che entro il 2050 l’India e l’Indonesia saranno la terza e la quarta economia del mondo, e poi toccherà anche alla Nigeria e al Pakistan, al momento non esattamente paesi amici dell’Occidente.
Qualcosa gli americani si dovranno inventare, ma nel futuro non sembrano esserci leader politici all’altezza del compito. Il governatore della Florida Ron DeSantis potrebbe addirittura essere peggio di Trump, perché la pensa allo stesso modo dell’ex presidente defenestrato a furor di popolo dalla Casa Bianca ma è più preparato e intelligente, e anche meno cialtrone: insomma, se dovesse organizzare un golpe è probabile che riuscirebbe a realizzarlo, al contrario di Trump. Non si vedono all’orizzonte nemmeno leader d’industria adulti, a meno di non considerare tali gli oligarchi anarchici e bamboccioni della Silicon Valley.
In questo contesto, nel mondo occidentale l’unica battaglia ideale, civile e purtroppo anche militare per cui vale la pena di vivere è la difesa del favoloso popolo e dello stato ucraino, ancora sotto l’indiscriminato attacco dei criminali di guerra e dei terroristi russi. Sono solo gli ucraini a dare un senso a questi tempi impazziti.
L’Italia, l’Europa, l’America, il mondo libero dovrebbero concentrarsi su di loro, senza farsi distrarre da altro, per fermare la Russia, definirla formalmente uno stato terrorista, cacciarla dai consessi internazionali, chiudere le ambasciate che disseminano fake news, bloccare i visti turistici, aumentare al massimo le sanzioni e proteggere gli ucraini ancor più di quanto sia stato fatto finora, inviando a Kyjiv sistemi anti missili adeguati a respingere gli attacchi nazisti di Mosca e in numero sufficiente ad evitare le stragi civili come l’ultima a Dnipro che ha fatto almeno venticinque vittime. E per fornire a un popolo di straordinaria civiltà e compostezza come quello ucraino, impegnato a difendere coraggiosamente la sua libertà ma anche la nostra, anche carri armati, generatori di corrente, denaro, sostegno politico e tutto quello che gli serve per rimandare a casa gli invasori imperialisti e, soprattutto, per sempre.
La tragica fine dei soldati migliori di Putin in Ucraina. Davide Bartoccini il 15 Gennaio 2023 su Inside Over.
La 200ª Separate Motor Rifle Brigade dell’esercito russo, di norma assegnata alla ben nota rete di basi che compongono la penisola fortezza di Kola, è stata decimata nel corso del conflitto ucraino. A riportarlo è stato un inviato del Washington Post che dopo aver avuto accesso ad alcune informazioni dell’intelligence ucraino, ha dedicato ai fatti un lungo articolo di approfondimento.
Ma per quale ragione il Cremlino ha inviato in prima linea i suoi “uomini migliori”, assegnati alla difesa delle basi che custodiscono i famigerati sottomarini nucleari che terrorizzano la NATO insieme ai missili intercontinentali stipati nei bunker, per poi lasciarli a farsi decimare nella regione di Kharkhiv? Potrebbe essersi trattato di un semplice errore strategico. Oppure, come sostengono diversi analisti inclini alla narrazione di una Russia già sconfitta, seppur non ancora scesa a patti, potrebbe essere una mossa avventata che dovrebbe davvero indurci a credere come ci si trovi a un passo dall’epilogo di quello che doveva essere un colpo di mano e invece potrebbe finire col rivelarsi una grande operazione speciale fallita su ogni fronte.
Gli “alfieri” di Putin dalle basi nucleari alla prima linea
Considerata élite dell’élite, la 200ª Separate Motor Rifle Brigade è sempre rimasta a presidio dell’arsenale artico di Mosca che ha intimorito l’Europa per tutta la durata della Guerra fredda. Inviata con la prima ondata di assaltatori che nell’operazione lanciata il 24 febbraio scorso portò alla conquista di Kharkhiv, secondo le informazioni fornite da funzionari dell’intelligence occidentale in stretto contatto con gli omologhi di Kiev, a maggio era già stata messa a dura prova. Impegnata, poi, nel tentativo di riorganizzarsi con il suo comandante D. Yuryevich Kurilo (gravemente ferito) e avendo subito gravose perdite nell’organico tra morti, feriti, prigionieri, dispersi e renitenti.
Inviati all’alba dell’invasione in un settore particolarmente difeso della regione di Kharkhiv, i difensori d’élite della fortezza di Kola, equipaggiati con mezzi all’avanguardia come i carri armati T-80BVM, piattaforme lanciarazzi mobili e le versioni più recenti dei veicoli corazzati per il trasporto della fanteria meccanizzata, avevano subito pesanti perdite di uomini ed equipaggiamento fin dall’inizio. Ma si sarebbero “riorganizzati” prima dell’estate e della controffensiva ucraina che avrebbe segnato la totale perdita del rango d’élite di quella 200ª brigata, rinfoltita da coscritti poco addestrati che esibivano armi ed equipaggiamenti non più all’avanguardia.
Secondo quanto riportato dalle fonti, che comprendono anche personale russo rimasto sotto anonimato (ma qui si tratta di concedere o meno la propria fiducia, ndr), la spiacevole sorte della 200ª Separate Motor Rifle Brigade di Pechenga rappresenterebbe su scala ridotta il fallimento della forza d’invasione inviata dal presidente russo Putin in Ucraina. Una formazione militare “sopravvalutata” che ha dovuto rinunciare ai suoi obiettivi sul campo per ritrovarsi decimata, “significativamente demoralizzata” e gradualmente rimpiazzata da “coscritti inesperti” e mariani smobilitati dalla Flotta del Nord – neanche stessimo leggendo le ultime pagine di Niente di nuovo sul fronte occidentale di Remarque; quando i rinforzi attinti tra le nuove leve, costringevano i veterani a combattere spalla a spalla con ragazzi sempre più giovani e impreparati. Tutto ciò quando dei 1.600 uomini all’attivo durante le prime battute delle operazioni, ne erano rimasti 892 divisi in due gruppi tattici, come si evince dai documenti russi fotografati alla fine di maggio ed evidentemente sottratti “sul campo”.
Il resoconto del Post riassume un attacco – potremmo anche definirlo poco cavalleresco – che ha in seguito inflitto un ulteriore e duro colpo alla Brigata, sferrato dalle formazioni ucraine schierate nel settore dove i superstiti della 200ª si erano attestati e trincerati. Dimostrando come la Brigata sia stata decimata e lasciata a se stessa nello sbando provocato dalla ritirata. Già a settembre dell’unità iniziale di “alfieri” di Putin era rimasto poco e niente. Questo almeno secondo i funzionari ucraini e le forze speciali dell’esercito di Kiev impegnati nella riconquista di Kharkiv, i quali avrebbero constatato come la 200ª abbia perso sul campo “circa il 70% del suo equipaggiamento, inclusi 32 carri armati e 100 veicoli” distrutti o catturati; oltre ad aver intercettato diverse comunicazioni che suggerivano l’epilogo di un’unità militare ridotta allo stremo tra mancanza di carburante, negligenza e frequenti casi di insubordinazione.
La sconfitta “particolare” come esempio generalizzato?
La lunga analisi del triste destino della 200ª Separate Motor Rifle Brigade, costituita nel primo giorno di dicembre del lontano 1997, e insignita dell’Ordine di Kutuzov, è impietosa, non mostrando alcun tratto d’onore da parte dei giovani soldati che sarebbero rimasti addirittura “sorpresi” dall’idea di dover abbandonare le loro posizioni a Kola, dove proteggevano segmenti essenziali della triade nucleare che garantiscono la capacità di deterrenza a Mosca, per andare in guerra. Ma si concentra a tratteggiare il fallimento dei piani dello Zar, per dimostrare il “generale” attraverso il “particolare”, narrando la dissoluzione di una delle unità più “efficaci e performanti” di una forza armata sconfinata – almeno sulla carta e negli arsenali – che è stata decimata in appena sette mesi di combattimenti.
La necessità di sottolineare quelle che i funzionari d’intelligence occidentali riportano come “disfunzioni sistemiche” non fa altro che rinvigorire le tesi che vedono già da tempi non sospetti fondamentalmente errati i calcoli presentanti dagli strateghi del Cremlino all’ormai provato Vladimir Putin. Lo zar potrebbe aver seriamente “sopravvalutato” le capacità delle proprie forze armate – nel particolare come nel generale – al preludio di “un’operazione militare speciale” che doveva risolversi in appena “una settimana” con un’azione di decapitazione fulminea travestita da denazificazione, e invece sta per contare un anno dall’inizio delle ostilità. Al resto hanno pensato le intelligence occidentali che sembravano non veder l’ora di constatare e palesare l’inconsistenza dell’Orso russo; almeno quando è costretto a schierarsi “boots on the ground”.
DAVIDE BARTOCCINI
Dalla frenata alla corsa al riarmo: cambia l’approccio verso Kiev. Francesca Salvatore il 16 Gennaio 2023 su Inside Over.
Se fino a poco prima delle midterm americane il supporto militare all’Ucraina da parte occidentale sembrava essere a rischio, gli ultimi giorni ci restituiscono il racconto di una poderosa sterzata. Complice il mezzo miracolo alle elezioni negli Usa, gli assegni in bianco a Kiev da parte di zio Sam non si sono fermati: agli inizi di dicembre, Joe Biden ha autorizzato nuovi aiuti militari per 275 milioni di dollari offrendo nuovi sistemi d’arma per sconfiggere i droni e rafforzare le difese aeree. Un pacchetto che includeva include anche gli Himars, 80 mila colpi di artiglieria da 155 mm, veicoli militari Humvee e circa 150 generatori, secondo il promemoria fornito dalla Casa Bianca. La mossa aveva anticipato di appena due settimane la visita lampo di Volodymyr Zelensky a Washington, che aveva ricostruito iconograficamente il sostegno americano alla causa ucraina.
Nessuno, a dicembre, avrebbe immaginato che i primi giorni del 2023 avrebbero battezzato un’ulteriore spesa americana per sostenere la difesa di Kiev. Il 6 gennaio l’amministrazione Biden ha annunciato il suo più grande esborso all’Ucraina finora: 2,85 miliardi di dollari, parte di oltre 3 miliardi di dollari di nuova assistenza militare. La mossa includeva veicoli da combattimento, sistemi di artiglieria, veicoli corazzati, missili terra-aria, munizioni, proprio mentre la Camera si apprestava a vivere la bagarre legata all’elezione travagliata di Kevin McCarthy come speaker.
Questo non significa che la frangia dei “frugali” americani si sia arresa nel chiedere un approccio più tiepido e spese più morigerate. Senza dubbio, gli avvenimenti sul campo sono stati un’iniezione di fiducia per chi credeva Zelensky ormai spacciato, controffensiva di Kharkiv in primis. Adesso, però, la reconquista ucraina sembra bloccata e le voci che giungono da Soledar fanno temere che la porta per Bakhmut sarebbe spalancata. Tuttavia, questi invii generosi di mezzi corazzati tradiscono una fiducia nelle forze sul campo che potrebbero, se non ora, ma a primavera, essere protagoniste della controffensiva finale che potrebbe mettere in ginocchio Mosca, fiaccata dal lungo inverno.
Le reazione ucraina: “Siamo di fatto nella Nato”
Della ritrovata generosità occidentale si stupisce e si compiace innanzitutto l’establishment ucraino: “L’Ucraina è diventata un membro de facto dell’alleanza Nato”, ha affermato il ministro della Difesa, mentre i Paesi occidentali, una volta preoccupati che l’assistenza militare potesse essere vista come un’escalation da parte della Russia, cambiano il loro approccio.
In un’intervista alla Bbc, Oleksii Reznikov ha affermato di essere sicuro che l’Ucraina riceverà armi a lungo cercate, inclusi carri armati e aerei da combattimento, poiché sia l’Ucraina che la Russia sembrano prepararsi a nuove offensive in primavera. “Questa preoccupazione per il prossimo livello di escalation, per me, è una sorta di protocollo”, ha detto Reznikov. “L’Ucraina come Paese e le forze armate dell’Ucraina sono diventate [un] membro della Nato. De facto, non de jure. Perché abbiamo armi e la sappiamo come usarle”.
Reznikov ha parlato il giorno dopo che il ministero della Difesa russo ha sostituito il comandante delle sue forze in Ucraina, un annuncio a sorpresa che è stato visto come un segno di una lotta intestina. Il cambiamento, secondo Reznikov, è stato il risultato del “conflitto tra Prigozhin e le forze armate della Federazione Russa”, scoperchiando la dolorosa verità: i russi avrebbero finito i missili. Sarebbe dunque questo il momento per contrattaccare.
E la Nato, dal canto suo, non ha smentito queste sensazioni. “L’Ucraina può aspettarsi presto altri invii di armi pesanti dai Paesi occidentali”: lo ha dichiarato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista ai media tedeschi. “I recenti impegni per attrezzature da guerra pesanti sono importanti – e mi aspetto di più nel prossimo futuro”, ha detto Stoltenberg al quotidiano Handelsblatt prima di un incontro del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, che coordina le forniture di armi a Kiev, presso la Ramstein Air Base in Germania.
La battaglia europea all’ultimo carro armato
Ma è l’atteggiamento europeo a stupire di più. Dal cerchiobottismo su chi dovesse andar prima a Kiev, passando per un raffreddamento dell’afflato continentale ucraine, l’Europa a più voci ancora una volta non brilla per coerenza. O quantomeno per uniformità. Così, nelle ultime settimane, anche nel vecchio continente è cresciuta la febbre da veicolo corazzato. E questo la dice lunga sulla rinnovata fiducia che anche l’Europa, al di là delle mosse specchio rispetto agli Usa, ripone nelle capacità di Kiev.
La risposta dell’alleanza occidentale all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha ricevuto una sterzata vigorosa questa settimana, poiché più nazioni europee hanno risposto per la prima volta agli appelli di questi mesi del presidente Zelensky di fornire moderni carri armati al Paese. Francia, Polonia e Regno Unito si sono impegnati a inviare presto carri armati affinché l’esercito ucraino li utilizzi nei suoi sforzi per proteggersi dalla Russia. La Finlandia sta valutando di seguirne l’esempio.
La Gran Bretagna prevede di inviare una dozzina di carri armati Challenger 2 e inoltre sistemi di artiglieria come parte degli sforzi per “intensificare” il sostegno all’Ucraina, ha affermato Downing Street. Zelensky ha ringraziato il primo ministro Rishi Sunak “per le decisioni che non solo ci rafforzeranno sul campo di battaglia, ma invieranno anche il segnale giusto ad altri partner” dopo che i due leader si sono parlati telefonicamente sabato. Parlando al fianco di Zelensky nella città ucraina di Lviv mercoledì, il presidente polacco Andrzej Duda ha affermato di sperare che i carri armati di una serie di alleati occidentali “presto navigheranno attraverso varie rotte verso l’Ucraina e saranno in grado di rafforzare la difesa dell’Ucraina”. Le mosse hanno accumulato pressioni sulla Germania, che la scorsa settimana ha dichiarato che avrebbe trasferito veicoli da combattimento di fanteria a Kiev, ma stenta ancora a impegnarsi sui carri armati. Il cancelliere Olaf Scholz ha insistito sul fatto che qualsiasi piano del genere dovrebbe essere pienamente coordinato con l’intera alleanza occidentale, compresi gli Stati Uniti.
Ecco dunque riproporsi le tradizionali acredini Francia-Germania e Germania-Polonia. La grandeur macroniana ha scelto, infatti, di battere tutti sul tempo, annunciando l’invio di carri armati Amx-10Rc poco prima del comunicato di Washington e Berlino sull’invio concordato di circa 40 mezzi per la fanteria meccanizzata Marder e su una batteria di missili terra-aria Patriot.
La vicenda dei Leopard 2
Quasi a rispondergli sullo scacchiere degli aiuti, il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck, che ha dichiarato di non scartare a priori l’ipotesi dell’invio di carri armati Leopard 2 in dotazione alla Bundeswehr: circa 60 tonnellate, dotati di un cannone da 120 millimetri e di un sistema di difesa e armatura all’avanguardia. Berlino, tuttavia, deve calmierare il supporto a Kiev con la propria storia e con le esigenze pacifiste che provengono dalle componenti Verdi e progressiste, contrarie a un riarmo ucraino tout court.
La Francia e la Polonia stanno spingendo la più grande economia dell’Unione a dotare Kiev del suo potente carro armato. Chiunque consegni all’Ucraina ciò di cui ha bisogno prima che lo faccia la Germania, renderà più difficile per Berlino nascondersi dietro la sua attuale argomentazione secondo cui non vuole agire da sola inviando armi pesanti. La fornitura di moderni carri armati occidentali come il Leopard 2 sarebbe un grande impulso per l’esercito ucraino, poiché finora gli alleati di Kiev sono stati disposti a inviare solo vecchi carri armati dell’era sovietica che erano ancora nelle scorte dei paesi dell’Europa orientale, così come altri sistemi d’arma come obici e difese aeree.
Germania, Spagna, Polonia, Grecia, Danimarca e Finlandia sono tra i numerosi Paesi che già utilizzano il Leopard 2. Ciò consentirebbe agli alleati di organizzare congiuntamente la consegna dei carri armati e delle munizioni necessarie e di collaborare per la manutenzione e la riparazione necessarie. Tuttavia, poiché i Leopard sono prodotti dalla società Krauss-Maffei Wegmann con sede a Monaco, la loro consegna in Ucraina richiede un’autorizzazione di riesportazione da parte del Paese di origine-la Germania-il che significa che la pressione internazionale si sta tutta concentrando su Berlino. FRANCESCA SALVATORE
Colloquio Putin-Erdogan su grano ed energia. Vittime Dnipro salgono a 40. Andrea Nicastro, inviato a Leopoli, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 16 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di lunedì 16 gennaio. Mons. Shevchuk: «Contro un condominio utilizzato un missile da battaglia navale»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 327esimo giorno.
• Elementi dell’esercito russo si contendono la conquista di Soledar, ma Kiev smentisce ancora.
•Ex comandante della Wagner chiede asilo in Norvegia.
•Von der Leyen incontra Macron a Parigi.
• Zelensky, silenzio dei russi su Dnipro è codardo. Michel: «Crimine di guerra».
• Raid russo contro infrastrutture civili anche a Zaporizhzhia, 3 feriti.
•Olena Zelenska partecipa al Forum economico di Davos (Svizzera).
Ore 00:15 - Zelensky, silenzio dei russi su Dnipro è codardo
Il presidente Volodymyr Zelensky ha condannato il «silenzio codardo» del popolo russo a seguito dell’attacco missilistico su un palazzo nella città di Dnipro che ha ucciso almeno 30 persone. Lo riferisce France 24.
Alle 14:31 un missile Kh-22 si stacca dalle ali del bombardiere nello spazio aereo della provincia russa di Kursk e inizia il suo volo verso un obbiettivo a Dnipro. Pochi secondi e il missile rompe il muro del suono. È un ordigno sovietico, pensato per affondare una portaerei. Pesa 5,5 tonnellate e trasporta una testata convenzionale da una tonnellata.
Ore 00:35 - Dnipro, madri, figlie, amiche: tutte le vite stroncate dal missile sul condominio
(Andrea Nicastro) DAL NOSTRO INVIATO A LEOPOLI
In Italia sono le 14:30 di sabato quando al comando del 52° Reggimento Shaikovka dell’aviazione russa un colonnello dà l’ordine ai bombardieri di sganciare. È il via alla seconda ondata di attacchi missilistici del giorno. Dal 24 ottobre è la decima volta che il Cremlino tenta di azzoppare le infrastrutture energetiche ucraine per lasciare i civili al buio e al freddo. Questa volta l’attacco non prevede alcun drone. Solo ordigni potenti, veloci, difficili da intercettare.
Ore 01:40 - IL PUNTO MILITARE - Ecco da dove partono i nuovi attacchi russi
(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Il sabato di sangue in Ucraina, con le città sottoposte a un pesante bombardamento, racchiude tre messaggi: a dispetto dei report contrari, Mosca ha molti ordigni a disposizione; gli ucraini hanno bisogno di altre contromisure per aumentare lo scudo; la campagna di terrore continua ad essere uno dei pilastri della strategia di Putin. Il bilancio provvisorio di ieri è di una ventina di morti e alcine decine di dispersi.
I russi hanno colpito — secondo la ricostruzione di Institute for the Study of War — in due ondate con un totale di 33 «pezzi». Nella prima hanno usato S-300 e S-400, armi anti-aeree modificate per essere usate contro target terrestri. In questo caso l’area di Kiev e il punto di partenza è stato il territorio bielorusso. La seconda «salva» è stata condotta con missili da crociera lanciati da bombardieri e navi (KH101, K555, KH22, Kalibr, KH59) in azione nella regione russa di Kursk e in Mar d’Azov.
Ore 02:49 - Al via in Germania l’addestramento di 500 soldati ucraini
Il nuovo e ampliato addestramento al combattimento delle forze ucraine da parte delle forze armate statunitensi è iniziato domenica in Germania. L’obiettivo è preparare un battaglione di circa 500 soldati da mandare sul campo di battaglia contro i russi nelle prossime cinque-otto settimane, come ha spiegato il generale Mark Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff. Milley, che prevede di visitare l’area di addestramento di Grafenwoehr lunedì, ha detto che le truppe in addestramento hanno lasciato l’Ucraina pochi giorni fa. I soldati ucraini dovranno imparare come muoversi e coordinare meglio le loro attività al fronte, usando anche le nuove armi in arrivo dagli alleati.
Ore 04:53 - Usa, presidente Camera McCarthy: sì a un taglio al bilancio della Difesa
Il presidente della Camera dei rappresentanti Usa, Kevin McCarthy, ha segnalato il suo appoggio a una marginale riduzione del bilancio della Difesa. Intervistato dall’emittente «Fox News», McCarthy ha commentato la proposta di una parte del Partito repubblicano di congelare il bilancio della Difesa a partire dal prossimo anno fiscale, riportandolo al livello del 2022. Secondo il presidente della Camera, non è vero, come sostenuto da alcuni commentatori, che tale provvedimento si tradurrebbe in un taglio della spesa militare di 75 miliardi di dollari rispetto al bilancio appena approvato per il 2023: «Se torniamo ai livelli del 2022, torniamo al livello di due o tre settimane fa. Non significa tagliare il bilancio della Difesa di 75 miliardi», ha affermato il leader repubblicano, segnalando di non essere contrario alla proposta. «La Difesa riceve più di 800 miliardi di dollari. Ci sono aree che potrebbero beneficiare di una razionalizzazione? Certamente sì», ha aggiunto McCarthy, puntando espressamente l’indice contro i programmi tesi a integrare le minoranze di genere nelle forze armate e a diffondervi la cosiddetta «teoria critica della razza». «Voglio che i nostri uomini e le nostre donne siano addestrati per difendere se stessi, tenerci al sicuro, e siano dotati dei migliori sistemi d’arma possibile. Per quale ragione dovremmo essere così arroganti da sostenere che non esistano sprechi nel governo?», ha aggiunto il presidente della Camera. Il bilancio della Difesa approvato dal Congresso per il 2023 ammonta a 857 miliardi di dollari.
Ore 07:48 - Dnipro, salito a 35 il bilancio delle vittime. I dispersi sono 35
È salito ad almeno 35 il bilancio dei morti dell’attacco russo di sabato a un condominio di Dnipro: lo ha reso noto su Telegram il governatore della regione di Dnipropetrovsk, Valentyn Reznichenko, riporta Ukrinform. «Nella notte, i soccorritori hanno estratto diversi altri corpi. L’attacco nemico ha tolto la vita a 35 residenti dell’edificio. La sorte di altri 35 residenti dell’edificio è sconosciuta», ha scritto Reznichenko. Le ricerche delle persone intrappolate sotto le macerie continuano.
Ore 07:55 - Esercitazioni congiunte Mosca-Minsk
Le forze armate della Russia e quelle della Bielorussia hanno avviato esercitazioni aeree congiunte. Lo ha affermato il ministero della Difesa bielorusso spiegando che le esercitazioni, definite «di natura difensiva», dureranno fino al primo febbraio. Come si legge sull’account Telegram del ministero della Difesa di Minsk, «saranno coinvolti tutti i nostri aeroporti militari e i campi di addestramento delle forze di difesa aerea».
Ore 07:59 - Addestramento di forze ucraine in Germania
L’esercito americano ha lanciato un programma di addestramento delle forze ucraine ampliato e più sofisticato, incentrato sul combattimento su larga scala e progettato per rafforzare la capacità di Kiev di riconquistare il territorio dalle forze russe. Lo ha annunciato il Pentagono, sottolineando che l’addestramento è iniziato domenica presso l’area di Grafenwoehr, in Germania e continuerà per cinque o sei settimane, secondo quanto accertato dal Washington Post. Circa 500 soldati seguiranno la prima fase, incentrata sui cosiddetti combattimenti con armi combinate, che include carri armati, artiglieria, veicoli da combattimento e altri armamenti.
Ore 08:02 - Attacco russo su Nikopol
La città di Nikopol, nel sud dell’Ucraina, è stata colpita questa mattina da bombardamenti russi. Lo ha detto Valentyn Reznichenko, capo dell’amministrazione militare regionale di Dnipropetrovsk, su Telegram, spiegando che nell’attacco sono state danneggiate decine di case, una conduttura del gas e diverse linee elettriche. Al momento non sono state segnalate vittime.
Ore 08:09 - Stoltenberg: a Kiev arriveranno più armi pesanti
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha affermato che l’Ucraina potrebbe presto aspettarsi maggiori consegne di armi pesanti dai Paesi occidentali. «I recenti impegni per l’equipaggiamento bellico pesante sono importanti e mi aspetto di più nel prossimo futuro», ha dichiarato Stoltenberg al quotidiano tedesco Handelsblatt. Gli alleati occidentali prenderanno in considerazione l’invio di carri armati a Kiev in vista di un incontro a Ramstein in Germania venerdì, quando i governi dovrebbero annunciare i loro prossimi impegni.
Ore 08:39 - Raid russo a Zaporizhzhia: 3 feriti
Le forze armate russe hanno lanciato un attacco missilistico su Zaporizhzhia, nel sud est dell’Ucraina, ferendo tre persone tra cui due bambini e danneggiando diverse case. Tra loro due bambini di nove e quindici anni».
Oleksandr Starukh, capo dell’amministrazione statale regionale di Zaporizhzhia, ha spiegato: «Il nemico ha lanciato un attacco missilistico contro il centro e i sobborghi. Sono state distrutte infrastrutture civili, residenziali e industriali».
Ore 08:43 - Zelensky: «Continuiamo a combattere a Soledar»
Il controllo della città di Soledar, nel Donetsk, era stato rivendicato nei giorni scorsi dal leader del gruppo Wagner, ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato: «La battaglia per Soledar, per Bakhmut, per l’intera regione di Donetsk, per la regione di Luhansk continua senza tregua, senza sosta». Le versioni sull’andamento dei combattimenti tra russi e ucraini restano quindi discordanti.
Ore 09:09 - Gran Bretagna conferma le parole di Zelensky: «La battaglia per Soledar prosegue»
Il Regno Unito ribadisce quanto già dichiarato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Le forze ucraine hanno mantenuto le posizioni a Soledar, a nord di Bakhmut, nonostante gli intensi combattimenti del fine settimana. Questo quanto scrive su Twitter il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence sulla situazione nel Paese. Poi ha aggiunto che «nel complesso, l’esercito ucraino continua a far avanzare gradualmente la propria linea del fronte a est, ai margini della città di Kreminna».
Ore 09:53 - Bombe russe a Kherson, tre morti in 24 ore
È di 3 morti e 14 feriti in Ucraina il bilancio dei bombardamenti delle ultime 24 ore compiuti dalle forze russe sulla città di Kherson e nella regione. Lo ha riferito il governatore regionale Yaroslav Yanushevych. Nella città di Kherson, i bombardamenti hanno danneggiato un ospedale, un centro per disabili, un cantiere navale, infrastrutture critiche ed edifici residenziali.
Altri obiettivi civili colpiti quindi, proprio come a Dnipro.
Ore 10:28 - Si è dimessa la ministra della Difesa tedesca Lambrecht
La ministra della difesa tedesca Christine Lambrecht si è dimessa dal suo incarico a seguito delle continue critiche relative alla sua gestione dei programmi di modernizzazione militare e delle consegne di armi all'Ucraina. Lambrecht ha dichiarato oggi di aver presentato la sua richiesta di dimissioni al cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Ore 10:47 - Dnipro: sale a 36 il numero delle vittime
Di almeno 36 il numero dei morti nell'attacco russo di sabato a un condominio di Dnipro: lo ha reso noto su Telegram la polizia nazionale. I feriti sarebbero invece 75 (tra i quali 15 bambini). Trentanove i civili tratti in salvo.
Ore 10:52 - Kiev: «Questa settimana erogazione 3 mld di prestiti dall'Ue»
L'Ue ha firmato un memorandum d'intesa con l'Ucraina per la fornitura di prestiti fino a 18 miliardi di euro nel 2023. «Alla fine di questa settimana verrà erogato il primo pagamento di 3 miliardi di euro», ha annunciato il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis. Il pacchetto di sostegno finanziario «aiuterà l'Ucraina a coprire le sue pressanti esigenze, con un flusso stabile di pagamenti durante tutto l'anno», ha spiegato.
Ore 11:02 - Filorussi, abbattuto drone ucraino in Crimea
I sistemi di difesa aerea nella Crimea occupata hanno abbattuto questa mattina un drone vicino a Belbek. Lo ha comunicato il governatore di Sebastopoli insediato dai russi Mykhailo Razvozhaev.
Poi ha ricordato che le difese anti-aeree russe avevano già abbattuto due droni ucraini la notte scorsa vicino a Sebastopoli, dove ha il quartier generale la flotta russa del Mar Nero. Dall'inizio dell'anno le forze ucraine hanno cercato più volte di attaccare la Crimea con i droni.
Vigili del Fuoco soccorrono una donna ferita a Dnipro
Ore 11:05 - Cremlino: «Tank forniti da Occidente a Ucraina bruceranno»
«Le forniture occidentali di mezzi pesanti all'Ucraina non riusciranno a cambiare la situazione sul terreno. Questi carri armati bruciano e continueranno a bruciare». Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dalla Tass.
Ore 11:25 - Peskov nega responsabilità russe nell'attacco a Dnipro: «Colpa della difesa ucraina»
La strage del palazzo di Dnipro distrutto in un attacco aereo è stato «causato dalla difesa ucraina». Lo ha sostenuto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov nel corso di una conferenza stampa. «Questa tragedia è il risultato dell'azione dei missili di difesa aerea», ha detto Peskov rispondendo ai giornalisti.
Ore 11:47 - Podolyak: «Guerra va vinta, ora non c'è modo di negoziare»
«Non c'è modo di negoziare. La guerra deve essere vinta». Lo scrive su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere dell'ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «La Russia ha attaccato l'Ucraina senza alcun motivo. La Russia sta conducendo una guerra su larga scala con tutti i tipi di armi. La Russia uccide civili in massa e commette crimini contro l'umanità», scrive Podolyak.
Ore 11:59 - Mosca realizza testate nucleari per supersiluro Poseidon
La Russia ha prodotto le prime testate nucleari per il super-siluro Poseidon, che saranno dispiegati sul sottomarino nucleare Belgorod. Lo ha reso noto una fonte «vicina» al ministero della Difesa russo all'agenzia Tass.
Secondo fonti russe, il siluro nucleare Poseidon, anche noto come «arma dell'apocalisse», può colpire il bersaglio a una distanza di centinaia di chilometri e lasciare le fasce costiere inabitabili per decenni, a causa delle onde radioattive.
Ore 12:06 - Ex comandante Wagner chiede asilo in Norvegia
Andriy Medvedev, ex comandante del gruppo mercenario russo Wagner, ha chiesto asilo politico in Norvegia e si è offerto di testimoniare contro il suo fondatore, l'oligarca Yevgeni Prigozhin.
Medvedev ha attraversato clandestinamente il confine norvegese dalla Russia, nella regione di Murmansk, è stato intercettato dalla polizia e di frontiera e poi è stato trasferito a Oslo, in un centro per migranti. L'intenzione di Medvedev è quella di testimoniare contro Prigozhin, considerato uno degli uomini più vicini al presidente russo Vladimir Putin.
Nei giorni scorsi i mercenari stati centrali nella sanguinosa battaglia per la città di Soledar nel Donbass, in Ucraina orientale. È la prima volta dall'inizio della guerra contro l'Ucraina, che un ex comandante di una delle unità del gruppo Wagner fugge in Europa.
Ore 12:35 - Von der Leyen sugli aiuti a Kiev: «Domani primi tre miliardi dell'accordo di dicembre»
«Aiutare l'Ucraina a soddisfare le sue esigenze di finanziamento per far fronte all'aggressione russa è cruciale e urgente. La Commissione sta agendo con la massima rapidità: domani erogheremo già i primi 3 miliardi di euro dei 18 miliardi di sostegno finanziario concordati a dicembre». Lo ha annunciato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, su Twitter.
Ore 12:53 - Sale a 40 il conto delle vittime di Dnipro
Almeno 40 i civili morti nell'attacco a Dnipro. Lo riferisce un funzionario locale, riportato dal quotidiano britannico Guardian.
Ore 13:24 - La Polonia avverte la Germania: «Kiev ha bisogno di tutte le munizioni possibili»
«Chiedo al governo tedesco di fornire senza remore ogni tipo di armamento all'Ucraina». Questa la richiesta fatta dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki alla Germania, durante un discorso pubblico a Berlino. «La sconfitta dell'Ucraina può diventare un preludio alla Terza Guerra Mondiale, quindi oggi non c'è motivo di bloccare il sostegno a Kyiv e rimandare le cose all'infinito», ha aggiunto.
Ore 13:47 - Oms: «Consegnati farmaci per i feriti di Dnipro»
L'Oms ha consegnato farmaci a Dnipro, per contribuire alle cure dei feriti nell'attacco all'edificio residenziale colpito nel fine settimana. Lo comunica l'Organizzazione mondiale della sanità, sottolineando che il supporto per i medicinali è stato fornito dalle ambasciate svizzera e canadese in Ucraina.
Ore 13:53 - Think Tank americano: «Mosca prepara azione decisiva»
«Probabile che il Cremlino stia preparando un'azione strategica decisiva nei prossimi sei mesi per riprendere l'iniziativa e porre fine ai successi operativi ucraini». È quanto dichiarato dall'Institute for the Study of War, un think tank con sede Washington in un rapporto.
Secondo l'istituto, il Cremlino sta prendendo provvedimenti per trasformare l'invasione dell'Ucraina in una grande guerra ancora più estesa, dopo mesi di imbarazzanti retromarce militari. «Significa che gli alleati occidentali dell'Ucraina dovranno continuare a sostenere l'Ucraina nel lungo periodo», ha detto il think tank.
Ore 14:12 - Kristersson-Michel: «Europa più sicura con aiuti a Kiev»
«Per rendere l'Europa più sicura occorre mantenere il sostegno all'Ucraina in termini militari, politici, economici e umanitari. Restare uniti ed evirare le divisioni tra Paesi Ue e con gli Usa è essenziale soprattutto ora che la Russia ci vuole divisi». Lo ha dichiarato il primo ministro svedese Ulf Kristersson, nella conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Poi hanno aggiunto: «L'attacco a Dnipro va considerato un crimine di guerra».
Ore 14:18 - In Polonia tre sistemi missilistici Patriot. Difenderanno infrastrutture ucraine
Iniziato il trasferimento in Polonia di tre sistemi missilistici Patriot tedeschi. Saranno usati per garantire la sicurezza delle infrastrutture critiche ucraine, vicino al confine con la Polonia.
L'allora ministra della Difesa tedesca Christine Lambrecht e la sua controparte polacca, Mariusz Blaszczak, avevano concordato di spostare i Patriot dopo che un missile era caduto in Polonia lo scorso novembre.
Ore 14:25 - Filorussi: «Abbattuti 10 droni ucraini a Sebastopoli»
Le forze di difesa aerea russe e le unità della flotta del Mar Nero hanno abbattuto dieci droni ucraini che hanno tentato di attaccarci. Lo ha riferito il governatore filorusso di Sebastopoli Mikhail Razvozhaev sul suo canale Telegram, riportato da Ria Novosti.
Ore 14:37 - Mons. Shevchuk: «A Dnipro utilizzato missile da battaglia navale»
«Quel razzo era destinato alle battaglie navali, invece è stato usato contro i civili». Nel suo video messaggio quotidiano, mons. Sviatoslav Shevchuk, capo dei greco-cattolici ucraini, parla dell'attacco missilistico sulla città di Dnipro che sabato scorso ha causato la morte di almeno 40 persone.
«Circa 100 persone sono rimaste ferite. Dnipro ha annunciato tre giorni di lutto e tutti piangiamo i morti e preghiamo per questa eroica città. Oggi in Ucraina, più che mai, sentiamo di pagare per la libertà un prezzo molto alto», ha affermato Shevchuk.
Ore 14:50 - Olena Zelenska al Forum di Davos
Al Forum economico mondiale ci sarà Olena Zelenska, moglie del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Lo ha comunicato l'organizzazione a poche ore dalla cerimonia d'apertura della cinque giorni di Davos , che vedrà una presenza russa ridotta ai minimi. Per l'Ucraina è prevista una delegazione del Governo ucraino con Mykhailo Fedorov, vice premier e ministro della Trasformazione digitale, e Yuliia Svyrydenko, vice premier e ministra dell'Economia, oltre al sindaco di Kiev Vitaliy Klitschko e alla first lady .
Ore 14:58 - Ministro Cleverly (Uk): «Orgoglioso di essere stato sanzionato dal governo russo»
«Sono stato sanzionato dal governo russo. Se questo è il prezzo da pagare per sostenere la libertà ucraina allora sono felice di essere stato sanzionato. Gloria all'Ucraina». Così su Twitter il ministro degli Esteri britannico James Cleverly.
Ore 15:17 - Zelensky: «Ci aspettiamo nuovi raid russi, prepariamo contromisure»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha convocato un'altra riunione dello Stato maggiore per far fronte alla situazione nel Donetsk e nel sud dell'Ucraina. «Abbiamo discusso gli sviluppi in prima linea, analizzato separatamente la situazione nella regione di Donetsk e nel sud», si legge nella dichiarazione di Zelensky su Telegram.
«Abbiamo raccolto informazioni su probabili future azioni dell'aggressore. Non ignoriamo il fatto che il nemico preparerà nuovi attacchi missilistici, quindi stiamo sviluppando le contromisure più efficaci», ha sottolineato il presidente.
Ore 15:38 - Colloquio Putin-Erdogan, focus su energia e accordo grano
Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan si sono sentiti telefonicamente per parlare dell'attuazione dell'accordo sul grano e la possibilità di creare un hub regionale del gas in Turchia. Secondo quanto riferito dal Cremlino, i due leader avrebbero trattato anche la questione della normalizzazione delle relazioni tra Ankara e Damasco.
Ore 16:04 - Von der Leyen incontra Macron a Parigi
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron a Parigi. Lo ha comunicato la stessa von der Leyen tramite Twitter: «Grazie per questi scambi costruttivi in vista del prossimo Consiglio europeo in merito a Ucraina, energia, competitività e migrazione».
Ore 16:38 - Erdogan a Putin: «Pronti a mediare per pace duratura»
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha ribadito al suo omologo russo, Vladimir Putin, la disponibilità del governo di Ankara a mediare per raggiungere «una pace duratura» tra Mosca e Kiev. Lo ha riferito una nota della presidenza turca, secondo cui durante il colloquio sono stati discussi aspetti legati al corridoio del grano e si è parlato anche del progetto di trasformare il grano russo in farina in Turchia e poi di inviarlo ai Paesi africani.
Ore 18:03 - Kiev, ispezione conferma che missile russo ha colpito Dnipro
Il servizio di sicurezza dell’Ucraina (Sbu) ha riferito che a seguito dell’ispezione sul luogo dell’attacco, è stato confermato che un missile da crociera russo ha colpito un condominio nella città di Dnipro. La Sbu - riferisce la Cnn - ha anche riferito di aver individuato i nomi di sei membri dell’esercito russo coinvolti nell’attacco, secondo ciò che l’agenzia ha descritto come risultati di «indagini preliminari». «A seguito dell’ispezione della scena della tragedia, è stato precedentemente confermato il tipo di missile da crociera russo Kh-22, che il nemico ha utilizzato per colpire l’edificio residenziale», ha detto la Sbu in una nota, dopo che questa mattina la Russia ha negato responsabilità nel bombardamento sull’edificio residenziale a Dnipro. «Ogni crimine di guerra russo ha un autore specifico», ha detto il capo della Sbu Vasyl Maliuk. «Il servizio di sicurezza li identificherà e li pubblicherà tutti per nome, in modo che nessun assassino sfugga alla punizione», ha aggiunto, pubblicando i nomi di sei militari russi.
Ore 19:04 - Davos: Klitshko, l’Ucraina è qui per le forniture di armi
L’Ucraina arriva a Davos con una folta delegazione e l’obiettivo numero uno è spingere i Paesi occidentali a fornirle più velocemente armi per difendersi dall’aggressione militare russa. Lo ha detto il sindaco di Kiev Vitali Klitshko, spiegando ai giornalisti a margine del Forum economico mondiale che si apre oggi: «è per questo che sono qui». A Davos, con una presenza massiccia di esponenti governativi dei Paesi baltici, della Polonia, della Finlandia, oltre al segretario generale della Nato e ai vertici del Fbi e dell’intelligence Usa, non ci sarà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky come atteso inizialmente. Domani, tuttavia, terrà uno `special address´ sua moglie Olena Zelenska. Oltre a Klitshko sono presenti Mykhailo Fedorov, vice premier e ministro della Trasformazione digitale, e Yuliia Svyrydenko, vice premier e ministra dell’Economia.
Ore 19:10 - Il tweet del ministero della Difesa britannico
Ore 20:05 - Zelensky ringrazia Gb per i tank: ciò di cui abbiamo bisogno
«Carri armati, Apc (veicoli corazzati per il trasporto delle truppe, ndr) e artiglieria sono esattamente ciò di cui l’Ucraina ha bisogno per ripristinare la sua integrità territoriale. Grazie Rishi Sunak, grazie Ben Wallace, grazie popolo britannico per questo potente contributo alla nostra comune vittoria sulla tirannia». È quanto scrive Zelensky su Twitter, ringraziando il primo ministro e il segretario alla Difesa del Regno Unito, dopo che Londra ha annunciato l’invio di carri armati Challenger 2 a Kiev.
Ore 21:26 - Filorussi del Donetsk: raid militari di Kiev, almeno due morti
Il sindaco filorusso di Donetsk, Oleksiy Kulemzin, ha denunciato un raid delle forze armate di Kiev sulla città «Almeno quattro persone sono rimaste ferite, ci sono due morti». Lo riporta Ria Novosti.
Ore 21:28 - 007 di Kiev: «Putin vuole prendere il Donbass entro marzo»
Il presidente russo Vladimir Putin ha incaricato il nuovo comandante delle forze armate russe in Ucraina, Valery Gerasimov, di «impadronirsi delle regioni di Donetsk e Luhansk entro marzo». Lo ha affermato Andriy Yusov, portavoce dell'intelligence di Kiev. Lo riporta Unian. Secondo gli 007 ucraini «Putin non presta attenzione a ciò che sta realmente accadendo al fronte. Il presidente russo cerca la distruzione degli ucraini come popolo e dell'Ucraina come stato indipendente».
Ore 01:05 - Soldati ucraini in Usa, via addestramento con missili Patriot
I soldati ucraini sono arrivati in Usa per imparare ad usare il sistema di difesa aerea americano Patriot per difendere il proprio Paese dagli attacchi missilistici russi. Il personale è giunto domenica sera a Fort Sill in Oklahoma per un addestramento nella scuola di artiglieria per la difesa aerea dell’esercito americano, ha reso noto il colonnello Curtis King, senza precisare quanti uomini seguiranno il corso, della durata di alcuni mesi. Ma il Pentagono aveva detto all’inizio del mese che sarebbero arrivati 90-100 militari ucraini.
Ore 01:54 - Tennis: Australian open, vietate le bandiere di Russia e Bielorussia
La Federazione sportiva «Tennis Australia» ha vietato le bandiere russe e bielorusse agli Australian Open dopo che l’ambasciatore dell’Ucraina ha chiesto un intervento. Le strisce rosse, bianche e blu della bandiera russa erano state infatti viste lunedì durante uno match al primo turno tra l’ucraina Kateryna Baindl e la russa Kamilla Rakhimova. «Le bandiere di Russia e Bielorussia sono vietate in loco agli Australian Open - ha dichiarato Tennis Australia in un comunicato - la nostra politica iniziale prevedeva che i tifosi potessero portarle, ma che non potessero usarle per causare disordini. Ieri abbiamo avuto un incidente in cui una bandiera è stata posizionata a bordo campo». «Il divieto ha effetto immediato. Continueremo a lavorare con i giocatori e i nostri tifosi per garantire il miglior ambiente possibile per godersi il tennis» ha poi aggiunto.
Estratto dell'articolo di Rosalba Castelletti per “la Repubblica” il 16 gennaio 2023.
[…] Per quanti hanno lasciato la Russia per protestare contro il lancio dell'offensiva in Ucraina, il nuovo stigma è predatel , "traditore". E presto potrebbe entrare a far parte del lessico giudiziario e prevedere le pene più disparate. Il primo a parlare di "traditori" era stato lo stesso presidente Vladimir Putin: «Il popolo russo - aveva detto lo scorso marzo - sa distinguere i veri patrioti dalla feccia e dai traditori e sputarli come si fa con un moscerino volato accidentalmente in bocca».
[…] Ora i conservatori vorrebbero sanzioni più severe anche contro gli "emigrati bianchi" del Terzo Millennio che «si sentono impuniti credendo che la giustizia non possa raggiungerli »: bollini, la confisca dei beni, il divieto di rimpatrio o persino la revoca della cittadinanza.
[…] Il deputato Oleg Morozov, già vicepresidente della Duma, ha proposto che ai "traditori" venga vietato il rimpatrio «per vent' anni» e revocato il passaporto. Idea che ricorda la vecchia pratica sovietica di trasformare in apolidi i dissidenti che, come lo scrittore Vladimir Nabokov o il compositore Serghej Rachmaninov, ricevevano i "passaporti Nansen" dalla Società delle Nazioni.
La Costituzione post-comunista vieta però di privare della cittadinanza chi è russo di nascita. Tanto che il senatore Andrej Klishas ha punzecchiato Morozov: i politici che propongono di «smettere di giocare secondo le regole», ha detto, dovrebbero rinunciare ai loro incarichi. Al che è intervenuto anche il leader di partito, l'ex presidente e premier Dmitrij Medvedev: visto che «la legge non funziona», ha replicato, bisognerebbe agire secondo «le regole dei tempi di guerra».
[…] Peskov ha però invitato alla cautela. «I nemici sono nemici, dobbiamo combatterli, ma tutti gli altri sono nostri cittadini e devono rimanere tali», ha detto, spiegando che la questione è «complessa» e potrebbe aprire «vasi di Pandora». Tra i russi che hanno lasciato il Paese ci sono anche molti informatici che lavorano da remoto: il timore è che nuove restrizioni possano spingerli tra le braccia di aziende straniere.
[…] Peskov però non ha escluso una riflessione sul tema: «Per prima cosa bisogna definire cosa considerare reato». Non a caso a stretto giro Kirill Kabanov, membro del Consiglio presidenziale per i diritti umani, ha annunciato che discuterà coi suoi colleghi «la definizione legale di predatel ».
È probabile che l'acceso dibattito si concretizzerà in qualche iniziativa legislativa. Domani si aprirà la prima plenaria della Duma del 2023. Dmitrij Gusev, vicecapo del partito Russia Giusta-Per la verità, ha già detto che proporrà di contrassegnare gli artisti dissidenti con un bollino giallo e la scritta "traditori" nei titoli di testa dei film.
Ma il politologo Ilja Grashchenkov mette in guardia: «A un certo punto i "traditori" esterni finiscono e inizia la ricerca di quelli interni». Stando al quotidiano Vedomosti , la caccia sarebbe già iniziata: grazie a «intelligenza artificiale e speciali algoritmi», il partito avrebbe rimosso i "traditori" dal proprio "database di sostenitori". Di 25 milioni ne sarebbero rimasti 13. Una vera e propria purga.
Estratto dell’articolo di Fabio Dragoni per “la Verità” il 16 gennaio 2023.
Lucio Caracciolo, direttore di Limes, la più prestigiosa rivista di geopolitica.
[…] Dagli Stati Uniti arrivano segnali di stanchezza? Molti analisti fanno notare che la visita di Zelensky non si sarebbe conclusa con un assegno in bianco di Washington.
«Gli Usa […] sono assolutamente decisivi nel tenere viva la resistenza ucraina. È anche noto che negli Stati Uniti ci sono idee molto diverse circa la conduzione e gli obiettivi di questa guerra. Il Consiglio per la sicurezza nazionale è molto più falco del dipartimento di Stato. Fazioni o idee diverse agitano anche il Pentagono e l'intelligence. L'impressione è che l'America comunque non abbia una speciale fretta nel finire questa guerra, perché di obiettivi nel frattempo ne ha raggiunti almeno tre. L'elenco è goloso».
[…] «Il primo è avere messo in luce le differenze interne all'intesa Cina-Russia che alla vigilia della guerra veniva presentata come senza limiti. […] Un altro successo notevolissimo consiste nella fine dell'interdipendenza energetica, almeno per ora, tra Germania e Russia e più in generale tra l'Europa (quindi anche noi) e Mosca. […] Tutto ciò che divide i tedeschi e gli altri europei dalla Russia è più che benvenuto. Infine, perché interrompere una guerra in cui il tuo nemico si logora?».
Washington ha sempre voluto recidere questo cordone ombelicale fra Europa e Russia. Pure Trump avvertiva la Merkel che era stufo di spendere soldi per i soldati americani in Germania che avrebbero dovuto difenderla dalla Russia con cui faceva affari. Insomma, noi il gas di Putin d'ora in avanti lo vedremo con il binocolo
«Non ci metterei la mano sul fuoco[…] Credo si possa immaginare un ripristino parziale delle forniture russe di gas all'Europa. Compresa al limite la futura ricostruzione del gasdotto baltico. Al momento la via commerciale più rodata che ancora lega la Russia all'Europa, se si esclude quel poco che residua in Europa centrale, passa dalla Turchia di Erdogan».
Di sicuro a sabotare Nord Stream non possono essere stati i russi. Che interesse avevano?
«Neppure i tedeschi, allora. Ma attenzione […] il principio del "cui prodest" è molto discutibile. Secondo la logica, dovrebbero essere stati gli americani o gli inglesi, ma siccome mi pare difficile che questo possa essere dimostrato, non lo sapremo mai. […]».
L'Italia non può cullare l'ambizione di essere la porta di ingresso di tutto il gas del Mediterraneo in Europa? La Germania lo era per il gas russo. Dall'Italia potrebbe arrivare il gas algerino o libico. Ma anche da Egitto o Israele.
«[…] Non mi farei illusioni su gasdotti del Sud. Se da un punto di vista americano c'è un'ostilità marcata sulla connessione Germania-Russia, ve n'è una meno pronunciata a vedere l'Italia come porta di ingresso da Sud di un gas che alla fine arriverebbe anche indirettamente dalla Russia. Penso a ciò che dovrebbe arrivare via Turchia da Russia o Azerbaijan. Sarebbe una sorta di macedonia asiatica dietro cui si nasconde il gas russo.
Tutti i governi italiani si sono scottati su South stream».
[…] In questa guerra la Russia ha dimostrato tutti i suoi limiti militari. Cosa rimane dell'armata rossa?
«Infatti, si parla di armata russa e non rossa. La Russia ha vinto contro Hitler grazie al fattore demografico. […] In Ucraina, in una "guerra di attrito" la demografia è fondamentale. E in prospettiva può diventare determinante a favore dei russi […]».
[…] L'Unione Europea com' è strutturata con i tempi che corrono?
«Può funzionare con il bel tempo, non con il cattivo. È stata pensata per quello. L'ideologia europeista si basa su intrecci economici, scambi e libertà di movimento. Tutto il contrario di ciò che avviene in tempo di guerra. Guarda caso, è la logica tedesca. Di per sé già diversa da quella francese. Mi interessa rilevare, e non è una coincidenza, che ormai Ue e Nato si sovrappongono quasi perfettamente. L'Europa è quindi parte di un progetto paraimperiale, se così si può dire, americano».
[…] Perché il Ponte sullo stretto di Messina secondo lei è un importante progetto dal punto di vista geopolitico oltreché economico?
«È un affare geopolitico. L'economia non ci obbliga ad avere un ponte. La Sicilia è nel cuore del Mediterraneo. Dove Turchia e Russia sono molto presenti. Connettere la Sicilia ha un valore simbolico elevato. Una leva per combattere il declino demografico e industriale del Sud».
A proposito di missili, lei ne ha sparato uno non da poco. Sembra assodato che il missile sparato in Polonia a novembre fosse ucraino e lei invece ha ribadito che era un missile russo fatto passare per ucraino perché nessuno ha interesse alla guerra. Allora era Mosca a volere la guerra?
«Era un missile russo finito lì per sbaglio. Non per scatenare la guerra. Non a caso Mosca ha espresso un apprezzamento per il modo professionale con cui gli Usa hanno gestito la vicenda». […]
Estratto dell’articolo di Andrea Marinelli e Guido Olimpio per il “Corriere della Sera” il 16 gennaio 2023.
Il sabato di sangue in Ucraina racchiude tre messaggi: Mosca ha molti ordigni a disposizione; agli ucraini servono contromisure; la campagna di terrore continua a essere uno dei pilastri della strategia di Putin. I missili I russi hanno colpito […] in due ondate con un totale di 33 «pezzi». Nella prima hanno usato S-300 e S-400, armi anti-aeree modificate per essere usate contro target terrestri. Il punto di partenza sarebbe stato il territorio bielorusso (ci sono però indicazioni contrarie).
La seconda «salva» è stata condotta con missili da crociera lanciati da bombardieri e navi (KH 101, K555, KH22, Kalibr, KH59) in azione nella regione russa di Kursk e dal Mare d'Azov. Gli esperti hanno anche sottolineato il probabile ricorso a vettori terra-terra Iskander. […] Dopo ogni raid che devasta aree abitate l'Ucraina chiede aiuti ulteriori all'Occidente.
Gli Usa forniranno una batteria di Patriot, una seconda arriverà dalla Germania. Sono sistemi concepiti proprio per «fermare» i missili. Altri apparati devono coprire quote basse e medie così come ingaggiare i droni-kamikaze, in particolare gli Shahed iraniani. […] è cruciale la sorveglianza elettronica svolta, in parte, dalla ricognizione aerea della Nato, con mezzi che volano al di fuori dei confini ucraini e sul Mar Nero.
Sono sentinelle preziose - come gli Awacs in Romania - ma da sole non bastano.
Per contro l'industria russa riesce comunque ad alimentare l'esigenza dell'Armata, con una cadenza che oscilla tra i 30 e i 50 esemplari al mese. […] Si parlerà molto di carri armati, mezzi che la Nato potrebbe decidere di garantire.
Nel frattempo Londra ha agito in modo autonomo annunciando la spedizione di 14 tank Challenger 2 e di 30 AS90, cannoni semoventi da 155 mm. La pattuglia di corazzati britannici è un gesto concreto che rappresenta, al tempo stesso, una pressione sui partner indecisi, la Germania su tutti. Berlino continua a porre il veto sull'invio dei Leopard, ostacolo che impedisce a Paesi come la Polonia e la Finlandia di cedere i loro. […]
(ANSA il 16 gennaio 2023) L'ex comandante di plotone del gruppo paramilitare Wagner Andriy Medvedev ha attraversato illegalmente il confine russo-norvegese e ha presentato domanda di asilo a Oslo: in un'intervista ha affermato di essere pronto a raccontare tutto ciò che sa sulle attività dei mercenari di Wagner, e anche sul suo leader Yevgeny Prigozhin. Ne ha parlato con il progetto russo sui diritti umani "Gulagu.net", i media ucraini hanno rilanciato l'intervista. Medvedev avrebbe attraversato la frontiera il 12 gennaio, vicino alla città mineraria russa di Nickel, nella regione di Murmansk.
Le guardie di frontiera russe lo hanno notato e hanno aperto il fuoco, ma l'hanno mancato, ha raccontato. Arrivato in territorio norvegese, l'ex mercenario si è rivolto alle forze dell'ordine locali chiedendo asilo politico. Attualmente si trova a Oslo, dove è stato collocato in un centro per trasgressori della legislazione sull'immigrazione. Medvedev è entrato nel gruppo di Wagner lo scorso luglio.
Dopo la fine del contratto di 4 mesi, è stato costretto a prolungare il suo servizio. Quindi ha lasciato arbitrariamente la sua unità ed è tornato in Russia. Poi ha contattato gli attivisti per i diritti umani affermando che la gente di Prigozhin sta cercando di catturarlo. A dicembre, Medvedev ha rilasciato un'intervista ai giornalisti di The Insider, in cui ha parlato delle esecuzioni e delle perdite del reggimento.
Crimini di guerra. Zelensky condanna il silenzio codardo del popolo russo sulla strage di Dnipro. L’Inkiesta il 16 Gennaio 2023.
Il presidente ucraino attacca il Cremlino per il bombardamento al palazzo che ha provocato finora 35 vittime, tra cui una ragazza di 15 anni
Volodymyr Zelesnky ha definito «codardo» il silenzio del popolo russo sull’attacco missilistico ordinato da Putin contro un semplice condominio a Dnipro che finora ha causato 35 morti, tra cui una ragazza di 15 anni. Nel suo discorso serale alla nazione, il presidente ucraino si è rivolto direttamente ai russi: «il vostro tentativo di aspettare la fine di ciò che sta accadendo, finirà solo con il fatto che un giorno questi stessi terroristi verranno a prendervi». Da quasi due giorni vanno avanti le operazioni dei soccorritori che cercano di estrarre i corpi dalla palazzina attaccata. Secondo il governatore dell’oblast di Dnipropetrovsk, Valentyn Reznichenko, sono almeno 75 i feriti, tra cui 14 bambini.
Per Putin «tutto procede come previsto» e i raid militari pianificati questo sabato «hanno raggiunto gli obiettivi previsti». Intanto sale a oltre 116mila (precisamente 116.080) il numero dei soldati russi morti dall’inizio dell’invasione, 790 solo nelle ultime 24 ore.
Ieri l’esercito russo ha bombardato per 21 volte la città di Kherson, causando tre morti di civili e almeno 14 feriti. Oltre alle zone residenziali, sono stati colpiti alcuni edifici dove lavorano membri della Croce Rossa internazionale. I bombardamenti russi hanno colpito nella notte anche la città di Zaporizhzhia, causando il ferimento di tre persone, di cui due bambini di nove e 15 anni.
Il ministero della Difesa della Bielorussia ha annunciato di aver avviato esercitazioni aeree congiunte con l’aviazione militare russa che dureranno fino al primo di febbraio. Mentre l’esercito degli Stati Uniti ha avviato un programma di addestramento di sei settimane per circa 500 soldati incentrato sull’uso di tecnologie militari sofisticate finalizzata alla riconquista dei territori ucraini invasi dai russi.
Zelenska: «Il conflitto rischia di estendersi, Mosca deve perdere». Ex comandante Wagner chiede asilo in Norvegia. Andrea Nicastro, inviato a Leopoli, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 17 gennaio 2022.
Le notizie sulla guerra di martedì 17 gennaio, in diretta. Salgono a 45 le vittime dell’attacco a Dnipro. Soldati ucraini a lezione di Patriot a Fort Sill, in Oklahoma
• La guerra in Ucraina è arrivata al 328esimo giorno.
• La Russia si contende la conquista di Soledar, Kiev smentisce ancora.
• Cosa serve all’Ucraina nei prossimi, decisivi mesi di guerra.
• Ex comandante della Wagner chiede asilo in Norvegia.
• Erdogan a Putin: «Pronti a mediare per la pace duratura».
•Olena Zelenska al Forum economico di Davos (Svizzera).
Ore 21:28 - 007 di Kiev: «Putin vuole prendere il Donbass entro marzo»
Il presidente russo Vladimir Putin ha incaricato il nuovo comandante delle forze armate russe in Ucraina, Valery Gerasimov, di «impadronirsi delle regioni di Donetsk e Luhansk entro marzo». Lo ha affermato Andriy Yusov, portavoce dell'intelligence di Kiev. Lo riporta Unian. Secondo gli 007 ucraini «Putin non presta attenzione a ciò che sta realmente accadendo al fronte. Il presidente russo cerca la distruzione degli ucraini come popolo e dell'Ucraina come stato indipendente».
Ore 01:05 - Soldati ucraini in Usa, via addestramento con missili Patriot
I soldati ucraini sono arrivati in Usa per imparare ad usare il sistema di difesa aerea americano Patriot per difendere il proprio Paese dagli attacchi missilistici russi. Il personale è giunto domenica sera a Fort Sill in Oklahoma per un addestramento nella scuola di artiglieria per la difesa aerea dell’esercito americano, ha reso noto il colonnello Curtis King, senza precisare quanti uomini seguiranno il corso, della durata di alcuni mesi. Ma il Pentagono aveva detto all’inizio del mese che sarebbero arrivati 90-100 militari ucraini.
Ore 01:54 - Tennis: Australian open, vietate le bandiere di Russia e Bielorussia
La Federazione sportiva «Tennis Australia» ha vietato le bandiere russe e bielorusse agli Australian Open dopo che l’ambasciatore dell’Ucraina ha chiesto un intervento. Le strisce rosse, bianche e blu della bandiera russa erano state infatti viste lunedì durante uno match al primo turno tra l’ucraina Kateryna Baindl e la russa Kamilla Rakhimova. «Le bandiere di Russia e Bielorussia sono vietate in loco agli Australian Open - ha dichiarato Tennis Australia in un comunicato - la nostra politica iniziale prevedeva che i tifosi potessero portarle, ma che non potessero usarle per causare disordini. Ieri abbiamo avuto un incidente in cui una bandiera è stata posizionata a bordo campo». «Il divieto ha effetto immediato. Continueremo a lavorare con i giocatori e i nostri tifosi per garantire il miglior ambiente possibile per godersi il tennis» ha poi aggiunto.
Ore 07:36 - Onu, oltre 7.000 vittime civili dall’inizio della guerra
Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), le vittime civili in Ucraina dall’inizio della guerra sono 7.031. Queste, tuttavia, sono solamente le vittime confermate e il bilancio reale è «considerevolmente più alto»: «La maggior parte delle vittime civili registrate è stata causata dall’uso di armi esplosive con effetti ad ampio raggio, tra cui bombardamenti di artiglieria pesante, sistemi missilistici a lancio multiplo, missili e attacchi aerei», si legge in un comunicato.
Ore 09:08 - Un ex comandante della Wagner chiedi asilo in Norvegia: «Temo per la mia vita»
La Cnn racconta: un ex comandante della compagnia russa Wagner è fuggito in Norvegia e sta cercando asilo, secondo la polizia norvegese e un attivista russo. Si chiama Andrei Medvedev e in un’intervista con un attivista russo che aiuta le persone a chiedere asilo all’estero, ha detto di temere per la sua vita dopo aver rifiutato di rinnovare il contratto con Wagner.
Medvedev ha detto che dopo aver completato il suo contratto e aver rifiutato di servirne un altro, aveva paura di essere giustiziato allo stesso modo di Yevgeny Nuzhin, un disertore di Wagner che è stato ucciso davanti alla telecamera con una mazza. «Siamo stati semplicemente lanciati a combattere come carne da macello», ha detto a Vladimir Osechkin, capo di Gulagu.net, un gruppo di difesa dei diritti umani, in una conversazione su YouTube.
Ore 10:04 - Kiev, trovato corpo bambino sotto macerie a Dnipro, morti salgono a 41
I soccorritori hanno trovato questa mattina il corpo di un bambino tra le macerie dell’edificio residenziale colpito a Dnipro , in Ucraina, portando il bilancio totale delle vittime a 41. Lo ha reso noto Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio del presidente ucraino, su Telegram. «Il corpo di un bambino morto è stato trovato sotto le macerie dell’edificio residenziale distrutto al 4° piano. Un totale di 41 persone sono morte (inclusi quattro bambini), 79 persone sono rimaste ferite (inclusi 16 bambini) e 39 persone sono state soccorse (inclusi sei bambini)», scrive Tymoshenko, citato dal Guardian.
Ore 10:19 - Oleksiy Arestovych, consigliere presidenziale ucraino, si dimette dopo i missili Dnipro
Il consigliere presidenziale ucraino Oleksiy Arestovych ha rassegnato le dimissioni martedì dopo i commenti che ha fatto sul missile russo che ha ucciso almeno 41 persone nella città di Dnipro. Arestovych ha annunciato le sue dimissioni su Facebook dopo scusandosi pubblicamente.
In particolare, l’ex consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva suggerito che il missile è stato prima abbattuto dalla difesa aerea ucraina. «Ho scritto una lettera di dimissioni. Voglio mostrare un esempio di comportamento civile: un errore di principio significa dimettersi», ha osservato Arestovych.
Ore 10:46 - Forze russe aumenteranno a 1,5 milioni di unità in 3 anni
Cambiamenti su larga scala interesseranno le forze armate russe, che aumenteranno a 1,5 milioni di unità tra il 2023 e il 2026. Lo ha annunciato il ministero della Difesa dopo un incontro tenuto dal ministro Sergei Shoigu. Lo riferiscono le agenzie russe.
Ore 11:15 - Peskov: l’espansione militare è causata dalla «guerra» dell’ Occidente
L’espansione delle forze militari di Mosca è una necessità a causa della guerra per procura dell’Occidente contro la Russia. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dalla Tass.
Ore 11:20 - Boris Pistorius sarà il nuovo ministro della Difesa tedesco
Il socialdemocratico Boris Pistorius, ministro dell’Interno della regione della Bassa Sassonia, sarà nominato ministro della Difesa in Germania. Lo riferiscono fonti di Governo tedesca citate dai media nazionali. La sua nomina è prevista in giornata per sostituire Christine Lambrecht che si è dimessa lunedì.
Ore 11:25 - Duda: «Spero che decisione della Polonia di fornire i Leopard a Kiev apra nuovo capitolo negli aiuti militari»
La decisione della Polonia di trasferire una compagnia di carri armati Leopard potrebbe dare inizio a un nuovo capitolo nell’assistenza militare all’Ucraina. Lo ha affermato il presidente polacco Andrzej Duda, intervenendo al forum di Davos. «Spero che i Paesi alleati forniscano all’Ucraina abbastanza carri armati Leopard 2 per creare una brigata», ha sottolineato il capo dello Stato. Aggiungendo: «Zelensky mi ha ripetutamente chiesto supporto militare. Ha detto: “Andrej, abbiamo bisogno di carri armati moderni, perché solo così possiamo questo fermare l’invasione russa».
Ore 11:34 - Medvedev: vergognoso parlare di carri armati a Davos
«Una vergogna, a dir poco». Così il vice presidente del Consiglio di sicurezza della Russia Dmitry Medvedev ha definito su Telegram il Forum di Davos che si è aperto oggi. «Il forum di Davos sta discutendo della consegna di carri armati in Ucraina. Lì, il tizio polacco ha annunciato che stava riunendo una coalizione di Paesi occidentali per fornire veicoli blindati a Kiev. In precedenza a Davos avevano discusso di qualcosa d’altro. Come l’economia e tutto il resto. È positivo che oggi non ci siano russi o cinesi lì», ha scritto Medvedev riferendosi al presidente polacco Andrzej Duda, che nel suo intervento alla conferenza «In difesa dell’Europa» ha sollecitato gli alleati europei dell’Ucraina a inviare ancora più armi, inclusi carri armati.
Ore 11:38 - Von der Leyen a Davos: aiuti Ue a Kiev finché sarà necessario
«Posso assicurarvi che l’Europa sarà sempre con voi» e sul fronte degli aiuti economici «ci saremo, per tutto il tempo che sarà necessario». Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen nel suo “special address” al Forum di Davos riferendosi alla prima tranche di nuovi aiuti da tre miliardi di euro, parte di un pacchetto da 18 miliardi per il 2023.
Ore 11:52 - Von der Leyen: «Nessuna impunità per i crimini russi»
«Non ci sarà nessuna impunità contro questi crimini». Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen a Davos riferendosi all’aggressione militare russa dell’Ucraina. «Nemmeno gli attacchi senza sosta della Russia ai civili, o lo spettro di un inverno brutale, hanno fatto vacillare la vostra determinazione», ha detto von der Leyen rivolgendosi agli ucraini.
Ore 11:54 - Zelenska: «La guerra rischia di estendersi, Mosca deve perdere»
«Questa guerra rischia di estendersi e di creare una crisi ancora più ampia, a meno che l’aggressore non perda». Lo ha sottolineato la first lady ucraina, Olena Zelenska, rivolgendosi alla platea del World Economic Forum di Davos, che l’ha accolta con un lungo e caloroso applauso. «Solo con il ritiro delle truppe russe da tutto il territorio ucraino, verrà ristabilito il diritto internazionale», ha aggiunto la first lady ucraina, sottolineando ancora una volta che la pace si può discutere soltanto dopo aver ripristinato l’integrità territoriale dell’Ucraina.
Ore 12:06 - Salgono a 44 i morti per l’attacco a Dnipro
Salgono a 44 i morti nell’attacco missilistico contro un condominio a Dnipro. Lo ha riferito il sindaco della città Boris Filatov, come riporta Unian.
Ore 13:20 - Shoigu visita il centro di comando delle truppe russe in Ucraina
Il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu ha ispezionato un centro di comando che coordina le truppe russe in Ucraina: lo riferisce il ministero della Difesa di Mosca, ripreso dall’Afp. Il dicastero non ha specificato dove si trovi il centro di comando e ha pubblicato un video che ritrae il ministro russo mentre parla con alcuni comandanti di persona e poi in collegamento video in una teleconferenza alla quale partecipa anche il capo di Stato maggiore Valery Gherasimov. Il video mostra anche Shoigu mentre consegna delle onorificenze ad alcuni militari.
Ore 13:29 - Putin: spese di Stato superano 420 miliardi di euro nel 2022
Le spese dello Stato russo nel 2022 sono aumentate in modo significativo, superando 31 mila milioni di rubli (420 miliardi di euro). Lo ha reso noto il presidente russo, Vladimir Putin, parlando a una riunione governativa. Il presidente ha precisato che le spese sono aumentate di un quarto rispetto all’anno precedente, portando a un deficit del bilancio federale pari al 3,3 mila milioni di rubli (40 miliardi di euro), oppure del 2,3 per cento del Pil. Putin ha sostenuto che questo livello di deficit «è uno dei migliori indicatori tra i Paesi del G20».
Ore 14:01 - Zelensky: grazie a Ue, così si aiuta la nostra vittoria comune
«L’Ucraina ha ricevuto i primi 3 miliardi di euro del nuovo programma macro-finanziario da 18 miliardi di euro. Sono grato all’Ue e al presidente von der Leyen per il forte sostegno. Preservare la stabilità finanziaria dell’Ucraina è fondamentale per la nostra vittoria comune sull’aggressore. #StandWithUkraine». Così il presidente ucraino Voldymyr Zelensly ringrazia su twitter l’Unione europea per la tranche di finanziamenti.
Ore 14:33 - «A Dnipro ancora 20 dispersi e 15 morti non identificati»
A Dnipro si contano ancora 20 dispersi dopo l'attacco missilistico a un condominio avvenuto sabato. Lo ha riferito il capo della polizia nazionale, Igor Klymenko, come riporta Ukrinform. Inoltre, ci sono 15 cadaveri non ancora identificati. Le autorità hanno comunque dichiarato che le operazioni di ricerca e di soccorso sono state completate.
Ore 14:41 - Zelensky: «Meloni verrà presto a Kiev, è molto concreta»
«Aspettiamo molto Giorgia. Non dico Giorgia Meloni perché durante il nostro primo colloquio lei mi ha detto: "Volodymyr mi chiami per favore Giorgia..." e così abbiamo iniziato la conversazione. Ho visto in lei un primo ministro estremamente concreto. Mi è assolutamente chiara la sua retorica. Vedo Giorgia filoitaliana e questa è la cosa più importante: che è proitaliana e sostiene l'Ucraina. E sostiene i valori comuni. L'aspetto molto in Ucraina in visita ufficiale. Lei verrà presto, non posso comunicare la data, ma presto». Lo dice Volodomyr Zelensky nell'intervista a Bruno Vespa che sarà trasmessa stasera a Porta a Porta.
Ore 15:21 - Il punto militare | Così il direttore della Cia ha convinto Zelensky che Putin stava per invadere l'Ucraina
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Gennaio 2022, giorni di grande tensione. Gli Stati Uniti lanciano avvisi ripetuti sul rischio di invasione dell’Ucraina. In Europa c’è scetticismo, non fidano. E allora Washington sceglie un messaggero convincente, il direttore della Cia William Burns, partito per Kiev per la missione dell’ultima ora.
Il capo dell’intelligence incontra Volodymyr Zelensky, fino ad allora cauto sul pericolo incombente. Nel colloquio la delegazione americana squaderna sul tavolo dossier critici, informazioni che fanno cambiare idea al leader ucraino. Il primo è il probabile piano d’attacco russo incentrato sulla presa della base di Hostomel, non distante dalla capitale. Il secondo riguarda un’operazione che ha nel mirino lo stesso presidente: vogliono ucciderlo per «decapitare» il Paese e facilitare la conquista. I dati sono pesanti, aiutano gli americani ad allontanare i dubbi che sia tutta propaganda.
L’Ucraina reagisce preparandosi ad «accogliere» le truppe aerotrasportate e i ceceni all’aeroporto di Hostomel, manovra coronata da successo. Gli aggressori sono decimati, la sconfitta tattica ha ripercussioni strategiche. Gli apparati interni, invece, si dedicano al contrasto di sabotatori, infiltrati, eventuali assassini. Sono sventati almeno due progetti d’attentato contro Zelensky, costretto da mesi a misure di sicurezza che non ammettono errori. Tutti questi particolari sono stati rilanciati da un libro appena uscito, The Fight of His Life: Inside Joe Biden’s White House, scritto da Chris Whipple.
Ore 15:23 - Zelensky accoglie richiesta di dimissioni da Arestovich
L'ufficio di Zelensky ha accolto la richiesta di dimissioni di Aleksey Arestovich dalla carica di consigliere. Lo comunica l'addetto stampa presidenziale, Sergei Nikiforov, come riporta Ukrainska Pravda. Arestovich ha commesso l'errore di aver detto che il missile Kh-22 russo che ha colpito il palazzo di Dnirpo è stato abbattuto dalle forze di difesa aerea ucraine che lo hanno fatto cadere su un edificio residenziale.
Ore 15:37 - Mosca: vietato l'ingresso in Russia ai membri del Parlamento Ue
In risposta al nono pacchetto di sanzioni dell'Unione Europea, Mosca ha esteso la lista nera dei funzionari dell'Ue a cui è vietato l'ingresso in Russia: lo ha dichiarato il ministero degli Esteri russo, come riporta la Tass. Secondo il ministero, le sanzioni russe riguardano i capi delle agenzie di polizia dell'Ue, coinvolti nell'addestramento delle truppe ucraine nell'ambito della missione Ue di assistenza militare a Kiev. Inoltre, sono state imposte sanzioni contro strutture governative e commerciali europee che producono armi e hardware militare e li forniscono a Kiev, nonché contro cittadini dell'Ue che, afferma il ministero russo, «si lasciano andare a una sistematica retorica anti-russa in pubblico». La lista nera comprende anche diversi membri del Parlamento europeo.
Ore 16:17 - Putin: il 2022 anno molto difficile per la Russia
Il 2022 è stato «un anno molto difficile» per la Russia, ma «siamo riusciti a superare quei rischi che si sono presentati in gran parte inaspettati»: lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin, come riporta Ria Novosti. «Nel 2022 non conoscevamo i rischi finanziari, di bilancio, strutturali, logistici, eppure li abbiamo attraversati. Abbiamo attraversato questa foresta e vediamo meglio il 2023 dal punto di vista di questi rischi. Rischi tecnologici e infrastrutturali non sono stati superati. Capiamo cosa sta succedendo e se lo capiamo, allora dobbiamo affrontarli in modo molto più efficace», ha detto Putin.
Ore 16:36 - Von der Leyen: grande piacere incontrare Zelenska
«È stato un grande piacere incontrare Olena Zelenska. La solidarietà della Ue nei confronti dell’Ucraina è sempre più forte. Sosteniamo l’Ucraina nella ripresa e nella ricostruzione e uniamo le forze per prenderci cura dei bambini ucraini. Li riportiamo a scuola e diamo loro un futuro luminoso». È quanto recita un tweet della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen che ha incontrato oggi a Davos la first lady ucraina.
Ore 16:49 - Lsv, appello al governo di Belgrado: vietare attività Wagner in Serbia
La Lega dei socialdemocratici della Voivodina (Lsv), un partito locale della regione autonoma nel nord della Serbia, ha chiesto al governo di Belgrado di vietare strettamente ogni attività in Serbia della formazione paramilitare e terroristica russa `Wagner´, e di sanzionare secondo la legge chiunque, serbo o straniero che sia, operi per conto di tale organizzazione in Serbia. In un comunicato diffuso dai media, Lsv afferma che `Wagner´ - formazione nota per la brutalità e l'efferratezza dei suoi crimini - partecipa all'aggressione russa contro l'Ucraina, e secondo alcune valutazioni costituirebbe circa il 10% delle forze militari che attaccano e distruggono tale Paese indipendente. «L'opinione pubblica lo scorso dicembre ha appreso della presenza di tale gruppo nel nostro Paese, e alcuni giorni fa per mezzo di annunci ha invitato i cittadini serbi al reclutamento per recarsi a combattere in Ucraina», ha detto Lsv nel comunicato, aggiungendo che «i legami di `Wagner´ con pericolosi gruppi di destra serbi sono più che evidenti. Tutto ciò va fermato. Il gruppo paramilitare e terrorista `Wagner´ va espulso dalla Serbia». (qui il podcast: Delitti e misteri della Wagner, i mercenari di Putin nel mondo).
Ore 17:05 - Kiev: tribunale per crimini guerra potrebbe essere pronto in 1 anno
L'Ucraina potrebbe creare un tribunale per i crimini di guerra per la leadership russa entro un anno e mezzo. Lo ha detto il vice capo dell'ufficio del presidente ucraino Andrii Smyrnov, aggiungendo che l'Ucraina ha già raccolto le adesioni per la creazione di un tale organismo dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea. «Rispetto ai tempi normali richiesti per l'istituzione di tribunali competenti, ci stiamo muovendo a velocità ipercosmica», ha detto Smyrnov a Ukrinform. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato il 30 novembre che l'Ue stava lavorando per istituire un tribunale internazionale per il crimine russo di aggressione dell'Ucraina.
Ore 17:14 - Kiev: salgono a 45 i morti a Dnipro, 6 i bambini
«Secondo informazioni aggiornate, il missile russo (a Dnipro, ndr) ha ucciso 45 persone, tra cui sei bambini». Lo riferisce via Telegram il capo della regione di Dnipropetrovsk, Valentyn Reznichenko. Lo riporta Ukrinform. La polizia, i volontari e il sindaco di Dnipro hanno portato fiori in ricordo delle vittime dell'attacco russo al condominio.
Ore 17:21 - Telefonata Meloni-Macron su Ucraina e immigrazione
Cordiale conversazione telefonica tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, nel corso della quale sono stati affrontati i principali temi al centro dell'agenda europea e internazionale. È stata ribadita la volontà di garantire il pieno sostegno all'Ucraina e l'urgenza di individuare a livello europeo soluzioni efficaci per sostenere la competitività delle imprese europee e per contrastare l'immigrazione illegale attraverso un effettivo controllo delle frontiere esterne dell'Unione europea. Il presidente del Consiglio Meloni e il presidente Macron hanno concordato di continuare a confrontarsi su queste tematiche largamente condivise.
Ore 17:36 - 1° febbraio Municipi illuminati per dire «Stop alle bombe sui civili»
Il 1° febbraio, in occasione della Giornata Nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo, istituita all'unanimità dal Parlamento con la legge 25 gennaio 2017 n. 9, l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) e l'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra (Anvcg) invitano tutti i Comuni italiani a illuminare di blu i propri edifici e ad esporre lo striscione «Stop alle bombe sui civili». I Comuni sono invitati ad esporre lo striscione e a illuminare con luce blu per almeno tre ore, dalle 18:00 alle 21:00, la facciata del Municipio o di un altro edificio rappresentativo.
Ore 17:40 - Primo incontro tra i capi degli eserciti di Ucraina e Usa
Il comandante in capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhnyi ha avuto un primo incontro faccia a faccia con il capo di stato maggiore dell'esercito americano Mike Milley, oggi in Polonia. «Ho esteso la mia gratitudine al generale Mark Milley per il sostegno e l'assistenza incrollabili forniti dagli Stati Uniti d'America e dagli alleati dell'Ucraina», ha detto Valerii Zaluzhnyi.
Ore 18:01 - Zelensky a Vespa: «Più duro di lui? Putin ha già fatto di tutto»
«Più duro...Ma si può essere ancora più duri? Io non capisco... Mi sembra lui abbia già utilizzato tutto ciò che poteva, abbia già realizzato tutto il suo potenziale. La retorica dura non la prendiamo in considerazione»: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky risponde così a Bruno Vespa, nell'intervista che andrà in onda stasera a Porta a porta, che ipotizzava un successore di Putin più duro del presidente russo.
Zelensky ha anche parlato dell'ipotesi dell'uso di una bomba nucleare tattica da parte russa: «Probabilmente tutto può succedere ma vedo che lui ama tutto ciò di cui si è circondato. Mi sembra lui lo ami e lo apprezzi molto. L'utilizzo delle armi nucleari gli porterebbe via tutto questo mondo velocemente. Subito. Il giorno dopo», ha continuato il presidente ucraino. Infine, Zelensky ha detto che secondo lui Putin «sta cercando e cercherà una via d'uscita da questa guerra, che è stata un errore. Non lo dice alla sua società ma lui se ne rende conto che è stato un grande errore. Il suo grande errore personale. Perciò lui cercherà una via d'uscita. E le armi nucleari non sono una via d'uscita di sicuro», ha proseguito il capo dello Stato ucraino.
Convinto di entrare nella Ue entro due anni, Zelensky ha anche avvisato gli alleati: «Se non fermiamo Putin, altro che Unione Europea. Ci sarà la Terza Guerra Mondiale perché quando lui invaderà la Polonia, gli Stati Baltici, nessuno riuscirà a fare nulla, bensì tutti entreranno nella guerra. Tutti»,ha aggiunto, precisando che «anche l'Italia, la Francia gli Stati Uniti, l'Inghilterra, tutti gli stati membri della Nato saranno costretti a entrare nella guerra per dimostrare che la NATO esiste davvero, e la NATO lavora e non solo, se qualcuno dei leader degli stati NATO non vorrà entrare nella guerra, le loro società non glielo consentiranno».
Ore 18:28 - Kissinger: Kiev nella Nato
Un cessate il fuoco lungo le linee antecedenti l'invasione sarebbe «un risultato ragionevole» per l'Ucraina, che deve evitare di trasformare quella in corso in una «guerra contro la Russia» ma che avrebbe ora ben diritto a entrare nella Nato. Lo ha detto oggi l'ex segretario di Stato ed ex consigliere alla Sicurezza nazionale degli Stati Uniti Henry Kissinger, intervenendo in collegamento video al Forum economico mondiale di Davos. «Prima della guerra mi opponevo all'adesione di Kiev alla Nato. Ora, tuttavia, credo che l'idea di un'Ucraina neutrale non sia più perseguibile», ha osservato Kissinger, oggi 99enne, ribadendo la necessità di arrivare a un cessate il fuoco nel breve periodo.
Ore 18:33 - Olanda invierà Patriot a Kiev
L'Olanda manderà missili Patriot all'Ucraina. Lo ha detto il premier Mark Rutte, in visita alla Casa Bianca, citato dall'agenzia olandese Anp.
Ore 19:07 - Australian Open, confermato il divieto di bandiere russe e bielorusse
Durante la prima giornata dell'Australian Open, un'immagine aveva attirato l'attenzione di Vasyl Myroshnychenko, ambasciatore dell'Ucraina in Australia e Nuova Zelanda. Qualche tifoso aveva infatti esposto una bandiera russa nel corso della partita fra Kamila Rakhimova, 21enne di Ekaterinburg in campo come atleta neutrale, e l'ucraina Kateryna Baindl, che avrebbe poi vinto. «Condanno fermamente l'esposizione pubblica della bandiera russa durante partita all'Australian Open e chiedo a Tennis Australia di prendere provvedimenti», aveva scritto su Twitter. I provvedimenti sono arrivati. Tennis Australia, la federtennis nazionale che organizza il primo Slam della stagione, ha stabilito che le bandiere russe e bielorusse saranno vietate a Melbourne Park, dove si disputa l'Australian Open. «Avevamo inizialmente deciso di consentire ai tifosi di portare le bandiere, ma a patto che non venissero usate per causare disturbi - si legge in un comunicato, così come riporta SuperTennis - Ieri c'è stato un incidente per una bandiera esposta a bordo campo. Il divieto entrerà in vigore immediatamente».
Lo scorso anno l’All England Lawn Tennis Club, che ospita il torneo di Wimbledon, il più celebre sul panorama tennistico, ha escluso i giocatori di Russia e Bielorussia.
Ore 19:14 - Usa, iniziato addestramento forze Ucraina sui Patriot
«Il training dei soldai ucraini sui Patriot è iniziato e durerà diversi mesi». Lo ha detto il portavoce del Pentagono, Pat Ryder, in un briefing con la stampa a proposito dell'addestramento delle forze di Kiev a Fort Sill, in Oklahoma.
Ore 19:44 - Rutte: «Anche l’Olanda invierà patriot a Kiev»
Il Primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte conferma il proprio sostegno alla linea americana sull’invio dei patriot all’Ucraina invasa. «Anche l’Olanda farà la sua parte e forniremo i missili a Kiev».
Ore 20:08 - Kieva accusa Mosca: «Oltre 2mila cyberattacchi russi nel 2022»
L’Ucraina ha accusato la Russia di aver lanciato oltre 2mila cyberattacchi nel corso del 2022, di fatto da quando è scoppiato il conflitto. Su 2.194 minacce registrate e riconosciute sono almeno 1.655 quelle che possono essere ricondotte direttamente a Mosca. Gli esperti in cybersicurezza di Kiev hanno poi aggiunto: «Molti di questi hacker non nascondono neanche la loro identità, ma sono direttamente finanziati dall’Fsb (il Servizio di Sicurezza Federale russo)». Il Cremlino non ha commentato le accuse.
Ore 20:52 - Macron-Meloni: «Sostegno militare, economico e umanitario a Kiev»
Il presidente francese Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni hanno discusso del sostegno militare, umanitario ed economico che l’Europa fornisce all’Ucraina contro l’aggressione della Russia: «Continueremo a fornirlo fino a quando sarà necessario». Lo riferiscono fonti dell’Eliseo dopo la telefonata tra i due leader, durante la quale si è parlato anche dell’agenda europea, in vista del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio.
Ore 20:15 - Confronto Biden-Scholz: «Pieno sostegno a Kiev»
Il presidente americano e il cancelliere tedesco sono tornati a condannare l’azione bellica russa durante una conversazione telefonica. La Casa Bianca ha commentato che i due leader hanno confermato il fermo supporto all’Ucraina, anche in merito all’assistenza militare da fornire al Paese invaso.
Ore 20:31 - Consiglio supremo di Difesa con Mattarella e Meloni: «Piena adesione a decisioni Nato e Ue»
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha presieduto al Quirinale, la riunione del Consiglio supremo di difesa. Hanno partecipato la Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e i ministri Antonio Tajani, Matteo Piantedosi, Guido Crosetto, Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso e il Capo di Stato maggiore della difesa Giuseppe Cavo Dragone.
Il Consiglio ha esaminato la situazione della guerra in Ucraina e discusso delle conseguenze che sta producendo sia in termini di equilibri geopolitici generali sia di effetti complessivi sull’Italia. Ha poi ribadito la ferma condanna dell’aggressione della Federazione russa all’Ucraina come una violazione gravissima del diritto internazionale e un inaccettabile attentato all’ordine mondiale basato su regole di convivenza pacifica e dialogo nel segno del multilateralismo. Il Consiglio ha garantito la piena adesione alle decisioni assunte dalla Nato e dall’Unione europea.
Ore 21:12 - Attacco a Dnipro, sale a 45 il numero delle vittime
I morti nell’attacco russo (smentito dal Cremlino) nella città di Dnipro contro un edificio di civili sono saliti a 45. Lo riporta l’agenzia di stampa Associated Press.
Ore 21:38 - Filorussi di Luhansk: «Scoperto grande deposito di armi ucraine»
Il ministero degli Affari Interni dell’autoproclamata repubblica di Luhansk ha reso noto di aver scoperto un grande deposito di armi e munizioni delle forze di sicurezza ucraine nella regione di Belovodsk. Lo ha reso noto Ria Novosti. Nel deposito sarebbero state rinvenute cartucce di vari calibri, mine e granate.
Ore 23:39 - Zelensky: «Il mondo ci ascolta a Davos»
«Il forum annuale di Davos, tradizionalmente una potente piattaforma politica ed economica globale, è iniziato oggi. Il mondo ascolta l’Ucraina a Davos: sanno cosa ha fatto la Russia a Dnipro, sanno cosa stanno facendo i terroristi a Kherson, Kharkiv, il nostro Donbass e altri territori in cui la Russia ha portato la morte». Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un passaggio del suo messaggio serale su Telegram.
Estratto dell’articolo di Andrea Marinelli e Guido Olimpio per corriere.it il 17 gennaio 2022.
Gennaio 2022, giorni di grande tensione. Gli Stati Uniti lanciano avvisi ripetuti sul rischio di invasione dell’Ucraina. In Europa c’è scetticismo, non fidano. E allora Washington sceglie un messaggero convincente, il direttore della Cia William Burns, partito per Kiev per la missione dell’ultima ora.
Il capo dell’intelligence incontra Volodymyr Zelensky, fino ad allora cauto sul pericolo incombente. Nel colloquio la delegazione americana squaderna sul tavolo dossier critici, informazioni che fanno cambiare idea al leader ucraino.
Il primo è il probabile piano d’attacco russo incentrato sulla presa della base di Hostomel, non distante dalla capitale. Il secondo riguarda un’operazione che ha nel mirino lo stesso presidente: vogliono ucciderlo per «decapitare» il Paese e facilitare la conquista. I dati sono pesanti, aiutano gli americani ad allontanare i dubbi che sia tutta propaganda.
L’Ucraina reagisce preparandosi ad «accogliere» le truppe aerotrasportate e i ceceni all’aeroporto di Hostomel, manovra coronata da successo. […]
Sono sventati almeno due progetti d’attentato contro Zelensky, costretto da mesi a misure di sicurezza che non ammettono errori. Tutti questi particolari sono stati rilanciati da un libro appena uscito, The Fight of His Life: Inside Joe Biden’s White House, scritto da Chris Whipple. […]
Lo sviluppo della crisi conferma in modo drammatico l’allerta di Burns, un diplomatico di lunga data ed esperienza che era volato fino a Mosca per scongiurare il peggio. Ma Vladimir Putin aveva ormai deciso.
Quei contatti moscoviti hanno però aperto un canale di comunicazione mai interrotto e utile. La conferma è nelle parole pronunciate oggi da Sergei Naryshkin, capo dello spionaggio esterno, che aveva avuto un colloquio con la controparte ad Ankara in novembre: è possibile un nuovo incontro. «Non possiamo escluderlo», ha aggiunto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, «questa forma di dialogo ha un senso». Sembra quasi un invito.
(ANSA il 17 gennaio 2022) - Si è dimesso Oleksij Arestovich, tra i consiglieri del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva subito duri attacchi per aver affermato che il missile russo che sabato ha provocato una strage in un condominio di Dnipro era caduto sull'edificio residenziale perché deviato da un impatto con un razzo dei sistemi di difesa ucraini.
Su Facebook Arestovych posta una fotografia della sua lettera di dimissioni da consulente esterno dell'ufficio di presidenza, ufficio che aveva già lasciato lo scorso anno. "Porgo le mie sincere scuse ai parenti delle vittime di Dnipro e a tutti coloro che sono stati feriti profondamente dalla mia preliminare versione errata", scrive Arestovych, aggiungendo però che "il livello dell'odio" verso di lui "è incomparabile con le ripercussioni di questo errore in diretta".
Arestovych se la prende con Mosca, che a suo parere ha cercato di sfruttare l'episodio per creare divisioni tra gli ucraini, ma anche con "l'opposizione ucraina che attacca il potere vincendo punti politici in questa guerra e pensando alle future elezioni". L'ex consigliere parla quindi esplicitamente di "odio degli ucraini contro gli ucraini". Le affermazioni contestate sulla dinamica del bombardamento di Dnipro erano state fatte da Arestovych durante un'intervista su Youtube con l'oppositore russo Mark Feigin.
Il disertore della Wagner: "Dirò tutto sui nostri crimini". Storia di Matteo Basile su Il Giornale il 18 gennaio 2022.
In questo anno di guerra abbiamo imparato a conoscere la brigata Wagner. Un gruppo di mercenari spietati, senza scrupoli, violenti. Capaci di arruolare tra le proprie fila il peggio del peggio della società russa, attingendo anche alle carceri dove hanno preso in carico delinquenti e criminali della peggior specie. Ma mai c'era stato, sinora, un racconto dall'interno di questo famigerato e ormai potentissimo gruppo, decisivo per più di una battaglia in corso in Ucraina. Adesso, grazie a un ex comandante del gruppo che ha deciso di disertare ed è riuscito a fuggire in Norvegia, almeno una piccola parte di quello che tutti già in qualche modo sapevamo emerge nella sua brutalità. Un racconto di violenza, soprusi, uccisioni sommarie sia di nemici che di alcuni compagni di brigata che non avevano eseguito gli ordini alla lettera.
Si chiama Andrey Medvedev, ha 26 anni, e non ne poteva più di quanto ha visto e vissuto. Dopo essere fuggito dalla sua unità, ha attraversato il confine con la Norvegia vicino alla valle di Pasvikdalen, dove è stato arrestato per essere entrato illegalmente nel Paese in cui però ha fatto richiesta di asilo. Medvedev è il primo soldato dei Wagner fuggito all'estero e ora racconta la brigata. «Ho combattuto a Bakhmut, comandando la prima squadra del 4° plotone del 7° distaccamento d'assalto», ha detto al britannico Guardian, spiegando che la sua unità era composta principalmente da ex prigionieri che sono stati gettati nei combattimenti come «carne da macello». Medvedev ha raccontato come fosse scioccato dei metodi utilizzati dalla Wagbner, dopo aver assistito all'uccisione e al maltrattamento dei prigionieri russi che sono stati portati al fronte. «Quanto ho visto mi ha scioccato fino al midollo», ha detto.
A proposito dei detenuti, secondo le stime dell'intelligence sarebbero almeno 40mila quelli liberati per essere arruolati. «Nel mio plotone, solo tre uomini su 30 sono sopravvissuti. Ci hanno dato più prigionieri, e anche molti di loro sono morti», anche perché numerosi uomini sono stati uccisi dai comandamenti per aver disubbidito agli ordini. «I comandanti li hanno portati in un campo di tiro e sono stati fucilati davanti a tutti. Uno alla volta ma anche in coppia», ha raccontato Medvedev. Tra questi, anche Yevgeny Nuzhin, un assassino reclutato da Wagner che si è arreso alle forze ucraine, ma in seguito è stato catturato e ucciso brutalmente. Il video della sua esecuzione, a colpi di martello in testa, era stato diffuso dalla stessa compagnia come monito per i disertori. «Un cane viene ucciso come un cane», aveva commentato il famigerato Prigozhin, comandante della Wagner. «Temo che il mio destino sarà lo stesso di Nuzhin per aver parlato. Ho paura per la mia vita», ha detto l'ex soldato, che aspetta ora di ottenere l'asilo politico in Norvegia ed è pronto a raccontare tutto ciò che sa sulla brigata e su Prigozhin, anche nelle inchieste sui crimini di guerra compiuti in Ucraina a cui ha assistito.
Il suo racconto conferma quanto spietato sia il gruppo Wagner, considerato il braccio più violento del regime di Putin, al punto da essere inviso a buona parte dell'esercito regolare per il potere che sta accumulando, dopo aver svolto un ruolo chiave in alcune battaglie come l'assedio, tutt'ora in corso, di Soledar e Bakhmut. La Wagner era già noto prima della guerra in Ucraina per aver svolto azioni sia in Siria sia in Africa, dove i suoi membri si sono macchiati di crimini vari, soprattutto il massacro di civili inermi. La stessa brutale strategia adottata anche in Ucraina.
La nuova guerra nel cortile di casa dello Zar. Storia di Matteo Carnieletto su Il Giornale il 18 gennaio 2022.
Lachin (Azerbaigian) - “Basta inquinare, salviamo la natura, salviamo noi stessi”. Gli ecologisti azerbagiani, circa duecento persone in tutto che si danno il cambio ogni otto ore, scandiscono a voce alta i loro slogan. Da oltre trenta giorni stanno manifestando nella strada di Lachin e l’Armenia li accusa di bloccarla per motivi politici. Qui tutti rispediscono le accuse al mittente e preferiscono focalizzarsi principalmente sull’ambiente: “Per decenni, gli occupanti armeni hanno depredato queste terre, inquinando l’ambiente. Lo stanno continuando a fare e adesso è arrivato il momento di dire basta”, racconta un manifestante. Ma non solo.
Alla base delle manifestazioni, ripetono fonti azerbaigiane fin dall’inizio, una molteplicità di fattori: la strada pare sia stata utilizzata illegalmente, già all’indomani della firma della Dichiarazione tripartita del 2020, per il traffico illegale di armi, di mine (principale problema ancora oggi per la normalizzazione dell’area), minerali – oro e rame – sottratti dalle miniere azerbaigiane. E ancora si parla anche di movimenti illegali di cittadini stranieri, principalmente dall’Iran, lungo questo percorso. Un altro manifestante però confida che in questa vicenda l’ambiente è certamente importante ma che c’è pure dell’altro: “Non ce ne andremo da qui finché non lo faranno anche i russi e gli armeni e noi avremo finalmente il controllo delle nostre terre”.
Attorno ai manifestanti, soprattutto giovanissimi e universitari, dietro a una recinzione, sono schierati gli uomini delle forze speciali azerbaigiane. Arma automatica a tracolla e pugnale d’ordinanza alla cintura, gli abitanti del posto li vedono come degli eroi. Sono stati loro, raccontano i cittadini di Shusha, ad aver liberato la città durante l’ultima guerra, la seconda tra Armenia e Azerbaigian, combattuta nel 2020. “Per anni”, raccontano, “i nostri soldati si sono addestrati in modo tale da poter muoversi sulle montagne nel modo migliore e portando con sé il migliore, e allo stesso tempo più leggero, equipaggiamento militare”. Fonti ufficiali azerbaigiane, che preferiscono rimanere anonime, raccontano che la conquista della città da parte delle forze speciali azerbaigiane è diventata un caso di studio sia per gli Stati Uniti sia per Singapore e che recentemente è stato siglato un accordo tra il nostro ministero della Difesa e quello azerbagiano.
Sullo sfondo delle manifestazioni, sono presenti blindati e soldati russi che – come è ormai divenuta usanza dopo l’inizio della guerra con l’Ucraina il 24 febbraio del 2021 – si riconoscono, oltre che dalla bandiera, anche dalla vistosa “Z” bianca su sfondo nero sul braccio. I giornalisti non li possono raggiungere. Non sembrano essere molto interessati a ciò che accade attorno a loro: c’è chi chiacchiera, chi legge un libro e infine chi è immerso totalmente nel telefonino, probabilmente su qualche social network. I soldati di Mosca “circondano” i manifestanti di Lachin e garantiscono, almeno sulla carta, la sicurezza dell’area. Ogni quaranta minuti circa si vedono i mezzi russi attraversare la strada e i ragazzi (ma tra di loro c’è pure qualche babushka) che compongono la manifestazione ecologista si spostano, lasciandoli passare. Non si parla dunque di un blocco, ne’ di catastrofe umanitaria, i mezzi russi passano, così come ambulanze, aiuti umanitari e mezzi della Croce rossa internazionale.
L’Armenia, che fino a poco tempo fa aveva un solido rapporto con la Russia di Vladimir Putin, recentemente ha iniziato ad accusare Mosca di non riuscire più a garantire la pace in Karabakh. Difficile dire se sia davvero così. Quello che è certo è che Putin si trova ora impelagato nel lungo conflitto ucraino e stretto nella morsa delle sanzioni occidentali. “Sotto l’unione sovietica, in Azerbaigian c’erano tre basi militari russe”, ci racconta una fonte governativa, “ora ci sono solo i soldati nel Karabakh”. Quello che si percepisce è che quello che è stato il cortile di casa dell’Unione sovietica si sta riorganizzando, cercando di avere un rapporto più equilibrato con Mosca che da un lato sostiene militarmente l’Armenia e dall’altro fa affari con l’Azerbaigian. Gli armeni temono che una nuova guerra, peggiore di quella del 2020, possa piombare sulle loro teste.
La tensione su quanto sta accadendo a Lachin è alta. E basta una piccola scintilla per provocare un grande incendio. “Sono certo che qualcosa potrà cambiare”, racconta una fonte azerbaigiana, “nella prossima primavera o in estate”.
Caccia a propaganda rossa. Il missile ipersonico Zircon non basta a nascondere i limiti dei sottomarini russi. Michelangelo Freyrie su L’Inkiesta il 18 Gennaio 2023.
La fregata Admiral Gorshkov naviga vicino alle coste italiane, spagnole e greche per dimostrare la supposta potenza navale del Cremlino, ma le sanzioni di questi anni hanno indebolito la flotta di Putin, inferiore per numero e qualità rispetto alle forze Nato
Ogni guerra fredda ha la propria versione di Caccia a Ottobre Rosso, e una versione aggiornata ne sta andando in scena fra le onde del Mediterraneo. Con l’entrata dallo stretto di Gibilterra della fregata Admiral Gorshkov, i russi stanno infatti conducendo una operazione dimostrativa a beneficio dell’opinione pubblica europea. La nave russa navigherà in prossimità delle acque territoriali alleate, incluse quelle italiane, in uno show of force che metta in guardia le capitali occidentali. Se negli anni ‘80 la principale minaccia navale all’Alleanza atlantica erano infatti i sottomarini sovietici, gli anni ‘20 di questo secolo vedranno contrapporre alle flotte NATO anche una flotta di navi di superficie russe altamente avanzate, equipaggiate con un’arma letale contro la quale ancora non sono state sviluppate contromisure: il missile ipersonico Zircon.
Questa, almeno, é la narrazione propagata dal Cremlino, la cui ambizione è poter tornare a una situazione di essenziale parità strategica con Washington e Bruxelles. Al di là della propaganda, la verità è un po’ diversa. La flotta russa (Voennoy morskoy flot, o Vmf) è per lo più inferiore alle sue controparti occidentali in termini di capacità operative e livello tecnologico. Quasi un decennio di sanzioni ha avuto effetti devastanti sulla cantieristica navale russa, che languiva già in un certo stato di abbandono rispetto alle forze terrestri, aeree e missilistiche. Pur dotata di sottomarini nucleari e nonostante sia la terza marina al mondo in termini di tonnellaggio, molte navi in dotazione alla Vmf sono obsolete in termini tecnologici e costruttivi.
Una nuova generazione di fregate
Nei piani dell’ammiragliato russo, la Admiral Gorshkov dovrebbe rappresentare l’esempio più virtuoso di una nuova rotta. La fregata, varata nel 2010 e capostipite di una nuova classe (Progetto 22350), è stata infatti equipaggiati con missili ipersonici 3M22 Zircon, una famiglia di effettori che da qualche tempo a questa parte desta una certa preoccupazione nei comandi navali europei e americani. Anche se è dibattuto quanto i missili ipersonici siano una rivoluzione tecnologica, non vi è dubbio che il passaggio di una nave equipaggiata con questi sistemi così vicino alle coste italiane, spagnole e greche rappresenta un elemento di allarme per la Nato.
La novità di questa tecnologia non è tanto la velocità, superiore alla barriera del suono: tali capacità sono già raggiungibili da missili balistici, i quali seguono tuttavia una traiettoria parabolica abbastanza prevedibile. Sulla carta, la Zircon ha invece la capacità di raggiungere Mach 9 (ovvero unidicimila chilometri all’ora) pur essendo un missile “da crociera”: ciò lo rende quindi manovrabile, gli permette di rimanere all’interno dell’atmosfera terrestre e di viaggiare anche a pelo d’acqua, rendendo molto difficile intercettarlo. In più, la pressione dell’aria generata sulla punta crea una nuvola di plasma mobile che assorbe le onde radio e lo rende invisibile ai radar attivi. Anche se le fonti ufficiali russe sostengono che lo Zircon può volare fino a mille chilometri, i testi effettuati a oggi hanno dimostrato solo un raggio d’azione effettivo in eccesso di 500 chilometri (circa un terzo della portata di un Tomahawk americano, o la distanza fra Roma e il canale di Sicilia).
La letalità dello Zircon è particolarmente pronunciata contro obiettivi nevralgici alla base dell’approccio navale occidentale, aggravato dal fatto che non esistono attualmente sistemi sviluppati ad hoc per intercettare e abbattere questo tipo di effettore. Il missile ipersonico è stato studiato per eliminare assetti di alto valore come portaerei e infrastrutture critiche di comando e controllo a terra. L’entrata nel Mediterraneo della Gorshkov completa il ventaglio di missioni che la Vmf svolge sul fianco Sud europeo: esercitare una funzione di deterrenza strategica a minaccia di obbiettivi alleati in Europa, poter cogliere l’opportunità di condurre azioni clandestine contro infrastrutture critiche come gasdotti e cavi internet, e infine poter ingaggiare le flotte in acque lontane dal territorio russo, tenendo così a distanza anche le loro capacità missilistiche di attacco a terra.
Detto questo, la Gorshkov è anche il simbolo dei limiti del potere navale russo. A oggi esistono solo tre navi derivanti dal Progetto 22350, di cui una è attualmente in fase di collaudo. La tabella di marcia per le altre cinque fregate ha già subito dei rallentamenti. Ironicamente, la principale fornitrice di turbine per navi dell’Urss prima e della Russia poi è sempre stata l’Ucraina, che dal 2014 ha chiaramente cessato di essere un partner commerciale per l’industria militare russa.
Il disastro della Moskva nell’estate del 2022, poi, è stato esemplare: la nave di progettazione sovietica non era stata modernizzata come inizialmente previsto, rimanendo estremamente vulnerabile a nuove tattiche quali l’utilizzo di droni e la proliferazione di missili antinave. Per sopperire all’incapacità di varare un numero adeguato di nuove navi, Mosca ha adottato una strategia mirata all’ammodernamento della propria marina, caricando scafi esistenti con nuovi sistemi missilistici di precisione come il Kalibr e lo Zircon. Questo serve ad aumentare il raggio di ingaggio delle navi e renderebbe anche modeste corvette un assetto operativo importante, grazie alla loro capacità di proiettare forza su distanze maggiori e più sicure. Se ciò basterà a controbilanciare l’obsolescenza degli scafi, che spesso non permettono un adattamento flessibile a nuove missioni, è tutto da dimostrare.
Ma almeno per quel che riguarda il Mediterraneo, è abbastanza scontato che nell’ipotesi di un conflitto fra Russia e Nato le navi russe nella regione (oltre alla Gorshkov di passaggio, attualmente dovrebbero esserci la sua gemella Admiral Kasatanov, la fregata Admiral Grigorovich, tre corvette e un sottomarino classe Kilo) sarebbero fortemente vulnerabili. Il bacino del Mediterraneo è estremamente trafficato e pattugliato dalle task force multinazionali dell’Alleanza atlantica. L’operazione Sea Guardian della Nato e Mediterraneo sicuro della Marina italiana garantiscono una schiacciante superiorità numerica in termini di navi schierate, e le forze statunitensi ed europee dominano lo spazio aereo nella regione. La vera incognita rimane il fattore sottomarini, che nonostante tutto sono ancora oggi il vero punto di forza delle forze navali russe. Benché le capacità antisommergibili occidentali siano di gran lunga migliorate, non da ultimo grazie all’introduzione delle fregate Fremm italofrancesi in configurazione antisom, l’ambiente subacqueo rimane l’unico nel quale i russi potrebbero prendere in contropiede le difese Nato nel Mediterraneo.
Criminali di guerra e ladri. I russi hanno rubato oltre duemila opere d’arte ucraine. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 18 Gennaio 2023.
I furti sono organizzati come operazioni belliche, i reperti di Kherson ricompaiono in Crimea e nella Federazione. Non è mercato nero, ma appropriazione culturale: le più gravi depredazioni dai tempi dei nazisti sono l’ultimo capitolo di un secolare ladrocinio che non è mai riuscito ad annientare l’identità degli eredi della Rus’ di Kyjiv
Prima di bombardare i musei, in Ucraina i russi li hanno saccheggiati. Questa appropriazione imperialistica, questo colonialismo culturale non sono nuovi. Lo hanno fatto per secoli. L’icona Vladimirs’ka su cui giuravano gli zar era stata donata da Costantinopoli a Kyjiv, dove ha preso il nome dal monastero di Vyshhorod. L’ha rubata lo zar Anrej Bogoliubskiy. Novecento anni dopo, le truppe di Vladimir Putin hanno spogliato il patrimonio delle aree che hanno temporaneamente occupato: Kherson, Mariupol, Melitopol, Kakhovka. Sono i più gravi furti d’arte dai tempi della Seconda guerra mondiale, quando a perpetrarli erano i nazisti.
Depredazioni, e devastazioni. I missili del Cremlino hanno colpito quartieri residenziali, infrastrutture e linee elettriche, ma anche siti storici. Più di duecento sono stati danneggiati, secondo le ultime verifiche dell’Unesco: 245 in totale, tra cui centoquattro luoghi di culto, diciotto musei, diciannove monumenti, undici librerie, ottantatré edifici di valore storico. A Ivankiv, a Nord della capitale, si sono perse tra le fiamme molte opere di Mariya Pryymachenko, artista elogiata da Picasso all’Expo del 1937 a Parigi. Sotto le tinte della vita rurale, traspariva l’orrore stalinista: il genocidio e le deportazioni. Un uomo ha rischiato la vita per salvarne alcune. Pryymachenko è più che mai un simbolo di pace globale.
Come per i pezzi rubati, oltre duemila stando agli inventari ancora da finire di compilare, però il conteggio reale è più alto. L’Ukrainian Institute ha fondato un progetto online intitolato «Cartoline dall’Ucraina». Mostra, con un accostamento fotografico tra il «prima» e il «dopo», le conseguenze del passaggio degli invasori. Ha censito 530 casi in tutto il Paese; nel Donbas la cronologia parte dal 2014, antefatto della guerra di oggi. È stridente il contrasto tra il primo scatto, dai portali turistici o esterni giorno a cui siamo abituati esplorando per gioco le città con Street View, e il secondo. Crateri, detriti, palazzi sventrati e ridotti a scheletri inceneriti.
«La città che un tempo custodiva la memoria è ridotta essa stessa a un ricordo», recita la conclusione della scheda su Mariupol. Il suo museo di Arte e Archeologia era frequentato da quattromila studenti dell’università. Inaugurato nel 2016, il 18 aprile è stato centrato dall’artiglieria nemica. Quella formula, da «luogo di memoria» a memoriale a cielo aperto dei crimini di guerra, ricorre nelle cartoline di troppi altri luoghi. È una aperta violazione dei trattati internazionali – tra cui la Convenzione dell’Aia del 1954 per la Protezione del patrimonio culturale, firmata da Mosca – anche la rapina di manufatti.
Le forze armate della Federazione si sono ritirate da Kherson a novembre. Quando gli ucraini sono rientrati in città, hanno scoperto che prima di andarsene i nemici avevano svuotato il museo regionale. Il New York Times ha raccontato un’operazione organizzata come un assalto militare: veicoli in attesa di essere caricati, soldati intenti ad avvolgere le opere in lenzuola per prepararle al trasporto, agli ordini di «esperti» che indicavano loro quelle più preziose. L’amministrazione ucraina accusa i russi d’aver sottratto quindicimila reperti. Si tratterebbe del più vasto furto collettivo d’arte dai tempi della Seconda guerra mondiale.
C’è un tornante della Storia in una delle cartoline da Kharkiv. Il museo d’arte, un secolo fa, esponeva Albrecht Dürer, Pieter Bruegel il Vecchio, Antony van Dyck, Hendrick Goltzius, Luca Giordano, François Boucher. I sovietici non inclusero la collezione nei piani d’evacuazione, allo scoppio del conflitto. Il Terzo Reich trasferì in Germania una piccola parte del patrimonio; il resto bruciò tra le fiamme appiccate prima della loro ritirata nel 1943. Nel febbraio 2022, come ottant’anni prima, i custodi sono dovuti fuggire. Hanno fatto il possibile per salvare i reperti, mentre le finestre andavano in frantumi e la facciata veniva deturpata dagli invasori.
Nello stesso oblast, i russi hanno “festeggiato” a colpi d’artiglieria i trecento anni dalla nascita del filosofo Hryhorij Savyč Skovoroda, bombardando la cittadina di Skovorodynivka, dove il poeta aveva vissuto. Tra i tesori del museo locale, ridotto nelle condizioni evidenti dalla foto di questo articolo, c’era l’iscrizione sulla tomba di Skovoroda: «Il mondo ha provato a prendermi, ma non c’è riuscito». Che poi è anche una possibile didascalia, o un epitaffio, ai fallimenti dell’armata di Putin dal 24 febbraio a ora. Buona parte delle opere, fortunatamente, era già stata messa al sicuro.
A Melitopol, occupata dai primi giorni di marzo, è stata chiara la premeditazione. La regia, anzi, dietro le spoliazioni. I testimoni hanno riferito di un uomo dal camice bianco, scortato da soldati russi, che con guanti e pinzette ha prelevato dalle teche i preziosi, tra cui manufatti d’oro dell’impero Sciita di più di duemila anni fa. Reperti simili erano già nelle mire di Mosca, se nel 2014 ha cercato di fare pressioni internazionali sull’Olanda durante un prestito all’estero.
Dipinti trafugati a Mariupol sono stati avvistati nei musei della Crimea, come gli ori di Melitopol. Lo stesso è accaduto per pezzi di Kherson, del miniaturista Ivan Pokhytonov e di Heorhii Kurnakov, tra gli altri. È la prassi dopo l’annessione illegale della penisola nel 2014. L’Interpol, da allora, è sulle tracce di cinquantadue tele sparite. Spesso ricompaiono nelle sale di Sebastopoli, o nella Russia continentale. In otto anni, il Cremlino ha distrutto o rimosso parte del patrimonio della regione. Dove ha potuto, ha sostituito gli originali con delle copie, con la scusa di “proteggerli”.
Il tentativo è quello di riscrivere il passato, di manipolare la memoria. Si provano a falsificare secoli di multiculturalismo, in nome delle bugie propagandistiche che hanno alimentato le pretese russe sulla penisola. Le statue scomparse dai parchi, i libri strappati alle biblioteche, le opere non sono “solo” crimini da ricettatori, spinti dalla cupidigia di fare soldi facili sul mercato nero. Scaturiscono da una visione imperialista. I rascisti hanno bisogno delle appropriazioni culturali per inventarsi un passato grandioso come leva geopolitica.
La Rus’ di Kyjiv, lo Stato che esisteva nel Medioevo nei territori ucraini, è più antico di Mosca. È la culla del Cristianesimo ortodosso, la madre delle città russe. Un’eredità che il Cremlino spaccia per sua. Come “La cronaca di Velychko”, la storia dei cosacchi ucraini, che oggi si trova nell’Archivio statale russo e solo qualche anno fa è stata pubblicata per intero. A essere precisi, anche il nome «Russia» è fregato all’Ucraina, cioè alla Rus’ di Kyjiv, adottato di punto in bianco il 22 ottobre 1721 dalla Moscovia di Piotr I.
Quelle radici portano all’Ucraina contemporanea, non all’impero posticcio e contraffatto di Putin, coi suoi ladri di sesta generazione. Per questo, le truppe hanno disseppellito persino le ossa di Grigory Potemkin, calandosi in una cripta. Roba da tombaroli. Al generale, nonché amante della zarina Caterina, si deve l’annessione del 1783 della Crimea. Ideologo dello sbocco su acque calde della madrepatria, la dottrina alla quale si è rifatto Putin nei suoi deliranti discorsi alla nazione.
È una guerra all’identità ucraina, ha detto più volte il ministro della Cultura, Oleksandr Tkachenko. Lo stesso annientamento che Mosca ha perseguito per secoli, sotto la dominazione zarista prima e sovietica poi. Durante l’Holodomor, la carestia artificiale di Stalin, le famiglie furono costrette a vendere i loro beni, scambiandoli per un pezzo di pane. È raro oggi avere un anello della bisnonna, per esempio. Anche quell’eredità venne estorta, per costrizione, ma stavolta Mosca non ci riuscirà. Il conflitto culturale l’ha già perso. Come ha concluso un servizio della Pbs, rubare gli emblemi del passato non basterà a riesumarlo.
Tempo e uomini: cosa insegna la battaglia di Soledar. Lorenzo Vita il 18 Gennaio 2023 su Inside Over.
La battaglia di Soledar rappresenta un punto importante per comprendere gli sviluppi della guerra in Ucraina. La feroce battaglia che ha avuto luogo non lontano dalla vera chiave strategica di questa fase bellica (la città di Bakhmut) ha infatti mostrato, ancora una volta, l’importanza delle operazioni terrestri e del fattore umano.
La quantità di uomini impiegati e l’uccisione dei soldati nemici sono elementi che vengono continuamente messi al centro delle notizie che giungono dal fronte e delle dichiarazioni di comandanti e leader politici. Qualcuno, per la grande e terribile battaglia che si combatte nell’area, ha parlato di “tritacarne”. La viceministra della Difesa ucraina, Hanna Maliar, ha espresso con un’immagine estremamente cruda la situazione: “I soldati russi calpestano letteralmente i cadaveri”. Sul campo è arrivato il capo della Wagner, Evgenij Prighozin, per far capire l’importanza dei suoi contractors, tra cui sono presenti anche prigionieri a cui è stata promessa la libertà in cambio dell’arruolamento. E l’impressione è che, al netto di alcune innegabili avanzate delle forze russe, l’obiettivo ucraino è quello resistere il più possibile per rendere la battaglia una vittoria di Pirro di Vladimir Putin: un modo per fiaccare la prima linea delle truppe russe provocando il più alto numero di morti.
Il fattore tempo per i russi
La battaglia mette in luce, ancora una volta, quello che sembra essere il vero convitato di pietra di questa guerra: il fattore tempo. Un’incognita che sembra essere per entrambi gli schieramenti una conquista fondamentale. Per i russi, prendere tempo è sempre stata la strategia ideata dal generale Sergej Surovikin, comandante delle operazioni in Ucraina prima della designazione di Valerij Gerasimov. Dopo la controffensiva ucraina, bombardare l’intero territorio ucraino, ritirarsi dove era impossibile evitare una possibile debacle, trincerarsi in alcune aree critiche significava togliere la spinta alla controffensiva di Kiev ma soprattutto fare in modo che il ricambio atteso con la “mobilitazione parziale” portasse i suoi frutti. I comandi russi avevano bisogno di nuove truppe per controllare il territorio conquistato e annesso e di un ricambio sul fronte per non affidarsi esclusivamente alla Wagner e ai ceceni di Ramzan Kadyrov. Tutto questo non può realizzarsi senza che i coscritti siano minimamente addestrati, le truppe riarmate, la logistica rafforzata e alimentata. E questo tempo poteva essere guadagnato solo resistendo e devastando le retrovie ucraine da lontano.
Il fattore tempo per gli ucraini
Per gli ucraini, che invece avevano necessità di sfruttare l’onda positiva della controffensiva a est e verso Kherson, ora il tempo è essenziale per due ragioni. Da un lato più il tempo passa negli scontri, più questo implica perdite per i russi. Dall’altro lato, il tempo serve a far sì che i soldati addestrati nei Paesi occidentali e dai consiglieri occidentali siano in grado di sfruttare il materiale bellico giunto dagli Stati che supportano le forze di Kiev. Molti analisti concordano sul fatto che sia impossibile che le nuove forniture dal blocco atlantico siano a disposizione dell’esercito ucraino per le battaglie in corso, in particolare per Soledar. Ma l’obiettivo di Volodymr Zelensky e del generale Valerij Fedorovyc Zaluznyj, comandante delle forze ucraine, è anche quello di far rifiatare un esercito che combatte su tutto il territorio da un anno e che inevitabilmente ha bisogno di armi che non tutti sanno usare nella maniera migliore.
Altri uomini al fronte: la mobilitazione russa
Il fattore umano e il fattore tempo, combinati tra loro, aiutano a comprendere anche un altro elemento che accomuna aggressore e aggredito: la riserva di uomini pronti a combattere. Se infatti entrambe le forze hanno bisogno di un arco temporale che aiuti le reclute e i soldati ad addestrarsi, riposarsi e tentare eventuali “spallate” a fine inverno, è chiaro che questo parte dal presupposto che Mosca e Kiev facciano affidamento su un retroterra di uomini da inviare al fronte.
La Russia ha già fatto capire di attingervi quando Putin ha deciso per la cosiddetta “mobilitazione parziale”: in quell’occasione furono 300mila le persone arruolate e, secondo il presidente russo, solo la metà sarebbe al fronte mentre l’altra è ancora in fase di addestramento. Questa affermazione – contestata dalle testimonianze di chi ha detto di essere in prima linea senza alcuna istruzione – serviva per smentire l’ipotesi di una nuova ondata di reclutamenti, ma da qualche tempo l’intelligence ucraina segnala che a Mosca si starebbe predisponendo un’altra chiamata alle armi. Scelta che secondo Kiev mostrerebbe di fatto le difficoltà delle forze russe impiegate nell’invasione, ma che manifesterebbe anche la quantità di personale potenzialmente utilizzabile dal Cremlino. Tema non secondario per un conflitto che si preannuncia ancora lungo e che per questo richiede un numero di soldati che le battaglie sta erodendo giorno dopo giorno ma che comunque indica che Mosca ha ancora nel suo arco diverse frecce, tra cui la quantità di uomini.
Ucraina, numeri contro qualità
Per l’Ucraina il problema è doppio. Kiev, a maggio dell’anno scorso, parlava della possibilità della creazione di un’armata “di un milione di uomini” composta da militari attivi, riservisti, unità di mobilitazione popolare e volontari di altri Paesi. Sulla cifra però gli analisti si erano divisi mostrando una certa forma di scetticismo: impossibile, a detta di molti, ritenere che l’Ucraina potesse fornire un milione di uomini pronti a combattere, dovendo questi lavorare in diversi aspetti della sopravvivenza del Paese. E in effetti appare difficile credere che un esercito sottoposto a bombardamenti in caserme e centri di comando possa organizzare e muovere un elevato numero di personale addestrato, così come non va dimenticato che ogni esercito va equipaggiato e armato e l’industria ucraina è quella di uno Stato colpito da un’invasione.
A questo si deve aggiungere il fatto che l’Ucraina ha bisogno, per colmare il proprio divario con la Russia, di armamenti che provengono da altri Stati, tra cui solo alcuni sono dell’ex blocco sovietico e quindi già noti alle forze armate di Kiev. Per imparare a usare le armi occidentali, più sofisticate e sicuramente più letali, occorre un addestramento non solo numericamente importante, ma anche di diverso tipo e che richiede tempo. Proprio per questo motivo, una recente analisi del The Atlantic sottolineava che la vera sfida non è a livello quantitativo, ma di qualità dei rifornimenti e delle armi: il blocco Nato punta sul fatto che la Russia continui a operare con un numero elevato di uomini poco addestrati, al contrario, l”obiettivo atlantico e ucraino è quello di far sì che la combinazione di sistemi occidentali e addestramento renda eludibile un dato su cui non si può fare a meno, quello della diversità della popolazione arruolabile. LORENZO VITA
Ucraina Russia, le notizie sulla guerra del 18 gennaio. Andrea Nicastro, inviato a Leopoli, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 18 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di mercoledì 18 gennaio. Kiev non esclude il sabotaggio dell’elicottero. Il cordoglio di Meloni, che andrà presto in Ucraina. Il «New York Times»: «Gli Usa aiuteranno Kiev a riprendersi la Crimea»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 329esimo giorno.
• Meloni-Macron: «Sostegno a Kiev fino a quando sarà necessario».
• Cosa serve all’Ucraina nei prossimi, decisivi mesi di guerra.
• Gli Stati Uniti, rivela il «New York Times», stanno inviando munizioni all’Ucraina prendendole dai depositi che hanno in Israele e in Sud Corea. Il quotidiano americano, citando fonti dell’amministrazione Biden: «Gli Usa garantiranno a Kiev una maggiore potenza di fuoco per riprendere il controllo della Crimea»
Ore 01:11 - Zelensky, Giorgia sarà presto a Kiev, la aspettiamo in Ucraina
«Aspettiamo molto Giorgia. Non dico Giorgia Meloni perché durante il nostro primo colloquio lei mi ha detto ‘Volodymyr mi chiami, per favore, Giorgia’, e così abbiamo iniziato la conversazione con lei. Io ho visto in lei un primo ministro estremamente concreto. Mi è assolutamente chiara la sua retorica. Anche se nella società c’erano delle sensazioni diverse, perché Draghi sosteneva l’Ucraina e ora c’è un governo diverso, e c’era chi divulgava informazioni che questo governo sarebbe stato più filorusso. Invece al giorno d’oggi vedo Giorgia filoitaliana e questa è la cosa più importante: che è proitaliana e sostiene l’Ucraina. E sostiene i valori comuni. Oggi è così. L’aspetto molto in Ucraina in visita ufficiale. Lei verrà presto. Non posso comunicare la data, ma presto». Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nell’intervista a Bruno Vespa a Porta a Porta.
Ore 02:21 - Usa inviano armi prese da depositi in Israele e Sud Corea
Il Pentagono sta inviando in Ucraina una serie di munizioni ammassate in Israele e in Corea del Sud. Lo riporta il New York Times. L’arsenale utilizzato sarebbe quello accumulato dagli Stati Uniti per i conflitti in Medio Oriente. Washington aveva autorizzato il governo di Israele ad accedere alle scorte in caso di emergenza. La decisione d’emergenza è stata presa perché i produttori americani non riescono a tenere testa alle richieste di armamenti arrivate da Kiev, e nel frattempo le munizioni in Usa si sono ridotte. L’artiglieria costituisce la spina dorsale delle armi inviate agli ucraini per contrastare l’invasione russa. Non c’è solo Israele, tra i Paesi da cui attingere le forniture, ma la Corea del Sud. Migliaia di proiettili sono stati immagazzinati e inviati a Kiev. Israele ha sempre rifiutato di inviare armamenti nel timore di danneggiare i rapporti con Mosca. Circa metà dei 300 mila proiettili destinati all’Ucraina sono stati imbarcati per l’Europa e verranno consegnati, passando in Polonia.
Ore 02:44 - Biden a Rutte, «brutalità russa ci motiva a agire»
Il presidente Joe Biden ha detto che la «brutalità» della Russia ha rinforzato la convinzione Usa ad aiutare l’Ucraina. Il capo della Casa Bianca lo ha dichiarato al primo ministro olandese Mark Rutte in visita all’Ufficio Ovale, prendendo spunto dalle ultime notizie riguardanti il massacro avvenuto a Dnipro, dove piu’ di quarantacinque civili, tra cui sei bambini, sono stati uccisi da missili russi, che sabato hanno distrutto un edificio residenziale. Rutte ha ringraziato gli Stati Uniti per la loro leadership e ricordato che «Putin e la Russia non dovranno cavarsela». Il premier olandese ha, inoltre, dichiarato l’intenzione del suo Paese di partecipare al progetto Patriot, per equipaggiare l’Ucraina del sistema missilistico di difesa antiaerea. «Non si tratta - ha poi detto alla Cnn - di portare un sistema intero, ma di agire nella legalità, facendo parte di un sistema».
Ore 03:05 - Incontro Stati Uniti-Germania: giovedì faccia a faccia tra i ministri
Il segretario alla Difesa americana Lloyd Austin giovedì volerà alla base aerea di Ramstein, in Germania, per incontrare di persona il gruppo di contatto della difesa sulla questione ucraina. Con Looyd ci sarà il capo dello stato maggiore congiunto delle forze militari americane, il generale Mark Milley. I due si uniranno ai ministri della Difesa e ai responsabili della difesa di cinquanta nazioni, che arriveranno da tutto il mondo.
Ore 03:37 - Usa “elogiano” Londra per invio carri armati a Kiev
Gli Stati Uniti hanno «elogiato» la decisione di Londra di inviare in Ucraina i carri armati da combattimento Challenger 2, in dotazione all’esercito britannico, e ulteriori sistemi di artiglieria, in «aggiunta» a quelli che Washington sta già fornendo. Lo ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken, al termine del bilaterale con il suo omologo britannico James Cleverly. L’incontro è avvenuto a Washington. «Il presidente Biden e il primo ministro Sunak - ha aggiunto il capo della diplomazia americana - sono decisi a restare al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo che sarà necessario». Blinken ha, inoltre, ribadito la richiesta di «mettere pressione» al presidente russo Vladimir Putin attraverso una serie di sanzioni che colpiscano l’export di Mosca, «imponendo costi che possano privare la Russia delle risorse di cui ha bisogno per alimentare la sua macchina da guerra».
Ore 08:20 - Precipita elicottero, asilo pieno di bambini in fiamme: «Almeno 5 morti»
Un asilo pieno di bambini è andato in fiamme, dopo lo schianto di un elicottero a Brovary, nella regione di Kiev.
La notizia è stata confermata pochi minuti fa dall'ufficio di presidenza che ha riferito della «caduta di un oggetto volante vicino all'asilo di infanzia». Secondo un portavoce della polizia, almeno 5 persone sarebbero morte — e tra loco ci sono anche dei bambini.
Ore 09:03 - I carri armati tedeschi all’Ucraina?
La Germania invierà i propri carri armati all’Ucraina? La questione dell’invio dei tank tedeschi è al centro delle attenzioni, a causa delle pressioni degli alleati affinché Berlino diventi più concreta nel suo appoggio a Kiev e a causa del cambiamento — formalizzato ieri — nel ministero della Difesa tedesco.
Come scrive Paolo Valentino, il corrispondente da Berlino del Corriere, nel suo ritratto del nuovo ministro:
«Boris Pistorius avrà un battesimo del fuoco quasi immediato. Berlino è infatti sotto pressione per fornire a Kiev i carri armati pesanti Leopard, considerati essenziali per consentire alle forze ucraine di riprendere l’offensiva dopo i successi dei mesi scorsi.
Finora il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è rifiutato di farlo, temendo un ampliamento del conflitto e invocando l’argomento che non può essere la Germania, in ragione del suo passato, il primo Paese occidentale a cedere armi così offensive e sofisticate.
Ma ora che anche il Regno Unito e la Francia hanno annunciato la fornitura dei loro carri armati, la posizione tedesca sta cambiando, anche perché all’interno stesso del governo tedesco Verdi e liberali premono per la fornitura dei Leopard o quanto meno per l’autorizzazione a farlo (necessaria trattandosi di sistemi made in Germany) a chi li vuole dare, come Polonia e Finlandia. Negli arsenali dei Paesi europei, ci sono al momento complessivamente circa 2 mila esemplari di Leopard 1 e 2».
Ore 09:22 - Michel: «Io a favore della fornitura di carri armati a Kiev»
«Dobbiamo forniture tutto il sostegno necessario all’Ucraina. E io sono personalmente a favorire della fornitura di carri armati».
A dichiararlo apertamente, intervenendo nella seduta plenaria del Parlamento Europeo, è stato questa mattina il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.
«Sostenere l’Ucraina vuol dire sostenere la democrazia e sostenere la pace».
Ore 09:24 - Nello schianto dell’elicottero è morto il ministro dell’Interno di Kiev
Si aggrava il bilancio dello schianto dell’elicottero avvenuto nella mattinata di oggi a Brovary, una cittadina nella regione di Kiev.
I morti — secondo quanto riferito dalla Reuters e dalla Agence France Presse, che citano fonti di polizia — sarebbero almeno 18; e tra loro ci sono anche il ministro dell’Interno ucraino Denys Monastyrsky, il vice ministro e altri funzionari del governo di Kiev.
Tre bambini sono morti nello schianto, avvenuto vicino a un asilo, e altri 10 sono stati trasportati in ospedale.
Ore 09:35 - L’ira di Mosca: «Le azioni degli Usa? Come Hitler e Napoleone»
Nel corso della sua conferenza stampa annuale, a Mosca, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha di nuovo attaccato duramente l’Occidente per il sostegno all’Ucraina (senza notare, al solito, che l’Ucraina è uno stato sovrano che la Russia ha invaso, il 24 febbraio scorso), e ha paragonato il ruolo degli Stati Uniti in questa crisi alle mosse di Adolf Hitler e di Napoleone Bonaparte.
«Washington, usando l’Ucraina come suo pupazzo, sta facendo guerra alla Russia con lo stesso obiettivo che si erano posti loro: la soluzione finale della questione russa», ha detto.
Secondo Lavrov, «è l’Occidente, e non l’Ucraina» a decidere eventuali negoziati di pace con la Russia. E negoziati con l’Occidente che riguardino solo l’Ucraina «non hanno senso» perché l’Occidente sta usando l’Ucraina per ottenere un «dominio totale», con a capo gli Usa.. «Stanno cercando di indebolirci continuando a rifornire di armi l’Ucraina», ha detto, «ma saremo pronti a rispondere».
Lavrov ha anche definito «insensati» e «impossibili» eventuali colloqui con Zelensky, e ha chiarito che la «smilitarizzazione» perseguita da Mosca in Ucraina è il completo annichilimento della capacità militare di Kiev: «Non deve più esserci alcuna infrastruttura militare in Ucraina che possa minacciare la sicurezza di Mosca», ha detto, senza notare la totale inversione di ruoli tra Paese invasore e Paese invaso che una posizione del genere tenta di mettere in campo.
Ore 10:10 - Michel: ci uniamo a dolore, Monastyrsky era amico Ue
«Ci uniamo all’Ucraina nel dolore dopo il tragico incidente in elicottero a Brovary. Il ministro Denys Monastyrsky era un grande amico dell’Ue». Lo scrive in un tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. «Condividiamo le nostre più sentite condoglianze con le famiglie delle vittime, con il presidente Volodmyr Zelensky, il premier Denys Shmyhal e il popolo ucraino», si legge ancora.
Ore 10:18 - Il dramma dei bambini: 455 morti, 336 dispersi
L’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, aggiorna i dati delle piccole vittime e dei bambini dispersi causati dalla guerra: «Secondo i rapporti delle autorità statali ucraine, al 16 gennaio di quest’anno 336 bambini sono ufficialmente considerati dispersi; 455 bambini sono morti. Sono solo casi documentati. 897 sono feriti. Ma grazie a Dio, 9.916 bambini in quei burrascosi eventi delle operazioni militari in Ucraina sono stati alla fine ritrovati».
«C’è una sensazione generale dell’escalation di questa guerra. Gli attacchi russi - sottolinea Shevchuk in un videomessaggio- si stanno intensificando non solo in prima linea, ma anche nelle nostre pacifiche cittàáe villaggi. Le nostre regioni di Donbas, Luhansk e Donetsk sono in fiamme. Pesanti battaglie si stanno svolgendo intorno alle cittàá di Avdiivka, Bakhmut e Soledar, ormai leggendarie».
Ore 10:22 - La nebbia e il buio: ecco la dinamica dello schianto dell’elicottero
Era buio e nebbioso al momento dell’incidente dell’elicottero dei servizi di emergenza a Brovary, nella regione di Kiev, in cui hanno perso la vita 18 persone, tra cui il ministro degli interni ucraino Denys Monastyrskyi. Le prime informazioni suggeriscono che l’elicottero abbia colpito l’asilo prima di schiantarsi vicino a un edificio residenziale, riferisce la Bbc. Insieme a Monastyrsky sono rimaste uccise altre due figure di spicco del ministero degll’Interno: Yevgeny Yenin era il primo viceministro mentre Yuriy Lubkovich era segretario di Stato del ministero.
Per quanto riguarda le cause, le forze dell’ordine ucraine stanno valutando tutte le ipotesi, ha spiegato il procuratore generale Andriy Kostin. «Al momento, investigatori ed esperti stanno lavorando sul luogo della tragedia. Sono in corso azioni investigative urgenti. Per ora stiamo valutando tutte le possibili versioni dell’incidente dell’elicottero. L’istruttoria è stata affidata agli investigatori dell’Sbu,» ha scritto Kostin su Telegram.
Ore 10:26 - Metsola: informati di schianto elicottero, vicini a Ucraina
Siamo appena stati informati che il ministro degli Affari interni ucraino e la dirigenza del suo ministero sono rimasti uccisi nello schianto dell’elicottero vicino a Kiev. Penso di parlare a nome di tutti noi dicendo che i nostri pensieri in questa Aula sono con il popolo coraggioso dell’Ucraina, le famiglie e i cari del ministro Monastyrskyi e del suo vice». Lo ha detto la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola informando la Plenaria in corso a Strasburgo dell’incidente avvenuto questa mattina nella regione di Kiev. «Continueremo a stare al fianco» dell’Ucraina, ha aggiunto Metsola.
Ore 10:39 - Kiev: ministro Interno era in viaggio verso zona di guerra
Il ministro dell’Interno Denys Monastyrsky era in viaggio verso «un punto caldo» della guerra quando il suo elicottero si è schiantato. Lo ha detto, parlando alla Tv ucraina, il vice capo dell’ufficio presidenziale ucraino Kyrylo Tymoshenko, come riporta la Bbc. Come ha spiegato il corrispondente Bbc da Kiev, i funzionari ucraini generalmente volano a bassa quota per evitare i missili nemici. Ed era nebbioso stamattina. Ma al momento non si conoscono le cause dell’incidente e gli investigatori stanno setacciando la scena.
Ore 10:54 - Appello della polizia per i testimoni della tragedia dell’elicottero
La polizia ucraina ha lanciato un appello affinché i testimoni della sciagura che ha coinvolto oggi un elicottero dei Servizi di emergenza nazionali si facciano avanti: lo riferisce su Telegram il consigliere del governo di Kiev, Anton Gerashchenko. «Tutti i cittadini che hanno le informazioni necessarie sono pregati di contattare le forze dell’ordine. Ogni dettaglio è importante», ha scritto Gerashchenko. Brovary, dove è avvenuta la tragedia, è un sobborgo di Kiev con una popolazione di circa 109.000 abitanti e si trova a circa 25 km a est della capitale ucraina.
Ore 11:06 - Elicottero precipitato, premier annuncia inchiesta dettagliata
Il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ha annunciato di aver dato «immediatamente» disposizione per l’apertura di un’ «inchiesta dettagliata» che faccia luce sulle cause dello schianto dell’elicottero a Brovary, vicino Kiev, nel quale hanno perso la vita, tra gli altri, il ministro ucraino dell’Interno, Denys Monastyrskyi, ed il suo vice, Yevgeny Yenin. «Una grande perdita per la squadra di governo e per l’intero Stato», ha commentato Shmyal su Telegram. Intanto un portavoce dell’Aeronautica militare ucraina, Yuriy Ignat, ha spiegato che ci vorrà del tempo per accertare le cause dello schianto. «Non basteranno uno o due giorni perché l’indagine di uno schianto aereo richiede del tempo», ha affermato, secondo quanto riportano i media locali.
Ore 11:09 - Zelensk: terribile tragedia a Brovary, indagini in corso
«Oggi si è verificata una terribile tragedia a Brovary, nella regione di Kiev. Un elicottero della Ses è precipitato e sul luogo dell’incidente è scoppiato un incendio. Al momento sono morte 15 persone. Il numero esatto delle vittime della tragedia e’ in corso di accertamento.Tra di loro ci sono il ministro degli Affari Interni dell’Ucraina Denys Monastyrskyi, il suo primo vice Yevhen Yenin, il Segretario di Stato del Ministero degli Affari Interni Yuri Lubkovych, i loro assistenti e l’equipaggio dell’elicottero. Venticinque persone sono rimaste ferite, inclusi dieci bambini. Al momento, i bambini morti sono tre». Così Zelensky su Telegram aggiungendo di aver incaricato «il Servizio di sicurezza ucraino, in collaborazione con la Polizia nazionale, di scoprire tutte le circostanze dell’accaduto». Nell’inviare le sue condoglianze «a tutte le famiglie e agli amici delle vittime», Zelensky ha sottolineato: «Il dolore è indicibile».
Ore 11:10 - Elicottero precipitato, 9 vittime di Brovary portavano i figli all’asilo
Erano persone che portavano i bambini all’asilo nove delle persone morte nello schianto dell’elicottero dei servizi di emergenza ucraini in cui è rimasto ucciso anche il ministro degli Interni Denys Monastyrskyi. Lo riporta la Cnn. «Nove delle 16 vittime identificate finora erano persone del posto che portavano i propri figli all’asilo», ha detto Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’amministrazione presidenziale ucraina.
Ore 11:19 - Media: esplosione in elicottero secondo testimoni
Testimoni oculari hanno riferito che c’è stata un’esplosione a bordo dell’elicottero dei Servizi di emergenza ucraini caduto oggi a Brovary, alle porte di Kiev: lo riporta Espreso Tv. «La gente riferisce che c’è stata una forte esplosione e che l’elicottero ha volteggiato più volte in aria e solo dopo è caduto. La Procura generale ha già aperto un’inchiesta. Gli investigatori stanno lavorando sul posto...», ha osservato l’inviato dell’emittente, Dmytro Didora, riporta il sito di Espreso Tv.
Ore 11:25 - Nato: pericoloso sottovalutare Mosca, 2023 sarà duro
«Sottovalutare la Russia è pericoloso, Putin si preparare a una lunga guerra, aumenta la produzione di armi e cerca mezzi da altri regimi come l’Iran: non abbiamo indicazioni che gli obiettivi di Putin siano cambiati: il 2023 sarà un anno duro e dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina». Lo ha detto Il Vice Segretario Generale della Nato, Mircea Geoană, aprendo la riunione dei capi militari della difesa della Nato.
Ore 11:34 - Lavrov: l’Italia con il fronte anti Russia ci ha sorpreso
Se la prende anche con l’Italia il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, nel suo attacco contro l’Occidente. Il modo in cui l’Italia reagisce al conflitto tra la Russia e l’Ucraina è stato imposto dall’Europa e «non riflette gli interessi del popolo italiano», sostiene Lavrov. L’Italia, ha spiegato Lavrov, è stata una dei principali Paesi amici della Russia, grazie alla cooperazione negli ambiti di cultura, formazione ed economia. «La rapidità con cui l’Italia si è trasferita nel campo dei leader delle azioni e retorica anti-russe è stata in qualche modo sorprendente per noi», ha affermato Lavrov. «Il modo in cui l’Italia reagisce a ciò che sta accadendo (in Ucraina) riflette una linea di confronto aggressiva imposta dall’Europa piuttosto che gli interessi del popolo italiano», ha aggiunto. Il popolo italiano, come ha sottolineato Lavrov, «non è interessato ad imporre barriere e tagliare tutti i canali».
Ore 12:01 - Guterres: al momento no condizioni per negoziare pace
«Al momento non ci sono le condizioni per negoziare una pace» fra Ucraina e Russia. Lo ha affermato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, intervenendo al World Economic Forum di Davos. «Le due parti - ha osservato il numero delle Nazioni Unite - hanno disaccordi sul passato e questo fa sì che è più difficile trovare una soluzione». «Ad ogni modo - ha chiarito Guterres - la soluzione dovrà basarsi sul diritto internazionale». «Noi stiamo facendo tutto il possibile per limitare i danni e ridurre la sofferenza della gente e anche l’impatto devastante sull’economia mondiale», ha concluso Guterres.
Ore 12:02 - Le condoglianze di Macron: addolorato morte ministro Interno
«Addolorato per la tragica morte del ministro dell’Interno ucraino Denys Monastyrsky. Un pensiero per tutte le vittime di questo terribile evento avvenuto nei pressi di un asilo, per i bambini e le famiglie. La Francia presenta le sue condoglianze ai suoi amici ucraini». A scriverlo su Twitter è stato il presidente francese Emmanuel Macron.
Ore 12:28 - Schianto elicottero, gruppo speciale per indagine
Sarà istituito immediatamenteun gruppo speciale per indagare in dettaglio su tutte le circostanze della tragedia a Bovary, dove un elicottero che è caduto causando la morte di almeno 15 persone, tra cui il ministro degli Interni ucraino Denys Monastyrsky, il suo vice Yevhen Yenin e il Segretario di Stato del Ministero Yuriy Lubkovych.
Ore 12:49 - Dolore governo Gb: ministro era un eroe della resistenza alla Russia
Il governo britannico di Rishi Sunak si dice addolorato per lo schianto dell'elicottero ucraino in cui oggi hanno perso la vita il ministro dell'Interno di Kiev, Denys Monastyrsky, un suo vice, un sottosegretario del dicastero e almeno altre 15 persone. Ed esalta in particolare nella prima reazione la figura di Monastyrsky. Quanto accaduto a Brovary, scrive sul proprio profilo Twitter la ministra dell'Interno di Londra, Suella Braverman - «ci spezza il cuore. Il ministro Denys Monastyrsky è stato una luce ispiratrice per il popolo ucraino di fronte all'invasione illegale di Putin. Avevamo parlato a ottobre ed ero rimasta impressionata dalla sua determinazione, dal suo ottimismo, dal suo patriottismo».
Ore 12:55 - Elicottero in fiamme in volo, Kiev non esclude sabotaggio
L'elicottero ucraino caduto elle porte di Kiev era in fiamme in volo pochi secondi prima di precipitare: lo afferma una testimone oculare in un video postato sui social dal consigliere del ministero degli Interni ucraino, Anton Gerashchenko. «L'elicottero girava in tondo, bruciava e volava in quella direzione...», racconta la donna. E Gerashchenko non esclude il sabotaggio: «Le cause della tragedia sono in corso di accertamento», scrive l'alto funzionario su Telegram: «Presto sapremo se si è trattato di un sabotaggio, di un malfunzionamento delle apparecchiature, di una violazione delle regole di sicurezza del volo».
Ore 13:27 - Germania offre aiuto a Kiev su indagini aereo caduto
Dopo la morte del ministro dell’Interno ucraino Denys Monastyrsky, il cui elicottero è precipitato questa mattina, la ministra dell’Interno tedesca Nancy Faeser ha offerto a Kiev l’aiuto di Berlino nelle indagini sulle cause dell’incidente.
Faeser ne ha parlato oggi con l’ambasciatore ucraino in Germania, Oleksii Makeiev. L’eventuale sostegno tedesco nelle indagini potrebbe arrivare da esperti del settore aereo, responsabili di sicurezza e della polizia federale tedesca.
Ore 13:37 - Meloni: «Cordoglio e vicinanza dell'Italia all'Ucraina dopo morte Monastyrsky»
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e tutto il Governo esprimono vicinanza al presidente Zelensky, al Primo Ministro Shmyhal e a tutto il popolo ucraino per il tragico incidente nel quale hanno perso la vita il ministro dell'Interno Monastyrsky, il viceministro Yenin, il sottosegretario Lubkovych e l'equipaggio dell'elicottero. Cordoglio è stato espresso anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Il nostro pensiero va alle famiglie delle vittime, incluse quelle dei bambini di una scuola locale coinvolti nella caduta dell'elicottero, mentre auguriamo ai feriti un completo ristabilimento».
Con tristezza ho appreso del tragico schianto dell'elicottero avvenuto a Brovary. Ci stringiamo attorno al Presidente @ZelenskyyUa, al Governo ucraino e ai familiari delle vittime, tra cui il Ministro Monastyrsky e il Vice Ministro Yenin, che aveva prestato servizio in Italia.
Ore 13:42 - Parlamento europeo: «Scholz consegni subito carri armati Leopard»
Il Parlamento europeo, che ha adottato oggi la politica di sicurezza e difesa comune (Psdc), ha chiesto attraverso i suoi deputati che vengano inviate quanto prima le armi a Kiev, sollecitando in particolare il cancelliere tedesco Scholz a consegnare i carri armati Leopard 2 senza ulteriori indugi. Lo comunica l'Eurocamera in una nota.
Ore 14:03 - Putin convinto della vittoria: «Il nostro successo è inevitabile»
«La vittoria della Russia è inevitabile e si basa sull'unità del popolo russo, sull'eroismo dei combattenti delle operazioni speciali, sul funzionamento del complesso militare-industriale». Lo ha affermato il presidente russo Vladimir Putin, come riportato dalla Tass.
Ore 14:27 - L’economia russa non è crollata: è la rivincita di Putin sulle sanzioni?
(Federico Rampini) Per il Washington Post l’ultimo discorso di Vladimir Putin sullo stato dell’economia russa è una risposta indiretta al World Economic Forum di Davos.
Il summit dell’establishment globalista sulle montagne svizzere quest’anno ha messo al bando i russi, dirigenti politici e oligarchi, mentre riserva un’accoglienza calorosa alla First Lady ucraina Olena Zelenska.
Però a questa ennesima dimostrazione simbolica dell’isolamento russo non corrisponde un isolamento economico altrettanto stringente.
Ore 14:38 - Schianto elicottero, morti capo sicurezza e assistente ministero
Nello schianto dell’elicottero a Brovary sono morti anche l’assistente capo del ministero dell’Interno Tetyana Shutyak e il capo della sicurezza del ministro dell’Interno Mykhailo Pavlushko. Deceduti anche i tre membri dell’equipaggio, Oleksandr Vasylenko, Konstantin Kovalenko e Ivan Kasyanov. I nomi delle vittime sono stati divulgati dopo quelli del ministro degli Interni ucraino Denys Monastyrsky, del suo vice Yevhen Yenin e del segretario di Stato del ministero Yuriy Lubkovich.
Ore 14:41 - Soldato russo giustiziato dopo aver disertato
Le autorità russe hanno annunciato di aver ucciso un soldato che aveva lasciato la sua base militare. Secondo media locali, l’uomo aveva disertato mentre si trovava in Ucraina. «Dmitry Perov, ricercato per l’abbandono non autorizzato della sua unità militare, è stato trovato e liquidato», hanno riferito le autorità della regione di Lipetsk. L’uomo aveva 31 anni ed era fuggito il 13 gennaio armato di fucile e granate.
Ore 14:49 - Ministro della Difesa canadese a Kiev: invieremo 200 blindati
Il ministro della Difesa canadese, Anita Anand, durante la sua visita a Kiev, ha annunciato la fornitura di 200 blindati Senator all’Ucraina, come parte di un nuovo pacchetto di assistenza militare. Tra gli incontri previsti nella capitale ucraina per la rappresentante di Ottawa, c’è l’omologo ucraino Oleksii Reznikov.
Ore 14:53 - Kiev, il capo polizia diventa ministro degli Interni ad interim
Il capo della polizia nazionale ucraina, Igor Klymenko, è stato nominato ministro degli Interni ad interim dopo che Denys Monastyrsky è stato ucciso stamattina a Brovary.
Ore 15:24 - Zelenska: «La tragedia a più grande è la morte dei bambini»
«Giornata orribile per l’Ucraina. In un incidente in elicottero abbiamo perso il ministro dell’Interno e i suoi colleghi, ma la tragedia più grande è la morte di bambini. I miei pensieri vanno alle famiglie delle vittime». Lo ha scritto su Twitter la moglie del presidente ucraino, Olena Zelenska, commentando la tragedia avvenuta nella regione di Kiev.
Ore 15:29 - Kiev: ridotto a 14 il numero vittime a Brovary, tra cui un bimbo
Il servizio di emergenza statale ucraino ha aggiornato il bilancio delle vittime dello schianto dell’elicottero a Brovary, a est di Kiev, riducendo a 14 il numero di morti, tra cui un bambino. Lo riferisce l’UKrainska Pravda. I feriti sono 25, tra cui 11 bambini, che sono stati ricoverati in ospedale. I soccorritori hanno sottolineato che le operazioni di ricerca e salvataggio sono tuttora in corso.
Ore 15:45 - Putin: la nostra produzione di missili è pari a quella di altri Paesi
L'industria della difesa russa produce missili di difesa aerea in quantità pari a tutti gli altri produttori del mondo. Lo ha affermato il presidente russo, Vladimir Putin, nel corso di una ispezione alla fabbrica d'armi Obukhovsky, di proprietà dell'azienda statale Almaz-Antey. «Ad esempio, la quantità di missili di difesa aerea che vengono prodotti qui supera di tre volte la stessa produzione degli Stati Uniti in un anno», ha osservato il presidente russo. Secondo Putin, questi risultati «infondono fiducia che la Russia vincerà in Ucraina».
Ore 16:04 - Scholz: «Perché la guerra finisca deve fallire l'attacco russo»
«Per far finire la guerra, l'aggressione della Russia deve fallire. Per questo stiamo supportando l'Ucraina con grandi quantità di armi, in stretta consultazione con i nostri partner». Lo ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, parlando a Davos. «Questo include i sistemi di difesa IRIS-T o i Patriot, artiglieria, infanteria armata, velivoli, con una profonda svolta per la Germania nella politica estera e della sicurezza», ha aggiunto. «La Russia ha già fallito completamente nel raggiungere i suoi obiettivi imperialisti», ha ribadito ancora una volta Scholz.
Ore 16:07 - Il punto militare | Grandi preparativi sui due fronti: l’Occidente pensa alla primavera, la Russia al lungo periodo
(Andrea Marinelli e Giudo Olimpio) L’Occidente studia come rendere più efficace il sostegno a Kiev, Mosca vuole rivedere l’Armata per accrescerne le capacità e prolungare la sfida. Grandi manovre con implicazioni di medio e lungo termine. La notizia nuova arriva dalle pagine del New York Times. Gli Stati Uniti, negli ultimi mesi, hanno attinto dai loro depositi di munizioni presenti in Israele e Sud Corea. In particolare i proiettili d’artiglieria pesante inviati con un ponte aereo in Ucraina. Mossa dettata dal massiccio uso dei cannoni, con una cadenza di 90 mila colpi al mese. Cifra che — precisa il quotidiano — supera di gran lunga la produzione americana e europea. Quattro dati.
Ore 16:44 - Scholz risponde ai partner occidentali: «A Kiev bastano le armi che la Germania ha già inviato»
«Carri armati Leopard? Kiev ha già ricevuto armi molto efficaci dalla Germania». Queste le parole del cancelliere tedesco Olaf Scholz dopo l'invito (e sollecito) dei partner occidentali per mandare i carri armati all'Ucraina. Una risposta che si discosta nettamente dalla linea strategica di invio delle armi seguita dagli alleati. Gli Stati Uniti al contempo sono pronti ad annunciare un nuovo massiccio pacchetto di aiuti, escludendo però i tank.
Ore 16:57 - Relazioni annuali Ue: «Rafforzare sostegno militare, politico e umanitario all'Ucraina»
Il Parlamento Europeo ha adottato le relazioni annuali 2022 sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sull'attuazione della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC). L'UE chiede ai suoi Paesi di rafforzare il sostegno militare, politico e umanitario all'Ucraina per potenziare la loro difesa per contrastare le minacce russe alla sicurezza europea.
Ore 17:07 - Zelensky scrive a Xi Jinping per aprire un possibile dialogo. Lo riferisce la moglie Olena a Davos
«Mio marito ha scritto una lettera al presidente cinese Xi Jinping nella speranza di trovare in quella di Pechino una sponda utile per aprire un possibile dialogo che possa risolvere presto il conflitto». Un invito ai negoziati di cui parla Olena Zelenska, la moglie del presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel corso del Forum Economico di Davos, rivolgendosi anche alla nutrita delegazione cinese che prende parte al summit svizzero.
Ore 17:29 - Zelensky a Davos: «La Russia esporta terrore, un minuto di silenzio per Monastyrsky»
«Una tragedia è avvenuta vicino a Kiev, un elicottero è caduto. A bordo c'era il ministro dell'Interno. Vi chiedo di osservare un minuto di silenzio per lui e per tutte le altre vittime. Anche l'incidente può essere risultato della guerra (riferendosi allo schianto per il quale si sospetta la manomissione dell'elicottero). L'Occidente ha esitato nel 2014, ma adesso il mondo non deve esitare, serve un approccio veloce nelle decisioni per aiutare l'Ucraina e far fronte alla Russia che sta esportando il terrore». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky intervenendo al forum economico di Davos in videocollegamento.
Ore 17:42 - Zelensky a Davos: «Non sono preoccupato per la mia salute»
«Non sono preoccupato per la mia sicurezza». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky intervenendo al forum economico di Davos in videocollegamento, rispondendo a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per la sua integrità fisica. «Finiremo una guerra che non abbiamo iniziato, ma è importante che gli aiuti militari occidentali arrivino prima delle nuove offensive russe».
Ore 18:10 - Stoltenberg: «Posizione Nato immutata, Ucraina diventerà membro»
«La posizione della Nato non è cambiata. L’Ucraina diventerà un membro della Nato anche se ora l’obiettivo principale deve essere quello di sostenerla e assicurare che vinca questa guerra». Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg intervenendo al World Economic Forum a Davos.
Il presidente lituano Gitanas Nauseda appoggia le sue parole, ribadendo che saranno rafforzati strumenti e meccanismi di difesa nell'organizzazione atlantica in vista del vertice di Vilnius del prossimo luglio.
Ore 18:58 - Washington: «Ancora sconosciute le cause della caduta dell'elicottero di Monastyrsky»
«Gli Stati Uniti non sanno cosa abbia causato l'incidente all'elicottero nella periferia di Kiev, che ha provocato 14 morti». Lo ha detto John Kirby, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, porgendo le «condoglianze» degli Stati Uniti all'Ucraina. Si indaga comunque sulle possibili cause, dal momento che l'elicottero ha preso fuoco quando era ancora in volo.
Ore 19:09 - Casa Bianca: «Rispettiamo le resistenze degli alleati sull'invio delle armi»
Gli Stati Uniti fanno riferimento direttamente al caso tedesco quando parlano di comprensione verso gli alleati che hanno delle «remore all'invio delle armi». Così la Casa Bianca alle dichiarazioni del cancelliere tedesco Olaf Scholz, attraverso le parole del portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby: «Comprendiamo e rispettiamo le resistenze degli alleati sull'invio delle armi».
Ore 21:48 - Nyt, Usa pronti a consentire a Kiev di colpire la Crimea
Gli Stati Uniti, dopo mesi di discussioni con le autorità ucraine, stanno «iniziando ad ammorbidire» la loro posizione riguardo alla necessità di fornire a Kiev gli strumenti militari per colpire la Crimea, usata dalla Russia come base per lanciare gli attacchi contro l’Ucraina. Lo riferisce il «New York Times», citando fonti dell’Amministrazione Biden. Il cambio di atteggiamento, rispetto alla precedente contrarietà di Washington, è dovuto alla convinzione da parte dell’Amministrazione Biden che, se le forze di Kiev mostreranno a Mosca di essere in grado di minacciare il suo controllo della penisola, questo potrà rafforzare la posizione ucraina in un futuro negoziato. Inoltre, hanno riferito i funzionari dell’Amministrazione Usa, il timore che la Russia possa reagire usando armi nucleari è diminuito, sebbene il rischio permanga.
Ore 00:01 - Zelensky: «Faremo chiarezza sul disastro, avviata indagine penale»
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a parlare dello schianto dell’elicottero a Brovary nel suo videomessaggio serale su Telegram: «Stabiliremo fatti chiari su ciò che ha portato al disastro. Centinaia di persone sono state impegnate nello spegnimento dell’incendio, nella ricerca e nel soccorso dei feriti e nelle prime azioni investigative — ha aggiunto —. Vorrei ringraziare gli insegnanti dell’asilo, sul cui territorio è caduto l’elicottero. Grazie per aver portato fuori i bambini. Ringrazio anche i cittadini di Brovary, che hanno aiutato sia i bambini che i feriti». Il presidente ha ricordato che 25 persone sono rimaste ferite, tra cui 11 bambini, mentre le vittime sono 14, tra cui un bambino, annunciando anche l’avvio di indagini ufficiali: «Il servizio di sicurezza ucraino ha avviato un’indagine penale su questo terribile evento. Oggi sono state prese tutte le decisioni necessarie riguardanti la dirigenza del ministero degli Affari interni. Abbiamo perso persone che erano professionisti, patrioti e leader affidabili. Il ministro dell’Interno Denys Monastyrskyi, Evgeny Yenin, i loro colleghi morti nel disastro non sono persone facilmente sostituibili. È davvero una grande perdita per lo Stato».
Ore 00:30 - Raid russi sulla regione di Sumy
Le forze armate russe hanno bombardato «per tutto il giorno» con colpi di mortaio le comunità di Krasnopil e Shalygin, nella regione nordorientale di Sumy. Lo riporta l’agenzia di stampa nazionale Ukriform citando il capo dell’amministrazione militare regionale locale, Dmytro Zhivytskyi. Non risultato esserci vittime o feriti.
Ore 04:50 - Blinken: «Dagli Usa 125 milioni di dollari all’Ucraina per supportare la rete elettrica ed energetica»
Il segretario di Stato Antony Blinken, riporta l’agenzia Reuters, ha dichiarato che «l’America stanzierà 125 milioni di dollari a Kiev per sostenere le reti energetiche ed elettriche a seguito degli attacchi mirati da parte delle forze russe».
Precipita elicottero: muoiono tre leader del governo ucraino. Il giallo sulle cause. Incidente o attentato? Da Kiev al resto del mondo la domanda risuona da ieri, per ora senza risposta. Matteo Basile il 19 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Incidente o attentato? Da Kiev al resto del mondo la domanda risuona da ieri, per ora senza risposta. Da quando un elicottero ucraino è precipitato vicino a un asilo a Brovary, nella regione di Kiev. Perché a bordo del velivolo non c'erano passeggeri comuni. Nello schianto hanno perso la vita il ministro dell'Interno ucraino Denys Monastyrskyi, il suo vice Yevhen Yenin e il segretario di stato Yuriy Lubkovich, tre figure di spicco del governo di Kiev. Morti anche Tetiana Shutyak, vice capo del servizio Patrocinio presso il ministero degli Interni, il tenente colonnello Mykhailo Pavlushko, capo della divisione della protezione del dipartimento di sicurezza interna e Mykola Anatskyi, capo ispettore del dipartimento delle comunicazioni del ministero dell'Interno. Il bilancio totale fornito dalle autorità ucraine è di 14 vittime, 9 delle quali viaggiavano sull'elicottero, 6 funzionari e tre membri dell'equipaggio. Anche un bambino dell'asilo ha perso la vita. I feriti sono 25, tra di loro 11 bambini. Una tragedia che ha scosso ulteriormente un Paese già martoriato.
Da subito si sono susseguite voci e ipotesi nel tentativo di chiarire cause e dettagli dell'accaduto. «Ma ci vorranno settimane di indagini», fanno sapere da Kiev. Quel che è certo è che ieri mattina, quando l'elicottero dei servizi di emergenza ucraini che si stava recando in zone di guerra ad alto rischio (probabilmente a Kharkiv) è precipitato, era buio e c'era nebbia. «Stiamo valutando tutte le ipotesi», ha spiegato il procuratore generale Andriy Kostin. «Per ora stiamo valutando tutte le possibili versioni dell'incidente. L'istruttoria è stata affidata agli investigatori dell'Sbu», il servizio segreto ucraino. Ascoltati anche alcuni testimoni che si trovavano nei pressi del luogo dell'incidente. «Era in fiamme in volo pochi secondi prima di precipitare. L'elicottero girava in tondo, bruciava e volava in quella direzione», ha raccontato uno di loro. «Le cause della tragedia sono in corso di accertamento. Presto sapremo se si è trattato di un sabotaggio, di un malfunzionamento delle apparecchiature, di una violazione delle regole di sicurezza del volo», ha detto il consigliere del ministero dell'Interno Anton Gerashchenko con il governo tedesco che si è offerto di collaborare all'inchiesta.
Le indagini del gruppo speciale appositamente istituito, naturalmente, al momento non escludono alcuna ipotesi. Da quanto si è potuto apprendere, quella più accreditata porterebbe a un incidente dovuto a un errore del pilota o a un guasto meccanico. Esclusa la pista dell'attacco diretto da parte delle forze russe. Un'azione del genere, su suolo ucraino, con obiettivo funzionari di primo piano del governo, equivarrebbe a una escalation di fatto. Non a caso i commenti arrivati da Mosca sono sì di compiacimento, incolpando «l'invio delle armi a Kiev», ma non certo di rivendicazione. Difficile, anche se assolutamente non impossibile, ipotizzare un sabotaggio all'interno del velivolo che ha portato allo schianto.
Se il capo della polizia nazionale Igor Klymenko, è stato nominato ministro degli Interni ad interim, le reazioni alla tragedia di Brovary, Russia esclusa, sono state di cordoglio unanime. Il presidente Zelensky parla di «enorme tragedia» mentre la first lady Olena spiega che «la tragedia più grande è la morte di bambini. I miei pensieri vanno alle famiglie delle vittime». Dall'Italia sono arrivati il messaggio del presidente della Repubblica Mattarella, che ha scritto a Zelensky esprimendo «vicinanza da parte del popolo italiano» e della premier Meloni che a nome del governo ha espresso vicinanza al presidente e a tutto il popolo ucraino. Messaggi di cordoglio sono arrivati da regno Unito, Francia, Germania e dalle istituzioni europee. Nella speranza, comune, che le verità sullo schianto non esasperi ulteriormente una situazione globale già ad altissima tensione.
La morte del Ministro ucraino e il surge di Ramstein. Piccole Note (filo-Putin) il 19 Gennaio 2023 su Il Giornale.
L’incidente costato la vita al ministro dell’Interno ucraino e al suo intero staff potrebbe essere tale. Di certo non è stato abbattuto da un missile russo, dal momento gli ucraini l’avrebbero denunciato su tutte le piazze del mondo. Lo stesso Zelenky ha parlato di una “terribile tragedia”. Insomma, incidente, punto. Ma la tempistica interpella.
Incidente o scontro di potere?
Infatti, l’incidente è avvenuto il giorno successivo alle dimissioni del potente primo consigliere di Zelensky, Alexey Arestovich. Certo, Arestovich si è praticamente suicidato, affermando che il missile russo che si abbattuto su un edificio di Dnipro (oltre ottanta morti), era stato intercettato dalla contraerea ucraina, confermando la versione di Mosca.
Ma si era corretto, aveva rettificato, umiliandosi anche. Avrebbe dovuto bastare dato il potere che in questi mesi aveva acquisito il personaggio. Invece, è diventato un caso politico, con alcune forze di governo che hanno chiesto che la SBU indagasse sul suo conto.
Nessuno l’ha difeso, anche perché indifendibile essendosi macchiato di una colpa gravissima (ha incrinato l’immagine dell’equivalenza tra russi e male assoluto). Così non ha potuto fare altro che dimettersi. Ed ecco che, il giorno dopo, un’altra figura chiave del governo ucraino fa una brutta fine.
Tempistica che suscita domande, appunto. Tanto da indurre a ritenere che a Kiev si stia consumando una sorda quanto feroce lotta di potere. O quantomeno a reputare che tale ipotesi non si può escludere, un’ipotesi avvalorata, peraltro, dall’ulteriore stretta sui media avvenuta alcuni giorni fa.
Una stretta che, ovviamente, fa supporre, stavolta non come ipotesi ma come dato di fatto, che sui media circolassero notizie non gradite al governo. Visto che la censura delle voci filo-russe era già vigente e attuata con zelo è ovvio che la stretta riguardasse voci ucraine non in sintonia con Zelensky, presumibilmente supportate da cerchie di potere altrettanto non sintoniche.
Gli ingredienti di uno scontro di potere ci sono tutti: una situazione in cui le élite sono intoccabili a motivo del loro ruolo in difesa della patria; la spinta a nazionalizzare aziende importanti; l’afflusso di miliardi di euro e di dollari senza alcun controllo da parte dell’Occidente, con ulteriori montagne di soldi in arrivo da privati (vedi incontro tra Zelensky e Fink, il patron di Blackrock, il più importante gruppo finanziario del mondo); le tante oscurità di un apparato militare e di sicurezza che intrattiene rapporti, confessabili e non, con apparati analoghi di mezzo mondo e altro meno importante.
Il surge di Ramstein
Ma al di là degli interna corporis del potere ucraino, da registrare in questo momento la spinta Usa-Nato a un rilancio della gloria militare di Kiev. Necessita, dal momento che la narrazione delle epiche gesta delle forze ucraine, che ha accompagnato il conflitto fin dal suo inizio ed è essenziale per sostenere il supporto bellico, si sta affievolendo.
Dopo il ritiro dei russi fa Kherson, infatti, gli ucraini non hanno fatto alcun passo in avanti, anzi stanno subendo l’iniziativa del nemico. Peraltro, una guerra raccontata in modalità hollywoodiane come questa necessita di tempistiche adeguate, non può permettersi cali di tensione: c’è il rischio che il pubblico si annoi.
In termini meno figurati, c’è il rischio che l’opinione pubblica inizi a perdere di interesse per le sorti di Kiev e consideri più le proprie, in particolare si chieda perché debba pagare tanto l’energia e altro per una guerra lontana alla quale sarebbe bene porre fine anche a costo di compromessi.
Per questo, per tre giorni tutti i media hanno riferito nei minimi dettagli la tragedia del palazzo di Dnipro, interrogando sopravvissuti e autorità, come se fosse una cosa strana che in guerra muoiano persone (sono gli stessi media, e a volte anche gli stessi cronisti, che quando i palazzi iracheni crollavano in testa ai legittimi occupanti a causa delle bombe intelligenti Usa lodavano la chirurgica potenza degli armamenti Usa; tant’è).
Al di là delle domande sul caso, cioè su come sia finito quel missile russo là sopra – e sulla constatazione che tale tragedia risulta eccezionale, nonostante la guerra sia iniziata da un anno (da cui discende che i russi stanno facendo attenzione ai loro obiettivi), resta, appunto, che tale insistenza serve a creare pathos; che il dolore e la commozione di quella povera gente viene usata per convincere l’opinione pubblica che dobbiamo aiutare gli ucraini. Serve, cioè, a mandare altre armi e a preservare dalla chiusura la macelleria ucraina.
A tale pathos contribuirebbe non poco qualche immagine del fronte, di quelle che circolano sul web, quelle dei prati disseminati di cadaveri di poveri ragazzi in divisa. Ma questo, di pathos, sarebbe controproducente. Rischierebbe di dare alimento a interrogativi che si vuole sopire, in particolare sulla necessità di mandare questi ragazzi al macello per conto degli Stati Uniti (ma invitiamo, a vederle; aiutano a capire il conflitto al di là delle narrazioni hollywoodiane).
Cosa detta chiaramente dal ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov: “Oggi stiamo svolgendo la missione della NATO. Non stanno versando il loro sangue, stiamo versando il nostro. Ecco perché sono tenuti a fornirci le armi”.
Sulla necessità di un surge della Nato scrivevano alcuni giorni fa sul Washington Post anche l’ex Segretario di Stato Condoleezza Rice e l’ex ministro della Difesa Robert Gates: “In assenza di un’altra importante svolta di successo ucraino contro le forze russe, le pressioni occidentali sull’Ucraina per negoziare un cessate il fuoco aumenteranno con il passare dei mesi caratterizzati da uno stallo militare”. Tanto che, nell’articolo, si spiegava che il tempo poteva giocare dalla parte di Mosca.
Concetto ribadito più di recente da Yaroslav Trofimov sul Wall Street Journal (anche per lui “il tempo potrebbe essere dalla parte di Mosca”), da cui il necessario surge a breve.
Così, il 20 gennaio, si decideranno le linee guida di tale surge. A Ramstein, che, come scrive Domenico Quirico sulla Stampa, è diventata “la capitale del nuovo impero d’Occidente in guerra contro i barbari dell’Eurasia, l’impero d’Oriente di Russia e Cina”. E qui saranno “tollerate solo obbedienze assolute”, svaporando così la residua sovranità dei Paesi europei. Washington Imperat. Ci torneremo.
A proposito del surge militare prossimo venturo, due considerazioni. Prima: insieme ai tanti carri armati, a Kiev arriverà un’altra montagna di soldi. Seconda: il surge, in genere non porta fortuna all’America. Evocato altre volte quando stavano perdendo le guerre, la sua attuazione non ha invertito la tendenza, vedi alle voci Vietnam e Afghanistan. Vedremo.
La Svizzera neutrale con l'Ucraina, ma non con altri (Ansa). Sergio Barlocchetti su Panorama il 18 Gennaio 2023.
Berna esporta armi ma usa la "neutralità" come scusa secondo i casi. Vende armi a Riad, agli Emirati che le usano in Yemen, ma non a Kiev La Svizzera neutrale con l'Ucraina, ma non con altri
Tra gli argomenti fuori-tema del World Economic Forum che si sta svolgendo a Davos, in Svizzera, c’è una questione che riguarda direttamente la Confederazione e la guerra in Ucraina. Nonostante le ripetute richieste, la Svizzera non permette alla Germania di fornire a Kiev le munizioni per difesa aerea di fabbricazione elevetica che la Difesa ucraina considera importantissime, e la conseguenza di tale posizione è la pressione che gli americani stanno facendo affinché Berna cambi idea. Le munizioni di cui si parla servono per alimentare i sistemi antiaerei montati sui corazzati Gepard che Berlino ha già fornito a Zelensky, e che presto fornirà in un numero aggiuntivo di sette unità, mezzi che tuttavia saranno inutili se mancheranno i proiettili da sparare.
Vero è che la decisione svizzera di negare l’esportazione delle sue armi a Paesi terzi senza autorizzazione è stata presa circa trent’anni fa e per questo motivo l’azienda tedesca Rheinmetall sta costruendo un nuovo impianto in grado di produrre i proiettili da 35 mm, ma non potrà iniziare la produzione fino a giugno. Alla base della decisione di negare quanto richiesto da Kiev e Berlino è la volontà svizzera di mantenere il suo impegno per la neutralità militare e la regola è stata applicata anche per bloccare altri trasferimenti di armi all'Ucraina provenienti da Spagna e dalla Danimarca. È noto che la Svizzera usi il suo concetto di neutralità come vincolo opportunistico, del resto la Confederazione è un buon esportatore di armi e saltuariamente ha allentato le limitazioni per sostenere la sua industria militare. Come nel 2016, quando permise alcune forniture all'Arabia Saudita e ad altri paesi del Medio Oriente che combattono le milizie Houthi sostenute dall'Iran nello Yemen. E più recentemente ha permesso a Riad di ricevere munizioni per sistemi di difesa aerea consegnati in precedenza giustificandosi con la dichiarazione che sarebbero state utilizzate per legittima difesa e per proteggere le infrastrutture civili. Ovvero la stessa ragione per la quale servirebbero in Ucraina. A livello legale interno non sarebbero necessarie modifiche alla legge confederale che regola la vendita d’armi, e il provvedimento di Berna potrebbe essere soltanto di tipo amministrativo. Il rischio è che Berlino, per ritorsione, in futuro annulli le commesse e si rivolga interamente alla nuova fabbrica che sta costruendo Rheinmetall. In tale scenario la domanda ancora più importante è come reagirebbe la Svizzera qualora il conflitto si allargasse e coinvolgesse la Nato, inclusi gli Usa che stanno per fornirle velivoli e sistemi Patriot, con tempistiche simili a quelle promesse all’Ucraina. Ed è evidente che una ritorsione potrebbe essere quella di dare la precedenza a Kiev e agli altri alleati in Europa, ma anche a Taiwan.
Stati Uniti: «La Crimea è Ucraina, Kiev ha diritto di riprenderla». Offensiva russa verso sud. Andrea Nicastro, inviato a Leopoli, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 19 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di giovedì 19 gennaio, in diretta. Kiev agli alleati: «Servono i Leopard con urgenza». Il capo della Wagner annuncia di aver conquistato una cittadina a 5 chilometri da Bakhmut
• La guerra in Ucraina è arrivata al 330esimo giorno.
• Guasto tecnico, sabotaggio: le ipotesi e le teorie sull’elicottero precipitato.
• Zelensky, confermando il bilancio di 25 feriti, tra cui 11 bambini, e di 14 vittime, tra cui un bimbo, ha annunciato l’inizio delle indagini ufficiali.
• Gli Usa, scrive il New York Times, sarebbero pronti «a garantire a Kiev una maggiore potenza di fuoco per provare a riconquistare la Crimea».
Ore 00:20 - Nato: «Pericoloso sottovalutare Russia, prepararsi a guerre future»
È «pericoloso sottovalutare la Russia» e gli alleati della Nato devono «prepararsi a eventuali guerre future». Lo ha dichiarato il vice Segretario generale della Nato Mircea Geoana durante una riunione del comitato militare della Nato a Bruxelles, chiedendo agli alleati di investire di più nella difesa, aumentando la loro capacità di produrre armi e munizioni. «Non abbiamo alcuna indicazione che gli obiettivi di Putin siano cambiati. Quindi dobbiamo essere preparati per il lungo periodo. Il 2023 sarà un anno difficile. E dobbiamo sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario», ha affermato.
Ore 00:29 - Il Nyt: «Usa pronti a garantire a Kiev di riprendere il controllo della Crimea»
Gli Stati Uniti sarebbero pronti «a garantire all’Ucraina una maggiore potenza di fuoco per provare a far riprendere a Kiev il pieno controllo della Crimea». Lo scrive il New York Times, che cita fonti dell’amministrazione Biden. «Abbiamo sempre sostenuto che la Crimea fa parte dell’Ucraina — ha spiegato Adrienne Watson, portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza della Casa Bianca — , e l’Ucraina ha il diritto difendere la sovranità dei propri territori». In privato, però, riporta il quotidiano americano, militari e rappresentanti dell’amministrazione di Washington avevano manifestato dubbi sull’utilità di concentrarsi sulla Crimea, sostenendo invece la necessità di puntare su altre aree strategiche. Per mesi l’amministrazione americana si era mantenuta su una posizione moderata, ma ora tutto sarebbe cambiato. Secondo il New York Times, il presidente Joe Biden si sarebbe convinto che se l’esercito ucraino riuscisse a mettere a rischio il controllo russo sulla Crimea, questo cambiamento potrebbe rafforzare la posizione di Kiev in vista di futuri negoziati. Allo stesso tempo, però, avverte il quotidiano, «c’è il rischio che un aggravarsi dello scontro potrebbe portare a un’escalation del conflitto e all’impiego, da parte di Mosca, di armi nucleari tattiche».
Ore 00:38 - Zelensky: «Faremo chiarezza sul disastro, avviata indagine penale»
« L’operazione di salvataggio è durata quasi nove ore a Brovary, nella regione di Kiev, sul luogo dello schianto dl’elicottero», precipitato oggi nel sobborgo della capitale ucraina. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a parlare dello schianto dell’elicottero nel suo videomessaggio serale su Telegram: «Stabiliremo fatti chiari su ciò che ha portato al disastro. Centinaia di persone sono state impegnate nello spegnimento dell’incendio, nella ricerca e nel soccorso dei feriti e nelle prime azioni investigative — ha aggiunto —. Vorrei ringraziare gli insegnanti dell’asilo, sul cui territorio è caduto l’elicottero. Grazie per aver portato fuori i bambini. Ringrazio anche i cittadini di Brovary, che hanno aiutato sia i bambini che i feriti». Il presidente ha ricordato che 25 persone sono rimaste ferite, tra cui 11 bambini, mentre le vittime sono 14, tra cui un bambino, annunciando anche l’avvio di indagini ufficiali: «Il servizio di sicurezza ucraino ha avviato un’indagine penale su questo terribile evento. Ho incaricato il capo del Servizio di sicurezza dell’Ucraina, in collaborazione con tutti gli altri organi autorizzati, di chiarire tutte le circostanze del disastro. Sono state prese tutte le decisioni necessarie riguardanti la dirigenza del ministero degli Affari interni. Abbiamo perso persone che erano professionisti, patrioti e leader affidabili. Il ministro dell’Interno Denys Monastyrskyi, Evgeny Yenin, i loro colleghi morti nel disastro non sono persone facilmente sostituibili. È davvero una grande perdita per lo Stato».
Ore 00:40 - Raid russi sulla regione di Sumy
Le forze armate russe hanno bombardato «per tutto il giorno» con colpi di mortaio le comunità di Krasnopil e Shalygin, nella regione nordorientale di Sumy. Lo riporta Ukriform citando il capo dell’amministrazione militare regionale locale, Dmytro Zhivytsky. Non risultato esserci vittime o feriti.
Ore 05:00 - Blinken: «Dagli Usa 125 milioni di dollari all’Ucraina per supportare la rete elettrica ed energetica»
Nei giorni scorsi l’America aveva annunciato nuove iniziative a sostegno dell’Ucraina in guerra. Una novità importante è arrivata da Antony Blinken, secondo quanto riporta l’agenzia Reuters: il segretario di Stato americano ha dichiarato che «gli Usa stanzieranno 125 milioni di dollari a Kiev per sostenere le reti energetiche ed elettriche a seguito degli attacchi mirati da parte delle forze russe».
Ore 07:34 - Oggi incontro dei ministri della Difesa di Regno Unito, Polonia e Baltici
I ministri della Difesa di Regno unito e Polonia incontreranno i loro omologhi degli Stati baltici in Estonia, in un pre-incontro in vista di un più ampio vertice sulla difesa di venerdì, che ha l’obiettivo di aumentare la pressione sulla Germania affinché proceda con l’invio di carri armati Leopard 2 all’Ucraina. Ma ci sono segnali che le manovre di Londra stiano irritando Berlino. Una fonte del governo tedesco ha detto a Reuters che il Regno Unito sembra ignorare la recente decisione di Berlino di fornire un sistema di difesa missilistica Patriot e 40 veicoli da combattimento Marder. Accusando il Regno Unito di agire in risposta a “pressioni politiche interne”, fonti governative hanno aggiunto che appoggiarsi agli alleati “non è stato utile”. “La consegna di carri armati all’Ucraina non è un tabù. Ma tali questioni continueranno a essere chiarite in ambito transatlantico”, hanno spiegato le stesse fonti.
Ore 07:47 - Berlino e le condizioni per fornire i Leopard a Kiev
(Guido Olimpio) La Germania darà luce verde per la fornitura dei Leopard all’Ucraina a patto che gli Usa facciano lo stesso con i tanks Abrams. Un passo che però la Casa Bianca ha escluso. Almeno per ora. A rivelarlo fonti al Wall Street Journal e all’agenzia Reuters. Dietro le quinte molti contatti. Il New York Times scrive, invece, che l’amministrazione potrebbe concedere sistemi in grado di colpire le installazioni militari in Crimea. Un cambio dopo un lungo dibattito interno e la valutazione della possibile risposta degli invasori. Washington sembra pronta ad accettare il rischio.
Ore 08:01 - Cnn, nuovo pacchetto di armi Usa sarà di 2,5 miliardi
Il nuovo mega pacchetto statunitense di aiuti militari all’Ucraina avrà un valore complessivo di circa 2,5 miliardi di dollari: lo riporta la Cnn, che cita due fonti bene informate. Si tratta di uno pacchetti più consistenti annunciati da Washington dall’inizio della guerra. Il pacchetto, che non è ancora stato finalizzato, includerà per la prima volta i veicoli da combattimento Stryker. I nuovi aiuti, scrive l’emittente americana sul suo sito, potrebbero essere finalizzati entro la fine della settimana.
Ore 08:12 - Usa, a Kiev niente missili Atacm o carri armati Abrams
Gli Stati Uniti hanno deciso di non fornire all’Ucraina, per il momento, né i sistemi missilistici a lungo raggio Atacm, né i carri armati Abrams: lo ha detto il sottosegretario alla Difesa Usa, Colin Kahl, come riporta Nbc News. «Pensiamo che gli ucraini possano cambiare la dinamica sul campo di battaglia e ottenere il tipo di effetti che desiderano per respingere i russi senza gli Atacm», ha affermato Kahl, di ritorno da un viaggio a sorpresa in Ucraina. Il sottosegretario ha poi commentato che Washington non è ancora pronta a fornire i carri armati Abrams a Kiev, spiegando che alcuni sistemi non sono utili se sono difficili da mantenere o se è difficile addestrare le truppe a usarli.
Ore 08:17 - Michel in viaggio verso Kiev: «L’Ucraina ha bisogno di noi»
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è in viaggio verso Kiev, dove incontrerà Zelensky e il premier Denys Shmyhal. Lo ha annunciato un video-selfie pubblicato su Twitter. «Gli ucraini stanno combattendo per la loro terra, per il futuro dei loro figli. Ma stanno anche combattendo per i nostri comuni valori europei di pace e prosperità. Hanno bisogno e meritano il nostro sostegno», ha detto. Aggiungendo: «Discuterò con il presidente Zelensky e il suo team quali altre misure concrete possiamo adottare per assicurarci che siano più forti».
Ore 08:33 - Intelligence Gb: «La Russia verso il dispiegamento di carri armati T-14 Armata, decisione rischiosa»
Nel bollettino quotidiano dell'intelligence britannica si legge che la Russia sta probabilmente considerando l'idea di schierare un piccolo numero di carri armati di nuova fabbricazione T-14 Armata in Ucraina. A conferma di tale previsione, ci sono le immagini di fine dicembre 2022, «che mostravano i T-14 in un'area di addestramento nel sud della Russia: il sito è stato associato all'attività di pre-schieramento per l'operazione in Ucraina». «In precedenza — prosegue il rapporto — i media russi filogovernativi hanno sostenuto che i T-14 erano in fase di preparazione in vista del loro dispiegamento. Tuttavia, non è chiaro se la Russia abbia già trasferito i mezzi in Ucraina». Ad ogni modo, si fa presente nel rapporto «è probabile che qualsiasi schieramento di T-14 sia una decisione ad alto rischio per la Russia».
Ore 08:48 - Medvedev: «Le potenze nucleari non perdono le guerre»
Dmitry Medvedev, vice capo del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa ed ex presidente ha affermato che le potenze nucleari non hanno mai perso grandi conflitti dai quali dipende il loro destino. Così, Medvedev ha commentato la tesi esposta a Davos ieri da diversi leader, secondo cui la Russia deve perdere. «Le potenze nucleari non hanno perso grandi conflitti da cui dipende il loro destino. Ma questo dovrebbe essere ovvio per qualsiasi persona, anche per un politico occidentale che abbia conservato almeno tracce di cervello», ha scritto nel suo canale Telegram.
Ore 08:49 - Gli Usa sulla Crimea: Kiev colpisca le basi russe, anche se sale il rischio di escalation
(Viviana Mazza, corrispondente da New York) La linea ufficiale non è cambiata: gli Stati Uniti hanno sempre riconosciuto che la Crimea appartiene all’Ucraina. Ma da quando la guerra è iniziata, la Casa Bianca è stata attenta ad evitare di fornire a Kiev armi per colpire le installazioni e le truppe russe sulla penisola ed ha chiesto a Zelensky di non usare equipaggiamenti americani a questo scopo.
Le cose stanno cambiando, scrive il New York Times .
Dopo mesi di discussioni, l’amministrazione Biden ha iniziato a riconoscere che bisogna colpire le basi da cui la Russia attacca l’Ucraina, anche se ciò può aumentare i rischi di escalation, secondo i funzionari Usa anonimi consultati dal quotidiano.
Ore 09:35 - Zelensky: «Putin? Non sono sicuro che sia vivo»
(Federico Fubini, inviato a Davos) Volodymyr Zelensky ha partecipato stamattina in collegamento a un incontro privato a Davos con l'inviato del Clima dell'amministrazione americana, John Kerry, il premier olandese Mark Rutte, la vice-premier canadese Christia Freeland, l'ex premier di Londra Boris Johnson e gli amministratori delegati di Goldman Sachs e BlackRock, David Solomon e Larry Fink. Nello scambio di idee, il presidente ucraino ha riservato un duro attacco al governo tedesco per le esitazioni nel mettere a disposizione i carri armati Leopard 2. Il cancelliere Olaf Scholz, proprio al World Economic Forum di Davos, ha detto ieri che la Germania deciderà solo «con i partners». Un annuncio comune è atteso al vertice Nato di Ramstein domani.
Ha detto Zelensky: «Non dobbiamo dire: "Darò i tank solo se anche qualcun altro fuori dall'Europa darà i suoi". Non è il mio modo di fare questo. Noi in Ucraina stiamo difendendo tutte le nostre cento nazionalità (forse un riferimento alla minoranza di origine tedesca, ndr), con questa guerra proteggiamo gli europei». Zelensky ha anche escluso completamente qualunque disponibilità a trattare con la Russia in questa fase: «Impossibile negoziare, non so chi è quel tizio», ha detto riferendosi a Vladimir Putin. «Non so se è vivo, non so chi c'è nella cerchia che decide».
Sull'incidente di elicottero che ha portato ieri alla morte del ministro dell'Interno ucraino Denys Monastyrskyy, Zelensky non ha escluso l'ipotesi di un sabotaggio: «Ci sono molte versioni sull'incidente, non sono autorizzato a parlarne finché l'inchiesta è in corso», ha concluso.
Ore 10:06 - Allarme antiaereo in tutto il Paese
Un allarme antiaereo è scattato questa mattina in tutto il territorio ucraino: lo ha reso noto il capo dell'amministrazione militare di Leopoli, Maksym Kozytskyi, come riportano i media nazionali. L'allarme è stato dichiarato dopo le 10:30 ora locale (le 9:30 in Italia).
Ore 10:22 - Michel arrivato a Kiev: il 2023 sia l'anno della vittoria e della pace
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel è arrivato a Kiev «per discutere di tutti gli aspetti della cooperazione». Lo annuncia su twitter postando la foto di un abbraccio con Olga Stefanishyna, vice primo ministro per l'integrazione europea ed euro-atlantica dell'Ucraina. «Che il 2023 sia l'anno della vittoria e della pace», afferma Michel.
Ore 10:40 - La Svezia fornirà a Kiev cannoni a lungo raggio
La Svezia fornirà all'Ucraina sistemi di artiglieria a lungo raggio Archer: lo ha reso noto il premier svedese, Ulf Kristersson.
Ore 10:57 - Zelensky ringrazia l'Estonia per i nuovi aiuti militari
L'Ucraina è profondamente grata all'Estonia per un nuovo pacchetto di aiuti militari. Lo ha scritto Zelensky su Twitter, ringraziando la premier estone Kaja Kallas. Il pacchetto include obici, lanciagranate e munizioni. «L'Estonia ha mostrato con i fatti il suo sostegno sincero all'Ucraina nella lotta contro l'aggressore. È un investimento per la nostra vittoria comune».
Ore 11:05 - Peskov: le nuove forniture a Kiev rappresentano un'escalation
Le forniture di nuovi armamenti all'Ucraina da parte dell'Occidente possono portare il conflitto ad un nuovo livello. Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov citato dalla Tass.
Ore 11:09 - Cessato l'allarme aereo, scattato stamattina in tutta l'Ucraina
Ore 11:28 - Peskov: «Putin è vivo anche se Zelensky preferirebbe di no»
Putin è vivo, così come la Russia intera. E il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dovrebbe rendersene conto, rapidamente. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in conferenza stampa, parlando dei dubbi espressi da Zelensky circa il fatto che Putin sia vivo. «È chiaro che Zelensky preferirebbe che né Putin, né la Russia esistessero», ha affermato Peskov.
Ore 11:44 - «Abbattuto aereo militare ucraino Su-25 sul Donbass»
Un aereo da combattimento russo ha abbattuto un aereo militare ucraino Su-25 sopra il Donbass. Lo ha detto il ministero della Difesa russo. «Aerei da combattimento delle forze aerospaziali russe nell'area dell'insediamento di Poltavka della Repubblica popolare di Donetsk hanno abbattuto un aereo Su-25 dell'aeronautica militare ucraina», ha affermato il dipartimento in un comunicato.
Ore 12:01 - Zelensky ringrazia la Svezia per i missili a lungo raggio
Con un tweet Zelensky, ha ringraziato la Svezia per un nuovo pacchetto di aiuti militari. «Sono profondamente grato al governo della Svezia e al premier Ulf Kristersson per il nuovo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina», ha scritto il presidente ucraino. Il pacchetto include veicoli da combattimento di fanteria CV90, semoventi d'artiglieria Archer e missili anticarro Nlaw. Sono «armi potenti di cui le Forze armate ucraine hanno bisogno per liberare il loro territorio dall'invasore russo».
Ore 12:27 - Prigozhin annuncia la conquista di una cittadina a 5 km da Bakhmut
Il fondatore della Wagner Evgheny Prigozhin rivendica il controllo, da parte dei suoi mercenari, della cittadina di Klishchiivka, cinque chilometri a sud di Bakhmut, punto d'accesso alla autostrada Konstantinovka-Bakhmut. Come aveva già detto annunciando la caduta di Soledar, la conquista è stata fatta solo da unità Wagner. Nei dintorni di Klishchiivka sono in corso combattimenti e «le forze ucraine si aggrappano a ogni metro».
Ore 12:36 - Eurocamera: istituire un tribunale internazionale contro Mosca
Via libera dall'Eurocamera a una risoluzione che esorta l'Ue a istituire un tribunale internazionale speciale, in stretta cooperazione con l'Ucraina e con la comunità internazionale, e che si occupi di perseguire la leadership politica e militare della Russia e i suoi alleati.
Ore 12:37 - Putin fa bagno gelato per l'Epifania, ma «niente foto»
Putin, riprendendo una tradizione interrotta l'anno scorso a causa della pandemia, ha fatto il bagno gelato per le celebrazioni dell'Epifania ortodossa. A differenza del passato, però, del bagno del presidente nella classica buca nel ghiaccio a forma di croce non ci sono foto né video. Lo ha fatto sapere il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, come riporta Ria Novosti.
Ore 12:56 - Kiev agli alleati: «Servono i Leopard con urgenza»
Kiev chiede ai suoi alleati di rafforzare le forniture di armi. «Ci rivolgiamo a tutti gli Stati partner che hanno già fornito o stanno pianificando di fornire aiuti militari, invitandoli ad aumentare considerevolmente il loro contributo», scrivono in una dichiarazione congiunta i ministri della Difesa e degli Esteri, Oleksiy Reznikov e Dmytro Kuleba. I due sollecitano una dozzina di Paesi tra cui la Turchia - che si propone come mediatore nel conflitto - e la Germania - che secondo gli ucraini è lenta nel rispondere alle richieste di Kiev - a fornire i carri armati Leopard, «uno dei bisogni più urgenti e pressanti» dell'esercito.
Ore 13:39 - Armi a Kiev, pressing Usa sulla Germania: «In primavera scontro furibondo»
(Giuseppe Sarcina) La previsione è condivisa a Washington e nelle principali capitali europee: in primavera lo scontro tra gli eserciti russo e ucraino sarà furibondo. Zelensky chiede, quasi implora, gli americani e gli altri alleati di fare presto. Il tema ora è la corsa contro il tempo. Servono subito più armi. Carri armati, sistemi di difesa aerea, artiglieria pesante. I generali di Kiev sostengono che vanno schierati nel giro di qualche settimana al massimo, altrimenti diventerà difficile, se non impossibile, costringere l’armata putiniana ad arretrare ancora. Strategia militare e politica si intrecciano, come è sempre accaduto fin dall’inizio del conflitto, come emerge dalle informazioni di prima mano che abbiamo raccolto da fonti diplomatiche americane ed europee, alla vigilia del vertice nella base aerea di Ramstein, in programma domani, venerdì 20 gennaio. Un summit che, stando alle attese, dovrebbe imprimere una brusca accelerazione alla fornitura di armi.
Ore 14:39 - Zelensky accoglie Michel, oggi «incontro importante»
«Do il benvenuto in Ucraina al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel! Grazie per il costante e forte sostegno! Stiamo iniziando un incontro importante». Lo ha scritto Zelensky su Telegram, pubblicando due foto: un saluto con stretta di mano e un abbraccio.
Ore 15:32 - Il Regno Unito invierà a Kiev 600 missili Brimstone
Il Regno Unito invierà all'Ucraina 60 missili Brimstone. Lo ha annunciato il ministro della Difesa britannico Ben Wallace durante la sua visita in Estonia. «Oggi posso dire che invieremo anche altri 600 missili Brimstone sul teatro, che saranno incredibilmente importanti per aiutare l'Ucraina a dominare il campo di battaglia», ha detto ai giornalisti alla base militare estone di Tapa.
Ore 15:56 - Danimarca invierà 19 obici di fabbricazione francese
La Danimarca ha deciso di inviare all’Ucraina tutti i suoi 19 obici a lungo raggio Caesar di fabbricazione francese, alcuni dei quali sono ancora solo in ordinazione. Il governo, sostenuto dal Parlamento, «ha deciso di donare tutti i 19 pezzi di artiglieria Caesar di fabbricazione francese all’esercito dell’Ucraina», si legge in una nota del ministro della Difesa, Jakob Ellemann-Jensen, che arriva mentre l’Occidente sta moltiplicando gli annunci di forniture di armi pesanti all’Ucraina per contrastare l’offensiva russa.
Ore 16:04 - Podolyak: «L’Occidente smetta di temere Putin e invii di carri armati»
Il consigliere della presidenza ucraino, Mykhailo Podolyak scrive su Twitter.«La vera leadership consiste nel dare l’esempio, non nell’ammirare gli altri. Non ci sono tabù. Da Washington a Londra, da Parigi a Varsavia, si dice una cosa: l’Ucraina ha bisogno di carri armati. Carri armati: la chiave per porre fine alla guerra in modo appropriato. È ora di smettere di tremare davanti a Putin e fare il passo finale».
Ore 16:24 - Kiev, basta tremare davanti a Putin, ci servono carri armati
«La vera leadership consiste nel dare l’esempio, non nel guardare gli altri. Non ci sono tabù. Da Washington a Londra, da Parigi a Varsavia, si dice una cosa: l’Ucraina ha bisogno di carri armati; i tank sono la chiave per porre fine alla guerra in modo appropriato. È ora di smettere di tremare davanti a Putin e di fare il passo finale». Lo scrive su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere dell’ufficio di presidenza ucraino.
Ore 16:45 - Michel, sogno che presto un ucraino possa diventare presidente del Consiglio europeo
Sogno che presto un ucraino possa ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio europeo. Lo ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nel corso di un intervento alla Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino. «Nelle prime ore del 24 febbraio, mi ha chiamato Volodymyr Zelenskyy e mi ha detto che si trattava di qualcosa di più’ di un attacco, ma di un’invasione su larga scala contro l’Ucraina. La sera stessa l’ho invitato a parlare in video al Consiglio europeo. Ci disse che poteva essere l’ultima volta che lo vedevamo vivo, i leader erano scioccati. Si trattava di un momento di svolta: erano necessarie decisioni coraggiose per l’Ucraina», ha detto. «Meno di sei mesi dopo, a giugno, abbiamo preso una decisione che per molti era impensabile solo poche settimane prima: abbiamo deciso di concedere all’Ucraina lo status di candidato all’Ue. E non dobbiamo lesinare gli sforzi per trasformare questa promessa il più’ rapidamente possibile in realtà’», ha aggiunto. «Sogno che un giorno, spero presto, un ucraino ricopra il mio posto di presidente del Consiglio europeo, o di presidente del Parlamento europeo, o della Commissione», ha concluso Michel.
Ore 17:42 - Zelensky: «Obici danesi aumenteranno notevolmente nostra capacità di difesa»
«Sono profondamente grato alla mia brava collega Mette Frederiksen Statsmin e al governo di coalizione danese per l’importante decisione di fornire obici Caesar all’Ucraina. Aumenteranno notevolmente le capacità di difesa dell’Ucraina, ci consentiranno di estromettere l’aggressore dall’Ucraina e renderanno più vicina la nostra comune vittoria». Lo ha scritto su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, commentando la decisione del governo danese di inviare a Kiev 19 obici Caesar di fabbricazione francese.
Ore 18:29 - I russi hanno lanciato «offensiva locale» nel Sud
L’esercito russo ha lanciato una “offensiva locale” nei pressi di Orekhiv, nel Sud dell’Ucraina, dove il fronte è in gran parte congelato da diversi mesi. Lo ha annunciato un membro dell’amministrazione di occupazione russa nella regione di Zaporizhzhia. «Le nostre truppe mantengono le posizioni occupate. Il territorio della regione di Zaporizhzhia liberata dai combattenti ucraini sta gradualmente aumentando», ha aggiunto Vladimir Rogov, secondo l’agenzia di stampa russa Ria. Il fronte meridionale è cambiato poco da quando le forze russe si sono ritirate da Kherson l’11 novembre. Detengono ancora parte della regione Zaporizhzhia, ma non la sua capitale, di cui porta il nome.
Ore 18:54 - Partito Zelensky: «Difese aeree mai sufficienti, bene Italia»
L’Occidente deve aumentare le forniture di sistemi di difesa aerea all’Ucraina. Lo ribadisce il deputato ucraino e membro della commissione Affari Esteri, Sviatoslav Yurash, che fa parte del partito Servitore del Popolo del presidente Volodymyr Zelensky. «Il nostro è il Paese più grande d’Europa e quando si cerca di proteggersi dall’assalto del Paese più grande della terra, che ci sta distruggendo, le difese aeree non sono mai abbastanza. Siamo molto contenti di collaborare con lo Stato italiano e speriamo che questo continui sotto ogni aspetto», afferma Yurash, mentre in Italia resta al centro del dibattito la fornitura del sistema Samp-T a Kiev. Alla vigilia della riunione dei ministri della Difesa alleati a Ramstein, Yurash spiega all’Adnkronos che l’Ucraina in quella sede «chiarirà al mondo che ci sono due ulteriori passi» da compiere per vincere la guerra. «Abbiamo bisogno di supporto in termini di carri armati, in particolare i Challenger». L’altra richiesta «permanente» dell’Ucraina, prosegue, riguarda l’artiglieria. «Come ho visto io stesso sul campo di battaglia, i proiettili di artiglieria servono sempre. E in termini di cooperazione in questo ambito, non è mai abbastanza e ogni aiuto è benvenuto», chiosa il deputato, ricordando che «il nostro territorio è grande abbastanza da ospitare quanti più sistemi di difesa possibili».
Ore 19:12 - Gerasimov ordina ai soldati di radersi, l’ira di Kadyrov
Il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha criticato la decisione del nuovo comandante dell’esercito russo in Ucraina Valery Gerasimov di vietare ai soldati di portare la barba, in un nuovo scontro con la leadership militare russa. Secondo quanto riferito da Moscow Times, dopo la sua nomina Gerasimov avrebbe vietato l’uso di moderne attrezzature come telefoni e tablet, chiedendo inoltre all’esercito russo di radersi urgentemente la barba. E in un’intervista al sito di notizie Rbc, Viktor Sobolev, membro del parlamento russo, ha difeso il divieto di tenere la barba lunga come «parte elementare della disciplina militare». A queste dichiarazioni di Sobolev, ha risposto Kadyrov parlando di una «chiara provocazione» e spiegando che i suoi soldati, per lo più musulmani, portano la barba come parte del loro dovere religioso, «solo per amore dell’Onnipotente, come fece il nostro amato profeta», riporta Rbc. A seguito delle critiche, Sobolev, ha risposto dicendo di non essere contro la barba tra i militari, ma contro il disordine del personale militare.
Ore 19:37 - Zelensky: «Fornitura carri armati questione urgente e molto delicata»
La questione dell’invio a Kiev di carri armati pesanti continua a essere «urgente e molto delicata». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymye Zelensky, parlando con i giornalisti dopo aver ricevuto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e sottolineando come l’impasse sui carri armati «dipenda da molte ragioni e sfortunatamente non dipenda dalla volontà dell’Ucraina». Zelensky ha elogiato la disponibilità di diversi Paesi che si sono fatti avanti, sostenendo l’intenzione di inviare alcuni dei loro carri armati all’Ucraina, ma ha aggiunto che nella maggior parte dei casi è necessaria l’autorizzazione dei Paesi produttori. «Aspettiamo tutti l’approvazione del Paese che ha i diritti su quella particolare licenza», ha spiegato il presidente. Tra questi c’è la Germania, che produce i carri armati da combattimento Leopard e che non ha ancora sciolto la riserva sull’autorizzazione all’invio.
Ore 19:38 - Gli Usa pronti a inviare a Kiev munizioni con un raggio da 150 chilometri per colpire le basi russe e la Crimea
(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Gli strumenti per colpire più lontano e la strategia della riconquista: questi gli spunti sul taccuino di oggi dedicato al conflitto in attesa del summit dei donatori a Ramstein, in Germania. Washington potrebbe inserire nel pacchetto da 2,7 miliardi di dollari le Ground Launched Small Diameter Bombs (Glsdb), munizioni lanciabili dagli Himars con un raggio d’azione di 150 chilometri, quasi il doppio rispetto ai razzi in dotazione agli ucraini. Sono ritenute molto precise, danno la possibilità di tenere sotto tiro gran parte del territorio occupato e zone settentrionali della Crimea. Gli esperti indicano come obiettivi prioritari alcune basi per caccia ed elicotteri (Dzhankoy e Berdyansk) oppure snodi logistici, come la stazione di Sokolohirne.
I russi, che già temono i lanciarazzi a lunga gittata, sarebbero costretti a spostare i velivoli ed adeguare l’assetto. Finirebbe, in parte, il «santuario» per la retrovia profonda. Le Glsdb rappresentano una via di mezzo per la Casa Bianca, contraria a dare i sistemi Atacms — raggio d’azione di 300 chilometri — ma d’accordo sugli obiettivi di Zelensky, ossia il tentativo di liberare vaste regioni, inclusa la Crimea. E questo nonostante il rischio di contrasti con Mosca, rapida nel denunciare l’escalation. Reazioni politica resa dura dai timori per l’impatto degli equipaggiamenti. Sempre nel pacchetto ci saranno i blindati da combattimento Stryker (100) e Bradley (50), mezzi che devono aumentare le capacità di manovra insieme ai tank.
Ore 20:17 - Kirill: «Desiderio di distruggerci significherà fine del mondo»
Il patriarca di Mosca Kirill celebrando la Divina Liturgia e il rito della Grande Benedizione dell’Acqua nella Cattedrale dell’Epifania a Yelochovo, nella capitale russa, si è pronunciato sul conflitto in corso: «Questo desiderio di sconfiggere la Russia oggi ha assunto forme molto pericolose. Preghiamo il Signore che illumini quei pazzi e li aiuti a capire che qualsiasi desiderio di distruggere la Russia significherà la fine del mondo. Ma noi avremo abbastanza forza, se necessario, per proteggere la sua terra e la sua gente».
Ore 20:41 - Casa Bianca: «La Crimea è Ucraina, Kiev ha diritto di riprenderla»
«La Crimea è parte integrante dell’Ucraina e Kiev ha tutto il diritto di riprenderla». In un briefing si è pronunciata così la vice portavoce del Pentagono Sabrina Singh, ricordando che comunque gli Usa «non dettano» gli obiettivi e i tempi delle operazioni militari . «Gli ucraini decidono autonomamente e in modo sovrano», così da Washington.
Ore 21:13 - Michel: «Non esiste Europa libera senza Ucraina libera»
«Non ci può essere un’Europa libera senza un’Ucraina libera», lo ha detto il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel parlando al Parlamento di Kiev. Michel è andato oggi nella capitale ucraina per la terza volta dall’inizio della guerra e ha incontrato il presidente Volodymyr Zelensky, il primo ministro Denys Shmyhal e i membri del Parlamento ucraino per discutere della cooperazione tra l’Ue e l’Ucraina.
«Gli ucraini stanno combattendo per la loro terra, per il futuro dei loro figli. Ma lottano anche per i nostri valori comuni europei di pace e prosperità. Hanno bisogno e meritano il nostro sostegno», ha detto Michel. Dallo scoppio della guerra della Russia contro l’Ucraina, l’UE ha sostenuto fermamente l’Ucraina fornendo livelli senza precedenti di sostegno economico, militare e umanitario.
Ore 21:51 - Mosca accusa di spionaggio un cittadino Usa
Il servizio di sicurezza russo ha dichiarato di aver aperto un procedimento penale contro un cittadino statunitense sospettato di spionaggio. «Il Servizio federale di sicurezza della Federazione Russa ha avviato un procedimento penale contro un cittadino americano sospettato di aver raccolto informazioni di intelligence nella sfera biologica contro la sicurezza della Federazione Russa», ha aggiunto, senza ulteriori dettagli. A Washington, il portavoce del Dipartimento di Stato Vedant Patel ha dichiarato che gli Stati Uniti non hanno confermato il caso e stanno cercando ulteriori informazioni.
Ore 22:21 - Crosetto: «Russia ci attacca perché aiutiamo Kiev a difendersi»
«L'Italia - ha ricordato il ministro della Difesa Guido Crosetto in una nota - ha finora mandato aiuti militari all'Ucraina con 5 decreti. Dopo la scelta del governo russo di entrare nel territorio sovrano di un'altra nazione con truppe e mezzi terrestri, i Paesi che hanno scelto di aiutare l'Ucraina a difendersi hanno inviato le armi necessarie a fermare quel tipo di attacco. Questo è l'unico motivo per il quale il Cremlino se la sta prendendo con noi».
Ore 23:45 - Svezia, agenti-spia condannati per aver passato documenti top-secret a Mosca
La corte distrettuale di Stoccolma si è pronunciata oggi sul caso dei due fratelli, accusati di aver fornito documenti top-secret alla Russia. Il fratello maggiore, Peyman Kia, 42 anni, ha lavorato per diversi anni presso i servizi segreti svedesi per poi passare ai servizi segreti militari e durante un periodo di 10 anni avrebbe passato circa 90 documenti top-secret alla Russia. Oggi Peyman Kia è stato condannato all'ergastolo per «spionaggio aggravato».
Il fratello minore, Payam Kia, 35 anni, ha ricevuto una pena di 9 anni e 10 mesi per aver fatto da tramite, consegnando il materiale di estrema sensibilità ai servizi segreti russi. I due fratelli avrebbero ricevuto soldi per aver consegnato le informazioni. Entrambi si dichiarano innocenti e il loro avvocato in un'intervista alla Tv svedese Svt ha detto che faranno ricorso in appello.
Ore 02:09 - Aiuti militari Usa all’Ucraina: 27.5 miliardi di dollari, valore senza precedenti
«Gli Stati Uniti annunciano un nuovo significativo pacchetto di assistenza alla sicurezza per aiutare l’Ucraina a continuare a difendersi dalla brutale guerra della Russia». Lo afferma in una nota il segretario di Stato americano, Antony Blinken. Nel pacchetto centinaia di veicoli aggiuntivi, tra cui veicoli corazzati Stryker, mezzi da combattimento Bradley, veicoli protetti e resistenti alle imboscate con mine e mezzi a ruote multiuso ad alta mobilità. Ci sarà anche un supporto di difesa aerea aggiuntivo fondamentale per l’Ucraina, inclusi ulteriori sistemi di difesa aerea Avenger e missili terra-aria per un valore di 2,5 miliardi di dollari. «Questo porterà l’assistenza militare totale degli Stati Uniti all’Ucraina a un valore senza precedenti di circa 27,5 miliardi di dollari dall’inizio del mandato. Gli Stati Uniti continuano inoltre a mobilitare il mondo per sostenere l’Ucraina. Abbiamo visto un’incredibile solidarietà da parte dei nostri alleati e partner, anche all’odierno Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, e plaudiamo agli oltre 50 Paesi che si sono uniti per dare contributi significativi a sostegno del Paese», evidenzia il capo della diplomazia di Washington.
Ore 07:44 - W. Post, il direttore della Cia Burns in segreto a Kiev la scorsa settimana
Il direttore della Cia, William J. Burns si è recato in segreto nella capitale ucraina alla fine della scorsa settimana per comunicare al presidente Volodymyr Zelensky le proprie previsioni riguardo al conflitto e ai piani militari russi per le prossime settimane e mesi. A darne notizia è stato un funzionario statunitense e altre fonti a conoscenza dei contenuti della visita, citati dal Washington Post. La cosa più importante per Zelensky e gli alti funzionari dell’intelligence ucraina che hanno preso parte all’incontro era capire per quanto tempo l’Ucraina potesse aspettarsi un continuo aiuto degli Stati Uniti, dove i Repubblicani hanno ripreso il controllo della Camera dei Rappresentanti e a fronte di un calo di consensi sugli aiuti all’Ucraina in alcuni settori dell’elettorato, informa il quotidiano, citando le fonti consultate. «Il direttore Burns si è recato a Kiev dove ha incontrato i colleghi dell’intelligence ucraina e il presidente Zelensky e ha ribadito il nostro continuo sostegno all’Ucraina nella sua difesa contro l’aggressione russa», ha dichiarato un funzionario statunitense.
Ore 07:46 - Oggi il vertice di Remstein sugli aiuti: osservata speciale la Germania
I sostenitori dell’Ucraina si ritrovano, di nuovo, a Ramstein. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si aspetta decisioni forti. Quali l’invio di carri armati per fronteggiare ad `armi pari´ gli invasori russi. Intanto Stati Uniti, Regno Unito, Svezia e Danimarca si sono portati avanti annunciando nuovi importanti forniture, mezzi corazzati in primis. Washington dà l’esempio con un pacchetto da 2,5 miliardi di dollari. L’elenco delle dotazioni comprende 59 veicoli corazzati Bradley, che si aggiungeranno ai 50 veicoli corazzati leggeri dello stesso modello promessi il 6 gennaio, e 90 veicoli corazzati Stryker. L’esercito americano consegnerà inoltre all’Ucraina 53 veicoli corazzati antimine (Mrap) e 350 veicoli da trasporto M998, i famosi Humvee. La nuova tranche porta il sostegno militare totale degli Stati Uniti all’Ucraina a 26,7 miliardi di dollari dall’inizio dell’invasione russa. All’elenco però mancano i carri armati pesanti, come l’Abrams, che gli Stati Uniti dicono non essere ancora pronti a fornire kyiv per motivi di manutenzione e addestramento. Il Regno Unito, da parte sua, si è impegnato a inviare all’Ucraina 600 missili Brimstone aggiuntivi; la Danimarca 19 cannoni Caesar di fabbricazione francese; la Svezia i semoventi Archer. Sistemi che hanno tutti una portata di diverse decine di chilometri, inferiore a quella richiesta dagli ucraini. Londra aveva già promesso 14 carri armati pesanti Challenger 2 a Kiev, e la Polonia si dice pronta a consegnare 14 carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca, un totale ancora lontano dalle centinaia di tali veicoli di cui l’Ucraina dice di aver bisogno. L’incontro odierno è il terzo nel cosiddetto formato «Ramstein» dall’inizio del conflitto. Attorno al segretario di Stato americano per la Difesa, Lloyd Austin, si stringono i ministri della Difesa e alti funzionari militari di una cinquantina di Paesi. «Ci aspettiamo decisioni forti. Ci aspettiamo un forte sostegno militare dagli Stati Uniti», ha detto Zelensky. «Alcuni Paesi» invieranno carri armati Leopard 2 in Ucraina, ha anticipato il ministro della Difesa lituano Arvydas Anusauskas. «Servono carri armati tedeschi, carri armati finlandesi, carri armati danesi, carri armati francesi, questo significa che la stessa Europa occidentale deve ora destinare carri armati più moderni all’Ucraina, in modo che possa semplicemente difendersi», ha esortato il premier polacco Mateusz Morawiecki. L’osservato speciale è il padrone di casa: la Germania è sottoposta a crescenti pressioni da parte di molti dei suoi vicini europei per benedire la fornitura dei Leopard. Il nuovo ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha precisato che la risposta sarà «chiara entro le prossime ore».
La svolta di Lukashenko per «sfamare» lo zar: una falange bielorussa al fianco dell’Armata. Andrea Nicastro su Il Corriere della Sera il 19 Gennaio 2023.
Una fonte: «45mila uomini schierati nelle retrovie»
Mercoledì, il segretario generale dell’Alleanza Atlantica a Davos è stato chiaro. «Putin ha mobilitato altri 200mila soldati, ha dimostrato di essere disposto a sacrificare migliaia di vite, acquista armi da altri regimi autoritari come l’Iran: è molto pericoloso sottovalutare la Russia». Jens Stoltenberg sa cose che non arrivano sui giornali. La fretta del presidente Zelensky sembra nascere dalle stesse fonti. L’ucraino chiede carri armati, artiglieria, antiaerea, come se la guerra dovesse passare da un momento all’altro ad un livello ancora più alto di brutalità. Su queste e altre dichiarazioni aleggia l’idea di un’offensiva russa. A febbraio, in coincidenza dell’anniversario dell’invasione oppure in primavera.
Mosca sostiene di poter produrre la quantità inverosimile di artiglieria che consuma tutti i giorni eppure, per un attacco, manca la carne da cannone. Putin cerca soldati ovunque. Prima di Natale la polizia russa ha emanato un ordine di cattura per 6 mercenari della Wagner che avevano disertato da un campo di addestramento nel Donbass filorusso. «Sono armati e pericolosi». Erano tre uzbeki, un kirghiso, un russo e un bielorusso: l’internazionale a pagamento di Putin.
Le porte delle carceri russe sono aperte ai reclutatori della Wagner. Il tasso di reclusione nella Federazione è secondo al mondo (dopo gli Usa) con 615 detenuti ogni 100mila abitanti. Per ripulire la fedina penale e ricominciare con un capitale di circa 20mila dollari, la Wagner chiede sei mesi sul fronte ucraino. Si raccattano mercenari anche in Siria, tra i governativi afghani sconfitti dai talebani, gli ex sovietici dell’Asia Centrale, tra i serbi (con proteste Usa al presidente Aleksandar Vucic).
Un ruolo di rilievo nell’aumentare la massa di soldati può assumerlo la Bielorussia. Il Corriere l’aveva chiesto a Svetlana Tikhanovskaya, la leader dell’opposizione al dittatore. «Lukashenko deve obbedire al Cremlino, ma non può inviare truppe in Ucraina senza rischiare il suo stesso potere». In Bielorussia pochi hanno abboccato alla propaganda putiniana del rischio di invasione polacca, non si vedono Z (simbolo della guerra in Ucraina) scritte sui muri. Eppure sembra che i negoziati Putin-Lukashenko di dicembre abbiano portato alla soluzione dei problemi di entrambi: Putin avrà più soldati, Lukashenko non rischierà la rivolta interna.
A rivelarlo al Corriere è una fonte bielorussa vicinissima al circolo presidenziale. Venisse scoperta comunicare con un giornalista occidentale rischierebbe la galera.
«Putin ha visitato Lukashenko a Minsk il 19 dicembre e poi l’ha ricevuto a San Pietroburgo otto giorni dopo. Da allora non solo Wagner ha avuto il permesso di reclutare nelle prigioni bielorusse alle stesse condizioni di amnistia dei detenuti russi, ma anche un’altra compagnia privata di mercenari chiamata Redut che fa capo all’oligarca del petrolio russo, Gennady Timochenco, ha aperto uffici nelle nostre città».
Per l’uomo di Minsk, però, il grosso delle truppe dovrebbe venire dall’esercito regolare. «Lukashenko ha ottenuto l’ok ai combattimenti da appena 5mila soldati bielorussi, forze speciali per lo più che, ovviamente, verrebbero strapagati e non gettati sui campi minati davanti ai mortai ucraini come i normali coscritti».
Lukashenko ha spiegato a Putin di non poter rinunciare al suo esercito di circa 50mila uomini senza perdere le baionette che gli servono per sedare una rivoluzione. Il compromesso nella «coppia di aggressori più tossica del mondo» (cit Lukashenko) avrebbe fruttato un sistema originale.
«I bielorussi verranno schierati nella seconda linea dei combattimenti con compiti logistici e di polizia. In questo modo le unità russe potranno aumentare le rotazioni. Un mese in prima linea, uno nelle retrovie, uno in Bielorussia a reprimere eventuali rivolte. Per le esercitazioni aeree congiunte da lunedì all’uno febbraio, ci sono già in Ucraina 45mila russi. Lo stesso numero che Lukashenko potrebbe mandare in Russia».
Secondo l’alto funzionario bielorusso «come distingui dal satellite un bielorusso da un russo se hanno entrambi la divisa di Mosca? In questo modo Lukashenko potrebbe sempre negare un coinvolgimento diretto nella guerra».
L’intelligence ucraina sembra credere a un nuovo attacco dal suolo bielorusso, su Kiev o sulle linee di rifornimento dalla Polonia. L’uomo di Minsk è perplesso. «Non hanno ancora deciso. Per il momento è bastato l’effetto annuncio e gli ucraini hanno spostato truppe dal Donbass al Nord. Ma se quei due decidono, nessuno li ferma».
Usa: «Wagner organizzazione criminale». Vaticano: «Per ora il Papa non andrà a Kiev». Andrea Nicastro, inviato a Leopoli, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 20 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di venerdì 20 gennaio, in diretta. Berlino: «A Ramstein si tratta sui carri armati Leopard per Kiev». Zelensky: «Servono panzer in fretta». Crosetto: «Non vi lasceremo soli»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 331esimo giorno.
• Zelensky al vertice di Ramstein: «Abbiamo bisogno di aiuto al più presto».
• Stati Uniti: «La Crimea è Ucraina, Kiev ha diritto di riprenderla».
• La svolta di Lukashenko: una falange bielorussa al fianco dell’Armata.
• Dieci punti da tenere d’occhio sull’andamento della guerra.
Ore 02:09 - Aiuti militari Usa all’Ucraina: 27.5 miliardi di dollari, valore senza precedenti
«Gli Stati Uniti annunciano un nuovo significativo pacchetto di assistenza alla sicurezza per aiutare l’Ucraina a continuare a difendersi dalla brutale guerra della Russia». Lo afferma in una nota il segretario di Stato americano, Antony Blinken. Nel pacchetto centinaia di veicoli aggiuntivi, tra cui veicoli corazzati Stryker, mezzi da combattimento Bradley, veicoli protetti e resistenti alle imboscate con mine e mezzi a ruote multiuso ad alta mobilità. Ci sarà anche un supporto di difesa aerea aggiuntivo fondamentale per l’Ucraina, inclusi ulteriori sistemi di difesa aerea Avenger e missili terra-aria per un valore di 2,5 miliardi di dollari. «Questo porterà l’assistenza militare totale degli Stati Uniti all’Ucraina a un valore senza precedenti di circa 27,5 miliardi di dollari dall’inizio del mandato. Gli Stati Uniti continuano inoltre a mobilitare il mondo per sostenere l’Ucraina. Abbiamo visto un’incredibile solidarietà da parte dei nostri alleati e partner, anche all’odierno Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, e plaudiamo agli oltre 50 Paesi che si sono uniti per dare contributi significativi a sostegno del Paese», evidenzia il capo della diplomazia di Washington.
Ore 05:41 - Ramstein: forniture di armi per Zelensky, dagli Usa 2.5 miliardi di dollari
I sostenitori dell’Ucraina si ritrovano, di nuovo, a Ramstein. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si aspetta decisioni forti. Quali l’invio di carri armati per fronteggiare ad «armi pari» gli invasori russi. Intanto Stati Uniti, Regno Unito, Svezia e Danimarca si sono portati avanti annunciando nuovi importanti forniture, mezzi corazzati in primis. Washington dà l’esempio con un pacchetto da 2,5 miliardi di dollari. L’elenco delle dotazioni comprende 59 veicoli corazzati Bradley, che si aggiungeranno ai 50 veicoli corazzati leggeri dello stesso modello promessi il 6 gennaio, e 90 veicoli corazzati Stryker. L’esercito americano consegnerà inoltre all’Ucraina 53 veicoli corazzati antimine e 350 veicoli da trasporto M998, i famosi Humvee. La nuova tranche porta il sostegno militare totale degli Stati Uniti all’Ucraina a 26,7 miliardi di dollari dall’inizio dell’invasione russa. All’elenco però mancano i carri armati pesanti, come l’Abrams, che gli Stati Uniti dicono non essere ancora pronti a fornire kyiv per motivi di manutenzione e addestramento. Il Regno Unito, da parte sua, si è impegnato a inviare all’Ucraina 600 missili Brimstone aggiuntivi; la Danimarca 19 cannoni Caesar di fabbricazione francese; la Svezia i semoventi Archer. Sistemi che hanno tutti una portata di diverse decine di chilometri, inferiore a quella richiesta dagli ucraini. Londra aveva già promesso 14 carri armati pesanti Challenger 2 a Kiev, e la Polonia si dice pronta a consegnare 14 carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca, un totale ancora lontano dalle centinaia di tali veicoli di cui l’Ucraina dice di aver bisogno. L’incontro odierno è il terzo nel cosiddetto formato «Ramstein» dall’inizio del conflitto. Attorno al segretario di Stato americano per la Difesa, Lloyd Austin, si stringono i ministri della Difesa e alti funzionari militari di una cinquantina di Paesi. «Ci aspettiamo decisioni forti. Ci aspettiamo un forte sostegno militare dagli Stati Uniti», ha detto Zelensky. «Alcuni Paesi invieranno carri armati Leopard 2 in Ucraina», ha anticipato il ministro della Difesa lituano Arvydas Anusauskas. «Servono carri armati tedeschi, carri armati finlandesi, carri armati danesi, carri armati francesi, questo significa che la stessa Europa occidentale deve ora destinare carri armati più moderni all’Ucraina, in modo che possa semplicemente difendersi», ha esortato il premier polacco Mateusz Morawiecki. L’osservato speciale è il padrone di casa: la Germania è sottoposta a crescenti pressioni da parte di molti dei suoi vicini europei per benedire la fornitura dei Leopard. Il nuovo ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha precisato che la risposta sarà’ «chiara entro le prossime ore».
Ore 07:44 - W. Post, il direttore della Cia in segreto a Kiev la scorsa settimana
Il direttore della Cia, William J. Burns si è recato in segreto nella capitale ucraina alla fine della scorsa settimana per comunicare al presidente Volodymyr Zelensky le proprie previsioni riguardo al conflitto e ai piani militari russi per le prossime settimane e mesi. A darne notizia è stato un funzionario statunitense e altre fonti a conoscenza dei contenuti della visita, citati dal Washington Post. La cosa più importante per Zelensky e gli alti funzionari dell’intelligence ucraina che hanno preso parte all’incontro era capire per quanto tempo l’Ucraina potesse aspettarsi un continuo aiuto degli Stati Uniti, dove i Repubblicani hanno ripreso il controllo della Camera dei Rappresentanti e a fronte di un calo di consensi sugli aiuti all’Ucraina in alcuni settori dell’elettorato, informa il quotidiano, citando le fonti consultate. «Il direttore Burns si è recato a Kiev dove ha incontrato i colleghi dell’intelligence ucraina e il presidente Zelensky e ha ribadito il nostro continuo sostegno all’Ucraina nella sua difesa contro l’aggressione russa», ha dichiarato un funzionario statunitense.
Ore 07:46 - Oggi il vertice di Remstein sugli aiuti: osservata speciale la Germania
I sostenitori dell’Ucraina si ritrovano, di nuovo, a Ramstein. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si aspetta decisioni forti. Quali l’invio di carri armati per fronteggiare ad `armi pari´ gli invasori russi. Intanto Stati Uniti, Regno Unito, Svezia e Danimarca si sono portati avanti annunciando nuovi importanti forniture, mezzi corazzati in primis. Washington dà l’esempio con un pacchetto da 2,5 miliardi di dollari. L’elenco delle dotazioni comprende 59 veicoli corazzati Bradley, che si aggiungeranno ai 50 veicoli corazzati leggeri dello stesso modello promessi il 6 gennaio, e 90 veicoli corazzati Stryker. L’esercito americano consegnerà inoltre all’Ucraina 53 veicoli corazzati antimine (Mrap) e 350 veicoli da trasporto M998, i famosi Humvee. La nuova tranche porta il sostegno militare totale degli Stati Uniti all’Ucraina a 26,7 miliardi di dollari dall’inizio dell’invasione russa. All’elenco però mancano i carri armati pesanti, come l’Abrams, che gli Stati Uniti dicono non essere ancora pronti a fornire kyiv per motivi di manutenzione e addestramento. Il Regno Unito, da parte sua, si è impegnato a inviare all’Ucraina 600 missili Brimstone aggiuntivi; la Danimarca 19 cannoni Caesar di fabbricazione francese; la Svezia i semoventi Archer. Sistemi che hanno tutti una portata di diverse decine di chilometri, inferiore a quella richiesta dagli ucraini. Londra aveva già promesso 14 carri armati pesanti Challenger 2 a Kiev, e la Polonia si dice pronta a consegnare 14 carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca, un totale ancora lontano dalle centinaia di tali veicoli di cui l’Ucraina dice di aver bisogno. L’incontro odierno è il terzo nel cosiddetto formato «Ramstein» dall’inizio del conflitto. Attorno al segretario di Stato americano per la Difesa, Lloyd Austin, si stringono i ministri della Difesa e alti funzionari militari di una cinquantina di Paesi. «Ci aspettiamo decisioni forti. Ci aspettiamo un forte sostegno militare dagli Stati Uniti», ha detto Zelensky. «Alcuni Paesi» invieranno carri armati Leopard 2 in Ucraina, ha anticipato il ministro della Difesa lituano Arvydas Anusauskas. «Servono carri armati tedeschi, carri armati finlandesi, carri armati danesi, carri armati francesi, questo significa che la stessa Europa occidentale deve ora destinare carri armati più moderni all’Ucraina, in modo che possa semplicemente difendersi», ha esortato il premier polacco Mateusz Morawiecki. L’osservato speciale è il padrone di casa: la Germania è sottoposta a crescenti pressioni da parte di molti dei suoi vicini europei per benedire la fornitura dei Leopard. Il nuovo ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha precisato che la risposta sarà «chiara entro le prossime ore».
Ore 08:22 - Il punto militare | Gli Usa pronti a inviare a Kiev munizioni con un raggio da 150 chilometri per colpire le basi russe e la Crimea
(Andrea Marinelli e Giudo Olimpio) Gli strumenti per colpire più lontano e la strategia della riconquista: questi gli spunti sul taccuino di oggi dedicato al conflitto in attesa del summit dei donatori a Ramstein, in Germania. Washington potrebbe inserire nel pacchetto da 2,7 miliardi di dollari le Ground Launched Small Diameter Bombs (Glsdb), munizioni lanciabili dagli Himars con un raggio d’azione di 150 chilometri, quasi il doppio rispetto ai razzi in dotazione agli ucraini. Sono ritenute molto precise, danno la possibilità di tenere sotto tiro gran parte del territorio occupato e zone settentrionali della Crimea.
Ore 08:23 - La svolta di Lukashenko per «sfamare» lo zar: una falange bielorussa al fianco dell’Armata
(Andrea Nicastro) Mercoledì, il segretario generale dell’Alleanza Atlantica a Davos è stato chiaro. «Putin ha mobilitato altri 200mila soldati, ha dimostrato di essere disposto a sacrificare migliaia di vite, acquista armi da altri regimi autoritari come l’Iran: è molto pericoloso sottovalutare la Russia». Jens Stoltenberg sa cose che non arrivano sui giornali. La fretta del presidente Zelensky sembra nascere dalle stesse fonti. L’ucraino chiede carri armati, artiglieria, antiaerea, come se la guerra dovesse passare da un momento all’altro ad un livello ancora più alto di brutalità. Su queste e altre dichiarazioni aleggia l’idea di un’offensiva russa. A febbraio, in coincidenza dell’anniversario dell’invasione oppure in primavera.
Ore 08:29 - Kiev, respinti attacchi russi in Donbass e Zaporizhzhia
Nelle ultime 24 ore l’esercito ucraino ha respinto attacchi russi nell’area di 16 insediamenti nel Donbass e nella regione di Zaporizhzhia. Lo afferma il report del mattino dello Stato maggiore delle forze armate ucraine, come riporta Unian. «Le unità delle forze di difesa hanno respinto gli attacchi nelle aree degli insediamenti di Novoselivske e Bilogorivka della regione di Lugansk; Verkhnyokamianske, Krasnopolivka, Soledar, Krasna Gora, Paraskoviivka, Bakhmut, Ivanivske, Diliivka, Vodyane, Maryinka , Pobyeda, Novosilka nella regione di Donetsk e Mala Tokmachka e Stepove a Zaporizhzhia», scrive lo Stato maggiore.
Ore 08:43 - 007 Gb, 50mila mercenari del gruppo Wagner in Ucraina
Il gruppo di mercenari Wagner conta fino a 50mila combattenti in Ucraina, è diventato una componente chiave del conflitto, e mira probabilmente a massimizzare l’obiettivo del suo fondatore Yevgeny Prigozhin oltre che a legittimare ulteriormente l’organizzazione, sempre più di alto profilo. Lo afferma l’intelligence del ministero della Difesa della Gran Bretagna nel consueto bollettino sulla guerra.
Ore 09:08 - Crosetto arrivato a Ramstein
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, è arrivato a Ramstein, in Germania, per prendere parte alla riunione del Gruppo di Contatto per la difesa dell'Ucraina. Alla riunione parteciperanno i rappresentanti di oltre 40 Paesi, della Nato e dell'Unione europea e anche extra-europei, per discutere sull'evoluzione del conflitto in Ucraina e concordare il sostegno a Kiev.
Ore 09:32 - Zelensky ringrazia Biden per il nuovo «potente» pacchetto di aiuti
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato gli Stati Uniti per una nuova tranche di aiuti militari pari a 2,5 miliardi di dollari, tra cui centinaia di veicoli blindati. «Grazie per aver fornito all'Ucraina un altro potente pacchetto di supporto alla difesa» ha scritto su Twitter. «Gli IFV Stryker, gli APC Bradley aggiuntivi, i sistemi di difesa aerea Avenger sono un aiuto importante nella nostra lotta contro l'aggressore. Grazie per il costante supporto!».
Ore 09:41 - La Finlandia annuncia nuovi aiuti militari per 400 milioni
La Finlandia ha annunciato un pacchetto di aiuti militari da 400 milioni di euro all'Ucraina, il maggiore fino ad oggi, che include artiglieria pesante e munizioni ma nessun carro armato Leopard. «L'Ucraina continua ad aver bisogno di sostegno per difendere il suo territorio», ha detto in una nota il ministro della Difesa Mikko Savola. Non sono stati forniti dettagli ulteriori sul contenuto del pacchetto ma le forniture militari non includono i carri armati Leopard, ha detto il consigliere speciale Miikka Pynnonen. Quello di oggi è il dodicesimo pacchetto di aiuti alla difesa fornito dal Paese nordico in Ucraina. I precedenti 11 avevano un valore complessivo di 190 milioni di euro.
Ore 09:48 - A Mosca piazzati sistemi anti-aerei sui tetti degli edifici
(Guido Olimpio) I russi temono sorprese ed hanno rinforzato lo scudo anti-aereo attorno a Mosca. Sono stati piazzati sistemi Pantsir sui tetti di alcuni edifici pubblici, compreso il ministero della Difesa. Apparati in grado di intercettare droni. Batterie di S300 sono apparse in un parco nei sobborghi della capitale. Le misure sono probabilmente legate agli annunci ucraini sulla produzione di nuovi velivoli senza pilota con capacità di lungo raggio. Kiev potrebbe reagire così ai continui bombardamenti delle sue città da parte degli invasori. Zelensky ha chiesto più volte agli Stati Uniti razzi guidati in grado di colpire target a 300 chilometri ma la Casa Bianca ha detto sempre no per evitare ulteriori tensioni con il Cremlino. L'Ucraina, nel frattempo, ha cercato di sviluppare proprie armi. Inoltre è sempre possibile usare droni più piccoli per gesti dimostrativi, missioni affidate a sabotatori.
Ore 09:54 - «Attacco russo a Kramatorsk, missile vicino a un asilo»
Attacco russo questa mattina alla città di Kramatorsk, nella regione di Donetsk, ha reso noto il sindaco della città Oleksandr Honcharenko, mentre alcuni residenti hanno postato su Telegram la foto di un missile caduto vicino ad un asilo. Lo riportano i media ucraini.
Ore 10:33 - Austin: «Non bisogna cedere ora, non esiteremo negli aiuti»
«È il momento di non cedere». Lo ha detto il segretario della Difesa americano Lloyd Austin, aprendo la riunione del gruppo di contatto sull'Ucraina stamani a Ramstein. «Non smetteremo, non indugeremo e non esiteremo nell'aiuto dell'Ucraina», ha aggiunto.
Ore 10:36 - Peskov: rapporti con Usa al livello più basso, no speranza di migliorarli
Le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono attualmente «al livello più basso mai raggiunto nella storia». Lo ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in conferenza stampa. Aggiungendo: «Non c'è alcuna speranza che possano migliorare», come riporta Ria Novosti.
Ore 10:37 - Zelensky: «Servono panzer. Non c'è tempo, agire in fretta»
«Non abbiamo tempo. Il tempo è un fattore determinante. Dobbiamo agire in fretta». Lo ha detto il leader ucraino Volodymyr Zelensky, intervenendo all'apertura dell'incontro sull'Ucraina a Ramstein. «Abbiamo bisogno di panzer da difesa e da combattimento. Ogni arma conta», ha incalzato.
Ore 10:41 - Peskov: «I tank occidentali non cambieranno nulla, l'Occidente si illude che Kiev possa vincere»
I carri armati occidentali non cambieranno «nulla» sul campo in Ucraina. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, citato dall'agenzia Ria Novosti. Secondo il Cremlino, infatti, l'Occidente si sta soltanto «illudendo» che Kiev possa vincere.
Ore 11:33 - Kiev: attacco a Dnipro, arrestati 7 agenti russi
Le forze armate ucraine hanno riferito di aver arrestato sette «agenti» russi a Dnipro con l'accusa di aver contribuito a favorire l'attacco missilistico contro il condominio colpito il 14 gennaio. Lo scrive su Telegram l'emittente televisiva Suspilne, sottolineano che le informazioni sul loro possibile coinvolgimento nell'attacco missilistico del 14 gennaio a un edificio civile sono in fase di verifica.
Ore 11:41 - Onu, il primo convoglio aiuti raggiunge Soledar
Per la prima volta dallo scoppio del conflitto un convoglio umanitario Onu inter-agenzia è giunto oggi nei pressi di Soledar, «nella zona controllata dal governo» in Ucraina, ha annunciato l'Onu oggi a Ginevra. Il convoglio è composto di tre camion con aiuti per 800 persone, ha detto Jens Laerke, portavoce dell'Ufficio Onu per gli affari umanitari (OCHA).
Ore 11:54 - Crosetto a Stoltenberg: l'Italia farà la sua parte
«Nel corso della riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell'Ucraina ho incontrato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg con cui abbiamo discusso di strategie future e del contesto internazionale geostrategico. Ho ribadito a Stoltenberg che l'Italia, tra i protagonisti dell'Alleanza Atlantica, proseguirà nel sostegno all'Ucraina e al suo popolo. Continueremo a fare la nostra parte». Sono le parole del ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, riportate sull'account Twitter del ministero. Al collega ucraino Oleksii Reznikov, Crosetto ha ribadito: «Non vi lasceremo soli di fronte a una vile aggressione. Siamo e resteremo al fianco del popolo ucraino a difesa di democrazia e libertà».
Ore 12:23 - Zelensky al vertice di Ramstein: «Dateci i tank ora»
(Giuseppe Sarcina, inviato a Ramstein) Volodymyr Zelensky è netto: «Non possiamo aspettare, non possiamo rallentare. Il tempo è diventato un’arma fondamentale, strategica, esattamente come l’artiglieria o i sistemi di difesa aerea. Vi chiedo di fare presto… Abbiamo bisogno di carri armati, jet F-16, missili a lunga gittata. Ma ci servono subito». Il presidente ucraino compare sullo schermo di fronte a un lungo tavolo, attorno al quale sono seduti i ministri della difesa in rappresentanza di quasi cinquanta Paesi. È il «gruppo di contatto» che si è riunito oggi, venerdì 20 gennaio, nella base americana di Ramstein, in Germania. Il leader è il capo del Pentagono, Lloyd Austin, che prima di cedere la parola a Zelensky, ripete più volte: «Questo è un momento decisivo per la guerra in Ucraina ed è anche un momento decisivo per il prossimo decennio». Austin spiega che l’armata putiniana «ha accusato perdite e sconfitte pesanti», ma ora «si sta ricomponendo, si sta organizzando», anche grazie alle forniture di Iran e Corea del Nord. La primavera è alle porte e i russi si preparano a lanciare una massiccia offensiva. Ecco perché l’Occidente deve reagire «con prontezza».
Ore 12:29 - Portavoce di Scholz: non sono state poste condizioni a Usa
«Mi sembra difficile immaginare che un cancelliere tedesco ponga delle condizioni al presidente americano». Lo ha detto il portavoce del cancelliere tedesco, Steffen Hebestreit, rispondendo a una domanda alla conferenza stampa di governo in corso a Berlino, alla domanda se Olaf Scholz abbia posto condizioni agli Usa sull'eventuale fornitura a Kiev dei Leopard. «In nessun momento c'è stata una richiesta sul fatto che se succede una cosa l'altra consegue», ha affermato.
Ore 12:37 - Allarme aereo in tutte le regioni dell'Ucraina
Un'allerta aerea è stata annunciata in tutte le regioni dell'Ucraina, dopo il decollo in Bielorussia di un caccia di scorta e di un Mig. In particolare, i russi hanno fatto decollare l'aereo di tracciamento radar a lungo raggio A-50U dell'aeronautica, un Mig e un caccia di scorta. Lo riferisce il gruppo di monitoraggio bielorusso Gayun citato da Unian. L'allerta è stata annunciata ma non si sa se gli aerei di Mosca si siano alzati in volo per un attacco o per le esercitazioni in corso degli equipaggi delle Forze aeree russe e bielorusse del gruppo congiunto.
Ore 12:56 - Johnson a Davos irride Putin: non farà la guerra nucleare
L'ex premier britannico Boris Johnson è convinto che la Russia non intenda scatenare in nessun caso una «guerra nucleare» sulla questione ucraina, anche di fronte a un'escalation degli aiuti bellici dei Paesi Nato a Kiev. E lo ha detto oggi in toni irridenti verso il presidente Vladimir Putin, intervenendo a una sessione ad hoc sulla guerra a margine del forum economico di Davos. BoJo ha bollato lo zar come una reincarnazione di fat Joe, l'indolente «ragazzo grasso» del Circolo Pickwick di Charles Dickens, che crede «di farci accapponare la pelle» con atteggiamenti minacciosi inattendibili. Ha quindi ribadito che gli alleati non devono esitare nel seguire l'esempio del Regno Unito verso un potenziamento delle forniture militari a Kiev. Johnson — presente a Davos a differenza dell'attuale primo ministro Rishi Sunak — è stato invitato all'evento odierno anche per il ruolo di «amico privilegiato» dell'Ucraina riconosciutogli fra i leader occidentali dal presidente Voldymyr Zelensky durante il suo mandato a Downing Street. Ed è stato introdotto come una figura «divenuta leggendaria tra gli ucraini» (per quanto divisiva possa essere considerata fra i suoi compatrioti britannici).
Ore 13:41 - Borrell: «Perdite inimmaginabili per la Russia»
Le «perdite russe» nella guerra in Ucraina «sono impensabili, inimmaginabili. Se Vladimir Putin avesse saputo che sarebbe successo questo ci avrebbe pensato due volte e sicuramente non avrebbe lanciato questa guerra». Lo dice l'Alto Rappresentante dell'Ue Josep Borrell, in un discorso pronunciato a Madrid, in Spagna, dove ha ricevuto il premio Nueva Economia. «In termini di vite umane - continua - i satelliti non ce lo dicono, ma sappiamo che sono molte. Non mi arrischio a dare una cifra, ma si contano a decine di migliaia».
Ore 14:04 - Berlino: a Ramstein sui Leopard ancora nessuna decisione, manca un'opinione unitaria, non dipende solo da noi
«Non c'è una opinione unitaria su questa questione. La sensazione che ci sia una coalizione compatta determinata e la Germania sia un ostacolo è sbagliata». Lo ha detto il ministro della Difesa Boris Pistorius, a margine del vertice di Ramstein, in uno statement in cui ha citato la questione dei Leopard, dibattuta sul tavolo del gruppo di contatto per l'Ucraina.
Ore 14:11 - Filorussi: scontri su tutta la linea fronte di Zaporizhzhia
Combattimenti sono scoppiati nelle ultime ore «praticamente lungo tutta la linea del fronte» nella regione meridionale ucraina di Zaporizhzhia, «cosa che non era mai successa prima». Lo ha detto Vladimir Rogov, membro del Consiglio dell'amministrazione della parte della regione sotto il controllo russo.
Ore 14:50 - Gb entra nel gruppo per perseguire crimini guerra russi
Il Regno Unito ha aderito a un gruppo di partner internazionali che punta a perseguire i crimini di guerra russi nell'invasione dell'Ucraina. «Queste atrocità non devono rimanere impunite», ha affermato in un comunicato il ministro degli Esteri britannico James Cleverly, riferendosi alla morte dei civili e ai milioni di profughi che hanno lasciato il Paese dell'est Europa nel corso del conflitto. Il governo di Londra, che già svolge un ruolo molto importante nel promuovere le indagini sui presunti crimini di guerra della Russia in collaborazione con la Corte penale internazionale (Cpi), ha ricevuto da Kiev l'invito a unirsi al gruppo e lo ha esteso agli altri membri del G7.
Ore 15:13 - Fonti Ue, verso nuovi aiuti militari da 500 milioni
L'alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, nel corso del consiglio affari esteri di lunedì prossimo chiederà l'ok politico dai 27 Paesi membri per una nuova tranche di aiuti militari da 500 milioni di euro all'Ucraina, sempre attraverso l'European Peace Facility (EPF). Lo fa sapere un alto funzionario Ue. Inoltre si chiederanno altri 45 milioni di euro per la missione di addestramento militare europea a favore delle forze armate ucraine.
Ore 15:55 - Mosca: conquistato il villaggio di Lobkove, nella regione di Zaporizhzhia
Il ministero della Difesa russo ha annunciato che le forze di Mosca hanno preso oggi il controllo del villaggio di Lobkove, nella regione di Zaporizhzhia. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti. Lobkove si trova una quarantina di chilometri a sud di Zaporizhzhia, capoluogo dell'omonima regione che la Russia ha annesso lo scorso novembre al proprio territorio. La città capoluogo è controllata dagli ucraini, mentre il sud del territorio è in mano alle truppe russe.
Ore 16:14 - Erdogan a Zelensky: Turchia pronta a contribuire per pace duratura
La Turchia è pronta a dare un forte contributo diplomatico utile al raggiungimento di una pace duratura tra l’Ucraina e la Russia. Lo ha ribadito il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in un colloquio telefonico con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Come riporta l’agenzia di stampa Anadolu, Erdogan ha anche espresso a Zelensky le sue condoglianze per la morte del ministro degli Interni Denis Monastyrskyi e di altre 13 persone nello schianto dell’elicottero mercoledì.
Ore 16:40 - Stoltenberg: Mosca prepara nuove offensive, urgenti più aiuti
«Accolgo con favore il nuovo significativo pacchetto di capacità di combattimento annunciato a Ramstein per l’autodifesa dell’Ucraina. La Russia si sta preparando per nuove offensive, quindi è urgente intensificare il sostegno per consentire all’Ucraina di vincere e riconquistare il territorio occupato». Così su Twitter il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che sta partecipando alla riunione del Gruppo di contatto dell’Ucraina a Ramstein, in Germania.
Ore 16:58 - Putin, le troppe assenze e le voci: cosa c’è dietro le frasi di Zelensky
(Marco Imarisio) [...] Putin si sta senz’altro mostrando meno di quanto dovrebbe.
Dopo la cancellazione di una serie di eventi pubblici in parte annunciati e in parte ricorrenti ed abituali, come la grande conferenza stampa di fine anno, il messaggio del presidente alle Camere riunite, il grande ricevimento al Cremlino di Capodanno, si è parlato spesso e volentieri di un peggioramento della sua salute.
A questo faceva riferimento, con una certa malignità, Volodymyr Zelensky nella sua frase lasciata cadere durante la diretta video con il Forum di Davos. «Non riesco a capire se è lui che appare ogni tanto in video, se è vivo, e se è lui che prende le decisioni» .
Con poche parole, il presidente ucraino ha fatto il riassunto delle voci ricorrenti, ormai un sottogenere dei canali Telegram, sulle condizioni del suo odiato nemico, dal presunto impiego di un sosia a una presunta malattia in stato di avanzamento, tale da impedirgli le apparizioni pubbliche.
In assenza di prove, si tratta solo di propaganda. Alla quale è più o meno lecito credere. Putin ha già fatto diverse apparizioni nell’anno nuovo.
Ma sono vere anche alcune defezioni. E l’ultima è forse la più soggetta a eventuali speculazioni.
Ore 17:03 - Ambasciata Mosca: distrutto veicolo corazzato Lince italiano
«Un veicolo corazzato dell’esercito ucraino «Iveco LMV 4x4» di fabbricazione italiana che è stato distrutto durante l’operazione militare speciale. La sorte dei mezzi militari trasferiti al regime di Kiev è prevedibile e poco invidiabile». Lo scrive su Facebook l’ambasciata russa a Roma, pubblicando quattro foto del veicolo che sarebbe stato distrutto.
«A titolo d’informazione per vertici del Ministero della Difesa italiano - continua il post - l’Ambasciata non attacca nessuno, ma si limita a riportare i fatti sui quali tacciono i megafoni della propaganda della Nato.
Ore 17:07 - Crosetto: batterie antimissili e mezzi terrestri all’Ucraina
«Bisogna passare dalle parole ai fatti nel più breve tempo possibile». Lo ha detto il ministro della Difesa Guido Crosetto, oggi a Ramstein, alla riunione del Gruppo di Contatto per la difesa dell’Ucraina. Il ministro ha spiegato che ogni nazione contribuirà fornendo materiale militare (batterie antimissili e mezzi terrestri) per aiutare la difesa ucraina a fronteggiare il peggioramento del conflitto che rischia di esserci nei prossimi mesi. Verrà inviato, inoltre, materiale civile, come gruppi elettrogeni, tende e vestiario.
Durante la riunione, fa sapere la Difesa, gli oltre 40 Paesi, della Nato, dell’Unione Europea e anche extra-europei, si sono confrontati sull’evoluzione del conflitto in atto e sulle nuove e imminenti esigenze per le quali gli Alleati hanno dimostrato «ferma determinazione nel continuare a sostenere la resistenza ucraina contro l’aggressione russa. Tutti i partecipanti hanno, infatti, confermato il pieno sostegno al popolo ucraino che sta combattendo a difesa della propria sovranità e dei valori democratici dell’Occidente».
Ore 17:10 - Il direttore della Cia Burns vola a Kiev e presenta i possibili piani russi
Un anno dopo, si ricomincia da capo. Il direttore della Cia William Burns vola a Kiev e presenta i possibili piani russi. L’aiuto della coalizione era iniziato per evitare la sconfitta ucraina, ora l’obiettivo è la liberazione dei territori occupati. Ecco i dieci punti sulla guerra in Ucraina da tenere d’occhio in vista della decisiva battaglia di primavera.
Ore 17:33 - Capo di Stato maggiore Usa: difficile espellere russi nel 2023
«Se il presidente Putin lo volesse, potrebbe porre fine alla guerra adesso». Lo ha detto Mark Milley, Capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti, nella conferenza stampa dopo la riunione del Gruppo di Contatto per l’Ucraina a Ramstein.
Secondo Milley, però, una vittoria militare dell’Ucraina contro la Russia nel 2023 è una prospettiva improbabile, anche se non impossibile. «Sarà molto difficile per l’Ucraina cacciare i russi da tutti i territori occupati durante il conflitto nel 2023: in ogni caso, le Forze armate di Kiev potrebbero avviare una nuova offensiva per spostare l’ago della bilancia, con il sostegno dell’addestramento fornito dagli Stati Uniti», ha detto, aggiungendo di credere comunque che la guerra tra Ucraina e Russia «si concludera’ ad un tavolo negoziale».
Ore 18:16 - Leopard, Stoltenberg: «Continueremo a confrontarci con i tedeschi»
Sulla questione della fornitura dei tank Leopard all’Ucraina «le consultazioni continueranno». Risponde così il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg alla domanda se il mancato via libera della Germania sta minando l’unità europea sul sostegno a Kiev.
Il segretario generale della Nato ha sottolineato come l’invio di centinaia di nuovi veicoli corazzati, veicoli da combattimento di fanteria e tank da battaglia stia facendo la differenza per l’Ucraina. «In questo modo gli ucraini non sono soltanto in grado di difendersi, ma potranno anche lanciare offensive per riconquistare il loro territorio», ha sottolineato.
Ore 18:27 - Governo tedesco: «In primavera aiuti militari a Kiev per un miliardo di euro»
«La Germania fornirà altre armi e attrezzature per il valore di 1 miliardo di euro in primavera. Con questo pacchetto - ha annunciato oggi a Ramstein il ministro della Difesa Boris Pistorius - l’impegno tedesco in aiuti militari raggiungerà complessivamente i 3,3 miliardi di euro».
Ore 19:10 - Austin parla di controffensiva in primavera: «Prepariamoci»
Il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha evocato una possibile controffensiva dell’Ucraina questa primavera e ha invitato gli alleati a intensificare le spedizioni di armi per aiutare Kiev a prepararsi. «Abbiamo una finestra di opportunità da qui alla primavera - ha detto Austin ai giornalisti dopo la riunione a Ramstein, in Germania - Non è molto tempo e dobbiamo mettere insieme le giuste capacità».
Ore 19:18 - Il ministro polacco critica la Germania: «L’indecisione si pagherà in sangue versato»
«Armare l’Ucraina per respingere l’aggressione russa non è un esercizio decisionale. Il sangue ucraino viene sparso realmente. Questo sarà il prezzo dell’esitazione sulla fornitura dei Leopard. Serve azione, ora», ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri polacco Zbigniew Rau. La Polonia si è già detta disponibile a fornire tank Leopard all’Ucraina, ma non può farlo senza l’ok della Germania, che glieli ha venduti.
Ore 19:33 - Gli Usa sanzionano la Wagner: «Organizzazione criminale transnazionale»
«Vladimir Putin fa sempre più affidamento al gruppo di mercenari Wagner in Ucraina, dove ha dispiegato 50 mila persone»« lo ha detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby, confermando la designazione della compagnia come significativa organizzazione criminale transnazionale.
Il tesoro Usa la designerà come tale in ragione di come stia aiutando l'esercito russo nella guerra in Ucraina. Lo riferisce una fonte dell'amministrazione Usa, preannunciando ulteriori sanzioni la prossima settimana contro la compagnia di mercenari e il suo network di sostegno in vari continenti.
La richiesta del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, sarebbe quella di classificare direttamente la Wagner come un'organizzazione terroristica.
Ore 20:20 - Vaticano, Mons. Gallagher: «Papa Francesco per ora non andrà a Kiev»
«Il Papa tiene presente l'invito ma vorrebbe compiere questa visita al momento opportuno. Non sembra questo». Così monsignor Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati del Vaticano, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano, a margine di un dibattito sulla pace.
Ore 20:30 - Stoltenberg: «Servono aiuti al più presto. Italia contribuisce in molti modi»
«C'è estrema urgenza di fornire nuovi aiuti militari all'Ucraina, a fronte di un rafforzamento della Russia che sta producendo più armi e mobilitando più uomini per ridare slancio alla sua offensiva». Lo ha dichiarato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, a margine del vertice di Ramstein.
Stoltenberg esorta «tutti gli alleati a fare di più»: «Ciò che l'Ucraina può ottenere dal futuro negoziato dipende dalla sua forza sul terreno. Dobbiamo fornirle supporto militare adesso perché questo è l'unico modo per convincere Putin che non avrà la meglio sul campo di battaglia».
«L'Italia sta contribuendo in molti modi» allo sforzo congiunto degli alleati per sostenere Kiev nel conflitto contro la Russia, con «sistemi anti-carro, con l'addestramento e anche con importanti aiuti umanitari». Lo ha ricordato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in una intervista al Tg1 a margine dell'incontro di Ramstein.
Ore 20:50 - Zelensky riceve delegazione senatori Usa a Kiev
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ricevuto a Kiev i senatori statunitensi Lindsey Graham, Richard Blumenthal e Sheldon Whitehouse.
Secondo una nota della presidenza, Zelensky ha ringraziato i senatori per l'aiuto dato nell'organizzazione della sua visita dello scorso dicembre negli Stati Uniti e ha ribadito l'apprezzamento per il sostegno all'Ucraina da parte del popolo americano, del presidente e del Congresso.
Ore 21:19 - Morto in Ucraina un ex Navy Seal Usa in attacco russo
Un ex Navy Seal statunitense è rimasto ucciso in Ucraina orientale mentre combatteva accanto alle forze di Kiev contro le forze russe. Lo scrive oggi il TIME. Daniel Swift, un soldato scelto dei corpi speciali, è morto dopo essere stato ferito durante un'attacco dei russi, ha detto un ufficiale di Marina Usa alla rivista.
Ore 21:41 - Olanda fornirà a Kiev 2 lanciatori e missili Patriot
Il governo olandese fornirà all'Ucraina due lanciatori e un numero imprecisato di missili Patriot. Lo hanno annunciato il ministro della Difesa Kajsa Ollongren, e il ministro degli Esteri, Wopke Hoekstra, alla Tweede Kamer, la Camera bassa del Parlamento olandese. I Paesi Bassi, hanno precisato i due ministri, contribuiranno anche all'addestramento dei soldati ucraini per far funzionare correttamente gli equipaggiamenti di difesa aerea.
Ore 22:07 - Leopard, colloquio tra ministro della Difesa ucraino e omologo tedesco
Il ministro della Difesa ucraino Oleskii Reznikov ha affermato di aver avuto un colloquio schietto e sincero con il suo omologo tedesco Boris Pistorius. Tema della conversazione l'invio dei carri armati Leopard, che dipende dalla volontà del governo tedesco. Il confronto durante il meeting di Ramstein, in Germania.
Ore 22:57 - Fondatore Wagner: «Se per gli americani siamo criminali, allora possiamo considerarci colleghi»
L'uomo d'affari russo e fondatore del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin ha reagito ironicamente alla dichiarazione della Casa Bianca sul possibile riconoscimento di Wagner come «organizzazione criminale transnazionale». «Finalmente, con gli americani sono colleghi - ha scritto su Telegram - d'ora in poi, la nostra relazione può essere definita una "resa dei conti" tra clan criminali».
Ore 23:46 - Media ucraini: «27 attacchi russi nella regione di Sumy»
Oggi le forze russe hanno lanciato 27 attacchi su due comunità di confine nella regione di Sumy. Lo riferisce Dmytro Zhyvytskyi, capo dell'Oav di Sumy. «In entrambe le comunità - riferisce Ukrainska Pravda - non ci sono state vittime o distruzioni».
Carri armati all’Ucraina, perché i tedeschi hanno detto di no. Scholz teme un allargamento della Guerra. Paolo Valentino su Il Corriere della Sera il 20 Gennaio 2023.
La Germania teme che i Leopard aumenterebbero la capacità offensiva di Kiev scatenando così una forte reazione russa
Sulla fornitura all’Ucraina dei Leopard 2, le Rolls Royce dei carri armati, la Germania non vuol decidere sotto pressione. È il messaggio ultimo che viene dal vertice di Ramstein, dove il nuovo ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha annunciato una verifica interna ed esterna di tutti i pro e i contro di una eventuale decisione.
La verità è che il governo federale si è un po’ incartato sul tema dei Leopard, vero gioiello della tecnologia militare tedesca, sistema offensivo per definizione e soprattutto presente in grandi quantità in Europa, dove figura negli arsenali di ben 12 Paesi oltre la Germania.
Fino a giovedì infatti la narrazione ufficiale, come nei mesi precedenti, era che Berlino non volesse agire da sola: troppo pesante la zavorra della sua Storia per poter fare la prima della classe, tanto più in un conflitto nel quale è coinvolta la Russia. Così, nelle forniture militari a Kiev, Scholz ha sempre chiesto una copertura politica, cioè una decisione preventiva o contemporanea di altri alleati a fornire lo stesso tipo di armi, fossero i sistemi di difesa antiaerea, i carri leggeri Marder o, da ultimo, i missili Patriot.
Nel caso dei Leopard, secondo il cancelliere, dovevano essere gli americani Abrams a fare da apripista. Ma sui loro carri di ultima generazione, gli Stati Uniti, comunque di gran lunga i maggiori fornitori di armi all’Ucraina, sono stati inflessibili nel loro motivato rifiuto: hanno un motore a propulsione jet e necessitano di carburante speciale, una manutenzione complicata, tempi di addestramento troppo lunghi e non ultimo i pezzi di ricambio non sono disponibili sul posto, come invece accadrebbe per i Leopard.
Ieri Pistorius ha liquidato l’argomento, dicendo che non c’è legame tra un’eventuale decisione tedesca sui Leopard e una americana sugli Abrams. Un linkage fra l’altro imbarazzante, osserva Christoph von Marschall, analista del Tagesspiegel , poiché isolava la Germania dagli altri partner europei, quasi tutti decisi a dire di sì alla cessione dei loro Leopard, che deve essere autorizzata da Berlino, facendo invece dipendere tutto dalla scelta di Washington. Con buona pace dell’ambizione (o finzione) europea di decidere in autonomia.
Dove sta allora la ragione profonda della cautela tedesca? Probabilmente nel fatto che i Leopard segnerebbero un salto di qualità nell’aiuto a Kiev, aumentandone la capacità offensiva e quindi rischiando una forte reazione russa e un ampliamento del conflitto. Si può essere d’accordo o no con l’argomento. Ma è legittimo e avrebbe fatto meglio il cancelliere a dirlo esplicitamente. Detto questo, l’impressione è che anche questa volta, Berlino finirà per fare la cosa giusta.
Lo strappo sui Leopard. Ma per la difesa di Kiev in arrivo armi a pioggia. Dopo l'appello di Zelensky, la Nato al vertice di Ramstein attrezza l'Ucraina per la controffensiva. Matteo Basile il 21 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Forse poteva andare meglio, ma sicuramente poteva andare peggio. La riunione tra gli oltre 40 Paesi della Nato, dell'Unione Europea ed extra-europei, organizzata a Ramstein, in Germania, per discutere del conflitto in atto si è concluso con un'unità d'intenti pressoché totale. Al di là di qualche «se» e qualche altro «ma», si rafforza il fronte comune dell'Occidente nel continuare a opporsi all'aggressione militare russa in corso ormai da quasi un anno. Con l'ottimismo che questa compattezza possa portare a una svolta se non rapida comunque decisiva. «Il pacchetto militare Usa e quelli degli alleati mostrano il nostro impegno comune a dare la possibilità all'Ucraina di andare all'offensiva e liberare i territori occupati», ha detto il generale Mark Milley, capo di Stato Maggiore dell'Esercito Usa, confermando che la guerra stia per entrare in una nuova fase: non più soltanto difesa dall'invasione ma controffensiva per riconquistare terreno e rivendicare la propria indipendenza territoriale.
Al punto che anche il nodo principale del vertice, quello relativo all'invio della Germania dei carri armati Leopard, richiesti in tutti i modi da Kiev e potenzialmente fondamentali per il conflitto, in qualche modo si è risolto. Anche se non tramite la strada più semplice. Berlino continua a nicchiare sull'invio dei moderni carri armati. «Non c'è una opinione unitaria su questa questione. La sensazione che ci sia una coalizione compatta determinata e la Germania sia un ostacolo è sbagliata», ha detto il neo ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius. Ma che la Germania sia in qualche modo accerchiata sembra più che una sensazione. Premessa d'obbligo: i Leopard sono in possesso di circa 20 nazioni, tra cui Canada, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia, Austria, Polonia, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Portogallo e Turchia. Perché non possono fornirli loro a Kiev, indipendentemente dalla Germania? Perché esiste una clausola secondo cui i tedeschi, che li hanno prodotti e poi ceduti, devono dare l'ok a un eventuale trasferimento dei mezzi. E ieri, a margine dell'incontro, alcuni Paesi in possesso dei carri si sono riuniti per cercare di forzare la mano. In prima linea la Polonia e il Portogallo. Lisbona ha dato la disponibilità per l'addestramento agli ucraini mentre Varsavia è stata anche più netta: «Il sangue ucraino viene sparso realmente. È questo il prezzo dell'esitazione sulla fornitura dei Leopard. Serve azione, ora», ha detto il ministro Zbigniew Rau. Possibile, se non probabile, che i tanto agognati Leopard vengano forniti al più presto da altri Paesi che non sono la Germania con il via libero tedesco. «Non abbiamo tempo. Dobbiamo agire in fretta», aveva ribadito in mattinata il presidente ucraino Zelensky che poi, ringraziando i partner per il sostegno, ha ribadito: «Dovremo ancora lottare per la fornitura di carri armati moderni, ma ogni giorno rendiamo più evidente che non c'è alternativa».
L'accerchiamento, in ogni caso, ha dato frutti ben maturi a Kiev. Se sui Leopard il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg conferma che «le consultazioni continueranno», lasciando la porta aperta, all'Ucraina arriveranno veicoli corazzati, veicoli da combattimento di fanteria e tank da battaglia oltre a sistemi di difesa aerea, armi e munizioni. Anche dalla stessa Germania che con una nota ufficiale ha annunciato che «fornirà altre armi e attrezzature per il valore di un miliardo di euro in primavera», arrivando così a un impegno quantificato in 3,3 miliardi di euro complessivi dalla sola Berlino.
Anche l'Italia si conferma in prima linea nell'aiuto all'Ucraina. Il capo dello Stato Mattarella conferma che l'Italia «sta dalla parte di chi è aggredito e lotta per la propria indipendenza e libertà», mentre il ministro della Difesa Crosetto, da Ramstein, non ha dubbi: «Bisogna passare dalle parole ai fatti nel più breve tempo possibile», confermando che anche il nostro Paese continuerà a fornire materiale militare e civile, come gruppi elettrogeni, tende e vestiario.
Nonostante questa unità d'intenti, e al di là degli screzi più o meno superabili, pesano le parole di Milley: «Nel 2023 è difficile che l'Ucraina possa cacciare tutte le forze russe dal suo territorio. Non dico che sia impossibile ma credo realisticamente che sia così», ha detto il capo di Stato Maggiore Usa, facendo intendere che la guerra sarà ancora lunga e per nulla semplice. Soprattutto, non solo per l'Ucraina.
Prende forma il prossimo pacchetto di aiuti militari per l’Ucraina. Paolo Mauri il 20 Gennaio 2023 su Inside Over.
Mentre si discute sulla possibilità di inviare carri armati di fabbricazione occidentale all’Ucraina dopo che il Regno Unito ha rotto gli indugi decidendo di fornire una decina di Challenger 2, sta prendendo forma il prossimo pacchetto di aiuti militari per l’esercito di Kiev.
Il fronte alleato è spezzato sulla possibilità di inviare Mbt (Main Battle Tank) in Ucraina, con la Germania e gli Stati Uniti che sono alle prese con un braccio di ferro che però, molto probabilmente, si dovrebbe risolvere – in un modo o nell’altro – al termine del vertice di Ramstein del 20 gennaio. Intanto la Casa Bianca sta finalizzando un nuovo massiccio pacchetto di aiuti militari per l’esercito ucraino che, secondo i funzionari statunitensi, raggiungerà probabilmente il valore complessivo di 2,6 miliardi di dollari.
Associated Press ritiene che includerà per la prima volta quasi 100 veicoli da combattimento Stryker e almeno 50 Aifv (Armoured Infantry Fighting Vehicle) M-2 Bradley, ma non i carri armati che l’Ucraina ha da tempo cercato di ottenere. La versione degli Stryker che dovrebbe giungere al fronte è quella armata di missili anticarro, la M1134, in quanto si tratta di una famiglia di veicoli corazzati che ricoprono ruoli diversi: dalla ricognizione Nbc (Nuclear Biological Chemical), alla Medevac (Medical Evacuation) passando per la già citata versione anticarro, quella dotata di mortaio, veicolo comando, per il corpo del Genio, e di supporto per il fuoco di fanteria.
Fonti del Pentagono hanno affermato che i numeri potrebbero cambiare man mano che l’amministrazione Biden passa attraverso le deliberazioni finali sul pacchetto, e l’annuncio definitivo è previsto proprio al termine di questa settimana quando i leader della Difesa di Stati Uniti, Europa e altri alleati globali si riuniranno a Ramstein. Nel pacchetto ci saranno anche migliaia di munizioni, compresi i missili per i sistemi di difesa aerea.
La prima spedizione di Bradley era già stata annunciata due settimane fa, mentre la vera novità è rappresentata dai veicoli di supporto truppe ruotati Stryker, che hanno avuto il loro battesimo del fuoco nel 2003 in Iraq, dove ha dimostrato i suoi limiti in un conflitto di counter-insurgency: la sua protezione si è rivelata scarsa, pertanto è stato necessario montare una “gabbia” protettiva aggiuntiva per metterlo al riparo dai colpi di Rpg (Rocket Propelled Grenade). Il veicolo quindi sembra non adatto a un conflitto ad alta intensità, tanto che un rapporto del 2004 dello U.S. Army lo definisce idoneo per un uso limitato a “contingenze su piccola scala”.
Obici e corazzati da Francia e Svezia
Nelle stesse ore in cui si veniva a sapere della volontà di inviare gli Stryker in Ucraina, la Svezia ha fatto sapere che invierà all’Ucraina un pacchetto di 50 veicoli corazzati di fanteria CV-90, un certo quantitativo di obici semoventi tipo Archer da 155 millimetri e altri missili anticarro Nlaw. Il CV-90 si può considerare la versione svedese dell’M-2 Bradley: si tratta di un veicolo cingolato con torretta ospitante un cannoncino da 40 millimetri della Bofors (oppure uno da 35 e 30 millimetri in altre versioni) che è in servizio dal 1993. Il mezzo ha avuto il suo battesimo del fuoco in Afghanistan, nel 2007, utilizzato dall’esercito norvegese.
La Francia invece ha dichiarato che invierà veicoli corazzati da combattimento Amx-10 RC, che sono denominati “carri armati leggeri” in francese pur non essendo dei tank. Benché sia prematuro parlare di un pacchetto di armamenti che non è ancora stato definito, è ipotizzabile che i sistemi missilistici antiaerei che verranno mandati in Ucraina dagli Stati Uniti saranno ancora i Nasams, già forniti nei mesi scorsi, e probabilmente ancora i Patriot, che possono essere usati per difendere obiettivi di alto valore come la capitale. Nei giorni scorsi c’è stata la conferma dal governo italiano e da quello francese che verrà inviata una batteria di Samp/T “mista”, ovvero con componenti italiane e francesi, mentre Parigi molto probabilmente invierà ancora i Crotale per la difesa area di punto.
Il mistero sui caccia e i missili a lungo raggio
C’è uno strano silenzio, invece, intorno ai cacciabombardieri, che pure Kiev ha richiesto più volte a gran voce. Qualche mese fa dagli Stati Uniti era giunta la notizia del nulla osta per l’addestramento dei piloti ucraini, poi non si è saputo più nulla. I caccia sono, insieme ai carri armati, assetti preziosi nell’economia del conflitto in quanto permetterebbero di colmare un po’ il divario che separa l’Ucraina dalla Russia da questo punto di vista, soprattutto permetterebbero a Kiev di cercare di parare la prossima eventuale offensiva russa, che molto verosimilmente potrebbe verificarsi nelle prossime settimane, magari proprio in occasione dell’anniversario dell’inizio del conflitto.
Per quanto riguarda i sistemi a lungo raggio sembra che si stia per rompere un tabù: si parla insistentemente, in queste ore, di inviare a Kiev alcune batterie di Ground Launched Small Diameter Bomb. La Glsdb è un’arma di precisione lanciata da terra a lungo raggio che combina le capacità della bomba aeronautica Gbu-39B Sdb e del sistema di propulsione a razzo M26. Questo ibrido è stato progettato per il lancio da sistemi di artiglieria terrestri di vario tipo, tra cui gli Mlrs (Multiple Launch Rocket System) tipo M-270 e Himars, già consegnati all’esercito di Kiev che li sta usando con profitto.
All’inizio dello scorso dicembre vi avevamo riportato le primissime indiscrezioni in merito a questa possibilità, e al valore strategico e politico di questa decisione (riassumendo la Crimea potrebbe essere messa sotto tiro), e ora sembra che ci sia la volontà di perseguire in questa decisione proprio vista l’incapacità ucraina di organizzare una nuova controffensiva e di contenere l’avanzata russa nel Donbass, se pur lenta e dall’alto costo in termini di vite umane e mezzi impiegati. Vedremo se la Casa Bianca, nel corso dei prossimi giorni, ufficializzerà l’invio delle Glsmd e soprattutto cosa succederà a Berlino per quanto riguarda l’invio dei carri armati Leopard 2.
L’occasione persa di Ramstein. Gli alleati offrono parole, non i carri armati di cui l’Ucraina ha bisogno. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 21 Gennaio 2023.
Gli Stati Uniti manderanno sistemi di contraerea, non i tank M1. Nonostante le pressioni internazionali e una risoluzione dell’Europarlamento, l’attendismo tedesco tiene bloccati, oltre ai suoi, anche i Leopard 2 degli altri Paesi
Signor Scholz, abbatta questo muro. Invece niente. Davanti agli alleati dell’Ucraina, cinquantaquattro Paesi in tutto, nella base di Ramstein la Germania padrona di casa non supera le ritrosie sui Leopard 2, nonostante le pressioni americane. «Un centinaio di grazie non sono un centinaio di carri armati», sprona la platea il presidente Volodymyr Zelensky, che ha bisogno di tank per respingere le prossime offensive russe. In base ai contratti di fornitura del mezzo tedesco, il niet di Berlino paralizza anche le nazioni che vorrebbero mandarli. Il vertice si chiude sulla promessa di sistemi di contraerea Patriot. Sull’ottimismo che il veto sui panzer cadrà, presto. Non oggi, però. Un «prima o poi» in cui il «poi», cioè il fattore tempo, favorisce il nemico, Vladimir Putin.
Nella conferenza stampa, slittata di mezz’ora, il generale Mark Milley celebra una «Nato che non ho mai visto così unita». Nel temporeggiare. Il segretario della Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, a domanda precisa, risponde di non aver annunci da fare sui carri armati M1 Abrams. Il giorno prima ha visto in un bilaterale il nuovo ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius. Questi giorni sono la rinuncia di Berlino a una leadership europea, con la subalternità agli Stati Uniti come scusa. L’esecutivo di coalizione, infatti, ha vincolato lo sblocco dei Leopard all’invio degli M1 americani. A metà tra il conformismo e il ricatto.
«Fare come Olaf Scholz» è uno dei neologismi del conflitto. Significa sperticarsi in buoni propositi – predicare bene, insomma – ma tradirli sistematicamente, accampando giustificazioni a salve. Dodici Stati europei hanno i panzer in dotazione: oltre duemila, pronti nei magazzini. C’è una catena di produzione e ricambi già operativa che li renderebbe un aiuto militare sostenibile a Kyjiv. Sono l’ultima generazione di un modello progettato ai tempi della Guerra Fredda, proprio per battere sul campo i carri sovietici, da cui discendono quelli di Mosca. Il fatto che siano in dotazione a eserciti diversi permetterebbe agli alleati di distaccarne solo una piccola percentuale, senza compromettere i loro arsenali. I piloti ucraini andrebbero addestrati una volta sola.
I contratti in vigore, però, impediscono ai Paesi che ne hanno di esportarli senza l’autorizzazione di Berlino. È illegale, in teoria. Polonia e Finlandia vorrebbero mettere a disposizione alcuni dei loro Leopard 2. Un portavoce del ministero degli Esteri di Varsavia ha espresso lo «shock» per le resistenze tedesche, più che egoistiche in quanto ricadono sugli altri. Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha detto espressamente che potrebbe non aspettare il permesso del cancelliere. Per il momento, Olaf Scholz frena il resto della coalizione, poco importa se le fonti diplomatiche dei giornali internazionali lo ritengono disposto a offrire una mano per la manutenzione (dei mezzi che tiene fermi) e la formazione dei soldati di Kyjiv.
Superare lo stallo potrebbe disinnescarne altri. Per esempio, la Spagna ha più di duecento Leopard. A Davos il ministro José Manuel Albares ha escluso di impegnarne una parte. Se Berlino cedesse, però, per Madrid sarebbe complicato restare ferma, o fuori dalla coalizione che persino una risoluzione del Parlamento europeo ha esortato Scholz a formare, proprio sui carri, «senza ulteriori ritardi». Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, lo ha ribadito alla plenaria di Strasburgo: «L’Ucraina ha bisogno di più equipaggiamento militare. Sono fermamente a favore di fornire i tank».
Nel frattempo, le altre potenze si muovono. Forse, anche con la speranza di dare un precedente all’immobilismo tedesco. La Francia valuta di mandare i suoi Leclerc; il Regno Unito ha già annunciato che darà quattordici Challenger 2, saranno i primi carri occidentali a servire le forze armate ucraine. La Danimarca seguirà con diciannove cannoni Caesar di fabbricazione francese, la Svezia di Ulf Kristersson con sistemi d’artiglieria Archer. Oltre al pressing internazionale, il cancelliere subisce quello domestico: gli azionisti dell’alleanza semaforo, Liberali e Verdi, vorrebbero una svolta. Mesi di polemiche (e attendismo) hanno portato alle dimissioni della ministra della Difesa, la socialdemocratica Christine Lambrecht.
La Spd ha una storica diffidenza per le armi, ha fallito pure l’Ostpolitik energetica di Angela Merkel che non ha addomesticato Putin. Nei sondaggi, ricompare una faglia Est-Ovest nella Repubblica riunificata. La parte di Paese uscita dal patto di Varsavia, oggi, è meno favorevole all’invio dei panzer. Se ascolta queste ingessature, cercando di farsi tirare dalla giacchetta per legittimare la partecipazione tedesca allo sforzo collettivo, Scholz non dimostra lo stesso coraggio di quando ha invertito decenni di non belligeranza con i cento miliardi stanziati per ammodernare l’arrugginita Bundeswehr.
Al di là della retorica delle dichiarazioni, il risultato di Ramstein non è purtroppo quello in cui sperava l’Ucraina. Gli Stati Uniti spediranno novanta veicoli corazzati Stryker (a otto ruote, impiegati per la prima volta in Iraq nel 2003) e hanno sponsorizzato la cinquantina di Bradley per trasportare truppe e armi. Finora, però, la Casa Bianca non ha incluso gli M1 Abrams. La ragione ufficiale, ha riferito la Bbc, è logistica: in Europa è più difficile ripararli e vanno con il carburante degli aerei (anche se la scheda tecnica dell’azienda che li produce ammette altri propellenti), mentre i Leopard sono alimentati con il più comune diesel.
«Sosterremo l’autodifesa ucraina fino a quando sarà necessario», ha detto Austin. Non ci sono segnali che la Russia si prepari alla pace, ha aggiunto ieri il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Anzi, si prepara a continuare sul lungo termine. A riprovarci in primavera. Bisogna aumentare l’aiuto a Kyjiv, quindi, non diminuirlo. Gli off the records di Ramstein sono ottimisti e per Pistorius è «sbagliata» la narrativa sull’ostruzionismo tedesco. Quindici nazioni hanno cercato di sbloccare lo stallo, ma la delegazione tedesca nega che ci saranno veti sulle esportazioni, almeno su quelle altrui.
È vero che la contraerea «salverà vite», come dichiara Austin, ma non è abbastanza. Potrebbe essere troppo poco, troppo tardi. Ogni giorno di esitazione è un giorno in meno alla prossima aggressione russa. Un giorno perso, a vantaggio del Cremlino.
La Nato: si ad altre armi a Kiev. Ma resta il no di Berlino sui carri armati. Sergio Barlocchetti su Panorama il 20 Gennaio 2023.
Dal vertice di Ramstein l'alleanza atlantica esce compatta anche se Scholz non ha ancora sciolto i dubbi sulla fornitura dei suoi Leopard richiesti da Zelensky
La Nato: si ad altre armi a Kiev. Ma resta il no di Berlino sui carri armati
È un messaggio «forte e chiaro» quello uscito dalla base Nato di Ramstein dove oggi si è tenuto il delicatissimo forum Nato 2023. Delicato perché doveva offrire al mondo la linea dell'alleanza atlantica e dei suoi paesi davanti alla guerra in Ucraina ed alla richiesta di armi da parte di Kiev, tra cui i tanto discussi carri armati tedeschi. Ed alla fine è passata la linea del Si, compresa l'Italia che fornirà, come annunciato dal ministro della difesa Crosetto «missili anti aereo e mezzi terrestri».
Dagli Usa sono arrivate richieste su come continuare il supporto all'Ucraina, stante che la guerra si sta rivelando una fenomenale opportunità per costruire più armamenti e per venderli ammodernando gli arsenali dei Paesi alleati che forniscono ciò che vorrebbero sostituire a Kiev. Tutto per cercare di togliere di mezzo Vladimir Putin accettando che potrebbe esserci anche un futuro peggiore. Anche perché la sopravvalutata potenza militare russa ha già mostrato tutti i suoi limiti e la richiesta di Zelensky di un buon numero di carri armati è coerente con un'offensiva che tra la primavera e l'estate potrebbe portare alla riconquista dei territori. E su questo gli Usa a Ramstein, oggi sono stati chiari: “E' un momento decisivo” ha detto il segretario della Difesa Usa Lloyd Austin, esortando la Germania a inviare più carri armati, e la Svizzera a concedere l'esportazione delle munizioni che li armano. Berlino, dopo Washington e Londra, è la terza nazione al mondo per forniture militari a Kiev, ma Scholz a Ramstein ha mantenuto un atteggiamento prudente senza dare una parola definitiva sui suoi «panzer» poiché quella che finora è stata una sensazione, oggi diventa una strategia chiara: dall'appoggio militare a una nazione aggredita che doveva trovare la strada della pace si è passati alla volontà di annientare la Russia sul piano militare perseguendo un “impegno totale contro il nuovo blocco nemico” che vedrà impegnarsi immediatamente con più risorse il Regno Unito, i Paesi baltici, la Repubblica Ceca e la Polonia. Varsavia, peraltro, invierebbe i carri anche senza l'ok di Berlino. E a seguire tutti gli altri, con Turchia che tenterà il tutto per tutto sul piano diplomatico, la Francia che con l'Italia vorrebbe mandare i missili Samp-T), e l'Italia nel ruolo della “maggiore tra le nazioni piccole”. Da ieri fonti arabe riferiscono che il direttore della Cia William Burns si sarebbe recato segretamente a Kiev per incontrare Zelensky la scorsa settimana per accordi sulla presenza di specialisti e la fornitura di servizi d'informazione per i prossimi mesi. All'amministrazione Biden un solo gioco probabilmente non riuscirà: quello di ricattare gli alleati minacciandoli di perdere l'ombrello della sua difesa come aveva fato Donald Trump quando ricordò che a pagare il conto più salato per l'Alleanza erano gli Usa. Su tutti, Parigi ha da guadagnarci: da sempre vorrebbe guidare la nascente Difesa comune europea e quale migliore occasione una divergenza di vedute tra Washington e Bruxelles su quanto umiliare Vladimir Putin per prendere una posizione di alleato equidistante tra Usa e Germania. Così Stati Uniti ed alleati europei promettono più potenza di fuoco militare per l'Ucraina con armi pesanti per sostenere la "resistenza eroica" di Kiev nonostante le minacce di Mosca. Zelensky ha dato indicazioni chiare: i suoi generali e i consiglieri militari occidentali gli hanno consigliato di disporre di più veicoli blindati e armi pesanti, a cominciare con i 59 veicoli da combattimento Bradley e i 90 mezzi corazzati Stryker che sarebbero già in movimento dalle basi usa verso l'Europa. Ma per gli Abrans si attende l'impegno di Berlino. Il segretario di Stato Antony Blinken ha affermato che si tratta di un “nuovo significativo pacchetto di assistenza alla sicurezza per aiutare l'Ucraina a continuare a difendersi dalla brutale guerra della Russia” , qualcosa che fa salire il valore di quanto già dato all'Ucraina a circa 27,4 miliardi di dollari. Il Regno Unito ha confermato l'invio di 600 missili Brimstone, mentre la Danimarca 19 obici Caesar di fabbricazione francese e la Svezia il sistema d'artiglieria Archer. Blinken puntualizza: “Riconosciamo che equipaggiare l'Ucraina per spingere la Russia fuori dal suo territorio è importante quanto equipaggiarla per difendere ciò che già ha, insieme continueremo a sostenere l'Ucraina per passare dalla resistenza all'espulsione delle forze russe dal suolo ucraino. Il nuovo livello di potenza di combattimento richiesto è raggiunto solo da combinazioni di squadroni di carri armati che operino al di sotto della difesa aerea e missilistica a fianco di gruppi d'artiglieria che consentono di prendere di mira i nodi logistici e di comando russi nel territorio occupato”. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov già nella giornata di ieri aveva dichiarato: “Significherà portare il conflitto a un livello completamente nuovo che, ovviamente, non sarà di buon auspicio dal punto di vista della sicurezza globale e paneuropea". Certo, rimane il nodo nucleare che Mosca sventola ricordandolo all'Europa.
Al vertice di Ramstein l’Occidente non trova l’accordo sui tank da fornire a Kiev. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 21 gennaio 2023.
Si è tenuto ieri a Ramstein, in Germania, l’ottavo incontro del gruppo di circa 50 Paesi a guida USA – comprendenti i membri della NATO e altri partner – per discutere delle prossime mosse per supportare sul campo l’Ucraina, anche e soprattutto in vista della prossima offensiva russa di primavera. All’incontro presso la base militare americana di Ramstein – coordinato dal sottosegretario alla Difesa americano, Lloyd Asutin – hanno preso parte i ministri della Difesa delle nazioni che supportano Kiev e si è discusso dei prossimi aiuti bellici e finanziari. Tuttavia, il gruppo è apparso diviso in quanto la Germania ha rifiutato, per il momento, di fornire i suoi carrarmati Leopard 2 all’Ucraina, temendo un inasprimento pericoloso dello scontro col Cremlino. La decisione di inviare i tank al Paese est europeo risulta però fondamentale ai fini dei risultati sul campo, in quanto i Leopard sono ritenuti i più adatti a far passare Kiev dalla difesa all’attacco. È chiaro, dunque, che il fronte occidentale non si limita più a fornire a Kiev “armi difensive” perché l’obiettivo è diventato quello della vittoria sul campo, mentre la possibilità di un negoziato di pace è completamente sfumata. Questo è anche il motivo per cui il fronte di Paesi più favorevole a Kiev – capeggiati da Polonia e Gran Bretagna – sarebbe disposto a fornire i mezzi corazzati all’Ucraina senza il consenso di Berlino, violando però in questo modo i contratti di fornitura che stabiliscono che la Germania può impedire ai Paesi a cui li ha venduti di cederli a terzi.
È caduto nel vuoto, dunque, l’ordine di Zelensky di fornire mezzi pesanti al suo Paese: «il Cremlino deve perdere. Se avete i tank, dateceli», aveva affermato durante il videocollegamento con il vertice. La decisione del partito socialdemocratico del cancelliere Olaf Scholz – restio a un coinvolgimento militare della Germania – di non fornire i tank ha fatto infuriare l’opposizione: «i danni per la reputazione del Paese dopo questo atto di rifiuto sono incalcolabili», ha asserito Joahnn Wadepaul della CDU. Intanto, il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha fatto sapere che la Germania valuterà attentamente la questione e prenderà una decisione a breve, dopo aver valutato le scorte di carrarmati. La Germania «bilancerà tutti i pro e i contro prima di decidere cose del genere. Sono molto sicuro che ci sarà una decisione a breve ma non so quale», ha affermato ai giornalisti. Ma la Germania non è la sola ad avere titubanze: anche gli stessi Stati Uniti, infatti, hanno escluso di fornire i loro carri armati Abrams a Kiev, nella speranza che fosse l’Europa – la Germania in particolare – ad accollarsi l’onere: «non ha senso fornire gli Abrams», ha spiegato in un briefing la vice portavoce della difesa Sabrina Singh, citando tra l’altro problemi di manovrabilità, rifornimenti, manutenzione e sottolineando che i Leopard sono invece «diversi».
Se da un lato, la Germania frena sull’invio di materiale bellico offensivo a Kiev, dall’altro, c’è chi vorrebbe accelerare i tempi, fornendo all’Ucraina armi sempre più letali: il fronte dei “falchi” è costituito da nove Paesi – Gran Bretagna, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Repubblica Ceca, Paesi Bassi e Slovacchia – che, a poche ore dall’inizio del vertice, in un comunicato congiunto hanno dato vita al “Patto di Tallinn”, con cui si impegnano a donare all’Ucraina una serie di armi «senza precedenti», tra cui «carri armati, artiglieria pesante, difesa aerea, munizioni e veicoli da combattimento di fanteria». Il gruppo ha anche promesso di voler sollecitare gli altri alleati e partner «a seguire l’esempio».
Dal canto suo, il segretario della Difesa americano, Lloyd Austin, ha consigliato di non concentrarsi troppo su «un mezzo solo» – i carrarmati – in quanto si è detto convinto che il pacchetto da 2,5 miliardi di dollari recentemente approvato da Washington sarà comunque sufficiente a dare a Kiev un vantaggio sul campo di battaglia: «È il momento di non cedere, non indugeremo e non esiteremo ad aiutare l’Ucraina: questo è un momento decisivo per Kiev e per tutto il mondo», ha asserito. Abbandonate del tutto le prospettive per un negoziato di pace, dunque, gli Stati Uniti non mirano solo a vincere sul campo di battaglia, ma hanno palesato addirittura l’intenzione di aiutare Kiev a riprendere la Crimea, che ha aderito alla Russia nel 2014 tramite un referendum. Poco prima del vertice in Germania, infatti, la portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, ha affermato che «la Crimea è parte integrante dell’Ucraina e Kiev ha tutto il diritto di riprenderla». Il che, se si concretizzasse, porterebbe ai massimi il livello dello scontro, con gli USA che continuano a trascinare indirettamente in guerra il continente europeo.
Il Cremlino, per mezzo del suo portavoce Dmitry Peskov, ha dichiarato che il dispiegamento di carri armati occidentali innescherebbe conseguenze «inequivocabilmente negative», perché «tutti questi carri armati richiederanno sia manutenzione che riparazioni, e così via, quindi inviarli aumenterà i problemi dell’Ucraina, ma non cambierà nulla per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi da parte russa». Ancora più dura la reazione della portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova che ha detto che l’Occidente si sta calando sempre di più nel conflitto in Ucraina: «Consideriamo tutto questo come un’istigazione aperta e provocatoria da parte dell’Occidente e un aumento della posta in gioco nel conflitto, che porterà inevitabilmente a maggiori vittime e a una pericolosa escalation».
Escluso ogni tentativo di negoziato, la guerra non potrà che continuare a oltranza, intensificandosi ancor di più nel caso di attacchi alla Crimea, a causa del supporto in questo senso degli Stati Uniti: secondo un rapporto del New York Times, infatti, l’amministrazione statunitense sta valutando di inviare a Kiev armi per colpire la penisola. In tal caso, si avrebbe l’escalation probabilmente più pericolosa dall’inizio del conflitto che potrebbe sfociare in conseguenze imprevedibili con tutti i rischi in termini economici e di vite umane che ciò comporta. [di Giorgia Audiello]
“M1 Abrams? No, thanks” E Zelensky resta senza carri. Redazione L'Identità il 21 Gennaio 2023
di NICO BOVE
Berlino continua a temporeggiare sull’invio dei carri armati Leopard a Kiev. Anche Boris Pistorius, il nuovo ministro della Difesa, ha frenato dopo lo slancio iniziale, precisando che occorre prima una verifica delle disponibilità. A margine della riunione dei ministri della Difesa dei Paesi alleati a Ramstein, Pistorius ha ammesso che la Germania non ha ancora maturato una decisione definitiva. “Non c’è un parere unanime. Ci sono buone ragioni a favore delle forniture e buone ragioni contro”, ha dichiarato il ministro.
L’eventuale consegna all’Ucraina dei carri armati di produzione tedesca non è legata a quella degli M1 Abrams da parte degli Stati Uniti. Lo ha chiarito un portavoce del governo di Berlino, Steffen Hebestreit. “In alcun momento, ha sottolineato il portavoce, c’è stato un legamento o una richiesta che una delle due cose debba avvenire perché l’altra possa succedere”. Hebestreit ritiene “difficile immaginare un cancelliere tedesco dettare condizioni o fare richieste a un presidente americano”. In ogni caso, ha avvertito, “è importante un’azione coordinata”. Il Pentagono, dal canto suo, vuole che a sobbarcarsi l’onere delle forniture siano solo gli altri. “Gli Abrams sono un equipaggiamento molto complicato. Sono costosi. L’addestramento al loro uso è difficile. hanno un motore a reazione”, ha spiegato Colin Kahl, uno dei principali consiglieri di sicurezza del Dipartimento della Difesa Usa.
A conti fatti, finora solo Londra ha soddisfatto le richieste degli ucraini. Polonia e Finlandia si sono dette pronte ad inviare i loro Leopard, ma per farlo devono avere il permesso di chi glieli ha venduti.
A “bloccare” Scholz, sono il timore di un’escalation del conflitto e le perplessità dell’opinione pubblica. Secondo i sondaggi, solo il 25% dei tedeschi ritiene che il loro governo non mandi abbastanza armi all’Ucraina, il 26% pensa ne siano state fornite già troppe, mentre il 41% è soddisfatto dell’attuale livello.
Il presidente della Germania, Frank-Walter Steinmeier, difende la linea “cauta”. “Naturalmente, qualsiasi politico responsabile deve anche affrontare la questione di quando e in quali circostanze potrebbe verificarsi una drammatica espansione del conflitto. Questo fa parte di ciò che deve essere preso in considerazione, così come la valutazione delle conseguenze di una mancanza di sostegno”, ha affermato Steinmeier, citato da “Wirtschaftswoche”.
La Polonia è pronta ad intraprendere azioni “non standard” nel caso la Germania opponesse un rifiuto all’invio dei tank. Ad annunciarlo, intervenendo sull’emittente Rmf Fm è stato il viceministro degli Esteri polacco Pawel Jablonski. “Credo che se vi sarà una forte opposizione, saremo pronti ad intraprendere anche una simile azione inusuale, ma non anticipiamo i fatti”, ha rivelato Jablonski rispondendo alla domanda se considerasse possibile la fornitura di tank a Kiev anche in presenza di un’opposizione della Germania.
Pressioni anche dall’Estonia. Il ministro della Difesa Hanno Pevkur ha detto di essere “più che sicuro” che la Germania non fermerà l’invio dei suoi gioielli in Ucraina “né oggi né nei prossimi giorni”. Intervistato dalla radio della Bbc, Pevkur ha aggiunto di essere anche “più che sicuro che la Germania non fermerà nessun altro paese pronto a contribuire con i carri armati”.
Generali pro-Nato cacciati da Orbán. E vuole bloccare gli aiuti a Kiev. Se l'Unione europea si dimostra compatta nel sostegno all'Ucraina, anche al di là delle rigidità tedesche sull'invio dei Leopard 2, c'è un Paese che sembra voler continuare a a forzare la mano. Redazione il 22 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Se l'Unione europea si dimostra compatta nel sostegno all'Ucraina, anche al di là delle rigidità tedesche sull'invio dei Leopard 2, c'è un Paese che sembra voler continuare a a forzare la mano, non solo nei confronti di Kiev. Prima l'appello per togliere le sanzioni a Mosca, ora l'Ungheria di Orban caccia i generali atlantisti e chiede di bloccare i finanziamenti all'Ucraina.
Almeno 170 ufficiali e generali ungheresi pro-Nato sarebbero stati mandati via dalle forze armate secondo quanto denuncia Ágnes Vadai, ex sottosegretaria della Difesa ed esponente del partito di opposizione Dk. Secondo quanto si apprende, il ministero della Difesa ungherese ha iniziato a licenziare centinaia di ufficiali militari di alto rango, compresi generali e colonnelli, a seguito di un nuovo decreto governativo che consentirebbe al ministro della Difesa di sospendere unilateralmente quanti abbiano compiuto 45 anni e abbiano almeno 25 anni di servizio effettivo. Una normativa che altro non sarebbe se non il pretesto per un'epurazione di massa dei membri dello stato maggiore della difesa, scrive Telex. «Ho saputo che 170 generali e ufficiali sono già stati sollevati dalle loro funzioni», ha dichiarato Vadai, aggiungendo di non sapere ancora a quali numeri si arriverà, ma «ho sentito parlare dell'ordine di migliaia». Secondo l'ex sottosegretaria, lo scopo delle misure sarebbe quello di garantire che la lealtà politica al governo di Orban sia d'ora in poi il principio guida delle forze armate ungheresi.
Ma non è tutto. Perché da Bruxelles si apprende che l'Ungheria sta bloccando il via libera ad altri 500 milioni di aiuti europei destinati all'Ucraina per nuovi aiuti militari. Budapest sta ponendo il veto sull'esborso dei fondi della European Peace Facility (Epf) ma senza addurre motivazioni. Domani nuovo capitolo della discussione e grande attesa su quali saranno le mosse ungheresi, nel recente passato più volte schierate dalla parte di Putin, con il rifiuto di fornire aiuti militari a Kiev e il blocco, temporaneo, di 18 miliardi di aiuti economici a Kiev per incassare un taglio dei fondi europei più morbido del previsto. Bruxelles ha tagliato i fondi all'Ungheria, per la prima volta nella storia, dopo aver mosso precise accuse di corruzione e violazione dello stato di diritto. In Ungheria quindi, un po' di russofilia e un po' di interesse che agitano l'Europa.
Armi alla Wagner dalla Corea del Nord. E la brigata fa paura anche al Cremlino. Filmati "Cnn" mostrano i rifornimenti da Pyongyang. Il boss Prigozhin insidia la leadership dell'esercito regolare e scrive agli Usa: "Perché noi criminali?" Luigi Guelpa il 22 Gennaio 2023 su Il Giornale.
Hanno combattuto in Siria, in Libia e nel Mali, tengono in piedi l'Operazione Speciale nel Donbass, e nei giorni scorsi, conquistando Soledar, sono riusciti a penetrare nel cuore dell'Ucraina. Gli uomini della Wagner Group, la compagnia militare privata del 61enne oligarca Yevgeny Prigozhin, fa paura. Non solo a Kiev, ma soprattutto al Cremlino che si affida ai servigi dei 50mila mercenari. Prigozhin (accusato di interferenze nelle elezioni Usa del 2016) è un amico di Putin, è uno del cerchio magico dello zar di Mosca, ma sta mettendo in ombra il lavoro dei soldati regolari del comandante Gerasimov. Quando è caduta Soledar Prigozhin in persona si è fatto fotografare tra le macerie fumanti, ma il Cremlino ha tentato goffamente di far sparire immagini e video, che comunque sono consultabili sul canale Telegram. Putin teme una scalata del suo «delfino», ma non può farne a meno se vuole vincere il braccio di ferro con Kiev e l'Occidente. E mentre all'esercito e ai soldati di leva neppure arrivano i rubli della diaria, i mercenari della Wagner portano a casa fino a 7mila euro al mese. Sono militari russi regolari in pensione (ma per gli Usa l'80% è stato prelevato dalle carceri) di età compresa tra i 35 e i 55 anni, obbligati a firmare un accordo sulla non divulgazione dei segreti bellici, ma hanno licenza di uccidere, senza regole d'ingaggio e soprattutto senza scrupoli. A fine novembre sono riusciti a ottenere armi persino dalla Corea del Nord. Lo rivela la Cnn, che ha mandato in onda immagini satellitari di vagoni ferroviari russi in transito verso Pyongyang. Per Washington si tratterebbe della prova di una consegna nordcoreana di razzi e missili all'indirizzo dell'organizzazione paramilitare. Un alto funzionario dell'intelligence francese ha dichiarato che l'Occidente è «preoccupato che la Corea del Nord possa pianificare di espandersi e fornire più attrezzature militari o sostenere tali consegne».
La Wagner è quindi diventata una componente chiave del conflitto e mira a massimizzare l'obiettivo del suo fondatore, oltre che a legittimare ulteriormente l'organizzazione, sempre più di alto profilo, come sottolinea l'intelligence del ministero della Difesa della Gran Bretagna. E pensare che le società militari private sono ufficialmente vietate in Russia (nonostante si discuta di una riforma della legge) e non è quindi chiaro cosa potrebbe accadere nel momento in cui la Wagner dovesse spingersi sempre più verso Kiev. Prigozhin mostra i muscoli sul campo di battaglia, ma anche in chiave diplomatica, e in una lettera indirizzata alla Casa Bianca chiede agli Stati Uniti di motivare perché la sua compagnia paramilitare sia stata designata come organizzazione criminale internazionale. La missiva, postata su Telegram, ha come destinatario il coordinatore per le comunicazioni strategiche al Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby. La Casa Bianca ne ha preso atto, ma va avanti per la sua strada, e la settimana prossima saranno annunciate nuove sanzioni nei confronti del gruppo, le cui attività criminali rappresentano ormai una minaccia transcontinentale. Kirby a tal proposito ha sottolineato come la Wagner stia commettendo «atrocità e abusi dei diritti umani in tutto il mondo».
Sul campo di battaglia la situazione è in una fase di stallo. Negli ultimi giorni i combattimenti più intensi si sono concentrati in tre settori. Nel Nord-Est, vicino a Kreminna, l'Ucraina ha ottenuto piccoli successi e si è difesa da un contrattacco russo. Nel Donetsk, a Bakhmut, le forze russe e i Wagner si sono riuniti a Soledar, ma non avanzano ad Avdiivka. A Sud, nella regione di Zaporizhzhia, gli invasori hanno ottenuto un discreto margine di vantaggio. Nella città di Vovchansk (Kharkiv), una donna è morta a causa di una granata lanciata dalle truppe russe che ha colpito la sua abitazione. In tutto si segnalano 7 attacchi missilistici.
Estratto da lastampa.it il 21 gennaio 2023.
Grey Zone, il canale telegram vicino al Gruppo Wagner, esulta per la decisione di Scholz di non mandare per ora carri armati Leopard all’Ucraina. Grey Zone posta una card con il volto di Scholz, il titolo sarcastico “Eroe dell’Operazione speciale Z”, e il testo: «“I paesi che sostengono l'Ucraina non sono riusciti a raggiungere una posizione comune sulla fornitura di carri armati a Kiev", ha affermato il capo del ministero della Difesa tedesco». […]
Estratto dell’articolo di Luca Geronico per avvenire.it il 21 gennaio 2023.
[…] Si smussano le polemiche della vigilia, si media per cercare una soluzione mentre il neo-ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius - al suo esordio internazionale - ad assicurare ulteriore sostegno militare a Kiev.
Ma è lo stesso Pistorius, ancora prima delle conclusioni ufficiali, a far sapere che sulla fornitura di carri armati Leopard 2 «non c’è un parere unanime» anche se, precisa ancora il ministro tedesco, è sbagliata la sensazione che «ci sia una coalizione compatta determinata e la Germania sia un ostacolo ».
Germania che comunque promette un miliardo di aiuti militari a Kiev, mentre il francese Macron annuncia di portare a 400 miliardi di euro la spesa prevista per la Difesa dal 2024 al 2030. La spaccatura fra le cautele del governo del cancelliere Scholz – con solo il 25% dei tedeschi favorevoli all’invio di nuove armi e i timori di una escalation incontrollabile alle porte di case – e il fronte degli “interventisti” era però evidente ancora prima dell’inizio di “Ramstein 3”.
I nove Paesi del Patto di Tallinn - Estonia, Regno Unito, Polonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Repubblica Ceca, Paesi Bassi e Slovacchia con un comunicato congiunto si impegnavano a «donazioni senza precedenti», tra cui «carri armati», «artiglieria pesante» e «difesa aerea».
A guidare il fronte “pro-Leopard” la Gran Bretagna e soprattutto la Polonia che si diceva pronta a mosse «non standard», vale a dire l’invio dei tank senza il richiesto consenso di Berlino. Una posizione condivisa anche dall’Estonia, mentre pure l’Olanda ha già promesso due tank e la Finlandia ha promesso altri aiuti militari per 400 milioni di euro. […]
Da agenzianova.com il 21 gennaio 2023.
In una lettera indirizza alla Casa Bianca il fondatore del Gruppo Wagner, Evgeny Prigozhin, ha chiesto agli Stati Uniti di motivare perché la compagnia paramilitare russa è stata designata come organizzazione criminale internazionale.
Prigozhin sul suo canale Telegram ha pubblicato la lettera indirizzata al coordinatore per le comunicazioni strategiche al Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby. “Caro signor Kirby, potrebbe chiarire quale crimine è stato commesso dal Gruppo Wagner?”, si legge nel messaggio di Prigozhin.
“Il Tesoro degli Stati Uniti si sta preparando a identificare i mercenari russi del Gruppo Wagner come organizzazione criminale transnazionale”, aveva detto ieri ai giornalisti il coordinatore per le comunicazioni strategiche al Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, aggiungendo che un annuncio ufficiale è previsto nelle prossime ore.
“In aggiunta, la settimana prossima saranno annunciate nuove sanzioni nei confronti del gruppo, le cui attività criminali rappresentano ormai una minaccia transcontinentale”, ha detto, aggiungendo che gli Stati Uniti continueranno a cercare e sanzionare tutte le aziende che stanno pensando di offrire sostegno alle attività della milizia, che “commette atrocità e abusi dei diritti umani in tutto il mondo”.
(ANSA il 21 gennaio 2023) - Secondo le stime degli Usa, il numero delle vittime russe potrebbe aver raggiunto quota 188.000 dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina: il dato è stato rivelato al quotidiano Sun in occasione del vertice di Ramstein in Germania.
Il quotidiano ha attribuito le cifre a "fonti della Difesa", dopo che il generale statunitense Mark Milley ha affermato che la Russia ha subito "un'enorme quantità di vittime, ben oltre 100.000". Si ritiene che il numero di vittime includa sia le forze russe che il gruppo di mercenari Wagner. Oggi l'esercito di Kiev ha reso noto che i soldati russi morti sono 120.160, di cui 860 rimasti uccisi ieri.
Cnn, foto con missili da Corea Nord a Wagner su treni russi
(ANSA il 21 gennaio 2023) - Gli Stati Uniti hanno rilasciato foto recentemente declassificate di vagoni ferroviari russi in viaggio dalla Federazione alla Corea del Nord e ritorno a novembre, in quella che gli Usa ritengono sia stata la consegna iniziale di razzi e missili per l'uso da parte dell'organizzazione mercenaria Wagner Group in Ucraina.
Lo scrive la Cnn pubblicando immagini e mappe del trasporto di armi su ferrovia. Ieri l'amministrazione Usa ha preannunciato che il Dipartimento del Tesoro statunitense designerà l'organizzazione mercenaria russa Wagner Group come "organizzazione criminale transnazionale" e imporrà ulteriori sanzioni la prossima settimana contro il gruppo e la sua rete di supporto in tutto il mondo.
Un alto funzionario dell'intelligence occidentale ha dichiarato ieri che l'Occidente è "certamente preoccupato che la Corea del Nord possa pianificare di espandersi e fornire più attrezzature militari o sostenere tali consegne"
Estratto dell’articolo di Anna Zafesova per “La Stampa” il 21 gennaio 2023.
[…] Se l'obiettivo della conferenza di Ramstein era anche quello di mandare alla Russia una dimostrazione delle difficoltà che l'aspettano, e di tentare di spingere almeno parte dei militari verso un atteggiamento più realistico, a Mosca si parla insistentemente di una nuova chiamata dei russi alle armi, e forse della dichiarazione della legge marziale, in una svolta definitiva verso la guerra totale.
Che il Cremlino non si aspettasse nulla di buono è evidente dall'installazione delle batterie di difesa antiaerea nei centro di Mosca [...] Non è chiaro quanto la Russia consideri davvero imminente un attacco alla capitale, e quando si tratti invece di una manovra psicologica, visto che la propaganda ha anche ripreso a minacciare la guerra nucleare.
L'ex presidente Dmitry Medvedev ha ricordato nel suo canale Telegram che «le potenze nucleari non perdono mai le guerre cruciali», e il deputato della Duma Viktor Sobolev ha promesso una mobilitazione totale «quando il fronte si espanderà a Polonia e Baltici».
Dietro a questo attacco della propaganda si potrebbe nascondere uno scontro sui tempi e le modalità dell'offensiva. Nei canali Telegram degli «inviati di guerra» più falchi gira la voce delle dimissioni di Mikhail Teplinsky, comandante delle truppe d'assalto aviatrasportate russe: si sarebbe rifiutato di eseguire il piano di attacco di Gerasimov, per non sacrificare i suoi paracadutisti.
Al suo posto sarebbe arrivato il generale Oleg Makarevich, sgradito alle frange più estreme come i mercenari di Prigozhin e i ceceni di Ramzan Kadyrov, infuriati dai tentativi di Gerasimov di ridurre l'influenza dei loro eserciti «irregolari».
Il ridimensionamento dei mercenari […] aumenta però il rischio di una nuova mobilitazione per i russi comuni. Il portavoce di Putin Dmitry Peskov l'ha smentita, ma in diverse regioni russe sono ripartite le lettere di coscrizione. Secondo la giornalista Farida Rustamova invece la mobilitazione non ci sarà: non perché il Cremlino tema una rivolta della popolazione, ma perché le autorità regionali «non sanno dove mettere quelli già reclutati». Secondo Milley, la Russia ha messo sotto le armi almeno 250 mila nuovi soldati, dopo aver perso più di 100 mila uomini, praticamente tutta l'armata con la quale aveva lanciato l'invasione di un anno fa.
Kiev: «L’indecisione tedesca sui tank sta uccidendo sempre più persone». Andrea Nicastro, inviato a Leopoli, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 21 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di sabato 21 gennaio. Il neo ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius delude le attese generali: «Dobbiamo valutare le possibili conseguenze per tutti. Inoltre dobbiamo fare l’inventario delle risorse a disposizione»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 332esimo giorno.
• Zelensky al vertice di Ramstein: «Abbiamo bisogno di aiuto al più presto». Il ministro Crosetto: «L’Ucraina è molto felice dell’aiuto che il nostro Paese riuscirà a dare, ma i dettagli saranno secretati»
• Wagner, gli Usa confermano: «Ci sono 50mila mercenari filorussi in Ucraina».
• Monsignor Gallagher: «Il Papa per ora non andrà a Kiev»
• Dieci punti da tenere d’occhio sull’andamento della guerra.
Ore 03:52 - L’invio di armi all’Ucraina: il punto
Non c’è una decisione sull’invio dei tank di produzione tedesca Leopold 2 all’Ucraina. Gli occhi erano puntati sul vertice dei leader della Difesa di Usa e Alleati nella base aerea di Ramstein, in Germania, che però non è stato risolutivo sui tank. A smorzare le speranze di una svolta è stato il capo del Pentagono Lloyd Austin: «Non ho annunci da fare sugli Abrams e avete sentito il ministro della Difesa tedesco, che ha detto che non hanno preso una decisione sui Leopard», ha dichiarato il capo del Pentagono in conferenza stampa al termine del vertice.
Gli Usa hanno però formalizzato l’annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti da 2,5 miliardi di dollari, che per la prima volta includerà corazzati Stryker e veicoli da combattimento Bradley. Aiuti importanti vista la situazione sul campo. «La Russia si sta preparando per nuove offensive, quindi è urgente intensificare il sostegno per consentire all’Ucraina di vincere e riconquistare il territorio occupato», ha dichiarato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.
La riunione di Ramstein, alla quale per l’Italia ha partecipato il ministro della Difesa Guido Crosetto, si era aperta con l’appello accorato di Volodymyr Zelensky, intervenuto da remoto. «Posso ringraziarvi centinaia di volte e sarà assolutamente giusto ed equo, visto tutto quello che abbiamo già fatto, ma centinaia di grazie non sono centinaia di carri armati», ha detto il presidente ucraino, chiedendo di «agire in fretta» per l’invio di tank.
Ore 05:50 - Il «no» della Germania ai carri armati per Kiev
Sulla fornitura all’Ucraina dei Leopard 2, le Rolls Royce dei carri armati, la Germania non vuol decidere sotto pressione. È il messaggio ultimo che viene dal vertice di Ramstein, dove il nuovo ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha annunciato una verifica interna ed esterna di tutti i pro e i contro di una eventuale decisione, come spiega Paolo Valentino in questo approfondimento.
Ore 07:30 - Crosetto: «Ecco cosa ci chiede l’Ucraina e cosa darà l’Italia»
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervistato a Ramstein, Germania, dal nostro inviato Giuseppe Sarcina, spiega quali sono le richieste dell’Ucraina in fatto di armi: «Kiev continua a chiedere la possibilità di difendersi dalla controffensiva russa che potrebbe scattare all’inizio della primavera. Mosca si sta preparando a riprendere l’attacco terrestre e l’Ucraina deve essere pronta a difendersi. Chiede sistemi di difesa aerea e antimissile e sistemi di terra. Oggi i Paesi che la stanno aiutando si sono riuniti per capire cosa possono fare». «L’Italia», ha aggiunto il ministro, «manderà ulteriori aiuti quando sarà approvato il sesto decreto, ma i dettagli saranno secretati».
Ore 08:28 - Kiev, granata russa su una casa a Kharkiv, morta una donna
Nella città di Vovchansk, nella regione orientale di Kharkiv, una donna è morta a causa di una granata lanciata dalle truppe russe che ha colpito la sua abitazione. ha reso noto il capo dell’amministrazione militare regionale Oleg Synegubov. «Il nemico continua a terrorizzare la popolazione civile della regione di Kharkiv negli insediamenti di confine dei distretti di Kupyan, Chuguyiv e Kharkiv. Durante la giornata di ieri, gli occupanti hanno bombardato Vovchansk, Kupyansk, Strilecha, Vilcha, Ogirtseve e altri insediamenti con artiglieria, carri armati e mortai.
Ore 09:05 - Kiev, 27 attacchi russi su regione di Sumy
Nelle ultime 24 ore le forze armate russe hanno effettuato 27 attacchi contro la regione di Sumy. Lo ha scritto su Telegram il governatore locale Dmitry Zhivitsky. Lo riporta Ukrainska Pravda. Ad essere colpite le località di Belopolskaya ed Esmansky. Non risultato esserci vittime o danni.
Ore 10:06 - Secondo le stime Usa, i caduti russi in Ucraina sono 188 mila
Secondo le stime degli Usa, il numero delle vittime russe potrebbe aver raggiunto quota 188.000 dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina: il dato è stato rivelato al quotidiano Sun in occasione del vertice di Ramstein in Germania. Il quotidiano ha attribuito le cifre a «fonti della Difesa», dopo che il generale statunitense Mark Milley ha affermato che la Russia ha subito «un’enorme quantità di vittime, ben oltre 100.000». Si ritiene che il numero di vittime includa sia le forze russe che il gruppo di mercenari Wagner. Oggi l’esercito di Kiev ha reso noto che i soldati russi morti sono 120.160, di cui 860 rimasti uccisi ieri.
Ore 10:09 - Le armi della Corea del Nord per i mercenari della Wagner
La Corea del Nord sta continuando a rifornire i mercenari russi del Gruppo Wagner di armi e munizioni da impiegare nel quadro della guerra in Ucraina. Lo ha detto il coordinatore per le comunicazioni strategiche al Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, durante un briefing con la stampa. «A causa delle sanzioni internazionali, la Russia si sta rivolgendo sempre di più ad altri Paesi per ottenere armi e munizioni: tra queste nazioni figura anche la Corea del Nord, i cui funzionari hanno falsamente negato le accuse», ha detto. Kirby ha anche mostrato alcune immagini satellitari che mostrano come, il 18 novembre 2022, cinque vagoni ferroviari siano partiti dalla Russia verso la Corea del Nord, su cui il giorno seguente sono stati caricati diversi container. «Le forniture consegnate al Gruppo Wagner non hanno cambiato le dinamiche del conflitto sul campo, ma siamo certi che la Russia continuerà a ricevere armamenti dalla Corea del Nord: una dinamica che condanniamo con fermezza», ha concluso.
Ore 11:23 - Letta: «Il 24 febbraio saremo davanti a ambasciata russa per dire “no” all’invasione»
Ore 10:44 - Kiev a Berlino: «Consegni i Leopard»
Il vice ministro degli Esteri ed ex ambasciatore in Germania Andriy Melnik ha invitato con un messaggio su Twitter il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius a iniziare a fornire carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca all’Ucraina. «Cos’altro c’è da controllare, Herr Pistorius? Consegni! È un peccato che la coalizione di governo della Germania si esponga così», ha scritto Melnik. Secondo il viceministro, le aree occupate dell’Ucraina possono essere liberate dall’occupazione russa solo con attrezzature pesanti. La sua è una critica esplicita alla decisione della Germania di non consentire l’invio dei carri armati Leopard 2 a Kiev. La Germania ha già consegnato obici per carri armati, ha affermato Melnyk all’emittente radiofonica «Deutschlandfunk», «perchè ora il Leopard dovrebbe rappresentare il superamento di una linea rossa?». Melnyk ha espresso la speranza che la Germania «assuma un ruolo di leadership» su questo tema.
«Il 24 febbraio saremo davanti all’ambasciata russa per dire no alla guerra no all’invasione dell’Ucraina»: lo ha dichiarato Enrico Letta all’assemblea nazionale del Pd, in corso a Roma in queste ore.
Ore 10:58 - Appello Lettonia-Estonia-Lituania a Berlino: «Carri armati all’Ucraina ora»
In un tweet, il ministro degli Esteri della Lettonia Edgars Rinkēvičs lancia un appello a Berlino, chiedendo — insieme ai colleghi di Lituania ed Estonia — di fornire «ora» all’Ucraina i carri armati Leopard. «Ciò è necessario per fermare l’aggressione russa, aiutare l’Ucraina e ripristinare rapidamente la pace in Europa. La Germania, in quanto prima potenza europea, ha una responsabilità speciale in questo senso». L’appello dei ministri dei tre Paesi baltici arriva il giorno dopo il vertice militare presso la base aerea di Ramstein in Germania non è riuscito a ottenere dal governo tedesco l’impegno ad inviare carri armati.
Ore 11:46 - L’intelligence britannica: «Il conflitto in Ucraina è in stallo»
«Nel complesso, il conflitto è in uno stato di stallo. Tuttavia, esiste una possibilità realistica di progressi russi locali intorno a Bakhmut». Lo scrive l’intelligence britannica nel suo aggiornamento quotidiano sulla guerra in Ucraina. «Nei giorni scorsi i combattimenti più pesanti si sono concentrati in tre settori - continua il ministero della Difesa di Londra - Nel nord-est, vicino a Kreminna, l’Ucraina ha probabilmente ottenuto piccoli guadagni e si è difesa con successo da un contrattacco russo».
«Intorno all’oblast di Donetsk - scrive ancora - nel settore di Bakhmut, le forze russe e Wagner si sono probabilmente ricostituite nella città di Soledar, dopo averla catturata all’inizio della settimana. Nel sud, nell’oblast di Zaporizhzhia, entrambe le parti hanno ammassato forze significative, che hanno condotto scambi di artiglieria e schermaglie, ma hanno evitato qualsiasi sforzo offensivo su larga scala».
Ore 12:10 - Kiev: «L’indecisione tedesca sui tank sta uccidendo sempre più persone»
«L’indecisione sta uccidendo sempre più persone. Ogni giorno di ritardo vuol dire la morte per gli ucraini. Pensate velocemente», lo ha scritto in un messaggio su Twitter il consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, riferendosi al mancato via libera di Berlino per la consegna di tank Leopard a Kiev.
Ore 12:32 - A fuoco un deposito di carburante (forse per scopi militari) in Siberia
È scoppiato un enorme incendio in un deposito di carburante nelLa regione russa di Angarsk, in Siberia: hanno preso fuoco i vagoni ferroviari colmi di carburante. Poiché la notizia è stata data anche dal ministero della Difesa russo, fanno notare i media ucraini, è probabile che la benzina fosse destinata a scopi militari. Si tratta dell’ennesimo incendio che interessa strutture russe strategiche per la guerra in Ucraina. Secondo i vigili del fuoco, l’incendio ha coperto un’area di 400 metri quadrati (il fumo delle fiamme era visibile a decine di chilometri di distanza) e c’è voluto almeno un’ora a spegnere le fiamme.
Ore 12:48 - Kiev: bombe russe su Kharkiv, uccisa donna di 70 anni
Bombe russe sono cadute questa mattina sulla regione di Kharkiv. Intorno alle 6 del mattino, le 5 ora italiana, i militari russi hanno sparato contro la città di Vovchansk. Una granata nemica ha colpito una casa privata, uccidendo una donna di 70 anni. Una coppia e la loro figlia di 7 anni sono rimaste ferite. Lo riporta l’ufficio del procuratore ucraino regionale di Kharkiv via Telegram, come riporta Ukrinform. Più tardi è stato bombardato il villaggio di Veterinarne e un civile è rimasto ferito.
Ore 13:34 - Ucraina: continui bombardamenti russi nel Donetsk, ieri 3 morti
L’esercito russo ha attaccato ripetutamente località controllate dagli ucraini nella regione di Donetsk: Kostyantynivka è stata colpita da 2 missili, sono stati danneggiati un asilo e una scuola. Intanto continuano i bombardamenti a Paraskoviivka, nell’area di Soledar. Lo ha reso noto il capo militare regionale Pavlo Kyrylenko, citato da Unian. «I bombardamenti sono continuati ad Avdiivka di notte, e al mattino la città è stata colpita da 4 Grady», ha aggiunto. Nella giornata di ieri, 3 civili sono stati uccisi nel Donetsk, ha detto Kyrylenko.
Ore 15:53 - Kiev: «In Polonia per addestrarci sui Leopard»
Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha riferito che le forze ucraine si addestreranno per utilizzare i carri armati Leopard 2 in Polonia, nonostante la mancata decisione dei partner occidentali sulla fornitura a Kiev dei carri armati di fabbricazione tedesca. Parlando al servizio ucraino di Voice of America, Reznikov ha descritto l’addestramento delle truppe ucraine in Polonia come una svolta, augurandosi presto un via libera alla consegna dalla Germania.
Ore 16:23 - Media Usa: 188 mila morti e feriti tra forze russe
Secondo le stime degli Usa, le forze russe potrebbero aver registrato 188.000 perdite, tra morti e feriti, dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina: il dato è stato rivelato al Sun in occasione del vertice di Ramstein in Germania. Il quotidiano ha attribuito le cifre a «fonti della Difesa», dopo che il generale Usa Mark Milley ha affermato che la Russia ha subito «un’enorme quantità di vittime, ben oltre 100.000». Si ritiene che il numero di vittime includa sia le forze russe che il gruppo di mercenari Wagner. Oggi l’esercito di Kiev ha reso noto che i soldati russi morti sono 120.160, di cui 860 rimasti uccisi ieri.
Ore 16:23 - Usa: Wagner gruppo criminale transnazionale, 80% mercenari ex detenuti
La società di mercenari russi Wagner è stata inserita nell’elenco delle organizzazioni criminali transnazionali Usa, ha reso noto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby. Wagner ha inviato a combattere in Ucraina quasi 50mila persone, l’80 per cento delle quali sono stati reclutati nelle carceri. La Corea del Nord fornisce armi alla Wagner, dimostrano fotografie raccolte lo scorso novembre dall’intelligence Usa.
Ore 16:40 - Ultimo omaggio al ministro Interno morto in elicottero
A Kiev, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la moglie Olena Zelenska, così come molti responsabili ucraini hanno reso questa mattina un ultimo omaggio al ministro dell’Interno Denys Monastyrsky, rimasto ucciso mercoledì in un incidente in elicottero con altre tredici persone. Le cause dell’incidente non sono state ancora chiarite e le autorità ucraine hanno aperto un’inchiesta.
Ore 16:55 - Capo Wagner scrive a Kirby per sapere i crimini dei suoi mercenari
Non si è fatta attendere a risposta del battaglione Wagner alla decisione degli Usa di definirlo gruppo criminale. Il fondatore del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha scritto una breve lettera alla Casa Bianca per sapere i crimini commessi dai combattenti del suo battaglione.
Lo ha riferito il servizio stampa di Prigozhin, come riporta l’Ukrainska Pravda. Nella breve lettera, in russo e in inglese, indirizzata al portavoce portavoce del Consiglio di sicurezza degli Stati Uniti John Kirby, è scritto: «Caro signor Kirby! Ho una domanda per voi: potete nominare quale crimine ha commesso il gruppo Wagner?».
Ore 17:03 - Kiev, ferito 17enne in bombardamenti russi a Sumy
I bombardamenti russi hanno ferito un 17enne nel villaggio di Studenok, nella regione di Sumy, nel nord-est dell’Ucraina. Lo riferisce il governatore della regione Dmytro Zhyvytskyi in un post su Telegram, ripreso dal Kyiv Indipendent. «Dieci missili sono esplosi vicino alle case dei residenti nel villaggio», ha riferito il governatore, «l’adolescente è scampato a malapena alla morte poiché i bombardamenti hanno completamente distrutto la sua casa, dove si trovava quando è iniziato l’attacco». Il ragazzo è ora ricoverato a Chuhuiv con ferite multiple da schegge, ma le sue condizioni sono stabili.
Ore 17:21 - Ungheria, opposizione: cacciati 170 ufficiali pro-Nato
Almeno 170 ufficiali e generali ungheresi pro-Nato «cacciati» dalle forze armate. È la denuncia di Agnes Vadai, ex sottosegretaria della Difesa di Budapest ed esponente del partito di opposizione Dk, rilanciata dai media ungheresi nelle ultime ore. Le parole dell’ex sottosegretaria giungono mentre diversi media locali riferiscono che il ministero della Difesa ungherese ha iniziato a licenziare centinaia di ufficiali militari di alto rango, compresi generali e colonnelli, a seguito di un nuovo decreto governativo che consentirebbe al ministro della Difesa di sospendere unilateralmente quanti abbiano compiuto 45 anni e abbiano almeno 25 anni di servizio effettivo, secondo quanto riferito dai portali informativi Telex.hu e Daily News Hungary. Dopo la pubblicazione della nuova normativa, «è rapidamente giunta al nostro giornale la notizia che il ministro della Difesa Nazionale, esercitando il diritto concesso dal decreto, ha avviato una grande epurazione» tra gli ufficiali, licenziando in massa membri dello stato maggiore della difesa, scrive Telex. Secondo l’ex sottosegretaria, lo scopo delle misure sarebbe quello di garantire che la lealtà politica al governo di Viktor Orban sia d’ora in poi il principio guida delle forze armate ungheresi.
Ore 17:49 - Zelensky: Ucraina perde ogni giorno i suoi figli migliori
«Il dolore riempie il cuore. L’indescrivibile tristezza sta coprendo l’anima. L’Ucraina perde ogni giorno i suoi figli e le sue figlie migliori. Grazie per il vostro lavoro importante e dignitoso a beneficio dell’Ucraina. Siete per sempre nei nostri cuori. Memoria eterna!». Lo scrive su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, condividendo un video sulla sua partecipazione alla cerimonia funebre per il ministro dell’Interno ucraino Denys Monastyrsky, il suo vice e i funzionari morti nell’incidente in elicottero vicino a Kiev mercoledì.
Ore 18:21 - Usa a Ucraina: aspettate a lanciare l’offensiva finale
Gli Stati Uniti stanno consigliando all’Ucraina di aspettare a lanciare l’offensiva finale contro la Russia fino a quando non sarà disponibile l’ultimo pacchetto di armi Usa e non sarà completato l’addestramento dei soldati di Kiev. Lo ha riferito un alto funzionario dell’amministrazione Biden a un gruppo ristretto di giornalisti, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters sul suo sito.
Ore 18:27 - Kiev: situazione a confine bielorusso sotto controllo ma tesa
La situazione al confine tra Ucraina e Bielorussia è «completamente sotto controllo», anche se resta tesa e Kiev «si prepara a eventuali sviluppi». Lo ha dichiarato il portavoce della guardia di frontiera statale ucraina, Andriy Demchenko, citato da Ukrinform. «Questa direzione rimane completamente controllata, anche se, ovviamente, la situazione è anche piuttosto tesa. Comprendiamo che la Bielorussia sostiene la Russia nella guerra che quest’ultima ha condotto contro l’Ucraina, offrendole il suo territorio, dove si svolgono costantemente esercitazioni», ha affermato. Il portavoce ha aggiunto che l’Ucraina non registra alcun movimento di equipaggiamento militare direttamente vicino al confine e nessun aereo da guerra nemico vola nell’area. «Finora le unità di intelligence e altri elementi che monitorano la situazione in questa direzione non vedono formarsi un gruppo d’attacco sul territorio della Bielorussia. Ma il nemico non va mai sottovalutato, quindi l’Ucraina si sta preparando per eventuali sviluppi», ha aggiunto Demchenko. Il 16 gennaio, sono iniziate le esercitazioni aeree e tattiche congiunte che hanno coinvolto le unità dell’aeronautica bielorussa e russa.
Ore 19:02 - Russia, esercitazioni di difesa aerea nella regione di Mosca
Nella regione di Mosca si sono svolte oggi esercitazioni sui sistemi di difesa aerea russi. Lo rende noto il ministero della Difesa del Paese, come riporta il sito indipendente Meduza. Secondo quanto riportato dal ministero, gli equipaggi dei sistemi missilistici terra-aria S-300 hanno imparato «a respingere gli attacchi aerei su importanti obiettivi militari, industriali e amministrativi». L’esercitazione arriva dopo che giorni fa sono emersi sul web foto e video di sistemi di difesa aerea installati a Mosca e dintorni. Secondo Bloomberg le installazioni riflettono la paura della leadership russa che l’Ucraina possa lanciare attacchi di droni su Mosca.
Ore 20:25 - Nyt: truppe Usa rimarranno altri 9 mesi in Romania
Il Pentagono ha deciso di prorogare per almeno altri nove mesi il dispiegamento di circa 4.000 soldati della 101a divisione aviotrasportata nella base di Mihail Kogalniceanu, nel sud-est della Romania. Lo riporta oggi il New York Times citando funzionari Usa. Nel corso dell’ultimo anno la base aerea di Mihail Kogalniceanu, sul Mar Nero, è diventata un centro di addestramento per le forze Nato nel sud-est dell’Europa. I militari presenti in questa base “sarebbero una prima linea di difesa se la Russia dovesse invadere più a ovest”, ha sottolineato il quotidiano.
Ore 01:08 - Kiev, arrivati elicotteri Sea King donati da Gran Bretagna
Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha dichiarato che sono arrivati in Ucraina gli elicotteri Sea King donati dal Regno Unito. Non ha specificato il numero di velivoli ottenuti. «Si tratta di un gran rinforzo per la Marina ucraina. La nostra cooperazione continuerà ad aumentare», ha detto Reznikov su Twitter ringraziando il suo omologo britannico Ben Wallace. A novembre Londra aveva annunciato l’invio di tre elicotteri Sea King in Ucraina.
Dal "Corriere della Sera" il 21 gennaio 2023.
Secondo quanto riferito su Facebook dall’ambasciata russa in Italia, un veicolo blindato modello «Iveco LMV 4x4», conosciuto col soprannome «Lince», di fabbricazione italiana e in dotazione all’esercito di Kiev sarebbe stato distrutto lungo un fronte della guerra in Ucraina.
L’ambasciata di Mosca ha anche pubblicato quattro presunte fotografie di quel che resta del mezzo, con il commento: «La sorte dei mezzi militari trasferiti al regime di Kiev è prevedibile e poco invidiabile».
A stretto giro è arrivata la replica del ministero della Difesa: «L’ambasciata russa continua a mentire nella sua quotidiana propaganda pubblicando evidenti fake news. Le immagini non ritraggono dei mezzi Lince 4x4 Iveco, bensì blindati Mls Shield. Mezzi mai inviati all’Ucraina dal governo italiano»
(ANSA il 21 gennaio 2023) - Un ex Navy Seal (i corpi speciali della Marina americana), che aveva disertato nel 2019 è stato ucciso in Ucraina il 18 gennaio. Lo ha annunciato la Marina precisando di non sapere le ragioni per le quali l'uomo si trovasse nel Paese. Il Navy Seal si chiamava Daniel Whitney Swift ed e' morto dopo essere rimasto ferito in un attacco delle forze russe. Originario dell'Oregon si era arruolato nel 2005 e aveva ricevuto numerosi premi e decorazioni per aver combattuto nelle guerre in Iraq e in Afghanistan.
Estratto dell'articolo di Jacopo Iacoboni per lastampa.it il 21 gennaio 2023.
È una delle storie più affascinanti della Guerra fredda che ritornano. Le case del Kgb. I «?????????», i “cuculi”. Il terribile servizio segreto sovietico possedeva centinaia di case, che dopo il crollo dell’Unione sovietica, sono passate al suo successore, l’Fsb, o al Fso, il servizio segreto che assicura la sicurezza del presidente della Russia, e in qualche caso al servizio estero, Svr. Ma c’è una casa speciale, più particolare delle altre, come ha scoperto Sergey Kanev per The Ins. Si trova in 25 di Novinsky Boulevard (ex Tchaikovsky Street), e la sua storia merita di essere raccontata perché ci porta dritti dai tempi di Breznev a Putin, con una continuità simbolica impressionante.
La casa in Tchaikovsky era uno posto di osservazione del KGB per controllare in particolare l'ambasciata statunitense. Ogni volta che un diplomatico americano si muoveva dalla sua ambasciata e si metteva in moto, veniva seguito e filmato, a partire dalla casa. Dal 1993 tutto questo fu fermato. In epoca Gorbaciov la casa divenne un triste posto di feste da Titanic che affonda. L'appartamento nei registri aveva il numero 151, ma in quell'edificio c’erano solo 51 appartamenti in tutto. Già il numero era speciale.
Poi nel 2010 c’è stata una lussuosa ristrutturazione, che non passò inosservata, e ora si sa chi erano i nuovi inquilini: la figlia maggiore di Putin, Maria Vorontsova, e il marito olandese Jorrit Faassen. Si sa anche che i due parlavano tra loro in inglese, e che – perfetta nemesi della storia – erano sorvegliati 24 ore su 24 da agenti del Servizio di sicurezza presidenziale. Cioè il servizio personale per la sicurezza del padre di Maria, Vladimir Vladimirovich Putin.
The Ins ha scoperto che in un altro dei “cuculi”, al 17/25 di via Mosfilmovskaya, viveva la figlia minore di Putin, Ekaterina Tikhonova, prima di decidere di andar via dopo una serie di strani furti con scasso, e per problemi che sarebbero stati dovuti a vicini di casa tossicodipendenti. Secondo un rumor raccolto dalla rivista russa, in un’altra casa, al numero 8 di Berezhkovskaya Embankment, sarebbe stato ospitato e nascosto per un po’ l’ex consulente della NSA Edward Snowden. La cosa è stata smentita dalle autorità russe. […]
Germania pronta a ok all’invio dei Leopard. Redazione Online, Marta Serafini su Il Corriere della Sera il 22 Gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di domenica 22 gennaio. Arrivate le nuove dotazioni per i combattimenti in volo. Il ministro della DIfesa tedesco in arrivo a Kiev
• La guerra in Ucraina è arrivata al 333esimo giorno.
• «L’indecisione sta uccidendo sempre più persone», scrive il consigliere del presidente Zelensky, riferendosi al mancato via libera di Berlino per la consegna di tank Leopard a Kiev. Wagner ironizza: «Scholz eroe».
• Sul campo offensiva russa a Zaporizhzhia. Intanto il Cremlino riferisce di aver condotto esercitazioni di difesa aerea nella regione di Mosca.
• La Corea del Nord sta armando la Russia. Le immagini satellitari dell’amministrazione Usa inchiodano Pyongyang.
• Il numero delle vittime russe potrebbe aver raggiunto quota 188mila, secondo stime Usa.
Ore 19:02 - Russia, esercitazioni di difesa aerea nella regione di Mosca
Nella regione di Mosca si sono svolte oggi esercitazioni sui sistemi di difesa aerea russi. Lo rende noto il ministero della Difesa del Paese, come riporta il sito indipendente Meduza. Secondo quanto riportato dal ministero, gli equipaggi dei sistemi missilistici terra-aria S-300 hanno imparato «a respingere gli attacchi aerei su importanti obiettivi militari, industriali e amministrativi». L’esercitazione arriva dopo che giorni fa sono emersi sul web foto e video di sistemi di difesa aerea installati a Mosca e dintorni. Secondo Bloomberg le installazioni riflettono la paura della leadership russa che l’Ucraina possa lanciare attacchi di droni su Mosca.
Ore 20:25 - Nyt: truppe Usa rimarranno altri 9 mesi in Romania
Il Pentagono ha deciso di prorogare per almeno altri nove mesi il dispiegamento di circa 4.000 soldati della 101a divisione aviotrasportata nella base di Mihail Kogalniceanu, nel sud-est della Romania. Lo riporta oggi il New York Times citando funzionari Usa. Nel corso dell’ultimo anno la base aerea di Mihail Kogalniceanu, sul Mar Nero, è diventata un centro di addestramento per le forze Nato nel sud-est dell’Europa. I militari presenti in questa base «sarebbero una prima linea di difesa se la Russia dovesse invadere più a ovest», ha sottolineato il quotidiano.
Ore 01:08 - Kiev, arrivati elicotteri Sea King donati da Gran Bretagna
Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov ha dichiarato che sono arrivati in Ucraina gli elicotteri Sea King donati dal Regno Unito. Non ha specificato il numero di velivoli ottenuti. «Si tratta di un gran rinforzo per la Marina ucraina. La nostra cooperazione continuerà ad aumentare», ha detto Reznikov su Twitter ringraziando il suo omologo britannico Ben Wallace. A novembre Londra aveva annunciato l’invio di tre elicotteri Sea King in Ucraina.
Ore 04:55 - Il ministro della Difesa tedesco: «A breve andrò a Kiev»
Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha dichiarato al quotidiano Bild am Sonntag che ha intenzione di visitare l’Ucraina a breve, «probabilmente entro le prossime quattro settimane». Pistorius ha in programma di incontrare a Kiev il suo omologo ucraino Oleksiy Reznikov. «Non è ancora definitivo, ma possiamo dire con certezza che presto andrò in Ucraina - afferma il ministro tedesco -. Ieri ho incontrato il mio collega ucraino a Ramstein per uno scambio intenso. Resnikov è una persona aperta che sa per certo cosa vuole». Rispondendo poi a una domanda del quotidiano tedesco sui carri armati Leopard, Pistorius ha dichiarato: «Stiamo dialogando molto strettamente su questo tema con i nostri partner internazionali, soprattutto con gli Stati Uniti».
Ore 06:04 - La Lettonia addestrerà 2000 soldati ucraini
Nel corso del 2023, la Lettonia prevede di addestrare 2.000 soldati delle Forze Armate ucraine ossia il doppio delle truppe addestrate l'anno scorso. Ne dà notizia il ministero della Difesa di Riga. La misura — annunciata agli alleati durante l'incontro tenutosi ieri a Ramstein dal ministro della Difesa lettone Ināra Mūrniece — si inserisce nel pacchetto stabilito dal Paese baltico in sostegno dell'Ucraina.
Ore 07:54 - Mosca: «Armi offensive a Kiev portano a disastro globale»
«La fornitura di armi offensive a Kiev porterebbe a un disastro globale», ha dichiarato lo speaker della Duma russa, Viacheslav Volodin. «Se Washington e i Paesi della Nato inviano armi (all'Ucraina) da impiegare per attaccare città pacifiche o per tentare di occupare le nostre terre, una minaccia che è stata fatta, questo provocherebbe una reazione con l'uso di armi ancora più potenti», ha aggiunto il presidente della camera bassa del parlamento di Mosca, citato dalla Tass, sul suo canale Telegram.
Ore 08:24 - Tajani: «Sosterremo l’Ucraina: ora la pace non è possibile. Italia e Francia forniranno a Kiev sistemi missilistici»
«Lo ripeto di continuo: l’Italia sostiene ogni pista possibile per arrivare a una pace giusta in Ucraina, che significa l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Ma intanto continuano brutali e indiscriminati gli attacchi russi», dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervistato da Paola Di Caro. Quanto alle forniture di armi per Kiev, il ministro spiega che l’Italia ha già inviato «5 pacchetti di aiuti nel campo della difesa per circa 1 miliardo di euro». E aggiunge: «È in preparazione un sesto pacchetto, che include sistemi di difesa aerea. In collaborazione con la Francia stiamo finalizzando l’invio del Samp-T, e comunque ci sono altre azioni a cui lavoriamo riservatamente».
Ore 09:02 - I media ucraini e le inchieste sugli acquisti per la Difesa a prezzi gonfiati: «È corruzione»
La Commissione parlamentare ucraina per la Sicurezza nazionale, la difesa e l'intelligence ha convocato alti funzionari del Ministero della Difesa per rispondere alle accuse di stampa secondo cui il dicastero sta acquistando cibo per l'esercito a prezzi gonfiati. Lo riporta il Kyiv Independent. Il quotidiano ucraino Zn.Ua ha riferito ieri che il ministero ha acquistato cibo per i militari a prezzi da due a tre volte superiori a quelli venduti nei negozi di alimentari di Kiev. Ciò indicherebbe un possibile schema di corruzione, secondo Zn.Ua. Il dicastero da parte sua non ha ancora fornito commenti. Il Ministero della Difesa avrebbe firmato un contratto da 360 milioni di dollari per l'acquisto di cibo nel 2023, ha riferito il quotidiano ucraino.
Ore 09:12 - I caduti e i feriti russi in Ucraina, secondo il «Sun», sono 188 mila
Secondo le stime degli Usa, le forze russe potrebbero aver registrato 188.000 perdite, tra morti e feriti, dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina: il dato è stato rivelato al Sun in occasione del vertice di Ramstein in Germania. Il quotidiano ha attribuito le cifre a «fonti della Difesa», dopo che il generale statunitense Mark Milley ha affermato che la Russia ha subito «un’enorme quantità di vittime, ben oltre 100.000». Si ritiene che il numero di vittime includa sia le forze russe che il gruppo di mercenari Wagner. Oggi l’esercito di Kiev ha reso noto che i soldati russi morti sono 120.160, di cui 860 rimasti uccisi ieri.
Ore 09:18 - Moldavia, vittoria Kiev porterebbe ritiro russo da Transnistria
Secondo la Moldavia, una vittoria dell’Ucraina contro Mosca porterebbe anche al ritiro, «attraverso mezzi pacifici», della truppe russe che occupano la Transnistria, la regione moldava contesa a maggioranza russa. Lo ha affermato, citato dal Kyiv Independent, il ministro degli Esteri moldavo, Nicu Popescu.
Ore 09:29 - Premier polacco Morawiecki, «inaccettabile» rifiuto Germania di fornire Leopard 2
Il primo ministro polacco si è detto in attesa di «una chiara dichiarazione» da Berlino che autorizzi l’invio dei Leopard, di cui è produttore, da parte dei Paesi che li posseggono in dotazione alle proprie forze armate. La Polonia, che si è detta pronta a consegnare 14 Leopard a Kiev, ha fatto sapere di essere in trattative con una quindicina di Paesi su questo tema. Se Berlino si rifiuta di fornire i Leopard a Kiev, «metteremo insieme una piccola coalizione di Paesi pronti a donare parte delle loro attrezzature moderne, dei loro moderni carri armati, all’Ucraina», ha affermato Morawiecki.
Ore 10:58 - Mosca: fornitura di armi porterà a «catastrofe mondiale»
La fornitura di armi offensive a Kiev porterà a «una catastrofe mondiale». Lo ha dichiarato oggi il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin. «Le consegne di armi offensive al regime di Kiev porteranno a una catastrofe mondiale. Nel caso in cui Washington e i paesi della Nato forniscano armi che verranno poi utilizzate per colpire le città civili e tentare di impadronirsi dei nostri territori, come minacciano, ci sarà una risposta di ritorsione con armi più potenti», ha scritto Volodin su Telegram. Il presidente della Camera bassa russa ha quindi sottolineato che i membri del Congresso degli Stati Uniti e i parlamentari europei “dovrebbero rendersi conto della loro responsabilità nei confronti dell’umanità”.
Ore 12:42 - Kalinin, l’informatico russo che per evitare la mobilitazione di Putin si è nascosto nella foresta
(Marta Serafini) Sparire dal mondo per non morire al fronte e farsi albero pur di non diventare un «mobik». Quando Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione parziale il settembre scorso, Adam Kalinin - il nome è di fantasia- ha impiegato una settimana prima di decidere che la cosa migliore da fare era trasferirsi nella foresta.
Specialista informatico, 30enne, Kalin è sempre stato contrario all’invasione in Ucraina. Per due settimane è stato in cella per aver affisso sul muro del suo condominio un poster con scritto «No alla guerra» . Poi, quando il presidente Putin ha annunciato la mobilitazione di 300 mila uomini da mandare in Ucraina, Kalinin ha deciso di nascondersi, pur senza lasciare il suo Paese. Come spiega alla Bbc, che lo ha contattato, tre cose lo hanno trattenuto in Russia: affetti, vincoli finanziari e il disagio di lasciare la propria comfort zone. E così ha salutato sua moglie e si è diretto verso la foresta, dove vive in una tenda da quattro mesi. «Non è certo confortevole, ma psicologicamente, sarebbe stato davvero difficile andarsene», ha raccontato ancora all’emittente britannica.
Ore 13:08 - Scholz, Francia e Germania sosterranno ancora l’Ucraina
«Noi continueremo a fornire all’Ucraina, fin quando sarà necessario, tutto il sostegno di cui avrà bisogno»: lo ha promesso oggi il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, al fianco del presidente francese, Emmanuel Macron. «Insieme, in quanto europei, allo scopo di difendere il nostro progetto di pace europeo», ha aggiunto Scholz, in una cerimonia alla Sorbona per il 60/o anniversario del trattato dell’Eliseo per la riconciliazione tra Germania e Francia.
Ore 13:45 - Autorità russe di Zaporizhzhia, si avanza verso Orikhiv e Gulyaipole
L’esercito russo sta avanzando verso due villaggi nella regione di Zaporizhzhia, nel sud dell’Ucraina, dove questa settimana si sono intensificati gli scontri con le truppe di Kiev. Lo, ha detto il leader dell’autorita’ regionale russo, Vladimir Rogov, citato dall’agenzia di stampa «Ria Novosti». «Il fronte è mobile, soprattutto in due direzioni: Orikhiv e Gulyaipole», ha detto Rogov. Queste due piccole citta’, ciascuna di circa 15 mila abitanti prima dell’inizio della guerra, si trovano rispettivamente a 65 e 100 chilometri a sud-est di Zaporizhzhia, capoluogo dell’omonima regione. Secondo Rogov, «l’iniziativa e’ nelle nostre mani» e in queste zone sono in corso dei combattimenti.
Ore 13:54 - Zelensky accoglie ex premier britannico Johnson, «un vero amico»
L’ex primo ministro britannico Boris Johson si trova in visita a Kiev. Ad annunciarlo il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. «Do il benvenuto a Boris Johnson, un vero amico dell’Ucraina, a Kiev», ha scritto Zelensky su Telegram. «Grazie Boris per il tuo sostegno», ha aggiunto il presidente ucraino.«Questo è il momento di raddoppiare e dare agli ucraini tutti gli strumenti di cui hanno bisogno per finire il lavoro». Lo ha detto l’ex premier britannico Boris Johnson a Pa Media, come riporta il Guardian, in occasione della sua visita in Ucraina. «È un privilegio visitare l’Ucraina su invito del presidente Zelensky. La sofferenza del popolo ucraino dura da troppo tempo. L’unico modo per porre fine a questa guerra è che l’Ucraina vinca - e vinca il più velocemente possibile... Prima fallisce Putin, meglio è per l’Ucraina e per il mondo intero», ha detto ancora Johnson
Ore 14:44 - Kiev, respinto tentativo avanzata russi a Zaporizhzhia
Le truppe della Federazione Russa non hanno effettuato operazioni offensive su larga scala nella regione di Zaporizhzhia e alcuni tentativi di avanzata sono stati respinti. Lo ha dichiarato il colonnello dell’esercito ucraino, Yevhen Yerin, capo del centro stampa congiunto delle forze di difesa della regione di Tavri, come riporta Ukrinform. «Per quanto riguarda la situazione nella regione di Zaporizhzhia. Il nemico non sta intraprendendo azioni attive e su larga scala», ha detto Yerin. Allo stesso tempo, ha aggiunto, vengono registrati regolari tentativi del nemico da parte di piccoli gruppi di un massimo di dieci persone di compiere azioni di assalto contro le posizioni dell’esercito ucraino. Secondo Yerin le truppe russe hanno avuto successo in alcune aree, ma attualmente tutte le posizioni delle forze di difesa dell’Ucraina sono state ripristinate.
Ore 17:09 - Media Germania: Usa furiosi con Scholz per questione Leopard
Ci sarebbe una situazione di forte tensione tra gli Stati Uniti e la Germania relativa alla questione della consegna dei carri armati tedeschi Leopard all’Ucraina. Lo rivela la Süddeutsche Zeitung, citando un rapporto interno di ambienti governativi americani. Gli Usa non avrebbero gradito, in particolare, le dichiarazioni riportate dai media secondo cui il cancelliere tedesco Olaf Scholz, in una telefonata con il presidente americano Joe Biden, avrebbe legato la possibile consegna dei Leopard a Kiev a quella dei carri armati Abrams da parte degli Stati Uniti. Secondo Süddeutsche Zeitung, il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin, che avrebbe appreso delle dichiarazioni di Scholz mentre si recava in visita a Berlino, ha avuto un’accesa discussione con il capo della cancellieria tedesca, Wolfgang Schmidt, ai margini della riunione del gruppo di contatto per l’Ucraina a Ramstein venerdì scorso. L’incontro è stato definito piuttosto «teso».
Ore 17:10 - Kiev smentisce: nessuna offensiva russa su Zaporizhzhia
Le truppe della Federazione Russa non conducono operazioni offensive su larga scala nella sezione di Zaporizhzhia. Ad affermarlo è Yevhen Yerin, capo del Centro stampa congiunto delle forze di difesa della direzione di Tavriya, citato da Ukrinform. «Per quanto riguarda la situazione nella sezione Zaporizhzhia, il nemico non sta conducendo operazioni attive e su larga scala», ha detto il colonnello, aggiungendo che si registrano regolari tentativi russi di assaltare le posizioni dell’esercito ucraino con piccoli gruppi di massimo dieci persone. Secondo Yerin, le truppe russe hanno avuto alcuni successi in alcune aree, ma attualmente tutte le posizioni delle forze di difesa dell’Ucraina sono state ripristinate.
Ore 17:30 - Belgrado denuncia tentativi Wagner di reclutare serbi
Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha condannato il gruppo paramilitare privato Wagner dopo che l’unità mercenaria ha pubblicato annunci sui media locali cercando di reclutare serbi per combattere in Ucraina. “Perché fate questo alla Serbia?”, ha detto il capo di Stato serbo in un’intervista televisiva citata dall’agenzia di stampa locale Beta. Alcuni combattenti serbi combattono con le forze sostenute dalla Russia in Ucraina dall’annessione della Crimea nel 2014.
Ore 18:39 - Macron non esclude di fornire i tank Leclerc
La Francia non esclude di fornire carri armati pesanti Leclerc all’Ucraina per sostenerla nella sua guerra contro la Russia, ha annunciato oggi Emmanuel Macron al termine del Consiglio dei ministri franco-tedesco, al fianco del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Kiev chiede con insistenza carri armati Leopard 2 alla Germania. «Per quanto riguarda i Leclerc - ha dichiarato il presidente francese - ho chiesto al ministro della Difesa di lavorarci su. Nulla è escluso ed è qualcosa che si valuta tutti insieme». Scholz, interrogato sui Leopard, ha detto che «il modo in cui noi abbiamo agito in passato è sempre strettamente coordinato con i nostri amici ed alleati e continueremo ad agire in funzione della situazione concreta».
Dall’Ucraina continuano intanto ad arrivare richieste di aiuto: Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in riferimento alla questione della fornitura ha scritto su Twitter: «I partner devono realizzare la verità: c’è un buco nella nave globale e la parte ucraina dell’equipaggio sta combattendo per la sopravvivenza della nave. Aspettare non funzionerà. Per salvare la nave, tutti devono agire di concerto. Ciò significa carri armati, missili, armi, denaro e altro per l’Ucraina».
Ore 19:19 - Generale norvegese: 180 mila russi morti o feriti, 100 mila gli ucraini
In quasi un anno di scontri, la guerra in Ucraina ha fatto quasi 180 mila morti o feriti tra le file dell’esercito russo, e 100 mila per quanto concerne la parte ucraina, senza contare i 30 mila civili uccisi. Sono le stime fornite oggi dal capo di Stato maggiore della Norvegia, Eirik Kristoffersen, in un’intervista all’emittente «TV2». «Le perdite russe stanno iniziando ad avvicinarsi a circa 180 mila militari morti o feriti», ha detto il Kristoffersen senza specificare l’origine di queste cifre. «Le perdite ucraine sono probabilmente superiori a 100 mila fra morti e feriti. Inoltre l’Ucraina ha circa 30 mila civili morti in questa terribile guerra», ha aggiunto il generale norvegese
Ore 21:13 - Crosetto: «L’Italia darà missili a Kiev»
«Il sesto decreto ci sarà e penso sarà condiviso da quasi tutto il Parlamento. Darà agli ucraini la possibilità di difendersi dagli attacchi aerei. Vuol dire missili che abbattono altri missili». Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, durante `Che tempo che fa´ su Rai 3.
Ore 21:32 - Germania pronta a ok all’invio dei Leopard (dalla Polonia)
La Germania è pronta ad autorizzare la Polonia a inviare carri armati Leopard all’Ucraina. Lo ha riferito il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock. «Ci siamo posti la questione e non ci opporremo alla richiesta», ha detto l’esponente governativa dei Verdi. Toccherà comunque a Varsavia domandare l’autorizzazione.
Lavrov: «La guerra con l'Occidente è quasi reale». Berlino invia le prime batterie di Patriot in Polonia. Andrea Nicastro, inviato, Marta Serafini e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 23 gennaio 2023.
Le notizie sulla guerra di lunedì 23 gennaio, in diretta. Ue: altri 500 milioni di aiuti militari a Kiev. Arrestato in Norvegia l'ex comandante della Wagner che ha disertato
• La guerra in Ucraina è arrivata al 334esimo giorno.
• Passi avanti sulle forniture di carri armati: il presidente francese Macron ha dichiarato che «nulla è escluso» riguardo alla consegna dei Leclerc, e la Germania è pronta ad autorizzare la Polonia a inviare i Leopard.
• Mosca mette in guardia Usa e Nato sull’invio di armi all’Ucraina.
• Oggi alla Camera l’esame del decreto legge che prolunga per tutto il 2023 l’autorizzazione al governo ad inviare armi a Kiev, già approvato dal Senato.
• I russi rivendicano progressi nell’oblast di Zaporizhzhia.
• Kiev «licenzia» il viceministro alle Infrastrutture, avrebbe preso una tangente.
Ore 04:35 - Autorità russe di Zaporizhzhia, si avanza verso Orikhiv e Gulyaipole
L’esercito russo sta avanzando verso due villaggi nella regione di Zaporizhzhia, nel sud dell’Ucraina, dove questa settimana si sono intensificati gli scontri con le truppe di Kiev. Lo, ha detto il leader dell’autorità regionale russo, Vladimir Rogov, citato dall’agenzia di stampa «Ria Novosti». «Il fronte è mobile, soprattutto in due direzioni: Orikhiv e Gulyaipole», ha detto Rogov. Queste due piccole citta’, ciascuna di circa 15 mila abitanti prima dell’inizio della guerra, si trovano rispettivamente a 65 e 100 chilometri a sud-est di Zaporizhzhia, capoluogo dell’omonima regione. Secondo Rogov, «l’iniziativa e’ nelle nostre mani» e in queste zone sono in corso dei combattimenti.
Ore 04:41 - Kiev smentisce: nessuna offensiva russa su Zaporizhzhia
Le truppe della Federazione Russa non conducono operazioni offensive su larga scala nella sezione di Zaporizhzhia. Ad affermarlo è Yevhen Yerin, capo del Centro stampa congiunto delle forze di difesa della direzione di Tavriya, citato da Ukrinform. «Per quanto riguarda la situazione nella sezione Zaporizhzhia, il nemico non sta conducendo operazioni attive e su larga scala», ha detto il colonnello, aggiungendo che si registrano regolari tentativi russi di assaltare le posizioni dell’esercito ucraino con piccoli gruppi di massimo dieci persone. Secondo Yerin, le truppe russe hanno avuto alcuni successi in alcune aree, ma attualmente tutte le posizioni delle forze di difesa dell’Ucraina sono state ripristinate.
Ore 04:46 - Mosca: fornitura di armi porterà a «catastrofe mondiale»
La fornitura di armi offensive a Kiev porterà a «una catastrofe mondiale». Lo ha dichiarato oggi il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin. «Le consegne di armi offensive al regime di Kiev porteranno a una catastrofe mondiale. Nel caso in cui Washington e i paesi della Nato forniscano armi che verranno poi utilizzate per colpire le città civili e tentare di impadronirsi dei nostri territori, come minacciano, ci sarà una risposta di ritorsione con armi più potenti», ha scritto Volodin su Telegram. Il presidente della Camera bassa russa ha quindi sottolineato che i membri del Congresso degli Stati Uniti e i parlamentari europei “dovrebbero rendersi conto della loro responsabilità nei confronti dell’umanità”.
Ore 04:51 - Macron non esclude di fornire i tank Leclerc
La Francia non esclude di fornire carri armati pesanti Leclerc all’Ucraina per sostenerla nella sua guerra contro la Russia, ha annunciato oggi Emmanuel Macron al termine del Consiglio dei ministri franco-tedesco, al fianco del cancelliere tedesco Olaf Scholz. Kiev chiede con insistenza carri armati Leopard 2 alla Germania. «Per quanto riguarda i Leclerc - ha dichiarato il presidente francese - ho chiesto al ministro della Difesa di lavorarci su. Nulla è escluso ed è qualcosa che si valuta tutti insieme». Scholz, interrogato sui Leopard, ha detto che «il modo in cui noi abbiamo agito in passato è sempre strettamente coordinato con i nostri amici ed alleati e continueremo ad agire in funzione della situazione concreta».
Dall’Ucraina continuano intanto ad arrivare richieste di aiuto: Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in riferimento alla questione della fornitura ha scritto su Twitter: «I partner devono realizzare la verità: c’è un buco nella nave globale e la parte ucraina dell’equipaggio sta combattendo per la sopravvivenza della nave. Aspettare non funzionerà. Per salvare la nave, tutti devono agire di concerto. Ciò significa carri armati, missili, armi, denaro e altro per l’Ucraina».
Ore 05:05 - Crosetto: «L’Italia darà missili a Kiev»
«Il sesto decreto ci sarà e penso sarà condiviso da quasi tutto il Parlamento. Darà agli ucraini la possibilità di difendersi dagli attacchi aerei. Vuol dire missili che abbattono altri missili». Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, durante «Che tempo che fa» su Rai 3.
Ore 05:00 - Ucraina, come funzionano i carri armati Leopard e perché Zelensky insiste per averli
(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) L’importanza dei tank, le perdite pesanti, gli ultimi sviluppi sul campo: sono gli spunti del nostro taccuino dedicato alla crisi. Con Berlino oscillante: domenica sera ha annunciato che non si oppone più alla cessione dei carri armati da parte dei polacchi.
Ore 05:11 - Kiev: «460 bimbi morti e 915 feriti da inizio guerra»
Una strage senza fine tra giovanissimi morti, feriti e deportati dall’inizio della guerra. È di 459 morti e 914 feriti il bilancio aggiornato del numero di bambini vittime dei bombardamenti russi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio scorso, secondo l’Ufficio del procuratore generale di Kiev. La stessa fonte - citata dai media ucraini - parla di 13.961 bambini deportati illegalmente dalle forze russe, di cui solo 126 sono stati rimpatriati in Ucraina. Dall’inizio della guerra - sempre secondo la Procura generale - sono state danneggiate 3.126 strutture educative nel Paese, di cui 337 completamente distrutte.
Ore 05:22 - Kalinin, il disertore russo che per evitare la mobilitazione di Putin ora vive nella foresta
(Marta Serafini) Sparire dal mondo per non morire al fronte e farsi albero pur di non diventare un «mobik». Quando Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione parziale il settembre scorso, Adam Kalinin - il nome è di fantasia- ha impiegato una settimana prima di decidere che la cosa migliore da fare era trasferirsi nella foresta.
Ore 05:30 - Germania pronta a ok all’invio dei Leopard (dalla Polonia)
La Germania è pronta ad autorizzare la Polonia a inviare carri armati Leopard all’Ucraina. Lo ha riferito il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock. «Ci siamo posti la questione e non ci opporremo alla richiesta», ha detto l’esponente governativa dei Verdi. Toccherà comunque a Varsavia domandare l’autorizzazione.
Ore 08:04 - Kiev: uccisi 720 militari russi in 24 ore
Nell’arco delle ultime 24 ore, le forze ucraine hanno ucciso 720 militari russi. Lo ha rivendicato su Facebook lo Stato maggiore ucraino, secondo cui è stato distrutto anche un motoscafo militare. Tra le altre attrezzature militari russe che sarebbero state distrutte nelle scorse ore figurerebbero anche cinque carri armati, otto veicoli corazzati da combattimento, due sistemi di artiglieria, due lanciarazzi multipli, due droni e quattro automobili e autocisterne. Inoltre, lo Stato maggiore ha riferito che le truppe di Kiev hanno respinto 11 attacchi russi nell’area di insediamenti di Stelmakhivka e Novoselivske della regione di Luhansk e Vyimka, Rozdolivka, Bilohorivka, Paraskoviivka, Bakhmut, Stupochki, Novobakhmutivka, Pervomaiske e Mariinka della regione di Donetsk. Infine, le forze russe «proseguono senza successo» l’offensiva nelle direzioni di Lyman, Avdiivka e Zaporizhzhia.
Ore 08:40 - Borrell: «Sui tank a Kiev abbiamo idee diverse, parliamone»
«A Ramstein si sono prese decisioni molto buone, ci sono stati risultati concreti e poi ogni Paese decide a livello nazionale: la Germania si è impegnata molto nei confronti dell’Ucraina e non si deve parlare solo dei carri armati. Certo, il presidente Zelensky li chiede, ma ci sono idee diverse all’interno degli Stati membri e oggi ne parleremo». Lo ha detto l’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell, arrivando al consiglio affari esteri di Bruxelles.
Ore 08:42 - Russia: consegna Atacms Usa a Kiev avrebbe conseguenze imprevedibili
Le dichiarazioni rilasciate dagli Stati Uniti sulla possibilità di fornire sistemi missilistici tattici a lungo raggio dell’esercito (Atacms) non sono altro che un elemento di guerra psicologica e la loro eventuale cessione potrebbe avere «conseguenze imprevedibili», ha dichiarato oggi il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov. All’inizio di gennaio, il Wall Street Journal ha riferito che gli Stati Uniti hanno rifiutato di trasferire i missili Atacms in Ucraina a causa di disaccordi su possibili attacchi su obiettivi in Crimea, nonostante le insistenti richieste di Kiev. L’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov ha detto alla Ria Novosti che l’inizio delle consegne di tali missili all’Ucraina potrebbe essere interpretato come un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti in un conflitto militare con la Russia. «Questo è un elemento di guerra psicologica», ha detto Ryabkov ai giornalisti, aggiungendo che qualsiasi escalation è «il percorso più pericoloso e le conseguenze possono essere imprevedibili».
Ore 09:11 - Mosca: «Kiev immagazzina armi dell’Occidente nei siti nucleari»
L’Ucraina sta immagazzinando armi e munizioni fornite all’Occidente sul territorio delle centrali nucleari». È quanto sostiene il servizio d’intelligence russo per l’estero (Svr), senza citare alcuna prova, riferisce l’agenzia Tass. Secondo l’intelligence, ciò è stato fatto nell’aspettativa che la Russia non le avrebbe prese di mira a causa del rischio di un incidente nucleare. «Ci sono rapporti affidabili secondo cui le forze armate ucraine stanno immagazzinando armi e munizioni fornite dall’Occidente sui territori delle centrali nucleari. Ciò si riferisce ai razzi più costosi per i sistemi missilistici a lancio multiplo Himars e ai sistemi di difesa aerea stranieri scarsi nell’esercito ucraino così come pezzi di artiglieria di grande calibro», si legge in un comunicato.
Ore 09:20 - Il Marocco invia 20 carri armati a Kiev
Il Marocco avrebbe inviato 20 carri armati all’Ucraina. Lo dice il Kiev Independent citando il sito di notizie Menadefense. Si tratterebbe di tank T-72B, acquistati due decenni fa dalla Bielorussia. I mezzi sarebbero stati aggiornati in Reubblica Ceca. Il Marocco - viene spiegato - sarebbe stato convinto a inviare carri armati in Ucraina durante il vertice di Ramstein il 26 aprile dello scorso anno.
Ore 09:41 - Mosca: «Sbricioleremo le armi occidentali date a Kiev»
Le forze russe «sbricioleranno» tutte le armi e i mezzi militari che i Paesi occidentali forniranno all’Ucraina. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov, citato dalla Tass. «Gli avversari della Russia - ha affermato Ryabkov - continuano ad alzare la posta, ma, come abbiamo detto fermamente o fiduciosamente in numerose occasioni, gli obiettivi dell’operazione militare speciale saranno raggiunti».
Ore 10:12 - Un morto e otto feriti negli attacchi russi delle ultime 24 ore
Sono stati segnalati attacchi russi negli oblast di Donetsk, Kherson, Kharkiv, Sumy, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia e Luhansk nell’est, nel sud e nel nord dell’Ucraina. Secondo le autorità locali, una persona è stata uccisa e otto sono rimaste ferite nelle ultime 24 ore. Lo riporta il Kiev Independent.
Ore 10:18 - Dl Ucraina: in corso alla Camera discussione generale
È in corso nell’Aula della Camera la discussione generale sul decreto, già approvato dal Senato, che riguarda le disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore di Kiev.
Ore 10:22 - «Il prossimo vertice Ramstein sarà a febbraio»
La prossima riunione del Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina (Ramstein-9), si terrà a febbraio, secondo quanto annunciato dal ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, su Twitter. «Ad ogni incontro, noto come stia crescendo la fiducia dei nostri partner nell’Ucraina. È tutto grazie al duro lavoro dei nostri soldati e rappresentanti. Più fiducia significa più armi. Per proteggere la nostra terra, il mare e il cielo!», ha scritto Reznikov aggiungendo che il prossimo vertice di Ramstein, in Germania, si terrà a febbraio.
Ore 10:25 - Mosca espelle l'ambasciatore dell'Estonia, «russofobia»
La Russia ha espulso l'ambasciatore dell'Estonia in reazione alla «totale russofobia» da parte del governo estone. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri di Mosca.
Ore 10:33 - Descalzi: «L'Italia azzererà il gas russo dal 2024/25»
«Le previsioni per azzerare le forniture di gas russo all'Italia? Sono positivo, nell'inverno 2024/2025, direi che continuando così le cose vadano nel verso giusto». Lo ha detto l'ad di Eni, Claudio Descalzi, a margine della visita della premier Giorgia Meloni al Giardino Mattei ad Algeri.
Ore 10:44 - Parigi: nuova tranche di aiuti militari Ue a Kiev
«Oggi discuteremo la possibilità di autorizzare una nuova tranche da 500 milioni di euro di aiuti militari all'Ucraina attraverso lo European Peace Facility e non ho dubbi che prenderemo questa decisione». Lo ha detto Catherine Colonna, Ministra dell'Europa e degli Affari esteri della Francia, arrivando al consiglio esteri a Bruxelles.
Ore 10:47 - Peskov sui tank a Kiev: «Tra i membri Nato cresce il nervosismo»
I contrasti tra i Paesi Nato sulla fornitura di carri armati all'Ucraina mostra che «il nervosismo tra i membri dell'Alleanza sta crescendo». Lo ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, citato dall'agenzia Ria Novosti.
Ore 11:01 - Ungheria: le sanzioni portano l'Ue in un vicolo cieco
«Le sanzioni stanno portando l'Europa in un vicolo cieco. Sul piano economico, politico e della sicurezza. Sarebbe un grande errore proporre un nuovo pacchetto di sanzioni». Lo scrive su Facebook il ministro degli esteri ungherese, Péter Szijjártó, a Bruxelles per il Consiglio affari esteri in cui si discuterà del decimo pacchetto di misure restrittive contro la Russia, che alcuni Paesi, tra cui la Polonia, vorrebbero adottare in vista del vertice Ue-Ucraina in programma il 3 febbraio.
Ore 11:19 - Mosca: sventato attacco terroristico ordinato dagli 007 di Kiev
Il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa ha annunciato l'arresto nel distretto del Caucaso settentrionale di un cittadino russo che stava preparando un attacco terroristico su istruzioni dei servizi speciali ucraini. Lo riporta Interfax. Durante una perquisizione nel luogo di residenza del detenuto sono stati trovati e sequestrati «mezzi pronti all'uso». «A seguito dell'interrogatorio, il criminale ha confessato le sue intenzioni illegali», ha concluso l'Fsb.
Ore 11:25 - Polonia: «Pronti all'invio di nostri Leopard anche senza l'ok di Berlino»
L'approvazione della Germania per la riesportazione dei carri armati Leopard 2 in Ucraina è di secondaria importanza in quanto la Polonia potrebbe inviare quei carri armati come parte di una coalizione di Paesi anche senza il suo permesso, ha detto lunedì il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki in un'intervista tv, come riporta il Guardian.
«Chiederemo tale permesso, ma questa è una questione di secondaria importanza. Anche se non ottenessimo l'approvazione trasferiremmo comunque i nostri carri armati insieme ad altri in Ucraina», ha riferito Morawiecki ai giornalisti.
Ore 11:37 - Zelensky: i tank non risolvono il problema ma motivano i soldati
L'invio di carri armati in Ucraina non «risoveranno il problema» ma «fanno solo una cosa molto importante: motivano i nostri soldati a combattere per i propri valori. Perché dimostrano che il mondo intero è con noi». Lo ha affermato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky in un'intervista al canale televisivo tedesco Ard, come riporta l'Ukrainska Pravda.
Ore 11:57 - Perché la Germania esita nell’inviare i Leopard all’Ucraina?
(Paolo Valentino, corrispondente da Berlino) L’invio di carri armati pesanti in Ucraina divide il fronte europeo e occidentale. Da un lato gli americani e la maggioranza dei Paesi europei, favorevoli a fornire a Kiev un sistema d’arma considerato decisivo per consentire alle forze ucraine di uscire dallo stallo attuale e continuare a riconquistare territorio oggi occupato dai russi. Dall’altro la Germania che ancora tergiversa e non decide. I carri occidentali darebbero infatti all’Ucraina la potenza di fuoco necessaria per bucare le linee difensive delle forze russe e riprendere l’iniziativa prima che sia Mosca a farlo.
Ore 11:59 - Dl Ucraina, Conte: «No a ulteriore invio di armi»
«Riteniamo che questa prospettiva di escalation non porti ad alcuna via d'uscita. Vediamo soltanto una prospettiva di continuo invio ma nessuna prospettiva di negoziato di pace. A Ramstein si è parlato di tutto ma non di negoziati e di pace. La nostra posizione la conoscete: sosteniamo l'Ucraina ma dopo gli invii l'Italia deve essere in prima fila per dare un contributo alla via diplomatica, quindi non siamo favorevoli ad un ulteriore invio». Lo ha detto il leader del M5S Giuseppe Conte, a margine di un'iniziativa per le Regionali del Lazio al mercato rionale romano di Piazza San Giovanni di Dio.
Ore 12:00 - Kiev: abbiamo bisogno di centinaia di tank, non di 10-20
L'Ucraina ha bisogno di diverse centinaia di carri armati per vincere. Lo ha affermato il capo dell'ufficio del presidente, Andriy Yermak, su Telegram, come riporta Ukrinform. «Abbiamo bisogno di diverse centinaia di carri armati, non di 10-20. Il nostro obiettivo sono i confini del 1991 e la punizione del nemico che pagherà per i crimini».
Ore 12:08 - Lavrov: «La guerra con l'Occidente non più ibrida ma quasi reale»
«La guerra della Russia con l'Occidente non è più ibrida, ma quasi reale». Lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, in conferenza stampa dal Sudafrica. Lo riporta l'agenzia Ria Novosti. Secondo Lavrov, le autorità ucraine «devono capire che più a lungo rifiutano i negoziati, più difficile sarà trovare una soluzione» alla guerra. Aggiungendo: «Noi non rifiutiamo i negoziati».
Ore 12:44 - Kuleba: servono passi coraggiosi dall'Ue per la nostra vittoria
«L'adesione dell'Ucraina all'Ue, gli aiuti militari e i carri armati, le sanzioni alla Russia, compresa l'industria missilistica e la sfera nucleare, sono all'ordine del giorno del Consiglio Affari Esteri dell'Ue, a cui sono stato invitato dall'Alto rappresentante Borrell. C'è bisogno di passi coraggiosi, decisivi e audaci per garantire la vittoria dell'Ucraina nel 2023». Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.
Ore 13:25 - 007 Kiev: primavera decisiva, se Russia fallirà sarà la fine di Putin
«La primavera e l'inizio dell'estate saranno decisive nella guerra. Se la grande offensiva russa pianificata per questo periodo fallirà, sarà il crollo della Russia e di Putin». Lo ha detto vice capo dell'intelligence militare di Kiev, il maggiore generale Vadim Skibitsky. Lo riporta Ukrainska Pravda. Secondo il militare ucraino «il cambiamento nella leadership militare russa e il completamento della prima fase di mobilitazione indicano che l'attività principale dei russi si svolgerà nelle direzioni di Donetsk e Luhansk».
Ore 13:30 - L'Estonia espellerà l'ambasciatore della Russia
Dopo che Mosca ha annunciato l'espulsione dell'ambasciate estone, la reazione del Paese baltico è quella di fare espellere l'ambasciatore russo. «L'Estonia non si tirerà indietro rispetto al principio di parità che abbiamo annunciato alla Federazione Russa», il che significa che se l'ambasciatore dell'Estonia lascerà la Russia anche l'ambasciatore russo dovrà lasciare l'Estonia entro il 7 febbraio. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri estone, Urmas Reinsalu, parlando all'emittente pubblica estone.
Ore 14:04 - Fonti, da Ungheria ok a nuova tranche aiuti militari a Kiev
L'Ungheria ha annunciato il proprio sostegno alla nuova tranche di aiuti militari all'Ucraina da 500 milioni di euro nel quadro dello European Peace Facility durante la riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue in corso. Lo riferiscono fonti diplomatiche. Nei giorni scorsi Budapest aveva fatto resistenze al via libera, durante le discussioni del Comitato politico e di sicurezza.
Ore 14:05 - «Putin vivo perché curato da medici occidentali»
«Purtroppo Putin è curato dai migliori medici occidentali, quindi è ancora vivo. Se fossero stati a curarlo solo quelli russi, tutto sarebbe finito più velocemente». A sostenerlo è il vice capo dell'intelligence militare ucraina, il maggiore generale Vadim Skibitsky, in un'intervista al portale baltico Delfi rilanciata da Ukrainska Pravda.
Ore 14:26 - Arrestato in Norvegia il disertore ex comandante della Wagner
L'ex comandante del gruppo paramilitare russo Wagner Andrey Medvedev , fuggito in Norvegia dieci giorni fa, è stato arrestato dalla polizia norvegese in base alla legge sull'immigrazione. Le ragioni esatte dell'arresto non sono state specificate, ma il suo avvocato ha detto che è dovuto a «violazioni delle norme di sicurezza» che lo circondano. Medvedev, 26 anni, aveva attraversato il confine russo-norvegese nell'estremo nord nella notte tra il 12 e il 13 gennaio chiedendo asilo nel paese scandinavo, dicendosi pronto a «parlare della sua esperienza nel gruppo Wagner alle persone che indagano sui crimini di guerra».
Ore 14:59 - Kiev: i russi hanno bombardato Zaporizhzhia 111 volte in 24 ore
Le forze russe hanno aperto il fuoco 111 volte sulla regione di Zaporizhzhia domenica. Lo ha riferito Oleksandr Starukh, capo dell'amministrazione militare regionale di Zaporizhzhia, citato da Ukrinform. «Le nostre comunità stanno soffrendo per il fuoco nemico attivo: 111 bombardamenti nell'ultimo giorno, 88 dei quali contro obiettivi civili. Quarantuno edifici sono stati distrutti, una persona è rimasta ferita. Il nemico ha colpito le comunità di Hulyaipole, Orikhiv e Stepnohirsk», ha detto il funzionario su Telegram.
Ore 15:42 - L'Estonia invia tutti i suoi obici da 155 mm a Kiev
L'Estonia cederà all'Ucraina tutti gli obici da 155 mm in suo possesso nell'ambito del pacchetto record di aiuti militari da 113 milioni di euro annunciato il 19 gennaio. «Vogliamo creare un precedente, così che altri Paesi non avranno scuse per non fornire all'Ucraina le armi necessarie per vincere la guerra», ha detto l'ambasciatore estone a Kiev, Kaimo Kuusk, secondo quanto riporta la pagina Facebook dello stato maggiore ucraino. Del pacchetto estone fanno parte decine di obici Fh-70 da 155 mm e obici D-30 da 122 mm, migliaia di proiettili d'artiglieria da 155 mm e centinaia di lanciatori di granate anti tank Karl Gustav con le loro munizioni, ha confermato Kuusk.
Ore 15:55 - La Lettonia declasserà le relazioni diplomatiche con Mosca
La Lettonia ha annunciato che «abbasserà il livello della rappresentanza diplomatica russa a livello di un plenipotenziario» dal 24 febbraio in solidarietà con l'Estonia. Lo ha annunciato su Twitter il ministro degli Esteri lettone Edgars Rinkevics. «Tenendo conto del fatto che l'aggressione della Russia contro l'Ucraina continua e in solidarietà con l'Estonia, dal 24 febbraio la Lettonia abbasserà il livello della rappresentanza diplomatica in Russia al livello di un plenipotenziario, chiedendo di conseguenza alla Russia di agire in modo simile», ha scritto Rinkevics sul social.
Ore 16:07 - Medvedev: «Il mondo si avvicina alla Terza Guerra Mondiale»
«Il mondo si avvicina al rischio della Terza Guerra Mondiale di fronte ai preparativi di aggressione contro la Russia». Lo ha dichiarato il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, citato dalla Tass. Aggiungendo: «L'operazione speciale che si sta compiendo» in Ucraina «è stata una misura forzata ed estrema, una risposta alla preparazione dell'aggressione da parte degli Stati Uniti d'America e dei suoi satelliti. È ovvio che il mondo si è avvicinato alla minaccia di una terza guerra mondiale per quello che è successo».
Ore 16:19 - Ue, accordo politico per nuovi aiuti militari all'Ucraina
I 27 ministri degli Esteri Ue riuniti oggi a Bruxelles per il consiglio affari esteri hanno dato il via libera politico a una nuova tranche di aiuti militari all'Ucraina del valore di 500 milioni nel quadro delle risorse dello European Peace Facility. Lo fa sapere la presidenza di turno svedese. La decisione formale, sottolineando fonti diplomatiche, sarà invece presa da un prossimo Coreper (il comitato dei rappresentanti permanenti presso l'Ue).
Ore 17:02 - Aeronautica ucraina: distrutti due aerei e un elicottero russi
L'aeronautica ucraina ha distrutto oggi due aerei Su-25 e un elicottero Ka-52 russi. È quanto ha riferito dall'ufficio stampa dell'aeronautica di Kiev su Telegram, aggiungendo che sono stati anche eliminati un drone Orlan-10 e due missili Kh-59.
Ore 17:04 - La Germania inizia il trasferimento dei sistemi Patriot in Polonia
La Bundeswehr ha iniziato il trasferimento dei primi due dei tre squadroni di sistemi missilistici antiaerei Patriot in Polonia. Da Gnoien (distretto di Rostock), sono partiti tre convogli con 40 veicoli e 150 soldati, scrive il quotidiano tedesco Welt. I sistemi antiaerei saranno schierati nelle vicinanze della città di Zamosc, nel sud-est della Polonia, dove i convogli dovrebbero arrivare mercoledì pomeriggio. Da lì sono circa 60 chilometri fino al confine ucraino e 110 chilometri fino alla città ucraina di Leopoli. Lo scopo del trasferimento, ha spiegato la Bundeswehr, è proteggere lo spazio aereo della Polonia e rafforzare il fianco orientale della Nato. La Germania ha offerto alla Polonia sistemi di difesa aerea Patriot dopo che due uomini sono rimasti uccisi dopo che un missile è caduto in territorio polacco lo scorso novembre.
Ore 17:09 - Tajani: «L'Italia non fa parte del dibattito sull'invio di tank»
L'Italia «non fa parte del dibattito sull'invio di carri armati in Ucraina». Lo ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine del consiglio affari esteri a Bruxelles confermando che della questione si è discusso nella riunione dei 27 ma che proseguirà a livello «bilaterale». «L'Italia ora si è impegnata insieme ai francesi per la consegna di sistemi di difesa anti-missili e il lavoro prosegue in quella direzione».
Ore 17:33 - Erdogan: «No alla Svezia nella Nato se non rispetta l'Islam»
«L'amministrazione della Svezia non dovrebbe parlare di diritti e libertà; prima mostrino rispetto per la fede delle persone religiose, se non ci sarà rispetto non ci sarà sostegno da parte nostra» per la candidatura di Stoccolma nella Nato. Lo ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in un discorso trasmesso dalla tv di Stato turca Trt, criticando l'esponente della destra svedese Rasmus Paludan che, nei giorni scorsi, ha bruciato una copia del Corano davanti all'ambasciata turca di Stoccolma. «Nessun individuo ha la libertà di insultare la fede dei musulmani», ha affermato il presidente turco.
Ore 17:47 - Ex capo dell’FBI arrestato: «Veniva pagato dall’oligarca russo Deripaska»
Un ex capo dell’FBI è stato accusato di aver violato le sanzioni statunitensi contro la Russia ricevendo pagamenti nascosti dall’oligarca Oleg Deripaska (nella foto). Charles McGonigal, 54 anni, che guidava la divisione di New York, è stato arrestato sabato con l’accusa di aver violato le sanzioni e di riciclaggio di denaro. Una fonte anonima ha confermato all’emittente «Nbc News» che McGonigal è stato arrestato all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York , di ritorno da un viaggio in Medio Oriente.
«McGonigal, insieme all’interprete giuridico Sergej Shestakov, ha lavorato e fornito servizi all’oligarca russo Oleg Deripaska, tentando anche di far rimuovere le sanzioni imposte nei suoi confronti dagli Stati Uniti», ha affermato Damian Williams, procuratore del distretto giudiziario meridionale di New York. In base all’accusa, McGonigal e altri due associati avrebbero tentato di coprire le attività finanziarie di Deripaska attraverso compagnie fantasma e falsificazione di documenti.
Ore 19:19 - Borrell, petrolio russo venduto a metà prezzo
L’indice Urals, del petrolio russo, e il Brent, il benchmark del greggio europeo, «erano identici all’inizio della guerra e prima del price cap al petrolio, ora il petrolio russo è venduto a 40 euro al barile, mentre il Brent è venduto a 80. Significa che il petrolio russo viene venduto con uno sconto del 50% ed è stato acquistato principalmente da India e Cina». Lo ha detto l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Ue Affari esteri. «Per la prima volta il mercato petrolifero in Russia è guidato dalla domanda, il 40%, quando la Russia ha bisogno del 70% per pareggiare il budget. Quindi sta perdendo 40 dollari al barile. E’ un grande colpo alla stabilità finanziaria della Russia, ha spiegato il capo della diplomazia europea illustrando un grafico con i due indici.
Wagner, arrestato l’ex comandante che aveva chiesto asilo in Norvegia. È Andrei Medvedev, disertore del gruppo mercenario russo. Il legale: “Non è accusato di niente”. Il Dubbio il 23 gennaio 2023
L’ex membro del gruppo mercenario russo Wagner, fuggito in Norvegia circa 10 giorni fa, è stato arrestato per aver violato la legge sull'immigrazione, come ha riferito la polizia norvegese. Il 26enne Andrei Medvedev ha attraversato il confine russo-norvegese nell'estremo Nord nelle prime ore del 13 gennaio e ha chiesto asilo nel Paese scandinavo. Il suo avvocato aveva detto, la scorsa settimana, di essere "disposto a parlare delle sue esperienze nel gruppo Wagner a persone che stanno indagando sui crimini di guerra".
Medvedev afferma di aver combattuto in Ucraina come membro di Wagner per quattro mesi prima di disertare a novembre, quando l'organizzazione paramilitare guidata dall'uomo d'affari Evgheny Prigozhin avrebbe prorogato il suo contratto contro la sua volontà. Testimone potenzialmente prezioso per far luce sulle brutalità di cui sono accusati i mercenari russi in Ucraina, Medvedev è stato interrogato dalle autorità norvegesi sin dal suo arrivo nel Paese.
“L'individuo interessato è stato arrestato ai sensi della legge sull'immigrazione”, ha detto Jon Andreas Johansen, un funzionario di polizia incaricato delle questioni di immigrazione. La polizia non ha specificato i motivi esatti del suo arresto e ha rifiutato di commentare ulteriormente. L'avvocato norvegese di Medvedev, Brynjulf Risnes, ha spiegato che il suo assistito è stato arrestato per essersi rifiutato di seguire le restrizioni imposte dalla polizia dal suo arrivo nel Paese. “Ci sono naturalmente molte misure di sicurezza che sono state prese e trova difficile conformarvisi”, ha aggiunto Risnes. “Non è accusato di niente”. Sembra difficile che possa essere espulso, secondo il legale.
Rimangono molte domande sul passato di Medvedev e sulle circostanze della sua fuga, con alcuni esperti che affermano che non avrebbe potuto attraversare il confine pesantemente sorvegliato senza una sorta di assistenza esterna. Il ragazzo sostiene di aver attraversato il fiume Pasvik ghiacciato che segna parte del confine russo-norvegese mentre veniva inseguito da cani da attacco e guardie di frontiera russe che gli hanno sparato. Non è stato in grado di confermare in modo indipendente il suo resoconto degli eventi. La compagnia Wagner non ha negato che Medvedev fosse arruolato nelle sue fila.
Wagner, il disertore arrestato in Norvegia. L'80% dei detenuti reclutati è morto o disperso. Storia di Redazione su Il Giornale il 24 gennaio 2023.
Aveva denunciato i crimini commessi del gruppo paramilitare Wagner in Ucraina per conto della Russia e aveva chiesto asilo politico. È stato invece arrestato dalla polizia norvegese in base alla legge sull'immigrazione. È la sorta toccata ad Andrei Medvedev, 26 anni, a pochi giorni dalla sua denuncia. In realtà, le ragioni esatte del suo arresto non sono state specificate, ma l'avvocato del giovane, Brynjulf Risnes, ha dichiarato che è stato arrestato perché si è rifiutato di rispettare tutte le regole di sicurezza che gli sono state imposte. «Per lui è difficile rispettarle», ha aggiunto il legale. «Ma non c'è rischio che venga espulso», ha concluso.
Medvedev aveva attraversato il confine russo-norvegese nell'estremo nord nella notte tra il 12 e il 13 gennaio, chiedendo asilo nel paese scandinavo, dicendosi pronto a «parlare della sua esperienza nel gruppo Wagner alle persone che indagano sui crimini di guerra». Aveva raccontato di aver combattuto in Ucraina per la Wagner per quattro mesi prima di disertare a novembre, quando l'organizzazione paramilitare guidata da Yevgeny Prigozhin avrebbe prolungato il suo contratto contro la sua volontà. Testimone potenzialmente prezioso per far luce sulla brutalità del gruppo paramilitare in Ucraina, è stato torchiato dalle autorità norvegesi sin dal suo arrivo nel Paese, in una località non rivelata e sotto stretta sorveglianza. «È stato arrestato in base alla legge sull'immigrazione e si sta valutando la possibilità di internarlo», ha dichiarato all'Afp Jon Andreas Johansen, funzionario di polizia responsabile degli affari dell'immigrazione, in una e-mail.
Rimangono molti interrogativi sulla figura di Andrei Medvedev, sul suo passato e sulle circostanze della sua fuga. Molti esperti ritengono che l'ex mercenario non avrebbe potuto attraversare il confine altamente sorvegliato senza assistenza. Luiafferma di aver attraversato a piedi il Pasvik, il fiume ghiacciato che segna il confine tra Russia e Norvegia, dopo essere stato inseguito dalle guardie russe con i cani. La squadra criminale della polizia norvegese (Kripos), che partecipa all'indagine internazionale sui crimini di guerra in Ucraina, ha iniziato a interrogarlo sabato scorso.
Intanto nelle scorse ore è arrivato il primo bilancio sulle perdite del gruppo, diffuso dalla direttrice di Russia dietro le sbarre, una ong che lavora per i diritti dei detenuti. Dei 50mila detenuti reclutati dalla Wagner nelle carceri russe e inviati al fronte in Ucraina l'80 per cento, vale a dire 40mila di loro, sono o morti o dispersi. Sono solo 10mila i detenuti che ancora combattono come mercenari, ha reso noto Olga Romanova. A fine dicembre, i detenuti reclutati erano 42.43mila. Ora la cifra è probabilmente salita a 50mila. Diecimila stanno combattendo, gli altri sono stati uccisi o feriti, hanno disertato - un problema enorme dallo scorso autunno - o si sono consegnati agli ucraini. Molti disertori ritornano in Russia armati. Uno di loro lo scorso dicembre ha aperto il fuoco contro la polizia a Rostov. Per mascherare il problema, Wagner invia bare vuote ai familiari di mercenari che in realtà non sono mai morti.
Estratto da corriere.it il 23 gennaio 2023.
Charles McGonical, 54 anni, che guidava la divisione di New York, è stato arrestato sabato con l’accusa di aver violato le sanzioni e di riciclaggio di denaro. Una fonte anonima ha confermato all’emittente «Nbc News» che McGonigal è stato arrestato all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York , di ritorno da un viaggio in Medio Oriente.
(...)
L’incontro
Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha aggiunto Deripaska alla lista di sanzioni nel 2018 per presunti legami con il governo russo e il settore energetico russo. L’accusa di New York sostiene che McGonigal sia stato presentato da Shesktaov nel 2018 a un ex diplomatico sovietico che ha lavorato come agente per Deripaska. Quella persona non è identificata nei documenti del tribunale, ma il Dipartimento di Giustizia afferma che «nei resoconti pubblici si diceva che fosse un ufficiale dell’intelligence russa».
Secondo l’accusa, Shesktaov ha chiesto a McGonigal il suo aiuto per ottenere uno stage presso il dipartimento di polizia di New York per la figlia dell’agente di Deripaska. McGonigal ha accettato, dicono i pubblici ministeri, e ha detto a un contatto del dipartimento di polizia che «ho legami con suo padre per una serie di motivi».
Ex capo dell'Fbi fermato all'aeroporto Jfk. "Pagato da Deripaska, un oligarca putiniano". Storia di Redazione su Il Giornale il 24 gennaio 2023.
Relazioni pericolose. Un ex agente dell'Fbi è stato arrestato per i suoi legami con l'oligarca russo Oleg Deripaska. Charles McGonigal - ex agente speciale responsabile dell'antiterrorismo nell'ufficio dell'Fbi di New York - è stato fermato all'aeroporto John Fitzgerald Kennedy, di rientro dallo Sri Lanka. McGonigal, che ha lasciato l'agenzia federale nel 2018, è accusato di aver violato le sanzioni americane per aver cercato di far rimuovere Deripaska dalla lista delle persone sanzionate dagli Stati Uniti.
L'ex agente dell'Fbi è accusato, secondo le prime ricostruzioni del New York Times, di aver ricevuto pagamenti da Deripaska in cambio di indagini sui rivali dell'oligarca russo. Deripaska, tycoon dell'alluminio con legami con il presidente russo Vladimir Putin, è stato cliente di Paul Manafort, l'ex manager della campagna elettorale di Donald Trump. McGonigal si è dichiarato, tramite il suo legale, non colpevole. «Charlie è stato al servizio degli Stati Uniti in modo efficace per decenni. Abbiamo valutato le accuse mosse dal governo e attendiamo di vedere le prove su cui intende basarsi», ha spiegato l'avvocato dell'ex agente. L'arresto ha colto di sorpreso gli ex colleghi di McGonigal.
Nonostante gli intrecci pericolosi, le sanzioni occidentali imposte per la guerra in Ucraina colpiscono duro gli oligarchi russi: secondo il Bloomberg Billionaires Index, i miliardari dello zar hanno perso quasi 95 miliardi di dollari nel 2022, pari a 330 milioni al giorno da quando il Cremlino ha invaso l'Ucraina. Il grande perdente è stato Roman Abramovich, l'ex proprietario del Chelsea FC, con la sua fortuna in calo del 57% a 7,8 miliardi di dollari. Secondo la statistica, Abramovich è stato uno dei primi oligarchi a essere sottoposto a sanzioni britanniche il 10 marzo dopo che la Gran Bretagna lo ha accusato di avere «chiari legami» con il regime di Vladimir Putin e di far parte di un gruppo di ricchi uomini d'affari russi che avevano «le mani sporche di sangue». Anche il patrimonio di Gennady Timchenko, miliardario investitore energetico e amico intimo di Putin, si è ridotto del 48% a 11,8 miliardi di dollari, e Suleiman Kerimov, un altro alleato del presidente russo e attuale proprietario della compagnia mineraria Polyus, ha perso il 41%, scendendo a 9 miliardi di dollari. Solo nel Regno Unito sono stati congelati più di 18 miliardi di sterline di beni appartenenti a oligarchi e altri russi con sanzioni imposte a 1.271 persone. Non ha perso solo soldi a causa delle sanzioni ma è incappato anche in guai con la giustizia inglese un altro milionario russo di primo profilo: Mikhail Fridman, nato nell'Ucraina e allora sovietica Leopoli, dove ancora vivono i suoi genitori ma cresciuto in Russia, è stato fermato il 3 dicembre dalla National Crime Agency (Nca) con l'accusa di riciclaggio di denaro sporco e falsa testimonianza al ministero dell'Interno. Fridman, cofondatore del gigante russo di investimenti Alfa-Group, era, secondo Forbes, il settimo uomo più ricco di Russia nel 2017 e, stando al Bloomberg Billionaire Index, nell'agosto 2022, nonostante le sanzioni, aveva ancora un patrimonio netto teorico di circa 11 miliardi di euro.
Nonostante le pressioni neanche il 10% delle aziende occidentali ha lasciato la Russia. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 23 gennaio 2023.
Secondo un recente studio sugli investimenti delle società occidentali in Russia, è emerso che solo una piccola percentuale di imprese ha interrotto le sue relazioni commerciali con Mosca e trasferito le sue filiali altrove dopo l’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale” del Cremlino. La ricerca, condotta dal professor Simon Evenett, dell’Università di San Gallo, e dal professor Niccolò Pisani, dell’International Institute for Management Development (IMD), ha messo in luce che meno del 9% delle aziende occidentali ha disinvestito dalla Russia, nonostante le sanzioni e la pressione che i governi hanno esercitato in tal senso. Secondo lo studio, «le uscite confermate di aziende dell’Ue e del G7 che avevano partecipazioni in Russia rappresentano il 6,5% dell’utile totale al lordo delle imposte di tutte le imprese dell’Ue e del G7 con attività commerciali attive in Russia».
Nello specifico, le imprese europee sono quelle che hanno lasciato la Russia in percentuale minore (8,3%) rispetto a Stati uniti (meno del 18%) e Giappone (15%). Questo in quanto l’Europa è la regione che ha più scambi commerciali con Mosca e non stupisce, dunque, che sia proprio la Germania, considerata il motore economico della Ue, ad avere mantenuto il maggior numero di aziende pienamente attive in Russia dopo il febbraio 2022. Ciò dimostra che la propensione a rimanere o ad abbandonare la Federazione è diversa da Paese a Paese e, in particolare, tra i membri del G7 e dell’Ue. Gli autori dello studio precisano quindi che «Questi risultati mettono in discussione la volontà delle aziende occidentali di separarsi dalle economie che i loro governi ora considerano essere rivali geopolitici». Per quanto riguarda l’Italia, la ricerca afferma che sono più le compagnie rimaste in Russia che quelle che l’hanno abbandonata.
Alcune grandi multinazionali ad avere lasciato completamente la Russia sono Ford, Renault, McDonald’s, Ikea e Shell, secondo un elenco compilato dall’università di Yale. Altri giganti come Unilever, il franchise di fast food statunitense Subway e il produttore di pasta italiano Barilla, invece, hanno continuato a operare nel Paese. Pare, dunque, esserci uno scollamento tra le decisioni geopolitiche europee e occidentali e gli interessi economici delle imprese, la maggioranza delle quali ha ignorato la guerra commerciale intrapresa dal G7 e dalla Ue contro Mosca per salvaguardare i propri affari. Tuttavia, gli autori dello studio sottolineano che «crescono le pressioni sulle aziende affinché si separino dai rivali geopolitici» e che i «fautori del reshoring della produzione, del friend-shoring e simili hanno preso il sopravvento dall’inizio della pandemia di Covid-19». Si chiedono quindi se tale cambiamento si tradurrà in un cambiamento globale nel commercio decretando la fine della globalizzazione e se le multinazionali sono pronte per questo. «Molte compagnie occidentali hanno speso decenni e decine di miliardi di dollari o euro per costruire business in economie ora ritenute rivali geopolitiche. Quanto sono pronte queste imprese per riportare indietro l’orologio sulla globalizzazione?»
Lo studio in questione è stato criticato da Jeffrey Sonnenfeld e Steven Tian, i redattori della lista delle imprese che hanno abbandonato la Russia, in quanto accusano gli autori di aver «fabbricato i dati». Per questo hanno scritto una lettera di protesta al giornale Politico. Tuttavia, l’Università di San Gallo e l’IMD hanno respinto con forza tali accuse, affermando che «La presunta fabbricazione di dati è un attacco all’integrità dei nostri colleghi». Il risentimento verso lo studio potrebbe derivare anche dal fatto che i dati in esso contenuti smentiscono la narrativa dominante secondo cui la Russia è sempre più isolata, mettendo in risalto piuttosto come anche le imprese occidentali, e in particolare europee, siano commercialmente legate a Mosca e come le decisioni prese dal G7 dopo l’invasione dell’Ucraina stiano contribuendo a ridefinire la globalizzazione con esiti non sempre positivi per le compagnie delle nazioni industrializzate.
Dopo la smentita delle tesi circa il fallimento dell’economia russa, dunque, anche il mantra dell’isolamento di Mosca – ripetuto incessantemente dal mainstream e dalle istituzioni – viene sgretolato: non solo, infatti, non è stata isolata dalla maggioranza degli Stati del mondo, ma anche molte multinazionali occidentali hanno proseguito i loro affari con la Federazione nonostante le pressioni governative e le sanzioni imposte al Cremlino. E ciò per evitare gravi ripercussioni sul fatturato aziendale che avrebbero colpito ulteriormente l’economia già debole del Vecchio continente. [di Giorgia Audiello]
L’ombra della corruzione torna a calare sull’Ucraina. Andrea Muratore il 24 Gennaio 2023 su Inside Over.
L’Ucraina torna nella morsa della corruzione? Questo il timore di Volodymyr Zelensky dopo che il viceministro per lo Sviluppo delle infrastrutture, Vasyl Lozynski, è stato arrestato dalla polizia a Kiev. Lozynski è stato fermato con l’accusa di aver intascato 400 mila dollari di tangenti nel contesto dell’acquisto da parte del suo ministero di generatori elettrici che sarebbero stati procacciati a prezzi lievitati. Cosa più grave, il lotto incriminato sarebbe tra quelli acquistati per proteggere le forniture elettriche alle città ucraine colpite dai missili russi.
“L’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina e l’Ufficio del procuratore specializzato anticorruzione hanno denunciato e fermato le attività di un gruppo criminale organizzato che includeva il vice ministro dello sviluppo delle comunità, dei territori e delle infrastrutture dell’Ucraina”, si legge nella dichiarazione. delle autorità di Kiev che hanno fermato Lozynski. La tangente che avrebbe accettato sarebbe stata pari a circa il 10% dello stanziamento governativo per i generatori d’emergenza necessari ad affrontare il gelo invernale
Ora per Lozynski il rischio di una pena severa è elevata: lo sciacallaggio bellico è punito come aggravante della corruzione e il viceministro decaduto classe 1986 può rischiare fino a dodici anni di galera. Tra le aggravanti, secondo il Kyiv Independent, anche quella dell’associazione a delinquere, dato che Lozynski sarebbe stato il vertice di una rete di 150 tra complici e fiancheggiatori.
Un duro colpo per il governo di Volodymyr Zelensky, colpito in una decina di giorni dalle dimissioni dell’ex consigliere strategico Oleksey Arestovych e dalla morte, nell’incidente in elicottero di Kiev del 18 gennaio scorso, del ministro dell’Interno Denys Monastyrsky, del suo vice, Yevhen Yenin, e del segretario di Stato del ministero, Yurii Lubkovich, i tre uomini che controllavano la rete di intelligence ucraina. La corruzione è una piaga endemica nel Paese dai tempi dell’indipendenza dall’Urss e il presidente divenuto comandante in capo del Paese sotto attacco ha promesso di eradicarla sia durante la campagna elettorale nel 2019 sia dopo l’invasione russa.
E come riporta StartMag, potrebbe non essere finita qui: “Sotto la lente d’ingrandimento della lotta alla corruzione sarebbe finito anche il ministro della Difesa, Oleksiy Reznikov, che secondo i media locali avrebbe firmato un accordo a prezzi due o tre volte superiori a quelli attuali per i prodotti alimentari di base”. Sarebbe una batosta per Zelensky, dato che Reznikov è l’uomo del dialogo sulle armi con l’Occidente, reduce della conferenza di Ramstein in cui ha incassato nuovi sostegni militari.
La corruzione in Ucraina, del resto, è in peggioramento da diverso tempo, complice la guerra. Lo ha sottolineato anche Federico Giuliani su queste colonne a maggio. E prima della guerra lo rilevava anche la Corte dei Conti Ue in un report, scrivendo che “in Ucraina la corruzione rimane presente ad ogni livello dello Stato. L’Unione Europea ha cercato di combattere il fenomeno nel Paese, convogliando fondi e interventi in svariati settori, dalla concorrenza al sistema giudiziario, ma il sostegno fornito e le misure attuate non hanno prodotto i risultati attesi”.
Per Zelensky, dunque, si apre una nuova “guerra” legata alla gestione dei presunti fondi neri mossi dalla corruzione nel Paese e di cui si sono avvantaggiati non meglio precisati profittatori di guerra. Una logica purtroppo molto diffusa in ogni Stato in guerra, specie quelli in Stato d’assedio come l’attuale nazione ucraina. La scure del governo però si è abbattuta con durezza sul viceministro indagato, che come detto ora rischia grosso.
Questa storia insegna chiaramente molto dei problemi atavici dell’Ucraina, Paese che avrà necessità di ricostruire appieno la sua struttura politica e la sua credibilità sul fronte internazionale in un’ottica di trasparenza e chiarezza. E in cui Zelensky dovrà stare ben attento a gestire i nuovi assetti di potere venutisi a creare nel Paese, specie il legame osmotico con molti oligarchi di spicco da cui la presidenza appare strutturalmente dipendente. E che proiettano, già oggi, numerose ombre sul domani del Paese. Messo a repentaglio dalla guerra ma non privo di problemi anche sul piano dei rapporti tra mondo economico e politica. Un campo in cui l’Ucraina somiglia pericolosamente alla nemica Russia, anche a causa delle forzature accelerate dalla guerra.
Dacci ancora un minuto del tuo tempo!
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L'inizio dell'operazione Barbarossa e la coalizione dei volenterosi. Piccole Note (filo Putin) il 24 Gennaio 2023 su Il Giornale.
“Chi avrebbe mai pensato che la Germania avrebbe subito critiche per non aver inviato carri armati a combattere la Russia?” Infatti”. Inizia così un articolo di Rod Dreher su American Conservative che riporta il grido di allarme lanciato da Peter Hitchens sul Daily Mail per quanto avvenuto nell’assise di Ramstein, nella quale la Nato ha delineato le nuove direttive per la guerra ucraina.
Ramstein ha aperto la porta di Giano
“Questo è il momento in cui abbiamo iniziato l’inarrestabile discesa verso un terribile pericolo che molti di noi rimpiangeranno amaramente nei tempi a venire“, scrive Hitchens. Quindi, dopo aver accennato alle derive dell’informazione, continua così: “Tocca a me dirvi che è una grave stupidità da parte dell’Occidente fornire all’Ucraina carri armati moderni. A differenza di altri personaggi dei media e della politica, non sono un esperto militare. Ma so a cosa servono i carri armati, e non è certo a difendersi”.
“Ciò che abbiamo appena deciso di fare è prolungare e aggravare la guerra. Forse i nuovi carri armati spazzeranno via tutto quel si troveranno davanti. Forse si impantaneranno. Forse tenteranno di prendere la Crimea. Forse parteciperanno a a una Victory Parade nella Piazza Rossa. Non lo so. Ma se entrano in quello che la Russia considera il proprio territorio, allora non stupitevi di ciò che accadrà”.
Infatti, dopo la svolta di Ramstein “c’è la reale possibilità che una grossa fetta d’Europa possa essere trasformata in un cimitero radioattivo e che la rappresaglia convenzionale americana (che sarà furiosa e potente) ci farà fare un ulteriore passo avanti nel mondo dell’orrore, dei lutti, dell’esodo, della pestilenza e della povertà che da sempre sono causati dalla guerra. Se ciò accade, forse un numero maggiore di persone potrebbe voler capire perché tutto ciò è iniziato”.
Allarme giustificato, data la spinta di Ramstein ad avviare la terza guerra mondiale. Se il povero Cancelliere tedesco Olaf Sholz è riuscito finora a negare sia i Leopard 2 che ha in magazzino che quelli venduti a Paesi terzi, sta subendo una pressione fortissima per farlo. Anche in patria, dove il ministro degli Esteri Annalena Baerbock, la Liz Truss teutonica, ha dichiarato che Berlino potrebbe dare il suo placet all’invio di quelli all’estero.
Resta da vedere quanta forza d’urto riuscirà a mettere insieme tale spinta, cioè quanti carri pesanti si andranno a unire ai 14 Challenger 2 britannici ed eventualmente ai 20 Leopard 2 polacchi, già pronti per Kiev. Carri che andranno ad appoggiare le manovre dei più vetusti Bradley americani e degli altri veicoli corazzati in arrivo.
Peraltro, i carri pesanti saranno equipaggiati da personale militare Nato in incognito, dal momento che è praticamente impossibile addestrare gli ucraini in così pochi mesi, né si possono dare in mano armamenti tanto importanti dal punto di vista tattico e tanto costosi a personale inesperto. Un ulteriore passo verso l’ingaggio diretto della Nato nel conflitto.
D’altronde, si va allo scontro frontale. Così Simon Tisdall sul Guardian (ripreso da American Conservative): “L’Europa deve combattere. L’ha realizzato lentamente. Ma, quasi un anno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la maggior parte dei governi occidentali ha finalmente capito che la guerra per la sopravvivenza di Kiev è anche la loro guerra […] L’Europa deve combattere. Non ha scelta“.
“I timori di un’escalation, persino di un conflitto nucleare, espressi più volte dal governo tedesco, sono superati ogni giorno dall’orrore dell’inesorabile carneficina di Putin”. Come commenta Rod Drher, “ciò è folle”. Ed è tale la follia che sta dilagando in Occidente.
Tisdall parla a nome della Gran Bretagna, non a caso scrive mentre Boris Johnson è a Kiev a spingere Zelensky verso nuovi orizzonti, ma anche a nome della Nato e delle élite di Davos, che in combinato disposto stanno guidando l’Occidente in questa folle avventura.
Non solo i carri armati, subito dopo lo svolgimento degli incontri di Ramstein e Davos, i Paesi Bassi hanno dichiarato di voler inviare a Kiev anche gli F-16, dichiarazione sostenuta anche dall’ambasciatore Usa presso l’OSCE Michael Carpenter.
Primo indizio che si vuole supportare l’eventuale offensiva di primavera ucraina anche con l’aviazione, perché è presumibile che ai Paesi Bassi vadano ad affiancarsi altre nazioni pronte a inviare i propri jet da combattimento. Questa la nuova frontiera dell’escalation.
La carneficina di Bakhmut
Uno sforza immane da parte della Nato, che però denota anche un certo nervosismo. Il problema è che la situazione sul campo di battaglia non è esattamente come avevano sperato i suoi strateghi.
Come previsto invece da altri analisti molto più realisti, la controffensiva russa sta producendo i suoi effetti usando il generale inverno e la difesa di Bakhmut sta dissanguando l’esercito ucraino.
Riportiamo da Antiwar: “Il servizio di intelligence estero tedesco stima che Kiev stia perdendo un ‘numero a tre cifre’ di soldati ogni giorno, riferisce Der Spiegel. Tale valutazione è stata resa nota ai politici tedeschi nel corso di un incontro segreto svolto questa settimana”.
“Il servizio di intelligence federale tedesco (BND) è ‘allarmato’ per l’elevato numero di perdite che l’Ucraina sta subendo. L’articolo afferma che Berlino ritiene che l’Ucraina stia perdendo ogni giorno un numero a tre cifre di soldati nella battaglia di Bakhmut”.
Una valutazione simile è stata fatta dalla Casa Bianca, secondo la Reuters, tanto che avrebbe chiesto a Kiev di disimpegnare i propri soldati dalla difesa della cittadina, perché ciò scopre il fronte, come d’altronde si è visto ieri con la nuova attività russa nella regione di Zaporizhzhia (il cui primo scopo è quello di evitare che Kiev dirotti altre forze verso Bakhmut).
Peraltro, quella di Bakhmut è una carneficina inutile: la città è quasi circondata e i rinforzi che via via sono arrivati sono stati accolti da un volume di fuoco impressionante proveniente da ogni dove. Impossibile ripararsi.
Tale macelleria, peraltro, pone criticità alla possibilità di dare corpo all’offensiva di primavera delineata a Ramstein. I carri armati devono per forza supportare un esercito e l’esercito ucraino rischia di non avere più il potenziale per l’obiettivo, data anche l’ampiezza del fronte.
Si voleva creare un nuovo Afghanistan per la Russia, ma non si è tenuto che in Afghanistan la guerra di logoramento è stata vinta grazie a un esercito di miliziani reclutato in tutto il mondo arabo. Ma si trattava di irregolari buoni per una guerriglia estenuante consumata nei meandri delle asperità di quel Paese. Non si può fare altrettanto in una guerra campale.
E se la macelleria dell’esercito ucraino continua a tale ritmo, rischia di essere degradato al punto di non essere più sufficiente per ingaggiare il nemico. Così, se si vorrà prolungare la guerra a oltranza, come da proclami insistenti, contractors e militari Nato sotto mentite spoglie usati finora potrebbero non essere sufficienti a tappare i buchi che si stanno aprendo nelle forze ucraine. Servirà l’intervento di un esercito vero e proprio, o il solo esercito polacco o più massive forze Nato.
Da questo punto di vista, appaiono significative le dichiarazioni di Varsavia sulla creazione di “una piccola coalizione di paesi pronti inviare carri armati”. Tale gruppo, domani invierà i veicoli, dopodomani potrebbe fornire militari, modulazione più realistica dello schema delineato alcuni mesi fa dall’ex capo della Cia David Petreaus, il quale aveva proposto l’intervento di una “coalizione di volenterosi” in stile Iraq.
Tale ipotesi è evidenziata anche dal diniego del presidente polacco Duda, che ha dichiarato: “I soldati polacchi non andranno assolutamente in guerra e credo fermamente che non dovranno combattere”. Parole di conforto, ma che segnalano le pressioni in tal senso.
Di conforto anche il tweet di Elon Musk: “Sono super pro-Ucraina, ma un’escalation inarrestabile è molto rischiosa per l’Ucraina e per il mondo”. In Occidente c’è ancora una riserva di ragionevolezza.
Perché l’Ucraina vuole i carri armati Leopard? Storia di Andrea Nicastro su Il Corriere della Sera il 23 gennaio 2023.
Perché l’Ucraina vuole i carri armati Leopard? La risposta più semplice è: sta finendo i suoi. In mancanza di numeri ufficiali (top secret) bisogna affidarsi alle stime. Le più attendibili dicono che i tank persi dall’esercito di in quasi un anno di guerra variano dai 400 a 600. Le stesse stime ipotizzano che per la Russia sia andata molto peggio: i carri armati perduti potrebbero essere anche più di 1.600. Il problema è lo stock iniziale. Gli ucraini ne avevano 800, quindi ne hanno persi oltre il 50%. I russi ne avevano lo strabiliante numero di 12 mila e ne hanno quindi persi poco più del 10%, la maggior parte dei quali erano i più vecchi in magazzino. Tiro a distanza
Taras Berezovets faceva il politologo prima dell’invasione, adesso è capitano della prima Brigata Forze speciali ucraine. «Sul fronte — racconta — stiamo cominciando a vedere i primi T90 russi, Proryv, da sfondamento, particolarmente pericolosi. Per fortuna ne hanno pochi, dicono 500, ma credo solo un centinaio già schierati. Quasi tutti gli altri loro tank sono ormai i T80 modernizzati che sovrastano nettamente i modelli sovietici precedenti T64, T72 e T80 prima versione che abbiamo noi ucraini. I T80 modernizzati russi sparano a 6 chilometri, i nostri T80 solamente a 4. In guerra questo fa tutta la differenza del mondo». I social di Kiev appoggiano le richieste del governo di nuovi tank con la campagna «liberate i leopardi». Si pubblicano foto di bambini con pelliccette a macchie, modelle con intimi animalier. Per l’ex comandante delle forze di terra polacche, Waldemar Skrzypczak, il Leopard sarebbe l’arma della vittoria. «I carri russi, compresi i loro decantati T-14 Armata, non avrebbero possibilità di sopravvivere in battaglia ai Leopard». Anche il colonnello ucraino Oleg Zhdanov è della stessa scuola: «I Leopard sono precisi, con un’ottima corazza e velocità di fuoco».
In effetti i Leopard sono stati progettati dalla durante la Guerra Fredda proprio per combattere i carri sovietici. Nel frattempo però anche Mosca ha fatto progressi e non è detto che in Ucraina arrivi la versione più moderna e costosa del carro tedesco. I Leopard standard, ad esempio, usano un cannone da 120 mm preciso anche in movimento che raggiunge bersagli a 5 chilometri. Buono, ma comunque un chilometro meno dei T80 modernizzati russi.
Risolutivi o meno, i Leopard sono gli unici disponibili in un numero sufficiente per fronteggiare gli enormi magazzini di Mosca. Non sono 10 mila come i carri russi teoricamente disponibili, ma più di 2 mila sì con l’ulteriore vantaggio di avere munizioni diffuse in tutta Europa e una logistica accessibile visto che potrebbero essere riparati in Polonia e Repubblica Ceca.
Le triangolazioni
E se la Germania dopo il primo via libera ai Leopard già in Polonia non ne concedesse altri? Kiev è sicura di trovare altre strade: i Leopard potrebbero diventare merce di scambio. «La Germania — assicura Roman Svitan, analista militare ucraino — sta vendendo i nuovi Leopard 2A4 a Cipro e Cipro potrebbe passarci i suoi T80. Ne ha quasi cento». Stesso schema se la Polonia ricevesse gli Abrams americani: i Leopard polacchi andrebbero diritti in Ucraina. «Tante le triangolazioni possibili», assicura Svitan. Con lanciarazzi a spalla e droni sul campo di battaglia, i tank non dovevano essere un’arma superata? «No — dice il capitano delle Forze speciali Berezovets — la fanteria avanza più sicura se alle spalle ha questi mostri. Nella battaglia di Balakliya ( Kharkiv) abbiamo scatenato la 3° Brigata corrazzata ucraina (la Zalizna, Ferro) e i russi sono scappati come topi fuori dalle trincee. La verità è che i tank fanno paura. Un uomo a piedi davanti a una macchina da 60 tonnellate come i Leopard si sente debole, smette di combattere».
Leopard 2, il carro armato che Kiev vuole per vincere la guerra. Sergio Barlocchetti su Panorama il 23 Gennaio 2023
Caratteristiche tecniche, armamento, manovrabilità. Il tank tedesco è sicuramente il blindato più potente tra quelli in uso in Ucraina in questi mesi e potrebbe fare la differenza
“Centinaia di grazie non sono centinaia di carri armati” , ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky all'incontro di venerdì 20 gennaio con i funzionari della Difesa della Nato a Ramstein, in Germania. Kiev vuole più carri armati e la scelta più razionale cadrebbe sui Leopard 2 di produzione tedesca, un carro armato da battaglia attualmente in servizio in una ventina di nazioni in tutto il mondo, dei quali 13 attuali membri dell’Alleanza.
Di fatto il Leopard 2 è uno dei mezzi pesanti più apprezzati al mondo, e quanto a prestazioni offensive secondo soltanto allo M1 Abrams di fabbricazione americana. I motivi per i quali sarebbe la dotazione perfetta per contrastare i prossimi attacchi russi in Ucraina sono molteplici: le unità sono già relativamente vicine al fronte, sono tecnicamente evolute e l’addestramento dei carristi ucraini sarebbe rapido. Il Leopard 2 è stato originariamente progettato negli anni Settanta per l'esercito della Germania occidentale in risposta alle minacce sovietiche della Guerra Fredda, progettando un carro che potesse muoversi rapidamente su una varietà di terreni, mentre dal punto di vista dell’armamento che potesse affrontare e neutralizzare proprio i tipi di carri armati che la Russia ha finora utilizzato sul terreno ucraino. Ogni unità ha un cannone da 120 mm di calibro 44 o 55 e un motore Mtu Mb 873 Ka-501, 12 cilindri a V, turbo-diesel raffreddato a liquido da 1.500 cavalli che gli consente di muoversi a una velocità massima di oltre 70 kmh con un’autonomia di 550 km. Ha una corazzatura tra le più robuste esistenti e, se installato, può vantare un sistema di protezione attiva contro i sistemi anticarro. Uno dei motivi per i quali la Germania non può dare in fretta il via libera alla fornitura è quindi anche di tipo tecnico, ovvero, per esempio, la Polonia per inviare 14 unità a Kiev deve attendere l’ok di Berlino al fatto che la versione con dotazioni realizzata per Varsavia possa essere usata così com’è dagli ucraini. Ma Kiev non ha molte alternative: gli Stati Uniti sono riluttanti a inviare carri armati M1 Abrams anche perché, secondo gli americani, questi non sarebbero i più adatti per il tipo di terreno sul quale si troverebbero a combattere, sia perché più pesanti dei Leopard 2, sia perché onerosi da mantenere e non al massimo delle prestazioni qualora fossero alimentati a carburante diesel come i Leopard 2 e non a cherosene Jp8, lo stesso combustibile degli aeroplani militari, in quanto gli M1 sono dotati di motore a turbina Honeywell Agt-1500. Uno dei limiti del diesel, seppure sia più facilmente reperibile del cherosene, è il freddo (il congelamento senza additivi avviene a 2°C), e per prevenire il fenomeno occorrono grandi quantità di additivo. Viceversa, il punto di congelamento del cherosene è attorno ai -40°C ma la sua fornitura è più complessa. Perché a Kiev servono carri armati Sul motivo per il quale, invece, i carri armati sono ritenuti così importanti per la guerra, bisogna considerare che i movimenti dei mezzi blindati pesanti sul campo di battaglia sono stati importanti fin dal febbraio scorso, quando dovendosi difendere, l’Ucraina aveva schierato principalmente i carri T-72 dell'era sovietica, superati per dotazioni rispetto alle varianti aggiornate in uso da Mosca. Motivo per il quale i Paesi occidentali hanno inviato i loro blindati, compresi i Bradley e gli Stryker dagli Stati Uniti, e i Challenger 2 dal Regno Unito. Tuttavia, nessuno di questi mezzi possiede la combinazione di precisione, potenza di fuoco e mobilità dei carri armati realizzati dalla Germania. Alcun sono deboli dal punto di vista dell’armamento, altri sono troppo lenti, altri ancora necessitano di un periodo di addestramento relativamente lungo; quindi pongono il problema di dover togliere dal fronte per periodi lunghi i carristi esperti destinati a diventare istruttori dei reparti ucraini.
Tra i tanti analisti che hanno affrontato la questione, la frase forse più significativa a valle del forum di Ramstein l’ha pronunciata il generale americano (in pensione) Ben Hodges: “Non esiste nessun proiettile d'argento là fuori. Non c'è niente che cambierà completamente l'intero conflitto, ma i carri armati occidentali potrebbero svolgere un ruolo importante già prima della prossima primavera, quando si prevede che sia la Russia, sia l'Ucraina, lanceranno nuovi sforzi nel conflitto”. Dando quindi per scontato che i Leonard 2 tedeschi non sarebbero affatto usati per “difesa” ma per attaccare frontalmente i russi al fine di ricacciarli dietro i confini del gennaio 2022 e forse – pensando alla Crimea – anche a quelli del 2014. Al momento sappiamo che carristi ucraini sono già in addestramento negli Usa e nel Regno Unito per imparare tattiche d’utilizzo di armi combinate in operazioni su larga scala, inclusi aeroplani, unità d’artiglieria e anche carri armati. Un’altra questione fondamentale riguarda quindi il modo con il quale l'Ucraina potrebbe schierare carri armati occidentali sullo scenario di guerra, dove finora la principale vittoria russa è stata il controllo del territorio ucraino tra il Donbass e la Crimea. Ma prima dell'invasione dell'anno scorso l'unico collegamento della Crimea con la Russia era un lungo ponte stradale e ferroviario. Conquistando Mariupol e la terra circostante, le forze russe hanno essenzialmente stabilito un ponte di terra dalla Russia e dalla regione ucraina del Donbass fino alla Crimea. Seppure soltanto gli strateghi ucraini sappiano che cosa accadrà tra poco meno di due mesi, quel territorio potrebbe essere lo scenario di una nuova controffensiva ucraina, come conferma lo stesso generale Hodges: “Gli ucraini sanno che il terreno decisivo è la Crimea e con i carri armati occidentali Kiev potrebbe creare una brigata corazzata da usare come forza dirompente per sfondare quelle difese russe verso Mariupol, con lo scopo di isolare la Crimea dalle vie di comunicazione con Mosca”. Una previsione realista vedrebbe quindi i Leopard 2 permettere un uso più efficace della fanteria sui terreni aperti, guidando e proteggendo l’avanzata delle truppe, mentre nelle aree urbane o boschive, la fanteria può entrare per prima, impedendo al nemico di nascondersi e di occultare armi anticarro nascoste. Mosca si affida ai tank coreani Ieri gli Usa hanno diffuso immagini satellitari dei treni che starebbero trasportando blindati dalla Corea del Nord all'Ucraina; mezzi che però non saranno a disposizione dei russi prima di un mese e che necessitano di un lungo periodo di addestramento. Inoltre il Pokpung-Ho IV - aggiornamento del Pokpung - è comunque più lento, armamento simile al Leopard 2 ma sistemi elettronici meno efficaci. Dotato di un lanciatore doppio per due missili anticarro AT-5 Spandrel, nessuno scontro ufficiale ha potuto dimostrare la reale efficacia. Comunque non superiori ai sovietici T-72, probabilmente meno incisivi del T-14 e dei T-90, ma ce ne sono pochi.
Ucraina, come funzionano i carri armati Leopard e perché Zelensky insiste per averli. Andrea Marinelli e Guido Olimpio su Il Corriere della Sera il 22 gennaio 2023.
Il punto militare 341 | La Nato ha scelto i tank di produzione tedesca perché sono in dotazione a 13 Paesi europei: offrono una riserva consistente e scorte di munizioni. Nuovo bilancio delle vittime russe: c’è chi dice siano 100 mila fra morti e feriti, chi alza la stima a 188 mila
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, 64 anni, davanti a un carro armato Leopard 2 (foto Getty/Dadiv Hecker)
L’importanza dei tank, le perdite pesanti, gli ultimi sviluppi sul campo: sono gli spunti del nostro taccuino dedicato alla crisi. Con Berlino oscillante: domenica sera ha annunciato che non si oppone più alla cessione dei carri armati da parte dei polacchi.
I carri armati
Il balletto della Germania sulla fornitura dei Leopard innesca critiche, ironie da web, spiegazioni sul perché sono così importanti. L’Occidente — ricorda l’esperto Gustav Gressel — ha prima garantito armi per contenere gli invasori, è stata l’epoca dei Javelin anti-tank e degli Stinger anti-aerei, ormai un anno fa. Poi ha spedito artiglierie e i razzi a lungo raggio, «sintetizzati» da un termine: Himars. Ora Kiev ha bisogno di equipaggiamenti che consentano manovre combinate, estese, in coordinamento con fanteria, blindati, droni. L’obiettivo è liberare i territori. Da qui l’opzione Leopard dettata dalle seguenti ragioni.
1) Sono in dotazione a 13 Paesi europei, una riserva consistente.
2) Un solo modello è meglio della Babele di corazzati d’origine diversa. Semplifica la logistica, più facile avere pezzi di ricambio, l’Ue potrebbe creare un meccanismo di assistenza efficace vicino all’Ucraina. La Polonia, tanto per fare un esempio, è pronta a cedere circa 200 dei suoi Leopard e ha annunciato che inizierà comunque il training degli ucraini.
3) Berlino, nel caso mettesse fine al suo blocco, ne avrebbe 19 (versione 2A5) attualmente usati come «nemici» nelle esercitazioni.
Potenza di fuoco
Il carro ha una notevole potenza di fuoco (cannone da 120 mm), è veloce, ha apparati che consentono il combattimento notturno, può garantire un vantaggio nei duelli con il nemico con maggiore precisione di tiro. Consuma meno dell’Abrams statunitense, la Nato — aspetto cruciale — ha scorte di munizioni. Gli ufficiali della resistenza hanno avanzato una richiesta di almeno 300 mezzi e i numeri, in base agli arsenali, ci sono. Con una cautela: non sono chiare le condizioni dei tank in deposito, potrebbero volerci molti mesi per riattivarli. La Spagna aveva dichiarato che i suoi non erano operativi. La Reinhmetall tedesca ha indicato come termine il 2024, un’eternità visto che tutti si aspettano scontri su larga scala tra la primavera e l’estate. Nel frattempo la Francia ha offerto i suoi Amx 10 (Macron non esclude di aggiungere i più pesanti Leclerc) e la Gran Bretagna 12 Challenger 2, iniziative per esercitare pressioni sulla Cancelleria germanica ma anche andare incontro all’esigenza di presentarlo come un piano atlantico, condiviso tra gli alleati. A margine una notizia che è una conferma. Foto hanno mostrato alcuni cannoni semoventi PhZ 2000 inviati dall’Italia, pare una mezza dozzina. Li hanno riconosciuti da alcuni particolari.
Le perdite
Durante il vertice dei donatori a Ramstein è riemerso il dramma dei caduti in battaglia. Il capo di Stato Maggiore statunitense Mark Milley ha sostenuto che Mosca avrebbe perso oltre 100 mila uomini, tra morti e feriti. Valutazione già emersa in passato. Gli analisti dell’Institute for the Study of War alzano a 188 mila, di questi 47 mila uccisi. Molte le ragioni: errori e difficoltà nei primi mesi dell’operazione, le tattiche suicide impiegate dalla Wagner sul fronte orientale, i colpi degli Himars e dei cannoni pesanti, la scarsa attenzione dei comandanti per le truppe considerate sacrificabili. Il generale Milley, però, ha ricordato come anche l’Ucraina veda i suoi soldati spazzati via. Il bilancio resta segreto ma anche per Kiev si parla di circa 100 mila morti e feriti. Altissimo il prezzo — secondo l’intelligence tedesca — sempre a Bakhmut, con centinaia di vittime ogni giorno.
Il campo
Gli invasori hanno sferrato un assalto nel settore di Zaporizhzhia e rivendicano successi contestati dagli ucraini. Quest’ultimi avrebbe guadagnato posizioni nella regione di Kremmina-Svatove dove cercano di raggiungere un’importante linea di comunicazione, da qui la decisione di impiegare molte risorse nonostante la pressione degli occupanti su Bakhmut. Infine un dettaglio sulle difese anti-aeree approntate a Mosca con missili batterie di missili Pantsir sui tetti di ministeri ed edifici pubblici. Un esperto ha rilevato come sia stato creato uno scudo a più cerchi che si sovrappongono per avere la massima protezione del Cremlino. Le misure possono essere lette come un’esercitazione preventiva, la rappresentazione di timori concreti su raid avversari, il segnale rivolto ai cittadini.
IL PUNTO MILITARE GIORNO PER GIORNO
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20 gennaio 2023 - I 10 punti sulla guerra in Ucraina da tenere d’occhio in vista della decisiva battaglia di primavera
19 gennaio 2023 - Gli Usa pronti a inviare a Kiev munizioni con un raggio da 150 chilometri per colpire le basi russe e la Crimea
19 gennaio 2023 - Scholz aspetta, ma Berlino è pronta a dire sì ai carri armati Leopard per la resistenza ucraina
18 gennaio 2023 - Guerra in Ucraina, grandi preparativi sui due fronti: l’Occidente pensa alla primavera, la Russia al lungo periodo
17 gennaio 2023 - Così il direttore della Cia Burns ha convinto Zelensky (e l’Europa) che Putin stava per invadere l’Ucraina
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14 gennaio 2023 - La Bielorussia attaccherà davvero l’Ucraina? Le pressioni, i movimenti, gli allarmi da non sottovalutare
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10 gennaio 2023 - Guerra in Ucraina, i movimenti ai vertici dell’esercito di Putin. Lapin capo di Stato maggiore delle forze terrestri
10 gennaio 2023 - Perché la Wagner vuole a tutti i costi Bakhmut e Soledar
9 gennaio 2023 - Anche Londra valuta di fornire carri armati a Kiev: gli alleati preparano il terreno?
8 gennaio 2023 - La Wagner insiste su Bakhmut nel Donetsk: il capo Prigozhin vuole le miniere e i tunnel
7 gennaio 2023 - Polonia e Finlandia pronte a inviare carri armati all’Ucraina: un passo avanti militare e politico
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5 gennaio 2023 - Trovate componenti prodotte in Usa nei droni iraniani usati da Mosca
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4 gennaio 2023 - L’Ucraina attende la risposta russa. E Putin inaugura una fregata con il missile ipersonico Zircon
3 gennaio 2023 - La gestione della battaglia: il tridente di Kiev e i contrasti di Mosca
3 gennaio 2023 - Ucraina, perché l’inverno non ha fermato la carneficina: ecco come prosegue la guerra
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6 ottobre - Dugina, perché gli Usa hanno rivelato il coinvolgimento dell’Ucraina nella sua morte
5 ottobre - La guerra delle immagini in Ucraina: Kadyrov al fronte, i premier europei armati
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2 ottobre - Ci sono fratture interne al Cremlino? E quant’è vicino un attacco nucleare? I tre assi dell’intelligence occidentale
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27 settembre - Le «sorprese» di Zaluzhny, il generale che ha inventato la resistenza ucraina
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24 settembre - Putin guarda oltre il 2023: «Vuole spingere l’Ucraina a restare senza proiettili prima che la Russia finisca i soldati»
23 settembre - Il primo effetto della mobilitazione: Putin torna a dettare l’agenda della guerra
22 settembre - Putin e la mobilitazione parziale: quando si vedranno gli effetti sul campo, in Ucraina?
22 settembre - L’ombra dell’atomica dopo i referendum: così Putin usa la minaccia estrema contro l’Occidente
21 settembre - Cos’è la mobilitazione parziale ordinata da Putin in Russia (e perché è una dichiarazione di guerra)
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16 settembre - I funzionari filorussi uccisi e i nuovi aiuti militari americani: l’aggiornamento sulla guerra in Ucraina
15 settembre - Yevgeny Prigozhin al centro della guerra: lo chef di Putin arruola detenuti e (forse) gestirà le operazioni in Ucraina
14 settembre - Così l’Ucraina ha battuto i russi allo sbando, a Kharkiv (ma l’euforia può essere rischiosa)
13 settembre - Il bottino di guerra degli ucraini «quantifica» la sconfitta russa nel nordest
12 settembre - La prudenza dell’Ucraina e la minaccia della Russia: quali saranno le mosse future?
11 settembre - Psicologia, intelligence, armi e addestramento: le chiavi della svolta ucraina nel nordest
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8 settembre - La guerra in Ucraina entra in una nuova fase: Kherson, Kharkiv e Bakhmut i fronti della battaglia
7 settembre - Gli ucraini contrattaccano a Kharkiv: la resistenza conduce una guerra delle opportunità
6 settembre - Perché Putin sta comprando milioni di proiettili dalla Nord Corea?
5 settembre - Kherson, i filorussi rinviano il referendum per l’annessione: un segnale positivo per Kiev?
4 settembre - Controffensiva di Kiev a Kherson, prevale l’incertezza: gli ucraini avanzano o sono in difficoltà?
2 settembre - La Nato «insegue» (di nuovo) un sottomarino russo?
1 settembre - Il suggerimento degli Usa agli ucraini: concentrarsi su un solo fronte
31 agosto - Obiettivi militari, ma anche politici, per la controffensiva su Kherson
30 agosto - I «trucchi» della resistenza ucraina per ingannare i raid russi
29 agosto - Ucraina, è partita la controffensiva per Kherson? La resistenza colpisce sul fronte meridionale
28 agosto - I partigiani ucraini a caccia di traditori e la tattica di resistenza americana: cosa sta succedendo
27 agosto - Droni iraniani e missili dalla Siria: l’angolo mediorientale della guerra in Ucraina
26 agosto - Guerra in Ucraina, tre aspetti decisivi dei combattimenti: sorpresa, durata, difesa
25 agosto - Putin ordina l’aumento delle truppe: entro gennaio 137 mila uomini in più per la guerra in Ucraina
24 agosto - Le forniture di Washington e Berlino allungano l’orizzonte della guerra in Ucraina: armi sul campo fra 1 o 2 anni
23 agosto - Gli Stati Uniti forniscono alla resistenza ucraina armi in modo «coperto»?
22 agosto - Sei mesi di guerra tra Ucraina e Russia: la marcia su Kiev, il gelo delle trattative
21 agosto - L’offensiva dei droni: così gli ucraini colpiscono un nemico più potente
20 agosto - L’attacco dell’Ucraina contro la base della Flotta russa del Mar Nero, in Crimea, in pieno giorno
19 agosto - Putin, gli errori dei servizi segreti russi e il piano (fallito) di un governo fantoccio a Kiev
17 agosto - Razzi, commandos, partigiani: il triplo cerchio sulla Crimea
16 agosto - Cosa c’è dietro le nuove esplosioni in Crimea (e i problemi ai cannoni arrivati dalla Germania)
14 agosto - Duello di artiglieria a sud e a est: il passo lento russo, la risposta ucraina
11 agosto - Guerra in Ucraina, a che punto siamo: eserciti bloccati, sud conteso e forniture occidentali
10 agosto - Le esplosioni in Crimea e la gestione «all’israeliana» del conflitto da parte di Kiev
8 agosto - La «guerra dei ponti»: colpiti dagli ucraini, rimpiazzati dai russi
7 agosto - Guerra in Ucraina, dalla Lituania alla Macedonia del Nord: le piccole retrovie «coraggiose» di Kiev
6 agosto - Ucraina, gli Usa inviano blindati da soccorso per i feriti: un aiuto per il morale di Kiev
5 agosto - Gli Himars sotto il veto di Washington, Mosca lancia un satellite spia iraniano
4 agosto - Kiev e Mosca, le prossime mosse: due scenari e molte incognite
3 agosto - Zelensky: «Il Donbass è un inferno, gli Himars un sinonimo di giustizia»
2 agosto - Kiev crea la «valle dei droni» con Polonia e Stati Uniti: un laboratorio d’innovazione per la guerra moderna
1 agosto - Ucraina, la strategia della corrosione: così la resistenza colpisce il morale e la capacità di combattere dei russi
31 luglio - Kiev, i «guai» delle armi inviate e i ritardi tedeschi
30 luglio - L’Ucraina come il Vietnam: a Washington pensano di inviare «consiglieri» per gestire gli aiuti
29 luglio - Ucraina, missili su città e civili: cosa c’è dietro la strategia del terrore di Putin
28 luglio - Kherson, come sarà la controffensiva degli ucraini per riconquistare parte del sud
27 luglio - Se gli ucraini riconquistano Kherson potrebbero trattare con Mosca: hanno «3-6 settimane cruciali»
26 luglio - Guerra in Ucraina, il bilancio dei primi 5 mesi: operazioni, artiglieria, intelligence, logistica
25 luglio - Ucraina, la battaglia dei ponti e quella dei droni: la narrazione del conflitto si sposta a Kherson
24 luglio - La Russia prepara i referendum nei territori occupati, l’Ucraina è pronta alla controffensiva per liberarli
23 luglio - Per Zelensky un cessate il fuoco farebbe il gioco dei russi: potrebbero consolidare i territori
22 luglio - Ucraina, i russi stanno davvero rallentando le operazioni nel Donbass?
21 luglio - Putin, quali sono i nuovi obiettivi di Mosca in Ucraina? Gli scenari
20 luglio - Mosca teme gli Himars ucraini, Kiev è alle prese con la «Babele» degli aiuti
19 luglio - Zelensky a caccia di spie e traditori: cosa c’è dietro la rimozione di Bakanov e Venediktova
18 luglio - Ucraina, il doppio binario del conflitto: gli obiettivi sul campo e quelli politici degli alleati
17 luglio - Kiev-Mosca, la lunga battaglia dell’estate prima che l’inverno «ostacoli» le manovre
16 luglio - L’ordine di Mosca: attacchi più intensi per fermare l’artiglieria ucraina. Inizia una «nuova fase»?
15 luglio - Ucraina, la battaglia dei numeri: Kiev non fornirà più i dati sulle perdite subite
14 luglio - Il raid dietro le linee degli ucraini a Kherson per liberare 5 prigionieri
13 luglio - Gli alleati di Kiev temono il contrabbando delle armi fornite alla resistenza ucraina
12 luglio - Mosca chiede droni all’Iran, Kiev colpisce con gli Himars: la battaglia si allunga nelle retrovie
11 luglio - Putin e la mobilitazione fantasma con «volontari», soldati da province remote, detenuti
10 luglio - I russi «cercano» i cannoni nemici, nuove munizioni americane per Kiev
9 luglio - In Ucraina è caccia ai traditori: oltre 800 collaborazionisti arrestati dall’inizio della guerra
8 luglio - La resistenza Ucraina colpisce i depositi di munizioni e complica la logistica russa
7 luglio - Ucraina, l’impatto delle armi occidentali e la «pausa» dell’Armata russa
6 luglio - Shaman, il battaglione d’élite con cui gli ucraini conducono sabotaggi in territorio russo
5 luglio - L’Ucraina è in difficoltà: quali sono i problemi e di cosa ha bisogno la resistenza?
4 luglio - La Russia ha raggiunto l’obiettivo nel Donbass: come proseguirà ora la guerra in Ucraina?
3 luglio - Kiev, Melitopol, Belgorod: la guerra delle città porta la battaglia nelle case
2 luglio - Putin vuole la mobilitazione industriale della Russia: Mosca ammette di essere a corto di armi e munizioni
1 luglio - Gli ucraini danno la caccia alle spie russe: arrestato un ex agente del Kgb che ha favorito il colpo di Yavoriv
30 giugno - I russi si ritirano dall’Isola dei Serpenti: quali sono le conseguenze nella battaglia del Mar Nero?
29 giugno - Ucraini in difficoltà: mancano i visori e le comunicazioni sono precarie
28 giugno - Usa, i dubbi sulla guerra: «Difficile che gli ucraini riescano a conquistare i territori perduti»
27 giugno - Campagna di terrore sui civili ucraini: 60 missili in 72 ore. Centrati (grazie agli aiuti) depositi russi
26 giugno - Shoigu visita il Donbass mentre i raid «puniscono» i civili ucraini
25 giugno - Sabotaggi e sotterfugi: la guerra delle munizioni tra Russia e Ucraina
24 giugno - Che cosa significa la ritirata degli ucraini da Severodonetsk?
23 giugno - Così la Russia invia il grano rubato all’Ucraina nei porti siriani
22 giugno - Nel Donbass la situazione è critica ma la resistenza contrattacca a sud
21 giugno - Missili e piattaforme per l’estrazione del gas: riprende la battaglia del Mar Nero
20 giugno - Armi all’Ucraina, la prova del tempo e della «fatica» occidentale: per quanto continueranno gli aiuti?
19 giugno - La controffensiva degli ucraini per riconquistare Kherson: raid aerei, sabotaggi e attacchi partigiani
18 giugno - Eserciti impantanati e migliaia di vittime: senza vincitori si va allo scenario coreano?
17 giugno - La Russia ha tentato di infiltrarsi con una spia nella Corte internazionale dell’Aja
16 giugno - Gli ucraini perdono 1.000 uomini al giorno, i due schieramenti sono al limite delle forze
15 giugno - Vecchie armi «sovietiche», usura, manuali: tutte le difficoltà (e i dubbi) dei rifornimenti all’Ucraina
14 giugno - La battaglia aerea nei cieli dell’Ucraina: Mosca intensifica l’azione, i piloti di Kiev addestrati dagli Usa
13 giugno - Il fronte naturale del fiume Siverskiy Donets, il «Piave ucraino» usato per rallentare la marcia russa
12 giugno - Nel Donbass la guerra elettronica dei russi ha «accecato» gli ucraini
11 giugno - Ucraina, il dilemma delle munizioni: quelle sovietiche stanno finendo, ma le armi occidentali non bastano
10 giugno - Mar Nero, la battaglia navale e commerciale: mine e missili nel duello fra Mosca e Kiev
9 giugno - Donbass, l’urbanicidio dei russi: l’Armata attua la tattica della «terra bruciata»
8 giugno - Armi, mezzi e uomini: come si sta riorganizzando l’esercito ucraino?
7 giugno - La guerriglia dei partigiani ucraini: bombe, sabotaggi e proteste per respingere l’invasore russo
6 giugno - Severodonetsk, nella battaglia per il Donbass gli ucraini schierano i volontari stranieri
5 giugno - La guerra dei convogli: Mosca attacca gli aiuti occidentali, Kiev «ricuce» strade e binari
4 giugno - Severodonetsk, le truppe russe rallentano e gli ucraini contrattaccano: l’Armata è caduta in trappola?
3 giugno - Ucraina, il peso del fattore umano nell’offensiva russa in Donbass
3 giugno - Putin rimuove il generale Dvornikov, secondo gli ucraini: al suo posto il vice ministro della Difesa Zhidko?
2 giugno - Armi, trincee, logistica, intelligence: i primi 100 giorni di guerra in Ucraina
1 giugno - A Severodonetsk la Russia sfonda, ma è una guerra di lunga durata
31 maggio - Così la Russia è riuscita ad avanzare nel Donbass
31 maggio - Assalto russo a Severodonetsk dal cielo e via terra: è guidato da Zhidko, fedelissimo di Putin
30 maggio - Ucraina, come proseguirà l’avanzata russa in Donbass (e quanto reggerà)?
29 maggio - Gli aiuti all’Ucraina alla prova del campo di battaglia: le difficoltà di armi e volontari
28 maggio - Severodonetsk, gli ucraini pensano al ripiegamento: i 3 fattori che avvantaggiano i russi
27 maggio - Ucraina, dai «piccoli» Stinger ai lanciarazzi a lunga gittata: cronologia della svolta americana
26 maggio - Armi, obiettivi e propaganda: la settimana nera dell’esercito ucraino
25 maggio - La Russia sta vincendo nel Donbass?
24 maggio - L’estate di guerra: la manovra aggirante dei russi e la controffensiva in stallo degli ucraini
24 maggio - A Kiev i nuovi missili Harpoon: cosa sono e come saranno usati per rompere il blocco navale di Mosca
23 maggio - Missili, intelligence, incursioni: il ruolo dei sommergibili russi nel Mar Nero
23 maggio - Donbass, l’avanzata russa e la paura di Zelensky: «Perdiamo 100 soldati al giorno»
22 maggio - Donbass, il punto militare: la spinta russa e l’allarme lanciato da Zelensky
22 maggio - Porto di Odessa, il blocco navale russo che affama il mondo. Perché gli alleati ora vogliono forzarlo
21 maggio - Sabotaggi, assalti ai treni e collaborazionisti: la guerra dietro le linee
20 maggio - Russia, nuove epurazioni del Cremlino: sospesi il generale Kisel e il viceammiraglio Osipov
20 maggio - Ucraina, dagli Usa un altro pacchetto di aiuti da 100 milioni: fornito un intero battaglione di artiglieria
19 maggio - Il vantaggio della Russia: l’Armata avanza nel Donbass e cerca di consolidare i territori conquistati
18 maggio - Donbass, i russi accerchiano Lyman e guadagnano territorio: l’avanzata è lenta, ma prosegue
18 maggio - Cosa significa la caduta di Mariupol e la resa degli ultimi combattenti della Azov?
17 maggio - Il reticolo colorato dei voli Nato verso Rzeszow e i missili russi per intercettare i rifornimenti di armi
16 maggio - Il reclutamento mascherato di Putin per colmare i vuoti nei battaglioni in Ucraina
16 maggio - L’informazione social sulla guerra in Ucraina: gli account non ufficiali che tengono il conto di ponti saltati, mezzi distrutti e voli Nato
15 maggio - Perché ora si avvicina una fase decisiva della guerra: i russi sono indietro sui piani, ma avanzano a Est
14 maggio - Ucraina, il fronte dell’intelligence: il mistero Gerasimov, le epurazioni russe e gli errori delle spie Usa
13 maggio - Gli ucraini avanzano verso il confine a Kharkiv, la «testa di ponte» dei russi a Severodonetsk
12 maggio - L’Uber dell’artiglieria e le torrette dei tank: l’altra faccia della guerra in Ucraina
12 maggio - La battaglia di Bilohorivka: gli ucraini fanno saltare il ponte rallentando la manovra russa
11 maggio - Kiev si riprende i confini, i russi minacciano Odessa: battaglia feroce nell’Est
10 maggio - Biden firma una legge per velocizzare gli aiuti militari, ma gli ucraini sono esposti: la guerra sarà lunga
9 maggio - «I loro soldati iniziano a disobbedire»: così la guerra di logoramento pesa sulle truppe
8 maggio - L’isola dei Serpenti al centro della guerra: dai 13 marinai alla Moskva, fino ai raid ucraini con i droni
7 maggio - La campagna flessibile degli ucraini: unità mobili che si disperdono e mandano in tilt l’Armata russa
6 maggio - Zelensky promette la controffensiva, ma Putin ha tempo e artiglieria
5 maggio - La potenza russa contro gli aiuti esterni ucraini: il ruolo dell’artiglieria nella seconda fase della guerra
5 maggio - L’intelligence Usa ha aiutato l’Ucraina a eliminare i generali russi
4 maggio - L’esercitazione bielorussa e la mobilitazione generale della Russia: il 9 maggio Putin dichiarerà guerra all’Ucraina?
3 maggio - Droni, ricognitori, radar: così la Nato ascolta e localizza le unità russe in Ucraina
2 maggio - Valerij Gerasimov e il viaggio in Ucraina: l’attacco «fallito» al generale e i rischi corsi dai russi
2 maggio - Belgorod e la guerra «segreta» degli ucraini in Russia: così la resistenza mette in crisi Mosca
1 maggio - Le voci su Gerasimov «ferito» e le prossime due settimane, decisive, nella guerra
1 maggio - Nawabi, l’uomo che produce i droni-kamikaze: fuggì da Kabul invasa dall’Urss, oggi dona le sue armi agli ucraini
30 aprile - Non solo super armi: le soluzioni «creative» usate dall’Ucraina e dalla Russia sul campo di battaglia
29 aprile - La Russia avanza più lentamente del previsto: ecco le ragioni (e le due opzioni in campo)
29 aprile - Zelensky racconta le prime 24 ore della guerra in Ucraina: i russi arrivarono a un passo dal catturarlo
28 aprile - Kiev è a corto di munizioni, a Ramstein decisa la transizione verso le armi Nato
28 aprile - Quali sono le armi della Russia e perché Putin dice che nell’arsenale di Mosca ci sono mezzi «che i suoi avversari non hanno ancora»
27 aprile - Così la Cia «guida» la resistenza ucraina: dalla difesa aerea alla protezione di Zelensky, il sostegno Usa a Kiev
27 aprile - I nuovi tank e i razzi possono bastare per fermare i russi?
26 aprile - Gli attacchi alle ferrovie in Ucraina e quelli «legittimi» in territorio russo: l’escalation della guerra
25 aprile - Raid, incendi e sabotaggi in territorio russo: il «fronte fantasma», tra realtà e propaganda
25 aprile - I «droni-prototipo» degli Usa e il bando del Pentagono: le armi in arrivo a Kiev
24 aprile - La Russia può davvero vincere? Quanto durerà ancora la guerra?
23 aprile - L’Armata rossa «non avanza», ma ha preso 40 villaggi: Boris Johnson non esclude la vittoria della Russia
23 aprile - Mozart contro Wagner: così la legione straniera di Kiev sfida i miliziani di Putin
22 aprile - Armi all’Ucraina, gli alleati accelerano: Putin può ancora vincere, decisive le prossime 4 settimane
21 aprile - Perché Putin ha annullato l’assalto all’acciaieria Azovstal di Mariupol
20 aprile - Tank, aerei, addestramento: gli aiuti all’Ucraina che possono cambiare gli equilibri
19 aprile - Bombardamenti, meteo, logistica: il ruolo dell’artiglieria nell’offensiva russa
18 aprile - Cosa aspettarci dalle prossime settimane di guerra?
18 aprile - Moskva, cosa ci dicono le prime foto dell’incrociatore russo affondato dai missili ucraini
17 aprile - Perché Mariupol è così importante per i russi e perché la sua caduta può cambiare gli equilibri della guerra
17 aprile - Che fine hanno fatto i marinai del Moskva: il video della Difesa russa è vecchio?
16 aprile - Armi nucleari tattiche e «super bomba» Fab-3000, la Russia le userà davvero?
15 aprile - Cosa sappiamo sul Moskva, l’incrociatore colpito e affondato da missili ucraini
15 aprile - La Russia minaccia le forniture di armi dagli Usa, che arrivano attraverso Polonia e Slovacchia
14 aprile - I tre fattori della fase due conflitto: sorpresa, forza, armi
14 aprile - Colpita la Moskva, la nave ammiraglia della flotta russa nel Mar nero
14 aprile - La battaglia delle spie: dopo le espulsioni, a Mosca restano gli 007 illegali»
13 aprile - Gli Usa con l’invio di nuove armi all’Ucraina hanno fatto un passo avanti?
12 aprile - I russi hanno davvero usato armi chimiche a Mariupol?
11 aprile - È possibile difendere il Donbass? I vantaggi russi e quelli ucraini
10 aprile - La Transnistria, il convoglio di 12 chilometri verso sud e le prossime mosse della Russia
9 aprile - Addestramento, tattiche, esercito digitale: gli ucraini sono stati sottovalutati (non solo dai russi)
8 aprile - L’ultima trincea di Mariupol: i tunnel sovietici dell’acciaieria Azovstal
7 aprile - Quali sono e come arrivano le armi della Nato in Ucraina?
6 aprile - La resistenza della Prima Brigata di Kiev, l’unità che ha fermato i russi
5 aprile - Il doppio binario della Bielorussia: la retrovia dei russi e la sfida dei sabotaggi
4 aprile - I russi si muovono a sud e verso la Bielorussia, pronte le reclute
3 aprile - Così la Cia aiutò gli ucraini a difendere Kiev, sventando il piano per uccidere Zelensky
2 aprile - Quali sono le armi che Biden «trasferirà» all’Ucraina
2 aprile - Biden e i carri armati all’Ucraina: perché la decisione Usa è una svolta
1 aprile - Gli ucraini possono contrattaccare, ma hanno bisogno di altre armi
31 marzo - Putin cerca la vittoria «sporca» e intanto pensa ad armi e logistica
30 marzo - Il piano dei russi: circondare Mariupol e costringere gli ucraini alla resa
29 marzo - A Kiev i russi «riducono la presenza», ora si gioca la partita delle retrovie
28 marzo - Sistemi non criptati e cellulari rubati, tutti i problemi di comunicazione dei russi
27 marzo - Gli ucraini chiedono tank e aerei e ora la Nato considera una svolta nelle forniture
26 marzo - I russi entrano in una nuova fase, ma in una parola c’è il futuro del conflitto
26 marzo - Ombre, social network, pubblicità geolocalizzate: la guerra e la «pesca delle spie»
25 marzo - I russi dichiarano di aver raggiunto i primi obiettivi, mezza vittoria o mezzo insuccesso?
24 marzo - Adesso i russi al fronte chiedono soldati esperti
23 marzo - L’Armata della Russia è nel pantano: l’Ucraina si prepara a respingerla?
23 marzo - Armi difensive o offensive? La linea sottile delle forniture all’Ucraina
22 marzo - La «rivoluzionaria» guerra d’intelligence: così gli Usa guidano le mosse degli ucraini (con i satelliti)
21 marzo - L’assedio di Mariupol riassume il dilemma di Putin e Zelensky
20 marzo - I missili russi dal fronte del mare, a terra trincee e bombe sulle città
19 marzo - Putin manda messaggi politici con i missili
18 marzo - I russi colpiscono a Leopoli, la battaglia si combatte sui rifornimenti di armi
17 marzo - L’avanzata russa è in stallo, il peso di armi e training americani
16 marzo - Russi a corto di uomini e tattiche, Putin sta cercando una via d’uscita?
15 marzo - Quando finirà la guerra in Ucraina? Due scenari opposti
14 marzo - I russi minacciano i convogli di armi occidentali, ma non sono in grado di colpirli
13 marzo - Gli errori dei russi e gli obiettivi degli attacchi, anche a ovest
12 marzo - I russi puntano gli aeroporti militari e minacciano i convogli di armi occidentali
11 marzo - I russi si riorganizzano (ma un terzo generale è stato ucciso)
10 marzo - Russia e Stati Uniti si sfidano sulle armi biologiche
9 marzo - Perché Mosca non è riuscita a imporre la superiorità aerea?
8 marzo - L’avanzata russa e il generale Gerasimov ucciso: l’aggiornamento militare
7 marzo - Il bilancio (incerto) di vittime e mezzi distrutti
6 marzo - La mappa dell’invasione russa: esercito in pausa, bombe sui civili
2 marzo - Mosca bombarda gli edifici nelle città: l’aggiornamento militare
1 marzo - La mappa dell’avanzata russa in Ucraina: colpite le città, vittime civili
28 febbraio - Le bombe su Kharkiv sono un cambio di strategia, in Ucraina?
27 febbraio - Kiev, Kharkiv e Chernhiv resistono all’offensiva
26 febbraio - Perché l’avanzata della Russia ha rallentato, in Ucraina?
25 febbraio - La mappa dell’invasione russa e le truppe alle porte di Kiev
24 febbraio - Invasione dell’Ucraina, la mappa dell’attacco: così le truppe russe hanno invaso via terra, mare e cielo